HERALP OF SCIENCE NQ«

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Bern Dibner

The Dihner Library of thè History of Science and Technology

SMITHSONIAN INSTITUTION LIBRARIES

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I

ESPERIENZE

INTORNO ALLA GENERAZIONE

DEGL INSETTI

ESPERIENZE

INTORNO ALLA GENERAZIONE

DEGL INSETTI

FATTE

DA FRANCESCO REDI

ACCADEMICO DELLA CRESCA,

E DA LVI SCRITTE IN VNA LETTERA

Atv IhLrST AlS$lHO StUAOX

CARLO DATI-

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iiiW'iiiwiriBiHniwiwnMiw im wim iw-iiiwwiMw.rTiii»..im»tfìMTriigrniwi;iWii!TBwwinHmT»i^'^iffMi^^

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CHI FA ESPERIENZE ACCRESCE IL SAPERE CHI E' CREDVLO AVMENTA L’ERRORE. '

Frouerh: Arabie: Brpn: 5 7.

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ERVM NATVRA NVSQVAM K^A^ ^ GIS QVAM IN MINLMIS TOTA ESr . QVAPROPTER QV^SO , NE NOSTRA LEGENTES ( QVO- NIAM EX HIS SPERNVNTVR MVLTA ) ETIAM relata FASTIDIO DAMNENT 5 CVM IN CONTEMPLATìONE NATVRA

NIHIL POSSI T VIDERI SVPERVACVVM . Plm: nel principio del lib: XI. àoue comincia a trattar degl' InJ etti ,

NON ha dubbio alcuno , che nell’ intendimento del¬ le cofe naturali dati fono dal fupremo Architetto i fenfi alla ragione , come-< tante fineftre , o porto' , per le quali , o ella fi affac¬ ci a mirarle , o elleno en¬ trino a farfi conofeere . Anzi per meglio diro fono i fenfi tante vedette , o fpiatori , che mi¬ rano a feoprire la natura delle cofe , e ^1 tutto riportano dentro alla ragione : la quale da effi ragguagliata , forma di ciafeuna cofa il giudi¬ zio , altrettanto chiaro , e certo , quanto effi fo" no piu fani , e gagliardi , e liberi da ogni ofta- colo , ed impedimento. Onde acciocché retti- no fincerati , molto fpeflb ci avviciniamo , o ci difeottiamo , mutando lume , e potto a quello

A cofe

1 £SP£2{lEN.mT. AGL’ mS ETTI

ire, che da noi fi riguardano , e molte akre^ azioni facciamo , non folamente per foddisfaro la ftefia villa, ma e l’odorato, e’I gufto,e rvdi* to, e d tatto in guifa tale, eh’ e’ non è verno al* cono 5 il quale abbia fior d’ ingegno , che ricer¬ chi dalla ragione il giudizio delle cofe fcnfìbili per altra via , che per quella più facile , e più ficura da’proprj fenfi aperta, e fpianata. Per lo che ottimamente, a mio credere, difie colui, che fe alla noftra natura fi delfe 1’ eiezione 5 ovvero qualche mente fuperiore ricèrcafie da effa , fe fia contenta de’ fuoi fenfi incorrotti , ed interi^ o fe pure cofa miglior defideri , ei non vedeva ch’el¬ la poteffe domandar di vantaggio . Di cosi pro¬ porzionati frumenti guernito T vomo , chi noru vede quanto travierebbe , fe , la verità della fto- ria naturale anfiofamente ricercando , ponefie da banda il chiarir bene i fenfi 5 e foura vna fuperfi- ciale , e lieve apprenfione de’proprj , o non fin- cera , ed appaffionata relazione degli altrui , fa- cefie fare alla ragione l’vfizio fuo : la quale , in¬ gannata da’ fenfi male informati , pronunziar po¬ trebbe vna precipitofa, e fallace fentenza. Quin¬ di avviene , che ninno è in oggi nelle fiiofofiche fcuolc li giovane, che non pofti'Vn così fatto pa¬ rere , mftillato dalia natura ftefla , e dettato da-, quegli antichi favillimi TOssini « che nelle cofe.

della

D8I

I'

DI FKA^CESCO J{ED1. 3

. i' ...

della filofofia fentirono molto auanti : tra’ qlHi quel grandilTimo ingegno , che tutto Teppe , e di tutto marauigliofamente Teppe Tcrivere , nel Te- condo del ParadiTo ebbe a dire .

ElU forrife alquanto : e poi ; s' egli erra V opinion , mi dijje , de’ mortali Do‘X>e chia've di fenfo non diserra :

Certo non ti do^trien punger li fìrali

D’ ammiratone ornai ; poi dietro a‘ fenfì Fedi , che la ragione ha corte l’ ali.

Ha corte l’ali la ragione andando dietro a’Ten» fi j perchè più oltre di quello, ch’eglino appren¬ dono , ella in cotale inchiefta non può compren¬ dere. E s’ella fteflfa è così debole , anche quan¬ do è fatta forte da’Tenfi,per penetrare nel Tegre- to delie mondane coTe j quanto Tàrà di peggior condizione priva del neceflario aiuto di quegli > Se i Tenfi dunque non battono bene la ftrada , Te non ilcuoprono bene il paeTe , fe non s’ informa¬ no bene di tutto quello , che pafla nella Natura , e s’alla ragione non porgono la mano j che ma¬ raviglia poi, Te, o per balze ftrabocchevoli , ed oTcure ella s’ incammini , o Te ne’ lacci delle falla¬ cie , o negli aguati degli errori fi trovi colta , ed inuiluppata? Laonde ancorché io con più feruo- re di animo , che con altezza d’ ingegno Teguita- ti abbia gli fiudi della filofofia , nientedimeno ho

A a polla

4 £SP£KI£^N.JNT. AGL’ INSETTI

pUfe Tempre ogni poflìbile pena , ed ogni folle- citudincjin far si, che gli occhi miei corporali in particularefifoddisfacciano bene, prima per mez¬ zo di accurate, e continue efperienze,e poi fom- minifìrino alTeftimazione della mente materia di filofofare . Per quella via , quantunq; per avventu¬ ra al perfetto conofcimentodiniunacofa iofia ar¬ rivato j con tutto ciò fon peruenuto tant’ oltre , che m’ avveggio , e fo , che di molte cofe , le* quali io mi daua ad intendere di fapere , ne fono del tutto ignorante : e fe tal volta fcuopro evi¬ dentemente qualche menzogna , o dagli antichi fcritta , o da' moderni creduta , ne Ho così dub- biofo, ed irrefoluto , eh’ appena m’ ardifeo farne motto fenza 1’ amichevole configlio di faggi , e prudenti amici j che perciò avendo ora di frefeo fatte molte efperienze , e molte intorno al nafei- raento di que’ viventi, che infino al di d’oggi da tutte le fquole fono flati creduti nafeere a cafo , c per propria loro virtude , fenza paterno Teme j non fidandomi di me medefimo , e volendo pur ad altrui conferirle , m’ è venuto in mente di ri¬ correre a voi , o Signor Carlo , che per voUra^ mercè m’ avete datoluogo tra’voftri più cari ami¬ ci; a voi, dico 5 in cui tutti gli vomrai dotti veg- gon rifplendere vn fovrano fapere dalla filofofia fatto robufto , e da varia erudizione così nobil-

mente

DI fl{ÀNCESCO E^Dl. 5

mente adornato, che pregiandofene la noftra "Fb- fcana, non invidia i Varroni al Lazio, ed i Plu- tarchi alla Grecia . Io vi prego dunque a pren- derui la fatica di leggere nell’ ore meno occupa¬ te quella mia lettera , ma di leggerla con animo di dirmene il veltro finceriflìmo parere , e con ef- fo di darmi quegli , eh’ io vi dileggio , amore- uoli , ed al voftro folito dottilTimi configli , coll’ aiuto de’ quali riufeendomi di tor via Ì1 troppo , ed il vano j ed aggiugnendo ciò , che farebbe di meftiere ,

Forje che ancor con più folerti Jìudi Poi ridurrò quefio lamr perfetto .

Crederono molti che quella bella parte dell’ Vniuerfo che noi comunemente chiamiamo terra, tolto che dalla mano dell’ eterno Maeftro vfcì ftabilita , o in qual fi fia altro modo , col quale follemente farneticalfero , che ciò potelfe elfere auuenuto ; Crederono , dico , che ella in quello fìelTo momento cominciaffe a vellirfi da fe me- defima d’ vna certa verde lanugine foroigliantif- fima a quella vana peluria , ed a quel primo pe¬ lame, di cui, fubito che nati fono, fi veggon ri¬ coperti gli vccelli, ed i quadrupedi 5 e che poi a poco a poco quella verde lanugine dalla luce dei fole , e dall’ alimento materno fatta più vigoro- fa,e piu robollajfi cangiaffeje crefeeiTe in erbe.

^ ESPEI^Ef^. MT. AGL' inSLTTI

ed in alberi, fruttiferi abili a foramìniftrare il nu. trimento a tijtti gli animali ., che la terra aureb- be pofcia" prodotti j e dicono che ella cominciaf- fe dalle vifcere fue a produrne di tutte quante fpezie; cioè dall’ elefante infino alle piìi minute, e quafi inuifibili beftiuole ; ma che non contenta delia generazione degli animali irragioneuoli vo- leiTe ancor la gloria che gli vernini iteffi in quei primi tempi la riconofeeffero per madre : Onde affermano gli Stoici , come racconta Lattanzio , che in tutte le montagne , in tutte le colline , e pianure fi vedeano fpuntar fuora gli vomini co¬ me veggiamo nafeere i funghi . Vero è che non fu di tutti opinione che e’nafcelfero da per tuttoj ma in vna fola, e determinata parte,© prouincia: quindi gli Egizzi , gli Etiopi , ed ì Frigi donaua- no quefto vanto al lor proprio paefe 5 cd al loro ancora gli Arcadi , i Fenici , e gli abitatori dell’ Attica 5 tra quali gli Ateniefi , per dare vn con- traffegno, che in Grecia i primi padri dell’vman genere foffero nati da fe medefimi in quella ma¬ niera, che dalla terra fi crede che ancor oggi na- feano le cicale, portauano, com’è noto , fu’ ca¬ pelli alcuni fermagli di oro in forma di cicale^ effigiati j e Platone nel Menexeno , e Diogene Laerzio nel proemio delle Vite de’filofofi conce¬ dono anch’efiì al paefe de’ Greci quello onore

dell’

DI F:^mESCO EJEDl. 7

dell’ auerui la terra partoriti i primi vernini ; Ma in qual fi fia pàefe che poteffero efier fiati , fu dottrina d’ Archelao fcolare d’ Anafiagora , che non ogni terrenello magro , ed arenofo , non ogni morto fabbione fofle il cafo 5 ma che ci volea^ vna maniera terreno caldo , ed allegro , e di fila natura poderofo a germinare , producente vna certa polriglia limile ai latte , e che in vece di latte poteffe alle befìie 3 ed a gli vomini fomraini- fìrare il primo alimento .

Q^efti viuenti per teftimonianza d’ Empedo¬ cle , e d’ Epicuro ne’ primi giorni del mondo alla rinfufa nafceuano fenz’ ordine, e >fenza regola da gli vteri della terra , madre non ancor ben’efper- ta di quello mefiiere .• He furono foli que’ due gran faui ad auer così ftrana ‘Opinione ; imperoc¬ ché fu tenuta anticamente da moki , ed in .parti- culare dal Rodio Apollonio nel quarto dell’ Ar- gonauciche imprefe.

F ov Ìo/icÓti( eàun'fmi/f

OvS'ì fify' avJ'pigviy ò/^oy' é'’ct'T

Xvpi(My'tig<itiiXict>y scdoy à^óoi, «vn ptììXet ’g’OÈfÀ.uy dXtg^aiy òiTp<hvwreL voiAtlì,

To'tovgxcù <!s-poT'ipovg 10 /At/'os

XQm' dmii ^meSmy dp|l|p^(l^vovg f/AP^uffaiv ,

che taluolta vedeuanfi animali;fenza bocca, § fenza braccia 3 altri fenz’ occhi , e fenza gambe5

aicnm

8 ESPBHJEn. MT. AGL> INSETTI

alcuni con iftrano innefto di mani , e di piedi brancoiauano priui di ventre , e di tefta ; mol¬ ti nafceuano co! capo di vomo , e con T altre membra di fiera ; alcuni aveano 1’ anteriori par* ti di fiera , e le diretane d’ vomo ; e certi al¬ tri erano forfè fatti , come deferirti furono da’ Poeti il Minotauro di Creta , la Sfinge , la Chi¬ mera j le Sirene , e V alato cauaìio di Perfeo ; ò pure come quel fauolofo di Atlante di Carena di cui l’Ariofto.

Non è jìnto il àeflner ma naturale ^

Cl/ '-una giumenta generò d‘ <-vn grifo ;

Simile al padre auea la piuma , e l’ ale j Li piedi anteriori , il capo , e‘l grifo 5 In tutte /’ altre membra parea eguale Era la madre , e chiamafì Ippognfo .

Ma quella gran Madre accorgendoli , che fi fatti abbonii di generaiioni moftruofe non era¬ no ne buoni, ne dureuoli ; ed efl'endofi già con^ elfi a baftanza dirozzata , e fattali per così diro maeftra più pratica , produceua pofeia gli vomi- ni , e gli altri animali tutti nella loro fpezie per* fetti: e gli vomini , fecondo che recita Democri¬ to , nafceuano quafi tanti piccioli vermi , che au poco, a poco ,ed infenfibilmente IVmana figura-, prendeuano ; o vero come diceua Anallìmandro fcappauano dal feno materno rinchiufi dentro 3l>

certe

9

D! Fl{AmESCO T^EDl..

certe ruvide cortecce fpinofe , non molto forfo diffimili da quei rìcci , co’ quali dal caftagno ve- ftiti fono i propri Tuoi frutti , Dottrina da quefta diverfa fu predicata da Epicuro , e da’ feguaci fuoi , i quali vollero che dentro agli uteri dclla^ terra fe ne fteflero gli uomini, e gli altri animali tutti rinvolti in certe tuniche , ed in certe mem¬ brane , dalle quali rotte , e lacerate nel tempo della maturità dei parto ufcivano ignudi, ed ignu¬ di ancora , e non offefi da caldo , o da gielo an¬ davano or quà,edor fuggendo i primi alimenti dalla madre; la quale avendo per qualche tempo durato ad effere di così maravigliofe generazioni feconda, in breve, quafi fatta vecchia, e sfrutta¬ ta , diventò fterile ; e non avendo piu forza da^ poter generare gli uomini, e gli altri grandi ani¬ mali perfetti , le rimafe però tanto di vigore da^ poter produrre ( oltre le piante , che fpontanea- mente fenza feme fi prefuppone , che nafcano ) certi altri piccioli animaletti ancora; cioè a dire le mofche, le vefpe, le cicale, i ragni, le formi¬ che , gli fcorpioni , e gii altri turti bacherozzoli terreftn , ed aerei, che da’ Greci %noiJ(.a. e da’ Latini mfeSia ammalia furono chiamati . Ed in.» quello convengono tutte quante le fquole, o de¬ gli antichi , o de’ moderni filofofi ; e coftantilfi- mamente infegnano, che infino al giorno d’oggi

B eli’

I O ESP£1{IEN. INT. AGV MS ETTI

eir abbia continuato a produrne ^ e lìa per con¬ tinuare quanto durerà ella medefinva . Non foa^ però d’accordo nel determinare il modo , come quelli infetti vengano generati , ò da qual parte piovano r anime in elTi : imperocché dicono jChe non è fola la terra a polfedere quella nafcofa vir- tude : ma che la polìeggono ancora tutti gli ani¬ mali 3 e vivi j e morti , e tutte le cofe dalla terra prodotte j e finalmente tutte quelle , che fono in procinto putrefacendofi di riconvertirli in terra j e per poflente cagione adducono alcuni la pu¬ tredine llelTa jed altri la naturale cozione ; e mol¬ ti a quetìe cagioni , fecondo la diverfità delie lo¬ ro fette j e de’ loro penfieri , ne congiungono mole’ altre , che attive , ed efficienti appellano ; come farebbe a dire l’anima univerfale del mon¬ do, l’anima degli elementi, l’idee, l’ intelligen¬ za donatrice delle forme , il calore de’ corpi pu¬ trefatti , il calore dell’ ambiente , e del Cielo j del medefimo Cielo il moto , la luce , e le fupe- riori influenze 5 non eflendovi mancato chi abbia detto , la generazione di tutti gli Entomati elicer fatta dalla virtù generatrice dell’anima fenfitiva--, e vegetabile , della quale alcuni piccoli avanzi per qualche tempo dopo la morte rimangono , <ed abitano ne’ cadaveri degli animali , e delle piante j e mentre quivi da un calor deboli Ifuno

rattenute

D/'F2^N€ESC0 r II

rattenute fe ne ftanno come in un vafo oziofe jC quafi addormentate jfopravvenendo il calore am- biente,e difponendo la materia , fi rifentono que¬ gli eftremi refidui d*anime,e fi rifvegliano a dar novella vita a quella corrotta materia , e orga¬ nizzarla in foggia di proprio ftrumento. Egli c'è ancora un’ altra maniera di favie genti , le quali tennero, e tengono per vero, che tal generazio. ne derivi da certi minimi gruppetti, ed aggrega¬ menti di atomi , i quali aggregamenti fieno i Te¬ mi di tutte quante le cofe 5 e di efli Temi le cofe tutte fien piene. E che ne fieno piene Io confef- fano ancora molti altri , dicendo , che fi fatte Te¬ menze nel principio del Mondo furono create da Dio , e da lui per tutto diffeminate , e fparfe , per render gli elementi fecondi , non già di una fe¬ condità momentanea, e mancante; ma ben du¬ revole al pari degli elementi fteflì : ed in quefta maniera dicono , poterli intendere quello , che ne’facri Libri fi legge, attera Iddi» create tutte te cofe infieme . Ma quel grandillìmo Filofofo de’ noftri tempi , l’ immortale Guglielmo Arveo, ancor’ egli ebbe per fermo , che folfe a tutti quanti i viventi cofa comune il nafcere dal Teme , come da uru uovo ; ò che venga quefto Teme dagli ani mali della mcdefima fpezie , o che d’ altronde a cafo derivi, e proceda . ^ippe omnibus <z>iuentibus id corn'

B 2 mune

Il BSPBl^En. mT. AGL' im ETTI

muns ijì j ( dice egli ) ex femme,cen oho , origL nem àucant : ftuè femen illud ex alijs eiufdem fpecie't f recedati fiuè cafu aliundè adueniat . ^md emm ìn^ artes alitfuando njfu uenit , id idem (juoque in natura contingit : riempe , <~ut eadem cafu ,fiue fortuito eueniant-) qu<e alias ah arte effciuntur : cuius rei ( apud Arijì: ) exernplum ejì fanitas . Similiterii^ue fe hahet generano ( quatenus ex /emine ) quorumlihet animalium ; ftuè femen eorum cafu adfit , ftue ah agente <-vniuoco eiuf- demque generis proueniat . ^tppe etiam in /emine for~ tuito inefì principium generatioms motiuum , quod ex fe, ^ per fe ipfum procreet ; idemque , quod in anima- Imm congenerum /emme reperitur j potens fcilicet animai efformare . E prima avea detto , quegli inviiibili l'emij qiiafi atomi per l’aria volanti , elTer da’ven- ti or qua , ed or diffeminatì , e fparfi j ancor¬ ché mai non fi dichiari donde, e da chi abbiano la loro origine ; folamente pare che fi raccolga^ dalle fuddette citate parole, che egli creda, che quei femi fortuiti volanti per l’ aria , e traportati da’ venti procedano , e nafcano da un’ agente^ non già univoco , per parlar con le fquole ; ma bensì equivoco 5 ed in miglior maniera forfè , e con più foda,e ftabil chiarezza detto avrebbe la fua opinione , fe tra’ tumulti delle guerre civili non gli foffero andate male, con deplorabile pre- giudicio di tutta la repubblica filofofica , quelle

moke

15

DI FF^NCESCO F^Dì.

stiolte offervaxioni , che intorno a quefta mate- ria egli avea raccolte} e notate. Se bene a raol- ti fembrerà cofa dura , e malagevole a credere , che r Arveo poteffe dare nei fegno ; impercioc¬ ché oltinatamente affermano > che la cagione ef¬ ficiente procreatrice degl’ infetti naturalmente./ additar non fi poffa ; onde il piu fottile di tutti i filofofi de’fecoli trapaflati , dopo averla nel mon¬ do noftro indarno cercata , ebbe a dire 5 che la cagione immediata promovente la generazione degl’infetti, e producente nella materia difpofta le loro anime , non effere altra , che la mano on¬ nipotente di Colui , il faper del quale tutto tra- fcende , cioè a dire Iddio ottimo , e grandilfimoj dal quale parimente effere infufe l’ anime in tutti gli animali volanti fu opinione di Ennio, fe cre¬ diamo a Varrone, che nel quarto libro della lin. gua latina fcriffe ; OMt^parire folet gems penneis con- decoratum^ non animasi ‘X'f ait Ennim . ^ pofì , in¬ de njenit dminittfs pulleis inftnuans fe ipfa animai . Quindi alcuni altri foggiungono, maraviglia non efìere , fe Galeno modeftamente ne fuoi libri con- feffaffe , di non aver mai faputo ritrovarla ; e che perciò porgeffe preghiere a tutti i filofofi , che , fe mai vi s’ imbattelfero , di volere a lui darne la notizia; egli però contro l’opinione de’ Plato- aici confeifa di non poter indurfi a credere , che

ciuelia

14 ESPE^Efl.mT.AGU INSETTI

quella poflai^za , e quella fapienza , che fa pro¬ durre gli ani«iali perfetti , fia quella ftefla , la^ quale fi abbaili a formare gli fcorpioni , le mo- fche , i vermi , i lombrichi , ed altri fomiglianti , che imperfetti dagli fcolaftici fono appellati. Q^ial fia la vera tra tante opinioni , ò qual per lo meno piu dell’ altre alla verità fi fia avvici¬ nata , io per me non faprei indurmi a dirlo 5 e non è ora di mia poflfanza , ne di mia intenzio¬ ne , il deciderlo ; e fe vengo a palefarvi la cre¬ denza, eh’ io ne tengo , lo fo con animo perito- fo , e con temenza grandilfima , parendomi fem- pre di fentirmi intuonare agli orecchi ciò , che già dal noftro divino Poeta fu cantato ;

Sempre a quel n^er, ch’ha faccia di menzogna Dee /’ njom chiuder le labbra , quanto ei puote j Però che fenz^ colpa fa njer gogna .

Pure contentandomi fempre in quefta , e in., ciafeuna altra cofa, da ciafeuno piu favio,là do¬ ve io difettofamente parlaffi , effer corretto j non tacerò , che per molte oflervazioni molte volte da me fatte, mi fento inclinato a credere, chela terra , da quelle prime piante , e da que’ primi animali in poi , che ella ne’ primi giorni del mon¬ do produlfe per comandamento del fovrano , ed onnipotente Fattore, non abbia mai piu prodot¬ to da fe medefima, erba , albero , ani¬ male

15

DI FXAmESCO 2{ED1 .

mais alcuno perfetto impeifetroj che ei fi fof- fe 5 e che tutto quello, che ne’ tempi rrapaflati è nato 3 e che ora nafcere in lei , ò da lei veggia- mo, venga tutto dalla femenza reale, e vera del¬ le piante, e degli animali fteflì, i quali col mez¬ zo del proprio feme la loro fpezie confervano . E fe bene tutto giorno fcorghiamo da’ cadaveri degli animali , e da tutte quante le maniere dell’ erbe, e de’ fiori, e de’frucd imputriditi, e corrot¬ ti, nafcere vermi infiniti}

borine fviàes ^u^ecunque mora , fluidoque calore Corpora tahefcunt , in paraa .ammalia <z>erti ?

Io mi fento, dico, inclinato a credere, che tutti quei vermi fi generino dal feme paterno ; e che le carni , <e l’erbe, e l’ altre cofe tutte putrefatte , ò putrefattibili non facciano altra parte , ab¬ biano altro ufizio nella generazione degl’ infetti, fe non di apprettare un luogo , ò un nido pro¬ porzionato, in cui dagli animali nel tempo della figliatura fieno portati, e partoriti i vermi, ol’uo- va , o l’ altre femenze de’ vermi , i quali rotto che nati fono, trovano in etto nido un futtrciente ali¬ mento abilittimo per nutricarfi : efein quello non fon portate dalle madri quefte fuddette femenze, niente mai, e replicatanrente^ niente vi fi ingene¬ ri , e nafca. Ed acciocché ,0 Signor Carlo, ben pottsate vedere, che quello è vero, eh’ io vi dico}

vi

16 ESPE^EN.JNT. AGL’ INSETTI

vi favellerò ora minutamente d’ alcuni pochi di quelli infetti , che , come piu volgari , a gli oc* chi noftri fon noti .

Secondo adunque, eh’ io vi dilli, e che gli an¬ tichi, ed i novelli fcrittori , e la comune opinio¬ ne de! volgo voglion dire, ogni fracidume di ca¬ davere cortotro , ed ogni foziura di qual fi lìa^ altra cola putrelatta , ingenera i vermini , e gh pro¬ duce, fi che volendo io rintracciarne la verità fin nel principio del mefe di Giugno feci ammazza¬ re tre di quelle ferpi , che angui d’ Efculapio fi appellano ; e tollo che morte furono le mili in^ una fcatola aperta , acciocché quivi infracidalfe- ro 5 ne molto andò di tempo , che le vidi tuttc^ ricoperte di vermi , che avean figura di cono , e fenza gamba veruna , per quanto all’occhio ap¬ pariva, i quali verrai attendendo a divorar quel¬ le carni, andavano a momenti crefeendodi gran¬ dezza j e da un giorno all’altro , fecondo che potei olfervare , crebbero ancora di numero j on¬ de , ancorché follerò tutti della ftèlfa figura di un cono, non erano però della ftelfa grandezza, elfendo nati in piu, e drverfi giorni 5 ma i minori d’accordo co’pm grandi, dopo d’aver conlùma- ta la carne, e lafciate intatte le fole, e nude olTa, per un piccolo foro della fcatola , che io avea ferrata , fe ne fcapparono via tutti quanti , lenza

Di' F1{ANC£SC0 7{BDJ. 17

che poLcin ritrovar giammai il luogo dove na- fcofti fi folTero : per lo che fatto piu curiofo, di vedere qual fine fi potelfero aver’ avuto, di nuo¬ vo il undici di Giugno raifi in opra tre altrcv delle medefime ferpi ; fu le quali , pallàci che fu¬ rono tre giorni , vidi vermicciuoli , che d’ora in ora andarono crefcendo di numero , e di gran¬ dezza 5 però tutti della ftelfa figura , ancorché non tutti dello ftelTo colore; il quale ne’ maggio¬ ri per di fuora era bianco , e ne’ minori pendeva al carnicino . Finito che ebbero di mangiar quel¬ le carni , cercavano anfiofamente ogni ftrada per poterfene fuggire ; ma , avendo io beniflàmo fer¬ rate tutte le feflure , oflervai > che il giorno di¬ ciannove dello ftelfo mefe , alcuni de’ grandi , e de’ piccoli cominciarono , quafi addormentatifi , a farfi immobili ; quindi raggrinzandofi in fe me- defimi infenfibilmente pigliarono una figura filmi¬ le all’ uovo ; ed il giorno vent’ uno fi erano tra* sformati tutti in quella figura d’ uovo di color bianco da principio , pofcia dorato , che a poco a poco diventò rollìgno ; e tale fi confervò in al¬ cune uova; ma in altre andando fempre ofcuran- dofi alla fine diventò come nero ; e 1’ uova tan¬ to nere, quanto roffejiarrivateaquefto fegno.,di molli, e tenere che erano, diventarono di gufcio duro , c frangibile ; Onde fi potrebbe dire , che

C abbiano

r8 ESPEIi^EfJ.mT, AGL’ INSETTI

abbiano qualche fomiglianza con quelle crifalidi, o aureliejO ninfe, che fe le chiamino, nelle qua¬ li per qualche tempo fi trasformano i bruchi , i bachi da feta , ed altri firaili infetti . Per lo che fattomi piu curiofo olTervatore vidi, che tra quel- i’uova rolTe, e quefte nere , v’era qualche dilFe. lenza di figura , imperciocché , fe ben pareva-. , che tutte indiiferentemente compofte folfero qua- fi di tanti anelletti congiunti infieme, nulla di me¬ no quelli anelli erano piu fcolpiti , e piu appa¬ renti nelle nere, che nelle rolfe, le quali a prima villa parevano quali lifce , ed in una delle ellre- mità non avevano , come le nere , una certa pic¬ cola concavità non molto dilfiniile a quella de’ limoni , o d’ altri frutti quando fono fiaccati dal gambo . Ripofi quell’ uova feparate , e diftinte-» in alcuni vafi di vetro ben ferrati con carta , ed in capo agli otto giorni da ogni uovo di color rolTigno , rompendo il gufcio , fcappava fuora.» una mofca di color cenerognolo , torpida , sba¬ lordita , e per così dire , abbozzata , e non ben,, finita di farfijcon l’ale non ancora fpiegate,che poi , nello fpazio di un mezo quarto d’ ora co* minciando a fpiegarfi , fi dilatavano alla giuftsu proporzione di quel corpicello , che anch’elfo in quel tempo fi era ridotto alla conveniente, e na- furale fimmetria delle parti j e quafi tutto raffaz-

zonatofi.

DI Fl^AmESCO T^DI, 19

zonatofi , avendo lafciato quello fmorto colore^ di cenere , fi era veftito d’vn verde viviflìmo , e maravigliofamente brillante ; ed il corpo tutto erafi così dilatato , e creléiuto , che impolTibilc^ parea il poter credere, come in quel piccolo gu* fcio folfe mai potuto capire. Ma fe nacquero quelle verdi mofche dopo gli otto giorni da quel- l’ uova roflìgne } da quell’ altre uova poi di color nero penarono quattordici giornate a nafcere cer¬ ti groffi , e neri mofconi liftati di bianco , e coi ventre pelofo, e roflfo nel fondo, di quella razza iftefla , la quale vediamo giornalmente ronzare ne’ macelli , e per le cafe intorno alle carni mor¬ te 5 ed allora che nacquero erano mal fatti , e pi- grilfimi al moto, e coll’ ali non ifpiegate , come avvenuto era a quelle prime verdi , che di fopra ho mentovate . Non però tutte quell’ uova nere nacquero dopo i quattordici giorni j anzi che una buona parte indugiarono a nafcere fino al vigefi- mo primo : nel qual tempo ne fcapparono fuora certe bizzarre mofche in tutto dalle due prime-f generazioni differenti, e nella grandezza, e nel¬ la figura 5 e da ninno iftorico giammai , che io fappia , defcritte; imperocché elle fon molto mi¬ nori di quelle mofche ordinarie , che le noftre menfe frequentano , ed infettano ; volano eoa, due ali quafi d’ argento , che la grandezza noa,

C ^ eccedono

2 o ESPE^En. mr. agu jnsetti

eccedono del loro corpo, che è tutto nero di co¬ lor ferrigno brunito , e luftro , ne! ventre inferio¬ re , il quale raffembra nella figura a quello delle formiche alate j con qualche rado peluzro mo- fìrato dal microfeopio . Due lunghe corna , o antenne ( così le chiamano gli fcrittori dell'ifto- ria naturale ) fu la teda s’ inakano : le prime^ quattro gambe non efeono dall’ordinario dell' al¬ tre mofche ; ma le due diretane fono molto piu lunghe 3 e piu grolTe di quello , che a fi pìccolo corpicciuolo parrebbe convenirfi j e .fon fatte per appunto^di materia croftofa fimile a quella delle gambe della locufta marina 5 anno lo fteffo colo¬ re 3 anzi piu vivo 3 e così roffo , che porterebbe fc(|rno al cinabro 5 e tutte punteggiate di bianco paiono vn lavoro di finiffimo fmalto .

Quefte così diflferenti generazioni di mofche ufeite da un folo cadavero non m’ appagarono l’intelletto 5 anzi ftlmolo mi furono a far nuovo efperienze : ed a quello fine apparecchiate fei fea- tole fenza coperchio , nella prima ripofi due del¬ le fuddette ferpi 3 nella feconda un piccion grof- fo, nella terza due libbre di vitella, nella quarta un gran pezzo di carne di cavallo , nella quinta un cappone , nella fella un cuore di caftrato j e tutte 3 in poco piu di ventiquattr’ ore , invermi- jjarono; e i vermi, paffati che furono cinque , ©

ZI

Bl FI{ANCESCO ^JDl .

iei giorni dal loro nafciinento , fi trasformarono al folito in uova; e da quelle delle ferpi,che tut¬ te furono rolfe j e fcnza cavità , nacquero in ca¬ po a dodici giorni alcuni mofconi turchini , ed alcuni altri ^violati : Da quelle del piccion grof- foj delle quali alcune erano rolfe, ed altre nere, nacquero dalle rolfe in capo a gli otto giorni mofche verdi, e dalle nere nel decimo quarto giorno avendo rotto il gufcio , in quella punta , dove non è la concavità, fcapparon fuora altret¬ tanti mofconi neri lifiati di bianco ; e fìmili mo¬ fconi liftati di bianco fi videro ufciti jiello iftef- fo tempo da tutte quell’altr' uova delle carni del¬ la vitella , del cavallo , del cappone 5»e del cuo¬ re caftrato ; con quella differenza però , che dal cuor di caffrato , oltre i mofconi neri liffati di bianco, ne nacquero.ancora alcuni di que’tur- chini , e di quei violati.

In quello mentre ripofi in un vafo di vetro certi ranocchi di fiume fcorticati, e lafciato aper- .to il vafo , e riconofciutolo il feguente giorno , trovai alcuni pochi vermi, che attendevano a di¬ vorargli , & alcun’ altri nuotavano nel fondo del vafo in cert’acqua fcolata dalla carne de’'fuddet- ti ranocchi. Il giorno appreflo erano imbachi tut¬ ti di natura crefciuti ; e n’ erano nati infiniti altri, che pur nuotavano fotto , ed a galla di quell’ ac-

qua^

a 1 ESPE:BJEn. MT, AGV MS ETTI

qua, dalla quale talvolta ufcendo andavano a ci- barfi fopra V ultime reliquie di quei ranocchi j e nello fpazio |di due giorni avendole confumate , fe ne ftavano pofcia tutti nuotando , e fcherzan- do in quel fetido liquore j e talvolta follevando- fene , tutti molli , ed imbrattati , ancorché non^ aveflfero gambe faIivano,ferpeggiando a lor vo¬ glia fcendevano , e s’ aggiravano intorno al ve- tro , e ritornavano al nuoto j infin’ a tanto che , non effendomene accorto in tempo , vidi il fuflfe- guente giorno , che fuperata l’altezza del vetro tutti quanti fe n’ erano fuggiti . In quello fteffo tempo furono riferrati da me alcuni di quei pe- fci d’Arno, che Barbi s’ appellano , in una fcato- la tutta traforata , e chiufa con coperchio trafo¬ rato effo ancora 5 e quando , paifato il corfo di quattr’ ore T aperfi , trovai fopra i pefci una in- numerabile moltitudine di vermi fottiliifimi , e nelle congiunture della fcatola per di dentro , ed all' intorno di tutti i buchi , vidi appicchate , ed ammucchiate molte piccoliflime uova 5 delle qua¬ li, elfendo altre bianche , ed altre gialle, fchiac- ciate da me fra l’ unghia , fgretolandofi il gufcio, gettavano un certo liquore bianchiccio piu fiotti¬ le , e raen vifcofo di quella chiara , che fi trovai nell’ uova de’ volatili . Raccomodata la fcatola , come in prima ella fi flava , ed il vegnente^

riapertala ,

DI FT^AmESCO 1{EDJ, 23

riapertala , mirai , che da tutte quell’ uova erano nati altrettanti vermi , e che i gufci voti ftavano per ancora attaccati , dove furono partoriti ; e quei primi bachi veduti il giorno avanti , eratu crefciuti di grandezza al doppio r ma quello 3 che più mi fembrò pieno di maraviglia fu , che il feguente giorno arrivarono a tal grandezza , che ciafcuno di loro pefava intorno a fette grani j e pure il giorno avanti ne farebbono andati venti¬ cinque, e trenta al grano? ma gli altri ufciti del- r uova erano piccolillìmi ? e tutti infieme , quafi in un batter d’ occhio , finiron di divorare tutta^ quanta la carne de’pefci , avendo lafciate le lif- che , e r olfa così bianche , e pulite , che pareva¬ no tanti fcheletri ufciti dalla mano del più dili¬ gente notomifta d’ Europa : e quei bachi polli in luoghi, di dove non potelfero fuggire , ancor¬ ché follecitamente fe n’ingegnairero , dopo che furon palfati cinque , o fei giorni dalla loro na- fcita , diventarono al folito altrettante uova , al¬ tre rolTe, altre nere; e tanto quelle, quanto que¬ lle , di differente grandezza ; dalle quali poi , ne’ giorni determinati, ufcirono fuori mofche verdi, mofchoni turchini , ed altri neri liftati di bianco; ed altre mofche ancora di quelle , che fimili in qualche parte alle locufte manne , ed alle formi¬ che alate , di fopra ho defcritte . Oltre quelle

quattro

24 ESPE^EN. mT. AGU MS ETTI

quattro razze vidi ancora otto, o dieci di quelìs mofche ordinarie , che intorno alle noftre menfe ronzano, e s’aggirano: E perchè , paflato il ven- tunefimo giorno m’ accorfi , che tra 1’ uova nere piu grofle , ve n’ erano alcune , che per ancora^ non eran nate , le feparai dall’ altre in differente vafo 5 e due giorni appreflb cominciarono da quelle ad ufcir fuora certi piccoliflìmi, eneri mo- fcherini , il numero de’ quali in due altri giorni elfendo divenuto di gran lunga maggiore di quel¬ lo dell’ uova ; aperfi il vafo ; e rotte cinque y o fei di queir uova ifteffejle trovai piene zeppe de’ fuddetti mofcherini a tal fegno , che ogni gufcio n’avea per lo meno venticinque , o trenta, ed al piu quaranta : e continuando a far fimili efperi* enze molt’,c molt’ altre volte, or con le carni e crude, e cotte , del toro, del cervio, dell’ afino, del bufalo , del leone , del tigre , del cane , del capretto , dell’agnello , del daino , della lepre , del coniglio , e del topo j or con quelle della gal¬ lina , del gallo d’ india, dell’ oca , dell’ anitra , del¬ la cotornice , della fiarna , del rigogolo , della paifera , della rondine , e del rondone ; e final¬ mente con varie maniere di pefci, come tonno, ombrina , pefce fpada , pefce lamia , fogliola , muggine , luccio , tinca , anguilla , gamberi di mare , e di fiume, granchi , ed arfelle fgufciate;

fempre

DI F2{JfiC£SC0 2{EDI, 25

fenipre indifferentemente ne nacque , ora T una 5 ora l’altra delle fuddette fpezie di mofche; e tal¬ volta da un folo animale tutte quante le mento¬ vate razze infiemej ed oltre a effe molt’ altre ge¬ nerazioni di mofcherini neri al colore , alcuni de’ quali erano così minuti , che a pena dagli occhi potean’ effer feguiti per la picciolezza loro 5 e> quaG fempre io vidi fu quelle carni, e fu quei pe. fci , ed intorno a i forami delle fcatole , dovo fìavan ripofti , non folo i vermi , ma ancora l’ uo¬ va , dalle quali , come ho detto di fopra , nafco- no i vermi : le quali uova mi fecero fovvenire di quei cacchioni , che dalie mofche fon fatti , o fui pefce, o fulla carne, che divengon poi vermi; il che fu già beniffimo offervato da’ compilatori del vocabolario della noftra Accademia j e fi of- ferva parimente da’ cacciatori nelle fiere da loro negli efiivi giorni ammazzate , e da’ macellai , e dalle donnicciuoie , che , per falvar la fiate le carni da quefia immondizia , le ripongono nelle mofcaiuole , o con panni bianchi le ricuoprono : la onde con molta ragione il grande Omero nel libro diciannovefimo dell’ Iliade fece temere ad Achille , che le mofche non imbrattaffero co’ ver¬ mi le ferite del morto Patroclo in quel tempo , che egli s’ accingeva a farne contro d’ Ettore la vendetta . dice egli parlando con Tetide j

O ^eiJco

ESPE1{IB1S[.1NT, AGL' INSETTI

un u^i TO(ppflt u^vomou aXniuov Ciov pLvtat zaS^S'vffcLt Kwrd ^ctAKOTVTrovg cóT&iXàg ^vKàg ly^eìmvrou ^ aa^dffffaxxt viKpiv . l)ù sthi ^i(pctTsti , xard cTè ^dpm etctjr&in .

E perciò la pietofa madre gli promefle,che, con la fua divina poffanza > avrebbe tenute lontane da quel cadavere i’ impronte fchiere delle mo* fche 5 e contro l’ordine della natura , 1’ avrebbe confervato incorrotto j ed intiero anco per iofpa- zio di vn anno.

un TQf TauTu, uìjd (ppsaì cn(n u^Mnm rrcT u^v lyco ^^pnereo dKctXxm aypict ^iJAcè UVfugy di pd Tg (pdritg dpm(pdTovg xci%<5ov(np^ m mp ydp zBiTctì ye TgAgcr^cpoi' tìg mccVT0p\ dici Tcp S'" ’ig'ca ^pcùgiu'^i^^oCì n Kcà dpeìcov.

Di qui io cominciai a dubitare j fe per fortuna tutti i bachi delle carni dal feme delle fole mofehe

derivaflero , e non dalle carni fìefle imputridite: c tanto piu mi confermava nel mio dubbio , quan¬ to che j in tutte le generazioni da me fatte na- fcercj Tempre aveva io veduto fu le carni, avan¬ ti che inverminaffero , pofarfi mofehe della ftefla fpezie di quelle, che pofeia ne nacquero: ma va¬ no farebbe Ifato il dubbio fe i’cfperienza confer¬ mato non favelfe. Imperciocché a mezzo il me¬ le di Luglio in quattro frafchi di bocca larga mifii ma ferpe ^ alcuni pefei di fiume , quattro anguil-

lette

DI FKAnCESCO 'EEDl, 27

lette d’ Arno , ed un taglio di vitella di. latte , e polcia , ferrate beniffimo le bocche con carta , e fpago , e benillìmo figillate , in altrettanti fiafchi polì altrettante delle iuddette cofe , e lafciai le bocche aperte t molto pafsò di tempo , che i pefci , e le carni di quelli fecondi vali diventaro¬ no verminofejed in ellì vali vedevanfi entrar’, ed vfcir le mofche a lor voglia ; ma^ ne fiafchi ferra¬ ti non ho mai veduto nafcer’un baco , ancorché fieno fcorfi molti meli dal giorno, che in efll quei cadaveri furono ferrati : fi trovava però qualche volta per di fuora fui foglio qualche cacchione , o vermicciuolo , che con ogni sforzo , e folleci- tudine s’ ingegnava di trovar qualche gretola da poter’ entrare per nutricarli in quei fiafchi , den¬ tro a’ quali di già tutte le cofe melfevi erano puz- zolenti , infracidate , e corrotte ; ed i pefci di fiu¬ me , eccettuate le lifche , fi erano tutti conuertiti in un acqua grolfa , e torbida , che a poco a po¬ co dando in fondo divenne chiara , e limpida^ con 'qualche llilla di graffo liquefatto notante» nella fuperficie : dalla ferpe ancora fcolò molt’ac- qua j ma il cadavero di lei non fi disfece , anzi fi conferva ancora fano quali , ed intiero con gli illefli colori comefe ieri dentro foffe fiato rin- chiufo; pel contrario l’ anguille fecero pochiffim’ acqua; ma rigonfiando, e ribollendo, ed a poco

D 2 a poco

28 £SPE^£N. INT. AGV mSETTì

a poco perdendo la figura diventarono com’ una tnafla di colla , o di pania tenace affai , e vifco- fa : ma la vitella , dopo molte , e molte fettima- ncj rimafe arida, e fecca. Non fui però conten¬ to di quefte efperienze fole ; anzi che infinite ai. tre ne feci in diverfi tempi , e in diverfi vafi; e per non tralafciar cofa alcuna intentata infin fot¬ te terra ordinai piu d’ una volta , che foffero meffi alcuni pezzi di carne , che beniffimo coru. la fteffa terra ricoperti , ancorché molte fettimane fteffero fepolti , non generarono mai vermi , co¬ me gli produffero tutte T altre maniere di carni , fu le quali s’ erano pofate le mofche : e di notu lieve confiderazione fi è , che dei mefe di Giu¬ gno avendo meffo in una boccia di vetro di col¬ lo affai lungo, ed aperto, Tinteriora di tre cap* poni , colà dentro bacarono ; e non potendo tutti quei bachi per la foverchia altezza del collo fcap- parne fuora , ricadevano nel fondo della boccia , e quivi morendo fervivano di paftura , e di nido alle mofche , le quali continuarono a farvi bachi non folo tutta la ftate , ma ancora fino agli ulti¬ mi giorni del mefe d' Ottobre . Feci ancora un giorno ammazzare una buona quantità di bachi nati nella carne di bufolo j e ripofti parte in vafo ehiufo , e parte in vafo aperto ; in quei primi non fi generò mai cofa alcuna j ma ne’ fecondi

nacquero

DI Fl^CESCO ^DI. ng

nacquero i vermi, che , trafmutatifi in uova, di¬ ventarono in fine mofche ordinarie ; e lo ftefi'o per appunto avvenne d’ un gran numero delle/ iuddette mofche ordinarie ammazzate, e ripofte in fimili vafi aperti , e ferrati : imperciocché nul¬ la nafcer mai fi vide nel vafo ferrato 5 ma nell’ aperto vi nacquero i bachi , da’ quali , dopo ef- fer diventati uova, nacquero mofche della llcfifa ipezie di quelle , filile quali erano nati i bachi : di qui potrei forfè conghietturare , che il dottif- fimo Padre Atanafio Chircher , uomo degno di qualfiuoglia lode piu grande , prendefie , non fo come , un equivoco , nel libro duodecimo del Mondo fotterraneo} dove propone l’efperimento di far nafcere le mofche da i loro cadaveri . S’ir¬ rorino, dice quefto buonvirtuofo,i cadaveri del¬ le mofche , e s’ inzuppino con acqua melato^ ; quindi fopra una piaftra di rame fi efpongano al tiepido calore delle ceneri , e fi vedranno infen- fi limente nafcere da elfi alcuni minutifiìmi , e/ per mezzo del folo roicrofcopio vifibili vermic- ciuoli,che,apocoapoco fpuntando l’ali dal dor- fo , pigliano la figura di piccolifllme mofche 5 le quali pure, a poco a poco crefcendo, diventano mofche grandi, e di perfetta ftatura . Ma io per me mi fo a credere, che quell’acqua melata non ferva ad altro , che ad invitar piu facilmente le

viventi

3 o ESFS^EN.mT.JGL’ MS ETTI

viventi mofche a pafceriì di quei cadaveri , ed a lafciare in quegli le loro f^Qpenze ; e poco, anzi nulla , te^ngo che iftiporti il farne la. fperienza in vafo di rame , ed al tiepido calor delle ceneri j imperocché ferapre , ed in ogni luogo , da: que’ cadaveri nafceranno i vermi, e da’ vermi le mo¬ fche ; purché fu quegli dalle fteffe mofche fieno fiati partoriti i vermi , o i femi de’ vermi . Io non intendo già , come que’ fòttiliifimi vermi de¬ ferirti dal Chircher fi trasformino in picciole mo¬ fche , fenza prima , per lo Ipazio di alcuni gior¬ ni efl'ere fiati conuertiti in uova ; e non intendo ancora , ingenuamente confelfando la mia igno¬ ranza , come quelle mofche poffano nafeere così piccole , e poi vadano crefeendo .* imperocché le mofche tutte, i mofeherini, le zanzare , e le far¬ falle, per quanto mille volte ho veduto , feappa- no fuora dal loro uovo di quella fieffa grandez¬ za , la quale confervano tutto il tempo di loro vita . Ma, oh quanto, a quefia fola efperienza^ non ben confiderata delle mofche rinate da’ ca¬ daveri delle mofche , fi farebbono rallegrati , e per così dire , ringalluzzati coloro , che dolcemen¬ te fi diedero ad intendere di poter far rinafeere gli uomini dalla carne del uomo , per mezzo del¬ la fermentazione , o d’ altro fomigliante , o piu ftrano lavoro . Io fon di parere , che vi avrebbon

fatto

Di F\mCESCO ^Dl, 3 i

fatto fopra un fondamento grandiìTimo j e con^ vanagloriofa burbanza raccontandola , avrebboa pofcia efclamato,

Così fer gli gran faui fi confejja , che la Fenice muore , e poi rinafce :

Quindi fi farebbon forfè meflTi a quell’ incredibil cimento tentato fin’ ad ora da piu d'uno ; fi co¬ me io già bugiardamente afcoltai ragionare . Ma non merita il conto raffaticarfi , per confutar le ridicolofe ciance di coftoro 5 imperocché cornea dille Marziale,

Turpe ejì difficile s hahere nugm^

Et Jìultus labor efì ineptiarum.

E tanto piu che il celebratiflìnro Padre Atanafio Chircher nel libro undecimo del Mondo fotter- raneo ha nobilmente confutata , e con fodezza di ragioni , la follia del parabolano Paracelfo , il quale empiamcnre volte darci ad intendere una^ ridicolofa maniera di generare gli ©miccia tti nelle bocce degli Alchimiili . Rmiatigo bene molto piu fcandalezzato di alcuni altri , che fopra fomi- glianti menzogne gettano i fondamenti , e le con- ghietture di quell’ altiffimo Mifterio nella fede> Criftiana , della reforrezione de’ corpi alla fine del Mondo . Il Greco Giorgio Pifida fi fu uno di coftoro , efortando a crederla coli’ efempto della Fenice % ed il famofiffimo , e celebratiffimo

Signor

3 z ESPE^E-N. mr. AGV MS ETTI

Signor de Digbì col rinafcimento de’ granchi da! proprio lor fale con manifattura chimica prepa¬ rato, e condotto. Ah che i fanti, e profondi mi- fteri di nofìra fede non poffono dall’ umano in¬ tendimento elTere comprefi , e non camminano di pari con le naturali cofe; ma fono fpeciale, e mirabil fattura della mano di Dio; il quale, men¬ tre che venga creduto onnipotente , 1’ altre cofe tutte facililTimamente , e a chius’ occhi creder fi poflbno , e fi debbono j e credute a chius’ occhi piu s’intendono ; onde quel gentiliflìmo Italiano poeta cantò;

1 fegreU del del fol colui <vede,

Che ferra gli occhi , e crede .

Ma tralafciata quella lunga digrefiìone , per tor¬ nare al primo filo, fa di meftiere, ch’io vi dica, che quantunque a ballanza mi pareiTe d* aver toc¬ cato con mano , che dalle carni degli animali morti non s’ ingenerino i vermi , fe in quelle da., altri animali viventi non ne fieno portate fe- roenze : nientedimeno per tor via ogni dubbio , ed ogni oppofizione, che poteffe effer fatta, per cagione delle prove tentate ne vafi ferrati , ne* quali l’ ambiente aria non può entrare , e ufcire, ne liberamente in quegli rinnovarfi ; volli ancora tentar nuove efperienze col metter le carni , ed i pefci , in un vafo molto grande; e acciocché

l’aria

33

DI F:B,ANC£SC0 KEDh

r aria potefle penetrarvi , ferrato con fotiiliflìmo velo di Napoli , e rinchiufo in una calTetta , su guifa di mofcaiuola , fafciata pure con lo ftelTo velo 5 e non fu mai poffibile , che fu quelle carni, e fu quei pefci fi vedefle , meno un baco : fe ne vedevano però non di rado molti aggirarli per di fuora fopra il velo della mofcaiuola ; che^ tirati dall’ odor delle carni , talvolta dentro di quella penetravano per i fottilillìmi fori del fitto velo : e chi non folfe fiato lefio a cavargli fuora , farebbon forfè ancora arrivati ad entrar nel vafo; con tanto fiudio , ed indufiria facevano ogni loro sforzo per arrivarvi: ed una volta olfervai , che due bachi , avendo felicemente penetrato il primo velo , ed elfendo caduti fopra il fecondo , che ferrava la bocca del vafo , anco fu quello s’ eranò tanto aggirati , che già con la metà del corpo l’avevano fuperatoj e poco mancava, che non folfero fu quelle carni andati a crefcere . E curiofa cofa era in quello méntre il veder ronza¬ re intorno intorno i mofconij che, di quando in quando pofandofi fui primo velo , vi partorivano i bachi ; e pofi mente , che taluno ve ne lafcia- va fei , o fette per volta , e taluno gli figliava per aria, avanti che al velo s’ accofiaffe ; e quelli for¬ erano di quella razza ftelfa , della quale rac¬ conta Io Scaligero , elferfi per fortuna imbat-

E tuto j

34 ESPEI^En.mT.AGUmSETT ì

tuto , che un mofcone da lui prefo gli partoriffe nella mano alquanti di quei piccoli vermi ; e da tale avvenimento fuppofe egli , che tutte le rao- fche generalmente figliaflero bachi viventi ,6 non uova : ma quanto quel dottiamo uomo s’ingannaf- fe,àbaftania fi può conofcere per quello, che di fopra hofcritto. Ed in vero alcune razze di mo* fiche partorificono vermi vivi, ed alcune altre par- torificono uova , e me ne fion certificato con^ r efiperienza , e fiu ’l fatto ; Ne mi convince pun¬ to ne poco 1’ autorevoliflìma teftimonianza del fiapientiffimo Padre Onorato Fabri della venera¬ bile Compagnia di Giesù, il quale , al contrario di quel che tenne lo Scaligero , ha creduto nel lib. della generaz: degli Anim: che le mofche fi- glino fempre l’uova, e non mai i vermi: E’ può ben efiere , che le ftelfie razze delle mofiche ( io non aflermo , e non nego ) alle volte facciano l’uova , ed alle volte i vermi vivi , e che di lor natura farebbon forfè fempre l’ uova , fe 1 caldo maturativo della ftagione non gliele faceife nafce- re in corpo ; e per confeguenza elle partoriifero poi i vermi vivi, e femoventi , come mille volte effettivamente ho veduto,

S’ ingannò altresì raccuratiflìmo Giovanni Sper- litigio avendo fcritto nella Zoologia , che que’ bachi delle mofche non fon partoriti da elfe mo-

fiche j

. DI F:^N€ESC0 35

fche j ma bensì che e’nafcono dallo fterco delle medefime ; e per renderne la ragione , con fallo prefuppofto foggiunfe : F^tio httms rei antmis can’ didis ohfcura ej?e nequit ; mufM enim omnia liguriunt , 'z>ermiumqae materiam una cum cibo ajfumunt j af" fumftamque per almm reddunt . Non offervò Io Sperlingio quel che ognuno può giornalmente-* oirervare,ed è, che le mofehe anno la loro ovaia divifa in due celle feparate, le quali contengono Tuovajò cacchioni, egli tramandano ad un folo, e comune canaletto , giù per lo quale fon tra¬ mandate fuor del corpo, ed in quantità così gran¬ de , che par cofa incredibile , elfendochè certe/ mofehe verdi fon tanto feconde, che ogn' vna di effe avrà nell’ovaia fino a dugento cacchioni: s’ ingannò dunque Io Sperlingio credendo che i vermi delle mofehe nafeeffero dallo fterco di efi'e mofehe, econ Io Sperlingio s’ingannò forfè anco¬ ra il dottilfimo Padre Atanafio Chircher,che eb¬ be una non molto diffimile opinione . Ma non>. meno di quefti due famofi fcrittori , andò lonta¬ no dal vero un grandiffimo virtuofo , e mio ca- riffimo amico ; il quale avendo veduto , che urt. mofeone incappato nella rete , ogni volta , che dal ragno era morfo , gettava qualche verme , venne in opinione, che le morfure del ragno vir- tude aveffero , e pofsanza , di fare inverroinare i

E s corpi

3 5 ESPEl^EN. INT. AGU INSETTI

corpi delle mofche . Non invernrina adunque , p er quanto ho referito , animale alcuno , che morto fia.

Or come potrà efler vero ciò, che dagli fcrit- tori vien riferito , e creduto delle pecchie , che elle nafcano dalle carni de’ tori imputridite : o che perciò , come racconta Varrone , i Greci le chiamaflero ^ùvyiveii. Queftaèunadi quelle men¬ zogne, che , anticamente a cafo da qualcuno fa- volofamente inventate , da altri , come fe foflero mere veritadi , furono poi raffermate , e di nuovo fcritte , e fempre con qualche giunta ; impercioc¬ ché non tutti gli autori raccontano ad un modo la maniera di quefta maravigliofa generazione ; e non fono tra di loro d’ accordo. Columella fi dichiarò , che non voleva perderci il tempo , aderendo all’opinione di Celfo,il quale non ere- dette, che fi poteffe mai del tutto fpegnere la raz¬ za delle pecchie : onde fuperfluo farebbe flato il cercarle tra le vifeere de’ tori. Magone però, ci¬ tato da Columella , infegna i foli ventri del toro effe re a queft’ opra fufficicnti j e Plinio aggiugne elfer neceffario , che ricoperti fieno di letame. Antigono Cariftio , in quella fua raccolta delle maravigliofe narrazzioni , vuole , che un intero giovenco fi feppellifca fotto terra 5 ma che però rimangano feoperte le corna j dalle quali tagliate a fuo tempo con la fega ne volano fuora ( come

egli

DI FZAnCESCO 37

egli dice ) le Api. Ad Antigono aderifccingran parte Ovidio nel primo libro de’ Falli .

j dixit y repares arte requiris apes ?

Ohae mactau corpus tellure iuuenci :

^od petis a nobisy obrutus die dabk.

luffa factt pajlor y feruent examina putrì De boue : mille animas <x>na necata dedit , Varrone , nel libro fecondo , e nel terzo degli affari della villa y non fi dichiara , fe neceffario fia il feppellirlo , o fe pure fia bene il lafciarlo imputridir fopra terra . Columella anch’ egli di quella particolarità non parla ; e non ne parla., ancora Eliano nel fecondo libro della lloria de¬ gli animali ; e Galeno lo tace nel capitolo quin¬ to di quel libro, che egli fcriffe j/e animale fta ciòy che neW 'utero fi contiene . Virgilio però , nel fino del quarto della Georgica, pare, che teneffe opi¬ nione, che non foffe neceffario il fotterrarlo; ma che ballaffe lafciarlo nel bofco all’aria libera, ed aperta .

^attuar eximios pr^fìanti torpore tauros ,

^i ubi nunc ‘Vtrtdis depafcunt fumma Lyc<eiy Delire y ^ intaBa totidem ceruice tuuencas . ^attuar his aràs alta ad delubra Dearum Confìituey facrum iugulis demitte cruoremy Corporaepue ipfa boum frondofo defere luco .

E appreffoj

Pofìy

3 8 ESPE2{IEN. JNT. J&B MS ETTI '

Pojì , njhi nona fuos Aur’orÈ tndaxerat ortus j Inferias Orphet mittà’ f'I^cumcpe reuift >; ; Heic a^erò fubitum , ac~diAti mirabile , monjlrum Adfpiciunt : IdjtièfaBa boum per <-uifcera tota Stridere apes njtero , raptis efferuere eojìis , Jmmenfafque trahi nubes : iamque arbore fumma Confluere, lentis 'uuam demi iter e ramis .

E pure non moki verfi avanti detto avea , che neceflario era eleggere un luogo murato , e co¬ perto .

Exigms primùm j atque ipfos eontrathus ad njfus Eligitur locus . hunc anguflique imbrice teSli , Parietibufque premmt arBts 5 quattuor adduntj ^uattuor à njentis obliqua luce fenejìras .

Ma luba Re della Libia apprelTo Fiorentino , nel quintodecimo libro degli ammaeftramenti del- r agricoltura , attribuiti allo Imperadore Coftan- tino Pogonato, voleva , che fi rinchiudefie il vi¬ tello in un’arca di legno; fe bene il fopramento- vato Fiorentino pare, che non l’approvi ; anzi con l’opinione di Democrito , e di Varrone, at- tcnendofi al detto di Virgilio, afferma, che quefta faccenda far fi dee in una ftanza fabbricata a po¬ lla per quello effetto , e ne infegna il modo mi¬ nutamente di giorno in giorno dal principio inil- no al fine : quindi foggiugne , che la plebe delle pecchie nafce dalie carni del toro ; ma che i Re

s’ingenerano.

DI FT^CESCO -FEDÌ, sp

s' ingenerano , e nel cervello , e nella fpinal mi¬ dolla j ancorché quegli del cervello fieno mag- giorij piu belli , e piu forti . Ma del numero de’ giorni , ne’ quali refta compiuta l’ opera , egli è molto lontano da quel, che ne fcrdfe Virgilio; il quale ne afi'egnò nove ; ed egli arriva fino al nu¬ mero di trenta due : e Giovanni Ruccllai nel fuo gentiliflìrao poemetto dell’ api, fensa farne men- zione , fotto filenzio gli palfa ; ancorché tutto quanto quefto magiftero diffufaraente deferiva :

Ada però s’ elle ti ‘-vemffer meno Per qualche cafo^ e dejìituto fofsi Dalla fperanza di potere auerne D’ alcun luogo ^vicino ; io "doglio adirti Vn magijlero nobile y e mirando i Che ti Jarà col putrefatto [angue De i morti Tori ripararle ancora ;

Come già fece il gran pajìor d' Arcadia Ammaejlrato dal ceruleo Tate y Che per 1‘ ondofo mar Carpalo pafee Gli armenti informi de le orrtbil Foche Perciò y che quella fortunata gente , che bene 1‘ onde del felice fumé , , . che fìagna poi per lo diflefo piano Prejfo al Canopo , oue Alef andrò il grande Pofe l’alta Citta , eh’ ebbe il fuo nome .

La quale ha intorno fe le belle <villey

Che

40 ESPE^BN. INT. AGU INSETTI

che la rimerà de le falubri onde 2{Ì£a y e le mena le barchette intorno ; ^ejlo ^venendo Umge fin da gl' Indi , eh' anno i lor corpi colorati , e neri y Feconda il bel terren del uerde Egitto ,

E poi fen nja per fette bocche in mare . ^efio paefe adunque intorno al Nilo _

Sa il modoy che fi dee tener , chi svuole Generar l’ api y e far nouelli e fami. Primieramente eleggi am picciol loco ,

Fatto y e difpoflo fol per tale effetto ,

E cingi queflo d' ogni parte intorno Di chiufi muriy e fopra ‘•vn picciol tetto D‘ embrici poni , ed indi ad ogni faccia Apri quattro finefire , che fian molte A i quattro primi <^enti , onde entrar poffa La luce , che fuol dar principio , e mita , ^E moto y e fenfo a tutti gli animanti ;

Poi y che prenda mn fiouanetto toro , che pur' or curui le fue prime corna y E non arriui ancora al terfo Adaggto ,

E con le nari y e la bauofa bocca Soffi mugghiando fuori orribil tuono ;

D’ indi con rami ben nodofi , e graui Tanto lo batterai y che cafehi in terra y E fatto quefio chiudilo in quel loco y Ponendo fotta lui popoli , e falci y

DI FRANCESCO ^Dì

41

E [opra cafsia , con ferptllo e timo ^

E nel principio jia di i'rtmauera ,

Quando le grue tornando a le fredde alpi Scriuon per 1‘ aere licjtttdo , e tranquille La biforcata lettera de i Grecia In quejlo tempo da le tenere offa Il tepefatto umor bollenao ondeggia ,

( O potenza di Dio quanto jet grande ^

^anto mirabil ) d’ ogni parte allora T u a/edi pullular quegli animali ,

Informi prima y tronchi y e Jenzjt piedi y Senz! ali , njermi y e eh' anno appena il mote . Pofcia in quel punto quel bel fpirto infufoy Spira y e figura i piè y le braccia y e l’ ale y E di rcaghi color le pinge , e inaura .

Ond' elle fatte rilucenti y e belle Spiegano all’ aria le fìridenti penne ^ che par , che filano <una rorante pioggia Spinta dal amento y in cui fiammeggi il folei O le faette lucide , che i Parti Ferocifsima gente y ed ora i Turchi Scuoton da t nerut de gl' incuruat' archi .

Non mancarono mok‘ altri poeti, e tra’Grcci, e tra’ Latini , che accennaflero quello nafeimen- to deir api j e particularmente Filerà di Coo , che fu nuaellro di Tolomeo Filadclfo, Archelao J^teniefe , o Milelio citato da Varrone , Fiiono

F Tarfenfe

4Z ESPB'B^En. mr. agl' insetti

Tarfenfe nella defcriziòne del fuo fattiofilfimo antidoto , Giorgio Pifida , Nicandro j, e gentil, mente Ovidio nel decimoquinto delle Trasfor¬ mazioni .

/ quoque, deleSios maBatos ohme taufos :

( Cognita res rufu ) de putrì ‘"vifcere pafsim florilegi nafcuntur apes , qu^ more parentum ^ra. colunt y operique fauent j in fpemq: lahorant. Lo confermano ancora molti pro&tori , tra'quali è da vederfi Origene ,, Plutarco nella vita del fe¬ condo Cleomene, Filone Ebreo nel trattato delle vittime ed a quelli antichi aderifcono tutti i Fi¬ lologi, e tutti i Filofofi moderni,, che ammettono quella favola per vera j e fovente hd di lei fon¬ damento pretendono di fabbricare macchine gran- dillìme :.ed infino quel fublimc fcrittore , quel fui- gidilfimo lume delle fcuole moderne, Pietro Gaf- fendo, per cofa vera la racconta ; ed avendo of- fervato , che Virgilio da per precetto , che talo- opsrazione fi faccia al principio della primave¬ ra , e prima che F erbe fiorifcano ,

Hoc geritur , Zephyris primum impellentihus undas Ante muis ruheant quam prata colorihus : ante Garrula quam tignis niàum fufpendat htrundo . dice , che con molta ragione ciò viene avvertitoj concioffiecofechè in quel tempo- il giovenco ha.» pafciuto ferbe pregne di yarjremi, che farebbon

poi

I

DI F^mESCO ^DJ. 41

poi germogìiad in fiori 5 c foggiugne 3 che dallo fteflb Virgilio, e da Fiorentino con molta ragio¬ ne parimente fu comandato , che il morto vitel¬ lo fopra uno ftrato di timo, e di caffia s’adagiaf” fe: imperocché il timo , e la cafiìa contengono femi abililfimi alla generazione delle pecchie ; i quali tutti fpiritofi , e odoriferi , penetrando ne! fracidume di quel cadavero , Io diipongono su veftir la forma di quegl’ induftriofi animaletti * Molti furono , e fono di tale opinione imbevuti, come farebbe a dire Pietro Crefeenzi , Vliife Al- dovrando, Fortunio Liceti, Girolamo Cardano, Tommafo Moufeto , Giovanni lonllono , Fran- cefeo Ofualdo Grembs , Tommafo Bartolini , Francefeo Folli inventore dello ftrumento da co* nofeer Tumido, e’I fecco delTaria , ed il curio- ^ filTimo Filippo iacGpo Sachs , il quale nella fua^ erudita Gamberologia fa ogni sforzo polfibilo per mantenerla in concetto di vera : e beno Giovan Battifta Sperlingio molto accorto , e di¬ ligente fcrittore nella Zoologia faggianiente det¬ to avea , che in una grande , e peftilenziofa mor¬ talità di armenti, non fi era nel paefè di Vittem- berga, ne veduta mai, ne offervata quella gene¬ razione di api fattizie 5 contuttociò il Sachs, chia¬ mando in aiuto Gerardo Giovanni Volfio nel quarto lib; delTidolatria , rifponde elfer ciò potuto

F 2 avvenire

4i ESPE:^EfJ.mT.AGL' mSBTTl

avvenire per la freddezza di quel paefe inabile a poter generare, e nutrire que’ volanti infetti : E lo ftefl'o Padre Atanafio Chircher , credè veriffr ina quella nafcita artificiofa delle pecchie ; anzi nel lib: duodecimo del Mondo Sotterraneo infe- gnò ancora , che dallo fterco de’ buoi pullulano alcuni vermi a guifa di bruchi, i quali in breve-» tempo mettendo l’ali , fi cangiano in api . Io non fojfequefto commendabile Autore ne abbia mai fatta oculatamente la fperienza , fo bene , che quando ho fatto tenere in luogo aperto , cornea vuole effo Padre Chircher, lo iì;erco,e de’ buoi, e di qualfivoglia altro animale , fempre ne foru nati i bachi, e di primavera, e di fì:ate,e d’au¬ tunno 3 e da’ bachi ne fon forte le mofche , ed i raofcherini , e non Tapi : ma fe l’ho fatto con- fcrvare in luogo chiufo,dove le mofche, ed imo- fclierini non abbian potuto penetrare , ne figliarvi fopraleloro uova; non vi ho mai veduto nafeere cofa alcuna : e di qui fi feorge evidentemente quan¬ to fenza ragione Frate Alberto Tedefeo, cogno- minatoMagno,alferraaflre,che dal letame putre¬ fatto nafeer fogliano le mofche . Ma per non-> ufeir del filo, vi torno di nuovo a fcrivere, che infiniti fono gli Autori moderni , che fi perfua- dono, che dalle carni de’ tori abbian vitaiepee- chie ; nel libro della generazione degli animali

fc

DI F\AmESCO %EDÌ, 4S

fe lo perfuadeildottiffimo Padre Onorato FabnV le di cui opre famofe non faran mai fepoitc nel¬ le tenebre della dimenticanza: molti, e moki al¬ tri ancora vi potrei annoverare , fe non folli chia¬ mato a rifpondere alle rampogne di alcuni , che brufeamente mi rammentano ciò , che fi leggo nel capit: quattordicefimo del Sacrofanto Libro de'Giudici 5 che Sanfone colà nelle vigne di Tan. nata , avendo ammazzato un leone , e volendo di poi rivederne il cadavero , ritrovò in quello uno feiame bellilfimo di api , le quali vi aveano fabbricato il mele 5 dal che fu indotto Toraraafo Moufeto a feri vere nel fuo Teatro degl’ infetti , che le api altre nafeono dalla carne de’ tori , fon chiamate ruvpayim^y ed altre dalla carne de’ leoni, e fon dette Monoyivà^^e che quelle fon di miglior razza, e più generofe, e più forti ; e di qui avviene, che, ribollendo loro in feno i femi della paterna ferocia , non temono di allalire , fe irritate fieno, gli uomini fteflì , e di ammazzare ancora ogni animale piu grande ; onde Ariiìoti" le , e Plinio fanno tefìimonianza , da quelle elfe» re fiati uccifi infin de’Cavalii ; quindi foventi fia¬ te ne’ Sacrofanti Libri vengon paragonati i più forti , ed i più terribili nemici , alle pecchie , o particolarmente in Ifaia . Séilabit Dommus apip quoe ejì in terra Ajfur ^ il che da’Caldei fu interpetratOo

Darà

4<J ESP£SJEN.mTUGL‘lNSETTi

Darà njoce tl Sigpme a poderofìfsimi eferciti , che [oft-* forti come le pecchie , egli condurrà da‘ confni della ter¬ ra d' Afsiria . E ’l Rabbino Salomone fpiegando quello paflb , dice ; Darà ruoce all’api , cioè ad un' gfercito di uomini fortifsimiy che ferifcono^ come le api. Quella dilficultà fu confiderata dall’ eruditillì- mo j e fapientilfimo Samuel Bociarto nella lècon- da parte del fuo famofo lerozoico 3 e faggia- mente da lui fu rifpollo 5 efler vero^ che nel ca- davero del leone fiiron trovate dal fuo uccifore^ le pecchie ; ma che per quello non fi dee argo¬ mentare, che elle vi foffèro nate j il Sacro Te- fto lo dice 5 anzi dal Sacro Tello fi può cavare, che allora quando Sanfone volle riveder quella^ morta bellia, ella non era più , per cosi dire, un cadavero, ma uno fcheletro d’ ofla fenza carne 5 e fcheletro appunto vuol intendere il Siriaco in- terpetre con quelle parole : Sog-

giugne pofcia il medefimo Bociarto , che ben po¬ teva il leone elfer divenuto uno fcheletro arido, e nudojconcioifiecofachè quando Sanfone ritor¬ per vederlo, ciò avvenne, come fi legge nel Tello Ebreo dopo giorni 3 cioè dopo un anno ; quello modo di favellare , e di prendere i giorni per l'anno , aftèrma elfer frequentiirimo nella Sacra Scrittura , e dottamente ne cita molti , e molti palli, che per brevità tralafcio.

Se

DI FJ^ANCESCO 2{£DJ» 47

Se dunque Sanfone ritornò dopo un’ anno riveder quel cadavere, verifimil cofa è, che non fofle allora altro che un nudo fcheletro , dentro al quale non abborrifeono le pecchie di fare il mele j e ne fa teftinìonianza Erodoto , raccon¬ tando, che gli Amatufi , avendo tagliato il capo ad un certo Onefilo , e confittolo fopra le porte di Amatunta, ed eflendo di già inaridito , uno feia- me di apivi fabbricò i fuoi favi; ed un’altro gli fabbricò medefimaniente nel fepolcro del divino Ippocrate , fe crediamo a Sorano nella di lui vi¬ ta : ed io mi ricordo aver piu volte udito dira^ al Cavalier Francefeo Albergotti letterato di non ordinaria erudizione j ch’er ne vide un gior¬ no un non piccolo feiame appiccato al tefehio* d’ un cavallo .

Potrebbe qui forfè elfer molfo vn’ altro duB- bio ; fe per fortuna fofle avvenuto , che le pec¬ chie fi foflero gettate a mangiar le carni di quel leone ; ed in mangiandole vi aveflero fatti fopra i loro femi , o partoriti i loro cacchioni , da’qua- li , nate poi le giovanette api , aveflfero potuto nella teffitura di quell’ offa fabbricare i fiali dei mele : e tanto più che quefta fu T opimone dei Franzio , allora che nella Storia degli animali ebbe a favellare delle carni de’ buoi . Ma io ri- fpondereijche le pecchie fono animali gentiiiflì-

48 ESPB:EJENJNT. AGL’ JNS ETTI

mi 3 e cosi fchivi, e di-licatijche non folo non fi cibano delle carni morte 5 ma meno fu quelle fi pofano 3 e l’anno incredibilmente a fchifo. N'ho p?ù volte in varj tempi j ed in luoghi diveriì fat¬ ta efperienja 3 attaccando de’ pezzi di carne fo- pra3ed intorno agli alveari j e mai le pecchie ad elle carni non fi ion volute accollare : e fe voi Signor Carlo non lo volefte totalmente crederò a me 3 datene fede per lo meno ad Arillotile nel cap. quarantefimo del IX. lib. della Storia degli animali j credetelo a Varroncs a Didimo 3 che lo copiò da Varronejal greco Manuel File 3 che ca¬ vando quafi interamente la fu’Opera da Eliano 3 fiorì ne’ tempi , o di Michele CuropalatajO vero di Muhel Balbo imperatori di Coftantinopolì 3 zcu ULVJ dyvov « <ro^w /2i0v^

ovo’oL nKfJMv

e finalmente a Plinio , che nell’ undecimo libro lafciò fcritto . Omnes carne njefcmtm ^ cantra quam apes 3 qm mllum corpus attingunt . , Ma il buoio Plinio {cordatoli foife poi di aver ciò riferito j contraddicendo a fe raedefimo nel capitolo deci- inoquarto del ventunefimo libro fcriffe. Si cibus deeffe cenfeatur apibus 3 uuas pajjas ficcafue , ficofqut^ tufas 3 ad fores earmn pofuiffe comeniet , item lanas traBas madentes paffo , aut defruto , aut aqua mulft^c Cailmarum etiam crudas carne s .

Confiderando

D/ F2{jmESC0 1{EDI. 4p

Confiderando quella così manifefta contraddi¬ zione di Plinio, meco medefimo piu volte ho te¬ muto, che nel ventunefimo libro potefle eflfere er- ror di fcrittura ; ma fon’ ufcito di dubbio j impe¬ rocché avendo confrontato quello paflbcon mol¬ ti antichi tefti a penna delle piu celebri librerie/ d’Italia, in tutti ho trovato collantemente le ftef- fe parole , fi come le trovo nell’ antico Plinio ftampato in Roma nel 1475, ed in quello di Par¬ ma del 1480; Vi è però quella differenza che/ in tutti gli llampati ha , Gallinamm etiam crudas car~ »w; ma ne’manufcritti per lo piu, e nelle Olfer- vazionidel Pinziano fi ìe^ge iGallinarum etiam m- das cames . Qual fia miglior lezione lo potranno giudicare i critici j io quanto a me credo , che Plinio fcriveffe crudas carnes , e lo imparaffe da/ Columella ,il quale nel capitolo quattordicefimo del libro nono.infegnò , che quando mancava il cibo alle pecchie, alcuni coftumavano intromet¬ tere degli uccelli morti non pelati negli alveari j e fon quelle effe le fue parole . ^idam exemptis inter aneis occifas aues intus includunty tempore hy herno plumis fuis delitefcentihus apfhus prabent teporem: tum ettam fi funt ajfumpta cibaria , commode pafcmtur efurtentes , nec mft offa earum relinqunt . Ma llrana/ cofa è il prurito grande , che anno gli Scrittori di contraddirli l’un l’altro 5 e di qui avvenne for-

G fe,

50 ESPE^EN,mT.AGU mSETTl

fé, che Pietro Crefcenzi volle, che fofse data alle pecchie affamate non la carne cruda , ma il pol¬ lo arroftito . ^ando ( dice egli ) molto impoueri- [cono del mele y il e^MÌe fi eonofce al ‘■vedere ^ fe di folto fi ragguardi , o al pefo : o mero meglio faccenda m faro fiopra la parte meii^na ^ e per queflo m fafcel netto den¬ tro mejfio dia laro del meleto mero pollo arrofiitoyo me' ro altre carni . Crederei dunque per falvare il det’ to di Plinio, che le pecchie non mangiaflero mai carne fe non cacciate dalla careftia , e dalla fa¬ me , e ben lo diffe Columella nel foprammento- vato capitolo, parlando di que’ morti vccelli . Si tiutem faui fufficiant y permanent illthau. Anzi Colu- mella conobbe molto bene , che era forfè una^ vanità , ed un voler far contro alla natura delle pecchie , dando loro le carni per cibo , e perciò foggiunfe . Melms tamen nos exifiimamus tempore hy. herno fame lahorantihas ad ipfos aditus m canalicultSy mel contufam: y aqua madefaBam ficum ariduot-» ,

mel defrutum y aut pafium pr^ebere ', e di tal credenza forfè, furono Varrone , Virgilio , e Palladio , i quali non fanno mai menzione di fomminiftrar la carne all’ api nella mancanza del mele In fora- ma le. api anno, differente natura da quella de’ca- labroni , e delle ,yefpe ; imperocché e quefte , e quegli avidamente affaporano tutte quantelecar- in's e tutte- quante le carogne , che loro n paran

davanti ,

DI F2{ANC£SC0 2{EDI , 5,1

davanti; ed io piu volte ne ho fatta la prova : c non fi contentano di mangiarne , ma razzolan¬ dole , e facendone alcune piccole pallottole , fe le portano per avventura ne’ loro vefpai ; e ne> fon quelle beftiuole così rottamente golofe , che talvolta per ciharfene anno ardire di affrontar gli animali viventi ; E Tommafo Moufeto nel Tea¬ tro degl’ infetti racconta , effere flato offervato in Inghilterra , che un calabrone perfeguitando una palfera, e finalmente avendola ferita, e mor¬ ta 3 fu veduto fatollarfi del di lei fangue . Noru. la perdonano altresì alle carni umane : quindi è che Cointo Smirneo diffe , che i Greci in com¬ pagnia di Neoptolemo fi fcagliavano alla batta¬ glia, come fanno per appunto le vefpe, quando, fpiccandofi daToro vefpai , bramano pafcerfi di qualche corpo umano : e quel fovrano Poetai - che belle fue divine Opre,

Aiojìro ciò 3 che potea la lingua mflra , prefe argomento di defcriver favoleggiando Io pene di alcuni , che nella prima entrata dell’ In¬ ferno erano tormentofamente puniti ,

^ejìi fci aurati , che mai non fur <xjìuì Frano ignudi 3 e Jìmolati molto Da mofconi 3 e da ‘-vefpe eh’ eran’ mi ; -

Elle rigauan lor di fangue il ‘uolto ,

Che mifchiato di lagrime , ai lor piedi

G 2 Da

, 5 a ESPEKJE^. INT. AGL’ MS ETTI

Da fajìidiofi 'vermi era ricolto .

Son ghiottiifitne le vefpe de’ferpend , fe meri* ta fede Plinio , e con quefto alimento die’ egli » fi rendono piu velenofe le loro punture : il che^ vien confermato da Eliano nel capitolo quinto- decimo del libro nono della Storia degli animali, enei capitolo deciraofefto del libro quinto, dove - rapporta , che a bella prova corrono ad infettare il lor pungiglione col tollìco della morta vipera : dal che l'umana malizia apprefe poi l’arte d’av¬ velenar le frecce 5 ed VlilTe come racconta Omero nell’Odiffea navigò in Efira per impararla da un cert’ ilo Mermerida j e d’ Ercole molto , prima che d’Vlifle fi racconta, che rendefle mortifere le fuc faette col fangue dell’ Idra . Non è però già da credere, che diventino avvelenate le punture del¬ le vefpe , e de’ calabroni per eflerfi cibati della., carne di qual fi fia ferpe indifferentemente ; im¬ perocché quefto cafo allora folamente fi può da¬ re, quando abbiano tuffati gli aghi loro in quel peftifero liquore , che fta nalcofo nelle guaine , che cuoprono i denti canini della vipera , o de¬ gli altri a lei fimili ferpentelli , come fu da me accennato nelle mie OJferuazjom intorno alle 'vipere . Se poi veramente i calabroni , e le vefpe ( con¬ forme vuole Eliano ) abbiano quella malvagia., inclinazione di natura, io non vorrei crederlo .

Teofreilo

DI F2{ANC£SC0 \EDl. 53

Teofrafto , per quanto fi legge nel frammento del liìsro , che fcrilfe degli ammali , che fon creduti énuidiofìy confervato nella librerìa di Fozio , fag- giamente tien per fermo , che tal maligna invi¬ dia non fi trovi mai negli animali , che fon privi di difcorfo : e fe lo llellione fi mangia la propria fpoglia 5 ’I vitello marino prefo da’ cacciatori vomita il gaglio ; le le cavalle ftrappano dalla^ fronte de’ figliuoli , e fi divorano la favolofa ip- pomane 5 le’l cervio ( il che pur’ è menzogna ) nafconde fotterra il corno deliro, quando gli ca¬ de ; fe ’l lupo cerviere cela alla villa degli uomi¬ ni la propria orina j e fe ’i riccio terreftre tra le mani de’ cacciatori fi guafta coll’ orina la pelle , ei crede che lo facciano , o per timore , o per qualch’ altra cagione appartenente a loro llefil 5 e non perchè vogliano invidiofamente privar gli uomini di que’Ioro efcrementi, dal volgo credu¬ ti giovevoli per alcune malattie, e per le ridico- iofe fatture degli llregoni . Ad imitazione di Teo¬ frafto ancor’ io direi , che le vefpe , e i calabroni ronzaffero intorno a’ cadaveri de’ ferpenti , noiu per avvelenare i loro pungiglioni , ma per lo fol fine di nutricarfi : e per lo fteffo fine avellerò ni- micizia, e perfeguitafiero oftinatamente i raofco- ni, e le pecchie. Non è però, che le vefpe non vivano ancora di fiori , e di frutti , c frefchi , c

fecchi.

54 ESPE^Ef^JNr.AGVmSETTI

fecchi 5 ma T uva , ed ih particolare la mofcadel* la , troppo ingordamente la divorano , come ne fan teftimohÌanz,a Cointo Smirneo , e Nicandro negli Aleflìfarmaci , e fi vede tutto giorno per elperieiiza . , ' ■> - ;;

Or fe , come diflfi , è menzógna , che le pec^ chie nafcano dalia-carne imputridità de’ tori , fଠvola non meno credo, che fia -quel che da alcu¬ ni fi narra , che nelle parti della Ruifia , e della Podolia fi trovi una certa maniera di ferpenti , che fi nutrifcono di latte, ed anno il capo , ed il becco fimile all’ anitre , e fon chiamati zmija, , i quali generano dentro de’ loro corpi viventi , e partorifcono poi per bocca , o per meglio dire, vomitano ogn’anho a pocoa poco due fciami di pecchie almeno , che in lingua del paefe dette fono z^myowckt , e ritenendo molto della natura ferpentina , s’ armano di un pungiglione veleno- fo , e poco men che mortale Quello racconto in quelle provincie è tenuto per cófa certilfima,e molti riferifcono d’aver veduti di quegli fatti fer-: pentii e fu ancora confermato in Parigi dalla. te- Itiraonianza d’ un tal Signor Szizucha per quan- to mi viene fcritto in una lettera dal dottiffimo , ed eruditilTimo Signor’ Egidio Menagio . ll Signor Menagio però non vi prefta fède , anzi tien per verifimile, fe fia vero però, che que’ ferpenti vo¬ mitino

, DI FlS^AfìCESCO 55

mitino tempo in tempo delle pecchie, che ciò avvenga , perchè le abbiano' 'prima inghiottite vive nel tempo forfè , che rubano ii mele dagli alveari V n y a point d’apparmce (, die* egVi ) (k-* croire y fùeies abetlles s' engendrent'dans le corps dc~j cettésfwrtg ferpens-y il eji nfraffemhUbte y <jue ces ferpem les ayant an^aHees arvec leur miei , car la plus part des/erpms aiment les chofes.dmces..y ìils les-reojo^ mijfent de ^ite. y en e^mt puquez^ : E una fola volta forle, ;che ciò dia accaduto, e che fra ftato olfer- vato, può: aver dato jluogo alla favola, ed all’ uni? verfa'le ^credenza . Sia cOm^^lfer; fi voglia , che io tra quèfte fuddette livole novero ancora quell’ altra sj'chc le ye(p.er,:;è,j calabroni fJconofcano il loro nafÈimentòidà lalcuhe imni fdl carni pu¬ trefatte i ^ancorché flal Iconfehfò univerfaliflimo d’ infiniti aratori ven^" aftérmaità per vera ed in¬ fallibile. r «,'hìloXiOj ho ; r';; ; ^ ?

AnrigOno», iPIinio,rElutarca^ Nicandro , Elia-i no., :èd Archelao citato, da ¥arròne , infegnano che le vefpe abbiano prigi dalle morte carni de’ cavalli . Virgilio lo>.confefla non folo delle vefpe, 'ma ancora» de’caiabfoni^ Ovidio , tacen-. do delle vefpe;>,’ fa; naenzidnode^^calabroni fola- mente;' ; h;v,'::oc b rio r"’ nb ' ' - r. ^ .

Prejfus humo bellatori eqms crabonis erigo ejì . . , Tomafo Moufeto * riferifee , che dalla carne piu dura

5 5 ESPEI^En. INT. AGU MS ETTI

dura de’ cavalli nafcono i calabroni , e dalla pili tenera le vefpe . Ma i Greci chiofatori di Nican- dro attribuifcono cotal virtude non alla carne , ina alla pelle , con quella condi^ione però , che il cavallo fia ftato niorfo,ed azzannato dal lupo . Giorgio Pachimero aflferma , che non dalla pelle, ne dalle carni , roa dal folo cervello nafcono le vefpe; ed il Landò fa nafcere i calabroni dal cer¬ vello deir afino . Ma Servio gramatico , feonvol* gendo ogni cofa, diflfe, che da’ cavalli nafcono i fuchi , da i muli i calabroni , e dagli afini le ve> fpej e quanto alle vefpe Ifidóro fi riftrigne al fo¬ lo cuoio dell’afìno; e pure Olimpiodoro, Plinio, il Cardano , il Porta vogliono , che dall’ afino prendano il nafcimento i fuchi, gli fcarafaggi, e non le vefpe : ed Oro nel capirolo ventefimoter- zo del fecondo libro de’ Geroglifici parla delle vefpe nate dalle carni del coccodrillo ; e An¬ tigono nel capitolo ventefiraoterzo delle Storie maravigliofe ebbe a dire , che dal coccodrillo non le vefpe , ma gli fcorpioni terreftri fponta- neamente nafcono . Se ciò veramente nelle carni di quefto ferpente avvenga , non voglio intrigar¬ mi a favellarne 5 perchè non ne ho fatta l’efpc- rienza 5 ne credo per ora di poterla fare : voglio bene dentro all'animo mio fermamente credere, che fi come ho trovata elfere una menzogna la

nafcita

DI F2{Af^CESC0 I^EDl . 57

nafcita di tutti quegli altri infetti dalle carni de’ muli, degli afini, e de’ cavalli} così favolofo non meno fia dal morto , ed imputridito coccodrillo il nafcimento delle veipe, e degli fcorpioni. Fa¬ volofo nella ftefla maniera con piu,ediverfi efpe- rimenti ho ritrovato , che gli fcorpioni poflano nafcere da’ granchi fotterrati , come lo fcriflero Fortunio Liceto , Gio: Battifta Porta , il Grevi- no, il Moufeto , ed il Nierembergio, i quali con troppa credulità , e troppo alla buona impararo¬ no quella dottrina da Plinio , e Plinio forfè da^ Ovidio nelle Trasformazioni.

ConcaucL Ut torco demos ft brachia cancro ,

. Cheterà fupponas terree , de parte fepulta S corpi MS exibit y caudaque minahitur urna.

Ma Plinio al detto da Ovidio aggiunfe una di quelle condizioni , che tanto dalla plebe fon te¬ nute in venerazione , cioè , che quell’opra fi fa- cefie in quei giorni appunto, che il fole fa il fuo viaggio nel fegno del Granchio ; Sole Cancri fi. gnum tranfiunte ipforum ,cum exanimati finty cor¬ pus transfigurart tn fcorpiones, narratm in ficco, Qye- fla favola non fu mica creduta da Tommafo Bat¬ tolino , uomo per univerfale conlentimento anno¬ verato tra i maggiori , e piu rinomati medici , e notomifti dell’età prefente ,e della pallata ; con- ciolfiecofachè in una lettera fcritta all’eruditilìì-

H

mo

5'8 ESPEI{IEN. mr. AGL’ MS ETTI

mo Filippo Iacopo Sachs afferma coftantemente di aver ofl'ervato , che in Danimarca don’ è gran* diffima abbondanza di granchi , da’Ior cadaveri putrefatti , e corrotti non nafcono gli fcorpioni . Ma il Sachs non aderifce punto, poco al detto del Battolino; anzi poffibilifl'ima crede così fatta generazione , foggiugnendo , che nulla con¬ tro di quella provano 1’ efperienze fatte in Dani¬ marca , per elfere i paefi Settentrionali in ogni tempo privi affatto di fcorpioni . Io nulla di me¬ no mi Tento inclinato a credere ( e fia detto con pace di tanto viituofo , s così benemerito delie-» buone lettere ) mi fento , dico , inclinato a cre¬ dere, che il Sachs forfè s’inganni, come con tut¬ ti i foprammentovati moderni autori s’ inganna* rono forfè ancora Ovidio, e Plinio. Non fu pe¬ Plinio contento di far nafcer gii fcorpioni fo- lamente da’ granchi , che volle ancora , che il baffilico peftato, e pofcia coperto con una pietra gli generaffe, ed ebbe per aderente in gran parte ne’ fuffeguenti tempi il Greco compilatore de’ precetti dell’ agricoltura ; il quale non fa feppelli- re il baffilico fotto la pietra , ma bensì infegna , che fi maftichi , e pofcia ai fole fi efponga . Gio: Battifta Porta feguitò l’opinione di coftui; ma il Mattinolo , ed il Liceto fi attennero a quella di Plinio ; ed in fomiiia infiniti altri moderni , e

tra

DI FI^NCESCO 2{£DI.

tra eflì il Niererabergio j T Elmon^io , il Sachs , ed il Chircher attribuifcono tal virtude a quella odorifera erba ; e gliele attribuifce parimente il celebratiflìmo Padre Onorato Fabri nel z. lib. delle piante prop. 84, opinando che nel baflìlico fi trovino infieme, e le femenze degli fcorpioni , e le difpofizioni neceflarie per farle nafcere , Volfango Oeffero , citato nella Gammarologia del Sachs , racconta , che a’ noftri tempi un cer¬ to fpeziale piu faccente degli altri nel paefo d’ Aulirla aveva trovato il modo di far nafcere artifiziofamente quelle paurole beftiuole . Del mefe di Luglio > e d’Agofto , eflendo il fole in^ Granchio 5 peftava ben bene il balTilico , e con.» elfo così peftato fpalmava , alla grolfezza di tre dita , un tegolo rovente j lo copriva fubito coiu un’ altro fimil tegolo , e fioccava le congiunture con loto fatto di fabbione , e di flerco di caval¬ lo ; quindi metteva que’ tegoli in cantina per lo fpazio di un tnefej e pofcia aprendogli vi trova¬ va dentro gli fcorpioni belli e nati 5 onde quel buon’ uomo fe ne ’ferviva a tutti quegli ufi pe’ quali gli fcorpioni fon bifognevoli nella medi¬ cina .

Vn’ invecchiata , ancorché falfa opinione , fa gran forza nelle menti degli uomini; perciò ma¬ raviglia non è 5 fe Iacopo Ollerio medico di altif- / H 2 fimo

6h ESPE:^En. INT. AGU JNSETTI

fimo grido nel primo' libro della Pratica medi¬ cinale fi credefle , che per aver foverchiamente odorato il bafsilico j nafcelTe uno fcorpione nel cervello di un cert’uomo Italiano:

Forfè era, <-uer ^ ma non però credibile

A chi del fenfo fuo fojfe fonare .

E fe r Ollerio avefle dato fede a quel , che del balTilico fu fcritto da Galeno nel fecondo libro delle potenze degli alimenti , non fi farebbe la- fciata fcappar dalla penna una baia cotanto in' credibile. Fu piu di lui accurato, ed avveduto , e però piu commendabile Giovan Michele Fehr citato nella Gammarologia del litteratiifimo Sa¬ chs j imperocché , avendo letto in Galeno , che dal balfilico non fon generati gli fcorpioni , vol¬ le con tutte le circoftanze richiefte farne la pro¬ va, e ritrovò che Galeno era veridico, e tutti gli altri menzogneri ; fi come lo fono ancora tutti coloro, i quali afFermano, che non è folo il baf- filico a faper produrre quelle beftiuole j ma che le produce il crefcione , ed ogni forra di legno fracido , e corrotto : anzi Fortunio Liceto rac¬ conta , che Iacopo Antonio Marta Napoletano faceva nafcere gli fcorpioni dalla terra , inaflSan- dola col fugo della cipolla, e un di quelli forfè, o qual fi fia altro fimile , era quel maravigliofo , c gran fegreto,di cui fa menzione Avicenna, Mi-

DI I%mCESCO %ED1. 6t

giior penfiero fu quello del grande Ariftotile , che infegnò efler generati gli feorpioni dalla con- giunzione de’mafthi , e delle femmine j le quali non figliano poi l’ uova , come cofturaano moki altri infetti , ma bensì partorifeono gli feorpion- cini vivi , e fecondo la loro fpezie perfetti . Il che non fu negato ne da Plinio nel capitolo venticinque del libro undecimo , ne da Eliano nel libro fefto al capitolo ventefimo , e fu minu¬ tamente oflcrvato da Tommafo Furenio , e dall’ eruditiflìmo Giovanni Rodio nelle fue Olferva- zioni medicinali. Ancora io provando, e ripro¬ vando ne feci T efperienza ; ed elTendomi ftata.. portata una gran quantità di feorpioni dalle mon¬ tagne di Piftoia, fcelfi alcune femmine, le quali, piu grandine piu groflfe de’mafchi , benilBmo fi difiinguono da efiì mafehi , ed il giorno venti di Luglio feparatamente le ferrai , fenza dar loro cofa alcuna da poterli cibare , in alcuni vali di vetro, ne’ quali alcune morirono avanti apparto; ma una il cinque di Agofto partorì non undi¬ ci fcorpioncini , come crederono Plinio , ed Ari- ftotile ; ma bensì trentotto benilfimo formati , e di colore bianco lattato , che di giorno in gior¬ no fi cangiava in color di ruggine ; ed un’ altra femmina , in un’ altro vafo rinchiufa , il fei del fuddetto mefe ne figliò venzette delio ftefib co¬ lore

ESPET^En, mr. AGV mSETTl

lore de’ primi 5 e tanto gli uni , quanto gli altri ftavano appiccati fopra il dorfo , e fotto il vèn¬ tre della madre , ed il giorno decimonono erano tutti vivi ; ma da li avanti ne cominciò ogni gior¬ no a morir qualcheduno j e due foli arrivarono ad efler vivi il giorno ventiquattro di Agofto 5 il quale paffato , furono anch’eflì da me trovati mor¬ ti. In quel tempo io volli medefimamente vede¬ re j come nel ventre della madre avanti al parto quelli infetti li ftelTero t perlochè ne fparai mol¬ te , e trovai diverfo il loro numero , ma però mai minore di venzei , ne maggiore di quaranta j c/ danno tutti attaccati indeme in una lunga filza , vediti di una fottilifiima , e quali invifibile mem¬ brana , dentro alla quale fi veggono beniflimo didinti , e feparati , per un ridrignimento fimile/ ad un fottililfimo filo , eh’ ella fa tra 1’ uno feor- pioncje l’altro. Con queda occafione io mi ac- corfi non elfer vero quel che Aridotile, ed Anti¬ gono Caridio raccontano , che le madri fono ammazzate da’ nati figliuoli ; ne quel , che fcrilfe Plinio ; che i figliuoli fono tutti dalla madre uc- cifi , eccetto che uno , il quale piu fcaltrito degli altri fi falva fopra il dorfo di elfa madre, ponen- dofi in luogo , dove non polfa elfer ferito ne dal morfo , ne dal pungiglione della coda ; e quedo dappoi vendicatore de’ fratelli ammazza la pro¬ pria

DI F2{JNCESC0 2{ED1, 6$

pria genetrice. Oflervai, fe dopo quefta prima figliatura, paffati alcuni giorni, altri fcorpioncini dalla ftefla madre foflero partoriti, conforme rac¬ conta il Rodio eflergli intervenuto , che ne vide gran numero della grandezza de’ lendini : ma io per qual fi fia diligenza non potei mai imbatter¬ mi a vedergli : e di piu avendo aperto il ventre a molte femmine pregne , non vi ho mai trovato altro, che quella bianca filza di fcorpioncini tutti di ugual grandezza , e fempre quali dello ftelTo numero da venzei , come dilli , a quaranta r può nulla di meno effere avvenuto , che quelle , che

10 avea per le mani , avelfero fatte per lo paffato molte altre figliature , e che io fempre mi folli imbattuto nell’ ultima , che perciò lafcio a ciafcu- no la libertà di credere in quello , ciò che piu gli fia per effere a piacere . Non vorrei già che voi , Signor Carlo , credefte , che nella noftra Italia folfe così poca dovizia di fcorpioni , come pare , che ne’fuoi tempi 1’ accennalfe Plinio nel libro undecimo della Storia naturale , dicendo Pfylli , qui reliqmrum menena, terramm. inttehentes , qti<ejì(ts fui caufa peregrinis malts impleuere kaliarn-> , hos quoq'y imperiare conati funi. Sed uiuere mira Sicu»

11 cAi regionem non potuere. Vif untar tamen aliquan~ do in Italia jfed innocui ; imperciocché oggtgior* no nella fola città di Firenze fe ne conluaieraa-

no

^4 ESPE:BJEn. MT, AGL' im ETTI

no ogni anno, per far l’olio contro veleni, vici¬ no a quattrocento , e forfè piu libbre . Io credo però , che Plinio avefle ragione , quando affer¬ mò, che quegli, che fi trovano in Italia fono in¬ nocenti, e non velenofi ; imperocché infinite vol¬ te ho vedutso quei contadini , che in Firenze pel follione gli portano a vendere , liberamente ma¬ neggiargli , e razzolar colle mani ignude ne’fac- chetti pieni , ed efferne fbvente punti , e fempre fenza un minimo ribrezzo di veleno ; E pure tutti quelli fcorpioni di Tofcana fon di quegli , cho anno fei nodi , o vertebre , che voglian dire , nella coda , i quali per fentìmenco di Avicenna fon molto piu velenofi degli altri ,

Se fi trovino fcorpioni , che abbiano piu , o meno di fei vertebre nella coda , io non lo fo ; perchè non ne ho mai veduti di tal fatta j fo be¬ ne , che gli fcrittori non ben fi accordano fra di loro ; e Plinio racconta trovarfene di quegli , che ne anno fette , e di quegli , che ne anno fei ; ed i primi da lui , al contrario di quel , che diffe Avi¬ cenna , fono chiamati piu mortiferi degli altri . Strabene fimilmente , ed i Talmudifti citati da Samuel Bociarto nel lerozoico ne noverano di fette vertebre, e Nicandro pare, che faccia men¬ zione di una certa razza di fcorpioni, che ne ha nove ;

)

DI F:RjrNCESCO FJEDl.

^5

SipóifJv^Qi midSifffAoi uVep reipaim Kipoun^ > ancorché il di lui Greco Scoliafte , come erudì- tiffimamente offervarono il Bociarco, il Correo, e r Aldrovando , dica in quello verfo di Nican- dro la voce ìma.’Ji(rfio/ fignificare lo fteflb che Tra- Àv'Jeff/uoj i Quindi lòggiugne Io Scoliafte. oùn oSf

Jjd to' èyi/^a J'fff/Moaj h^ety af ^my dyTtyovog > to' lyyidihffiMi ailrt J/a to' mtuffTroyii'vAùvg > (pmn é'nfiti'rpioc . t«s yetp avroy- SvXotK ® o"* ^pTT/oi tcov vnfd ipdrcu , osMa >cs^ a,v~

Tovs' ffTTwiovi, x,aBei<fmy «rò^oMo'/aipo;, cioc, ‘Xìfu Id njoce- ImdSiffm ) fion perchè gli fcorpioni abbiano noue congiun¬ ture , come dice Antigono j n'e , perchè abbiano noue ver¬ tebre ^ come vuole Demetrio j imperocché non ft vede-j mai fcorpione , che abbia pm che fette vertebre j il chc^ auuien di rado per quanto fcriue Apollodoro . E per prova di quello penlìero dello Scoliafte molti pellegrini luoghi di vari fcrittori apporta il Bo- ciarto , i quali voi molto bene avrete veduti ap- preffo quel grandillìmo letterato , onde per bre¬ vità maggiore gli tralafcio .

Non voglio già tralafciar di dirvi, che, llcco- me tutti quegli fcorpioni dell’ Italia , che da me fono flati offervati , anno fei fole vertebre , o fpondili , o nodi nella coda , così parimente gli fcorpioni dell’ Egitto non ne anno pm di fei , come ho potuto vedere in alcuni , che 1’ anno 1557. quel paefe furon mandati al Serenilfimo

I Granduca

66 ESPET^EN. IWT, ÀGV INSETTI

Granduca mio Signore . Vi è però tra gli Egi¬ zi , ed i rsoftrali non poca differenza : imperpc- chè quantunque , e quegli , e quelli ilen dello fteffo colore nericcio , quegli d' Egitto fon di gran lunga piu grandi, e piu groffi di quelli j ed avendo melfo nelle bilancine uno di quegli d* Egitto trovai , che così fecco , e netto da tutte le ’nteriora pefava venti grani ; ed uno di quelli d’Italia 3 morto pochi giorni avanti 3 appena ar¬ rivava a cinque . Gli Ipondili , o le vertebro della coda di que’ d’ Egitto fon tutte quafi di lunghezza , e di groffezza uguali tra di loro ; ed appena fcorge,che quanto piu fon lontane dal dorfo piu allungano : ma negli fcorpioni de’ noftri paefi la quinta vertebra avanti al pungiglio¬ ne è lempre il doppio piu lunga di tutte i’altre.

Ho veduto un’altra fpezie di fcorpioni alquan¬ to differente dalle due fuddette,eme Tha manda¬ ta dal Regno di Tunilì , dov’al prefente trova, il dottor Giovanni Pagni celebre profeffore di medicina nella famofa Accademia Pifana . Tutto’! Regno di Tunifi produce fecondiflìniamente que¬ lli fcorpioni , chiamati in lingua Barbarefca^ .Akrah’,ma particoìarmente fe ne trova un’infinita moltitudine *in una piccola Città, detta Ktfijani e fon molto piu lunghi , e molto piu groiiì di que’ d’Egitto. Ne pefai due de vivi , e ciaffuno di

FRANCESCO 1{EDI. 67

cffi arrivò alla quinta parte d’ un oncia , ed è ere* dibile , che fodero fmagriti , e feemati di pefo , effendo ftati piu di quattro mefj fenza mangiare: unode’quali vive ancora tre altri meli dopo, non il cibando . li lor colore è per Io piu un verdegiallo dilavato, e quail trafparente , come d’ambra , fuor* chè nel pungiglione, e nelle due forbici, o chele, che fon di color piu fudicio,erimile alla calcido- nia ofeura 5 la cufpide però dei pungiglione e affat¬ to nera . Se ne trovano talvolta alcuni de’bianehi; ma de’ neri non fe ne vede, fe non di rado . H tronco delle forbici è di quattro nodi , o con¬ giunture . Le gambe fon’ otto , e le due prime vi- cine attronchi delle forbici fon piu corte di tut¬ te; le due feconde fon’ piu lunghe delle prime, e le terze piu delle feconde , ficcome le quarte fon piu lunghe di tutte raltre,e fon compolle di fet¬ te fucili, e tutte l’ altre fuddette di fei folamente . Tutto ’l dorfo , e fabbricato di nove commefTure per Io piu in foggia d’anelli, e four’ effo dorfo , in quella parte eh’ è tra’ due tronchi delle forbici, fcorgonfi due piccoliflìme eminenze ritonde, ne- re , e luftre . Sotto! ventre , eh’ è compoflo di cinque commefTure, veggonfi due lamette denta¬ te, che paion appunto due feghe, le quali quan¬ do Io feorpione cammina le diflende,e le dibat¬ te, com’egli fe ne volefle fervire , quafi chefofTero

I 2 due

68 ESPEiqEN. mr. agv insetti

due ali . La coda ha fei vertebre , o fpondiii , e r ultimo d’effi è il pungiglione molto grande , c uncinato : L’ altre cinque vertebre nella parto fuperiore fono fcanalate , e con orli 3 o fpondo dentate, e per di fotto tondeggiano , e fon con- veffe , e rigate per lo lungo con alcune linee ri¬ levate compofte di punti nericci . Quelli fcor- pioni di Barberia non fole quando Hanno ran¬ nicchiati , ma ancora quando camminano , ten- gon la coda aliata, e piegata in arco, il che per lo piu è comune quafi a tutte T altre generazio¬ ni; onde Tertulliano nello Scorpiaco, Arcuato im- fetu infurgens hamatile [ficulum in fummo , tormenti ratione refiringensy ed Ovidio lib. 4. d. fall:

Scorpius elatiC metuendus acumine cauàte .

Gran difputa è tra gli fcrittori , fe la punta, del pungiglione abbia forame alcuno , da cui poffa ufeir qualche ftilla di liquor velenofo, quan¬ do lo feorpione ferifee : ed in vero che quella., punta termina così pulita, e fottile, che fi rende impolfibile agli occhi il rinvenire , fe veramente fia forata: Galeno nel libro fefto d.l. aff. cap. 5. dille, che non ha foro , ne apertura veruna: Pe? lo contrario Plinio , Tertulliano , S. Girola¬ mo , San BafiliO , Ebano , il Greco ChiofatQre di Nicandro, il Correo, T Aldrovando , e mok’ ^tri moderni vogliono , che lo fcorpipne non^

foUmcnig

DI F2{ANCESC0 J^EDJ. 69

folameete ferifca con la punta dell’ ago , ma che ancora con elTa verfi , e infonda nelle ferite un liquido veleno : e maeftro Domenico di maeftro Bandino d’ Arezzo fcrittor famofo de’ fuoi tem* pi , per le molte , varie , e faticofe opere , che k- iciò compofte , alcune delle quali io confervo manufcritte nella mia libreria , affermò che ’l ve¬ leno dell’ ago dello fcorpione è un liquor bian- co , e fottililfimo 5 i Poeti però dicono che fia^ nero ,

.... nìgrumque gerens in ammine 'virm j cantò un di loro . Onde per chiarirmi della ve¬ rità , tra molti , e molti microfcopi del Serenifs. Principe di Tofana? ne fcelfi due con tutta per- fezzione lavorati da due famofifeimi maeftri di queft’arte , uno in Roma , e l’altro in Inghilter¬ ra , con l’ aiuto de’ quali indarno tentai di vede¬ re r apertura dell’ eftrema cufpide del pungiglio¬ ne degli fcorpioni di Tunifi, d’Egitto , e d’ Ita¬ lia j e fe io avelli avuto a dar fede a quello che a me 5 e ad akri miei amici moftravano quegli fqaifitilfimi microfcopi, avrei potuto, non fenza qualche ragione, affermare, che ella non era per¬ tugiata ; ma non mi piacque contentarmi del ve¬ duto, e perciò cominciai a premere il pungiglio¬ ne d’ uno fcorpione di '^'unifi ; ma ne anche per queAa via potei fodisfarmi j, iinperpcchè effendi

70 £SPE2{IEN, MT. AGL’ MS ETTI

i! pungiglione durilTmio , e di fuftanaa croftofa , come quella delle locufte marine y non cedeva al sarto , e non riceveva compreirione veruna , abi¬ le a poter fare fchizzar fuora ciò che nella ca¬ vità di efib pungiglione fi contiene . Adizzai lo fcorpione , e V irritai ad avventar moke punture fopra una lama di ferro, ma non vi lafciò mai fé- gno ne di liquore, ne di umido ; ed io ftava già per credere , anzi di già lo credeva , che T opi¬ nione di Galeno folle la vera , quando improv- vifamente vidi una volta comparir fulla puntai una minutilfima , e quali invifibile gocciolina d’acqua bianca , quale poi molte, e molt’ akre-»v fiate ho veduta , allora quando ho ftuzzicato lo fcorpione , ed egli incollorito ha fatto forza di ferire con la coda . E di qui raccolgo > che non dilfero menzogna Eliano , e’I Greco Scoliafte di Nicandro affermando l’ago, o pungiglione degli fcorpioni elTer forato d’un pertugio così infenfi- bile, che fi rende vano all’ occhio il poterlo ve* dere.

In quello tempo , nel quale io faceva quelle^ efperienze , morì uno degli fcorpioni di Tunifi ammazzato da un’altro fcorpione fuo compagno; onde col di lui morto pungiglione punii quattro volte nel petto un piccion grolfo , ed un calde¬ rugio , e mentre alcuni credevano , che foflero

per

. DI FÀAmESCO F^Dl, 71

per srsorirfene s’ accorfero , che le punture non,, avean portato loro detrimento di forra alcuna . Per la qualcofa cominciò a poco a poco a nafcer* ini un leggier dubbio , fe per avventura potefs’ edere , Che anche gli fcorpioni di Barberia non fodero velenofi . Mi feri ve di Tunifi il fopram" mentovato Dottor Pagni , che i Mori di quel paefe affermano cottantemente , che non paffa anno , che non perifeano molti uomini feriti da¬ gli fcorpioni ; e che il lor veleno è terribiliffimo , e operante con indicibil preffezza^e con violen¬ za d’accidenti fieriffimi ; e agli anni addietro fu- ron provati da Pietro db Santis , mercante inu quella Città , il quele ferito da una di quelle be- ftiuole nel piede finiftro, pati punture atrociffiraea non folo nella parte offefa , ma ancora per tutta la cofeia fino alla fpalla ; e non oftante , che il dolore foffe acutiflìmo , fi lamentava nondiinenoj, e gli pareva , che tutto il lato finiftro foffe intor¬ mentito , e fenza forza 5 ed ebbe di buono a po¬ ter guarirne dopo molte fcanficazioni fatte fo- pra la ferita 5 e dopo un replicato beveraggio di teriaca j con la quale ancora gli fu impialìirato tutto quanto il piede 5 oltre molti j e moie’ altri medicinali prov vedimenri . ìvii fcrive altresì j. che que’Birbarl van dicendo 3 e io coftumano anco¬ ra j che per prefervarfi da quello peftifero veleno

è neceOario

7i ESPE^BN. MT. AGV mSETTl

è neceflario portare addoflb , ovvero attaccar fo- pra le porte delle cafe un certo bullettino, fatto con un pezzo di cartapecora quadra tagliata un poco da una banda > in cui fono ferirti certi nomi Ara¬ bici j ed impreflì alcuni figilli , e pentacoli . Cosi fatto prefervativo di que’ fuperftiziofi , vani , e ridicoli bollettini j accoppiato con un altro ri- medio creduto ficuriflìmo , e comunemente ufato da’ medici Affricani jdi dare a bere l’acqua tenu* ta nelle inutili tazze lavorate di corno d’ alicor¬ no, mi fece crefeere il dubbio, ma non ofava dir¬ lo contro una credenza cosi altamente radicata : pure fattomi animo , ed accomodato uno feor* pione vivo in modo che non poteife pugnermi , dopo averlo benbene irritato , ed inafprito , lo neceifitai a ferir quattro volte profondamente il petto d’ un piccion groflb , il quale con maravi¬ glia di molti non ebbe ne pur minima offefa di veleno , ed il fimile avvenne ad una pollaftra , e ad un cagnuolo nato di poche fettimane .

Qyi mi veggio venir addoflb la piena di tutti i filologi , di tutt’ i medici , e di tutti gli fcrittori della ftoria naturale , i quali, facendo delle brac¬ cia croce, mi gridano , che lo feorpione ammazza non folamente le beftiuole minute , ma che non la perdona altresì alle pm feroci, e alle più gran¬ di 5 tra le quali noverano lo fteflb leone j e il

Dottore

DI FI^mCESCO ^EDJ. 7$

Dottore Kemal Eddin Muhammed Ben Mufa^ Ben Ha Eddemiri vi aggiugne il cammello , r elefante . Quindi alcun’ altri forridendo mi di¬ cono, che non fu gran fatto fe non morirono gli animali colpiti da quello fcorpione di Tunifi ; concioflìecofache eran più di quattro meli , che flava racchiufo in un vafo fenza cibarli, onde po¬ teva aver perduto la velenofa malizia : Di piu , avend’ io fatta 1’ efperienza nel mefe di Novem¬ bre, mi rammentano,che Tertulliano, il qual pur’ era nato nell’ Affrica , parlando degli fcorpioni ci lafciò fcritto , nel principio dello Scorpiaco , Familiare periculi tempas (ejìas:^ AaflrOf Africo fcc- ukia ‘-pelificat .

Mi riducono parimente alla memoria, che Ma- crobio Saturn: lib. cap. 21. ebbe a dire, Scor- pius hyeme torpefcit y tranfaSia hac y aculeum rurfus erigit rvi fua , mllmn natura damnum ex hyherm tem¬ pore perpejfa . E che Leone Affricano racconta,, s che nella Città di Pefcara in Affrica , fon così numerofi , e peftiferi gli fcorpioni , che quali tutti gli abitanti vengono sforzati nel tempo della fia¬ te ad abbandonarla , e non vi ritornano non al Novembre .

ideila oppofizione non folo è faggiamentc. fondata, ma eli’ è parimente verilTima , e pm , c più volte dalla fperienza confermata , come fon"

K ora

74 ESPE^EN. /NT, AGU INSETTI

ora per riferirvi . Quello ftefl'o fcorpione , le di cui punture nel mefe di Novembre non aveano avvelenato, il piccion groflo,nè la pollaftra, il cagnuolo , continuò a vivere fenza cibo tut¬ to r inverno , ferrato in un gran vafo di vetro , e del mefe di Gennaio fi ridulfe così grullo, e# sbalordito , che fembrava fe ne volelfe morire ; ma arrivato al Febbraio, ancorché non avefle di che cibarfi , cominciò a ripigliar fiato , e fpirito bizzarriifimo con forza non ordinaria delle mem¬ bra , che fempre andò crefcendo : quindi avven¬ ne, che il 23. di Febbraio trovandomi in Fifa con Córte deliberai di efperimentare , fe egli avea per ancora riprefii la velenofa , e mortifera fua malizia , ed efiendo per avventura venuto quella mattina a trovarmi Monsù Carlo Maurel dotto , ed efperimentato chirurgo Franzefe, ftrtp- la piuma dal petto d’un piccion groflb, e nel¬ la parte di già pelata , e quafi fanguinofa fece» tre volte penetrar profondamente 1’ ago di quell’ iracondo , ed arrabbiato fcorpione j dal che il piccion grofib cominciò fubito a vacillare, e con frequenti anfamenti , e tremiti andava quali ba¬ lordo movendoli in giro . A fedici ore cadde , fenza pm poterli riavere , in terra ; dove patì molte convulfioni fino alle diciott’ ore , nel qual punto allungò le gambe , e le cofee intirizzate ,

e fredde.

DJ F1{A^NCESC0 'B^ÈDI. 75

e fredde, ficchè parea morto dal mezzo in giù : continuavano però di quando in quando i tre¬ miti , e le convulfioni nell’ ali con qualche poca di vivezza nella tetta, e così dimorò fino a vent’ ore, e tre quarti > e allora fi morì, ettendo fcor- fe appunto cinqu’^ore da quel momento nel qua¬ le fu ferito . Tetto che fu morto , ettendo venu¬ to a trovarmi il dottittimo , e celebratiflìmo Sig. Niccolò Stenone , curiofo di ottervare in quale^ flato fi farebbon trovate le vifeere, ed il fangue di quel piccione avvelenato , mi configliò a far¬ ne pugnere , fenz* altro, indugio , un’ altro , come feci, con tre ferite nella fletta parte del petto , dove fu punto il primo , ma però fenza ttrap- pargli penne : e queflo fecondo piccione fi morì in capo a mezz’ora, a vendo intirizzate, e difte- fe le cofee , e le gambe come il primo ; Ondo rifeci fubito l’efperienza in due altri, i quali an¬ corché feriti tre volte per uno non folo non mo¬ rirono , ma non parve, meno , che- fe ne fen- tìffero male . "

Lafciai ripofardo feorpioné tutta la notte ; e la mattina feguente alle quattordici ore lo necef- fitai a pugnere un’ altro piccion grotto t Prima^ che lo pugnette vidi nella curpide del pungiglio¬ ne una gocciolina minutittuBa di liquor bianco , la quale nel ferire-entrò. nella carne i e di più io

K % feorpione

7^ ESPE^BN. mr. AGU INSETT!

fcorpione di fua fpontanea volontà fece due altre ferite 5 ed il piccione, paifato lo Ipazio d’ un’ ora, coiiìinciò a foffrir certi moti convulfivi , quindi come gli altri due intirizzò le gambe , e le co- fce , e a diciott’ore fi morì . Non morì già un’ altro , che fu ferito alle quindici ore della ftefla mattina , e meno morì il terzo , che fu ferito cinqu’ ore dopo del fecondo . Perloche volli la- fciar ripigliar forze allo fcorpione , ed in quefto mentre oflervai , che que’piccion grolfi , che eran morti, non aveano enfiato, ne livido veruno nel luogo delle feritecele vifcere loro non eran pun¬ to mutate dallo ftato naturale . Il fangue fola- mente fi era mantenuto liquido in tutte le vene , e di elfo fangue pur liquido n’ era corfa , e riti- ratafi una gran quantità ne’ ventricoli del cuore, il quale perciò appariva molto tumido , e gonfio, fenza però efferfi cangiato punto poco dal folito fuo naturai colore .

Sapendo io per certezza infallibile , e milieu volte provata , e riprovata , che gli animali fatti morire col morfo della vipera , e col veleno ter4 ribililTimo del tabacco , fi poITon ficuramente# mangiare, donai quefti piccioni avvelenati dallò fcorpione ad un pover’uomo,aeui parve di toc care il ciel col dito , e fe gli trangugiò faporitif' fimamente, e gli fecero il buon prò.

^ Ripofatofi

DI Fl^mBSCO 2{EDJ. 77

Ripouuofi lo fcorpione fin’ al giorno feguente, che tu il venticinquefimo di Febbraio a ventu* n’ora ferì cinque volte una cervia nel coftato , e cinqu’ altre volte nelle natiche , dove la pelle è men dura , e fenza peli. Ma la cervia non ne riraafe morta danneggiata 5 Ed in quefti, efperienza ofl'ervai , che lo fcorpione avendo ti¬ rato tre colpi di fua volontà , poco o nulla pe¬ netrò nella pelle della cervia ; Io però feci fem- pre penetrar per forza il pungiglione in efla pel¬ le. Quindi dubiterei fe potfa elfer vero , che gli feorpioni di Barberia abbian forza d’ uccidere i leoni , i cammelli, e gli elefanti , che fono arma¬ ti d’un cuoio durifiìmo , e groflìlfimo : pure mi rimetto alla fede di quegli autori , che lo feri- vono, e tanto più me ne rimetto , mentre confi, dero , che quefto mio fcorpione , col quale ho fatte le fuddette efperienze , è fuor del fuo paefe nativo in un clima differente , ed è fiato già più d’otto mefi fenza cibo , firacco , e ftrapazzatoj alche fi aggiunga , che quando ferì la cervia , e gli altri piccion groffi , che non morirono , avea.» forfè confumato tutto quel velenofo liquore, che ftagna nella cavità del pungiglione 5 e non avea perancora avuto tanto tempo da poterne rigene¬ rare ; e ciò verrebbe riconfermato dall’ avergli fatto ferire il giorno feguente una folaga , ed un

piccion groffo

^ 7 8 ESFET^En. INT. AGL’ INSETTI

piccion groflb , che non morirono ; e due giorni appreflb a’ vene’ otto di Febbraio due altri pic¬ cion grolll , e a’fei di Marzo una grand’ aquila^ reale fenza che T aquila, i piccioni neper- defifero la vita .

Due giorni dopo aver ferito quella grand’aqui¬ la , trovai morto inafpettatamente lo feorpione j per la qual cofa non ho potuto certificarmi fe lafciandolo ripigliar fiato, per qualche fettimana, aveffe recuperato il veleno: Spero contuttociòa fuo tempo di chiarirmi non folo di quefta , ma d’altre curiofità ancora, avendo fcritto di nuovo in Tunifi , ed in Tripoli , che mi fia fatta prov- vifione di quelli animaletti , de’ quali intanto vi mando qui la figura delineata a capello nella lo¬ ro grandezza naturale .

/

Per

8 o ESP E'RIE^N. PNT. AGL’ PNS ETTI

Per dire tutto quello j che ’ntorno agli fcorpio- ni erperimentaiido ho veduto ; eli’ è una novella da vegghie puerili quella , che dicevano alcuni appreflb di Plinio , che gli feorpioni raorti ba¬ gnati col fogo deir elleboro bianco fi ravvivino^ e che legando dieci granchi di fiume ad un maz¬ zo di baflìhco, tutti quanti gli feorpioni j che fo¬ no in quel luogo fi radunino intorno a quel ridi- colofo incantefimo ; e fe vi fi radunaflero, fareb¬ be loro il mal prò ; narrando Avicenna , che cer- t’ uni ftimarono verilfimo , che quando il gran- chio s’ accofta col ballìlico allo feorpione , io feorpione cade improvvifamente morto ,

il che avendo io trovato falfifiìmo , paflai ad al* tre efperienzeje feci ammazzare una mezza lib¬ bra di feorpioni, e pofiala al fole in vafo di ve¬ tro aperto in breve tempo inverminò ; ed i ver¬ mi fi trafmutarono al folito in uova nere , dallo quali , pafiato che fu il decimo quarto giorno della loro trasformazione , nacquero altrettanti mofeoni liftati di bianco. E perchè il Padre Ata- nafio Chircher avea detto nel libro duodecimo del Mondo fotterreneo > che per efperienza prò-

DI f:rjmcesco fedi. Si

vata rinafcono gii fcorpioni da' cadaveri degli fcorpioni fìelli efpofti al fole j ed inaffiati con ac¬ qua 3 in cui fia fiato macerato il baffilico3 mi ar- rifchiai di nuovo a farne il fecondo 5 ed il terzo efperimento > e Tempre delufo attefi indarno la^ defiderata nafcita degli fcorpioni j in vece de’ quali Tempre mi comparvero mofche : e quando la quarta volta ne feci la prova in orinaletto da fìillare ben ferrato col Tuo anteoitorio , non vidi mai bachi, mofche, fcorpioni j onde io Tempre più mi andava confermando nella miaopi. nione,che da’ cadaveri, fe non vi è portato fopra il Teme , non nafca mai animale di Torta alcuna .

In quefta congiuntura volli rinvenire , fe dall’ anitra putrefatta fotto al letame fi generi vera¬ mente il rofpo , come Io credè , c Io fcrifl'e Gio: Batifia Porta 5 ed avendone fatta fino alla terza cfperienza , mi trovai Tempre ingannato , e tocr Cai con mano, che il Porta, per altro uomocu- riofo, e molto dotto, in quefta , ed in altre co- fe molte , era fiato troppo credulo , fi come fu credulilfimo il Greco Scoliafte di Teocrito, quan¬ do fcrifl'e , che dal corpo della morta lucertola nafccr folevano le vipere ; e non meno di lui r Arabo Avicenna affermante i capelli delle don¬ ne in luogo umido , e percoflTo dal fole conver- tirfi in ferpentij

L

I ferpenti.

8z ESP£I{I£N.1NT, AG U INSETTI

l ferpenti , a mio credere , non nafcono fe non fono generati per mezzo del coito ; e tutte 1’ al¬ tre generazioni ferpentine , o per putredine , o per quilfiuoglia altra maniera menzionate dagli Icrirtorij foi favolofejC lontane molto daireffer credute ; onde non fo rinven?.rmi , come il Pa¬ dre Atanafio Chircher voglia infegnarcene una fattizia , e com’ egli fteifo nferifce , a lui per efperienza riufcira. Pigha^ dice queft’ Autore nel libro duodecimo del Mondo Sotterraneo, de fer^ penti di cjual tu 'z/orrai , arrojìifcigh , e riducigt

in mintizsfiliì e <jue’ mimiz^li feminagli in terreno uli" ginofo ; cfuindi leggiermente bagnalo d’ acqua piouana con un’ annaffiatoio , e quefìo terreno così annaffiato , fa che m lo metta al fole di P rimaner a ; e tra otto giorni 've¬ drai , che tutta quella maffa di terra diuerra gremita^ di piccoli njermkcimh i quali , nutriti di latte mefca- lato coR' acqua fparfam [opra , ingrofjeratmo , e diuen- ter anno ferpenti perfettamente figurati , che ufando poi era di loro il coito , potranno multtplicare in infinito . Tutta quejìa faccenda , foggiugne me /’ mfiegnb la prk ma 'Volta d cadauero d’ un ferpente , che da me troua- to alla campagna j era tutto pieno ^ e circondato di ‘ver ¬ mi , alcuni de’ quali eran minutifsimi , altri più gran¬ di j e altri m fine aueano euidentifsimamente pigliata la figura di ferpente , Et quel che più fi rendeua mara- 'vigliofio fi è ^ che tra que'fierpentelii 'v'eran {ramifichiate

certe

DI FymCESCO ZEDl, Sf

certe ra'^^ di mofche , le gitali io farei di parere non^ d’ altronde ejfer nate , che dalle femenze rinchmfe quell' alimento di cui fi nutrifcono le ferpi . Fin qui il Chircher j ed io, mofib dall’ autorevole teftimo- nianza di quello dottiffimo fcrittore , n’ ho fatta più volte la prova, e non ho mai potuto vedere la generazione di quelli benedetti rerpentelli fat¬ ti a mano. E fe il Padre Chircher vide alla cam¬ pagna il cadavero di quella fcrpe circondato dà’ vermi ; quei vermi vi erano, llati partoriti dalle mofche; e fe erano di diverfe grandezze, quello avveniva , perche non erano ftati figliati tutti nello ftelTo tempo ; e fe tra quei vermi vi ronza¬ vano delle rtjofche , elle lo facevano , o per ci- barfidi quel cadavere putrefatto , ovvero eil’eran mofche , le quali allora allora potevan elfer nate da quegli llelli bachi: ma che vi vedelfero de’ piccoli ferpentelli nati fu quella corrotta fracidez¬ za , oh quello non mi lento da crederlo . Plinio forfè di buona voglia l’averebbe creduto ; impe¬ rocché nel libro decimo della lloria naturale af¬ fermò , che le ferpi nafeon fovente dalla fpinal midolla de’ cadaveri umani , e tale opinione di Plinio fu fecondata da Eliano con aggiunta , che era necelfariojche que’ cadaveri folTero d’uomi¬ ni ficinorofi, federati , ed empj : fe bene aven¬ do Eliano confideraro poi meglio il fatto fuo,ed

L 1 a più

84 ESPE^Bn. JNT. AGV MS ETTI

a più fano intelietto , pare , che lo metteffe iiu dubbio j e teroeife , che potefs’ cflere un trovato favolofo ì ma quefto trovato , prima di Plinio , e d’Eliano, fu da Ovidio mefib in bocca di Pit- tagora nel decimoquinto libro delle Trasforma' zioni j

Sunt qui , cum claufo puti'efaBa ejì fpim fepulchro j Aiutan credant hummas angue medullas . Fortunio Liceto lo tiene per vero j e dopo di lui lo confefsò per veriflimo il favio Marc’ Aurelio Severino nel capitolo decimo della vipera Pifia , dove efpreflamente fa una galante, ed ingegnofa digrelfione a tale effetto , e moftra eOere natura- lilììma quella così fatta generazione , con argu. menti però fondati per lo più fu prefuppofti non veri . Ond’ io volentieriffimo porto credenza^ , che non folo da’ cadaveri umani non nafcono mai ferpenti, anguille , come vuole Fortunio Liceto 5 ma che ne anche s’ ingenerino in elfi fpontaneamente vermi di fpezic alcuna .

Di foverchio ardita parrà quell:’ ultima pro- poftzione avvengache ne’ Sacri Libri , per rintuz- zar 1’ orgogli® dell’ umana fuperbia , ci venga^ fpelfo rammemorato , che la noftra carne efier dee alla fine paftura de’ vermi j onde nell’ Eccle- fiaftico al capitolo diciannovefimo , ^ife lungit fsrmcarijs ycrit nequam : putredo f ^ <x>ermes her edita'

kuiìt

F^fiCESCO 85

hmt illum , e in Ifaia capitolo decirooquarto , de^ tratta eft ad inferos fuferhia tua , concidit cadauer tmm: fuhtir te jìernetm tinca , eperimentum tuum erunt njermes . EdinGiob al capitolo decimo fetiimo, putredini dixi , pater mem es : mater mea , ^ far or mea j "vermibus : tutto è vero, ma però il sacro Te¬ tto parla generalmente , e non fi rittrigne a di¬ re fe quei vermi nafceranno fpontaneamente , e fenza paterno ferae dalle ,noftrè carni ; o fe pure d’ altronde correranno a divorarle , o nafceranno in effe per cagione della femenza portatavi fo- pra da altri animali 5 il che è più probabile, anzi veriifimo : e chi pur creder volette in contrario bifognerebbe, che credette ancora, che non folo i vermi fpontaneamente nafceflero dagli umani cadaveri , ma vi fi generaflero ancora le rignuo- le, i ferpenti , e tutte le altre maniere di bcftie , leggendofi nelf Ecclefiaftico al capitolo decimo, mm enim monetur homo hereditabk fer pente s y ^ he' fiiasy kermes : ma quefta minaccia di Sirachi* de fi dee intendere come quell’ altra di Geremia al capitolo decimo fello numero quarto , ent ea-. dauer eorum in efcam rvolatilihus c^eli , heftijs Urr<e,y e altrove , erit morticinum eorum in efcam aJoUtilthu^ c^li y hejìijs terr^. Ed oltre di quefte beftie fa¬ paftura ancora de’ vermi partoritivi fopra da varie generazioni di mofcbe j e che ciò fia il vero.,

evidentemcEte

8 ^ ESPEI^EN. INT. AGU mSETT!

evidentemenre fi raccoglie , confiderando , tutti quei bachi non fon altro , che uova femo- venti j dalle quali a Tuo tempo nafcono le mo- fche ; ed in tal maniera fi verifica ciò , che nell’ encomio della raofca iti teftimoniato da Luciano, che ella nafca dagli umani cadaveri . Non è già da crederfi , che fi verifichi quanto fu da Kirani- de fciitto delie carni del tonno , che gettate dal mare fovra il lido di Libia imputridifcano,e po- fcia invermininoj ed i verrai fi cangino prima in mofche , quindi in cavallette , e finalmente itu quaglie fi trasformino . Niuno oggi fi troverà di fi poco ingegno, di fi groflb,il quale non pren¬ da a rifo quelle baie; e pure io , che , come voi fapete,fón tenuto nelle cofe naturali il più incre¬ dulo uomo del mondo , volli più volte vedere^ oculatamente ciò , che fu le carni de’ tonni s’ in¬ generava , e Tempre ne rinvenni il folo nafcimen- lo di vermi , i quali fecondo la loro fpezie fi trasformarono poi in mofconi , ed in altre razze di mofche. E mi ricordo, che volendo far pro¬ va fe l’olio, che è tanto nemico degl’infetti , am¬ mazzava quei bachi ; e fe altri liquori ancora gli aramazzafiero 5 ne rifcelfi molti de’più groflì,tra quegli , che erano nati nel tonno , ed alcuni ne bagnai, e tuffai nel greco, altri nell’aceto , altri nel fugo di limone , e neU’agrefto , e molti altri

nell’

DI FRANCESCO 2{EDL 87

nell’ olio , e molti ancora ne ferrai in vafi pieni di zucchero, di fale, e di fai nitro, e nelTuno ne vidi mai morire ; anzi tutti al dovuto lor tempo fi trasformarono in uova nere con la concavità in uno degli eftremi , e da effe , paflato che fu lo fpazio di quattordici giorni , nacquero altret- tan i di quei mofconi, de’ quali altre volte ho fa¬ vellato 5 con quefta dilFerenza però , che tutti continuarono a vivere , eccetto che quegli, i di cui bachi furono unti coll’ olio 1 imperocché imo^ fconi di quelli appena furono ufciti del gufcio , che incontanente fi morirono 5 anzi alcuni mori¬ rono prima , che dai gufcio follerò finiti d’ ulci- re » Di qui argomentai èlfer veridico il detto di Galeno , di Luciano , di Alelfandro Afrodifeo , di Vlifle Aldovrando , e di Giovanni Sperlingio affermanti , clie le mofche , fe guftano dell’ olio , o fe con quello fono unte , fi muoiono » Ed invero^ che fattane da me i’efperienza, ogni qualvolta , che io faceva , che da una fola gócciola di olio folle tocca , ed inzuppata una mófca , in quello ftello momento ella cadeva fuor d’ ogni credere morta . E perchè Vlifle Aldovrando , e Io Sper¬ lingio, foggiungono^cbe le fflofche in cosi fatta maniera eflìnte ritornano in vita , fe al fole fi efpongan© , o di ceneri calde fi afpergano , non mi piacque di ffarmene al loro detto j ma ebbi

curioiiii

8 8 ESPE^Ef^. mr. AGL' MS ETTI

cursofuà di vederne la prova co' propri occhi ; e non ebbi fortuna mai di poterne vedere pur* una ritornare in vita, ancorché oftinatamente fa- cefls infinite volte replicarne refperienra : iaor." de avendo ancor letto in Eliano , in Plinio , in^ Ifidoro , ed in molti moderni , che quefti ftefll animaletti affogati nell’ acqua, o in altro liquore, a’ raggi del fole, ed al tiepido calor delle ceneri, fi ravvivano , e da morte a vita ritornano : per certificarmene in un vafo di vetro ammezzato di acqua fatta freddiflìma col ghiaccio feci mettere otto mofche dell’ ordinarie ; in capo ad un’ ora e mezza trovai , che una di quelle era andata fott’ acqua nel fondo del vafo , ,ed una delle galleg- gianti fi movea qualche poco , e dava fegno per ancora di effer viva , l’ altre fette parevano tutte morte ; le cavai dell’ acqua , e le pofi al fole , ed appena fu paffato un mezzo minuto , che due co¬ minciarono a muoverfi , & ìndi a un momento fe ne volarono via 5 dell’ altre fei quella , che era-, andata al fondo dell’ acqua , ìnfieme con tre ab tre delle galleggianti in capo a tre minuti , o poco meno , cominciarono a dar fegni di vita^ , movendo le gambe, e cavando fuora la lor pro- bofcide 5 ed anco rivoltolandofi , quali voleflero volare ; ma poco dopo fi fermarono morte da-, vero , c piu non fi moffero , fi come non fi mof.

DI F^AfiCESCO 2{EDL 87

l'ero mai punto, rifLifcitarono mai le altre due, che compivano il numero dell’ otto. Alcuni gior¬ ni dopo ne feci far molti , e mole’ altri elperi- rnenti , tenendo le mofehe , e più breve , e più lungo fpazio di tempo nell’ acqua , ora ghiaccia¬ ta , or col fuo freddo naturale , ed or tiepida , or lafciandole galleggiare , or per forza tenendole fotc* acqua; onde in fine apprefi, che quando el¬ le fon’ affogate da vero, a nulla è lor profittevole la forza, eia potenza del fole; per lo che non sò, come creder fi poffa a Columella , il quale rife- rifce,che le pecchie ritrovate morte fotto i favi, e confervate così morte tutto l’ inverno in luogo afeiutto , ritornano in vita , fe allora , quando coir equinozio comincia a tornar la temperie.» dell’ aria , fi efpongano al fole impolverate col¬ la cenere di legni di fico . Io non l’ho efperi- mentato , ma parmi cofa lontana da ogni cre¬ dere .

Torno alle mofehe nate dal tonno ; quefte , ficcome tutte l’ altre , fubito che fcappano fuori del gufeio , cominciano a fgravarfi delle naturali immondizie del ventre cagionate credo dal cibo, che prefero, quando erano in forma di vermi; e tanto più perche in quel tempo , nel quale fom. vermi , non ho mai veduto , che gettino efere- raenti di fotta alcuna . Campano dopo il nafei-

M mento

8 8 ESPE^EN. JNT. AGL' INSETTI

mento chiufene’medefmii vafi, ne’ quali fon natCj quattro, o cinque giorni al più,fenza mangiare j il che non è fuora cieli’ ordinarie regole della/ natura .

Cofa più ftravagante mi pare, che i ragni na¬ ti ne’vafi chiufi dall’ uova de’ ragni poffano vive¬ re tanti meli fenza apparente cibo . Io avea il cinque di Luglio fatto rinchiudere un ragno fem¬ mina in un vafo di vetro ferrato con carta ; olfer* vai , che il giorno dodici dello fteflb mefe avea fui foglio, che copriva il vafo, dalla parte di fotto fabbricato un certo lavorio di fua cela in foggia di mezzo gufcio di nocciuola rotonda attaccato in¬ torno intorno nel mezzo del fogliose dentro alla cavità di quello lavoro, chiamato daAriftotile fe- no orbiculato , fi vedeano tralparire moltilTime uo¬ va bianche perfettamente rotonde, e grolfe noiu più de’granelli del panico: da quelle uovailgior- no ultimo di Agollo cominciarono a nafcere al¬ trettanti piccolilfimi , e bianchi ragni , che lubi- to nati dieron principio a gettare qualche filuzzo di tela , il che fu oflervato ancora da Arillorile, che dille , lu^ùst zeù . Ne" due

giorni feguenti finiron di nafcere tutte I’ uova , che erano cinquanta , e volendo pur vedere^ , quanto i piccoli ragni fapevan campare fenza ci¬ bo , non pofi nel vafo cofa alcuna da poter nu¬ tricarli ;

DI fjf^NCESCO \EDL

tricarfi; onde il giorno otto di Settembre ne co¬ minciò qualcuno a morire, e la prima fettimana di Ottobre erano quali tutti morti , eccetto che tre foli rimafi vivi in compagnia della madre , la quale morì poi il trenta di Dicembre, ed i tre piccoli, che manifeftiifimamente fi conofceva ef- fere qualche pòco ingroflati , e crefciuti , viflero fino a gli otto di Febbraio . Se voi mi diman¬ dane 5 per qual cagione quei tre qualche poco crefcelfero, ed ingroffalTero ; io ne darei forfè la colpa ad aver fucciato qualche poco di alimento da cadaveri de’ morti fratelli, e della madre; che, fe quello non folfe , l’ eftenfione forfè de’ loro cor- pi potea far parere, che folfero crefciuti ; ma io mi attengo più al primo penfiero , che a quello fecondo : e non mi da fallidio , che il volgo cre¬ da, e molti autori lo abbiano fcritto, che verun’ animale mangia gl’individui della propria Ipezie; imperciocché, per molti elperimenti fatti, io tro¬ vo che nclfuna favola fu mai più favolofa di que¬ lla , e niuna bugia fu mai udita più bugiarda. Mi fovviene d’ aver fatto mangiare al leone del¬ la carne d’una leonelfa ; e pure non è credibile , che la mangialfe follecitato dalla fame ; conciof- fiecofachè quello ftelfo giorno erafi pafciuto con molte , e con molte libbre di carne di callrato. Ogni più trivial cacciatore fa per prova, che, fe

M 2 muore

ESPE^En. INT. ÀGV JNSETTI

muore qualche cinghiale ne’ bofchi , vieti divo- rato dagli altri cinghiali viventi , Gli orfi man¬ giano la carne degli orfi j e le tigri quella delle tigri: e poifo dirvi, che quefto fteOo anno aven¬ do Meeriiet Bei ,0 Generale delle milizie del Re¬ gno di Tunifi mandato a donare al Sereniffimo Granduca mio Signore molti ftrani , e curiolì animali di Affrica , fra’ quali in una gran gabbia^ era una tigre femmina con un fuo piccolo figliuo¬ lo partorito di pochi mefi ; la buona tigre , av- vicinandofi da Livorno a Firenze , non fo fe per rabbia , o per ifeherzo , lo azzannò così gentil¬ mente 5 che gli fpiccò di netto una zampa , quafi tutta la fpalla , che a quella era congiunta, e la trangbiottì ingordiffimamente , ancorché nel- ìa gabbia aveffe altra carne morta da poterfi sfa¬ mare. I gatti quando fon caftrati fi trangugiano i !or proprj tefticoli? c le loro femmine fogliono talvolta divorarfs i figliuoli appena nati j ed il fi- Tnile fanno le cagne . Il luccio , che è pefee fie- riilìmo di rapina , non la perdona agli altri lue- ci 5 anzi così golofa mente queffi così farti pefei fi perfeguitano l’un l’altro, che non di rado av¬ viene, che un luccio di fette, o d’otto libbre ne predi uno di tre , o di quattro : e curiofiflima^ cofa è a vedere quando il luccio maggiore ha afferrato il minore , che per la lunghezza Tua

non

DI F:B,AmESCO 2{EDJ. 91

non gli può entrar tutto nello ftornaco, cofa cu- riofa , dico , è a vedere il luccio vittoriofo nuo¬ tar per l’acqua con l’altro luccio, che gli avan- ' za fuor delia gola uno , o due palmi , e così te¬ nerlo niok’ , c mole’ ore , infino a tanto , che i! capo del luccio ingoiato, ed introdotto nello fto- maco, a poco a poco s’ intenerifea, ed inteneri¬ to fi confumi , e confumato lafci lo ftornaco vo¬ to , acciocché infenfibilmente pofla fdrucciolarvi quel refiduo di bufto , e di coda , che prima non avea potuto capirvi. I gavonchi altresì, che fo¬ no una razza d’anguille , che vivono di preda 5 ingoiano gli altri gavonchi minori , i’ anguilla gentili , e quell’ altre che fon dette mufini : ed‘ io più , e più volte n’ho trovate ne’ loro lun- ghilfimi ftomachi.

Altri ragnateli ancora , e mafehi , e femmine feci rinchiudere ne’ vafi di vetro 5 ma non trovai altro da offervarc,che la lunghezza della lor vi¬ ta fenz’alimento , eftendo che alcuni prefi a’quin- dici di Luglio camparono fino alla fine di Gen¬ naio . Oflervai parimente , che uno di quegli ,, dopo effere fiato rinchiufounmefe, gettò la fpo- glia fana, ed intera, la quale un’altro ragno pa¬ reva : ed un’altro indugiò a fpogliarfene dopo-i cinquanta giorni. Qpefto fpogliarfi de' ragliateli, fa prima di ,mc confiderato dai dottilfimo Tom-

P 2 ESPESJEN. INT. AGL’ MS ETTI

mafo Moufeto Inglefe nel fuo celebre teatro de¬ gl’ infetti , dove afferma , che non una fola volta l’ anno mutano la fpoglia , ma bensì ogni mefe j ed io non ardirei negarlo , meno affermarlo , non l’avendo veduto. Vidi bene le diverfe figu¬ re, e fogge di quelle bolgej facchetti ,e bozzoli, ne’ quali le femmine , come in un nido ripongo¬ no , e covano V uova , e gli ftrani , e diverfi , e fortiflìmi attaccamenti delle fila anco ne’ vetri più lifci 5 del che non vi parlerò di vantaggio ; ficcome anco dell’indufiria,e del maraviglio- fo artifizio geometrico ufato nella fabbrica delle tele, avendone fatta gentilmente menzione Tora- mafo Moufeto , ed il Padre Chircher , e prima di loro Plinio , Plutarco , Eliano , e tra gli Arabi il dottore Kemal Eddin Muhammed Ben Mufa Ben Ifa Eddemiri volgarmente chiamato Damir , e’I dottote Zaccaria Ben Muahammed Ibn Mahmud, che per effere della citta di Casbin in Perfia è citato fiotto nome d’ Alcazuino : E voi fteffo dot¬ tamente n’avete fcritto in una delle voftre erudi- tiffime Fenile Tofcane intitolata , La 'Natura Geo' metta .

Offervai il gran numero d’ uova , che ripongo¬ no in que’nidi : afferma il Moufeto, che arri, vano fovente fino a trecento , ed io ne ho con- tate fin’ al numero di cenfeffanta fatte da un folo

di

DI F2{ANCESC0

di quegli animaletti , il quale di tutte, unite infie- me s e ftrettamente rinvolte in un lavoro della fua tela , ne avea formata una piccola pallottola, ed intorno a quella pallottola avea pofcia fabbri¬ cato un grande , e bianco bozzolo , nel di cui mezzo Tavea fituata pendente - Mentre che e* telTeva quel bozzolo , ebbi occafione di vedere , che non fi cavava lo ftame fuor della bocca, ma ben fi fuor, del fondo del ventre ; ed in ciò tro¬ vai veriflìma l’ olfervazione fatta da Ebano , e dal Moufeto, Plinio fcriife, che nell’ utero, o matri¬ ce fi conferva la materia di quello ftame . Ordì- tur telas , tantique operis materU uterus ipjìùs fttfficit . Ma il Moufeto addottrinato dal Bruero , avendo confidetato che i raafchi , che pur non anno ma¬ trice , fanno le tele al pari delle femmine , non^ approva il parere di Plinio, e l’accufa d’errore 5, a torto però , e fenza ragione : imperocché la voce , della quale quel grandiflìmo. fcritto- re in quell’ occafione fi ferve, è ufata dagli auto¬ ri latini non folaraente in lignificato di matrice , ma ancora di <z^eutre per teftimonianza d’ifidoro II. I. che dille . Vterum foU mulieres habent ^c. au- Bores tamen uterum prò utriufque fexus ‘‘ventre pò- nunt , e molti efempli fe ne trovano in Virgilio ,, ma particoiarraentenelfettimo dell’Eneidej dove* parlando d’ un cervio m afe hio ,, che fu ferito dai A . Afemius

9 4 ESF£2{i£N. lìiT, AGV im ETTI

Afcan'ms ; cumo direxk fpicula corm :

"Nec dextr^ erranti Deus ahfuit'^ atiaf-, multo Perque uterum fomtu , perque ilia ojenit arando . Ed il gran Tertulliano cap. io. della fuga nelle^ perfecuz: favellando di Giona . Sed illum , dico in mari , ^ in terra ; uerum in utero etiam he- Jìia inuenio . Apuleio ancora nel lib. 4. della Me- tamorf: adoprò quella voce nella ftelfa lignifica¬ zione 3 per Io che fon degne di vederli fopra quello luogo reruditilfime note di Giovanni Pri- ceo famofiifuno letterato InglefejC nollro comu¬ ne amico . Non errò dunque Plinio quando fcrif- fe j che il ragnatelo , Ordttur telas , tantique operis materU uterus ipfius fufficit . Errò bene Arillotile, quando nel libro nono della lloria degli animali contraddicendo al fapientilfimo Democrito , fu di opinione i che i ragnateli non fi cavino il fila¬ to dalle parti interne del ventre , ma dall’ efterne di tutto quanto il loro corpo j quali che la mate¬ ria di quel filo fofle una certa lanugine , o pelu¬ ria , che gli veftilfe per di fuora come una fcor- za : ma Tommafo Moufeto fi avvide dell’ errore di Ariftotilej e fe n’accorfe parimente, facendo¬ ne l’elperienza il celebre , e dottilTimo Padrc-- Giufeppe Blancano della venerabile compagnia di Giesù ne’fuoi ftimatilfimi Commentari fopra le cofe matematiche fcritte da Arillotile . Lo

fteflo

DI f2{Am£SC0 2{EDI, 97

ftefib| Ariftotile errò etiandio, allor che volle in- fegnarci , che i ragni partoriicono i vermi vivi , e non le uova : imperocché per qual fi fia dili-’ genza , non mi fon mai potuto abbattere a veder¬ ne figliar pur uno j ma fempre ho veduto, che i ragni fanno 1’ uova , e da quelle uova , cornea ho detto di fopra , nafcono i loro piccoli figliuo¬ li . E fe certuni fcrivono , che da’ femi aerei , e volanti per l’aria , c dall’ immondizie putrefatte fi generino i ragni , io non poflb indurmi a cre¬ derlo , fe altra ragione non m’ è addotta , chc^ quella > la quale volgarmente fuole addurfi ; che nelle cafe fabbricate di nuovo fi veggono i ragni, c le lor tele anco in quegli ftefiì giorni , che fo¬ no intonacate , e che è fiato dato loro di bian. co : imperciocché non potendoli fabbricar le cale, ed i palazzi in un batter d’occhio, come già ne’ tempi antichi le fabbricavano Alcina , ed Atlan¬ te, non è da ùliCì le maraviglie , fe tra’ calcinac¬ ci , tra la polvere , e tra l’ immondizie , i ragni abbiano fatto i lor nidi , e ì lor covili , da’ quali ufcendo poflano in un momento rampicarfi fo¬ pra qualfi voglia piu alto muro , ed in un mo¬ mento ancora ordirvi , e teflervi le lor tele .

Vn’altra favolofa generazione di ragni fu men¬ tovata dagli autori , c dataci ad intendere per vera j etra elfi Pietro Andrea Mattiuoii fecondato

N da

98 ESPET^IEN. INT. AGL’ MS ETTI

da Caftor Durante , da’ Giovanni Bauino , da^ Enrico Cherìero , dal Padre Atanafio Chircher , e dal Padre Onorato Fabfi, afFcrma, che le gal* loiioie delle querce non folatnente producono vermi 5 e mofche, ma ragni ancora, e foggiugne aver veduto afl'aiffune volte per efperienza , che tutte quante le gallozzole non pertugiate fi tro* vano pregne di uno di quelli tre animaletti , dal¬ la differente natura de’ quali ei ne cava un certo fuo fpaventevole pronoftreo, dicendo che fe nel* le gallozzole nafteranno le raofche in quell’ an¬ no fi ha da far guerra ; fe vi fi alleveranno i vermi, la ricolta farà magra; e fe vifitroverannoi ragna- teli, l’annuale farà peftilente jccontagrofo . Sr ri¬ de però il doitiifimo Padre Fabri di quefto pro- nofticojed io alle moltilfrme efperienze fatte dal Mattiuolo faciliffimamente rifponderò con altret¬ tanti efperimenti fatti in contrario , e fiancheg¬ giato dalla mera , e , pura verità ardirò di drre^ fiancamente , che nello fpazio di tre , o quattro anni credo di aver aperto più di ventimila gal* Ir zzole j e non ho mai potuto trovare in effe un lol ragno; ma Tempre mofchc , e varie genera¬ zioni di mQfcherini, e di vermi, fecondo la diver- fuà di «juet mefi ne^quali io le apriva ; e pure in Italia, e ne' paefi fuor di Italia è vagatala pelle; cd in Tokana non fi è mai fatta fentire la^

guerra

99

DJ FT^AnCESCQ ’FEDl,

guerra la careftiaj anzi tutti quegli anni furo¬ no molto ubertofi . Egli è però vero , che alle volte in qualche gallozzola j ma però Tempre per¬ tugiata , io vi ho trovo alcun ragnateluccio , il quale nato , ed allevato fuor di quella , fi è per avventura intanato nel fuo foro per ripararfi dal¬ le ingiurie della ftagione j in quella guifa appun¬ to che giornalmente veggiamo negli {crepoli de¬ gli alberi , e ne’ buchi delle muraglie quafi tutti gli altri ragni ricoi^erarfi . Baftevolroente adun¬ que fia per ora rifpofto alle fperienze del Mat- tiuolo con replicate efperienze : e quanto alle mo- fche , a’ mofcherini , ed a’ vermi , che nafcono , e fi trovano nelle gallozzole, riferbo a favellarvenc poco apprefTo .

Alquanto più malagevole c il rilpondere ad alcuni, che bramerebbono di fapcre , come fac¬ cia il ragno a tirare da un’ albero all’ altro i capi della fua tela , non avendo l’ ali 'da poter volare. Il Moufeto porta credenza , che i ragni faltino, c che fi lancino da un luogo all’ altro 5 e tal fua opinione ha del credibile , parlandofi di qualche piccolo falto: e mi ricordo, che una volta mi fu raccontato da un Signore grande , che mentre.» egli viaggiava , un ragno diftefe i fili della fua^ tela da un lato- all’ altro d’ uno fportello della., carrozza , la quale elTendofi fermata , quel ragno

N a improv-

1 60 £SP£^£N. INT. AGV MS ETTI

improvvifamente fi lanciò fui cappello d* un Ca¬ valiere , che venendo da un altro cammino , su quella carrozza fi avvicinava : può effer dunque che fallino; e può elfer parimente , che volendo» tendere il filo da un’albero all’ altro , l’ attacchino prima ad un ramo , e pofeia giù per quel filo fi calino in piana terra , e per terra fi conducano a trovare il pedale del più vicino albero , ed inar¬ picandovi fopra , raggomitolino il lor filo , e lo tirino diftefo alla giufta, e necelfaria proporzio¬ ne, ed altezza. Mi vien detto da un amico, che egli vide un giorno due ragni , che attaccati al lor filato penzolavano da rami di due alberi non molto lontani; ed olfervò , che fi lanciaronb l’un contra l’ altro , ed effendofi aggavignati per aria> annodarono infieme i lor fili , e amenduni d* ac¬ cordo fi mifero a teffere una gran tela . Si po^ crebbe anco dire, che quando un ragno fa la fua tela tra’ rami di due alberi lontani , fia cafo for¬ tuito, cioè , che prima ciondolando da un’albe¬ ro effo ragno attaccato al fuo filo , fia fiato tra¬ portato dal vento nell’albero più vicino , e non effendofi firappato lo fiame abbia potuto in quel¬ la difìanza ordire il fuo lavoro . Il Padre Blan- cano nel libro fopraccitato afferma per provata da luì , e più volte riprovata efperienza , che i| filo del ragno non è un femplice filo , e pulito ^

ma

DI FRANCESCO 2^DI. l oi

ma raraofo , e sfilaccicato , o per meglio dire^ che egli è un filo dal quale anno origine molti altri fottililTimi fili, che per la loro innata leggie- rezza quafi galleggianti nell’ aria per ogni verfo’ fi llendono j e fe avviene , che il capo di un di quei fili trarverfalì fi intrighi tra rami di qualche albero vicino incontanente per quel filo s’ incam¬ mina il ragno , e di quello fi ferve per primo filo delForfoio della futura fua tela : quindi foggiu^ gne il Blancano , che alle volte il filo del ragno non è un filo folo, ma che e’ibn dua ,ad uno de’^ quali il ragno fta fofpefo , e l’altro filo vagante or qua, e or fvolazza per l’ aria, fin tanto che incontri qualche cofa da potervifi appiccar fo-' pra , Che ciò polfa efler vero ; ha molto deb ragionevole , e del verifimile 5 e particolarmen-’- te fe il ragno fi penzoli da un’ albero altiilì- mo’ : io però non ho avuto il tempo di farno r olFervazione , come voIentierilTimo avrei vo¬ luto ; ho bene molte, e molte volte offervato,. che i ragni tirano i lor fili da una banda all’al¬ tra delle ftrade maelh'e , e che raccomandano i capi de. fili alle cinte de’ pali , che reggon le vitij per lo che le que’ pàli non fi alzano da terra più che tre, o quattro braccia, e fe la iarghezza del¬ le ftrade fia perlomeno otto o dieci non fo rin- yenire. come que’ragni penzolandofidacosì balfo^

luoga

10% ESPE^EN. mn. AGL m SETTI

luogo abbiano avuto valeggio di dare al filo mae- ftro tanta lunghezza , onde i fili laterali di elfo abbiano potuto arrivare all’ altra parte della ftra- da . Sia dunque come elfer fi voglia , e creda^ pure ogn’ imo ciò che più gli aggrada , che io per poter rattaccare il priemero mio ragiona¬ mento vi dirò, che avendo fatto mettere infieme una buona quantità di ragni , ed avendogli fatti ammazzare , gli lafciai in un vafo aperto , dove correvan baldanzofamente le mofche a pallurar- fi , ed a farvi fopra , quafi per vendetta i lor cac¬ chioni j per la qual cofa que’ cadaveri in breve tempo inverminarono , ed i vermi induriti poi in uova , o crifalidi j dalle crifaìidi nacquero altret¬ tante mofche , di quelle , che per le noftre cafe fi aggirano,

Lafeiando Ilare adelfo di più ragionare de* ra¬ gni : parendomi aver a baftanza moftrato , che le carni non invferminano , e che tutti i fopran- fiominati infetti dalla follanza di quelle non na- feono ; giudico , che fia tempo ormai di far paf* faggio ad alcune altre cofe , le quali comune¬ mente , e dal volgo, e da uomini famofi,e reve¬ rendi fono tenute , che bachino , e tra effe più tutte il formaggio , fui quale i ghiotti fi van¬ tano di faper il modo di far nafeere i vermi ^ per allettamento della gola i e la cagione effi-

dente

DI PT^AT^CESCO 7^D1. iò|

ciente di tal genera^ione la riducono ad una di quelle, che nel principio di quella lettera vi no» verai : ma il fapientiflìmo Pietro GalTendo accen¬ na, che forfè le mofche,ed altri animali volanti, avendo imprelfe , e difleminate le loro femenze fopra le foglie delferbe, e degli albori ,e quelle pafciute poi dalle vacche , dalle capre , e dalle pecore , polfano introdurre nel latte , e nel for¬ maggio quei femi abili in progrelfo di tempo a,* produrre i vermi ; e certo tale opinione a molti non ifpiace , io vo’ negar ora cosi poter elTe- re 5 ma tutta via non fo , con la dovuta riveren¬ za , che a quello grandilfimo, ed ammirabile filo- fofo io porto , non fo , dico , in qual maniera^ que* femi tritati , e mallicati da’ denti degli ani'» mali, e nel loro ftoraaco ritritatije cotti, e fpre- muti; quindi alterati forfè di nuovo, e dirotti , e fnervati nell’ inteftino duodeno per quel ribolli¬ mento, che vi fanno il fugo acido del pancreas', c l’umore biliofo , c di nuovo rialterati nel paf- far per quelle llrade , che dallo Itomaco , e da¬ gl’ inteftini vanno alle mauimelle , abbiano po¬ tuto conlèrvar fana , e falva , ed intera la loro virtude j che fe ciò folTe potuto avvenire , fi pò* irebbe fperare ,, che fatto una volta il formaggio' di latte di donna foflfe per produrre in vece di vermi altrettanti muggini , o lucci , fe quel lai,

f 04 ESPEMJEN. INT. AG U INSETTI

donna ne aveffe mangiate l’uova $ o vero altret- tanci galletti,, e pollattre , per cagione dell’ uova di gallina bevute 5 che , fe bene potè berle allo¬ ra , che erano cotte , nulla di meno vi fono di .quelle femmine , che le pigliano crude , e fubito cavate dal nido intere fe l’ inghiottifcono oltre che la cottura , fecondo la dottrina del Galfen- do , non pare , che porti pregiudizio alla virtù generativa, che poffeggono i femi j concioifieco- fachè Qgn' uno fa , ed -ogn’uno vede , che fulla ricotta , e fulle corte di latte nafcono i bachi ; e pure la ricotta altro non è ., che il fiore del fiero rapprefo al fuoco? e le torte di latte fon cotte, e rofolate ne’ forni : perlochè farei forfè di parere,, che l’inverminamenco del latte, del formaggio e della ricotta , abbia quella fieffa cagione da^ me foprammencovata nelle carni , e ne* pefci„ cioè a dire , che le mofche , ed i mofcherjni $ vi partorifcano fopra le loro uova , dalle tjuali uafcano i vermi , e da vermi le mofche ? e ciò manifeilo appare a ciafcuno, che voglia guardar* lo con occhio ragionevole? imperocché il lat* te , il formaggio , la ricotta , quelli al¬ tri tutti latticini , mai non inverminano , fe tenu¬ ti fieno in luogo, in cui le mofciie,ed i mofche* fini entrar non polfano ? del che mi pare elfo: imoltq certo per le fatte efperienze ? e pel con¬ trario

Flt^mESCO 2{ED1. io$

trario fe quefti animalettt giungono a pofarfi Co^ pra quei cibi, in breve tempo ne fegue Io inver* niinamento ; e perchè alla memoria mi tornano alcune cofe da me olTervate, intendo al prefente darvi ragguaglio non già tutte, perchè trop¬ po lungo farei,erincrefcevo!ej ma ben di cer¬ te poche intorno a quei vermi, che ne fon nati.

Aveva io in un grande alberello di vetro , il qua¬ le dopo lafciai con la bocca fcoperta , fatto mettere un mezzo marzolino de’ più frefchi,ede’migliori, che nel fine del mefe di Giugno fi trovino ; paffati che furono alcuni giorni , vi fi videro fopra alcuni vermi, che ben confiderati, fi conofceva elfere di due razze : i maggiori erano perappunto come tutti gli altri vermi , che nafcono nelle carni j ed i minori erano pure della ftelfa figura , ma aveano quella di notevole , che più bizzarri , e più letti degli altri, con maggiore agilità fu pel vetro camminavano, e accettando il mufo alia coda , e facendo di fe medefimi un cerchio , fpiccavano in quà, ed in.» varj fatti ; onde talvolta veniva lor fatto di lanciarli fuora dei vafo , nel quale erano nati , Tre , o quattro giorni dopo il loro nafeimento , quelli , e quegli fi fermarono al folito , e fi rag¬ grinzarono in uova , folamente diverfe nella gran¬ dezza ,che da merifc€tte,efeparatamenteripofte in vafi differenti 5 in capo agli otto giorni dalle

I © ^ ESP B'KJEM. IWr, ÀGV INSETT 1

più. grandi fcapparono fuora altrettante mofche ordinarie , e dalle più piccole dopo dodici gior¬ ni nacquero certi neri morcherini fimili alle for¬ miche alate , i quali appena che furon nati con grandiflfìma , ed incredibile vilpeiza , e velocità fakellando , e volando pareano ,per così dire, il moto perpetuo j quindi accoppiandoli poi ogni mafchio alla fua femmina efercitavano quegli at¬ ti , da’ quali naturalmente fperar fe ne potea la^^ loro propagazione , ma non avendo di che nu- trirfi in breve tempo morirono.

Mentre > che io faceva quella olfervaziono y trovai per fortuna un marzolino , che avea co- minciato a inverminare , e fatte da me feparare le parti verrainofe dalle fané, fune, e f altre fer¬ rai in vafi differenti , ma dalle parti fané non fu¬ ron generati mai più bachile da que* bachi, che di già eran nati nelle parti verminofe , nacquero poi molti di que’ neri mofcberini foprammento- vati, fenza vederli pure una mofca ordinariaj ed il contrario mi accadde in una ricotta , la^ quale effendo bacata , i bachi trasformati in uo¬ va produlTero folamente mofche ordinarie j e da un raveggiuolo inverminato nel mefe di Settem¬ bre nacquero , e mofche ordinarie , ed alcuni pochi mofcioni di quegli ftelTi , che intorno al vmo ) ed all’ aceto fi aggirano .

DI FT^mESCO l^EDI . 107

Io fo che dura cofa parrà a credere , che tutti quefti latticini fpontaneamcnte non bachino , ve* dendofi che aperti i noftri delicatiffimi marioli" ni di Lucardo , molto fovente fi trovano bacati nella più interna midolla . Potrei lifpondere , che le femenze di que* bachi furono partorite dalle mofche nel latte in quel tempo , che fi mugneva, ed in quel tempo, che da’paftori , acciocché fi rappigli, fi lafcia vafi, intorno a’ quali corro- no a ftuoli innumerabiliffime le mofche , ondo quel greco Poeta ,

Che le mufe lattar più eh’ altro mai , nel fedicefimo libro dell’ Iliade , verfo ^41. pa¬ ragona i Greci , ed i Troiani , che combatteva¬ no , e fi aggiravano intorno al cadavere di Sar- pedone , gli paragona , dico , alle mofche ron- zanti intorno alle fecchie piene di latte munto nel tempo della primavera,

Ol F atei TTipt ('sxpov c/^tMoVi eòi ots (xvieu SraS/wa' 'ivt «ara

tì' pH y eiap4if» ore 7s à'yyict Sivet,

XlV a Toì TTipI vmpoii ópiiXtov ,

Qyefta rifpofta ancorché poteffe aver qualche valore, nulladimeno interamente non mi appagaj ed avendo diligentemente offervato , che 1 mar¬ zolini , prima che bachino, in molti luoghi fcre- polano , e fi fendono j dico , che fu quegli fcre-

O a poli ,

io8 ESPESJEN.mT.AGUJNSErri

poli , e fu quelle aperture , dalle mofche , e da"^ ffiofcherini fon partorite 1’ uova , ed i bachi , i quali , cercando fempre nutrimento più tenero ^ e più delicato , s’internano nella più ripofta mi- della del marzolino , e entro attendono a nu- sricarfi fino al lor tempo determinato , e pofeia fcappano fuorajC van cercando luogo da poterli rimpiattate per que’ pochi giorni > che ftanno convertiti in uova > e da quell’ uova nafeono di* verfe generazioni d’animali volanti , fecondo la diverfirà di que’ padri j che prima aveano gene* rati i bachi

Parendomi ora a baftanza aver di ciò favella* tOj e forfè con foverchia proliifità , e faftidiofa j palferò a dirvi di quei vermi , i quali dal volgo avvezzo a grandilììmi errori fon creduti nafeere fpontaneamente nell’ erbe , ne’ frutti imputriditi ^ c ne’ legni , e negli alberi ftelfi : ed in primo luo¬ go fcriverò de’ bachi generati nell’ erbe, nelle fo¬ glie degli alberi, e ne’ pomi, dopo qualche tem¬ po j che da’ loro alberi , e dalle loro piante, fii- rono fiaccati , e con quello ftaccamento furono, per cosi dire, privi di vita 5 e quindi mi metterò a decorrere di quegli , che nafeono neib. foglie, e ne’ frutti , quando per ancora agli alberi fìannea attaccati , e la loro maturazione attendono .

Sappiate adunque^. che fi come, è il vero , eh©

DI FJi^mESCO %EDl. lop

fu le carni , fu’pefci , e fu’ latticini confervati in luogo ferrato non nafcono mai vermi ; così an¬ cora è veriifimOj che i frutti , e l’erbe crude , e cotte, nella' ftelfa maniera tenute , non inverali- nano : e pei contrario lafciate in luogo aperto producono varie mamere d’infetti, or d’una fpe* zie , or d’ un’ altra , fecondo la diverficà degli animali , che fopra vi portano i loro femi . Ho però notato , die alcuni più volentieri prendoru per nido una maniera d’ erbe , o di frutti , che^ un’ altra , e talvolta in una fola erba ho veduto nafcere nello fteflb tempo fette, o vero otto raz¬ ze di animaletti . ,

Su ’l popone , fu ’l quale molti mofcioni avea veduto poiarC , nacquero piccoli vermi , che do¬ po lo fpazio di quattro giorni diventarono uova,, dalle quali uova, dopo quattro altri giorni, nac¬ quero altrettanti mofcioni . Da altri pezzi di po¬ pone tritato , in cui avean pafturato mofcioni , mofche ordinarie , ed un’ altra razza di mofche’ rini piccoJiflìmi , e neri con lunghe antenne irt., tefta , nacquero moltiJ?achi di diverfe grandez¬ ze , che al loro determinato tempo in uova pur di differenti grandezze fi trasformarono . Dall? uova maggiori dopo gli otto giorni fcapparono fuora mofche ordinarie : da alcune delle minori dopo quattro giorni nacquero mofcioni , e da al?

£ I o ESPST^En. /NT. AGV INSETTI

ire dopo quattordici giorni ufcirono alcuni mo“ fcberinij e dall' uova mezzane dopo una fettìma- na e mezza nacquero alcuni altri mofcioni mol¬ to più grandi, e più groffi de’ primi ; ed il fimile m’intervenne ne! cocomero, nelle fragole, nelle pere , nelle mele , nelle fufine , nell’ agretto , nel limone , ne’ fichi , e nelle pefche . Ma perchè le pefche erano ripotte in un vafo di vetro , dal qua¬ le non potea gemere, o fcolar quei liquore, che nello infradiciarfi ufciva da ette pefche ; perciò eb¬ bi da oflervare , che in etto liquore nuotavano molti piccoliflìmi vermi , che appena coll’ occhio fi potevano fcorgere . Da quetti nati fulle pefche, e nel liquore fcolato pure da effe , nel confueto tempo ebbero il nafcimento i molcioni , che vif? fero molti giorni , avend’ io fomminittrata loro materia da poterli nutricare ; quindi effendofi congiunte le femmine co’ mafchi , generarono degli altri bachi , che al folito diventarono mo¬ fcioni , e credo che così fatta generazione fotte quafi andata in infinito , fe più diligenza , e più accuratezza io vi avelli polla «

Dalla zucca tanto cotta , che cruda , non ho mai veduto nafcere altro , che molche ordinarie: - mi par folamente da non trafcurare il dirvi , che tutti i bachi nati fu certa zucca cotta mefcolata con uova , ed infradiciata , quando furono vicini

a fermarli.

DI FKANCESCÒ KJ^DJ. 1 1 1

a ferttìarfi, ed a convertirfi nelle feconde uova^ , andavano voltolandoli in quella poltiglia , che ap¬ poco appoco attaccandoli loro addoflb gli rico¬ priva tutti j fino a tanto che pareano tante pic¬ cole zolle di terra , dalle quali zolle nafcevano poi le mofthe j onde chi non avelfe faputo , che dentro a ciafcuna di effe era nafcofto un’ uovo , avrebbe ragionevolmente potuto credere , che-, quelle mofche dalla terra di quelle zolle folì'ero nate.

Da qualche apparenza , non molto da quella dilfiraigliante , credo che poteffe aver origine^ r equivoco di Plinio , che nel libro ondecimo della ftoria naturale fcriffe nafcere molti infetti volanti dalla polvere umida delle caverne j e per quella lleffa apparenza parimente ingannano per avventura tutti coloro , i quali raccontano , che dalla terra, dal fango, e dalla belletta de’fìu- mi , e delle paludi , s’ingenerino infinite manie¬ re di animali ; onde Pomponio Mela facendo menzione del Nilo fcriffe . Tion pererrat auteM-j' tantum eam , fsd ^fìiuo Jidere exundans etiam irrigat y adeo effcadhus aqms ad generandum alendumque , fvt pr£ter id qmd fcatet pifcthus ^ quod Hippapotamos ^ Crei» toddlofque ruafìas helluas gignit 5 glehis etiam infim- dat animas , ex ipfaque inumo njttalia efjìn^at . Boc eo manifejìum ejl , quod ubi fedauit diluuia , ac f e (ibi

- - - reddidit^

I i 2 ESPE^EN, mr, AGL INSETTI

uàdiàk , per humentss campos quidam non dum perfe* ita ammalia j fed tim prtmum accipientia fpirnH»t-> , ^ ex parte iam formata j ex parte adirne terrea ‘Xfi- fmnur . Ed Ovidio nel primo delle trasforma" aioni .

Sic uhi defermt madidos feptemfluus agros ^dus t antiquo fua flumina reddtdit alueo j

Aecherioque recens exarftt ftdere limus ;

Plurima cultores ojerfis ammalia glehis Jnueniunt , in bis quxdam modo ccepta fuh ipfum “Nafcendi fpatmm : quidam imperfeila , fuifque T ranca njident numeris : ^ eodem in corpore fepè Altera pars <x>mit | rudis ejì pars altera tellus . ^ippè ubi temperiem fumpfere humorque , calorquey Concipiunt : ab bis orimtur cmila duobus ,

Cumque fu ignis aqux pugnax inoaporbumidusomnes Ees creati ^ difcors concordia fcetibus apta eJì, Qyefta opinione fu fecondata da Plutarco nelle queftioni convivali : da Macrobio , che la copiò da Plutarco^ ne’ Saturnali : da Plinio; da Elianoj e finalmente da una innumerabile fcbiera di An* lichi j i quali j

Si come nuoce at gregge femplicetto La fcorta fua i quand' ella efce di frada^

Che tutta errando poi conuien che ‘~uada , furono feguitati fenza penfar più oltre da infiniti fcrittori moderni. Di qui è j che talvolta meco

medefimo

DI F:g^^CESCO ^EDh

iredefimo mi ftupifco , confidciando come ds^ quefti Autori fofìfe ftimata la natura così poco avveduta nella genera^ione di quegli animali , e nella teffitura de’loro membri , altri già condotti d’ofla , e di carne 5 ed altri nello fteflb tempo modellati di pura terra : e pur’ Eliano fa fedc^ d’ averne veduti de’ così fatti con gli occhi Tuoi proprj in un viaggio , eh’ ei fece da Napoli su Poxiuolo: e Ovidio non contento nel luogo fo- praccitato d’ a vere! fitto , vederfi fpeflb nel fan¬ go degli animali fenza gambe, e fenza giunture , ce lo ribadifee un’ altra volta nel libro decimo- quinto .

Semim Itmas hahet ‘z/irides venerantia, ranas :

o

Et generat trmeas feàthus . Adox afta mtando

Crura dat. Ftque eadem fmt longis faltibus apta^ Ma quel che più galante mi pare fi è , che que- fte ftefle rane nate di fango , dopo fei foli mefi di vita , per teftimonio di Plinio, in polvere, ed in fango improvvifamente ritornano , e pofeia^ all’ apparir della vegnente primavera a novella vira riforgono .

<^efto penfiero di Plinio è fiato approvato da molti gravi filofofi del nofiro fecolo , ed iru particolare dal dottilfimo Padre Onorato Fabri gran maefiro in Divinità , e uomo di profonda^ litteratura , e di fommo credito in tutte le filofa-

P fiche

1 1 4 ESPE^mn, im’, agu insetti

fiche rpecula2,ioni , ma fopra ’l tutto maraviglio- mente felice nell’ inventiva degli ardui problemi della più nobile , e più fublime Geometria : ha egli dunque tenuta quefta opinione nel fuo de¬ gnamente celebratiffimo libro della generazione degli animali alla propofizione fettantefimaquin» ta 5 e feitantefimafefta , dove ammette , che dai corpo corrotto de’ ranocchi, e convertito in ter¬ ra fi generino nuovi ranocchi . Io per ora noiu mi fento inclinato a crederlo , non avendo per efperlenza veduto cofa , che mi appaghi piena¬ mente l’ intelletto 5 fon però Tempre prontiflimo a murare opinione , e tanto più , fe quelle rane mentovate da Plinio foifero fiate azzannate , e morfe da qualche idro , o vero da qualch’ altro loro inimico ferpentello della razza velenofa di quegli, che dal noftro divino Poeta nella fettima Bolgia deir Inferno furon ripofti.

Ed ecco ad un , eh' era da nofira proda^

S’ auuento un ferpente , che ’/ trafiffe , doue ’l collo alle [palle s’ annoda .

Ne 0 Jt toflo mai ^ ne i ferine ,

Com' ei s' accefe^ ed arfe ^ e cener tutto Comenm^ che cafeandoy diueniffe:

E poi che fu a terra àifìrutto.

La poker fi raccolfe , e per f e fieffia In fiel medefms riwnh di butto :

Ma

DJ FI{^C£SCO 2{ED1. iiy

Ma quelle , e quelle fon mere favole : e gli ani¬ mali, che fembravano aver qualche membro im¬ pattato di fola terra , fe meglio fodero flati rav- vifati, affai manifefto farebbe apparfo, che fola- mente erano terrofi , ed imbrattan di fango ; e fe nel terreno, nel fango, e nella belletta de’ campi e delle paludi nafce qualche vivente, quetto av¬ viene, perchè in quei luoghi , vi fono ftate par¬ torite prima l’ uova, e l’ altre femenze abilia pro¬ durne il nafcimento , conforme che Ariftotile , e Plinio raccontano delle locutte , 0 cavallette j delle quali favellando il Dottore Zaccaria Beru Muahammed Ibn Mahmud della Città di Casbin in Perfia, citato fotto nome d’Alcazuino, lafciò fcritto nel libro arabico delle maraviglie delle» Creature , le locutte pajìurano di primauera^t cercano un terreno graffo e umido , fopra di cui getta¬ no ^ e cotte code fcauano certe [affette ^ nelle quali ciafehe- duna dt effe partorijce cent’ uoua ;

Le teftuggini terreftri anch’ effe fanno le lor uova , e le rimpiattano fotto la terra t Quelle lì- milmente , che abitano tra l’ acque dolci , e nei mare feendono fu’l lido a partorirle , e con la re¬ na le cuoprono , e fotto nafeono fomentate/ dal calor del fole; onde chi pratico non ne foffe potrebbe forfè credere , che dalla terra nafeeife* ro quelle piccole teftuggini , che dalle vifeere di

P 2, effa

1 1 5 ESPE2{IEN. INT. AGV mSETTl

■efla fi veggono fovente ufcire. In così fatto mo¬ do potrebbe forfè efier vera una curiofa efperien- za provata dal Padre Atanafio Chircher lettera* to dottidimo, e di nobile e d’ingegnofa fpecula- tiva nelle operazioni della Natura . ^ando It^ rane 3 dice egli j^/ principio di Adarzo buttano coptofa- ■mente il feme ne’ fofsiydoue abitano y accade che rima-- nendo poi afcmtti , la mota , o limo fi conuerta in poi’’ mere infieme con le rane di già nate. Se tu morrai dun- que manipolare una nuoua generandone di rane , opererai cosi . Piglia la poluere della melma di quelle paludi , e di que'fofsi y doue le rane am anno fatti i nidi j Jmpa^ fiala con acqua piouana , e nelle mattine di fiate metti' la ad un tiepido calore di fole in mafo di terra , ed ac¬ ciocché non fi fecchi y innaffiala di quando in quando con la fuddetta acqua piouana ; e ci medrai primieramente^ gonfiarui certe bolle y dalie quali efee gran numero di ra- nutgj bianche , le quali anno folamente i due foli piedi anteriori , ma diuidendofi pefcia la coda in due parti y fe ne formano i due piedi pofieriori , e quegli animaletti diuentano rane perfettamente figurate , Quefta efpe- rienza pare, che probabiliflìmamente dovefl'e riir feire , ina io non ne ho mai avuto V onore , an¬ corché rabbia reiteratamente provata , e ne do forfè la colpa alla mia poca diligenza, o a qual, che da me non conofeiuto impedimento, il qua, le , come poi ho confiderato , potrebbe per av,

ventura

FKA^CESCO i(£D/. 117

ventura e{fere , che io feci Tempre T efperien- za perappunto , come Tinfegnai! Padre Atanafio, e per farla mi feruj della polvere di que’ fof. fi 3 che fon rimali rafciutti ; ma quelli non ri* manendo rafciutti per lo piu fe non di Hate, nel qual tempo fon di già nate tutte l’uova , o lèmen.^ ze delle rane , non è maraviglia fe non eflfendo uova tra quella polvere , non fieno da elfa nate le rane . Io ho però olfervato , che quando le/ rane nafcono neVfolli, o ne’paduli , elle nafcono in figura di pefce , non co’ foli piedi anteriori j ma fenza verun piede , con lunga coda > piatta > e per così dire tagliente 5 ed in così fatta figura per molti giorni van nuotando cibandoli , e cre^ icendo 5 quindi cavan fuora le due gambe ante¬ riori j e dopo alcuni altri giorni , di fotto unte, pelle , che velie tutto il lor corpo , cavan fuora le due altre gambe diretane ie palTato certo tem¬ po fi fpogliano della coda j la quale non fi divide in due parti per formar le gambe , come Plinio, il Rondelezio, etanti altri fcritcori anno creduto: e di quella verità potrà ogn’uno certificarfi, che .voglia col coltello anatomico efaminare alcuna^ -di quelle ranuzze nate di pochi giorni , e vedrà che le gambe di dietro , eia coda fon membri tra di loro dillintiffimi 5 c fe ne rinchiuderà in qual¬ che vivaio j potrà ollervare che per moki giorni

van

1 1 8 ESPEJ^Efi, im’. AGV INSETTI

van nuotando guernite delle quattro gambe , non meno che della coda.

Ma che vi dirò io di quell’ altre ranuzzè , o botticine , le quali il volgo crede , che di fiate piovano dalle nuvole , o vero , che s’ingenerino fra la polvere in virtù delle gocciole dell’acqua piovana in quel momento , ch’ella cade dall’aria? io ne favellai a bafianza nell’ Offgruazjoni ìntorm die <zfipere , ofifervando , che quelle ranuzze le.» quali fi veggono , quando viene qualche fpruz- zaglia di pioggia , anno avuto il lor natale molti giorni avanti , e fi trattengono . nell’ afciutto , e s’ acquattano o tra’ cefpugli dell’ erbe , o tra’falfi, o nelle bucherattole della terra ; e perchè fon^ del colore di efla terra , nòn è così facile , quand’ elle ftan ferme , c rannicchiate, che l’occhio tra la polvere le polfa difiinguere : e quel vedere eh’ eir anno Io fiomaco pieno di cibo , e le budella piene di molti eferementi in quello fteflo momen¬ to , nel quale fi credon efler nate , parmi che fia., un’ evidente contraflegno di quella verità 5 della quale non fon’ io il trovatore j concioflìecofachè infin nell’ Olimpiade cenquattordicefima , o poco dopo, ne’ tempi del primo Tolomeo Re di Egit¬ to , ella fu recitata nella ftuola peripatetica da> Teofrafto Erefio fucceffor d’ Ariftotile 5 come fi può chiaramente vedere nella libreria di Fozio ,

dove

DI FI^^CESCO 2{EDJ . iip

dove trovnfi ftampato un frammento di quel li¬ bro , che’l fuddetto Teofrafto fcrille 7rif>ÌTàv ddpteeg 4®®!' degli mimali che repentinamente appari- /cono : perlochè volentieri mi difpenfo ora di par¬ larne più a lungo, per poter cominciare a dirvi, che fe di fopra ho affermato , che mi fi rende malagevole , anzi ’mpoflìbile , il dar fede , che nella belletta lafciata ne’ campi dalle fecondo inondazioni del Nilo fi trovino animali co’mem- bri parte animati , e parte di pura terra compo- fìi ; così ora non mi rifolvo a credere , che gli alberi , i frutici , e 1’ erbe poffano produrre ani- maletti di tal natura , che fovente fi trovino mez¬ zi vivi , e mezzi di legno , e per ancora in tut¬ to’! corpo non finiti d’animarfi : e quantunque il fuddetto Padre Atanafio Chìrcher , nel fecon¬ do tomo del Mondo Sotterraneo , feriva di aver¬ ne veduti de’ così fatti , e di averne moftrati ad altre perfone fu’ ramufeeiii del Viburno o Brio¬ nia , e fu’fufii di quell’ erba che in Tofeana di¬ cefi Codacavallina , dubito che vi poifa elfero ftaca qualche illufione abile a poter far travede¬ re r occhio j e mi fo lecito feri vere liberamen¬ te il mio dubbio , perchè fo molto bene quanto il Padre Atanafio fia (incero amatore deila veri¬ , e ch^ per rintracciarla egli non ha perdona¬ lo a tante fue gloriofe fatiche, non meno deli’inw

geguo^

£3*)aa

1 2 o ESPE2U^3S[> AGL* JNS ETTI

egno , che del corpo ; ed io per lo medefimo rie con rrìaniera libera vo Icrivendo il mio pa¬ rere ; perche

. f io al 'Tjm fon timido amico ,

Temo di perder •■vita tra coloro y che queflo tempo chiameranno antico.

E quello llelìo timore, accompagnato da un’ar* dentilfimo amore della verità, è cagione, che fm- eeramente vi confeflì , che ancor’ io ne’ tempi addietro abbacinato dall’ inefperienza ho talvol¬ ta creduto di quelle cofe , delle quali fovente- mente ricordandomi,

Di me medefmo meco mi fvergogno .

Ed in vero bifogna che io aveflì le traveggole allora , quando nelle mie Offeruazioni intorno alle^ •vipere , fcriflì , che il cuore di quelli ferpentelli ha due auricole , e due cavità , o ventricoli j im¬ perocché il cuor viperino non ha che una fola- auricola , ed una fola cavità : egli è ben vero , che quella fola auricola gonfiata fi dirama come in due tronchi , ed internamente ha una fottililfi* ma membrana , che quali la divide in due celle j e per quelle due divifioni entrando , e cercando con lo llile,o tenta, mi riufcì pigliar l’errore de’ due ventricoli, mio de’ quali veramente vi è; ma l’altro mi veniva difavvedutamente fatto con la^ tenta .

Io

Ili

DI F2{ANC£SC0 2{EDI.

Io m’era così invogliato , ed invaghito d“ im* battermi pure in alcuno di quegli animalucci $ parte femo venti , e parte di legno , tanto vale^ appreflb di me 1’ autorità d' un’ uomo così dot¬ to, com' è il Padre Chircher ! che non v’ è dili¬ genza, e follecitudine , eh’ io non abbia ufato , c che non abbia fatto ufare per trovarne pur qual¬ cuno : laonde il 30 di Maggio eflendomi fla¬ ti portati certi ramufcelli d’ oflìacanta , o fpin- bianco , i quali fulla propria pianta s’ erano in¬ catorzoliti , flravolti , rigonfiati , inteneriti , e di¬ venuti fcabrofi , e quafi lanuginofi, ed avean pre- fo un color gialliccio punteggiato di roflb , e di bigio , fperai di poter veder da quegli la defide- rata nafeita, e trasformazione; e tanto più creb¬ be la fperanza quanto che vidi cert’ altri ramu¬ fcelli fimili filila fillirea feconda del Clufio , ed altri pur fimili fu’ tralci di quella clematide , che in Tofeana fi chiama vitalba : per la qual cofa^ raddoppiate le diligenze, ripofi di que’ramufcei- li, e di que’ tralci in alcune fcatole; e di più an¬ cora ogni giorno oflervava , e faceva oflervare tutte tre quelle fuddette piante , filile quali eran rimafi molti di quegl’ incatorzolimenti flravolti ; ma in fine m’accorfi,che erano un vizio natura¬ le di efle piante , filile quali ogn’ anno per lo più fi trovava , e che non generava mai infetto di

fotta

1 22 ESP£2qEN. JNT. AGU INSETTI

■forta veruna . Voi potrete confiderarne le figure qui appreflb , e tanto più volentieri ve le man- do, quanto che non credo , che da alcuno fcrit- tore , ch’io fappia , fi.i giammai fiato badato su quefio tal vizio , o fcherzo che fia .

I

ù

128 ESPE^EN. JfTT. AGL* INSETTI

Ma perche tra quefti animaluzxi , che il Pa¬ dre Chircher aflerifce , che nafcono da’ ramufcelli putrefatti del viburno , e della codacavallina , egli ne porta la figura d’un’altra terza fpezie, che cre¬ de generarfi , e dalle paglie , e da’ giunchi impu- iriditi, non vi fia noiofo , ch’io vi racconti quel che m’è avvenuto queft’ anno ad Artiraino, dove ne’ bofchi tra le fcope ho veduti infinitillìmi ba¬ cherozzoli di quefta terza fpezie , i quali da’cbn- ladini di quel contorno fon chiamati Cauallucci : mentre dunque io mi tratteneva con la Corte» nel mefe di Settembre alle cacce di quel paefo, me ne furono portati mokiflìmi,e vidi che erano di due maniere, gli uni aveanoi! colore tutto ver¬ de con due linee bianche paralelle diftefe da lati per tutta la lunghezza del corpo loro, e gli altri erano di color tutto rugginofo, o per dir meglio dello fteflb color de’fufcelli della feopa . Tanto gli uni, quanto gli altri anno due cornetti in tefta compofti di molti, molti nodi, o articoli « I cor¬ netti de’ verdi fon di color roffigno ; ma gli altri della feconda razza fon dello fteflb colore , che è tutto ’l reftante del corpo. Il lor capo è picco- liifimo, minore d’un granello di grano, gli occhi fon ddri , e rilevati , e più piccoli d’ un feme di papavero, e ne’ verdi fon di color roflTo. La boc¬ ca è fatta come quella delle cavallette. Cammi¬ nano

DI FI^AfìCESCO 2{EDJ. 12^

nano con un paffo grave, e lento , eJ anno Tei' gambe , ed ogni, gamba ha tre piegature , e le due prime gambe naicono appunto appunto fotta quella congiuntura, dove ila attaccata la tetta . Tutto quello fpazio,cheèdalIe due vldme gam¬ be hno ali’eftremità della coda , è compotto,e/ regnato di dieci anelli, o incifure, o nodi | e dal¬ l'ultimo nodo fpiintano due fottilittìmi pungiglio¬ ni . Tutto il corpo infieme non è più lungo di cinque dita a traverfojC per io più dal capo alla coda è groiTo ugualmente ; e fe bene alcuni nel ventre inferiore fon più tronfi , e di figura roni- bidale , quetto avviene , perchè fon femmine ; ed anno il ventre più, o men grotto, e rilevato, fecondo che è maggiore, o minore il numero del- l’uova , che in quello fi trovano. Tanto i ma- fchi , quanto le femmine gettano la fpoglia tutta intera in quella guifa, che fan le ferpi , i ragni, ed altri infetti, e la loro fpoglia non è altro, che una bianca , e fottiliflìma tunica della ftetta figu¬ ra del lor corpo .

Quando mi fu roti portati quetti animaletd,era meco per fortuna il Signor Niccolò Stenone di Danimarca famofittimo , come voi fapete , ana¬ tomico, de' noftri tempi , e letterato di ragguar¬ devoli, e gentilittime maniere , trattenuto in que- fta Corte dalla reale generofità del Sereniffimo

R Granduca t

a S o ESPE^BN. JNT. AGL’ MS ETTI

Granduca ; ci venne ad ambedue in penfiero d’offervar le vifeere , e T interna fabbrica di quel¬ le beftiuole , per quanto comportafle la lor minu¬ tezza , e vedemmo che dalla bocca fi parte un^ canaletto, il quale camminando per tutta la lun* ghezza del corpo, fino ad vn forame vicino all’ ultimo nodo della coda , fa l’ ufizio di efofago , di filomaco , e di budella , ed intorno a quello canaletto trovammo un confufo ammaflamento di varj, e diverfi filuzzi , che fon forfè vene , ed arterie . Da mezzo il corpo fino all’ eftremità della coda olfervammo eflervi un gran numero di uova legate infieme , o vefiiite da un filo o ca¬ nale, che per la fottigliezza non fi poteva difcer- nere . Non erano quell’ uova più grolfe de’ gra¬ nelli di miglio , e certe erano molli , e tenere , e certe più dure : le molli , e tenere apparivano gialliccie,e quali trafparenti ; ma le dure, ancor* chè internamente folfero gialle, avevano il gufeio nero; ed in tutto fra le nere, e le gialle in un fo- lo animale ne contammo fino a fettanta;e ad un altro, che tenemmo rinchiufo in una fcatola quat¬ tro giorni fenza mangiare, oltre venticinque che n’ avea fatte in quella fcatola , ne trovammo in corpo infino al numero di quarantotto . Men* tre così palfavamo il tempo , olfervammo , chc^ non ollante che a certi di quegli animaluzzi avef-

DI F3JNCESC0 ^Dl, iji

fimo ftrappato fuor del corpo tutte quante le vi- fcere , oflervammo dico , che continuavano su vivere , o a muoverfi , in quella guifa appunto j, che fanno le vipere fventrate , ed altri molti in¬ fetti ; per Io che ad alcun’ altri tagliammo il ca¬ po , ed il capo fenxa ’l butto per qualche brevo tempo vivea } ma ’I butto fenza ’l capo vivacitti- mamente per lungo tempo brancolava , come fcy> aveife tutti quanti gli altri fuoi membri j ondo per ifcherzo , e per un giuoco da villa ci rifoU vemmo a rinnettare il capo fu’l butto, e ci riufci con quella ttefia facilità , con la quale riufciva^ di rinnettarfi le membra all’incantatore Orrilo , di cui il grand’ Epico di Ferrara.

Più molte l' han fmemipratoy e non mai morto ^ ‘Ne per fmemhrarlo uccider fi fotea ,

Che fie tagliato , o mano , o gamba gli era^

La rappkauaf che parca di cera »

Or fin a’ denti il capo le dtuide Grifone , or Aquilante fin al petto .

Egli de' colpi lor fiempre fi ride ,

S’ adiran' efisi , che non anno effetto ,

Chi mai d' alto cader l' argento mide , che gli alchimifii anno mercurio detto ,

E fpargercj e raccor tutti i fuoi membri ^ Sentendo di cofiuif fe ne rimembri,

R 2

5^

£SP£^EN. i-NT. AGV mSETTJ

Se gli [ficcano il capo , Orrilo fcenàe j ’SSlè cejfa hrmcolar , [n che lo tram ,

Ed or pel erme , ed or pel nafo il prende ^ ho falda al collo j e non fo con che chioai .

Pigliai tdlor Grifone y e'I braccio fendei 2Vf/ fumé il gettai e non par eh' anco gioui^ che nuota Orrilo al fondo , com’ m pefee j E col fuo capo falm alla riua efee .

Così i noftri animaletti col capo rinneftato non-, folo continuarono a vivere tutto quel giorno , ma eziandio per cinqu’ altri giorni continui , con molta maraviglia di chi non ne fapeva il fegre- to; e tanto più c he in quello flato non folo fi fgra- va vano de’ foliti naturali eferementi del ventre 5 ma facevano ancora dell’ uova : onde chi foffe flato corrivo a fcrivere queflo faldamento di te- fle , avrebbe potuto avere una gran quantità di teflimonj di vifta 5 ma avrebbe fcritta una bella favola : concioffiecofachè quelle tette fi rappic- cavano a’ior butti , perchè da' butti gocciolava un certo liquor verde vifeofo, e tenace , che fec- candofi era cagione d’ un faldo ricongiagnimen- to ; ma le tette ancorché ’l butto vivette non fa- cean moto di fort’ alcuna , moflravan fegni di vita 5 ed i bufti fenza ’l riunimento delle tetto continuavano a vivere que’ cinque , o lei gior» ©i 4 come fe le aveflero riunite s e fe voi avefte

la

DI f:f^^cesco eedi. 133

la curiofità di vedere la figura di quelli anima- letti fenza cercarla nel Chircher,oneI lonftono, che la mette nella fua celebre ftoria degl’ infetti tav. XI. num. 2 , e tav. XIL num. 25 , io ve la mando qui difegnata dal naturale } itifieme con la figura d’uno de’lor’ uovi , aggrandita coll’aiuto d’ uno fquifitilfimo microfcopio d’ Inghilterra , e vedrete, che da una eftremità è ovato, e dall’al¬ tra ha cert’ orli rilevati , e s’ aflbmiglia ad uno di que’ mezz’ uovi di legno , de’ quali ci ferviamo in vece di fcatolini , e fi ferrano a vite «

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1 3 ^ ESPE^Ef^, INT. AGV MS ETTI

D’un parlare nell’ altro fon ito , fenz’ avveder¬ mene, troppo lungi da quel difcorfo , eh’ io fa¬ ceva poc' anrn , fui quale ora riniettendomi , fa di roeilier.e, ch’io ritorni a favellarvi di quegl’ infetti, che fi veggono avere il nafeimento full’ erbe infracidate , e ch’io vi dica , che fu tutte quante le fpezie ho veduto indifferentemente na- feere i vermi ; onde non è un miracolo ciò , che Diofeoride, e Plinio anno fcritto per cofa confi- derabile , e fingulare , che fu’l baffilico maftica- to , ed efpofto al fole avvenga un fioiile nafei¬ mento di bachi ; imperocché tale accidente è co¬ mune a tutte queir erbe , fu le quali fon portati dagli animali i femi de’ vermi. Da quelli vermi prodotti fu l’erbe infracidate ho veduto talvolta na- feer mofche ordinarie, e talvolta qualche mofeio- ne : ma per Io più , e non di rado , da una pian¬ ta fola moltillìme generazioni di animaletti vo¬ lanti , e così minuti , che con molta ragione al¬ cuni di eflì furono da Tertulliano chiamati mìm pmBi ammalia : e mi fi ravviva alla memoria , che fu’l folo ifopo , fu’l folo fpigo , e fu’l folo iperico, oltre alle mofche ordinarie, e ad alcuni altri pochi mofeioni , nacquero otto , o nove al¬ tre diverfe razze di mofeherini tra loro differen- tìffimi di figura . Su’! prezzemolo trovai parimen¬ te alcuni bachi fimilifTimi a quegli, che fi trasfor¬ mano

DI Flt^ANCESCO F^Dl, 137

mano in mofche ; erano però tutti pelofi , e fa¬ cendo cerchio di fe medefimi fpiccavano fovente in qua , ed in varj falti j ma non mi fu favore¬ vole la fortuna nel farmi vedere ciò , che ne fa¬ rebbe nato j imperocché morirono tutti , avanti che in uova, come gli altri, fi conduceflfero , e fi fer malfero ; forle pel freddo della ftagione , che fi era avanzata verfo’l fine del mefe di Novembre.

Sentite ora quel che, feri ve Plinio nel libro ventunefimo della ftoria naturale. Fn’ altra mara. njiglia ydìcQ egli , auuiene del mele nelt Jfola di Can- dia : quitti è il monte Carina , // quale ha noue mi’ gita di circuito : dentro a quefìo fpazjo non fi trouano mofche , ed il mele colà fabbricato ejfe mofche mai non ajfaggiano ; ed ejfendo quefio fingolare per l' ufo de' me¬ dicamenti .^con tale efperienz^ fi elegge. La ftefla ma¬ raviglia racconta Zeze del mele attico, e foggiu- gne 5 che quello avviene per elfere T Attica ab- bondantilTmia di timo , il di cui acuto odore è dalle mofche grandemente abborrito : lo riferì- fee altresì Michele dica ne’fuoi greci Annali, e n’ adduce la medefima ragione di Zeze: e pure io ho vedute le mofche partorir le loro uova, ed i loro verrai nel timo , e da que' vermi nafeerne le mofche , e quelle mofche golofamente man¬ giarli non folamenre il mele allungato con la de¬ cozione del timo , ma eziandio trangugiarfi unv>

S lati 03 rio

1 3 8 ESPEKJEN, INT. AGU MS ETTI

lattuario compofto^ol fuddeti:© mele , e con fo¬ glie di timo . Forfè ne’ tempi di Plinio , e nel monte Carina era una veridica ftoria, ma in To- fcana crederei j che oggi noverar fi potefle tra le favole : laonde , per terminar , più preflo che mi farà poifibile , quefta ormai troppo lunga let¬ tera , e troppo tediofa , ripiglio a dirvi , che fi come tutte le carni morte , e tutti i pefci j tutte l’erbe j e tutti i frutti fono un nido propGr^iona- tilllmo per le mofche , e per gli altri animalecti volanti ; così lo fono ancora tutte le generazioni di funghi , come ho potuto vedere nelle vefce , ne’ porcini , negli uovoli , ne’grumati , nelle di¬ tola , ed in altri firaiglianti : io parlo però di que’ funghi,! quali di già fono fiati colti , e per così dire fon morti-, e putrefacci ; imperocché quegli , che ftanno radicati in terra , o fu gli al¬ beri, e che vivono , fogliono generare ceri’ altre maniere di bachi , alcune delie quali fono diffe- rentiffime nella figura in tutto , e per tutto da’ vermi delie mofche 5 concioffiecofachè qiiefti de’ funghi non vanno ftrafckando il loro corpo per terra , ne vanno ferpeggiando come quegli , ma camminano co’loro piedi, come i bachi da fetaj fe quelli delle mofche jde’mofcherinijede’mo- feions anno il mufo lungo , ed aguzzo, quelli lo anno corto , e fchiacciato con una fafcia nera^

fop ra

DJ F^NCESCO 2{£DI, iS9

fopra di eflfo . Creili fteifi dunque , finiti eh’ e* fon di crefeere , fi fuggono ftudiofamente da que! fungo , nel quale fon nati , e rilevati j ed in véce di trafmutarfi in uova fi fabbricano intorno ua^ piccolillìmo bozzoletto di feta , in cui ciafehe- duno di elfi fta rinchiufo alcuni giorni determi¬ nati , dopo lo fpazio de’ quali da ogni bozzolo efee fuora un' animaletto volante , che talvolta è una zanzara > talvolta una mofcjbetta nera coru quattr’ale , e talvolta un* altra mofefaetta pari¬ mente nera , e con quattr’ ale col ventre inferio¬ re allungato a foggia di coda fimile a quella del¬ le ferpi.

Or qual fia la cagione efficiente prolfima j che generi quelli bachi ne’ funghi viventi, io per me credo , che fia quella flefla , che gli genera nelle vive piante , e ne’ loro frutti altresì viventi 5 in¬ torno alla quale varie fono l’ opinioni de’filofo- fi, e di coloro, che la virtù delle piante, o vero la loro natura inveftigarono .. Fortunio Liceto ne’ libri del nafeimento fpontaneo de’ viventi , fupponendo per vero verilfimo , che dall’ anima vegetativa più ignobile di tutte l’ altre non polTa mai produrfi l’anima fenfitiya , crede, che quel- la generazione di bachi fi faccia per cagione del nutrimento, che le piante prendono dalla terra , in cui, egli dice, che fono molte particelle d’ani-

S 2 ma

1 40 £SPE2{iEN. INT, AGU INSETTI

ma fenfitiva efaIate,o dagli efcrementi, oda’cor- pi morti , o viventi degli animali : foggiugnc- ancora , che da’medefimi corpi , o viventi , o morti , fvaporano molti atomi , o corpicelli pre¬ gni d’anima fenfitiva, i quali volando per l’aria, ed attaccandoli alle fcorze delle piante , alle fo^ glie , ed a’ frutti rugiadofi cagionano il nafci- mento de* bachi . Pietro Cadendo è di parere , che nella polpa de* frutti nafcano i vermi , per* chè le mofche, Tapi, le zanzare , ed altri firaili infetti pofandoli fopra i fiori vi lafcino i loro fe- mi , i quali femi rinchiufi , e imprigionati poi dentro a’ frutti , coll’aiuto dei calore della matu¬ razione divengano vermi . Potrei molte , e molt’ altre opinioni addurvi ; ma perchè quafi tutte fi riducono a quelle, delle quali nel bel principio di quella lettera vi favellai; perciò ftimo oppor¬ tuno il tralafciarle ; e fe doveflj palelàrvi il mio fentimento crederei , che i frutti , i legumi , gli alberi, c le foglie, in due maniere inverminafie- ro. Vna, perchè venendo i bachi per di fuora , e cercando i’ alimento , col rodere fi aprono la- Dirada , ed arrivano alia più interna midolla de’ frutti, e de’ legni. L’altra maniera fi è , che io per me ftimerci , che non fode gran fatto difdi- cevole il credere, che quell’ anima, o quella vir¬ , la quale genera i fiori , ed i frutti nelle pian-

DJ FJi^CESCO EfiDJ . 141

te viventi , (ìa quella ftefla > che generi ancora i bachi di effe piante . £ chi fa forfè , che molti frutti degli alberi non fieno prodotti , non per un fine primario, e principale , ma bensì per un ufizìo fecondarlo, e fervile, deftinato alla gene¬ razione di que’ vermi , fervendo a loro in vecc^ di matrice, in cui dimorino un prefiflb, e deter¬ minato tempo ; il quale arrivato efcan fuora a godere il fole.

Io m’immagino, che queftomio penfiero non vi parrà totalmente un paradolTo ; mentre farete riflélTione a quelle tante forte di galle, di galoz- zole , di coccole , di ricci, di calici, di cornetti, e di lappole , che fon prodotte dalle querce , dal¬ le farnie , da'cerri , da’fugberi , da’ lecci , e da altri fimili alberi da ghianda : imperciocché in^ quelle gallozzole , e particolarmente nelle più grolfe , che fi chiamano coronate ; ne’ ricci ca¬ pelluti, che ciuffoli da’noflri contadini fon detti; ne’ ricci legnofi del cerro ; ne* ricci ftellati della quercia ; nelle galluzze della foglia del leccio Q vede evidentiifimamente , che la prima , e prin¬ cipale intenzione della natura, è formare dentro di quelle un’ animale volante ; vedendofi nel cen¬ tro della gallozzola un’ uovo , che col crefcere , c col maturarfi di effa gallozzola va crefcendo , e maturando anch’ egli , e crefce altresì a fuo

tempo

1 42 ESP£2{/Ef^. JNT. AGL' INSETTI

tempo quel verme , che nell’ uovo fi racchiude j il quale , quando la gallozzola è finita di matu¬ rare , e che è venuto il termine deftinato al fuo nafcimento , diventa , di verme , che era , una^ mofca; la quale rompendo Tuovo, e comincian¬ do a roder la gallozola , fa dal centro alla cir* conferenza una piccola , e fempre ritonda fìrada, al fine della quale pervenuta , abbandonando la nativa prigione , per l’aria baldanzofamente fc^ ne vola a cercarfi l’alimento .

Io vi confeflb ingenuamente , che prima d’aver fatte quefte mie efperienze intorno alla genera¬ zione degl’ infetti , mi dava a credere, o per dir meglio fofpettava , che forfè la gallozzola na- fceÌTe , perchè arrivando la mofca nel tempo del¬ la primavera , e facendo una picGoliflfima fefl'ura ne’ rami più teneri della quercia , in quella feflù- ra nafcondelTe juno de’ fuor femi , il ^quale foflè/ cagione , che sbocciafTe fuora la gallozzola j e che mai non fi vcdelfero galle , o gallozzole, o ricci , o cornetti, ^ calici , o coccole, fe non in que’ rami , ne’ quali le molche avelTero depofitate le loro femenze; e mi dava ad intendere , che le gallozzole foflero una malattia cagionata nelle quercie dalle punture delle mofche , in quellsc. guifa ftefia , che dalle punture «d’altri animaletti fimiglievoli vcggiarao crefcere de’ tumori ne’cor- pi degl’ animali . Io

DI FtmCESCO F^Dl. 143

Io dubitava ancora, fe per fortuna potcfs’ ede¬ re, che quando fpuntano le gallozzole, ed i ric¬ ci , fopraggiugnendo le mofche fpargeflero fopra di eflì qualche fecondo liquore di feme, che pre. gno di Ipiriti vivaGilfimi poteflfe penetrar nella- parte piò interna , ed ingravidandola produceiffe quivi quel verme. Ma avendo poi meglio confi- derato , che vi fon molti frutti , e legumi , che nafcono coperti , e difefi da’ forò invogli, o bac¬ celletti, e che pur bacano, ed intonchiano : aven¬ do oflfcrvato , che tutte le gallòzzole nafcon fém- pre cofìantemenre in una determinata parte de’ rami , e fempre ne’rami novelli ; e che quelle.# galfozzolioe,che nafcono nelle foglie della quer¬ cia , della farnia , e del certo artch’ effe coftante- mente nafcon tutte fu le fibre, © nervi di effe fo¬ glie, e che pur’ una gallozzolina fi vede nata fui piano della foglia tra un nervo, e 1* altro; che tutte infallibilmente fpuntano da quella parte delia foglia , che fta rivolta verfo la terra, e nin¬ na da quella parte più lifcias che riguarda il cie¬ lo , e perdo contrario tutte le gallozzoline , che fi trovano nelle foglie del faggio , e di alcuni al¬ tri alberi non ghiandiferi ftanno tutte dalla parte più iifcia di effe foglie ; avendo ancora pofto mente, che molte foghe d’altri alberi, fu le qua¬ li nafcono, o vefckhe, o borfe, o incierpaiure,

o gonfietti ,

144 ESPBT^EN.mT.AGVmSETTl

o gonfietti , pieni di vermi , quando quelle foglie Ipuntano , elle fpuntano con quelle fteflc vcfci* che , o borfe , le quali molto bene fi veggiono , ancorché minutiifime fieno le foglie , e vanno crefcendo al crefcere di effe foglie $ e di ciò ma* nifeftamentc ogn’uno potrà certifìcarfi coll’offer- var diligentemente quel, che nafce nelle foglie deir olmo , del leccio , dell’ alberello , del fufino falvatico , e del lentifco s in oltre il cerro fa al¬ cuni grappoletti di fiori j da que’ fiori fon pro¬ dotte altrettante coccole roffe , o paonazze , cia- fcheduna delle quali ingenera tre , o quattro ba¬ chi rinchiufi ne’ loro cafellini diftinti . Il medefi- mo cerro fa un’ altro grappoletto di fiori , e da/ que’ fiori fpuntano alcuni calicetti verdegialli le- gnofi nella baie, o teneri nell’orlo, e tutti queffi calici fanno i lor bachi , ed i bachi efcon fuora/ in forma d’ animali volanti ; perciò mutandomi d’opinione mi pare di poter più probabilmente credere , che la generazione degli animali nati dagli alberi, non fra una generazione a cafo, fatta da’femi depofitati dalle Ibpravvegnenti gra¬ vide mofche r e tanto più , perchè non vi è pur* una fola gallozzola , che non abbia il fuo baco; c in ogni forta di gallozzole vi fon fempre le proprie , e determinate razze di bachi , di mo- iche, e di mofchcrini , le quali mai non variano.

In

DI F^nCESCO 1{EDJ . 145

In oltre mar^vigliofa è la maeftria ufata dalla na¬ tura nel formare quell’ uovo , e nel preparargli il luogo dentro delia gallozzola j e corredarlo di tante fibre j e fili j che da efia gallozzola vanno all’uovoj quafi altrettante vene , ed arterie, che conducono l’opportuno fulfidio per la formazio¬ ne del uovo , e del baco , e per lo nutrimento , che a loro fa di meftiere . E perchè vi ha certe^ particolari fpezie di gallozzole , nelle quali noru un foloj ma più vermi s’ingenerano, perciò elfa natura feppe accuratiflìmamente diftinguerc i luo¬ ghi , come Io fa fare in quegli animali , che di numerofa prole in un fol parto fono fecondi , Si vede altresì , che il verme delle gallozzole ha un certo necelfario fomento vitale da tutta quanta la quercia j imperciocché fe fia colta una gallai coronata fubito , che fpunti dall’ albero , e che dentro di efia l’occhio non pofla fcorgere prin* cipio di uovo, quella galla mai non baca, e non tarla , e mai non produce la roofca j fe fi colga un poco meno acerba , ed un poco più grolTetta della prima , e che vi fi veggia l’uovo , che co¬ mincia a farfi, o che di poco fia fatto, e fia per ancora molto acerbo , e piccolino , ei male , e non conduce il verme alla maturazione : ma^ fe ’l verme vien’a bene egli ha il determinato, e prefiìfo termine di trasformarf! in mofea ? e di

T ufeire

1 46 ESPEUJEN. mr. AGL’ INSETTI

ufcire dsilla galloziola , il qual termine mai non falla : egli è ben vero, che , fecondo le diverfo razze delle gallozzole, diverfo è parimente illor termine : imperocché da alcune razze fcappan^ fuora gli animaletti di primavera, da altre di (la¬ te , da altre d’autunno , e da altre fui principio del verno : ma gli animaluzzi di certune afpetta- no r altra futura primavera; quegli di certaltrc la (late, ed alcuni amano di ftagionarfi per entro la gallozzola lo fpazio intero di due anni, e oltre.

Egli è fuperfluo , che di ciò io vi favelli ora^ più lungamente , elfendovi quella ftoria in qual¬ che parte non ignota , per quello , che ne fu of- fervato ad Artiitiino, quando la Corte l’anno paf- fato vi tratteneva, godendo le deliziofe cacco di quelle bofcaglie ; anzi a bella prova mi tace¬ , rimettendomi a quello , che farò per dirne quando darò in luce queda particolare , e curio» filfima Storia de ofari , e diuerft frutti , ed animali , che dalle querele , e da altri alberi fon generati ; e cre¬ do fermamente , che predo potrò foddisfare alla curiofità degli invedigatori delle cofe naturali 5 elFendomi data favorevole generofa , e reai munificenza del Serenilfimo Granduca mio Si¬ gnore, mediante la quale ne ho fatte miniare fin’ a ora molte , e molte figure dal delicato pennel¬ lo del Sig. Filizio Pizzighi .

Non

DI FI^nCESCO F^DI. 147

Non voglio già paffare in filenzio , per tor¬ nare al mio primo propofito , che ftimo non^ effer gran peccato in filofofìa il credere , che i vermi de’frutti fieno generati da quella ftefla ani¬ ma ,6 da quella ftefifa naturai virtude>che fa na> fcere i frutti fteifi nelle piante ; e fe bene in al¬ cune fcuole fi tien per certo , che una cofa raem. nobile non pofia generarne una più nobile della generante, io me ne fo beffe, ed il folo efemplo delle mofche, e de’mofcherini,che nafcono nel¬ le gallozzole delle querce, parmi, che tolga via ogni dubbio : oltreche quefti nomi di più nobile, c di men nobile , fon termini incogniti alla natu¬ ra , ed inventati per adattargli al bifogno dello opinioni or di quefta , or di quella fetta, fecon* do che le fa di raeftiere , Ma quando pure per le ftrepitofe ftrida degli fcolaftici doveffe in ogni modo effer vero , che dall’ ignobili cofe non fi poteflfero produrre le più nobili , io non fo per me vedere qual gran vergogna , o quale ftra va¬ gante paradoffo mai farebbe il dire , che le pian¬ te , oltre alla vita vegetativa , godeffero ancora la fenfibile, la quale le condizìonaffe, e le facef- fe abili alla generazione degli animali , che da,» effe piante fon prodotti . Democrito , che per teftimonianza di Petronio Arbitro , omnium her- harmn fucccs exprefsity ne lapidum n-'irguhmimque

T z 'Xvf

148 ESPE^EN, INT, AGV INSETT!

n).ìs lateret i aitate m inter experìmenta confumpfn , non ifdegnò di concedere il fenfo alle piante : Pitta* gora }* e Platone ebbero quello fteflb parere ; e l’ebbero firaiimente Anaflagora , ed Empedocle, fe dar vogliamo fede ad Arifìotiie , che ne! pri- mo libro delle piante lo rir'erifce . Ava^ctyopoi wJ , Eu':7'iS’o!iAì^^ iTT/du/A/a tetoret KiixiSrcu Aiyoww aì9avt'

B'xi Tf i(<Àj AvTréiS'ott Kaì «Usdaw S’tci0i0cuovvf‘'U . m « (Ksf Afa*

, x«/ ^cùo. avete x.aì ìlJ’id'eu xai à’ìn , r^rt

aVoppo» T«!' (fvM.m ìH^tH etv^r.au voùio tH,\»iA0dvm Ma

ricreduti Manichei emparnente paliarono piu avanti , come racconta Sant’Agoftino , e tenne¬ ro, che le piante a veliero anima ragionevole , e che però folle misfatto d’omicidio j1 coglierne frutti,© fiori 5I0 firapnarne violentemente foglie, e rami, e fradicarle totalmente dal fiiolo. Pioti* no però fu molto più moderato feri vendo , che elle anno fentimento , ma intormentito, e ftu- pido della lleffa maniera, che lo anno l’oftriche, le [pugne , e gli altri limili animali , che Pianta-

nimaii nelle fcuole fono chiamati : a Plotino, ed agli altri fuddetti filofofi gentili fi accollarono Giovanni Veslingio, e Tommafo Campanella con molti altri moderni ,tra’quali l’eruditilfimo noftro Imperfetto dico il Sig. Priore Orazio Ricafoii Rucellai né’fuoi raaravigliofi dialoghi dell’Anima fa parlare altamente yincenzio Manniicci , e con

lagioni

DI f2{Àm£SC0 2{£DJ, i^p

ragioni laudevoli j a favore di quefta opinione : per prova della quale non vi addurrò qui fecon* do il detto di Plinio, che alcuni follemence fa- ceffero a credere , che Pitcagora comandaffe^ Taftenerfi dalle fave , perchè in quelle fi ricove- rafi'ero l’ anime de’ morti ; meno vi dirò di quefto legume la favolofa virtude fcritta ne’ libri filofofici manufcritti, che van fotto nome d’Ori- gene,dove s’ afferma , che Zareta filofofo di na¬ zione Caldeo , e maeftro di Pittagora dicefie , che le fave macerate al fole rendevano un noru, fo quale odore , fimile a quella dell’umana fe* nienza, e che quando eli’ erano fiorite , fe fi rin¬ chiudevano in un vafo fepolto fotto la terra do¬ po non molti giorni fi farebbono trovate avere la vergognofa effigie di quella parte femminile , che per nativa modeftia dalle donne più d’ agn‘ altra fi cela ; e che pofcia averebbono acquiftata la figura del capo di un fanciullo t io non vi feri¬ vo qui le precife greche parole di Origene , o d’ Epifanio, che fi fia T autore di que’ libri, per¬ chè fe ne avrete curiofità le potrete vedere nell’ erudite ofrervazioni fatte fopra Laerzio Diogene da quel grandiffimo , e gentififfimo letterato , e noftro comune amico, e accademico Egidio Me- iiagio .

Per prova parimente della fuddetta fenfibilità

delle

1 5 o £SPE2^Ef^. mT. ÀGV MS ETTI

■f

delle piante , non fia , che vi rammenti i virgulti di Tracia animati dallo fpirito del morto Poli¬ doro , meno i giardini di Alcina mentovati dair A riolio , le bofcaglie inventate dal Bo¬ iardo y e dal Berni j vi ridurrò alla mente nel fecondo girone dell’ Inferno quell’ orribil felva della quale il noftro fovrano Poeta j Però y diffe 7 maeftro y fe tu tromhì

, falche frafchetta d' una d' ejìc j/iantgy Li penJteTy ch’hai y fi faran tutti monchi.

Aliar por fi la mano un poco auantCy E colf un ramufcel da un gran pruno ;

E ’l tronco fuo grido , perchè mi [chiame f Da che fatto fu poi di [angue hrumf y Ty^cominciò a gridar y perchè mi [cerpi f fìon hai tu [pino di piotate alcuno ?

Hmmini fummo y ed or [em fatti Jìerpi j Pen dourehh’ ejfer la tua man più piAy Se fate fofsim’ anime di [erpi.

Come d’un •verde y che arfo fa Dall’ un de capi , che dall' altro geme ,

E cigola ì per <vento , che ''•va •via .

Cosi di quella [cheggia ufciua inferno Parolcy e [angue : end' i’ lafciai la cima Cadere y e fettiy come l' uom y che teme. injpeiocchè quelle, a prima giunta confiderate , c femz molto inoltrarO, fon fole bizzarriirmie de’

poeti ,

FT^mCESCO EJSDÌ, 151

poeti, ritrovate per dar pafto alla plebe, ed agli uomini ignoranti .

AdO' ‘uoii che attete gt intelletti fmiy Adirate la dottrina y che (t afconde- Sotto il <x>elame delli 'verfi Jirani ,

Le cofe belle ( diceva il Berni ) frezjofey e care Saporite f foaut y e delicate Scoperte in man non fi debhon portare ,

Perchè da’ porci non fieno imbrattate^

Dalla natura fi njuole imparare ,

Che ha le fue frutte y e le fue cofe armate Di fpiney e refie, e ojfity e buccia y e fcorz^ty. Cantra la 'violenza , ed alla forzjt .

Del ciely degli animati y e degli uccelli ,

Ed ha nafcofio fatto terra l’ oro y E le gioie y e le perle , e gli altri belli Segreti agli uomitfy perchè cofim loroy E fon ben fmemoratiy e patii quelli y:

Che fuor portando palefè il teforOy Par che chiamino' i ladri , e gH ajfafsiniy E’I dtauoly che gii fpogliy e gli rouim,

Poich’ anche par, che la giufiil^a svoglia y Dandofi il ben per premioy eguidardone Della fittka y che quel che n ha 'voglia y Debba efier 'valentuomo , e non poltrone y E pare anche , che gufio , e grazia accaglia A wmande che fien per altro buone y

Eh

1 5 a ESPE:BJEn, INT, AG VMS ETTI

E le faccia care y e fià gradite V n faporetto , con che fien condite ,

Però quando leggete l' Odijfea ,

£ quelle guerre orrende i e differate^

E trouate ferita qualche Dea,

0 qualche Dio , non ‘■vi fcandalizj^e j Che quel buon uom‘ altr’ intender njolea Per quel, che fuor dimofra alle brigate.

Alle brigate gof e , agli animali , che con la 'vtjìa non paffan gli occhiali ,

£ cosi qui non ‘■vi fermate in quejìe Scorze di fuor ; ma pajfate più innanzi Che s’ ejferci altro fotta non crede fle ,

Perdio aurejìe fatto pochi auanT^ j E di tenerle ben ragione arefle Sogni d' infermi, e fole di romanzi ;

Or dell" ingegno .ogn un la zappa pigli .

E fudi, e /affatichi, ,e / adottigli.

E chi fa che Virgilio, Dante , e gli altri To= fcani poeti con quelle lor favole non voleffero infegnarci , che le piante non fono affatto prive di fenfo ? io fo molto bene , che non v’è moti¬ vo , conghiettura ^ prova , ragione con¬ cludente , non tanto per la parte affermativa , quanto per la negativa 5 ma egli è anche vero , che le piante fi nutricano , crefcono , e produco¬ no feme , e frutto , come gli altri animali 5 cer¬ cano

DI P%AnCESCO T^Dl, 15 j

cano con anfietà il fole , e l’aria aperta , e sfo¬ gata 5 sfuggono in quel modo migliore che pof- fbno l’ugge malefiche , e con movimenti invifibili fiftorcono per ifcanfarle : e chi fa fe gambe avef- fero , e non folfero così altamente radicate in ter¬ ra , che non fuggiffero da chi vuole offenderle , ed offefe, e ftraiiate non faceffero i lor verfi,ed i loro lamenti , fe organi poffedeffero difpofti , e proporzionati all’ opra della favella ?

Mi fovviene a quefto propofito , eh’ elfendo io del mefe di Marzo in Livorno, vidi un certo po¬ mo , o frutto marino abbarbicato nella terra tra gli fcrepoli di uno fcoglio : la groflezza , e la fi¬ gura di effo pomo era come quella di una aran¬ cia di mediocre grandezza , di quel colore per appunto , che anno i funghi porcini , che però fungo marino da i pefeatori è chiamato; ed aven* dolo colto , e volendo vederne l* interna ftruttu- ra, appena cominciai col coltello a pungerlo, ed a tagliarlo , che vidi manifeftiffimamente , cho moto avea , e fenfo , raggrinzandoli , ed accar¬ tocciandoli ad ogni minimo taglio , e puntura ; e pure nella fua interna cavità , le parieti della^ quale erano bianche lattate , non conteneva al¬ tro , che certa acqua lirapidilTima di fapore di fale , ed alcuni fili bianchi ,i quali da una parte^ all’ altra delle parieti fenza ordine alcuno erano

V diftefi,

1 5 4 ESPESJEn. mr, AGV INSETTI

diftefi, e tirati . E le fpugne, che pur da alcuni valentuomini fon noverate tra le piante , non fi fcontorcon' elleno , e non fi raggrinzano quando fon toccate , ed offefe ?

Nella paralifia accade talvolta' , che in qual¬ che membro fi perda il fenfo, reftando libero il moto, e talvolta fi perda totalmente il moto fen- za minima ofFefa del fenfo . Or chi direbbe in^ qu' fto fecondo avvenimento , che in quel mem¬ bro paralitico, ed immobile foife rimalo il fenti- mento , fe il malato non avelie bocca , ne voce da poterlo fignificare , e non fi lagnaffe alle puntu¬ re, ed agli Arazzi , che per tendergli la falute> dal chirurgo gli fon fatti ? fimilraente vedendoli libero , e franco il moto in un altro membro , chi crederebbe giammai , che non vi folle anco il fentire fe’l malato ftelfo non ne deffe contrafìfe- gni ? Adunque il moto in che che fia non è ar¬ gomento certo , come alcuni vogliono , per pro¬ vare il fenfo . Creda per tanto ognuno ciò che più gli aggrada , che a me per venire al mio prin¬ cipale intento bafta di aver detto, che per fefpe- rienze fatte mi fento inciinatilfirao a credere , che la generazione de' vermi nell’ erbe , negli al¬ beri, e ne'frutti viventi non abbia una generazione a cafo, ma fempre coftantemente la fteira,e che le razze di que’ vermi fi convertano poi quali tutte

DI F:R^mESCO T^EDl. 155

tutte in animaletti volanti ciafcuno della propria fua fpe^ie . E qui non mi poffo contenere eh' io non ve ne deferiva il nafcimènto,ela trasforma¬ zione di una , o di due forte , che fervirà forfe^ per chiarezza maggiore .

Le fpezie deile ciriege bacano quafi tutte in¬ differentemente fuir albero, e quando elle inver- minano ogni ciriegia mverminata ha fempre un^ fol baco , ne mai in una fola ciriegia n’ ho potu¬ to trovar due. J1 baco è bianco fenza gambe, e ha la figura del cono, come quegli delle mofebe deferirti nel principio di quefta lettera : fin tanto eh’ e’ fi mantien baco attende folamente a nutrir* fi i e a crefeere , fenza mai fgravarfi degli efere- nienti del ventre; quando egli è arrivato alla ne- ceffaria fua grandezza , fi fugge da quella cirie¬ gia nella quale è nato , e cerca luogo da poterli rimpiattare , e quivi appoco appoco fi raggrin¬ za, e s’indurifce, c fi trasforma in un piccol’uo- vo bianco lattato fenza mutar di colore , dal qua- 1’ uovo , fin che non è paffato il principio della^ futura primavera , non fi vede mai nafeer cola, veruna ; ma avvicinandoli la fiate ne feappa fuo- ra una mofehetta di color nero tutta pelofa , e i peli del dorfo , e quegli della tefia , che fon più radi , fono ancora più lunghi di que’ del ventre , Sul dorfo fi vede un mezzo cerchio di color d oro.

Va e- la

1 5 5 ESPE^EN. INT, AGU INSETTI

e !a teda è liftata per traverfo d’ una flretta fa- feia pur d’ oro anch’ efla , dalla quale fi diparto una ftrifeia fimile più larga , che va a coprirò gran parte di quello fpazio , che è tra un occhio e r altro ; gli occhi fon rolfi circondati d’ una li¬ nea d’oro : l’ali fon bianche con certe macchie trafverfali di color intra bigio , e nero , così ga¬ lantemente difpofte, che fomigliano le penne de¬ gli fparvieri : fei fono i piedi , neri anch’ elfi , e pelofi , e nelle congiunture toccati d’ oro . E me¬ glio potrete vederne la figura , eh’ io ve ne man¬ do nel qui aggiunto foglio , nel quale è delinea¬ to il verme , l’ uovo in cui fi trasfigura il vermcj, . e la mofehetta, che efee da quell’uovo, non fo- lo nella naturale loro piccola figura , ma ancora in più grande, e più difiinta, conforme è moftra- ca dal microfeopio d’ un fol vetro .

Dlfereìiti

5-

158 £SP£\lBfr. mT, AG V INSETTI

Differenti molto da i bachi delle ciriege fon^ quegli che fi trovano nell’ avellane , o nocciuole frefche | imperocché quelli delle nocciuole anno quali ìa bgura d’ un mezzo cilindro compollo di tanti mezzi anelli bianchi^ col capo di color ca¬ pellino f Q lullrò : camminano con moto noiL> molto veloce , e con fei piccolilfimi piedi fituati in tre ordini vicin’al capo. Quelli vermi ancor¬ ché io v’abbia nfata un’ efattilfima cura ^ non ho mai potuto vedere 5 che li trasformino in animali volanti 5 onde può clfere, come credo, che viva¬ no , e muoiano bachi , tali quali fon nati . Io n* ho alle volte rinchiuli alcuni , i quali cosi rin- chiufi,e fenza mangiare fon vilfuti lungo tempo, cd imparticolare certuni , che camparono dal venticinque di Luglio fino a’ dieci di Novembre. Cert’ altri vermi di figura non dilfimile , ma più grandi, rolli , e pelofi , i quali qualche volta fi trovano nelle barbe delle bietole rolfe , e ne’ ca¬ pi d’ aglio , anch' elfi campano , ferrati ne’ vafi , lunghiffimo tempo ; ne fi trasformano mai in al¬ tri animalecti con l’ali ; ed é certo , che uno di quell’ ultimi racchìufo in un piccolo alberelletto di vetro ben ferrato con carta , vilfe dal princi¬ pio d’Agollo fino a tutto Maggio. Se poi que’ così fatti bachi delle nocciuole fieno generati dal¬ la virtù prolifica dell’ albero, o pure vi fieno en¬ trati

DI F^nCESCO ^Dl. 15P

trati per di fuori , non è così facile il determi¬ narlo j imperocché dal vederli , che quali tutte-» l’altre maniere di frutti generano da per fe i ver¬ mi , parrebbe che anco il nocciuolo doveffe ge¬ nerargli: dall’altra parte potrebb’ elfere argotsen- to non difpregèvole , che v’ entrino per di fuora, r oflervarfi ,, che tutte le nocciuole bacate , da^ cui non fra per ancora ufcito il verme , anno nel gufcio un picco! callo , o porro , o eminenza , che è forfè la cicatrice del foro che fu fatto dal verme j allora quando elfendo elfo verme pic- colillifflo y e facendoli la Ifrada pel gufcio tene¬ ro della nocciuola, penetrò nella cavita di elfa^ ed il foro poi col crefcere , e coll’ indurarli del gufcio andò reftrignendofi , e faldàndolì , onde il verme quando è ingròflato , e fatto y le vuole ufoirne bifogna , che fi faccia un nuovo foro più largOy il qual foro< fi trova in tutte le nocciuole, dalle quali , o è fuggito il verme , o è in procin¬ to di fuggirne . Io Ilo dunque in dùbbio di quel¬ lo che io debba credere , e non mi faprei rifolve- re , ancorché l’autorità d’un dottiflimo filofofo mi faccia parer più credibile, che i bachi delle noc¬ ciuole fien bachi venuti di fuora, e non genera¬ ti dentro di elfe , e quefii fi è il celebratiflìrao Ioachimo lungio di Lubecea nelle fue fiftcheDof- ibfcopie raccolte , e ftampate con note molto

dotte,

1 60 MSFE^EN. mr. AGL' INSETTI

dotte-j ed erudite da Martino Foghelio Ambur- ghefe letterato di nobilifliina fama, c mio gran- diffimo amico .

I bachi delle Tutine Ton timiliftimi a quegli del¬ le nocciuole > ma camminano con moro più ve* loce , e più lefto , ed alcuni fon bianchi , ed altri rollìgni j fi trattengono dentro alle Tutine dove Ton nati nutrendofi della lor polpa , e Tgravandofi degli eTcrementi del ventre , fintanto che fieno perTetta mente creTciuti , ed allora T abbandona, no , ed ogni baco fi Tabbrica intorno un bozzo- letto bianco di Teta , dal' quale rinaTce poi in, Tor¬ ma d’ una farTallina grigia con la punta delle Tue quattro ali macchiata di nero ,

Della ftefla razza de' vermi delle Tutine Tono i vermi delle peTche , e delle pere , e Tanno i boz¬ zoli j e da’ bozzoli rinaTcono TarTalle . Il giorno venticinque di Giugno rinchiuti in un vaTo di ve* tro beniitimo Terrato con carta a più doppi dieci, o dodici bachi delle pere moTcadelle , e tutti in^ quello fteffo giorno avendo roTo , e Torato il To- glio Te ne fuggirono via 5 onde il giorno Tegnen¬ te ne miti due altri in un vaTo ferrato con Tughe- ro , e Tubito Taliti nella parte Tuperiore del vaTo vi cominciarono a teflere due bozzoli , da cia- Tcuno de’ quali il giorno quattordici di Luglio liTci una farfallina . Il giorno Tedici dello fteflb

FìB^NCESCO 2{EDL i6i

Eiefè ripofi tre altri bachi cavati da tre pere bu' giarde ; ftettcro due giorni fenaa metterfi a la¬ vorare i bozzoli : ma il diciotto cominciarono l’opra , ed in capo a due giorni uno de’ fuddetd bachi fe n’ufcì del bozzolo ,6 ne lavorò un’al¬ tro di nuovo , e tutti tre rinacquero farfalle , non già nello itefìb giorno ; imperocché uno nacque il fei di Agofto ; un’ altro il nove ; ed il ter¬ zo il quindici ; perlochè facendo nuove elpe- rienze rinvenni 5 che i bachi delle pere per Io più ftanno rinchiufi nei bozzolo intorno a diciot- to giorni , alle volte però trapaifano di graiu lunga quello termine 5 e fe i bachi fon cavati dal¬ le pere prima del lor neceflfario , e perfetto crefci- roento, non fi conducono altrimenti a fare il bozzo¬ lo j elfendo che in capo a pochi giorni fi muoiono.

Ma già che ho fatto menzione di quelli far¬ fallini nati da’ bachi delle pere , e delle fulìne.», parali che voi mi domandiate , fe tutte l’akre Ipe- zie di farfalle fieno generate dagli alberi, o pure fe nafcano dalle loro madri per concepimctito d’ uova , o di verrai . Son difcordi tra di loro gli autori in quella materia j onde brevemente vi dirò il mio fentimento fenza recitarvi le diverfe opinioni di quegli .

S’ unifcono i mafchi delle farfalle con le fem« mine, e quelle, reftando così gallate le lor uova,

X le

1 6z ESPEKJEN. MT. AGU MS ETTI

ne fanno pofcia in gran numero : dalle quali nafcon que’vermi , che noi chiamiamo bruchi , e da’Latini detti furono Erucae : quelli bruchi fino a un certo determinato fpazio di tempo fi nutrifcono di foglie d’ alberi , e d’ erbe proporzionate j ed in quel mentre s’addormentano più volte, e gettano più volte la fpoglia j ma quando fon finiti di crefcere, alcuni tefibno intorno a fe un bozzolo di feta : altri non fanno bozzolo , ma fi raggrinzano , e s’indurifcono , e fi trasformano in crifalidi , o aurelie , e nel raggrinzarli , e nell’ indurirfi ca* van fuora due , o tre fili di feta , co’ quali tena¬ cemente s’attaccano a qualche tronco d’albero, o a qualche faflb : cert’ altri però d’ un’ altra raz¬ za , ancorché fi raggrinzino , e s’ indurifcano , e fi trasformino in crifalidi, non filano que’due,o tre fili di feta , e non s’ attaccano a verun luogo, polfono efler trabalzati dal vento in qua , ed in . Finalmente da’ bozzoli , e dalle crifalidi ignude nafcono, o per dir meglio fcappan fuora le farfalle , come da un fepolcro , ed ogni razzai ha il fuo precifo, e determinato tempo di nafce- re : imperocché alcune razze fcappan fuora iru capo a pochi giorni 5 altre indugiano delle fetti- manei ed altre de’ meli : anzi i bruchi di quella terza razza, trasformandoli in crifalidi ignude, o fabbricandofi intorno il bozzolo nel fine della^

primavera ,

DI F:B^m£SCO I{ED1. 16$

primavera, non isfarfallano fino all’altra prima¬ vera dell’anno futuro : dalle crifalidi ignude pe¬ non efcon Tempre le farfalle ; ma da alcune maniere di effe efeono talvoJta delle mofehe. Ne vi prenda maraviglia di queffi ftrani nafei-, menti , e trasformazioni , mentre nói medefimi , per così dire, non fiamo altro che bruchi, e ver¬ mi ; onde pur di noi cantando il noftro divino Poeta gentilmente ebbe a dire.

n/ accorgete ‘•voi yche noi Jtam ‘uermif 'Nati a formar /’ angelica farfalla .

E perchè mi giova molto a moftrarvi, ch’èilvc- ro, quanto di fopra v’ho detto, piacemi di por¬ tarvi qui tutte quelle poche efperienze , che per fortuna mi fon rimafe delle molte , che intorno a’ bruchi, ed alle farfalle ho fatte.

Il giorno cinque di Giugno andando alla vil¬ la del Poggio Imperiale , vidi , che ne’ lecci dello ftradone paffeggiavano moltiffimi bruchi , alcuni de’quali fi vedevan talvolta calar dagli alberi fino in terra giù per certi fili di feta , e dalla terra ve¬ locemente rimontare negli alberi fu per gli ftelfi fili . Ne feci- pigliare una gran quantità , e polì mente , che erano tutti veftiti d un pelo luogo due buone dita a traverfo , parte di color nero , parte di color di ruggine , e filila groppa erano tutti punteggiati di quattordici punti , in foggia di

X 2 marghe-

16:4 SSPET^JEN. INT. AGL’ ms ETTI

margheritine roflfe . Gli rnifi in certe caffette , dove per alcuni giorni fi nutrirono di foglie di leccio , e pofcia fpogliandofi di quella vefie-- pelofa j parve , che ognun di loro voieiTe co¬ minciare un bozzolo, teflendofi all’intorno alcu- ni fili di fetaj ma , o che mancafle loro la mate¬ ria , o che fien foliti così fare , come credo , non compirono il bozzolo ; ma tra quell’ ingra¬ ticolato di fila fi cangiarono in crifalidi prima-, roffigne , e poi nericce aventi la figura d’ un co¬ no , fu la di cui bafe rimafero alcuni pochi pe- luzzi . II di venzei di Giugno ne nacquero certe farfalle della fìefia figura di quelle, che nafcono da’ bozzoli della feta ; ma fe quelle de’ bozzoli della feta fon bianche, quefte erano di color ca¬ pellino sbiadato , tutto rabefcato di nero con due larghi fpennacchietti neri in tefta , e nell' ulti¬ ma eftremità del ventre con una nappetta di fe¬ ta nera : ma il giorno ventotto nacquero da^ alcun’ altre delle fuddette crifahdi cert’ altre far- failette minori tutte bianche , due delle quali fi attaccarono infieme , onde la femmina fece poi molte , e molt’uova piccoliflìme , e gialle , dal¬ le quali nel mefe di Maggio nacquero altrettan- ti piccolilfimi bruchi , che in due giorni fi mo¬ rirono .

il primo giorno di Luglio mi fa portato uiu

bruco

DI FRANCESCO 2{EDJ. i <? 5

bruco verde aflfai grofib, trovato in un viale del giardino di Boboli : gli vedevano Tedici gam¬ be, com’anno per lo più la maggior parte de’ bruchi , cioè , otto Torto la gola , Tei a mezzo *l ventre, e due nelTeftremità della coda : aveva quattordici inciTure,o anelli, ed ogni anello avea due macchiette di color rancio , o dorè ; e Tei pèrle dello fteflb colore, coperte dipeli caftagni, corti, e radi. A di cinque di Luglio fenz’aver in quefti quattro giorni mangiato , fece il Tao boz¬ zolo tutto di ìeta bianca , con moka sbavatura Teta all’ intorno del bozzolo , il quale dalla^ parte più acuta era aperto , e da quell’apertura fcappò fuora una farfalla al fine del mefe di Maggio avvenire ^

A di cinque di Luglio trovai fopr' una pianta di folano un groflìlfimo bruco : tofto che 1’ ebbi rinchiufo cominciò a rodere delle foglie di quell’ erba , ed il giorno fettimo dello fteffo mefe gettò la ipoglia, e rimafe crifalide roifa , che d’ora in ora andava oTcurandofi , finché quafi diventò ne¬ riccia j e da eifa il fecondo giorno d’ Agofto nac¬ que un grandiflìmo farfallone , che lluzzicato , ed irritato ftrideva, come Te fofle Un pipiftrello. Era di color dorè, e nero nell’ ali , nel dorTò, e nel ventre 5 col capo tutto nero, fui quale s’alza» vano due pennacchini nericci 5 gli occhi appari.

vano

1 5(? ESPB^EfJ. mr. AGV mSETTl

vano capellini , e la probofcide nera, cartilagi. , nofa , e arruotolata avanti alla bocca con molti anelli , conforme foglion tener tutte T altre far¬ falle; le fei gambe, nei primo fucile, o ftinco at¬ taccato al petto , eran tutte pelofe di color dorè fudicio, e negli altri fucili di paonazzo: fui fine/ d’ogni gamba fi vedeva un’ unghia , anzi per tutti i fucili^ e per tutti gli articoli ^ effe gambe fpun- tavano le medefime unghie , o uncini , o ronci¬ gli , che fi fieno . Campò folamente fei giorni .

A di .dodici di Luglio mi fu portato un ramo di quercia , in due foglie del quale erano diffefi con bell’ordine più di trenta bruchi coperti di pe¬ lo bianco, e corto, e per tutto *I corpo picchiet¬ tati di varj colori, giallo, dorè, bigio, bianco, e nero : il capo aveva un certo color caftagno , lu- ftro, e tramezzato da un’Ypfilon di color giallo. Tutti quefti bruchi ftavano immobili , e ripofa- tamente dormivano 5 onde , avendogli mefli im, una grande fcatola , in capo a due giorni getta¬ rono la fpoglia , fi fvegliarono , e fubito comin¬ ciarono a mangiar foglie di quercia , e di farniaj ma più volentieri le prime , che le feconde ; o continuarono a cibarfene fino al ventiduefimo dello fteffo mefe 5 ed allora effendofi rincantuc¬ ciati per ordine in un’angolo della fcatola , s’ad¬ dormentarono di nuovo, e dormirono due gior¬ ni

. DI F:B^^CESC0 2{ED]. 16J

ni interi; quindi efiendofi di nuovo fpogliati , e defti, ed eflendo divenuti più grandi ,6 co! pelo molto più lungo, mangiavano con gran furia, e voracità, e durarono fino al primo d’Agofto,nel qual giorno avendo improvvifamente abbando¬ nato quafi affatto il mangiare , fi fecero cornea sbalorditi, mogi, deboli, più piccoli di corpo, e fi erano tutti pelati, e appena fi moveano, ancor¬ ché foflero punti, o tocchi; parevano in fomma intriftiti , o infermi ; o vero fomigliavano a que’ vermi da feta , che ammalandoli , e quafi mar¬ cendo prima di condurli a fare il boz^olo , foru chiamati volgarmente vacche ; ed in quella for¬ ma fi trattennero fino alla notte del quarto gior- no d’ Agofto , nella quale fei di quelli bruchi, avendo per la terza volta gettata la Ipoglia , fi cangiarono in aurelie, o crifalididt color neric> ciò , che parevano tanti bambini fafciati , fenz‘ avere ne pure un fol filo di feta, col quale avefle- ro potuto appiccarli al coperchio,© a’ lati della^ fcatola ; il che olTervando io la mattina feguen- te , ebbi occafione di veder la maniera , con la qua¬ le quelli bruchi fi trasformano in crifalidi;impe. rocchè s’apre , e fi fende l’ ellerna fpoglia fopra la groppa vicin’al capo , e la fpoglia parimente del capo medefimo fi divide, e fi Iquarcia in due parti, e da quello fquarcio comincia la crifalidc

ad

1 (j 8 £SPE2iI£fi. JNT, AGU MS ETTI

ad ufcir fuora Tempre diraenandofijed agitando¬ li ; e tanto s’ agita , e fi fcontorce j finché abbia^ tramandata tutta la fpoglia fin’alTeftremità deila coda ; ed in quello tempo fi vede , che il capo notabiitnence ingroffa , e la coda s’ afibtdglia tal fegno , che quando il bruco s’ è finito di con¬ vertire in crifalide , la crifalide ha pigliata la fi¬ gura d’ un cono j e rimane d’ un color verdilfimo, tenera j e cedente al tatto 5 ma il color verde , co¬ minciando dall’ eftremità della coda» appoco ap¬ poco fi cangia evidentemente per tutto ’l corpo in dorè , quindi in roflb 3 e col mutar di colore Tempre più induriTce la pelle t la gola è l’ ultima parte nella quale il verde fi cangia in dorè 5 ma quando il dorè della gola è diventato roflb , di già tutto ’l reftante della criTalide s’ è Tatto nero , o per lo meno vicin’al nero 3 e s’è tutto induri*; ro 5 e quella funzione fi comincia , c fi finifce in poco più tempo di mez’ora: per Io che ho avu¬ to campo faciliflìmo di certificarmene piùse più volte . Quando tutti i bruchi fi furon convertiti in crifalidi 3 il che avvenne la fera del fello gior¬ no d’ Agollo 5 mantennero quella figura fino alla vegnente primavera 3 ed allora verfo ’l fine d’ A- prile nacquero le farfalle 3 e tutte della ftefla raz¬ za 3 ma non tutte nello fteflb giorno 3 ficcome i Jor bruchi in diverfi giorni s’ eran tramutati iru

crifalidi.

' DI F^flCESCO I{£DL 169

crifalidi. Moke <Ji quelle farfalle , appena che-< furori nate , fecero le lor’ uova . ai numero per

10 più dalle 35 , alle 40, di color mavì fmonca- to con una fottil punta nera nel mezzo ; ma per¬ chè elle non erano Hate fecondate da’ mafchi j perciò non vidi mai nafcerne cofa veruna.

Il venzei di Luglio fu trovato a pafcere fo- pra un fufino un bruco di color rancio , così grof- io , e terminato , che pefava tre quarti d’ onciar era compofto di tredici anelli , nel mezzo di ciafcuno de’quali campeggiavano certe marghe¬ ritine azzurre , e pelofe : nel primo anello 3 eh’ è

11 capo, eli* eran fei , nel fecondo eran’otto, ed

otto altresì nel terzo , e nel quarto ; ma nel quin¬ to mutando ordine non eran più che fette i dal quinto fìn* all’ undecimo anello eran fei , ne! duodecimo fe ne vedeva quattro folamente; ma nell’ ultimo nelTuna . Oltre queke margheritine pelofe , ogni anello aveva due macchie bianche circondate d’una linea nera . Lo fteffo giorno de’ venzei fece’l bozzolo , il quale fu grofriffimo di co¬ lor di mufehio, e pareva teffuto più toftodi ferole iipidiffime, che della folita materia degli altri, ed era attaccato alla fcatola così pertinacemente , che lènza violenza ^randillìin^ frapparli : ei

non aveva peròefternamente quella sbavatura di Ceca, cornei bozzolo bianco temuto dal bruco ver-

. . y de

1 70 ESPEl^E^. mr. AGU INSETTI

de poch’ avanti defcritto. Egli è ben vero, che dalla parte più acuta era aperto come quello, e ne nacque un grandiffimo farfallone intorno agli ultimi giorni d’ Aprile .

Il fette d’ Agofto ferrai in un’ alberello di vetro un bruco trovato in un mazzetto di ruta : era verde , e fpruzzolato per tutto di macchiet¬ te gialle, iolTe,e turchine. Lo ftcflb giorno di¬ venne immob'le elfendofi nella parte di fotta at¬ taccato al foglio, che copriva i’alberello,e cavò fuora da’fisnchi due fili di fera, e dalia coda cer¬ ta poca di lanugine 5 llava diftefo nel foglio toccandolo da tutte le parti, non avendo perdu¬ to colore , ne mutata figura . Il giorno feguente fvanirono il color rollo, ed il turchino, effendo folamente rimali il verde, e ’l giallo, ma un po¬ co fcoloriti ; ed il bruco elfendofi indurito, fen- aver gettata la fpoglia , aveva alzato il capo dal foglio , ed il capo era diventato come cor¬ nuto , e filile fpalle eran comparfe due palette , come fi feorgono negli uomin magri 5 e la coda fi era rifiretta , ed appuntata , reggeodoft fovra di effa tutto ’l reftante del corpo . in capo quattordici giorni ne nacque una farfalla di color giallo tutta liftata , e ealantemenre rabefeara di nero , tanto nel tronco del corpo, quanto nell' ali I le due minori di effe ali , aveano nell’ eflre-.

Biiià

DI F\AnCESCO T^Dh lyi

mità due macchie rotonde, e roffe, ed alcun’ al¬ tre turchine circondate da un color paonazzo vel¬ lutato , e dairultimo lembo s’aliungavano due ap- pendicette, quali foflero due code deirale. Dal¬ la tefta forgeano non già due pennaccbìni , ma^ bensì due lunghiflìaie , e mobili antenne di co¬ lor nericcio , e più groffe nella punta , che nella bafe . Mòri dopo quattro giorni di vita .

Nel mefe di Settembre, trovandomi al Poggio Imperiale, feci raccorreuna gran quantità di bru¬ chi di color verdegiallo con qualche macchia nera, e bianca; quelli ftavano rodendo certi ce¬ lli di cavolo ; gli mìli nelle fcatole dando loro a mangiare dello ftclTo cavolo , e dopo quattro giorni falirono quafi tutti ne* coperchi delie fca¬ tole j e quivi s* attaccarono fenza muoverli ; ed alcuni in quello tempo fecero certe minute uo¬ va , rinvolte in feta gialla ; dopo elTere ttati tre giorni fenza muoverfi , fi fpogliarc no non di tutta la pelle , ma di quella parte folainentey , che lor velliva il capo , quindi adagio aJjgio coroiaciarono a mutarfi di figura, e s’ indurì lo¬ ro la fcorza ; e la figura fu perappunto , come.» quella della crifalide della ruta , llando tenace¬ mente appiccati alle fcatole , perchè dall' ulti¬ ma ellremìtà della coda avean cavato fuora un-, filo di feta, che s’ attaccava alla fcatola , e con

y 2 due

1 7 2 ESP£:^EN. INT, AGU MS ETTI

due nitri fili alla medefiraa fcatola avesno rac¬ comandate le fpalle , ed un’ altro filo ufciva loro di fiotto la gola ; ma quefto quarto filo non tut¬ ti r avevano : in tal modo mutati di figura fi con« fiervarono tutto ’l verno 5 ma verfo ’l mefie di Mar» 20 molti fi fieccarono , e perderono quel motoj e dimenamento, che, quando eran toccati , fa¬ cevano : moki però non Io perderono , e rima» fero vivi , e femoventi ; e quelli , eh’ eran rima- fi vivi , lafciando al principio di Maggio attac¬ cato il gufeio al coperchio delle fcatole , ne^ fcapparonfuora in forma di farfalle di color ver¬ degiallo sbiadato, con due macchie nere, e ton¬ de nell’ ali fuperiori,e con due cornetti gialli in tefìa , come quegli della farfalla nata dal bruco trovato nella ruta . Ma aprendo io per curiofità alcune di quelle crifalidi , che nel mefe di Mar¬ zo s’ inaridirono , e ceflarono di muoverfi , of- fervai , che tutto il lor gufeio era voto , eccetto che nella parte corrifpondente al petto , devo trovai un’uovo di color fra’l paonazzo ,61 rof- fo pieno d’ una materia fimiìe al latte , o alia^ chiara d’uovo : agli undici di Maggio da tutte queft’ uova nacquero altrettante mofche àdlsu razza quelle , che comunemente ronzano per le noftre cafe, e nacquero moge, e sbalordite , g malfatte , come quelle , che nel principio di

DI FTi^CESeo ^Di : 17$

quefta lettera vi fcriHÌ, aver’ avut’ origine da’ ba¬ chi nati nelle carni ; in quefto fìeflb tempo da^ quelle piccoliflìme uova fatte da’ bruchi nel mefe di Settembre, ufeiron fuora altrettanti piccoliffi- mi mofeherini nericci con due nere , e lunghiiìl- me antenne in tefta.

Molt’altre efperienze, ed oflervazioni io aveva fatte , ma per la mia poca diligenza m’è fucceduto di fmarrir’alcuni fogli , dove l’avea notate; onde, non volendo fidarmi della memoria , farò paifag- gio a divifarvi , che può elfere , che vi fia qual- ch’albero , che generi de’bruchi,eche que’bruchi fi trasformino poi in crifalidi , e che dalle crifa- fidi rinafeano le farfalle; ma io non raffermo, e non lo nego; ed acciocché ciafeuno poffa crede" re quelche più gli aggrada , vi riferirò , che que¬ llo lleflb anno al principio di Maggio oflervai , che fulle foglie della vetrice dalla parte più ruvi¬ da , e rivolta verfo la terra nafeono alcune coc¬ cole , o pallottole verdi , e grofle più d’ un noe* ciolo di ciriegia , le quali verfo la fin di Mag" gio diventan rolTe brizzolate di bianco , e dan¬ no attaccate alla foglia con una piccoldrima ap¬ piccatura : quefte pallottole nella parte interna fon giallicce , ed anno una gran cavdà , in cui fi trova fcmpre un fol bruco fottiliifimo , e bianco col capo di color caftagno , e quali dorato , il quale ac.

tende

1 74 ESPEjqm, ÌNT . AGU INSETTI

tende a nutricarfi in quella cavità j ed a fcaricar- fi degli cfcreroenti dei ventre . Da! principio di Giugno fin’ a! principio d’ Ottobre continuai ad inveftigare fe veramente que’ bruchi ufcivano di quelle pallottole, e fe fi trasformavano in farfal¬ le , e non ebbi mai fortuna di trovarti’ una fola , che folle bucata j e avendone ferrate molte iiu certi vafi , meno da quefte potei accertarme¬ ne 5 imperocché fempre dopo dieci , o dodici gior¬ ni io trovai i bruchi morti nelle cavità delle pal¬ lottole ,

E’ v’è un’altra razza di vetrìce, che non ger¬ moglia nelle foglie quefte coccole rolfe , ma in.» cambio loro fa fu pe’.rami certi bitorzoli , o calli, entro i ..quali fi generano .bruchi bianchi Amili a’ foprammentovati , e di quelli ancora non m’ è venuto fatto di rinvenire il fiine , e la trasforma' zione .

Il 2p. di Maggio mi furon portati de’ramì di falcio , nelle foglie de’quali eran nate certe tubero- fità, o gonfiecti di color yerde, che cominciava a rolfeggiare ; eran quelli lunghi , e lifci , come fa- giuoli , non erano già fituati , . come le pallottoline rolfe della yetrfce , le qualinafcono nella banda della foglia , che «guarà?? la terra , e facilmente da elfa foglia fi Ipiccano j ma quelle del ùàcio fon fituaie in modo , che anno la loro elevazio¬ ne

DI Francesco \edì. 175

ne dall’ una j e dall’ altra banda della foglia , la-, quale fa loro intorno un lembo s e tutte fon fitua» te accanto al nervo più groffo del mezzo , e fe ne trova una , due , e talvolta tre per foglia: volli aprirne alcune , e m’avvidi eh’ aveano una cavità , nella quale dimorava un bruco bianco > come quello, che fi trova nelle due maniere deb le vetrici 5 ed oflervai di vantaggio, che molte di quelle tuberofità eran forate , e dentro allo loro cavità non era rimafo altro, che le cacatu¬ re del bruco , il quale di già fe n’ era fuggito j onde prefi fperanza di vederne la trasformazio¬ ne , ma invano 5 conciolfiecofachè quantunque» io cuftodilfi diligentemente molte foglie in alcu¬ ne fcatole, i bruchi non vollero mai ufeirne , fempre dopo qualche giorno ve gli trovai mor¬ ti : e fe voi folle curiofodi veder la figura di quefte tre piante , de bruchi delie quali , e delle loro nafeenze non è fiata fatta mai menzione , ch’io fappìa,da’Sempìicifti, io ve le mando qui diftintamente delineate , avvertendovi , che la^ figura più piccola del bruco è la fua naturale 5 e la maggiore è fatta fecondo che tu moftrata da iin piccolo , ed ordinario raicrofeopio ,

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DI FT^AnCESCO 183

Non ho cognizioné d’ altri bruchi , che fieno generati dagli alberi : il virtuofiilìmo Padre Ata- nafio Chircher replicatamente fcrive per cofiu vera nel duodecimo libro del mondo fotterra* neo , che T albero del moro genera i bachi dsu feta, impregnato dalla Temenza di qualfivogliiu animaletto penetrata nella fuftanza , e tra' fughi interni di quell' albero t a quello fine ho ufata j e fatt*^ ufare particolarilfima diligenza non folo ne’ mori, che fono intorno a Firenze, ma anco* ra in quegli di mole’ altre Città di Tofeana , e/ non ho mai potuto vedere un baco da feta na¬ tovi fopra,oè contraflegno veruno, dal quale fi poteffe fperare , che vi folfe per nalcere . Ari- ftotile vuole , che dal cavolo fi generino gior¬ nalmente i bruchi 5 ma ne anche quefta così fat¬ ta generazione ho veduta 5 ho ben oflervato fo- ventemente nelle foglie , e ne’ gambi del cavolo, nell’ erbe circonvicine moltiiltme uova parto¬ ritevi dalle farfalle , dalle quali uova nafeon po- feia i bruchi , e da’ bruchi convertiti in crifalidi anno il nafeimento le farfalle .

Chi pon mente fopra l' erbe , e fopra gli al¬ beri , e negli fcrepoli de’ loro tronchi vi troverà fpeflb di fimili uova , ed io mi ricordo , che ’n- torno al principio di Maggio , trovai nelle fo¬ glie dei Tambuco molti , e molti uovicini picco-

liflìmi

1 84 ESPEKiEn, mr. agv msetti

liffirai 3 ma gialli . Ebbi piacere d’oflfervar quel che ne folle per nafcere, ed in pochi giorni vi- di ufcirne altrettanti minutiflìmii verminetti , a’ quali fubjto fomminiftrai delle foglie del fambu- co 3 che da elfi furono golofamente divorate. Andarono crefcendo, e divennero di color sial-

10 con molte macchie rollìcce : la coda loro ter¬ minava com’ una mezza luna, il capo era pic- colilfimo 3 ed aguzzo 3 e , allora quando cam¬ minavano 3 cava van fuora di fottol ventre certe pallottoline come fe folfero gambe . La maggior parte di quelli verrai il venzei di Maggio di¬ ventò immobile 3 abbandonando alfacto il mangia, re 3 fenza mutarfi di colore , o di figura ; ma il primo di Giugno jfei de’fuddetti bachi fi rag¬ grinzarono in fe medefimi 3 e fi rappallottolaro- no 3 e divennero come tant’ uova appuntate , e gobbe di color di ruggine. D’uno di queiV uo¬ vi 3 il dodici di Giugno 3fcappò fuori una rao- fca poco più grande delle rnofche ordinarie s con due ali cardlaginofe , e bianche , e più lua- ghe del corpo 5 con fei gambe gialle , con dui/ cortilfimi cornetti, che le fpuntavano dal capo ,

11 quale per di fopra era di color rugginofo, col dorfo dello ftelfo colore , ma più chiaro , a cui fuccedeva una gran macchia di color quafi gial¬ lo . Tutto ’l reftante del ventre era tinto d’uo.,

giallo

Fl^^mESCO I^DJ, 185

giallo vìvo , tramezzato da ftrifce nere trafver- fali . Slìbito che quella mofca fu nata , cominciò a gettar certo llerco bianco 5 e campò due foli giorni .

L’ altre cinqu’ uova nacquero fette giorni do¬ po ’l primo, e n’ufciron fiiora altrettante raofche molto differenti da quella , che dal prim’ uovo era ufcita , ancorché foflfero dello fteflb colore 5 imperocché quelle cinque eran lunghe , e fottili, con l’ ali molto più corte del lor corpo , le quali non erano due , ma quattro ; aveano fei gambe, due delle quali eran moltilfimo più lunghe dell’ altre quattro . Dalla tella fpuntavano due lun- ghilfime antennette aguzze , compofte di molti , e molti nodi. Qiielle mofche,lìccome la prima, fubito nate fecero quello llerco bianco , e campa¬ rono quattro giorni : olfervai però , che quando quelli vermi trovati fui fambuco trasformano, e raggrinzano in uovo, l'uovo diventa più pìc¬ colo del verme; e quando dall’uovo efce la mo¬ fca , eli’ è molto più grande dell’uovo , a fegno che pare impolfibile , eh’ eli’ abbia potuto capir¬ vi ; onde fi può credere , che vi ftelTe molto ran¬ nicchiata , e rillretta : e perchè poca abilità mi prella l’ ingegno mio nel defcrivcre efattamentc quelli aniraaletti , ve gli mando qui delineati , e nella lor propria , e naturai grandezza , ed ag- '

A a granditi

i85 ESPETiiEn.ìm,AGVmSETTl

granditi ancora da un’ordinario microfcopio di quegli d’ un fol vetro .

I

1 8 8 ESPE^Sn. mr. AGV mSETTl

Ma fe non ho potuto fcorgere come poco di¬ anzi fcri(fi,che dall'albero del moro fieno gene¬ rati i bachi da feta , tanto meno fpero di veder¬ gli nafcere dalle carni putrefatte d’un giovenco pafciuto per venti giorni con foglie di moro . Girolamo Vida poeta nobiliffimo cantò gentil¬ mente quefta favola ad imitazione di Virgilio. ^od fi fpes generis defecerit omnis njhique , Semmaque aruerint louis implacahilis iray Sicut apes teneri reparantur c^ede luuenà .

Hic ftiperaccedit tantum lahor ante luuencus 3is denofijue dies y bis denafijue ordine noEles Grammis arcendus pafìuy prohibendus ab undis , Interea in fiahults tantum tUi pinguia mori Sufficmnt folia , [alienti cortice ramus .

Vifcera ubi cafi fuermt liquefaEiay ‘-videbts ‘Bombycem fraBis condenfium erumpere eojìisy ' Attrae globos tota tinearum efferuere tergo ,

Et ^’eluti putres pafsim concrefcere fungos .

Il che fu fentito per vero da due grandi , e giu- ftamente celebrati filofofi del nollro fecolo , cioè da Pietro Gaifendo , e dal Padre Onorato Fa- bri , e prima di loro da Vlifie Aldrovando . Io non fo che^dirmi; 1’ efperienza non 1’ ho fatta^ j ne mi fento voglia di farla : fo bene , che dallo carni d’un capretto , pafciuto venti giorni di foie foglie di moro y non nacquero altro y che^

vermi

DI FI{AmESCO \EDI. 1B9

vermi, i quali fi trasformarono in raofconi ; e dal¬ le carni dello fteflb capretto tenute in vafo fer¬ rato non nacque mai cofa veruna . Io fo pari¬ mente , che fulle more rifcaldate , e putrefatto nafcono vermi , che diventan’ a fuo tempo mo- fcionijC mofche ordinarie; e che fulle foglie del moro infracidate fi veggon nafcere altresì mof¬ che ordinarie, e quattro , o cinque altre forte di mofcherini minuti , i quali nafcono ancora fu tutte quante l’ altre erbe , purché vi fieno ftatc< portate le femenze , e l’ uova delle mofche , e de‘ mofcherini ; e fe quelle femenze non vi faranno realmente portate , niente , com’ altre volte ho detto, fi vedrà mai nafcere dairerbe, dal¬ le carni putrefatte , da qual fi fia altra cofa che in quel tempo attualmente non viva - Per lo contrario fe viverà , e fe veramente farà anima¬ ta , potrà produrre dentro di fe qualche bache¬ rozzolo , in quella maniera , che nelle ciriege, nelle pere , e nelle fufine , nelle gallozzole , e ne’ ricci delle querce , delle farnie , de’ cerri , de’iec- ci, e de’ faggi anno il lor nafcimento que’bachi, i quali fi trasformano in farfalle, in mofche, ed in altri firaili animaluzzi volanti.

In quella ftelTa maniera potrebbe per avven¬ tura elfer vero , e mi fento difpofto a crederlo , che negl’inteftini, ed in altre parti degli uomini

nafcano

190 ESPE^Efi.mT.AGU mSETTl

nafcano i lombrichi , ed i pedicelli : nei fiele , e ne’vafi del fegato de’ montoni , o caftrati jfoven- tenjente abbian vita que’vermi , che bifciuole da” macellai fi chiamano ; e nelle tette de’ cervi , c de’ montoni quegli altri fattidiofilfimi bacherozzolij che quafi ferapre vi fi trovano. E perchè ad alcuni potrebbe forfè giugner nuovo, che i fega¬ ti de’ montoni fien talvolta verminofi ; e che gli fteflì montoni , ed i cervi altresì abbian de’ ver¬ mi nella tetta , perciò imprendo volentieri a dir¬ vi brevemente, quello che io n’abbia olTervato, e ve ne trafmetto qui appreflb la figura , e degli uni , e degli altri , non già de’minori , ma de’ più grandi, che fi trovino.

Le

DI FT^CESCO F^EDI, 191

Le bifciuole del legato de* montoni , o ca- Arati , anno la figura quali d’ un feme di zucca , o per dir meglio d’ una piccola , e fottil foglia^ di mortella con un poco di gambo : Ibn di color bianco lattato , e trafparifcono in ellì molte fot- tilillime ramificazioni di vafi> o canaletti verdo- gnioli . La lor bocca 3 o altro forame che fi fiaj è ritonda 3 e polla nel piano del ventre 3 poco diftante da quella parte, che fi alTomigliaalgam. bo della foglia . Spefievolte fi trovan le bi- fciuole nella borletta <M fiele t e non folo abi¬ tano 3 e nuotano in ^flb fiele; ma ancora in tutti quanti i vafi del fegato 3 eccettuatone 1* arterie ? nelle quali non ne ho mai vedute, lo ftiino pe* 3 che elle nafcano in quella borfetra 3 e cho col rodere fi facciano la llradaj e palfino daf ca* nali della bile a quegli del fangue ; quindi fe ta* lora multiplicano di foyercbio3 rodonp eziandio la fuftanza interna del fegato 3 6 vi fanno dello cavernette 3 in cui sgorgando il fangue mefcola- to con la bile 3 vi s'impaluda 3 e faifi d’un color di ruggine mifto col verde3 molto brutto , e fchi- fo alla villa 30 molto amaro a giudizio del fapo’’ re : perlochè a chiunque poneffe mente a quefta faccenda fi renderebbe molto malagevole il cir barfi 3 come giornalmente fi coftuma , di quegli! abominevoli fegati , i quali però avanti che d.i*

macellai

1 9 X ESP£2{/Ef^, im. AGU MS ETTI

macellai fieno efpofti alla vendita > fon molto ben ripuliti, e netti da quell* immondizia .

De* vermi della tefta de’ cervi fece aperta menzione il grande , e fapientilfimo Ariftotile^ nel cap. 15 del 2 libro della ftoria degli anima* li 5 e fon quell;’ effe le lue parole . Tutù <juanù i cerui amo de’ <-vermi mm nel capo , nafcendo loro [otto la lingua in una certa cauità ^vicina a quella <verte‘ hra , con la quale il capo s’ attacca al collo , Son di granàe'^a uguali a que' piu grandi , che da ogni forte di carne putrefatta f producono:^ ed arriuano per lo più al numero di nienti in circa , Io ho avuto curiolità molte , e molte volte di cercarne tanto ne’ cervi più vecchi, quanto in que’ più giovani, che fu- foni da’ cacciatori fon detti ,equafi in tutti n’ho trovati i dico quali in tutti , perchè in vero più d’una Hata , mi fon imbattuto in qualche tefta, che non ne ha moftrato ne pur un folo , confor¬ me mi avvenne il venzette di Febbraio , che di dieci tefte di cervo , che feci aprire , nove/ erano verminofe , ed una fola oflervai libera da quel faftidio j e pochi giorni dopo , di fei capi di fufoni , quattro folamente contenevano i ver¬ mi . Arifìotile gli aflbmiglia nella grandezza il, quegli , che nelle carni imputridite fi veggono . E perchè egli è Arijìotile hifogna Credergli ancorché dica la menzogna.

Ma

DI FT^AnCESCO :EEDÌ . 193

Ma a me parrebbono quefti de’ cervi fenza niuT paragone mokiflìmo più grandi ; e nella figura^, mi raffembrerebbono differentiflìmi da quegli ; conciolfiecofachè quefti de’ cervi fon fatti coni’ un mezzo cilindro , piatti nella parte inferiore , che tocca la terra s e rilevati per di fopra , o bianchi , ma diftinti da molte fìrifee di mezzi inelletti pelofi , i di cui peli fono di color di ruggine. Anno due bianchi piccolilTimi cornetti in tefta? che gli fcortano,e gli allungano , e gli rimpiattano a lor voglia , come fanno le chioc¬ ciole , Sotto quefti corni ftanno due uncinetti , o rampini neri, duri, e con gran folietico, e no¬ ia pungentilfimi ; di tali rampini pare che fe ne fervano a camminare , imperocché fi attaccano prima con elfi , e pofeia fi avanzano col corpo al cammino, e ferpeggiano fenza gambe. Quel¬ la eftremità, per la quale fogliano fcaricarfi de¬ gli eferementi del ventre, è fcanalata per traver¬ so , e la fcanalatura è marcata di due macchio nere a foggia di mezze lune. Non è determina¬ to il lor numero , e quantunque Ariftotile lo ri- ftringa al venti in circa , nulladimeno io ho con¬ tato in una fola tetta fino a trentanove di cosi fatte beftiuole , e non mai meno di venti ^ Similillimi a quefti vermi nella figura appari- feon quegli , che dentro alle ^^efte de’caftroni fi

Bb trovano ;

I ^4 ESPE^Efi, INT, AGV mSETTJ

trovano I e* fon però minori , e men fieri , mctu pclcfi je folamente hftati di fìrifce trafverfali ne- rjflìme , che molto campeggiano fu ’l bianco di tutto il corpo 5 non fon però liftatì tutti di neroj ma folamente i maggiori j e finiti di crefcere^ j eflendo t he i minori , e nati forfè di poco fono affatto bianchì, Qgelle due macchie nere in fog¬ gia di mezza luna , che fi veggono nella feana- latura di una dell’ eftremità di quegli de* cervi , in quefti bachi de’ caftroni fon nere si, ma di fi¬ gura perfettamente circolare . Abitano in alcu¬ ne cavità degli oifì della fronte , a’ quali; fi ap¬ poggiano le corna ; n’ ho trovati ne’ canali del nafo, e dentro a quella cavità, che è nelle radi¬ ci delle corna fteffe ; onde fu vendico il Capo¬ rali, quando nella vita di Mecenate volendo ac¬ cennare la natura di Amore , piacevolmente,^ fcrilfe .

Voglwn molti y che Amor Dio degli Amori Siaft mezxp fancmlb j e mez^o augello^

E fi fafea di cuor come glt aflort .

Altri che un ^verme Jia , fimtle a quello ^

Che nafee entro le corna de’ cajìroniy E gli raggira , t cava di ceruello ,

£ dicono i paiiori, che quando icaEroni in certi tempi danno nelle fmanie , e pare che abbiano lÀiiUio^ne fon cagione queEi bacherozzoli , che

Impeiverfano

DI F1(^CESC0 \EDl,

imperverfano piu afpramente del folito nella !or tefta . Non fon così numerofi come que’ de’ cer¬ vi , e rare volte arrivano ad elfer dodici , o quia, dici al più . E qui piacciavi di riccrdarvi , eh’ io mi riftringo ièmpre a quel che ho veduto con-, gli occhi miei proprj, e che fuor di quefto non nego mai , c non affermo che che fìa .

Da quella fteffa vita , che fa produrre dentro alle tefte de’ cervi , e de’ montoni quegli anima- letti , de’quali v’ho favellato» può elfere,che fieii fatti nafeere , ed io non faprei difdirlo , quegli altri abominevoli , e odiofìflìmi da’ Greci chia¬ mati che l’efterne parti degli uomini, de’

quadrupedi , e de’ volatili infettano : ma fe ho da riferire liberamente il mio penfiero , mi fen- to più inclinato a credere col dottilfimo Gio¬ vanni Sperlingio , che abbiano il lor natale dall' uova fatte dalle lor madri , fecondate mediante il coito 1 e fe Arittotile feguitato da’ moderni fi dette ad intendere, che da quell’ uova, o lendi¬ ni , che ft chiamino , non nafea mai animai di forta veruna , ei s’ ingannò al certo , perchè ne multiplicano in infinito ; e mi parrebbe indarno r affaticarmi nel provarlo , trovandofi ben fo- ventemente, e i peli de’ quadrupedi, e le penne degli uccelli gremite di quei lendini , i quali quantunque alle volte fien così minuti , che ci

B b 2 voglia

ìp^ ESP^2{IENJNT.AGUmSETTJ

voglia buon'occhio a fcorgergii 5 nulladimeno j coli’aiuto del microfeopio , fi può beniflìmo con- fiderare il lor figuramento , e diftinguer quegli , che per ancora fon pieni « e quegli > da’ quali è ufeito l’animale . E chi troppo garofo temeife^ di qualche immaginaria iilufione de’ microfeopi j potrebbe certificarfi di quello vero in quell’ uo¬ va, che fi trovano attaccate alle penne dell’aqui¬ la reaie , del gheppio , e del vaccaio , che pur anch’ eflb è un’ uccel di rapina , le quali fon^ grofie molto psù de’ granelli di panico ; ondo i’ occhio da per fe medefirao , e fenz,’ aiuto può foddisfarfi , e vedervi dentro i pollini bell’ è fat¬ ti , come a me più d’ una volta è accaduto d’of- fervare, e quindi apprendere quanto debole fu il fondamento d’ Ariftotile , e con quanto poco sforzo fi lafci gittate a terra ,

Si potrebbe affermare , e per avventura fenza far torto al vero, che tutte le generazioni di vi* venti fottopofte fieno a quefta noiofa bruttura^ 5 e Plinio che volle efenzionarne gli afini , e le pe¬ core,

Se 'I njero appmie non fcrijfe , io io feufo ,

Perche fi fiìette ail’akrut reUzjone , cioè a quella d’ Ariftotile recitata ne’ libri delia ftoria degli animali , e confermata molti fcctdi dopo da Torumafo Moufeto nei fuo lodevolùfi.

DI FI^NCESCO 2(EDL t$j

ino teatro degl’ infetti , dove , al cap; 23 del 2 libro, non volendo tacciare d’inavvertenza quel profondillìmo filofofo , volle più tofto, lambic* ciandofi il cervello , fcrivere che l’ afino non im* pidocchifce per cagione della naturai pigrizia^ al moto, mediante la quale di rado fuda jpofcia parendogli forfè quefta ragione frivola molto, e per avventura di niun pefo , ricorre all’ univerfa* le , ed in tutte le cofe calzante , e non mai man* chevole rifugio dell’ antipatia ; ma ciò non ottan¬ te impidocchifce T afìno , e de’ fuoi animaletti n’ ho fatto rapprefentar la figura ne’ fogli fuffe- guenti , infieme con quegli del cammello . E che le pecore vi fien fottopotte anch’effe lo fa^ ogni più goffo pattore,e ne favellò chiaramente il greco Didimo nel lib: 1 8 degli affari dellìu villa , e dopo di lui lacub Alfiruzabadi in quel gran vocabolario arabico, che da etto con voce egizia fu intitolato Alcamus, cioè a dire Oceano.

Il fopramraentovato Moufeto riferifce , che in¬ fin gli Scarafaggi fon tormentati da così fatti ani- rnaluzzi , ed io quantunque non abbia avuta la^ congiuntura d’ efperimentarlo , me lo perfuado per vero con grandilTnua facilità ; imperoc¬ ché poflb con molt’ altri far teftimonianza di ve¬ duta , che le formiche ttefle non ne fon’ efenti , che ogni fpezic di formiche ne ha la fua pro¬ pria 5

ip8 ESP ET!^Bn.im‘,AGVmS ETTI

pria, c fingular generazione j ma e’bifogna bene aguzzar gli occhi j. e armargli bene d’ un micro* fcopio fquifitiflìmo , per potergli fquifitamcnto ravvifare^ tanto Con minuti , e quafi quafi invili* bili 5 onde penfo che ne manchi poco a potergli noverate tra gli atomi . Quegli delle formiche^ alate fon della fteflà figura d'una zecca della gai* lina, che vedrete delineata nellaTavrz, e que^ gli delle formiche fenz’ ale fi raflb.migliano iiu gran parte a quella della tortora, che pur vedre¬ te nella fuddetta feconda Tavola.

Gli autori della ftoria naturale riferilcono , e tutti i pefcatori lo raffermano , che i pefci anco¬ ra fon moleftati da varie maniere d^iofetti;efon nomi a loro notilTimi la pulce , il pidocchio , o la cimice di mare. Ariftotile Io fcriffe de delfi¬ ni , c de’ tonni : altri 1’ anno affermato del fal- mone , e del pefcefpada : Plinio ne parlò in ge¬ nerale dicendo . 'Nulla cofa è , che non nafca m ma- re . Vi fono infin quegli animaluT^ ejìiui dell' ojlerie , che fajlidtoji <z>elocemente faltellano , e quegli che tra' camelli s’ afcondono . Tirandoft l efca fuor dell' acqua^ 'z.’i fi trouano fpejfo aggomitolati intorno \ e quefii fi di^ cej che la notte rompano il fanno a' pefci in mare ; c-» alcuni nafcono in alcuni pefict ytra' quali fi nouerailcal- ctde. Acciocché polliate più facilmente aderire ali’ autorevole fentimento di quelli approvati

fciiitori

DI FI^nCESCO I^DI , i5»p

fcrittori , non voglio tralafciar di narrarvi , che^ nel mele di Marzo intorno allo fcoglio delljL« Melloria facendo cercar delle ftelle marine, e de’ ricci , per rintracciarne le diverle maniere , o r interna fabbrica delle loro vilcere , vidi al¬ cuni anìmaluzzi attaccati fra le Ipine di molti di que* ricci, i quali animaluzzi aveano lo ftelTo co¬ lorito de* gamberi j e di fìguramento, e di gran*» dezza eran limili a* porcellini , o afelli terreftri j ancorché non avellerò corna in tella , ma fola- mente due prccolilfimi occhi neri, e felfanta fot* tilidìme gambe lìtuate intorno al lembo della lo* ro feorza : e tengo che di quelli così fatti inten- defle Anftotile nel cap: 3 1 del 5 libro della fua titililfima ftoria degli animali . Pochi giorni do* po, tra’ congiugnimenti deirarmadura d’una lo- culla di mare trovai appiattato un* altro infetto, 'he feorpion marino dicefi dal volgo de'pefcacorìe

J

200 £SPE2{im. mT. AGL' ms ETTI

Se ciò foffe cafo fortuito , o avveniment® confueto , non ardirei farne parola ; inclinerei nulladimeno a fofcrivermi alla fentenza d’Arifto- tile affermante , che gl’ infetti aquatici non na- fcono daU’efterne parti de’ pefci , ma fon gene¬ rati nel limo , che a mio credere è il nido , in cui fi depofitano , e fi covano i femi degl’ infetti . Dalla reai generofità del Sereniflìmo Granduca^ mio Signore mi fu conceduta , queft’ inverno pat fato una foca , o vecchio marino , che fe la* chiamino , Campò fuor dell’acqua fenza cibo quattro fettimane intere , e molto più avrebbe» campato , fe per fervizio del Teatro anatomico di Fifa non fi foffe fatta fvenare . In tutto quel corfo di tempo , che appreffo di me la ritenni proccurai molte volte , che foffe pofto mente } fe tra quel folto, e morvido pelo, da cui è tutta coperta la foca , s’ annidaffero animaletti di ve¬ runa fotta , ma non fe ne trovò mai meno un folo , Per lo contrario i merghi , che volgarmen¬ te fon chiamati marangoni ; i tuffoli , che fono i colimbi de’ greci , e tutti gli altri uccelli , che fi tuffano 5 e predano fott’ acqua , e ufano le palu¬ di , e gli fìagni , anno gran quantità pollini, che d’ogni ftagione dimorano tra le loro piume.

Già che ho fatto nuova menzion de’ pollini , e* non farà fuor di propofitq divifar con più par¬ ticolarità

201

DI F^AmESCO

ticolarità quel che intorno a ciò per molti efpe* rimenti abbia coraprefo . In tutti quanti gli uc* celli di qual fi fia generazione fi trovano i pol¬ lini , ed ogni fpezie d’uccello ne ha la fua pro¬ pria, o per dir meglio, le Tue proprie, e determi¬ nate razze totalmente diiferenii tra di loro . Di tre diverfe fogge ne trovai nell’ attore , e nella gallina di Guinea volgarmente detta gallina di Faraone; di quattro nella marigiana; di due ne! cigno , nell’ oca falvatica reale , nel gheppio , e nel piviere. Egli è però vero, che vi fon cer¬ ti uccelli , che n’ anno alcuni fìmiliiTimi , anzi gli fteifi j imperocché l’aquila reale, ed il vac¬ caio ne anno di que’ grandi , che fi trovano nei gheppio , difegnati nella tav: 13 ;ed oltre a que» fìi,nel vaccaio fe ne trovano cert’ altri fimili di figura, ma non di colore , a quegli del corvo, che fon rapprefentati nella tav:;i5; e nell’aquila rea¬ le alcun’ altri fimililTimi agli ovati dell’attore. Certi pollini dell’pttarda , e della gallina prata* iuola ralfomiglianp in gran parte a’ lunghi dell* attore, che fon nella tav; i . Nel picchio, e nel filunguello n’ ho veduti de* fimili a quello dello fìorno figurato nella Tav: a ; e nel germano reale quafi degli tteifi , che fi trovano nell’ oca reale . Tra le penne della gru s’ annidano pollini- della.» figura , che potrete vedere nella Tav. 3 bian-

c chr

202 ESPB'BJEN, mr.AGLimETT! .

chi tutti , c rabefcati quafi di caratteri j o cifro nere . Gli ftelfi a capello fi trovano in certi uc¬ celli nutriti nel giardino di Boboli portati ulti¬ mamente d’ Affrica , dove da’ Mori fon chiamati in lor linguaggio quali reputo che fieno

un’altra fpexie di gru ; concioffiecofachè di co¬ lor di penne , e di figura fono fomigliantiffimi alia gru ordinaria , ancorché fieno un poco mi¬ nori, .e più fcarxi di corpo, ed abbiano due ciuf, fetti bianchi , e lunghi in tefia , mediante i quali di buona voglia affermerei ^ che folfero la gru balearica .

Ho fatt’ offcrvare tutte le maniere di uccelli ftranieri,che nel fiiddetto giardino fi nutricano, ma negli ftruzioli non fi fon mai trovati polli- ni in veruna ftagione . Vna cicogna parimente non ne avea , ed in effa può effere flato cafo fortuito , non effendovi fe non quella fola 5 ma^ gli flruzzoli furono dodici , tra’ quali certuni eran venuti di pochi giorni di Barberia. Del re- fio la grandezza de’ pollini non corrifponde al¬ la grandezza , o piccolezza degli uccelli j effen- do che negli uccelli di gran corpo fi trovano raz¬ ze di pollini grandi , e razze di piccoli ; e negli uccelli minori fe ne ravvifano de’grandi quindi mi fovviene di averne veduti certi nelle merle, che di grandezza non cedevano a quegli del cigno.

Se

DI FTtjmESCO J^EDI. 203

Se i pollini fi guardano per di fopra non fi vede loro la bocca; Ma fe fi oflervano volti al¬ lo ^nfiiyclla fi fcorge beniffimo , fituata in quei Iato del mufo , che volta vcrfo la terra , ed è fatta a foggia di un paio di tanagliette non-, molto dìlfimili a quelle della bocca de tarli ; Prendeteui la pena di vederne la figura nella^ tav. 8. dov* è intagliato il pollino del cigno . Sono in fomma le razze de* pollini di fembianze così divifate, Arane , contraffatte , c differenti ? che per non formarne un lungo $ e fazievol ca¬ talogo nel defcriverle ? ho amato meglio farvcnc veder alcune difegnate a mia richieffa } e miniate dal Sig. Filizio Pizzichi , le quali ho fatto pofcia intagliare nel miglior modo , e ordine , che la brevità del tempo ha potuto concedermi. Qyan- to al colore, ritengon molto , ed han grandiffì- ma fimiglianza con quello , delle penne de’ loro uccelli : Vero fi è , eh’ io porto ferma opinione, dettatami dall’ efperienza , che quando i pollini efeon fuora de’ lendini, e’ nafeano tutti bianchi, ma che pofcia col crefeere, appoco appoco, ed infenfibilmente fi colorifcano ; mantenendofì pe¬ diafani in modo, che mirati coi microfeopio, e da quello ingranditi , fi feorga molto bene il moto delle vifeere , e 1’ ondeggiamento de’ li¬ quori in effe contenuti . E perchè poffìate con-

Cc 2 ghietturare

2 04 £SP£^EN. mr, AGVmSETTl

ghietturare le proporzioni delie grandezze di que- fte beftiuolucce , quando 1’ ho fatte difegnare , mi fon fervitofempre d’uno fteflfo raicrofcopio di tre vetri, lavorato in Roma da Euftachio Divi» ni con lodeuole , e delicata fquifitezza .

Con 1’ aiuto di quello folo microfcopio fon rapprefentate tre dilFerenti razze di formiche non alate, che fi trovano in Tofcanaj il punteruolo del grano 5 il bacherozzolo che rode i canditi , e le droghe ; quello che va pellegrinando tra’ca* pelli , e nel dolTo degli uomini 5 quell’ altro che fi appiatta fra’ peli dell’ anguinaia j il pidocchio dell’ afino , del cammello , e di un certo tnon» tone Aftricano venuto di Tripoli di Barberia, il quale di figura sedi grandezza è fimile a’caftro» ni del Fifan , e come quegli ha l’ orecchie lar-» ghe, e pendenti, e la coda fiottile , e lunga fino in terra j ma elfendo armato di due gran corna , e auendo il pelo piu lungo delle capre , più grof» fio , e più ilpido , fi riconofice elfere d’ una razza differente da quella del Fifan . Nello fìeffo mo» doèdifegnata la zecca del capriuolo, e della ti¬ gre. La zecca del leone ha perappunto la fteffa figura di quella della tigre , folamente differen¬ te nel colore , e nella grandezza , effendo mol¬ to maggiore quella del leone j la quale è tutta# di color lionato chiaro , eccetto in una parte del

dorfo,

DI F\AmBSCO ^EDi. aoj

dorfo , in cui fi vede un gobbo di color tanè ofcuro , e di quello lleflb tanè è tutta colorita , e tinta la zecca della tigre. Ho fatto ricercare fe le tigri fieno infettate ancora da’ pidocchi , ma non fe ne fòn mai ravvifati j ed il fimile dico di tutti quanti i leoni , pardi j orfi , icneumoni , gatti di zibetto , e gatti felvaggi affricani , che con antico , e reai coftume fon mantenuti ne’ ferragli del Sereniifimo Granduca : non nego contuttociò che non ne poflano avere , ma fo* lamence affermo , che quelli animali che di pre* fente vi fi trovano, non ne anno , o per trovar® gli non fi è ufaca quella puntual diligenza , che conveniva , imperocché lo fcherzar incorno alle tigri , ed a leoni è un certo mettiere , che non fi trova così facilmente chi voglia imprenderlo .

Quando prefi la penna ebbi in mente di feri» vervi una lettera convenevole, ma trapaflando- ne di gran lunga, non fo come , i confini , m’ è ve¬ nuto fcritto pretto più che un libro , e con ittile talvolta tutto fecco, e digiuno d’ ogni leggiadria; perlochè ne potrò etter con molta ragione da.» molti biafimaco, ed io non fapreì contraddirlo ; non vorrei già che qualcuno fi biafimaffe di me per aver’ io detto forfè troppo francamente il mio pa¬ rere intorno ad alcuni fennmenti de’ p.ù rinomi¬ nati Maettri del noftro, e de’ pattati fecoli; im-

perocché

ào5 ESPSWEN, IfTT, AGL'' INSETTI

perocché ad ognuno è libero tener quell’ opinio¬ ne} che gli è più in piacere 5 e non credo cho ciò difcoQvenga, 0 che proggiudichi a quella# fiiima, e a quella riverenza eh’ io porto loro s anzi chi non ha baldanza di tirannia non dovreb> be intorno alle naturali fpeculazioni sdegnarti di quella libertà di procedere nella Republka Fi» lofoficas che ha la mira al folo rintracciamento della verità, la quale come diceva Seneca, Om^ n hus fatet , nondum ejì occupata ; qui ante nos fue^^ runt non Domint feà ducesfunt j multumex tlla etiam faturis reliàum ejì . Io m ingegno di raccoglier qualche particella di quefti gran i-imafugli , e fo- lamente meco medefimo mi rammarico, di noa# poter corrifpondere con le mie deboli forze a^ quelle grandilTime comodità, che mi preila la* fovrana beneficenza del Sereniflìmo Granduca unico mio Signore : ma facilmente avverrà , o almeno lo fpero , che dirozzatomi un giorno , e rinvigoritomi io vaglia a prefentare a ti gratu Protettore cofa non affatto indegna di fua Rea¬ le grandezza . Intanto accertatevi , che quella , lettera,o Libro eh’ e’ ti fia,fe n’è venuto a voi non per vaghezza di laude , ma per defiderio d’ elfer emendato , e corretto , ficcome caldamen¬ te ve ne prego confapevole a baflanza »

,C.he ’l mme mio ancor molto non fuona »

IL F i N R*

207

Il Sig. Canonico Borgherini fi compiaccia di vedere , e referire fe nella prefente opera fia-» niente che repugni alla fede Cattolica 3 o a’buo^- ni coftumi .

Vinc, ^ardì Vie* Gen. Fior.

Secondo il comandamento fattomi da V. S. Illuftrifs. e Reverendifs. ho letto attentamento la prefente opera , e non ho in eifa ritrovato eofa repugnante alla Fede Cattolica, o a’ buoni coftumi , anzi la reputo degniflìma di compari¬ re alla notizia di tutti i letterati , portando ella feco dottrina curiofa per la nouità, irrepugnabi¬ le per l’ efperienza , e fopra modo dilettevole^ per l’eleganza, e per l’ erudizione. p. Settembre

Gioì Satijìa borgherini Canon. Fior.

Stampifi offeruatigt ordini . Fine, bardi V. G, Ftor,

Die 24. Nouembris 156^7.

Videat , 8c referat Adm. R. P. Leopoldus Leo» nellus Bernabita Confultor huius S. Offici] .

Fr. Michael Angelus Piallacci Conf. S. Officy FloreraU de mandato {^c.

Molto

Molto l^euerendo Padre .

Ho con ogni diligenza veduta la prefentó opera j intitolata tfpertenz.e intorno alla generazjone degl' Infetti , fatte da Francefco K^edi Accademico della Crufca , e da lut (crine in una lettera alt Jllttfìrifs. òig^ Carlo Dan j & in ella non folo non ho ritrovata cofacbe repugni alla Fede Cattolica, e a buoni coftumi 3 ma confelfo avervi olfervata una buo¬ na , e fondata filofofia j, onde la giudico degna delle ftampe «

D, Leopoldo LeoneUi Conf del S, Offizjoa

Die prima Decembris 1667,

Stante predida atteftatione Imprimatur Fio- rentis &c*

Fra lofeph Tornacjumiui Fior Sfata de mandato «

Conf Offc^

Qiotmm Federighi ,

POLLIMOBEL Picelo M GROSSO

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DELLE COSE P1V‘ NOTABILI,

E DEGLI AVTORI CITATI

A

Liberto Addano carte 44.

Sant' Ago jìino 148 Alberi che producono infetti 141 Alcamus vedi 'vocabolario arabico di ìa^ cub Alfiruzabadi '

Alfa'^ino vedi Zaccaria "Ben Muahammed

Alejfandro Afrodifeo! 87

Anaf agora Adaejlro d' Archelao 7. 148.

Anafsimandro j e fua opinione intorno alla nafeita degli uomini dalla terra 8.

Antigono Carijiio 35. J7. 5f. 5<S’.

Anguille morte tenute in ‘vafo aperto , e ferrato 2,6. 27*= ^Non nafeono da' cadaueri umani 84.

Ammali morti non inuerminano 3 6, Ammazzati dagli feorpioni y dalle ‘vipere y e dall’ olio del tabacco f pef- fon mangiar f caramente 'p 6. mangiano animali del¬ la propria fpezje 1 19.

Api npn nafeono dalle carni de’ tori 5 ne dallo Jìerco de”' buoi 3(5'.>44- ^^tne nate dal leone mctfo da Sanfone 45. Vedi), pecchie.-

D d Apofio-

y

210 TAVOLA

Apollòdoro 6 5

Apollonio T^àio 7.

Apuleio 54.

Ajuila reale ferita da uno fcorpione di Tunifì 78. Suoi pollini 201, '

Arcadico loro opinione intorno al nafcimento de^li uomini 6.

Archelao /colare di Anaffagora y e fua opinione del nafci¬ mento degli uomini dada terra 7. 41* 5 5*

Ariofto 8. I s I, I 50.

Arifìotile^').^%,6l,-62, 88.2.94.97. I18. 148, 183. 192, 193. 195. 19^> 198. 199.

Arueo 1 1. 13.

Afino infèfìaco'da’pidocchi 198'. igj.lor figura taof.iì»

Atanafio Chircher 29. 30. 3 i. 35. 44* 5P« 80. 82. 83. 92.98, 1 1 5. 1 17. I 19,121. 128.133. 183.

Ateniefi perchè portajfero le cicale ne’ capelli 6.

Anici crederonoy che i primi uomini fojfiero nati nel lor paefe dalla terra 6. '

Atiicenna 60. 54. 81.

BAchi fulie carni di bufolo y ammaf^ti , e ripofii in njafo ferrato y e aperto 28. "Che ne nafte 29. ^achi nati fui prez?smolo , e four‘ altr’ erbe 136^. ^achi delle ciriege in che fi trasformino 155. lor fir gara 157. ‘Bachi delle nocciuole , e delle bietole rojfe 158. 159. Bachi delle fufiney delle pefche , dellL^

pere i

DELLE COSE flF ABILI, a i i

percy lor boT^olofe trasformazione i6o, i6i.

Bachi da Jet a 8. non nafcono dalie carni del gteuence i88. 189.

Baco che rode i canditi 20^^^. fua figura tam, 17, Vedi njermi.

San Bafilio d’S.

Bafstltco non produce gli fcorponi 59. 6q. comt^ produca 'vermi 116.

Borni 150. 15 1,

Boiardo ijo.

Bifciuole del fegato de'cafirati igo.

Botte 1 17. I i 8. vedi, rane.

Brionia \ 1 9,

Bruero 9 3.

Bruchi i^. lor ojarie maniere di trasformar^ in farfaL le 161. 162. dtuerfe esperienza j e fe nafcano dalle piante i6$.fno a ij$. Bruchi della 'vetrice y c-» del falcioyloro feria y e figura da iji. fino a i8|« Se prodotti dal cauoloy e dal moro i8|.

Bukfittaia 202,

CAcchioni delle mofche 25. 27. 35 102. delle^ pecchie 47,

Cadaueri fe non è loro fomminifirato il feme non produ¬ cono cofa •veruna 81. 84. 85.

Calabroni fi paf cono di carni 50, Perfeguitano le pec*

D d 2. chiey

2 ri

TAVOLA'

ihk j e i mofconi 5 3 . non mfcom dalla carne de' camlU 5 5 . «e dal ceruello dell’afmo , ne da'muli 5 Capelli delle donne non fi conuertono in [erpenti 81* Carni putrefatte fon il nido dell’ mua de' •'vermi 1 ^on inuerminano tenute in <T>afo ferrato 27. ne fot¬ te terra 28 Tenute in aiafo di collo lungo aperte 28. in njafo ferrato con melo 32, SS- Carlo Clufio 1 2 1 .

Carlo Maurel 74.

Cafior Durante 98.

Caflroni del Fi fan 204»

Cauallette non nafeono dalle carni del tonno 86. cornea fen generate 1 1 5 i

Cauallucci Jorta d’ infettile loro feria 128. 129. 130.

lor figura 135.

Cetfo 3(5',

Ceruo è fauola che fotterri il corno defiro $ s juoi pidocchi tam: 23. 1

Ce far e Caporali 194.

Cicale portate ne’ capelli dagli Ateniefi 6. non fon prodot¬ te dalla terra 9.

Chiofatori di INicandro ^6. 55, óS, 70.

Cicogna 202,

o

Cigno ^ e fuoi pollini 2 lo.lor figura tam. 8.9. Cinghiale mangia le carni de’ cinghiali 90.

Cinege bacano 155. figura de ior bachi , ed in che fi trasformino 1^6, 157,

Clematide j

D ELLE COSE PIF fiOTABlLì.

Clematide j <? , ajkalha i ^ i>. [uà figura 127.

Cada caualhna 119.

Coccole rofie nate fu le foglie della ‘■vetrice- 174» Coccodrillo morto non genera le ‘’vefge^negli f cor poni, 5 <?. Cointo Smirneo 51.54. (57*

Columella 3 5. 3 7. 49. 5 o.

Colimbi zoo.

Contradizione di Plinio 4 8 .

Coruoy e fuoi pllmi 201, tara, 16.

Cofiantino Pogonato 38.

Cref Clone non produce gli f carpioni 60.

DAmir wtÒìyKemal Eddin

Dante 3.14.51.114,150.152. 161. Democrito 8. sS. 9^^» 1^7.

Demetrio 55.

Didimo 48. 197.

Digbi 32. .

Diofcoride 135.

Diogene Laerzio 6. 149.

Domenico di Bandino d’ Arezzo 69.

Dofvizja di fcorpioni in Jtalia 6$. 64.

E

Gizj crederono che i primi <vomim nafcefifero nel loro paefe dalla terrai , 6.

Egidio

ai4 r Air 0 L A

Egidio Menugìo 54. 149.

Eliano ; 7. 48. $ 2. H * <$ il 7®* S 84. S8. 92.

I la. ii|.

Elmomjo 59,

Empedocle 7.148,

Ennio ^ e ftta opinione intermedi anima de" colatili 1 1. Enrico CherUro 98.

Epicuro 7, 9,

Epifanio 149,

Erbe fradice produeon n/ermi fecondo f moka 9 che «vi fon partorite /òpra 13 Erodoto 47.

Eufebio Itiierembergio 5 7, 5 9.

Eufachio Dinjini 1 04.

FAr falle nafcono di perfetta grandezna , e non ere * fono, $o(^ sdi 2ruchf farfalle nate da‘ bachi del¬ le pere 16 1,

File 48.

F lieta di Còo 41.

Filippo Iacopo Sachs 4$. 58. 59.

F tlltrea feconda del Clufio iz i. fua fgurs Filone tarfenfe 41»

Filone Ebreo 24.

Filunguello j e fuoi pollini aoi.

Fiorentino 38.43.

foca

DELLE COSE E IV i^OTA^lLl. aif

Foca cjUAnts camff fenzit cibo 200.

Foghelio 1^0,

Folaga ferita da uno [carpone, 77.

Formaggio perché inuermini 107.

Formiche credute nate dalla terta p. anno de’ pidocchi ipy. lor figura ip8. formiche fenzj ali di tre [or» te 204. lor figura ta^.26. 2-7- 2,8.

Fortunio Liceti 45. 5 7. 5 8. 60. 84. 1 3P»

Fozio 53.118.'

Francefco Albergotti 47.

FrancefcoOfuaido Grembi 43.'

Francefco Folli 43.

Franzjo 47.

Fuchi non nafcono dall' afino 5 <5’.

Fungo marino ha [enfio , jua defcrizjone 153.^

G

G Aleno 13.37. So. SS. 70. 87.

Gallina di Guinea 201. Suoi pollini tanj, 22. Gallina paiamola 201.

Gallozzole delle cjuerce che producano , ed in che mode 1^1. fino a 145.

Gatte mangiano i propri figliuoli po.

Gatto del Zibetto, Gatto faluatico africano 205. Gauonchio fpezje d' anguille preda i gauonchi pi. Generazione degl' infetti lo. opinione dell’ autore 14. 15, Gerardo Gtonjanni Fojsio 43.

C eremi A

215 r 4 0 L J

Geremia 85.

Germano reale f e fttoì pollini zoi.

Gheppio, e fuoi pollini 201. ta<xf, 15..

Giob 85.

Giorgio Pachimero 5 6^

Giorgio Bifida . 1 1. 42.

Gionjan Michele Fehr. 6q,- Ciomnni 2{odio 61. 6 $ .

Gio: Bagni 66. 71.

Giouanni Bricco 94. ;

Gio; ‘Batijìa Porta 55.5,7.58.81.

Giouanni lonflono 43. i|3. ' '

Giouanni Tauino 98,

Giouanni %ucellai 39.

Giouanni S.perlingio S S 5 * 43‘* §7*

Gio'uanni Feslingio 148.

San Girolamo 58.

Girolamo Cardano 43, 55..

Girolamo Fida 188. ' _

Giulio Cefare Caporali 194.

Gmfeppe Fiancano 94., i. 00. lor.,

Como 55. 6 8.

Granchi morti non generano gli fccrpioni 5 7. S 'S. Grewtno 55.

Gru, e fuoi pollmi 201. taaj. 3, Gruhalearica 202u Guglielmo Atueo 11,13.

Iacopo

DELLE COSE PìV NOTÀI IL! . » r 7

I

Àcopo Ollerio 5p„ do.

Jacopo Antonio Marta do. lacub Alfirui^hadi ipy.

Jnfetti , e loro generazione io. 14. 15. come nafcdno nel fango 115 . da chi generati negli alberi 5 e nell” erbe iSP.fino a I4d. loachimo lungio i 5 p.

Ifaia 45. 85. ìftdoro 5d. 88, pj^ luha 38.

K

Emal Eddin Muàhmmed $en Mufa ‘Ben Ifa Eddemiri "ji.

Kiranide 8d,

)

Jerzio Diogene 6, I4p.

Landò 5d,

Lattanzio 6.

Legno fractdo non genera gli fcorpimi do.

Leone Africano 73.

Leone mangia la carne del leone Sp.fua zscca 204. Liquore offernjata nella punta del pungiglione dello fcor’ pione 75,

E e Locufle

21 8

TAVOLA

Loctijìe terrefiri 1 1 5.

Lotnkrichi 1 4. come nafcano ns' corpi <ut<x>enìi I 8 1 90.

Luccio preda i lucci 90.

Lucertola morta non genera la ^vipera 81.

Luciano Só. 87.

Lupocer-~viere 53.

M

M

Acrohio 73. 1 1 2, Magone ^6,

Manichei 148.

Manuel File 48.

Marangoni 200.

Marc' Aurelio Sederino 84.

Marigtana ^ e fuoi pollini IO 1,

Martino Foghelio ido*

Marziale 31.

Mattimlo 58. 97» 98. 99.

Merla ^ e fuoi. pollini 202,

Mofca non più defcritta 19.

Mofche 1 4. credute falf amente nate dalla terra 1 9. ^Nate da' ‘-uermi di x>arie forte di carni 24. 25. nate da' bruchi dèi cantalo 172. nate da uermi del famhuco 184. 185. lor figura 187. mofche am¬ mazzate j e npojìe m uafo aperto 5 e ferrato , che^ ne nafta 29. ^on fon generate da' cadaueri delle^ mojche 305 nafcono di quella grandezza j f^he fempre

£onfer-

DELLE COSE PlV^Of ABILI. zi 9

confer'vano 30. Partmfcono oJermi , e 34.

’f^on nafcono dallo fierco delle mofche 34. 3 5

/’ o^aia 3 5 . 2V<J« nafcono dal letame putrefatto 44. Come fojfan nafcere da’ cadarveri umani 86. Vnte coll’ olio j e affogate nell accjua muoiono , e non rifufci- tano 87. 88. 8p. Adojche fuhito nate quanto nji~ mano fenz^a mangiare 88. 2. Si cibano di ragni morti 102. .

Mofcherini nati da’ mermi de’ barbi 24. f^afcon di perfetta grandefz^ j e non crefcono 3 o,

Jdofcioni 106. lop. no. i$6. 189.

N leandro 42. 54, 55. 54. 6^.

^Niccolo Stenone 75. 129. f^terembergto 57.

^ilo , e fue inondazioni in. 112. '^occtuole 3 e lor mermi 159.

OCa reale falmatica, e fuoi pollini 201. Olimpiodoro 56'.

Olio nemico degl’ infetti 86. ammaz^ le mofche 87. Omero 25. 52. 1 07.

Onorato Labri 34. 45. 59. 98. 113. 188.

Opinioni dimorfe intorno alla generazione degl’ infetti

IO. II.

E e 2

Orarci

T A F O L A

Orazjo 2{icafoU “E^c elidi 1480 Origene 4x. 14^.

Oro Apoll: $6.

Orfo mangia la carne dell’ or fo go„

Offer-uazjom intorno die >z/ipere 1 1 8.

Offtacanta 121, faa figura 123.

Ottarda^ e fuoi pollini 201,

Ovidio 37, 42. 55. 57. 58, (>8. 84. Il 2. II.?,.

P

P Alettone lat: Alfardeola 5 fuo pollino ta<x>. 7.

Palladio 50.

Par ac elfo ? i .

Pecihte non nafcom dalle carni de’ tori jó". 4?. 54» du^erf artifizi ufatia td effetto ^6. fino a ^idnon nafcono dallo jìerco de’ buoi 44. ’Non nafcono dalle carni de’ leoni 45. 4<5’. lor ferocia fciame nel ca- damerò d’ un leone j nel fepolcro d’ Jpocrate , nel te- fchio d' un canjallo 45.^47, fi pofano fu le-» carni morte 48. Adorte non rifufcitano 87. z. fa- molofe partorite da’ ferpenti in 2{ufsia 5 e in Podo- lia 5 4.

Pedicelli oome nafcano negli uomini 1 8p.

Pefci di fiume morti tenuti in <x>afio aperto , e ferrato z6. zj. fon mfefiati dagl’ infetti i$S.

Petronio Arbitro 147.

Piattone zo^-, fua figura tav. ip,

t kchio j.

DELLE COSE PlF mT ABILI . 221

■r

Picchio y e fuoi pollini 20 1.

Pidocchio dell’uomo ip'^.fua figura ta^v: 18. dell’afì- no y del cammello , delle pecore , del cornjo 19'J. 204. lor figura ta^: 20. 21. 22. 23.

Pietro Crefcenzjo 43. 50.

Pietro Gajjendo >i\.2. 103. 140. 188.

Pinzjano 45).

Piviere , e fuoi pollini taa>: 1 1 .

Pittagora 84. 148. 145).

Platone 6, 148.

Plinio 16. 45. 48, 4p. 50. 52. 55. 56’. 57. 58. <51. 6'2. (53. 6'4. 58. 80. 83. 84. 88. 92. 93. III. 112. 117. 135. 137. 149. I9<>« 198.

Piotino 148.

Plutarco 42. 35. 92. Il 2.

Pollini yO loro fioria 200. 201. pollini dell afiore ta-zf, pr. pollino del piccion grojfo ta^v. 2. firn no tao;.

2. dello fiorno bianco ta<%!. 17. della gru tao/. 3. della folaga tau. 4. della garza tam. dell’ Aire, ne ta<x>. 6. del palettone , 0 , aliar deola ta^. 7. del cigno taa^. 8. ^ 9. del german turco ta‘Zf. 9. dell’ oca reale tau. i o. del gabbiano y o'z/'veroy laro tao,’. 9. del pancone , e del payon bianco ta'v. 14* 1 5* pioniere ta^v. 1 1 . dell’ arza’XJola y o^njero lat. quer- quedula taa^. 12, del gheppio tan;. 13. del cor^Oy e del cappone tanj. 1 6.

Pomponio Mela iii.

Priceo

E e 3

2,22-

^ T A r 0 L A

Prkeo 94.

Prcnofìtco prefo dalle mofche , e da' •■vermi delle gdlot^- ^le delle querce j è fk'volofo 98-. 99. ,

Punteruolo del grano 2 o fua figura ta^v, 25.

F aglio fe nafcmo dalle carni putrefatte del tonno

RAIU Selomone ^6,

^gni falf amente creduti nati dalla terra 9. quanto campino fenz^ mangiare 88. 2> 9^, $1, get¬ tano la fpoglia 9 Io 92. loro nidi 5 e tele 92. donde fi cavino la materia delle tele 9 3 . fanno uova 3 e non vermi 97. non najcom di putredine 97. noiz^ nafcono dalie gallozzole delle querce 98. come faccia-- m a tirare i capi della tela da un alierò alt altro 99, loo^ morti ^ e inverminati 102. iPane fe nafcano di fango ^ e fe morte rmafcano da 'i 1 1. fino ^114. modo- di farle rinafcere riprovato 1 1 6. loro fìoria 1 1 7.

P.iccio marino 199.

^_ondelezjo"ilJ^

Samuel

DELLE COSE HV

^ ' S''

SAmml ’Bociam 4(?, 64» ^5*

Scaligero s 3-' 34* '

Scarafaggi non nafcono dall* afmo ^6. amo de’ fidoe- chi " ^ ' ' ' - _ '

Scoliafte di Teocrito S i .•

Scorpioni non nàj cono dalla terra 14. dal cocco- drillo 5(5', 57. ne da’ granchi f atterrati 57. 58. m dal hafsHico 3 ’fie dal crefcione , ne dal legno fr acido 58. 5p. 60. f carpione ja>T/olofo nato nel cervello di un uomo So. Scorpioni non partorifcono uo^va , ma mimali njinri 3 e ne fanno pm 'ài undici 61, fuhito nati quanto campino fenzjt mangiare 6i. come fila¬ no nel naentre della madre 62. non ammazzano la madre , ne fono da effa ammarati Si. hóri fon^ ‘•velenof in Italia Sf, ^4, quanti nodelli anno nel¬ la coda 64.

di Egitto 5 5. in che

Scorpioni di T uni fi SS. lor Aefcrizjone''S'j. fe il lor pun¬ giglione fi.a forato- 6 S. di che colere fia-iilor ••veleno 6p., 75. Efperienze intorno al lor •veleno da jo fi¬ no a 78. Superjitzjone de’ larbdri per freftr'Varlene' 71. di che tempo fien •velenofi 73. lor figura 75?.

Scorpioni tT'Orti lagnati c-oL fugo dell ellloì'o non torna-^' no m •vita 50. E fiafo che fi radunino intorno d"

Scorpioni ' ni 66

224 T ^ ^ 0 ^ '

granchi legati col hafsihco 8o. mortile inwermina-^ ti j metamorjofi de’ lor 'vermi 8o. non rinafcom da' ■.caàa'veri degli fcqrpioni.Bly

Seorpion marmo 3 e f figura i pp,

Seneca %o6.

Senfi per qual fine dati da Dio alla ragione 1. 3.;

Sen'o aelle piante da 1 47. fino a 1^0.

Serpi infracidate ricoperte di 'vermi y e perchè 16, l'J, tenute in ruafo aperto , è ferrato 27.

Serpenti favioloft , che fi nutrifcono. di latte , e partorì- jcono le pecchie 54. ,

Serpenti y e Icr generazione , B^. non rinafcom da’ ca- da'veri de' ferpentiy ne dalla fpina degli uomini 82.

. . 83*

Ser'vio ')6.

Sorano 5 7. . 1.. .

Spinhianco ixi.fua figura 123.

Stellicne 5

Stenone 75, I2p.

Stoici crederono y ghe gli uomini nafcejfero dalla terrai* , come i funghi 6,

Storia degli animali generati dalle querce y e da altri al¬ beri 145. ^

Stornoyfuoi pollini 201, ta'V. 1. tau. 17.

Strabane 6^,

Struzxoloy e fe abbia pollini 202.

Sufincy e loro bachi in che fi trasformino 160.

Tazge

DELLE COSE PlF nùTMlL / . z a 5

TAz.z.e di corno d'alicorno medicamento inutile 72, 7 almudtjìi 54.

7eofrafio 53. 118. 1 19.

Tertulliano 6B. 73- 94»

Terra creduta madre di tutti gli animali 6.

Tefìuggme iij.

Tignuole 85.

Ttgre 90. fua zfcca ta'V. 24.

Jommafo 3artolini 43. 45. 57* 5^"

7 ommafo Campanella 14B.

Tommafo faremo 61.

Tommafo Moufeto 43* 5 1* 5 5- 57* 9^’ 5* 4*

I9<^- 197-

Tonno 8 <5. efperiem^ intorno a fuoi tvermi 86, 87, Tuffoli 200,

V

VAccaio uccello di rapina j e [mi pollini zot.

Varrcne 13. 3<J. 37, 38. 41. 48. 50. 55^ Fecchio marino ^ 201.

ferpi morte l6. 20. /or figura y trasforma- zjone in aerea 3 che ne nafica , ed in quanto tempo 17. 18. 19 20. 21 Fermi 'varie carni y lor progreJJoyC trasformazione 20. 21. Fermi fu rame» chi zi.fularli 11. lor pefoy e trasjorma-iione 25,

24.

T A F O L A

24. Fermi delle earni morte nafcon da’ Jetni ddl&-» mofche i6. Fermi f art oriti da' mofconi ^ e m cht^ numero S$. 34. Fermi fatti dalle mofche fu’ cada- njert de' ragni , e lor metamorfofi 102, Fermi nel ^ formaggio , nel latte , nella ricotta i o ^ , fin’ a 106. Fermi nati fopra’l popone 109. nel cocomero ' ^ nelle pefche , ed 'm altri fruttile che ne nafca no. Fer¬ mi de’ funghi 1^8, fino a 141. Fermi del fegato de’ cafirati è lor figura 190. 19 1. della tejìa de" cernii e lor fgura 190. 192. 193. della tejta de’ cafirati 193. X'i . c

m-e da alcuni credute nafcer dalla terra 9, fi cibano di carne 50. lor fierezza 5 i. mangiano i ferpentiy e per:- qual fine 52. 5 3. pcrfeguitano le pecchie y e imo- font 53. Si paf cono à’ erbe , e dt frutti 53. 54. fion nafcono dalle carni, de' canialli 5 5 . ne dallc-t carni del coccodrillo y ne dal cuoio dell’ afino 5 6’. 57, Fiburno 1 1 9.

Fincenzio M annue ci 148..

Fipera y e fuo liquor melenofo

Firgilto 3j. 38.3S>*42*4S*5o*55- P3.i52^*i88. Fitalba 121, fua figura 127.

Fitello marino 53. 20I.

Flifie Aldomrando 43. <55. ^8. 87. 188.

Fccabolario dell’ Accademia della Crufea 2 5 . Fccabolario arabico dt lacuh Mfiruzabadi 19'j,

Fot fango Oeffero 59,

Forni m

DELLE COSE PlF J^0TA*B1LI, 227

Vernini creduti nati dalla terra com’ i funghi 6. 'fion foffon rinajeere dalle carni degli uomini morti 31.32.

Voaio delle galloziple delle guerce 141. ì45*

tro'vate.fopra le foglie del jamhuco 183. ‘"vermi pro¬ dotti da effe ^ e lor met amorfo fi 184. Vo<"va dallc^ quali nafeono i avermi 22. 25.

Z

Z Accaria TSen Mttahammed ihn Mahmud pz,. II5-

Zampare , nafeon ài perfetta grande'i^^ 3 o., 1 40. Zareta Caldeo i4p.

Zecca della gallina ideila tortora tarv, 2. del leone 20^^^ del caprmolo tarv; i p. del tigre 204. tarv,, 24, Zel^e 137,

F i n

Errori

Ermi Correiloni

Pag, 2.0'. p. intiero Intero 37.0'. 21. quattuor quatupr 55. 6. njrafemUa 'sit3\ÌQmh\^hì^

- ' hle

p. puquez^ piquez

ii.PiJìa Pitia

17. nafcom nafcano

6. priemero primiero

p. quando /fi-» quandole ranèjOjbot* -rane nafcom te naicono

19. le dt'Tnde gli divide '

2. d quak^ , il quai< Verme V quando

wli - . , ,

84*'

102.

II 7.

151.

142.'

6 . gellox?j)la gallozzola *C- ",

145. 2$. quercie querce

27. Piziighi Pizzichi

154. 25. non a(/l>ia-,j non fia

158. ij. indurirò ^"-indurito

7* 3* lambiccian^ lambiccandoli

dofì

Il num. 87. e 88. delle pagine fi è replicato per more due volte..