A ARRARAARARAAAAI a ARAN AAAA ole. £ ‘ AI | VENI i A ; Y sa CÀ J i N D\ oe ; ì gr Va | A 4 a) | AN Tafet lea | I j ì I vw i | ; INA AIN RT \ n PAASAA29, 0, RA-AAAR ATE E ES Ita A LIRA VI DEA PEIDA ET fai } \ NA à ARA fa È \&CAABE RA ansa gno A SANA ANARANANAAIANA A MN a pai Yin I Visa TARA ANN ATA 2A IA AREAS RA Ap I RARBRAAA RARA LIRE aanoP Avana MAAMAN Mapa panA RARA pe TRAYAVATO RARA LIAN APRIRLO SEI O NARAATA \ INA: A n N ‘PATROA : IONI x sr ZIA / MNT NATO NANNA ANA Navali ARA SR Ra VP Rena PO e l'ANAS asa; RAPRRAARA RARA fd i? 19 i ANA 5 % NIN fo n: 7 Ù i MT, ELEMENTI DI ZOOLOGIA TOMO SECONDO I Pi, PARTE TERZA. C Dee \\ datto - », al i uses RA NI peli DA due È LEN dAt,, o sg N ELEMENTI DI ZOOLOGIA DELL’ ABATE CAMILLO RANZANI a a» Professore di Mineralogia, e di Zoologia, e Direttore del Museo di Storia Naturale della Pontificia Università di Bologna; uno dei XL. della Sccietà Italiana delle Scienze; socio corrispon- dente delle R. Accademie delle Scienze di Torino , di Napoli, di Nancy ; della Società di Fisica » e di Storia Naturale di Ginevra; delle Società Pontaniana, e Sebezia di Napoli; della R. Società Mineralogica di Jena; dell’ Accademia Tru- entina ec. ec. nei @ Vo-o Tozo SEconDO CONTENENTE LA STORIA NATURALE DE’ MAMMIFERI PArtTtestE RZ. Pe Meo DOLOGNA o eta di PER LE STAMPE DI ANNESIO NOBILI 1821, i pi \9 : nidi si at uil [I ra 505 “ORDINE SESTO. DE’ PACHIDERHMI (1). 409 nome di pachidermi intendo que’ mammiferi forniti di quaitro estremità, i quali sono ungulati, non però ruminanti. Il corpo di molti di essi ha una mole, ed un peso eccessivo; è quindi mestieri, che le estremità tutte concorrano come saldissime colonne a sostenerlo. Affinchè poi le basi di codeste colonne, i piedi cioè abbiano la ne- cessaria stabilità, e sodezza , tanto le dita, quanto le unghie sono grosse, e corte, e quasi del tutto incapaci di parziali movi- menti. Fra i pachidermi non ve n’ha al- cuno, il quale sia fornito di clavicole, la pelle della maggior parte è densa, coriacea, poco pelosa, ed i peli sono duri, e setolosi, Nutronsi di vegetabili, e quindi i loro mo- lari sono quali abbisognano per triturare questa sorta di cibo. i canini assai grandi di alcune specie sono piuttosto armi di di- fesa, che strumenti per la masticazione. Lo 33 (1) Da Taxùs, sia, Ù — grosso, denso, e da Sepjue = pelle. 506 stomaco è d' ordinario assat ampio, talvolta diviso in alcune distinte cavità, le pareti delle quali non differiscono però fra loro nella struttura: il cibo disceso una volta nello stomaco non deve risalire nella bocca per esservi di nuovo masticato; e perciò ne’ pachidermi non ha altrimenti luogo la ru- minazione. Gli occhi sono in proporzione della mole del corpo assai piccoli, e latera- li, e l'orbita è sempre incompiuta; le orec- chiette hanno per lo più una considerevole estensione; la lingua è in tutti larga, e grossa. La gran cavità nasale di non pochi è probabile indizio della squisitezza dell’or- gano dell’odorato; nel muso della maggior parte di essi risiede un tatto assai dilicato, mentre per la densità, e durezza della pelle è questo sensorio nelle altre parti molto ot- tuso. Linneo riunì da prima gli ungulati, di cui ora trattiamo in un ordine da lui chiamato de’ giumenti , jumenta; ne estrasse poscia gli elefanti per metterli nel suo or- dine de’ bruti, e cangiò il nome di giumen- ti in quello di belve, belluae. Il Sig. G. Cu- vier nell’opera intitotalata: Tableau élément. de l° Hist. nat. des animaux separò dagli altri pachidermi gli elefanti, e ne formò un or- dine a parte, altrettanto fece egli de’ soli- pedi: nel primo volume delle sue lezioni di ont GIA a n le È i Pesi }* pus c| R_ 85, 507 motomia comparata restituì gli elefanti al- l'ordine de’ pachidermi, non così adoperò per riguardo ai solipedi: finalmente nel suo Régne “Aia tom. 7. ha riunito in un ordi- ne gr: tutti questi mammiferi (1). Il Sig. Blainville stabilisce ora un ordine detto dei gravigradi per li soli elefanti, ed unisce gli altri pachidermi ai ruminanti, e ad un ge- nere di cetacei erbivori, e ne forma un or- dine intitolato degli ungologradi. Adottando io l’ultima classificazione del Sig. G, Cuvier lascio tutti i pachidermi nel snelcsina or- dine, e divido questo in tre famiglie, che corrispondono esattamente a’ tre or dini, ne’ quali gli aveva egli da prima distribuiti. —r E ..W.WFWWEÉJÉWEEWÉ°ÌW°:W.w°Òix{joor_—Ém. __É—t——__—m4zKh————=Éxss (1) La massima parte de’ moderni zoologisti ha ab- bracciato o luna, o l’altra delle testè indicate clas- sificazioni de pachidermi proposte in tempi diversi dal Sig. G. Cuvier. 508 FAMIGLIA PRIMA De' Prososciper. NI prolungato in una proboscide quasi cilindrica, assai lunga; due grossi, e lunghi denti, conici, ricurvi, comunemente chiamati zanne, pian- tati nell’ osso saterante le > niun incisivo nella mascella inferiore; niun canino in ambe le mascel- le; in tutti i piedi cinque dita compiute, e nella pelle callosa , e formante una specie di zoccolo in- volte per modo , che si abbia indizio delle mede- sime quasi unicamente dalle unghie attaccate al- l’orlo del zoccolo stesso. Una, o due di queste unghie suole mancare ne’ piedi posteriori. L’ enorme peso, e la gran mole delle zanne esigeva, che gli alveoli delle medesime fossero assai larghi, e pro- fondi, Egli è perciò, che la mascella superiore ha un’ al- tezza straordinaria, e che la cavità nasale è nel teschio situata assai in alto. Quantunque questi mammiferi pos- sano piegare il ginocchio a terra, nè sia altrimenti vero quello, che ne’ tempi andati da molti si tenne per certo, cioè che non vi abbia nelle estremità de’ medesimi al- cuna articolazione, pur tuttavia attesa l’ altezza delle estre- mità stesse, e del tronco, ed attesa la brevità del collo, ed il volume deila testa, e la direzione, e lunghezza del- le pesanti zanne, è a’ proboscidei del tutto impossibile il pascolare 1° erba, ed il bere l’acqua immediatamente colla bocca. Laonde il naso di essi prolungasi in una proboscide, la quale coll’ estremità sua Arriva a terra. 509 x Un sì fatto organo è capace di molti movimenti, e serve a raccogliere il cibo, che unicamente consiste in vegeta- bili, ad assorbire l’acqua, ad introdurre l’uno, e 1° al- tro nella bocca, ed a prendere, stringere, e sollevare x corpi anche molto pesanti. Lo stomaco è semplice, gl’in- x testini sono assai voluminosi, ed il cieco è oltremodo wa- sto. Fra i mammiferi terrestri non ve n'ha alcuno, che in grandezza, mole, e peso del corpo superi quelli della presente famiglia, i quali dagli altri pachidermi differi= scono per inodo che, come è detto poc’ anzi, sono da alcuni creduti meritevoli di formare da se soli un or« dine. Gen. Elefante, Z/ephas (1) Lin. Faccia poco men che verticale; sommità del cranio rotondata; occhi piccoli, assai vivaci; orec- chiette larghe, e pendenti soltanto nella parte po- steriore, ed inferiore; proboscide all’ estremità co- me troncata, ed avente all’ orlo superiore un’ap- peadice digitiforme; molari composti di varie la- mine più, o meno compresse, situate trasversal- mente , e di una sostanza corticale abbondante, che le riunisce, ed alla quale si dà il nome di ce- mento; nel piano superiore della corona vi sono fasce di smalto, ognuna delle quali ritorna dopo breve giro donde partì; la parte radicale di co- desti molari in qualche modo distinta dalla co- ronale; collo assai grosso , e breve; tronco volu- (1) Da FAeDas — nome dato da’ greci a’ mammi- feri di questozgenere . 5ro luminosissimo ; 2 poppe nel petto; esremità gros+ se, alte, cilindriche; piedi brevi, poco più larghi delle gambe, inferiormente quasi circolari, piani, e toccanti terra in ogni loro parte; unghie brevi, larghe , ottuse all’ estremità ; coda mediocre . Fra la parete esterna, e l’interna del cranio degli elefanti sonvi molti, e grandi seni; il cervello è in pro- porzione piccolo; la proboscide ha nella parte estrema due fori, quelli cioè delle narici, ed internamente due tubi longitudinali, più vicini alla superficie anteriore, che al- la posteriore; il diametro di amendue si ristringe, e la direzione addiviene stabilmente curva in vicinanza della parte media dell’ osso intermascellare. Due sorte di mu- scoli servono a muovere quest’ organo veramente mirabile, gli esterni cioè, e gl’interni, i primi stanno quasi im- mediatamente sotto la cute, e sono più, o meno esat- tamente longitudinali, diretti cioè verso l'estremità della tromba; gl’ interni sono trasversali, sottilissimi, ed im- mersi in un tessuto cellulare pieno di bianco grasso. Non essendovi muscoli circolari il diametro de’canali interni riman sempre lo stesso; i muscoli trasversali contraendosi ristringono l’involto de’ canali, e quindi si fa minore il diametro totale della proboscide, e se n° accresce la lun- ghezza; si diminuisce questa mediante il rilassamento degli stessi muscoli. I muscoli longitudinali servono principal- mente a dare questa, o quella curvatura alla proboscide o a distenderla. E poichè in un tal organo vi hanno pa- recchie migliaja di muscoli, quindi innumerevoli sono i modi, onde possono combinarsi le azioni de’ medesimi, © 5ir per ciò stesso innumerevoli i movimenti, che possono produrre. Nell’estremìtà della proboscide, e sopra tutto nell’appendice digitiforme risiede un tatto delicatissimo, e può dirsi con verità , che sì fatto organo equivale in certo modo ad una mano. Gli occhi hanno ciglia mani- feste; d’ordinario quelle della palpebra superiore sono più lunghe, e più grosse di quelle dell’inferiorej le orecchiet= te sono mobilissime, e da alcunì vengono paragonate a due larghi ventagli; la lingua è anteriormente puniuta , posteriormente assai grossa; le zanne, che Oppiano, Elia- no, Perrault ec. a gran torto giudicarono due corna, hanno alla base una cavità conica; dentro questa ascoso stassi il nocciuolo polposo, separante la materia delle zan- ne, cioè l’avorio, il quale è disposto in istrati conici inseriti gli uni dentro gli altri. Crescono quindi codeste zanne a mano a mano dal lato della base resa ognor piît larga, perchè fino ad un certo segno per gradi si va svi= luppando il nocciuolo. Qualora sì faccia una sezione tras versale delle zanne, vi si scorgono lineette curve, le qua- li partendo dal centro s’incrocicchiano le une colle altre, e verso la periferia si ramificano; la sezione longitudinale lascia vedere le lineette indicanti i diversi strati conici. Le zanne elefantine sono rivolte all’in su; raro è il caso di trovarle contorte quasi in spirale: quelle che spunta- rono da prima cadono, allorchè sono lunghe alquanti pol lici; se ne formano indi due altre, le quali sono durevo= li. Ufficio di questi denti non è già di prendere, e di triturare i cibi, ma bensì di servire come armi di difesa : egli è per ciò, che da alcuni sono appunto chiamati di- fese . La mascella inferiore è nella sua parte davanti sus, 512 periormente canalicolata. Le lamine onde sono composti i molari prima di spuntar fuori hanno all’ estremità alquan- te digitazioni più o meno profondamente separate; tali la- mine cominciano a formarsi nel fondo della mascella ; la porzione anteriore de’ molari si svolge prima della poste- riore, e la corona prima della radice. Dietro 1 primi mo- lari stannosi in fila i germi di altri, i quali crescendo di mole spingono quelli, che gli sono dinanzi verso 1° ango- lo anteriore delle mascelle ; qualora poi i molari del tut- to logori cadono, li seguenti ne occupano il posto; in ognì lato di ammendue le mascelle talvolta ha luogo la successione di otto molari: i primi sono piccoli, e con- stano di poche lamine, gli ultimi ne hanno un buon numero, e sono assai grandi. In ognuna delle mascelle talvolta vi sono dne molari visibili, tal’ altra volta ve n’ hanno quattro: i rudimenti di que’ che spunteranno in seguito rimangono coperti dalle gengive. Soltanto in una linea media, e longitudinale dell’ oc- cipite le pareti del cranio sono sottili, e fra loro vicine. Laonde in questo sito sì può facilmente penetrare nella cavità del cranio stesso con un coltello, ed anche con acuta freccia, ed uccidere l’animale d’un colpo solo. Fra gli occhi, e le orecchie hanno gli elefanti un or- ganò glanduloso, destinato a separare certo fluido visco« so, il quale esce fuori per una esterna fessurina longitu- dinale. E° questa del tutto chiusa allorquando 1’ umore non iscola. In certe epoche se ne separa gran copia, ed allora sogliono gli elefanti essere molto inquieti, e di cat- tivo umore. Le apofisi spinose delle vertebre del tronco sono in essi molto grandi , e vi sì attacca il robustissimo 515 legamento cervicale, che sostiene 1’ enorme testa ; per que ste stesse apofisi s’ accresce di molto l'altezza del goffo, e voluminosissimo tronco; le unghie sono corte; rotonda= te, non sempre corrispondenti alle estremità delle falan= gi; la coda è in proporzione del corpo molto sottile; la pelle è aspra, disuguale, rugosa, e per lo più screpola- ta, fornita di peli assai rari, e solamente in alcune parti degli adulti, un po’ più frequenti, e sparsi in tutto il corpo de’ giovani; quelli della coda sono grossi, e duri. Nuotano questi pachidermi con molta agilità, perchè li vuoti assai grandi della testa, e della cavità del tronco li rendono specificamente meno pesanti dell’acqua. Vi- vono per lo più in branchi numerosi guidati da un ma- schio, e da una femmina adulti. Nutronsi di foglie d°al- beri, di frutti, di semi, e di erba; danno il guasto a’ campi coltivati, e perchè mangiano molte delle piante, che vi crescono, e perchè pestano le altre. In ogni par- to nasce un sol figlio, che succhia il latte colla bocca, e non già colla tromba, come molti hanno creduto. Seb- bene gli antichi scrittori avessero già avvertito alcune ri- marchevolissime differenze fra gli elefanti d’ Asia, e quelli dell’ Africa, pur tuttavia Linneo lì riunì in una sola spe» cie da lui chiamata Elephas maximus. Blumenbach, e. G. Cuvier due specie stabilirono di elefanti viventi. Sp. 1. Elefante indiano, E/ephas indicus, G. Cuv. Elephas asiaticus Blumenbach. L’ Elephant des Indes franc. The great Ele- phant ingl. Der Asiatische Elephant ted. Testa bislunga ; fronte concava; orecchiette me- diocri; le fasce smaltate del piano triturante de' 514 molari ondeggiate , fra loro paralelle, non molto spesse; 5 unghie ne’ piedi anteriori, 4 ne’ poste- riori. Tav. 10 fig. 5. 6. Ménag. du Mus. d’ Hist. Nat. de Paris edit. in 12 tom. 1. p. 85. Abita ne’ paesi frapposti al fiume Indo, ed al mar d'oriente, e nelle grandi isole situate al mez- zodì dell'India. Le zanne delle femmine per lo più sono brevissime; lo sono pure talvolta quelle de° maschi. La pelle lavata aver suole un color nerastro più, o meno carico; assai di rado è tutta bianca a cagione di quella malattia, che dicesi albinismo. Dannosi pure individui a corpo più grosso, € più lungo, ed a gambe più corte dell'ordinario. Le un- ghie sono di un color di rosa chiaro. I più grandi dalla sommità della testa sino a terra sono alti 12 piedi circa; la lunghezza de’ medesimi è di circa 15 piedi. Alcuni so- no vissuti schiavi dell’uomo per lo spazio di 120-130 anni, ed evvi fondamento di credere, che quest’ elefante libero possa vivere oltre i due secoli. La gravidanza dura 20-22 mesi circa; l’allattamento 2 anni; ‘nelle mandre numerose i piccoli succhiano il latte indistintamente dal- le femmine, che ne hanno; se per due giorni si tenga il figlio lattante separato dalla madre, indi le sì restitui- sca, mon dà essa alcun segno di riconoscerlo per suo, Per lo più quest’ elefante va in branchi di 40-60 indivi- dui di età, e di sesso diverso, talvolta se ne incontrano alcuni soli, e danno molto a temere, perchè assalgono gli womini, non che gli altri mammiferi. Al dire di Houel 515 a quest’ elefante tre sorte di grido; uno più acuto de« gli altri indizio di piacere, fatto colla tromba; uno debo- Je fatto colla bocca, ed è segno di aver bisogno di nu- trirsi; il terzo forte, e gutturale, indizio del timore, e dello spavento. Ama i siti bassi, ed umidi; sovente asper- ge le diverse sue parti coll’ acqua assorbita dalla probo- scide; sovente ancora bagna l’ intero corpo tuffandolo nel- l’acqua de’ fiumi. Se non abbia modo di bagnarsi sparge di fina polve il proprio corpo, servendosi anche in ciò della proboscide. E° questa l’ arma, della quale princi- palmente fa uso nel combattere co’suoi nemici; offesa che sia gravemente, sì dà quasi per vinto; ha quindi tutta la cura di prevenire, o di schermire gli assalti diretti al- la medesima . Essendo l’elefante asiatico dotato non solamente di molta forza, ma eziandio di un grado d’intelligenza su- periore a quello di molti altri bruti, mon è a maravi- gliare se 1’ uomo abbia cercato ogni mezzo di renderlo schiavo, e di farlo servire a proprj bisogni. Laonde la caccia di questo mammifero ordinariamente non ha per iscopo l’ucciderlo, ma bensì l’averlo vivo. Per ottenere questo fine suolsi più comunemente o con grossi pali as: sai bene legati insieme, ovvero con solidissimo muro chiudere uno spazio di terreno molto grande, lascian- dovi un unico ingresso munito di robustissima porta, Se abbiansi femmine già domestiche, che siano d’ amor calde, queste condotte ne’ boschi, ove sogliono stare è branchi d’elefanti, colle grida amorose chiamano, ed at- tirano a se ì maschi, a’ quali spesse fiate tien dietro 11 rimanente della compagnia, 1 cacciatori quindi fanne 5:16 retrocedere le femmine anzidette verso il recinto, ove le fanno entrare: v’entra pure in parte almeno la turba de- gli elefanti salvatici; nè più possono escirne , perchè prontamente fu chiusa la porta. Che se poi tali femmine non si abbiano, una numerosa schiera di cacciatori a ca- vallo va in cerca de’ branchi di elefanti salvatici, e sco- perti che gli abbia fa ogni sforzo per raggiugnerlì , e po- scia spaventandoli colle grida, col rumor de’ tamburi, e collo scoppio de’ petardi, ed incalzandoli d’ogni lato af- finchè non sì disperdano, li costringe a rivolgere ì passi verso il recinto, e ad entrarvi. Allorquando gli elefanti si accorgono di essere prigioni sono presi da ira tremen- da, ed è assai pericolosa cosa 1° appressarli. Per amman- sarli i cacciatori gettano alle gambe posteriori de’ mede= simi scorrevoli lacci, a fine di legarli ad un ben grosso albero, indi valgonsi dell’opera degli elefanti domestici 4 i quali pugnando co’ salvatici gli affaticano, e li stanca- no; poscia con molta cautela a questi presentano i cibi, che sanno essere loro più graditi, e tanto adoperano di pazienza, e d’industria, che i novelli schidvi deposta l’i- ra, la pacifica società non ricusano degli antichi, ed in un con questi alle stalle si lasciano condurre. Per sei mesi continui vengono educati, dopo il qual tempo sono eocilissimi, e sommamente affezionati a coloro, che gli hanno in cura, cioè ai loro cornac. Incredibili sono i vantaggi, che questo pachidermo arreca agli abitatori del- l'Asia. Imperocchè serve di bestia da soma, e porta sino a due mila libbre di peso, e per molti giorni di seguito fa 15-20, e più leghe al giorno, sì strascina dietro massi enormi, che appena sei cavalli potrebbero smuovere; ed 5197 a caricar Mavi, e ad atterrar muri, ed a non pochi altri uffici rendersi adattatissimo coll’istruzione, che gli si dà) E fornito essendo di molta memoria, gl’insegnamenti, e gli avvisi del suo cornac rammenta all’ uopo, ed esatta- mente gli adempie, e per tal modo alla schiavitù pren- de abito, che d’ordinario non cerca di ricuperare la li- bertà, se pure per malattia non addivenga furibondo, ciò che avviene alcuna volta. Si mostra poi oltremodo pro= clive alla vendetta anche tarda, serbando viva la memo- ria de’ torti, che gli si fecero; quindi assai meglio torna l’usargli carezze, e buone maniere, che minacciarlo, e punirlo con severità. Il cornac,y che tal volta è un ra gazzo , lo guida standogli sulle spalle, ed a montarvi so- pra lo ajuta lo stesso elefante colla sua tromba. Il cornac colla voce, e co’ cenni ne dirige i passi, ne regola i mo-= vimenti, tenendo in mano una bacchetta, di cui si serve con molta circospezione. La musica produce sull’elefante indiano effetti mirabili, e di ciò abbiamo una nuova pro= va nell’esperimento, che si fece non ha guari tempo nel parco del Museo di Parigi, ove allora vivevano un ma- schio, ed una femmina, i quali al variato suono degli strumenti seppero i loro moti così bene conformare, che eccitarono una giusta sorpresa negli affollatissimi spettato- ri (1). Un tempo questo elefante era di grandissimo uso nelle guerre, e gli si mettea sul dorso una torre di le- ‘ gno, entro la quale stavano i soldati, che dall’alto scoc= (1) Vedi Décade Philosophique N. 32. 33. ed Houel Hist. Nat. de deux Eléphans etc. è Paris 1803. pag. 95. 518 cavano acute frecce sopra l’inimico. Oggidì talvolta alle stesso uso si adopera da’ principi asiatici, e da’ conquista- tori europei, che se ne servono pure nelle cacce delle ti- gri. Raro è il vederlo in Europa ne’ parchi de’ grandi so- vrani, non che in quelle raccolte di animali rari, che vengono or quà, or là trasferite, ed esposte alla pubbli- ca vista. Per queste si sogliono eleggere i meglio istruiti nel far uso della loro proboscide, quelli cioè, che colla medesima sanno staccare dalle piante fiorellini, e farne mazzetti, raccogliere le più piccole monete, levare il tu= racciolo alle bottiglie, aprire una porta chiusa a chiave, servendosi della chiave medesima, sciogliere gli stretti no- di delle funi, e fare varie altre cose con molta destrez- va, e con una certa intelligenza. I popoli di alcune parti dell’ Asia dan tributo di venerazione agli elefanti, ne’ cor- pi de’ quali credono risieder le anime de’ loro più illu- stri antenati. Sopra tutti vengono da essi pregiati gli ele» fanti bianchi, ì quali vestiti di sontuosi abbigliamenti, e gravi d’oro, e di preziosissime gemme servono soltanto ai re. Non v'ha ch’io sappia, in tutta 1’ Asia alcun popo- Jo, il quale si nutra della carne dell’ elefante, e per que sto fine cerchi di ucciderlo (1) (2). (1) Fra gli scritti pubblicati intorno a questa specie uno de’ più eruditi è quello del Sig. Francesco Serrao inserito nella di lui opera intitolata: Opuscoli di fisico argomento. Napoli 1766 in 4. (2) Giusta il parere di G. Cuvier, e di molti altri 5io Sp. 2. Elefante africano, E/ephas africanus blumenbach, et G. Cuvier ( Regne animal.) Elephas capensis Cuv. ( Tableaux des animaux ), assai vicina alla specie asiatica, però diversa dovè es- sere quella, cuî appartennero gli elefanti a noi no- ti solamente dalle tante ossa fossili disotterrate qua- si in ogni parte de’ due continenti. V° ha chi crede, che ve ne siano non gia di una sola, ma di due, o tre specie. Di tali ossa un deposito abbondantissimo trovasi nella Toscana in Valdarno, ove sono pure ossa fossili di rinoceronti, d’ ippopotami, di mastodonti, di cervi, di buoi ec. in un terreno, che per lo più racchiude gusci di molluschi marini. In un colle del piacentino sono state dal Sig. Consigliere Cortesi scoper= te ossa di elefanti, le quali erano sepolte negli strati superiori, mentre i medj racchiudevano l’intero sche- lettro di una balena: e gli uni, e gli altri contenevano gusci di conchiglie marine. Ossa di elefanti sono pure state rinvenute nel territorio di Verona, di Macerata, di Viterbo ec. Le viterbesi erano sepolte in un tufo manifestamente vulcanico. Targioni, Nesti y Fortis, Cortesi, Pianciani ec. hanno scritto dottamente sulle os- sa elefantine trovate in una, o in altra parte d’ Italia. Di quelle disotterrate in estranio paese non farò mot- to; chi ne desidera esatta contezza legga quanto ne scrisse il Sig. G. Cuvier nel secondo volume dell’ im- mortale sua opera sulle ossa fossili, già da me più vol. te citata. Non solamente ossa di elefanti, ma corpi in- ceri colla pelle, e colle parti molli sottoposte si sono più 520 L’Eléphans d' Afrique franc. The african Ele- phant ingl. Der africanische Elephant ted. i | Testa quasi rotonda; fronte convessa; orecchiet- dee d'una volta rinvenuti nelle provincie settentrionali del- la Siberia, ove a motivo del perpetuo, ed eccessivo freddo si erano conservati; intorno a’ quali corpi gio- wa il sapere, che per attestazione di Krusenstern, di Adams, e di qualche altro viaggiatore la cute era ve= - stita di molto pelo rossigno; il quale , al dire di Adams; nel collo formava una lunga giubba, ed in tutto il cor- po era frammisto ad una breve lanugine. L'elefante fossile di Siberia dagli abitanti di questo paese è chia- mato Mammont, o Mammouth. Pallas crede, che un tal vocabolo derivi da Mama, che nella lingua di que popoli significa la terra. La maggior parte de° moder- ni sistematori da a questo elefante il titolo di mam- monteo , Elephas mammonteus, e lo distingue dall’ in- diano per l’ abbondante pelo, per le lamine de’ molari più ristrette, meno festonate, ed in numero assai mag- giore, per la notabile curvatura delle zanne, per la larghezza dell’ angolo, e del canaletto della mascella inferiore, e per la gran mole delle ossa, mentre quel- le de’ giovani mammouth superano quasi le ossa degli elefanti indiani già adulti. Degna di esser letta è una memoria di Tilesius intitolata: De sceletho mammonteo sibirico etc. inserita nel tomo 5 dell’opera intitolata : Memoires de 1° Academie Imp. des Sciena de St, Péter= sbourg. St. Pétersbourg. 1815. 521 te assai grandi; nel piano triturante de’ molari le iste di smalto formanti varie figure romboidali; 4-5 unghie ne’ piedi anteriori, per lo più tre sole ne’ posteriori. Tav. X. fig. 7. Abita nel Senegal, nelle vicinanze del Gapo di DB. Speranza, e ne’ paesi intermedj. Le orecchiette sono. così estese, che coprono una par= te delle spalle; le zanne sogliono essere tanto ne’ maschi, quanto nelle femmine più grandi, che nell’elefante prece- dente :ho detto , che sogliono esserlo, giacchè Vaillant nel= la relazione del suo. secondo viaggio ci dà notizia di una razza della presente specie, nella quale l’uno, e 1 al- tro sesso ha zanne brevissime. Sembra, che fra le diver- se razze siavi anche differenza di grandezza. D°’ ordinario però questi elefanti sono minori degli asiatici. Gli odier= ni abitanti dell’ Africa non ne fanno la caccia, che per averne le zanne, e per mangiarne la carne, quindi gli uc- cidono o con frecce avvelenate, o a colpi di fucile; tal- volta li fan cadere in profonde fosse già ricoperte di ra- mi sottili, e di erbette. Il Sig. G. Cuvier crede verosi- mile, che i cartaginesi li prendessero vivi, gli educasse- ro, e se ne servissero per que’ medesimi usi, per li quali vengono da gran tempo adoperati gli elefanti asiatici, Es- sendo tuttavia incerto se gli elefanti, che abitano nelle diverse parti della costa orientale dell’ Africa siano tutti della presente specie, mon possiamo tenere per indubi- tato , che alla medesima e, partenessero quelli venuti dall’ Africa, de’ quali sovente fecero pompa i genera- li, e gl’ imperadori romani ne’ -loro trionfi, attaccando». da" bza îi ai sontuosi carri; nè fampoco possiamo senza dubbie- tà affermarlo degli altri, che educati al maggior segno più volte ebbero parte ne’ ginochi , e negli spettacoli del circo: fra essi poi meritano una particolare menzio- ne quelli, che camminavano su di una ben tesa fu- ne con incredibile meraviglia degli spettatori: la quale destrezza di tai pachidermi sarebbe da non credersi, se varii antichi scrittori siccome notissima a tutta Roma non 1° affermassero (1). A-—@+@=Ò—————kÈ-._____________—z—1———_-——m" _m (1) In varie parti d’ America, e di Europa trovansi ossa fossili di alquante specie di mammiferi , i quali ben a ragione vennero dal Sig. G. Cuvier giudicati pro- boscidei. La mascella superiore è in essi pure fornita di grandi zanne piantate nell’ osso intermascellare. Cu- vier da prima (Mem. de l Institut de France clas. ma- them. et phys. tom. 2.) conobbe una sola di dette spe- cie, e l’ascrisse al genere degli elefanti. E siccome non ebbe egli allora contezza che di ossa appartenens ti alla medesima ,trovate nell’ America settentrionale, e principalmente nel Canada in vicinanza del fiume Ohio, dette quindi a questo creduto elefante il titolo di america- no, elephas americanus: o distinse poi mediante i caratteri presi da molari, i quali nella superficie triturante han- no varie prominenze coniche ben grandi. Appresso lo stesso Cuvier considerando attentamente la struttura di detti molari s’ accorse, che non aveano cemento, o sia materia corticale di sort’ alcuna , nè poteansi chiamare somposti, € per ciò stesso essenzialmente differivano da 525 FAMIGLIA SECONDA De PaicinpERMI ORDINARI. | Mega o nulla, o breve; non più di quat- tro dita ne’ piedi, nè meno di due. quelli dei veri elefanti. (nella fig. 13. e 14. della pri ina tavola del presente tomo sono rappresentati due di questi inolari ). Si procacciò egli pure esatte notizie in torno ad altre ossa simili a quelle del Canada, rinvenute nell’ America meridionale, ed in alcuni paesi dell’ Asia, e dell’ Europa, e non poche ne potè esaminare co’ proprit occhi, e tali differenze vi trovò , che oltre la prima spe- cie , quattro altre ne stabilì, e di tutte formò un nuovo genere da lui chiamato mastodonte, mastodon. La mas- sima parte de’ zoologisti è su questo punto d’ accordo col Sig. G.Cuvier , e vani sono gli sforzi del Sig. Tilesius, il quale, nella memoria citata nella nota precedente , vorrebbe pur mostrare, che i molari dei mastodonti differiscono da quelli dei veri elefanti solamente nel numero, e grossezza delle lamine, e che non vi ha ragionevol motivo di adottare l’ anzidetto nuovo genere. Fino ad ora non abbiamo notizia certa di alcun masto- donte vivente. Fra i fossili poi il più rimarchevole e il mastodonte gigantesco , le ossa del quale spesse vol- te si trovano nell’ America settentrionale, assai di ras 2% Quantunque in un genere di pachidermi ordinarii il naso sia prolungato in una sorta di proboscide , pur tut- tavia è questa così corta, e così imperfetta da non potersi paragonare colla proboscide degli elefanti. I molari poi de’ mastodonti hanno in vero molta somiglianza con quel- li degl’ippopotami, ma nel rimanente dell’ organizzazio- ne sonvi tante, e sì grandi differenze, che fra questi due generi sì scorge una manifesta, e considerevole distanza Nè solamente il passaggio da’ proboscidei ai pachidermi ordi- nari ha luogo, come suol dirsi per mezzo di un salto, ma vani non piccoli trovansi pure quasi in ogni parte della serie de’ secondi; e tali differenze sì osservano fra i medesimi per riguardo a non pochi caratteri rilevantissimi 4 do nell’ antico continente, e di cui li Signori Peales padre, e figlio hanno potuto riunire due scheletri qua- si interi. Nella Toscana, nel Piemonte , in diverse par- ti della Francia, e del Perù si disotterrano le ossa del mastodonte a denti ristretti, mastodon angustidens Cuy. Le colline de’ molari di questa specie sono longitudi- nalmente solcate , e per ciò logorandosene la sommità ne nascono superficie quasi piane ad orlo festonato; in oltre alle colline grandi ne sono qua e la frammiste altre più piccole. Questi due caratteri servono a di- stinguere una tale specie dalle altre quatiro. Di tutte hanno trattato estesamente Cuvier nel tomo secondo del- la sua opera sulle ossa fossili, e Desmarets nell’ ar- ticolo Mastodonte del N. Dict. d° Hist. Nat, ed. 2, 525 che alcuni sistematori si persuasero doversene formare più famiglie. Vero è pure che due, o tre generi noti sol- tanto per le ossa fossili, che ne sono state disotterrate, servono ad avvicinare fra loro alcuni generi, che rac- chiudono specie viventi; ma ciò nulla meno, in qualun- que modo si ordini la suddetta serie, vi si trovano frequen- ti interruzioni. Vedremo a suo luogo, che un grande inter- vallo separa eziandio i pachidermi ordinarj da’ solipedi , e per ciò, come abbiamo già detto, questi ultimi da molti zoologi- sti si antichi, che modernì vennero giudicati meritevoli di formare un ordine da se soli. E siccome non vi ha al- cun fondamento di credere, che tanti generi rimangano a scoprire, quanti abbisognerebbero per rendere la serie de’ pachidermi esattamente continuata, si deve conchiu- dere, che anche questi mammiferi ci somministrano un giu sto motivo di non ammettere, che nella così detta scala de- gli esseri non vi siano salti di sort'alcuna. Attese le gran- di differenze, che vi hanno fra i generi della presente fa- miglia, i caratteri comunì ai medesimi si ristringono qua= sì a que’ soli, che abbiamo di sopra indicato, e che sono negativi. Gen. Ippopotamo, H,ppopotamus (1) Lin. Testa assai grande; muso larghissimo; fori del- le narici molto distanti fra loro; occhi piccoli; orecchiette corte, ristrette; apertura della bocca rr ————————_————___—___——mauonrt% (1) Da irros - cavallo, e da TOTÀN.198 - fluvia bile, 526 enorme; lingua molto larga all’ estremità; incisi- vi £, i superiori quasi conici, brevi, poco men che verticali nella parte , ch è fuori della gengi- va, i laterali situati più in dietro de’ medii; gl’ in- feriori quasì cilindrici, scanalati alla base, assai lunghi, i medii più de’ laterali; canini 2 compres- si, triquetri, ricurvi, solcati longitudinalmente , i superiori troncati obliquamente all’ estremità nel- la parte convessa , gl’ inferiori nella parte conca- va, questi molto più grandi di quelli; molari 13, in ogni lato di amendue le mascelle il primo co- nico, il secondo, ed il terzo con un solco lon- gitudinale nel piano triturante; gli altri tre con 4 colline appajate trasversalmente , ed i due ulti- mi con una quinta molto bassa nella parte poste- riore; il logoramento delle colline produce da prima in ognuno di questi tre molari 4 figure quasi pia- ne ovoidee ; indi una figura sola quadriloba ; final- mente una figura poco men che quadrata , estesa a tutta la superficie triturante ; collo grosso; e corto; tronco voluminosissimo ; 2 poppe inguina- li; estremità brevi, e molto grosse; piedi simili a quelli degli elefanti, a dita però un po? distin- te, e quattro soltanto di numero anche nello sche- letro; unghie corte, ottuse ; coda breve, compressa, I fori delle narici sono bislunghi, ed obliqui, e le Jabbra tal, che essendo chiusa la bocca non si vede alcun dente; ‘la gola è molto larga; lo stomaco ha, al dire di Spar- mann, quattro concamerazioni; una gran quantità di pin- guedine riveste presso che tutte le parti molli; la pelle è assai grossa. Gl’ippopotami stanno sovente nell’ acqua dolce, e principalmente ne’ fiumi; per respirare mettono 527 fuori il muso dall’ acqua ; nuotano con molta velocità ; a terra camminano lentamente ; si nutrono dì vegetabili; le zanne , e gl’ incisivi, massime gl’ inferiori servono ad essi per isradicare le piante erbacee; questi stessi denti sono pure armi terribili; 1 maschi ne fanno uso quando vanno in amore, battendosi fieramente fra loro; la femmina dà in luce un figlio solo per ogni parto. Sp. Ippopotamo amfibio, Hippopotamus amphi4 bius Lin. L° Hippopotame, le cheval marin frane. The River Horse ingl. Das- Nil-Flusspferd ted. Orecchiette aguzze, internamente, ed all’ orlo fornite di peli bruno-rossigni; fascetti di peli ri- gidi sulle labbra; pochissimi peli, corti, sparsi, bruni nel tronco degli adulti, meno rari, e rossi- gni in quello de’ giovani; peli alquanto lunghi ne’ due spigoli della coda; pelle, bagnata che sia, bru- no-azzurrognola nelle parti superiori, dello stesso colore ma più chiaro nelle laterali, biancastra nel ventre; diseccata ha gli stessi colori, ma più cupi, Tav.-XI. fig. 2. Buff. Sonn. tom. do. pl. 1-3. Shaw Gener. Zool. vol. 2. part. 2. pl. 219, Abita nell’ Africa. Relativamente al volume del corpo è questo ippopo- tamo di poco inferiore agli elefanti, Un adulto ha so- vente due mila libbre di grasso; la pelle nel dorso è gros» sa un pollice, nel ventre sette linee, diseccata è difficil- mente penetrabile, anche da una palla di fucile, Non è 528 senza gravi pericoli il navigare. ne’ fiimi, ov’ esso vive, giacchè non di rado per qualche tempo sta nel fondo, indi tutto a un tratto sale alla superficie y ove se incon- tri un battello lo solleva, e lo rovescia: alla sola mi- naccia di offenderlo, ed alle volte anche senza questa, s'avventa ai battelli, me rompe le tavole de’ fianchi co’ denti superiori, e cogl’inferiori ne trafora il fondos. d’or- dinario all’ imbrunir della sera viene a terra, e viì passa la notte; il peso del corpo è la cagione per cui mon- tando più volte sulla stessa riva, wi produca una specie di largo canale; assalito, mentre era inteso a venire a ter- ra, cerca tostamente di fare un’ atroce vendetta, spa- lanca l’enorme bocca per stritolare co’ denti, non già per divorare l’assalitore; non è veloce nel camminare, e con qualche stento cangia direzione. A terra le ma- dri partoriscono, ed allattano i propr) figliuoli. Que- sto pachidermo mentr’è nell’ acqua mangia le piante, che crescono sulle rive, co’ denti le sradica, a terra dà il guasto alle campagne coltivate. Il grido assai forte, ed acuto somiglia alquanto il nitrire de’ cavalli, ed è quindi forse de- rivato il nome di cavallo fluviatile. Se ne fa la caccia colle armi da fuoco, o anche scavando in que’ canali delle rive, che abbiamo accennato poc’ anzi larghe e profonde fosse. Gli ottentoti incontrando una madre col figliuolino cer- cano di spaventarla, di metterla in fuga, e di prender vivo il figliuolino, che non può seguirla d’ appresso. Ben tosto addiviene esso mite, e familiare; nè mancano esem- pj d’ ippopotami cresciuti nella schiavitù, i quali erano do- mesticissimi. I romani imperadori per attestazione di Pli- mio, e di altri antichi scrittori più volte fecero vedere 529 nel circo ippopotami adulti. La carne è riputata buonis- sima , il grasso dicesi di sapore assai dilicato ; della pel le si fa uso come di cuojo; le zanne servono per far dentature posticce, e sono preferite all’ avorio perchè me- no facilmente ingialliscono. Sembra assai probabile, che il Behemoth de?’ libri santi sia l’ippopotamo. Errò gran- demente Aristotile allorchè attribuì a questo pachidermo una criniera, ed il piè bisulco. E ciò mostra, ch’egli non ne parlò di propria scienza. Gli errori d’ Aristo- tile vennero generalmente adottati fino all’ epoca in cui un italiano per nome Zerenghi vide in Fgitto due ippopotami , e li descrisse con un’ accuratezza degnis. sima di lode (1). E?’ incerto se l’ippopotamo, che da Marsden è messo nel novero degli animali dell’isola di Sumatra (2) sia veramente di questa specie. Il corpo de* maschi adulti è talvolta lungo 15 piedi, alto sette : una femmina misurata da Zerenghì era lunga 11 piedi, e 2 pollici, alta piedi 4 e mezzo, la circonferenza del ventre era di 10 piedi (3). (1) Una tale descrizione fu ‘colle stampe pubblicata in Napoli nell’anno 1603. {2) Voyage è V Isle de Sumatra trad. de V Anglois: & Paris chez Buisson tom. 1. pag. 180. (3) Nella Toscana trovansi molte ossa fossili d° ip- popotamo: il Sig. G. Cuvier non ha potuto fino ad ora decidere se siano della specie vivente , 0 di qualche?al- tra sconosciuta. Lo stesso autore afferma, che nella Francia vi hanno ossa fossili d’un ippopotamo piccolis- simo, del quale non abbiamo altra contezza, e che Cuvier erede una specie affatto estinta . 550 , Gen. 2. Porco, Sus (1) F. Cuv. ec. Testa compressa, e molto allungata; muso co- nico, obliquamente, ed inferiormente troncato; nel piano anteriore del medesimo i fori delle narici quasi circolari; occhi piccoli, laterali, non molto di- stanti dalle orecchiette; queste mediocremente lun- ghe; mascella inferiore notabilmente più breve del- la superiore; lingua depressa, larga; incisivi 4,£, gi inferiori quasi orizzontalmente declivi; canini è ricurvi, compressi , anche i superiori rivolti all’ in su, ed obliquamente all’ in fuori; molari {2-t7; i due, o tre primi falsi, compressi cicè con una punta tagliente principale; il primo molare vero superiore con due collinette in una fila trasversale, } ultimo superiore con 5 collinette; il penultimo inferiore con 4-5 colline; l’ ultimo con 5-7; tutti gli altri con quattro sole disposte in due fila trasversali; fra le colline principali altre minori, che rendono assai complicata la figura della superficie triturante, al- lorchè sia logora; collo grosso, e corto; tronco vo- luminoso; estremità più, o meno alte, e mediocre- mente grosse; piedi con quattro dita, due anterio- ri lunghe, e grosse, due posteriori corte, e sot- tili, quelle con unghie grandi, e compresse, que- ste con piccole unghie, che non arrivano a toccar terra; coda sottile , quasi cilindrica, mediocremente lunga ; peli setolosi, e rari in tutto il corpo, alquan- to lunghi nell’ estremità della coda, che per ciò è quasi fioccosa . (1) Vocabolo latino, che significa porco, e che deri- riva dal nome greco cùs,che ha la stessa significazione . 53r I canini degli adulti sono in parte esterni, e visibi- li, anche allorquando la bocca sia chiusa. La pelle è gros= sa, il grasso per lo più abbondante, lo stomaco globulo- so, e la relativa lunghezza del tubo intestinale conside- revolissima. I porci preferiscono i siti bassi, ed umidi, amano di rivolgersi nel fango; sono voracissimi, ed onni- vorì; mostrano però di gustare più d’ ogni altro cibo î frutti, e le radici, che scavano col grugno; il grido de’ medesimi è acuto, e penetrante, la carne ha buon sapo- re: quantunque nati schiavi conservano molto della loro naturale selvatichezza, e ferocia. Sp. 1. Porco comune, Sus scrofa Lin. Le Cochon, le Pore franc. The common Hog ingl. Das gemeine Schwein ted. Niuna prominenza tubercolosa ne’lati del mu- so; incisivi £; estremità de’ canini distanti molto fra loro; un solco nel lato esterno di.tutte le zan- ne; molari }#, il primo inferiore poco al di là del canino, un vano considerevole fra questo molare, ed il secondo; gambe non molto alte. Buff. Son. tom. 25. pl. 25. Shaw Gen. Zool. pl 221.) 222. Abita libero ne’ paesi caldi, e temperati dell’ Eu- ropa, domestico quasi ovunque. Sonvi diverse razze di questa specie, l’ una, cioè il cinghiale, è tuttora selvatica, e fiera. Le orecchiette dì essa sono erette; fra le setole vi ha un pelo corto, e molle. I cinghiali lattanti hanno sul dorso fasce di color fulvo, Ie quali alternano con altre di color misto di fulyo , e di bruno; 552 il colore del rimanente del corpo è misto di bianco, di fulvo, e di bruno. Col crescere dell’ età le fasce scompajono, ed allora la testa per lo più è di color misto di grigio, di rosso, e di nero, il corpo fulvo con macchie brune, o nerastre; la coda è pendente, distesa, bionda, eccettua- tene l'estremità, ch'è nera; nel collo le setole sono più lunghe, che altrove; ne’ vecchi il grugno, e le orecchiet- te sogliono essere nere, ed anche il corpo nereggia. Un’al- îra razza viene denominata, porco di Siam, o anche por- co chinese; questo è più piccolo del cinghiale; ha le orecchiette più brevi, il collo più lungo, ed il muso più corto di quello del porco comune; non ha che setole, e queste assai rare; il groppone, e qualche altra parte n° è affatto senza; il colore varia dal nero, al grigio carico, al bianco. Nella Guinea ne vive una terza razza, che dalla siamese non differisce nella grandezza; le orec- chiette di questo porco sono assai puntute, e più lunghe di quelle delle altre razze, lo stesso dicasi della coda; il pelo è breve, poco rigido, sottile, rosso, e lucente; il dorso, e la coda ne sono affatto senza. Linneo consi- derò questa razza come una specie distinta, e la chiamò sus porcus . Nella razza comune la testa è in proporzione più breve, che nel cignale, e nel porco di Siam; l’ e- stremità del grugno più sottile; le zanne sono meno ta- glienti ne’ loro spigoli, e d’ ordinario minori, che nel cinghiale, le orecchiette più lunghe, meno però di quelle del porco di Guinea, alquanto inclinate; le setole poche, e non molto grosse; la coda negli adulti è ripiegata ‘in spirale. Molte varietà si danno di codesta razza, fra le quali merita una particolare attenzione quella, nella qua= 5353 le in vece delle due unghie anteriori se ne vede una so« la (1). Pallas notò che ne’ porci domestici il numero de= gl’ incisivi non è costante, je che talvolta nella mascella superiore ve n° hanno soltanto quattro, e che tal’ altra volta l’inferiore ne ha otto (2). Il cinghiale stassi ne? fol- ti boschi il giorno, n° esce la sera in cerca del nutrimen= to, che consiste in ghiande, marroni, semi, uva, e ra dici; nello scavare la terra segue la direzione rettilinea ; mangia pure giovani conigli, leprottini, pernici, uova. Devasta talvolta i campi coltivati, e le vigne. Di rado grida; va in amore nel decembre; allora i maschi si bat- tono fra loro fieramente; la gravidanza dura 4 mesì cir- ca; il numero de’ figli, che nascono in ogni parto è di 5-9; l allattamento dura 3-4 mesi. Se ne fa la caccia non senza qualche rischio, giacchè ferito addiviene furio- so, ed assale i cacciatori con sommo ardire. La carne del cinghiale lattante è dilicata, e di ottimo sapore, non così quella de’ vecchi. Da questa razza derivano le altre, tutte domestiche, le quali con essa si uniscono per la propaga- zione della specie, E° noto, che nella varietà comune la (1) Sonnini a grandissimo torto afferma, che non è abbastanza provata l’ esistenza di questa varietà. E la- sciando da parte l’ autorità di Aristotile, di Plinio, di Gesnero , di Pallas, e di altri, che danno la cosa per certa, come mai potè egli ricusare di prestar fede a Linneo, il quale dice espressamente essere una tal va- rietà frequente nei contorni di Upsal? (2) Miscellanea zoologica.» Lugd. Bat. 1778. pag. 20. 554 fecondità è tale, che in un parto nascono talora 14 fi- gli. I vantaggi, ch’ essa arreca all’ uomo sono grandissi- mi, ed è questo il motivo per cui 1° ha egli seco condotta quasi in tutte le parti, ove ha fermato sua dimora. Sp. 2. Porco Barbirussa, Sus Babyrussa Lin. Le Babiroussa frane. The Babyroussa ingl. Das Hirsch Schwein, der Hirscheber ted. Muso in proporzione più corto, che nella spe- cie precedente , niuna prominenza ne’ lati del me- desimo; incisivi #; molari {%; canini superiori del maschio moito più lunghi degl’ inferiori, e ripiega- ti sopra la testa in modo, che s'incrocicchiino; corpo alquanto svelto, così pure le gambe; pelo di color cinereo-rossigno, misto al nero. Buff. Son. tom. 31. pl. 22. fig. 1. Shaw Gen. Zool. tom, 2. part. 2. pl. 224. fig. 2. Abita in varie isole dell’ arcipelago indiano. La direzione de’ canini superiori indusse alenni anti- chi naturalisti a credere, che questo porco fosse cornu- to. Il primo molare superiore probabilmente cade presto , e ne rimane poscia affatto chiuso l’alveolo, motivo per cui molti zoologisti attribuiscono al babirussa cinque soli molari, anche nella mascella superiore. Dicesi che talvoî= ta dorma in piedi, e che mettendo i canini superiori a cavalcione di un ramo alquanto robusto , faccia al mede— simo sostenere tutto il peso della testa; tramanda un for- te odorej va in branchi; nuota agilmente, e passa da tn’ isola ad un’ altra, anche distante. Mangia principahb mente foglie; la carne ha piuttosto il sapore di quella del 535 cervo, che di quella del porco comune. Con molta fa« cilità si addomestica, ed addiviene assai mite ; il grido, che rare volte fa sentire somiglia il grugnir del porco co- mune. È’ grande quanto un cervo adulto. Il nome di Babirussa, o per dir meglio quello di Babdirooesa signifi» ca nella lingua degli abitanti le isole di Java, Amboina ec. porco-cervo (1) (2): (1) Un grande, e singolarissimo mammifero chia mato dai chinesi Suckoteiro, o Suckotyro vive nell’ in= terno deli Asia, se si vuol prestar fede a quel che ne scrisse Nicuhoff nella relazione del suo viaggio . Vicino al lato esterno di ciascun occhio di questo mammifero esce fuori una ben lunga zanna rivolta alquanto all’in su; le orecchie sono ampie, e giù pendenti; il muso è da porco, i piedi da elefante , il corpo, ed il portamento da bue, la coda da cavallo. Molti credano quest’ ani male immaginario, € tacciano d’ impostura quel viag- giatore. Illiger è d° avviso, che sia il Sus Babyrussa, e che Nieuhoff non lo abbia veduto co’ proprj occhi, ma una inesattissima idea se ne sia formato da quel, che gliene dissero alcuni imperiti , e che a norma di tale idea ne abbia egli composta la descrizione , e la figu- ra. (Vedi Shaw Gen. Zool. Tom. 1. part. 1. pag. 226. , e pl. 65.) (2) A queste due specie vuolsi aggiugnere il Sus larvatus dî Federico Cuvier, il quale dal porco comune differisce quasi unicamente perché ha nei lati del mux so, ed in vicinanza dei canini superiori due grossi tu= 536 Gen. 3. Fascochero, Phascochoeres (4) F. Cuv. T'esta enorme; cranio largo; muso eccessivamen- te largo, troncato come quello de’ porciî, occhi pic- coli, situati assai in alto, e vicini alle orecchiette; Queste mediocri; incisivi 2, li superiori triquetri , verticali, ed appena ricurvi; li medii inferiori assai piccoli, e fra di essi un vuoto; gli altri due d’ ogni lato un poco più grossi, e meno fra loro distanti; car nini $ grossi, ricurvi all'in su, ed al di fuori obli- quamente , compressi, con un solco profondo in ambo i lati, i superiori più grossi, e più lunghi notabilmente degl’inferiori, visibili in molta parte, anche quando la bocca sia chiusa; molari *£, nella mascella superiore i due primi d° ogni lato semplici , gli altri 3 composti di varj cilindri di smalto riu- niti insieme per mezzo di un cemento corticale; nella inferiore i 3 primi d’ ogni lato semplici, pic- coli, ottusi, fra loro distanti, l’ultimo grandissimo, composto come 1 tre ultimi superiori; per lo logo- ramento il piano triturante presenta molte areole smaltine, circolari, disposte in tre'file longitudinali, ed immerse nella sostanza corticale (1); tronco si- bercoli mammelliformi sostenuti da una prominenza os- sea. Vive questo porco nel Madagascar, e nell’ Africa meridionale . (1) Da PasubAiov - sacca, e Yoîpos- porco. Il Sis. G. Cuvier in vece di. Fascochero, usa il nome Facoche- ro derivante da @ands - lenticchia, e per traslato an- che verruca, e da Yo7pos. (5) I molari composti di questo genere per la strut- 537 mile a quello de’? porci; così pure i piedi; coda me- diocremente lunga; setole dure in tutto il corpo. Le maniere di vivere de’ fascocheri' poco differiscono da quelle de’ porci; il cibo de' medesimi consiste in radici, Sp. unica Fascochero africano, Phascochoerus africanus F. Cuv. ed pius Le Sanglier d’ Afrique, le Sanglier du Cap- Vert frane. The Ethiopian Hog ingl. Das Echio- pische Schwein ted. Muso così depresso, che 1° estremità del mede- simo è assai più larga, che alta; gran sacco mol. le, rugoso sotto ciascun occhio ; indi una promi- nenza grande , rotonda , dura, non molto alta;3 sul collo, e sulle spalle una criniera di setole brune, miste ad altre grigie, la quale continua sino alla metà del dorso, diminuendosene per gra- di l'altezza; setole de’ lati del torace, e del ven- tre biancastre; gambe svelte, e di mediocre altez- za; unghie nere; coda quasi cilindrica, sottile, po- co, o nulla pieghevole. Pallas Spic. Zool. fasc. 2. tah. 1. Shaw Gen Zool. tom. 2. part. 2. pl. 224. Buff. Son. tom. 33. pl. 13. Abita nell’ Africa. 35 tura, e per la maniera, onde crescono , formandosene cioè la parte anteriore prima della posteriore, hanno molta somiglianza con quelli degli elefanti . 538 Tanto dal Capo verde, come da quello di B. Sperane za sono stati trasportati in Europa alcunì individui della presente specie; e gli nni, e gli altri vennero esaminati da valenti zoologisti. I primi avevano tutti gl’incisivi in- dicati nell’ esposizione de’ caratteri generici, Ja maggior parte dei secondi non ne aveva alcuno palese; i vestìigi però ne rimanevano sotto la gengiva, ed è verosimile, che tali denti fossero caduti. Vaillant nel 2.9 viaggio nell’Afri» ca tom. 2. pag. 251 ci dice, che sotto gli occhi in vece di un sacco molle ha questo fascochero una sorta di la- mina cartilaginea; e nella figura che ce ne dà, la detta lamina vedesi situata quasi ad ugual distanza dagli oc- chi, e da’ canini, ciò che è in opposizione a quanto af- fermarono Pallas, Vosmaer, ed a quanto rappresentano Je figure, ond’ essi hanno corredato i loro scritti. Eppure an- che Pallas, e Vosmaer più volte videro, ed a loro grand’ agio osservarono l’ animale vivo. Un’ altra differenza ci presenta la coda, la quale secondo Vaillant ha un fiocchetto di setole all'estremità, secondo Pallas, e Vosmaer è affatto nuda. Opportunamente però Vaillant ci avverte, che 1’ effigie aggiunta alla sua descrizione è di un giovane, e non già di un adulto. Se adunque non sì voglia ‘accusare d’ ine- sattezza questo viaggiatore, bisognerà dire, che col cresce- re dell’età del fascochero quella lamina cartilaginea addiven- ga molle, e si gonf) dalla parte degli occhi, e s’ avvicini d’ assai ai medesimi, e prenda Ja forma di un sacco; in oltre, che la coda perda le setole di cuì andava fornita, Ed è mestieri il notare, che tanto il fascochero di Vail- lant, come quello di Vosmaer, e di Pallas erano stati pre- si a non molta distanza del Capo di B. Speranza. Imperocchè 539 se 0 l'uno, o l’altro fosse stato del Capo verde, le indie cate differenze servirebbero ad avvalorare il parere di al- cuni, i quali fondati sulla presenza, o mancanza degl’ in- gisivi, ammettono due distinte specie del presente genere. Grande è la velocità, la forza, e la ferocia di codesto pachidermo , il quale se prendasi piccolo, e si allevi, ad- diviene domestico sino ad un certo segno. Se ne fa la caccia per mangiarne le carni. E° lungo 5 piedi. Gen. 4. Dicotile, Dicotyles (1) F. Cuvier. Testa quasi conica, grossa, non molto lunga; muso simile a quello de' porci, ma più ristretto, e ad orlo più sporgente; occhi piccoli, laterali, no- tabilmente distanti dalle orecchiette; queste corte, e rotoudate; incisivi £, i medii superiori assai più grandi de’ laterali, gli uni, e gli altri alquanto sporgenti; i 4 primi inferiori lunghi, quasi oriz- zontalmente distesi, i laterali brevi, e somiglianti a piccoli canini; questi È, i superiori piramidali , triangolari, pochissimo ricurvi , sempre in parte visibili; gl’inferiori simili ai superiori, ma un po- co più grandi, e più ricurvi, in niun modo visi- bili qualora la bocca sia chiusa; molari {7 a co- rona fornita di varie prominenze coniche disposte irregolarmente; collo oltre modo grosso; tronco grosso, e corto;. nel mezzo del groppone una glan- dula, che separa un umore, il quale ha un odo- re assai forte, e di continuo esce per un largo foro; estremità mediocremente alte, gracili; piedi come ne’ due generi precedenti, eccettocchè i poste- (1) Da dio due, e da KorbM - cavità. 540 riori hanno tre soli diti, due de’ quali sono an: teriori, e molto grandi , l’altro piccolo situato di dietro nel lato interno, ed assai in alto, con una piccola unghia; tubercolo largo, e piatto in vece della coda; corpo coperto di dure setole. Oltre i caratteri testè esposti, altri ne somministra la struttura interna di alcune parti. Il Sig. G. Cuvier notò, che nel metacarpo, e nel metatarso, le ossa corrisponden- ti alle due dita anteriori sono insiem riunite, e formano un osso solo. Lo stomaco poi è diviso in varie cavità. Azzara afferma, che i dicotili sono meno immondi de’ porci, che non cercano le fogne, e che partoriscono una volta al- l’anno, e soltanto due figli. Nutronsi principalmente di frutti, e scavano Ja terra per estrarne radici. I zoologisti gli ebbero in conto di veri porci, fino all’epoca, in cui F. Cuvier dando il giusto valore alle già indicate differen- ze, stabilì il muovo genere di cui ora trattiamo, e del quale si conoscono già due specie viventi nell'America me- ridionale. Siamo debitori ad Azzara di avere con molte, e belle osservazioni dimostrato, che a torto venivano esse confuse insieme , e risguardate come una sola da Buffon, da Linneo ecs Sp. 1. Dicotile col collaro, Dicotyles torqua- teus F. Cuvier. Sus Tajassu Lin. Le Pecari à collier franc. Setole brevi nella testa, brevissime nel contor- no degli occhi, e ne piedi, nel rimanente del cor- po assai lunghe, e dure; ognuna cinta di anelli ne- ri, e bianchi alternativamente; per lo più l’ulti- 541 mo è nero; in una larga fascia però, che dalle spal- le discende obliquamente sulla base del collo , l'e stremità delle setole è bianca, quindi una specie di collaro di questo colore; piedi neri; il rimanen- te del corpo grigio - nerastro. Geoffr. ei F. Cav. Mammif, livr. 5. pl. 6. Abita nell’ America meridionale. Vive ne’ grandi boschi, non abbandona spontanea- mente il sito già trascelto per dimorarvi. Non se ne veggono mai numerosi branchi. Timido, com’è, fugge al primo assalto, e si asconde o ne’ cavi tronchi degli al- beri, o nelle tane de’ mammiferi, che abitano sotterra, e soltanto ridotto alle strette fa uso delle sue armi; irri- tato mette uno strido acutissimo , solleva i peli del dorso, e dalla glandola del groppone manda fuori gran quantità di umore, il quale secondo Azzara ha odore soave, e di muschio, secondo F. Cuvier d’ aglio. Questa differenza dipende forse dalla qualità del nutrimento. F. Cuvier, che ne ha osservato uno domestico, dice, che lo era all’ ultimo segno, poichè teneva dietro al padrone, e da- va segnì di gioja al rivederlo , ed a cenni di lui obbe- diva, ed amava di vedere le persone, e di esserne acca= rezzato; obbligato poi a vivere con varii cani si mostrava in ispecial modo affezionato ad uno di questi, familiar mente viveva con esso, su gli altri esercitava una specie di supremazia, e li puniva, se osavano di contendere a lui, ed al suo amico la preminenza nella scelta de’ cibi. Lo stesso Cuvier pretende, che tutto questo servir possa a provare‘, che i porci, ed i pachidermi, i quali più 542 ài porci somigliano, hanno un grado d’ intelligenza maggio» re di quello, che ad essi viene comunemente attribuito, ed uguale a quello degli elefanti. Una tale asserzione però a me sembra assai poco fondata , nè credo sarà te- nuta per vera da coloro, i quali vorranno confrontare esattamente le azioni di codesti animali , e giudicarne im- parzialmente. Sp. 2. Dicotile labiato, Dicotyles labiatus F. Cuvier. Sus Tajassu Lin. Le Pécari Tajassu franc. The mexican Hog ingl. Das Bisam-Schwein ted. Labbro superiore bianco, così pure tutta la mascella inferiore ; le setole frapposte alle orecchiet- te, ed alle spalle di color biancastro nella base. nel resto nere; quelle frapposte agli occhi, e Ie altre situate fra gli occhi, e le orecchiette, non che quelle, che ricoprono i fianchi, ed il ventre merc con una fascia biancastra verso la metà, le setole del rimanente del corpo nerastre. Abita nell’ America meridionale. Azzara potè esaminare un individuo di questa specte mato di fresco, e vide che in esso moltissimi peli erano ne- ri alla base, biancastro-bruni all’ apici; la mascella in- feriore era bianca, così pure il petto, ed il ventre; col crescere dell’età il nero si estende, ed ‘addivien più ca- ‘rico, Il tronco è in proporzione meno grosso di quello del- Îla specie precedente; la glandula del groppone è situata più ‘basso; il tubercoio, che tien luogo della coda è il doppia più lungo, molto largo, e depresso. La lunghezza di tutto il corpo è di 3 piedi, e 4 pollici. Abita ne’ grandi boschi :n 545 branchi numerosissimi, non di rado di mille indivi- dui, fra quali uno ve n° ha, cui segue la turba. Que- sti branchi talvolta da un paese passano in un altro, an- che lontano. Ad ogni rumore battono i denti, e fanno alto, ed osservano all’ intorno. Se non iscoprono alcun pericolo, proseguono il cammino senza molestare gli uomi- nì che incontrano. Che se poi vengano assaliti sì con- centrano, circondano l’ assalitore sia nomo , o sia una fiera, e lo sbranano, se ben presto non sale su di un al- bero, o se non abbia la sorte dì uccidere il condottiero, giacchè in questo caso tutti gli altri si danno alla fuga. Sonnini aggiunge , che allorquando per continuare il cam- mino è ad essi d’ uopo di attraversare un fiume, il con- dottiero è il primo a gettarsi a nuoto, e tntti gli altri ne imitano l’ esempio. Secondo l’ asserzione di questo viag- giatore il presente dicotile , oltre i frutti selvatici, e le radici, mangia anche rettili, e pesci. Dicesi che la carne tanto di questa specie, come della precedente abbia otti- mo sapore (1) (2). | (1) Fra le ossa fossili trovate nelle gessaje de’ con- torni di Parigi, vi ha una porzione di mascella, la quale o appartenne ad un dicotile, o almeno ad un mammifero y che gli era molto somigliante. (2) IL Sig. G. Cuvier è d’avviso, che immediata- mente dopo i dicotili possa collocarsi il genere anoplo= terio, anoplotherium: ( questo nome deriva da &vorA9s + inerme, e da Sypioy-belsa). I caratteri essenziali di ur tal genere sono i seguenti : niun vano nella serie de’ denti sì dell’unayche dell’ altra mascella ; incisivi £ ; canini $ non: 544 Gen, 5. Rinoceronte, Rhinoceros (1) Lin. Testa bislunga, compressa; muso lungo, ed ot- tuso ; labbro superiore eccedente l’ inferiore, coll’ e- più lunghi degl’ incisivi; molari Ti: i 3 primi d’ogni lato di amendue le mascelle compressi, gli altri mola- ri della superiore quadrati , quelli della inferiore bislun- ghi con due, o tre lamine di smalto , longitudinali , cur- vate a mezza luna; i piedi con due dita assai grandi; le ossa corrispondenti del metatarso , e del metacarpo distin= te; in alcune specie solamente uno, o due diti accessorii Non si ha notizia di anoploterii viventi. Il rinoma- tissimo Sig. G. Cuvier , che con tanta maestria ha sta- bilito questo genere , ne numera già cinque specie , le ossa delle quali non sono state finora trovate , che nelle ges- saje de’ contorni di Parigi. Spesso, ed in copia sì di- sotterrano quelle dell’ anoploterio comune , il quale era grande presso a poco come un asino, ed aveva le gam- be grosse, e corte, un dito accessorio nel lato interno de’ piedi anteriori < la coda grossa, e lunga quanto il corpo. L’ anoploierio medio era fornito di gambe alte, non aveva dita accessorie ne’ piedi anteriori. La specie detta minore non eccedeva in grandezza una lepre, ed aveva un dito accessorio in ogni lato di tutti e quattro i piedi. All’ anopioterio comune era somigliante assai quello, che ha avuto il nome di secondario, e ne diffe- riva principalmente per essere appena grande quanto ur porco comune. Finalmente il minimo era piccolo al pari della cavia cobaja volgarmente detta porcellino d' India. (dA x L. (1) Da piv, 66 - naso, e da xéeds - corno. 545 stremità puntuta, rivolta all'in giù, ed atta a pren dere piccoli corpi; occhi molto distanti dalle orec- chiette; queste imbutiformi alla base, più corte della testa; uno , o due corni massicci, aventi un tessuto fibroso , situati sul naso, non immediatamen- te attaccati alle ossa sottoposte: lingua larga; in- cisivi o £, ovvero niuno in ambe le mascelle; niun canino; molari $É, i primi piccoli, gli altri gran- di, quadrati nel colletto, forniti di alquante pro- minenze nella parte triturante; quindi per lo lo goramento nascono alcune superficie, le quali a mano a mano addivengono estese, ed in fine si riu- niscono in una sola, quando cioè le prominenze sono del tutto logorate; collo corto; tronco assai voluminoso; 2 poppe inguinali ; gambe grosse, € mediocremente alte; piedi corti con tre sole dita, e con unghie larghe, ed ottuse; coda o breve , o iii lunga, sottile; cute assai grossa ; con peli rari, e duri. Le corna situate sul naso de’ rinoceronti rendono l'a spetto di codesti pachidermi veramente singolare, e for- mano il carattere jiù rimarchevole de’ medesimi. A dif ferenza di quelle degli altri mammiferi non hanuo alcu na parte ossea, ma sono ùn puro aggregato di crini riu niti insieme mediante una sorta di glutine. Sono esse il mezzo precipuo di difesa contro a nemici. Servono anco= ra per isradicare arbusti, e per troncare arboscelli. Degli uni, e degli altri principalmente si nutrono i rinoceron- ti, il cui palato è sì calloso, e sì duro da non temere offesa dagli aculei, e dalle spine; giammai sono stati ve- duti questi pachidermi pascolar 1’ erba molle de*prati. La pelle de’ medesimi è assai grossa, non però impenetrabile 546 alle frecce, ed' alle infuocate palle da fucile, come alcu» ni hanno creduto. Vivono ne’boschi non già in branchi 4 ma solitarj. Ad una semplice minaccia, e talvolta anche senza di questa si precipitano addosso agli uomini , che in- contrano, cercano di ferirli colle corna, di gettarli a terra, e di schiacciarli co” piedi. Quantunque fra le tre specie viventi, che si conoscono abbianvi notabili differenze, mas- sime per riguardo agl’ incisivi, come fra poco vedremo, pur tuttavia i zoologisti hanno conservato questo genere quale venne stabilito da Linneo. Illiger opina, che i ri- noceronti formino non solamente un genere, ma una fa- miglia distinta, ch'egli chiama de’ nasicorni, nasicornia. Sp. 1. Rinoceronte indiano, Rkiroceros indicus Cuv. Rhinoceros asiaticus Blum. Rhinoceros unicornis Lin. Gm. Le Rhinocéros des Indes franc. The single-hor- ned Rhinoceros ingl. Das einhòrnige Nashorn ted. Fronte elevata; un sol corno situato quasi all’ e- stremità del naso; orecchiette ovato - aguzze; inci- eivi $ molto distanti dai molari; pelle profonda- mente piegata attraverso al collo, alle spalle, ed al groppone, ne’ lati di questo, e del ventre, at- traverso alle natiche, ed alle gambe; coda breve. avis NIE fig. +4. Ménag. du Mus. de Paris ed. in 12. tom. 2. pag. 111. Geoftr. et F, Cuv. Mammif. livr. 13. pl. 2. livr. 14. pl. d. 2 Abita nelle Indie orientali, e principalmente al di là del Gange. 547 Nella mascella sniperiore gi’ incisivi medii sono assai grandi , ovali, compressi, e sì logorano in un piano al- quanto obliquo all'in fuori , ì laterali sono assai piccoli; così pure i medii inferiori; i laterali parimenti inferiori sono grandi, e somiglianti ai medii dell’ altra mascella: il primo molare superiore è piccolissimo, quasi triangola» re, nè gli corrisponde alcun dente inferiore; la superficie triturante de’ molari seguenti ha una linea prominente, nell orlo esterno, e due collinette trasversali, e quasi per= peadicolari all’ anzidetta linea: logorandosi le collinette, addivengono ognor minori le cavità frapposte alle mede= sine: nella mascella inferiore il primo molare è piccolise «imo , il piano triturante del medesimo è quadrilatero tra- sversile; il secondo è un poco più grande, ma simile al primo; gli altri sono ognor più grossi quanto più s° ac= costano al fondo delle mascelle, ed ognun d’ essi appari sce formato di due parti convesse nel lato esterno, con- cave nell’ interno , il piano triturante poi ha due pro= ‘imimenze curvate ad arco situate Ì’ una dopo l’ altra lon= gitudinalmente. La porzione delle ossa del naso sottoposta al corno ha molte piccole prominenze, che s'inseriscono in altrettante cavità della pelle, cui è attaccata la base del corno. stesso, E° questo immobile, e cresce quasi in tutto il tempo della vita dell’animale; talvolta è lungo 3 piedi, ed anche più. La pelle è assai grossa, dura, tu- bercolosa, grigio-cupa, con un’ ombretta violacea, eccet- tuata però quella delle pieghe, la quale è alquanto molle , sottile, e di color dì rosa. Peli corti si veggono nell’orlo dell’orecchiette, ed all’ estremità della coda ; nel rimanente ‘del corpa d’ordinario non ve n’ha alcuno. Questo rinoceron= 548 te quand’è infuriato corre con molta velocità, e difficil- mente può essere raggiunto da un cavallo, che galoppi, Il grido ordinario del medesimo è un grugnire simile a quello del porco comune, irato mette grida spaventevoli, ed acutissime. Ha lo stomaco semplice, e l’ intestino cieco molto grande. Se si prenda piccolo può addomesticarsi sino ad un mediocre segno ; è però sempre pericolosa cosa il la= sciarlo libero, giacchè talvolta addiviene improvvisamente furioso, senza che se ne possa indovinare la cagione. E° lungo 10-12 piedi, e talvolta anche più; l’altezza suol essere di 5-7 piedi. Sp. 2. Rinoceronte sumatrese, Rhinoceros su- matrensis F. Cuv. Le Rhinocéros de Sumatra franc. The suma- tran Rhinoceros ingl. Fronte poco elevata; due corna'disposte in una fila longitudinale ; l’ anteriore situato quasi all'estremità delle ossa nasali, più lungo del posteriore, e con- tiguo al medesimo ; orecchiette brevi, e puntute; incisivi $ ben grandi, distanti dai molari; una qual- che piega non molto profonda nella pelle; coda as- sai sottile, e mediocremente lunga .. Philos. trans. an. 1793. part. 1. pl. 2., 3., 4. Shaw Gen. Zool. tom. 1. p. 1. pl. 62. ‘Abita nell’ isola di Sumatra. Di questa specie ci ha dato sufliciente contezza Gu- glielmo Bell nel volume testè citato delle transazioni fi- losofiche della società R. delle scienze di Londra. Il ri- noceronte sumatrese ha nel collo piuttosto rughe, che pieghe; nelle spalle una piega trasversale poco profonda , 549 ed altre minori sul dorso, e sulle sambe; la pelle è rue vida , fornita di piccoli peli neri, rari, sparsi, ed è bru= nastro-cenerina, l’ interno però delle pieghe ha un color di carne sudiccio ; le corna, e le unghie sono nerastre. Un maschio non per anche adulto misurato da Bell era lungo $ piedi, e 5 pollici, alto 4 piedi, e 5 pollici; il corno anteriore del medesimo era ricurvo, ed alto 9g pol- lici , il posteriore quasi diritto, molto compresso, ed al- to 4 pollici; una femmina più piccola, e di minore età aveva le pieghe della pelle meno profonde di quelle del maschio suddetto . Sp. 3. Rinoceronte africano, R%inoceros afri- canus Cuv. Rhinoceros bicornis Lin. Gm. Le Rhinoceros d’ Afrique franc. The two - hor- ned Rhinoceros ingl. Das afrikanische Nashorn ted. Fronte bassa; due corna disposte come nella specie precedente; orecchiette larghe, ed erette, più brevi di quelle della specie suddetta ; niun incisivo; molari, che riempiono presso che intera- mente i due lati d’ambe le mascelle; quasi niuna piega nella pelle; coda breve angolosa . Buff. Son. tom. 28. pl. 9, fig. 2. Shaw Gen. Zool. tom. 1. part. 1. fig. 61. Abita nell’ Africa. Nell’ individuo descritto da Sparrmann non solamen- te il primo corno era ricurvo, ma lo era ancora il se- condo ; sovente però questo è diritto, compresso, e quasi tagliente: rarissimo è il caso, che dopo il secondo corno 550 we ne sia un terzò; tantò la parte delle ‘ossa ifasali sn ctii posa il primo corno, come quella delle frontali, che so» stiene il secondo non ha prominenze tubercolose; le ossa intermascellari sono piccolissime, e sembra certo, che non vi sia mai piantato alcun dente; la pelle ha tuber- coli sparsi; il colore di essa varia dal grigio al nerastro, Sull’orlo delle orecchiette veggonsi setole nere, sparse, e lunghe 1 pollice; ve ne sono alquante altre negli angoli della coda, fra le corna, ed attorno alle medesime; il ri- manente del corpo n° è senza. Per riguardo alle maniere di vivere questo rinoceronte non differisce dall’ indiano, cui somiglia pure nella grandezza, Gli ottentoti lo ammaz- zano o colle frecce, talvolta avvelenate , ovvero col fucile, e ne mangiano la carne. Gli antichi capitani, ed imperatori romani più volte mostrarono al popolo ne’ pubblici spettacoli or questa specie, or la precedente, e le fecero anche combattere cogli elefanti , co' bovi, e co- gli orsi (1). >} it — sii sg1. lr 1iJqcauessu.i ci. o” seriu lim.tue— ile mo de: vi ovmEuac cosa ur ci enmu I Sorta, (1) Nell’ anno 1771 sulle sponde del fiume Wiluji nella Siberia venne scoperto un intero rinoceronte colla pelle quasi intatta , sepolto nella sabbia; molte altre ossa dello ‘stesso genere si crano gia trovate prima di tal epoca, e molte ne sono state in seguito disotterrate in quel vasto paese. Se ne sono pure rinvenute alquan- te nell’ Inghilterra vicino a Cantorbery ; nell’ Anno- varese vicino ad Herzberg; sulle sponde del Reno in Germania, frammiste talvolta alle ossa «di elefanti , e di bovi; nella Linguadocca vicino a Vignonet, ed in 551 Gen. 6. Irace, Hyrax Herman: Testa grossa; muso corto, non molto ottuso; oc» chi mediocri; orecchiette brevi; incisivi 7, i supe- . Italia a Montezago nel territorio piacentino, a Valdarno in Toscana , nel territorio perugino , nel bolognese a Monte biancano. Cortese ha trattato dottamente di quelle del piacentino, Nesti di quelle di Valdarno . Per ciò che riguarda le ossa di rinoceronte, che fino ad ora sono state scoperte nel territorio nostro yil più rimar= chevole è quello, intorno a cui Gioseffo Monti scrisse, € nell’anno 1719. pubblicò colle stampe una dissertazione intitolata: De monumento diluviano nuper in agro bono» niensi detecto , nella quale rese conto di un suo viaggio a Monte biancano , e del ritrovamento di una porzione di mandibola fossile , la quale senza dubbio appartenne ad un grande animale. La giudicò egli di un rosma» ro, e per tale si ebbe da tutti i naturalisti sintantochè il Sig.G.Cuvier considerando la figura datane dallo stese so Monti s' avvide, che non potea una tal mascella es- sere di quell’ animale marino. Sospettò egli, che fosse piuttosto di mastodonte , ed avverti, che la rozzezza del- l’anzidetta figura, gli vietava di togliere di mezzo qua- lunque dubbio, Nell” anno 1804. io presi ad esaminare questo fossile, lo liberai dalla terra, e dalle conchiglie marine, che in parte lo ricoprivano, e m'avvidi, che senza dubbio appartenne ad un rinoceronte, e che era la parte anteriore della mascella inferiore. Lessi in seguito pubblicamente in occasione di conferire la lau- 552 riori lunghi, ricurvi, triquetrì; gl’ inferiori assai declivi, piatti, come troncati, e dentellati; 2 ca- nini nella mascella superiore piccolissimi, caduchi ; niuno neil’inferiore; vnoto considerevole prima de? molari; questi {$ somigliantissimi a quelli de? rino ceronti; collo corto; tronco voluminoso; 4 poppe al ventre; estremità brevi, e grosse; piedi a dita rea ad alcuni studenti di medicina una dissertazione, nella quale esposi î fondamenti di un tal mio giudizio. Nel 1810 avendo io avuto la sorte di vedere qui in Bo- logna per la prima volta il celebre Sig. Giorgio Cuvier gli mostrai la mascella ripulita, gli significai il parer mio, ed ebbi la compiacenza di ottenerne la di lui au- torevolissima approvazione. Nelle aggiunte, e correzia- ni delle sue memorie sulle ossa fossili, annunziò egli come da me fatta l’ anzidetta determinazione della ma- sceila fossile trovata da G. Monti. Prima di metter fi- ne a questa nota avviserò il lettore, che nel manifesto di un’ opera sulle petrificazioni del celebre Sig. Schlo- thcim , la quale attualmente si stampa.a Gota, si pro- mette pure la descrizione di ossa fossili di rinoceronte trovate nelle vicinanze di Kistriz in uno strato di gesso, che racchiudeva anche ‘ossa fossili senza dubbio umane, non che altre di leone, di iena, di cavallo ec. Sembra certo, che le ossa fossili di rinoceronte non appartenga- no tutte alla medesima specie, nè a veruna di quelle, che si conoscono viventi. (Vedi Cuv. Ossemens fossil. tom. 2. mem. 4., € ton. 1. additions, et corrections etc. ) 553 poco distinte; 4 negli anteriori, 3 ne’ posteriori; dito interno di questi fornito di un’ unghia adun- ca, ed obliqua, l'estremità delle altre dita in- volia in una specie di guaina breve, dura, ed ot- tusa, che alcuni considerano come una vera un- ghia, altri no; un tubercolo in vece di coda; cor- po coperto di pelo molle, con alcune setole sparse. E° il presente genere uno di quelli, che in certo modo partecipando de’ caratteri di più ordinì, vennero or nell’ u- no, or nell’ altro collocati. Pallas, il quale illustrò il primo l’unica specie bastevolmente conosciuta, la giudicò dell’ or- dine de’ roditori, ed appartenente al genere Cavia di Kle- in, però come anomala; giacchè non gli fu ignoto, che per l’ insolita conformazione delle parti sì interne, che esterne differisce essa moltissimo dalle cavie americane, e per la qualità, e numero de’ denti da qualunque mam- mifero dell’ indicato ordine. Hermann, e Gmelin l’ ascris- sero ad un nuovo genere denominato Hyrax (1). A que- sto Gmelin assegnò 1° ultimo posto nella serie de’ rodito- ri, sì che immediatamente precedesse i ruminanti. Il Sig. G. Cuvier da prima lo mise nel principio di detta serie in secondo luogo , cioè dopo gl’ istrici, ed innanzi alle cavie; ma in seguito avendone ponderati i rapporti di so- miglianza cogli altri generi finora conosciuti, mutò con- siglio, ed annoverò gl’ iraci fra i pachidermi. La massi- ma parte de’ zoologisti moderni ha approvato la decisione di G. Cuvier. Sono questi mammiferi per natura loro ti- 36 (1) Da Veab - sorcio . 554 midi,e miti, e nutronsi principalmente di radici, che estraggono dalla terra mediante i lunghi, e ricurvì inci siva della mascella superiore. Sembra omai certo, che ]’ un- ghia del dito interno de’ piedi posteriori serva agl’iraci per iscacciare gl’ insetti, da’ quali sono molestati. A tal fine sogliono pure talvolta avvolgersi nella polvere, in guisa da rimanerne quasi in ogni loro parte ricoperti . Sp. Irace del Capo di B. Speranza, Hyrax ca- pensis Gm. Le Daman du Cap. franc. The Cap Hyrax ingl. Der capsche Daman , der capsche Kiippschiie- fer ted. Naso nero, e nudo; orecchiette ovali, quasi ascose fra il pelo; questo nella testa, e nel dorso bianco alla base, indi fulvo - bruno, ovvero grigio; biancastro nel petto, e nel ventre; setole nere; piedi superiormente coperti di pelo nero, e brevis» simo. Tav. XI. fig. 3. Pallas Spic. zool. fasc. 2. tab. 2. Abita nelle vicinanze del Capo di BD. Speranza, Buon numero di setole è sparso nel labbro superiore, il quale riman diviso in due parti uguali da un solco ri- stretto, e poco profondo, che ascende nella parte ante- riore del naso. Gl’° incisivi inferiori hanno due piccoli in- tagli. Alcuna volta in ogni lato del collo vicino alle spalle vi ha una fascia biancastra ; le estremità apparisco- no più corte di quello sono in realtà, perchè gli omeri, ed i femori rimangono ascosi dentro la pelle come dentro un sacco. Lo stomaco è diviso in due cavità distinte; oltre 558 un gran cieco, alla metà circa del colon sonvi due ap- pendici coniche, quasi due lunghe corna. Il numero delle vertebre dorsali è di 22, uguale è quello delle coste in ogni lato, delle quali 7 sono vere, le altre spurie. Pal. las pretende, che sianvi unghie soltanto ne’ diti interni de’ piedi posteriori; secondo quasi tutti i moderni zoologisti anche le altre dita van fornite di unghie, e G. Cuvier tro va per riguardo ad esse una somiglianza fra gl’ iraci, e gli elefanti . Giusta il parere dello stesso Pallas la confor- mazione de’ piedi indica, che il presente irace scavasi ta- ne sotterranee: ma come potè egli mai indursi a così pensare dopo di aver negato l’ esistenza delle unghie nella massima parte delle dita ? Thunberg (1) conferma quello, che era già stato affermato da altri, cioè che 1’ irace del capo abita nelle fessure delle rocce, e nelle caverne, La carne di esso ha un color fosco, ed è poco sugosa; la mangiano gli ottentoti, e talvolta anche gli europei. Pre- so vivo ben presto addiviene familiare, carezzevole, ed obbediente; chiamato risponde con un grido acuto sì, ma breve; teme esso, e ben a ragione i grandi uccelli di ra- pina, de quali sovente riman preda; quindi veduto, che ne abbia uno nell’ aria, cerca tostamente di fuggire, e di ascondersi. La massima lunghezza del medesimo par che sia 1 piede, e 3-4 polhci (2). (1) Mem. de l Acad. des Sciences de St. Petersb. tom. 4. p. 507. (2) E’ tuttavia cosa dubbia se sia una specie distin- ta dalla gia descritta l’ Hyrax Syriacus Gmel. incontrato 556 Gen. 6. Tapiro, Tapirus (1) Lin. l'esta conica , compressa; mascella inferiore più breve della superiore; naso prolungato in una pro- boscide corta, mobile, troncata all'estremità ; fori delle narici anteriori; occhi piccoli, situati assul in alto, fra loro vicini, e distanti notabilmente dalle orecchiette; queste di mediocre lunghezza, e mobilissime; incisivi 6, i laterali superiori coni- ci, puntuti, simili a’ canini, gli altri quattro nel- l'estremità larghi, e taglienti, e fatti quasi @ spatola; gl’ incisivi inferiori troncati, e taglienti all’ estremità, i laterali assai più brevi degli altri quattro; canini 3 conici, appena ricurvi , brevi È gl’inferiori però meno de’ superiori , questi distan- ti alquanto dagli incisivi laterali; molari {7 no- tabilmente distanti da’ canini; nel piano triturante d’ognun d’ essi due colline trasversali; il logora- frequentemente da Bruce, e da altri nelle vicinanze del Libano, nelle montagne dell’ Abissinia ec. Questo viaggiatore afferma, che un tale irace ha tre sole dita in tutti i piedi, e ch'è affatto senz'unghie. Il Sig. G. Cuvier però appoggiato ad accurate osservazioni accusa di errore Bruce, e da per certa la perfetta somiglianza fra quest irace, e quello del Capo di B. Speranza, al- ineno per riguardo ai piedi. Lo stesso Cuvier dubita dell’ autenticità dell’irace della Baja d’ Hudson, Hyrax hudsonius Schreb. , il quale venne da Ililiger giudicato appartenente ad un altro genere da lui stabi‘ito, e chia- mato Lipura. (1) Da Tapliereta nome dato da’ Brasiliani al ta- piro, che vive nel loro paese. 557 mento fa nascere in luogo degli spigoli delle col- line piani da prima ristretti, trasversali, che a mano a mano s'allargano, e si riducono ad un solo quando sia distrutta la base delle colline stesse; collo grosso, e compresso: tronco medio- cremente lungo, ed assai voluminoso; due poppe inguinali; estremità robuste; piedi brevi, gli an- teriori a 4 dita , fra quali l'esterno è ii più pic- colo di tutti; 1 piedi posteriori a 5 sole dita pres- so che uguali fra loro; unghie grandi ovali, ot- tuse ; coda breve; cute grossa; pelo corto. Questi pachidermi per la conformazione delle parti esterne, e per la struttura delle interne sono assai vicini aì porci; le principali differenze consistono ne’ piedi, e ne’ denti. Essendo la proboscide de’ tapiri non solamente mobile, ma tale ancora da potere essere allungata, ed abbreviata, e da poter servire a prendere, un sì fatto or- gano rendeli in qualche modo somiglianti ai proboscidei. Non hanno altrimenti i tapiri più d’ uno stomaco, nè possono mettersi nel novero de’ ruminanti come fece Ba- jon, bensì, giusta le osservazioni di Mertrud, 1° unico stomaco in due siti è più ristretto che altrove. Sono or- dinariamente nottivaghi; camminan di trotto, e se il bi- sogno lo esiga celeramente; nuotano benissimo; perse guitati si gettano nell’acqua; sovente ancora--vanno a bagnarvisi spontaneamente: ma non per questo possono dirsi amfib} come taluno li chiamò. Il nutrimento de’ medesimi consiste in fruiti, e foglie tenere. Non offen- dono alcun animale, ed assaliti non cercano di difen- dersi, se non qualora sia ad essi tolto ogni adito alla fit- 558 ga. Vivono per lo più solitarj; la femmina sola bal’ in= carico di allevare, e custodire i figli. Sino ad ora gli uomini non hanno potuto assoggettarseli in guisa da farli servire a’ proprii bisogni. Linneo nella ro. edizione del suo sistema della natura chiamò la seguente specie col nome di Hippopotamus terrestris. Nelle edizioni fatte do- po ne tacque affatto. Sp. Tapiro Anta, Tapirus Anta (1). Tapirus americanus Lin. Gm. Le Tapir americain frane. The american Ta- pir ingl. Der amerikanische Tapir ted. Naso gibboso verso l’ estremità , orecchiette ova- to- bislunghe; fra le orecchiette, e lungo il collo superiormente sino alle spalle una sorta di spigo- lo, su cui stassi una criniera di peli alquanto lun- ghi; colore or tutto bruno, più, o meno carico, or dello stesso colore con macchie bianche; coda co- nica, puntuta all’ estremità. Shaw Gen. Zool. tom. 2. p. 2. pl. 220. Abita nell’ America, e fors' anche nell’ Asia me- ridionale. Allorquando la proboscide non è distesa, la superficie di essa ha molte grinze trasversali, e l'estremità di po- co eccede il labbro inferiore; allungata che sia, va al di }à del labbro suddetto 6 pollici circa, è molto pieghe- vole, e serve a prendere, e stringere piccoli corpi, a ca- «—«— _——_—___————__———_——__——r—————_______——_—_—_————————————————————————————————————————z (1) E° questo il nome, col quale si indica la pre- sente specie dai portoghesi, che abitano nel Brasile. 559 gion d° esempio pezzetti di pane. Quantunque la testa sia compressa in tutte le sue parti, lo è però meno inferior= mente, e per ciò le guance sporgono. Gli occhi brillano in tempo di notte, al dire di Azzara ; le orecchiette sono gros= sé ; il collo è in proporzione più lungo di quello de’ porci ; la prominenza del medesimo è più grande nel mezzo , che al- trove, ed è prodotta dal cuo]o, che in questo sito ha un pollice di grossezza, e forma uno spigolo longitudinale molto acnto; il tronco somiglia alquanto quello di un ca- vallo ben nutrito, ma è in proporzione più breve; le gambe sono grosse, e dirò così mal disegnate ; il dito ester no de’ piedi anteriori non tocca terra quando 1° animale cammina; il pelo della criniera è lungo 1 pollice e mez- zo, quello del rimanente del corpo brevissimo . Il colore va soggetto a non lievi variazioni. Azzara estrasse un fto vivo, e maturo dal ventre materno, e lo trovò lungo 2 piedi, e tutto coperto di pelo giallognolo; sì diè Azza- ra la cura di allevarlo, e dopo 7 mesi vide, che il pelo addivenne di color fosco con molte macchie bianche nelle gambe , e con striscie, o fasce bianco-giallastre sul dorso, e su i fianchi. Anche Margraff scrisse, che i gio- vani erano bruni variegati di bianco. Gli adulti, al dire dello stesso Azzara, sono di colore bruno-carico: nella parte inferiore della testa però, nella gola, e nell’estre- mità delle orecchiette vi ha del bianco; biancheggiano pure alquanto i lati della testa stessa ; il colore bruno delle femmine è meno carico, perchè fra i peli brunì ve n° hanno non pochi biancastri. Bajon non parlò punto dî macchie bianche, ma soltanto del colore bruno. Un in- dividuo non più alto di un porco comune, osservato, € 560 descritto da Allamand era bruno; la criniera però tende- va al nero, ed il coniorno delle orecchiette era bianca- stro. Il grido di questo pachidermo consiste in un picco- lo fischio. S° addomestica facilmente, allorchè si prenda giovane ; secondo Azzara, sì lascia toccare da chicchessia, ma non mostra affezione , ed attaccamenio ad alcuno; rode iutto quello , che trova, mangia ogni sorta dì cibo, non esclusa la carne cruda, e talvolta ancora la terra nitro- sa; è tristo, ed incapace dì recare al sno padrone alcun piacere, e di rendergli alcun servigio. Bajon per l’oppo- sto afferma, che molti abitanti di Cajenna amano di aver- lo domestico, e che mostra attaccamento al suo padrone, cui sa benissimo distinguere da qualunque altra persona. Se ne fa la caccia dai selvaggi colle frecce, da° coloni co’ fucili, e co” cani, per averne la pelle, e per mangiarne la carne. Un maschio adulto esattamente misurato da Az: zara era lungo 6 piedi, ed 1 pollice, nella parte anteriore del tronco era alto 3 piedi, e 4 pollici, e mezzo, nella posteriore 3 piedi, e mezzo; la circonferenza del petto era di 3 piedi, e g pollici; quella del ventre di 4 piedi, e 2 pollici; la coda avea 3 pollici, ed otto linee di lun- ghezza. Le femmine parimente adulte sono 4-5 pollici più lunghe. La specie descritta è stata fino ad ora generalmente cre- duta unica nel presente genere, ed appartenente soltanto all'America meridionale. Buffon, ed i seguaci di lui trassero anche da ciò argomento di risguardare come fon- datissimo assioma la seguente proposizione: che gli anima» {i dell’ America meridionale sono tutti estranei all’ antico continente , o almeno in questo trovansi degenerati al se- ‘561 gno da non poterli riconoscere. Il Sig. G. Cuvier nella storia de’ lavori fatti dal R. Istituto di Francia nel 1818 rese conto di una lettera, che il Sig. Driard giovane naturalista di grande aspettazione gli aveva recentemente scritta da Calcutta, nella quale gli dava esatte notizie di un tapiro preso vivo nell'isola di Sumatra. A queste no- tizie il Sig. Driard ebbe cura di unire una figura co- lorita dello stesso pachidermo, pubblicata in seguito dalli Signori Geoffroy, e F. Cuvier nel 4. fascicolo della più volte citata opera su ì mammiferi, e che copiata, e ri- dotta a minore misura vedesi al num. 1. della tav. xr. del presente volume. Questo tapiro era affatto nero nella testa, eccettuata l'estremità delle orecchiette, cui ornava una fascia bianca; nero era pure nel collo, nelle spalle, nel petto, nelle quattro estremità, e nelle natiche; una sran fascia bianca cingeva il resto del tronco. Dalla estre- mità della mascella inferiore sino alla base della coda era lungo 3 piedi, ed 1 pollice; la lunghezza della coda era appena di 2 pollici ; l’altezza dal tallone alle spalle di 2 piedi, ed 8 pollici. Il Sig. Farguharie governatore di Malaca, assicurò Driard, che questo pachidermo è comu- ne ne’ boschi della penisola al pari del rinoceronte, e dell’ elefante, e che i maschi adulti hanno la proboscide lunga 7-8 pollici. Il colore poi, prosegue Farguharie, è nero da per tutto fuorchè nel contorno delle orecchiette, ch? è bianco, e nelle parti inferiori del corpo, che sono gri- gio - pallide. Driard ne esaminò un teschio, e lo trovò perfettamente simile a quello del tapiro americano. L’ in- dividuo veduto da Driard era stato preso due anni avanti assai piccolo, mentre seguiva la madre, che fuggì. Ora due 562 quesiti si possono fare intorno a questo tapiro asiatico, Il primo è se appartenga o no ad una seconda specie del presente genere; } altro se chi sta per la parte negativa possa tuttavia credere il detto tapiro indigeno dell’ Asia, o piuttosto debba supporre con Blainville, che un maschio , ed una femmina condotti già in una non lontana epoca dall'America a Malaca fuggissero ne’ boschi, ed addivenissero, dirò così , i fondatori di una numerosa colonia. Per rignardo al primo punto di quistione a me sembra assaì probabile, che il tapiro asiatico non sia altrimenti di specie diverso dal- I Americano; imperocchè tutta la differenza fin ora ave vertita consiste nella qualità, e nella distribuzione del colore , il quale non è però nell’asiatico costante, e va- ria almeno secondo l’ età; ed abbiamo già notato di so- pra accadere ciò eziandio nel tapiro dell’ America per mo- do, che allorquando amendue siano giovani non differi- scano fra loro quasi per niente. La diversità del clima, e del nutrimento sono poi senza dubbio cagioni bastevoli per far variare in tal guisa il colore. Giudico in oltre asso- latamente possibile ciò , che da Blainville si suppone ac- caduto; ma nou essendone stata finora addotta alcuna pro» va, è manifesto, che la cosa rimane affatto dubbia (1) (2). (6) Nella così detta montagna nera in Linguadocca vicino ad Issel sono state trovate ossa fossili di un ta- piro assai somigliante al vivente. Ne' contorni poi di Vienna in Francia, vennero , non ha gran tempo, dis- sotterrati alcuni molari per la figura poco diversi da FAMIGLIA TERZA Deir SoLip£DI. Pr nulla; un solo dito compiuto, ed una sola unghia in tutti i piedi, ' quelli del tapiro aenzidetto, ma molto più grandi. Il Sig. G. Cuvier crede , che la mole del mammifero, cui appartennero superasse almeno di un quarto quel- la di un rinoceronte adulto . (2) Paleoterio, Palaeotheriam (da 7aAdy - antico, e da Sygloy - belva ) è il nome dato dal Sig. &. Cuvier ad un genere di mammiferi molto somiglianti ai tapi- ri, e noti solamente per le ossa fossili, che se ne tro- vano. Ecco i principali caratteri di un tal genere: in- cisivi Lo fatti a spatola ; canini 3 conici, ed ordinaria- mente poco più lunghi de° molari, e da essi non mol- to distanti; molari Ii, 1 superiori quasi quadrati , bi- solcati nel lato esterno, e con due punte angolose , e ta- glienti nell’ orlo superiore delio stesso lato ; unisolcati nel lato interno, e con due linee rilevate trasversali nel piano triturante: il logoramento di queste dette origi- ne a varie figure quasi piane : il primo molare infe- riore de’ paleoterii ordinari è piccolo, con una sola punta compressa; î seguenti sono come composti di due segmenti di cilindro, la convessità de’quali è nel lato esterno , la cavità nell'interno; gli orli superiori di tai 564 Il labbro superiore è grande, e rigonfio, e confondesi in certo modo col naso, formando ciò, che Illiger chia- ma Chiloma; lo stesso labbro è in oltre capace di varii segmenti sono nel mezzo della parte convessa angolo- si, e taglienti; logorandosi la corona si formarono due piani ristretti fatti a mezza luna; nell’ ultimo di detti molari inferiori ai due segmenti di cilindro , se ne ag- giunge nella parte posteriore un terzo più piccolo. In due, o tre specie , le quali sono dal Sig. Blainville ri- sguardate come appartenenti ad un altro genere da lui chiamato tapiroterio, tapirotherium, ( genere, che il Sig. G. Cuvier s'era già proposto di stabilire, qualora si avverasse , che le testè indicate specie avessero ne’ pie- di un quarto dito), in due, o tre specie dissi i canini sono assai grandi; la distanza fra questi, ed i molari è minore, che ne’ paleoterii ordinarii ; i tre primi mo- tari inferiori sono molto compressi; gli altri sono gros- st, e nel piano triturante hanno due colline quasi tra- sversali simili a quelle de’ molari de’ tapiri; l’ultimo poi ha una terza collina più piccola delle due, che la precedono. I paleoterii avevano l’ apertura delle narici obliqua, ed oltremodo lunga, e le ossa nasali brevis- sime: da ciò deduce con ragione il Sig. G. Cuvier, che questi mammiferi erano forniti di una proboscide , cor- ta però, giacche le estremità di essi non erano molto alte. Gli occhi poi erano mediocri ; il cranio assai com- presso sopra tutto all’ altezza dell’ arco zigomatico : le fosse temporali assai profonde, donde si argomenta la 565 movimenti, può essere alquanto allungato , ed accorciato, ed è adattatissimo se non a prendere da se solo, almeno a raccogliere corpieciuoli leggeri. Le estremità dei solipe- di sono alte, e svelte: quindi la velocità del correre, la quale in essi è grandissima. Quantunque ne? piedi abbia- no una sola unghia, che involge l’ unico dito compiuto, pur tuttavia in ogni lato del metacarpo, e del metatarso è situato il rudimento di un altro dito, un ossicino cioè assai sottile, chiamato stiletto, internamente ascoso sotto mole del muscolo crotafite, e la forza delle mascelle essere stata molto grande . I piedi erano forniti di 3 diti, de’quali il medio più grosso, e più lungo degli altri due quasi uguali fra loro j una sola specie, cioè il paleotherium magnum, zon ne aveva che due ne’ piedi anteriori; la coda era mediocre. Undici, o dodici spe- cie di questo genere numera il Sig. G. Cuvier. Nelle gessaje de’ contorni di Parigi si sono rinvenute le ossa di cinque, fra le quali vi ha la più piccola di tutte, men grande di un montone y detta per ciò da G. Cu- vier palaeotherium minus. Nelle vicinanze di Strasbur- go trovansi le ossa di due specie appartenenti al genere tapiroterio di Blainvitle, e sono il pal. tapiroides, ed il pal. buxovillanum di Cuvier. Quelle di altre quattro; 0 cinque specie sono state disotterrate in altri paesi della Francia. Maggiore di tutti era il paleotherium gigantenm, che Cuvier crede fosse grande poco meno di un rinoce- ronte. (Vedi Cuvier sur les ossemens fossiles tom. 3., € !° articolo Palaeotherium del N. Dict. d’ Hist, Nat, ed. 2, ) 566 la pelle. Ambe le mascelle fornite sono d' incisivi; lo sto- maco è semplice, il cieco assai grande, gli altri intestini molto voluminosi; Gen. unico. Cavallo, Equus (1) Lin. l'esta non molto grande; muso prolungato, ot- tuso, e rigonfio all’ estremità; aperture delle na- rici bislunghe ; orecchiette mediocri, puntute , ele- vate a guisa di due corna; occhi mediocri; incisi vi € fatti a spatola, contigui fra loro, esterior- mente alquanto convessi, ua po sporgenti; canini o nulli, o 3 piccoli, conici, situati a qualche di- stanza dagl'incisivi, e ad una maggiore dai mo- lari; questi 1% prismatici, colla parte radicale poco distinta dalla coronale, solcati ne’ lati, ed aventi nel piano triturante alcune laminette incur- vate a mezza luna, disposte in più d’uoa fila lon- gitudinale, rilevate, e quasi taglienti; collo me- diocremente lungo; tronco non molto voluminoso; poppe 2 inguinali; unghie grandi, rotondate ; coda mediocre; pelo, generalmente parlando, breve, ec- cettuato quello della linea media superiore del col- lo, e o di tutta la coda, o soltanto dell’ estremità della medesima, il quale è lungo, grosso, € rigido, I pachidermi di questo genere nello stato di libertà vivono per lo più in branchi assai numerosi, guidati da un maschio adulto, e più d’ogni altro robusto. Assaliti cercano uno scampo fuggendo, e qualora siano incalzati (1) Con questo nome indicano gli scrittori latini il cavallo comune. 567 dal nemico, vibranglì calcì co’ piedì posteriori. Fino ad. ora si conoscono 5 sole specie di questo genere. ' Sp. 1. Gavallo comune, Equus Caballus Lin. Le Cheval frane. The Common Horse ingl. Das gemeine Pferd ted. Testa non troppo lunga, nè troppo grossa; orecchiette di una giusta lunghezza; occhi vivaci; gambe | niù alte, e più svelte di quelle delle altre specie ; Liu fornita di lunghi crinì fin dalla base; pelo o di un solo colore in tutto il corpo, ovvero di più colori, non però distribuiti a guisa di fasce. Shaw Gen. Zool. tom. 2. p. 2. pl. 214. fig. 1. Abita coll’uomo quasi in ogni parte della ter- ra: è probabilmente originario dell’ Asia. Questa specie al pari di tutte le altre, che servono l’uomo ne' diversi climi, ov’esso vive, è andata soggetta a molte variazioni, e riesce assai difficile, e fors’ anche impossibile il riconoscerne lo stato primitivo. Trovansi, è vero, oggidì nell’ America meridionale, e nell’ Asia nume- rosi branchi di cavalli liberi, e selvatici; ma per riguar- do a quelli d° America è certo che derivano da cavalli do- mestici trasportati colà dall’ Europa, ed abbandonati, o fuggiti nelle pianure di quel vasto continente: lo stesso si crede ora comunemente di quelli dell’ Asia. Fra le variazioni della presente specie mon poche sono costan- ti, e meritano il nome di razze. Queste differiscono fra loro non solamente nel colore del pelo, ma nella sta- tura, nella forma, e nelle proporzioni delle diverse parti. Sì grande poi è il numero delle medesime, che troppo 568 lungo sarebbe il parlare di tutte, indicandone i caratteri distintivi, i pregi, ed i difetti. I cavalli tartari sono piccoli, e di fattezze poco eleganti; molti naturalisti li credono meno degenerati di tutti gli altri; certo è che a verun altro la cedono per la robustezza , e per la ve- locità. Per lo più i cavalli arabi sono buonissimi da ca- valcare, ed un poco più grandi, e meglio fatti di quelli della Tartaria. Nella Turchia asiatica, e nella Persia, i cavalli essendo meglio nutriti, e meno sog- getti a faticare, sono anche più grandi, più belli, ma meno atti a correre de’ precedenti. Nelle diverse par- ti d'Europa s'è cercato di adattare le razze al bisogno , ed al gusto degli abitanti, per esempio, in Inghilterra sono in grandissimo pregio i cavalli corridori, di raz- za derivante o immediatamente, o mediatamente da’ ca- valli arabi. Fra le tante variazioni di questa specie vi ha pur quella de’ cavalli interamente bianchi a cagione della malattia, chiamata albinismo: sì fatti cavalli veg- gono in tempo di notte assai meglio degli altri. Quantun- que i cavalli comnni abbiano generalmente nel tronco, e nella testa il pelo corto, e lunghi soltanto siano i crini del collo, e della coda, pure se ne dà una varietà a pelo assai lungo, e simile a quello de’ cameli. Un'altra ve n° ha quasi affatto senza pelo , e soltanto fornita di crini. In tutte le varietà la gravidanza dura un anno circa, e nel parto nasce un sol figlio; tutte parimente non hanno altra voce, che il nitrire. Verso l’estremità degl’ incisivi nel lato interno scorgesi una fossetta, la quale scema per lo lo- goramento, e quando il cavallo ha sette anni e mezzo circa , è affatto scomparsa; quindi uno de’ mezzi di co- 569 noscere l’età di questo animale. Un altro ne somministra la muta de’ denti medesimi; giacchè quellì così detti di latte sono più bianchi, più corti, e più ristretti alla base degli altri, che ad essi succedono. Giunti i cavalli all’ età di due anni, e 6 mesi, mutano gl’incisivi medii, di tre anni, e mezzo il secondo d’ ogni lato , e di quattro an- ni, e mezzo i laterali. Bena ragione Buffon disse, che il cavallo è la più nobile conquista, che 1° uomo abbia fatto, giacchè questo animale divide con luì le fatiche, ed i piaceri, ed è altrettanto coraggioso, che docile, e dall’uo- mo si lascia educare in guisa da rendergli poscia i più importanti servigi. Della carne di questo animale nu- tronsi frequentemente non poche orde di tartari (1). Sp. 2. Cavallo Emione, Equus Hemionus Lin. Le Dziggetai frane. The Jickta ingl. Das Kahl- schweifige Pferd ted. Testa più grande, ed orecchiette in proporzio- ne più lunghe di quelle della specie precedente; spalle goffe; le altre parti del tronco piuttosto gra- cili; estremità sottili, ed alte; piedi piccoli; pelo del corpo lunghissimo in inverno, brevissimo in estate, sempre di color scuro; criniera nerastra; una striscia pur nerastra nel mezzo del dorso; un fiocco di peli neri all’ estremità della coda, 7 (1) In diverse parti della Germania, della Francia, e dell’ Italia ec. trovansi ossa fossili, le quali non diffe- riscono da quelle de’ cavalli comuni: nella Toscana sono esse frammiste alle ossa di elefanti, di rinoceronti di mastodonti ec. 570 Pallas Voy. 1. trad. de Gauthier tom. v. pl. 1. Buff. Sonn. tom. 22. pl. 1. fig. 2. ‘Abita ne? deserti sabbiosi dell’ interno dell’Asia. Le orecchiette stanno quasi diritte; la criniera del collo è bassa; la coda somiglia quella di un bue, ed è lunga due piedi circa; la lunghezza del corpo è di 5 piedi, e più. Vive in branchi di 20-30 individui; ogni branco ha il suo capo, ucciso il quale il resto si disper- de. La voce dell’ emione è un nitrito più forte di quello del cavallo. Ha un odorato, ed un udito delicatissimo; è timido, selvatico; corre rapidissimamente; nell'estremo pe- ricolo sì difende co’ calci, ed anche mordendo . Fino ad ora non è stato possibile l° addomesticarlo; i tungusi, ed altri popoli asiatici ne fanno la caccia per mangiarne la carne. Sp. 3. Cavallo Asino, Equus Asinus Lin. L° Ane franc. The Ass ingl. Der ÉEsel ted. Testa in proporzione più grossa , e più breve di quella delle precedenti specie; occhi fra loro più distanti; orecchiette più lunghe; tronco goffo; estremità di mediocre altezza, e poco svelte; coda mediocre con peli lunghi soltanto all’ estremità; pelo per lo più grigio con una fascia nera nel mez- zo del dorso attraversata da un’ altra simile, che discende nelle spalle, Shaw Gen. Zool. tom. 2. p. 2. pl. 216, Buff. Son. tom. 22. pl. 3. Abita libero nell’ interno dell’ Asia, schiavo dell’ uomo quasi in tutti i paesi, ove questi dimora . 571 Gl’ individui liberi sono più grandi de’ domestici, ed hanno le orecchiette meno larghe, ed alquanto meno lunghe, vivono in branchi numerosissimi, corrono velo- cemente , sono timidi, e selvatici. Fra le razze domesti- che l’araba è la più rimarchevole, perchè più grande, e meglio fatta delle altre ; assai pregiate sono pure le raz= ze di Persia, della Barbaria, della Nubia, e dell’ Abissi- nia. E° a tutti noto, che l'asino non nitrisce, ma raglia. L’ ibrido, che nasce in seguito dell’ unione del maschio della presente specie colla cavalla comune dicesì propria- mente mulo. Questo mulo ha la testa più grossa, e più corta di quella del cavallo, e le orecchiette del medesimo sono quasi altrettanto lunghe, quanto quelle dell'asino, somiglia molto il cavallo nel tronco, l'asino ne’ piedi, e nella coda. L’ unione del eavallo coll’ asina dà origine ad un’altra sorta di mulo, che i francesi dicono bardeau. La statura di questo è più piccola, e la testa in propor- zione più lunga, e meno grossa di quella dell’ asino, più brevi sono le orecchiette, la coda più ricca di crini. L’uno, e l’altro mulo talvolta è atto alla generazione, e lo provano fatti autentici. Non vi ha sufliciente motivo di credere 1° esistenza de’ così detti bosmuli , derivanti cioè dall’ unione o del cavallo colla vacca, ovvero del toro coll’ asina. Buffon, e Bonnet hanno avuto occasione di convincersi , che col nome di bosmulo veniva chiamato il bardeau (1). (1) Vedi: Memorie sopra i muli di varii autori. Mo dena 1768. in 8.vo 572 Sp. 4. Cavallo Zebra, Equus Zebra Lin. Le Zeèbre franc. The Zebra ingl. Das Zebra ted. Forma del corpo simile a quella della prima spe- cie; le orecchiette però un po’ più lunghe, ed il collo più corto, e più grosso; nella gola una spe- cie di pagliolaja; coda con pelo lungo soltanto all’ estremità; corpo coperto di fasce trasversali, ovvero oblique, alternativamente bianche, e nere, Tav. X. fig. 4. Meénag. du Mus. de Paris ed. in 12. tom. 2. pag. 194. Buff. Son. tom. 29; pl. 17. Abita nell’ Africa meridionale. Nel mezzo della faccia vi sono alcune fasce ristrette; longitudinali; tutte Je altre della testa (non escluse le orecchiette) del collo, del tronco, e delle gambe sono trasversali, o oblique ; ne’ femori esteriormente le fasce sono più larghe, che altrove; bianca è la parte media longitudi- nale del ventre, e la superiore della superficie interna delle cosce; la criniera è corta, eretta , in parte bianca, edin parte nera, e sonvi come continuate le fasce del dorso ; la coda ha superiormente fasce trasversali nella prima terza parte, nel mezzo è bianca, il fiocco di peli è nero: nere sono le unghie. La zebra corre velocissimamente, vive per lo più in branchi assai numerosi. E assai diffi cile il domarla quand’ anche sia presa giovane, e pochis- simi sono i casi, in cui sia stato possibile il farle strasci- mare una carrozza, o il cavalcarla. Vi ha più d’ un esem- pio di unione feconda d’' una femmina della presente spe- 553 cie con un maschio della precedente; l’ibrido che ne nacque somigliava alla madre per le forme generali del corpo, e per le fasce; al padre per la mancanza della pagliolaja , per gl’indizii delle due fasce incrocicchiate , e per quel ciuffo di peli, che hanno sulla fronte gli asì- ni nati da poco tempo. Uno di tali ibridi allevato nel parco di Parigi col crescere dell’ età depose, dirò così, la veste infantile , e divenne generalmente grigio , soltan- to conservò la fascia longitudinale del dorso, e la trasver= sale delle spalle, cioè Ja così detta croce, non che al- quante fasce delle gambe; crebbe assai più di un asino, e divenne intrattabile, e quasi feroce (1). Nello stesso parco di Parigi ebbe luogo 1° unione parimente feconda di un cavallo colla zebra, che s’era altra volta unita ad un asino ; sgraziatamente nell’ ottavo mese di sua gra- vidanza la zebra abortì, e cessò di vivere ; il feto maschio estratto dal ventre materno non aveva pelo; la pelle però di alcune parti, e sopra tutto della testa era fasciata di nero, e di bianco; nel resto quest’ ibrido sembrava rasso- migliare d’ assai il padre. Sp. 5. Cavallo Quagga , Equus Quagga Lin. Le Couagga franc. The Quagga ingl. Das Quag- ga ted. Testa, tronco, gambe, e piedi assai somiglianti a quelli del cavallo ; coda fornita di lunghi crini QUE D soltanto verso l’ estremità; nella testa, nel collo, (1) Vedi Geoffr. e F. Cuvier Mammif. livr. 15. pl. 3. 574 nella criniera, e nella parte anteriore del tronco fasce alternativamente grigie, e di un brupo più, o meno carico, distribuite presso a poco come nel- la zebra; lungo la spina dorsale una striscia bru- no-nerastra ; il rimanente del tronco superzormente b:uno chiaro, inferiormente bianco; gambe bian- che, così pure la coda. Ménayg. du Mus, d’ Hist. Nat. ed. in 12. tom. I. pag. SLI, Buff. Son. tom. 29. pl. 19. Abita nell’ Africa meridionale. Il quagga adulto è lungo 5 piedi, e mezzo circa, al- to 3 piedi, e g pollici. Il grido è un urlo ripetuto ta- lora venti volte di seguito, il quale può esprimersi colla parola uau, 0 piuttosto Kuau. Selvatico vive in branchi talvolta di cento, e più individui; non va mai, che si sappia, in compagnia delle zebre. È pieno di coraggio, e mordendo , e calcitrando sa difendersi da’ cani, e met- tere in fuga le iene. Sì addomestica con non molta diffi- coltà, ed al Capo di B. Speranza si adopera talvolta a ti- rar carri. Gli ottentoti fanno la caccia di questa specie, e della precedente per averne la pelle, e per mangiarne la carne. ORDINE SETTIMO DE’ RUMINANTI. uantunque il presente ordine sia uno de’ più naturali, e meglio determinati di questa classe, pure se ne desidera tuttavia una definizione zoologica, la quale in ogni caso servir possa a farci conoscere i mam- miferi, che vi appartengono. Prima che il Sig. G. Cuvier scoprisse, che uno degli ano- ploterii ebbe due sole dita in tutti 1 piedi, sì diceva, che ruminanti erano que’ mammiferi ungulati , i quali non banno in ciascun pie- de nè più, nè meno di due dita. Secondo i moderni scrittori, ruminanti sono que’ mam- miferi ungulati, ne’ quali naturalmente, e non per viziata struttura ha luogo la ru- minazione. Ma siccome essi talvolta non ru- minano, chi in tale circostanza li vegga, di sì importante carattere non potrà valersi a riconoscerli per quel che sono , e per l’altro di essere ungulati rimarrà incerto, e dubbio, se al presente ordine appartengano essi, o non piuttosto a quello de’ pachidermi. Ad un tal difetto si potrà allora supplire, ricorrendo ai caratteri delle famiglie, e de’ generi, i qua- li saranno sufficientissimi all’ uopo; ma per- 576 chè non sono senerali, non possono far par- te della definizione dell’ ordine. ll rumi- nare è quella funzione, per la quale il cibo imperfettamente masticato, e da prima in- ghiottito, dopo di avere soggiornato per qual- che tempo nello stomaco , viene risospinto al. le fauci, rientra nella bocca, ed è rimasti- cato, e di nuovo inghiottito. Onde formarsi un’ accurata idea di tutto quesio, fa d’ uo- po il conoscere in qualche modo la strut- iura dello stomaco de’ ruminanti. E° in es- si un tal organo veramente, e a tutto ri- gore composto , giacchè non solamente è di- viso in più cavità distinte, e fra loro diverse per la grandezza, e per la figura, ma la struttura interna, e l’ ufficio di ognuna dif- ferisce dalla struttura, e dali’ ufficio delle altre. Quattro sono generalmente queste ca- vità; la prima è negli adulti la maggiore di tutte, e dicesi rumine, o sia panzone, ed occupa una gran parte dell’ addomine, spe- cialmente nel lato sinistro. La superficie in- terna del rumine suole esser coperta di mol- te papille; talvolta ha annessa una qualche appendice: comunica poi coll’ esofago, qua— si nel sito, ove sì unisce alla seguente ca- vità, cioè al reticolo, o sia beretto, o sia cuffia. Il reticolo è piccolo, ed ordinaria- mente di figura globulosa; la superficie in- 977 terna del medesimo ci mostra la membrana ripiegata in guisa da formare numerose ma- lie, o cellette; questa cavità comunica essa pure coll’esofago mediante un canale aper- to, o sia doccia, che incomincia alla parte destra dell’orificio cardiaco, si dirige dall’ a- vanti all'indietro lungo tutta la superficie interna del reticolo stesso in guisa da per- venire all’ orificio anteriore della terza ca- vità, nella quale entra, e la percorre per insinuarsi nell’ ultima, ed ivi finire. La terza cavità, o sia l’omaso, chiamato anche centopel- le, o libro ha molte lamine longitudinali attac- cate all’ interna parete, le quali richiamano alla mente l’idea di un libro; la quarta cavità finalmente detta abomaso, o sia quaglio ha nella superficie interna alquante ripiegature basse, o sia rughe. Ne’ ruminanti mentre succhiano il latte materno, e di questo solo si nutrono suol’essere l’ APE, più grande di tutte le al- tre cavità, ed il rumine allora solamente per gradi sì È più ampio sino ad un certo li- mite, quando il ruminante comincia a pren- dere cibi solidi. E° oggimai certo, che il lat- te, e gli altri liquidi crtlimaizinbrite non en- trano nel rumine, ed uscendo dall’ esofago passano immediatamente nell’indicata doccia: percorrono la medesima, e sono versati nell’a- bomaso. Intorno alla ruminazione, la quale ha 578 luogo solamente per li cibi solidi, discordi fra loro sono stati, e lo sono tuttavia i pareri de’ naturalisti. E lasciando da parte le opinioni, che hanno già quasi perduto ogni probabilità, nè trovano omai chi le difenda , dirò breve- mente di due, le quali sono tuttavia soste nute da uomini di grandissimo merito, Il Sig. G. Cuvier (1 1) insegna, che le erbe gros- solanamente masticate , indi inghiottite da’ ruminanti entrano prima nel rumine, poscia nel reticolo, ove s' imbevono de’ sughi dige- renti, vengono compresse, e divise in tante piccole paliotoline, le quali successivamente sono risospinte nella bocca per essere di nuo- vo masticate: quando poi questa seconda ma- sticazione sia compiuta, discendono per la doccia direttamente all’omaso, indi passano nell’abomaso, che Cuvier ade analogo allo stomaco semplice di molti mammiferi . Tog- gia per I’ opposto seguendo in parte le oi trine di Brugnone (2) sostiene, che le erbe, subita che bb la prima masticazione , (1) Régne Animal. tom. 1. pag. 247. (2) Brugnone insegnò queste sue dottrine nella me- moria intitolata: Des Animaux ruminans, et de la ru- mination, memoire li à l’academie des sciences de Tu- rin le 19 Avril 1806. D'aL 979 vengono inghiottite, ed astrette ad entrare nel rumine solamente, e non già nel retico- colo. Nel rumine pol sì per li sughi , che sgorgano dalle interne pareti, sì per lo mo- vimento regolare, e per la struttura delle pareti stesse, vengono le erbe rammollite, divise, e ridotte in piccole sferette, le quali, contraendosi il rumine, sono sospinte al car- dia, rimoptano nell’ esofago, e ritornano in bocca per essere di nuovo masticate. Allor- chè poi sono rimandate allo stomaco, seguono la strada della doccia, e si fermano nel re- ticolo per qualche tempo, se pur non fos- sero stemperate, o fluide, nel qual caso vanno immediatamente all’ omaso, o all’ abo- maso. Toggia si è persuaso, che la cosa ac- cada in questo modo, e non altrimenti 1. perchè esaminando attentamente la struttu- ra della doccia ha trovato, che per la me- desima possono solianto passare cibi attenua- ti, e non già le erbe una sol volta, ed im- perfettamente masticate: 2° perchè avendo osservato lo stomaco di molti ruminanti uc- cisi o prima della ruminazione, o nell’ atto della medesima , o anche dopo, ha trovato nel rumine solamente i cibi masticati per la prima volta, nel reticolo i cibi attenuati per la seconda masticazione , nell’omaso i medesi- mì imbevuti, e stemperati da abbondanti 580 sughi, e finalmente nell’ abomaso i cibi me- desimi o fluidi, o quasi fluidi, ed atti ad essere convertiti in chimo (3). Il canale in- testinale de’ ruminanti è assai lungo; il cie- co lungo, e liscio. La massima parte di es- si non ha incisivi nella mascella superiore; 6-8 ne ha nell’inferiore larghi, e taglienti all’ estremità ; rare volte vi si trovano canini; sempre un gran vuoto è fr ‘apposto agl'incisivi, ed ai molari ; questi nel po triturante emi no prima del logoramento 4 lamine taglienti curvate a mezza luna disposte a due a due longitudinalmente ; ne’ superiori la convessi- tà guarda l'interno della bocca, l’ esterno negl’ inferiori. Non pochi ruminanti hanno corna, le quali sono un prolungamento del- l’osso frontale; in alcuni queste prominenze rimangono sempre coperte dalla pelle, che quì pure è fornita di pelo: in altri la pel- le le ricopre soltanto nella prima epoca, in- di si fende, se ne obliterano i vasi, cade, e (3) Vedi la bellissima opera del Sig. Toggia intito- lata: Della ruminazione, e digestione de’ ruminanti. To- rino 1819. in 8.vo. Degna pure di esser letta è la me- moria del Sis. Gaetano Malacarne intitolata: Rischia- rimenti intorno alla ruminazione. Memorie della Socie- tà Italiana delle Scienze tom. 17. p. 2. 58: lascia scoperta l’ esterna superficie delle cor- na: in altri finalmente la materia ossea del- le corna fin dal suo spuntar fuori è rinchiu- sa dentro una guaina elastica , e come com- posta di peli agglutinati . I piedi de’ rumi- nanti hanno due dita, e due unghie ordina- riamente grandi, le quali in molti si unisco- no tanto bene, da parerne una sola , più, o meno rotondata, ed esattamente divisa , mediante un taglio longitudinale fattole nel mezzo. In alcuni generi sonvi pure nella parte posteriore de’ piedi due così dette fal- se unghie unico vestigio delle dita laterali. Il metacarpo, ed il metatarso formati sono da un solo osso. La maggior parte de’ rumi- nanti arreca grandissimi vantaggi all’ uomo, dacchè questi seppe rendersene assoluto pa- drone. Quantunque il Sig. G. Cuvier non abbia nel presente ordine fatto alcuna di- stinzione di famiglie, a me pare, che _pos- sano risguardarsi per tali le ire separazioni, ch’ei fece de’ ruminanti in quelli senza cor- na, negli altri a corna coperte dalla pelle, e negli. ordinarii a corna ascose entro una specie di guaina di sostanza comunemente detta cornea . 582 FAMIGLIA PRIMA Dici AnomromeRI (1). Sal. corna; canini, almeno nella mascella superiore. Ognuno de’ generi compresi in questa famiglia diffe- risce da’ ruminanti delle altre famiglie non solamente per la mancanza delle corna, ma ancora per altri caratteri, come fra poco vedremo. Una tale differenza è nel primo genere grandissima, nel secondo molto minore, nel terzo, ed ultimo scorgesi diminuita al segno, che Illiger non du- bitò di riunirlo a que’ generi, i quali costituiscono la seconda famiglia. Gen. 1. Camello, Camelus (1) Iliger. 'l'esta piccola in paragone della mole del cor- po; muso alquanto prolungato, rigonfio all’ estre- mità; labbro superiore diviso; occhi sporgenti ; niun seno lacrimale; orecchiette mediocri, bislun- ghe, e distanti; gengive dure, e quasi cartilagi- nee; incisivi 2, i superiori puntuti, e laterali, gl’iaferiori ristretti alla base, allargati all’ estre- 2 4 mità; canini 3 y compressi, taglienti, un po’ ri- curvi, distanti dagl’ incisivi, e molto più da’ mo- Fa 9 nin nn (1) Da dvoporo needs - composto di parti dissimilî. (2) Da K&ynAos - nome dato da’ greci agli anima- li di questo genere. 585 lari, sd de fra loro se siano due în ogni lato; molari g!?, non molto compressi; collo assai lun- go, e compresso, ricurvo; tronco grosso, con una, o due gobbe sul dorso formate da sostanza molle; estremità alte; pianta de’ piedi callosa, indivisa , e con uno scavo soltanto all’ estremità; dita fra loro distinte mediante un solco, sì che nou siano capaci di alcun movimento laterale, e parziale; unghie piccole, involgenti il solo apice delle dita; coda breve, fornita di lungo pelo. Questo parimente lun- go in molte parti del corpo; una callosità senza pelo nel petto inferiormente, due altre in ogui gamba anteriore, una sola nelle gambe posteriori. La piccolezza della testa, la divisione del labbro su- periore, la sporgenza degli occhi, la lunghezza, e curva- tura del collo, l’unica, o duplice gobba del dorso, la spro- porzione delle gambe, e de’ piedi, in fine le callosità, questi caratteri presi insieme mentre servono per riconoscere anche alla prima occhiata i camelli , sono al tempo stesso la cagione, per cui la conformazione esteriore de’ medesimi ignobile ci sembri, e bizzarra. Nella struttura ancora delle inter- ne parti differiscono i camelli dagli altri ruminanti. A ca- gion d’esempio il rumine ha in essi due appendici, nelle quali o da un apparecchio glanduloso si separa quasi di continuo un fluido per natura sua simile all’ acqua, ov- vero si può durante qualche tempo conservare interrotta l’acqua bevuta con molta fretta, forse espressamente, per- chè non potendo entrar tutta nella doccia, una porzione ancora ne venisse versata entro il rumine. Quest’ acqua poi o sia prodotta, e separata, o soltanto conservata nel rumine basta ai camelli, perchè possano rimanersi senza be- 584 re molti giorni di seguito. Un altro carattere anatomico ci somministra il tarso de’ camelli , nel quale veggonsi tutta- via distinti, e separati il cuboide, e lo scafoide, ciò che non si osserva in verun altro ruminante, Quantunque il passo de’ cameli sia molto grave, ed il trotto pesante, pur tut- tavia possono continuare il cammino per lungo tempo, di modo che non abbiavi quasi alcun altro mammifero ; che in ciò gli uguagli. Nutronsi con sobrietà di erbe, e di foglie, anche secche, e spinose. Allorchè sono caldi d’ amore, digiunano rigorosamente, o mangiano pochis- simo, quindi divengono assai magri. In tale circostanza sono puzzolenti, sudano moltissimo, e mostrano chiara- mente di soffrire una sorta di malattia, che li rende quasi intrattabili, giacchè sovente cercano di mordere, e di of- fendere co’ piedi chi ad essi s° avvicina. Dopo 1’ accoppia- mento ha luogo la muta del pelo, il quale cade intera- mente; allora sulla cute suole formarsi una efflorescenza, che ha l'aspetto farinoso. Dormendo ì camelli non chiu- dono d° ordinario gli occhi. Sul dorso possono portare enormì pesi; duopo è però caricarneli in guisa da non recare offesa all’ unica, o duplice gobba. Ne?’ paesi caldi dell’antico continente servono come bestia da soma, e ren- dono all’ uomo importantissimi servigi. Sp. 1. Camello Battriano, Camelus bactrianus Lin. Le Chameau à une seule bosse franc. The ba- etrian Camel ingl. Das zweyhòckerige Kameel. ted. Due gobbe, una fra le spalle, 1’ altra vicino al groppone; pelo bruno-carico. 595 Ménag. da Mas. d’Hist. Nat. de Paris ed, in i2. tom. 1. pol. Buff. Sonn. tom. 29. pl. 1. E° originario del centro dell’ Asia, e domestico vive nella Tartaria, nel Thibet ec. Questa specie si chiama comunemente col solo nome di camello. Quand’è pingue , la gobba anteriore pende alquan- to da un lato, la posteriore ordinariamente non pende, ed è la più alta. I piedi sono assai grossi, massime gli an- teriori, Cammina esso con passo sicuro sul fango, e sulla sab- bia; difficilmente però si regge, movendosi su di un piano liscio, e su di un terreno, in cui il piede non possa stam- pare orma: è alto quasi 7 piedi, Il nome di battriano gli venne dato già da Aristotile, e fin da que’ dì dovette essere frequente nella Battriana, o sia Turkestan paese della Tartaria. Buffon pretende che ora non esista più libe- ro; Pallas sulla fede de’ tartari asserisce, che si trova in questo stato ne’ boschi dell’ interno dell’ Asia. Supposto ane che ciò vero, rimarrà sempre incerto, se i camelli, che sono oggidì liberi lo siano originariamente, e non derivi- no da individui, che abbiano un tempo, fuggendo ne’ bo- schi, scosso il giogo della schiavitù , o a’ quali sia stata da taluno spontaneamente conceduta la libertà. Due ma- schi vissuti nel parco del giardino del Re a Parigi, an darono in amore in inverno, Nel tempo della muta, che accadeva immediatamente dopo gli amori rimasero quasi af- fatto nudi pel corso di due mesi. Non solamente nel Tur- kestan, ma nel Tibet, e fin nelle frontiere della China si allevano mandre mumerose di questa specie j delle cui 38 596 maniere di vivere non abbiamo per anche relazioni esat- te, e degne d’intera fede. Sp. 2. Camello Dromedario, Camelus Drome- darius Lin. Le Dromedaire franc. The arabian Camel ingl. Das einhòckerise Kameel, das Dromedar ted. Muso meno rigonfio di quello della specie pre- cedente ; collo più sottile; tronco meno grosso; gam- be più alte; una sola gobba quasi nel mezzo del dorso. Ménag. du Mus. de Paris ed. in 12. tom. 1. p. 126. Geoffr. et F. Cuvier Mammif. livr, 13. pl. 5.6. Buff. Son. tom. 29. pl. 2. Vive domestico nell’ Arabia, nell’ Africa set- tentrionale, nella Toscana ec, Il pelo è lanuginoso, lungo nel vertice, nel collo, nel dorso, e sulla gobba, siccome pure nella parte supe- riore, ed esteriore delle gambe. Per la statura il drome- dario è inferiore al camello propriamente detto; la mas- sima altezza presa dalle spalle è di 6 piedi, e mezzo. Va in amore in gennajo, e ne’ due mesi seguenti; i ma- schi allora sono inquieti, gridano spesso, muggiscono, o fan sentire una sorta di raglio; aprono sovente la boc- ca, e caccian fuori una vescica membranosa rossa, che rientra nell’atto dell’inspirazione. Sul finire di primavera, e sul principio d° estate accade la muta del pelo. La gra= | widanza dura un anno circa, e parimente un anno l’ allat- tamento. All’età di 6-7 anni il dromedario è già del tut- 597 to cresciuto; può viverne 40-50. Si unisce alla specie precedente, e produce ibridi assai ricercati. Non sì sa di certo, che al presente esistano dromedarii liberi, i quali non derivino da razze schiave. Fra queste ve n° ha una più piccola, e più atta a correre delle altre, chiamata da’ grecì Fobuses , donde è venuto il nome di dromeda- rio, esteso da Linneo, e da Buffon all’intera specie. Può questo ruminante rimanersi senza bere sette, o otto gior- ni di seguito. Dicesi, che sitibondo s’ accorge ov°è acqua, anche a grande distanza, e si mette a camminare, per ar= rivarvi prontamente. Vuolsi pure far credere, che la mu- sica, massime di certi strumenti da fiato , gli sia molto grata, e basti per fargli, dirò così, dimenticare la stan- chezza del viaggio, e per dargli nuova lena. Santi, il quale ha dottamente scritto de’ dromedarii, che vivono nel ter- ritorio di Pisa (1), afferma di aver veduto ne’ neonati la callosità del petto, e quelle delle gambe, F. Cuvier ha osser- vato più d’ un dromedario appena uscito dal ventre materno nel parco del giardino del Re a Parigi, ed indarno vi ba cercato le anzidette callosità. Quest’ ultima osservazione po- trebbe in qualche modo servire di appoggio all’ opinione di Buffon, il quale credette, che tali callosità fossero 1° effetto della schiavitù, del modo cioè, onde sono trattati, ed astretti a vivere i dromedarii domestici. Fin dalla giovinezza si fanno questi inginocchiare, tirandone le gambe con corde, fin- chè abbiano eseguito il volere del padrone; indi sì mette loro addosso un basto. fatto in guisa, che non tocchi la ——_r——_————_—>"e5e" _ e _____— (1) Annales du Mus. d’ Hist. Nat. de Paris tom. 17» 598 gobba. Da prima si caricano di un peso leggiero ; questo si aumenta a mano a mano, che ne cresce l’ età, e non ne sono lasciati del tutto senza anche la notte, quando pren dono riposo. Un dromedariò adulto può portare 1000- 1200 libbre di peso, e ciò nulla meno fare 30 miglia il giorno per più giorni di seguito. Alcunì sono fin dalla prima eta avvezzati non a portar grandi pesi, ma a cor- rere, ed adulti fanno 70 e più miglia al giorno. Senza questo animale i vasti deserti dell’ Africa non potrebbero essere attraversati delle carovane, e niuna comunicazione vi sarebbe fra gli abitatori de’ paesi, a’ quali sì fatti de- serti sono frapposti. Il latte del dromedario è denso, as- sai nutritivo, e se ne fa burro, e formaggio; la carne de’ giovani ha buon sapore, nè è dura; col pelo si fanno stoffe; la pelle si converte in cuojoj lo sterco serve di combustibile per cuocere le vivande; dalla fuligine, che si forma nell’abbruciare questo sterco , e dalla terra im- pregnata dell’ urina del dromedario si ricava il sale am- moniaco, Ben a ragione adunque il dromedario viene ri- sguardato come uno degli animali più utili all’ umana società, e ne’ paesì pianì, e di clima non freddo, ov’ esso può vivere, e prosperare, sì; cerca di ‘averne numerose mandre a Gen. 2. Auchenia, Auchenia (1) Illiger. Testa conica, e piccola; muso non molto rigon- (1) Da &uX}v - cervice, ed anche collo. Illiger ha prescelta la seconda significazione . 599 fio; labbro superiore grande, diviso Iongitudinal- mente; occhi grandi, e sporgenti; orecchiette me- diocremente lunghe, ristrette, ed assai aguzze nel- l’apice; denti simili a quelli de’ camelli, eccetto che nella mascella inferiore non vi sono canini; collo lungo, sottile, compresso; tronco poco volu- minoso; niuna gobba dorsale formata da sostanza molle; poppe 2 inguinali; gambe alte, e sottili; piedi senza lamina callosa, ed indivisa nella pian- ta; dita involte nella pelle fin versa l'estremità; unghie piccole; coda breve ; corpo in gran parte coperto di pelo lanuginoso , e molle, Le auchenie somigliano i camelli più che qualunque altro mammifero, e come camelli risguardate furono da Linneo, da Erxleben ec., Tiedeman, Cuvier, Geoffroy, Dumeril, Desmarets con ragione credettero, che se ne do- vesse formare un genere distinto, cui dettero il nome di lama , o lacma , cangiato poscia da Illiger con quello, che ho adottato. Alcuna volta le auchenie hanno nel pet- to, e nelle ginocchia piccole callosità. Vivono in nume- rosi branchi; sono assai più deboli de’ camelli. Se ne fa la caccia per mangiarne la carne, e per averne Ja pelle. ) Sp. 1. Auchenia Lama, «Auchenia Lama, Camelus Glama Lin. Lacma peruana Tied, Le Llama, le Lama franc. The Glama, the Llama ingl. Das gemeine Lama, die Kameel zie- ge ted. Muso alquanto allungato; orecchiette grandi- celle, ed assai mobili; pelo grossolano, e di color vario. 600 Ménag. du Mus. de Paris ed. in 12. tom. 2. p. 156. Shaw Gen. Zool. tom. 2. p. 2. pl. 168. fig. 2. Buff. Son. tom. 32. pl. 4. Abita nell’ America , e principalmente nella catena delle montagne della Nuova Spagna. Gl’ individui selvatici sono per lo più bruni, fra i do- mestici ve n° hanno de’ bruni macchiati di bianco, de’ bian- chi interamente, e de’ neri. La lunghezza degli adulti è presso a poco di 6 piedi; l’altezza nelle spalle di piedi 4, e mezzo; le orecchiette or sono erette, or rivolte all’ innan- zi, ora all'indietro. Il Sig. G. Cuvier esaminò lo stoma- co di un feto morto nel nascere, e vi trovò il rumine più vasto di tutte e tre le altre cavità prese insieme; vi- de in oltre, che lo stesso rumine aveva nella parte infe= riore due sacchi fra loro disuguali; le pareti interne di questi erano coperte di cellette cubiche; fra il minore di detti sacchi, ed il cardia ve n’ era un terzo piccolissimo con pieghe, e non già con cellette nell’ interna superfi- cie. Alcune particolarità notò lo stesso Cuvier nel reti- colo, nell’omaso, e nell’abomaso, e furono da lui espo- ste nel tomo terzo della sua notomia comparata alla pag. 598. La figura 7. della tav. xII. del presente volume (1) rappresenta il detto stomaco, ed è copiata da quella, che ce ne dette lo stesso Cuvier al num. 1. della tav. 38 del tom. quinto dell’ opera testè citata. Già da gran tem- (1) Let. a, esofago; b, il sito del cardia; cc, il ru- minesd, il reticolo; eeyl’omaso aperto; ff, l’abomaso 601 po il lama domestico in molte parti d*' America serve co- me bestia da soma; non può portare più di 250 libbre di peso; «cammina lentamente, e soltanto 4-5 giornì di se- guito, facendo 10-12 miglia il giorno. Col pelo di esso si fabbricano cappelli, e stoffe di poco prezzo; la pelle serve a far cuojo ec. (3) e — situato dietro l’omaso; g, indizio della separazione fra queste due cavità; h, tubercolo situato contro l’ orifi- cio del piloro . (3) Li Signori G. Cuvier, Desmarets ec. considerano come varietà di questa specie il camelus huanacus, ed il camelus araucanus del chiar. Sig. Ab. Molina, adot- tati da Ginelin, da Schreber, e da Shaw cone spe- cie distinte. Chiunque ama di conoscere i caratteri distintivi di queste auchenie, consulti la Storia Natu- rale del Chili del già lodato Molina . Illiger, De- smarets, ed altri sospettano, che il mammifero chia- minato da’ chilesi guemul, o huemul, ed annoverato dall’ autore di detta storia nel genere cavallo, chia- mandolo equus bisulcus, mon sia, che il lama, o ai- meno un’ auchenia. Illiger riflette, che Vidaure nella sua storia del Chili mette il guemul tra i cainelli. Lo stesso fece pure l’ autore del libro intitolato: Compene dio della storia geografica , naturale, e civile del Chili. Bologna 1776. in 8.vo. La figura poi, che nella tavo- la terza di questo libro si dà del guemul, lo farebbe credere molto somigliante al lama. Vuo!si notare, che il chiarissimo Sig. AV. Molina ci avvisa ) di non avere ri- 602 Sp. 2. Auchenia Vigogna, Auchenia Vicugna. Camelus Vicugna Lin. Gm. La Visogne franc. The Vicuna ingl. Das Vi- cunna-Lama , Das Schafkameel ted. Muso in proporzione più corto di quello della specie precedente; labbro superiore meno sporgen- te; pelo molle, finissimo, lungo, massime nel petto, e nell’ estremità della coda, di un colore più, 0 meno chiaro, e che somiglia quello di rosa secca in tutte le parti, fuor che nella mascella inferio- re, ch'è bianco-gialiastra, e nel ventre , ch è bian- co, Tav. 12. fg. 1. Shaw Gen. Zool. tom. 2. p. 2. pl. 168. Buff. Son. tom. 32. pl. 5. Abita nelle alte montagne dell’ America. Non è più grande di una pecora; per le forme gene- rali del corpo poco differisce dal lama. Ha un grido acuto , che ripete spesso, e che somiglia il fischio di certi uc- celli. E° timida, guardinga, e ditficilmente se le può un uomo avvicinare. Vive in assai numerosi branchi, corre, s’arrampica agilissimamente sulle roccie, non abbandona conosciuto egli stesso î caratteri per li quali giudicò, che il guemul fosse un cavallo, ma bensi essersi atte- nuto al racconto di persona riputata intelligente , e sin- cera. E’ a desiderare, che un qualche zoologista abbia in seguito occasione di esaminare questo mammifero, a fine di togliere ogni dubbio , ed ogni incertezza in- torno al medesimo. 603 mai le montagne, quantunque coperte siano di nevi, e ghiacci. La caccia n° è laboriosissima. Esaminato bene il sito eminente ove sogliono stare le vigogne, da’ cacciatori si stabilisce, e sceglie per luogo della caccia una por- zione del medesimo : mediante una corda se ne cinge il recinto. Nelle strette dove potrebbero le vigogne pas sare, e sottrarsi al pericolo, alla fune si aggiungono strac- ci a fine di spaventarle, e farle retrocedere. I cacciatori d’ogni lato incalzano i branchi delle vigogne, e tanto s° affaticano, che arrivano addosso alle medesime, ed a colpi di bastone ne fanno macello. Il pelo è ricercatis- simo per tesserne stoffe. Dicesi, che la carne è più sapo- rita di quella del vitello (1). Gen. 2. Muschio, Moschus (2) Lin. Testa bislunga , compressa ; muso ottuso; estremi- (1) Se il paco, o alopaco, com'’altri dicono, che vi- ve principalmente nelle montagne del Perù sia una spe- cie distinta dalla vigogna, quale lo considerarono Gine- lin, e Shaw chiamandolo camelus pacos, ovvero una semplice varietà , come pretende Desmarets, non saprei io decidere. Certo è , che il pelo del paco cede per la finezza a quello della vigogna ; il Sig. Ab. Molina ag- giunge , che la vigogna , è meno corpulenta del paco, che ha il muso più corto , e che queste auchenie non s’ accop- piano mai insieme , quantunque abitino le stesse montagne. (2) Da uder Kos: vocabolo greco, che ha più signifi- cati, e che è stato usato ancora per indicare una sor- ta di odore preziosissimo. 604 tà del naso alquanto rigonfia, e quasi rotonda; fori del medesimo laterali; occhi grandicelli; orecchiet- te larghe, di mediocre lunghezza, fra loro vicine; incisivi $; niun canino inferiore, 2 superiori , lun. ghi ne’ maschi, ricurvi, taglienti nella parte po- steriore; molari 47; collo mediocremente lungo, di una giusta grossezza ; tronco corto, e non mol- to grosso; estremità in proporzione assai alte , sot- tili, e svelte; in ogni piede oltre le due vere un- ghie, due false nella massima parte delle specie; coda breve; pelo corto fragile, e ruvido. Gli antichi naturalisti annoverarono alcuni di questi ruminanti fra le capre, ed altri fra i cervi. Linneo nel- la sesta edizione del suo sistema della natura stabilì il ge- nere moscus, nel quale mise quella sola specie, che ci fornisce della sostanza chiamata comunemente muschio. Brisson cangiò il nome del genere linneano in quello di tragulus, e vi rinchiuse oltre la specia anzidetta anche le altre a lui note. Linneo a sì fatta specie ne aggiunse una seconda, e per terza un’antilope, o sia gazella, con- servando però il nome generico moschus. Klein, adottò un genere tragus, ma diverso assai dal genere di Brisson, giacchè oltre i traguli del zoologista francese vi fece en- trare le capre, le antilopi, e per fino la giraffa. I mo- derni zoologisti adottano il genere di Brisson, ma col no- me linneano. Agilissime, ed atte a correre, ed a saltare sono tutte le specie, che vi sono comprese. Sp. 1. Muschio muschifero, Moschus moschife- rus Lin. Tragulus moschi Briss. 605 Tragus moschiferus Klein. Le Musc frane. The tibetian Musk ingl. Das gemeine Bisamthier ted. Canini superiori assai lunghi, e che ne’ maschi escono dalla bocca, anche chiusa; ne’ maschi pure un sacchettino situato innanzi il prepuzio, e contenen- te la sostanza detta muschio; unghie spurie assai lunghe; coda quasi nulla. Tav. 13. fig. 2. Pallas spic. zool. fasc. 13. tab. 4 , 9, 6. Abita nella China, nel Tibet, e nella Siberia. Non ha pelo molle, che nell’esterna superficie delle orecchiette; quello delle altre parti è duro, quasi al pari delle spine sottili. Il colore è variabile. Secondo Pallas questo muschio ha il labbro superiore nero nel mezzo, bianco nei lati; il mento bianco, e l’interna superficie delle orecchiette parimente bianca. Nella testa si scorge un misto di fosco, e di bianco. Il collo, superiormen- te è nerastro, macchiato di bianco ne’ giovani, senza macchie ne’ vecchi; inferiormente è bianco, con una lar- ga fascia nera nel mezzo; nei vecchi però del color bianco rimane appena un indizio, giacchè la fascia nera s’ è allargata al segno, che soltanto una piccola striscia bianca stassi aì lati della medesima. Il dorso ed i femori sono nerastri, ne’ giovani con macchie , o striscie bianche, ne’ vecchi senza tali macchie. Il petto, ed il ventre sono dì color fosco-nerastro. Raro è di trovare nella Siberia indivi- dui aventi la testa, il collo, e le estremità bianche, il tronco bianco-giallastro. Sembra , che questa varietà sia assai meno infrequente al Tibet. Lo stesso Pallas "x c’ insegna, che i canini escon già dalla bocea de’ ma- 606‘ schi di due anni, e che sono grandissimi ne’ vecchi ; nelle femmine poi sono sempre corti, e nelle attempate ridotti ad una specie di papilla ossea debole, e mobi- le. Un altro carattere distingue i maschi dalle femmine, ed è che vicino a quella parte dal labbro inferiore a cui si sovrappone il canino d’ ogni lato, vi ha una verru- ca grande, callosa, quasi triangolare, coperta di grosse setole, della quale verruca le femmine vanno senza. Ma il principale distintivo de’ maschi è l’organo, in cui si separa, e raccoglie la sostanza detta muschio. Consi- ste quest’ organo in un sacchetto, o sia follicolo sub-ovale, piano là dove è nnito al ventre, esteriormente conves- so, massime nella parte, ch'è vicina alla testa, più de- clive nella parte opposta: nel mezzo poi della superficie esteriore è quasi senza peli, mentre è coperto di pe- li assai lunghi nelle altre parti. Nello spazio nudo an- zidetto vi ha l'apertura esterna del follicolo; vicino ad essa verso la coda è situato il foro del prepuzio, dietro a questo pende lo scroto; a qualche distanza è situato l’ano, cui sovrincombe un rudimento di coda avente la figura di cono, di sostanza molle, ne’ giovani peloso, ne’ maschi adulti affatto nudo (1). L’ interna superficie del folli- colo ha molte piccole membranuzze elevate, vicinissime le une alle altre, distribuite in guisa, che formano una specie (1) La fig. 3. della tav. 13. rappresenta queste di- verse parti. A, il follicolo; a, l’apertura esterna del medesimo; b, l’apertura esterna del prepuzio ; c, lo scroto; d, lano; e, la coda. 607 di finissima rete, non però simmetrica. Negli adulti il fol- licolo contener suole una dramma e mezzo, ne’ vecchi più di due dramme di muschio, ne’ giovani è affatto vno= to. Le femmine non hanno vestigio del follicolo indica- to, bensì tra i femori portan due poppe. La sostanza del muschio ha un’ apparenza di cerume, è grumosa, friabile, di un bruno cupo; nell’ esteriore superficie è compatta, e con impressioni corrispondenti alle cellette della rete del follicolo, internamente sonvi grandi vani, o almeno è assi porosa. Qual sia l'odore della medesima sostanza , e quanto facilmente si propaghi, e guanto duri in que? corpi, che lo contrassero, non vi ha quasi cli lo igno- ri. Questo ruminante abita negli alti monti, e mon se ne diparte quantunque vi abbondino le nevi; essendo aguzze le unghie tanto vere, che false, ed avendo queste in oltre la particolarità di essere oltremodo lunghe, e di quasi toccar terra, può il muschio camminare impune- mente sul ghiaccio. Mirabile è poi Ja destrezza ond’ esso fa salti pericolosissimi per qualunque altro animale, pre- cipitandosi da più scoscesi dirupi. E° timidissimo , e fug- ge l’uomo appena lo scorge. In novembre, ed in decem- bre è pingue più che in altro tempo, e va in amore, Allora se ne incontrano numerosi branchi, che da un si- to passano ad un altro , ed allora pure accadono fra i ma- schi accaniti combattimenti , ne’ quali non pochi riman- gono feriti da’ loro rivali. Le armi usate in queste bat- taglie sono i lunghì canini. Non sì sa, al dire di Pallas, quanto duri la gravidanza ; alcuni affermano, che non oltre- passi i cinque, o sei mesi. In ogni parto ordinariamente viene in luce un sol figlio, e talora due. Sembra certo che 608 in inverno si cibi questo ruminante di licheni, in altra sta- gione anche di radici. Alcuni credettero, che i lunghi cani- ni fossero gli strumenti ad esso necessarii per estrarre dalla terra le piante, onde si nutre. Ma se si rifletta, che nelle fem- mine sono tali denti molto più brevi, si deve credere, che non abbiano nè tampoco ne’ maschi il testè indicato uffizio . L'animale del muschio preso anche piccolo conserva lunga mente la natia selvatichezza, e spesso si ostina di non mangiare, e muore d’ inedia. La caccia, che se ne fa è assai laboriosa; giacchè codesti animali oltre l’ essere attis- simi a saltare, sono pure molto accorti nell’ evitare i pe- ricoli, e nel sottrarsi agli aguati. Passano a nuoto un torrente anche rigonfio , ed impetuoso. Tutta l’arte de’ cacciatori consiste nel chiudere le strette per le quali potrebbero i muschi fuggire, e nel tendere ivi nume- rosi lacci, o nel collocarvi trappole. La carne de’ giova- ni dicesi buona, la pelle si vende a discreto prezzo; non così il follicolo de’ maschi adulti, il quale viene pagato assai bene. Essendo il follicolo de’ muschi della Siberia poco ricco di sostanza aromatica, si pospone a quello de’ tibetani, che ne suol essere quasi ripieno . Anche la qua- lità di detta sostanza è sovente inferiore: ne’ siberiani. Al- quante frodi si fanno da’ mercanti, onde sostituire ne’ fol- licoli alla sostanza aromatica altra di niun valore, che ne ‘abbia contratto 1’ odore. I compratori adunque debbono stare accorti, e fare le necessarie prove per assicurarsi dalla legittimità della medesima. 609 Sp. 2. Muschio pigmeo , Moschus pygmaeus Lin. Le Chevrotain fran. The pygmy Musk ingl. Das Zwers-Bisamthier ted. Muso alquanto aguzzo; canini aguzzi, che nel maschio sortono dalla bocca, quantunque chiusa ; orecchiette rotondate all’ estremità; gambe assai alte , ed oltremodo sottili; niun’ unghia falsa; co- da breve; pelo rosso-cupo nelle parti superiori, con certi indizi di fasce, più chiaro ne’ lati, bian- co nella gola, nel petto, e nel ventre. Shaw Gen. Zool. tom. 2. p. 2. pl. 127. fig. 2. Abita nell'India orientale, Non è più grande di una lepre, fa salti prodigiosi; a quel che pare non può correre lungamente. Vive sol- tanto ne’ climi caldissimi. La carne è tenuta in gran pregio dagl’indiani. In verun de’ due sessi di questa spe= cie si trova il follicolo del muschio (1). (1) Tre altre specie tuttora poco conosciute sono in- dicate nell’ articolo Chevrotain del N. Dict. d° Hist. Nat. ed. 2. Sembra, che nè anche in queste sî trovi il fol licolo del muschio. 610 FAMIGLIA SECONDA De DirTEROcERI (1). Ci coperte di pelle, almeno allorchè spuntan fuori, e durante il primo accrescimento . Chiunque insieme confronti i due generi della pre sente famiglia si persuaderà facilmente , tale essere la di- stanza fra di essi, che ve ne potrebbero, assolutamente parlando, stare molti altri frammezzo. Sino ad ora però non si sa, che questi generi intermedii abbiano giammai esistito . Gen. 1. Cervo, Cervus (2) Lin. 'T'esta bislunga, non molto grande; corna sen- za cellette, e senza vani interni, peduacolate , da prima coperte di pelle vellutata; indi senza pel- le, più, o meno ramose, caduche; nella massima parte delle specie le femmine ne vanno senza; muso ottuso; fori delle narici ovato-acuti, e la- terali; occhi di una giusta grandezza; oreccliet- te larghe s più, o meno lunghe; niun incisivo su- periore; 8 inferiori, nell’ estremità larghi e ta- glienti; in qualche specie un canino in ogni la- to della mascella superiore; niuno nell’ inferiore; (1) Da d,09Sep6w- copro di pelle, e da nép&s - corno. (2) Vocabolo, del quale fecero uso gli scrittori latini per indicare il cervo comune. 611 molari 1%; collo mediocremente lungo, così pure il tronco; 4 poppe nel ventre; estremità più, o meno alte, e svelte; false unghie, quando vì sia- no, brevi; coda corta, La base delle corna de’ cervi, o sia il peduncolo ha, generalmente parlando , la figura di un cono troncato. E° questo persistente, e nell’ estremità di esso, allorchè spun- tan le corna, formasi da prima un tubercolo, il quale cresce, e s' allunga a mano a mano, Non solamente que- ste giovani corna sono coperte dalla pelle, ma sono in ol- tre molli, e ricche di vasi sanguigni, sì che pungendole n’esca il sangue. La parte, che comparve la prima acqui- sta durezza innanzi alle altre. Col crescere delle corna si obliterano i vasi sanguigni della pelle, la quale già so- verchiamente distesa, addiviene arida, si fende, e si stace ca dalla materia ossea sottoposta. Le corna, che si for» mano dopo la prima muta hanno la parte inferiore cir- condata da una sorta di corona, cioè da un cerchio osseo tubercoloso, Il peduncolo anzidetto, da cui si staccano le corna allorchè cadono, è in molte specie assai breve, in altre è lungo più delle corna medesime. La fi- gura di queste è varia secondo le specie, e secondo l’ età degl’ individui, che ne sono forniti. Una gran parte de’ cervi ha seni lagrimali, cavità cioè formate dalla ripie- gatura della pelle un po’ al disotto degli occhi, ‘nelle quali si raccoglie certo umore giallognolo , che a mano a mano n’ esce. Nutronsi di piante, ed amano a preferenza i germogli degli alberi, e degli arbusti. Per natura sono miti; quando però vanno in amore i maschi di alguane 3° ASS 612 te specie vengono presi da una sorta di furore, e vi- brano calci contro chi lor s° appressa. Alcune specie so- no monogame , altre poligame. Le femmine in ogni parto danno in luce ordinariamente due figli; quelli delle spe- cie monogame sogliono essere di sesso diverso , e legati in- sieme da sì forti vincoli di amore, che spontaneamente V uno dall’ altro non sì divide giammai. Molte specie del presente genere sono abbastanza conosciute ; trattando ora delle principali seguo le tracce del Sig. Blainville (1), e separo quelle, che hanno un breve peduncolo delle corna dalle altre, che lo hanno assai lungo. * A peduncolo delle corna breve. Sp. 1. Cervo Alce, Cervus Alces Lin. L’ Elan franc. The El} ingl. Das Élennthier, der Elenn Hirsch ted. T'esta assai bislunga, alquanto compressa; corna ne’ soli maschi; quelle degli adulti quasi immedia- tamente dopo il peduncolo depresse, e laminari, più, o meno larghe con 3-12 digitazioni, o sia rami co- nici nell’orlo esterno; muso tutto peloso; labbra gran- di, e pendenti; orecchiette grandi; collo breve, ed alto , superiormente declive verso la testa; spalle elevate; gambe assai alte, e sottili; unghie false, brevi; coda brevissima; pelo rigido, lungo , di color vario secondo l° età, ne’ vecchi per lo più bruno. Buff, Son. tom, do. pl. 4. ona — (1) Bulletin de la Socicté Philomatique an. 1816. 613 Shaw Gen. Zool. tom 2. pl. 174. Abita ne’ siti bassi, ed umidi de’ paesi setten- trionali dell’ uno, e dell’altro continente situati di qua dal cerchio polare. La testa ha qualche somiglianza con quella de’ caval- li. L'angolo inferiore degli occhi è continuato in un lun» go solco, cioè in un lungo seno lagrimale. G. E. Gi- liber (1) delle alci îdella Lituania scrisse, che quando esse hanno pochi mesi di età, il pelo è giallo-grigio; che tutto giallo è in quelle di un anno; che nel finire del secondo anno il pelo comincia ad imbrunire, e che negli individui adulti. è di color di marrone, ne’ vecchi dello stesso colore misto al grigio, a cagione di un buon numero di peli grigi più lunghi degli altri, sparsi per tutto il corpo. Il colore delle unghie è perfettamente ne- ro. Le corna de’ giovani sono semplici, cioè senza rami, o digitazioni, quasi cilindriche; quelle degli adulti sono tanto più grandi, larghe, e depresse, e con un numero di ra+ mi tanto maggiore, quanto più grande n’è l'età (2). L° alce va in amore ne’ mesi di settembre, e di ottobre; la gravidanza dura 6-7 mesi; in ogni parto, che ordina- riamente accade sul principio di maggio, nascono 1-2 figli, rare volte 3. In maggio spuntar sogliono le nuove corna de’ maschi,le vecchie caddero in autunno dopo l’ ac- (1) Opuscula Phytologico-zoologica pag. 80, e seg. (2) La fig. 8. della tav. 12. rappresenta il corno si= nistro di un’alce già adulta, 614 coppiamento; sul finir di agosto le hanno già compiute. Vive l’alce in branchi; nella buona stagione mangia i ger- mogli, ed i giovani rami de’ pioppi, delle betole, e de’ ti- gli, in inverno alcuni licheni. Durante il calore estivo è molestata dagl’insetti parasiti: per liberarsene si getta ne’ laghi, e vi riman lungo tempo, agitando quasi di conti- nuo la testa, che tien sollevata, e sopra V’acqua. Va di trotto sì rapido da poter fare 50-60, e più miglia ogni giorno. Allorchè cammina le due unghie di ciascun piede urtano l’ una contro dell’altra, e producono un rumore simile allo scricchiolare. Ha un odorato squisito, ed a lei bastevole per accorgersi, che le viene in verso un cane, un uomo ec. quantunque nol vega, e ne sia tuttora distante. I maschi osservati da Gilibert non avevano la prominenza carnosa della gola, che Linneo credette comune a tutti gl’ individui, e considerò come uno de’ caratteri specifici. Nè Buffon la trovò tampoco in una femmina, che fu da lui accuratamente descritta. E° l’alce grande quanto un cavallo, e talvolta anche più. Se ne mangia la carne da’ popoli del settentrione, i quali la salano, e la ser- bano per nutrirsene in inverno. La pelle oltremodo gros- sa serve a fare strati, su cui dormire. Nella caccia della medesima si adoperano le armi da fuoco, i lacci, le trap- pole ec. investita da presso cerca di difendersi co’ calci. I selvaggi del Canada, che danno all’alce il nome di ori- ginal 1° uccidono colle frecce. Si addomestica, talvolta addiviene mite, e docile, e mostra un certo attaccamen- to al padrone, 615 Sp. 2. Cervo Rangifero ; Cervus Tarandus Lin. Le Rhenne franc. The Rein Deer ingl. Das Rennthier, der Renn-Hirsch ted. Testa ben lunga; corna in ambo i sessi, negli adulti quasi fin dalla base divise in due rami princi- pali, rotondati, l’uno disteso sopra la testa, l’al- tro rivolto verso il collo, e le spalle; ognuno de’ suddetti rami suddiviso in altri minori, e nell’ e- stremità palmati; orecchiette mediocri; muso tutto peloso; collo non molto grosso, e di mezzana lun- ghezza; spalle un po’ elevate; ventre alquanto gros- so; estremità ben proporzionate al tronco; coda brevissima; pelo lungo, massime nella parte infe- riore del collo, di color vario secondo la stagione, in estate grigio-fulvo nelle parti superiori, bian- castro nelle inferiori; in inverno ordinariamente fosco nelle parti superiori, bianco nelle inferiori, Tav. XII, fig. 2. Buff. Son. tom. do. pl. 5. fig. 2. Shaw Gener. Zool. tom. 2. p. 2. pl. 176. Abita ne’ paesi settentrionali dell’ uno, e dell’ al- tro continente, che sono al di là del cerchio polare, x Il naso è assai largo, e peloso fin dentro le narici, le quali sono fra loro assai distanti; non vi ha alcun fo- ro nelle palpebre superiori, com’ è stato detto da Pontop- pidan, e da altri scrittori; le corna delle femmine sono più piccole, e meno ramose di quelle de’ maschi; talvol= ta anche in questi hanno esse pochi rami; sempre però vi sì trovano i due principali ; la mascella superiore ha un canino per ogni lato. Afferma Camper(1),che un canale (:) Oevres tom. 2. p. 358. ct suiv, 616 conico stassi fra l'osso ioide, e la cartilagine tiroidea del rangifero, e che il detto canale s'allarga per gradi, ed addiviene un sacco membranoso sostenuto da due muscoli propri: l'apertura di questo sacco è nella Iaringe sotto la radice dell’ epiglottide. Allorquando l’aria vien espirata. con qualche forza, a cagion d’esempio nella circostanza di muggire, l’aria stessa entra nel detto sacco, lo gonfia, e produce una prominenza considerevole nel corrispondente sito del collo. Lo stesso Camper ha in oltre osservato, che talvolta l’ estremità di un’ unghia posa sull’estremità del- l’altra, tal’altra volta le due unghie sono, dirò così, al suo luogo. Supponendo adunque,. che il rangifero mo- vendosi faccia successivamente nell’ indicato modo can- ‘ giar situazione alle unghie con qualche violenza, s° in- tende il perchè quando esso cammina, anche a qualche di- stanza sì ode un certo scricchiolamento. I maschi perdono le corna dopo gli amori, cioè sul finire di novembre; le femmine dopo che hanno partorito, cioè in maggio, e se non siano pregne in inverno. Anche i maschi castrati mentre avevan le corna, le mutano, ma un poco più tar= di, cioè al rinnovarsi dell’anno, Il pelo del dorso è assai fragile, lo è meno quello del rimanente del corpo: i gio- vani d’un anno sono di color rosso misto al giallo. Nu- tresi nella stagione mite di germogli, di foglie, e nell’ in- verno del lichene, così detto rangiferino , e tale è la finezza dell’odorato di questo cervo, che si accorge ove sia un tal lichene, quantunque abbondante neve lo ricopra. Nell’ A- merica settentrionale i tarandi chiamansi caribous, € se ne incontrano branchi di più migliaja, ivquali ne me- si di marzo, e di aprile dal su@ vanno verso il nord 617 per ritornare indietro all'autunno, Il numero de’ rangiferi selvaggi è assai minore in quelle parti dell’antico con- tinente, ove gli uomini ne hanno rendute domestiche le generazioni, in guisa da ritrarne grandissima uti lità. I lapponi più ricchi, a cagion d’esempio, ne posseg- gono mandre numerose, dalle quali ricavano un profitto maggiore di quello, che ai nostri pastori rendono le pe- core. Col latte fanno formaggi; mangian la carne; il san- gue, ed il midollo conservato in barili serve loro a far brodo ; i visceri tutti vengono da essi conditi, e preparati in varie guise; le vesciche urinarie fanno le veci di fiaschi per conservarvi dentro i liquidi; colle corna preparano una gelatina molto usata nella loro medicina, colle pelli de’ giovani rangiferi fanno abiti, calzoni, e calze; in mancanza di altre fila servonsi de’ tendini per cucire; delle ossa lavorano cucchiai, ed altri utensili. I ran- giferi più robusti si domano, e si avvezzano o a stra= scinar certe slitte chiamate pulche, correndo velocissima mente, ovvero a portar pesi, mon però molto gravi (1). Laonde questo cervo fornisce i lapponi di tutto quasi il bisognevole. Anche i coriaci servonsi de’ rangiferi per strascinare le loro slitte. Glì esquimali, igroenlandesi ec. si contentano di farne la caccia con lacci, o con frecce, ed al presente anche con armi da fuoco, a fine di mangiar- ne la carne, e di avere la pelle , di cuì si vestono. La lunghezza ordinaria del rangifero è di 4-5 piedi, l’al= tezza presa dalle spalle di piedi 3-3 3. Eee —&€re€*eoeoe_e I II III LITI PIZZI (1) Vedi Linn, Amoen, acad, tom. 4. p. 144» 618 Sp. 3. Cervo Daino; Cervus Dama Lin. Le Dain franc, The Fallow Deer ingl. Der Dam-Hirsch ted. ‘Testa non molto bislunga; muso nudo, e glan- duloso; seni lagrimali; corna ne’ soli maschi; quel- le degli adulti divergenti, rotondate fin verso l’a- pice; questo depresso , e palmato; nella parte ro- tondata alcuni rami per lo più semplici, o sia digitazioni; estremità alte; unghie false corte; coda non brevissima; pelo alquanto molle; nell’esta- te ordinariamente il dorso, ed i fianchi bruno fulvi con macchie bianche; la linea media del dorso ne- ra ,noninterrotta; il ventre bianco; la coda supe- riormente nera, inferiormente bianca, le natiche bianche, con una fascia longitudinale nera nel lato esterno: colore vernale per lo più bruno colle na- tiche bianche, orlate di nero. Geoffr., et F. Cuvier Mammif. livr. pl. 6. Shaw Gen, Zool. tom. 2. p. 2. pl. 17d. Buff. Son. tom. 24. pl. 7. Abita quasi in tutte le parti d’ Europa. Allorquando il dorso, ed i fianchi sono bruno-fulvi, e macchiati di bianco, la testa è grigio-rossigna, così pure il collo superiormente, e ne? lati; la gola, e le parti inferiori del collo sono bianche; l’esterna superficie delle cosce è bruno-fulva macchiata di bianco; grigio-rossigne sono le gambe. Alcuni peli somigliano una lanngine grigia. I gio- vani di questa razza fulva sono macchiati dal loro nascere. Nel secondo anno i maschi hanno corna semplici, e sono atti a propagare la specie; nel terzo anno le corna co- minciano ad essere palmate. Vanno esse soggette ne’ diver= 619 si individui a molte variazioni, e talvolta 1° estremità in vece di essere distesa è ripiegata (1). Anche per riguardo al colo= re del pelo si conosce una varietà rimarchevolissima, il daino cìoè comunemente detto nero, in cuì tutto il corpo è superiormente bruno-nerastro, inferiormente bruno-chia- ro; brune son pure le natiche: sovente nelle parti supe- riori di esso non apparisce disuguaglianza alcuna del co- lore bruno; talvolta però si scorgono gl’indiz) di macchie bruno-chiare. Il Signor F. Cuvier ci dà per cosa certa, che i giovani di questa razza non hanno macchie di sort alcuna (2). Anche i daini contraggono quella ma lattia, che dicesi albinismo, ed allora hanno tutto il cor- po bianco, e gli occhi rossi. Gli amori accadono in au- tunno ; i maschi durante un tal tempo si battono fra loro, non sono però molto furiosi, ragliano ma con voce bassa; poco dopo 1’ accoppiamento cadono Ioro Ie corna; Ie femmine vivono co’ maschi in poligamia; rimangono gra= vide otto mesi circa; in ogni parto nasce un sol figlio y o anche due ; la madre ne ha moltissima cura. Il daino preferisce i sitij ove frequenti sono Ie piccole collinette, I grandi signori amano di averlo ne’loro parchi, per far- ne la caccia. Se molti siano gl’ individui colà rinchiusi si dividono, dirò così, in due fazioni ; ognuna di esse ha il suo capo , il quale la guida nelle battaglie contro la fazio- (1) Una di tali corna è rappresentata nella tav. 12. al num. 5. (2) Vedi la figura di‘questa varietà nell’ opera più vol- te citata: Geoffr. et F. Cuvier Mammif, livr. 12. pl. 4 620 ne contraria; tali combattimenti sì fanno con un certo ordine, e spesso si rinnovano; le armi principali usate ne? medesimi sono le corna, e le unghie de’ piedi anteriori. La carne de’ giovani da alcuni viene mangiata; Ja pelle ha qualche prezzo, così pure le corna. Si crede, che il dai- LS no viva 20-25 anni: ordinariamente è alquanto più pic- colo del cervo comune. Sp. 4. Cervo indiano, Cervus Axis Lin. Le Cerf de Vl’ Inde, VP Axis franc The Spotted Axis ingl. Testa un po’ più lunga, muso alquanto più a- gnzzo, che nella specie ‘precedente; le forme delle altre parti del corpo assai somiglianti a quelle del- le specie medesima; corna nel solo maschio, e ro- tondate , con un ramo anteriore vicino alla Dirk, e con due altri disuguali all’ estremità; pelo d'ogni stagione nel dorso, e ne’ fianchi fulvo con macchie bianche; nelle parti inferiori del collo, e del ven- tre perfettamente bianco; una linea nerastra lungo il mezzo del dorso, interrotta da macchiette bian- che; macchia nerastra fatta a ferro di cavallo nel- la fronte; natiche quasi del tutto rossigne, e senza fasce nere laterali; coda superiormente fulva. Shaw Gen. Zool. tom. 2. p. 2. pl. 180. fig. 2. (il maschio). Ménag. du Mus. d° Hist. Nat. de Paris ed. in 12. tom.:2, Pag: 99. (la femmina). Geoffr. et I. Cuvier livr. 8. pl. 6. (la femmi- na). Abita nell’ Aaa meridionale, Gzi Questo cervo conserva sempre lo stesso colore, quane tunque muti il pelo due volte ogni anno. È’ grande presso a poco come il daino; nel modo di mangiare, e di combattere somiglia il cervo comune. La voce di esso è un piccolo abbajare, houi, houî , che fa sentire princi- palmente quand’ è molestato. Vive, e si propaga anche in Europa ne’ parchi frammisto a’ daini, ed a’cervi; si uni- sce talvolta ai primi, e produce ibridi: due femmine del parco del Museo di Parigi sovente contorceano il collo al segno, che la gola riguardava al cielo; alcuni indi- vidui del parco del principe di Orange non volevano mangiare, a cagion d’esempio, il pane, nel quale uno avesse alitato ; tant’ era in essi la squisitezza dell’ odorato. Non è certo, che l’animale denominato da Plinio Aris, sia in realtà la specie, di cuì ora sì tratta, giacchè, come riflette benissimo il Sig. G. Cuvier, Plinio (1) ci disse sol- tanto, che l’Axis avea la pelle simile a quella di un cervo comune anche giovane, e che le macchie erano di un bianco più perfetto, ed in maggior numero; ciò che non basta per riconoscere nell’ Axis di Plinio la presente specie. Cl’ indiani mangiano la carne di questo cervo, e la conservano salata, o ben bene diseccata . (1) Ecco le parole di Plinio: In india... fera nomi- ne axin, hinnulei pelle, pluribus candidioribusque mas culis. Hist. Nat. lib. 8. cap. 21, 622 Sp. 5. Cervo comune, Cervus Elaphus Lin. Le Cerf franc. The Scag ingl. Der Edel Hirsch Muso un po’ più largo, e più breve di quello della specie precedente; collo in proporzione più grosso di quello del daino; ordinariamente un ca- nino in ogni lato della ‘mascella superiore; corna ne soli maschi, rotondate, e con molti rami; co- da più breve di quella del daino; pelo in qualun- que stagione fragile, e secco; l’estivo degli adulti per lo più fulvo bruno, con una linea nerastra longitudinale nel mezzo del dorso; vicino ad ognun de’ lati di essa una fila di piccole macchiette fulvo- pallide ; coda di questo stesso pallido colore; così pure le natiche, il lato esterno delle quali ha una fascia longitudinale nerastra; pelo d’inverno gri- gio-nerastro, più chiaro nelle parti inferiori, grop- pone fulvo-pallido; così pure la coda, e le natiche. Geoffr. et FP. Cuv. Mammif. livr. 13. pl. 4. (il maschio col pelo d’inverno ); pl. 5. (la femmina col pelo d’ estate, ed un giovane lattante). Buff, Son. tom. 24. pl. 4. (il maschio) pl. 5. num. 1. (la femmina), num. 2. (il giovane). E° indigeno dell’ Europa, e dell’ Asia temperata. Il cerbiatto anche quand’ è rinchiuso nel ventre ma- terno ha il dorso, ed i fianchi di color fulvo-bruno con macchie bianche, sparse; le natiche sono in esso pure di un fulvo assai pallido. Alla fine del primo semestre nei maschi cominciano ad essere prominenti le due basi delle corna; all’età circa di 9 mesi l’uno, e l’altro sesso non ha più macchie, poco prima erano esse addivenute tutte giallognole . Compiuto l’ anno spuntanoi rudimenti molli , e gelatinosi 623 dalle corna , le quali a poco a poco crescono, ed indu- riscono. Soltanto le prime non hanno rami; e la base di esse non è coronata ; negli anni seguenti le corna si rin- novano fornite di due, o tre rami semplici rivolti all’in- nanzi, più, o meno distanti dalla base, e di altri ra- mi verso l’ estremità formanti biforcazioni, che seguonsi a breve intervallo, il numero delle quali è maggiore; o minore, secondo che il cervo ha più, o meno di età, Le corna cadono sul finire d’inverno, o in primavera; i vecchi le perdono più presto de’ giovani; poco dopo spuntano i rudimenti delle nuove, le quali sono compiute al finir dell’ estate. Il colore è più carico, quanto mag- giore è l’età ; i cervi assai vecchi hanno in oltre ì peli del collo molto lunghi. Si danno pure alcune variazioni dipendenti da tutt’ altro, che dall’età; fra le quali vi ha quella de’ cervi affatto bianchi per malattia. Ognun de’ peli è attaccato alla pelle mediante un peduncolo sottile, la-td rigonfio alquanto nel mezzo, ed internamente poroso » guisa di spugna. Va in amore ne’ mesì di ottobre, novembre, ed allora furiosi oltremodo sono i maschi, (o) quali ragliano spesso , si battono fra loro, e dima- fado griscono assai + Le femmine dopo una gravidanza di 8 mesi circa danno alla luce ordinariamente un sol figlio, che fin da prima ha gli occhi aperti, può reggersi in piedi, e camminare, e di esso ha la madre un’amorosissima cura. Durante la buona stagione i cervi comuni per- corrono solitarii i boschi, e le campagne, ed i maschi por- tano sovente la testa bassa a fine di evitare 1’ urto delle corna ancor tenere, e dilicate contro i rami degli alberi. Nell'inverno maschi, e femmine vivono uniti in branchi. 624 La caccia de’ cervi comuni sì fa da grandi signori ac» compagnati da numeroso seguito; molte regole ne sono state già stabilite, ed è addivenuta un’ arte, che ha il proprio linguaggio. La lunghezza degli adulti misurati dall’estremità del muso sino alla base della coda è ordina- riamente di piedi 6, e qualche pollice; 1° altezza di piedi 3, e mezzo circa. Ve n’ha in Corsica una varietà molto più piccola. Le gambe poi sono in proporzione più corte ne’ cervi, che abitano le montagne aride, e deserte, che in quelli delle pianure, e delle verdi, e ridenti colline. La carne de’ giovani ha buon sapore; colla pelle si fa un cuo]o di molta durata; le corna servono per diversi lavo» vi, anche di torno, e dalle medesime i farmacisti estrag» gono alcune sostanze riputate utili nella medicina. Sp. 6. Cervo Capriolo, Cervus Capreolus Lin. Le Chevreuil d° Europe franc. l'he Common Roe ingl. Der Reh-Hirsch ted. Testa in proporzione più corta; muso più aguz- zo che nella specie precedente; niun seno lagri- nale; orecchiette in proporzione molto più lun- di quelle del daino, e del cervo comune; ninn cani- no; corna ne soli maschi, brevi, con uv. ramo, 0 digitazione anteriore, talvolta con qualche ramo posteriore, nell’apice divergenti, e biforcute; coda brevissima; pelo d'estate fulvo carico nelle parti superiori della testa, bianco nel mento; fulvo, 0 rosso-chiaro nel collo, nel dorso, e ne’ fianchi, giallo-biancastro nel ventre; fulvo-chiaro nelle gam- be; pelo d'inverno bruno, più chiaro nel mento, e nelle parti inferiori del tronco, con una macchia pallida nel groppone. i 625 Buff. Son. tom. 24. pl. 8, Abita ne’ boschi delle montagne dell’ Europa temperata. Tl capriolo ha le forme del corpo più eleganti, e più svelte di quelle del cervo comune; gli occhi sono più vi- vaci. Il pelo del medesimo è liscio. Non vive in branchi, ma in famiglie composte del padre, della madre, e de’ fi- gliuolini. Va in amore sul finire di ottobre, allora i ma- schi scacciano i figli già grandicelli, i quali finiti gli a- mori del padre, che durano soltanto 15 giorni, tornano a riveder la madre, trattengonsi qualche tempo con essa, indi sì separano per formare una nuova famiglia a qualche distanza del sito ove nacquero. Le femmine vicine a par= torire si allontanano da’ maschi, ritirandosi nel più folto de’ boschi , e dopo una gravidanza di mesi 5 e mezzo , danno in luce ordinariamente due figli di sesso diverso, che rì- mangono uniti per tutta la vita; la madre cerca di ascon- derli, e sì espone a più gravi cimenti, allorchè s° accor- ge, che un uomo, o qualche fiera li vorrebbe rapire. Alla fine del primo anno spuntan ne’ maschi le prime corna, che sono semplici: addivengono esse per gradi più ramo- se negli anni seguenti; d’ordinario il numero de’ rami d’ognuna non è maggiore di cinque. Sul finir dell’au» tunno esse cadono, si rifanno in inverno. La lunghez- za di tutto il corpo è quasi di 4 piedi; l’ altezza di pie- di 2, e mezzo, la lunghezza delle corna di 6-8 pollici. Si addomestica. La carne, massime di quelli di un anno, o di un anno, e mezzo è buonissima. Se ne fa la caccia quasi colle stesse regole di quella del cervo. 626 ** A peduncolo delle corna lungo. Sp. 7. Cervo Muntjac, Cervus Muntjac Gmel. Le Chevreuil des Indes , le Muntjac franc. Rib-faced Deer ingl. Forma generale della testa simile a quella del capriolo , soltanto il muso un po’ più aguzzo; un gran seno lagrimale sotto ciascun occhio; pedun- colo delle corna molto più lungo di esse, coperto di pelle; corna inferiormente coronate, liscie, a- venti un ramo anteriore a poca distanza della base; in ogni lato della mascella superiore un lungo canino, l’ apice del quale esce dalla bocca quantunque chiusa; collo, e tronco presso a poco come nel capriolo, estremità in proporzione meno elevate; unghie false brevissime; coda assai cor- ta, ma larga; colore generale grigio-bruno, più chiaro nelle partì inferiori, che nelle superiori; biancastro nel disotto del collo, e della coda, non che nell’ interna superficie JT, cosce. Buff. Son. tom. 24. pag. 184. fig. 1. Abita nell’ Asia meridionale. Questa singolarissima specie fu osservata viva a Am- sterdam da Allamand, il quale la descrisse con molta esat- tezza. I peduncoli delle corna hanno un’origine comune alla distanza di due pollici dall’ estremità del muso: sepa- randosi formano un angolo di circa 4o gradi; ascendono poscia lungo gli orli della testa, e giunti alla sommità della medesima si elevano perpendicolarmente. In tutto questo tratto sono coperti dalla pelle, la quale wvedesi sollevata là dove questi peduncoli sono attaccati alle sot- foposte ossa del cranio; nel mezzo della fronte, fra i due 627 peduncoli la pelle è elastica, e piegata ; nelle cavità delle pieghe scorgesi una sostanza glandulosa, che sepa- ra una materia untuosa. Ne’ lati del labbro inferiore vi fa un piccolo scavo destinato a ricevere l’ estremità del canino superiore. La lingua è tanto lunga, che serve a pulire non solamente i seni lagrimali, ma eziandio gli occhi. I peli della maggior parte del corpo sono bian chi dalla radice sino alla metà, di color bruno più, o me no carico nel resto della loro lunghezza: l’ individuo vedu= to da Allamand era maschio; ne’ mesi di marzo, e di aprile andò in amore; morì in inverno; in tutto il tena= po in cui visse in Amsterdam conservò le corna. La lun- ghezza totale del corpo presa dalla punta del muso sino alla base della coda era di 2 piedi , e 7 pollici: l’ altezza pre sa dalle spalle di 1 piede, e 4 pollici; la lunghezza tota= le del peduncolo delle corna di 8 pollici, quella del cor no sinistro di pollici 3, del corno destro di pollici 2, e mezzo . Era questo cervo assai domestico, non voleva però essere toccato da persone, che non conoscesse; mangiava pane , radici, ed erbe. Il Sig. G. Cuvier afferma, che al Ceilan, ed a Java se ne incontrano branchi non però molto numerosi (1) (2). 4o (1) Non poche altre specie sono descritte nell’ arti= colo Cerf del N. Dict. d° Hist. Nat. ed. 2. (2) Ossa fossili di alquante specie di questo genere più, o meno differenti da quelle, che vivono oggidi sono state trovate in varii paesi. Ne abbonda il Valdarno superiore nella toscane, ne ha pure il territorio saneseq 628 Gen, 2. Camellopardo, Camelopardalis (1) Lin. Gmel. Testa piccola in proporzione di tutto il cor- po; muso ottuso; narici laterali; labbro superio. re assai grande, e che ricopre l’ inferiore; occhi grandi; orecchiette mediocri; corna brevi, non cur- vate, cilindriche, sempre coperte di pelle, non ca- duche ; niun canino; molari 42; collo eccessivamen= te lungo; parte anteriore del dorso assai più alta, e più grossa della posteriore; 4 poppe inguinali; estremità alte, non molto grosse; piedi con due un- ghie vere rotondate; niun' unghia falsa; coda corta. Le corna dell’ unica specie di questo genere, non sen- za fondamento vengono da Blainville paragonate ai pedun- coli delle corna de’ cervi della 2, sezione. La lunghezza il veronese, il piemontese ec. Meritano una partico= lare menzione le corna fossili, che si trovano in Irlan= da, in Inghilterra, e sul Keno vicino a Worins, etc. ap- partenute gia ad una specie vicina all’ alce, però di stinta. Queste corna hanno un assai maggior numero di rami, o digitazioni, e sono il doppio più grandi delle maggiori dell’alce; a differenza di queste s’ allar- gano a poco a poco, e prendono la figura di venta- glio. Anche il cranio fossile è notabilmente diverso da quello dell’alce. Vedi G. Cuvier. Sur les Ossemens fos= siles. tom. 4. mem. I. (1) Da K4unAos - camello , e da ragSdà - nome, col quale credesi , che Aristotile abbia indicato la pane sera » 629 del collo danno a codesta specie uma qualche somigliane za co’ camelli. Molti altri caratteri però la rendono nota4 bilmente diversa tanto da’ camelli, che da’ cervi. Laonde a torto alcunì antichi naturalisti l’ ebbero per un camel lo, e Linneo, ed Erxleben la considerarono come un cer- wo; ed assai più grave fu l’ errore di Klein, che in quel suo genere tragus le dette luogo, in cui l’animale del muschio , le capre, e le antilope, come ho già notato di sopra, s'avvisò egli di collocare. Boddaert, e Gmelin stabilirono il presente genere, e gli dettero il nome, di cui Plinio , ed Oppiano s° erano serviti per indicare la specie. Un tal genere è stato in seguito adottato da tutti i zoologisti. Al solo Tiedemann dispiacque il nome im- postogli, e vi sostituì egli come generico quello di giraffa. Illiger poi ba creduto, che un tal genere da se solo for- masse una famiglia distinta dì ruminanti da lui chiama» ti devera. Sp. unica Camellopardo Giraffa, Cameloparda- lis Giraffa Lin. Gmel. Cervus Camelopardalis Lin. Erxleben etc. Giraffa camelopardalis Tiedemann. La Girafe franc. The Giraffe ingl. Die Giraf- fe ted. Denti incisivi laterali bilobi, ed assai più lunghi degli altri sei; una prominenza ossea sulla fronte; corna un po’ inclinate all’ indietro, coronate all’or- lo estremo da una serie di peli setolosi, e duri; una criniera longitudinale nel mezzo della parte superiore del collo, e sulle spalle; callosità nello sterno, e nelle giunture delle gambe; lungo fiocco 630 di crini all’estremità della coda ; pelo del collo; e del tronco giallastro con macchie o fulve, o bru- ne, irregolari, e sparse. Tav. XII. fig. 4. Tav.XIII, fieri. Ù Shaw. Gener. Zool. tom. 2. p. 2. pl. 181. Abita nell’ Africa meridionale , La siraffa è senza dubbio uno de’ più singolari mame miferi, che si conoscano. Gli occhi grandi, e vivaci so» migliano quelli del cavallo ; le orecchiette per la lunghez= za, e per la figura hanno molto di quelle del bue. La prominenza ossea della fronte è alta due pollici, lunga quattro circa; talvolta la pelle che la ricopre è callosa, e senza pelo; le corna sono lunghe 6-12 pollici, alquan- to convesse nell’estremità; la lingua è puntuta, e ruvi- da; il collo è lungo il doppio circa di quello del camello comune, e per gradi diminuisce di grossezza ; la parte an= teriore del tronco è molto più alta della posteriore a mo- tivo delle omoplate lunghe due piedi circa, e delle apofisi spinose delle prime vertebre dorsali, le quali apofisi hanno talvolta un piede di lunghezza; il tronco è breve in pro- porzione del collo; le gambe sono assai alte; i piedi quasi rotondi, e simili a quelli del bue; gli anteriori più gran- di de’ posteriori; la coda è sottile; il pelo del corpo è brevissimo, eccettuato quello della criniera, che è lungo tre pollici, e quello del fiocco della coda, che è assai più lungo, e nero; la criniera non è mai senza mac- chie; il collo le ha fra loro più vicine di quelle del tronco; il colore delle medesime è più carico, quanto maggiore è l’età dell’ individuo; sono le macchie di colo= 65r re più chiaro ordinariamente nelle femmine, che ne’ ma- schi della stessa età; siccome pure più brevi sono in esse le corna, e minore la lunghezza totale del corpo. Talvol- ta è questa ne’ maschi di 13-14 piedi, e l’altezza presa dal- la sommità della testa, sollevata quanto mai esser può, si- no a terra di 14-16 piedi circa. Quantunque la giraffa sia un animale timido, e pacifico, pure Vaillant nel rac» conto de’ suoi viaggi, dà per certo, che assalita si difen= de essa, vibrando calci co’ piedi posteriori, e che per tal mezzo le riesce sovente di mettere in fuga il leone, E° ve= locissima; cammina di trotto senza far salti, e difficilmen= te viene raggiunta da un cavallo anche corridore; pascola le erbe de’ prati, nè perciò abbisogna d’ inginocchiarsi 4 come alcuni credettero; mangia pure le foglie degli albe- ri, e se le stacca da se, attesa l’elevatezza della sua te- sta. Dorme inginocchiata, e col petto sopra il terreno; quindi, giusta il parere di molti, deriva Ja callosità dello sterno, non che quella delle giunture delle gambe. Se si ha a prestar fede agli ottentoti consultati da Vaillant, la femmina è gravida durante un intero anno, e partorisce un sol figlio. Non si sa con certezza se sia ora domestica in qualche parte dell’Africa. Gli ottentoti ne fan la cac- cia per averne la pelle, ch’è oltremodo grossa, e che serve loro a varii usi, e per mangiare il midollo delle ossa, che reputano squisito. Anche della carne delle gio- vani sono avidi questi africani. Plinio parla della giraffa da lui chiamata camelopardalis in guisa da non lasciar dubbio, che sia stata esposta, com’ egli afferma, alla pub- blica vista in Roma nell’ occasione de’ giuochi del circo, essendo Cesare dittatore. 6352 FAMIGLIA:+-S TERZA De CoLroceri (1). Puro ossea delle corna ascosa entro una guai- na formata da una lamina più, o meno grossa di sostanza comunemente detta cornea; niun canino in ambe le mascelle. Il Sig. Illiger stabilì questa famiglia, ed ai ruminan= ti, che vi sono compresi impose il nome di cavicornia . Da Illiger non dissente in ciò il Sig. G. Cuvier, il quale li chiama & cornes creuses. Sembrami, che una tale de- mominazione possa dare occasione a qualche errore. Impe- rocchè avendo io colla maggior parte de’ zoologisti dato il nome di corna a’ prolungamenti dell’ osso frontale, che non erano rivestiti da sostanza comunemente detta cornea ; parmi di non dovere ora per nome di corno intendere so- lamente una tale sostanza, e non anche la parte ossea ri- coperta della medesima. È sebbene la guaina anzidetta, appunto perchè tale, sia sempre cava, non lo è però sem- pre la parte ossea sottoposta. Ho quindi giudicato conve- niente di estendere la denominazione di corno tanto alla parte ossea, come alla guaina in cui è quella rinchiusa. Vuolsi in questo Imogo avvertire, che il Sig, Blainville (2) ha proposto di riunire tutti i ruminanti da me chiamati coleoceri in un sol genere, cui dà il nome di ceropho- (1) Da woAeds - guaina, e da nÉpas = corno. (2) N. Bulletin de la Société Philomatique an. 1816; 635 rus. Intorno al quale genere dico schiettamente, che e per l'importanza de’ caratteri, e per lo numero, e varie- tà delle specie mi sembra equivalente alle altre famiglie da noi già adottate. E sebbene nella serie de’ coleoceri vi abbia una certa gradazione, non è però questa tale da obblisarci a formarne un genere solo. Vedremo in seguito con quali norme divida Blainville questo suo gran gene- re, nel quale ammette egli 12 gruppi, o sia sotto-generi disiinti. Gen. 1. Antilopa, Artilope (1) Pallas. Testa bislunga, non molto grande in propor- zione di tutto il corpo; muso più, o meno ottu-- so; mento senza barba; occhi grandi; nella massi- ma parte delle specie, seni lagrimali più o meno grandi; orecchiette aguzze nell’ apice; corna per- manenti, semplici, e colla parte ossea solida, cioè senza vani interni, in non poche specie proprie de’ soli maschi, in altre comuni anche alle temmi, ne; incisivi nella massima parte delle specie $, in una sola <; niun canino; molari 17; collo di una giusta lunghezza, e grossezza ; forme del tronco, e delle estremità , generalmente Po elegan- ti, e svelte; poppe inguinali 24-5 5 due unghie vere alquanto aguzze; per lo più due false assai piccole; coda di varia lunghezza, nell’apice for- nita di pelo più, o meno lungo, (1) Nome di origine incerta. Secondo il Sig. G.Cu= vier è una corruzione del nome &ySoAor0s usato da Eustazio per indicare un animale a corna lunghe, @ dentate a foggia di sega. 654 Gli antichi naturalisti, al parere de quali si conformò Linneo, annoverarono le antilepe fra le capre. Pallas (1) fu quegli, il quale stabilì il presente genere adottato in seguito da quasi tutti i sistematori. Notò lo stesso Pallas, che le antilope nel metodo naturale sono intermedie ax cervi, ed alle capre non solamente per le sembianze este- riori, ma eziandio per la struttura delle interne parti. Riflettè in oltre questo sommo naturalista, che grande es- sendo il numero delle specie di un tal genere, e notabili le differenze, che in esse si osservano, era conveniente il dividerlo in varie sezioni. Ne propose egli 5, desumen- done i caratteri dalle corna; quindi le antilope a corna diritte, quelle a corna curve, le altre, a corna o lirate, o contorte, o rivoltate in spirale. G. Cuvier divise da ..cima (2) il presente genere in 6 sezioni, prendendo i caratteri delle prime quattro dall’ essere o semplice (o anche nulla ), ovvero duplice la curvatura delle corna, e dall’ avere questa la punta rivolta all’innanzi, o all'in dietro ; collocò poi nella 5.à sezione le antilope a corna contorte in spirale, e nella 6.8 quelle a corna liscie. Nel suo Régne animal ha aggiunta una 7.' sezione per le an- tilope a corna diritte, che aveva per lo innanzi messe nel la prima sezione. Lichtenstein (3) attuale professore di parere i (1) Spicilegia zoologica fasc. 1. (2) Nell'articolo antitope dell’ opera intitolata: Di- ctionaire des sciences naturélles, (3) Maszazin der Gesellschaft naturforschender fre= unde zu Berlin, 6.Jahrg. 2. u. 3. Quartal, Berlin, 1812, 655 zoologia nella R. Università di Berlino distribuisce le ari tilope in 4 tribù, i caratteri delle quali sono desunti priv» cipalmente dalla lunghezza della coda, e dall’essere o no fioccosa; dalla mancanza, o presenza, e grandezza de’ senì lagrimali; dall’ esservi, o no nella gola una pagliolaja; fi- nalmente da questo, che le femmine siano eornute , o nol siano; della direzione, e lunghezza delle corna sì vale egli per distinguere le specie. Blainville (1) nell’ assegnare i distintivi di que’ sotto-generi del suo gran genere cero= phorus , i quali comprendono le antilope degli altri si- stematori nè trascura affatto 1 caratteri delle corna, nè a questi soli si attiene, e studiasi di fare una divisione il più che sia possibile naturale. Finalmente Desmarets (2) conserva il genere di Pallas; lo divide poi in otto sotto= generi, i quali sono esattamente quelli, che Blainville ha proposto. Fra gl’ indicati modi di trattare delle antilo= pi sembrami da preferirsi quello seguito da Desmarets. È certamente non vi ha giusto motivo di ricusarsi di am- mettere il genere di Pallas; giacchè posa su basi abba- stanza solide, quali sono ì caratteri che lo distinguono da tutti gli altri. Nel farne poi una divisione naturale non mi pare conveniente nè 1’ escludere ì caratteri principali, che ci possono somministrare le corna , nè il fare soltan to uso di questi , trascurando le differenze più rilevanti, che si osservano nelle altre parti. È siccome, a parer mio, Blainville ha ciò eseguito con molta accuratezza 4 (1) Bulletin de la Société philomatique année 1816. (2) N. Dict. d’ Hist. Nat. ed. 2. artic. antilope . 836 & con molta sagacità, perciò ammesso il genere antilopî quale lo stabilì Pallas, mi attengo alla divisione propo= sta da Blainville. * Corna a duplice, o triplice curvatura, quasi spirali, anellate , senza spigoli, proprie soltanto de” maschi; per lo più i seni lagrimali palesi; due so- le poppe; pori inguinali (1); coda corta. Sp. 1. Antilopa Saiga , Artzlope Saiga Lin. Gm. Le Saiga franc. The Saiga ingl. Die Saiga- «ntilope ted. Testa ovale; labbro superiore pendente; naso grosso; fori delle narici assai larghi; orecchiette erette, larghe nella base, indi ristrette; corna giallastre, erette, liscie, e trasparenti nell’ apice , nel resto anellate, tronco svelto; estremità sottili, con fasci di pelo nelle ginocchia; coda brevissima; pelo non brevissimo, nelle parti superiori in estate fulvo con una linea fosca, longitudinale nel mez- zo del dorso, grigio-biancastro in inverno; nelle inferiori perfettamente bianco, Schreb. Saugth taf. 276. Abita nell'Ungheria ;‘nella Polonia, nella Rus- sia ec. E° srande come un daino; ama i siti deserti, e vicini a’ fiumi, o a’ laghi d’acqua salata. Viaggia dal (1) Si da il nome di pori inguinali a certi sacchet= ti formati dalla pelle degl’ inguini, e dalle cui pareti $nterne trasuda una materia untuosa , € fetida, 637 ord al mezzodì sul finire di autunno, e dal mezzodì al mord allorch’ è imminente l’' estate. Se ne incontrano talvolta più di mille individui riuniti in un sol branco. La voce somiglia il belar delle pecore. Ha l’odorato ec= cellente; ama di pascolar l’ erbe di sapore piccante, ed anche amaro. Va in amore in autunno; la femmina par- torisce in primavera un sol figlio, rare volte due. I ma- schi vegliano alla difesa delle femmine, e de’ giovani, e eombattono coraggiosamente contro i lupi, e gli altri animali feroci. Se ne fa la caccia in inverno, e se ne mangia allora la carne ; in altra stagione ha essa cattivo odore. Si tien conto anche della pelle, e delle corna. #* Corna a duplice curvatura anellate, senza spigoli, ed in ambo i sessi; seni lagrimali; porì iuguinali; 2 poppe; coda breve, fornita di peli lunghi. Sp. 2. Antilopa Dorca, Antilope Dorcas Lin. Gmel. Le Gazelle franc. The Barbary Antelope ingl. Die Gazellen-Antilope ted. Testa elegante; muso sottile; orecchiette erette , ovali; corna rotondate cinte nella base da anelli interi, indi da anelli non compiuti, fin verso l’ api- ce, che n'è affatto senza; collo, tronco, ed estre- mità assai svelte; fasci di peli alquanto lunghi nelle ginocchia; pelo brevissimo in tutto il cor- po, nelle parti superiori fulvo-chiaro, bianco nel ventre; una fascia di colore nerastro, o bruno se- para ne’ fianchi il color fulvo dal bianco; coda bruna alla base, nera nell’estremità, Tav. XII, fig. 3. 638 Buff. Son. tom. 3o. pl. 14. fig. 1. Abita nell’ Africa settentrionale . Per la grandezza, ‘e per le forme del corpo somiglia d’ assai un capriolo; le corna sono nerastre; poco al di Jà della base curvansi all’ indietro, verso l’ apice sì rivol- gono all’ innanzi; nella testa sonvi due fasce bianche, che dalle orecchiette dirigonsi alle narici; tutto il collo, e la superficie esterna delle gambe è di color fulvo; le na- tiche sono bianche . Il nome di quest’ antilopa nella lin- gua araba è algazel, donde il vocabolo gazella, con cui questa, ed altre specie ancora soglionsi indicare. Gli occhi poi di essa sono riputati sì belli dagli orientali, che qualora vogliono lodare gli occhi di qualche per- sona , li dicono di a/gazel. Vive in branchi assai nume- rosi; è velocissima, ed al sommo paurosa ; allorquando pe- rò un branco vede di non potersi sottrarre colla fuga al pericolo imminente, si concentra in guisa , che il nemico trovi in ogni lato una schiera pronta ad offenderlo colle corna. Ciò nulla meno riman sovente preda de’ leoni, e di altre fiere, Gli arabi ne fan la caccia stando a caval- lo, e correndole dietro, e gettandole contro grossi ba- stoni, onde romperle le gambe molto fragili, o almeno farla cadere. I turchi servonsi anche de’ falchi adde- strati a questa caccia, i quali piombano sulla testa della gazella , la feriscono, la trattengono. Talvolta, al dire di alcuni scrittori, in questa caccia si fa uso della pan» tera, la quale entro una gabbia viene condotta nel sito, ove credesi, che abbiano a passare le gazelle, e quando queste compariscono , il padrone lascia la fiera in libertà 4 659 . avendola prima bene istrutta, ed avvezza a portargli la pre« da fatta, ed a ritornarsene spontaneamente nella gabbia ; dopo di avere ricevuto in premio una buona porzione di carne già per lei preparata. L’antilopa, di cui sì tratta, presa viva si addomestica, e serve anch’essa alla caccia delle selvatiche, se nelle corna le si mettono laccì scor= revoli, ed alla vista di un branco, che passi le sia con- cessa la libertà. Allora corre essa a far parte del branco, e mercè de’ lacci inviluppa o le corna, o le gambe di qualche individuo selvaggio, il quale è allora facilmente o preso vivo, ovvero ucciso. La carne di quest’ antilopa, massime se sia giovane, è riputata assai buona. Cuvier sospetta, che l’Antilope corinna, e 1’ Antilope kevella di Gmelin siano mere varietà della presente specie. Lichten= stein tiene ciò come cosa certa. *** Corna con una sola curvatura anteriore, O posteriore, ornate da pochi anelli, o affatto li- sce, senza spigoli, proprie soltanto de maschi; se- nì lagrimali piccoli; pori inguinali; 4 poppe; co- da corta. Sp. 3. Antilopa Nagor, Antilope redunca Lin. Gmel. Le Nagor franc. The Red Antelope ingl. Die Nagor-Antilope ted. Testa più breve; muso più grosso di quello del- la specie precedente; orecchiette assai lunghe; cor- na nere, brevi; anellate alla base, liscie nel resto, in gran parte diritte, e soltanto curvate all’ in- nanzi verso l’ apice; tronco simile a quello della specie precedente; estremità più alte, e meno svel- te; coda fornita di peli non molto lunghi. Pelo 6/0 rosse pallido nella testa, nel dorso, ed anche nel ventre. Baff. Son. tom. 31. pl. 7. Abita nel Senegal. E” lunga circa 2 piedi, e 4 pollici; è alta 4 piedi; le corna sono lunghe soltanto 5 pollici. Ignoriamo le maniere di vivere di questa specie. #*** Corna con duplice curvatura, anellate, senza spigoli, comuni ai due sessi; seni lagrimali piccoli; pori inguinali ; 2 poppe; coda che finisce in un fiocco di peli lunghi. Sp. 4. Antilopa Bubalo, Antilope Bubalis Lin. Gmel. Le Bubale franc. The cervine Antelope ingl. Die Blasen- -Antilope ted. Testa assai lunga, e ristretta; muso alquanto rigonfio verso l’ estremità; ccttadite grandi assal; corna nere, eden lunghe, cinte d’anelli, e liscie soltanto nell’ apice, poco al di sopra della base curvate all’indietro, verso l’apice ali’ innan- zi; collo alto, compresso ; spalle assai più alte del groppone; tutto il tronco di mediocre grossezza; estremità assai alte , e sottili, forme generali del corpo poco svelte , e poco eleganti; unghie false pic- cole; pelo rossigno, fiocco della colla nero. VEE du Mus, d° Hist, Nat. de Paris ed. in 12, tom. 1. p. 346. Abita pat Africa settentrionale. Ha qualche apparente somiglianza col bue, ed alcuni ‘l’ hanno chiamata vacca di barberia. Vive in branchi, 641 assalita mette la testa fra le gambe anteriori, e quand’ è vicina al nemico, la solleva con molto impeto, e cerca di ferirlo. Presa giovane si addomestica, ed è assai mite, Quest antilopa fu nota ad Aristotile, a Plinio, e ad Op- piano; se ne trova non infrequentemente l’imagine ne’ ge= roglifici de’ tempj dell’alto Egitto. ****"* Corna compresse, contorte in spirale, aventi uno spigolo longitudinale, comuni ad ambo i sessi in alcune specie, proprie de’ maschi in al- tre; seni lagrimali o piccoli, o nulli; pori ingui- nali; 4 poppe; coda mediocre con lunghi peli al- l’apice. Sp. 5. Antilopa Cudu, Antilope strepsiceros Lin. Gmel. Le Coudous, le Coesdoes, le Condoma franc. The striped-Antilope ingl. Die Condoma- Antilope ted. Testa di mediocre lunghezza; muso grosso ; orecchiette assai larghe; seni lagrimali; corna eret- te, divergenti, senz’anelli, giallo-pallide , assai lunghe, aventi 4 curvature, in un sol lato care- nate longitudinalmente, comuni ad ambo i sessi (1); mento barbuto ; forme del collo, e del tronco svel- te, ed eleganti; estremità di una giusta altez- za ; colore principale grigio-bruno, talvolta rossi- gno, parte superiore della testa nerastra con due strisce bianche, che dall’ angolo inferiore degli occhi si dirigono al muso; una linea bianca longi- tudinale nel mezzo del dorso; 6-9 fasce bianche CAREZZE: m.mT.mmm....telEIEE (1) Vedile rappresentate nella fig. 9. della Tav. XIle 6£2 trasversali ne’ lati del tronco; coda superiormente. bruna, inferiormente bianca. Buff. Son. tom. 31. pl. 16, Abita nelle vicinanze del Capo di B. Speranza. Nella parte superiore del dorso il pelo è alquanto lun- go, e forma una sorta di criniera, anche i peli della parte inferiore del collo sono un po’ più lunghi di quelli del ri- manente del corpo. Non va in branchi; fa enormi salti; sì addomestica facilmente. E’ alta 4 piedi misurata dalle spalle a terra, il corpo tutto è lungo talvolta 9g piedi; le corna sono lunghe 3 piedi, e g pollici, la distanza fra gli apici di esse è di 2 piedi, e poll. 7 3. ****** Corna non rugose, in alcune specie contorte vicino alla base; in altre soltanto un po? curve; niun seno lagrimale; pori inguinali ; 4 pop- pe; coda lunga, fornita di luaghi peli nell’ estre- mità, Sp. 6. Antilopa dipinta, Antilope picta Lin.Gmel. Antilope trago-camelus Lin. Antilope albipes Schreb. Le Nylgau frane. The Nilgau ingl. Die Buck- kameel-Antilope ted. Testa alquanto lunga, e stretta; muso somi- gliante a quello di un bue; orecchiette assai lar- ghe; corna ne’ soli maschi, brevi, nere, liscie, un po curvate all’ innanzi; collo alto, e compresso; tronco di mediocre grossezza; nel collo superior- mente una criniera; nel mezzo del medesimo infe- riormente una specie di barba ben lunga; colore generale grigio-cinericcio nel maschio, fulvo nel- 643 la femmina ; la testa screziata di fulvo, di grigia- stro, di bianco; la superficie interna delle orec- chiette fasciata di bianco; i piedi cinti da fasce alternativamente bianche, e nere, Buff. Son. tom. 31. pl. 13. (il maschio), pl. 14. (la femmina). | Abita nell’India, Buffon ne vide, e ne descrisse due individui adulti, e di sesso diverso; il maschio era notabilmente più grande della femmina, aveva le spalle più elevate del groppone; per J’ opposto. il groppone era più elevato delle spalle nella femmina; questa poi aveva le gambe più sottili, e più alte. E° assai vivace, e va correndo or quà, or là nel paese, ove abita. Si addomestica facilmente, La carne di essa dicesi buonissima, x****** Corna lunghissime, aguzze all’api- ce, diritte, o con una semplice curvatura all’in- dietro, anellate, senza spigoli; niun seno lagrima- le; coda con pelo lungo. Sp. 7. Antilopa Orice, Antilope Oryx Pallas. L'Oryx, le Pasan franc. The Orya Antelope ingl. DiePasan-Antilope ted. Testa non molto lunga; muso di mediocre gros- sezza; orecchiette grandi, erette; corna quasi dirit- te, rotondate, sottili, anellate obliquamente nella metà inferiore, liscie nel resto (2); collo ben pro- porzionato alla testa, ed al tronco; questo svelto, 4I e (2) Vedile rappresentate nella fig. 6. della Tav, AII, 644 così pure le gambe; testa bianca con due fasce trasversali nere, una sotto gli occhi, l’altra fra le corna; colore generale delle parti superiori del dorso cinericcio; ventre biancastro, così pure le gambe, coda cinericcia , bruna nell’apice. Buff. Son. tom. 3o. pl. 16. Shaw Gen. Zool. tom. 2. p. 2. pl. 183. fig. 2. Abita nell’ interno dell’ Africa. Una fascia nera longitudinale è distesa nel mezzo del dorso; una simile fascia in ogni lato separa il cinericcio del dorso, e de’ fianchi dal bianco del ventre; nelle spal- le, e nelle cosce evvi una macchia bruna; le unghie sono in proporzione più lunghe di quelle della maggior parte delle altre specie . Le corna de’ maschi talvolta sono lun- ghe 3 piedi, quelle delle femmine alquanto meno, E° facile il persuadersi, che sì fatte corna siano all’orice un valido mezzo di difesa. Gli antichi se ne servirono a far certe lire, ed alcuni popoli d° Africa le adoperarono pugnan- do o cogli nomini, o co’ bruti. L’orice è grande presso a poco come un cavallo. Alcune volte se ne trova una va- rietà di colore più carico. ******** Corna in ambo i sessi quasi liscie, curvate una sol volta, ed all’indietro; niun seno lagrimale; pori inguinali; 2 poppe; coda breve; pelo lungo. Sp. 8. Antilopa Camozza, Antilope rupicapra Lin. Gmel. Le Chamois frauc. The common Antelope ingl. Die gemsen-Antilope ted. Testa nè molto lunga, nè troppo ristretta; orec- nt 645 chiette assai grandi, ovato-bislunghe; corna di co- lor bruno, brevi, erette, ed uncinate all’ estremi- tà, cinte da anelli poco apparenti; collo gracilet- to; tronco, ed estremità svelte ; testa per io più rossigva; in ogni lato di essa una fascia nera, o bruna, longitudinale, che dalla base del corno attra- versando 1 occhio si dirige all’ estremità del muso, ma non vi arriva; colore del rimanente del corpo in primavera grigio-cinereo, in estate fulvo- rossi- gno, in autunno fulvo-bruno , misto al nero, in in- verno bruno-nerastro 3 una fascia nera dall’occipi- te discende nel mezzo del collo, e continua sino all’apice della coda. Shaw Gen. Zool. tom. 2. p. 2. pl. 187. fig. 2. Buff. Son. tom. 3o. pl. 9. fig. 2. Abita nelle più alte montagne dell’ Europa oc- cidentale . Dietro ad ognuna delle orecchiette della camozza sot- to la pelle vi ha un sacco fornito di piccolissima aperiu- ra esterna. La vista di quest’ antilopa è acutissima , squi- sito n'è l’odcrato,.e l’udito, Il pelo d’inverno è non solamente più lungo, che in altra s'agione, ma è in oltre di due sorta, cioè una lanugine folta, che ricopre la pelle, ed altro pelo lungo, assai più raro di quella. La voce ordinaria della camozza somiglia il trillare di una capra, che sia rauca. Spaventata mette fischi acuti, e prolungati, fatti colle narici; vive in branchi di 15-20 individui; i vecchi maschi per lo più rimangono isolati. Va in amore in settembre, ed in ottobre; allora 1 maschi tramandano un gran fetore; gridano spesso, e corrono da una montagna all'altra. Nel parto, che accade in marzo, 646 o inaprile, per lo più viene in luce un figlio solo, il qua= le segue d’ordinario la madre sino al settembre. Non ascende mai alla sommità degli alti monti, e stassi nella regione media; fa salti meravigliosi, e giù scorre per le rocce tagliate quasi verticalmente. Se ne fa la caccia da’ montanari con molta fatica, e talora anche con rischio di perdervi la vita; giacchè quando Ja camozza vede di non avere più scampo, si getta sopra i cacciatori, e li fa sovente cadere ne’ precipizii, sull’orlo de’ quali furono obbligati d’inseguirla. Se ne mangia la carne; la pelle preparata serve a fare calzoni, e scarpe. E’ grande come una capra comune. Sp. o. Antilopa americana, Antilope america- na IDesm. L'Antilope d’ Amerique franc. Testa assai bislunga ; orecchiette mediocri; cor- na brevi, rotondate, molto grosse, quasi diritte, un po’ anellate, inclinate all’ indietro, e coll’ api- ce ottuso ; tronco lungo; estremità brevi, grosse; unghie grosse, e corte; coda breve, e ricoperta dal pelo per modo, che non rimane visibile; pelo del collo, e del tronco lungo, pendente, quasi se- riceo, perfettamente bianco, Abita nell’ America. Blainville ne osservò, e ne descrisse un esemplare preparato , il quale conservasi nel museo della società lin- neana di Londra. Quest’antilopa non è più grande di una capra di mezzana grandezza. La scoperta di.essa ha mo- strato non essere vero ciò, che s' era creduto fino ad ora, e cioè, che il genere antilope appartenga tutto intero al- 647 l’ antico continente, e non già in parte anche all’ Ameri- ca (1). Gen. 2. Egionomo Égionomus (2) Pallas. Testa bislunga; muso compresso, non ottuso, nè rigonfio; nella parte superiore del medesimo a qualche distanza dell’apice i fori delle narici nou molto larghi; occhi piccoli, in molte specie i seni lagrimali; orecchiette mediocri, aguzze all’ apice; corna persistenti, compresse, trasversalmente rugo- se, o nodose, cave internamente, curvate in varii modi; incisivi $; molari 4%, le lamine curve del pia- no triturante de’ medesimi elevate, e taglienti; colio mediocremente lungo, di una giusta BPOSEeREAy co- sì pure, ordinariamente, il tronco; poppe 2 ingui- nali; estremità non molto alte, nè troppo sottili; 2 unghie vere non molto grandi; due false corte, distanti alquanto dalle prime; coda o breve, o bre- vissima; pelo lungo. Seguendo l’ esempio di Pallas, di Leske, di Illiger ec. ho riunito in questo genere le capre, e le pecore di Lin- neo, e di altri autori. A ciò fare sono stato indotto dal non essere i caratteri assegnati a questi due generi di quel valore, che si richiede, e dal trovarli troppo spesso in- costanti nelle varie specie. A fine poi di togliere ogni equivoco g € per non cangiare significazione ai vocaboli ——————————_————-———! mr (1) Vedi la descrizione delle altre specie nell’ arti= colo Antilope del N. Dict. d’ Hist. Nat. ed. 2. (2) UE, Gyds — capra € da Gvou4 — nome. 648 usati per indicare codesti ruminanti, ho scelto uno de’ tre nomi, che Pallas propose a chi non amasse di chiamare il presente genere nè capra, nè ovis, ma volesse servirsi di un nome, come egli dice, neutro. Sono gli egignomi abitatori delle montagne, mangiano erbe, foglie, e scorze tenere, si addomesticano facilmente, e recano allora, co- me ognun sa, grandi vantaggi all’ nomo. Sp. 1. Egionomo Stambecco, Egionomus Ibex . Capra Ibex Lin. Hircus Ibex Boddaert. Le Bouquetin franc. The Ibex ingl. Der Stein- bock ted. Testa corta; muso compresso, superiormente un po convesso; niun seno lagrimale; corna ele- vate, curvate all'indietro, compresse, nella super- ficie anteriore più larghe, che nella posteriore, e trasversalmente nodose, più grandi ne’ maschi, che nelle femmine; gran barba al mento; niun poro inguinale; unghie corte; coda breve; colore prin- cipale grigio-nerastro, una fascia longitudinale ne- ra nel mezzo del dorso, un’altra simile in ogni lato , natiche bianche. Shaw Gen. Zool. tom. 2. p. 2. pl. 198. Abita nella sommità delle più alte montagne dell’ antico continente , Nello stambecco soltanto il setto, e l'orlo delle nari- ci è senza pelo ; gl’ incisivi sono ristretti; le orecchiette hanno internamente, e nel mezzo tre costoline ; le corna sono grigio-nerastre; în quelle de’ vecchi sonvi 13-20 no- di; la barba è negli adulti IJunga talvolta 8 pollici, e 649 mezzo; la cervice è robustissima, coperta di peli lunghi; il torace grande, e compresso; le estremità sono robuste; le unghie spurie somiglianti a’ tubercoli; il pelo è ruvido, assai lungo nella fronte, sopra lo sterno, nelle spalle, negli omeri, nella superficie interna de’ femori, nel ven- tre, e nella coda. Oltre questo pelo lungo, vi ha una lanugine corta, e molle, di coloro cinericcio-chiaro: nell’ e- state il pelo è più breve, che nell’ inverno, e la lanugi- ne meno copiosa. ‘I giovani hanno la testa, il collo, il dorso, i fianchi, e gli arti di color cinericcio-pallido, la linea media del dorso appena discernibile: ne’ vecchi il colore nerastro prevale al grigio; in tutti le parti in- feriori del tronco sono bianche, la barba, e la coda di colore atro. La lunghezza totale è talvolta di 4 piedi, e due pollici circa. Non si allontana molto dalle montagne mai sempre coperte di neve; nutresi delle piante alpine; vive in branchi di 8-10 individui. Va in amore in no- vembre, ed i maschi allora sono fetenti; le femmine par- toriscono in maggio uno, o due figli. Se ne fa la caccia non senza gravi pericoli. Imperocchè lo stambecco ridotto alle strette dà di cozzo col mezzo della fronte con tal veemenza da rompere un braccio, una gamba, e da sof- focare il cacciatore gettato in terra, o sospinto contro un albero, o contro un muro. Se ne mangia la carne; la pelle preparata ha varii usi; colle corna alcuni popoli formano i loro archi, de’quali servonsi per saettar l’ini- mico nelle battaglie, ovvero le belve, e glì uccelli nelle cacce. 650 Sp. 2, Egionomo Egagro, Egionomus egagrus Capra egagrus Lin. Gmel. Le Chevre sauvage , l egagre franc. The Wild Goet ingl. Die IWVilde Ziege ted. Forme del corpo simile a quelle della specie precedente; mento barbato; corna elevate, curvate all’ indietro, compresse, trasversalmente rugose, carenate anteriormente, e quasi taglienti, roton- date nella parte posteriore, grandi ne’ maschi, piccole , o nulle nelle femmine. Ménag. da Mus. d’ Hist. Nat. de Paris ed, in le) ‘tom, 2. pag. 177. Abita nelle montagne più alte dell’ antico con- tinente, Le notizie lasciateci da que’, che hanno scritto della presente specie sono assai scarse. Il sig. G. Cuvier esami- nò alcune capre trovate libere nel Monte Bianco, vi rin- venne i caratteri assegnati all’aegagrus da Pallas, e da altri. Pur tuttavia non si tenne egli sicuro della perfetta identità, nè potè togliersi dall’animo il timore di essere stato ingannato, da chi affermò, tali capre essere senza dubbio salvatiche, nè deporre il sospetto, che provenisse= ro dall’upione di una capra domestica collo stambecco. Descrisse Cuvier dune maschi i quali erano più grandi, più grossi, e più robusti dei caproni domestici ; avevano il pelo liscio, e giù pendente soltanto nella barba; uno di essì era di color grigio , quà biancastro, là rossigno, Y’ altro era fulvo; in ammendue il naso era bruno, ed una diritta, e larga fascia bruno-nerastra incominciava dall’ occipite, e finiva nella coda, un’altra simile in ogni 65: lato discendeva lungo la spalla, una terza stavasì innanzi la coscia; le quattro gambe, i piedi, il petto, e quasi tutto il ventre erano dello stesso colore bruno; l’ano ve- niva circondato da una macchia ovale, bianca; la coda era nera. Credesi generalmente che da questa specie salvatica derivino le capre domestiche. Pallas sospetta, che alcune trazgano origine dall’unione dell’ egagro collo stambecco. Supponendo ciò , al dire dello stesso Pallas, meno dithicoltà s’ incontra nel rendere una qualche ragione delle differenze che vi hanno fra le capre domestiche, le quali da alcuni sistematori a torto vengono considerate come appartenenti ad una specie affatto distinta da quella, di cui ora sì trat- ta Una di tali varietà è la capra di Angora, nella qua- le le orecchiette pendono , le corna del maschio sono grandi, situate orizzontalmente nei lati della testa, e ri- voltate in spirale, quelle della femmina sono brevi, da prima ricurve all’ indietro, indi ripiegate all’ innanzi per guisa, che l’apice sia a Jato degli occhi; il pelo poi è lunghissimo, sericeo, lucente, e tanto fino da poterne fa- re stoffe bellissime. La varietà detta nana è assai piccola, ed ha le corna quasi addossate al cranio . Il Sig. Blainville ne ha descritto due varietà asiatiche, cui manca la barba del mento; non poche altre per l'uno, o per l’altro ca- rattere differiscono dalla capra domestica comune. La pre- sente specie dicesi dai persiani paserng. Nello stomaco del- l’egagro salvatico , talvolta ancora del domestico, e non già in quello di certe antilope, come alcuni hanno creduto, tro- vansi quelle concrezioni chiamate dezoar,. delle quali un tempo si tenea grandissimo conto per la virtù, che ad esse veniva attribuita di guarire molte, e gravi malattie, 652 L'esperienza ha mostrato chimeriche tutte queste virtù, nè vi ha ora alcuno fra i medici, che speri di potere trarre da’ bezoar alcun mezzo, onde curare gl’ infermi, che in lui s’athidano. Sp. 3. Egionomo Ammone , Égionomus Ammon. Capra Ammon Lin., et Leske. Ovis Ammon Pallas, et Gmelin. Le Argali, le Mouflon frane. The Argali, the Wild Sheep ingl. Das Argali, das Wilde Stein- schaf ted. Testa bislunga; muso compresso, ristretto all’ e- stremità; naso alquanto rilevato, e gobbo; seni la- grimali; orecchiette brevi; corna più, o meno com- presse, striate longitudinalmente, trasversalmente rugose, ne’ maschi per lo più assai grandi, rivol- tate all’in fuori, e da prima all’innanzi, indi più, o meno coritorte in spirale, nelle femmine o nulle, o brevi, poco contorte, o soltanto falcate; collo ro- tondato, mediocre; tronco grande; pori inguinali ; estremità più, o meno alte; unghie vere compres- se, corte; unghie false piccole, sovente disuguali; coda assai breve nelle razze salvatiche; pelo va- rio per la lunghezza, e per le tiute. Shaw Gen. Zool. tom. 2. p. 2. pl. 201. Abita salvatico nelle alte montagne dell’Asia, in quelle dell’ isole di Sardegna, e di Corsica, dell’ America settentrionale ec.; domestico quasi in ogni parte della terra abitata dall’ uomo. Il Sig. G. Cuvier, distingue tre razze salvatiche di que- sta specie e sono: l’argali di Siberia , il muflone , o 653 sia musione di Sardegna, e di Corsica, ed il muflone di America. Molti con bnon fondamento credono, che il mu- flone di America derivi dall’ argali; quello poi di Sarde- gna, e di Corsica a me sembra manifestamente l’argali stesso alquanto degenerato. Quindi il tipo primitivo di questa specie è, s'io non erro y l’argali suddetto, rappresen îato nella testè citata figura di Shaw. Di questo tipo ha trattato diffusamente Pallas (1). Afferma egli, che tanto t) il maschio, quanto la femmina sono cornuti, con questa differenza però, che le corna femminee sono piccole, compresse, falcate, e non già quasi trigone e grandi ed alquanto contorte, quali sono quelle de’ maschi adulti» Per attestazione di Pallas il pelo estivo è brevissimo, liscio, di colore cinericcio nella testa , fulvo nelle parti smperiori del dorso, con un’area giallastra attorno alla coda; in in- verno poi il pelo è lungo, nella testa grigio con macchie bianche, nelle parti superiori del tronco ferrugineo-gri- gio, ovvero grigio-cinericcio, nel ventre bianco. Gmelin aggiunge che nel mezzo del dorso vi ba una fascia lon- gitudinale bruno-rossigna. I maschi adulti di questa raz- za hanno sovente 5-5 di lunghezza. Secondo Cetti (2) la femmina del muflone di Sardegna non ha corna. Secon- do G. Cuvier le ha talvolta la femmina di quello di Corsi- ca, ma assai piccole; la curvatura delle corna è più larga che nell’ argali, e la contorsione ha luogo quasi soltanto (1) Spicil. Zool. fasc. XI. (2) Animali della Sardegna tom. 1. pag. 111. @ seg. fav. 2. 654 all’apice, nè è ripetuta più d° una volta; il muso è canuto, così pure il contorno dell’occhio, e l’ esterna superficie delle orecchiette; la mascella inferiore è bianca; il colore prin- cipale del resto delle parti superiori è ordinariamente ros- so misto al bigio; una fascia nera partesi dalla nuca, e con- tinua sino all’ estremità della coda; una seconda vedesi in ognun de’lati; il ventre è bianco, così pure l’ interna su- perficie delle cosce, e la coda inferiormente: talvolta il mu- flone è o tutto, o in parte nero, tal altra volta più, o meno bianco; sempre minore dell’ argali. Il muflone di America se sia maschio ha le corna grandi, e più contorte in spi- rale, di quelle delle due razze precedenti, la femmina le ha piccole, e falcate; il tronco e le gambe sono svelte al pari di quelle del cervo comune; il pelo è corto, ruvi- do, e secco, di color bianco nell’estremità del muso, nel naso, e nelle natiche, nero nella coda, bruno nelle altre parti. Le tre descritte razze vivono in branchi non molto numerosi; si addomesticano facilmente; }° unione di esse colle pecore comuni è feconda. La maggior parte de’ zoologisti si mostra ora persuasa, che dall’ una, o dall’ altra delle razze salvatiche derivino le razze domestiche, da al, cuni sistematori giudicate appartenenti ad una specie di= stinta, e chiamata ovis aries. Fra queste razze assai pre- giato è il così detto merino di Spagna a corna grosse, contorte in una spirale regolarissima, a lana più molle, più folta, e più crespa di quella delle altre varietà, e con un ciuffo di simile lana nella fronte. Meritano pure una particolare considerazione il montone di Angora a corna brevi, a pelo ruvido, a orecchiette pendenti, e con una specie di gioga)a sotto il collo , ed il montone 655 africano a coda assai larga, e grossa. Singolari poi so- no le corna de’ montoni di Valachia, perchè contorte in una spirale elevata, e quasi paralelle fra loro j e di que’ d'Islanda, mentre oltre 1’ essere grandi sono spesso più di due, e talvolta sei. Taccio delle molte altre varietà, che sì osservano nelle pecore domestiche, siccome pure mi astengo dal trattare delle maniere di vivere delle medesi- me, e dei vantaggi, che l’uomo ne ritrae, non essendo- vi forse alcuno, il quale di tutto questo non sia abba- stanza informato (1). Gen. 3. Bue, Bos (2) Lin. Testa di mediocre grandezza; fronte larga ; occhi piccoli, o mediocri; niun seno lagrimale ; orecchiette mediocri; corna semplici, persistenti, con grandi vani interni poco, o nulla «compresse, al- meno verso l’apice, d’ ordinario da prima rivolta- te a’ lati, e curvate al basso, indi ripiegate all’ in su; incisivi $; molari 1%; collo alto, e compres- so, con una giogaja pendente nella parte inferiore del medesimo; tronco grosso; poppe inguinali o 2; o 4; gambe robuste, e corte; unghie vere grandi, niun unghia falsa; coda o brevissima, o mediocre. Anche questo genere adottato già da tutti i naturali= sti, è una porzione del gran genere ceroforo del Signor Blainville. Due sotto-generi propone egli, ne’ quali di- (1) Chi ama di avere notizia delle altre specie di questo genere potrà consultare gli articoli Chèvre, e Mouton del N. Diction. d’ Hist. Nat. 2. edit, (1) Da (fdovs, ffods - il bue comune. 656 stribuisce i buoi di Linneo; al primo dà il nome di ov bos, al secondo lascia quello di bos. Desmarets considera ammendue questi sott-ogeneri di Blainville come veri ge- neri. G. Cuvier per l’opposto mantiene intatto il genere Jinneano, nè vi fa alcuna divisione. A me sembra, che si debba lasciare il genere quale lo stabilì Linneo, divi- dendolo però in due sezioni distinte, ed equivalenti a' dune indicati sotto-generi di Blainville. * Estremità del muso poco larga, non altri- menti nuda, e rigonfia; pelo lungo in quasi tutte le parti del corpo, in inverno oltre questo pelo una lanugine corta, e folta; 2 poppe; coda brevissima. Sp. 1. Bue muschiato, Bos moschatus Lin. Gm. Ovibos moschatus Blainville. Le Bison musqué franc. The musk-ox ingl. Der Bisam-Ochse ted. Testa notabilmente bislunga; fronte assai ele- vata; corna, che nel maschio si toccano alla base, liscie, e da prima assai compresse, ed assai lar- ghe, e sovrapposte a’ lati della testa , indi verso l’apice quasi rotondate , e tutt’ a un tratto ripie- gate in alto, ed all’indietro; pelo corto soltanto nell’ estremità del muso, e nella parte inferiore delle gambe ; colore generale bruno-rossiguo; par- te estrema del muso bianca. Shaw Gen. Zool. tom. 2. p. 2. pl. 212. fig. 1. (la femmina). Schreber Saugth. taf. 302. A (la femmina) B (la testa del maschio). Abita nelle parti più fredde dell’ America. 657 Le basi delle corna delle femmine sono fra loro distan» ti; nello spazio intermedio evvi, al dire di Pennant, una macchia bianca, ed un’altra di colore misto di bianco, e di rosso scorgesi nel dorso; il pelo ch'è sotto la gola, e sotto il collo ha talvolta quasi un piede, e mezzo di lunghezza. Essendo 1’ estate brevissimo in que’ paesi, ove abita la presente specie , ha essa quasi sempre la lanvgine frammista al pelo. Hearne (1) dice, ch'è grande quanto un bue ordinario inglese, ha però le gambe più corte, e la coda somigliante a quella di un orso comune. Sale agilmente sulle montagne, sebbene sia molto pesante, man- gia erba, ed in mancanza di questa muschi, giovani rami di salcio, ed i germogli de’ pini. Vive in branchi talvo]- ta di cento individui. Va in amore nel mese di Agosto. Allora ì maschi si battono fra loro fieramente, e non po- chi di essi rimangono morti; assalgono pure gli altri ani- mali, che incontrano, non escluso } uomo. A sì fatti combattimenti attribuiscono alcuni lo scarso numero de’ maschi in confronto del numero delle femmine. Queste sul finire di maggio, o al cominciar di giugno partoriscono un figlio solo. La carne de’ giovani, e delle femmine è di buon sapore, viene mangiata dagl’indiani, e sa poco di muschio; non così quella de' maschi adulti, la quale è muschiata al segno, che un coltello, il quale abbia servito per tagliarla conserva l’indicato odore per lungo tempo. La pelle serve a fare scarpe ec. Gli esquimali, senza le- varle il pelo, l’adoperano per farsi certi berretti, che li (1) Voyage a l’Ocèan Nord, trad. franc. à Paris, 658 rendono assaì deformi, sono però ad essi molto utili, per- chè servono a discacciare le mosche, ed altri insetti di- pierì, che nel settentrione dell'america sono molestissimì. ** Estremità del muso assai larga, nuda, ris gonfia; pelo lungo in alcune parti solamente; 4 poppe, coda mediocre. Sp. 2. Bue grugnante, Bos grunniens Lin. Gm. Le Buffle à queve de Cheval franc. The Vak ingl. Der Ziegen Ochse ted. Testa breve; orecchiette grandicelle ; corna cor- te, sottili , talvolta nulle; parte anteriore del dor- so un po gobba; pelo della fronte quasi raggia- to; criniera nella cervice, e nel mezzo del dorso longitudinalmente; pelo della parte superiore del dorso, e de lati breve, e lanuginoso; quello del ventre lunghissimo; coda larga, e tutta coperta di pelo lunghissimo ; colore vario, per lo più nero nel- la criniera, e nella coda. Shaw Gen. Zool. tom. 2. p. 2. pl. E originario delle montagne del Tibet, vive domestico in varii paesi dell’ Asia. Le narici sono quasi trasversali; le labbra pendenti, gli occhi sporgono assai ; le orecchiette si dirigono d’ ordina- rio all'indietro, e quasi orizzontalmente. Intorno alle corna non sono fra loro d°accordo Turner e Witsen; il primo le dice rotondate, puntute, curvate all’ indentro, ed un poco all’indietro verso l’ apice; l’altro afferma, che sono compresse , e curvate a mezza luna. Sonvi al- cune razze della presente specie mancanti affatto di cor- na; il collo è breve, e superiormente curvato quasi come 659 il dorso; la gobba apparisce più grande di quello ch'è in realtà a motivo del lungo pelo, che la ricopre; per un motivo simile la coda compare assai lunga: il pelo di ese sa è folto, lucente, e finissimo; le corna sono per lo più nerastre; alcune femmine le hanno bianche come l’avo= rio. E° grande quanto un bue comune ordinario; ama di bagnarsi, e nuota benissimo. La voce di esso non è già un mugito, ma un certo grugnire basso, e mono» tono, segno d’ira, e d’inquietudine. Lo sguardo è bieco, ed atterrisce; i colori vivaci irritano questo bue, e lo rendono furioso . Allora vibra esso occhiate minacciose, agita il corpo tutto, solleva, e scuote la coda, e velo= cissimo com’ è, si scaglia con terribile impeto contro l’og= getto, che ha 1’ odiato colore. Molti popoli dell’ Asia hanno renduta domestica la presente specie, e ne traggo= no grandi vantaggi. Non serve essa già a coltivare i cam- pi, ma bensì a portare pesi assai grandi. Le femmine danno una quantità considerevole di latte, col quale sì fa un eccellente burro; col pelo fabbricansi corde, e certi tessuti, colla pelle abiti, e beretti. Ma sopra ogni altra cosa è pregiata la coda, della quale si fa da’ popoli asia- tici un assai proficuo commercio: giacchè tinta in rosso si mette da’ chinesi nell’ apice de’ loro berettij lunga, e bella che sia, è il distintivo de’ generali degli eserciti turchi, e persiani, ed impropriamente dicesi coda di ca- vallo; nell’ India poi colla medesima ornasi la testa degli elefanti , e de’ cavalli. Può vivere anche in Furopa. ln Inghilterra un maschio si unì più volte ad una vacca co- mune, e ne nacquero ibridi. 42 660 Sp. 3. Bue Bufalo, Bos Bubalus. Le Buffle frane. Thé Buffato ingl. Der Biiffel Ochse ted. Testa somigliante a quella del bue comune, ma più grossa; orecchiette più grandi , e più puntute al- l’apice; parte nuda del muso più larga, più lun- ga, e più piatta; fronte più convessa; corna com- presse, trasversalmente striate, e con uno spigolo nel lato inferiore, rivolte alquanto all'indietro, coll’apice curvato in alto; giogaja piccola; petto assai largo; groppone ristretto; mammelle dispo- ste tutte in una fila trasversale; coda mediocre; pelo un po lungo nella fronte, nelle guance, nel inento , fioccoso all’ estremità della coda, brevissi- mo nelle altre parti del corpo; colore ordinaria- mente nerastro in tutto il corpo, eccettuato il ciuf- fo della fronte, ed il fiocco della coda, che sono bianco-giallastri . Shaw Gen. Zool. tom. 2. p. 2. pl. 211. fig. 2. Buff. Son tom. 29. pl. 3. Abita salvatico ne’ paesi più caldi dell’ Africa, e dell’ Asia, domestico nell’ Italia meridionale , nella Grecia, nella Persia, in Egitto ec, L’andatura, e lo sguardo di questo bue ne annunzia- no la natia ferocia. Dicesi che libero sia più grande di un bue comune, del quale ordinariamente i bufali domestici sono alquanto più piccoli. Teme l’eccessivo caldo, e cer- ca per ciò i siti ombrosi, ed umidi; non può altrimenti durare al rigoroso freddo. Non vi ha forse erba, che esso ricusi di mangiare. Jl muggito è più grave di quello del bue comune. Credesi, che abbia una eccellente me- 661 moria. Se con una specie di cantilena si ripeta il nome che gli si vuole imporre, mentre è anche giovane, non do dimentica più, e chiamato per quello, accorre pronta- mente. Solo ritorna alla mandra, quantunque ne sia assai distante : io porto opinione, che a far ciò gli serva anche l’odorato. Nel tempo degli amori i ma- schi combattono fieramente fra loro. Domestico conser va in parte la naturale ferocia. Attesa la gran robu- stezza, di cui è fornito, domato che sia, rende impor= tanti servigi all’ uomo. Tl latte è di buona qualità, e serve a far burro, e formaggi; la pelle preparata ha varii usi; le corna sono ricercatissime da chi fa lavori di tore no. La carne è ordinariamente ricusata da chiunque ab= bia modo di procurarsi quella del bue comune. Serve negli spettacoli deiti cacce del toro. Nel: Mogol si fa combattere col leone: il bufalo va all’ assalto cercando da prima non già di ferire il nemico colle corna, ma ben- sì di mettergli i piedi addosso, e di gettarlo a terra: se in ciò riesce, s’ adopera tosto di conficcargli le corna nel ventre, e di ucciderlo. Non è raro, che in sì fatti come battimenti rimanga il bufalo vincitore (1). (1) Non si vuole altrimenti confondere questa specie col così detto bufalo del Capo di B. Speranza, Bos ca- fer , di cui l'infaticabile Sparmann ha dato un’ accurata descrizione negli atti della R. Accademia delle Scien= ze di Stocolma per l’anno 1777.) e nella storia del suo viaggio al capo suddetto. 6652 Sp. 4. Bue Americano, Bos americanus Lin. Gmel, Bos Bison Lin. Le Bison d' Amerique franc. The american Bi- son ingl. Der Nordamerikanische Bison Ochse ted. Testa non molto lunga ; muso mediocremente largo , colla parte estrema, e nuda alquanto rigonfia; fori delle narici larghi; setto grande; occhi pic- coli; così pure le orecchiette; corna nerissime, as- sai distanti fra loro fin dalla base, piccole, roton- date, da prima ripiegate a’ lati, indi rivolte al- l’ in su; spalle assai alte con una gobba carnosa; groppone magro; estremità poco alte ; coda corta fioccosa all’ apice; pelo lungo nella testa, e soprat- tutto nella mascella inferiore, che ha una barba pendente, lungo parimente nel collo, nelle spalle, e nella parte superiore delle estremità anteriori, corto nel rimanente del tronco, e dell’estremità; colore ordinario bruno-nerastro nella testa , e nelle spalle , (ov è talvolta bruno-rossigno ), e nel fiocco della coda; fuliginoso nelle altre parti. Geoffr. , et F. Cuv. Mammif. fasc. 12. fig. 6. Shaw Gen, Zool. tom. 2. p, 2. pl. 207. Abita nelle parti temperate dell’ America set- tentrionale, Il pelo è lannginoso ed increspato, in inverno più folto, e più lungo, che in estate; la gobba delle spalle è più, o meno alta, secondo che questo bue è più o meno ben nutrito. Ha un odorato squisito : vive frammisto ai cervi in branchi assai numerosi lungo i fiumi, e nelle pia- nure umide; nutresì di canne, e di altre piante; lambe wolentieri la terra impregnata di sale. E’ più grande dei 665 maggiori buoi domestici; Ja voce è alquanto simile al gru= gnire. Preso giovane si addomestica. Se ne fa la caccia per averne la carne, ch'è buona, la pelle, ela lana; que» sta si fila. Abbenchè sia timido, ed inseguito da’ caccia= tori, e da’ cani cerchi uno scampo nella fuga, pure se venga ferito, sì rivolge furioso contro i suoi nemici, onde vendicarsi. Il Sig. G. Cuvier riflette, che non è stato fatto sino ad ora un confronto abbastanza accurato del bi= sone americano coll’ uro, e di essi parla in modo da far conoscere , che gli rimane qualche dubbio, se veramente appartengano a due distinte specie . Sp. 5. Bue Uro, Bos Urus. Bos taurus ferus Lin. Gmel. L’ Aurochs franc. The Wild-Ox ingl. Der Aver-Ochse ted. Forma della testa, e del collo poco diversa da quella della specie precedente; il muso più largo; fronte convessa, più larga, che lunga; corna non altrimenti vicinissime agli occhi, brevi, curvate al- l’in su; spalle alquanto elevate, assai meno però, che nella specie precedente, e senza gobba carno- Sa; groppone non troppo magro; estremità assai alte, le posteriori più delle anteriori; coda alquan- to lunga; pelo molle, lungo soltanto nella fronte, nel vertice , e nel mento, attorno al collo, nel mez- zo del medesimo superiormente , e longitudinal- mente sino alle spalle, e nell’apice della coda; co- lore ordinariamente bruno. Gilibert Opusc. Phyt. et Zool. tab. 3. Abita nella Moscovia, ed in alcune parti della catena de’ monti carpazj ; ec, 664 Anche questo bue tramanda un qualche odor di mue schio ; il pelo è di due sorte, 1’ uno cioè corto, spesso; fulvo, o bruno, che asconde la cute; l’altro, nelle parti indicate poc’ anzi, motabilmente più lungo, e di colore bruno-carico. Le femmine hanno la testa più piccola di quella de’ maschi, il pelo più molle, e meno copioso nel- la fronte, sul collo ec. La lunghezza misurata dalla pun= ta del muso sino alla base della coda suol essere di 1o piedi circa ne’ maschi adulti, l’altezza presa tanto dalle spalle, quanto dal groppone di 6 piedi. Ama di stare vi- cino ai fiumi: nella stagione o-calda, o mite si nutre di erbe, nell’inverno de’ giovani rami degli-arbusti, e de’ li- cheni. E° dotato di grandissima forza, combatte co’ piedi, e colle corna, vince ordinariamente gli orsi, correndo a testa bassa contro i medesimi, e cercando d’infiger loro le corna nel ventre, o almeno di gettarli in alto, onde per Ja caduta soffrano grandemente, e ben presto sen muoja- no. Provocato che sia dall’ uomo, si difende con incredibi= le furore, e coraggio, insegue questo suo capitale nemico, allorchè fugge, e lo raggiugne facilmente. In tal caso il miglior partito da prendersi dall’ uomo: è quello di lasciar= sì cadere in terra, fingendo di esser morto. L’uro allora si contenta di rivolgerne alquante volte il corpo,e di ri guardarlo attentamente, indi illeso lo lascia, e se ne va altrove. E° cosa pericolosa 1° imbattersi in un maschio cal- do d’ amore, ovvero in una femmina lattante: ammendne assalgono spesso gli animali, che incontrano, il primo ec- citatovi da un furore cieco, l’altra dal timore, che le vengano rapiti i figli. La femmina, al dire di Gi libert, dopo undici mesi di gravidanza partorisce d’or= 665 dinario un sol figlio. Se ne mangia la carne, la pelle essendo il doppio più grossa di quella del bue comune, può essere convertita in un eccellente cuojo. Non vi ha motivo di credere, che il pelo lungo non possa servire a far panni; le unghie, e le corna sì cercano per quel me- desimo fine, onde sono raccolte codeste parti del bue co- mune. Vien preso co’ lacci, o dentro fosse scavate profon= damente , e ricoperte di fresca erba, affinchè non se ne accorga, e non le eviti. Volendolo morto, si usano con: tro di esso i fucili, le lance ec. Sp. 6. Bue comune, Bos taurus . Bos taurus domesticus Lin. Gm. Le Boeuf domestique frane. The common 0% ingl. Der zahme Ochse ted. Testa non molto bislunga; muso notabilmente largo; fronte piana, più lunga, che larga; corna rotondate, varie per la grandezza, e per la curva- tura, talvolta nulle; giogaja per lo più grande; spalle rare volte gobbe, e notabilmente più alte del groppone; questo pure grosso; estremità me- diocremente alte; coda in proporzione più lunga di quella delle specie precedenti, quasi sempre fioccosa all’ apice; pelo corto, eccettuato quello del detto fiocco; colore vario. Shaw Gen. Zool. tom. 2. p. 2. pl. 208. A E originario dell’antico continente, donde fu dagli europei condotto nel nuovo. Non si sa con certezza , che ora esista libero in veruna parte del la terra, 666 Sonvi non pochi zoologisti, i quali credono, che il bue comune derivi dall’uro, quindi li riuniscono am mendue nella stessa specie. Il Sig. G. Cuvier appoggiato a buone ragioni è di contrario avviso. Oltre le differenze, che sono state indicate nel dare i caratteri specifici di questi due buoi, ve n° hanno altre di non lieve momento. Imperocchè il bue comune ha le corna situate alle estre- mità della cresta trasversale del cranio, mentre questa nell’ uro è al di là delle corna. In oltre il bue comune ha 13 paja dì coste, e l’uro ne ha 14 paja. Si aggiune ga, che il primo è sempre assai più piccolo dell’altro quantunque viva in mandre quasì libere in que’ medesi- mi paesi, ove trovasi l’uro. Laonde nè dalle fatiche del- l'agricoltura, nè dalla differenza del nutrimento, nè a verun’ altra sutficiente causa si può attribuire la supposta degenerazione. Molte, e grandi differenze si osservano ne’ buoi comuni. Alcuni di essi, a cagion d’esempioy hanno le corna assai grandi, ed assai grosse; ed altri ne Danno appena un vestigio. La direzione poi delle mede- sime è non dì rado notabilmente varia in quelli pure del- Ja stessa razza. Nè la guaina cornea è sempre corrispon- dente alla prominenza ossea sottoposta. Imperocchè è que= sta talvolta ridotta ad un piccolo tubercolo, cui ricopre una guaina ben grande, attaccata soltanto alla pelle, e moventesi in un con essa, ed in qualche caso giù pen- dente. Questo fatto attestato già da Aristotile di certi buoi della Frigia, e da Eliano di alcuni buoi eritrei, è confermato da moderne osservazioni fatte ne’ buoi co+ muni, e domestici dell’India, e dell’ America. Il dorso pure ci presenta in questa specie altre rimarchevolissime 667 differenze. Il bue comune vivente nell’ Asia, e chiamato Zebu, ha d'ordinario una gobba pinguedinosa sulle spal- le, talvolta ne ha una seconda nel mezzo del dorso. Tac= cio delle grandi differenze, che si osservano nel colore del pelo, e nella mole del corpo di questo bue, il quale è ta- lora sì piccolo, sebbene adulto, da non pesar più di du- gento libbre. Sovente il bue comune domestico lambesi questa, o quella parte del corpo, e colla lingua coper= ta di uncinetti più, o meno duri, e ricurvi all’indie- tro, stacca il pelo, che poscia inghiottisce. Disceso que= sto nel rumine si aduna in una, 0 più palle rivestite da una crosta bruna, d’ordinario liscia, e rilucente. Sì fat- te palle dette da alcuni impropriamente egagropili, ren- dono necessariamente meno spedita la funzione del rumi- nare, e per ciò stesso sono in qualche modo nocive al bue comune. Non vi ha poi chi ignori quali siano le maniere di vivere di questo ruminante, e quanto grandi vantaggi arrecchi esso all'uomo. Il perchè reputo inutile il discorrerne (1). VAT ——_—_—_— e. iene >| (1) Le ossa fossili di bue trovate in varie parti d° Eu- ropa , d’ Asia, e di America hanno molta somiglianza con quelle delle specie viventi. Alcune sembran del bue comune, altre dell’uro, altre del bue muschiato. I cranii fossili appartenuti già ad animali di questo ge= nere, che sì frequentemente si disotterrano nella Sibe= ria poco differiscono da quelli di certi grandi bufalî salvatici dell India denominati Arni, 668 ORDINE OTTAVO DE'CETACEL Il cetacei si distinguono facilmente da tutti gli altri mammiferi per la mancanza delle estremità posteriori. Jl cervello vario per la grandezza ha gli emisferi assai svl- luppati. I minuti occhi sono conforma- ti in tal guisa, che possono scorgere gli oggetti anche a traverso dell’acqua. In va- no ne’ cetacei si cercano le orecchiette, vi ha bensì un meato uditivo esterno , ed in- ternamente vi sono tutte quelle parti, ché costituiscono essenzialmente l’orsano dell’udi- to degli altri mammiferi. L’osso pietroso, che le contiene è attaccato al rimanente del cranio soltanto per mezzo di legamenti. Attesa la somma brevità delle vertebre cer- vicali, le quali non di rado sono saldate insieme, il collo dei cetacei è assai corto, e capace di movimenti poco variati. Nei la- ti del petto attaccate sono le estremità an- teriori, internamente formate da quasi tutte le ossa, che si trovano in quelle degli altri mammiferi. Tali ossa sono corte, ed assai depresse, ed involte da’ muscoli, da’ tendini, e dagl’integumenti per guisa, che ordina- 669 riamente di esse non sì scorga alcun esterio- re indizio, e le dette estremità sembri- no piuttosto alette, o pinne simili a quelle de’ pesci, anzichè braccia, o gambe ante- riori. Il tronco ha la figura di cono più, o meno lungo, e finisce con una parte ri- stretta, alla quale è attaccata una specie di natatoja depressa, ed orizzontale, e non altrimenti compressa, e verticale qual’ è la pinna della coda de’ pesci. Nell’ introduzio- ne generale dissi già, che Aristotile conob- be le differenze essenziali, che vi hanno fra i cetacei ed i pesci; che Linneo per qualche tempo da’ pesci non li disgiunse, e che po- scia ne formò un ordine a parte, e lo mise nella classe de’ mammiferi. Il Sig. G. Cuvier ha maggiormente esteso un tal ordine, dan- do in esso luogo ad alcuni generi, che Lin- neo aveva confuso coi trichechi, e mostran- doli affini ai cetacei linneani, sì per la man- canza delle estremità posteriori, come pure per altri caratteri molto rilevanti. Seguendo le tracce di questo sommo zoologista divido il presente ordine in due famiglie. 70 FAMIGLIA PRIMA Dx° Ceracer ERBIVORI. 1a. o di più sorte, o se di una sola non semplicemente conici; fori esterni delle narici non aventi l’uflicio di lasciare uscire l’acqua entrata in bocca in un colcibo; setole lunghe attorno alla bocca; sovente ancora pelo sparso nel corpo; 2 ‘poppe nel petto. La testa di questi cetacei non è mai molto grande; il muso è sempre ottuso, e breve. Le estremità ante- riori sono compresse, ma non molto, e possono servire per tenere stretto al petto un qualche corpo, a cagion d’ esem- pio, le madri possono portare con esse i figli lattanti; la coda non è molto grande, però robusta. Non solamente muotano con agilità, ma possono eziandio sollevare la parte anteriore del corpo, si, che formi colla posteriore un angolo non molto ottuso. Non vengono mai a terra, per lo più costeggiano le rive del mare, alcuni entrano ne’ grandi fiumi; mangiano le piante, che crescono in vi- cinanza delle rive. Sotto la cute hanno un abbondante grasso; buono è il sapore della carne de’ giovani. Proba- bilissimamente appartengono alla presente famiglia i così detti uomini, e le così dette donne marine, non che le sirene di certi viaggiatori, i quali è a credere, che non abbiano veduto codesti animali, che da lungi , e siano sta= ti ingannati dalla situazione delle poppe, e dalla posizio= ne quasi eretta, in cui allora si trovasse la parte anteriore 67? del corpo. Ebbero poi senza dubbio grave torto que’ siste= matori, i quali misero codesti cetacei nel genere tricheco manifestamente fornito delle estremità posteriori. I mo= derniì zoologisti quasi tutti d’ accordo ne distinguono tre diversi generi. Furono questi da Illiger insiem riuniti in una famiglia detta delle sirene, ed appartenente all’ ordine de’ nuotanti ratantia , in un con altra famiglia detta de’ cetacei, cete. Blainville li mise da prima fra gli ungologradi, indi fra i gravigradi dopo gli elefanti. Il Sig. G. Cuvier con tutta ragione li reputò, come ho det- to di sopra, meritevoli di aver luogo in quel medesimo ordine, che racchiude i cetacei di Linneo, e di formare da se soli la presente famiglia. Gen. 1. Manato, Manatus (1) Cuv. Testa piccola, conica; muso largo; occhi pic- coli, situati in alto fra l’ estremità del muso, ed i fori uditivi; questi appena visibili; apertura della bocca assai piccola; ne’ feti incisivi % piccoli, ca- duchi, negli adulti niun incisivo; niun canino; mo- lari {} a corona quadrilatera , con due colline tra- (1) Gli eruditi naturalisti non sono fra loro d’accor- do intorno all’ origine di questo nome. Chi pretende che sia stato preso dalla lingua dî questa, o di quella tribù d’ uomini salvatici d’ una, o d’ altra parte dell A- merica; chi lo vuole d’ origine spagnuola, derivato civè dal vocabolo spagnuolo mano, che significa nor solamente la mano, ma tutto il braccio ancora . 672 sversali nel piano triturante; collo grosso, non di: stinto dal tronco; questo anteriormente assai vo- luminoso; estremità corte; unghie depresse, e pic- colissime in tutte le dita, eccettuato però il polli. ce; coda larga, non molto depressa. Nelle estremità de’ manati si scorgono esterni indizj delle dita, le quali godono di qualche libertà. Ogni col- lina trasversale de’ molari ha due, o tre punte ottuse, che in seguito si logorano . L° osso pietroso è separato dalle altre ossa del cranio, inserito però in una corrispondente cavità dell’osso temporale. Il collo di questi cetacei non ha che sei vertebre brevissime ; sedici sono le coste, e le vertebre dorsali; due sono le vertebre lombari; ventidue quelle della coda. Non vi ha alcun vestigio di pelo. Oltre l’omoplata, l’ omero, il cubito, il raggio nelle estremità trovansi gli ossetti del carpo , eccettuato il solo pisiforme, vi sono pure tutti quelli del metacar= po; non vi hanno le falangi del pollice , e 1° ossetto corrispondente del metacarpo finisce con una punta; ogni altro dito ha tre falangi. Lo stomaco è diviso in più ca- vità; il cieco ha due rami, ed il colon è qua, e là ri- gonfio. Vivono i manati in famiglie numerose, e pacifi- che in vicinanza delle rive o del mare, o de’ grandi fiu- mi, ne’ quali entrano talvolta. Nutronsi di fuchi, e di altre piante acquatiche. Dalla carne di essi, e dal grasso ritraggono alcuni popoli, e mon di rado ancora i navi- ganti il necessario nutrimento. Dicesi, che il latte ab= bia un sapore simile a quello del latte di pecora. . 6753 Sp. Manato americano, Manatus americanus Desm. Trichecus Manatus Lin. Le Lamantin d’ Amérique, le boeuf, la vache marine franc. The guiana Trichecus ingl. Der Ma- nati der Sidlichen Meere ted. Pelle grigia, rugosa, senza pieghe; poco pelo nelle estremità , e nella coda, quasi niuno nel ri- manente del corpo. N. Dict. d’Hist. Nat. tom. 18, pag. 213. pl. 69. fig. 4. Abita sulle coste d° America, entra nel fiume Orenoco, in quello delle Amazzoni ec. Ha un abbondante grasso; talvolta è lungo 20 piedi, e pesa 8000 libbre. La carne de’ giovani è di buon sapore. Non fugge altrimenti I’ uomo. Dicesi, che talvolta addi- venga quasi domestico, e che accorra chiamato, e prenda il cibo dalle mani. Il lapis imanati un tempo tanto ri- cercato per la cura delle malattie delle vie urinarie, non x è che l’osso pietroso della presente specie (1) (2). (1) Sulla costa occidentale d° Africa, all’ imboccatu- ra de’ fiumi rinviensi un manato, che ha la testa più corta di quello d° America , ma più alta; le fosse na- sali, e le temporali più larghe, e più corte ec. Per questi, ed altri simili caratteri il Sig. G. Cuvier lo crede di una specie distinta da lui chiamata manatus senegalensis, La pelle di questo manato è di colore cinericio-nerastro . (2) In diverse parti della Francia sono state disot- terrate ossa fossili di manati, a quel che pare, diversì dai viventi. Vedi Cuv. Ossem. fossil, tom. 4. part. 9. pag» 31-37. 674 Gen. 2. Alicore, Halicore (1) Illig. Testa mediocre ; muso grosso, ottuso; occhi mediocremente grandi; incisivi superiori 2 non ca- duchi, conici, compressi, non curvi, ben lunghi, coperti però in gran parte dalle labbra, e dai mu- stacchi, qualora la bocca sia chiusa; niun incisivo inferiore negli adulti, (forse 2 piccoli, e caduchi ne’ giovani ), molari 5-$, ognun d°’ essi come com- posto di due coni da un lato insiem riuniti; gli altri caratteri, a quel che pare, comuni a questo genere, ed al precedente, eccetto che la coda è in proporzione più lunga. Lacépéde stabilì questo genere, e lo chiamò Dugong ; lo ammise Tiedemann, e lo disse Dugungus . Nè I’ uno, nè l’altro nome piacque ad Illiger, il quale vi sostituì quello, che io ho adottato. In fuori de’ caratteri presi da’ denti, gli altri non sono stati fino ad ora determinati colla dovuta precisione. Le maniere di vivere non sem= brano diverse da quella de’ manati. Sp. unica. Alicore Dugone, Halicore Dugong. Trichecus Dugong Liu. Gmel. Dugong indicus Lacép. Dugungus indicus Tied. Le Dugong franc. The indian Walrus ingl. Der indische Dugong ted. Occhi cerulei; corpo parimente ceruleo nel dor- so, biancastro nel ventre; coda a mezza luna. (1) Da &Xnds, 4, èv -— marino e da x6py — gio« vinetta, figlia. 675 Renard. Poissons des Indes pl. 34. fig. 180. Abita sulle coste delle Isole Filippine ec. Molti viaggiatori hanno confusa co’ manati la presen- te specie, della quale poco si sa di certo. Secondo alcuni il maschio è più grande della femmina, e la carne di essa nel sapore somiglia quella di vitello. Gen. 3. Ritina, Rythina (1) Illiger. Testa piccola, bislunga, quasi quadrilatera, vertice piano, setto delle narici grosso; fori delle medesime ben grandi; occhi piccolissimi , ugual« mente distanti dall’ estremità del muso, e da’ fori uditivi esterni; questi assal piccoli; labbra doppie, cioè ogni labbro diviso, mediante un solco trasver- sale, in due parti, l’una ioterna, l’ altra esterna, ed oltremodo tumida, e porosa; canini, ed incisivi nulli; molari $ composti, attaccati semplicemente alle parti molli, nè inseriti negli alveoli; estre- mità senza falangi delle dita, e senz’ unghie; co- da grossa, robusta, rigida, che finisce con una sor- ta di pinna larga, e corta. - Dell’accurata descrizione dell’unica specie di questo genere, che ha dato Steller (2) ho estratto i caratteri, che mi sono sembrati generici. Non vi sono, che 6 ver- tebre nel collo. I molari hanno nella superficie inferiore 45 (1) Da furie — ruga, grinza della pelle. (2) Nov. Comment. Accad. Petrop. tom, 2. pag. 294- e seg» 676 moltissimi fori, me’ quali s' insinuano i vasi, ed i nervi; la superficie triturante di questi denti ha var) canali an- golosi, e tortuosi; lo stomaco è semplice , il cieco è assai grande. Sonvi due ossetti innominati, e per ciò un vesti- gio di pelvi. Il nutrimento consiste in fuchi marini. Il genere presente è detto Stellera dal Sig. G. Cuvier. Sp. unica. Ritina di Steller; Rytina Stelleri . Trichecus borealis Lin. Gmel. Le lamantin de Kamtschatka franc. The Sea- Ape Manati ingl. Der Manati der Nòrdlichen Meere ted. Pelle nera, scabra, rugosa, screpolata; seto- le dure ne’ monconi delle braccia; parte estrema della coda falcata. Abita nelle parti settentrionali del mar pacifico . Gli occhi hanno l’iride nera; le setole de’ mustacchi sono bianche, e grosse quanto una penna di piccione; la lingua è puntuta nell’ estremità. La pelle è composta di quasi innumerevoli tubetti verticali, ed è tanto dura, e tenace, che a stento sì taglia con un’ accetta. Dalle spalle sino al bellico il tronco è assai grosso; si ristringe tutt’ a un tratto dopo il bellico verso la coda; l'estremità di questa è larga sei piedi, e mezzo, lunga pollici sette, e mezzo. Lo stomaco è lungo 6 piedi, e largo 5. Ama di stare ne’ siti fangosi, ed arenosi là,ove ì torrenti sbocca- no in mare; Steller lo crede monogamo. Vive in fami- glie composte d’ un maschio, e d’ una femmina adulti, e de’ figli ancor piccoli; in primavera si uniscono i ma- schi alle femmine, queste partoriscono un figlio solo dopo 677 la gravidanza di 12-13 mesi. E° mite, ed offeso non sì difende, ma fugge. Ferito un individuo, accorrono gli altri. Presa, ed uccisa la femmina il maschio rimane per più giorni in vicinanza del lido, ove trovasi il cadavere della sua compagna. La carne è buona; il grasso è abbon= dante, e di molta utilità a que’ di Kamtschatka; colla pelle fabbricano alcuni popoli settentrionali le loro bar= chette. FAMIGLIA SECONDA De CerACEI CARNIVORI. dl. o nulli, ovvero di una sola sorta, © semplicemente conici; narici dirette all’ alto, ed aventi l’ ufficio di mandar fuori l’acqua soverchia entrata in bocca in un col cibo; niun pelo, e niu- na setola in tutto il corpo; 2 poppe ventrali. I cetacei, di cui ora trattiamo si allontanano dai mammiferi quadrupedi anche più di quelli della preceden te famiglia. Alcuni di essi sono affatto sprovveduti di den- ti, ed in vece hanno molte lamine cornee attaccate alla gengiva della mascella superiore, altri non hanno denti , che in una sola mascella, altri in ammendue. La figura poi, e talvolta ancora la direzione di tali denti, ben mo- stra, che non sono essi destinati a masticare il cibo. En- tra questo nella bocca insiem con una quantità di acqua , la quale se tutta fosse da’cetacei carnivori inghiottita , SO gli 678 sarebbe senza dubbìo a’ medesimi cagione di grave nocu= mento. Nè già per mezzo della bocca stessa poteva essere mandata fuori, senza che gli animali, di cui si ba a nu- trire il cetaceo, ne uscissero essi pure. Ira quindi ne- ‘cessario, che per li fori delle narici la detta acqua ve- risse espulsa. Quindi una particolare disposizione del velo palatino obbliga 1’ acqua ad entrare in un sacco situa to all’ orificio esterno della cavità nasale, e per la con- trazione di validissimi muscoli, che ristringono la capa cità di detto sacco, ad ascendere ne’ canali anzidetti, e ad uscir fuori con molto impeto, ed a formare uno, o due getti ben alti, secondo, che i due canali, o si riu- niscono in un solo verso l’estremità , o rimangono costan- temente distinti. I cetacei, di cui parliamo respirando al pari di tutti gli altri mammiferi l’aria libera, nè poten- do sospendere per lungo tempo questa funzione, hanno bisogno di un mezzo facile di respirare, quand’anche la bocca loro sia immersa nell'acqua. Quindi la laringe è situata dentro le stesse narici, e li tubi anzidetti sono le strade, per le quali ordinariamente viene introdotta l’ a- ria, che indi va al polmone. Le estremità anteriori, o sia le pinne pettorali de’ cetacei carnivori sono quasi sempre affatto inette a stringere al petto un qualsiasi cor- po, e sono sprovvedute di unghie, e compresse, e con- formate in guisa, da avere moltissima somiglianza colle pinne, o sia alette de’ pesci. Allorquando però se ne esa- mina l’interna struttura, vi si trovano le ossa corrispon= denti a quelle delle estremità anteriori de’ mammiferi qua- drupedi, non escluse le falangi, le quali sogliono anzi esservi in un mumero maggiore dell’ ordinario. Delle estre- 679 mità posteriori rimane un qualche vestigio in due ossicini immersi nelle carni Jà dove comincia la coda. Ha questa una pinna larga, e molto depressa, fornita dì robusti mu- scoli, e capace di essere sollevata, ed abbassata con molta forza. La superficie esterna degli. occhi è depressa, la sclerotica è dura , ed assai grossa. I fori uditivi sono pie= coli, e l'osso pietroso è separato dalle altre parti del cra= nio, immerso nelle carni, e come sospeso mercè di lega- menti. L’olfatto credesi generalmente in questi cetaceî assai debole sì per la tenuità del nervo olfattorio, come ancora per l’ uso, che hanno le narici di espellere l’ acqua entrata nella bocca. La lingua suol essere piccola, spu- gnosa, e quasi affatto senza papille, ed assai poco mo= bile. La cute molto grossa, e sovrapposta ad un ab= bondante lardo, non può credersi dotata di un tatto dili- cato. Questi cetacei , vivono, generalmente parlando, nel mare ; si nutrono di animali d’una, o d’ altra classe; lo stomaco di essi ha d’ordinario più cavità, e gl’ intestini sono assai lunghi. Alla presente famiglia appartengono i mammiferi più grandi, che si conoscano, al cui confronto è l’uomo piccolissimo. Pur tuttavia osò egli già da gran tempo di muovere a’ medesimi una sanguinosissima guerra , nè cessò mai dal farne orrenda strage, inseguendoli fra i ghiacci polari, ove fuggendo quest’ implacabile loro nemi- co, sono stati essi costretti di cercare un qualche asilo. Il Sig. Lacépéde divise codesti cetacei in due ordini, desu- mendone i caratteri dalla presenza, o mancanza totale di denti. Il Sig. G. Cuvier propone di separarli in due tribù: nella prima annovera egli que’ generi, ne’ quali la festa ha la proporzione ordinaria col rimanente del corpo , la 680 seconda comprende i generì, ne’ quali la testa è di ecces=. siva grandezza. Una tale divisione mi sembra più dell’ al- tra conforme all’ indole, e natura degli animali, di cui trattiamo, e per ciò le dò la preferenza, e divido io pure la presente famiglia in due' sezioni, o tribù, che vogliano chiamarsi. Sez. 1. Testa, che ha con tutto il corpo la pro» porzione ordinaria. Gen. 1. Delfino, De/phinus (1) Lin. Forma della testa molto varia ; un solo foro esterno delle narici, fatto a mezza luna , e situato nel vertice; per lo più in ambe le mascelle denti conici, piantati verticalmente, ed in numero mag- giore, o minore; rare volte o luna, o l’altra ma- scella, ed in pochissimi casi, se pure si danno, tutte due affatto senza denti; tronco assai bislun- go; pinna della coda larga , biforcuta. Non solamente per mezzo de’ testè indicati caratteri i delfini si distinguono dagli altri cetacei carnivori, ma ne differiscono pure per le maniere di vivere. Sono essi agi- lissimi sì per nuotare, come anche per far salti talora considerevoli; stanno ordinariamente in alto mare, nè si accostano alle rive, che qualora ve li sospingano le bur- rasche, ovvero siano d’amore caldi, e furibondi; in tor- me numerose vanno vagando or quà, or là, ed inseguono t (1) Da ScADic, 0 deA®fy nome usato dagli antichi scrittori greci per indicare il delfino comune . 68: i pesci, de’ quali divorano grandissimo numero. Alcune | specie sembrano dotate di qualche intelligenza, e capaci di essere sino ad un certo segno educate dall’ uomo, e di affezionarglisi. Lacépéde (1) ne ha formato quattro generi distinti, che Illiger ridusse a tre soli. St Gerardin (2) per l'opposto col nome generico di cachalot (cetus) volle in- dicare non solamente i delfini, ma eziandio gli altri cetacei carnivori forniti di denti; li divise poscia in otto fa- miglie corrispondenti esattamente ad altrettanti generi sta- biliti da Lacépéde. G. Cuvier, Blainville, Desmarets pensano, che si debba lasciare intatto il genere linnea- no; lo dividono però in otto sotto-generi. Cuvier nel far ciò segue quasi sempre le tracce di Lacépéde, Blainville prendendo in considerazione le differenze principali, che ci presentano le varie specie di questo genere, con molta sagacità ne fa una divisione in parte nuova, ed a parer mio assai migliore di tutte le altre, Il perchè io 1’ adot- to, senza però dare ai varii gruppi il titolo di sotto-ge- neri, e senza far uso de’ nomi imposti a’ medesimi da Blainville , perchè non mi sembra necessario 1’ aggiugnere il peso di ritenere questi nomi alla memoria degli studiosi già quasi oppressa dall’ eccessivo numero de’ nomi delle classi, degli ordini, delle famiglie, de’ generi, e delle specie, (1) Hist. Nat. des Cétacés d Paris an. XII. in 4 È (2) Diet, des Scienc, naturélles articolo Cachalot. 682 * Muso prolungato in una specie di rostro mol- to sottile, e molto lungo, non separato dalla fron- te per mezzo di un solco; parte posteriore delle mascelle assai ristretta; molti denti in ammendue; una sola pinna dorsale, ovvero una sola piega lon- gitudinale della pelle del dorso, appena elevata; e situata un po indietro. Sp. 1. Delfino di Geoffroy, De/phinus Geoffren- sis Blainv. Le Dauphin de Geoffroy franc. Fronte assai convessa, mascelle di ugual lun- ghezza, ottuse all’ apice; denti 33 conici, ottusi, equidistanti, a superficie rugosa; angoli dell’ aper- tura delle narici rivolti verso la coda ; tronco quasi cilindrico ; soltanto una piega longitudinale nella parte posteriore del dorso; pinne pettorali assai grandi; colore grigio nelle parti superiori, bianco nelle inferiori. Abita probabilmente nel mare del Brasile. I denti dell’ estremità delle mascelle sono più piccoli degli altri; gli occhi non distano molto dalla unione delle Jabbra, e vi stanno sopra; le pinne pettorali sono molto fra loro vicine. Sp. 2. Delfino coronato, De/phinus coronatus Blainv. Le Dauphin couronné franc. Fronte convessa; mascelle aguzze all’ apice, l’inferiore più lunga della superiore; denti #3 pic- coli, conici, aguzzi; una pinna falcata, piccola sul dorso; pinne pettorali mediocri, quella della coda fatta a mezza luna; colore tutto nero, eccet» 683 to che sulla fronte vi sono 2 cerchj gialli, e con- centrici. N. Bulletin de la Société Philom. tom. 3. pl. 1. fig. 2. Abita nel mare glaciale . Non ditfida dell’ uomo, e va in torme numerose; tale è l’impeto con cui caccia fuori l’acqua per l’unico ester= no foro delle narici, che la parte superiore del getto somiglia ad un vapore, che non s’innalza più dì dieci piedi ; nuota descrivendo archi di cerchio; è lungo 30-36 piedi . #** Muso prolungato in una specie di becco , e mediocremente lungo, largo alla base, e rotondato all’ estremità ,, separato dalla fronte mediante un solco; mascelle più larghe nella parte posteriore, che nell’ anteriore; molti denti distribuiti in tatta la lunghezza delle mascelle; una sola natatoja dor- sale. Sp. 3. Delfino volgare, De/phinus Delphis Lin. Le Dauphin ordinaire frane. The Dolphin ingl. Der gemeine Delphin ted, Testa conica; muso bislungo, e depresso come il becco di un’oca; occhi situati quasi nella stessa linea della bocca; fronte non rigonfia ; mascelle di ugual lunghezza; denti conici, un po ricurvi, sot- tili, puntuti; tronco conico , ben proporzionato ; pin- ne pettorali mediocri, ovali, attaccate nella parte inferiore del petto; pinna dorsale piccola, un po” ricurva, non molto aguzza all’ estremità ; pinna del- la coda assai larga, falcata, ripiegata ne’ lati al- l’in su; colore nero nelle parti superiori, biancg nelle inferiori, x 684 Geoffe. et F. Cuv. Mammif, livre. 15. pl. 6. Lacépéde Cétac. pl. 13. fig. 1. Abita quasi in tutti i mari; entra talvolta an- che ne’ fiumi. Grandicelle sono le palpebre ; la pupilla è cordiforme ; Ji due angoli dell'apertura lunata delle narici sono rivol- ti verso il muso; le parti interne dell’organo dell’ udito sono assai sviluppate, la lingua è intagliata nell’orlo, ed ha alquanti fori alla base; il numero de’ denti è assai va= rio, talora ve n° hanno 32 in ogni mascella, talora poco più, poco meno di 100; il cervello è assai grande; il diametro del medesimo sta a quello della midolla allunga- ta come 182:14; il collo è brevissimo , avente 7 vertebre assai corte; le vertebre dorsali sono 13, tutte le altre pre- se insieme ordinariamente 53, talvolta 63; la pinna dor- sale racchiude nella sua base alcuni ossicini corrisponden- ti alle sottoposte vertebre. Va in amore in autunno; la gravidanza dura, secondo Aristotile, dieci mesi ; in ogni parto nasce ordinariamente un sol figlio, rare volte due. La madre lo allatta, mettendosi di fianco, e sollevando la parte posteriore del corpo. Cresce prontamente. Vive in torme numerose; gl’individui, che le compongono danno non equivoci segni di amarsi scambievolmente; giacchè si soccorrono gli uni gli altri, e mostransi dolenti, allor= chè ad un d’essìi accada qualche infortunio, Ciò sì av- vera in ispecial modo de’ maschi adulti verso le loro femmine, e delle madri verso i loro figli ancor teneri. Sembra certo, che sia capace di essere educato dall’ uo- mo, di divenire quasi domestico, e di mudrire molto at» 685 taccamento per chi lo benefica. Allorquando sia imminen= te una burrasca sogliono essere questi delfini in gran mo- vimento. Se ne mangia la lingua, che dicesi di buon sapo- re; la carne è dura, e difficile da digerire; sì tien conto del grasso, o sia olio, di cui abbondano. La lunghezza totale è di 8-10 piedi. Sp. 4. Delfino Soffiatore, Delphinus Tursio Bon- naterre. ù Le Souffleur frane. Testa più rigonfia di quella della specie prece- dente; rostro più ristretto, meno depresso, ed in proporzione più breve; mascella inferiore alquanto più lunga della superiore; denti 3 #3, diritti, quasi cilindrici, ed ottusi all'apice; pinne petto= rali ristrette, un po’ incavate nell’orlo posteriore , fra loro assai vicine; pinna dorsale piccola, e co- me ricurva all’indietro; pinna caudale di mediocre grandezza, fatta a mezza luna; colore nerastro nelle parti superiori, bianco nelle inferiori. Lacépéde Getac. pl. 15. fig. 2. Abita nell'oceano, e nel mediterraneo. AI di là della pinna dorsale incomincia una carena longitudinale, che continua sino alla coda. La lunghezza totale è talvolta di 15 piedi, e più. Giusta il parere di Desmarets alla presente specie appartengono il Delphinus orca di Rondelezio, e l’orque di Duhamel. Diversa però n'è l’orca di Artedi, De/phinus orca di Linneo; giac- chè questa ha i denti larghi, e dentellati negli orli. Nè tampoco è a credersi, che della specie, di cui ora trattiamo sia l’ orca di Lacépéde, e quella di Ottone Fabricio, le quali 686 mon hanno altrimenti il’ muso rostrato. Gli antichi scrità tori (1) parlando di un animale marino da essì detto orca, non ne indicano tali caratteri da rimanere fondata spe- ranza di potere con certezza determinarne la specie. Quel solo, che si può credere è, che l’orca degli antichi fosse uno di que’ delfini, i quali hanno il muso prolungato in una sorta di rostro; e di ciò fanno testimonianza le me- daglie di Claudio, per comando del quale fu nccisa un’ or- ea assai grande, e terribile in vicinanza del porto d’ Ostia, che lo stesso imperatore faceva allora costruire (2). #** Due pinne dorsali. Sp. 5. Delfino di Mongitore, De/phinus Mons gitori. Oxypterus mongitori Raffinesque. Le Dauphin de Mongitore franc. Il Sig. Raffinesque nell’operetta intitolata: Précis des découvertes, et travaux somiologiques. Palerme 1814. annunziò di avere stabilito un nuovo genere di cetacei (1) Beckmann nella operetta intitolata: De Historia naturali veterum. Petropoli, et Gottingae 1766. pag. 41.42. con buone ragioni si oppone a quelli, che opinano, l’ or- ca essere stata tutt’ altro, che un delfino; ma troppo facilmente s° induce a credere, che fosse quella specie di tal genere y cui Linneo chiamò orca. (2) Vedi Petri Artedi synonimia piscium graeca, et latina emendata , aucta etc. a Joh, Gottl. Schneider, Li. psiae 1784. pag. 154. , 639 denominato oxypterus, nel quale sonvi due pinne dorsa- lis promise di trattare in seguito estesamente di un tal genere, e di descrivere l’ unica specie a lui nota : nell’o- pera intitolata: Analyse de la nature. Palerme 1815., il detto genere è ascritto alla famiglia de’ delfini, senza però indicarne verun carattere. **** Muso corto, uniformemente rigonfic, e che non finisce altrimenti in una specie di rostro; molti denti in ambe le mascelle; una pinna dor- sale. Sp. 6. Delfino Focena, De/phinus Phocaena Liu. Le Marsouin franc. The Porpesse ingl. Der stumpfschmauzige Delphin ted. Testa grossa, rotondata in ogni sua parte; mu- so conico, ottuso; occhi vicini agli angoli della bocca; denti compressi, taglienti, ottusi all’apice; tronco regolarmente conico; pinne pettorali piccole; pinna dorsale triangolare, anch’ essa piccola; pin- na caudale divisa in due lobi mediocremente gran- di; colore bruno di lavagna nel dorso, bianco nel ventre. Lacép. Cétac. pl. 13. fig. 2. Abita in tutti i mari d’ Europa. Ha gli occhi neri; al di là della natatoja dorsale co mincia una carena, la quale continua sino alla pinna della coda. D’ordinario sta in alto mare, e soltanto si appressa alle rive, allorchè è imminente la tempesta; nuota tenendo il corpo curvo in guisa, che il dorso sia sopra l’acqua, la testa, e la coda sotto. Mangia aringhe, ed altri piccoli pesci. Gli amori accadono in agosto; la 688 gravidanza dura dieci mesi; in ogni parto nasce un figliò solo, e rare volte due. La carne è di cattivo sapore; la man- giano però i groenlandesi, i morvegiani ec., che la cre- dono molto nutritiva, ed.innocua. Per averne il grasso abbondante, si fa la guerra a questo delfino dagli abitanti delle coste de’ mari, ove se ne trovano branchi numerosi, ***#** Testa ottusa; muso non prolungato a foggia di rostro; denti in mediocre numero; niuna pinna dorsale (1). Sp. 7. Delfino Beluga, De/phinus Beluga. Delphinus albicans Fabr. Delphinus leucas Lin. Gmel, Delphinapterus Beluga Lacép. Le Beluga, 1° Epaulard blanc franc, The Belu- ga ingl.Der Beluga Delphin ted, Testa anteriormente conica, ottusa, declive; apertura della bocca piccola; denti 4è inclinati obliquamente, l’ inferiori all’indietro, i superiori all’innanzi; gli occhi situati alquanto in alto; piune pettorali quasi ovate; nel mezzo del dorso in vece della pinna una piccola eminenza angolo- sa; pinna della coda con due lobi rotondati; colo- re della pelle bianco- “giallastro, con pegchie bru- ne, o olivastre ne’ giovani, ' Shaw Gen. Zool. tom. 2. p. 2. pl. 252. fig. 1 Abita ne’ mari del Nord. (1) I delfini di questo gruppo appartengono al vi nere delphinapterus di Lacepéde . 689 I denti anteriori, al dire di Fabricio, (1) sono più piccoli de’ posteriori, tutti coll’ apice ottuso, e molto di- stanti fra loro, i superiori un po’ ricurvi; gli occhi hanno un bel colore cerulescente; la lingua è larga, e lunga quanto la mascella inferiore, ed attaccata alla medesima. La cute è grossa un pollice, il lardo sottoposto tre volte più; piccolissime sono le poppe della femmina: partorisce questa un sol figlio in primavera. Mangia mi- nuti pesci; va in branchi composti di adulti, e di piccoli; addiviene lungo 18 piedi. Alcune volte si mostra quasi fa miliare coll’ uomo, e segue d’ appresso le navi. Sp. 8. Delfino Urgananto, De/phinus Urga- nantus. Epiodon Urganantus Raffinesque. Muso rotondato; mascella superiore un po’ più lunga dell’inferiore; molti denti fra loro uguali, ottusi nella mascella superiore; niuno nell’inferio- re; tronco ristretto notabilmente nella parte po- steriore; niuna pinna dorsale. Abita nel mar di Sicilia. Raffinesque ( Précis des decouvertes etc. p. 13.) indicò appena questa specie, la quale venne da lui giudicata ap- partenente ad un nuovo genere, cui impose egli il nome di epiodon; promise in oltre di darne in seguito una com- piuta descrizione, che non è stata, ch’io sappia, fino ad ora pubblicata. _———————————_———__————————————_—_++_+—+—-m-——_—__—___ me ® (1) Fauna Groenlandica pag. 50. 690 ****** Denti soltanto in una delle mascelle; quasi sempre in piccol numero; al dire di alcuni scrittori, in qualche specie niun dente; mascella inferiore d’ordinario più grande della superiore. Sp. 9. Delfino a due denti, De/phinus biden- tatus Hunter. Delphinus Diodon Lacép. Le Dauphin a deux dents franc. The bident Dolphin ingl. Der Delphin mit 2 Zihnen ted. Muso a foggia di rostro verso l’apice; fronte convessa; due denti aguzzi situati vicino all’ estre- mità della mascella inferiore; pinne pettorali assal piccole , ovali; pinna dorsale vicina alla coda, ova- le, puntuta, ed inclinata all’ indietro; pinna della coda a due lobi incavati; colore bruno nelle parti superiori, biancastro nelle inferiori. Trans. Philosoph. 1787. pl. 19. Schreh. Saugth. taf. 341, Abita ne’ mari, che bagnano le coste inglesi. Dicesi lungo 20 piedi. Hunter dalla grandezza di un teschio da lui esaminato, e descritto dedusse, che Questa delfino è talvolta lungo 50 piedi circa (1) (2). (1) Le altre specie di questo genere sono descritte o nell’ articolo Dauphin del N. Dict. d’ Hist. Nat. ed. 2., o nel 4. tomo delle Memorie del Museo di Stor. Nat. di Parigi pag. 4759. Alcune di tali specie diconsi senza denti; ne dubita però con ragione il Sig. G. Cuvier. (2) Ossa fossili di delfini sono state trovate in di- verse parti della Francia, ed in Italia nel territorio sanese , e nelle colline del piacentino . Intorno a que- st ultime ossa ha scritto dottamente il Sig. Consiglicug Cortese . 69i Gen. 2. Ceratodonte, Ceratodon (1) Brisson. T'esta conica; tronco nella figura simile a quello de’ delfini; due denti, o zanne, che vogliano dirsi, orizzontali, assai lunghe , in proporzione sottili, puatute all’estremità; una sola apertura esteriore delle narici, e situata nella nuca; niuna pinna dor- sale. Linneo aveva dato a questo genere il nome di mono= don , che significa un solo dente, Siccome però natural- mente i cetacei del presente genere hanno due denti, quindi a non pochi fra moderni zoologisti dispiacque sì fatto nome , siccome quello, che eccitava un'idea falsa. Brisson vi sostitu) il nome da me adottato, Lacépéde quel lo di narwalus, Storr l’altro di diodon. Di questi tre nomi non deve adoperarsi l’ultimo nato già ad indicare un. genere di pesci: fra i due poi, che rimangono, se- guendo l’ esempio di Illiger, ho scelto quello di Brisson, sì perchè è preso dal greco, come ancora perchè indica, se io mal non m’appongo, che i denti di questi cetacei sono di tal figura, e situati in guisa, che a prima giun- ta sembrano piuttosto corna, e ne fanno in certo modo i’ ufficio . Sp. Ceratodonte volgare, Ceratodon vulgaris . Monodon monoceros Lin. Narwalus vulgaris Lacép. Le Narwal vulgaire , le Liocorne de mer, 1° U- nicorne franc. The Unicorn Narwhal ingl. Der ge- meine Narwal, der Einhorfisch ted. 44 f———_—_—__—_—_—_____T__T___7—_———————2—21&n1kkk- rettili, ec., ina è vero altresì, clie'finol'adicora’ non ‘sonar state trovate in essi le poppe, e che mancano tut- tavia sicuri argomenti per crederli vivipari. Lamarck (2) Ii giudicò intermedj fra gli uc- celli. ed i Sidia , e dichiarò di risguar- darli come appartenenti ad una classe distiiv: (1) Da pòvos, 41, 0, un solo, e da reja - fora. (2) Philosophie zoologique tom. 1. p. 146. e 342. gio ta da tutte quelle, ch’ erano state già sta- bilite. Gli altri zoologisti poi non dubitaro- no di mettere i monotremi fra i mammife- . Tiedemann (41) ne trattò in un ’ appendi- ce alla classe di questi. Geoffroy (2) formò de’ monotremi un nuovo ordine di mammife- ri, intermedio fra gli sdentati , ed i pachi- dermi. Blainville (3) li mise come anomali nella sua sotto-classe de’ didelft: al tempo stesso poi disse, che forse se ne dovrà fare una sotto-classe a parte. Finalmente Du- meril (4), G. Cuvier (5), e Desmarets (6) ec. non credettero di doverli disgiungere dagli sdentati, I motivi principali per li quali codesti sommi zoologisti avvisarono di dar luogo a’ monotremi nella classe de’ mam- miferi furono 1 seguenti: 1.° Alcuni mar- supiali hanno le poppe apparenti soltanto nel tempo della gravidanza, ed in quello dell’ al- (1) Zoologie erster band pag. 585. (2) Catalogue des mammif. du Mus. de Paris p. 222. (3) Prodrome d’ une novelle distribution systemati- que du Reégne animal nel Journal de Physique tom. 83. pag. 251. (4) Zoologie analytique pag. 2r. (5) Régne animal tom. 1. p. 224. (6) N. Dict. d° Hist, Nat. articolo Monotrèmes. 7IT lJattamento: lo stesso può credersi de’ mo- notremi, de' quali niuna femmina gravida è stata sua ad ora esaminata: 2. gli organi della generazione de’ monotremi hanno molta somiglianza con quelli de’ marsupiali, e di alcuni roditori: 3.° le differenze, che trovan- si fra i monotremi, e gli didAh da tutti riconosciuti per mammiferi non sono poi ta- li, da poterne inferire, che i monotremi non a poppe, € non siano vivipari. Le qua- li ragioni, s'io non erro, sono bastevoli per mostrare, che senza giusto motivo Lamarck asserì come cosa certa, 1 monotremi appar- tenere ad una nuova classe; e che vi so- . no molte buone ragioni di annoverarli piut- tosto in quella de’ mammiferi , che in qua- lunque altra. Due soli generi di monotremi si conoscono fino ad ora, i quali differisco- no fra loro al segno, come or ora vedremo, da non poterli nè anche riunire in una stes- sa famiglia. I principali caratteri comuni ad ammendue sono i seguenti. n12 Niun dente. che inserifo sia in un alveolo; os- ga intermascellari in parte disgiunte; occhi picco- lissimi; niuno orecchietta esterna; una sorta di se- conda clavicola analoga alla forchetta degli uccel li, e situata innanzi alla clavicola ordinaria; due ossa soprannumerarie, attaccate al pube, come neÈ marsupiali; una sola apertura esterna, che dà usci- ta ali’orina, alle feci, ed al seme ne’ maschi; nel talone di questi un unghia soprannumeraria, cioè una sorta di sprone mobile , ed internamente cavo(1). Gen. 1. Echidna, Echidna (2) G. Cuvier. Testa piccola, conica; muso lungo, cilindrico; all’ estremità di questo i fori delle narici oltremo- do piccoli, fra loro vicinissimi; bocca eccessiva- mente angusta; lingua assai lunga, ed estendibile; collo cortissimo ; tronco grosso, e corto; estremità brevi; piedi larghi, corti, a 53 dita; unghie de- presse, atte a scavare; coda piccola; corpo coper- to in parte d’aculei, in parte di peli setolosi, ec- cettuato però il muso, che non ha nè gli uni, nè gli altri, ed è affatto nudo. (1) Dell’ anatomia di questi animali hanno maestre- volmente trattato G. Cuvier ( Anatom. comparée ), Ho- m’ne ( Trans. Angl. an. 1802 ), Blainville ( Sur la pla- ce que la famille des Ornithorbhynques, et des Echid- nes doit occuper dans les séries naturélles; à Paris 1812). Meckel ( Beytrage zur vergleinden anatomie. 1. Bd. 2. Hf. Leipz. 1809 } fra descritto lo scheletro di una specie st dell’uno, che dell’ altro genere. (2) cvudvo - vipera. Forse Cuvier intese di derivarlo da È Xivos - il riccio marino, ed anche il terrestre, cui somigliano le echidne, 713 Shaw descrisse il primo un’ echidna, e l’annoverò fra i formichieri; G. Cuvier stabilì il presente genere adottato da Lacépéde, da Geoffroy, ec. Home s° avvisò di riunire la specie, ch’ egli aveva notomizzato a quelle del seguente genere ; Illiger senza motivo sufficiente cangiò il nome di echidna in quello di tachyglossus. Nella testa 1’ echidne molto somigliano alcuni sdentati. Sembra assai probabile, che si nutrano anch’ esse d’insetti, e li prendano in un modo simile a quello, che abbiamo indicato, trattando de’ formichieri. La struttura de’ piedi, e delle altre parti delle estremità basterebbe per indurci a credere, che le e- chidne si scavino tane, quand’ anche non lo avessero af- fermato Péron, e Lesueur; gli aculei del dorso sono mobili, al pari di quelli de’ ricci, e degl’ istrici; la gran- dezza rimarchevole del muscolo subcutaneo è argomento, onde persuaderci, che sì fatti animali possano dare al pro= prio corpo la firura globosa . Sp.1. Echidna a lunghi aculei, Echidna longia: culeata Tiedemann. Lchidna Histrix G. Cuv. Myrmecophaza aculeata Shaw . Ornithorynchus Hystrix Home. L° Echidnè épineux franc. The Aculeated ant- Eater ingl. Das Echidna mit-langen Stacheln ted. Il di sopra della testa coperto di peli corti, e rigidi; le parti superiori del tronco armate di aculei in gran parte biancastri, coll’ apice nero , non fram- misti a setole, bensì attorniatialla base da peluzzi rossi; gli aculei del dorso rivolti all’in dietro; coda brevissima , fornita di aculei simili a quelli del dorso, ma costantemente eretti, e quasi verticali; unghie 714 grandi, ottuse; larghe, e di color nero. Tav. X. fig. 1; Shaw Gen. Zool. tom. 1. p. 1. pl. 54. Abita nella N. Olanda, e specialmente ne” con- torni del porto Jackson. La testa al primo aspetto pare somigliante a quella de’ manidi; il foro uditivo esterno è alquanto largo; la lingua consta di due parti, l’anteriore 5 volte più lunga della posteriore; questa grossa, quella sottile, depressa, puntuta all’apice, con papille piccolissime ;, 1’ osso mascel- lare inferiore è sottile, rotondato ; 1’ esofago ristretto ; lo stomaco ampio, e quasi globuloso, a pareti interne liscie, e sottili; il cieco è mediocre; l’ omero corto; la brevità de’ piedi anteriori deriva principalmente da quella del me- tacarpo ; le ultime falangi delle dita sono quasi interamen- te coperte dalle unghie; il pollice ha un’ unghia breve, lo è pure quella del dito esterno; il dito medio, ch’ è il maggiore di tutti ha un’ unghia assai grande; un po’ me- no lo è quella delle altre due dita; le dita, e le unghie de’ piedi posteriori sono più grandi di quelle degli anterio- ri; la coda ha la figura di un tubercolo. La lunghezza totale del corpo è di 12-15 pollici. Sp. 1. Echidna ad aculei brevi, Echidna bre- giaculeata ‘l'iedemann, Echidna setosa Geoffr. L'Echidne soycua frane. Das Echidna mit kurt- zen Stacheln ted. Dorso tutto coperto di peli lunghi, molli, se- ricei, di colore di marrone, che ascondono quasi 715 affatto gli aculei; questi corti, rigonfj nel mezzo, biancastri, coll’ apice bruno, quelli dell’occipite, de’ fiauchi, e della coda più brevi degli altri; ven- tre, e piedi setolosi; unghie più compresse, meno ottuse, ed inferiormente più canalicolate di quel- le della specie precedente . Trans. Philos. an. 1802. pl. 13. Bull. de la Soc. phil. tom. 3. pl. 15. Abita nella Terra di Diemen, e nelle isole dello stretto di Bass. Il muso è nero; la testa è pelosa sino agli occhi, e talvolta un po’ più innanzi. Supera in grandezza, non però di molto la specie precedente. I selvaggi della N. Olanda servonsi della pelle per farsi certi caschetti. Gen. 2. Ornitorinco, Orziehorhyneus (1) Blus menbach. l'esta piccola; muso avente la figura di rostro, oltremodo depresso, largo, rotondato all’ estremi- tà, dentellato negli orli cartilaginei, esternamente rivestito da una lamina cornea, che alla base del- lo stesso rostro tanto sopra, che sotto è ripiegata, e libera; fori delle narici situati quasi all’ apice della parte superiore di detto rostro, piccoli, fra loro vicini; due denti in ogni lato, e nel fon- do dell’ una, e dell’ altra mascella, non altrimen- ti coperti di smalto, attaccati soltanto alle gen- give, non inseriti in alcun alveolo, quasi quadri- lateri, piani superiormente, composti di fibre cor- (1) Da Opvis » (305 » uccello, eda piy Xo0s - rostro. 16 nee longitudinalmente riunite insieme, le quali dal Sig. G. Cuvier si credono tubulose ; lingua corta, larga, molle; serbato] entro la bocca; collo breve; tronco bislungo, quasi cilindrico; estremità corte, le anteriori dirette lateralmente, le due altre al- l’ indietro, piedi forniti di 5 dita, quelle degli an- teriori sottili, quasi fra lero uguali, ed attaccate sopra una membrana , che le sorpassa di molto, mu- nite di unghie lunghe, ristrette, e depresse; le dita de’ piedi posteriori aventi tutte la stessa dire- zione, riunite per mezzo di una membrana fino all’ unghie ; queste alquanto inarcate; coda breve, larga, e molto grossa. Blumenbach fu quegli, che stabilì il presente genere, ascrivendolo ad un ordine da lui denominato dei palmipe= di. Shaw cangiò il nome ornithorhyncus in quello di platypus, e mise il genere nell'ordine linneano dei bru- ti. Da quello che ho detto nel principio di questa appen- dice è manifesto, che sebbene non pochi altri zoologisti siano stati d’ accordo con Blumenbach intorno al genere, ed intorno al nome impostogli, non lo furono però intor= no al posto, che gli ornitorinchi dovevano occupare nella la serie zoologica. Nella mascella superiore gl’intermascel- lari sono per lungo tratto, ed anteriormente molto distanti fra loro, carattere, che, in assai minor grado però, abbiamo trovato nei pipistrelli; Ja dentellatura degli orli delle ma- scelle è formata da certe laminette trasversali, simili a quel= le, che veggonsi nell’orlo del rostro delle anitre; la lingua è al dire del Sig. G. Cuvier in certo modo doppia, l’ una cioè contenuta nella cavità del rostro, e coperta di villi, 717 ed una seconda alia base della prima, più grossa, ed avente nella parte anteriore due piccole punte carnose; 1° esofago è ristrettissimo , lo stomaco è piccolo, bislungo; il cana- le intestinale differisce molto da quello delle echidne; negl’intestini tenui sonvi molte lamine circolari sporgen= ti, € paralelle, vicinissime fra loro, ond’è reso assai pic» colo il diametro della cavità di tale intestino; queste la- mine diminuiscono di numero, e sono meno larghe quan» to più s’ avvicinano al cieco, e scompajono affatto a poca distanza del medesimo; il cieco è piccolo; il polmone, ed il diaframma sono grandi, e non differiscono essenzialmen= te da quelli dei mammiferi, che tali sono per consenso di tutti. Lo sprone de’ maschi, giusta le belle osservazioni di Blainville (1), è conico, più, o meno ricurvo, ed attac- cato solidamente alla pelle; è composto da un’ astuccio corneo , il quale ricopre un osso , che sembra alcun poco partecipare della natura cornea; verso 1’ apice dell’ astuc= cio, e nella parte convessa scorgesi un’ apertura ovale, grande; e nell’ apice del cono osseo interno evvi una fes= surina obliqua, corrispondente al fora dell’astuccio; il co- no osseo è internamente cavo , e contiene una vescichet= ta, ed un canale. Blainville è proclive a credere, che il così detto sprone degli ornitorrinchi maschi sia un or= gano velenifero. Dello stesso avviso sì mostra pure Desma- rets (2). (1) Bulletin de la Sociét. Philomatique an. 1817. pag. 82. 84. i (2) Le parti diverse di questo così detto sprone sona 718 Gli ornitorinchi stanno ordinariamente ne’ fiumi, o nes gli stagni, e muotano agilmente; attesa la brevità delle gambe, e la direzione de’ piedi, sul terreno asciutto sì muovono quasi strisciando ; dalla foggia del rostro, e dal- la ristrettezza dell’ esofago, si può inferire come cosa assai probabile, che questi monotremi si nutrano d’ insetti acquatici, e di altri piccoli animali invertebrati , parimen- te acquatici. Sp. 1. Ornitorinco rosso, Ornithorhynchus ru- Fus Péron et Lesueur. Ornithorhynchus paradoxus Blumenbach. Platypus anatinus Shaw. L’ Ornithorhynque roux franc. The Duck-bill ingl. Das rothbraune Schnabelthier ted. Pelo rossigno, sottile , e liscio. Tav. X. fig.2, ( individuo maschio collo sprone indicato dalla let- tera a). Blumenbach Manuel. d’ Hist. Nat. trad. par Ar- taud tom, 1. pl. 14. Péron, et Lesueur Voyag. aux terres australes, atlas ‘1° pl é4. fig; 217,08) Abita ne fiumi , e ne’ laghi della N. Olanda. rappresentate nella fig. 3. della Tav. X. let. a, base del così detto sprone aperto longitudinalmente; let. b.c. | l’ astuccio corneo, la fessurina estrema n° è indicata colla let, b.; let, d. la vescichetta interna. r Il pelo è di due sorte, l'uno corto, fitto, di bia grigio-chiaro, l’altro alquanto lungo; nel dorso, grigio alla base, rossigno, e lucente all’ apice; bianco-argenti= no nel petto, e nel ventre. La lunghezza totale presa dalla punta del muso sino alla base della coda suol essere di un piede, e due pollici; la coda è d’ ordinario lunga 3 pollici, larga 2. Sp. 2. Ornitorinco bruno, Orrithorhynchus fue scus Péron, et Lesueur. L’ Ornithorhynque brun franc. Das graubraune WSchnabelthier ted. Pelo bruno-nerastro , piatto, ed increspato. Péron, et Lesueur Voyage aux terres australes, atlas 1. pl. 34. fig. 1, 5, 6. Abita ne fiumi, e ne’ laghi della N. Olanda, ove trovasi la precedente specie . Il Sig. G. Cuvier, ed altri sospettano, che quest’ or= nitorinco sia una varietà della specie precedente (1). (1) Home (Trans. Angl. an. 1818 part. 1.) descrive uno sterno fossile, ch'egli a ragione giudica molto so- migliante a quello degli ornitorinchi, e che probabil= mente appartenne ad una specie di questo genere . 220 NOTA da aggiungersi alla pag. 97 sul fine dell’arti- colo, nel quale trattasi dell’ uomo. Più volte ne’ tre ultimi secoli è stato scritto da uo= mini di molta rinomanza, che fra le ossa veramen» te, ed a tutto rigore fossili trovate nelle diverse parti del nostro globo, ve n’ ebbero alquante appartenen- ti all’ uomo, sepolte anch’ esse in un epoca antica, in cui la terra subì grandi fisiche mutazioni, prima di passare allo stato, in cui ora la veggiamo. Esamina- te però in seguito queste ossa colla dovuta accuratez- za, sono state riconosciute, 0 appartenenti a ben altri animali, che all’ uomo, ovvero non meritevoli del ti- tolo di fossili, perchè manifestamente sotterrate in tem- pi dai nostri non molto lontani. La ciò inferirono al= cuni, che l’uomo non era sulla terra, quando ebbe luo go la catastrofe , che fece perire gli animali, di cut st vanno scoprendo di mano in mano i fossili avvanzi. Gian Claudio Delametherie ne’ suoi libri: Sur la nature des étres existens pag. 163, 169, e. Licons de Géologie tom. 2. pag. 344. e seg. vigorosamente combatte una ta- le illazione. La mostrò pure illegitima il Sig. G. Cu- vier nell’ articolo anthropolite del Diction. des Scienc. Naturélles, dicendo espressamente, che la mancanza di ossa umane negli strati regolari contenenti le ossa di altri animali terrestri, fon prova altrimenti, che l’uo- mo non esistesse in quell’ epoca, in cui tali strati si for- marono. Fin dell’anno 18053 il generale francese Er- nouf comandante della Guadalupa aveva con una sua let- tera reso consapevole il Sig. Professore Faujas de St, Fond 321 che sulla costa di detta isola erano stati trovati molti scheletri umani rinchiusi in un masso di madrepore pietrificate. Ernouf aggiunse, che varie erano le opi- nioni degli abitanti della Guadalupa intorno all’ ori- gine di tali ossa, e che a tutte mancava un solido fondamento. Questa lettera inserita nel tomo V. de- gli annali del Museo di Storia Naturale di Parigi, non fece allora quasi alcuna impressione sull’ animo de’ z00- logisti. Essendo in seguito la Guadalupa passata dal= la dominazione de’ francesi a quella degl’ inglesi; l’ ammiraglio Cochrane dalla detta isola mandò a Londra un gran masso contenente parti considerevoli dî uno scheletro manifestamente umane. Il masso intero fu collocato nel Museo Brittanico. Konig fra gli altri ne intraprese un diligente esame, e rendette conto a Banks delle osservazioni fatte, in una lettera scrittagli in data del 20 Decembre 1815, la quale venne inseri- ta nella prima parte delle transazioni filosofiche per l’anno 1814 pag. 107-120, in un colla figura di sì pre- gevole geologico monumento. In questa lettera , oltre la descrizione delle ossa, si tratta della pietra, che le racchiude , la quale, al dire di Konig,è un’ aggregazione, però senza cemento palese, di piccolissimi frammenti di polipaj calcari , e di grani di calce carbonata compatta. Granuloso quindi si scorge il tessuto della pietra, la qua- le è quasi compatta vicino alle ossa, e qua, e là ha alquanti pori, ed è più dura del marmo statuario. ln essa sono state trovate alcune conchiglie fossili, delle quali una somiglia assai l’ Helix acuta di Martini, ed un’ altra il Turbo Pica di Linneo. Vi si vede pure un "22 qualche grosso frammento di madrepora, ed un pez- zetto di basalte ec. Non è altrimenti sembrato a Konig ragionevole il credere , che questa massa calcare sia di formazione stalattitica, e pensa piuttosto , che per la for- mazione non differisca essa dalle così dette pietre are= narie 0 sia dalle psammiti. Esaminò egli pure le arene de’ contorni, e non ne trovò alcuna della natura della pietra, che contiene le ossa umane. Queste poi sono in parte slogate, e rotte, e nelle cavità ripiene della stes- sa materia calcare, che le avvolge. Quindi inferì Ko- nig, che la materia suddetta era fluida , allorchè impri= gionò le ossa , le quali per l’ azione di una causa vio= lenta si slogarono, e si ruppero. Questo scritto eccitò Il’ at- tenzione de’ naturalisti. Brogniart in un estratto, che ne fece per li giornali intitolati: N. Bulletin de la Soc. Philom. an. 1814, et Journal des Mines tom. 37. pag. 66-67 disse che era difficilissimo il decidere se l’ am» masso calcare della Guadalupa contenente le ossa uma- ne fosse di formazione anteriore all’ultima gran ca- tastrofe, e non piuttosto di una formazione recente da attribuirsi a cause simili a quelle, che tuttora agiscono nel nostro globo, quali sono le eruzioni vulcaniche , le acque termali, che tengono in dissoluzione la calce car- bonata, e conchiuse che ad onta di questa scoperta ri- manecva incerta l’ esistenza degli antropoliti, delle ossa umane cioè veramente , ed a tutto rigore fossili. G. Cu- vier nell’ articolo anthropolite citato poc’ anzi, dalla po- sizione di que’ massi calcari della Guadalupa contenenti ossa umane, s avvisà di potere dedurre come'cosa ve- tosimile,che null’ altro siano essi in fuori di un’ incro= 725 stazione locale, e moderna. Delametherie per Vl oppo= sto nel tomo 79 del suo giornale di Fisica dichiarò non esservi giusto motivo di negare, che le anzidette ossa umane fossero fossili al pari di quelle de’ paleoterii, de’ megaterii ec. Nel mese di maggio del 1820 il Sig. E. F. Schlotheim pubblicò il manifesto di una sua ope- ra sulle pietrificazioni, promettendo (come dissi già nella nota alla pag. 552) di trattare in primo luogo delle ossa umane trovate in poca distanza di Kostritz negli strati di gesso racchiudenti eziandio ossa di cer» vi, di rinoceronti , di leoni, d’iene ec. L° opera è di fatto comparsa alla luce col titolo: Die Petrefactenkun- de etc. Gotha 1820 in 8.vo. La descrizione sistematica delle ossa di animali incomincia dalle umane , da quel- le cioé di Kostritz. Schlotheim ha esaminato il fronta- le, il mascellare superiore co’ denti il femore sinistro, il cubito parimente sinistro ec. Il primo ad accorgersi, che tali ossa sono umane fu il Sig. Schottin consigliere aulico, e celebre medico abitante a Kistritz. Questi le mostrò a Schlotteim, e gliene descrisse la situazione. Più volte se ne trovarono altre, al dire de’ minatori, affatto simili, delle quali non ebbero essi alcuna cura, e le infransero. Nel detto masso gessoso contenente le ossa umane sonvi pure, come già dissi, ossa di mam- miferi ruminanti, pachidermi , e carnivori. Il gesso è compatto. Ogni nicchio contenente un osso ha la figura di questo, ma n’ è alquanto maggiore, il di più poi è riempito da un minuto terriccio, ciò che si osserva tal- wolta nelle cavità contenenti le ossa delle gessaje de’ contorni di Parigi. Non di rado le ossa umane sono 46 724 penetrate dal gesso, che vi è fortemente attaccato. La profondità, alla quale si trovano, per attestazione de’ minatori, varia da 9-15 braccia. Se questi fatti sona veri, nè vi ha per ora luogo a muoverne dubbio, prova- no essi, che talora li medesimi strati pietrosi, e re- golari, i quali contengono le ossa fossili di altri ani- mali terrestri, racchiudono ancora ossa umane, che per ciò stesso veramente, ed a tutto rigore fossili do- vranno credersi ; e rimane quindi anche dalle geologi- che osservazioni provata l’ esistenza dell’uomo in quel= l’epoca , in cui tali strati si formarono. sab SPIEGAZIONE DELLE FIGURE DI QUESTO SECONDO TOMO (1). Num. della pa- $ gina, ove trat- È Tav. Fis. jetto gia È PARTE PRIMA e di 5. | 1. | Piteco satiro. 106 È — | 2. | Babbuino Mandrillo. 132. — | 3. | Stentore Aluatta 135 — | 4. | Jacco comune 153 4. | 1. | Indri brevicodato 1537 — | 2. { Tarsio di Daubenton 166 — | 3. | Lemure Mococo 159 — | 4. | Notticebo bengalese 161 PARTE SECONDA 5. | 4. | Pteropo abbracciacoda 179 — | 2. | Vampiro spettro o 190 — | 3. } Testa del Rinolofo uniastato 198 — | 4.| Testa del Megadermo lira 195 — | 5. | Teschio del Rinolofo. unia- stato — | 6. | Galeopiteco rosso 172 — | 7. | Teschio del Vampiro spettro (1) La spiegazione delle figure delle prime due-ta- vole si dette dopo l’ introduzione generale alla classe de° mammiferi, pag. 64, e seg. Rimase soltanto senza indicazione la fig. 5. della tav. 2. perchè di questa non si fece uso nell’ introduzione suddetta. Roppresenta essa lo scheletro del Pongo di Wurmbs, del quale è stato trattato alla pag. 112, e seg. -OGB PLOSdS AI DA 19 (ne! Da I Parte anteriore del muso del- la Condilura crestuta Porzione della mascella infe- riore della Condilura cre- stuta, La stessa Condilura crestuta Sorice volgare Ghiottone voracissimo Orso a grandi labbra Mustela Zorilla Viverra Zibeto Gatto Tigre l'oca leonina Teschio del Gatto Leone Teschio della Foca comune Didelfo Oposso Teschio deil’Almaturo gigan- tesco Almaturo fasciato Fascolomo fosco Castoro Bivaro Cloromo Aguti Dipo freccia Bradipo tridattilo scheletro dello stesso Bradipo Dasipo depresso l’ormichiere colla criniera T'eschio dello stesso formi- chiere E Num. della pa- È gina, ove trai- È tasi. dell’ os-Èi getto rappre- sentato dalla @ figura . 216 252 240 261 285 ZOL1 315 298 dI7 327 355 DI7 365 438 463 391 478 488 490 TOS Dm Dv paprbo 9 PARTE TERZA Echidna a lunghi aculei Ornitorinco rosso maschio , la let. a indica lo sprone Sprone del detto ornitorinco aperto longitudinalmente , affinchè si veggano le parti ond’ è composto ; let. a base del detto sprone; lett. d vescichetta interna ; lett. è, c l’astuccio corneo sepa- rato, l’ apertura estrema del medesimo viene indi- cata dalla lett. d. Cavallo Zebra Teschio dell’ Elefante indiano L’ Elefante suddetto Teschio dell’ Elefante afri- cano Tapiro Anta var. Teschio dell’Ippopotamo am- fibio Irace del Capo di B. Spe- ranza Rinoceronte indiano Auchenia Vigogna Cervo Rangifero Aatilopa Dorca Teschio del Camellopardo Gi- rafla Corno del Cervo Daine var. gina, ove trat- tasi dell’ os- È getto rappre- K sentato dalla È figura . 715 718 519 560 527 554 546 602 615 637 62 61$ 728 Tav.\Fig. | 6. n ——_ lo.d (- E la Ra Corna dell’Antilopa Orice Stomaco dell’Auchenia Lama: lett. a l’esofago; lett. è il sito delcardia; lett. c, c il rumine; lett, 4 il reticolo lett. e, e l’omaso aperto; lett. f, f l’abomaso situa- to dietro l’omaso; lett. £ l’indizio della separazione di queste due cavità; lett, ha tubercolo situato contro l’orificio del piloro Corno del Cervo Alce Corno dell’Antilopa Cuda Balena Misticeto Muschio muschifero Il follicolo del Muschio mu- schifero colle parti vicine; lett. A il follicolo; lett. a l'apertura esterna del me- desimo; lett. è l’ apertura esterna del prepuzio; lett. c lo scroto ; lett. d l’ano, lett. e la coda Camellopardo Giraffa Num. della pa- gina, ove trat- tasi dell’ 0g- getto rappre- sentato. dalla figura . 643 599 6135 641 702 604 729 INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO SECONDO TOMO (1). PARTE PRIMA PREFAZIONE Pag. ‘0 Introduzione alla Storia Naturale de’ Mam- miferi . Caro I. De’ varj nomi dati alla Storia Naturale de’ Mammiferi, 44 Caro II. Degli organi, che ne’ Mammife- ri servono alle sensazioni . 43 Caro III. Delle parti, che ne° Mammiferi servono al moto locale . 21 Caro IV. Dello Scheletro de Mammiferi. 28 Caro V. Degli organi, che ne’ Mammiferi servono alla digestione . 48 Caro.VI. Degli organi, che ne’ Mammiferi servono alla circolazione . 54 Caro VII, Degli organi della respirazione , e della voce dei Mammiferi. 55 Caro VIII. Della propagazione de’ Mammiferi. 59 (1) Il discreto, e benigno lettore è pregato di cor- reggere a norma di questo indice alcuni shagli commes= si nell’ apporre i numeri ai generi, ed alle specie . 750 Caro IX. Delle prime divisioni della Classe de’ Mammiferi . Spiegazione delle figure citate nell’ Introdu- zione . OrpinE Primo. De’ Bimani. Famicria degli Antropi. Genere Uomo. OrpinE Seconpo. De’ Quadrumani. Famicria Prima. Delle Scimie. Sezione 1. Genere 1. Troglodite. Gen. 2. Piteco Gen. 3. Pongo Gen. 4. Cercopiteco Gen. 5. Inuo. Gen. 6. Babbuino . Sezione 2. Gen. 1. Stentore. Gen. 2. Atele. Gen. 3. Lagotrice . Gen. 4. Cebo. Gen. 5. Callitrice. Gen. 6. Aoto. Gen. 7. Pitecia. Gen. 8. Jacco. Famicrra Seconpa. De' Lemurini. Gen. 4, Indri. Gen. 2. Lemure Gen. 3. Loride. 751 Gen. 4. Nitticebo . 164 Gen. 5. Galago . 165 Gen. 6. Tarsio. 165 PARTE SECONDA OrpinE Terzo. Delle Fiere. 167 Fanncria Prima. De Chiropteri. 269 Sezione 41. i 1470 Gen. Galeopiteco . 1vI Sezione 2. a74 Gen. 1. Pteropo. 4177 Gen. 2. Cefaloto . 180 Gen. 3. Disope. 162 Gen. 4. Mioptero . 184 Gen. 5. Nittinomo. ivi Gen. 6. Stenodermo. 406 Gen. 7. Nottilione . ivi Gen. 8. Glossofaga . 188 Gen. 9. Vampiro. 1489 Gen. 10. Fillostoma . 192 Gen. 11. Megadermo . 494 Gen. 12. Rinolofo. 497 Gen. 15. Nittero. 199 Gen. 14. Rinopomo. 201 Gen. 15. Tafozoo. 202 Gen. 16. Pipistrello . 203 Famicrra Seconpa. Degl' insettivori. 212 Gen. 4. Riccio. 1vI 732 Gen. 2. Gen. 3. Gen. 4. Gen. 5. Gen. 6. Gen. 7 Gen. 8 Sorice . Migale . Scalopo . Crisoclori . Centene . . Condilura . . Talpa. Famicria Terza. De' Carnivori . Sezione 41. De’ Plantigradi. Gen. 4. Orso. Gen. 2. Procione . Gen. 3. Nasua. Gen. 4. Cercoletto . Gen. 5. Tasso. Gen. 6. Ghiottone. .. Sezione 2. De’ Digitigradi . Gen. 1. Mustela, Gen. 2. Mefite Gen. 3. Lontra. Gen. 4. Cane. Gen. 5. Viverra . Gen. 6. Erpeste. Gen. 7. Rizena. Gen. 8. Iena. Gen. 9. Gatto. Sezione 3. Degli Amfib). Gen. 1. Foca. Gen. 2. Tricheco. Fameita Quarta, De Marsupiali.. Gen. Gen. Gen. Gen. Gen. Gen. Gen. Gen. Gen. Gen. Gen. 4. Didelfo. 2. Dasiuro. 5. Peramele. 4. Isodonte . 5. Cescoe. 0. Falangista . 7. Petauro . 6. Issiprinno. . Almaturo. 10. Fascolarto . 41. Fascolomo. OrpinE Quarto. De’ Roditori. Famicria Prima. De’ Trachiodonti. Gen. Gen. Gen. Gen. Gen. Gen. Gen. Gen. Gen. Gen. Gen. Gen. Fanmicrta Seconpa. Degli Elasmodonti. 1. Marmotta. , Criceto, Topo . . Idromo . . Merione . . Dipo. . Scojattolo . Lamia, Q. Pteromo. 10. Chiromo. 411. Spalace. 12. Batiergo . HI Duo dI Sezione 41. Gen. Gen, 1. Pedete. 2, IMiosso. Gen. 3. Echimo. Gen. 4. Lemmo. Gen. 5. Ondatra. Gen. 6. Castoro . Sezione 2. Geni.) Istrice. Gen. 2. Coendo. Gen. 5. Lepre. Gen. 4. Lagomo . Gen. 5. Idrochero . Gen. 6. Cavia. Gen. 7. Cloromo . Gen. 8. Celogeno . Orpine Quinto. Degli Sdentati. Famcria Prina. De Tardigradi . Gen. 4. Bradipo. Gen. 2. Colepo, Famcira Seconpa. De’ Cingolati . Gen. Dasipo . Famcira Terza. De Vermilingui . Gen. 1. Oritteropo . Gen. 2. Formichiere . Gen. 3. Manide. PARTE TERZA OrpinE Sesto. De Pachidermi. Fanmiciri Prima. De’ Proboscidei . Gen. Elefante . 508 335 Famncria Seconpa. De Pachidermi Or- dinarj . Gen. 4. Ippopotamo. Gen. 2. Porco. Gen. 3. Fascochero. Gen. 4. Dicotile. Gen. 5. Rinoceronte . Gen. 6. Irace. Gen. 7. Tapiro. Famicria Terza. De’ Solipedi. Gen. Cavallo. OrpIiNnE SETTIMO. De’ Ruminanti . Famicria Prima. Degli Anomiomeri. Gen. 41. Camello. Gen. 2. Auchenia. Gen. 35. Muschio. Famicria Seconpa. De’ Ditteroceri . Gen. a. Cervo. Gen. 2. Camellopardo . Fanicria Terza. De’ Coleoceri . Gen. a. Antilopa. Gen. 2. Egionomo. Gen. 35. Bue. OrpINE Ottavo. De’ Cetacei. Fanmicria Prima. De’ Cetacei erbivori . Gen. 4. Manato. Gen. 2. Alicore. Geni z. Ritina. Famicira SEcoNDA. De’ Cetacei carnivori . 077 nI 56 Sezione 4, Gen. 1. Delfino. Gen. 2. Ceratodonte. Sezione 2. Gen. 1, Fisetere. Gen. 2. Balena. Appendice de° Monotremi. Gen. 1. Echidna. Gen. 2. Ornitorinco, Nota da aggiungersi all'articolo sull’ uomo. Spiegazione delle figure. ° 680 ivi 691 695 ivi 700 799 712 715 720 729 Pag. Lin. 475 557 559 542 545 557 562 583 584* 598 601 602 608 612 616 6:18 625 624 628 629 637 650 653 675 692 697 705 ult. ERRORI CORREZIONI PARTE SECONDA 1 Ordine Quarto Ordine Quinto PARTE TERZA 12 schermire gli assalti g fiorellini 1 L’ Eléphans 3 Porco Barbirussa I (4) 22::((1) 50 (5) 8 acthiopius 13 delle orecchiette 24 all’ apici 26 arboscelli g a 5 sole dita 253 (6) 26 interotta 26 a une seule bosse 10 delle carovane 6 (3) ro (3) 23 bensì essersi dalla legitimità 22 unghie false, brevi 19 e se non siano pregne in 21N0verno 18 livr. pl. 6. i dalle corna 20 più lun- 8 niun canino 1 danno 18 Le Gazelle 5 simile a quelle 21.5-5 2 21 Dell’ accurata 5 o niun modo 2 Physiter ro Fisalis schermirsi dagli assalti i fiorellini L’ Elephant Porco Babirussa “(0 (2) (2) aetiopicus dalle orecchiette all’ apice ramoscelli a 3 sole dita (1) ancorrotta a deux bosses dalle carovane (1) (1) bensì di essersi della legittimità unghie false brevi e se non siano pregne, in inverno livr. rr. pl. 6. delle corna più lunghe incisivi g; niun canine dà La Gazelle simili a quelle piedi 5-5 z Dall’ accurata o in niun modo Physeter Physalis * Nella numerazione delle pagine dopo quella, ch'è segnata 584 è stata omes- sa un'intera decina. Die 22. Sept. 1820. VIDIT Fio Eminentiss. et Rewerendiss. D. D. CAROLO CARD. OPPIZZONIO Archiep. Bononiae Joachimus Can. Ambrosi Sacrae Theol. Pub. Prof. et Exam. Synodalis Die 24. Sept. 1820. VI D'II Pro Excelso Gubernio Dominicus Mandini S. T. D. Patochus et Exam. Synod. Die 2. Ocicbr. 1820. IMPRIMATUR Camillus Ceronetti Prov. Gen. ae I Zonldl | Za. lor. IL. T' on. XI. pa: Toni IT. e Tav. IF. “ui Di ente YA VIII VI JI 4a, purea ld \ lo pa vi MIT ve x ia x VII we Vi WIOLLAO MIL MIN MANA VII 2, LAO AVIV Ig VAS i IMMIVIAMIVI ILA VT Vor Vivwvu vu” y MILIOS ugo NIN a ae MAG, hi de oi VERE RISAIE di mic A AVA AVIONAVATI MOV e VW) grigliate Savi i \ / | Vu. “ni IST Pre Sg o sIuvuot Vvowvoio wi ia E SITI (Di iS; uey, A v vovet MOV i da MARMITTE VIVAI VUVVwU A gg VIII ; NL Togo: \/ IAA. 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