r^l'i;'m^:^ m $. iiqo. 5^^^^^^^^^^ SCIENTIFICME E LETTERARIi: PER LA SICILIA TOMO XXVIII. — ANNO IX. GENNAIO FEBBRAIO MARZO 1810. TIPOGRAFIA E LEGATORIA ROBERTI 1840. EFFEMERIDI Ì*ER LA SICILIA N° 76 — Gennaio 18^0. PROSPETTO DELLE SCIENZC, E DELLA LETTERlTDKA DEL SECOLO DECIMONONO IN SICILIA. SCIENZE MEDICHE. ARTICOLO SÈSTO CHIRVRGIA (Continuazione del n" 75). Al cadere del XV IIP ed al cominòiamentò del se- colo XIX" fu credenza oltre i monti mancare a Si- cilia chirurghi e la scienza non esservi rispettala ne' di lei progredimenti stupendi. Se consultiamo quel- l'epoca, noi a dir vero non possiamo affatto dolerci di tali voci, che inesperti si erano i chirurghi dell'I- sola, e la pubblica loro istruzione e l'esercizio pra- tico dell'arte nella città ce ne danno la prova. Sol per poco ehi legge facciasi eoi pensiero alle università ed agli ospedali in f;ue' tempi : troverà, non diciam 4 altro, tìisoitlinalo ed inutile lo insegnamento, e le grandi operazioni chirurgiche o come impossibili ritenute, o non conosciute sì che doveasi. Bisognò per Palermo che all'inizio del secolo vi si restituisse da Firenze, ove sotto Nannoni e Michelotti era ito a farsi bello di sapere e di pratica, Salvatore Manzella , perchè celi la chirurgia teorica e l'ostetricia appositamente insegnasse nella Università degli studi, e perchè, avuto il posto di chirurgo in capo nell'ospedale civico di delta città, quelle operazioni vi praticasse che non si erano tentale unquemai; e così, malgrado i colpi vio- lenti della più disperata invidia , dar egli il primo de' chirurghi a Sicilia ('). E comechè per allora non valessero direttamente a mostrare il progresso della scienza né le Riflessioni del Merulla da Messina su' cancri, ne la Disserta- zione sul di loro estirpamento del dott. Francesco Caiinizzaro da Vizzini('), purnondimanco lavori que- sti si erano da render conte la versatezza di questi bravi nella filosofia e nella pratica della chirurgia; in allo che poi travaglio più compiuto ci si forniva da Rosolino Giardina da Termini sulle fratture del collo del femore e tale, che non potranno dimenti- (') I! professore Manzella non lasciò ai posteri che due sole opere. Puh;! di ostetricia quale si è il Manuale per ìe Leva- trici pubblicalo nel i83i diilla reale stamperia, Tallra una Memoria sul!' allacciatura dell'arteria iliaca esterna pubblicata nel 1834 dal figlio Carmelo pei lorchi dello Spampinato. Fra le molle e svariate operazioni di alla chirurgia dal nostro Pro- fessore eseguite nell'ospedale civico di Palermo è questa la soia che onori la di lui ricordanza, perchè la prima volta da lui praticata in Sicilia. (») Dissertazione suU'estirparnenló de' cancri del dottor irt medicina e chirurgia Francesco Cannizzaro da Vizzini.— Pa- lermo 1801, dalla reale stamperia in-8°. 5 earsi giammai le modificazioni fatte allo appareccliio di Desault senza lamentare la inaspettata perdila ed immatura di questo povero giovine('). Erano intanto [)resso lo straniero alcuni nostri con- nazionali, ed altri ne ivano ad arricchirsi di lut!o che nobilita questa scienza; e se vedemmo un Giuseppe Verardi da CaStrogiovanni rimpatiiare per divenire oculista della città di Palermo, ed un D'Angelo da Troina mandare ad efìetto mirabilmente i precetti chi- rurgici ricevuti nella scuola di Napoli, non mancam- mo per verità di un Antonino Lamanna da Termini, il quale, udite pria le lezioni de' napolitani Piofcssori Lalionessa e Lamantea, divenne poscia lo allievo del Nannone in Firenze e d'altri celebri Professori in Pisa. Conoscitore di belle lettere da lui apparate co' Nasce co' Monti e co' Salvagnini, esperto in chirurgia per sì famosi maestri e per le cure prodigategli in Roma dal Flajani, che a preferenza di tutti io incoraggiò ed il protesse, vivo d'ingegno e di penetrazione som- ma dotato, per sì belle qualità non poteva egli non- essere incardinato al servizio dell'armala francese al- lorché questa penetrò la città de' Quiriti. E dopo tanta peregrinazione restituitosi a' patri lari pieno di lode e di onori , ha egli con mollo senno eser- citata la mano nelle più interessanti operazioni chi- (') Memoria sulla frattura del collo del femore con alcune modificazioni all'apparato di Desault falle da Rosolino Giardina della citta di Termini. — Pai. dalla reale stamperia i8i4 in 8°. Questa modificazione interessante non si conosce ancora da' cbi- rurglii stranieri, i quali ci tramandano tuttavia l'uso di quello apparecchio sì che usci dalle mani del suo immortale autore; intanto nel nostro ospedale civico di Palermo dal 18 1 4 in poi si è usato un tal mezzo modificato come sopra, e gli esiti sono stali e sono ancor felicissimi. 6 iur|;iche, fralle quali quelle di cistotomia e di oste- liicia. Anzi è a dire , cl>e in quest' ultima branca del l'arie arroga egli de' nuoti e splendidi titoli alla hcneniercnza comune. Perocché instancabile è stato sempre nel comhatteie i non pochi errori del popolo proclamando i sani principi e promovendo una scuola ostetrica in Termini, in cui egli sin dal 1828 ha pro- fessata egregiamente la scienza, ed ha con tanto giu- dizio cosV dirozzate le vecchie levatrici, e eosr bene avviate le novelle, che una di esse divenne molto a- l)ile ne' primi anni , ma fu quindi superata da una seconda, e Benedella Calcagno, che è la terza, mo- strasi ora al fatto del suo mestiere per modo che può so>lenere lonor del maestro co' più' probi ostetrici si- ciliani. Oh! vi l'ussero nel nostro suolo tanti Lamanna quante sono le piò cospicue città dove si esercita chi- rurgia : vedremmo al certo migliorata la nostra cou- dizione in ttu ramo così dilicato ed interessante, in eui per altro l'insegnamento pubblico alle università è quasi al tutto da sezza. Più liete speranze però amuravano la cliirurgia si- ciliana e più bello avvenire ci promettevano in essa* quei giovani concittaditii, i quali coU'aVanzar dei se- colo scuotevano il giogo della pedanteria' e si arric- chivano allrove , come dicemmo, e di sapere e dj jiralica. I Condorclli, i Fede, i Catanoso, i Gorgone, i (lascio -Cortese, i PuglioUi, i Salemi , i Polara, i Pantaleo ed altri, eran quei prodi die dimorando a Napoli in Italia e a Parigi doveano rendere illustre Sicilia non altrimenti ehe quinci appresso la resero. E se ben sostenne la gloria della scuola francese il' doti. Catanoso gou una memoria di oftakniatria('), il- (') Osservaziojji cliniche sopra l'estrazione dfel cristallino ecv — Messina 1823 in-8°. 7 Gorgoni che con altro simil Iravaglio(') tolse ad op- pugnarla, die chiaro a vedere come la scuola chirur- gica di Napoli non che slesse a paro, superasse quella francese. Ma Socrate Polara che l'oftahuiatrìa sotto il Quadri volle esclusivamente apparare, vi riuscì daddov- vero; e comunque finoggi non abbia egli reso di conto pubblico se non il compendio dell'opera del suo pre- cettore sulla corotecnia(^), e abbia con abhomiiievolc trascuranza non pubblicato il rendiconto annuale delle operazioni da lui fatte nella linea degli ottalmici al- l'ospedale civico di Palermo; cionondimanco è a lo- darsi la di lui versatezza in cosiffatte materie. Giovanni Salerai, il quale nel 1824 avea stampate a Palermo le sue osservazioni sull'uso del premi-ar- terie del cav. Assalini(^), recatosi a Parigi progredì siffattamente nella scienza , che con lode non poca e di que' dotti e di que' giornali venne di mano in mano pubblicando delle Memorie e sulla rigenera- zione delle arterie (4), e suU'amputazion della gam- (•) Gonsiderazioni pratiche sulla operazione della cateratta, e riflessioni sulla memoria del dott. Catanoso intorno allo slesso argomento. — Napoli dalla stamperia della società filomatica, 1824 in-S". Questa memoria colla quale dal Gorgone si ridu- cono al giusto valore molli punti della materia, e non poche idee del Catanoso intorno al pronostico della malattia alla ma- nualità della operazione ed alla cura preparatoria e consecutiva, fu immensamente lodata dal giornate medico napolitano. (') Sta nel giornale di scienze lettere ed arti per la Sicilia. (*) Osservazioni sull'uso del premi-arterie del cav. Assalini e sugli effetti della pressione nella cura degli aneurismi esterni. — Palermo 1824 con un rame. (4) Sur la régénération des arlères, — Paris 1828 in 8° con plancia litografica. Questa memoria fu grandemente elogiata nel voi. 12 del Journal des progrés des sciences et instilulions mc- dicales en Europe en Araèrique. È d'altronde citala con onore dal Velpeau a carte i3o del volume primo de suoi Nouveaux éléineuts de medicine opératoire. 8 ba(') e sopra due produzioni morbose espulse dal- l'utero ('), non esclusa T altra Memoria sopra un'a- neurisma ai poplite che vide la luce in Palermo al di lui ritorno da quelle rimole contrade (^). Giuseppe Cascio-Cortese compiuti i suoi studi in Napoli, volle in essi perfezionarsi nelle scuole di Pa- via di Bologna di Firenze e di Pisa. Fissò sua princi- pal dimora in quest'ultima citlà, ove il cav. Vaccà- Berlingliieri era in cima ad ogni sua più luminosa carriera, e gli divenne tosto ed allievo ed amico, sì che nel 1825 fu da lui destinato ad estirpare assai voluminoso fungo ematode sulla parte superiore ed anteriore della coscia in una certa Maria Righetti , donna settuagenaria che di mortale emorragia mise- seramente languiva. Fu quindi mestieri che egli la malattia descrivesse, e per lettera al Vacca ìndirilta (') Memoire sur les Inconvéniens de l'amputatìon de la jambe praliquée quatte doigts au-dessous de genou comparés a ceux de la méme amputatiou pratiquée au-dessus des rnalleoles suivi du procede opératoire qu' il lìaut prèférer et de la descriplion d'une jambe aitificielle adaptée a ce procède. — Paris 1828, in-8" con plancia litografica. Il nostro doit. Salemi avendo de- dicata la sua fatica al prof. Lisfranc, ebbe il piacere di veder- sela sotto ai propri occhi, mentr'ei dimorava a Parigi, per in-, tero inserita nel Journal analytique de raédecine ann. 1829. Ed il professor Paolo Baroni da Bologna, il quale in caso di amputazione di gamba fu il primo a praticare in Italia il me» lodo del Salemi, ne loda ancb'egli i felici risultamenti. ('j Précis historique d'un cas remarquable de deus produ- ctions morbides expulsées de l'uterus avec quelques considé- raliona sur ces produclions et sur celles qui peuvent se déve- lopper a la face interne de ce viscere dans l'élat de vacuité les queiles pourraìent étre confondues à raison de la ressemblance qui les lie les unes avec les autres-— Paris 1829 in-S". (') Memoria sopra un'aneurisma al poplite, con riflessioni sulla malattia e sopra l'allacciatura delle grandi arterie. — Pa- 9 comodamente sei fece('). Questa di lui produzione, con cui si prova giustissima la sentenza di operare in simili casi tagliando piuttosto le parti sane che le morbose, fu altamente commendata dalla Socielà reale di medicina di Marsiglia che fra suoi membri accolse pur rautore("). Tornato in patria ebbe poi campo il Professore Ca- scio- Cortese di metter mano e felicemente a quasi tutte le principali operazioni di chirurgia. Ed eseguite parecchie cistotomie, incontrossi in un caso, ove la pietra essendosi rotta a causa della di lei friabilità, bisognò un certo Fimia subir delle lunghe manovre ad evacuarsi la vescica d'ogni menomo corpo stranie- ro. L'operato tutlavolta guarì, e l'operatore pubbli- cata la storia di tale osservazione si fece con giusta critica a dimostrare la falsità del giudizio di quelli i quali troppo confidando nel secondo tempo ^ non si danno briga bastante ad estrarre la maggior parte de' frammenti dalla vescica (^). Colto appena da immatura morte il Vacca, pene- trava in Sicilia la di lui quarta memoria sulla lito- tomia, ed il Cascio-Cortese non abbastanza persuaso della perfezione di quel nuovo metodo , non volea metterlo a prova, se non quando una favorevole espe- lermo tipografa e legatoria Lao e Roberli i835 in-S". Se ne fa onorata menzione ne' Giornali di scienze ed arti, e delle scienze mediche per la Sicilia. (') Lettera sopra l'estirpazione di un grosso tumore spugnoso- sanguigno diretta al celebre A. Vacca-Berlinghieri. — Pisa aSaS per le stampe di Ranieri-Prosperi in-8°. (») Recueil de la société royale de médecine de Marseille — 1826, pag. 326. (5) Storia di un'operazione di pietra. — Trapani 1826 presso Maunone e Solina ìn-8°. IO rienza lo avesse vie più raccomandalo. A questa dub- bia operazione cimenfavasi intanto j)er b prinaa volta il nostro abile dottor Fede da Modica, ed il Cascio fu in quello incontro sfKfttatore di pericolosa emor- ragia succeduta |X)clie ore do|)0 del taglio. Credeva il primo esser questa originata da particolare condi' zione patologica della vescica. Dichiarava il secondo venire dalla divisione del bulbo dell'uretra, E poi* che il Fede ad onta dell'accaduta emorragia procla- mava come metodo migliore fra' più conti il suddivi- sato, che nome si ebbe di mediano perideale^ e la gioventù consigliava ad adoperarlo di preferenza per- ciò Cascio fu indotto a chiarir lo aigomento con una lettera che vide la luce nell'anno milleotlocen^ ventisette (^). Dovere di gratitudine verso l'estinto maestro il ritenue dallo esaminare gì' inconvenienti tutti che quel metodo presentava a petto del metodo laterale, da Cascio creduto generalmente preferibile. Si attenne per conseguenza a chiarire l'istoria di quella emorragia ed a provar fino all'evidenza che il taglio del bulbo produssela ; che i fatti raccolti erano po- chissimi e di tale natura da non far preferire il me* todo verticale al laterale e ad altri già celebrali , e che quindi bisognava pacatamente attendere 1' espe- rienza per decider la causa del nuovo metodo. Le opinioni dell'A. non poggiarono intanto sinistramente; avvegnaché il giudizio gravissimo datone pria dal ca- valiere Scarpa, non che ulteriori esperimenti fatti sul- l'uomo vivo dal professore di clinica sig. Andreini di Firenze, dal professor Tcrmanini da Bologna e da altri (') Lellera ad un suo amico sulle due operazioni di pietra eseguile da! sij. dottore Francesco l'edc. — Ti-apani presso Maii- uoue e Soiiua. 1 1 ancora, fecero tosto cadere in clitnenlicanza il metodo riferito. Nel rSaS occupa vasi al pari il nostro chirurgo dello stritolameulo della pietra in vescica, secondo la sco- perta del cav. Civiale. Fornitosi quindi degli oppor- tuni stromenti da Parigi, riusci dappoi a modificare il litotritore del Civiale, aumentando la superficie li- totritica dello strumento, senza rendere piìi grossa la sua cannula interna; e ciò per mezzo di due branche elastiche dentate nella lor sommità, le quali all'uopo si sprigionavano ed il forame fallo alla pietra con- temporaneamente aggrandivano. Per cosifìàtlo modo diminuivasi di un terzo il tempo assegnato alla ope- razione senza accrescere il volume deiristromenlo. Se iitil fosse questo suo ritrovato può dedursi da ciò che il professore Amussat da Parigi venne nell'istesso pen- siero del chirurgo siciliano; il che per altro non to- glie a costui il merito della primazìa, poiché egli avea diggià quella modificazione quattro anni prima del chirurgo francese annunziata, e quel che è più aveala messa ad elFclfo sull'uomo vivo nel 1829, siccome leggesi nella Gazzetta di Sicilia del 9 maggio anno istesso; laddove i pensamenti di Amussat non com- parvero per la prima volla alla luce che nel mese di agosto i832 nel pubblico foglio di Paiigi che s'in- titola dalla Tahle sjnoptiqiie de la liiliotrìpsie. Nel i83o riferiva il medesimo nostro compatriotta una osservazione sulla frattura del collo del femore, e di riflessioni la corredava per come è scritto nel giornale sicolo delle scienze mediche, cui egli dotta- mente collaborava. Impegnavasi con questo suo la- voro a provare la inutilità di qualsivoglia apparecchio di controestenzìone continuata. Esser anzi il semplice ordinario apparecchio ed il metodo antiflogistico i 12 migliori mezzi ad impedire la deviazione de' pezzi fdUa la lor consiuiizione. Esser causa di quella l'ir- ritabilità muscolare clie reagisce sempre con forza e- guale alla vivacità dello slimolo. AJtro lavoro del nostro sig. Cascio-Corlese è nel citato giornale sicolo di scienze mediche trascritto sulla storia delle scoperte e de' plìi rimarchevoli avanza- menti fatti in questi ultimi tempi nelle principali o- ])PiazIoni chirurgiche. Di grande utilità sarebbe ve- ramente slato un tal cenno se pur si fosse compiuto. Ad ogni modo, nel primo articolo di esso trattò l'A. delle operazioni spellanti al capo ed al collo. E si fu allora che gli caddero in acconcio alcune considera* zioni analomico-patologiche sulla terebrazione , e fe- delmente descrisse il novello trapano di Kittel da Ber- lino. Intorno alla fistola lacrimale disse del metodo operatorio tenuto dal cav. Vacca; descrisse quello del barone Dupuytren, e fece alla Sicilia più estesamente conoscere le modificazioni indotte a questo modo di operare d;il dott. Taddci da Sarzana, e le critiche che ne aveva falle a Livorno il doti. Laudini. Non om- mise in ultimo di parlare dil metodo di Taillefer; ed in tutte queste materie annunziò sempre e modesta- mente la sua opinione. Al cadere del i83y visitò egli di nuovo la To- scana, e con al.icrità in questo incontro raccolse ciò tulio che le scienze mediche risguardava. Al di lui ritorno non tardò guari a darci contezza delle cose in quella felice terra osservale ('), e vari furono i giornali che tal impresa ed il come fu condotta lo- darono. (') Ragguaglio di un viaggio medico per la Toscana.— Pa- lermo stamperia Pedone iSSg in-S". i3 Finalmente il metodo della litotrizìa secondo il pro- cesso del bar. Heurleloup fu dal Cascio -Cortese la prima volta introdotto in Sicilia, e nell'uomo vivente in presenza di molti medici e chirurgi adoprollo a 32 maggio del i838. Nel viaggio medico teste memorato egli annunzia un lavoro che si propone eseguire sulla litotripsia, e ci lusinghiamo che non defrauderà la giu- sta aspettazione del pubblico in cosiffatta bisogna. Ci gode poi l'animo qui dire, che il dott. Cascio- Corlese, il quale con tanto decoro dal suo nome e delia scienza coltiva la chirurgia nel nostro paese , è quasi in atto di evulgare l'osservazione rarissima della legatura dell' arteria carotide primitiva fatta ia un cerio Nicola Galifi del comune di Vita; il che a tant' altri da lui meritati aggiugne sempreppiù nuovi titoli alla stima universale , in che egli giustamente è tenuto. Carmelo Pùgliatti da Messina, anch'ei ritornato dal- l'estero, die prova di abilità e di sapere in chirurgia. Nel 1822 pubblicò delle riflessioni di ottalmiatria pra- tica sulla cateratta e sulla pupilla artifiziale (■), ed e- sperlissimo si addimostra in cosiffatto ramo della scien- za. Altre non poche memorie chirurgiche ha pur egli mandate alle stampe, le quali per essere state con lode non poca giudicate dal collegio medico della uni- versità degli studi di Palermo, cui furono indiritte dalla Commessione di pubblica istruzione, ci fanno a ragione astenere dal nostro giudizio. Antonio Aragona, professore di anatomia descrit- tiva nella università di Messina, pubblicò nel 1827 (') Riflessioni di oUalmiatria pratica che concernono la pu- pilla artificiale e la cateratta. — Messina' iSaa presso Giuseppe Pappalardo in-8*. '4 alcuni canoni di oslcliicia(') ne' quali ti fa mostra di sano e maturo giudizio per aver assembrato in picciol volume moltissimi picceUi racchiusi ne' migliori libri di ostetricia ed utili a preferenza alle levatrici , cui bisogna aforisticamente presentare le massime della scienza, onde non esser elle di troppo imbarazzate e confuse nello studio e nella pratica di questa parie in- teressante della chirurgia. Emmanuele Fisichella da Via-Grande per un opu- scolo che porta le iniziali E, F. disse nel 1828 della cura di una frattura al collo del femore, e con ag- giustate riflessioni appalesa gl'inconvenienti delle mac- chine ad estensione continua ed i vantaggi all'opiioslo dello apparecchio a semiflessioae verticale di \Vhit e James in colali fratture. Filippo Libbra da Catania dimostra nel i833 la utilità del salasso dalla vena giugulare nelle affezioni del cervello ('). Disapprovando però la fasciatura per- chè comprime i vasi del collo e raccomandando at contrario la cucitura giusto come negli animali si pra- tica, ci non tenne presente che d'ordinario la fascia- tura non si fa circolare attorno al collo ma da que- sto a l'ascella opposta, e quindi i vasi di esso i quali si trovano nel lato contrario al salasso non soffrono al- cuna compressione , e la cucitura per questo non è sempre necessaria. E ragionando anch' egli nel i834 di una oflalmite .sem[)lice non purulenta divenuta contagiosa, Giovanni Minà-Morici da Messina d;i patologo dotto, vien so^ (') Canoni teoretici e pratici «IcJl' arte ostetricia ec. — Mes- sina 1827 presso Michelangelo INobolo in-i2°. (') Modificazioni al salasso della jugolare ec. — Catania dalla tipografia de' fratelli Sciulo i833 in-8". i5 slenendo che il così dello virus contagioso puossi per organico spontaneo lavoro ingenerare ed analoghi mali produrre la mercè dell'innesto ('). Rocco Bolina non mancava nell'anno islesso dal ri- peterci in suo breve dettato la osservazione de' sommi pratici intorno al danno dell'amputazione nella cura della gangrena, tenuta cioè come mezzo a potere ar- restar la gangrena ('). Placido Bugliarelli da Palermo fralle altre sue os- servazioni di medicina esterna (^) ci tramanda quella di ferita per istruraento tagliente in mezzo alla prima e seconda vertebra lombare e penetrante nel canal ra- chidiano, che egli al quinto giorno caustico col nitrato di argento per impedire l' ingresso dell' aria e l'effu- sione del siero. Tuttoeliè questa pratica sortisse uà esito felice , non ci pare intanto da commendarsi , e perchè un caso solo non può sancirla del tutto, e pegli «ffetti sinistri che arrecar potrebbe quella eccitazione locale col caustico in un tempo in cui naturalmente si trovano ed irritate ed infiammate le parti. Al chirurgo Francesco Parasiliti da Tortorice dob- biamo la storia di un polipo fibroso da lui estratto dal seno mascellare sinistro (f) : operazione ardita ed (') Di una oUalmile semplice non porulente divenuta con- tagiosa; riflessioni di Giovanni Mina-Morici ec. — Messina stam- peria Pappalardo i834 in-ia". (') Alcune riflessioni di patologia e di terapeutica generali su di un frammento di alta chirurgia intorno al danno del- l'amputazione nella gangrena ec. — Trapani 1834} per Giovanni Modica e compagni. (3) Osservazioni cliniche su due frammenti di medicina estei'na nuovo metodo di cura del dottor Placido Bugliarelli medico chirurgo de' reali eserciti. — Palermo dalla tipografia di Fi- lippo Solli i835 in-8*. (4) Sta nel citato nostro giornale di scienze mediche per la Sicilia i835 n° 1° pag. 4^ e seg. i6 interessante per la quale rimase in vita l' infermo. Merita dappoi considerazione particolare e tener si deve in molla onoranza il saggio di osservazioni di clinica chirurgica sulle fratture del cranio del ci- tato dott. Agro da Troina ('). In questo dotto lavoro si espongono vari casi di esse fratture guarite senza il mezzo del trapano, altri di più imponenti che non soccorse col trapano produssero la morte, e finalmente tre di gravi sottoposte ad un tal mezzo, per cui vien egli giudiziosamente cavando quelle pratiche conse- guenze le quali ci permettono di conciliar le opposte opinioni. E dobbiamo egualmente far plauso al signor Agro per queir altra sua osservazione di mero-entero-epi- plocele strozzato (^)^ in fine della quale deduce : 1° «Che il chirurgo in caso di ernia crurale stroz- zata debb'esser sollecito di rifuggire presto all'opera- zione; poiché lo strangolamento essendo più energico di quello che produce il canale inguinale, più rapido n'è il corso, e le parti fuori uscite si son viste in po- che ore cangrenirsi a cagione del troppo indugiare, e spesso l'ammalato soccombere. » 2° « Che qualunque il metodo, pel quale l'ope- ratore si determina ad eseguire il taglio esterno, dee sempre prestarsi la più grande attenzione nella dis- secazion del tumore, e massime nello aprirsi il sacco; imperocchie questo fu veduto alle volte come accol- lato a' sovrapposti comuni tegumenti; e spesso non rac- chiudendo che poche stille di umore, o niente affatto potrebbero rimaner ferite le parti contenute con grave danno dell'infermo. m (0 Sta nell'or cit. giornale anno sudeUo n° II, pag, 86 e seg. {■') Sta nel giornale come sopra anno sudelto u° VII, pa^ gina 184 e seg. 3** « Che il taglio per torre lo strozzamento es- ser debba diretto primieramente al margine più sot- tile dell'arcata crurale, e se ciò non bastasse, pel troppo volume, a rimeltere in cavità le parti fuori uscite, debbano praticarsi due o tre incisioni della profon- dità non maggior di due linee al ligamenlo fallop- piano. » 4» «Che se il colorito dell'intestino sia troppo alterato, al segno di apparir disposto a cangrenarsi, debba nonpertanto venir rimesso in cavità, usando la precauzione di situare rimpetlo l'anello crurale la por- zione più affetta del viscere. Ne si debba temere che alla caduta dell'escara, le feci si versino nello addo- me; poiché le aderenze che si formano pell'infiamma- zione adesiva tra la parte più interna del collo del sacco erniario e l' intestino , a siffatto versamento si oppongono, giusta le osservazioni di Scarpa, \olpi ed altri. M 5° «Che lo avvolgere in pannilino l'epiploon che non si possa, non si debba o non vogliasi ricondurre nel ventre onde non s'innesti con le parti circompo- ste, par che debba anteporsi ad ogni altro metodo.» 6° « Che per fine il chirurgo debba esser pronto ad affogare sul nascere l'enteritide, o l'entero-perito- nitide che sogliono tener dietro all'erniotomia. » Vito Molinàri da Partanna il quale nel i835 con- segnava ai fasti della chirurgia nostra la osservazione di ano contro-natura guarito dappoi l'erniotomìa (■), non mancava quinci dal render conto di aver egli dal i832 al i835, che è a dire in men di quattro anni, percorsa nella sua patria e nei convicini paesi la car- (') Sta come sopra nel u° III pag. 2o4 e seg. i8 riera delle più importanti operazioni e con e. ito quasi scmpie l'eiice (■). E Francesco Scridìgnani, di cui dicemmo nell'arti^ colo Analomia^ occnpossi di proposito a modificare il j)remi-arlerie del cav. Assalini ('); laddove il signor Gianfala da Salapariita studiando cliirurpa in Napoli erasi mollo innanzi data la j)iemura d'inventare una macchineiia per l'operazione dell' aneurisma (), la quale attesa la sua grande com[)licazione e lo scarso numero de' fatti capaci a farne evidentemente palese la utilità, fu, pari a quella del Castellacci, non cu- rata dai pratici , Alcune osservazioni di Euplio Reina da Catania erano nel i836 d'incitamento ai nostri cliirurglii a conservare le membra nelle fratture complicate anzi- ché ad amputarle (4). ]\ja i fatti riferiti non sono da tanto a diflinitivamente decidere una quistione che ha tenute da lungo tempo agitale le teste dei più con- spicui chirurghi, malgrado che qualche utile possa ri- dondare alla scienza dalle riflessioni dell'A. Paolo Adragna da Trapani narrò di un vasto ascesso attorno l'inteslino retto già denudato^. Il curò egli con larghe e {)rofonde incisioni. Era però concesso a Lionardo Coppola da Termini (') Ivi n" XI XII, png. 291. (^) Vedete la suri leUera cliirurgica direUa al cav. Paolo Ag- salini ec. Sta come sopra nel 11° IX, jj.ig. 262 e seg. (J) Kuova maccliiiielta per rendere Aicile e sicura l'opera- zione dell'aneurisma eo. — Napoli 1826 in-8", (4) Sulle l'rallure comj)licate — osservazioni e riflessioni del dou. Euplio Reiua ec — Catania presso Carmelo Pastore 1826 in-8". (5) Istoria di un vasto ascesso al piccol bacino scritta da Paolo Adragna da Trapani. — Palermo tipografia di Filippo Soili i83G in-8". 19 lo scriver compiutnmente su' salassi ('), o 1 raccorre un caso nuovo di goxzo o tiroidife acuta e gangrcnosa, die egli con 1' approvazione del professore Gorgone trattò con largiie incisioni e col metodo tonico ("V Una tal osservazione è rara ed interessante, invita i chi- rurghi ad imitare ne' simili incontri la condotta del Coppola, cioè ad incidere con prontezza e profonda- mente il tumore. Giuseppe Castellana da Cammarata, dopo di aver pubblicate alcune storie sulla laringite cronica e sulla rabhia(^), fece di comun diilfo anche quella di una operazione cesarea vaginale (^) per cui egli si mostra al fatto de' pensamenti i piiì sani de' moderni oste- trici sulla materia. E lungo davvero sarebbe il qui noverare per sin- golo le memorie chirurgiche del prof. Placido Portale da Biancavilla, poiché desse son molte ed in tutti i rami della chirurgia. L'A. non ha dormito , ha in- ventati nuovi slromenti chirurgici , ha modificati i diggià esistenti, ha trovate cose nuove nello esercizio della sua professione, è stato non felice ma felicissi- mo ne' risultamenti della sua pratica; e non dubitando di quanto egli dice nelle sue scritture, può con tutta ragione chiamarsi angelico nella pratica, buono spe- culatore ed intraprendente. Il nostro piofessore a dip- (') Sui salassi e sui loro accidenti, liattato di Lionnrdo Cop- pola ec. —* Palermo tipografìa di Bernardo Viizi i836 in-8", di pag. 2o6. (») Sopra un caso nuovo di gozzo memoria postuma di Lio- nardo Coppola. Sta nel giornale di scienze lettere ed arti per la Sicilia anno i838 n° CLXXXVIII. (J) Stanno nel giornale di scienze mediche per la Sicilia an- no i83tì n" I, (•'») Ivi a pag. 22. 20 più si è a preferenza degli altri suol colleglli segna* lalo nel mantenere perpetuo ed attivo commercio cogli stranieri e co' professori quasi tutti del vecchio e del nuovo mondo. Non diciamo fra siciliani, ma fra napoli- tani il Morea, il Chiaverlui, il Galloni, il Petrunti, il Savaresi ed altri: fra gli stranieri dappoi il Rusconi, il Rossi, il Mojon, il consigliere Giuseppe Frank, il ca- valiere Mcniere, l'istesso barone Larrey hanno avute lettere da lui ed a lui hanno convenientemente risposto; e chi chiamandolo colonna della chirurgia sicilia- na^ chi dotto dottissimo; chi versato cjual vecchio pratico nella scienza, chi di un modo chi di un altro, se lo affare non si limita a complimenti di cortesia e gentilezza, egli è certo che il professore Portale con questa sua corrispondenza epistolare soltanto può an- dare diritto all'immortalità ed alla gloria!! Ed ove con- sideriamo che non avvi accademia nazionale o stra- niera, non giornale scientifico di Sicilia, di Napoli, d'Italia, di Francia e perfino di America che non lo ab- biano accollo nel loro seno e non abbiano parlato delle opere sue , restiamo meglio persuasi e convinti che egli, se attualmente non è, dovrebbe almeno essere con etietto non la colonna ma il piedistallo della chirur- gia siciliana. Ne queste son parole che ci sfuggono inav- vertite nelle presenti pagine del Prospetto : sono cose che noi ricaviamo dal Pugliatti nel suo cenno critico sulle opere medico-chirurgiche del Portale stampato nel 1808 in Palermo pei torchi dello Spampinato('). (') In questo cenno del PugliaUi sono tutte annunziale Je opere dell'A. e con esse i giudizi di tutti i giornali e perfino i tildi di onore clie egli iia avuto per lo passato e forse quei che potrebbe avere in appresso!!! Quindi noi ci riportiamo a tale lalica per non raddoppiare inutili citazioni. 3t Ducici pelò, e pel Lene di tanto nostro professore il diciamo, che egli il sig. Puglialti non abbia curata di torre dalla corrispondenza la lettera del cav. An- tonio Savaresi dalla quale si scorge fra molle lodi una aspra censura intorno alla lingua in che sono scritte le opere del Portale {•), e la lettera del barone Lar- rey sulla modificazione dal nostro chirurgo fatta alla cannula del Dupuylren per le fìstole lagrimali e so- pra il tumore salivare sviluppatosi sotto il mento. Imperocché la tenghiarao non a lode, ma piuttosto a rimprovero della condotta e de' pensamenti del Por- tale : è in due parole una satira ben sostenuta dalla solita sottigliezza francese, ed a tanto ci mena il con- siderare che il Larrey per dichiarare indirettamente pericoloso il poita-cannula del nostro chirurgo usa le seguenti parole : In quanto a me, io non pratico più afciina operazione per la fistola lacrimale poi- ché le considero tutte come inutili e pericolose.... Ed a far conoscere in qual modo il sommo chirurgodel- l'arraata francese cura le fistole succennate, quasi il Por- tale non l'avesse giammai avuta solt'occhio, lo rimanda alla sua opera in (juesta guisa : Datevi la pena di leggere nella mia clinica chirurgica l'articolo ottal- MiA, e voi vedrete che ho sostituito all' operazione un mezzo semplicissimo ed infinitamente comodo. Ho molte persone a Parigi le quali fanno uso di questo mezzo col più grande vantaggio e da molti anni, e così io non posso dirvi alcuna cosa di più su questo opuscolo. Intorno al tuinoie salivare gli (') Si dice in questa leUera : Le trovo tcritte con chiarezza ed in buona lingua italiana, ma delle t'olle fi lasciale scap- pare delle parole francesi: forse che la nostra lingua è tiuin- canle di vocaboli per dover ricorrere alle lingue alraiùerr? 33 dice di consultare la sudtlclla sua opera all' ailicolo ranula ove si stabilisce doversi aprire col caustico, o con un col/elio a lama strclla e ciuva arroven- tato^ e gli soggiugne : .ve aveste voi impiegato que- sto mezzo invece del bisturi (e una corlesissima cri- tica all'abililà del nostro professore, il quale non seppe nell'operazione ne anco valersi degli opportuni stromen- ti ) la cura della vostra ammalala sarebbe stata pia pronta e pth facile; la vostra osservazione ò non- dimeno curiosa^ poiché dev'essere mollo raro che i tumori si propaghino fin sotto alle branche della mascella. Dopo tanta dolcezza cosparsa di fiele, il sommo della Senna conchiude: Avreste potuto dispen- sarvi di molti dettagli minuziosi ., supcifiui in una osservazione, die se questo ò il contenuto nella let- tera di Larrey, se chi ha fior di senno ne travede a batter di palpebra non una lode imparziale e sincera, ma una critica quanloppii'i sostenuta Ira chiaro e scuro, allretl.anlo ad ogni sillaba niiciiiiale e tremenda, non era forse il miglior partilo da scerre quello di sop- primere nell'apologia del Porlale un giudizio che fa e dee fare molto peso nell'animo de' chirurghi europei? (La continuazione e la fine di Ulto il medico Prospelto nel jìrossimo mtincro). Gaetano Algeri-Foclianf. 23 Sopra V awertimeiiio premesso da V. Cousin alla terza edizione de Frammenti Jilosojìci, Fdfles- sioni del prof. Salvatore Mancino. Condillac e Tracy diiusero in Francia la filosofia del secolo decimollavo, Laromiguiere e Royer-Collard aprirono quella del secolo decimonono. Questi due fi- losofi diedero prova di molto coraggio allorcliè ten- tarono di opporsi alla corrente del sensualismo; ma i loro sforzi, appunto j)ercliè primi, non produssero tutto l'ellétto che si desiderava. Deaerando e Maine- Biran entrati in questa carriera si dilungarono dalle vedute sistematiche che ne' primi loro lavori avevano adottato; ma fu Vittorio Cousin, quegli che con le sue Ojjere e con quelle de' suoi allievi, diede una spinta forte alla scienza verso la nuova direzione. Cousin co- me il più valoroso inlerpetre della filosofia del secolo che corre dovea certamente ricever plausi, e che di- fatti ne abbia ricevuti, tra le altre prove, basta ram- mentare le traduzioni che de' suoi frammenti e delle sue lezioni sonosi eseguile in Italia in Germania in America. Non gli hanno però mancato contrasti e po- lemiche rigorose da molle parli e precipuamente da parte de' favoreggiatori del sensualismo, cui inlimava formidabile guerra. Egli in varie occasioni ha rispo- sto a tali attacchi, e da ultimo avendo mandato fuori per la terza fiala i Frammeiìtl filosofici con 1' ag- giunta di un altro volume, vi ha premesso un Avver- timento in cui risponde ad alcune difficultà fattegli , e rischiara e modifica qualche punto delle sue dot- trine. In questo avvertimento vi tratta del metodo , dell' ecclelismo , del panteismo e della libertà della creazione. 24 Quanto al metodo, difentle che dallo studio de' fe- nomeni di coscienza deve passarsi alle realità alle cose, dalla psicologia alla ontologia. Egli fa le più interes- santi osservazioni intorno a Schelling e ad Hamilton, mostrando che l'ipotesi aspetta que' filosofi che dalla ontologia prendono le mosse^ senza aver passato per la psicologia , e lo scetticismo gli altri che a questa ultima vogliono arrestarsi. Ecco le parole con le quali conchiude(') : «Così epilogando il fin qui detto, io rinnovo questa disfida a' miei differenti avversari, a quelli che dommalizzano in metafisica senza aver tra- versato la psicologia, di evitar l'ipotesi, ancorché in- contrassero la verità; a quelli che partono dalla psi- cologia ma con arrestarvisi, di evitare lo scetticismo e lo scetticismo il più assoluto. L'ipotesi e lo scetti- cismo ecco le due conseguenze che il ragionamento impone successivamenìe a' miei differenti avversari e di cui io loro lascio la scelta. Per me non ne accetto uessuna. Io aspiro apertamente ad un dommatismo fi- losofico tanto esteso quanto la fede naturale del ge- nere umano; ed io penso che bisogna camminarvi, e che può arrivarvisi per la medesima strada che il ge- nere umano ha seguito , la grande strada dell' espe- rienza interna ed esterna sotto 1' autorità e la luce della ragione che si manifesta nella coscienza. «Io non mi trattengo a lungo sopra ciò perchè il mio metodo è conforme a quello di Cousin , ed io mi sono espressamente dichiarato altrove su questo pun- to (^). Rifletto intanto che per questo metodo la (•) Pag. XVIII. (') Elementi di filo$ofia seconda edizione, v. pag. 7. Oratio in nolemni s'udiorum inslauratione habita. Sta «elle Effeme- ridi scieulificiie e letterarie n" 74- 25 filosofìa (li Cousin si lega a quella de' filosofi del secolo decimotlavo, i quali da' fenomeni di coscienza mossero; egli però più completamente esamina questi fenomeni e se ne serve eli punto di partenza per sa- lire alle più sublimi specolazioni ontologiche. Senza questo legame, la filosofia di Cousin non avria potuto aver quel successo che ottenne; perchè è una verità oggi da tutti conosciuta, che la filosofia attuale è fi- glia di quella del secolo che precede e genererà quella del secolo avvenire. Intorno alla parola di eccletismo non è più a par- lare. Dico parola, perchè spesso la guerra si fa anzi alla parola che allo spirito della cosa. Allorché l'ec- cletisrao si descrive co' caratteri propri e non si con- fonde col sincretismo, non potrà esservi persona di buon senso che possa negarvisi. Antonio Genovesi nel secolo passato lo descriveva così : «Philosophia ecle- ctica seu electiva ea est in qua sapientiam ratione tan- tum quaerimus : rationera autem regimus sensuum experimentis et observaiionibus ^ intima conscientia^ ratioeinatione et auctoriiate circa ea, quae alia via sciri nequeunt. In hac ratione philosophandi non quae- ritur quis quidpiam diserit , sed quam recte , idest quam rationi conforme Omnes cura veteres^ tum recentiores primi nominis philosoplii ita philosophali sunt, quod si posteriores animadvertissent, non ii ser- vum evasissent pecus(')w. E però ho veduto che molti dopo aver fatto mal viso alla parola, hanno adottato la cosa, Giandomenico Romagnosi dichiarasi contrario all'eccletismo. Ma come lo descrive? ecco le sue pa- role : e L'eccletismo in ultima analisi consiste non nella funzione di combattere le opinioni altrui, o di prcdi- (') Arìis logico- criticae 1. I, cap. VI. 26 ... care la propria, ma bensì nel trascegliere in via fa- mulativa lo sentenze degli autori e nel formarne tin composto di autorità positiva , il quale contenti la mente nostra. Procedere colia preoccupazione di una dottrina fermata all'esame delle altrui, onde accogliere le omogenee e rigettare le contrarie non è eccletismo, ma procedimento critico. Essere famulaiivo o di au- torità sembra il carattere distintivo deireccletismo(")». Eccoci ridotti ad una quislione di parole , die fa vergogna agitarsi nel secolo decimonoiio. Si chiami procedimento critico o ecclettico poco importa, pur- ché si determini bene il senso. Non s'intende proce- dere in via famulativa o di autorità, ma con la scorta della esperienza e della ragione. Non si procede con preoccupazione di una dottrina fermata all'esame delle altrui. Anzi si proclama l'animo sgombro da qualunque preoccupazione^ e pronto ad accogliere il vero ed il solo vero dimostrato dall'esperienza e dalla ragione, e questo in qualunque sistema possa per av- ventura trovarsi. Né potrà esservi ragionevole timore di contraddizioni, come alcuni si avvi$ano, percbè il vero sarà sempre uno e coerente a se stesso. Roraagnosi che tanto rispetto avea per Genovesi , la di cui logica ristampò arricchendola delle eccelleuiti sue vedute fondamentali sull'arte logica, doyea porre mente a quanto questo illustre italiano avea scrilt© suir eccletismo , uè doven a suo arbitrio descriverlo introducendovi come elcuieuli suoi costitutivi il cam- minare in via famulaliva e di autorità. Se ciò avesse fatto non gli avria dalo la mala voce, anzi lo avrebbe adottato nel notne come difatti Io adoMa nella sostanza . (') Collezione degli senili sulla doUrina della ragione ^ parte seconda, j);ig. SSy. ^7 E^h infatti in unJLt--^-^^~- " ~-^^^^^ "^ ~ì:^'^"'~-^-^__ 1 -Ofap^ /< 5g Sopra una Edicola rinvenatasi in Siracusa. AL CHIARISSIMO RAOUL-ROCHETTE Égli è vero, sono scorsi più anni da che ebbi la sorte conoscerla in Girgenti; ma i giornali di Parigi, Roma, Napoli ben viva me ne han tenuta la memoria. riginale con quella delicatezza e perfezione cui si potrà giugnere mediante la luce diffusa delle nubi. In vece di scegliere un tempo coperto si potrebbe anche operare a ciel sereno introducendo nel quadro fotografico gli oggetti lontani che ricevono la luce diretta del sole, e copiando le cose prossime dal lato dell'ombra : così si otterrebbe ugual- mente l'intento di scemare la luce, troppo viva dei primi piani e d'accrescere quella, troppo languida, degli ultimi. Da tutto ciò risulta chiaramente che l'arte di ottenere il mas- simo effetto col processo meccanico del Dagherre, esigge una certa intelligenza teorica del soggetto. E, in proposito di Daghcrrotipia, non possiamo astenerci dal far osservare che alcuni scrittori non intesero il vero senso del fatto enunciato dall'illustre suo inventore relativamente alle di- verse ore del giorno equidistanti dal mezzodì. La differenza tra le ore del mattino e della sera, s'aggira soltanto sul tempo, e non sulla bontà dell'esecuzione : a parità di circostanze, le copie pomeridiane esiggono, secondo Dagherre, un' azione de' raggi lucidi più prolungata di quelle che si compiono durante le ore antemeridiane ; ma tutte riescono ugualmente bene qua- lora si operi colle dovute precauzioni. Concludiamo dunque, che quantunque la luce, o irradiazione diurna, costituisca il primo ed indispensiibile elemento della fotografia, tuttavia la bellezza dei prodotti somministrati dal Da- gherrotipo dipende piuttosto dalla buona preparazione delle lamine, e da una conveniente scella del tempo in cui esse de- vono rimanere esposte entro la camera oscura, che dalla viva illuminazione degli oggetti. Go In quest'angolo remolo della Sicilia conosco per fa- ma le sue bell'opere arclicologiche, senza alcuna averne Iella o veduta; la sua illustrazione alla statua atlan- tica di un Gigante anguiforme rinvenutasi in Atene, per relazione del sig. La-Bas membro dell'Accademia d'iscrizioni e belle lettere, stalo in Girgenti pochi giorni or sono, Dall'opuscoletto if. Illunumens Jìgurés exì- slant aciuellement cn Grece » rilevo , alla nota a pagina ;o, ch'Ella di tal moimmento estesamente ha trattato; ma nulla del suo piedestallo ha detto; nulla il eh. Gerhard nel suo dotto opuscolo, tuttoché ab- bia dato con la statua il disegno del piedestallo esprimente nel suo dado un albero ed uu serpe assai frammentali. Tra gli scavi ultimamente fattisi in Siracusa, con la bellissima testa di Giove, un torso corazzato mi- rabilmente sculto, una leggiadrissima statua muliebre mutilata, lutto in marmo patio, una specie di piede- stallo o edicola si è rinvenuta ne' di cui lati vedesi la stessissin)a rappresentanza dell'ateniese piedestallo; tranne i volatili che certo nell'ellenico co' frammenti sparirono. Più conservato il siracusano , in paragone del greco, ci addimostra distintissimi il serpe, gli uc- celletti in numero di nove, il lor nido in fra i rami del platano o lauro che si fosse; quindi in essa scultura chiaro anche da' meno intelligenti riconobbesi la pro- digiosa apparizione che il Cantore della Iliade fa ri- petere dall'astuto Ulisse agli scoraggiati Achivi : Farmi ancor jeri Quando le navi Achee di lutto a Troja Apportalrici in Aulide raccolte, Noi stavamo in cerchio ad una fonte Sacrificando sui de voli ahari Vittime elette ai Sempiteroi, all'ombra 6i D'un platano al cui pie uascea di pure Linfe il zampillo. Un gran prodigio apparve Subitamente. Un drago di sanguigne Macchie spruzzato le cerulee terga, Orribile a vedersi, e dallo stesso Re d'Olimpo spedilo, ecco repente Sbucar dall'imo altare, e tortuoso Ai platano avvinghiarsi. Avean lor nido In cima a quello i nati lenerelli Di passera iecqnda, latitanti Sotto le foglie : otto eran elli, e nona La madre. Colassìi l'angue salito Gl'implumi divorò, miseramente Pingolanti. Plorava i dolci figli La madre intanto, e svolazzava intorpp Pietosamente^ finche ratto il serpe Vibrandosi afferrò la meschinella All'estremo dell'ala, e lei che l'aure Empiea di stridi, nella Jtreza ascose. Io mi affieno farle tenere qui allato lo schizzo da me inciso tale come il disegno mi è sialo trasmesso, dolente di non averlo io slesso ritratto per disianza di luoghi; acciò Ella co' suoi vasti lumi sappia trarne nuovi argomenti, giovandole forse meglio a stabilire la forma dell' edifizio e a quale Divinità destinate le anguiformi Cariatidi, di cui Ella ha cosi bene ragio- nato : pregandola ad accogliere questa mia piccola of- ferta in attestato di rispettosa amicizia e di sentita stima. Girgenli gennaio i84o. Raffaello Poliii. 62 ^ ANNUNZIO LETTERARIO. Nel tomo 47 pag' «42 t^el giornale di scienze let- tere ed arti per la Sicilia, anno i834, io pubblicava la bozza del primo canto del Ruggiero poema da me timidamente tentato, e poco dopo prometteva di stam- parlo completo in quest'anno. Ne vana, ne inganna- trice era (| nella piomessa ; il poema è già intero sino dallo scorso dicembre, ma annientala in me ogni po- tenza intellettuale per oltre un anno nel nazionale ec- cidio del nefastissimo iSS-j, mi è fallilo il necessario agio ad espolirlo, sì che acquisti sembianza non af- fatto indegna del pubblico e del sublime subbietto di cui toglie argomento. Questo manifesto a mia discol- pa, e però appena con lime e pomici lo avrò alquanto scivalo, oserò confidarlo alla pubblica indulgenza, e se fra due o tre anni al più tardi non redrà la luce, non difetto alla dala fede , ma involoulario oslacolo conlra cui il mio potere sarà nullo, uc incolpate be- nigni. Aci-Reale gennaio 1840» Lioìiardo Vigo. ANNUNZIO NECROLOGICO SALVATORE SCUDERI È mancato non è guari ai vivi, dopo lunga e pe- nosa infermila, il cav. Salvatore Scuderi, professore di agricoltura ed ccouomia politica uclla R. Univer- 63 sita di Catania: superstite colonna della vecchia sicilia- na sapienza. Economista dei migliori dell'età nostra, poeta castigato e corretto, filologo e letterato valen- tissimo. Moriva ricordando gli amici diletti, l'amata patria, che vedeva con dolcissima soddisfazione pro- sperare e spingere a miglior meta ; moriva col solo dolore di non aver potuto recare a compimento un arduo pensiero, degno della sua mente, che tutto il va- sto campo abbracciava delle economiche scienze; mo- riva commettendo pietosamente al suo amato nipote Sal- lore Marchese, di slampare tutte le sue inedite opere, e continuare il discorso sull'istoria di Sicilia, ch'egli stava con grandissimo amore dettando, e che aveva già fino al 177 1 recato, quando la morte quella esi- mia e laboriosa vita troncò. Uomo sommo, di animo pari al nobilissimo inge- gno : fu sempre amico verace degli uomini: fu ne- mico delle utopie e dei sistemi, nemicissimo dei ciur- matori , che talvolta con bile giovenalesca saettò. Uomo sottile, versatilissimo, profondo, cui la Sicilia lamenterà sempre, e nel Panteon sacrato ai suoi mi- gliori cittadini ne collocherà un giorno riverente la immagine. Queste rozze parole a solo subitaneo sfogo di cor- doglio per sì grande inreparabile perdita ma sa- pranno queste Effemeridi, a lui sì care, e che tante belle cose della sua immortale penna contengono, ri- cordare agli uomini, come conviene, le virtù, il senno, la sapienza di lui, e far conoscere quanto debbe ai suoi onorati ed insigni travagli la siciliana coltura. F. M. w O (9 qa_ g 5' o ^3 - o oc I 00 I la, 2. 3 ^ s ce e 3 o 1 1 o 1 o oa I o Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre cc^s^8to^stc^s^£>t«^9coco O 00 00 «O oc 00 00 00 00 "co OS o *'Ooscoooooe-P-c;^Of^-4 1 BAROMETRO RIDOTTO A 32° DI FARHEKEIT o o «o «o «o «o «o eoo o o o ^u^ói^i^^csooV-boo tfi©t«05CO«00«OOtS'p-0 1 0«0«0«OOCO«000«0«OCO cooc;ic;tb5C503'k)''^^'k)ì>s^ OO00OOC5OC000OOO a5"-.TOoco«ooo-a--i^oiOCi _*- O 0^>- O C5 » o o^^_^__^ 1 TERMOMETRO ESTERIORE 05000ip-Oi;^H*>-kC!^eOO Ci 00 O l© t:© 00 OS »^ l« «O V CO OIC;50i:C>>^TCrt*-^0302 O ^ 00 ^ pooooooooooo Ve 1© H*. 1-. "»* »-». 'h* n». bo bs 'ha co oocooKKi-atrt-p-bseoS- a' ) Primo rapporto delle osservazioui parlicolarì notate nella clinica chirurgica del dolt. Giovanni Gorgone prof, di anato- mia nella R. Università degli sludi di Palermo ce. Stamperia Pedone e Muratori i832, iu-8°. (') Secondo rapporto delle osservazioni particolari notate nella clinica chirurgica di Giovanni Gorgone ec. Palermo stamperia Pedone e Muratori i833 in-S". Q) Terzo rapporto delle osservazioni particolari notate nella clinica chirurgica del dolt. Giovanni Gorgone letto all'Acca- demia reale delle scienze mediche di Palermo nella tornata dei 9 giugno i835 coU'iniervento di S. E. Pretore. Palermo ti- pografia del giornale letterario. Sta nel nostro cit. giornale di scieoze mediche per la Sicilia anno i835 n" VI. cateratte, di calcoli vescicali , di fistole, di tumori diversi, cistici sarcomatosi e liporaatosi, di amputa- zioni e di altro. Le materie, per servirmi del giudi- zio autorevole dei celebre cav. Omodei^ vi sono trat- tate con molto merito ('), e dal direttore dell'osser- vatore medico di Napoli dichiaransi troppo felici e d' una maniera veramente brillante i successi delle operazioni ('). Al quale proposilo noi diciamo essere un fatto che l'A. non perde de' suoi operati di pietra se non il sesto, non altrimenti che il perdono i più in- signi operatori d'Italia e di Francia, come dalie loro statistiche si rileva. Questa perdita discretissima, che dalla turba degli impostori vien sempre esagerata, ci persuade ben che fra noi esiste un valoroso chirurgo alle mani del quale può volentieri ogni cittadino afli- dare la sua salute , e che da stolto sarebbe il voler impedire quelle male voci che d'animo vile proven- gono e da ciarlatanismo impudente. Ed ove è mai che non siano ciurmadori e invidiosi? Ov'è che non brulichi in società quest'orda d' insetti tanto più da pestarsi co' piedi quanto più schifosi in se slessi? Son eglino parassiti i quali aman vivere sulla riputazione onorata e sulla fama de' maestri nell'arie; e ciononper- tanto i cattivelli non sanno che il Professore illumi- nalo e felice nelle sue imprese non li cura; che gli uomini di sano giudizio li bandiscono dalle loro fami- glie; e che il volgo, sedotto prima dalle parole , fi- finisce poi col cantar loro la palinodia quando pel fatto di essi non ha più mottivo a ingannarsi sulla lor mala fede e sfacciata impostura (') Annali cit. di medicina universale voi. LXVIII. p. 4 '3. (') Vedete il giornale di scienze leUere ed ani per la Sici- lia u' XUII, pag. 217. 70 Basilio Maniaci ierlto allo adtlome fu dal Gorgone operalo nell'ospedale di Palermo, e peichè il feri- mento iva complicato dall'iibbriacliezza dell'individuo e fenomeni imponenti, sulla produzione de' quali non ebbe per nulla influilo la operazione si svilupparono, per ciò sfosso moiì l'operato. Or, se i nemici dell'A. che di tale perdita ropera/.lone fatta incolparono, sa- rebbersi potuti persuadere che egli evul^^ando il caso di cui parliamo (') avrebbe chiesto al Governo la di- samina della sua tenuta, e l'accademia delle scienze mediche , alla quale dal consiglio d' Intendenza fu commesso lo affare, avrebbe deciso dover siffatta 05- sen>azione servire di norma d chiruri^hi tutti della Sicilia perchè in casi simili seguissero la pratica del Gorgone^ se quest'onore per lui, qui di nuovo il diciamo, avesse potuto cadere in lor mente, si sa- rebbero al certo astenuti di un' immorale e scanda- loso tentativo che rivolse le proprie armi contro se stessi. Oltre a' citati lavori, un altro del Gorgone ne esiste anche degno di ammirazione e di lode. E una osser- vazione di cislotomia quadrilateralc da lui praticata l'anno i838 nell'ospedale civico or nominalo (j). Dal fatto raccolto è chiarissimo, che una tal operazione, ardita in se stessa e la prima volta per l' Italia dal Gorgone eseguita in Palermo, spigne a far sanzionare di esser soventi nelle mani di un valoroso operatore (') Osservazione di ferita allo addome coti sonila degli in- tesliiii complicata dallo slato di ubbriachezza dell'infermo. Dalla reale stamperia in -8. (') Osservazione di cislotomia qnadrilaterale con riflessioni sul nnglior metodo di eslrarre i calcoli voluminosi dalla ve- scica orinaria per la via del perineo. Palermo dalla stamperia reale i838 in-8" con tavola litografica. tutte riposte le modificazioni , o la novità, o la riu- scita felice più di un metodo che di un altro, la di cui scelta ne' casi convenevoli è con vantaggio della uma- nità e della scienza sol confidata al genio di chi opera e ben conosce il mestiere. Per cui non a torto que- sta bellissima produzione dell'A. fu trascritta a pa- rola nel giornale de' letterati di Pisa, in quello della società medica di Bologna e nell' osservatore medico di Napoli. Finalmente al Gorgone deve la gioventù medica di Sicilia la fondazione della scuola di clinica chirur- gica nell'ospedale summentovato di Palermo. Fu egli che ne concepì da egregio il progetto , e chiamato compagno all'opra il dott. Giovanni Salemi, ambidue l'anno 1887 il presentarono allo amministratore dello stabilimento sig. marchese di Rudiny, il quale incli- nato alle cose utili per la patria trovò modo a farlo approvare da S. E. il sig. Principe di Campofranco allora luogotenente generale del re in questa parte de' suoi domini, personaggio anch'egli propenso a ciò tutto che il bene pubblico risguardava e la filantropia ed il decoro di questa terra. Per tal modo la clinica ha già progredito nella sua inslituzione ; sonosi dal Gorgone cominciali a pubblicare gli alti di essa (■), da' quali rileviamo che nel primo semestre vi si pra- ticarono trentuna operazioni interessanti cioè, una di cistotomia;, sei di erniotomia, una di genoplastia, un'al- tra di chelioplastia, sette di estirpazioni diverse, una (■) La clinica chirurgica dello spedale civico di Palermo ov- vero osservazioni e risultameuli in essa notali da G. Gorgone prof, della clinica ec. Fase. 1° da novembre 1837 a luglio i838. Palermo dalla slamperia di Francesco Lao l'iSg nn voi. ia-'ò" di pag. 76. 7^ . . di disarticolazione , un' altra dì resezione, due di fi- mosi , altrettante di fistole , una di ranula, un"^ altra di punzione di vescica, sei di amputazione ed una di applicazione del forceps; gli infermi furono nel totale centodiciotto : sedici de' quali morirono, Sette in se- guito di ferite d'interne viscera e di organi importan- tissimi alla vita, cinque per discrasìe umorali rubelli a' soccorsi dell'arte, e quattro per l' eiitero e per le metroperiloniti svoltesi pria che gli individui fossero stali in clinica ricevuti e che si resero funeste mal- grado le operazioni intraprese ed il più energico trat- tamento impiegato. Gli altri centodue guarirono ; ed ecco in sei mesi quasi per intero percorsa la carriera delle j)iù ragguardevoli operazioni di alta chirurgia, gli allievi emularsi a vicenda, la scienza guadagnare anch'essa nella esecuzione e nell'applicazione de' me- todi, l'umanità cavarne profitto positivo, laude i pro- fessori , onore e gloria lo stabilimento in cui tuttor fiorisce la scuola , e speriamo vederla a passi celeri avanzarsi verso la perfezione ; ove specialmente il Governo , che tanto 1' ha finora protetta , voglia al- lontanare dallo stabilimento , o far almeno tacere , quello spirito irrequieto e maligno, che nono ai gi- ganti , vile nella sua ignoranza e nemico alle utili instituzioni, con africano portamento fa di tutto ogni giorno a rovesciarla fin dalle basi. CONCHIUSIONE Compiuta sì che potemmo la storia delle scienze mediche siciliane ne' primi trenlanove anni del secolo XIX**, non altro adesso ne resta se non il dedurne 1 lo slato attuale della nostra medica civiltà : 2° i difetti scientifici. E de' mezzi dicendo di che è d'uopo 7^ per metterci b paro delle coUq nazioni, è nostro de- bito lo accennare d'onde trar si debbano essi per sup- plire comodamente ai nostri bisogni, i" Non v'ha dubbio che gli ultimi trent'anni del secolo XVIIl** prepararono a quello in cui siamo una vera civiltà medica, e già ci troviamo quasi a livello dell'odierna coltura europea. La chimica pneumatica infatti che nel 1787 nelle mani di Giuseppe La Pira da Vizzini ripeteva in Catania le osservazioni eudio- metriche del Priestley, e per Gaetano La Pira di lui figlio veniva la prima volta nel 1790 ad essere in- trodotta in Napoli ove l'autorità di vecchi e rinomati chimici le muovea forte guerra ('), obbligava in ap- presso Giovanni Meli a far meglio note a Sicilia le novità chimiche della Francia, e dopo di lui i Pu- ritano, gli Arrosto, i Maravigna, i Romeo, i Mirone, i Platania ed altri non mancarono di coltivarla , si che fanno alcuni di essi tuttora, e filosoficamente ed in pratica ne' vari di lei rami secondo altrove si usa e con profitto sensibilissimo in ciò tutto che risguarda invenzioni e scoperte, applicazione e modificazioni di metodi e via dicendo. Anche pegli altri rami del me- dico sapere divennesi migliori di un giorno. L'inse- gnamento fisiologico diviso dal patologico nella uni- versità di Palermo, l'anatomia descrittiva teoricamente ben professata nella università di Catania erano mosse che prendeva la scienza verso la perfezione; e quindi toccò in effetto a' due Scuderi, ai Di -Giacomo, ai Greco, ai Pandolfini, ai Fodera ed a' Gorgone il no- bilitare d'ogni verso la fisiologia la patologia e l'ana- tomia descrittiva nelle pubbliche scuole, in atto che Berna illustrava la pratica medicina, e con Antonino (') Vedete Scina nel suo cit. Prospetto ec. Tom. HI p. 70. IO 74 Gallo e Palazzo empiva di clinico sapere l' ospedale palermitano. La chirurgia nostra ha del pari segnato un progresso che sembrava impossibile nell'inizio del secolo. 1 ghirurglii siciliani difatti, oltre di recare a buon porto ogni giorno le usuali operazioni, son ve- nuti al cimento delle più ardile di alta chirurgia e con esiti d'assai lusinghieri. Sommi per queste ope- razioni si resero allrove i Dupuytren, i Kicherand, gli Astley-Cooper, e non meno di essi degni dalla co- mune riconoscenza son divenuti fra noi Salvatore Man- zella, Natale Catanoso, Giuseppe Cascio-Cortese, Gio- vanni Salemi e Giovanni Gorgone per le ben prati- cate operazioni di legatura delle arterie iliaca esterna succlavia fra gli scaleni e carotide interna , di rese- zione della mascella inferiore, di cistotomie bilaterali e quadrilaterali. Oggi insomma che i Professori delle università sono al fatto delle conoscenze mediche la più ia voce, che nelle nostre pubbliche librerie esi- ston le opere classiche e le più fresche di chimica di medicina e di chirurgia, che di queste opere istesse non poco smercio si fa da' nostri librai , tu vedi i giovani ed i provetti nella scienza non solo non igno- rare ciò che in ella è di buono e di utile , ma per genio lor particolare alle volte modificare i pensa- menti degli stranieri, non applicarli in tutto con quel cieco trasporto che ne seduce per le cose non nostre, essere insomma eclettici riposati, ingegnosi ed esperti nelle materie. Gli stranieri medesimi, e diciamo più presto i napolitani dottori, i quali ti vanno sognando una esclusiva primazìa in fatto di scienze mediche su' siciliani , convengono ciò malgrado di un elogio a' nostri dovuto sol perchè da essi ben meritato. a** Però con candidezza di animo è da confessarsi che a pcllo della Germania della Francia e dell' la- 75 ghilterra la nostra civiltà medica attuale è degna di migliori conforti ed aiuti. E se deiriiisegnaniento pub- blico vogliam dire come quello che forma base alla gloria scientifica d'una nazione, affé di dio che man- chiamo tuttora delle facoltà di anatomia comparata , di anatomia patologica, di fisiologia sperimentale, di clinica medica, di letteratura medica, e soggiugniamo della spiegazione degli aforismi e de' libri d'Ippocrate. Manca pure l' insegnamento della veterinaria e della zoojatria legale fra noi, manca a dir breve quel tanto che farebbe un tutto indivisibile dalla compiuta edu- cazione medica de' siciliani (•). Per lo che i cultori de' citati rami del medico sapere non sono molti iu Sicilia, e, tranne pochissimi, li possiamo anche dire poco valenti. Perciò è che grandi quanto si vogliano i'abililà de' nostri chimici medici e chirurghi, crea- tore il genio che li assiste , incomprensibile la bra- mosìa di voler giovare a se stessi alla umanità ed alla scienza, eglino nondimanco rimaner si denno o ignoranti di cognizioni siffatte, o poco in esse versati, o nell'impegno di dover correre ad appararle in con- trade straniere e con tanto dispendio loro e colla in- certezza di serbarsi bene in salute. Dalle quali premesse è facile lo dedurre quanto sia necessaria la fondazione delle accennate scuole in Sicilia, al cui sostegno concorrer dovrebbero e le uni- versità da un canto ed i comuni dall'altro. La decu- (') Non è questo ii luogo di annunziare la nostra opinione sullo smenibiamenlo di alcune caltcdre di medicina , e sul bisogno di essere più metodica e più regolare la istruzione agli allievi; poiché sappiamo di essersi della Comniessione degli studi pen- sato di riparare a simili inconvenienti. E sovraltutlo ci lusin- ghiamo di vedere diviso ne' vari suoi rami Tinsegnamenlo clii- rurgico perchè la istruzione pubblica sia utile ed esalta. 76 ria di Catania ne ha, col consenso ilei Governo, dato lo esempio faverevole alla facoltà di medicina-legale in quella città istallata a peso della provincia. E senza aggravare i comuni, ove al re piacciano, siccome a cuore gli sono state tanl' altre utili instituzioni per noi, gli mancherebbero forse de' mezzi nella vastità del potere? Non vacano spesso tante sedi vescovili , non muoiono tanti Abati in Sicilia , i quali ricchis- simi sono, ed i lor tesori divengono dello erario? Non si potrebbero accrescere le percezioni dalle lauree dot- torali de' medici e de' chirurghi? Non potrebbesi in- fine trovar modo a soccorrere in questo bisogno scien- tifico la nostra terra con levare il superfluo a quei conventi le di cui rendite sono di gran lunga supe- riori al mantenimento de' frati e servono spesso a per- petuare le di costoro private dissenzioni , di che ne prendono scandalo i buoni? Noi non diciamo facciasi coj'ì, ma crediamo che così converrebbe di farsi. E certo intanto che ove il re non influisca in un modo qualunque ad incoraggiare e proteggere le scienze me- diche siciliane, ed ove le autorità subalterne, i corpi morali non gli propongano i bisogni scientifici della nazione ed i mezzi co' quali potervisi occorrere, non mai saranno sperabili la utilità e la riforma che avi- damente si bramano. È bello, è ammirevole fuor di dubbio lo ardore mostrato dai siciliani per la medi- cina : degne di memoria eterna sono le cose da essi fatte sinora e senza incitamento a ben farle ; ma di quaat'allre non sarebber eglino capaci e non ne andreb- bero lieti se gli studi loro fossero compiuti ed esalti? Vorrebbero alcuni non disgiunto il premio da tali studi; e noi non neghiamo che allora si otteiTebbe un prodotto da recar meraviglia all'Europa. Senza pre- mi però, quando questi si è impossibilitati a conce- 77 dere, anche da sé corre alla gloria l'ingegno de' si- ciliani purché godano essi di ordinata istruzione : siane prova ciò che delle opere loro e dell'abilità abbiamo noi fedelmente narrato in questo Prospetto. E qui al proposito d'incoraggiamento migliore dello studio medico siciliano, cade in acconcio pel bene uni- versale ripetere , e come in convenevole digressione appien confutare la voce che ad arte o per poco senno vien brontolando alle orecchie de' Grandi ; la prote- zione alle scienze dover essere parca: i donativi agli scienziati rari e poco vistosi : essersi avuta tutta la bella ragione dal filosofo di Ginevra quand'egli lodò l'ignoranza; che la coltura degli ingegni o fiacca il corpo ed invilisce gli animi , o per contrario rende gli uomini arditi e li sospigne a politiche mutazioni, come ultimamente avvenne nella Granbretagna ed in Francia Tolga Iddio che voce siffatta di orrore colpisca il medico insegnamanto della Sicilia! Ci ri- durrebbe alla condizione durissima de' Samojedi, e non altro pel modo nostro di sentire merita di risposta, se non le parole con le quali il Martini alle italiane menti nel 1839 provava : la coltura degli ingegni non in- vilire gli animi, ma inspirar loro solamente pruden- za : le sovversioni politiche preannunziate essere stale figlie dello abuso che di quella coltura si è fatto. Il saggio non è mai temerario; ma conoscendo il vin- colo tra la privata e la pubblica felicità, sarà qaldo dell'amor di patria, non dubiterà di spargere sino al- l'ultima stilla il suo sangue per difenderla. Le scienze, è vero, ammolliscono gli animi; ma gli ammollisco- no con intenerirli, non con effeminarli. Non confon- dasi l'effetto del sapere con quello della voluttà. La sapienza toglie all' uomo la natia rozzezza , il rende soave tenero pieghevole; ma noi priva per questo di 78 inagnanimità, di fortezza. Non neghiamo che Demo- stene Cicerone Orazio e molli saggi furono timidi ; ma il furono per temperamento, e tali sarebbero pure stati anche incolti. Nella debolezza intanto di lor com- plessione ec;lino rendettero incalcolabili servizi alla patria. Denioslene colla sua eloquenza era piìi utile ad Alene che non le agguerrite falangi. Cicerone, sven- tando l'orribile congiura di Catilina, salvò la repub- blica. Orazio colla sua lira cantava gli eroi e gli in- fiammava dello amor della gloria. Quanto alle na- zioni, non vi è esempio neppur d'una sola che abbia sofferto, se non rovina, almeno squallore per colpa delle scienze. Roma fu spenta dall'ambizione dall'a- varizia dalla disfrenata licenza : le scienze erano in- nocenti, piangevano anzi sull'imminente rovina della sconsigliala, faceanle invettive amorevoli, ritratta l'a- vrebbero dallo abisso, se smaniosa non vi fusse pre- cipitata. E pe' mutamenti politici addebitati alle scien- ze, pria di decidere bisogna gitlarsi lo sguardo su tutti i popoli e tutti i secoli, e ciò facendo si troverà con certezza che le ribellioni furono piìi frequenti e più fatali sotto il ferreo giogo dell'ignoranza. Spessi fu- rono i tumulti nella Persia, e là non eranvi lettere. Il senato di Roma paventava assai più da' tribuni della plebe, i quali sovente erano incolli, che non da un Catilina. A' tempi più prossimi a noi, quante cata- strofi non ebber luogo fra poj)oli orientali! Quanti im- peratori strangolali! Quanti principi spenti! Quante fiu- mane di sangue! Quante arsioni di città, desolazioni di Provincie, sovvertimenti di stati! Veniamo a' po- poli inciviliti. Chi menò maggior vampo nelle solle- vazioni della Granbretagna e nelle non vecchie di Francia? ^ja più minuta, la più incolta plebaglia. Ci si dirà che molti de' capi erano scienziati. E che per- 79 ciò? Essi abusarono del loro ingegno, e colla loro a- stufa eloquenza ammaliarono gli ignoranti. Al con- trario ove il popolo era collo , il male fu assai mi- nore e di più breve durata. Per altra parte, ammet- tendo anche che i più colti possano coH'abusare del loro ingegno apportar maggior danno al corpo poli- tico in quanto che hanno più mezzi, non ne verrà mai mai per conseguenza che le scienze sieno dannose per se, e che debbansi perseguitare ed opprimere i lor cultori. Perchè alcuni ministri del santuario non adem- piono a' sacri uffici loro : perchè alcuni custodi delle leggi porgonsi trascurati, e, se pur vogliasi ingiusti : perchè alcuni sedicenti medici sono indegni di un no- me sì glorioso : perchè qualche soldato disertò : e chi dirà mai doversi sbandire senza restrizione, senza la- sciar luogo ad appello e sacerdoti e giureconsulti e medici e militari ? Dunque non v' ha cosa sì ottima che non possa con lo abuso convertirsi in pessima : ma si prevenga il male, e procaccisi l'utile. Se non che non avvi a temer dallo abuso del sapere, quando il volgo conosce le insidie di chi vorrebbe raggirarlo. Dunque, tornando al tema , diciamo essere giusto che Tautorità suprema dello stato protegga le scienze ed incoragisca gli scienziati in una nazione, e per noi essere convenevole, e lo speriamo, che il re tratti da filosofo i medici siciliani e li riduca a sorte migliore. Non v'ha fra gli uomini opra più stupenda di quella per la quale si diffonde nel pubblico il bene, e gloria particolare di un popolo noi estimiamo il rendersi ca- dauno nella parte che lo risguarda ammiratore e se- guace di tale opera. Benediciamo per conseguenza le intenzioni di chi veglia a nostro vantaggio; ed enco- miando la sapienza attuale de' chimici de' medici e de' chirurghi della Sicilia, ci auguriamo, che ripia- 8o nato il vuoto che esiste nel pubblico insegnamento , siccome essi hanno aperta la via della gloria all'attuale generazione de* medici , questi sempreppiù invigori- scano in quella , onde in tal guisa la terra venerata di Cerere come sola è stata ne' perigli di sorte avversa e nemica e sola nella di lei civiltà, anche sola nel- l'orizonte medico levi altera la testa. Gaetano Algeri -Fogliari Professore di medicina-legale nella Università di Palermo. Prima monografìa di Malacologia per servire alla Fauna Siciliana. ^^"^^ ^^'/^ /^/z^. GENERE Pupa Draparnaud (Italiano Pupa) Ttila cylindraceaj soepissimè crassa. Apertura irregularis , semiovata, inferno rotundata, suhangulosa, marginibus subaequa- libus, exlus reflexis, superne disjunctis; lamina columellari penitus afftxa, intra eos interposila. OSSERVAZIONE Questi caratteri della conchiglia del genere Pupa assegnati da Draparnaud sono stati riportati poscia da Lamarck(')e da Deshajes ('). Ora se taluni caratteri assegnali come esclusivamente propri del genere non (') llisl. dès Anim. VI, 2, p. to3, 104. (•) Euciclopedia melodica. 8( si addicono a molle specie, le quali debbono tuttavia andarvi convenevolmente riposte; ovvero se allii ca- ratteri mancano interessanti , e convenevoli a tulle le specie, in tal caso non è dubbio che fa bisogno, siano riformati i caratteri del genere medesimo. Noi tralasciando di scendere a molti particolari crediamo dovere riformarsi in tal guisa : Testa soepè cjUn- dracea. Apertura dentata^ ovali vel rotunda; mar- ginibus suboequalibus ^ extus rejlexìs^ superne dis- junclìs. Questi caratteri ollreccliè comprendono tulle le specie del genere Pupa finora conosciute lo distinguono abbastanza dagli altri generi e particolarmente dai Bulimi, in cui i margini sono abbastanza ineguali, e non si osservano il ripiegamento in fuori di questi e i denti dell'apertura, eccetto in alcune specie. In guisa che dato pure, che per i margini non abbastanza ine- guali di una conchiglia si restasse dubbioso se do- vesse andare riposta tra la Pupe o tra i Bulimi, l'e- sistenza o la mancanza degli altri caratteri propri piut- tosto del primo genere che del secondo basterà a determinare, se debba andare riposta nell'uno o nel- l'altro. Nulla crediamo di dover dire dell' animale delle Pupe, differendo questo assai poco sensibilmente da quello delle Clausilie, Elici, Bulimi ecc. Al genere delle Pupe riportiamo intanto le seguenti specie che trovansi nella Sicilia, e la maggior parte delle quali abitano nei dintorni di Palermo. I. Pupa cinerea Drap. (Ital. Pupa cinericcia). P. testa cylindmcea, aiUnualo-acula , striala^ cornea; (qier- itira quinquedentata; niargint vix reflexo, ■ I l 83 Giialt. Test. l. 4, fig. G. Bulimus simìlis Brug. Dict. ii. 96. Pupa cinerea Drap. Moli. pi. 3 (ìg. 53, 5i. Lamk Hist. des Aiiim. VI. 2 p. 108. Desh. Encicl. met, p. 401. Conchiglia lunga circa cinque linee, cilindracea, at- tenuato-acuta , cinericcia , finamente ed obliquamente striata; giri della spira 8, 9 alquanto convessi; aper- tura con cinque denti, di cui uno piccolo silo all'in- serzione del margine del labbro dritto; gli altri quattro situati di rincoriti o nell'interno dell'apertura, due dal lato di questo labbro , il terzo dal lato del labbro sinistro, e il quarto sul colonnello, che è il più grande- di tutti. Labbro sinistro col margine ripiegato all'infuo- ri, non così il destro dov'è il margine piuttosto tenden- te a piegarsi in siffatta guisa, o come dicono i francesi evase. Ho ritrovato due individui di questa specie nel mu- seo di mio padre senza la indicazione del luogo, donde provenivano. L' ornatissimo Sig. Testa, che ne pos- siede un individuo, afferma di averlo avuto dai din- torni di Palermo. 1. Pupa avena Drap. (Ital. Pupa avena) P. testa elongato-conica, striala, rufo-fusca; apertura septem- dentata; margine allo, reflexo. Incoia fusco, fere nigro; pede decolorato. Bulimus avenaceus Brug. Dlct. n. 67. Pupa avena Drap. Moli. pi. 3, f. VI, l*S. Lamk Hist. des Anim. VI, 2, p. HO. Desìi. Encicl. met. p. 401. 83 Conchiglia lunga circa tre lineo e un mezzo allun- gato o toriicciuolato-conica,dli colore rosso-fosco, stria- ta con le strie oblique ineguali; volgimenM della spira n, 8, piano-convessi; apertura con sette denti bian- chi, di cui uno sito all'inserzione del margine del lab- bro dritto; gli altri sei situati di rincontro nell'interno dell'apertura; tre posti dalla parte di questo labbro quasi paralleli gradatamente più piccoli dal superiore all'inferiore; gli altri tre posti , due dalla parte del labbro sinistro, di cui il superiore è più grande, e l'ul- timo sul' colonnello meno grande del precedente e quasi sottoposto a quello sito all'inserzione anzidetta. Margine dei labbri bianco rivolto all' infuori. L'ani- male di un colore fosco quasi nero scolorato ne' piede; i tentacoli inferiori appena prominenti, i superiori lun- ghi quasi una linea. Ho trovata questa specie nel monte Busambra. Il dottor Calcara dice di averla ritrovata ancora nel monte Billiemi. Z.Pupa contor /a Calcava (Ital. Pupa contorta). P. testa cylindraceo-comca, striata, corneo-cinerascenle ; an- fraclibus plano-convexis; ultimo ante fìnem notàbiliter contorto; apertura alba, octodentata; margine crassiusculo, suhreflexo. ElTem. scient. e lett. per la Sicilia n° Ih, p. 101. Conchiglia lunga circa tre linee, cilindraceo-conica, ottusa all'apice di color di corno che dà nel cineric- cio, striata per la lunghezza con le strie oblique, esi- lissime, eleganti ; giri della spira 8 piano-convessi ; rultimo uotabilmenle contorto col contorcimento che '^4 .... . coiniiicia quasi una linea prima tlel suo termine; a- pertura bianca con olio denti; sulla lamina del colon- nello ve n'ha uno assai grande silo all'inserzione del labbro drillo che si prolunga noli' interno dell' aper- tura, dove ne ha di costa un altro più piccolo; del resto poi si osservano tali piccole pieghe verso il mar- gine superiore della lamina medesima^ che non pos- sono meritare affatto il nome di denti; vicino il mar- gine dell'apertura sono gli altri sei ; tre dal lalo si- nistro quasi uguali e sili per serie, quasi ancora ad ugual distanza fra loro; e Ire del lato dritto. Mar- gine crasselto, ripiegalo alquanto all'infuori. Havvene un solo individuo nella collezione dell'or- natissimo Sig. Domenico Testa. Egli assicura di averlo avuto da' dintorni di Palermo. 4. Pupa rupestris Nobis. (Ital. Pupa o delle rupi). P. testa cylimlmceo-conica, rufesccnte, striala vel rugoso-siriala; anfradihus convexis, sutura profunda ilivisis; apertura triden- tata; margine vix rcflexo. Incoia grisco, pedc pallido. Bulimus rupestris Phil. En. Moli. Sic p. 141. • t. Vili, f. 15. Pupa rupestris nobis. Giornale di scienze lettere ed arti per la Sicilia n° 198. b, testa parviore, conica; apertura unidentata vel edmtula. Conchiglia lunga due linee, cilindraceo-conica, ros- sastra più o meno fosca , striata o rugoso-striata a 85 seconda de' diversi luoghi dove abita, con le strie ap- prossimale oblique; giri delia spira convessi, divisi da una sutura profonda; apertura con tre denti di cui due sul colonnello, e il terzo di rincontro sul labbro dritto , il qual dente talvolta non osservasi distinta- mente; talvolta ancora l'apertura non ha che un solo dente sul colonnello. Il margine rivolto appena all'in- fuori. L'animale grigio col piede bianchiccio; i ten- tacoli inferiori appena prominenti, i superiori lunghi quasi il terzo di una linea. La var. b lunga una li- nea e mezza, più piccola, di forma conica, con cin- que giri di spira e con l'apertura fornita di un dente sul colonnello o senza alcun dente, ho creduto per fermo appartenere alla stessa specie, si perchè l'ani- male non presenta delle differenze ben distinte, nep- pure nel colore il quale è sovente del tutto lo stesso; sì perchè avviene ancora, come si è detto, che l'aper- tura di taluni individui della Pupa delle rupi non ha che un solo dente sul colonnello, al pari della va- rietà or detta. La Pupa rupestre trovasi quasi ovunque in Sicilia attaccata alle rupi. La var. b l'ho trovata nel monte Pellegrino ed in altri luoghi. 5" Pupa umbilicata Drap. (Ital. Pupa ombelicata). P. testa cylindracea, apice valdè obtusa, pellucida j cornea; an- fractibus convexis; apertura semi-ovatOj unidentata; margine re- flexoj albido, latiusculOf plano; umbilico patulo. Incoia lineari; dorso plumbeo- fuscoj medio linea longitudinali pallida; pede albido. Pupa umbilicata Drap. Moli. p. 3, f. 39, 40. Lamk VI, 2, p. Ut. 86 Conchiglia lunga circa una linea e mezza , larga quasi tre quarti , pressoché i ilindricea , grandemente ottusa air apice, lucida , cornea ; giri della spira da sei a sette convessi; i primi due assai più piccoli de- gli altri, i quali s'ingrandiscono gradatamente; suture impresse; apertura semi-ovata con un dente di rado bifido sito air inserzione del labbro dritto ; il qual dente quando si prolunga nell'interno del colonnello, e quando no; margine bianco, protratto alquanto, ri- piegato al di fuori e piano ; ombelico slargato. A- nimale lineare ; dorso color di piombo scuro , con una linea pallida nel mezzo; piede bianchiccio. L'ho trovalo a Maredolce in luoghi umidi. 6. Pupa subidata Nobis (Ilal, Pupa lesiniforrae) P. testa cylindracco-conica, subulala, striala , corneo- flaveseente; anfraclibus sex convexis; suturis impressis; apertura rotundata, 6-8 dentala; tnarrjine reflexo. Incoia supra fusco; suhlus cinereo^ maeulis puncUsve dilutè fuscis. Conchiglia lunga una linea e due terzi, larga mezza linea, cilindraceo-conica , lesiniforme , striata con le strie esilissime eguali oblique, di color di corno, o bionda quando e priva dell'animale; giri della spira da 6 a "7 convessi, gli ultimi tre o quattro quasi u- guali; suture impresse; apertura rotonda con sei ad otto denti, di cui uno più grande è situalo sul co- lonnello, due dal lato del labbro sinistro , gli altri dal lato del labbro drillo; spesso osservasi un altro piccolo dente all'inserzione di questo labbro; margine 87 ripiegalo alquanto all' infuori. Animale sopra fosco , sello cinericcio, con maccliie o punii di luto-foschi, disposti per serie al margine del piede. L'ho trovato lungo il fiume Oreto vicino il ponte così detto di Cunìgghiuni framezzo aW^ndropogon hirtum. 7. Pupa muscorum Drap. (Ital. Pupa dei musei) P. testa parva, suhcylinirica, obhisaj pellucida^ cornea; an- fractibus 5-6 convexis; suturis impressis; apertura unidentata vel tdentula; margine albo, reflexo. Turbo muscorum Lin. Gmel. p. 3611. n" 94? Pupa muscorum Drap. Moli. pi. 3, f. 26, 27, Vertigo muscorum Mich. Comp. di Drap. p. 70. Conchiglia piccola lunga una linea , quasi cilin- drica, ottusa, lucida, cornea, piuttosto fragile ; an- fratti 5-6 convessi con i primi due assai piti piccoli degli altri, divisi da suture alquanto profonde; aper- tura semi-ovata, poco poco sinuosa, con uno o senza dente; dente allorché esiste situato di qua dal mezzo del colonnello Vicino all'inserzione del labbro dritto. Margine bianchiccio, ripiegato appena all'infuori. L'ho trovato a Maredolce priva dell'animale. Oltre agli altri caratteri quello principalmente di esservi ta- luni individui di questa conchiglia con l'apertura for- nita di un dente, ed altri con 1' apertura sfornitane affatto, non che quello della forma semi-ovata e poco sinuosa di questa apertura mi han messo fuor di dub- bio che la specie da me osservata sia perfettamente la stessa della Pupa muscorum di Draparnaud, e ri- portata al genere Fertigo da Michaud. 88 8. Pupa pjgmoea (llal. Pupa pigmea). P. testa valdé parva, ovata, pellucida, cornea; apertura qua- dri vel quinquedentata, latere destro sinuosa; margine reflexo; umbilico patulo. Incoia valdè fusco. P. pygmoea Drap. Moli. pi. 3, f. 30, 31. Vertigo pygmoea Mich. Comp. di Drap. p. 71. Conchiglia assai piccola, lunga due terzi di una li- nea, ovale cilindrica, lucida, coinea; giri della spira /^-5 convessi divisi da suture alquanto incavate; aper- tura dal lato dritto sinuosa con quattro o con cinque denti, di cui uno piìi grande è situato nel mezzo del colonnello, due dal lato dritto, e due dal lato sini- stro. Da questo lato tuttavia non se ne osserva facil- mente che un solo, poiché l'altro, quando esiste, si- tuato inferiormente è così piccolo, che si discerne ap- pena. Margine ripiegato in fuori; ombelico slargato. Animale abbastanza fosco. L'ho trovato lungo il fiume Greto vicino al ponte della Grazia attaccata all' Jrundo ampelodesmos. 9. Pupa pusilla nobis (Ital. Pupa piccolina). P. testa valdè parva, ovaio-conica, apice ottusa, corneo r«- fescente; anfractibus 4-5 convexis, suturis impressis; apertura sex vel septemdentata , latere dextro sinuosa; margine reflexo. Incoia fusco. Pupae anlivertiginis Drap. Moli. pi. 3, f. 32, 33, va- rietas b. minori? Conchiglia puì piccola della precedente, lunga quasi metà di una linea, ovato-conica, ottusa all'apice, cor- neo rossastra ; giri di spira 4'5 convessi con le su- ture impresse; apertura dal lato dritto sinuosa, per- fettamente simile all'apertura della Pupa p/gmoea con sei o sette denti variamente disposti. Margine ripie- gato in fuori. Animale fosco. L'ho trovato lungo il fiume Oreto vicino il ponte della Grazia assieme con la Pupa pigmoea innanzi riferita. La maggiore picciolezza della conchiglia, il suo colore corneo rossastro , e la varia disposizione dei denti mi hanno indotto a credere questa specie diversa àoìV antivertigo di Draparnaud rimanendomi tuttavia dubbioso che fosse soltanto una varietà. 10. Pupa Callicratis Scacchi (Ital. Pupa di Callicrate) P. testa mìnima^ cylindrica, flava, sub lente oblique elegan- terquc striala ; anfractibits quinque rotundatis, suluris excava- tis; apertura edentula j unidentata , bidentala , vel tridentata ; margine albo, reflexo. Turbo Callicratis Scacchi. Osserv. Zoologiche pag. 11. Pupa Callicratis Scacchi. Cat. delle conchiglie del regno di Napoli. Conchiglia probabilmente la più piccola delle con- chiglie terrestri finora conosciute, lunga appena mezza linea, cilindracea , bionda, sotto l'occhio armalo di lente striata, con le strie oblique, eleganti-, giri della spira cinque rotondati, tolto il primo gli altri quasi uguali divisi da suture profonde; apertura con uno, con due o cou tre denti ; margine bianco ripiegalo all'iufuori. 12 90 Il chiarissimo Scacchi credè 1' apertura di questa conchiglia sfornita maisempre di denti, forse perchè non ne osservò tutti gl'individui o non ebbe l'occhio armato di buona lente. L* ho trovato nel monte Catalfano in nn piccolo mucchio di terra , sopra un masso vicino alla stra- delia che conduce al Porticello in compagnia del si- gnor Agostino Todaro. II. Pupa secale? Drap. (Itql. Pupa segale?) . P, testa cylindrica, acutiusculuj umbilieataj striata j pallide cornea ; apertura septemdentata; labro vix reflexoj dentibus in latere dextro quatuor^ in sinistro tribuSj supremo in anfractu pe- nultimo sito maximo. Pupa secale Drap. p. 64. t. 3, f. 49, 50? Lamk VI, 2, p. 110. Pleìir. 1, p. 55, t. 3, f. 14? minime Tur- ton n° 81. Phil. En. Moli. Sic. p. 138. Conchiglia lunga due linee e un quarto, appena larga una linea, cilindrica, a poco a poco attenuata in un apice alquanto ottuso , pallidamente cornea , lucida; giri della spira otto molto convessi tenuissimamente striati. Apertura con sette pieghe come nella Vupa avena^ ma le pieghe disposte in modo diverso. Ih- nollre differisce da questa per la forma molto più gracile e pel colore pallido. Draparnaud dice essere la Pupa segale più crassa della Pupa avena e fornita di pieghe più rilevate ; il che non corrisponde esatr tamente cogli esemplari da me osservati. E forse una sj)ccic diversa più gracile? (Phili])pi long, cit.) Rinvenuta dal Philippi vicino Trapani. / difetti del sistema di educazione de' due inglesi Bell e Lancaster di Filippo Bartolomeo. — Mes- sina presso Michele Nobolo iSSq. Un voi. ia-8" di pagine i82('). Chiamato dalla provvidenza di questa Comune alla direzione delle scuole d'insegnamenlo reciproco in Pa- lermo, inteso avendo fin dove le mie forze e le circo- stanze nostre l'han consentito a renderle, come si possa migliori, ho (ompilalo un lavoro nel quale dopo di aver reso conto del regime di queste scuole, ho di- scorso del metodo in generale , qual è attualmente fra noi, e a lato al Lene, ne ho il male additato, pre- sentando a colpo d'occhio i suoi pregi, i difetti, i rime- di, concludendo con un quadro statistico, che ne offre i risultamenti, il numero degli allievi, la proporzione fra essi, e la popolazione, la spesa, e i mezzi per esten- dere questo importante ramo d'istruzion popolare — Pur mi riserbo di pubblicare in appresso questo la- voro, stimando per ora indispensabile rispondere a quei rumori che van da taluno diffondendosi in discredito di questo metodo, e che da tutti i lati attaccandolo per istrano spirito di novità lo dichiarano viziosissimo, monco, superficiale, contrario per fino ai buoni prin- cipii , e alla moralità del paese. Troppo spesso fra gli uomini la bizzarria, e l'amor del sistema fa tra- (') Questa scrktura del nostro egregio prof. Gaetano Daita, che tanto onora la patria e le lettere siciliane colla dottrina , 0 la bontà dell'ingegno e del cuore, sì ch'è divenuto uno de' nostri piìi cari ornamenti, fu Ietta non è guari in una ordinaria tornata dell'Accademia palermitana col plauso generale. Noi quindi, avuto riguardo alia sua importanza, ci affrettiamo a pubblicarla nelle nostre Effemeridi in due articoli separati. Nola del Dir. 93 _ viar gl'inlelletli, slccliè si baiulìscc oggi e si sprezza quel che ieri levò tanto grido: gran peccalo, che presso molti debba la Icllcratura aver pur le sue mode; e non per altra ragione debba svillaneggiarsi, e maledirsi da noi una cosa buona o trista che sia, se non perchè ottenne la commondazione de' nostri padri, e che per conseguente vicenda oggi si porti a cielo, quant'essi ieri spregiarono E sia pur così in tutto quello che al positivo delle società, ed all'utile vero degli uomini riesce indilTerenle; e jiascasi sempre con questo avvi- cendar di opinioni l'irrequieta avidità degli spiriti, quando non ci va |)el mezzo il bene reale di noi stessi : le discussioni allora posson essere al tutto o profit- tevoli o innocue : ma che per amor d'innovare soltanto e per la smania ])olemica de' letterati, debba semi- narsi la zizania delle discnssioni e de' sistemi, pur nelle cose che il vero nostro interesse riguardano, e proc- curarsi di distruggere quanto da benemerito, e filan- tropico sentimento è stato prima di noi edificato al bene della morale, e della educazione de' popoli, non jìuò, per Dio, a sangue freddo tollerarsi , e chi lo fa dee sentir rimorso come di opera perversa e scono- scente.— Pecca sì, e meriterebbe biasimo e punizione chi insulta con tanla ingratitudine e schernisce i ben- fatti lellerarii o morali lasciatici in eredità da' sommi clic ci han preceduto : e sarebbe pur necessario un codice di pene avverso la invereconda irriconoscenza de' dotli , come fulminano le leggi la privazion del dritto ereditario avverso l'ingratitudine degli eredi : Né so se comparir debba più turpe agli occhi di chi ben sente quei che abbia fatto ingiurie e torti a par- ticolar donatore, o quei che vomitasse oltraggi alla memoria di lenner, e di chi primo abbattè l'inqui- sizione e la tortura : se l'ingratitudine sta in ragione del beneficio, il rapporlo fra questi due tipi di sco- noscenza sarebbe quello che passa fra l'uomo, e Tu- raanità. E che nelle opere , e negli sforzi già fatti dallo zelo di cittadini di tutto l'uman genere benemeriti si cer- chino i difetti per emendarli, e si intenda a perfe- zionar quel che forse non potè venire a primo colpo per essi compiuto, è laudevole, santa impresa: che i pri- mi tentativi spesso non son perfetti: ma il negar loro ogni lode il divenirne avventati detrattori, scordando interamente i sacrificii da essi durati , e gli sparsi su- dori, e il bene all'uman genere proccurato, mi si per- metta il dirlo col Monti è un imitar l'animale dai lunghi orecchi, che dopo aver bevuto tira, secondo il proverbio, villanamente il calcio alla secchia. Io chieggo l'indulgenza vostra, Signori, a questo sfogo soverchio, è vero, di una mal compressa indegnazione, non sofFerendomi l'animo e la pazienza in udir quelle villanie e quei sarcasmi che si odono a quando a quando da talun novatore spargersi profanamente contro la riputazione di un metodo prodigioso, e de' benefici istitutori di esso Bell e Lancaster, Ne intendo io già sostenere, che sia perfetto quel metodo nello stato in che essi il lasciarono, e che non meriti correzioni, e riforme; dico anzi che questo appunto esser deve il ben inleso zelo di chi vuol cooperare al vantaggio degli uomini; riformare, correggere, quanto si trova ben iniziato al principio; non disprezzare, confutare sol per dire alcun che, ma fare operosamente, anziché dar precetti, e profanar l'altrui fama : che assai più a far pochissimo si richiede, che a dir molto; ed io sarei più contento (al dir d'un uomo di spirito) di aver composto un verso solo dell'Iliade, che di avere schic- cherato tutta la poetica d'Aristotile. Fu già tempo 94 che bastava profTeiire i venerandi nomi dei due in- glesi per riscuotere un culto, intendendosi in essi an- nunziati due fra i veri amici dell'umanità, che edu- carono i poveri, che istruirono il popolo, che rifor- marono le masse sociali; e ciò con risparmio di spese, di tempo, e con una miracolosa simultaneità, tre ira- portantissimi clementi nel calcolo della umana econo- mia.— Ora è tult'altro per alcuni. Quei due sommi non son più tali, furono solo due spiriti limitati, ap- pena due pedanti che per mal inteso amor di rispar- mio non colsero il segno della vera e ben fondata istru- zione , e istituirono un metodo falso interamente , e contrario ai principi della ben intesa educazione, e fin della morale. Buon Dio ! Non bastava dunque che colto dalla sventura Lancaster uno de' più grandi benefattori de- gli uomini ne avesse avuto il premio di morir indi- gente in America, si vorrebbe ora distrugc;;er fìnanco il gran trovato della sua mente ! ma quello in onta alla maldicenza, e all'invidia immortalmente starà! Si può bestemmiar dunque sì impunemente il nome de' glandi? Meno male che queste bestemmie si confon- dono, e son coperte dal suono delle benedizioni, che in Inghilterra e nei più civili paesi si levano anco- ra dal labbro di milioni d'uomini sulle ceneri quasi ancor calde di que' filantropi per cui ebbero educa- zione e cultura; che se salissero sole ad offi?nder l'o- recchio(') di Dio, provocherebbero i fulmini della sua indignazione sulla ingratitudine degli umani. Quelle migliaia e migliaia di persone (') che in soli pochi anni dalla istituzione del metodo, Bell e Lancaster istrui- rono nel regno unito, quelle innumerevoli folle, che in tante altre contrade si sono secondo quell'insegna- mento coltivale, son riuscite dunque tutte ciurme di 9^ analfabeti, ignoranti, raalfallon, feccia di cilladini? Il fatto solo, e la statistica della istruzione, e della morale de' paesi ove il Mutuo Insegnamento ha al- lignato basterebbe(^) a confonder le pazze declamazioni de' novatori : ma pur voglio trattar la quistione nei principii, dacché l'opera alla quale mi accingo a ri- spondere, che tratta de' difetti del sistema di educa- zione secondo il reciproco insegnamento, ne' principi, e nelle teorie lo combatte. Ma qui deggio pria d'ogni altro. far solenne di- chiarazione, o Signori, che quanto ho detto d'amaro va scagliato avverso quegli stolti soltanto che senza giusto scopo, ma di mala fede e per sola mania di novità si fan detrattori del metodo d' insegnamento reciproco. L' opera cui prendo a rispondere tuttoché contenga opinioni opposte alle mie, esige il rispettoso riguardo, che si debbe al sommo merito del chiaris- simo autore sig. Filippo Bartolomeo da Messina , il quale se combatte il mutuo insegnamento lo fa per interna convinzione('*), e con purità di principi, e con dovizia di dottrina; onde sebben avversario nella teo- ria (^) sarà sempre per noi rispettabile nella intenzione, che il suo scopo è pur quello del pubblico bene, quan- tunque non so come per opposta via possa egli feli- cemente riuscirvi. — Egli in somma sostiene il metodo Lancastriano difettosissimo, non ben diretto alla vera istruzione dei fanciulli, pernicioso perfino alla morale, doversi al tutta bandire. Io convenendo de' difetti del metodo sostengo per l'opposito che senza distruggerne le basi, ma correg- gendojie i vizi, supplendosi a mancamenti, convenien- temente (*), riformandolo sia senza tema d'inganno, un metodo utilissimo, necessario alla civiltà delle nazioni, per la istruzione popolare particolarmente e per l'ap- 96 . plicazione che |3ur con vantaggio agli allievi eli classi più agiate può praticarsene. Tralascio tl'interlenerrai delle Itlee preliminari del- l'illustre autore die trattano della istruzione in gene- rale in cui egli molto lodevolmente, e con sano giu- dizio sviluppa i vantaggi e i pericoli della privata educazione, i vizi della collegiale, i felici risultamenti della pubblica , e ripete finalmente con molto zelo quanta cura aver si debba di istruire le nazioni , e quanto più prosperi e civili degl' ignoranti , sieno i popoli illuminati. E passando agli articoli che particolarmente riguar- dano il nostro metodo, io dico anzi tutto che l'Autore nella sua opera ha da una parte esagerato i difetti del metodo, mentre avrebbe potuto additarli nel vero loro stato, non esscudo poi essi, come è la sola morte, irrimediabili ha confuso inoltre coi difetti del metodo d' insegnamento reciproco quelli che a tutti i metodi son comuni: dall'altro canto ne ha nascosto, anzi an- nullalo gl'immensi pregi, in guisa che mostrandone il solo lato vizioso, in paragone di mende guardate al microscopio, la deformità riesce tale da far paura. Nel tesser poi l'apologia dei metodi ordinarii occulta •óì essi la parte inferma , ne magnifica le virtù, se- guendo l'artificio del greco artista (') che pìnse in pro- filo il ritratto di Filippo, perchè la metà del volto deturpato dell'occhio cieco non apparisse. Comincia egli dal notare acerbamente i difetti della lettura, ed osserva che gli errori da' ragazzi commessi non ven- gono mai in esso accuratamente corretti, dapoichè se un allievo sbaglia sia nel compitare una sillaba, sia nel leggere una parola, l'errore o passa inosservato, o se si corregge dai seguenti discepoli a semicerchio non se ne cava profitto alcuno, aou avvertendosi bene . , .97 ne' molivi della correzione, ne questa appiolondendosi, o mettendosi elFettivaraente in pratica da chi lia erralo. A questo aggiunge i difetti , e le inesattezze che si contraggono in siffatto sistema nel modo di pronun- ziar le parole, e le tristi abitudini che non si possono poi più smettere in avvenire, da che nasce poi il prof- ferir male i suoni, il leggere erroneamente, e senza orteopia, e lo scrivere contro ortografia; dipendendo il tutto in una scuola di reciproco insegnamento dai monitori anch'essi fanciulli, e però incapaci di cor- reggere, di formar la pronunzia , e regolar bene la lettura, e la scrittura dei loro piccoli allievi. Ma qui a mio parere dimentica l'Autore che nella scelta, e nell'abilità di esperti monitori tutta è ripo- sta la magìa del reciproco insegnamento : e che non ammesso questo elemento tutto l'edificio vacilla; la preventiva istruzione di questi teneri maestri è uno degli obblighi dei precettori, e tutto al più la ri- forma di questa parte di metodo doveva esser se- gnalata in una critica ben intesa, come appositamente se ne die cura 1' esimio P. Girard nel suo opuscolo delle diverse forme d'insegnamento e del pregio mo- rale dell'insegnamento reciproco sì felicemeete appli- cato al suo Istituto di Friburgo. — Conobbe egli bene che l'istruzione in una scuola Lancastriana è in gran parte affidata ai monitori, si avvide che difettoso e limitato in questo era il metodo inglese : ma lungi di abbatterlo perciò, lo sostenne anzi contro i suoi detrattori, e proccurò di riformarlo aggiungendo alla forma magistrale, che concerne l'uso de' buoni manuali pei precettori, e alla reciproca che proclama come fon- damentale, efficace, e non ben intesa da chi la vili- pende, la forma mista per graduazioni, che contiene la parte della istruzione commessa ai monitori, e quella i3 di alcuni rami d'insegnameulo più difilcilc al maestro riserbati. — Così i monitori hanno una guida, e si for- mano per la istruzione che paiticolarmenle ricevono dal maestro per mezzo di manuali compilati dietro le idee del Pestalozzi, e sono in islato di trasmetterla senza tema di fallo. Questo è dunque il vero spirito di osservazione e di critica sanamente diretto, cosi vuol procedersi nella censura delle opere grandi : in- dicarne cioè i difetti e correggerli. Ed è questa una delle riforme che al metodo inglese si son portate, e che appo noi introducendosi lo libererebbe per questo lato da una non lieve sua imperfezione. Ma non così l'Au- tor della critica ha divisato; il sistema de' monitori è per lui il paradosso, da cui vengon gli effetti i piii perniciosi. Ora stabilito che i monitori sieno abili ve- ramente giusta i principi di riforma sopra sviluppati, benza distruggere questa bisa del metodo utilissimo sotto tanti rapporti, l'oggezioue va fallita, — Non più timore panico di eriori inosservati, o corretti senza profitto, non più spavento d'inesattezza della pronun- cia, di tristi abitudini, di scorrezione di orleopia, e di errori ortografici. Da più di cinquant'anni che gl'istituti Lancastriani si son fondati e accresciuti, grazie a Dio, non sono avve- nuti tutli quei mali che l'Autor ci minaccia, ne credo che oggi si sciiva e si pronunzii in Europa più male di prima, con la differenza che tempo fa leggevano, e scrivevano tanti milioni d'uomini meno d'oggi; ne sup- pongo che l'Autor di buona fede sia convinto che pria della istituzione delle scuole reciproche si tommettes- seit) meno errori di pronunzia e di ortografia. La Sicilia non è per buona ventura divenuta una torre bnbt^lica, ne si è finora provata fra noi la mal augurala conlusiou delle lingue da che ci abbiamo 99 gl'isliluli Ji inufuo insegnamento, ed io so ed ho udilo pronunzie, clic Dio ne salvi un ben costrullo oiecchio. Il difetlo quindi dal Signor Bartolomeo buccinato o non esiste^ o può di leggieri impedirsi per le riforme, ed è intanto, voglia o non voglia, comune ai metodi or- dinarii, malgrado che il maestro slesso direttamente abbia perduto il fiato ad emendarlo. Veggiamo intanto quali inestimabili vantaggi verrebbe l'autore a distrug- gere abbattendo il tanto detestato regime de' monitori, ed osserviamo come egli al solito nel mostrare a suo modo il lato debole del nostro metodo ne tace il no- bile, il vigoroso. Egli si è piaciuto crear metamorfosi strane. A dir vero per lui gl'innocenti monitori a sette otto anrii sono mostri d'iniquità, i maestri ordinarli delle altre scuole (Dio mio quai ceffi per lo più) tanti angeli ed oracoli di bontà. Non ha egli dunque ab- bastanza studiato il cuore umano e non sa che i fan- ciulli son migliori di coi! Non sa egli che oltre al- l'idea del risparmio di braccia, e di spese/ a questo appunto mirarono quei due sommi pensatori inglesi nella sublime istituzione de' monitori? Capirono essi che i migliori maestri de' fanciulli sono i fanciulli , che la voce e il linguaggio di un pedagogo di 5o anni è troppo forte all'oiecchio di un baml)ino a sei anni, che fra loro s'intendono meglio i ragazzi, che nello esame de' fenomeni e dello sviluppo dell'umana in- telligenza sembran due es.seri diversi l'uomo e il fanciullo. E però ne minuirono il contatto sostituen- doci uguaglianza di eladi, omogeneità di maniere, di abitudini, di passioni, di linguaggio, e tolsero tutto l'orrore a quel gigante odioso lungo lungo, dalla fronte Fugosa, dalla voce tuonante, che facea prima tremar di paura quei cari pargoletti , chiamato il maestro, nome che ebbe la sventura di confondersi con quel 100 di tiranno da die bandito Dionisio, non potendo più molestare con Jo scellio il popolo in Siracusa, pensò tormentar con la sferza i disce])oli nelle scuole di Co- jinto. Se avesse quindi pensato il nostro autore che non a caso ma per veduta assai filosofica furon nel sistema inglese istituiti i monitori, se riflettuto avesse che l'animuzza pura angelica d'un fanciuHino è talora oppressa, schiacciata, non si sviluppa schietta e spon- tanea sotto l'influsso continuo e diretto di un'anima vecchia, di un corpo sessagenario (eccezione fatta dei Girardi, de' Pesta lozzi, de' De l'Kpée) come una te- nera pianta non vegeta e muore sotto la densa ombra di annoso fionzulo albero, non avrebbe anche a fronte dei troppo esagerali pericoli, gridalo il bando agl'in- nocenli e vispi moniloii. «Una parola di un fanciullo ad un altro, un sorriso fra loro ( son parole del P. Girard riportale dall' esimio Raffiiele Lambruschini ) produce maggiore effetto che tutti i nostri discorsi, e quel bambino che in forza del biasimo, che gli viene dal proprio mondo infantile non rientra in se stesso, e non migliora, potrà egli venire emendato dalle no- stre sentenze morali? I finciulli sono assai piìi giusti di noi, essi apprezzano, amano e ricercano un com- pagno che sappia bene guidarli. Essi ne sentono la perdita, quando egli j)assa a un altro g'uppo, ma ognuno di essi può giungere a riempire il voto che quegli ha lasciato, e ognuno può aspirare a rendere agli altri un servigio, che non ecciterà l'invidia, fin- che lo spirito di concordia che appartiene al metodo non venga reso illusorio dalla infusione di qualche eterogeneo elemento, w Or oltre di questo vantaggio non rilevato dall'Au- tore, altri egli ne cela di questa parte del metodo; e ben altre imperfezioni de metodi ordinarli sotto quo- lOI sto rapporto lui la destrezza di occultarci. Non mette egli per nulla in calcolo la velocità dell'insegnamento per mezzo de' monitori, per nulla conta il miracolo d'istruirsi contemporaneamente nella lettura, e nella scrittura, nell'aritmetica, nel catechismo di morale, e di religione dugento, trecento fanciulli nel tempo stesso in cui in una patriarcale scuola ordinaria, un povero Giobbe destinato ad esser maestro, e sia pur con la esattezza dal Sig. Bartolomeo decantata, appena basta ad ascoltare la ripetizione di un solo allievo. A cal- colo fatto perchè si ottenga da un maestro ordinario quanto si fa in tre ore in una scuola di dugento fan- ciulli Lancastriani gli abbisognerebbero zS giorni di non interrotta lezione senza parlar de' pulmoni che Dio non concede cotanto forti da reggere a prove sì dure. A fronte di sì straordinario vantaggio si avrà ancor l'ostinazione di posporre ad ogni altro un me- todo che va fra i capi d'opera delle umane invenzioni, e può assomigliarsi negli effetti dal lato della istruzione primaria al vapore pel movimento delle macchine, alla stampa per la diffusione de' lumi? e non negando neppure i difetti che gli s'imputano saranno essi mai contrappeso sì grave da uguagliarne i portenti? Da quanto finora ho mostrato si rileva agevolmente la risposta ad un' altra difficoltà tutta gratuita del Si- gnor Bartolomeo, cioè che la lettura non è simultanea in tutti gl'individui che compongono una scuola di mutuo insegnamento. Se alcuno intende per lettura simultanea che tutti i fanciulli debbano leggere ad una volta son di accordo con lui , ma consiglierei quanti avessero la disgrazia di abitar presso una scuola lancastriana a fuggirne lungi le mille miglia, perchè quell^nifantile tumulto darebbe una idea di quel dell'inferno di Dan- 102 te, ov'egli dice : Diverse lingue orribili favelle etc. Ma i>?.i' simultanea lettura, giusto come dice l'Autore slesao, s'intende che mentre ne' semicerchi a giro si leg- ge da takmi, gii altri tutti percorrono in silenzio la stes- sa tavola, la slessa pagina di libro, e seguono con l'at- tenzione il compagno, dovendo, allorché lor tocca, istan- taneamente sottentrar al precedente lettore; il che equi- vale ad uu esercizio contemporaneo del leggere. E ciò si esegue a rigore in una scuola lancastriaua : e la distrazione che l'Autore non si fa scrupolo di sup- porre nei poveri nostri fanciulli non è mica impos- sibile , ma è più difficile a succedere in una scuola di reciproco insegnamento ove i fanciulli sono divisi in classi sotto la immediata ispezione di un monitore, da cui sono da un minuto all'altro interrogati, anzi- ché in una scuola ordinaria ove dipendendo dalla vi- gilanza di un solo riaciitro (se non voglia supporsi una sparutissima sianzuccia di tre o quattro discepoli) la di cui attenzione non può a tulli ugualmenle di- vidersi rimangon essi più in balla di se medesimi : e mentre un legge, l'altro conta i chiodi del muro, o perseguita le povere mosche della sua panca (a). Se poi si vogliono di mala fede pescar nuove cagioni (a) Se si calcolasse il tempo (scrive il Sig. De la Borda) che si perde in collegio (ciò valga per le scuole comuni) nel far le anitre con la carta, le barchette, le saliere, nel prender mosche che poi si mettono in liberta con un pezzetto di carta al corpo o che si schiacciano nei libri, nel disegnar figure con «ina grossa testa di profilo, un occhio di siffatta natura, si ve- drebbe che un terzo circa del tempo consacrato allo studio passa in questa guisa. io3 di (lisaltenzione ne' nostri allievi, e chiamar in soc- corso la pigrizia di alcuni e la sla.Mchezza di altri e la soverchia vivacità di tutti, e rinsufficienza della emulazione nei passaggi ai primi posti de' semicer- chi, e fare di tutte queste circostanze tante armi a combattere la potenza del metodo, non so the mi dire, poiché scopro manifesta la volontà del censore a deprimere ogni suo pregio con quelle stesse accuse che o uguali o maggiori far si possono alle altre scuole, e pur da lui accortamente in favor delle stesse si tacciono. Or a voler giudicare a modo dell'Autore i fanciulli cangian natura appena appartengono ad una scuola air inglese , e quei medesimi che dentro una sala lancastriana son pigri, dispettosi, troppo vivaci, e si stancano facilmente, e non sentono l'emulazione, se entrassero in una scuola comune , diventerebbero come per colpo di magica verga, docili, ubbidienti, attentissimi, gareggianti modelli di perfezione. Vedi altra metamorfosi curiosa, e' par che ci aggirassimo fra quelle di Ovidio; e per dirla col beato linguag- gio de' classici, Lancaster sarebbe la Circe de' nostri poveri fanciuUini , che ha la virtù di tramutarli in tante bestiuole. Quel che ho detto in proposito della lettura, e della simultaneità di essa, e degli errori nella pronunzia , e della supposta difficoltà ed inesattezza nella corre- zione , vaglia anche di risposta a quanto si oppone dall'Autore intorno ai difetti del nostro metodo per la parte della scrittura. Sol di passaggio toccherò l'articolo calligrafia, che ei vuol dichiarare scomunicata nel leciproco insegna- mento. Io potrei mostrare al Sig. Bartolomeo i saggi di calligrafia fatti e presentati nell'ultima mostra data lo scorso ottobre da' nostri allievi : e mi basta quo- io4 sta prova di fatto per rispondere a quest'altro torto, che ei ci vuol gratuitamente apporre. — In verità par che il Sig. Bartolomeo siasi proposto assolutamente di non trovar ombra di bene nelle scuole lancastriane, sostenendo forse financo che il sole che illumina le predilette sue scuole ordinarie non scenda su queste sgraziate sale ugualmente a risplendere. — Scrivono almeno i nostri allievi o sulle lavagne o sulla carta, secondo buoni modelli di calligrafia lor messi innanti, e questi lor servono di un maestro muto; e se non escono maestri di elegante carattere ne hanno almeno uno regolare, nitido, spesse volte anche bello. Ma che diremo di quei scartafacci o scritti delle scuole ordi- narie, ove non lettere, non parole, ma cifre enigma- tiche e geroglifici vengono a precipizio scarabocchiati in modo da far guerra perpetua alla pazienza e alla vista di chi è condannato a percorrerli; tanto che non ammet- tendo quei metodi intrinsecamente lo studio di calligra- fia debbono con apposita lezione a parte rimediarvi. E pur dunque vero che l'autore ha gli occhi di lince per iscoprire i nostri nei, e ci ha poi le traveggole innanti alle altrui deformità. — Ei mi par che siasi cacciate addosso le bisacce di Esopo : e a noi meschi- nelli toccò la sventura di esser posti al dinnanti , e i magistrali istitutori delle classiche scuole antidilu- viane stanno appesi al di retro. (Sarà continuato) Gaetano Baita. * JOO Racconti Popolari di Vincenzo Lsn^res — Palermo tipografia di Bernardo Virzì — Via S. Vmia ii''3i-33 1840 un voi. in -13 di pag. 197. Vincenzo Linares, conosciuto autore del romanzo di Maria e Giorgio , ha fatto dono al pubblico di uu elegante volumetto di racconti popolali, intitolalo al piincipe Sant'Elia, come a solerte coltivatore delle lettere, e splendido mecenate degli studiosi. Dietro una breve prefazione seguono cinque racconti : // Ma- rito Geloso, Il Contastorie, V Av^elenatrice^ La Pesca di Carlo 111°^ I Beati Paoli, ed in ultimo un cenno su' Beati Paoli, tratto dagli opuscoli del Villabianca. Volendo io dire alcun che intorno i cen- nati racconti, mi falò disaminando lo scopo e la con- dotta tenuta dall'autore. Posciacliè, e non è guari tempo, per lo esempio degli stranieri riscossi i Siciliani voltarono gl'ingegni a gentili ed amene scritture, e l'erudizione, già troppa sterile e disamabile nella più parte de' nostri padri, prese più aggradevoli e polite forme, a nascer venne tra noi un novello genere di letteratura. Quindi i ro- manzi le novelle i racconti; quindi cercossi la grazia la vivacità nelle descrizioni la naturalezza nel dipin- gere i caratteri; quindi quelle tinte di sentimentale malinconia, o il brio e i sali, in conformità delle pas- sioni che si voleano tratteggiare. Ma un tal genere di scrivere che leggiero e dappoco è quando non si propone qualcun nobile e proficuo scopo , ha pochi buoni coltivatori tra noi : e questo difetto si speri- menta 0 perchè esso è ancora nascente, o perchè la sua natura è tale da richiedere, ond'esicrc comporta- '4 io6 bile, somma capacità in obi scrive. A me pare che Vincenzo Linares non tlesistenclo da siffatte trattazioni possa acquistare un maggior nome nella storia delle presenti lettere. Senza dire del suo romanzo, del quale altri han giudicalo ('), io ravviso ne' suoi racconti po- polari un saggio del suo ingegno. Egli spinto da pa- trio affetto, che se si trova in tutti i popoli, è pure potentissimo bisogno in noi Siciliani ricinti da tre mari, pensò potersi in popolari narrazioni dipingere i costumi le superstizioni i luoghi le feste e gli usi tutti e lo stato de' tempi che hanno riguardo alla bella Paler- mo, affine di migliorare il popolo colla cognizione di se stesso, e di avvalorare coU'eserajno la forza di a- nirao e lo amore delle patrie cose. Santissimo e cit- tadino proponimento è quello di rendersi utile dilet- tando; ed a quest'uopo rifrustò le pagine della storia, consultò le popolari tradizioni, studiò le persone che dovea mettere in iscena, e cosi venne dettando i suoi cinque racconti. Essendo nobile e morale lo scopo del Linares, mal farei se volessi esaminare la sua condotta dal lato di semplice novellatore. Egli attigue o dal verosimile o dalla storia un particolare avvenimento , siccome un amore fatale o per le gelosie del marito , o per la sfrontata prepotenza di un barone, o d'altri, le civet- terie di una giovane che alimenta le discordie di due cugini, di cui r uno era geloso amante di lei , e fì- (■) Senza i giudizi favorevoli di quasi tutti i giornali di Pa- Jerino, ottenne il romanzo del Linares quelli di Ambrosoli e Canlù, i quali, l'uno nella Biblioteca Italiana, anno 1889 nu- mero 274, e l'altro nella Rivista Europea anno i83g, diste- samente ne favellarono. Il Solerle, giornale dì Bologna, lo ha per intero inserito con parole di lode ne' suoi fogli, e nella •iicssA citta di Bologna fu sin dal iS'SS riprodotto colle stampe. 107 nalraente il privilegio da re Carlo IIP conceduto ad un pescatore ed a' suoi eredi , e da tali particolari subbietti svolge la tela de' suoi racconti. Ma questa non è che la parte materiale o accessoria ; non è se non che il disegno da colorire infiorare ravvivare. Non tutti hanno la stessa importanza , e questa dovendo misurarsi dalla più o minore efficacia che hanno i mezzi adoprati per giungere allo scopo, io credo po- tersi dividere in tre classi la prima del Marito Ge- loso e del Contastorie^ l'altra della Pesca di Car- lo IIl^^ \ ultima de' Beati Paoli e à^VC Avvelena- trice^ colla qual gradazione deve, a mio giudizio, te- nersi confo della loro bontà. I due primi c'interten- gono degli usi de' costumi delle superstizioni della nostra gente marina del Borgo; e facendo vedere co- me la civiltà tutte le antiche corporazioni di arti in unica massa congiunse, mostra che quanto si è perduto d'indipendenza e di forza si è acquistalo nel quieto vi- vere. Nella Pesca di Carlo 111° si la a rammentare, introducendo a favellare un barcaiuolo, lo stato della giustizia pria della venuta di questo re, la di lui coro- nazione, e privilegi e dritti antichi di Palermo, restando ancor dopo cento anni, quasi a sfidare lira del tempo e la malvagità degli uomini la privativa da quel re accordata a Nicola Ingoglia ed eredi di poter pe- scare in luogo ad altri proibito. Negli ultimi due di- pinge lo stato de' tempi , e più particolarmente ne' Beati Paoli in rapidi tratti descrive il modo come si reggevano fi-a noi il governo e la giustizia, e mostra die dalla divisione de' ranghi dall'atrocità degli alti di fede della Inquisizione dalla ingordigia e debolezza del governo, a sorger venne il segreto Tribunale dei Beati Paoli, composto di gente del volgo, di artigiani, di marinari, di borgcsi, di forensi, il cui potere era io8 tliictlo a far argino all'aperla violenza de* Baroni ed a quella scprcla della Inquisizione : e di fatto il loro islilulo portava, giusta una inconcussa tradizione, di liparare i torti dcf;li uomini. Il racconto dell'Avve- lenalrice è tulio consagrato a tratteggiare la potenza baronale. Tutto in esso è verità come negli altri. La infelice condizione de' popoli sotto il feudalismo nou ])uò ricordarsi senza fremere di orrore, a veder tulio fallo per podii esseri privilegiati , che giudicavano dover tulio cedere alle loro sfrenate voglie e le so- stanze e l'onore delle fatiiiglie, senza poter es.sere l'in- iioceiiza tutelata dalla santità delle leggi che servivan meglio di slronienfo alle pravità de' baroni. E pure il temjìO al quale ci trasjìoifa il Linarcs è quello della vicereggenza del Caraccioli, ch'educato in Francia e j^ieno la mente de' principi liberali del secolo di tutta j)0ssa fece gueira a' pregiudizi ed agli abusi, e come sterminò il tremendo ttibunale della Inquisizione, di fiaccare proposesi, ma a fiaccare non giùnse, la bal- danza feudale. Non di tulli i racconti posso io tratteggiare il par- ticolare disegno. Ij'A vvelenalrice , che j)aimi il mi- gliore, in cinque caj>iloli si divide. Si apre il racconto colla descrizione della festa delle "S^erginelle, cioè di Ui in Jcradina — Let- tera di Benedetto Lntrigila al Direttore delle Effemeridi siciliane. Pref/evolissimo Sirjnore Riandando il fascicolo -y^ delle sue celebrale Effe- meridi in quella lettera m'imbattei che il prof. Carlo Rodriquei mdirizzò al dottissimo prelato di Sanlalucia Monsignor Ignazio Avolio. Essa liguarda l'anlica A- cradina, e quindi del sito, della forma e di tutto ciò che la medesima contenca discorre. Ammirai per fer- mo come lo erudito scrittore avesse fatto pensiero di racchiiidere in brevi parole tutto quel clic meriterebbe venire in molle j)agine disteso e dichiaralo; ciò non pertanto dovetti osservare che fra le tante dottrine archeologiche e notizie storiche quivi destramente enar- rate, si lasciò l'autore fuggir dalla penna qualche cosa che dal vero si allontana. E fermandomi per ora a quella grandissima e maravigliosa abitazione che il terribile Agatocle fé' nella predetta Acradina erigere; di quell'abitazione che fu dal nostro professore appel- lata casa de' sessanta lettori^ parmi convenevol cosa che io ne ragioni seco lei, Signor Direttore, di queste materie conoscitore prestantissimo_, dandomi il bene di fare alla sua memoria risovvenire ciò che si è pria d'ora scritto sopra questo errore già pur da altri com- messo. Era a que' tempi Sicilia salita ac! altissima rino- manza, e ricchezza , quando il valoroso Timolconte dopo aver riportato le pii!i decisive vittorie a danno de' Cartaginesi inlenti mai sempre ad impadronirsene I II tiopo avervi fatto con non tenui sforzi tacere le inte- stine discordie, e dopo avere spogliato l'isola mede- sima de' t.inli piccoli tiranni, che ne succhiavano ra- pacemente il sangue , l'avea con gran disinteresse e zelo restituita a libertà. E fu in cotal epoca felicis- sima per lo appunto che Agatocle dalla ufficina di vasellaio, nella quale nacque, fu per un di quei colpi di fortuna che rare volle s'incontrano, sospinto al su- premo grado di dignità in Siracusa, dominatrice allora dell'intera isola. Questo principe adunque nel piìi pro- spero stato trovando i popoli che gli andavan sog- getti, colse agevolmente il destro d'innalzare colà un edifizio; che in altezza, grandezza e magnificenza su- perava quante altre superbe fabbriche fin allora vi fossero, non escluse quelle degli eleganti templi de- dicati agli stessi numi. E porto credenza essere stato effetto d'orgoglio del medesimo Agatocle quello d'in- traprendere lo stabilimento di questo maraviglioso fab- bricato con l'idea forse d'innalzarsi per potenza e fa- ma sopra gli altri principi che preceduto lo aveano, E abbastanza nota l'usanza de' letti destinati dall'an- tichità ne' conviti; usanza precipuamente messa in pra- tica in Siracusa dal tiranno Dionigi, il quale, in segno di grandissimo fasto, tenea nelle stanze sue, come A- teueo riferisce , preparati 3o letti. Quindi Agatocle volle raddoppiar quel numero, fornendo il suo novello edifizio di sessanta letti ad uso de' convitati, e do- vette nascer da ciò che lo edifizio medesimo venne poscia col nome di sessanta letti appellato. Ma a monte le conghietture, quando questo stesso vero ritraesi pure dalle autorità, e dalle testimonianze degli scrittori. Il testo greco di Diodoro, donde que- sta cognizione risulta , dice Es>iHovr«/)>ivo5 execon- tachinosj la qual parola chiaramente significando ses- Ila santa lelli non dà luogo a dubbio alcuno. La tradu- zione dell'opera di sì insigne storico siculo nella lin- gua del Lazio falla dal Cospo dice sexaginta lecto- rum^e della stessa spiegazione si serve il Fazzello nelle sue deche; ma perchè il latino lectorum può in vol- gare esser ben riferibile tanto a' letti come a' lettori, fece al Mirabella sorgere il dubbio se l'uno o l'altro di questi nomi dovesse allo enunciato edifizio adattarsi. Remigio Fiorentino però volgendo in toscano l'opera del Fazzello avea fatto senno nello applicarvi la prima, anziché la seconda nozione, imperocché è quella con- sentanea alla greca originaria voce, non che all'uso di que' tempi d'adoperarsi ne' grandi convili i letti pel maggior comodo de' commensali; e '1 Bonanni che cercava contraddire tutto che dal Mirabella erasi in- torno alle antiche Siracuse dimostralo, colse opportuna la congettura di rimproveramelo. Sarebbe quindi a mio giudici© inutile ogni sforzo per far vie meglio rilevare l'erroneità di quella denominazione. Questo stesso destino che avea colai maestoso edi- lìzio ricevuto, son io di parere che abbia fatto con- servare fino a' nostri dì al luogo, dov'esso torreggiava, il uome di buon riposo. Colà , secondo convengono tutti gli antiquari, erasi da Agalocle stabilita tal ma- gnifica casa, e di questa si veggon tuttora le reliquie cansislenti in certi sotterranei costruiti con grandi pietre riquadrate e rivestite al di dentro d' una ben ordinata concatenazione di canali di creta, pieni tulli di calce misturata e tenacissima, imboccati uno nel- l'altro (■). Vi sono eziandio ruderi di bagni e stufe, e (')Relalivamente a colai modo di costruzione potrà riscon- trarsi quanto ne scrissi ragionando della canierella sepolcrale che forluilainente rinvennesi nel 1826 nella medesima Acradina. Cosiffallo articolo trovasi inserito nel giornale di scienze lettere ed arti per la Sicilia num. i^i. ii3 gli avanzi vi si veggono delle scale, per le quali agia- tamente in quelle scendevasi. La qual circoslanza mi è piaciuto qui pur riferire, poiché si trova ugualmente in opposizione a quanto il medesimo prof. Rodriquez asserì, di non esser cioè riraaso vestigio alcuno dello enunciato edifizio, che dalla veemenza d'un potentissi- mo folgore venne abbattuto. Le piaccia, signor Direttore, fare di questo mio fo- glio quell'uso che sarà del miglior suo grado, mentre invariabilmente ho l'onore di dichiararmi ec. Sul viaggio del Brigantino siciliano l'Elisa alle In- die Orientali — Relazione g?'Ignazio Filiberto — Palermo stamperia di Garofalo 184.0. Quantunque l'A. di questo libretto non meriti par- ticolare commendazione per la sterilità con cui ha scritto di quel viaggio, che potea veramente appre- stare larga materia di ragionare, pure è da lodarsi , per aver colto quella occasione onde onorare con ve- rità e con semplicità il commercio marittimo siciliano. Maggior plauso deesi bensì al capitano dell'Elisa, Vin- cenzo di Bartolo, il quale fu il primo nel Regno delle Due Sicilie, che osasse battere quo' lontani e difiicili mari. E ad onta delle sofferte tempeste, e della sven- tura di rompersi la scapula sinistra, mostrò, la sua va- lentia, riuscendogli di salvare in un temporale orrendo il legno che capitanava in un coll'intiero equipaggio, mentre altri legni in quelle spiagge sommersero. De- gno di lode è altresì il di Bartolo per avere da bravo ed esperto Capitano compilato in quel suo cammino un Giornale, « registrato le astronomiche e meteoro- i5 ^»4 logiche osservazioni, gli ancoraggi, le produzioni dei paesi, e i costumi dei popoli che visitò : le quali cose però non sono dal Filiberlo che solamente cennale ; ed avrebbe adempiuto meglio all'obbligo di esalto nar- ratore, se ci avesse fatto conoscere le cose particolari o peregrine dal di Bartolo ossei vate : ma egli lascia il lettore con una curiosità più avida di prima, sì che bulla, per tal riguardo, il libro indispettito. La cosa migliore che rincontrasi in queste pagine è la seguente; e noi la trascriviamo per intero: Un bastimento dunque del porlo di Palermo è stato il primo ira qm' del regno delle Due Sicilie a solcare l'oceano indiano j ed ei pare che sia a' legni di questo porto riserbato l'onore delle prime intraprese. Nave di Palermo fu quella che nel 1789 mo- strò prima la nostra real bandiera al Baltico; palermitana quella che in Mar nero la fé' vedere nel 1799; pure di Palermo que^ legni che nel ISIS, 1S19 e 1824 i primi visitarono gli stali uniti di America, le Anlille ed il Brasile; e dopo quei primi esempì si è di anno in anno ingrandito il nostro commercio con quelle contrade, e speriamo che in un ventennio questo mare in- diano, or per la prima volta da noi navigato , divenga di fre- quente battuto dai nostri bastimenti, come lo sono oggi i porti degli Slati Uniti, ove più di 20 legni siciliani nel 1839 ap- prodarono, mentre 20 anni sono appena eravisi veduto il primo. F. D. B. Orazione deità il 2 gennaio i84o biella udienza della G. Coìrle Criminale di Trapani del Procu- ratore Generale del Re Cav. D. Pietro Ulloa — Trapani lipogialìa comunale i84o in-B**. Slimiaujo Air opera non disutile ricordare in que- ste j)aginc l'annunziala orazione, e rendere all'autore il dovuto plauso. i IID Lo scopo a cui mirò fu nobile, e il solo degno di chi intende al pubblico bene dall'alto posto, ove siede localo. Si propose di mostrare la universale necessità delle leggi penali, e di distinguere l'applicazione, clie, date le vigenti leggi, meritano le antiche dottrine le- gali. Dedusse in line da' fatti, maestri di ogni vero, le cause per cui più si vizia il costume , si violano le le'ggi, e si viene a misfare; e ne divisò i più adatti rimedi. Considerò che la legislazione criminale deve riguar- darsi tra le cognizioni prime , che necessilano indi- spensabilmente air uomo , perocché mentre per essa gl'interessi morali, ed i beni materiali si tutelano, a tutti giova il sapere le leggi proibitive, onde ognuno dal violarle si astenga. Idea e questa quanto utile, al- trettanto vera. La difesa istantanea della persona, della dignità, del patrimonio vuol non di rado, che il cit- tadino provveda a se stesso, pria che possa aflidarsi all'ufficio del giurisperito. Nell'impeto di licenziosa passione , nell' urto de' materiali interessi il privato talvolta veste l'augusta divisa dell'autorità per oppri- mere il privato, talvolta ancora (oh caso più frequente e deplorabile!) il depositario dei poteri legali li mu- tua, e vende all'odio all'avarizia di un parieggiante. Allora alta necessità esige, che il cittadino prestamente conosca se debba respingere con le armi l'aggressione alla sua persona , alla casa , ai beni suoi , se debba difendere la libertà dell'una, la soglia dell'altra, il possesso dei terzi, e cedere e protestare, o cedere e tacere; allora è utile che egli sappia di quali man- dati, e con quali clausole, uopo è sia munito l'agente del potei« legale, ove giungono le attribuzioni di lui, quello che è de' giudici, cosa sia autorità, che cosa giurisdizione, ove giunga il mero, ove il misto im- ii6 pero e cose simili , delle quali inopportunamente si deplora l' ignoranza al tardo avviso del giurisperito. Del resto allorché s'incitano i cittadini ad apprender le leggi, e conoscere quello che importa legge scritta, quel che e della consuetudine e dell' uso , quel che puote il decreto, quello che è il rescritto del prin- cipe, la lettera ministeriale, la ordinanza di un ma- gistrato di polizia, la sentenza del giudice, come si fanno, s' intitolano, si sanzionano, si eseguono, s' in- lerpelrano e si disfanno, non si pretende che essi di- scendano all'estreme applicazioni delle pratiche forensi, ma vuoisi unicamente che ognuno sappia i propri di- ritti, e le leggi che li difendono e li limitano. La cognizione e l'uso delle leggi stringono alla civil società la persona, e la proprietà di ognuno, e fan l'uno e l'altro garanti delle rispettive obbligazioni verso la città e verso ciascun cittadino. Ne col solo rigor delle pene è la legge norma al ben vivere, essa è la espressione della vita di un ente morale naturalmente e civilmente perfetto. Essa dipinge nell'animo di chi la medita il tipo ideale dell' uom giusto ed equo, e l'animo, che per natura l'ammira ed ama, ne ritrae di necessità gran parte di perfezione, e come l'arti- sta educalo alle beltà ideali dell'arte greca facilmente avvisa le deformità; così le bruttezze del proprio a- nimo rivelansi, ed è forza pure che in gran parte lo imiti e se ne informi : laonde le leggi ed i costumi agiscono e reagiscono fra loro. Da che la sapienza europea gridò contro gli abusi e gli errori originali dalla niultiplicità delle leggi, per cui libero era ai giudici l' attenersi più ad una che ad altra, donde l'arbitrio rendeva facili le irregolarità le ingiustizie, i popoli dimandarono un corpo di drit- to, quindi attingendosi i lumi del sapere di tanti se- ... . '^7 coli si ritefine quanto slimossi completo, si escluse quello che non era dei tempi e della civile equità, e si definirono si corressero si supplirono le dubbiezze, le imperfezioni, le lacune, e pubbiicossi un codice pel quale le leggi consentirono ai costumi, e bandita ogni tortura proscritti i privilegi, dannati gli arbitrii si equi- librò la pena secondo i gradi della colpa, e .seguì una graduazione sotlilissima di linee per le quali ogni tra- scorso trova la cellula propia del reato e della pena, in tal guisa le leggi penali raiglioraroasi, e l'ammini- strazione della giustizia fu sicura. I Romani punivano di morte quel reato nel quale scorgevasi la intenzione prava, quantunque non si fos- se consumata; e ciò perchè misuravano il crimine dall'affetto, e non dall'efFetto, e sebbene ogni delitto è il prodotto della volontà, pure questa segna i suoi diversi gradi da' quali risulta maggiore , o minore imputabilità. La uccisione volontaria è un omicidio punibile, ma la pena è regolata dal dolo, che usa l'interfetfore, il quale è massimo quando viene da de- liberazione, e si esegue con proditorio, e sevizie; me- dio se da sola deliberazione, e mezzi all'uopo preor- dinati; minimo quando è risultamento di un impeto primo. E però i diversi stadii della colpa e i gradi di imputabilità di azione, e delle pene furono sapien- temente dal codice sanciti. Quindi il nostro dritto penale non si uniformò alla sola classazione di omi- cidio volontario, ed involontario che segnavano i ro- mani, ma ne distinse cinque classi, l'omicidio quali- ficato, il volontario, lo scusabile, l'involontario, il non imputabile. Ne qui si ristette, ma supplì le antiche lacune, corresse le irregolarità, per le quali soffer- mandosi alla prava intenzione, e non ai risultamenti punivansi in ugual modo la volontà non accompagnata 1 18 dal fallo, e la volontà eseguita col tlanrio; Iracciò !:» distanza clie si frappone dalli inlenzioue al successo; segnò le cellule di omicidii cunsuniali, mancati, leu- lati; e non solo statui sifatlainente i gradi di vo- lontà ma quelli di esecuzione ancora. Die poi norme certe per collegarsi la prova, In quale più non dipese dall'arbitrio, ma si dovè desumere dagli elementi di fatto. L'oratore saggiamente osserva come il magistrato deblia a di nostri far senno si per imprimere le qua- lità al reato che per convincersi della prova, e tal- volta nel difetto della estrinseca attendeie alla robu- stezza della prova intrinseca, la quale con minutissimi rapporti può presentare una catena successiva di fatti, che rendon chiara la reità o l' innocenza. A ragione però reclama contro l'uso 'di talune dottrine, che non possono seguirsi dietro le riforme salutari del diritto penale, per le quali fra i tanti .sapienti di Europa sudava non ultimo il siciliano Tommaso Natali. Quin- di non più opportune sarebbero le teoriche sulle an- tiche qualifiche de' reati o sui mezzi a provarsi, e stra- nio riuscirebbe il nc>n darsi del tutto fede alla con- fessione dell'accusato, quando falli evidenti e positivi le sian di conforto. Talché i reati dovranno valutarsi dai gradi di dolo e di colpa, e saranno i giudici li- beri di attenersi a quei modi di prova che stimeranno più concludenti, sia che risultino dalle nude notizie dell'avvenimento, sia che si raccolgano dalla fede dei testimoni, calcolandone di questi più che il numero la genuinità e la causa non viziosa di loro scienza. Da ultimo ove esiste la riforma della legislazione deve tacere la voce dottrinale degli interpretri antichi in ciò che dissente dal nostro codice, e diriggersi l'apjdi- cazione della legge novella con la fiaccola levata dalla medesima. ^'5 E qui 1 oratore passo a segnare le cause, j)er cui si fanno frequenti i niisfalli in quella valle. E dap- prima ne accusò il difetto della cognizione delle leggi j)roibitive , il quale dipende dalla mancanza di una pronta educazione per la classe dei villici. Indi la de- ficienza della industria per cui mancano gli uomini e di fatica, e di aiuto; ne attribuì la colpa non alle persone, ma alla depauperazione de' proprietari, e ta- lora o alla loro pigrizia, o all'esser privi d'incorag- giamento. Ne a questo si rimase, addusse come non causa ultima il celibato in che l'uomo scarco dalla cura della famiglia si abbandona assai volte al disor- dine, e prorompe in tutti i vizi; e finalmente rinven- ne nel difetto de' mezzi a supplire ai bisogni della vita la causa della ritrosia al matrimonio. Notò il gran novero de' recidivi, e ne assegnò per motivo il non trovarsi, dopo scontata la pena, modo di trarre onorata sussistenza. Provò l'assunto dimostrando, che fra tutte le classi le più facili al delitto sono quelle dei villici, e fra essi i più miserabili ed i celibi, e l'al- tra de' proletari; la prima perchè non togliendo mo- glie nella povertà, e nella ristretteza di usi, di idee, e di piaceri in cui giace, non è trattenuta dai vinco- li di sangue, e dai doveri di famiglia , onde preci- pita di sovente al misfatto : la seconda perchè non- avendo sussistenza per delitti la procaccia, e quando riede alla libertà dopo espiata la pena non trovando né opera né tetto ne aiuto ritorna al delitto, e vi si sfrena di nuovo. Avvalorate queste cose con la più mirabile prova statistica avvisò l'oratore doversi procurare , che la istruzione pubblica giunga a spander sua luce per sino alle più rimote campagne, che la pastorizia si estenda, e la industria mercè i soccorsi, e gl'incoraggiamenti 120 pubblici si migliori : che ai miserabili si dia mezzo acconcio a vivere con rendere prospero il commercio interno, onde così scomparire interamente quei reati, che sol traggono causa e si ripetono dai furti ori- ginati dalla miseria. Date queste riforme la voce del magistrato pronta a reprimere il rinnovarsi di ogni barbaro abuso con la inflizione della meritata pena, sarà mezzo bastevole ad evitare ogni traviamento più imputabile alla sciagura, che alla malvagità dei Si- ciliani, L'erudizione, la purità, ed il vigore dell'esprimersi, di cui un tale discorso si adorna, rivelano la mente, la dottrina, e gli studi dell'oratore; noi quindi atte- standogliene il nostro compiacimento speriamo, che la franchezza di lui nell' esporre i mali nostri, e le loro cause, e i rimedi, giunga gradita al supremo potere, e l'ascolti, e ne secondi gli utili avvisi. Prof. Pietro Sampolo. Cenni biografici intorno a Melchiorre Mira Mar- chese di S. Giacinto scritti da Mariano De Mi- chele E DE Michele. — Palermo, tipogr. di France- •sco Lao, di pag. ii iu-i2°. In tempi in cui la viltà e la simulazione sono pur troppo frequenti, l'esempio raro di una verace e non mai interrotta amicizia è dolce e consolante. E vera consolazione ho provato nel leggere gli annunziati cenni^ che alla memoria dell'estinto Marchese di S. Giacinto dettava un suo antico amico, il cav. Mariano 1 2i De Michele da Termini. Senza enfasi declamatoria , senza esagerazione, senza modi e vocaboli tratti dal suppediano dell' antichità ; ma con istile semplice e pulito, e con giudiziosa parsimonia sono dal bio- grafo rammentate le doti domestiche e sociali, che caro resero a molti il S. Giacinto, taciuto con op- portuna destrezza ciò che in lui avrebbe rivelato l'uo- mo. Se in tutti gli scritti che alla memoria si consa- crano di cari estinti, si usasse sempre sì saggia mo- derazione, non correrebbesi spesso risico di veder l'arte santissima della parola prosliluila, il vizio scambiato colla virtù, o reso scusabile, il linguaggio d'una in- considerala passione sostituito a quello d'una meditata ragione. Melchiorre Lo Fuso Mira. Illustrazione di una inedita iscrizione gotico-nor- manna. AL SfGNOR DUCA. DI SERRADIFALCO 0\>XM xfl >i«< ToÙ5 *«i5ei'«s opsyo(A6voys Ita oportet eos qui eruditionem ap- petuntj nuUius quidem rei inexperios eMej undequdque vero utilia coUigere. IsocRATis ad Demonicum — Vers. His- ROffìMI WOLFII. S'innalzano a sud-ovest del fonte Jcqua-rossa ^ sopra la vetta di alluviali colline nel territoriale pe- rimetro della Comune Belpasso, in Sicilia nostra, i i6 133 cimelii di golico edilìzio, dalle vicende del tempo in • gran parte rotto ed appianato al suolo. Era questo uno di quei solinglii Monasteri fondati sulla plaga meridionale dell' Etna, dopoché l'invitto Conte Rugiero nel pristino suo dominio la cattolica Religione volle restituire; e la origine di loro stabili- mento, indietreggiando le epoche, ad Adelasia nipote del normanno Signore risale; sebbene questo dal vi- cegiustiziere Artale di Magona Conte di Mistrelta, nel iSao fosse stato edificato, ed ai Certosini sivvero ai Basiliani primamente concesso, a Santa Maria della Scala dell'ordine greco pria dedicato, nel i468 a quello di Santa Maria di Nuovaluce fu aggiunto, e «Ja questi frali latini agli agostiniani scalzi aifidato; nel i5i2 ridotto iti Commenda, per la insalubrità della paludale atmosfera fu abbandonato, e per il Iremuoto del marzo 1693 distrutto; della cui istoria FazcUo, Mongitore, Pirri, Amico, Biscari, Recu- pero, chi più chi meno, e confusamente, fan cenno. Essi però non rivolsero il pensiero ad una pregevole iscrizione gotico-normanna esistente, in mezzo a quei ruderi, sull'architrave d'una porla di quadrata stanza, posta all'oriente e contigua alla chiesa perchè inintel- ligibile la estimarono o di difficile trascrizione, per la inusata paleografia dei caratteri ('), in gran parte logori e guasti per la edacilà del tempo, coniccliè a mosaico costiutli di sassolini di terra colla fra loi disuguali, sì che Irasandarono di ricordarla, ed ine- dita 0 forse dislrutla e perduta si giace. La conoscenza del qual monumento io debbo iulc- (■) Il Tardia nei suoi manuscrilti porta mi'iscri/.ione di carat- teri consimili ai nostri trovata in Lilibeo 0 Marsala senza in- terpretarla. 123 ramenfe all'ornalissimo signor proF. Roberto Sava in- sieme agli enunciati particolari. Egli percorrendo nel 1819 quelle feconde campngne, in cerca di naturali prodotti, raccolse la cennata iscrizione, onde alla me- moiia dei posteri serbarla. La copia die ne presento, donatami dal dott. Sava per illustrarla, è con accu- rata esattezza corrispondente alla originale, e al ven- tesimoquarto della pristina dimensione ridotta. E pria che alla deciferazione io ne venga, mi sem- bra mestieri addimostrare l'utilità di sì fatte iscrizioni, onde ricacciare in gola quelle scempiaggini con die alcuni sogliono alla scamannata giudicare tali archeo- logiche ricerche. La preziosità delle antiche scritture, ci vien bella- mente chiarita in quei sensi del Ruinarl (<) ove di- ce : «-Nata consuetudo, ut si quis modo Historias^ maxime monasierìorum et aliarum aecclesiarum iirbìumve^ aut provinciarum, immo et familiaruni scribere aggrediahir^ necesse sif, si modo sibi ha- herì fidem velit^ ut acta velerà et chartas auten- ticas ad calcem libri repraesentet^ quae monumenta inerito probationum titulo decoranlur, quod absque illis eorum quae narrantur Jìdes videbatur vacilla- re.M — Da questi monumenti non solo le lettere, ma la società medesima ne ricava utilità grandissima; per- ciocché da essi vengono in luce i dij)lomi , le costi- tuzioni dei monasteri, delle chiese, e le origini delle illustri famiglie, degli Imperatori, dei Re, e dei Prin- cipi : in tal guisa giudicarono la ulilità delle vetuste scritture il Mahillon('), il Leibnitz('), il De Lude- (') Fr. Theodoricus Ruinart in prmfat. Oper. lifalilloniì de Ile Diplomatica. (') De Re Diplomalica. lib. 1 e. 1. {^) In prcefat. Cod. luris Diploin. 1^4 wig('), Goffredo Meiern('),Ban'nglo('),e il Muratori (*), rEÌkard(*),e rHeuman('=). Dunaue dal fin qui detto è da concliiudcrsi clie le archeologiche ricerche sono utili, anzi utilissime al bene della società. Venghiamo alla deciferazione. Indicano i primi due segni aperta- mente ad ognuno Sanctce Maria. La S, che vale pel Sanctae abbreviato, era usata nella scrittura gallica anti- ca come il Mabi!lon(') riferisce, e il Waltcr(*) porta jquasi ristesse segno per Sanctce in uso al i i^o; dessa è simigliante alla S efrusca, al Sa armeno maiuscolo, tranne che la voluta di sotto volge a destra e non a sinistra. La M seguente è d'uno stile ammanierato consimile a quelle riferite dal Baringio, trovate nel ii4o, ii47i 1247, 1273-, è molto analoga al mis- sile degli Illirici o Jeronin)ili; a molte usate in quel- l'epoca come per non andar molto lungi alla M della parola magììijicus nella lapide sul muro meridionale della nostra real chiesa Palatina (9); e a quelle nelle iscrizioni della chirsa di S. Michele Arcangelo('o); e a quelle rapportate da Isidoro (") nel secolo Vili; ed è pur molto simigliante alla M egizia geroglifica con le volute, e con la prominenza nella parte superiore del- l'asta di m'ezzo. Lo scriversi le .semplici iniziali parole era vetusta (') Reliqq. Miss, alque Diplomai . omnit (levi, (') Ada pacis Westpìialia. [^) Clavis Dìplomat. [♦) Antiq. Italie, mei. nevi. *j In rem Diplomai, introd. "j Comm. de re Diplomai . V De Re Diplomai. ^^\ Lexicon Diplomaticum. (9) V. Morso, Palermo Antico. '") Idem, loco cit. ") Walter, Lexicon Diplomaticum. 135 usanza, e in un codice diplomalico del 1294 trovansi le sole iniziali S M ('), e secondo il Walter nel se- colo XV e nel isgS. Siegue immediata alla M un punto e quindi SCE Scala, parola indicata nel terzo quarto e quinto segno, titolo del monastero, come osservammo della Scala. Il primo segno usato venne nel 1370; il secondo nel iSioQ; il terzo nel i3io e i4io(0. La C di Scala? assi miglia al khot maltese fenicio, e la S allo tsod (Veà. Vassalli Gram. Maltese-Fenicia). Dopo questi segni indicanti Scalae viene la congiuniione Et espressa in unico segno quasi fosse una i; questa veniva così usata , secondo rapporta il Walter (<), nel 1147 e ^S; ve ne hanno simili nel i025(^); quindi un'altra specie di I ed una C equivalente nelle scritture antiche alla S de' Greci, e con questi due segni scrivevasi lESUS, ne abbiamo moltissimi mo- numenti antichi, e potranno vedersi da chiunque nella lapide esistente nella nostra chiesa sopradetta di S. Ali- chele Arcangelo nel circolo continente la croce, e nel quadro a musaico del monistero della Martorana gli stessi segni denotanti Jesus. La C o S jli Jesus è ugualissima allo slovo così scritto dai Serviani, e al sima de' Cofti. Vengono indi alcuni segni che per l' antichità tro- vansi guasti e scontrafatti , ma dal contesto sembra voglian significare Templum, perchè segue Hoc in- dicato nella lettera H colla sincope espressa di sopra come era costumanza a quei tempi, e che varii mo- ('I Clavis Diplomatica. l'I Baringio, idem. y) Baringio, idem. (<) Walter. Lexicon Diplomai. (*) Idem ibidem. ia6 numenti contestano e sorreggono, appoggiandocPairau- torità dei Baringio. Poscia si scorge una S simile anzi uguale alla prima di Sanctge, potendosi qui intendere a colpo sicuro per sancium. Vi à in proseguo un segno che vale CondUum^ se- condo il Walter usato nel secolo XII; ed altri segni rolli a non potersi leggere ne ridursi. Incominciando poi dal secondo lineo i primi tre segni fanno cliiava- inenle Die : la D usala secondo il Baringio nel iii5 la I nel rioo, e la E di una data incerta, ma forse secondo lo Baringio opina, nel iio8; dessa è uguale a quelle riportale dal Durerò. I due seguenti segni sono incerti, e siegue imme- diatamente la congiunzione Et espressa come sopra; quindi altri due segni incerti , e poi assai chiaro la parola Anno; la A di questa è riportata dal riferito Baringio^ come usata nel 1264; la N prima nel 1108; la seconda non si vede, ma 1' abbiam supposta dai frammenti; e la O nel 1212 e 1263. La data del- l'anno viene espressa nei tre CCC, cioè trecento , i quali sono preceduti e seguiti da rollami , che vale il precedente segno dalle tracce che esistono al mille. Dunque dal fin qui detto e dalle parole : Sanctce MarìcB Scalce et Jesus hoc sancium conditum.... die... et... anno.... CCC... ricavasi quanto nell' esor- dire dicemmo che a Santa Maria della Scala fu dedi- calo il tempio, e nel milletrecento e più fabbricato. Queste poche parole ho creduto intitolare a Lei, chiarissimo signor Duca , come a degno amatore e scrittore delle patrie vetuste bellezze, e son sicuro avere adempiuto al mio impegno, per quanto mi fu forza, nel confrontare le lettere ad altre più antiche, e ponderar bene le cose rafforzandole con la opinione degli accreditali autori di (ali materie, onde non sen- 127 li imi susurrare all'oreccliio le parole del grande Iso- crate: Omne quod sis dicturus prius inspice mente{'). Onofrio Abbate. Jn faneribua CAJETANI VIGINTIMIUI ET ALUATM COMITIS. I. D-OM PRO • ANIMA • PIENTISSIMA CAJETANI • XXMILLII • ET • ALLIATìK COMITIS BELMONTI^ • GENTIS • ULTIMI MERITIS • ET • TITULIS • PR^ • FULGENTIS HEIC • PIACULARIA • FIUNT • ET • SACRA QUICtJMQUE • OPTIMI • CIVES • ADESTIS OPTIMO • VIRO • DEQUE • PATRIA • BENE • MERENTI VENIAM • ET • REQUIETEM • PRECAMINI OBIIT • ID • NOVEMB • M • DCCC • XXX • VI VIX • ANNO • LXXIX • D • XIX II. BOCCE • MEUM • TESTAMENTUM • ESTO I. CORPUS • ANIMA • SEDUCTUM • SPLENDIDIS • NE EFFERTOR • FUNERIBUS • ANIMA • SACRO • PIA- CULI S • PRECIBUS • JUVATOR. IL CONSANGUINEIS • INOPIA • LABORANTIBUS- CON- GRUA • STIPS • LEGATOR. Ili, EX • ASSE • ORPHANOTROPHIUM • STATUITOR VIGINTIMILLIANO • NOMINE ♦ PUELLI • PUEL- LAEQUE • INIBÌ • ALUNTOR • BENE • ET • PUDICE AD • CIVIUM • COMMODUM • EDUCANTOR • ID • AR- CHIEPISCOPI • PANHORMITANI ' CONRADI • XX- MILLII • DUCIS • DOMINICI • LO • FASO • SERRAE- FALCI • DUCIS • FIDEI • COMMITTITOR. IV. VOS • PAUPERCULI • PRO • TANTIS • COMMODIS A • DEO • MISERICORDE • MIHI • PACEM • EXPO- SCITE. (') Ad Demomcum. 128 IIK In arca mortuaria. CAJETANI • XXMILII • ET • ALLIATAE COMITIS BELMONTIAE • GENTIS • ULTIMI DE • PATRIA • OPTIME • MERITI OSSA • IN • PACE VIX • AN • LXXIX • D • XIX • OB • ID • NOV. M • DCCG • XXXVI NicotAOS Maggiore. N. B. I caratteri generici del genere delle Pupe riportati dal Lamarck sono diversi da quelli assegnati a questo genere da Draparnaud. Ci hanno indotto crederli gli stessi le parole di La- marck : «Draparnaud nous paralt ètra le seule qui l'aitjuste- ment saisi et en ait bien determinò les caractères. » Ved. pag. 80. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. 1. Pupa cinerea Drap. 2. Pupa avena Drap. 3. Pupa contorta Calcara. k. Pupa rupestris Nobis 5. Var. b. Pupae rupestris. 6. Pupa umbilicata Drap. 7. Pupa subulata Nobis. 8. Pupa muscoium Drap. 9. Pupa pygmoea Drap. 10. Pupa pusilla Nobis. il. Pupa Callicralis Scacchi. m e ém . EIFFIEMEIRII©]! T SCIENTIFICHE E LETTERARIE PER LA SICILIA iV." 18. — Marzo 4840. PROSPETTO DELLE SCIENZE, E DELLA LETTERATURA DEL SECOLO DECIMONONO IN SICILL4. Zoologìa INTRODUZIONE J.ja parte del presente prospetto risguardaute la Zoolo- gìa, e eh' io imprendo a scrivere, mostra certamente che la Sicilia non trovasi innanti al pari delle nazioni incivilite intorno a questa scienza. E tale è senza fallo, ove si consideri, che sebbene taluni siciliani abbiano col- tivalo con onore in questo secolo qualche ramo parti- colare di Zoologìa, ciò non di meno gli altri rami sono stati fra noi del lutto o poco raeu che del tutto ne- gletti. Io non intendo ricercare minutamente le cause che abbiano ritardato il progresso di questa scienza fra noi; però non partecipo all' opinione del celebre autore della Topografia di Palermo incolpandone di pigrizia i miei connazionali (i. E dico soltanto, che (i. Sciai. Sua ÌQtroduzionc a quest'opera. i3o fra noi non cattedre eli Zoologìa, non pubblici musei di animali, non pubbliche Biblioteche lornile a dovi- zia di libri che ne trattino. Dico che gli studi zoo- logici, siccome quelli di qualunque scienza naturale traendo seco il bisogno di gravi dispendi per essere con onore coltivati, ed assai più grandemente quando mancano le pubbliche istituzioni possono esserlo quin- di da coloro che vivono nell'agiatezza; e la maggior parte dei Siciliani trovandosi stretti da bisogni succede facilmente , che quegli che vorrebbe coltivarli non può, perchè appartiene a questo numero. Dico anco- ra che tali studi non essendo quindi diffusi fra noi non si apprezzano, non si proteggono (i. il che tende potentissimamente a scoraggiare quei pochi islessi, i quali coltivandoli vorrebbero trovare negli altri aiuto e conforto; che finalmente non premi, non onori, non mezzi insomma, pei quali possa progredire sempre, priacchè per qualunque altra causa, ogni ramo di scienze naturali in una nazione. Ne mi si opponga dallo Scinà, che questi mezzi non sono il primo e vero motivo, che La ritardato il progresso della zoologìa in Sicilia, non che di altre scienze naturali. Non mi si opponga che i titoli della nostra gloria fondati sulla Botanica sono una pruova della verità di questa opinione. Imperocché Boc- cone fu di tanto favorito dalla fortuna, che potè p sue spese viaggiare l'Europa intera. Cupani era un mode- sto fraticello ^ ma egli slesso ci fa sapere eh' ebbe vali- (i. La proposizione particolare, che in Palermo od anche in altre ]arti ilclla Sicilia taluni apprezzino e proteggano gli studi naturali non esclude certamente la proposizione generale da me annunciata. Avvcgnac- chè fKJchi sono fra noi che coltivano questi sludi, pochissimi, che lijiro- te!:gono. Fra questi vanno noverati in Palermo il Principe di Granàtelli nostro distinto letterato, e 1' Egregio Princijie di S. Elia, il quale in picciol tempo ha dato moltissime jnuove del suo fermo proponimento di ])roteggere chiunque si versi con onore nei vari rami del sapere. Possa- no ei soli vincere gli ostacoli polcnlissimi, che si op]iongono al progres- so lidia Zoologia in Sicilia ! i3r dissimi aiuti ai suoi studi (i. Bernardino d'Ucria dei un chiostro di frati mendicanti elevossi a gran fama non per altro, che per avere applicalo il primo in Sicilia cori l'aiuto della sola opera del Linneo il sistema di questo immortale alla conoscenza delle piante, e pub- blicatene talune da lui scoperte^ tuttavia egli trasse an- cora grande aiuto dall' Orto Regio palermitano, dove era stato eletto dimostratore, e le piante di quest'orto dispose infatti sotto quel sistema, e pubblicò nel 1789. In quest'orto, salito poscia a grande onore fra noi mio padre il barone Antonino Bivona e Bernardi, scaldossi la prima volta il petto per lo stiKlio della botanica, e se, quando scriveva lo Scinà, mio padre avea pre- sentato poscia all' Europa le sue centurie, le sue me- morie, i suoi fascicoli di piante rare perchè allora n' ebbe i mezzi di farlo (sebbene avesse sottratto qual- che comodo alla sua numerosa famiglia) quando poi questi mezzi in lui anzicchè accrescersi per le sue fa- tiche vennero meno e per se stessi (2, e per la fa- miglia sua vieppiù crescente, non presentò la Flora di Sicilia, che questa sua patria e 1' Italia da lui si aspettava (3, uon altri lavori botanici di gravissi- mo momento; non presentò un'opera di Malacologia sicula, dov' egli lavorò tanto, e dove acquistossi uoa poca. fama per le sue scoperte, non altre opere di storia naturale patria, che avrebbe forse con altri (i. Cupani. HortiM CalhoUcus Prologium ad lectorein, (2. È noto, die dopocchù mio padre lasciò il posto di Segretario re fercudario del Kcgno di Sicilia per l'abolizione di cotali inxpieglii avve- ratasi l'anno 1819, uon solo non acquistò mai maggiori averi, ma ne perite. Infatti ei uon ebbe poscia che ori^ 3oo annue come Ispettore fa- cultativo presso la Soprintendenza generale di acque e foreste in Sicilia, ed altre 0117 ii4 all'anno di una rendita vitalizia statagli accordala in compenso dell' impiego perduto di Segretario Referendario del Regno, le quali somme unite insieme non formavano lo ayerc di qnesto impiego. (3. V. Gioraalc dei letterati di Pisa. l32 mezzi potuto pubblicare, essenclo siati in lui com' h noto, genio nell' osservare, passione ardeiitissima per tali studi e islancabilità nella fatica (i . Eppure tanto erogò del suo per lo acquisto di non pochi oggetti e libri di storia naturale (2, e per lo eseguimento di vari suoi lavori naandati per le stampe o rimasi ine- diti (3, che non potè fare a meno di lasciare moren- do una famiglia bisognevole sì , ma solo sconsolata per averlo perduto. Tali furono adunque i botanici, di cui parla lo Scinà, l'ultimo dei quali, ad onta ciie si dispendio molto per coltivare gli studi naturali, fa anzi pruova manifestissima, che per la pubblicazione di vari suoi lavori rimasi inediti , e pei quali egli durò tante fatiche, abbisognavano ben altri mezzi che non ebbe giammai. Ma che! si vorrà negare, che i mezzi, i premi, gli onori non sieno la prima ed es- senziale cagione, perchè possano progredire le scien- ze naturali fra noi, quando si vede tuttodì, che que- sti rami del sapere progrediscono più, dove meno (i. Gli onori a mio padre tribuiti dai suoi connazionali e dagli e- steri provano ccrlamcntL- quanto ho detto in questo periodo. E lascian- done moltissimi eiterò qui soltanto che il primo botanico di questo secolo Augusto Piramo Decandolle chiamò mio padre inclito successore del Cu- paiii ( Regni vegeUiLilis Sfstema naturale v. 2. p. 555) ; e che Roeraer f Schuitcs sommi botanici della Russia chiamaronlo ancora uno dei primi botanici , c(l osservatore instancabile della storia naturale della Sicilia ^Caroli a Linnè equUis sf sterna i'egetal/ilium eie. v. i. p. xvii. ) Ignoro «jucllo che avesscr detto di lui Sprengel dalla Germania , Rafinesque Schmaltz, Mocino e Sessé dall' America, ma egli e certo che questi autori fecero il grande onore a mio padre d' intitolargli vari generi di piante, onore a l'^i reso eziandio del prelodato Decandolle. (a. Datosi mio padre agli studi naturali, oltre agli altri oggetti di questi studi, (love fare acquisto dei libri bisognevoli per coltivarli, man- candone tanto la Biblioteca di questo Comune, eh' io e gli altri coeredi le abbiamo venduto quasi tutti i libri di lìotanica e le avremmo venduto ancora le altre opere di storia naturale, se io lìon ne avessi fatto acqui- lìto, come quota della tenue eredità che mi spellava. (3. Questi lavori saranno fra non guari pubblicati in modo convene- vole ncW 1) jinlologia ili scienze mediche e naturali per lu Sicilia lynaavo giornale che sarà compilato da me e ilal dottor Mariano PauUdco. i33 si manca ài quelli? E quando veggiamo la Francia ire tant' oltre nel progresso delle scienze naturali, diremo, che ne è la cagione, che i francesi sono la^ boriosi, e noi pigri e neghittosi? E se sono surti e surgono tuttavia fra noi alcuni pochi i quali sosten- gono r onor nazionale in alcuni rami della storia della Natura ad onta della mancanza assoluta delle pubbli- che istituzioni, non è questa invece una pruova, che fra noi non si manca d'ingegni laboriosi, siccome noii sene è mancato giammai , là ove talune circostanze particolari, e non generali concorrano a dar loro il convenevole sviluppo ? Ma lasciamo d' interlenerci più oltre sostenendo contro lo Scinà una verità di cui ninno sai-à al mondo che potrà metterla in dubbio^ se con animo pacato giudichi delle cose nostre. Lasciamo a lui il credere che pochi ajuti sono bastevoli per coltivare r istoria naturale patria, senza che si cominci prima da quelli di cui abbiamo parlato; poiché per crederlo bisogna per fermo non avere giammai fatto acquisto a proprie spese degli oggetti e dei libri necessari ad illustrare un ramo solo di essa. E tornando adunque al poco progredimento, che han fatto tra noi gli stu- di zoologici, questo ormai dobbiamo sperare che clii siede oggi al nostro governo istituisca una cattedra di Zoologìa nelle università di Catania di Palermo e di Messina. Oltre al soldo per lo mantenimento di que- sta cattedra un' annua rendita di poche onze sarà ba- stevole da prima per lo acquisto degli animali tutti che abitano nella Sicilia. Si coopereranno ad un tale acquisto i professori di Zoologìa e gli stessi loro al- lievi, i quali presi di amore per questi studi, e in- coraggiati con qualche picciolo incentivo del loro a- mor proprio, con medaglie cioè od altre decorazioni, i34 potranno laccogliere sempre clegli animali nei vari pun- ti dell'Isola, e fornirne quei luoghi ove incessante- mente convengono per la loro istruzione. Acquistati prima gli animali nostri, e per i cambi che si faran- no con r estero, e per quell'annua rendita istessa, po- tranno mano mano ingrandirsi le nostre collezioni an- cora di animali esotici. Le Biblioteche frattanto am- ministrate da sagge deputazioni siccomti attualmente lo sono, non lasceranno sempre di fornirsi delle opere di Zoologia, per che si potessero coltivare i vari ra- mi di questa scienza, e di che, siccome si è detto, è manchevolissima. Se non che volendo ora intratte- nermi alquanto sul governo delle nostre Biblioteche, dico che se esse si forniscono talfiata di opere inte- ressanti non che in Zoologìa, ma in ogni altro ramo di storia naturale, ciò tuttavia avviene quasi sempre dopo molti anni della loro pubblicazione; sì che quan- do queste opere si acquistano, altre già ne sono surte che le prime ksciansi molto indietro della scienza. Non è poi miglior consiglio nella Biblioteca comunale di Palermo preferire allo acquisto delle opere anzi- dette lo acquisto di alcuni giornali di scienze naturali. E che? si vorrebbe forse che si studiassero od appren- dessero queste nei giornali ? Le scienze naturali si stu- diano e si apprendono nelle opere che ne trattano spe- cialmente; nei giornali si apprendono delle modifica- zioni, o correzioni, o aumentazioni ancora a ciò che nelle opere si è dello; e però prima abbisognan que- ste, quelli poscia per conoscere appieno lo slato della scienza. Che si dirà poi delle 0|)ere di grandis^mo lusso, che si sono acquisiate dalia Biblioteca di Pa- lermo e che non sono bisognevoli per lo studio del- la storia naturale, mentre invece avrcbbcsi potuto for- nirla di allre sommamente piìi necessarie, e volte ad i35 illustrare una o più branche intere eli questa scienza? Dormono quelle opere infatti facilmente negli aruiadì; là dove queste sarebbero svegliate maisempre da co- loro che consacrano le loro fatiche a tal sorta di studi. Ne qui io saprei cessare dalle cose or dette in- torno al governo delle Biblioteche, senza che prosie»ua a dirne delle altre, le quali giuro non hanno per i- scopo che il bene della mia nazione. Si lo sappino una volta i Siciliani uno è il mezzo di riparare or- mai al difetto, che havvi nelle Biblioteche, di opere per coltivare l' istoria naturale patria, e però all'onta gravissima che loro ne viene: ogni Biblioteca vada acquistando solamente in prima le opere indispen^ sabili per coltivare con onore una branca di que- sta scienza; acquisti poscia quando potrà le opere intorno ad un' altra branca^ e così continuamente. S'intendano per queste opere indispensabili i.°i ma- nuali che servono quali guide nel condurre la mente per l'ignota via di una scienza; 2° le opere che hanno inteso ad illustrare direttamente l'istoria naturale pa- tria, perchè conoscano i siciliani cultori di questa scienza non pure quello che si è fatto da loro mede- simi, ma dagli stranieri, che ormai è già gran tempo ■vengono ogni dì a far tesoro di oggetti naturali dell' I- sola e ad illustrarli poscia fino in paesi lontanissimi (i; 3" le opere più recenti che hanno mirato a compren- dere la descrizione e illustrazione di tutti gli oggetti conosciuti di una o più branche intere dell' istoria na- (i. Credo qui convenevole far noto a chiunque, che un certo Grooh- man negoziante Tedesco fermata la sua dimora iu Palermo per lo spazio di moltissimi anni raccolse maisempre un gran numero di oggetti zoo lo- gici, e principalmente rettili, pesci, ed insetti, facendone mercato con gli cslen, e più di ogni altro coi suoi connazionali. Questi oggetti furono da lui raccolti in Palermo, e in molti altri punti deU' Isola, per lo che egli vi faceva sovente diverse escursioni. Partì da questa verso l'anno 18 36. i36 turtle, perchè quei nostri che vi studiano, conoscano ancora, se gli oggetti da loro ritrovati nella Sicilia SODO stati ritrovati in altri paesi, o no, nel qual caso soltanto potranno reputarli interamente nuovi e da loro scoperti. Questa verità è stata già fortemente sentita dagli attuali deputati della Biblioteca comunale , quando cessato in Palermo il cholera asiatico , acquistarono tali e tante opere nella Botanica e nella parte della Zoologìa che riguarda i molluschi (i. che non mol- te sono certamente quelle che si desiderano per lo migliore progredimento di queste scienze fra noi. E quali sono stati gli effetti? Dopo vari lavori pub- blicali da Filippo Parlatore nella Botanica, e da me nella INIalacologia, si è accinto quegli alla pubblicazio- ne della Flora palermitana, e io, siccome ho cominciato di talune monografìe di Malacologìa per servire alla Fauna della Sicilia. Ma dove sono poi nelle Biblioteche di Palermo le opere sui pesci, sugli uccelli, sui crusta- cei, sugli insetti, sui polipi , e su di altre classi di animali? Domando a voi stranieri che ormai conoscete appieno lo stalo miserando della Sicilia, come potran- no i palermitani illustrare tali branche della Zoologìa, quando intorno a queste non esiste nelle loro Biblio- teche, che r Enciclopedia , il Nuovo Dizionario di (i . Intenta 1' attuale Deputazione della pubblica Biblioteca di Palerà DIO a promuovere ogni sorta di studio fra noi non ba tralasciato di for- nirla di talune opere recenti interessantissime, quali sono la Fauna Ita- lica di Luciano Luonaparte cominciatasi a pubblicare in Roma l'anno i833, e il Dizionario delle scienze naturali tradotto dal Francese^ cominciatosi a pubblicare m Firenze l'anno i83o ; tuttavia tali opere, come e noto» non hanno ancora veduto interamente la luce; e nel punto in cui scrivo non sono pervenuti in questa Biblioteca, che 28 fascicoli della ])rima, e 10 volumi del secondo. L'ha fornita ancora di qualche altra opera zoo- logica, e qualche altra per lo innanzi di già ne esisteva. E tutto queste opere non che quelle ch'esistono nella Biblioteca dei padri Gesuiti, noi i37 storia naturale, e le opere anteriormente pubblica- te di Linneo e di Buflbn. Un' altra non meno gra- ve riflessione si è, che massime dalle due Biblioteche eh' esistono in Palermo, la comunale anzidetta e quella dei padri Gesuiti, poiché le loro rendite non possono bastare all' acquisto dell' immenso numero di opere che si sono pubblicate e si pubblicano tuttodì, non si acquistassero giammai le stesse opere d' istoria natu- rale , che degli altri rami dello scibile. Deputati di queste Biblioteche, cui un santo zelo muove a coo- perarvi al progresso di ogni ramo del sapere fra noi, io vene prego, non vogliate versare parte del vostro allo acquisto di opere quasi inutili. Che quasi inutile saranno non solo pei Palermitani, ma per chiun- que venga a richiederne quelle opere di una Biblio- teca, quando si trovino nell'altra; all'opposto utili sol- tanto quelle opere che si rinvengono nella prima, quan- do mancano nella seconda. Sono queste verità incontra- stabili che dovrebbero servire quai primi regolamenti alle Biblioteche or Jette, non che a qualunque altra del mondo che sia nelle stesse condizioni. Ed io non posso fare che caldissimi voti, perchè quei che sono destinali al loro governo le sentano potentemente nel- r animo e si studino per quanto è in loro di offrire ai siciliani quei mezzi indispensabili, perchè essi potes- sero illustrare l'istoria naturale patria. Che poi deb- bo pur dirlo col dotto autore (i de' cenni storici sulla abbiamo creduto convenerole di riportare In urt catalogo cbe sarà aggiun- to a questo prospetto, e cui farà seguito in fine il catalogo delle opere, di che è indispensabile lo acquisto per lo studio dei vari rami di Zoolo- gia in Pàlel-mo. (i. Il sig. Agostino Gallo j il quale avendo avuto l'incarico di scri- vere i regolamenti della Biblioteca pubblica di Palermo, li scrisse e pubbli- co infatti l'anno i83o con approvazione di S. E. il Marcbesc delle Favate, preponendovi alcuni cenni Storici sulla Biblioteca medesima. i38 Biblioteca pubblica di Palermo, 1' origine di questa e più presto recente, e comecché essa abbia oggi una dote alquanto vistosa per acquisto di libri, pure non e pervenuta ad averla che a poco a poco, e potrà ve- ramente in questi ultimi tempi fornirsi di molte opere di che pria non poteva. Istituite adunque le cattedre di Zoologìa, forniti a dovizia i pubblici musei di animali, le pubbliche Bi- blioteche di opere che ne trattano, allora sì che non saremmo apparsi pigri in questa scienza nemmeno allo Scinà, allora sì che fidando nelle forze del nostro in- gegno potremmo sperare un' epoca più brillante per la Zoologìa nostra; allora sì che non avl-emmo forse a soffrire più la vergogna di vedere fra noi sovente lo straniero mandato fino dal suo Re ad illustrare questa parte dell' istoria naturale che ci riguarda. In- tanto alle cennate pubbliche istituzioni se ne ver- ranno allora aggiungendo delle altre pubbliche o pri- vate, che serviranno a spingere vieraaggiorraente gli ingegni dei Siciliani allo studio della Zoologìa. Allora le Accademie ravvicinando coloro, che coltivano que- sta scienza, ed onorandoli e distinguendoli pel loro sapere, e pubblicando le loro opere ecciteranno mai- sempre in essi quella nobile emulazione, e quell'a- mor della gloria, che li rendono atti ad imprendere e sostenere le più gravi fatiche; li riuniranno ezian- dio e li determineranno a cooperarsi a quelle , cui difficilmente un solo potrebbe condurre a compimento. Allora incessanti ricerche di animali verrebbero con- seguentemente istituite nell'Isola ed uno scambiare vi sarebbe continuo non che fra i siciliani, ma fra i si- ciliani e gli stranieri di animali, di libri, di latti di conoscenze zoologiche. E diflbndendosi tali cono- scenze in Sicilia, e prendendone ognuno diletto (poi- i39 che ogni ramo delle scienze naturali riesce per mol- ti rispetti a chiunque dileltevole) si vedrebbero sor- gere allora in essa con minore difficoltà generosi Mece- nati; allora insomma tutte quelle circostanze, per le quali elevasi al più alto onore in altri paesi non pure la Zoologìa, ma la Botanica e la Mineralogia, che co- stituiscono insieme lo studio della Natura. Finora i Siciliani non possono menar vanto , che degli sforzi da loro fatti per superare i grandi ostacoli che si op- pongono al progresso della Zoologia nell'Isola: onde senza più dilungarci dal nostro proposito noi comin- ceremo dal discorrere lo stato di questa scienza fra noi nel secolo XVIII. poiché crediamo di far co- sa grata al lettore di non mostrare solo e slegato da questo il prospetto che dell'epoca presente scriviamo. Bne Andrea Bivona» Sulla pretesa separazione dei terreni di Sicilia da quelli della opposta Italia — Lettera di Carlo Gemmellaro al Principe di Granatelli. Pregiatissimo signor Principe Era innanzi a Lei per l' appunto che parlavasi qui un giorno, nello scorso mese di febbraio, di introdu- zione dell' Oceano nel Mediterraneo, di separazione di Corsica da Sardegna, e di Sicilia da Calabria Quel- l'argomento riprodotto, forse per caso, ma in modo da far conoscere die si persiste tuttora nell'ammeller facile una antica unione della Sicilia all'Italia, mi fé' nascer pensiero sin da quell' istante doversi togliere una volta ì4o per sempre ogni appoggio alle mal fondate ipotesi, e chiarire scientificamente i fatti, di modo che, dopo di avelli quasi matematicamente dimostrati, si avesse ad aver la taccia di troppo tenace ai propri pensa- menti chi vorrebLie persistere nella opposta opinione* Sommetto io quindi al di Lei sanissimo giudizio, signor Principe, le poche righe seguenti, acciocché autorizzate, se mai Io saranno, da così rispettabile ap- provazione, richiamando a memoria la decisiva ed as- soluta sentenza del Brocchi sull'assunto, e riflettendo sopra una evidentissima ed incontrastabil prova eh' io vengo a recare, vagliano a non ammetter più dubbi sopra questo subbietto. Ed invero recar dovrà meraviglia alcerto, a chi è al fatto della geografia fisica, il sentire come si possa tener ragionamento tuttavia da taluni sulla possibile non remota separazione della Sicilia dalla vicina spiag- gia di Calabria, dietro quanto ne han lasciato a du- bitare gli antichi ed i moderni scrittori; e dietro quan- to appositamente ne scrisse il sommo geologo Broc- chi (i); il quale con mature riflessioni geognostiche, e chiarissimi esempli ne avea dimostrato il contrario! Ma pure si parla ancora di tale separazione, perchè piace, cred'io, il poter supporre un grandioso fenomeno causa della interposizione del mare fra le due terre, ed il poter essere assistiti nel sostenere l'assunto, dalla si- gnificazione delle parole sicilire che si interpetra se- care (2), e Rhegius (3) che può derivare da rignae- ne (4). Si crede inoltre dover piena fede prestare ad (i) L' Iride giornale di scienze ctc. per la Sicilia N. V. Palermo i5 Mar- zo 1822. (2) Natii Sicilire secare est. M.iiirolic. Sic. hist. lib. i. f. i. (3) a qua (crrac scissura rlicqius liis locus appellatur cst,ac niultis ])ost annis condita ibi civitas, idem fuit noiucn sortila. Diodor. lib. iv. 87. (4) Fazello, dccad. i. lib. 1. . '4i un Virgilio, che ne attribuisce la separazione ad uà tremuoto (i); ad un Plinio che stabilisce essersi per divisione posteriore disgiunta la Sicilia dall'Italia (2); ad un Ovidio (3) e ad un Silio Italico (4), che sono dello stesso avviso; ad un Seneca che non ne discor-» da, appoggiato a quanto ne dicono i poeti (5); ad un Pomponio Mela, che come tradizione lo rapporta (6). Se si facesse però attenzione all' espressioni di que- sti stessi autori, si troverebbe che eglino presentano quella idea, appoggiati soltanto ad una tradizione; per cui si servono delle frasi si dice, si rapporta', si vuo- le; e Diodoro, nel tempo che riferisce come parere degli scrittori di antiche narrazioni (7), essere stata penisola una volta la Sicilia, non lascia di rammen- tar* il contrario sentimento di Esiodo , cioè , che il mare doveva essere ivi, un tempo, più largo (8). Ma lasciando da parte gli antichi scrittori ed i poe- ti, i di cui varii pareri, a vantaggio comune, ha eru- ditamente raccolto il classico Cluverio, nella sua Si- cilia antiqua, la Memoria del sullodato Brocchi so- pra tale argomento avrebbe dovuto finire già la qui- (i) Haec loca, vi quondam et v^sta convulsa ruina. Dissiluisse ferunt. AEiieid, lib. ni. 4i4- (2) hoc modo ìnsulas rerum natura feeit: avellit Siciliam Italiae Pliu. tib. 2. ^8, quondam Brutio agro coherens, mox infuso mari avulsa id< (3). . . . Zaiicle quoque juncta fuissc dicitur Italiae donec eonfinia potitus Abstulit, et media tellurem reppulit unda. Metam. lih. XV. 290. (4) Namquc per occultam cacca vi turbinis olim Irapactum pelagus, laceratae viscera terrae Disjicit et medio perrumpeus. . , . Sii. Hai. lib. XIV. (5) Sic hac inundatione, quam poetarum maximi celebrant, ab Italia Si- cilia rejecfa est. Seneca nat. quaest. lib. VI. e. 29. (6) Sicilia , ut ferunt, aliquando conlincns et agro Brutio annexa, post fratre maris siculi abscissa est. Pomp. Mela lib. 2. cap. VII. (7) antiquarum enira iiarrationum scriplores, SicUiam quondam cher- soncsum fuissc pcrhibent. Diodor. loc. cit. (8) Hesiodus autem poeta contrarium statuitj latius cnim diffuso iUic mar» etc. Diod. ib. stione, perchè lo ha egli diffusamente trattato colla scieuza fisica e geognostica per guida; ciò che assai più monta di qualunqne oscura tradizione, e di tutte le sottili ricerche che gli eruditi archeologi far pos- sono mai. Quel celebre scienziato italiano, e naturalista di pol- so, essendosi recatonel 1819 in Sicilia, e perlustran- do con esercitato geologico sguardo i terreni del Pe- lerò, e della opposta Calabria, conobbe senza diffi- coltà le vere loro condizioni, e dichiarò lo stretto di Messina una naturale vallata; la quale avendo il suo fondo sotto il livello del mare, a non più di ottanta passi, secondo Fazello (i), permetteva che le acque vi stanziassero fra' due opposti fianchi di essa. Egli ciò sostiene non solo con saldi geologici e geognostici argomenti, ma con prove di fatto, e con esempì di vicine valli di Calabria, le quali facilmente uno stretto diverrebbero se il mare si innalzasse per poche brac- cia al disopra del suo attuale livello . Talché non v' è da opporre nulla in contrario alle proposizioni di quel valent' uomo. Il solo argomento che potesse in apparenza assistere in parte i fautori della contraria opinione, quello sa- rebbe di ammettere che per un tremuoto, o altro si- mile fenomeno si fosse prodotto un abbassamento del terreno che riuniva i due vicini littorali. Ma di que- sto non può recarsi prova alcuna geognostica, la quale cliiarissima esser dovrebbe in un ìiio^o ove formazioni di rocce primitive, (diremo per ora), esistono da am- be le coste, ed ove la rovina di una serie di mon- tagne produr doveva la ripida ed acclive loro scoscesa sul mare; come la presenta in effetto la montagna a (1) Dee. I. lib. I. i43 fìanclii di Scilla, che crollò in mare per metà nel tre- muoto del 1783. Nello stretto di Messina all'incon- tro la facile acclività delle montagne dell' una e del- l' altra terra è ben lontana dall' essere slata mai il prodotto di una subitanea divisione, per forza di un abbassamento di suolo. Qui le montagne primitive sostengono le posteriori formazioni secondarie e terziarie, che si sono eviden- temente appoggiale a' fianchi di quelle; ed ogni eser- citalo occhio geologico le osserva gradatamente abbas- sar di livello, ed assumere l'aspetto di un piij mar- cato appianamento che si continua sino allo stretto. La direzione inoltre delle valli laterali di questi ter- reni fa conoscere, a chi è al fatto della geografia fi- sica, (mi permetta che io lo ripela), che esse tende- vano SUI dalla loro prima formazione, ad aprirsi nella valle principale, occupata dal mare ; che è appunto lo stretto di Messina, Ma volendo anche ammettere per un solo istante che un abbassamento di suolo evesse potuto aver luo- go una volta, bisognerebbe ricercare a quale epoca si pretende che fosse ciò avvenuto? Imperciocché se tale separazione si volesse supporre essersi verificata in e- poche storiche, o anche in tempo che per tradizione se ne fosse tramandato ai posteri il successo, bisognava che ciò accadesse dopo la terziaria formazione del ter- reno del Faro, e delle coste di Calabria e di Sicilia, che riposa sopra i fianchi delle antiche loro monta- gne. Val tanto dire sopra il fondo della gran valle, che separa queste due terre, e che è una vera prova della esistenza di antichissimo spazio fra di esse, e di ingombramento del mare, il quale vi ha permesso il sedimento di quel basso terreno, tutto di marina for- mazione , e che rimonta ad un' epoca anteriore di troppo a qualunque tradizione. Or, se questa formazione è sottomarina nella sua origine, come non v' è chi ne dubiti, ed oggi in parte è allo scoperto, è segno che il mare lungi di essere cresciuto in modo da separarvi le terre, e andato «. videntemente mancando; e quindi ritirandosi da le co- ste ha dovuto sempre più restringere lo stretto di Mes- sina; e per conseguente esso era più largo ne tempi andati, (quando per l'appunto si .«"PP^^.^, ^J)^^ °^^ esìstesse ) di quanto non lo è al giorno d «ggu La pretesa separazione pertanto non poteva aver luogo a tempi istorici o di tradizione P^^ nessun con o Che il mare si sia abbassato dall' antico livello , non si controverte oramai da nessuno. Ma che dal periodo terziario in poi lo sia certamente, ne fan pro- va, non solo quel terreno, un tempo sottomarino, delb coste di Calabria e di Messina, oggi allo scoperto, di cui si è parlato di sopra, ma sì bene tutte le altre coeve rocce delle spiagge siciliane , che emerse g.a dalle acque formano parte de' nostri l.ttorali, e giac- ciono allo stesso livello. -n • • « «v^^criatU- A queste dimostrazioni, signor Principe piegmtis simo,\d a quelle del celebre Brocchi alle quali nu a resterebbe ad aggiungere, io voglio in ultimo unire un'lura chiarissima prova, che il --^ -a assai pm alto dell'attuale suo livello, anche »" tempo del pe- riodo diluviale; e per conseguenza «»;^«/" JJ^^j poca, posteriore alle terziarie formazioni, lo stretto di Messina era immensamente più ampio di come non e '^lia trotta di S. Ciro presso Palermo, così cono- sciuta nel mondo scientifico per ^^ ^^reccia ossea ^ scritta dai due valentuomini ^i /:o*^^.^%^"P^*l'^ vona e Scinà (i), mostra per la levigatezza dell in- (.) Rapporto sulle ossa fossili di Marerlolcc ^^^f^^^J^^^ La cerere, giornale officiale num. 35. 3. maggio iO:>o. i4S terno de' suoi pareti, e per lo sbucamento prodottovi dalle foladi, da' mitoli, dalle sassicave ed altri simili molluschi, che essa era esposta al mare una volta, e che le acque vi stanziavano in modo da ammettere che quegli animaletti vi scavassero i loro nicchi. La sua altezza intanto dal livello del mare attuale giun- ge, secondo il prelodato Scinà , a palmi 256 , ossia metri 67, emilliraetri 801; tanto vuol dire, che dal- l' epoca in cui quella grotta fu riempita di ossame, e di materiale calcareo misto a conchiglie marine e polipai, dal mare stesso, si è egli abbassato per pal- mi 256 sino a' nostri giorni. Or non è ella questa la vera prova, la dimostra- zione la più chiara che lo stretto di Messina era più ampio, prima di qualunque epoca storica? Mi sia per- messo che con poche linee io meglio lo vada qui di- mostrando. Sia 3. e 5. la terra di Sicilia, e 4- 6 7. quella di Calabria; i. e 2. lo attuale stretto di Messina, e 8 8 8 l'attuale livello del mare Or se la grotta di S. Ci- ro 6. nel fianco di Monte Grifone 5. è alta 206 pal- mi sopra il mare vuol dire che il suo livello, nel tem- po che vi si ammassava dentro la breccia ossea era co- 2 i46 me a 9. 9. Se dunque la larghezza dello stretto at- tuale è di rt in b^ quella antica doveva essere di e in ^; o a meglio dire tre volte più dell'attuale; e ciò in quanto ho voluto dare alle due montagne opposte una inclinazione di aS gradi circa; ma se minore ella risultasse sulla faccia del luogo, come ho ragione di credere, l'ampiezza allora crescerebbe del doppio. Dopo di ciò non mi pare dover molto affannarmi a sostenere il mio assunto. Questa pruova è chiaris- sima per istabilire che sin dal principio delle anti- che formazioni di Sicilia le montagne erano separate da quelle di Calabria da un grande avvallamento oc- cupato dal mare; nel fondo del quale vennero in se- guito a depositarsi successivamente le posteriori ter- ziarie formazioni; che queste non vennero allo scoper- to se non dietro il ritiro del mare avvenuto dopo quel- l'epoca, e di che oltre alle tante prove de'littorali di Si- cilia, si è recata quella lucidissima che ci offre la grot- ta di S. Ciro. Da questo ritiro lo stretto di Messina è divenuto più piccolo, mentre di tre volle più largo esser doveva in queir epoche remotissime. La pretesa separazione quindi non è mai avvenuta: e certissimamente poi non poteva succedere a tempi storici; e la riscaldata mente de' poeti, e la poca co- noscenza delle condizioni geologiche di que' luoghi po- tè farne creder facile il successo agli scrittori che ne fecero cenno. Oggi dopo il parere di un Brocchi, e dietro le pro- ve di fatto che si son qui recate, sarebbe una vera ostinazione il persistere ancora in quella falsa antica credenza. Io sono col più profondo rispetto Catania i5 Marzo 1840. // suo Carlo Gemmellaro. '47 Monografia del genehe ATLANTE da servire per LA Fauna Siciliana Il Signor Lamanon nel celebre viaggio intrapreso da Lapeyrouse avea scoperto ne' mari del Sud una conchiglietta, la quale fu da lui credula, giudicando- ne dall'abito esterno, il vero Corno d'Aminone vi- vente. Egli, comecché non avesse veduto l' animale costruttore, ci lasciò la descrizione della conchiglia accompagnata da buone figure (i). Più fortunato del precedente, 1' infaticabile Lesueur ritrovò l'anno i8i5 nel mare Atlantico il Corno d'Ammone di Lamanon coli' animale, fra la latitudine ig-45 , e la longitu- dine 32-42. Egli lo tolse dall'ordine de' Cefalopodi ove Lamanon l'avea locato, e lo ripose in quello dei Pteropodi, formandone un nuovo genere, che dal ma- re nel quale lo rinvenne chiamò Atlante. Descrisse due specie di questo genere e dedicolle, una al signor Peron, l'altra al signor Keraudren (2). — Il Capitano Rang eh. naturalista, scorrendo posteriormente l'Ocea- no equatoriale, s' imbattè nelle summentovate due spe- cie, sopra le quali avendo istituito osservazioni ana- tomiche, si accertò esser l'animale un vero Gaslero- pode. Le sue osservazioni, non che la esalta descri- zione delle due anzidette specie, registrò in una in- teressante memoria (3). Nel giugno dello scorso anno in una escursione da noi (1) Voyag. de Lapcyrousc pi. 63. fig. i. 2. 3. 4« (■->.) lour. de pliis. de Paris T. 85. pi. 2. f. i. (3) Mcm. de la soc. d'hist. iiat. de Paris t. 3. p. 38o. pi. 9. fig. .3.7. i48 , . . falla nei mari di Messina, ci tocco lu sorte rinvenire colà, con noslra sorpresa, parecchi individui di due specie d' Atlante. Se non che, nostro malgrado, non potemmo studiare 1' animale di cui eran privi gV in- dividui da noi trovati non solo, ma anche gli al- tri, che comunicali ci furono dalla gentilezza del Signor Mariano Cesareo. Ci lusingavamo poter avere le^conchighe in parola col mollusco , ciocche ci ha fatto indugiare sin' ora a pubblicare la presente mo- nografia, ma tornate vane le nostre speranze, ci sia- mo indotti a descrivere le conchiglie delle due spe- cie Sicole, che pei loro caratteri distinti, le reputia- mo due specie nuove; le quali vogliamo intitolare, una del nome del chiarissimo Oronzio Gabriele Costa Professore di Zoologia nell' universilà di Napoli, l'al- tia di quello onorando di Antonino Bivona Bernar- di, che meritò delle naturali scienze, della patria, degli Amici, dolentissimi per la sua perdita. ATLANTE (ATLANTA Lesueur^ I. Atlante di Costa (Atlanta Costae. N.) F. 1. a B. C. A. testa minuta, discoidea, valdè depressa, alba, vitrea, tenuissima, diaphana; anfractibus inbus convexiusculis, obsolete pUcatis, duobus ultimis carinatis, carina disjunctis;apertura ovato-oblon- ga, anticè vix emarginata in medio fissa. Oss. La carena è stretta, e separa appena 1' ultimo e porzione del penultimo giro della spira ; gli an- fratti sono legermente pieghettali. Lunghezza 8. , millimetri, larghezza io. I teste cennati caratteri la distingono AaWJ. Peronìl (Les.), nella quale ì gin sono separali da una largliissima carena dal prin- cipio della spira sino all' apertura; gli anfratti in quest'ultima sono lisci, ed il diametro è minore. Trovala nella spiaggia del Salvatore presso Messina. 2. Atlante di Bivona (Jtlanta BiroNAE. N.) F. 2, a b. B. C. A. testa minuta^ orbiculato-depressa ^ perrevoluta^ hjalina^ corneo-nifa, tenui, utriiiqiie Intere uni- bilicata; anfractìbusconvexisjaevigalis, medio ultimi cannalo, carina membranacea, decidua; apertura' subrotunda, primo anf racla deforma- ta, anticè vix sinuata. ^"- Ji^^^^rena è membranosa e si stende per metta dell' ultimo giro, investendo porzione di questo an- fratlo quasi sino all' ombelico. £ssa si distacca fa- cilmente lasciando intieri i giri della spira, e al- lora la conchiglia ti si presenta lucidissima. L'a- pertura è quasi rotonda, solamente modificata dal primo giro che vi rientra. Nella parte anteriore di essa si osserva un picciolissimo seno. Nessun segno di lamina columellare. Diametro 7. millimetri. Senza la Carena 5. ip. Questi caratteri la distinguono eminentemente dall' ^. Keraudrenii (Les.) Trovata nella sabia vicino il Lazzaretto presso Messina, ove il sig, Mariano Ce- sareo assicura aver trovalo tutte e due le specie anzidette coU'aniraale. Cefalù addi i5 Marzo 1840 E. I\ Bne di Mandralisca l5o SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Fig. I. a. Atlante di Costa di grandezza natuiale< B. veduta di fianco — ingrandita. C. dalla parte dell'apertura. Fig» 2. a. Atlante di Bivona grandezza natur. B. di fianco ingrandita (poco esatta) C. dalla parte dell'apertura b. Spoglia dalla carena membranosa. l difetti del sistema, di edueaziom dei due ùìglesi Bell e Lancaster di Filippo Bartolomeo. Messina presso Michele N obolo iSSj un voi. iit' 8,° dipag. 1S2. (y..hsc. 57. coiitinuaiioiic). Non mi tratterrò più distesamente a ragionar delle altre mende dal sig. Bartolomeo apposte al metodo reciproco, die troppo acerba prova farei, Signori, di vostra sofferenza, e solo brevemente e per iscorcio ne di- rò i sommi capi, e di volo risponderò alla meglio. Nel metodo inglese a dir deirautore non siottienel'ac- qulsto delle cognizioni, e lo sviluppo delle facoltà intel- lettuali— Mancano molti studi di elementare istruzione. A questi articoli si risponde facilmente i.° che se intcndesi voler sublimare troppo, e rendere estrema - mente metafisica e trascendente la istruziou de' ragaz- zi si corre rischio di perderci nelle nuvole, e smar- rirci in utopie, e si sa inoltre che le scuole Lanca- striane servono alle primarie operazioni soltanto di lettura, scrittura, aritmetica, doveri di religione: il darsi a studi più elevati^ alla storia, alla geografia , alla musica, al disegno, e chi sa se vorrebbe anch' e»- gli allfe scienze più difllcili, appartiene ad una classe più alta; se a queste discipline sia applicabile 0 no il metodo di reciproco iusegoamento è tutt'altra qui- stione, che non è nostro intendimento trattare. Basta qui solo accennare, che quando trattasi di trasmissio- ne d'idee astratte, e di scabrose scienze ci vuol altro che fanciulli e melodi iancastriani^ uè noi siamo laa^ Jf> y /. 19 'i., e Ì'O i-fS 7 ■>. .^ i5i to esaltati nello spirito del sistema da voler dare nel ridicolo creando de' monitori nello studio dell'astro- nomia, del calcolo sublime , e di quegli altri rami dello scibile che poche menti robuste ordinariamente coltivano. — Diremo sì che bisogna esser cauti a non complicare le cognizioni disparate di tanti studi nelle tenere menti di piccoli fanciulli, e non domandar che divengano prematuramente filosofi. Che ben a ragio- ne grida il lodatissimo Lambruscfiini w Certamente ìq simili esercizii massimamente usati con la prima età si non può andar tropp' oltre, e rischiar di stancare i te- neri intendimenti. Ne questa avvertenza si vuol met- [ lere in dimenticanza oggidì che da Condillac in poi si tenderebbe a (ar de' fanciulli metafisici, i quali da grandi riescano poi metafisici fanciulli.» ' Basteran quindi ai ragazzi nelle nostre scuole quei primi elementi. Alla buona intelligenza delle parole, e dei modi men chiari andran provvedendo le tradu- zioni che in calce de' libri slessi italiani trovansi se- gnate nel patrio dialetto; basterà la versione che delle parole del nostro vernacolo si pratica ogni dì ne' cor- rispondenti vocaboli italiani; può occorrere al bisogno l'ajuto dei monitori istituiti secondo le teorie, e le riforme di sopra sviluppate, e sarà così tolto ogni o- stacolo.— Le nozioni ulteriori poi sino a cerio punto potrebbero andar trasmettendosi in seguito anche col metodo reciproco, qualora avessimo mai la fortuna di veder degli stabilimenti avanzati, e messi in punto come gli stranieri. Per ora contentiamoci del poco ; e se il metodo presso noi non può offrir maggiori risullamenti, non è certo di sana mente rinunziar a quei pochi , perchè non ci è dato di godere de' molti; ne convien attri- buir ciò a vizio del metodo, poiché veggiamo negli l52 esteri istituti il metodo stesso con le opportune mo- dificazioni partorir maraviglie. Ne qui han termine le censure del Bartolomeo, che passa a più forti e pungenti. Lancaster, egli dice, istituì queste scuole pei po- veri: egli badò alla economia delle spese specialmente. Non doversi economizzar il denaro, ne ammetter me- diocrità nella istruzione: le scuole del popolo insuffi- cienlissir.ie al popolo stesso mal poter servire a fan- ciulli di classi più agiate. Per quest' ultima parte mi riserbo in appresso a risponder completamente; parlo ora delle prime pro- posizioni. Sic verissimo — Bell eLancaster si proposero d'istrui- re i poveri, di render illuminata la massa del popcilo; nel tender a scopo sì grande proccurarono di ottenere risparmio di tempo, e di spese, elementi importantis- simi,come disi, nella sociale economia — Che dunque? si farà un debito a quei divini , di ciò che appunto ne forma il pregio più sublime, e la gloria immortale? Perchè con la minore spesa possibile , e nel minor tempo proccurarono di educare la parte di uomini più bisognosa d' istruzione, meritano essi anziché la rico- noscenza, il rimprovero degli umani? La istruzione di un fanciullo secondo quel metodo non costa in Lon- dra in un aimo più di cinque scellini , o sei franchi di Francia — sarà questo un vitupero per chi ebbe il genio celeste, e l'amore degli uomini il più elevalo nello istituir quella scuola? [ngratiiudine e dannazione! Io non farò qui che ripotere le energiche parole del Lambruschini nel suo cenno sul trattalo del Girard intorno all' insegnamento reciproco « Altri, egli dice, riguardano la sua introduzione come una misura pu- ramente economica — Ma l'economia non ha essa il i53 suo pregio nella educazione di un popolo? » Perchè questo metodo proccurando immensi risparmi ha resa perciò possibile l'universale educazione, che è cosa di vera necessità, dovrà esso per questo meritarsi il no- stro disprezzo? Sopra colui che non ha a cuore di far sì che tutti i suoi Iralelli s'innalzino alla dignità d'uo- mini per poter tutti su questa terra come tigli d' un solo padre, pensare, agire, e godere, sopra costui Io ripeto ricada il disprezzo, e lo scherno.— Alcuni fi- nalmente non riconoscono questo metodo , che come un figlio della necessità — E non è la necessità la madre delle invenzioni, lo strumento che serve nella mano dell'Onnipotente a eondurre su tutte le vie, e ad educare i figli della terra? E poi non fu esso un nobil bisogno quello che spinse il rispettabile Bell a scegliersi de' sotto- maestri fra gli scolari stessi , per- chè fra gli uomini adulti, non si trovò alcuno , che potesse con mente e con cuore consacrarsi alla scuo- la? Non fu nobil bisogno quello che poi si destò nella nostra vecchia Europa di venire tal sistema di Bell in soccorso della gioventù abbandonata? anche questo rim- provero ricada dunque su quelli che non vogliono prendersi alcun pensiero del bisogno de' loro simili, occupati unicamente di se medesimi — Molli su que- sta terra si sognano un paradiso — ma ognuno vorreb- be essere Adamo — ognuno il solo uomo in mezzo a bestie da soma! « E se questo va detto in Inghilterra . ove il popolo è generalmente istruito, che direnio di noi, ove bisogna dar cominciamento a quest'opera santissima, ove la massa abbrutisce , e non conosce i dritti e i principii, ignoranza fatale, origine di tanti disordini, e perenne nemica di civiltà universale? Igno- riamo forse che fino a quando continuerà ad essere stu- [lida e bruta la massa del popolo non è da sperar sa- i54 late, ne incivilimento per noi ? E noi siam noi quelli che giudichiamo avverso quel metodo, che unico può servire alla popolare istruzione sì che sembra un dono di Dio fatto ai degradati mortali per divenir uomini nuovamente ? E quale altro metodo, se abolirem que- sto ne rimane a quest'opra santissima, come provve- deremo e con quai mezzi ai bisogni del popolo se non protìttiamo di questi i quali perchè economici ci pos- son venire accordati, e son proporzionati a tanl'uopo? E poi si grida progresso e civiltà, e ci dogliamo dei tempi e degli uomini, mentre noi stessi meniam le mani a distruggere le fondamenta di un edifizio che tanti sforzi han proccurato di ergere si lentamente, ed attentiamo alla nostra vita tagliando noi stessi le corde di quell'ancora su cui solo ci è possibile; sperar salvezza! Sopprimiamo dunque le scuole di mutuo insegnamento, quali sostituiremo per la educa- zione del popolo? — le scuole ordinarie ? Ma in buo- na fede potranno esse dar i medesimi risultamenli? In uno stesso brevissimo tempo, con una tenuissima spesa istruiremo noi una quantità di fanciulli, che un giorno saranno popolo? e con quel metodo solo, po- polo educato? — Io ho dimostrato in un mio conto reso alla Commissione di pubblica istruzione ed all'autorità comunale che nell' anno iS3g da mille fanciulli si e- rano istruiti nelle sei scuole lancastriane di questa città — Or data questa cifra, e la spesa di onze «700 dal comune assegnata in ogni anno per queste scuole la istruzione di un fanciullo ha costato al comune circa taiì venti all' anno meno di tari due al mese per o- gnuno — Mi si risponda se alcun altro metodo ha po- tuto sciogliere come il nostro questo importante pro- blema politico-morale, istruir nel più breve tempo con la minore spesa la maggior quantità di uomini ? Ma i55 già non al solo basso popolo si limita il beneficio di sì portentosa istituzione: che essendo ridotta alle pri- me elementari operazioni ed ofTrendojregolarmeiite di- retta i felici risultamenti già esposti, non so compren- der come non possa allo stesso tempo servir di corso completo, e bastare ai figli del popolo, ed esser come il primo grado della carriera d' istruzione delle per- sone più agiate — Di là passano i primi alle arti, ai mestieri, ai traffichi della vita , di là rapidamente i secondi si danno a studi, e a discipline più nobili — L'esperienza avuta nelle scuole di Palermo, e in molle altre di Sicilia (i) è la più chiara prova di quanto ho qui innanzi significato, del vantaggio cioè che i fanciulli di ogni condizione pel nostro metodo nella primaria istruzione han ritratto. Questa esperienza è il fatto più glorioso per noi mostrando abbattute in gran parte le ripugnanze, ei pregiudizii che le ineguaglianze sociali, e le aristocra- zie de' ranghi da principio parean potere opporre a (i) In Trapani da non pochi anni oltre una numerosa scuola di ma- schi che per le cure dell' abilissimo precettore P. Bellina è nel massimo punto di floridezza, un'altra se ne ammira che fa veramente onore a quella bella città — Si educano in essa annualmente più di dugento fan- ciulle di ogni rango, di ogni condizione nella primaria istruzione, e nelle arti donnesche secondo il rnetodo lancaslriano. Da quella scuola sono u- scite centinaia di ottime madri di {simiglia, centro d' onde poi il bene in larga copia ai figli e al popolo tutto si diffonde— Quello stabdimenlo che per lo zcilo, e la intelligenza della esimia direttrice Signora D'Angelo può gareggiare con quelli delle pili colle nazioni forma lo spettacolo il più in- teressante, e la meraviglia de' viaggiatori che vanno a visitarlo. Io ne fui commosso, e piansi di tenerezza quando col benemerito Prof. Mancini mi recai 1' anno scorso ad ammirare quella rarità negli attuali tempi di Sicilia. — Merita altresì particolar menzione la scuola lancastnana di Cal- tanissetta, affidata alle cure de' Gesuiti, e iu quella valle atteso lo zelo dell' Ispcltor delle medesime P. Regg. Vita il metodo è forse più estesa- mente, che in altre provincie diffuso — Una scuola lancastriana fiorisce par- ticolarmente in Alcamo, e forse molte altre ne sono in taluni altri comu- ni, che meriterebbero commendazione, e che io non avendone esatto rag- guaglio non posso distintauicutc enumerare. i56 questa fraterna unione di fanciulli di classi diverse— I figli del popolo, e poveri, e quei dell'agiato e del nobile cittadino si son veduti insieme a gareggiar nelle scuole; ed io ne ho dato una mostra nel saggio of- ferto in ottobre ultimo dai nostri allievi — Beneficio anche immenso del metodo, che affratella gli uomini dalle circostanze, e dalla fortuna divisi, e rafforza l'a- mor pei simili, ed insinua ne' teneri petti de' fanciulli il sentimento pei poveri, e distrugge 1' orgoglio il di- sprezzo per la plebe, e consolida il santo vincolo del- l' universale umana famiglia — Fatto, lo ripeto, onore- vole per noi, che abbiam dato in ciò prova di civil- tà, ai tempi stessi superiore, e modello a progredir maggiormente, guardando come ad esempio i figli de' regnanti di Francia, e di Toscana seder nelle pub- bliche scuole al fianco de' figli del popolo — Ed ecco intanfo cnA svanito quell'altro timor panico dell' Au- tore, la difficoltà cioè di potersi per mezzo del nostro metodo superare sifllatti pregiudizi!, e cessare la ine- guaglianza delle classi — il fatto è il più solido argo- mento in contrario — Per provar poi all' evidenza e piìi che con le teorie i vatitaggi del metodo la miglior dimostrazione sarebbe la pratica, offrir cioè i prospe- ri risultamenti della istruzione annuale delle nostre scuole, e di altre di Sicilia. Ma ciò non potrei per ora, senza abusar di vostra pasienza, che troppo mi è stata indulgente — In altro mio lavoro ho presentato il quadro statistico dell'anno 1889 in occasione del Saggio sopra enunciato esponendo in esso i vantaggi ottenuti malgrado mille ostacoli, che lutto dì si ap- pongono al progresso di esse scuole, e ad onta del di- letto de' mezzi necessari al bisogno. Spero poter altra volta somtnetlervi quel mio rapporto, se mei consen- tirà la cortesia vostra, e se sarò sicuro di non avere stancalo con materie sì aride e puerili la vostra sol- ferenza, e vi mostrerò allora le impcrtezioni del me- todo, i modi di portarvi rimedio, e alcuni divisanienti intorno al miglioramento della reciproca istruzione in questa città — Deggio per ora brevemente risponder all' ultima, e la più forte delle querele del Bartolo- meo avverso le scuole lancastriane, cioè clie esse lun- gi di far bene tendano al corrompiraento della morale de' fanciulli. A questo non vi aspettavate, o Signori; e pur ve r Ilo detto, è così — 1' Autore è un Geremia su i mali delle nostre scuole innocenti — Premetto qui pria di tutto che in fatto di castighi e di ricompense anch'io convengo della necessità di una riforma nel sistema attuale secondo i sani principi di una filosofia più li- bera e le dottrine già abbracciati e riguardo ai pre- mii, e alle pene pei fanciulli — Ma questo vizio non e delle nostre scuole soltanto, è comune a tutte le altre, presso noi particolarmente: le nostre anzi pos- so dirlo, son più innanti di molte altre delle ordina- rie, ove ancora la sferza , e le pene afflittive sono barbaramente in vigore. Non occorrea quindi che l'au- tore al suo solilo giltasse tutto su noi il carico di quel difetto come se fosse nostro peculiar patrimonio. I pericoli che minacciano la morale dei nostri cari alunni e fanno temere in essi de' ribaldi, de' masna- dieri sono (secondo l'autore) l'invidia che per le ge- rarchie de' monitori si sveglia nei loro teneri petti , lo spirito di denunzia che si alimenta coititueiidosi i monitori stessi come pubblici accusatori, le falsità che essi a carico di altri compagni per puerili passioncelle possono nei loro rapporti riferire al maestro, l'arbi- trio eh' essi acquistano nell'infligere de' gastighi e nel- r assegnare i gradi di merito: tulle queste sono le i58 infauste sorgenti alle quali si vizia la morale degli al- lievi, ed essi si dispongono a mal oprare , per cui non si sa quali più nere tinte possano dall' autore im- piegarsi per accusare una scuola lancastriana. Ora essa è da lui rappresentata sotto l'aspetto di repubblica ia anarchia, ora sotto quello non meno lacrimevole di un governo assolulo sotto l' influenza del feudali- smo— Dio buono! come l' esaltazione di una mente assai calda può esagerare i mali di questa vita, e ve- der danni per tutto, e ad ogni passo un pericolo. — Io non avrei immaginato che quello appunto che co- stituisce la parte più bella e meglio lilosoficamenle disposta secondo morale nel nostro metodo , doveva servir come di strumento principale a ferirlo nelle mani del nostro autore, che abbandonandosi ad un immaginar senza freno per poco non ci vaticina una rivoluzione infantile e dei Robespierre, e dei Ma- rat di sei anni — Ma già continuando a professare il suo principio non lascia ei qui neppure di veder tutti maligni e furbi, e invidiosi, e superbi i fanciuUini lancastriani che non si aspettavano, povere creature, essere a questa età chiamali come rei allo sgabello, innanti al tribunale del Mondo tutto. A questa età diflamati, poverini, han ben ragione di pianger della loro sventura! Ma vediam poi se meritino gl'inno- centi pillole così amare. Non dimentichiamo, o Signo- ri, che noi possiam rendere peggiori i fanciulli, essi son migliori di noi quando si lasciano fare, son no- stre, dice il p. Girard, le colpe che noi attribuiamo alla età infantile: e di qui le parole di Cristo « Ope- rate come questi bambini». L'esperienza mostra, che i giovani maestrini adempiano con somma modestia, e dolcezza i proprii doveri, l'eccezioni dei pochi in contrario non derogano il principio — Il comando che essi quindi esercitano non guasta i loro cuori, non li rende arbitrarii, denunzianti, mentitori — che anzi di buon ora dispone gli animi alla ubbidienza e al ri- spetto dovuto non alla forza, ed agli anni, ma al solo merito — queste idee di gerarchie intellettuali s'impri- mon di buon' ora ne' teneri animi de' fanciulli , ed invece di avvezzarli al disordine, agli ammutinamenti, alle temute turbolenze, li accostumano a far savio uso del comando, ad esser imparziali nei giudizii sopra gli altri, a piegarsi al dovere e alla legge. Vi ha di piij; il maestro lancastriano, che non è poi un automa come il Sig. Bartolomeo vuol supporlo nella sua scuo- la, ha la vigilanza su tutte le operazioni degli allievi e s' è filosofo, e sa studiare il cuor umano ha vasto campo di leggervi nei momenti in cui non coperto da alcun velo, ma tutto ingenuo , ed innocente alle attente investigazioni si presta di questa morale ana- tomia— Nella scuola deve impararsi ad ubbidire, con- tinua il Girard, ma l'ubbidienza non consiste in uno strisciar bestialmente sotto la mano del più forte ma in una sottomissione spontanea alla legge — Son pur uomini quelli che vengono educati, e non animali ir- ragionevoli. Qual sarà dunque su questo punto il pro- blema delle scuole? Incutere nell' animo giovanile non la paura che svanisce, ma il rispetto per la legge che non si dilegua. Nelle scuole ordinarie, egli prosegue, comanda un solo, il maestro — Questo maestro è un uomo di età matura, talvolta attempato, e grave in mezzo a deboli e leggieri scolari , che in un punto tremano, e ridono — Essi ubbidiscono a lui, ma me- no a lui, che alla forza; e il diritto che governa la scuola è troppo spesso il diritto del più forte — Certo il rispetto alla legge non può uscir per se stesso da un simile ordinameuto— Or facciamo una esperienza i6o allontaniamo un poco 11 maestro da' suoi scolari. Si proclami nella scuola una legge semplice, giusta, e be- nefica a tutti. Gli scolari debbono farla osservare ai loro condiscepoli. Essi medesimi continuamente alter- nandosi debbono essere gli organi della legge. Ecco formato un piccolo stato nel quale la legge è tutto, e la forza è uulla, e di qui procederà uno spirito di ordine, e di sottomissione, che ben potrà essere, co- me ogni cosa umana, talvolta variabile, ma che pure eserciterà la sua azione, e sarà fecondo di conseguen- ze. Or questo piccolo stato, che abbiamo costituito è appunto una scuola nella quale il metodo recipro- co sia stalo sapientemente introdotto nella sua purità. Vi regna 1' ordme accanto all' ubbidienza, e sono fan- ciulli quelli che in nome della legge comandano e ubbidiscono, senza prepotenza, e senza timore. E bello è il vedervi sovente giovanetti già grandi seguire vo- lentieri e precisi il comando di fanciullo più piccolo assai, di cui tutta la forza consiste nelle parole;» devi o non devi ! Questo chiamasi incutere ed esercitare ubbidienza da uomini,, e ciò che la moralità vi gua- dagni è troppo chiaro, senza che sia bisogno di dir- lo— » Ora (soggiunge poi in seguito il Lambruschini) ciò che a questo riguardo non fanno le scuole ordi- narie, nelle quali il fanciullo non è mai chiamato a mostrare come sappia esercitare la piccola autorità , lo fanno quelle ove è introdotto il metodo reciproco. — Qui al fanciullo è affidato un comando , e subito l'educator può scoprire ciò che abbia in cuore. Scor- gerà in esso modestia o presunzione, sofferenza o ira- condia, giustizia, o parzialità, benevolenza o egoismo, e tutti come pur abbian nome quei pregi, o quei vi- zii che rendono venerato e gradilo, o tirannico, e o- diato il potere w Or io non potea meglio che con le i6i parole del più forte atleta del metodo di mutuo inse- gnamento risponder ai dubbi del Bartolomeo incon- tro alla moralità dello stesso, e sou sicuro di non po- ter rimanere abbattuto sotto il potente scudo di guer- riero sì valoroso, — Dico sì, e giuro innanzi al cielo, ed agli uomini, the non amor di letterarie discettazioni ne vano desiderio di nutrir brighe letterarie, che ai>- borro, come la peste, non animosità contro l' autor delTopuscolo, che io rispetto pei suoi meriti sommi, ma amor del vero mi ha spinto a qui presentarvi que- sto qualunque esso siasi ragionamento: amor del vero, e del bene della Sicilia che vorrei veder prosperosa, illuminata, e civile: e fo voti caldissimi perchè lungi di contrastare l'evidentissima utilità di un metodo che non ha pari, s'invoglino tutti a sostenerlo, e promuo- verne per quanto possano la diffusione, e la riforma; perchè in somma non avvenga fra breve per la stra- na vicenda delle rivoluzioni intellettuali, come delle politiche, che mentre il Turco si avvia a civiltà, si debba forse da noi invidiare ai seguaci del Corano pur anco l'acquisto delle scuole Laucaslriane a noi dai nostri medesimi contraddette. Gaetano Daita. DeWazioìie catalitica da' corpi. Nola presentata alla prima riunione degli scienziati italiani ; sezione di Fisica Chimica e scienze matematiche (i). Ciascuno ornai conosce e certo voi conoscete, o Si- gnori, quelle considerazioni del Berzclius intorno al- (i) Il Conte Domenico Paoli, nome celcl>rafissimo nei fasti delle scienze fisiche dell'eia nostra, ci ha fatto dono dei discorsi da hii pronunciali, non è guari tempo, in Pisa alla prima riunione degli scienziati italiani. Ne ascondia- mo di esser noi veramente lieti a pubblicare le memorie presentate dal valen- tissimo uomo a quel primo solenne areopago dell'italica sapienza: e qui viva.mente lo ringraziamo di aver egli per tale nobile oggcllo prescelto le Sici- liane Effemeridi, dedicate esclusivamente alle gravi discipline, che più ono- rano lo spirito umano. Eota del Dir. 3 l63 l'azione (li alcune sostanze che, senza entrare in u-^ nione cliiniica con altri corpi per la sola loro presen- za, valgono a dar cagione a nuovi composti; azione die da lui fu detta catalitica. E quest' azione è certo cosa importantissima ad istudiarsi, siccome quella die, mentre la si vede avere eQetto in molli fenomeni dei corpi inorganici, in molte di quelle combinazioni che si operano ne' laboratori, è cagione di molti de' più interessanti processi della vita degli animali e delle piante; anzi di alcuni de' più oscuri fra essi. Ogni qualunque ricerca intorno a quest' azione non può quindi riuscire meno che rilevantissima; e perchè essa sembra in certa guisa costituire un modo particolare di agire de' corpi, e perchè essa può guidarci alla cognizione di alcune di quelle forze che si operano nella economia degli esseri organici. E dirò pure che essa forse varrà a farci scorgere un nuovo punto di analogia ira le forze generali de' corpi e quelle che regolano i fenomeni vitali ; studio, a mio credere , della maggiore importanza. Per la qual cosa essendo- mi occorso favellare di questo nelle mie Ricerche sul moto molecolare de solidi, che ora ridotte sotto altra forma avrei avuto ad onore il potervi presentare, sot- toponendole al giudizio vostro, permettetemi, eh. si- gnori, che io vi faccia brevemente parola di ciò; e di quelle cose che intorno a quest'azione sembrano arac doversi credere. Chiunque comprende tosto essere mestieri consi- derare in quest'azione o una nuova forza de' cor- pi , il che certo non piacerà ai più considerati ; né iu vero questo potrebbe farsi senza essere noi guidati a ciò dalle più forti ragioni; ovvero convenire che (juc- st' azione si riduca ad una di quelle forze universali che regolano i fenomeni naturali. Guardiamoci però i'63 dall'appigliarci al primo eli quesli parlili, e rammen- tiamoci quanto nocumento abbiano recato alla filoso- fia coloro che, dando, direi quasi, corpo ad alcune voci, ad alcuni nomi, che al contrario non debbono tenersi che in conto di espressioni compendiose, ideate solo per comodo della scienza, e che ordinariamente come tali fiirono in principio immaginate ; rammen- tiamoci , io dico , come per così fare furono le menti spesso preoccupate da false idee, e rese così meno atte alla ricerca del vero. Così della forza vi- tale si è fatto un essere reale, e sì radicala è dessa nella mente di molti, che di soverchiamente fontastico si taccia chiunque cerchi investigare gli elementi che veramente costituiscono questa pretesa forza ignota de' corpi viventi. Se perciò, tenendoci lontani dal fare altrettanto dell'azione catalitica, intendiamo in vece a ricercare tra le forze universali quale sia quella cui meglio possa ridursi quell' azione, l' elettricità è quella che per prima ci si presenta al pensiero. Questo ia fatti è ciò che accennava in qualche modo il Liebig, dicendo che l'afiinità di un corpo verso di un altro può aumentare pel contatto di un terzo corpo; il che da lui si ascrive airiufluenza dell'elettricità sull'affinità chimica (i). Questo però si riduce ad una mera as- serzione. Per la qua! cosa ad effetto di chiarire que- sto punto di teoria due considerazioni si rendono ne- cessarie; 1° Se l'azione elettrica, secondo le note leggi, possa veramente accagionarsi di questo; 2.° Se i fatti vi corrispondano; se essi conducano ad una tale con- chiusione. Ciò che costituisce due problemi che io propongo alle discussioni vostre, o Signori; in su di che mi farò qui ad esporre alcuni miei pensamenti. (1) Intiocl. à 1' èluJc ilo la chim. cbap. IX. n. i^'i p. 3-. i64 Clie la forza, perchè si uniscono i corpi fra loro dipenda da un'azione elettro-chimica de' corpi stessi, ella è ornai cosa consentita dall'universale ; che anzi si vuole considerare l'aiFinità reciproca de' principii dipendente da polarità , di cui sono dotate le loro molecole; polarità dalla quale dipendono i fenomeni eleltro-cliiniici, e sì che la ineguale intensità sua è cagione della diversa forza con che hanno effetto le aflinilà loro. Per lo che se la presenza de' corpi che agiscono in forza della predetta azione catalitica pobsa credersi valevole a variare in qualche modo (juesta polarità delle molecole, rendendola più o meno energica, egli mi sembra che possa credersi con quaU che fondamento l'azione catalitica ridursi ad una reale azione elettrica. A ciò ne conduce, a mio credere, il por mente a quella induzione o attrazione elettrica che i corpi esercitano gli uni sugli altri. Ed una tale facoltà sembra in vero si fattamente inerente all'azione elettrica, che essa è comune del pari all'elettricità .statica ed alla elettricità dinamica. Prendendo però a considerare particolarmente quesl' ultima , siccome quella che meglio risponde al proposito mio, una tale opinione acquisterà forse una maggiore probabilità. Dissi meglio convenire all' uopo l'elettricità dinamica e non senza ragione, imperocché questa non si limita alla superficie de' corpi, ciò che è proprio dell'altra; ma penetra, diciam così, la loro massa, anzi investe tutte le loro parti. Questa induzione si osserva in vero specialmente operarsi dai corpi percorsi da una cor- rente, Tutto ci porla a credere però che ciò accada anche senza di questo, sebbene di ciò non si abbiano prove dirette; ed i lenouieni della pila, o per meglio diie l'azione de' suoi elementi ira loro, l'cbbrolismo ci porta a sui)porlo. iG5 Se ci alterrcmo alla teoria dell'Ampère vedremo l'alliiiilà di due corpi già cliimicamente combinati in- sieme, per l'azione del calore alterarsi a modo che talvolta essi vengono a separarsi; ed in altri casi o- perarsi l'unione di due principii; lo che non potreb- be accadere senza di questo; od almeno^ per lo inter- veniraento del calore, la loro unione si rende più pron- ta o più energica^ Ed egli mi sembra che mentre questo rappresenta quanto da me si vuol dire dell'at- trazione elettrica, si trovi in ciò una non ispregevole analogia, se l'attrazione elettrica si voglia credere atta a variare ne' principii de' corpi la intensità della po- larità loro; analogia fondata pur anche, ed in quella tal quale simiglianza d'azione dell'elettricità e del ca* lore, ed eziandio forse in quella uniformità che si scorge nelle leggi generali de' corpi. Favellando a Voi, Signori, basteranno questi brevi cenni sulla prima parte del problema che io propongo alle disquisizioni vostre (i). Appresso a che similmente mi limiterò a brevi parole rispetto alla considerazione de' fatti, onde esaminare se essi veramente corrispondono a questi principii. Gli effetti di quest'azione catalitica ossérvavatisi dapprima, come tutti sanno, nel perossido idrico, che si decompone per la presenza ilegli alcali, di alcuni metalli, e perfino di alcuni corpi organici, anzi di al- cuni visceri, mentre essa resiste all' influenza degli acidi; e poscia per le belle ricerche del Doberreiner, del Thenard e del Dulong si ravvisò pure quest'a- zione nella spugna di platmo, nell' iridio ed in altri corpi ancora sotto certe condizioni per la loro facoltà (i) Avrò occasione di tornare in altro mio scritto su tale argomento discorrendo più specialmente qiiest' attrazione de' corpi considerata nelle loro molecole. i66 eli ileterminare l' infiammazione spontanea dell* idro- geno nell'aria. Sarebbe in vero difficile l'assegnare di questi fenomeni una soddisfacente etiologia secondo i principii premessi; ne sapriasi con qualche verisimi- glianza indicare perchè gli alcali per la loro azione elettro positiva possano rendere meno efficace l'opposta polarità dell'idrogeno e dell'ossigeno, perchè questo è indotto a svolgersi, e perchè questo non si operi dagli acidi. Nel secondo caso però vediamo noi rispetto a taluni corpi (oro, argento, osmio, vetro), che si ac- cresce o si determina quest' azione catalitica coli' in- nalzarsi della temperatura; e sapendo noi d' altronde, appunto a norma della teoria dell'Ampère, che il ca- lore vale ad accrescere l' influenza della polarità delle molecole de' corpi, questo ci presta argomento per credere, o per supporre almeno che quest'azione ca- talitica sia dipendente dalla suddetta polarità. E que- sto potrebbe trovare un qualche fondamento ancora, e nel sapersi che la forza elettromotrice esiste al con- tatto di tutti i corpi, ed in questo ancora , che il contatto de' corpi vale a svolgere il calore; lo che, secondo le osservazioni de' Seebeck, Fourier, Ocrfted e Becquerel, è cagione di sviluppo di elettricità. Ma ciò che a mio credere vale meglio che le predette considerazioni, egli è quanto osservarono i compilatori del Giornale di Fisica, Chimica ec. di Pavia , uno de' quali abbiamo l'onore di avere a Presidente di questa Sezione; cioè che allorquando il platino viene a contatto della corrente d" idrogeno v' ha sviluppo di elettricità, e tale che essa è sensibile , non solo al galvanomelro, ma eziandio agli ordinari elettrometri, se si faccia uso del condensatore (i). E ciò è tanto (i) Al quale propesilo merita che si ricordi qui, siccome cosa del tulio consentanea a ciò e i elativa al primo de' fatti di soj>i;a discorsi, più notevole, dappoiché essi assicurano che i segni elettrici diminuiscono a misura che il platino si arro- venta, e finahiientc cessano coll'infiammazione dell'i- drogeno}; ciò che, come si sa, è proprio delle azioni elettriche. Conosco però non essere questo bastevole a rendere pienamente ragione del fenomeno, anzi es- sere ciò troppo incerto. Forse meno vago si troverà quanto sono per dire. Per azione catalitica agiscono senza dubbio alcuni acidi, e segnatamente l'acido sol- forico, nella conversione dell' amido in zucchero. Ora dal sapersi che la diastase al pari degli acidi predetti vale ad operare una tale metamorfosi , si vuole con ragione arguire che questo principio agisca similmente ne' semi e ne' tuberi, ne' quali si trova , circoscritta però presso ai loro germogli, come nell' arena, orzo, frumento, ne' tuberi de' pomi di tèrra ; e ciò essa faccia per un'azione che può dirsi fisiologica j ad ef- fetto di proccurare là formazione di quelle sostanze solubili e dello zucchero che servono alla nutrizione del germe nascente. Del pari si ascrive ad azione ca- talitica l'influenza del fermento sia nella fermentazione alcoolica, sia nell'acetica. In fine il Thenard esprime l'opinione che tutte le secrezioni animali e vegetali si debbano a quest'azione. Appresso a che egli mi sem- bra che l'opinione mia di sopra espressa acquisti al- quanta probabilità, osservandosi come quest'azione ca- talitica possa in ciascuno de' casi predetti, o supplirsi per r azione elettrica, o questa almeno valga a favo- rire l'altra. Che il germogliamento de' semi sia af- frettato dall' elettricità lo provano le osservazioni del quell'esperimento del Becquerel; pel quale egli vide clic nella dccompo- si/,tone del perossido idrico per la spugna di platino si stabilisce una cor- rente elettrica, la quale scorre dall' acqua alla spugna. {Ann. eh. el J'fys. I. uS. p- 21. f. 3:5. p. 124.) iGS Nailel, del Bertholon, e quelle più recenti dell'Astier su i semi del Zeamaiz. Più di questo però vale a tal' uopo (jueir esperimento del Becquerel; il quale vide clic jjosti a germogliare quattro bulbi di giacin*- to, due sopra uu sostegno di legno mentre uno degli altri posava sullo Zinco e l'altro in 6oe sul rame , essendo i due metalli in comunicazione fra loro, la vegetazione de' due primi fu eguale, al tempo slesso clie essa fu ritardata in quella che era sotto l'influen- za del polo positivo; affrettata nell' altro ; ciò che h conforme a quanto da lui medesimo si tiene , consi- derando i semi delle piante come un apparecchio e- lettro-negativo. Se r iutluenza del fermento si vuol riguardare co- jne un'azione catalitica, ora si sa che la fermenta- zione alcoolica viene determinata dall' influenza elet- trica, siccome il provano gli esperimenti del Gay- Lussac, che per tal modo pervenne a far fermentare il mosto espresso fuori del contatto dell' aria, e che perciò non fermentava. Ed il Colin riusciva ad un pari risultamento operando sopra una semplice solu- zione di zucchero; una parte della quale, non sotto- posta a tale condizione, rimase senza dare alcun se- gno di fermentazione. Così il Bouchardat osservò che la fermentazione alcoolica non ebbe eflTetto o fu lan- guidissima a contatto di alcuni corpi, e segnatamente del rame e dell' ottone, che valsero, com' egli dice, a cangiare lo stato elettrico del lievito: quello stalo perch'esso vale ad indurre la fermentazione alcooli- ca (i). Cosi il lalte ne' suoi sperimenti tardava a rap- (i) Intorno a ciò posso al presente aggiungere quanto lia rispetto alle osservazioni del Blakc; le quali non erano a mia iiotiiia allorché io presentava questa mia nota alla prima riunione ilei flotti italiani. Non solo egli ha osservalo che la icrmcntszionc alcoolica viene accelerata sotto *^9 prendersi a norma de' vasi in cui esso si conteneva» Ed altrettanto può dirsi della fermentazione acetica, prendendone argomento dagli esperimenti del chimico istesso. Essendosi da lui fatto che questa avesse ef- fetto sotto r influenza del mercurio, si convinse egli che questo metallo fa che gli elementi del liquore impiegato w si costituiscano relativamente ad esso in » tale stato elettrico, che l'alcoole viene preservato M e la decomposizione non si estende che alle ma- M terie più alterabili^ che sono più prestamente e più w completamente trasformate in acido acetico? Se ve- ramente :si debba considerare, come vorrebbe il Mit- scherlich, relerificazione siccome il prodotto dell' a- zione catalitica dell' acido suU' alcoole, a tale propo- sito potrebbe dirsi che, come osserva il Berzelius , ad elfetto di ottenere l' etere conviene sempre che si faccia agire suU' alcoole un corpo elettro- negativo; lo che fa vedere una tal quale dipendenza dell' effetto dalla condizione elettrica o elettro-chimica della so- stanza che dà cagione all' eterificazione dell' alcoole. Similmente se, come si è detto tenersi dal Tbenard, le secrezioni si operano per azione catalitica, ciò che in vero serba almeno assai probabilità, ha luogo il riflettere che molte delle secrezioni si procurano e si aumentano per lo elettricismo. Conformemente a ciò si vuole dai signori Dumas e Prevost che i tanti ri- mutamenti che hanno effetto nella economia animale dipendono dalla reazione de' diversi organi fra loro; r influenza di una corrente galvanica, e ciò conformemente a quanto ho eletto essersi fatto dai fisici predetti; ma per esperimenti diretti egli ha potuto convincersi che la fermentazione alcoolica stessa dà cagione a svol- gimento di elettricità ed a corrente sensibile al galvanometro; che la su- perior parte della massa fermentante in principio è positiva; che 1' elet- tricità cosi sviluppala va facendosi sempre maggiore finche gli effetti prece- dono in opposto andamento. (Pliil. Mag. and I. of Se. t. i2. n. 77. p.539.) 170 il perche, desumendo eglino l'analogia dal piliere av- visano essere ciò la causa delle secrezioni in generale, sia degli umori secrementizi, sia degli escrementizi; e credono possibile l'imitare per l'arte le principali condizioni che le determinano. E in fatti ciascuno di voi, onorevoli Colleghi, conosce le belle sperienze del Wallaston, confermate dal Morveau, in cui ciò si ve- de operarsi in effetto. E può dirsi avere altrettanto operato il Malteucci, che per l' azione della pila ot- tenne la secrezione acida analoga a quella che si o- pera nella regione media dello stomaco^ e che serve alla chimificazione. Or sa ciascuno quanto valga l'a- lione elettrica a promuovere la traspirazione ; ed io stesso ebbi non ha molto a convincermi di que- sto su di un infelice fulminato ; in cui si manifestò im sì copioso sudore, che gli astanti, ignari di ciò, concepirono speranza ch'egli tornasse alla vita. L'Ali- hert, voi sapete, riferisce non pochi casi in cui l'e- lettricità valse a promuovere o ad aumentare , non solo la traspirazione, ma lo scolo eziandio dell'orina, il corso ordinario de' calameni. Così il Darwin assi- cura di avere col soccorso dell'elellricilà riordinata la separazione della bile. Intorno a che mi asterrò dal ri- ferire altri esempi, siccome cose che già voi cono- scete, bastando i predelti fatti a far vedere come l'elettricità possa o sopperire l'azione catalitica o coa- diuvarla. E secondo tali principii forse si renderà ra- gione in seguito di quell' azione di alcune membrane perchè esse valgono a promuovere la conversione ora dello zucchero, della mannite, dello zucchero di latte della deslerina in acido lattico, ora di alcuni sali or- ganici, cifrati, tacleati, malati di polossa e di soda in carbonaii delle stesse basi; lo che, se dal Fremy si vuole ascrivere ad un'azione puramente organica, e dal Gay-Lussac ad azione del tutto chimica, io porto opinione che si abbia in vece ad attribuire ad azione catalitica; e quindi forse ad azione elettrica, pouendo mente alle osservazioni del Donne sulle diverse meai- brane degli animali e sulla loro condizione elettrica, ed alle sperienze del Mattcucci; quelle in specie per le quali egli ottenne col soccorso dell'elettricità la se- crezione appunto dell'acido lattico su di alcune ferite. Le quali considerazioni fin qui discorse sembrano a me dare buon argomento per sospettare almeno che queste due forze od azioni sieno identiche fra loro: che l'azione calalilica si riduca ad azione elettrica. Ora spella a voi , o Signori , il chiarire questo punto di leoria; di che non resterà a me altra glo- ria che quella di avere sottoposto a così rispettabile Consesso quest'argomento, che dalla sapienza vostra aspetta di essere posto in tutto il suo lume. Appendice. La lettura di questo scritto diede ca- gione ad una osservazione del eh. sig. canonico Bel- lani; il quale fé' notare essere slata da lui in tutt'al- tro modo assegnala 1' eliologia della infiammazione dell' idrogeno a contatto della spugna di platino (V. Giorn. di Fis. Ch. eie: D. II. f. 7. p. i38). Ba- sterebbe solo a questo effetto il dire che una tale os- servazione riguarda, può dirsi, soltanto la parte sto- rica che io volli premettere alle mie considerazio- ni, e che in qualunque caso essa, anzi che sopra di me, riflettasi sopra il Berzelius ; il quale nelle sue Considerazioni intorno ad un nuovo potere che a- gisce nella formazione de' corpi organici (Edimb. iiew Plìil. Jour. n. 42. p. 223) vuole che un tale ef- fetto si ascriva all'azione di presenza o catalesi, anzi- ché ad altro. Gioverà non pertanto il dire che, se io mostrai in ciò aderire alla sentenza del Bcrzellius, noi 173 feci senza un qualclie fondamento ; e che gì' illustri compilatori del Giorn. di Fis. Ch. etc. di Pavia si adoperarono a ridurre ad azione elettrica quella che il platino esercita suU' idrogeno per determinarne l'ac- censione; ciò che egli opinava doversi ascrivere alla sola condensazione ed al calore che ne conseguita. Non tacerò che dapprima sembrò a me pure essere l'elevazione di temperatura, che ha effetto allorché alcuni gas vengono a contatto de' corpi estremamente divisi, bastevole a rendere ragione della infiamma- zione dell' idrogeno. Un più minuto esame della cosa mi porto però in seguito a cangiare di avviso, ed a credere non essere un tale aumento di temperatura ne la sola, nò la causa immediata di un tale effetto. Ciò che può dirsi essere pur anche la sentenza del Berze- lius(Tr. de Ch.t.3.p.6o); il quale in prova di ciò ad- duce le osservazioni del signor E. Davy intorno al- l' influenza del platino in islato di somma divisione suH'aicooIe. Le osservazioni del Kuhlman ( Eco de monde Sav.i83g. n. 400. p. 3.) vengono in prova di ciò. In vero, com'egli osserva , l'azione in tal caso dovrebbe essere più energica nel nero di platino che nella spugna di questo metallo, per la maggiore di- visione del pritpo; ciò ch'è opposto alle sue osserva- zioni. JNè, se l'azione dipendesse solo dalla conden- sazione de' gas e dal calore che ne riesce, avrebbero effetto le diversità de' fenomeni da essolui notale, cioè che mentie 1' azione del nero di platino è infi- nitamente meno efficace in molti de' casi da lui av- vertiti, essa si mostra più poderosa ove si tratti di convertire l'acido acetico in etere. D. Paoli. I7J Sul nuovo Osservatorio stabilito in Trevandro nelle Indie Orientali — Lettera di Gaetano Cacciatore al chiarissimo signor Ferdinando Malvica^ Palermo 5 Maggio 1840. Signore Grato mi è oltremodo il soddisfare alla vostra no- bile curiosità dandovi le notizie che desiderate intorno all' Astronomo delle Indie Orientali, giunto in Paler- mo sul Pachetto a vapore il dì 1° di maggio cor- rente, e sul medesimo il dì 3 partito pel Continente. — ^ È desso il signor Giovanni Caldecott , inglese di nazione, astronomo del Sultano o Radjas di Travan- kore nelle Indie, e Direttore del nuovo Osservatorio, che quel Sovrano fece costruire nel 1887 in Trevan- dro, ove risiede. Egli buona pezza nel nostro Osservatorio si trat- tenne, su varii punti importanti della scienza meco conversando, e con mio Padre, per cui faceva il gen- til complimento di dire ch'era venuto. Desideroso mio padre di fargli conoscere i migliori stabilimenti del Paese lo invitò a visitare 1' Orto Botanico, e il suo Direttore; notizie gli die dello stabilimento de' matti non che del Collegio nautico, e del teatro anatomico; ma egli non trovò tempo sufficiente per l' unico og- getto, che sembrava esclusivamente avere in mira. Quindi dagl' istruttivi suoi discorsi, e dalla descrizione già pubblicata del suo nuovo Osservatorio molte inte- ressanti notizie attinsi intorno a quei popoli tanto da noi lontani, che, spero, non vi saranno discare. Fra i tanti regni che compongono le possessioni me- diate della Compagnia delle Indie notasi quella di Tra- 174 vankore:595o miglia quadrate geografiche ne è la su- perficie, che corrispondono a miglia quadrate siciliane 93 IO, superficie quasi doppia di quella del Val di Mazara. AH' Est e al Nord è rinchiuso nella vasta Presidenza di Madras: la popolazione presente non oltrepassa un milione di abitanti. Questo regno che era uno de' più potenti della co- sta del Malabar, quasi distrutta l'antica capitale Tra- vankore nelle ultime funeste guerre, ha ora per capi- tale Trevandro, città grande popolata e industriosa. Vi si ammira il palazzo del Radjas edifizio vasto e di elegante architettura, ornato di quadri statue pen- doli ed altri oggetti di arti quivi dall'Europa recati; ed un Osservatorio astronomico, che è quasi al suo compimento. Oltre la capitale , le principali città di questo stato sono Kataun, Allancal, Atijenga, Cou- lan, Calicoulan, Palicoadun, Turponatlrra, Angamale, e Cochin capitale prima di potente slato , e che an- che al presente circa 3o,ooo abitanti comprende. Appartenente ad una delle dinastie più antiche e più venerate tra gì' Indiani, dopo la distruzione del potere di Tipoo-Saib, e la conquista del Madurè, una parte dell' antico regno di Travankore con piccola por- zione di quello di Cochin fu conservata al Padre del- l'attuale Piadjas dagli orgogliosi vincitori, ma sotto la loro influenza e mediazione. Voi per altro ben conoscete la storia di quei paesi, e come in breve tempo il vasto antico impero del Gran Mogol, e quei potenti regni che nel passato se- colo nelle Indie Teano di loro superba mostra, ora noa sono che o provincie dagl'Inglesi possedute, o piccoli principati da loro governati. — L'onjbra sola del potere è in mano delle antiche famiglie regnanti, molte delle quali possono oggi risguardarsi quali pensionarli della Compagnia delle Indie, anziché padroni de' loro aa- ticlii domini. Le possessioni inglesi , clie conlengono cento e più milioni di sudditi son ripartite in Ire grandi presi- denze, capitali delle quali sono Calcutta , Bombaja , e Madras. — GÌ' inglesi di queste città in breve tempo han formato il centro dell' indiana civiltà, ne ad al- cuna delle prime capitali d' Europa sono seconde sia per letterari e scientifici stabilimenti , o per arti e inanilJatture, o per commercio e ricchezze. In Calcutta città di 600,000 abitanti, oltre a quat- tro collegi di educazione, primo tra i quali è quello del forte Guglielmo, v'ha un Ginnasio, l'Accademia armena, la scuola di Commercio, la scuola delle gio- vani figlie indiane , e la società asiatica , corpo per dottrine e sapere rispettabile, come ben si scorge da- gli atti già pubblicati : degne altresì di ammirazio- ne sono la società di medicina, e di frenologia, l'or- to botanico , ed il bellissimo Osservatorio, dove in- teressanti lavori sonosi eseguiti. Bombaja città vasta di circa 163,000 abitanti di eleganti edifizii si è ornata, fra i quali degni di spe- ziai menzione sono il magnifico tempio guebro , la chiesa anglicana , il palagio del Governatore ed il grande arsenale.— Gli stabilimenti di marineria mili- tare inglese sono in questa città , ed il più bello e più sicuro porto possiede della costa occidentale del- l'Asia.— Ne manca di filosofiche istituzioni, che vi si ammirano: una società letteraria, ed un'altra d'agri- coltura, e d' orticultura, e dei giornali alcuni inglesi, altri nella lingua dei nativi. Madras è ornata, come Bombaja di edifizii di bella architettura. Ivi il forte San Giorgio, una delle più importanti piazze dell'India. — Avvi un collegio, la so- 176 cietà asiatica, un giardino botanico, ed il celebre Osser- vatorio, dove h stato rifatto il gran Catalogo di Piazzi, lavoro immortale della nostra palermitana Specola. Il Sovrano o Radjns di Travankore non appartiene al numero de' principi pensionati. Egli governa da sé il suo slato, sebbene sotto la tutela degl' Inglesi , i quali vi tengono un Presidente, che al certo mollo influisce negli aflari di quello stato. L'attuale Radjas, giovane d'alto intendimento e di forte sentire, appena ascese al trono divisò di render felici i suoi popoli con lutti i mezzi che per lui si potevano. Giovossi dell' influenza inglese, per esten- dere il commercio, e per accrescere e smaltire le pro- duzioni del paese, facendovi prosperare l'agricoltura, e molti stabilimenti istituendovi d' arti e di mani- fatture. — - Ei ben si avvisò che proteggendo in par- ticolar modo varie scienze come ia fisica, e la chi- mica, queste avrebbero prosperato isolate, ma che i progressi deirAslroiiomia e della Botanica necessaria- mente l'incremento di tulle le altre seco loro trasci- navano. Imperocché l'Astronomia vuole le matema- tiche discipline in tutta la loro estensione, la mecca- nica, l'ottica, la dinamica, la navigazione, e l'arte delle costruzioni; la fisica sperimentale e la chimica pei fenomeni meteorologici elettrici e della luce, pel magnetismo, per la composizione mineralogica dei globi che popolano l'Universo. La Botanica seco por- ta la conoscenza degl' individui del regno vegetabile, l'agricoltura, l'orticultuia, la chimica conoscenza delle terre: maniera sublime di veder le cose , e di Irar profitto dai rapporti, chele mettono in contatto: prova di genio elevalo e di anima falla per le più grandi concezioni, degna che le circostanze gliene liivorissero r esecuzione ! 177 Con tai pensamenti un ampio ed elegante Osserva- torio ha fatto ergere nella sua capitale su d' un ame- no colle, i55 palmi alto sul livello del mare, e da esso distante circa due miglia. L'esecuzione ne fu ai- fidata al Luogotenente Horslej, Ingegniere chiamato da Madras. Volendo il Radjas che il nuovo osserva- torio insiu dal suo nascimento tra i primi fosse an- noverato di tal fatta, e che in breve a tal celebrila pervenisse da mettersi al pari di quei più rinomali, e che quindi apportasse ai suoi popoli i vantaggi, che si è proposti, ed accelerasse la diffusione de' lumi e del- le utili conoscenze, di perfetti e numerosi strumenti lo ha arricchito, ed ha disposto che quindici assisten- ti diretti da un valente astronomo simultanearaenle e senza interruzione i corpi celesti osservassero. Vuo- le altresì che da loro fjsse coltivata la scienza me- teorologica, ed i fenomeni del magnetismo cogli ulimi metodi, fecondi di nuove scoperte. Ei ne ha scelto a Direttore il cennato inglese si- gnor Giovanni Caldecott socio della Società Astrono- xnica d'Inghilterra, ed ha voluto che viaggiasse in Europa, acciocché gli Osservatori più celebri visi- tasse, e conoscesse i più famosi Astronomi, coi quali in tal modo potesse legarsi in amichevole e scientifi- ca corrispondenza: non che per osservare coi proprii occhi le nuove macchine ed i nuovi metodi di osser- vazione che i progressi della scienza hanno fallo in- ventare, la di cui pratica cognizione è indispensabile ad ogni astronomo, e che solo coli' ispezione oculare può pienamente acquistarsi. Eccovi dunque, signor Di- rettore, l'oggetto della visita dell' astronomo indiano. Egli attese in Napoli per cinque giorni la partenza del Pachclto a Vapore la Maria Cristina: appena qui giunto si porlo all' Oss,ervatorio, ed in grata compa- 4 178 guia vi si trattenne con mio Padre e con me insino a sera. Molto si disse sullo stato presente delle seicn' ze fisiclie e matematiche; dei vantaggi o difetti che taluni strumenti presentano, e de' mezzi che appre- stano alla maggior precisione di certi generi di espe- rimenti: dei nuovi modi d'osservazione si parlò da taluni introdotti per determinare le posizioni delle piccole stelle e slabilinie anzi tempo i movimenti: metodi die per la loro inesattezza e leggerezza, e per Ja poca fatica ed applicazione alle quali devono la loro temporanea fortuna , sono stati da mio padre , siccome ei sente in fatto di romanticismo letterario , appunto col nome di romanticismo astronomico ap- pellati. Ritornò intanto il dotto indiano la seguente mat- tina. Lo conducemmo all'Osservatorio. Partitamente e con accuratezza gli strumenti, senza toccarli, esami- nò, di alcuni si compiacque, ma sorpreso rimase alla vista del gran Cerchio, attorno al quale per ben due ore si trattenne, replicando sempre che quale prima macchina in Astronomia doveasi reputare. Apprezzò r importanza del nuovo anemometro da mio padre inventato , e posto sul tetto della specola , ne com- mendò il semplice artificio, dicendo che meritava da artefici migliori e più intelligenti essere costruito. Sommamente si compiacque mio padre di essere intanto sopragiunti illuminali e dotti individui sì che poleron dare a quellillustre straniero un'idea favore- volissima della cultura scientifica e letteraria di que- sta terra. Scorsa in tal modo la mattina, e stando per iscoc- care le 12; oi-a in cui si osserva il passaggio del Sole al meridiano, mio padre invilo il signor Caldecott a quella osservazione, ofiérta che ci ben volentieri ac- 179- cellh , e die a sommo onore recossl, grazie reudeu- domi per avergli in quella mattina ceduto il mio posto. Delle opere di cui mio padre volea fargli un dono non accettò che alcuni ultimi opuscoli , dicendo che possedeva le altre. All' incontro egli lasciò nella no- stra biblioteca una breve relazione del suo nuovo Osservatorio, colle corrispondenti figure, pubblicala ia un giornale di Madras, ed in Londra ristampata, dalla quale quelle particolarità estrarrò, che dar ve ne pos- sono una completa idea. Sta l'Osservatorio alla sommità d' un piccolo colle, poco dalla città distante: spazioso ne è Tedifizio, bella la posizione ; imperocché domina una grande esten- sione di terra tutta sparsa di svariati campi coltivati, e fertili che si estendono insino ai monti di Ghat. In gran numero sono le stanze , tre delle quali con tetti mobili , e differentemente disposte , onde corrispondere ai differenti oggetti degli strumenti si astronomici, che meteorologici e magnetici. Degli strumenti che occupar debbono le stanze al- cuni non son tuttavia da Londra ivi pervenuti, altri vi si son già collocati. Eccone i migliori: I .° Uno strumento di passaggi di 5 piedi di lun- ghezza focale — - di DoUond. 2.° Due perfetti pendoli. 3.° Due cerchi murali, lavoro il primo di M. Wil- liam Simnes, di M. Thomas Jonas il secondo. Uno ha l'oggetto di osservare le distanze della Polare o dello Zenit, l'altro farà le osservazioni simultanee colla riflessione dell' argento vivo, secondo il nuovo modo a Greenwich praticato. 5.° Uno strumento di altezza e di azimut di Simnes. i8o 6." Due perfetti teloscopli di forte ingrandimento: tino di genere refratlivo, e l'altro di riflessione, prov- visti di micrometri e di tutto ciò che alle osservazioni delle stelle doppie fa di mestieri. A questi possonsi pggiugnere un altro strumento di passaggi di 3o pol- lici, un equatoriale di Fraughton, e Simnes — Un teloscopio di refrazioiie di 40 pollici — Un cerchio di riflessione; dei cronometri; e gli apparecchi meteo- rologici e magnetici, Il signor Caldccott animato dal nobile sentimento delle proprie forze si propone con questi strumenti fare importanti lavori, e spera che in pochi anni debba il nuovo Osservatorio pareggiare i più mentovati del- l'Europa. Egli convenne con mio padre che impor- tano grandemente alla scienza le posizioni delle stelle oltre l'ottava grandezza, essendo state le maggiori da tutti gli astronomi determinate. Ne vuole trasandare le meteorologiche scienze, che pnzi ha incominciato dello osservazioni importantissi- me, dì e notte, e che succedonsi di ora in ora, sul barometro , sul termometro , ed igrometro : sistema che grandemente vantaggerebbe la scienza ove dap- pertutto fosse seguito. E questi lavori gli frutteranno certamente molti plausi , e le sue speranze saranno coronate da felice successo. Imperocché sono tanti i benefizii, che quel sovrano al nuovo stabilimento ha prodigati, che age- vole può rendersi all'astronomo qualunque ardua im- presa . Ed infatti quindici assistenti corrispondono alle di lui intenzioni, e possono senza molta fatica dì e notte incessantemente osservare, e finire con celerilà i cal- coli che accompagnano le astronomiche osservazioni. Un cielo per nove mesi dell' anno sempre bello , i8t sempre ridente e sereno favorisce il suo inlento e la attività ne seconda : una tipografìa che annessa allo stabilimento ha la sola mira di renderne di pubblica ragione i lavori: ed infine un sovrano che protegger vuole con ogni possa la scienza , son cose tutte che fortemente menano a render famoso quel nascente sta" bilimento. Né la natura gli e scarsa de' suoi favori. Dapoic' che la longitudine geografica dell'osservatorio, secon- do il signor Caldecott , essendo a ■^6'* Sg' 45"'* Est da Greenwich, e 8" 3o* 35'' Nord la latitudine, tro-* Vasi in una posizione all' Equatore molto prossima* Il che sommamente pregevole ed interessante ne rende molte specie di osservazioni ^ come quelle delle rifrazioni osservate al Nord e al Sud; quelle del Sole, che mentre in tutte le specole europee osservasi al Sud; ivi in està perviene sino a i5 gradi al Nord del Zenit ; ed infine quelle delle stelle che in quel nuovo osservatorio si osservano sino a 8i° 3o' di de- clinazione australe , laddove nel nostro, il più meri- dionale dell'Europa, non si possono vedere che oltre a j\6° della medesima australe declinazione» Questo è quanto per ora, egregio Signor Direttore, posso dirvi sulla natura del nuovo stabilimento , sui mezzi de' quali è provvisto, e sui lavori che si pro- pone quel perspicacissimo astrononio. Con molta lode gli parlò mio padre dell' Osserva- torio Reale di Napoli , che egli nel breve soggiorno che ivi fece non avea visitato , e lettera gli diede pel chiarissimo colonnello Visconti , pregandolo ac- ciocché ai due astronomici stabilimenti di Pizzofal- cone, e di Capodimonte guidasse il dotto straniero. Mi farò un piacere in appresso , giusta le notizie, che riceveremo dalla di lui corrispondenza , fra noi già inalterabilmente stabilita, farvi conoscere i prò- l82 grossi, e i miglioramenti del nuovo Osservatorio, che ben presto potrà tener fronte a qualsiasi più reputalo, sì per rispetto alla posizione , sì per la valenzia del direttore, e più ancora peri doni, che quel Sovrano, a cui altissime lodi debbonsi tribulare, gli largisce. Ecco dunque come una nazione, da noi quasi bar- bara reputata , va innanzi nella cultura , e come da un Radjas , sotto la tutela inglese, ricevono queste istituzioni soccorsi favori e prolezione. Sono cou riverente ed alta stima Vostro servitore Gaetano Cacciatore. Sopra quel verso di Dante Alighieri: forse cui Guido vostro ebbe a disdegno. Ed io a lui, da me stesso non vcgno, Colui eh' attende là, per qui mi mena, Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno. Dante iuf. e. io. La più parte dei chiosatori della divina Comme- dia, facendo di tutto un mistero, d'ogni parola un arcano, d'ogni verso un principio fdosofico, liaii fatto dire spesso a quel Sommo, ciò che egli punto non si pensava, lo han fatto in diversi luoghi contradire, e che insomma colle loro fantasticarie, non fanno che oscurare in lui quei tratti che come la luce del sole appaion chiarissimi, e rendere inconcepibili gli altri, poco di quel meii chiari. Non è mio avviso adunque sedere a scranna e giudicare di quel Sommo, come taluni poco giudiziosamente han fatto; poiché sarebbe mal delle mie forze calcolare, mentre non farci con ciò, che mostrare la pochezza, ed insufficienza mia, ed il merito di quella mente divina degradare. Qual è mai dunque il mio divisamenlo? È il più i83 moderato, ed oneslo. Io non inltìndo alti'o fare^ che chiarire alla meglio, e come per me si potrà , quel tratto del io" Canto dell'Inferno che rimane molto oscuro, e di cui nf)n ci abbiamo affatto buona dilu- cidazione di altri Chiosatori , ne alcun monumento neir Istoria da potere alcuna giusta interpretazione de- durre. Per la qual cosa avendovi molto studiato, mi pro- verò io di dare un' interpretazione, la quale se per la ristrettezza dello ingegno mio, non andrà a colpire perfettamente nel segno, non mi si potrà però negare di essere la più verisimigliante. Laonde per carami» nar grado grado, e con esattezza, io comincerò dal- l'esporre, e confutare appieno, la opinione comune a tutti i Chiosatori, per indi farmi strada allo scopo mio. « Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno. »i Sappiam noi quasi per congettura, per quel che dalla storia rilevasi, ed anche da ciò che Dante cene dice, essere stato Guido Cavalcanti uno dei più pro- fondi filosofi dei suoi tempi. Sappiam poi non solo per l'Istoria, e per quel che l'Alighieri ne afferma, ma ancora per le sue belle Poesie che sono fino a noi pervenute, essere stato un eccellente Poeta, ed il primo tra quelli che avesser Dante stesso preceduto. Talché se a giudicar dal fatto, e da ciò che abbiamo sotto gli occhi anziché da quel che ci vien riferito, sebben per mezzo non dubbioso, cioè dalla storia, fonte del vero; noi possiara dire co- noscer Guido come Poeta rinomatissimo , perchè ne leggiamo le produzioni poetiche, e filosofo non infi- mo per quanto da altri ci vien detto, mentre non ab- biamo di lui alcuna filosofica opera fuorché le stesse sue poesie, in cui egli talvolta appositamente da filo- sofo ragiona. Or ciò posto niun sarà che voglia Guido piuttosto i84 , poeta clic Filosofo considerare, e dirama nclo, mentre e nell'uno e nell'altro caso, o il fatto, o la verità storica vi osterebbe. Ma se però taluno fosse, il qual ci costringesse sotto un solo aspetto a considerarlo , cioè a dire, o come Filosofo, o come Poeta , e non mai sotto tutti e due i riguardi, niuno certamente sa- rebbe così strano, che vorrebbe in lui il filosofo piut* tosto die il Poeta ravvisare. E pure ciò han fatto, a dir vero, i Chiosatori tutti della Divina Cantica. Co- storo nel chiarir quel verso, non ci hanno che un* interpretazion falsa ed insussistente mandato. S'avvi- sano essi che Dante abbia con quelle parole voluto dire a Cavalcante, che siccome Guido di lui figliuolo erasi interamente dato alla filosofia, non avea molto curato la poesia, e però disdegnava Virgilio. E come e egli mai possibile che Guido abbia la Poesia tra- scurato, mentre era egli Poeta valentissimo, non solo per quei tempi d' ignoranza , ma ancora pei dì no- stri ? È questo un' assurdo, e però insussistente, che non molto di confutazioni abbisogna, mentre il fatto solo è quello, che a qualunque abbia fior di senno, r assurdità ne addimostra. Qual ne è dunque il senso vero ? Due sono a mio avviso le interpretazioni che a questo verso potrebbero darsi, e queste andrò io mano mano esponendo, serbandomi in fine a stabi- lire qual sia secondo me la migliore. Non avendo noi allatto alcun Dizionario, il quale ci dica la parola disdegno significar solamente spre- giare abborrire, possiam ben dare significazion tale a quel verso, che ben calza al nostro proposito. Sappiam noi come a sufficienza di sopra si e detto, e por quel che dalle sue poesie rilevasi, essere stato Guido Poeta valentissimo dei suoi tempi, e come tale nmico di Dante. Or ciò posto, sempre però tenendo dinanzi la indole umana, che tende ognora ad innal- i85 zarsi superba, e ad abbassare gli altri esseri tutti, e specialmente quando per alcun grado levasi su quelli; possiam noi veder chiarissimo, ciò che Dante , forse come egli stesso dice, intendea in questo verso. Niun può uegare essere stato Guido un uomo a tutti gli altri uguale, dotato dell' istesso sentire , delle stesse passioni, ed inclinato ancora come tutt' uomo all'amor di se stesso; si sa, ne fa mestieri ch'io lo ricordi, essere stato il primo che così bene si abbia il nome di Poeta meritato, ed il solo dei suoi tempi. Or fatto mente a tutte queste circostanze, noi pos- siam ben dire non aver Guido spregiato Virgilio, ma vedendosi il solo Poeta ai dì suoi valentissimo, e sentendo a buon diritto molto altamente di se, non aver Virgilio in gran conto tenuto, e però non tenersi da meno di lui. Da questa interpretazione, un' altra migliore , che è r ultima ne scaturisce, ed è questa quella a cui io mi attengo. Disceso Dante guidato da Virgilio nel sesto cerchio, ove stan tormentati gli Eretici, il primo in cui s'im- batte è Farinata degli Uberli, col quale fermatosi uà poco di molte cose prende a ragionare; ma viene poi interrotto da Cavalcante Cavalcanti, il quale per la conoscenza che seco lui ebbe in vita, e sapendo non essere ancor morto, vedendolo qui, meraviglialo do- mandoUo, come ciò avvenisse, che egli ancor della terrestre spoglia vestilo, fosse in questi luoghi di morte, ove giammai non scende anima viva. Quindi così disse: se tu vai per questo Inferno , senza alcun dolore e senza alcuna arie, ma per l'al- tezza del tuo ingegno, e per la tua dottrina, perchè mai non è leco il mio figliuolo, il quale ne per dot- trina, ne per altezza d'ingegno ti cede? A ciò Dante placidamente rispose; tu dei sapere che io non vegno i86 ^ per virili mia, o pel mio ingegno, ma vi sono gui- dato da colui che m' attende là , cioè da Virgilio , forse cui Guido vostro tenne in non cale, ed è per questo che egli qui non è meco. Io non so persua- dermi, come mai dopo cinque secoli che sono scorsi, da che Dante scrisse questo Poema , fra l' immensa turba dei suoi Chiosatori, che in gran parte inutili, e polverosi giacciono nelle Biblioteche, che 1' un Tal- tro sonosi vicendevolmente copiali, talché nulla in ciò di nuovo, dopo il cemento fattone dal Boccaccio, sino a quello del Borghi puossi rinvenire; nissuno io dico si è potuto torre questo denso ingombro che ha a tutti la vista appannato, di modo tale, che han tutti ciecamente l'islesso errore del Boccaccio confermato. E chi è mai così cieco che alcun poco su questo puntò meditando, d'altronde chiarissimo, non ne comprenda appieno il senso vero? Non è alcuno il quale non sappia da qual motivo fosse l'Alighieri spinto, a sce- glier Virgilio per sua guida in questo difficile viaggio, e perchè in ogni sua dubbiezza a lui ricorra con tutta la possibile deferenza, dicendo: Tu duca, tu Signore e tu maestro: avendo quella mente divina e quell'anima veramente ghibellina, ou- de porre un freno alle discordie, ed alle dissolutezze che la patria sua straziavano, impreso a scrivere la Divina Commedia, soggetto tutto nuovo, ove fingen- do di fare un viaggio pei tre regni, situa in quelli secondo che a lui pare, i buoni , i mediocri , ed i cattivi cittadini, i quali godono, o soffrono, secondo che alla patria nocquero o furon di giovamento. Non v' ha dubbio che Dante fu il primo che un tal sog- getto imaginasse, ma bisogna in ciò render lode a Virgilio, il quale nel sesto libro dell'Eneide, fa scen- dere Enea ncll' Inferno; lode che l' istesso Alighieri riconoscente, non gli nega, scegliendolo a guida nel 187 suo viaggio, non volendo della grandezza altrui me- nar vanto, perchè sufliciente da se sola la sua rite- nea, e per dare a colui la debita parte di gloi'ia, fa- cendo conoscere al mondo, aver egli segnata l'idea di quel sommo, ed averlo molto accuratamente imitato, non solo nella forbita, e magnifica elocuzione, ma sì bene nella scelta d' un soggetto sublime. Il che non fece Guido; poiché poetando non si di- scostò dalla schiera dei volgari nella scelta dei suoi soggetti, sebbene tutti se gli avesse lasciato dietro per vaghezza di stile, e robustezza di pensieri. Onde parmi che Dante si voglia dire a Cavalcanti: non per lo mio ingegno avviene a me sì strana ven- tura di visitar questi luoghi, avvegnaché ancora io spiri l'aure vitali, ma perchè ho preso per mia scorta Virgilio; e però Guido tuo, sebbene dotato di molto ingegno, qui vivente non è mai venuto; perchè non si è dato molta cura, di attenersi alla scorta di quel Sommo. Nel che, togliendo il velo del dire poetico, pare che abbia voluto mordere il suo amico , che a più alto segno non mirasse poetando, ma si tenesse pago di dettar poesie meno importanti per lo scopo; mentre era pur dotato di sì alto ingegno , che imi- tando nella scelta dei soggetti Virgilio, avrebbe po- tuto come lui riempire di meraviglia il mondo con un Poema grande, e nuovo. Basta il fin qui detto, che a mio avviso è quanto può dirsi su questo proposito. Che se poi m' incol- colperanno d'aver asserito opinioni gratuite, mi suf- fraga che non sono per nulla stentate, e se non ho fatti da addurre in pruova, non vi sono all'incontro fatti, che al parer mio si oppongono, siccome il fatto delle bellissime Poesie di Guido , alla comunissima opinione dei Chiosatori s'oppone. Francesco Annetta, tsa j^ppendix ad Tabularium Regiae ac Jmperialis Ca- pellae Divi Petrì in Regio Palatio Panhormi- tano curis Nicolai Buscemi — Panormi ex regia tipographia MDCCCXXXIX. in-fol., pag. 48. Con plauso de' buoni e zelatori della diplomatica siciliana, son già parecchi anni, pubblicava l'ab. Luigi Garofalo il Tabulario della rea! Cappella Palatina di Palermo. Frutto di lunghi travagli era quell'opera, perciocché per adempiere a superiore incarico gli era Stato d'uopo ordinare in quell'archivio tulli gli ori- ginali in pergamena, di supplire le mancanze col Ta- bulario della stessa Cappella, lasciato a penna dall'in- signe storiografo Amico, e gli uni e l'altro mancan- dogli, alla fine del quattrocento pervenuto, eragli stato mestiero svolgere con somma pazienza i volumi tutti che ben da novanta in quell' archivio trovavansi , e sceverare tutte quelle carte diplomatiche, che poleaoo far conoscere la costituzione ed il reggimento della real Cappella, e per la pubblicazione de' diplomi fi- nalmente molta fatica avea dovuto durare in riguardo alla paleografia. La compilazione del suo Tabulario, come la lode de' buoni procacciogli , gli concitò la più feroce critica, da non lasciargli pace mentre che visse, e da perseguitarlo vilissimamente da vilissimi uomini anche oltre il rogo, quando gli sdegni ed i livori si tacciano, e l'uom che non è piìi non può far diitlo alle sue ragioni. Se la censura però invece di sfogare tutta l'impo- tente bile lo avesse gentilmente avvisato delle mende, che in opera lunga ed umana non posson mancare, cerio il Garofalo che, come di domestiche, di so- ciali virtù era fornito , sapendo grado e grazia alle ammonizioni, avrebbe sullo slesso lavoro fatto quelle 189 correzioni che ben gli abbisognavano. Quello che non fu permesso al Garofalo e per la guerra sostenuta coi suoi contrari e per la sua nialsania , è stato ora , eseguito dall'abate Nicolò Buscemi per lo amore della siciliana e rudiziooe, e per la solerzia nel ricercare, e perizia nel leggere le antiche carte assai commende-' vole. Costui tornato su gli originali, e le opere consul- tate del Pirri sulla Sicilia Sacra, e del di Accora su i dritti della Cappellania maggiore del regno di Si- ! ciba, ove parecchi diplomi riuveugonsi pubblicati, ha j formato un appendice al palatino Tabularlo, la quale 1 ben merita che al pubblico si annunzi perchè neces- I saria a chi vuole sull'opera del Garofalo studiare. Tre i sono le ragioni che 1' appendice del Buscemi rcndou j pregevole, l'aver portati primieramente diplomi che j iuron dal Garofalo trascurati continuandone la serie j sino al i83q, l'aver corretto gli errori, che eran tra- I scorsi, spezialmente nell'originale greco o per la in- curia de' tipografi e de' copiatori, o per la difficoltà di legger quelle antiche scritture, o per esservi a ca- gione del tempo mancate talune lettere, aggiustando ; la versione latina giusta quelle correzioni; 1' aver fi- nalmente in miglior ordine cronologico que' diplomi , disposto. Chiude la detta appendice una giunta intorno un 1 codice a penna che contiene un martirologio, un tem- ! pò della R. Cappella Palatina, ed ora custodito nella I nostra pubblica biblioteca. Il Buscemi avea minuta- mente descritto son già parecchi anni un tal marti- rologio, e pubblicatone la descrizione nella Biblioteca Sacra o giornale ecclesiastico siciliano, intitolandola al Garofalo. Siccome il manoscritto porta in margine alcune note, che sono come un catalogo necrologica de' re normanni e svevi e delle persone alle loro fa- miglie appartenenti , già primamente dall' Amato in parte e non esattamente pubblicate nell'opera de Prlnc. T'empio panh. così Buscemi le addusse nella sua il- lustrazione tutte come stanno nel codice, racconcian- done anzi i guasti, e correggendo Tistesso Amato. Simili lavori che alla più parte de' letterati di og- gidì non vanno a grado, sono assai utili, e la patria se ne pregia, perciocché da essi come da pure fonti il nostro diritto e la storia si cava. Bernardo Serio. VARIETÀ' IL PADRE LAMBERVILLE NOVELLA Quando Europa un nuovo impero Nell'America fondava, Quando rigido e severo L' Anglo, e il Franco governava De' Selvaggi le tribù, Tra Francesi— ed Irochesi Un conflitto atroce fu} Un' orribile battaglia, Onde allor mostrò sua vaglia L'Irochese gioventù. Alla pugna! alla tenzone! Grida r orda de' selvaggi; E risponde ogni garzone Infra il crocchio de' più saggi: Alla pugna ! alla tenzoni Ogni adulto — esclama: È insulto, Sotto il velo di ragion, 11 governo che il Francese Or si fa dell' Irochese.... Alla pugna ! alla tcnzon ! E si accese allor la guerra La più truce e sanguinente ; Che il selvaggio si disserra, E qual fulmine repente Sopra i Franchi ne piombò. Qual fortezza — non si spezza Dove il fulmine cascò ! Quelle braccia, quegli acciari Rozzi, ignudi, non han pari: La natura li guidò. La natura immacolata De' nou vili, e non languenti La Natura or rafforzata Dalla Fede de' Redenti, A cui padre è Dio Gesù. Lambcrville — a mille e a mille Del battesmo il padre fu. Lamberville indi cducolli Nou feroci, ma non molli. No a dottrine, ma a virtù. Già si scontrano le schiere: Il Francese non resiste: Piegan vinte le bandiere: L'Irochese incalza insiste, E l' insegue; e quel fugò. Vinto e stanco — cesse il Franco; E in Guebec si ritirò. E fin sotto a quelle mura Con la fronte ognor secura L' Irochese battagliò. Venne un messo. E che pretende? Gridan tutti a lui rivolti. — Lambervil le braccia stende: Ei li prega. — Ah no: si ascolti: È a noi sacix) il mcssaggicr. — » Non pugnace— tregua e pace Volge il Franco in suo pensier. Tregua e pace io vi accomando: Deponete, o tigli, il brando; Dio di pace e il Dio guerricr. No, non pugna ci più co' vinti; Ei li accoglie, e lor perdona. 1 Francesi fùr respinti; !5^a lor possa è grande, e suona Fra noi chiaro il lor valor. Se si desta — qual tempesta Fia di sangue e di furor ! Vadan dunque, com' ei chiede, Più persone ad aver fede, E a dar fé di pace e amor. E i più degni personaggi A quei Franchi allor ne andare— Ahi perfìdia!! — Come ostaggi, Come schiavi li legàro; E in catena ed in dolor, E in sospiro — li spedirò Sulla Senna a lor signor. Ed indarno l' Irochese Gli inviati nunzii attese Della pace e dell'amor, A quel nero tradimento, Il buon padre Lamberville Ad un pianto, ad un lamento Sciolse il labbro e le pupille; Ma si stette, e non tremò. Se in periglio — anzi il consiglio De' selvaggi allor ne andò; Perocché non traditore. Ma tradito, ed in dolore A quei vecchi si mostrò. E que' vecchi, che si stavano Disdegnosi in fier cipiglio, Troppo umani allor voltavano Su di lui pacato il ciglio; E un di lor disse cosi: j) Il vediamo — lo sappiamo, Lambervil non ci tradi. Ma quel turpe atroce intrico A trattarlo da nemico Non ci spinge in questo di ? Eppur va: tu sci innocente; Ma va via; da noi ti parti. Se la pugna si risente. Chi di noi potrà salvarti, Chi di noi t' involerà Air offese — d' Irochese Gioventù, che iien non ha ? Che un crudele in te sol vede Traditor, che tal ti crede... Fuggi, involati di qua. n — E una guida a lui si offriva Che scortasselo a' conlini. Sano e salvo ne fuggiva Lamberville; e i bianchi crini, E sua fede lo salvar; Ma il dolore — del suo core Chi potrà giammai calmar ? La sua fama lo addolora, Che ima macchia ei porta ancora Che Dio sol può cancellar. II più grande de' Luigi Regnatori della Francia, Che sul trono di Parigi Di Giustizia alla bilancia Del saper la penna uni, ' Ben istrutto — seppe il tutto, E chi vinse, e chi tradi. Seppe il tutto; e a quei prigioni Franse i ceppi, e a lor regioni Salvi e lieti li spedi. Lode a Dio, che il giusto oppresso, Nel dolor non abbandona! Lode a Dio, ch'egli é l' istesso Che punisce e che perdona, E che atterra e innalza ancor; Che ne regge — che prolegge E la fede ed il valor. i Lode a lui sino all' estremo Di del mondo, e nel supremo Ciel la gloria e a Lui l' cuor ! DOTT. Vincenzo Navarro. INDICE DEL TOMO XXVIII Prospetto delle scienze e della letteratura del secolo decimonono in Sicilia — Scienze mediche — articolo VII chirurgia (fine del Pro- spetto medico) — Gaelano Algeri Fogliani . . . pag. 3. 65. 192 Prospetto ec— Zoologia -< Introduzione — Barone Andrea Bivona. » lag Sopra r avvertiincnto premesso da V. Cousiii alla terza edizione dei frammenti filosofici. Riflessioni del prof. Salvatore Mancino. . » ^3 Il Daguerrotipo — Arago, Del Bue, Melloni. . . . « 4^ Sopra una edicola rinvenutasi negli scavi di Siracusa — al chiarissimo Raoul-Rochcttc — Ral'facilo Politi (con tavola io rame) . 3> 09 Anuun;eio Jetlcrario — Lionardo Vigo . . . . . » 6a Annunzio nociplogico— Salvatore Scuderi -.-F. M. . . » ivi Ristretto generale delle osservazioni meteorologiche fatte nel R. Os- servatorio di Palermo nell'anno iSSg. — Cav. Niccolò Cacciatore.» 64 Prima monografia di Malacologia per servire alla Fauna Siciliana (eoa tavola in rame) Bar. Andrea Bivona ...... 80 I difetti del sistema di educazione dei due inglesi Bell e Lancaster di Filippo Bartolomeo. — Messina presso Michele Nobolo 1889. un voi. in-8. di pag. 182. — Gaetano Baita. . . . . » 91 e l3o Racconti popolari di Vincenzo Linares — Palermo tipografia di Ber- nardo Vir^i 1S40 un volume in-i2 di pag. iq'j, — Bernardo Serio » io5 Sopra la Casa di Sessaiila letti in Acradina — Lettera di Benedetto Intrigila al Direttore delle Effemeridi Siciliane . . . » no Sul viaggio del brigantino siciliano l'Elisa alle Indie Orientali — Rela- zione d' Ignazio Filiberto — Palermo stamperia di Garofalo 1840. — F. D. B » ii3 Orazione detta il 2 gennaio 1840. nella udienza della Gran Corte criminale di Trapani dal procuratore generale del Re cav. Pietro UUoa. — Tipogr, Com. 184° in-8. ° — Prof. Pietro Sampolo . 3i Ii4 Cenni biografici intorno a Melcliioin-e Mira marchese di San Giacinto scritti da Mariano De-Micliele e Dc-Michcle — Palermo tipogr. di Francesco Lao in 12." — Melchiorre Lo Faso Mira. . . » 120 Illustrazione di una inedita iscrizione gotico-normanna — Onofrio Abbate» lai In funeribus Cajetani Vigintimillii etAlliatae Comitis— Inscriptiones. -^Nicolaus Maggiore. ....... n 127 Spiegazione delle ligure della prima monografia di Malacologia. » 138 Sulla pretesa separazione dei terreni di Sicilia da quelli della opposta Italia — Lettera di Carlo GerameUaro al Principe di Grauatelfi. » i3cf Monografia del genere Atlante da servire per la Fauna Siciliana •:— G. P. Barone di Mandrulisca. (con tavola in i-ame). . " «49 Dell' azione catalitica dei corpi. Nola presentata alla prima riunione degli scienziati italiani; sezione di Fisica Chimica e scienze mate- matiche. — Domenico Paoli . ...... iGi Sul nuovo Osservatorio stabilito in Trevandro nelle Indie Orientali. — Lettera di Gaetano Cacciatore al Direttore delle Effemeridi si- ciliarie . . . . . : . . . • » ijS Sopra quel verso di Dante Alighieri: Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno. — Francesco Agnelta ....... 183 Appcndix ad Tabularium Regiac ac Impcrialis Capellae divi Pctri in Regio Palatio Panborniitano ciiris Nicolai Busce mi — Pauormi ex Regia tipographia MDCCCXXXIX in fol. pag. 48 — Bernardo Se- rio . . . . . . . . . • . » 188 Varietà — 11 P. Lambcrvillc— .novella — Dr. Vincenzo Navarro. » 190 EFFEMERIDI PER LA SICILIA TOMO XXIX.— ANNO IX. Aprile Maggio Giugno 4840. PALERMO DALLA TIPOGRAFIA DI FILIPPO SOLLl 1840 lIFIPIEMElirBII SCIENTIFICHE E LETTERARIE PER LA SICILIA N' 79. — Aprile mO. PROSPETTO DELLE SCIENZE, E DELLA LETTERATURA DEL SECOLO DECIMONONO IN SICILIA. Zoologìa ARTICOLO I. Comecché priva sempre di pubbliche istituzioni , che la Zoologia avessero sostenuta e favorita , pure d'ingegni versali in questa scienza la Sicilia non man- cò, quando sul cominciamento del secolo XVIII vi- ivevano ancora un Boccone ed un Cupani. Avea il iBoccone viaggiando per l' Europa scritto in diverse [regioni e in diversi tempi varie opere zoologiche, le quali tutte veggonsi noverate dal Mongitore, e citale lancerà con onore in altre opere di storia naturale : |ed egli è notissimo che il Boccone non solo fu grande ìbotanico, ma minerologo, e zoologo ancora, in som- ma uno dei primi naturalisti del suo tempo. Più fer- vido cultore della storia naturale della Sicilia si di- mostra il Cupani nella sua celebre opera del Pamphjtoii. 4 siculum^ ove mirò di pubblicare lutti gli oggelli na- turali dell'isola : Infatti fra le 700 tavole pubblicatesi della sua opera se ne veggono circa 88 contenenti varie figure di uccelli , ed altre molte contenenti le figure di animali di classi diverse. Ne di validissimo ajuto ai suoi studi mancò, come si è detto, il Cupa- ui , avendo percorso quasi tutta la Sicilia a spese dello speziale Ignazio Arceri, ed acquistala poscia la stima del munificentissimo principe della Cattolica , a spese di cui dovea pubblicare 1' opera connata , e fornirla delle figure di tutti gli oggetti in essa men- tovati. Eppure giova qui ripetere quel che tante fiate si è detto cioè che un barbaro fato tolse a quei valo- rosi ed alla Sicilia la gloria della pubblicazione di que- sta opera, e di essa non vennero alla Iute che quelle tavole senza più. Dal che è chiaro che se la morte immatura del Cupani , o di altri che avea impreso quindi non che a pubblicare 1' opera inedita di lui , ma a compierla e perfezionarla, dovea tornare di gra- vissimo danno al progresso della storia naturale di quest'isola, dovea certamente esserlo ancora al pro- gresso della Zoologia , massime ove nuovi ingegni e nuovi mecenati non fossero surti a un tempo, e caldi dell'amor della gloria avessero impreso in tal guisa ad illustrarla. E tale è senza fallo addivenuto alla misera e disgraziata Sicilia, che da quell'epoca a questa volta, dove turon per avventura i mecenati mancarono gl'ingegni, che ne illustrassero la Zoologia, o infelici riuscirono gli studi e di scoraggiamento; e dove furon gl'ingegni mancarono i mecenati. È questo il voto che lasciano i grandi uomini in una scienza, quando con essi viene a mancare in un tratto quelfavventu- roso accordo d' ingegni e di mezzi che può soltanto illustrarla! tf Ravvolti gl'ingegni dei Siciliani nella scolastica , e nei vortici di Cartesio , e distolti dallo studio delle utili discipline fin quasi alla metà del secolo dcci- mottavo, richiamati in parte a quelle dopo quest' c~ poca dalla filosofia del Wolfio e del Leibnizio , era bea ragionevole , che si fossero avanzati nello studio di tali scienze, in cui più destri ne avessero avuto i mezzi. Ond' è , che collivaronsi allora con maggiore ardore la diplomatica e l'antiquaria, appunto peixhè delie nostre anticaglie si fece allora maggior tesoro. I Benedettini infatti , i Gesuiti , e molti nobili per- sonaggi , e sopra tutti il principe di Biscari queste allora discavavauo , e raccoglievano e mettevano in mostra nei loro musei, acciò certamente sospinti dalla vista del gran numero di vasi e di monete antiche, che si ritrovavano maiserapre in Sicilia e di che ta- luni anzi facevano traffico e guadagno. Vero è che in tali musei o in altri , che indi se ne formarono si raccolsero ancora moltissime produzioni naturali della isola, ma queste si fecero servire più di ornamento, che di cultura e d'incremento alla scienza: ce I nostri poi (siccome dice lo Scinà ) (i) eran tutti soli e senza guida nello studio delle cose naturali^ e però ogni loro passo era incerto e talora inutile; trava- gliavano assai e picciol frutto traevano. Gli stra- nieri che qui vennero viaggiando in quei tempi non recarono lumi^ ma notizie pigliarono dei nostri, e queste notizie talvolta come proprie indagini con magnifiche parole addobbarono. Non erano infine volgari o almeno in fiore tutti gli studi che scorger (i) Prosvello della storia lelleraria di Sicilia del secolo XVIII t'. s, f. 238. 6 ^ jwssono, e pia penetranti fanno gli occhi e la mente degli investigatori della natura. Sicché essendo gli ingegni a se abbandonati e di ogni ajuto sforniti^ e vasta essendo la materia e nuova ed intricata , noìi è da meravigliare se rapidi non fossero stati i passi di quelli nel coltivare la storia naturale della Sicilia »; e però soggiungo nel coltivare e- ziandio la Zoologia. Ne qui si può tralasciare, die gl'ingegni dei Sici- liani ad onta che verso la metà del secolo deciraot- tavo , siccome dicemmo , si fossero svincolati dalla scolastica , ed avviati alla maniera di filosofare del Wolfio e del Leibnizio , dopo poco volger di anni incorsei'o pure in una filosofia contraria, dell'Alembert cioè, dell' Hume, e del Condillac. Il qual contrasto, priachè questa nuova filosofia avesse avuto su quella la preferenza, turbava forte il pubblico insegnamento, e impediva gl'ingegni di avanzarsi nello studio delle scienze naturali. Anzi arrivossi allora a tal punto, che i tenaci Woltìani, poiché videro i loro contrari pro- cedere per la via dei fatti o delle congetture, e chia- mare quindi in ajuto dei loro raziocini le scienze na- turali, sdegnaron queste, indegne fino le tennero del nome di scienze, e coloro derisero come pedanti, che * alzar non si poteano alle alte speculazioni dell' intel- letto. Sconsigliali Wolfiani! essi non seppero, che il progresso della storia naturale dovea spargere la più gran luce nella filosofia , ed apprestare a questa le basi di uu edifizio il più solido, che non potrà mai vacillare per lo scorrere dei tempi. Venendo or dunque a ciò che operossi con ispe- cialtà dai Siciliani intorno a Zoologia nel scroio XVIII dopo la morte del Boccone e del Cupani , faremo 7 cenno in prima di Saverio Scilla Messinese il quale vivendo tuttavia verso l'anno 1735, lasciò un'opera manuscrilta intitolata « Disegni ed osservazioni sulle Erughe, Crisalidi , e Farfalle naturali proprie di ciascheduna Eruga w. Di quest'opera divisa in tre parti ed accompagnata di i5o disegni di figura di quelli animali nuli' altro è pervenuto a nostra notizia, che il ricordo fattone da Francesco Serio nel suo w Jdditamento alla Biblioteca sicula del Mongi- tore » altra opera manuscrilta che si conserva nella Biblioteca di Palermo. Ne ometteremo di parlare sic- come fece lo Scinà (i) del Mougitore, il quale pub- blicò l'opera della Sicilia ricercata nel 1742 e 1743, e sparsela di un gran numero di notizie non pure intorno agli altri oggetti naturali di quest' isola , ma più di ogni altro intorno agli animali- Che se questa opera dell' uomo il più erudito, che avesse avuto in quei tempi la Sicilia non valse pure per se stessa, che ad illustrarne poco o nulla la Zoologia, certa cosa è, che nel leggerla non può non nascere vaghezza di studiare sopra quegli animali, di cui olire a molte figure di essi egli venne riportando tanle notizie, e sì curiose, e talvolta interessanti, comechè sieno talvolta ancora stravaganti. Dopo la prelodala opera del Mongitore si fece il primo lo Schiavo ad annunciare nell'anno 1756 taluni manuscritli zoologici inedili dell'Odierna, dello Scilla, del Boccone, del Cupani , e di Francesco Russo , di cui lo Sciuà omise ancora di parlare particolarmen- te (3). E noi qui vogliamo anzi dire del manoscritto (i) Prospetto citato. (2; Prospetto citato. 8 inedito di quesl' ultimo , il quale si conserva nella Biblioteca della nostra Comune, e porta per titolo » Breve descrizione di tutte le sorti di uccelli co- nosciuti nella Sicilia così di canto^ come di acqua e di rapina , ponendovisi per pia projilto il luogo dove sogliono abitare^ e della loro passa e ritorno », che non è certamente senza alcun pregio, e ben me- ritò r attenzione di un Boccone, alle cui mani per- venuto non lasciò di aggiungervi del suo, e farvi di sopra delle annotazioni (i), talché a noi sembra do- vere svolgersi anche a nostri tempi con profitto da chi intende all'Ornitologia sicula. Onde memorando que- sto lavoro , che di lode torna certo al suo autore , e quello dello Scilla, ed altri interessanti lavori zoo- logici rimasi inediti, che pur ne sono, e ne posseggo anch'io, a me sembra poi, che una maligna stella abbia di lassù prescritto , che la Sicilia fosse finora passata silenziosa quanto è possibile in fatto di Zoo- logia. Imperlante taluni manuscritti vennero nel corso della succennata epoca pubblicali negli opuscoli di au- tori Siciliani ; e la lettera missiva del sig. Giovan Francesco Suonami ci sull'origine delle Glossopietre, occhi di serpe^ bastoncini detti di S. Paolo., ed al- tre pietre Jìgurate, che si cavano dall'Isole di Malta e dal Gozzo (2), analizzata dal Brocchi è cerlamenfe molto curiosa, siccome leggesi nel Manuale di Ma- lacologia del sig. Blainville. Un'altra lettera ripor- tata anche in quest'opera avea di già pubblicato per (i) Memorie per servire alla storia letteraria di Sicilia t. 2. p. 4*^- Pai. ann. i7f)(). (2) Opuscoli citali t. XI, p. io5-9!Oo. Pai. anno 1770. 9 lo innanzi Vito Amico in quegli opuscoli (i), dove discorrendo dei testacei montani , che si trovano in Sicilia ed altrove , impugna con le proprie osserva- zioni la strana opinione di Anton Lazaro Moro, che avvisatasi essere stati da vulcani fuori gettati i monti ^ le argille^ i testacei che sulla terra si veg- gono. Conchiglie fossili , sieguono le parole dello Scinà (2) , madrepore e retepore iva del pari cer- cando Salvadore di Blasi^ e di queste al proposto Gori^ ed al Seguier in dono mandava^ e il museo ornava di S. Martino. Conchiglie raccoglieva ancora Angelo dell'Ale nei mari di Siracusa, e il padre Fran- cesco Pasquale da Messina , avea ( siccome scrisse il principe di Biscari a Domenico Schiavo) raccolto quanto producesi nella Sicilia , e in terra si genera, e nello stretto , e nelle montagne di Messina , con gran copia di corpi marini di ogni specie. Ne lo Schiavo fu pago ai suoi grandi travagli nella Di- plomatica, e neir Antiquaria. Glie anzi oltrecchè ri- cevea da Gian Francesco Agius da Malta le più rare produzioni marine di quest' isola , e raccoglie- va diversi oggetti naturali della Sicilia si fece poi a descriverli in una sua lettera indirizzata al prelo- dato Seguier , ed inserita nel tomo 2° della Nuova raccolta Galogeriana. Qualche altro scritto sentiva al- lora dello studio della Zoologia, siccome quello dello storico Leanti, che nel descrivere la Sicilia non lasciò di notarne in un intero capitolo le produzioni natu- rali (3), e l'altro del filologo Pasqualino, che la di- (i) Opuscoli di autori siciliani t. Vili, p. 199-232. Pai. anno 1764- (a) Prospetto citato t. 3, p. 223. (3) Leaiiti. Lo stato presento tlclla Sicilia ossia ecc. t. i, p. i. '18-222. Pai. anno 17G1. IO fesa allegò delle api, le quali i giardinieri credevano infeste alle frutta, e voleano quindi bandite dai loro giardini (i). Ecco ciò che operossi in Zoologia nella Sicilia sino al- l'anno 1^83, in cui il celebre Gioeni dopo di avere rac- colto nel suo museo e pesci e uccelli, e zoofiti, e con- chiglie in gran copia, e queste disposte alla maniera di Argenville, venne pubblicando la descrizione di una nuova famiglia, e di un nuovo genere di testacei ri- trovati nel littorale di Catania, con qualche osserva- zione sopra una specie di ostriche (2). Sa ognuno lo infelice esito di questo lavoro (3), e come ciò servì anche di scoraggiamento agli altri nel coltivare non pure in Catania ma in tutta l' isola lo studio della Zoologia. Conciossiachè fra i nostri che nel rimanente secolo XVIII si versarono in Zoologia noi non veg- giamo che Girolamo Recupero da Catania , e Fran- cesco Paolo Chiarelli da Palermo. Avea attinto il primo dallo zio canonico Recupero il gusto per le scienze naturali, ed essendo occupato a sostenere nella cattedra le veci del Gioeni raccolse molte produzioni naturali, applicò specialmente l'animo suo allo studio dei funghi e degl'insetti, e, tra questi ultimi, tre ne jmbblicò , che si leggono nella Phauna Etrusca del Rossio (4)- Dimostratore il secondo addetto alla catte- dra di storia naturale di Palermo, occupala allora dal Cancilla rifruslò sempre i manuscritti del Cupani, dei Bonanno, e di altri siciliani, ed aggiungendo alle (i) Opuscoli citati t. IX, p. 105-292, Pai. anno 1767. (2) Napoli 1783. (3) Diaparnaud dimostrò che la pretesa famiglia e genere di Icslacci sropcili dal Gioeni non eran che lo stomaco di un testaceo conosciuto dello Bulla lignaria. (4) ^//^« Sicilia, Mutylla Cntaiien.vs. Curculio horbalus. II loro fatiche le sue mirò di pubblicare l'istoria natu- rale della Sicilia. Ma riè le fatiche del Chiarelli so- pra un considerevolissimo numero di animali, ed al- tri obbietti dell'isola da lui con somma cura raccolti, uè quelle dei Bonanno o del Cupani doveano giammai veder la luce , né il chiarissimo Rafinesque il fece dappoi , sebbene promise di pubblicarle con le sue annotazioni sotto il nome di Pamphisìs Sicula (i). Quando rifletto che quei nostri ingegni anziché pre- tendere di condurre a compimento un'opera che illu- strasse tutta intera l'istoria naturale della Sicilia , a- vrebbero potuto pubblicarne delle altre che illustras- sei'o una od un'altra branca, io trovo anche in questo una cagione di rilardo nel progresso fra noi di quella scienza. Spinto non per tanto il Chiarelli dall'idea di esser decaduto in Sicilia ogni studio naturale , lesse l'anno 1789 nell'Accademia del buon Gusto di Pa- lermo, e quindi pubblicò un discorso sull'origine della decadenza di questo studio su i suoi vantaggi e i mezzi di promuoverlo con sicurezza , dove ben di- mostrò quanto fosse caldo di amore per la storia na- turale della Sicilia, e come fosse ito innanzi nel col- tivarne le diverse branche , nou esclusa quella della Zoologia. Una società di valentuomini viziuesi si a- doperò ancora nel 1795 di richiamare in onore fra noi lo studio della Natura (2). Se non che toccava solo a due stranieri di occupare verso la fine del se- colo scorso un posto veramente onorato nella Zoologia (i) V. la prefazione alla sua opera intitolata « Caral tori di alcuni nuovi generi e specie di piante e di animali jj Palermo 1810. (2) Saggi di Storia Sicola ed antiquaria , di Fisica , Medicina etc. Opera periodica, che si pubblica da alcuni amatori delle scienze e belle lettere di f^izini a spese dei signori associati tota. 1, an. 1795. Catania per le stampe del Pulcjo. 12 della Sicilia, il Poli io dico e lo Spallanzani; illustrò quegli una parte dei molluschi dell' Isola (i); que- sti pubblicò ancora varie scoperte ed osservazioni in- teressanti sopra diversi animali che vi abitano (2). Dalle quali cose tutte chiaro si raccoglie lo stato della Zoologia in Sicilia nel secolo XVIII. Dopo la morte del Boccone e del Gupani avvenuta quella nel 1704, e nel 1710 questa, non rinviensi altra pub- blicazione di opere che s' intertengano di animali, se non che la Sicilia ricercata del Mongitore; le tre lettere del Buonamici, dell'Amico, e dello Schiavo; gli scritti del Leanti e del Pasqualino, che sentono come si e detto dello studio degli animali; la pretesa scoperta di testa- cei del Gioeni; le tre specie d'insetti pubblicate dal Recupero; e il discorso del Chiarelli. I quali lavori veramente han servilo assai poco ad illustrare la Zoologia Siciliana, e questa dirò quasi nata sotto uà Boccone ed un Cupani rimanersi ancora bambina nel secolo XVIII. Deteggesi fra di tanto , fuvvi dopo la metà di questo secolo , allorché le opere di Hu- me, di Alembert, e di Condillac cominciarono a di- riggere le menti dei Siciliani ad una maniera di filosofare più razionale , un incitamento di queste agli studi zoologici; ma che venne facilmente sopito e per l'infelice esito di quelli del Gioeni, uomo ce- lebratissimo qual egli era, e dai siciliani veneratis- simo, e principalmente per la mancanza di pubbli- che istituzioni ; infine esser noto che le opere del Poli e dello Spallanzani, comecché salite per altri ri- (i) Testacea utriusque Siciliae eominque Historìa et Anatome. Par- ma 1^91-1795. (2) F'iaggi alle dite Sicilie e in alcune parti dell'Appennino t. 6. Pa- via 1792-1797. Y- principalnicnfe il t. IV cap. XXVII. e XXVIII. t3 spetti in grande rinomanza, pure non ilhistrarono che un picciol numero degli animali tutti che si rinven- gono neirisola. Bne Andrea Bivona. Su di un aborto con seguita morte della madre, Obscrvationcs non numerandae, . . .sed perpendendae. — Morgagni. Era il giorno otto giugno dell'anno iSSg quando la industriosa, e purtroppo infelice Gaetana Rizzo da Niscemi , affin di rifarsi dalle penurie del trascorso inverno , pensava di trasferirsi nelle canvpagne della Piana alla comune sottostante , onde spigolar della biada, avanzo della messe del corrente antio. Non era gran fatto, che Ella durasse la prefissa fatica, quando un giovanastro violento seguendo gì' impulsi del ma- lefico suo istinto aggredì la poveretta, e nel sospetto che involato avesse dei prodotti dal suo podere , la stramazzò a terra, la percosse calcandole le ginocchia sul petto, la spaventò col misurarle alla gola il taglio di una falce della quale era armato, e in tutti i modi abusando dalla superiorità della sua forza , con pa- role, e fatti men che ad uomo ragionevole spettanti, la cacciò da quel fondo. Aveva la misera Rizzo il ventre pregno da due mesi circa, e quanto scompiglio ebbe a provare il suo morale, e quanto il suo fisico, lascio alla considerazione di chi mi legge il pensarlo. Sic<-.ome poi di animo quieto, e di pacato spirito, non disgiunti da pietà cristiana , era quella donna , così lungi d' interpellare la vendetta delle leggi , soffrì con ogni rassegnazione le ricevute villanie. E abbeo- cliè da quel momento in poi fosse stata in positivo malessere, (siccome Ella fece rapporto all'autorità) e de' dolori a' fianchi 1' avessero di continuo cruc- ciala, niun di quegli ajuti soliti apprestarsi in simili incontri, chiamò in suo soccorso. Ma nella notte del i6 di quel mese, vai quanto a dire, giorni dieci dopo delle sofferte violenze, vedendosi la Rizzo già arrivata alle strette , chiamò presso lei la levatrice Teresa Gentile , la quale avendo trovata quella donna nel momento di abortire ne raccolse un feto che ben con- servò, affin di presentarlo indi a poi alle osservazioni di chi si competeva. L'indomani pertempissimo, aven- done la levatrice fatto rapporto, fu motivo , che l'au- torità di polizia giudiziaria (i), insieme ai dottori Gagliano, e Crescimene, si portò dalla Rizzo per ista- bilire sulla medesima, e sul prodotto del suo infelice concepimento gli atti convenevoli di ricognizione , e di generica. Dalla fede giurata de' due cennati professori rile- vasi ; che ninna lesione offriva la intera superficie esterna di Gaetana Rizzo: che Ella lagnavasi di dolori allo sterno, e alla regione dei fianchi , ma niuno ne riferiva a quella dell'utero : mandava dalla vulva del sangue in abbondanza, abbenchè lo stato delle grandi labbra, e delle parti pudende era di naturai configu- razione : il feto era della lunghezza di pollici due e mezzo circa, bene sviluppato in tut(e le parti, e della età di circa due mesi. Riguardo alla cagione pioba- (i) Per fortuna di questo circondario la carica di Giudice Regio è attualmente esercitata dal signor Salvatore di Lorcn/.o o Ricca da l'aler- nio, il di cui zelo per la giustiziale lo altre sue qualità murali, Io rcn- douo degno di elogio. i5 bile dello aborto, i periti furono di parere , die ira le innumerevoli cause, che sogliono produrlo, vi vau comprese anche quelle, che la paziente asserì di aver sofferto, cioè le percosse, e lo spavento. Dal momento in cui fu data la perizia , la Rizzo rimase sotto le cure de' cennati Crescimone , e Ga- gliano, e per quanto eglino ne dicano, nel dì seguente allo aborto si palesarono forti sintomi di gastrite, e nel terzo apparve infiammazione alle parotidi , che ingigantì nel quarto. Ebbe un progressivo aumento la parotide, ma nelle 24 ore prima della morte, scom- parvero i segui della gastrica irritazione , mentre la lingua da rossa , secca , ed aspra che era , divenne umida , ed apparve nel suo naturale aspetto. Final- mente dietro breve agonia nella notte del 22 del su- detto mese, la Rizzo morì. E poiché trattavasi di dare giudizio su di un af- fare delicato e difficile, i periti facendo uso di quella moderazione, e religiosità per le quali tanto si distin- guono, chiesero di essere spalleggiati da altri colleghi, affin di decidere con più di sodezza; motivo per cui io ed il D."^ Maugeri fummo incaricati di essere pre- senti co' primi due allo sparo del cadavere, con in- vito di dare il nostro giudizio su ciò che si sarebbe osservato. Quindi dietro di essersi verificato l' alto legale di ricognizione sulla identità del cadavere si processe all' apertura dello stesso nel seguente modo. La sua intera superficie esterna , non offrì segno veruno di esterna lesione. Pria di aprire il cranio, abbiamo esaminato le pa- rotidi , quali tagliate in tutti i sensi dopo di averle messo a scoverto , le abbiamo trovate in braccio a forte infiammazione, e più voluminose del solito. i6 Aperta la cavila del cranio , trovato abbiamo il cervello, ed i suoi involucri esenti da qualunque ri- levante alterazione. I visceri contenuti nel torace si ofirirono pure nel loro stato naturale. Messi a nudo i visceri addominali e tagliato lo stomaco, non abbiamo rinvenuto allo esterno di esso lesione veruna, del che ci siamo anche assicurati ri- guardo agl'intestini: la milza però si rinvenne ostrutla, e più voluminosa del solito : la vescichetta del fiele piena zeppa di bile. Avendo quindi dirette le nostre osservazioni sull'utero, questo allo esterno si rinvenne itjgettato, rosso, e tumido (i), e tale era specialmente al suo collo. Tagliato il corpo dello stesso nella sua spessezza, abbiamo rilevato offrire segni non equivoci d'infiammazione. La sua membrana muccosa trovavasi anco infiammata, ed attaccato a questa ultima si rin- venne un brano di placenta commista e del sangue aggrumito. La infiammazione però predominava al collo dell' utero, e in porzione del corpo dello stesso. Abbiamo tagliato nella loro lunghezza l'una. e l'altra tromba di Fallopio, ed esplorati prima i loro diame- tri, gli abbiamo trovati diminuiti, e aderenti in taluni punti per la loro superficie interna. Le ovaje trova - vansi nel seguente modo. La destra nello slato d'in- fiammazione come il corpo dell' utero. Allo esterno della ovaia sinistra, vi abbiamo rinvenuto due vesci- chette della grossezza ciascuna di un grosso cecie , ripiene di siero torbido. Tagliato il corpo di questa ovaja, si offrì prima un poco di pus bianco perlaceo della quantità di oncia mezza circa, del quale trova- (i) L'intumescenza secondo il signor Lcveilles è l'unico carattere aua« toiuico della infiammazione. '7 vasi intriso un corpo globoso come un piccolo lappo di pistola , che abbiamo trovato racchiuso nel corpo stesso di quella ovaia. Osservato diligentemente quel glomeretto abbiamo rilevato essere dei peli biondi, e finissimi quasi tutti della uguale lunghezza , cioè di pollice uno circa per ciascuno. Così poste le cose, io mi propongo le seguenti di- mande. 1. Quale deve riguardarsi la cagione prossima da cui s'ingenerarono i suddetti peli? 2. A quale epoca rimontava la infiammazione della ovaia sinistra, e a quale quella deirulero? 3. Quale si fu la cagione produttrice lo abborto? 4- Quale quella che produsse la morte della ma- dre? Fu questa lo elFetto della metrite , o della pa- rotite? 5. Di quanta pazienza hanno bisogno le autopsie cadaveriche, che servono di sostegno alle prove legali di un processo? Varie sono stale le opinioni de' patologi, e le ve- dute loro differenti nello spiegare il modo come le lesioni organiche si formano nei uostii tessuti, ma quasi tutti convengono nello risguardare la infiamma- zione quale cagione determinante le slesse (i), e questa (i) In appoggio del già detto, mi giova di richiamare alla memoria la opinione del sig. Andrai. Qucst' insigne clinico affatto straniero allo spi- rito di sistema, eseguendo la via tracciata dall' osservazione, cosi si espri- me sul proposito: La sopra eccitazione dei tessuti non fa altro che richiamare mi mag- giore afflusso di umori sull' organo che s' infiamma; ma appartiene a quelli la formazione della lesione organica, e se questa si dà a divedere ora sotto lo aspetto di tubercolo, ora di scirro, ora di cancro ec. ec. ciò si è perchè le alterazioni degli umori variano ne' vari ammalati. A malgrado però della sua favorevole prevenzione sul gioco dei Uuidi nello spiegare la patogema delle lesioni organiche non può ristarsi dal conchindere, che i8 dottrioa sembra generalmeute abbracciata dall' epoca specialmente in cui l'immortale Broussais ba ben di- retto le menti dei medici in fatto di anatomia pato- logica. Pare adunque indubitabile pel caso nostro, cbe una lenta flogosi di antica data, e molto anteriore al con- cepimento del feto abortito fosse esistita nella ovaia sinistra della estinta Rizzo, e avesse quella flogosi, o pur no dati segni di sua presenza a nulla monta, poiché da ninno ignorasi, che le sorde flogosi possono esistere ne' vari organi di nostra macchina , senza indurvi notabili disturbi , e rimanendosi silenziose , e latenti anche per lungo tratto di nostra vita. Quindi sembra probabile che la fecondazione, e lo staccamenlo dell'oviccino ebbe a verificarsi dalla ovaia destra, nell'ultima copula , che diede luogo alla ge- nerazione del ridetto feto, dapoicchè supponendosi la ovaia sinistra, come doveva essere, in braccio a po- sitive alterazioni di struttura, e per conseguenza sede di morbosa azione, mal poteva prestarsi all'atto ge- nerativo, che è tutto fisiologico, e normale. La natura conseguente nel piano suo di conservare gli esseri per quanto comporta 1' ordine delle sue leggi , ottiene il suo scopo colla fornaazione degli organi doppi , sup- plendo in taluue circostanze coli' uno al difetto del- l'altro, ciò che potè verisimilmente verificarsi nel fatto che ci occupa. Ed ammettendo col classico capo-scuola della me- desima fisiologia , che abbisogna almeno il tempo di niesi sei di lavorìo irritativo , per aver luogo le le- la causa di quelle è una cioè la irritazione; che la deposizione dei prin- cipi che dati luogo alla lesione non è che lo effetto; e che le varie le- sioni non dipendono che dalla varietà dei vizi degli umori. ^9 sioni organiche , fa egli mestieri supporre , che una epoca anche anteriore al succennato tempo vantava la inliam inazione osservata nella suddetta ovaia; che altri- nieuti non poteva aver luogo la trasformazione pelosa, e le altre degenerazioni, che in quella si rinvennero. Ben altro stato presentavano T utero , e ia ovaia destra : questi non offrivano , che la sola ingezione rossa, e la intumescenza : uiun segno di cronico di- sturbo davano a divedere; per cui forza è il conchiu- dere di esistere in ossi uno stato di acuta infiamma- zione, avente pochi giorni di esistenza, il di cui prin- cipio può fissarsi a quei primi momenti in cui la Kizzo incominciò a soffrire disordini agli organi della generazione. Lo stato di cronica flemmasia in cui trovossi l'ovaia sinistra, la trasformazione pelosa , e le degenerazioni cistiche, e tubercolari, che ne furono il prodotto, e che quali corpi estranei dovevano aprire su di essa un'azione irritante (escludendo anche l'idea di qualun- que violenza esterna) erano cagioni sufficienti a met- tere r utero in disordini tali da farne verificar lo a- borto. Una costante medica esperienza ci ammaestra che i tessuti in braccio a cronica infiammazione, non con- servano invariabilmente lo stesso grado di morbosa attività. L' azione organica loro esaltata va soggetta a delie oscillazioni, e a dei raddoppiamenti tali d'in- tensione, da toccare il sommo stato di acuzie, ed in pratica medica non sono rari i casi di veder passare sia gradualmente , sia repentinamente da cronica ad acuta una flemmasia , oscillare , o pure attingere il sommo grado di violenza, ritornare al punto di ere- tismo in cui era prima, risolversi anche inleramenle 20 Ja cronica flogosi, e nel casi tristi affrettare i progressi della disorganizzazione, muovere le più gravi simpatie morbose, e produrre la morte. E se una cagione mor- bosa si andasse rintracciando nel caso nostro, che a- vrebbe potuto far verificare il passaggio dell' ovante da cronica ad acuta, bastava la presenza dei peli ad ingenerare un tale efletto, dapoiccliè l'azione loro pe- rennemente irritante arrivata ad un certo grado di stimolazione produr necessariamente doveva una forte reazione vitale, e tanto da forzare i tessuti dell'ovaia al passaggio di una infiammazione cronica ad una in- fiammazione acuta (i). L'utero poi, e le sue dipendenze predisposte già a sentire simpaticamente il potere della cronica infiam- mazione della ovaja suddetta, dovettero fortemente rea- gire ed infiammarsi acutamente allorché quella passò dallo stato cronico allo acuto. Ora la iiifiammazione dell'utero e la principale, e la più potente delle ca- gioni prossime che producono lo aborto, e questa in- fiammazione lo determinò senza dubbio nella donna, che forma il soggetto del nostro ragionamento. Se poi altre cagioni sieno morali , sieno fisiche avessero da recente agito sulla macchina della estinta Rizzo, que- ste devono riguardarsi come delle coucause atte ad accelerare i progressi dell' affezione cui l' utero tro- vavasi in braccio, ed a produrre per conseguenza lo (i) L' nzione irritante, che i sudetti peli esercitavano esclude qualunque flubbio, allorché si ripensa sulla supporazione, clic esisteva ne' punti Hi loro contatto coll'avaja. Questi punti di contatto stimolati da un corpo estraneo dovettero prima irritarsi, e la irritar.ion loro crescendo sempre, perche la cagione stimolante non lasciava mai di agire, potette produrre in ultimo risultato la supporazione. Or da ninno ignorasi ohe allo infuori della infiammazione, nessuna delle cagioni prossime produce la forina- ziou del pus. aborto senza perder di mira che la Rizzo portava con se uri accidente prossimo, che esisteva nella sua ovaia sinistra un nocciolo morboso, una cagione suf- ficiente a produrre il tristo esito che seguì. Discendendo collo stesso ordine a disaminare su la causa che produsse la morte dell' infelice donna , è ben fatto il premettere , che una costituzione epide- mica di parotidi ha dominato dal trascorso inverno fino al presente fra gli abitanti di questa comune , senza omettere di rammentare, che taluno degl'infer- mi abbia perito alla forza del morbo. E siccome du- rante il dominio di una epidemia qualunque, le ma- lattie le più semplici, e differenti improntar sogliono la forma, complicarsi, o vestir l'abito come suol dirsi della malattia regnante , così se sembra ragionevole da un canto di mettere nella linea del dubbio che la parotide fosse stata lo effetto della simpatia mor- bosa nascente dalla melrile , può dall' altro asserirsi con molta probabilità, che la infiammazione alle pa- rotidi fosse slata ingenerata dalla cagione morbosa , che ha dato, e dà luogo alla epidemia, forse per aver trovalo nella macchina della Rizzo degli sbilanci di salute, anzi dei disordini tali, che la predisponevano a risentirne più facilmente l'azione. Premesso un tale ragionamento poggialo sulla più costante medica esperienza, bisogna ora analizzare quale delle due lesioni potè produrre la morte della detta Rizzo, ciò che faremo nel seguente modo. Lo stato di forte infiammazione delle parotidi, che si appalesò dopo il terzo giorno del seguilo aborlo, come sopra si è detto, era a tale grado arrivala da produrre da sé sola la morte della madre , indjpeu- denteoienle dalla infiammazione uterina, come ancora 22 questa poteva per la sua gravezza individualmente produrre lo stesso letale efl'etto. la questo stato di complicazione, egli è evidente di non potersi decidere quale delle due lesioni abbia potuto esclusivamente influire alla estinzione della vita della cennata donna, perchè ambedue erano gravi, e capaci a compromet- tere la esistenza di Rizzo , come suole osservarsi in altri casi, e separatamente Tuna dall'altra; ma si può sodamente giudicare che per la loro riunione concor- sero insieme a procacciare il tristo evento. Da tutto ciò che precede ognuno osserva di le- gieri , die la degenerazione pelosa prende il primo posto, ed è per così dire la principal molla, che agita tutta la macchina del difficile medico-legal giudizio , che ci occupa. Che questo corpo estraneo getta vivi raggi di luce sulla nostra mente , per ispiegare la patogenia di tanti morbosi fenomeni seguiti da gra- vissimi effetti, e questa spiega netto l'animo del ma- gistrato in quella filosofica dubitanza , che risparmia spesso tante vittime alla disatfenzione, od all'ignoranza di coloro che sono i fabri della parte più interessante di un processo, io parlo della generica. Lo stato ap- parente dell'utero, e la parotide erano ben sufficienti disordini a spiegare Io aborto , e la seguita morte della madre nel caso nostro. Ma no; minute, e piene di pazienza esser debbono le ricerche anatomiche, e se nello aprire il cadavere di Rizzo , non si fossero usati tutti i mezzi di esplorazione, sarebbe mancato un fatto che tanto peso dà al ragionametito che so- stiene questo giudizio. — Quanti lettori meccanici io non conosco, i quali aozicchè umiliarsi, s'inorgogliscono allo aspetto di un cadavere, credendo di poter tutto spiegare ad un sol colpo d'occhio. Trattasi o di of- 23 fendere la giustizia , o di compromettere la libertà , ed anco la vita del cittadino ! Trattasi di avere ri- morsi , o di non averne ! Atteso ciò sarà mai abba- stanza grande lo spirito di osservazione?... Mariano Valenti. Notizie storico-legali intorno ai giureconsulti Iser- ni a ed Jfflitto. Vago di conoscere quanto offrono i culti ingegni nelle lettere, nelle scienze, e nelle arti in questa mia bella patria, lessi non è molto un cenno xieW Im- parziale annunziato col titolo di eloquenza del Foro, Trovai a mio corto vedere pregevole l'articolo, perochè era ricco di erudizieni, di- nomi, di opere e caldo di carità patria; osservai ricordati autori celebri nell'or- dine di loro epoche ; solo mi sorprese il leggere rammentati i nomi d' Isernia ed Afflitto, che mi avea come stranieri nel novero dei siciliani giuristi. Seb- bene ciò non fosse detto espressamente, e fossero quei due collocati distintamente dagli altri, pure diffidai di me stesso, poiché il vederli compresi in una ricordanza di cose e di nomi patri faceva quasi concludere che anche essi rileneansi come autori nostri. Volli però compiutamente chiarirmene, e ricercati i documenti e gli storici, mi sono riconfermato , che ne 1' uno, ne l'altro sono siciliani. Suppongo adunque, che l'Autore dell' articolo rile- nendo Andrea Rampini diverso da Andrea Isernia, e non disfinto Matteo Afflitto da Tommaso Afflitto ed Annibale de Afflitti, entrambi dotti ed illustri siciliani 34 annunziali con lode dal Moogitoie, dal Mazzuclielli, dal Tiraboschi , siasi imbattuto nell' equivoco che amo ora rilevare. Forse l'Autore ricordando quei no- mi intese mostrare che le constiluzioni del Reguo di Sicilia pubblicate pel notissimo Pietro delle Vigne al i23i vennero a tale onoranza che insigni scrittori stra- nieri ovunque le commentarono (i). E ciò mi pare pro- babile più che altro, perochè ove il Gregorio parla di tali constiluzioni ia chiara menzione de' Commeutari di esse; però è facile, che l'Autore abbia nominato quei due, solo ad aumento di nostra gloria. Comunque (i) Si sa ila tutti che Pietro de Vincis o Yinea è lo stesso che delle Vi°ne, nato in Capua, cresciuto ed educalo in Sicilia, gf^n Cancelliere di Federico secondo, da cui ebbe l'incarico della compilazione delle Con- stituzioni del Regno di Sicdia pubblicate al i23i come attesta il Pecchia e il Grcorio, le quali nacquero di lesto greco; nella versione del Linden- brogio del iGi3 ed in quella di Napoli del 1773 si cadde nell'errore di annunziare l'epoca del 1221. Esisteva in Palermo un originale manoscritto di tali costituzioni, ma so^i^iacque all' aspro governo degli Angioini insieme a tulle le memorie Sveve e Normanne — A'argas allesta, che ne esista un esemplare nella Biblio- teca Vaticana — altro antico ili testo greco nella regia Libreria di Parigi, ed altro logoro nella Bil)lioteca Barberini, siccome una copia del testo greco cavala dai manoscritti del Cardinal Sirlcto si conservava a Palermo. Le pregevoli edizioni, come avverte il Pecchia, sono quelle del Linde- brogio del 161 3 quantunque vi si trovi, come si è detto, l'errore dell'e- poca della pubblicazione; e l'ultima di Napoli del 1786, tirata sulla pri- ma del 1473 alla quale e aggiunta la versione greca cavala dal manoscritto jwrigino. 11 testo di questa egregia opera, da cui la Sicilia ripete i principi! del dritto pubhlico è stato cosi crudelmente scorretto, e nelle volgari edizioni trovasene così oscurata la intelligenza, che ne rammarica l'animo, e lo muove a dispetto. A questo corpo di diritto seguirono altre Leggi dello stesso Federico, che si compresero nelle dette constiluzioni — Nova constitulio — Const. Capilaneoruiu — Slaluimus et si generalis cura non advocct — Praede- ccssorum — le quali furono pubblicate dal 1233 sino al 1238. Questo nobile ingegno di cui il sommo jioela disse — lo son colui che tenni ambo le chiavi — Del cor di Federico — venne in disgrazia di que- sto Signore, sicché lo respinse non solo, ma fattolo accecare, a vita mise- rabile il ridusse, ond' ei nel 12/19 disperalaoientc si uccise. 0.5 ifa fosse la cosa piacerai dissipare i dubbi che dalla lettura dell'articolo potrebbero insorgere. Andrea Rampini dalla sua Patria venne detto An- drea d' Isernia (i). Ne parla lungamente il Gianno- re, e rammenta le onorevoli cariche, alle quali fa sollevato dalla Regina Giovanna, e narra che da uà barone Francese contro cui aveva deciso una lite, fu di notte ucciso nel i353. Il Panciroli ha raccolto i magnitici elogi, con cui ne parlano i giureconsulti na- politani, e singolarmente Matteo Afflitto, il quale af- ferma, che le parole di Andrea non debbonsi scorrere in fretta, ma ponderare maturamente; così ripieni di morale e di civile sapienza ritrovansi i Commenti, che ancor ne rimangono di lui sulle leggi feudali e sulle Constiluzioni del Regno di Sicilia. Il Muratori intanto ne ha detto con poca riverenza, il condanna ]iel biasimo, che egli fece ne' suoi Commenti delle leggi de' Longobardi, e forse ne esagerò i difetti, ma credo col Tiraboschi che altri le abbia lodate olire il dovere. (2) Isernia, Acscrnia città Vescovile della Provincia di Molise nei Re- gno di Napoli con titolo di Principato appartenente alla Casa Delvasto. È situata in una posizione amena pelle colline degli appennini : conta più di 5ooo abitanti: gloriasi d'aver dato la culla a Pietro Morrone che poi nel 1295 fu Papa col nome di Celestino V. Il fiume Cavaliere gli scorre presso alle mura della parte d' Ostro, ed il Monte Rodaro gli sta a riddosso verso settentrione , dieci miglia a Greco da Venafro , ed al- trettanto a maestro da Boianu. Prima del trcmuolo del i8o5 allorquando restò quasi tutta rovinata possedeva una cattedrale, sette conventi, e molte preziose Antichità Romane, delle quali bensì parecchie se ne conservano: pro- babilmente ricordano I' antica Telesia, che dicesi sorgesse poco distante dalle Ciclopee mura, ed appariscono non pochi avanzi di fabriche costruite di soli riquadri, il che solo attesta rantichità di quella Città. Tra quelle vicinanze Siila l'u da i Sanniti rinchiuso in un passo angusto, ma essen- done scampato per uno stratagemma, e col favore di una notte oscurissi- ma, profittò di questa ritirata per circondare il campo nemico, di cui s'im- padroni. 26 Matteo Afflitto, o degli Afflitti ebbe patria Napoli e nac(]ue d'illustre famiglia al i443' Fu giureconsulto celcbratissimo ; pretendeva discendere dagli antichi romani, e propriamente dal Martire Santo Eustachio, il che dimostra al dir del Mazzuchelli, che egli sape- va più di leggi, che di geneologia. Assai poche noti- zie ci dà di lui il Panciroli, e scarse ancora sono quelle date dallo stesso Conte Mazzuchelli. — Il Giannone ne presenta delle accurate, che trasse dal- le opere dello stesso Matteo, e di altri contempo- ranei. Il Tiraboschi poi ne offre più completa la storia, che raccolse di tutti i Biografi , e ci narra che prese laurea nel i458. Esercitò la giurisprudenza pria ne' Tribunali, indi sulle Cattedre, e fu profes- sore in Napoli del dritto civile, del canonico , del feudale e del municipale. In questi due ultimi ra- mi scrisse delle egregie opere, che furon date alle stampe, e ricevute con molta lode. Osserva il Gian- none esser falso ch'ei componesse l' opera su' feudi nell'età sua avanzala, mentre egli stesso dichiara di avella cominciato nell'età di anni trenladue, e finita nel 1480, vuol dire infra la metà della di lui vita. Tanto in onoranza vennero le sue opere, che dai Nobili di Nido fu aggregato al loro seggio. Il Re Ferdinando Primo gli offrì l'impiego d'Avvocato dei poveri, ma avendolo rifiutalo lo elesse nel 1489 Giu- dice della /^/carirt, e poscia nel 149^ Presidente nella Regia Camera. Le rivoluzioni, alle quali fu soggetto il Regno di Napoli dopo la morte di quel Sovrano furono fatali ancora a Matteo, il quale dai successori Sovrani venne sbalzato da un Tribunale ad un altro con gravissimo danno della di lui salute, e da ulti- mo per invidia fu ridotto alla condizione de' privati 27 v» sotto l'ingiurioso pretesto d'esser mancato di senno per la cadente età. Nondimeno non si ristette da' suoi profondi studi. Fu poi nel i5i2. noooinato nuovamente giudice della Ficarìa, ma per un sol anno, giacche da se stesso ritornò a vita privata. Morì nel iSaS in età di 80 anni, e non già al i5io, come scrivono il Conte Mazzuchelli, e il Panciroli. E che sian co- sloro caduti in errore è facile rilevarlo, giacche con- sentono col Tirabosclii, che visse 80 anni, e ne fer- mano poi l'epoca della morte al i5io; mentre com- putando gli anni che visse, e riportandoli al tempo della nascila, è uopo segnare l'epoca certa della morte nel 1023. Scrisse varie opere le quali videro la luce; ma non fu mai data alle stampe quella de Consilia- riis Principum. Fu seppellito nella Chiesa della Beata vergine del Monte in Napoli, e vieu ricordato per la seguente iscrizione: Matthaeus de Afilicto Nobilis Neapolitanus ad Exlremam Senectutem integra, et animi, et corporis Valetudine pervenit. Sub quinque Neapolilanoruca Regibus se fidelemconsiliariumgessit. Utriusque juris Peritissimus de leudis de Regni conslitutione. Copiosiss. .scripsit multa scitiss. Consilia reliquit. Annum agens octogesimum naturae concessit. Sembrami pertanto aver con queste mie brevi pa- role fatto omaggio alla verità, ed alla storia senza minimamente deIran e all'autore dell'articolo, aren- do annunziato, che se cadde in errore non è grave- mente a lui imputabile, non trovandone avvertita la Patria, ne' volumi in cui dovette attingere le notizie. Ma forse non fu nemmeno in errore, perchè ei non dis- se, che fossero siciliani- E sebbene fossero stati cele- bri giureconsulti ed Isernia ed Afflitto, per fermo non 28 abbisognavagli, come altri creder potrebbe, infiorare con nomi stranieri gli annali della giurisprudenza si- ciliana, perochè esclusi quo' due venerati nomi, altri sommi segnano i secoli nostri jiassati come con ac- corgimento si avverte in qnell' articolo. E agl'insigni ivi ricordati potrebbono con onoran- za far seguito Pietro Pctrolo(i)e Simone Vivacito(2), rinomati giureconsulti Siciliani;il primo d'incerta patria, l'altro di Catania ove furon professori di dritto, e dai quali gravissime opere abbiamo da paiagonarsi con quelle di valenti stranieri. Gerardo Agliata (3), Filippo Pcrdicaro (4), Guglielmo de Perno (5), Vespesiauo Spucces, (6) Vincenzo Percolla, Francesco Milo, Gi- rolamo Gio riandò, Giovanni Andrea Bartolo, Paolo (i) Petrolo— Siculus iuceiiae Patriae Professore di dritto in Catania 1490. Scripsit. Ad bullara Apostolicam Nicolai Quinti et Reg. Pragraaticam Alphonsi de censibus — adaotationes — Addictiones super ritu Regni Siciliae. Regius fuit consiliarius ac Magoae Regiae Curiae Judex. (2) Vivacito — Catanensis Juris Utriusque D.r in Catanensi lyceo publicus Icgum intcrprcs i499' Scripsit. Lettura super ritu Regni Siciliae. Ipsum laudant Rocclius Pirrus in Not. Eccl. Cutan. pag. q^; et Marius Cutellus de donationibus toni. i. tract. i. 2. part. n. 8i. (3) Gerardo Agliata — Panorniitanus i/Jao. Yixit Alphonso Rege Gratis- siuius Scripsit. Allcgaliones barum nonnulli passim cifautur, nempc: AUcgatioues in causa comilatus Sclafani — prò Spatafora —in causa An- gustile — in causa Calalabillottae. (4) Pcrdicaro— Siculus iuccrtae Patriae i479' Scripsit. Allegationes prò Philip)>o Aragonio. (5) Guliebnus de Perno Patritlus Syracusarius discipulus Ubertiui de Marinis — Scripsit 1428 — Consilia Feudalia de Principe— de Rege deque Regina traclatum. Consilia pratica, et staluta Messanae. Variorum Causilioriuin feudaliuiu diversorum, ut obscrvat Jou. Bapt. Zileltus in indice librorum legalium — tractatum de feudis. (6") Vesjiesianus Spucces Panorniitanus Scripsit 1606. Allegationes — Consiliuin — In selectis Consiliis CoUectis a Peiro Luna. Co/isiliuni. Apud 1'. Baronium in consiliis diversorum siculorutn super V'rivilcgio Urbis Panornu ce. 39 Gaggio, Alfonso Cariddl, Enrico de Medici, Girolamo Fimia ('y), Antonio Mon tallo, Giovanni Antonio Canne- sio, Ignazio Guastone, Nicolò Lavaggi, Mario Cariddi, Cataldo Fimia, Giuseppe Fernandez, Francesco Ga- stone, Carmelo Conlrosceri, Nicolò Gervasi: e questi ed altri nomi poteva 1' autore dell' articolo aggiun- gere; e avrebbe anche con vantaggio rammentato Carlo di Napoli dottissimo palermitano, il quale con la su- blime opera della concordia de' dritti demaniali , e baronali attirossi l' universale ammirazione , perchè (7) Cataldus Fimia Catancnsis scripsit i638. Repert. Voi. XII — Uecisionura Voi. XII. Allega tionutn Voi. XXVIII. Justificationes Sententiac dalae in causa pc tionis Vindicatoriae et Reintegratoriae septem feudornra baroniae — Aspii- montis. Jacobus Chirco — de censibus Ottavius Corsetto — Qucstiones Foreiises super ritu — Consiliorum Feuda- liura. Carolus de Crassis — Tractatutu de effectibus Clericatus — Tractatum de exceptioiiibus ad inateriam statuti excludentes omnes e\ceptiones. Ferdinandus Bongiorno— de censibus Vincentius Ferrarotto — dottrina del popolo constitutionale Maurus Burgio — tractatum de laudiinio — de modo procedendi ex abrutto Nicolaus Intrigliola super Bulla Nicolai quinti et pragmatica Rcgis Al- phonsi -H de censibus — de fcudis ►- de substitutionibus. Petrus Rizzari — > de censibus— Adnotationes addictiones super ritu Regni Slciliae. Raymundus Ramondetta Sammartino i— responsum juridicum super spoliis Jo. Philippus Paterno — . de censibus exst. cum Petto de Gregorio. Josephus Cuniia — In Regni Siciliae capitulum si aliqucm de successione feudaliura repetilionem — In ritus Maguae Regiae Curiac ac totius Regni Siciliae Curiarium Commcntaria. Blaschus Lansa — de censibus— ■ responsa fcndalia — ' Consilia plura. Fridericus Campisciano — de censibus. Franciscus Provenzale — de censibus — addictiones super ritu Regni Sici- liae—Consilia feudalia •— adnotationes in tit. de acquirenda possessione- Antonius de Virgilio — « de Icgitimatione persouae Antoninus Amato — rcsolutiones forenscs. Marius Mula — capii ulorum Regni Siciliae comraentaria in consiict. Pa- normit. Regni Siciliae pragmaticae santiones decisioiies Magnac Reg. Cu- riae ec. 3o scrivendo in un tempo in cui , i principi del dritto politico, e pubblico erau quasi affatto sconosciuti, si mostrò profondo politico, e valente publicista, che l'o- opera , al dir dello Scinà , recò gran riforma , ed aumento di sapere nel Foro. Si renda adunque alla storia di Napoli quanto le appartiene, e si rilenghi la Sicilia l'onore che l'è pro- prio per la celebrità de' secoli trascorsi in fatto di giurisprudenza, celebrità per la quale si ha avuto ne scarsi ne invidi lodatori nella intera Italia. P. Sampolo. Petrus de Crasso — addictiones ad tractatum de exceptiouibus. Hyacinthus Pensabene — multa allegationum volumina. Petrus de Gregorio — > de censibus: commentaria de concessione feudi de vita, et militia, de dote, de paragio— de judiciis causarum feudalium Juris universi atque legum omnium gentiuin Marius Cutelli — i Cudex Icgum siculorum: de dotationibus — decisiones. Ignatius Gastone — disputationes (iscales — > Consultaliones politicas ►— Di- sceptaliones criminales — Disceptationes patrimoniales. Franciscus Cirino — Disquisitioues Criminales i— Nexum rerum Ecclesia- sticarum Jurisdictionalium. Marcantonius Marchese —Parlamenti di Sicilia del i434 al 1661. Gaetanus Sarri — Gius. Pubblico Siculo— ■ Dritto delle successioni reali in Sicilia. Nicolaus Gervasi -< Siculae Sanctiones. Filadelfìus Ariate — Feudales decisiones. Sopra Patti e lo spirito de' cittadini pattasi iti ogni tempo. Alloraquando esisteva Tindari, anche Patti esiste- va (i), e quasi uno de le castella di quell'altissima (i) Parecchi scrittori sull'autorità del Fazello avvisarono, che pria di conte Ruggiero uissuna memoria si avesse di Patti. Noi, per non esser tacciati di spirito di parte, stimiamo nostro debito qui rapportare a parola la lor sentenza sulla quale faremo poscia le debite osservazioni. Fazello nel lib. IX prioris dee. cosi scrisse: « Pactae, cujus cum iiullus Tetcruni mcminerit, ncque nouiinis ratio tradita sit, prima cjus memoria 3i venia risguardato; il perchè vera favola è da tenersi l'opinion del Fazello, il quale avvisò di essere stata la città forse da Ruggiero conte fondata. Come iu altre mila anche in tal bisogna fu quello storico poco accorto, ed a ragione il D'Amico e '1 Caruso di que- sta brutta macchia il tacciarono. Non è però che o- ad annum salutis 1094 nobis occurrit , cum Rogerii Siciliac comitis di- plomate aliorumque principura actis publicis conslet hoc loci aedem divo Barlholomeo etc. » Nella Sicilia nobile all'articolo Patti leggasi pure: ce Fu fabbricala dal conte Ruggiero nell'anno 1094 5 benché non manchino degli autori che per ilhistrarla di maggiore antichità , la faccino derivare da quella vetu- stissima città di Agatirno e da Tindaride che le luroii vicine ». Giuseppe Carnovale nel lib. 11 della sua Descriziotie del regno di Si- cilia la dice « città moderna e magnanima , fatta seggio episcopale da Bonifacio ». E recens oppidum la noma al pari il Gaetani nel tom. I , § Sic. in animad\>ersioitil/us ad vitain S. Trophimae. Or le addotte testimonianze fondate o sul silenzio degli scrittori , o sulla parola moderna , non son poi da tanto da avversare la nostra opi- nione. La comune degli storici tassa di poca accuratezza il fazello. L'au- tor della Sicilia nobile, nel mentre asserisce di essere stata Patti fondata dal conte Ruggiero , sente pur troppo l' opposta autorità di molti altri scrittori. 11 Carnovale , ove ad interpretazione non si riducano le sue parole pel titolo di magnanima di recente acquistato , è in aperta con- traddizione con quanto asserì de' privilegi assegnati a' mamertini nel 485 della fondazione di Roma. Ed il Gaetani a quei mottivi di dubbiezza nello stesso citato luogo rispondeva : « Ncque urbem Pactas recenteiu « existimes, quod nemo veterum memineril; nam multa apud nos velerà « sunt, quarum apud veteres scriptores nulla mentio Pactas castelluu» « vetus in regione tyndaritana fuisse pulaverim ». 11 D'Amico nelle an- notazioni al Fazello istesso conchiude : « Privilegia messanentia gentici « scriptores Maurolycus, BonGlius, Samperius aliique referunt, in quibus « Messanac lines ad Pactas usque, sive ad iàedera cxlendi clarissime le- ce gitur. Data sunt porro primo punico bello a roinanis Consulihus ob ce strcnuam a niessanensibus uavatam operam centra Carlhagineuses. Hinc ce Maurolyco, Boiifdio, ac laudatis scriptoribus Pactae extabant anno urbis ce conditae 485 Quod ergo Fazellus ait: primam Pactarum meinoriam ce ad annum salutis 1094 occurrere, minime procedit ». L' istesso Amico nel Lexicon Sic. , e propriamente nel voi. Ili alla parte 2 prosieguo dicendo: e< Pactae urbs episcopalis quod Tyndaris ce vetustissimi oppitU haud procul siti Castelhun dudum alque christianis ■>. (9.) Corruptc a pud Plinium , aliquosque Agalbyrsum vocari obscrvat Ouverius, caeterum Polybio Livio DiofJoro Slrabonio Silio aliisque, Aga- thyrnum dicitur, vel Agathyrna. D'Amico op. ci(. (3; Lapides ejus (Messauae a Leontis usquc ad Pactas cxtendi, nani id spatium, caetcris detìclentibus, Romanac ditioni scrvavit. 33 Patii è in doppio colle, dista iieppur un miglio dal mare, da Tindari quasi 6, ed in questo spazio corre il tanto celebrato Timèlo(i). Vago anziché no ne è il sito, avendo a rimpetto Milazzo con la sua dilet- tosa riviera, a sinistra e in prospetto le Isole Eolie non sì discoste che ne' dì sereni non si scovrissero verdeggiare i campi, e le casupole biancheggiare. Più che ameno spettacolo fi ofFron le Isole di Vulcano e di Lipari, precipuamente quando il sole, rotte le nubi, va diretto a ferirle già vicino al tramonto. Deliziosa è poi la Marina, e troppo animata dai trafficanti: dolce il clima fa che rarissimi sieno i giorni di vero ghia- do; puro è l'aere; e avvegnaché negli andati tempi poco salubre si fusse creduto per la macerazione dei lini presso alla città, pur vietata, grazie ai buoni cit- tadini, quella rea costumanza e rigorosamente punito chiunque seguitar la volesse, perfetta si è mantenuta la sanità, e fiorentissimi ne sono gli abitatori anco nelle pericolose stagioni. Dal che è ben chiaro, come i PP. dell' ordine di s. Benedetto invitati dal conte Ruggiero a stanziare in quel luogo, si avvisasser da senno ad ergere lor monastero dov' era appunto il vetusto castello, in parte la più prominente e la più ventilata della città. E che ivi trovalo avesser eglino un castello, non è a dubitarne; che oltre alla testimonianza degli sto- rici, ne fan piena fede la costruttura , le torri , le tuttavia esistenti fabbriche merlate ed alte alla difesa (i) Mox ad Occidcnlem Thimetus amnis, fluvius de Pactis anpellatus. Claud. Arct. lon. cit. E Fazello nella 1. D. lib. 9: Thiraeti fluvii ostium Ptoloraaeo, Simelhi Straboni et Piimo sequitur, a Pactis hodie appellati. D'Amico infine nel suo cit. Le\. sic. anch'egli scrive: Pactarum fluvius, Thimatus vclerum Fazello creditur. ^4 . . . ile' feritoli. Anzi, se alla ragion di combattere a quel torno volgeremo il pensiero, uno de' castelli più forti è da credersi: tanto il sito e l'arte il favoreggiavano. Donde venne che l'Abate in sulle prime, indi il Ve- scovo, il titolo si avessero di Gran Castellano^ e nel possesso le chiavi con giuiamento di custodia «e ri- cevessero dal r. Agente, non essendosi per variare di tempi cambiato afFallo l'antico rito (i)- Or quando Ruggiero nel 1094 recossi a Patti, chia- mò a se da Lipari l'Abate Ambrogio e fattagli am- plissima donazione, fondò un monastero, opera vera- mente degna di stima appo i contemporanei ed i posteri; ed al Liparitano , da lui stesso eretto, per comunanza di beni e di reggimento il congiunse. Ambrogio tra per lo spirilo religioso e per la propria bisogna, essendoché molta era la penuria de- gli abitatori, volle per donativi raccorre di que' che il latino specialmente parlassero, o quanto a dire , che Siciliani fossero e Lombardi e JSformanni. Allettati dalla generosità dello Ab. i vicini e i lon- tani accalcavansi, fermi nell'animo a posarvisi , ed in breve quel popolo videsi ammontare a più mila. Coltivate le terre prosperarono a meraviglia, comin- ciò la città a grandeggiare e l' incivilimento per senno de' Cassinesi a diffondersi. Confermò tosto Ruggiero re a Giovanni Abate, successore di Ambrogio , gli accordati privilegi ed altre concessioni vi aggiun- se; ne Giovanni receder volle da' buoni statuti^ che così li chiamava, del suo predecessore. (1) Arx in raeriilicm sitii clafiori iloinicilium opiscopis prarsla Idcccn- tissinium: quotics liiiic piimntn hi possc-s oiicm inculiti'^ in illuni int'crunt pcdcm, icgio Procuraloii curante, lidci jnic jurando pracslilo, clavcs ca oondictione acci|'iunt, ut rcgis nomine custodianl. D'Amico op. cil. E qui torna acconcio il notare , che Andelasia, o secondo altri Adelasia, o Adilaide , toUa in moglie da Ruggiero conte dopo la morte di Eremberga, era- si in seconde nozze congiunta ad Arduino re di Ge- rusalemme , e da lui scorlesemente e con infide maniere trattata, nel Monastero paltese ricovcrossi ed ivi spirò l'ultimo fiato. Sorge infatti alla di lei me- moria nella Cattedrale un monumento in marmo ove leggesi: « Hic jacet corpus nobilis Dominae Andilasiae « Reginae malris serenissimi Domini Rogerii primi c< Regis Siciliae, cujus anima per raisericordiam Dei « requiescat in pace. Amen. M.C. XVIII. w Le larghezze de' monaci e la feracità delle terre sempreppiù a Patti chiamavano de' coloni, e la città in questo modo a rinomanza ognor pii'i cospicua sa- liva. Or avvenne in tal mentre, che Ugone vescovo di Messina per diploma dell' antipapa Anacleto si e- rigesse in Metropolita; e nell' ottobre del ii3i, fatto vescovo il nostro Giovanni, la pattese e la liparitana chiesa rendesse a se sufTraganee. Ma poco durò in quella dignità, cliè nel nSg siccome fu Ugone da papa Innocenzo secondo e dal concilio lateranese dal- l'arcivescovato deposto, il fu del pari Giovanni dal vescovato; cui morto per estrema vecchiezza, vidcsi Giliberto assunto al governo di quel monastero. Grande è la quistion che si agita intorno all'epoca vera del legittimo vescovado. Credono alcuni che la sia quella degli ultimi giorni di Giovanni od ahue- no di Giliberto; poiché costoro del titolo di Eletti godeano e fra vescovi soscriveansL Noi non ci sti- miamo da tanto di poterla decidere, e moilosti anzi- ciiò no amiamo di passarcela, che de' grandi uo- mini più veneratori che giudici vogliam riputarci. Certo 36 è però, che Stefano, successore a Giliberto, fu ve- scovo legittimo e le chiese di Patti e Lipari governa- vasi; nel qual tempo la chiesa di s. Lucia, nell'Agro inilazzese, a quella di Patti obbediva, e Stefano l'an- no Il 99 un monaco del suo ordine vi mandava a Preposito. Amendue le diocesi , liparitana e patlese , furono ad un sol Prelato soggette fin al 1399, tempo in cui, oltremodo cresciuti i due popoli, papa Bonifazio IX. smembrolli, e di Patti fu vescovo Francesco lierme- mir da Tarragona. Il Copiloio intanto era tuttavia da' Cassinosi com- posto e con suoi particolari Statuti reggeasi ; ne la storia ci tramanda alcuna novità a quei giorni, se pur quella non fusse della strettezza della diocesi per bri- ga di taluni, che parteggiando a potenti , con altre non poche le fecero venir manco la chiesa di s. Lu- cia, e quelle restarono di Librizzi , Giojosa e metà del SS. Salvatore, ove il vescovo i diritti di Barone esercitava del pari. Ma Vincenzo Napoli da Troi- ua d'interi costumi e magnanimo, uomo da essere per la storia tramandalo alla più tarda posterità, tro- vandosi vescovo di Patti nellanno 1C09, oltremodo si addolorava dello scarso numero de' monaci e quin- di della mancanza del divino culto. Per lo che acqui- stati con singoiar munificenza nuovi fondi al Capito- lo, chiese a Papa Innocenzo la sua secolarizzazione, che fu poi menala ad cfìTello da Ludovico-Alfonso Los Camercs proposto a questa sede fanno iG52. Abbiam finora seguite le vicende del patlese ve- scovado tra perchè da esso ebbe la città rinomanza 0 ricchcz7a, e perchè le cose civili in gran parte ne dipendellero. Or però è leuipo di tornai e in dietro sino all' epoca' islessa di Ruggiero re, onde svolger hi serie delle mutazioni che avvennero. Ruggiero inclinando l'animo a favor di Messina , tanti privilegi le concesse nel 1129 che ella ne' tem- pi andati ne andava gloriosa , e la conferma dappoi e l'estensione otteneane l'.inno 1286 da re Giacomo, e quindi appresso da Carlo e Giovanna. Patti slavasi ancora governando per consuetudini patrie espresse in 72 articoli, e nel mese di luglio i3i2 approva- zione aveane da re Federico, quando appunto a com- penso di sua prisca divozione agli aragonesi Dinasti, de' simili privilegi di Messina, della immunità e li- bertà che pria si godeva era da re Martino circa al i/joo onorata. Celebre negli annali di nostra storia è il vespero siciliano, che l' Isola di tanta gloria ricolma di quanta forse altro fatto non l'ha invigorita dappoi. E avve- gnaché ella per interne dissenzioni stata fosse sempre bersaglio a stranieri, cionondimanco per quella im- presa ricorda ognora ai nostrani che fu madre di Eroi. In quei giorni adunque sacri da un verso a carità di Patria e miserissiini dall'altro agli occhi di Pietà, i Fattesi non rimaser da sezzo; anzi scempio tale del- l'oste faceano, che il luogo della strage ne' secoli ap- presso s' intese col nome di Porta della morte^ e così tuttavia si addimanda. Dal che si deduce non codardi ed imbelli essere stati quei cittadini, ma co- raggiosi e della terra natale amantissimi; ciò che me- glio mostrarono quando gli Angioini tornati ad asse- diare Messina, elli più a queto non si stettero, si ci- mentarono altra volta allearmi, e rottili in fuga. Io- deli si tennero all'aragonese reame. Ne avversa a tanta lealtà Tessersi Palli resa alle armi del Loria che pel 38 re Giacomo guerreggiava. Perocché Milazzo, Nucara, JMontefoiic, il Castello di s. Pietro e molli altri luo- ghi cedettero, e non per arbitrio, ma per insidia: ap- pena infatti affòi'zati sentironsi da re Federigo , il <)ualc gagliardamente le ostili terre iuleslava , ban- diera aragonese ti alzarono e le genti di Giacomo , trallesi per entro al castello, assediarono. Più l'atti d arme si rinnovarono sotto alle mura di esso; l'orti e rischiosi erano gli assediati, e non men l'orti e costanti gli asscdialori: prorompeauo spesso spesso i difensori a vettovagliare che oramai a penuria strema ridotti si erano, dai cittadini però venivano rincacciati al momento, e durò questo impegno tinche travagliati assai grave scapparono di nascosto , e sì che venne lor flitto alle galee di re Giacomo ricovrarono. Nò <]ui è da tacersi che perchè la città parteggiava a Fe- derigo, fu da un Sancio aragonese arsa e distrutta: quei bravi intanto amarono meglio patir qualunque disastro, anziché darsi a re Luigi da Napoli. Per le quali gesta, tutte degne di altissima stima, re Mar- lino sanciva in Catania che Patti, siccome dicemmo, de' privilegi di Messina godesse, e die abilità i di lei cittadini si avessero all'orrcvole uffizio di Capitano del Regno. Sapeansi i pattesi a' dì di Alfonso da Aragona le gesta de' lor maggiori, e da essi non degeneri si cre- devano. Vista quindi la benignità del principe , di- mandarono privilegi nel parlamento, e vi tennero il quinto seggio; chiesero la ricompra del mero- misto impero ad Enrigo Romano venduto., e sei riscat- tarono ; ed in questa guisa a paro d'altre prime città siciliane veniva la novella Tindaride. E per verità, cosa da poco non era, e ben sci conosce chi dell'antico sistema è insiruito, poter anche in seconda istanza giudicare nel civile e nel criminale, commutar le pene, richiamare i cittadini dal bando, o nel pro- prio tribunale tradurli se delinquessero altrove , im- pedire che altri giudici li sentenziassero, e cose siflTatle. A tante grazie volle Alfonso, tenerissimo com'era di quel popolo, aggiugnere ancora che la città usasse del proprio stemma ; ed ella infatti non più la testa di un moro, emblema di antichissime glorie, ma le ia- sce aragonesi adottò. Nò qui si ristavan que' prodi. I lor servizi al parlamento sponendo e a re Carlo in ogni epoca edalla dinastia regnante prestati, gridarono che magnanimi addimostrati sì erano, e alla ciftà loro per conseguenza il titolo di magnanima spettava: vi consentì il parlamento, il re lo accordò, e Ferrando Gonzaga viceré la sovrana grazia nel iSS^ commu- nicava. Gloriosi per sublimi azioni e titoli eccelsi , ivano i pattesi a piìi alte cose apparecchiandosi, ed ove altre città di nuovi privilegi decorate vedessero , ansiosi tantosto e caldissimi ne divenivano. Nò questa era invidia o dannabii cosa , pur sì emulazione e gara nobilissima da che in ogni tempo gli eroi e le splen- dide azioni provennero. Vogliosi adunque, se non di eguagliare i primi dell'Isola, che molto strano sarebbe stato il pensarlo, al più possibile almanco di avvici- narvisi, lecer di tutto a guadagnar nuovi titoli e pri- vilegi. Da re Filippo difatti quello nel iSgg otle- iieansi di poter essi per singulo usar della spada e del pugnale e dentro la città loro e al di fuori, pa- reggiando in tal modo e i militari ed i nobili. Ma col volger degli anni vidcsi Patti da tanta gloria sol per poco dimessa, e giusto quando fu ella 40 per i bisogni della colle nel 1662 al messinese Asca- jiio Anzalone veuduta. E comcchè rotti dalla pe- stilenza soOLm la e dalla invasion de' Pirati , i quali al sacco ed al fuoco aveano date lor mura , cionon- dimeno non ne capiron nell'animo dallo sdegno i pal- losi, e di fiero dolor compresi gridarono esser quel- 1' allo interamente opposto alle basi fondamenlalL delle leggi del regno. Queslc voci però Ira per le urgenze dello stato e per le brighe di Anzalone, nel consiglio d'Italia jcggcnlc , poco o nissun ascolto si aveano, e come nulle sprezzavansi le ragioni che per essi Antonio Munoz-Bermundcz vi allegava. Invano pertanto dal ministro della corte scriveasi di assog- gettarsi i cittadini alla convenzione del re onde il compratore ne godesse in pace il possesso: recandosi ad ingiuria il cader nella signorìa di un privato essi che slati erano un giorno del reale Demanio, tantosto corsero all'armi e serratisi per entro alle mura , gli agenti di lui che ivano pel possesso vigorosamente scacciarono. Avvenne ancora che per segreto concerto coli' An- zalone il viceré parteggiasse ai pa Itesi, non pochi mi- nistri vi acconsentissero, ed Ignazio D'Amico, vescovo di quella sede , zelatore fortissimo della libertà si mostrasse. Alla line di quali cose, vieppiù i cittadini inanimili per la morte dello Anzalone, offersero alla corona le ventimila onze della vendita, e a questo raodo la città riscattarono e liberi dal dominio pri- valo rimasero. Or benché Patti fusse Capo di Comarca, e della carica di Segreto, di Capitan d' arme a guerra e di Sergente maggiore di un terzo della milizia godes- se, pur mancava dell" onor di senato , di che gra- 4/ ve ne sentivano al cuore amarezza i buoni paltesi. Epperò al pajlamento del 1806 portarono loro istan- ze che accettate dalla camera re Ferdinando III approvolle, e con decreto del i4 ottobre dell'anno istesso il pattese magistrato investì del titolo di se- nato e di onorande decorazioni il fregiò. I cittadini pertanto , ai quali da lunghi giorni iva a sangue io rivendicar l'antica diocesi, appena conobbero la buoni^ grazia del re gliel pregarono , e cosi fu sancito alla chiesa di Patti accordarsi quanti paesi stanno da Ca- ronia ad Oliveri. Condiscese la santa sede a dismem- brarsi l'arcivescovato di Messina; ed occorrendo l'op- portunità, nel 1824 se ne dava a Patti il possesso. Allor fu che sedendo a vescovo Niccola Gatto, della patria amantissimo e della interezza de' diritti del vescovado, trovò di essere al di lui predecessore sfug- gila da gennaio a luglio la elezione de' benefn 1 della cattedrale , ed una tal pratica da parecchi anni du- rare. Quindi egU diversamente avvisò pel giuspatro- nalo dal chiarissimo monsignor Napoli stabilito , e fattane dimanda agli esecutori del concordato, per la favorevole sentenza che ne riportò il prisco diritto rimise in vigore. E qui al proposito di un vescovo patteàe, non fia discaro, mi auguro ; lo accennar breve a quegli uo- mini, i quali o per dignitose cariche, o per sublimità d'ingegno illustrarono il patrio suolo: è di sprone ai nipoti la gloria degli avi. e la rimembranza delle di costoro imprese informa non di rado a virtù. Nati tutti e quattro in Patti Biagio Proto, Antonio Stabile , Gaetano Giovenazio e Francesco Elia , fu- rono vescovi di tal fatta , che Siracusa e Messina ricordano ancora i pregi lor singolari: chiarissimi in 4-2 lettere altri ne leva a cielo ilCagliola, moltissimi il Mon gitole. Francesco Vita , strenuo tlifensor della lede nel tridentino concilio; l'altro Francesco, erudito nelle sacre carie e per mente acuta inteso col sopran- nome di Musca; Andrea de' minori anche esimio in lettere profane; ed Onorio Leto, e Fortunato De For- tunatis , e Bruno cappuccino , e '1 valente giurecon> sullo Magretti, e Giacomo Benedetti, e Martino Gu- glia filosofo e medico , e Francesco de' minori con- ventuali , e i tre Pisciotta , e Dionigi Fortunato e Francesco Dominedò poeti insignissirai, e Pietro Gae- tani, e Placido Agitta furon primi tra gli antichi, es- sendosi fra più moderni distinti Niccola Gatto Ge- melli , Francesco Fortunato giureconsulto di polso e Giuseppe Accordino filosofo: non dirò io de' viventi, che la lor modestia mei vieta. Toccami sol di notare qual sia Patti oggidì: il vescovado con ampia diocesi, il seminario fiorente, la sottintendenza con vasto di- stretto, il commercio della creta cotta e della liqui- rizia , le macchine di sete organzino in attività , la estrazione per l'estero di olio vino sommacchi fichi le- gumi e seta, otto migliaja di abitatori di vigorosa salu- te e di mente vivace , la rendono fuori dubbio non ultima fralle citlà del Valle. E lo amor patrio dei cittadini, un concorso di circostanze propizie, l'alto senno delle autorità che la reggono, di quanta nuova luce non la faranno sfolgorare di presto! Can. Luigi Natoli. 43 Della letteratura italiana del secolo decimonono in rapporto a tutte le letterature d'Europa — Pro- spetto filosofico di Ferdinando Malvica —Direttore della sezione di scienze inorali nella R. j4 e e ade- mia di Palermo.) membro della Società reale Bor- bonica ec. ec Opinioniim commenta dclct dics, Naturae judicia conlirmat. Cic. de N. D. PROGRAMMA DI ASSOCIAZIONE L'opera di cui ho annunziato il titolo è il frutto di lunghe care ed ostinale vigilie, da me assiduamente sostenute, per sollievo dello spirito, dopo i laboriosi ed ingrati lavori de' miei pubblici ufiici. Io la pre- sento al mondo leUerario senza speranze e senza ti- mori; che uso da molti anni ad incontrare 1' aspetto severo di chi sa e di chi non sa sou divenuto indit- ferentissirao così alla lode come al biasimo. Son certo che la critica vera nobile imparziale è di pochi sulla terra, che ben pochi sono gli animi nobili imparziali sinceri, si che possano con sicura coscienza discendere in sé medesimi, o presentarsi con sereno volto innanzi al Sole. Le passioni prendono spesso il luogo della verità: l'interesse l'egoismo l' invidia han dominato e dominano troppo i petti dei miseri mortali. Io tengo l'erma nel pensiero una verità, come dovrebbe tenerla presente ogni sci^iltove, che se la mia opera è cattiva morrà nascendo, e non potrà farla vivere ne anche un giorno qualunque umano favere; e s'ella per lo contrario è buona, vivrà onorata per sempre ad onta del biasi- mo, e dell'ingiustizia altrui. Viene un tempo iu cui 44 r uomo finalmente si disinganna , vede sparire come un baleno le illusioni della vita , e conosce che le cose, di che egli stava più sicuio, checche si faccia e si dica, prendono il posto che loro è dovuto. Quin- di contento della mia grave fatica, che se contento non ne fossi non la pubblicherei in verun conto, sono solo incerto di aver io fatto realmente tal'opera che, tolte di mezzo le passioni favorevoli o sfavorevoli che nulla valgono e nulla sono , meriti il suffragio che desidero. Un padre si appaga facilmente dei pregi del proprio figlio; gli esagera spesso nel suo pensiero; non iscopre talvolta sino i difetti che lo deturpano. Quin- di, rientrando in me medesimo, ignoro qual destino possa attendere l'opera mia, non dalla viltà che la spregio, ma dalla giustizia umana, a cui mi appello. Ciò non pertanto , in qualunque maniera vada la faccenda, il mondo è pieno di libri , ed un libro di più o di meno, quando poco vale, non importa nulla a chicchessia. Se ho fatto un buon lavoro avrò il dolce contento di avere onorato la patria, e reso utili altrui le mie fatiche; se no, la perdita è mia solamente; ninno dovrà levarne lamento , che non si è perduto che ciò ch'era mio. Ecco il contenuto dell'opera: Introduzione. '; Capitolo I. Potenza dell'istruzione: sua influenza su i costumi dei popoli: calcoli statistici dei reati di varie nazioni d'Europa in rapporto al grado della loro cultura: bi- sogno ch'essi vengano istituiti in tutte lo provincie italiane : quale influenza possono esercitare le leggi , 45 quale i grandi uomini sul cammino progressivo o re- trogrado delle civili comunanze: mirabili esempi che ne offrono l'Italia e la Francia in varie epoche: for- tuna dell'Italia nel secolo XVIII, in cui ebbe leggi e uomini che mirabilmente si congiunsero per farla progredire in civiltà: suo stato morale ed intellettuale in quel secolo: quale idea si affige alla parola progresso del secolo XIX: qual'è il vero progresso di una na- zione. Falso giudizio di quelli che negano l'influenza governativa sulla felicità o infelicità degli studi; vere ragioni che sogliono influire sul progresso o sul de- cadimento della cultura di una nazione. Capitolo II. Slato politico dell'Italia nel secolo XVIII: suo mi- glioramento sociale : reazione degli scrittori italiani in quel secolo contro gli scrittori francesi: influenza della rivoluzione di Francia sullo spirito pubblico ; dottrine di una nuova scienza sociale sorta nel pre- sente secolo: scopo sociale dell'arte negli autori di questa scienza: lode loro dovuta nella quistione della abolizione della schiavitù. Movimento politico ed in- tellettuale in Europa dopo la rivoluzione francese. Le cagioni del lento progredire della Russia in let- teratuia debbonsi riconoscere da Caterina IP : suoi veri principi nel governare i popoli : a che tendeva la sua amicizia con i sapienti della Francia: qual'uso ne fece. Influenza del Principe di Machiavelli sullo spirito di Catalina: gli ammaestramenti lasciati da lei a Paolo suo figlio paion dettati dal filosofo fiorenti- no. — Influenza della rivoluzione francese sulla let- teratura universale del secolo XIX; scuole che ne son 46 iiate ; loro natura ; loro obbielto : carattere generale delle varie letterature d'Europa: opinione di Lermi- nier oppugnata. — Influenza della medesima rivolu- zione sugli scrittori italiani del presente secolo : spi- rito d'imitazione in Italia: che vogliasi intendere colle parole classico e classicismo ; romantico e romanti- cismo. Il romanticismo non e solo della poesia, egli è ben anche della prosa: quali sono leprose roman- tiche: qual è l'indole della poesia moderna ; a qual fine tende; quali effetti produce. Capitolo III. Le belle arti non sono che imitazione della natura: errore dei moderni nel voler distruggere questo prin- cipio: tutto è in natura imitazione ; imitazione dalla scrittura al Panteon. L'uomo non fa che imitare e ]ierfezionare : sulle tracce dell'imitazione va talvolta alla creazione: crea senza pensare di aver creato. Il contrario non si può asserir dal filosofo in buona fede, ma solo per difetto di raziocinio, o per un vano orgoglio ed impotente ; poiché sì facendo sarebbe lo stessoche tradire i principi inconcussi della natura -, un rove- sciar le sue leggi. Capitolo IV. Se convengano i temi greci e romani bandirsi dalla poesia. — Mitologia: suoi attacchi; sua apologia. Vi- co, e la sua scienza nuova. Mario Pagano, e i suoi saggi politici. Oracolo di Delfo da considerarsi come una grande istituzione politica, non conosciuta e de- risa: opinioni varie; condotta di Costantino; sentenza di Mengotli. Se convenga la Mitologia adottarsi o . . 47 bandirsi nelle belle arti; prelesa dei novatori intorno la poesia storica e religiosa: se debba questa suben- trare alla Mitologia sino a qual punto, e come. Capitolo V. Sposizione e chiarimenti delle dottrine poetiche di Aristotile : esame delle medesime : spiegazione del Margite di Omero da Aristotile solamente citato. O- pinione intorno la parola (po^Sos adoperala dal filosofo: interpelrazione datane da Lessing, Zanotti, Robortelli, Heinsio , Haus: potrebbe avere un'altra significazione: quale potrebb'essere? — Dottrine contenute nelle ap- pendici che sieguono la traduzione delia poetica d'A- ristotile fatta dall'Haus: giudizio sulle medesime. — Opinione di Aristofane intorno la origine della tra- gedia: adottata da Aristotile: in che seguita da Ora- zio, e da Plutarco. Capitolo VI. Lessing e Schlegel estetici insigni: con quali ope- re esercitarono influenza sul gusto della Germania : come questa si estese in Europa: da che si mossero a scrivere? Oggetto della Drammaturgia amburghese del primo: dottrine che vi dominano: finezza e pro- fondità di critica: segreti errori di lui. — Forza del- rinteilelto di Schlegel: suo corso di letteratura dram- matica : sposizione chiarimenti ed esame delle sue teorie: critica , contrasto fra il gusto degli antichi e dei moderni. Grave iiuporlaiiza che Schlegel appone alla scultura antica per giudicare le tragedie antiche: qual giudizio deesi formare di questa schlegiana dot- 4S trina. Poetica d'Aristotile nobilmente e sennatamente da Lessing giudicata; da Schlegel ingiustamente e bar- baramente battuta. Rapporti di questi due criti- ci.—Schlegel, Manzo ni, Byron, De la Martine, Goethe, Fauriel, Victor Ugo , e tutti i più famosi capi della nuova scuola, censori e spregiatori delle unità aristote- liche,hanno in Metastasi© attinto le loro ideeiMctastasio il solo originale, imitatori gli altri. Ingratitudine del Manzoni, che potea ben seguire una nuova dottrina, ma senza ofTendere, come italiano, le antiche vie, e lacerare gli antichi maestri. Che debbasi intendere per unità d'azione: contraddizione di Schlegel; falsi giudizi di lui. Capitolo VII. Esposizione e confutazione delle dottrine di Schlegel sulla tragedia greca latina italiana francese inglese spagnuola tedesca. Difesa di Euripide Trissino Mela- stasio da Schlegel attaccati. Ingiustizia di Voltaire per la Mcrope del MaO'ei: opinione di Lessing sulla slessa Merope. Confutazione. — Maffei consideralo rome precursore della fondazione del teatro tragico italiano. Il plauso universale che ottenne la Merope di lui scosse le menti ed avvertì gì' Italiani della grande povertà del loro tragico teatro : bisogno di riparare questa letteraria vergogna, sentito con llera energia da un eminente ingegno. Alfieri: sua mente, e suo animo: viene giudicato principe della tragedia italiana. Origine segreta dell'opera del Carmignani indegna di un tant'uomo: errori del Napione: confu- tazione delle censure di Villcmaiti e di Sismondi, die sconobbero Alfieri, il suo teatro, la italiana tragedia. ^ era indole del teatro di Alfieri, considerato dal lato 49 della politica, della morale, della forza : pregi delie sue tragedie; difetti delle medesime. Capitolo YIII. Tragedia italiana nel secolo XIX : grande movi- mento drammatico dopo Alfieri. Primi tragici del se- colo presente: indole delle loro tragedie: esame delle medesime. Come stessero per la drammatica in que- sto periodo le altre nazioni d' Europa ? Errore dei moderni nel credere la tragedia storica creazione del secolo XIX: natura della tragedia storica: qual può essere il suo fine politico e morale : non deesi con- fondere colla tragedia propriamente detta. Shakspea- re, Schiller, Goète , Byron , Victor Ugo, Manzoni: esame delle loro tragedie , considerate nella forma e nell'essenza. Vari sistemi tenuti dai tragici nello scri- vere la tragedia storica : pare che questa non abbia ne regola ne tipo. Venendo i precetti dopo gli esempi si sai-ebbe dovuto finalmente formare un codice che servisse di norma a quelli che non sono capi-scuo- la , ne intelletti creatori. Cagioni per cui non si è per anche formala questa legge. Se convenga all' Ita- lia la tragedia storica ; se il presente tragico siste- ma sia duraturo in Europa. Capitolo IX. Esposizione e confutazione delle dottrine di Schle- gel sulla commedia greca, latina, italiana , francese^ inglese, spagnuola, tedesca. Le prime commedie ita- liane han servito di modello a tutti gli scrittori co- mici del mondo più delle commedie di Plauto e di Terenzio. Errore di Bossuet e di Nicole intorno al teatro: sofismi di Rousseau confutati; ragioni di D'Alembert sostenute. Si prova falsa la opinione di coloro che sostengono essere la commedia piaguo- losa creazione degli antichi. Esame dei comici latini, 4 5o dai quali si è creduto far derivare questo principio, li dramma piagnoloso appartiene esclusivamente ai moderni; è desso il vero segno della corruzione del gusto e del teatro. Molière e Goldoni , considerati come i due più grandi scrittori comici dell' Europa: quale influenza esercitarono su i costumi della Fran- cia e dell'Italia: migliorarono ambidue le loro nazio- ui: segno indubitato che seguirono la natura e la ve- rità. Scrittori comici moderni: indole delle commedie moderne. La Francia è nella commedia piìi fedele ai suoi antichi principi. Come sta l'Italia in questo ge- nere paragonala alle altre nazioni? Capitolo X. Carattere della lirica succeduta in Europa a quella dei Greci e dei Latini : passaggio della greca lirica alla latina, dalla latina all'italiana. Le grandi occasioni lanno sorgere i grandi lirici: senza una forte passio- ne , o un pronunziato sentimento non potrà mai la lirica elevarsi a gran volo: la verità di questo prin- cipio si cava dalle slesse liriche poesie. Esame dei migliori lirici italiani dal risorgimento delle leltere fino al secolo XVIII. Capitolo XI. Lirica moderna : sua natura , sua forma , suo og- getto: quale utilità vi è in essa , qual danno. Se la lirica sacra che ha invaso l'Italia nel presente secolo è effello di un nuovo pensiero , ovvero tende a far rivivere un vieto concetto abbandonalo. Se i moderni nell'ideare le poesie sacre, nel modo com'eglino han fat- to, han falsato lo scopo della lirica, tradito l'utile vero dei fedeli, alterata la morale, annientila la civile fi- losofia. La poesia lirica dev'essere nazionale: in qual modo possono divenire veramente sante e cittadine le liriche sacre. Esame delle poesie dei moderni lirici francesi inglesi tedeschi spagnuoli italiani : confronto 5i di tutti: in che differiscono : quali possono avere il primato. Capitolo XII. Due epopee ha avuto il mondo , Y occidentale e l'orientale: da queste son nate i poemi epici rnoderni. A die mirarono gli antichi coll'epopea? a che mirano i moderni ? Giudizio su tutti gli epici da Omero in poi. Gli epici del secolo decimonono sono originali o imitatori ? Se originali in die consiste la loro origi- nalità? Se imitatori quale epopea hanno imitato? E- same delle moderne epopee dei tedeschi, dei francesi e degl'inglesi. Come sia l'Italia in questo genere? Per quali circostanze politiche religiose civili non vantano gl'italiani del secolo decimonono una grande epopea? Quale sarebbe slata se le vicissitudini dei tempi uou l'avessero impedito? Che c'è da sperare per l'Italia intorno all'epico poema? Capitolo XIII. Quistioni intorno all'origine della lingua italiana. Stato della lingua in Italia: bisogno sentilo in varie epoche della riforma del Vocabolario : vecchiezza e povertà di esso. Il torlo degli Accademici della Cru- sca sia ndr essersi creduti membri di un areopago inappellabile: degni di riverenza nell'avere immaginato i primi un vocabolario; degni di biasimo nell'aver pre- teso che la nazione italiana si fosse loro sommessa nel sacro patrimonio della sua lingua, e l'avesse limitata e corretta giusta i loro dettami. La Crusca non era un consesso della nazione, ma di una provincia di essa. Errori gravissimi di alcuni filologi dei tempi nostri, che han creduto e sostenuto con amaritudine la lingua del 3oo bastare ai bisogni attuali dell'Italia, Viensi provando che se le armale francesi non avessero, per effetto della rivoluzione di Francia, invaso l'Italia, la quislione si sarebbe finita per mezzo dei filologi del secolo XVin , i quali avrebbero conseguito ciò che quelli del secolo XIX conseguirono. La corruzione delia liogua, la civiltà dei tempi, il progresso delle scienze reclamarono allaraeute la riforma dai più grandi letterati del secolo: divisione dell' Italia in tal qui- ilione: la Lombardia da una parte, la Toscana dal- l'altra: polemiche deplorabili. Esame delle opere prin- cipali in tal genere: distinzione della forma dall'es- senza. La quistione deesi ornai reputare assoluta; inu- tile ogni altro lavoro su lai subbielto: conviene per onor dell' Italia dimenticare che ha egli sì (ieramente agitalo gli spirili. La quistione d' og^i in poi dee solo essere patrimonio della storia, e seppellirsi nelle sue pagine : non vi debbono essere in Italia pili guerre filologiche , se si vuole dai veri letterati lu gloria di lei; essendo di estremo ostacolo alla unione delle menti e degli animi , alla diffusione dei veri lumi ; una sola voce dalle Alpi all'Etna: voce di pace; voce che gridi unità letteraria , e progresso nel suo vero senso. Capitolo XIV, Prosatori italiani del secolo XIX piii rinomati per la lingua per lo stile non che per le idee : commentatori di Dante , e degli altri classici del 3oo : mania dei comenti : bisogno assoluto eh' ella venga frenata in Italia, per non perdersi gl'ingegni iu vane disquisizioni e futili, I classici non hanno d'uo- po di essere più soggetti a novelle inlerpetrazioui : ei si comprendono ornai bene da tutti, senza il soc- corso di alcuno. I comentatori hanno soventi volte falsato ed oscurato il senso vero e genuino degli ori- ginali: il che vien dimostrato dalle stesse contraddi- zioni in che son caduti, e dall' avere spesso inlerpe- trato in significato oppostissimo i passi dei classici. Come deesi giudicare dalia storia la lunga e penosa 6'3 qtìlslione sorta tra i filologi italiani per quel famoso verso di Dante poscia pia che il dolor potè il di^ giimo ? Che bisogna desiderare all' Italia , onde non più si gilti in queste miserie? Capitolo XV. Grande utilità della storia, considerala come mae- stra della vita: errore gravissimo di coloro che l'hanno nei tempi moderni attaccala , spargendovi il dubbio ed il sospello: classificazione di tutti gli storici: giu- dizio degli storici di Grecia e di Roma , paragonati fra loro. Storici principali delle varie nazioni d'Eu- ropa dalla rigenerazione delle lettere fino al secolo XVIII : giudizio sulle loro storie : quale influenza hanno esercitato sullo spirito umano: in che hanno imitato gli antichi; quali vie hanno essi tenute nello scrivere la storia universale o parziale delle nazioni. I grandi fatti fanno nascere i grandi storici: si hanno storici là dove si hanno storie. Importanza della sto- ria moderna : questa fé' nascere il bisogno di uno studio più generale e più positivo sulla storia antica. Rassegna degli storici moderni. Come sta l'Italia per questo ramo in rapporto alle altre nazioni d'Europa: quali de' suoi storici han colpito più il segno della vera storia; qual metodo han tenuto nello scriverla; a qual fine mirarono; se innovarono; se seguiron gli antichi- Capitolo XVI. Colpo d'occhio storico su i romanzi considerati dal lato morale: paragone degli antichi coi moderni. Uti^ lità del romanzo storico in generale: sua vera origine in Italia: progressi appo le altre nazioni; e ronjanzi che vi han levato più fama: sterilità dL4fItalia in questo ge- nere: chi fu colui che facesse ivi rinascere il romanza nel secolo XVIII? Quai furono i primi romanzi storici nel presente secolo in Italia? pregi e difetti dei medesi- mi. Carattere del romanzo storico moderno in lughilter- 54 ra, io Francia, io Germania: cause della sterilità della Spagna : carattere nazionale del romanzo storico ita- liano: sua dignità, sua utilità: confronto coi romanzi delle altre nazioni: scuole italiane: in che dilTerisco- no , in che si uniscono. Principali romanzi moderni di tutti i popoli : loro pregi , loro difetti. Qual do- vrebb'essere l'indole del romanzo storico, per rendersi questo componimento popolare, e veramente utile alla nazione italiana? Kicapitolazione, e conchiusione. Ferdinando Malvica. CONDIZIONI DELL' ASSOCIAZIONE L' opera sarà composta di due Tolumi in 8." grande , buona carta, e carattere filosofia coni pai lo. Il I rezzo rimane stabililo a sei baiocchi il foglio, corrispondenti a «inque soldi di Francia da pagarsi alla consegna, secondo il numero dei fogli che sarà per risultare. Le associazioni si ricevono in Palermo nella stamperia del sig. Fi- lippo Scili Via S. Francesco d' Assisi n. 3. in Messina nella tipografia Capra. in Calaiiia dal sig. Agatino Loiigo prof, di fisica nella R. Università di quella cillà. in Noto dal sig. Benedetto Intrigila Capo di uflìcio nell' Intendenza in quella provincia. in Trapani dal sig. Francesco Fallucca ufiìziale nell' Intendenza di quella provincia. in Napoli dal sig. Canonico Candia — Vico Nettuno a Chiaja n.° 1 1 a" piano. in Aquila dal sig. Prof. Ignazio Rozzi nella tipc^. del Gran Sasso. in Eoma dal Sig. Domenico Biagini — Via del Monte della Farina n. 56 ultimo piano. in Bologna dal sig. Achille Castagnoli all' uffizio del Solerte sito nel Mercato di mezzo al civico n. 76. in Firenze nel Gabinclto scientifico-letterario del sig. G. P. Vicusseux in Milano nel Gabinetto scientifico-letterario del sig. Gio. Franco Zini nella Galleria De Crisloforis. in Torino dal sig. prof. Dr. Rocco Ragazzoni — Contrada Vaiichiglia H. 6. in Parigi dal sig. Francesco Pastori diretlore dell' Istituto italiano^ Boulevard des Italiens n. ii. 55 Sul concorso alla cattedra di umanità nella R. Uni- versità di Catania sostenuto dal Canonico Se- calidario Gioacchino Geremia. Al chiarissimo sig. Direttore delle EfìTeraericli scientifiche e letterarie per la Sicilia. Catania io marzo i84o. Ella mi ha chiesto, signor Direttore , notizie in- torno al concorso di umanità latina sostenuto dall'a- bate Geremia in questa Regia Università di Studi, e che ha levato cotanto trambusto, pei particolari che lo hanno accompagnato, ed eccomi a soddisfare, come meglio mi saprò, la sua generosa richiesta. Il cimento di un concorso è certamente la più dif- ficile e dubbia impresa; perocché la confusione delle idee nelle cose estemporanee e di non libera scelta, il timore di perdere un nome già fatto, le angustie di un tempo prescritto, il timore dtll' intrigo e delle prevenzioni, die sempre o quasi sempre han luogo, i sospetti, le relazioni altrui, e tante cose tumultua- riamente che ricorrono ad ogni ora nella mente dello scrittore , tutte contrarie a quella pacatezza di a- nimo, pur troppo in quel momento necessaria, deg- giono tarpare le ali all'ingegno e confonderlo, allu- cinarlo. Ma la lettura del cennato concorso sostenuto, mi ha fatto in parte ricredere, ed opinare potersi an- che allora scrivere con molla lode; poiché tutto ro- busto e pieno di solide dottrine e di estro mi è sem- brato l'improvvisato scritto. Ne questo io dico sol- tanto per la poetira traduzione del Virgilio tutta brio, ben forbita e fedele, che ti sembra figlia di un estro libero e spontaneo, come se nelle chete e silenziose veglie dettata, ma perchè si vede per tutto che le 56 idee incalzandosi ed affollandosi, eccitano colai vivez- za nel concorrenle, che alle volte lo trascinano piìl olire di quello forse erasi proposto, spiegando tanta jiccliezza ed abbondanza , the a qualcuno potrebbe forse sembrar troppa, ma che conceder si debbe a chi si studia di farsi valere in quelle cose, le quali dettar si debbono dalla cattedra. E per venire viemeglio al fatto, è d' uopo sapere che le leggi di quel Concorso prescrivevano i.°la tra- duzione del Livio, e del Virgilio in due luoghi tratti a sorte; 2.° la interpretazione dei luoghi difiìcili, che colà si sarebbero incontrati; 3." parlar di Mitologia nel Virgilio, di antichità romane nel Livio. Ed ecco la maniera come vi si attenne il Gere- mia. Ei s' introduce senza lunghi esordì, che soglionsi male a proposilo appiccare con un canotie di Quinti- liano delle Istituzioni oratorie, e seguendone le par- tizioni r adatta alle leggi del Concorso, Indi passa alla traduzione del Virgilio, di cui vo' darle un sag- gio. Era il principio del quarto libro: At regina gravi jamdudum saucia cura ec Ma la Reina da non lievi cure » Da gran tempo agitata, entro le vene w Nutre letal ferita, e occultamente M D'amor la strugge il fuoco, ed entro al petto M Molte cose ridesta, or la virtute w Del giovine guerrier, or della gente » L' origin prima ed i divini onori. w Per entro al core sta dipinto il volto, » Suona all' orecchio la parola ancora. Quanto giudizio in questo verso, quanta preci- sione in quell'altro: » Di quante guerre memorande ei disse! E cosi fino all' ultimo prosegue con versi lodevo- j lissimi, SI che pare averli apparati a memoria , ed ^7 averli colà all' uopo trascritti. Non le ascondo, Signore, d'avere avuto pur io un tal pensiero, ma eglino so- no delia stessa penna, che tradusse la lettera ai Pi- soni; sì nobilmente a lei dedicata, e così applaudita dal Borghi, e da altri valentissimi uomini. Indi si legge una interpetrazione sul modello di quella ad Usum Delphìni^ coadita del vero sapere del Lazio e nello stesso idioma. Ivi investigando va l'au- tore la greca etimologia di non poche voci, e dà con- to delle figure grammaticali e rettoriche, die il senso di alcune frasi rendono di difficile interpetrazione, e delle allusioni filologiche ed archeologiche. Finalmente fa capo del verso: Credo equidem nec vana fides^ genus esse Deorum^ per iscioriiiare lutto ciò che all' uopo dir si possa sulla pagana teogenia, a fine di soddisfare al terzo carico. Vasto campo a spaziarvisi, materia immensa a di- strigare quel verso presenta; ed ei ben ne profitta per dar saggio delle sue mitologiche cognizioni. Scor- tato da un passo di Cicerone, a trattare imprende, secondo la tulliana partizione delle cose sacre, degli auspici, degli oracoli e delle sibille, facendosi bello della testimonianza di Omero, di Virgilio, di Tullio, di Livio, dell'Alicarnassense e di altri; adduce la geo- logia del Boccaccio, e la Cosmosenìa di Ovidio, per indi passare alle autorità della Bibbia, e di Eusebio sulla origine della idolatria, non trapassando delle va- rie specie di sacerdoti, degli auguri, dei riti peculiari ad ognuno degli Dei, delle incombenze, dignità, pri- vilegi, costumi e requisiti necessari al sacerdozio, e del vestiario rispettivo. Finalmente tocca la quistione romantica, e propone il modo di una conciliazione colla classica scuola. Passa di poi alla liviana ^traduzione , cui appone 58 brevi e succose note, relative al luoghi difficili, nelle quali colla scorta di Vegezio , Lipsio e Grevio fa cenno della milizia e del senato di Roma, si diffon- de alquanto ed opportunissimamente sul!' antica geo- grafìa col confronto delia moderna , parlando degli Illiri, della Tessaglia, di Delfo, dei Beozi, di Tebe, dell' Etolia, dei Dolopi, colie aulovilà degli autori, che di que' luoghi e popoli han ragionalo. Dovendo per ultimo dire delle antichilà romane, egli trattar non conveniva che delle sole Confedera- zioni, e di queste ragiona, molte, belle, e nuove cose dicendone, dimostrando che le alleanze romane ave- vano per base il dritto delle genti, e che a motivo della loro fedeltà a queste leggi pervennero a tanta altezza; argomento non ancora da alcuno tratlato, per quanto io mi sappia. Comprova l'assunlo co' più chia- ri esempi della romana storia e peculiarmente dello stesso Livio; e addimostra che tosto che alle sacre leggi delle Confederazioni mancarono, cadde la loro possanza ed invalsero la irreligione, la immoralità, e la mollezza, si che la corruzione degli uomini portò anche seco la rovina dell'Impero. Descrive in fine il rito, onde le confederazioni sancivano, comprovando il tutto coi delti di Virgilio, Livio, Plutarco, Sallustio e Mon- tesqieu. Così sviluppa il drillo pubblico, e delle genti dell'epoca romana, e ne fa un confronto con quello dei barbari, i cui principi erano: convectare juvat •praedas semper recentes, et vivere rapto — Omnia fertium esse virorum^ siccome Brenno conchiuse. Dal che induce che l'indice della civiltà presso un popolo e la fedeltà verso le Confederazioni. Ei niente lascia sul proposito a desiderare; il trattalo è bello e finito, e tatìto più gli fa onore, che per tutto vi si legge la rettitudine di pensare, e la più sana morale. Per tali ragioni ho letto ed ammirato quella scritta, ^9 e sebbene non ignorassi quanto valesse il Gerenoia, r Autore della ordinata Neurapsodia oraziana, e di tante altre letterarie e scientificlie produzioni, imnna- gioar non poteva che tanto far sì potesse in un con- corso. Nondimeno le cose possono vedersi sotto diffe- renti aspetti, vi si potrebbero forse osservare delle macchie, ma sono un nulla in^paragone di tanta splen- dida bontà ;sì che qui bene si apporrebbe quel famoso detto non ego paucis offendav maculis. Ecco, signor Direttore, adempiuto al suo venerato comando con quella ingenuità che sapea migliore. Dev.""' Servid.' Giuseppe Feria. Cenni sopra Ducezio condottiere de' Sìculi — per Benedetto Jntrigila — Catania iSSg. Sono in queste pagine narrate brevemente le gesta di Ducezio, uno de' grandi capitani della più rimo- ta antichità. L' epoca rimonta al tempo, in cui i Si- culi cacciali dalle greche colonie combattevano pal- mo a palmo il terreno. Ducezio era il lor condottiere, il lor principe, il lor re (i). Dotato di gran mente e di gran cuore, e unendo generoso ardire a grande ambizione, cercò sempre di rilevare la cadente signo- (i) Vuoisi addihitare al N. A. d'aver creduto Ducezio un semplice con. doltiere, mentre che re de* Si-culi, da tutti gli antichi e moderni scrit- tori viene chiamato. Ma oltreché quel titolo molto si conforma alle for- tunose vicende e alle gesta di Ducezio, che passò la vita ora in questo or in quel luogo combattendo, e fondando città e nuove colonie, non é poi vero eh' ei voglia escludere l' idea comune, che fosse re di Siculi; da- poichè in tutto il corso di questo opuscolo narra com* egli fosse alla loro tosta, e disponesse della pace e della guerra, e loro dividesse le campa" gnc, ed edificasse città; il che costituisce unica e mai contrastata regia potenza. Lo stesso Autore per altro riconosce h reale pot«nta di Duce- iio col dire eh' egli trasportò la sua Reggia in Palica, 6ó ria de' Siculi a fronte della greca potenza, che allora minacciava d'invadere Sicilia tutta; edificò città, di- strusse armate, espugnò castelli, e Nea sua patria tra- sferì in piana ed aperta campagna. Che Ducezio si fosse nativo di Nea non vi ha chi possa dubitarne dopo la testimonianza di Diodoro, ma dove e in qual luogo l'avesse trasferita, questo è soggetto di varie dis(|uisizioni. Il nostro A. rapporta gli altrui divisa- menti, che ora in un sito ora in un allro stabiliscono la patria di Ducezio; e poi si ferma a comballere la più comune opinione cioè, che Nea si fosse nel luogo da Fazzello e da alui accennato a sei miglia di di- stanza dalla presente Noto, e che da Ducezio fosse stala trasferita nella piana ed a|)erta catnpagna, do- ve sorse (juella Nolo, caduta poi col tremuoto del 1693; e fa riflettere che in quella posizione Irovavasi circondata da Acre, Camerina, e Casmena greche città allora fondale, e non esser probabile, che in mezzo ad esse abbian potuto dimorare in pace i Siculi in quel luogo, nel mentre che i Siracusani avevano il dominio delle terre tutte de' dintorni, dove appunto le sopraccennate tre città eransi erette. Passa poi ad esporre, e a questa par che si adagi, l'opinione del- l' Alessi, che in un sito vicino a Palica la suppone, giovandosi della vicinanza di Menenio e Palica città sicule, e di Morganzio, dove avvennero le famose ge- sta di Ducezio, dalla quale potrebbe inferirsi che in Palica avesse trasferita l'antica Nea, e non già in Noto, siccome finora è stata generale credenza. Ma oltre che non troviam fondata con solide ragioni que- sta nuova opinione, a noi pare che non valga a di- strurre quella che da più tempo è invalsa presso gli scrittori, e che si è quasi senza conlradizione traraaa* data dal popolo; dapoichè quando la storia e i mo- numenti tacciono, la tradizione forma solida base, su cui molte storiche verità si appoggiano. Le opinioni sogliono dislrursi colle opinioni, poiché nulla di più facile che creare e distrarre allorché i teoipi si av- volgono nel buio dell'antichità; ma quando le opinio- ni son tramandale dalla voce di più secoli, allora ac- quistano generale credenza, e fanno vece di storia; e su queste si Fonda per lo più la origine de' popoli e de' luoghi dell'antica Sicilia; e lo scetticismo a que- sto riguardo lungi di schiarire le questioni, portereb- be interminabili inutili controversie. La sola storica notizia, che sul proposito ci rimane, e eh' è stala segno di varie e molte inlerprelazioui , è quella di Diodoro — Eccola — Ex pubblico enini si^ culorum aerarlo magnis instructiis opibus urbem Neas^ quae patria eius erat, in aequum et apertimi campani trastulit^ et juxtafanum Palicorum (ut vo- cantur) urbem praeclaram extruxit^quae a Diis jain dictis PaliciSj Palicen nuncupavit. Il che a noi sembra, che nna solo conforti l'anti- ca opinione, ma escluda quella riprodotta dall'Alessi, e accettala dal nostro Autore; imperciocché , come potrà ognuno scorgere, son due le operazioni di Du- cezio, e separate di luogo e di tempo. Palica fu sul colle fondala, Nca nel piano equum et apertum. L'e- dilicazione della nuova città doveva essere o prece- dente o contemporanea al trasferimento: dapoichè non è a supporsi che Ducezio avesse lasciato un intero popolo nell'aperta campagna, e poi rivolto si fosse all'e- diticazione della città die dovevalo albergare; e avendo Diodoro parlato dell' edificazione di Palica, come di cosa posteriore, è forte ragione per escludere il nuovo divisa mento, e far credere che precedentemente Nea fosse slata in altro silo, che non sia Palica, trasferita. 03 L'aver condotto in Palica, siccome l'Autore di questi Cenni asserisce, i citladini di Menenio, e aver loro diviso le circostanti campagne ^ ripugna dall'i- dea di avervi conlemporaneainente condolto i suoi concittadini, a' quali nel caso allermativo sarebbe spettala la proprietà delle tene, anziché a quelli di Menenio. JNea per altro nella posizione, in cui da Fazzello e da altri si crede, era a sufficiente distanza da Acre Camerina e Casmena, dalla quale dista trenta miglia circa; e ammesso anche per poco che Nca fosse stata in mezzo a quelle tre greche città, è da riflettersi che la sua fondazioite più antica delle dette città, noa esclude la loro vicinanza; molto più se si rifletta a quel che leggesi nell' oj)uscolo, che abbiara preso a disamina, cioè clie gli Elleni dopo che si ralFerraa- rouo, unironsi ai Siculi, e da loro ritrassero aiuti e sostegno. Il suo trasferimento poi ne forma la prova maggiore, dapoichè nulla di più probabile, che allon- tanarla da un luogo, in cui poteva per la vicinanza essere ogni dì molestata. Se dunque il passo di Dio- doro anzi che abbattere par che voglia confortare la comune opinione; se prove fondate non esistono per supporta in altro sito; se la sua fondazione, e il suo trasferimento questa confermano, a noi pare che resti ferma la comune opinione che Nea vicino a Noto, ed ivi trasferita la vuole, fino a che altre più fondate ragioni non facciano dimenticare la tradizione. No- to era a poche miglia di distanza dall'antica Nea, Nolo sorgeva in piana ed aperta campagna. Noto ha mai sempre insiem col nome ereditato la fama di es- sere patria di Ducezio. Il nome è pure un forte ti- tolo a corroborare la tradizione, il nome, che suole spesso indicare l'origine de' popoli. Ma lasciando questa arida archeologica quistionc , 63 e tornando a Ducezio, egli oUre che ebbe ai Siculi riconquistata Calana, edificò Meneno e Palica, sotto- mise Morganzio, ed Inessa ossia la nuova Etna, espu- gnò il caslello di Mozia dagli Agrigentini presidiato, e disfece l'armata siracusana venuta in favor loro. Quanlunque grande si fosse il suo ardire, in progresso però le sue forze non poterono lar fronte alla potenza delle due famose republiclie. Tornarono infatti i Sira- cusani con maggiori forze e più esperto capitano, attac- carono i Siculi ne' campi tra Noma ed Amastrato, e n' ebbero compita vittoria. ]Nè conienti di ciò uniti agli Agrigentini cercarono torgli con mezzi potenti il caslello di Mozia. Ducezio vedendo allora l'impossibi- lità di opporsi colle sue falangi già minorate e spau- rate pensò un ardilo progetto, cioè affidarsi alla ge- Derosità de' Siracusani; e parlilo di notte recossi a Siracusa, e supplice si presentò il mattino innanzi l'aia del foro, e rinunziò l'impero de' Siculi. Gran- de e magnanima azione che mettendo a cimento la propria vita valse a salvare il suo popolo da sicura strage e rovina; ne vi sarà certamente chi vorrà tac- ciarla di vile, mentre fu essa imitala dal più gran- de Capitano de' tempi nostri, se non che diverse ne furono le conseguenze. Napoleone, quando [lerduto r imperio del mondo ebbe a cadere nell'avversa for- tuna, si diede in braccio de' suoi nemici; e visse vita penosa, e morì sopra uno scoglio. Generosi e magna- nimi i Siracusani concessero a Ducezio la vita, e gì' ingiunsero di vivere privatamente in Corinto, una delle più floride città di Grecia; ma nò posero attor- no a lui la viltà e l'asprezza di barbari custodi, nò lo allontanarono dall' umano consorzio. Ducezio, che puossi a Napoleone assomigliare, se vi ha confronto dal piccolo al grande, per l' arditezza de' coucepimenti 64 per la forza nell' eseguirli, e per le fortunose vicende, tornò infatti in men di un lustro in Sicilia seco por- tando una moltitudine di corinzia genia; ed essendosi a lui collegata gran parte de' Siculi, edificò una nuo- va città nel più bel lido di Sicilia, che chiamò Ca- lacta. Ne i Siracusani se ne adontarono, o gli fecero ostacolo; ebbero anzi a sostenere aspra guerra contro gli Agrigentini, che volevano scacciato Ducezio, nella quale presero parte quasi tulle le siciliane città; echi sa quali luminose gesta non avrebbe Ducezio fornito, se la morte non avesse poco dopo posto fine a' vasti disegni di lui. Le quali magnanime cose si fa il N. A. a narrare, afforzando di quando a quando la narrazione di sag- gie riflessioni. Egli ha raccolto in molte e disparate pagine delle storie nostre quanto i Siculi e Ducezio rjsguarda, e l'ha con ordine presentato, onde si ab- biano i presenti bello esempio di virlù e di magna- nime azioni. E sebbene non abbia fallo che presenta- re le altrui opinioni, lode non pertanto a lui si deb- be pel modo, con che 1' ha connesso ed ordinato, e pei riflessi con che l'ha schiarito. Noi troviamo in questo storico lavoro imparziale critica , conoscenza dell'antico, e chiarezza nell'esposizione. Lo stile è pur chiaro, se non che vorrebbe esser mondo di voci e frasi poco usate , o non amme^se in lingua (i). Il sig. Inlrigila, che ha per lo addietro dato prova del suo ingegno, non ha ora smentito l'opinione, che di lui abbiamo, di collo ed erudito scrittore. y. Linares. (i)Kccone alcune — Essersi sbiettati — per nascondersi quasi fuggendo — In- teschiuti per incaponiti. — Supplimeiitarie vsllovaglie — Po' poi invece di fi- nalmeute, spesso usato dal N. A. — Lasciar pendente un quesito — Vafro per astuto — Intestalo per ostinalo — Per lo converso in vece di per lu contrario. EIFIFIMIIII©! SCIENTIFICHE E LETTER4RIE PER LA SICILIA iV." 80. — Maggio 4840. PROSPETTO DELLE SCIENZE, E DELLA LETTERATURA DEL SECOLO DECIMONONO IN SICILIA. Zoologìa ARTICOLO II. Le opere di Linneo, di Buffon, di Palias aveano ispirato frattanto presso gli stranieri, cui la sorte era stata propizia di mezzi, il più vivo interesse per lo studio delle scienze naturali, e con esse della zoologìa. I mammiferi poco accresciuti nelle opere degli ul- timi due autori, accrescevansi tuttavia grandemente per le specie pubblicate da Schrocber nella sua gran- de istoria dei quadrupedi, e da Sliaw nella Zoologia della nuova Olanda, non che per le altre specie sco- perte in quesl' isola da Peron , e da Leschenaud in quella di Java. Latham nell'Inghilterra , e Vaillant nell'Africa accrescevano il catalogo degli uccelli di un gran numero di specie nuove e di osservazioni inte- reressanti. Più che di novelle specie lussureggianti di 66 figure di questi animali venlano varie opere alla lu- ce nella Francia e nell' Allemagna, e d'Azzara olire ad un' eccellente istoria dei quadrupedi del Paraguai pubblicava ancora nella sua lingua spagnuola quella non meno interessante degli uccelli dello stesso luogo. L' istoria generale dei rettili di La Cépède appariva come un nuovo giorno in questa classe di aninaali per lo addietro poco studiata, e il numero delle specie riportale nella prima edizione, ammontava fva non guari più del doppio nella seconda. Schneider in due opere sulla stessa classe pubblicava eziandio osserva- zioni interessantissime. Ne di opere di lusso intorno a questi animali allora mancavasi, dacché Daudin iti Francia e Russel in Inghilterra aveano rappresentato con figure magnifiche le rane, le salamandre e i rospi il primo, i serpenti della costa del Coromandel il se- condo. Un degno compimento del sublime edificio co- minciato dal Buffon presentava ancora La Cépède nella sua ricca istoria di cetacei e di pesci. L'opera di Bloch notevole per la bellezza delle figure, e per lo gran numero delle nuove specie di pesci in essa descritte l'avea preceduto da pochi anni e il compendio fattone in latino dallo Schneider con molte addizioni, come- chè riuscisse imbarazzante per la distribuzione biz- zarra da lui seguita secondo il numero delle ale di quelli animali contribuiva pure a completarla, ed a far conoscere con esaltezza un certo numero di specie. Nel 1798 terminava Chcmnitz la grand' opera sul- le conchiglie incominciata dal Martini. Draparnaud , Poyret, Ferussac trattavano in particolare dei mol- luschi terrestri e di acqua dolce, e le conchiglie fos- sili dei dintorni di Parigi trovavano in Lamarck un descrittore infaticabile, che ne avca aggiunto più cen- J7 tinaja alla lista di quelle viventi. Contribuiva più di tutti Bruguiere al progresso della Concliiologìa. Se- guendo le orme segnate da Poli, Cuvier e il prelo- dato Lamarck illustravano in diverse loro opere i mol- luschi forniti di conchiglia, o nudi, e ne faceauo ma- no mano la pili saggia distribuzione metodica nella scienza che gli comprende. Immenso era quasi il nu- mero delle opere sugi' inselli , ai quali si facevano appartenere allora i crustacei e gli aracnidi. La fauna Etrusca, quella di Svezia, la grande Fauna degl'in- setti dell'Alleraagna, l'Entomologìa Elvetica, quella della Gran Braltegna, la Fauna degl' inselli dei din- torni di Parigi , gì' inselli della Guinea e dell'Ame- rica, ecco delle opere, che olire a mille altre, in cui si descriveano soltanto gì' inselli di certe famiglie mi- ravano allora ad illustrare l'Entomologìa non diedi taluni paesi ma di regioni intere. Di opere che aves- sero compreso tulli gl'insetti conosciuti neanco era difetto, e già eran venute alla luce diverse edizioni del Catalogo generale degl' insetti di Frabricio, Tec- cellente opera del Lalraille aggiunta all' edizione di Buffon, impressa per Duffart , ad un' altra più rag-- guardevole cominciata da Jablonsky e continuata da Herbst. Mancavasi tuttavia di opere sui vermi e su- gli zoofiti, e quelle di Goetze, Werner, Fischer, Bloch, Rudolphi estendevano solamente la conoscenza de' vermi intestinali. Avea cominciato Bruguiere nell'Enciclopedia la sto- ria di tutti gli animali senza vertebre, che venne in- terrotta dalla sua morte; Shaw nel 1800 la sua Zoo- logìa generale; e Cuvier nel 1806 reso di pubblica ragione il Quadro elementare degli animali, opera che presentava tutti i generi distribuiti dietro un^ analisi 68 ligorosa, e in cui l'autore proponeva molte divisioni novelle (i). E queste opere di gravissimo momento ed altre molte pubblicavansi negli ultimi anni del passato se- colo e nei primi del presente, donde ben puossi de- durre, che se in quel 1 epoca gli studi zoologici eraa tr.jscurati dagli scienziati siciliani, pure collivavansi con ardore da scienziati di oltremare al pari degli studi botanici e mineralogici. Li quel tempo adunque grande era il numero di costoro, che quasi invadendo le varie parti della terra e ricercandole di continuo, ne illustravano gli oggetti naturali. Venuto l'anno 1804 in Sicilia l'americano Eatinesque Schmalts (nome oggi celebratissimo ) si diede ad illustrarne spezialmente le piante e gli ani- mali. Quantunque egli, siccome dicemmo, avesse im- preso nel iSo'y di mandare alla luce le fatiche ine- dite del Cupani, dei Bonanno e del Chiarelli , pure distornato da questa impresa dopo vari viaggi latti nell'Isola pubblicò separatamente in Palermo l'anno 18 IO i suoi ce Caratteri di alcuni nuovi generi e nuove specie di animali e di piante della Sicilia » che de- dicar volle all' illustre mio genitore. In quest' opera descrisse egli lome nuovi, e classificò secondo il me- todo di La Cépède una specie di mammifero cetaceo, 14 di uccelli, 9 di rettili, 5i generi e i54 specie di pesci, 59 dei quali corredò di buone figure. Se non che il Rafinesqne, estendendo vieraaggiorraente le sue ricerche intorno ai pesci dei nostri nsari, pub- (i) Ho tratto questo quadro storico tlcllo stato delia Zoologia nell'Eu- ropa negli ultiitii anni del jiassato secolo e nei primi del presente dalla opera di Cuvier intitolala ce Jlaj>port bisloriquc sur Ics progrés dci scicucc* uaturcllcs dopuis 1789 et sur Icur ctat acluel w. blicò l'anno slesso in Messina , ed ofTiì quale omag- gio al merito del chiaro messinese Antonio Arrosto, che di molte notizie avealo fornito sopra le piante e i pesci dei contorni di quella città, il suo » Indice d'Ittiologìa siciliana, ossia catalogo metodico dei no- mi latini italiani e siciliani dei pesci che si rinven- gono in Sicilia con un appendice ed un supplemento, dove dipartitosi dalla classificazione del La Cépède , e seguitane una nuova da lui ideata noverò in tutto 389 Specie di pesci della Sicilia, e ne descrisse co- me nuovi 28 generi e 47 specie, 8 delle quali rap- presentò in due tavole. Pubblicò indi lo stesso anno in Palermo assieme al Dr. Giuseppe Ortolani la parte i/o fisica di una «Statistica generale della Sicilia » nella quale dopo di avere parlato di vari quadrupedi ed uccelli che vi si cacceggiano, e degli animali do- mestici a gregge^ e di quelli domestici per vitto o da soma, e di altri di utilità o di divertimento, vi redasse ancora un catalogo dei pesci li piìi abbon- danti che si pescano in Sicilia, e di quelli che si salano. Al cominciare dell'anno 1814 imprese la pub- blicazione di un giornale intitolalo « Specchio delle scienze o giornale enciclopedico della Sicilia w in cui inserì varie scoperte ed articoli zoologici (i), ed in quest'anno medesimo mandò per le stampe il suo « Precis des découvertes et Iravaux somiologiques w che diresse in forma di lettera al celebre Persoon. In quest'opuscolo l'autore sostenendo la necessità di .(') Il giornale del Rafinesquc in fatto di scienze è certamente uno dei giornali più interessanti che si fossero giammai pubblicati in Sicilia. Ricco di scoverte , di osservazioni , di ragguagli di opere scientifiche , ben dà mostra del valore di chi lo diriggeva , non che degli sforzi da lui fatti per far progredire le scienze in Sicilia, e con esse la Zoologia. 7» . una riforma nello studio dei corpi organici, e dando alla scienza che ne ragiona il nome collettivo di So- miologia, fa osservare che i suoi difetti capitali sono una nomenclatura variabile, una classificazione imper- fetta e delle definizioni incostanti. Persuaso di avere rinvenuto un metodo analitico scevro di quei difetti, che viene promettendo di rendere di pubblica ragio» ne, fa cenno quindi della sua divisione degli animali in dieci classi (i), e per dare un saggio all'autore della Sjnopsìs plantarum delle sue scoperte in ognuna di queste classi vi definisce e caratterizza Sy nuovi generi e III nuove specie di animali. Al pari del giornale e dell'opuscolo teste riferiti pubblicò finalmente in Palermo l'anno i8i5 « l'Analisi della Natura o qua- dro dell'Universo e dei corpi organizzati » nella qua- le opera pieno di quell' ardire eh' era proprio del suo ingegno versatilissimo ed intraprendente, intese a ri- formare tutto intero il grande edifizio innalzato dal Linneo e consolidato da altri per lo studio della IN'a- tura. Comecché il Rafinesque sia stato in generale poco fortunato dal canto delle riforme (2), eh' egli intese portare nello studio delle scienze naturali con le opere pubblicate in Sicilia, pure, certa cosa è, che queste opere pel gran numero delle scoperte, che con- tengono, segnano un'epoca assai interessante nella no- stra zoologìa, e particolarmente nell' Ittiologia da lui a preferenza degli altri rami coltivala. Svolgendo non di meno con attenzione i manuscritti del Cupani e del (1) 1. Mastodologie. 2. Ornitholop;ic. 3. Erpetologie. 4- Ichtjologie. 5. Plaxologio. 6. iìutoinoìogie. ;;. Malacologic. 8. Helmiiilhologie. 9. Pro- ctologie. 10. Polypologic. (i) Non vogliamo qui omeltcrc di annunciare che 1' uso della parola Macologic si debbe al Rafiiiesque , die se ne avvalse il primo nel suo Precis jier esprimere la scienza de' Molluschi. Chiarelli nella parte zoologica noi dobbiamo aner- mare che quello americano trasse certamente molto profitto dalla loro lettura. E come noi trasse, quan- do si vede che un forte numero di pesci, di uccelli, di rettili, di molluschi, d'insetti e di altri animali della Sicilia pubblicati dal Rafinesque erano stati pri- ma studiati dal Cupani e dal Chiarelli con la corri- spondenza dei nomi siciliani, italiani e scientifici la- tini, e sovente ancora determinati dal secondo con l'o- pera del Sistema Naturae di Linneo, o con altre a quella posteriori? Duole a noi dunque , che questo celebie naturalista non dichiarò giammai espressamen- te nelle sue opere di avere tolto un tal prò dalla lettura di quei maouscritti, ch'egli volea pure pub- blicare, e non rese quindi la dovuta giustizia alle dotte fatiche di quei nostri. È noto poi, come il Ra- finesque abbia commesso non pochi errori nella de- terminazione di molti animali da lui pubblicali, e co- me siano poche esatte le descrizioni , talché grande stento o dubbiezza si è avuto poscia nel riconoscere molte sue scoperte, talune delle quali per avventura è avvenuto eziandio di essere riguardate da altri au- tori per loro proprie. Studiando i Siciliani, dirò così, gli oggetti istessi osservati dal Rafinesque e i manu- scritti di quei nostri potranno più facilmente che al- tri , e renderanno alcerto giustizia da canto loro ai travagli di tutti questi uomini che con tanto ardore in- lesero a promuovere una volta gli studi naturali in Sicilia. Ma già erano corsi i primi tre lustri del secolo presente, ne i travagli considerevoli e incessanti degli stranieri ignoti la maggior parte a' siciliani, ne quelli del Rafinesque erano valsi a spingerli allo studio delle 72 cose zoologiche, od a far mostra almeno per le stampe di un risuìlameuto qualunque delle loro fatiche in questa parte della storia naturale. Avca è vero, Giovanni Cancilla da Palermo pub- blicato fin dal 1801 i suoi elementi di storia natu- rale, e però discorso ancora in questi degli animali; ma poco o niente egli fece del suo, e niente, sicco- me dice lo Scinà , avea egli osservato della Natura. Quegli adunque, che sarà sempre ricordato eoo e- terna laude nella storia letteraria dei primi anni del secolo XIX , r unico che si può dire in questi anni sostenne alla Sicilia in faccia allo straniero l'onore delle conoscenze zoologiche fu il famoso clinico ed anato- mico Arcangelo Spedalieri da Brente. Portatosi sia dalle prime di questo secolo in Italia a trovare ivi quei mezzi , che dar doveano il piìi grande sviluppo all'alto suo intelletto, e sempre caldo cultore mostra- tosi di ogni ramo della storia naturale, per l'assenza del professore egli lesse nell'Università di Bologna iti questa scienza, e tal dimoslrossi, che plausi ne rac- colse universali. Allora egli arricchì il museo di sto- ria naturale di quello stabilimento delle più belle preparazioni zootomiclie, e con ispccialtà di un'eccel- lente collezione di cervi. Morto appena nella Regia Università di Pavia il rinomato Jacopi professore di anatomia e fisiologia comparafa vi fu chiamato a so- stenere la cattedra dal pubblico voto , e dalla cono- scenza che avea appieno il governo del suo merito. Tendente con ispeciallà il suo genio a questo genere di studi, non trascurò mezzo per ordinare nel modo il più confacenle le sue lezioni: riformò nella massi- ma parie il museo di anatomia comparala ; vi ac- crebbe con non poca accuriitezza la collezione di quelle 73 specie di animali, che più da vicino interessavano la sua facoltà; lo arricchì di moltissime specie di luma- che e di farfalle , da lui con molta diligenza rac- colte nella contrada di Chambery, e giunse poscia a formarne una delle più belle collezioni (i). Che se lo Spedalieri, tolto immaturamente alla vita, nulla pub- blicò di zoologia, pure non si negherà, che quando lo straniero , accorrendo dalle più remote regioni del globo alla Università fiorente allora sopra tutte le altre , sapeva da colui le modificazioni diverse , che soffrono gli organi e le loro funzioni nei diversi ani- mali, e quindi insieme le sue vaste cognizioni anato- miche, fisiologiche , e zoologiche, sapeva ancora che Spedalieri era un siciliano. Di lui non per tanto ri- mase morendo, un'opera di anatomia e fisiologia com- parata con molti disegni, che conservasi fin oggi da un suo fratello in Bronte; e ben sarebbe ormai opera pietosa e giusto interesse della gloria dell'estinto, che essa fosse ceduta ad una biblioteca , perchè non si sperdesse, anzi si studiasse e viemaggiormeute si ono- rasse la memoria di lui. Verso l'epoca che Spedalieri tornava d'Italia fra noi, cercando migliori condizioni alla cagionevole sua sa- lute , l'anno 1818 quella mente potentissima dello Scinà non senza aver durate penose fatiche, e supe- rali grandissimi ostacoli mandava per le stampe la » Topografia di Palermo e dei suoi dintorni w. In essa l'autore laddove discorre più particolarmente di varie sjiecie di animali che vi abitano , vi redige poi in forma di note qua un catalogo d'insetti, qua (1) Ho trai to queste notizie dalle memorie intorno a Spedalieri raccolte daU' ornatissimo medico di questa capitale Dr. A^incenzo Calandra ed in- serite nel Tomo 2. anno 1823 del Giornale di scienze lettere ed arti. 74 uà catalogo di uccelli, e quinci un altro di molluschi, e quiudi un altro di pesci. Glie se egli incorse in ciò fare in talune inesattezze od errori, pure oltre al vanto grandissimo dell'opera da lui solo impresa, niuno po- trà toglierne un altro di essere stato il primo a di- stribuire secondo un sistema ed a far conoscere molli animali dei dintorni di Palermo. Il canonico Baldassarre Palazzotto succeduto al Chia- relli nel posto di dimostratore presso la cattedra di storia naturale nell' Università di Palermo a mostrar- si sempre più degno di quel posto iutendea studian- do i vari oggetti della Natura. Applicavasi con ispe- cialtà allo studio degli uccelli dei contorni di questa non che di altri luoghi della Sicilia , e a mandare alla luce si proponea i risultameuti delle sue fatiche. Capitatogli un uccello con un becco di singoiar figura ucciso nelle campagne di Corleone , egli ne scrivea una lettera al n." 38 del Giornale di scienze lettere ed arti, annettendovi la corrispondente figura. Pre- messa la descrizione dell'uccello, nel quale la man- dibula inferiore era quasi più lunga due pollici della superiore, e ricurva da formar quasi una rivoluzio- ne a spira, e dichiarato d' ignorare dove un' altro in- dividuo con tal becco fosse da altri mai descritto passa ad esamiuare i.° se questo uccello possa costituire una specie nuova; 2.° se sia piuttosto una specie ibri- da; 3.° se debba annoverarsi fra le mostruosità , al qual parere per fine attenendosi manifesta come l'uc- cello in disamina sia veramente una mostruosità del Corpus graculus di Linneo, Coracias di Bufibu o Pjrrhocorax graculus di Themmink (i). In tutta la (i) Questo uccello è lo stesso descritto sotto il nome di Coracia crytro- ramphos di VicUari.i Corvus garrulus di Lalbam, ecc. ecc. 75 lettera il Palazzotto fa moslra di una convenevole e- rudizione, unita ad un sano discernimento: e bea dob- biamo dolerci, che egli scoraggialo dal non trovare fra noi quei mezzi dei quali venia sempre più provando il bisogno, a seconda che progrediva nei suoi studi, abbia desistito da si belle fatiche , e lasciate princi- palmente inedite quelle da lui eseguite intorno alia Ornitologia Sicola. Avendo egli fatto dono sin dal i83o alla Biblioteca comunale di Palermo, dove occupa il posto onorevole di Capo Bibliotecario, del suo manu- scrilto intitolato «Materiali di Notizie appartenenti alla Storia naturale, e con particolarità all'Ornitologìa Si- cola » crediamo ora utile argomento dirne alcun che, e farlo per mezzo nostro noto al pubblico. In questo manuscritlo adunque vi hanno molte notizie che for- mano direi quasi un manuale di Ornitologìa sicola , diretto appunto all'istruzione della gioventù. Precede a queste notizie un introduzione. In essa l'autore annuncia che il naturalista deve volgere pria di ogni altro la sua attenzione agli oggetti naturali patri , e che siffattamente operando gli uomini dotti dei diversi paesi hanno somministrato i più interes- santi materiali per la compilazione di opere , che hanno abbracciato poi una gran parte o tutti gli og- getti della Natura. Ed egli è certo, che ninno meglio di chi abita in un paese potrebbe conoscere e studiare e illustrare gli oggetti che lo circondano. Tocca dello stato delle scienze naturali fra noi , del bisogno di opere che ai nomi scientifici latini, quelli aggiunges- sero maisempre , che sono vernacoli ; e del bisogno ancora che si fissasse una volta un metodo da seguire immutabilmente nel classificare e determinare, e no- minare le specie. Dice quindi di talune ragioni per 7^ le quali egli era stato indotto a studiare a preferenza la Zoologia della Sicilia, e con più specialtà l'Orni- tologia; novera frattanto le difficoltà che si presentano per tale studio, per le spese bisognevoli allo acquisto degli uccelli della Sicilia e pel bisogno di confrontarli fra loro o con quelli di fuori, mancandosi fra noi di musei ; per la natura istessa di questi animali la di cui pennatura varia sovente nelle diverse epoche della loro vita, e nei vari luoghi dove abitano, sì che molte specie di uccelli si sono fatti di una sola e medesima specie, non che ancora pel difetto di libri delle no- stre Biblioteche di cui un particolare non può le più volle fare acquisto ; e conclude infine modestamente domandando al lettore compatimento alle sue fatiche in questo ramo della Zoologia. Sieguono all' introdu- zione talune notizie preliminari intorno all'Ornitologia in generale. Vi si definisce l'uccello, e vi si ragiona delle sue parti, della pennatura, della muta, e di di- versi metodi di classificazione. Comincia indi la de- scrizione dei nostri uccelli, seguendo la classificazione del Linneo non che qualche cosa ancora della classi- ficazione del Themmiuk e del Savi famosi ornitologi dall'autore conosciuti. Più di 200 specie vi si descri- vono quasi tutte osservate da lui, tra le quali qual- cuna forse nuova, almeno pei libri dall'autore potuti riscontrare. Che egli ebbe poi conosciuto delle specie di uccelli pria degli altri ornitologi, rilevasi da ciò, che avendo nel 1818 ritrovato nei monti Nebrodi sotto Grattcri, e la prima volta come nuovo conosciuto e descritto lo Sturnus ujiicolor{\), nel 1819 fu questo poscia descritto e pubblicato dal cavaliere di Mar- ci) Trovasi questo Storneo sfupcmlamentc figurato nel fase. aS. della Iconogralia della Fauna Italica di Luciano Uuonajìaitc. 77 mora, ed inserito dal Themminlc nel soo manuale. Intorno a questo uccello il nostro autore osserva frat- tanto contro l'opinione del Marraora, che indigeno e non emigratorio della Sardegna lo crede, essere invece emigratorio (i). Altre osservazioni non scevre d'inte- resse si trovano ancora sopra uccelli da altri descrit- ti , e dall'autore osservali. Avea il Palazzotto per lo innanzi descritti ed il- lustrati con osservazioni questi stessi uccelli, ma di- sposti ad ordine alfabetico , ond' è che questo lavoro trovasi pure inserito in quel manuscrittoj anzi è da avvertire che trovandosi in questo talune notizie o osservazioni che in quello anzidetto non sono bisogna leggere invero nell'uno e nell'altro. Finalmente oltre ad altre notizie zoologiche e riguardanti altri oggetti di storia naturale si trova ancora in queslo manoscritto una comparazione tra il nostro palmo siciliano ed il braccio fiorentino usato dal Savi per le dimensioni degli uccelli. E questa la fatica ornitologica che si contiene spe- cialmente nel manuscritto del Palazzotto, Qual laude sarebbe a lui tornata, se egli meno circospetto e dirò ancora meno timido l'avesse pubblicato! A nostro av- viso l'autore avendo durato il più della fatica sugli uccelli della Siciha , nuli' altro avrebbe dovuto fare che fornirla di qualche miglioramento, che di leggieri vi avrebbe potuto portare, e senza esitazione pubbli- carla , aggiungendo in fine 1' elenco delle opere , che egli avea potuto riscontrare. Così la sua opera, se di inesattezze e di errori (che di queste non manca ninna opera dello ingegno umano) non sarebbe mancata, in- (i) Luciano Buonapartc annuncia che questo uccello sia ancora indigeno della Sicilia. II Palazzotto è certo che noi sia, che anzi emigri di raro in quest' isola. 7» colpabili tuttavia il maggior numero al non avere po- tuto riscontrare una gran parte di libri ornitologici, pure avrebbe fatto costare allo straniero di essersi coltivata con onore in questo secolo dai Siciliani la Ornitologia, ne quello potrebbe oggi menar vanto di essere il primo a pubblicare un' opera di tal sorta. Eterna querela che si leverà sempre dalla Sicilia per difetto di mezzi! Bne Andrea Bìvona. Osservazioni di carie alla, clavicola. Ne' pubblici stabilimenti , o nel privato esercizio di una scienza od arte liberale qualunque si producono spesso degli avvenimenti che messi a notizia di tutti riescono d'ordinario proficui agli uomini ed alle cose. Uno di essi è quello infatti non ha guari accaduto neir ospedale civico di Palermo : caso istruttivo pe' giovani e per i provetti in chirurgia: caso che inte- ressa la gloria di quello asilo di pietà nella riputa- zione de' medici che vi stanno, e che altra volta, non Imparati prima gli abusi, potrebbesi forse riprodurre a nocumento della umanità oppressa da terribili malattie. E questo fatto io qui vengo narrando e per modo, che la storia di esso, corredata di convenevoli rifles- sioni, sia ad argomento di amore verso l'insegnamento clinico e gli infermi tenuta, non che a decoro di molti rispettabili Professori i quali a petto delle non poche ed architettate altrui contraddizioni serbarono in que- sto emergente quella dignità di carattere che solo è propria di dotti medici e onesti. Ed imitando il di loro esempio, io che da ora cerco rendermi ligio alla prudenza, tenterò nel mio scritto mirare più alle cose ,. • ■ 1 , .79 che agli uomini, con la certezza che questi o souosi del portamento loro diggià pentiti, o leggendo le mie carte appareranno ad essere quindi innanzi e più mo- derati ne' lor giudizi, e più saggi nella condotta loro e più circospetti , e che a preferenza si guarderanno dal turbare in appresso l'istituto clinico di cui l' ob- bietto si è quello di soccorrere in tutti i modi l'uma- nità inferita, d'istruire i giovani e di far progredire la scienza. STORIA DEL MALE Contava il decimoquarto anno della sua vita An- tonino Calaci da Salemi , villico, di temperamento linfatico e di costituzione organica troppo debole , quando a 20 gennaio del 1840 presentossi nel detto spedale civico di Palermo per esser curato da male esterno sulla parte de'sfra del di lui petto. Coricato al num. 6 della clinica chirurgica, la do- mani dal professore Giovanni Salemi (i), fu affidato allo alunno Antonino Mattina , sulle cui dimanda fece il giovinetto osservare di non esser mai stato preda di alcun male; sol che avendo egli pel di lui mestiere di trasportare acqua gravale frequentemente le spalle di oggetti pesanti, in luglio iSSg vide sor- gere dalla di lui clavicola destra in vicinanza all'e- stremità sternale un tumoretto appena dolente , che grado a grado si rese del volume di una noce ed ofFrì ulcerata la pelle a' dintorni. Le di lui sofferenze si fecer d'allora e più manifeste e sensibili, la difTor- (i) Nella organizzazione di questa clinica è stato dal Governo ordinato che 1 due Professori di essa Giovanni Gorgone c Giovanni Salemi divi- dcsser fra loro a semestre l' assistenza agli infermi e T iusegnameuto agli allievi. 8o mità de' luoglii fu chiara e per queslo egli appunto implorava i soccorsi dell'arte. Costituzione dell' ammalato — Aspetto generale del corpo debole e malnutrito , pelle bianca e lenti- uosa, capelli biondi, fisonomia avvenente , ghiandole linfatiche e a preferenza quelle del collo quasi appena ingorgate: predominava insomma il temperamento lin- fatico, e la scrofole era la malattia abituale del Ca- laci. Sintomi — Il tumore summentovato era duro do- lente al tatto con pelle sana al di sopra, ma esulce- rata, per come si disse, ai dintorni, e sopra tutto nel lato esterno. Eran visibili cinque o più seni fistolosi in mezzo alle ulceri pe' quali usciva gran copia d'icore fetido liquido e che tingea di nero gli apparecchi. Lo specillo per tali seni facevasi strada fin alla sostanza dell'osso, la quale era già spugnosa rarefatta e cariata. Diagnosi — Carie per vizio scrofoloso con interesse del corpo della clavicola e della di lei estremità sternale destra. Cause — Fralle predisponenti era da noverarsi primissima la costituzione scrofolosa dell'individuo, ed alle occasionali perleneva l'azione de' corpi pesanti su la spalla , i quali a poco per volta contusero il periostio della clavicola. Pronostico — Incerto l'esito del male; poiché trat- tandosi di carie dell' estremità delle ossa lunghe , e moltoppiìi se estesa, essa non curasi se non coli am- putazione della parte alterata. E dovendo per siffatte ragioni praticarsi nel Calaci la resezione della clavi- cola , la incertezza dell' esito pendeva in tutto dalle complicazioni che avrebber potuto seguire l'operazione in riguardo agli attacchi ed ai rapporti dell'osso mor- boso. 8i Cura — Nella terapèa di questa carie bisognava tenersi presenti e lo stato generale dell'individuo e quello ancora del luogo affetto. Mezzi medicinali e mezzi chirurgici doveano in conseguenza assolvere l'in- dicazione , e tra primi si die posto all'iodio da som- ministrarsi internamente in forma liquida (Acqua jo- durata di Lugol), esternamente dappoi misto alla potassa in pomata; e tra secondi, abbattuta o vinta la condizione patologica della scrofole, si allogò la re- sezione della clavicola. Per estinguere intanto la lieve infiammazione locale si applicarono in tre giorni susse- cutivi vari cataplasmi emollienti di malva e lattuga. A 26 gennaio^ 7° di cura — Infiammazione to- pica scomparsa •— Si medicarono le ulcerette con po- mata di protojoduro di mercurio , e la cura interna proseguì come sopra. Dal ay al 3i g-ew2<3io— Nulla di nuovo — Me- todo curativo come sopra. A 1° febbraio j i3° di cura (i) — Aspetto del tu- more e delle piaghe e stato di salute dell'infermo co- me per lo innanzi. Il prof. Gorgone , esplorati con lo specillo i seni fistolosi, ben si avvide della carie dell'osso ed accon- sentì al metodo curativo indicato dal di lui collega prof. Salemi. ■Dal 2 al 6 detto mese — Dolore alla gola e feb- bre— Gargarismi d'acqua d'orzo con latte sostituiti alle sospese pomata d'iodio ed acqua di Lugol. Ad 8.) 20° di f7Mra — Nessuna evacuazione e sin- tomi come sopra — Sì ordinò un purgante oleoso e si ottennero sufficienti evacuazioni. (1) Comincia il semestre del prof. Gorgone. 83 A g detto — Sintomi più ammansiti. — Si fece alto da qualunque rimedio e si proseguirono i gar- garismi come prima. A 10, detto — Scomparvero il dolore alla gola e la febbre , la piaga come sopra e le rimanenti fun- zioni degli organi come nello stato sano — Si ritornò alla sospesa medicatura dell'iodio. Dal giorno 11 al q3 febbraio — Nulla di nuovo; anzi continuando Tistesso metodo curativo , la salute del Calaci divenne in generale migliore , tranne le ulceri allato al tumore, che insensibilmente più estese tramandarono maggior copia di pus icoroso. A 24 febbraio, 26° di cura — Lingua coperta di palina biancastra secchezza di bocca e poca sete — Si amministrarono limonee cremorate per le quali re- starono corretti ed evacuati de' materiali biliosi. Dal 25 febbraio al 7 marzo — Nulla di nuovo, e la salute dell' infermo sotto il metodo esterno ed interno dell'iodio gradatamente si avanza verso lo stato normale. Ad 8 marzo., 4S° di cura — Piaga come sopra , lingua altra volta coperta d'intonaco bianco-bigio' con mancanza di evacuazioni alvine — Si sospese l' iodio e si prescrisse la solita limonea cremorata, che die gli eguali risullamenti. Dal g agli 1 1 marzo — Continuazione dell' iodio col miglioramento sensibile della economia del ra- gazzo. Erasi egli d'alquanto impinguato, il brio la gaiezza ed il colorito erano già riapparsi nel di lui volto, l'appetito ben pronunziato, la digestione degli alimenti pur sana; ma le ulceri in prossimità del tu- more somministravano ancor più abbondevole l'icore sanioso predetto. Fu questo il giorno in cui per iu- 83 vito del prof. Gorgone fra loro vennero a consulta il Direttore medico, i due Professori di clinica e tulli i chirurghi maggiori dello stabilimento per deliberare sulla indicata resezione della clavicola. Il prof. Gorgone, dato il rapporto della malattia e della posizione dell' individuo , fece rilevare i buoni efiètli delie preparazioni d'iodio e come il male, at- tesa la quasi ripristinata salute del Calaci^ erasi in lui diggià localizzato; ebbe, quindi a far dinotare la somma difficoltà in cui era- l'osso cariato a venir fuori da se , e come stato sarebbe pericoloso lo attendere questo effetto dalla natura, la quale nel tempo a ciò bisognevole avrebbe anzi dato maggior catnpo alla carie, e questa sarebbesi vieppiù dilatata a danno delle parti convicine e degli organi sottostanti. Perciò cou- chiuse di assicurarsi della eslenzioue e profondità della carie denudando la clavicola ed occorrendo passarsi alla di costei resezione. Il dott. Socrate Polara si oppose al pensamento del Gorgone e sostenne, che la natura soccorsa dal- l' azione de' caustici e de' dilatanti poteva espellere r osso , da lui supposto necrosato e non cariato co- m'era. Anzi egli volle, che rispetfer si dovesse quella morbosa località qual emuntorio per cui la economia dell'infermo si liberava de' principi nocivi, e mille ma- lanni al contrario si doveano temere dalla resezione proposta. Opinò in conseguenza di dilatarsi colla spu- gna preparata gli orifizi de' seni fistolosi, e di agire sulla clavicola co' caustici per la di lei esfoliazioue. Ma dal Gorgone si fece al sig. Polara conoscere, che la natura nella carie dell' estremità delle ossa lunghe , e raoltoppiù se profonda come nel caso no- stro, è per se ordinariamente inabile a tanto oiretto. 84 I caustici poi suscitando un jfrocesso irritativo e di flogosi ne' luoghi morbosi , può questa irritazione o questa flogòsi non senza pericolo propagarsi alle parti circostanti. E che se mai sanzionar si volesse in chi- rurgia operatoria la massima òeWemuntorio preannun- ziata, in tal caso o dovrebbe il tutto lasciarsi in balìa della natura e su questo particolare rimanersi stazio- naria la scienza, o viceversa non saprebbesi più gua- rire una esulcerazione qualunque senza cimentare per altra banda la salute degli uomini ; laddove in fatto milioni di ulceri di varia specie e natura sonosi da' chirurghi di tutto il mondo guarite, e i pretesi acci- denti non han tuttavia avuto luogo. Ne per le fondate riflessioni del Gorgone gli altri chirurghi consulenti potevano plaudire alla sentenza del PoLARA , e noi fecero, tranne il doti. Giovanni La-Cova , il quale per solo e non ben provato so- spetto che la prima costa partecipasse anch' essa alla carie della clavicola, piegava l'animo in contro a la resezione. Questa però fu dal maggior numero stabilita , e sopra tutto se messa a nudo la clavi- cola sarebbesi rinvenuta profondamente cariata e di- strutta. Ed avvenne che il giorno i5 marzo, quando appa- recchiata trovavasi ogni cosa per la operazione , dai signori chirurghi nuovamente autorizzata in una seconda consultazione tenuta la mattina istessa, il ragazzo ma- nifestò espressamente la sua nolontà perchè diceva di trovarsi indisposto^ chiese in grazia altro giorno per sottoporvisi volentieri (i) , e non potè farsi a meno di secondarlo in questo suo desiderio. (i) SI ebbero in seguito sicure notizie che l'infcriuo fu persuaso da ai- uni lUantropi a trovare delle scuse o prelesti cade non lasciarsi in quel *^iorno operare. 85 La domani, i6 marzo , lo si trovò sopraffatto da gastricismo, con bocca amara e lingua impaniata; per cui volle prudenza che si posponesse la operazione , e che in vece gli si porgesse il solito purgante oleoso. A 'ìj marzo^ Sy" di cura — Poche evacuazioni e lingua impaniata come nel giorno 16 — Limonea ere- mora la. A 18 77zarzo — Nessuna evacuazione, lingua come sopra — L'istessa limonea cremorata. A ig marzo, 5g° di cura — Largo scioglimento di ventre e calma perfetta dell'individuo. In questo giorno i Deputati dello spedale , signori principe di Pantellaria e marchese Sangiorgio , a parte delle ottime lor qualità personali anche assai rispettabili per lo zelo da essi spiegato a vantaggio degli infermi, per- chè da qualche filantropo pregati a non lasciar pra- ticare una operazione creduta inutile e pericolosa, vol- lero agire con prudenza ed accuratezza, e quindi con- vocarono sul momento i medici ed i chirurghi di prima di seconda e di terza classe per meglio e difll- nitivamente pronunziarsi su la quistione. Cosi fu che in una gran sala appositamente disposta si vide per la prima volta dignitosamente assembrala l'intera facoltà medico-chirurgica dello spedale presie- duta da' Deputati coU'assistenza del medico Direttore, e coir intervento di numerosi allievi in medicina e chirurgia e di non pochi altri uditori. Il prof. Gorgone, epilogala la storia del male, mise innanzi i fenomeni da' quali chiara emergeva la carie e non la necrosi della clavicola: malattia di cui rilevò bene in compendio la differenza e notò , che il mi- glioramento nella salute del ragazzo promettea felice lo eflello dell' operazione. Dimostrò poi che natura 86 cacciar eia se non potea l'osso infermo e perchè pro- fondissima ed estesa ne era la carie, e perchè tuttavia forti e robusti serbavansi i ligaraenti che tengono in silo queir osso. Del pari notò , che abbandonando a se il male, o temporeggiando, poteva la carie intac- care le ossa vicine , il pus penetrare il torace e de- starvi la pneumonile, la continuata infiammazione lo- cale diffondersi agli organi laterali, ed allora non es- sendo più il caso di operare, la morte dell'individuo aver luogo. Mostrò infine pericolosissima 1' azione de' caustici, i quali diflScilmenfe poteano distrurre la totale circonferenza dell'osso ed i suoi ligamenti senza irritare e corrodere i vasi e nervi sottoclavicolari , e senzachè questa irritazione al cuore s' irradiasse o ai polmoni ed a morte traesse l'infermo colla cardite o colla pneumonite. Dietro le quali osservazioni con- chiuse di doversi necessariamente resecare l' osso ca- riato: operazione da' chirurghi stranieri più volle, ed in casi più gravi del nostro con felice successo pra- ticata. I dottori Fruiti, Romano , Caruso , Gallo (Giu- seppe), Lazzaretto, Portal, La-Cova, Lo-Cascio e Monaco, La-Loggia, Caraffa, Gulizia ed altri so- stennero lo avviso del Gorgone cioè, di denudarsi la clavicola colla incisione de' tegumenti e trovandola molto cariata, subito resecarla. Anzi fra essi il dott. Gallo con avvedutezza clinica rilevò , che la sanie della località facendosi via nell'interno del petto quan- doraai non si tagliasse la clavicola poteva dar nasci- mento alla tisi tubercolare, che egli nella sua pratica e nelle scrofolose constituzioni avea sempre vista svi- lupparsi all'epoca della pubertà. Il Fruiti soggiunse che lascialo l'individuo a sè stesso la di lui morte era 07 itievltabile, ed in tal caso anche nella ipotesi che gli effetti della operazione non corrispondessero ai desi- deri dell'operatore, conveniva sempre rischiare contro un dato certo un dato eminentemente probabile. Il Caruso osservò che la operazione non era poi tanto difficile per quanto asserivasi, e che in Italia era slata fra gli altri anche felicemente eseguita dal dott. Cit- tadini da Arezzo. Il prof. Salemi provò ad evidenza esser l'osso in gran parte cariato e quindi si uniformò allo avviso de' primi. Il dott. Manzella (Carmelo) dal perchè l'infermo era scrofoloso e dallo avere notato nella sua pratica che pezzi di tibia o di altro osso lungo cariali si e- rano naturalmente staccati, fu contrario alla operazione e conchiuse , che l' individuo abbandonar si doveva alle cure della natura. II dott. PoLARA , fermo tuttavia nel non doversi operare , alle ragioni da lui come sopra addotte ag- giunse: che la migliorata condizione sanitaria dell'in- dividuo indicava l'impegno' in cui era la natura di liberarlo della località^ ovvero deWosso ammalato. Egli infalli supponea limitata la necrosi, gli parca ve- der l'osso avanzarsi al di fuori , aprirsi la pelle per dargli facile uscita, e vedea pur di un pollice ristrette l'esulcerazioni; il che per vero smentiva l'osservazione di quasi due mesi ne' quali da tutti fur visti sempre e mano mano dilatate queste ulcerazioni, i seni fisto- losi accresciuti e semprepiù copiosa la suppurazione. Disse inoltre che naturalmente staccandosi l'osso a spese del periostio , da lui supposto sano , rinascer poteva ou osso novello che avrebbe conservati i movimenti del braccio. Pronunziò egualmente esser precetto del- 88 l'arte il non privarsi un uomo di un membro qua- lunque del di lui corpo se non quando il male o ca- gionasse gravi conseguenze, o minacciasse morte immi- nente; il che non avveravasi nel Calaci^ che avrebbe egli con sicurezza guarito se alle di lui cure esclusive affidavasi. Il Gorgone oppugnando di nuovo le nuove osser- vazioni del PoLARA. gli fece ben rilevare, che la ca- rie di cui si favella era appunto venula dalla man- canza del periostio , e quindi lo rigeneramento del- l'osso non poteva affatto aver luogo a spese del periostio distrutto. Ne tampoco avvenir poteva a spese de la membranella midollare della clavicola; poiché essa e impercettibile ed occupa il di costei corpo; laddove, la carie nel caso nostro avendo particolarmente a sede restremità sternale della clavicola era di ostacolo alle brame del sig. Polara ; poiché per avviso uniforme di tutti i pratici è costante nel fatto che 1' estremità delle ossa lunghe travagliate dalla carie non si pos- sono quasi mai rigenerare, secondo meglio è provato dall'esperienze luminose del Troja. Soggiunse dappoi che la quasi riacquistata salute dell' infermo era una circostanza favorevole alla operazione ; slanlechè per potersi Operare in chirurgia non bisogna aspettare che il male arrivi al massimo del pericolo : allora mancherà l'opportunità o Voccasio praeceps tanto com- mendata da' maestri nell'arte, e l'indugio tornerà sem- pre a danno dell' individuo. Provò infine che i dila- tanti ed i caustici erano nel caso nocivi più di quanto supporre poteasi pericolosa l'operazione. Il prof. Algeri-Fogliani osservò che non il tem- peramento linfatico dell'individuo controindicava l'ope- razione, ma piuttosto avrebbela complicata la discrasia ^.9 scrofolosa , ove mai fosse nel Calaci realmente esi- stita. Ma dal vedersi che questi era ben nutrito, che le ghiandole ed il sistema linfatico non offrivano in- gorgo alcuno e che si era all' epoca della pubertà iti cui la macchina acquista energia tutta propria e quasi forza novella, argomenti chiari si aveano della bene indicala e forse meglio riuscibile operazione. Pari al Gorgone non ^apì come mai potesse formarsi nuovo tessuto osseo mancante il periostio , esalante il fo- sfato calcico che ne è la base essenziale. Ed intorno alle pretese deformità ed allo storpio che per tale operazione rimaner potevano all' ammalato , riprovò egli con forza siffatto avviso, e notò che i chirurghi nel conservare la vita degli uomini non hanno riguardo alla simmetria delle di costoro membra ne al numero; che migliaja di infermi si ciano congedati dallo sta- bilimento in buona salute , ma privi di una o più parti del corpo loro; e che il Calaci per essere dal suo male dannato a morte sicura, ove mai dalla re- sezione della clavicola non solo, ma occorrendo anco dalla perdita di più membra guadagnasse la vita e si vedesse per le pubbliche vie quasi mezz' uomo cam- minare , dovea ciò stesso ripetere a sua buona ven- tura, e benedir sempre dovea quella mano che avealo saputo operare. Couchiuse perciò che si passasse su- bito alla resezione proposta; poiché l'indugiare potea riuscire di detrimento all'infermo. Ciò non dimanco il Polara riprese fiato per dire che in casi simili di carie alla clavicola avendo egli nella sua pratica guarito il male colla esfoliazione di vari pezzetti di osso , giusta la testimonianza del giovine dello spedale ScaNAinERBAUR , non polca per conse- guenle recedere dalla sua particolare opinione e quindi conchiuse eli doversi nel caso nostro agire co* caustici per ottenere una tale esfoliazione e dopo di essersi colla spugna dilatati gli orifizi de' seni fistolosi. Ma il dott. Giambattista Gallo inteso a discutere per ogni verso lo affare, con tutta la possibile avve- dutezza ai dottori Manzella e Polara ampiamente rispose , che doveasi più temere delle attuali piaghe scrofolose con carie dell' osso anziché della ferita ri- sultante dalla operazione quandanche vestisse ella il carattere di un'ulcera scrofolosa; poiché allora poteasi questa domare co' mezzi sugeriti dall' arte ; che i movimenti del braccio, perduta la clavicola, poteansl in parte riparare con quella macchina di cui servissi Valentino Mott in egual circostanza; che su' fatti del Polara conveniva riflettere alla diversità de' casi, es- sendo tuttaltro lo aver che fare con punti necrosati della clavicola che colla carie di quasi metta di essa, come nel caso in esame. Per non poche altre ragioni di anatomia descrittiva e di patologia fisiologica provò che la carie avea già inlaccato il tessuto spugnoso dell'osso; che per conseguenza era impossibile la di costui rigenerazione; che tagliati i comuni tegumenti sarebbesi rinvenuta sanissima la lamina esterna ossia il tessuto compatto della clavicola, e ciò non per tanto attesa la profondità della carie nel di lei interno ov- vero nel tessuto spugnoso era d'uopo venirsi tosto alla resezione, senza della quale doveva il Calaci infalli- bilmente morire. Dopo dell'anzidetto il Direttore medico sig. Longo fé' rilevare alla deputazione che tra diciotlo professori consulenti quindici si erano pronunziati per la rese- zione della clavicola, e soli tre (i due Manzella e Polara) sosteneano viceversa la contraria opinione. 91 I Deputati ciò inteso decìsero clie il prof. Gorgone operasse l'infermo come e quando meglio credesse o- perarlo. Non era intanto prudenza di venire a quell'atto ne' giorni sussecutivi al congresso ne' quali regnava un intenso freddo-umido atmosferico. Fu quindi sano con- siglio far proseguire al Calaci l'usato metodo cura- tivo, ed attendere un bel giorno e sereno per com- piersi i voti della facoltà medico-chirurgica dello spe- dale. L'ammalato di fatto dal ig al 27 marzo continuò la cura esterna ed interna delfiodio. Nel giorno 28 presentò la lingua coperta d'intonaco bianco-grigio, la solita costipazione di ventre e qual- che fenomeno di elmintiasi. Gli si amministrarono tre acini di cloruro mercurioso in due dramme di giu- lebbe di fior di pesco, e gli si continuò questo me- todo per quattro giorni, alla fine de' quali, apertosi l'intestino moderatamente, era il tutto ritornato alla condizione primiera. In questo frattempo io non saprei in quanti modi diversi s'inspirasse al ragazzo tutto 1' orrore di una operazione che potea sola liberarlo da' patimenti che egli sofFria e dalla morte. Si arrivò fin a scrivere non so che cosa al di lui padre in Salerai , il quale si portò frettoloso a Palermo, ove giunto chiese a viva istanza il figliuolo dal prof, di clinica sig. Gorgone e dai Deputati, e non potendo essi forzosamente trat- tenerlo nell'ospedale, a quattro aprile volentieri gliel consegnarono nello stato della miglior salute in cui era. Dopo giorni si conobbe che il Calcici era riraaso affidato alla cura del sig. Polaua, il quale lo albergò 9^ . . in di lui casa : segno evidente della sua persuasione a poterlo guarire da quella morbosità col metodo che propose nel gran congresso. Ned altra fu con effetto la medicatura del Polara se non quella di dilatare a viva forza le aperture fi- stolose con istuelli imbevuti chi sa in quali liquidi caustici, secondo aveva egli annunziato. In cotal guisa, forse per la erosione prodotta dal caustico, gli venne il destro di ottenere la dilatazione delle aperture cui tanee e di veder ingranditi i forami dell'osso. Auz- dopo giorni egli asseriva di aver ottenuto un pezzo di osso clie quasi a segno di vicina vittoria menò in trionfo per la città ; e di questo avvenimento molto parlarono i laici contro la facoltà medica dello spe- dale; taluni medici giovinastri e qualche vecchio chi- rurgo senza precedente e matura disamina della cosa, predicarono anch'essi già uscita la necrosata e non cariala clavicola , e si fece supporre che l'individuo era prossimo al suo primiero stalo di salute perchè già cominciata la rigenerazione dell'osso. Bello era non- pertanto il vedere la maggior parte degli alunni della clinica chirurgica non prestar fede a tai delti , e i Professori istruiti attendere in calma i risultamenli del metodo empirico, certo disfavorevoli alle pretenzioni del dolt. Polara. Si avevano con effetto notizie si- cure della già verificata macilenza dell'infermo, dei tremendi patimenti che egli provava in ogni medica- tura e della svilup|)alasi infiammazione nelle parti collaterali. Così fu che verso la fine di aprile, e giu- sto quando Polara il credeva guarito, più di un al- lievo della clinica fu abilitato a visitarlo , e tulli di concerto osservarono una tal quale dispnea che sensi- bilmente lo molestava. 9^ A due maggio perfine, e mentre ancora il cbirurgo curante facea nel pubblico circolare alle voci di gua- rigione perfetta, il povero giovine miseramente moriva senza gli ultimi ajuti di nostra religione, ed il cada- vere di lui era di soppiatto portato alla sepoltura de' PP. cappuccini fuori le mura della città. Assicuratisi del fatto gli alunni di chirurgia , per loro istruzione fecero istanza al Gorgone dell'autopsia del cadavere , ed ei conoscendo che da questo caso avrebbero essi ottenuti grandissima istruzione e van- taggi positivi a conforto della umanità inferma e della scienza, ne chiese il permesso al sig. Prefetto di po- lizia, il quale sugli esempi eguali de' suoi predeces- sori, con ammirevole filantropia si benignò accordarlo facendovi intervenire un Ispettore di polizia. S'invita- rono allora i componenti la facoltà medica dello spe- dale per esser presenti alla sezione del cadavere ; e la domani tre maggio invece di andarvi egli il Polara, vi mandò colla propria carrozza tre de' suoi allievi, i dottori Francesco Lo-Cascio , Francesco Calcara. e Giuseppe Schifani, dimodoché, trentadue ore dopo la morte del Calaci e sotto agli occhi de' professori Giovanni Salemi e Gaetano Algeri-Fogliani , dei dott. Giovanni Misco e di tutti gli allievi della cli- nica, non che dell'Ispettore di polizia sig. Giovanni Arìni, il prof. Gorgone pregò il dott. Giambattista Gallo settore e professore sostituto alla scuola di anatomia nella r. Università degli studi di Palermo a voler sezionare quel cadavere, ed ei gentilmente vi si prestò, ed i risultamenti dell'autopsia furon questi; 94 AUTOPSIA Jbito esterno del corpo — Macchie livide sul to- race, sull'addome e suU'estreDiità inferiori. Tre aper- ture chiuse da tasta di filaccica sulla regione della clavicola destra , una cioè alla parie interna in vici- nanza dello sterno , le altre due alla parte esterna cori-ispondenli quasi al mezzo del corpo della clavi- cola, oltre di una esulcerazione cutanea da quasi due pollici esistente al di sopra della clavicola verso la scapola, ed un'altra picciolissima al di sotto di que- st'osso. Tagliati i comuni tegumenti clic sovrastavano alia clavicola, e questa scoverta, si osservò la di lei stremità sternale ingrossata non poco e cariata con ulcerazione nella di lei sostanza : carie che attraver- sava da dentro in fuori il tessuto spugnoso dell'osso e sì, che comodamente vi penetrava il manico di un coltello che passava per amentlue le aperture. L'ar- teria sottoclavicolaie sinistra e le vene giugulari di questo lato offriron tracce lievissime di flogòsi. Torace — Aperta la cavità del petto si trovò che il polmone sinistro aderiva alle coste con la sua faccia esterna ed al pericardio con quella interna. Erano mezzo di adesione una linfa plastica e pseudo-mem- brane, le quali facilmente si ruppero e si staccarono col manico del coltello perchè recenti. Ambo i pol- moni ofFriron tracce di validissima flogosi- e più del destro il sinistro. Nella cavità sinistra del torace si osservò inoltre una certa quantità di siero purulento. Addome — Le viscera addominali nello stato nor- male. Il pezzo patologico fu trasportato alla Università degli studi, ove esiste nel gabinetto. La mattina del . 95 quattro maggio se ne fece dimostrazione a tulli gli allievi di medicina e chirurgia: intervennero, perchè nuovamente invitali, il maggior numero de' componenti la facoltà medica del sudetto spedale, il Deputato so- prainteudente sig. principe di Pantellaria, vari pro- fessori rispettabili della città , fra i quali i signori Maccadino , Barbacci , Casorio , Martorana , Can- nata, GuLLi, La-Manna ed altri (i). RIFLESSIONI Dal caso narrato emergono delle riflessioni utili alla umanità, perchè validate da' precetti dell'arte riescon giovevoli a chi si consagra allo studio della chi- rurgia. Si conviene oggidì da' Patologi che avvi differenza positiva tra i caratteri della necrosi e quei della ca- rie. La prima infatti non è altro che la gangrena dell'osso, e la seconda nella suppurazione consiste e uella ulcerazione dell'osso istesso. Or di carie e non di necrosi era malmenato Calaci; e questo arguìvasi dall'osservare che uno stiletto metallico immesso nelle aperture fistolose attraverso le carni livide e fungose, le quali aderivano all'osso infermo e davano un sup- purato sanioso specificamente fetido, penetrava tantosto la sostanza spugnosa della clavicola destando nella mano dell'osservatore la sensazione di molte fratture picciolissime come prodotte dalla sommità dello sti- letto che attraversava la sostanza ossea della estremità sternale ed iva fin quasi al mezzo del corpo clavico- (i) I,a suddetta storia della malattia del Calaci fu raccolta dallo allievo della clinica Antonino Mattina da Partinico. 96 lare, ov'era un'altra apertura. Se trattato si fosse della necrosi dovea la superficie dell'osso presentarsi pallida e nera, indi scabra: battuta con lo stiletto rendere un suono matto e dare la sensazione di una straordinaria mobilità; il che non può dirsi d'alcuno che siasi ve- ramente osservato nel Calaci quand'era infermo. Que- sta necrosi vedea bensì fra tutti il Polaha. cui sem- brava che la -clavicola fosse pronta a rinnovellarsi e venir fuori tramescolata col pus. Ma l'autopsia del cadavere smentì del tutto questa supposizione: il tes- suto spugnoso della estremità sternale era fin al corpo della clavicola profondamente distrutto dalla carie; il tessuto compatto di color naturale e durissimo. Perciò giusta ed esatta fu la diagnosi del Prof, di clinica, e ben si appose la facoltà nello aver confermata la sentenza che la carie dell' osso ammetteva e non la necrosi. Che se carie esistita fosse , non potea per aleuti patto sperarsi la formazione dell'osso nuovo. Furono quindi opportunamente dal Gorgone invocate l'espe- rienze del Troja, dalle quali rilevasi che nella carie dell'estremità delle ossa lunghe mancando il periostio manca pure direttamente di base questa rigenerazione ossea. E nel caso nostro d' altronde i ligamenti per cui la clavicola si unisce alle parti convicine erano assai resistenti ed impedivano all'osso di farsi avanti colle marce, e di esser fuori estratto colle pinzette. L'autopsia cadaverica confermando la prima asserzione giustificò poi la seconda nella robustezza di quei li- gamenti che erano forte attaccati alle ossa vicine, ed indizio non apparve della tanto strombazzata rigene- razione dell'osso (i). (i) Vari curiosi ai quali il sig. Polaba avea faUo vedere come estratto un pezzo di clavicola lungo quasi due pollici e coverto di tessuto com- 97 E così stando le cose, in qual modo polca sponta- neamente e senza ajuto dell'arte guarire la carie della quale è parola ? Se la morte non signoreggiava tut- tavia la citremità sternale della clavicola , la carie istessa non erasi in conseguenza potuta circoscrivere, e tornava quindi impossibile che Tosso vecchio fosse dal nuovo rimpiazzato. Ne tanto bene sperar si do- veva da' caustici. Iraperochè dessi agiscono e su tutta la parte ammalata, ed anche al di là di essa, su' luoghi sani , mortificando la porzione circostante all' osso morboso. Dunque inducono la necrosi. Ma questa non può al più giovare se non nelle carie così delte superficiali. Nelle profonde però, e specialmente delle slremità delle ossa lunghe , non altrimenti che in quella del Calaci , essi riescono sempre , coinè tornarono in fatto nocivissimi; e Pratico giudizioso tra chirurghi antichi e fra moderni non avvi il quale ar- disca , non dico usarli , ma neauclie prescriverli di passaggio. E allora che gli organi laterali, lauto piiì rispettabili quanto pii!i eseguono funzioni interessanti aellanimale economia, non possono impunemente non partecipare ai grandi pericoli che vengon seco por- tando. L'infelice ragazzo ne provò sgraziatamente gli effetti. La dilatazione forzata de' seni fistolosi, l'otlu- lamento loro con istuelli intrisi di materiali cau- stici e corrosivi furon cagione d' infiammo locale si vivo, che, a parte dell'impedito sgorgo de' fluidi sa- niosi i quali furono riassorti, si riverberò sul paren- chima polmonale , e per la disposizione de' linfatici patto , alla notizia che Calaci era morto si recarono al ■;abinetlo delta Università per osservare da qual punto della clavicola erasi esso staccato. Ma non avendovi rinvenuto che i tre forami anzidetti, pienamente si con- vinsero quel pezzo di clavicola non appartenere affatto all'individuo di cui si ragiona. 3 ^ 9» nel petto più nella sinistra parte che nella destra di questa cavità, più in conseguenza la pleura ed il pol- mone di quel lato che l' altro violentenjente invase infiammò e suppurò. Questo timore ben fondato pre- sentirono i dotti Professori nel gran congresso, e i loro giusti sospetti si tramutarono iu una realità micidiale all'infermo. Dalle quali premesse può in chirurgia pratica di leggieri dedursi, che quel mezzo terapeutico istesso il quale è efficace in una malattia arrivata ad un certo grado ed in alcune regioni del corpo, non può all'op- posto convenire in altri di lei diversi periodi, e quando a preferenza essa occupi de' luoghi molto importanti. Questa particolare cognizione de' siti e della natura de' morbi è quella appunto che distingue il clinico saggio dall'empirico triviale e da sezzo. Sa il primo infatti ben applicare i rimedi ai differenti individui, all'epoche, alla natura ed alla sede del male; precisa con chiarezza ciò che è d' uopo seguire ciò che evi- tare; segna tìlosoflcamente nell'atto pratico quelle or- me , sulle quali si arriva alla fine preconcepita. Il secondo al contrario usa gli eguali rimedi, ma senza discernimento e sol perchè così vide fare a suo padre ed al suo maestro e così ha fatto egli stesso , non guarda con occhio clinico i mali, non sa ne può ri- levarne la differenza, non apprezza la somiglianza de- gli attuali con quelli da lui altra volta osservati , è per conchiusione inabile a regolarne con sobrietà e con avvedutezza la terapèa. Ed arrogi che inavvertita passò al dott. Polara. la non lenta flogosi de' pol- moni, vera causa della morte dell'individuo; che nes- suno studio egli pose a combatterla rigorosamente e sì che doveas» , e che malgrado quel cominciato la- 99 vono morboso dell' organo respiratorio insisteva e^ìi purtullavia nella medicatura locale di stimolo: tanto era convinto della utilità del metodo che praticava (r). Se così va, come per vero andò la bisogna: qual altro mezzo di guarigione rimaneva al Calaci che non fusse la resezione della clavicola inferma ? Eppure tante dal sig. Polara. e poche da' Manzella le si mossero incontro difficoltà ed obbiezioni , che qui è giuocoforza riepilogarle perchè i miei colleghi di stu- dio potendo forse un dì ritrovarsi in casi simili a questo , allor si guardino bene di metterne innanzi qualcuna a discapito della scienza e con grave detri- mento de' loro nomi e degli ammalati. Prima obbiezione — Semprechè una malattia (si diceva) non induca positive sofferenze aWinfermo e non minacci pel momento la di lui vita^ il chi- rurgo non è autorizzato a pris^arlo di un membro qualunque del di lui corpo. Osservò di risposta il Gorgone che la discussa ma- lattia a quell'epoca già rendeva il Calaci inetto al travaglio ; poiché se egli ad esercizi del di lui me- stiere si abbandonava , era subito preda di tutte le positive sofferenze che il Polara fino a quel periodo del male non ammetteva. La clavicola era perciò di- venula inutile, e quindi causa di tormento e di spa- (i) Il dott. PoLAi\A non potendo negare il fatto crede legitiraare la sua condotta col dire di non aver impiegati i caustici nel trattamento del di Jui infermo. Io dalla massima ostinatezza che egli palesò ne' molti con- gressi tenuti all'uopo, da ciò che disse ed oprò in pubblico ed in privato e dalle notizie che mi ebbi intorno ai rimedi da lui usati, potrei, se vo- lessi, direttamente contradirlo. Ma non sono di malafede, e sol mi piace che questo terribile avvenimento con sicurezza il convinca di non conve- nire mai più tali sostanze nelle vaste carie e nella necrosi istessa della estremità sternale della clavicola, attesa la nobiltà degli organi circosUnli. lOO smo. Col fatto adunque sì era in uoa delle circostanze dal PoLARA volute, ed altro non mancava per essere al caso di doversi secondo lui operare, se non il pre- detto pericolo imminente. Ma che un tal pericolo , comunque non imminente, era certo, non vai qui la pena ripeterlo. Imperochè anche dagli indotti piena- mente si conosce, ed in quell'autorevole congresso bea si fé' rilevare , che abbandonato il morbo alle sole forze raedicatrici della natura, la estensione della ca- rie avrebbe dato luogo agli infiltri puriforrai sotto la clavicola, lungo i vasi del collo, perfino nel petto, e la morte ne sarebbe stata l'ultima conseguenza. L'o- perazione adunque da' Professori di clinica proposta e da quindici consulenti con voto unanime approvata , conveniva per tutti i versi , e nel caso in quislione non potea differirsi fin al punto in cui la vita del- l'individuo venuta fusse agli estremi; che allora non era più tempo di operare. E '1 non essersi fatta con- tribuì grandemente alla perdita dell'infermo. Ne debbo in questo luogo lasciarmi sfuggire la opportunità di far vedere il dott. Polara contraddittorio a stJ stesso. Ei col suo metodo non altro si proponeva che strug- ger pe' caustici la clavicola morbosa, e così distrutta cavarla fuori con la pinzetta. Lo efletto di questa in- dicazione sarebbe stato per conseguente quello stesso della resezione. Come dunque poteva egli con tal me- todo conservare l'osso al Calaci e far che i di costui movimenti e non la deformità dell'arto serbati ancora si fussero nello stato lor naturale? Seconda obbiezione — Con tutta l'apparenza di una giusta filantropia si diceva che la citata resezione era mortale, od almeno pericolosissima ; e che in- 101 tanto sì voleva eseguita nello spedale giusto per farsi un esperimento come ne piii né meno si fa su i cadaveri^ e l'umanità quindi era con certezza sacrificata alla smania di voler operare ed all'idolo delle novità. Comunque per sì fatte parole io ogni dove al Prof, di clinica si gridasse la croce ed uom crudele si pro- clamasse che per bizzarria di sperimentare la sua a- bililà sul vivo non curavasi di commettere un omi- cidio, ei non dimeno seguiva imperturbato il di lui primo avviso, ed agli inesperti con franchezza e co- raggio la puerilità additava di chi in sirail guisa ardiva dire e pensare, e non solo le resezioni di clavicola, ma benanche l'estirpazione totale di quest'osso felice- mente ed in casi piìi complicati del nostro eseguite da MoTT a Now-Yorck, da Kulm in Germania, da Cittadini in Arezzo richiamava alla mente. Di che in seguito argomentava la probabilità più per l'esito favorevole della resezione che per quello infausto, ad arte in ognidove sparso e diffuso. Questa operazione adunque era non nuova in sé stessa , ma sol nuova per lo spedale civico di Palermo in cui non erano fin a quel punto avvenuti de' casi per praticarvela. Ma per ciò stesso rimembrar gli oppositori doveano, che dagh abili chirurghi nostri connazionali operazioni non mai fatte in Sicilia si erano con destrezza recale a buon porto ; ed in quello stabilimento non erasi perduta ancor la memoria della legatura delle arterie iliache, della cistotomia quadrilaterale, della genopla- slia , della cheiloplastia e della resezione della ma-- scella inferiore, come altrove in Messina e nel valle di Trapani non eran piìi nuove la legatura delle ar- terie succlavie e delle carotidi e la lilrolrisia: opera- 102 zìodì che di tanto onore colmarono i valentissimi che le impresero. Non era dunque da tanto opporsi alla resezione della clavicola, che per altro doveva eseguirsi da un profondo anatomico e da un valentissimo chi- rurgo qual'è fra noi il degno prof. Gorgone. Terza obbiezione — La clavicola non dovea resecarsi perchè sopraggiugneva lo storpio all'indi- viduo. Lo storpio temuto non era certo ma dubbio , e trattandosi di dubbi conviene sempre ne' casi estremi pari a quello che io descrivo tenersi alla parte che serba in vita gli infermi. Per altro, dato che i mo- vimenti di grande elevazione dell'omero e di circon- duzione del braccio si fossero con efièlto perduti, non bastava forse a ripararli in gran parte la macchina di MoTT, secondo fece riflettere il dott. Giambattista Gallo nel tenuto congresso? £ dovea forse per questo contraddirsi una operazione che a pie sospinto era ri- clamata dallo stato particolare dell'individuo? Quarta obbiezione — Se non altro, si dicea da taluni, il fatto del vizio scrofoloso bastava a non far porre mano al coltello, che per la operazione toglievasi qiiell' emuntorio la cui mercè la natura si liberava di principi nocivi; e non potendo cica- trizzare la ferita prodotta daWarte sarebbe rimasta per sempre una piaga scrofolosa. Futilissima diflicollà! O l'osso trattato si fosse co' caustici ed estratto colla pinzetta, o resecato, era sempre nella circostanza di non poter più mantenere aperto il gratuitamente ammesso emuntorio^ e la piaga scrofo- losa rimasta sarebbe anche nella ipolesi di costoro. io3 Se non che piaccia ad ogni buon Pratico il dinotare die l'infermo non era arrivato, per come si disse dal prof. Algeri-Fogli ANI, al punto della vera discrasìa scrofolosa, la quale in sostanza avrebbe fatto per qual- che verso piegare l'animo all'idea di costoro. Ed era pili diretto argomeuto in conferma di ciò che io dico il vedere l'infermo assai vantaggiato nella sua sanità pel metodo anliscrofoloso ben sostenuto, le ghiandole della linfa non offrirsi in alcun sito ingorgate, ne del vizio di cui si parla ravvisarsi l' esistenza in alcun organo od apparecchio , e quello di nutrizione , che avrebbe il primo dovuto risentirne l'influenza nociva, essere viceversa in ottimo stato. Bisogna dappoi far ad essi conoscere che per fatto sanzionato giornalmente dall'esperienza, i più probi e dotti chirurghi operatori non sonosi mai nelle loro operazioni lasciati imporre dal vizio scrofoloso degli individui. Eglino han dato sempre di piglio al coltello anche nelle costituzioni simili a quella del Calaci , ed i risultamenti stati sono i più favorevoli e buoni, coir avvertenza che il taglio istesso lungi di lasciare una delle pretese piaghe scrofolose, è divenuto mezzo quasi direi curativo della scrofole già localizzata. Vel- PEAu, uno de' moderni ed abili chirurghi francesi, ha in Parigi estirpati de' tumori scrofolosi al collo i quali eran causa di deformità, ed altri ne ha lasciati intatti che circondavano o sottostavano alla carotide ed al pneumo-gastrico. Egli intanto ha vista cicatrizzarsi la piaga, e per la infiammazione e pel processo suppu- rativo stabilito ne' luoghi incisi, i tumori rimasti com- piutamente si sciolsero. E nella clinica di questo chirurgo fu caso veramente degno di osservazione quello di una ragazza ad anni 1 1 della sua vita, scro- io4 foiosa per eccellenza, afiUtta da estesa carie nell'arti- colazione tibio-tarsièa sinistra die comprendea tutte le ossa del tarso, con infarcimento de' gangli linfatici sotto la mascella e con piaghe scrofolose allo sterno, alla coscia ed alla gamba dell' istesso lato , cui egli amputò questa gamba, e, quel che è più, senza farvi precedere alcun trattamento curativo per la scrofole, e pronta la cicatrizzazione del moncone si ebbe , e guariron le piaghe scrofolose indicate, ed i tumori al collo disparvero, e la costituzione dell'operata sensi- bilmente divenne migliore. Perchè mai, potrebbe taluno richiedere, tenne Vel- pEAu condotta siffatta , che potrebbe dichiararsi un po' irregolare ove si pensi che se nou prima si domi o corregga la discrasia degli umori non è lecito di passarsi alle grandi operazioni ? Giusto perchè pog- giato il chirurgo valentissimo della Senna ad altre molte e simili osservazioni, avea come precetto di chi- rurgia operatoria agli altri chirurghi tramandato, che nelle malattie scrofolose alloixhè si palesa il primo sintoma della carie, questa col tempo per la suppu- razione che di giorno in giorno fornisce deteriora la animale economia , ed alla preesislente diatesi sosti- tuisce una cachessia che dipende dalla riassorzione del pus, e che quindi ripete il morbo in vari altri organi ed apparecchi. Per la qual cosa egli vuole che in circostanze tali non si posponga di un momento l' o- perazione; ed io, rispettando i fatti e la sentenza di lui, qui soggiungo , che quandomai ad operazioni di questa natura si facesse precedere un trattamento con- tro la scrofole, non potrebbe non ricavarsi che pro- fitto maggioie da quella manovra, la quale se per se stessa guarisce i rimasugli morbosi come dalle indicale f io5 osservazioni si scorge , dal conveniente rimedio poi sostenuta ed agevolata riesce quasi mezzo infallil)iie di salute. Nel Calaci adunque, attesoché il metodo antiscrofoloso prima impiegato avea tanto bene risposto alle mire dell'arte, doveasi a ragion veduta aspettare che la troppo contrariata operazione tornasse esclusi- vamente vantaggiosa , e che vero mezzo curativo si fosse di un male da cui fu egli miseramente tratto alla tomba. Imparino dunque i miei colleghi operatori a non arrestarsi nelle costituzioni scrofolose affette da carie alla ingannevole dialesi dell' infermo , e colla scorta de' sommi in clinica chirurgica rispettino sem- pre gli avvisi della vera sapienza ed i fatti, che più valgono di qualunque sofisterìa o sottigliezza del ra- ziocinio. Dunque non v'ha dubbio che l'infermo Calaci^ il quale spirò l'ultimo fiato sotto il metodo de' dilatanti e dei caustici^ potea colla massima probabilità esser guarito colla resezione della clavicola. E tanto peso fece sull'animo del Polara questa verità, quanto capì egli benissimo che convenìa trovar modo a legitimare da un verso la sua condotta col pubblico ed a chia- rire dall'altro la ragione della morte di quel ragazzo. Per lo che miglior cosa gli parve lo addebitare tal perdita alla da lui detta febbre gastrica : e febbre gastrica ripeterono in cento luoghi i suoi amici. Ma se di poco momento risultarono le già combat- tute obbiezioni, questa discolpa è da tenersi di nessun peso perchè smentita solennemente dal fatto. Pria di tutto io ignoro cosa mai abbia inteso questo dottore per febbre gastrica. E comunque inesatto ed improprio sia pegli odierni Nosografi un tal linguaggio, pur tullavolla sotto questa espressione non ponno af- io6 fatto cadere, se non la febbre per imbarazzo gastrico^ o sivvero la febbre per irritazione o per infiammo della membrana mucosa gastro-intestinale. Nel pri- mo caso , trattandosi della etiologìa di quella poeu- monite che spense il Calaci^ la irritazione prodotta dalle zavorre è per se tanto debole che spesso spesso con le sole evacuazioni intestinali si scioglie e colle bibite copiose di bevande acidificate dagli acidi ve- getabili. Dunque per le conosciute leggi di fisiologia- patologica che le irritazioni di un organo affetto si difFoadono sopra un organo sano producendo sempre una malattia della stessa natura della prima , la ga- strica irritazione di che ci occupiamo, dato che pro- pagata si fosse e riverberata sopra l' organo respira- torio, poteva al più indurre un lieve squilibrio dina- mico nelle funzioni della mucosa polmonale non di- verso da quello improntato sulla mucosa del ventri- colo e degli intestini , una grave infiammazione non mai, anche ammessa una predisposizione morbosa ne' polmoni. E ciò neanco polca mica aver luogo; poiché la irritazione in esame è cosi circoscritta e limitala da certi confini che tultogiorno la si osserva comin- ciare e finire ne' luoghi i quali vennero in un modo qualunque a contatto del materiale che la svolse; al dire di un recente scrittore è una irritazione cLe vo- lendola giudicare un poco in astratto par quasi attac- cata alla colluvie gastrica che la ingenera. JNel secondo caso dappoi, la gastro-enterite avrebbe potuto fuor di dubbio irradiarsi alla sierosa ed alla mucosa de' pol- moni infiammandole e sviluppando la pleurite o la bronchite e la pneumonitc; ma la gastroenterite acuta per ispegnere in così breve tempo il Calaci dovea presentare fin dal suo nascere un corteggio di sintomi 107 gravi e numerosi in ragione delle simpatie più estese che sveglia. Ed è sopra tutto sul cervello che essa reagisce, come bene scrivono Roche e Sanson, parti- colarmente ne' giovanetti per le simpatie attivissime che esistono tra lo stomaco e gli intestini. Allora infatti al calore brugiante ed alla sensibilità viva dello addome, alla sete inestinguibile che divora 1' ammalato , alla scarsezza rossore e concentrazione delle orine , alla vivacità e frequenza dei polsi, alla secchezza rossore o tinta bruna della lingua, vengono ad unirsi dell'an- sietà, dell'oppressione, de' sussulti nei tendini , una cefalgia più o meno forte, insonnio , delirio agitato, vociferazioni ec. ,ec. E data la irradiazione di questa gastro-enterite intensa ai polmoni , siccome pretende il PoLARA, allora dopo alcuni giorni della già esistita infiammazione gastro-enterica , del preteso passaggio si sarebbe certamente avuto il seguale ben chiaro nella tosse stentata, nella difficoltà del respiro, nel dolore in un punto qualunque del petto, in tutto quello, a dir breve, che pronunzia le tali malattie dello appa- recchio respiratorio. Ma non saprebbe concepirsi iii che modo tanto disordine dal sig. Polara non si av- visasse? particolarmente che pria un treno di fenomeni morbosi gastro-enterici doveva esistere, e poscia quello degli organi respiratori, ammettendo la prelesa^eZ^^re gastrica. E perchè mai egli il Polara non usò il conveniente metodo curativo sì per la morbosa affe- zione dello addome che per quella diffusa agli organi del torace? Le mignatte locali e i salassi generali forse in principio, gli antispasmodici dappoi nello slato ti- foidèo ed altro, sarebbero stati indispensabilmente in- dicati e non si praticarono; gli oleosi, che si dissero somministrati, doveano ben poco valere, come in fatto io8 giornalmente si osserva e nella gastro-enterite e nella pleurite o pneumonite; doveasi il consiglio di colleghi medici ricercare in affare di tanto momento; doveasi l'autopsia cadaverica nell'ospedale istesso istituire in- nanzi quella facoltà medico-chirurgica che aveva la diagnosi, la prognosi ed il metodo curativo stabilito della malattia del Calaci; doveasi insomma nell'atto clinico e scientifico diversamente procedere di quel che si fece. L'autopsia cadaverica d'altronde al caso d' una malattia qualunque la quale aver doveva sua sede negli organi addominali, avrebbe date a vederne le tracce, e lo stomaco e gli intestini del Calaci si rinvennero intanto nello slato naturale. Così realmente andar dovea la bisogna lostochè la pneumonite pro- cesse dalle cause indicate nella storia del male e non già dalla insussistente diffusione della irritazione o della flogosi gastro-enterica poco fa divisale. Ed in modo da principio non violento fu l'attacco alla pleura ed ai polmoni manifestato da una specie di dispnea, ma poscia l'infiammazione divenne violentissima. E quando il Polara conobbe il pericolo non fu più in tempo nemmen di soccorrere degli ultimi ajuti della noslra religione l'infermo. In ogni modo, date anco le delle due malattie e clandestine quanto si vogliano , non v'ha Pratico esperto il quale non avvisi da' lor fenomeni la rispettiva gravezza. Convien dunque de- durre, che egli non avvertì ne l'un morbo ne l'altro, che in questo caso ne avrebbe indicata la convenevole terapèa , od avrebbe domandato il consiglio de' me- dici seouali, e chi sa forse se il povero giovine più direttamente curato sarebbesi sottratto a tanta disgrazia! CONCHIUSIONE Dalle quali cose, io come in conchiusione raccolgo 109 che i miei coetanei e gli adulti istessi nell' arte po- tendosi qualche giorno incontrare in caso eguale a quello che ho finora enarrato, non si lasceranno affatto sgomentare dalle male voci contro la resezione della clavicola , anzi solleciti e generosi opreranno gli in- fermi, ancorché nuova fosse per essi questa operazione ed avranno in tal modo a gloriarsi più della loro prestezza e del coraggio nel fare, che d'una malfon- data filantropia nel dire, o di un riprovevole sprecar di tempo nello aspettare da un metodo empirico ciò che non verrà mai certamente. Saranno del pari guardinghi nel pronunziare sul- l'esito del morbo. La prognosi, al dire del Tommasini, è uno scoglio in cui spesso anche inaspettatamente frange lo avviso del più dotto uomo dell'arte, e Celso fin da' suoi tempi sanciva, che perchè la medicina si è un'arte congetturale, ella di sovente non risponde ne all'investigazione del medico, ne all'esperienza di lui. E questa loro condotta io tanto più raccomando quanto più spesso avranno eglino l'agio di pronosti- care in consulla ad altri colleghi, e cento volle viep- più se questi di accordo col maggior numero pieghe- ranno ad opinione contraria alla loro , giusto come nel caso nostro intervenne. È allora che a parte del pericolo di errare, si corre anche rischio di compro- mettere la propria dottrina, e, quel che è più, si fa mostra di orgoglio nel volersi sulla maggiore de' col- leghi levare ; e se per poco vanno in fallo i nostri giudizi non v'ha uomo che possa non tassarci di sper- ticata ignoranza non che di superbia e di arroganza increscevoli. e l'opinione che perdesi in tali occasioni non può più riacquistarsi e presso i componenti il ceto medico e presso il pubblico. I 10 Bramerei similmente che la grandezza d'animo del chirurgo muovesse precipuamente dalla nobiltà di sue azioni. Chi dà libero circospetto e prudente il suo voto in affari sanitari, ha già compiuto l'obligo suo; ma chi si ostina nel proprio sentire; chi a diritto ed a rovescio ed a fronte degli altri vuol sempre soste- nere la sua opinione ed usando di riprovevoli mezzi e indiretti fa per modo che giunga a sottrarre l'in- i'ermo dalle cure del suo collega o da un pubblico stabilimento in cui servir deve alla comune istruzio- ne, o sivvero che arrivi ad impedire l'esecuzione di un'operazione che tornar può di grandissimo onore al chirurgo operatore, costui certamente degrada la eccellenza del suo carattere, non è più 1' uomo one- sto della professione; è anzi un testardo il quale non riuscendo nell' impegno che ha tolto rimane sempre da sezzo, ed è risponsabile presso gli uomini della vita de' cittadini. Finalmente non debbo omraetlere di avvertire i gio- vani medici e chirurghi miei colleghi di far munire de' sagramenli della chiesa gli infermi tostochè cono- sceranno di essere in pericolo la lor vita. È debito nostro in faccia agli uomini e a Iddio che provve- dendo alla salute del corpo non dimentichiamo affatto quella dell'anima Se ne' modi preaccennati sarà regolata la condotta de' miei colleshi, io non dubito che in avvenire e pni digmtoso tornerà loro e più proficuo agli infermi lo esercizio di quella nobile e filantropica scienza che prolessiamo. A chi però diversamente sentisse o fa- cesse, io col Venosino ripeterei: « Rem libi Socratices poterunt ostendcre chartae. » Rosario Micciché. 1 1 1 JJ Ecclesiaste di Salomone riprodotto in poesia ita- liana da Francesco Perez colla volgata in fine, —Palermo dalla stamperia di Francesco Lao 1840 iii-8.° di pag. 84. testo e traduzione. La poesia all' uomo congenita è indivisibile dalla storia della religione e del culto: nell'aurora della so- cietà spontanea sgorgò da que' primi padri che, com- presi dalle meraviglie della natura, innalzarono inni di riconoscenza e di esultazione al loro fattore. Dessa fu compagna del primo mortale che cacciato dal di- vino eliso seppe per lei addolcire le pene nel suo e- siglio. Tratta dalle osservazioni, immedesimata nella storia, nella teologia e nelle imprese di fiero popolo inculto ti rappresenta l'effigie. Onde arditi, animati, giganteschi e pieni di slanci riuscirono i primi va- giti poetici e ricchi di pensieri e d'immagini; e fra lo stesso loro disordine ti colpiscono ed esaltano più che i moderni col loro artifizio. La natura allor prevale- va, maestra, e tacitamente parlava al cuore, all'im- maginazione, e guidava gì' ingegni alla contemplazio- ne del bello. — Dell' età posteriori all' ebraica ed el- lenica nessuna vi è stata più feconda in poeti. La Bibbia e 1' Omero sono i libri che racchiudono il fio- re della politica e della sapienza di quelle due na- zioni.— Un'ispirazione più che pindarica, un sublime che ha del platonico, una semplicità e chiarezza mi- sta di una inarrivabile profondità vi si rileva; e spe- cialmente nei libri di Mosè, Giobbe , David , e Sa- lamooe, ove una religione tratta dalla natura con fi- losofico andamento e con animato linguaggio si rap- presenta; e di Dio, dei suoi attribuii, e delle sue cose I 12 ragionasi. Oggi però la poesia ha tradito il suo sco- po, e come i rapsodi dell' antichità, e i trovatori del medio evo si appaga di foli e d' inezie. Conoscendo i più una tal verità, e la pochezza del proprio ingegno vogliono più presto mietere degli al- lori con farla da traduttori; credendosi con ciò acqui- stare rinomanza trasportati per così dire sul collo di un celebrato autore. E non si avvedono gli sciocchi, come saviamente riflette il Giordani, esser tutto al- l' opposto; che per riuscir nell' impegno è uopo recarsi sugli omeri la grave soma di quel grande , e al dì lui fianco adeguare il volo animosi. Ad onta di tutte queste difficoltà che a prima giunta al timido traduttore si presentan d'innanti, sep- pe il Perez schivarle in guisa da riportarne laude. L'Apocalisse uno dei più oscuri e non intelligibili li- bri dell' antico testamento fu il primo eh' ci tentò vestire in italici modi. Dopo quasi tre anni videsi per lui riprodotto in bei sciolti 1' Ecclesiaste di Sa- lomone; e senza darli verbo a verbo, e senza disco- starsi dal testo lo spirito dell' originale fedelmente e per quanto potè meglio serbò. Di quest'ultimo lavoro inlenclo ora di ragionare. Non ignaro dei simboli del- le immagini, e dell' allegorie di cui spesso i libri bi- blici lussureggiano, ti ha il medesimo ritratto da buon pittore la fisonomia dell' Ecclesiaste, e nel vero punto di veduta rappresentalo. — Le cose tiitte^ nelle loro forine^ labili e caduche; stabili neir essenza; l'uo- mo non può uè conoscerle intere^ né mutarle^ né farne strumento di piena soddisfazione a propri bi- sogni. E poiché egli^ secondo la sua duplice na- tura^ ha duplici necessità., soddisfi ai bisogni ani- mali temperatamente sicché fugga il difetto e la I ìù nausea; appaghi gT ingeniti bisogni del pensiero nelV idea di un Essere creatore^ provvidente, infi- nito (a pag. 8). Questo è io iscorcio lo scopo del li- bro dal Perez volgarizzalo. — Buona e sentila n'è la poesia, breve e conciso il di lui dettato, attinto alla scuola dell'Alighieri, e ben concepite le poclie parole di proemio che vi precedono. Qui l' acre malignila di rigidi censori tacerà suo malgrado. Questa razza di uomini può paragonarsi a que' mastini mansueti e placidi verso i loro padroni ; e fieri irreconciliabili con quelli che non conoscono. Si è il loro istinto di accarezzare gli uni benché non ne ricevano del bene, e di abbaiare e avventarsi contro agli altri. Tale è la genia dei pseudo-critici che come famelici sul tozzo si scagliano, e all'impazzala giudicano delle opere di quell'autore, che per sua fortuna non gode della loro prolezione ed amicizia. Questo è, a nostra vergogna, lo stato presente della critica, la quale tuttavia par- goleggia in Sicilia, per lo pessimo uso invalso di giu- dicar per capriccio , o interesse; e quel eh' è più a tanto è giunta l'umana stoltezza, che chi sappia am- massare contumelie e vituperi con parole di fiele e di sangue, costui è comunemente riguardato qual se- vero critico, o imparziale. — Son eglino adunque che vogliono giovare allllalia, e piantarvi la face del sa- pere e della civiltà? Bruzzaglia perniciosa ed inlame, la quale non solo gli scrittori ci toglie, ma ben anco chi voglia pacificamente attendere a' buoni studi. Tornando alla versione del Perez se avrà lettori intelligenti, e imparziali non potrà mancargli una sin- cera lode. Egli ha seguito lo spirito della presente età, che quantunque tendente allo scetticismo, pure di cose di religione si pasce e si diletta, perchè piìi feconde di 4 ii4 ■pensieri e di affetti. Fedele traduttore, e poeta per Io più commendevole lo scorgi; e alle volte ancorché gli si mostri renitente il testo, il pensiero si sostiene be- ne, e generalmente non si tradisce. Onde a ragione eliceva il Foscolo, che alla traduzione letterale non puossi assoggettare che un grammatico. E chi tra- duce non deve scriver verso se non appieno imbe- vuto dell'originale per poterne con somma religiosi- tà conservare l'architettura, il colorito, il sentimen- to. INè basta lo avere sufiiciente ingegno , conoscen- za della lingua, ma un' anima altresì unisona con- corde, e che coll'originale si armonizzi perfettamente. "Vincenzo Monti ignaro del greco per avere la mede- sima ispirazione di Omero si pose alla testa dell'im- mensa schiera dei traduttori dell'Iliade. Così pare che il Perez (dimenticando il lettore per un momento il paragone di una picciolissima cosa rjual'è la traduzione dell'Ecclesiaste ad una grandissima qual'è quella del- l'Iliade) si sia, come il Monti fece, imbevuto bene dello spirito dei due suoi immaginosi originali per volgariz- zarli con lode , come ha latto, E senza più bisogno di dirne altro, chi vorrà meglio conoscere il pregio di questa nuova Versione, legga e conlronli col testo il quinto libro da me per iutiero qui riportato. Né sien tuoi detti impronti, e innanzi a Dio Tuo cor non corra a profferir sentenza. Che tu stai sulla terra. Iddio nel Cielo. Quinci scarso il parlar; cbè, qual vien dopo A molte cure il sogno, a molti delti Tal segue errore. Se votasti a Dio Non indugiar; che stolto voto o infido Ambo a lui spiaccion: tua promessa adempi. Meglio non far, che non tener suo Voto. Di male opre tua bocca istigalricc Indi non sia; ne all'Angiolo dinanti Dir: non è Provvidenza; irato Iddio Dissiperebbe di tue mani l'opra. Ove i sogni infiniti ivi pur molte Son vanità; cotal ne' molti detti Vanità molte. Or tu parenta Iddio. Se una terra vedrai dove s'opprima Il misero; conculchisi ogni dritto; La giustizia si venda, a che stupisci! "V'ha tal, ch'eccelso sugli eccelsi, regna Su tutti, a cui finterò orbe soggiace. Di dovizie non mai s'empie l'avaro; Ne mai di sue dovizie il frutto ei coglie. Vanità dunque. Ove son molli i beni Vorator' molti: e di che eccede gli altri Chi li possiede? — della vista solo. — Dolce a chi suda afiàticando è il sonno, Poco o molto ch'ei cibi: al ricco vieta La sazietà sua stessa goder sonno. Ed altra piaga sulla terra vidi. Tesori, accolli di chi tienli a danno; E si dileguan crucciando; e al figUo Ch' uom generò nulla ha che lasci. Quale Dal ventre uscì tal si ritorna — nudo. Di sue fatiche nulla ei reca; dura Necessità ! — qual venne, e tal si riede.— O mal sue spese cure: ei mestamente Suoi giorni mena dolorosi e foschi Nelle tenebre involto, e nello sdegno. Godansi, allor diss' io, godansi i beni Di questa vita finche a noi si compia Quella che a' giorni nostri Iddio consente ii5 ii6 Fatai misura: a noi sol (juoalo h Jafo. Che s' Ei dovizie e beni a tal concede, E di goderne il dritto, è don di Dio; Nò del correr degli anni il peso ei sente Poi che Iddio di letizia il cor gli allegra. Dietro ciò 0{;nuno può avere un più sicuro argomen-» to di conoscere la verità del nostro giudizio. Il libro però dell' Ecclesiaste non è che di poche pagine; e gli uomini possono aver dritto ad una considerazione pubblica e non peritura, quando lavori di lunga iena ed utili con bontà costante conducono a compimento. Le piccole cose son sempre tali: ne la traduzione dell'ec- ciesiaste è un'opera: son questi legieri lavori, che al- cuno potrebbe anche futili riputare; e dagli uomini di valore si soglion fare nelle ore di ozio e quasi per giuoco: quindi essendo valenl' uomo il Perez si figga nel pensiero che ciò che ha fatto è di ben lieve nio- mento, e da lui si possono attendere con ragione cose utili e positive. F. DE Beaumont delle istorie, e di quelle italiane del borghi (l). Art. I.° Non è nostro pensiere parlar deliberatamente di un'opera che ora appena incomincia e che però non può tuttavia in verun conto offrire argomento ad una critica seguita ed ordinata. Sol per ora dicendo (i) Sulle Storie Italiane dall'anno primo dell'Era Cristiana al 1840. Discorso di Giuseppe Borghi, voi. 1. fase. i. — Parigi Tipografia Lacram- pe ec. li; alcun che sul proponimento e sulla impresa al quale il Borghi si è dato tenteremo iu pria raccozzar qual- che idea suir insieme per quindi svolgerne a luogo a luogo le parti. Ella è cosa pur vera che nella molta ricchezza di Storie Italiane non è chi possa leggere interamente la Storia d'Italia? A mio credere certo che si. So btn io che vi sono gli Annali d'Italia del Muratori, le Rivoluzioni del Denina, i libri sulle Repubbliche Italiane del Sismondi , e Macchiavelli e Varchi, e Guicciardini e Brusoni e Botta, e molti altri scrittori, ed altri di Storie Particolari di ciascuna provincia Italiana. Ma vai questo avere un corso di Storia se- guito ed uniforme? A mio credere certo che nò. Pren- dete in fatti gli antichi tutti , e i moderni scrittori disponeteli per ordine cronologico, falene una collana, vi accorgerete che i tempi narrati dall'uno rientrano nel racconto dell'altro, the avvi un vuoto di due secoli dei quali ha scritto solo il Sigonio in quel suo barbaro latino afTastellando senza critica la verità e la men- sogna. Vi accorgerete che la diversa maniera di ve- dere, di pensare, di giudicare adottata da vari scrit- tori, e la differenza degli stili, de' piani, delle vedute nell'urto perpetuo delle ripetizioni, delle conlradizioni, dei divagamenti, delie dispute, degli abbagli produco- no inestricabili malintesi, confusioni acerbissime, ne vi ha chi abbia mente di formarsi un' idea vera nella precisa de' tempi e degli uomini che ne precessero. Chi è colui che ha la pazienza di leggete una libre- ria che fa spavento per la quantità dei volumi? Chi è che digerisce intere quella (àriagine di croniche anti- che e trae nitido un fatto da quel mar di parole? chi indovina le cagioni fra quel solleva meuto di neb- bia ? ii8 E messe pur da parte tali considerazioni, le quali pur tutfavolta sono innegabili, possiam forse mettere in dubbio che fra i moderni storici italiani ( tolti i classici) non vi ha che imitazione servile dell* antico, che fedelissima riproduzione delle forme degli storici del Lazio. Or Livio è seguito nelle aringhe e nelle accomodate lungherie, or Tacito nel sentenziare; ora si architetlano concioni, e quadri, e movimenti di a- zioni e di effetti, or si spende l'immaginazione a creare iperboli ed ipotiposi, or si cede a un difetto proprio di uno scrittore, or nou se ne scansa uno di altro. E in mezzo a questo sovente accade che alla furia di parte non si resiste, che la convenienza spesso si sa- crifica, che la velila si tradisce. Se così è non debbo arrecar maraviglia quel non raro fenomeno che sovente volte s' incontra fra gli Italiani, di vedere cioè la maggior parte fra loro co- noscere benissimo la Storia Greca e la Romana, e quelle di Francia e d'Inghilterra, e frattanto ignorare in gran parie la propria. E però, oltre alle difficoltà inerenti allo svolgere e al meditare ventine di scrit- tori e centinaia di volumi, rimane a sapere quanti siano coloro che intendano senza dizionario le pagine vergate anteriormente al Macchiavelli al Varchi e forse al solo Guicciai'dini. Per il che ho io voluto determinare pria di venire al proposito, che una Storia tutta di una slessa penna venula fuori da una stessa mente, uniforme, seguila popolare , leggibile insomma e comprensibile da o- gnuno sarebbe cosa assai aggradevole all'Ilalia. Ma ella è cosa questa se non impossibile cerio di assai dubbio evento. Ella è cosa facilissima a concepirla ed anche a principiarla, arduissima però a mandarla fuori ed a compierla. Le molle divisioni della terra Italiana, le signorie e le dominazioni differenti, la po- litica e l'economia disuguali, le condizioni precarie, le pubbliche ragioni manomesse, la morale combat- tuta, il servaggio straniero già per lungo continuato innesto insinuato nel consorzio, e sia a forza o nò fatto quasi indigeno; tutto ciò darebbe argomento a desistere da un lavoro pel quale ad ogni istante ve- drebbonsi sorgere ostacoli, impedimenti, difformità. Ed è un bel dire che scrivendo storia Italiana puossi quella delle Provincie trasandare; è un bel dire che per com- prender lo spirito e 1' insieme delle vicende Italiane è bastevole l' intertenersi del settentrione e del cen- tro della penisola. A tal divisamente io mi sono o- gnora opposto; io ho sempre creduto, come cosa evi- dente che le provinole Italiane hanno ognuno le loro storie particolari; e che da ciascuna di esse ha 1 Ita- lia tratto qualche fronda onde tessere quell' immor- tale corona di gloria di che va adorna, onde accre- scere quella luce vivissima che la irradia. Ed egli è precisamente per questo che mentre in Italia avvi abbondanza di storici peculiari , sperimentasi inopia delle generali. Persuadiamoci una volta che questo difetto è inerente alle condizioni del paese; che non può distruggersi ne colla buona volontà uè anche con grandi mezzi; e che tutti gli sforzi generosi di coloro che a questa santa opera si dedicano andranno quasi ognora falliti. Se ciò sarà pure del Borghi (al quale dopo altri gene- rali riflessioni verremo) non potremo dire per ora, poi- ché escito appena il saggio del di lui lavoro non può essere in alcuna guisa al presente giudicato sul suo mo- do di esecuzione , iiia solo esaminato appena a sin- 120 golo, e veduto in qualche mìnima parte senza riscbia* re una critica intempestiva ed inopportuna sopra un grande lavoro, cui fa d' uopo ancora e tempo e le- na ed assiduità non poche e non discontinue. E per venire infatti a lui con quella riserva che si convie- ne, ci sarà permesso innanzi trailo dire alcun che sui materiali e sui documenti che ha egli dovuto consulta- re pella rifazione del lungo periodo della storia Ita- liana dall'anno i. dell' E. V. al 1840, e sul modo con che ha divisato dettarla, facendo prima precedere alcune considerazioni sulla guisa siccome scriver la sto- ria nell'età in che noi viviamo. L' inipoitaiiza storica, e l'interesse sociale che ad essa è inerente posson soli originare dalla autenticità delle fonti d'onde essi derivano. Così che non deesi a mio intendimento sperare voce di aver l'alta cosa utile allo scibile tulle le volle che variando sol nella forma non si fa jche ripetere le cose da altre delle. Un colai travaglio esige diligenza, vuole assiduità, cognizioni; può essere onorevole, può attirar qualche nome, ma lia il difello della non originalità; e quand'anche le vedute sien tuli' altre, quand'anche da un' intelligen- za più svelta 0 più soda siensi meglio malnrale le varie parti di cosa già sapula avrà questi nome di sedule racconciatore, ma giammai grido di Storico originale. Ella è cosa pur troppo vera che l' origina- lilà in ogni ramo dello scibile ed in ispecie in (allo di storiche discipline può essere oggi mai assai rara, che i modi oggi di sono siali pressoché tulli percorsi; ma di qual favore può essere accolto un lavoro che non presenta nuove conghietlure, nuove ipolesi, nuove meditazioni sullo spirito umano; qual favore quell'al- tro ihe non attinge i falli da imovi documenti da nuove fonti. Il secolo non è desioso di novità per vezzo, ma per ispirilo di progresso; l'intelligenza u- mana destatasi ed elevatasi cerca ognora nuovo pa- scolo, nuovo cibo perchè con tale istinto fu creata da Dio; l'assopimento, l'inerzia, la servilità non son pro- prie dell'eterna sua essenza, ecco perchè va in cercqi ognora di movimento e di novità. Così mano mano i primi semi dell' incivilimento , i trovali , gli studi, tutto il progresso sociale in somma sonsi avverati e sousi seguiti r un l'altro. Ciò vediamo anche pecu- liarmente in fatto di storia un poco che gettiamo lo sguardo su tale eletta ditiplina. I Diplomi, i Codici, le Croniche gli scritti auto- grafi, i documenti sincroni sono il fondamento della Storia. I nostri maggiori scrissero a penna o impres- sero in altra guisa sia in papiri , sia in pergamene, sia in qualunque maniera di carta affin di [ìerpeluare le proprie azioni o le altrui; ed eran vaghi di rac- corre notizie e di registrarle per indi tramandarle alla posterità. Per la qual cosa allora quando pel progresso delle conoscenze fu dato metodo alla Storia, e furono passati a disamina da alacri intelletti i modi onde trattarla si fece tesoro dei monumenti contemporanei già per le invasioni e le scorrerie diverse predati e dispersi. Così gli Archivi si formarono, così nacque la Diplomatica, ovvero quella scienza ed arte insieme di giudicare sanamente dei diplomi, delle carte, dei documenti e dei titoli antichi ed originali. Le rac- colte dei manuscritti divennero di allora pregiate che nulla più, perchè in essi attingevano i lumi gli eru- diti e tutti coloro che alle storiche discipline si de- dicavano. Che anzi pria al Monachismo poi alle Cro- ciate deonsi quelle immense raccolte di sapienza rau- 132 nate con non poca cura, e in parte rese utili con lo- devole sedulità. La Vaticana di Roma, la Laurenziaua di Firenze, 1' Ambrosiana di Milano, la Palatina di Vienoa, TEscuriale di Spagna, la Reale di Parigi con- servano dovizie inesauribili, e de' quali non se ne co- uosce che una breve parte. I loro innumerevoli te- sti a penna parte di pubblica ragione ridotti, parte no servirebbero al perfezionamento della Storia. E per ultimo il Molini di Firenze ha copiato e divul- gato con note dell' egregio Gino Capponi i documen- ti originali ed autentici di storia italiana esistenti in Parigi. Cosichè in grande onore sono slati tenuti co- loro che all'intelligenza comune sonsi studiati di vol- tare tutti que' sincroni monumenti che alla chiarigio- ne maggiore della Storia cospirano. Tutti i popoli hanno fin da prim'ora apprezzata cosiffatta verità ed eglino non che avere i loro cronisti, i loro annalisti i loro diplomi e codici patrii, han pure gli arcliivii loro dal governo, dalle comunità o dai monaci forma- ti, ed han pure gii eruditi sia in corporazioni sia a solo che li han preso a divolgare. Ecco dunque che il fondamento reale ed effettivo della storia non manca. E parlando precisamente di que' popoli soggetti quasi ognora ad invasioni, a mutamenti e a nuove rifusio- ni di razze diciam, che, a pari passo della Francia che ci presenta come modello di diplomatica le dotte e laboriose ricerche dei Maurini, della Magistratura Par- lamentaria, degli eruditi dell'Accademia d'Iscrizioni e Belle lettere, e di un'infinità di sapienti che get- tarono una vivissima luce sulla origine tenebrosa delle razze e sulla storia in generale, io veggo proceder gra- ve e fastosa di se la Germania. La quale coi sodi tra- vagli delle varie Università e colle ricerche degli eru- dlli ha pur essa ragunati documenti preziosi, dira- date dalle oscurità che rendeanle confuse le origini scandinave, slave, e tedesche, ed infine sin' anco giun- ta a determinare con norme sicure le codificazioni dei vari suoi popoli. La Russia ha la sua diplomatica slavo-russa, e per opera di Niccola Imperatore si pro- cede ai presente alla rjunione dei documenti. La Ba- viera e la Lusazia han da poco incominciate le loro collezioni. La Società formata a Francoforte si occu- pa con ogni studio alla scoverta ed alla pubblicazio- ne dei diplomi e delle carte nazionali delia Germa- nia, e l'erudito Paertz divulga in Annover tutti i documenti della Storia della Alleraagna in una vasta raccolta degli storici di que' popoli. Ha l' Inghilterra le sue numerose raccolte di codici inglesi , scozzesi, sassoni, normanni, irlandesi; ne mancarono seduli rac- coglitori ed espositori delle storiche discipline nella patria dei Gildas dei Camden, e ove fu compilalo il Doomsdajbook (i). La Spagna e il Portogallo hau (i) Guglielmo il Conquistatore , dice Hurae nella Storia d' Inghilterra intraprese e recò a compimento un'opera che fa onore alla sua reputazione. Questa era una Rivista generale di tutte le Terre ne' suoi Domini : cioè la loro estensione, i loro proprietari, la di loro rendila annuale: la quantità de' prati de' pascoli de' boschi, e de' suoli arabili: ed in alcune provincie il numero de' fittajuoli de' rustici e de' villani abitanti in esse. I Comines- sari Regi registravano tutte le particolarità dietro le sentenze de' Giurati, e dopo sei anni di travaglio, recavano al Re un'esatta descrizione di tutti i beni immobili del Regno. Questo monumento detto Domesday Book si conserva ancora negli archivi delle Finanze Vecchie, Ripartimcnto Erario (Exchequer). Nel principio di questo secolo usci una nuova Edizione del Domesday Book la quale era di somma esattezza, ma siccome il testo abbondava di abbreviazioni il senso si comprendeva difllcilmente anche da' più prolondi An- tiquari.Dopo alcuni anni la Commessione degli Archivi (Record Coaunission) fece stampare una Prefazione scritta dal Cav. Henry Ellis la quale spogliando il testo delle abbreviazioni rischiarò le tenebre di modo che l'opera divenne intelligibile a' letterali ed a' dotti. Record Coitmtìssion iS'òf. 1^4 crouiche e diplomatici; han storici pregiati tali che Idace, Mariana, Reseud; potrebbe venire a capo di una grave e compiuta storia , se meno preoccupato delle politiche differenze stato fosse, il Conte di To- reno; poteva egli ben farla, invece che della sempli- ce esposizione di fatti ch'egli viene di pubblicare re^ cenlemente. A dettar la Storia di tjuesta refjione si e dato or non è guari il sig. Rosseeuw Saint Hiiaire. L' Italia vanta Ira i suoi diplomatici Muratori, e costui superò Ducange francese per la laboriosità delle sue ricerche, per la vastità delle sue cognizioni, e per l'alacrità dell'intelletto pei quali dovasi a molli svariati studi alle storiche discipline pertenenli. L'Im- pero e il Papato ebbero entrambe i loro diplomatici nella penisola, e furono quest' essi il Sigonio pel pri- mo, pel secondo il Baronio. Ma l'Italia oflre più che ogni altra nazione gran copia di storici egregi in quella schiera di scrittori fiorentini che nella fine del secolo decimoquinto e nel decimosesto presero a dettare o delle storie generali o delle peculiari d'Italia. Cou- vien dire però che la diplomatica non e stata in Ita- lia studiata come sarebbe mestieri, che la maggior parte dei tesori che conservatisi nei suoi archivi ri- inangono ignorali, polverosi o dimentichi, prova ne sia- no i codici, i diplomi, i manuscritti esistenti nei mo- nasteri di Montecasino, di Moutevergine è di Cava, dei quali nulla si sa. Tali documenti autentici dichiarati divolgati e alla comune intelligenza ridotti gettereb- bero nuova e splendida luce sulle varie epoche della Storia Italiana, e sopra le dominazioni diverse che hanno signoreggiato e dato leggi nella penisola. Di qual difetto V Italia più che ogni altra nazione deb- bc dolersi. Ne sarebbe sconvenevole espediente il ri- 125 durre che farebbero i governi italiani di un comune accordo ad ordine regolare e pubblico tulle quelle carte di che sono a dovizia forniti i loro archivii. Guizot ministro all'istruzione pubblica, percliè i do- cumenti autentici della storia di Francia vedessero la ]uce, ordinò che, in tulli gli archivii pubblici d'ogni maniera, si coordinassero e si pubblicassero. Felicissima idea, forse imitata dall' istituzione della Scuola delle Carte ma non con la medesima preoccupazione, anzi con un fine più largo e più geoeroso. Con questo medesimo fine gli archivi italiani dovrebbero essere ordinati, e i documenti che ivi coiiservansi falli di pub- blica ragione. Dal fin qui detto intendiamo dedurre essere la di- plomatica necessaria a qualunque si voglia sistema di storia, uè questo potersi avvei'are senzadio alla fonte genuina, che è la diplomatica si fosse ricorso. E que- sta una verità tornata in onore oggi giorno, perchè se ne è compresa e se ne sa tenere in pregio tutta l'essenza. Lasciamo ad altri il parteggiare peri vari sistemi. Sistema in questo senso, vale esclusione, ed il secolo attuale è secolo di eccleltismo, vai quanto dire non esclude alcun principio che promana da un ordine ragionale, ma non ne ammette neanco alcuno in modo sistematico, rigetta gli eccessi e le esagera- zioni, ritiene quelle opinioni moderate e concellive che si affanno colla ragion logica delle idee, insom- ma cogliendo il più bel fiore l'eccleltismo del bello e del buono dei molti sistemi in istoria ne forma un insieme adattato ai tempi ed al sentire del secolo. E cennando appena degli antichi storici o di quelli da noi molto discosti verrò di un salto ai capi-scuola e ai tempi che corrono. 136 E falso a mio inlenclimento chiamar filosofica la scuola moderna soltanto, è falso che gli antichi non videro l'umanità ma l'uomo; a coloro cui sono fa- miliari Tucidide, Polibio, Seneca, Plinio, Tacito, Plutarco sarà agevole il giudicare se io per tale opi- nione abbia o nò dato nel segno. Meno elevati de- gli antichi, ma storici assai pregiati, ebbero dopo il jinascimento delle lettere la Germania e la Francia; r Italia riporlo la palma pegli egregi suoi scrittori del secolo decimoquinto. La sottigliezza loro non in- nalzossi in tutti sino alla sfera filosofica, e la poli- tica loro sente di malizia, meglio che di pura fi- losofia; pur non di manco chi non può non conve- nire che in quelle narrazioni lo spinto ha di che ri- crearsi ha di che ammaestrarsi , e che forsp veden- do quasi ognora in iscena gl'interessi dell'uomo si possono ognora cavar dottrine per l' umanità e pelle ragioni sociali. Per il che io credo non essere affatto esalta l'idea che domina in alcuni aver avuto cioè la filosofia storica cominciamento dai tempi a noi vicini. L'ebbero grandemente gli antichi , la coltivarono in parie i moderni; nò per questo defraudare io voglio coloro che la spinsero sopra un sentiero se non nuo- vo del tutto certo molto ingegnoso e profittevole per l'umanità. Pria di venire a loro io debbo rammen- tar due, Bossuet e Robertson, l'uno nel suo Discorso nella Storia Universale^ V altro nell' Introduzione sulla Storia di Carlo V partendo da principii av- versi compendiarono gli avvenimenti dell' umanità e dieronle un'aspetto metodico e seguito. Ora però le umane vicende isludiansi con più sottile critica e con più larghe idee. Dcbbesi però questo al movimento del secolo e a quello sviluppo providenziale con che progredisce lo spirilo umano. 13t7 Vico colla sua Scienza Nuova; Herder colle Idee sulla Filosofia della Storia dell'Umanità; Ballanche colla Palingenesi Sociale sono i sostenitori e i pa- triarchi della scuola filosoilca, ovvero di quella che prese meglio che a meditare la storia particolare a scrutinare le leggi provvidenziali ed intrinseche che regolano 1' umana specie, e che ne formano la di lei storia generale. L'Italia, la Germania la Francia hanno dunque avuto i loro campioni in tale aringo, ma II- talia non è stata sin' ora raggiunta dalle due emule, che anzi per lunga anteriorità e per potenza d' intel- letto Vico supera di non poca Herder e Ballanche. La mente meditativa di Vico misurò di un tratto quel lungo e continuato nesso d'idee d'interessi di biso- gni con che nella forma ideale è compendiato il mon- do reale. Egli è pur vero che nell' epoca favolosa vacilla e non convince, egli è pur vero che in molte conieiture non dà nel segno, vero pur è che sovente r immaginazion sua gli sorride meglio che la persua- siva del suo sodo e penetrante giudicio, ma ove trat- tasi di passare a rassegna e di mostrar la coesione tra il dritto civile e il diritto politico è nuovo ed i- narrivabile. Egli rapidamente ne trascorre l'istoria, ne prova il legame, ne tira le conseguenze, le massi- me, gli assiomi. In questo Vico è unico. Noi di lui pili non diremo perchè molt' oltre ci condurrebbe il parlarne ancora, e solo ci contentiamo di insistere sul primato di che gode Vico sopra Herder e Ballan- che. Primato pel tempo in cui scrisse rimanendosi per quasi un secolo e mezzo ignorato o poco in pre- gio, primato per la sodezza e per la novità delle dottrine, dalle quali gli altri due nell' essenza non si discostano, ne rifanno in nulla sostenzialmente. Il liu- 128 guagglo dei due oltramontani ed in ispecie quello di Ballaucbe è più armonioso ed aggradevole; ma Vico scriveva in Italia nella fine del secolo decimosettimo, scriveva in dure condizioni. Herder manifestava i suoi sistemi in un paese dotto, severo, ed ove le sane dot- trine sono tenuti universalmente in onore; Ballanche nostro contemporaneo scriveva in Francia dopo una lunga esperienza, e dopo il tirocinio di spessi muta- menti. Dal die onor grande deesi all' Italiano che per l'elevatezza della sua mente e fra la barbarie domi- nante indagò quel vero, che posteriormente servir do- veva di alto insegnamento e di posata meditazione. Questa giustizia gli viene ora resa universalmente, ne per defraudamelo sono bastevoli le peculiari opinioni di qualcuno. Ma il difetto della Scuola Filosofica consiste ap- punto nella soverchia astrazione che si fa in stabilendo nel modo sintetico le conietture ed i principi. Per il che fu mestieri in prima dichiarare in che ella diffe- risce dall'altra scuola che è la slorica. E per tacere delle altre nazioni nelle quali una tal divisione è re- centemente accaduta ci tralleniam per ora della Ger- mania; che la prima adattolle,ed ove Hegel feicsi capo della Scuola Filosofica Storica, e IN iebuhur della Slo- rica. La Filosofica dunque procede per sintesi, e deduce in linea sistematica che lo spirilo umano crea il latto, la Storica procede per analisi, e stabilisce che il fatto pone in movimento lo spirito umano; quella dunrjue crede alla forza d'induzione, questa ha fede alla forza di evidenza. Se difetto di questa è il non trarre una idea generale filosofica da un lungo da un maturo da un indefesso travaglio tutto edificato sopra fatti, pecca dell'altra è il cadere a forza di astrazione facilmente 139 nell'ininintelligile e nell'assurdo. Nella prima ne soa prova Niebuhur, Savigny ed altri, della seconda Vico stesso, Romagnosi, de Maistre ec. E qui è da riflettere, affiu di parlar dirittamente, che la scuola filosofica propriamente della, ovvero quella che a dir così La preso ad indagare tutta la morale dell'umanità non sarebbe da confondersi col- l'altra, che fatti, e non altro che fatti risguarda. Vico dunque, e coloro che il seguirono, non già che eglino stessi dettarono istoria, ma solo una nuova via indi- carono perchè la storia si dimostrasse e si chiarisse. Hegel li seguì, e cadde neireslremo da noi sovracen- nato, ed abusando della sintesi non seppe evitar que- gli errori che inerenti sono a quella scuola. Epperò io non intendo con ciò macular per poco la fama di questi egregi scrittori ovvero professar loro minore osservanza ed ammirazione . Io avventuro una tale opinione non senza dubitar di me stesso, perchè ove trattasi di poi*re in forse dottrine e principi di tanti luminari dee questo farsi con quel ritegno proprio di chi per amor della scienza non tende già a misu- rarsi con quelli, ma solo a palesare qualche semplice suo riflesso onde per avventura movere l'inlelligenza di qualche alacre pensatore. Ora nel mio ordine d'idee ci sta fitto esser falsa la divisione con che sono tali due scuole definite. Un tipo vero, essenziale, preesi- stente esser pur deve, e lì appunto incontrar dennonsi i cultori degli umani studi; in quello addentrando un occhio sagace, e riconosciutane la evidenza provviden- ziale dalla storica sperienza ammaestrati si dovrà pur convenire idee e fatti essere alla volta or causa or effetto, ed entrambe cospirare all'imraegliamento delle sorli del genere umano, ed al progresso sociale. Il mondo fu una creazione materiale , ma V uomo che i3o doveva abitarlo e convivere la esso con «litri uomini fu tutta una sublime creazione morale. Insin dall'ini- zio dunque vedesi la materia procedere dall' istesso principio dell'idea, dunque l'alti ed idee hanno l'istessa ed uguale origine, dunque eglino agiscono nell'ordine mondiale coll'egual vece e j)romiscuamenle. Fatto fu il popolar primo del mondo, e il primo ingrandimento dell' Asia ; fatto generatore di vastissime idee , quali furono la sapienza di que' popoli, e quell'incivilimento che da 11 non si discosto che alloraquando nuovi latti e nuove idee uè lo allontanarono e altrove lo chia- marono. La libertà e l'opulenza Ellenica furono idee, ma idee generate e avvalorate da fatti. Fatti la ma- gnitudine Romana, fatti i'iriuzione dei Barbari, ma fatti che hanno insite in loro idee vaste, idee nuove, tutte ognor date a rinnovare Taspelto della società, e ad imprimerle quell'indole che è propria dei tempi, e che non è dato agli umani cangiare quando la fòrza delle esigenze e dei bisogni la esige. Fatto grave fatto sublime, fatto soprannaturale fu la venuta del Cristo per redimere l'uman genere, fatto di altissima medita- zione filosofica e però gravido e fecondissimo d' idee qual fu il Cristianesimo. Idea , forse risvegliata da fatti, ma idea fu Io spirito di riforma levatosi in sul Reno, idea generatrice di fatti altissimi, quali furono gli scismi e il protestantismo. L'Islamismo, idea, fu con fatti avverata e bastò sola a far canjriar credenza a milioni d' uomini. Le Crociate, fatti, furono origine d'idee e con essi di fatti, il rinascimento del sapere, il novello innesto delle conoscenze orientali alle occi- dentali, i primordi della civiltà moderna. La Rivolu- zione dell' ottantanove fu un fatto preparato architet- tato dalle idee; come talmente furono quella d'Inghil- terra del 162G l'emancipazione delle Fiandre e del Brabante, e la recente di America. Or in una i fatti i3i svegliarono le idee ora le idee dierono movimento ai fatti. Per ogni dove vedonsi dunque predominare nelle azioni umane e nelle trasfigurazioni sociali or le idee ora i fatti, e sempre agendo vicendevolmente gli uni e le altre generative o generate oppur viceversa bau cospirato a raggiungere e ravvicinare quella verità che forma la sublime essenza dell'esistenza nostra, e quel fine onde l'umano consorzio fu avvinto e radunato. Ed in tal guisa io intendo doversi risguardar la Storia , e così studiarla e così dettarla. Vico dà in parte questa norma. Vico non procede solo per sintesi nelle sue alte meditazioni. Vico è analitico e sublime analitico quando addentra le quistioni positive ed umane. Ora i tempi nostri sono molto piìi adatti dc^li andati [)er applicar colla giusta misura un tal metodo. Esso non ischiva alcuno dei mezzi delle due scuole avverse la sintesi cioè e l'analisi, esso si serve all'uopo di en- trambe e colla scorta di ambedue si fa strada per iscoprire il vero e per istabilirlo per quanto possibile e sopra certi principi, per rassodarlo sopra ferme basi. Oggi giorno abbiamo un vivo lume che ci rischiara ad ogni passo nello scabroso sentiero delle ricerche sopra i fatti e sopra l'idee dell'umanità, e lo abbiamo perchè la civiltà lo comanda, perchè i pensatori come Vico, Herder, Ballanche ce l'hanno indicato. Or piìi non si fa capo del Panteismo di Spinosa, del Mate- rialismo di Gassendij^dello Scetticismo di Bayle e di , Gibbon , dell'Ateismo di Elvezio, di Diderot e degli Enciclopedisti; ora la Teosofia cristiana predomina gli studi storici. L'Italia prima in Vico, la Germania poi nelle sue due scuole la jR^z/onrJe cioè e la Sopranna- turale ^hanno ammesso come base non dubbia la Prov- videnza; l'hanno ammesso sì per principi diversi; po- sciachè l'uua ammette il cristianesimo come prò v ve- niente dalla ragion ptira^ Pallra dalla ru'clatione. La Fraticia ora sieguc quelle orme, e non vi ha general- mente chi più metta in ("orse, discuta ed ammetta fra gli elevali pensatori (alTinfuori di uno, Giorgio Sand) una idea inammissibile, riprovevole, ed ora per lunga e nefanda sperieiiza nell'universale riprovata. Avvegnaché l'avversione al Cristianesimo e i mezzi potentissimi usati per rovesciarlo non ad altro bau servilo che per farlo più forte e più stabile. La scuola inglese in Bolingbrocke e i suoi seguaci, la francese in Voltaire, Rousseau, Raynal, Elvezio e gli Enci- clopedisti, quella alemanna per Spinosa per Federico di Biandeburgo, per Lcssing, per Goethe, per Schil- ler ec. tentarono tutte per mille vie nel corso dei due secoli che ne precessero di atterrare l'opera nota .solo sovrumanamente alla immensa e imperscrutabile sapienza di Dio. Gli esegeti poi dall'altro lato tanto ortodossi che protestanti, sia colle loro sottigliezze dom- inatiche o filologiche sia collo studio poco approfon- dito dell'ebreo e delle lingue semitiche, confusero il testo primordiale colla volgata e soventi volte lecer- lo venire in urto col vangelo. Ciò produceva errori inestricabili, nuovi smarrimenti, teoriche basse, gros- solane, improprie, confusioni , malintesi , disordina- niento di idee. Però il Cristianesimo doveva pur trion- fare di tante replicale lotte, di tanto fierissimo urto, ai quali andò incontro nell'Inghilterra, nella Germa- nia, nella Francia; e trionfar doveva alla fine per ope- ra stessa della Filosofia. Stewart nella prima, Kant, Schelling, Hegel gradatamente nell'altra, Degerando, Cousin e discepoli nell'ultima risorger facevano nei tempi presenti quelle idee e que' priiicipii già supposti vieti ed annientati. Li discutevano, li liammetlevano; davan loro non che vita novella, ordine, nesso, eviden- za logica; e cosi stabilivano su ferme basi il princi- i33 pio cardinale e provvidenziale della Teosofia Cristia- na. Owen in Inghilterra , Fouiier ed altri in Fran- cia, Strauss in Germania si devono a mio intendimento valutare, in quanto a teoriche religiose, siccome un'epi- sodio dell'indole, dello spirito, del carattere dominante contemporaneo. La stretta e costante relazione tra fatti ed idee e l'elemento necessario e provvidenziale della Teosofia cristiana sono dunque i principi dai quali oggi mai i cultori delle discipline storiche non si discostano. Ne credasi però limitato e circoscritto il pensiero. Un me- todo sifTatto che in se riassume il fiore di tutti i siste- mi e quasi direi l'ecclettismo in istoria , ed ofifre un vastissimo campo a sempre nuove e svariate investiga- zioni, e procede con senno ed antivedimento, e sod- disfa tutte le esigenze e tutti i gusti senza però esser ligio di alcun sistema. La scuola moderna storica [)uò forse diSerir nelle vedute, ma giammai può porsi in urto con tutti o parte di tali principi , i quali per poco che si rifletta vedransì gravide di sapienza e di avvenire, e di quello spirito di progresso che forma oggi il primo bisogno dell'umano consorzio. Sarà per avventura questo il tipo vero, essenziale, preesistente proprio della Storia ? La disamina di un tanto prin- cipio oltre che di essere al di là delle mie forze por- terebbe assai per le lunghe; e tutto che l'interno mio convincimento mi suggerisca TafTermativa, pure veggo bene che e' sarebbe questo un addentrar soverchia- mento nell'avvenire, ed un prescriver limili al volo dell'umano pensiero, e dell'umana intelligenza. E la scienza secondo il sublime dettato di Vico, non ap- partenendo che a Dio, non può certo da noi raggiun- gersi in quanto d'ignoto e d'immenso tiensi ancora ai nostri caduchi sguardi celalo. Basterà dunque conve- nire di un fatto, ed è, che queste dottrine sono le più i34 adattate all'indole del nostro secolo, perchè temprate sono in quello spirito d' indagine e di progresso ch« ne forma il carattere proprio e predominante. La fi- losofia contemporanea senza darsi esclusivamente ad alcuno degli estremi dovrebbe analizzar fatti ed idee, e desumerne dagli uni e dalle altre principi. Poggiarsi sugli autografi e sui documenti sincroni; addentrar nei caratteri peculiari d'ogni popolo, d'ogni età, scrutarli alleiilamente, vederli nel vastissimo loro insieine, e stabilire sia nell'universale sia nel particolare nitida- inerife l'immenso movimento umano e mondiale. E ponendo infatti da canto le varie denominazioni assegnale forse agli, scrittori meglio che da una pene- trativa esalta da personali preoccupazioni e da umor di sistema e di parte, io credo incontrarsi presso lutti gli scrittori dei nostri tempi, ed in ispecie in Francia cosiflatta guisa di nsguardar la Storia , e non altri- menti. Con tali norme scrisse Mulier le varie sue Storie quella cioè Universale e le particolari dell'Al- lemagna. Così fece Michaud nella sua Storia delle Crociate poggiandosi ed elocubrando sugli annalisti dei tempi tanto orientali che occident;ili. Così Baran'e facendo rivivere con non comune solerzia nella d» lui Storia dei Duchi di Borgogna della famiglia dei y^alois la vita e lo spirito delle crotjiche francesi, al- l'epoca nella quale per la prima volta quest'idioma fu addetto a dipingere gli uomini, i fatti, le politiche passioni. Così il dotto ed infaligabile Sismondi tanto nella sua Storia delle Bepubblic/ie Italiane quanto in quella dei Francesi, scudo ognora sua scorta i cro- nisti e i monumenti sincroni. Con lo spiiilo sodo e penetrativo di cui è sì altamente dolalo il Guizot così pure egli prese a dettare la Storia delV Incivilimento in generale, e l'altra ancora sul particolare e?/ i^rn/jc/rt; «gli forse alcuna volta travede allorché parla delia i35 sua patria, ma ove trallasi di porre a disamina le cause generali della scomposizione e del riorganizzamento dell'ordiue sociale si appoggia pur egli sui documenti, e mostra una ragion ferma ed illuminata. Così pure Agostino Thierry nelle sue lettere sopra la Storia di Francia^ nella Storia della conquista d Inghilter- ra per i Normanni e nei Racconti Merovingi. Son sua norma gli autografi, sua guida un giudizio alacre e penetrante. L'indefesso studio lo lia fatto accecar della vista , ma egli prosegue anche in questo slato voglioso i suoi studi, sì che Tela nostra ha nella sto- ria il suo Omero e il sno Milton. I tempi nostri e la Rivoluzione francese in particolare non potevano avere scrittor più nitido e più profondo di Thiers. E Mignet gli vien presso. Lacretelle non è della forza di costoro, è egli sovente passionato e leggiero. Vil- lemain pella sua Storia di Cromvello i'a dimostro come il buon gusto dell'antica scuola può confarsi colle idee novelle, e come fatti ed idee non van mai dis- giunte fra loro, ma che l'uri l'altro pongonsi iu mo- vimento, si generano e si producono. La scuola moderna slorica dunque accerta i fatti per la diplomatica, dichiara sviluppa natomizza le idee colla filosofia analitica ad un' ora e sintetica, ed infiorando la locuzione di quell'energia di quel sentire vasto e genero- so abbella i principi del descrittivo ed anche sovente del drammatico. Il qual stile è proprio di que' scrittori che vogliono seguire l' indole e la caratieristica dei tempi. E questa voce non debb'esser vuota di senso, bisogna anzi saperla comprendere saperla appalesare. I tempi sono la ragion dominante. Chi ad essi non si confà dee di fermo cessare dall' aspirai'e a guada- gnarsi rinomanza; egli è un uomo di altra età , che non sente il bisogno incessante dell'epoca nostra; ma se va in cerca di stabil nominanza e alla eletta sto- i36 rica disciplina il suo genio lo chiama discorra pure quella fiorita via, s'interni in questa severa scuola, e sempre vi investigherà e vi scovrirà nuove bellezze, e peregrine conoscenze. Le dottrine gli si mostreranno nel naturale e spontaneo lor sesto, i principi scaturi- ranno ingenuamente, e la verità a luogo a luogo gli apparirà per l'ordine provvidenzial delle cose come razionai conseguenza della perenne relazione fra fatti ed idee, della spinta, dell'istinto, del mutuale lor mo- vimento, e della loro vece costante nei destini dell'u- manità e nell'intero ordinamento sociale. SCORDIA. Z' ART. jj. nel prossimo numero "^ — Le antichità della Sicilia esposte ed illustrate per Domenico Lo Faso Pietrasanta Duca di Serra- difaico^ socio di varie accademie Voi. LLL. Pa- lermo i836^ pie. Fol. 126.) p. 4^ tav. (articolo tradotto dal tedesco ed inserito nel Rheim Museum V. Welker 6." ann. fase. 4-) I due primi volumi di questa opera inestimabile sono stati applauditi dal Museo Renano (IV, 426). La comparsa del terzo volume fu impedita dal «;ho- Icra sino ad ottobre 1837. Questo volume contiene la storia di Agrigento (3-2 1) e i monumenti (p. 22-92) colli una lunga serie di dotte osservazioni , del tutto conforme ai due primi volumi sopra Segesla e Seli- nunlc. Ci si pongono sotto gli occhi gli avanzi di nove tempi e di tre altri edilìzi, ed una pianta esatta della città , che non era stala ancora prodolla , con una veduta pittoresca delle sue rovine; e nell'ultima tavola un bel disogno del Sarcofago con Fedra ed Ippolito , die serve oggi per fonte battesimale della Caltfdiale , e sul quale molto si è scritto. I monu- ,37 Rienti in ultimo luogo scoperti hanno sparso molta luce sulla dorica trabeazione delle colonne, sulla col- locazione degli antefissi, e sulla policromìa dell'archi- tettura. Del tempio di Giove Olimpico, che il sig. Klenze produsse nell'anno 1821, si sono, dopo i più recenti scavi, comunicati, oltre la restaurazione di Cockereil, due altri saggi , che vie piìi dan luogo a nuove congetture sulla collocazione e sul numero de' Giganti. I talenti, la dottrina, lo zelo e i mezzi con che l'o- noratissimo autore ha spinto sì oltre e in sì pochi anni una sì grande intrapresa, fanno sperare che pro- spererà vigorosamente ciò che comprendeva il suo piano originario. L'opera è sì grandiosa, e conforme al suo scopo, e sì strettamente legata alla gloria della bella Sicilia, che da se slessa ne esige il compimento. La classica dissertazione cui fu costretto l'autore pel volume che il primo comparve in luce , è rimasta senza risposta. Welker. V^oto pronunziato nella solenne riunione delVJcca- demia di scienze lettere ed arti in J ci- reale la mattina dei i3 di febb, 1840-, per disumare al- enili corpi d'illustri estinti ^ e collocarsi Ì7i luogo separato (1). Sol chi non lascia eredità di affctli Poca gioia ha dell' urna. Foscolo ne' Sepolcri. Accademici e cittadini Volgono due giorni dacché l'animo mio è .<;lato commosso da sì lervida brama di favellarvi, che ho (1) Le presenti parole contengono resprcssione di un voto pietoso foivido ciltadino, nato estemporaneamente in mezzo al tumulto di mille affetti : elle pertanto sono 1' opera di breve ora , poiché^ altra non ne concedeva i38 desiderato certo colla smania del febbricitante , di Tedervi al più presto riuniti: come in me tale agita- zione nasceva, mi ricorse l'animo ad una estraordi- iiaria tornata, ma il pubblico avviso di quella sì pros- sima , la quale questa mane vi ha qui congregati, e l'autorevole voce di chi pretendeva troppo intempe- stiva la mia fretta, mi hanno costretto mio malgra- do ad attender quest'ora. Poiché ella è giunta, dinan- zì a voi onorandi colleghi, ed emeriti concittadini , io vengo a sciogliere il mio voto, ne temo che alcun voglia oppormi che io mi sia veramente tardi alla proposta levato, e inevitabilmente vane giudicar le mie cure. Due fiate il sole si è fatto a lanciare i suoi rag- gi su questa terra delle sciagure, dacché le volte dei nostri tempi han cominciato a rimbombare de' spessi colpi del martello dei muri-fabbri, destinati a chiuder le fosse che una malintesa pietà scavava ne' sacri luo- ghi in cui dì e notte convenghiamo a presentare le nostre preci all'altissimo; facendo quindi che il lezzo de' cadaveri i supplicanti conlaminasse. Un'ordine del nostro veggente Governo vuol che si ponga un argine a siffatta nocevole usanza: va egli così a far suggel- lare, e per sempre, i sepolcri die per lungo correr di secoli sono stati i pietosi custodi delle mortali spo- glie de' padri nostri, e un Campo Santo da costruirsi appresterà, in breve, riposo alle salme di quei tanti, che dalla morte saranno indi a poco falciati. All'ema- il tempo. L'isfessa luce di pensiero, e l'istesso sentimento che ispirarono le medesime, e m'indussero a pronunziarle a' miei concittadini in solenne adunanza, or mi consigliano del pari a farle di pubblica ragione, lo non so impetrar da me slesso di non condiscendere a questa biaiiia , laondie Tengo ad evulgarle senza recarvi innovamento alcuno che possa in parte iiioditìcarle o svisare : lo scopo delle medesime fu ed è santo ; e s' elle {lungone a far fede alle anime sensibili, clic l'amor della patria e la pietà •iegrillustri estinti le dettarono e le posero sul mio labbro, io non poti-6 •h«; crederle avventurate. nato comando i padri della patria han fatto por mano al lavoro, T opera continua ferve, e mentre io vengo a muover parole alla vostra presenza, lo strepito eh' è nelle prossime cliiese giugno a ferirci 1' orecchio. Vien dunque chiuso per sempre l'adito a quelle tombe! e- terno silenzio regnerà in quei cupi ricetti! eterna con- fusione avvolgerà indistintamente le ossa di tanti cit- tadini! il virtuoso, il sapiente, il benemerito della pa- tria e delle lettere rimarrà quindi frammisto a chi non portò altra eredità nel sepolcro che la vilezza o il delitto, né il corpo che un'anima nobilissima infor- mava potrà aversi mai più da' posteri un omaggio,, un fiore, una lagrima, ne le sue ceneri avranno un sospiro, ne un'urna distinta che ai tardi posteri l'additi? A sì sconfortante idea, chi si ha un anima non di- giuna dell' intutto di patriottico zelo, chi non ha dato totale bando ai generosi sentimenti, chi si ha in petto un cuore che sa palpitare di gratitudine, di riveren- za, di amore, debbe in quest' occorrenza emettere se- co noi un voto, qua) si è quello che non restino e- ternamente confuse co^la massa degl'infiniti che fu- ron plebe le ceneri di 'quei pochi che dagli occhi de* loro simili tersero una velia il pianto, che delia pa- tria furono splendido ornamento, che per le lasciale opere meritano di vivere eternamente nella ricordan- za dei nipoti. Vede ognuno ove vanno a ferir le mie parole: ad appagar pienamente sifìatta J)rama , fosse bisognato che i nostri maggiori a's'léce' dapprima po- sto mano alla sant'opera: dessi He nor' fo? 6 ci resta il dolore della loro incuria: nporre ju » di tutti, pos- siamo dal mucchio separare e'dini di - serbo le sal- me di quei pochi nostri conc^oJto -' jltissimo^onore meritevoli, die ancor non è* * che da questa ter- ra di angosce si dipartirono, . i cui avanzi in sepa- rate casse pur dormono. Accademici! l' intraprender» i4o per quanto ci e dato sì facile e piissimo ufficio, è il progetto che vi presento. Esistono ancora, e non confuse con quelle d'altra morta gente, le ceneri di quel valoroso P. Paolo Va- sta, che nel XVIP secolo, dopo aver fatto tesoro dei sani precetti della pittura, eh' è figlia d'aura divina, nell'eterna Roma, con alacrità rimpatriava, e consa- cravasi a rialzare fra noi 1' arte del disegno per la mancanza d' ottimi artisti in basso volgente, e sorge- va a maestro di numerosa scolaresca, e patrimonio di mirabili opere ci lasciava. Son calde ancora, e sepa- rate dalle altre, le spoglie di Michele Vecchio , di- scepolo e nipote a quel sommo, per valentia di di- segno non meno di lui cospicuo, rinomato per poten- za d'ingegno e per ricchezza di lumi, per le palme che sul Tebro, in Vienna , in Messina mieteva per la sventura che in questo corso mortale gli fu com- pagna indivisa. E possono aversi, o Signori, gli avanzi della fragil creta di quel genio polente e univeisale di Mariano Leonardi, per cui l'alto intelletto di Do- menico Scinà scriveva che perito nelle lingue dotte ■per Vacarne ed ampiezza della sua mente trasse in ammirazione di sé tutta Sicilia; ed il Decosmi escla- mava che non avea Iddio quasi limite alcuno po- sto al suo ingegno, ma all'universalità della sa- pienza colle mani sue maestre formato avealo. Le spoglie che infornKivano quell' anima candidissima di Venerando Cangi "uon vanno ancora confuse con quel- le di colui che foriC insanguinò la mano, e non la- sciò i delitti che sul patibolo: or chi dirà the non meritino esse le nostre premure? Oh fia confuso con quel del ribaldo, o dell' uomo più vile di sozzo fango quei santo petto, che potè porre nelle sue carte la virtù ch'avca nel cuore 'educata ? — ne più vedranno i^noslri ocelli le spoglie dell' Esopo, o meglio della '4' Fonlaine di Sicilia ? Finalmente rinunziercrno, e per sempre, ai tuoi mortali avanzi, o desiderio caro della patria nostra, famigerato Nicola Cali, eh' ecclissato nel tuo merigge, di tanta luce privasti questa povera ter- ra, e che le patrie mura vedove nel tuo tramonto, te ancora quasi ridomandano al Cielo ! Accademici! Cittadini! son questi i pochi, ma ve- ramente sommi delle cui spoglie io prego la separa- zione: a questi eletti non potrei aggiugnere che un Mariano Finocchiaro, che fu luce anch'esso di questo suolo, poiché i talenti del filosofo di Ferney in se mirabilmente rilussero. Del resto bello sarebbe e dol- cissimo l'acquisto delle ceneri d'un Erasmo Sciacca, che più letterarie e scientifiche produzioni ci lasciava, e d' un Alessandro Grassi Biviera che fu lungo soste- gno a questa patria dolente, e nel 1674 dalle orde de' francesi assalitori la salvava; ma di costoro, co- imunque ne sappiamo gli avelli, come potremmo noi sceverarne dalle altre le ceneri? Sia dunque questa medesima rimembranza utile le- zione agl'intelletti ed ai cuori, e per essa volgiamoci con più deliberato animo a porre in serbo le reliquie di quegli emeriti nostri concittadini, che ancor distinte si giacciono: per ora, non potendo assegnar loro un luogo condegno, è glorioso il far sapere che ce ne fornisce uno per porle in serbo umile sì, ma all'uo- po giovevolissimo lo zelo di colui che nell'amor della . gloria di queste mura a ninno è secondo , Y egregio Segretario di quest' inclito consesso: egli ci appresta volenteroso ed alacre la sua chiesetta fuori le mura della città, e in ameni luoghi sorgente (i): la spesa che il mio onorevole e pietoso progetto richiede è (i) Il sig. L. Vigo offri spoiilancamcutc all' uopo la sua chicsiuola detta delle Baracche. quella di di sotterra re sei scheletri, e trasportarli quinci a tre miglia di distanza. Dunque che manca alla no- bile opera? nuil'allro, che il volere. Eseguito e fatto pago l'emesso voto mercè una com- missione,che potrà l'Accademia in sul momento creare; sarà io diceva opera del tempo, e ancor de' venturi, se così vuoisi, l'assegnar loro un luogo distinto, e per quanto le cittadine forze il consentiranno degno del- l'eccellenza delle anime, che quelle spoglie animava- no. Esse frattanto appresteranno queste preziose re- liquie il principio ed i primi elementi ad un'opera d'incalcolabile onore d'immensurabile j)ielà, alla for- mazione dir voglio di alcune tombe distinte e sacrate al merito ! Esse potranno costruirsi quando che sia, senza ostacolo di sorta al Camposanto novello; ma un forte desiderio volendolo, e la volontà di Colui che ciogesi del serto della siciliana Monarchia il conseu- tendo, potremmo noi e i nostri posteri quasi in mo- destissinio Panteon ridurre quel sontuoso e grave tem- pio, che la città nostra abbelia, la Basilica diS. Se- bastiano. Sì, in questo sacro recìnto ornalo dagli af- freschi del Vasta, ove noi andiamo spesso ad ispirar- ci e a meravigliare l'arte di quel grande, in questo recinto ove trae iì forastiero ed attonito esclama, che, se non per altro, per quelle sole dipinture merite- rebbe la città noslia d'essere dal forastiero visitata ; dobbiamo noi dar luogo alle spoglie dei rammentati cittadini. Ed ivi ancora verrà da noi, o da' posteri, rizzala una pietra allo Sciacca e al Grassi Biviera, de' quali non ispero rinvenirsi con ferma certezza le ceneri; ivi porremo un modesto monumento a Vin- cenzo Geremia letterato, matematico, e macchinista degno della corte di Clemente X; ivi eleveromo un mormo a Saverio Musmsci cittadino illuminato e fi- lantropo, che nel 1669, calamitosissimo alla bella Ca- i43 tania, quella stupenda c'itik salvava dalla fiutiidua di fuoco, che a subbissarla volgeva; ivi porremo un ri- cordo a quell'anima celestiale di |Vincetizo Costanzo, forse il più nobile imitatore del divin Metastasio; ivi innalzeremo durevole monumento ad Alfio Grassi, ge- nio brillante, sdegnoso implacabile, cui fama non pe- ritura acquistarono le vergate pagine; ivi segneremo i nomi di parecchi altri emeriti cittadini, e console- remo, non potendo d'altro, consoleremp almeno di un' urna distinta, chi respirando ancora aure di vita, mo- strasi degno di tergere il pianto al fratello, di sacra- re alla patria le vegliate notti, d'accrescerle lustro e decoro con opere di mano o d'ingegno! Signori , le cose grandi si hanno inizio da tenui principi, e ricevono incremento col volger degli anni: frattanto il mio progetto mira a far che si ponga , o meglio si metta in serbo la prima pietra d'un edi- fizio, che farà fede agli avvenire, che anco in questa tralignata etade vi fu chi pose l'animo ad onorare le ceneri dei morti, che mentre vissero degni d'altare si resero; a ricambiare di riconoscenza e di gratitudine le ombre malinconiche ed illustri di coloro che sep- pero meritarla; a non defraudare almanco dell'ignuda gloria il virtuoso, il sapiente, il filantropo. — Il mio progetto non potrà essere ascoltato con indifferenza e gelo, che da colui, il quale nutrendo in petto un cuore di metafisica tempra, pensa solo che gli onorati sepolcri sono inutili ai morti senza conoscere e sentire , che son essi muta ma eloquente scuola ai vivi! sì scuola di generosi sentimenti, di nobili idee, di magnanime risoluzioni, di desio dj gloria non pe- ritura possono essere i monumenti degli estinti! erano i trofei di Maratona, che infiammavano il greco a virtù guerriere , erano le tombe di un Machiavelli, d'un Mi- chelangelo, d'un Galilei che educavano a nobili pensieri, M'4 a sublimi ispirazioni la mente dell'immollale Astigiano! Il mio dire è condotto a riva: mentre io aringo la causa degl'illustri trapassati, i muri-fabri vanno a chiu- der l'adito a più gelidi avelli, e forse in quelli ormai chiusi è la fredda salma d'alcun di coloro, che io son venuto a rammentare. Ma l'opera non è ancor compia ne per tutti, né per ogni tempio: ella ferve ancora, e però puossi dalle municipali autorità permettere , che dalla tomba di quest'uno si rimuovano per poco i mattoni , dal caduto giorno o da questa mane già posti; e che le altre poche salme ne' sepolcri ancor liberi esistenti, in serbo si pongano: ciò che oggi per incuria non si farà, non isperi alcuno, che altra volta iacilmenle si possa: i governanti non sogliono consen- tire che si vadano schiudendo gli avelli: e resterà a noi il dolore e il rimorso di non esserci alacremente giovati dell'occasione, che il tempo fuggevole tuttora ci appresta!... Mariano Grassi. Amore è l'Egida della natura contro il i'izio e il tlohre. Discorso pronun- ciato nella Sala della Pontaniana il dì y. Sellcmlre i8j8 da Cecilia De Luna Folliero fnapolilann) Socia dell' jtccadenda Pontaniana di Na- poli, della Statistica Uni\'ersalc di Parigi ec. — Trieste dalla tipogra- Jla Carenigli i83g. In questo opuscolo pieno di belli e nobili sensi e di profusa erudizione si moslraiio le dolcezze dell'amore puro e sentito, così detto platonico,in op- posizione di quell'amore volgare clic costituisce la dissolutezza, e si con- trappongono i pregi e gP incanti della virtù alle laidezze del vizio. La lingua è castigata, e lo stile vivace, tuttoché si desideri maggiore ugualtà nelle sentenze, e maggior forza nel dire. Ma se mende si lievi si ]icr- donano agli uoniiui, molto meglio al bel sesso, che onorasi de' pregi della mente, e alla gentile donna che tanto ornamento reca all' Italia. Be- nedetta le mille volte la nobilissima e chiarissima autrice, che ha sentito si profondamente, e rischiarato si utilissime verità! L. Castel lana. lIFIPlMMiriDI SCIENTIFICHE E LETTERARIE PER LA SICILIA iV." 81. — Giugno 1840. PROSPETTO DELLE SCIENZE, E DELLA LllTTERATURA DEL SECOLO DECIMONONO IN SICILIA. Zoologìa (Continuazione dell'art. II.) V. il fase. 80. Il dottor Michele Azzarello da Palermo mosso da naturai tendenza, e giovandosi non di rado delle cogni- zioni del Palazzotto studiò ancora tra i primi sugli ani- mali. Formò una ricchissima collezione d'insetti della Sicilia, non che di paesi più lontani di oltremare fa- cendone cambi con lo straniero; acquistò conchiglie, acquistò uccelli, e questi pervenne a imbalsamare e preparare con tal maestria che sino da personaggi i più cospicui ne ricevè incarichi ; al che volentieri si arrendeva non solo per le sue amabili e cortesi ma- niere, ma perchè in tal guisa avea il destro di stu- diare molti uccelli e rari dell'Isola, che altrimenti non potea. Versalo com'egli era nell'anatomia umana ol- trecchè si studiava di determinare le varie spezie di i46 inselli, di conchiglie o di uccelli, che caderano sotto la sua osservazione, molto diletto traea dal conoscere la loro struttura , la qual cosa facea ancora di altri animali. Sovente inebriato di piacere egli corse al padre mostrandone or l'uno or l'altro organo, o il per- chè spiegando delle modificazioni da taluno di questi organi sofferte relativamente all'uomo (i). Memorabil piacere, che sarebbe slato al cerio fecondo di grandi risullamenti nello studio dell'anatomia e fisiologia com- parata in un paese, ove tutto non si fosse opposto al progresso di queste scienze! Dei risullamenti dei suoi studi nella zoologia nuU'allro sappiamo, ch'egli lavorò lungo tempo ad un'opera di Entomologìa. Morto nel cholera tutto di lui si disperse (2) fuorché la sua me- moria , che ci è pur molto cara , perchè si cancelli così presto delle nostre pagine. L'anno 1826 pubblicavasi frattanto in Parma una parte del tomo 3° dell' opera sui Testacei delle due Sicilie con aggiunte ed annotazioni di Stefano Delle- Chiaje da Napoli. L'anno appresso pubblicavasi un'al- tra parte dovuta del tutto a questo allievo del fon- datore della classe de' molluschi. Si ragiona nella prima di quattro specie, di trentanove nella secon- da. La storia, la descrizione, 1' anatomia più minuta degli organi dei testacei, la rappresentazione di questi testacei e di quelli organi in figure corrispondenti, il tutto magnificamente eseguito, ecco ciò che avea fatto Poli nella sua opera immortale , ecco ciò che dovea fare Delle Chiaje nello imprenderne la continuazione ossia nel trattare degli univalvi delle due Sicilie. Pure (i) Questo mi diceva un vecchio piangendo — Era appunto il padre. (2) Dicesi che il manuscritto e molti insetti si fossero venduti dopo U ina 0iorte dalla moglie ad uno straniero, di cui s' ignora il nome. i47 dal 1795 epoca della pubblicazione del 2" tomo del- l'opera del Poli al 1827, in cui pubblicossi la 2* parte del tomo 3° anzidetta, si era di già studiato da altri e si seguiva a studiare profondamente l'organismo dei molluschi , la scienza pei travagli principalmente di Cuvier e di Lamarck era progredita a gran passi, con lo stato di lei non era più compatibile la distribu- zione di quegli animali cominciata da Poli e seguita da Delle-Chiaje, non era sperabile insomma dalla con- tinuazione di quell'opera l'interesse, che la novità di essa avea una volta destato ; toltochè non si avesse mirato di promuovere precipuamente la conoscenza di uu gran numero di testacei dell'uno e dell'altro Regno, il qual precipuo intento si allontanava dal piano di quell'opera. Per queste ragioni senza dubbio e forse ancora per la spesa ingente di essa Delle Chiaje si ristette dal continuarla più oltre, ed a pubblicare si die- de soltanto la conliauazione delle Memorie sulla storia e notomia degli animali senza vertebre del Regno di Napoli , ed altre opere da cui ha tolto la celebrità del suo nome. Pubblicò gli è vero l'anno 1828 nel voi. 3° delle sue memorie un primo suppliraeuto ai testacei univalvi delle due Sicilie , dove siccome abbiam detto intese a promuovere con ispecialtà la conoscenza di questi esseri; ma se nella continuazione dell'opera del Poli ben pochi sono i testacei , che si riportano dai mari di Sicilia, in tal supplimento, toltine due(i), ninno se ne riporta dei mari medesimi. Onde concludiamo questi travagli avere in verilà contribuito assai poco a illustrare la zoologìa della nostra Isola. (1) Tmbine laraclloso? Ncrila dubbia. i4B Un'altra opera sui testacei delle due Sicilie veniva alla luce l'anno 1829, allorché Oronzio Gabriele Ce- sia pubblico professore di zoologìa nell' università di Napoli , e chiarissimo autore della Fauna di questo Regno e di altre opere ne redasse un catalogo siste- matico e ragionato. Noverò egli in questo catalogo di unita alle serpule 358 specie di testacei dell' uno e dell'altro Regno, che distribuì secondo il sistema di Linneo, e cui fece corrispondere hi nomenclatura del Lamarck; riportò di ogni specie le dimensioni, il luogo preciso dove abita; descrisse e raffigurò in due tavole litografiche le specie da lui credute nuove ; e sparse sovente il suo lavoro di molte ed erudite osservazioni. In quest'opera il Costa fé' menzione di un numero di testacei della Sicilia , di cui ninno certamente avea detto prima di lui. Che se il professore di Cassela (i) fornito di più mezzi fé' conoscere dappoi, che il pro- fessore di Napoli era incorso in vari errori nella de- terminazione di siffatli animali, ciò non torrà a questo r onore di avere corretto anch' egli degli errori sco- perto dei nuovi testacei (2) e prevenuto in parte le fatiche di quello. Ma è tempo ornai di volgere i nostri sguardi a colui, che ha onorato veramente la Sicilia colla pub- blicazione dei suoi travagli in alcuni rami della zoo- logìa, io dico ad Anastasio Cocco da Messina. Pubblico professore di materia medica e medico in questa città egli ha mirato in uno a rendersi sempre più degno di quel posto, benemerito dell'umanità inferma, ed a (1) Rudolfo Amando Filippi autore di un' opera sui moUuscUi della Si- cilia, di cui appresso parleremo. (ti) Hclix crispala (Mazzulli Jan ). Spondylus Gussoni, Ancylus Gus- soni. Cerithiuin fuscatum etc. .'49 soddisfare la sua passione per gli studi zoologici e principalmente per la ittiologìa. Così egli scriveami un giorno « io amo signor barone la ittiologìa che noi posso dippiù « nobilissimo amore di cui Messina debba andar superba! Non essendo qui luogo d'intertenermi di altri suoi lavori, che piiì presto la materia medica o in gene- rale la scienza della medicina risguardano , e di cui ancora con lode si è parlato in vari giornali (i) , o nelle relazioni annue dell'accademia Gioenia (2) o in altre opere nazionali straniere (3), dico adunque che nel tomo XXVI del Giornale di scienze lettere ed arti pub- blicato l'armo 1829 trovasi inserito un sunto di una « Memoria del dottor Anastasio Cocco su di alcuni nuovi pesci dei mari di Messina w. L'autore in una brevissima introduzione cenno come di volo della po- sizione topografica della sua patria, e della ricchezza di ogni maniera di naturali produzioni. Descrisse nel resto di quel sunto come nuove quindici specie di pesci (4) da lui ritrovate nei mari di Messina, e dis- poste secondo il metodo naturale del eh. signor Ris- so (5). Rendendo più generali i caratteri del genere (i) V. Biblioteca Italiana di Milano n. CXI pag. 422. Giornale di scien- ze lettere ed arti per la Sicilia n. i56. (2) V. la Relazione accademica per l'anno 7. del sig. Carlo Gemmcliaro. (3) De febre per varias Siciliae plagas populariter grassante Acroasis auctore Antonino De-Jacobo. Catanae i833 in 8.° — Scorsa per la Liguria orientale, Elba, costa orientale della Sicilia e Malta di Brunncr. voi. unico pag. Ili Winterthur 1828. (4) 1. Leplocephalus trichiuìus, 2. Leptocephalus Gussoni, 3. Lotta joptera, ^. Merluccius atlenuatus, 5. Merlangus pertusus, 6. Trìptery- gion melaenocepholus, 7. Tradii nus aureo-victalus, 8, Gyinnocephidits messanensis, g Bodianus pelorilanus io Ciwieri, 11. ScnpeLis Cocco. 12. Bissa, i3 Njctop/ium meiopoclitmpuin, 1^, Gmleropelccus acaiUin-us. l5 ^rgyropelecus emip;yiniius. (5) Hisloirc iiaturelie dcs principalcs prodnctio',io> 4^ 1' Eui'opc meri- dionale. i5o Tripterjgion ài Risso formò di questo due naturali sotlogeneri, al primo di cui ascrisse il Tripterygìon nasus dello stesso autore, ed al secondo il suo Tri' pterygion ineloenocephalus; formò del suo Gjmno' cephalus messanensis noa che un genere , ma una famiglia tra gli Echenidi e i Gabbioidi, edelsuo^^r- gjropelecus emigjmnus un'alta famiglia tra i Sal- monidi e i Clupidi; descrivendo il suo Niciophum metopoclampum modificò i caratteri del genere JVic- tophum di Raphinesque, ed opinò che questo genere potesse aver luogo tra i generi Scopelus e Gaste- ropelecus; non lasciò di notare frattanto le differenze tra taluni pesci da lui descritti e quelli con cui potreb- bero assomigliarsi od accostarsi, riferì i nomi vulgari, <;oi quali il maggior numero di quelli si esprimono nella sua patria, e dichiarò infine accortamente, che se egli nella scarsezza dei mezzi in cui ritrovavasi avea fatto progredire anche di una scoperta la scienza, era pago delia sua fatica. Sin dalla pubblicazione di questo primo lavoro it- tiologico Cuvier e Valenciennes che ne facevano men- sione nel voi. VI della loro opera intitolata « Histoire i naturelle des Poissons » onoravano il Cocco del titolo di savant; e Luciano Buonaparte nella sua « Icono- grafia della Fauna Ilalica w dolevasi di aver conosciuto troppo tardi un tal lavoro per non avere potuto adot- tare il nome specifico del Boclianus Peloritarms pe- sce veramente nuovo dal Cocco assai ben descritto , e die quegli descriveva poscia col nome di Anthias buphtalmus essendo il genere Boclianus ormai bandito dalla scienza. L'anno i833 nel tom. /[i del giornale teste riferito diresse il Cocco una lettera al sig. A. Risso su di i5i alcuni pesci dei mari di Messina. Quattro nuove spe- cie (i) vi descrisse appartenenti alle famiglie nume- rose dei Blennoidi e dei Labroidi, formandone di una il nuovo genere Tjlosurus tramezzo i generi Belone e Trachurus; fece cenno del Terranus nebidosus di Cuvier la di cui patria è sconosciuta , e che pescasi nei mari di Messina, non che di un altro nuovo ge- nere di pesci , eh' egli chiamò del nome suo vulgare Ruvettus, e che dovea descrivere altrove ; e corredò la sua lettera con una tavola in rame delle figure dei pesci da lui descritti. Cuvier e Valenciennes, che eb- bero sotto gli occhi la lettera del Cocco oltre degli altri pesci avrebbero dovuto tener conto del Blennius B.UXU ivi descritto, e riportarlo nella loro opera cen- nata o come nuovo, o come sinonimo di altro pesce conosciuto ; il che non avendo fatto sembra doversi attribuir loro a dimenticanza. Accettava intanto il Buonaparte nella sua magnifica opera il nuovo genere Tjrlosurus, e » benissimo caratterizzato dal valente ittiologo dottor Cocco » il dicea. Quassi allo stesso tempo cioè nel mese di aprile dell'anno i833 il Cocco facea cenno separatamente del suo genere Ruvettus e dei caratteri che lo distinguono nel n." XIII dell'Osservatore Peloritano. Ne scrivea quindi una lettera al sig. Carmelo La Farina inserita nel n.° ij dello spettatore Zancleo , che fu riportata in Pisa nel t. xxviii. del nuovo giornale dei letterati. In essa con una modestia, che l'onora, il Cocco riven- dicava la scoperta di questo genere, di cui Francesco Cantraine naturalista di S. M. il Re dei paesi bafsi (a) * Blennius Ruxii. a Clinus mutabilìs. 3 Coricus fuseiatus. 4 Tj- losurus Cantraiuei. l52 intese a defraudarlo, dopocìiè quello a questo aveala gentilmente comunicala, e in segno di amicizia l'unica specie dell'altro genere Tjlosurus del di costui nome ìflosurus Cantraine intitolata. E noi su questo pro- posito ci contentiamo di riferire soltanto le parole del Principe di Musignano « . . , . Bensì al chia- rissimo dottore Anastasio Cocco indefesso ittiologo di Messina dobbiamo la prima notizia scientifica di questo invidiabile abitatore delle onde trinacrie, quale specie di tutte le altre distinta; ed un suo cenno (i) fu ba- stevole a consigliarci l'adozione del genere Ruvettus come proprio e caratteristico. Ora però che vediamo coronala quella prima invenzione da una di lui let- tera sull'argomento medesimo al segretario dell'acca- demia Peloritana, nulla crediamo che resti in propo- sito a desiderarsi. Ma quando il Cocco si applicava al discopriraeuto, mostrò la figura dell'oggetto al si- gnor Francesco Cantraine dei Paesi Bassi , il quale viaggiava la Sicilia per acquistare cose naturali al museo di Leyden, e fu allora che l'ottimo Belga in- vaghito soverchiamente del prezioso Rovetto, e pro- cacciatoselo, gli venne in fantasia d' intitolarlo come cosa nuova al celebratissimo signor Temminck , ap- pellandolo Ruvettus Temminckii Rendasi però a ciascuno il suo, e resti al nuovo pesce il no- me di Ruvettus praetiosus impostogli dal primo vero ritrovatore ». Il Rovetto , cui bene a ragione diede il Cocco il nome specifico prezioso , poiché si pesca raramente, è cibo molto squisito, e giunge ad acqui- stare il peso di più di cento libbre, dicono i pesca- tori che abita in grandi scogli alla profondità incirca (i) Cioè quello inserito ncU' Osscrvatoi"« pcloritano. i53 di mille e dugerito piedi nel mare non molto discosto di Messina , e più che altrove nel lato meridionale; che pescasi meno raramente nel mare di Giardina dove prendesi del pari all'amo, adescandolo con alcun pesce quasi in tutti i tempi dell'anno e con ispecialtà nell'inverno. ' Un'altra lettera al signor Valenciennes su di un nuovo pesce del mare di Messina nel tom. 5i del Giornale di scienze lettere ed arti l'anno i835 di- riggevasi dal Cocco e dal dottor Luca Scuderi. An- ziché al genere Astrod^rmo di Cuvier, riportavasi quel pesce per le ale giugulari abbastanza apparenti al ge- nere Diana di Risso, e Diana Falentienesii intito- lavasi. Non avendo niuno prima del Cocco descritto un tal pesce in buono stato, e monche essendo per- ciò le descrizioni datene da celebri naturalisti, il prin- cipe di Musignano facea ragione al Cocco se si era ingannato; perlochè un giovane individuo della Diana semilunata di Risso reputavalo, ed al suo vero ge- nere Astrodermo riportavalo. Leggesi lo stesso anno nel tora. XI degli atti del- l' accademia Gioenia di scienze naturali un « Cenno su di una nuova razza intitolata dal signor Cocco alia stessa accademia col nome di Raja Gioenia (i). Nella relazione per l'anno XIII scritta dal eh. se- gretario generale prof. Antonio di Giacomo leggesi ancora che questa accademia il primo agosto i836 avea ricevuto un interessante schiarimento del socio (i) Questo lavoro come ci viene assicurato dallo sfesso A. è incomple- to, perchè per errore fu inserito invece di un'altro più perfetto che TA. inviò a quella Accademia accompagnato da due ottime figure che rap]ire- scntavano questo Plagioslomo così col dorso come col ventre. Il Signor Cocco si propone di pubblicarlo con maggior estcnzione e perfezionamento. i54 corrispondente Anastasio Cocco sul Paralepis hrali" nus ( Cuv. e Valent. ) conosciuto prima del Raphi- nesque col nome di Sudis hyalina. Non mancando un tal pesce dei denti della mascella superiore, ed a- vendo dei raggi nel mezzo della seconda ala dorsale, abbenchè questa sembri adiposa, il nostro autore ri- conosce erronea la denominazione datagli da Raphi- nesque, e ritenendo quella datagli dai due francesi, passa a darne un'esatta descrizione. Noi tutta fiata non abbiamo veduto questo interessante schiarimento pub- blicato negli Atti della prelodata Accademia. Ma eccoci a parlare di una nuova lettera del Cocco su di alcuni Salmonidi dei mari di Messina diretta al principe di Masignano li 2 ottobre dell'anno i838, e che vide la luce nei nuovi annali di scienze natu- rali in Roma. Invitato da questo celebratissimo Ita- liano a scrivere una monografia di quei pesci egli annuncia che completerà un tal lavoro, quando avrà fatto acquisto di taluni salmonidi, dei quali non po- teva in quel punto dare che dei cenni tratti da ri- cordi di alcuni suoi manuscritti. Riflette intanto « che i caratteri a questa famiglia assegnati dagl'ittiologi vo- gliono in qualche guisa modificarsi, potendo talvolta la seconda ala dorsale essere affatto adiposa, e sfor- nita in tutto di raggi , e tal' altra averne alcuni in- completamente sviluppati o come altri direbbe rudi- mentari ». Fissati i caratteri della famiglia dei sal- monidi , determina ancora i caratteri di una nuova tribù di questa famiglia, che m potrebbe aggiungere a quelle dei Salmonini e degli Scopelini ammesse da Buonaparte, e che egli chiama dei Gonoslomini, i quali hanno come i Salmonini il margine mandibolare for- mato nella massima parte dal mascellare , ma difTe- i55 riscono da questi per la seconda ala dorsale sensibil- mente in parte radiata; e poiché per questo carattere agli Scopelini piìi presto si rannodano, riguarda la tribù dei Gonostomini, qale anello intermedio tra i Salmonini e gli Scopelini. Ascrive ai Gonostomini il genere Gonostoma da lui detto Gonostomus ma- lamente caratteiizzato dal Rafìnesque , e di cui ne modifica per conseguenza i caratteri; agli Scopelini, della quale tribù viene modificando ancora i caratte- ri , ascrive i generi Scopelus e Nfctophus e due altri nuovi generi slabilisce di Salmonidi V Odondo- slomus cioè ed il 3Iaurolicus , descrivendo in lutto tredici nuove specie di pesci (i) appartenenti ai ge- neri anzidetti. E dobbiamo ancora per questa lettera riferire un passo del Musignano che fa grande onore al Cocco w Prendendo ora a dire (sono le parole di quello) degli Scopelini italiani non possiamo meglio condurci che ripetendo le notizie sparse recentemente dal ch.sig. Cocco di Messina, nome ormai celebre nella Ittiologìa, il quale piacquesi diriggerci una sua dotta lettera relativa alle specie Siciliane , resa da noi di pubblico dritto. Che se nei seguenti articoli nostri, e nelle relative figure si trovasse alcun che da potersi credere migliore di quanto sene vide finora, sappiasi che anche di questo gli si apparterrìa tutto il merito, poiché ci fu largo eziandio di privata corrispondenza e di preziosissimi esemplari » Così infatti il Mu- signano formò di una specie riportata dubitativamente (i) 1 Gonostomus acanthurits. 2 Gonostomus Poweriae 3 Gonostomus ovntus. /j. Scopelus Benoisti. 5 Scopelus Risso. 6 Scopelus Cocco. 7 iN'v- clUophus Rafinesquii. 8 Nychtoplius Melopoclampus. g JSychtophus Ge- mellava, io Nychlophus Éonnpartii. H Odontostomus hfalinus. 12 Sco- pelus ( Maurolicus ) amethyslinopunclatus. l3 Scopelus ( Maurolicus ) ai- tenuatus. i56 dal Cocco al genere Gonostomus e delta Gonostomus? ovatus un nuovo genere, che dedicar volle al nostro autore chiamandolo Jctiococcas^ a cui ascrisse anche un'altra specie dal Cocco nominata Gonostomus Po- veriae . Intorno alla famiglia dei Salmonidi a noi giova dire frattanto, eh' essa è stata illustrala nella maggior parte dal Cocco, non conoscendosene prima che qualche individuo e molto confusamente. Due nuovi pesci danno occasione al Cocco di scri- verne un cenno nel n. -y. del Giornale l'Innominato il mese Aprile dell'anno i83g. Forma di uno il nuo- vo genere Schedophiliis della famiglia dei Centrolo- fìni, chiamandone la specie Schedophilus medusopha- gus per l'abitudine che ha (juesto pesce di amar l'om- hra e di cibarsi dei tentacoli filiformi di alcune me- duse. L'altro pesce assai importaute, che è una spe- cie di Trachurus ^ dal Cocco descrivesi col nome di Trachurus melanosaurus^ sebbene egli sospetti che fosse il Caranx Amia di Risso non di Lacépède. II Principe di Musignano si affretta di adottare il nuovo genere Schedophilus del Cocco come segnalalissimo, figurandone nella sua Iconografia il più bello esem- plare da qnesto mandatogli. Un' altra lettera havvi nel giornale il Maurolico in- viata dal Cocco al celebre professore Stefano delle Chiaje li i5 Maggio dell'anno i84o che corre, nella quale cinque nuovi pesci vi descrive dei mari di Mes- sina. Avea il Cocco scritto di taluni una memoria per leggerla al Congresso Pisano, dove era stato invitato, ma poi non anelò. Di lai pesci singolarissimo è il nuo- vo genere Mupus^ la di cui specie chiama il Cocco Mupus imperialis dal nome volgare (Mupu' imperiali) dato a questo pesce dai pescatori messinesi. L'autore si avvisa, che quantunque un tal genere si potrebbe per avventura riporre meglio che in qualunque altra famiglia conosciuta in quella degli Scienoicli, pure a- vesse a costituire il tipo di una famiglia novella in- termedia a quella degli Scieuoidi e dei Percoidi. Un buon genere sembra il suo Helmintosoinui delle Chiaje dall'autore creduto per qualche tempo lo stesso del Lepidopus pellucidus di Risso. La lunghezza della pinna anale e il grande prolungamento capillare della coda sarebbero bastevoli caratteri a farne un genere novello, comecché avessero potuto sfuggire di vista all'autore le due squame ventrali, che sono anche proprie di questo gemere. Importante sembra ancora la sua Clupea Crjsotaenia^ quantunque si potesse sospettare di essere la Clupea alecia di Raphinesque. L'autore non dissimula questo dubbio ma ragionevol- mente fa riflettere, che la grandezza della pinna dor- sale della sua specie, e il maggior numero dei raggi di essa che non son dieci ma sedici uon avrebbero potuto non essere osservati dal celebre naturalista ame- ricano, per quanto fosse trascurato nel descrivere. Va- ghi e bei pesci sono per fine il suo Crenilabrus Cja- nospilatus^ e il piccolo Lepodogaster Ottaviani. E qui han termine i travagli ittiologici pubblicati finora dal Cocco, qui le sue numerose scoperte di pe- sci, di che egli ha arricchito finora la scienza. Niuno dei Siciliani in questo secolo avea pubblicato prima di lui scoperte di animali dell' Isola; niuno gli avea illustrato con esatte descrizioni o interessanti osser- vazioni; niuno giammai avea proposto fra i nostri na- turalisti nuove famiglie o tribù di oggetti naturali , se togli il Gioeni con la pretesa nuova famiglia di testacei; niuno ancora ne avea illustrato qualcuna pò- i58 co conosciuta. Qual sia il grande valore del Cocco in questo studio ben lo sanno gi' Ittiologi, e ben può giudicarlo il celebre autore della Iconografia della Fauna Italica, di cui non senza ragione abbiamo ri- portato taluni passi. Che anzi allorché questo italia- no diceva del Cocco nome ormai celebre nella It- tiologia^ forza è inferirne, che questo nome abbia già discorso molte regioni della terra, e che in varie ope- re a noi ignote fosse segnato eternamente alla memoria dei futuri. Ma il Cocco è nel vigore degli anni, e non tocca ancora il quarantesimo dell' età sua. la questa età, con fama sì grande, ben potremmo spe- rare eh' ella divenga gigante. E chi non vede che il Cocco sarebbe sul punto d'imprendere un' opera d'It- tiologia sicula ? Chi ignora che quest'opera potrebbe meravigliare gli scienziati, per le scoperte considere- volissime di nuovi pesci che potrebbero farsi, e per l'incremento considerevolissimo che ne avrebbe quin- di la scienza, stante l'immenso numero di pesci che accorrono ai nostri lidi, piìi di ogni altro alla parte meridionale dell' Isola, dove una gran parte vengono a depositarvi le uova? Chi meglio dei Siciliani, chi meglio del Cocco potrebbe imprenderla? A nostro av- viso la città fiorente di Messina dovrebbe agevolare al possibile questo famoso scienziato di cui tanto si onora. Dovrebbe fargli percorrere tutti i lidi della Sicilia per la formazione di quest'opera. Quale onore al Cocco, quale a quella città, quale a tutta Sicilia! Manca quest'opera tuttavia, ed al pari come abbiamo veduto gli stranieri ^venire dalie più remote contrade fra noi illustrando qualche branca intera della Zoo- logìa siciliana, forse avremmo a vedere che altri me- no celebre del Cocco ed anco oscuro venga da quelle i5g contrade ad illustrare l' intera nostra Ittiologìa per acquistare poscia in un tratto una maggiore celebrità del Cocco medesimo. E finisca una volta questa ver- gogna per la Sicilia, finisca per Dio ed a questo si cooperino le città, la nazione ed il Governo. Bar. Andrea Bìvona. Su i Palloni aereostatici. L'uomo, quell'essere al cui preminente ingegno tutto si piega e ubidisce fin la natura medesima, è costret- ta rivelare di quando in quando, i suoi piìi misteriosi arcani, i più reconditi suoi nascondigli, mirava quasi con invidioso compiacimento e rivalità, i vispi e leg- gieri abitatori dell'aria, trascorrere con indicibile ra- pidità le vaste regioni dell'oceano atmosferico. Ei che di già avea colle navigazioni turbato il riposo degli abitatori del mare, aprir voleasi una strada in regioni che pareano a lui uegate, e in cosifatlo modo godere dei meravigliosi ed imponenti spettacoli, che promet- teagli r idea di un viaggio eseguito , negli immensi ed interminabili spazi dell'aria. Vedea gli uccelli a sì estesi voli innalzarsi , mercè due appendici , che promanandosi lateralmente dal loro dorso, velocemente si muovono, e battono l' aria. Quindi i primi suoi tentativi arrestarousi alla imitazione del meccanismo che Id natura ai volatili avea fornito. Non pochi in tempi diversi, arditamente sifatta idea concepirono ed alle spalle adattandosi dei congegni imitanti la forma e la leggerezza delle ali, questi con le braccia rao- veauo, e così, come gli uccelli, ad altissimi voli spe- i6o rarono alzarsi- Infrutluosi però , e senza efldto riu- scivano i lor tentativi. E certo il provvido Autore della natura , varia- mente conformò gli animali, giusta la varia natura del mezzo in cui muovonsi, e la struttura dei loro organi se corrispondere all' uso cui son destinati. Gli uccelli fornì di ossicini sottili , e abbondanti di un certo midollo, che più leggieri li rende. Oltrecciò detti ossicini contengono delle numerose cavità ed intersti- zi, che comunicano coi polmoni, dai quali continua- mente ricevono un' aria calda e rarefatta, die di molto ine;randisce la lor leggerezza (i). Le ali poi degli uc- celli costruì di sottilissime penne , che risultano da canaletti vuoti del tutto, e da barbe leggerissime e quasi impalpabili. Infine dotò i loro muscoli di tal forza, che vigorosamente essi muovono le ali, e senza stancarsi, fortemente e con rapidità battono 1' aria , (i) Si osservi ammirabile previdenza della natura! Mentre l'aquila, la lodola, e gli altri volatili che slanciandosi nell' aria s' involano alla tiran- nia dell' uomo e spaziano nel seno delle nubi, son conformati nel modo da me sopra espone; il passero, il gallo d' India , la gallina etc. hanno gli ossi compatti, senza cavità alcuna, e sembrano trattenuti presso di noi dalla influenza stessa della loro organizzazione. Intanto dei primi 1' uomo non ha che fare, mentre i secondi servono qual più qual meno ai nostri bisogni. Si credette per molto tempo, che le ale delle farfalle, e di altri in- setti fossero di un sol pezzo, da un insigne osservatore però si scoperse, che queste ale, quantunque per la maggior parte trasparenti e sottilissi- me, sono formate da due membrane, e l'intervallo che le separa trovasi sparso di canaletti aerei. Questi canaletti, per mezzo di un apparecchio di prodigiosa delicatezza, cominiicano cogli organi della respirazione} e l'aria che li riempie essendo dal calore dilatata, li sostiene colla sua leg- gerezza. Per tal modo nuotano gli insetti nell'aria, come i pesci nell' ac- qua. È impossibile, dice il Martin a questo proposito, di non conoscere ed adorare in siffatti fenomeni, le tracce di quel sapientissimo pensiero unico, che alla creazione presiedette di tutti gli esseri. V. Aimo Martin lettre a Solic sur la Physique la chimie et l'histoire naturcUe, lettre XIV. i6t in qualunque altezza si trovino, e per quanto lungo sia il Joro cammino. Or le ossa dell'uomo, che dal crea- tore fu destinato a muoversi in sulla terra; oltre ad es- sere dure e compatte, sono del tutto sfornite di cavità, ed oltracciò , qualunque sia l'artificio che si vuol con- gegnare, non mai si perverrà ad imitare quella legge- rezza delle piume, e de' canaletti aerei, che nelle ale degli uccelli si scorgono. Ma dato che ciò si asseguisse la forza rausculare dell' uomo, in proporzione al peso del corpo, è di gran lunga inferiore a quella degli uccelli, onde ei non arriverebbe a muoversi con quella celerità e con quel vigore che dai volatili esercitasi, ne sostener si potrebbe sulle regioni dell' aria, che è un fluido mobilissimo e risultante da molecule che ad ogni minimo urto cedono e si allontanano. Conosciuta l' impossibilità di riuscire col meccani- smo del volo, a battere il sentiere dell'atmosfera, si volsero gli ingegni dei filosofi, che sempre inrequieti sono e speculatoli, a sostituire al cennato artifizio , quello della navigazione che più li capacitava. E poi- ché l'Italia è stata sempre la culla delle più sorpren- denti scoperte, delle più sublimi invenzioni, giova qui ricordare, che fu primieramente l' Italiano Gregorio Lana, che quest' ultimo meccanismo, sebbene non com- pletamente ne del più agevole modo, propose (i).Ed ognun sa, che questo è 1' ordinario destino dei sco- pritori, e che ciò nulla toglie alla fama da loro ac- quistatasi ed al rispetto che si dee loro dai posteri. Il Gallieno si die in seguito a proporre un'altro me- todo di navigazione aerea, che sembrò più agevole ad eseguirsi, ma che frattanto, siccome quello del Lana, (i) V. Lana. Prodromo dell'Arte Maestra Brescia 1670. l62 Bou si pose ad effetto, perche si conobbe non esser» scompagnato da uon lieve difficoltà e da pericolo (i). Onde ognun vede che sino al 1782, non si avca- uo in riguardo all' innalzamento uell' atmosfera , che infruttuosi tentativi, o speculazioni ineseguibili. In tale anno però il Mongolfìer ( Giuseppe ) coli' invenzione dei palloni areostatici, celebre ed immortale rese il suo nome. Questi, associato con suo fratello anche diligentissimo osservatore, mirando le nubi leggermen- te sollevarsi iu alto, e stanziarsi nelle più elevate re- gioni dell'aria, imaginò di formare artificialmente un' inviluppo che alla leggerezza delle nubi si fosse avvicinato. Quindi ei costruì dei palloni di tela o di carta, e gonfiandoli mercè il bruciamento di materie animali con paglia e virgulti, oltenea il loro innal- zamento nell'aria. La prima pubblica esperienza che essi diedero coi palloni aereostatici fu in Annonay il giorno 5 giugno del 1783 alla presenza degli slati generali, e di un' immenso concorso di popolo. Essi tutti sorpresero, e ottennero vivi plausi ed onori. Poic- chè il pallone, da essi allora in cosifatto modo inal- zato, e che si disse Mongolfiera ( nome sin' oggi ri- masto ai palloni aereostatici), avea la circonferenza di no piedi, portava attaccalo all'orifìzio un fornello ripieno di materie combustibili, e si elevò ad un'al- tezza di 1000 tese. — Coloro frattanto, cui queste le- zioni indiriggonsi , potrebbero dimandare , perchè il pallone si gonfia, perchè diventa più leggiero dell'aria perchè in alto si eleva? È a tutti noto che l'aria po- tentemente dilatasi, allorché del calore suttomettesi air influenza. Il calore allontana le sue particelle, che (') V. Galilea t Art de navigucr dans les airs Avignon i^SS* i63 per altro sono cedevolissime, e sempre più aumenta gli interstizi che tra molecula e raolecula si frappon- gono. Una vescica difatto ripiena d' aria , sottoposta all' azione del fuoco immantinente si rompe , come anco osservasi in una bottiglia a pareli assai doppie. Dilatazione importa occupazione di un luogo maggiore, in effetti l' aria che si contiene nella vescica e nella bottiglia, dilatandosi pel calore non può contenersi più nel medesimo spazio, quindi sforza le pareti in cui è carcerata, e sì potentemente che li riduce spezzan- doli in minutissime schegge. Onde è chiaro che l'aria contenuta dentro 1' inviluppo di tela o di carta, che prima era floscio e di figura irregolare ed informe , dilatandosi col calore dovrà espandersi, e quindi gon- fiarlo. Or la dilatazione oltrecchè porla con se, lo ingrandimento del volume dell'aria, imporla ben'anco diminuzione di peso nella medesima. E noto l'aria esser fornita di peso , siccome per mille esperienze dai fisici si è comprovato. Or un volume d'aria di- latata, in parità di circostanze, pesa assai meno di un volume eguale di aria nel suo stato ordinario. E que- sto è chiaro, giacche nell'aria dilatata accresciuta è la distanza delle molecule integranti, che sole hanno un peso, e perciò in un dato volume è minore la quantità delle molecule nell'aria rarefatta, in riguardo all'aria non dilatata. Quindi l'aria contenuta nello inviluppo di tela, sarà specificamente più leggiera del- l' aria ambiente. Dietro ciò, l' innalzamento dei globi aereostatici, è una mera applicazione della teoria dei galleggianti. Un corpo , che essendo fornito di una gravità specifica (i) minore del liquido o del fluido (i) La ff-avità specifica o densità è il rapporto del peso di un corpo al suo volume. Uà pollice cubo di argento pesa più di un pollice cubo it)4 iu cui si immerge, non resta immerso o profondalo, ina si mette iu riposo alla superfìcie del fluido o del liquido, dicesi galleggiante. Il sughero ha una spe- cifica gravità di gran lunga minore di quella dell'ac- qua, onde non si profonda, ma sta nella superficie del mare, e come si dice galleggia. Lo stesso si os- serva nel fumo, che sale iu allo. Non è che il su- ghero o il funio sono sforniti di peso , e perciò di gravità, ma relativamente il loro peso è minore del- l'acqua e dell'aria, onde sono costretti a levarsi iu alto, ed a galleggiare. Quindi il pallone che è come abbiamo veduto, specificamente più leggiero dell'aria ambiente, dovrà di necessità, come là un pezzo di sughero m mare, levarsi in alto e galleggiare nella atmosfera. Ma si dirà, il pallone dovrà sempre inal- zarsi nell'aria, senza mai fermarsi? A questo riguar- do è da ricordare, che la densità dell'aria, non è u- guale nelle varie sue altezze, nei varj suoi strati. Vi- cino alla terra essa è più densa a causa dei vapori che dalla stessa s' innalzano. Comincia ad essere me- no densa e più pura, come cresce l'altezza, e nelle alte regioni essa e molto leggiera, e trasparentissima. Ivi ditatto, oltre alla mancanza dei vapori, continua- mente si porla l'aria che per varie cagioni, o vicino la superficie della terra, o in varie altezze si rarefa. Onde ognun vede, che nelle alte regioni dovrà rio- "venirsi uno strato d'aria, che abbia la stessa specifica gravità e leggerezza di quella rinchiusa dentro il pal- lone, ed ivi questo si fermerà perchè non vi ha più alcuna causa che potrà sospingerlo in alto(i). di stagno, onde si dice che l'argento ha una gravità specifica maggiore di quella dello stagno, perchè nello stesso volume le molecule dell' argento sono più ravvicinate, cioè j)iù dense, in riguardo a quelle dello stagno. (i) Iu questo strato la differenza dei pesi dell' aria fredda spostatae i65 L' esperienza di Annonay fu moltissime volte ripe- tuta in Parigi, e sempre con maggior grido ed entu- siasmo. In seguito taluni uomini arditi e intraprendi- tori, non temerono affidarsi alla Mongolfiera. Essi pe- rò da principio, sdegnarono elevarsi a una grande al- tezza, onde legavano il pallone con delle corde, che trattenendosi al basso, limitavano il suo inalzamento. I celebri Pilalre des Rosiers e Darlandes furono i pri- mi che, levate le corde, si abbandonarono alla sola mongolfiera, alzandosi, come si dice, a pallone per- duto. Maestosamente in alto levandosi , essi diedero il primo esempio ai maravigliati e numerosissimi spet- tatori di un'aerea navigazione, poiché in meno di 17 minuti percorsero più di 4^00 tese nelle più alte re- gioni dell'aria. Levatasi la fama dei palloni areosta- tici, imagginarono i fisici varj congegni per miglio- rare e rendere più sicuro e spedito il loro meccani- smo. In effetti la Mongolfiera era pericolosa, non solo pel fuoco, che doveasi mantenere vicino al pallone , ma ben' anco perchè il suo movimento non poteasi regolare opportunamente per iscendere e per salire. Charles fu quello che il primo ebbe la felicissima i- dea, di sostituire all'aria rarefatta il gas idrogeno, o come allora diceasi, l'aria infiammabile. Questo gas è una sostanza aeriforme, insipida, inodora, e incolora e che si può con più modi ottenere, e prmcipalmente dal versamento dell' acido solforico allungato con ac- qua sopra la limatura di ferro. Di esso ampiamente farò parola in appresso (i), solo ora dirò che la sua dell' aria calda interna, dovrà essere uguale perfettamente al peso del- l' inviluppo, del fornello, e del combustibile che contiene, (1) Trattando delle scaldavivande ad idrogeno , dei chalumeau e^delle iKcerne in cui è lo stesso adibito, della illuminazione notturna a gas^idro- geno, che oggi comunemente in piìi luoghi è usilala, e del modo come impedire taluni inccndj cagionati dalla sua accensione. i66 specifica gravità, è i4 volle minore di quella dell' a- ria, onde la sua leggerezza è considerevolissima in ri- guardo all'ambiente, e savio pensiero fu quello di a- doperarlo all' innalzamento dei globi aereostalici (i). Doveasi però costruire il pallone di un' inviluppo non solo assai leggiero e sottile, ma ben' anco impermea- bile al detto gas. Charles preferì il taffeltà intonacato di gomma elastica. E questa un succo densissimo pro- veniente dalle incisioni praticate in un'albero indigeno dell' America, che i botanici chiamano heveu gujanen- sis ed appartiene alla famiglia delle euforbiacee. Essa è insolubile nell'alcool, non però negli olii volatili, e particolarmente sciogliendosi uell' olio di terebentina, dà una specie di vernice, della quale si imbeve il taffet- tà che si adopera per la costruzione dei palloni ae- reostatici. (a) Ciò si renderà eTidentissimo mirando al quadro che segue; Sostanza Densità Peso di un centi- metro cubo Peso di 1000 metri cubi Aria 1 granirne 0,001299075 Kilogrammi 1299,075 Idrogeno 0,0688 o,93ia g 0,00089376 K 89,376 Differenza g o,ooo4o53i5 K Onde e chiaro che un pallone di 1000 metri cubi ripieno d'idrogeno può sollevare un peso di 1209,699 kilogrammi, e un globo di 5oo mctn cu- bi non potrebbe sollevare che 604,849 kilogrammi. Il pallone fatto cos- truire primieramente da Charles avea quest' ultima dimensione. 167 Il primo pallone a gas idrogeno fu volato io Pa- rigi dal Campo di Marte. Esso che era del diametro Ji 12 piedi circa, in 2 minuti si elevò a più di 5oo lese, si sostenne nell'aria per | d'ora, e cadde quattro leghe distante da Parigi. Inseguito il medesimo Char- les, in compagnia del fisico Robert, si innalzò in uà pallone del diametro di 26 piedi, situandosi in una navicella attaccata con corde all' orifizio del globo . Il locale destinato alla ascensione fu la piazza delle Tuilleries, e un colpo di cannone fu il segnale della partenza. Tutta la popolazione di Parigi era in mo- vimento, le piazze, i luoghi elevati erano coperti di spettatori. I due viaggiatori portaron con loro delle banderuole con cui dall'alto dell'aria tranquillamente salutavan la terra. In pochi minuti essi furono tras- portati all' altezza di circa 5oo tese , ed in questa percorsero più di nove leghe in due ore. Dopo ciò sceso a terra il Robert, restò solo nella navicella l'iu- Irepido Charles, che di nuovo inalzatosi, si elevò, con immenso stupore dei circostanti , alla considerevole altezza di 1700 tese. Or come i palloni, indipendentemente dallo scopo scientifico cui si son fatti servire, si adoprano anche per ispettacolo nelle pubbliche feste, giova qui esporre alcun che della loro costruzione, e del modo con cui inalzarlo. D'ordinario quei che per sollazzo si eleva- no, sono di carta, come la Mongolfiera, si gonfiano coll'aria dilatata dalla fiamma della paglia che si bru- cia sotto essi, e per conservare nella loro elevazione la rarefazione dell'aria, si appone al di sotto del loro orifizio (i) a qualche distanza, un paniere mollo leg- (1) Questa apertura è di qualche pieile quadrato. i68 giero, formato di fili di melallo, contenente un corpo combustibile, sia della paglia in minuti pezzi, sia della lana o della carta insuppa(a con olio. Essendo essi però destinati a condurre delle persone , si costrui- scono di taffettà , e si adopera il gas idrogeno per gonfiarli. In questo caso il pallone dovrà costruirsi con molto artifizio e destrezza , e le sue misure de- vono essere proporzionali al peso che deve innalzare. All' orifizio vi si adatta una barchetta , destinala a portasse il viaggiatore, gli strumenti laddove occorre, e dei sacchetti di arena che formano la zavorra. La elevazione del pallone, si dee combinare in modo, da esser prima debole e lenta, e a tal'uopo s'inculca di non gonfiarlo interamente nell'atto della partenza. la sifatto modo, come il pallone si va innalzando, e va trovandosi in istrati d'aria progressivamente meno densi e pila puri , diminuisce la pressione dell' am- biente sulla superficie esterna di esso, ed il gas sem- pre più si dilata. Or quantunque si usi la precau- zione di non gonfiar da principio interamente il pal- lone, pure a una certa altezza, la diminuzione della esterna pressione si è tale, che il gas per la sua im- mensa dilatazione farebbe creparlo. Ciò si previe- ne col praticare una valvola ben costruita , che il viaggiatore può aprire e chiudere a suo arbitrio, nella parte superiore del pallone. L'aereonaula conoscendone il bisogno, quando cioè vedrà eccessiva la dilatazione del gas, aprirà la valvola, e farà uscire una porzione d' idrogeno. Talune volte la valvola è combinala in tal Luodo, che si apre da se stessa, allorché è forte- mente premuta dal gas. Ne si creda che in questo caso, il gas possa tutto uscire dalla valvola. Questa non dà passaggio, che a quella porzione soltanto che 169 soprabboo^a, e la cui presenza, per non esservi più equilibrio fra la pressione esterna ed interna, farebbe crepare il pallone. Uscita questa quantità la valvola da se slessa si chiude, perchè è ristabilito l'equilibrio tra le due pressioni. L'aereonauta poi con destrezza ed accorgimento come si va innalzando, butta successi- vamente i sacchetti di arena, ed in questo modo rende sempre più leggiero il pallone , ed evita quel che è più l'impeto che esso ha nello scendere (i). Infine gli aereonauti portano ancora nella barchetta, una spe- cie di ombrello, che dicesi paracaduta. In caso che, per uno accidente qualunque , il pallone si crepasse o infiammasse, l'aereonauta si colloca sul paracaduta, il quale spiegandosi nell'aria oppone ad essa un'estesa superficie, e così notabilmente diminuisce la velocità della caduta. L'utilità che arreca il paracaduta si rende evidentissima mercè le seguenti fisiche considerazioni. Giornalmente si vede, che un corpo movendosi nel- l'acqua, o in uno altro fluido qualunque, sperimenta un rilardamento nella sua velocità. Sifalta proprietà, che nei fluidi in generale apparisce, dicesi resistenza degli stessi, ed appartiene anche all'aria, inguisacchè un corpo che si muove nell'aria è raen celere in ri- guardo a ciò che, in parità di circostanze , sarebbe nel vuoto. I fisici colle vie sperimentali han ricavato, che la resistenza dei fluidi è proporzionale alla su- perficie dei corpi che in essi si muovono, ed al qua- drato della loro velocità. E ciò chiaro comprendesi, (1) Per ovviare all' inconvcnienfe della perdita del gas per la valvola, si è da taluni proposto di racchiudere il pallone a gas idrogeno, dentro un'altro pallone di maggior diametro ripieno d'aria atmosferica, che l' a- reonuta può fare uscire quando vuole, o fare entrare di nuovo, mcdiaatt una piccola mantice adattata infcrioriuente all' esterna sua superficie. 170 giacche quanto più sono i punti a cui il fluido si op- pone, tanto più dovrà crescere la sua resistenza sul corpo , e quanto piij è celere questo nel muoversi , tanto più energicanaente il fluido dovrà opporsi e re- sistere. Or se l'uomo solo cadesse dal pallone, quan- tunque la sua velocità si andrebbe facendo sempre più grande, pure essendo poca la superficie che esso oppone all'aria, sperimenterà dal lato di questa una piccola resistenza , e inevitabilmente precipiterebbe. Però facendo uso del paracaduta , restando la slessa la velocità con cui cade, si accresce la superficie che oppone all'aria, quindi se da principio piomberà ce- lermente , si avrà dappoi un aumento considerevole nella resistenza dell' aria , finche ad un certo punto equilibrasi con l'energia dello impulso che dà la gra- vità all'aereonauta, e il movimento di questo sul pa- racaduta si renderà dolce ed equabile. In questo modo l'aereonauta che in altro modo velocemente precipite- rebbe, perviene a terra dolcemente, e quasi dal pa- racaduta è leggermente posalo sulla medesima. Non mancarono i fisici in Francia, ad applicare ad usi del tutto scientifici, la perfezione a cui si erano ridotti i palloni aereostatici. Difatti i celebri Biot e Gay-Lussac scaldati dalla santissima brama del pro- gresso della scienza, intrepidamente si alzarono nel 1804 con un pallone a gas idrogeno seco recando non pochi istrumeiiti di fisica, ed eseguendo all'altezza di 4000 metri molte delicale e interessanti osservazioni. Però è più d' ogni altro famoso il viaggio aereo in appresso intrapreso dal solo Gaj-Lussac, sì perchè fu fecondo di più interessanti osservazioni , e sì ancora perchè segna la più grande elevazione a cui 1' uomo '7' si abbia inalzato, quella cioè di 7016 metri sul li- vello del mare (i). Il massimo però delle utilità dei palloni aereosta- tici , sarebbe quello di potere essi servire ad intra- prendere nell'aria dei regolari viaggi , come le navi nel mare, e le diligenze per terra. Ciò importa, che il pallone si potesse dirigere a volontà, e regolare nel suo movimento per qualunque direzione si voglia. In Inghilterra si è promesso un gran premio , per chi giungerà a ciò eseguire, a scoprire cioè, come si dice, la direzione dei palloni aereostatici. Molti hanno faticato su questo soggetto, però nou vi si è riuscito sinora completamente. Sembra però che tale ammi- revole scoperta sia riserbata ai nostri giorni. Giacche nei recenti fogli di Inghilterra e di Italia si legge , che l'Italiano sig. Muzio Mazzi ha scoperto un sem- plicissimo modo con cui dirigere a volontà un'aereo- stata^ tanto nell'aria tranquilla^ che in tutte le cor- renti atmosferiche , e che di questa sua invenzione ha dato due saggi convincenlissimi , con un piccolo modello meccanico dell'apparecchio, il primo nel gior- no io ottobre i83g nel palazzo del Cav. Carmignani in Pisa, alla presenza di vari scienziati del congresso scientifico italiano, ed il secondo nel giorno i/j. no- vembre dell' anno medesimo , nel fisico gabinetto di S. A. I. e R. il G. Duca di Toscana (2). Si legge infine in un foglio di ISew-York , ed in molli gior- nali francesi ed italiani (3), che il signor James C. (i) Dopo una navigazione di 6 ore, nella quale avea percorso più di 3o leghe in linea orizontale il Gay-Lussac lentamente discese e toccò la terra nelle vicinanze di Rouen. È ancora da ricordarsi il viaggio acreo intrapreso dai Signori Humboldt, e Bomplaud, che si elevarono 6100 me- tri sul Chimborazzo sopra il vulcano di Cotopnxi. (2) V. Giornale di Firenze la Dicembre 1839. (3) V. Il Figaro di Milano N. 99. »" Dicembre iSSg. 172 Patlon per un premio di 8000 tallari, si prende l'im- pegno di fare regolarnaente il trasporto de' ^dispacci fra New- York, e Nuova-Orleans in i5 ore , mercè l'invenzione di un pallone aereostalico , con cui può viaggiare nell' aria dirigendo a voler suo il proprio cammino^ e che può sostenere un peso di 5oo libre, e per ogni miauto primo percorrere un miglio e due terzi (*). Domenico Ragona-Scina'. DELLE ISTORIE E DI QUELLE ITALIANE DEL BORGHI Art. II." Hitornando ora dopo lungo episodio al Borghi dirò candidamente quel che ne penso. L'autor di queste pagine protestasi a lui aiFezionato; ne è stato ognora ammiratore, lo ha tenuto in osservanza qual'uno dei primi poeti, e dei tersi e nitidi scrittori che abbia al presente l' Italia. Quindi egli alla lode meglio, che ad una rigorosa critica inclinerebbe; ma ciò sarebbe lungi che rendere un servigio all' amico un retribuirlo alla cieca di mascherati encomii. Ne così fatto piaggia- mento e proprio degli animi ben fatti, anzi darebbe argomento al Borghi di tenersene adontato. Egli dun- que collocherà, lo spero, le urbane osservazioni, che, in applicazion dei principi prima enunciati, io mi per- metterò di fare sul primo fascicolo del suo Discorso (*) Qiicst' articolo è estratto dalle mie leziohi 'di Jìsica upplicata agli usi della K'ita della societìi, e delle arti , lavoro che ho annunzialo da qualche tempo in varii giornali, ove ho pubblicato, per saggio dell'opera, molli articoli tratti u"ualmente dalla medesima. come novella tessera del leale affetto che io gli pro- fesso; e se per avventura qualcuna delle cose che per me si diranno stimerà degna di attenzione, io di que- sto mi terrò assai lieto , di poiché raddrizzando egli qualche di lui pecca, ed avvertendosi di qualche fallo più facile e più disinvolta potrà a lui tornare la con- tinuazione della bella e generosa opera alla quale si è dedicato. L'intiero lavoro del Borghi si scompartirà in do- dici volumi in ottavo; e per tanto sì lungo come sa- rà , e sì severo , come per l' argomento suo si pro- mette, piacque all'A. volerlo chiamar Discorso. Cotal JìorentinismOj senza parere a me degno di biasimo, mi sembra pur tuttavia prescelto con poco accorgi- mento. So bene che esso è vocabolo purissimo in fi- lologia valendo c< narrazione per quanto discorre ». So bene che è pure un gran pregio il rammentar che esso fu del cinquecento e degli scrittori fiorentini di quell'aureo secolo. So bene eziandio essere ciò la più splendida prova di non ave/e l'A. unquamai cangiato per rOreto o per la Senna le limpide acque dell'Arno. Ma ciò a che monta ? i vocaboli hanno il loro signi- ficato peculiare e l'universale; oggigiorno tiensi in pre- gio quesl' ultimo , dipoichè lo scrittore dovrà esser compreso non da pochi eletti, ma dalla moltitudine. Quindi adoprare i vocaboli tersi ma meglio conosciuti, in ispecie nella titolazione delle opere, lo trovo pre- feribile a quanto il Borghi ha fatto. Poteva dirla sem- plicemente Libri, poteva chiamarla Discorsi; ma mai nel modo preferito. Il discorso sulla Storia Universale di Bossuet non di così gran mole. La lettura di un discorso ili dodici volumi tutta di un fiato sarebbe impossibil cosa ed avrebbe la durata di un mese e in/. 74 più. Perchè dunque eleggere un titolo la di cui ese- cuzione rendasi impossibile? Per assumer forse meno obblighi? Questo primo fascicolo del Borghi comprende ne'LVII paragrafi delj libro primo Tepilogo della storia di Au- gusto. Di Augusto parlano tutti gli scrittori di storie universali, i molti altri delle Romane, gli apologisti dei Cesari, e tutti coloro che della sua epoca s'interteu- gono. Scrivendo dunque oggigiorno di Augusto biso- gnava allontanarsi per quanto era possibile da tutta la schiera di scrittori che ne ha discorso sino a noi, ed essere originale. Borghi il doveva e il poteva. Bisognava raccorre e scegliere i fatti, misurarli e trarne le idee. Bisognava mostrare in Augusto una conseguenza, una necessità promanata dalle stabilite idee. Bisognava esaminarlo nello individuo privato e nel pubblico , nelle relazioni particolari e nelle generali, negli av- venimenti , negli statuti , nelle glorie sue. Mostrare come venuta meno la potenza popolare, perchè infiac- chita ed isnervata la maschia virtù cittadina, le sorli della repubblica erari pur decadute, e però coli' adot- tare il carattere militare Roma mantenendo pur tut- tavia la supremazia del mondo cangiava la libertà per la gloria guerriera; e pur questa doveva farla ancor più potente, sinché perir doveva consunta dall'immo- ralità sua. E ciò ancorché fatto a guisa di epilogo andava con- siderato ponderatamente e con sottile ed accurata di- samina delle cause e degli effetti, delle origini e delle conseguenze, dei fatti e delle idee, ed infine del gioco, onde in que' dì l'umano consorzio tramutandosi, per uu lato la civiltà affrettava il suo corso, per l'altro con la perduta libertà retrodaya, e preparava ai veu- turi nuovi ceppi e nuove catene. Tutte queste cose dovevano bene addentrarsi, bene specificarsi, ed ap- palesarsi nitidamente. Ripeto ancora Borghi il poteva e il doveva. Iq iscambio conteiitossi egli di tenersi sui generali, di compendiare i fatti, e con ciò, taci- teggiando alquanto , tirar dagli avvenimenti qualche massima, e stabilirne qualche aforisrao. E ciò abbel- lito da una dizione facile ed aggradevole fa sì, che con afietfo il dettato di lui non che piacere ed allettare, interessa ed istruisce. Vediamo dunque più intima- mente quel che dice, al che seguirà (poiché son molto andato per le lunghe) il mio debole avviso. Apre il Discorso con breve ed elegante preludio. Incomincia colla descrizione dello stato di Roma nel tempo in cui Ottaviano salendo il Campidoglio col nome di console « mutava siccome ei dice, sembianza con animo w. Dice poi come colla pace l'agiatezza sparge- vasi nella città e nelle sue province. Parla dei suoi consiglieri, e di A grippa e di Mecenate con qualche particolarità; poi del progetto con che egli Ottaviano divisò cingersi Cesare; e il modo dice con qual arte ei parlò ai Padri Coscritti, e come mandò a partito quant' egli divisato aveva, e delle molte facoltà cumu- late sia per servile concessione, sia per abuso, sia per usurpazione nella persona dell'Imperatore; in cui tutto l'alto potere esecutivo dello stato e gran parte del legislativo furono con istolta fiducia tramandati. E però arrogatosi il supremo potere, senza lasciar di appel- lar Roma tuttavia repubblica, riordinava , accresceva e guiderdonava di migliore stipendio le sue guardie, e le legioni straniere. Rifaceva la religione, quando Lepido moriva, e raccoglievane l'eredità di Pontefice, che anche alla suprema dignità incardinava: e con que- 176 st' altro sacro uffizio faceva rivivere il culto di Vesta, e richiamava i vaticinati misteri delle Sibille. Scom- partiva con altr' ordine 1' immenso territorio dell'Im- pero, lo guerniva di milizie per lo più straniere al paese ove stanziavano. Le provincie assuggelliva ad un' amministrazione accomodata con forme di libertà, ma che pur tuttavia a lui obbediva, ed al di lui su- premo potere eran ligie di fatto. Gli ordini civili fu- rono d'allora stipendiate, e però di sua nomina e di sua dipendenza la patria non più, ma il principe ser- vivano. E però Augusto non contento di aver promi- scuate le gerarchie, e di aver posto accanto a un vec- chio patrizio sia nel Senato sia nella Curia un uomo di fortuna o un soldato di ventura, volle anche pro- miscuare 1 popoli, introducendo ovunque gli usi, i co- stumi, le fogge romane. Sicché a qneslo quasi direi rimescolamento e fusione di volontà e d' interessi con- trapponeva un metodo più ordinato alla fissazione e alla scossione del censo a prò del fisco, e nei tributi e neir entrale pubbliche d' ogni maniera poneva re- gola e sistema; e per rendere anche orpellala la ser- vitù le cariche civili e provinciali faceva esercitare da civili e da provinciali medesimi. E qui Borghi scendendo a far cenno delle pratiche di Augusto nel ramo delle opere pubbliche, e delle comunicazioni fra l' una e l' altre parti del vastissimo impero, parla pure del come era allora diviso, quali ufficiali invigilavano 1' ordine pubblico, facevan temuti gli oracoli del principe, e le volontà e le opinioni al- trui spiavano celatamente , sordamente deferivano, sommessamente punivano, parla dello stato siccome era divisa l'Italia, non una giammai ma in molle pro- viacie scompartita, parla delle franchigie e delle con- »77 cessioni largitele; dice il come l'agricoltura fu per que- gli ordinamenti manomessa, parla del modo di ele- zione e del governo con che si reggeva. E delle con- seguenze di tal malavveduto ordine s' intertiene, e del modo onde la Gran Metropoli era divisa, e delle e- senzioni che godeva, e dei maestrali giudiziari e mu- nicipali che eranvi. Poi dice come la potestà legisla- tiva fu assunta da Cesare, ne a lui contrastata, ma anzi adottate in pria alcune forme da Augusto stesso, furon poi messe da banda, poi venute meno, poi del tutte dimentiche, e le leggi emanate direttamente da Cesare. E <;osi dette furono Auguste alcune leggi, savie la più parte dal ligio Senato, che lui piaggiava e ne estendeva sempre più l'autorità e il dominio, emanate. Eran già questi passi, di gigante, ma doveva ancor più grandi tentarne. Da Imperatore dichiarò esser egli il capo degli eserciti il comandante supremo delle milizie, volle dunque vietare e vietò in effetto gli onori del trionfo, per non permettere, come si esprime il Bor- ghi, che un privato anche per un giorno ed in nome della vittoria elevassesi fino a lui. Agrippa ajuloUo con arte in questo maneggio, posciacchè decretatogli da Augusto i' onore del trionfo dopo il suo ritorno da Spagna egli lo ricusò; ne dopo di lui, meno Ti- berio, cui couaentillo il Senato e negollo l'Imperatore, nou fu più tale spettacolo rinnovellato. Venivano così in disuso quelle tali pratiche che sino a quel punto avevano mantenuto immune la virtù repubblicana nella di lei purezza e nel di lei sussiego, ma in iscambio di ciò e della ornai perduta libertà faceva Augusto all' ombra della pace prosperare lo slato ed arricchirlo ed appiacevolirlo. E qui l'illustie A. epiloga non che le opere pub- 3 178 bliche per le quali Augusto abbellì la Metropoli e parie delle province , i mezzi con che tali cose fa- ceva, ovvero l'entrate dell'erario Imperiale. Parla poi del come i grandi per piacere al Sire edificavan tempi, monumenti, delizie; dice come le arti sotto di lui prosperarono in Roma senza mai però emular le Greche, a detto stesso di Vitruvio; degli artisti e dei loro capo lavori s' intertiene, e degli uomini che coltivavano le scienze e le lettere, e delle Bibliote- che e dei musei formatisi allora in Roma ; e del gusto della letteratura di quell' età , e del carattere e della larghezza di Mecenate. E più precisamente venendo ad ogni ramo dello scibile, della poesia parla e dei poeti; dell' eloquenza e del suo decadimento iu un'età, in cui lodavasi un Asinio Pollione, perchè in- sultava la memoria di Tullio; degli storici della loro servilità e del loro stile. Alle scienze quindi rivol- gendo lo sguardo cenna alquanto dell'astronomia, e in che essa in que' dì consisteva; della medicina, della chirurgia; della scienza del giure, e delle scuole in che si divise sotto Augusto, E della drammatica poi par- lando, e delle rappresentazioni dei mimi e dei pan- tomimi, e dei grandi spettacoli e dei giuochi di quei tempi fa conciso epilogo. Poi da ciò inferisce come con essi e con le munificenze che il principe e i gran- di a larga mano prodigavano il popolo e la moltitu- dine divenivan corrotti. E parlando in seguito delle dissipazioni con che Roma sotto Augusto andava con- sumando, dice delle flotte poste in mare per proteg- gere il vasto commercio dell' estero , dice in qual vista era tenuta allora l' industria opificiaria ; e poi chiude l'ultimo paragrafo del fascicolo coli' in formarci delle varie classi che allor componevano l' immensa *79 popolazione di Roma. lucornincia dopo il paragra- fo LVIII, la di cui fine si attende nel prossimo se- condo fascicolo. Addentrando nel dettato del Borghi io credo potere dividersene la disamina sotto due aspetti, quello po- litico cioè e il letterario, sì, all'uno che all'altro gette- remo uno rapido sguardo, con che chiuderemo questa lunga scrittura la quale più che ad un'articolo critico ad una lunga memoria o ad un trattato ornai rassera- hra. Tre a mio credere sono gli autori presi a norma dal Borghi scrivendo la parte politica del suo Discorso^ ed essi sono Tacito, Macchiavelli, Botta, nell'uno ha preso lo scompartimento del suo lavoro, la concisione ed il sentenziare al proposito; dell' altro lasluzia, che alcuna volta sente di malignità, e quel eh' è più qual- che perniziosa dottrina, che quasi toglie all'uman ge- nere quell'istinto proprio a farsi migliore, di cui il Segretario fiorentino sia artatamente, sia ponendovi senno fece sfoggio nel suo libro del Principe ; del terzo finalmente adottò qualche volta la locuzione grave e meditata, e spesso il fraseggiare. Ma son que- sl' essi difetti? certa che nò; ne io pongo in forse che il modellarsi coi classici è cosa non che ammessa ne- cessaria per chi vuole scrivere onde non perire appena nato; ma il modellarsi non deve sapere di assoluta imitazione, allora si manca del primo merito di uno scrittore quali' è quello dell' originalità. Borghi dun- que non fu originale perchè ebbe in vista anoor più oltre di quel che doveva cotali tre autori. Non li raggiunse ( in ispecie Tacito e Macchiavelli) ma l'i- mitò, e non sempre nella molta serie di bellezze che eglino comprendono. Dite che non sia di Macchiavelli i8o questa massima che pone alla fine del Paragrafo XXVI >ì II soldato die ti fé vincere se lo mescoli ai citta- dini e vuoi tirannia non lasciargli la spada ». Dite pur die di Macchiavelli non sia quest' altra « Mal- grado i filosofi e la civiltà il volgo non muta » con che finisce il XVII Paragrafo. Io ritengo una tal mas- sima per erronea ed antisociale. Il volgo non muta? Ma tali aforismi non si scrivono come penna getta . Il Borglii avveduto ed illustre scrittore dee pur cono- scere un tanto vero; il volgo non muta malgrado i filosofi e la civiltà? Ma ciò vai l' istcsso che tenere in non cale e questa e quelli ; ne tale massima va spacciata nel secolo deciraonono, che gode del prezioso retaggio che la civiltà e la filosofia gli prepararono. E il volgo appunto se non tutto in parte gode di tanto bene, poiché a non altro i mutamenti recenti lian ser- vito se non se a far migliori le sorti dei più, e Ira questi più convien noverare il volgo, o almen tutto quel numero di proletari che ora han da vivere o posseggono, e prima òtti tutto eran senza. Tali cose dunque vanno dette con molto accorgimento, e vanno pesate e meditate pria di essere scritte. Come pure ove dice della filosofia esprimesi così ( pag. 68. ) ce nella pratica Epicuro ebbe ragione su tutti ». Aio- rismo cotale non è in alcun conto ammissibile da qual lato vorrà risguardarsi, e la ragion logica conduce a rigettar anche le dottrine Epicuree nella pratica, quando nella teorica non si possono ammettere. loqui non vengo certo a disaminare quale stata sia l'essenza delle dot- trine di quel capo scuola ; egli poteva forse essere l'uomo più morale del montlo, ma i discepoli certo dichiararou male le di lui dottrine; chi è tanto fa- miliare con Dante non doveva porre avanti una co- ir '^' lai frase. Per altro il cuore del Borghi, e quel soave sentimento eh' è proprio dei nostri tempi non posson certo menarlo all'assurdo senensualismo degli Epicurei; egli disse questa frase, credendo forse far dello spi- rito, ma colle idee fondamentali sulle quali siede l'o- rigine sociale io credo non esser permesso far dello spinto. Le massime con che si terminano i paragrati XXIV, XXV, e XXXI sulle guardie stazionali, pri- ma specie di delatori occulti introdotti da Augusto, e pell'urto perenne fra dritto e forza, senza che per questo, anche dopo gli cecidii , i vivi si fan meglio avvisati; e sulla facilità con che i capitani di eser- cito e gli uomini pubblici cambiano i viva popolari nei gradi e nell'oro sembrano appunto suggerite dal Segretario Fiorentino. Ma non è questo ciò rlie l'Italia ciò che noi ci at- tendiamo da tanto illnstre scrittore qual'è il Borghi. Noi veggiamo egli slesso imporsi limiti perchè lungo e il corso; li metta pure, se lo crede, alle parole, ma faccia sempre modo perchè i fatti e le idee nella loro continua relazione signoreggino , lo faccia , ma non soltanto lanciandosi alcuna volta in superbi voli di fantasia, o in apostrofi, o in ipotiposi bellissime, o in aforismi di speciosa politica e artata sociabilità. Scriva senza preoccupazioni, con senno, con maturità; intenda, consigli meglio la di lui mente e il di lui cuore, li segua nel facile loro istinto, ma li dirigga con quella esperienza che fa gli uomini tenere in onore, prenda sempre a sua norma la virtù, la probità, ne s'interni tanto nelle fallaci dottrine di Epicuro, o in quelle an- che pii^i brutte di Elvezio. Segua se pur verrà lo stile del Guicciardini ma non s'ispiri giammai nelle pes- sime sue dottrine. Gli uomini non si faranno mai mi- l82 gliori dicendo loro che sono stati, sono, e saranno sem- pre cattivi: ciò mi sembra corrisponder male al vero scopo della storia chiamala da Tullio la gran maestra della verità. La verità è che gli uomiiii hanno buoni e cattivi istinti, e questi o quelli seguono sia per l'e- sempio, sia per le condizioni dominanti, e la verità è che gli uomini del secolo dccimono non hanno la me- desima costumanza che que' del secolo di ferro o del medio evo. E però il Borghi colla vastità delle sue cognizioni, con l'indefesso suo studio, coU'alacrità della sua mente dee meglio che adottare uno stile altrui crearsene uno suo proprio a livello delle esigenze dei tempi. Ch'ei innovi quanto più può l'aspetto delle storie italiane, che dia loro altro colore, altra fisonomia; che le magnifichi, che le sublimi, per come meritano so- vente ma con quanta può avere di logico e di razio- nale, cioè legando perennemente idee e fatti , e mo- strando sempre nelle reciproche lor conseguenze la stretta lor coezione ; e ciò fatto non a brani non a slanci ma con un ordine seguito ed uniforme. Parla egli exempligrazia della legge regia (par. XII), dei sofismi di Triboniano e di Ulpiano sovr'essa; avrebbe egli dovuto, anzi che ccnnar ciò, di un tratto far co- noscere come confuse e com penetrale furono le ragioni dello stato coi poteri della corona , come la mesco- lanza avvenne del principe e del principato, come il fisco elevossi e s' insinuò a succhiar le sostanze del consorzio sociale, e la privata proprietà fu per orpello fatta ligia della pubblica, dire in fine quanti volumi d' inconcludenze scrissersi su tal subietto , e vedere precisamente Teffèlto morale di qtielle nuove dottrine sui destini della specie umana. Io dunque questo vor- rei, che il Borghi cioè esaminasse, nalomizzasse ogni i83 gran principio, presentandolo nelle sue origini, nelle sue conseguenze, nelle varie sue fasi a conoscenza del passato ad ammaestramento del presente e dell'avve- nire; che ei sempre il movimento fra idee e fatti ci apprenda, e lo attrito, e l'urto soventi volte, e la so- luzione di esse. E questo sarebbe essere storico de- gno dell'età nostra; e questo ispirarsi del pabolo in- tellettuale che tiensi ora in pregio. E a tal missione, che pure è molto onorevole, noi siam sicuri che il Borghi non potrassi ricusare in progresso , seguendo anche la sua propria indole, e la tendenza dei tempi che lì lo guidano. Vedute più ampie, universalità di idee più larga e più estesa, nesso più ordinato e me- glio precisato tra fatti ed idee, e viceversa, frullone anche più stretto nella scella degli avvenimenti a nar- rarsi, meno imitazione degli scrittovi che già furono, meno astuzia, ed anche qualche volta meno spirito, più generosa, più elevata ispirazione a prò degli uo- mini, più fede nel bene, più tenacità nel fiaccare, nel bandire il male , ecco quel che noi nel lungo corso che deve percorrere gli auguriamo di tutta la nostra forza. Abbia pur fede in tal credenza, e, poiché a lui non mancano i mezzi di poterlo, si elevi pure all'al- tezza del secolo nostro , di cui egli nei molti saggi di letteratura e di poesia già dati ha dimostrato esser uno dei più fedeli interpetri ; riporti dunque questo spirito contemporaneo nelle di lui storie , in esso si ispiri, e colla scoria di esso segua pure ordinatamente quella catena provvideuzial di principii in fatti ed in idee compenetrati, che ineluttabilmente han condotlo gli uomini dalla barbarie a farsi progressivamente mi- gliori. Rischiarata così la mente dalle maleriali lor- dure, e dal lezzo del sensualismo procederà più disin* iB4 volto; una norma sicura lo dirigerà per gli scabrosi sentieri che deve percorrere, ma questa norma gli sug- gerirà sempre nuovi pensieri, nuove fonti di bellezza, ove veramente Tarassi guidare dall'eterno ed essenzial suo principio. Così essendo in quanto al lato politico qui ci ristiamo attendendo, che il Borghi ci faccia pervenire gli ulteriori fascicoli per parlarne con più ordine, e per comprendere tutto i' insieme del di lui lavoi'o. Dal canto letterario io credo non lasciare il Borghi che nulla o poco a desiderare. Fuggitivi tocchi, ma certi, rapidi cenni, ma esatti dà egli sulla letteratura del secolo di Augusto, passata in voce siccome clas- sica. Ed egli stesso non intende pailarne di proposito, ma sol dime quel tanto che ne dimostri la relazion sua colla politica del tempo. E Virgilio, ed Orazio, ed Ovidio vi son dipinti con ingenuità, e con grazia non comuni. Oiiginale poi è il ritratto del ministro a Cesare, e del proteggitor dei letterati, iritendesi di Mecenate « Mecenate, ei dice, (par. XLII) quell'uo- mo abitualmente infingardo e godereccio , attivo e prudente nelle occasioni, cortigiano per bonarietà, per naturale, per desiderio del quieto vivere, non ambi- zioso, non raggiratore, non invido, amico dei versi, dell'ozio, delle mense , pessimo letterato egli stesso, caldissimo favoreggiatore degli ottimi , a entusiasmo a boria a sollazzo; costui pensò valersi dell' amicizia del principe, sicché gli facesse torre in protezione gli ingegni ; ma il principe si valse di lui a soggettar- seli 53. Nò gli antichi ne alcuno dei moderni scrittori descrive Mecenate tanto concisamente e tanto bene. A quel che ne sappiamo dai poeti e dagli storici con- temporanei Mecenate non dovea che esser così. Bor- i85 ghi è sublime a mio credere nelle poche parole che dice sull'eloquenza all'epoca di Augusto, e quando di- mostra come ella non più poteva confarsi con lo stalo. di Roma di quell'età (par. XLIV). ce Senza popolo uno dominatore possente non sarà mai eloquenza » ei dice « In vece saranno Grammatici e Retori quali furono ai giorni di Augusto che vendono a prezzo d'oro un gergo sguajato, che danno orgoglio per in- gegno, giuoco per arte ». Si sa come da alcuni ticnsi l'eloquenza qual cagion di corruzione, epperò di sci'- vaggio dei popoli. Nell'Areopago era essa per legge vietata. Vico crede che quando essa venne meno m Roma la forza morale di quello stato crebbe di as- sai. Sien pur vere o nò le società moderne a quelle dottrine non si confanno, ed io mi pongo dal Iato del Borghi quanto a tale opinione. Sembra poi ispiralo quando, parlando dello sfile storico, dice in qual ser- vitù e in qual lezio era pur caduto nell'epoca di Au- gusto, e conchiude così energicamente (par. XLVI). » Poi anche nell'età di fango si conserva la stampa delle grandi anime, senza di che la natura umana sa- rebbe perduta; il perchè menlr'ella è più invilita ed otFesa, non mancò (inora ne mancherà chi sappia di- fenderla , malgrado le carceri e le mannaje , o pro- testi almanco per lei. Indne s'egli pure incontra che talora Dio nella sua ira si valga dell'iniquo a punir le nazioni , gli suscita accanto uno scriba che lo ri- tragga a terrore degli uomini e faccia noto nei secoli come 1 Onnipossente gastigo, e per chi «. Dalle quali parole sarà agevole inferire come il Teismo tende sempre a nobilitare l'umana specie, e come sol per esso possono informarsi gli animi alla virtù, ed essa proclamare altamente, e tenerla a tipo i86 essenziale del civile consorzio. Colali, ed altre molte infinite bellezze notiamo nel dettato del Borghi per- ciò che alla letteratura ha riguardo; ivi egli si è sa- puto mantenere nell'alto seggio che occupa nelle amene italiane discipline. Egual fortuna gli desideriamo ia quanto alla parte politica, se, meglio avvisalo, disot- terrando, siccome ei dice, la stona degli uomini, anziché solo reputarla non fallace ragione della storia delle vicende vi scorga pure l'ordine razionale delie idee e la ferma intimità delle cose. Così seguendo l'opra sua, egli farà un benefizio all' Italia , egli V arricchirà di una storia, e di un genere di storia affatto nuovo per lei nell'applicazione, ed in fine raccomanderà ai pre- senti e ai venturi il nome suo medesimo per non più perire. Dettando io queste poche osservazioni in Sicilia , ed io siciliano essendo, e avendo il Borghi lungamente in Palermo vissuto , e la Sicilia bella parte d' Italia facendo credo pure dovere osservare ciò che del no- stro paese dice il Borghi in questo primo fascicolo. Cenna egli appena della Sicilia sia nella divisione del- l'impero romano sotto Augusto (par. XVIII) sia quando la dice, come si sa comunemente, granaio d'Italia. Poi non fa che nominar solo Diodoro (par. XL) per dire che dalle biblioteche del portico di Apollo e da quello di Ottavio istituiti da Augusto egli attinse con altri varii la dottrina della sua storia. Io credo, che gran parte forse sì, ma non tutta, ch'ebbe Diodoro dai suoi lunghi viaggi, e dal suo studio indefesso plesso tulli i popoli dell'età sua. Nomina Clodio siciliano (par.XLIV) amico di Atìtonio, e da lui guiderdonalo t!i due mila jugeri di terreno esenti d'ogni gravezza nelle campagne di Lentini. Ciò fu peiò ancora nei tempi del Trium- 187 virato , ne gli scrittori erano ancora lìgii del tutto. Clodio però , oltre di aver dettato con gran plauso , eloquenza in Roma, difese e sostenne con successo nella metropoli gli interessi agricoli della sua patria, decaduta da donna e sovrana nella durissima condizion di man- cipio. In ultimo il Borghi rivendica alla Sicilia l'onore di essersi quivi trovato per la prima volta sotto i ro- mani un gnomone o orologio solare quando Valerio Messala, espugnata Catania, lo portò con se nel bottino. Ne noi eleviam querele dell'essersene intrattenuto si poco. La condizion nostra fu in efFolto tale sotto i Ro- mani che noi non avemmo più storia nostra, come esistenza politica non avemmo, che sola dar può una fisonomia propria ed originale agli avvenimenti ed alle idee, vai quanto dire alla storia. Noi sì lo esor- tiamo a non trasandare nei secoli che dovrà trattare in avvenire colai nobilissima parte d'Ilalia, e gli sa- remmo pur grati, che alcuna volta almen per cenno vorrà egli proclamare quel che fu la Sicilia nell'epoca Ellenica. Il contrapposto tra quel che era e quel che fu appresso, dal decimosesto secolo in poi, non sarà di lieve interesse; dimostrerà anzi quella vece perenne onde le nazioni ora elevansi all'apice della civiltà ora decadono. Dal che solo potranno esser salvi allora quando iscaltriti dalla sperienza, e fatti meglio avvi- sati per un previdenziale accordo popoli e reggimenti si persuaderanno non esservi prosperità e progresso se non se nell'intera ed universale morale pubblica, e nella stabilità e fermezza delle politiche isliluzioni. Dettami di che quasi tulli gli uomini convengono , ma che sono ancor molt'oltre dal volere e dal potere sentitamente pralicare. SconoiA. i88 ^ AL NUOVO TRADUTTOR DI LUCANO (l). Vi maravigliate e cercate le cagioni perchè sia poco letto Lucano: io più che maravigliare mea dolgo. Mi dolgo e mi sdegno, perchè le cagioni son ree , e di superba quanto stolta ostinazione. Le quali facil mi sarebbe discorrere copiosamente, e confutare: né temo le ire furiose ed impotenti che susciterei; ma ad altra occasione le aspetto. Né voi temer dovete che alla vostra fatica manchi successo degno , lettori e lode. Perciocché molti si sfanno di leggerlo per non poterlo intendere Ialino; (gran mercè dei tanti e valenti in- segtiatori di latinità, die ora si gode Italia); molti nei fallaci ritratti che altri fece di lui non poterono raf- figurare qual poeta e qual cittadino egli fu. Poeta non d'inezie e di favole, ma di gran fatti; e tanto altaraeute magnanimo, che fu solo a prendersi per subbietto una causa infelicemente giusta. Poeta uiiicamente degno che da lui la generosa gioventù impari la vera gloria; in- tenda come la grandezza e il pregio degli umani fatti non si estima (qual fa sempre il volgo) dagli eventi; apprenda ad onorare ed amare non solamente la virtù, ma le sventure della virtù; detestare e disprezzare non solamente il delitto, ma le prosperità del delitto. Altri fabricò per avventura più politi versi e più variati: ninno ebbe mai più nobili sensi, niuno avvampò di più sublimi affetti. Oh che cuore egli ebbe quando s'innamorò della santissima causa, già innanzi ch'egli (i) Queste parole scriveva Pietro Giordani al Conte Cassi nel i83a. 0;;gi ne ha fatto caro dono alle Effemeridi siciliane insieme ad altri scritti inediti, usciti dalla sua celebrata penna, che vivrà gloriosa in Italia fin- che il gusto delle buone lettere, e della dignità del pensiero vi sarà ri- spettato ed onorato. 11 Direttole. nascesse vinta, e che gli pareva per tutto l'avvenire di- sperata ! Maius ab liac acie quam quod sua secula ferrent \ulnns habent populi: plus est quam vita salusque Quod perit: in totum mundi prosternimur aevuin. Vincitur liis gladiis omnis quae serviet aetas. Che devo più ammirare? Catone santissimo vecchio resistere a Giulio Cesare? o questo sovrumano giovine celebrare la libertà in faccia a Nerone Cesare? in faccia a lui vituperare il vittorioso nemico di lei , prima sottomesso da Nicomede, poi ammaestrato da Catilina? So bene che molti si stimano gran savi, giudicando per estremo di pazzia quello che a me pare il più alto salire del cuore umano, grande amore per gran bellezza, senza speranza. Ma se virtù è altra cosa che fortuna, dicanmi dove sta il gran valore nella guerra? nel vincere? o nel combattere? La libertà, per Catone, per Lucano, per tutti quelli che tengono (con sincera fede) la medesima religione, altro non è che il com- plesso delle morali e civili virtù : dovranno ritrarsi d' amarla perchè impediti di possederla ? Qualunque oggetto di potente amore ha pur sua fede e vita nel cuore amante. Così mi pare veramente sacro , e da antimeltersi ad ogni altro , il poema che prese per materia non la fondazione o la conquista di un regno, non una curiosa o avara navigazione , non gì' Iddii di un popolo o di un tempo; ma i funerali della li- bertà, universalmente ed eternalmente divina: la quale se pur potesse venir cacciata in esiglio dal mondo , non potrebbe perdere sue ragioni di regnarvi. Bea vedo quelli che si stimano dover essere maestri del mondo, perchè hanno in mano e briglie e sferza, non volervi altra educazione se non quella che incurvi e prostri rumano armento a credere stupidamente tutto, e sopportare vilmente tutto: nondimeno è lecito cre- dere che presumono l' impossibile ; e che la potenza del pensiero non mai da nessuna forza sarà distrutta: S. C. M. l'imperator Nerone potè anticipare la morte all'odioso poeta; ma la Farsalia non è morta, non mo- rirà. Ne invano ti vaticinasti o sacrosanta Musa Pharsalia nostra Vivet, et a nullo tenebris damoabitar aevo. Non basteranno a torle vita i tiranni, ne basteranno i pedanti. Che da leggere ed amare questo poema non ci lasceremo distogliere per alcuni difetti, che o l'in- dole del suo secolo o la giovinezza del poeta abbia posti nella fattura della frase e nella struttura del verso. Perchè se vogliamo guardare piuttosto al lavoro dell'arte che al concetto della sapienza, ha bene suoi vizi lo stile di Lucano, e troppo facilmente notabili: ed anche per questo lo riputerò buon soggetto di studi. Conciossiacchè l'arte s'impara notando sì le per- fezioni, e sì le mancanze: che s'elle non sieno dalla sciocchezza ma dall'ingegno (come palesemente son quelle di lui) divengono studio certamente profittevole, ne forse ingrato. Non desidero che la traduzione (per la quale penso dovete esser lodato ) allontani la curiosità dall' origi- nale : spero anzi che basterete ad invogliarne molti ingegni generosi: i quali, veduta una buona imagiue, cercheranno di poter vagheggiare la propria e viva faccia di quell'unico poeta, il quale donò la sua mente e la sua vita ad un argomento caro e santo a lutti i cuori virtuosi di tutti i secoli in tutte le nazioni. Pietro Giordani. "9» Sperìenze e ragionamenti intorno all'uso igienico dei bagni del medico chirurgo Giovanni Raffaele , socio di varie accademie nazionali e straniere. Napoli dalla stamperia di Tommaso Rispoli 1840. L'uso dei bagni è dell'antichità la più remota; e i primi uomini dovettero bagnarsi nei fiumi e nel mare. Le sorgive d'onde scaturiva un'acqua pura e di un calore aggradevole gli moveano a tulFarvi i loro corpi faticati e coverti di polvere; e senza dubbio i primi popoli civilizzati trasportarono facilmente nel centro delle loro abitazioni questi vantaggi , di cui la sola natura avea l'atto goderli, priachè essi fossero arrivati a uno stato di società più perfezionata. Gli Egizi, i Persiani, i Greci anche ai tempi favolosi della loro storia sembrano aver fatto uso dei bagni. Omero fa parlar così Ulisse raccontando le sue avventure nel palazzo magico di Circe: una ninfa porta l'acqua, ac- cende il fuoco, e dispone tutto pel bagno ec. Mille particolarità dell'istoria dei Greci attestano, ch'essi fa- cevano il più gran conto dei bagni. Essi onoravano le sorgenti di acqua calda come un secondo Apollo sulla terra, le chiamavano sacerrimae dedicate ad Er- cole il Dio della forza. Aveano un gran numero di bagni pubblici accanto dei loro ginnasi , e ne costi- tuivano parte dell'arte ginnastica. I Romani in tutto imitatori dei Greci dopo di essersi lungamente bagnali nel Tevere, ove si esercitavano nel medesimo tempo a nuotare, si bagnavano nell'interno delle loro case. Sulla fine della repubblica alcuni ricchi particolari fecero costruire per loro uso bagni magnifici ; se ne stabilirono pubblici assai notabili e assai simili a quelli dei Greci, e così bene descritti da Vitruvio , Plinio, Mercuriale. Volendo dagli antichi ritornare ai popoli moderni dico, che l'Europa tutta quasi è fornita di bagni pub- blici e domestici, menochc noi, i quali abitatori della parte la più meridionale avremmo più bisogno di col- tivare la pelle o di servircene come mezzo igienico uou solo ma eziandio profilattico pelle malattie della cute. I Turchi principalmente fanno un grande uso di losioni e di lavande ripetute molte volte al dì; ma spesso pel fine di osservanza della loro religione, la quale gli obbliga a bagnar lutto il corpo dopo il coito, e dopo ciascuna evacuazione mensile. Sono provveduti perciò in ogni luogo di bagni; nò v'ha punto di vil- laggio ottomano con una moscliea, che non abbia un bagno pubblico. I ricchi particolari fra di essi posseg- gono bagni magnifici decorati di tutto quel che' ha potuto inventare il lusso asiatico. Gli indiani, gli egi- ziani fanno pure uso dei bagni , dove dimorano lun- ghissimamente (i). Ora mentre gli uomini concorde- mente han riguardato e credono i bagni come propri a conservare la loro sanità, e a questo titolo gli usa- no, e a quel di rimedio alle loro malattie, è laudcvol cosa l'offerta di un' opera, che, seguendo le orme trac- ciate da Maret, Macquart, Marleau, Poiterin, Parr, Gaygarth, Marcand, Halle e da altri che hanno este- .samente scritto su i bagni, cerca riunire tutte le migliori idee sull' uso del bagnare come mezzo igie- nico. All'opera sua 1' A. premette una rapida storia dei (i) Ho trailo tulle queste notizie dal Dizionario Grande delle Scienze mediehc all'ait. bugno. 193 bagni presso i popoli dell' anlichità e del tempi pre- senti, presso a poco l'istessa che la nostra , tratta dalla medesima fonte. A ciò succedono talune idee preliminari intorno all'uso igienico dei bagni; e non credendo l'autore evadere dai limiti angusti che si prefisse per isvolgere cotali idee sotto le categorie diverse dei bagni e dell' animale economia per de- durne conchiusioni positive , si limita ad osservare le varietà del liquido giusta la raobiiità o immobilità, le qualità del fluido impiegato, la diversa temperatura dell'acqua , della quale si serve come tipo delle sue divisioni. Conseguentemente in conformità cogli altri autori divide i bagni in freddi, freschi, tiepidi, caldi e caldissimi, premettendovi, seguendo la scala di Ro- stan, il caldissimo. Bene osserva però, e fissa i gradi di temperatura, desunti dagli effetti secondo il clima in cui r uomo vive ; e perciò per lui è freddissimo quel bagno sotto i 14 gr. T. R. ; da questo grado sino ai 18 lo chiama freddo, fresco sino ai 22, tie- pido sino ai 26 , caldo sino ai 3o , e caldissimo al di sopra di tal temperatura. Nota indi l'A. con sano discernimento gli effetti di- versi prodotti dalla varia temperatura del bagno ; i quali egli considera, siccome dice, sopra un individuo ben costituito, forte di corpo, nel meglio dell'età sua non avverso anzi abituato all' uso del bagno, in cli- ma temperato , in luogo ed in ora conveniente. E variando cotali effetti sotto l'influenza della età, del sesso, dei temperamenti, delle abitudini, dell'inclina- zione o avversione all'uso del bagno, e non meno se- condo i climi e le stagioni; perciò son dall'A. saga- cemente considerati e svolti sotto i versi dell'attitu- dine offerta da quelle condizioni. Chiudono filialmente l'opera sua talune precauzioni e regole generali da os- servarsi nell'uso dei bagni. 4 '94 Premesso il quadro generale dell'opera, diremo per amore della verità, ch'ella è assai pregevole per la iìlosofia medica che vi campeggia e per le applicazioni di fisiologia patologica mollo laudevoli,le quali danno a divedere nell'A. la piena conoscenza di sì utilissime brancliie della medicina. Non al par di Maret di Macquart e di altri ci offre esperienze su i corpi or- ganizzati privi di vita, ma sull'imitazione di Marcard che raccolse l'esperienze in differenti tempi e da di- verse persone fatte sull'uomo medesimo, e a queste vi aggiunse le proprie: 1' egregio A. nolo su di sé mede- simo, com' ei ci assicura , i principali effetti clie il Lagno produce alle diverse temperature descritte; del che merita un tributo di riconoscenza e di ammira- zione. Nicolò Castellana. i' antico ipogeo del Duomo di Palermo esposto da Giovanni Compagni— Fahrmo i84o pag. 34. con sei rami in-8°. Lo studio dei monumenti della classica antichità nel passalo secolo era quello che quasi esclusivamente oc- cupava i letterati : per un chiodo per un pezzo di creta per un nulla in somma che si credeva potersi riferire agli Egizi agli Etruschi ai Pelasgi si scriveva un libro, ed alle volte un libro di mole non piccola. Queste intemperanze di alcuni antiquari; le frusta- ture di un potente critico , che dichiarò facchinesco il loro mestiere ; il ridicolo che gli si diede da un qualche poeta, fecero sì che decaddero dal loro onore le opere degli eruditi, e per poco vennero meno. Ma tornato in capo agli uomini il loro senno, s accorsero essi che bisognava sì moderare le cose ma non affatto abolirle. Quindi cercaron la via di mezzo, e la tro- varono. Si lasciaron da parte le visioni antidiluviane, e i monumenti da cui nulla potevasi avere di certo e di buono; allo studio delle cose dei Greci, e dei Romani, che sempre saranno in onore, finche lo spirito umano ha principi di civiltà , si unì quello delle opere del medio evo, che alle volte non la cedono nel loro ge- nere alle antiche, e sempre son degne di riverenza per le nobili ricordanze dei nostri maggiori; la sem- plicità e la finezza nell' esporre i monumenti, studian- dosi da nuovi antiquari, la loro scienza si rese guida della storia, e tornò in lustro, e riacquistò lama. Condotto da questi pensamenti il signor Giovanni Compagni, giovane di molta aspettazione per l'amore che mostra alle lettere e pei buoni principi di cui è imbevuto, si è dato ad illustrare l'antico ipogeo della maggior chiesa di Palermo, opera del secolo XII, ma adorno di monumenti greci, romani, e dei bassi tempi. Egli si introduce con una breve storia del sotter- raneo, spogliandosi degli antichi pregiudizi , per cui questo luogo fu creduto una cripta de' primi cristiani, coeva agli apostoli, fa osservare che il presente fab- bricalo , qualunque sia stato il destino che ebbe il luogo in più remoti tempi, non è pii!i antico della ma- riana basilica fondata da Gualtieri II. Arcivescovo di Palermo nel regno di Guillelmo II. facendo conoscere come poi nei tempi di mezzo nacque 1' uso di fab- bricare sotto le basiliche tai sacri luoghi, che chia- maronsi confessioni^ ed il rito con cui disegnavansi si fa ad illustrare meglio il nostro sotterraneo. Le vi- cende che esso subì dal tempo della fondazione sino a dì nostri sono brevemente accennate; ed il lettore potrà notare allorché si parla dei nostri monumenti, gli spogli a cui è stato soggetto. Dopo avere il Com- ig6 pagui accennato l' origine e le vicende del Sollerra- neo, passa alla descrizione dello sialo presenle di esso. Si fa dapprima ad enumerare e rappresentare tulle le sue parti: poi scorre di uno in uno per tulli i monumenti ivi collocati, e ne ricorda Tantichità ne spie- ga le rappresentazioni ne trascrive gli epilafii. Sedici sono in tulio le tombe da lui notale alcune con più eslenzione, altre più rapidamente secondo il merito di ognuna. In tulio il corso di questo opuscolo T autore mo- stra sempre buon senno nel comprendere il soggetto che ha per le mani; la sua erudizione non è stancante ma opportuna e sobria. E se alcuno vi vuole mag- gior pienezza, cerio nessuno vi desidera cosa che man- chi. Se lo stile non è così scorrevole e fiorito come vorrebbero i più nasuti critici; egli è a riflettere che questo è il primo lavoro di un giovane autore, che certo andrà migliorando la sua maniera in appresso: giacche io ho forte speranza eh' ei non abbandoni la carriera con tanto buon augurio incominciala. Il Compagni a rendere più evidenti le descrizioni volle accompagnare la sua opera di sei rami che per la maggior parie fece incidere e disegnare al valente artista, Giuseppe di Giovanni, sotto la sua direzione. Quanto importi questo genere di ornamenti che si aggiunge alle opere, bene il sanno coloro che sono addetti agli sludi eruditi. Spesso più esprime agli occhi del dotto antiquario un mediocre rame che la descrizione la più efficace. E vero che molla spesa costa voler decorar le opere di siffalli ornamenti, ma perciò è tanlo più lodevole l' autore che seppe supe- rarne coi piccoli mezzi che ordinariamenle si hanno dalle persone studiose, questa difficoltà, in un paese ove i libri non si vendono. iV", Buscemi. 191 Lettera dlnnocenzio Giampieri bibliotecario -pala- tino in Firenze al cav- Cesare tiroidi intorno il codice Aldino del Petrarca acquistato in Pa- lermo dal Duca di Serradifalco. Pregiatissimo Sig. Cavaliere Ho letto con infinito piacere l'epistola che gli ri- torno del sig. Vigo, che illustra uno dei pochi esem- plari in pergamena del codice Aldino di Petrarca (i5oi) acquistato dal sig. Duca di Serradifalco, e di tal co- municazione gliene rendo grazie infinite. Sebbene la suddetta edizione fosse e sia tenuta in sommo pregio dai più distinti Bibliofili ed amatori di sì fatte materie, pure le finissime osservazioni del sig. Vigo la faranno tenere in stima maggiore , es- sendo egli stato il primo a fare una accuratissima cri- tica descrizione della medesima. Mi rallegro dunque col nobile acquirente per avere con animo generoso ritenuto presso di se questo prezioso monumento let- terario. E giacche la epistola del sig. Vigo illustrando il codice Serradifalco, rende un simil servigio a chiun- que ne possegga, o ne custodisca altra copia, oserò di comunicare alia di lei gentilezza le diflbreuze che esi- stono fra l'esemplare Palermitano , e quello che si conserva sotto la mia custodia in questa I. R. Biblio- teca Palatina. 11 Codice Palatino non ha alcun corredo di minia- ture ne d' iniziali dorale e colorite, uè l'adorna alcun Blasone di chi ne fu possessore, o di chi ne lece re- galo, ma è però di tanta conservazione, e di tanta bellezza, sì rispetto all'ampiezza del margine, alla sceltezza delle pergamene, od alla integrità del vola- me che oserei dire pochi gli potranno stare a con- fronto. La sua provenienza è dalla libreria Poggiali, scrupoloso collettore di libri rari , ed esemplare co- nosciuto, e citato in molti cataloghi di libri stampati in pergamena. Il codice come dissi è completissimo, conservando la esatta indicazione de' fogli, ed avendo la impagi- natura ad inchiostro nero segnata da una sola parte dal n.° I. al n." 178 inclusive, comprendendovi sotto il u. I. la pagina del frontespizio. Dopo i trionfi evvi una pagina bianca da ambe le parti, quindi le quat- tordici dell' Indice a cui succede altra pagina bianca, in fine le otto pagine comprese nell'avviso ai Lettori e la correzione degli errori, i tre sonetti contro la corte romana sono lindissimi ed in nessuno vi si ri- scontra il solito attentato della cancellatura. Tralasciando di parlare se vera o nò sia l'asserzio- ne di Aldo che dice aver fatta la presente edizione di Petrarca sopra l'autografo dell' autore, posseduto da M. Pietro Bembo, e sì trionfalmente nel caso affer- mativo, sostenuta dal sig. Vigo, passerò più volen- tieri a discorrere del numero delle copie che finora si conoscono di tal cimelio, ed in tal modo conoscerà il chiarissimo illustratore sino a qual numero dovrà estendere le copie conosciute, e qual postoj dovrà as- segnare all'Esemplare Serradifalco. Non si conoscono fino ad ora meno di nove pos- sessori di questo prezioso libro stampato in perga- mena, e se quello acquistato dal sig. Duca è fra gli sconosciuti , egli diventa il decimo proprielario. A questo proposilo si legga l'opera seguente Catalogne des livres imprìmés sunfclin de la Bibliotheque da JRoi., par P^an Giaer Garis^ de Bure 1822. 2S. Tomi dieci in 8. e più clislinlamenlc si legga Tome 4'""' Belles Lettres pag. iiS. e vi si troverà ciò clic siognc. .'99 i.° La Biblioteca del Re di Francia ne possiede uno, provveniente dalla Libreria Mac Carbtus, ed è arricchito di tre miniature, di molte pagine con fre- gio e di lettere iniziali dipinte a oro e colori. 2." Quella del Re d'Inghilterra possiede il secon- do venuto da Smilth; ed è corredato di qualche fre- gio colorito. 3.° Il Museo Britannico ritiene il terzo , ed è un magnifico esemplare, legato da Cracherode; che lo aveva comprato in un incanto a Parigi. 4-° Lord Spencer conserva il quarto, e Van Praer lo decanta come della più grande bellezza. 5.° La Biblioteca del Duca di Cassano a Napoli possedeva il quinto, ma fu venduto a Lord Spencer insieme con altri libri del secolo XV. 6." Gaetano Poggiali aveva il sesto , ed è quello che si possiede dalla Biblioteca particolare di S. A- R. il Gran Duca di Toscana. 7.° 8." e g.° Il Conte Mejan, Tommaso Grenville, ed il D.' Mead possedevano gli altri tre, ma questi furono in diversi tempi venduti, e chi sa ora dove saranno reperibili. Il codice Serradifalco diventerebbe il terzo, ed il quarto per merito di esemplare, e sarebbe il decimo per numero d' ordine, quando non fosse una copia già conosciuta. La rarità dell'edizione è constatata dalla pochezza degli esemplari in commercio, e dal prezzo a cui sono saliti se mai di alcuno ne fu fatta la vendita. La co- pia del Museo Britannico costò lire sterline cinquan- tuna e pochi scellini, e tal notizia mi dà occasione di rallegrarmi nuovamente col sig. Serradifalco, che lo potè acquistcìre per soli franchi ^5o. Credo poi giustissima la induzione critica del sig. Vigo, che il Petrarca dal i5oi possa essere apparte- 300 nenuto ad Orazio Strozzi, autenticando tale asserzione con l'arme di famiglia che vi si riscontra, e con la sicurezza storica di essere egli vissuto in Palermo, ed esservi morto nel i6^5. Sarebbe iu fine ottima cosa potere svolgere il mistero racchiuso nelle iniziali ci- tate nella prelodala Epistola dal sig. Vigo, supponen- do che una tale spiegazione potesse fare scoprire tutta ]a storia del suo principio e della provvenienza , e diverso possedimento del libro. Ringrazio la di lei cortesia per la comunicazione fattami dell'opuscolo del sig. Vigo, ed ho l'onore di protestarmi con la massima considerazione Di V. S. Illma. Firenze dalla I. e R. Biblioteca Palatina. Devotis.""" Obl.™° Servitore Jnnocenzio Giampieri Bibliolecai-io Palatino. Lettera di Lionardo Vigo al Duca di Serradifalco intorno il Codice Aldino del Petrarca in risposta alla lettera precedente^ Venerato e carissimo Sig. Duca Le so grado della lettera inviatami dal biblioteca- rio palatino Innocenzio Giampieri , indirilla al cav. Cesare Airoldi, a proposito della mia illustrazione del codice aldino di Petrarca publdicaU nel N. ^S di queste Effemeridi, gennaro i83'j. Il Giampieri co- nosce me quaiit'io lui, forse neppuie di nome ci era- vatn noti lun l'altro pria di venirci alle n)ani questi nostri scritti, ma ogni distanza adegua l'ala del pcn- siere , e la urbana maniera di aniuinzinre le stesse critiche, me lo fan pregialo ollremodo; però non senza 201 fiducia di essere bene accolte da quel gentile, gli ma- nifesto le seguenti riflessioni. Io dissi nella nota 36 della mia Epistola, la nostra Biblioteca del Senato desiderare ancora i volumi ne- cessari ad un bibliotecario, e ciò avverti a scaluire i leggitori aver illustralo il codice di cui è parola , senza aver potuto far tesoro di quelle opere, le quali estimava all'argomento profittevoli; da ciò il non aver notato altri esemplari compagni al codice Serradifalco che quelli del Reiiovard, del Poggiali, del Crescimbeni e del Craveiina, e con diletto ajìparo dall'epistola del Giampieri esservene altri cinque. A chiarimento del vero devo aggiungere eh' io molti allri esemplari di quella edizione non notai, poiché non lucidamente era riferito da' bibliografi se in caria ordinaria o in carta forte o in pergamena erano impressi, come non avrei forse riferito parte di quelli, che accenna il Giampieri nella sua lettera all'Airoldi per la sfessa ragione. Quando non si hanno sotto gli occhi e fra le mani i codici antioni , e se ne ha notizia da' bibliofili , i quali di sovente l'un l'altro si trascrivono senza molto esame, e i quali saltano il fosso come suol dirsi , e iiivece di una descrizione diligente, se la cavano con quattro parole magre come l'anima dell'usuraio; allora non è criminoso il diffidare, anzi non è bello esser corrivi a prestar fede. Però nello stato attuale ammettendo quanto riferisce il Giampieri, codici aldini del i5oi delle poesie volgari del Petrarca su carta pecora uè esistono 1. quello del Re di Francia 2. quello del Re d'Inghilterra 3. quello del Museo britannico 4- quello di Lord Spencer 5. quello del Gran Dnca di Toscana 6. quello del Duca di Serradifalco. 202 Non pongo in conto l'esemplare del Duca di Cassano, perchè appare essere slato acquislato da lord Spencer, né quelli del Mejau, del Gremville e del Mead, per- chè ignorasi ove siano, e forse sono quegli stessi che abbiamo accennato. Ma non siano 6 , ma 8 e anche nove in tutta la superficie del globo terrestre ; che monta ? Uno di questi codici super* in valore un gioello di Golconda, e solo i più potenti re della terra ne sono posseditori, anzi r oro e i diamanti hanno luce per gli sguardi plebei de' potenti, e in quelle sacre pagine del rige- neratore della civiltà europea è luce purissima per gì' intelletti di coloro , che in trono di sapienza so- prastanno a tutti i morlaii. La copia ch'ella ha per opera mia acquistata, e che fu un tempo dal Bembo donala allo Strozzi, come sembra verisimile , a mio vedere è la [)iù eletta e magnifica del mondo intero. Mi meraviglia come il Giampieri dopo la esattissima mia descrizione poteva dichiararla la terza o la quarta, e mi duole ch'io non posso recare questo nobilissimo palladio a Firenze a Parigi a Londra per confrontarlo con gli esemplali toscano francese e inglesi, e testi- ficare con la prova oculare a quegli stranieri la in- superabile eccellenza del suo , tanto per la massima conservazione , quanto per l' ampiezza de' margini , quanto per la bellezza delle dorature delle miniature, quanto finalmente per la rarità de' manuscritti che vi si leggono e certo coevi alla stampa. Se più esistesse quello di cui io parlo nella noia 19 della mia illu- strazione, che fu al Bembo furato da Traiano Bocca- lini , quindi di Achille Cromen , che ne fé' dono a Carlo Glusio, il quale per legato lo concesse a Fran- cesco Rafelingio , quindi di Giovanni Laet , il quale morendo lasciollo ad Adolfo Vorsstio, il quale lo donò a Gustavo Adamo Barncr li t.^ ottobre i652j e che 20 3 nel iroo era presso Niccolò Lupi da Gravina, e Jo osservò il Crescimbeni, codice preziosissimo inscritto ne' fogli bianchi di mano propria del Cardinal Bembo; se questo esistesse e fosse tuttora dopo il volgere di 339 anni conservato integro e netto e bello, e ador- nato fosse di miniature, dorature, blasoni ec. come il Serradifalco, allora solo potrei dichiararlo più di que- st'ultimo pregevole; ma fincliè l'esemplare del Bembo non rinviensi, terrò primo fra gli ottimi il Siciliano. Non mi sembra giusto il valutare i codici per nu- mero d'ordine, come fa il Giampieri: qual precedenza numerica può esservi fra essi, se tutti furono stampati contemporaneamente ? Devonsi valutare per le loro qualità bibliografiche, letterarie, artistiche, in somma per le loro doti intrinsiche. L'ignoranza de' bibliografi dell'esemplare a o b^ gli scema prej^io e merito? Verissima la osservazione del Giampieri sul prezzo del codice : quello del Museo britannico costò lire sterline 5109 scellini; un lai valore avea io segnato nelle note 3 e i5. Il Serradifalco lo acquistò per 4^10 franchi la mercè delle mie sollecitudini e della coo- perazione efficace dell'egregio G. Borghi, che sican si giura Per battesmo d'amore e di sventura. Mi gode r animo sentir come il Giampieri creda giustissima la mia induzione critica il codice Serra- difalco possa essere appartenuto ad Orazio Strozzi, e la di lui autorità cancella in me qualche residuo di dubbio , che mi facea incerto ancora : la ricerca è scura, spinosissima, ne io potei valermi del soccorso di tutti i libri necessari all'uopo. — Ma come può capir dubbio in umano intelletto, ora che i Fontanitii sono folgorali da tutta la terra, se la edizione i5oi fu traila dall'autografo del Petrarca stesso? Mi onora il Giampieri dicendo aver io ciò sostenuto trionfalmente 304 e poi sembra non esserne convinto: di che dunque ho io trionfato? Per ammaestramento mio, e per istru- zione pubblica, lo prego manifestarmi se resta altro a provare in questo assunto. L' istoria è una favola convenuta, dicono i pirronisti; ma i fatti contempo- ranei testificati da personaggi gravissimi con le stampe fra i malevoli contemporanei e da costoro non ismen- titi, sono incontrastabile vero per i posteri. E verità verissima terrò sempre , questa edizione essere stata fedele copia dell'originale scritto del Petrarca, posse- duto da M. P. Bembo dal quale a letlra a lettra fu da Aldo Manuzio levato. Di tanta rarità è il codice ch'ella possiede! E ben si addice alla di lei persona esserne acquisitor generoso, perchè Ella primo fra i siciliani magnati ha saputo con larghissima copia di spese, sudori, e con socratica perseveranza creare alla gloria sua propria e della nazione un'opera splendidissima sulle siciliane antichità. Mi continui la di lei grazia, e mi creda Da Aci-Reale il i° di maggio i84o. Div"*" servo ed amico LiONARDO Vigo. Reclamo del Direttore Il pubblico ha veduto in questi ultimi giorni con fiero dispetto la vergogna che si è commessa in uno dei nostri fogli periodici intitolato la Concordia. Il voto del pubblico, e il suo generoso rancore mi rinfrancherebbero a mille doppi da qualunque infor- tunio ; vedi se possono rinfrancarmi da una vile in- giustizia! Io sono stato amico del mio paese: gli ho sagrificato l'ingegno, gli studi, gli affetti più ori: tutto quel che poteva, e eh' era in me gli ho dato: 303 poco certamente, perchè lieve è l'ingegno, lievissimo il sapere; ma non dall' effetto, dall' efficacia bensì del buon volere si niisurano i sentimenti dell'animo; ed il pubblico gli Ila misurati, e pregiati. Nemico per natura e per principi delle lizze letterarie, che av- viliscono gli uomini , e sono il segnale della loro miseria, non ho rimorso di aver mai provocato chic- chessia: ho talvolta commiserato solo meco stesso i delirii altrui, facendo voti che alla ragione si ridu- cessero; onde coloro, che potrebbero onorare il paese, invece di perdersi in puerili vanità , rientrati final- mente in se medesimi, la realità delle cose con oc- chio pacato rimirassero. Quindi scrivere un vile ar- ticolo contro di me, perchè non permisi che nel mio Giornale spropositi così alla ventura si gitlassero nel- Vestralto, che il giovine Beaumont scrisse nel passato numero di queste Effemeridi, per la traduzione dell'Ec- clesiaste fatta dal Perez, è un'infamia degna dei tempi nostri: infamia che ho guardata sorridendo, perchè in- fanga sol chi la scrisse e chi ne è degno. JNè io qui ricorderei per ombra questo vituperio, se una partico- larità che vi si congiunge non mi obbligasse a farlo. Il Beaumont è giovine di buona indole , e che ama di studiare e di apprendere: il buon De Tom- maso, defunto IspettorGenerale per la rettifica del cata- sto fondiario, di cui egli era parente, mei fece conoscere appunto per queste buone qualità; ed alle vive istanze di quell'ottimo vecchio m'indussi a far comparite nel mio Giornale , per la prima volta , la memorieila che sopra Xanto, Aristosseno , e Stesicoro aveva scritto. I congiunti di lui mi furon grati, e grato egli stesso: veniva a ritrovarmi, le cose che bramava in- serire nelle Effemeridi dicea di affidare alla mia ami- cizia, onde le avessi corrette, e a modo mio rifor- male: i parenti gentilmente mei raccomandavano , 206 ricordandomi die pria di stamparsi avessi le cose del giovine rivedute. A tanta cortese tìducia rispondevo con sicura coscienza; il giovine stimavo; libri davagli io slesso., perchè gli studiasse, e qualche estratto ne scrivesse per le medesime Effemeridi. Difatti parecchi a quando a quando gliene diedi, ed ultimamente per que- sto medesimo obbietto gli passai la traduzione dell'Ec- clesiaste che mentovai. Lessi pria di stamparsi l'arti- colo, e credetti che fosse in mia facoltà, giusta l'usato, di aggiungere o togliere ciò che, secondo il mio giu- dicio, pareami più convenevole. Ma stampato quell'e- stralto^Q lasciato il manoscritto del Beaumont colle mie postille dal tipografo, come il consueto, perchè nessuna ragione avevo di fare il contrario, fu veduto che le aggiunzioni erau di mio carattere, e quindi levalo su il Beaumont da chi aveva interesse a malignare, e a far nascere un subuglio , avvenne che questi di- xnenlicando il [ìassato, le sue proteste , le relazioni ch'esistevano fra me e la sua famiglia , s' indusse a scrivere una lettera impcrtiiientissima, reclamando con- tro le aggiunzioni da me fatte: e questa lettera venne stampala in quel foglio, accompagnata dall'infame ar- ticolo the ho citato. Ma quali furono le aggiunzioni? Eccole: istituiva il Beaumont un paragone fra l'Illia- de e r Ecclesiaste; ed io stimando che questa lette- raria bestemmia non dovesse passare così alla cieca in un Giornale riputato, aggiunsi, sol per allontanare r ei'rore, dimenticando il lettore per un momento il paragone di una picciolissima cosa cjuaV è la tra- duzione dell' Ecclesiaste ad una grandissima qua- V è quella dell' IlUade. Ma questa aggiunzione iu slimata gravissima colpa, senza pensare (mdipendente- inente della somma facilità che presta il latino delle cose dell'antico e del nuovo Testamento) che l'Ecclesia- ste altro non e che una sterile querimonia, cui un uomo 207 carico di anni, e stanco del mondo e delle voluttà di esso, fa delle vanità di questa vita, toccando sempre lo stesso suono, e ripetendo sempre le stesse inutili la- merìtazioni; le quali finalmente non portano a nessun prò, e son dannose ai consorzi civili, che Iian biso- gno non di abbandono e di tristezza, ma di una virtù attiva ed operosa: e questo libro di sì poco rilievo e di SI poche pagine si è voluto paragonare all' liliade, eh' è il più grati monumenlo della sapienza antica! E perchè lo scrittore del presente reclamo volle allon- tanare quel matlo errore dal suo Giornale lu dannato con vigliacche parole^ f) La traduzione del Perez è lodevole in varii punti^ ed in altri meno, ed a me non parea che vi si scor- gesse ugualmente l'istessa bontà. Onde aggiunsi la pa- rola generalmente in un luogo in cui la credevo in- dispensabile, per evitare rivcndiche di un giudizio as- soluto, che potca esser soggetto a mille ammende. Il periodo è il seguente: fedele traduttore (il Perez) e poeta per lo pia commendevole lo scorgi -,6 alle volte ^ ancorché gli si mostri renitente il testo, il pensiero si sostiene bene, e generalmente non si tradisce. I vituperi die mi si sono scagliali, perchè aggiunsi la parola generalmente fanno orrore: il pubblico ha scoppiato di sdegno, e lettere ujì arrivano dai luoghi delia Sicilia , ove quel foglio suole giungere , parte fremendo, parte, pel nostro misero stalo, lagrimando. Onde qui solo dirò che non potendo io più applicarmi a scrivere articoli da giornale, come da anni non ne scrivo, che i miei studi e le mie fatiche mei vielano, conoscerà il pubblico per lo mezzo altrui, e nel senso puramente dell'arte, se quel generalmente fosse gil- talo là a capriccio , o avesse Ibndameuto di verità. Mi si erano richieste, è già tempo, le Effemeridi per un esame di severa critica che volea làrsi alle .:uìl\£-o Sa '""'' ^''''"^ '<^''-a. •ame.Je, vis; dlando la saltiti Jj 208 due traduzioni del Perez; le negai, e le negherò sem- pre. Volli quindi colla parola generalmente, che si potrebbe applicare, come si applica , alle opere mi- gliori del senno umano, chiudere il labbro altrui, ed interdire ogni contrario opinare : persuaso per altro che l'errare è degli uomini, e le cose dell'uomo, qua- lunque le sieno, risentono più o meno della fragilità del suo intellello. Ma gli uomini s'illudono spesso e vaneggiano, credendo di volare per le vie celesti, e di guardare dall'alto al basso la terra; meutr'essi sono misera polve, che dal fondo del loro lezzo appena è lor dato di guardare il cielo. Quindi nemico, come sono, delle vili diatribe e delle apoteosi sconsigliate, ho stimato che un elogio moderato e modesto valga assai pili di uno tronfio ed ampolloso, che fa ridere la gente, e fa cadere lo scherno sull'elogiato e l'elo- giatore. La terza giunta finalmente riguarda un'idea lette- raria che ho avuto sempre nel pensiero, e vera o falsa che la l'osse, l'ho creduta giusla, e la credo tale. I valenti uomini dovrebbero far da se, e non applicarsi a traduzioni di questa falla ; poiché tali lavori (ag- giunsi) leggieri ed anche futili si jxilrebbero da taluno riputare; e da un valenl'uomo come il Perez si pos- sono attendere con ragione cose utili e positive. Ma quest'idea fu riputata truce; e pure ciò scrivendo sen- tivo alludere alla Pdvìsta europea che parlando della traduzione dell'Apocalisse del medesimo Perez riputò di lieve momento questi studi, come aveva già fatto la Biblioteca italiana parlando di alcune traduzioni dal tedesco di Andrea Maffei, desiderando che un va- lent'uomo, com' egli era, queste cose trascurasse, e a fatiche utili e positive ed originali attendesse. E cosi di altri moltissimi che lungo sarebbe il ricordare. Dunque questo concetto non è assurdo , ma è vero, nofl è solo vù\Oy ma è dei migliori. 209 Ecco dunque i miei gravi peccati: ecco le maledette aggiunzioni da me falle ali estrallo del Beaumoiil! L'autore dell'oltraggioso articolo è un certo Isidoro la Lumia, giovine a i'^ o i8 anni, che io so a|)pena di vista; e non so persuadermi, come un uomo possa nutrire e sfogare tanta invereconda ira con(ra chi noa conosce per nessun verso. Questo è il colmo di una bassezza che la orrore, e che io ignoro con qual nome battezzare. Mi si era detto da alcuni personaggi, onorati dap- pertutto , e tenuti fra noi in altissimo pregio , che questi insulti non doveano passare impuniti , in un governo monarchico ben costituito, conlra nessuno, e molto meno centra gli uomini riputali del paese ; e che avessi perciò, essendo slaia sorpresa la buona fede del revisore, invocato fortemente l'autorità del Go- verno, |)er punirsi l'autore di quelle infamie. Ringra- ziai gli amorevoli amici, rifuggendo da quel pensiero. Io lascio alla correzione di se medesimo il giovine inesperto: si spogli di queste misere presunzioni, colle quali non farà mai nessun passo in nessuna carriera della vita; presunzioni indegne non di un giovinetto, che viene ora al mondo , ed ignora cosa sia questo mondo, ma del più vecchio uomo e del più sapiente. Rientrato quindi nella propria coscienza sentirà un giorno, con interno dolore, se non giungerà a sentirlo oggidì, la viltà che ha commesso nell'avere oltraggiato con tanta ingiustizia e tanta barbarie il suo onesto concitladino. Ferdinando Malyica. INDICE DEL TOMO XXIX. Prospetto delle scienze e della letteratura del secolo declmonono in Sicilia. — Zoologia — Art. I.° II.° — Bne Andrea Bivona » 3. 65. 1^5 Su di un aborto con seguita morte della madre — Mariano Valenti, jj 1 3 Ngtizie Storico-legali intorno ai giureconsulti Isernia ed Afilitto.— P- Sampolo , . j, . j , , . j a 23 2 IO Sopra Patti e lo spirito dei cittadini pattesi in ogni tempo.— Can. Luigi Natoli ... . . . . : . 5> 3o Della letteratura italiana del secolo deciraonono in rapporto a tutte le letterature a Europa —Prospetto lilosolico di Ferdinando Mai- dica— Diietlore della Sezione di scienze morali nella R. Acca- demia di Palermo, membro della Società reale borbonicaec.ee. -^Programma di associazione : . . . . . » 4^ Sul concorso alla cattedra di umanità nella R. Università di Catania sostenuto da! Canonico Secondario Gioacchino Geremia — Let- tera di Giusep]ie Feria al Direttore delle Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia ....... 55 Cenni sopra Ducczlo coudotticrc de' Siculi — per Benedelto Intrigi- la. — Catania iSSg. — V. Linares . . . . . » 59 Osservazioni di carie alia clavicol;-. — Rosario Miccichè . . » 78 L'Ecclesiaste di Salomone riprodotto in poesia italiana da Francesco Perez colla volgata in line — Palermo dalla stamperia di Fran- cesco Lao i8i:)0 in-8." di pagine 84 testo e traduzione. — F. de Beaumont.. . . . . . . . . . » iii Delle istorie, e di quelle italiane del Borghi dall'anno primo dell' Era cristiana al 1840 voi. 1° rase, i." — Parigi tipografia Lacrampe ec. — Scordia ( art. L° e 11"). .... » 116. 172 Le antichità della Sicilia esposte ed illustrate per Domenico Lo Faso Pictrasanta Duca di Serradifalco, socio di vario Accademie volu- me III. Palermo i836. in Ibi. 126. p. 4^ *^^' ( articolo tra- dotto dal tedesco ed inserito nel Rheim Museum 6.° ann. fasci- colo 4. ) — Welter » l36 \oto pionun:'.iato nella solenne riunione deir'Accademia di scienze lettere ed arti in Aci-reale la mattina dei i3difebb. 1840, per disumare alcuni corpi d' illustri estinti, e collocarsi in luogo se- parato— Mariano Grassi » iSt Amore è 1' Egida della natura contro il vizio e il dolore. Discorso pronunzialo nella Sala della Pontaniana il di 9 Sett. 1889 da Cecilia De Luna Folliero (na]iolitaiia) Socia dell' accademia pon- taniana di Napoli, della statistica universale di Parigi ■ec— Trie- ste dalla tipog- Mareuigh 1889. — Luigi Castellana. , . » i44 Su i palloni aereostatici — Domenico Ragona Scinà, . . . . » 1Ó9 Al nuovo traduttor di Lucano— Pietro Giordani. -....« 188 Sperienze e ragionamenti intorno all'uso igienico dei bagni del medico- chirurgo Giovanni Raffaele socio di varie accademie — Napoli dalla tipog. di Tommaso Rispoli 1840 un voi. in-8." — N. Castellana n 151 L'antico Ipogeo del Duomo di Palermo esposto da Giovanni Compa- gni— Pai." 1840 in-S." di pag. 34 con sei rami — N.Busccmi » 194 Lettera d' Innocenzio Giampieri bibliotecario palatino in Firenze al Cav. Cesare Airoldi intorno il Codice Aldino del Petrarca acqui- stalo in Palermo dal Duca di Serradifalco 197 Lettera di Lionardo Vigo al Duca di Serradifalco intorno il codice Aldino del Petrarca in risposta alia lettera precedeate . . n 200 Reclamo del Direttore • • » 204 EFFEMERIDI PER LA SICILIA TOMO XXX. — ANNO IX. Luglio Agosto Settembre "1840. PALERMO DALLA TIPOGRAriA DI FILIPl'O SOLLl 18iO EIFIFEMIEIEII©]! SCIENTIFICHE E LETTERARIE PER LA SICILIA N."" 82, — Luglio 1840. PROSPETTO DELLE SCIENZE, E DELLA LETTERATURA DEL SECOLO DECIMONONO IN SICILIA. Zoologìa ARTICOLO III.» Ne a quelli di cui finora si e detto si sono arre- stati per fermo i travagli zoologici, che riguardano la Sicilia. Poiché non pochi sono gli sforzi, che in que- st' ultimo decennio hanno fatto i Siciliani per lo pro- gresso della zoologia nell'isola, comecché a tal pro- gresso abbiamo concorso ancora fortemente taluni stra- nieri. In Palermo Scinà e mio padre il bne Antonino Bi- vona e Bernardi erano senza dubbio caldi di ogni co- noscenza naturale, abbenchè per diverse ragioni. Scinà studiava le scienze naturali, raa era principal suo sco- po di avvalersene come ausiliarie per la compilazio- ne di opcie senza delle quali non potea venirne a ca- 4 |)o; mio padre era potentemente sospinto dalla Natura istcssn a studiarvi di sopra, però altro scopo non avea che questa, e ad illustrarne i vari fatti intendea e non ;id altro; meno osservatore il primo e meno studioso di tai folli, in sua mente ravvolgeva piuttosto il modo di ordinarli, di tesserli in varie fila, e di rannodar (lueste ancora ad altre fila, sì che per la loro insie- me una gran tela ordisse; studiava il secondo pro- i'ondamente quei l'alti, di osservarli di esaminarli per o"ni verso non mai stancavasi , appagavasi alla sco- ncrta di un nuovo fatto, fino alla illustrazione di uno mal conosciuto; trovava l' uno più che altrove nella sua mente i mezzi per la pubblicazione delle opere che si proponeva; più che del suo genio nell' osser- vare avea l'altro bisogno di altri mezzi, che in se medesimo non trovava, per illustrare un gran numero di fatti della Natura; quegli per una via più facile fra noi, questi per una via più difficile travagliavano entrambi a conseguire l' immortalità del loro nome ; entrambi aveano uno scopo utile santo, illustrare la patria. Che se io volessi addurre una pruova di quau- to orora ho esposto non dovrei far altro che trarla dalle opere loro pubblicale; ma dovendo occuparmi di zoologìa, dico che bene essi ebbero il destro di far mostra del loro studio in questa scienza. Lo mostrò Scinà nella cennata Topografia di Palermo, non che nel Prospetto pubblicato dall'anno 1824 al 1827 della Storia letteraria di Sicilia del secolo XVIII; lo mo- strò mio padre allorché Tanno i83o imprese ad anno- tare gì' innumerevoli errori di un opuscolo dell'abate Ferrara (i). Pure ebbe lo Scinà un forte motivo di (1) La natura, le sue leggi e le sue opci-c o introduzione alle scienze naturali dei professore Fraaccsco Ferrala. Palermo 1839. esser pago alla pubblicazione delie sue opere, ma non mio padre alla pubblicazione delle sue note , fuicliè come fece nelle altre branche di scienze naturali, non illustrò nella zoologìa nuovi fatti o da altri mal co- nosciuti. Onde seguendo a dire ciò che si è operalo intorno alla zoologìa siciliana, tocca ora di ragionare di alcuni travagii di mio padre riguardo alla Mala- cologia. Acquistava Domenico Testa da Palermo sin dalle prime di questo secolo conchiglie dalla Sicilia, e la sua collezione di già da molti anni addietro ne era ricchissima. Invitato mio padre a vedere questa col- lezione fu preso così forte dalla copia di quelli esseri di cui la Natura volle oltre a mille altri prodigare la Sicilia, che pel suo naturai talento detcrrainossi tantosto a formarne oggetto di uno studio particolare; al che venne confortato eziandio dal Testa, il quale fin d'allora fecegli dono di molti e belli esemplari. Così avvenne adunque, che mio padre voltosi sin dal 1824 ^ questo studio, e formatasi una ricca collezio- ne di molluschi nudi e testacei della Sicilia , tutto solo e con pochissimi libri, e non senza aver supe- rato grandissimi ostacoli per lo apprendimento della scienza, si diede a rediggerne un catalogo ragionato, disposto secondo il metodo di Lamarck (i). Dividca per conseguenza quegli animali in Conchiferi e in Mol- luschi propriamente detti da questo autore , riferi- va i sinonimi di Linneo di Poli, e i luoghi dove abi- tano, descriveva le specie da lui credute nuove o non riportate nell'opera del Lamarck, o mal conosciu- te, soveote aggiungeva delle interessanti osservazioni. (i) Hìstoire naturclle des amniaux sans vertèhres Jil'llct. 1818. 6 Questo catalogo ricco di scoperte , eh' egli mirava di pubblicare assieme con altri lavori di grave momento sotto il nome di Colleltanee di storia naturale per l' immatura sua morte e anzi di ogni altro per di- fetto di mezzi rimase imperfetto, ed oggi poi trovasi addietro allo stato attuale della scienza. E qui io debbo dire soltanto di volo, che avendo mio padre tra- vagliato grandemente sui molluschi della Sicilia, sic- come è manifesto dalle borre dei suoi manuscritti , non che dai disegni di molti ch'egli avea con grave suo dispendio fatto eseguire, fu assai barbara la sorte nel non avere apprestato a lui del tutto quei mezzi, pei quali avrebbe mandato a fine e pubblicato uno- pera più interessante di quella pubblicata dappoi dal- l'alemanno Filippi, almeno in quanto ai molluschi nudi della Sicilia. Stranieri, voi vantatevi frattanto, insuperbite pure dei vostri travagli; ma questo vi stia iitto in mente, che se diverse fossero state le condi- zioni dei siciliani, avrebbero essi saputo troncarvi ad un tratto la via all' acquisto di quelle glorie, di cui di tempo in tempo l'avete in parte spogliati. Era non per tanto Tanno i832, quand'egli ceden- do al volere dei chiaaissimi compilatori di questo gior- nale (i) cominciava a pubblicare alcuni w Nuovi ge- neri e nuove specie di Molluschi w estratti dalle Col- lettanee di Storia naturale sopra cennate , e rappre- sentavano le figure in tre tavole litografiche. Alcune specie scoperte veramente da mio padre sono di già riportate da Kiener nella sua grande e magnifica o- pera intitolata » Spécies general et icouographie des (i) Era allora questo giornale compilato dal Principe Granatelli, baro- ne Mortillaro, Agostino Gallo e Ferdinando Malvica , il quale da molli anni ne e stalo poi il solo Direttore. 7 coquilles vivanles m cominciatasi a pubblicare di re- cente a Parigi (i). Filippi nella sua opera sui Mollu- schi della Sicilia pubblicata a Berlino, di cui fra po- co dovrem tenere ragionamento, ne riporta quattor- dici specie, una delle quali da mio padre riguardata per una specie di Erjcina e detta Erjcina corbidoides da quello autore si è fatto appartenere ad un nuovo genere da lui stabilito e detto Bornia^ sicché nella sua opera ha preso veramente il nome di Bornia cor- buloides ritenendosi l'altro come sinonimo; ed un'al- tra da mio padre detta Bnccinum subdiaphanum, da quello stesso autore si è voluta invece chiamare Buc- cinum variabUe (2). Oltre a quelle riportate da Scac- chi nel Catalogo delle conchiglie del regno di Napoli altre quattro specie poi da mio padre pubblicale e descritte, ma che non veggonsi accettate nell' opera del Filippi, lo sono tuttavia nel Catalogo de' mollu- schi della Sicilia del Maravigna, il quale ritiene in- noltre i nomi Erjcina corbuloides^ e Bnccinum sub- diaphanum anzidetti. Se non che bello è qui il ram- mentare come questi due ultimi malacologici ripor- tando nelle loro opere molte scoperte di mio padre, abbiano accettate fra queste tutte le cinque specie del genere Vermeto, del qual genere non si aveano pri- ma di lui che cognizioni imperfette e fondate su di una sola specie descritta da Adanson. Così mio padre che nella botanica portava il genere delle Tolpidi da (i) Avendo il professor Maravigna portato da Catania l'anno scorso in questa capitale un fascicolo dell' opera di questo autore , svolgendolo mi accorsi di esservi riportate due scoverte di mio padre la Scalaiia fjulcitella e la ptaiìicosta, (2) Posto che mio padre è il primo scopritore di questa conchiglia, per quanto essa variasse, essendovi un gran numero d' individui quasi dia- fani, sembra che non si possa cambiare ques-to nome che egli le diede. 8 una sola, specie conosciula fino a cinque specie, nella zoologia poi ridusse ancora da una a sei specie il ge- nere dei Vermeti. Quand'anche egli non fosse stato celebre per altri travagli da lui sostenuti nella sto- ria naturale e principalmente nella botaoica, baste- rebbero al certo queste sole scoperte per istabilirgU un nome onorato ed eterno. Mio padre tutta voi la avrebbe seguito la pubblica- zione delle sue scoperte malacologiche , se la spesa delle tavole litografiche non comportabile da un gior- nale allora nascente e il loro cattivo successo non lo avessero interrotta fino alla sua morte. Difetto di mez- zi adunque gli tolse V onore di aggiungere al catalogo dei molluschi conosciuti uu considerevol numero di altre specie già da lui scoperte, descritte e fatte di- segnare; essendo tali specie pubblicale ormai dal Fi- lippi, il quale le conobbe e le descrisse certamente dappoi. Ed io debbo nondimeno esprimere la mia gratitudine al valente Alemanno, il quale avendo fre- quentato moltissimo mio padre, ed avuto comunicate tutte le sue fatiche nella Malacologia siciliana (i), si piacque di pubblicare nella sua opera cinque specie inedite di lui, tra le quali il Pecteji Testae noto al Testa, e 1' Erjcina corbubldes riportata fra le Bor- nie come si è detto. Quanto questa mia gratitudine sarebbe stala maggiore, se il Filippi avesse pubbli- cato uu maggior numero di scoperte e molte interes- santi osservazioni inedite di mio padre delle quali non si sovvenne certamente! (i) Io ben rammento, che il Filippi passava dei giorni interi in casa mio padre e che questi dicevami di non aver nulla nascosto a quello delle sue fatiche, né poteva essere altrimenti, dacché mio padre non fece mai in sua vita luislcro dei suoi travagli e del suo sapere. 9 Venendo ora a ciò ch'io operai dopo la morte di lui dico, che ignaro ancora dell'opera del Filippi, avea impreso a seguire la pubblicazione dei » Nuovi ge- neri e nuove specie di Molluschi » da quello comiu- ciata. Per cui pubblicai l'anno i838 nel giornale di scienze lettere ed arti il nuovo genere Lossostoma contenente sei specie, ed assai ben distinto certamente dal genere Rissoa, avvegnacchè l'animale dell'uno ba il piede lungo e stretto, il coperchio a spira basilare sostenuto da un'appendice codiforme, i tentacoli lunghi e setacei; e l'animale dell'altro ha il piede corto e rotondo, il coperchio a spira laterale , i tentacoli conici (^i). Pubblicai eziandio altre specie cui talu- ne mie ne aggiunsi; ma avendo acquistato allora 1' o- pera del Filippi mi ristetti da una ulteriore pubbli- cazione di quelle specie appartenenti tutte ai mol- luschi testacei. Imperciocché per la lettura di quesl' o- pera conobbi di leggieri, che se altro mi rimaneva a pubblicare dei manuscritti di mio padre riguardar po- teva piuttosto i molluschi nudi della Sicilia. Ho pub- blicato infatti questo anno talune osservazioni di lui intorno al Limax marginatus', ma io manco forte- mente di mezzi, e non posso occuparmi per ora di uno studio così dispendioso, avendo bisogno di acqui- starmi i molluschi nudi nello slato vivente, ne polen- domi servire del tutto a tal uopo quelli che serbo nello spirito di vino. I malacologi frattanto, cui per- verranno i travagli di mio padre finora edili, ben po- tranno giudicare quanl' ei fosse progredito nella cono- scenza dei molluschi, non che della loro anatomia e fisiologia. (i) V.BlainvilIe Manuel (te Malacologie et de Concbyologie. Paris i8u5. IO Ma già i Catanesi ed altri dell'Isola clic dimora- vano in Catania, concentrati lungo tempo nello studio del famoso vulcano e dei suoi fenomeni e dopo aver- ne illustrato molti prodotti minerali e vegetali scuo- tevansi, ed alle cose zoologiche la loro attenzione vol- gevano. Coltivando con ardore la Mineralogìa e la Geologìa, era mestieri che si fossero occupati dello studio dei resti organici fossili. Ond' è che molte o- pere di quei dotti che hanno inteso a determinare la natura e la disposizione delle diverse parti del suolo della Sicilia sentono di tali conoscenze e con ispecial- tà della Conchiologìa. E noi dobbiamo anzi ai chia- rissimi Carlo Gemmellaro e P. Barnaba la Via l'a- vere pubblicato i primi 5g specie di conchiglie fos- sili dell'argilla di Cifali 1' uno (i), e l'altro yo spe- specie di un deposito, che se ne osserva da S. Fla- via fino a S. Giuliano (2). Il dì 2t5 dicembre dell'anno 1 834 il canonico Giu- seppe Alessi leggeva agli Accademici Gioeni una sua » Memoria da servire d' introduzione alla Zoologia del triplice mare che cinge la Sicilia » (3) Quell'uomo venerando per somma erudizione e per grande affa- bilità di costumi; la di cui perdita assieme con molte altre piangerà ancora lungo tempo la Sicilia, impren- deva in lai memoria la storia della zoologìa sicula cominciando sin dai tempi Omerici fino a quello in cui egli scrisse, e mostrando il bisogno di un' opera grande di zoologìa, da cui non solo si avesse la co- (1) Cenno sopra le concliiglie fossili che rinvcngonsi ncH'arfjilla (ciziu- lia ilei poggio di Cifali presso Catania. Sta nel tomo VII degli Atti del- l' Accademia Gioenia. (?) Osservazioni geognostichc nei contorni di Caltanissetla i833. (3) Sta nel toin. XI degli Alti prclodati. 1 1 noscenza di tutti gli animali dell'Isola, ma dei van- taggi che questa conoscenza potesse alla società nostra arrecare, incitava fortemente gli accademici, che me- no degli altri aveano fino in quel punto travagliato nella zoologìa ad accu parsi seriosamente di questa branca interessante della storia naturale. Di tal me- moria giova dire frattanto, che sebbene fosse sparsa di molte notizie intorno allo studio che fecero i no- stri antichi padri degli animali, ed alle conoscenze che ne acquistarono, pure assai poco ed inesattamen- te ragionasi di quanto si è operato in zoologia in tem- pi a noi più vicini, e di cui abbiamo parlato nel no- stro prospetto. Dopo Alessi il chiarissimo Giuseppe Antonio Gal- vagni nella tornata dei 28 Giugno i835 leggeva nel- l'Accademia Gioenia una sua prima memoria per ser- vire di proemio alla Fauna etnea (i). L'autore dice in prima dell'origine, dei progressi, e dello stalo della Zoologìa in generale, e poiché si manca di un iiitero corpo di Zoologìa sicula non che di zoologìa etnea, annuncia il suo proponimento di voler descrivere gli animali dell' Etna riportandone la storia , il parti- colare soggiorno, i caratteri o le proprietà che li di- stinguono , non che i caratteri che v' imprimono le condizioni topografiche delle regioni ove abitano; gli alimenti, i medicamenti, i veleni che forniscono; clas- sificando questi animali secondo il metodo di Gior- gio Cuvier, e per quanto l'argomento richiede, con- sociandovi delle considerazioni di fisiologia zoologica, di zootomia comparata, e di anatomia trascendente, per rilevare le varietà, gli analogismi, i progressi dell'ainma- (i) Sia nel tom. XII. degli Atti citali. 13 le organizazione, e toccare insieme dell'unità elementa- re di questa, talché il tutto servisse a rendere com- pleto il di lui travaglio intorno agli animali dell'Etna. Passa a preporre talune considerazioni sugli animali che abitano nelle diverse regioni del monte, il quale sotto il medesimo cielo e in uà aer puro vari climi acchiude e temperature diverse, e le delizie offre della vegetazione più ridente, e la magnificenza della ve- tustà boschiva e gli orrori del romito deserto, e luo- ghi ermi e solinghi, e siti sterili ed alpestri, e cavi e antri e asili di animali di ogni maniera; per le quali considerazioni crede con probabilità asserire che la regione piedemonlana offre gran copia di uccelli di rettili e d' insetti, ma pochi mammiferi ; la boscosa più mammiferi ed uccelli; e la regione algente pochi uccelli e pochissime specie di altri animali. Osserva quindi siccome da canto suo avea fatto Humboldt in molle montagne di America, che nel monte Etna si ha ancora una pruova che la vita animale oltrepassa i limiti della vegetale, slanlcchè questa termina a metà della pianura del lago^ ove vive soltanto il Senecio chrìsantemifolius Lamark (i), e quella nella parte più alta si mostra del cono del vulcano, o più alto ancora sorvolandovi il Corvo ed il Nibbio. Qui fau- tore prende argomento di discutere le opinioni intor- no al motivo che questi animali vivano bene a (|uella altezza, differentemente di altri e con ispecialtà del- l' uomo che molto vi sofìVe, e die andrebbe a perire se vi stesse a lungo. Dice de' germi animali e dei semi vegetabili, che in varie altezze del monte ad onta de' freddi jeraali che pur vi sono rigidissimi , conser- (i) Seliecio squallic/us Linneo. i3 vaoo la loro facoltà produttrice, e fecondansi e svi- luppatisi; e degli animali ancora che per tai freddi passano la maggior parte della loro vita su quei luo- ghi in uno stalo di torpore. E finalmente istituendo uà paragone tra 1' Etna , la Sicilia , l'Italia e i deserti dell'Africa coucliiude che iu quel monte vivono la maggior parte di animali dell'Isola, una parte consi- derevole di quelli della Penisola , una piccola parte relativamente al numero grandissimo di animali dei deserti dell' Africa. Tale è il sunto delle idee del Gal- vagui esposte nella sua prima memoria molto elabo- rata, quantunque si fosse omesso interamente di par- lare iu essa degli animali invertebrati di talune classi, che al pari degl'insetti vivono nell'Etna, e si affac- ciasse alla mente di chi legge il pensiero, che per la maggiore esattezza delle considerazioni generali del- l'autore sopra tutti gli animali, che trovansi nelle di- verse regioni del monte, forse egli abbisognava allora di conoscenze particolari e più precise sui medesimi. Eppure noi diremmo in questo luogo di molte sue iuleressanti memorie lette di tempo in tempo all'Ac- cademia Gioenia, dov'eglisi mostra abbastanza progre- gredito in tali conoscenze, se non avessimo stimato di farlo iu altro luogo, dove ci occuperemo di coloro che hanno scritto in quest' ultimi anni sopra molli rami della zoologìa Sicula. Poco dopo questa memoria del Galvagni nella tor- nata dei 23 luglio i835 l'illustre Carlo Gemmellaro leggeva agli accademici Gioenì una sua prima memoria sulla zoologia del golfo di Catania (i). L'autore discorre della topografia zoologica di questo golfo, epperò dopo (i) Sta nel tom. XII anzidetto. i4 talune considerazioni particolari sulle condizioni topo- grafiche delle spiagge non che del fondo del mare, passa a dare uno sguardo generale tanto sopra queste condi- zioni, quanto sopra il numero delle specie animali che vi abitano; donde risulta, che tolta una parte sabbiosa, il resto poi delle spiagge offre comodi siti allo svi- luppo ed alla stazione di molti di quei viventi. Im- perciocché son queste spiagge e '1 fondo del mare algoso, sì che vi si trattengono una gran quantità di zoofiti, e questi e le piante trattengono e nutriscono un gran numero di crustacei di auelidi, di molluschi, delle quali classi di animali tutti si cibano ancora moltissimi pesci. Qui l'autore ragiona dei molti ge- neri di animali, che in quel golfo si trovano affi- ne di condurre il suo travaglio a tale , che quasi poscia nuU'altro rimanesse , che descriverne ed illu- strarne le diverse specie. Dice per ultimo dell'influenza che le acque del golfo esercitano sopra quei viventi, e per la loro qualità, essendo cariche di sale, e per la loro estenzione che molto 1' espone allo spirar di impetuosi venti ed alle tempeste. E questo il lavoro del Gemmellaro, che col suo sapere e eoa le sue opere non cessa di rendersi benemerito della scienza, e della patria. E noi slam sicuri, che vari travagli avrebbe egli digià pubblicati dal i(S35 a questa volta tendenti a promuovere la conoscenza di diverse spezie di ani- mali che abitano nel golfo di Catania, se come ci fa sapere (i) non gli avesse in sua mente quasi ceduto a Giovanni Piazza Ciantar giovane valoroso, che di già avea cominciato a tome una parte assai interes- sante. Ond'egli laddove in questo spazio di tempo ha (i) Vedi la sua seconda memoria sulla zoologia del golfo di Catania inserita nel voi. XY. degli Atti dell' Accademia Gioenia. i5 pubblicalo i suoi elementi di geologìa ad uso della Reale Università di Catania, prima opera di tal sorta comparsa alla luce in Sicilia, non che molte interes- santi memorie ; finora una seconda memoria ci ha dato sulla zoologìa di quel golfo, che versa con ispe- cialtà intorno alle spugue che vi abitano, e di cui noi a suo luogo diremo. Carmelo Maravigna autore celebratissimo di varie opere in diverse branche di scienze naturali , quasi a cogliere degli onori nei tre Regni della Natura en- trava anch'egli in quello della zoologìa, e applicavasi con ispecialtà allo studio della Malacologia. Formatasi una ricca collezione di testacei indigeni ed esolici, e fatto acquisto di molte opere scelte intorno a questi animali, il giorno 3 marzo dell'anno i836 leggeva all'Accademia Gioenia in una sua memoria l'introdu- zione ed il piano dei suoi travagli (i). L'autore cen- nando del favorevole accoglimento , fatto dagli stra- nieri alle sue opere anteriormente pubblicate, affinchè non fosse tacciato di ardimento, nella nuova opera da lui impresa, dice del piano di quest' opera il quale consiste nel rifondere per ciò che riguarda la mala- cologia siciliana 1' opera del Poli , fornirla di quelle emendazioni, perfezioni, o copiose aggiunte di mol- luschi della Sicilia, di che è suscettibile, e disporre il tutto con un metodo il più convenevole nello stato attuale della scienza. Però l' autore passa a ricercare di questo metodo, e toccando dei progressi della ma- lacologia, mostra tuttavia gli abusi in cui si è incorso nella formazione di nuovi generi, abuso verissimo, e che tanto oggidì viene ingarbugliando e rendendo dif- (i) sta nel tomo XIV degli Atti prelodati. i6 ficile no» solo lo studio di questa scienza ma di ogni ramo di scienza naturale. Espone quindi la necessità di rendere lo studio delia malacologia assai piìi sem- plice, riducendone i generi ad un minor numero, e come tale necessità siasi sentita da Blainville, che il primo nel suo manuale di malacologia ha dato esempio di questa riduzione. Pure non essere la scienza ri- dotta fino a questo momento al grado di perfezione desiderabile, e doversi aspettare un altro Linneo che avendo l'anima di quel grande con Vacuine del suo genio venisse a stabilire i veri rapporti di rassomi- glianza degli esseri che popolano la terra , e con Inforza della di lui autorità distruggesse tutte le barriere , che si oppongono all' aumento della na- turale istoria dandoci il vero sistema della natura. Che dove si attende questo fausto giorno , il nostro autore dichiara frattanto voler seguire nella divisione delle classi e della famiglia dei molluschi il somma Cuvier e nella distribuzione dei generi il signor De Blainville. Dice infine dei mezzi , che possiede per fornire l'opera da lui impresa e di altro di cui non occorre qui far menzione. In questa memoria grande è l'altezza dei concepimenti e nobile l'andamento col quale il Maravigna l'ha scritti; grande l'impresa che TÌ annuncia, e la utilità manifesta che dovrebbe tor- narne. E bene è da sperare, che l'illustre autore dopo di aver dato pruove di saper condurre a fine altri gravi lavori con la potenza del suo ingegno e delle sue forze fisiche conduca anche questo al termine de- siderato. Soltanto è nostro debito manifestare, che noi non consentiamo col Maravigna nel riporre il Lamarck fra quelli che abusando nella formazione di nuovi ge- neri abbiano ingarbugliato lo studio dei molluschi , .... '7 ma che egli invece, siccome si avvisano il Cuvier, il Deshajes ed altri autori, ne abbia fatto una saggia di- stribuzione e influito grandemente al progresso della scienza. La fama delle opere del Maravigna chiamava frat- tanto questo scienziato al congresso scientifico di Fran- cia in Clermont-Ferrand nel mese di settembre del- l'anno i838 (i). E quivi ei portavasi, quivi scelto Vice-Presidente, in quel congresso sedeva accanto a Roberto Browt» , quivi oltre ad altre plauditissime memorie (non avendo ancora fornito la sua opera sui molluschi della Sicilia) contentavasi di presentarne utt catalogo preceduto da un suo breve discorso. Di que- sto catalogo , nel quale si noverano 4'^7 specie di quelli animali distribuiti secondo il metodo sopradetto i signori Laizer, Lecoq e Tailland riferivano a quel congresso con le parole seguenti: w On pourrait croire que, s'occupant à la fois de deux Sciences aussi vastes que la chimie et la geo- logie, M. Maravigna est étranger aux autres sciences; mais on se tromperait, car à ses travaux sur la flore medicale de Catane, il faut ajouter encore ses études sur les divers mollusques de Ja Sicile. Le catalogne, qu'il nous a remis , nous prouve qu' il a su ajouter aux travaux du célèbre Poli et rendre en mérae temps plus populaire l'etude de ces singuliers animaux que la nature a répandus avec une sorte de profusion suf les còtes de la Sicile. » Nous pensons , Messieurs , que le Congrès doit donner son approbation aux travaux de M. le pro- (i) V. la Relazione del viaggio in Francia di questo professore, pub- bticata ili Napoli nel 1840, dove trovasi riportata la lettera d' invite di- rittagli dal Sig. Simoq segretario di quel cengreu*. a i8 fesseur Maravigna et lui témoigner toufe sa recoii- naissauce pour ses ialéressantes Communications, ain- si que pour les écbantillons dont il lui a fait hom- mage ». E colmo di onori da quel congresso ritornava indi alla sua patria passando per questa capitale, dove io ebbi la fortuna di conoscerlo e di ammirarlo. Oltre al posto che ha occupato nella Regia Università di Cata- nia di professore di chimica filosofica e farmaceutica eletto meritamente dal Governo a Professore di Chi- mica applicata, e distolto da seriose applicazioni in questa scienza , egli ne divide ormai il tempo con gli .studi malacologici, e già molte scoperte di conchiglie vi ha fatte, che ha mandato inserendo nel Magazzitio zoologico del Guerin in Francia, e che si è piaciuto di mandare ancora a me per inserirle in un mio gior- nale di cui sopra feci menzione (i). La voce, le fatiche e gli esempi dello Alessi, del Galvagni del Gemmellaro del Maravigna, che molto decoro anno recato e recano tuttavia alla nostra Si- cilia, le raccolte di oggetti zoologici di questi due ul- timi, e quelle del Gioeni, del Biscari, e del Gutta- dauro doveano servire del più grande incitamento per- chè taluni giovani catauesi si fossero rivolli ancora allo studio della Zoologìa. Avea Giovanni Piazza Ciantar giovane di grande aspettazione di già presentato all' Accademia Gioenia sin dal mese di novembre dell'anno i835, e letta quindi l'introduzione ad un suo Catalogo ragionato dei molluschi del Golfo di Catania (2). In tale intro- (i) Questo giornale scientifico, che volevo imprendere a pubblicare as- sieme al eh. mio amico e valente chirurgo Mariano Pantaleo per dil'etlo di associati non ha potuto finora veder la luce. (a) Sta nel vois XIV. degli Atti giouni precitato. '9 duzione l'autore imprende a mostrare dapprima, come la natura geognoslica di questo golfo, la sua situazio- ne geografica, il flusso e riflusso delle correnti, e la giacitura dei due promontori che ne segnano 1' uno e l'altro estremo, sieno le vere cause della grande quan- tità di molluschi che vi abitano, e come queste cause influiscano ancora alla buona qualità ed al grato sa- pere non che dei molluschi, ma di molti crustacei , e dei pesci ; diflerentemente dalle rive di Augusta ove questi animali sono scipiti e molli. Passa quindi ad esaminare w donde viene (sono le sue parole) ohe i testacei littorali che abitano nella costa settentrio- nale del golfo, altri hanno la conchiglia che supera nella grandezza e nell'intensità del colorito, e altri che supera nella intensità del colorito e cede nella grandezza a quella dei testacei della costa meridio- nale; e che quest' ultimi hanno poi la conchiglia più lucente di quella dei testacei del Nord » Dopo del quale esame termina con dire del modo con che egli condurrà il suo lavoro sui molluschi del Golfo, non lasciando di ritrarre da questi tutte le applicazioni ai vantaggi della vita. Di somma lode è degna certa- mente questa introduzione per la esattezza delle os- servazioni, e per la giustezza delle idee , e per la molta penetrazione del giovine ingegno dell'autore(i) e ben questa introduzione e la Topografia zoologica del Gemmellaro saranno consultalo con profitto da chi avrà vaghezza di conoscere le condizioni geologiche (i) Trovandosi la bozza rlel lavoro del Piazza aflldata al Tipografo durante il cliolera in Catania, uè essendovi altri che vegliasse alla corre- zione della stampa (secondo ci ha assicurato il chiarissimo P. Francesco Tornabenc Cassiuese) notasi con dispiacere la ripetizione di alcuni para- grati, j quali erano stati cancellati dell'autore, e meglio disposti in «ai- giue della bozza istetsa. 30 e topografiche del Golfo di Calania , e molti geueri di animali che vi abitano, non che insieme l'influen- za che le une esercitano sugli altri. Ond' è che noi reputiamo gravissima la perdila del Piazza, cui l'idra asiatica tol^e la vita non giunto ancora al quinto lu- stro di sua età. Noi ignoriamo di quali interessanti travagli egli avrebbe arricchito ormai la zoologìa Si- cula ; ma certo che molle cognizioni avea di già acquistale in questa scienza, ed oltre al Catalogo dei molluschi del Golfo di Catania, che dovea pubblicare, siccome si è detto, un altro travaglio mirava ezian- dio fra non guari di pubblicare intorno ai Coleopteri dei dintorni di Catania. E qui diremmo di un Catalogo redatto oggi da due giovani veramente valorosi il P. Giacomo Maggiore cassinese e il dottore in medicina Andrea Aradas, ten- dente a promuovere con ispeciallà la conoscenza delle conchiglie del golfo anzidetto, se tuttavia non doves- simo ora ragionare dell'opera di uno staniero in que- sto ramo di zoologìa sicula. Bar. Jndrea Bivona. PENSIERI SULLA. EDUCAZIONE DEL POPOLO Etiam non assccutis, voluisse, abundc pulchrum attjue magnilicuni est. P lisci . Hist. nat. in praefat. Il popolo nel senso moderno sono gli abitanti di una città, di una provincia, di un regno. Noi riser- biamo il nome di nazione ad un gran popolo , il quale ha lingua costumi religione letteratura comuni, 21 presenta un sol cafattere, una tinta ed un colore uni- formi. Una è la nazione italiana , tultoclic conciposta di differenti popoli: una è la nazione alemanna, tut- toché distinta in molti governi separali, tuttoché non sia realmente fusa e inviscerata in un sol popolo. Ogni associazione politica che ha la medesima for- ma di governo, vive sotto le medesime leggi, obije- disce allo stesso Sovrano , paga gli stessi tributi , e gode delle medesime franchigie e ciò che addimandasi un popoloy il quale se ha una propria origine , una lingua che lo distingue , una religione ed un culto domiiianle , in f|ueslo caso costituisce una nazione , una gente. Gli Ebrei sono una nazione, non sono un popolo. I Siciliani sono un popolo ed una nazione. I circoli di Germania sono popoli , nou sono nazioni : così dite della Svizzera, dell' Italia , ec. La Polonia sembra di formare una nazione, e di aver perduto la qualilà e la prerogativa di popolo. Ne' pensieri che sarò per esporre in questo scritto, il popolo è preso iu un senso piij ristretto. Intendo per questa parola gli abitanti di una comune , sia città, sia villaggio; anzi non gli abitanti tutti, ma la porzione di essi men colta, meno agiata , e pii!i nu- merosa. Trattando io dunque della educazione del popolo , ho in mira non tanto le classi privilegiate dalla fortuna, o dalle istituzioni sociali, quanto le classi la di cui sussistenza è unicamente appoggiata al lavoro delle proprie roani. L'uomo nascendo non porta seco che inconvenienti e bisogni. Egli non ha ereditato dalla natura che un corpo debole, imbelle, delicato, ed uno spirito rude, cieco, ignorante. Egli però acquista coU'età la forza di cui mancava, e coli' esperienza le cognizioni ed i 22 lumi necessarii per reggersi e condursi nell'arduo seo- tiero della vita. La società è costituita per vegliare alla custodia ed alla difesa dell' uomo, sia esso nato da illustre prosapia, sia circondato sin dalla sua cuna dalia povertà e dalla umiliazione. Veggiamo dunque ciò che la società apprestar deve ad ogni suo figlio; ciò che la patria e in obbligo di somministrare ad ogni cittadino, ad ogni individuo nato nel suo grembo. Ogni uomo che vive al mondo ha drillo all'esi- stenza, ha drillo alla felicità. I regolamenti economici provvedono al primo oggetto, l'educazione al secondo. Una società che difettasse di ospizi per gli esposti , pe' sordi e muli di nascita, pe' ciechi, pe' mentecatti, pe' poveri infermi, per le parlorieiili ec; mancherebbe al primo oggetto: una società che fosse senza sacer- dozio, senza magistrati, senza patria potestà manche- rebbe al secondo. I Governi non sono stabiliti sulla terra che a scemare la somma de' mali ed accrescere la somma de' beni, onde rendere tollerabile , aggra- devole, e se fosse possibile incantante il soggiorno di quaggiù (i). Un uomo grandemente illuminato, di cuore retto e puro , non può non guardare il mondo e la società che come un campo ove necessariamente puUulan confuse le buone e le malvagge erbe, un mare bur- (0 II trattato della pubblica beneficenza appartiene alla civile Econo- mia, il trattato dell'ordine sociale appartiene alla Politica, o, come Filan- gieri intitololla, alla scienza dcLla Legislazione. La civile Economia dà i canoni fondamentali, i principil razionali, d' onde scaturiscono le verità secondarie della scienza economica; queste ve- rità secondarie sono suscettibili di applicazioni praticbc, tra le quali occu- pa un po^to distinto l'amministrazione de' varii dipartimenti, in che ven- gono a ripartirsi la popolaziojie e i fondi pubblici. La civiltà di un popolo si conosce poi e si arjjomcula dal carattere e dalla utilità delle sue istituzioni ciyili ed economiche, al che fare giovano soniraameute le statistisLe, 13 rascoso ove la tempesta è quasi abituale, e dove le intemperie delle stagioni sono segnalate da frequenti naufragi. Gli uomini volgari non petisan però così : essi si attaccano al loro suolo , vi si abbarbicano di tutta forza, e non vorrebbero esserne svelti giauunai. Il popolo regolandosi coli' istinto dee dunque di sua nalura essere docile, ubbidiente, timido, amante del riposo, della tranquillità, della pace. Un Governo provvido e liberale sarebbe un go- verno onnipossente ed assoluto. Un Re, veramente amato dal popolo, perchè benefico, perchè clemente, perchè giusto, è il vero despota, ottiene cièche vuole, riforma tutti gli abusi, corregge tutti i vizi , cangia i cittadini in soldati , e fa de' soldati altrettanti cit- tadini. Cosi l'educazione del popolo si otterrà quando il Monarca che lo governa, vuole che fosse costumato e gentile. L'educazione di un popolo non può conseguirsi che in grande e in dettaglio. In grande si educano i ceti, in dettaglio gl'individui. Le leggi economiche contri- buiscono moltissimo alla educazione delle classi , i pubblici ed i privati istituti alla educazione privata. Un giovine bisogna che riceva contemporaneamente l'una e l'altra specie di educazione. La educazion ge- nerale e pubblica il fa cittadino, ispiragli 1q virtù so- ciali, il carattere e l'impronta nazionale; l'educazione privata e speciale il rende utile alla sua famiglia, at- tivo industrioso onesto e probo. L' educazion pubblica ha norme fisse generali ed invariabili; l'educazione privata è suscettibile di su- bire col tempo positive riforme. ^4 L' educazion pubblica è la scuola del cristiano e del cittadino: l'educazione privata è la scuola dell'a- gricoltore, dell'artista, del commerciante , del sacer- dote, del benestante, degli esercenti le professioni e le arti liberali. Comunque varia convien che sia la educazione rispettiva delle classi e de' ceti, vi saranno tuttavia elementi comuni, punti di contatto (i). L'educazion pubblica non si compone che di pochi elementi. Consiste nella cognizione nella osservanza delle leggi comuni a tutti gl'individui, che hanno lo stesso codice, abitano le stesse mura e professano la stessa credenza. Un giovine si dirà dunque bene edu- cato qualora ha una nozione sufficiente delle leggi del suo paese , de' magistrali che ne sono i deposilarii , qualora conosce e sa che il Re è la sorgente d'ogni potere nello Stalo , che i destini della società sono attaccati alla sua Persona, ch'è sacra ed inviolabile, che i pubblici funzionari e le autorità costituite sono i canali per di cui mezzo egli sparge nel popolo i suoi benefizii, ch'egli è la norma vivente , la regola che inai non falla , la fonte della giustizia che mai noa dissecca. Un Cittadino bene educato ama il suo Re, quando questi non pensa che al suo popolo, e non vive che per esso; si fa gloria di servirlo, di onorarlo, di rispetlarlo. Egli è affezionato alla Dinastia regnante (a) » On trouvc parrai noiis bcaucoup d'inslrtiction et peu d'cJucalion; 5) Oli y forme des savans et dcs arlisans de tonte cspi'ce ; chaque partie » dcs lellres dcs scicnccs et dcs arts y est cidtivcc avcc succès: mais on ne » s'est pascncore avisè de loriner des hoiumes, c'esl-à-dire, de Ics èiever » les uns pour Ics autres, de fahe iiorter siu- une base d'éducation généra- » le toutes les éducations particulières. » Duclos Coi s'cL'riUions sur les » mceurs de ce siede. 25 perchè vede in essa la successione non interrotta de' Re che l'han reso felice. Ne' paesi che non fossero monarchici e dove non havvi che un gran consiglio, nel quale riscf^goiio i poteri emiiieiiti della sovranità , ed un presidente o capo delio Slato, depositario del solo potere esecutivo, si farà conoscere come il buon ordine e la |3ros[)erilà della repubblica e del corpo intero della nazione di- pendono dalla fedeltà con che saranno esercitati i po- teri, dal rispetto che i cittadini porteranno alle leggi della sicurezza sociale ed a quelle del paltò politico, dalla semplicità de' costumi e dall'amore del pubblico bene , dalla prontezza nel pagare le pubbliche gra- vezze, dagli onori rcnduti ai mafjistrati ed a' pubblici funzionarii che governano ed amministrano la giustizia a nome della lercie, finaliuenle dall'armonia e dalla buona intelligenza che passa tra provincia e provin- cia , tra stalo e sialo ; la di cui politica csisleizi e connessa coll'indipendenza individuale, e colla slabilità e fermezza della confederazione. Nel sistema della pubblica educazione si comprende la conoscenza del sutdo che ci vide nascere, e quella del paese a cui si appartiene. Così ogni Siciliano aver dovrebbe un'idea precisa e distinta della sua patria, non che della città cajìitale, sede del Governo, e delle città priuiarie con cui noi fraternizziamo. La carta geografica della Sicilia , e la carta topografica della comune e del suo territorio dovrebbero continuamente essere esposte alla vista del pubblico in tutti i recinti ove si comunica la grande scienza della educazione. 11 catechismo politico andar dee congiunto al cate- chismo religioso. La religione è per tutti, come per tutti è la legge: l'una consacra il gran principio del- i6 l'eguaglianza come uomini, l'altra lo stesso principio di eguaglianza come cittadÌDi. Come Dio sovrasta a tutti perchè creature; così il Sovrano sovrasta a tutti perchè sudditi (i). II popolo uopo è che sia istruito nella sua religione. Presso i cattolici, la educazione ed istruzione religiosa è attaccata al sacro ministero, e quindi non può es- sere esercitata che dagli ecclesiastici. I vescovi sono quelli a cui incurabe l'obbligo d'istruire i fedeli di ciò che bisogna credere ed operare; ma se i vescovi sono liberi nella dottrina , devono però concorrere colla potestà secolare al grande oggetto del pubblico bene. I vescovi essendo i banditori della parola evange- lica, siegue che niun altro può a voce o in istampa diffondere di proposito idee religiose che non sieno approvate dall'autorità ecclesiastica. Presso i cattolici adunque la censura de' libri , che ex professo trat- tano argomenti di religione o di morale cristiana, si appartiene esclusivamente ai vescovi, e crediamo un abuso quello di pubblicarsi libri di tal fatta senza leggersi annessa l'approvazione del vescovo diocesano del luogo. Come distinguere se la dottrina è cattolica senza il marchio che v'imprime il capo della chiesa a cui l'autore del libro è canonicamente subordinalo? Si compie l'educazioa pubblica formando lo spirito (i) Istillare nell'animo tic' ragazzi i germi della verità, assuefarli a gu- starne il sapore, e a non coiitoiidere i veleni, abbencbé dolci, co' cibi sa- ni e soslaiizioii; stabilire ne' loro cuori le giuste idee di Dio, della So- cietà, del Sovrano, e di se stessi: ecco un gran passo verso la coltura so- ciale, ecco il solido fondamento della stabilità de* Governi e della tran- quillità pubblica. Le rivoluzioni sono l' opera del sofisma , cieli' errore, dell' ignoranza e da' viiii. . . , . . . , ^7 della cilfadinanza, Io spirito aella sociabilità, ed anche quello della nazionale indipendenza. Chiamo spirito della cittadinanza tutto ciò ciic ci attacca agli usi de' nostri maggiori , e ci alTcxinna sempre più ai nostri concittadini ed alla patria. Un publ)lico educatore non sarà mai dunque un forestie- re , un estraneo ; sarà un palriotla , uno che appar- tenga ad una famiglia antica del paese , o da lungo tempo colà stabilita. Chiamo spirito della sociabilità la prontezza e la facilità di osservare esattamente le leggi della conve- nienza, della pulitezza, e della urbanità cittadinesca, il costante impegno di non ofTendere l'altrui amor proprio , di conciliarci la stima e la benevolenza di coloro co' quali conviviamo, o con cui abbiamo fre- quenti occasioni di conversare, di escludere in somma dalla nostra condotta tutto ciò che si oppone alle buone massime ed alle rette norme del viver civile e compagnevole. Chiamo spirito della nazionale indipendenza l'a- more alla terra natale, lo zelo illuminalo di j)romuo- vere la pubblica prosperità ed il vantaggio de' nostri connazionali senza lasciarsi sedurre dallo spirito di municipio e dalle strette vedute di un malinteso pa- triottismo. Questo sentimento è nobile e generoso : esso è ignoto a coloro che stranieri al proprio paese sono indifferenti a quanto gli avviene di bene e di male, e si vantano ridicolosamente di non avere altra patria che il mondo , ed altri cpncittadini che tutto il genere umano. L'educazione del popolo dividesi in due periodi, l'educazione permanente^ e l'educazione 'temporanea. L'educazione permanente è quella che si riceve dalla 38 voce de' magistrati, de' predicatori, e da tutte quelle filantropiche istituzioni , favorevoli ai costumi , alla pietà, all'umanità. Le case di asilo per l'infanzia, la fondazione di una cassa di risparmio, i carceri di pe- nitenza, i pubblici dibattimenti nelle materie penali, i monti vedovili, le feste religiose, le pubbliche pre- ghiere, i libri di pietà, i fogli periodici, i teatri ben diretti compiono la prima parte. La seconda esige metodi certi, sollecitudini paterne, fastidiose occupa- zioni, uomini animati da spirilo religioso e tilantiopico. Per giungere a bene educare la gioventù, è d'uopo averne il censo statistico. Il quale sarà eseguito prima per contrada, poi per sezione, finahuente per parroc- chia. Si avranno le fedi di nascita onde cominciarsi il ruolo dall'età di cinque anni sino a lutto laniio de- cimoquarto. I ragazzi iscritti ne' ruoli di educazione saranno i soli che verranno riconosciuti dalla legge come capaci di riportar prernii ntlle pubbliche scuole, e di essere in avvenire abilitali a pubblici impieghi. Compito il corso di educazion pubblica , si lila- sceranno da' deputati gli attestati di buona condolla in una pubblica radunanza, al cospetto delle autorità civili ed ecclesiastiche, e del pubblico intero. Il gio- vane entrerà da quel momento nella grande società, porterà una decorazione a tenor del suo merito , e ciò finche non sarà ammogliato, o non si sarà ascrit- to ne' corpi militari o nella milizia ecclesiastica. L'educazione pubblica si riceverà due volte la set- timana da' pubblici educatori, i quali riceveranno le istruzioni ed i libri dalla giurila centrale , e questa dal governo per canale della giunta suprema di edu- cazione (i). (i) L'organico per la Sicilia potrebbe ronccpirsl nel modo di apprc so In ogui Ck)iinine che sia Capo di Uiatreftn, tì »aià una Depiitazio ic I I locali saran pubblici : saranno perciò le nostre chiese. L'istruzione si darà a porte aperte , ma nou sarà lecito di entrarvi se non ai ragazzi che avranno l'età. Non saranno ammessi nelle scuole gratuite di mu- tuo insegnamento se non que' ragazzi, i di cui nomi sono iscritti ne' ruoli di educazione , e non saranno iscritti in detti ruoli i ragazzi che non fossero vac- cinati. I giovani saranno distribuiti in tre classi: i" classe dall'anno 5° all'oliavo; 2* classe dall'anno 9° all'un- decimo; 3" classe dall'anno 12° al decimoquarto. Nella prima classe vi saranno giovani della seconda desti- nati a presedervi ; nella seconda classe giovani della terza per usarvi il buon ordine. II. Difficile più clie non si crede è il secondo argo- mento della privala educazione. Intendo per educa- zione privata quella non già che conviene ad un solo individuo , ma quella bensì che è diretta a formare un uomo istruito nel suo mestiere , onesto , probo , decente, utile alla sua famiglia alla società a se stesso. Non darò impertanto quei precelti di educazione come il filosofo di Ginevra ad Emilio : i tempi sono oggi alquanto progrediti; scriver romanzi in fallo di edu- cazione è così pericoloso come nuovamente accreditare i deliri dell'astrologia giudiziaria e dell'alchimia. composta di tre individui, di cui due saran laici, ed uno ecclesiastico. So- praintenderanno alle scuole tutte circondariali , corrisponderanno con le autorità civili ed ecclesiastiche, e sarauno unicamente dipendenti dalla Giun- ta eeatrale di pubblica educazione. 3o L'educazione privata ad altro nou riducesi secondo il nostro vedere se non alla elementare istruzione. Uopo è che il povero egualmente che il ricco rice- vano insieme i primi elementi della civilizzazione. Tutti i ragazzi conviene dunque che si trovino nelle pubbliche scuole, clie ivi non sia iilcuna distinzione. Una scuola esser deve una vera democrazia; ivi sarà la legione di onore, ivi realizzerassi la repubblica di Platone. Le scuole elementari di reciproco insegnamento sono il luogo ove ha principio la privata educazione. Ivi si appretidono con metodo i primi elementi del lin- guaggio e delia scrittura ; ivi i ragazzi si avvezzano a conoscere l'alfabeto latino e italiano , a pronunziar bene le parole , a rappresentarne i suoni mercè le lettere alfabetiche , a scrivere correttamente e calli- graficamente. Ivi si danno le prime nozioni elemen- tari su i numeri, e s'insegnano i canoni fondamentali pel calcolo delle quantità. Le scuole di mutuo insegnamento sono una istitu- zione veramente popolare; bisogna perciò vegliare continuamente ad estirpare gli abusi, ad ovviare agli Le Giunte cetilrali composte saranno dal Vescovo e dal suo Vicario Ge- nerale, dall'Intendente del Valle, da due |uibblici Piofossori , e dal Pro- curadore Generale del Re. Essi invigileranno sulle De|)utazioni del loro ripartlinento o Valle, e saranno in corrispomlenza colla Giunta suprema di Educazione ed Istruz'.on pubblica, residente in Palermo. La Deputazione della quale è cenno, avrà ne' Comuni ed anche no' quar- tieri delle Città popolose uno o più delegati, cui conferirà le attribuzioni necessarie per adempiere alle incunibeiize clic loro saranno affidate. Co- storo faranno i loro rapporti alla Deputazione seltimaiiilmente e aU' op- ])ortunità, senza cbe questi rapporti potessero riguardarsi in verun caso come carte officiali ed autentiche, ma solamcate come carte private di corta esistenza. Le spese saranno a carico della Provincia , e faran parte dello Stato Discusso proriiicialc. 3i inconvenienti, a rettificare i metodi, e a raddoppiarne i vantaggiosi risultamenti. Bisogna soprattutto che siano morali, che ispirino l'amor dell'ordine, della esattezza, del travaglio , che rendano socievoli i ra- gazzi, che sviluppino in essi i germi delle virili, e soffochino i semi occulti delle cattive passioni e de'vizì. Il precettore posto alla loro testa sia il generale che conduca la sua piccola brigata incontro ai nemici del loro riposo e della loro felicità , io dico l' ignoranza e l'errore. Si avvezzino a pensare sin da quel mo- mento , a formare giudizi , a riunire le idee , a de- comporle, poscia a ricomporle. La loro mente s'illu- stri colla storia, colla geografia, colla cronologia; sieuo queste ristrette sulle pi ime all'isola nostia, e precisa- mente al distretto cui la comune appartiene. 11 reciproco insegnamento sarà di quando in quando interrotto, sia che si destinano de' giorni per l'inse- gnamento morale, sia che in ciascun giorno sievi un' 01 a a tale insegnamento addetta. Si farà silenzio da tutti; le sezioni si riuniranno, ed il precettore dalla sua cattedra spiegherà loro le favolette morali , o le morali novellette. Si scerranno i migliori aneddoti atti a formare i costumi , a mettere in evidenza il vizio e la virtù, ma più d'ogni altro le virtù sì pub- bliche, che private. Si darà sempre la preferenza alle pubbliche sopra le private virtù, tuttoché non sia ad ogni uomo concesso il praticarle. I premi e le distin- zioni onorevoli saranno accordate a coloro tra i ra- gazzi che mostreranno maggiore intelligenza e mag- giore sensibilità alle magnanime e virtuose azioni. Un popolo che sa leggere e scrivere , un popolo che può occupare le ore di ozio e i giorni feriali in letture di buoni libri, in letture piacevoli ed istruì- 33 live , è uu popolo che si avvia rapidamente alla ci- viltà ed alla istruzione. Un passo di più è d' uopo per assicurare i vantaggi della privata educazione presso tutte le classi. Sono appunto le scuole di letteratura e le scuole politecniche: I. Scuole di letteratura — Queste scuole saranno mantenute colle contribuzioni mensili degli scolari. Si ammelteranno gratuitamente soltanto gli orfanelli di ])adre, che fosser poveri, ed a titolo d'indennizzazione si destirierà m ogni anno dalla comune una piccola somma pe' premi annuali, che saran pochi, e di og- gelti utili e vistosi. I maestri saranno fatti a concorso. Presenteranno gli aspiranti la loro domanda al sindaco; il decurio- iiato ne nominerà tre per ciascuna scuola , ed una specie di magistrato ecclesiastico sceglierà tra (|uesti colui, che sarà giudicato più meritevole. L'esame si verserà sulla religione, sulla morale, sul leggere, lo scrivere, il far di conto ; sulla lingua latina e sulla italiana. I libri di cui faranno uso, saranno composti di vari soggetti morali e religiosi, di relazioiii circa la geografia, il commercio, i viaggi; di compilazioni contenenti consigli per condurre tìsicamente e moral- mente la vita. Conterranno componimenti poetici sa- cri ; poi de' saiigi morali del Soave , del Pertusati , del Pignolti, e di altri autori italiani; alcuni bei tratti della storia nazionale ; alcune pregiabili notizie sulle cose più utili, che a comodo della vita sono dalla na- tura prodotte, e sulle di lei niaravigliose operazioni, e generalmente sopra oggetti idonei ad alzar la mente e io spirito alla intelligenza suprema. La lingua latina sarà insegnata ne' suoi rudimenti e per quanto basta alla iotelligenza delle storie di 33 Floro , e delle vite di Coruelio Nipote. Il metodo dell'insegnamento sarà quello die abhiam proposto nei Rudimenti grammaticali delle due lingue italiana e latina., e nelle Lezioni rudimentali di Aritmetica.^ opericciuole scrUle in dialogo tra il maestro e due discepoli, ed intese a formare la mente ed il cuore de' giovanetti ne*^ primi sviluppi della loro ragione. 2. Scuole politecniche — Sono destinate all'inse- gnamento delle arti e de' mestieri. In esse si appren- deranno l'aritmetica, la geometria, la meccanica ele- mentare, la chimica tecnica ed il disegno. L'istruzione sarà pratica insieme e teoretica. Queste scuole saranno aperte tre giorni la settimana; ogni giovane sarà col- locato presso un artiere, a beneflcio del quale impie- gherà la fatica , ritraendone la istruzione pratica e meccanica dell'arte che si vuol professare, I giovani che han compito il corso de' loro studi riceveranno dal consiglio di amministrazione una me- daglia di onore, e l'attestato di loro idoneità. Dopo questo esperimento i giovani passeranno nella classe degli artieri, e possono avere degli alunni. Una città, un villaggio si deve riguardare come un grosso stabilimento, un centro vastissimo di salutare istruzione. Il magistrato deve portare il suo occhio vigile in tutte le officine , in tutti i focolai dove la gioventù è raccolta per attendere 9^1 proprio mestiere. "Vi saranno perciò tanti ispettori quanti jioni, e questi saranno ai contatto co' capi-maestri abitanti in quel rione. Ciascuno ispettore terrà registro de' capi-maestri subordinati alla sua sorveglianza, e procurerà di con- certo con essi the i giovani allievi adempiano a tulle le loro obbligazioni, così rispetto alle scuole di pub- blico ìaseguuiueuto , come rispello al buuu costume e 3 la soddisfacimento de' doveri religiosi. I giovani di- scoli o i maestri scapestrati saranno prima dall'ispet- tore avvertiti, poscia con pene correzionali, e con la temporanea interdizione dal mestiere, castigati dal con- siglio di amministrazione. Ne' villaggi e ne' paesi dediti all'agricoltura, dopo le scuole di mutuo insegnamento, sarà spiegato pub- blicamente dal parroco il catechismo concernente l'a- gricolUira e la pastorizia siciliana. Giovani e vecchi concorreranno ad istruirsi nella pratica della loro arte, e a profittare della luce delle scienzc,.e delle lezioni di una illuminata esperienza, Tutti i parrochi delle campagne saranno membri cuorarii e corrispondenti delle società economiche. In quanto alla educazione delle figlie , si veda il trattato di Monsignor di Fénélon , e si traggan da (juella fonte le utili e convenienti dottrine. ]S. B. Ho trattato della educazione molto in ristretto perdici non ho voluto spaziare in piani vasti, ma di difficile ovvero impossibile esecuzione: la diflicoltà sta meno nel concepire che nel fare ; dobbiamo dunque proporre ciò che può agevolmente mettersi in pratica senza sconvolgere il sistema , e recar disturbo colle novità. Del resto le mie idee potranno essere retti- ficate , ed è ciò che i migliori ingegni faranno : mi auguro, se i miei precetti si crederau tali da contri- buire al bene ed alk felicità pubblica. Prof. Agatino Longo. 35 Nuove specie di conchiglie I. (ANATINA) Gen. Lk. AwATiNA. RAGGIATA. A. radiata» nobis. A. testa tenui, fragili, o'vato-globosa, longitudina- liter costulata, radiata; coslellis plurìmis, Intere antico distantibus magis elevatis, latere postico approximatis obsoletibus% I gusci di questa bivalve sono sottili ed estrema- mente fragili, esternamente ornati da sottili costelli che dall'apice della conchiglia si radiano allungandosi sino al margine producendone una specie di crenela- tura . II rostro è assai attenuato lineare quasi un quar- to della lunghezza totale della conchiglia. Il cardine della valva dritta da me osservato è edentulo. Trovasi fossile nelle argille calcarifere di Ficarazzi vicino Palermo. Lunghezza 3 linee. — Larghezza- 3 i/a. (CLAUSILIA) Gen. Drap. 2. Clausilia con una piega — e uniplicata. nobis» CL testa fusiformi, tenue, pellucida-cornea, longi- tudinaliter tenuiter striata, anfractibus rotunda- to-inflatis, sutura profunda divisis, apertura o- vata, columella uniplicata alba, margine colu- mellare vix reflexo. Stabilisco questa nuova specie di Clausilia sopra 36 alcuni esemplari csisteDti nella collezione del Signor Salinas, che dice di averli rinvenuti nelle campagne di Castelbuono in quella parte che corrisponde colle montagne delle Madouie. Essa offre caratteri particolari ben diversi dalle altre specie conosciute, dapoichè ha gli anfratti al nu- mero di 8, rigonfii, e rotondati, con le suture for- temente impressi; la superficie viene attraversata per lo lungo da strie sottilissime apparenti. Inoltre presenta la bocca ovata, il di cui margine che forma quel sito che si avvicina all' ultimo vol- gimento di spira è munito di una piega bianca a gui- sa di tubercolo. È altresì notevole che V ultimo anfratto di essa sendo più rigonfiato che nelle altre specie, divergen- do dalla linea mediana, cosichè la bocca non solo in- clina, siccome avviene nelle altre specie, ma trovasi appunto sita nel lato sinistro del corpo della conchi- glia. Il labbro columellare è appena reflesso , l' altro è semplice, ed intero. Lunghezza 5. linee. — Larghezza i. i/a. ( AGHATINA ) Agatina LK. 3. Agatina di Mandraltsca A.Mandralisci» nobis A. testa cìUndracea suhfusifonnis^ subdiaphanajla- va apice obtuso^ longitudinaliter teniiissime stria- ta; anfractibus sepiem^ convexo planis ; sutura profunda divisis^ apertura oblongo-ovata , labro simpUcì' Conchiglia unica ritrovata dall' Oruatissimo Signor 37 Testa nei contorni di Palermo ed esistente nella sua collezione. In essa è molto particolare il numero di sette giri di spira che la formano. Lunghezza G. linee. — Larghezza 2 |. — Altezza dell'apertura 2 linee. Ho voluto specificare questa specie, anche col pia- cere di colui che la possiede col nome dell' egregio cultore di Malacologia signor Enrico Piraino Barone di Mandralisca. Pietro Calcara. X Ferdinando Malvica Pietro Co»trugci Riverita e cara oltre ogni dire mi giunse la lettera, per la quale voi mi chiedete 1' istoria dei Solenni Onori Parentali che da vari anni si celebrano nel- r Accademia pistoiese ai Grandi Italiani. Questa di- manda è novello argomento dell'alto animo che vi por- ta con dolce afletto a tutto ciò che risguarda il de- coro e la gloria d' Italia, oggi più che mai oltraggiata calunniata da molti scrittori stranieri, cui pare non a- ver merito o pregio d' esser letti, se non dicendo in- famie di noi; onora a un tempo questo Istituto che teste pregiavasi di acclamarvi fra i più distinti suoi membri. Io soddisferò al desiderio vostro con mode- ste parole, standomi contento alla sincera esposizione dei fatti, perchè debol parie di quella Istituzione no- bilissima dalla sua origine sino al presente. Nel 1822 alcuni giovani preser consiglio di studiare in comune la nostra lingua, benché parlata qui me- 38 glio che altrove. Riunivansì tre volle la settimana nelle sale della loro Accademia a commentare e illu- strare gli autori più celebri. Per dar qualche ordine a sì fatto esercizio, ciascun di noi si scelse un Clas- sico, e imprese l'incarico d'indicare in iscritto le bel- lezze che vi riscontrasse più vaghe e pellegrine per concetto, costrutto, frasi e vocaboli da registrarsi poi in un Repertorio generale. Alle letture di turno con- seguitavano amichevoli disquisizioni su le discorse ma- terie, per quelli che chiedevano a vicenda fa parola. L' ammirazione, 1' entusiasmo, la gratitudine a quei sovrani fattori dell' incivilimento europeo , ai Padri di tanta gloria italiana ingenerarono negli animi nostri il pensiero, e la volontà d'onorarne la santa memo- ria con brevissimi elogi da leggersi nel nostro circo- lo. Ma il desiderio che le opere magnanime , e gli onorati studi dei nostri Maggiori fossero eccitamento di nobile emulazione e imitazione alla Gioventù, in- grandì r idea; e come delle cose che padroneggiano il cuore suole avvenire, ogni giorno aggiungendo al- cun che al vaglieggiato progetto, fu convenuto , che non solo i giovani, ma quanti il potessero aggradire, sarebbero invitati e ammessi a udire l'elogio divisato sperandone buoni effetti. Ecco una compagnia di amici trasformata in una società letteraria, sorta nel seno stesso dell' Accade- mia. Essa non solamente approvolla, ma le concesse le sue stanze all' oggetto indicato. La società impe- gnala allora col pubblico che già la riguardava con fan- zietà che destano le cose nuove, conobbe essere in debito di rispondere meglio che per lei si potesse , alla espetlazionc; ingrandì la sfera delle sue vedute, e s' intitolò ce Società degli Onori Parentali ai Gran- 3() di Italiani » Primo pensiero fu di staliilirc i suoi ov- dinamehti normali. Fu clelto un prosidetilc, un Se- gretario, e un cassiere; fu statuito, che la Società so- lennizzerebbe almeno ogni cilique anni la memoria d'al- cuno de' più illustri Italiani, di qualunque provincia comunque fosser le gesta, o il magistero, ond'egliiio avesser ben meritato dalla nazione; dovere essere a carico dei soci le Spese di quelle feste, non poterne far parte alcuna gli estranei; riserbato agli Accademi- ci d ogni classe il dritto personale d'intervenirvi; i cittadini non accademici dovere esservi ammessi per biglietto^ gli intervenienti da ogni parte d' Italia, o estranei, dovervi essere accolti per presentazione d'un Socio. Considerati gli ostacoli e le difficoltà d'avere alla generosa opera compagni i sapienti più rinomati delle altre provincie e città italiane, fu con dispia- cenza abbandonato il progetto di farne ad essi l'ono- revole appello. Costituita così la Società si divenne a stabilire il modo delle Solenniià Parentali. La festa doveva es- ser distinta in tre parti: Prose, poesie, e musica ana- loga al soggetto* Incominciare con l'elogio del grande cui era sacra; conseguitare le poesie varie di metro sulle opere principali, e sulle vicende più notevoli della sua vita; riposo, rinfreschi all'adunanza; ]\lusica, Prose seconde e poesie* Poiché il consenso universale dei Soci aveva stabi- lito a cui doveasi consacrare la prossima solennità, e il giorno di Lei, veniva eletto all' unanimità l'ora- tore primo, e assegnata la seconda prosa, e i Com- ponimenti poetici, elette le diverse Commissioni al buon ordine, e alla esecuzione della festa. La sera de' 25 di Aprile 1822 fu destinata ai Pa- Tentali di Torquato Tasso. Vedevasi in cima della sala maggiore il simulacro dell' infelice e ammirabil Cantore della Cavalleria Religiosa, coronato di quel- l'alloro che fortuna strappò alla sua fronte. I concerti musicali dieder principio a quella prima solennità ; proluse r oratore col ritratto storico dell' immortale poeta, conseguitarono i versi. — Nell'intervallo la scelta compagnia ristorata con copiosi rinfresca menti si inter- teneva del suhbietto festivo con giocondità e libertà di famiglia. Le armonie annunziarono il principio del- la seconda parte, consistente nelle ottave del Tasso in morte di Clorinda, cantate da valorosa donna, accom- pagnate da abili Artisti. — Succedeva la prosa, e le poesie dell'ultima parte ec, cui davasi compimento alla toccante ceremonia. Lo stesso ordiue fu tenuto nei Parentali a Dante fatti la sera de' 23 dicembre 1825, ove fur cantati i terribili versi della morte d' Ugolino: in quelli di Cristoforo Colombo la sera de' 20 Maggio 1829 (i). Da quel tempo al i838 1' Accademia fu chiusa per sovrano comandamento. Riabilitata ai suoi eserci- zi la Società de' Parentali riprese la sua istituzio- ne; e la sera de' a'y luglio i83g fu con splendidezza particolare celebrata 1' apoteosi di Michelangelo Buo- narroti: in questa circostanza la musica formò l'ulti- ma parte, consistente in un cantico posto in bocca ai discepoli di quel Sommo. Non si addice a me ridire come fossero accolte e ritrovate dal pubblico quelle solennità alle quali sem- pre intervenne come una specie di deputazione da tutte (1) Una scena drammatica rappresentante il tumulto, poi la gioia dei Compagni del gran Nocchiero iti veder le cercate terre. 4t parti cV Italia: a Voi non pub essere ignoto come ne parlassero i giornali italiani e slranieri, usali al di- sprezzo o al silenzio sul conto nostro. Riporterò le parole di quell'inclito Biondi venutovi da Roma: — Io » Romano fui insieme con molti di Toscana di Lom- wbardia di Liguria, e d'altre parti d'Italia, ascoltatore » delle lodi del nostro concittadino (parla de'Parenlali »a Colombo). La sera de' 21 giunsi a Pistoia. Descri- » verti la bella festa alla quale intervenni, sarebbe o- M pera più da opuscolo, che da lettera Ti baslinn »3 questi brevi tratti, con che non ti dipìngo, ma li » adombro un bel quadro. Camere e sale così splen- » denti per lumi, che non invidiano il giorno: tanta >3 quautità di gentili donne, e di cortesi uomini pisto- » iesi quanti non avrei mai creduto che potesse in se » contenere questa città: e ciascuno così inleso alla ce- » rimouia, e così lieto di essa, die tutti i labbri ta- » cevanos lutti gli occhi parlavano. E ti sarebbe stalo «assai grazioso vedere, come in una città toscana, vi- M cinissima a Firenze si onorano i Grandi Italiani di » qualunque luogo essi sieno, purché sieno Italiani, e » vi si hanno in dispregio quelle gare municipali che w nelle piccole borgate muovono a riso, nelle grandi » città a compassione ». Facendo caldi voti che la nobile e pia istituzione venga accolta vigorosamente nelle città che hanno potenza a farla prosperare, ho, egregio amico, il be- ne di salutarvi con distinta stima, branaoso di vo- stre novelle. Pistoia 30 Settembre 1840. 43 SUNTI de' LAVOnt DELL'ACCADEMIA DE' ZELANTI DI ACI- REALE. Gennaro 1840. Il cessato Segretario generale sac. D. Antonino Cali-Sardo lesse la relazione de' lavori accademici del biennio 1837 e i838. Dopo breve e lucida introdu- zione partì la materia in categorie, e per ciascheduna espose gli opuscoli prodotti. Letteratura e poesia. — In questo ramo furono presentate all'accaderaia le opere seguenti: 1°. Discorso dell'istesso C^lì-Sardo sugli Studi di Letteratura italiana di Giuseppe Borgia^ con il quale inlese provare il critico non potere questo libro gio- vare per istituzioni, e inoltre nota alcuni luoglii del- l'opera del Borghi ch'egli reputa difettosi. 2°. Dialogo del sac. Mariano Leonardi fra lui e il Can. Carlo Rodriquez da Lipari sopra una Lezione del Rodriquez attinente la Divina commedia. 3°. Discorso del sac. Giuseppe Seminara sulle vi- cende del gusto e della letteratura da' tempi del ri- sorgimento insino ai nostri , fermandosi sullo stalo attuale, e segnando i distintivi caratteri sull'antica e l'odierna poesia, disegna il ritratto di novatori e gli errori ne scopre. 4°. Discorso del sac. Giuseppe Ragonisi, con il quale continua la sua illustrazione delle favole Siciliane del Gangi. 5". Tornata poetica di tutta l'accademia sulla campai giornata d'Imcra ralliontata a quella di Salamina: pre- 43 ludcva a' poeti il sac. Mariano Leonardi con dotto e nobile ragionamento , e i soci residenti e corrispon- denti e onorari della classe di Lettere Arti e Belle Arti contribuivano con i loro versi a celebrare quella gloria siciliana. 6°. Comento di Rosario Cali Fiorini sulla sentenza oraziana ut pìctura poesis. Belle arti — 1°. Mariano Grassi Musmeci producea ricco elaborato lavoro biografico-critico intorno Michele Vecchio pittore acitano. 2". Niccolò Musmeci illustrava qualche opera , e dava l'artistica •fisonomia di Giovanni Musmeci acitano scultore di avoli ambre e conchiglie. Arti — 1°. Il sac. Cirino Fichera dava un'utilis- sima raccolta di fatti e di osservazioni del come edu- care i bachi da seta , aggiungendo molto a quanto dagli autori conosciuti erasi detto. 2°. Rosario Grassi Giuliano continuò ad arricchirci di sperimenti enologici , e particolarmente esaminò l'uso della calce carbonata nella fabbricazione de' vini di uve acerbe. Botanica — i*'. Marcello Garzia con una seconda memoria assume provare essere inedito il Unum si- culurn da lui precedentemente annunziato, e contra- dettogli dal Parlatore da Palermo, che il cjnosurus da lui pubblicato come nuovo non sia il cjnosurus aureus come opina il prof. Cosentini da Catania; e finalmente due novelle specie di arando pretese aver trovato , da lui chiamate la prima arando lepto-ca- lamus, la seconda arando calamo grostis. Geologia — 1°. Mariano di Mauro continuò le sue osservazioni geologici le ed orrittologiclte de dintorni di Aci-Reale: opera, che finita recherà molto onore all'accademia ed all'autore. 44 Chimica-— i°. Salvatore Rigano diede la chimica analisi AeWacqua del ferro. 2°. Salvadore Fichera dell' acqua di S. Tecla , le quali entrambe scaturiscono presso la città nostra. Mtdicina — i". Filippo Arcidiacono leggeva una memoria sullù morbosa costituzione dell'inverno i836. — 3°. Sebastiano Ficliera un'altra nella quale riferiva molte guarigioni ottenute con l'uso interno ed esterno delle nostre acque termali — 3". Cristofaro Cosentini esponeva otto casi rari di chirurgia, cioè due di oste- tricia , due di erniotomia , quattro di corpi estranei introdotti per le vie digestive ed estratti da diverse parti del corpo — 4"* Michelangelo Cosentini dava un'osservazione su quanto disse il sig/ Cosmo Cìpriani a p. So'y del fascicolo i6i del giornale letterario sulla cura eseguita dal prof. Biondi in persona del padre Cacopardo Agostiniano. Matematica — Il sac. Antonino Flavetla continuò r analisi critica delle opere di matematica del prof, Alessandro Casano da Palermo. Filosofìa — Il sac. Raffaello d'Urso esaminò criti- camente la filosofia del Galluppi. Economia pubblica — Leonardo Leonardi con lu- minose vedute disaminava le idee di ricchezza e po- vertà. Giurisprudenza — Sebastiano Politi discusse se i beni che la moglie abbia maritandosi senza conven- zione scritta, debbano considerarsi dotali o paralernali, ed intese dimostrare che come dolali debbano consi- rarsi — 2°. Finalmente Raffaello d' Urso esaminò se la scambievole promessa di matrimonio data ed ac- cettata senza le formalità dal vigente codice prescritte, produca effetti canonici, e conchiuse del sì. 45 Fehbraro Salvadore Grassi Gambino pronunziò un discorso sulla grammatica siciliana , e con avveduto consiglio non imprese a dettare una apposita grammatica, ma parziali regole bensì , poiché una è la legge con la quale governansi l' italiana e la siciliana favella , ed essendo notissima quella che regola la illustre, basta notare le anomalie dell' indigena , come ha fatto il Grassi. Giambattista Rao lesse un ragionamento a mostrare che alcune piante siansi dal Linneo da una riferite ad un'altra classe, che alcune di un ordine ad un altro siansi riportate; e che una pianta o non è dal Linneo descritta, o è equivoca la sua determinazione. A di- mostrare r assunto riferisce varie piante oltre quelle notale dall' Enciclopedia ; e crede che li cauliceddi^ pianta spontanea dell'Etna, non sia la caulieeddu cu fogghi abbrazzati a lu truncu descritto da Bernar- dino d'Ucria, ne li caulìceddi di Messina dello slesso, uè li cauliceddi veri o razzi dello stesso, né li cau- liceddi di vigna del Tineo: quindi proposto il dubbio, non ardisce di scioglierlo per modestia. Lionardo Vigo partecipò alla società una epistola già diretta a Nicolò Palmeri sul modo di meliorare le razze equine in Sicilia. Marzo Alfio Grassi Messina tintore acitano il 4 marzo oc- cupò l'accademia di molli saggi tintori da lui in pub- blico eseguiti, i quali furono i seguenti: 1°. Senza ajuto di fuoco cambiò in nero un tessuto di coltone bianco. 2". Restituì al pristino colore bianco il tessuto, che uvea tinto io uero, e ciò istantaneamente. 3°. Parie tlello slesso tessuto ucro la mutò in giallo istaiitatieaiueale. 4°. Parte dello stesso tessuto nero la colorì in rosso mogano. 5°. Parte dello stesso tessuto nero la colorì in oscura feccia; e quindi in rosso. L'accademia non volle continuare queste metamor- fosi tintone, se così vogliamo chiamarle, percliè con- vinta su ciò del di lui merito. 6°. Acceso il fuoco tinse in blu di Prussia alquanta seta, e cotone bianchi senza il soccorso di niun mor- dente. •j". Altra seta, e cotone compagna alla precedente colorì a celeste di Prussia. 8°. Altra a rosso di tìsica. 9°. Altra a violetto di fisica. 10°. Altra a giallo di cromo. Ai y dello stesso mese Salvadore Leone farmacista ragionò sopra una nuova maniera di preparare il roob, gli sciroppi, gli estratti e le tisane di salsa pariglia. Placido Vasta Dcodati fé' subietto d'un suo discorso lo spergiuro , e intese provare non solo non essere dagli uomini punibile , ma dai nostri codici non es- sere punito questo reato morale. Il 1 2 marzo si occupò altra fiata l' accademia dei saggi tintori di Alfio Grassi. Tinse costui in vari colori vari tessuti, che gli furono presentati e un brano di mussolina bianca, a color di lanche dichiarando di re- sistere ai saponi. Quindi die saggio delle sue stampe sopra varie stoffe, e tutte soddisfecero la pubblica aspet- lazione. Aprile Vincenzo di Bella chirurgo descrisse un caso raro di cancrena all'utero avvenuto in persona di Rosaria Salina di Aci-Reale, dietro i travagli d'un parto la- borioso; caso che merita ogni attenzione dagli uomini di arte, e da lui felicemente curato. Lionardo Vigo cominciò la lettura del suo opuscolo che porta per titolo dell'arte drammatica, e dello stato presente de' teatri in Sicilia — ragionamento storico. Giuseppe Pantellaro a 20 aprile recitavu l'elogio di Mariano Leonardi vicario di Aci Reale , ed il Vigo continuava la lettura della storia dei teatri. Maggio Continuazione della detta Storia dei teatri del Vigo. Giugno Santoro Scuderi , in continuazione dei suoi prece- denti discorsi , presentò il catalogo delle piante del nostro suolo, sotto il titolo di Jlora acense^ notando non solo quelle che spontanee crescono nel nostro ter- ritorio, ma sì pure le esotiche ne' nostri giardini col- tivate, e a questo catalogo premise un ragionamento botanico di non tenue valore. Fu letto un discorso postumo di Giuseppe Cosentini chirurgo da lui pronunziato nella casa comunale nel 1804 sul vajuolo e la sua utilità. Fu data lettura similmente d'una memoria del so- cio Marcello Garzia sulla utilità delle ortiche e par- ticolarmente della dioica, sulla pilulifera, sulla urens, sulla membranacia, e sulla rupestris. Luglio Salvadore Costanzo riferiva un caso rarissimo di suppressione di urine da lui curato in persona di maestro Inuocenzio Gulisano; — in questo lavoro non mancano né sapere, né lucentezza di criterio. Lionardo Vigo compiva la lettura del suo ragiona- 48 . , mento storico tlell'aile draaimatica sopradetto. In esso sieguesi lil iilo la storia dei teatri dall' epoca greca sia oggi, non tralasciando la musica, gli scrittori di arte, di drammatica , e quant' altro può avere relazione a questo éubbietto. LioNARDO Vigo. ha donna saggia ed amabile — Libri tre di Anna Pepali vedova Sampieri. Capolago tipografia El- vetica i838 in-8° di p. 4i9. Tutti i beni della vita, tulli i soccorsi della reli- gione delle l^gi del commercio, tutti i favori della intelligenza dobbianao noi ai nostri padri, e in essi, come in tributo di riconoscenza, salutar ci è d'uopo il nostro progredimento. Una nazione che abbia, dico in generale, maestri progredisce nel bene e nella fe- licità; sicché il decadimento di una generazione conta il principio nella malignila dei padri suoi. Un simile linguaggio, ma eloqucntissimo rivolge ai suoi despoti quel sesso spogliato dei dritti suoi, considerato come terra da diporto e da lavoro, e sempre tenuto nelle ridicolezze, nei pregiudizi, in una specie di schiavitù morale, d'onde solo non ha potuto, non può, nò po- trà evadere. Noi non diciamo alle donne , come gli esacrandi rinversati Algerini a scorno della filosofia, e del poter nostro teste ai nobilissimi cattivi diceva- no : Can d' infedele a travaglio cornuios : noi le amiamo, ma come mezzo del nostro ben'esserc; e in ciò le offendiamo, e meglio lasciandole così. Se non abbiamo in esse nel vero senso le nostre amiche, se versare in esse non possiamo i più santi segreti , se sentiamo il desiderio di non poter secoloro dividere le pene dell'ordine e del governo, se ci disgustano il lor cicalare le loro stravaganze e i loro ridicoli , se più di ogni altro ci opprimono i vizi cui talora vanno soggette, se c'imbattiamo tuttodì in orgogliose in dis- solute ed in mille ributtanti bacchettone, la colpa è nostra, come la è di un padre imbecille o malvagio la sortita d'improbi figli. E che possiamo noi preten- dere da un sesso debole, assolutamente ignorante , e da noi addottrinato a degenerare fra cento inganni e fra mille adulazioni , se non se nuovi elementi alle rampogne di Pope, di Milton, di Boileau, e al qua- dro orrido che delle donne offerì Giovenale? Attirano forse le donne tutto l' amor nostro per quella sola legge che domina gli animali tutti? Sì; ma non l'at- tirerebbero meglio per noi, se alla potenza del senso congiunger potessero la voce non meno possente del- l'amicizia e della virtù? Non sarebbe ella quest'attra- zione più nobile e tutta celeste per 1' uomo ? Allora egli dal calice amaro della società passerebbe al netta- re della dolcezza in seno di colei che potrebbe spargere delizie sulla vita di un marito , allora ai lampi del senso erotico e brutale non tristezza ma estasi di a- more e di sentimento succederebbero. Alle donne spetta tutto il governo domestico della famiglia; di esse son le prime linee di educazione della picco- la prole, e tutta la civiltà e la morale delle fan- ciulle; in esse riposa parte della felicità civica che potentemente e in mille versi alterata ne va o mi- gliorata. La storia è piena di tali esempi, onde po- tersi francamente asserire, che noi non siamo per- venuti a quella purità di morale e a quella finezza di sentimento conformi ai lumi e alla civiltà del se- So colo, perchè mancano primo quelle massime cucchiate fili dalla tenera infanzia, « coramerse iu natura, e perchè non si conta sulla forte e splendida influenza delle donne verso gli uomini . Per le quali cose un governo vigile e sapiente prestar dee opera santa all'educazione di questo sesso, ed imitare gl'Inglesi e i Ginevrini, se vogliansi fin dalla tenera infanzia i popoli informati al- l'ordine, alla pace, a tutte le civiche virtù. Laude gran- dissima sia data quindi in ogni punto del bel paese alla signora Pepoli, che non essendo divenuta per gli studi , secondo l' espressione di Cabanis!, donna col moschetto alla mano o col passo di carica, ha saputo vincere gli ostacoli, rivendicare il suo sesso, e rea- dersi al tempo medesimo sposa, e madre degnissima, letterata esimia . Laonde ha inalberato lo stendardo della femminile restaurazione, volgendo al ben' essere delle sue simili, e della patria quanto profondamente ha sentito nella conoscenza dei doveri del cuore uma- no , e della società. Il libro dunque che ha presen- tato al pubblico è della maggiore utilità, per miglio- rare e perfezionare la educazione delle donne come figlie e come madri. — L'opera è divisa in tre parti, e tal divisione fa tener ella dietro ai tre stati ove può trovarsi la donna da reggitricc, da educatrice , e da conversevole. PARTE PRIMA La reggitrìce. Ecco un preambolo sull'orgoglio detestabile della nobiltà. Sembra ch'ei fosse destinato a fugare dalla mente dal labbro e dalla persona d' ogni saggia ed amabile reggitrice quell'enfatico procedere, quel tono idropico, quelle mimiche sdegnose, in cui con occhi 5i ora accigliati ora patetici e con mille smorfie inten- dono talune mostrare la loro superiorità, snaturando in boria la naturale dolcezza, e rompendo il più si- curo prestigio alla riverenza degli uomini, la dolce affabilità. Ivi l'ouor si ripone nelle proprie virtù, an- ziché in quelle degli avi , si mostra la grandezza sanguigna nel valore di zero , già dato dal Gioja. Rampogna l'A. la superba educazione dei grandi, dice, che la filosofia luce ugualmente a tutti, e l'e- sempio di Socrate e di altri sapienti di bassi natali adduce, combatte il lusso la vanità e simili costumi, e richiamando in sostegno del tutto eziandio la re- ligione dice pure, che fanimo è la cosa sola che fa r uomo gentile, il quale di qualunque condizione ei siasi può innalzarsi e soprastare a fortuna. La vec- chia nobiltà, cui chiama morta per le politiche e mi- litari vicende, e qual cadavere reputa, e la nuova costituisce entrambe nel merito e nel sapere; le quali cose ella scrive con filosofia e con una disinvoltura che diritto corrono alla mente ed al cuore. Abbattere le idee boriose della nobiltà è il perno della mac- china per fare saggia ed amabile la donna , e ninno meglio che una donna buona e sapiente poteva sen- tirlo. .Chi non si è prostituito unquamai all'adulazione, di superbia pascolo e sprone all' orrogauza, chi non è ubriaco dello stigio vapore di sì tartaree idee, sente Teramente il bisogno di abbatterle nelle donne. E poiché ancora rami cadetti pullulano colle medesime chimere, ancora corrono eccellenze terra terra e pre- tensioni importune in ogni dov«, ceto ricco di vizi umani e poverissimo di virtù sociali ; poiché anco- ra in molte case sta la suocera, del Goldoni con- vulsa ed orrida, come quel valente conoscitor del pri- 53 vaio costume raffigurollgjcla donne allevale a questi raa- citli e stolti principi della disparità organica, cresciute nel vivo torbido di un amor proprio incensato nel sangue, possiamo attendere educazione e sante pratiche di morale filosofia? No; anzi esse contente di possedere ÌD aria un gassoso merito quello dei costumi trascura- no, e a mille ributtanti passioni si abbandonano. Al preambolo sulla nobiltà succedono divisi in die- ci capi quei precetti indispensabili all'adempimento da una buona reggitrice. Sarebbe sconfinare dagli angu- sti limiti di un' estratto il far parola di quanto con saggio divisaraeuto la Popoli annunzia. Bello è vedere in donna, fugati i pregiudizi e gli errori, mirar tran- quilla e serena le cose senza prisma d'immaginazione, e come il Cantor di Venosa insegnava, preparare la sua reggitrice alla vera e duratura beatitudine con non far mai le meraviglie, com'ella dice, nò del bene ne del male, a tutto attendere, preveder tutto, e non con- fidarsi ciecamente di cosa alcuna nell'esercizio dei tre uffici di moglie di madre e di signora. PARTE SECONDA La Educatrice La seconda parte dell'opera è destinata a far della donna l'ottima educatrice. Precede un preambolo sul- la religione, dimostrata santissima nella sua fondazio- ne, purissima nei suoi dogmi, giustissima e di utilità somma all' uomo nei suoi precetti; e sebbene sembri un po' legiero in rapporto alla vastità del subbielto, e agli attacchi eh' ella vittoriosa sempre ha sofferto, pure ne torna carissimo, e diviene forte nelle mani 53 di una donna. All' uopo d'jaltronde non poteva ope- rarsi di meglio; conciosiacchè tale preambolo che a prima vista pare, come quello della nobiltà, slac- cato dall' opera, è del pari necessario alla disposi- zione dell' educatrice. Questa non diverrà mai tale, ne coglierà nsica i dolci frutti di tale altitudine lon- tana dalla religione; onde la egregia Pepoli, saggia nella preparazione, ha pure saputo trattar la materia al suo bisogno ricca di pietà e di unzione. Succeùouo nel capo i.° considerazioni generali sul- l'educazione, di cui svolgonsi i difetti antichi e mo- derni con tale discernimento che bel bello conduce air ammirazione; perocché le idee generali quando sono sintesi di analisi vasta, divengono preziose, e tale è l'intero cap. i." Segue indi l'autrice a dar quanto è d' uopo alla donna perchè ella dia alla famiglia e alla patria figli sani e virtuosi. Dotta dell' umana natura in società informa le madri alla verace educazione delle fanciulle non vane, non virili, non intriganti, non dissolute, non ignoranti, ma vereconde, dolci , inge- nue, sante, illuminate, e tulle senza orgoglio e senza superstizioni. Un piano di studi ragionato offre alla educatrice, perchè possa rendere elegante e buona la figlia; e in ciò accorgendosi che a gravi studi mena le giovinette, e che potrebbe venirne rimproverala, ricorre al bene che le donne coltivale arrecano ai primi elementi del- l'umano consorzio secondo Tautorità del Gravina; ?eriza accorgersi che tal bene derivar può solo dalla morale, e che il Gravina di ciò parla. Dico bensì in questo piano di studi, come in molte parti dell'opera, es- servi conoscenza di lettere e di morale , criterio , gusto dilicato, e critica non volgare, nata dalla me- ^4 . ditazione su i classici e sulla natura, ia cui saggia- mente ripoue la verace via del classicismo. £ perve- nuta al grande scisma dei novatori, siegue le orme dei Monti, dei Botta, dei Cesari, dei Giordani, dei Costa, dei Betti, e di altri; sicché mostrasi piena- mente al fatto delle moderne dottrine. Il Capo XIII è quello che merita minor lode in questo libro, ed in parie è biasimevole. Perciocché dopo alcune idee sulla saggezza delle istitutrici e sugli studi di prima età, passa, a non finirla mai, a ra> gionare delle storie e dei poeti. Ammiriamo noi la donna che ha saputo bene informare l'animo suo alla storia ed alla poesia, e che ci dà mostra di quanto senta innanzi nelle lettere: e allo esame critico de- gli storici e dei poeti che si voglion nelle mani del- l'alunna, in un'opera destinata a fare la saggia edu- catrice, daremmo la rampogna di Orazio sed currcn- te rota cur urceus exit ? perocché sembra destinato a un nonsochè di vanità dottorale , che mal corris- ponde alla bontà del libro. Ma che si pretende con questa lunga diceria sulla storia, e sul metodo col quale si vuol che si studi dalle fanciulle? "Volere che elleno studiino la storia come ne sente l'Ab. Colom- bo; volere rintracciate le cagioni, paragonali i fatti, concatenate le cause cogli effetti, investigati i mezzi prosperativi delle nazioni, e le cagioni del loro de- cadimento; volere esaminate le leggi , la forma del governo e le opinioni in reciproco rapporto, e da ciò tratti i cangiamenti dello slato; volere da questo stu- dio dedotti i principi di politica economia; volere nelle mani della fanciulla quel lungo stuolo di storici, di poeti e di studi, è lo slesso clic volerne fare un mi- nistro di stato, che menarla dalla casa al liceo, che 55 toglierla al sesso e alle grazie, che contradirsi con se medesima nel capo IV; ove parlando, non doversi le donne nel modo stesso educare che gli uomini, co- nosce l'autrice il loro destino, gli studi relativi, perchè di esse l'educazione non contrasti ma migliori ciò che ha voluto farne natura. La istruzione di cui è capace la donna non è quella degli uomini. Alcuni dimenti- cando l'organizzazione primitiva delle donne, la loro debolezza fisica e i finì destinati ad esse dalla natura, hanno riguardato questi esseri nelle eccezioni , nelle modificazioni del loro originale carattere, o nell'azzardo di cui talora la natura dilettasi. Per tacer di ogni altra nazione, l'Italia, come ma- dre di ogni cosa grande, è ricca di tali esempi, ed io non dico, come Napoleone alla signora de Sthahel di- ceva , che la donna la più virtuosa è quella che ha dato pili figli allo stato, non tolgo alla donna le arti belle, le lettere e tutte quelle cose che chieggono più di spirito che di profondità, non allontano da esse quella parte di filosofia morale poggiata sulla dottrina del cuore umano e della società, ma non posso concedere ad un sesso organicamente impedito alle meditazioni lunghe penose e grandi le scienze astratte e gli studi profondi. Consultisi Gian Giacomo che ha saputo egre- giamente sviluppare le inclinazioni della donna e co- noscere la sua vera destinazione; consultisi ciò che hari pur fatto mirabilmente Roussel e Cabanis; e la c- gregia Pepoli bandirà il capo XIII dall'opera sua. PARTE TERZil La donna conversevole. Ben concetto ed eloquente è il terzo preambolo sul- l'amore verso gli uomini. E come meglio può com- 56 porsi una donna conversevole saggia ed amabile, che con ispirarle l'evangelica carità ? Quanto diverso dai lenocini dei seroionisd è questo discorso di sentita umanità, e di voci ex imo pectore tratte sulla prima virtù eterna e socievole, che presenta nell'uomo l'im- magine del Creatore, lo rende beato, e fa delle città tempi santificati dalla carità. Dopo una beUissima apo- strofe alla carità l'autrice in mille guise, e nel Vangelo, e nella natura, e nella felicità, nella gloria, nella com- piacenza, nella beatitudine, che l'esercizio di quella arreca, volge e rivolge con candore ed unzione sì bella virtù, che manifesta la bell'anima sua in un corpo eh' io suppongo ancor simile; e tal manifestazione supposta io realizzo in quel che sento, perocché se io piango alla recita certo piangea chi la fece, giusta il canone del codice della natura e del buon gusto sì vis mejlere dolendani est priinum ipsi libi. Indi ricorda lutti coloro che al bene dei simili e della patria hanno informato l'animo e rivolto lo studio. Dimostrasi la dignità della donna, si rivendica la loro inferiorità , e si dice assai del loro pote- re nell'umano consorzio ; e tali e tanti esempì spic- cano, perchè le donne di buon'ora facciau talento ad imitarli. E per meglio ancor volgere l'animo e il cuo- re del suo sesso a ben rendersi socievole rimembra l'illustre bolognese le lodi, di che le egregie donne furono celebrate dagli storici di ogni età, e come le italiane stupendamente abbiano coltivato le arti e le scienze. Con accortissimo magistero introduce nella società la sua alunna ornata di moderazione, di mo- destia, di verecondia: le vieta d'ingerirsi negli affari del governo: 1' ammaestra a sapere usare della lode e delle cerimonie, scegliere l'opportunità di cui tanto ^7 si manca, fuggire la rusticità e l' invidia, esser pru- dente e simiglianti cose svolge l'autrice con somma arte. Parla in seguito dell' amicizia nobilmente , ma molto espone la donna a pentirsi di soverchia fidanza negli amici die l'attorniano. Si passa quindi a dir dell'amore con farlo detesta- bile, con offerirlo passione divorante, e con iscoprirne i falsi nomi di galanteria e di amicizia ; forte com- batte la civetteria, e a dirla breve fa della donna una matrona gioconda magnanima adorna di mille virtù. Ne di ciò contenta , dotta della scienza del mondo , dirige la zitella in età, la vedova giovine , la mari- tata, e graziosissimamente le vecchie inrequiete, alle quali rammenta le parole di Luigi XV alla celebre sua Pompadour sul carro funebre menata in giorno ottenebrato — Oh! la povera Marchesa ha pure il mal tempo nel suo ultimo viaggio. — - Insomma buono stile e buona lingua , larga cognizione della storia , e in- telligenza del cuore umano è nel libro di cui abi)iani ragionato; sicché volta in mille guise ti si affaccia una bellissima idea, e in mille aspetti ognora ricchi e sem- pre ridenti, in favore dell'opera, in lode dell'autrice. Niccolò Castellana Sul pubblico Saggio dato dalla Classe di reliorica nel Collegio de' PP. Gesuiti in Palermo l'an- no 1840. In tempi in cui il movimento sociale tant' oltre spinto richiede in ogni operazione dell' intelletto un nuovo impulso all' utile generale , e mentre si cerca fin nelle lettere questa cooperazione che le renda con- temporanee, e conformi ai bisogni del secolo, Tavvia- g ente della gioventù allo studio di esse è una im- 58 presa quanto sacra ed imperlante, altrettanto diflScile ed incerta a causa del contrasto delle vecchie idee coi principi! progressivi , e della fluttuazione in cui le menti non ben ferme per buco trovansi tuttavia sulla convenienza del metodo da seguire. — Tempo fa quando l'inseguaraento della bella letteratura era quasi ridotto ad un meccanismo, e bastava attingere a certe regole convenzionali di rettorica , i giovani uscivano da una scuola , quasi vi fossero slati messi alla for- ma, e però diveniva facilissimo il farsene maestro.— Oggi lo spirito di riforma reclamata dal comun voto ha cominciato a bandire appo noi le antiche abitudini, che renderebbero stazionarie le lettere tanto da farle divenire un anacronismo. E ci conforta lo scorgere come si vada in Sicilia facendo opera alla generale re- staurazione letteraria, onde giova sperare che il vero bi- sogno sia sentito da tutti quanti intendono alla cultura, ed alla iistruzipne della siciliana gioventù. Questa bella speranza fu confermata nell'animo nostro da una pub- blica mostra , che la classe di rettorica nel Collegio Massimo de' PP. Gesuiti in Palermo diede il giorno II dello scorso settembre, vedendosi nella direzione data ai loro studi chiarissima l'influenza dello spirito progressivo de' tempi, e l'abdicazione la più sensata ad ogni antico pregiudizio. — Basta percorrere il proe- mio pubblicato in quella congiontura , nel quale si dà ragione della istituzione tenuta, e si presenta l'or- diue delle materie in quel corso fornite, per rilevare ad evidenza quali sieno i principii, l'aggiustatezza delle idee , e lo spirito del professore che Io dettò , alle cure del quale , trovasi per ventura affidata quella classe.— Égli ha sotto il quadro seguente riassunto i requisiti di una perfetta istituzione di belle lettere- Materia pienamente esaurita — cose nuove aggiunte 59 alle antiche — aggiustatezta di gluclizii, su quanto si offre di uuovo, e di antico. — E dopo avere indicalo i diversi rami di questo riccliissimo tesoro , la con- dizione della presente letteratura , le relazioni , e le differenze fra essa, e l'antico genere , la difficoltà di sentir rettamente in tali contrasti, e i mezzi di giu- dicarne con adequatezza, ha esposto le materie nelle quali si erano versati i suoi allievi, e ciò con tanto buon senso da farne chiaro conoscere, quanto il pro- fessore sia destro nella istruzione della gioventù , e come i buoni principii , e le sane teorie abbia fatto servire all'applicazione la più giusta , mercè un pra- tico opportuno insegnamento. — I giovani poi han confermato col fatto il valore di colui che l'istruiva, tanto ben soddisfecero alla pubblica aspettazione— E se ordinariamente è comune l' idea che le pubbliche mostre sieno apparenti esercizii, ed inganni ben or- pellati, giustizia vuole che io, come ad onesto testi- monio si conviene, venga a combattere in questa cir- costanza una opinione forse le più volte non falsa , ma che nel presente caso sarebbe ingiustissima — Poi- ché io posso rispondere bene del fatto mio , ed at- testare con quanta franchezza, senza idea di preven- tiva convenzione, ed all'improvviso satisfecero i gio- vani alle interrogazioni, ed ai quesiti che da me ve- nivano lor diretti , così nello sviluppo delle teorie , che nella conoscenza de' classici. — E si è pur con piacere rilevato, come cacciata via ogni avversione che i tempi, e le credenze rendevano fatalmente comuni, siasi iu quella scuola bevuto alla fonte di ogni ric- chezza, ricorrendosi al padre della italiana poesia; e il nome di Dante così temuto per lo passato, suonava con le giuste espressioni di ammirazione e
  • ainento ed avvallamento dei ter- reni— Nota di Dom. Paoli ^ presentata alla prima Riunione degli Scienziati italiani , Sezione di Geologia, Mineralogia e Geografia. Que' cambiamenti di livello che ci presentano ta- luni paesi, parvero a' fisici costituire un subbietlo di sì grande importanza, siccome quello che è sì stret- tamente legato colla teoria del calore centrale che è quanto dire con ciò che forma una delle principali tasi delle discipline geologiche, che non è maraviglia ^7 se , scorsi appena pochi mesi da die io pubblicava il mio Discorso su tale argomento , non poche os- servazioni si sono aggiunte a quelle da me notale in quel mio scritto. E tali e tante ne possiede ora la scienza , che molte delie cose da me espresse al- lora possono al presente meglio convalidarsi; e sopra tutto quanto ha riguardo a quelle relazioni che a mio credere sembrano alcuni paesi mostrarci fra i moderni sollevamenti e quelli cui, seguendo la dottrina del Beaa- mont, dobbiamo la formazione delle alte montagne. E così colla scorta di colali osservazioni possiamo noi me- glio giudicare di quelle ipotesi ultimamente ideate su tale proposito. Per il che, anzi che ricordare qui ad una ad una queste nuove osservazioni, perocché favel- lando a voi, eh. signori, ciò nuU'allro sarebbe che dirvi cose che già voi conoscete, mi permetterò esporre al- cuni miei pensamenti, soUoponendoii alle vostre discus- sioni, al rispettabile giudizio vostro. Innanzi a tulio però mi sia concesso l'aggiungere alcune brevi mie considerazioni intorno a quanto mi occorse dire nel precedente mio scritto riguardo alle Paludi Pontine; sebbene io conosca di esserne rispello ad esse e rispetto a quella ipotesi sul loro avvalla- mento, che io mi auguro che possa ottenere il con- sentimento vostro; trattenuto assai lungamente, e forse oltre il dovere. Se io dissi allora che il capo Circeo non poteva essere circondato dalle acque ai giorni di Omero; opinione che, non ostante le mie considera- zioni in contrario, veggo essersi nuovamente proposta; una osservazione del Tenore si aggiunge ora a con- validare questo mio asserto. « Sul terreno contiguo >j al lago di Paola, dic'egli, sussistono tuttora vistosi M ruderi di fabbriche romane, conosciute sotto il no- 68 M me di Villa di LucuUo , ed avanzi di tempii con M marmoree colonne » ; e giudicando il Tenore ap- partenere quegli avanzi ai primi secoli del romano impero , ne trae una conchiusione del tutto confor- me a quanto da me si sostiene. Intorno a che egli mi sembra non meno convenevole il ricordare quanto accadde sono soli 20 anni al letto dell'Indo, siccome quello che forse varrà a togliere ogni prevenzione contro quella mia ipotesi suH'avvallamenlo di quelle paludi e sull' innalzamento di quel promontorio. Ve- diamo in fatti colà avvallarsi, direi quasi, quietamente un tratto di terreno più vasto del lago di Ginevra; formarsi in somma una laguna ove prima era secca terra; e ciò sì riposatamente che il presidio del forte Sindrèe può il giorno appresso mettersi in salvo col soccorso dei battelli; e così vediamo al tempo stesso a sole due leghe di là innalzarsi il terreno per forse IO piedi e per una estensione di non meno di 16 le- ghe in lunghezza e meglio di 5 leghe larga; e tutto questo senza veruno sconvolgimento vulcanico. Ciò che a me sembra importantissimo a dirsi , non solo rispetto a quanto da me si tiene delle predette pa- ludi, ma eziandio perchè ciò ne fa conoscere che quel movimento di alla lena immaginato dal Beaumont, che a taluni sembra tuttavia difficile a concepirsi , e ciò che veramente non di rado ha effetto nella crosta del nostro pianeta. Appresso a che venendo al proposito di quelle re- lazioni che io credo doversi scorgere fra i moderni sollevamenti ed i sollevamenti geologici; in su di che intendo richiamare l' attenzione di così insigne adu- nanza , in cui seggono geologi di tanto sapere , diro da prima come mi confor'i il vedere che il Forch- vammch ed il Boubèe mostrino avere avvertilo a ciò. Il primo de' quali ne fa cenno nel riferire alcune sue osservazioni, di cui avrò in seguito a parlare, mentre l'altro lo esprimeva chiaramente nelle sue lezioni di Geologia , dicendo egli che « il fenomeno del solle- » vamento delle montagne si è reso manifesto come » quello de' trerauoti e delle eruzioni vulcaniche in » tutte le epoche della vita del globo ». Ora e^li mi sembra che a spargere un qualche lume su questo punto di teoria, a far conoscere la relazione che esiste tra gii antichi sollevamenti e lo innalzarsi che fanno può dirsi attualmente alcuni terreni, valga sopra tutto Il mostrare come in que' paesi che ci presentano di cotali recenti sollevamenti, si scorgano del pari quelli che appartengono alle epoche geologiche^ di quelli io intendo che ci attestano come quella forza medesima la quale diede origine alle alle montagne, abbia con- tinuato ad agire nelle epoche per così dire intermedie; nelle quali la superficie della terra incominciava ad essere abitata da quegli esseri viventi che tuttora po- polano 1 nostri mari e gli attuali continenti. S'inleiide ' già che 10 voglia alludere con questo a que' depositi di molluschi, di piante, a que' letti di ghiaia che si trovano a molti piedi al di sopra dell'attuale livello de man ; di che io feci già un qualche cenno nel predetto mio Discorso, ricordando le osservazioni del J-jell, del Keilhau, del De Buch, del Brongniarl. E se quanto IVI 10 dissi si riferisce particolarmente alia Svezia ed alla Norvegia, a quella regione che ne presenta il pm notevole esempio de' moderni solle- vamenti , m su di che sarebbe superfluo il tornare 70 nuovamente, e facile il riferirne di simiglianli Iratli da alivi paesi (i). Quindi dirò io dapprima come in occasione della quistionc sull'innalzamento recentemente avvenuto al Chili , di che ora non resta più a dubitare , assicu- rasse il Darwier di aver preso ad esame quella costa fino a 6 miglia al Sud, e fino ad 80 miglia al Nord di Valparaist, e di avere rinvenuto colà letti di con- chiglie a varie altezze e fino a s5o piedi sopra il livello del mare. Così il Lesson osservava alla Con- cezione de' banchi di conchiglie analoghe a quelle che attualmente vivono ne' mari vicini posti alquanto al di sopra del livello dell'oceano. Ed io già ricordava nel mio Discorso quelle antiche rive , quelle conchi- glie osservate dal Frejcr ad Orico ed all'isola di S. Lorenzo (2). E se del recente sollevamento di quella (t) Il Robfif asserisce di essersi assicurato, por osservazioni fatte tanto sulle coste della Norvegia, L.'tpoiiia e Svezia, quanto iiell' interno di quel- le terre, clic le acque sono jiervenutc un tempo a grande alte/z/.a ( (ioo piedi circa) in tutta 1' cstcuzionc delia Norvegia (L' Institut 6" au. i833. p. 34G). Questa e le seguenti note furono da me qui aggiunte posteriormente alla lettura di questo scritto alla Riunione Pisanaj il quule mi parve con- venevole serbare inalterato. (2) AI quale proposito meritano non meno di essere ricordate le os- servazioni dell' Al ison (^P/iil. Mac;, and I. of S. n. 62. p, 4oo» n. 65. j). 101.) e quelle non meno del Caldclengli, tanto più degne di conside- razione per essere egli uno di que' fisici che dapprima si mostrarono di opposto avviso intorno allo innalzamento della costa del Chili. E sono certo le sue osservazioni importantissime, imperocché, dopo di aver egli considerati que' fatti che possono ascriversi agi' interrimenti, altri ne men- ziona che senza dubbio si debbono riferire ad un movimento verticale del suolo; siccome può dirsi di taluni scogli che si sono elevati al disopra della superficie del mare: presso a Quebrada de Ics Angeles, nella baja di Valparaiso; presso Cruz de Reycs; nel porto di Coquimbo ; quelli in line conosciuti sotto il nome di 'Tortoise. Né egli lascia di avvertire ad alcuni letti di concbjg'ie che si osservano dalla Concezione a Copaipo; i quali giungono fino a 3oo piedi di elevazione; lo che, come si vede, at- testa un sollevamento progressivo di quella regione e riferibile ad epoche diverse (Pliìl. Mag. and J. i>fSc. n, Gj, p. gy) 7^ costa, in su di che dissi or ora non rimanere oraai dubbio veruno, occorresse qui riportare altre prove, potrebbero citarsi Je osservazioni del Douraoulin che vide colà evidenti segni dello innalzamento di un banco di rocce , che è di faccia al forte di S. Cat- terina a Talcanano ; ed osservò non meno che il Ietto de' ruscelli e de' piccoli fiumi che bagnano quel paese si è notevolmente fatto più alto, sì che il fiu- me Fubul, che scorre a 22 o aS leghe da Talcanano, si è reso dopo il i835 sì povero di acque, che può guadarsi, mentre per lo innanzi esso era navigabile per alcuni legni; ricordando analoghe osservazioni del cap. Coste sull'innalzamento del feudo del mare e di alcuni scogli nelle vicinanze dell'isola S. Maria; non facendosi da lui che analoghi effetti ebbe il Iremuolo che distrusse Valdivia li 7 dicembre 1807. Ed in fine intorno al recente sollevamento di quel tratto di paese e del fondo di quel mare potrebbe dirsi che quell'arcipelago d'isole sollevatosi di faccia a Valparaiso il dì 12 febbraio di quest'anno iSSg in seguito di tre- muoto, sempre piìi ne fa certi della tendenza al sol- levamento di quella costa. Al postutto voi sapete, o signori, che da molti si tiene che tutta la costa oc- cidentale dell'America meridionale, dallo stretto di Le Maire fino a Lima, tenda ad innalzarsi, o più gene- ralmente ancora che l'intero continente americano vada sottoposto ad un movimento di altalena; perchè ele- vandosi nella parte predetta, le rive del Labrador ed anche la Groenlandia si abbassino insensibilmente (1). (i) Al credere del Lyell, non solo la costa occidentale dell'America meridionale, ma l'orientale ancora mostra segni di sollevamento ( Pìdl. Mag. and J, qfS. n. 62 p. 4o'0 ed il Darwin ne riferisce alcuni da essoini osservati a Buenos Ayres, e su ambedue le rive del Rio della Rota presso alla sua foce; i quali fanno fede di un recente soUcvanieulo (Piiil. Mag. aud J. of Se. n. 66 p. 207.) 72 L' Inghilterra ne presenta fatti conformi. Se nel precedente mio scritto mi occorse accennare non po- chi fatti, i quali ci fanno conoscere alcuni innalzamenti in essa avvenuti nel limite delle epoche storiche; in- tmpo ai quali confido avere tolta ogni qualunque in* certezza ; il La Beche , lo Smith di Jordan Hill ed altri illustri geologi ci prestano notizie di piij antichi sollevamenti. Asserisce lo Smith di avere riconosciute prove non dubbie di ciò , che le isole britanniche prese in complesso furono soggette a cambiamenti di depressione e di elevazione; lo che si ha, al dire di lui, a riferire a periodi che, geologicamente parlando, non sono antichi. Risguardando i fatti da lui riferiti deposili di conchiglie rinvenuti a maggiori o minori al- tezze, ed essendomi io nel mio Discorso studiato di far conoscere una tal quale relazione fra que' solle- vamenti che diedero cagione alle montagne delle isole predette ed i moderni sollevamenti; le cose notate da Jui servono a mio credere a dare un maggiore fonda- mento a ciò che notavasi allora da me rispetto ad esse ; a far conoscere come quella forza che valse nelle piij antiche epoche geologiche a sollevare quelle catene di monti che attraversano la Scozia e l'Inghil- terra, siasi protratta ne' suoi effetti in sino a noi. In fine costituiscono un anello che lega gli uni fatti agli altri, e danno alle cose quel nesso che sempre vor- rebbe trovarsi, ma che spesso si desidera negli scritti e nelle osservazioni di ogni maniera. Gioverà quindi ricordare le principali cose da esso lui osservate: i letti di sabbia stratificata con conchiglie marine a Preston nel Lancashire, al quale proposito egli ram- menta analoghe osservazioni del Murchison nell'antico golfo di Ri])ble; le conchiglie marine rinyenule a 35o 73 piedi di altezza a Gamrie pressa BanlT nella coDtea di Norfolk; ove appunto io avvertiva rinvenirsi indizi di recenti sollevamenti ; e simili depositi nel Jorkshire in Inghilterra , presso a Bervsrille , in Iscozia , alle isole di Sheppy e di Skye ; ed oltre a ciò al capo Brayhead nella contea di Wiklow e ad Howth al nord della baja di Dublino in Irlanda. Appresso alle quali menzionerò particolarmente le conchiglie marine che del pari a 35o piedi di elevazione si sono rinvenute da lui ad Airdrie , solo io miglia distante da Gla- sgow ; siccome quelle che vengono in soccorso di quanto io tlissi già di Edimburgo e de' luoghi che sono in quella parte della Scozia e sulle rive del Clyde. E cos!i se io in sulla fede del Playfair e del Robberds ricordai antiche rive all'altezza di 4^ piedi, egli assicura che ciò è quanto si osserva su molti punti delle coste dell'Inghilterra ; avvisando egli che la formazione di quelle rive o piuttosto la durazione del periodo in cui il mare si tenne a quella eleva- zione, abbia ecceduto l'epoca attuale, di cui 2. m. an- ni, die' egli, non sono che una frazione infinitamente piccola; aggiungendo a ciò che quell' antico deposito del mare dai 3o ai 40 piedi costituisce una delle note caratteristiche dell' owest della Scozia , ed in ispecie della parte settentrionale della contea di Air. Altrettanto si osserva, al dire di lui, a Jura,a Muli, ad Isla nelle Ebridi (i). Ciò che , e segnatamente quanto si dice della coatea di Air , mi piace ricor- (2) Il Lyell asserisce similmente di aVere oiservat» all' isola di Arran prove indid)itate del suo solle vamentO) ciò'che si rileva, e dagli scogli di- rupati che circondano intorno intorno quell* isola, e dall' csigten2a di letti di conchiglie marine posti fra gli scogli medesimi e la Uiiea dell'alta iua< rea. {Phit. Ma§, and J, o/^c^ Bi 6a p. 3^.) 74 dare particolarmente, concordando ciò con quanto io asseriva nel mio Discorso intorno al rinvenirsi taluni indizi di sollevamenti anche nella parte occidentale della maggiore fra le isole britanniche. Io seguito alle quali cose riferiteci dallo Smith , vi ricorderò pure , o signori , quell' antica riva osservata dal La Beche nelle vicinanze di Plymouth; la quale s'inclina graduatamente verso il nord, e di cui la parte supe- riore è a 3o piedi sopra il livello del mare nell'alta marea. Ed ella è pure da menziunarsi a quest' uopo queir osservazione del cap. Vetch ; da cui sappiamo che una delle isole predette, l' isola di Jura , fa ve- dere 607 antiche rive , le quali sembrano essersi sollevate successivamente ; la più bassa delle quali giace al pari dell'Oceano nell' alta marea , mentre la più alta sorge fino a ^o piedi di elevazione. Ciò che costituisce veramente un fatto importantissimo, come quello che ci convince della continuazione di quella forza che diede cagione al sollevamento di quell'isola. E se il La Bechc parlando di quella riva da lui no- tata ne' contorni di Plymouth, non dubita di asserire che la parte sua più elevata erasi già sollevata a quel punto allorché quel paese era ancora abitato dagli elefanti, rinoceronti e simili animali, possiamo credere con qualche fondamento che quelle rive dell'isola di Jura comprendevano un'epoca considerevole (1). (1) Se nel mio discorso mi avvenne favellare dcgl' indizi di avvalla- mento che presenta il Cheshire (p. 74), ciò non si ha a tenere siccome cosa in opposizione a quanto colà osservava T Egcrton, ed aU' esistenza di deposili di recenti conchiglie che su quella costa si veggono da 3oo a 5oo piedi di elevazione sopra il livello del njare; potendosi piuttosto da ciò con- chiudere, come appunto fa il Liell rispetto al Devonsliire ed alla Carno- vaglia: cioè ch« qua' terreni soggiacquero a cangiamenti di abbassamento e di elevazione {Phil, Mag. and J. of Se. n. 62 p. 398 and fol.); il che mi giova q>u rammcutarc rispetto non meno a ciò che dissi di uno de- posito di piante che si estende sotto il livello del mare a Mount-Bay in CorBoyaglia (p. 71). E poiché lo Smith, dopo di avere accennate le os- servazioni qui sopra riferite, propone il dubbio se que' sollevanoenti, di cui si veggono segni certi nelle isole britanniche, abbiano a tenersi come parziali, ov' vero generali e comuni a tutte le isole predette ; se ciò siasi operato rapidamente o lentamente; dal con- siderare che forse non avvi provincia di quel regno iu cui non si scorgano indizi di elevazione o di de- pressione, sembra a me potersi dire che quell'azione di sollevamento comprese in vero tutte quelle isole. E s'egli si abbia a tenere alquanto fondato quanto da me si avvisa intorno alla relazione che esiste fra i sollevamenti di quelle montagne e quelli die spet- tano alle epoche sloriche, convien credere che diversi centri di elevazione siensi formati, conformemente a quella opinione del Beaumont, perchè egli ammette tre distinti sistemi di elevazione nelle montagne di quel paese. E così io credo, conseguentemente a quan- to da me or ora si disse, doversi tenere che quel sollevamento siasi operato lentamente e progressiva- mente; al che ci porta l' osservarsi que' depositi di conchiglie, quelle antiche rive essere poste ad assai differenti elevazioni. Anche il Peloponneso ci presenta argomenti perchè gli antichi ed i moderni sollevamenti si leghino insie- me. Se intorno a questo paese io ebbi ad arguire da un art." dell'opera del Boblaje {Descripiion oj the Morea) ch'esso andò soggetto ad un reale solleva- mento che si estese fino alle epoche storiche; un fatto da essolui riferito in altra sua opera ci presta anche di ciò più sicuro argomento ; consistendo questo in una breccia che si osserva a cinque o sei metri al di sopra dell'attuale livello del mare in una caverna 7^ . . non lungi da Napoli ; nella quale si comprendono frammenti di vasi figulini; lo che fa vedere che la sua formazione avvenne dopo che quella penisola fu abitata dagli uomini; anzi dopo che le arti incomin- ciarono ad esercitarsi da' suoi abilalori. Ora il Bobla- ye medesimo ci presta materia a conchiudere che un sollevamento sia colà avvenuto ad epoche meno re- centi, accennandosi da lui ad alcune linee che egli chiama di degradazione; in somma tracce di antiche rive, le quali si trovano a differenti altezze, e che sono simili a quelle che al presente produce l'azione de' fluiti sulle coste di quel paese istesso. E che il Peloponneso andasse un tempo soggetto a più antichi sollevamenti geologici, lo attesta egli pure, come da me avvertivasi nel mio Discorso , dicendo che quel paese che un tempo non offeriva punti più elevati di 3oo a 4oo metri, ora ne presenta di quelli che salgono fino a looo, o 1200 metri. Oltre di che ri- spetto ad esso mi riporterò similmente al Beaumont, che le sue montagne riferisce al 6° sistema di eleva- zione; il quale egli pone fra il periodo de' depositi di creta e quello de' terreni terziari ; accennandosi inoltre da lui come una catena di quelle montagne venga a formare la costa della Morea , sulla quale giace per lo appunto Napoli. L' isola di Sardegna può citarsi non meno a tale proposito; Essa in fatti, siccome è sialo osservato, non e molto dal Marmerà, fa vedere un Ietto in cui si trovano insieme conchiglie marine, fluviatili, e terre- stri miste a frammenti di vasi fìttili grossolani; forse un'antica riva; ed altrove, al N. Ov. di Cagliari a am. metri di distanza dal mare, ove quel letto s'in- nalza a 5o piedi sopra il livello del Mediterraneo , 77 si trovano ostriche (ostrea edulis) tuttora aderenti alla roccia sulla quale vissero un tenopo. Il solleva- mento indicato dal primo può senza dubbio riferirsi ad epoca posteriore alla diffusione della razza umana su quell'isola, e quindi ad epoca slorica; quella che si desume dall' esistenza in sita delV ostrea edulis^ per l'elevazione di quel letto, si ha a mio credere a collocare fra i soilevamenù geologici, sebbene de' me- no remoli. E rispetto ai più antichi qui pure mi ri-" porterò al signor Beaumont; da cui le montagne di quell' isola si riferiscono al io° sistema di elevazione. Si disse di sopra avere il Forchvaramch in qual- che modo accennato quanto da me si va discorrendo. Avvertiva egli su ciò, a proposito di quelle sue osser- vazioni, perchè egli ebbe a convincersi che in tutta la Danimarca, nello Sleswich e per fino nell'Holsteia si rinvengono a considerevoli altezze quelle conchi- glie istesse che attualmente vivono nel mare germa- nico; con che si vuole alludere da lui a quelle osser- vazioni del Trevelyan intorno ad alcuni tumuli se- polcrali, i quali si trovano sparsi su tutta la costa dei dintorni di Frederikshaven nel Jutland, tranne uà luogo basso ed esteso sulla riva del mare. Lo che e- gli ascrive all'essersi quel terreno innalzato, dappoi- ché quel modo di tumulazione, che sembra risalire all' 8° o (f secolo, uou è più iu uso colà (i). Per la (i) Indizio
  • j suolo, elevazioni e depressioni, riguardati ne' prin- w cipì come appena credibili, sonosi fatti di una tale M evidenza, che non v'Iia ora alcuno che non vi presti » fede »j. E fra gli argomenti ch'egli pone in mezzo ad eflèllo di conlradire 1' alternativo abbassamento e sollevamento del Serapeo egli adduce questo; die in tal caso le sue colonne avrebbero perduto il loro ap- piombo , ciò che non si osserva menomamente in quelle che sono rimaste in piedi; adducendo in prova la torre Gariscnda , il campanile e osservatorio di questa citta, che crede essere strapiombati per essere il terreno mal fermo. Ove però questi monumenti dell' arte potessero in vero addursi a prò suo , ben altri fatti stanno contro di lui. Non ricorderò qui Ravenna e Venezia, il cui avvallamento vuol egli che si consideri come apparente, e di cui avrò in appresso a far menzione; ma bensì Slokholm, del cui solleva- mento non può dubitarsi , e senza che i suoi edifici sieno venuti a pendere. E io vero , se questo fosse avvenuto, il suo sollevamento sarebbe stato avvertito da molto tempo, anzi che essere ciò rlserbalo a que- sti ultimi anni. E così potrebbe dirsi che, meulie si narra che alcuni monaci del Monte S. Michele, tor- nando da un loro pellegrinaggio al monte Gargano ebbero a maravigliarsi trovando il mare ove avevano lasciata la terra, e la sabbia ove prima esisteva una foresta; e ciò per essere accaduto in tempo della loro assenza quanto si accennava poco fa della sommer- sione di una gran parte dell'America, della formazione della baja di Cancale e della separazione dal conti- dente del Monte S. Michele, nulla si dice che il loro monistero fosse stato ne alterato e ne tampoco dan- neggiato, comechè si tratti di un abbassamento note- Tole e subitaneo. E se a lui non piaccia prestar fede ad un fatto attestato dal Johnston e dal Ljell rispetto a quella città, a ciò che ne ricorda la storia di quel monistero tuttora esìstente ; quanto mi occorse diie qui sopra del forte Sindrèe dovrebbe convincerlo ap- pieno. Io fatti nella minuta descrizione del suo av- vallamento riferitaci dal tenente Burnes, nulla si dice che ci porti a credere che quel forte avesse sofferto per essersi le sue mura inclinate. E se l'essersi egli ristretto alle cose che presentano quelle coste, se il non essersi egli dato pensiero di consultare tutto quanto i fisici ed i geologi hanno osservato su tale fenomeno nelle altre parti della terra, lo hanno portato a negare i sollevamenti e gli avvallamenti del suolo; questo ha fatto a un tempo che egli, mentre condanna siccome erronea l'opinione al presente generalmente seguita , creda poi che col- l'ammetlere le fasi del livello del mare, tutto si renda chiaro ; senza avvertire a ciò che il De Buch ed il 88 PJajfair notavano in contrarlo. E in vero s'egli avesse posto mente a ciò che appunto si dice da quest' ul- timo; cioè che « per abbassare ed innalzare il livello w assoluto del mare di una data quantità in un luo- M go, conviene fare altrettanto rispetto a tutti gli altri » punti della terra w; ciò che in vero doveva cadere in mente pur anche a lui ; egli avrebbe rivolto lo sguardo almeno agli altri paesi bagnati dal Mediter- raneo e dall'Adriatico, affine di vedere se quanto essi presentano concordi con quanto egli crede presentare il Serapeo e la con vicina spiaggia. E cosi facendo si sarebbe egli senza dubbio convinto mancare la sua ipotesi di quella evidenza che da lui si suppone e si crede. Menziona egli in vero Ravenna , Venezia e Gaeta e le coste Amalfitane , come quelle che egli crede favorevoli alla sua opinione. Ma oltre che con- veniva considerare altri luoghi ancora, le prime delle città predette presentano fatti che mal si coufanno ad essa. Attenendoci per lo appunto alle misure da lui prese ed alle epoche da lui fissale de' vari sol- levamenti ed abbassamenti del livello del mare ri- spetto al Serapeo che, tranne il doversi essi in vece ascrivere ad opposte variazioni avvenute nelle spiag- gie, anzi che nelle acque che le bagnano , sono de- dotte con molta perspicacia , ed accuratezza ; ripor- tandoci, io dico, alle sue misure, al finire del 4° se- colo il livello del mare segnava presso a poco l' al- tezza attuale; e quindi di poco o nulla diverso dal presente livello doveva , secondo una tale dottrina , essere quello dell'Adriatico ne' primi anni del 5" se- colo : cioè nell'anno 421 , in cui ordinariamente si pone r edificazione di Venezia ( imperocché è forza credere che le acque di questi due mari siensi poste 89 a livello). E similmente convien creder» che nel porre le fondamenta di quella città, questo si facesse in re- lazione a quella elevazione dell'Adriatico. Ora seguendo la tavola cronologico-metrica che ci dà il cav. Nico- lini, nel medio evo, fra il 9** ed il io** secolo, "Ve- nezia doveva essere inondata dal mare , essendosi, questo, al dire di lui, innalzato di 5 y metri; e do- veva esserlo senz' altro , se al presente essa è , può dirsi, a fior d'acqua. Ne di tale allagagione veruno storico ci ha lasciato memoria. E ciò non solo, che questo pure è da notarsi , che a tenore della tavola predelta nel secolo 16° sarebbesi dovuto notare tm abbassamento delle acque, e quindi un relativo innal- zamento del piano di quella città, se, com'egli asse- risce, il mare si era al principio di quel secolo fatto più basso di 9 decimetri rispetto al livello attuale. Al contrario però, come feci notare nel mio Discorso, in quel torno appunto avvertivasi 1' abbassamento di quella città; opinione che il Sabbatini , che scriveva verso il i55o, dice colà già invalsa da molto tempo prima , e proclamata da certo maestro Angelo Ere- mitano; il quale argomentava da ciò esser l'avvalla- mento del suo piano di un piede per suolo. In fine Venezia presenta un progressivo abbassamento delle sue fabbriche, delle sue piazze, mentre secondo l'ipo- tesi del Nicolini il mare ora venne ad innalzarsi, ora ad abbassarsi. Pari argomenti ci offre Ravenna. Stra- bone la dice fra paludi, sparsa ovunque di acque; ciò che potrebbe bastare a farci conoscere esser essa in queir epoca quasi a livello del mare , se questo non si avesse anche da altre testimonianze; il perchè sap- piamo ch'essa era sopra isole e fabbricala sopra pa- lafitte. Ora coafrontaudo l'età di Strabene , il quale 9^ scriveva ne' primi anni dell' era volgare , dovrebbe credersi che essa si trovasse in quella condizione, cioè al pari quasi dell'Adriatico, allorché, circa 80 anni A. C, secondo la tavola del Nicolini , il ma ve era 3 f metri più basso del mare d' oggidì. Quindi di- cendoci egli che al principio dell' 8° secolo il mare era più alto 4 metri del presente livello, il piano di quella città sarebbe stato sorpassato allora di poco meno di 8 metri dalle acque ; ciò che sarebbe stato cagione del suo totale sommergimento: cosa che certo avrebbe portato che gli Esarchi abbandonassero la loro sede. Ma uè di questo si trova menzione alcuna nella storia, ne di alcuna emigrc Jcne degli abitatori di quel paese per riparare a luoghi meno bassi od ai monti. E Ravenna in quell'epoca, e per la caduta dell'Esarcato, e pe' tentativi degl'imperatori d'oriente onde rimperarlo, e per gli assedi fattine da Liutprando e da Astolfo, e per altre mutazioni prestò alla storia argomento onde spesso ricordarla. Ne , se essa fosse stata coperta dalle acque, Paolo I papa avrebbe scelto nell'anno «^61 o 763 quel luogo per venire a parla- mento con Desiderio; ne ivi sarebbero convenuti nel- l'anno 882 l'imperatore Carlo il grosso e papa Gio- vanni Vili: cioè verso la fine del 9° secolo, se, co- me vuole il Nicolini , fra il 9* e il 10° secolo il mare era più che ora elevato di 5 ^ metri. E se pure avesse a credersi che la storia e le tante cronache italiane avessero trascurato di lasciarci memorie di ciò, di cosa che avrebbe portala la sommersione delle predette due città, che tanto figurarono ne' fasti ita- liani di quel tempo , ed eziandio di molli paesi lit- torali; ciò che io vero non è a supporsi; qualche tra- dizione almeno resterebbe del fatto. E ciò che più vale , si vedrebbero di ciò non dubbi segni , impe- rocché l'invasione del mare, sia pur essa temporaria sia anche di brevissima durata , produce efletti tali, che il tempo non vaie sì facilmente a cancellare. Ma una tale invasione , seguendo l' ipotesi del Nicolini , non poteva esser tale, poiché i mitili ebbero agio di perforare le colonne del Serapeo , ed ivi prendere accrescimento, come da esso rilevasi. In fine rispetto a Ravenna farò osservare che mentre il Nicolini as- serisce che nell'anno 1696 il mare era più basso che non è al presente di 9 decimetri, soli 6 anni dopo, cioè nel i-yca per lo appunto convenne rialzare il pavimento della chiesa di S. Vitale. Per le quali cose si vede càe nìuna corrispondenza si trova fra gli ab- bassamenti e sollevamenti del livello del mare sup- posti da lui, e quanto mostrano le predette due città; e che anzi esse presentano i più convincenti argomenti contro la sua opinione. Pari argomenti potrebbero desumersi da quella villa dell' imperatore Liciuiano , che .si osserva a Xivogoschie in Dalmazia, al presente presso che tutta sommersa dalle acque ; e che , se veramente essa appartenne a quello imperatore , fu costruita ne' primi anni del 4" secolo: cioè in quel- l'epoca in che il mare, secondo la predetta tavola del JSicolini, non poteva esser che di poco, forse di soli 6 decimetri, più basso del livello attuale; ed essa è ora , come si disse e come ne accertava il Fortis , nella maggior parte inondata dalle acque ; ne è a credersi ch'essa si fosse posta in si basso luogo da essere invasa da' marosi ad ogni burrasca. Dirò si- milmente che questa sua ipotesi non si conforma eoa quell'antica riva da me osservata ne' contorni di Fano, e da me descritta nel mio Discorso; essendo che questa 92 si trova all'altezza di metri 7,55, mealre il mag- giore sollevamento del livello del mare da essolui notato nella predetta tavola è di metri 5,8o. E se a lui non giovi l'acquetarsi per cose desunte dalle coste dell' Adriatico , è facile trarre non meno convincenti argomenti dai paesi in riva al Mediterraneo. Discor- dano dalla sua ipotesi e Malia e le coste dell'Egitto che, come osservavano il Cardier ed il Dolomieu, si abbassano progressivamente di 3, o 3 centimetri per secolo. E similmente discordano la Sardegna e il Pe- loponneso , che all' opposto manifestano segni di sol- levamento , come or ora si disse. Ne si oppongono meno alla sua sentenza que' monumenti che si vedono superati dalle onde, avvertiti già dallo Zendini e dal Targioni , su di questa costa , ed altri argomenti sì dottamente considerati dal eh. professor Paolo Savi, che ci attestano un reale abbassamento della spiaggia di questa città; che, così bene secondando i felici in- tendimenti del principe che la regpe, e di que' saggi che primi concepirono il pensiero di quest'adunanza, e che perciò tanto benemeritarono della scienza e dell' onore del nome italiano , con atti sì cortesi ci accoglie. Le quali cose, io dico, invalidano la sentenza del Nicolini, e perchè ci fanno vedere ne' paesi ba- gnati dal Mediterraneo e dall' Adriatico ove segni di sollevamento, ove di avvallamento , e perchè ninno di essi ci mostra quella alternativa di elevazione e di depressione che da lui si suppone. Intorno a che mi piacque trattenermi alquanto a dilungo, prestan- domi ciò al tempo stesso occasione di ricordare ta- luni fatti che, confrontati fra loro, servono a dimo- strare nel modo il più evidente i parziali avvalla- menti e sollevamenti di alcuni luoghi, e quindi l'in- 93 variabilità del livello del mare; se pure un tale ar- gomento abbisogni di nuove dimostrazioni. E a ciò mi trasse pur anche il desiderio di' dare un pubblico attestato di stima ad un illustre toscano e mio rispet- tabile amico , il Repetti , le cui opinioni , del tutto conformi a ciò che da me si tiene, sono dal Nicolini sinistramente riguardate. £ se le predette osservazioni valgono rispetto ad innalzamento del suolo del mare di soli 22 palmi na- politani, o metri 5,76, tanto più queste varranno se essa si supponga di 4o palmi, o metri 10,48, come egli mostra volere inferire dai fori de' litofaghi a quella elevazione osservati dallo Scacchi in vari punti de' contorni di Gaeta, non che dagli edifici di Napoli. Che se poi si volesse credere da lui che questo in- nalzamento del mare siasi portato fino a 3oo palmi, o metri 78,6, nello spazio compreso dall'era nostra come sembra ch'egli voglia supporre, argomentandolo dalle perforazioni de' mitili da lui osservati nel pro- montorio di Gaeta e dalle serpule che cuoprono le cellule de' mitili, ch'egli chiama antistorici; le quali egli avvisa attestare un ritorno delle acque a quell'al- tezza; basterebbe ad invalidare una tale supposizione l'osservare che questo avrebbe fatto che gran parte de' paesi d'Italia si fossero trovati sommersi. Se quindi per le considerazioni fin qui discorse si vede non essere il sollevamento e l'avvallamento dei terreni ipotesi sì strana come vorrebbe farla credere il Nicolini; se la sua opinione suU' alternativo innal- zarsi ed abbassarsi del mare non è conforme ai fatti che si osservano su vari punti delle coste; le consi- derazioni del Capocci e del Babbage ci fanno vedere da altra parte che le sue osservazioni non ci portano 94 uecessariamente ad una tale credenza, avendo eglino saputo sì bene conciliare le sue osservazioni e le sue misure con l'opposta teoria. Ed ora si aggiunge a ciò l'opinione del Ljell, geologo al certo speltabilissitno; il quale di poco o nulla dissente dal Babbage, tranne io ciò che risguarda la causa cui da questo si ascrive l'abbassamento e quindi il sollevamento del Serapeo: cioè il raffreddarsi e riscaldarsi alternativamente il terreno sottoposto ; e so al pari di lui soddisfacen- temente rendere ragione della perforazione di quelle colonne. E dirò pure ch'egli si unisce ai più severi geologi ed al Repetti, cui si oppone, (come si disse,) il Nicolini, ed a me stesso , asserendo che il Medi- terraneo non soffrì alterazione veruna da a m. anni a questa parte. JNè mancò egli di convalidare questo suo dettato , e coli' osservazione degl' idrografi i più oculati, e col farne notare che i moli ed i porli co- struiti dagli antichi si vedono essere stali edificati in relazione al livello attuale del mare predetto. Il che mi presta occasione a dire che , ammesso un tale principio, un reale abbassamento di metri 3 f, ch'egli suppone doversi riferire al secolo che precedette l'era nostra, ed un innalzamento di metri 4 nel secolo 8° e di metri 5 f fra il g' e il io* sarebbero stati av- vertiti ne' porti predetti: il primo perchè gli avrebbe resi incapaci a dare adito ai navigli più grossi; i se- condi perchè avrebbero ingiunto la ricostruzione dei moli e delle palafitte. E tanto più sarebbe ciò av- venuto trattandosi di mare in cui il flusso è sì tenue, che molti tennero non essere esso sottoposto alla marea. E poiché il Lyell ed il Capocci seppero sì bene indicarci e come la parte inferiore di quelle colonne 95 venne ad esser sepolta nel suolo, o per meglio dire nelle macerie; ciò che le preservò dalle ingiurìe della Modiola lithophaga; e come fossero esse disotlerrate, precisandone essi in qualche modo le epoche; ciò farà che io mi passi di questo, anzi che prendere ad esa- me l'opinione che il eh. Tenore fa rivivere intorno alla formazione di un temporaneo stagno di acqua nel luogo occupato dal Serapeo; in cui s'introdussero i mitili. Così dopo tutto quanto si è detto, per amore della brevità ed affine di dare termine a questa nota ornai soverchiamente lunga, mi asterrò da qualunque con-' siderazione fiulle cose discorse dal sig. barone Burini; come quelle che sono intese a contradire il solleva-^ mento di alcuni paesi , e specialmente della Scandi- navia : fatto generalmente consentito e troppo bene validalo dall'osservazione, perchè in su di questo porti il pregio che io entri in alcuna discussioue. Possano queste cose incontrare l' approvazione vo- stra , eh. signori ; possano elle servire in qualche modo al progresso de' lumi, invitando alcuni di voi a chiarire in tutte le sue parti quanto ha riguardo ai sollevamenti ed agli avvallamenti dei terreni , e con quella profondità di sapere che e propria di voi, e di cui non è iu me che un vivissimo desiderio. D« Paox.i« Esame comparativo del Fino delle Terre forti di Catania con quello del Bosco, e de mezzi di migliorare quest'ultimo prodotto. — Memoria letta neW Adunanza generale della Società economica in Catania il dì 3o maggio 1840 dal prof . Aga- tino Lon^o socio onorario della medesima. Girando lo sguardo sul vasto perimetro dell'Etna, piace voi cosa è 1' osservare come le sue falde die co- stituiscono la regione piedemontana , sono belle di ricca e prosperosa vegetazione, giacche in esse veg- gonsi estesissimi tratti di terreno ridotti a vigneti , coverti di alberi fruttiferi di ogni sorta, ed ove faosi magnificile raccolte di legumi, di pomi di terra, di maiz, di bambagia, di erbe da ortaggio e da tiglio, e di talune specie di cereali. Il maggiore e più rile- vante prodotto però si è quello del vino , derrata preziosa che non solo si consuma dagli etnicoli e da- gli abitanti dei Distretti di Nicosia e Caltagirone, ma si estrae pure in gran copia per 1' estero, inviandosi in Malia, in Trieste, in Liverpool, in Filadelfia, in Nuova-York, ed in altre contrade del nuovo e del- l'antico mondo. Il vino del bosco di Catania, e generalmente quello jclie producasi in tutta 1' estensione del perimetro del- l' Etna presenta notabili differenze con quello che si ottiene da' vigneti piantati nelle Terre-forti, ossia in quelle colline che sono all'ovest di Catania e che di- lungansi a poco a poco da Mongibello sorpassando quei punti che sono slati una volta tormentati dai fuochi vulcanici. Queste colline che sembrano depo- sizioni dell' antico mare, contengono una gran quau- 9? tità di ciottoli, e sono un composto di argilla e di sabbia quarzosa con tracce di ossido di ferro, che da loro una tinta giallastra, di cloruro sodico, e di sol- fali alcalini. Il terriccio che ne forma lo strato su- perficiale, e la loro composizione mineralogica ren- dono questi terreni naturalmente fertili, e molto pro- prii a decomporre i concimi, e a somministrare alle viti i principi! della loro nutrizione ed incremento. Conciosiachè w le terre ove l'argilla domina, che sono » in generale forti e tenacissime, formano il suolo >i propriamente granifero, e quelle ove la sabbia en- » tra in una più gran proporzione, e delle quali una » piccola parte contiene un poco di ghiaja , vanno M consecrate alla cultura della vite (i) ». Non è dun- que a sorprendersi se la coltivazione di questo arbo- scello ne' terreni di cui è parola è conosciuta dalla più remota antichità, e se i proprietari fanno oggi a gara per estenderne la propagazione ed aumentarne i prodotti. Paragonando il vino delle terre-forti a quello del bosco si osservano tali differenze, che li costituiscono quasi due liquori diversi. Il vino delle terre -forti è dolce al gusto, di un sa- pore piccante, caldo, spiritoso, di un aroma specifico che ne rende grato l'odore, e di media densità; esso per lo più e limpido, color d'ambra, ovvero di un bel rosso di giacinto o di rubino, un po' più leggiero dell'acqua, capace di lunga durata. Abbonda di alcool, di aromatico, di un estratto zuccheroso, che gli dà quell'abboccato che lo distingue, e lo rende così pre- gevole.— Il vino del bosco all' incontro , quando la (i) Giornale agrario toscano tom, XHI. pag. i52. Firenze 1839. 3 9^ . , fermentazione è del tutto finita, non contiene più trac- cia di zucchero iudecoraposto, manca di abboccato,con- chiude poco alcool, abbonda in acqua ed in acido tar- taroso, propende all' acidità, non è di lunga durata, facile a concepire la fermentazione acetosa, resiste pe- rò no' viaggi di mare e si perfeziona colla navigazione. Il vino delle terre-forti, tra per la sua preziosità e per la quantità non troppo eccedente che annual- mente se ne produce, non fa che consumarsi in Ca- tania dalla sua numerosa ed industre popolazione, ed in parte spedirsi ne' Domini continentali del Regno di Napoli, ove viene moltissimo apprezzato, ovvero chiuso in bottiglie va a titillare il palato del Tede- sco, dell' Inglese e dell' Americano. L' alcool non si ricava che dai vini del Bosco, precisamente dai più scadenti, da quelli cioè che per qualche magagna non possono spedirsi all' estero in buono stato di conser- vazione, ne consumarsi nell' interno. La sua fabbri- cazione in grande fassi a Via grande, Mascali, Ripo- stOf ec. ove una ingente massa di liquoi'e vinoso si distilla in ogni anno, ed ove la estrazione e la ven- dila degli spirili è una branca interessante e lucrosa del nostro esterno commercio. Il vino delle terre-forti agisce sopra l'animale eco- nomia assai diversamente di quel che faccia il vino del Bosco. Il primo introdotto nel ventricolo porta una piacevole impressione sul sistema nervoso, riani- ma le forze se abbattute^ aiuta la digestione de' cibi, stimola blandamente la tonaca villosa dello stomaco e degl' intestini ten*i, inebbria se bevuto iu eccesso. Egli allora accelera la circolazione del sangue, lo spin- ge verso la testa, fa divenir rossa la faccia; un calore murdeulc si sparge sopra la cute, gli occhi si fanno . S)9 scintillanti, le carotidi pulsano con veemenza, si esal- ta la fantasia, non si è sensibile che alle ridenti im- magini di piacere e di allegrezza; poi la mente si tur- ba, le idee si offuscano ed entrano in istrane combi- nazioni , si sente un peso nella regione sopraorbi- tale, le palpebre chiudonsi involontariamente, viene un sonno ristoratore, profondo, dopo il quale gli ef- fetti passeggieri del liquore sono interamente svaniti, insieme alla completa digestione delle materie alimen- tari, alle quali il vino fu mischiato. Il vino del bosco è pure un liquore inebbriante , ma egli è poco seducente e rare volte è servito so- pra tavole di lusso e ne' conviti. Il popolo minuto ne fa però grande scialacquo, serve ai loro stravizzi e mentre guasta e corrompe la digestione induce, be- vuto in eccesso, la tumefazione del volto, lo scolo- ramento della cute, i rutti acidi, il vomito, e tutte le molestie che nascono dall' ingestione di un liquore poco nutritivo, difficile ad essere digerito dalle forze del ventricolo, ed imbriacanle per l'azione del prin- cipio alcoolico, che assorbito nel torrente della circo- lazione va a spiegare il suo potere stimolante sull'en- cefalo e sul sistema dei nervi. Ne meno essenzialmente diverso è il modo con che le due espressate qualità di vini si comportano allor- ché la macchina è affetta da malattia, ed è nello stato di sovraeccitazione organica, o di sotloeccitazione ner- vosa. Il vino del bosco è generalmente assai proprio per coloro che soffrono di emorroidi, innacquato rin- fresca ne' calori estivi, si adatta benissimo agli sto- machi i quali sono stati travagliati da dispepsia o da irritazioni gastro-enteriche come acute così croniche. Dall'altra parte il vino generoso delle terre-forti gio- 100 va nelle affezioni ipocondriache, nella clorosi , nelle malattie provenienti da languidezza del sistema ner- voso, da perdita considerevole di umori recrementizì, da tristi patemi d'animo, o dall' incipiente vecchiez- za (i). Volendo portare le nostre considerazioni sulle cir- costanze che influiscono a mettere differenze così ri- marchevoli tra i due cennati prodotti, troviamo che queste in parte si devono alle condizioni fisiche e to- pografiche de' terreni, in parte sono 1' effetto della tliligente industria che taluni possidenti delle terre- forti adoperano nella manipolazione de' loro vini più squisiti. Ed in quanto alle condizioni fisiche e topografiche noi marchiamo per certo una notabilissi- rna discrepanza tra la regione piedemoutana dell'Etna, conosciuta sotto il nome di antico Bosco di Catania, e le colline terziarie delle terre-forti. Il primo è un terreno pirogenico originato nella massima parte dalla decomposizione delle antiche lave, e formata di lapilli di scorie e di arene vulcaniche miste a poca quantità di terriccio. Questo terreno è {t.") Il vino delle terre-forti è un liquore prezioso, il quale amministrato con discernimento, sia solo, sia unito ad altri farmachi , esser potrebbe uno de' più ellicaci rimedi in parecchie malattie provenienti dalla debo- lezza del sistema nervoso, o dalle perversioni del sistema digestivo ed ina- lante. Bevuto moderatamente, esso e amico dello stomaco e delle viscere l'acilita la digestione de' cibi, impedisce lo sviluppo dell'acidità nelle pri- me vie, mantiene il vigore della circolazione, sviluppa una uguale calo- rificazione in tutta la superficie del corpo, promuove la insensibile traspi- razione, attiva le secrezioni, ci dà il sentimento aggradevole del nostro benessere, e c'ispira il coraggio e la confidenza nelle proprie forze. Da ciò si vede che come mezzo igienico il vino delle terre-forti è molto adatto a conservar la salute, ed a meutenere in giusto equilibrio 1' esercizio fun- zionale delle varie potenze dell' organismo. Qual bisogno di ricorrere ai vini forestieri abbiam noi se in quello delle terre-forti troviamo le migliori condieioni per comporne un liquore che senza stimolare soverehiamente la fibra lusinga il palato, uè può far male che al bcyone e all' intemperante? JOI perciò magro, leggiero, sciolto, incapace di glutine: si lascia facilmente penetrare dalle radici, per lo che le viti si distendono in lunghi tralci, cacciano un gran numero di foglie, e fan grosso il ceppo in poco tem- po. Nelle terre-forti al contrario il terreno argilloso che sostiene le viti è denso, tenace , difficilmente si lascia penetrare dalle radiche. Le viti crescono per- ciò lentamente, danno il frutto poco a poco, riman- gono di bassa statura, e sfogano meno in foglie ed in tralci lussureggianti. Il loro legno è più compatto, più serrato, il succhio che le inaffia è più elaborato, più sostanzioso e nutritivo. Quindi Y uva delle terre- forti generalmente ha il sugo più concentrato , più zuccheroso: le bacche sono più carnose, più asciutte tendono piuttosto ad insecchire che ad infracidare. Sì eccettuano quelle contrade ove domina il sabbione guarzoso: ivi le viti prosperano rigogliose , gittano lunghi e robusti tralci, e danno un' uva grossa e suc- cosa. Il principio zuccherino vi e però meno svilup- pato; ciò nulla di manco quell' uva vince sempre ia dolcezza la migliore del bosco. La buccia ne è meno delicata, soggetta meno a screpolarsi ed a rompersi per la soverchia abbondanza degli umori che la di- stendono. Una circostanza che assai contribuisce a fare che i terreni del Bosco coltivali a vigneti conservino la magrezza originaria che sortirono dalla natura mi sembra esser quella che nasce dall' uso invalso d'in- trodurre, finita appena la vendemmia, entro la vigna le pecore, le capre ed i buoi per pascersi de' pam- pini di cui le viti sono in quel tempo ancora vesti- te. Reca pena V osservare come in pochissimi giorni la vigna viene da questi animali spogliala di tutto il Ì02 verde, cosi cliè non rimangono die i nudi sermenti, i quali sono poscia recisi all'epoca della potatura. Ora il dente di quei ruminanti consumando la foglia , si anticipano alla vite gli effetti che produr doveva il freddo della stagione autunnale, si arresta tutto in un colpo la traspirazione della pianta, e si porta così un qualche disturbo alle funzioni di essa. Nelle terre- forti questo abuso è meno generale , e forse anche meno dannoso. In quei poderi ove non è invalso il costume di far pascolare i ruminanti nelle vigne, le foglie cadendo appassite al suolo s' infracidano, e me- scolandosi all' argilla servono d' ingrasso, e concorro- no a formare il terriccio ( humus ) tanto proficuo alla vegetazione (i). Oltre del suolo conviene aver riguardo ancora alla esposizione ed al clima. La plaga meridionale di Ca- tania è certamente la più favorevole alla vegetazione delle piante perchè continuamente inondala da torren- ti di luce vividissima che l'aria ne intiepidiscono, e ne scaldano moderatamente la superficie. Tutlavolta le colline delle terre-forti tanto per la natura del suolo quanto per la poca elevazione sul livello del mare godono di una media temperatura piuttosto calda che fredda, mentre le pendici del Bosco elevandosi gra- datamente dal livello del mare ad altezze più o me- no grandi sono generalmente in un clima freddo la più parte delf anno, motivo per cui la vegetazione è (i) Finché non vi saranno in Sicilia praterie artificiali per lo nulri- rnento del bestiame, finché non sarà introdotto ne' campi arativi un buon sistema di avvicendamento, e non sarà provveduto abbondantemente alla sussistenza degli animali domestici cotanto utili all' uomo , noi vedremo ogni anno atterrarsi le barriere che chiudono le vigne , ed il territorio sacro a Bacco vandalicamente invaso da bestie che non ne ritraggono che Uuo scarso alimento. io3 colà sempre in ritardo rispetto a quella delle pianure e dei poggctti. Il sole scaldando co' suoi raggi la terra ha già fatto sbocciare ne' nostri poderi delle terre- forti le gemme delle piante e degli alberi da fruito, mentre ancora la natura vegetabile pare assopita nelle elevate campagne etnee. Ora quanto più presta è la germinazione di una pianta all'appressar di primavera, tanto più robusta ed attiva ne è la forza vegetativa, e quindi tanto migliore esser deve il prodotto di quella. Il fenomeno della vegetazione sopra l'Etna essendo in esatta corrispondenza colla temperatura dell' aria esteriore fa conoscere che ninna emanazione di calore sensibile sorge dalle profonde viscere del monte an- corché fosse un vulcano in permanente attività. Que- sta osservazione sembra autorizzarci a conchiudere che i fuochi vulcanici non sono ne molto intensi ne molto estesi, e ch'essi non sono manifestazioni del calore centrale il quale forse non esiste che nella testa de' Fisici che han voluto ammetterlo gratuitamente , o per induzione di fatti non abbastanza certi e nume- rosi per appoggiarvi una teoria. Il globo terrestre ha certamente una temperatura a se che sarà variabile da uno strato all'altro secondo una legge che noi igno- riamo, temperatura che è l'effetto della struttura, dirò quasi dell'organizzazione del globo stesso, che fluisce dal moto intestino delle parti costituenti la sua enor- me massa , dall' azione de' fluidi incoercibili che la penetrano e l'attraversano, dalle composizioni e scom- posizioni che in essa avvengono del continuo , attesa la moltiplicità e varietà degli elementi de' quali com- ponesi e risulta, infine dal peso specifico maggiore e dalla pressione crescente di uno strato sopra l'altro; ma quale connessione vi può esser mai tra tempera- io4 tura sifialla competeute per sì svariate cagioni agli strali profondi del globo, e le accensioni sotterranee, le quali non avvengono che in vicinanza della super- fìcie, ed in quei luoghi ove stanno sepolti i mate- riali proprii a costituire le lave tessiniche, le trachiti le basaniti, ec. ec? (2). Il terreno delle terre-forti conduce assai male il calor naturale che vi eccita l'azione calorifica de' rag- gi solari; esso quindi difFicilmente riscaldasi , ma ri- scaldalo difficilmente e lentamente raffreddasi: non cosi quello del bosco. Composto questo terieno di le- frina in decomposizione e di arcua vulcanica , nelle quali abbondano la silice ed il ferro, esso prontamente riscaldasi in faccia al sole, ed il calore si trasfonde a più piedi di profondità, ma colla slessa prontezza (1) Il sig. Pouillet discutendo le cause generali clie possono produrre lo aumcuto di tcrapcralura degli strati del globo al disotto dello strato invariabile, dopo avere rigettato quella la quale stabilisce che un tale ac- crescimento risulta dalle azioni molto più euergichc che il sole ha sul globo della terra ultravolta esercitato, jiroscguc cosi: » Ogni cosa si riduce n dunque alle due opinioni, del calore chimico e del calor primitivo, tra 5) le quali io non trovo finora alcuna ragione decisiva. Ciò non pertanto n se non vi è alcuna solida obiezione contro il calore chimico , vi sono 9> almeno alcune ragioni di più in favore del calor primitivo. Perchè la » terra, qualunque sia la sua origine, ha dovuto avere primitivamente 33 una temperatura detcrminata ne' suoi differenti strati; // suo nncciuolo n centrale douei'a essere caldo o freddo: or non e' è alcuna ragion di su|i- 3> porre che sia stato freddo da principio per essere poscia riscaldato dalle » azioni chimiche, e non supporre piuttosto che sia stato primitivamente n caldo e che la materia si è in progresso di tempo aggregata all' interno 31 e raffreddata all' esterno, conformemente alle leggi immutabili che le » sono state assegnate (^Elcineiis de Phys. experim. de Méteor. tom. 2. 3> pag. 656.) jj 11 fuoco centrale non è dunque che un' ipotesi la quale si attiene ad un filo assai debole qual è quello che il nocciuolo centrale e meglio immaginarlo primitivamente caldo che freddo !! Vedete il Po- liorama pittoresco di Napoli tora. 3. pag. ^o6~/^o'J, il Dictionnaire des Sciences natui-ellcs tom 53 pag. 34 — 35, e gli Eliments de Geologie par M. d' Omalius d'.Halloy pag. 425-2G ed il Traile de Gèognosic del sig. D'Aubuisson tom. i. pag. 44i e scg. io5 raffreddasi di notle tempo e perde per irradiazione quel calore che concepito avea durante il giorno. Pe- rò è conveniente che la coltivazione della vigna dif- ferisca anche per questo riguardo nelle due contrade che stiamo esaminando. Conseguenza del clima e della esposizione de' ter- reni sono le meteore che vi si osservano: i venti , le piogge, le nevi, la grandine, le nebbie, i geli, i temporali, gli uragani, le alluvioni; ecco i fenomeni più importanti dell'atmosfera, che decidono più o me- no della fertilità di un paese , e dai quali dipende r esito più o meno felice delle penose cure di una buona e diligente agricoltura. Le nostre terre-forti rare volte sono assalite dai geli, più spesso dalla gra- gnuola, ed esposte sono al soffio cocente de' venti occidentali, il di cui calore talvolta uguaglia quello dell' alito micidiale dell'affrica no Khamsjn. In com- penso la vegetazione delle terre-forti patisce poco per l'intemperie delle stagioni, per la soverchia umidità, per le nebbie autunnali, per freddo intenso e rigoroso per eccessivo raffieddaraento notturno. Il caldo e il freddo non si succedon mai con rapida alternativa, e da ciò deriva che l' econonomia de' vegetabili non soffre ivi quelle terribili scosse che ne alterano le più interessanti funzioni, e ne cagionan sovente la malat- tia e la morte. Non così succede nelle regioni etnee. Ivi i teneri germogli delle viti sono spesse fiate bru- ciati dal soffio gelato di aquilone , la granigione dei grappoli in fiore è pervertita da intempestive ruinose piogge; ora la grandine percuote e flagella le uve appena spuntate, ora ne disperde a terra gli acini vicini alla loro maturità; una piova incessante in ta- luni anni stempera i succhi, in taluni altri le nebbie io6 di aulunno inumidendo l'atmosfera , i grappoli cuo- pronsi di muffa ed infracidano. Anche il vento caldo di ponente sofFiando in luglio ed agosto estende la sua maligna influenza ai vigneti del bosco, o che ne sec- chi il fruito, 0 che sviluppi in esso quella malattia, che chiamasi arramatara dai nostri villici (i). Sono (juesle le vicissitudini atmosferiche cotanto pregiudi- zievoli alla campestre economia, che la raccolta delle uve rendono spesso poco abbondante o di pessima qualità, vicissitudini da cui vanno quasi sempre esenti i vigneti delle terre-forti. Ma oltre l'influenza delle meteore variabile secondo i luoghi io credo che a produrre la cennata diversità nella qualità e condizione de' vini molto contribui- scano le pratiche agronomiche concernenti un tale ramo d'industria. La scelta de' legnaggi , il modo della loro cultura, ed il grado di maturità in cui si coglie l'uva al tempo della vendemmia sono tutte cose a favore delle terre-forti e in discapito de' vigneti del Bosco. Su quelle si cercano e si moltiplicano le migliori razze, quelle cioè che danno uve dolci, gu- stose, asciutte, come la moscadella, la guarnaccia, il calabrese, 1' anzolia , la minnella , ec. ; in questo si coltivano e si propagano a preferenza quelle specie di viti che danno il piiì abbondante prodotto, come il carricante, il mascalese, il vespajo, il barbarosso ce. Il catarratto ed il nerella sono comuni ad entrambi. Nelle terre-forti le uve bianche sono preferite alle (() Dicesì arramata quell'uva che colpita dal vento caldo in luglio o in Agosto fu arrestata nel suo sviluppo e non può più giungere a matu- razione. Si mostra sulla vite col grappolo pendente e smilzo , il gambo assottigliato, i grani piccoli avvizziti, molli, di un color verde-pallido, e pieni di un succo agro, sevolto, degenerato. Quest' uva mescolata alla buona anche in piccola dose comunica al vino un cattivissimo sapore. 107 nere, nel bosco e specialmente ne' vigneti diMascali le nere sono in maggior quantità delle bianche ; ed egli e noto come il color delle uve concorra a sta- bilire una differenza nella qualità de' vini; il nero ne aumenta l'acidità, il color bianco ne accresce la pa- stosità e la delicatezza. Nelle prime le viti sono pian- tale in ordine simmetrico e non così vicine tra loro: il terreno è netto e senz'alberi, il suolo declive e di un dolce pendìo; nell'ultimo le vili spesso si toccano e s' intralciano, nascono in mezzo ad esse e vi pro- sperano le erbe cattive; il pomo, il pero, il ciliegio il castagno, il pesco, il prugno , il noce, il sorbo , l'ulivo vi fan compagnia, e colla loro ombra adu- giano il circostante terreno. Esse ora sono piantate al fondo di una valle, ora sul dosso di un monte, ora su la cima di un estinto vulcano. L' uso di cavare le fosse (sic. conche) attorno il pedale della vite all'e- poca della sua potatura mi sembra pregiudizievole nel bosco, pratica buona e lodevole nelle terre-forti. Conciosiacchè ivi la pianta, scalzandosi, sente viem- maggiormente l'impressione delle meteore e dell'aria fredda, l' epoca della germinazione e della infiore- scenza ritardasi, e però quella ancora della granigio- ne e della maturità dell' uva. Sarebbe quindi a no- stro avviso miglior pratica quella che insegnasse a rincalzare la terra attorno al ceppo, acciocché fosse custodito da' geli, e l'acqua piovana scorresse al pie- de tra un filare e l'altro (i). Ma ne' terreni calcareo- (i) Secondo alcuni e utile nel bosco che T infiorescenza fosse ritardata onde riuscir meglio la granigione: ciò vale per quei vigneti che guardano levante e mezzogiorno, e che non sono soggetti in inverno a forti gelate. Noi ne convenghiamo, sebbene a nostro cradere nei terreni del Bosco sia più giovevole la pratica di non scalzare mai il piede della vite, qualun- que sia la elevazione de' luoghi. Frattanto sicome la pratica da noi in* io8 argillosi, o argillo-sabbionosi la fossa serve a far me- glio traspirare la vite, a teuer netto il suo tronco , a ritener l'acqua verso il pedale, e a raccogliere quel fior di terra, quella specie di belletta, che è un vero ingrasso. Il sole per altro iiou tarda a scaldare ben presto le radici della pianta, a mettervi in movimen- to i succili nutritizi, ad affrettarvi la evoluzione delle foglie de' fiori e de' rami. Molti proprietari dei bosco trascurano ne' mesi di agosto e settembre di sfrondare e di alzar la vigna, operazione colà necessaria per far ventilare il fruito, per far cadere su i grappoli i vivificanti raggi del sole, che ne colorano e uè ma- turaa le bacche. Da qui poi al tempo della vendem- mia r ineguale maturezza delle uve , la quantità di agresto che lasciasi appeso, o di uva infracidata, che bisogna scartare e gettar via. La vendemmia delle terre-forti anticipa di 20 in 24 giorni sopra quella del Bosco. Alla metà di settem- bre, la nostra atmosfera non si è tuttora ^raffreddata, le notti sono brevi e senza rugiada, il suolo conser- va il calore che durante il giorno avea concepito. La perdita che lirraggiameuto notturno vi cagiona, è com- pensata immediatamente dalla presenza di un sole lu- 6 e in noi , la terra ov« siam uati , vogliamo istituire «a Giornale di scienze legali. Esso darà qui un moto ad una sapienza uon pubblica per le stampe finora, e giovandosi delle discipline, che le sono affini, ap- presterà alla siciliana legislazione quegli elementi, onde progredire e levarsi a quel punto di bontà desiato dai dotti. ~ I nostri pensieri, nei darvi un segno dei modi onde scrivere nel cennato giornale, son molti e sempre in argomenti di giure, e voi lo saprete alla pubblicazione del primo foglio. Vi si annunzia però, che dopo varie utili produzioni si appresteranno al termine di ogni foglio un sunto periodico dei reali decreti rescritti leggi ec, che riguardano la legislazione con talune chiose all'uopo; e tutte quelle massime di dritto consacrantisi dalle Gran Corti e Corti di Cas-> sazione nostre e straniere, sempre discusse e comen- tate: e ciò pel giovamento universale della nazione. Libera f^ersione DeW ultimo canto di Lord Byron* I. È ver posarsi ornai dovrebbe il core S'è mal gradito ne più gli altri infiamma: Pur Doa amato serberò d'amore Viva la fiamma ! 3. De' miei verd'anni ecco fornito il corso; Non ha più fiori amor non ha più frutto; Deh che mi resta? col fatai rimorso Lacrime e lutto! 3. Come vulcano solitario splende Neil' alma il foco e mi consuma e spira; NoD altra fiamma che l'estrema incende Funerea pira ? 4. Ogui esaltato ogni crudel tormeDto, Ogni speranza, ogni gelosa pena, D'amor la forza più con reca, il seoto, Gh' aspra catena. 5. Oh meo leggiadra è qui la meute e l' alma ! De' molli affetti vincerò la possa, Avrò, lo spero, degli Eroi la palma, O nobìl fossa. 6. Oh Grecia! oh gloria! d' ogni tema ignudo Dell'armi ascolto delle trombe il suono, Gome Spartano sul difeso scudo, Libero sono. 7- Desta, o mio spirto!, che la Grecia è desta! Desta il tuo foco la virtù che langue ! Forte mi scuoti: a versar corro in questa Impresa il sangue ! Vinci ogni affetto risorgente, indegno O fredda etate! — se per te si sprezza. II riso, il pianto, il simulato sdegno Della bellezza. 9- Oh perche vivi se caduto piangi Il fior degli anni? qui novelli onori Frutta la morte— ^ fra le achee falangi Combatti e muorii IS7 ia8 to Facil si trova e sia per te ilei forte Beilo il sepolcro — intorno guata e scegli; Ne del riposo d' onorata morte Fia clii ti svegli * Giuseppina turrisi colonna. I r I I iiiiwia Iscrizione del Conte Carlo Pepali a Ferdinando Malvica. DAL PELSINEO ROMITORIO DI DEL BROMPTON PRESSO LONDRA NEL DÌ 23 AGOSTO l84o MOLTI PENSIERI AUGURI E SALUTAZIONI PER LA VOCE DELLO ESIMIO ARCHITETTO MIGLIORANZA IL CUORE E LA MENTE INTERA DI CARLO PEPOLI AL SUO ANTICO AMICO FERDINANDO MALVICA AFFETTUOSAMENTE MANDAVA * Lord Byron, quelV anima di fuoco, quel!' ingegno sublime, dopo ayerc traseorso in Italia i più bei giorni della sua vita, e d'avervi pensato i {)iù celesti canti, andò ad offrire a' Greci i suoi tesori, a combattere per a causa più santa. Ma quei magnanimi voti non dovevano esser compiti, e mentre ei bramava morire sul campo in un giorno di vittoria, fu assa- lito da una febbre che lo condusse in pochi giorni al sepolcro. Ne' primi periodi del suo male, il di appunto che compiva 36 anni, egli ssrisse que- ste bellissime stame quasi come 1' ultimo addio alle speranze, alla gloria, e alla vita. Sventurato giovine! Egli mori pochi mesi dopo in Missolungi, compianto e lodato da tutta la Grecia che Io chiamava suo Eroe e suo benefattore. EFFEMERIDI PER LA SICILIA TOMO XXXL—ANNO IX. Da Settembre a Dicembre 1840. PALERMO DALLA TIPOGRAFIA DI FILIPPO 50LLI \U0 se lEIFIFIIMIElttIDII scientìfiche e letterìrie per la sicilia N.° 84 DA Settembre a Dicembre i840. AVVISO DEL DIRETTORE Tutte le cose umane quaggiù come hanno un principio, così hanno un fine. Il presente Gior- nale che ad onore della patria, sono ornai no- ve anni, fondai insieme a valorosi ingegni, ami- ci miei onorandissimi, e da me solo poscia di- retto, e fino al presente dì sostenuto, per quanto le mie tenui forze Io han concesso, col plauso dei pili, e di que' magnanimi precisamente che amano la Sicilia e le lettere, chiude con questo medesimo anno 1840 la sua onorata esistenza. Perciocché avendomi la Maestà del Re Signor Nostro chiamato a reggere da Sotto Intendente il bel Distretto di Vasto nei Domini continentali, io partirò pel mio novello destino sul cominciare dell' anno che si avvicina: quindi lascio la pa- tria col sospiro chiuso nel petto ; mi rinfranca l'interno sentimento che 1' udrò felice, e sempre 4, . . . più in quella linea di civile progresso che i tempi vogliono, e Iddio vuole. Dolci saran sempre le rimembranze di ciò che fu: qui forte è il pen- siero che ogni luogo racchiude; qui la storia ele- va il cuore e l' intelletto; qui caro è l'aere che soffia; qui è santa ogni sponda che il Solunto ed il Pellegrino rinserra. Addio santissima terra! tu hai d'uopo di pace, e Dio darattela: hai d' uopo di raccoghcre nel campo delle lettere nuovi allori che ti rinverdiscano il negletto cri- ne. Tu perdesti Scinà, e quella schiera di va- lentissimi, che ti facean riverire dallo straniero, che mentre t'insultava, costretto a nominar lui e gli altri, come stelle di prima grandezza, ti riparava tacitamente l' iniquissimo torto. Oggi vedovo è il tuo nome, che nessuno vi ha che possa mostrarlo altrui con sicurezza e fierezza d' animo : perirono i migliori ; e il desiderio resta. Speriamo che la gjenerazione presente ti vada riconfortando. Voglia il cielo che la spe- ranza non falli ! Per far questo però due ele- menti ci abbisognano, verità e coscienza: senza i quali sarà nulla ogni bramata fortuna. Essi soli ci potran far chiaro l'errore che domina, e ci degrada agli occhi nostri, ci annienta agli occhi iiltrui,di creder molto il poco, grande il picciolo, (li credere che possa la misera ombra supplire al corpo. Vi ha in Sicilia forti intelletti, ed effi- caci volontà: se costoro daran l'esempio della giù- stizia e della ragione, che sovente smarriscesi, facendo conoscere il fallace e pazzo cammino della legiera moltitudine, che mai non s' innal- zerà un palmo dal fango che l'imbratta, Sicilia vedrà ritornare i tempi di Gregorio e di Meli, vedrà cioè novellamente in vigore la forza di un sodo filosofare, il gusto e la natura della vera poesia. Le Effemeridi aprirono un campo di emula- zione fra noi: si adoperarono con ogni possa per- chè gli studi rifiorissero, e gl'ingegni si ono- rassero: adempirono al ministero di buon Gior- nale, eh' è quello di battere le frascherie ; se- guire i movimenti della cultura intellettuale, e promuoverla; difendere la patria, raccomandarla allo straniero, perchè meglio conoscendola meglio r apprezzasse (*). Ferdinando Malvica. Palermo dicembre 1840. (*) Mancherei ad un atto di giustizia, se qui non facessi un encomio all'ottimo tipografo D. Filippo SoUi, per la sua intelligenza, ed onestà , probità, che ha sempre manifestato nella pubblicazione dei periodici fascicoli. Conoscendo egli che il Giornale non dava al Direttore vantaggi, ma pesi e forti, e che non fu ideato se non pel bene della Sicilia, e per quest'unico fine, con tanta severa costanza, proseguito, mostrò sempre disinteresse e cordialità. Il che torna carissi- mo al mio cuore far conoscere al pubblico, onde ven- gano più stimate le virtù sociali di quel galantuomo. G Nota suW umore che geme dai tronchi c/e/Z'Eucaly- ptus coljnifolia — presentata alla JI^ Riunione degli scienziati italiani a l'orino nel 1840; sotto Sezione di chimica nella tornata nona ( 26 set- tembre). Sogliono reputarsi siccome resinose 0 goramo-resi- nose quelle sostanze che gemono dalle diverse specie di Encaljpti; le quali però si dicono molto astrin- genti. Tali sono esse indicate da non pochi (a), e se- gnalamenle ove si parli dell'jB. resinifera (b). Alcuni pt rò air umore the geme da questa pianta (r) asse- gnano un posto ben differente, collocandolo tra le so- stanze astringenti analoghe al kiuo (d) ; che anzi il Thomson dice che la piij bella specie di kino provie- ne dagli Eucalipti, e segnatamente dall'i?, resinifera; ciò che viene però contradetto dal Virey (e): dalGui- bourl (f)però si tiene che forse a qucst' ultima, anzi che a qualuncjue altra pianta, si debba attribuire il kino. Poche perciò, come si vede , ed incerte souo (a) N. Dict. d' Hist. nat. art. Eucalrptus, t. 8, p. 1485 Id. a. cdit. t. IO, p. 525; Ann. di Mus. t. 5. p. 8. (b) Dict. Se. Na.. art. Eucaljpius, t. 1 5, p. So'j, Green, Univ. Herb. art. Eucalyjitus, t. i, p. 527Ì Soverby, Exot. Bot. t. a. p. 49) tab. 84» Vircy, Hist. nat. des Medie, p. 266. (e) Eucalypius resinifera, Smith in White S Voy. Sai, p. aS. Lin. Transl. III. a84; Soverby, Exot. bot. t. 2. p. 49. tab. 84; Whilld. Sp. pi. t. 2. p. 977; Anders. Repos. voi. 6, t. 4oo; Hayn. arzn: gcw 10, t. 5; DC. Prod. Syst. nat. reg. vig. P. 3. p. 216} AJelwsideros gum- mi/ero. Gaert. fruct. voi. i. 170 lab. 34- f. i. (d) Thomson Syst. de Ch. t. 4- P- '°5 Kopelcr et Cavcnton, Man. des Drog. p. SSg; Brugn. Mal. Mcd. p. iigj Peiouzc, Bot. dcs Drog. p. 238, (e) Bull, de Pharm. t. 4- P» 197- ( f) Hist. abrcg. dcs Drog. simp. t, 2. p. 197. .7 per anco le notizie relative ai prodotti di queste piante da non molti anni fatte note a noi , e nel maggior numero originarie della nuova Olanda. Per lo che riusciranno, io spero, di qualche importanza le cose che sono per dire intorno al prodotto di una delle specie di questo genere, come quelle che possono, a mio credere, aprirci la via a meglio giudicare delle sostanze che da esse provengono. Quella che io qui prendo ad esaminare si ottiene dall' Eucaljptus cotynifolia (Icosaudria monogynia, Lin. Mirtoidi luls. ) (g). Ne sono io debitore alla gentilezza del eh. e benemerito sig. marchese Ridolfi; il quale essendogli per avventura occorso di raccoglierla sulla pianta medesima da essolui coltivata nel suo giardino di Bibiani, volle farmene dono. Debbo del pari a lui le seguenti notizie. Questa pianta im- portantissima per la bellezza del suo legno (h) per la rapidità del suo crescere e pel suo j)ortamento , da figurare ne' parchi, geme,ed alquanto abbondantemente la sostanza di cui qui si tratta dalle accidentali ferite della sua corteccia , segnatamente allorché essa è in succo. Cresce quell'albero in piena terra, e fruttifica in Toscana senza riparo alcuno , reggendo anche ad un freddo di— 5° R. Questa sostanza e di un color bruno carico, pres- soché nero, a superficie lucente, opaca, simile alquanto ucir aspetto, colore, frattura al kitio o chino. In al- cuni punti in cui essa si mostra traslucida, la si vede sperata alla luce, in ciò pure conforme al kino (i); (g) Forse corrisponde questa alla specie in alcuni orti botanici cono- stiula sulto il nome ili E. tremulaejvlie. (h) L' Elie, robusta somministra un legno che per la durezza e pel colore può in qualche modo tener luogo del Mahogauy delle Indie. ( i ) Io ho osservato questo carattere su diversi saggi della mia collc- ziouej come sì dirà in seguito. 8 e siccome appunto si dice eli quella che ha origine dall' Euc. resinifera (k), di un bel rosso di rubino. Il suo sapore è fortemente astringente , non amaro: non ha odore veruno. Posta su di una lamina di ferro rovente, si rigonfia senza fondersi e senza tra- mandare alcun odore resinoso, reudendosi friabile sotto le dita. Alla fiamma di una candela tranquillamente si carbonizza con piccolo aumento di volume ; estin- guendosi ben presto tolta che sia da essa, e lascian- do un carbone. consistente. I caratteri precedenti dando buon argomento per dubitare della natura resinosa di una tale sostanza , al contrario di ciò che, come si è detto, da non po- chi si tiene de' prodotti degli Eucaljpti , meritava che di essa s'istituisse un esame diretto. Tentata pri- ma l'azione dell'acqua, si mostrò essa solubilissima in questo liquido; il quale prese perciò un colore rosso di giacinto. La soluzione era perfettamente trasparente. Esplorata questa per la tintura di laccamuffa, veniva essa leggermente arrossala; o se ne ristabiliva il co- lore ove prima fosse stata inverdita da un'alcali. L'e- sistenza del concino od acido tannico era ciò di che avevasi perciò ragione di sospettare; e ciò è quanto fu pienamente convalidato dall'esame della soluzione .predetta pei seguenti criteri. Soluzione acquosa di gelatina animale; precipitato istantaneo abbondante. Albumina animale; idem. Solfato di rame (solfato cuprico, Berz.); precipitalo istantaneo, abbondante, di color bigio che ben presto diede in fondo e prese quindi una tinta bruna. (k) Alihnt, Thciap. t. i. p. i83. 9 Sotto-acetato di piombo (acelato tri-pìombico,Be)z.) abbondante precipitato biancastro. Nitrato d'argento (nitrato argentico Berz.) soluzione molto allungata; leggiere precipitato, che lentamen- te si formò e diede in fondo, avenle un colore giallo terreo. Solfato di ferro (solfato ferrico, Berz.); il mescu- glio venne al momento colorato in blò-nero, con pre- cipitato abbondante. Non restava quindi piìi a dubitare della presenza del concino; e forse era a credersi perciò che essa formasse il principale componente della sostanza sot- toposta ad esame. Separati quindi pel filtro i precipitati prodotti dal solfalo ferrico e dalla gelatina, furono ambi i licori esplorati per l'alcoole. Questo produsse in essi un su- bito intorbidamento, e diede poscia in fondo un te- nue precipitato legiere, di un bianco sporco, fioccolo alquanto mucilagginoso. Raccolto esso sul filtro e dis- seccato, manifestò lapparenza della gonima, o più pre- cisamente della raucilaggine diseccata. Comechè le precedenti cose sieno quanto basta, af- fine di dimostrare nella sostanza di cui qui si tratta la presenza del concino e della gomma; ad escludere ogni sospetto della esistenza di qualunque principio resinoso, volevasi tentare pertanto iu su di essa l'a- zione dell'alcoole. Non mostrò questo in principio che un'azione debolissima, prendendo esso lentamente una tinta gialla di mele; che divenne poscia alquanto più intensa, restando un tenue residuo indi sciolto. Filtralo il liquore soprannotaute, per 1' afiusione dell' acqua, niun offuscamento o precipitazione si ottenne. Esso però iutorbidavasi e dava uà precipitato col solfato IO ferrico e colla gelatina. L'azione dell'alcoole adunque, come si vede, perfetta tneu le convalidò quanto si ave- va ragione di desumere dai precedenti tentativi. Può cnncliiudersi quindi essere la sostanza che pro- viene daW Eucaìjptus cotjnifolia principalmente com- posta di concino od acido tannico, e precisamente di quello che precipita il solfato ferrico in blò o in nero accompagnato da una piccola porzione di gomma so- lubile. Alcune considerazioni pertanto hanno qui luogo ri- spetto alle sostanze che diconsi provenire dalle altre .specie di Eucalipti, e segnatamente daW E. resini- fera. Dicesi questa gemere un liijuore rosso, che poi si rapprende in una sostanza mollo simile al kino; i caratteri esterni del quale combinano alquanto con quelli eziandio della sostanza che io ho preso ad esa- me. Della prima però di esse si dice, sulla fede del White, ch'essa si scioglie in gran parte nello spirito di vino, mentre l'acqua non ne discioglie che un se- sto (1); il che verisimilmente ha portato a collocarla fra le sostanze resinose, giudicandola una gomrno-re- sina. Ben altrimenti però ne sentiva il Decandolle (m); da cui, favellando egli del principio astringente co- mune alle Mirtoidi, si dice che esso si trova nella resina che alla Nuova Olanda si ottiene dall' E. re- sinifera.^ Lo che, come si vede , in parte concorda coH'opinione di quelli che o posero i prodotti di (pic- slo genere di piante accanto al kino, o sì veramente opinarono che questo provenisse da esse , anzi che dalla Coccoletta uri/era o dalla Naiiclea Gambir, come da taluni si avvisa. Ora egli si vede che quanto (1) Dict. Se. Mat. t. i5 p. Sog; Green. Univ. Hcrb. t. i. p. yx-]. (tu) fcff. pur Ics prop. nicd. dcs ]«lantcs, p. i5g. II si asserisce dal Decandolle si conforma a quanto si è da me osservato intorno alla sostanza clie proviene òaW E. cotjnìjolia rispetto all'esistenza in essa del concino. Sarebbe certo male avvisato se io qui vo- lessi per le cose precedentemente discorse farmi giu- dice fra il Wliite, che qualificava quel prodotto sicto- rae resinoso, ed il Decandolle che il poneva fra' corpi ricchi di concino. Egli ha luogo bensì il dire che quanto da me si è veduto presta in qualche modo un mag- gior peso alle considerazioni di quest'ultimo, se pure le cose da lui asserite aspettino di essere validaie . Imperocché si vede che, a norma de' principii di lui una pianta del genere degli Eucalfpti somministra veramente un umore presso che interamente compo- sto di concino o principio astringente (acido tannico). Essendosi detto di sopra la sostanza che proviene da\[' Eucalfptus cotjnifolia essere alquanto simile al kino, gioverà il notare i caratteri perchè queste due sostanze o somigliano o si distinguono fra loro, aven- do io preso in ciò per norma il più bel saggio di chino che io mi abbia nella mia collezione. Ne di ciò appagandomi volli prima verificare in questo le qualità indicate dal Vogel in un suo esame compa- rativo per lo appunto fi-a il kino e T estratto di Ra- lanhia (n), e segnatamente il modo di comportarsi esso al fuoco, non che quanto ha riguardo ai preci- pitati che esso dà coH'acitato di piombo, e col sol- iato ferrico; siccome quelle che mi sono parule le più decise e caratteristiche. Somigliano in vero in qualche modo queste sostanze nel colore ; il quale però si vede assai prossimo al (u) Jour, de Phaim. 1819, p. 200. 1» nero in quella che è prodotta dall'E. cotynifolia. Co- me si è detto, ambedue, sperate alla luce, mostrano dei punti (segnatamente se si osservino colla lente) tra- sparenti, di color di rubino. Ambedue hanno la frat- tura vetrosa e lucente. Fanno l' una e 1' altra sentire un deciso sopore astringente, furse più slitieo nel kino, mentre l'altra all' opposto più prontamente si ammol- lisce se sia tenuta in bocca. Si distingue questa sostanza dal kino, e per essere più difficilmente polverizzabile, aggrumandosi sotto il pestello, e perchè essa si riduce in polvere, anzi che rossa, del colore del cioccolato. Si distinguono esse parimenti pel modo di ardere poste che sieno nella fiamma di una lucerna ; impe- rocché mentre, come asserisce il Vogel, e come è fa- cile a chiarirsi, il kino continua ad ardere fuori della fiamma lasciando una cenere bianca, la sostanza del- l' Eucaljptus presto si spegne e lascia un carbone frangibile e che tinge fortemente e tenacemente le dita. La sostanza di cui qui si tratta si mostra molto più solubile neir acqua; imperocché mentre essa è in gran parte disciolta, una pari porzione di chino si ve- de appena aver dato colore al liquido. La sua solu- zione è di colore di granato carico ; quella di kino mostra una bella tinta di granato. Essa è interamente solubile nell'acqua, al contrario di quanto si osserva nel kino; una parte di cui rimane indisciolta. Al contrario di quanto avviene coli' acqua, l'alcoole scioglie prontamente la parte solubile del kino, e al contrario non agisce che lentamente e debolmente sul- l'altra sostanza. La tintura alcoolica di kino è di color rosso carico; quella della sostanza in discorso di color giallo di mele. i3 Tanto la soluzione acquosa quanto la tintura della sostanza proveniente dall' E, cotjnifolia precipitano in blò, anzi che in verde, la soluzione di solfalo fer- rico (o). Voglia la sorte che io possa, chiarissimi signori, che pur vorrei poter chiamare miei onorevoli colle- ghi, presentarvi osservazioni sulle sostanze che pro- vengono da altre specie di questo genere di piante; di che ho pur fidanza mercè le cure d'illustri botanici italiani, che si mostrarono intesi a secondare queste mie ricerche; e voglia la sorte che io possa a viva voce comunicarle a voi nella prossima Adunanza, ed essere io pure del bel numer uno. Domenico Paoli. Lettera al eh. sig. Prof. Ippolito Rosellini sopra V interpretazione di un Idoletto egizio. Quand' io raccolto in me stesso nello stanzino da studio mi fo a ripensare i progredimenti del secolo, che si è tìn'anco addentrato negli oscuri penetrali del- l'antichità indagandone le ignote simboliche scritture, mi arde una brama di veder questa mia patria uoa restare inoperosa in tanto moto, e che i suoi figli svol- ' (o) Dissi di avere preferito per tale confronto uno de' più bei saggi di chino della mia collezione, e di avere in questo verificato i caratteri indicati dal Vogel. Si sa però che si trovano in commercio varie sorti di kino, come fu avvertito dal Duncan e del Pelouze (1. e. ); ed io stesso ne possiedo diversi saggi; alcuni de' quali io mi procurai forse venti anni sono a Marsiglia, altri rinvenuti in un'antica farmacia; ai quali meglio rispondono i caratteri indicati dal Vauquelin e dal Guibuort, anzi che alcuni di quelli di sopra discorsi. Mi è parso perciò dovere avvertire che il kino di cui si parla da me è quello che al presente si trova più co« jnunenieutc nelle officine. '4 . . . gano i rami tulli del sapere e delle utili conoscenze. A ciò mirando mi son fallo io forse il primo in Sicilia allo studio dell'archeologica e geroglifica scienza egi- ziana. Or io stimando Lei non solo come maestro dì que- ste difficili discipline, e sommo inlerpetre degli anti- chi avanzi dell' Egillo e della Nubia, ma sibben'an- co pel vanto riportatone onde e l'Italia e i paesi di olir' alpe fcr plauso, crederebbesi da chi non ha senno volere io ribadire le opinioni di vossignoria intorno la s[)iegazione di un idolelto egizio (i), se non si pensasse che quanto le sommetto non è altro che il risultamento dei miei studi sulle considerazioni islesse delle di lei opere; le quali mie idee se avranno il suo suflragio, poco m' importerà dell' altrui; se mi man- ca quello, crederò di non averne ne pure uno, e cre- dami intanto per uno dei primi suoi ammiratori, e non per far eco alla voce universale, ma per intimo senso del valor suo. Prima però che venga a decifrar partilaniente l'iscri- zione, due parole è mestieri aggiutigere intorno agli strumenti che si vedono nello mani della statuetta. Tiene nella destra mano una specie di triangolo simile ad una squadra , e meglio ad un compasso, che è un simbolo proprio delle Divinità, specialmente di Osiride, il di cui allegorico senso viene bel bello addimostratoci da Plutarco (2) in quelle parole: » la (i) Vedi nel Giornale di scienze lettere ed arti per la Sicilia n- 66. Maggio, ur articolo su questo idoletto, la di cui interpretazione fu man- data dal Rosellini all' autore per mezzo di Demetrio Jefimost. Io eredo che il disegno dei caralleri fu malamente eseguito, percLc alla spiegazio- ne di qui'll' articolo era da aggiungervi lual cosa , oad' io la riproduco colle mie vedute, e correltc, (2) De Isid. et Osirid. i5 » migliore o più divina natura è di Ire parli composta M della mente, della materia, e della mescolanza di » queste due che mondo appellano i Greci. Platone » fu solito chiamare la parte intellettuale idea mo- » dello padre; la materia, madre nutrice sede, una » delle generazioni; ed il composto di entrambi prole, » generazione. Ora e probabile che gli egizi parago- » nassero la materia dell' universo al triangolo , del M quale anche Platone nel libro della Republica pare » essersi servito per comporre la figura nuziale »> Oro soglion chiamarlo Kaìmìn, esposto alla vista, M essendo sensibile e visibile il mondo. La Iside chia- » mano alle volte Muth, o pure Athiri e Methier, » siguificando col primo vocabolo madre (i),colsecon- » do casa mondana d'oro, come la chiamò Platone » sede della generazione, o ricettacolo. Il terzo no- M me è composto di una parola significante molti- n tudine, e di un' altra che spiegasi causa. La mol- » titudine è la materia del mondo, che sta insieme » col buono ed ordinato. » Fin qui Plutarco, e da queste idee ben compren- desi che volendo nella natura divina rappresentare il figlio Oro, Iside ed Osiride lo rappresentavano per un triangolo di cui il primo ne era il mondo Kaì- mìnj esposto alla vista; il secondo la materia; il ter- zo il composto, per la quale ragione il triangolo su- delto trovasi nelle mummie rappresentanti Osiride od Iside: lungi perciò ora dalle fantasticherie del Kir- cher (2), il quale pensa essere questo triangolo un (1) Nella parola JMutJt madre, sì ravvisa l'analogia del greco jt/riTCpS del latino mcUer, e in ispezialtà del Tedesco Muther madre. (3) Oedip. Acgypt. t. 3, i6 monogramma delle iniziali di due parole greche, che significano il buon genio di Plutarco, Kyiif^^òs A«^- jt/asy (i). Nella destra istessa vi ha un cordone che lo Schaw malamente prese per una frusta, invece per la corda di una piccola reticciuola sospesa dietro alle spalle del- l'idolelto. Colla sinistra mano stringe un legno, si- mile secondo Schaw, ad una specie di mestola scava- ta, per trar le piante fuor dalla terra, strumento di agricoltura, o piuttosto al parer di altri migliore, ad un rampone o fiocina da punta, altrimenti detta del- finiera, e uncino. In fatti Plutarco rapporta che il corpo d'Osiride essendo slato gittato in mare, Iside nel ritrasse per mezzo d' un uncino e d'una reticella, quindi mi par giusto doversi intendere per rete e non per erpice quello che pende dal cordoncino sugli o- meri (2). Eccoci alla iscrizione, le cui parole, secondo la di Lei interpretazione, son queste IL RISPLENDENTE OSIRIANO ARSIESI PARTORITO DALLA DON- NA Q}xq\V O siriano è benissimo spiegato, per- chè titolo in uso darsi comunemente a tutti gli estinti come soggetti all' impero di Osiride, sovrano dell'A- menti, o inferno egizio; ma sembrami più essere al- l'uopo confacente intendersi di Osiride^ per esservi sotto espresso il nome di Iside, dalle quali due di- vinità nacque Arsiesi. Or io 1' intendo nel segueute modo, che partitameote indi esaminerò: IL GRAN- (i) Plutarco de Isìd. et Osirid. dice: Osiris et Isis è lonis geniis in dcos trmsievunt, Oo'lptS XOtt yÌ IcjtS fiJt UyC/.^ÌV JflCf/lxÒyC»)' TliOii (j) V. intorno ad Osinde Caylus Re^ueil d' Antiquilés, DE E RISPLENDENTE ARSISSI FIGLIO D' O- SIRIDE E D'ISIDE PARTORITO IL GIORNO TRENTESIMO i due ultimi geroglifici mi sono del pari incerti, e forse vogliano indicare il mese in cui nacque Arsiesi, o l'anno. Mi pare che sia trovata la donna che fu madre al defunto Arsiesi, cioè Iside, e ciò vien contestato da Plutarco (i). Jtque Isis Orum juxto parta edìdit^ OpOif Yii^iv lols £T£X£ ^vfialixiS . Ed Oro, cioè Arsiesi, figlio d' Iside e d' Osiride leggesi nella leggenda d'un basso-rilievo rappresentante il solstizio di està nel pa- lazzo di Medinet-Abu seconda corte a dritta , dove scorgonsi i segni tali quali sono nel nostro idoletto ; e nella iscrizione del tempio di Hatnòr e di Tlimei a Tebe (riviera occidentale) (2), e in una leggenda del tempio d' Edfu , ove dicesi. Oro il gran Jìglio d'Osiride^ con i caratteri eguali ai nostri; e da Cham- poUion (3) vi abbiamo Arsiesi o Oro figlio d" Iside; e nel secondo papiro funerario delle lamentazioni d'Iside pel defunto arsiesi, appartenenti al museo di Louvre, scorgesi chiaro che Iside compiange la morte del caro figlio, chiamandolo Gran Dio figlio di Numi etc. Il nostro segno geroglifico potrà spiegarsi impune- mente Oro, o Arsiesi^ che valgon l'istesso, 0 Aroeri, Aroeri , APOTHPIS chiamalo da Plutarco (4) e identifico all'Apollo dei Greci e dei Romani; k^ovf\- piv 'AisCoXXfioyix Sé vieó EXXrivisjy (5). Il titolo di (i) Loc. cit. (a) Vedi ChampoUion Gram. Egypt. p. 158. (3) Idem, p. 196, e ii4- (4) Oper. cit. (5) Idem. i8 grande gli fu dato dagli Egizi non meno che dai Greci, ed anche nella nostra iscrizione dopo l'articolo segue il segno indicante la parola vatac, grande (i). I Greci adunque chiamarono Aroeri Gran Dio , Apor\psi Qsùii [ÀSyc^Xo i AifoXXoiVi (2); e sulle rovine di Kus nei dintorni di Tebe leggasi nella dedica che il Re Tolomeo e la Regina Cleopatra fecero ad Aroeri: APnHPEI ©EOI MEnCTai, nella quale iscrizione il Letronne legge HXi'oJt 0etot (Àiyiaxm , invece di ApYipis e presa da Oro , egi- ziano sopravvenuti fino al 20 gennaro 1840.. SGo^ ^ ., ,. (con pubblica discussione 265Ì ^ e esitali.. ]' '^ 1. . ,. , ni 618 (in camera di consiglio 4 "3) Differenza 68. E da questo slesso numero eh' esile può dirsi e sparuto, ove a paragou si mettesse con quello de' de- tenuti rimasi nell'anno precedente, debbono, come il sig. Gibilisco avverte , dedursi tre individui riman- dati a più ampia istanza, e torsene ancora altri 3-7, pe' quali erasi provveduto nel modo seguente, cioè: con atti di accusa i5 1 con sotloposizioue ad accusa l'yl fdi libertà.. ^[ ^ • .. . id' incompetenza ir ' con requisitone < r . , . . l * Vper ampie indagini... 1 1 i (per interrogarsi 1 ' Quallrocentosettanta individui ottennero la libertà, e soli igi furon quelli che riportaron condanne, le quali veggonsi distintamente descritte nella seconda tavola. Ivi fra le altre cose si legge ancora che due solamente alla pena capitale furon sottoposti. I con- dannati poi son classificati per sessi cioè: uomini 160 donne 3i (■9'(0 (j) Egli è vero che queste sole tavole non offrono tulle le conoscenze che si chiederebbero per aversi un quadro preciso della pubblica moralità del popolo, ma più estese essendo e migliori di quelle in altri anni per questa stessa provincia pubblicatisi, non lasciano di apprestare allo stati- sta molti dati certi di fatto sui quali contar potrebbe; come sarebbero: il numero e le diverse qualità de' reati distinti per circondari; quello de' liberati con vari utili ragguagli correlativi; l'altro de' condannati colle diverse pene loro inflitte; la distinzione de' tessi per quest' ultimi ce. ce. ^7 Il quale breve ragguaglio senz' altro mostra l'elo- gio che io far dovrei; e che a far mi astengo. E ve- ramente da questo solo chi non vede quanto zelante e laboriosa sia stata la condotta del signor Gibilisco nello esercizio delle sue alte funzioni in questa pro- vincia, dapoicliè oltre d'avere in detta epoca quasi in- teramente esaurito gli affari correnti die anche opera allo smaltimento di quelli in ritardo? E chi non co- nosce esser ciò tornato a bene grandissimo e dell'u- manità delinquente e della provincia tutta? di Noto 31 ottobre 1840. Benedetto Intrìgila. Nota per dilucidare Varticolo del Museo Renano intorno il secondo volume delle Antichità della Sicilia del Duca di Serradifalco^ inserito nel num. 80 di questo Giornale, Nel num. 80, Maggio 1840, delle nostre Effeme- ridi pubblicammo il saggio che il celebre archeologo M. Walker aveva inserito nel Museo Renano intor- no al II." voi. delle Antichità Siciliane del Duca di Serradifalco. Essendo però sembrata a taluni de' no- stri leggitori oscura 1' espressione del chiaris. Archeo- logo tedesco, ove in fine all'articolo diceva che la. Dis- sertazione, a cui era stato obligato il Serradifalco, era rimasta senza replica, crediamo opportuno, ora che il nostro Giornale finisce, di riferire alcuni fatti che giovano a chiarirla. Deve primieramente sapersi che il sig. Raoul^Ro- chetle, allora presidente, oggi segretario perpetuo del R. Inslituto di Francia, pubblicava in Gennaro i835 28 un articolo nel Journal des Savans^ col quale dava conto del 2." voi. delle Antichità Siciliane. L'elogio che quel celebre scrittore tributava all'au- tore spiacque all'architetto HittorfF, che anch'esso aveva impreso a pubblicare gli antichi monumenti della Sicilia; e nel mese di maggio dello stesso anno stampava nel medesimo Journal des Sa\>ans una vi- rulenta recriminazione , colla quale intendeva scre- ditare lo stupendo travaglio del Siciliano archeologo. Non lasciò pertanto l'egregio Raoul-Rochette di an- notare la recriminazione dell' HittorfF, con dotte os- servazioni, che dimostravano r erroneità delle critiche di lui, ed in una delle sue note invitava il Serradi- falco a dimostrarne egli stesso compiutamente l' insus- sistenza. Per lo che questi, venuto in cognizione di tali fatti, si vide suo malgrado astretto a pubblicare una risposta all' HittorfF, cui fece, in marzo i836, com- parire qual supplemento nel predetto Journal des Sa- vants. A questa risposta, che sinora è rimasta senza re- plica, alludono le parole del chiarissimo autore del Museo Renano. E perchè meglio si conosca quale effetto abbia prodotto la dissertazione del Serradifalco ne piace di aggiungere quanto in una lettera datata ai 5 dicembre i836, il Raoul-Rochelte scriveva al Ser- radifalco medesimo. 3j Je dois vous dire qu' il n' y a parmi tous nos M grands architectes, Percier, Hugot, Ledere, Lebas, w Guennessin, Debnet, qu' une opinion sur le mérile w de vòtre repouse qui leur parait sans replique. A' » leurs a vis, Hittorff demcure accablé sous le coup, » et il ne reste pas une pierre dóbout du prelendu » tempie d'Empedocle. Ouaat à lui mèrae et à ses ^9 » amis, je n'entaud rien dire; mais ce silencc prouve » de sa part qu' il se tient pour battu, ou de la leur, » (ju' ils le regardent conirae tei: ce qui revient au >-> mérne. » Al che aggiungiamo che Hittorff non solamente non ha risposto alla lettera con cui il Serradifalco trion- fa, ma abbandonando la sua impresa, ha interrotta per 5 anni la continuazione della sua opera su gli antichi] monumenti della Sicilia. Onde poi i nostri leggitori possano giudicare del vero merito della risposta del nostro autore, che noi re- putiamo eccellentissima, come l' hanuo lutti i dotti stranieri reputata, gì' invitiamo a consultare il Jour- nal des Savans, ove, siccome abbiam detto, venne quella inserita. F. Malvica. Iscrizione inedita di Pietro Giordani In Vicenza nel Palazzo Chiericati ora Museo del Comuna AVENDO GAETANO FINALI VERONESE CON LUNGA INDUSTRIA RACCOLTI Piu' DI L. DlSEGIfl DI MANO d'aNDREA PALLADIO > PER AMOKB AL SOMMO ARCHITETTO E ALLA. PATRIA DI QCEUO SPREZZATE BENCHÉ IN PICCOLA FORTUNA MOLTE E GROSSE OFFERTE DI MONETA E DONATILI IN SUO VIVENTE PER MEZZO DEL COKTB LEOMARDO TBISSINO A QUESTA ClTTl' CHE DOVESSE CONSERVARLI NOBILMENTE A LIBERO STUDIO de' CITTADINI E DE' FORESTIERI IL COMUNE VUOLE CHE PASSI NEI POSTERI LA GRATITVSIKIS DEBITA A sì GENEROSO DONATORE i839. 3o ISCRIZIONI FUNEBRI X. ALLA ONORATA MEMORIA DI FRANCESCO SAVERIO SCIMONELLI VISSUTO OTTANT'ANNI E SETTE MESI VITA evangelica: EBBE UNICO AFFETTO TERRENO l'amore per la MOGLIE E PEI figli: OGNI altra PASSIONE IN LUI SI TACQUE RICONCENTRATA IN DIO E IN CIO SI SPENSE 2. SEGRETARIO DELLA R. CONSERVATORIA GENERALE DI AZIENDA EBBE LODE d'iNTEGRO SAGACE OPEROSO FORMÒ INGEGNOSAMENTE LÀ STATISTICA DELLA SEMINAGIONE E PRODl^ZIONE DEI CEREALI dell'isola IL GOVERNO benemerito LO DICHIARO 3. figlio a PIETRO RIPUTATO POETA fratello ad IGNAZIO CRIMINALISTA SUPREMO, SICULO POETA INSIGNE LO SPIRITO DELLA FAMIGLIA ALLE OPERE SANTE RIVOLSE E FU CRISTIANO EMINENTISSIMO 4. 3f PARAFRASÒ PEL POPOLO IN MODESTA ED UMILE PROSA VARI SALMI davidici: COMPOSE LA VITA DI UN CRISTIABO PER LA SUA CONVERSIONE ALLA DIVINA GRAZIA CHIAMATO: FONDÒ NELLA CHIESA DI S. ONOFRIO UNA CONGREGAZIONE DI CARITA': NEL VENERDÌ SANTO IL PIO ESERCIZIO DELLE TRE ORE DI AGONIA CON ESEMPLARE FEDE INTRODUSSE FU AL POPOLO COLL' ESEMPIO E COLLE OPERE COLONNA DI verità' 5. le private angustie degli amici trovavano nel suo cuore pietoso ricetto aiutavali soccorrevali; i parenti poveri nelle domestiche mura accoglieva: agli altrui bisogni APRÌ SEMPRE l'animo ED IL PENSIERO 6. LA FAMA DELLE SUE CRISTIANE VIRTÙ* NELLA CAPITALE DEL CATTOLICO MONDO PENETRA PIO VII PONTEFICE MASSIMO PROMOTORE DEL CULTO IN SICILIA DEL CUORE DI GESU' NOMINAVALO 32 ;. TESTÒ CHE NELLA SEDIA DEI POVERELLI FATTO CADAVERE VENISSE ALLA CHIESA TRASPORTATO S COL SAIO DEI FRATI ACCANTO ALLA MOGLIE SEPOLTO. 8. MORENTE CHIAMÒ I FIGLI E AD UNO AD UNO BENEDICENDOLI TENERAMENTE LI RIGUARDAVA: SI RICORDASSERO CON AFFANNATA VOCE DICEVA DEL CAIIO PADRE UNITI SEMPRE RIMANESSERO l'antica CONCORDIA FOSSE SUGGELLO DEL LORO AMORE.* BATTEVANO LE ORE 12 DEL 17 GIUGNO l84o ED IL SANTO LABBRO SI CHIUDEVA PER SEMPRE AVE BEATO VECCHIO PREGA DIO PER NOI ! F. Mahica. Il trionfo della pietà e della gratitudine con singolare e solenne esempio spiegato in Roma la sera dei 3o ottobre 18 /fO, nella funebre traslazione della Principessa Guendalina Jalbot Borghese alla Basilica Liberiana, Sfavasi a mezzo il di quando improvviso Una gelida man strinse ogni core, E s' udio mormorar: sjjcnto è quel fiore Che del mondo e del ciclo. era un sorriso! Allo iterarsi dell'infausto avviso Sì fermo invalse universa! dolore, j' • Che ognun sentissi di pietafe e amore Fra i piti teneri affetti il cor conquiso. Or vedi, o Roma, in suo cammiu funesto La cara spoglia, e innanzi e intorno e poi Popol venirne lagiimoso e mestoj Ma esulta a un lai dolor de' figli tuoi: Piangendo esulta, o Patria miaj che qnesfo (Jucoto e trionfo onde superba ir puoi. ' Francesco Spada. .'•^^