n * À ARAARAAA I PAGANE AA DANARO A (ai PA | 13 Val! al i 4 ll Vi mt y ? VERI ZA n$ cu AO I SHE % £ ; “MN pai : ua Ì. Aa Ù A | at È DI IRE 1 CIT a ; ì IAIA\ TATA Aa: fe Î \ VERSO ma AIA ni i AA è da Thi Sa n° AARARAN a, RATE LA A (FILA MERE RARA te Renee e È I Da n88 ENTRATA OE ASIAN RANDA i LANE RARA evi RAR INA DANA Aa SA ai laNala/ a DI La “A fl Ù x . 9 "fa LE toa 4 % (e ' x ka X ) | LAP ly Va ® Ll p 22 1 P. Le hi fi ( = f : w tti Meer VI = w x » Li La pai”, Vl 183) ELEMENTI DI ZOOLOGIA TOMO PRIMO. n DONI ULI “ ti ELEMENTI DI ZOOLOGIA DELL’ ABATE CAMILLO RANZANI PROFESSORE DI MINERALOGIA , E DI ZOOLOGIA NELLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ DI BOLOGNA. ——_ Tozxo PrImo CONTENENTE L° INTRODUZIONE GENERALE ALLA ZOOLOGIA. BOLOGNA ex PER LE STAMPE DI ANNESIO NOBILI 1819. ti) cate di pia Al Op. 100: RANA M O) IKMEAD gi 100 monia pATDOLI hai duo" Ca Li ORE da Pil 0 i Ai) 19 { di Da a ua Pi I ) i ragno / dint drv VIRIKIO: LORI" ASI Feto PRATI dI - A; Ù n x # ) AMD dI IN % i Ni arr" sii"! Misa aaa 166 spiata LA) TI x . pb R; NEI ì NA RISI i è. , i 2,9 i DE È 3 a ii sein PREFAZIONE SR d'ordinario quelli, 1 quali danno alla luce 1 loro scritti, mettere in- nanzi un discorso, in cui ragionano del- l'argomento, che hanno trascelto, del fi- ne, che si sono proposti, ed indicano i mezzi impiegati per conseguirlo. La quale costùmanza è a me sembrata mai sempre lodevolissima, e degna di essere seguita da qualunque scrittore. Laonde prendendo ora a pubblicare un'opera elementare sul- la Zoologia, prima di tutto mostrerò l'im- portanza di tale studio, dirò poscia dei motivi che mi hanno indotto a compilarne questi elementi, del metodo, cult mi sono attenuto, e dei mezzi, de’ quali mi sono giovato. Nè mi costerà molta fatica il provare essere oltremodo grande l' impor- tanza della Zoologia. Imperccchè la sto- ria naturale è da chiunque risguardata come nobilissima, ed utilissima disciplina, e quella parte della medesima, la quale 2 tratta degli animali, avanza senza dub- bio le altre per la perfezione degli ogget- ti, che essa considera, ed a niuna la cede per li vantaggi, che arreca. Di fatti molte qualità, che od a tutti gli animali compe- iono, o soltanto ad alcuni, meritamente sì tengono im assal maggior pregio, che quel. le, le quali nelle piante si trovano, e ne’ minerali. Tali sono certamente i diversi gradi d'intelligenza degli animali dal mero sentire , sino alla sublime ragione dell’ uo- mo; le sì variate foggie di struttura sem- pre meravigliosa; i modi onde i diversi animali prendono il cibo, che è loro con- facente, e provveggono agli altri loro bi- sogni; 1 mezzi de’ quali fanno uso 0 per evitare 1 pericoli che loro sovrastano, o per custodire, ed allevare la prole. E la gran moltitudine degli animali, che vivo- no in terra, e dentro alle acque, e la prodigiosa propagazione sì degli uni, che degli altri, ed i tanti vincoli, che lì le- gano fra loro a conservazione dell’ordi- ne, e dell'armonia, che regna nell’uni- verso, non sono forse argomenti chiarissi- mi, ond' è manifesto, la Zoologia per la grandezza, e per la varietà degli oggetti, i] Nena: ' PB {sa 9 5) che essa contempla, essere di molto supe- riore alle altre parti della storia della Na- tura? Nè è già vinta da queste per la uti lità. Giacchè essendo molti gli animali, che all'uomo di sommi vantaggi possono essere cagione, e non pochi quelli, che lo minacciano di gravissimi danni; ha quin- di un assoluto bisogno di conoscerli. È quantunque non di soli animali 1 uomo si nutra, ma eziandio di vegetabili , non è forse vero, che a procacciarsi questi, ed a conservarli, molto a lui serve lo studio degli animali? Grandissima poi è l' utili- tà, ch'egli ne ritrae col divenire l’ arbi- tro di non pochi di essi, e col farli ser- vire a’ suoi bisogni, ed a’ suoi piaceri, rendendo a se soggette di alcuni le suc- cessive generazioni. Per tal guisa in cer- to modo si appropria le qualità del me- desimi, e debole, ed inerme siccome egli è, acquista l’ instancabile robustezza de- gli uni, la velocità ed il coraggio degli altri, la squisitezza dell’odorato di que- sto, l’acutissima vista di quello, e mezzi rinviene per coprire la propria nudità , per guarire i morbi, che lo affliggono , per difendersi da’ nemici, che cercano di 4 distruggerlo, per coltivare le utili arti, ch egli” inventò, e per procacciarsi mille comi .. del So delle quali avrebbe pur egli dovuto far senza, qualora non sl ui dato alcun pensiere di conoscere , e di studiare l'indole, e le maniere di vivere di sì fatti animali. E° fimalmente nella Zoologia, ove l'umano intendimen- to trova larghissimo campo di appagare l’insaziabile sua brama di sapere, e don- de può sollevarsi alle più sublimi conside- razioni intorno alla Divinità. Quindi con ragione disse l'illustre Trembley (1) ,, che - fe 1 minerali, e le piante ci fanno co- noscere l'essere mfinito, al quale cl con- 5) duce tutto quello , dk esiste; gli ani- s3 mali per le considerazioni, che; ci of- 3 frono, servono certamente ad aceresce- 7 re le nostre cognizioni su questo gran- s) de oggetto, del quale 1 nostri spiriti, 39180 È ‘nostri cuori debbono essere ripie- ni. ‘ Le-prove, che abbiamo sinora ad- dec a fine di rendere a chiungue mani- 29 (1) Instructions d’ nn pere a ses enfans sur la nature et, sur la.relizion. Tom. I.er pag. 142. 5 festa l’importanza, e l'utilità della Zoo- logia, servono pure a cunvincerci, che attesa la moltitudine , e la varietà ‘degli oggetti, che essa considera, quelli, cuÒ vogliono applicarvisi abbisognano di una guida; di un libro cioè, il quale ne di- chiari le dottrine fondamentali, e quasi per mano li conduca nelle diverse parti della medesima, mostrando loro la strada che debbono battere. E furono di questa verità certamente persuasi que dotti uo- mini, i quali composero , e diedero alla luce presso noi opere elementari di Zoo-. logia, ovvero tradussero nella nostra lin- gua quelle degli stranieri. La quale loro fatica ha senza dubbio arrecato agli stu- diosi grandissimo giovamento. Ma poichè la pubblicazione di tali opere precedette quest'ultima epoca faustissima per la Zoo- logia, nella quale favoreggiata essa, e pro- tetta con munificenza da’ principi, e con nobile gara coltivata dalle incivilite na- zioni, per molti, ed illustri ritrovamenti è addivenuta oltremodo più ricca di pri- ma, ed è stata quasi in ogni sua parte corretta, e perfezionata; non possono quel- le opere soddisfare pienamente al bisogno 6 della italiana gioventù, che ama erudirsi di sì nobile, ed utile studio. Quindi chie- de essa da qualche tempo un nuovo libro elementarè di Zoologia, al quale come a sicura guida possa affidarsi. Non vi è stato però finora fra di noi chi abbia ren- duta paga una sì giusta domanda. Né è già ad incolparsene la mancanza di dotti zoologisti in Italia, che anzi a ragione si gloria questa di possederne tuttora non pochi, e celebratissimi; ma piuttosto , a quel ch'io penso , si deve ciò attribuire all’ essere i medesimi intesi a rilevantissi- me ricerche, per modo, che agio ad essi non rimane d’intraprendere sì penoso la- voro. Alle quali cose ponendo io mente, ed il danno antiveggendo, che derivar po- trebbe a questa bella scienza, ed all’Ita- Ha, se la mancanza di un tal libro con- tinuasse più lungamente fra noi, mì sono sentito fortemente stimolato a compilarlo 20 stesso. Se non che, mentre dall’una par- te già mi v'induceva la brama di render- mi n qualche modo utile agli studiosi, dall’ altra me ne ritracano le molte, e gravi difficoltà, che mi conveniva di su- perare, e la debolezza delle mie forze. 7 Dalla quale troppo dura perplessità non mi sarei io facilmente liberato, se il con- siglio di alquanti amici per sapere, e per prudenza ragguardevolissimi non mi aves- se mirabilmente confortato ad una per me sì malagevole i Impresa . Laonde senz’ altro indugio” mi sono accinto a comporre que- sti elementi di Zoologia , ponendovi ogni studio, ed ogni diligenza, affinchè se non esenti da qualunque difetto , che di tanto non oso io ripromettermi, tali almeno siano, che non abbiansi a pentire gli stu- diosi di averli presi per loro guida - E sembrami in primo luogo conveniente Vav- vertire quelli, nelle cul mani verrà que- sto mio lavoro , che nell’ attenermi prin- cipalmente in esso a quanto ne insegnano 1 moderni scrittori, non ho però trascu- rato ciò , che v' i di buono negli anti- chi, e che non ho abbracciato alcuna nuova dottrina, la quale non sia stata prima da me attentamente , ed imparzial- mente esaminata , e dii conforme alle regole della Luoni critica, e della sa- na ragione . E ben abbiamo noi giusto motivo di dolerci, che in alcuni recenti libri di Zoologia, di in luce da uomini e, d’ altronde riputatissimi , assai perniciosi errori s'insegnino , contrar] alle verità me- glio dimostrate ; del quale gravissimo di- sordine però a torto, quasi tutta la colpa vogliono taluni attribuire alla stessa Zoo- logia, e l' oltraggiano ingiustamente, di- chiarandola infetta sorgente, dalla quale si ha a tener lontana la gioventù. È ve- nendo ora al metodo , che ho seguito nel- la trattazione, dirò che siccome quegli, il quale eriger vuole una gran mole, som- ma cura por deve nel prepararle solida base, così nella introduzione allo studio della Zoologia ho cercato di bene stabi- lirne 1 fondamenti. Di essi ho discorso al- quanto estesamente, im un modo genera- le però da non supporre nel lettore alcu- ne di quelle notizie, che in appresso sarò per dargli. Per lo Dic mi sono astenuto dall’ addurre esemp) che non siano presi dagli oggetti più noti, e più comuni. E° assolutamente necessario a chi si applica alla ZLoclogia il conoscere l'indole, ed 1l valore dei caratteri, che servono a distin- guere gli animali fra loro, non che la si- gnificazione dei vocaboli È così detti tecni ci, O sia dell’arte; però degli uni, e de- 9 gli altri ho parlato in guisa, che spero di avere soddisfatto al bisogno degli studiosi. Nella stessa introduzione generale ho trat- tato delle prime divisioni, ho indicato cioè i diversi modi di eseguirle proposti da' più rinomati autori, ne ho istituito un esame imparziale, ed ho scelto quelle che mi sono sembrate soggette a minori difetti. E poichè di grandissima utilità a bene intendere, ed a ritenere a mente queste divisioni sono senza dubbio le ta- vole, così dette sinottiche ; ne ho quin- di corredato il mio libro, e mercè di esse potrà chiunque quasi con un’ occhiata farsi una giusta idea delle divisioni, che vi sono esposte . Le norme, che ho seguito nella introduzione generale non differiscono da quelle, cui mi sono attenuto nelle intro- duzioni alle diverse classi. L° esposizione dei fondamenti di queste, l' illustrazione cioè dei caratteri proprj agli animali, che vi sono compresi; la dichiarazione de’ vo- cabolt, e delle {urihele usate per indicare codesti caratteri; le divisioni atte ad age- volare la via agli studiosi, mi hanno som- ministrato materia di brevi sì, ma profi- cui ragionamenti. Venendo ai particolari 10 delle singole classi, ho parlato di tutti 1 generi a me noti, indicandone non sola- mente i caratteri essenziali, ma eziandio gli accessorj. Spero che niuno mi vorrà riprendere, perchè soltanto di alquante specie di ogni genere abbia fatto menzio- ne, e non già di tutte. Avvegnachè sì grande è ora il numero di quelle, che sì conoscono , che l'indice del nomi di esse riempirebbe non piccol volume. Il trat- tare pol di tutte è lavoro ben diverso da quello, che ho assunto di fare, compi- lando questi elementi; il fme de’ quali non è già di formare zoologisti consuma- ti, ma bensì di condurre gli studiosi sino a quel punto, ove giunti, che siano, pos- sano da se soli, senza avere più bisogno di guida continuare il cammino. Per ri- guardo alla scelta delle specie, delle quali ho discorso, ben meritavano di essere da me preferite quelle, che od utili sono, o dannose all'uomo, nè doveva 10 tacere delle più rimarchevoli, e singolari, nè così amante doveva mostrarmi delle stra- niere da negligere le italiane. Imperocchò ottimo è il divisamento di que’ zoologi- sti, i quali quantunque non trascurino 44 gli animali esotici, pongono tuttavia la cura loro principale nello studiare quelli del proprio paese. E se ciò in molti luo- ghi si facesse , ed il frutto se ne rendesse a tutti comune, vedremmo noi la Zoolo- gia con incredibile celerità salire al mag- gior grado di sua perfezione. Non sola- mente ho esposto 1 caratteri così detti sistematici delle specie da me trascelte , ma in oltre mi sono studiato di deseri- verle, e quasi delinearle co’ tratti princi- pali, e co’ più espressivi. Di esse ho pu- re indicato le varietà, che se ne conosco- no. È qualora una specie sia stata chia mata con diverso nome da scrittori auto- revoli, al nome da me addottato ho ag- giunto gli altri come sinonimi. Gli uomi- ni, che parlando, o scrivendo usano il comune linguaggio, appellar sogliono non pochi animali in un modo diverso da quel- lo, onde li nomina il zoologista . E se que- sti sia ignaro dei nomi volgari degli ani- mali, correrà gran rischio di non inten- dere chi gliene discorre, e parimenti di non essere inteso allorchè ne parli egli stesso. Laonde credo, che i lettori di questo libro prenderanno in grado la mia 12 diligenza d' indicare eziandio i nomi vol garì (se pur vi sono ) italiani, francesi, inglesi, e tedeschi. Frequenti volte le destini più accurate sono insuflicienti a risvegliare in noi di questa, o di quel- la specie un'idea bastevolmenie distinta. Ad un tale difetto delle descrizioni si può supplire col solo mezzo delle figure. Per la qual cosa ho seguito la commendevole usan- za di quegli scrittori di Zoologia, 1 quali mdicano le migliori figure degli oggetti di cui trattano. E siccome accade sovente, che tali indicazioni rimangano mutili agli studiosi per mancanza delle opportunità, e del comodo di potere consultare 1 libri al- l’uopo necessarj, così di non poche figure ho corredato questi elementi, fatte però a semplici contorni, per non renderne so- verchio il costo. Essendo per comune con- senso utile ad un tempo, e dilettevole la storia delle maniere di vivere degli ani- mali, ne ho accennato tutto quello, che se ne sa di più rilevante. Il trattato di Zoologia del quale intraprendo la pubbli- cazione è stato da me compilato princi- palmente in grazia degli Italiani, e di quegli eziandio , che non sanno altra lin- 13 gua in fuori della propria. In essa adun- que lo doveva 10 stendere. Nè a disto- gliermi da un tale divisamento era moti- vo sufficiente 11 non trovare nel nostro idioma tutti que termini, e tutte quelle formole , delle quali ora abbisogna il zoolo- gista. Imperocchè quegli, il quale assume l’obbligo di provvedere a sì fatta man- canza, non perdendo mai di vista l in- dole della nostra lingua, rende ad essa senza dubbio un utilissimo servigio col- l’arricchirla dei modi di dire atti i espri- mere convenientemente tutto ciò, che ap- partiene ad esseri cotanto pregevoli, qua- li sono gli animali. Dall'esposto sin quì È manifesto , che questi elementi di Zoo- logia nè sono un compendio tanto scar- so, che poco più contenga dei nomi de- gli animali, nè un'opera "tanto estesa da spaventare dirò così col numero dei vo- lumi. Se un tal mio lavoro arrecherà agli amatori della Zoologia un qualche giovamento, e se contribuirà ad accrescer- ne il numero in Italia, mi riputerò feli- ce, e della sostenuta Lita mi terrò lar gamente compensato. «4 0 ® e e o. ; e L'opera intera sarà divisa in dodici volumi nel seguente modo : Vol. I. Introduzione Generale alla Zoologia. Vol. II. Dei Mammiferi . Vol. III. Degli Uccelli. Vol. IV. Dei Rettili. Vol. V. Dei Pesci. Vol. VI. Dei Molluschi Cefalopodi, e dei Mol- luschi Pteropodi. Vol. VII. Dei Molluschi Gasteropodi, e dei Mol- luschi Acefali . Vol. VIII Degli Anellidi, dei Crostacei, e degli Araneidi . Vol. IX Vol. X. Vol. XI. Degli Echinodermi, e degl’ Intestinali . Vol. XII. Dei Polipi, e degl Infusorj. | È Degl’ Insetti . 45 INTRODUZIONE GENERALE ALLA ZOOLOGIA 000 n 0 PARTE PRIMA DEI FONDAMENTI DELLA ZOOLOGIA , CHE LE SONO COMUNI CON ALTRE PARTI DELLA STORIA NATURALE G/A/P:0;,:B Rib MO Della definizione della natura. sa Non vi ha forse cosa, la quale sia più nelle bocche dei filosofi, che la natura. So- gliono essi di questa distinguere due sorta, la particolare cioè, e la universale. Definiscono alcuni la prima col dire, che la natura di una data cosa è l’aggregato delle intime qua- lità della medesima. Altri affermano, che la natura di ciascun essere consiste nel principio intrinseco dei cangiamenti, che hanno luogo nell’ essere medesimo, nella forza cioè, che gli è propria, e che va unita alla potenza di agi- 16 re, e di patire. Delle quali due definizioni la prima, a parer mio, è da preferire alla se- conda, avvegnacchè nè si può dimostrare, che qualunque essere abbia in se stesso una forza, che gli sia propria; nè, supposta ancora que- sta e è certo, che dessa unita alla po- tenza di a agire, e di patire basti sempre a for- mare l’intima natura della sostanza, che n'è dotata. Nè vanno tampoco i filosofi fra loro d’ accordo nello stabilire la nozione della na- tura universale. Imperocchè varie sono le opi- nioni intorno a questo punto. Vi ha chi pre- tende, essere la natura universale l’aggregato di tutto quello, che esiste; Virey (1) aggiun- se di tutto quello ancora. che è possibile, se- condo la quale sentenza Dio stesso appartiene alla natura. Se poi si volesse prestar fede ad alcuni sì antichi, che moderni scrittori, Dio sarebbe a riguardare come la vital forza dei corpi, animatrice di tutta la natura, od an- che come la natura stessa. Alcuni dicono, che per nome di natura universale si abbia ad intendere il principio dei cangiamenti, cui va soggetto il mondo, e vogliono, che questo prin- cipio sla into ali mondo stesso, e consista nella unione di tutte le forze, e di tutte le (1) Nouveau dict. d’Hist. Nat. ed. 2. articl. Nature. 4 potenze di agire, e di patire, le quali CURE negli esseri creati. Lamarck (1) definisce la natura un ordine di cose costituente una po- tenza particolare, cieca, ovunque limitata, e soggetta ne’ suoi atti alle leggi, che l’ espres- sione sono della volontà suprema, da cui fu- rono stabilite; la quale potenza è, al dire di uel naturalista, atta a produrre tutti 1 cor- pi di qualunque ordine essi siano. Non pochi scrittori finalmente insegnano, che la natura universale comprende gli esseri finiti, attual. mente esistenti, in un colle leggi cui essi ub- bidiscono, non già i meri possibili, nè l’esse- re, che da se stesso esiste, cioè Dio. Venendo ora all’esame di sì fatte defi- nizioni della natura universale, dico, saggio essere il parere di quelli, i quali vogliono di- stinta codesta natura da Dio, non meno che dagli esseri meramente possibili. Conciosiachè è convenientissimo il considerare separatamen- te le creature, ed il creatore, e si ha a tener per. fermo , che facciano parte della natura que’ soli esseri, i quali hanno cogli altri re- lazioni, e vincoli reali, ciò che non sì avvera dei possibili, cui non è stata per anche con- ceduta l’esistenza. La proposizione sostenuta da 9 ——se (1) Hist. Nat. des animaux sans verièbres. Tom. 1.e" 48 taluni, che Dio è l’anima della natura, può avere un doppio senso, cioè che Dio informi la natura in un modo simile a quello, onde l’anima nostra informa il proprio corpo , ed in tal caso la proposizione è assurdissima: se poi col dire, che Dio è Vanima della natura sì voglia significare, che egli conservando 5l1 esseri, e le forze create, in virtit delle leggi che loro impose, mantiene così quella serie di azioni, e di movimenti, quell’ ordine, e quel- l’ armonia, che tutti ammiriamo nella natu- ra stessa; la proposizione è innegabile. Tut- tavia adoperano prudentissimamente que” filo- sofi, 1 quali volendo esprimere tali eose, ser- vonsi di altro modo di dire, per non lasciar luogo al sospetto, che essi chiamino Iddio ani- ma della natura nel senso testè esposto in primo luogo. Nè si ha a definire il vocabolo natura in guisa, che significhi Dio stesso, giacchè gli uomini generalmente risguardano molte cause secondarie, come appartenenti alla natura, ond’è graye il pericolo, che essi con- fondano tali cause colla causa prima, e di que- sta forminsi un’ assurdissima idea . Il restringe- re poi la significazione del vocabolo natura alle sole forze, ed alle sole potenze di agire, e di pa- ture, di cui forniti sono gli esseri creati , con- Sdersudde in astratto, e separatamente dagli esseri medesimi, è cosa, che non deve piacere 1 al naturalista, il quale nel contemplare la matura , non meno pon mente alle forze, ed al- le potenze, di quello sia agli esseri a’ quali esse competono. E lo stesso deve dirsi della definizione proposta da Lamarck, la quale pecca in oltre, perchè ammette nella natura una potenza, da cui o abbiano ricevuto, o siano per ricevere successivamente l’ esistenza tutti 1 corpi, di maniera che non ve n’ abbia alcuno prodotto immediatamente da Dio; del- la quale asserzione non può addursi veruna prova, mentre l’opposta dottrina posa sovra saldissimo fondamento, ed è abbracciata da più illustri filosofi. Accurata, e giustissima a me pare la definizione della natura universa- le, esposta già in ultimo luogo, quella cioè, secondo la quale i’ aggregato di tutti gli esse- ri creati, e delle leggi imposte loro dal su- premo creatore costituisce la natura. Alcuni scrittori danno a questa il titolo d° infinita ; col quale modo di dire se vogliono indicare , che tale n'è l’esiensione da non potere ’ in- telligenza nostra aggiugnere a tutti i limiti della medesima, non commettono errore. Pre- so però l'epiteto infinito nel suo vero senso di non avere alcun limite, non può giammai competere alla natura, quale da noi si defi- nisce, giacchè, e finiti sono gli esseri, che la compongono, e quantunque grandissimo, finito 20 è il loro numero. Contraria è al medo, ond’ io considero la natura, l’asserzione di taluni, 1 quali affermano, che la natura ha in se stes- sa la cagione della propria esistenza, giacchè appartenendole soli esseri contingenti, ed es- sendo pur contingenti le leggi, cui obbedisco- no, la ragion sufficiente di tutto questo, cioè l’infinita potenza creatrice, e conservatrice della natura, trovasi necessariamente fuori del- la medesima. Sta scritto in alcuni moderni libri, che le leggi fisiche, quelle cioè che ri- sguardano ì corpi, sono necessarie, ed eter— ne, il che è verissimo, se intendasi di dire, non potere a meno di osservare queste leggi i corpi, cui furono prescritte , ed averle Iddio volute dalla eternità. Se però si pretenda, che il supremo legislatore fosse in assoluta necessità di produrre e gli esseri, e le leggi, onde esistano gli uni, e le altre da tutta l’ e- ternità , ed abbiano da durar sempre; niente di questo si deve ammettere, essendo contra- rio agl’ insegnamenti della retta filosofia. Im- perocchè l’ esistenza degli esseri finiti, e delle leggi fisiche dipende unicamente dal liberovo- lere del creatore, nella natura del quale al- cuna cosa non vi ha, che lo necessiti a dare, o a conservare l’esistenza a tali esseri, e ad imporre ai corpi piuttosto una legge, che un’ al- tra. Nè si dica, che negando io questa neces- 21 sità delle leggi fisiche, sono astretto ad am- mettere, che Dio può cangiare i voleri suoi. Imperocchè se sapendo io con ceriezza, che un padrone intimò al suo servo di fare suc- cessivamente cose diverse, da tale diversità di operare del servo obbediente non dovrò infe- rire mutazione di volontà nel padrone, quan- tunque assolutamente parlando avesse potuto accadere; molto meno, per questo che Dio dal- la eternità abbia decretato, che durante un tempo obbedissero i corpi ad una legge, du- rante un tempo diverso, breve, o lungo che sia, ne adempissero un’ altra, molto meno dis- si, potrò dedurne, che nel volere di Dio es- senzialmente immutabile, abbia avuto luogo alcun cangiamento. Iddio adunque nè è la natura, nè fa parte di essa, bensì n'è la ca- gione effettrice, che la trasse dal nulla, il le- gislatore providissimo , e sapientissimo, che la governa,.il padrone assoluto, dal cui volere liberissimo dipende lo stato, e la conservazio- ne della medesima. 22 CA PONTI. Della definizione della Storia Naturale. P., le cose dette di sopra è stata, s° 10 non erro, abbastanza dichiarata ia nozione della natura. Vediamo ora ciò, che si ha ad intendere per nome di Storia Naturale. E pri- ma di tutto giova il sapere, che quella di- sciplina, oggetto della quale è la cognizione degli esseri, e delle leggi costituenti la natu- ra, viene chiamata in varie guise dagli scrit- torì, massime antichi. E chi Fisica l’appel- la, chi Filosofia naturale, chi scienza, o dot- trina, o storia della natura. E° poi manifesto, i confini di codesta disciplina estendersi a tal segno, che vani sarebbero gli sforzi di colui, al “quale sì proponesse di apprenderla intera- mente. Laonde saggio fa mal sempre riputato il ‘divisainento di quelli, che presero a stu- diarne una sola parte, cercando di renderla iù compiuta, e di ridurla a metodo migliore. Per tal modo si mise ad effetto la divisione della naturale filosofia in varie scienze, o ar- t1 particolari, ad ognuna delle quali fu pre- scritto il proprio oggetto, e fu imposto il pro- prio nome. E Psicologia venne detta quella sclenza , che esamina la natura, e le facoltà 25 delle anime informanti i corpi degli animali. Notomia fu chiamata l’ arte d’ incidere questi corpi, e le piante, a fine d’investigare, e ren- dere palese la loro struttura. Col nome di Chi- mica venne appellata 1 date di scomporre, e ricomporre î corpi , e di scoprire l'indole, ed il genio, dirò così, de loro elementi, e le leg- gi a norma delle quali questi si riuniscono. E fu dato il nome di fisica alla scienza, la qua- le considera i fenomeni, che ne’ corpi si ma- nifestano, e mercè di esperimenti rintraccia le leggi, secondo le quali i medesimi fenomeni han- no luogo , non che le cagioni donde derivano. E “fu imposto all’Astronomia di contemplare i cie- li, affinchè la grandezza, e le rispettive distanze misurasse essa de’ corpi, che colà si trovano, e tenendo dietro ai loro movimenti venisse in cognizione delle norme, cui obbediscono, e predicesse colla maggiore accuratezza le future loro apparizioni. E finalmente, tacendo di al- can'altra parte della naturale Filosofia (nè in questo luogo si ha a dire di tutte ) la S:oria Naturale fu ristretta in modo, che si può definire: la disciplina, che insegna di conoscere, e di distinguere gli esseri esistenti sulla terra, i quali o in tutto, o in parte cader possono sotto degli occhi nostri, e che racconta istoricamente le prerogative , e le principali qualità degli esseri medesimi. Le 24 quali parti della naturale filosofia, comechè distinte ora, e trattate separatamente. non- dimeno sono fra loro co’ più stretti vinco- li congiunte, e dipendono le une dalle altre ,, e prestansi scambievole auto. Il perchè quel- li, che amano di apprendere la Storia Natu- rale non dovranno essere cotanto ignari di dette scienze, massime della Chimica, e della Notomia, da non intendere abbastanza ciò, che queste ne insegnano. CAPO III. Delle divisioni, che si hanno a fare nella Storia Naturale. b) I eccessivo numero, e la somma varietà degli esseri, che la Storia Naturale considera, siccome pure |’ apparente confusione , colli uale sono distribuiti sulla terra , saranno, non v' ha dubbio, alla mente nostra cagione di smarrirsi, se presuma di venire in cognt zione degli esseri medesimi, senza prevalersi dell’ ajuto, che a lei dar possono le accurate divisioni. I moderni naturalisti le chiamano eziandio classificazioni, e c' insegnano. che il fon- damento di esse consiste ne’ caratteri distintivi. Non basta altrimenti all'uopo una sola divi- sione, e si ha a suddividere tante volte, quan- 25 te si richiedono per issombrare, ed appiana-. re, dirò così, le vie, che dirittameute ai sin- goli oggetti ne conducono. S'è introdotto l’ u- so in der Naturale d’imporre nomi distin- tivi ai membri delle divisioni. D° ordinario quelli della prima diconsi i imperi, quelli della seconda regni; vengono in seguito le classi, gli ordini, le famiglie, 1 generi, le specie , indi, se ve ne siano, le varietà. Alcuni natu» ralisti tuttora ivan alle testè accennate di- visioni ne aggiungono altre, dividendo le clas- sì in sctto-classi, gli ordini in sotto-ordini, e così via discorrendo. Vi sono pure di quelli, i quali alla divisione in classi , ed all’ altra in ordini, tre ne frappongono , cioè le divisio- ni in legioni, in centurie, in coorti ; que- ste slrie comprendono sotto di se gli ordi- ni. Allorchè poi un ordine si estende molto, lo dividono questi naturalisti in tribù, ognu- na delle quali si suddivide in famiclio: Fra i metodi altri risguardansi come naturali, al- tri come artificiali; questi da alcuni vengono detti sistemi. 1 metodi artificiali, o sia i si- stemi si seguono qualora si faccia uso di po- chi caratteri, nè quasi altro requisito in esst sì richieda in fuor di quello di servire alla esatta divisione. Per l’ opposto nei metodi na- turali si esige in oltre, che i caratteri ado- perati siano di tal indole, che per essi sì tro- 26 vino nella classificazione prossimi gli uni aglì altri quegli esseri) i quali hanno fra loro il maggior grado di somiglianza. Quindi chi si attiene al metodo audio non si ostina, di- rò così, a valersi di pochi caratteri, e costan- temente di questo , o di quello; ma di molti so- vente fa uso, ed ora agli uni, ora agli altri dà la preferenza, secondo che sono adattati al conseguimento del fine, che si è proposto. GrAsPO n IV: Dei caratteri. di qualità per le quali gli esseri si di- stinguono fra loro diconsi caratteri. Prima di faltne uso per risuardo ad una classe, ad un ordine ec., duopo è conoscerne bastevolmente il valore. Vuolsi cioè in primo luogo considera- re l’estensione dei caratteri, la quale si mi- sura dal numero degli esseri cle ne sono dotati. La vita è per esempio un carattere più esteso della facoltà di sentire, giacchè tutti gli esseri, che sentono, vivono ancora, ma non tutti ghi esseri viventi lianno sensa- zioni, come fra poco vedremo. Si ha in oltre a por mente all'importanza dei caratteri me- desimi; ed è questa di due sorta; assolutà cioè, e relativa. Allorquando considero la 2 qualità, in cui consiste un tal carattere ih tamente, ed a fine di scoprire il grado di perfezione, che in se stessa contiene, ne cerco l’importanza assoluta; cerco poi la relativa se considero codesta qualità negli esseri a’ qua- li compete, e relativamente al modo, onde contribuisce a renderli tali quali sono, ed a farceli conoscere, e distinguere. E° manifesto che I’ importanza assoluta di un determinato carattere è costante, laddove l’importanza re- lativa del medesimo può andar sog ggetta a va- xriazione. Il colore fulvo, a cagion d'esempio, compete al leone, e talyalia ancora al cane famigliare, al gatto ec.; ma poichè 1° anzidet- to Lolonie sl trova generalmente nel leoni, non così nei cani Se nei gatti, sì fatto carattere ha un’ importanza relativa maggiore nel leo- ne, che in quegli altri animali. In oltre i caratteri sono o essenziali, o accessorj, o acci- dentali. 1 primi consistono nelle qualità , che a quel, che ne sembra, costituiscono l’intima natura dell'essere. Gli accessorj sono qualità, che da noi sì risguardano come derivanti dal- l’intima natura. Gli accidentali da questa sì poco dipendono, che l’ essere, ne può anche andar senza. Distinsuo in oltre i caratteri esterni dagl’ interni. Dei primi possiamo ve- nire immediatamente in cognizione col solo 5 uso del nostri sensi, e rimanendo l'essere 28 nello stato suo naturale. Ci sì rendono noti i secondi o mercè di una operazione della no- stra mente, ovvero per la separazione delle parti componenti l'essere medesimo. Quindi le corna del bue, ne sono un carattere ester- no; la struttura di qualche di lui viscere, per esempio dello stomaco,’ n’è carattere in- terno, non potendosi essa osservare senza in- cidere il corpo di detto animale. Il grado d'intelligenza del cane è pur carattere inter- no, mentre si può soltanto dedurre dalle ope- razioni del medesimo, mediante il nbstro ra- gionamento . Sogliono eziandio alcuni conside- rare come carattore la ’'manganzia di ‘uni qua- lità, e chiamano questa mancanza carattere negativo, lasciando alla qualità stessa il tito- lo di carattere positivo. Dalle cose dette sin quì traggo 1 seguenti gi . J caratteri, che servono alle prime di- visioni aver debbono una maggiore estensione di quella, onde sono forniti i caratteri delle divisioni inferiori. L'importanza assoluta dei caratteri è la principal norma per ordinare col metodo na- îurale la serie degli esseri. 3.° Volendo stabilire 1 caratteri dei mem- bri di una data divisione, si ha a tener con- to sopra tutto dell’ importanza relativa dei caratteri medesimi. 9 4. I caratteri essenziali sono quelli, di Landi una maggiore importanza relativa; ne hanno pure una considerevole gli accessorj; gli accidentali non ne hanno quasi di soria alcuna. 5.2 I caratteri negativi sono al naturalista in non pochi casi di grande utilità, e gli age- volano la strada per venire in cognizione di 5 ciò, che un dato essere è veramente. GA Bit, Delle definizioni, delle descrizioni, e dei confronti. S; definisce un essere, quando se ne in- dicano 1 caratteri sufficienti a risvegliarne in noi una chiara, e distinta idea. Tali carat- teri sono del numero di quelli, che si risguar- dano come ‘essenziali. 1 naturalisti nel dare le definizioni saranno attenti a far sì, che ab- biano esse tutti i requisiti prescritti dalla lo- gica, cioè che siano chiare, precise, e con- vertibili. Per mezzo della buona definizione io posso riconoscere l’essere, quante volte mi sì presenta innanzi. Se però voglio procacciar- mene una adequatamente compiuta idea , è mestieri, che non potendo io stesso esaminar- lo, mi giovi di un'accurata descrizione, che 30 ne sia stata data. La descrizione, qualora sia fatta diligentemente, ed ordinatamente, con parole proprie, e spieganti, equivale in certa guisa al ritratto dell’ essere. Non potendo noi penetrare, dirò così, nella intima natura de- li esseri, erriamo talvolta, giudicando essen- ziali quelle qualità, che sono meramente ac- cidentali. Quindi le definizioni fondate su di esse sono insuflicienti all'uopo di riconoscere gli esseri. Se però oltre la definizione se ne abbia anche la descrizione, questa supplirà al difetto di quella. Egli è per ciò, che dico utilissime, anzi necessarie le esatte descrizio- ni. E se gli antichi naturalisti fossero stati convinti di questa verità, non rimarremmo nol troppo spesso incerti, e dubbiosi di quali esseri abbiano essi discorso. E° convenientissi- ma cosa, che quegli il quale rende noto un essere nuovamente scoperto, non solamente lo definisca, ma eziandio lo descriva; e chiun- que descrive gli esseri de° quali si abbia so- lamente qualche notizia, rende alla scienza nostra un importante. servigio. Non ha poi il naturalista mezzo più acconcio dei confron- ti, per procacciarsi giuste idee degli esseri, e tali, che gli servano a trovare agevolmente il adi ‘che quelli occupar debbono nella classificazione. Avvegnachè servono i confron- u a determinare il grado di somiglianza, e di d1 dissomiglianza, 0 come dicono i moderni, i rapporti, lo studio de’ quali ha in questi ul îimi tempi contribuito assaissimo al perfezio- pamento della Storia Naturale. Nelle compi- lazioni, che un ristretto contengono della scien» za si danno le sole definizioni. Nelle opere, che ne trattano con maggiore estensione ‘alle definizioni si aggiungono le descrizioni, ed 1 risultamenti dei confronti. Per tal modo, chi legga, o stud} tali opere, si procaccierà una bastevolmente compiuta idea degli esseri, de’ quali in esse si tratta; laddove chi delle mere compilazioni si mostri pago, a null’altro aspi- rar può, che a distinguere gli esseri fra loro, e ad impararne 1 nomi. CAPO VI. Del linguaggio, così detto, tecnico, della nomencigiura, e della sinonimia, [yi definizioni date dai naturalisti non avrebbero certamente la dovuta brevità, e pre- cisione; e le descrizioni troppo prolisse sa- rebbero , e sprovvedute della necessaria aecu- ratezza, se da essi non si facesse uso di un lin- guaggio , come suol dirsi, tecnico, il quale fosse con sì buone regole stabilito, che nè la man- 52 canza di termini necessari; nè la vaga, ed equi- voca significazione dei medesimi, difettoso lo rendesse. In oltre non basta che nelle detini- zioni, e nelle descrizioni si adoperi un tal linguaggio; è mestieri ancora, che con un semplice nome si indichino i membri del- le diverse divisioni, si faccia uso cioè di una nomenclatura: altrimenti quante volte fosse d’ uopo far menzione , per esempio, di un genere, altrettante si dovrebbe soffrire ll’ in- comodo di ripeterne l’intera definizione. Ed a ciò appunto erano sovente obbligati 1 na- turalisti sino all’ epoca di Linneo, il quale avendo nelle prime sue opere seguito le orme di quelli, che lo precedettero, appresso fat- to accorto dall’esperienza della somma difl- coltà, che vi era nel ritenere a mente tutte le definizioni, e del molto tempo che si per- deva nel ripeterle, quando ne fosse bisogno , conobbe eziandio, che tutto questo era cagio- ne possentissima a ritardare i progressi della. Storia Naturale. Pose egli quindi l'animo al- la creazione di un linguaggio tecnico, e di una ben regolata nomenclatura, e coll’uso, ch’ ei ne fece rendette sì palese la grandissima utilità, di amendue, che appena vi è stato un qualche naturalista, il quale non ne sia ri- masto pienamente convinto, e non ne abbia dato a Linneo la meritata lode. E venendo 33 ora a dir qualche cosa in particolare del lin- guaggio tecnico; avvertirò, che alcuni dopo Linneo hanno voluto spinger la cosa oltre il bisogno: e tante formole, e tanti vocaboli te- cnici hanno. di nuovo introdotto nelle diverse parti della Storia Naturale, da potersene fa- re dei volumi. E siccome l’apprendere, ed il tenere a mente tutte queste formole, e tutti questi vocaboli è cosa troppo difficile , ed atta ad annojare, e a disanimare gli studiosi; e non è poi altrimente necessario L’ esprimere nelle definizioni, e nelle descrizioni tutte le più minute cose, delle quali riesce tante volte impossibile il dare con parole una giusta idea; credo quindi, che tali scrittori, quantunque sì siano proposti il lodevolissimo fine di giovare alla nostra scienza, le abbiano anzi alcun poco nociuto. Nè già con questo voglio io dire, che e migliorare, e ‘perfezionare non si debba all’ uo- po, il Hiysuabgio tecnico proposto da Linneo, ma solamente prego tutti di guardarsi dal far- gli tali aggiunte, da toglierne quella semplicità , e quella nitidezza, che nell'uso pratico è tanto prolicua. E per riguardo alla nomenclatura, noterò, che trattandosi d’indicare le specie ,, è d’ uopo premettere sempre al nome loro , quello del genere, cui appartengono; e quin- di lo stesso nome potrà servire a più specie, purchè siano di genere diverso. Non si può d 54 di altrettanto dei nomi dei generi, delle fa- miglie ec., 1 quali spesso si adoperano soli. E imi sembra usanza da riprovare quella, che da qualche tempo sì va introducendo, di dare, a cagion d'esempio , ad un genere di animali il nome medesimo, che serve già ad indicare un genere di piante. Imperocchè quantunque que- sti esseri appartengano a due diversi regni, come proverò a suo luogo, tuttavia può acca- dere, che in qualche caso rimanga incerto, se con viel nome, 0 la pianta, o piuttosto l’ anima- le si voglia significare . Non pochi nomi di spe- cie, e di generi sono stati derivati da’ nomi d° il- lustri naturalisti. Linneo introdusse quest’ uso, intendendo di stabilire così un premio alle fati- che di coloro, che contribuiscono co’ loro stud} all’ingrandimento, ed al perfezionamento del- la tal nat scienza. E fu al certo saggio il di lui divisamento, e molto ha servito a risve- gliare una nobile gara fra gli studiosi; la quale però è a temere, che molto sia per rallentarsi, se venga da altri imitato l’ esempio di alcuni recentissimi scrittori, 1 quali hanno tribuito un tal guiderdone , anche a que’ loro parenti, o amiei, che nulla hanno mai operato in prò della Storia Naturale. Nè è meno ad in- culcare agli studiosi della Storia Naturale la massima, che i nomi già adottati, non sì de- vono cangiare senza giusto motivo; e che al- 50 lora solamente è permesso di farlo, quando siano equivoci, od esprimenti prerogative, e qualità, che alle cose nominate non competo- no altrimenti; o anche così pecchino per lun- ghezza, e soverchia composizione, da potersi difficilmente ritenere; ovvero trattandosi de’ nomi de’ generi, abbiano con altri nomi tal somiglianza, che agevol cosa sia lo scambiar questi per quelli; o finalmente quando siano barbari, e disdicevoli ad una scienza. Che se d’uopo si abbia di proporre nuovi nomi, po- tendoli trovare significanti un qualche distin- tivo carattere delle cose da nominarsi, si pre- feriranno agl’insignificanti; e qualora sì voglia dedicare, a cagion d' esempio, un genere a qualche naturalista, si vegga bene, che me- riti egli un tale onore, nè troppo sì conceda all'amicizia. Non di rado lo stesso genere, o la stessa specie viene denominata da chi in un modo, da chi in un altro. Dovendo noi sce- gliere fra tali denominazioni, terremo conto delle qualità ‘delle medesime, dell’ autorità di quelli, che le hanno proposte, non che dell’e- poca nella quale è ciò accaduto. Se in queste tre cose andranno del pari, la scelta nostra sarà del tutto libera. Se poi fossero tutte riprove- voli, eccettuata una sola, questa abbracce- remo; se o tutte. o più d’ una siano buone, usate però l’una prima, e le altre dopo, da- 36 remo la preferenza alla più antica; se final- mente, essendone più d'una, od anche tutte conformi alle regole, siano state proposte pres- so a poco, al tempo stesso, sceglieremo quella, l’autore della quale è uomo di merito, e di rinomanza maggiore. Vi ha tal volta giusto motivo di distribuire in più generi le specie, che erano comprese in un solo; allora sì ve- drà, a qual de’ due generi meglio convenga l'antico nome: e se diversità non vi fosse per riguardo alla convenienza, il suddetto nome sì lascerà a quello fra 1 nuovi generi, che ri- tiene un maggior numero di specie: se final mente anche questo numero fosse eguale, la cosa dipenderà dall’ arbitrio nostro. Fatta la scelta di un de’ nomi, co' quali è stato chia- mato un dato essere, non si hanno già a met- tere in obblivione gli altri, che ne sono sino- nimi: è mestieri anzi notarli diligentemente HA onde avvertire quelli a ° quali parliamo, o scri- viamo , che l'essere da noi appellato con un tal nome è quello stesso, che altri chiama con nome diverso; affinchè taluno da questa diffe- renza nei nomi, non s'induca a crederne una uguale nelle cose signilicate. L’ enumerazio- ne adunque dei sinonimi, o come i moderni dicono , la sinonimia , non può senza colpa ne- gligersi dal naturalista. Sgeraziatamente è la sinonimia cresciuta al segno, da imbarazzare 3 alcuna volta la memoria nostra, la quale PE be già carico molto grave, quand’ anche di ciascun essere, vi fosse un nome solo. A fine poi di diminuire nelle opere, che non tratta- no ex professo delle materie, l'ingombro dei sinonimi, si potrà omettere l’indicazione di quelli, che usati sono nelle opere, le quali ra- rissime volte si hanno a consultare. CAPO VII Delle figure . Non mi tratterò ora a parlare della trop- po manifesta utilità, che le figure degli oggetti arrecar possono agli studiosi della Storia Na- turale; nè tampoco cercherò io di provare, che queste figure suppliscono , non di rado, ai difetti delle descrizioni. Dirò piuttosto dell’ er- rore di alcuni, i quali avvisano, che colle so- le figure sì possa acquistare una compiuta idea degli oggetti, ond’è, che si danno essi poco, o niun pensiere delle definizioni, e delle de scrizioni. Imperocchè è verissimo, che insuf- ficienti sono le parole per dare accurata idea di alcune cose, le quali possono esprimersi al vivo, dirò così, mercè delle figure; ma è vero altresì , che la figura di un oggetto, ce ne mo- stra una sola veduta. Quindi alcune parti o 56 in niun modo, o appena vi sono indicate ; al- tre vi sono espresse incompiutamente; leddara l'esatta descrizione, di tutto ci rende preciso conto. È quantunque per supplire all’ accen- nato difetto delle figure , se ne dia talvolta non una sola per ogni oggetto, ma varie, che più vedute mostrino del medesimo, non è però mai, che per esse tutto sì conosca chiaramente, e distintamente. In oltre le figure non c°indi- cano già quali siano i 1 dateinieni distintivi; clò, che fanno le definizioni. Affinchè le figure rie- scano veramente utili al naturalista, è me- stieri, che siano delineate con tale avvedimen- to, che quelle parti, nelle quali risiedono i caratteri principali degli oggetti, distintamen- te vi st scorgano. E se per iscoprire tali ca- ratteri negli oggetti, duopo sia ayutar gli oc- chi colle “Menti: 3 si daranno pure figure, che mostrino gli oggetti ingranditi. Sarebbe a de- siderare , The 1 naturalisti disegnassero essi stessi le figure; e non sapendo, o non poten- do far ciò, è indispensabile , che attenti siano a scegliere un abile sì, ma al tempo stesso diligentissimo disegnatore , il cui lavoro diri- geranno, dandogli i necessarj avvertimenti, ed invigilando, affinchè questi non trascuri ciò, chel è rilevante, nè punto, nè poco dal vero sì discosti. Per riguardo alla indicazione delle figure si dovrà ommetterla affatto, trat- 59 tandosi di quelle, che peccano per inesattez- za, OVVero, qualora siavi alcun motivo d’ in- dicarle, si avvertirà lo studioso dei difetti, che hanno. Altrimenti sì troverà egli non di rado fra le angustie di penosa incertezza, e corre- rà grave rischio di errare. CAPO VIII. Della divisione degli esseri considerati dalla Storia Naturale in due imperj . Gi; uomini generalmente sono fra loro d’ accordo nel credere, che gli esseri, i quali trovansi sulla terra, e che o in tutto, 0 in parte cader possono sotto de’ nostri sensi, sia- no di due sorta, ed a molti di questi esseri sì dà il nome di aiatati 60 altro nome equiva- lente, e molti altri si dicono viventi. Tali de- nominazioni. sono state abbracciate dalla massi- ma parte dei naturalisti nel senso, che quelle hanno comunemente, e con ragione. Imperoc- chè ben è vero, che i nomi sono segni arbitrarj delle cose, ma non è men vero, che quando un nome ha nel comune linguaggio una signifi cazione abbastanza chiara, non sì può preten- dere, che questa gli sia tolta, per dargliene un'altra. Ma quì insorgono alcuni, i quali dicono, che gli esseri, de' quali trattiamo, vi- 4o vono tutti, non eccettuato un solo ; quin di conchiudono, che è insussistente la testè esposta divisione degli esseri in quelli, che vivono, ed in quelli, che non vivono. Af- finchè una tale obbJezione avesse il dovuto peso, si richiederebbe, e che per nome di vita intendessero i nostri oppositori quello stesso, che intendesi dalla comune degli uomini, e che, ciò supposto, si provasse da essi l’esistenza della vita in tutti gli esseri. Ma udiamo come gli avversar) la discorrano su questo rilevan- tissimo punto. La vita, dicon essi, è un’in- terna attività; ma ovunque vi ha forza che agisce, vi ha attività interna; dunque ovun- que vi ha forza che agisce, vi ha pure la vi- ta. E siccome tutti gli esseri considerati dal- la Storia Naturale sono forniti senza dubbio di forze attive, quindi conchiudono, che tutti questi esseri certamente vivono. È, lasciando da parte gli spiriti, de’ quali niuno vorrà ne- gare, che abbiano un’interna attività, non è egli vero, proseguono gli avversar), che tutte le minime particelle de’ corpi vanno fornite di forze? E che altro sono l'attrazione, e la ri- pulsione, la prima delle quali serve a tenere le particelle riunite, l’altra è cagione, per cuì ognuna di esse resiste alle particelle tenden- ti ad occupare le parti di spazio, che la cir- condano? E queste forze si rimangono forse al- 41 cun tempo, anche brevissimo, inoperose? e se ciò mai non accade, si potrà con ragione ri- vocare in dubbio, che vi sia nelle particel- le corporee un'attività interna, e quindi una vita ? E se nonsi può negare la vita alle par- ticelle, si dovrà pure accordare anche a tutti 1 corpi, che ne sono composti, ne’ quali han- no i fisici trovato tante attivissime forze, a cagion d'esempio, la forza elettrica, la magne- tica, la forza di elasticità ec. Adunque la vita è retaggio comune a tutti gli esseri, che la Sio- ria Naturale considera. Alla quale obbJezione rendendo ora a rispondere, non negherò io già, che la vita si dovesse ammettere in tutti gli esseri considerati dalla Storia Naturale, se fos- se da abbracciare la testè esposta definizio- ne di un tal nome. Ma lungi dal credere, che si abbia a far ciò, sostengo anzi, esservi for- tissimo motivo di rigettarla. Imperciocchè gli uomini generalmente, non eccettuati quasi tutti 1 filosofi, per nome di vita ben altro intendo- no, che quell attività di cui parlano i nostri oppositori. Nè già il venire in cognizione delle forze, nelle quali la detta attività consiste, è cosa malagevole ; e non le ignorarono certamen- te gli antichi, qualunque fosse il nome, con cui le chiamarono; ed in qualche modo le conosce, o almeno le può conoscere da se stes- so ogni uom volsare. E chi mai non ha al- 2 ut volta provato la difficoltà, che bisogna vincere, per separare le particelle componenti questo , 0 quel corpo, e non s'è persuaso es- servi un vincolo, o sia una forza, che tende a mantenerle chiped E la resistenza, che op- pongono i corpi alla compressione, non che l'impossibilità di ottenere questa, oltre un da- to limite, che non è già quello del vero, e reale contatto, non mostra forse chiaramente, che vi ha una forza, la cui azione è diretta ad impedire, che le stesse particelle giammai si tocchino? E se intorno a queste cose venga nel debito modo interrogato un uom volgare, risponderà egli, a quel che io credo, in guisa da poterne inferire, che punto non dissente dal fisico. È quì giova riflettere, che per ri- uardo alla vera natura delle forze delle par- ticelle de corpi, l’ ignorano gli uomini tutti ugualmente, e che vengono in cognizione del- le forze, mercè degli effetti, che da esse de- rivano. Quanto è poi al cercare, se vi abbia nelle particelle una sola forza, ovvero più di una, ed a norma di quali leggi accadono i fenomeni, non se ne dà alcun pensiero l’ uom volgare, e ne rimane al fisico e tutta la fa- tica, e tutto il merito. Quello, che sinora è detto delle forze delle minime particelle , dir sì può ancora di quelle de’ corpi. Laonde se generalmente gli uomini non ignorano, che di 45 forze sono dotate le. particelle, non che i cor- pi medesimi; e se ciò nulla ostante, non di- cono viventi tutte le particelle, e tutti i cor- pi; prova è questa , a parer mio , manifesta , che non credono essi, bastar possa a costituire la vita quella sola attività, che in sì fatte forze risiede. E se taluno da me ricerchi il perchè gli uomini così la pensino, rispondo, che lo è, l’avvedersi essi, che codeste forze delle mi- nime particelle componenti i corpi, sono così bene equilibrate, che dalla loro azione non segue alcun movimento, se pure un’ estrinse- ca cagione non venga, dirò così, a pertur- barle, e ad alterare, e talvolta a scomporre i corpi medesimi. Laddove nei corpi, che co- munemente chiamansi viventi, chiunque osser- va un non mai interrotto intestino movimen- to, e quantunque alcuni agenti esterni tenda- no talora ad alterarli, eda distruggerli, al- tri agenti ed esterni, ed interni però si ado- perano incessantemente per conservarli. Veg- gono in oltre gli uomini, che que’ corpi, che essi dicono viventi generano esseri a se somi- glianti, 1 quali crescono, mercè I’ introduzio- ne nella propria sostanza delle materie nu- tritive, ciò che gli altri corpi non fanno. Frequente è poi a chiunque l’ occasione di esaminare l’ interna struttura dei corpi vi- venti, e di scorgere gli organi loro, i canali 44 cioè , per entro al quali scorrono materie flui- de; mentre ne’ corpi non viventi sì trovano bensì pori, ove s' insinuano talora alcuni flui- di, ma nè i pori formano veri canali, nè i fluidi, che vi entrano fanno parte di que’ cor- pi, nè servono altrimenti alla conservazione dei medesimi, ma piuttosto a guastarne la tes- situra. E la morte dei corpi chiamati viventi ( nè vi ha al certo alcuno, che la ignori ) la cessazione cioè di quelle azioni, e di que’ mo- vimenti, che tendono a conservarli ; per la quale cessazione codesti corpi alla condizione dei corpì non viventi sono ridotti; la morte, dissi, è pure agli uomini motivo di chiamar viventi 1 corpi, che le possono andar soggetti. Queste, ed altre considerazioni sono senza dub- bio il perchè gli uomini generalmente fanno degli esseri considerati dalla Storia Naturale, la già enunciata divisione. Ma quì dirà talu- no, già discrepanza , che regna ora fra i fisio- logi nel definire la vita, non è forse chiara prova di non doversi restringer la significazio- ne di questo vocabolo al segno, che noi vo- gliamo? Brown, proseguirà l’oppositore, pre- tende, che la vita consista nell’ eccitamento, cioè nel risentirsi all’ azione degli stimoli. Giusta il parere di Cuvier la vita è un vor- tice più, o meno rapido, più. o meno com- plicato, che trascina con se molecole, ie qua- 45 li, quantunque siano di varie sorta, non dif- feriscono da quelle, che vi entrarono prima; vortice, in cui le molecole individuali entra- no, e donde escono in guisa, che al corpo vivente è più essenziale la forma, che la mate- ria. E Bichat c’insegna, che la vita è l’ aggre- gato delle funzioni, che resistono alla morte. E chi (1) crede, che per definir la vita , d' uo- po sia aggiungere all’eccitamento la riprodu- zione, la riparazione cioè, che si fa di con- tinuo nelle diverse parti de’ corpi, che vivono, per l’azione di una forza detta riproducibilità; e chi in un modo la pensa, e chi in un al- tro. Laonde si può dire, che non vi ha no- zione più vaga, di quella della vita, come da noi sì considera. Fin quì il nostro oppositore . AI quale rispondo in primo luogo ; doversi di- stinguere la definizione del nome, da quella della cosa. Per la prima null’ altro richiede- si, in fuori di una semplice indicazione della cosa stessa; per definire questa è mestieri co- noscerne la natura, e saperla spiegare con pa- role chiaramente. Ora le quistioni, che si agi- (1) E° questo il parere del pregiatissimo mio collega, ed amico il Sig. Professore Michele Medici. Meritano di esser lette le due prime parti di una di lui dottissima memoria sulla vita pubblicata mne’ fasc. 13. 16. de’ nostri Opuscoli Scientifici. 46 tano fra i fisiologi, non risguardano già la definizione del nome vita, cioè non dissen- tono essi nel volere indicare col medesimo que- sta piuttosto, che quella cosa; ma bensì tro- vansi discrepanti nel determinare , e nello spiegare la natura della cosa stessa. In ol- tre non deve recar meraviglia , che da noi s incontrino gravi difficoltà nel definire la vi- ta, considerata generalmente. Imperocchè do- vendo noi giudicarne da soli fenomeni, che ce ne sono noti, nè potendo penetrare nell’ in- tima natura del principio della vita stessa, ci rimane, se non affatto sconosciuta, incerta almeno la vera essenza della medesima. Nè si troveranno al certo in minore imbarazzo 1 no- stri oppositori , se taluno li provochi a spiega- re l’ intima natura delle forze delle particel- le dei corpi, dalle quali deriva quell’ inter- na attività, in cui vogliono essi far consistere la vita. Quand’anche poi impossibil fosse il dare un'esatta definizione della vita, non per questo si dovrà mutare la significazione di un tal nome. Avvegnachè molte altre cose non si possono definire accuratamente, nè per ciò si pretende da alcuno, che sia tolto ad esse il nome, che hanno, e sia dato a cose diverse. Sì conchiuda quindi, che non dovendosi can- giare le definizioni dei nomi adottate già da- gli uomini generalmente , senza un fortissimo 4. motivo, che non essendovene alcuno di far ciò per riguardo al vocabolo vita, e che essendo stato questo nome per universale accordo de- stinato ad indicare ciò, che ad alcuni deter- minati corpi solamente compete, da noi non sì può abbracciare la definizione proposta da alcuni moderni, per la quale la vita sarebbe a tutti corpi comune. Posa adunque sopra solido fondamento la divisione degli esseri considerati dalla Storia Naturale in due im- peri, in quello cioè degli esseri viventi, e nell’ altro dei non PIANA Al primo de’ qua- li, seguendo l’ esempio de’ moderni naturalisti, daremo il nome d'° impero organico, al secon= do quello d’impero inorganico (1). CAPO IX. Della divisione dell’ impero organico «in due regni. ha pi gli uomini s' accordano general- mente a dividere gli esseri considerati dalla Storia Naturale, in quelli, che vivono, e so- no gli organizzati, ed in quelli, che non vi- (1) Il Sig. Raffinesque chiama Somiologia il trattato su i corpi organizzati. à o) 1 ig e sono i non organizzati, così pure di comune consenso separano eglino fra gli orga- nizzati quelli, che hanno la facoltà di sentire dagli altri, che ne vanno senza, e vivono solamente. Ai primi sì dà il nome di anima- li; diconsi i secondi piante, o vegetabili. Tali definizioni deì nomi animale, pianta, vegeta- bile sono state ammesse dai nunc ati eccet- tuatine pochissimi. Taluno di questi ha after- mato, che oltre gli animali sentono ancora alcune, e fors’ anche tutte le piante; e tal altro nega la facoltà di sentire, non solamen- te a tutte le piante, ma eziandio a molti ani- mali. Prima di venire ad esporre, e ad esa- minare gli argomenti, che si adducono da que- sti nostri oppositori, mì sembra opportuna cosa il far ricerca de’ motivi, per li quali gli uomi- ni generalmente si persuadono, che iutti gli animali sentono, e che non sentono nè pun- to nè poco le piante. Ognuno di noi è con- sapevole a se stesso delle proprie senSazigni, ed ha per certo, che ad esse servono gli, or- gani chiamati sensor]. Ognuno di noi pari- mente s'avvede, che certi movimenti del pro- prio cor po accompagnano le attuali sensazioni, o vengono in seguito di quelle, che hanno già avuto luogo. Sa pure ognuno con certezza, che la sua volontà è cagione di molti movi- menti del proprio corpo. Nè queste cose sola- 49) mente ogni uomo conosce, ma vede altresì, che di organi sensor perfettamente somiglian- ti ai suoi sono forniti gli altri uomini, e che in seguito delle Impressioni fattevi sopra da- gli oggetti esteriori, accadono anche nel cor- po degli altri uomini, le mutazioni che nel suo Lino luogo ; e fibre scorge in essi azioni affatto simili a quelle, che in lui dipen- dono dalla volontà. Tutto ciò lo persuade ir- resistibilmente, che gli uomini, non eccettua- to veruno, sono dotati di una facoltà di sen- tire, e di volere pari alla sua. È veggendo, che gli altri animali hanno uno, o più senso- rj, e che accadono in essi pure alcuni degli anzidetti movimenti, non può trattenersi dal credere, che il sentimento, e la volontà siano prerogative di tutti gli alla Qualora poi si ‘faccia taluno di noia considerare le pian- te, che niun indizio offrono della facoltà di sentire, e di quella di volere, non sa egli in alcun modo persuadersi, che ne siano esse for- nite. Una tale maniera di ragionare è al cer- to giustissima , ed a torto pretendono alcuni, che la fermezza, onde gli uomini generalmen- te credono le enunciate cose , sia una mera illusione. E quì torna in acconcio il separare in due classi questi nostri oppositori. Alcuni di essi danno del vocabolo sensazione una de- finizione diversa da quella, intorno alla qua- 50 Je sono gli uomini generalmente d’ accordo; altri abbracciano la comune definizione. Ai primi dico, che errarono grandemente, allor- chè voliero essi cangiare tai significazione di quel nome. E qual bisogno vi era di far ciò? E non è forse chiara, e precisa la defi- nizione, che se ne dì comunemente? Ed il fare queste, ed altre simili innovazioni non è forse di gravissimo detrimeuto agli studiosi, nelle menti de’ quali si genera quindi confu- sione, e disordine? Laonde è a rigettare la definizione della facoltà di sentire (sensibilità ) data da Richerand (4), il quale pretende, che essa sia quella facoltà degli organi viven- ti. che li rende atti a sfieniancatare al con- tatto di un altro corpo, una impressione più, o meno profonda, la quale cambia l’ ordine de’ loro movimenti, accelerandoli, o rallen- tandoli, sospendendoli, o provocandoli. Nè sì deve tampoco ammettere la distinzione , che egli fa di due sorta di sensibilità, una delle quali sia latente, nutrizia, organica, e competa anche alle piante; l’altra meriti di essere detta percettiva, od anche sensibilità cerebra- le. nervosa, animale, non sia però a tutti sli animali comune. Lo stesso dicasi delle altre {1) Elemens de Physiologie Tom. I. 51 maniere di definire o la sensazione, o la facoltà di sentire, usate da alcuni, ed opposte alla co- mune definizione, che per ogni ragione si deve ritenere. Veniamo ora ad esporre, e ad esa- minare gli argomenti di que’ nostri oppositori, che s' accordano con noi nella definizione del vocabolo sensazione. Ed ecco come la discor- re il Signor Bonnet, e seco lui alcun altro. Concede Bonnet, che le piante non danno al- cun. indizio di sensazione , e che nella loro struttura non sì può scoprire verun organo simile a quelli, che negli animali servono al- le sensazioni. Pure, prosegue egli, siccome nella natura tutto è graduato, noi non pos- siamo determinare dove cominci la facolià di sentire. Forse si estende essa sino alle pian- ‘te, almeno a quelle, che sono più vicine agli animali. Che se agli animali più semplici Si recidano le parti, movendo le quali, ci danno essi indizj di sentire, è fuor di dubbio, che sì fatti animali non potranno allora manife- starci le loro sensazioni. E chi ne assicura, che uguale non sia presso a poco la condizio- ne delle piante? le quali hanno forse sensa- zioni deboli al sommo, e di tal sorta, che non le possono CL IApTA OT e E' certo poi, prosegue Bonnet, che togliendo alle piante il sentimento, facciamo fare un salto alla natura, senz’ ha durre alcuna ragione. Nè vi ha dubbio, che 52 la facoltà di sentire diminuisca per gradi dall’ uomo , sino al meno perfetto fra gli anì- mali, senza forse finire in questo, ed esten- dendosi per gradi sempre minori, anche alle varie piante. Ad ammetter ciò, deve pur muo- verci il piacere, che si prova nel moltiplica- re il numero degli esseri, che sentono. Quan- to a me, conchiude Bonnet, amo di persua- dermi, che, ed i vaghi fiori, i quali sono l’or- namento delle nostre campagne, e dei nostri giardini, e gli alberi, che ci forniscono di belle, e saporite frutta, e le annose piante, le quali nelle foreste ergono maestosamente al cielo le loro cime, siano altrettanti esseri, che sentano, e provino, al modo loro, i soavi pia- ceri dell’esistenza. Con tali argomenti si av- visa il Sig. Bonnet, di avere mostrato, cre- dersi da noi a torto, che la facoltà di senti- re non competa altrimenti alle piante. Vedia- mo ora di qual peso siano codesti argomenti. E prima di tutto si noti bene, che per con- fessione di questo naturalista, non ci danno le piante alcun indizio di sentire, e che in esse non vì ha organo di sorta, il quale sia ana- logo a quelli, che negli animali servono alle sensazioni. E non basta forse questo per far sì, che da noi non si presti alcuna fede a chi dice, che le piante sentono? Imperocchè la presente quistione, se le piante sentano, o no, 55 se abbiano, o no organi, che servano alle sen- sazioni, è quistione di fatto. Per non credere oi un fatto, non è mestieri, che si conosca impossibile , e basta il sapere, che non se ne uò addurre veruna prova. Ma niuna prova si ha delle sensazioni delle piante, per confes- sione di Bonnet, dunque non dobbiamo essere ripresi, se non le crediamo. Volendo poi ra- gionare delle cose, secondo le idee, che ne ab- biamo, nè si può fare diversilimentii dobbia- mo dire, che gli organi delle piante non ser- vono alle sensazioni ; giacchè gli usi de’ princi- pali organi vegetabili sono già noti, ed ana- loghi agli usi, cui servono gli organi animali, oh niuna parte hanno nelle sensazioni. Tali sono i motivi, che inducono generalmente gli uomini a ricusarsi di credere, che le piante abbiano sentimento. Il pretendere poi, che intorno a ciò errino gli uomini, eccettuati pochissimi , è cosa da non potersene persuade- re, nè so, se da senno la dicano gli stessi no- stri oppositori. Degno è poi al certo di lode chi sa dubitare prudentemente, ma il farlo senza motivo, può divenir cagione di grave di- sordine, imperocchè è a temere, che la mente nostra acquisti un tal abito di dubitare, per cui non sappia indursi a credere le cose più palesi, e quelle, che meglio delle altre sono dimostrate. Intorno poi alla diminuzione per 94 gradi della facoltà di sentire dall’ uomo sino all’infimo degli animali, non muoverò per ora quistione alcuna, essendomi proposto di trat- tarne in altro luogo. Dico bensì, che l' ulti- mo grado se ne trova nel regno animale. Quantunsue poi non sia questo l’infimo gra- do possibile di deita facoltà, e quantunque si debba per ciò. ammettere in natura quel- lo, che Bonnet dice salto; non dovrò io es- sere ripreso, di non concedere la facoltà di sentire alle piante; giacchè, come fra poco vedremo, e questi salti sono in natura, nè possono a meno di trovarvisi. Non essendovi motivo di credere, che alle piante competa la facoltà di sentire, vano è il piacere, che ta- luno possa provare nel persuadersi, che ne siano esse fornite. L’ illusione svanirà ben pre- sto, se vorrà egli dare ascolto a quanto gl’in- segna la retta ragione. Di un altro argomen- to si valgono alquanti nostri oppositori, col quale hanno in mira di provare, che le pian- te co’ loro movimenti ci danno non equivoci indizj di avere sensazioni, e di agire sponta- neamente. La pianticella, dicon essi, nata di fresco , dirige la sua piumetta verso il cielo, e la radicetta verso la terra; e se tu la ro- vesci. e l’obblighi a così rimanere, le fogliuz- ze della piumetta si rivolgeranno all’ insù, quanto il possono, e la radicetta farà di tut- 55 to per discendere. Parimente, se una pianta venga collocata in sito, ove sia un solo spira- glio, per cui possa entrare la luce, i rami, e le foglie tenderanno tutte verso la med osa ma. E chi ignora, che le radici si dirigono là dove il terreno è più adattato al loro bi- sogno, e che le così dette sensitive tocche appena, raccolgono le loro foglie, e piegano 1 loro rami, e che altre pianta in date circo- stanze, senza essere punio toccate, hanno mo- vimenti singolari? Ed il notturno riposo, o sia, come Linneo lo chiamò, il sonno delle piante, ed i movimenti delle parti sessuali , all’ occasione della fecondazione de’ germi, e questi, ed altrettali fenomeni sono, al dire. de’ nostri oppositori, manifesti indizj, che le piante posseggono la facoltà di sentire , e quella di muoversi spontaneamente. A sì fat- ta obbiezione non si può meglio rispondere, che col dire; i più illustri naturalisti, e fi- siologi, che attentamente hanno esaminato que- sti fenomeni, essere d’accordo nell’ attribuirli unicamente a cause fisico-chimiche, non che alla struttura delle piante, non mai a sensa- zioni, o a spontanee determinazioni delle me- desime. E se di tutto non danno essi adequa- ta spiegazione , clò proviene dal non potersi da noi determinare sino a qual segno gli ef- fetti delle cause fisico-chimiche possano essere 56 modificati dalla struttura delle piante stesse. E dai naturalisti, e dai fisiologi non dissen- tono già gl’indotti, i quali, al vedere, a ca- gion d’esempio, 1 fenomeni delle sensitive, da prima ne rimangono sorpresi, e sarebbero qua- si mossi ad attribuirli a' sentimento, ma ben presto in essi svanisce l'illusione, e proseguono a credere, che niuna pianta abbia vere sensa- zioni. Nè mi fermerò io quì ad esporre le spiegazioni , che i fisiologi danno degl’ indicati fenomeni, mentre la natura di codesto mio li- bro non comporta, che io v’ introduca lunghe disquisizioni su i più rilevanti punti di fisiologia vegetabile. Bensì finirò la risposta all’ addotta obbiezinne, affermando coll’ illustre Prevost (1), che nei soli animali si vedono indizy della fa- coltà di sentire, e che per riguardo ai movi- menti delle piante, non bisogna lasciarsi se- durre dalle apparenze, nè si ha a confidare temerariamente ne’ ragionamenti , che fondati sono su di un’ analogia troppo lontana. Ma è tempo omai di udire quelli, i quali pretendono, che molti animali sprovveduti sia- no della facoltà di sentire. Ed ecco in breve il loro argomento. Affinchè un essere aver (1) Essai analytique sur les facultés de 1°ame Tom. I. pag. 5. a Geneve chez Paschoud. 97 possa sensazioni, è mestieri che sia fornito di nervi, e non basta; sì richiede in oltre, che ad un centro comune collimino i nervi mede— simi. Ma non pochi animali si danno sen- za nervi, e molti non hanno altrimenti l’an- zidetto centro comune, dunque vi ha un gran numero di animali, che non sentono punto. La risposta a quest’ argomento consister deve nel provare, che vi ha ragione di credere, che di nervi siano forniti tutti gli animali, e che a veruno manchi il centro comune de’ me- desimi. Delle quali cose nulla dico ora, con- venendomi di trattarne alquanto estesamente nella seconda parte di questa introduzione ; ed in quella occasione mostrerò, quanto sia insus. sistente l’ asserzione de’ nostri oppositori . Conchiudo quindi essere gravissimo il torto di coloro , i quali, pretendono che non regga la divisione degli esseri organizzati in quelli, che sentono, e sono gli animali, ed in quelli, che non sentono, e sono le piante. E siccome ai membri di questa seconda divisione si dà il titolo di regni, per ciò l'impero organi- co si divide in due regni, l’uno de’ quali sì chiama regno animale, l’altro è denominato regno vegetabile (1). (2) Non facendosi da’ naturalisti alcuna divisione dell’im- pero inorganico, la quale sia corrispondente alla testè esposta divisione dell’impero organico in regni; suolsi comunemente dare all’ impero inorganico, anche il titolo di regno minerale, 58 C'AP'ONSE Della serie degli esseri considerati dalla Storia Natura!e . ID) fuor di dubbio, che ogni essere ha con molti altri, relazioni di somiglianza, e di dis- somiglianza , 0 come dicono i moderni ha mol- ti rappor ti. Ond' è, che l’ aggregazione di tutti li esseri GoassMlerati dalla Storia Naturale sl può, al dire di Vitaliano Donati (1) parago- nare ad una rete, le maglie della quale sono da più parti ad altre maglie riunite; o an- che, giusta il parere di qualche altro natu- ralista, ad una carta geografica, in cuì ogni paese indicato, è attorniato da var] paesi , e con questi dova Siccome poi deve il natu- ralista esaminare con ordine gli esseri, ed il più delle volte ad uno ad uno, prima di ve- nire ai confronti; così d’ uopo è, ch'egli faccia uso de’ metodi, ne’ quali gli esseri sono ordi- nati in una semplice serie. Da quello, che ab- biamo detto, trattando de’ caratteri, è facile il dedurre le norme, che dobbiamo seguire, allorquando si tratti di ordinare una tale se- (1) Saggio della Storia Naturale marina dell’ Adriatico, Venezia 1750, 5 rie; cioè, che non solamente dobbiamo ia conto del grado assoluto di somiglianza, ma eziandio della natura, e del valore de’ carat- teri, relativamente ai quali ha luogo la so- miglianza medesima. In alcuni casì però que- ste norme non saranno bastevoli a renderci esenti da qualunque dubbiezza, ed incerti ri- marremo, o intorno al grado di somiglianza , ovvero intorno al valore, ed importanza de’ caratteri. La serie bene ordinata dicesi natu- rale, perchè la norma seguita nel comporla, è presa dalla natura degli esseri medesimi . Una quistione sottile, e difficile da alcun tem- po è agitata da’ naturalisti, e versa questa appunto intorno alla serie, o come altri dico- no, intorno alla scala degli esseri finiti. Im- perocchè alcuni vogliono una tal serie così graduata, che non vì sia interruzione di sor- ta alcuna, e che da ciascun essere sì passi insensibilmente a quello, che gli vien dopo. Molti altri per l'opposto negano l’ esistenza non solo, ma la possibilità ancora della serie anzidetta. Fra i fautori di codesta serie ve ne sono alcuni, i quali affermano di conosce- re gli anelli, che uniscono, a cagion d’ esem- pio, l’ impero organico all’ inorganico, il regno animale al regno vegetabile; altri confessano d’ignorarli , ieneudo: però per certo, che sì fatti anelli, e sì fatti insensibili passaggi vi 60 debbano essere indispensabilmente . La cristal- lizzazione, se non è una vera vita ( dicono que' primi fatirori della serie non interrotta ). po- chissimo al certo ne dista. Di fatto in viriù della cristallizzazione i minerali acquistano talvolta le esterne sembianze de’ vegetabili, e di tronco, e di rami sono composti. Tal altra volta il tessuto loro è somigliantissimo a quel- lo de’ vegetabili, e vi si veggono fibre, che sì possono da noi separare agevolmente le une dalle altre. Ed appunto questa manifesta ana- logia persuase ad alcuni antichi filosofi, che i minerali possedevano la vita così deriva ve- getativa. Quindi il nome di lino incombusti- bile, fu dato all'amianto, e quello di alberi, di dendriti, alle cristallizzazioni, o alle infil- trazioni di alcuni altri minerali. Ben erano, ripiglio 10, da scusare gli antichi, se ingan- nati da tali apparenze, credevano la vegeta- zione de’ minerali, ma nol sono certamente que’ moderni naturalisti, i quali in mezzo a tanta luce di fisiche verità, che mostrano es- sere la cristallizzazione, fenomeno mirabile sì, ma assai diverso dalla vita. sostengono, che queste due cose appena sono luna dall’ altra distanti. È quand’anche ciò fosse vero, sa- rebbero nella serie prossimi ai vegetabili 336 SO li minerali esattamente, ieompin Mente cri- stallizzati; i dendritici, ed i fibrosi non già, 614 ne’ quali la riunione delle molecole perturba- ta da esiranee cagioni, non potè farsi tran- quillamente , e colla dovuta regola. Per ri- guardo poi al passaggio insensibile dagli anì- mali alle piante, questi fautori della scala non interrotta degli esseri, tengonsi sicuri di averlo rinvenuto. E che altro sono, dicon es- si, que viventi problematici, che partecipano ad un tempo de’ veri animali, e delle vere piante, al segno di meritare i nomi di zooliti, e di piante-animali ? Prima di rispondere a questo argomento, credo opportuno il ricor- dare ciò, che già dissi intorno al modo, onde nol giudichiamo, che un tal essere vivente abbia, o no sensazioni, Mostrai allora, che lo deduciamo dalla struttura del corpo, e dal- le operazioni del vivente medesimo; e quan- to più troviamo la detta struttura distan- te da quella del nostro corpo, e quanto più i movimenti «di un corpo vivente, sono da uelli del nostro corpo dissomiglianti, tanto iù le prove, ‘che noi abbiamo della facoltà di sentire dell'altro corpo, sono deboli ; ; e talvol- ta giungono al segno, da non sa persi da noi decidere, se un tal vivente, sia animale, o pianta; siccome pure alcuna volta rimanghia- mo incerti, se un tal corpo sia, o no dotato di vita. In tali casi, si può ben dire, che questi corpi sono problematici per noi, che 62 appena li conosciamo, non già che lo siano in se stessì. lb rocchè o hanno sensazioni e sono veri animali, o non ne hanno, e sono vere piante. E venendo a parlare dei così det- ti zoofiti, affermo, che niuno di questi è in se stesso problematico, e che non tutti lo so- no relativamente a noi, giacchè molti di essi ci danno manifestissimi indizJ di sentire. Niun vivente poi merita di essere chiamato pianta- animale essendo soltanto o pianta, o anima- le. Laonde è da riprovare una tale denomi- nazione, e sì dovrebbe affatto sbandire dalla Storia Naturale. E° fuor d’ogni dubbio, che la serie degli esseri, quale da noi si conosce, è sovente interrotta, e grandi salti trovansi fra classe, e classe, fra ordine, ed ordine, fra fa- miglia, e famiglia, fra genere, e genere, non che fra le specie, e talora fra gl’ individui di sesso diverso, appartenenti senza dubbio alla stessa specie: e di ciò darò io convincentissi- me prove ne’ trattati su le diverse classi. Ho detto poc’ anzi esservi alquanti fautori della serie non interrotta, i quali confessano di non conoscerla tutta intera, e credono di rendere così sufficiente ragione delle interru- zioni, che appariscono in essa: le quali in- terruzioni scomparirebbero, al dire di codesti naturalisti, se tutti gli esseri finiti esistenti, cl fossero noti battonilatst La quistione ri- 65 dotta a questi termini, quantunque sia di fat- to, non sì può, come ognun vede, sciogliere altrimenti colle osservazioni, e colle testimo- nianze, ma bensì con ragioni desunte dalia possibilità, o dalla impossibilità, dalla conve- nienza, o dalla non convenienza. E per ri- guardo alla possibilità, i naturalisti, che ne- gano l'esistenza della serie non interrotta, la discorrono nel seguente modo. Fra gli esseri a noì noti, alcuni sono viventi, ed altri no; così pure gli esseri, che ci rimangono scono- sciuti, o posseggono la vita, o non la posseggo- no. Ma fra vivere, e non vivere grande è la distanza, dunque ammessi anche nella serie gli esseri esistenti, e tuttora a noi sconosciu- ti, il passaggio dai viventi aì non viventi, non è altrimenti insensibile, e quì vi ha un salto nella serie. Ciò che dicesi de’ viventi, e de’ non viventi, si può ugualmente dire di quelli, che sentono, e di quelli, che non sen- tono ec. Rispondono i fautori della serie non interrotta, che i gradi della vita sono infini- ti, e che fra questi vi ha il minimo, di cui essendo dotato un tal essere, si troverà esso così vicino al più perfetto de’ non viventi, che il passaggio sarà insensibile. La quale ri- sposta a me sembra di niun valore. Imperoc- chè, se i gradi della vita sono veramente in- finiti, ve ne avrà una serie infinita, e sem- 64 pre decrescente, nella quale appunto, perchè infinita, non sì arriverà maì ad un grado così piccolo. che non ve ne siano infiniti al- tri minori; dunque non si perverrà mal a uelio , cile secondo gli avversarj formar do- vrebbe il passaggio dai viventi al non viven- ti. In oltre questi gradì dovranno trovarsi distribuiti in guisa, che ad ogni essere ne tocchi un solo; altrimenti vi sarebbe salto nella serie, siccome pure vi sarebbe, se tutti 1 gradi non esistessero, ed alcuni fossero ri- masti meri possibili . Dunque non solamente 1 gradi della vita sarebbero infiniti, ma infini- to ancora sarebbe il numero degli esseri crea- ii, che vivono. Le quali cose non possono ammettersi, perchè contrarie a quanto ne in- segna la retta ragione. Ma e che diremo de- gli argomenti presi dalla convenienza? Quan- îo a me non so, che se ne possa addurre al- cuno , ii quale abbia alquanto di solidità. Giacchè non si potrà mai provare, che, o la natura degli esseri creati, o l'ordine deli’ u- niverso, o la natura di Dio creatore addo- mandasse questa così detta catena non inter- rotta: nè veggo, che segua alcun inconvenien- te dall’ammettere salti, ed interruzioni nella serie degli esseri creati. Metto fine a questa prima parte della introduzione generale alla Zoologia con un avvertimento a tutti que’ 65 giovani, che si applicano allo studio della Storia Naturale, ed è: di non lasciar troppo libero il freno alla loro immaginazione, la quale se arrivi a prevalere alla tranquilla, e regolata ragione, strascina la mente a’ più gravi, ed a’ più strani errori. E ben ab- biamo di ciò non pochi, e famosi esempj. Il savio naturalista non si perde troppo ad im- maginare, e ad abbellire mal fondate ipote- sì; esamina bensì gli esseri attentamente, e giudiziosamente li mette in serie col miglior ordine possibile; ed allorchè narra i fatti, cer- ca il conveniente modo di darne un’ accurata idea, nè vi aggiunge estranei ornamenti; ed ha sempre in mira di tessere una fedele, e verace istoria della natura, non già un Lu cente, e favoloso romanzo . I 06 PARTE SECONDA DE' FONDAMENTI DELLA ZOOLOGIA, CHE NON LE SONO COMUNI COLLE ALTRE PARTI DELLA STORIA NATURALE, CAPO I. Della prima divisione delle funzioni animali, e di ciò, che st ha da intendere per nome di sistema di organi. (ii animali, come abbiamo detto nella prima parte di questa introduzione, sono esse- ri viventi dotati della facoltà di sentire. Una tale facoltà è tutta loro propria, laddove la vita compete anche ai vegetabili. Le funzioni quindi degli animali sono di due sorta, ed al- cune diconsi vitali, e risguardano la vita, al- tre chiamansi animali, ed appartengono alle sensazioni, ed a tutto quello, che è connesso colle medesime. Per riguardo alle funzioni vi- tali è noto, che, seneralmente parlando, si ese- suiscono dalle piante, in un modo diverso da quello , ond’hanno luogo negli animali. Non vi ha poi dubbio, che il corpo di qualunque animale, dotato non sia degli organi necessarj alle funzioni, cui è destinato. Allor quando vari organi contribuiscono ad ottenere il fine, 67 cui è per natura sua diretta una funzione, all’aggregato di tali organi si dà il nome di sistema. Tanto le funzioni, quanto 1 sistemi corrispondenti 5 ci offrono mezzi per distinguere fra loro gli animali, e forniscono di solido fondamento la Zoologia. E siccome non si può conoscere accuratamente la struttura di sì fatti organi, che per mezzo della Notomia; egli è per ciò, che quest’ arte rischiara mi- rabilmente la strada,che deve battere il zoo- logista. Proponendomi ora di trattare dei fon- damenti della Zoologia , che non le sono co- muni colle altre parti della Storia Naturale, dirò le cose più necessarie a sapersi dal zoo- logista, quelle, cioè, che risguardano, tanto le bbalaoni principali, quanto 1 principali si- stemi di organi, che si trovano ne’ diversi ani- mali. GArb:Ooe1T. Delle sensazioni . Cchanici di noi sa per propria esperienza in che consistano le sensazioni. Se però voglia egli spiegarlo , incontra insuperabili difficoltà, e deve esser pago d’indicarlo in qualche mo- do. Non vi ha dubbio, che il principio sen- ziente di ciascun animale non vada, in virtù di qualsiasi sensazione, soggetto ad una mu- 68 tazione. Sì fatta mutazione consiste nell’ ac corgersi esso di una Impressione fatta su di una data parte del proprio corpo, e nell’ acqui- stare cognizione più, o meno chiara di certa qualità di quel corpo, che produsse |’ impres- sione. È siccome è a credere, che il princi- pio senziente non sia già la per tutto il corpo degli anìmali, ma risieda in una de- terminata parte, quindi allor quando le im- pressioni fatte sono fuori di essa, è mestieri, che vengano colà trasferite, ove stassi il prin- cipio senziente. E° certo poi, che l’effetto della 11 pressione anzidetta consister deve in un movimento, ed è pur innegabile, che col solo mezzo di movimenti, può essere in certo modo trasmesso un tal’ eletto alla sede del principio, che sente. Tanto l’effetto dell’ im- pressione, quanto il mezzo, onde viene essa, se ve n'abbia d° uopo , trasferita. non costi- tuiscono però la vera sensazione. Questa ap- partiene esclusivamente al principio, che sen- te, ed include un qualche grado d’intelli- genza. Il perchè non può essere la sensazione una modificazione della materia. Quindi il principio, che sente è distinto dal corpo, e con ragione dalla maggi or parte dei filosofi vie- ne chietito anima immateriale. E quelli, 1 quali rimangono fermi nel dire, che i bru- ti non sono che macchine, dovranno pur ne- 69 sare al medesimi le vere, e reali sensazioni, quantunque in essi, e le impressioni abbiano luogo, e sì trasferiscano in un modo simile a quello, onde ciò accade in noi medesimi. Non tutte le sensazioni avvisano gli animali delle stesse qualità de’ corpi, nè tutte inducono nell’ animo loro la stessa mutazione. Vi han- no quindi varie sorta di sensazioni. Intorno alle quali nulla aggiugnerò, sì perchè ognuno sa quante siano, e come vengano denominate, come ancora, perchè il tratiarne estesamente non appartiene al zoologista. CAPO III. Degli organi, che servono alle sensazioni. Fai diverse sorta di sensazioni, va- rie saranno pure le impressioni, che servono alle inedesime. Tali impressioni poi devono farsi sopra organi costrutti in modo, da pro- varne quegli effetti, in seguito de’ quali sì ri- svegliano nell’animo le corrispondenti sensa- zioni. A codesti organi si dà il nome di sen- sor, e di essi ogni animale ha un certo nu- mero, maggiore, o minore. I sensory vengono Fini ( . . . formati da parti diverse, ed eccettuato quello del tatto, sono assai limitati. Fra le parti poi, che compongono un sensorlo, alcune servono a modificare l’ impressione, altre provano in ispe- cial modo l’effetto della medesima, e lo tra- smettono alla sede dell'animo. Queste ultime parti. dei sensor] , senza le quali, non possono aversi sensazioni, si chiamano nervi. 1 nervi poi sono 0 visibili, ovvero invisibili : quelli de- gli animali minutissimi non sì potranno giam- mai da noi vedere. Allorchè i nervi si ve- dono, o li riconosciamo per quelli, che sono, o non li riconosciamo. Poli (1) per esempio anatomizzando certi animali molli, che vivono, nel mare mediterraneo, ne vide i nervi, li descrisse, e ne dette esatte figure; non li ri- conobbe però per nervi, e gl’ indicò quindi con ben altro nome. Ci sono abbastanza noti molti nervi del nostro corpo. La figura, il colore , la struttura di essi, ci serve per giu- dicare dei nervi degli altri animali. Se 1 ner- vi di questi non abbiano alcuna somiglianza co’ nostri, noi non li riconosceremo per nervi. Da pochi anni in qua sono stati scoperti 1 nervi di molti animali; e se si eccettui l’ul- (1) Testacea utriusque Siciliae etc. vi 1 tima classe, che comprende animali microsco- pici , in ogni altra trovansi animali, i cui ner- vI sono stati osservati, e sono stati riconosciu- E’ poi fuor di dubbio, che tutti gli ani- bs hanno nervi, giacchè tutti gli animali sentono, nè vi può essere sensazione senza tali organi. Laonde errano grandemente tutti quel- Hi. ja quali impugnano codesta asserzione col dire; in molti animali non sì veggono nervi, dunque non vi sono. Imperocchè il non veder- vi, ed il non riconoscervi i nervi, proviene senza dubbio o dall'essere gli animali picco- lissimi, ovvero dall’eccessiva sottigliezza dei nervi stessi, o anche dal non aver questi tal somiglianza co’ nervi del nostro corpo, che basti a farceli discernere , e distinguere. Chi avesse usato di quell’ argomento alquanti anni fa, si sarebbe indotto a negare l’esistenza de’ nervi in quegli animali, in cui gli hanno sco- perti colla loro industria, e colla loro diligen- za 1 moderni anatomici. Ma e non si nega forse, dirà taluno, la facoltà di sentire alle ‘piante, perchè, in queste non scorgendosi i nervi , sì giudica, che non vi siano? Non è già, rispondo io, la mancanza di nervi, che move generalmente gli uomini, a credere che le piante non bbi1o sentimento , bensì a così pensare gl induce il non vedere ne’ moti di quelle, alcun indizio di sensazioni. La qual 2 A essendo certa, acquista peso non lieve anche l’altra prova dedotta dal non ricono- scervi nervi; la quale se fosse senza la prima non avrebbe alcun valore. È per riguardo agli animali meno perfetti, il riflettere , che essi muovonsi in guisa, da mostrarci, che han- no e sensor]j, e sensazioni, almeno quelle del tatto; e che eseguiscono non poche azioni in un modo simile a quello, onde gli altri ani- mali si comportano, allorchè operano volon- tariamente; è questo, come già dissi in al- tro luogo, il fortissimo motivo, che noi abbia- mo di riputarli animali, e quindi forniti di nervi, e di tutte le altre parti, che alle sen- sazioni, ed ai movimenti volontarj si richie- dono. E se non possiamo di alcuni scorgere i nervi, ed 1 muscoli, ci persuadiamo facilmen- te, che ciò da tutt'altra cagione provenga , fuorchè della vera, e reale mancanza di sì fat- tl organi. I nervi, che da noi sì vedono, e sì rico- noscono ne’ diversi animali sono filamenti mol- li, bianchicci, internamente formati da so- stanza midollare , rivestiti da una membrana detta neurilema. Se i primi sottilissimi fili de’ medesimi siano rotondi, ovvero piano-ro- tondi, se abbiano, o no un’ interna cavità, se per entro vi scorra un fluido attivissimo, che meriti il nome di fluido nerveo, ovvero 73 un tal fluido non vi sia; ricerche sono que- ste, che appartengono al fisiologo , ed all’ ana- tomico, ed intorno alle quali nulla è stato fi- no ad ora deciso. Negli animali, in cui tro- vansi 1 nervi, non sì veggono già questi iso- lati, e sparsi, ma bensì comunicanti, ed uni- ti fra loro, a formare un aggregato, cui si dà il nome di sistema nervoso. Questa comunica- zione, e questa riunione dei nervi ci deve persuadere , che a torto pretendono alcuni, non avere in certi animali il sistema ner- voso centro di sorta. Non è poi altrimenti necessario, che questo così detto centro sia un mero punto, e vi ha motivo di credere, che abbia esso un’ estensione, la quale però non si può da noi determinare. Nè anche sap- piamo indicare con precisione, ove sia un tal centro, per mancanza di quelle osservazio - ni, e di quelle esperienze, che a tal uopo st richiederebbero, e che non potremo forse ese- guire giammai. Ci presenta il sistema nervoso nenti animali grandi differenze , delle qua- Ji quattro sono principali; e varietà di que- ste possono considerarsi tutte le altre. Negli animali più perfetti il sistema ner- Voso è composto di una primaria massa, det- ta cervello, di un gran tronco chiamato mi- dolla spinale, indi di filamenti nervosi, che sì ramificano, e che talvolta si uniscono intima- 74 mente a formare quelle minori masse nervose, cui si dà il nome di ganglj. (1) In altri animali il sistema nervoso è for- mato da masse nervose sparse riunite da fila- menti, una delle quali situata sopra l’ esofago ottiene il nome di cervello, e da essa sì par- te un collaro, che cinge l’esofago stesso. Al- tri filamenti, che si ramificano , e si distri- buiscono alle parti, escono tanto dal cervello , come dalle altre masse nervose. (2) Vi hanno poi animali, ne’ quali sopra il ventre si scorgono due cordoni, longitudinali , nervosi, che tratto tratto si rigonfiano, e for- mano alquanti nodi, o ganglj, con certa re- gola distribuiti in una fila. Quello di sì fatti nodi, che sta sopra l’ esofago, si denomina cer- vello. Dal medesimo parte un collare , che cir- conda l’esofago; ed i nervi destinati sile par- ti diverse, tanto da questo primo nodo, come, da’ susseguenti traggono origine. (3 Finalmente negli potenti la struttura de’ uali è assai semplice, il sistema nervoso con- siste in filamenti senza ganglj, e senza cervel- lo, uno di questi filamenti cinge la bocca, e (1) Tav. I. fig. 1. Vedi la spiegazione delle figure di det- ta tavola nel fine di questo volume. (2) Tav. I. fig. (3) Tav. I. fig. 3, 5 dal medesimo si dipartono gli altri, come al- trettanti raggi, e si ramificano per distribuir- si alle diverse parti. (1) E° questa la principale divisione, che può ora farsi delle diverse forme del sistema ner- voso. Non è inverosimile, che ulteriori sco- perte siano per obbligarci in appresso a mi- gliorarla, ed a correggerla . Essendo il sistema nervoso formato da’ principali organi. che ser- vono alle sensazioni, alla funzione cioè più es- senziale agli animali, è manifesto, che la con- siderazione di un tal sistema, deve stare som- mamente a cuore al zoologista. Quindi nelle introduzioni alle diverse classi non ometterò d’indicare le principali variazioni, che in es- se presenta. GA 06. De° movimenti volontarj. [pr mezzo delle sensazioni vengono avver- titi gli animali, e dell'interno stato del loro pesa e della presenza degli oggetti esterio- . E poichè alcune di queste sensazioni so- no grate all’animo, ed altre ingrate può egli (1) Tav. L fig. 4. 76 quindi venire in cognizione di quello , che nuoce, € di quello, che giova. Inutile però, anzi tormentosa gli sarebbe questa cognizione, qualora in verun conto potesse egli rimuove- re le cose nocive, e procacciare le giovevoli . Ma nulla di questo far potrebbe , se dal vo- lere di lui non dipendessero que’ movimenti del proprio corpo, che sono all’ uopo necessa- rj; dunque alla facoltà di sentire per ogni ragione doveva andar congiunta l’altra di avere volontarj moti nel proprio corpo. È ben di questa seconda facoltà ci danno non equi- voci segni anche gli animali meno perfetti, le determinazioni de’ quali ad allontanare, o a fuggire ciò, che può esser loro cagione di detrimento, ed a correr dietro, e ad impos- sessarsi di quello, che tornar può a loro van- taggio, sono oltremodo somiglianti alle deter- minazioni , senza dubbio volontarie, che in uguali circostanze vengono prese da più per- fetti animali. Ill perchè non so intendere co- me alcuni moderni, possano affermare, in tut- ti gli animali non aver luogo movimenti, che dipendano dalla volontà. Gli scrittori, i qua- li dicono, che da un certo numero di ani- mali non si eseguiscono movimenti volonta- rj, si hanno a separare in due classi. Al- cuni di essi pretendono, che codesti animali non posseggano altrimenti la facoltà di senti IAA re, e perciò ricusano di ammettere in essi al potere di muovere volontariamente il pro- prio corpo. Alquanti altri non fanno distin- zione di sorta fra la volontà, e la libertà. E siccome sanno bene, che la libertà non è prerogativa di quegl’infimi animali ( e non V è di alcuno, in fuori dell’ uomo ) si persuadono quindi , che nol sia, nè anche la volontà, Chia- mano poi spontanei 1 movimenti, che giusta la comune opinione, indicano in sì fatti anl- mali la volontà: e con ciò mostrano chiara- mente, che al vocabolo spontaneità danno una significazione tale, da non inchiudere la vo- lontà. Non mi fermerò io qui a rispondere ai primi. giacchè mì sembra di avere supe- riormente detto della facoltà di sentire, ciò, che persuadere dovrebbe a chiunque, non es- servi animale, che ne sia sprovveduto. Nè mi assumerò tampoco l’incarico di spiegare ai se- condi la differenza, che passa fra la volontà, e la libertà, per la quale differenza, tutte le azioni libere sono volontarie, ma non tutte le azioni volontarie sono libere. Bensì mi con- tenterò di ricordare alcune psicologiche dottri- ne relative a questo importantissimo punto : cioè, che per avere un'azione volontaria, ba- sta che l’ animo da se o si determini ad una cosa. appresa già come buona, o rifugga da un’ altra appresa come cattiva, Quindi alla 78 volontà si oppone la coazione prodotta da ester- na forza, non già l’interna necessità. Un Leo- ne bimelioi scorge, per esempio, la preda; tostamente un’interna necessità lo induce a cor- rervi dietro, e ad assalirla, ad afferrarla, metterla in brani, a divorarla. Ecco una se- rie di atti puramente volontarj. Affinchè poi siavì libertà, è mestieri, che non solamente non vi abbia alcuna esterna coazione., ma eziandio si richiede, che non vi sia alcuna interna necessità, di modo che, posti tutti i requisiti ad agire, la volontà possa o deter- minarsi, o non determinarsi ad una tale azione : e di ciò mille esemp)j somministra l’ uomo. Ora anche gli animali meno perfetti, per mez- zo delle sensazioni apprendono alcune cose co- me buone, ed altre come cattive; cercano quindi le prime, fuggono le altre, e ciò fan- no volontariamente, non essendovi costret- ti da alcuna estrinseca forza; ma non libera- mente, perchè ve l’induce un’interna neces- sità. Mi rimane a dire alcuna cosa della spon- taneità. Due significazioni ha questo vocabolo presso gli scrittori sì antichi, che moderni. Talvolta si dice spontaneo qualsiasi effetto pro- dotto da una causa, in virtù di una forza, che le è intrinseca, tal alira volta si definisce la spontaneità in guisa, che non differisce dalla volontà. Presa la spontaneità nel primo si- ( gnificato, non solamente gli animali, ma Di dio le piante, e per fino gli esseri inorganici dotati di forze, hanno movimenti spontanei. Qualora però si prende la spontaneità nel se- condo senso, li movimenti spontanei non com- petono ad altri esseri organizzati, in fuori degli animali. GHARP.OAV: Degli organi, che servono ai movimenti degli animali . Lu quotidiana esperienza ci convince, che li animali tutti possono cangiare la figura, ed il sito di molte parti del loro corpo, e che, eccettuati pochi, hanno essi pure la fa- coltà, così detta loco-motiva, di trasferire cioè l’ intero suo corpo da una porzione di spazio ad un’altra. I movimenti di un animale non dipendono tutti dalla di lui volontà, e ve ne hanno alcuni; che sono affatto involontar]. Quanto agli organi destinati alla immediata esecuzione i dé movimenti! è noto, che s in- dicano essi col nome di muscoli. Sono i mu- scoli fasci di fibre molli, poco elastiche, rive- stite di un tessuto cellulare, che serve pure ad unirle insieme. I muscoli forniti vanno di nervi, e di vasi: allorchè per entro a questi 60 scorre un fluido rosso, anche i muscoli veggon- sì rosseggianti . Se le fibre elementari de’ mu- scoli siano cilindriche, o piatte; se abbiansi a credere internamente cave, ovvero del tutto solide, non è stato fino ad ora deciso dagli ana- tomici. Hanno luogo 1 diversi movimenti degli animali, mediante la contrazione, ed il rilas- samento de’ loro muscoli. Per la contrazio- ne addivengono questi più corti, e più lar- ghi, ed acquistano grossezza, e durezza mag- giore di prima. La contrazione accade, al- lorchè un qualche stimolo. agisce immedia- tamente su i muscoli, ovvero su i nervi, che s' insinuano, e si distribuiscono ai medesimi. Il fenomeno anzidetto viene attribuito ad una forza, che sì risguarda come inerente ai mu- scoli, e dicesi irritabilità. Qualora poi la volontà dell'animale si determina a produrre un qualche movimento nel corpo, si vale essa del ministero de’ nervi. Quale sia la natura della irritabilità, ed in cheì consistano gl’ in- terni cangiamenti de’ muscoli, prodotti da una tal forza, e come l'animo, mediante i nervi, indur possa i muscoli a contrarsi; sono queste ricerche, le quali da lungo tempo esercitano . l’ ingegno, e l'industria de’ fisiologi: finora però non hanno essi potuto dissipare le dense tenebre, che ci vietano di conoscere intorno a sì fatti punti, la verità. Gli animali con- 61 formemente a’ loro bisogni, atti sono a muo- versi in un modo piuttosto, che in un altro. Dipende ciò dalla figura, struttura, e sito di quelle parti, che servono al moto. Allorchè sì muove un animale, il di lui corpo o rima- ne appoggiato alla solida terra, ovvero si ag- gira per entro ad un fluido. Un tal fluido poi è o l acqua , 0 l’aria. Nel primo caso il movimento si chiama nuoto, nell’ altro dicesi volo. Alcuni animali possono muoversi succes- sivamente in due degl’ indicati modi, altri in uno solamente. A torto alcuni antichi naturalisti avvisaro- no, che i caratteri presi dal muoversi alcuni animali sulla terra, ed altri nell’ acque, po- tessero servire alla prima soglogioa divisione . Si vedrà da noi in seguito, che differenze di tal sorta, in qualche caso, sono appena atte a farci distinguere un genere da un altro, e che alcune classi, ed alcuni ordini sabrina animali, che si muovono in diverso. modo, e vivono in un ‘elemento diverso. Il zoologista adunque terrà esatto conto della struttura, figura, e situazione, non che del numero delle parti serventi al moto degli animali , e si var- rà di tali caratteri, a norma della loro im- portanza, e del loro valore. 02 CAPO VI. Delle parti dure, che trovansi nel corpo di alcuni animali . Av noi detto delle parti , che servo- no alle sensazioni , ed ai movimenti, ragion vuole, che ci fermiamo alcun poco a consi- derare le parti dure, le quali trovansi nel corpo di alcuni animali . Imperocchè o for- niscono esse 1 muscoli de’ punti d’ attacco ne- cessary a renderne l’azione vigorosa, ovve- ro oltre quest’ ufficio, hanno pur l'altro di racchiudere, e proteggere le parti molli, e sopra tutto le principali fra quelle, che ser- vono alle sensazioni. Varia è.la consistenza, e la durezza delle parti, di cui ora trattiamo. Ed:'av-ichi è isnota la durezza delle ossa, non che quella delle chioeciole, delle corna , e delle cartilagini ? Diversa è pure la strut- tura, ed il tessuto di codeste parti, e sembra, che non tutte si formino alla stessa guisa . Delle quali cose fanno diligente ricerca, e di- sputano fra loro gli anatomici. Allorchè po! le parti dure sono esteriori; e servono come di asilo all’ animale, diconsi gusci; quando so- no esteriori e sottili , e sovrapposte alle diver- se membra per nodo: che tengano luogo d’ in- iegumenti, dieniai croste; finalmente, quan- OT (0179, do siano interne, e fra loro riunite mercè di legamenti, e di muscoli, formano ciò, che propriamente si appella scheletro : il quale se composio venga principalmente di parti, che abbiano la consistenza, e la tessitura delle ossa, sarà osseo, si dirà poi cartilagineo , quando le parti, ond’ è formato siano vere cartilagini. Negli animali più perfetti il cervello è rin- chiuso dentro una specie di scattola ossea, o cartilaginea, cui si dà il nome di cranio; e la midolla spinale stassi dentro un canale formato da molti anelli, parimente ossei, o cartilagi- nei, detti vertebre; e queste riunite l’ una sopra l’altra, sono ciò, che chiamasi colon- na vertebrale. Gli animali, che. vanno sen- za midolla spinale, non hanno nè anche una tale colonna, e diconsi invertebrati; quelli, che | hanno, ottengono il nome di animali vertebrati. Se nello scheletro de’ vertebrati irovinsi altre parti, oltre le testè indicate, sono quelle principalmente destinate a forni- re di attacchi,e di sostegni i muscoli. Fra non molto vedremo di quanta importanza sia la considerazione di tutte queste differenze, e quanto se ne siano giovati, per le classifica- zioni, non meno gli antichi, che i moderni zoologisti . CAPO VII. Della nutrizione in generale, ed in particolare della digestione . Ato quando gli esseri organizzati comin- ciano a vivere, non sono già le parti tutte del loro corpo perfeitamente sviluppate, e più o meno ne deve crescere la dimensione. In ol- tre per le continue azioni, codeste parti van- no soggeite a detrimenti, ed a perdite assai gravi della loro sostanza. Laonde sì fatti es- serl o ben presto, se non avessero la facoltà di appropriarsi particelle, che pri- ma in verun conto gli appartenevano, e di dare a queste il temperamento, che non han- no di per se stesse, e che all’ uopo è neces- co Ed è appunto ciò, che si dice nutrizio- . Ma quantunque sbbid luogo la nutrizio- ne tanto nelle piante, che negli animali, il modo però, con cul si effettua, è assal diverso. E dovendo io pur dire alcuna cosa intorno a questa funzione, quale si eseguisce dagli ani- mali, accennerò col dovuto ordine le princi- pali operazioni, che a compierla si richiedo- no. Ed in primo luogo parlerò di quella, per la quale fanno gli Fit entrare le materie nutritive , il cibo cioè, dentro il loro corpo. Sa ognuno, che molti animali vanno in cerca 05 del cibo loro confacente, e s° affaticano per trovarlo, mentre altri aspettano, che venga loro innanzi. Ora tutti gli animali, che ba- stevolmente si conoscono, sono forniti, almeno di una esterna apertura, cui sì dà il nome di bocca, per la quale entrano i cibi in una cavità chiamata stomaco, o anche tubo dige- rente. Sono pur tutti gli animali provveduti di mezzi, per introdurre nella bocca il cibo, o se non altro per ritenerlo; quando vi entri , dirò così, spontaneamente. Allora poi, che il cibo è disceso nella cavità dello stomaco, ha luogo una mirabile operazione chimico-anima- le, detta digestione, la quale talora incomin- cia nella bocca, e talora sì nella bocca, che nello stomaco viene agevolata con mezzi, che possono dirsi mecanici. In virtà di una tale operazione il cibo sì aliera, e si scompone; e gli elementi di esso, a norma delle affinità lo- ro, sì riuniscono a formare nuovi composti, e tali, quali appunto il bisogno li richiedeva . Mentre l’anatomico rintraccia diligentemente la struttura degli organi, che servono alla digestione, ed il fisiologo cerca il modo, ond’ es- sa sì compie, e per quanto è possibile, ren- de ragione de’ fenomeni, che vi hanno luogo, il zoologista nota esattamente la figura, ed 11 numero degli strumenti, de’ quali gli animali servonsi per prendere il cibo, per introdurlo 86 nella bocca, per ritenerlo, per disporlo alla digestione, non perdendo però mal di vista quelle diverse strutture: degl’ interni organi digerenti, che possono a un qual- che lume, a vie meglio conoscere la natura, e l'indole degli animali, che ne vanno forniti. GA PO VII Della distribuzione del nutrimento alle parti, e della respirazione degli animali. IÎ nutrimento già preparato per mezzo del- la digestione, non servirebbe ai bisogni degli Ra se non venisse distribuito alle di ine se parti del loro corpo. Era dunque mestieri, che fossero gli animali provveduti di organi atti ad estrarre il nutrimento dal tubo dige- rente; e di altri organi ancora; l’ ufficio de’ quali consistesse nel trasportare ad ogni parte il nutrimento medesimo. È l’ una, e l’altra cosa poi richiedeva, che codesto nutrimento già preparato , fosse fluido. Quindi ogni ani male è fornito di vasi, che assorbono un tal fluido, e di canali, entro i quali scorrendo esso, e sovente ognor più elaborandosi , viene a tutto il corpo distribuito. Ed è cosa vera- mente mirabile, che negli animali, ed in quel- 07 li eziandio, il corpo de’ quali è formato di parti fra loro assai diverse, il medesimo flui- do basti a nutrirle tutte, e che ognuna di esse se ne appropril quella porzione solamen- te, di cui abbisogna. Ma relativamente alla distribuzione del nutrimento, non in tetti gli animali procede la cosa allo stesso modo. La- onde diversi sono pure gli organi, ehe servo- no a codesta funzione. De’ quali non tratte- rò io già in guisa, che dia ora di tutte le loro differenze una esatta idea; bensì dirò di quel- le solamente, la cognizione delle quali è in- dispensabile, per ben intendere la divisione degli animali in classi, riserbandomi di far menzione delle altre, quando torni in accon- cio, nei trattati particolari. Il fluido nutritivo, allorchè viene estratto dal tubo digerente, è quasi senza colore, ov- vero bianco. Quando poi dà esso il nutri- mento alle parti, vedesi in non pochi ani- mali di color rosso, mentre in altri è ri- masto qual era innanzi. Gli antichi nel pri- mo caso, lo chiamavano sangue, nell’ altro , sanie. I moderni naturalisti però vogliono este- sa la significazione del vocabolo sangue, ad ogni fluido, che serve immediatamente alla nutrizione, qualanque ne sia il colore. Quin- di i vasi, per li quali scorre un tal fluido, o» diconsi sanguigni. Ma per poco lasciamo di 66 esaminare sì fatti organi, e rivolgiamo l’ at- tenzion nostra a considerarne alcuni altri, de- stinati a compiere una funzione sì strettamen- te collegata colla distribuzione del nutrimen- to, da poter dire, che in certo modo, le ap- partiene. Sono questi gli organi, mediante i quali, la così detta aria vitale degli antichi, cioè l’ossigene, in singolare, e forse non per anche del tutto manifesto modo, agisce sul san- gue, e lo rende ognor più atto sli nutrizione. Una tale funzione si chiama respirazione. Sarà essa superficiale , quando accada ne’ vasi san- guigni, che sono alla superficie del corpo del- \ animale, o in vicinanza della medesima. In- terna poi si dovrà dire, allorchè ha luogo ne’ vasi sanguigni delle parti inine da feliveda respirazione o sì eseguisce in alcune parti del corpo degli animali solamente, ovvero in mol- te, o anche in tutte. Nel primo caso la re- spirazione sì chiama limitata, e parziale, ne- gli altri più, o meno generale. Per riguardo agli organi, che immediatamente servono a questa funzione, anch'essi possono essere di- versi di numero, di struttura, e di sito. Qua- lora la respirazione sia universale, e per as- sai molte aperture entri l’aria ne’ vasi desti- nati a riceverla, a questi si dà il nome di vasì aeriferi. Ma se non abbia altrimenti luogo una respirazione rigorosamente univer- 89 sale ( non sia però nè anche limitata a poche parti ), e per un certo numero dì esterne aper- ture, entri l’ ossìgene in vasi, che si suddivi- dano in altri minori, e molto ramosi addiven- gano; le aperture diconsi stimate, ed i vasi anzidetti trachee (1). Se poi un ristretto nu- mero vi abbia di organi respirator], e le aper- ture siano poche, o anche una sola; si dà agli organi anzidetti il nome di polmoni, o quello di branchie. Ma non sono i moderni natura- listi fra loro d’accordo nel definire codesti nomi. Ed affinchè s' intenda bene in che consiste la discrepanza , avvertirò esservi alcuni ani- mali, alla respirazione de’ quali prende par- te l’ossigene libero, qual’ è quello dell’ aria atmosferica , luddeso alla respirazione di al- tr; inuebvitios. ed agisce l’ossigene, che era fra le molecole dell’ acqua , e che n’ esce per quella funzione. Sonvi adunque alcuni moderni naturalisti, i quali chiamano pol- moni gli organi limitati, interni, che servono alla respirazione , purchè a questa prenda par- iegh ossigene libero: ma qualora l’ossigene fos- se all'acqua frammisto, prima della respira- (1) Tav. II. fig 7. una porzione di trachea. Fig. 8. una delle stimate della Lamia tessitore ( Lamia textor Fabricii). Amendue questi oggetti sono ingranditi. o Da agli organi anzidetti danno. il nome di branchie. Altri poi ristringono il nome di polmoni a quella sorta di organi respirato- r] limitati, ed interni, a’ quali viene intro- dotio l’ossigene per mezzo della sola apertura della bocca ; e quando l’ossigene sia intro- dotto per altre aperture, chiamano sì fatti organi branchie. Quindi giusta l'avviso di questi naturalisti, vi sono due sorta di bran- chie, le une così dette aeree, e le altre così dette acquee. Da ciò che abbiamo esposto, o- gnuno comprende il significato di cotai modi di dire. Vuolsi in questo luogo notare , che in alcuni animali, a motivo della respirazione, svolgesi una quantità rimarchevole di calori- cdicantbitve in altri ciò non accade. Laonde il sangue de’ primi si dice caldo , perchè ha una temperatura maggiore di quella dell’ aria atmo- sferica, ed il sangue de’ secondi, la cui tem- peratura è presso a poco uguale a quella del- l’aria anzidetta, chiamasi freddo. Ritorniamo ora agli organi, che servono a distribuire il fluido nutriente alle parti. 1 vasi sanguigni o hanno un centro comune, cui siano tutti diretti, ovvero non l'hanno. Nel primo caso que’ vasi, per li quali il san- gue scorre dalle parti verso il centro, chia- mansi vene; ottengono poi il nome di arte- rie i vasi, per li quali il sangue dal centro ri- 1 torna alle parti. Allor quando vi abbia un centro de’ vasi sanguigni, ivi stassi, il più delle volte, un viscere palecolss: cavo interna- mente, nel quale sboccano le vene, e donde escono le arterie: a questo viscere si dà il nome di cuore. Generalmente vi ha un cuor solo; ma vedremo a suo luogo, esservi alcuni animali, che ne hanno tre, de’ quali quel di mezzo può risguardarsi , come il centro cui di- rigonsi i vasi sanguigni (1). In non pochi ani- mali il cuore non ha una sola cavità, ma bensì due, o tre,o quattro(2). Le cavità, che rice- vono il sangue dalle vene, chiamansi orecchiet- te, quelle dalle quali il sangue passa alle ar- terie, hanno il nome di ventritali, Le orec- chiette stanno sovente sopra i ventricoli, e di questi sono più piccole. Se poi il sangue , allontanandosi dal centro del sistema sangui- gno, percorra le parti tutte del COrpo , in- di ritorni. là, donde partì; si dice, che ha luogo una vera generale circolazione del san- gue medesimo, e questa circolazione non si compie, che negli animali, il sistema respi- ratorio de quali è limitato. In sì fatti anima- li o tutto il sangue, o almeno una porzione (o) Tay.; IL. he 6, (2) Tav. II. fig. 2. 3.: vedine la spiegazione in fine di questo volume, 2 del medesimo, dal centro deve primamente dirigersi agli organi respiratorj, per subirvi quel cangiamento , che lo rende ognor più at- to alla nutrizione. Che se poi tutto il sangue vada all'organo respiratorio, e da questo tor- nì direttamente al cuore, indi n° esca per es- sere distribuito alle altre parti, la circolazio- ne sì chiama doppia. E° da avvertire, che al- cuni autori chiamano doppia la circolazione, ogni volta, che tutto il sangue passa per l’ or- gano respiratorio, faccia, o no il doppio giro da noi testè indicato, e lasciano il nome di circolazione semplice a quella, nella quale una porzione di sangue dal cuore si distribuisce alle parti, senza passare prima per l'organo respiratorio. E ciò basti per ora, intorno al- la distribuzione del nutrimento, ed intorno alla respirazione. CAPO IX. Della propagazione degli animali. €) cancia la nutrizione sia per natu- ra sua diretta al compenso delle perdite , e de’ gravi detrimenti, cui vanno di continuo sog- getti i corpi, che vivono, pure, come ognun sa, non è dessa bastevole a vincere, o a rimuovere sì le ordinarie, che le straordinarie cagioni, per 93 le quali, gli organi di que’ corpi soffrono ir- reparabili ‘dani nè sono più atti a servire alla vita. Quindi la cessazione di questa, cioè la morte. Siccome poi, atteso l’ ordine stabili- to dall’ autore sapientissimo della natura, la successione degli animali, e de’ vegetabili, fi- no ad un dato tempo, durar deve nel glo- bo, ehe noì abitiamo, così gli uni, e gli altri dotati furono della facoltà di procreare esseri del tutto loro somiglianti. La quale pro- creazione è cosa piena di tali meraviglie, che ognuno le deve ammirare, intenderle tutte pe- SO ad umana mente non è concesso. Imperoc- chè nè si possono osservare tutti 1 fenomeni appartenenti ad una tale procreazione, nè sì può avere contezza, che basti delle cause, che la producono, nè del modo, con cui que- ste agiscono. Laonde, non è a meravigliare, se molti, e filosofi, e naturalisti, soffrendo di mala voglia d’ ignorare tutto questo, abbia- no Immaginate, e sostenute ipotesi cotanto op- poste fra loro, ed in tal numero, che il ra- gionare di tutte, esigerebbe non breve tem- po, e fatica. E poichè alcune di esse sono di per se così assurde, che è agevol cosa l’ av- vedersene; e niuna ve n°’ ha, la quale posi sopra tal fondamento, da poterla abbraccia- re, senza grave timore di allontanarsi dalla verità ; così ho giudicato conveniente , il re- 9%” stringere il mio discorso alla sola esposizio- ne di alcuni rilevantissimi fatti, che risguar- dano la propagazione degli animali, e che da veruno sì possono con ragione rivocare in dubbio. L'osservazione ci rende certi, che o in tut- gl’ individui, o in alcuni solamente, di ogni sorta di animali, (se ne sia il corpo abbastan- za formato ), vi hanno corpicciuoli, che con- tengono i rudimenti di altri simili animali; 1 quali rudimenti, poste le condizioni, all’ uo- po necessarie, sì svolgono, e si compiono, ed escono dal corpo , cui appartennero. À questi corpicciuoli si dà il nome di germi. Negli animali poi, il corpo de’ quali ha una strut- tura più complicata, veggonsi alcune parti limitate, che contengono i germi; laddove in molti altri sono i germi sparsi, quasi per tutto il corpo, e ne escono chi qua, e chi là; e co° nomi di bulbetti, o di gemme s’ indicano, quando abbiano somiglianza co’ germi delle piante, a' quali si danno codesti nomi. In ol- tre negli animali, che da noi sì possono os- servare bastevolmente, affinchè i germi si svol gano compiutamente, ed addivengano essi pu- "n veri animali, si richiede, che abbia luogo la funzione, chiamata fecondazione, alla quale sono destinati alquanti organi. E° allizio di al- cuni di essi contenere il germe, e somministrar- 95 gli i comodi di svilupparsi, e di uscire alla lu- ce ; servono gli altri a dare alle macchinette de’ germi quell’ impulso, che le rende atte a di- venire veri animali, ad essere cioè informate dalle anime. Nè sempre sono riuniti tutti que- sti organi nel medesimo individuo, ma soven- te in due distinti veggonsi distribuiti . Quel- lo, che rinchiude i germi dicesi femmina, l’altro ha il nome di maschio; e gli organi , che nel primo servono alla fecondazione, chia- mansi organi femminei, quelli del secondo, organi maschili. Una tale differenza di sì fatti organi, s'indica pure col nome di ses- so; quindi il sesso femminino, ed il maschile. Non tuttii gl’ individui, ne’ quali i due sessi sono riuniti, possono fecondare se medesimi, ed in qualche caso due di essi si fecondano reciprocamente, e fa ognuno le funzioni di maschio, fecondando l’altro, e di femmina, nell'essere da questo fecondato. La feconda- zione o ha luogo, mentre il germe è den- tro il corpo della madre, ovvero dopo, che n'è già uscito: nel primo caso, essendo gli organi così detti sessuali, distribuiti in due individui distinti, è necessaria l’ unione, o sia l'accoppiamento de’ medesimi, e la feconda- zione sì chiama interna. Qualora poi essa si compie, essendo già il germe uscito dal corpo materno, la fecondazione si dice esterna. dl 96 germe già formato si rimane, generalmente par- lando, per qualche tempo entro il corpo del- la madre. Essendo esso d’ognì parte rinchiu- so entro involti proprj, dicesi uovo . Alcune volte esce alla luce così rinchiuso, e la madre è per ciò ovipara . Ma quando il germe già spilbppato, o sia il feto venga partorito non rinchiuso ne’ detti involti, stuuodai considerare, se mentre rimase entro il corpo della madre, eb- be, o no comunicazione organica colla mede- sima sì, che alcune funzioni si eseguissero in comune; la quale comunicazione si abbia a toghere nel parto stesso, mediante il tronca- mento de’ vasi, che la costituivano. Allorchè questa comunicazione vi sia stata, la madre dicesi vivipara ; altrimenti chiamasi vipara. Il feto già partorito dalla madre vivipara, co- mechè non abbia più con questa alcuna or- ganica comunicazione, pure non è bastevole a procacciarsi il necessario nutrimento; e la madre glielo dà della sua propria sostanza, ed adattatissimo al di lui bisogno. Un tale nutrimento, detto latte, raccogliesi in certe parti, chiamate mammelle. Negli altri ani- mali la madre non di rado provvede alla nu- trizione del feto nato, coll’ andar in cerca del cibo opportuno, ai prepararlo, col por- gerglielo . Vi hanno pure feti, i quali. appena usciti dal corpo della madre, sono attì a pro- tend i curarsi il nutrimento, nè abbisognano della. trui aputo . Per riguardo poi alle uova ; quel- le di non pochi animali, dopo di essere state partorite , e0 prima bello dopo fecondate, hanno mestieri di chi le covi; ad altre non è ciò altrimenti necessario . 1 fatti esposti fin quì, sono per mille prove dimostrati veri , nè si possono con ragione da alcuno rivocare in dub- bio. Io gli ho considerati soltanto relativa- mente allo sviluppo , ed alla fecondazione del germe , ed alla uscita del medesimo dal corpo della madre, non mai riguardo alla formazio- ne dello stesso germe , Lo alla quale ho già dichiarato di non volere tener discorso . Ed è appunto per questo, che mi sono aste- nuto dal chiamare gli organi maschili, e fen- ge organi della generazione. Imperocchè I” idea di questa inchiude l’idea della formazione del germi ; se perciò se avessi nominati a quel modo sì fatti organi, avrel mostrato di crede- re, che prendano essi parte in una tale for- mazione. E degli organi maschili è abbastan- za certo, che, le in alcuni animali, non servono essi nè punto, nè poco alla prima for- mazione del germi, mentre questi trovavansi senza dubbio nel corpo della femmina, indi- vendentemente dal maschio, e prima , che esso l’ufficio adempisse di fecondarli; e vi sareb- 7 . 98 bero per ciò stati, quantunque la fecondazio- ne non fosse accaduta giammai. Prima di metter fine a questo capo, dirò poche cose dei modi, onde avviene la diffusio- ne, e la distribuzione dei germi. Per riguardo ad alcuni animali, non è difficile di osservare la cura. che le madri pongono nel depositare } germi in siti opportuni, nell’ asconderlì, e ig inserirli talvolta entro altri cor pi viven- . Quindi l'improvvisa comparsa in tali .cor- si di un gran numero di animaletti, che molti uomini volgari, non sapendo donde sia- no venuti, nè come slanvi entrati, credono formati là dove li trovano. E così la pensa- vano pure ne’ tempi andati non pochi natu- ralisti, 1 quali vedendo, per esempio, nel- le carni infradiciate formicare certi insetti, non so qual virtù generativa de’ medesimi at- tmbuivano alla putredine, ed una sì fatta ge- nerazione dicevano equivoca, o anche sponta- nea. La quale sentenza sopra tutto dispiacque a:due sommi naturalisti italiani, Redi, e Val- lisnieri. Il perchè si accinsero essi ad osserva- re quelli, e molti altri insetti, e tanto ado- perarono di pazienza, e d’industria, da saper cogliere le madri nel momento, in cui furti- vamente inserivano le uova là, dove in segui- to gl’ insetti comparivano. Ma ciò che Redi, e Vallisnieri, e seguendo le orme di questi, al- f 99 quanti altri naturalisti, fecero intorno agl’i in- setti, non può, a quel ch’ io credo, fai su molti altri animali; nè ci riuscirà mai di scoprire come, € quando accada la diffusione de’ loro germi . E chi a cagion d° esempio saprà. dirmi, come i germi degli animaluzzi, che si: svolgono nelle infusioni delle foglie, de’ semi ec., e che per ciò chiamansi infusorj, siansi colà trovati? Chi saprà additarmi il vei- colo, che porta i germi degl’intestinali nel corpo dell’uomo, e di tanti altri animali 7 Ben si potrà supporre, che l’aria istessa, e le acque diano ricetto ai germi degl’infusorj , i quali si svolgano allora solamente, quando ab- biano luogo tutte le condizioni a ciò necessa- rie. Ben sl potrà credere, che col materno latte talvolta, ovvero cogli alimenti, o anche coll’ aria inspirata , s s'introducano nel nostro corpo, ed in quello degli altri animali i ger- mi degl intestinali ; ma il provar tali cose con osservazioni, che non amiettano eccezio- ne alcuna, ecco ciò, che io credo superio- re ai mezzi de’ quali noi siamo forniti. Non è però tutto questo, sufficiente motivo di ri- chiamare, dirò così, dall’oblivione la senera- zione equivoca, come fanno alcuni chodengii, falsamente credendo di appagare così quella curiosità, che ci stimola di continuo,' a rin- tracciare le cagioni delle cose, e che ci fa sof- 100 A mal volentieri d’ignorarle. Tmperocchè a parer mio più inintelligibile, che un corpo organizzato tragga origine da particelle inor- ganiche. mediante le sole forze comuni a tut- ti 1 corpi, di quello sia, che i germi, a ca- gion d’esempio di un infusorio, minutissi- mi, e leggerissimi, vengano sotlewiti nell’ at- SOA Ton già sappiamo dar ricetto alle particelle de’ corpi più pesanti; e che cotai germi, colle pioggie, colla rugiada qua, e là cadano, e trovando l’ opportunità, si svolga- no, e crescano. Quanto a me non saprò mai indurmi ad ammettere, questa così detta, ge- nerazione spontanea, e terrò sempre se non per cosa dimostrata, almeno per cosa oltre- modo verisimigliante, e da credersi, non es- servi alcun animale, il cui germe non sia uscito dal corpo di altro simile animale. Non cercherò poi come, e quando siasi formato co- desto germe, essendo io ben persuaso di non potere ciò scoprire giammai. GA PO TX. Della specie zoologica . I luogo stesso ci chiama a dire alcuna cosa intorno alla specie, quale viene conside- rata da’ zoologisti. Imperocchè questa non è 101 altro, che la raccolta di tutti gli animali individui, aventi la stessa ra, e la stessa essenza, €@ procreati ( eccettuatine i primi ) da animali somiglianti. La quale definizione quantungue sia iena, non ci somministra però sufficiente mezzo di riconoscere, e di de- terminare le vere specie natarali. Di fatto, affinchè questo da noi si potesse conseguire, sarebbe mestieri di avere chiara, ed adegua- ta idea di ciascun animale, e di saper distin- guere ciò, che gli è essenziale, da quello, che gli è accidentale; ciò, che non può andar sog- getto a mutazione veruna, da quello, che può cangiarsi. E siccome l’intima natura, e la reale essenza degli esseri, ci è il più delle volte ignota, quindi ai zoologisti sovente nul- l’altro è è permesso fuor che trascegliere fra le qualità costanti degli animali quelle, dalle quali derivano le altre, e costituire per tal guisa l'essenza così detta mentale de’ medesi- mi, e su di essa stabilire le specie. Ed es- sendovi motivo di credere, che codesta es- senza mentale, non sia alcune volte conforme alla reale essenza degli animali, per ciò le spe- cie de’ zoologisti non dovranno sempre aversi in conto di specie paturali. Per riguardo al- le varietà possono queste essere durevoli, e costanti, ovvero incostanti. Chiamansi costan- ti, qualora le cause attuali, e finite non ba- 102 stano a togliere a quelle i caratteri, che le distinguono. Altrimente diconsi incostanti, o semplicemente varietà. Le razze non sono, che serie di generazioni di varietà costanti. Chiunque deve persuadersi, che talvolta da noi si risguardano le razze, come specie distin- ‘te; e che in qualche caso una semplice va- rietà si ha da noi per una specie: e ciò ac- cade allora principalmente, quando ci man- cano 1 mezzi di fare i confronti all’ uopo ne- cessarz. Per ovviare a sì gravi inconvenienti, bisognerebbe stabilire il rispettivo valore de’ caratteri distintivi delle specie, delle razze, e delle varietà, e prescrivere le norme per de- terminare codesto valore. Ma è egli possibile il farlo? L'ignoranza in cui siamo della vera essenza de’ diversi animali, n'è al certo un grande ostacolo. In oltre I essenza mentale di questo , o di quell’animale non si concepisce da tutti allo stesso modo, ed è quindi impos- sibile, che i zoologisti si trovino sempre d’ ac- cordo nel dire, ché un tal carattere è vera- mente essenziale, ovvero, che non lo è. Final- mente a decidere la cosa sarebbe necessario il sapere qual genere d'influenza a costituire un animale, come noi lo conosciamo, abbia questa , 0 quella qualità. Ma anche di ciò so- vente rimaniamo dubbiosi. Laonde lo stabili- mento delle specie, quale si eseguisce da’ zoo- 105 logisti, spesso abbisogna di correzioni, le qua- li allorchè siano, dirò così, volute da osser- vazioni accurate, e non ntkick prima , o non prima giustamente valutate, si haono a fare, nè st ha a dare ascolto a quelli, i quali sen- za giusto motivo declamano contro tali can- giamenti, ed amano meglio di persistere osti» natamente nell’ errore, anzichè di toglierlo dalle loro menti, e di emendarlo. CAPO XI. Delle variazioni degli animali, e delle cagioni delle medesime . Che gli animali vadano soggetti a varia- zioni, le quali non agl’individui siano sempre limitate, ma talora si estendano alle gene- razioni, è verità incontrastabile confermata da mille prove di fatto. Le differenze dell’ at- mosfera, e del clima, le qualità diverse del- le sostanze alimentari, e molte altre circo- stanze intrinseche, ed estrinseche agli animali stessi, sono le cagioni, per cui accadono ne’ medesimi cangiamenti non essenziali, tali però da meritare, che se ne tenga più, o meno conto dal zoologista. Ma sonvi poi limiti ol- tre i quali non possano estendersi codeste va- riazioni? È se vi sono cotai limiti, si pos- 104. sono essì da noi conoscere? Ecco A rilevan- tissimi quesiti, proposti da alcuni moderni zoo- logisti. E per riguardo al primo quesito 10 sosteigo, che vi sono limiti, i quali sepa- rano “de vere specie naturali; e tengo per fermo, che le variazioni di qualsiasi specie naturale non solamente non possono oltrepas- sare tai limiti, ma non vi debbono nè anche entrare. Imperocchè l’ essenza di due specie, quantunque vicine fra loro , differisce neces- sariamente in una, o più qualità, e siccome le essenze reali delle cose sono immutabili, altrimenti non sarebbero vere essenze, quindi l’anzidetta differenza separerà non solo, ma terrà distanti quelle due specie, e per conse- uente ancora le varietà delle medesime. Que- sto modo di ragionare è fondato, come ognun vede, sulla nozione dell’ essenza, e su quella della specie, che vengono ammesse dalla mag- gior parte de’ filosofi, e de’ naturalisti. So bene, che alcuni moderni affermano, le essenze , e le specie esistere soltanto nella nostra men- tene ad esse non corrispondere alcun i OBAGhr to reale. Ma so altresì, che quando s' intro- ducano tali massime nella filosofia, e nella storia naturale, e quando siano ricevute, e l’ una, e l’altra scienza rimarrà destitui- ta d'ogni fondamento, e che supposto vero quel che dicono, e non sanno, mè possono 105 provare i nostri oppositori , tutti gli esseri non sarebbero, che variazioni, non però di specie, giacchè specie non si può dare, quando non vi sia l’essenza. Ma udiamo come taluno cerchi di persua- derci, che percorrendo da un estremo all’altro, il regno animale, non si trovino che o anima- li semplicissimi formati, mercè di una sponta- nea generazione, ovvero variazioni derivanti mediatamente, o inmediatamente da’ medesimi. Stabiliscono adunque questi naturalisti, per base della loro dottrina, che gli animali di struttura semplicissima, non d’altronde pro- vengono, che da generazioni spontanee, e che per tal mezzo se ne formano di continuo . Hanno poi come certa cosa, gli altri animali di struttura complicata propagarsi pes mezzo di germi; ma vogliono, che e questi, e que- ghi ‘animali: si possano trovare in circostanze diverse, dalle quali loro sopravvengano diver- si bisogni. E siccome ogni animale al prova- re un bisogno, cerca di provvedervi, e nulla lascia intentato per riuscirvi; quindi allorchè a ciò poco, o nulla adattata n'è la struttu- ra, necessità costringe l’animale a fare masg- giori, o minori sforzi. E tali sforzi sono ap- punto, al dire di que’ naturalisti, la cagione, per cui accadono notabili cangiamenti in que- sta, o in quella parte, in questo, o in quel- 406 } organo del medesimo. Anzi gli sforzi sono talvolta sì grandi, da far comparire alcune parti affatto nuove. Le quali da prima sono appena abbozzate , ma in seguito si perfezio- nano. Nè già tutto ciò avviene in un solo individuo, bensì gli sforzi si richiedono d’assai numerosa serie di animali derivanti gli uni dagli altri, affinchè una data parte, che nel- l’ infimo di essi comparve appena, nel supre- mo sia resa compiuta . il perchè non può da noi misurarsi il tempo a ciò necessario ; in confronto del quale l’ età nostra può risguar- darsi come un istante. Ed ecco il motivo per cui non ci accorgiamo di sì fatti cangiamen- ti. E questi naturalisti pretendono, che non siano già tali cose mere ipotesi, ma fatti in- contrastabili. E cercano di provarlo dalla prao dazione, che si osserva nella serie degli ani- mali conoscinti; e senza esitar punto, indi- cano le derivazioni di molti, e compongono alquanti alberi, dirò così, genealogici , nel tronco de’ qusH sia un infor lo, ovvero un intestinale , e ne’ rami, per gradi, situati veggansi animali di struttura ognor più com- plicata. E credono ancora di potere rendere sufficiente ragione se non di tutti, almeno di alcuni cangiamenti accaduti. Si supponga , di- con essi, che un tal animale fosse nato, e vissuto per qualche tempo nell'acqua. Se d’im- 40 provviso si trovi esso all’asciutto, ben è di to, che proverà bisogni affatto nuovi. Gli or- gani, che nell’ acqua servivano alla respira- zione, inetti sono a compiere questa funzione nell’ aria; le parti destinate al nuoto mal pos- sono eseguire i necessarit movimenti nel duro terreno; tutta la conformazione del corpo è disadatta al nuovo modo di vivere, cui il can- giamento delle circostanze obbliga quell’ ani- male. Che fa esso adunque? mercè di continui sforzi fa sì, che le branchie lascino di esser tali, e si dispongano a divenir polmoni ; che le aletie colle quali nuotava, tal mutazione pro- vino, che se non bastino per correre , serva- no almeno a muovere qualche passo, e dove non erano gambe, comincino a vedersene i rudimenti, e così dicasi di tutti gli altri or- gani, che bisogno hanno di cangiamento, e di riforma. Questo animale per tal modo muta- to procrea altri simili animali, i quali non sl ristanno dal far nuovi sforzi, e questi indu- cono nuove mutazioni. E finalmente dopo mol- te generazioni, le parti antiche di nuova for- ma rivestite sono, e da altre affatto nuove ven- gono accompagnate; sì che guardando gli estre- mi della serie niuno saprà persuadersi , che l'uno derivi dall'altro; la qual cosa si rende manifesta, e palese, allora soltanto, che di- ligentemente , e colla dovuta attenzione sì esa= 408 minino gl’intermedj. Nè per dissimil guisa cercano questi naturalisti di spiegare, come, a cagion d’ esempio da’ rettili siano derivati gli uccelli, e mostrandoci certi rettili, che volano, quantunque imperfettissimamenie, e certi uccelli, che non possono volare, nuota- no però benissimo ; ecco gl’intermedj, esclama- no, i passaggi cioè iaia dagli uni agli al- tri animali. In questo modo Lamarck, ed alcuni altri naturalisti discorrono delle variazioni degli animali; nè da essi dissentono per riguardo a’ punti principali Treviranus, Prochaska, Sprengel, Lenhossek nelle loro opere di fi- siologico argomento . La rinomanza de? quali PISTA è, a mio credere, la principale ca- gione, per cui, soprattutto fuori della nostra Italia, hanno eglino già non pochi seguaci. E siccome la presente quistione se gl’infuso- Tm} ce ghi intestinali, equivocamente vengano generati, e se da essi derivino tutti gli altri animali è quistione di fatto; vediamo in pri- mo luogo da quali osservazioni siano stati in- dotti li testè nominati autori ad abbracciare, ed a sostenere la parte affermativa. Vrisberg, dicon essi, Needham, ed Ottone Federico Mul- ler attestano di avere cogli occhi proprj mol- te volte osservato, che qualora una porzione dì sostanza organizzata è rimasta per alcun 40C tempo nell'acqua, e vi si è scomposta, si a ma ivi una pellicola trasparente, e gelatino- sa, dalla quale escono sferette pur trasparen- ti, e gelatinose, che da prima muovonsi va- cillando . Da queste sferette derivano le così dette monadi, gl’ infimi cioè fra gli animali. ed i più semplici , che possano vedersi, ed imma- ginarsi. Sovente pol le monadi mutano figura, e ben diverse appariscono da quelle di prima, e perciò s' indicano con altri nomi. Vrisberg aggiunge, che a produr una sferetta gelatinosa basta l’unione di due particelle della sostanza organica scomposta , addivenuta per clò stesso inorganica; e che in alcuni casì si generano gli altri infusory per la semplice unione del- le monadi. E che altro vi vuole, conchindono Treviranus, Sprengel ec. per credere, che vi sono osservazioni atte a comprovare l’equivo- ca generazione degl’ infusor] , e la trasforma- zione de’ medesimi in animali di struttura ognor più complicata ? E quello, che è pro- vato degl’ infusor] , si deve credere ancora, giusta i parere di questi scrittori, degl’ inte- stinali. Per rispondere ad un tale seo non muoverò io già dubbio, come alcuni fan- no, se le monadi appartengano al regno ani male. Piuttosto mostrerò, che poca fede me- ritano i racconti fattici da Vrisberg, da Nee- dham, da Mulier, relativamente a queste lo- 110 ro osservazioni, e che quand’anche fossero ve- ri, e schietti, niun argomento se ne potrebbe trarre a favore della generazione spontanea degl’ infusor] , e delle trasformazioni di que- sti, d’ una in altra specie, anzi d’uno in al- tro genere. E già delle osservazioni di Vri- sberg dubita lo stesso Muller, il quale con- fessa, che in tanti anni da lui spesi in esa- minare infusorj, non gli è accaduto di vedere quella formazione delle sfereite gelatinose, e degl’ infusorj, della quale cant di essere stato testimonio Vrisberg. Delle vescichette, o sferette gelatinose poi, ecco quel che ne dice Spallanzani (1). Per più ore del giorno non allontanava l'occhio dal microscopio per non perderle mai di vista. Le trovava sempre in pienissima quiete, dopo un dato tempo si strug- gevano in atometti invisibili..... Talvolta nel iempo , che appariscono le véscistata il li- quore comincia ad albergare gli animaletti. Questi andando in busca di alimento, soven- te si affollano attorno ad esse, e talora ‘vi entrano dentro. Le vescichette aventi dentro se gli animaletti, non è raro il vederle com- prese da sensibile movimento; usciti, che ne siano gli animaletti, si ridona alle vesci- (1) Opuscoli di fisica animale, e vegetabile Volume I. dii chette la primiera immobilità. Donde con- chiude Spallanzani, che la creduta anima- zione di quelle vescichette è tutta un giuoco degli animaluzzi infusorj, quivi dentro an- nidati. Nè deve recar meraviglia, che Nee- 5 dham, Vrisberg, e Muller non siansi accorti di questi loro travedimenti. 1mperocchè le difficoltà, che s'incontrano nell’ osservare gli animali microscopici sono innumerabili, per confessione dello stesso Muller. Facilissimamen- te accadono illusioni ottiche, e se 1’ osserva- tore sia prevenuto, e brami di scoprire una data cosa, la sua immaginazione si riscal- da, e sovente lo induce a credere di vedere, quello che in realtà non vede nè punto, nè poco. Ma quand’ anche gl’ infusorj derivasse- ra da quelle vescichette, o sferette gelatinose, sì dovrebbe per questo negare, che gl’ infuso- rj nascano da’ germi, e si dovrà dica che forminsi spontaneamente ? Non già. Imperoc- chè e chi ne vieta di avere quelle sferette in conto de’ germi stessi, i quali allorchè comin- cino a svilupparsi, siano compresi da qual. che movimento? Nè già lo staccarsi tutte le sferette dalla pellicola trasparente, di sopra in- dicata, è prova, che vengano esse formate per l'unione delle particelle, appartenenti già alla sostanza organizzata. che si è scomposta, ma bensì, che in tale pellicola , e non altrove 412 hanno trovato questi germi tutte le circostan- ze, che si richiedevano al primo loro svilap- o. - Per riguardo poi alle trasformazioni de- gl’ infusorj, quando fossero vere, proverebbero unicamente, che codesti animali al pari di molti altri debbono passare per diversì stati, e prendere diverse figure, prima di consegui- re il loro perfezionamento . E potranno bene quegli osservatori indicare tali variazioni con diversi nomi, non già stabilire per esse nuo- ve specie , e perfino nuovi generi. Adunque, e vi ha giustissimo motivo di credere inesatte le osservazioni di Vrisberg, di Needham, di Muller, e quand’anche accurate fossero quel- le di Muller, non basterebbero al certo per obbligarci ad ammettere la generazione spon- tanea degl’infusorj, e le vantate loro trasfor- mazioni d’ una in altra specie, d’ uno in altro genere. E che diremo di quel preteso assioma, che sì spesso ripetono i nostri oppositori , la na- tura cioè non poter produrre gli animali, che successivamente, procedendo dal più semplice al più composto? Diremo, che con tale asser- zione suppongono certo ciò, ch'è falsissimo , ed assurdo. Incontrastabili prove abbiamo noi di non essere comparsi gli animali nel nostro globo colla succesione immaginata da’ nostri op- positori, e che in natura non vi hanno forze da produrla. Sia pur vero, che le circostan- 113 ze în cui trovinsi gli animali, sì possano can- giare, provino essi per ciò nuovi bisogni, un qualche sforzo abbia pur luogo negli stessi animali, onde provvedere a sì fatti bisogni : questi sforzi rimarranno senza frutto, nè po- tranno mai gli animali cangiare essenzialmen- te la loro a uttura, e molto meno far com- parire parti, delle quali nè anche avessero i rudimenti. E senza fondamento alcuno è la supposta indicibile lentezza di sì fatti cangia- menti, donde si vuole dedurre il perchè non ce ve avvediamo. L' esperienza, e la ragione adunque ci convincono, che false, ed assurde sono le tanto vantate dottrine de’ nostri op- positori, e reca meraviglia, che uomini, d’ al- tronde per sapere ragguardevoli , abbiano po- tuto persuadersene al segno, da compiangere come ciechi, ed ostinati nell’ errore, tutti quelli, che la pensano diversamente. Mi rimane a dire, de’ mezzi, che noi ab- biamo per conoscere quali siano 1 limiti del- le variazioni delle specie. E quì dovrò con- fessare ingenuamente, che codesti mezzi sono talvolta assai scarsi, e che allora siamo astret- ti a rimanerci su di un tal punto incerti, e dubbiosi. Inperocchè que’ limiti non si pos- sono assegnare, che ne’ casi, in cui s' abbia modo di stabilire con sienrezza le specie. Ed amendue queste operazioni vanno soggette agli 114 stessi ostacoli, ed alle stesse difficoltà. Ciò nulla ostante molte volte abbiamo sicuri in- diz), se non per dire fin dove estendonsi le va- riazioni, almeno per negare, che possano giu- gnere ad ‘un dato segno. Ed il credere, che non ci sia mai permesso di far ciò, è errore gravissimo ; del quale imbevutisi alcuni, e nel- lavdeterminazione delle specie, e delle varietà non seguendo essi altra norma, che quella del loro capriccio, hanno portato in qualche par- te della zoologia il disordine, e la confusione. Ma delle variazioni degli animali, per quan- to. soffre la brevità di vun compendio, assai è detto. GAP 0 Del Dell’ Istinto . LL azioni degli animali sono talvolta ef- fetti necessar] de’ bisogni fisici, e della orga- nizzazione; provengono alcune altre da abiti contratti; e ve n° hanno non poche, che sì de- vono ascrivere alla consociazione delle idee, a questo cioè, che eccitata un'idea, se ne ri- svegli un’altra, la quale tal vincolo abbia colla precedente da doverle necessariamenie ‘ tener dietro. Nell'uomo solo scorgonsi azion? dipendenti dalla libertà, e dalla facoltà, di sa sollevarsi alla considerazione delle cose im- materiali, di avere idee astratte, e generali, e di potere col mezzo di sì fatte idee, dalle cose già note dedurre quelle, che ignote gli erano, che è quanto dire ragionare . Gli animali tutti vivendo possono acquistar nuove idee , nuovi abiti, e nuove consocia- zioni delle stesse idee. Negli animali bruti , cioè irragionevoli, queste nuove idee, questi nuovi abiti, e queste nuove consociazioni ri- sguardano soltanto oggetti sensibili. Non così nell’ uomo, il quale con nuove idee astratte, ed universali, può in un modo singolarissimo perfezionare, ed arricchire la sua intelligenza. Ma vi ha negli animali un altro genere di azio- ni, le quali non provengono immediatamente da’ fisici bisogni, nè dalla organizzazione, nè sono le conseguenze di abiti contratti, nè sì possono soltanto attribuire a consociazioni d' i- dee, ovvero- a idee acquistate di nuovo. È queste azioni si fanno dagli animali tutti di una data specie, qualunque sia il sito in cui trovansi, purchè non gliene manchino 1 mez- zi necessar. E sebbene non sia nota la causa di tali azioni, che pur deve essere intrinseca agli animali, ragion vuole, che se n'ammetta una, la quale li necessiti ad agire, poste tutte le condizioni, che vi si richiedono. A questa causa ignota nella sua natura, e .nota sola- 116 mente dagli effetti, si dd dalla massima par- te de’ filosofi, e de’ naturalisti il nome d’ istin- to. È sembra, che sia una tal causa destina- ta a supplire in certa guisa all’ intelligenza degli animali, vedendosi nella serie de’ mede- simi, che l’istinto si estende ad un maggior numero di azioni, a mano a mano che va scemando il grado d’ intelligenza. E ben di questo istinto ci somministrano prove irrefra- gabili gli animali, nè so come un qualche moderno possa ricusarsi d' ammetterlo, e si persuada, che se n’ abbia da bandire per fino il nome. E qui non nego io già, che alcuni attribuiscano talora all’istinto azioni, le qua- lì o da fisici, ed organici bisogni, o da abiti contratti, o da consociazioni d’ idee, o da idee di cose sensibili nuovamente acquistate deri- vino; siccome pure concedo, che le azioni pro- vegnenti dall istinto dirette sono spesse volte a provvedere a’ bisogni fisici, e che ad esse richiedesì una struttura adattata; ma al tem- po stesso sostengo , che la cagion vera di tali azioni è a noi ignota, e che non vi ha giu- sto motivo di rieusare di darle il nome d'1- stinto. Ed in prova di quanto affermo val- ga per ora un esempio solo a tuiti noto. Ge- neralmente gli uccelli costruiscono nidi, ne” quali depongono le loro uova; ed ogni specie li costruisce in un modo, che l’è tutto pro- 117 prio, e sovente mirabile. Ora di sì fatta costru- zione non è causa alcun abito; giacchè vien costrutto benissimo il nido da un uccello, an- che la prima volta; non la consociazione d' i- dee, o le idee acquistate, mentre si costrui- sce, anche da quello, che non ne vide mai costruire, e che se vi nacque, e visse dentro per alcun tempo, non ne potè conoscere abba- stanza 1 materiali, nè il modo di servirsene. Nè tampoco i bisogni fisici sono la causa di costruirlo , imperocchè generalmente parlando non lo fabbrica già l’ uccello, cercando ripa- ro 4° propr] bisogni, ma Lic a quelli dei fisli, che hanno a nascere. Nè il provvedere alla conservazione di questi è bisogno, dirò così, organico de’ genitori, ma bensì una ne- cessità non d’ altronde provegnente , che dal- l'istinto. Nei trattati poi sulle diverse classi , molti altri esemp) troveremo, atti al pari di uesto a persuadere chiunque dell’ esistenza dell’ istinto negli animali. CAPO KIII, Delle maniere di vivere. Lo diversa struttura del corpo, il grado d° intelligenza , e la varia natura dell’ istinto sono le cagioni, per le quali tutti gli anima- 118 li non vivono allo stesso modo. Per riguardo al nutrimento, alcuni lo traggono soltanto dal regno vegetabile , altri dal solo regno anima- le, e vi sono pure animali detti onnivori, perchè nutronsi tanto di sostanze animali, che di sostanze vegetabili. Molti poi prendo- no riposo nella notte, e durante il giorno so- no in attività, e perciò chiamansi diurni. Al- tri per l'opposto diconsi notturni, perchè nel giorno. stanno ascosi, e all’ sabrina della se- ra usciti da’ loro nascondigli. parte almeno del- la notte passano in continno movimento . Se un animale abiti sempre. ed in tutte le stagioni un dato sito, dicesi sedentario ; se poi or al- l uno, or all’ altro sito sen vada, senza però seguire norma regolare, e costante, dicesi vagabondo . Si dà il nome di emigrazione al viaggio, che in determinate circostanze di stagione ec. intraprendono alcuni animali tra- sferendosi ad un luogo distante, e fermando- visi qualche tempo. Le emigrazioni sono or- dinarie, quando accadono tutti gli anni, stra- ordinarie, allorchè hanno luogo di rado, solamente poste alcune straordinarie cagioni. I mezzi, che gli animali tutti adoperano alla propria difesa, e ad offendere altrui, la jcu- ra, che in molte specie le madri pongono nel- l’allevare i propr] figli, nel preparargli un a- silo contro le ingiurie delle stagioni, queste, 11 ed altrettali cose servono molte volte a Ùi; stinguere gli uni dagli altri animali, e si vo- gliono considerare attentamente dal zoologista . Negli animali irragionevoli, cioè in tutti ec- cettuato l’uomo solo, le maniere di vivere non cangiano naturalmente. Per l'opposto l’uomo capace di perfezionare se stesso, e fornito: di libertà , vive ora in un modo, ed ora in un altro. E poichè la.id1 (lui ragione gli dà il diritto , ed i mezzi di assoggettarsi non pochi bruti, può eziandio di questi far cangiare no- tabilmente le maniere di vivere. Un tale can- giamento però svanirebbe ben presto, se gli animali stessi restituiti fossero al primiero lo- ro stato. E di ciò ce ne somministra eviden= tl prove I esperienza . Il zoologista noterà le maniere di vivere dei diversi animali nello stato loro naturale, terrà conto dei cangia- menti, che intorno ad esse accadono, qualora sli animali bruti schiavi addivengano del- l’uomo, e del grado di perfezionamento, che questi può dare ai medesimi , perfezionamen- to, che come vedremo in altro luogo, è ristret- to agl' individui, nè può estendersi alle in- tere generazioni . 420 CAPO XIII, Delle prime divisioni del regno animale. D: quante opere noi abbiamo, nelle qua- li sì tratti di tutte le parti della Zootogia, la iù antica è senza dubbio la Storia degli ani- mali di Aristotile (1). E ben dobbiamo doler- ci, che di codesta Storia nove soli libri (2) siano a noi pervenuti (3). e gravissima è sta- ta certamente la perdita di ben molti altri, e di quelli sopra tutto, ne’ quali accurata- mente aveva egli descritto ì singoli animali, ed aveva dato notizie, ed istituiti molti con- fronti degli organi de’ medesimi. 1 nove libri anzidetti bastano però a far sì, che noi lo risguardiamo come il padre della Zoologia . Imperocchè racchiudono essi ricchissimo teso- (1) Fra tutte le edizioni dì quest? opera merita senza dub- bio la preferenza quella diretta da Schneider, e pubblicata a Lipsia nel 1811. in gnattro volumi in ottavo. (2) In non poche edizioni a questi nove libri se n° age giunge un decimo , il quale da Camus, e da Schneider vie= ne giudicato di altro autore. (3) Antigono Caristio scrive, che I’ opera di Aristotile su gli animali era compresa in settanta lîbri. Plinio dice di averne avuto fra le mani quasi cinquanta, e di averne fat- to una compilazione. Diogene Lugo però fa menzione di soli libri trentuno. 421 ro di zoologiche osservazioni, e sembra im- possibile , che abbiale potuto far tutte un sol uomo, qual era Aristotile, applicato a tante altre discipline, nelle quali fu sovrano mae- stro, e delle quali scrisse profondamente , ed estesamente. È reputo assai verosimile quel, che alcuni antichi istorici narrano di lui, cioè, che destinato da Filippo il macedone, a maestro di Alessandro, seppe inspirare nel suo discepolo amore sì grande per la Zoologia, che da questo ottenne poscia rag gguardevolissime somme, ed ogni maniera di mezzi per raccogliere, e per osservare animali. Nè solamente ta Aristotile sollecito di rensere nella sua storia esatto conto delle moltissime sue osservazioni; ma in oltre c' insegnò ii modo di distribuire ordinatamen- te gli animali. Le principali divisioni , dice con tuita ragione 1l Sig. Gior gio Cuvier (4), che 1 naturalisti seguono tuttora nel regno animale, sono dovuie ad Aristotile. Fgli ne aveva già indicato molte, alle quali s è fatto da noi ritorno in questi ult tempi, e che erano state abbandonate senza ragione. Divise da prima Aristotile gli animali in quelli, che hanno sangue ( cioè rosso ) , ed in quelli, che non ne lu, e ne’ quali tien (4) Biographie universelle ancienne, et moderne; tom, 2, a Paris 1811. articl, Aristote. 4122 luogo di sangue un liquore biancastro, detto sanie. Nel suddividere gli animali, che hanno sangue, considerò egli la presenza, o mancanza delle estremità, ed il numero di queste. Per la qual cosa si annoverano, giusta il parere di Aristotile, fra gli animali, che forniti sono di sangue i quadrupedi, i bipedi (cioè g oli uc- celli ), gli apodi. Di nuovo divise i quadru- pedi negli ovipari, e ne’ vivipari. Per riguar- do poi agli apodi di Aristotile, sono questi i pesci, a' “quali aggiunse egli, quasi come ap- pendice, i serpenti. Avverto in oltre, che questo sommo zoologista seppe benissimo esservi alcuni animali vermiformi , il sangue de’ quali è rosso; quindi li mise in una seconda appendi- ce duca i serpenti (1). Fra gli animali a sanie urono in primo luogo da Aristotile distinti uelli, che hanno il corpo molle, e senza parti dure ( visibili esternamente ) e li chiamò egli molluschi (2). Indi annoverò quegli animali esangui, il corpo de’ quali è ricoperto da cro- sta fragile, e li disse malacostraci; poscia quel- (1) Pedibus carent serpentes, quemadmodum et pisces. Scolopendras quoque saxosis locis mare fert, terrestribus si- miles, sed paulo minores, ac rubicundiores: pluribus item pedibus, cruribusque gracilioribus .... Tot igitur, talesque sunt animalium sanguineorum partes extimae etc. (2) Trattando di codesti animali non fece Aristotile men- zione, che di que’ molluschi , che i moderni chiamano Cefalopodi. 1925 li aggiunse, che molli sono, annicchiati però dentro un guscio duro, e gli appellò testacel. Finalmente dette il nome d’insetti a molti, e fra loro diversi animali, il corpo de’ quali ha frequenti manifeste articolazioni, e ne distinse alcuni alati, ed altri senz’ali. onléssò pure, che in sì fatta distribuzione, non entravano certi animali marini troppo rari, nè abba- stanza da lui conosciuti. E° a sapersi, che quantunque Aristotile non AIMAN GUISSE fra i ‘quadrupedì 1 delfini, pure s’ accorse che non aveano niente che fare coi pesci, e che do- vevano aver luogo fra gli animali a tutto ri- gore vivipari, e che allattano i figli, cioè fra 1 mammiferi (6). In oltre oale egli pure, che dalle estremità in fuori, i serpenti non differiscono dalle lucertole, quasi per nien- te (7). Da' tempi di Aristotile, sino a quelli di Plinio, non si sa, che alcuno siavi stato, il quale a tutta la zoologia abbia rivolto l’ ani- (1) Piscium genus mammas non habet, neque aliud ani- mantium eorum, quae animal non pariunt; neque anima- lia parientia omnia, sed ea tantum, quae intra se, non ex ovo prius genito, vernum animal concipiunt statim. Nam quod Delphinus animal concipit ,idcirco mammas habet etc, Hist. Anim. libr. 2. Cap. IX. edit. Schneid, (2) Se ‘rpentum genus omni pene ex parte lacertis simile est, ex iis, quae humi agitant, et ova pariunt, silongitudi- nem attribuas, pedes adimas. lib. 2. cap. XII. edit. Schneid, 124 mo, ed abbia cercato di perfezionarne le pri- me divisioni. Plinio (4) poi trattò estesamen- te degli animali, spesso compilando, com’egli confessa , i libri di Aristotile, nè si mostrò mol- to curante di una buona zoologica divisione. (O) Imperocchè nel libro ottavo della sua Storia Naturale scrisse degli animali terrestri; nel nono degli acquatici; nel decimo de’ volatili ; nell’ undecimo de’ piccoli animali, insetti, e rettili. Al suo trattato di zoologia mise fine Plinio con alquanti capitoli sulla fisiologia, e sulla notomia degli animali. Solino, Eliano, Oppiano, Galeno, ed alquanti altri scrissero in seguito degli avimali; ma e questi natura- listi, e gli altri, che vissero ne’ tredici secoli susseguenti, non resero in alcun modo miglio- ri le prime zoologiche divisioni. Nel decimo sesto secolo dell’ era nostra, Edoardo Wotto- no (2) seguace di Aristotile fece alla prima divisione di questo una qualche emendazione; giacchè per riguardo agli animali, che hanno sangue riunì 1 serpenti al quadrupedì ovipari, aggiunse per altro i cetacei ai pesci, trattando- ne però a parte. E per riguardo agli animali esangui stabilì un’ ultima ie! cui nominò (1) Historiae naturalis libri XXXVII. (2) De differentiis animalium libri decem. Parisiis 1552. in fol. 125 de’ zoofiti, nella quale annoverò gli animali, che Aristotile disse innominati, e Taoia come ultima appendice alla sua divisione. Conrado Cesnero (1) dottissimo naturalista , nella pri- ma divisione zoologica, seguì in parte Aristo- tile, ed in parte Plinio, ed anzichè mi- gliorare l’ aristotelica divisione la fece peg- giore. Aldrovandi (2) s’ attenne , generalmente parlando, ad Aristotile , ed allontanandosene alcuna volta, aggiunse nuovi difetti alla divi- sione dello stagirita. Giovanni Rajo (3) seguì egli pure Aristotile, ed imitò Wottono nel riunire i serpenti ai quadrupedì ovipari. In oltre allontanò il primo i cetacei da’ pesci, e li mise vicini ai quadrupedì vivipari, ed a uesti fece succedere immediatamente gli uc- celli. Ci dette pure una tavola generale de- gli a animali, nella quale per riguardo a quel li, che secondo Aristotile iano sangue, si val- se utilissimamente delle differenze, che in es- si presentano i due sistemi circolatorio, e re- splratorio, ed anche del modo di propagarsi. E ciò AIRES s° intenderà osservando l’anzi- detta tavola, che quì aggiungo, persuaso di fare cosa grata agli studiosi. (3) Historiae animalium libri IV. (4) Hist. Nat. quadrupedum, avium etc. (5) Synopsis methodica animalium quadrupedum, et ge- neris serpentini , Londini 1693. in 8. 126 ANIMALI —m__Ém——111zx@À2%><