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Re En IE PER TEE RP Sa an EEE 2 IE PET, eurer irre nen: ti ae per DER Zu EEE} Be io sieh web dter DEE Eu I Tue er: BAR Ay pr Sansa KR ae Be Bayer PH DREH IT 4 PLAIN IE BACH RE. Kor wir LERTRL ET N ; eye ei 7 DER TE DE Er Ne a 56 Ei ’. As, Fr in ir. he a ren Res en Eee PER r rt „ 2 wa Ian dze BEL EU N EN 2202 We ae FOR THE PEOPLE FOR EDVCATION FORSCEIENCE LIBRARY OF THE AMERICAN MUSEUM OF NATURAL HISTORY GEGENBAURS NORPNOLOGISCHES JAHRBUCH EINE ZEITSCHRIFT FÜR ANATOMIE UND ENTWICKLUNGSGESCHICHTE HERAUSGEGEBEN VON GEORG RUGE PROFESSOR IN ZÜRICH SECHSUNDVIERZIGSTER BAND MIT 129 FIGUREN IM TEXT UND 16 TAFELN LEIPZIG UND BERLIN VERLAG VON WILHELM ENGELMANN 1913 | S) . 3 sr Di fi ß = 4 ei - ar g Ü | y , % Ze nr Fis® F Aug K s Rx ER: % ee ß u." 5 A Pe “ I 27 H c A. he Re E . 4 % f En E + s \ 47 a . z vis “rc Inhalt des sechsundvierzigsten Bandes Erstes und Zweites Heft Ausgegeben am 1. Juli 1913 Seite Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. Studio morfologieo e deserittivo. Pel Attilio Mensa. (Con 4 figure nel testo e ta- Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus und Meriones auf Grund vergleichend-anatomischer Untersuchung der Muskeln der hinteren Extremitäten. Von B. Schapiro. (Mit 33 Fi- EL Sn OR EEE Re N 209 Leber mit abgespaltenem, rechten Seitenlappen. Von Georg Ruge. (Mit re ext) 3.0.0. ie 3o Sea ee 29 Drittes und Viertes Heft Ausgegeben am 7. Oktober 1913 Anatomische Studien an der japanischen dreikralligen Lippenschildkröte (Trionyx japonieus). II. Mitteilung. Muskel- und peripheres Nerven- system. Von K. Ogushi. (Mit 38 Figuren im Text und Tafel VI EN en SA ee ee AR tete Me 299 Über die Variationen der Wirbelsäule und der Extremitätenplexus bei La- certa viridis Gessn. und Lacerta agilis Linn. Von Konrad Kühne. MEsekisuren im Text und Tafel XIV)». ... . .. 2. 0... . 563 Die Kopfregion der Amnioten. Morphogenetische Studien. Von A. Fleisch- Bel lortsetzung). . : ...... 0 00 0 ee en. 593 Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. Von B. Löhle. (Mit 39 Figuren im Text und Tafel XV—XV]..... 595 a BR (3 j) Ja Istituto di Anatomia Normale Veterinaria diretto dal Prof. U. Zimmerl. — Torino. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. Studio morfologico e descrittivo pel Dott. Attilio Mensa Assistente di Patologia e Clinica Ckirurgica Veterinaria. Con 4 figure nel testo e tavole I—V. Lo studio che ei proponiamo di intraprendere riguarda il sistema arterioso durale encefalico.. Uno studio cosi fatto, esteso a tutte le arterie meningee encefaliche dei Mammiferi, non richiede per s& la necessitä di troppe giustifieazioni. Ci vogliamo rassieurare, per cio, che basti un breve accenno alle molte e non lievi lacune dell’ argo- mento: prima, la poco estesa comparazione e la conseguente errata omologia delle unita arteriose; seconda, la necessita di conoseere il valore morfologieo delle stesse unita ed il loro destino, evolutivo 0 regressivo; poi, la difettosa eonoscenza di tutti i rami arteriosi, errata talora sino a mutarne il signifieato; la presenza di rami co- stanti sino ad oggi sconoseiuti; l’ordinamento della nomenclatura, presentemente confusissima, e cosi via via. Parecchio s’& fatto nell’Uomo, meno nei nostri animali domestieci, pochissimo nei Mammiferi in genere. Alle deserizioni, soventi volte minute e preeise, sulla presenza e sul decorso delle arterie meningee, s’aggiunge, nell’ Uomo, una lunga serie di anomalie, di gran giovamento al nostro studio comparato, ancor quande, troppe volte, non ci venga segnalato che il puro fatto anatomico. | Di cosi fatte anomalie pochissimo & detto negli altri ordini di Mammiferi. Anche la deserizione delle arterie meningee @ sempre molto incompleta. Morpholog. Jahrbuch. 46. li 2 Attilio Mensa Solo tardi, anche da noi solleva interesse la deserizione di qualche anomalia arteriosa, e piüu che altre, per l'indirizzo comparato che le accompagna, segnano un fatto novo le ricerche dello ZIMMERL sul eanale infrasquamoso di GRUBER, estese, nell’ Eguus caballus, alla conoscenza di un foro, che l’autore chiama »meningeo«, seguito da un solco osseo ricettante un’ anastomosi arteriosa. Sulla presenza di detto foro & giusto pero avvertire che giä Krause, nel 1884, descriveva nel Coniglio un ramo arterioso, passante per un foro esistente sulle ali dello sfenoide, a cui tuttavia non dava significato particolare: lo riteneva, anzi, omologo al »Foramen spinosum« dell’ Uomo, donde l’interpretazione di »meningea media« che dava al ramo di eui e questione. A TANDLER € riservato poi di dimostrare l’erroneitä di tali asserti. Continuano nel 1909 le osservazioni di MOBILIO, ancora sul foro meningeo, colla descerizione dell’ arteria frontale, originante dalla meningea media. Vien riconoseiuta l’importanza del »foro meningeo«, siecome destinato a ricettare un ramo arterioso, quantunque le ricerche di eui dianzi € parola, limitate al Cavallo, non riescano a dimostrare la eostanza del ramo, n& possano accordargli un preeiso significato. Rimane il dubbio sul valore da attribuirgli: quello di un’ anastomosi tra la meningea media e la frontale; o quello di eollaterale della prima, capace di sostituire »la frontale stessa, la lacrimale od anche una radice dell’ oftalmica« (ZiMMERL). Il »foro meningeo«, deseritto dallo ZIMMERL sulla sutura fronto- sfenoidale nel Cavallo, trova il suo corrispondente in tutta la serie dei Mammiferi: questo almeno se ei & concesso dedurlo da tutti i casi esaminati, nei quali lo trovammo sempre eostante. Esso corrisponde preeisamente al foro che dä passaggio al »ramus recurrens« di HENLE, 0 »ramus orbitalis« di altri autori. Gia conoseiuto da HALLER, nell’ Uomo, ZUCKERKANDL lo chiama »canalis cranio- orbitalis«, nome che, per molte ragioni, non ultima la sua confor- mazione, noi estenderemo ai Mammiferi in genere. D’accordo con ZUCKERKANDL sul carattere del canalis cranio- orbitalis, avvertiamo appunto che, ancor quando in pareechi animali si presenti unicamente come un »foro«, esso appare il pitı delle volte come un vero canale, attraversante lo spessore della parete cranieca, obliquamente, sino a percorrere non breve tratto in essa, laddove si ramifica e sbocea eon due fori, tre talvolta, nel cavo eranico. I Rumi- nanti sono tipiei di questo comportamento; i Solipedi stessi offrono ' Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 3 piü che un foro un canale. I Carnivori ripetono soventi volte i primi. Ma l’appellativo di »eranio-orbitalis« ei sembra anche appropriato, per la facile ragione che il canale serve, in ogni modo e sempre, a mettere in comunicazione la cavita eranica con quella orbitale, donde il facile richiamo sul valore del corrispondente ramo arterioso. Ci permettiamo tuttavia di ricordare che, volendo assegnare al canale un appellativo capace di rispecchiare fedelmente la econdizione dell’ individuo adulto, ancor meglio gli converrebbe quello di orbito- eranialis, giaeche, senza indagare la condizione embriologica, noi ei 'troviamo spesso di fronte ad un canale destinato ad accogliere un’ arteria, la quale, proveniente dall’orbita, passa da questa nel cavo cerebrale. Avvertiremo ancora come il canale »cranio-orbitale« sia stato deseritto ne’ Primati, nell’Uomo e, tra i nostri animali domestiei, nel Coniglio e nel Cavallo.. Che noi sappiamo, in nessun altro animale, ragione per eui ci faremo obbligo di descriverlo, anche brevemente, in tutti gli animali esaminati. Diremo della sua costanza, senza eccezione, a proposito della descrizione del ramo arterioso ch’esso ricetta, la eui importanza eresce in ragione diretta a quella che gli viene dalla fissita dei caratteri del canalis eranio-orbitalis, considerato nella classe dei Mammiferi. Toccata cosi la questione prima, siecome la piü interessante, diremo del piano del lavoro. Nella parte generale tratteremo successivamente della teenica, dei earatteri comuni delle arterie meningee e loro generalitä, delle origini, della nomenelatura e divisione, della stapedia, ramus orbitalis e arteria orbito-meningea. Faremo seguire la parte speciale, dove esporremo le nostre ricer- che per gruppi, ceorrispondenti agli ordini dei Mammiferi studiati. Ogni ordine avra un riassunto, ed in ultimo verranno le eon- elusioni generali. Tecnica. La teenica usata per la preparazione del materiale di studio e la metodiea seguita nella ricerca delle aa. meningee non offrono aleunch& di singolare. La testa dei grandi animali veniva iniettata da una delle caro- tid primitive; a volte colla comune sospensione di scagliola in 1% 4 Di Attilio Mensa acqua, altre volte con sego. Franeamente, i risultati ottenuti son stati buoni coll’ una e coll’ altra sostanza. Diremo, anzi, che la scagliola serve meglio, sempre quando non sia possibile avere la testa d’un animale di recente dissanguato, Tentammo poche volte le iniezioni parziali, quali quelle della mascellare interna e, nel Cavallo, della meningea . ma i risultati non erano gran che Uierenk. Pei piecoli animali, non era cosi facile l’iniezione del ps ceolle suaecennate sostanze: dovemmo pertanto ricorrere alla cosı detta miscela del TEıcHmAnn, la quale ci ha dato sempre splendidi ri- sultati. Iniettavamo ancora dalla carotide, nei piecoli Ruminanti, nei Carnivori in genere ed in aleuni Roditori; ma cio non ei era piü possibile nei rappresentanti minori di quest’ ultimo ordine, n& in quelli degli Insettivori. Per questi procedevamo dal ceuore. Allaceiata l’aorta posteriore ed ineiso il ventricolo sinistro, spingevamo la cannula nel l’aorta primitiva, da dove, l’iniezione, per l’aorta anteriore, spingevasi ottimamente al capo. Poche volte non ei & stata possibile l’iniezione, non gia per causa nostra, ma perche la testa ci veniva consegnata spellata. Suppliva in questo caso la lunga pratica della ricerea e la maggior attenzione. Ci siamo molto guardati da sbagli di interpretazione; non potevamo scambiare macroscopicamente una vena con un’ arteriola meningea, ma a prevenire ogni sospetto, diremo ch’e stata nostra cura costante di seguire le arteriole meningee sino alla loro origine extra-cranica; n& mai ei siamo arrestati alle branche madri, che sempre abbiamo seguito fino alla loro sorgente comune: la carotide primitiva. Diremo infine come giovi talvolta la semplice iniezione di acqua colorata in territori eireoseritti: eiö serve abbastanza bene a di- mostrare il tragitto delle arterie. Fatta l’iniezione e eonvenientemente preparati i grossi tronchi arteriosi, procedevamo all’ apertura della cavita eranica. Facevamo cosi. Avendo eura di risparmiare tutta l’orbita, comineiavamo col fare una sezione orizzontale, bilaterale, della scatola eranica in guisa da limitarne una calotta. Sulla faceia nucale eseguivamo due altre sezioni oblique, divergenti in alto, tangenti ai margini mediali dei due condili oceipitali ed unentisi agli estremi posteriori delle prime. La cura maggiore voleva messa per segare solo la parete ossea; era necessita saper arrestarsi sulla meninge. . Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 5 Completavamo le sezioni antecedenti con altre: due, tre per lato, vertieali, unenti la sezione prima, con una sezione sagittale fatta sulla linea mediana della eresta parieto-oceipitale, o semplicemente sulla sutura parieto-parietale. Staecavamo delicatamente i lembi ossei, aiutandoci collo scalpello, sino a sollevarli dalla linea mediana superiore sulla sezione inferiore. Ogni volta che i solehi ossei meningei della parete eranica in- terna erano ridotti a canale, dovevamo rompere questi, prima d’e- sportare il lembo osseo corrispondente. Poche diffieoltä incontrava lesame delle meningee cerebellari, ne maggiori quello delle cerebrali, fatta eccezione pel ramo orbito- meningeo. Questo dovevamo ricercarlo prima sulla meninge, appena scoperta, allontanata la quale, coi dovuti riguardi, dalla parete ossea, non c’era diffieile seguire le ramificazioni, sino al tronco prineipale corrente all’ineontro del eondotto eranio-orbitale. Una leggera trazione dell’ orbito-meningea rendeva nota la sua origine, ripereuotendosi sulla periorbita. Ineiso l’apice di questa, preparavamo le arterie ch’essa racchiude, tra le quali non era poi diffieile scorgere l’origine del ramo orbito-meningeo. Seguendo altra teenica, mettevamo a nudo il tronco principale del suddetto ramo, lungo il suo tragitto nel canale che lo ricetta; lo seguivamo poi nel suo tratto prossimale, sempre piüu evidente, sino a trovarne l’origine dalle aa. orbitali o dalle temporali. L’a. meningea cerebrale orale era facile seguirla, appena trovata l’etmoidale, entrata pel foro orbitario interno. Studiate e disegnate le aa. meningee d’origine esocranica, Pro- cedevamo all’ esportazione dell’ encefalo, incidendo la meninge a lato della gran falcee e poi sulla linea mediana del verme superiore (mediano). Ci faeilitavamo in tal guisa il compito per lo studio delle aa. meningee d’origine endocranica e nel medesimo tempo c’era possibile lo studio preciso dei collaterali e delle anastomosi. A complemento di eiö, occorre sempre, per lo studio della vera a. oftalmica, lo scalpellamento della fossetta ottica e del canale eorrispondente. Caratteri comuni delle aa. meningee e loro generalitä. Volendo attenerci in modo assoluto al significato che ei rende l’appellativo »aa. meningee«, noi, facilmente, ed anzi, giustamente, saremmo indotti a pensare che le suddette arterie non siano destinate che alla nutrizione delle meningi. Ma cosi non &. 6 Attilio Mensa Il loro territorio d’espansione € ben piü vasto. Son esse ancora che irrorano ed alimentano le ossa delle pareti eraniche: n& qui s’ar- restano. La dimostrazione dei rami perforanti dell’ a. meningea media, dovuta ad HyrTL, e ormai indubbia. Noi, anzi, abbiamo potuto estendere l’osservazione ad altre meningee in particolare, giungendo alla dimostrazione di arterie perforanti, staccantisi non gia dalla meningea, quando questa scorre sulla dura, ma prima ch’essa l’arrivi, quando eio® percorre lo spessore di una o pi ossa eraniche. E evidente allora l’origine intraossea di rami diploetici, non seguibili altrimenti che nella diploe delle ossa ceraniche; e di altri rami maggiori che, attraversata la diploe, riescono per due vie: 0 seguono la via interna e giungono sparsi ancora sulla meninge; 0 seguono la via esterna, attraversando il tavolato esteriore delle ossa, per raggiungere il periostio e quivi estinguersi: rami periostei. Rami maggiori sono di tal calibro che possono provvedere sangue pure ai muscoli perieraniei: rami muscolari. L’arteria meningea cerebellare dorsale (mastoidea) ed il ramo temporo-meningeo dei Ruminanti offrono bell’ esempio di simili rami. L’arteria orbito-meningea ei dara l’oecasione di parlare delle sue biforeazioni nel suo tragitto endosseo e, nei Ruminanti, ci fara dire ancora della sua importanza per l’irrorazione dei seni. Occorre adesso solo notare quest’ altra estensione di territorio vascolare, alle dipendenze della meningea suddetta. Collaterali di questa, attra- versando lo spessore delle ossa, eedono rami diploetiei, giungono nei seni, e s’estinguono nella mucosa che quelli tappezza: rami dei seni. | E molto facile riconoscere l’analogia corrente tra i rami perforanti meningei, che si staccano nello spessore delle ossa, e quelli derivanti dalle aa. meningee giäa distese sulla dura; Vorigine & la stessa, sieche non @ men razionale l’accordare ad essi oltreche l’ugual significato, lo stesso valore. L’importanza di questo complesso di cose venne richiamata dall’ Hyrrr, col suo lavoro speciale sui rami perforanti della me- ningea media nell’ Uomo. Ancor prima che HyrTL, gia CRUVEILHIER ricordava tali rami nei dintorni del temporale, ma la piu preeisa nozione sui »rami perforanti meningei« non la acquistiamo, definitivamente, che dallo studio di HyrrrL, sieche a spiegarei il silenzio degli altri autori varra la generale eredenza che i rami collaterali meningei s’arrestassero nella diploe delle ossa eraniche. Arterie meningee eneefaliche nella serie dei Mammiferi. 7 Comparata la meningea media ai vasi periostei e, risultando questa di calibro tanto maggiore, HyRTL pensava »dovesse la meningea media avere altri uffiei oltre quello di nutrizione delle ossa eraniche«. A questi uffiei, scriveva, »provvede coi suoi rami perforanti«. I quali »escono dalle aperture della superficie esterna e provvedono al perieranio, alla galea aponeurotica ed al connettivo lasso che si trova tra di essic. Cosi e di fatto. Le ricerche nostre non possono che confermare, per gli animali,, le ricerehe condotte sull’ Uomo a proposito dei rami perforanti meningei: abbiamo giä accennato, anzi, di poter estendere l’asserto a tutte quelle meningee che nel loro tragitto contraggono rapporti diretti colle ossa. Le sole aa. meningee derivanti dal eircolo di WILLIS non possono annoverarsi tra le prime. Le osservazioni eondotte nel campo delle ossa macerate confer- mano pienamente i risultati ottenuti dall’ osservazione sul materiale fresco. Anche in eioö interviene HyrRTL, serivendo che l’esame attento delle facee, interna ed esterna, d’un osso eranico rileva »numerose aperture ad entrambe le superfici, ad onta della compattezza del tessuto 0sseo« e che, e dimostrato essere »quelle aperture trovantisi alla faceia interna, destinate all’ entrata delle diramazioni della meningea media«. Ma non solo & possibile scorgere tali minuti forellini nel campo di espansione delle meningee: essi sono ancora diffusi e numerosi negli stessi solchi che danno ricetto alle arterie, prossimali e distali. La prima osservazione di cavita cranica subito lavvisa. I fori sono di grandezza differente: la loro descrizione richiederebbe uno studio apposito, ma noi avvertiremo solo il loro elevarsi a sempre maggior signifieato, ove si pensi che, per essi, molte parti esocraniche son messe in comunicazione coll’ endocranio; e che questo e quelle, per Vunita del sistema arterioso, hanno, pilı che non s’immagini, collegate le sorti della nutrizione: sono numerose anastomosi che per quei fori siscambiano; e, parti principalissime, da quei fori attendono il passaggio di un’arteria destinata alla loro nutrizione. HYRTL ricorda un secondo gruppo di rami perforanti: quelli che appartengono al cavo del timpano. E poi un terzo che porta un ramo arterioso al canale di FALLOPIO, ed un quarto, un quinto, un sesto: rami perforanti della meningea media all’ orbita; rami per la eavita nasale originanti dalla meningea anteriore; ed in un caso, un ramo che giungeva al seno cavernoso, proveniente pero dalla carotide interna. 8 Attilio Mensa Anche le suture vengono attraversate da rami meningei (HYRTL), e che ciö sia vero non & diffieile dimostrarlo nei preparati ben iniettati. Per l’efticace dimostrazione che le suture possono essere attraversate da rami arteriosi, vale del resto l’esistenza del ramo orbito-me- ningeo, il eui canale, che gli corrisponde, trovasi quasi sempre a traverso la sutura fronto-sfenoidale. E d’altra parte, abbiamo anche gia segnalato, per lo stesso canalis cranio-orbitalis, il passaggio di „rami fuoriuscenti, correnti eioe dall’ endoeranio all’ orbita. I rami perforanti non hanno vene satelliti. Dimostrazione chiara del maggior territorio di espansione delle aa. meningee, piü che non sia quello ristretto della dura encefalica, non puö venire che da considerazioni sui fatti sopraceennati. Le quali, appunto, noi ci faceiamo obbligo di fare, speranzosi di ad- divenire alla dilucidazione del nesso intimo che collega la nutrizione della dura meninge, delle ossa ceraniche e del loro periostio. Ove uno si faccia a considerare la grandezza delle aa. meningee e per poco rifletta alle conoscenze generali sulla nutrizione dei tes- suti, le quali ei avvertono che il tessuto connettivo fibroso non richiede mai vasta irrorazione sanguigna, non pud non riconoscere subito l’eecesso di quel calibro, quando le arterie suddette fossero unicamente destinate alle meningi. Non bisogna celarsi che »i rami durali propriamente detti sono graeili e poco numerosi« (ÜHARPY). Vien fatto allora di pensare ad altre parti, ad altri organi destinati a ricevere sangue arterioso da quella stessa sorgente, ed associando a questo pensiero la dimostrazione dei rami meningei perforanti, non puö rimanere alcun dubbio sulla loro conoscenza. Essi sono: le 0884 craniche ed il periostio eorrispondente, ai quali possiamo aggiungere i seni ed i muscoli dell’ epieranio, per tralasciare del connettivo che separa tutte queste parti. Cosa naturale, la maggior importanza tocea, evidentemente, alle ossa ed al periostio. Le ossa eraniche, comprese tra il periostio, all’ esterno, e la dura meninge, all’ interno, sono attraversate da una fitta rete arteriosa, tutta fatta di rami provenienti dalle aa. meningee, estinguentisi nel periostio ed anastomizzantisi ivi con altri rami esoeranici. La nutrizione di quelle tre parti & cosi intimamente collegata da non potersi scindere. Alle dipendenze di un’ unica sorgente, per essa, la nutrizione, & facile pensare che la distruzione di una meningea non Jimiterebbe il danno alla sola meninge, ma 1’ estenderebbe senz’ altro alle ossa corrispondenti a quel territorio, ed al periostio, quando non intervenissero in aiuto le anastomosi. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 9 Organi destinati ad un uffiecio unico, quello di protezione del- l’encefalo, non potevano che essere collegati, oltreche nella funzione, anche nel loro sviluppo, in relazione alla loro eomune sorgente di nutrizione. Ed il fatto potrebbe acquistare anche maggior valore, quando noi volessimo entrare in merito ai rapporti di colleganza e di sviluppo delle ossa eraniche colla dura, relativamente al suo potere osteogeno. Ma anoi basta d’averli segnalati, cosı da poter pensare che le aa. meningee, per il loro ufficio, meno impropriamente po- trebbero essere chiamate osteo-meningee. Di fatto, mentre si parla di arterie di nutrizione proprie di quasi tutte le ossa, salvo quelle del cranio, non avendo queste un foro proprio di nutrizione, vien proprio l’ammettere il carattere di osteo-meningee a quelle arterie, il cui dominio di nutrizione abbraccia le ossa e le meningi insieme. Cio negando, noi verremmo a celarei da qual fonte attin- gano il sangue organi cosi importanti ed indispensabili quali sono le ossa craniche. Un’ altra condizione comune ricollega le aa. meningee: esse sono l’una coll’ altra anastomizzate. Le loro piu fini anastomosi non sono visibili che quando le iniezioni sono ben riuscite: a condizioni diverse potrebbero negarsi fatti esistenti. HyrRTL sostiene la tesi accennata, affermando che l’iniezione di tutte le meningee € possibile dalla meningea media. Lo stesso ripete CHARPY, sicche dati piü probatori non potremmo accennare. Aggiungeremo tuttavia che la cura messa nelle iniezioni dei vari crani esaminati ci ha permesso, tutte le volte ed in tutti gli animali, di constatare simili anastomosi; le quali, da sole, possono spiegare la scambievole sostituzione funzionale meningea. Un equilibrio costante regola la nutrizione delle parti. Ove una meningea accenni ad uno sviluppo maggiore, troveremo l’immediato compenso nel minor calibro di un’ altra e l’inverso pel caso opposto. ZIMMERL e MopıLıo hanno descritto collaterali insolite della meningea media, ma la loro osservazione, portata sul tratto prossi- male di questa, ha dovuto riconoscere il suo calibro notevolmente elevato. E nei rappresentanti dell’ Artiodactyla lo vedremo pure: al maggior sviluppo dei rami meningei della rete mirabile corrisponde una sensibile diminuzione in quello del ramo temporo-meningeo e viceversa. E nei Solipedi ancora: la meningea cerebellare dorsale (mastoidea), pel suo calibro, oscilla ne’ rapporti inversi delle variazioni del ramo che le viene dalla meningea media. E cosi via via. 10 Attilio Mensa Un’ ultima considerazione generale sul comportamento delle aa. meningee. Tutte hanno una caratteristica comune non indifferente: esse lasciano, sul loro tragitto, la traceia del loro passaggio. Per ogni dove passi una meningea, € un solco che scava sulla parete interna delle ossa eraniche. In eiö dissentiamo un poco da Hyrrttr, il quale afferma che »la meningea anteriore e posteriore non laseiano dietro di se, sulle corrispondenti ossa, traceia aleuna del loro decorso«. Che non valga, per cio, la finezza del vaso ce lo diee HyRTL stesso: anche per lui le piü fini ramificazioni della meningea media e di altre meningee son accolte in solchi: sieche, a sostegno della sua tesi, non invoca che il fatto »che questi vasi non vengono A contatto coll’ osso, ma lo raggiungono solo con un piccolo numero delle loro piu sottili diramazioni«. Ma se & vero che il contatto della meningea media e di altre meningee maggiori & pilı esteso e piü intimo coll’ osso, non & possi- bile tuttavia negare l’esistenza di solchi propri della meningea anteriore e posteriore di HYRTL, sempre evidenti nei erani di tutti gli animali. Piuttosto € da considerare che non tutta la lunghezza del tragitto di quelle meningee si ripete sull’ osso: & necessitä cono- scere che, per piu o men breve tratto, aleune meningee corrono nello spessore della dura, e, piü frequentemente, nella falece cere- brale o cerebellare. La stessa cosa si ripete per alecune meningee della base encefalica, ond’ e naturale che non si vedano solchi ossei in eorrispondenza dei tratti arteriosi intradurali. Converrä quindi, per queste arterie, rilevare l’espressione intima del loro comportamento. Brevemente: le aa. meningee non SCorrono libere sulla superficie epidurale, ma sono debitamente eontenute: o dall’ osso, o dalle maglie durali. Il loro calibro permetterebbe, sotto Y’impulso dell’ onda sanguigna, un’ espansione totale non in- differente, Ja quale potrebbe rendersi nocevole, in varia misura, al- l’ encefaloe: trattenuta quella invece da seconde pareti, meno elastiche, vien limitato l’impulso dell’ onda, sino a smorzarne od annullarne l’effetto. E rieorrendo all’ intimo nesso, di cui dianzi & parola, sulla vicendevole espansione arteriosa della meninge e delle ossa craniche, avremmo anche maggior ragione di pensare che le aa. meningee debbano essere parzialmente accolte nelle ossa, a cui direttamente appartengono. Conforta quest’ asserto l’osservazione a fresco, sul tragitto. delle Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mamwuiferi. 141 meningee, ed a secco, sul decorso dei solchi e sul loro ecomportamento. Capita spesso che i solchi si completino e si riducano a veri canali: ricettano allora per intero l’arteria meningea propria, e questa, per quel tratto, interamente all’ osso appartiene. Talvolta son condotti lunghi, tal’ altra brevi; ne e infrequente un eondotto eontinuo, solo interrotto, tratto tratto, da piecole aperture irregolari, dalle quali sporge la meningea per prender nuove aderenze alla dura. Sempre adagiate nei solchi, le aa. meningee hanno cosi, vicen- devolmente, nei condotti, un’ entrata ed un’ useita, le quali alternano V’appartenenza completa: all’ osso ed alla meninge. Ma sia detto che queste condizioni non son proprie che delle grandi meningee: le piecole non lasciano che sempliei solchi, equivalenti a piecole docce, scavate fedelmente lungo il loro tragitto. Essi sono di varia gran- dezza, come varia & la profondita, che & in ragione diretta del calibro dell’ arteria ch’essi ricettano. Nei tratti prossimali, le arterie corrono ondulate, poco da prima, e poi maggiormente. Non dirado formano sensibilissime eurve, anse ad S, ripetute piüu volte. Nei tratti distali eorrono piuttosto serpiggi- nose. Questo modo di presentarsi @ molto accentuato e d’una singo- lare caratteristica in quasi tutti i Carnivori, sebbene non manchi negli altri animali. Tutte le aa. meningee hanno sempre abbondanti ramificazioni eollaterali. La ramificazione & ascendente; solo per eccezione son rami discendenti nei tratti inferiori della meninge. In pressoche& tutti gli animali son dimostrabili le anastomosi delle aa. meningee laterali destre con quelle sinistre. Ancor una volta cio puö dimostrare V’unita di eircolo delle aa. in questione. Origini. Uno sguardo generale dato alle origini delle arterie meningee rileva subito come sian due le sorgenti capitali, destinate alla loro formazione: una interna od endocranica; esterna l’altra od esocra- nieca. Ciascuna ha un territorio determinato e eostante di espansione. La sorgente arteriosa endocranica & alle dipendenze del eircolo di WiILLıs: sia questo l’espressione della suddivisione della earotide interna, od altrimenti di quella della vertebrale, od ancora delle forme intermedie. Le aa. meningee ch’essa emana hanno comune la caratteristica d’aver breve tragitto, per la ragione ch’esse gia si trovano nel terri- 12 Attilio Mensa torio a eui sono destinate; e di non attraversare fori, ne altre parti ossee, a eui non cedono rami aleuni, donde la loro maggior finezza. Esse sono eselusivamente meningee. Fatta eccezione per l’a. oftalmica e l’a. meningea della falce, esse non hanno punto fisso di origine: sono rami, la eui presenza & costante, come incostante & la loro sede. Ancor dalle aa. cerebrali e cerebellari si staccano rami meningei endodurali. Tutti alimentano la dura basale dell’ encefalo: epperö tra quelli, aleuni estendono il loro dominio alla falce ed all’ orbita. Avuto riguardo alla loro distribuzione, le arterie ora accennate meritano il nome di aa. meningee ventrali. La sorgente esocranica supera d’assai la prima. Notevo- lissima pel calibro dei vasi che la costituiscono, essa conta in s& le varie diramazioni dell’ arteria oceipitale, ed i collaterali maggiori della carotide esterna. Dell’ oceipitale sono costanti le branche conoseiute sinora col nome di »mastoidea«, »condiloidea« e »cerebro-spinale«, a cui s’ag- giungono i collaterali secondari della »condiloidea«, talora, rami diretti dell’ oceipitale stessa. Considerata a traverso i suoi rami meningei, l’oceipitale ha, nei Mammiferi, singolari limiti ed un territorio quasi costante di espan- sione. Ove la »mastoidea« non partecipasse, in aleuni ordini, alla nutrizione della dura cerebrale, noi potremmo dire che, salvo le anastomosi, i rami meningei oceipitali sono interamente destinati alla dura cerebellare. Questa non riceve rami speciali da altra sorgente: al piüu al piu, esili collaterali di poco conto. La carotide esterna serve invece l’ampio territorio della dura cerebrale. Interviene coi suoi rami prineipali: l’auricolare posteriore, V’auricolare anteriore, la mascellare interna ed il ramo orbitale (»a. oftalmica« di molti autori). Tutti questi cedono direttamente le aa. meningee, salvo il ramo orbitale che puö cederle per mezzo delle sue branche collaterali. Comungue originate, esse meningee devono, per portarsi dall’ eso- all’ endocranio, attraversare le pareti craniche, eiö che fanno sempre, per vie immutabili, Jungo appositi fori o canali che attendono al loro passaggio. Qual che sia l’origine, ogni meningea non muta la sua via d’entrata, semprech6 l’arteria anomala non cangi il suo valore mor- fologieo. La via arteriosa intereranica & generalmente un semplice foro, meno sovente un canale. Un bell’ esempio ce l’offre il »ca- nalis eranio-orbitalis«, e la via, del resto, che le aa. temporo-me- Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 13 ningee seguono nei condotti parieto-temporali @ ancor pitı dimo- strativa. La questione delle aa. meningee cerebrali un po’ si eomplica col- V’origine particolare della cosidetta »meningea media«, la quale, pur conservando morfologicamente tutto il suo valore, in aleuni or- dini inferiori, origina dall’a. stapedia. Essa meningea rende cosi endocranica la sua origine, ma non € che un fatto transitorio, desti- nato a scomparire nella sua evoluzione. Noi diremo di un caso in cui, nell’ Erinaceus europaeus, la meningea media, piu che endocranica, gia voleva esser considerata esocranica, da che la sua origine, sempre dalla stapedia, non avveniva nel cavo cerebrale, ma bensi nella cavita timpanica. Nessun dubbio pereio sull’omologia tra meningea media d’origine esocramica e la corrispondente endocranica. Tutto ricorre ad una fonte quasi comune, e, per l’analogia neanche ci deve sfuggire che la stapedia, sovente, sostituisce rami della maxillaris interna, alle eui dipendenze sta la meningea media d’origine esocranica. Un altro quesito ei interessa. Abbiamo eonsiderato tre gruppi di vasi, due esocranici ed uno endocranico, destinati a tre parti distinte della dura encefalica: il gruppo del oecipitale, esocranico, destinato alla dura cere- bellare, non esclusa auella appartenente all’ istmo; il gruppo della carotide esterna, esocranico anch’ esso, adibito alla dura cerebrale; il gruppo endocranico del eircolo di WırLıs, per la meninge basale del cervello. Ancor prima di ciö s’era detto delle anastomosi meningee intracraniche: ora @ la volta di quelle esocraniche edintereraniche. Noi dimostreremo, quando ne verra il momento, le anastomosi eorrenti tra le meningee, ancor prima ch’esse entrino nel cranio, e quelle che s’effettuano tra le meningee eso- ed endocraniche. Per eitare un esempio, la »meningea media«, prima d’entrare nel foro ovale, lanceia un’ anastomosi al ramo orbito-meningeo. Questo pud inviarne una seconda alla carotide interna e, quando non la invii, lo stesso scambio di anastomosi avviene colla prima. Le aa. meningee che deseriveremo come istmo-cerebellari cedono anastomosi alla rete mirabile, e cosı via via. Restano in tal guisa attivate vere comuni- cazioni arteriose tra le singole meningee dell’ esocranio e dell’ endo- cranio ed infine, tra queste e quelle: intereraniche. Pel tramite del eireolo di WırLıs, ripetesi alla base encefalica 14 Attilio Mensa l’identica condizione delle aa. meningee, nei loro tratti distali: qui, s’anastomizzano direttamente le destre con le sinistre; la, per mezzo del ceircolo arterioso. Le anastomosi meningee aequistano cosi un’ importanza concreta che non ei deve sfuggire: merce loro, la via al sangue, per le me- ningi e le ossa, € debitamente assicurata. Nomenclatura e divisione. La nomenclatura delle aa. meningee merita un’ attenzione ed una cura singolare, imperocche, adottando senza discussione la molte- plice terminologia ora in uso per le meningee, cadremmo ancora in quella eonfusione di sinonimie ch’e logico abbandonare. D’altra parte, il desiderio di non innovare 0 troppo mutare ei porterebbe a conseguenze sempre piu irrimediabili, quando a tutto disegno lo si dovesse seguire. Quando gli autori, anche senza attenersi ad una norma costante, avessero sempre seguito lo stesso nome, per una stessa meningea, anche la logica di una nomenclatura istituita sopra un concetto unico, fondamentale, avrebbe allora potuto soecombere. Ma proprio non & capitato cosi. Presa, come base prima della nomenclatura arteriosa meningea, - la posizione delle singole arterie: deseritta una meningea anteriore ed un’altra posteriore, gli autori chiamano media quella che sta di mezzo alle due prime. Per altre arterie non regge piü il concetto della posizione: vale l’origine, ed allora prende la meningea il nome dell’arteria madre; vale il luogo d’entrata, ed allora vien distinta col nome dell’ osso che attraversa, o con quello proprio del foro osseo. Ma sovente la discordanza non s’arresta alla varieta dei concetti che informa la nomenclatura: anteriore ed inferiore, superiore € posteriore si adottano addirittura per una stessa meningea e si equivalgono. E per attenerei all’a. meningea che vien detta superiore e posteriore, eontemporaneamente, ritroviamo ancora, a significare la stessa, gli appellativi di prevertebrale, di condiloidea, di epi- condiloidea. Altre distinzioni vengono determinate dal calibro delle arterie: la »meningea media« prende contemporaneamente il nome di grande meningea 0 m. magna, e, per contrapposto, s’istituiscono piecole meningee. Non parliamo qui dell’ a. oftalmica, sulla quale, per l’errata nomenclatura, son stati commessi non lievi errori di interpretazione: VW \ Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 15 ne diremo piüu tardi e meglio a proposito del ramus orbitalis, insieme all’ a. stapedia e col ramo orbito-meningeo. C’e dunque, nella nomenclatura presente, una vera discordanza nei concetti che l’informano, donde la buona ragione per tentarne una riforma.. Ed il rimedio e piü facile che non si ereda: ai concetti vuol essere sostituito un concetto solo. Quando sulla base di un’ unica direttiva, vien istituita la nomenclatura d’una determinata serie di organi similari, quella, immancabilmente, deve risultare omogenea. A nostro giudizio, la posizione delle meningee, sulla dura ence- falica, @ quella che meglio si laseia seguire e che maggiormente si presta per una nomenclatura razionale, adattabile alle moltepliei eondizioni delle suddette arterie, considerate a traverso la serie di tutti i Mammiferi. Il concetto topografico ei permettera inoltre di conservare il maggior numero dei termini adottati sinora. Tuttavia, &€ bene stabilire come le aa. meningee minori, talora traseurabili, non abbiano tutte sede fissa. Sono a sede costante, salvo le piccole differenze nell’ esten- sione del territorio occupato, tutte le aa. meningee di origine eso- eranica, e, tra quelle di origine endocranica, l’oftalmica e la meningea della falece. Sono a sede incostante, e pereio non definibili altrimenti che eol nome della branca da eui originano, le meningee cerebrali ven- trali. All’ incostanza di sede, codeste arteriole associano l'esilita del calibro, soventi volte, non lieve. Esse son proprie della dura me- ninge, e noi impareremo a conoscerle coi nomi di meningee del eircolo di WırLıs, mm. della rete mirabile, mm. delle aa. cerebraliecerebellari, mm. dell’ a. cerebro-spinaleeverte- brale. Sulla convenienza di quest’ ultima terminologia non crediamo d’insistervi, atteso ch’ essa rappresenta una necessita non solvibile altrimenti; n& vogliamo ritenere, per ciö, men opportuna o razionale la nomeneclatura da applicarsi a tutte le altre meningee. Per queste, quando non & stato sufficente l’appellativo generico di dorsale, ventrale e via via, s’e associato il nome d’organi in relazione colla dura, nell’ intento di determinare meglio la loro posi- zione e sovente i limiti. Cosi pel ramo corrente sulla falce, collaterale della cerebrale anteriore, e che pareechi autori chiamano meningea anteriore, la- seiando che si eonfonda colla vera meningea orale, onde evitare 16 Attilio Mensa errori di interpretazione, noi abbiamo adottato il nome di a. me- ningea della falce, anche perche a questa, quasi interamente destinato. Chiameremo a. orbito-meningea quella che, originante dal- l’orbita, arriva alla dura attraverso il canale orbito-craniale. Riferiremo alle meningee cerebrali latero-ventrali quelle arterie che si staccano dal margine ventrale della stapedia, nel suo tratto percorrente la dura; e nell’ ipotesi che anche 1l’a. »piceola meningea di LAUTH (a. meningea parva)«, descritta nell’ Uomo, non debba esser altro ehe l’espressione de’ collaterali meningei latero- ventrali della stapedia, siamo venuti nella deeisione di mantenere per essa lo stesso appellativo dei rami che rappresenta. Cosi intese, le aa. meningee latero-ventrali della stapedia abbrac- ciano anche le meningee laterali della rete mirabile, identiche alle prime, ond’ era giusto, morfologieamente, ancor per queste, mantenere la stessa denominazione, faeendone un gruppo unico. Sull’ esempio di TANDLER, e per nostre ragioni che diremo piu tardi, abbiam voluto mantenere all’ »oftalmiea interna« degli autori in genere, il nome esclusivo dia. oftalmica, ma non potevamo con- tinuare l’aggettivo di »media«, all’a. meningea che, nella serie, si dimoströ unicamente cerebrale laterale. Esso non trova piu la sua ragion d’essere quando un maggior numero di meningee & di- mostrato tra V»anteriore« e la cosı detta »posteriore«. Volendolo, bisognerebbe ammettere allora piu d’una meningea media, sieche la loro distinzione non sarebbe facile; od altrimenti bisognerebbe ricorrere a troppi artifiei nomenclaturali, dopo i quali, ancor ne scapiterebbe sempre la chiarezza. Una cosa sola ei tratteneva dal nostro proposito: il pensiero di portare una modificazione ad un appellativo universalmente usato. Ma la buona ragione confidiamo valga a giustifiearei. Piuttosto & a dire che, nei rappresentanti di qualche ordine, nei quali troviamo la o le aa. meningee latero-ventrali, non sarebbe eccessivo, ne inutile, differenziare l’a. meningea cerebrale laterale col nome di meningea latero-dorsale, siecome quella che si stacea dal margine dorsale della stapedia, eontrariamente alle latero- ventrali, originanti dal margine ventrale. Tuttavia, come queste ultime meningee, gia per s& limitatissime, accennano anche a seomparire, noi manterremo il solo appellativo di cerebrale laterale, senza aggiungervi dorsale, alla cosı detta »meningea media«. Non saranno percid meno differenziate le altre, Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 17 ancor quando l’aggettivo di ventrali possa richiamare alla mente Vesistenza di altre meningee dorsali. Analogamente ai concetti suesposti, pei rapporti che contrae col condotto parieto-temporale e per la meninge che irrora, propria del lobo temporale del cervello, ei & sembrato logieo chiamare a. tem- poro-meningea quella che perviene nel cranio attraverso a quel condotto, sboceando sulla dura che gli corrisponde. Per le arterie meningee cerebellari abbiamo scelto, dei vari nomi indieanti la cosi detta »mastoidea«, quello di a. meningea cerebellare dorsale. Ricordiamo tuttavia ch’ essa, pur apparte- nendo alla meninge eerebellare, in ragione del suo enorme sviluppo, nei rappresentanti dell’ Ungulata, Equidi in partieolare, varca sovente i confini che convengono al suo nome. Essa diventa, per non breve tratto, cerebrale, ma dimostrandosi nella serie dei Mammiferi eminentemente cerebellare, troviamo giusta ragione di mantenerle quel nome. Perla »condiloidea«, in conformitä del suo territorio di espansione, adotteremo il nome di a. meningea cerebellare laterale; ed ai rami meningei, che trovano la loro via d’entrata nel cranio attraverso i fori laceri, daremo il nome di aa. meningee istmo- cerebellari, distinguendole, come i fori laceri, in orale ed aborale. Complessivamente abbiamo diviso le aa. meningee ence- faliche in quattro grandi gruppi, seguendo in cid le divisioni natu- rali dell’ encefalo. Avremo cosi: 1° aa. meningee cerebrali 2° aa. meningee cerebellari 3° aa. meningee cerebrali ventrali 4° aa. meningee istmo-cerebellari. AA. meningee cerebrali: a. meningea cerebrale orale a. orbito-meningea a. meningea cerebrale laterale a. meningea cerebrale laterale accessoria a. o aa. meningee cerebrali latero-ventrali a. temporo-meningea. AA. meningee cerebellari: a. meningea cerebellare dorsale a. meningea cerebellare laterale. Morpholog. Jahrbuch. 46. 2 18 a Ss Attilio Mensa AA. meningee cerebrali ventrali: ede eostante: a. oftalmiea a. meningea della falce a sede incostante: aa. meningee del eircolo di WırLıs aa. meningee della rete mirabile aa. meningee delle aa. cerebro-spinale e vertebrale aa. meningee delle aa. cerebrali aa. meningee delle aa. cerebellari. aa. aa. aa. AA. meningee istmo-cerebellari: a. meningea istmo-cerebellare orale a. meningea istmo-cerebellare aborale. * * A maggior intelligenza del lettore, daremo, in un prospetto, la sinonimia latina di tutte le arterie suddette. tero-ventrali temporo-meningea 2. meningee encephali meningee cerebri meningee cerebelli meningee cerebro-ventrales meningee istmo-cerebellares meningea cerebralis oralis orbito-meningea meningea cerebralis lateralis o aa. meningee cerebrales la- tero-ventrales temporo-meningea meningee encefaliche aa. meningee cerebrali aa. meningee cerebellari aa. . meningee cerebrali-ventrali aa. . meningee istmo-cerebellari aa. aa. meningee cerebri: meningea cerebrale orale 2. orbito-meningea 2. meningea cerebrale laterale 2. o aa. meningee cerebrali la- a. aa. meningee cerebelli: meningea cerebellare dorsale a. meningea cerebellare laterale a. meningea cerebellaris dorsalis meningea cerebellaris lateralis aa. meningee cerebro-ventrales: oftalmica 2. meningea della falce 2. . meningee del Circolodi Willis aa. . meningee della rete mirabile aa. ophthalmiea meningea falx cerebri meningee eirculus Willisii meningee retis mirabilis Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 19 aa. meningee delle aa. cerebro- aa. meningee a. cerebro-spinalis spinale e vertebrale et vertebralis aa. meningee delle aa. cerebrali aa. meningee aa. cerebrales aa. meningee delle aa. cerebellari aa. meningee aa. cerebellares aa. meningee istmo-cerebellares: a. meningea istmo-cerebellare a. meningea istmo - cerebellaris orale oralis a: meningea istmo-cerebellare a. meningea istmo - cerebellaris aborale aboralis. * * * Crediamo opportuno inoltre di riunire, in un secondo prospetto, tutta la sinonimia delle arterie meningee, che sinonimi hanno. Evi- teremo cosi di ripeterei in eiaseun ordine di Mammiferi. Questo secondo prospetto offrira la prova piü eloquente delle discordanze, di eui dianzi € parola, sulla terminologia delle aa. me- ningee, e, nello stesso tempo, sara la maggior giustificazione della nomenclatura da noi seguita. Sempre che e’e stato possibile, abbiamo voluto eitare, per gli appellativi usati da un solo autore, il nome di questo. Le altre sinonimie usate dai piü troveranno la loro applicazione nello svolgi- mento della letteratura. a. meningea cerebrale orale. Sin.: a. meningea anteriore o nasale; aa. meningee anteriori; a. meningea antica; rami me- ningei antici hom.: rami meningei dell’ a. etmoidale o nasale = ant.; branca meningea dell’ oftalmiea; meningea inferiore = (GURLT). © orbito-meningea. Sin.: ramus recurrens (HENLE); piccola © a. meningea (ÜRUVEILHIER); ramus meningeus di molti autori; & ramus orbitalis della meningea media. = = meningea; meningea magna; meningea mediana; sfeno-spinosa. 5 ja. oaa. men. latero-ventrali. Sin.: piecola meningea (LAuTn). a. temporo-meningea. Sin.: a. meningea superiore; a. me- ningea anteriore (FRANK); a. meningea posteriore; meningea 2. a. meningeacerebralelaterale. Sin.: meningea media; grande | accessoria (UANOVA); branca meningea dell’ auricolareanteriore. S.z a. meningea cerebellare dorsale. Sin.: mastoidea; a. me- a5 ningea superiore; a. meningea posteriore o caudale; a. me- 3° ningea dorsale posteriore (STRUSKA); a. meningea anteriore; &S a. meningea postica h. 2* 20 Attilio Mensa o fa. meningea cerebellare laterale. Sin.: a. condiloidea; a. Der . Ber . SE epicondiloidea (Boss1); a. prevertebrale; a. meningea poste- =3 riore o caudale; a. meningea inferiore; a. condiliena; ramo > * [3 2 S meningeo della prevertebrale; branca inferiore della preverte- 8 Ss brale (STRANGEWAYS). a. oftalmica. Sin.: a. centrale della retina (GURLT, LEYH); a. oftalmica; a. oftalmica superiore (CHAUVEAU); a, oftalmiea interna. a. meningea della falce. Sin.: a. meningea inferiore (GURLT); a. meningea nasale; a meningea antica. Le altre meningee non hanno sinonimi. aa. meningee cerebro-ventrali a. meningea istmo-cerebellare orale. Sin.: branca meningea dell’ oceipitale. a. meningea istmo-cerebellare aborale Sin.: a. me- ningea dell’ oceipitale (MAnGosıo); Il ramo terminale della prevertebrale; meningea media (nei ruminanti) di molti autori tedeschi; branca superiore della prevertebrale. aa. men. istmo- cerebellari Stapedia. Ramus orbitalis. A. orbito-meningea, Che sia e qual valore abbia la stapedia nella formazione delle arterie meningee encefaliche, lo ha convenientemente dimostrato TANDLER, nella sua egregia opera sulla morfologia delle arterie del capo. Quel valore e quelle dimostrazioni servono, oggi piü che mai, a spiegare la singolarita dei nessi che sulle meningee verremo di- mostrando: cosı che, colla rieonoseiuta importanza della stapedia, sorge indispensabile il bisogno di definirla e dire qualcosa del suo generale comportamento. Tutto eiö noi riassumeremo, per quel tanto ehe basti ad illumi- nare il lettore, in relazione ai bisogni dell’ argomento nostro. Sotto ilnome di arteria stapedia o vaso stapediale va intesa l’arteria che, proveniente dalla carotis interna, penetra, nel- l’embrione, attraverso l’abbozzo della staffa e, pit tardi, tra le sue branche. Ciö avviene sempre, in ogni caso che si consideri la sta- pedia; ch’ essa sia conservata completamente, 0 divenuta rudimen- tale, od anche parzialmente scomparsa (TANDLER). Considerata allo stato embrionale, essa, secondo le ricerche di GROSSER, nei Chirotteri, e di TAnDLER, nell’ Uomo e nel Ratto, ori- ginerebhbe dal II arco aortico. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 21 TANDLER vuole inoltre che la stapedia sia vaso primario della testa, e ch’ esso esista in tutta la elasse dei Mammiferi. Fonda la sua ipotesi sulla disposizione embrionale di questo vaso, riscontrata e deseritta da SALensky nella Pecora; da SIEBEMANN e Hıs nel- l’ Uomo; da HEGETSCHWEILER nel Gatto; da lui stesso nel Conzglio e nella Cavia. Oltraceiö, riuseiva ad HyrrL di trovare il rudimento di quest’ arteria nell’ /nnus sylvanus, nell’ Ovis aries, nell’ Equus caballus ed ancora a TANDLER, nel Bos taurus. La stapedia persiste completa nell’ Ornithorkynehus, tra i Mono- tremi; nel Mus rattus ed Arctomys, tra i Rosicanti; nell’ Erinaceus e nella Talpa, fra gli Insettivori; nel Rhinolophus, tra i Chirotteri; nel Chyromys e Lemur, tra le Prosimie (TANDLER). Della stapedia si distinguono parecchie parti, secondo la si segue nel suo percorso. Esocranieca da prima, quand’ essa origina dalla carotis interna, o dalla carotis communis, ove la prima sia rudi- mentale, si rende nella cavita timpanica: da qui, penetrando nel cavo cranico, corre per breve tratto sulla parete laterale dell’ endo- eranio; ritorna all’ esocranio e va a rendersi alla cavita orbitaria. Riassumendo, constatiamo che le porzioni prossimale e distale del vaso sono esocraniche; la parte mediana, endocranica; n& sa- rebbe inopportuno, volendo, di seindere anche quest’ ultima in due: una porzione endotimpanica, ed un’ altra endocranica propriamente detta. La prima & importante pei rapporti ch’essa contrae colla staffa, ed anche perche & nella cavita timpanica che avviene la divisione della stapedia nei suoi due rami: superiore e inferiore. »Il ramus inferior esce dalla cavita timpanica attraverso la fissura petrotimpanica.« »Ilramus superior, salendo dal luogo di origine, va alUavum eranii. Entrato in questo cede un debole ramo alla dura, si curva anteriormente e raggiunge l’orbita, ecorrendo sulla parete laterale del cranio« (TANDLER). Noi dimostreremo qualcosa di piü del »debole ramo alla dura«. Il ramo superiore della stapedia da sempre origine, nel suo tratto endocranico, ad una meningea cerebrale laterale; cede talora una meningea cerebrale laterale accessoria, e sempre, una o piü meningee cerebrali latero-ventrali. L’a. meningea cerebrale laterale & legata indissolubilmente al- Vorigine della stapedia. Ancor quando questa scompaia, o solo 22 Attilio Mensa tracce ne rimangano, la meningea cerebrale laterale sara ogni volta l’espressione di parti costituenti la stapedia stessa. Sempre l’a. meningea cerebrale laterale origina dal margine dorsale del tratto endocranico della stapedia. Per eccezione — fatto, che noi sappiamo, non ancora dimostrato da altri — noi potremo di- mostrare l’origine di quella meningea dal ramo superiore della sta- pedia nel suo tratto endotimpanico. Ma di eiö piu tardi. Ci solleeita ora maggior interesse l’esame del suo tratto distale, esoeranico. E dimostrato com’ esso concorra alla formazione del vaso che TANDLER, giustamente, chiama »ramus orbitalis«e, e che equivarrebbe alla cosı detta a. oftalmiea, per altri, oftalmica esterna, donde la necessitä di bene intenderei sull’ intrinseco valore di questi vasi. Con oftalmica, noi abbiamo voluto unicamente considerare quel vaso che, originario della carotide interna, o pi generalmente, del eircolo di WILLıs, rafforzato talora dai collaterali anastomotiei inter- eranici, satellite del nervo ottico, raggiunge, a traverso il foro omo- nimo, l’orbita, e va all’ incontro delle arterie ciliari posteriori. Lungo il suo tragitto cede sovente rami meningei cerebro-ventrali, e irrora la dura del chiasma e del n. ottico: rami ottico-durali. L’oftalmica, dunque, per molti Mammiferi, vedremo quali, @ anche arteria meningea, ma la sua natura & tale da non celarei la sua omologia coll’ oftalmiea dell’ Uomo e dei Primati: essa non ne & che il rudimento. Ma gli anatomiei veterinari hanno voluto, con egual nome, chiamare il vaso originante dalla maxillaris interna e destinato anch’ esso, come l’ophthalmica, all’ orbita. BELLARMINOW, VIRCHOW, BACH, VERSARI, CANOVA € SCHMIDT insistono sulla necessita di chiamare ophthalmica externa quel vaso, omologandolo all’ oftalmiea dell’ Uomo, ch’ essi, nella serie dei Mammiferi, chiamano, per contrapposto alla prima, ophthalmica interna. A sostegno della loro tesi, non invocano che il fatto che le due arterie — ophthalmica int. ed ext. — destinate allo stesso territorio, l’orbita, s’avvicendano e per eio si sostituiscono. E ch’ esse si avvicendino nell’ irrorazione dell’ orbita € vero, ma che eiö debba costituire la ragione assoluta per riternerle omologhe, morfologicamente, non ei sembra. Vogliamo anzi dire ch’ esse, d’ori- gine diversa, esocranica l’una ed endocranica l’altra, non lo possono essere. Origini diverse reclamano significati diversi. Ci da ancor ragione del resto lo sviluppo di quelle arterie. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 23 Rieorriamo a questo: ce lo permettono le ricerehe di VERSARI, sui feti di Vacca, Pecora e Porco. Esse ei dimostrano che l’»ophthalmica externa« non & che un’ a- nastomosi corrente tra l’ophthalmica interna e la maxillaris interna, anastomosi, il cui sviluppo & regolato dall’ evoluzione o regressione — mai completa — dell’ a. ophtbalmica interna. Non potremmo noi dunque, per dar ragione agli AA. di cui sopra, omologare una sem- plice anastomosi ad una delle arterie che questa collega. E quand’ anche eonsiderassimo ch’ essa, »ophthalmica externa«, prende non di rado, col suo maggior sviluppo, il sopravvento sul calibro dell’ oftalmica interna, e questa sostituiscee, non potremmo ugualmente considerare logica la sua omologia. Essa avra ogni volta, morfologieamente, il valore di una semplice anastomosi pro- gredita, mai quello di unita vasale: sieche erediamo che per nes- suna ragione le convenga il nome di ophthalmica, nome, ripetiamo, che va consacrato, senza eccezione, qual che sia il calibro e l’esten- sione del vaso, all’ arteria collaterale endocranica della carotis in- terna e giungente all’ orbita attraverso il foro ottico. Al secondo vaso tributario dell’ orbita, la eosı detta »ophthal- mica externa«, originante dalla maxillaris interna, converrä invece Vappellativo di ramus orbitalis della maxillaris int. che TAnDLER ha ereduto riservargli, e che noi seguiremo. Poco diversamente lo definiva Fuchs nel Coniglio, chiamandolo a. bulbo-orbitalis. Esso trova, nei Primati, il suo giusto omologo in alcuni esili rami muscolari e periostei dell’ orbita, anch’ essi provenienti dalla maxillaris interna. Considerati nella serie dei Mammiferi, l’a. oftalmica ed il ramus orbitalis, offrono una singolare relazione. L’oftalmica, sviluppatissima nell’ Uomo e nei Primati, & rudimentale e ridotta quasi eselusivamente a rami eiliari ed ottico meningei, negli altri animali. Il ramo orbitale, sviluppato assai nei Mammiferi in genere, & ridotto, nell’ Uomo e nei Primati, ai rami muscolari e periostei orbitali che ei son noti. Al sangue dell’ orbita provvede dunque la carotis interna, merce Y’ophthalmica, nell’ Uomo e nei Primati, ma non piüu negli altri ani- mali, dai Monotremi alle Proseimie, dove il vaso orbitale & fornito prineipalmente dalla maxillaris interna; e dieiamo principalmente, a disegno, poiche, alla formazione di esso, in aleuni ordini di Mammi- feri, interviene ancora la stapedia col tratto distale del suo ramo superiore. Sulle tre sorgenti arteriose dell’ orbita, ora accennate, avvertiremo 24 Attilio Mensa ancora ch’esse sono regolate da un equilibrio vicendevole e eostante. OÖ il ealibro si equivale in tutti e tre i rami, o, per la regressione della stapedia, uno dei due rimanenti prende il sopravventoe. Ma nessuno scompare e s’annulla morfologieamente: a. ophthalmica, ramus orbitalis e stapedialis lasciano i loro rappresentanti, ond’ € logico man- tenere & ciascuno il proprio significato, anche se, nella serie dei Mammiferi, dimostrano una vicendevole alternativa di maggiore o minor sviluppo. Resta ora da esaminare la. orbito-meningea, sulla quale diremo brevemente, dovendo ritornarvi in fine del lavoro. Rappresentante il tratto distale del ramo superiore della ac l’a. orbito-meningea € un ramo arterioso che noi abbiamo ragione di ritenere eostante, in tutta la serie dei Mammiferi a stapedia regressa. Ricorre dall’ orbita nel cavo cranico, attraverso il canalis eranio- orbitalis, e la sua esistenza & legata alla scomparsa del tratto medio del ramo superiore della stapedia. Collaterale diretta del ramus orbitalis, origina talvolta dai suoi collaterali: quasi sempre dall’ a. lacrimale o dalla frontale e, molto piu raramente, dalle temporali. Nulla mai s’e detto dell’ arteria orbito-meningea nella elasse dei Mammiferi in genere. Fanno eccezione ’Uomo e le Scimmie. Nel Coniglio, KRAUSE ha descritto tale ramo, ma erroneamente, sotto il nome di »meningea media«. Conoseiamo invece, quand’ anche limitatamente, il canale osseo che le da passaggio nel suo tragitto verso l’endocranio. Le particolarita del sistema osseo, non occorre notarlo, son sempre le piü stabili. Ora, quando non bastasse la presenza costante del ramo orbito-meningeo, nella maggior parte dei Mammiferi, a dimostrarne la fissita dei suoi earatteri, eontribuirebbe a eid la fissita del eanale eranio-orbitale; via, la eui esistenza puö giustificare quella del ramo arterioso destinato a percorrerla. Su queste basi noi dimostreremo l’esistenza dell’ a. orbito-meningea, la quale, per la sua costanza edi suoi nessi stapediali, assume un’ importanza tutta particolare. * * * In tutto il lavoro, noi verremo esaminando i rappresentanti degli ordini: Carnivora, Rodentia, Inseetivora, Chiroptera, Ungulata, nei suoi due sottordini: Perissodactyla ed Artiodaetyla, ed in fine I’Uomo. Complessivamente, son trentuna le speeie studiate. Degli ordini, pei quali non e’& stato possibile esame alcuno, non potremo che ragio- Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 95 nare sulla letteratura, ma sfortunatamente, non essendovi lavori speciali, ci dovremo limitare all’ analisi dei lavori di BARKOWw, HyYRTL, TANDLER, GROSSER ecc. propri del sistema arterioso cefalico generale. Ma se lo studio delle meningee riuseirä per quegli ordini ineompleto, non sar& mai tale tuttavia da rendersi inutile e, tanto meno, da non procurare dati concorrenti alle nostre conelusioni. * * * Abbiamo seguito, nel raggruppamento degli individui, le classifi- cazioni e la nomenelatura del TRouEssart. Adottando questa, di necessita, per rendere omogeneo il lavoro e dare ad esso quell’ indi- rizzo nuovo che si vuole dai piüu, siamo stati costretti ad uniformare quella adottata da TANDLER per quel numero di animali che non ci & stato possibile esaminare, giovandoci della sinonimia che TROUESSART annette alla nomenelatura d’uso. * * * Prima di entrare nella parte speciale, avvertiremo ancora' che per tutti gli individui, di tutti gli ordini, lasceremo indeseritto il gruppo delle aa. meningee a sede incostante, rivestendo tutte un ca- rattere comune, sicche mal s’accorderebbero ripetute deserizioni. Ne faremo cosi una sola, in fine dell’ argomento, e varra per tutti gli animali. Ordo Monotremata. Sui Monotremi son da considerarsi preeipuamente i lavori di HyrrL e di HocHsTETTER, confermati in alcune parti dalle ricerche di TANDLER. Gli studi precedenti di MEckeLn — 1826 — si limitano a brevi accenni dei vasi encefalici dei Monotremi, cosi che non rendono cosa che a noi interessi. Complessivamente, del resto, son anche impreeise le cognizioni che si hanno sui pochi individui esaminati. Hyrrtr tratta dell’ Echidna setosa e dell’ Ornithorhynchus paradoxus. TANDLER rinnova le ricerche su quest’ ultimo, ed in un suo secondo contributo estende la ricerca all’ Kchidna aculeata typica. Fam. Eehidnidae. Gen. Echidna. Echidna setosa (da HYRTL). AA. meningee cerebrali. HyrtL rieorda e deserive larteria ethmoidalis ed il ramus orbitalis, il quale, per mezzo dei suoi rami periostei, si mette in 26 Attilio Mensa relazione coi rami perforanti la parete interna della cavita orbi- taria, »rami ophthalmieci«, collaterali dell’ arteria che ehiama diploetica magna. Detti rami cedono pure esili ramifieazioni alle parti molli dell’ orbita. ZIMMERL esprime la convinzione, conseguenza delle sue ricerche sul valore della diploetica magna di HYRTL, per questi, conti- nuazione dell’ a. oceipitalis, ch’ essa possa corrispondere ed equivalere alla cosı detta »mastoidea«, per noi, a. meningea cerebellare dor- sale. Ciö non s’aceorda coi risultati delle nostre rieerche, sieche non possiamo eonfermare quell’ ipotesi. Avvertiamo anzi che, volendo attenerei alla descrizione della diploetica magna di HyRTL, troviamo per essa maggior analogia coll’ a. che noi abbiamo chiamata tem- poro-meningea, la quale avrebbe, sulla cosi detta »mastoidea«, il vantaggio di entrare per una via analoga, ove non sia uguale, a quella della diploetica magna. Quella via non si trova mai nei pressi dell’ oceipitale, ma sempre in vieinanza del condotto uditivo esterno. E su eiö insiste HYRTL, proprio nell’ Echidna setosa, a proposito del canale destinato ad accogliere l’arteria ch’ egli chiama diploetica magna, la quale penetra »durch ein auffallend weites Loch, welches über dem äußeren Gehörgange liegt und in einen Canal führt, . Ne seconda ragione per noi e& il fatto che HYRTL, accanto alla diploetica magna, tra i collaterali dell’ a. oceipitalis, deserive »einen schwächeren Ramus oceipitalis, welcher durch ein feines Canälchen zwischen Hinterhaupt- und Schläfenbein eine unbedeu- tende Arteria meningea lateralis posterior zur harten Hirn- haut schickt.« La quale arteria non puö trovare la sua corrispondente che nella meningea cerebellare dorsale (»mastoidea«): ipotesi che si con- forta nell’ analogia corrente tra il »Canälchen zwischen Hinterhaupt- und Schläfenbein« e il foramen mastoideum, che da passaggio appunto alla m. cerebellare dorsale. Quando fosse »laterale« do- vrebbe passare pel foramen condyloideum; ciö che non avviene. EE cosi che noi, in ordine ai fatti suesposti, tratteremo l’arteria meningea lateralis posterior di HyrrL come a. meningea cere- bellare dorsale, attribuendo alla diploetica magna il valore di eui dianzi & parola, eioe di a. temporo-meningea. Di importanza speeiale potrebbero essere le anastomosi de- sceritte col nome di »rami ophthalmici«, in relazione al ramus Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 27 orbitalis, e, per altra ragione, il primo collaterale che la diploe- tiea magna, lungo il suo tragitto endosseo, tra la squama e la pira- mide temporale, laneia alla dura e che HyrTL accenna col nome di »meningea media«.. Ma non vogliamo insistere per dimostrare lerrore di questa concezione. Rieorrendo all’ a. temporo-meningea dell’ Artiodactyla, Carni- vora ece. troviamo ramo analogo, collaterale o terminale, che, peri suoi earatteri, noi abbiamo chiamato ramus cerebellaris deil’ a. tem- poro-meningea. Ed ancorche nell’ Echidna la cosi detta »meningea media« di HyrrL abbia una maggior estensione, essa non poträ mai acquistare altro significato che non sia quello di un semplice ramo alle dipendenze della temporo-meningea, corrispondente, come abbiamo dimostrato, alla diploetica magna, suo tronco d’origine. Nell’ Echidna setosa resta cosı ignota l’a. meningea cerebrale laterale. AA. meningee cerebellari. A. meningea cerebellare dorsale. Esile ramo deseritto da HyRTL col nome di a. meningea la- teralis posterior, origina dal ramus oceipitalis, e si distribuisce alla dura meninge, che raggiunge, attraverso un canale situato tra l’oceipitale ed il temporale. Sulla stapedia vien detto delle anastomosi del suo ramus su- perior, »coll’ ‚a. mastoidea‘ proveniente dall’ a. oceipitalis; relazione speeciale, che somiglia direttamente a quella degli sdentati« (TANDLER). Esiste il eircolo arterioso di WıLLıs, ma non vien fatto cenno dei suoi rami meningei. Echidna aculeata typica (da 'TANDLER) Collaterale della maxillaris interna, l’a. meningea cerebrale laterale origina da questa a livello del III ramo del trigemino, lungo il quale corre, e raggiunge, attraverso il foramen ovale, la cavita eranica laddove si getta sulla meninge. Il ramus orbitalis si anastomizza coll’ estremo orbitale della diploetica magna. La presenza di un foramen unico per il passaggio dei nervi glosso- faringeo, vago, accessorio ed ipoglosso non ci rende possibile la distinzione dell’ arteria che quei nervi accompagna. Restiamo nel dubbio se essa debba ascriversi alle mm. cerebellari piuttosto che alle istmo-cerebellari o viceversa, e vi restiamo, perch& TANDLER 28 Attilio Mensa si limita a dire, a proposito della diploetica magna: »Sie gibt einen kleinen Ast ab, der durch das Foramen, das dem N. glosso- pharyngeus, N. vagus, N. accessorius und N. hypoglossis zum Durch- tritte dient, als meningealer Ast die Schädelhöhle betritt.« Dell’ a. stapedia sono scomparsi il suo tronceo prineipale ed i tratti prossimali dei suoi due rami. L’a. oftalmica & collaterale della carotis interna; entra nel- l’ orbita satellite del nervo ottico e diventa a. centralis retinae. Fam. Ornithorhynchidae. Gen. Ornithorhynchus. _ Ornithorhynchus paradoxus (da HYRTL e TANDLER). -» A. meningea cerebrale laterale. HyrkrL descrive, tra i collaterali della carotis externa, una mediocre arteria che, satellite del III ramo del trigemino e rag- giunto il foramen ovale, si divide in due rami, uno dei quali »pene- tra nel cavo cranico e sicomporta come meningea«. TANDLER non conferma l’esistenza di tale ramo, poiche non gli e riuseito di trovarlo nel suo esemplare esaminato. A. istmo-cerebellare aborale. A. collaterale dell’ a. cervicalis profunda, entra nel cavo eranico attraverso lo stesso foro d’ useita del N. vago, ed irrora per breve tratto la dura cerebellare. Viene accennata poi l’esistenza dell’ a. ethmoidalis (Hyrrr), del ramus orbitalis edel eirculusarteriosus Wiıruiısıı, alla eui forma- zione concorrono la carotis interna e l’a. vertebralis (TANDLER). Riassunto. Accertata l’esistenza dell’ a. etmoidale nei vari rappresentanti dei Monotremi, sembrerebbe logico ammettere l’a. meningea cere- brale orale, che sempre &@ uno dei rami di divisione della prima. Quei rami anastomotiei del ramus orbitalis, »rami ophthal- mici«, desceritti da Hykru nell’ Echidna setosa, lasciano pensare & probabili omologie coll’ a. orbito-meningea, ammesso che in tutto P’ordine scompare iltratto prossimale del ramus superior della stapedia. E accertata la presenza dell’ a. meningea cerebrale laterale nell’ Echidna aculeata typiea, originante dalla maxillaris interna; meno nell’ Ornithorhynchus paradoxus, dov’ essa sarebbe fornita dalla ca- rotis externa, ma le origini ed i tragitti sono cosi indeeisi che & certo diffieile trarne qualche conelusione. EEE Ss ee Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 29 L’a. temporo-meningea sarebbe rappresentata dalla diploe- tica magna di Hyrtr, la quale, come la temporo-meningea, cedrebbe pure, nell’ Echidna setosa, un collaterale omologo del suo ramus cerebellaris. Delle aa. meningee cerebellari € nota, nell’ Echidna setosa, la dorsale. Un’ altra & incerta nell’ Echidna aculeata: quella che 8’& detto poter appartenere tanto alle cerebellari come alle istmo- cerebellari. Tra queste eonvien riconoscere l’a. meningea istmo-cere- bellare aborale nell’ Ornüthorhynchus paradoxus. Delle meningee cerebro-ventrali ei vien segnalata l’a, of- talmica, nell’ Echidna aculeata typrea. In tutti @ comune il eircolo arterioso di Willis. Ordo Marsupialia (da Tanner). Sulle arterie cefaliche dei Marsupiali, non abbiamo che le de- serizioni di TANDLER, estese a einque specie, Le poche aa. meningee, di eui abbiamo notizia, non hanno eccezioni degne di nota nei rap- presentanti di quest’ ordine, sicche noi le desceriveremo in un capi- tolo unieco. Condizioni vasali simili si riscontrano nei Monotremi e negli Sdentati. Subordo Diprotodontia. Fam. Phalangeridae. Subf. Phalangerinae. Gen. Trichosurus (— Phalangista). Trichosurus vulpina. Fam. Macropodidae. Subf. Macropodinae. Gen. Macropus (— Halmaturus). Macropus ruficollis — Macropus giganteus. Subf. Potoroinae. Gen. Bettongia (= Hypsiprymnus). Bettongia Gaimardi. Subordo Polyprodontia. Fam. Didelphydae. Gen. Didelphys, Didelphys dorsigera. AA. meningee cerebrali. Probabile rappresentante del ramo orbito-meningeo & la con- servata porzione orbitale del ramo superiore della stapedia, sulla quale, TAnDLER non ei dice altro se non ch’essa & in con- nessione colla sviluppatissima a. oftalmica. 30 Attilio Mensa Ma l’arteria che TANDLER descrive come collaterale secondaria dell’ auricolaris posterior e chiama »a. meningea media«, eredendo di ritrovarne il suo comportamento tipico, dopo ch’essa ha percorso non breve tragitto nella diploe del temporale, € troppo lontana dalle caratteristiche della vera a. meningea cerebrale laterale, perche noi possiamo accogliere senz’ altro quell’ arteria come tale. TANDLER, scerivendo per l’Halmaturus giganteus: »Die Arteria meningea media dieses Tieres entsteht derart, daß aus dem Zweige der mächtigen Auricularis posterior, welcher den distalen Ausbreitungs- bezirk der Art. oceipitalis übernommen hat, ein Ast in die Diplo& des Schläfenbeines hinter der Pyramide eintritt, in der Diplo& ver- läuft, über die Pyramidenkante hinwegtritt und von hier aus erst die typische Meningea media bildet«, viene a dare una bella de- serizione dell’ a. temporo-meningea, quasi costante nella serie dei Mammiferi: il »ramo dell’ auricolaris posterior, sostituente il territorio distale d’espansione dell’ a. oceipitalis« corrisponderebbe all’ a. temporo-meningea, e la »meningea media« non sarebbe che un suo collaterale secondario, od una sua branca di divisione, propria anch’ essa e tipica dell’a. temporo-meningea degli altri ani- mali, non esclusi i Monotremi. L’a. meningea cerebrale laterale vorrebbe dunque cercata altrove. Considerato ed ammesso che, in questi animali, esiste la ma- scellare interna, non & diffieile pensare ad una sua branca meningea, e eiö tanto piü se si pensa all’ affermazione di TAnDLER che la mascel- lare interna, »bei allen Vertretern lateral vom Ill. Trigeminus-Aste gelegen ist«, e che di.norma, negli stessi Monotremi ora considerati, sempre in questo punto si stacca la meningea cerebrale laterale. Solo eosı verrebbero spiegate le normali connessioni che l’a. me- ningea cerebrale laterale deve avere colla stapedia e non altrimenti. TANDLER invece pensa che ]’a. meningea cerebrale laterale com’ egli l’ha deseritta, possa ugualmente considerarsi un derivato del ramo stapediale superiore, pur ammettendo la nessuna comuni- cazione colla stapedia, scomparsa nel suo tratto prossimale. Ma & costretto, per eiö, a considerare l’origine dell’ arteria in questione dall’ auricolaris, siccome una comunicazione secondaria acquisita. Per noi, potendo dimostrare morfologieamente la sua equivalenza collatemporo-meningea, la comunicazione acquisita scomparirebbe; riterremmo volentieri invece l’ipotesi che quel ramo, la »meningea media« di TANDLER, originasse direttamente dall’a. auricolaris po- sterior senza aleun intervento anastomotico stapediale; ne avremmo Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 31 minor vantaggio, allontanandoeci dall’artifieio di una seconda ipotesi sulla perdita di connessioni colla stapedia, che per l’arteria in questione non sarebbero mai esistite. L’a. oftalmica origina nel.punto di divisione della carotide interna nei suoi due rami: anteriore e posteriore. Esiste il eircolo arterioso di WILLIS. Delle altre aa. meningee, nessun cenno. Riassunto. Crediamo d’aver dimostrato, nei rappresentanti dei Marsupiali, lesistenza d’una a. temporo-meningea. Per !’a. meningea cerebrale laterale occorrono altre ri- cerche. In tutti & nota l’a. oftalmieca, ed il circolo di Wırnıs. Sulle altre aa. meningee non si hanno dati aleuni. Le considerazioni teste svolte, sul probabile valore morfologico dell’ arteria deseritta da TANDLER come »meningea media« e del suo ramo d’origine, non distruggono le precedenti, fatte sulla diploetica magna di HyrrL nei Monotremi: anzi, con quelle s’accordano e si completano. Sieche, a dimostrare la stretta analogia esistente tra i due rami — il »ramo« dei Marsupiali, collaterale dell’ auricolaris posterior ela diploetica magna di HykrL, nei Monotremi — basta considerare che questa, per HyrrL stesso, non & altro che »die Fortsetzung der Arteria oceipitalis«, racchiusa nel canale della squama temporale, avente la sua entrata in un ampio foro sopra il eondotto uditivo; proprio come crede TANDLER per il »ramo« di eui € questione, assumente lirrorazione distale dell’a. oceipitalis medesima. Anche i Marsupiali, dunque, avrebbero un’a. temporo-meningea di comportamento analogo a quella dei Monotremi. La sola origine farebbe eecezione, provenendo essa dall’auricolare posteriore. Ma, ove quest’ obiezione potesse venir fatta, risponderebbe subito la ricordata affermazione di TANDLER, intesa a dimostrare che quel- Varteria sostituisee, nel suo territorio d’espansione, l’oceipitale, sicche le connessioni con questo vaso non sarebbero mai perdute. Allontanato pereid ogni dubbio sull’ identita del valore mor- fologieo e della genesi dei due rami che noi riteniamo temporo-meningei, crediamo d’esser nel vero, riaffermando l’ipotesi ch’essi, la »diploetica magna« di HyrkrL nei Monotremi, ed il »ramo dell’ auricolaris 32 Attilio Mensa posterior« di TANDLER nei Marsupiali, non eselusi i loro collaterali considerati come »meningee medie«, si equivalgano, e che tutti e due rappresentino, morfologieamente, l’a. temporo-meningea. Nei Marsupiali, l’origine, passata dall’a. oceipitale all’ aurieolare posteriore, segnerebbe un passo avanti nell’ evoluzione di tale ramo che, nell’ Artiodaetyla, si dimostra escelusivamente collaterale di una delle aa. auriceolari. Ci sia permesso infine, come pei Monotremi, di esprimere la nostra convinzione che anche la »meningea media« di TANDLER, pei MarsupialiÄ, non potrebbe rapportarsi che al ramus cerebellaris dell’a temporo-meningea, quale noi lo de- scriveremo nei Ruminanti, Carnivori ecec. Ordo Edentata. L’opera di parecchi autori sugl’individui di quest’ ordine di Mammiferi non ha contribuito ancora abbastanza per una descrizione delle arterie encefaliche, valevole ad illuminarei un po’ estesamente sulle aa. meningee. STANNIUS, VROLIK, ALLMANN ed altri non hanno dati preeisi sulle aa. del cranio, come non ci vengono notizie, sulle stesse, dalla monografia« Anatomische Untersuchungen über die Edentaten« di WILHELM VON RAPpP (TANDLER), I maggiori particolari ce li fornisce HYRTL, coll’ esame del Dasypus novemeinctus (Tatusia novemeincta), del Manis macrura, del Myrmeco- phaga tamandua (Tamandua tamandua), del Olamydophorus truncatus, del Bradipus torguatus e dell’ Oryeteropus capensis: ai quali s’ag- giungono le ricerche di TANDLER sul Tatusia novemeincta e Dasypus vıullosus. Piu tardi, lo stesso TANDLER, nel suo secondo lavoro fatto a complemento del primo sui vasi eranici, deserive il Dasypus setosus. In linea generale, i risultati di HyktL e TANDLER concordano e, talora, si completano a vicenda; ma dove discordanza esiste, non & lieve, interessando questa il valore da attribuirsi all’ arteria del caso: cose tuttavia che, nel riassunto, prestansi alle conelusioni piü op- portune. Come nota generale, ci permettiamo intanto, anche noi, sul- l’esempio di TANDLER, a notare la patente contradizione di HYRTL, quand’ egli afferma, a proposito della diploetica magna: »Diese nur bei den Edentaten vorkommende Arterie ...« atteso che questa venne descritta dallo stesso HyrrL, un anno prima, nei Monotremi Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 33 (1853), ove non si voglia aggiungere che la medesima venne poi descritta anche nei Marsupiali. Subordo Loricata. Fam. Dasypodidae. Subfam. Tatusinae. Gen. Tatusia (= Dasypus). Tatusia novemeincta. AA. meningee cerebrali. Tra i rami anteriori originanti dalla mascellare interna, HYRTL deserive un ramo »orbito-etmoidale«, il quale penetrerebbe nel cavo eranico, attraverso un foro deli’ osso frontale e la prenderebbe parte alla formazione di una rete giacente sulla lamina cribrosa del- l’etmoide. TANDLER, confermando la deserizione di tale ramo, aggiunge della sua comunicazione coll’ estremo orbitale della stapedia. Nessuno parla di rami meningei, ma non sono tuttavia meno facili a pensarsi, allorquando si consideri la presenza della rete eribro-etmoidale. Sul valore dell’ estremo orbitale della stapedia non si puo affermare: la sua deserizione e un poco manchevole, atteso che TANDLER, sulla stapedia del Tatusia novemeincta, non puo darei che un’ ipotesi, sulla quale non possiamo che restar dubbiosi. A. meningea cerebrale laterale. Seeondo lo vuole Hyrrr, eollaterale della mascellare interna, essa entra pel foro ovale nel cranio, a lato del III’ ramo del quinto paio dei nervi craniani, e s’anastomizza sovente coi rami penetranti dell’ a. diploetica magna, collaterale dell’ oceipitale. TANDLER non descrive cosı l’a. meningea cerebrale laterale; eon- sidera come tale una branca collaterale della diploetica magna, a eui HyRTL pensa di dare un valore ben lontano dalla cosi detta »me- ningea media«. Egli infatti parla a due riprese di questa, ma sempre la considera collaterale della mascellare interna. Una maggior ragione dunque per credere alla presenza dell’ a. meningea cerebrale laterale, quando di questa vengon descritte le sue anastomosi colla branca della diploetica magna, che TANDLER vorrebbe omologa alla prima. Ne su eid puo nascer dubbio: la descrizione dei due rami, HyYrTrL la da ehiaramente. La diploetica magna, nel suo tragitto attraverso la sostanza spugnosa della squama temporale »nach vorne, schickt längs einer Morpholog. Jahrbuch. 46. 3 34 Attilio Mensa Linie, welche mit der Anheftung des Tentorium übereinstimmt, einen stärkeren Zweig nach aufwärts, sendet viele, aber sehr feine Zweigchen in die Schädelhöhle zur Dura mater«, ramo, che adagiato in una docdia eonvessa superiormente, alla faecia interna del frontale, »anastomosiert einigemale mit Zweigen der aus der inneren Kieferarterie entsprungenen Meningea media«. Ugual origine di questa vien ripetuta a proposito delle eollaterali della mascellare interna. Ammessa quindi con Hyrrr l’a. meningea cerebrale laterale, collaterale della mascellare interna, non possiamo accettare l’opinione di TANDLER. Siamo troppo vieini alla dimostrazione data nei Mo- notremi e Marsupiali, sull’ equivalenza della diploetica magna e del suo eollaterale meningeo all’ a.temporo-meningea, perche noi dobbiamo ripeterei: bastera estendere l’affermazione di quello stesso valore alla diploetica magna degli Sdentati e riconoscere che la »meningea media« di TANDLER, anche per gli Sdentati, corrisponde al ramus cerebellaris della temporo-meningea, salvo le differenze individuali. TANDLER, infatti, a sostegno della sua tesi, ammettendo scomparso il tratto prossimale della stapedia, non pote che ricorrere all’ ipotesi di una eomunicazione secondaria tra la porzione distale della stapedia e l’oceipitale, onde rilevare i consueti rapporti genetiei della me- ningea cerebrale laterale colla stapedia, e spiegarsi intanto l’origine di questa, dall’ oceipitale. Ma a nostro avviso, le nostre considerazioni suesposte rendono meglio la realta. AA. meningee cerebro-ventrali ed istmo-cerekellari. HorFmAnn e TANDLER ci dänno notizia dell’ a. oftalmica, esile eollaterale della carotide interna, nel suo punto di divisione in a. corporis callosi e a. fossae Sylvii. Tra le seconde, HyrrL descrive la meningea, ch’egli chiama »lateralis posterior«, originante dalla cearotis externa e satellite del vago: arteria, le cui brevi note del suo comportamento ei permettono di omologarla coll’a. meningea istmo-cerebellare aborale. Subfam. Dasypodinae. Gen. Dasypus. Dasypus villosus e Dasypus setosus (da 'TANDLER). Il Dasypus villosus ed il Dasypus setosus, nei riguardi delle arterie encefaliche, ripetono pressoch& le condizioni del Tatusıa novemeincta, tanto che le lievi differenze di comportamento di aleune Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 35 arterie non interessano le aa. meningee. TANDLER non si dilunga maggiormente nella descrizione di quelle, per eui anche noi tralasciamo di ripeterei. Subfam. Chlamydophorinae. Gen. Chlamydophorus. Chlamydophorus truncatus (da HYRTL). Dalla deserizione che Hyrrr dä sulle arterie del eranio del Chlamydophorus truncatus appare chiara la somiglianza di comporta- mento ch’esse hanno con quelle dei Dasypodi. Apprendiamo nuovamente Vesistenza della diploetica magna coi suoi rami meningei, la dove »corre nel solco dell’ osso temporale«. Ripetuta l’osservazione della rete arteriosa sul eribro etmoidale, vien detto del eomportamento della earotide interna, analogo a quello del Tatusia novemeincta, sieche noi possiamo facilmente concludere per l’esistenza dell’ arteria oftalmiea. Vien detto infne di un ramo collaterale dell’ a. oceipitale, raggiungente il cavo cranico attraverso lo stesso foro che da pas- saggio al vago, e percio ramo omologo alla »meningea lateralis posterior« di HyRTL, che ripeterebbe la nostra a. meningea istmo-cerebellare aborale. Subordo Nomarthra. Fam. Manidae. Gen. Manis. Manis macrura (da HYRTL). Brevi notizie sull’ esistenza della mascellare interna, dell’ ocei- pitale e della carotide interna. C’ & per questa, tuttavia, un particolare di non lieve interesse: la sua.continuazione, che HyrrL considera come a. oftalmica e descrive nel suo tragitto, satellite del nervo ottico, giunta alla base della eavita orbitaria, e dopo aver dato le arterie eiliari e due esilissime frontali » ... geht sodann durch ein in der Naht zwischen Seitenwandbein und großem Keilbeinflügel be- findliches Loch in die Schädelhöhle zurück, wo sie eine Meningea absendet ... .< Non & diffieile ritrovare in questa meningea Il’a. orbito- meningea, passante pel canale cranio-orbitalis, arteria, la quale corrisponderebbe sempre al tratto distale del ramo stapediale supe- riore, anastomizzantesi, in questo caso, coll’ a. oftalmica, anziche col ramus orbitalis. 3*+ 36 Attilio Mensa Fam. Oryeteropidae. Gen. Oryeteropus. Orycteropus capensis (da HYRTL). A cagione del pezzo mal conservato non sono state possibili estese deserizioni, ne queste son tali da poter ricavare qualcosa che a noi interessi. Si ha solo notizia del comportamento della sta- pedia, conservata nel suo tratto prossimale. Subordo Xenarthra. Fam. Bradypodidae. Subfam. Bradypodinae. Gen. Bradypus. Bradypus torquatus (da HYRTL). Nulla piü che la presenza dell’ oceipitale, della mascellare interna e dell’oftalmica & possibile additare per quanto puö aver re- lazione colle aa. meningee. Di singolare importanza & la conoscenza della diploetica magna. Fam. Myrmecophagidae. Gen. Tamandua (—= Myrmecophaga). Tamandua tamandua (da HYRTL). Maggiori particolari ei offrono le deserizioni de’ vasi eraniei del Tamandua, pel quale, che a noi interessi, possiamo dedurre l’esistenza di aleune meningee, ed innanzi tutto, di un’a. meningea cerebrale orale: »... aus dieser Anastomose entspringt ein neuerdings durch einen Kanal im Stirnbein, in die Schädelhöhle eingehender Ast, welcher als Arteria meningea anterior den vorderen Abschnitt der harten Hirnhaut mit strahlig divergierenden langen Zweigen versorgte. L’anastomosi di eui parla ’A. & quella che si effettua tra la maxillaris externa e la porzione distale della diploetica magna. Quell’ anastomosi ei rivela quindi la diploetica magna, per la quale, ammesso il suo consueto comportamento e la sua origine, valgono le nostre considerazioni antecedenti. Tuttavia, nel Tamandua, al ramo oceipitale, per la costituzione della diploetica magna, s’aggiunge l’arteria temporalis. Non vien chiaramente detto a qual branca dell’ oceipitale appar- tenga l’origine dell’ »a. meningea posterior«, la quale »zur harten Hirnhaut der hinteren Schädelgrube geht« ... ne con maggior chia- rezza si pud stabilire se questa »meningea posterior«, destinata alla meninge cerebellare, appartenga alle aa. meningee cerebellari piuttosto che alle istmo-cerebellari: ce lo impedisce la non cono- scenza del suo luogo d’entrata. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 37 L’arteria oftalmica presentasi col suo tipico comportamento. HYRrL avverte tuttavia ch’essa »nur den Bulbus oculi, nicht seine Umgebungen versorgt«. Della stapedia non si hanno che notizie impreeise. HyRTL la ritiene esilissima. TANDLER conferma l’esile calibro dell’ arteria e completa la ricerca coll’ esame di un cranio macerato di Myrmecophaga jubata, venendo a conceludere che »bei Myrmecophaga scheint nur die Fort- setzung des Hauptstammes des Ramus superior erhalten geblieben ZU BEIN ... .« Riassunto. Trale aa. meningee cerebrali del sistema arterioso meningeo encefalico degli Sdentati, ammessa la presenza del ramo orbito- etmoidale nel Tatusia novemeincta, presenza estesa al Dasypus villosus e setosus ed al Chlamydophorus truncatus, noi possiamo pen- sare ai rami meningei orali, rappresentanti la vera a. me- ningea cerebrale orale. La quale gia troviamo nel Tamandıa iamandua, con caratteri perfettamente definiti, secondo ce l’hanno dimostrato le ricerche di HyrTr. In pochi rappresentanti & deseritto un ramo equivalente al- Ya. orbito meningea. Nel Tatusia novemecineta vi sarebbe rap- presentato dall’ estremo orbitale della stapedia, descritto da TANDLER, e, conseguentemente, in tutti quegli altri Sdentati, accen- nati piü volte, aventi analogo comportamento arterioso. Nel Manzs macrura non v’e dubbio sulla sua interpretazione: l’a. meningea originante dal tratto esocranico dell’ »oftalmiea« equivale indubbia- mente al ramo orbito-meningeo. Adottando la deserizione di HyrTL, dobbiamo credere all’ esistenza di un’a. meningea cerebrale laterale nel Tatusia novemeincta, ne’ Dasipodi suaccennati e nel Chlamydophorus trumcatus, arteria che, nel Tatusia, originerebbe dalla mascellare interna (HyrTL), 0, secondo lo vuole TAnDLER, dal ramo superiore della stapedia. E se per gli altri Sdentati, analogamente ai primi, ricorressimo ancora alla presenza del tratto di stapedia conservato, noi potremmo anche per essi ammettere l’esistenza di un’ a. meningea cerebrale laterale, ma non sarebbe mai piü che un’ ipotesi, quand’ anche giustificata. La diploetica magna, fatta eccezione delle insignificanti, indivi- duali differenze, trovasi sviluppata in tutti i summentovati rappresen- tanti dell’ Edentata, in limiti pressoche uguali. Per noi, gia come 38 Attilio Mensa asserimmo ne’ Monotremi e Marsupiali, la diploetica magna, ancora negli Sdentati, acquista tutto il valore di a. temporo-meningea. In tutti v’e il eircolo arterioso di Wiıruıs. Tra le aa. meningee cerebro-ventrali a sede ecostante & confermata la generale presenza dell’ a. oftalmica, la dove & stato possibile l’esame. Delle aa. meningee cerebellari e incerto il valore di un ramo: la »meningea posterior« descritta da HyrtL nel Tamandua taman- dua, destinata alla meninge cerebellare.. Negli altri Sdentati non si ha notizia di tale ramo, per cui resta di dubbiosa interpretazione. Alle aa. meningee istmo-cerebellari, nel Tatusia novem- cincta, appartiene invece, sieuramente, l’a. meningea istmo- cerebellare aborale (m. lateralis posterior di HyYrtr), collaterale della carotide esterna. Con tutta probabilita la stessa si ritrova nel Chlamydophorus truncatus. Negli altri Sdentati solo possiamo additare la presenza dell’ oc- eipitale, per le conelusioni a eui facilmente vi si potrebbe giungere. Ordo Ungulata. Negli Ungulati troviamo numerose descrizioni dei vasi craniani ed encefalici, ma non ancora tali che possano renderci un quadro completo del sistema arterioso meningeo. Son frequenti, inoltre, note- voli divergenze: maggiori negli Artiodattili che ne’ Perissodattili, e la descrizione del tragitto e de’ collaterali delle aa. meningee & sovente monca, perche, sovente e soprattutto, essa e limitata alla loro porzione prossimale esocranica!. Quasi sempre viene tralasciata la deserizione dell’ a. oftalmica e della meningea della falce, senza dire di quelle meningee a sede incostante, di ecui non viene mai, in aleun modo, fatto cenno. Ugual sorte & toccata all’ a. orbito-meningea, salvo gli accenni di TAnDLER per la stessa, nell’ Kgwus caballus. In tesi generale, a descrizioni comparate, appare chiara la non lieve discordanza, tra gli autori, sulla sinonimia e sull’ equivalenza delle aa. meningee. Capita sovente che, per la mancanza di termini di paragone, come TANDLER avverte, gli autori considerino vasi con appellativi, morfologicamente, insostenibili. Accenni di cioö vennero giä fatti nella parte generale. ı Avuto appunto riguardo ai molti particolari che giä si hanno sul tragitto esocranico delle aa. meningee note, noi eviteremo di ripetercei in quella parte, limitandoei all’ origine ed al luogo d’entrata delle arterie meningee, sempre quando il bisogno non richieda qualche osservazione di indole speeiale. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 39 Subordo Perissodactyla. Del sottordine »Perissodaetyla« non abbiamo potuto portare le nostre°osservazioni che su quattro rappresentanti del genere Kquus. Gli autori, nelle loro deserizioni, parlano eselusivamente del Cavallo. Di interesse generale, per la letteratura, @ la conoscenza di tutte le aa. meningee, fatta eccezione di quelle accennate poco sopra. La natura delle deserizioni e la numerosa bibliografia concernente le aa. meningee in questione non permette di raecogliere in un capitolo unico, in capo alla nostra esposizione, tutti i risultati degli autori, per tutte le meningee, potendo facilmente ereare confusione: ragione per eui, noi la faremo in capo a ciascun’a. meningea. Fam. Equidae. Gen. Equus. Equus caballus (Tav. II, fig. 1). AA. meningee cerebrali. A. meningea cerebrale orale. E ammessa da tutti gli autori, ma le vien dato un diverso valore: ora, ridotta a sempliei rami meningei (FRANCK, LEISERING, MÜLLER, MARTIN, ZIMMERL, ELLENBERGER e BAUM); ora, individualiz- zata e considerata come un ramo a se, collaterale dell’ a. etmoidale (VARALDI, MONGIARDINO, Boss1); viene infine considerata come una branea terminale dell’ a. etmoidale stessa, branca, ancora chiamata »oftalmica«, secondo la varia nomenclatura in uso (RIGOT, STRANGE- WAYS, BARPI, CHAUVEAU, ARLOING @ LESBRE). Questi ultimi autori avvertono inoltre, sul tragitto dell’a. meningea orale, ch’essa & desti- nata alla dura meninge, in modo speciale alla falce; e parlano delle sue anastomosi con quella del lato opposto e colla comunicante an- teriore del poligono di WILLIS (ÜHAUVEAU, MONGIARDINO). ZIMMERL considera queste anastomosi come dovute all’ a. etmoidale. Per intenderei, avvertiremo che noi, seguendo il comportamento generale dell’a. meningea cerebrale orale, siamo venutinella determina- zione di considerare come arteria etmoidale il tratto distale del ramus orbitalis, lungo il suo tragitto endocranico, fino alla sua bi- foreazione ne’ suoi due rami: nasale e meningeo, rami che noi consideriamo rispettivamente, il primo, come a. nasale; il secondo, come a. meningea cerebrale orale. Prima branca terminale dell’ a. etmoidale, l’a. meningea cerebrale orale origina da questa, non appena raggiunto il solco olfattivo, all’ altezza della piega interna del lobulo orbitario. 40 Attilio Mensa Abbandona, salendo in alto, il soleo olfattivo per dividersi generalmente in due rami terminali, de’ quali, l’anteriore, oltre- passato il lobulo orbitario, devia sulla e. comune anteriore, onde portarsi sulla falce ed anastomizzarsi colla meningea della falce; il posteriore, di non minor calibro, & destinato invece alla meninge del lobo frontale dell’ encefalo. Attraversata la ce. silviana, esso, il ramo posteriore, raggiunge la e. ectosilviana, oltrepassando diffieilmente l’estremo anteriore della seissura parietale, dove s’incontra coi tratti distali della meningea cerebellare dorsale, coi quali viene ad inoseularsi. I eollaterali del ramo anteriore si anastomizzano coi rami propri della meningea della falce, ma prima ancora coi rami me- ningei dell’a. nasale, rami costanti e sempre destinati, eselusivamente, alla meninge del lobulo olfattivo.e. Le anastomosi de’ collaterali dell’ altro ramo s’effettuano eoi corrispondenti dell’ a. orbito-meningea. Di ealibro poco mutevole, l’a. meningea cerebrale orale non & dimostrato, nei vari individui esaminati, tendenze a varieta degne di nota!. A. orbito-meningea. Di letteratura, nulla piu che le considerazioni di TANDLER sull’ a. stapedia, riferentisi al tratto distale del ramo superiore, »Vom Ramus superior bleibt der gesammte orbitale Abschnitt erhalten, der mit dem Ramus orbitalis in Verbindung tritt, da er seinen proximalen Zusammenhang verliert. Ferner von dem intra- cranialen Abschnitte das sich an den orbitalen Abschnitt zunächst anschließende Stück in Form der Arteria meningea anterior.« Nessun altro autore, che noi sappiamo, descrive questo vaso. Epperö, non senza ragioni di omologia, noi dobbiamo pensare alle anastomosi, descritte prima dallo ZIMMERL e confermate poi da MogiıLıo, dell’ arteria meningea cerebrale laterale colla frontale, anastomosi ritenute da MoBILIO »come una condizione anatomica normale«, Da notarsi, & l’esclusivo significato di anastomosi che gli autori suddetti eonferiscono al ramo arterioso, collaterale dell’a. meningea cerebrale laterale, e destinato all’a. frontale. ZIMMERL, peraltro, ! Ancora si potrebbe eonsiderare, volendo, una seconda meningea orale, o meglio, il gruppo dei rami meningei olfattivi, collaterali dell’ a. nasale, siccome destinati alla dura del lobo olfattivo; ma, data la loro incostanza di sede e gli stretti rapporti anastomotici che mantengono co’ collaterali della meningea cerebrale orale, non abbiamo ritenuto opportuno di deseriverli a parte. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 41 trova, in due casi, oceupato il canale eranio-orbitale da un ramo arterioso sul quale non si puö pronunciare, essendo questo limitato al tratto intraosseo. Canale ceranio-orbitale. Trovato e desecritto per la prima volta dallo ZIMMERL, viene in seguito accennato dal VARALDI. Con- ferma la sua presenza negli Equidi, MoBıLıo, colla descrizione di un easo d’ origine anomala, meningea, dell’ a. frontale. Noi non esitiamo a confermare la presenza di tale canale, a con- tributo del quale, anzi, vogliamo dire della sua costanza. E un canale, dunque, eostante, che dä ricetto all’ a. orbito- meningea, come gia venne detto. Trovasi d’ordinario sulla sutura squamo-frontale, sul limitare della fossa temporale con quella orbitaria, discosto poco piu d’un centimetro dal margine distale dell’ala orbitaria dello sfenoide. Lo precede sempre un solco, di maggiore o minore profonditä, secondo gl’individui. Non attraversa mai perpendieolarmente la parete ossea: la perfora in senso obliquo, eon direzione antero-posteriore. Il canale e fatto a spese del frontale e della squama temporale, talora tutto a spese di questa. Sovente, d’una frequenza considerevole assai, capita di osser- vare due canali cranio-orbitali. Uno corrisponde al sopra detto; l’altro, che riveste ugual carattere del primo, quasi sempre di minor calibro, trovasi sulla sutura sfeno-squamosa 0 poco avanti a questa; mai di tanto perö, che il canale non si faceia a spese dell’ uno e dell’ altro osso. Raramente i canalı sono tre. MoBILIO deserive un caso, in cui il canale cranio-orbitale era »scavato interamente a spese del frontale, presso la base del processo orbitario«. E lo stesso autore, da una sua breve statistica raccolta su 98 teschi, viene nella considerazione di ritenere costante la presenza di detto canale, anche perche, laddove riteneva obliterato il canale, trovava sempre tracce sufficienti, »un solco, a dimostrare la sua antica esistenza«. Collaterale dell’ a. frontale, l’a. orbito-meningea origina da questa, nel suo tratto prossimale. Corre sulla parete esocranica, diretta aboralmente, fino a raggiungere il canale eranio-orbitale che attraversa. Cede esili collaterali alla diploe, lungo il suo tragitto intraosseo, e, di norma, sbocca nell’ endocranio come ramo unico. Una volta sola, abbiamo constatato uno sbocco doppio. Raggiunge 42 Attilio Mensa la meninge a differenti altezze, sempre pero ne’ limiti della eircon- voluzione comune anteriore e della silviana, avanti l’insula. Continua il suo tragitto aborale; deserive un’ ansa, a concavitä dorsale; at- traversa tutta la c. silviana; raggiunge quella ectosilviana, sul cui territorio si biforca in due rami divergenti, di ugual calibro: orale l’uno, aborale l’altro.. Raggiunge il primo lestremo orale della seissura parietale, anastomizzandosi colle ramificazioni dell’a. menin- gea cerebrale orale e con quelle della meningea della falce; ed il secondo, con tragitto aborale e dorsale insieme, va ad anastomizzarsi in corrispondenza della tenda cerebrale, coi rami dell’a. meningea cerebellare dorsale. Pit in basso, sempre vi son collaterali che si inosculanocon corrispondenti rami dell’ a. meningea cerebrale laterale. Branche eollaterali importanti dell’ a. orbito-meningea non se ne trovano, lungo il suo tragitto, aventi una certa costanza. Tra le prineipali, una appartiene al tratto prossimale, destinata alla meninge della e. comune anteriore; ed aboralmente, v’& ancora un ramo che s’anastomizza coll’a. meningea cerebrale laterale. Ri. T. Equus caballus. YFaccia sinistra dell’ endocranio : vi son disegnati i solchi ossei dell’ a. orbito- meningea om, e quelli dell’ a. meningea cerebrale laterale cl, per la dimostrazione del sopravvento della prima meningea sulla seconda, Varietä. Non & infrequente l’origine dell’ a. orbito-meningea dall’ a. orbitale (ramus orbitalis), ed ancor meno raramente dall’ a. temporale profonda anteriore. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 43 In un caso originava dal ramo orbitale per un breve tronco comune all’ a. frontale. L’arteria orbito-meningea attraversa di preferenza il canale eranio-orbitale superiore; per eccezione l’inferiore: questo caso l’ab- biamo osservato concomitante ad una anomalia d’origine della a. fron- tale, sicceome derivante dalla meningea cerebrale laterale, arteria che attraversava appunto il canale cranio-orbitale superiore. L’arteria orbito-meningea non manca mai nel Cavallo. Ne’ molti individui esaminati, non trovammo un’ eccezione sola alla sua ' costanza. E soggetta tuttavia a variazioni di calibro non indifferenti. Essa laseia scolpito sulla parete ossea dell’ endocranio visibili tracce del suo percorso: sono i comuni solchi vascolari, talora ridotti a canale. Anche da questi solchi, se ci & lecito trarre qualche conelusione dal l’esame fatto sui molti teschi delle nostre collezioni, siamo riuseiti a rilevare le differenze di calibro dell’ a. orbito-meningea, riferen- doci alla loro grandezza ed alla stessa loro estensione. Ed abbiamo rilevato, in pari tempo, l’equilibrio esistente tra l’a. suddetta e l’a. meningea cerebrale laterale. Ne’ casi in cui quella aveva forte sviluppo, questa era esile assai e viceversa. Di questi casi, ne ri- portiamo in figura uno, evidentissimo, raccolto da uno dei teschi della collezione Bassı (Fig. 1); esso mostrera quanto possa essere grande lo sviluppo dell’ a. orbito-meningea (om), a scapito della me- ningea cerebrale laterale (cl). A. meningea cerebrale laterale. Viene descritta da tutti gli autori col nome di a. meningea media 0 sfeno-spinosa. Rıcor da la piüu bella deserizione dell’a. meningea cerebrale laterale; primo ad associare, ai particolari del percorso, il eoneetto dei rami collaterali penetranti nelle ossa. Pochi parlano, sempre brevemente, del suo tragitto endoeranieo (MARTIN, ZIMMERL, MOBILIO, CHAUVEAU, ARLOING, LESBRE), € per gli altri autori, varia anche poco la deserizione: essi limitano le loro osservazioni alla conoscenza della meningea cerebrale laterale, osservando ch’ essa & destinata alla dura madre (GURLT, STRANGE- WAYS, FRANCK, LEYH, LEISERING, MÜLLER, ELLENBERGER, BAUM, TANDLER, VARALDI, STRUSKA, MONGIARDINO, BARPI, Bossı). Da tutti vien accennata l’anastomosi dell’a. meningea cerebrale laterale coll’a. meningea cerebellare dorsale, e solo VARALDI accenna 44 Attilio Mensa alle anastomosi ch’ essa contrae »co’ rami meningei dell’ a. orbito- nasale« (ramus orbitalis). Senza eccezione, collaterale della mascellare interna, considerata nel suo tratto ansiforme, l’a. meningea cerebrale laterale origina avanti l’a. timpanica, tra questa e l’a. temporale profonda posteriore. Di ealibro mutevole, trova il suo equilibrio non solo nell’ a. meningea cerebellare dorsale, come gia affermano CHAUVEAU, ARLOING e LESBRE, ma ancora nello sviluppo del ramo orbito-meningeo, al quale & strettamente collegata. Staccatasi dal margine dorsale della mascellare interna, allato del n. mascellare inferiore, suo satellite, presso linserzione dei muscoli peristafilini, sale in alto, diretta aboralmente, all’ incontro del foro spinoso (foramen spinosum, 0 foro piecolo rotondo di altri autori), che poi attraversa. Raggiunge la base della piramide temporale, a lato mediale dell’ apofisi stiloide del temporale stesso, e con essa, la via d’entrata che mena al con- dotto parieto-temporale, attraverso cui laneia il suo maggior col- laterale, ove non si voglia considerarlo come un vero ramo terminale: il ramo cerebellare, destinato all’ a. meningea cerebellare dorsale. Dopoche, l’a. meningea cerebrale laterale continua lateralmente il suo tragitto, accolta in un solco profondo, talvolta ridotto a canale, alla faceia endocranica della squama e del parietale. Raggiunge la dura meninge, sulla quale s’adagia, sempre nei pressi del lobo mastoideo; lobo che percorre ed attraversa con direzione dorso-aborale. Corre in seguito ondulata, e tanto si ripiega sull’ ippoecampo che non le riesce diffieile il raggiungere la scissura ippocampo-marginale, che oltrepassa, per distendersi, parallela quasi al margine posteriore dell’ emisfero, sulle eirconvoluzioni silviana, ectosilviana ed ecto- sagittale, dove, arrestandosi, incontra le ramificazioni dell’a. meningea cerebellare dorsale, colle quali si anastomizza, ora per inosculazione, ora per convergenza. Sue collaterali interne sono parecchie arteriole che si staccano a ventaglio dalle caratteristiche sommita delle brevi, ma costanti anse del tratto prossimale. Comunemente son tre 0 quattro; raramente di piu. Esse si irradiano dal tronco suddetto, tutte oral- mente e dorsalmente, fino a raggiungere la ec. ectosilviana mediana, linsula e la ce. comune anteriore, sulle quali s’anastomizzano, co’ rami dell’ orbito-meningea. Costante e di maggior calibro € poi sempre un ramo, che col- u... See ii Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 45 lega trasversalmente l’a. orbito-meningea col maggiore dei rami dell’a. meningea cerebrale laterale. Tra i collaterali endocraniei, avemmo fortuna di riscontrare in un easo l’a. frontale. Essa ripeteva l’origine anomala descritta per la prima volta da MoBIL1ıo, e supposta, peraltro, ancor prima dallo ZIMMERL. Dopo un tragitto quasi orizzontale sulla faccia endocraniea riuseciva all’esterno del canale orbito-craniale superiore, a partire dal quale, eorrendo sulla periorbita, ascendeva sino al foro sopra- eiliare del frontale. Il suo comportamento ulteriore non mutava dalla norma. Il caso conferma quello di MoBıLıo. Ma, come noi gia accen- nammo, & proposito dell’ a. orbito-meningea, di fronte ad un caso eosi singolare, non potevamo arrestarei a quella semplice eonstatazione, la quale, se interrotta, ci avrebbe portati a disconoscere l’esistenza dell’ a. orbito-meningea, tipica, ricorrente. Fatte piü aceurate ricerche, non ei & riuseito diffieile a tro- vare piü in basso, sulla parete cranica, un secondo canale ceranio- orbitale, attraversato da un ramo arterioso, d’origine esocranica, portantesi sulla meninge, poco avanti l’insula, sulla e. comune an- teriore, e diretto aboralmente ad anastomizzarsi coi collaterali del- l’a. meningea cerebrale laterale. 'Ricercata la sua origine, seguendo il suo tratto prossimale eso- eranico, lo trovammo originarsi dall’ a. temporale profonda anteriore. Fatto non strano, ne infrequente a condizione anatomica normale, il quale non ei doveva impedire di considerare quel ramo sieceome il vero rappresentante dell’ a. orbito-meningea. Il caso ci avvalorava anzi la tesi della sua costanza, data e ammessa la sua posizione eterotopica. Indipendentemente dal ramo collaterale cerebellare prineipale, interpretato dai piü come un’ anastomosi, corrente tra ]l’a. meningea cerebrale laterale e la cerebellare dorsale, e da altri siecome la terminazione della prima, inosculantesi colla seconda (CHAUVEAU), l’a.meningea cerebrale laterale cede ancora veri e propri rami me- ningei cerebellari, esili, ma costanti, e sempre destinati alla tenda cere- bellare. Tra questi, ad iniezione ben riuscita, abbiamo trovato un ramellino, destinato a correre sulla rocea petrosa, contenuto talora dalle maglie durali ad essa aderenti, sino a livello del foro uditivo interno, dopvehe non e pi seguibile, causa l’estrema esilitä del suo calibro.. Se destinato sempre a penetrare in quel foro, non & 46 Attilio Mensa eosa facile ne lieve l’affermarlo; eppero non & diffieile l’intendere com’ esso possa equivalere al ramus petrosus superfiecialis dell’ Homo. Segue dipoi il maggior collaterale della meningea cerebrale laterale, soggetto tuttavia a quelle.variazioni di ealibro di eui giä dianzi e fatto cenno. Staccasi di solito a lato mediale dell’ apofisi stiloide del temporale, tra la faceia anteriore della rocca e la poste- riore della squama. Trovasi cosı all’ entrata del condotto tempo- rale, che percorre in tutta la sua estensione, sino a raggiungere l’a. meningea cerebellare dorsale con eui si anastomizza. Cede, nel suo tragitto, rami diploetiei e perforanti. Tra i perforanti, rami eso- ed endocraniei: importanti i primi, per la nutrizione de’ muscoli erotafiti e per le anastomosi che sovente contraggono co’ rami aborali delle temporali profonde, tra le quali, una € costante e destinata a percorrere la doceia squamosa, a lato mediale dell’ apofisi co- ronaria del mascellare inferiore; ma di maggior importanza sono i secondi, perche si ricongiungono ancora alla nutrizione della pachi- meninge cerebellare, per innumerevoli, finissimi rami che, trapas- sando lo spessore delle ossa, la raggiungono. Altro collaterale interno dell’a. meningea cerebrale laterale & il ramo destinato al ganglio di GASSER, ramo costante, destinato a suddividersi dopo breve tragitto discendente in piüu ramicelli, al servizio di quella meninge. Non raramente, un ramellino di maggior calibro segue uno dei nervi maggiori del V paio, per non breve tratto del suo percorso. I eollaterali esterni sono quelli che meno ei interessano, ammesso il loro destino eselusivamente muscolare. Non staremo quindi ad enumerarli, anche perche & troppa la variazione di numero. Diremo piuttosto delle eecezioni, morfologieamente non trasceura- bili, per il nesso logico a cui ei portano. Alludiamo all’ origine dell’ arteria timpanica, gia accennata dal RıGoT, come proveniente, talora, dall’a. meningea cerebrale laterale. Piü che non si pensi, © abbastanza facile di trovare l’anomalia in questione. Una lunga serie di osservazioni porta pure a conoscenza sottili varieta di quella. Talvolta l’a. timpanica origina in comune colla meningea cerebrale laterale; talora & una collaterale di questa, appo la sua origine; tal’ altra un’ arteria che si stacca, sempre dalla meningea cerebrale laterale, ma poco prima della sua entrata nel cranio. Arichiamare la sua importanza ei sia qui solo eoncesso di accennare al convineimento di TANDLER su tale arteria, considerata da questi, Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 47 sieecome il rudimento del ramo inferiore della stapedia: convineci- mento al quale noi non possiamo prendere parte, per le ragioni che verremo dimostrando, sul preeiso significato del ramus inferior della -stapedia, nella serie dei Mammiferi. Eccezione non comune & invece quella di dover annoverare, tra i eollaterali esocraniei dell’a meningea cerebrale laterale, l’anastomosi cerebellare.. In un caso, lo stesso che portava l’anomalia d’origine dell’a. frontale, il ramo cerebellare destinato al condotto temporale, e quindi alla dura cerebellare, anziche staccarsi a lato mediale del- - T apofisi stiloide del temporale, staccavasi dalla meningea cerebrale laterale, poco dopo l’origine sua dalla mascellare interna. Diretto aboralmente, esso correva di lato, tra l’apofisi stiloide ed il margine esterno del foro lacero anteriore, e rimontava in alto, aboralmente all’ apofisi postglenoidea della squama, tra questa e la faccia an- teriore del condotto uditivo esterno. Raggiungeva il condotto tem- porale, penetrando attraverso il foro esistente alla base del processo zigomatico dello squamoso. L’esame endocranico rendeva negativa la ricerca di tale ramo eerebellare: non v’era quindi piu dubbio sul suo valore. AA. meningee cerekellari. A.-meningea cerebellare dorsale. Arteria meningea principalissima, pel suo calibro e la sua zona d’espansione, essa € stata deseritta da tutti gli autori, ma solitamente, neanche per quest’ arteria s’e trovata e fissata una nomenclatura unica. Descritta dai piü sotto il nome di mastoidea (GIRARD, RIGOT, STRANGEWAYS, FRANCK, VARALDI, TANDLER, ZIMMERL, CHAUVEAU, BaARrPI, MONGIARDINO), passa poi al nome di meningea superiore (GURLT, LEYH, LEISERING, MÜLLER); e questi due ultimi autori aggiungono pure l’aggettivo di anteriore. SrruskA la chiama meningea dorsale. Pit tardi, con ELLENBERGER, BAUM, MARTIN e Bossı, abbiamo per quella il nome di meningea posteriore. E eon questi, conviene ancora STORCH, a proposito della deserizione di un’ origine anomala di detta arteria. Senza eccezione, salvo le anomalie, tutti son d’accordo sulla sua origine dall’a. oceipitale. Pochi sono i particolari della sua descrizione, ne piüu definito & il suo destino.. GIRARD solo eonsidera ch’ essa s’arresti alla diploe oceipitale e _ parietale. Tutti gli altri parlano di rami meningei durali. Gli AA. non s’intrattengono sempre sulle sue anastomosi, limitate, 48 Attilio Mensa per molti, a quella che le viene dall’a. meningea cerebrale laterale, ed estese, per altri, a rami museolari delle aa. temporali profonde e delle aa. aurieolari, »sovente con rami della temporalis superficialis« (Marrın). Tra le altre, vengono ancora aceennate le anastomosi col- l’aurieolaris profunda (Marrıv), ne vien tralaseiato di dire di quelle coi rami collaterali del ramus oceipitalis (ramo eraniale), secondo ramo terminale dell’ a. oceipitale (MARTIN, ELLENBERGER, Baum). LEISERING @ MÜLLER, infine, parlano ancora della anasto- mosi che la eosi detta »meningea superiore« incontrerebbe con quella del lato opposto. ZIMMERL s’intrattiene sul valore morfologico da doversi alla meningea ceerebellare dorsale, valore gia accennato dianzi, che lo porta a eonsiderare la suddetta meningea siccome la diploetica magna di Hyktı, degli ordini inferiori. E per queste eonsiderazioni, propone il nome di a. diploetica magna alla cosi detta »mastoidea« degli altri autori. Aleune anomalie d’origine vengono eitate da CHAUVEAU, ARLOING e LESBRE; un’ altra vien deseritta da SrorcH. Ma di eiö pit tardi. Eceezionale pel suo sviluppo, eonsiderato in rapporto alla sua distribuzione meningea, l’a. meningea cerebellare dorsale origina sempre, a ragion di norma, dall’ a. oceipitale, non lontano dall’ origine dell’a. meningea cerebellare laterale. Raggiunge tosto, con dolce curva dorsale, il foro mastoideo, sotto il muscolo grande obliquo, scorrendo sul soleo vaseolare dell’ apofisi giugulare dell’ oceipitale. Entrata nel foro mastoideo, s’adagia nel condotto temporale, adattan- dosi alle sue sinuosita. Riceve l’anastomosi che le viene’dalla meningea cerebrale laterale, e cosı rafforzata, corre il suo ultimo tragitto in- traosseo, fino a rieseir nel cavo eranico, quasi all’ apice della rocca, lateralmente alla base della protuberanza oceipitale interna; gettasi poi sulla dura, non cessando peraltro d’aver rapporti ossei col parietale, seguendone la eurva della sua faceia endoeranica. Sale il margine posteriore dell’ emisfero sino alla sua sommitä, laddove si ripiega ripetute volte ad ansa, carattere singolare e costante, per riprendere deeisamente il suo cammino orale. Corre per le piü nello spessore della dura, nel suo tratto faleiforme. Raggiunge sempre il polo sagittale, dove incontra le ultime ramificazioni dell’a. meningea cerebrale orale; lateralmente, quelle dell’ a. orbito-meningea, colle quali s’anastomizza. . La suddetta branca cerebrale potrebbe costituire di per se una Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 49 vera e propria meningea cerebrale dorsale;, ma non lo puö per le ragioni gia esposte a proposito della nomenclatura. Collaterali interni dell’a. meningea cerebellare dorsale sono innumerevoli rami meningei, destinati alla tenda cerebellare, alla falee, alla dura cerebrale e cerebellare insieme. I maggiori son destinati a questa: staccansi alla sommitä aborale del margine posteriore del- l’emisfero,' laddove l’a. corre serpigginosa: hanno direzione raggiata ed irrorano la dura cerebrale covrente le ce. sagittale, ectosagittale ed ectosilviana. Ai rami meningei, vanno aggiunti rami perforanti eonsiderevolis- simi: rami ossei, diploetici e muscolari. Tutta la massa spongiosa dell’ oceipitale si puö considerare alle sue dipendenze. Collaterali esterni son rami comunemente muscolari, talora parotidei; piü che questi ei interessano i primi, perche destinati a trapassare i fori di cui e scolpita la faccia esoeranica della squama. Essi vanno al cerotafite e ai muscoli nucali. Anastomosi. — Importanti le interne. Sono di carattere spe- ciale quelle che avvengono tra le due aa. omologhe: anastomosi trasverse, che si succedono a breve distanza, epi- od intradurali, lungo il loro tragitto sulla falece cerebrale. Altre anastomosi av- vengono coll’ a. meningea cerebrale orale, coll’a. orbito-meningea, col- la. meningea cerebrale laterale, nel modo in cui & gia stato de- scritto. Notevoli, per la frequenza dei casi in cui si riscontrano, sono le anastomosi dei rami terminali della cerebellare dorsale con quelli della meningea della falce. Anastomosi intraossea & quella principalissima che si effet- tua coll’a. meningea cerebrale laterale. Altre di secondaria im- portanza sono quelle che avvengono co’ rami, penetranti il condotto temporale, delle aa. temporali ed auricolari: e tra questi, un ramo da ritenersi costante dell’ auricolare anteriore, ramo che si porte- rebbe nel condotto temporale, per quel forame situato alla faceia posteriore dell’apofisi postglenoidea della squama temporale. Tra le anastomosi esterne annoveriamo tutte quelle avvenenti colle arterie vieine: colle auricolari, non esclusa la profonda, e colla oceipito-muscolare; per eccezione »una larga anastomosi tra la retro- grada e la ‚mastoidea‘ sotto l’ala dell’ atlante« (CHAUVvEAU). Varieta. — Son importanti le varieta d’origine; ma non & cosi per quelle riguardanti la direzione, sieche sono da traseurarsi. CHAUVEAU riferisce casi in eui la meningea cerebellare dorsale originava »direttamente dalla carotide primitiva, fornendo una branca Morpholog. Jahrbuch. 46. 4 50 Attilio Mensa parotidea«<; e STORCH registra una seconda anomalia, secondo eui la. suddetta prendeva origine »dalla carotide esterna, due centimetri avanti la divisione della carotide primitiva«. A. meningea cerebellare laterale. Solitamente, anche per quest’ arteria dobbiamo riscontrare le non meno comuni discordanze sul nome. Per molti &@ condiloidea (GURLT, LEISERING, MÜLLER, STRUSKA, MARTIN, ELLENBERGER € Baum, Bossı); per altri, prevertebrale (RıGoT, VARALDI, CHAUVEATL, BArPI, MONGIARDINO e ancora Bosst). GIRARD parla di un »ramo occipitale«, destinato a passare pel foro eondiloideo; ed anche per STRANGEWAYS, quell’ arteria non & che un semplice ramo me- ningeo. FRANcK le conferisce il nome di meningea posteriore, in opposizione a LEYH che la chiama meningea inferiore. Per LEISERING e MÜLLER € poi meningea posteriore ed inferiore. Non tutti gli AA. sono d’accordo sulla sua via d’entrata nel cavo eranico: discordanza non lieve, perche si rieollega all’ esistenza d’una seconda arteria non meno costante, l’a. istmo-cerebellare aborale. Ammettono, come condizione costante, il passaggio dell’a. me- ningea cerebellare laterale a traverso il foro condiloideo, GIRARD, STRANGEWAYS, LEYH, VARALDI, STRUSKA, ELLENBERGER € BAUM, ÜHAUVEAU, BARPI, MONGIARDINO, Bossı; ma negano tale costanza, affermando la possibilitäA che la suddetta arteria possa passare talora pel foro condiloideo, tal’ altra pel foro lacero posteriore, RıGoT, FRANCK, MARTIN. Nulla di particolare ei viene detto sul suo tragitto. L’a. meningea cerebellare laterale, a. meningea a carat- teri costanti e ben definiti, incontra sovente, per l’opposto, nella sua origine, parecchie eccezioni. Di queste anomalie d’origine s’oecupano, piu degli altri, CHAUVEAU, ARLOING € LESBRE, enumeran- dole. La maggior parte dei casi possiamo confermarla noi stessi. Collaterale dell’ oeeipitale, eorrendo dorsalmente, in direzione del foro eondiloideo, satellite del n. ipoglosso, dal quale sovente si scosta un poco, essa raggiunge il foro condiloideo, lo penetra, per gettarsi sulla dura meninge cerebellare, all’ inizio della sua faccia laterale, e tosto dividersi in due rami. Il ramo aborale, eselusivamente meningeo, corre lateralmente, sulla meninge cerebellare; sale in alto, sempre ramificandosi; rag- giunge la meninge del verme mediano; incontra rami collaterali Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 51 della meningea rappresentante la temporo-meningea, coi quali si anastomizza. Piü in sotto, dove la meninge fa ponte tra l’arco del verme mediano e la faccia superiore del bulbo, son sempre a riconoscersi rami che l’attraversano, per inoscularsi cogli omologhi opposti. Il secondo ramo, orale, non accennato da alcun autore, penetra la dura, raggiunge la base dell’ istmo, incontra i collaterali dell’ a. cerebro-spinale e sempre con questi si anastomizza. Collaterali interni dell’ a. meningea cerebellare laterale son ‘ tutti rami meningei destinati alla dura cerebellare; uno costante, che si stacea ancor nel tratto prossimale dell’ arteria, e corre aboral- mente, destinato alla dura bulbare, ricorda da vieino il ramo che nei Bovini va ad anastomizzarsi co’ rami della vertebrale. Ai eollaterali esterni appartiene l’a. istmo-cerebellare aborale, di cui verremo dieendo. Altri sono eselusivamente rami muscolari ed articolari: destinati i primi a’ retti del capo, ed i se- eondi all’ artiecolazione atloido-oceipitale. Il eomportamento dell’ a. meningea cerebellare laterale & pres- soche sempre uguale, ancor quando essa origini per anomalia, colla odallameningea cerebellare dorsale, dalla carotide interna o primitiva. AA. meningee cerebro-ventrali. Come gia si & detto, tratteremo, pel momento, solo di quelle a sede costante; delle altre piu tardi. Sono due: l’a. oftalmica e l’a. meningea della falce. A. oftalmiea. Descritta da pochi autori, ma le deserizioni che si son date bastano, indubbiamente, a confermarla. Gia Lavocar s’interessa di deserivere una »secondaa. oftal- mica, collaterale .della cerebrale anteriore, da dove nascono le divisioni eiliari posteriori«. GURLT e LeyH, ritenendola ceollaterale della branca anteriore della carotide interna, la definiscono e la deserivono come a. centrale della retina: »piccolo vaso che accompagna il n. ottico fino all’ in- terno del globo oculare e si ramifica nella retina«. Aggiungono che nel feto, un ramo di quel vaso, attraversando il corpo vitreo, arriva alla faceia posteriore del eristallino. Considerazioni analoghe svolgono TANDLER e BacH. Secondo questiÄ, sarebbero appunto gli esili collaterali retiniei dell’a. in questione, quelli destinati a sostituire l’a. centralis retinae. Anche 4* 52 Attilio Mensa bad per essi, l’oftalmiea origina dalla carotis interna, nel suo tratto intra- durale. BacH, tuttavia, non crede ad una tipica a. centralis retinae, ma ® convinto che rami retinici provengano dall’ a. oftalmica. Ammette per questa, piü rami: collaterali ricorrenti e collaterali che, »nach vorn verlaufen und direkt an dem Rande der Sehnerveneintrittsstelle oder in geringer Entfernung davon die Selera durcehbohren«. MARTIN, ELLENBERGER e Baum trovansi pure d’aceordo sulla costanza di detta arteria, che chiamano a. ophthalmiea interna. Riportano le idee di BacH sul suo ultimo destino, ma parlano anche di distribuzione meningea. STRUSKA, accettando la denominazione di ophthalmica in- terna, ritiene quell’ arteria esclusiva al nervo ottico, a. nervi optieci, eppero eostante collaterale del tratto anteriore della earotide interna. Sul significato dell’ a. oftalmiea, TANDLER avverte ch’essa & »das Rudiment der primären Arteria Ophthalmica in Form der Centralis retinae erhalten«. Ci siamo convinti anche noi che l’a. oftalmiea del Cavallo non concorre direttamente alla formazione dell’ a. centralis retinae, ne anche potremmo rigorosamente affermare ch’essa vi ceoncorra, dal momento ch’essa entra in anastomosi colle aa. eiliari posteriori. Rite- niamo pereiö un errore quello di considerare ]’ a. oftalmica come a. centralis retinae. Ce ne danno ragione il suo comportamento, la sua distribuzione e le considerazioni sull’ origine dell’ a. centralis retinae dalle aa. eiliari posteriori. Ma vediamone meglio i particolari. Essa, oftalmiea, & arteria costante. Nasce dal tratto anteriore del eircolo di WILLıs e, meno genericamente, presso l’origine della cerebrale media, tra questa e quella della eoroidea anteriore; poche volte piu oralmente. Ove si stacchi dal tratto arterioso eonsiderato come a. cerebrale anteriore, ecid sempre avviene prima ch’ essa ri- monti sul chiasma ottico, raggiunto il quale, corre sul margine latero- dorsale del n. ottico, che poi inerocia, per rendersi tosto a quello medio-ventrale dello stesso nervo. L’a. oftalmica non sfugge mai alla ricerca, quando l’iniezione arteriosa & ben riuseita: anche iniezioni parziali, del resto, la ren- dono sempre evidente. Corre serpigginosa, satellite del nervo ottico, sulla sua vagina durale, a eui cede ramicelli lungo il suo tragitto, tra i quali, alcuni, esilissimi, la perforano e si rendono al nervo. EEE TER TEE W N EVE BZ ETUI A re) a Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 53 Attraversa la fossetta ottica, per rendersi all’ orbita, ma non abban- dona la guaina ottica sino a che non A raggiunto il bulbo oculare, laddove, o poco prima, incontra le aa. eiliari posteriori, colle quali si anastomizza: sovente per collaterali, altre volte per inoseulazione diretta !. L’importanza di detta arteria va peraltro sempre piu ripetuta, sieeome quella che, indubbiamente, rappresenta l’oftalmica del- l’ Uomo e dei Primati, ridotta qui, ad arteria prevalentemente ottico- meningea, i cui collaterali, sulla guaina del nervo, si dispongono ' sovente a rete, le fini maglie della quale son tanto piü evidenti, quanto piu si A la fortuna di riscontrarle collaterali d’una a. oftal- mica ben sviluppata. A. meningea della falce (fig. 2). Non tutti gli autori Anno voluto accordare a quest’ arteria una individualita propria. STRANGEWAYS, ÜHAUVEAU e tutta la serie degli autori italiani non parlano mai di una vera meningea della falce; alludono a questa, cosa indubbia, annoverandola tra i rami meningei collaterali della meningea orale, anastomizzantesi coll’a. cerebrale anteriore. Ma l’accenno & troppo vago. Anche ZimMERL, nel suo lavoro speciale intorno al decorso dell’ a. etmoidale, ritiene quell’ arteria d’origine »etmoidale«. FRANCK riferisce invece di una »costante anastomosi« dell’a. etmoidale colla cerebrale anteriore, dalla quale originerebbero rami meningei, ed ammette che ancora dall’a. communicans anterior si stacchi un piccolo ramo, destinato alla falce cerebrale. ManGosıo e Rıcor parlano di rami meningei collaterali della earotide interna, nel suo tragitto anteriore. GURLT, STRUSKA, LEISERING e MÜLLER individualizzano l’arteria e le conferiscono il nome di meningea anteriore ed inferiore: nome seguito o solo mutato in »nasalis« da MARTIN, ELLENBERGER e Baum, i quali, tutti d’aecordo sul valore da darsi, ritengono l’a. meningea della falce omologa della »a. meningea antica hom.«. Ma lo stesso valore di meningea non glie l’aecorda piü STADERINI, che deserive quell’arteria, la meningea della falce, sotto il nome di »ramo frontale« e vuole destinata, in unione ai ccollaterali meningeo- 1 A partire da questo punto, ne’riguardi dell’a. centralis retinae, la questione vorrebbe studiata assai pi minutamente, per continuarne la preecisa descrizione. Esorbitava un pö dal campo nostro diricerche, perch& noi la dovessimo continuare. 54 Attilio Mensa olfattivi della meningea cerebrale orale, che l’A. chiama rami cere- brali dell’ oftalmica, all’ irrorazione del lobo frontale ed olfattivo. Nella Pecora, nel Cane e nel Gatto, il »ramo frontale«, pit sviluppato, non ricorrerebbe all’ anastomosi di cui sopra, ma neanche per questi abbiamo notizia di rami meningei, sicche quella destinazione ei sembra un poco esclusiva, atteso che, proprio i »rami cerebrali dell’ oftalmica« di STADERINI sono epidurali, ed appena esili collaterali, attraver- sando la dura olfattiva, giungono al lobo omonimo. Avremmo anche potuto riferire il »ramo frontale« di STADERINI ai rami olfattori, Fig. 2. 2 dB \ SE & = / er A Ei 7 NY > "r Ä- E \ x Ind } S [ / Fe as: Ay er - \ \/E f \ ! | IE // — \ \ \ / X x Du CH TEN Nee X N [072] ERDE Equus caballus. A. meningea della falce. # falce cerebrale; mf sua arteria; cc a. corpo calloso; ca a. cerebrale ant. collaterali della cerebrale anteriore, ma eio non si conveniva per le indicate anastomosi del »ramo frontale«. HOFMANN invece, convinto che l’a. meningea della falce origini sempre dall’a. cerebrale anteriore, vuole ch’essa si chiami »Ramus ethmoidalis«, in rapporto alla sua distribuzione etmoidale, e de- scrive le sue anastomosi coll’a. etmoidale dell’ orbita, eoncorrente alla formazione della rete etmoidale subdurale, senza accennare ad aleun ramo cerebrale. Per tutte le ripetute volte che noi ci siamo aceinti a studiare l’a. meningea della falce, cosi chiamata perche a questa quasi intera- We Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 55 mente destinata, ci siamo sempre convinti di non trovarei di fronte ad una semplice anastomosi, ma sebbene ad un vero tronco arterioso, del tutto a se. Collaterale diretta dell’a. cerebrale anteriore (della comunicante anteriore per chi cosı intende quel tratto di earotide interna, corri- spondente al chiasma ottico), essa nasce a breve distanza dall’a. del corpo calloso, il eui considerevole calibro, talora, raggiunge, e per eccezione sorpassa. S’adatta tosto alla base della falce, correndo oralmente, a lato dell’ apofisi eristagalli dell’ etmoide, che segue, parallela, in tutto il suo percorso, sino ad inflettersi in alto, seguendo la falce, nel suo ripiegarsi dall’ etmoide sul frontale. Ma poco prima di laseiare Yapofisi eristagalli, quand’ essa sta per varcare il confine della fossa etmoidale, si fa intradurale. Corre quindi per breve tratto tra le maglie durali della falce, sino a ritornare sulla dura, tra questa e l’osso; e la si scorge allora nel soleo olfattivo, correre in alto, a lato della falce, sul lobulo orbitario e la ec. eomune anteriore, da dove, spingendosi sempre piu aboralmente, raggiunge il polo sagittale; e con questo, i tratti distali dell’ a. meningea cerebellare dorsale coi quali si anastomizza. Percorrendo la falce, laneia sovente forti collaterali, destinati interamente ad essa: corrono ondulati, serpigginosi, con decorso del tutto singolare. Di maggior interesse sono i rami staccati late- ralmente, nel suo tratto prossimale; rami che sempre giungono ad attraversare la base encefalica, per portarsi lateralmente, attraversando la dura e riapparire ai lati del cervello, nei pressi dello spazio qua- drilatero. Talvolta si riscontrano esili anastomosi trasverse con l’a. del corpo calloso. Co’ suoi rami collaterali epidurali, l’a. meningea della falee con- eorre alla formazione della rete etmoidale, in unione ai rami dell’ a. meningea cerebrale orale e dell’ a. nasale. S’anastomizza coll’ a. omologa del lato opposto per coilaterali epidurali, nel suo tragitto sopra il solco olfattivo. Tra questi, aleuni corrono latero-ventral- mente, per anastomizzarsi coi collaterali orali dell’ a. meningea cere- brale orale. AA. meningee istmo-cerebellari. Appartiene a queste l’a. meningea istmo-cerebellare aborale. L’esistenza dell’ a. omologa, orale, & dubbia. 56 Attilio Mensa A. meningea istmo-cerebellare aborale. Cosi ehiamata per appartenere, contemporaneamente, alla dura cerebellare ed a quella dell’ istmo, vien accennata sovente come sem- plice ramo collaterale dell’a. meningea cerebellare laterale. MANnGosIo, descrivendola come »a. meningea«, la ritiene col- laterale dell’a. occeipitale.. RıGoT, FRANCK, MARTIN, per le ragioni gia dette, la confondono coll’a. meningea cerebellare laterale, negandone pereiö, implieitamente, l’esistenza. L’a. meningea istmo-cerebellare aborale & collaterale diretta dell’a. meningea cerebellare laterale. Si staceca da questa, poco prima ch’essa penetri, pel foro eondiloideo, nel cavo cranico; bre- vissimo tragitto la separa dal foro lacero posteriore, la dove prendon useita il vago e l’aeccessorio di WırLıs, e la penetra per rendersi endocranica, e quindi meningea. Ondulata, corre oralmente ed un po’ in alto si divide in due rami prineipali: I’ uno destinato alla pachimeninge cerebrale, l’altro a quella dell’ istmo. Pel resto sono pieeole ramificazioni che irrorano la meninge corrispondente: le di- stali anteriori s’anastomizzano, attraverso la tenda, colle omologhe dell’a. meningea cerebrale laterale; le posteriori colla meningea cerebellare laterale. Piu sotto, alla base del bulbo, s’ineontrano esili collaterali anastomizzarsi cogli omologhi del lato opposto. I collaterali esterni sono insignificanti pel loro calibro. Fa eceezione uno solo: ancor questo tuttavia sempre poco seguibile nel suo tragitto, ogni qualvolta l’iniezione non & ben riuseita; & il ramo che s’adatta sulla cartilagine oceludente il foro lacero, per eorrere in avanti, raggiungere l’uscita dei nervi del V paio, laddove ogni tenta- tivo di seguirlo ulteriormente € vano. Altri collaterali costanti son ramellini destinati alla bollatimpanica ed alla base della rocca petrosa in genere. Varieta. — Degne di nota son quelle d’origine. L’a. meningea istmo-cerebellare aborale puo originare direttamente dall’ a. oceipitale. Caso ancor piu singolare dovemmo constatare una volta, per la sua origine dalla carotide primitiva, presso l’origine dell’ a. oceipitale. La prima anomalia ei induce a spiegare l’affermazione di MANnGosIo, che da per costante l’origine occipitale dell’ a. meningea istmo-cerebellare aborale.e Anche per ManGosıo doveva evidente- mente trattarsi di anomalia d’origine. Del secondo caso non ab- biamo trovato accenni consimili. nı2 Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 57 * . . A. meningea istmo-cerebellare orale. Arteria meningea omologa alla precedente, destinata anch’ essa a passare pel foro lacero, ma nella sua parte orale. La sua esistenza peraltro ci & dubbia, non avendola sempre potuta confermare. Quando c’era ragione di ammetterla, era collaterale della sua omo- loga aborale. £ Aneor due note occorrono a completare il quadro delle arterie me- ningee cerebellari. Gia a proposito della meningea cerebellare dorsale, avemmo occasione di dire, parlando de’ suoi rami perforanti intraossei, come tra questi, innumerevoli quasi, v’erano quelli destinati a raggiungere, in punti sparsi, la dura cerebellare. Ma tra questi, uno & costante, pel suo calibro e per la sua topografia: tanto notevole anzi, da determinarci a considerarlo come l’omologo dell’a. temporo-meningea, sviluppatissima ne’ Ruminanti. E’ il ramo tm della Fig. 1, Tav. 11. Ne l’omologia appaia artificiosa. Ricordiamo per ciö che la vera a. temporo-meningea nasce dalle auricolari, e che, anche nel Cavallo, Vanastomosi dell’ a. meningea cerebellare dorsale colle auricolari av- viene costantemente. Trattandosi del resto di rudimento, tanto che da cerebrale la meningea di eui & questione si sarebbe ridotta a cerebellare, non sembrera neanche piu strana la eonstatazione della sua origine diretta, ch’ebbimo occasione di fare in un caso, dall’a. meningea cerebellare dorsale, per un ramo collaterale che discendeva alla base dell’ apofisi mastoidea, e penetrava nel cavo cerebellare, a traverso la sutura oceipito-tuberosa, considerata nel suo tratto mediale. Detto ramo sbocca ordinariamente sulla dura cerebellare in corrispondenza dei confini dei vermi: s’espande in tutti i sensi con fini ramifieazioni, anastomizzandosi sulla volta del cervelletto colle aa. meningee cerebellari dorsale e laterale. Non mancano mai le anastomosi colla meningea omologa del lato opposto. Egquus asinus (Tav. II, fig. 2). Per le aa. meningee encefaliche dell’ Eguus asinus non e’e dif- ferenza sensibile di comportamento, se rapportate a quelle del Cavallo. Anomalie per eccesso dovemmo tuttavia constatare in un’ Asino, riguardanti l’a. meningeacerebrale oraleel’orbito-menin- gea: quella, per un vero eccesso di sviluppo, accompagnato da un singolare decorso; questa, per trovarsi doppia: due branche di ori- 58 Attilio Mensa sine diversa, passanti, l’una pel canale orbito-craniale superiore, l’altra per l’omonimo inferiore. In un secondo caso, constatammo pure una varieta riguardante la. meningea cerebrale laterale. Riferiremo brevemente su tutti. A. menigea cerebrale orale. Fa eccezione il suo enorme sviluppo, ma la sua origine e normale. A partire dal tratto inferiore del soleo olfattivo, in corrispondenza della seissura rino-marginale, attraversa la piega interna del lobulo orbitario, questo stesso, lac. comune anteriore, per volgere poi in alto ed aboralmente. Solea la e. silviana anteriore, l’ectosilviana, tutta l’eetosagittale e la sagittale stessa sino alla falce cerebrale, dove in- contra i collaterali dell’a. meningea cerebellare dorsale, eoi quali si anastomizza. I prineipali collaterali li abbandona in corrispondenza della ce. comune anteriore, silviana ed ectosilviana. Di singolare, quell’ arteria, in tutto il suo tragitto, a un de- corso finemente serpigginoso. _ A. orbito-meningea. Sono due. La superiore, ridotta assai di ealibro, € sostituita dal- l’ inferiore. La superiore origina dall’ a. frontale, secondo la norma; entra pel canale cranio-orbitale superiore, mantenutosi normale, e sbocca nel eranio, sulla ce. silviana nel suo tratto anteriore. E tenue e si perde dopo breve tragitto. L’inferiore & collaterale dell’ a. temporale profonda anteriore. Raggiunge l’endocranio attraverso il canale eranio-orbitale inferiore, scavato nell’ ala anteriore dello sfenoide. Trova la sua via d’entrata attraverso l’apertura esocranica di questo canale, situata dorsalmente allo spiraglio orbitario, ancor sopra la sutura sfeno-squamosa, e sbocca nel cranio attraverso la stessa ineisura, per la quale entra il n. pa- tetico, a lato esterno di questo, sopra l’entrata del n. mascellare superiore. Raggiunge la dura meninge ne’ pressi dello spazio qua- drilatero, e, diretta obliquamente in alto, sale aboralmente verso la seissura di Silvio, che attraversa, sino a portarsi sulla ce. silviana ed ectosilviana, dove si anastomizza con un collaterale discendente del- l’a. meningea cerebellare dorsale. Stacca uno de’ suoi collaterali maggiori in corrispondenza del- Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 59 l’ anastomosi mediana della ce, silviana ed ectosilviana. Gli altri collaterali son tutti di second’ ordine. A. meningea cerebrale laterale. Pit che anomalia, e una varieta di eomportamento quella osser- vata, in un’ Asino, sulla meningea di cui & questione. Di calibro piü considerevole della norma, l’a. suddetta, anziche portarsi come ramo unico sulla faceia laterale del cervello, non appena entrata nel eranio, nel tratto in eui il V paio aderisce ancora alla dura cerebrale, si divide in due rami pressoch& uguali. Il posteriore traceia quasi il cammino dell’a. normale, mentre l’anteriore tanto s’adagia sulla dura del V paio, da sembrare ad esso destinata, e con esso fuoriuseire. Ma dopo non lungo tratto si ripiega ben tosto in alto, per ramificarsi sulla faceia late- rale della dura cerebrale. S’anastomizza come al solito, colle arterie di eui fu detto nella descerizione del caso normale. Tutti i collaterali si sono trovati normali anch’essi, per numero e per comportamentoi Divisione prossimale consimile non abbiamo riscontrato mai nel Cavallo, ne in altri Asini esaminati. Ancora da notarsi, nell’ Asino, & la maggiore tendenza ch’esso manifesta ad avere rami perforanti ossei da parte delle aa. meningee cerebrali laterali. Eguus mulus. Esaminati due. Nessuna differenza caratterizza le aa. menin- gee encefaliche del Mulo, rispetto a quelle del Cavallo. In un caso solo constatammo un enorme sviluppo, raro a riscontrarsi, dell’a. orbito-meningea, collaterale, in quel caso, dell’ a. frontale. Equus hinnus. Ne abbiamo esaminato un solo, il quale non ei aA permesso di riscontrare la piü piccola differenza eo’ Solipedi del genere Eguus, da prima studiati. Riassunto. Del sistema arterioso meningeo encefalico de’ Perissodattili, noi possiamo contemplare tutto il suo completo sviluppo: esteso in- distintamente a tutte le arterie, fatta eccezione per l’esile a. meningea istmo-cerebellare orale, la eui esistenza va ritenuta dubbiosa. Sull’ individualita dell’ a. meningea cerebrale orale sembra di aver detto abbastanza, per dovercene convincere. Una prova, del resto, di tutta la sua tendenza ad individualizzarsi meglio, ce la 60 Attilio Mensa dä quel caso di a. meningea cerebrale orale, descritto nell’ Asino, di caratteri eccezionali pel suo calibro e la sua zona d’espansione. Coneludiamo eosi, senza pensare piü a sempliei collaterali me- ningei cerebrali anteriori, per l’esistenza di un’ arteria etmoidale, tratto distale del ramus orbitalis, destinata a generare, per biforea- zione, due altre arterie: l’a. nasale e l’a. meningea cerebrale orale. Anche l’a. orbito-meningea € costante. Essa non va confusa co’ rami perforanti dell’ a. meningea cerebrale laterale, che si veri- ficano solo talora, ma che indubbiamente possono coesistere. Di pre- ferenza, l’a. orbito-meningea occupa il canale cranio-orbitale superiore. Prende origine, comunemente, dall’ a. frontale; poi, in ordine di fre- quenza, dall’ a. temporale profonda anteriore, e dal ramo orbitale. Sul suo significato morfologico, ei sembra giusto l’affermare ch’ essa rappresenti il tratto distale del ramo superiore della sta- pedia, reso immissario del eranio, per la facile ragione che va di- strutto il tratto medio di quella. Le sue ramificazioni meningee interne escludono inoltre, rigoro- samente, il sospetto ch’ essa, a. orbito-meningea, non debba, ma possa essere sempre un collaterale perforante dell’ a. meningea cere- brale laterale. Talora l’orbito-meningea puo essere doppia, com’ e stato dimo- strato (Eguus asinus). Il significato non cambia. Le arterie orbito-meningee, sia ch’ esse seguano la via del canalis eranio-orbitalis superior, sia che seguano il canale omonimo inferior, sono rigorosamente equivalenti, siecome arterie aventi la stessa origine e corrispondenti alla stessa unitä morfologiea: il tratto distale, doppio in questi casi, del ramus superior della stapedia. Rimandiamo al riassunto generale la dimostrazione. Dell’ a. meningea cerebrale laterale sonvi particolari interes- santi da ricordare: primo, l’importanza de’ suoi rami perforanti, capaeci di sostituire talvolta arterie esocraniche, qual sarebbe la frontale; poi, le sue anastomosi coll’a. orbito-meningea che la riportano morfologiea- mente ai nessi originari stapediali; ed ancora, la sua possibilita di cedere l’a. timpanica, ordinaria prerogativa del tratto prossimale della mascellare interna. E interessante l’a. meningea cerebellare dorsale, per lo sviluppo enorme della suabranca meningea cerebrale dorsale. Dell’ a. meningea cerebellare laterale importa invece ri- EEE er ET Zu a a ee EEE ur A rn Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 61 cordare il suo ramo durale perforante, che la collega alle .eerebro-spinali o alla spinale mediana. Per le aa. meningee cerebro-ventrali a sede costante va affermata l’esistenza dell’ a. oftalmica, rappresentante l’oftalmica dell’ Uomo e de’ Primati, ridotta ad a. meningea, e destinata alle aa. eiliari posteriori. Buone ragioni concorrono poi a farei ritenere l’a. meningea della falce siecome collaterale della cerebrale anteriore, e non giä semplice ramo meningeo dell’ a. meningea cerebrale orale, a quella destinato. Il suo ininterrotto tragitto lungo la falece lo dimostra, ma a cio S’aggiungono le sue ramificazioni distali sul seno longitudinale superiore. Sulle aa. meningee istmo-cerebellari non dobbiamo fermarei dubbiosi che sull' orale. L’a. meningea istmo-cerebellare aborale & assolutamente costante, e mantiene sempre i suoi carat- teri deseritti. L’a. temporo-meningea, a. meningea del gruppo cerebrale, negli animali in cui e fortemente sviluppata, riteniamo sia ancora rap- presentata ne’ Perissodattili. Riferiamo volentieri a questa quel ramo perforante cerebellare, deseritto tra le meningee cerebellari, prove- niente dal condotto parieto-temporale, ed oceupante la calotta durale del cervelletto. Ricordiamo a questo proposito la sua possibilta d’originare direttamente dall’ a. meningea cerebellare dorsale, fatto importantissimo, poiche lo riporta piüu da vicino alla »diploetica magna« di HyRtL che, com’e noto, origina sovente da un collaterale dell’a. occipitale o da questa stessa. Riunendo cosi i dati caratteristiei: la sua costanza, la sua origine, la sua via d’entrata, parci naturale considerare quel ramo come a. temporo-meningea, analogamente al fatto gia dimostrato, essere questa l’omologa piü diretta della »diploetica magna«. E solo da osservarsi, nel caso nostro, che la sua riduzione di calibro lo rende eselusivamente cerebellare, anzich& cerebrale. La varia conformazione del eranio giustifica del resto, molte volte, eterotopie arteriose, che non potrebbero essere spiegate altrimenti. Tutte le aa. meningee encefaliche sono fra di loro anastomizzate, ‚SenZa eccezione. Tra i Perissodattili, relatiramente alle loro aa. meningee encefa- liche, ’Equus caballus, V’Eg. asinus, V’Eg. mulus, V’Egq. hinnus, non presentano differenza aleuna, degna di nota. 62 Attilio Mensa Subordo Artiodaectyla. Il sistema arterioso meningeo encefalico dell’ Artiodaetyla si presenta novissimo allo studio, per la facile ragione che tutti gli autori hanno limitate le loro indagini ai tronehi maggiori, esoeraniei, attratti dalla disparitä evidente che tutti i rappresentanti dell’ Artio- dactyla offrono eolle loro reti mirabili, alla cui costituzione, TAND- LER, in modo particolare, ha rivolto tutta la sua attenzione, facendone di quelle quasi uno studio speciale. Degli Artiodattili, il piü trattato & il Dos taurus, meno l’Owis aries e il Capra hircus, rapportati generalmente al Bos taurus. Meno ancora vien detto del Sus scropha, e ridottissime sono le descerizioni del Camelus dromedarvus. Di notevole interesse, per aleuni di questi animali, sono le ri- cerche di VERSARI, ÜANOVA € SCHMIDT. Degli Artiodattili non domestici, dicono qualcosa HOFMANN @ TANDLER, quasi sempre pero fuori del campo delle aa. meningee en- cefaliche. E dibattuta la questione sull’ esistenza della carotis interna, collegata a quella del suo rudimento, voluto e negato. Maggior accordo v’e per l’a. meningea cerebrale laterale. Mancano di chiarezza invece le descrizioni sull’a. temporo- meningea, della quale sovente & erronea l’origine. Sovente del pari, @ negata l’esistenza dell’ a. meningea cere- bellare dorsale, confusa coll’ a. precedente. VERSARI, HOFMANN, TANDLER, ELLENBERGER € BAUM, CANOVA e Scuaipt sono i soli Autori, che noi sappiamo, che accennino al- Vesistenza dell’a. oftalmieca!. i L’argomento e la questione dell’a. oftalmica riappare di eccezionale importanza, ricollegandosi, ancora qui, alle origini dell’a. centralis retinae. Se eio@ questa continua, nella serie dei rappresentanti dell’ Artiodactyla, come nell’ Uomo e nei Primati, ed ancora nei Perissodattili, ad essere l’emanazione dell’ oftalmica, non ramus orbitalis; oppure, coll’ oftalmica stessa, obbe- dendo allo stesso suo destino, non cessi d’aver origine endocranica, per lasciarsi sostituire da quella esocranica, siccome collaterale del ramus orbitalis, qual vorrebbero non pochi autori. La delicatezza e la diffieoltä dell’ argomento esigeva materiale, maggiore di quanto noi potessimo disporre. Sovente ei dovevamo adattare ad un solo, od a pochi esemplari. Molto ei sarä quindi perdonato se, per quell’ arteria, nostro malgrado, avremo sovente limitata la ricerca, all’ osservazione della sua esistenza. Ci siamo trovati pero d’accordo coi risultati delle ricerche di CAnovA e® Scuaipt, estese alla Pecora, alla Capra ed al Bue, in relazione all’anastomosi u 6 Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 63 Nessuno accenna all’a. orbito-meningea. Ancora HOFMANN insiste sul suo »ramo etmoidale«, equivalente alla nostra meningea della falce, e lo deserive nel Cervo, nella Capra, nella Pecora, nel Bue e nel Maiale. A differenza dei PerissodattiliÄ, intervengono, relativamente al sistema arterioso meningeo encefalico dell’ Artiodactyla, notevolissime varianti, le quali, pero, non s’allontanano dalle relazioni morfologiche comuni, di cui & eura nostra lo studio. Risente, quel sistema, lo sviluppo enorme della bolla timpanica, portante tutto uno sposta- mento nell’ assetto della base eranica, dei fori laceri in particolare; le modifieazioni subite dal temporale; l’aumento o la diminuzione consecutiva nell’ estensione del condotto omonimo; lo spostamento ventrale dell’ oceipitale; la riduzione del parietale; la presenza di corna; l’acerescimento notevole dei seni; e, piu brevemente, la di- versa conformazione cranica, esteriore ed interiore. La nuova conformazione ha permesso nuove vie d’entrata ad arterie che, prima, a quelle non potevano adire. Contrariamente, per altre, la via s’e ocelusa o quasi, donde la riduzione dell’ arteria corrispondente e talora la sua scomparsa. Dimostreremo cosi arterie, il cui ordinamento non & mutato, ed altre, che, per la nova origine o per nuovi adattamenti, son state sosti- tuite o si sono modificate. Comincia, nell’ Artiodaetyla, un fatto novo, sin adesso non ancora trovato negli altri ordini: la presenza eioe d’una rete mirabile endo- eranica, e talora di una seconda orbitale, ridotta a plesso, originante dal ramus orbitalis, lungo il suo tragitto. Concordemente alla sua presenza, sorgono collaterali che costituiscono le aa. meningee della rete mirabile, destinate a correre epidurali, alla base durale del cervello. Solo alcuni ramellini si rendono subdurali, associandosi ai collaterali delle aa. cerebrali e del circolo arterioso di WILLISs, costi- tuenti le aa. meningee cerebro-ventrali a sede incostante. Intervengono inoltre maggiori anastomosi. A quelle fin qua note, s’aggiungono le anastomosi tra le suddette reti, ed il ramus orbitalis entra ancora in relazione colla meningea cerebrale laterale che a noi interessa. che incontrerebbe l’a. oftalmiea col truneus ciliaris temporalis del ramus bulbi, originante dalla rete mirabile orbitale. Sentiamo tuttavia di non poter estendere le stesse affermazioni a tutti gli Artiodattili ruminanti esaminati, atteso che per questi, come giä abbiamo avvertito, non abbiamo sempre ayuto un numero sufficente di esemplari a nostra disposizione. 64 Attilio Mensa L’a. temporo-meningea assume intanto tutto il suo carattere e la sua importanza. Artiodactyla non ruminantia. Fam. Suidae. Subfam. Suinae. Gen. Sus. Sus scropha domestica (Tav. II, fig. 3). E tendenza comune di tutti gli autori quella di rapportare, genericamente, il sistema arterioso encefalico dei Suini a quello degli Equidi: epperö, l’enorme differenza, che tali sistemi separa, rende piu volte erronee le Joro affermazioni. Per GURLT, ad esempio, l’a. meningea’cerebrale laterale si comporterebbe come nei Soli- pedi; e lo stesso asserisce FRANCK, nei riguardi della carotide interna. Tra i collaterali della mascellare interna, non viene annoverata l’a. meningea cerebrale laterale (MARTIN, ELLENBERGER € BAUM). Dell’ a. meningea cerebellare dorsale, come collaterale del- l’oceipitale, parlano solo CHAUVEAU, ARLOING, LESBRE e& MONGIAR- DINO, ritenendola ridotta,a semplice ramo muscolare. Pochi parlano della branca meningea d’origine della carotide interna, eoncordi in questo, solo CHAUVEAU, BARPI, MONGIARDINO € Bossı. Anche HormAann non ci dä che brevi notizie sull’a. oftalmica, riferendola a quella del Vitello, e sull’ a. meningea della falce. Alle peeculiari eondizioni dell’ Artiodactyla, sopra deseritte, & necessario aggiungere, pei Suini, la mancanza del canale temporale (VARALDI), il che porta all’ assenza del forame d’entrata dell’a. tem- poro-meningea, qui sostituita da un ramo della carotide interna. Bossı deserive, collaterale dell’ auricolare posteriore, un ramo meningeo, che chiama »meningea posteriore« e ragguaglia, sie- come »si comporta come negli Ovini«, all’ omologo della Pecora, de- stinato, com’ & noto, ad attraversare il canale temporale. Ammessa la mancanza del eondotto temporale, non sappiamo a qual meningea l’autore suddetto voglia riferirsi. AA, meningee cerebrali. A. meningea cerebrale orale. Prima branca terminale dell’ a. etmoidale, segue il comporta- mento tipieco e comune ai Perissodattili. Le sue ramificazioni sono quasi tutte destinate alla meninge della e. comune anteriore. Le distali non oltrepassano mai il solco eruciale, oralmente al quale s’anastomizzano coi rami dell’ a. temporo-meningea e dell’ a. orbito- Bit Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 65 meningea. Solo esili rami concorrono alla formazione della rete etmoidale. L’a. meningea cerebrale orale s’anastomizza ancora rego- larmente coll’ a. meningea della falce. A. orbito-meningea. Ricordata da nessun autore, neanche per brevi accenni. Canale cranio-orbitale Scavato a spese della squama temporale, nel suo tratto anteriore, abbraccia talora breve tratto del- ala orbitaria dello sfenoide, o della porzione orbitaria del frontale. Non e’® che un esame accurato che faceia trovare la sua apertura esocranica situata sulla sutura fronto-squamosa: per eccezione, sul tratto pi anteriore di questa, presso la sfeno-frontale. Sovente le dentature articolari la mascherano. Lo sbocco endocranico segue la sutura fronto-parietale, lungo la quale € scolpito un soleo, desti- nato a ricevere l’a. orbito-meningea. L’a. orbito-meningea del Sus scropha ricorda ancora quella dei Perissodattili. Collaterale dell’ a. laerimale, staccasi da questa, poe’ oltre la sua origine dal ramus orbitalis. Diretta aboralmente, non appena ha perforata la periorbita, entra nel canale cranio-or- bitale, e lo attraversa, sino a sboccare nel cavo ceraniec. Raggiunge la dura, sotto il limite della seissura rino-marginale. Attraversa la e. silviana, l’ectosilviana, diretta dorsalmente, deserivendo una curva a convessita aborale. Sulla e. comune anteriore si biforca in due terminali, divergenti. L’anteriore s’anastomizza coi rami dell’a. meningea orale; la posteriore, ancora suddividendosi, con quelli del- l’a. temporo-meningea. Non ha collaterali esocranici. Se m’abbia di diploetiei & diffieile l’affermarlo, considerata la ristrettezza del canale cranio-orbitale. Collaterali endocranici son tutti rami meningei: notabili, tra questi, quelli del suo tratto prossimale, poiche acquistano tutto il carattere di vere anastomosi trasversali coll’ a. temporo-meningea. A. meningea cerebrale laterale. Deseritta da GuRLT, di comportamento analogo a quello dei Solipedi, e ammessa da LAavocArT siccome collaterale della mascel- lare interna; non € annoverata invece trai collaterali di questa, dalla maggior parte degli autori, a questo proposito, senza accenni di sorta. ZIMMERL la rapporta al ramo meningeo d’origine carotidea. Esilissima, ma costante, & collaterale della mascellare interna. Morpholog. Jahrbuch, 46, 5) 66 Attilio Mensa Ha breve tragitto. Raggiunto il foro lacero anteriore, lo penetra, a lato mediale del n. mascellare inferiore, diretta alla base del eranio, e destinata alla rete mirabile. Concorre alla formazione di questa, ma non tralascia di mandare un ramellino al V paio dei nervi era- niani, ed un secondo che, correndo sulla meninge laterale del V stesso, raggiunge in alto il lobo temporale, sul quale si esaurisce, incon- trando anastomosi coi collaterali prossimali dell’a. temporo-meningea. Indirettamente, trovasi collegata all’ a. orbitale per mezzo delle ana- stomosi che questa, attraverso il grande foro rotondo, invia alla rete mirabile; anastomosi, le quali, ecomunemente, son rappresentate da due rami, e talora da uno solo, destinato poi a dividersi in due. Cosi ridotta, l’a. meningea cerebrale laterale, intesa come menin- gea, passa nel gruppo delle latero-ventrali. A. temporo-meningea. Di letteratura speeiale, non troviamo che i brevi accenni rieordati nella parte generale. Essa & ammessa come ramo meningeo della carotide interna. ZIMMERL, senza dire della sua origine, la chiama »meningea media«; svolge aleune considerazioni sul valore del suo ramo cere- bellare, pel quale, riferendolo alla presenza del canale infrasgquamoso di GRUBER, avverte ch’esso »va a costituire da solo l’arteria infrasqua- mosa per il muscolo temporale«, intesa »non come condizione ana- tomica normale, ma come anomalia«. Collaterale della earotide interna, l’a. temporo-meningea & di calibro sempre considerevolissimo. Si stacca da questa, quando, an- cor sulla faceia anteriore della bolla timpanica, raccolta nel solco vascolare che la ricetta, sta per deviare medialmente, destinata alla rete mirabile endoeranica. Trovasi eosiı del tutto a lato esterno del foro lacero anteriore, lateralmente ancora al n. mascellare inferiore. Entra per un foro vascolare all’ estremo dorsale della bolla timpanica, dirimpetto alla base della rocea petrosa. ticorriamo adesso, brevemente e per un momento, alla cresta 0 »prolungamento sfenoidale« (ZIMMERL) del parietale, sviluppatissimo nel Maiale, poich& eccede d’assai sul margine antero-interno della rocea, sino a separare debitamente la cavita cerebellare dalla cerebrale; e ricordiamo la sua sutura distale, colla base dell’ ala temporale dello sfenoide, in avanti; colla rocca, medialmente e dorsalmente; colla squama temporale, a lato esterno. Un canale ineurvato ad ansa, a convessitä superiore, attraversa m WC Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 67 la base dell’ ala temporale dello sfenoide, il prolungamento sfenoidale del parietale, a livello dell’ apice della rocca, e la sutura parieto-squa- mosa, raggiunta la quale, sbocca nella cavita cerebrale. Detto canale resta aperto per una breve fessura alla faceia posteriore del prolunga- mento sfenoidale del parietale, motivo per cui ha libero accesso anche alla cavitä cerebellare. Ora, ammesso che dallo ZIMMERL viene descritta, di questo ea- nale, anche solo come anomalia e riferendosi al canale infrasquamoso di GRUBER, una diramazione »che si porta in alto, compresa o nella sutura parieto-temporale od anche scolpita nella squama e riesce nella fossa temporale per l’apertura esterna — foro soprasquamoso (BOVERO e CALAMIDA) — che ordinariamente trovasi sulla sutura squamosa e corrisponde ad una perpendicolare al meato acustico od alla parte posteriore della fossa mandibolare«, sembraei del tutto logieo ed opportuno di considerare il suddetto canale come il rudimento di un canale temporale. Che i rapporti sono gli stessi: varia solo l’esten- sione, minore sempre, ma piüu ridotta nei casi normali, quando cioe manca la diramazione descritta dallo ZIMMERL. A eonelusione di questa nostra ipotesi, diremo che, entrati in quest’ ordine di idee, abbiamo trovato giustificato il concetto di elassi- ficare temporo-meningea l’arteria di eui & stato questione, anche se nei SuINI, contrariamente alla norma dell’ Artiodactyla in genere, da noi esaminata, ha diversa la sua origine, considerato ch’ essa man- tiene inalterati tutti gli altri suoi caratteri, non eselusi quelli dei suoi rapporti che, come abbiamo dimostrato, sono gli stessi. E riprendiamo a dire dell’a. temporo-meningea. Essa corre nel canale or ora ricordato, sino a giungere nella cavitä cerebrale, dove s’adatta nei solchi da eui & scolpita la faccia endocranica della squama -e del parietale. Raggiunge contemporaneamente la meninge durale, in eorrispondenza del lobo temporale, sulla ec. comune posteriore, e quivi deserive due anse accentuatissime, opposte. Ha poi un breve cam- mino dorsale, dopoch& si divide in due rami. L’anteriore, destinato a correre in alto, attraversa, ramificandosi, tutta la ce. ectosilviana e la silviana; raggiunge il solco cruciale, e V’oltrepassa, anzi, in direzione orale, per anastomizzarsi coi collaterali distali della meningea della falce e dell’ a. orbito-meningea. Il posteriore, non meno importante, segue a breve distanza la eurva del margine posteriore dell’ emisfero, di eui raggiunge il polo aborale, per estinguersi, anastomizzato coi collaterali terminali della branca cerebellare, avanti la meninge soprastante al seno interlaterale. 5* 68 Attilio Mensa Collaterali interni sono pareechi; meningei i piu; pochi per- foranti. Dei meningei, aleuni son destinati ad anastomizzarsi colla me- ningea cerebrale laterale: staccansi di solito nel tratto prossimale, dall’ ansa superiore. Un secondo ramo cerebellare dell’ a. temporo-meningea, ragguar- devole e costante, si stacea nel punto in cui questa, volgendo sulla faceia posteriore del prolungamento sfenoidale, passa nella cavita cerebrale. Fuoriesce per la fessura cerebellare gia descritta e corre sul margine aderente della tenda cerebellare, posteriormente al pro- lungamento sfenoidale, compreso tra questo e quella; raggiunge il punto d’attacco della falce sulla tenda, lo varca, e s’anastomizza col ramo cerebellare omologo del lato opposto. Da questa anastomosi si staccano piu rami meningei: cerebrali e cerebellari. Anteriormente, corrono sulla falee e tra le maglie d’essa, ricevono l’anastomosi del secondo ramo terminale dell’ a. tem- poro-meningea, e piu avanti quella dei collaterali ascendenti del primo. Tra quei rami, il maggiore puö sostituir bene la branca cerebrale dell’ a. meningea cerebellare dorsale dei Perissodattili. Posteriormente, i rami cerebellari s’espandono sulla ealotta me- ningea cerebellare. Prima di entrare nel suo condotto l’a. temporo-meningea cede ancora l’istmo cerebellare orale, piecola arteriola a tragitto retrogrado, destinata alla meninge della base dell’ istmo, con piecole ramificazioni laterali. I rami perforanti si comportano solitamente, e son di poco rilievo. AA, meningee cerebellari. A. meningea cerebellare dorsale. ÜHAUVEAU, ARLOING, LESBRE e MONGIARDINO la ritengono ru- dimentale, ridotta a ramo muscolare. Gli altri autori non ne parlano. L’assenza del forame mastoideo porta alla mancanza dell’a. me- ningea cerebellare dorsale tipica. Essa € sostituita, nel Maiale, dai collaterali meningei cerebellari della temporo-meningea, gia deseritti. Mantiene le stesse anastomosi normali coll’ a. meningea cerebellare laterale e coll’ istmo-cerebellare aborale. A. meningea cerebellare laterale. E ammessa dalla maggior parte degli autori, ma solo generica- Zu Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 69 mente ed implicitamente, inqguantoche ammettono, analogo ai Solipedi, il eomportamento dell’ oceipitale del Maiale. Esile eollaterale dell’ occipitale, l’a. meningea cerebellare laterale origina, sovente, in comune a quel fascio di ramellini destinato ai muscoli della base ceranica ed ai legamenti dell’ articolazione atloido- oceipitale. Entra pel foro condiloideo, satellite dell’ ipoglosso, nel cranio; devia aboralmente e subito si ramifica sul tratto posteriore della dura cerebellare laterale e, per breve spazio, sulla spinale, senza giungere tuttavia ad anastomizzarsi coll’a. vertebrale; s’anastomizza, per contro, coll’a. meningea istmo-cerebellare aborale. AA. meningee cerebro-ventrali. Tra quelle a sede costante, annoveriamo ancora l’a. meningea della falce, la quale si ripete con tutti i caratteri dei Perissodattili. L’a. oftalmica, pur esistendo, non e cosi caratteristica, pel suo minor calibro, come nei Perissodattili: e tanto meno si lascia seguire alla prima ricerca. La mancanza del materiale di controllo ei trattiene da ogni precisa conclusione. Hormann & deseritto l’oftalmica col nome di »ramo etmoidale«, e ritiene ch’essa concorra, per la maggior parte, alla formazione della rete etmoidale. Anche VERSARı ammette, pel Porco, che l’a. oftalmica non con- servi a lungo la sua primitiva importanza embrionale, sieche, nel- l’adulto, molto si ridurrebbe, senza pero obliterarsi mai. Ritiene in- tanto che, nell’ adulto, essa sbocchi »sull’ oftalmiea esterna, piü vieino al forame ottico che non al bulbo«. L’oftalmiea esterna di VERSARI eorrisponde, come sappiamo, al ramus orbitalis. Esili collaterali della rete mirabile endocranica corrono epi- durali, alla base del lobo temporale: sono le aa. meningee della rete mirabile. AA. meningee istmo-cerebellari. A. meningea istmo-cerebellare orale. Collaterale della temporo-meningea, a livello del suo passaggio a lato del V paio dei nervi craniani. Giäa deseritta a proposito dei collaterali di questa. A. meningea istmo-cerebellare aborale. Arteriola, di eui una volta sola ei & stato possibile verificarne Porigine, dalla carotide interna, a livello del foro lacero e a lato 70 Attilio Mensa mediale della bolla. Si porta aboralmente, per penetrare nel tratto posteriore di quello; raggiunta la meninge dell’ istmo e ceduti i rami alla base durale di questo, volge lateralmente, per esili ramificazioni che s’anastomizzano coll’a. meningea istmo-cerebellare orale e colle aa. meningee cerebellari. Sus scropha ferus (Tav. I, fig. 4). Abbiamo potuto esaminare due ÜINGHIALI, e ei siamo con- vinti di poter affermare che il sistema arterioso meningeo encefalico della varietä »ferus« del Sus scropha, & uguale alla varieta »dome- ‚stiea«. V’e costanza, per quelle arterie, di numero, di origine e di comportamento. Manco dirlo, per tutte le aa. meningee sono inevitabili le diffe- renze che risalgono alla caratteristica individuale, ma questa, per nessun’ arteria € tale che si abbia un significato diverso da quello proprio dell’ arteria corrispondente, nel Sus sceropha var. domestica. Dobbiamo notare al piü, ove i due casi esaminati costituissero 1a norma, una maggior tendenza delle aa. meningee a conservare un calibro sensibilmente maggiore e una piüu spiccata ramificazione. La rete mirabile earotidea ha maglie piu fitte ed € pilı estesa. Ancor qui si ripete l’origine, dalla carotide interna, delle aa. meningee istmo-cerebellari. Ai collaterali della temporo-meningea, riscontrati nella varieta domestica del Sus scropha, va aggiunto un collaterale, originato dal suo tratto prossimale, e destinato all’ oreechio medio. Cio detto, non riteniamo opportuno insistere oltre, giacche le singole, lievi differenze di comportamento delle arterie meningee nel CINGHIALE saranno pur facili a rilevarsi dalla figura. Artiodactyla ruminantia. Fam. Camelidae. Subfam. Camelinae. Gen. Camelus. Camelus dromedarius (Tav. II, fig. 5). Sulle arterie meningee encefaliche del gen. Camelus, troviamo brevi notizie nelle deserizioni del suo sistema arterioso eefalico, le- gate alle ricerche speciali di LOMBARDINI, CHAUVEAU, TANDLER ® LEsBRre. A noi non & stato possibile che l’esame d’una meninge iniettata, colla relativa scatola eranica, ed & con rammarico che dovremo tacere sempre sulle origini dei vasi meningei, evidentissimi nel Camelus dromedarius. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 7 Ci saranno permesse tuttavia aleune ipotesi, attinte dalla deseri- zione delle arterie cefaliche, laseiataci dai sunnominati autori. Limi- teremo, d’altra parte, le nostre descrizioni al tragitto delle aa. meningee, la eui posizione ed il cui eomportamento, come lo puö anche dimo- strare la figura, son tali da non permettere dubbi sul loro- significato. AA. meningee cerebrali. A. meningea cerebrale orale. Ammessa dal LOMBARDINI siccome arteria collaterale del ramo orbitale, che »va a disporsi nella parte superiore delle fosse nasalie«, analogamente alla Pecora, al Bove e al Cavallo, essa ha un carattere che molto s’accosta a quello della stessa meningea, nei Suimi. La sua branca superiore € piü sviluppata e corre in alto, parallela alla falce, sino ad anastomizzarsi coll’a. meningea cerebellare dorsale, ma prima ancora che con questa, s’anastomizza coll’a. orbito- meningea e coll’a. temporo-meningea. Anastomosi intradurali av- vengono inoltre coll’a. meningea della falce. Mancandoei la dura olfattiva, non possiamo precisare il decorso olfattivo dell’a. meningea cerebrale orale, sieche non sappiamo in che ragione essa partecipi alla formazione della rete etmoidale. A. orbito-meningea. Sbocca nel eranio attraverso un canale cranio-orbitale evi- dentissimo, a lato esterno della grande fessura sfenoidale, sul mar- gine posteriore dell’ ala orbitaria omonima. Sul disegno del suo pereorso, sull’ osso, son scolpiti evidenti solchi. E caratteristica per la sua rapida biforeazione, da cui risultano due rami affatto diver- genti, uno anteriore e l’altro posteriore, le cui ramificazioni son destinate alla meta anteriore della dura cerebrale laterale. Le son comuni le anastomosi gia riscontrate negli animali prece- dentemente descritti; e per l’origine sua, volendo ricorrere a quella propria dei rappresentanti dell’ Artiodactyla, a noi noti, non resta a pensare che ad un’origine dal ramus orbitalis o dall’ a. lacrimale. A. meningea cerebrale laterale. La descerive CHAUVEAU, e LESBRE ne conferma la sua presenza, tra i collaterali della carotide esterna, non differenziata in mascellare interna. Essa @ branca voluminosa »qui entre aussitöt dans le eräne en passant par le trou ovale et aliment le r&seau admirable«. E naturale pereio che noi non siamo riuseiti a trovarne traccia sulla meninge esaminata. —] DD Attilio Mensa Sulle aa. meningee cerebrali latero-ventrali e’e stato del pari impossibile qualsivoglia ricerca. Epperd, da ritenersi, & l’affermazione del LOMBARDINI che, riferendosi alla rete mirabile earotidea, serive: »da quest’ ultimo reticolo naseono le arterie meningee«. A. temporo-meningea. Enorme. L’abbiamo potuta seguire, partendo dall’ estremo prossi- male del V paio, non appena cessa d’esser formato il soleo petro- squamoso. Dirigendosi in avanti, sul margine mediale della fossa mastoidea, poco prima di raggiungere il margine posteriore dell’ ala orbitale dello sfenoide, s’ineurva ad arco; si ripiega su se stessa, aboralmente, e ritorna parallela al primo tronco. Sale in alto, serpeggiando su tutta la dura, diretta a raggiungere la falce, dove s’anastomizza coll’a. meningea cerebellare dorsale. Collaterali numerosi e notevoli si anastomizzano coi collaterali delle arterie vieine, solite ad anastomizzarsi coll’a. temporo-meningea. Degno di nota e un ramo, destinato alla rete mirabile, che si stacca nel tratto piü prossimale dell’ arteria di eui € questione. Un secondo, non meno evidente, va al ganglio di GASSER. Appare ancora, nel Camelus dromedarius, un’ arteriola, sulla meninge del tratto ventrale della ec. comune posteriore; e le corri- sponde analogo solco osseo in corrispondenza del tentorio, soleo, che s’arresta a livello del condotto scavato alla base della squama temporale. E faeile quindi dedurre, per quell’ arteriola, ch’essa non sia altro che un ramo eollaterale della temporo-meningea, gia staceato nel preeitato condotto, ed il carattere suo la rapporta anche bene alla branca cerebellare dei Suini. Per l’origine dell’a. temporo-meningea, nel Oamelus dromedarius, manifesteremo la nostra convinzione ch’ essa, a somiglianza dei Bovini, non possa che originare dall’ auricolare anteriore. Alla carotide interna non devesi pensare, volendo attenerei & ÜHAUVEAU, TANDLER e LESBRE che lhanno studiata e la dicono esi- lissima, tutta destinata alla rete mirabile; anche LomBARDINI la destina alla rete mirabile, ma non dice perd del suo ealibro. N& sarebbe piü logico pensare all’ auricolare posteriore, come avviene per gli Ovini e Caprini, dacch& la conformazione del eranio ce lo dimostra im- possibile. Non resta pereio che lorigine dall’ auricolare anteriore, anche per la possibilita delle sue vie d’entrata nel canale temporale, attra- verso il foro situato alla base della squama. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 13 AA. meningee cerekellari. A. meningea cerebellare dorsale. Sono concordi nell’ ammetterla CHAUvEAU, TANDLER e LESBRE, i quali la ritengono collaterale dell’ oceipitale. TANDLER vuole, anzi, ch’essa costituisca »l’a. oceipitale tipica«. Entra nel foro mastoideo, e raggiunge la tenda cerebellare, sulla quale scorre, comportandosi, in seguito, perfettamente come nei Perissodattili. La sua branca cerebrale dorsale raggiunge quasi il polo sagittale. A. meningea cerebellare laterale. E annoverata tra i collaterali dell’a. oceipitale, da CHAUVEAU e@ LESBRE. Segue il comportamento tipico dell’a. omonima nei $uıxt. AA. meningee cerebro-ventrali. Dell’a. meningea della falce ne abbiamo trovate le tracce in un ramellino arterioso, corrente sulla falce, sopra il soleo olfat- tivo, anastomizzato per anastomosi trasverse coll’a. meningea cere- brale orale. Dell’a. oftalmiea, ne afferma TANDLER lesistenza. E colla- terale del eircolo arterioso giacente alla base del cranio, ed »ac- compagna il nervo ottico, attraverso il foramen opticum, nell’ orbita«. AA. meningee istmo-cerekellari. Abbiamo potuto notare la presenza dell’a. meningea istmo- cerebellare aborale. Non e’e stato possibile invece trovar tracce di quella orale. A completare la descrizione delle aa. meningee del Camelıs drom., occorre notare ancora la presenza di un ramo che si getta sulla meninge cerebellare, a livello del verme mediano, ramo che lascia evidente solco sulla parete ossea cerebellare. Per la provenienza sua, non c’e a pensare che ad un probabile collaterale perfo- rante dell’a. meningea cerebellare dorsale; meno facilmente, ad uno diretto dell’ aurieolare posteriore. Fam. Cervidae. Subfam. Üervinae. Gen. Rangifer (— Cervus). kangifer tarandus (da TANDLER). Preleviamo da TANDLER tutto quanto pud riferirsi alle aa. me- ningee encefaliche; peccato che, sovente, la deserizione s’arresti pro- prio la dove a noi desterebbe maggior interesse. 74 Attilio Mensa Cheeche sia, dall’ esame di quelle deserizioni noi non possiamo concludere che per l’esistenza di un’ a. meningea cerebellare la- terale, tra le cerebellari, e d’una meningea istmo-cerebellare aborale, tra le istmo-cerebellari; quest’ ultima di eomportamento tipico, per la sua origine e pel suo percorso. Tra i eollaterali della maxillaris interna, TAnDLER deserive una serie di rami per la cavita cranica, senza aggiungere oltre sul loro destino: »An dieser Stelle (a lato del II ramo del Trigemino) entspringen aus der Arterie eine Reihe starker Zweige, welche sich eranialwärts wenden und mit dem zweiten Ast des Trigeminus in die Schädel- höhle gelangen«. Con probabilita, tra questi, v’e unrappresentante dell’a. meningea cerebrale laterale; alla peggiore delle ipotesi vi saranno almeno esili rami meningei, collaterali della rete mirabile che verrebbe for- mata dai collaterali di cui sopra. Troviamo poi ancora notizia sulla presenza di una piecola a. oftalmica, sateliite del nervo ottico. Gen. Cervus. Sotlogen. Dama. Dama communis (da TANDLER). Come pel Kangifer tarandus, raccogliamo da TANDLER le notizie possibili intorno all’ esistenza dei rami arteriosi meningei encefaliei del Dama communis. Coneludiamo per Vesistenza: di un’a. meningea cerebrale orale, ammessa la presenza dell’ a. etmoidale; di rami collaterali della mascellare interna, destinati alla rete mirabile, alla eui formazione non concorre piü la earotis interna, pereh& ridotta a semplice cordone connettivale; di un’ a. meningea cerebellare laterale, nata per un tronco comune colla faringea, dalla carotide primitiva; di un’a. meningea istmo-cerebellare aborale, satellite del vago, collaterale della prima; di un’ esile arteria satellite del n. ottico, rudimento dell’ a. oftalmica. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mamwiferi. 25 Fam. Bovidae. Subfam. Antilopinae. Gen. Gazella. Gazella (sp. ?). (Tav. II, Fig. 6). Riportare le arterie meningee del Sus scropha, leggermente ri- dotte di calibro, e con quelle lievi ed immancabili differenze, pro- prie d’ogni specie e d’ogni individuo; dire dell’ origine diversa, con- formemente alla diversa via d’entrata, dell’ a. temporo-meningea: e quanto c’impone la descrizione del sistema arterioso meningeo del Gazella, primo rappresentante della famiglia Bovidae, che noi dob- biamo trattare. Null’ altro piu. V’e identita di comportamento, adunque, di tutte Ja aa. meningee. riscontrate nel Sus e ritrovate nel Gazxella, salvo l’a. temporo- meningea che ne differisce, innanzi tutto,per la sua diversa via d’en- trata nel eranio. Essa segue il carattere tipico dell’ Artiodaetyla ruminantia, carattere gia iniziato nella famiglia dei Camelidi, e da noi gia in questi descritto. Alludiamo al percorso dell’a. temporo- meningea nel canale temporale, attraverso il quale l’arteria ecompie tutto il suo tragitto, per portarsi sulla meninge durale. Da considerarsi inoltre € l’origine auricolare dell’ arteria in questione, carattere connesso al fatto primo, ne quindi a questi se- condario. E che le aa. temporo-meningee originassero dalle aa. auricolari, ei dovemmo convincere sopra due Gazzelle, le quali peraltro, troppo sfortunatamente, avevano di tanto recise le orecchie alla base, che, sollevate le arterie nella dissezione, non restoö facile il deeiderei per l’auricolare anteriore piu che per la posteriore, o viceversa. Non v’era pero dubbio che potesse portarei al sospetto di altra origine. Il comportamento dell’a. temporo-meningea & somigliantissimo a quello del Maiale; son da notarsi tuttavia, per essa, nuovi rami, provenienti ancora dal canale temporale: rami che, staceati dal tratto prossimale dell’ arteria di cui € questione, penetrano nel eranio, attra- verso fori speeiali. I maggiori sono i prossimali. E mantenuta la sua branca cerebellare, ma pit breve e di calibro non cosı grande come nel Maiale. Lo sviluppo della branca cere- brale dorsale, alla prima intimamente connessa, & parimenti ridotto. Aggiungeremo, per finire, di non poter pronuneiarci sull’ esi- stenza dell’a. meningea cerebellare dorsale, ne di poterla deserivere, non avendo rieavato, dall’ esame dei due teschi avuti, dati suffieienti a determinarla. 76 Attilio Mensa Subfam. Caprinae. Gen. Ovis. Ovis aries (Tav. II, Fig. ”). Salvo l’esatta eonoscenza di qualche arteria cefalica, legata alle ricerche di HOFMANN, CAnovA e pochi altri, la descerizione del sistema arterioso cefalico della Pecora, cosi com’ & riferita dalla maggior parte degli autori e rapportata ai Ruminanti in genere, lascia una serie di improprietä, talora, a prim’ acchito, inesplieabili. La condizione & speciale per la dibattuta esistenza della caro- tide interna, 0 del suo rudimento, 0 del tronco arterioso suo rappre- sentante. Maggior confusione non potrebbe esistere sui collaterali dell’ ocei- pitale. Collaterali appartenenti a questa sono addebitati all’a. me- ningea cerebellare dorsale e viceversa. Per l’a. temporo-meningea vien adottata l’origine propria del Dos taurus, eppereiö erronea. Poco s’e detto sull’a. meningea cerebellare dorsale, scambiata talora coi rami provenienti dalle auricolari, per alcuni, o dalla tem- porale superficiale, per altri. L’a. meningea cerebrale laterale merita le stesse considerazioni. Fatto nuovo, nella Pecora, & l’inizio d’un piü accentuato sviluppo delle aa. meningee cerebro-ventrali, che, come vedremo, s’estenderä ai rappresentanti della subfamiglia »Bovinae« e meglio ancora a quelli del genere >» Capra«, appartenenti alla stessa sottofamiglia del genere Ovis. Ci sara modo inoltre di dimostrare come persista il ramo arterioso rappresentante la carotide interna. AA. meningee cerebrali. A. meningea cerebrale orale. . Prende origine dall’a. etmoidale, ed ha un comportamento che, nelle sue linee generali, molto s’accosta a quello gia descritto in antecedenza pei rappresentanti dell’ Artiodactyla. Se ne scosta tuttavia un poco pel carattere singolare che contrae dall’ etmoidale stessa, la quale, anziche dividersi regolarmente nei due terminali, meningeo e nasale, corre piuttosto per lungo tratto a se, quasi fosse un ramo eselusi- vamente meningeo. Noi vedremo questa caratteristica accentuarsi ancor piu nel Bos taurus. La sua divisione avviene quindi ritardata. Sono aumentati i collaterali meningei olfattivi, staceati in tutte le direzioni: tra questi c’e la vera a. meningea cerebrale orale, che si 2 en re EEE er ee Dr Er 3 FETTE Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 77 stacea poco avanti il solco olfattivo, e, diretta aboralmente, rag- giunge la falce, eome nelle eondizioni gia descritte pel Sus seropha ece. Mantiene inoltre gli stessi rapporti e contrae le stesse anasto- mosi colle aa. vicine, siccome avviene nel genere Sus, Oamelus, Gazella ece. A. orbito-meningea. Nessun autore ne parla. Canale cranio-orbitale. Raramente l’apertura esterna del canale eranio-orbitale e fatta di due fori separati: di regola, la forma un solo, il quale si trova sul limite dell’ orbita e della fossa tem- porale, alla base del processo sopraciliare del frontale, appena in avanti della sutura fronto-parietale o sulla sutura stessa. E costante come l’arteria che l’attraversa, e lo continua un canale, scolpito nello spessore del parietale, talora della squama temporale. Il canale non e mai semplice; esso si biforca, dopo breve tragitto, eosieche ha uno sbocco doppio nella fossa cerebrale media, aboralmente alla sutura fronto-parietale. L’a. orbito-meningea, sempre dimostrabile, origina dall’ a. or- bitale, nel suo tratto plessiforme. Corre sotto la periorbita, in alto; deserive una curva a convessitä dorsale, e, ripiegandosi medial- mente ed aboralmente in direzione del canale cranio-orbitale, attra- versa la periorbita ed il canale stesso. Sbocea nel eranio gia divisa, come glielo impone il canale, nei suoi due rami terminali che rag- giungono la meninge; il ventrale, avanti l’insula; il dorsale, poco piu sopra, avanti la seissura di Silvio. Ambedue i rami hanno un tragitto aborale. Il ventrale, attraversando la ce. silviana, va incontro ai rami dell’a. temporo-meningea, coi quali s’anastomizza. Il dorsale, manco dirlo, sempre ramificandosi, raggiunge coi suoi tratti piu distali la falce; s’anastomizza coi rami dell’a. meningea cerebrale orale, dell’a. meningea della falce, e dell’ a. temporo- meningea. Pel ramo ventrale vanno aggiunte inoltre peculiari anastomosi coi rami delle aa. meningee cerebro-ventrali. A. meningea cerebrale laterale. Ammessa da GURLT, LUCARELLI, CHAUVEAU, BARPI, MONGIAR- DINO e Bossı, tutti d’aecordo a ritenerla collaterale della mascellare interna, destinata alla formazione della rete mirabile cerebrale. 78 Attilio Mensa Bossı aggiunge che, sovente, origina per un tronco comune alla tem- porale profonda anteriore. La stessa arteria ammette CAnovA, convinto ch’essa origini dalla masecellare interna, e passi nel eranio a traverso il foro ovale ecc., ma ei resta incognita la ragione che ha indotto A. a non mantenerle il suo valore morfologico, per ridurla a quello d’un semplice ramo af- ferente della rete mirabile endocranica: »proximaler Reteast«, Costante e di calibro non indifferente, essa va considerata sieccome la vera a. meningea cerebrale-laterale, collaterale della gutturo- mascellare, e destinata non solo alla rete mirabile, ma ancora, sia pure per esili rami, alla dura cerebrale. Entra pel foro ovale, serpeggia brevemente, e concorre ad alimentare la rete mirabile; riserva pero sempre un suo ramo col- laterale, alla meninge della e. dell’ ippoeampo, piü 0 meno svilup- pato secondo i casi. Le condizioni del suo calibro sono strettamente connesse con quelle della meningea della rete mirabile. Esse stanno in rapporti inversi. A. temporo-meningea. Confusa coll’ a. meningea cerebellare dorsale, GURLT, LEISERING, MÜLLER, STRUSKA, MARTIN, ELLENBERGER e BAUM ammettono ch’essa origini dall’ arteria temporalis superficialis. ÜHAUVEAU, MONGIARDINO e BossI, d’accordo coi primi autori, nel conferire all’ arteria in questione il valore di meningea cerebellare dorsale, ritengono invece ch’essa origini dall’ auricolare posteriore, ed entri nel eranio attraverso il canale parieto-temporale (MONGIARDINO e Bossı), o pel foro mastoideo (CHAUVEAU). Canova vuole ch’essa nasca dal tronco arterioso comune alla temporalis sup. e transversa faciei, e la considera come un ramo meningeo »accessorio», perceorrente il canale temporale. Concordemente alle deserizioni di CHAUVEAU, MONGIARDINO € Bossı, anche noi dobbiamo affermare l’origine dell’a. temporo-menin- gea dall’ aurieolare-posteriore. Si stacca da questa, quando raggiunge oralmente larticolazione temporo-ioidea; abbandona la porzione espansa dello stiloiale; sale dorsalmente a ridosso della eresta mastoi- dea, sino a raggiungere un foro costante, verso la sua meta o quasi. Detto foro mena nel condotto parieto-temporale ed & da differen- ziarsi bene dal foro mastoideo, situato, pi in alto e posteriormente, sull’ articolazione oceipito-petrosa e non gia sulla petro-squamosa com’e& per il primo. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 79 Le brevi considerazioni che si potrebbero fare sull’ esistenza di questo foro, e la sua viecinanza al vero Foramen mastoideum, baste- rebbero a spiegare il significato erroneo attribuito dagli autori al- l’arteria ch’esso ricetta, ma la dimostrazione balzerä& pit evidente dalla deserizione che noi daremo della vera meningea cerebellare dorsale. L’a. temporo-meningea penetra, infine, attraverso codesto foro; entra nel condotto parieto-temporale e lo percorre sino al suo sbocco sulla tenda cerebellare. Raggiunge la dura cerebrale, avanti la tenda, quasi sempre sull’ estremo posteriore della seissura ippocampo-mar- ginale; ed incurvandosi, corre in seguito dorsalmente ed oralmente; attraversa le eirconvoluzioni della faceia latero-dorsale del cervello, nel suo tratto posteriore; tocca la falce, che percorre, quasi sino al polo sagittale, anastomizzata ai rami dell’a. meningea cerebellare dorsale. Ha collaterali meningei: dorsali e laterali, anastomizzati coll’a. meningea cerebellare dorsale e coll’ orbito-meningea; ventrali, ana- stomizzati colla meningea della rete mirabile e coll’ istmo-cerebellare orale. Tra i collaterali laterali del tratto prossimale si riconosce il rappresentante del ramo cerebellare, sviluppatissimo nel ge- nere Sus. Collaterali intraossei sono i suoi rami diploetiei e muscolari: rami destinati al crotafite, fuoriuscendo dai fori esocraniei del canale temporale, ed anastomizzati coi rami omonimi delle aa. temporali profonde. I collaterali esocranieci sono esili, talora mancanti: si ridu- cono, del resto, ad essere rami periostei o muscolari conchiniani, di p0co conto. Oltre le anastomosi gia rilevate, anastomosi meningee, !’a. temporo-meningea riceve ancora, nel suo tratto endosseo, quando cio& percorre il canale temporale, un esile ramo che proviene dall’ auri- colare anteriore, e penetra nel canale suddetto, per quel foro esistente alla base del processo zigomatico della squama. Piccoli altri rami, inoltre, le pervengono dall’a. meningea cere- bellare dorsale, attraverso quella sottile lamina ossea che separa gli sbocechi di queste due arterie nella cavita eranica; ultima ana- stomosi infine, e quella che eontrae col ramo temporale dell’a. meningea cerebellare laterale. 80 Attilio Mensa AA. meningee cerebellari. A. meningea cerebellare dorsale (Tav. III, fig. 9). La rieorda CanovA col nome di »a. meningea caudalis«: eolla- terale dell’ a. oceipitale, e giungente al eranio attraverso il foro situato tra l’oceipitale e la squama temporale. Nessun altro autore l’accenna, abituati e concordi come tutti son stati a riconoscere al posto suo, pur anche sotto il nome di »meningea posterior«, l’arteria equivalente alla temporo-meningea, gia considerata e discussa. Nulla di piu costante invece dell’ a. meningea cerebellare dor- sale che, nell’ Ovis aries, come vedremo, e poi ancora nel Dos taurus e nel Capra hircus, ecc. ha uno sviluppo tutt’ altro che indifferente. Conferma anche la sua presenza, quella eostante e non meno evi- dente del foro »mastoideo«, nell’ Owzis aries, in particolare, svilup- patissimo. Per l’a. meningea cerebellare dorsale del gen. Ov:s, la sola differenza che l’allontani da quella dei Perissodattili, € lo sbocco pit diretto nella cavita cerebellare, ma non si perdono, per cio, le sue relazioni col canale temporale. Il comportamento generale, anzi, e l'origine dell’a. meningea cerebellare dorsale ripetono, tratto tratto, quelli dei Perissodattili. E tanto gli somigliano che noi, per brevita, ei dispensiamo dal ripe- terli, aceennando solo alle caratteristiche individuali. Rimandiamo intanto alla figura la dimostrazione della sua origine e del suo compor- tamento esoceranico: non e diffieile la sua differenziazione coll’a. temporo-meningea. Del tratto endocranico manca solo, a differenza di quella dei Perissodattili, quel decorso decisamente ansiforme, in corrispondenza del seno interlaterale. Le anastomosi, & naturale, variano secondo il mutamento delle arterie vieine. Oralmente, le anastomosi coll’a. meningea cerebrale laterale sono sostituite con quelle dell’a. temporo-meningea: anastomosi esclusiva- mente meningee od intraossee, provenienti dal canale temporale. Aboralmente, oltre che eoi collaterali dell’a. meningea cerebellare laterale, col ramo temporale in particolare, s’anastomizza ancora colle aa. meningee istmo-cerebellari. A. meningea cerebellare laterale. E Va. condyloidea, ammessa da tutti gli autori. Al suo collaterale destinato a passare nel eranio, pel foro lacero posteriore, gli autori U. W000 Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 81 tedeschi in genere vorrebbero conferirgli il valore dia. meningea cere- brale laterale. Dimostreremo erronea lipotesi, potendo asserire che tale ramo non puo che rappresentare la. meningea istmo-cerebellare aborale. E collaterale dell’ a. oceipitale; penetra nella cavitä cerebellare attraverso il foro condiloideo, satellite del n. ipoglosso, di calibro notevole. Si eomporta sulla dura cerebellare come nei Perissodattili, eon queste differenze: S’anastomizza aboralmente coll’ a. vertebrale, a livello dell’ arti- colazione atloido-oceipitale, per uno dei suoi maggiori collaterali aborali, ecorrenti sulla dura bulbare; entrata nel foro condiloideo, lancia subito, dorsalmente, il ramo temporale: ramo destinato a passare nel canale condiloideo, scavato nello spessore della parete laterale oceipitale. Il ramo temporale s’anastomizza coll’ a. meningea cerebellare dorsale, e, per fini ra- mellini, coll’ a. temporo-meningea. Ancora come nei Perissodattili, l’ a. meningea cerebellare laterale ha per collaterali esocraniei l’ a. meningea istmo-cerebellare aborale, a cui s’aggiunge, evidentissima, quella orale, di calibro ancor piu con- siderevole. AA, meningee cerebro-ventrali. HoFMAnn, comparandola a quella del Cervus elaphus, ei ricorda l’esile a. oftalmica, che vien confermata da TANDLER, e descritta con maggiori particolari dal Canova. Il quale ei rende ancora conto dell’ anastomosi terminale di quell’ arteria, col truncus eiliaris tem- poralis del ramus bulbi, gia di nostra conoscenza. D’altra parte, anche VERSARI aveva gia deseritto, secondo le caratteristiche che abbiam visto nel Maiale, l’a. oftalmica e le sue relazioni colle aa. eiliari. Per l’a. meningea della falce, abbiamo le gia note considerazioni di STADERINI sul »ramo frontale« della cerebrale anteriore, ma anche per la Pecora non troviamo accenni di rami durali, per la falce o la dura dei lobi frontali. Ancora nella Pecora dobbiamo considerare, tra le aa. meningee cerebro-ventrali, quelle a sede costante: l’a. oftalmica e l’a. me- ningea della falce, ceui nessuna differenza le allontana dal tipo descritto nei precedenti rappresentanti dell’ Artiodactyla, sieche evitiamo di ripeterci. Morpholog. Jahrbuch. 46, 6 82 Attilio Mensa Ci faceiamo dovere tuttavia di aggiungere che l’a. oftalmica, en- trata nell’ orbita, satellite del nervo ottico, raggiunge in realta il truneus eiliaris temporalis di CAnovA, col quale si anastomizza. Quel troneo, da prima unieamente considerato come una delle arterie eiliari posteriori, anche a noi @ apparso costante e caratteristico della divisione terminale del ramus bulbi. Tra quelle a sede incostante, annoveriamo una Serie di aa. meningee della rete mirabile, tra le quali, aleune perforanti la dura. Non diremo delle minori, esili arteriole, provenienti dalla rete mira- bile e diffuse sulla dura, nel tratto dell’ ippocampo; vogliamo accen- nare soltanto ad una, sempre cosi notevole che, in ragione del suo ealibro, acquista un significato suo proprio. E eostante e quasi sempre si stacca dal tratto anteriore della rete mirabile, in corrispondenza dello espandersi delle aa. generatrici della rete. Corre aboralmente, ineurvandosi a concavitä anteriore, e nel suo tratto distale tutta si ramifica sulla dura del lobo temporale del cervello, ricollegandosi, per piu rami, a quelli dell’a. orbito-meningea e della temporo-meningea. AA, meningee istmo-cerebellari. A. meningea istmo-cerebellare aborale. - Ripete quella sinora deseritta nei Perissodattili e negli Artio- dattili. Per qual fine o ragione non sappiamo, essa e ritenuta, dagli autori tedeschi in genere, rappresentante dell’ a. meningea cerebellare laterale. Anche CanotA, nel suo lavoro speciale sulla Pecora e sulla Capra, ammette ch’essa rappresenti l’a. meningea media di ELLEN- BERGER, BAUM, MARTIN ecc. Ammessa la sua origine, il suo comportamento, lesistenza di arteria analoga in tutta la serie dei Mammiferi, col valore assoluto di a. meningea istmo-cerebellare, non vediamo il proposito di dover troppo diseutere la tesi per dimostrarla erronea. S’aggiunga inoltre la conoscenza dell’ a. meningea istmo-cerebellare orale, sconoseiuta agli autori sostenitori di quella tesi, ai quali va ancora ricordata la pre- senza della vera a. meningea cerebellare laterale, in tutto il suo si- snificato morfologieo; cosiech& due arterie d’ugual valore morfologico non possono eoesistere, ed & naturale di rendere ad ognuna il proprio. A. meningea istmo-cerebellare orale. Collaterale esocranica della meningea cerebellare laterale, pe- netra pel foro lacero anteriore, nel cavo cerebellare. E costante, e | ee a Ur de 6 ae A Se A a a a Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 83 s’arresta di massima, sulla meninge del bulbo. Non e raro tuttavia di dover constatare che un suo ramo di divisione, eorrendo avanti la rocea petrosa, sul margine mediale del foro lacero, raggiunga la rete mirabile. Il valore di questa condizione di cose non va disconoseiuto. Esso potrebbe avvalorare l’ipotesi di BEAUREGARD, tendente ad am- mettere che quel ramo stia a rappresentare la carotide interna, sieccome essa, sempre, »est parfaitement developpee, au moins chez le MouTon, pendant la vie intrauterine; seulement elle s’atrophie avec l’äge, cesse de communiquer avec le reseau admirable du cerveau et de- vient une simple artere mening&ee sans importance«!. Nel caso descritto, non infrequente a riscontrarsi, non s’avrebbe gia una regressione, ma una condizione immutata dello stato di vita intrauterino. Esteso il concetto a tutti i casi, noi dovremmo conchiu- dere per l’esistenza della carotide interna, anche nell’ Ovis aries (la vedremo pure in altri), ma sotto condizione, ch’essa cioe abbia un destino regressivo. L’arteria meningea istmo-cerebellare orale ineontra anastomosi eon tutte le meningee cerebellari ed irrora la dura dell’ istmo, nel suo tratto orale. Gen. Capra. Capra hircus (Tav. II, fig. 8 e 9). Il sistema arterioso meningeo encefalico del Capra hireus trova la sua pitı grande analogia di comportamento in quello gia descritto dell’ Ovis aries. Fanno eccezione le origini delle aa. meningee istmo- eerebellari, ne vi mancano le caratteristiche individualıi. Diremo di queste, senza insistere oltre. Il peculiare tragitto delle singole arterie varra meglio a spiegarlo la figura. Passiamo quindi alle differenze. Il ramo ventrale orbito-meningeo si presenta di minor calibro. Esso @ appena accennato. Masgior sviluppo offre invece la meningea della rete mi- rabile, riferendoci con questa, alla branca maggiore tra quelle derivanti dalla rete in questione. Ascende assai piü in alto che non lo faccia nell’ Ovis aries: intercetta pereio le anastomosi na- turali, tra l’a. orbito-meningea e la temporo-meningea, sicche queste avvengono per lintermediario dei suoi rami collaterali. 1 Soeiet& de biologie. Paris 1892 (da CHAUvEAU). 6* 84 Attilio Mensa Del maggior calibro dell’ a. suddetta ne risente l’a. temporo- meningea, per l’equilibrio che tra queste si stabilisce; essa va ri- ducendosi nel suo sviluppo e nella sua estensione. La sua branca cerebellare non si mantiene epidurale, ma attraversa la dura in corri- spondenza della tenda cerebellare, sulla eui faceia anteriore vi corre. Le aa. meningee istmo-cerebellari, anzich& essere colla- terali dell’ a. meningea cerebellare laterale, nascono per un tronco comune dall’ oceipitale, ma nel loro comportamento ulteriore non presentano altre differenze degne di nota. Va tuttavia affermata ancora l’esistenza del ramo dell’a. me- ningea istmo-cerebellare orale che si porta alla rete mirabile. Capra Ibex (Tav. III, fig. 10). Il sistema arterioso meningeo encefalico del Capra ibex ha ca- ratteri spiecati, e s’uniforma perfettamente a quello dell’ Ows aries, nell’ origine e nel comportamento; meno, a quello del Capra hureus. Fa eecezione l’a. meningea cerebrale orale, che riprende meglio il carattere descritto nel Sus seropha. L’a. orbito-meningea origina dall’ a. orbitale, vieinissimo al punto d’origine dell’ a. lacrimale; giunge nel cranio indivisa, ma si divide dopo brevissimo tragitto, conformemente al tipo a noi giä noto. I suoi rami hanno direzione piuttosto verticale. L’a..meningea istmo-cerebellare orale mantiene ancora l’anastomosi colla rete mirabile. L’a. meningea della falce & sviluppatissima: eontribuisce forte- mente, per un grosso collaterale, alla formazione della rete etmoidale. L’a. oftalmica & dimostrabile secondo i caratteri delle specie anteriori. Subfam. Bovinae. Gen. Buffelus. Buffelus bubalus (Tav. II, fig. 11). Le linee generali del comportamento arterioso meningeo ence- falico nel Buffelus bubalus sono quelle stesse dell’ Artiodactyla sin qui descritte. Per le differenze, riferiremo quanto segue, riassu- mendole. AA. meningee cerebrali. A. meningea cerebrale orale. Si stacca sul limite anteriore del lobo olfattivo. E sviluppatis- simo il collaterale del suo tratto prossimale, espanso sulla maggior Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 85 parte del lobo frontale del cervello.. Le sue anastomosi avvengono esclusivamente coll’a. meningea della falce e coll’ a. orbito-meningea, sieccome questa intercettaicollaterali dell’a.meningea cerebellare dorsale. A. orbito-meningea. Sviluppatissima. Origina dall’a. lacrimale, e le & satellite un nervo proveniente dalla branca oftalmiea di WırLıs. Gia prima di pene- trare nel eranio, e suddivisa in due rami distinti. La branca orale penetra pel forame esterno del canale ceranio- orbitale, situato sulla cresta laterale che limita lo spiraglio orbitario, poco sopra il punto d’useita della branca oftalmiea di Wıruıs. Si rende alla cavita cranica dopo un breve tragitto intraosseo, gettandosi sulla meninge, poco avanti il ramo aborale, maggiore d’assai, e si perde in corrispondenza della e. ectosilviana anteriore. La branca aborale penetra invece a traverso un secondo canale cranio-orbitale, scavato attraverso la sostanza ossea dell’ ala orbitaria dello sfenoide, e la eui apertura esoeranica € situata sotto la eresta dello spiraglio orbitario. Essa ha satellite ancora un ramo nervoso alle dipendenze della branca oftalmica di WıLLıs, e sbocca nel cavo cranico, attraverso un forame endocranico evidente; aderisce alla dura, avanti la fossa di Silvio; risale sull’ insula; attraversa, serpeggiando, la faccia cerebrale laterale; raggiunge la c. sagittale prop. detta, e su questa, a meta lunghezza della scissura interemi- sferica, si anastomizza coll’a. meningea cerebrale orale, colla cerebel- lare dorsale, coll’ omologa opposta, e coi collaterali delle meningee della rete mirabile. Tralasciando dei collaterali che non portano differenze, accen- niamo solo a quelli destinati al seno sfenoidale, staccati nel tragitto intraosseo delle branche orbito-meningee; n& vogliamo dimenticare che a questi corrono satelliti le branche nervose dell’ oftalmiea di Wırrıs!, per la loro natura destinate alla mucosa dei seni, la eui nutrizione, come abbiamo dimostrato, e sostenuta dai collaterali dell’a. orbito-meningea. Aggiungono importanza inoltre, all’ a. orbito-meningea, numerosi rami esocranici, di calibro non indifferente, destinati alle parti molli dell’ orbita. A. meningea cerebrale laterale. Non presenta differenze degne di nota, paragonata a quella dei rappresentanti dell’ Artiodactyla, sinora deseritti. 1 Di questi rami, nessuno mai, che noi sappiamo, hä detto parola. 86 Attilio Mensa A. temporo-meningea. Collaterale dell’ auricolare anteriore. Ricordiamo che nell’ Owis aries ecc. originava dall’ auricolare posteriore. Ha un comportamento che segue la via di mezzo, tra quello proprio dell’ Ows aries e quello del Capra hircus. Entra per un foro che attraversa la base dell’ apofisi zigomatica della squama temporale, nella sua porzione anteriore, e mena nel condotto parieto- temporale, percorso il quale, prende aderenza alla dura, in corrispon- denza dell’ origine della e. comune posteriore. La sua branca cerebellare ripete quella dell’ Ovzs arzes. Tra gli altri suoi collaterali e evidente un ramo diretto al foro uditivo interno. AA, meningee cerebellari. Della dorsale non possiamo assicurarne l’origine. Il suo com- portamento non accenna a differenze sensibili, sempre paragonato agli Artiodattili prima considerati, tanto nel suo tratto prossimale come tra le maglie durali. Della laterale diremo ch’ essa & sviluppatissima; e richiama particolarmente l’attenzione un suo collaterale, destinato ad anasto- mizzarsi coll’ omologo opposto, sul ponte durale, tra il cervelletto e il bulbo. Ancor si nota il ramo temporale. D’interesse speciale &€ anche un collaterale che, correndo in avanti, confondendosi a livello del foro lacero posteriore coll’a. me- ningea istmo-cerebellare aborale, va diretto alla rete mirabile, ed un secondo, che da quello stesso origina, irrora la dura dell’ istmo. AA. meningee cerebro-ventrali. Le aa. oftalmica e meningea della falce non presen- tano differenze degne di nota. Anche qui, come nella Pecora e nella Capra, l’a. oftalmiea sbocca nel truneus eiliaris temporalis. Le meningee della rete mirabile s’attengono piüu al com- portamento del Capra hircus che a quello dell’ Ovxs aries. AA. meningee istmo-cerebellari. A. meninzea istmo-cerebellare aborale. o tappresentata quasi esclusivamente da un ramo collaterale dell’a. meningea cerebellare laterale, essa si rafforza, anastomizzandosi per convergenza colsecondo eollaterale della stessa meningea, destinatoalla Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 87 rete mirabile. Le considerazioni fatte su tale ramo nella Pecora, meritano qui di essere confermate, ad onta ch’ esso ramo origini di- rettamente dall’a. meningea cerebellare laterale, anzich& dall’ istmo- cerebellare orale, anch’ essa, d’altra parte, come sappiamo, collaterale della prima. Ancora pel foro lacero anteriore passa un ramellino arterioso che rappresenta, senza dubbio, l’a. meningea istmo-cerebellare orale, ma la sua origine ei resta indefinita, non avendola potuta stabilire. Per lo studio delle aa. meningee istmo-cerebellari, va ancora detto come, per un foro situato alla faceia interna dell’ oeeipitale, sea- vato a spese di questo e comunicante col canale temporale — canale condiloideo? — fuoriesca un ramo arterioso destinato alla meninge dell’ istmo ed a parte di quella laterale del cervelletto. Esso ramo proviene dalle molteplici anastomosi arteriose endossee del canale temporale. Gen. Bos. Bos taurus (Tav. II, fig. 12). Ancor piü del Buffelus bubalus si differenzia il Bos taurus, pel quale conviene rieordare le considerazioni generali fatte a pro- posito dell’ Artiodactyla, sovente, gia proprie di questo solo animale. Ad onta che gli autori abbiano preso, tra gli Artiodattili, il bos taurus come tipo, e rapportato a questi l’Ovis aries, il Capra hircus e sovente il Oamelus dromedarius, di letteratura, come s’e visto, salvo la memoria speciale di SCHMIDT, c’e poca cosa, e nei la vedremo singolarmente ove lo consiglierä il caso. Avvertiamo ancora che, per molte caratteristiche, aleune me- ningee ricordano da vicino le omonime ed omologhe dei Perissodattili. AA. meningee cerebrali. A. meningea cerebrale orale. Riprende tutta la caratteristica disposizione ch’ essa ha nel- l’ Ovis aries; meglio accentuata anzi, per un ramo singolare che si stacca dall’ a. etmoidale, sulla faccia anteriore del lobulo olfattivo, che segue a perpendicolo sino al solco omonimo, laddove s’anasto- mizza coll’a. meningea della falce, laneiando rami oralmente, sulla falee ed a lato di questa. Sia detto tuttavia che la vera a. meningea cerebrale orale € meglio rappresentata dal primo collaterale prossi- male dell’ a. etmoidale. 83 Attilio Mensa A. orbito-meningea. Non & cosi syiluppata come nel Buffelus bubalus. Origina dal ramus orbitalis, eollaterale d’uno dei maggiori tronchi della sua rete plessiforme, e decorre nel canale eranio-orbitale, seavato in gran parte nello spessore del frontale. Satelliti suoi sono gli stessi rami nervosi trovati nel Buffelus bubalus, aventi la stessa origine, dalla branca oftalmica di WırLıs!. In eorrispondenza dell’ ineisura di eui s’e detto in nota, l’arteria, avendo giäa satellite il nervo corrispondente, comincia con questo a dividersi in due rami, talora in tre. Ricorda in ciö, perfettamente, quella del Buffelus bubalus, di eui segue anche, appena con lievi diffe- renze, il tragitto. Vogliamo ricordare, inoltre, che la branca orale &e la maggiore; l’aborale o le aborali, quando son due, sono di molto piü piecole, ed accedono alla dura per un tratto meno an- teriore che nel Buffelus bubalus: 1a figura informi. I collaterali dei seni servono poi i seni frontali. A. meningea cerebrale laterale. Di ealibro considerevole, essa non presenta differenze degne di nota. Anche la letteratura manca di considerazioni speciali in pro- posito. SCHMIDT conferma le ricerche di CanovA, ma vuole ch’ essa arteria possa mancare. A. temporo-meningea. Ramo considerevolissimo, ammesso da ÜHAUVEAU, ARLOING, LEesßrRE e Bossı. Con significato diverso, e considerato come col- laterale della temporalis superficialis, vien anche ammesso tale ramo da GURLT, FRANK, STRUSKA, MARTIN, ELLENBERGER € BAUM, ma SCHMIDT non ammette quest’ origine che per eccezione: ritiene invece che l’a. temporo-meningea origini dall’a. auricolare anteriore, per ceui la chiama »meningea accessoria«, secondo la nomenelatura di CAnovA, confutando il nome di »meningea posterior« di MARTIN, ELLENBERGER ecc. i Anche nel Bos tauwrus, che noi sappiamo, non 8’& detto mai di questi nervi meningei satelliti dell’ orbito-meningea, arteria, anche questa affatto sconoseiuta. Originano, come 8’& detto, da un tronco unico, collaterale del- l’ oftalmiea di Wıruıs: staccansi dal margine superiore di questa, giä nel con- dotto soprasfenoidale. Quel tronco corre oralmente, satellite della branca madre, colla quale mantiene rapporti di contiguitä, sino a che, giunto in corrispon- denza della fessura orbitaria, abbandona la branca suddetta, s’incurva in avanti, volge in alto ed aboralmente, raggiunge l’orbito-meningea, di cui sirende satellite, e penetra per quell’ ineisura del frontale che sovrasta la sutura sfeno-frontale- Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 89 Come nel Buffelus bubalus, eollaterale dell’ auricolare anteriore, dalla quale si stacca, avanti il condotto uditivo esterno, l’a. tem- poro-meningea entra pel foro esistente alla base della squama, sul suo limite interno, subito dietro la sua apofisi post-glenoidea e, per la stessa via seguita nel Bufalo, procede nell’ interno del eranio. Qui giunta, assume un comportamento analogo a quello dell’ a. meningea cerebrale laterale dei Perissodattili, sieche, prima di scen- dere sulla base durale del lobo temporale del cervello, essa invia in alto un forte ramo, il quale, sempre per la via del canale temporale, va a raggiungere l’a. meningea cerebellare dorsale, ino- seulandosi: aggiungasi a eio, inoltre, un considerevole collaterale, il ramo temporale dell’a. meningea cerebellare laterale, che la rafforza. Nel suo tragitto ulteriore, l’a. temporo-meningea ripete molto da vieino il decorso desceritto nel Camelus dromedarius. Varia solo nelle sue ramifieazioni, piü rade e meno contorte. Nel suo tratto prossimale offre invece pareechi sdoppiamenti del troneo prineipale, sino a simulare un piecolo plesso, dal quale nascono eollaterali meningei ascendenti. AA. meningee cerebellari. A. meningea cerebellare dorsale. SCHMIDT ritiene ch’ essa non esista; appena crede che, al- Varteria »meningea caudalis« del Cavallo e dei piecoli Ruminanti, corrisponda, nel Bue, il tratto distale dell’ a. oceipitalis, ma non ammette che questa ceda rami meningei durali: »... es gibtaber beim Rinde keinen Zweig an die Dura mater ab«. E tanto vuole che quell’ arteria manchi, ch’ egli giunge a ne- gare l’esistenza del foro mastoideo, il solo foro della faceia nucale, che dia passaggio all’ a. meningea cerebellare dorsale, e che entri nel canale parieto-temporale: »... es fehlt auch an der Genickfläche des Rindes jede Öff- nung des Schläfenkanals.« Ci siamo troppo convinti dell’ esistenza del foro mastoideo e dell’ a. meningea cerebellare dorsale nel Bue, perch6 noi, anche dopo le riserve di Schmipr, dobbiamo dubitarne o troppo insistervi per la dimostrazione. Ce ne dänno anche ragione, pel foro mastoideo, la pregevole opera di VArALDT, la pit recente che noi abbiamo sull’ osteologia 90 Attilio Mensa dei Mammiferi domestiei e, per l’a. meningea cerebellare dorsale, gli stessi risultati di CHAUVEAU, ARLOING € LESBRE. Collaterale dell’ a. auricolare posteriore, essa penetra pel foro mastoideo, nel canale parieto-temporale, dentro ceui, fino alla sua estinzione, segue tutto il comportamento riscontrato e deseritto sinora nei Perissodattili e negli Artiodattili. Ragguardevole, e di non lieve interesse, & la grande anastomosi che rieceve dall’ a. temporo-meningea, anastomosi che mai abbiamo riscontrato, in altri Artiodattili, eosi voluminosa. A. meningea cerebellare laterale. Per aleuni -autori & l’oceipitale stessa, per altri un suo ramo terminale. Ripete l’origine ed il comportamento che abbiamo de- scritto nel Bufalo. Il ramo temporale si stacca pero in un tratto piu distale; destinato alla rete mirabile, eorre sovente avvolto tra le maglie durali, ne & troppo evidente la sua anastomosi coll’a. me- ningea istmo-cerebellare aborale. AA. meningee cerebro-ventrali. Nessuna differenza per l’a. meningea della falce e per le aa. meningee della rete mirabile, solo ridotte nel loro ealibro. Merita invece una eonsiderazione speciale, per la sua dibattuta esi- stenza, l’a. oftalmica. Ammette LavocAr che l’oftalmieca sia generatrice delle divisioni eiliari posteriori, ma SCHMIDT non vuole ch’ essa s’avvieini al eom- portamento proprio del Cavallo, della Pecora, della Capra e del Maiale, e ciö contrariamente ancora ai risultati di HOFMANN, MARTIN, ELLENBERGER e BAUM, TANDLER, ecc; ritiene eio& ch’ essa origini, nel foramen opticum, dalla rete mirabile oftalmica interna, extra- durale, piccola rete anastomizzata coi rami afferenti orbitali della rete basale endoceranica, donde nessun rapporto diretto avrebbe l’of- talmiea col eircolo di WıLLıs. Anche questa volta, le nostre ricerche non darebbero ragione a ScHamipr, la cui tesi contrasta ancora coi risultati ottenuti dal VERSART, sulla morfologia dei vasi sanguigni arteriosi dell’ occhio di Vacea; risultati, i quali hanno stabilito, attraverso l’esame em- briologico, l’origine endodurale dell’ oftalmica, collaterale dell’ a. cerebrale anteriore, conformemente all’ origine che la stessa arteria ha in tutti i Mammiferi. Noi siamo pereiö eonvinti che la. oftalmiea di SCHMIDT non possa che corrispondere ad uno dei molti rami genera- Sr Be ee A ee ee Ze te ae) 2 (A Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 91 tori della rete mirabile basale, endocranica, epidurale: gli stessi che SCHMIDT, sull’ esempio del CAnovA, chiama »distale Reteäste«. Per oi, Voftalmiea del Bue ha un comportamento analogo a quello dei precedenti Artiodattili. AA. meningee istmo-cereb@Meri. A. meningea istmo-cerebellare aborale. Collaterale dell’a. meningea cerebellare laterale, valgono, per essa, le stesse eonsiderazioni svolte a proposito dell’ Owes arzes, sul si- gnificato di meningea cerebrale laterale che Je addebitano gli autori tedeschi in genere. Anche nel comportamento somiglia assai all’ a. omologa dell’ Owxs aries. A. meningea istmo-cerebellare orale. Esile ramellino, collaterale dell’ a. oceipitale, non presenta dif- ferenze degne di nota. Tutt’ al piu e da notarsi il suo spostamento anteriore, sulla base durale dell’ istmo, che le permette di irrorare una piccola parte della dura cerebrale, in corrispondenza del lobo temporale. Subfam. Rupicaprinae. Gen. Rupicapra. Rupicapra rupicapra (Tav. III, Fig. 13). Pel suo carattere generale, il sistema arterioso meningeo ence- falico del Rupicapra rupicapra s’accosta, piü che ad ogni altro, tra gli Artiodattili, a quello del Gazella. Riecorreremo quindi a questo per le sue differenze. L’origine deil’a. orbito-meningea, anziche dall’ a. lacrimale, av- viene dal ramo orbitale, e la sua espansione & sensibilimente piu aborale. L’a. meningea cerebrale laterale ha un notevolissimo ramo per la dura del lobo temporale del cervello, ramo non inferiore, per calibro, a quello o a quelli destinati alla rete mirabile. L’a. temporo-meningea & d’un calibro sensibilmente minore. Trova ragione del suo calibro nel suo ristretto territorio d’espansione, al quale non & estraneo il calibro insolito dell’a. meningea cerebrale laterale, sviluppatissima. Non vi € traceia del ramo cerebellare, ma & notevole un se- condo (cr) che, pel canale infrasquamoso di GRUBER, si rende al- l’esoceranio, esaurendosi nel erotafite. Sull’ origine peculiare dell’ a. temporo-meningea non possiamo dare assicurazioni. Il suo eomportamento tuttavia, pel tramite del canale temporale, & secondo il tipo piu volte accennato. 092 Attilio Mensa Delle aa. meningee cerebellari, ei € solo possibile dar notizia dell’a. meningea cerebellare laterale, tipieca. L’a. meningea della falece e sviluppatissima. L’a. oftalmiea non presenta differenze. Le aa. meningee della rete mirabile sono piuttosto ridotte di ealibro, ma complessivamente maggiori che nel Gazella. Subfam. Tragelaphinae. Gen. Boselaphus (= Portax) Boselaphus tragocamelus picta. (Tav. III, fig. 14). Il sistema arterioso meningeo encefalico del BDoselaphus trag. picta & ben sviluppato, e mantiene, nelle sue linee generali, il tipo dell’ Artiodaetyla: piü deeisamente, quello relativo al Sus scropha. Fanno eccezione: L’a. orbito meningea, che ripete meglio il comportamento dell’ Artiodaetyla ruminantia: sboeca infatti nel eranio per due rami, sempre distinti. E collaterale dell’ a. lacrimale. L’a. meningea cerebrale laterale, di ealibro insolitamente .grande, la eui caratteristica € un suo ramo di divisione, quasi un terminale che, diretto aboralmente, percorre un solco scolpito sul limite della porzione squamosa e petrosa del temporale, sino a che non raggiunge il foro superiore del eondotto parieto-temporale, presso Vorigine del seno laterale, dove raggiunge l’a. temporo-meningea, colla quale s’anastomizza. Detto ramo corrisponde ad una vera branca anastomotica tra l’a. meningea cerebrale laterale e l’a. temporo-me- ningea. Ricorda indubbiamente, se pur effettuata in condizioni un poco differenti, la branca anastomotica che, nei Solipedi, collega, attraverso il canale temporale, l’a. meningea cerebrale laterale a quella cerebellare dorsale, ma lo sviluppo enorme dell’a. temporo- meningea intercetta l’anastomosi di eui & questione, sieche questa avviene con essa. Sono immutati i collaterali pel ganglio di GASSER, ed il ramo auricolare interno, percorrente il suo peculiare canalicolo osseo, giä deseritto nel Sus scropha. L’a. temporo-meningea non ha che lievi differenze di tragitto. Ripete, pel genere delle sue ramificazioni, quella del Maiale. Dob- biamo solo mantenere il riserbo sull’ origine sua: disgraziatamente le due teste esaminate del Doselaphus tragocamelus preta ci venivano consegnate spellate e, guaio peggiore, colle oreechie recise al con- dotto uditivo, siecome gli animali dovevano venire imbalsamati. Ci ad Ei ar Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 093 dovemmo cosi accontentare di constatare la loro entrata nel canale temporale. Anche volendo indugiarei sulle eonsiderazioni fatte per trarre gli elementi atti a definirne l’origine, verremmo sempre e solo ad affermare la nostra supposizione, sieche tralasciamo, quantunque essa, logica e facile, corrisponda al vero, sempre per riferirci almeno al comportamento tipico dell’ a. di eui @ questione, in tutta l’Artio- daetyla ruminantia. Con tutta probabilitaä, dunque, le origini sue si devono restringere alle due aa. auricolari: anteriore e posteriore. Per le stesse ragioni non possiamo dar notizie piu preeise sulle aa. meningee cerebellari ed istmo-cerebellari. Delle cerebro-ventrali, possiamo affermare invece ch’ esse esistono tutte, ed hanno un comportamento tipico. Fam. Tragulidae. Subfam. Tragulinae. (Gen. Tragulus. Tragulus Stanleyanus (da TANDLER). E TAnDLErR che ci dä brevi notizie sul sistema arterioso cefalico di quest’ animale, ma da quelle non rileviamo che la presenza del- la. oftalmica, sviluppatissima, tanto che giunge ad anastomizzarsi, sul nervo ottico, con un ramo dell’ a. orbitalis, ed abbandonare le aa. eiliari, per farsi a. centralis retinae. Impariamo inoltre delle solite anastomosi che avvengono tra l’a. orbitale e la carotide interna. Riassunto. L’esame del non piceolo numero di rappresentanti dell’ Artio- dactyla, test& passati in rassegna, ei permette alcune conclusioni di non lieve importanza. Per prima cosa, diremo che non abbiamo differenze sostanziali tra l’Artiodaetyla non ruminantia e la ruminantia: quella che da sola, nel campo delle arterie meningee, caratterizza le famiglie degli Artiodattili, € l’origine dell’ a. temporo-meningea, legata, nel- V’Artiodactyla non ruminantia, anziche alle aa. auricolari, alla caro- tide interna: arteria questa, di cui a pena possiamo e dobbiamo riconoscerne le tracce nei rappresentanti dell’ Artiodactyla rumi- nantia, e sulla quale non insisteremo troppo, pei suo destino, net- tamente regressivo. Troppo informa la presenza del suo rudimento, cordone connettivale che la sostituisce, nel Dos taurus, Rangıfer ta- randus, Dama communis, Boselaphus tragocamelus pieta ece. (TAnD- LER). Ci serviremo tuttavia della presenza di codesto rudimento, per 94 Attilio Mensa affermare la convinzione nostra, contraria a quella di molti autori che vorrebbero vedere nelle aa. generatriei della rete mirabile, collaterali della gutturo-mascellare, le sostitutriei dirette della ea- rotide interna. Ragione piu semplice a ricordare non v’e che quella della eoesistenza delle suddette arterie col rudimento di eui dianzi e parola. Giaeche l’a. carotide interna, quando manca, essa non trova mai arteria che la sostituisca: troviamo invece, ma non sempre, il suo ru- dimento eapace di dimostrare la sua primitiva esistenza. E cosi che noi abbiamo dimostrato potersi riscontrare, nell’ Oves aries, Capra hircus e Capra ibex, Varteria, collaterale dell’ a. meningea istmo- cerebellare orale, o piü direttamente, della cerebellare laterale (Buf- felus bubalus, Bos taurus), rendentesi alla rete mirabile; e se ri- cordiamo che l’a. meningea istmo-cerebellare orale entra pel foro lacero anteriore, ed & sempre ancora l’espressione di un ramo col- laterale dell’ oceipitale; riunendo le caratteristiche di questo ramo: origine indiretta dall’oecipitale; via d’entrata, comune alla carotide interna; suo destino di contribuire, anche se lievemente, alla for- mazione della rete mirabile, vien facile il pensiero di riferire tale ramo alla carotide interna. Anche ricorrendo ai nessi originari della carotide interna, noi troviamo sempre ch’essi Anno una qualche relazione coll’a. oeeipi- tale, mai colla gutturo-mascellare. BEAUREGARD, a conclusione dei suoi studi gia aeccennati, formula Vipotesi che quel ramo sia addirittura la carotide interna, ridotta a semplice ramo meningeo. Noi entriamo perfettamente nello stesso ordine di idee, e cidö per seguire la dimostrazione pitı chiara che ei & venuta dalle nostre ricerche. La eircolazione arteriosa meningea € rieca in tutta la serie degli Artiodattili. L’a. meningea cerebrale orale scostasi in aleuni rap- presentanti dal tipo deseritto nei Perissodattili, ma riprende lo stesso in molti, ragione per eui mantiene tutto il suo significato. L’a. orbito meningea riafferma la sua costanza, elevandosi ad a. meningea di prim’ ordine. Sbocca costantemente per due rami nel eranio, talora per tre. La divisione, comunemente intraossea, pud farsi anche esocraniea (Bos taurus, Buffelus bubalus). Sul significato di eid diremo pitu tardi. Al compito giä noto di detta arteria, s’ag- giunge la nutrizione della mucosa dei seni frontale e sfenoidale. Fatto nuovo, earatteristico di aleuni rappresentanti dell’ Artio- Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 95 dactyla (gli stessi summentovati), e la presenza di nervi satelliti dell’a. orbito-meningea, collaterali della branca oftalmieca di WırLiıs. Essa, orbito-meningea, origina prevalentemente dall’ a. lacrimale, similmente ai Perissodattili (Sus seropha var. domestica e ferus, Ga- zella, Buffelus bubalus, Boselaphus tragocamelus pieta). Ma anche l’a. orbitale puö darle origine (Ovis aries, Capra hircus, Bos taurus, Rupicapra rupicapra): indifferentemente, dal tronco, prima o dopo la sua formazione plessiforme, o da uno dei rami della rete stessa. Il Capra ibex ei offre la via di transizione tra i primi e i secondi. . L’a. orbito-meningea di questo appartiene ancora all’ orbitale, ma nasce vieinissimo all’ a. lacrimale, quasi a confondersi. Dell’a. meningea cerebrale laterale non e tutta estinta la sua funzione di a. meningea: regola quella lo sviluppo maggiore o minore dell’a. temporo-meningea. Riduce i suoi rami a generatori della rete mirabile e conserva i minori per la dura cerebrale. Nel Rupr- capra rupicapra e boselaphus tragocamelus pveta vi si ritrova ancora discretamente sviluppata come vera meningea. Essa manifesta tutta- via, nella serie, tutta la sua tendenza a scomparire, e ridursi nulla piu che ad una semplice generatrice della rete mirabile endocraniea. L’a. temporo-meningea trionfa su tutte le meningee. Il suo sviluppo & talora eccezionale. E solo nel Sus scropha ferus e Sus scropha domestica ch’ essa origina dalla carotide interna; ma sempre, negli altri, dalle aa. auri- colari. Anche per gli animali in eui non s’e potuto stabilire l’origine preeisa, il sospetto piu fondato cade su queste. Secondo la confor- mazione del ceranio, l’auricolare anteriore sostituisce l’auriceolare posteriore, e viceversa, nell’ origine dell’ a. temporo-meningea; ed ove non si dimostri l’a. meningea cerebellare dorsale, essa vi sup- plisce colla sua branca cerebellare. Il suo comportamento nel canale temporale e la sua enorme estensione la ravvieinano sempre piu alla diploetica magna di HyrTL, secondo noi l’abbiamo gia dimostrato precedentemente. La sua ori- gine auricolare non puö bastare a distruggere l’ipotesi, giacche essa sta solo a dimostrare l’adattamento preso alla nuova conformazione esteriore del cranio. Tra le aa. meningee cerebellari, la dorsale ripete perfetta- mente quella dei Perissodattili; la laterale parimenti. S’aggiungono pero a questa: il ramotemporale, tutto in relazione alla presenza di un diverticolo del eanale omomino, raggiungente quasi il foro con- diloideo (canale eondiloideo); poi il ramo che, nel Dos taurus e nel 96 Attilio Mensa Buffelus bubalus, core alla rete mirabile, nello spessore della dura; ed infine l’anastomosi che avviene coll’ a. vertebrale, e che mette in comunicazione il sistema meningeo col sistema arterioso cefalico generale. Riappaiono con tutto il loro significato le aa. meningee cerebro- ventrali a sede costante. L’a. oftalmiea perde tuttavia un po’ della sua importanza, riducendosi di calibro. Non sempre presiede alla formazione del- l’ a. centralis retinae (Tragulus Stanleyanus) secondo ee lo dimostra TANDLER, ma piü sovente, prima di cedere le aa. ciliari, s’ana- stomizza col truncus eiliaris temporalis, secondo terminale del ramus bulbi, a sua volta collaterale del ramus orbitalis (Artiodattili in genere). Tra le cerebro-ventrali vi sono costantemente le aa. me- ningee della rete mirabile, originanti da questa in numero vario ed a tragitto epidurale. Il loro calibro e alle dipendenze dello sviluppo dell’a. meningea cerebrale laterale e temporo-meningea. In tesi generale, dobbiamo ancora conceludere per l’esistenza delle due aa. meningee istmo-cerebellari, orale ed aborale: in- teressantissima la prima, pel suo ramo rappresentante la carotide interna, di eui & detto dianzi. Direttamente od indirettamente, esse sono sempre collaterali dell’ a. oceipitale. Delle nuove anastomosi incontrate, convien ricordare quelle tra la rete mirabile e il ramus orbitalis, costanti in tutta l’Artio- dactyla, e quelle speciali, correnti tra l’a. temporo-meningea e l’a. me- ningea cerebellare laterale, tra questa e le istmo-cerebellari ed ancora collarete. Aggiungeremo, per le prime, ch’ esse percorrono la stessa via del n. mascellare superiore e della branca oftalmica di WıLLıs. La condizione nuova di queste anastomosi esocraniche (interes- sano le meningee, inquantoche, alla formazione della rete mirabile, concorre l’a. meningea cerebrale laterale, ed il ramo orbitale cede l’orbito-meningea, sovente in punti vieinissimi a dette anastomosi) avvieina l’Artiodactyla alla Carnivora. Ordo Carnivora. Dell’ ordo Carnivora non si ha riechezza di letteratura maggiore di quanto sinora s’e visto negli ordini precedenti. Solitamente, breve ed incompleta: ridotta in massima al Felis catus dom. ed al Canis fam. »Sulle aa. meningee, gli autori non si intrattengono se non per cenni fuggevoli. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 097 GURLT, nel Felis domestica, studia le relazioni anastomotiche cor- renti tra il ramus orbitalis, la carotide interna, e l’a. meningea cerebrale laterale, riconoscendo pel primo il ramo che lo studio nostro riportö poi all’ a. orbito-meningea. ELLENBERGER e BAUM, autori che s’interessano del Canis fami- harıs in particolare, confermano le osservazioni di GURLT. TANDLER contribuisce a risolvere coneretamente la questione dell’ a. oftalmica, la quale, colla cosi detta »oftalmica interna di BELLARMINOW« era salita, nel Canis familarıs, a questione di primo ordine, avendo la stessa contribuito ad acerescere la con- fusione sinonimica, gia dimostrata a proposito della nomenelatura. Oftalmiea, di fatto, nel Cane, voleva significare il ramus orbitalis, l’anastomosi corrente tra la carotide interna e il ramo predetto, l’a. oftalmica, collaterale propria del eircolo di Wırnıs! Le anastomosi esocraniche poi, dimostrate tra il ramus orbitalis e l’a. meningea cerebrale laterale, non mancando questa d’esser col- legata alla carotis interna, eontribuirono ancora ad accerescere lo scambio di interpretazione sull’ intrinseco loro valore e sulla natura dell’ anastomosi intereranica di BELLARMINOW. Sieche, al tentativo di aleuni autori di portar riparo a codesto stato di eose, chiamando »oftalmieca esterna« il ramus orbitalis ed oftalmica interna« quella di BELLARMINOW, rispose la doppia confusione di considerare la vera a. oftalmica o l’a. etmoidale cor- rispondenti all’ anastomosi intereranica di BELLARMINOW, considerata come a. oftalmiea interna. Sono cosi fatti nuovi che intervengono nella Carnivora, analogamente alle condizioni nuove gia constatate nell’ Artiodactyla. . A somiglianza di questa, abbiamo, ad esempio, in aleuni Carnivori, una rete arteriosa carotidea, e, nel Gatto, col- legata a questa, una seconda rete mirabile, esocranica, a lato interno dell’ articolazione temporo-mascellare; rete, la quale, spingendosi ancora sino all’ orbita, ripete la rete mirabile oftalmica degli Artio- dattili. BARKOW e TANDLER estendono le loro osservazioni a parecchi Carnivori non domestici, ma non sono che brevi deserizioni quelle da eui possiamo ricavare qualcosa a vantaggio delle aa. meningee. - Anche BArKow entra tra quegli autori che considerano »oftal- mica« il ramus orbitalis. Abbiamo prova di cio nella descrizione ch’ egli da, nella Mustela martes, dell’ anastomosi corrente tra il ramus orbitalis e la carotis interna; descrizione interessante a noi, anche per l’origine cennata di altre arterie. Egli scrive: »Arteria Morpholog. Jahrbuch. 46. 7 98 Attilio Mensa ophthalmica primum ramum edit, qui per fissura orbitalem superiorem in eranii cavum penetrat. Lineas tres lineamque dimidiam ad partem posteriorem deeurrit, arteriam meningeam mediam emittit, et deinde cum arteria carotide cerebrali in truneum communem con- jungitur«. Di TANDLER, vedremo meglio volta a volta le sue osservazioni sul Felis domestica, Felis tigris, Felis pardus, Felis pardalıs, Viverra xibetha, Viverra Bovei, Hyaena striata, Canis familiarıs, Canis lupus, Meles taxus, Arctictis (Binturong), Ursus maritimus. Conviene solo notare adesso la sua affermazione generica, siecome non ripetuta nei casi singoli, sull’ esistenza del ramus orbitalis »der mit dem Ramus superior der Arteria stapedia communieirt«, co- municazione che altrove definisce »ganz kurzes Stückchen des intra- cranialen Abschnittes in Form der Arteria meningea anterior«. Convinzione giusta per l’esistenza del ramo, ma errata, come vedremo, pel suo significato, giacche l’a. meningea cerebrale orale origina sempre dall’ a. etmoidale, e detto ramo non puö che corri- spondere all’ a. orbito-meningea. Subordo Carnivora vera; Fam. Felidae. Subfam. Felinae. Gen. Felis. - Felis catus domestica (Tav. III, fig. 15). La maggior attenzione degli autori &@ portata sull’ a. carotide interna e sulle sue anastomosi. La trattazione dell’ a. oceipitale e della earotide esterna & del tutto secondaria, salvo l’accenno al plesso arterioso esocranico situato a lato mediale dell’ articolazione tem- poro-mascellare (GURLT, LEISERING, MÜLLER, ELLENBERGER, BAUM, CHAUVEAU, ARLOING € LESBRE). AA. meningee cerebrali. A. meningea cerebrale orale. Solitamente, & una terminale dell’ a. etmoidale, quand’ essa, giä deviata oralmente e varcato il soleo olfattivo, sta per inflettersi medialmente e seguire la eurva della fossa olfattiva. Sovente ha un calibro sensibilmente minore dell’ a. nasale. Le sue ramificazioni non sono troppo destinate alla dura cere- brale frontale: si limitano, ecomunemente, a quella olfattiva, lancian- do appena esili collateraliÄ, sul lobo frontale del cervello, ad ana- stomizzarsi coi rami distali dell’ a. orbito-meningea e dell’ a. me- u Bee u ee Me ee ee tie nach A ie ui ee a BE Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 99 meningea della falce, sviluppatissima. Poco eontribuisce del pari alla formazione della rete etmoidale. L’esilita dell’a. meningea cerebrale orale non va messa in rela- zione che col maggior sviluppo dell’a. meningea della falce, sosti- tuente in gran parte la prima, nell’ irrorazione della dura cerebrale frontale. A. orbito-meningea. GURLT, deserivendo la rete mirabile esocranica del Gatto, accenna ad un ramo destinato ad entrare nel cavo eranico per un foro, la eui deserizione, anche breve, ci permette di riconoscerlo pel forame d’entrata del canale eranio-orbitale. L’origine stessa del suddetto ramo concorda perfettamente coll’ a. orbito-meningea. Ma GURLT non riconosce il »foro» per un canale speciale, ne da al ramo un significato nuovo, ritenendolo, nel Gatto, rappresentante dell’ a. meningea antica, eppereid dell’ »a. meningea anteriore«. Egli &@ parlando della summentovata rete, che GURLT, di fatto, dopo aver detto di altri rami collaterali da quella nascenti, serive: »außer diesen entspringt eine sehr dünne vordere Hirnhaut- arterie (a. meningea antica) aus ihm, sie geht durch ein kleines Loch im hinteren Keilbeinstück (zur Seite und hinter dem Sehloche) in die Schädelhöhle«. LEISERING, MÜLLER, ELLENBERGER € BAUM ripetono le stesse con- siderazioni di GURLT, in termini poco differenti. Nessun altro autore accenna a ramo consimile, o parla del canale cranio-orbitale: nemmeno sull’ osteologia speciale del Gatto di STRAUSS-DURCKHEIM siamo riuseiti a trovarne indicazione. Canale cranio-orbitale. Perde alquanto del suo carattere di canale, cosi considerato com’ era nell’ Ungulata. Esso e un canali- colo, la eui apertura esteriore trovasi di pochi millimetri dorsal- mente al tratto osseo che separa la fissura orbitaria dal foro ottico, scavata, talora, tutta a spese dell’ ala temporale dello sfenoide, tal’ altra, sulla sutura sfeno-frontale che le corrisponde. Quel canali- colo sbocca nell’ endocranio per un’ apertura a lato del foro ottico, dorsalmente alla fessura orbitaria, e lo continua, lateralmente, un solco evidentissimo. L’a. orbito-meningea del Felis domestica associa, alla costanza, la sua facile evidenza. Origina dalla fusione di due rami collate- 7* 100 Attilio Mensa rali della rete mirabile esoeranica oftalmica, vieino al punto dove si stacca l’a. lacrimale. Penetra il canale orbito-craniale, sboecando nell’ endocranio, dorsalmente alla fessura orbitaria; devia lateralmente, quasi in piano, per risalire poi la dura, avanti la seissura di Silvio; raggiunge questa piu tardi e devia oro-dorsalmente: serpeggia poi sulla c. silviana ed ectosilviana anteriore sino a raggiungere la ce. sagittale, sulla quale s’anastomizza per fini collaterali, coll’a. meningea della falee e eoll’a. meningea cerebrale laterale. Non ha che collaterali meningei, tra i quali, uno, il maggiore, si stacea nel tratto prossimale dell’ arteria, prima ch’ essa s’ incurvi oralmente, e corre parallelo al tronco distale della stessa, entrando, coi suoi terminali, in anastomosi coll’a. meningea cerebrale orale e con quella della falee. Non infrequentemente, quegli stessi rami s’ineontrano poi eoi rami meningei minori, provenienti dalla rete mira- bile oftalmica e passanti nell’endocranio, attraverso lo stesso foro ottico. Non meno importanti sono i collaterali aborali, destinati ad ana- stomizzarsi coll’a. meningea cerebrale laterale. A. meningea cerebrale laterale. Per CHAUVEAU, ARLOING & LESBRE essa & »quasi interamente destinata alla formazione del plesso delle carotidi interne«. STRUSKA, MARTIN, ELLENBERGER, BAUM, BossI riducono invece a sempliei anastomosi le sue eomuniecazioni colla rete mirabile endo- ceranica; le quali sono ancora maggiormente ridotte da GURLT, par- lando questi unicamente di »un esile ramo alla rete mirabile«. Collaterale dell’ a. mascellare interna, essa, l’a. meningea cere- brale laterale, penetra nel cavo cranico attraverso il foro spinoso; raggiunge la meninge durale in corrispondenza della base del lobo piriforme, sulla eirconvoluzione dell’ ippocampo, donde segue la faceia cerebellare dell’ emisfero, correndo tra questa e la cerebrale del tentorio osseo, che la ricetta in un soleco sempre evidente. La stessa meningea, per farsi laterale, @ costretta ad attraversare la seissura ippocampo-marginale ed a ripiegarsi oralmente, sulla ce. comune posteriore, quasi sempre ad una altezza corrispondente all’ apice della seissura di Silvio. Corre poi brevemente in alto, per dividersi in due terminali: la branca aborale raggiunge il toreulare d’Erofilo; orale s’incurva in avanti, attraversa la ce. ectosagittale e per breve tratto l’ectosilviana, ritorna sulla precedente, raggiunge la ce. sagittale, e s’esaurisce per fini terminali nella falce, anastomiz- Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 101 zandosi coi rami dell’a. meningea della falce e dell’ a. orbito- meningea. Collaterali endocraniei sono: Un’ arteriola meningea che si stacca ancora sotto la c. del- l’ippocampo e segue, divergendo, la branca madre: s’incurva anch’ essa sulla e. comune posteriore, e si lancia in avanti, esaurendosi in cor- rispondenza della c. eetosilviana e silviana, non senza anastomizzarsi eoi rami dell’ orbito-meningea. Altri rami orali meningei di provenienza della branca terminale orale. Aboralmente, & notevole un ramo che s’affonda nel tentorio osseo, ma di maggior importanza e un secondo, staccato alla base del tentorio, destinato alla dura cerebellare, per quel suo tratto anteriore in rapporto col tentorio. Esso corre in alto, esaurendosi mano mano nella dura: i suoi rami terminali s’anastomizzano con rami omologhi dell’a. meningea cerebellare dorsale, ma non € improbabile che, tra le maglie durali, dette anastomosi avvengano ancora coi rami viei- nissimi dell’a. temporo meningea. Dal tratto prossimale dell’a. meningea cerebrale laterale originano: Un notevole ramo, dal quale si staccano altri collaterali secon- dari, che concorre alla formazione del plesso carotideo, innestandosi sull’ anastomosi intereranica, tra la carotide interna e il ramus orbi- talis (»oftalmiea interna di BELLARMINOW «!). Esili ramellini destinati alla meninge del trigemino; uno mag- giore al ganglio di GAsSER, sul quale s’espande a fine rete. D’interesse singolare € poi un ramellino che corre sotto i' ten- torio osseo, diretto aboralmente, sino a penetrare nel foro uditivo interno, satellite del VII e VIII paio. I eollaterali esocranici sono indistinti come quelli che s’associano ai rami della rete mirabile esocranica. A. temporo-meningea. Esilissima, concordemente alla piecolezza del canale temporale, nel Gatto, estremamente ridotto. Collaterale prossimale della tempo- rale superficiale, essa entra nel canale temporale pel suo forame d’en- trata, alla base dell’ apofisi post-glenoidea della squama, nel suo tratto medio-aborale, e raggiunge la dura cerebellare, all’ apice della 1 Particolaritä degna di nota, siccome quasi costante, & che l’anastomosi intereranica suddetta si genera per due raminell’ endocranio: i quali fuoriescono ancora divisi, essi non riunendosi che poco prima di innestarsi sul ramus orbitalis. 102 Attilio Mensa rocea: dopoche, corre per breve tratto sulla tenda, anastomizzandosi coll’a. meningea cerebellare dorsale. Essa cede inoltre, lungo il suo percorso, rami diploetici. AA, meningee cerebellari. A. meningea cerebellare dorsale. Anche questa, esilissima, vien ammessa dalla maggior parte degli autori, che la ritengono essenzialmente destinata ai muscoli nucali. E collaterale dell’ arteria oceipitale. Rimonta sulla rocca sino ad incontrare il foro mastoideo, piecolo assai, attraverso eui penetra nel cavo cerebellare, laddove sbocca sulla calotta durale cere- bellare, e seende sul verme laterale, esaurendosi per fini collaterali, anastomizzati coi rami distali dell’a. meningea cerebellare late- rale, dell’ istmo-cerebellare aborale, della temporo-meningea e colla branca cerebellare dell’a. meningea cerebrale laterale. A. meningea cerebellare laterale. E genericamente ammessa dalla maggior parte degli autori, i quali ritengono il comportarsi dell’ a. meningea cerebellare laterale del Gatto, omologo a quello dei Perissodattili. LEISERING, MÜLLER ed ELLENBERGER accennano alla sua piü frequente origine, dall’ oceipitale, nel punto di divisione della carotide primitiva. Bossı I’ha vista talvolta originarsi in comune col ramo cervicale superiore dell’ ocecipitale. Collaterale del tratto prossimale dell’ a. oceipitale, presso l’origine di questa, dirigendosi dorsalmente, satellite dell’ ipoglosso, essa, l’a. meningea cerebellare laterale, si porta, attraverso il foro condiloideo, nel eranio. Il suo eomportamento ulteriore non varia da quello si- nora deseritto nell’ Ungulata, salvo che lo spostamento dorsale del canale condiloideo non permette a questo mai di ricevere un ramo collaterale diretto del tronco prineipale, ma solo e sempre un col- laterale secondario della sua branca posteriore, destinata ad inoseularsi coll’ omologa opposta, sul dorso del bulbo rachideo. AA, meningee cerebro-ventrali. A. oftalmica. HormAnn e MARTIN ricordano J’a. oftalmica del Gatto, ammet- tendo che il suo sistema arterioso encefalico equivalga a quello del Cane. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 103 TANDLER descrive invece l’a. oftalmica, e la sua descrizione & pres- soche completa. Le nostre osservazioni dirette a tal proposito con- fermano quelle di TANDLER, per cui non abbiamo che a ripeterle: »Origina dalla communicans anterior e va col n. ottico nel- l’orbita. L’a. ophthalmica € generalmente esilissima; nei casi 0v’ essa era meglio sviluppata e ben iniettata, potevasi chiaramente di- mostrare la sua anastomosi colle aa. eiliari, originanti dall’ a. ma- xillaris interna, sul tragitto della rete mirabile orbitale«. Vogliamo solo aggiungere che, volendo ricondurre le aa. ciliari posteriori del Gatto, ai due tronchi eiliari, nasale e temporale, dei Ruminanti, come gia l’abbiamo prospettato pei Solipedi, noi dovremmo ammettere, anche pel Gatto, che l’a. oftalmica s’anastomizzi col tronco eiliare temporale, e che l’arteria generatrice dei tronchi sud- detti non possa che corrispondere al ramus bulbi di CAnxovA, ori- ginante dalla rete mirabile orbitale. A. meningea della falce. Ancorche la carotide interna sia stata, tra le aa. cefaliche dei Carnivori, quella dagli autori maggiormente studiata, pochi autori accennano all’ esistenza dell’ a. meningea della falce, sua collaterale. - STADERINI, gia come pel Cavallo e la Pecora, vuole ch’ essa sia arteria encefalica, piü esile che nel Cane, ma sempre destinata al lobo frontale ed olfattivo del cervello, ond’e ch’egli continua a chiamarla »ramo frontale«. HormaAnn la designa come ramus ethmoidalis. Non la ricordano REICHARD e JENNINGS, ma Bossı, parlando della cerebrale anteriore, dice di proposito »dopo aver dato l’arteria meningea anteriore destinata alla gran falce«, dimostrando cosi Vintendimento suo di ritenere l’a. suddetta come collaterale diretta del eircolo di WıLLıs, e non gia un ramo terminale anastomotico dell’a. meningea cerebrale orale, come l'intendeva nell’ Ungulata. Egli e perche, veramente, nel Felis domestica, l’a. meningea della falce assume uno sviluppo quasi eccezionale. Essa origina per*un tronco comune coll’ a. omologa, opposta, dalla cerebrale anteriore: tronco, destinato a seindersi nei suoi due terminali, quando raggiunge il ginocchio del eorpo cealloso. Ciaseun’a. meningea della falce, ancora tra gli emisferi, dopo breve tragitto orale, si suddivide poi in due nuovi rami, uno dei quali, proseguendo il suo tragitto orale, eorre alla faceia mediale dei lobi olfattivi, risolvendosi su questa in bellissima, fine rete. L/’altro, con tragitto dorsale, corre parallelo alla linea 104 Attilio Mensa del eorpo calloso; raggiunge il solco olfattivo, dal quale parte, per dirigersi aboralmente, a lato della falce eerebrale su eui corre tortuoso, ed espandersi lateralmente, con evidenti collaterali durali, corrispon- denti al lobo orbitario, al giro sigmoide, alle ec. sagittale ed ecto- sagittale. Raggiunge poi aboralmente la meta lunghezza o quasi della ce. sagittale, e s’anastomizza con tutte le aa. meningee cere- brali, eecezione fatta colla temporo-meningea, ridotta, com’e noto, & meningea cerebellare. Ancora nel Gatto dobbiamo registrare, tra i rami meningei cerebro-ventrali, quelli che provengono dal plesso carotideo, ramellini che si rendono sempre evidenti, originati, o direttamente dalla cere- brale anteriore, nel qual caso corrono poi lateralmente sulla dura della base cerebrale, o indirettamente dal eircolo arterioso di WILLIS, da quel complesso di anastomosi che la carotide interna incontra, endo- cranicamente, coll’a. meningea cerebrale laterale, col ramusorbitalis,ece. Assai piu interessanti tuttavia, pel loro significato, son ramellini, talora e uno solo, che, indipendentemente dall’ a. oftalmiea, corrono satelliti del nervo ottico, retrocedendo nel cavo cranico: proven- gono dal ramus orbitalis, o da uno dei rami della rete mirabile orbitale, e raggiungono la dura basale, diretti ai rami anteriori del eircolo di WırLLıs, sui quali sboccano. Essi abbandonano alla dura esili collateraliÄ, eorrenti a lato del chiasma. Accenno conereto di tale o di tali rami lo danno GURLT, LEISERING, MÜLLER, ELLEN- BERGER e BAUM. Detti autori sono concordi peraltro nel fare comuni- care i due rami opposti: il tronco impari risultante s’unirebbe poi alle a. ethmoidales (ELLENBERGER, Baum) od alle arterie del lobo ol- fattivo (GURLT, LEISERING, MÜLLER). Come quell’ anastomosi avvenga, non dicono gli AA. eitati, n& ELLENBERGER & BAUM preeisano quali siano le aa. ethmoidales. Abbiamo pero ragione di credere ch’ essi vogliano riferirsi alle aa. etmoidali, collaterali dell’ a. comunicante anteriore, analoghe a quelle descritte nel Cane, eol nome di aa. ethmoidales anteriores. Anche per l’arteria del lobo olfattivo (GURLT, LEISERING, MÜLLER) non abbiamo maggiori particolari. Cheeche sia, noi siamo convinti che «quell’ anastomosi possa avvenire con tutti i collaterali anteriori della cerebrale anteriore, non esclusa l’a. meningea della falce, la quale, in ogni caso, entre- rebbe sempre in unione con quei rami per collaterali secondari, allaccianti le arterie d’un lato con quelle del lato opposto. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiteri. 105 Sul significato di codesti rami ricorrenti, diremo ch’e nostro avviso ch’essi non siano altro che una ripetizione parallela dell’ anastomosi intereranica tra la carotide interna ed il ramus orbitalis (oftalmica interna di BELLARMINOW): questa avviene attraverso la fissura orbi- taria, quella attraverso il foro ottico, cosicche, nel Felis domestica, avremmo due serie di anastomosi intereraniche. AA, meningee istmo-cerebellari. Non ei & stato possibile di riscontrare che l’a. meningea istmo-cerebellare laterale, la quale si comporta come nel- l’ Ungulata. Fels tigris (Tav. IV, fig. 16). Le arterie meningee encefaliche del Fels figris, salvo limman- cabile carattere individuale, proprio d’ogni specie, presentano la piüu grande analogia con quelle del Felis catus domestica. Tra le differenze generali abbiamo: il maggior sviluppo della rete mirabile orbitale; l’obliterazione dell’ a. carotis interna; la so- stituzione di una rete mirabile periturgiea al plesso carotideo- del Felis catus domestica. 'Tra le differenze dei vasi meningei partitamente presi, spiecano invece quelle appartenenti all’ a. orbito-meningea, doppia nel Felis tigris. L’aborale — inferiore — ripete quella del Felis catus dom., anche per le condizioni del canale cranio-orbitale, salvo un percorso meno eurvo ed in direzione opposta, un maggiore sviluppo e, con- seguentemente, una maggiore espansione. L’orale — superiore — minore assai, origina essa pure dal ramo orbitale, quasi presso la sua entrata nel foro etmoidale; entra per un piceolo forame cranio-orbitale, scavato tutto a spese della por- zione orbitaria del frontale, e raggiunge la pachimeninge del lobo frontale, sotto il giro sigmoide, dove, dopo breve tragitto, si esau- risce sulla dura eorrispondente alla ce. ectosilviana anteriore e co- mune anteriore. L’a. meningea cerebrale laterale non presenta che lievi va- rianti di tragitto, in rapporto alla conformazione cranica del Fels bigris. Rieorderemo qui, per incidenza, che, analogamente al Felis catus dom., anche nella Tigre il tentorio osseo copre la faccia anteriore della rocca, ma in proporzioni minori, perche, mentre nel Gatto il 106 Attilio Mensa margine libero del tentorio eccede assai sul margine mediale della faceia anteriore della rocca, nella Tigre, quest’ ultimo appare ancora libero, sebbene per brevissimo tratto. Da ciö ne viene che, mentre nel Gatto l’a. meningea cerebrale laterale gia devia alla base della rocca, non potendo disporsi alla faceia posteriore del tentorio, che questa la eondurrebbe nella cavita cerebellare, nella Tigre, l’a. omonima, abbandonando il n. mascellare inferiore, s’inflette sotto il tentorio, tra la faccia posteriore di questo e l’anteriore della rocca, accosto al margine libero del primo. S’eleva cosi aboralmente e, varcato il livello del foro uditivo interno, devia ai lati per scorrere in un soleo scolpito sulla faceia anteriore del tentorio e su quella in- terna della squama temporale. L’ulteriore comportamento dell’ a. meningea cerebrale laterale s’accosta troppo a quello del Fels catus dom., perche noi dob- biamo descriverlo: le differenze son minime e facili a riconoscersi anche dalla figura.. Vogliamo solo aggiungere che quell’ arteria, prima di penetrare nel cranio, lancia ancora un collaterale eso- eranico, destinato alla rete mirabile orbitale. Avendo esaminato un unico esemplare, non ci & possibile riferire sull’ a. temporo-meningea, la cui esistenza neanche pos- siamo affermare. Nessun’ altra differenza corre per tutte le altre arterie: v’e identita assoluta di origine e di comportamento. Una considerazione sola puo interessare, ad onta che non si riferisea direttamente alle aa. meningee: essa riguarda la rete mira- bile endoeranica, connessa per altro alle prime, merc& le anastomosi che gia conoseciamo. Quasi equidistanti dall’ a. meningea cerebrale laterale e dall’ a. orbitale, nascono dall’ a. mascellare interna due arterie: esse corrono, in alto ed oralmente, all’ incontro della fissura orbitaria, che attraversano, e giungono nell’ endocranio a rafforzare colle loro suddivisioni la rete mirabile periturgica. In campo cosı vasto di anastomosi, quale noi l’abbiamo riscontrato nel Gatto e nella Tigre, potremmo agevolmente pensare a nuove anastomosi correnti tra le due reti mirabili, eso- ed endocranica, ma il carattere peculiare dei due rami suddescritti ce ne dispensa ed anzi ei econsiglia ch’essi ricordano meglio le aa. generatriei della rete mirabile, incontrate negli Artiodattili, sieche noi ei permettiamo di avanzare quest’ ipotesi, anche confortata dal fatto che tutto il sistema di anastomosi endo-, eso- ed intereraniche del Felis catus dom. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 107 si ritrova nel Fels tgris, indipendentemente dalle arterie summen- tovate. Felis pardus e Felis pardalis (da TANDLER). Le deserizioni generali del sistema arterioso cefalico di questi due animali avvicinandosi immensamente a quelle eoncernenti il Felis tgris, da noi studiato, ei permettono l’ipotesi che, ancor in queste specie del genere Feks, con molta probabilita almeno, possano tro- varsi condizioni consimili pel sistema arterioso meningeo encefalico. Che direttamente interessi il nostro lavoro, TANDLER dice solo dell’ a meningea istmo-cerebellare aborale, e dell’ a. oftalmica, intrattenendosi sulla quale, avverte di non poter con- eludere se formi o no l’a. centralis retinae. Fam. Viverridae. Subfam. Viverrinae. Gen. Viverra. Viverra xibetha (da TANDLER). Per le corelusioni nostre non vale che l’esistenza dell’a. occi- pitale, la quale si comporta tipicamente. Ci e di interesse, inoltre, la deserizione dell’ a. oftalmica, la quale »mit dem Nervus opticus in die Orbita zieht und wahrscheinlich bloß die Arteria centralis retinae abgibt.« Essa origina dal ramus anterior della carotis interna. Gen. Hemigalus (= Viverra). Hemigalus Hardwickei Bojei (da TANDLER). Sistema arterioso cefalico di comportamento analogo a quello della Viverra zibetha. E naturale perciö trarne le stesse precedenti conelusioni. Fam. Hyaenidae. Subfam. Hyaeninae. Gen. Hyaena. Hwyaena striata (Tav. IV, fig. 17.) Carattere differenziale generale del sistema arterioso meningeo encefalico della Iena, riferito a quello del Felis catus dom., & il maggior calibro di tutti i rami meningei, ed il maggior sviluppo delle reti mirabili. Sull’ origine v’e corrispondenza perfetta. Di earattere peculiare invece e lo sviluppo quasi eccezionale dell’ a. orbito-meningea, capace di simulare, a prim’ acchito, l’a. meningea cerebrale laterale; 108 Attilio Mensa poi, una piu sensibile espansione cerebrale dell’ a. meningea cerebrale orale; ed in seguito: uno sboeco piu ventrale, sul verme mediano del cervelletto, del- l’a. meningea cerebellare dorsale, corrispondentemente al suo maggior calibro; un piü distinto collaterale dell’ a. meningea cerebellare late- rale, destinato al canale condiloideo: ramo temporale degli Artio- dattili; esso riesce novamente nel cavo cerebellare, sulla dura del verme laterale, attraverso il forame anteriore del suddetto canale; l’a. oftalmiea, infine, € rudimentale. Il comportamento delle aa. meningee encefaliche della Iena, eonsiderate nel loro insieme e sempre riferite a quelle del Gatto, ayra con queste una corrispondenza quasi assoluta quando si sposti, sulla faceia laterale dell’ emisfero, tanto aboralmente l’a. orbito- meningea del Felis catus dom. sino alla ce. ectosilviana posteriore; ed al suo tratto prossimale cosı allungato si aggiungano collaterali dorsali, tra i quali uno maggiore, a tragitto tortuoso, ramificato sulla dura, avanti la ce. di Silvio. > La sola questione dell’ a temporo-meningea va qui trattenuta, per esser troppo indecisa, in ragione del materiale che ci e mancato. Tutte le aa. meningee, le maggiori in particolare, lasceiano solchi molto impressi sulle pareti endocraniche. Fam. Canidae. Subfam. Caninae. Gen. Canis. Canis familiaris (Fig. 3 e Tav. IV, figg. 18 e 19.) Pel Canis familiaris vale la stessa letteratura del Fels catus dom.;, va rieordata tuttavia la particolare insistenza di HOFMANN sulla maggior proprieta di conferire, all’a. meningea della falce, il nome di ramus ethmoidalis, ad onta ch’ essa raggiunga la falce cerebrale; e la descrizione che ELLENBERGER e BAum dänno del- l’a. »meningea anteriore«, collaterale dell’ a. cerebrale anteriore, accanto all’ a. etmoidale anteriore, collaterale dell’ arteria del corpo calloso, cosi che ritroviamo nel Cane la »meningea anterior« dei Solipedi, gia omologata alla nostra a. meningen della falce. Analogamente a quanto rileva Bossı pei Carnivori domestici, anche ELLENBERGER e BAum affermano la possibile origine in comune dell’ a. meningea cerebellare laterale colla branca cervi- cale superiore dell’ a. oceipitale.. E, sempre per questi autori a. meningea cerebellare dorsale puö essere collaterale dell’ a. basilare del cervello. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 109 MARTIN riporta le stesse descrizioni di ELLENBERGER e Baum. CHAUVEAU, ARLOING € LESBRE, a cui s’associano anche VARALDI e MOoNnGIARDINO, ritengono che dall’ a. cearotide esterna s’origini »un’ arteria che rappresenta il ramo meningeo della prevertebrale! del Cavallo, e che s’eleva, deserivendo delle flessuosita, a lato del faringe, per andare ad unirsi all’ ansa carotidea, a livello del foro carotideo«. * * * A differenziare il sistema arterioso meningeo encefalico del Canis fam. da quello del Felis catus dom. intervengono puramente le condizioni osteologiche del eranio, considerate attraverso il loro assetto conformativo: la presenza del canalis alaris; l’estrema riduzione del tentorio osseo, eonfrontato con quello del Gatto, sviluppatissimo; il canale temporale maggiormente sviluppato; la eomunicazione evidente di questo col canale condiloideo, la quale porta con se interessanti comunicazioni arteriose; il eanale condiloideo in comunicazione diretta col foro condi- loideo, per un canalicolo trasverso, alle sue dipendenze; una maggiore incostanza nella posizione del canale eranio-orbi- tale, la cui apertura esterna, talvolta, trovasi in corrispondenza della sutura parieto-frontale, sempre sul limitare della fossa orbitaria e temporale; tal’ altra, avanti la sutura sfeno-frontale (ala temporale dello sfenoide), od ancora, piu direttamente, su questa sutura: il canale viene a farsi pereio a spese del frontale e parietale, o del- l’ala temporale dello sfenoide, ma la differenza & sempre lieve; la presenza di un solco petro-squamoso, in corrispondenza del margine laterale della faceia anteriore della rocca, destinato ad ac- cogliere l’a. meningea cerebrale laterale di eui ne abbrevia il corso. Le sunnominate prineipali differenze osteologiche, a prim’ acchito notevoli, non portano con loro che appena lievi modificazioni sul tragitto delle aa. meningee, le quali, pel resto dei loro caratteri, hanno un comportamento perfettamente analogo a quelle del Gatto, in ordine alle loro origini od al loro numero. Variano invece le anastomosi, ridotte assai nel Cane, corrispondentemente alla riduzione del plesso carotideo, alla cui semplifieazione coinecide la mancanza della rete mirabile esocranica, endocranica ed orbitale (fig. 3). - 1) a. meningea cerebellare laterale. 110 Attilio Mensa Enuneciamo quindi le differenze riscontrate tra le aa. meningee del Canis fam. e quelle del Felis catus dom. Eeeole: maggior sviluppo dell’ a. meningea cerebrale orale e rela- tiva maggiore espansione sulla dura del lobo frontale. In un caso, tale arteria correva, prima di espandersi sulla dura frontale del cervello, in un canalicolo osseo scavato nello spessore dell’ etmoide, aboralmente alla fossa etmoidale; corrispondente diminuzione di calibro dell’a.orbito-meningea, collaterale costante del ramus orbitalis: nasce vicinissimo all’ a. lacrimale, meno sovente in comune; enorme sviluppo dell’ a. meningea cerebrale laterale, la quale ha distinte ramificazioni per i due terzi posteriori della faceia laterale dell’ emisfero cerebrale. Comunemente suole dividersi in due terminali, non appena raggiunta la ce. ectosilviana o quando sta per raggiungere l’ecto-sagittale (Tav. IV, fig. 18): la branca orale, diretta oralmente, avanza sul solco erueiale; ’aborale raggiunge il polo cerebrale corrispondente, sulla cui dura s’espande. Ma non raramente essa meningea corre indivisa sino alla falce cerebrale (fig. 19), attraversando tutta la facceia laterale dell’ emisfero: per eui la divisione terminale, costante nei suoi due rami, orale ed aborale, avviene sulla falee. I suoi rami collaterali sono sempre d’una ricchezza meravigliosa: essi corrono sempre in solchi ossei pro- fondissimi, ridotti sovente, per brevi tratti, a veri canali. Questa meningea meriterebbe una descrizione ben piü minuta del suo decorso e di tutte le sue varianti, ma non ci nascondiamo che ci allontaneremmo di troppo dal nostro compito: diamo pertanto le due figure accennate come quelle che dimostrano, convenientemente, i due tipi pitı eostanti di comportamento dell’a. meningea di eui ® questione. Aggiungeremo inoltre, perche di singolare interesse, che noi abbiamo riscontrato alcune volte effettuarsi la divisione terminale dell’ a. meningea cerebrale laterale, gia nel suo tratto prossimale, cosi che la branca aborale restava quasi esclusivamente cerebellare. Tra le sue anastomosi nuove annovereremo quelle ch’essa contrae coll’ a. temporo-meningea, attraverso i fini forellini o canalicoli della parete interna del canale temporale; per le altre non v’e differenza di sorta. L’a.temporo-meningea, a cagione del maggior sviluppo del canale temporale, dimostrasi anch’ essa maggiore: entra in ana- stomosi coll’ arteria precedente e, per le relazioni ossee tra il eanale temporale ed il eondiloideo, eomunica ancora, merc® un ramo ana- Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 111 stomotico, coll’ a. meningea cerebellare laterale; mantiene invece le solite anastomosi coll’ a. meningea cerebellare dorsale e coll’ istmo- cerebellare aborale. Sulle aa.meningee cerebellari, cerebro-ventraliedistmo- cerebellari non c’e differenza che meriti considerazioni speeiali. Avvertiamo solo che, sovente, l’a. meningea istmo-cerebellare aborale origina direttamente dall’ a. oceipitale e che, tra i suoi col- laterali esterni, non raramente, sonvi parecchi rami muscolari. Se- condariamente, avendo noi sempre riscontrata l’a. meningea istmo- cerebellare aborale tipica, non sapremmo mettere in relazione, coi fatti nostri, l’asserto di ÜHAUVEAU, VARALDI @ MONGIARDINO sul ramo collaterale dell’ a. carotide esterna ch’ essi vorrebbero rappresentante la »branca oceipitale« dell’ a. »prevertebrale«, branca che, colla nostra nomenclatura, equivale appunto all’ a. meningea istmo-cerebel- lare aborale; ma sia detto che CHAUVEAU ecc. non avvertono ch’ essa entri nel eranio, pel foro lacero posteriore, onde l’equivalenza am- messa non puo che restar dubbiosa. L’a. centralis retinae e stata oggetto nel Cane dei non lievi errori che noi gia conosciamo: ricordiamo ancora, tuttavia, che BELLARMINOW ed i suoi seguaci ammettono ch’ essa origini dal- l’anastomosi intereranica eorrente tra il ramus orbitalis e la carotis interna, anastomosi alla quale essi — dimenticando la vera a. of- talmica, collaterale della carotis interna e destinata alle aa. eiliari posteriori — hanno dato il nome ed il valore di »a. oftalmica in- ternas. Ma sull’ argomento delle anastomosi eraniche, collegate alle aa. meningee encefaliche, vogliamo dire piü ampiamente, pro- spettandone i loro nessi ed i loro valori. La fig. 3, schematica, giovera molto alla nostra dimostrazione. La carotide interna lancia, attraverso la fissura orbitalis, l’ana- stomosi ad al ramo orbitale: questa anastomosi, collegando arterie eso- ed endocraniche, costituisce per noi un’ anastomosi inter- eranica. Essa corrisponde all’ oftalmiea interna di BELLARMINOW; origina dall’ a. carotis interna, a lato della sella turgica, e sbocca sul ramus orbitalis, presso la sua origine o poco discosto da questa. A noi toced anche di vedere detta anastomosi sboceare non piu sul ramo orbitale, ma sul tronco delle aa. eiliari, nascendo queste, anziche dal ramo orbitale, per un tronco comune a questo (fig. 3, lato destro), dall’a. mascellare interna. L’anastomosi si complica col ricevere un ramo (c) dall’ a. meningea cerebrale laterale, ramo, 112 Attilio Mensa il quale s’incontra sovente coll’ anastomosi intereranica, ancora nel- l’endocranio (fig. 3, lato destro), ma neanche infrequentemente, fuoriuseendo per la fissura orbitaria col n. mascellare superiore, la raggiunge all’ esterno (lato sin. fig.): correndo paralleli, i due rami si lJaneiano Fun l’altro anastomosi trasverse (ra). L’a. meningea cerebrale laterale poi, per collaterali diretti o cı EL = cl Ko EN cc SE Canis familiaris. Anastomosi meningee della base cranica. mi a. mascellare interna; cl a. menin- gea cerebrale laterale; ro ramus orbitalis; cc aa. eiliari; ci carotide interna; ai anastomosi inter- eranica carotido-orbitale (oftalmica interna di BELLARMINOW); c anastomosi tra la cl e ai; g ana- stomosi tra la c e la ci; a anastomosi tra la cl e la ci; ra anastomosi trasversa tra la c e la ai; o branca arteriosa di rinforzo all’ a, oftalmica; er a. oftalmica; rd ramo dorsale dell’ar; rm rm rami durali earotidei; ac apertura ant. condotto pterigoideo; fo foro ovale; for apertura esoeranica della fissura orbitalis; no nervo ottico, mercee eollaterali partenti dal ramo anastomotico suddeseritto, si ana- stomizza coll’ a. carotide interna (g; a): trovasi percio a lato della sella turgica, tra questa e la fossetta ottica, un complesso di rami anastomotiei, i quali ricollegano perfettamente l’a. carotide interna Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 113 al ramo orbitale ed alla meningea cerebrale laterale. Abbiamo visto, nel Gatto, di quanto queste anastomosi fossero superiori, a cagione delle reti arteriose, mancanti nel Cane. Sulla questione dell’ a. centralis retinae, ei sian concesse, adesso che un po’ di luce s’e fatta sulle complesse anastomosi della base encefalica, ancora due parole, Crediamo d’aver gia dimostrato convenientemente ch’ essa, l’a. centralis retinae, non possa essere una dipendenza od una emanazione dell’ a. oftalmica interna di BELLARMINOW, ne anche dell’ a. oftalmica, non sempre cosı sviluppata da assieurarle lesi- stenza, sicch& quella trae aiuto dal ramus orbitalis, ricorrendo al- l’ anastomosi colle aa. ceiliari posteriori. Dell’ a. oftalmica, anche nel Cane abbiamo gia detto, rife- rendola a quella del Felis catus dom.: ci deve intrattenere ora la questione di BELLARMINOW, di per se semplice, ma sovente resa troppo complicata. Che cosa ammetta BELLARMINOW ci ®& noto: egli vuole che l’a. centralis retinae, nel Cane, origini esclusivamente dalla sua »oftalmiea interna«. Confessiamo che, prima ancora di consultare TANDLER, che molto ha studiato la questione, noi avevamo gia lungamente cercata la so- luzione del quesito, ammessa l’abbondanza di materiale di cui potevamo disporre. Ed eravamo venuti nella convinzione che l'a. oftalmica restasse immutata, in tutto il suo significato: collaterale del ramus anterior della carotis interna, satellite del nervo ottico, cedente ceollaterali meningei, e destinata all’ orbita. Anch’ essa contrae ana- stomosi colle aa. ciliari posteriori, cosi come nel Gatto, sieche, anche pel Cane, diremo col tronco eiliare temporale, secondo la nomen- clatura di Canova. Ma tutto eiö non ei scioglieva il quesito, Vo- lemmo pereiö continuare le nostre ricerche, e siamo venuti nella convinzione che, talvolta, a rafforzare l’a. oftalmica intervenga un ramo, proveniente dall’ anastomosi intereranica carotido-orbitale, 1a cosı detta »a. oftalmica interna« di BELLARMINOwW. Ci veniva percid facile di pensare che, BELLARMINOW e VIRCHOW, il quale ha riferito sulle ricerche del primo, avuta conoscenza del ramo di rinforzo di eui sopra, incostante, non si siano curati mai del ramo di pro- venienza carotidea che se mai, per la sua costanza e per le sue anastomosi colle aa. eiliari posteriori, era l’unica branca arteriosa, a carattere fisso, che potesse intervenire alla costituzione dell’ a. cen- tralis retinae. Morpholog. Jahrbuch. 46. ; 8 114 Attilio Mensa L’ineostanza di quel ramo di rinforzo ce l’ha confermata un ultimo caso, che non poteva essere meglio adatto alla dimostrazione. E il caso che abbiamo riportato in schema alla fig. 3. Sopra uno stesso cranio, a destra (sin. della fig.) l’a. oftalmica era rafforzata dal ramo 0 eollaterale dell’ anastomosi intereranica carotido-orbitale; & sinistra invece le nostre piu minute, rigorose ricerehe non sono riuseite a dimostrare tale ramo: esso mancava e l’a. oftalmica era data tutta dall’ a. comunicante anteriore, senza alcun intervento di altri rami accessori. Oceasione piü bella non poteva capitareci per confermare la verita di eid che era nostra convinzione, che cioe, la branca arteriosa che BELLARMINOW ritiene centralis retinae non sia che un’ anastomosi tra l’a. oftalmiea, la vera oftalmica, e l’anastomosi intereranica caro- tido-orbitale, o, volendo altrimenti, una branca di questa destinata a rafforzare la prima. L’a. oftalmica, concepita alla stregua di BELLARMINOW e VIRCHOW, avrebbe anche perduto del suo carattere e del suo valore morfologico, originando all’ infuori della carotide interna, mentre la vera a. oftal- mica da noi dimostrata conserva integro tutto il suo significato. TANDLER ci ha preceduti nelle sue conclusioni a questo riguardo, conelusioni generiche se vogliamo, ma perfettamente analoghe alle nostre. Anch’ egli pensa che BELLARMINOW non abbia visto l’a. oftal- mica, eosı ch’® indotto a scerivere: »Auch BELLARMINOW scheint die eigentliche arteria ophthalmica und deren Vereinigung mit dem eben beschriebenen Gefäße übersehen zu haben«. (Queste dimostrazioni date, erediamo risolta la questione di cui sopra, per la quale vogliamo ancora aggiungere che l’anastomosi intereranica lancia rami consimili a quello di rinforzo, equivalente alla centralis retinae di BELLARMINOW, lungo il suo tragitto, anche indipendentemente da anastomosi con altri vasi: rami meningei; e che, d’altro canto, & ormai rigorosamente dimostrato che l’origine dell’ a. centralis retinae non avviene nell’ endocranio, legata comec- chessia alla carotide interna od all’ anastomosi intereranica carotido- orbitale, ma sempre nella eavita orbitaria; sieche per nessuna ragione, oramai, dovremmo ammettere l’a. centralis retinae di. BELLARMINOW, intesa come collaterale endocranica dell’ anastomosi carotido-orbi- tale; ed in ogni modo, anche l’a. oftalmica non vorrebbe mai con- fusa con quella. « Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 115 Canıs lupus (da TANDLER). TANDLER, studiando il sistema arterioso cefalico del Canis lupus, non ha trovato condizioni speciali che lo differenzino dal Canis fam.; ha notato solo un maggiore sviluppo del ramo anastomotico tra la maxillaris interna (?) e la carotis interna; per contro, l’a. oftalmica non era cosi sviluppata come nel Cane, ne gli riusch di dimostrare le stesse relazioni anastomotiche. Volendo trarre qualche conclusione pel sistema arterioso meningeo encefalico del Canis lupus, non potremmo che avanzare l’ipotesi ch’esso trovi corrispondenza con quello del Canis fam., analogamente alla dimostrazione di TANDLER sull’ analogia dei loro due sistemi arteriosi eefalici. Fam. Mustelidae. Subfam. Melinae. Gen. Meles. Meles taxus (Tav. IV, fig. 20). Che a noi interessi, del Meles taxus, TANDLER non dice che dell’ anastomosi intereranica tra la earotide interna e la maxillaris interna, e dell’ a. oftalmica, rudimentale, la quale genererebbe tut- tavia l’a. centralis retinae. * * Il sistema arterioso meningeo encefalico del Meles taxus, con- siderato nel suo insieme generico, corrisponde a quello del Canis fam. e del Felis catus dom.: erediamo perciö di doverne limitare la deserizione al puro necessario, dicendo appena dei suoi caratteri differenziali. Tra le caratteristiche dell’ a. meningea cerebrale laterale e dell’ a. orbito-meningea va segnalata un’ anastomosi trasversa endocranica, di calibro considerevole, unente i loro tratti pros- simali. L’anastomosi intereranica cearotido-orbitale, doppia in origine, mantenevasi tale sino all’ uscita del canalis alaris ed a partire da questo congiungevasi in un tronco unico, il quale si gettava sul ramo orbitale. L’anastomosi diretta carotido-mascellare, tra la carotide interna e la mascellare interna, come l’ammette 'TANDLER, non esiste per noi: ammenoche l’anastomosi intereranica prima descritta, la caro- tido-orbitale, non "costituisse, pel caso nostro, un’ eccezione, colle- gando essa la carotide interna al ramo orbitale, anzich& all’ a. mascel- 8+ 116 Attilio Mensa lare interna. Ma non vogliamo credere a ciö, per la semplice ragione che l’anastomosi carotido-orbitale del Tasso corrisponde perfetta- mente all’ anastomosi intereranica degli altri Carnivori da prima stu- diati. Come nel Cane, esiste l’a. temporo-meningea, ma sempre ridotta a semplice a. meningea cerebellare: troviamo ancora la sua anastomosi coll’ a. meningea cerebrale laterale e cerebellare dorsale. Questa ha uno sboceo piu dorsale, sulla dura del verme mediano, e per eio un tragitto discendente. Piü che nel Cane, spieca il canale condiloideo, ed il ramo tem- porale, eollaterale dell’ a. meningea cerebellare laterale. L’a. meningea istmo-cerebellare aborale si comporta, per lorigine, come nel Gatto. Tutto il sistema arterioso meningeo encefalico del Tasso & singo- lare per le sue ramificazioni. Salvo le piecole note differenziali ora dette, ripetiamo, esso ri- pete fedelmente il sistema analogo del Gatto ed ancora piu quello del Cane. Subfam. Mustelinae. Gen. Mustela. Mustela foina (Tav. IV, fig. 21). Per la Mustela foina valgono le stesse considerazioni svolte a proposito del Meles tawus. Vogliamo tuttavia riconoscere e rieordare il maggiore sviluppo che prende l’a. orbito-meningea, caratteristica per la sua espan- sione orale, interessante quasi tutta la metä anteriore della dura cerebrale; eondizione che si riflette sull’ a. meningea della falce, la quale & eostretta a cedere molti dei suoi rami collaterali alla dura dei lobi olfattivi, anziche a quella del lobo frontale del cervello. D’un interesse particolare & poi l’anastomosi esocranica che, at- traverso il canalis alaris, collega direttamente i tratti prossimali del- l’a. meningea cerebrale laterale e dell’ a. orbito-meningea: anastomosi, la quale intercetta quella intereranica carotido-orbitale, lasciando che questa s’arresti sulla prima, anziehe correre al ramo orbitale. Non ei & riuseito di trovare l’a. temporo-meningea, nE Pos- siamo dire rigorosamente del ramo temporale, percorrente il canale condiloideo. s Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 117 Fam. Ursidae. Subfam. Ursinae. | Gen. Ursus. Sottogen. Thalassaretos. Ursus thalassarctos maritimus (Tav. IV, fig. 22). Anecora per !’Ursus maritimus si ripete, naturalmente ingrandito assai, il sistema arterioso meningeo encefalico riscontrato nei Carni- vori in genere, e nel Canıs fam. in ispecie. Fanno eccezione: uno spostamento dorso-orale dell’ a. orbito-meningea, col- laterale del ramus orbitalis, succedente all’ origine dell’ a. lacri- male; il calibro eccezionale dell’ a. meningea cerebrale laterale, la quale, tra i suoi collaterali endocraniei, annovera il ramo cerebellare, riscontrato nel Fels catus dom.; questo ramo cerebellare origina a sua volta il ramo auricolare interno, sostituendo in ciö l’arteria meningea cerebrale laterale; i solehi meningei alla faceia endoeranica delle ossa cefaliche sono sviluppatissimi, corrispondentemente al calibro delle aa. me- ningee, della cerebrale laterale in particolare; aneora questa si collega all’ anastomosi intereranica carotido- orbitale, non potuta stabilire esattamente da TANDLER; dell’ a. temporo-meningea non ci & stato possibile seguirne l’origine; lo spostamento aborale dell’ a. meningea cerebellare dorsale ed una ceorrispondente maggior espansione della laterale, tra i eui collaterali annovera rami per il floceulo; notevole riduzione dell’ a. istmo-cerebellare aborale, quasi esclusivamente destinata alla dura dell’ istmo; la. oftalmica non riceve anastomosi di sorta, ma cede tut- tavia fini collaterali meningei alla dura basale del cervello, ‘ed alla vagina durale ottica. Gen. Helarctos. Helarctos malayanus (da TANDLER). Che a noi interessi, non & segnalata che la presenza dell’ a oftalmica, esilissima e rendentesi all’ orbita eome a. centralis re- tinae. Per tutto il resto della deserizione di TANDLER, non v’e' coga che riguardi le aa. meningee encefaliche. rs Attilio Mensa Subfam. Ailurinae. Gen. Arectietis. Arctictis binturong (da TANDLER). Vale per l’Arctictis binturong quel poco che noi abbiamo detto a proposito dell’ Helarctos malayanus. Anche qua non € possibile di rieavare altre nozioni di maggior interesse. Riassunto. E sorprendente l’assetto del sistema arterioso meningeo encefa- lico dell’ ordo Carnivora, in tutti i suoi rappresentanti, cosı uniforme, cosı uguale. Le grandi differenze non interessano troppo le aa. meningee en- cefaliche, eosi che queste non s’allontanano mai dal tipo comune: esse sono morfologieamente stabili. Il eireolo arterioso di WırLıs, ad esempio, muta per se di contro alla mutabilitä della carotis interna, ma non cangia mai rispetto alle aa. meningee ad esso collegate, sia esso costituito dalla carotis in- terna, o dall’a. vertebralis, od ancora dall’ a. cerebro-spinalis: l’a. meningea della falcee e l’a. oftalmiea originano sempre dal suo tratto anteriore, si chiami questo a. communicans anterior, ramus anterior della carotis interna, od anastomosi anteriore ricorrente tra i plessi o reti mirabili laterali. Di queste particolari origini s’interessa in modo speeiale TANDLER, sieche noi tralasciamo, per non ripeter cose note. Vogliamo conelu- dere piuttosto sulle maggiori differenze che piü facilmente colpi- scono il sistema di anastomosi eso- endo- ed intereraniche, anasto- mosi correnti tra la carotide interna od il eircolo arterioso di WILLIS, il ramo orbitale, la meningea cerebrale laterale e l’a. mascellare in- terna. Tutta una scala & possibile. L’anastomosi intereranica di BELLARMINOW, quella che noi ab- biamo definita come anastomosi earotido-orbitale per quegli animali il eui eircolo di WırLıs & dato dall’ a. carotide interna, & costante: la sua via & la fissura orbitalis. Non v’e eecezione, ammenoche& si voglia elevare a tale il dubbio manifestato da TANDLER sull’ Arc- tietis binturong, in cui non & riuseito a dimostrare un’ anastomosi ben sviluppata. : L’ugual dubbiezza che regnava sull’ Ursus maritimus non ha piü ragione d’esistere ora, che col caso nostro abbiamo resa evidente Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 119 quell’ anastomosi, collegata anzi ad una seconda proveniente dall’ a. meningea cerebrale laterale. Col moltipliearsi di queste anastomosi, sempliei nelle famiglie Canidae, Mustelidae e Ursidae, si giunge ai plessi ed alle reti mi- rabili, talora spieeate, delle famiglie Felidae e Hyaenidae. La famiglia Viverridae si mantiene piüu tra le prime che tra le seconde. Il eomportamento delle aa. meningee, in ordine alle loro origini, resta immutato anche attraverso le modificazioni di eircolo ora ac- cennate. Ove l’a. mascellare interna si svolga in rete mirabile (Felis catus dom.), l’a. meningea cerebrale laterale origina sempre dai suoi rami corrispondenti. Analogamente, anche quando il ramus orbitalis ha eeduto il posto ad una rete mirabile orbitale (Felis catus dom., Fels tigris, Hyaena striata ece.), l’a. orbito-meningea trova sempre nei rami della sua rete l’origine: come tronco unico (Fels tigris, Hyaena striata) o per due rami convergenti (Felis catus dom.). E eosi per le aa. meningee cerebro-ventrali. Le arterie meningee mantengono sempre, tra di loro, un equi- librio costante, sensibilissime al maggior o minor calibro che per avventura una meningea acquistasse. Osserviamo ad esempio l’a. meningea cerebrale orale, nei Felidi: essa & esilissima, ma a cid v’& eontrapposto il maggiore sviluppo del- l’a. meningea della falce, la quale parteeipa estesamente all’ irro- razione della dura frontale del cervello, per quella parte cioe non effettuata dall’ a. meningea cerebrale orale. La Mustela foina ripete ancora il easo dei Felidi, ma la Hyaena striata, il Canıs fam. ed il Meles taxus rappresentano invece l’ordine inverso: il maggior svi- luppo tocea all’ a. meningea cerebrale orale. La quale ha per tutti i Carnivori la stessa origine, dall’ a. etmoidale, ed un comportamento pressoch& analogo. L’a. orbito-meningea e& costante in tutti i Carnivori studiati; non ha eecezione aleuna che riguardi la sua origine od il suo com- portamento; nasce immutabilmente dal ramus orbitalis, quasi sempre accosto all’ origine dell’ a. lacrimalis, il quale fatto non & di lieve interesse per ravvieinarla all’ a. omologa dell’ Ungulata. Il ramus orbitalis e suseettibile di svolgersi in plesso od in rete mirabile (Felis catus dom., Felis tigris ece.): l’a. orbito-meningea nasce allora da collaterali di questa rete. Essa arteria raggiunge uno 120 Attilio Mensa sviluppo enorme nei Felidi, ma in modo De eccezionale quasi, nella Hyaena striata. I singolari nessi che l’a. orbito-meningea contrae coll’ a. me- ningea cerebrale laterale, associati alla sua origine costante dal ramus orbitalis, valgono a confermarle tutto il suo signifiecato mor- fologieo, di arteria cioe, rappresentante il tratto distale del ramo superiore della stapedia, perdutasi nel suo tratto prossimale e medio. In ragione di eio non deve sfuggirei il valore delle anastomosi col- leganti i tratti prossimali delle arterie suaccennate: endocranica nel Meles taxus ed esocranica nella- Mustela foina. L’a.meningea cerebrale laterale non € meno costante delle prime: il suo sviluppo, grande in tutti i Carnivori, si fa enorme nel Canis fam. e nel Meles taxus; eccezionale addirittura nell’ Ursus maritimus. Essa origina costantemente dall’ a. maxillaris interna ed € importante il suo ramo cerebellare, sviluppatissimo nel Fels catus dom., Felis tigris, Ursus maritimus, meno nella Hyaena striata. V’e perfetta corrispondenza, in tutti i Carnivori, pel ramo auri- colare interno e per quelli destinati al ganglio di GASsER, al trigemino, alla tenda, rami, come sappiamo, tutti collaterali dell’ a. meningea cerebrale laterale. Anche la sua anastomosi con quella intereranica & eostante; meno invece quelle coll’ a. temporo-meningea. L’a. temporo-meningea, collaterale dell’ a. temporalis super- fieialis, s’arrende alle sorti del canale temporale: alla riduzione di questo, ve ne corrisponde una sua, parallela; sovente non c’& che la rappresentanza, od altrimenti passa dalle meningee cerebrali, alle cerebellari. Ridottissima nel Gatto essa & maggiore nel Cane, cor- rispondentemente al maggior sviluppo del suo canale temporale, sicch& riaequista tutte le sue tipiche anastomosi, non esclusa quella col ramo temporale, pereorrente il canale condiloideo. E presente ancora nel Tasso e nell’ Orso, ma per gli altri Oarnivori non pos- siamo assicurarne l’esistenza. Le aa. meningee cerebellari, costanti collaterali dell’ a. oc- eipitale, seguono appena con lievi varianti il comportamento proprio di queste arterie. L’a. meningea cerebellare laterale, pel suo ramo tempo- rale, in conformitä del eanale eondiloideo, molto s’accosta a quella degli Artiodattili. Non v’& eccezione sensibile tra i vari Carnivori. Delle aa. meningee cerebro-ventrali restano immutate va. meningea della falce e l’a. oftalmica, sempre originarie dal eircolo di Wıruıs. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 121 Lo sviluppo della prima & grande: rieordiamo la presenza, in tutti i Carnivori, del suo ramo collaterale, corrente tra gli emisferi, prima, e tra i lobi olfattivi poi: ramo tanto cospicuo che, nel Cane, prese da ELLENBERGER e Baum il nome di a. etmoidale anteriore. Tuttavia, non hanno minor importanza i rami durali per la falce e per la dura frontale del cervello. L’a. oftalmica & costante, d’origine carotidea o del eircolo di Wiıruıs. Essa & rafforzata nel Canis fam. da un ramo proveniente dall’ anastomosi intereranica earotido-orbitale, e cede sovente ramel- lini meningei destinati alla dura del chiasma ed alla vagina durale del nervo ottico. Noi riteniamo ch’ essa non scenda mai al valore di sola a. cen- tralis retinae, come lo vorrebbe TANDLER, per aleuni Carnivori, in ordine al suo ridottissimo calibro: essa mantiene immutato il suo ef- fettivo valore di a. oftalmiea, accedente all’ orbita, satellite del nervo ottico, ed anastomizzantesi, quando il suo calibro glielo consente, colle aa. eiliari posteriori, 0, volendo preecisare, per quanto ce lo permettono le nostre rieerche, col tronco ciliare temporale di ÜANOVA. Ai rami meningei della dura basale, provenienti dalle aa. sum- mentovate, o dal complesso di anastomosi epidurali deseritte, vanno aggiunti, nel Felis catus dom., i rami meningei provenienti dai rami ricorrenti, collaterali del ramus orbitalis, i quali, satelliti del n. ottico, per lo stesso foro, retrocedono nel cavo cranico. Delle aa. meningee istmo-cerebellari non possiamo con- fermare, per tutti i Carnivori, che l’a. meningea istmo-cerebellare aborale: collaterale dell’ a. meningea cerebellare laterale e talora dell’ a. oeeipitale (Canıs fam.). Nessuna traceia mai abbiamo tro- vato invece dell’ a. meningea istmo-cerebellare orale, ma questa con- dizione, non infruttuosamente, noi la possiamo riferire allo sviluppo enorme della bolla timpanica, accentuatissimo in tutto l’ordine dei Car- nivori; il quale sviluppo avrebbe impedito all’ esile a. meningea istmo- cerebellare orale di portarsi anteriormente, per seguire la sua via nor- male di penetrazione, quasi ocelusa del resto, com’ & ben noto, giacche il foro lacero anteriore s’e ridotto quasi esclusivamente al forame carotideo. Alla facile ipotesi che. ci siamo prospettati, ch’ essa possa esi- stere nel periodo di vita embrionale e poi scompaia nell’ adulto, non possiamo rispondere, non avendo noi potuto raccogliere aleuna traceia di quest’ arteria, che significasse il suo rudimento. 122 Attilio Mensa Ordo Pinnipedia. Di quest’ ordine, non potremo esporre che le brevi eonelusioni tratte dalle ricerche di TANDLER sulle arterie cefaliche della Phoca vitulina e dell’ Otaria jubata, non avendo avuto mezzo alcuno di procurarei un Pinnipede, per un piü minuto esame del suo sistema arterioso cefalico: vogliamo pero avvertire che le conelusioni a eui verremo non saranno affatto prive di interesse. Fam. Phocidae. Subfam. Phoeinae. Gen. Phoca. Phoca vitulina (da TANDLER). Serive TANDLER, a proposito dei rami collaterali del ramus orbitalis: »Außer diesen orbitalen Ästen (vuol riferirsi all’ a. lacrimale, etmoidale, frontale, ed ai rami muscolari dell’ orbita) sind noch zwei Aste morphologisch beachtenswert. Dort, wo die Arteriae frontalis und ethmoidales abgehen, kehrt ein starker Ast oberhalb des ersten Astes des Trigeminus in die Schädelhöhle retour und bildet die Ar- teria meningea media, so daß also bei diesem Tiere die Arteria meningea media aus der Orbita stammt. Dieses Verhältnis ist dahin zu erklären, daß nur der proximale Abschnitt des stapedialen Ge- fäßes zugrunde ging, während der distale, mit dem Ramus orbitalis der Maxillaris interna in Verbindung getreten, sich erhalten hat.« Riferiscee dunque TANDLER del solito ramo collaterale del ramus orbitalis, riconosciuto e valutato da noi come a. orbito-meningea. Come e perche TANDLER, nella Phoca vitulina, scenda a quelle considerazioni ed ascriva quel ramo a »meningea media« non 8a- premmo: giacch& le ragioni sue, portate a dimostrazione del suo asserto, sono le stesse ch’egli ha prospettate nell’ ordo Carnivora, al- lorquando, eontrariamente alla tesi d’adesso, egli voleva dimostrare che quel ramo non poteva essere che il rappresentante della »me- ningea anterior«e. Anche la lo riferiva al tratto distale del ramo superiore della stapedia, perdutasi nel suo tratto prossimale, ed en- trata per cidö in relazione col ramus orbitalis. TANDLER, con tutta probabilitä, cadde in errore, ingannato dal- ’insolito, enorme ealibro dell’ a. orbito-meningea della Foca, rispetto ai Carnivori, taleh&e gli dovette sembrare un’ improprieta quella di considerarla esclusivamente »a. meningea anterior« come l’aveva con- siderata e chiamata nei Carnivori, e preferi omologarla all’ »a. me- ningea media«. Ci6 dieiamo, perch& non sapremmo altrimenti con- \ Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 123 futare la contradizione di TANDLER, e che eiö sia, ce ne dä ragione anche TANDLER, il quale, per quel ramo, scerive »ein starker Ast« cosı che noi dobbiamo davvero convincerci del suo notevole calibro, anche per immaginare com’ esso abbia potuto simulare l’a. meningea cerebrale laterale, delle aa. meningee, quasi sempre, la piü sviluppata. Casi consimili del resto li abbiamo constatati anche noi (Hyaena striata, Lepus cuniculus). Per le eonelusioni non dobbiamo ripetere che quelle gia svolte dianzi, nei Carnivori, a proposito dello stesso ramo. Allora, abbiamo dimostrata errata l’ipotesi che riferiva l’a. orbito- meningea all’ a. »meningea anteriore«; ora, non ci resta che a dimostrare errata la seconda, quella eioe che ammette che lo stesso ramo corrisponda all’ a. »meningea media« (m. cerebrale laterale). E le ragioni son facili piü che non si creda. Considerato con TANDLER che, nei Carnivori, insieme al col- laterale del ramus orbitalis, ricorrente nel cavo ceranico, & dimostrata ed ammessa l’a. meningea cerebrale laterale, la cosı detta meningea media; confermato per quel ramo il valore di a. orbito-meningea, valore indipendente, e perciö lontano da quello di a. meningea cere- brale laterale; esso ramo, in condizioni identiche, ancor quando lo si consideri sopra un rappresentante d’un altro ordine, non poträ mai mutare il suo signifieato: non potra cioe sostituire mai, morfo- logieamente, una seconda unita arteriosa, la quale potrebbe invece, cosa naturale, essere sostituita funzionalmente. Anche per la Phoca vitulina, quindi, il ramo ricorrente nel cavo cranico, e collaterale del ramus orbitalis, equivale senza dubbio al- l’a. orbito-meningea: conseguentemente, dovremmo negare l’esistenza dell’a. meningea cerebrale laterale, ma cerediamo piuttosto di dover considerare ch’ essa vi sia stata, rudimentale magari, e che sia sfuggita alle rieerche di TANDLER, convinto d’averla gia dimostrata. Vien detto infine d’un ramo che ha tutto il carattere di un ramo anastomotico tra il ramus orbitalis e la carotis interna: esso entra nel cavo cranico, satellite del II ramo del trigemino. Ci sembra faeile cosa quella di riconoscere quel ramo per l’anastomosi intereranica carotido-orbitale, comune ai Carnivori. Esiste anche l’a. oftalmieca, originante nel punto di divisione della carotis interna, in ramus anterior e posterior: essa & debole e »da doversi considerare piuttosto come semplice ramo di nutrizione del nervo ottico«. 124 Attilio Mensa Fam. Otariidae. Gen. Otaria. Otaria jJubata. Le arterie cefaliche dell’ Otaria jJubata sono identiche a quelle della Phoca. vitulina: non c’e quindi condizione che ci obblighi a considerazioni speciali, che non siano quelle svolte or ora; le quali valgono perciö anche per l’Otaria jJubata. Riassunto. I sistemi arteriosi cefalici della Phoca vitulina e dell’ Otaria Jubata trovano tra essi perfetta corrispondenza. Coneludiamo per l’esistenza di una sviluppatissima a. orbito- meningea, la quale, anche sostituendo l’a. meningea cerebrale late- ‘rale, non operera mai una sostituzione morfologica, ma esclusiva- mente funzionale. L’a. orbito-meningea dei Pinnipedi (Phoca vitulina ed Otaria ju- bata) ha gli stessi caratteri di quella degli Ungulati e dei Carnivori. Ammettiamo solo come probabile la presenza dell’ a. meningea cerebrale orale, in relazione all’ esistenza dimostrata dell’ a. et- moidale. Persiste l’anastomosi intereranica earotido-orbitale. L’a. oftalmica & debole e quasi unicamente destinata alla nutrizione del nervo ottico. Ordo Rodentia. Numerosissimi Roditori sono stati esaminati per lo studio delle aa. cefaliche, ma le relative ricerche degli autori non si prestano troppo allo scopo nostro di raccoglier notizie intorno all’ esistenza ed al comportamento delle aa. meningee encefaliche. Ce lo vieta la mancata comparazione, l’errata nomenclatura, la teenica difettosa seguita per quelle ricerche, ragione per cui, a conclusione dei fatti, debbonsi rilevare le non lievi inesattezze, che anche TANDLER ei addita. Cangia in apparenza la caratteristica del sistema arterioso meningeo encefalico, quand’ esso viene confrontato con quello dei Mammiferi sinora studiati, ma molte condizioni, analogie immutabili, lo avvieinano ancora al tipo generale considerato. tamo princeipale meningeo & l’a. stapedia ne’ suoi vari stadi talora, intieramente conservata, tal’altra solo in parte. E eosi che. il problema arterioso meningeo dei Roditori impone anche quello Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 125 dell’ a. earotide interna, siccome questa & destinata ad originare la prima. TANDLER & l’autore che piü ha fatto nella ricerca comparativa delle aa. cefaliche di quest’ ordine. Egli ha studiato il Mus rattus, lo Seiurus vulgaris, lo Sciurus aureogaster, lo Sciurus americanus, l’Aretomys marmota, il Pedetes caffer, la Cawia cobaya ed il Lepus cuniculus, e, eonfrontate le ricerche sue con tutte quelle degli autori che l’hanno preceduto, ne ritrae le migliori concelusioni. In ordine di tempo, si sono interessati della Rodentia OTro, A. MEcKkEL, BARKOW, HYRTL, OWEN, J. MECKEL, KRAUSE, VIRCHOW, HorMANN, TANDLER e Fuchs. Ci serviremo dell’ opera di TAnDLER per le ricerche dei primi autori, anche perche non troppe cose interessano da vieino il nostro lavoro: delle altre ce ne oceuperemo direttamente. OTTO confuta le opinioni e le relative ipotesi di MAanGILIus @ Saıssy, concernenti la mancanza dell’ arteria carotis cerebralis negli animali ibernanti. Esamina e descrive poi una lunga serie di Rosichianti, quali sarebbero: il Sorex, il Castor, l’ Hypadaeus arvalis, il Lemnus, il Myoxus glis, il Oricetus vulgaris, il Dipus, il Bathyergus maritimus, V’ Arctomys marmota, \’Hydrochoerus capibara, lo Sciurus vulgaris, la Cavia cobaya e parecchie specie del genere Mus, cosicche son meritevoli di ricordo le conelusioni a eui giunge, e cioe: »che nel Castoro trovansi eondizioni pressoche identiche a quelle dell’ Uomo; | che le famiglie Mures, e poi lo Sciurus e l’Arctomys, da una parte; quelle dei Leporidi, la Cavia, VHydrochoerus e il Dasyprocta dall’ altra, offrono insieme comportamenti analoghi; vien ammessa inoltre l’arteria passante a traverso la staffa, senza concederle tuttavia un significato particolare: Orro parla unicamente di un ramo della carotide interna che si porta poi nell’ orbita, e la sua via di passaggio, attraverso il cavum tympanicum, la chiama „canalis auris arteriosus“. A. MEcKkEL ha brevi notizie sull’ a. carotis interna della Marmotta, la quale arteria, attraverso „das gerissene Loch zwischen Hinterhaupt und Schlafbein, dann in den Wänden der Paukenhöhle und zwischen den Schenkeln des weiten Steigbügels hindurchziehe“«. Delle descrizioni di BARKOwW sul Orzcetus vulgaris, Sciurus vul- garis, Arctomys eitillus, ei interessa in modo particolare quella re- lativa all’ a. earotide interna dell’ Arctomys cit.: »Arteria carotis interna quae nomen hoc vix meretur sed potius arteria oph- 126 Attilio Mensa talmica nominare deberet ... per os tympanicum et stapedem de- eurrit ... in orbitam pervenit«. Ancora BARKOW, nella Cavia cobaya, ammette che l’a. carotide interna entri nel eranio, attraverso il foramen opticum. HyrTL ripete, per la Cavia cobaya, l’errore di BARKOW. Con- sacra ai Roditori aleune deserizioni sul comportamento dei vasi arteriosi correnti nella cavita timpanica; afferma che, nel Sorex, quei vasi si comportano analogamente a quelli della Talpa; ed in altra parte, riferendosi allo Sciurus, che nessun rapporto mostra, col cervello, l’arteria corrente attraverso la cavita timpanica, tra le branche della staffa. La stessa arteria non cedrebbe collaterali aleuni, lungo il suo tragitto attraverso il cavum tympani, salvo un ramo ch’ essa stac- cherebbe prima della sua entrata nel cavo cranico: l’a. palatina descendens. Ma TANDLER confuta giustamente questo asserto, dimostrando che Varteria palatina descendens in questione non & altro che il ramo inferiore dell’ a. stapedia. Piü tardi, a proposito della Oavwia cobaya, vedremo ancora come, per HYRTL, nessuna arteria passi attraverso la staffa, nella cavitä timpanica. Owen rende notizia di un vaso che, nell’ Istrice e nella Mar- motta, attraverserebbe le branche della staffa, ma non riconosce che questo fatto, senza dirne i partiecolari. Del pensiero di KRAUSE, a proposito del Conigho, vriferiremo piu partieolarmente quando tratteremo di questo animale. H. VırcHuow e HorMmAnN s’intrattengono brevemente sull’ a. of- talmica, che chiamano oftalmica interna. VırcHow vuole ch’ essa, nel Coniglio, ceda l’a. centralis retinae. HOFMANN s’interessa invece quasi esclusivamente del suo calibro, ammettendo ch’essa sia ben sviluppata nel Ooniglio e nella Cavia, meno nello Sciurus vulgaris, dove pero & ancora »visibile chiara- mente«. Sono interessantissime le ricerche di TANDLER, ne meno quelle di Fuchs, onde erediamo di parlarne meglio al momento opportuno. Ci piace pertanto riferire testualmmente le conelusioni generali di TANDLER, che caratterizzano bene l’ordine di eui ora imprendiamo lo studio speciale, e sono d’un singolare interesse, perch6& tirate dallo studio che TAnnpLER ha fatto su embrioni di Cavia cobaya. »Die Nager bieten fast alle denkbaren Kombinationen der Ver- Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 1907 bindungen zwischen Carotis interna und stapedialem Gefäße und der Carotis externa dar. Es ist ferner selbstverständlich, daß auch bei denjenigen Tieren eine Carotis interna embryonal angelegt ist, wo sie im Extrauterin-Leben nicht einmal mehr im Rudiment nach- weisbar ist«. Subordo Seiuromorpha. Fam. Seiuridae.. Subfam. Seiurinae. Gen. Seiurus. Sottogen. Seiurus p. d. Sciurus vulgaris (Tav. IV, fig. 23). Di Orro, le eui osservazioni sono confermate da BARKOW, non abbiamo che a ripetere la sua affermazione generica sull’ esistenza di un ramo della Carotis interna, procedente nell’ orbita. TANDLER ha maggiori notizie, tra le quali, aleune s’attagliano perfettamente ai nostri bisogni. Ammette e descrive l’a. oceipitalis, di comportamento tipico, e collaterale dell’ a. carotis communis, nel suo punto di divisione in carotis externa ed interna. Con precisa e minuta descrizione delinea poi il corso della earotis interna e della stapedia, attraverso la voluminosa bolla tim- panica, stabilendo nettamente l’origine della stapedia. Ecco come: »Dort, wo das Gefäß nun an das in die Bullahöhlung weit vorspringende Promontorium herantritt, wird es vom N. carotieus verlassen, der durch einen schiefen Schlitz des knöchernen Kanals direkt auf das Promontorium tritt, während das Gefäß in einem nach hinten oben und lateral gerichteten Bogen weiter aufwärts zieht. Bis zu dem angeführten Schlitz ist das Gefäß die Arteria carotis interna, von hier an stapediales Gefäß, eine Auf- fassung, die ich noch später begründen werde.« Non meno interessante & il singolare decorso della stapedia che TANDLER tratteggia ancora giustamente. »Das stapediale Gefäß gelangt nun an das Foramen ovale und zieht zwischen den Schenkeln des tief eingesunkenen Stapes hin- durch. Das Gefäß wendet sich hierauf nach vorne und verläßt das Cavum tympanicum. Während des ganzen Verlaufes durch die Paukenhöhle ist die Arterie allseitig in den Knochen eingeschlossen, der Kanal zeigt nur am Stapesdurchtritt einen Defekt. Dort, wo das Gefäß die Paukenhöhle verläßt, teilt es sich in 128 Attilio Mensa zwei Äste. Der eine Ast verläuft in dem basalen Teile der Fissura Glaseri medialwärts und verbindet sich mit der A. maxillaris interna an ihrem Eintritt in den Canalis pterygoideus; dieses Stück ist die eigentliche Fortsetzung des Ramusinferior der Arteria stapedialis, wie ein einfacher Vergleich mit anderen Tieren, z.B. mit der Ratte lehrt. Der zweite Ast verläuft subdural gerade nach vorne an der Innen- wand der mittleren Schädelgrube und gelangt in die Orbita.« Prosegue dieendo della sua anastomosi col ramus orbitalis della maxillaris interna, dal quale orginano le aa. lacrymalis, ethmoidalis ece. Accenna inoltre all’a. meningea cerebrale laterale, la quale »sich ganz typisch verhält«: la fa originare dal ramo superiore della stapedia; e ritiene, a conelusione di sue particolari ricerche, completamente obliterata la carotis interna, a partire dal punto dov’ essa cede l’a. stapedia. Le aa. vertebrali la sostituirebbero. TANDLER, infine, dice ancora dell’ a. oftalmieca che ritiene rudi- mentale: originerebbe »dort, wo die Arteria fossae Sylvii entspringte e »sich zum N. optieus gesellt und mit ihm in die Orbita gelangt«. La deserizione che TAnDLEr da dell’ a. stapedia coineide per- fettamente eon quanto noi abbiamo potuto constatare in uno Saurus vulgaris, vi manca pero l’accenno ad aleuni suoi rami collaterali, a noi interessantissimi. Non ripeteremo il tragitto dell’a. stapedia, n& insisteremo sulla sua divisione primaria nei suoi due tipiei rami, superiore ed in- feriore: l’esposizione di TANDLER, piü sopra ricordata, vale a suf- fieienza. Diremo piuttosto delle aa. meningee originanti dall’a. stapedia, non senza parlare prima pero dell’a. meningea cerebrale orale, e cid per mantenere l’ordine prefissoci. AA. meningee cerebrali. A. meningea cerebrale orale. E una delle terminali dell’ a. ethmoidalis, a sua volta collate- rale del ramus orbitalis, rafforzato, com’ & noto, dal tratto distale del ramo superiore della stapedia. Non appena originata, l’a. meningea cerebrale orale corre leggermente avanti il soleo olfattivo, alla cui dura cede esili ramel- lini, e s’espande sulla dura olfattiva, estendendo le sue diramazioni alla dura del polo frontale del cervello, Le distali-ventrali s’ana- Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 129 stomizzano coi rami dell’ orbito-meningea; quelle dorsali coll’ a. meningea cerebrale laterale. A. orbito-meningea. Non origina piu dal ramus orbitalis, atteso che a questo giunge integro il tratto distale del ramus superior dell’ a. stapedia, intera- mente conservata. Origina invece dallo stesso ramus superior, Ppoco prima ch’ esso, attraverso il canale cranio-orbitale, si renda al- orbita. E un esile ramellino che si espande per poche rami- fieazioni sulla dura anteriore del cervello, anastomizzandosi coi rami delle aa. meningee cerebrali, orale e laterale. La presenza di tale ramo s’eleva ad un significato notevolissimo, non appena si ricordi che l’a. orbito-meningea rappresenta il tratto distale del ramo superiore della stapedia, perdutasi nel suo tratto prossimale e medio: niun’ altra condizione anatomica potrebbe ri- confermare meglio l’origine ed il valore morfologico dell’ a. orbito- meningea, considerata attraverso la serie dei Mammiferi. A. meningea cerebrale laterale. Collaterale del ramo superiore della stapedia, staccatasi a metä quasi della sua lunghezza, essa s’incurva oro-dorsalmente e si divide tosto in due rami secondari, divergenti: l'’orale s’anastomizza, espandendosi, colle aa. meningee cere- brali gia deseritte; l’aborale irrora tutta la dura della metä posteriore del cer- vello e cede rami alla falce, sulla quale s’inoscula coi rami omo- loghi del lato opposto. Altri suoi rami vanno a congiungersi con altrettanti esili collate- rali della branca ancora originante dal ramus superior predetto, ma nel suo tratto prossimale: branca, la quale, adagiandosi sul margine posteriore dell’ emisfero, corre in alto, cede rami alla tenda ed un piu esile ramellino, percettibile appena, alla dura cerebellare, sopra il floceulo. Arteria cosiffatta non trova riscontro nella serie delle aa. me- ningee sinora descritte. Ma l’uguale origine dell’a. meningea cere- brale laterale, la sua considerevole vieinanza a questa e la sua distri- buzione cerebellare, ei fanno pensare, di proposito, ch’essa branca possa equivalere al ramo cerebellare dell’ a. meningea cerebrale laterale, non infrequente, come sappiamo, nell’Ungulata e nella Carnivora. Morpholog. Jahrbuch. 46, 9 130 Attilio Mensa AA. meningee cerebellari. Tra le aa. meningee cerebellari non dobbiamo far eonoseere che l’a. meningea cerebellare laterale, la quale si comporta tipiea- mente. Mettiamo in dubbio l’esistenza della omonima dorsale, non aven- done trovato le tracce. AA. meningee istmo-cerebellari e cerebro-ventrali. Anche delle aa. meningee istmo-cerebellari non ei & possibile render notizia alcuna, a cagione dell’unico esemplare, avuto in esame, che non ei ha permesso le piü minute ricerche necessarie ai fini di cui sopra. Tra le aa. meningee cerebro-ventrali possiamo eonfermare invece la presenza dell’ a. oftalmiea, gia accennata da TANDLER. Ed a questa, aggiungiamo la presenza di un collaterale ventrale del ramo superiore della stapedia, destinato alla dura basale del cervello. Sottogen. Echinoseiurus. Echinosciurus aureogaster (Sciurus aur. di TANDLER). TANDLER non riconosce sostanziali differenze sul comportamento dei vasi cefalici di quest’ animale, rispetto a quelli dello Sciurus vulgaris: Va. stapedia, in modo partieolare, € ancora conservata e mantiene tutti i suoi caratteri precedenti. Un poco s’allontana da questa uniformita l’a. oftalmica, pel suo maggior sviluppo; e la caratteristica differenziale massima, tra le due speceie, non & che l’anastomosi, propria dell’ Eehinosciurus, avvenente tra l’a. carotis interna e la maxillaris omonima. Coneludendo: ammesso il comportarsi analogo dell’ a. oceipitale, dell’ a. stapedia e dell’a. etmoidale dei Rosichianti ora considerati, lo Sciurus vulgaris e \’Echinosciurus aureogaster, non sara illogico pensare che il sistema arterioso meningeo del primo equivalga a quello del secondo. Sciurus (sottogen.?) americanus (da 'TANDLER). Sistema arterioso cefalico analogo all’ Kehrnosciurus aureogaster, salvo il ramo anastomotico carotido-mascellare, accennato, il quale ha uno sviluppo maggiore. Anche per lo Seiurus americanus valgono per eiö le considera- zioni svolte a proposito dell’ Kehinosciurus aureogaster. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 131 Gen. Arctomys. Arctomys marmota (da TANDLER). Complessivamente, per tutti i tronchi arteriosi cefaliei, alle eui dipendenze stanno le aa. meningee che a noi interessano, non si ri- vela, nell’ Arctomys marmota, assetto morfologieco che non sia quello sinora avvertito nei rappresentanti del genere Saurus. Le differenze son lievi lievi e non mutano per nulla il comportamento generale, ne quello singolo di ogni arteria meningea. Eeccole: L’a. meningea cerebrale laterale origina un poco piu abo- ralmente, sempre pero dal ramo superiore della stapedia, val dire piu accosto alla sua usecita dalla cavita timpaniea. Il ramus orbitalis, ancora destinato a fornire l’a. laerymalis, frontalis ed ethmoidalis, origina eselusivamente dall’a. stapedia: lo genera il tratto distale del ramo superiore, mere& la sua divisione terminale dorsale; quella ventrale, associandosi ad un ramo pro- veniente dall’a. earotide interna, fornisce le aa. eiliari. Detto ramo non & che l’a. oftalmica, la quale ancor qui dimostra di compor- tarsi tipicamente. A dir breve, abbiamo, per !’Arctomys marmota, l’origine indiretta, dal ramo stapediale superiore, dell’a. meningea cerebrale orale, ammessa l’esistenza dell’a. etmoidale, tipica, e collaterale del ramo di eui sopra. Secondariamente, l’origine dell’a. meningea cerebrale late- rale, dallo stesso ramo stapediale, vieinissimo alla sua formazione dal tronco unico dell’a. stapedia, la cioe dove nello Sciurus vulgaris noi abbiamo dimostrato un’a. meningea accessoria, indipendente dalla prima, sembraci confermare evidentemente la tesi sostenuta, che cioe, quel ramo non poteva essere che l’espressione del ramo cere- bellare dell’a. meningea cerebrale laterale, isolato da questa, per un’ eventuale spostamento orale della branca madre. Fam. Pedetidae. (Gen. Pedetes. Pedetes cafjer (da TANDLER). Nessuna grande conclusione ei € possibile. Non impariamo che l’esistenza dell’ a. oceipitale, debole; dell’ a. earotide interna, fortemente sviluppata e, per contro, dell’ a. oftalmica, esilissima, d’origine carotidea. Manca l’a. stapedia ed & sviluppatissima l’anastomosi inter- eraniea cearotieo-orbitale. 9* 132 Attilio Mensa Subordo Myomorpha. Fam. Gliridae. Gen. Glis. Glis glis (Tav. IV, fig. 24). Una grande analogia corre tra il sistema arterioso cefalico dello Seiurus vulgaris e quello del Gl&s glis, che noi ebbimo l’op- portunita di studiare in due esemplari. L’assetto generale non varia: uguale divisione dell’ a. carotis communis in carotis interna ed ex- terna; origine dell’ a. oceipitalis laddove l’a. carotis communis ter- mina nei suoi due rami, ecc. Singolarmente considerate, le arterie cefaliche presentano invece le differenze seguenti: maggior sviluppo dell’ a. oceipitalis; minor calibro dell’ a. stapedia; carotis interna esilissima, ma ancora seguibile sino al eireulus arteriosus WILLISIT; sviluppo enorme delle aa. vertebrales, eoncorrenti alla forma- zione del eircolo sovraecennato; il ramo anastomotico intereranico non collega direttamente il eircolo arterioso endocranico al ramus orbitalis, ma quello all’ a. maxillaris interna, cosieche l’anastomosi intereranica perde il valore di anastomosi earotieo-orbitale ed acquista quello di anastomosi carotico-mascellare!; il ramus orbitalis, come nell’ Arctomys marmota, quasi esclusiva- mente formato dal tratto distale del ramo stapediale superiore, € ancora legato all’ a. mascellare interna, per un ramo che riceve da questa. Anche le aa. meningee encefaliche non presentano sostanzia- li differenze, quando vengano comparate con quelle dello Seurus vulgaris. Esse si possono cosı riassumere: Maggior calibro dell’ a. meningea cerebrale orale, la quale offre anche uno spostamento orale. Essa eorre sulla faceia laterale del lobo olfattivo, contro il margine posterior-laterale della fossa etmoidale; si ripiega aboralmente non appena raggiunto l’estremo superiore del lobo olfattivo, ed attraversa il soleo omonimo per 1 Ricordiamo d’aver mantenuta anche qui la denominazione di anasto- mosi cearotico-orbitale o mascellare, ad onta che la carotide interna poco parte- cipi alla formazione del eircolo di WıLLıs, e ciö per non rendere inutilmente com- plieata la terminologia. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 133 rendersi alla dura del polo cerebrale frontale. Le sue connessioni colla fossa etmoidale le permettono di cedere esili ramellini etmoi- dali, ed il suo maggior calibro l’obbliga inoltre ad una maggiore espansione aborale. Persiste ancora il ramo rappresentante l’a. orbito-meningea; pit sviluppato che nello Sciurus vulg., eppereio con maggiori rami- fieazioni. Hanno una singolare disposizione i due rami terminali del- l’a. meningea cerebrale laterale: un troncolino segna la loro origine dal ramo stapediale superiore, e poi tanto divergono sulla dura cerebrale laterale della fossa eranica media e posteriore, ch’essi si dispongono a semicerchio, a concavita dorsale, dal quale staccansi raggiati, minuti ramellini collaterali. Abbiamo potuto riconoscere l’a. meningea cerebellare dor- sale, ancora collaterale dell’ a. oceipitale e di comportamento ana- logo a quello descritto nei Carnivori. L’a. meningea cerebellare laterale ha un minor calibro in conformita della sua diminuita zona di espansione. L’a oftalmieca @ meno rudimentale. V’® un solo collaterale ventrale del ramo superiore della sta- pedia, rieonoseibile poco avanti il lobo temporale. Fam. Muridae. Subfam. Murinae. Gen. Mus. Mus rattus (Tav. IV, fig. 25). »Bei Mus rattus persistiert der Ramus inferior vollständig, vom Ramus superior der größte Teil«. Cosi TANDLER, a proposito dell’ a. stapedia, di cui, in altra parte, tratteggia minutamente il suo decorso. La. oceipitalis, ben sviluppata, raggiungerebbe la regione nucale »um sich hier typisch zu verhalten«. Il ramus orbitalis originerebbe dalla continuazione del ramo inferiore della stapedia, sostituente l’a. mascellare interna »konstant rudimentär«, e l’a. oftalmica, abbastanza sviluppata, abbandonerebbe nell’ orbita le aa. ciliari (TANDLER). * * * Il Mus rattus segna un primo passo di transizione tra la Rodentia e gli altri ordini in genere. Riallaceia gli Seiuridi ai Pedetidi e comincia a darei ragione del come l’a. stapedia puö venire a mancare. 134 Attilio Mensa S’inizia nel Mus rattus la riduzione di questa, ed essa ridu- zione & tanto piüu importante inquantoche& colpisce il ramus superior, quello cioe che meglio caratterizza l’a. stapedia. Come negli Sauridi e nel Glis glis, noi ritroviamo ancora, all’ origine, una stapedia di apparenze normali. Seguita nel cavo timpanico, essa continua a mantenersi tipica, epperö cede alla norma nel suo punto di divisione terminale: il ramus inferior continua la stapedia stessa, ed il ramus superior & cosı ridotto da non formare piü che l’a. meningea cerebrale laterale. V’e peraltro una condizione di eapitale interesse: volendo seguir bene il ramo stapediale superiore lo si puo ancora riconoscere lungo una linea orizzontale, attraverso la fossa media del cranio (v. figura), cosicche l’a. meningea cerebrale laterale appare ancora come una sua branca collaterale. In ordine morfologieo, per la regressione di cui sopra, dobbiamo anche concludere che non & tutto- il ramo stapediale superiore quello che va distrutto, ma sebbene il solo suo tratto medio. Sulla presenza e sul comportamento delle aa. meningee en- cefaliche ritengasi ch’ esse corrispondono a quelle descritte nel Glis gliıs, con queste uniche differenze: L’a. orbito-meningea origina dal ramus orbitalis: nota ca- ratteristica, per la Rodentia, perche essa segna l’inizio dell’ origine esocranica — apparente, lo sappiamo — di tale arteria. L’a. meningea cerebrale laterale ha un maggior ealibro e non effettua subito la sua divisione terminale. L’a. oftalmica & sviluppatissima; cede evidenti rami meningei e non & diffieile di seguirla nell’ orbita, laddove s’anastomizza eolle aa. ciliari. Ove non si tratti di sempliei arterie meningee, appartenenti al gruppo di quelle cosı dette a sede incostante — condizione che vorrebbe deeisa da una piu lunga serie di ricerche — ei sia con- cesso di esprimere la nostra convinzione, che gli esili ramicelli ar- teriosi, originanti dal tratto anteriore del eircolo di WıLLıs, accosto alle aa. oftalmiche, ma indipendenti da queste, possano sostituire — anche relativamente se vogliamo — se non rappresentare le aa. meningee della falce, diffieilissime a riconoscersi in tutti i rap- presentanti della Rodentia, causa l’estrema finezza dei vasi. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 135 Subordo Hystrichomorpha. Fam. Hystrieidae. Gen. Hystrix. Hystrix cristata (Tav. IV, fig. 26). TANDLER ravvicina il sistema arterioso cefalieo di quest’ animale a quello della Cavia cobaya. Egli fa inoltre aleune considerazioni sull’ a. stapedia, ridottissima, atteso che sono totalmente scomparsi il suo tronco prineipale e la maggior parte dei suoi due rami termi- nali; ed accenna all’ anastomosi che l’a. oftalmica contrae col ramus orbitalis. * R * La eompleta mancanza del tratto prossimale dell’ a. stapedia cangia d’un tratto la fisonomia dell’ assetto arterioso meningeo del- ’Hystrix eristata, eomparato a quello sinora deseritto nella Rodentia. Cosa facile ad intendersi, questo novo aspetto & legato in modo particolare alle aa. meningee cerebrali e, piü che ad ogni altra, alla laterale ed all’ orbito-meningea: fanno eecezione, infatti, l’origine della prima ed il comportamento della seconda. Vediamo dunque partitamente ogni cosa. AA, meningee cerebrali. A. meningea cerebrale orale. Solitamente, € uno dei rami terminali dell’a. etmoidale, pene- trata nel cranio attraverso il foro orbitario interno. Di notevole ealibro, essa corre nel solco olfattivo laterale; devia sulla dura del polo cere- brale frontale e quivi s’espande, non senza raggiungere il solco ol- fattivo, nel suo tratto superiore, merce un ramo anastomizzantesi coll’ omologo opposto e coi rami intradurali dell’ a. meningea della falce. I collaterali, che l’a. meningea cerebrale orale invia, s’anastomiz- zano coi rami distali dell’ a. orbito-meningea e dell’ a. meningea cere- brale laterale. A. orbito-meningea. Origina dal ramus orbitalis. Tutt’ al piu, volendo preeisare, sie- come TANDLER ha voluto differenziare il ramus orbitalis in due rami: uno mediale ed il secondo laterale al II ramo del trigemino, essa, l’a. orbito-meningea, origina da quest’ ultimo. Del tutto insolita invece & la sua via d’entrata nel cavo cranico. Come noi ebbimo un solo esemplare a nostra disposizione, non 136 Attilio Mensa possiamo dire rigorosamente se un vero, tipico canale eranio-orbitale esistesse, o quale ne fosse la sua conformazione ed il suo orienta- mento. Fatto & che, l’a. orbito-meningea, nata dal ramus orbitalis, procedeva satellite inversa della branca oftalmica di WırLıs e pene- trava nel canalis pterigoideus, sino a rendersi, per questa via, nel cavo cranico. Noi avevamo giä scolpito detto eanale quando ei accorgemmo del tragitto anomalo dell’ a. orbito-meningea; non valeyva pit il buon dubbio nostro sulla probabilita di un eanale eranio-orbitale ehe facesse capo al canale pterigoideo, cosicche dovemmo arrestareci a questo, non avendo altro esemplare su eui ripetere la ricerca. Nell’ endocranio, l’arteria orbito-meningea e accolta in un solco caratteristico della parete, ed il suo tragitto ulteriore @ tipico, se- condo l’abbiamo giäa deseritto per gli altri Roditori. Anche le sue anastomosi non farebbero eccezione, ma se ne scostano per la carat- teristica d’un collaterale endocranico: esile ramo lanciato attraverso un forellino osseo e destinato alla base dell’apofisi zigomatica della squama, il cui spessore & scavato da un piecolo seno. Medialmente e ventralmente, un secondo collaterale, tra la fossetta ottica e la sella turgica, irrora la meninge ivi compresa, anastomizzandosi col- l’omologo opposto. A. meningea cerebrale laterale. Collaterale dell’a. mascellare interna, perfettamente come l’ab- biamo riscontrata negli Ungulati e nei Carnivori. Impressiona il suo decorso serpentino a brevissime e ripetute anse, anche nei tratti pitı distali. E bene sviluppata; entra nell’ endocranio attraverso il foro ovale, piegandosi ad ansa, a convessita anteriore, sul ganglio di GASSER; volge aboralmente e poi ascende a lato del margine aderente del tentorio; lascia impronte alla faceia anteriore del tem- porale; continua il suo tragitto epidurale in un solco parietale; rag- giunge il seno venoso trasverso, dopoche, deserivendo pi ampie curve, corre su di questo e s’anastomizza coll’a. omologa del lato opposto. Lancia, oralmente, sul seno longitudinale dorsale, rami durali che s’anastomizzano coll’a. meningea della falce e cerebrale orale e, tratto tratto, per anastomosi trasverse, coi rami omologhi opposti. Altri rami, aborali, sono Gerebellari e si anastomizzano coll’ a. meningea istmo-cerebellare aborale. Complessivamente l’a. meningea cerebrale laterale deserive un Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 137 arco, aperto oralmente, parallelo quasi al margine posteriore del- l’emisfero: numerosi collaterali, paralleli e quasi equidistanti, stac- cansi dalla sua concavita ed irrorano, oralmente, la dura cerebrale laterale, anastomizzandosi preeipuamente coll’ a. orbito-meningea e cerebrale orale. Meno importanti sono i collaterali aborali, quasi tutti ridotti a quelli del suo tratto prossimale, destinati al trigemino, al ganglio di GAssER ed uno speciale ancora, alla dura del lobo piriforme. Non ei & possibile dire dell’a. temporo-meningea. AA. meningee cerebellari, istmo-cerebellari e cerebro-ventrali. Queste aa. meningee non s’allontanano troppo dal tipo generale, onde non meritano una descrizione particolare. Convien ritenere peraltro come probabile la mancanza dell’a. meningea cerebellare dorsale, che noi non abbiamo potuto trovare: ammettendola, non potrebbe essere che rudimentale. L’a. meningea cerebellare laterale mostra un difetto di svi- luppo, perch& sostituita nel suo territorio dall’a. meningea istmo- cerebellare aborale, sviluppatissima, ed originante, colla prima, in comune dall’a. oceipitale. Ritorna la presenza dell’a. meningea della falce, tipiea. Anche l’a. oftalmica mostra un considerevole sviluppo: origina dal eircolo arterioso di WırLıs, a lato del chiasma ottico, e va ad anastomizzarsi col ramus orbitalis, situato a lato mediale del n. ottico. Fam. Caviidae. Gen. Cavia. Cavia cobaya (Tav. IV, fig. 27). BARKOW considera carotis interna il vaso passante attraverso il forame ottico. HyetL, con maggiore riechezza di partieolari, lo segue in questo errore, considerando il vaso suddetto originante, dal tratto orbitale del- l’a. che descrive come continuazione della carotis communis, entrata nel cranio pel foro ovale e riuseita attraverso il foramen rotundum, fuso allo spiraglio orbitario superiore, nella cavita orbitaria, da dove appunto »schickt von hier durch das Foramen opticum einen Ast retour in die Schädelhöhle, der vor dem Chiasma mit dem der anderen Seite anastomosiert und zur Gehirnbasis geht, um die vordere Peripherie der Wırrısschen Anastomosa zu bilden. Die Carotis cerebralis gelangt somit als ein Nebenast 138 Attilio Mensa der Orbito-Maxillararterie durch das Sehloch in die Schä- delhöhle.« Le accurate ricerche di TANDLER dimostrano errate tali conce- zioni, riconoscendo giustamente in tale ramo l’a. oftalmiea, nella Cavia, sviluppatissima. TANDLER definisce ancora la questione dell’ a. carotis interna, che ritiene rudimentale, come lo & la stapedia, la cui rappresentanza, il tratto prossimale dell’a. meningea cerebrale laterale, spette- rebbe per la maggior parte al ramus inferior, e per la minore al ramus superior. Va aggiunto peraltro che: »Der distale Abschnitt der Arteria meningea media deckt sich dann natürlich mit der auch bei den übrigen Tieren aus der Stapedia stammenden Meningea media.« Sulla questione dell’ a. maxillaris interna, TANDLER afferma ch’ essa € rudimentale, e che a sostituirla v’e il ramus pterigoi- deus, continuazione diretta della carotis externa. Dell’ arteria oceipitalis parla di comportamento tipico. * * * I risultati delle nostre ricerche sulla Cama cobaya collimano perfettamente con quelli ottenuti da TANDLER, sieche non ei resta che a eonfermarli. E ciö in modo particolare per la dibattuta que- stione della carotis interna che trascinava in campo quella dell’a. stapedia e dell’a. oftalmica. A dir vero, non ei siamo troppo indugiati sull’ esistenza del rudimento della maxillaris interna, o sul valore della sua sosti- tuzione per parte del ramus pterigoideus: era argomento che troppo non ei apparteneva, e d’altıo canto, giä illuminati dalle descrizioni e dalle tavole rappresentative di TANDLER, non ei e stato proprio diffieile di riconoscere il ramus pterigoideus con- tinuare direttamente la carotis externa e comportarsi in seguito come ce lo descerive TANDLER. | Maggior interesse ei portava sulle aa. meningee, lo studio delle quali ei ha rivelato che il sistema arterioso meningeo encefalico della Cavia cobaya non si scosta assai da quello descritto nell’ Hystrix cristata, ma piüu s’avvieina, considerato il modo di ramifiecazione de’ suoi rami, a quello dei Carnivori. Anche per l’origine, del resto, ripete questi, esattamente. Sono sensibili le differenze di sviluppo: le stesse differenze che noi gia abbiamo notate a proposito del- "’Hystrix eristata, le eui aa. meningee hanno ceduto d’un gran passo Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 139 sulla singolare caratteristica del sistema arterioso meningeo encefalico della Rodentia, a stapedia conservata. Passiamo quindi alle sole differenze, riferendoei all’ Hystrix eristata. Tra le aa. meningee cerebrali abbiamo: Un sensibile minor calibro dell’ a. meningea cerebrale orale e la eonseguente sua diminuita zona di espansione. L’a. orbito-meningea & tipiea, collaterale del ramus or- bitalis; per eccezione, del ramus pterigoideus, vieinissimo all’ origine del primo. In una stessa Cavia si realizzavano queste due stesse condizioni: una a destra e l’altra a sinistra. Esile, essa raggiunge la dura cerebrale nel suo terzo anteriore, ventrale. Tra le sue anastomosi, s’aggiungono quelle col ramo meningeo proveniente dall’ a. oftalmica, prima ch’ essa attraversi il foro ottico per unirsi al ramus orbitalis. Il canalis eranio-orbitalis fa capo ancora alla cavita orbitale: piu che canale esso & un foro. L’a. meningea cerebrale laterale origina dal ramus pteri- goideus (TANDLER), avanti l’useita del trigemino; cosieche, per en- trare nell’ endoeranico, attraverso la stessa apertura, e obbligata a ricorrere brevemente indietro, ventralmente al trigemino, sul mar- gine posteriore del quale s’inflette onde portarsi sulla dura cere- brale. Il suo eomportamento ulteriore & quello dei Carnivori in genere; anche quello dell’ Istrice se lo si vuole, ma non cosi ca- ratteristicce. Nella Cavia cobaya appare netta la divisione termi- nale nei suoi due rami: orale ed aborale. Vi si ritrova anche il col- laterale satellite del n. acustico. Tra le aa. meningee cerebellari troviamo: La laterale che ritorna tipica, meno sviluppata che nell’ Istrice e cedente rami al floceulo. Per la dorsale siamo in obbligo di sollevare gli stessi dubbi sollevati nell’ Aystrix eristata: sonvi tuttavia esili ramellini che, attraverso corrispondenti piceoli fori oceipitali, giungono alla dura cerebellare; ma voler riconoscere, tra quelli, l’a. meningea cere- bellare dorsale e cosa estremamente diffieile; piü che la conelu- sione, ci sembra pereio logiea una giusta riserva. Vogliamo aggiungere peraltro che, dall’a. oceipitale, un tronco ascende nella regione nucale, ciö che permette anche di pensare ad un rudimento dell’a. di eui & questione. 140 Attilio Mensa Delle aa. meningee istmo-cerebellari non & riconoseibile che l’aborale, tipiea nel suo comportamento, lontana eioe da quello sviluppo eccezionale ch’ essa ha dimostrato nell’ Hystrix eristata. Tra le aa. meningee cerebro-ventrali, l’a. meningea della falce e tipiea, senza differenza alcuna. L’a. oftalmica acquista uno sviluppo enorme: essa, prima di fuoriuseire dall’ endocranio, satellite del nervo ottico, cede alla dura basale un ramo collaterale, il quale si lascia seguire sino alla faccia laterale della medesima. A cagione del suo calibro, essa entra in diretta anastomosi col ramo orbitale, quando questo ha giä ceduto l’a. frontale, l’a. lacrimale ed aleuni rami muscolari. Subordo Lagomorpha. Fam. Leporidae. Gen. Lepus. Lepus cuniculus (Tav. IV, fig. 28). Ridotta, ma interessante, e la letteratura riferentesi al sistema arterioso cefalico del Lepus cumieulus. Le maggiori differenze convergono sul valore morfologico del- ° l’ a. meningea cerebrale laterale e dell’ orbito-meningea. KrAusE, attratto dai rapporti timpanici che l’a. meningea cerebrale laterale ineontra nel suo tragitto prossimale, la chiama a. timpanica, ed ascerive a meningea cerebrale laterale l’a. orbito- meningea, sviluppatissima, e destinata a rendersi dall’ eso- all’ endo- cranio attraverso il foramen spinosum. H. Vırcnow s’intrattiene in modo speciale sull’ a. »oftalmiea interna« e vuole che questa ceda l’a. centralis retinae. TANDLER confuta i risultati di Krause. Rida all’ a. timpanica di Krause il suo giusto valore di a. meningea cerebrale late- rale, ricordando com’ essa, non diversamente da quanto avveniva nella Cawia cobaya, rappresenti ancora »den distalen Abschnitt des unteren Astes der A. stapedia«. Conseguentemente, riconosce errata l’interpretazione data da Krause all’ arteria che, proveniente dall’ orbita, entra nell’ endo- eranio. Dimostra che il foramen spinosum di KrAuse, addetto a quell’ arteria, non puö equivalere al foramen spinosum umano; ne logieamente, aggiungiamo noi, potrebbe meglio rappresentare il foramen spinosum dei molti animali che lo posseggono, dei Carnivori in ispecie, equivalente al primo. Cio dimostrato, TANDLER considera l’»a. meningea media« di Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 141 Krause equivalente ad un’a. meningea anteriore, la quale riscon- trerebbesi pure in altri animali a vaso stapediale conservato, come ad esempio nelle Proscimie: ammette per la sua origine ch’ essa si stacchi dalla stessa stapedia, nel punto dov’essa attraversa l’orbita. Accenna all’a. oceipitalis, ramo di divisione della carotide esterna, ed ammette che l’a. oftalmica sia meno sviluppata che nella Cavia cobaya. Fuchs da ragione a TANDLER sul valore da attribuirsi all’ »a. timpanica« ed all’ »a. meningea media« di Krause; omologa anch’egli V’»ophthalmica inferior« di KrAUSE al ramus bulbo-orbitalis di TAnD- LER, tra i cui collaterali vuol riconoscere una speciale arteria bul- bare — Bulbusarterie — che chiama »oftalmica esterna«, corrispon- dente al ramus bulbi di GAnovA e ScHMIDT, descritto nei Rumi- nanti. Anche Fucns considera l’»oftalmica interna« d’origine caro- tidea e la fa anastomizzare coll’a. ciliaris longa temporalis, ramo di divisione dell’ »a. oftalmica esterna«. L’a. »oftalmiea interna« si dividerebbe in due rami: uno, nasale, andrebbe all’incontro dell’ a. glandulae Harderianae, e l’altro, tempo- rale, ricorrente — r. recurrens — non l’ha potuto seguire che sino al foro ottico, contrariamente a quanto aveva potuto vedere in em- brioni da 15 a 21 giorni, in eui i due rami ricorrenti, rieorrendo nel eranio, raggiungevano la lamina terminalis e quivi si anastomiz- zavano, senza cedere rami, cosi ch’ essi non rappresentavano che una semplice anastomosi endocranica delle due »aa. oftalmiche interne«. CHAUVEAU, ARLOING, LESBRE e MONGIARDINO accennano all’ a. oftalmiea del Coniglio, avvertendo ch’ essa & eonoseiuta col nome di »a. oftalmica superiore«. * * * Cosi grave discordanza di interpretazioni, per quei rami arte- riosi disceussi, esigeva, da parte nostra, un severo esame delle aa. cefaliche del Coniglio, che potesse avviareci ad una piu preeisa solu- zione del non semplice problema; per la quale, in verita, piü che fatti nuovi d’indagine occorreva un controllo metodico e rigoroso, non essendoei quella difficile, anche a priori, dappoiche le discor- danze non vertevano gia sull’ esistenza dei vasi, sulla loro origine o sul loro comportamento, ma piuttosto, anzi, esclusivamente, sul loro valore morfologico. La risoluzione ci veniva poi anche facilitata dalla lunga serie di dati che noi siamo venuti mano mano raccogliendo. 142 Attilio Mensa Il foramen spinosum di KRAUSE, ad esempio, riscontrato nella cavita orbitaria, non poteva che apparirei come il eanale eranio-orbi- tale. Ed il eontrollo successivo di un’ arteria, originante dal ramus orbitalis, e, per quel foro, passante nell’ endocranio, eonfermando l’opinione nostra sul valore del foro di cui sopra, ei avvertiva in- tanto dell’ enorme sviluppo dell’a. orbito-meningea, spiegandoci in pari tempo come KrAUSE l’avesse potuta scambiare coll’a. meningea cerebrale laterale. Cosi per quest’ arteria, scambiata ancora da Krause coll’a. timpanica. Le nozioni morfologiche, associate alle ricerche, ei guidarono dunque alla risoluzione d’ogni diseordanza: risoluzione che, ancora una volta, coineide ceolle vedute di TANDLER, le quali, a questo riguardo, non rispeechiano che il reale comporta- mento del sistema arterioso cefalico del Lepus cumiculus. TANDLER peraltro non giunge a riconoscere ed identificare il forame d’entrata dell’ a. orbito-meningea pel canalis eranio-orbitalis, ne definisce l’arteria, quantunque, giustamente, questa riconosea come l’espressione del tratto distale del ramo superiore dell’a. stapedia, e l’asceriva, come gia dianzi & detto, alle aa. meningee anteriori. Le sue dimostrazioni sull’a. meningea cerebrale laterale sono, per contro, inoppugnabili, ed a questo non possiamo che assoeciarci. Ammessa, ora, l’a. orbito-meningea — a. meningea media di KrausE — e l’a. meningea cerebrale laterale — a. timpanica di KRAUSE — sentiamo che la maggior questione € risolta, e con essa quasi che il sistema arterioso meningeo del Zepus cuniculus potrebbe eonsiderarsi definito. Giacche le altre aa. meningee del Coniglio ripetono molto da vicino le omologhe della Cavia cobaya, scostando- sene solo per lievi varianti, le quali noi riassumeremo brevemente L’a. meningea cerebrale orale non presenta differenze. L’a. orbito-meningea, di eccezionale sviluppo, ricorda, a ca- gione di questo, quella della Hyaena striata, di eui ne ripete anche il corso. Pel suo spostamento aborale, essa irrora quasi tutta la dura cerebrale laterale. Il eanalis eranio-orbitalis non mantiene sempre la stessa altezza sulle ali dello sfenoide: anche l’esame dei teschi lo com- prova. Esso assoecia, alla eostanza, lievi variazioni topiche. L’a. meningea cerebrale laterale & ridottissima, corrispon- dentemente all’ enorme espansione dell’ a. orbito-meningea. Essa origina dal secondo ramo terminale della carotide esterna — a. maxil- laris int., considerata pero solo dal lato deserittivo, non morfologieo (TANDLER) — prima ch’ esso entri nel canalis pterigoideus; ha rap- Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 143 porti di contiguita colla parte mediale della fissura Glaseri e sbocca nel cranio, alla base del lobo piriforme, sulla dura del quale s’estingue per brevi ed esili ramificazioni. Volendo, potremmo ancora ricono- scere due rami della sua divisione terminale: uno dorsale, ed il se- condo ventrale, ma son rami che s’estinguono dopo un brevissimo tragitto ascendente. Le aa. meningee cerebellari, dorsale e laterale, si com- portano come nella Cavia. ; Registriamo la stessa analogia per le aa. meningee cerebro- ventrali, salvo per l’a. oftalmica, la quale molto si riduce: non va perduta tuttavia la sua anastomosi col ramus orbitalis, ridottis- sima anch’ essa o confinata, talora, alla piüu semplice anastomosi eolle aa. eiliari posteriori dell’ angolo temporale dell’ occhio: a. eiliaris longa temporalis di Fuchs. Manca ilramo meningeo, suo collaterale, presente invece nella Cavia cobaya. Riassunto. Piu che un riassunto, interessano nella Rodentia aleune consi- derazioni d’ordine strettamente morfologieo: esse riguardano le aa. meningee prineipali: l’a. meningea cerebrale laterale e l’a. orbito- meningea. Dell’ assetto generale arterioso cefalieo, ed in modo particolare, delle condizioni dei vasi summentovati, e massimo regolatore Ya. stapedia: soggiaceiono alle sue varieta l’a. orbito-meningea e l’a. me- ningea cerebrale laterale, siccome da essa dipendenti. Cosi, com’ essa ei offre una serie di transizioni che, dal suo massimo, completo svi- luppo, scendono alla sua quasi totale scomparsa, assistiamo mera- vigliati all’origine logiea delle due arterie meningee che maggior- mente ei interessano. Essa, stapedia, e completa nello Sciurus vulgaris e nel Glis glis. L’a. orbito-meningea e l’a. meningea cerebrale laterale originano dal suo ramo superiore, quand’ esso percorre l’endocranio. Nel Mus rattus prende il sopravvento il ramo inferiore; cede in sviluppo il ramo superiore, che s’arresta nell’ endocranio, attra- verso la fossa eranica media, dopo aver originato l’a. meningea cere- brale laterale. Va perduta l’anastomosi del ramo stapediale superiore col ramus orbitalis, ed a sostituirla vi permane l’a. orbito-meningea tipica, col- 144 Attilio Mensa laterale di questo, destinata all’endocranio, attraverso il canale eranio- orbitale, la stessa via seguita dal tratto distale del ramo stapediale superiore, suo rappresentante. Il quale, trovandosi accanto al tratto prossimale della stapedia, ancora conservato, ei porta a coneludere che della stapedia, nel Mus rattus, non va perduto che il tratto medio del ramo superiore. Ma la regressione, cosi iniziata, continua il suo corso: anche il tratto prossimale dell’ a. stapedia va distrutto. L’Hystrix ceristata, la Cavia cobaya, il Lepus cuniculus trovansi in queste condizioni. L’a. orbito-meningea mantiene il suo rapporto costante col ramus orbitalis, dal quale origina apparentemente; e la via che la porta all’ endocranio non cangia: & sempre il eanale eranio-orbitale. L’a. meningea cerebrale laterale risente dei rapporti incontrati dal ramo stapediale inferiore coll’a. mascellare interna, 0 col ramus pterigoideus che, nella Cavia e nel Conighio, la sostituisce: cosiech& essa origina o dall’una o dall’altro; dalla mascellare interna nel- l’Istrice, dal ramo pterigoideo nella Cavia e nel Comiglio. Ma da ricordarsi € ch’essa meningea cerebrale laterale, a regressione av- venuta del tratto prossimale dell’a. stapedia, origini dall’a. mascel- lare interna o dal ramo pterigoideo, non perdera mai il suo valore morfologieo: avvenendo la scomparsa del tratto prossimale di eui sopra, prima che la stapedia. si divida nei suoi due tipiei rami ter- minali, il superiore e l’inferiore, e ricordando che, attraverso la fis- sura Glaseri, il ramo inferiore opera la sua anastomosi col ramo pterigoideo o coll’a. mascellare interna, ciö vuol dire che l’a. me- ningea cerebrale laterale sara l’equivalente dei due rami della sta- pedia, associati e continui (tav. I, schema 5). Riportare l’a. meningea cerebrale laterale unicamente al ramo inferiore dell’a. stapedia, per la sola, facile ragione della sua ori- gine, connessa all’ anastomosi primitiva del ramo stapediale inferiore coll’ a. mascellare interna 0 col ramo pterigoideo, non ci sembra giusta ipotesi. Ammessa l’involuzione del tratto prossimale della stapedia, per l’a. meningea cerebrale laterale, non puö reggervi altra conce- zione di quella che la consideri rappresentante del ramo stapediale inferiore eon sovra innestato il tratto prossimale del superiore, por- tante ancora l’a. meningea cerebrale laterale. Essi rami resterebbero cos1 immutati: non perderebbero che i loro rapporti colla cassa tim- panica. La Uavia cobaya ed il Lepus eumiculus lasciano libero pen- siero a cio. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 145 Questo modo di vedere permette inoltre di mantenere, riguardo all’ a. meningea cerebrale laterale, integro il concetto dominante in tutti i Mammiferi, ch’ essa sia legata, morfologieamente, al ramo stapediale superiore. L’a. orbito-meningea raggiunge il suo massimo sviluppo nel Lepus euniculus, e l’a. meningea cerebrale laterale nell’ Aystrix eristata e nella Cawa cobaya. Le altre aa. meningee non offrono gran che a riassumere. L’a. meningea cerebrale orale & presente in tutti i Roditori esaminati, con pressoche ugual sviluppo. Le aa. meningee cerebellari sono complete nel Gls glis, nel Mus rattus e nel Lepus cuniculus. Accertata la presenza della laterale in tutti i rappresentanti studiati, resta dubbiosa l’esistenza della dorsale, unicamente nello Sciurus vulgaris, nell’ Hystrix eristata e nella Cavia cobaya. Nell’ Hystrix eristata si ha l’inversione di calibro, tra l’a. me- ningea cerebellare laterale e l’a. meningea istmo-cerebellare aborale. Quest’ arteria € normale in tutto l’ordine. Della sua omonima orale non se ne hanno tracce. Sono complete le due aa. meningee cerebro-ventrali a sede eostante, nell’ Hystrix eristata, nella Cavia cobaya e nel Lepus cuni- culus; e dubbiosa invece l’esistenza dell’a. meningea della falee nel Mus rattus, arteria della quale non facilmente se ne trovan le tracce anche negli altri rappresentanti della Rodentia. L’a. oftalmica & costante in tutti: sviluppatissima nella Cawia cobaya, meno nel Lepus cumiculus e meno ancora che in questo, in tutti gli altri Rosichianti. Per le analogie dimostrate, & logico dedurre che lo Scaurus americanus, V’Echinosciurus aureogaster, V Arctomys marmota, il eui sistema arterioso cefalico @ stato deseritto da TANDLER, devono ascri- versi, relativamente alle aa. meningee, tra i Rosichianti a stapedia conservata (Scurus vulgaris, Glis glis ece.), e che il Pedetes caffer entra nell’ ordine inverso, tra quelli eioe a stapedia non conservata (Hystrix ceristata, Cavia cobaya ecc.). Ordo Insectivora. Novamente MECKEL, OTTO, HyRTL, HoFMAnN e TANDLER sono gli autori che piü si interessano degli Insettivori. Il loro studio tuttavia € limitato quasi eselusivamente all’ Erinaceus europaeus ed Morpholog. Jahrbuch. 46. 10 146 Attilio Mensa alla Talpa europaea, Insettivori sui quali vi s’intrattiene anche lo Zınmert. I tre primi autori continuano la loro errata interpreta- zione morfologica dell’ a. stapedia, ch’ essi considerano come a. carotis cerebralis od interna, donde le solite conseguenze. HoruAnN ripete la deserizione del »ramus ethmoidalis« origi- nante dall’a. cerebrale anteriore e corrente all’incontro della rete etmoidale, sulla lamina eribrosa dell’ etmoide: lo deserive nell’ Eri- naceus europaeus e vuole che la Talpa europaea abbia un comporta- mento arterioso analogo. TANDLER risolve la questione dell’a. stapedia e da ai tronchi arteriosi in genere il loro giusto valore. La letteratura che ha raccolto TANDLER & la stessa che a noi interessa, onde ce ne serviremo secondo i nostri bisogni. ZIMMERL dä ragione, nell’ Erinaceus europaeus e nella Talpa europaea, di un ramo muscolare, destinato al crotafite e passante pel canale infrasquamoso di GRUBER. * * * Anche noi abbiamo limitato il nostro studio all’ Erinaceus euro- paeus italicus ed alla Talpa europaea: \imitazione forzata dacche non ei veniva l’oecasione di altri Insettivori. Ciononostante, lo studio di queste specie potraä sempre contri- buire a darei una chiara idea dell’ assetto arterioso cefalico degli Insettivori: il quale, in linea di massima, ripete abbastanza fedel- mente la disposizione riscontrata nei rappresentanti della Rodentia, a stapedia interamente conservata. Un contributo speciale ce l’offre l’Erinaceus europaeus vtalieus per un’anomalia d’origine — errore topieo — dell’ a. meningea cere- brale laterale: essa riconferma, lo vedremo tosto, la tesi sostenuta sul valore morfologieo rappresentativo dell’ a. meningea di cui ® questione. Subordo Inseetivora vera. Fam. Erinaceidae. Subfam. Erinaceinae. (Gen. Erinaceus. Erinaceus europaeus italicus (Tav. IV, fig. 29). Che l’a. stapedia eostituisca il vaso cefalico maggiore ce lo di- mostrano gli autori dianzi accennati, colle loro ricerche quasi eselu- sivamente indirizzate alla sua conoscenza. Rimane la errata inter- pretazione. Inizia la serie MEcKEL, che la deserive come carotis interna, e come tale vien nuovamente deseritta da Orro, il quale vi s’in- Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 147 dugia ad una deserizione minuta, in eui non vien tralaseiato di dire dell’a. meningea cerebrale laterale. Ecco come: »Tune carotis cere- bralis per foramen quoddam magnum et rotundum in ecavum tympani penetrat, ibique in sulco paullulum assurgens, in duos finditur ramos, quorum alter et quidem exterior, emissis vasis pluribus pro ipso tympani cavo in suleo super primum cochleae gyrum usque ad sta- pedem ascendit, eum perforat et in profundo tegminis cavi tympaniei sulco antrorsum dirigitur, per foramen proprium in cavum cranii intrat ibique emissa arteria menyngea media in suleo profundo ossis parietalis recta via progreditur et per canalem longum ad superiorem orbitae partem penetrat alter vero, et quidem ramus profundior supra cochleam ad profundissimam cavi tympani partem prorepens, per canalem angustum, prope sellam tureicam exeuntem, in cayum craniü intrat et in eireulum Willisii inseritur, ita tamen, ut hie magis ex arteria vertebralis, quam ex carotide formetur.« Constatato l’errore morfologico, per eui niun dubbio rimane sul riconoseimento di tale vaso, & bene notare la suffieiente chiarezza con eui Orro deseriveva la stapedia nel suo tratto endotimpanico ed endocranico, la conoscenza dell’ a. meningea cerebrale laterale, e la definizione di »canalem longum« data alla via di passaggio del ramo superiore della stapedia, per rendersi dall’endocranio all’ orbita. HYRTL non conosce meno la questione, se pur da OTTo differisca. Riguarda anch’ egli la stapedia come a. carotis interna, e riconosce che uno dei rami, l’inferiore, per quanto poi lo deserive, sia »vier bis fünfmale stärker als der andere«; ramo, che poi segue giusta- mente nel suo tragitto esocranico, sino all’ orbita. Si fa convinto di una neccessita, di dover chiamare cio® arteria orbitalis il ramo destinato all’orbita e da quel primo proveniente: eid giustifica con- formemente alle ragioni sostenute da TANDLER e da noi poi con- tinuate, per tutto il lavoro. E eioe: »Die Arteria orbitalis. Ich nenne sie so, weil sie sich in allen in der Augenhöhle liegenden Gebilden — nur im Bulbus nicht — verzweigt, und einen starken Ast durch das Foramen eth- moidale zur Schädelhöhle für den Riechkolben schiekt, dessen Nebenäste zur harten Hirnhaut und durch die Foramina cri- brosa in die Nasenhöhle gelangen. Sie entspricht somit der Arteria ophthalmieca, aus dem Cireulus Willisii entstanden, mit dem Seh- nerven zur Augenhöhle gelangt, sich aber nur in die Ciliararterien teilt. « Nozione piü precisa quindi non poteva venirei per eoncludere 10* 148 Attilio Mensa sull’ esistenza di rami meningei orali e di un’arteria oftalmiea capace di dare le aa. ciliari. TANDLER dimostra piü tardi come l’a. orbitalis di HYRrTL corrisponda all’ associazione di due tronchi: del ramus orbitalis e del tratto distale del ramo stapediale superiore, ad HyRTL ignoto, la qual cosa dimostra ancora che HyrRrL non aveva preso conoseenza del ramo superiore della stapedia e dell’a. meningea cerebrale laterale. TANDLER, ristabilito il giusto valore ad ogni tronco arterioso, conclude per la mancanza dell’a. maxillaris interna: »Von einer aus der Carotis externa abgehenden Arteria maxil- laris interna kann absolut nicht die Rede sein, da sich kein Ast medial vom Unterkiefer nachweisen läßt. « Sull’a. oceipitalis, di ealibro abbastanza considerevole, lascia detto correre essa »in typischer Weise in den Nacken .. . und sich daselbst in ihre Endäste auflöst.« Deserive la stapedia, di eui non abbiamo che a rilevarne il suo tipico eomportamento: essa @ completa, e cede, naturalmente, l’a. meningea cerebrale laterale. L’a. ophthalmica & sviluppatissima. ZIMMERL, riferendosi indubbiamente al ramo stapediale superiore, che vorrebbe biforcato non appena ha raggiunto l’endocranio, deserive un ramo, il quale »appena originatosi s’immette nel canale infra- squamoso per guadagnare la fossa temporale dove si ramifica nel muscolo temporale«. Associa a ci0 una figura assai dimostrativa, del decorso esocranico di tale ramo, sul quale noi non possiamo riferire. L’A. ammette ancora aleuni rami meningei, corrispondenti all’a. meningea cerebrale laterale. * * * Gia abbiamo accennato come l’assetto generale arterioso cefalico dell’ Erinaceus europaeus corrisponda abbastanza fedelmente a quello dei Roditori ad arteria stapedia conservata. Consimile affermazione facciamo adesso pel sistema arterioso meningeo, perfettamente ana- logo. Non dobbiamo che registrare le solite variazioni, eselusiva- mente individuali, cosieche: L’a.meningea cerebrale orale, di calibro leggermente minore, non & troppo individualizzata: dell’ a. etmoidale, sua branca madre, & maggiore il ramo terminale nasale. L’a. meningea cerebrale laterale si stacca sul limite tra il Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 149 terzo posteriore e medio della dura cerebrale: & convessa aboral- mente e la sua divisione s’effettua secondo l’abbiamo riscontrata nello Sciurus vulgaris. Piü avanti € un secondo esile eollaterale del ramus superior della stapedia, di poco conto. Sul margine posteriore dell’ emisfero cerebrale sono dimostrabili esilissimi ramellini d’ origine intradurale; & probabile ch’ essi pro- vengano da un collaterale del ramus superior, a somiglianza del ramo cerebellare riscontrato nello Sciurus vulgaris ece. Tra le aa. meningee cerebellari & perfettamente dimostrabile la cerebellare laterale. Ci resta incognito, pel suo valore morfologico, un ramellino cere- bellare di eui non potemmo accertarne la provenienza: d’altra parte, ammessi i suoi caratteri, pensiamo ch’ esso non potrebbe rappre- sentare che l’a. meningea cerebellare dorsale. Crediamo che manchino le aa. meningee istmo-cerebellari: Delle cerebro-ventrali, sono presenti invece le due a sede costante: sviluppata in modo speeiale l’a. oftalmica, giungente ad anastomizzarsi col ramus orbitalis, non senza abbandonare prima anastomosi alle aa. ciliari. Ricordiamo inoltre piecoli ramellini secondari, collaterali ventrali del ramo superiore della stapedia. Cosi le condizioni normali. _ Un’ anomalia pertanto, l’interesse della quale intendiamo render noto, abbiamo riscontrato in un caso. Essa riguarda l’origine del- l’a. meningea cerebrale laterale, la quale, anziche effettuarsi dal ramus superior della stapedia, nel suo tratto endocranico, ori- ginava dallo stesso, quand’ era ancora nella cavita timpanica. Di calibro considerevole, nasceva, precisamente, nel tratto dove il ramo stapediale superiore sta per raggiungere la volta della cavitä tim- panica, nel suo punto di maggior convessitä. Si dirigeva quasi per- pendieolarmente, in alto; attraversava la parete cranica poco sopra il ramo superiore; penetrava con questo nel cavo cranico e si gettava sul margine posteriore dell’ emisfero; si spingeva poi oralmente, sulla dura, sulla quale veniva a dividersi ne’ suoi due rami terminali ti- piei: con questa differenza che, invece di riscontrarli orale ed abo- rale, uno era ventrale e l’altro dorsale. Da notarsi, essa cedeva rami diploetieci, lungo il suo tragitto intraosseo, ed inoltre esili ramellini cerebellari. Il ramo superiore della stapedia era parimenti anomalo nel suo comportamento: normale sino all’ entrata nel cavo cranico, anormale nel suo tragitto ulteriore. Non correva piüu sino all’ orbita, 150 Attilio Mensa attraverso tutta la fossa media del cranio; deviava invece, tosto era entrato in questo, sulla dura, incurvandosi in basso, a breve distanza dal margine aborale dell’ emisfero; s’infletteva sul lobo temporale del cervello, e raggiungeva il trigemino, col quale riusciva all’ eso- cranio, innestandosi sul ramo inferiore della stapedia, sviluppatis- simo. Dal dorso della sua eurva appariva il rudimento di un ramo Fig 4. om (m m mm nn ua ea" — 7 . = mı Erinaceus europaeus italicus. Anomalia d’origine dell’a. meningea cerebrale laterale. s# stapedia ; ri suo ramo inferiore; rs suo ramo superiore; cl a. meningea cerebrale laterale; m? a. mascellare in- terna; ro ramus orbitalis; om a. orbito-meningea; ct cavitä timpanica; s staffa. che, certamente, nel periodo embrionale, lo doveva collegare al ramus orbitalis, sino a che, per la distruzione del suo tratto medio e pros- simale, non & avvenuta la costituzione dell’ a. orbito-meningea, tipica nel suo comportamento (v. fig. 4). Di anomalie consimili non abbiamo trovato aecenno mai: eppero, la mancata conoscenza e descerizione del ramo superiore della stapedia per parte di HyrkrL, ammesso che questi conosceva la stapedia, se pure come carotis interna, ei fa pensare che detta anomalia possa ripetersi di frequente, piü che non sia facile im- maginarlo; donde, in casi consimili, verrebbe a mancare il tipico ramo superiore, destinato ad attraversare tutta la fossa eranica e Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 151 cedere l’a. meningea cerebrale laterale. Per queste considera- zioni, erediamo anche logico il sospettare che Hyrın si sia trovato di fronte ad un caso analogo. Conelusione migliore peraltro noi vogliamo ritrarre dall’ ano- malia deseritta, la quale serve bene a confermare la tesi nostra ed i fatti dimostrati nella Rodentia, sulla genesi dell’ a. meningea cere- brale laterale e dell’ a. orbito-meningea: che eioe, ancor quando si riscontrino errori topiei d’origine dell’ a. meningea cerebrale laterale, questa raggiunge sempre il cavo cranico, sia pur maggiore la via da percorrere, o nuova a farsi; e che, immutabilmente, il ramus superior della stapedia & destinato ad originarla, direttamente, lasciando inalterata la possibilita che un secondo ramo, lo stapediale inferiore, concorra alla sua formazione. L’anomalia, in s6, € quasi la eondizione normale del Mus rattus; ma, mentre nel Mus rattus, di tratto distale del ramo superiore della stapedia non ne resta che lieve traceia, qui, nell’ Erinaceus, abbiamo, per anomalia, la sua comunicazione coll’ a. mascellare in- terna, formata, come sappiamo, dal tratto distale del ramo stapediale inferiore. La stessa anomalia ei dimostra ancora inoppugnabilmente che sempre, senza eccezione, ove non corra pel canalis cranio-orbitalis il tratto distale del ramo stapediale superiore, corre in sua vece la. orbito-meningea che lo rappresenta, originante dal ramo orbitale, in relazione alle comunicazioni stapediali che questo vaso deve in- contrare nel periodo di vita embrionale; comunicazioni, sull’ esistenza delle quali non dovrebbero nascer dubbi. L’anomalia deseritta per- mette di esceluderli, e ciö & tanto piü dimostrativo, per la sicurezza che ei accompagna sull’ esistenza normale della stapedia, nell’ Hrina- ceus, conservata, com’ & noto, in tutta la sua interezza. Fam. Talpidae. Subfam. Talpinae. Gen. Talpa. Talpa europaea (Tav. IV, fig. 30). OrTTo ripete nella Talpa europaea le osservazioni prima esperite nell’ Erinaceus europaeus, giungendo a conclusioni analoghe. Chiama pertanto la stapedia col nome di »Ramum superficialem seu meningo-orbitalem« dal quale, originerebbe, entrato nel ceranio, l’a. meningea cerebrale laterale. Ugual ramo l’ammettono HyrtL e TANDLER, autori, che si occupano ancora, TANDLER in parti- colare, del destino del ramo stapediale inferiore. 152 Attilio Mensa TANDLER & d’avviso che la stapedia, nella Talpa europaea ab- bia un tragitto analogo a quello dell’ Erinaceus europaeus. E eiö dice a proposito del fatto, gia accennato da Hyrır, che l’a. stapedia non si renderebbe visibile che »nach Wegnahme der Dura mater«. Mette in relazione il nuovo comportamento colla modificazione sop- portata dallo sfenoide. Ricorda l’a. meningea eerebrale laterale, collaterale del ramo stapediale superiore, avanti alla quale originerebbe »einen den Knochen perforirenden, zum Schläfenmuskel verlaufenden Ast«, ramo che corrisponde evidentemente a quello descritto dallo ZIMMERL, nell’ Erinaceus europaeus, destinato al crotafite. Non puö dire dell’a. oftalmiea siccome non gli e riuseita l’iniezione. Diee invece dell’ oceipitale, abbastanza notevole. ZIMMERL non solleva alcuna eccezione a proposito della sta- pedia; aeccenna all’ a. meningea cerebrale laterale, ed al ramo mu- scolare temporale, destinato a fuoriuseire per »un minutissimo forellino il quale € situato di solito sulla sutura temporo- parietale«, foro che rapporta poi, come gia aveva fatto nell’ Erina- ceus, al eanale infrasquamoso di GRUBER. * * * Lo studio del sistema arterioso meningeo encefalico della Talpa europaea non porta innovazioni su quanto noi abbiamo coneluso per l’ Erinaceus europaeus. Anche per la stapedia siamo d’avviso ch’ essa mantenga lo stesso eomportamento: noi proprio non siamo stati obbligati, rife- rendoei in particolare al ramus superior, di sollevare la dura per studiarne il suo corso. Tutte le aa. meningee, rapportate a quelle dell’ Erinaceus europaeus, $i corrispondono esattamente, per l’origine e pel tragitto: una non lieve differenza mostra invece lo sviluppo delle aa. cerebro- ventrali. La fortuna di un’ iniezione ben riuseita ei permetteva di scorgere, senza dubbi in proposito, l’a. oftalmica, la quale e pero esilissima, tanto da poterla seguire diffiecilmente nella cavita orbitale onde studiarne il suo comportamento. L’a. meningea della falce & pur essa tanto ridotta da non raggiungere il solco olfattivo. Nella Talpa, inoltre,- abbiamo trovato il ramo muscolo-temporale, Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 153 collaterale del ramo stapediale superiore, corrispondente a quello che prima ha deseritto TAnDLER e poi piu minutamente lo ZIMMERL. Riassunto. I due Insettivori studiati eoncordano perfettamente nelle con- dizioni del loro sistema arterioso meningeo encefalico. Sull’ a. stapedia: sull’ a. orbito-meningea e sull’ a. me- ningea cerebrale laterale, sue dipendenti, abbiamo gia con- cluso, relativamente ai loro caratteri morfologiei, poco innanzi, a proposito dell’ Erinaceus europaeus it.: quelle conclusioni valgono ora anche per la Talpa, sieche € inopportuno il ripeterle. Additiamo unicamente, per l’a. orbito-meningea e per l’a. meningea cere- brale laterale, la loro origine costante dal ramo stapediale su- periore, salvo l’anomalia descritta nell’ Erinaceus, in eui l’a. orbito- meningea originava dal ramus orbitalis. Il ramo stapediale superiore da inoltre origine ad una branca destinata a passare nella fossa temporale, attraverso il canale infra- squamoso di GRUBER; e, ventralmente, stacca aleune meningee cerebro- ventrali. L’a. oftalmica, sviluppatissima, nell’ Erinaceus europaeus it., s’anastomizza col ramo orbitale, sul ceui tronco s’innesta contempora- neamente il tratto distale del ramo stapediale superiore, passato nel- l’ orbita attraverso il canale eranio-orbitalis. Anche l’a. meningea della falce & notevolmente sviluppata nell’ Erinaceus, mentre nella Talpa, a. oftalmica e meningea della falce sono ridottissime: la prima non s’anastomizza piu col ramo orbitale, e la seconda non arriva a varcare il solco olfattivo. Ogni riserva va messa per le aa. meningee istmo-cerebel- lari, delle quali non abbiamo trovato tracce sufficenti a stabilirne i caratteri. Ordo Chiroptera. Non piü rieca d’osservazioni della Rodentia o dell’ Insecti- vora &e la Chiroptera. Che a noi interessino, sono i dati che ei vengono da OTro, HYRTL, TANDLER, GROSSER, ZIMMERL. Orro, sempre nel suo lavoro »De animalium quorundam per hyemen dormentium vasis cephalicis« descrive ancora l’a. stapedia come a. carotis interna, sulla quale, dopo aver detto del suo pas- saggio attraverso le branche della staffa, continua: 154 - Attilio Mensa »Cavum cranii ingressa, mox in duos dividitur ramos, exteriorem et interiorem. Ille maior est et in sulco satis profundo retrorsum dirigitur; dat plures arterias meningeas, et tunc in Vespertilio- nibus huius terrae per foramen quoddam proprium, in Pteropode autem Capensi per canalem longum orbitam intrat. Denisque misso ramulo quoddam in cavum ceranii redeunte inque cribro ossis eth- moidei diviso, in oculi museulis et uti arteria supraorbitalis finitur: alter vero ramus exit per fissuram laceram anteriorem et cavo cranii, sed mox in hoc per foramen ovale recurrit, arteriolas dat parvas pro dura menyngea maiorem ramum ad eirculum Willisii, et postremo per fissuram orbitalem ad oculum dirigitur.« Un cosı complesso tragitto, anche solo d’un’ arteria consimile, .TAnDLER non lo puö confermare, ad onta ch’ egli abbia esteso le sue ricerche agli Pteropidi. Non trova, anzi, corrispondenza alcuna tra i risultati delle ricerche sue e quelli di OTro, che confuta e ritiene eaduto in eırori di interpretazione. N& sa trovare il »canalem longum«, od il ramo che, proveniente dal cavo cranico, fuoriesce per la »fissura lacera« onde ritornare allo stesso, per il »foramen ovale«, collegandosi poi al »cireulus Willisii<. Ma che OrTro scambiasse la stapedia per carotis interna, conclude TANDLER, lo dimostra ancora la eonelusione dedicata al capitolo dei Chirotteri, nel suo lavoro: »Omnes mihi eandem auris et vasorum encephali conditionem, nee non arteriae carotidis cerebralis per stapedem decursum demonstra- verunt.« HyrktL & d’aceordo nell’ ammettere, riferendosi al Vespertiko, Noctilio, Plecotus, Phyllostoma, Mormoops e Taphaxous, sopra il pro- montorio, una doceia destinata a ricettare il vaso arterioso, corrente tra le branche della staffa, ed accenna anch’ egli a diseordanze dei risultati suoi con quelli di OrTo, inerenti al decorso dell’ arteria ac- cennata, tra i collaterali della quale, annovera un ramo satellite del V paio, corrente nell’ orbita come a. orbitalis. Ricorda poi, nel Vespertilio e Rhinolophus, un’ anastomosi tra il vaso stapediale e l’a. oceipitale. Detti rami arteriosi non vengono confermati da TANDLER, Sic- come a questi non gli fu possibile la loro dimostrazione. TANDLER studia gli Pteropidi. Solitamente, diremo delle sue ricerche nei casi singoli, ed alle descerizioni sue aggiungeremo quelle di GROSSER, riguardanti il Rhinolophus hipposideros ed il Vespertilio murvnus. ZIMMERL investiga il comportamento dell’ a. stapedia, in rela- Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 155 zione al canale infrasquamoso di GRUBER, attraverso il quale ritiene passi il maggiore dei suoi rami di divisione che si porterebbe nella fossa temporale, destinato al muscolo omonimo. Dalla figura che compiega al lavoro, appare evidentissimo il ramo stapediale superiore, di apparenze normali, tipiche. Il ramo stesso che ritiene tutto muscolare ripete la posizione ed il compor- tamento dell’ a. meningea cerebrale laterale: ond’ & a pensare che solo un collaterale di questa si rendesse alla fossa temporale. Tut- tavia, serive l’autore che non gli & riuscito »di mettere in evidenza nessun ramo che si distribuisse alle meningie. * * * Della Chiroptera noi non abbiamo potuto esaminare che un solo rappresentante: il Prpistrellus Kuhls. A completarei un poco, ci serviamo delle deserizioni di TANDLER sul Pieropus edulis, e di quelle di GrosSER sul Vespertikio murinus e Rhinolophus hipposideros, che noi riassumeremo come al solito. Subordo Megachiroptera. Fam. Pteropidae. Subfam. Pteropinae. Gen. Pteropus. Pteropus edulis (da TANDLER). Si ha notizia dell’ a. oceipitale, dell’ a. meningea cerebrale late- rale, dell’ a. orbito-meningea e dell’ a. oftalmiea. L’a. oeeipitale origina neli’ angolo formato dala carotis interna ed externa: & debole e si esaurisce tosto, dirigendosi nucalmente. A. meningea cerebrale laterale. Origina dall’a. maxillaris interna, prima ch’ essa penetri il canale ritenuto da TANDLER analogo allo pterigoideus. Corre aboral- mente: attraversa la fissura Glaseri — assai aperta in questi ani- mali — oralmente alla staffa; s’ineurva dorsalmente, nell’ angolo dorso-orale della cavita timpanica; perfora il tegmen tympani, e si rende all’ endocranio come a. meningea cerebrale laterale (Tarv. I, fig. 4). A. orbito-meningea. »Der Ramus orbitalis verbindet auch hier, wie des öfteren beschrieben, die Arteria maxillaris interna und den Ramus superior der Arteria stapedia; die oberen orbitalen Gefäße ent- sprechen dem distalen Ende der Arteria stapedia.« Quest’ affermazione di TANDLER non & cosı chiara da renderei subito conto dell’ a. orbito-meningea: v’e pero motivo di ammetterla 156 Attilio Mensa per la nota ragione ch’ essa sempre corrisponde al tratto distale del ramo stapediale superiore, e questo persiste nello Pieropus edulis, ad onta che non sappiamo in qual misura. Ma & giusto avvertire che, se tale eircostanza non puo aver dubbio per quanto pud riferirsi a descrizione, non cosi evidente ap- pare dallo schema che TAnDLEr ei offre in proposito. D’altro canto non dobbiamo tacere che, anche quando 1’ a. orbito-meningea era evidentissima, essa & sempre stata sconoseiuta, eppereiö mai di- segnata. A. oftalmiea. | Collaterale del eireulus Willisii; debole e collegata al ramus orbitalis mere& un’ anastomosi, essa contribuisce alla formazione delle aa. eiliari. Senza darei notizia diretta dell’a. meningea cerebrale orale, TANDLER ei dice tuttavia dell’ a. ethmoidalis. Sieche vien logico di mantenere a questa il suo ramo meningeo. Subordo Mierochiroptera. Fam. Rhinolophidae. Subfam. Rhinolophinae. Ger. Rhinolophus. Rhinolophus hipposideros (da GROSSER). Possiamo coneludere per l’esistenza dell’a. oceipitale, del- l’ a. meningea cerebrale laterale, e, come probabile, dell’ a. or- bito-meningea, siecome & conservato integro il ramo stapediale superiore. A. oceipitale. Collaterale della carotis interna, e destinata ai muscoli nucali. (GROSSER non accenna a collaterali meningei di sorta. A. meningea cerebrale laterale. Collaterale del ramo stapediale superiore, nel suo punto tipico. Per l’a. orbito-meningea vale la considerazione sovra esposta: tutt’ al pilı va ricordato che GROSSER interpreta come a. frontalis il tratto distale esoeranico del ramus superior della stapedia. L’ a. oftalmica mancherebbe: prendiamo contezza tuttavia di un’ arteria nervi optici, la quale sarebbe, talora, collaterale del ramus orbitalis, tal’ altra, della maxillaris interna. 5 Zn rn Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammileri. 157 Fam. Vespertilionidae. Sect. Vespertilionae. Gen. Vespertilio. Vespertilio murinus (da GROSSER). GROSSER conelude per l’a. occeipitalis, come nel Ahinolophus. Ammette ancora l’a. meningea cerebrale laterale collaterale del ramo superiore della stapedia, sviluppatissima: vuole anzi ch’ essa corrisponda ad uno dei due rami terminali che originerebbe il ramo stapediale superiore, non appena resosi endocranico, »immer sub- dural bleibend«. L’altro ramo correrebbe oralmente »und unter Abgabe einer Arteria ethmoidalis wieder den Knochen durehbohrt und als Arteria frontalis am oberen Augenwinkel endigt«. Ci sia permessa qui, giacche la ceircostanza non potrebbe offrirsi meglio, una osservazione. Abbiamo dimostrato troppe volte negli ordini scorsi, come il ramo superiore della stapedia, prima di attraversare il canale eranio-orbi- talis, cedesse l’orbito-meningea, piecole ramificazioni talora, ma sempre con ugual significato. L’a. ethmoidalis di GROSSER, ceduta da parte del ramus superior della stapedia, prima ch’esso si renda esocranico, corrisponde perfettamente all’ a. orbito-meningea degli animali a stapedia con- servata: la posizione stessa lo indica e l’afferma. "L’a. etmoidale € sempre pit orale che non sia quell’ arteria, e la sua origine € sempre esocranica, contrariamente al collaterale del ramo stapediale superiore, oggetto di discussione. Sembraei quindi giusta e logica la nuova interpretazione, la quale giustamente si collega all’ ipotesi prima, formulata pel Rhinolophus hipposideros, e che noi confermeremo tosto colla deserizione del Pipistrellus Kuhli, Mierochirottero, anch’ esso appartenente alla famiglia Vespertilo- nidae. L’a. oftalmiea & completamente scomparsa, eppero dimostra- bile nell’ embrione (ricerca su un embrione di 9 mm.) come arteria eentralis retinae, collaterale del tratto intracranico della carotis interna. Accennando GrOssErR alla distruzione del tratto prossimale del ramus inferior della stapedia, & bene avvertire, pel fine morfologieo, ch’ essa e ben sviluppata e completa nell’ embrione. 158 Attilio Mensa Gen. Pipistrellus. Pipistrellus Kuhli (Tav. IV, fig. 31). Il sistema arterioso meningeo encefalico e con esso l’a. stapedia del Pipistrellus Kuhli hanno rapporti intimi di somiglianza eoi Miero- chirotteri prima deseritti. Per le aa. meningee di ceui rende contezza GROSSER non passa dif- ferenza aleuna. Cosi l’a. orbito-meningea & tipica, e si presenta coi caratteri dell’ a. etmoidale deseritta da GROSSER, nel Vespertilio murinus, s’anastomizza coi rami dell’ a. meningea della falce, e riceve aboralmente la terminazione di un collaterale dell’ a. meningea cerebrale laterale. L’a. meningea cerebrale laterale, tipiea anch’ essa, col- laterale del ramo stapediale superiore, irrora i due terzi posteriori della dura cerebrale. - Ancora un ramo & costante collaterale del ramo superiore della stapedia: staccasi da questo non appena tocca la dura cerebrale, vieino all’ origine dell’ a. meningea cerebrale laterale, e eorre sulla tenda cerebellare, dorsalmente. Su tre Pipistrelli esaminati, due volte si comportava com’e& di- segnato in figura; una terza era fuso colla meningea cerebrale late- rale, in un tronco unico, maggiore, irraggiante rami orali ed aborali. In tutti i casi pensiamo di ravvieinare la presenza di detto ramo al ramo descritto, in condizioni pressoche simili nell’ Insectivora, ed identificato da TANDLER e ZIMMERL per ramo muscolare temporale. Limitiamo l’affermazione ad ipotesi, poiche non avemmo fortuna di poterlo seguire nel suo tratto distale, che, a dir vero, a chi non & avvertito di una sua probabile eontinuazione esoeranica; puo appa- rire deeisamente esaurito. Pitt che non si sia potuto stabilire nello Pieropus edulis, Rhino- lophus hipposideros e Vespertilio murinus, possiamo render conto ancora dell’ a. meningea cerebrale orale, destinata quasi esclusivamente alla dura olfattiva, sulla quale, 0 sul soleo omonimo, incontra le ramificazioni distali dell’ a. meningea della falce. L’a. meningea della falce, collaterale del tratto anteriore del eireulus Willisii, & sviluppata sino a rendersi per non lieve tratto, attraverso il solco olfattivo, alla falee cerebrale e sulla dura del polo cerebrale orale. Le sue anastomosi ei son gia note. Siamo riuseiti intanto a vedere un ramo meningeo cerebellare, la eui finezza non ei permetteva di seguirlo nel suo tratto prossimale, Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 159 a cagione dei suoi rapporti ossei: ma la sua direzione ci indirizzava a pensare all’a. meningea cerebellare laterale. L’a. oftalmiea non siamo riuseiti a rintraceiarla. Non ei dob- biamo celare per altro che mancava l’iniezione in quel tratto, non senza ragione forse, ammessa la via piü comoda della meningea della falce, sovra descritta. L’a. stapedia & tipica. Il ramus superior € il maggiore; il suo tratto distale concorre col ramus orbitalis alla irrorazione dell’ orbita. Il ramus inferior, minore, a pena percettibile nel cavo tim- panico, riesce difficile seguirlo nel suo tratto distale, il cui destino ei € incognito. Riassunto. Cosi eome la Rodentia, la Chiroptera, anche ne’ pochi esemplari’ studiati, e riceca di particolari a noi interessantissimi: soprattutto, la deserizione che TANDLER da sull’ a. meningea cerebrale laterale dello Pteropus edulıs. In ragione dell’ esistenza dell’a. ethmoidalis, deducemmo, nello Pteropus edulis, quella dell’ a. meningea cerebrale orale, confer- mata poi dalle nostre ricerche sul Pipistrellus Kuhlv. Nel Vespertilio murinus e nel Rhinolophus hipposideros, rimane dubbiosa, sol pereh& GROSSER, come abbiamo gia dimostrato, attribuisce all’ a. orbito- meningea il valore di a. ethmoidalis, eppereio non si Anno piü dati sulla. vera a. etmoidale. Per eontro, appare tipiea l’a. orbito-meningea nel Pipistrellus Kuhli e, vorremmo dire indubbiamente, anche nel Vespertilio mu- rinus e nel Rhinolophus hipposideros,; meno sieuramente nello Pieropus edulis. L’origine dell’ a. orbito-meningea permane eostante dal ramus superior dell’a. stapedia, prima ch’esso, attraverso il canalis eranio-orbitalis, si renda all’ orbita. Esistendo nello Pteropus edulis, essa, l’a. orbito- meningea, dovrebbe indubbiamente partire dal ramus orbitalis per rendersi all’ endocranio. Cosi eonsiglia almeno la distruzione del tratto medio del ramo stapediale superiore. L’a. meningea cerebrale laterale & la tipica degli animali a stapedia conservata (Vespertilio murinus, Rhinolophus hipposideros, Pipistrellus Kuhli). Nello Pteropus edulis essa ei rende il maggior eontributo alla dimostrazione eui siam voluti giungere, relativamente alla sua morfologia, nella Rodentia e nell’ Inseetivora. Ricorderemo ch’essa, originata all’esocranio, entra nel cavo 160 Attilio Mensa timpanico per la fissura Glaseri, s’inflette avanti la staffa, piega oro- dorsalmente, ed incontra il tegmen tympani che perfora, per rendersi all’ endocranio. Il tratto prossimale della stapedia & scomparso. Il caso & singolare ed interessante, n& dimostrazione migliore potrebbe venirei; impariamo cioe come l’a. meningea cerebrale laterale sia formata dal ramo inferiore della stapedia e dal tratto prossimale del superiore. Quanto noi abbiamo generalizzato, im- maginando la trasmigrazione di quei tratti arteriosi congiunti, dal cavum tympani, lo stesso afferma ora TANDLER per il caso singolo dello Pteropus edulis, e cioe: »Die Arteria meningea media ist zusammengesetzt aus einem Stücke des Ramus inferior und einem Stücke des Ramus superior der Arteria stapedia und dem distal, aus der auch sonst aus dem Ramus superior entspringenden meningealen Ramifieation.« _ Lo Pteropus edulis, d’altro canto, puo dimostrarei ancora cose singolari: che cioe, l’a. meningea cerebrale laterale, anche quando non risenta pit de’ rapporti col tratto prossimale della stapedia, poträa sempre ancora ricorrere alla via timpanica, per rendersi all’ endo- cranio; e che @ veramente possibile la sola distruzione del tratto prossimale dell’a. stapedia sino alla sua divisione termi- nale. Alle quali conelusioni ei sia concesso di aggiungere eh’essa stapedia deve necessariamente trovarsi completa nel periodo di vita embrionale dello Pteropus edulis; e che, di eonseguenza, per con- vertirsi allo stato extraembrionale, necessitano regressioni di tratti parziali di essa; che queste, interessando unicamente il tratto prossi- male della stapedia ed il medio del suo ramo superiore, lasciano integri il ramo inferiore ed il tratto prossimale del superiore, perch& destinati alla formazione dell’a. meningea cerebrale laterale. Ciö ammesso, prospettandoci l’eventuale regressione del ramo stapediale inferiore, noi siamo indotti a eoneludere ch’ esso ramo poträa ridursi od estinguersi sempreche l’a. meningea cerebrale laterale origini dal ramo superiore, come lo dimostrano il Vespertilio mu- rinus, il Rhinolophus hipposideros, e Pipistrellus Kuhli, se pure questo ultimo in proporzioni minori. Interessante ancora & il ramo cerebellare descritto nel Pipistrellus Kuhli, che in qualche modo puo corrispondere al ramo perforante muscolare, deseritto dallo Zimmer nel Plecotus auritus, in relazione al ecanale infrasquamoso di GRUBER, analogo a quello riscontrato nel- ’Insectivora. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 161 I easi sono troppo limitati per poter trarne qualehe conelusione di valore. Delle aa. meningee cerebellari si puö dir poco; sembra di- mostrata nel Prpistrellus Kuhli VYa.meningea cerebellare laterale. Per gli altri Chirotteri non sono possibili che ipotesi, in relazione all’ esistenza dell’ a. oceipitalis. Tra le aa. meningee cerebro-ventrali, appare l’a. oftal- miea: nello Pieropus edulis, discretamente sviluppata; scomparsa invece nel Vespertilio murimus e Ichinolophus hipposideros, ancora accennata nel Pipistrellus Kuhli, ma ridottissima. L’a. meningea della falce & dimostrata solo nel Pipistrellus Kuhlı. Sonvi ancora tracce di aa. meningee cerebro-ventrali sta- pediali. Ordo Prosimiae. Di quest’ ordine non avemmo fortuna d’avere alecun rappresen- tante, ma non celandoei tutta la sua importanza, intendiamo riassu- mere dalle ricerche di ZUCKERKANDL e di TANDLER quanto a noi puö interessare. Il tutto desumiamo dal piüu volte eitato lavoro: »Zur vergleichen- den Anatomie der Kopfarterien bei den Mammalia« di TANDLER. La letteratura sulle arterie cefaliche delle Proseimmie e manche- vole: TANDLER non vi trova dati interessanti, comparabili colle sue ricerche. Egli acquista, in rapporto all’ ordinamento delle arterie cefaliche di quest’ ordine, la convinzione ch’ esso si presti ad una divisione in due gruppi: dei quali, uno s’aceosterebbe ai Roditori; Valtro alle Seimmie. Appartengono al primo il Chiromys ed i Lemuridi; al secondo gli altri generi dell’ ordine. Si ritrova nei primi la persistenza del vaso stapediale, la regressione dell’a. carotis interna, e il sopravvento dell’a. verte- bralis. Appare ne’ secondi, invece, la completa regressione del vaso sta- pediale e la prevalenzadella carotis interna. Chiara corrispondenza trova inoltre, col comportamento dei Chirotteri, l’Otolienus per la posizione della sua carotide interna rispetto la parete timpanieca: eorrispondenza tuttavia, la cui spiegazione sembra anche a TANDLER indefinibile: Morpholog. Jahrbuch. 46. ul 162 Attilio Mensa »In wie weit diese Verhältnisse als Resultate der phylogenetischen Beziehungen oder als Convergenzbildungen anzusehen sind, ist natür- lich nicht zu unterscheiden. « TANDLER esamina, in tutto, lo Stenops gracilis, V Otolicnus erassi- caudatus, il Lemur varius; vitiene d’aver esaminato i piü importanti rappresentanti dell’ ordine, ed aggiunge le descrizioni relative al Chiromys madagascariensis, raccolte da una monografia contemporanea di ZUCKERKANDL. Fam. Lemuridae. Subfam. Lemurinae Gen. Lemur. Lemur varius (da TANDLER). L’arteria etmoidale nasce dal tronco comune risultante dal- l’anastomosi convergente tra l’a. oftalmica ed il tratto orbitale del ramo superiore della stapedia. L’a. meningea cerebrale laterale e collaterale del ramo sta- pediale superiore, nel suo punto d’entrata nell’ endocranio. Il tratto distale del ramo stapediale superiore, interamente conservato, rag- giunta l’orbita, s’anastomizza col ramus orbitalis, a eui s’aggiunge poi l’a. oftalmica, cedente al bulbo le arterie ciliayi. L’a. oceipitale, abbastanza considerevole, ha un tragitto tipieo e si suddivide ne’ muscoli nucali. Fam. Chiromyidae. Gen. Chiromys. Chiromys madagascartensis (da ZUCKERKANDL). L’a. etmoidale & collaterale del tronco risultante dall’ anasto- mosi del tratto orbitale del ramo superiore della stapedia col ramo superfieiale dell’ a. oftalmiea. L’a. meningea cerebrale laterale & collaterale dell’ a. sta- pedia, non appena & entrata nella fossa media del cranio. Di calibro considerevole, essa entra, accompagnata da una vena, direttamente nella sostanza del temporale. Corrisponde alla meningea cerebrale laterale dell’ Uomo, originante dall’a. maxillaris interna. BE interessante il percorso del ramo stapediale superiore, il quale »zieht von zwei Venen flankiert nach vorn, durchsetzt die late- rale Wand des im kleinen Keilbeinflügel befindlichen pneumatischen Raumes und gelangt in den hinteren Winkel der Augenhöhle.« Nell’ orbita, il suo tratto distale s’anastomizza coll’ a. oftalmiea. L’a. oftalmica, eollaterale della carotis interna, & tanto svilup- pata da potersi dividere ancora nell’ orbita in due robusti rami: uno Arterie meningee eneefaliche nella serie dei Mammiferi. 163 superficiale di eui giaä conosciamo le sue anastomosi; l’altro profondo destinato a dare le aa. ciliari. Dell’ a. oeeipitalis non € detto che del suo tragitto ch’essa eompie per raggiungere l’apofisitrasversa dell’atlante ed i muscoli retti del capo. Tra i collaterali esocraniei della carotis interna, ZUCKER- KANDL annovera un ramo »il quale entra satellite del vago nel eavo eranico e termina come a. meningea posteriore«. Il carattere di questo ramo e la sua entrata, in particolare, ci dimostrano chiara- mente ch’esso non va gia considerato come a. meningea cerebellare -dorsale, ma sebbene come istmo-cerebellare aborale. Una maggiore insistenza la riteniamo soverchia. Fam. Nyeticebidae. Subfam. Nyeticebinae. Gen. Loris (= Stenops). Loris gracilis (da 'TANDLER). TANDLER non ha potuto dimostrare l’a. stapedia. Della maxillaris interna poi, che a noi interesserebbe, dopo aver detto della sua origine da un tronco ecomune all’ a. temporalis superfieialis ed alla transversa faeciei, impariamo solo ch’essa si comporta come nelle Seimmie e nell’ Uomo; ne maggiori notizie ri- caviamo sull’a. oftalmica, eollaterale dell’ a. carotis interna. Subfam. Galaginae. Gen. Galago (= Otolienus). Sotlogen. Otolemur. Otolemur crassicaudatus (da TANDLER). Valgono le stesse considerazioni svolte per il Lorzs gracilis. L’a. oftalmieca nasce nel punto di unione della carotis interna colla communicans posterior, ed & di calibro abbastanza considerevole. Riassunto. Non puö essere che moneo, qual puö venire da eonsiderazioni tirate appena da lievi e manchevoli notizie. Ci servirä pertanto a segnalare come le Proseimmie, ne’ riguardi del loro sistema arterioso cefalico, segnino non lievi transizioni tra la Rodentia, l’Insectivora e la Chiroptera, da una parte, i Primati e l’Uomo dall’ altra. Impariamo eosi che aleune Proseimmie ripetono i caratteri dei primi ordini, essenzialmente in relazione alla presenza dell’a. stapedia, conservata nel suo ramo superiore, integro, con tutte le sue forma- zioni relative, endocraniche ed orbitali (Lemur varius, Chiromys madagascariensts). 11* 164 Attilio Mensa Che altre, s’acecostano meglio alle Seimmie e all’ Uomo, in rela- zione alla sostituzione dell’a. maxillaris interna all’a. stapedia. Cosa singolare, da notarsi prima di ogni altra conelusione, & lo sviluppo eonsiderevole dell’a. oftalmica. Essa segna una vera pro- gressione, rapportata al calibro degli ordini precedenti. Rieordiamo intanto che anche nell’ Insectivora e nello Pieropus edulis, tra i Chirotteri, s’era manifestata analoga tendenza: maggiore peraltro nelle Prosecimmie, dove gia troviamo, nel Chiromys mada- gascariensis, ad esempio, una spiecata suddivisione terminale dell’ a. oftalmiea in rami orbitali considerevoli. Essa perde il carattere di semplice a. meningea-ottica o eiliare, o di semplice anastomosi inter- eranica, per assumere quello di un vaso. che realmente contribuisca all’ irrorazione dell’ orbita: eppero conserva geneticamente il suo valore. I suoi rami, destinati al n. ottico ed al bulbo, li cede a parte. Il Chiromys madagascariensis ce linsegna: & noto che il ramo terminale profondo dell’ a. oftalmica cede escelusivamente le aa. eiliari. L’a. meningea cerebrale laterale & costante; essa & col- laterale stapediale, nel Lemur varius e nel Ohiromys madagascariensis ; dell’a. maxillaris interna, nel Loris gracilis e nell’ Otolemur crassi- caudatus. A ragion d’ipotesi dobbiamo supporre l’esistenza di qualche a. meningea cerebellare, in relazione alla presenza dell’ a. oeeipitale. Sulle aa. meningee istmo-cerebellari crediamo bene di af- fermare la presenza dell’aborale, nel Chiromys madagascariensis, secondo quanto dicemmo nella descrizione. Ordo Primates (= Simiae). Anche nei Primati, come per le Prosimiae, non avemmo modo di avere alcun rappresentante a nostra disposizione. Siamo cosi costretti a ricorrere a TANDLER, dal quale novamente preleviamo quanto, in relazione al sistema arterioso meningeo, puo aver inte- resse. Cosi per la letteratura. La descerizione dei vasi cefaliei dei Primati, piu che non si sia incontrato nell’ Ordo Prosimiae, & sorretta da un interessamento singolare. Ma al solito, son pochi gli autori che si addentrano in uno studio esauriente deitronchi arteriosi cefaliei secondari. Son sempre cose generali assai quelle che noi dobbiamo constatare. Anche SPERINO, nella sua anatomia speeiale del Cimpanze, non ei offre dati utiliz- zabili. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 165 Interessantissimi ei sono gli studi di von THEILE, e degni di nota quelli di von RoJEcKI. Non rendono invece a noi eircostanza che ei interessi gli studi di EISLER, HyrtL, BARKOW, VROLIK ece. In ultimo abbiamo le ricerche di TANDLER che seguiremo passo passo. Di Tueive interessa la descrizione ch’ egli dä dell’ arteria la- erymalis, nel Simia inuus: »Der größere Ast (der Arteria lacrymalis), welcher in seiner Verbreitung dem vorderen Aste der Meningea media entspricht, dringt durch ein Loch oben an der äußeren Augenhöhlenwand, zwischen dem Stirnbeine und dem großen Keilbeinflügel, in die Schädelhöhle, befindet sich beim Eintritte in die Schädelhöhle an der Hervorragung, welcher der Fossa Sylvii des Gehirnes entspricht, und verläuft von hier aus in einer Knochenfurche über die Schuppe des Schläfen- beines und über das Scheitelbein nach oben und hinten, indem sie sich an der harten Hirnhaut verästelt. Das Loch in der Augen- höhlenwand und die verästelte Gefäßfurche findet sich gleichmäßig auf beiden Seiten bei allen vier Exemplaren, und ein paarmal sah ich noch die abgerissene Arterie in dem Loche stecken. Die gleiche Beschaffenheit des Knochens finde ich aber auch am Schädel von Simia marmon und Simia macacus, so daß wahr- scheinlich bei allen Affen ein zur Meningea media zu zäh- lender Ast der Ophthalmica abgeht.« V. RoJEcKI, sul ramo meningeo dell’ a. lacrimale del Macacus cynomolgus e Macacus simieus, concelude invece negativamente, seri- vendo in modo esplieito e dopo una lunga descrizione >»... je n’ai pu eonstater la petite meningienne ...«. D’altra parte, a queste precise conelusioni si contrappongono i risultati delle ricerche di TANDLER, il quale afferma d’aver potuto dimostrare chiaramente, nel Macacus cynomolgus, la »foramina« che dall’ orbita mena all’ endoeranio, come le docce vasali che nello stesso la continuano. Di letteratura generale, ogni altra indicazione che si abbia & troppo vaga o generica, perche a noi possa portare un qualsivoglia eontributo. Meritano tuttavia ancora un accenno i piccoli collaterali dell’ a. cefebrale anteriore, che STADERINI ha voluto considerare come i rap- presentanti del gia noto »ramo frontale« equivalente all’ a. meningea della falce. Della indieazione di THEILE ne riparleremo nel riassunto. 166 Attilio Mensa Fam. Hapalidae. Gen. Hapale. Hapale penicillatus (penicıllata) (da TANDLER). \ L’a. etmoidale e collaterale dell’ a. oftalmiea, nel suo tratto orbitale. L’a. oftalmica & grossissima; invia l’a. frontale, l’etmoidale, la laerimale e forma le aa. ciliari. E collaterale dell’ a. carotis interna. L’a. lacrimale, il maggior eollaterale dell’ arteria oftalmica, lancia aboralmente un ramo, il quale abbandona l’orbita, correndo attraverso un fine canaletto, situato sopra la fissura orbitaria supe- riore, ed entrando nell’ endocranio per formarvi I’ »arteria me- ningea media«. TANDLER giustifica tale formazione asseverando non potersi di- mostrare altra meningea cerebrale laterale, originante dall’ a. ma- xillaris interna, di comportamento analogo a quello dell’ Uomo, ma pero »mit dem einzigen Unterschiede, daß eine von ihr ab- gehende Meningea media nicht auffindbar war.« L’a. oceipitale sarebbe sostituita dall’ arteria auricolare poste- riore. Fam. Cercopithecidae. Subfam. Cercopitheeinae. Gen. Papio (= Cynocephalus). Sottogen. Hamadryas. Hamadryas hamadryas (da 'TANDLER). \ L’a. meningea cerebrale laterale & collaterale dell’ a. ma- xillaris interna. L’a. oftalmiea &e ancora collaterale della carotide interna, e provvede a tutto il contenuto dell’ orbita. L’a. lacrimale invia un ramo retrogrado, il quale attraversa la parete orbitale posteriore, per un canale osseo proprio, all’ estremo dorso-laterale della fissura orbitalis superior; ramo che raggiunge l’endocranio e quivi si anastomizza direttamente coll’ a. meningea cerebrale laterale d’ origine della maxillaris interna. (Questo vaso era in tutti i casi esaminati ben sviluppato. L’a. oceipitale ripete quella dell’ Hapale penieillatus. Sottogen. Choeropithecus. Choeropithecus porcarius (da 'TANDLER). Corrisponde, pel sistema arterioso che a noi interessa, perfetta- mente all’ Hamadryas hamadryas. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 167 Subfam. Semnopitheeinae. Gen. Semnopitheeus. Sottogen. Semnopitheeus p. d. Semnoptthecus entellus (da TANDLER). Il sistema arterioso cefalico del Semnopithecus entellus si com- porta precisamente come nel Choeropithecus. Avvertiamo tuttavia il singolare sviluppo del ramo collaterale dell’ a. lacrimale, ricorrente nel eranio e destinato all’ a. meningea cerebrale laterale; n& vogliamo tacere del ramo collaterale di questa — continua la direzione del primo e staceasi la dove avviene la loro anastomosi — corrente attraverso il tegmen tympani, verso la cavitä timpanica, oltre la quale non & piü seguibile. Aggiungiamo infine che questo complesso di cose ha indotto TANDLER a considerare che il ramo stapediale superiore esista nel Semnopithecus ent. e ch’ esso sia »deutlich von der Paukenhöhle in die Orbita verfolgbar«. Fam. Cebidae. Subfam. Cebinae. Gen. Ateles. Ateles paniscus (da 'TANDLER). L’a. maxillaris interna ricorda quella dell’ Homo. »L’arteria ophthalmiea provvede a tutto il contenuto del- l’ orbita. Il ramo che ricorre dall’ arteria lacrymalis e sbocea nell’ arteria meningea — quale meningea, TANDLER non dice, ma con tutta pro- babilita vuol riferirsi alla eerebrale laterale — & abbastanza consi- derevole, epperö la meningea giä proviene dalla maxillaris interna.« L’a. oceipitale & collaterale della carotide esterna. Riassunto. Non abbiamo presa conoscenza che di sole poche arterie cefa- liche, in confronto delle molte di eui avremmo avuto bisogno, ma le eonelusioni a eui vi si potra giungere non saranno di un’importanza lieve. Vediamole. L’arteria deseritta da THEILE, collaterale della lacrimale e ricor- rente dall’ orbita nell’ endocranio, attraverso un canale delle pareti eraniche, non puö che corrispondere all’a. orbito-meningea, ed il eanale che la ricetta null’ altro che al canalis eranio-orbitalis. La stessa descrizione di THEILE ® seguita da altre di TANDLER, analoghe e concordanti, sieche non v’e eccezione a sollevare. Il Simia inuus, V’Hapale penicillatus, V’Hamadryas hamadryas, 168 Attilio Mensa il Choeropithecus porcarius, il Semnopithecus entellus, l’Ateles paniscus si trovano dunque ad avere, sviluppato in pressoch& ugual grado, il ramo rieorrente all’ endocranio, d’origine dell’ a. lacrimalis. A ragion d’ipotesi, THEILE, dall'’ esame dei erani corrispondenti, deduce ancora doversi avere uguale comportamento nel Simia maimon | e nel Simia macacus. Cosi TANDLER, per il Macacus cymomolgus, per l’Orang e pel Mycetes: una vera serie di animali che, per ap- partenere ad uno stesso ordine, e per presentare tutti cosi fatta arteria, permettono di concludere per la costanza di questa, la quale potrebbe anche passare indiscussa tanto si rende evidente. Ma ammettere la costanza di tale ramo non equivale a risol- vere tutto il problema. All’inizio del lavoro, piu che agli altri domanderemmo ancora a noi quale il significato di tale arteria, ma ora la risposta non puö esserei che facile. THEILE non lo dice, e TANDLER, mentre afferma il suo giusto valore morfologieo, rapportandola al tratto distale del ramo sta- pediale superiore, ricade novamente nell’ errore, a somiglianza di quanto gia asseriva nella Pinnipedia, di chiamare eioe »meningea media« la detta arteria. Sieche nell’ Hapale penieillatus parla di formazione dell’ a. meningea cerebrale laterale, per parte del colla- terale dell’ a. lacrimale, ricorrente nel eranio. Ma quanto piü non regge son le considerazioni successive. Giacch& nell’ Hamadryas hamadryas, mel Choeropithecus por- carius, nel Semnopithecus entellus, nell’ Ateles paniscus, al fatto della formazione dell’ a. meningea cerebrale laterale, da parte del colla- terale lacrimale rieorrente, ha voluto sostituire la semplice anasto- mosi che questo incontra coll’ a. meningea cerebrale laterale, originante dall’ a. mascellare interna: la qual cosa ammessa, o distrugge d’un tratto il valore del ramo ricorrente dell’ a. lacrimale; o, mantenendo a questo il valore attribuitogli da TAnDLer nell’ Hapale — il ramo e sempre lo stesso — permette di considerare due aa. meningee cerebrali laterali, econtemporaneamente. Ma ciö non regge e noi, senza indugio, erediamo alla prima tesi: la seconda sarebbe illogiea. Perch& TANDLER, ancora nei Primati, come nei Pinnipedi, abbia voluto ammettere l’esistenza di un’a. meningea cerebrale laterale, corri- spondente al ramo meningeo ricorrente dall’ orbita nel eranio, per la sola ragione ch’egli non ha potuto dimostrare l’a. meningea cerebrale laterale originante dalla mascellare interna, non spetta a noi il dirlo. Vogliamo solo ammettere ch’ egli —- considerata la giusta conoscenza Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 169 che aveva del ramo rieorrente dell’ a. lacrimale, omologato al tratto distale del ramo stapediale superiore — come gia avvertimmo nella Pinnipedia, non sia stato tratto in errore che dal ealibro insolito del ramo ricorrente orbitale (a. orbito-meningea). Esso, sviluppatissimo, avrä cagionato, eome nel Zepus eunieulus ad esempio, tra i Roditori, la massima riduzione dell’ a. meningea cerebrale laterale, od anche la sua scomparsa, e l’avıa sostituita funzionalmente, ma non per questa ragione l’a. meningea cerebrale laterale, anche rudimentalissima, avra perduto del suo valore morfo- logico, la ceui immutabilita non & la sola sua caratteristica, ma quella di tutte le arterie. Brevemente, sentiamo pereiö di dover affermare, secondo la nostra convinzione, che il ramo ricorrente dell’ a. lacrimale, desti- nato alla dura, non puö che rappresentare, in tutti i Primati, nes- suno eccettuato, l’a. orbito-meningea, elevata al suo piu alto grado di sviluppo, analogamente a quella, non meno evidente, dei molti rappresentanti della Carnivora — Hyaena striata in particolare —, della Rodentia — Lepus cumiculus —, dell’ Ungulata ece. Va notata, in tutto l’ordine, la sua costanza d’origine dall’ a. lacrimale. Le sue anastomosi coll’ a. meningea cerebrale laterale sono le corrispondenti degli altri animali; lo stesso che & del suo canale osseo che la ricetta, corrispondente al canalis eranio-orbitalis dei Mammiferi in genere. Come gia s’e accennato, per lo sviluppo enorme dell’ a. orbito- meningea, l’a. meningea cerebrale laterale & quasi sempre ri- dotta di calibro, e costantemente collaterale dell’ a. mascellare in- terna. Essa mancherebbe, secondo TANDLER, nell’ Hapale penteillatus, ma eioö non & giustificato rigorosamente, sieche & da credersi che almeno ve ne siano le tracce. Il ramo della stessa, che nel Semnopithecus entellus ricorrerebbe nel cavo timpanico, attraverso il tegmen tympani, segna un rudi- mento del ramo stapediale superiore. L’a. oftalmica cessa deeisamente di essere una semplice arte- riola meningea, o ciliare; essa assume, in tutti i Primati, la nutri- zione di tutta l’orbita. Sviluppatissima, essa cede ]’a. frontale, V’a. etmoidale, la lacrimale e le aa. eiliari: e la maggior evoluzione di quanto gia trovammo progredito nelle Prosimiae. Sull’ a. etmoidale ed occipitale non sono che a ripetersi le 170 Attilio Mensa eonelusioni pi volte aecennate in relazione alla loro esistenza: nessun altra via ei € aperta per la conoscenza delle aa. meningee cerebellari, istmo-cerebellari e di quelle, tra le cerebrali e cerebro-ventrali, che non sono state trattate. Ordo Bimana. Homo (Tav.\V, fig. 32). Aceingendoci a serivere del sistema arterioso meningeo encefalico dell’ Homo, non intendiamo descrivere fatti nuovi: avvertiamo anzi di non voler deserivere, ma di riassumere, eio valendoei per la di- scussione delle aa. meningee encefaliche in ordine al loro assetto morfologieo. Una serie di osservazioni riassunte senza conelusione suonerebbe inutilita completa. E per eid che, servendoci de’ trattati d’anatomia umana ed in particolare delle monografie riguardanti l’a. meningea cerebrale late- rale ed il ramo ricorrente dell’ a. oftalmica o delle sue dipendenti, noi daremo breve notizia di tutte le arterie meningee descritte nel- l’ Homo. Le notizie saran brevi, tanto che bastino a dar luogo alla discus- sione sul valore morfologieco de’ vasi in argomento. Noi non eredettimo di dover estendere le nostre ricerche spe- ciali all’ Uomo, giacche, dallo spoglio della letteratura, ei veniva la convinzione della completezza di quelle gia da altri sostenute. Nell’ ordine generale espositivo, manterremo ancora l’ordine naturale seguito sinora, corrispondentemente alle nostre ricerche. Cosi per la nomenclatura. Tralasceremo di eitare tutti gli autori, che solo ammettono senza riserve la presenza ed il tragitto normale delle aa. meningee, senza portare il contributo di peculiari eircostanze giovevoli allo studio morfologieo nostro. Raccoglieremo per contro, con tutta cura, le singole memorie sulle anomalie di comportamento di aleune meningee: le condizioni normali son troppo facili a trovarsi ne’ trattati, a cui lasciamo l’ampia trattazione. Di tutte le arterie meningee, una sola, in vero, l’a. meningea cerebrale laterale, occupö vivamente gli anatomiei umani. Le altre non son trattate che per brevi accenni, forse perch& il loro calibro non consentiva, n& esigeva maggiormente. Di letteratura generale, dobbiamo ricordare le geniali rieerche di Hyeru sui rami perforanti dell’ a. meningea cerebrale laterale, che poi 4 \ Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 171 estende saggiamente alle altre meningee, e dalla eui comparazione trae i postulati sul comportamento dei rami perforanti stessi. Ma di eiö giä abbiamo detto nell’ esordio del nostro lavoro, siech& & ragionevole il non ripeterci. S’aggiungono poi gli studi embriologiei di SIEBEMANN, sull’ ar- teria stapedia, originante dalla carotis interna, ed il cui » Vorkommen für den Aufbau des Stapes verwertete« (TANDLER). Hıs illustra la stessa sui dati di SIEBEMANN. TANDLER mette a profitto le sue ricerche per coneludere, sulla condizione di esistenza della stapedia, ch’ essa, nell’ Uomo, si man- tiene per aleuni tratti, normale, e per altri, in forma di varieta de- terminate. »Del ramo inferiore — l’a. maxillaris interna primaria — si con- serva quella porzione situata distalmente al punto d’incerocio col III ramo del trigemino. Solo in quei casi in cui l’arteria giace medialmente al III ramo suddetto, persiste ancora il tratto dell’ a. maxillaris interna primaria situato a lato mediale del trigemino, giacche, in simili casi, l’unione di detta arteria colla carotis interna avviene aboralmente al III ramo del trigemino. ... Del ramo supe- riore persiste, generalmente, il solo tratto orbitale in forma di arteria lacrymalis, frontalis ed ethmoidalis, di tal guisa ch’ esso perde qualsivoglia connessione col tratto prossimale, prima, perche questo scompare, e poi, perch6 dette arterie tutte si aggiungono, nell’ Homo, all’ arteria oftalmica, sviluppatissima. Della porzione intracranica del ramo superiore, persiste, forse normaimente, un esilissimo ramus meningeus, che, proveniente dal- l’a. laerymalis, attraversa un piccolissimo foramen situato a lato del- l’ estremita laterale-superiore della fissura orbitalis superior e con- ducente dall’ orbita nel cavo eranico. Generalmente & possibile seguire codesto ramus meningeus fino alla sua anastomosi colla meningea media.« * * * AA. meningee cerebrali. A. meningea cerebrale orale. Piceola branca delle arterie etmoidali (oftalmica) (ÜHARPY). POIRIER, considerandola collaterale dell’ arteria etmoidale an- teriore, prima che questa attraversi la lamina cribrosa, la ritiene »petite arteriole meningee qui se perd dans la dure-mere de la region frontale.« 172 Attilio Mensa Testur concorda con POIRIER, ed aggiunge che altri piecoli rami meningei provengono dall’ arteria etmoidale posteriore. All’ arteria collaterale dell’ etmoidale anteriore spetta evidente- mente il significato di a. meningea cerebrale orale: valore che le viene dal suo calibro, dalla sua posizione e dal suo comportamento. Notiamo ancora immutati i suoi nessi col solco olfattivo. A. orbito-meningea. Intendiamo descrivere sotto questo titolo quanto gli autori hanno deseritto come ramo meningeo ricorrente dall’ orbita nel cranio, e proveniente dall’ a. lacrymalis. Riterremmo ormai ripetizione fastidiosa quella di voler ridi- mostrare come detto ramo sia l’incontrastato equivalente dell’ arteria orbito-meningea: siamo troppo vieini a dimostrazione analoga, pre- eisissima, fatta a proposito de’ Primati, e gia ripetuta del resto, per tutti i Mammiferi, ogni volta che sullo stesso ramo dovevamo ri- volgere la nostra attenzione. ; Il suo valore morfologico non cambia del pari. Esso tende sempre a dimostrare la primitiva esistenza del ramo stapediale su- periore, accertata da SIEBEMANN nell’ embrione. D’altra parte, accanto all’ arteria orbito-meningea vanno con- siderati altri rami, piü sovente & un solo, che con essa hanno una stretta analogia: sono i rami arteriosi d’origine endocranica, col- leganti l’a. meningea cerebrale laterale all’a. lacrimale od all’ a. oftalmica e capaci, talora, per aleune anomalie di sviluppo, di sostituire l’a. oftalmiea eitata, od un’ arteria alle sue dipendenze; donde le numerosissime varieta deseritte di questo distretto eircolatorio. Per solito, quei rami, l’a. orbito-meningea inclusa, vengon con- siderati in numero di due, seguenti due vie che dall’ endocranio menano all’ orbita, e vice-versa. Una di queste vie costanti e la fissura orbitalis superior, o fessura sfenoidale che dir si voglia, attraverso la quale pas- serebbe immutabilmente — su ciö l’accordo & quasi eompleto — il ramo che, per staccarsi dalla divisione anteriore dell’ a. meningea cerebrale laterale e collegarsi, sovente, all’ arteria lacrimale del- l’ oftalmiea, venne definito col nome di »ramo orbitale della me- ningea media«. Il maggior numero degli autori ritiene ch’ esso ramo non sia che un semplice collaterale dell’ a. meningea cerebrale laterale. HyktL, riportandosi a’ suoi risultati sui rami perforanti dell’ a. meningea cerebrale laterale, lo ritiene ramo perforante, ma ne Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 173 considera pareechi anziche uno solo: afferma a tal proposito esser- vene due, tre, sino a cinque. La via seguita e pero sempre la stessa fissura orbitalis superior. Testur e POIRIER ripetono HyYRrTL. Sull’ origine di detti rami vien affermato dai molti ch’essa av- viene dal ramo anteriore dell’a. meningea cerebrale laterale. (BEAUNIS e BOUCHARD). GIANNELLI s’oceupa di proposito di quest’ argomento e conclude, sul ramo orbitale, originarsi questo »ad una distanza assai variabile dal punto di biforcazione della meningea« (si riferisce al ramo an- teriore) e, cosa piu interessante, potersi »originare dal tronco prineipale di quest’ arteria« (a. men. cerebrale laterale): quest’ ul- tima origine si avvererebbe colla costanza del 12,2 %/,. Trova inol- tre che non sempre la fessura sfenoidale e la sua via, e che nel 44,4 0/, dei casi corre a traverso un canaletto ch’ egli deserive e 'chiama »meningo-orbitale posteriore«. Anche sullo sviluppo del ramo orbitale dell’ a. meningea cere- brale laterale si sono pronunziati tutti gli autori, quasi concorde- mente, per la sua estrema variabilita di calibro. GIANNELLI conelude a questo riguardo: »Talvolta si anastomizza con la branca lacrimale dell’ oftalmica; tal’ altra poi, pur esistendo questa branca dell’ oftalmica si getta per conto suo nella ghiandola lacrimale; tal’ altra infine, per un’ av- venuta atrofia della eitata branca lacrimale, irrora da se solo la ghiandola lacrimale« sicche sostituirebbe l’arteria omonima. Casi consimili hanno descritto HALLER, MURRAY, VELPEAU, BLANDIN, ARNOLD, MECKEL, ne meno interessanti son gli altri illu- strati da Meyer ed HENLE. La semplice anastomosi dell’ a. meningea cerebrale laterale col- l’a. lacrimale l’aveva gia anche osservata Rau, eitato da HALLER. Ma v’e di piü: il ramo orbitale cennato puö sostituire tutta 0 quasi l’a. oftalmiea. Appartengono a questo caso le varieta descritte da LusScHKA, DUBREUIL, KRAUSE, THIEDEMANN, THEILE, ZUCKERKANDL, MusGROVE, ÜIVININI, OASINI. Mus6GROVE trova, accanto alla nuova oftalmica, il cordone fibroso corrispondente all’ a. oftalmica originale. Curxnow, nel Journ. Anat. and Phys. Vol. VIII, illustra due casi di origine anomala dell’ a. oftalmiea; in uno di questi parla di origine dell’ intera oftalmiea dalla meningea cerebrale laterale, fatta eccezione per ’arteria centrale della retina, »eccezione interes- 174 Attilio Mensa sante per servire a dimostrare come la retina mantenga la sua eon- nessione colla eircolazione cerebrale«. ÜRUVEILHIER cita casi analoghi. BLAnDIN e SapPpEY parlano di sostituzione, per nase del sud- detto ramo, di tutta l’a. oftalmica o di un ramo di questa. GRUBER descrive un caso d’origine dell’a. temporale profonda posteriore dalla »meningea media«. | Sul valore morfologico del ramo orbitale dell’ a. meningea cere- brale laterale, ora diseusso, nessun accenno abbiamo trovato per parte di qualche autore. E noi, per non ricorrere pitt a dimostrazioni, non ricorderemo altro che il tratto distale del ramo stapediale supe- riore dell’ Inseetivora, meglio ancora quello della Chiroptera, quello stesso del Lemur varius, tra le Prosimiae, capace anch’ esso di ana- stomizzarsi ampiamente coll’ a. oftalmiea e di sostituirla in parte, gia come eondizione normale: a. frontalis ece.; ed aceanto a eio, le affermazioni edi casi svolti nella Perissodactyla, sull’origine meningea dell’ a. frontalis: avremo detto e presentato tutto per dimostrare la stessa cosa nell’ Uomo; essere ecioe il »ramo orbitale della meningea media« l’espressione del tratto distale del ramo superiore della sta- pedia, o di una sua parte, e il perche lo vedremo tosto. Avvalora quest’ asserto l’affermazione di GIANNELLI sulla costanza del 12,20, ° dell’ origine di tale ramo dal tronco prineipale dell’a. meningea cere- brale laterale, esso stesse destinato all’ orbita, tutte le volte che v’e sostituzione dell’a. oftalmica o di una parte di essa. Aggiungiamo inoltre ch’esso ramo, il 44,4°/, di volte, corre in un canale proprio, e che noi non dobbiamo esitare a riconoscere questo per il canalis ceranio-orbitalis, comune a tutta la serie dei Mammiferi. Avevamo parlato di due rami e di due vie. Il primo ramo e la prima via li abbiamo conoseiuti or ora. Cerchiamo adesso di cono- scere i secondi. La via @ un seecondo canale, indipendente dal primo; il ramo, un’ arteria ricorrente dall’ orbita, collaterale dell’a. lacrimale, esau- rentesi, per ramifieazioni terminali durali, nell’ endocranio, ed ana- stomizzantesi coi rami collaterali anteriori dell’a. meningea cerebrale laterale. C’e su ciö minor letteratura che non sul primo ramo, ma, per contro, meglio definita. HEntLe chiama tale ramo ramus recurrens. Hyerı deserive ramo analogo, deputato a »ramificarsi immediata- mente colla divisione anteriore della meningea media nella parte Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 175 orbitale dell’ osso frontale«, ma lo fa passare attraverso la fissura orbitalis superior, avvertendo inoltre ch’esso »puo tanto erescere da essere in grado di sostituire il ramo corrispondente alla divisione anteriore della meningea media«. ZUCKERKANDL »considera questo ramo come una anastomosi nor- male tra l’a. oftalmica e la meningea media, ramo, gia da tempo noto in anatomia e la cui presenza deve ritenersi costante« (TANDLER). Per eccezione, una volta sola, ZUCKERKANDL avrebbe riconoseiuto il passaggio di tale ramo attraverso la fissura orbitalis superior, ed al eanalicolo che gli da normalmente ricetto, l’A. eonferisce il nome di canalis eranio-orbitalis. Lo stesso sembra che gia fosse eonoseiuto anche da HALLER. ÜRUVEILHIER riferisce tale ramo collaterale dell’ a. lacrimale col nome di piccola arteria meningea, ripetuto cosi da Tesrur, POIRIER e CHARPY, i quali, tuttavia, lo considerano passante attra- verso la fessura sfenoidale. GIANNELLI descerive il canalicolo che da passaggio a quel ramo, chiamandolo »canale meningo-orbitale anteriore«, ma non ri- tiene il ramo rieorrente. Anziche pensare — cosa naturale per un’ar- teria, ove non sia addirittura norma costante — che l’arteria stessa, provenendo dalla lacrimale si ramifichi nell’ endocranio, dopo aver attraversato il canale intercranico, egli pensa, al contrario, che »rami arteriosi meningei frontali siraccolgano in un tronco unico, il quale, percorrendo questo canale, o si anastomizza con la dirama- zione orbitale del ramo anteriore della meningea oppure quando il ramo orbitale molto per tempo si anastomizza con la branca lacıi- male dell’ oftalmica, si getta in questa branca lacrimale«. TANDLER € preciso. Ritiene doversi eonsiderare il ramo siccome costante, ricorrente dall’orbita, collaterale dell’a. lacrimale, percor- rente il canale chiamato da ZUCKERKANDL ceranio-orbitalis. Chiama il ramo, ramus meningeus e lo descrive come porzione intracra- niale persistente del ramo stapediale superiore. Di ramifieazioni meningee ricorrenti dall’ orbita parlano ancora CURNOW, BLANDIN e BARKOW. Del canale cranio-orbitalis di ZUCKERKANDL, abbiamo voluto verifieare noi stessi la sua esistenza, evidentissima in un eranio che avevamo a nostra disposizione. Esso corrisponde bene alla deseri- zione di TANDLER: € scolpito ancora a spese dell’ala orbitale dello sfenoide, vieinissimo tuttavia alla sutura sfeno-frontale che le corri- 176 Attilio Mensa sponde. Dista dall’ estremo superiore della fissura orbitalis superior di quasi un centimetro. C’& dunque, nell’ Uomo, un vero ramo rieorrente dall’ orbita, desti- nato alla dura cerebrale: l’a. orbito-meningea. Crediamo di non dover troppo insistere sulla deserizione di GIANNELLI, tanto & facile l’in- tendere ch’esso ramo provenga dall’ orbita. Terremo conto di eio per l’esistenza del ramo stesso e del canale che attraversa. Anche GIANNELLI del resto trova due casi, sui cui dati osteologiei conelude per »una disposizione che ci obbliga a ritenere essersi originata in quel caso la meningea dall’arteria oftalmica e con la massima probabilita dal suo ramo lacrimale«. Ne ei deve fuorviare l’asserzione di quegli altri autori che riten- gono passare tale ramo attraverso la fessura orbitale, giacche TEstuT, POIRIER ece. riferiscono tale eirecostanza unicamente sui dati di HYRTL e di ÜRUVEILHIER senza controllarla, e ZUCKERKANDL ci avverte che solo per eccezione lo si possa ritrovare per quella via. D’altronde, per eccezione, anche al tratto distale del ramo su- periore della stapedia saranno possibili errori topiei, ove si pensi alla breve distanza che separa le due vie di cui e questione: il canalis eranio-orbitalis e la fissura orbitalis superior. La possibilitä di questa seconda via anzi ei puö avvertire della costanza dell’ a. orbito-meningea, ancor quando per avventura manchi il canale suo proprio. Pel suo significato confermiamo l’ayviso di TANDLER: vogliamo pertanto riferire le circostanze normali dell’ Uomo, or ora descritte, a quelle eccezionali della Perissodaectyla, a questo stesso proposito accennate; a quelle normali del Duffelus bubalus e Bos taurus, che ripetono condizioni similiÄ, ove si pensi che, anche in questi, l’a. orbito-meningea entra per due rami distinti, in due canali cranio-orbitali, ai quali per nessuna ragione dovremmo assegnare un significato diverso, ammesso che i due rami suddetti, nascendo per un tronco unico, dall’ arteria lacrimale nel primo, dal ramo orbitale nel secondo, sono d’ugual valore morfologieo. Avremmo estesa cosi, anche all’ Uomo, la possibilita di una divisione terminale del ramus EUNeLIOE della stapedia, cosa, certo, che solo l’embriologia ce la puo rassieurare. Ad onta di ciö, riassumendo, noi vogliamo ammettere chei dns rami descritti, il ramo orbitale dell’a. meningea cerebrale laterale, ed il ramo ricorrente, eollaterale dell’a. lacrimale, siano legati alla presenza, nell’ embrione, dell’ a. stapedia: che il primo equivalga ad un eollaterale conservato del ramo stapediale superiore; ed il secondo Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. #77 ad un altro collaterale di questo stesso ramo, perdutosi nel suo tratto d’origine, resosi pereid rieorrente dall’ orbita, e destinato alla dura cerebrale frontale. Sembra che le due vie ch’essi seguono, la fissura sfenoidale pel primo ed il canalis eranio-orbitalis pel secondo, possano ricettare, indipendentemente o solo per eccezione, secondo gli autori, ora l’uno, ora l’altro ramo, ma eiö non ha influenza alcuna sull’ intimo signi- fieato morfologico dei due rami arteriosi summentovati. A. meningea cerebrale laterale. A eondizioni normali, eostante collaterale della mascellare interna, e di calibro enorme. Entra nell’ endocranio a traverso il foramen spinosum »souvent apres avoir passee dans une boutonniere nerveuse formee par l’auri- colo-temporal« (POIRIER). Suoi rami terminali son due prineipalis- simi tronchi: uno orale o ventrale, ed un altro aborale o dorsale. Le sue ramificazioni sono oggetto di studi speciali: indagini serupolose e compilazioni di casistiche, tutte in merito alla sua ec- cezionale importanza, anche in rapporto al punto di vista chirurgico. E cosi ehe GIAnNELLI studia l’arteria deserittivamente; STAURENGHI e Leuzzı topograficamente; che DANILLo si propone lo studio de’ rispettivi solchi ossei meningei, studio rivolto alla loro estensione, alla loro profondita e grandezza; che HyRTL rende contezza de’ suoi rami perforanti; e BARKOW e HENLE tentano la classificazione dei rami collaterali della sua divisione anteriore. E generalmente ammessa la sua anastomosi colla carotis interna (POIRIER). I suoi eollaterali, sono divisi in esterni ed interni; i primi appartenenti al suo tragitto esocranico; i secondi a quello endo- eranico. Tra i primi abbiamo: aleuni rami gracilissimi perdentisi nel muscolo pterigoideo; una piecola branca che discende col nervo linguale sul pavi- mento della bocca (JUVARA); talora l’a. »piecola meningea« e l’a. timpanica (POIRIER). I collaterali endocraniei sono: aleuni rami alla dura madre della fossa sfenoidale e al ganglio di Gasser (rami ganglionari di Testur); un ramo che penetra col nervo petroso superiore nell’ acque- dotto di FALLOPIO, dove si anastomizza coll’ a. stilo-mastoidea, branca dell’ auricolare post. o dell’ a. oceipitale (ramo petroso, ramus petrosus superficialis di Testur); Morpholog. Jahrbuch. 46. 12. 178 Attilio Mensa i rami orbitari, di eui gia parlammo; aleuni rami che penetrano attraverso la sutura petro-squamosa e si rendono all’ oreeechio medio, dove s’anastomizzano coll’ a. stilo- mastoidea e la timpanica (POIRIER); un ramicello al muscolo interno del martello (TEsTUT-SPERINO); esili rami perforanti (HyRTL) che attraversano le ossa e le suture e si esauriscono nel capillizio (TESTUT-SPERINO); rami temporali che attraversano la grande ala dello sfenoide e si anastomizzano, nella fossa temporale, colle arterie temporali pro- fonde (TESTUT-SPERINO). Per le varieta ed anomalie valgano le osservazioni precedenti. S’aggiunga solo che l’a. meningea cerebrale laterale puö dividersi prima di entrare nel cranio (TuEıLE). HyrkrL ha visto l’a. faringea ascendente penetrare nel canale carotideo, e terminarsi come a. meningea, in vicinanza della sella tur- gica, anastomizzandosi coll’arteria meningea cerebrale laterale. Questa inoltre puö originare un’a. temporale profonda (GRUBER). AA. meningee cerebellari. A. meningea cerebellare laterale. Ascriviamo a meningea cerebellare laterale, l’arteria desecritta dagli anatomiei umani come »arteria meningea posteriore«, cor- rispondente alla »oceipito-meningienne« di CHAUSSIER. »Questa branca si stacca dall’a. vertebrale, non appena questa ha attraversata la dura madre rachidiana; si dirige in alto e in fuori, correndo nella fossa cerebellare; a livello della tenda del cervelletto, essa si incurva e si ramifica sulla faceia inferiore dell’ organo« (POIRIER). Non ei nascondiamo la diversa origine e la conseguente via d’entrata di questa meningea, rapportata a quella di tutta la serie dei Mammiferi, penetrante costantemente pel foro condiloideo del- l’oceipitale, ma, a ravvicinarle ei potrebbe soccorrere la circostanza analoga rilevata per quasi tutta la Ruminantia, dove noi ricorde- remo appunto come l’a. meningea cerebellare laterale cedesse un tronco all’ a. vertebrale, non inferiore a quello deputato alla ramifica- zione meningea e foggiato a vera anastomosi corrente tra le due arterie citate. D’altra parte, siamo in obbligo di dire dei collaterali meningei accessori, che CHARPY ammette come rami dell’ oceipitale, e che si renderebbero all’ endocranio »a travers le trou parietal, le trou ma- Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 179 stoidien ou m&me les trous de la base«. E se pur non speeifieati questi fori, mettendo in relazione questo asserto con quello di Testur che, aneor tra i rami arteriosi durali accessori, »mancanti in aleuni casi«, asecrive »un ramo che giunge pel foro eondiloideo an- teriore« e pereio satellite del n. ipoglosso (ramo, talora collaterale della meningea istmo-cerebellare aborale) & dover nostro rilevare che solo questo ramo potrebbe rigorosamente corrispondere alla nostra a. meningea cerebellare laterale. Ma, ammessa l’incostanza e le pro- babili sue relazioni coll’ arteria prima deseritta, d’origine vertebrale, noi dobbiamo pure prospettarei l’ipotesi di uno sviluppo ulteriore di queste anastomosi, le quali avrebbero surrogato stabilmente il ramo prineipale, prendendo, cosa naturale, origine inversa. A. meningea cerebellare dorsale. Tipieca e normale, eppero ridotta. Collaterale dell’ arteria ocei- pitale, »penetra nel foro mastoideo«, giunge nel cranio e si perde nella dura madre della regione mastoidea. Quest’ arteria, attraver- sando il foro mastoideo, fornisce costantemente (HYRTL) un ramo diploico, ramus diploeticus di HYRTL (TEsTUT-SPERINO). CHARPY l’annovera tra le aa. meningee accessorie. AA. meningee cerebro-ventrali. A. meningea della falce. Ci e nota per l’affermazione di SarpEy e di LANGER, autori, i quali concludono per la presenza di rami collaterali della cerebrale anteriore destinati »au niveau du genou a la faux du cerveau«. STADERINI descrive gli stessi rami, ma vuole ch’essi siano rami cerebrali: li considera eioe omologhi del »ramo frontale della cere- brale anteriore«, deseritto nella Pecora, nel Cavallo, nel Cane e nel Gatto, e destinato, come noi abbiamo potuto dimostrare, alla falce, anziche al lobo frontale del cervello, come vorrebbe 1’A. A. oftalmica. Ha perduto il carattere di semplice arteria meningea o ciliare; ha acquistato quello di un vaso di eccezionale calibro, siecome quello destinato a irrorare tutta l’orbita. Tralasciamo di dire delle sue anomalie ed anastomosi. Ci sono note. Una cosa sola ricorderemo: l’affermazione eioe di CURNOW, gia riferita anch’essa, sulla eonservazione dell’a. centralis retinae in easo di atrofia dell’ oftalmiea; conservazione che anche a noi ri- vela tutta la sua importanza, dimostrandoci, come asseriva CURNOW, l’intimo nesso della eircolazione retinica con quella cerebrale. L’im- 12* 180 Attilio Mensa portanza s’accresce anche per noi, che abbiamo visto tale arteria, quasi unicamente conservata come tale in non pochi rappresentanti dei Mammiferi: ei0d almeno, volendo attenerei alle ricerche di TANDLER e degli altri autori, eitati in proposito. Alle aa. meningee cerebro-ventrali va ancora aggiunta la »piecola meningea« di LAUTH, quand’ essa esiste. »Incostante, nasce del tutto vieino alla »meningea media« di cui essa non &, sovente, che un ramo. Si dirige in alto seguendo il nervo mascellare inferiore e penetra con esso nel foro ovale. Nel eranio, essa corrisponde alla faccia profonda del ganglio di GASSER, al quale essa da rami insieme alla parete esterna del seno caver- n080« (POIRIER). AA. meningee istmo-cerebellari. A. meningea istmo-cerebellare aborale. h Ammessa dagli anatomiei umani, che la chiamano »meningea posteriore«, confondendola cosi coll’a. arteria omonima, collaterale della vertebrale, essa & tipica e costante. Collaterale distale dell’arteria faringea ascendente, secondo Testur; dell’ a. oceipitale, secondo ÜRUVEILHIER, citato da POIRIER, passa oralmente alla’vena giugulare, da qualche ramuscolo al pneumo- gastrico ed al ganglio superiore del grande simpatico, penetra nel cranio attraverso il foro lacero posteriore e si ramifica nella dura madre che tappezza le fosse oceipitali inferiori. Questa branca da pure un ramo che entra nel cranio attraverso la sostanza fibrosa del foro lacero anteriore (SAPPEY, POIRIER). In aleuni casi, come gia abbiamo rieordato, »fornisce ancora un terzo ramo meningeo, che siimpegna nel foro condiloideo anteriore, e si esaurisce nella porzione della dura madre che eirconda il foro oceipitale« (TESTUT). A. meningea istmo-cerebellare orale. E lo stesso ramo di Sarrey, collaterale della meningea istmo- cerebellare aborale, descritto poco dianzi. Anch’ esso & tipico pel suo valere morfologico. A completare la descrizione del sistema arterioso meningeo en- cefalico umano, occorrono ancora due accenni: uno alle arterie me- ningee eerebro-ventrali a sede incostante, di cui diremo in appresso nel capitolo comune a tutti i Mammiferi; ed il secondo all’ arteriola Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 181 meningea, collaterale dell’ a. oceipitale che va generalmente nota col nome di »ramo parietale«. Tesrur annovera codesto ramo tra quelli soprannumerari che puö dare l’a. oceipitale: siech& dovremmo dedurre da ciö la sua in- costanza. Po1RIER lo descrive collaterale del ramo terminale interno del- l’oceipitale, che penetra nel foro parietale e si espande nella dura madre sottostante, dov’esso si anastomizza colle ramificazioni superiori della »meningea media« (JANCKE, SOEMMERING, BARKOW, ÜRUVEIL- HIER, SAPPEY) 0 col ramo omologo del lato opposto (GRUBER). Arteria siffatta non trova riscontro in nessun ramo arterioso meningeo degli altri Mammiferi. La sua incostanza; il suo carattere di arteria soprannumeraria; la discordanza tutt’ ora persistente sul valore preeiso da accordarsi al canale o foro parietale, le conferi- scono tuttavia il valore di meningea accessoria senza alcun preciso significato morfologico. E per essere piü completi, dovremmo ancora accennare al ramo meningeo anomalo descritto da HyrTtL, collaterale della mascellare interna, ramo che, prima di rendersi all’ endocranio, attraversava la cassa timpanica; ma sono cosı pochi i partieolari di questa anomalia, che non sarebbe possibile formulare, di proposito, qualche conelusione non passibile di soverchia ipotesi. * * . AA. meningee cerebro-ventrali a sede incostante. Sono aa. meningee comuni a tutta la serie de’ Mammiferi: piecole arteriole accessorie, collegate alla circolazione .arteriosa encefalica, siccome da questa dipendenti. Appartengono al gruppo delle meningee cerebro-ventrali, che, come ben rieorderemo, in rela- zione al loro comportamento, s’era diviso in aa. meningee a sede costante ed a sede incostante. j Ne abbiamo a suo tempo ricordati i caratteri, ma solo i prinei- pali. Le arterie meningee cerebro-ventrali a sede incostante pro- vengono immutabilmente dal eircolo arterioso di Wırrıs e sue di- pendenze; dalle arterie cerebellari, non meno che dalle cerebro-spinali. Fanno eccezione, nell’ Artiodactyla, le aa. meningee cerebro-ventrali a sede incostante, epidurali, provenienti dalla rete mirabile, a noi gia note. Hanno mutabile origine, all’incostanza della quale consegue Vincostanza di numero. II loro tragitto € sempre breve, concorde- 182 Attilio Mensa mente alla posizione dei rami che le originano, correnti sulla faccia encefalica della meninge. Sono sempre rami esilissimi, a pena riconoseibili ad iniezione ben riuseita, perdentisi dopo breve tragitto tra le maglie durali. Corrono subdurali e son interessanti le anastomosi che talora possono contrarre coi rami meningei epidurali. Sono maggiori i rami che si staccano in corrispondenza del tratto anteriore del eircolo di Wıruıs, della cerebrale media ed anteriore; ed il loro tragitto € sovente laterale, limitatissimo. Rami analoghi si riscontrano ancora originare dalla basilare, al servizio della dura cerebellare. Altri collaterali delle aa. cerebellari si rendono talora alla tenda cerebellare ne’ suoi tratti aderenti. Questi rami non sono piu rigo- rosamente cerebro-ventrali, ma hanno lo stesso significato. La denominazione prima .s’® mantenuta in relazione alla maggior dimostrabilita ed al maggior numero dei rami meningei ventrali incostanti, appartenenti al cervello. Definire i secondi, voleva dire introdurre un termine nuovo, quello di aa. meningee istmo- ventrali a sede incostante, il che poteva essere di troppo. N& vo- lemmo servirei del nome di encefalo-ventrali, troppo generico, ricordando quanto gia abbiamo detto, che eioe le aa. meningee a sede ineostante sono essenzialmente cerebrali. CHARPY ammette che anche le arterie delle eirconvoluzioni pos- sano cedere arteriole durali. Se per la chiarezza di queste dimostrazioni si cenvenisse una maggior insistenza, non esiteremmo dal farlo: ma, dette le origini delle arterie che ei occupano, segnalata la loro presenza, ed avver- tita ’importanza loro per le anastomosi eui vanno incontro, & detto quanto puo bastare a definirle. Non oecorrono piü minuti parti- colari. Da ricordarsi ancora sono i rami stapediali ventrali — non endo-, ma epidurali — dei Mammiferi a stapedia conservata, rami, di stretto ealibro, la eui importanza noi abbiamo gia suffieiente- mente valutata a proposito della trattazione dell’ a. stapedia me- desima. Conclusioni. tiunire in un capitolo unico la non breve serie di conelusioni sostenute nei singoli riassunti, gia per s& coneisi, equivarrebbe a ri- portarli per intero, eppereiö, logieamente, senza frutto. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 183 Una rigorosa elencazione di fatti e di animali, a cui quelli po- tessero appartenere, neanche mai sarebbe pitı giovevole. C’e dunque di meglio: allaceiare i fatti noti e disporli in catena ascendente o di- scendente, per la dimostrazione dell’ oggetto nostro, risultato delle nostre ricerche. Ci siamo aceinti allo studio delle arterie meningee encefaliche: non ei animava il pensiero di lunghe descrizioni monotone, per- fezionamenti di quelle gia note, ma ei sospingeva, per contro, quello della ricerca filogenetica interessante tutto il sistema arterioso me- ningeo encefalico dei Mammiferi. Questo il tema e lo scopo insieme: cercare e dire di una me- ningea, per tutta la serie dei Mammiferi, la sua origine comune e le sue connessioni, in rapporto alla sua fissita od alla sua eventuale trasformazione, evolutiva 0 regressiva. Ci convincemmo presto non doversi la ricerca nostra spinger oltre, allorquando il problema giä si presentava cosi grave. Avremmo voluto, giaech& ei siamo domandati, quali le leggi che regolano quelle trasformazioni, risolvere il problema. A conti tirati, ancor adesso, ei riteniamo convinti che sarebbe stata opera fallace. La conoscenza del piano regolatore di un sistema di organi, dell’ arterioso in ispecie, il quale ci dimostra la regressione, o la maggior cerescenza di parti che s’avvicendano, non appartiene che alla natura; a noi spetta la conoscenza dei fatti gia mutati, i quali per buona fortuna ancor si lasciano riallaceiare, sino a darei Videa del loro primo rudimento o del loro maggior sviluppo. A questo solo si voleva approdare. Ricostruire, possibilmente, le origini delle singole aa. meningee e compararle. La legge della regressione, il perch& di tutte le variazioni, inu- tile nascondercelo, ei seguiranno sempre ignoti. Abbiamo diviso, come ei & ben noto, il sistema arterioso me- ningeo encefalico per gruppi. Ai singoli gruppi corrispondono unica- mente le arterie destinate al territorio durale encefalico assegnato al gruppo. Le arterie non se ne scostano mai se non per difetto o per eccesso di estensione. Siamo partiti colla conoscenza generica dell’ a. meningea cere- brale orale, dell’ omonima laterale, delle due meningee cerebellari — ridotta la laterale a semplice ramo meningeo — e dell’ a. oftalmica. Ci trovammo nella necessita di aggiungere il capitolo delle aa. 184 Attilio Mensa meningee cerebro-ventrali, delle istmo-cerebellari e tra le cerebrali, V’arteria orbito-meningea. Abbiamo riformata la nomenelatura, col modesto, ma preciso intento di correggerei da quella confusione di sinonimie ch’era propria delle arterie meningee. Che siano i singoli gruppi e le arterie che loro appartengono non convien ripeterlo. Avvertiamo invece come la conoscenza nuova di arterie ei abbia dato modo di constatare qual intimo nesso corra in tutta la circola- zione arteriosa cefalica, tra l’encefalo, le meningi e le ossa che gli corrispondono, e di quale comunita godano, nei rapporti della vita nutritiva, le ossa eraniane e la dura. Le arterie che condividono siffatte eircostanze sono l’a. oceipi- talis, l’a. carotis interna, l’a. stapedia, l’a. maxillaris interna, l’a. ca- rotis externa, per alcune sue ramificazioni, e l’a. vertebralis. La maggior relazione corre tra l’a. carotis interna e l’a. sta- pedia; la minore tra questa e la maxillaris interna. L’esistenza di una non & condizione di vita per l’altra: s’avvicendano e si equi- librano nel loro sviluppo, il quale, cessando per una, cresce tutto in favore dell’ altra. Anche di eio abbiamo visto una compita serie di casi che ei dimostra, per gradi, l’evoluzione e la regressione di tratti vasali o di tutto un vaso completo. TANDLER elenea tutti gli animali a carotis interna conservata, e quelle in eui, per gradi, o tutta o in parte si distrugge. Cosi per la stapedia. Potremmo ripetere gli stessi, aggiungendo i nuovi da noi esaminati, ma sarebbe sempre una ripetizione. A noi meglio s’addice rilevare l’insieme, e percio tralaseiamo. Le sei arterie suddette sono naturalmente associate. In origine, pars magna, €& l’a. stapedia: l’arteria che assicura la eircolazione arteriosa al territorio meningeo, orbitale e mascellare superiore. L’a. carotis interna, da sola, od aiutata dall’ a. vertebralis, o da questa magari sostituita, assume la eircolazione del territorio en- cefalieo. L’a. occipitalis e l’a. carotis externa, merce i suoi colla- terali, collaborano colla stapedia alla nutrizione meningea. L’a. maxillaris interna & al servizio ora dell’ encefalo, ora delle meningi: dell’ encefalo, quando, come nella Ruminantia e parte nella Carnivora, laneia al eranio voluminose arterie generatriei della rete mirabile eraniana; delle meningi, allorquando, per questa stessa rete o per rami meningei proprii, corre in aiuto della stapedia. WESWEGEN EBEN WE Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 185 La condizione di vita comune, cosi mantenuta ancor nel erescere delle parti cefaliche, erea maggiori connessioni, rafforzando le prime o rinnovandone. Compaiono le anastomosi, che tanto evolvono sino a dare quel eomplesso di reti arteriose: le reti mirabili carat- teristiche dell’ Artiodactyla e di parte della. Carnivora. Com’ esse siano le abbiamo dimostrate in particolar modo nella Carnivora. LA & possibile una serie dimostrativa di fatti completa, ascendente.e Nei Carnivori in genere & dimostrata l’anastomosi intereranica tra il ramus orbitalis e la carotis interna, corrispondente all’ oftalmica interna di BELLARMINOW del Canıs familiaris. All’ anastomosi intereranica carotido-orbitale, s’aggiunge un’ ana- stomosi esocranica, corrente tra la prima ed il tratto prossimale del- Va. meningea cerebrale laterale, dalla quale ancora un’ altra o piu si laneiano al eircolo di WırLıs (Canis fam., Ursus marit. ecc.). L’anastomosi intereranica carotido-orbitale cede un ramo all’a. oftalmieca (Canıs famtliarıs); e la stessa si moltiplica nel genere Felis: all’ unico ramo ne succedono due, tre, ed anche quattro, sempre colleganti il eircolo di Wırrıs all’ esocranio. Il genere Felis e per eiö caratteristico: inizia la formazione della rete mirabile endo- eranica, la quale si continua nel genere Ayaena, ed ancor meglio per tutta l’Artiodactyla. I tratti prossimali dell’ a. orbito-meningea e meningea cerebrale laterale sono talora collegati da un’ anastomosi esocranica, la quale intercetta le altre note (Mustela foina). L’endocranio opera uguali anastomosi, anzi piu spesse: tutte le arterie meningee sono raccolte in un unico sistema arterioso, la eui unita di circolo & legata alle moltepliei anastomosi che le aa. me- ningee scambiansi vicendevolmente. Tra queste, va ricordata l’ana- stomosi che raceorda i tratti prossimali endocraniei dell’ a. meningea cerebrale laterale e dell’a. orbito-meningea (Meles taxus). Ma le aa. meningee, raccolte in sistema, hanno cercato altre connessioni, meno limitate; hanno esteso i loro rapporti all’ encefalo ed all’ esocranio. Rieordiamo: le aa. encefaliche cedono rami durali — aa. me- ningee cerebro-ventrali — ed inversamente, i rami meningei possono, attraversando la dura, anastomizzaısi colle arterie encefaliche (gen. Equus ecc.). Le aa. meningee cedono eollaterali perforanti — rami di- ploiei, rami periostei e rami muscolari — la cui caratteristica e quella di attraversare le ossa eraniche e di anastomizzarsi colle 186 Attilio Mensa aa. esoeraniche, segnatamente colle aa. temporali, nello spessore dei muscoli omonimi, che irrorano ed alimentano. Conseguentemente, & tutto un quadro complesso di anastomosi che appartengono alle aa. meningee, e che noi, in relazione alle loro eonnessioni, abbiamo studiate sotto il nome di anastomosi endoeraniche, intereraniche ed esocraniche: ammettendo tra le prime, le meningee-meningee e le encefalo-meningee; tra le seconde, quelle anastomosi avvenenti tra le endocraniche e le eso- eraniche o tra le prime e le arterie dell’ esoeranio, o tra queste e “ le aa. meningee nei loro tratti endocraniei; tra le terze, le anasto- mosi colleganti i tratti esocraniei delle aa. meningee. Studiando l’a. meningea cerebrale orale, siamo venuti nella convinzione, doversi ritenere a. ethmoidalis quell’ arteria che, eol- laterale del ramo orbitale, rendesi all’ endocranio attraverso il foro etmoidale, ed & destinata a dividersi in due branche terminali: l’a. meningea cerebrale orale e l’a. nasale. All’ a. meningea cerebrale orale non s’addice il carattere di semplice ramo eollaterale dell’ a. ctmoidale, senza un valore proprio, atteso ch’ essa, etmoidale, in aleuni casi, mostra addirittura di continuarsi nella meningea di eui sopra (Equus asınus). L’a. meningea cerebrale orale non trova eecezione d’origine, in tutta la serie dei Mammiferi: la sua esistenza € legata a quella del- l’a. etmoidale, alla quale subordina anche il suo sviluppo; non va soggetta a gravi mutamenti ed irrora preeipuamente la dura dei lobi olfattivi, sua sede d’elezione; al suo maggior sviluppo corrisponde una maggior espansione, ed in questi casi irrora anche la dura dei lobi cerebrali frontali. L’a. orbito-meningea e l’a. meningea cerebrale laterale vanno considerate insieme: esse hanno, per tutta la classe dei Mammiferi, un interesse piu che singolare, anche questo comune, eonformemente alla loro origine. All’ una ed all’ altra, TAnDLER accorda una relazione stapediale, studiata la quale, minutamente ed estesamente, noi erediamo d’aver risolto il quesito interessante l’origine delle due suaccennate arterie, per quest’ origine stessa, singolarmente connesse. Sulla base dell’ a. stapedia, noi siamo giunti alla rieostruzione dei caratteri originari dell’a. orbito-meningea e meningea cerebrale laterale. Ji & nota la eostanza dell’ a. stapedia: non si vorranno sollevare dubbiezze od eceezioni particolari se la sua dimostrazione embrio- Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 187 logiea non & stata estesa a tutti i rappresentanti della classe, quando sappiamo ch’ essa, per molti Mammiferi dei vari ordini, e stata chiara- mente dimostrata. La sua ricerca € diffieile, perch& essa va facilmente soggetta ad involuzioni totali o parziali. Persiste completa nel maggior numero dei Rosicanti, negli Insettivori, e parti di essa sono ancora indubbiamente legate al suo tratto prossimale, integro, in molti Monotremi, Chirotteri e nelle Prosecimmie. La sua esistenza embrionale, gia l’abbiamo accennato, riportando TANDLER, € dimostrata tra i rappresentanti degli ordini: Bimana, Primates, Carnivora, Ungulata, ne’ suoi due sottordini Perisso- dactyla ed Artiodactyla. S’aggiunga la ricerca di TANDLER sul- l’embrione di Vespertiho murinus, tra i Chirotteri, che rivela l’a. stapedia ben sviluppata, quando l’esame dello stesso animale, adulto, ei dimostra scomparso il ramo inferiore che le corrisponde. E piu che a eio, si raccordi la ricerea di SIEBEMANN sull’ embrione uma no in eui veniva dimostrata l’a. stapedia, alla descrizione dell’ ALEXANDER sul caso della persistenza, nell’ Uomo adulto, dell’ a. stapedia, integra in tutti i suoi rami, com’ essa & allo stato embrionale: avremo di- mostrato la natura intima dell’ a. stapedia, ed il fatto che la sua mancanza, nell’ adulto, non implica la sua assenza nell’ embrione, anche perche essa ci da suffiecienti prove della sua persistenza, della sua evoluzione o della sua regressione parziale o totale. Ancor quando per cio noi considerassimo l’a. stapedia costante e propria di tutti i Mammiferi, considerati nel loro periodo di vita embrionale, non ci arrenderemmo gia all’ ingiustificata estensione d’un fatto non ancora riconosciuto generale, ma seguiremmo appena il piu sempliee consiglio che la logica potrebbe imporci in questo caso: la stessa che gia consigliava TANDLER nelle sue conclusioni, a darsi ragione della sua prima ipotesi sul valore di »vaso primario della testa« ch’ egli attribuiva alla stapedia: »Das embryonale Vorkommen der Arterie und ihrer Persistenz bei so vielen Klassen der Mammalia begründen meine Annahme, daß diese Arterie ein primäres Gefäß des Kopfes ist. Diese Arterie versorgt demnach ursprünglich den Öberkiefer, die Orbita und die Dura mater mit Blut.« Non sono dunque ragioni ideali quelle che militano per l’esi- stenza comune dell’ a. stapedia in tutti i Mammiferi, nel loro periodo 188 Attilio Mensa di vita embrionale. Lipotesi, del resto, non ha esagerata parte in queste econelusioni. Ciö ammesso, & giusto che si parli di regressione o di distru- zione d’un tratto, o di tutta l’arteria che ci occupa, considerata in se, ben inteso, come unita arteriosa, analogamente alla dimostrazione che TANDLER ha dato per l’a. carotis interna, il cui arresto di sviluppo ha potuto seguire passo passo, a vantaggio di altri tronchi arteriosi, destinati a sostituirla, manco dirlo, funzio- nalmente, non giä morfologieamente; e ciö negli animali a carotis interna unicamente sviluppata nel periodo embrionale della loro vita (pareechi Rosicanti, Chiromys, Lemur ece.). Sovente la primitiva esistenza di questi vasi @ anche solo a dedursi dalla presenza, nel- l’adulto, dei loro rudimenti, o delle loro rappresentanze. Seguiamo cosi un poco da vicino l’a. stapedia. Essa si forma nell’ embrione, e vi permane, o segue un destino regressivo, totale o parziale: evolve in tutte le sue parti in quegli animali destinati a conservarla integra, anche adulti (Saurus vulg., Arctomys marmota, Glis glis, Erinaceus europ., Talpa europ., ece.); o tutta (Ungulata, Carnivora ece.) 0 in parte si riduce, svilup- pandosi in questi casi aleuni tratti arteriosi, a scapito di quegli altri che resteranno come son nati, 0 si ridurranno sotto forma di cordone connettivale impervio, od altrimenti se n’andranno perduti (Maus rattus ece.). Il Mus rattus (Tav. I, sch. 3) @ tipico per eio: la sua sta- pedia permette di eonvincerci com’ essa, in genere, possa mantenersi € regredire, giacche, di essa, vi permane tutto il tratto prossimale, tutto il ramo inferiore ed il solo superiore & arrestato a mezzo della fossa cranica media, lasciando immutata la rappresentanza del suo tratto distale: l’a. orbito-meningea, normale. Ci sembra cosa facile e logica l’indovinare che l’a. orbito-meningea debba trovarsi, in primo tempo, collegata al tratto prossimale del ramo stapediale superiore, e che solo per la regressione totale del tratto medio di questo, avvenga la disgiunzione caratteristica, illustrata, dei suoi tratti distale e prossi- male. E molte altre dimostrazioni, come questa, sarcbbero possibili, ma non convengono pel momento. O’interessa ora l’esame dei collaterali della stapedia. ticordiamo il suo ramo inferiore e quello superiore: il primo di solito anastomizzato coll’ a. maxillaris interna 0 col ramus pteri- goideus che talora sostituisce quest’ arteria; il secondo destinato a trapassare la parete cranica per rendersi all’ orbita, e quivi, col suo tratto distale, o correr libero siecome arteria a s& (Vespertilio mu- Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 189 rinus, Pipistrellus Kuhli, Tav. I, fig. 2), o anastomizzarsi col ramus orbitalis, o con arterie da questo dipendenti — a. laerimalis, eirco- stanza la piü frequente nei Mammiferi in genere — alla quale ana- stomosi s’ aggiunge, sovente, quella dell’ a. oftalmica, gia progredita (Erinaceus europ., Pteropus edulis ecc., Tav. IV, fig. 29). L’a. orbito-meningea nasce costantemente dal tratto distale del ramo stapediale superiore, prima ch’ esso, a traverso il canalis eranio-orbitalis, si renda all’ orbita; l’a. meningea cerebrale laterale e collaterale non meno costante del ramo stapediale su- periore, ma del suo tratto prossimale: cosiecche le due collaterali meningee non sono separate che dal tratto medio del ramo stape- diale superiore. La suddetta condizione relativa all’a. orbito-meningea @ norma costante dell’ adulto, nello Saurus vulgaris, nel Glis glis, nel Pipi- strellus Kuhli ece. (Tav.], fig. 1, 2): sono brevi ramificazioni perpen- dieolari al ramo che le genera, originanti da un tronchicino comune; la stapedia & integra, per cui vi corrisponde anche l’origine normale dell’ a. meningea cerebrale laterale, dal suo ramo superiore. Passiamo ora al Mus rattus (Tav. I, fig. 3) ed osserviamo: Stapedia sviluppata; eeeezionale il calibro del suo ramo inferiore, che sostituisce l’a. maxillaris interna; manca il tratto medio del ramo superiore. Troviamo il moncone prossimale appartenente a questo ramo, il quale s’avanza per breve tragitto sull’ origine dell’ a. me- ningea cerebrale laterale, normalissima. Cerchiamo l’a. orbito-meningea, l’equivalente del tratto distale del ramo stapediale superiore; essa- ci appare nelle sue tipiche ramificazioni durali: il tronchieino che le originava, nello Sciurus vulgaris, si continua col tronco generatore — il tratto distale di cui sopra — pel canale cranio-orbitale, e va ad innestarsi sul ramo or- bitalis, nell’ orbita. Una delle sue ramificazioni ventrali rieordano bene il rudimento del tratto medio scomparso. Cireostanze cosı fatte ci impongono di ritenere, nell’ adulto, l’a. orbito-meningea, arteria collaterale del ramus orbitalis, rieorrente dall’ orbita nel cavo cranico, ma non per ciö noi dobbiamo abban- donarci all’ ipotesi di altra origine che non sia quella ora dimostrata dal ramo stapediale superiore, ne dobbiamo dimenticarci che il ramus orbitalis, dell’ adulto, genera apparentemente l’a. orbito-meningea, per la sola ragione ch’ esso riceve l’anastomosi del ramo stapediale superiore; e che, di conseguenza, un qualunque altro ramo dell’ or- 190 Attilio Mensa bita potrebbe assumere lo stesso uffieio, alla sola econdizione ch’ esso ricevesse l’anastomosi di cui sopra. | Ad onta di tutto eidö, e ceontrariamente alle affermazioni di GIANNELLI, noi vogliamo ammettere che ramificazioni secondarie, divergenti, possano compiersi nell’ endocranio, a carico dell’ arteria orbito-meningea, la quale ricevera il sangue ricorrente dall’ orbita, invertendo cosı la direzione naturale della sua corrente sanguigna, atteso che questa, nell’ embrione, deve, per la prevalenza di calibro dell’ a. stapedia e per l’integrita del ramo stapediale superiore, seguire la via cranio-orbitale. Queste dimostrazioni date, vogliamo essere convinti che, per la genesi ed i caratteri dell’ a. orbito-meningea, non Si coLYEREg di- mostrazione piu opportuna. Analoghe considerazioni permette l’a. meningea cerebrale laterale. Ricorriamo per eio alla stapedia dello Pieropus edulis (Tav. I, fig. 4): osserviamo che vi manca il suo tratto prossimale, sino all’ angolo della sua divisione terminale, tipiea, nei due rami superiore ed inferiore. Contemporanea regressione colpisce il tratto medio del ramo superiore, mentre permane integro il ramo inferiore, anastomizzato, come al solito, coll’ a. maxillaris interna. L’a. meningea cerebrale laterale trovasi al consueto posto, ma la mancanza del tratto medio di cui sopra permette di considerarla in diretta continuazione del ramo stapediale superiore, sieche, essa appare, definitivamente, costituita dal ramo stapediale inferiore, per intero, e dal ramo omonimo superiore, innestato sul primo e con- tinuantesi per quel tratto arterioso dorsale rappresentante l’a. me- ningea cerebrale laterale dell’ embrione. Onde quest’ arteria origina, nell’ adulto, dall’ a. maxillaris interna; ed anche qui assistiamo al- V’inversione del eircolo sanguigno, come gia l’abbiamo illustrata per l’a. orbito-meningea. Nessun altro esempio potrebbe meglio avvalorarei l’origine del- l’a. meningea cerebrale laterale, anche perche i suoi nessi stapediali ei sono, nello Pteropus, luminosamente confermati dal suo mantenuto passaggio, attraverso la cavita timpanieca. Si immaginino ora le stesse eircostanze in tutta la serie dei Mammiferi, e s’aggiunga la trasmigrazione della meningea cerebrale laterale dal cavo timpanico all’ eso- ed all’ endocranio (Tav. I, fig. 5), o per riduzione di quello 0 per altra eircostanza ignota, ® si avrä tutto dimostrato a sostegno della nostra tesi, che cioe: L’a. orbito-meningea & collaterale costante del ramo sta- Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 191 pediale superiore, prima ch’ esso sirenda, pel canale cranio-orbitale, nell’ orbita, sia ch’ esso s’anastomizzi col ramus orbitalis, 0 col- Pa. laerimalis, o si renda libero a costituire qualche arteria orbi- tale a se (a. lacrimalis — Uomo —; a. frontalis — Vespertilio murinus ece., Equus caballus e mulus per eccezione). La stessa meningea, "anche a ramo stapediale regresso, sara sempre l’espressione del tratto distale del ramo stapediale superiore, resosi ricorrente dall’orbita nel cranio, per la distruzione del tratto medio dello stesso ramo: essa inoltre apparira originaria, e riceverä il sangue, o dal ramus orbitalis, o dall’a. laerimalis, o dall’a. tem- poralis profunda anterior, secondo che l’anastomosi embrionale del ramo stapediale superiore, nell’orbita, € avvenuta con l’una 0 col- Valtra di quelle arterie. L’a. meningea cerebrale laterale & l’equivalente del ramo stapediale inferiore eontinuato nel superiore (tratto prossimale) e nel- la. meningea cerebrale laterale della vita embrionale. La stessa meningea, negli animali a stapedia conservata, corrisponde unica- mente a quella dell’ embrione, collaterale del tratto prossimale del ramo stapediale superiore. Ma ancor altro ci riassume l’a. stapedia: vogliamo riferirei alle particolarita che si riscontrano negli Equidi, in aleuni Artiodattili — Bos tawrus, Buffelus bubalus, Ovis aries — e nell’ Uomo, animali in eui, fatta eccezione pel Buffelus che non € stato oggetto di ricerca, e stata dimostrata la stapedia nel loro periodo di vita embrionale. Tra le eircostanze osteologiche riferentesi a quel tratto di parete eranica che sta tra la fossa temporale e l’orbitaria, riconoscemmo il eanalis cranio-orbitalis talora wmultiplo: sovente eran due canali, raramente tre, nell’ Egquus caballus e nel Bos taurus, eosieche par- lammo di eanale eranio-orbitale superiore ed inferiore. A questi eanali si conveniva lo stesso significato, concordemente all’ ugual valore morfologico che noi dovevamo ammettere per i rami arteriosi che li pereorrevano, ma ciö portava a nostra conoscenza l’esistenza di due arterie orbito-meningee — in relazione ai canali, superiore ed inferiore — cosa insolita nei Mammiferi, la cui maggior parte ne ha una sola, propria dell’ unico canale orbito-craniale (corrispon- dente al superiore, quand’e& doppio). Le riecerche sulle aa. stapedie embrionali non hanno avvertito sinora che il ramo stapediale superiore possa dividersi, nel suo tratto distale e prima ch’ esso si renda all’ orbita, in due branche terminali, destinate ad attraversare la parete eranica per due canali distinti, 192 Attilio Mensa o, come nell’Uomo, per un canale ed una fessura, il canale eranio- orbitale e la fissura orbitalis, comune ad altri organi. Ma una cosif- fatta ipotesi noi abbiamo ereduto doversi istituire, rendendosi a noi, pi che un fatto strettamente teorico, come una necessitä. D’altra parte, non avremmo potuto spiegare altrimenti la genesi delle due aa. orbito-meningee. . Il Bos taurus (Tav.], fig. 6, 7) piü che ogni altro ei convince. La sua a. orbito-meningea, considerata nell’adulto, origina per un tronco dal ramus orbitalis (nel Buffelus dall’ a. lacrimalis), tronco che mai ricorre indiviso nel cranio: ricorderemo ch’esso, dopo breve tra- gitto si biforea — talora si divide anche in tre rami — e per al- trettanti canali eranio-orbitali quei rami penetrano nel cranio, costi- tuendo aa. orbito-meningee tipiche. FEeco un caso in cui vien di necessitä l’ammettere, concordemente al valore genetico delle aa. orbito-meningee, la biforcazione endocranica del tratto distale del ramo stapediale superiore. Giacch& non si vorräa per sicuro negare l’esistenza dell’a. o delle aa. orbito-meningee tipiche, proprio nel Bos taurus, dov’ & stata segna- lata e deseritta l’a. stapedia, nel periodo di vita embrionale. E se all’ una si da un valore, logieamente, l’uguale deve accordarsi alla seconda, ed alla terza anche, quando questa ci fosse. Casi perfettamente analoghi si ripetono ancora nell’ Artiodaetyla ruminantia (Buffelus bubalus, Ovis aries, Capra hircus), nella Carni- vora (Felis tigris eee.) (Tav. I, fig. 6, 7), negli Equidi (Tav. I, fig. 8) e nell’ Uomo, ma in questi resta ancor meglio dimostrata la divisione terminale del ramo stapediale superiore, a cui noi, per spiegarei le aa. orbito-meningee in soprannumero, siamo rieorsi. E ciö pel fatto che abbiamo dimostrato, accadere, per eccezione nell’ Eguus caballus, e normalmente nell’ Uomo, che una delle branche terminali di eui sopra, corrente nel Cavallo, per solito, attraverso il canale ceranio-orbitale superiore, si sviluppi mantenendo le sue relazioni stapediali (Tav. I, fig. 9), nel qual caso esso appare come un collaterale dell’ a. meningea cerebrale laterale, eonsiderato che il tratto prossimale dell’ a. stapedia scompare nell’adulto, e che, pereiö, non & piu possibile la distinzione di ramo stapediale superiore ed inferiore. Tuttavia la connessione di quella branca col ramo stapediale superiore non ci deve sfuggire. Resasi libera nell’ orbita, attraverso il canale eranio-orbitale superiore, s’anastomizza, nell’ Uomo, coll’a. oftalmica 0 con arteria alle dipen- denze di questa, mentre nel Cavallo si costituiva, per i casi deseritti, come a. frontalis. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 193 Per la seconda branca accade invece ch’essa segua la sorte comune alle sue congeneri normali: va distrutta la sua comuni- cazione stapediale; ricorre pereio dall’ orbita nel eranio, collaterale dell’a. Jacıimale nell’ Uomo, o della stessa ed anche della temporale profonda anteriore nel Cavallo e nell’ Asino. Nell’ Eguus asinus abbiamo trovato appunto due aa. orbito-me- ningee, ricorrenti una dall’ a. lacıimale e l’altra dall’ a. temporale profonda anteriore: segno evidente che il ramo stapediale superiore doveva terminarsi per due branche: una corrente nel canale eranio- orbitale superiore ed anastomizzantesi coll’ a. lacrimale; e l’altra destinata, attraverso il canale omonimo inferiore, all’a. temporale pro- fonda anteriore. La regressione totale del tratto medio del ramo stapediale superiore avrebbe convertito i suoi tratti distali in due aa. orbito-meningee (Tav. I, fig. 10). La Tigre offre un esempio normale di a. orbito-meningea doppia, ammenoche non si voglia elevare ad eccezione il caso da noi esa- minato e descritto. Ricorderemo che le aa. orbito-meningee origina- vano ambedue dal ramo orbitale, e che a loro corrispondevano due canali eranio-orbitali, anch’ essi normali. Ai primi postulati, sull’ immutata origine stapediale dell’ a. orbito- meningea e dell’a. meningea cerebrale laterale, erediamo quindi di poter aggiungere il terzo, sulla possibilita eioe che incontra il tratto distale del ramo superiore della stapedia di dividersi in branche terminali, soggette all’ uguale destino del tratto distale medesimo, allorquando si rende all’ orbita indiviso. Sulla scorta delle considerazioni svolte nei casi singoli, ricono- scemmo l’a. temporo-meningea corrispondersi all’a. diploetica magna di Hyrrr, deseritta nei Monotremi, Marsupiali e Sden- tati. Seguimmo con cura l’arteria nella elasse dei Mammiferi e la trovammo di ealibro considerevolissimo per tutta l’Artiodaetyla ru- minantia e non ruminantia; meno sviluppata nella Perissodaec- tyla; ridotta assai nella Carnivora (Oamis fam., Felis catus dom., Meles tazus). L’a. temporo-meningea & la prineipale tra tutte le aa. meningee cerebrali degli Artiodattili: ove manchi l’a. meningea cerebellare dorsale, essa & capace di sostituirla con la sua branca cerebellare, parimenti costante. Nella Perissodactyla e nellaCarnivora l’a.temporo-meningea Morpholog. Jahrbuch. 46. 13 194 Attilio Mensa si riduce inveee ad a. meningea cerebellare. Essa & legata immuta- bilmente alla presenza del eanale temporale, sensibilissima alle sue vicende, alle quali vi s’adatta con adeguati mutamenti. Abbiamo dimostrato, ad esempio, come si possa ancora, nel genere Sus, ristabilire e rieostruire la via del canale temporale, virtualmente scomparso e, come al carattere singolare di questo, corrispondesse, per eecezione, un’origine diversa dell’a. temporo-meningea. La quale cessa d’esistere quando scompare ogni traceia di canale temporale, siceome questa via & la sola per essa possibile. Ma v’e di piü: essa entra pel forame d’entrata del canale temporale, qualunque sia la posizione che questi occupi sul settore eranico corrispondente, co- sieche& l’a. temporo-meningea cede facilmente la sua fissita d’origine per la fissita del suo tragitto, ed a eio giunge, originando dall’ ar- teria, a quel forame piu vieina: dall’a. aurieolare anteriore e posteriore (Artiodattili in genere); o dall’ a. oceipitale (Monotremi e Mar- supiali); od ancora dall’associazione di un troneo dell’ oceipitale coll’ a. temporale superfieiale, collaterali della carotide esterna (Sden- tati). Eppure anche in mezzo a tanta disparita, l’origine dell’ a. tem- poro-meningea non & lungi dall’ essere comune: non v’e, almeno, discordanza sostanziale e la differenza puo anche scomparire. Origine comune, perch&e son dimostrate collaterali comuni dell’a. carotis ex- terna, tanto l’auricolare anteriore che la posteriore, e la stessa di- mostrazione ei viene da HyrtL per l’a. oceipitale dei Monotremi, Marsupiali e Sdentati. Che piü dunque? Non & l’a. carotide esterna la branca madre che, per mezzo d’un suo eollaterale, il pi prossimo all’ entrata del eanale temporale, cede l’arteria temporo-meningea? Ci sembra bene che a questa conclusione ei si possa arrivare, anche lontano il pensiero da un soverchio artificio, atteso che il carattere d’un’ arteria noi lo dobbiamo rieconoseere non gia dai suoi collaterali secondari, ma dal suo tronco prineipale. Ne ei basti. Vogliamo ricordare ancora il fatto che l’a. temporo- meningea annovera, tra i suoi primi caratteri, fondamentali quasi, il cedimento di numerosi rami diploiei, e che ciö avviene per tutte le aa. temporo-meningee dei Mammiferi, ma in modo particolare nel- l’Edentata, Marsupialia ece., dove quei rami corrono sino alle ossa fac- eiali; ond’& che l’a. temporo-meningea, attraverso la serie dei Mammi- feri, perdendo un poco del suo ealibro e pereiö della sua estensione, ed imponendosi, d’altra parte, il mantenimento dei suoi caratteri originari, doveva almeno restare legata, per la sua origine, giacche Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 195 non lo poteva piu per la sua estensione, ad un’ arteria il eui destino fosse eminentemente facciale, e questa non poteva essere che l’a. carotide esterna, quella che origina, in realta, l’a. temporo-meningea dei Mammiferi, anche se a questo compito attende merce le arterie sue dipendenti. 3 Che siano necessarie altre dimostrazioni pel significato morfo- logieo dell’a. temporo-meningea non lo stimiamo, cosicche passiamo oltre. Sulle aa. meningee cerebellari costanti, per tralasciare di quei piccoli ramicelli arteriosi durali perforanti, provenienti dallo spessore delle ossa e eorrispondenti a ramificazioni secondarie delle anastomosi arteriose del canale temporale, ricorderemo ch’esse si sono mantenute tipiche e costanti in tutta la elasse, salvo l’a. meningea cerebellare dorsale in quei pochi rappresentanti in cui la dimostra- zione non ci & stata possibile, anche perehe non abbiamo potuto rilevare la presenza del foramen mastoideum, sua via d’entrata. Abbiamo definito e descritto come a. meningea cerebellare dorsale quell’ arteria che, collaterale dell’a. oceipitale, ascende sull’ apofisi giugulare dell’ osso omonimo, e si rende al cavo cere- bellare, attraverso il forame mastoideo. Essa € normale nella Carnivora, nell’ Ungulata (’Artio- dactyla ha qualche eccezione), nella Rodentia, nell’Insectivora ed ancora nell’ Uomo. Tocca il suo maggior sviluppo nei Perisso- dattili, indove eccede unicamente per la sua maggior estensione; ma la sua sede naturale & la cavitä cerebellare, ad onta che alcuni suoi eollaterali si rendano alla falce cerebrale od alla dura degli emisferi. Morfologieamente, essa & legata all’ a. occeipitale, senza eecezione. L’a. meningea cerebellare laterale & ancor piu costante: non ha eccezione. Essa ha quasi immutata la sua origine dall’a. oeeipitale, e la sua via d’entrata, corrispondente al foro eondiloideo. Origina, nell’ Uomo, dall’a. vertebrale, ma noi abbiamo dimostrato, a suo tempo, la relazione intima che corre tra questa e l’a. meningea di eui & questione (Artiodattili). Pit tardi, ei troveremo colle aa. meningee istmo-cerebellari, sulle quali, come per queste, non oceorrerä soverchia insistenza, ma voglia- mo accennarle ora, rammentando la loro origine indirettamente ocei- pitale, per concludere che solo quest’ arteria assicura la nutrizione alla dura cerebellare; che niun’altra arteria, se non per anastomosi distali, le corre in aiuto, eosieche, elevando le aa. meningee cerebel- 13* 196 Attilio Mensa lari all’ uniea entitaä morfologiea della loro branca madre, la. ocei- pitale, noi possiamo ritenere d’aver definito, per quanto era possibile, il loro valore morfologico. Per i particolari interessanti il ramo temporale dell’a. me- ningea cerebellare laterale, attraversante il canale condiloideo, il ramo anastomotico eerebellare-vertebrale, e per i cullaterali maggiori, in genere, € meglio che noi rimandiamo alla parte speciale. Uno dei eapitoli piu manchevoli della letteratura, sulle arterie meningee encefaliche, era quello riferentesi alle aa. meningee cerebro-ventrali: non si aveva nozione comparata che dell’ a. oftalmica, pitı che altro, per opera degli studi di TAnDLER; l’a. me- ningea della falce era sconosciuta o quasi, o male interpretata; e delle aa. meningee cerebro-ventrali a sede incostante non v’era ehe un lieve accenno nell’ Uomo. Colle nostre ricerche, noi siamo giunti alla sistemazione morfo- logieca delle due aa. meningee eerebro-ventrali a sede eostante. Del- ’a. oftalmica gia aveva risolto il problema TANDLER, risoluzione che noi accettammo siccome inoppugnabile: sono dimostrati, nella elasse, una successione di stadi che dalla semplice a. ottico-durale, 0 ei- liare, l’a. oftalmiea tocca il suo massimo sviluppo nell’ Uomo, pas- sando attraverso una serie di sviluppi erescenti, propri degli In- settivori, delle Proseimmie e delle Secimmie. Sono gli stadi intermedi — i pit.numerosi — quelli che ei danno ragione d’aver eollocata Ya. oftalmiea tra le aa. meningee cerebro-ventrali a sede costante, per la facile ragione, ch’essa, non presiedendo all’irrorazione orbitale, si limita a cedere rami meningei al chiasma ed alla dura vieiniore, ed alla vagina ottico-durale; rami, ch’essa cede sempre, ancor quando, gia parecchio sviluppata, essa corre nell’ orbita ad anastomizzarsi col tronco eiliare temporale (Un- gulata, Carnivora ece.), 0 col ramo orbitale (Rodentia), o con questo e col tratto distale dell’a. stapedia (Insectivora). Per nessuna ragione avremmo dovuto quindi tralasceiare la descrizione dell’ a. of- talmica, i eui rami meningei non sono meno interessanti degli altri in genere. L’a. oftalmieca origina costantemente dal tratto anteriore del circolo di WırLıs, per la cui mutabile costituzione rimandiamo alle ricerche di TANDLER, siecome piu adatte allo scopo. Diremo sol piü della eostanza dell’ a. oftalmica, la quale anche ridottissima, man- tiene le tracce della sua esistenza: ricordiamo a’questo proposito la Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 197 deserizione di CURNOW che aveva trovato, in un caso, l’a. oftalmica dell’ Uomo ridotta ad un semplice cordone connettivale, accanto alla persistenza dell’a. centralis retinae, immutata collaterale dell’ a. caro- tide interna. Analoga costanza ha l’a. meningea della falce, i ceui carat- teri permangono anch’ essi immutati per tutta la elasse dei Mammiferi. Essa origina, come l’a. oftalmiea, dal tratto anteriore del eireolo d WıILLıs. Le due aa. meningee, ora citate, hanno una condizione comune che le avvieina, ed & in relazione alla loro origine: esse provengono da arterie il eui destino &@ unicamente cerebrale; una seconda eirco- stanza, invece, le allontana, ed & la ragione stessa del loro destino. L’a. meningea della falce & poco mutabile, in ragione del- Vorgano che alimenta: essa & arteria che, senza eccezione, non esor- bita dal suo dominio, nel cavo cerebrale. Contrariamente, l’a. oftalmica, come gia abbiamo ricordato, & suscettibile di gravi mutamenti. Essa, esorbitando dall’ endocranio, mostrasi capace di presiedere alla nutrizione di tutta l’orbita, e vi presiede con tutti i rami, che normalmente, per altri Mammiferi, staccansi dal ramus orbitalis, collaterale della maseellare interna, arteria esocranica. Quali siano le eirecostanze che assicurino un cosiffatto destino all’ a. oftalmica, o per quali influenze avvenga la sua mirabile evolu- zione, noi non possiamo dire. Constatiamo: ma vogliamo anche aggiungere che il comportamento ora accennato di tale arteria ei adldita la ricerca del suo valore: riteniamo cioe che il maggior svi- luppo dell’a. oftalmiea non entri rigorosamente nell’ oggetto del suo primo destino, ragione della sua esistenza, ma che tutto il valore di a. oftalmiea, ad onta ch’essa si dimostri, talora, capace di regressioni parziali, noi gia lo possiamo trovare ancor quando essa sia limi- tatissimamente sviluppata; di tal guisa che, logiecamente, non do- vremmo considerare aa. oftalmiche regresse tutte quelle ap- partenenti agli animali che non siano i Primati, perche esse potrebbero rappresentare la condizione anatomica normale, ed uni- camente attraverso una successione di graduali accereseimenti — evoluzione — esse potrebbero raggiungere lo sviluppo eecezionale dell’ a. oftalmiea dell’ Uomo. Per le aa. meningee cerebro-ventrali a sede incostante valga quanto & stato detto poco dianzi, nella nota riassuntiva, comune a tutti i rappresentanti della elasse. 198 Attilio Mensa Restano a riassumersi le aa. meningee istmo-cerebellari, sulle quali giä in parte s’e detto, a proposito dell’ a. oceipitale e della morfologia relativa alle aa. meningee cerebellari. Esse non sono chei collaterali esocraniei dell’a. meningea cere- bellare laterale, ricorrenti talora direttamente dall’ a. oceipitale: salvo l’aborale delle Proseimmie, che nasce dall’a. carotide interna; e la stessa dell’ Uomo, che origina dall’ a. faringea ascendente, eollaterale dell’ a. oceipitale. Le aa. meningee istmo-cerebellari sono due: l’orale e l’aborale; la prima giunge al cavo cerebellare attraverso il foro lacero anteriore; la seconda attraverso quello posteriore. Costanti nell’ Ungulata, nella Carnivora, nella Rodentia e nei Primati in genere, sovente negli altri ordini non ei sono ap- parse, o le loro tracce eran cosiı rudimentali, che una qualungue affermazione poteva essere avventata. } Esse hanno un intimo nesso colle aa. meningee cerebellari, tutto in relazione alla loro comune origine, mediata od immediata, dall’ a. oceipitale: ogni altra dimostrazione che le riconducesse all’ a. oeei- pitale, in ordine al loro significato morfologico, sarebbe percio inopportuna. Ricordiamo solo la non lieve importanza ch’esse assumono nel- ’Artiodattila ruminantia, atteso che dal loro comportamento non e diffieile, ne ciö va escluso, trarre valevoli argomentazioni per di- mostrare il singolare significato di aleune loro collaterali, rappresen- tanti, con ogni probabilita, l’a. carotis interna. Le nostre ricerche datano dal 1909 ed il lavoro compare in ri- tardo di un anno quasi, atteso che noi l’avevamo ultimato sin dal Settembre 1911 e lieenziato per la stampa nel Marzo del 1912. Da quel mese ad ora, che noi sappiamo e che a noi interessino, sono comparsi i soli lavori di HürLımann! sulle arterie cefaliche del Gatto; di ZIETZSCHMANN? sulle arterie orbitali del Cavallo; ı HÜRLIMANN, R., Die arteriellen Kopfgefäße der Katze. Inaug.-Diss., Zürich 1912, u. Intern. Monatsschr. f. Anat. u. Phys. Bd. XXIX. 1912. 2 ZIETZSCHMANN, O., Zur Vascularisation des Bulbus und seiner Neben- organe. Abdruck aus Verhandl. d. Anat. Gesellsch. auf d. 26. Versamml. München. 21.—24. Apr. 1912. —— Die Orbitalarterien des Pferdes. Archiv f. vergl. Ophthalmol. Bd. III. H.2. 8. 129—210. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 199 di SicHErR! sullo sviluppo delle arterie cefaliche della Talpa europaea. Cogliamo volentieri l’occasione del nostro lavoro non ancora pubblicato per aggiungere alla letteratura nostra la presente. Abbiamo letto quei lavori, ma non abbiamo troppo da aggiungere al nostro. HÜRLIMANN constata lo sbocco dell’ a. ophthalmica del Gatto nel truncus eiliaris temporalis, analogamente a quanto avviene nel Cane, le ceui arterie cefaliche sono state studiate anche da BRÜück- NER, eitato dall’ A. Sulle aa. meningee null’altro che ei interessi. Alcune sono state dimenticate, anche tra le comuni, ma su ciö non possiamo estenderci. Siamo lieti invece di additare i risultati delle rieerche di ZIETZSCHMANN sulle aa. orbitali del Cavallo, in relazione all’a. orbito-meningea, che l’A. ha pure trovata e descritta col nome di »ophthalmiea meningea«, omologandola all’ »a. meningea an- terior« di TANDLER, da noi ricordata a suo tempo. Ma l’A. ritiene ch’essa non sia arteria costante, ch’essa cioe »non raramente manchi«. Ammette peraltro che sovente s’incroci e si anastomizzi coi rami dell’a. meningea cerebrale laterale (»a. meningea media« dell’ A.) ed in altri casi si arresti nella diploe delle ossa eraniche che attraversa. Coneorda perfettamente con noi sull’ origine dell’ arteria in que- stione e sulla sua via di passaggio: il canalis eranio-orbitalis. Come noi, una volta, ha trovato nel Cavallo l’a. frontalis ori- ginare dall’a. meningea cerebrale laterale. I risultati di ZIETZSCHMANN, a questo riguardo, sono pereiö d’un singolare interesse, confermando le nostre ricerche. Uniea differenza e l’affermata ineostanza dell’a. orbito-meningea, sulla quale non crediamo di insistere, ce lo permetta ZIETZSCHMANN, per l’opposta dimostrazione. Bastera ricordare, per questa, i casi nostri sulla non rara pre- senza del canalis cranio-orbitalis inferior, coesistente o no al superior, e dell’a. orbito-meningea corrispondente; il caso in eui, passando pel canalis eranio-orbitalis superior l’a. frontalis, 1 SicHER, H., Die Entwicklungsgeschichte der Kopfarterien von Talpa europaea. Morph. Jahrbuch. Bd. XLIV. Leipzig 1912. S. 465. 200 Attilio Mensa originante dall’a. meningea cerebrale laterale, l’a. orbito-me- ningea attraversava il canalis eranio-orbitalis inferior, od il easo pi generale in eui, l’a. orbito-meningea attraversa indiffe- rentemente uno dei canali eitati, secondo che esiste il superior 0 l’inferior, per ammettere facilmente, senza altre speciali considera- zioni la costanza dell’ arteria in questione. ZIETZSCHMANN nON Ti- corda le possibilita suesposte ed € probabile che in eio stia la ragione delle sue affermazioni, Le ricerche di SICHER confermano bene le nostre sui caratteri dell’a. stapedia della Talpa. Se ne scostano un poco quelle inerenti all’a. ophthalmicea. SICHER afferma che questa, evidentissima nei feti, andrebbe mano mano scomparendo collo sviluppo sino ad estinguersi neil’ adulto. Anche in questo invece noi l’abbiamo riscontrata, ridottissima & vero, ma sempre riconoseibile, sieeome anche TANDLER, gia prima di noi, l’aveva dimostrato. E Letteratura. ALEXANDER, G. Ein Fall von Persistenz der Arteria stapedia beim Menschen. Monatschr. £. Ohrheil. 33. Jahrg. Nr.7. 8. 273. Arnoup, F. Handbuch der Anatomie des Menschen. H.1. Freiburg 1847, Bach, L. Über die Gefäße des Pferdeauges mit besonderer Berücksichtigung der Gefäßversorgung der Aderhaut. Arch. f. w. u. prakt. Tierheilk. 1894. Bd. XX. 8.241. BARKOW, H.C.L. Die Blutgefäße, vorzüglich die Schlagadern der Säugetiere in ihren wesentlichen Verschiedenheiten dargestellt. Comparat. Morpho- logie. Breslau 1866. (da TAnDLER). —— Disquis. nonnull. angiol. Vratislav 1830. 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Le linee intere segnano le arterie che persistono nell’ adulto; quelle trat- teggiate i tratti arteriosi che scompaiono. Fig. 1. Sciurus vulgaris e Glis glis. Fig. 2. Pipistrellus Kuhli e Vespertilio murinus. Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 205 Fig. 3. Mus rattus. Fig. 4. Pteropus edulıis. Fig. 5. Mammiferi in genere. Fig. 6. Bos taurus, Buffelus bubalus, Ovis aries, Felis tigrıs, ece. Fig. 7. Come la 6. Fig. 8. Gen. Equus. Fig. 9. Eguus caballus, Equus mulus. Fig. 10. Eguus asinus, eorrispondente alla fig. 2 della tav. II. Le lettere si corrispondono in tutte le figure della tavola: st. A.stapediä, passante attraverso la staffa, nel cavo timpanico C.T, ri. suo ramo inferiore. rs. 8uo ramo superiore. el. a. meningea cerebrale laterale. om. a. orbito-meningea. om!. a. orbito-meningea inferiore; in questo caso l’om. che le sta sopra corri- sponde all’ a. orbito-meningea superiore. eo. canale cranio-orbitale. eos. canale eranio-orbitale superiore. eoti.. eanale cranio-orbitale inferiore. ro. ramo orbitale. 1 3% frontale. l. a. lacrimale. tpa. a. temporale profonda anteriore. mi. a. mascellare interna. Per il Buffelus bubalus il ramo ro equivale all’a. lacrimale. - Tav. II. Le figure rappresentano le aa. meningee encefaliche de’ vari Mammiferi: v’® contornato appena, in nero, il lobo olfattivo, l’emisfero cerebrale sin., e la metä corrispondente del cervelletto e dell’ istmo. Le aa. meningee appaiono un po’ ammassate, perche rappresentano in un piano quanto dovrebbero rappre- sentare sopra una superficie convessa. Tutte le figure sono ridotte ai 2/3 del normale. Le speeificazione delle lettere verrä data in fondo, per tutte le figure di tutte le tavole, in ordine alla loro perfetta corrispondenza. Sono disegnate tutte le aa. meningee, salvo l’oftalmica e le cerebro-ventrali a sede incostante, perch& giacenti alla base dell’ encefalo. Fig. 1. Equus caballus. Fig. 2. Equus asinus. Fig. 3. Sus seropha dom. Fig. 4. Sus seropha ferus. Fig. 5. Camelus dromedarius. Fig. 6. Gaxella. Fig. 7. Ovis aries. Tav. III. Come la tav. II, salvo la fig. 9. Fig. 8. Capra hireus. Fig. 9. Capra hircus ed Ovis aries. 206 Attilio Mensa Dimostra la negata a. meningea cerebellare dorsale, collaterale dell’a. ocei- pitale. V’& rappresentato tutto l’osso oceipitale e parte del temporale; l’a. caro- tide primitiva, coi suoi rami terminali, € tirata posteriormente sul piano della faccia nucale. cp. a. carotide primitiva. 0. a. oceipitale. rm. suoi rami muscolari nucali. a. glosso-faceiale. a. carotide esterna. ica. a. meningea istmo-cerebellare aborale. a. meningea istmo-cerebellare orale. erl. a. meningea cerebellare laterale. crd. a. meningea cerebellare dorsale, penetrante nel cavo cerebellare attraverso il forame mastoideo m. ap. a. auricolare posteriore. mu. meato acustico. n. _nervo satellite dell’ a. orbito-meningea, proveniente dalla branca oftalmiea di WILLIS. Fig. 10. Capra ibex. Fig. 11. Buffelus bubalus. Fig. 12. Bos taurus (la lettera n segna il nervo satellite dell’a. orbito-me- ningea e proveniente dalla branca oftalmica di Wıruıs). Fig. 13. Rupicapra ruprieapra. Fig. 14. Boselaphus tragocamelus picta. Fig. 15. Felis catus dom. (grand. naturale). Tav. IV. Come la II. Tutte le figure rappresentano l’encefalo alla grandezza na- turale, salvo la 16, 17, 18, 19, 20, 26, 28, ridotte ai 2/3. Fig. 16. Felis tigris. Fig. 17. Hyaena striata. Fig. 18. Camis famtharıs. Fig. 19. Canis familiarıs. Fig. 20. Meles taxus. Fig. 21. Mustela foina. Fig. 22. Ursus thalassarctos maritimus. Fig. 23. Seiurus vulgaris. Fig. 24. Glis glis. Fig. 25. Mus rattus. Fig. 26. Hystris eristata. Fig. 27. Cavia cobaya. Fig. 28. Lepus eunieulus. Fig. 29. Prinaceus europaeus italieus. Fig. 30. Talpa ewropaea. Fig. 31. Pipistrellus Kuhli (grandezza doppia). Tav.V. Come la II. Fig. 32. Homo. La figura & ridotta ai #/; della grandezza naturale, ed & stata ricavata dai Arterie meningee encefaliche nella serie dei Mammiferi. 207 trattati di anatomia umana (TESTUT, POIRIER-CHARPY ece.): manca pereiö l’a. orbito- meningea, conosciuta sinora come semplice ramo ricorrente dell’ a. oftalmica. ramo parietale dell’ a. oceipitale. ramo orbitale dell’ a. meningea cerebrale laterale. rp". al. oms. Lettere comuni alle figure delle tavole II, III, IV, V. a. etmoidale. a. nasale. a. meningea cerebrale orale. a. orbito-meningea, passante pel canale cranio-orbitale. a. orbito-meningea superiore, passante pel canale eranio-orbitale superiore. a. orbito-meningea inferiore, che attraversa il canale cranio-orbitale in- feriore. a. meningea cerebrale laterale, passante pel foro spinoso. a. temporo-meningea, passante pel canale temporale. a. meningea cerebellare dorsale, passante pel forame mastoideo. a. meningea cerebellare laterale, passante pel foro condiloideo. a. meningea della falce. a. oftalmica. a. meningea istmo-cerebellare orale, passante pel foro lacero orale. a. meningea istmo-cerebellare aborale, passante pel foro lacero aborale. a. mascellare interna. ramus orbitalis della mascellare interna. anastomosi intereranica carotido-orbitale. anastomosi tra la prima ed il tratto prossimale dell’ a. meningea cerebrale laterale, o tra questa e l’a. orbito-meningea. ramo auricolare dell’ a. meningea cerebrale laterale. ramo temporale dell’ a. meningea cerebellare laterale attraversante il canale condiloideo. a. a. lacrimale. frontale. ramo pterigoideo. aa. generatrici della rete mirabile. a. stapedia. suo ramo superiore. suo ramo inferiore. cavo timpanico. Morpholog. Fahrb. Bd. XLVI zu. .n——n.mma\ 25 Dr. A. Mensa, dis. Verlag von Wilhelr Jay. r5 Fig. 4 ar TEILTPRRNN rS mi Fig. 10 agelmann, Leipzig. u. ne an =“ s ee 2 — Er u LE : ar ET Mr N; £ Saw 5 5 “i au Ber Ps _ & a, ei v g“ x 5 Er er ne 2a ’ Be Ai, y ' “_ Eu u n a be > R ‘ | n. .- y | E 2 Sur = ER ' A: . ü Er I E j Ir % nr, 5 BR 5 L) > ar - WB . u f 7 Fe | u 1 e i | ; | * er | = \ i n > i i | % . on y . | ar i | A R d P - ez ze 4 R E | AZ2 Eu, . = / | Er Morpholog. Yahrb, Bd. XLVI Taf. I. Dr. A. Mensa, dis. Verlag von Wilhelm Engelmann, Leipzig, j Taf. II. cl Bu“ Morpholog. Fahrb. Bd. XLVI Taf. III. Dr. A. Mensa, dis. Verlag von Wilhelm Engelmann, Leipzig, Taf. II. el ica pzig. Morpholog. Fahrb. Bd. XLVI Dr. A. Mensa, dis. Taf. IV. , l I» 2 omı ri ‘st PS Fig. 31 ängelmann, Leipzig. ; FR Morpholog. Fahrb. Bd. XLVI Taf. V. Dr. A. Mensa, dis. a Verlag von Wilhelm Engelmann, Leipzig. Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myo- morphen: Mus rattus und Meriones auf Grund ver- gleichend- anatomischer Untersuchung der Muskeln der hinteren Extremitäten. Von B. Schapiro aus Riga (Rußland). Mit 33 Figuren im Text. Die vorliegende Arbeit beschäftigt sich mit der vergleichenden Beschreibung der Muskulatur der hinteren Extremität von Mus rattus, Meriones und Dipus zum Zwecke der Feststellung der verwandt- schaftlichen Beziehung zwischen der letzteren Art und den Myo- morphen. Da wir im Skelet bei diesen Formen eine allmähliche Reduction der Strahlen der hinteren Extremitäten im Interesse einseitiger Be- wegungen verfolgen können, so müßte es von Interesse sein zu unter- suchen, wie die Reduction der ursprünglich auf fünf Zehen be- rechneten Muskulatur bei dieser Gelegenheit sich gestaltete. Wir besitzen bereits Arbeiten über die Muskulatur von Mus, Meriones und Dipus. So sind besonders hervorzuheben: DUVERNOY et LEREBOULLET: »Notes et renseignements sur les animaux vertebres de l’Algerie, qui font partie du Musde de Strasbourg.« LEcHE: »Muskulatur der Wirbeltiere in Bronns Klassen und Ordnungen des Tierreichs«; H. Aukzaıs: »Contribution a la myo- logie des rongeurs« und F. G. Parsons: »The Myology of Rodents Partie II. An Account of the Myology of the Myomorpha, together Morpholog. Jahrbuch. 46. 14 210 B. Schapiro with a Comparaison of the Muscles of the various Suborders of Rodents!. Trotz dieser in vieler Hinsicht jedoch trefflichen Arbeiten konnte eine neue Untersuchung und eine Zusammenstellung der Tat- sachen der drei Formen nebeneinander neue Resultate zutage för- dern. So konnten wir z. B. einige neue von den genannten Autoren nicht angegebene Modifikationen einiger Muskeln feststellen. Auch haben wir jeden Muskel einzeln bei allen drei Formen der Nage- tiere miteinander verglichen, was die oben genannten Forscher nicht getan haben. So hat DuvernoyY die Muskeln der hinteren Ex- tremität nur von Dipus berücksichtigt, die von Meriones aber außer acht gelassen. Auzzaıs dagegen hat zwar alle drei Formen in Betracht ge- zogen, aber nicht bei der Beschreibung eines jeden einzelnen Muskels; so, um einige Beispiele herauszugreifen, beschreibt er den Psoas major nur von Dipus, Biceps nur von Mus rattus und Dipus usw. Parsons beschreibt die inneren Hüftmuskeln gar nicht, die anderen auch nur im allgemeinen. Außerdem weichen unsere Angaben der Ursprünge und Ansätze mancher Muskeln von denen früherer Forscher auf diesem Gebiete ab. Wir sehen also, daß unsere Untersuchung keine müßige Arbeit war, sondern daß sie tatsächlich neue Resultate zutage geför- dert hat. Doch bevor wir zu unserer eigentlichen Aufgabe, Beschreibung und Vergleichung der Muskeln der hinteren Extremitäten von Mus rattus, Meriones und Dipus übergehen, wollen wir zuerst in kurzen Zügen noch die Verhältnisse des Skeletes von den genannten Tieren schildern. I. Skelet. Im Bau der Wirbelsäule stimmen die drei Typen so ziemlich miteinander überein. Mus und Meriones enthalten 6, Dipus 7 Lendenwirbel, dagegen haben Mus 4, Meriones und Dipus nur 3 Kreuzwirbel. Das Becken zeigt den gleichen Bau, nur ist es bei Dipus ein wenig größer und schlanker. Für uns kommt besonders in Betracht der Oberschenkel, Unter- schenkel und der Fuß. Darum haben wir gerade diesen Teilen be- sondere Aufmerksamkeit zugewendet, wir haben sie genau unter- i Erschienen in Proceed. of the Zoolog. Society of London. London 1896, Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 211 sucht und zahlenmäßig ausgedrückt, damit sie miteinander genau verglichen werden können. Wie es sich weiter unten zeigen wird, führen die Zahlen zu eindeutigen Resultaten, die von der Muskulatur durchaus bestätigt werden. 5 Was den Oberschenkel betrifft, so ist er bei der Ratte 25 mm lang (nach Arrzaıs 34 mm); bei Meriones 28 mm und bei Dipus 36 mm (nach DuveErnoy für Meriones 52 mm; Dipus 40 mm; nach ALEZAIS: Mus decumanus 33 mm; Dipus 48 mm). Der Oberschenkel vergrößert sich also von einer Art zur anderen. Für die Tibia haben wir folgende Maße: Ratte = 28mm (Arzzaıs 37 mm), Meriones = 33 mm (DUVERNoOY 37 mm), Dipyus =53 mm (DuvERNoY 57 mm; ALEZAIS 56 mm). Also eine beträchtliche Verlängerung. Die Fibula verwächst distalwärts mit der Tibia, und zwar be- trägt ihr freier Teil bei Ratler=r ld mm: Meriones —= 17 mm, Dipusee — 19mm: Die absoluten Zahlen für den freien Teil der Fibula verleiten uns zu der Ansicht, als erführe dieselbe eine beträchtliche Verlänge- rung, was sich aber als falsch erweist, sobald wir das Verhältnis des verwachsenen Teiles zur Tibia in Betracht ziehen. Erst der letztere Umstand ist entscheidend für das wirkliche Verhalten der Fibula. Wir gewinnen dasselbe durch eine gewöhnliche Rechnung: Fibula | | freier Teil | DE | | Ratte | 16mm | 28mm | 57,1 ::100 Meriones | 17mm | 33mm also: | 51,1: 100 Dipus | 19mm | 53 mm | 35,8 : 100 Es zeigt sich also, daß der verwachsene Teil auf Kosten des freien wächst, die Fibula erfährt also in Wirklichkeit eine Ver- minderung. . 14* 212 B. Schapiro Die mittleren Metatarsi geben: Ratte — 11mm, Meriones = 13 mm, Dipus ‘ = 40 mm. Der Metatarsus der mittleren Zehe ist bei Mus und Merzones ein wenig länger. Der Metatarsus der V. Zehe: Ratte =10mm, Meriones = 6 mm, Dipus: verwachsen mit den Metatarsen der anderen Zehen, nur als Stumpf vorhanden. Metatarsus der I. Zehe: hatte Tom, Meriones = 5 mm. Dipus (s. Metatarsus V). Vergleichen wir die Metatarsi der V, sowie die Metatarsi der I miteinander, so sehen wir, daß sie von einer Art zur anderen immer kleiner werden, was auf einen allmählichen Schwund der Zehen hinweist. Dieses wird auch durch die Zahlenangaben für die Phalangen bestätigt; so zeigt die Phalanx prima der mittleren Zehen: Mus rattus = 6 mm (Metat. 11), Merions = 5 mm (Metat. 13), Dipus — 11mm (Metat. 40). Phalanx prima digiti quinti: Mus rattus =5 mm Meriones == 4 mm. Phalanx prima digiti primi: Mus rattus = 4 mm Meriones = 3 mm. Das Fußskelet besteht aus folgenden Teilen: 1. Tarsus, 2. Metatarsus, 3. Phalangen. Der Tarsus setzt sich aus 8 einzelnen Knöchelehen zusammen: 1. Caleaneus, 2. Astragalus (Talus des Menschen), 3. Os navieulare, Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 213 4. Os cuneiforme primum s. Entocuneiforme, 5. Os euneiforme see. 8. Mesocuneiforme, 6. Os euneif. tertium s. Eetocuneiforme, 7. Os euboideum, 8. Os tibiale. Wir wollen uns die eben bezeichneten Knöchelchen des Tarsus ein wenig genauer ansehen und die entsprechenden Stücke von Mus, Meriones und Dipus miteinander vergleichen. Da wäre zuerst der l. Calcaneus. Ratte (Fig. 1 Aa): der größte und stärkste Fußwurzelknochen. An seinem hinteren stark verdiekten Ende befindet sich ein Vor- sprung für die Aufnahme der Tendo Achillei. Er besitzt 4 Flächen: dorsale, plantare, tibiale und fibulare Fläche. Auf der ersten, Dorsalfläche, ragt eine schraubenförmige Gelenk- fläche hervor, auf welcher die Tibia ruht. Außerdem besitzt er noch einen zahnartigen, mit einer Konkavität versehenen Fortsatz zur Aufnahme des Astragalus, das sogenannte Sustentaculum tali. Die Plantarfläche ist konvex und zeigt keine Besonderheiten. Vorn und unten befindet sich am Caleaneus eine ziemlich große Aushöhlung zur gelenkigen Verbindung mit dem Os naviculare, eine gleiche, jedoch kleinere, für die Anlagerung des Os euboideum. Er bildet somit Gelenke: die Artieulatio talo-caleanea, ealeaneo-euboidea et Artieulatio caleaneo-cuboideo-navicularis. Die fibulare Fläche geht unmittelbar in die plantare über. Meriones (Fig. 1 Ba): wie bei der Ratte, nur entwickelter, größer. Dipus (Fig. Ca): größer als bei Meriones; nach A. SCHUMANN! beträgt die Länge des Calcaneus 10 mm, aber nur 35mm Höhe und 2 mm Breite. Das Caput tali ist. mit dem Caleaneus straffer ver- bunden, als es bei Mus und Meriones der Fall ist. Gelenkver- bindungen die gleichen, wie oben. 2. Astragalus (Talus des Menschen). Ratte (Fig. 1 Ab): Das Sprungbein ist ein Knöchelehen von ansehnlicher Größe und unregelmäßiger Form. Es besteht aus drei Teilen: Corpus, Collum et Caput. Der Körper liegt auf der dor- 1 A. SCHUMANN. Das Skelet der Hinterextremität von Dipus aegyptius. Morphol. Jahrb. Bd. 32. 1903—4. 8. 239. 214 B. Schapiro salen Fläche des Caleaneus, mehr der tibialen Fläche zugeneigt. Die dorsale Ebene des Körpers des Astragalus hat eine eigentüm- Fig. 1. A. Ratte, Yı. B. Meriones. ’fı. C. Dipus. 2/3. a Üalcaneus; b Talus; c Os naviculare; d Os cunei- forme I; e Os cuneiforme I; f Os cuneiforme III, g Os cuboideum; Ah ı—hs Metatarsus I—V; tı-is Phalanx prima IV; h Os metatarsale (Dipus). liche Form: sie besteht aus zwei seitlichen rollenartig gewundenen Hervorragungen mit einer mittleren Vertiefung; die an der fibularen Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 215 Seite gelegene Rolle übertrifft an Höhe die der tibialen. An der Plantarfläche befindet sich der oben erwähnte Ausschnitt zur An- lagerung des Calcaneus. Das Collum astragali ist gut ausgeprägt, dorsal konkav, plantarwärts konvex. Der Hals befindet sich auf dem oben geschilderten zahnartigen Fortsatz des Calcaneus, dem sogenannten Sustentaculum tali. An das Collum schließt sich der dritte Abschnitt des Astragalus an, das Caput. Es bildet eine ziemlich starke konvexe Fläche, die eine Fortsetzung der plantaren des Collum ausmacht. Das Caput tali bildet mit der starken Aushöhlung des Os navieulare die Artieu- latio talo-navicularis. Mit dem Calcaneus bildet der Talus die oben erwähnte Artieu- latio talo-calcanea. Meriones (Fig. 1 Bb): Rollen etwas größer, als oben. Caput schmäler, aber länger. Dipus (Fig. 1 Cb): der ganze Knochen größer, als bei Meriones. Collum schwach ausgeprägt, desto stärker aber das Caput, das fast direkt aus dem Corpus auszutreten scheint. Caput kurz und ge- drungen, mit dem Calcaneus fest verbunden. Gelenkverbindungen wie oben. 3. Os naviculare. Ratte (Fig. 1 Ac): ein Knochen von unregelmäßiger Form. Er besitzt eine hintere, vordere und zwei seitliche Flächen. Seine Breite doppelt so groß als seine Länge. Er steht in Verbindung mit allen Fußwurzelknochen. Seine hintere Fläche ist mit einer Konkavität versehen zur Aufnahme des Caput tali und zur Bildung der Artieu- latio talo-navieularis. Ihre vordere Fläche zeigt drei wohlausge- prägte Vertiefungen für die Anlagerung der drei Ossa euneiformia, welche mit dem Os navieulare drei Gelenke bilden. Es geht noch mit dem Os euboideum und Calcaneus das bei der Schilderung des letzteren genannte kombinierte Gelenk ein: die Artie. calcaneo- euboideo-navieularis. Meriones (Fig. 1 Be): größer und breiter, sonst wie oben. Dipus (Fig. 1 Cc): etwas größer als bei Meriones. Er besitzt eine etwas größere konkave Fläche zur Anheftung an das Caput astragali und eine kleinere etwas nach hinten zu gerichtete zur An- lagerung des Caleaneus. Vorn drei selbständige Gruben für die drei Cuneiformia. 216 B. Schapiro 4, 5, 6. Ossa cuneiformia. Man zählt ihrer drei: primum, secundum et tertium, auch nach LecHe£Et Ento, Meso- und Eetocuneiforme genannt. Ratte (Fig. 1 A,d,e, f}: Entocuneiforme ist am medialsten von allen Cuneiformia gelegen; es stellt ein stäbchenartiges Knochen- stückchen dar, das einerseits an den tibialen Rand des Os navieulare stößt, um mit dem letzteren ein Gelenk, die Artieulatio cuneiforme- navieularis prima, einzugehen, anderseits grenzt es an das Meso- cuneiforme, ohne mit ihm ein selbständiges Gelenk zu bilden. Vorn schließt sich an das Entocuneiforme die Basis des Metatarsus I an, beide bilden für sich ein Gelenk. Das Mesocuneiforme ist kleiner als beide anderen Cuneiformia; es ist, wie auch das Ectocuneiforme, viereckig. Hinten bilden beide zwei Gelenke mit dem Os naviculare, vorn mit der Basis der Meta- tarsi II et III. Das Ectocuneiforme grenzt noch seinerseits an das Os euboideum, mit welchem es ein vollkommenes Gelenk bildet. Meriones (Fig. 1 B,d,e, f)}: wie bei Mus, nur größer und fester aneinander gepreßt, so daß es mehr Mühe macht, die einzelnen Cuneiformia voneinander zu trennen. Dipus (Fig. 1 ©, d,e, f): Schumann? schildert das Os ceuneiforme primum in seiner oben zitierten Arbeit mit folgenden Worten: »Das Os cuneiforme primum (auch Entocuneiforme nach LECcHE) ist eine messerklingenartige, auffallend lange, nämlich bei kräftigen Exem- plaren mehr als 5 mm messende Knochenlamelle. Die auffallende Längserstreckung, durch welche dieses Cuneiforme die beiden anderen Ossa cuneiformia um das Drei- bzw. das Vierfache über- trifft, bewirkt, daß dasselbe dem Tarsus nach innen und hinten mehr an- als eingelagert ist. Es stößt mit seinem proximalen Ende an das Os navieulare und ragt dann distalwärts so weit über das Cuneiforme II et III hinaus, daß es sich mit drei Viertel seiner Länge an das Os metatarsale auflegt, ohne hierbei nach außen hin den hakenförmigen Fortsatz des Os cuboideum zu berühren. Von FLower? wurde das Entocuneiforme als Metatarsus I aufgefaßt, ein Irrtum, den Lecu£? berichtigt.« ! W. LecHue. Muskeln der Säugetiere in Bronns Klassen und Ordnungen des Tierreichs VI. Bd. Abt. V. 2. B. Leipzig. 2]. c. 8. 241. 3 Frower. Einleitung in die Osteologie der Säugetiere. III. Auflage Leipzig 1888. #1. e. 8.615. Anmerkung. I. Bd. 1. Lieferung. Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 217 Die Auffassung von E. LECHE, das Entocuneiforme sei nicht, wie FLOwER es meint, der Metatarsus I, können wir vollauf bestätigen, da es uns an unseren Präparaten gelungen ist, am äußersten Ende des Os cuneiforme I ein kleines, dreiseitiges, durch eine deutliche Linie vom ersteren abgegrenztes, doch mit ihm fest verbundenes Knöchelchen aufzufinden, an welches sich diejenigen Muskeln ansetzen, die bei Mus und Meriones zu dem Metatarsus I ziehen, nämlich die Mm. tibialis anticus und extenser digiti primi proprius (Fig. 29). Cuneiforme secundum, wie bei Mus und Meriones. »Das Cuneiforme tertium! (Eetocuneiforme) ist ein ziemlich kräftiger Knochen, dessen Außenfläche auf dem Fußrücken durch das Os navieulare, Os euboideum, das Cuneiforme secundum und das Os metatarsale begrenzt wird. Mit einem taillenförmig eingeschnürten Zapfen erstreckt es sich durch den Tarsus hindurch, bis nahezu an die Rückfläche desselben, wird aber hier durch das Cuneiforme primum und den hakenförmigen Fortsatz des Os euboideum bedeckt. « 7. Os cuboideum. Ratte (Fig. 1 Ag): das Würfelbein liegt vor dem Calcaneus, nahe am Os naviculare, grenzt tibial an das Os cuneiforme tertium, mit demselben ein Gelenk bildend. Es ist viereckig. Mit dem Cal- caneus bildet es die oben beschriebene Artieulatio calcaneo-cuboideo navieularis. An das Os cuboideum legt sich seitlich und etwas nach hinten zu das Os metatarsi V, mit dem es eine Gelenkverbindung eingeht. Vorn stößt daran die Basis des Meta- tarsus IV zur Bildung eines Gelenks. Meriones (Fig. 1 bg): wie bei der Ratte, nur etwas größer. Dipus (Fig. 1 Cg): ein unregelmäßiges, an- sehnliches, weit nach hinten vorragendes Knöchel- chen, seine vordere Fläche viereckig. Die hin- tere Fläche besitzt eine tiefe Aushöhlung, die weit unter dem Calcaneus hinzieht zur Bildung des beim Calcaneus besprochenen Gelenkes, der Articulatio calcaneo-cuboidea. Medial grenzt pipus. Yı. a hinterer es an das Os naviculare, liegt aber weiter nach Höcker des Os cuboides; b Metatarsale V. vorn. Mit dem Caleaneus und dem Os naviculare bildet es das vielfach genannte kombinierte Gelenk, die Artieulatio caleaneo-euboideo-navieulare. An der hinteren Fläche befindet sich Fig. 2. 1 A, SCHUMANN |. c. 8. 241. 218 B. Sehapiro ein dieker, starker weit nach unten hervorragender knorriger Fort- satz (Fig. 2a), der das Os metatarsale umfaßt. 8. Os tibiale. (Fig. 3, 2). Ein Knöchelehen, das nur bei Dipus vorhanden ist. Es ist das kleinste von allen Fußwurzelknöchelehen, von dreiseitiger Form, liegt seitlich am Caput astragali zwischen Calcaneus und Os navi- eulare. LEcHE! gibt an, er habe das Os tibiale »bei allen (24) unter- suchten Nagergattungen (außer Lepus), bei Galeopithecus und Orni- thorhynchus gefunden«. Auf Seite 606 seines zitierten Werkes sagt er: »Daß in der Tat das von BAUR und ALBRECHT als Tibiale bezeichnete Stück unter den Tarsalelementen aufzunehmen ist, kann nicht länger beanstandet werden: es ist knor- pelig präformiert, ganz in der Reihe der übrigen Tarsalknochen gelegen, artieuliert mit mehreren derselben und trägt an seinem Distalende das Entocuneiforme, an seinem Tibialende die 6. Zehe. So verhält es sich in völlig aus- gsebildetem Zustande. Nach den Befunden bei Nagern zu urteilen, scheint weniger der Wegfall der 6. Zehe, als vielmehr die Aus- bildung des Naviculare in tibialer Richtung, wodurch das Tibiale von der Berührung mit Entocuneiforme ausgeschlossen wird, die Re- duction des Tibiale zu veranlassen. Bei den Nagern, wo die Reduction des Tibiale Schritt für Schritt sich verfolgen läßt, kann man nachweisen, daß das Tibiale seine Lage nicht verändert: es artieuliert fortfahrend mit Astra- aa ag En galus und Naviculare.< Wir müssen also an- neif.; e Mesoemeif.; f Ecto.- Mebmen, daß das Os tibiale von Mus und en 'vs Meriones, an unseren Exemplaren, mit einem der Tarsalknöchelehen verschmolzen war, da wir es bei diesen Repräsentanten als selbständiges Knöchelchen nicht gefunden haben. »Bei Sciurus?, Xerus, Pleromys, Arctomys, Oricetus, Mus, Iso- 1 Bronss Klassen und Ordnungen. 8. 607. 2 LECHE l. e. 8. 616. Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 219 mys, Hapalotis, Tiber, Spalax, Rhixomys, Cavia, Coelgenys, Dasy- procta und Myopotamus ist nur das Tibiale! vorhanden und zwar mit ähnlichen Beziehungen zu den übrigen Tarsalien, wie in der vorigen Gruppe?; auch hier trägt das Tibiale mehr oder weniger vollständig das Entocuneiforme, in dessen proximaler Verlängerung es liegt. « »Bei den Dipodiden«, sagt er weiter, »und Hydrochoerus ist ebenfalls nur das Tibiale erhalten, aber dasselbe ist dadurch re- duziert und in seinen Beziehungen zu den anderen Knochen alteriert worden, daß Navieulare tibialwärts sich ausgedehnt und das Tibiale vom Entocuneiforme trennt; Tibiale gelenkt hier also nur mit Astra- galus und Navieulare; bei Hydrochoerus ist dies im geringeren, bei den Dipodiden im stärkeren Maße der Fall. — Lepus ist der einzige der untersuchten Nager, bei dem ich kein Tibiale angetroffen habe; doch erwähnt Baur, daß es mit dem Navieulare zu verschmelzen scheint. Jedenfalls ist Tibiale als ein normaler Bestandteil des Nager-Tarsus zu betrachten. « Was die Homologie des Tarsus im System der Säugetiere be- trifft, äußert sich WEBER, wie folgt: »Der Tarsus hat in seiner proximalen Reihe den Talus (Astragalus), den Caleaneus und das Scaphoid (Navieulare). In der distalen Reihe finden sich von der tibialen zur fibularen Seite des Fußes das Ento-, Meso- und Eeto- euneiforme bzw. Cuneiforme 1, 2 und 3, die dem I., II. und Ill. Tar- sale des GEGENBAURSschen Schemas entsprechen, sowie das Cuboid, das dem IV. und V. Tarsale entspricht. Letztere Annahme beruht nicht nur auf theoretischer Erwägung, sondern auch darauf, daß es Metatarsale IV und V trägt und auf dem Nachweis Emerys, daß es bei Didelphys, Aepyprymus und Phascolarctus getrennt sich anlegt. Über die Deutung der 4 Knochen der distalen Reihe besteht kein Zweifel. Schwieriger ist diese für die 3 Knochen der proxi- malen Reihe. Meist hält man den Talus für das verschmolzene Tibiale und Intermedium, den Calcaneus für das Fibulare, das Scaphoid für das Centrale. Demgegenüber stehen aber andere An- sichten. Wir wollen nur die wichtigste nennen, [BAur, LEBoUg, Ewmery), welche im Talus nur das Intermedium sieht. Das Tibiale wäre alsdann vertreten durch ein Knochenstückchen, das z. B bei Or- 1 Und nicht die 6. Zehe. Anmerkung d. Autors. 2 d.h. wie bei Castor, Erethixon, Spermophilus und Bathyergus. An- merkung d. Aut. 3 Max WEBER. Die Säugetiere. Jena 1904. Seite 111. 220 B. Schapiro nithorhynchus, Rodentia, Edentata, Hyrax und Condylarthra vorkommt, häufig Tibiale tarsi genannt, meist aber als Sesamknochen gedeutet wird. Eskann verloren gehen oder mit dem Centrale = Scaphoid ver- schmolzen zu einem Tibiocentrale, ebenso wie im Carpus das Cen- trale verschmelzen kann mit dem Radiale, um das Scaphoid zu bilden, das demgemäß ein Radiocentrale ist.« Vergleichen wir den Tarsus von den drei Arten: Mus, Mertiones und Dipus miteinander, so müssen wir folgendes feststellen: 1. Die einzelnen Knochenstücke nehmen von einer Art zur anderen an Dimension zu. 2. Das Os navieulare und Os cuboideum bleiben bei Dipus beweglich und verschmelzen nicht mit den anderen Knochen zu einem Stück. 3. Meriones zeigt eine festere Verknüpfung seiner einzelnen Teile, als Mus rattus. : 4. Die drei Ossa cuneiformia verschmelzen bei Dipus nicht miteinander, sie bleiben getrennt, sind jedoch nur künstlich, mittelst scharfer Instrumente voneinander zu entfernen; die Trennung ist also mit viel größerer Mühe zu bewerkstelligen, als es bei Merviones der Fall ist; bei der letzteren Art sahen wir die Knochen fester als bei Mus rattus. Wir müssen also konstatieren, daß die Knochen die Tendenz haben, zu verschmelzen. 5. Das Os tibiale findet sich nur bei Dipus; Mus und Mertiones entbehren dessen gänzlich!. Wir wenden uns jetzt dem Metatarsus zu. Il. Metatarsus. Der Metatarsus besteht aus 5, der Zahl der Zehen gemäß, ein- zelnen, voneinander vollständig getrennten Stäben. Ratte (Fig. 1 Ah) —h,): ziemlich große, schlanke Röhrenknochen. _ Jeder Knochen besteht aus drei Teilen: Basis, Corpus und Capitulum. Mit der Basis setzt sich jeder Metatarsus an das ihm entsprechende Knochenstück des Tarsus an, so der Metatarsus I an das Os cunei- forme primum; Metatarsus II an das Os cuneiforme secundum und teilweise auch an das Os euneiforme tertium; der Metatartus III an das Os ceuneiforme tertium; ! Über die Angaben von Lecnz betreffs dieses Knochens s. oben. > u es re Tu Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 221 der Metatarsus IV an das Os cuboideum und seitlich an das Os cuneiforme tertium; : der Metatarsus V an das Os cuboideum. Gegenseitig berühren sie sich mit mehr oder weniger ausge- bildeten Flächen. Das Capitulum ist sehr gut ausgebildet und konvex, es liegt in der ausgehöhlten Pfanne der ersten Phalanx zur Bildung eines Gelenks. Die mittleren Metatarsi sind länger, als die der ersten und fünften Zehe (s. oben Zahlenangaben für die Dimensionen der be- treffenden Metatarsi). Meriones (Fig. 1 By—h;): Bau, Anheftung und Gelenkverbin- dungen wie bei der Ratte. Die mittleren Metatarsi sind länger als die der Ratte und fester aneinandergepreßt, während die der ersten und fünften Zehe kleiner sind als bei Maus; also eine Reduction. Dipus (Fig. 1 C h): A. SCHUMANN? schildert sie folgendermaßen: »Der Mittelfußknochen (Os metatarsale) ist ein schlanker Röhren- knochen, der am proximalen sich an den Tarsus anlegenden Ende nur wenig verdickt ist, am distalen Ende hingegen sich ziemlich stark verbreitert und gabelartig in drei voneinander getrennte Ge- lenkköpfe ausläuft. Zwei seichte, aber doch stets deutlich erkenn- bare Rinnen ziehen oben auf der ganzen Länge des Metatarsus hin und endigen da, wo sich die drei Gelenkköpfe voneinander trennen. Auf der Mitte der Unterseite läßt sich von oben ab nur eine der- artige Längsrinne erkennen, die sich jedoch im unteren Viertel des Metatarsus gleichfalls in zwei Äste teilt. Diese über den Metatarsus hinziehenden Rinnen sind übrigens nicht bei allen Individuen in gleicher Ausbildung vorhanden.« Wir haben auf der Oberseite des Os metatarsale die eben von SCHUMANN geschilderten Rinnen an sechs von’uns genau untersuchten Exemplaren immer vorgefunden. SCHUMANN sagt: »Die proximale Endfläche weist drei nebeneinander’ liegende, flach grubenartige Ver- tiefungen auf. Die kleinste, innen gelegene, artieuliert mit dem Cuneiforme secundum, die mittlere stößt an das Cuneiforme tertium, und die äußere und größte legt sich an das Cuboid an und ist infolgedessen, der Gestalt dieses Fußwurzelknochens entsprechend, hinten mit einer abfallenden Fläche für den hakenartigen Fortsatz des Os cuboideum versehen. 1 A. SCHUMANN 1. c. S. 242. 2292 B. Schapiro Die untere Fläche des Metatarsus zeigt eine längliche Ver- tiefung, in welche sich das Cuneif.* primum legt. Namentlich der median gerichtete Rand dieser Vertiefung springt eristenartig hervor, so daß auch die Verbindung des Cuneiforme primum mit dem Me- tatarsus eine ziemlich innige ist. Da die von dem Cuneif. see. und tert., sowie dem Cuboid gebildete Endfläche des Tarsus größer ist als die Proximalfläche des Metatarsus, so verdickt sich letzterer an diesem oberen Ende sowohl medialwärts, wie Fig. 4. namentlich nach außen und hinten. Von den drei Gelenkköpfchen (Fig. 4a, a,, 4,4) am distalen Teil des Metatarsus ist der me- diale, d. h. innere, am stärksten entwickelt, der laterale steht diesem wenig nach, dahingegen ist der mittlere erheblich schwächer als seine Nachbarn. : Alle drei Gelenkköpfe besitzen distalwärts eine schön konvex gebogene Gelenkfläche, von welcher auf der Oberseite namentlich bei den beiden seitlichen meist eine grubenartige Ver- tiefung erkennbar ist. Komplizierter als die distale ist die nach unten gereli ge Fläche der Gelenkköpfe gebaut. Hier erhebt sich auf der Mitte jedes der- selben zahnartig eine senkrecht nach unten Dipus. a Later. Gelenkkopt? gerichtete kleine Crista und außerdem an der atanaleı u at u Außenseite des ersten und dritten Gelenkfort- medialer Gelenkkopf. Yı. satzes noch je ein kleiner, gleichfalls nach unten gerichteter Gelenkknorren.« Zur Vervollständigung können wir noch zu dieser trefflichen Schilderung des Os metatarsale hinzufügen das oben erwähnte und genau geschilderte dreiseitige, mit dem Entocuneiforme zusammen- hängende Plättchen, das nach unserer Meinung einen Rest des verloren gegangenen Os metatarsi I darstellt (s. Fig. 39). Außerdem fanden wir noch auf der gegenüberliegenden Seite des Os metatarsale, gerade unter der seitlichen Fläche des Os euboideum, eine dreiseitige rauhe Stelle, die wohl nichts anderes ist, als ein Rudiment des Metatarsus V. (Fig. 2). Die Vergleichung der Metatarsi von Mus, Meriones und Dipus führt zu folgenden Schlüssen: en Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 223 1. Mus und Meriones besitzen fünf Metatarsi, von denen die mittleren größer sind als die äußeren. 2. Die äußeren Metatarsi von Meriones sind ihren Dimensionen nach (s. oben die Zahlen für die Größen derselben) kleiner als die von Mus. 3. Die drei mittleren Metatarsi von Meriones sind größer als die von Mus und fester aneinandergepreßt. 4. Die drei Metatarsi sind bei Dipus zu einem einzigen festen Knochen geworden, was durch die oben an der oberen Fläche des Os metatarsale verlaufenden Rinnen bestätigt wird. 5. Die Metatarsi der I. und der V. Zehe sind bei Dipus in Form von kleinen, kaum bemerkbaren Resten vorhanden, woraus wohl gezogen werden kann 6. Die Metatarsi von Mus, Meriones und Dipus stellen drei Bildungsstufen eines und desselben Organs dar. Der letzte Punkt bedarf noch eines gewissen Kommentars. Wir sprechen von den Metatarsi der drei Arten: Mus, Meriones und Dipus. Wie bekannt, existiert jedoch eine Art Alactaga, die als eine Zwi- schenstufe zwischen Meriones und Dipus betrachtet werden kann, da es sich bei dieser Art um fünf Zehen handelt, deren äußere ‘ jedöch im Verhältnis zu den mittleren stark reduziert sind. Wir waren leider nicht imstande, Alactaga zu untersuchen, da wir das hierfür nötige Material nicht herbeischaffen konnten, was wir jedoch in einer anderen Arbeit noch zu erfüllen gedenken. Über die Re- duction der Zehen spricht sich LEcHE! folgendermaßen aus: »Bei Glires tritt, wie bei den Huftieren eine weitgreifende Reduction der Zehen auf. Gleich diesen werden die Nager Zehengänger, wenn die Reduction, auch hier mit einer Verlängerung des Mittelfußes verbunden, einen gewissen Grad erreicht hat. Die Reduction zeigt sich, wie gewöhnlich bei ihrem ersten Auftreten in einer Verkleine- rung der 1. Zehe. Bei ZLepus sind die Phalangen derselben ver- schwunden, und im erwachsenen Zustande der rudimentäre Metat. sowohl mit dem Entocuneiforme als mit Metat. II verschmolzen, während bei ganz jungen Tieren diese Teile noch selbständig sind. Es lassen sich hauptsächlich zwei Reductionsserien unter- scheiden, von denen die eine mit Hydrochoerus beginnt, bei dem von der 1. Zehe nichts und von der 5. Zehe nur ein runder der Basis des Metat. IV anliegender Knochenkern, den Metat. V repräsen- ISVECHE.l.c. S..619. 224 B. Schapiro tierend, erhalten ist. Bei Dasyprocta und Cavia ist auch dieses Rudiment des Metat. V verschwunden; bei allen dreien ist die 3. Zehe länger als die übrigen. Eine andere Reductionsreihe re- präsentieren die Dipodiden, bei denen eine an die Befunde bei den Artiodactyla erinnernde, wenn auch in anderer Art sich vollziehende Verlängerung und dann im weiteren Verlaufe Verwachsung der Mittelfußknochen angetroffen werden. Jaculus — unter Voraus- setzung, daß derselbe wirklich ein Dipodide ist — hat stark ver- längerte, unbeweglich miteinander verbundene Metatarsi; da die ein- zelnen Metatarsi nicht in derselben Ebene liegen, sondern die seit- lichen hinter den mittleren gelagert sind, so erhält das Skelet des Mittelfußes das Aussehen einer Rinne, deren Konkavität plantar- wärts schaut; die erste Zehe ist die kürzeste. Bei Pedetes, welcher das nächste Stadium repräsentiert, berühren die vier äußeren, gut ausgebildeten Zehen den Boden, während von der ersten Zehe nur ein Rudiment des Metat. vorhanden ist. Bei Alactaga sind die Metat. der drei mittleren Zehen zu einem sehr langen Knochen verschmolzen, der am distalen Ende drei getrennte Gelenkköpfe für die ent- sprechenden Zehen trägt; die drei mittleren Zehen sind die einzigen, welche fungieren, da die beiden äußeren, obgleich vollständig, nicht über den genannten verschmolzenen Metatarsalknochen hinausreichen; als auffallend, verglichen mit dem Verhalten bei Jaculus, muß hervor- gehoben werden, daß die fünfte, nicht die erste Zehe die kürzeste ist; bei Alactaga (Scirtomys) tetradactyla sind nur vier Zehen vor- handen. Dipus endlich hat die äußeren Zehen bis auf das Rudiment eines Metat. V gänzlich eingebüßt: bei Dipus hirtipes finde ich an der Plantarfläche ein Knochenstück, das wohl als Sesambein aufzu- fassen ist.« Betreffs der Länge der Zehen schreibt ausführlicher WEBER!: »Zunächst darf als ursprünglicher Zustand wohl der angenommen werden, daß der dritte Finger und die dritte Zehe die längsten sind, wenigstens nicht kürzer als der vierte. Auch im Fuß erhält sich dieser Zustand, wenn er nur gebraucht wird, um die Körperlast zu tragen. Ausnahmen bilden die Marsupialia und Prosimiae, bei denen die vierte Zehe die längste ist oder wenigstens ebenso lang wie die dritte. Dies scheint weniger ein Erbteil zu sein von entfernten Vor- fahren, ähnlich wie z. B. noch bei Krokodilen und Sauriern die vierte Zehe die längste ist und die meisten Phalangen (5) trägt; i WEBER. Die Säugetiere. Jena 1904. S. 113. Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 225 es deutet vielmehr darauf, daß nicht unwahrscheinlich die heutigen Beuteltiere, auch soweit sienicht arborikolsind, von kletternden Formen abstammen (HuxLey, WınGE, DoLLo); denn nur unter kletternden Formen ist die vierte Zehe die längste. Hieraus folgt aber nicht, daß dies bei allen Kletterern der Fall ist (Affen, Nager usw.). Ähnlich wirkt der mechanische Einfluß der Schwimmbewegung auf die Verlängerung der vierten Zehe, wie zahlreiche Schwimmer be- weisen (Habrothrix hydrobates, Myogale, Nectogale, Orossopus) [|WINGE). Diesem Überwiegen der vierten Zehe kann Reduction sich zuge- sellen; zunächst des Hallux, darauf der zweiten und dritten Zehe endlich auch der fünften, wie sie die scheinbare Monodactylie von Choeropus aufweist. Alle diese Übergänge zeigen die Marsupialia [Doro]. Gegenüber dieser Reductionsreihe, wobei die vierte Zehe die prävalierende bleibt (Marsupialia, Inseetivora, Prosimiae) steht als andere Reihe die, wobei die Prävalenz der dritten Zehe hinzukommt (Ungulata, Rodentia). Die Reduction an der Extremität der Ungulaten, die auf Ver- einfachung abzielt, obne Beeinträchtigung der Festigkeit, und deren Endzwecke lange Hebelarme sind, die schnellen Lauf und Sprung befördern, beginnt in der Hinterextremität, da von ihr größere Arbeit verrichtet wird. Dementsprechend entsteht das Laufbein (Canon) im ° Fuße der Wiederkäuer, mit Ausnahme der Traguliden, aus Ver- schmelzung der vollständigen Metatarsalia III und IV und den obersten Enden der Metatarsalia II und V [BoAs], während die den letzteren entsprechenden Metacarpalia in der Hand noch vorhanden sein können. « Wir wenden uns jetzt zur Besprechung der letzten Gruppe des Fußskeletes, den Phalangen. Ill. Phalanges. Ratte (Fig. 1, Au —i,): Jede Zehe, die erste ausgenommen, besitzt drei Phalangen: Phalanx prima, secunda, tertia. Sie besitzen alle denselben Bau wie die Metatarsi, sind nur kleiner. Die erste Zehe besitzt deren nur zwei, auch ist ihre Phalanx kleiner, als die der anderen Zehen. Die ersten Phalangen bilden mit den ent- sprechenden Metatarsi, wie auch unter sich, Gelenke. Die letzte Phalanx ist das sogenannte Krallenglied, da sie einen hornartigen Nagel trägt. Morpholog. Jahrbuch, 46. 15 226 B. Schapiro Meriones (Fig. 1, B ü—t,): Wie bei der Ratte, die erste Phalanx der ersten und der fünften Zehe kleiner als bei Maus. Dipus (Fig. 1, © 4—#s): Wir geben die Beschreibung derselben nach A. SCHUMANN. Sie lautet: »Die Zahl der Zehen ist bei Dipus auf drei reduziert, welche also der zweiten, dritten und vierten anderer Säugetiere entsprechen. Jede dieser drei Zehen besteht aus drei Phalangen. Bezüglich der Längsentwicklung steht die mittlere Zehe obenan; sie maß beispielsweise bei einem Exemplare 16 mm; die zweite Zehe hingegen 14 mm und die vierte 14,5 mm. Dieser Längenunterschied wird namentlich durch die erste Phalanx bewirkt. Dieselbe erreichte nämlich bei dem eben genannten Tiere 9,5 mm, dagegen ist sie bei den beiden Seitenzehen nur etwa 8 mm lang. Umgekehrt wie die Längen- verhält sich die Dickenentwicklung der Zehen. Die mittlere, längste Zehe ist auffallend schlank gebaut, während die beiden äußeren wesentlich kräftiger, knorriger erschienen, und zwar ist die zweite noch etwas stärker als die vierte.« Die Mittelzehe: »Das Corpus der ersten Phalanx der Mittelzehe ist ein Rohr mit elliptischem Querschnitt, welches sich distalwärts allmählich verjüngt. Seine ausgehöhlte Basis paßt auf den oberen konvexen Teil der Gelenkfläche des mittleren Metatarsalkopfes. Nach unten erscheint die Basis durch zwei rundliche Vorsprünge ver- diekt, zwischen denen eine tiefe Rinne nach dem konvexen Teil der Gelenkfläche verläuft. Das distale Ende dieser Phalanx gestaltet sich zu einer quergerichteten Rolle (Trochlea), über welche eine leichte Vertiefung läuft und die seitlich kleine Grübchen als Ansatzpunkte für die nach dem Kopfe der nächsten Phalanx ziehenden Gelenk- bänder aufweist. Die zweite Phalanx der mittleren Zehe wiederholt in wesent- lich kleineren Verhältnissen im allgemeinen den Bau der ersten; sie weicht von letzterer nur insofern ab, als die beiden Gelenkknorren am unteren Teile der Basis fehlen und die mit der Trochlea der ersten Phalanx articulierende Fläche auf der Oberseite etwas nach dem Metatarsus hin verlängert ist und so über die Trochlea der ersten Phalanx hinweggreift. Durch dieses leichte Übergreifen der zweiten Phalanx über die erste wird naturgemäß der Zusammen- hang beider erheblich inniger, als wenn beide, wie es sonst wohl 1 A. SCHUMANN |. ce. 8. 243. . Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 227 allgemein bei den Säugetieren der Fall ist, ziemlich gerade abge- stutzt wären. Die Endphalanx ist ziemlich schwach entwickelt. Sie besteht in der Hauptsache aus einem dick pfriemenförmigen Knochen mit etwas höckeriger und rauher Außenfläche, über den sich die Kralle wie ein Schuh stülpt und der nach hinten mit der Trochlea der zweiten Phalanx artieuliert. Unten an diesem sich zuspitzenden Knochen ist eine nur” reichlich die Hälfte seiner Länge erreichende Knochenlamelle angewachsen, und zwar so, daß sie nach hinten zu mit der Ge- lenkfläche des Krallengliedes abschneidet, nach vorn zu unter dessen Wölbung einen Vorsprung bildet. Die Verwachsungsfläche des eigentlichen Krallen- gliedes mit dieser basalen Lamelle wird etwa auf der Mitte durch einen quer zur Längsrichtung der Zehen verlaufenden rundlich gestalteten Spalt unter- brochen.« Die zwei anderen Zehen gleichen in ihrem Bau mehr oder weniger der eben beschriebenen mittleren Zehe, so daß es überflüssig ist, sie noch ' näher zu beschreiben. Nur einen Umstand noch müssen wir besonders erwähnen, das sind die sog. Sesambeine (Ossa sesa- moidea), die man an den Phalangen von Dipus De findet. Bei Mus und Meriones sind sie nicht vorhan- der Seite. Sı Sesam- den, wir wenigstens haben sie bei ihnen nicht ur wesen a sefunden. Sie stellen wohl somit Neuerwerbungen der Endphalanx. 1. dar (Fig.5, sı u. 5). A. SCHUMANN! sagt in der mehrfach von mir zitierten Arbeit über sie folgendes: »Die einzigen Notizen über Sesambeine an den Phalangen von Dipus finden sich bei TuURNER?, doch geht derselbe weder auf deren spezielle Gestaltung, noch auf ihren Einfluß auf die Bewegung der Zehen ein, sondern konstatiert nur, daß an jeder Zehe deren zwei vorhanden sind. Meine Untersuchungen bestätigen die Angaben von TURNER hinsichtlich der Zahl, indem ich stets sechs Ossa sesamoidea 1 A. SCHUMANN I. c. 8. 247. 2 H. N. TURNER, Notes on the disseetion of the Paradoxurus-Typus and of Dipus aegyptius. Proceedings Zoolog. Society of London. London 1849, Part XVII p. 27. 15* 228 B. Schapiro auffand, und zwar liegt je eins an der Basis der ersten Phalanx jeder Zehe und wiederum je eins an der Basis des Krallengliedes jeder Zehe. Während bei dem Menschen und den meisten Säuge- tieren diese Ossa sesamoidea in Bänder und Sehnen eingehüllt lose den Knochen aufliegen, also für deren Verbindung bedeutungslos sind, treten dieselben bei Dipus mit den Phalangen innig verbunden auf, gewinnen dadurch für die Abwärtsbewegung der Zehen eine sroße Bedeutung und haben infolgedessen eine so komplizierte Gestalt erhalten, daß sie als wesentliche Skeletelemente zu be- trachten sind.« Auch wir können die Anzahl und die Lage des von SCHUMANN beschriebenen Sesambeinchen vollkommen bestätigen. Die Osso sesa- moidea sind folgendermaßen verteilt: an der Basis einer je ersten Phalanx sitzt je ein Os sesamoideum, die anderen drei Sesambein- chen sitzen an der Basis der Krallenphalangen. Nach SCHUMANN: »Das basale Sesambein der mittleren Zehe unterscheidet sich in bezug auf Gestalt und Stellung von denen der zweiten und vierten Zehe, während diese wieder unter sich spiegelbildlich gleich sind. Jenes sitzt als 1 mm breiter und 2 mm hoher Knochenzapfen senkrecht so auf der Unterseite der ersten Phalanx der Mittelzehe, daß es noch etwas über die Basis derselben nach hinten reicht. Seine nach der Kralle zu gerichtete Fläche ist tief eingekerbt. Gleiches gilt von der gegenüberliegenden, nach dem Metatarsus zu gerichteten Fläche. Die erstgenannte Einkerbung dient als Leitrinne für die Sehne des entsprechenden Beugemuskels. Wird durch Kontraktion dieses Muskels die Zehe nach unten gezogen, 80 gleitet das mit ihr fest verbundene Sesambein mit seiner tarsalwärts gelegenen Einkerbung über die Crista an der Unterseite des mittleren Metatarsalkopfes, so daß die Einwärtsbewegung der Zehe genau in der Richtung des Metatarsus erfolgt. « Die Ossa sesamoidea der zweiten und vierten Zehe »sind plantar- wärts tief eingekerbt, während volarwärts, wo sie an die’ untere Fläche der Metatarsalköpfe stoßen, eine Einkerbung für die Crista der letzteren vorhanden ist, und ihrem lateralen Teile eine Gelenk- rinne durch die seitlich am Metatarsus sitzenden Knorren geboten wird. Die nach der Fußsohle gerichtete tiefe Einbuchtung dient zur sicheren Führung der entsprechenden Beugemuskelsehnen. « »Die Sesambeine an der Basis der Krallenphalangen sind kleine viereckige Knochenplatten, welche mit der unteren Fläche der Trochlea der zweiten Phalangenreihe artieulieren und mit den unten 22 se Eee oe Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 229 an die dritte Phalangenreihe angewachsenen Knochenleisten in fester Verbindung stehen; ihre Befestigung und Artieulation entspricht also vollständig derjenigen, welche oben für die Osso sesamoidea an der Basis von Zehe 2 und 4 beschrieben wurde. Die plantarwärts gerichteten Flächen weisen eine furchenartige Vertiefung auf und dienen den die Krallen nach abwärts ziehenden Sehnen als Leitrinne, was beispielsweise das winzige rundliche Sesambein an der Basis der zweiten Phalanx der großen Zehe des Menschen für die Sehne des M. flexor hallueis longus nieht zu tun vermag. Die Sesambeine von Dipus haben nach alledem für die Be- wegung des Tieres eine nicht zu unterschätzende Bedeutung ge- wonnen und können nicht, wie es von TURNER! geschieht, als ‚super- numerary bones‘ bezeichnet werden.« Wir wollen nun nach dieser Übersicht des Skeletes den Ent- wieklungsgang der Muskulatur verfolgen und sehen, ob auch sie die gleiche Veränderung wie das Skelet erfahren hat. Zu diesem Zwecke haben wir die Muskulatur der hinteren Ex- tremität genau untersucht, jeden einzelnen Muskel mit dem ent- sprechenden der anderen Arten verglichen und die gefundenen Re- sultate in womöglich genauen Abbildungen wiedergegeben. Wir wenden uns somit zu unserer eigentliche Aufgaben. Wir wollen das gesamte Material gruppieren, die einzelnen Muskeln genau be- schreiben und innerhalb jeder Gruppe auf die für uns in Frage kom- menden vergleichend-anatomischen Momente genauer eingehen. Auf diesem Wege denken wir am sichersten und klarsten zu unserem Ziele zu gelangen. Beschreibung und Vergleichung der Muskeln der hinteren Extremität der Nagetiere: Mus rattus, Meriones und Dipus. Die Muskeln der hinteren Extremität der Nagetiere können in folgende Gruppen zerlegt werden: I. Muskeln der Hüfte IE - des Oberschenkels II. - - Unterschenkels IV: - - Fußes. 1 H. N. TURNER |. e. S. 27. 230 B. Schapiro Wir beginnen mit der Beschreibung und Vergleichung der Mus- keln der ersten Hauptgruppe: den Muskeln der Hüfte. Dieselben lassen sich in Muskeln der äußeren und die der inneren Hüfte einteilen. Innere Hüftmuskeln: 1. M. iliopsoas 2. M. psoas minor 3. M. quadratus lumborum. Außere Hüftmuskeln: 1. M. glutaeus maximus 2. M. glutaeus medius 3. M. glutaeus minimus 4. M. tensor fasciae latae 5. M. pyriformis 6. M. obturator externus 7. M. obturator internus 8. M. quadratus femoris. 1. M. iliopsoas, Der Muskel zerfällt in zwei vollkommen getrennte Muskeln ver- schiedenen Ursprunges, doch gemeinsamen Ansatzes: M. psoas major und M. iliacus internus. Ratte (Fig. 6, a, b): der erste von ihnen beginnt vor sämtlichen Fig. 6. Mus rattus, 2/3. Ansicht von vorn. a, b M. psoas major; c M. obturator externus; d M. rectus femo- ris; e M. vastus med.; f M. vastus later.; y M. cruralis; A M, quadr, lumborum (unterer Abschnitt der med, Partie). (bei Mus und Meriones 6) Lendenwirbeln, biegt in der Nähe des ersten Kreuzwirbels ab und begibt sich zum Trochanter minor, wo er mit einer dünnen, aber derben länglichen Sehne entweder ge- RT TE Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 231 meinsam oder auch getrennt vom Ansatze des M. iliacus internus sich ansetzt. Wenn getrennt, so liegt seine Sehne lateral von der des M. iliacus internus und ist dünner. Der M. iliacus internus beginnt vom 5.—6. Lendenwirbel. Er besitzt eine breite Basis, in seinem Verlaufe spitzt er sich allmäh- lieh zu. Er wird auch von dem ersteren Muskel Fig. 7. teilweise bedeckt. Meriones (Fig.7,a,b): gleiche Verhältnisse wie bei der Ratte. Ansatz nicht getrennt. Dipus (Fig. 8, a, b): bei dieser Art konnten wir keinen M. psoasmajor nachweisen. Anstatt des ausgesprochenen M. psoas major zieht hier eine Muskelmasse (Fig. 8a) von der vorderen Fläche des Os ilii zum Trochanter minor, wo sie mit einer breiten Sehne, vereint mit der Sehne des M. ilia- cus internus (s. Fig. 8, 5), sich ansetzt. in in seinem Werke: »Notes Teil desselben; e der laterale Abschnitt des M. quadratus et rengeignements sur los Inlerum; 7 Mr lust srm; 9. raus Tau animaux vertebres de l!’Al- turator intermedius (?). gerie qui font partie du Musde de Strasbourg 1842< einen M. psoas major an, sagt aber nichts Näheres von ihm, so daß man nicht weiß, ob er nicht vielleicht den medialen Abschnitt des M. quadratus lumborum damit meint, welcher in seinem genannten Werke gar nicht figuriert. Wir können diese An- sicht nach genauer Durchmusterung von 6 Exemplaren nicht bestätigen. Vielleicht kommt er hier und da bei Dipus vor, konstant ist er jeden- falls nicht. Nach H. Auzzaıs! ist der Muskel iliopsoas bei Dipus ı H. Auzzaıs, Contribution & la myologie des rongeurs. Paris 1900. p. 249. 232 B. Schapiro aegyptius »assez reduit<. Er beschreibt ihn: »psoas et iliaque sont formes chacun d’un seul faisceau. Le premier s’insere sur la partie laterale du corps des quatre ou eing premieres lombaires, le seconde sur le bord inferieur de l’os iliaque en dedans du seansorius et du _tenseur du fascia lata. Les deux faisceaux convergent sur un m&me tendon plat et court, liliagque en dehors, le psoas en dedans; il s’insere sur le petit trochanter.« Fig. 8. Dipus. %/2. Ansicht von vorn. a, b M.iliopsoas; c M. psoas minor; d oberer Teil der med, Partie des M. quadr. Jumborum; e unterer Teil desselben; f lateraler Abschnitt des M. quadr. lumborum; g M. obturator extern.; h M. rectus femoris; ö M. vastus med.; k M. vastus later; 2 M cruralis; m M. obturator intermedius (?). 2. M. psoas minor (Fig. 8c) konnten wir nur bei Dipus konstatieren. Er zieht hier medial und teilweise vor dem M. iliacus internus von den fünf unteren Lendenwirbeln zum Peeten pubis. Seine Sehne ist glänzend und kräftig. Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 233 3. M. quadratus lumborum.,. Wir wollen den Muskel nach dem Vorgange KrAuses! beim Kaninchen in zwei Abschnitte teilen: einen medialen und lateralen. Der mediale Abschnitt läßt seinerseits einen oberen und einen unteren Teil unterscheiden. Der obere Teil setzt sich — und das ist Mus, Meriones und Dipus gemeinsam — aus einzelnen Bündeln von spindelförmiger Ge- stalt zusammen. Bei der Ratte und Meriones (Fig. 7c) beträgt die Zahl der Bündel fünf. Das erste erstreckt sich vom 10. Brustwirbel bis zum Seitenfort- satze des 2. Lendenwirbels; das zweite vom 11. Brustwirbel zum Seitenfortsatze des 3. Lenden- wirbels; das dritte vom 12. Brustwirbel zum Seitenfortsatze des 4. Lenden- wirbels; das vierte vom 1. Lendenwirbel zum Seitenfortsatze des 5. Lenden- wirbels; das fünfte vom 2. Lendenwirbel zum Seitenfortsatze des 6. Lenden- wirbels. Von diesem letzten Bündel beginnt der untere Teil des medialen Abschnittes des M. quadratus lumborum: er stellt eine einheitliche Masse dar, die zum Becken herabzieht, wo sie oberhalb des Aceta- bulum sich ansetzt (Fig. 7d). Dipus: Bei dieser Art beträgt die Zahl der Bündel 6, weil die Zahl der Lendenwirbel hier um einen vermehrt ist (nicht 6, sondern 7). Das erste Bündel vom 9. Brustwirbel zum 1. Lendenwirbel - zweite - -. ‚10. - ERTL: - - dritte - a 1 - et - - vierte - = 2. - = - - fünfte - - 1. Lendenwirb. - 6. - - sechste - - 2 - nt: - Der untere Teil wie oben (Fig. 8e). Der laterale Abschnitt des M. quadratus lumborum stellt den stärksten Muskel dieser Gruppe dar. Er beginnt bei Mus rattus und Meriones (Fig. Te) von den zwei untersten Rippen und geht bis zum Rande des Os ilii. Bei Dipus ı KrAusE, Anatomie des Kaninchens. 2. Aufl. Leipzig 1884. 234 B. Schapiro (Fig.Sf) ist der Muskel den größeren Dimensionen des Skeletes gemäß natürlich auch stärker als bei der Ratte und Meriones. Er beginnt von einer Rippe höher als dort. Vergleichen wir die Muskeln dieser Gruppe bei der Ratte mit den entsprechenden Muskeln bei Meriones und Dipus, so finden wir keine nennenswerte Unterschiede, als nur die der Größe. Wir sehen, daß Meriones im Bau der Muskeln dieser Gruppe der Ratte näher steht als der Art Dipus, was auch begreiflich ist, da zwischen Meriones und Dipus noch das Zwischenglied Alactaga fehlt. Sie hat mit Mus rattus gemeinsam: 1. M. psoas major 2. M. iliacus internus 3. M. quadratus lumborum 4. das Fehlen des M. psoas minor. Nach dieser kurzen Bemerkung gehen wir zur Beschreibung der zweiten Unterabteilung der ersten Hauptgruppe der Muskulatur über: der der äußeren Hüfte. (Einteilung s. oben.) 1. Mm. glutaei. Wir unterscheiden drei Mm. glutaei: a. M. glutaeus maximus b. M. glutaeus medius c. M. glutaeus minimus. a. M. glutaeus maximus. tatte (Fig. 9a, b): Dieser Muskel ist dem Namen nach der stärkste, in Wirklichkeit aber der kleinste. Er teilt sich in eine Pars membranacea (a) und Pars muscu- laris (b). Die Pars membranacea beginnt von sämtlichen Kreuz- wirbeln (Mus 4, Meriones und Dipus 3) mit einer breiten Basis, ist mit der Aponeurose des unten noch zu beschreibenden M. tensor fasciae latae so eng verwachsen, daß man sie nur künstlich von- einander trennen kann. Sie heftet sich gemeinsam mit der Sehne der Pars muscularis am Trochanter tertius fem. an. Sie liegt ober- halb des M. glutaeus medius, so daß sie dem letzteren Muskel als Fascie dient. Die Pars musecularis, sehr klein, aber kräftig und eingekeilt zwischen der Pars membranacea und dem I. Kopfe des M. biceps femoris, nimmt ihren Ursprung vom dritten Kreuzwirbel und wird Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 235 in ihren oberen Schichten vom membranösen Teile bedeckt. Ansatz 8. oben. Meriones (Fig. 10a, b): Hier erstreckt sich die Pars membranacea (a) nur auf zwei Kreuzwirbel. Ansicht von hinten. Mus rattus. %. a, b M. Meriones. 2/3. Ansicht von hinten. a, b M. glutaeus max.; c M. glutaeus maximus; ce M. tensor fasc. latae; d, e, f glutaeus minimus; d M. tensor fasc. latae; e I. Kopf des M. biceps drei Köpfe des M, biceps femor.; y M. semiten- fem.; f II. Kopf desselben; y III. Kopf desselben; A M. semiten- dinosus. dinosus. Fig. 11. En ER | h Ansicht von hinten. a M. glutaeus max.; b M. glutaeus med.; c I. Kopf des M. biceps Dipus. 1a. fem.; d II. Kopf desselben; e M. semitendinosus; f M. gastrocnemius. Die Pars muscularis (b), kräftiger und länger, liegt teilweise unter dem I. Kopfe des M. biceps femoris. Ansatz s. Ratte. Dipus (Fig. 11a): Bei dieser Art finden wir nur einen Muskel, 236 B. Schapiro eine Pars muscularis, die aber in ihrer Größe alle anderen äußeren Hüftmuskeln übertrifft. Er beginnt mit einer breiten Sehne vom dritten Kreuzwirbel, zieht eine Strecke weit nach unten zum Tuber ischii, von da ab in rundem Bogen nach oben zum Condylus externus fem., wo er mit einer kräftigen silberglänzenden Sehne seinen Abschluß findet. LecHe! schreibt über den sog. Femoreoceygeus von @lires: »Bei Glires sind Tensor f. latae und Glut. maximus stets vereinigt oder auch ersterer nicht vorhanden (Capromys). CuviER? bildet mehrere Nager ab, welche unzweifelhaft eine dem Femorococeygeus entspre- chende Partie besitzen; bald wird dieselbe als ein Teil des Glut. maximus (Sciurus, Arctomys, Coelogenys usw.), bald als ein Teil des Biceps (Hystrix, Castor, Mus decumanus usw.) bezeichnet, je nach- dem er nähere Beziehungen zum Glut. maximus darbietet und nicht über den Oberschenkel hinausreicht, wie bei Erinaceus, oder dem Biceps sich anschließt und am Unterschenkel inseriert, wie bei Tal- pinae.« Wir haben keinen eigentlichen M. femoro-coceygeus an unseren Exemplaren finden können. Auch wir sprechen, wie KRAUSE, von drei Köpfen des M. biceps femoris. Es ist möglich, daß der erste Kopf dieses Muskels in Beziehung steht zu dem M. femoro-coceygenus. b. M. glutaeus medius. Ratte (Fig. 11: Viel dicker und mächtiger als der vorige, nimmt der M. glutaeus medius seinen Anfang von den zwei ersten Kreuz- wirbeln und endet an der ganzen Breite des Trochanter major fem. In seinem Verlaufe biegt er nach vorn um, wo über ihn der M. iliacus hinzieht. Meriones: Kleiner als bei der Ratte. Dipus: Nur der Größe nach verschieden (Fig. 11). ec. M. glutaeus minimus. Ratte: Liegt unter dem vorigen, beginnt an der hinteren Fläche des Os ilii und geht wie der vorige Muskel zum Trochanter major, wo er unter dem Ansatze des M. glutaeus medius sich anheftet. ! LecHe, Bronns Klassen und Ordnungen des Tierreichs. V. Abt. Bd. VI. 2B. Leipzig 189. ? ÖuviER et LAURILLARD, Anatomie comparce. Recueil de planches de myologie. 1849. Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 237 In der Mitte wird er von drei sehnenartig glänzenden Streifen durchzogen. Nach .den Angaben vieler Forscher, wie AuEzaıs!, PArsons? usw., soll mit dem M. glutaeus minimus zusammen noch ein Muskel vorkommen, der sog. M. scansorius, und zwar soll derselbe bei der Ratte, Cavia cobaya, Mus musculus, Sceiurus vulgaris selbständig ver- iaufen. Wir haben ihn weder bei der Ratte, noch bei Meriones, noch bei Dipus gefunden. ° Meriones: Kleiner als bei der Ratte (Fig. 10c). Dipus: Fehlt, wird aber von DuvErnoY? und anderen ange- geben. 2. M. tensor fasciae latae. Ratte (Fig. 9c): Beginnt vom Labium laterale ossis ilii. Sein Ursprung ist fest verbunden mit dem Caput breve des M. rectus femoris und mit dem M. glutaeus medius. Er ist dreiseitig und geht in eine breite Sehne über, die zur Faseia lata wird, die alle an der vorderen Fläche des Femur liegenden Muskeln be- deckt. Die Fascie erstreckt sich bis zum äußersten Ende des Femur, wo sie die Kapsel des Kniegelenkes vorn verstärken hilft. Der Muskel ist von außen nicht zu- gänglich; ihn überzieht der membranöse Teil des M. glutaeus maximus. Meriones: Wie bei der Ratte (Fig. 104). Dipus: Der Größe des Femur ent- sprechend auch stärker im Bau (DUVERNOY sibt an für die Größe des Femur bei Meriones 0,032 m; die entsprechende Größe bei Dipus 0,040 ın). Mus rattus. Ansicht von der rech- ten Seite. !/ı. a M. obturatorius 3. M. pyriformis (Fig. 12.) internus; b M. quadratus femo- ris; ce M. piriformis. nur bei der Ratte vorhanden. Ein kräftiger, birnförmiger Muskel, der an der inneren Fläche in der Höhe des dritten und vierten Kreuzbeinloches herabzieht, um das Os ilii herumbiegt und am Trochanter major endet. ı H. Arzzaıs 1. ce. 8. 233. 2 PArRsons, Myology of Rodents. Proceedings Zoolog. Society of London. London 1896, p. 178. 3 DUVERNOY 1. c. 8. 37, 238 B. Sehapiro Nach LeEcHE! fehlt er nur bei Capromsys. Nach Parsons? kommt er fast bei allen Myomorphen vor; die letzteren sollen sich dadurch unterscheiden, daß bei ihnen die Glutaealmasse ungenügend diffe- renziert ist. Der M. pyriformis ist nach ihm eng verschmolzen mit dem Glut. minimus. Wir fanden ihn ganz getrennt vom letzteren. Nach Arzzaıs® findet er sich bei Mus decumanus, Mus mus- culus und Dipus aegyptius.‘. Er ist verschmolzen mit dem M. glu- taeus minimus. 4. M. obturator externus. Ratte (Fig. 6c): Ein ovalförmiger kleiner Muskel, der von außen das Foramen obturatum schließt unter Freilassung einer oberen Lücke. Er zieht mit einer zugespitzten starken Sehne zum Tro- chanter major. Meriones (Fig. ?f): Unterschied im Ansatz; nicht Trochanter major, sondern Collum humeri. ö Dipus (Fig. 89): Ansatz wie bei Meriones, auch kräftiger. Nach Auzzaıs* ist der Muskel bei Dipus sehr reduziert. 5. M. obturator internus. Ratte (Fig. 12@): Wie der vorige, nur an der inneren Fläche des Beckens das Foramen obturatum verschließend. Ansatz: Tro- chanter major. Meriones: Gleiche Verhältnisse, aber kleiner. Dipus: Fehlt. Die beiden Gemelli, anterior und posterior, konnten wir nicht nachweisen. Nach Lecue>5 fehlen sie nur der Capromys. Nach Arezaıs® ist die Insertion des Muskels mit derjenigen des M. obturator externus bei Dipus, Cavia, Sciurus und Arctomys nicht verwachsen, sondern unabhängig, während es bei Lepus eumiculus, timidus, Mus decumanus der Fall ist. Auch er gibt keine Gemelli an. 6. M. quadratus femoris (Fig. 12) nur bei der Ratte vorhanden. Ein trapezförmiger Muskel, entspringt vom inneren unteren Rande des Os ischii. Er zieht von da nach ı W. LEcHe l. ce. S. 856. 2 PARSonS |]. ce. 8. 178. 3 ALEZAIS 1. c. S. 239. 4 ALEZAIS 1. c. S. 243. 5 LECHE |. e. S. 857. 6 Anzzaıs ebenda. Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 239 oben zur Ineisura ischiadica major und setzt sich mit einer starken Sehne am Trochanter maj. fest. Zu dieser Gruppe gehört noch ein Muskel, den wir aber nirgends beschrieben gefunden haben. Es handelt sich um einen wohlaus- geprägten Muskel, der nur bei Meriones (Fig. 7!) und Dipus (Fig. 8m) vorhanden ist. Er liegt niedriger als der M. obturator externus und ihm parallel, ist fast ebenso groß wie er, hat die gleiche Form und zieht vom horizontalen Aste des Os ischii zum Colum femoris. Mög- licherweise der gleiche Muskel, den LEcHE! unter dem Namen M. obturator intermedius beschreibt. Nach Auzzaıs? fehlt er bei Dipus. In dieser Gruppe sind für uns besonders interessant die Mm. glutaei maximus und minimus und M. obturator internus, da sie uns verschiedene Stufen ihrer Entwicklung von einer Art zur anderen angeben. Die Vergleichung zeigt, daß, während der membranöse Abschnitt des M. glutaeus maximus im Abnehmen begriffen ist, die Pars mus- eularis sich immer mehr herausbildet, so daß sie bei Dipus ihre größte Entfaltung erreicht, was auch kein Wunder ist in Anbetracht der stärkeren Ausbildung des Humerus. Je größere Anforderungen ‚an einen Muskel gestellt werden und je mehr seine Funktion in Anspruch genommen wird, desto größer also auch seine Ent- wieklung. Bei den anderen Muskeln, M. glutaeus minimus und M. obturator internus, sehen wir einen entgegengesetzten Prozeß eingeleitet: eine zum vollständigen Verschwinden (Dipus) hinneigende Abnahme des Muskels. Hier wäre es von großem Interesse, zu verfolgen, wie sich die Sache bei Alactaga verhält, bei dem Zwischengliede zwischen Meriones und Dipus. Leider war es uns nicht möglich, Alactaga zu untersuchen, da wir uns das nötige Material nieht verschaffen konnten. Was uns noch auffällt, ist das Vorkommen von Muskeln nur bei einer Art, so bei der Ratte das Auftreten der Mm. pyriformis und M. quadratus femoris, bei Dipus das Vorkommen vom M. psoas minor. Auch hier sehen wir Meriones näher der Ratte als Dipus stehen. Gemeinsam mit Mus rattus hat Mertones: 1. M. glutaeus maximus 2. M. glutaeus medius 1 W. LEcHe |. ce. S. 858. 2 ALEZAIS |]. c. p. 243. 240 B. Schapiro 3. M. glutaeus minimus 4. M. obturator internus. Mit Dipus: 1. M. obturator externus 2. den unbekannten Muskel (M. obturator intermedius?). Sonst ist hier niehts weiter zu bemerken. Wir wenden uns darum der zweiten Hauptgruppe Muskeln des Oberschenkels. Hier haben wir auseinanderzuhalten: a. mediale Muskeln b. vordere Muskeln e. hintere Muskeln. A. Mediale: BEBEBSSES b. Vordere: = 0 Hm EEBE e. Hintere: . gracilis . sartorius . pectineus . adductor brevis . adduetor longus . adductor magnus. . rectus femoris . vastus medialis . vastus lateralis . eruralis. M. biceps femoris 2.2M. M. semitendinosus. semimembranosus zU: den In dieser Reihenfolge wollen wir sie auch besprechen unter Be- rücksiehtigung der vergleichenden Momente, wie wir es bei der Be- sprechung der ersten Gruppe getan haben. 1% M. gracilis, Ratte (Fig. 13a): Ein schlanker, viereckiger, von der ganzen Breite der Symphysis ossis pubis beginnender Muskel, der in seinem Verlaufe allmählich sich verbreitend am ersten Drittel der Tibia mit einer aponeurotischen Ausbreitung endet. Er kreuzt die unter ihm gelegenen Adductores. Meriones: Wie bei Mus rattus, aber größer und breiter. ® Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 241 Dipus (Fig. 14a): Am allergrößten. Hier strahlt er auch fächer- förmig in eine breite Aponeurose aus, die sich bis nach unten zu erstreckt, wo sie am distalen Ende der Tibia sich ansetzt. PArsons! gibt ihn doppelt an. Der anteriore Teil überragt ziemlich den hinteren. Mus rattus. 2/.. Ansicht von vorn. a M. gracilis; d M. pectineus; c, c' M. adductor brevis; d M. ad- ductor longus; e M. adductor magnus; f M. semimembranosus, Dipus. \/.. Ansicht von vorn. a M. gracilis; db M. pectineus; c M. adductor brevis; d M. adductor longus; e, e M. adducetor magnus; f M. semitendinosus; g M. semimembranosus. 2. M. sartorius. Einen Muskel dieses Namens konnten wir weder an der Ratte, noch an Meriones finden. Bei Dipus gelang es nur an einem von sechs Exemplaren ihn fest- zustellen und in diesem Falle auch nur an einer Seite. Ich erwähne diesen Fall seines interessanten, ungewöhnlichen Ursprungs wegen. Er begann nicht, wie es gewöhnlich in den Beschreibungen heißt, 1 PArsons 1. ce. S. 179. Morpholog. Jahrbuch. 46. 16 242 B. Schapiro vom Ligamentum Pouparti oder von der Aponeurose des M. obli- quus abdominis externus, sondern von der Gefäßscheide der großen Schenkelgefäße. Es handelte sich um einen rudimentären riemen- förmigen, schmalen Muskel, dessen Sehne mit der Sehne des M. gra- eilis eng verwachsen war. Beim Anziehen des Muskels spannte sich die Gefäßscheide. Auch LECHE, DUVERNOY, ALEZAIS, PARSONS geben keinen Sar- torius an. 3. M. pectineus. Ratte (Fig. 135): Ein kleiner, doch ansehnlicher Muskel vom Peeten pubis mit einer sehr dünnen, doch widerstandsfähigen Sehne am unteren Rande des Femur in der Nähe des Trochanter minor, unterhalb des Ansatzes des M. iliopsoas. Wird vom M. adduetor brevis teilweise bedeckt. l Meriones: Wie bei der Ratte, neben und teilweise unter dem M. adductor brevis. Dipus: Größer, länger und kräftiger (Fig. 145). Nach PArsons! kann der Muskel bei Gerbillus, Cricetus, Myoxus und Rhizomys auch doppelt sein. : 4, M. adductor brevis. Ratte (Fig. 14e, ce’): Größer und dicker als der vorige, den letz- teren teilweise bedeckend, entspringt der M. adductor brevis ober- halb der Symphysis ossis pubis und erstreckt sich längs dem unteren Rande des Femur bis zum Ende des zweiten Drittels des Knochens. Bei der Ratte findet man noch eine interessante Abweichung: doppeltes Auftreten des Muskels: ein oberer (c) und ein unterer (c!). Wir wollen den ersteren: M. adductor brevis primus, den zweiten M. adductor brevis secundus nennen. Der erste ist kleiner als der zweite und zieht bis zur Mitte des Öberschenkels, wo er mit einer feinen Sehne endet. Der M. adductor brevis secundus von dreiseitiger Form mit der Basis oberhalb der Symphyse läuft zugespitzt mit einer längeren Sehne zur zweiten Hälfte des Femur, wo sie in der Nachbarschaft der vorigen sich ansetzt. Wie es scheint, der eigentliche M. adductor brevis. i Meriones: Wie bei der Ratte, aber einfach. 1 PARSONS |]. ce. S. 179. ee u aa Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 243 Dipus (Fig. 14c): Den Verhältnissen entsprechend größer und länger. Sein Ansatz erstreckt sich fast bis zum Cond. med. fem. 5. M. adductor longus. Ratte (Fig. 13d): Ursprung: Absteigender Ast des Os pubis mit breiter fächerförmiger Basis. Ansatz: Condylus med. fem. Der Muskel zieht längs dem hinteren Rande des Femur, wo er den unten zu besprechenden M. adduetor magnus bedeckt. Aufihm ruht am Cond. med. fem. der Ansatz des M. vastus medialis. Meriones: Wie bei der Ratte. Dipus (Fig. 14d): Größer. Der Muskel entspringt am abstei- genden Aste des Os pubis und den angrenzenden Teilen des Os ischii, zieht bogenförmig zur Symphyse, biegt da um und erstreckt sich bis zum Condylus med. fem., wo er mit der angrenzenden Sehne des unter dem M. adduetor magnus gelegenen M. semimembranosus sich verbindet. 6. M. adductor magnus. Ratte (Fig. 13e): Stellt eine einheitliche Masse dar, die vom Tuber ischii und anliegenden Partien des Os ischii beginnt und zum * hinteren Rande des Femur seiner ganzen Länge nach bis zum Condyl. med. fem. hinzieht. Bei der Ratte kommt es zuweilen vor, daß der Muskel nicht so weit verläuft, sondern irgendwo am hinteren Rande des Femur sich verliert. Unter ihm zieht der M. semimembranosus, über ihn hinweg der M. gracilis. Meriones: Wie bei der Ratte. Dipus (Fig. 14e, e!): Regelmäßig zweibäuchig: er teilt sich in - eine oberflächliche und eine tiefe Partie. Die erste bedeckt die zweite, zieht vom Tuber ischii und endet am zweiten Drittel des Femur. Vielleieht ein Analogon des zuletzt bei der Ratte besprochenen Muskels. Die tiefe Partie ist doppelt so stark, breit und tief, wie die oberflächliche. Ursprung gleich, erstreckt sich aber viel weiter als die erste Masse, bis zum Cond. med. fem. Über die Mm. adductores fem. sagt Lecue!: »Die drei beim Menschen bekannten Muskeln ı W. LECHE |. ce. S. 868. 16* 244 B. Schapiro (M. add. long., brevis und magnus) gehen miteinander bei den Säuge- tieren so verschiedenartige Kombinationen ein, daß, zumal da sichere Anhaltspunkte für die spezielle Homologisierung fehlen, hier nur einige kurze Angaben über das Verhalten der fraglichen Muskeln am Platze sein dürften. Es ist besonders zu bemerken, daß der Adduetor magnus des Menschen nicht vollständig dem gleichnamigen Muskel der Mehrzahl der übrigen Säugetiere homolog ist, was schon daraus hervorgeht, daß ersterer sowohl vom N. obturatorius, wie auch meist vom N. ischiadieus innerviert wird, während bei den meisten in dieser Beziehung untersuchten Säugern Add. magnus ebenso wie die beiden anderen Adductoren nur vom N. obturatorius ver- sorgt wird.« Die Anzahl der Adduetoren ist bei verschiedenen Vertretern der Ordnung Glires eine verschiedene, so sind nach LECHE! bei Erethixon, Capromys vier vorhanden, beim Kaninchen drei, bei Dasyprocta nur zwei. Nach Parsons? besitzen Mus barbarus und Mus rattus vier Adductoren. Wir fanden bei der letzteren nur drei. Bei Dipus soll nach Auzzaıs? die Adductorenmasse eine viel stärker ausgeprägte sein als bei Sczurus. Die Mm. peetineus und adductor brevis seien nach ihm verhältnismäßig sehr reduziert und kleiner als z. B. bei M. decumanus. Den M. adductor magnus zerlegt er in vier Abschnitte: La couche superfieielle, la portion profonde anterieure, la portion profonde po- sterieure et l’ischio-condylien. Wir fanden bloß zwei in ihren Ur- sprüngen miteinander verwachsene Teile. Die Vergleichung der an der medialen Fläche des Oberschen- kels gelegenen Muskeln ergibt nichts Nennenswertes, so daß wir ohne weiteres zu der nächsten -Unterabteilung übergehen können, d. h. zur Besprechung der Muskeln der vorderen Fläche. (Einteilung s. oben.) 7. M. rectus femoris. tatte (Fig. 6d): Er wird gewöhnlich als zweiköpfig beschrieben: Caput longum und Caput breve. Auch wir fanden zuweilen, jedoch nicht immer, bei der Ratte das Caput longum. Sein Ursprung war verwachsen mit den Ursprüngen des Caput breve desselben Muskels ! LECHE |. e. 8. 869. 2 PARSONS 1. c. p. 180. 3 Au&za1s |. c. p. 268 ff. Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 245 und des M. tensor faciae latae. Er breitet sich mantelförmig über alle vorderen und medialen Muskeln des Oberschenkels aus und zieht zur Symphysis ossis pubis. Das Caput breve, das konstant ist, ist fast ebensogroß, wie der nächst unten zu schildernde M. vastus medialis, entspringt mit einer dreiseitigen, kräftigen, glänzenden Sehne etwas oberhalb des Aceta- bulum, zieht längs der vorderen Fläche des Femur in einer zwischen den beiden Mm. vasti gelegenen muldenförmigen Vertiefung zum Kniegelenke, wo die Sehne an der Facies intercondylica fem. die Kapsel des Kniegelenks verstärken hilft. Mit den Mm. vasti bildet es einen gemeinsamen Ansatz. Meriones (Fig. 7g): Schlanker, enger, sonst wie bei der Ratte. Dipus (Fig. 8%): Hier teilt sich der Muskel in zwei Abschnitte: einen medialen und einen lateralen. Der mediale ist kleiner als der laterale, riemenförmig, ent- springt ungefähr am Collum humeri, verwachsen mit der Substanz des lateralen Abschnittes und setzt sich zuweilen auch mit einer selbständigen Sehne am Kniegelenke fest. Der laterale wie oben anscheinend der eigentliche M. rectus femoris. 8. u. 9. Mm. vasti. Man unterscheidet M. vastus medialis und M. vastus lateralis. Die Vasti samt dem M. reetus nennt man noch M. extensor eruris. Ratte (Fig. 6e): Der M. vastus med. ist kleiner als der M. vastus lat., entspringt vom Collum fem. und geht zum Cond. med. fem. An seiner inneren Fläche befindet sich eine breite Rinne zur Aufnahme des M. recetus femoris. Der M. vastus lat. (Fig. 6f) ist doppelt so stark wie der mediale. Ursprung: Trochanter major, unterhalb des Ansatzes des M. glut. med. Ansatz: Condyl. lat. fem. Die Sehnen der Mm. vasti verbinden sich, wie oben bemerkt worden ist, mit der Sehne des M. rectus fem. zu einer gemeinsamen Sehne. Meriones (Fig. Th, (): Ursprung, Ansatz wie oben. Der Größe nach sind sie sich fast gleich, im Verhältnis zu der Ratte aber kleiner. Dipus (Fig. St, k): Viel größer als bei den vorigen. Der laterale doppelt so stark. 10. M. cruralis. Ratte (Fig. 69): Ein kleiner, doch ansehnlicher, unter dem M. rectus fem. gelegener Muskel. Ursprung: lateral vom Caput fem. 246 B. Schapiro an der vorderen Fläche des Oberschenkels, fast die ganze Breite desselben einnehmend. Ansatz: Gemeinsam mit der Sehne des M. rectus fem., aber auch selbständig an der Facies intercondylica fem. Meriones (Fig. 7k): Stärker als bei der Ratte, fast so stark wie der M. reetus fem. (Caput breve). Zieht vom Collum fem. zur gemeinsamen Sehne der vorderen Muskeln. Dipus (Fig. Se): Ursprung: am oberen Drittel des Femur, stärker als bei Merziones. Die in der Literatur angegebenen Mm. suberurales sind bei unseren Exemplaren nicht vorhanden. Krause gibt den Muskel beim Kaninchen an. Die eben beschriebenen Muskeln zeigen nichts Charakteristi- sches, nur einen Muskel wollen wir hervorheben, den M. eruralis. Verfolgen wir denselben bei den drei Arten, so können wir eine Besonderheit an ihm konstatieren, nämlich das allmähliche Zurück- treten seines Ursprungs vom Caput fem. Bei der Ratte entspringt er lateral vom Caput fem., sogar etwas hinter ihm, bei Meriones finden wir ihn schon am Collum fem., also etwas weiter von ihm, bei Dipus nimmt er seinen Anfang viel nie- . driger, erst am oberen Drittel des Femur. Der Muskel verkürzt sich also, was noch merkwürdiger ist, wenn wir in Betracht ziehen, daß seine Masse in der entgegenge- setzten Richtung sich verändert: wir finden den Muskel von einer Art zur anderen an Masse zunehmend und zugleich verkürzt. Diese Erscheinung kann nicht auf Zufall beruhen. Sie läßt sich unseres Erachtens leicht erklären. Die Funktion des Muskels besteht in Streckung des Knies. Der Unterschenkel des Dipus ist im Verhältnis zu dem der Mus und Meriones stärker entwickelt, also damit eine größere Masse in Be- wegung gesetzt werden kann, muß sich auch natürlich der Muskel entsprechend ändern, und zwar seine Kraft vergrößern. Das kann aber der Muskel sehr gut, wenn er gleichzeitig strebt, seine Kraft auf eine kleinere Strecke zu übertragen, d. h. indem er kürzer wird, und seine Masse zu verstärken, d. h. indem er dicker wird. Was auch hier der Fall ist. Die Zunahme an Masse ist also gewisser- maßen eine Kompensation für die Abnahme an Länge. ‘s folgt nun die dritte Unterabteilung der Muskeln des Ober- schenkels: die hinteren Muskeln. Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 247 l. M. biceps femoris. Ratte (Fig. 9, d, e, f}: Er besteht aus drei Köpfen. Der erste entspringt vom vierten Kreuzwirbel, bedeckt die unteren Schichten des fleischigen Abschnittes des M. glutaeus maxim., er- streekt sich bis zum Cond. ext. fem. Seine Ursprungssehne ver- schmilzt mit der Sehne des M. semitendinosus. Der zweite Kopf befindet sich unter dem ersten. Sein Ursprung liegt dieht unter dem des ersten Kopfes. Er befestigt sich mit einer langen, zugespitzten Sehne am Cond. ext. fem. An dieser Stelle sei noch eine bemerkenswerte Abweichung des M. biceps femoris er- wähnt: in einem Falle zog der zweite Kopf nicht, wie gewöhnlich, zum Cond. ext. fem., sondern nach vorn zum Cond. med. fem. Der dritte Kopf beginnt zusammen mit dem Ursprunge des M. semimembranosus, an der hinteren Fläche des Tuber ischii. Von da ab breitet er sich in der Richtung nach oben und unten zu fächerförmig aus. Oben zieht er zu den Ansätzen der zwei ersten Köpfe, unten hilft er die Tendo Achillei bilden und verstärken. Meriones (Fig. 10, e, f, 9): I. Kopf: (e) Ursprung: dritter Kreuz- _ und erster Schwanzwirbel. Ansatz wie oben. II. Kopf: Ursprung und Ansatz wie bei der Ratte. Sehne sehr dünn und lang. III. Kopf wie bei der Ratte. Dipus (Fig. 11, ec, d): Hier findet man bloß zwei Köpfe: der erste vom dritten Kreuz- und ersten Schwanzwirbel. Ansatz: Cond. ext. feın. Der zweite Kopf entspringt am Tuber ischii und entspricht dem dritten Kopf von Mus rattus und Meriones, breitet sich auch fächer- förmig aus und zieht herab zur Tendo Achillei. Die Muskeln sind stärker als bei Mus rattus und Meriones, entsprechend der stärkeren Ausbildung des Skelets (nach den Angaben von DuvErXoY mißt die Tibia von Meriones 0,037 m, von Dipus 0,057 m. Die Zahlen für Femur s. oben). Der Ursprung des I. Kopfes kann bei Dipus auch variieren, so kann er auch (Fig. 11c) vom Tuber ischii entspringen, dann wird er vom zweiten Kopfe bedeckt. In unserem Falle setzte sich der Muskel teilweise am Cond. ext. fem., teilweise am Cond. lat. tibiae fest. Von manchen Forschern wird der I. Kopf des M. biceps fem. 248 'B. Schapiro zu dem sogenannten Femorococcygeus gezählt. Dann hätten Mus _ und Meriones auch nur zwei Köpfe, wie Dipus. Wir sind aber eher geneigt, mit KRAUSE anzunehmen, er gehöre nicht zum Femoroecoc- eygeus, sondern zum Biceps, weil man bei der Ratte den Muskel auch verwachsen mit dem Ursprunge des II. Kopfes findet, und so derselbe in sehr enge Beziehungen zu dem letzteren tritt. Auch die Lage des II. Kopfes spricht mehr dafür: er liegt bei der Ratte und Meriones genau unter dem I. Kopfe. Nach LEcHE! soll Mus deceumanus einen M. var sfenee be- sitzen, der nach CuvIer auch M. cerurococeygeus heißt. Nach PArsons? besteht der biceps femor. nur aus zwei Teilen. Bei Mus barbarus und rattus sind dieselben eng miteinander ver- bunden und besitzen einen gemeinschaftliehen Ursprung. Der äußere Teil entspringt von den vorderen Caudalwirbeln und setzt sich an die äußere Seite der Patella und das Lig. patellae, während der untere Teil vom Tuber ischii entspringt und an der Faseie auf der Außenseite des Knies endet. Nach Auzzaıs? soll sich bei den Nagetieren der M. biceps fem. an den Femur ansetzen, was wir nicht bestätigen können. Bei allen von uns untersuchten Tieren inserierten die beiden Köpfe des Muskels von Mus und Meriones am Öond. ext. fem. Der dritte Kopf breitete sich an der Tibia aus. Bei Dipus bestehe nach ihm? der Muskel aus drei Teilen, einem sacralen und zwei vom Tuber ischii. 2. M. semitendinosus. Ratte (Fig. 99): Mit dem Ursprunge des I. Kopfes des M. bislns fem. fest verwachsen, zieht der M. semitendinosus 'vom ersten Schwanzwirbel. Unter der fächerförmigen Ausbreitung des dritten Kopfes des M. biceps fem. begibt er sich nach vorn, wo er an der Tibia aponeurotisch sich ansetzt. (Auf der Figur durch unterbrochene Linien angedeutet.) Meriones (Fig. 10%): Wie bei der Ratte, nur ist sein Ursprung hier nicht mit dem des I. Kopfes des M. biceps fem. verschmolzen. Er entspringt selbständig mit einer kurzen, aber derben Sehne. An- satz 8. Mus rattus. Dipus (Fig. 1le): Ein zweigeteilter Ursprung. Mit dem Ur- ı W. LECHE |]. e. S. 871. 2 Pırsons 1. ec. 8. 178. 3 ALEZAIS 1. ce. 8. 287. 4 idem 8. 291. Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 249 sprunge des M. glutaeus max. teilweise verwachsen, entspringt der obere Teil vom ersten Sehwanzwirbel, von hier aus wendet er sich zum Tuber ischii, am letzteren verschmilzt er mit dem unteren Teile. Nun ziehen sie gemeinsam unter dem unteren Rande des M. adduetor magnus nach vorn, wo der Muskel längs dem medialen Rande der Tibia sich ausbreitet. Nach PArsons! gibt es im allgemeinen zwei Köpfe des M. se- mitendinosus. Der eine entspringt vom hinteren Sacral- und vorderen Caudalvertebrae, der andere vom Tuber ischii. Einer von diesen Köpfen fehlt oft. Bei Mus barbarus wurde nur derjenige Kopf ge- funden, der vom Tuber ischii zieht. Mus rattus besitzt nach PARSONSs beide Köpfe. Wir fanden bei Mus nur einen. 3. M. semimembranosus. Ratte (Fig. 13f): Unter dem M. adductor magnus gelegen, ent- springt der M. semimembranosus von der hinteren Fläche des Tuber ischii. Er ist lang, breit, viereckig. Ansatz: Cond. med. tibiae. Meriones: Wie bei der Ratte, Ursprung ausgenommen: Cond. med. fem. Dipus (Fig. 149): Ursprung: Tuber ischii. Ansatz: Cond. med. fem. Der M. semimembranosus kann bei Dipus auch eine aponeu- rotische Ausbreitung erhalten, die zuweilen mit der Aponeurose des M. graeilis verschmilzt. LecHe? gibt bei den Insectivoren noch einen M. praesemi- membranosus an. Nach PArsoxs? besteht der Semimembranosus gewöhnlich aus zwei Teilen. Der konstante Teil entspringt am Tuber ischii und endet hinten auf der Tuberositas interna tibiae. Bei @erbillus, Mus barbarus und Mus rattus befindet sich die supracondyläre Portion an den vorderen Caudalwirbeln. Aus dieser Gruppe hätten wir nur hervorzuheben den M. biceps fem. und M. semitendinosus. Während er bei Mus und Meriones aus drei Köpfen besteht, setzt er sich bei Dipus nur aus zwei zusammen. Der Semitendinosus des Dipus unterscheidet sich wieder von den gleichnamigen Muskeln von Mus und Meriones dadurch, daß, 1 PARSONS |]. c. S. 179. 2 LECHE l. c. 8. 574. 3 PARsos 1. e. S. 179. 250 B. Schapiro während er bei den letzteren einfach, er bei Dipus aus zwei Teilen aufgebaut ist. Also auch hier sehen wir Meriones der Ratte näher stehen als der Art Dipus, was auch ganz natürlich ist, da zwischen Meriones und Dipus, wie schon erwähnt, die Art Alactaga steht. Wir gehen jetzt zur dritten und wichtigsten Gruppe der Muskeln über, zu den Muskeln des Unterschenkels. Dieselben lassen sich in laterale, vordere und hintere einteilen. a) vordere: 1. M. tibialis anticus 2. M. extensor digiti primi proprius 3. M. extensor digitorum pedis communis. = laterale: Mm. peroneis. Sie zerfallen in: 1. M. peroneus primus 2. M. peroneus secundus 3. M. peroneus tertius 4. M. peroneus quartus. hintere: 1. M. trieceps surae: «) M. gastroenemius pP) M. soleus. 2. M. plantaris 3. M. popliteus 4. M. flexor digitorum pedis communis 5. M. tibialis postieus. {ee} De Wir beginnen mit der Beschreibung der an der vorderen Fläche des Unterscehenkels hinziehenden Muskeln. 1. M. tibialis anticus. Ratte (Fig. 15, C1/l): Der M. tibialis antieus ist der oberfläch- liehste von allen oben genannten Muskeln derselben Gruppe. Er füllt die muldenförmige Vertiefung zwischen der Fibula und dem vorderen Rande der Tibia aus, entspringt von der ganzen Breite des seitlichen oberen Randes der Tibia, verschmälert sich in seinem Verlaufe und spitzt sich in der Höhe der zweiten Hälfte der Tibia zu einer langen Sehne zu, die zum Köpfehen des Metatarsus I herab- zieht, medial von der Sehne des M. extensor digiti primi proprius. Meriones: Kleiner als bei der Ratte, sonst gleich. Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 251 Dipus (Fig. 16@): Im Verhältnis zum Unterschenkel kleiner als bei beiden vorigen Arten, doch kräftig gebaut. Die Sehne setzt sich an einen wohlgebildeten Vorsprung an, der wohl einen Rest des Metatarsus der ersten Zehe darstellt. (Näheres s. Skelet.) Die Ursprungssehne ist mit der Kapsel des Kniegelenks verbunden. Nach Parsoxs! entspringt der betreffende Muskel nie vom Fig. 15. Fig. 16. A und B Mus rattus; C' Meriones;, Aa M.tibialis antieus; Ab Dipus. Ansicht von der Seite. M. extensor digiti primi pedis proprius; Ac und Ba M. ex- a M. tibialis anticus; 5 M. tensor digitorum communis pedis; Ca M. extensor digitorum extensor digiti primi pedis communis pedis (Meriones). proprius, Femur. Bei Mus barbarus und rattus ist die Sehne ungeteilt und setzt sich an das Os cuneiforme primum an (Entocuneiforme). Den Ansatz dieses Muskels bei Dipus schildert ALEZAIS? wie folgt: »Il se fixe au bord interne de la base du metatarsien unique que l’on peut considerer comme l’analogue du canon des solipedes, resultant de la fusion de trois metatarsiens.« 1 Pırsons l.c. S. 180. 2 ALEZAIS l.c. S. 349. 252 B. Schapiro 2. M. extensor digiti primi pedis proprius. Ratte (Fig. 15, Ad): Er liegt unter dem vorigen, M. tibialis an- ticus. Er entspringt am Condylus lat. tibiae und denjenigen Partien der Tibia, die an das Köpfchen der Fibula anstoßen, sowie von der Fibula selbst, und von da schlägt er sich auf die vordere Fläche der Tibia um. Er liegt medial vom M. extensor digitorum und geht in der Höhe des letzten Drittels der Tibia in seine Sehne über, die, durch die Rinne des Malleolus medialis laufend, zum Köpfchen des Metatarsus I unterhalb des Ansatzes des M. tibialis anticus herabzieht. Bei der Ratte ziemlich ansehnlich. Meriones: Kleiner als bei der Ratte. Die geringste Ausdehnung jedoch erfährt der Muskel bei Dipus (Fig. 165), wo er nur in Form einer haarfeinen Sehne wahrzunehmen ist. 4 Auch hier müssen wir unser Bedauern aussprechen, daß es nicht gelungen ist, Alactaga zu untersuchen. An dieser Stelle fühlen wir besonders die klaffende Lücke, da die allmähliche Reduction des Muskels uns zu sehr interessanten Resultaten führt. LEcHE! sagt von ihm: »er entspringt überall da, wo er selb- ständig vorhanden ist, von der medialen Kante der Fibula. Beim Kaninchen fehlt er.« Die Annahme Krauszs, er sei beim Kaninchen vorhanden, hält er für irrtümlich. Nach Lecnz also ist der Muskel nicht immer selbständig vorhanden, dagegen sagt PARSONS? aus- drücklich, er sei immer vorhanden. Der Ursprung ist nach ihm variabel und nicht wichtig für die Klassifikation. Bei Mus barbarus und Gerbillus entspringt er vom zweiten Viertel der Fibula, bei Mus rattus vom dritten Viertel der Fibula. Die Vergleichung des eben beschriebenen Muskels von Mus mit den gleichnamigen Muskeln von Meriones und Dipus bietet ein höchst interessantes Bild. Wir sehen ihn von einer Art zur anderen immer geringere Dimensionen an- nehmen, bei Dipus ist er sogar fast ganz geschwunden. Wir haben also hier einen Muskel vor uns, der in auffälliger Weise die Neigung zeigt, der Atrophie anheimzufallen. Diese Atrophie steht wohl, wie wir annehmen können, im Zu- sammenhange mit dem oben in der Einleitung hervorgehobenen Rückbildungsprozeß der Fußknöchelchen, in unserem Falle des Me- 1 LECHE |. ce. 8. 892. 2 PARSonS |. c. 8. 181. Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 253 tatarsus I. Bei Dipus finden wir keinen Metatarsus der ersten Zehe mehr, also wäre auch unter solchen Umständen ein Muskel, dem die Funktion zufällt, dieselbe zu bewegen, beim Fehlen der letzteren ganz unnütz. Darin liegt auch, glauben wir, der Grund der all- mählichen Atrophie des M. extensor digiti primi proprius. 3 Weiter unten werden wir noch Gelegenheit haben, auf ent- sprechende Verhältnisse hinzuweisen. Nun gehen wir zu dem M. extensor digitorum communis pedis über. 3. M, extensor digitorum communis pedis. Ratte (Fig. 15, Ac): Der Muskel liegt lateral vom vorigen mit seinem Ursprunge von der Tibia oberhalb des Köpfchens der Fibula. Er ist spindelförmig, zieht der Fibula entlang mit einer Sehne, die in der Höhe der kleinen Fußknöchelchen in fünf selbständige se- kundäre Sehnchen sich spaltet, die letzteren befestigen sich am Nagel- gliede der fünf Zehen. Es sei hier noch auf eine interessante Abweichung des Muskels hingewiesen. Es handelt sich um eine zweiköpfige Spaltung des M. extensor digitorum longus (Fig. 15, Da), einen lateralen größeren und einen medialen kleinen. Der erste beginnt mit einer langen Sehne vom Cond. lat. tibiae etwas oberhalb des Köpfehens der Fibula, zieht zwischen Fibula und Tibia. Seine Sehne spaltet sich in drei sekundäre Sehnchen für das Nagelglied der dritten, vierten und fünften Zehe. Der. kleinere mediale Kopf zieht unter ihm an der Tibia, seine Sehne parallel der Sehne des lateralen Bauches zur ersten und zweiten Zehe. Meriones (Fig. 15, Ca): Einfacher Ursprung; mit einer langen, dünnen, die Kapsel des Kniegelenks seitlich durchbohrenden Sehne am Cond. ext. fem. Ansatzsehne zum Nagelgliede der fünf Zehen. Dipus (Fig. 17 A): Hier zeigt der betreffende Muskel ein sehr mannigfaltiges Bild. Uns gelang es an nur sechs Exemplaren, den Muskel in drei verschiedenen Modifikationen zu finden. Erste Modifikation (Fig. 17, Aa, b): Zweiköpfig. Beide Bäuche oben und unten verwachsen, in der Mitte getrennt. Ursprung: Cond. ext. fem., also wie bei Meriones. Eine einzige, in der Nähe des distalen Metatarsus-Endes dreigeteilte Sehne zum Nagelgliede der drei Zehen. Zweite Modifikation (Fig. 17, Da, b, ce, d): Vierköpfig, der 254 B. Schapiro erste (a) am oberflächlichsten und medialsten, bedeckt den zweiten (b), entspringt von dem seitlichen oberen Rande der Tibia in der Nähe des Kniegelenks. Weiter unten, in der Höhe der zweiten Hälfte der Fibula, geht er über in eine lange Sehne, die zum Nagel- gliede der ersten Zehe sich begibt. Unter ihm liegt der zweite Kopf (). Seine Sehne zieht zum Nagelgliede der II. Zehe. Die zwei letzteren Bäuche (ec, d) sind durch eine ge- meinsame Sehne verbun- den, sie geht zum Nagel- gliede der III. Zehe. Dritte Modifika- tion (Fig. 17, Ca,’ 0: Dreiköpfig. Die drei Köpfe sind sehr klein, doch gut entwickelt. Sie besitzen einen gemein- samen Ursprung am seit- lichen oberen Rande der Tibia in der Nähe des Kniegelenks. Ihre Ur- sprungssehne mit der Kapsel innig verwachsen. Weiter unten verlaufen sie getrennt. Der laterale Kopf (e) Dipus. 2/3. Ansicht von der Seite. Drei Modifikationen d. .. . M. extensor digitorum eommunis pedis. A Zweibäuchig; «_ AM längsten. Seine Sehne und d I. Modifikation; B II. Modifikation, vierköpfig; a. Kopf; spaltet sich in drei se- b U. Kopf (helle Partie); ce III. Kopf; dIV. Kopf; C III. Modi- 2 Me de fikation, dreiköpfig; a I. Kopf; db U. Kopf; c II. Kopf. kundäre Sehnen für sämt- liche Zehen. Ein Ana- logon, wie es scheint, des gleichnamigen Muskels bei Mus und Me- riones. Die Sehne des mittleren (b) Bauches zieht zur zweiten Zehe, während die des medialsten « und kleinsten zur ersten Zehe sich begibt. Nach Parsons! beginnt der M. extensor digitorum longus am Cond. ext. fem. Bei Mus barbarus und Dipus sollen nach ihm noch accessorische Fasern vorhanden sein, sie sollen vom Cond. ext. fem. 1 Parsons 1. e. $S. 181. „ Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 255 zur Tibia herabziehen. Bei Mus barbarus fehlt die Endsehne der kleinen Zehe, so verhält es sich auch noch bei Gerbellus. ALEZAIS! sagt über den Ursprung des Muskels folgendes: »Chez tous les Rongeurs ce muscle nait par un tendon sur la face super- ficielle du condyle externe du femur, pres de la surface artieulaire, au-devant du tendon du poplite, au-dessous et au-devant du liga- ment lateral externe«. Er kann die von Parsons angegebenen accessorischen Fasern nicht bestätigen, wir stimmen damit überein. LECHE?, PArsons? geben einen Musculus extensor digitorum pedis communis an. Nach dem ersteren soll sich der Muskel in einen Unterschenkelteil (Ext. brev. digitorum IV und V) und einen Fußteil für die drei medialen Zehen gespalten haben. PARSoNs beschreibt in der Regel zwei Sehnen: eine für die zweite, eine andere für die dritte. So verhält es sich bei Gerbillus, Mus bar- barus und Mus rattus. Auch wir konnten an unseren Tieren den Muskel konstatieren, nur bei Mus und Meriones. Sie waren jedoch so schlecht ent- wickelt, daß es sich nicht der Mühe verlohnt, sie näher zu be- schreiben. Die Beschreibung und Vergleichung dieser Muskeln gibt uns sehr viel Belehrendes. Zuerst der M. tibialis anticus. Er bestätigt vollauf das Gesagte beim M. extensor digiti primi proprius. Auch hier sehen wir, wie ein Muskel im Sinne der Abnahme seiner Masse sich verändert auf Grund des Rückbildungsprozesses des Metatarsus I. Da es sich hier um ganz analoge Verhältnisse handelt wie oben, brauchen wir uns hier nicht besonders aufzuhalten und gehen somit zum zweiten Muskel über, zum M. extensor digitorum communis. Das erste, was wir an ihm wahrnehmen, ist die außerordentliche Wandelbarkeit des “ Muskels. Bei Mus rattas sehen wir ihn in zweifacher Modifikation, bei Dipus in dreifacher. Wir müssen uns bloß mit der einfachen Konstatierung der Tatsache begnügen, da wir die Ursache der so vielfältigen Abweichungen des Muskels nicht angeben können. Sehen wir jedoch die einzelnen Modifikationen des M. extensor digit. com. von Dipus im einzelnen etwas näher an. Die erste Modifikation 1 ALEZAIS 1. ce. S. 349 u. 50. 2 LECHE |. e. S. 886. 3 PARSonS 1. e. S. 181. 256 B. Schapiro bietet nichts Besonderes. Sie entspricht der oben beschriebenen Modifikation von der Ratte, da sie auch zweiköpfig ist, in der Ver- breitung der Sehnen jedoch ist sie dem lateralen, größeren Kopf dieses Muskels von der Ratte gleich, da bei der letzteren Art nur dieser Kopf eine gemeinsame Lehre für alle fünf Zehen aufweist. Die zweite Modifikation enthält schon vier Köpfe. Hier ist be- merkenswert das Verhalten des dritten und vierten Kopfes. Sie sind miteinander verwachsen und besitzen eine gemeinsame Sehne für je eine Zehe. Vielleicht ist einer von diesen Köpfen ein Rudiment, das ur- sprünglich für die vierte Zehe (bei Mus die fünfte) bestimmt war, aber beim Eingehen derselben sich mit dem entsprechenden Muskel für die dritte Zehe (Mus rattus der vierten) vereinigt hat. Viel- leicht ein analoger Prozeß wie der, den wir bei der Besprechung der Mm. tibialis anticus und extensor digitorum com. kennen ge- lernt haben. Die dritte Modifikation führt auf andere Gedanken. Wir sehen hier drei Bäuche, die einen gemeinsamen Ursprung besitzen, weiter unten trennen sie sich in drei verschiedene Bäuche. Es scheint, als hätten wir es hier mit einem ursprünglich einheitlichen Muskel zu tun, der im Laufe der Entwicklung in drei Teile sich gespalten hat. Zu dieser Vermutung führt uns der gemeinsame Ursprung. Weiter sehen wir, daß, obgleich der längste lateralste Kopf mit einer Sehne ausgerüstet ist, die zu sämtlichen Zehen hinzieht, die beiden anderen auch vollständig getrennte Sehnen haben. Wir denken, es ließe sich dieser Umstand folgendermaßen er- klären: Bei Dipus, wie wir wissen, ist die Anzahl der Zehen im Verhältnis zu der Zahl bei Mus und Meriones auf drei reduziert. In einer Hinsicht also ist Dipus den genannten Tieren gegenüber im Nach- teil. Zur Kompensation dieses Übels denken wir uns, hat Dipus auch die getrennten Muskeln erhalten. Sie dienen ihm zur stärkeren Ent- faltung der Kraft der einzelnen Zehen beim Sitzen. Für die Be- wegung des Tieres wären sie bloß hinderlich, denn da erfüllt ein einzelner kräftiger Muskel eher seine Funktion, als ein dreige- teilter, bei dem die Impulse zur Bewegung auf einzelne Muskeln verteilt sind. Je konzentrierter der Impuls zur Bewegung ist, desto schneller und einheitlicher wird die letztere auch erfolgen. Außer- dem sind auch bei Dipus die Zehen viel gewaltiger und länger als bei Mus und Meriones. Hier sehen wir also einen Fall, wo mit Verstärkung einzelner Da, 977 Ze Er Vrgg Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 257 Knochenstrecken des Skelets und zum Behuf des stärkeren Auf- stützens auf den Boden ein Muskel einen Prozeß der Vervielfältigung durchgemacht hat, was unsere Ansicht — Skelet und Muskel be- einflußten sich in ihrer gegenseitigen Abänderung — vollauf be- stätigt. Wir wenden uns jetzt der- sogenannten Peroneusgruppe zu. Sie besteht, wie die Einteilung der lateralen Muskeln des Unter- schenkels besagt, aus vier Muskeln. Dieselben sind: 1. Peroneus primus 2. Peroneus secundus 3. Peroneus tertius - 4. Peroneus quartus, Fig. 18, Fig. 19. Fig. 20. Mus rattus. !ı. aM. pero- Meriones. a M. peron. Dipus. %/s. a M. peron,. longus; b M. naeus prim.; b M. peron, prim.; b M. peron,. se- peron. quartus. secundus; c.M,peron.ter- cundus; c M. peron. quar- tius; d M.peron. quartus. tus. Morpholog. Jahrbuch. 46. 17 258 B. Schapiro 1. M. peroneus primus. Ratte (Fig. 18a): Äußerster Muskel und der stärkste von allen Peronei. Entspringt vom Capitulum fibulae, verwachsen mit dem Ursprunge des nächst unter ihm liegenden Peroneus seeundus. Seine Größe entspricht ungefähr der Größe der Fibula. Seine Sehne zieht zum Köpfchen des Metatarsus IV. Kurz vor ihrem Ansatze zieht sie in einer Rinne zwischen der Tibia und dem Caleaneus. Meriones (Fig. 19a): Wie oben. Dipus (Fig. 20a): Unterscheidet sich durch seinen Ansatz: Nagel- glied der dritten Zehe (gewöhnlich also der vierten Zehe). Seine Sehne kann auch mit der sekundären Sehne des M. extensor digit. longus verschmelzen. 2. M. peroneus secundus. Ratte (Fig. 185): Teilweise neben und teilweise unter dem vorigen. Seine Dieke ist ungefähr !/; der Dieke des vorigen. Ursprung, wie oben. Ansatz: Köpfchen der I. Phalange der fünften Zehe. Meriones (Fig. 195): Nagelglied der fünften Zehe. Dipus: Fehlt. 3. M. peroneus tertius, Ratte (Fig. 18c): Unmittelbar von der Fibula, Ligamentum in- terosseum, stärker und größer als der M. peroneus secundus. Ansatz: Köpfehen des Metatarsus V. Meriones: Fehlt. Dipus: Fehlt. 4, M. peroneus quartus. Ratte (Fig. 18d): Ursprung: Köpfchen der Fibula. Ansatz: Os euboideum. Meriones (Fig. 19c): S. Ratte. Dipus (Fig. 20b): Ursprung: unmittelbar von der Fibula. An- satz: Os euboideum. Was ergibt die Vergleichung der Peroneusgruppe? Fürs erste eine auffallende Verminderung der Gruppe der Zahl nach. Mus rattus besitzt deren vier; Meriones drei; Dipus nur zwei. Ein Ausfall also ganzer Muskeln. Es ist natürlich nicht gleichgültig, welche Peronei bei einer oder der anderen Art ausgefallen sind. Solch ein Zugrundegehen ganzer Muskeln kann kein bloßer Zufall sein. Es muß ein triftiger Grund vorhanden gewesen sein, der zu diesem Prozeß geführt hat. Nach unserer Ansicht müssen diejenigen Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 259 Peronei fehlen, deren zugehörige Skeletstücke. ihre Selbständigkeit eingebüßt haben. Das trifft jedenfalls zu. Bei Dipus sehen wir einen Ausfall gerade derjenigen Peronei von Mus rattus, die zu der fünften Zehe hinziehen, es fehlen also Peroneus secundus et tertius. Auch in diesem Falle ist mit Verlust eines Knochenstückes ein Verlust des Muskels verbunden. : Bei Meriones müssen wir einen anderen Grund angeben, da bei dieser Art die fünfte Zehe vorhanden ist. Vielleicht könnte man hier den Verlust des Peroneus tertius erklären durch die starke Verklei- nerung der fünften Zehe. Bei Mus rattus finden wir für die fünfte Zehe zwei Muskeln: M. peroneus secundus et tertius. Bei Meriones nur einen: M. peroneus secundus. Durch die starke Verkleinerung der betreffenden Zehe ist ein Muskel wahrscheinlich zuviel ge- worden und darum auch verschwunden. Es muß jedoch noch an- geführt werden, daß verschiedene Forscher auch für Meriones einen vierten Peroneus angeben. LECHE spricht nur von einem Peroneus longus und brevis. Über den Peroneus brevis bei Gäres heißt es bei ihm!: »Liegt nach vorn und medial vom Extensor brevis dig. . IV—V. Beim Kaninchen entspringt er von dem Cond. lat. tibiae, dem Lig. inteross. und der Fibula, bei Myoxus vom Capit. fibulae und weiter distalwärts; auch bei der Ratte enthält der Muskel noch weit proximal entspringende Fasern, welche ähnlich wie bei den Beuteltieren mittels einer längeren Sehne vom Capit. fibulae ent- springen und zwischen dem Ext. dig. longus und dem Per. long. ge- lagert sind. Bei Cavea entspringt er von dem proximalen zweiten Drittel der medialen Fibularfläche und inseriert am rudimentären Metat. V und Os cuboideum. PARsons? teilt die Peroneusgruppe in vier: longus, brevis, quarti digiti et quinti digiti. Der Longus ist nach ihm konstant, beginnt am äußeren Viertel der Fibula; seine Sehne zieht zu den anderen peronealen Sehnen. Der Peroneus longus hätte nach ihm also keine selbständige Sehne, was wir nicht bestätigen können. Der Peroneus brevis entspringt vom mittleren Teile der ?2/, der Fibula, zwischen den Sehnen des Peron. quarti et quinti digiti zum Calcaneus und zu der Base des Metatarsus V. Peroneus quarti digiti immer vorhanden: zwischen Fibula und Tibia. Peroneus quinti digiti konstant. 1 LECHE |. c. p. 883 u. ff. 2 PARSoNS 1. ce. S. 131. 17* 260 B. Schapiro Auzzaıs! sagt über die Peronei: »Les museles peroniers propre- ment dits sont au nombre de deux, le long et le court. On deerit A cöte d’eux, sous le nom de peroniers du quatrieme et du ecinquieme doigts, un ou quelquefois deux muscles qui sont des portions du court extenseur des orteils.«< Bei Dipus findet er nur zwei Peronei: »le long et le peronier du quatrieme doigt«. Ein Peroneus brevis, meint er, sei bei Dipus ebenso nicht vorhan- den wie bei Dasyprocta, Dolichotis. Sein Peroneus longus setzt sich an die Basis des Metatarsus an. Die Stelle ist nicht genau bezeichnet. Derjenige Peroneus also, den wir als P. quartus bezeichnet haben und der am Cuboid sich ansetzt, wird von ÄLEZAIS ge- leugnet. Nach DuvErNOY? setzt sich der Peroneus longus an eins der ÖOssa cuneiformia an, an welches ist nicht gesagt. Von der Peroneusgruppe gehen Fe berie wir zur letzten Abteilung der Muskeln Meriones et Dipus. !/ı. a M. gastrocnemius “ £ (abgetrennt, lat. Kopf); db M. soleus. des Unterschenkels über: den hinteren. (Einteilung s. oben.) 1. M. triceps surae. Unter diesem Namen versteht man drei Muskeln: den zwei- köpfigen M. gastroenemius und M. soleus. Wir beginnen mit dem ersteren. «) M. gastroenemius. Ratte: Der M. gastrocnemius besteht aus zwei Köpfen, M. gastro- enemius medialis und lateralis. Der erste entspringt vom Cond. med. fem., der zweite am Cond. lat. fem. Beide Körper verschmelzen 1 AuEZa1s |. c. 8. 353. ? Duvernoy, Notes et renseignements sur les animaux de l’Alg£rie etc. Strasbourg 1842. Pc Wr Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 261 weiter unten zu einem Bauche unter Freilassung einer oberen drei- seitigen Lücke, die zur Bildung der Kniekehle beiträgt. Von beiden Bäuchen ist der laterale etwas größer als der mediale. Die Muskeln nehmen ungefähr ein Drittel des Knochens ein. Von hier ab gehen sie in eine breite gemeinsame Fig. 2. Sehne über, die den Hauptbestandteil der sog. Tendo Achillei ausmacht. } x) Meriones (Fig. 21a)” Wie bei der Ratte. Beide NSARE Bäuche fast gleich groß. Ihre Größe entspricht der Hälfte der Tibia. Dipus: Wie bei Mervones. ß) M. soleus. Ratte (Fig. 22a): Ein kleiner spindelförmiger Mus- kel, entspringt mit einer langen, dünnen Sehne vom Cond. lat. tibiae unter dem lateralen Kopfe des M. ga- stroenemius. Unweit vom Capitulum fibulae beginnt der Muskel selbst, der ungefähr am Anfange des zweiten Drittels des Knochens in eine lange Sehne übergeht, die gemeinsam oder auch selbständig zum Caleaneus hinzieht und somit einen Bestandteil des AN. Tendo Achillei ausmacht. Er kann auch fehlen. /{Ml | Meriones (Fig. 215): Kleiner als bei der Ratte. a) Sehne verwachsen mit der Sehne des M. gastrocnemius lateralis. Ursprung: Cond. lat. fem. Hus rattus. \h. Dipus: Vom lateralen Rande der Tibia. Sehne ver- en m De wachsen oder selbständig. Nach LecHE? entspringt der M. soleus »vom Capitulum fibulae und vom proximalen Teile dieses Knochens, ferner von einem von der Fibula zur Tibia verlaufenden Sehnenstreifen, sowie vom proxi- malen Teile der Tibia«. 2. M. plantaris. Ratte (Fig. 23): Ein schlanker, kräftiger Muskel. Größe: ®/, des Knochens. Ursprung: zweigeteilt: eine fleischige mediale Portion und eine sehnige laterale, von einem Sesambeinchen oberhalb des Cond. ext. fem. Am Os caleaneum geht die Sehne eine Spaltung in fünf sekundäre Sehnchen ein, die zum Nagelgliede der fünf Zehen hin- 1 LECHE 1. c. S. 89. 262 B. Schapiro ziehen. Die sekundären Sehnchen zerklüften sich ihrerseits und umfassen die sekundären Sehnchen des M. flexor digitorum eomm. Der M. plantaris heißt darum auch M. perforatus, der M. flexor. digit. comm. M. perforans. Meriones (Fig. 23): Größer und dicker als bei der Ratte. Ur- sprung: Cond. ext. fem. Einfach. Fig. 25. Fig. 23. Meriones. Ansicht von hinten. Yı. «a M, popli- teus; 5 M. flexor digito- rum tibialis; c M. flexor digitorum fibularis. Mus rattus et Meriones. Dipus. 2/3. M. 1/ı, M. plantaria. plantaris. Dipus (Fig. 24): Wie bei den vorigen, doch auch eine Abwei- chung. Gliederung desselben in drei selbständige Bäuche für je eine Zehe. Das gleiche wie bei Extensor digitorum comm. Nach LecHe! ist sein Vorkommen inkonstant. Nach PArsons? ist er verbunden mit dem M. flexor digitorum communis. 1 LECHE |. c. $. 897. 2 PARsons 1. ce. S. 182. Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 263 3. M. popliteus. Ratte: Ein kleiner, in der Kniekehle gelegener Muskel; entspringt vom Cond. lat. fem. Die breite, lange Sehne durehbohrt lateral die Kapsel des Kniegelenks. Der Muskel setzt sich mit breiter Basis an die hintere Fläche der Ti- bia an. Meriones (Fig. 25a): Wie bei der Ratte. Dipus: Etwas stär- ker. »Wahrscheinlich«, schreibt LecHeEi, »ist M. popliteus als ein Diffe- renzierungsprodukt eines Muskels anzusehen, wel- cher bei den Aplacenta- liern, denen ein Popliteus _ in der oben beschriebenen Gestalt fehlt, auftritt und welcher als Pronator tibiae r. Peroneo-tibialis bezeichnet worden ist. Bei den Placentaliern kommt entweder ein Po- N pliteus allein vor oder Dipes. %5. Ansicht von hinten, 1 » Mus rattus. Ansicht von es findet sich außerdem 1," 1. M.flexor digi- 4a M. flexor digitorum tibialis; Fig. 27. % Ö ein Pronator tibiae. niet Ab M. flexor digitorum Dear : Ba', Bb' die gleichen Muskeln wie Nach ALEZAIS?istder oben (Modifikation). Popliteus bei Dipus klein. 4. M. flexor digitorum communis. Ratte (Fig. 26): Liegt zwischen Tibia, Fibula und auf dem Lig. interosseum. Größe: 3/, des Knochens, Sehne breit, zwischen Caleaneus und Tibia zu den fünf Zehen. 1 LECHE |. ce. $. 898 2 ALEZAIS |. ce. $. 333. 264 B. Schapiro Er ist groß, kräftig und spindelförmig, entspringt mit einer langen Sehne vom oberen Rande der Tibia. Meriones (Fig. 25b, ec): Zweibäuchig: ein Flexor digitorum ti- bialis (a) und ein fibularis (b) von fast gleicher Größe. Die Sehne des ersteren zieht zur ersten und fünften Zehe, der M. flexor digi- torum fibularis zur zweiten, dritten und vierten Zehe. Von der Sehne des ersteren zweigt sich noch ein schwacher Ast ab zur zweiten Zehe. Dipus (Fig. 27 Aa, b): Wie bei Meriones zweibäuchig. M. flex. dig. tibialis (@) unter dem M. popliteus von der Tibia, sehr klein, geht in eine lange, auf eine sehr weite Strecke selb- ständig verlaufende Sehne über, die die erste und zweite Zehe bis zum Nagelgliede derselben versorgt. Häufiger verbindet sich aber die Sehne mit der Sehne des M. flexor fibularis (b) schon irgendwo an den unteren Teilen der Tibia. Die Sehnen durchbohren nicht am Fuße die Sehnen des M. plantaris. Der M, flexor digit. fibularis (b) ist viel größer als der eben- genannte. Ursprung: Fibula und obere Teile der Tibia. Größe — 1/, der Tibia. Geht in eine Sehne über, die weiter unten in drei Sehnchen zerfällt, die die Sehnen des M. plantaris durchbohren, analog also wie bei der Ratte und Merzones. Nach Dogson! zeigen von den Glires Lepus, Hystrix, Erethixon, Synetheres, Octodon, Cavia, Dasyprocta, Chinchilla, Dipus, Alactaga, Jaculus und Dipodomys eine Vereinigung der Endsehnen der M. flex. dig. tib. et fibul., unabhängiger sind sie bei Bathyergus, Gerbillus, Fiber, Arvicola, Myoxcus, Sciurus und Sciuropterus. Was Dipus be- trifft, so folgt aus unserer Beschreibung, daß die Endsehnen gar nicht zu verwachsen brauchen, sie können auch getrennt bleiben. Ein prinzipieller Unterschied also ist hier nicht vorhanden. PARSONS? gibt zwei Ausnahmen an von der allgemeinen Ansicht DoBsons. Die Myomorphen charakterisierten sich durch ihren getrennten Verlauf der Sehnen der Mm. flex. tibialis und fibularis. So sollen nach ihm KRhixomys und Heteromys keine Trennung der Sehnen zeigen. Nach Auezaıs® sind die Sehnen beider Muskeln bei Dipus stets verbunden. ı Z. D. Dosson, On the Homologies of the long Flexor Museles of the Feet of Mammalia. Journ. Anat. Physiol. London. Vol. 17 (1883) p. 142—179. 2 PARSONS |. c. S. 182. 3 ALEZAIS |]. ce. S. 338. Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 265 5. M. tibialis posticus. Ratte (Fig. 28): Ein ziemlich großer Muskel, unter dem M. popli- teus gelegen, entspringt vom Cond. ext. tibiae zur medialen Kante der hinteren Fläche der Tibia. Von da ab geht er längs der hinteren Fig. 28, 29, 30. Fläche in eine feine Sehne über, die am Ös naviculare sich ansetzt. Größe —= ?/; der Tibia. Meriones (Fig. 29): Kleiner als bei der Ratte, von der hinteren Fläche der Tibia unmittelbar unter dem An- satze des M. popliteus. Dipus (Fig. 30): Der medialste und kleinste von allen anderen an der hinteren Fläche der Tibia hin- ziehenden Muskeln. Ursprung: wie bei Meriones, aber kleiner. Lange, dünne Sehne setzt sich an der hinteren Fläche des Os naviculare an. Nach Parsons! zieht der Muskel bei Mus rattus zur plantaren Faseie. Nach Auzza1s? ist er bei Dipus »rudi- mentaire«. Mit der Besprechung dieses letz- ten Muskels sind wir auch mit der vergleichenden Beschreibung der Mus- keln des Unterschenkels zu Ende. Wir wollen auch hier, wie wir es bei der Besprechung der anderen Gruppen getan haben, auf die Eigen- tümlichkeiten, die die einzelnen Mus- Bu! 5 { Muse. tibialis posticus. Fig. 28. Ratte, keln aufweisen, aufmerksam machen. 1/. Fig.29. Meriones. Yh. Fig.30. Dipus. 1. Da ist fürs erste der M. plan- taris. An ihm wäre besonders bemerkenswert die Spaltung des Muskels bei Dipus in drei selbständige Muskeln für je eine Zehe. Die Ursache, die das bewirkt hat, wird wohl die gleiche sein, die 1 PARSONS 1. e. S. 182. 2 ALEZAIS |]. ce. S. 341. 266 B. Schapiro wir bei der Berücksichtigung des M. extensor digitorum comm. angegeben haben, nämlich die starke Entwicklung der Zehen und die Verminderung der Zahl derselben. Besonders interessante Verhältnisse bietet uns der M. flexor digit. communis. Bei der Ratte sehen wir ihn in der Form einer einfachen Masse auftreten und zeigt er somit nichts außergewöhnliches. Dagegen liegt bei Meriones die Sache schon anders. Hier haben wir es mit einem Muskel zu tun, der aus zwei Köpfen besteht, die aber vollkommen getrennt, jeder für sich, herabziehen. Was aber besonders merkwürdig ist, ist das Verhalten der Sehnen der beiden Köpfe. Die erste nämlich zieht zur ersten und fünften Zehe, sie gibt zwar noch ein ganz winziges Ästchen ab, das zur zweiten Zehe geht, das kann aber seiner Kleinheit wegen nicht in Betracht kommen. Die Sehne des zweiten Kopfes des M. flexor digit. fibul. versorgt die zweite, dritte und vierte Zehe, also die drei mittleren Zehen. Dieser Umstand ist von enormer Wichtigkeit, das zeigt sich besonders in der Vergleichung des Muskels mit dem gleichnamigen Muskel der Art Dipus. Bei der letzteren besteht der Muskel auch aus zwei getrennten Massen. Die Sehnen verhalten sich hier aber nicht analog. In den meisten Fällen verschmilzt nämlich die Sehne des M. flexor digit. tib. mit der entsprechenden Sehne des M. flexor digit. fibul., die hier die ganze Funktion fast übernimmt. Derselbe Muskel also, der den Zweck hatte, die erste und fünfte Zehe in Bewegung zu setzen, wird mit dem Verschwinden derselben bei Dipus atrophisch. Das scheint uns der stärkste Beweis für unsere Ansicht zu sein, der Muskel mache denselben Wandlungsprozeß durch wie das Skelet. Den oben beschriebenen Prozeß finden wir schon eingeleitet bei Mervones: vergleichen wir nämlich beide Muskeln, den tibialis und fibul. miteinander, so finden wir hier einen beträchtlichen Unter- schied in der Größe der in Frage kommenden Zehen im Verhältnis zu den mittleren Zehen. Der M. tibialis postieus ist eine Bestätigung dessen, was wir schon oben bei der Besprechung der Mm. extensor digiti primi pro- prius und M. tibialis anticus gesagt haben, und darum genügt es, nur darauf hinzuweisen. Von dieser für unsere Aufgabe wichtigsten Gruppe wenden wir uns zur letzten Hauptabteilung der Muskeln der hinteren Extremität: zu den Fußmuskeln. Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 267 Hier kommen zwei Arten in Betracht: 1. Mm. lumbricales 2 Mm. interossei. 1. Mm, lumbricales. Ratte (Fig. 31): Ursprung: an der Teilungsstelle der Sehne des M. flexor digitorum longus, Vier an der Zahl. Es sind sehr kleine, aber doch bemerkenswerte Muskeln. Der erste von ihnen liegt zwischen der zweiten und dritten sekundären Sehne der Sehne des M. flexor digit. longus und endet am Capitulum metatarsi II, lateral von der Sehne. Der zweite liegt höher oben, direkt an der Tei- lungsstelle, und endet auch daselbst mit einem fadenförmigen Sehnchen. Der dritte hat seine Lage zwischen dem dritten und vierten sekundären Sehnchen, medial von der dritten Zehe, und endet am Metatarsus digiti quarti. Der vierte endlich medial gelegen zum Me- tatarsus der fünften Zehe. Die Mm. lumbricales sind überhaupt in ihrem Verlaufe sehr leicht Varietäten zugänglich: man findet die mannig- fachsten Bilder. Meriones: Nur drei vorhanden, für die zweite, dritte und vierte Zehe, alle der ersten Zehe zu- gekehrt. Entspringen von der Sehne des M. plan- taris. Dipus: Eigentliche Mm. lumbricales sind hier nicht vorhanden. Wir finden hier aber eine Art Analogon dieses Muskels. Es ziehen nämlich vom Calcaneus und von den an den letzteren angren- zenden Teilen drei starke Sehnen an der Planta zu den Köpfchen der ersten Phalanx der drei Zehen, von der lateralsten Sehne zweigt sich eine kleinere ab, die an der ersten Phalanx der dritten Zehe sich ansetzt. Vielleicht stellt der Muskel einen Rest des M. flexor digitorum ped. brevis dar. Fig. 31. Hus rattus. Yı. Mm. lumbricales. Dipus. %/s. Planta pedis. Mim.lumbricales, M.flexor digitorum pedis brevis. 268 B. Schapiro Parsons! spricht bei ZHeteromys von drei Lumbricales, bei allen anderen Glires sollen vier vorhanden sein. Erwähnenswert wäre noch die allmähliche Reduction der von uns oben beschriebenen Mm. lumbricales: Mus rattus vier, Meriones drei, Dipus bloß drei Sehnen. Recht schade, daß wir nicht wissen, wie es sich damit bei Alactaga verhält. Die Reduction ist wohl eine Folge der Reduction der Zehen. 2. Mm. interossei. Ratte (Fig. 33): Es gibt fünf solcher Muskeln: Der erste zieht zur ersten Zehe, ist einfach und liegt medial. Der zweite zieht zur zweiten Zehe Fig. 33. bis zum Capitulum phalangis primae. Der dritte und vierte auch ein- fach und zu den entsprechenden Zehen. Der fünfte geteilt: ein kleiner, me- dialer und ein größerer, lateraler. Meriones: Wie bei der Ratte. Dipus: Fehlt. Nach PaArsons? gibt es nur zwei Mm. interossei. Er identifiziert sie mit dem M. flexor brevis. Von PARSONS wird noch eine ganze Reihe anderer Muskeln am Fuße beschrieben, die wir er einen Accessorius, derselbe sei bei Myomorphen schlecht entwickelt. Mus ee rattus soll nur Spuren dieses Muskels podis. aufweisen. »Der Muskel ist von PAarsons bei Aulacodus, Capromys, Myopotamus, Octodon, Hystrix, Sphingurus, Lagostomus, Chinchilla, Dasyprocta, Coelogenys und Sciuromorpha nachgewiesen worden. Er entspringt von der äußeren Fläche des Calcaneus und inseriert an der Plantarfläche der Flexorensehne, unmittelbar proximal von der Teilung derselben>. Dann wird ein Abduetor hallueis beschrieben. Bei Mus bar- 1 PARSons 1. c. $. 182. 2 PARSoNS |. ce. $. 182. 3 LECHE |. e. S. 905. nieht gefunden haben. So beschreibt Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 269 barus und rattus entspringt er vom Os naviculare; bei Gerbillus vom Os euneiforme I (Entocuneiforme). Auch ein Abductor Indicis soll bei allen Nagetieren nachzuweisen sein. Mit der Besprechung dieser letzten Hauptgruppe sind wir am Ende unserer Untersuchung. Wir wollen am Schlusse zum Zweck klarerer Übersicht die gewonnenen Resultate in einige Sätze kurz zusammenfassen. Dann ließe sich folgendes sagen: 1. Das Skelet von Mus rattus, Meriones und Dipus zeigt eine Reduction der Strahlen von fünf auf drei, gibt also eine Einf wicklung in einer bestimmten Richtung an. . In derselben Richtung verändert sich auch die Muskulatur. 3. Diejenigen Muskeln, die zur fünften und ersten Zehe ziehen, erfahren eine beträchtliche Verkleinerung ihrer Massen, manche atrophieren ganz (M. extensor digit. proprius, M. flexor digi- torum brevis). 4. Mus rattus, Meriones und Dipus stehen zueinauder in einer sehr engen Beziehung. d. Meriones zeigt charakteristische Merkmale einerseits von Mus (Muskulatur der zwei ersten Hauptgruppen) und anderseits, obgleich nicht so ausgeprägt, weil die Zwischenstufe Alactaga fehlt, von Dipus (s. Muskulatur beider letzten Hauptgruppen). 6. Meriones verbindet sozusagen die beiden Arten Mus und Dipus, woraus mit Wahrscheinlichkeit geschlossen werden kann: DD 7. Die drei Typen der Nagetiere stellen Glieder einer und der- selben Kette dar. Wir können, unseres Erachtens, auf Grund unserer vergleichend- anatomischen Untersuchung des Skelets und der Muskulatur sagen, sie seien drei Gattungen einer und derselben Familie. Alle die Beweise, die die Bestätigung unseres letzten Punktes in sich enthalten, wieder aufzuführen, halten wir für überflüssig, denn es hieße nichts anderes als die ganze Arbeit, die doch eigent- lich auf diesen Punkt allein gerichtet ist, nochmals zu referieren, was unseres Erachtens zwecklos wäre. Die von uns gegebenen Tatsachen müssen für sich selbst sprechen. Um jedoch zu zeigen, daß wir mit unserer Ansicht nicht allein stehen, wollen wir, an diesen letzten Punkt anknüpfend, versuchen, einen kurzen historischen Abriß zu geben, worin die Meinungen ver- schiedener Forscher über die Stellung der in Frage kommenden 270 B. Schapiro Gruppen im System der Nagetiere bis auf unsere Tage zur Geltung kommen. fi Es kann natürlich nicht verlangt werden, daß wir in unserer kurzen Arbeit die gesamte Literatur über Mus, Meriones und Dipus wiedergeben, dieselbe ist so kolossal und umfangreich, daß wir uns nur auf die allerwichtigsten, für uns besonderes Interesse bietenden Werke stützen können. Nach TycHo TULLBERG! soll Linn&? der erste gewesen sein, der im Jahre 1735 in seinem Werke: »Systema naturae« für die Be- zeichnung der Ordnung Nagetiere den Namen »Glires« eingeführt hat. Unter diesem Namen faßte er die Gattungen: Hystrix, Seiurus, Mus, Lepus und Sorex zusammen. Die Gattung »Mus« umfaßte nicht nur mäuseartige Tiere, sondern auch solche wie Lemures und Mormota. Was die Art Dipus betrifft, so gibt LICHTENSTEIN? an, Lıns& habe nur eine einzige und wahre Species unter dem Namen Mus jaculus in das Natursystem eingeführt. Daraus entnehmen wir also, daß schon Liwn& die Art Dipus unter die Gattung Mus ge- stellt hat. Der zweite große Naturforscher, der sich über die Nagetiere geäußert hat, war PALLAS.* In seinem Werke: »Novae species quadru- pedum e Glirium Ordine«5 spricht PALLAs von drei Gattungen: Lepus, Mus und Sciurus. Die Gattung Mus zerfällt in sechs Abteilungen. In die fünfte, Mures lethargieci überschrieben, fallen unsere bekannten Typen: Dipus und Meriones. Mus stellt eine eigne Abteilung dar unter dem Namen Mures myosurı. Wir sehen also im System PALLAS eine enge Verwandtschaft zwischen Dipus und Meriones. LICHTENX- STEIN® gibt eine interessante Charakteristik der Arbeiten von PALLAs, die wir nicht unterlassen können anzuführen. Sie lautet: »Es kann wohl kaum einen irgend erheblichen Gegenstand der Zoologie geben, bei dessen Abhandlung die Verdienste des unsterblichen PALLAS sieh nicht gleiehsam von selbst vergegenwärtigen oder bei welchen sein Name irgend füglich mit Stillschweigen übergangen werden dürfte. ! Tycuo TULLBERG, Über das System der Nagetiere. Nova Acta regiae societatis scientiarum Upsaliensis. Series tertiae Vol. XVIII. Upsala 1900. p. 17. 2 Linn&, Systema naturae. Ed. 12. Holmiae 1766. 3 LICHTENSTEIN, Über die Springmäuse oder die Arten der Gattung Dipus. Abh. d. K. Akad. d. Wiss. zu Berlin. 1828. * P.S. PALLAS, Novae Species Quadrupedum e Glirium Ordine. Erlangae 1778. 5 8. TrcHo TULLBERG |. c. 8.17 u. 18, 6 LICHTENSTEIN |. e. 8. 133 ff. Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 271 Obgleich nicht Schöpfer eines Systems! und überhaupt um den Streit der Systematiker wenig besorgt, hat PaLras dennoch auf alle Teile der Zoologie eingreifend gewirkt und durch seine ebenso zahlreichen und eleganten, als gehaltvollen und gründlichen Werke in jedem derselben ein Licht verbreitet, das noch lange auch solchen leuchten wird, denen es gerade um Erfindung geschickter und konsequenter Einteilungen und Zusammenstellungen, wie sie jede Zeit anders fordert, am mehrsten zu tun sein möchte. In viel höherem Sinne aber sind seine Werke Muster für die Arbeiten von der beschreibenden Art, denn indem er nicht bloß beschreibt, sondern alle Beziehnngen seines Gegenstandes aufzufinden, zu untersuchen und aufzuklären versteht, gibt er seinen Abhandlungen einen über das momentane Interesse seiner Zeit weit hinaus gültigen Wert. Alle sind reich an Stoff für weitere vergleichende Betrachtung, reich an Materialien für litera- rische und kritische Untersuchung, ebenso unentbehrliche Vorarbeiten für jede Folgezeit, als leuchtende Vorbilder einer geschmackvollen Behandlung und Anordnung. « Die Geschichte der Gattung Dipus bis zum Jahre 1825 schildert LICHTENSTEIN? wie folgt: »Die Stellen bei arabischen Schriftstellern, die diese Tiere? unter dem Namen Aljarbuo (wovon der nachher in Gebrauch gekommene Namen Jerboa) erwähnen und viel Interessantes von ihrer Lebensart berichten, hat BOCHART gesammelt, und auch davon findet sich das Wichtigste bei PaLnas. Die erste Spur einer Kenntnis von diesen Tieren in neuerer Zeit findet sich bei bei ALDRO- VANDI®, der eine ganz erträgliche Abbildung einer fünfzehigen Art unter dem Namen Cumicucus seu Lepus indieus, Utias dietas liefert. Leider geschieht im Text dieser und einer anderen ihr gegenüber- stehenden Abbildung keine weitere Erwähnung, als daß (S. 390) ge- sagt wird, nach OvıEevos Bericht gebe es in Westindien große kaninchenartige Mäuse, die Utias genannt würden, indessen die eigentlichen Kaninchen Cories hießen.« Weiter wird berichtet, die Reisenden OLEARIUSS, DE BRUYN und Lucas hätten diese Tiere nur erwähnt, aber nicht genauer be- 1 S. auch TycHo TULLBERG |. ce. S. 17. - "2 LICHTENSTEIN |. c. 8. 135ff. 3 D.h. die Springmäuse. Anm. d. Verf. 4 ULyss. ALDROVANDI, De quadrupedibus digitatis Lib. II. p. 393. 5 OLEARIUS, Persianische Reisebeschrbg. VI. Bd. Kap. 19 (nach LiCHTENST. S. 161). 272 B. Schapiro schrieben, der einzige, der das getan habe, sei Suaw!, »aber sicht- lich ungenau, denn er gibt der Art, die er Jerboa nennt, nicht weniger als sechs Zehen an den Hinterfüßen und an den Vorder- füßen nur drei?«. »Bald? erscheinen auch mehr Abbildungen von Jerboas. Der- gleichen liefert Haym* in Thesaurus britannieus von einer asiatischen Art, die er zur Erklärung der eyrenischen Münzen anwendet; später JOH. GEORG GMELINS in den Verhandlungen der Petersburger Aka- demie und sein Neffe SAMUEL GEORG GMELIN® in der Beschreibung seiner Reise; ferner EDwArDs? in seinem bekannten Kupferwerke und HassELquIisT® in den Akten der Stockholmer Akademie.« Burron® war der erste, der die Gattung Jerboa in zwei Arten zerlegte; die eine, dreizehige, nannte er Gerboa, die fünfzehige be- legte er mit einem »von MESSERSCHMID zuerst angegebenen mongoli- schen Namen Alak-daagha (buntes Füllen).« »Die von BUFFON ge- gebene Unterscheidung der beiden Hauptarten wurde aber erst be- deutend, als PALLAS im Anhang zu seiner Reisebeschreibung (II S. 706) die Merkmale beider genau und vollständig nach eigner Beobach- tung bekannt machte, und erhielt erst vollen Wert durch die er- schöpfende Untersuchung dieses Gegenstandes in der oben erwähnten Abhandlung, die ich als die einzige genügende Vorarbeit zu rühmen habe. In dieser Abhandlung wird nach einer sich mehr auf das Literarische beziehenden Einleitung ein vollständiger Bericht vom Aufenthalt, der Nahrung und Lebensart dieser Tiere gegeben, so- dann folgt die genaue, mit Abbildungen begleitete Beschreibung, und den Beschluß macht die Angabe der anatomischen Befunde. In der Beschreibung der fünfzehigen Art, welcher PaLLas den Linn&schen Namen Jaculus läßt, ergeben sich drei Varietäten: eine sehr große, eine mittlere und eine kleine!.« ! Smaw, Voyage dans plusieurs provinces de la Barbarie et du Levant. I. p. 321. LICHTENSTEIN |. e. S. 136. 3 LICHTENSTEIN |]. ce. S. 136. Haym, Thesaurus Britannic. II p. 149 tabl. 17. Jo. GEORG GMELIN, Über eine Art Dipus in Nov. Comment. Acad. Petro- polit. 1745—55. 8.351. 6 8. GoTTL. GMELIN, Reise durch Rußland. Petersburg 1770. I. Bd. 8. 26ff. EpDwaArDs, Gleanings of natural history I tab. 219. | 5 Hassenquist, Über eine Art der Gattung Dipus. Schwed. Abhandl. 1752. XIV. Bd. d. deutschen Übersetzung, $. 129.) 9 BUFFON, Histoire naturelle. Ed. de 1758. LVIL $. 321. 10 LICHTENSTEIN 1. c. 8. 137 u. 138. or - — Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 273 »Der dreizehigen Art! gibt PaLras den Namen Mus sagitta und schreibt ihr eine weite Verbreitung durch das südliche Asien und das ganze nördliche Afrika zu, ohne weitere Verschiedenheit der Arten zu ahnen oder auch nur Varietäten zuzulassen. Seine Namen- bestimmung geht in die damals zahlreich erscheinenden Handbücher über, doch erheben PENNANT?, ZIMMERMANN, GATTERER, ERXLEBEN und STORR? die Jerboas bald unter diesem, bald unter jenem Namen zu einer eigenen Gattung, bis SCHREIBER® den Namen Dipus dafür an- ‘ wendet, der denn bald allgemeine Annahme findet. Jedoch wird nun alles mit dieser Gattung vereinigt, was sich durch Länge der Hinterfüße nur irgend auszeichnet, also nicht allein der eaprische Springhase, die Känguruhs und andere springende neuholländische Tiere, sondern auch die von PALLAs zuerst unter dem Namen Mus longipes und Mus tamariscus genauer beschriebenen Mittelformen zwischen Jerboas und Ratten, die nicht mehr auf den Hinterbeinen allein sich fortbewegen und die ParLas (S. 276) eben als Ursache angibt, warum er aus den Jerboas nicht eine eigne Gattung machen könne, da sie durch jene zu genau mit den Mäusen verwandt wären«. Wie wir also sehen, zählte man zu den Springmäusen auch die Känguruhs. LEXEPEDE und GEOFFROY waren die ersten, die die - letzteren Tiere von den Springmäusen trennten und ihnen unter den Beuteltieren einen besonderen Platz einräumten. ItLiGEr® erhob den‘ eaprischen Springhasen5 (Dipus cafer Gm. 2) zu einer eignen Gattung unter dem Namen Pedetes. Er war auch derjenige, der den sog. Halb-Jerboa (Dipus meridianus tamaricinus) von dem eigent- lichen Dipus trennte und ihm den auch in unserer Zeit gebräuch- lichen Namen Meriones gab. Später ersetzte DEMAREST im Jahre 1815% den Namen Meriones durch die Bezeichnung Gerbillus. IL- LIGER zerlegt in seinem Werke: »Prodromus systematis Mammalium et Avium, Berolini 1811« die Gattung Dipus in drei Arten. LicHTEx- STEIN? jedoch gibt auf Grund eines mündlichen Vortrages, den ILLIGER seinerzeit in der Naturwissenschaftlichen Gesellschaft zu Berlin gehalten haben soll, sieben Arten der Gattung Dipus an: 1 LICHTENSTEIN 1. c. 8. 137 u. 138. 2 PENNANT, History of Quadrupeds Vol. II p. 427. 3 Von ihnen bei LICHTENSTEIN nichts Näheres angegeben. * ILLIGER, Prodromus systematis Mammalium et Avium Berolini 1811. 5 LICHTENSTEIN |. c. 8. 139. 6 LICHTENSTEIN |. c. $. 140. 7 LICHTENSTEIN |. e. $. 141. Morpholog. Jahrbuch. 46. 18 274 . Dipus Jaculus - baltieus - Ppygmaeus . sagitta . - biceps - locusta . nNoUPwm. I B. Schapiro M. Jaculus var. maj. Pallas med. - min. - - sagitta Pallas Aegyptian Jerboa, Penn Gerbo Allam - abyssinieus Jerboa: Bruce. Diese sieben Arten wurden von DESMAREST auf fünf reduziert. Nach LICHTENSTEIN: 1. D. maximus Blainville, aus Neuholland, nach einem ver- stimmelten Exemplar sehr flüchtig beschrieben, wahrschein- lich kein Dipus. 2. Dipus gerboa . 3. - Jaculus 4. - brachymus - 5. =. ı minulus . - M. sagitta Pallas. - jJaculus var. maj. Pallas. med. - min. - LICHTENSTEIN selbst teilt die Gattung Dipus in zehn Arten: 1. D. aegyptius N. Aus den Wüsten längs der Nordküste Afrikas, zwischen den Nilmündungen und Cyrene. 2. Dipus tetradactylus N. Aus dem Innern der lybischen Wüste. A. hirtipes N. Aus der Wüste westlich der Sahara, des- gleichen aus der Wüste bei Dongola und aus Syrien. sr gisischen Steppe. . Dipus spieulum N. Aus der Gegend des Altai, am Ob. - Pygmaeus Ill. M. jaculus var. min. Pall. Aus der kir- . Dipus lagopus N. Ebendaher. 6 7 8 a 0 10. - elater N. Von den Küsten des Aralsees. platyurus N. Ebendaher, am Kuwan-Daya. - telum N. Aus der Gegend des Aralsees. - decumanus N. Vom Ural beim Slatoust. Nach dieser historischen Übersicht über die Gattung Dipus wollen wir noch die Gattungsmerkmale derselben kurz schildern. Wir überlassen das Wort dem schon von uns 80 oft zitierten LiCHTEN- STEIN !: »Die Gattungskennzeichen bestehen in folgendem: Der Backen- zähne sind an jeder Seite oben und unten 3 (zusammen 12), seltener im Oberkiefer jederseits 4 (zusammen 14). Dieselben sind nur äußer- lich mit Schmelz überzogen und haben fein-höckerige Kronen, deren Vertiefungen aus der Seitenansicht am meisten zum Vorschein kommen. I LICHTENSTEIN |. ce. 8. 149. Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 275 Die Vorderzähne sind lang und schmal, mit gewölbter Vorderfläche und bogigen Schneiden. Der Kopf ist von mäßiger Größe, mit flacher Stirn, weit aus- einander stehenden, großen, lebhaften Augen, stumpfer, nackter Schnauze, sehr langen Bartborsten und länglich zugerundeten, sehr dünn behaarten, fast durchscheinenden Ohren. Die Vorderfüße er- scheinen im Verhältnis zur Leibesgröße ebenso auffallend klein, als die Hinterfüße in allen ihren Gliedern unverhältnismäßig groß sind. Eine besondere Dicke des Hinterleibes und die Stärke der Keulen vermehren das Mißverhältnis zwischen dem Hinten und Vorn. An das stark heraustretende Bürzel fügt sich ein ungemein langer, anfangs dünnbehaarter, gegen die Spitze mit längerem, zwei- zeilig gestelltem Haar bewachsener Schwanz. Der Zehen (!) sind vorn fünf, deren innere sehr kurz, aber meist mit einem Nagel versehen ist; der Hinterzehen, die den Boden be- rühren, sind immer nur drei, an einem einfachen, hohlen Mittelfuß- knochen befestigt; ihre Unterseite mit starken Borsten, die der Nagel- glieder mit mehreren Schwielenlagen bewachsen; außer ihnen finden sich bei gewissen Arten eine, häufiger zwei kleine, den Boden nicht berührende Afterzehen, jede an einem eignen Mittelfußknöchelchen befestigt. Das Haar ist fein, weich, dicht, glatt anliegend, mit seidigem Glanz. Die Farbe der Rückenseite ist bei allen Arten aus Rostgelb und Grau zusammengesetzt, in denselben vielfachen Mischungen und feinen Übergängen, wie bei der Gattung der Hasen, vom reinen Isabell bis zum dunkeln Mäusefahl, auch wechselnd an Intensität nach Alter und Jahreszeit. Die Bauchseite ist immer rein weiß, und diese Farbe herrscht auch an der Vorderseite der Fersen urd an der Außenseite der Keulen, wo sich meist ein von der Farbe des Rückenhaars scharf und geradlinig begrenzter weißer Streifen nach der Schwanzwurzel hinzieht. Weiß ist auch die Spitze des Schwanzes, gleich hinter derselben aber das Haar dunkel, gewöhnlich schwarz, in größerer oder geringerer räumlicher Ausdehnung. Wo die schwarze Farbe sehr tief und der Haarwuchs entschieden zweizeilig ist, bildet sich deutliche Pfeilzeichnung.« So liegen also die Verhältnisse bis zum Anfange des XIX. Jahrhunderts. Wir sehen, daß fast alle großen Forscher jener Zeit: Lınn&, PALLAs, ILLIGEN, BUFFON, SHAW, LAGEPEDE, GEOFFROY, ÜUVIER usw., sich für die Verwandtschaft der Art Dipus mit den mäuseartigen Nagetieren ausgesprochen haben. 18* 276 B. Schapiro Wir setzen unsere historische Übersicht fort. Im Jahre 1839 erscheint das System von WATERHOUSE!, das das nach den Worten TrcHo TULLBERGS? »bis auf den heutigen Tag geltende System« der Nagetiere aufbaute. WATERHOUSE teilt die Rodentia in drei Sektionen ein: Murina, Hystrieina und Leporina. In die Murina ist die Familie Muridae eingeschlossen mit den Gattungen: Myoxus, Dipus, Mus, Dendiomys, Gerbillus usw. Nach diesem System also sind Mas, Meriones und Dipus drei Gattungen einer und derselben Familie. Auch Branpr? teilt im Jahre 1851 in seinem System die Nage- tiere in Seiuromorphi, Myomorphi, Leystricomorphi und Lagomorphia. Die Myomorphi teilen sich ihrerseits in Familien, von denen eine, Myoides, die Unterfamilie Murini umfaßt. Der Typus Dipus stellt eine besondere Familie dar, die Dipodides, mit den Unterfamilien: Jaeulini, Dipodini, Pedetiri und Macrocolini. Nach diesem System also ist Dipwus entfernter als im vorigen. Die mäuseartigen Tiere bilden mit Dipus nicht eine Familie, son- dern zwei verschiedene. Jedoch bilden sie zusammen eine Unter- abteilung. GIEBEL*, der im Jahre 1855 sein Werk: »Die Säuge- tiere« erscheinen ließ, hält Mus, Meriones und Dipus für drei ver- schiedene Familien. LiLLsEBoRG® faßt die Familien: Muridae, Dipodidae unter denselben Namen Myomorphi. Auch nach GiLL® schließt die Superfamilie Myoidae die Familien: Pedetidae, Dipo- didae, Jaculidae und Muridae ein. Im Jahre 1876 erschien das zweite große System nach WATER- HOUSE, das von ALsSTON’. Auch nach ihm findet in der Gruppe der Myomorphia die Familie Dipodidae neben den Muridae Platz. 1 G. R. WATERHOUSE. Observations on the Rodentia, with a view to point on the groups, asindieated by the structure of the Crania, in this order of Mammals. Magaz. Nat. Hist. (E. CHARLESWORTH) (2.), Vol. III. 1839. p. 90-96. 2 Tycno TULLBERG. Über das System der Nagetiere. Novae Acta reg. sec. Upsal. 3 Branpr. Die Säugetiere Rußlands. M&m, Ac. Se. Petersbourg. Se. math. Vol. XVIIL. 1899. p.19, phys. nat. (6), T. IX, 1855: P.2. p. 1—365. % GIEBEL. Die Säugetiere in zool.-anat. and pal. Bez. umfassend darge- stellt. Ausg. II, Leipzig 1855. 5 LILLIEBORG. Systematisk. ovfersigt af de gnagande daggdjuren. Glires. Upsala 1866. ® GıLL. Arrangement of the Families of Mammals. Washington 1872. SmitHs Miscell. Collect. Vol. XI. 1874. Art.l. 7 E. R. Austox. On the Classification of the order Glires. Proceed. Zoolog. Society of London. London 1876. p. 61—9%8. Das Verhältnis der Gattung Dipus zu den Myomorphen: Mus rattus usw. 277 Im Jahre 1880 erscheint eine Arbeit von Dogsoni, in welcher er auf Grund der vergleichend-anatomischen Untersuchung des Muskels Flexor digitorum longus bei den verschiedenen Nagetieren zu dem Resultat kommt, die Dipodidae gehörten nicht, wie bis jetzt alle Forscher angenommen hatten, zu den Myomorpha, sondern zu den Hystricomorpha, welche Auffassung er noch im Jahre 1882 fest- hält in einer in diesem Jahre erschienenen kleinen Schrift: »On the Natural Position of the Dipodidae« 2. Jedoch schließt er sich im Jahre 1884 in dem Artikel »Mam- malia«, der in Encyclopedia Britannica erschienen war, ganz dem System von Aston an’, d.h. er gibt also zu, die Dipodidae seien nicht den Hystricomorpha, sondern den Myomorpha zuzuzählen. Im Jahre 1883 tritt CopE mit seiner Schrift: »The Extinet Rodentia of North America«* auf, in welcher er alle bis zu seiner Zeit ent- deekten fossilen nordamerikanischen Arten zusammenfaßt. Nach ihm gehören zu den Myomorpha die Muridae und die Geomyidae. Im Jahre 1884 hat SCHLossER>5 in seinem Werke: »Die Nager des europäischen Tertiärs nebst Betrachtungen über die Organisation und die geschichtliche Entwicklung der Nager überhaupt« auf Grund einer sorgfältigen und eingehenden Untersuchung des Zahnbaues . eine Modifikation des Branprschen Systems® gegeben. Nach ihm gibt es zwei Unterordnungen: Pliodonta (die soge- nannten Duplieidentati nach ILLiGEr) und die Miodonta (die soge- nannten Simplicidentati nach LILLJEBORG). Die Miodonta teilt er in die schon von BrAnDT gegebenen Gruppen ein: Hystriecomorpha Seiuromorpha und Myomorpha. In die letztere Gruppe fallen unsere Tiere: Mus, Meriones und Dipus. Im Jahre 1887 erschien die wichtige Schrift von WıngGE’: »Jordfundne agnulevende Gnavere“ KURS Ur Tb: L. re y ö Li SA > } j 2 ee Inte. ra I, Au 2 ’ E or ’ & iR A r er a 4 7 #00 Zfan nd Fr PIE RERR lu elln un ö . h “ f } = P k 4 } ‚U ’ h I # F: “+ Yan f “ f 1a, 8% ERRRLEL TEN? | 3 f \ , h J Kin Me Sat 76 2% iR, | } ee ii re ir Er i le En ee ER 1 are “ ri ER Ban (Aus dem Anatomischen Institut der medizinischen Hochschule zu Osaka, Japan.) Anatomische Studien an der japanischen drei- kralligen Lippenschildkröte (Trionyx japonicus). Von K. Ogushi, Osaka. R II. Mitteilung. Muskel- und peripheres Nervensystem. Mit Textfigur 5-42 und Tafel VI—XII, Figur 50—771, Wie ich bereits in meiner ersten Mitteilung über das Skelet- system gesagt habe, beabsichtige ich in einzelnen aufeinander- folgenden Abhandlungen die gesamte Anatomie der japanischen dreikralligen Lippenschildkröte zur Darstellung zu bringen. In der vorliegenden zweiten Mitteilung sind die Resultate meiner Unter- suchungen des Muskelsystems sowie des peripheren Nerven- systems niedergelegt. Bei der Veröffentlichung der ersten Ab- teilung, des Knochensystems, waren auch die übrigen Organsysteme zum größten Teil fertiggestellt, die Publikation wurde jedoch durch verschiedene Momente verzögert. Beim Studium der einschlägigen Literatur habe ich über die Organisation der Trionichiden, ja sogar der gewöhnlichen, kosmopolitischen Schildkröten, so wenige Angaben gefunden, mit denen ich meine Resultate hätte vergleichen können, daß ich mich entschloß, meine gesamten Untersuchungen nochmals nachzuprüfen, um nur ganz sichergestellte Resultate zur Publikation zu bringen. In der Tat habe ich in der ersten Mitteilung nach deren Veröffentlichung nur kleinere, unwesentliche Fehler gefunden? Die 1 Die Numerierung der Figuren setzt die der ersten Mitteilung fort. 2 Die Berichtigung meiner Auffassung des Foramen coraco-elavieulare ist bereits im 1. Hefte des XLIV. Bandes dieser Zeitschrift erschienen. Die übrigen Richtigstellungen bringe ich am Schlusse dieser Abhandlung. Morpholog. Jahrbuch. 46. 20 300 K. Ogushi nochmalige Prüfung der gewonnenen Resultate erforderte natürlich viel Zeit und die so entstandene Verzögerung wurde noch durch meine Reise nach Europa vergrößert. Bei der Untersuchung habe ich mich verschiedener Hilfsmittel . bedient, so der Metallkorrosion!, der vitalen Methylenblaufärbung nach EHRLICH?, eines besonderen, weiter unten genau beschriebenen Injektionsverfahrens usw. Jedenfalls habe ich nichts unterlassen, um alle Befunde so gut als möglich sicherzustellen, und so glaube ich, heute meine Untersuchungen über das Muskelsystem und das periphere Nervensystem, als den zweiten Teil meiner Forschungen am Trionyz japoniceus veröffentlichen zu können. Untersuchungsmethoden. Bevor ich nun zu dem eigentlichen Texte übergehe, möchte ich zunächst einige Worte über eine Untersuchungsmethode voraus- schicken, die mit großem Erfolg zur Anwendung gelangte. Nach der Chloroformierung des Tieres? muß man vor allem von der Vena mediana nuchae (Textfig. 25, 28, Tafelfig. 54, 56, 57, ı Die Ergebnisse der Untersuchungen an den Gefäßen der Urogenital- organe wurden als vorläufige Mitteilung in dem »Anat. Anzeigere Bd. XXXIX, 1911, veröffentlicht. 2 Über die durch diese Methode gewonnenen Resultate habe ich in der anat. Gesellschaft zu Tokio, im Jahre 1909, einen Vortrag gehalten. 3 Der Trionyx ist im allgemeinen gegen alle Betäubungsmittel sehr wider- standsfähig. Selbst im Sommer, wo die Reagentien bei weitem rascher auf das Tier wirken, als zu irgendeiner Jahreszeit, muß man ihn mehr als eine halbe Stunde lang dem Chloroformdampf aussetzen. Im Winterschlaf, während dessen der Stoffwechsel bedeutend herabgesetzt ist und dementsprechend auch die Einwirkung des Chloroforms beträchtlich verzögert, braucht es selbstverständ- lich einer noch längeren Zeitdauer, um das Tier zu töten (etwa 11/)—2 Stunden); in solchen Fällen habe ich deshalb vorgezogen, das Tier durch Erwärmen im Sommerzustand zu halten. — Als Zeichen des Todes wurden beobachtet: 1. eine lebhafte Rötung des Plastrons, die offenbar den stark erweiterten Kapillaren ihre Entstehung verdankt. Sie beginnt gewöhnlich schon im Stadium der tiefen Narkose und erreicht mit dem Tode das Maximum; 2. eine Erschlaffung der Halsmuskeln. Im Beginn der Narkose zieht das Tier den Kopf sehr tief unter den Schildpanzer zurück und atmet bloß mit dem Rüssel, der nur mit seiner Spitze herausragt. In dieser Lage den Kopf herauszuziehen, ist vor dem Tode eine gewisse Gewalt notwendig. Aber nach dem Tode tritt eine Erschlaffung der Halsmuskeln ein, so daß der Kopf ohne Mühe herausgezogen werden kann; 3. ödematöse Anschwellung der Augenlider, die von einer Stauung der Lymphe in den Sinus Iymphaticus orbitalis herrührt. Ich mache auf dieses Todeszeichen deshalb aufmerksam, weil es sonst kaum beobachtet wird. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 301 V. med. nuch.)! aus möglichst viel Blut entleeren, am besten indem man das Tier am Schwanze herabhängen läßt. Daraufhin zieht man das Herz durch eine künstliche Öffnung an der Laeuna anterior des Plastrons (vgl. I. Mittg. S. 17) heraus und unterbindet dasselbe an der Atrio-ventrikulargrenze mit einem ziemlich dieken Faden, damit das unangenehme Zurückfließen der einmal in die Venen gelangten Injektionsmasse in den Ventrikel verhindert werde. Dann wird eine bestimmte Menge Tuschlösung? und nachher dieker Zinnoberbrei? 1 Die genaue Beschreibung dieser Vene ist in dem Kapitel »Venensystem « enthalten. Da sie jedoch dem Trionyz sehr eigentümlich zu sein scheint und, soweit mir bekannt, bis jetzt von niemandem beobachtet worden ist, möchte ich über ihre topographische Lage eine kurze Bemerkung vorausgehen lassen. Im Gegensatz zu den bekannten großen Halsvenen, wie z. B. den Vv. jugulares, verläuft sie gerade durch die ganze Strecke des Halses, in der Medianlinie des Nackens, und zwar tief eingebettet in einer besonderen Rinne, die dorsal von den Halswirbeln verläuft und seitlich von den Ursprüngen der beiderseitigen Mm. cervico-hyo-capitis (Nr. 35), zweier kräftigen dorsalen Hals- muskeln, begrenzt wird. Dorsal ist diese Vene, die wegen ihrer außerordent- lichen Dicke sich gut für operative Eingriffe eignet, nur von einer oberflächlichen starken Faszie bedeckt. 2 Zur Herstellung dieser Tuschlösung ist es vorzuziehen, als Medium eine 30/yige Bichromatlösung oder die MÜLLERsche Flüssigkeit (mit einem Zusatz ‘von einigen Tropfen Karbolsäure) zu verwenden. — Die für eine einmalige Injektion erforderliche Menge ist selbstverständlich von der Größe des Exem- plares abhängig. Da ein Übermaß der Tuschlösung bei dem nachfolgenden Injizieren des Zinnoberbreies große Schwierigkeiten bereitet und außerdem durch Ausfließen der Lösung das Arbeitsfeld nicht wenig verdorben wird, so empfiehlt es sich, weniger Lösung zu nehmen als die Venen in der Tat fassen würden. Ohnehin ist ja zum Schwärzen der Venen, wegen des starken Deckvermögens und der feinen Verteilbarkeit der Tusche, nur eine geringe Menge notwendig. — Was die MÜLLERsche Flüssigkeit bzw. die einfache Bichromatlösung betrifft, so bietet sie den Vorteil, daß sich das Chromsalz mit den Geweben, namentlich mit dem leicht zugrundegehenden Nervengewebe verbindet und dadurch kon- servierend wirkt. — Statt Tuschlösung kann man sich eventuell der gesättigten Lösung von Berlinerblau bedienen, doch mit viel weniger Vorteil. 3 Der reine, d. h. mit keinem antiseptischen Mittel vermischte Zinnoberbrei unterliegt besonders im Sommer der Fäulnis und verursacht dann eine sehr un- angenehme Verwesung der Organe, bevor noch die eigentliche Konservierungs- flüssigkeit tief genug in das Gewebe eindringen konnte. Um dies zu vermeiden, habe ich mit großem Vorteile dem Zinnoberbrei Formol im Verhältnis 1:10 hinzugesetzt. — Es wurde ferner die Frage aufgeworfen, ob sich der Zinnober- brei beim Einspritzen mit der Tuschlösung vermische oder durch dieselbe ver- dorben werde. Mehrere Experimente zeigten indes, daß dies nicht der Fall ist. Der diekflüssige Zinnoberbrei wirkt auf die dünnflüssige Tuschlösung wie ein Kolben und treibt sie distalwärts, d. h. nach dem Venengebiet, fort, ohne sich dabei auffallend zu vermengen. — Im übrigen habe ich diesen Zinnoberbrei nach der alten Vorschrift mit Weizen- und Stärkemehl hergestellt, welch letzteres aus 20* 302 K. Ogushi in die A. Carotis! herzwärts eingespritzt. Nachdem diese Manipulation fertig ist und alle künstlichen Öffnungen der Blutgefäße sorgfältig unterbunden worden sind, wird das Exemplar in der übliehen Art und Weise in MÜLLER sche Flüssigkeit gebracht, in der nun die Fixierung sehr langsam vor sich geht. Nach etwa 2—3 Monaten folgt ein gründliches Auswaschen im fließenden Wasser und hierauf Härtung in aufsteigendem Alkohol bis 60°,. Alsdann kommt das Exemplar in eine 3—5 /,ige Salpetersäurelösung zum Zwecke der Entkalkung. Nach der Erweichung der Knochen wird es noch einmal gründlich ausgewaschen und in 50° ,igem Alkohol aufgehoben. Die eben beschriebene, kombinierte Methode ist allerdings um- ständlicher und zeitraubender als die einfache Anwendung der 20%/,igen Salpetersäure, die zuerst von LANGERHANS vorgeschlagen worden ist. Doch sind die Vorzüge dieser Methode nicht zu unter- schätzen. 1. So werden oft die feinen, kollabierten, nicht injizierten Blutgefäßzweige leicht mit den sie begleitenden Nervenzweigen ver- wechselt, was bei der Anwendung unserer Methode fast völlig aus- geschlossen ist. 2. Die Nerven des auf diese Weise behandelten Exemplares unterscheiden sich von den anliegenden, ihnen sehr ähn- lichen Bindegewebszügen durch eine große Differenz in Farbe und in Konsistenz. Sie sind nämlich infolge Einwirkung des Chromsalzes stets bläulich bzw. grünlich gefärbt. Das Bindegewebe ist hingegen fast farblos oder von schwach grauem Ton, der offenbar von den groben Körnern besteht, die die Kapillaren nicht passieren können. Um allzu grobe Körner, die eventuell die verhältnismäßig dieken Arterienzweige verstopfen könnten, zu beseitigen, habe ich jedesmal den Brei durch einige Tuchschichten hindurchgepreßt. Der auf diese Weise angefertigte Brei gelangt gewöhnlich bis in die feinsten Arterien und fließt nicht mehr weiter, so daß sich hier die schwarzen Venen- und die roten Arteriengebiete voneinander scharf abheben. — Die TEıcnmAnNnsche Masse leistet für diese Zwecke nichts Gutes. 1 Da die rechte A. carotis die anderseitige an Dicke erheblich übertrifft, wie bereits in der ersten Mitteilung (S. 29) kurz angeführt worden ist, habe ich ge- wöhnlich die erstere zu diesem Zwecke gewählt. Da die Arterie nach der Blutentleerung sofort stark kollabiert, so empfiehlt es sich, die Kanüle der Spritze vor dem Anschneiden der V. mediana nuchae einzuführen. — Außerdem ist noch zu bemerken, daß die eraniale Schnittöffnung der Carotis vor der Injektien unterbunden werden muß, weil die beiderseitigen Carotiden vor der Sattellehne des Basisphenoid vermittelst einer queren dieken Anastomose miteinander kommunizieren (vgl. I. Mittg. S. 28), so daß die injizierte Masse nachher zurück- fließen könnte. — Die Injektion wird zentripetal, d. h.herzwärts, gerichtet, weil die Arterienbahnen an manchen dem Herzen nahen Stellen Anastomosen bilden, so daß die Injektionsmasse auf alle Körperteile gleichmäßig verteilt werden kann, ohne das Herz zu passieren. Nur die A. pulmonalis ist tatsächlich von dem Körperkreis- lauf ganz unabhängig. (Mehrere Autoren geben an, daß der Ductus Botalli bei Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 303 durchscheinenden, mit Tusche injizierten Kapillaren herrührt. Dazu kommt noch der Vorteil, daß die Nerven, in der Mehrzahl der Fälle, mit Hilfe der Pinzette ohne besondere Schwierigkeiten von dem umliegenden Bindegewebe losgelöst werden können, denn die Sal- petersäure und das Chromsalz wirken auf das Bindegewebe sehr stark ein, wogegen die Nerven gar nicht angegriffen werden, so daß sie — im Gegensatz zum Bindegewebe — ihre volle Festigkeit be- wahren. Ich glaube, daß die Anwendung der einfachen Fixierungs- flüssigkeit solche großen Vorteile nicht erzielen kann. 3. An den derartig behandelten Exemplaren können wir neben dem Nachweis des Nervenverlaufes auch gleichzeitig die topographische Lagebe- ziehung der gesamten begleitenden Blutgefäße genau beobachten, da die Arterien infolge der tiefroten Färbung durch das Zinnoberrot bis zu den feinsten Endzweigen gut bemerkbar bleiben und sich auch von den schwarz gefärbten Venen scharf abheben. Dank dieser Methode war. ich imstande, einige sehr feine, sonst makroskopisch nicht darstellbare Nerven — wie z. B. die Chora tympani, den Nervulus tympani usw. in ihrem ganzen Verlauf auszupräparieren. Um die Lagebeziehungen der Organteile noch genauer feststellen zu können, habe ich außerdem sieben Schnittserien des Kopfes halb erwachsener Tiere und eine Serie des ganzen Körpers eines beinahe ausgebildeten Embryos zum Vergleich herangezogen. Die meisten Serien des Kopfes bestehen aus Celloidinschnitten, die nach dem Vorschlag von Prof. B. Suzukı! mit Tusche numeriert sind und haupt- sächlich mit Hämatoxylin-Eosin-Doppelfärbung, wobei vorsichtshalber jeder zehnte Schnitt nach der Parschen Methode, behandelt wurden, was besonders für die Verfolgung der Nerven von Wert ist. Noch bessere Resultate haben indessen diejenigen Präparate geliefert, dienach Fixierung in FLemminGscher Flüssigkeit mit Eisenhämatoxylin (nach BEnDA) und Eosin doppelt gefärbt wurden, denn die Details der einzelnen Gewebe treten dabei schärfer hervor und die markhaltigen den Cheloniern auch zeitlebens gut erhalten bleibt. Beim Trionyx und den japanischen Sumpfschildkröten konnte ich ihn nie, auch nicht rudimentär, feststellen. Unter etwa 300 Exemplaren gelang es mir nur einmal, eine solche Abnormität zu beobachten, wobei ein dieker durchgängiger BoTALLIscher Gang einseitig vorhanden war, so daß die linke A. pulmonalis mit dem gleichseitigen Aortenbogen verbunden war.) Sie ist dennoch zumeist gut injiziert, denn die In- Jektionsmasse drängt infolge der auf sie ausgeübten, leichten Gewalt die ver- hältnismäßig zart gebauten Klappen an der Mündung der Aorta zur Seite und gelangt so in den Ventrikel bzw. in die A. pulmonalis. 1 Anat. Anzeiger Bd. XXXIX. 304 K. Ogushi Nervenfasern sind völlig geschwärzt, wie dies auch bei Anwendung des WEIGERTschen Hämatoxylinlackes der Fall ist. Über die technischen Ausdrücke. Da die älteren Autoren bei der Schilderung der topographischen Lageverhältnisse der Organteile der niederen kriechenden Wirbeltiere die der Anatomie des Menschen entnommenen Bezeichnungen ohne weiteres angewendet haben, was in Anbetracht der natürlichen Körperhaltung zu nicht wenigen Widersprüchen führt (wie z. B. hinten statt dorsal, vorn statt ventral usw.), so wird es manchmal sehr schwierig, sich nach der gegebenen Orientierung die geschilderten Lagebeziehungen richtig vorzustellen. Um solchen Unklarheiten vorzubeugen, will-ich noch folgendes bemerken. Bei der Angabe der Orientierung der einzelnen Organe habe ich mich stets an eine Lage gehalten, d. h. das Tier am Bauche liegend gedacht, wobei der Schwanz dem Beschauer zugewandt ist, so daß die beiden Körperhälften des Tieres den homonymen Seiten des Be- obachters entsprechen. Die beiden Extremitäten sind hierbei so situiert, daß ihre Streckseiten nach vorn, also kopfwärts, und die Beugeseiten nach hinten, d. h. schwanzwärts, gerichtet sind. Die Lage der Hand und des Fußes verhält sich jedoch, streng genommen, etwas anders, denn die Beugeseite, d. h. die volare bzw. plantare Fläche, ruht in ihrer ganzen Ausdehnung direkt auf dem Boden. Daher kann man hier bloß von einer dorso-ventralen Lage sprechen. Daraus ergeben sich folgende Synonymenreihen der die Lage be- zeichnenden Wörter: a) Am Kopf, Hals, Rumpf und Schwanz allgemein gültig: 1. oben, dorsal, aboral bzw. aufwärts, rückwärts usw. 2. unten, ventral, oral bzw. abwärts, bauchwärts usw. 3. (von der Körperachse ausgehend) seitlich, lateral, außen bzw. seitwärts usw. 4. (gegen die Medianachse fortschreitend) innen, medial bzw. einwärts, medianwärts usw. 5. vorn, kephal, eranial, rostral, proximal usw. 6. hinten, caudal, distal bzw. caudalwärts usw. o>* — An den freien Gliedmaßen: 1. radial bzw. tibial, medial, innen, daumenwärts usw. 2. ulnar bzw. fibular, lateral, außen usw. 3. Streckseite, Extensorenseite, dorsal, vordere Fläche usw. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 305 4. Beugeseite, ventral, volar bzw. plantar, Flexorenseite usw. 5. proximal —=in der Nähe des Rumpfes, gegen die Schulter bzw. das Becken usw. 6. distal, zur Finger- bzw. Zehenspitze gerichtet. II. Teil: Muskelsystem. Über die Muskeln der Chelonier sind bis heute nicht wenige Abhandlungen veröffentlicht worden. Vor allem sind die Werke von WIEDEMANN, CUVIER, BOJANUS, MECKEL, STANNIUS, HOFFMANN u. a. zu nennen, die sich mit den Muskeln einer oder mehrerer Cheloniden- spezies teils ganz allgemein, teils etwas eingehender beschäftigen. Als spezielle Schriften kommen diejenigen von ALESSANDRINI, RATHKE, FÜRBRINGER, RÜDINGER, GADOW, GÖPPERT, RUGE, VAN BEMMELEN, BURKHARD u.a. in Betracht. Über die Muskeln der Trionychiden selbst liegen nur ganz wenige Beobachtungen vor. STANNIUs und HOFFMANN müssen freilich dieselben kennen gelernt haben, ihre Be- schreibungen jedoch sind recht lückenhaft und zum Teil sogar fehler- haft. RATHKE hat zum erstenmal an dem Trionyz aegypticus, Tr. gangeticus und Tr. ocellatus die Ontogenie einiger Hals- und Rumpfmuskeln studiert. In den ausgezeichneten und umfangreichen Arbeiten über die vergleichende Anatomie der Schultermuskeln hat FÜRBRINGER auch die Befunde an einem Exemplar von Trionyz Japonicus angeführt. Einige der dort beschriebenen Tatsachen decken sich nicht ganz genau mit meinen Befunden, wie ich noch später dartun werde. Ferner hat SIEGLBAUER die Extremitätenmuskeln der Trionychiden untersucht, um .zu den Arbeiten von FÜRBRINGER etwas beitragen zu können. Leider stand mir nur ein kurzes Referat seines Vortrages zur Verfügung. Das ist so ziemlich alles, was ich in der Literatur über die Muskeln der Trionychiden gefunden habe. Aus dem Vorhergesagten ist also zu ersehen, daß mit Ausnahme einzelner kleiner Gebiete das gesamte Muskelsystem der Triony- chiden bisher noch gar nicht eingehend studiert worden ist. Die Tatsache möchte ich schon jetzt hervorheben, daß bei den Triony- chiden ganz neue Muskeln auftreten, von denen einige anscheinend fast allen Sauropsiden, mit Einschluß der Cheloniden, fehlen, ein Befund, der ohne weiteres darauf hindeutet, daß diese Chelo- niden-Arten in der Stammesentwicklung eine ganz gesonderte Rich- tung eingenommen haben. 306 K. Ogushi I. Die Muskeln am Kopf. A. Augenmuskeln. (Hierzu Textfigur 5—11 und Tafelfigur 51). Es ist seit altersher gut bekannt, daß bei den Cheloniden zwei Obliqui, vier Reeti und ein Retractor oculi vorkommen. Die Existenz der Levatores palpebrae und des M. palpebrae orbieularis Bojani ist indes bisher noch nicht hinreichend festgestellt ge- wesen. Bei meiner Untersuchung des Triony& kamen außer den oben erwähnten, gewöhnlichen Obliqui, Recti und Retracetor noch vier eigentümliche Augenmuskeln zur Beobachtung und zwar der M. ob- liguus superior accessorius, Levator palpeprae superior, Levator membranae nictitantis sowie ein Depressor pal- peprae inferioris, welch letzterer, im Gegensatz zu den anderen, aus glatten Muskelfasern besteht. Der M. obliquus superior ac- cessorius ist eine, von dem M. obliquus superior proprius abgetrennte, ziemlich kräftig entwickelte Portion, die gemeinsam mit dem Haupt- muskel von dem N. trochlearis versorgt wird. Die Mm. levator palpebrae superior und levator membranae nietitantis entspringen vor dem Eintrittsloch des N. optieus, direkt von der medialen Wölbung des Augapfels selbst, sie werden von dem N. abducens innerviert, was offenbar für die Annahme spricht, daß sie gene- tisch mit dem Retraetor oculi in engster Beziehung stehen. Der Depressor palpebrae inferioris strahlt von dem Seitenrande des, von dem Septum interorbitale cartilagineum entspringenden, breiten Ligamentum flavum gegen die Submucosa der Bindehaut des unteren Augenlides aus; er erhält Zweige aus dem zweiten Trigeminusaste. Den sogenannten M. orbieularis palpebrae Bojani, den M. depressor palpebrae interior et superior Hoffmanni, M. depressor palpebrae inferior Weberi sowie den M. adductor maxillae superioris Fischeri habe ich nicht in einem einzigen Falle feststellen können. Nach dem Vorhergesagten kann man folgende Übersichtstabelle zusammenstellen: ! Die Numerierung der in dieser Abhandlung enthaltenen, sämtlichen Figuren ist die Fortsetzung der Figurennummern der ersten Mitteilung. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 307 M. rectus superior M. rectus inferior 2 De : N. oeulomotorius M. reetus medialis M. obliquus inferior M. obliquus superior proprius Sur en. Bee N. trochlearis ' gestreifte M. obliquus superior accessorius | Muskeln M. rectus lateralis . retr e li M. retractor oculi N ahdaesis M. levator palpebrae superior M. levator membranae nictitantis | ZN, N B Glatter M. depressor palpebrae inferioris } N. trigeminus ee 1. M. rectus superior. Muse. rectus oculi superior Nr. 5, BOJANUS. Ein schwach abgeplatteter Muskel, der dicht unter dem Dache der Augenhöhle in schräger Richtung von hinten-medial nach vorn- seitwärts verläuft. Unmittelbar oberhalb des Foramen opticum be- ginnt er fleischig von dem dorsalen Teil der Seitenfläche des Praesphenoids (I. Mitt. Tafelfig. 46—47, Prsph.) und zieht schief nach vorn und seitwärts, zugleich ein wenig nach oben emporsteigend, ‘um endlich jenseits des Äquators des Augapfels an dem hinteren, oberen Umfang der Sklera, im Anschluß an den Ansatz des M. obliquus superior, sehnig zu inserieren. Über diesem Muskel lagern der N. trochlearis und der dorsale Teil des Sinus venosus orbitalis. Unter ihm findet man, von innen nach außen beginnend, den N. oculomotorius, N. ophthalmieus, M. retractor oculi, M. levator palpebrae superior und M. obliquus superior accessorius. 2. M. rectus inferior. M. rectus oculi inferior Nr. 6, BoJAanuUs. Er liegt genau ventral vom Bulbus oculi, entspringt am ventralen, rostralen Umfang des Foramen opticum vom Praesphenoid und nimmt zugleich von dem Septum interorbitale cartilagineum einige Faser- züge auf. Nachdem er von da ab in horizontaler Richtung seitwärts seinen Weg genommen hat, inseriert er sehnig an der ventralen Circumferenz des Äquators des Augapfels, dem Ansatz des M. ob- liquus inferior sich anschließend. Er bedeckt von oben den ven- 1 Die jeden Muskel bezeichnende Nummer ist für alle Figuren gültig. 308 K. Ogushi tralen Teil der Tränendrüse und lagert sich, nur mit seinem äußeren Teil, an die äußere schmale Zone der Bulbusoberfläche an, während er medial durch den Retractor oeuli von der letzteren geschieden wird. An der ventralen Seite seines Ursprungs zieht der ventrale Hauptast des N. oculomotorius vorbei. Textfig. 5. Oblig.sup. PLOPpr 3. O06lrg.sup.N @ccess.6. = \ Levaf.palpebr. Syp.. Praesph. i Rechtes Auge, dorsale Ansicht. Praesph., Praesphenoid des Chondrocraniums, Der caudale Teil des N. ophthalmieus nicht gezeichnet, 3. M. reetus lateralis. M. rectus oculi externus Nr. 8, BOJANUS. Wie mehrere Autoren berichten, findet er sich nicht genau lateral, sondern hinter dem Augapfel, so daß er topographisch korrekt als M. rectus posterior bezeichnet werden dürfte; aus vergleichend-ana- tomischen Gründen habe ich jedoch die Bezeichnung »lateralis« be- halten. Dieselben Gründe waren auch für die Weiterführung der Benennung des M. rectus medialis maßgebend. Der M. reetus lateralis entspringt mit einem dorso-ventral ab- geplatteten Kopf von dem vorderen Abschnitt der Trabecula baseos eranii, dicht unterhalb des M. retraetor oculi und hinter dem Foramen optieum. Dann steigt er, sich um den Seitenrand des Retractor oculi herumschlingend, schräg vor- und seitwärts empor und setzt sich, ein wenig außen von dem Äquator des Bulbus, an die hintere Ober- fläche der Sklera an. Unter seinem Ursprung befinden sich die von sympathischen Nervenästen begleitete A. maxillo-nasoophthalmica und V. naso- ophthalmica (Textfig. 11). Neben seinem Ansatz liegt die obere, or- Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 309 bitale Portion des M. pterygoideus, der M. levator palpebrae superior, M. obliquus superior accessorius, Sinus venosus orbitalis (Textfig. 5, V. nasophth.), N. palpebralis superior (s. S. 447) sowie einige zarte Zweige des N. trigeminus. HoFrrmAnn gibt an, daß dieser Muskel bei Schildkröten mit einer »oberen, dieken, längeren, aber schmäleren« sowie einer vor- deren kürzeren aber breiteren Portion« entspringe; dies ist bei unserem Trionyx nicht der Fall. 4. M. rectus medialis. M. internus oculi Nr. 7, BOJANUS. Er befindet sich dicht vor der vorderen bzw. rostralen Wölbung des Augapfels. Sein platter Bauch beginnt direkt am vorderen, ventralen Umfange des Foramen opticum, von der Seitenfläche der Cartilago hypochiasmatica, zieht anfangs gerade nach vorn, biegt Textfig. 6. gbhg. SUP.PrOpr. 3. PINS > Da | Ih pP Levat.palpebr. sup.9. PEN BA N / \ Aect /ater 3. Rerract. oculr 8. Rechtes Auge, vom Rücken gesehen. Obliq. sup. proprius und Rectus sup. abgeschnitten. Vergl. vorige Textfig. V. nasoophthalmica abgetragen. dann in einem großen Bogen nach außen gegen den vorderen Um- fang der Sklera hin und setzt sich hier sehnig in der Nähe des Cornealringes an. Sein medialer Abschnitt verläuft dicht unter dem N. ophthalmieus und deckt von innen den vorderen Teil des N. re- traetor oeuli sowie den Ursprung des Levator palpebrae superior. An der Stelle, wo er nach außen biegt, verläuft er zwischen dem 310 K. Ogushi M. obliquus inferior und den beiden Mm. obliqui superiores. Nahe dem Ansatz liegt er mit seinem ventralen Saum der Herderschen Drüse auf. 5. M. obliquus superior proprius. M. obliquus superior oculi Nr. 9, BOJAnUs. Er stellt eine dünne, aber breite, ungefähr viereckige Platte dar, die in der rostralen Hälfte der Orbitalhöhle, dieht unter dem Dach derselben, beinahe horizontal ausgebreitet ist. Er entspringt im Anschluß an den Ursprung des M. obliquus inferior von dem ventralen Rande des Septum interorbitale membranaceum, d. h. von dem dorsalen, lateralen Umfang des Perichondrium des Septum inter- orbitale cartilagineum, in einer langen Linie, die etwas tiefer als die Ursprungsstelle des M. recetus superior wagerecht verläuft und vorn bis zu der Rima olfactoria des Riechnervenkanals reicht; die caudalwärts geneigten, parallelen Fasern ziehen zuerst, an die äußere Fläche des Septum interorbitale membranaceum angeschmiegt, dorsalwärts, dann biegen sie nach außen gegen den oberen Umfang der Sklera, um sich hier, im Anschluß an den Ansatz des M. rectus superior, sehnig zu befestigen. Der N. ophthalmieus sowie M. rectus medialis verlaufen dicht an ihm. 6. M. obliquus superior accessorius. In der mir zugänglichen Literatur konnte ich über diesen oder einen ähnlichen Muskel keine Angabe finden. Deshalb glaube ich, daß ich ihn als einen für den Trionyx ganz charakteristischen Augen- muskel betrachten kann. Er entspringt neben dem Ursprung des eigentlichen oberen schiefen Muskels, dicht oberhalb von diesem, von dem ventralen Rande des Septum interorbitale membranaceum. Nach einem kurzen Verlaufe nach seitwärts trennt er sich von dem letztgenannten Muskel, um in schräg-caudaler Richtung, unter dem Insertionsende des M. rectus superior, weiter zu verlaufen. Sein muskulöser Ansatz be- findet sich am hinteren Umfange des Äquators des Augapfels und wird zumeist von dem hinteren runden Bündel des M. retraetor oculi (Textfig. 7 u. 8, access. Bündel) bedeckt. 7. M. obliquus inferior. M. obliquus inferior Nr. 10, BoJAnUs. Wenn man sich so vorstellt, daß der M. obliquus superior, in derselben Orientierung, auf dem Boden der Orbita liegen würde, dann erhält man ein ungefähres Bild von der Lage dieses Muskels. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 31J- Dicht an den Ursprung des M. obliquus superior proprius an- geschlossen, entspringt er unmittelbar von dem oberen Rande des knorpeligen Septum interorbitale!, läuft schräg nach hinten und seit- wärts und befestigt sich, vor dem Ansatz des M. rectus inferior, an die untere, laterale Fläche des Augapfels. Er berührt, streng ge- nommen, nicht direkt den Orbitalboden, sondern wird von diesem durch das dünne Lig. flavum? bzw. den M. depressor membranae nietitantis getrennt. Zwischen seinem Ursprungskopf und dem oberen schiefen Muskel verläuft sagittal der N. ophthalmicus, 8. M. retractor oculi. M, suspensor oculi Nr. 11, BoJanus; M suspensorius, FISCHER; M. retraetor oculi, WEBER, HOFFMANN u. a. Der M. retractor oculi ist ein am stärksten entwickelter, langer Augenmuskel, der sich von der Orbita bis tief in die Schädelhöhle Textfig. 7. O6lıg. in£ 7. ! ( Hard. Drüse rLevat+membrnichk 10. 06/ıg. suppr 5. sus I / Oblıg. sup gccess.6. Sept. interorb. .-- Ja Rech med% Ob/rg. Sup. wir nee access. 6. Ler.palpebr. Ssup.9. Rerrack 00.8. -—- Aecklater 3. ne (R 8. EN x errack oculı 8.) Rect.s op? __Retracr.aculi®. Praesph. R al.brev.(N.IZ.] u R.cıl. long. IN.L. ET eı.long.(N.L.) NIT. R SE Lig. bassale Vnasophfh. Proc.clin.ant. (Basisphenoids.) Rechtes Auge, Vergl. vorige Textfiguren. erstreckt. Er entspringt von der Seitenfläche des Proc. elinoideus anterior des Basisphenoids (I. Mittg. Fig. 16 u. 29, Pr. cl. a. sowie 1 Seine Ursprungslinie beginnt vorn gemeinsam mit der des M. obliquus superior proprius und endet caudal früher als diese. 2 Vgl. die Bemerkung auf S. 316. 312 K. Ogushi Textfig. 7 dieser Mittg.), des Lig. basale! sowie der Trabecula baseos eranii teils direkt, teils mit einem schlanken Sehnenstreifen, der sagittal im ventralen Randteile des intracranialen Abschnittes dieses Muskels verläuft. Von dieser ausgedehnten Ursprungsstelle gehen die vorderen, kürzeren und mehr schrägen sowie die hinteren längeren und mehr steilen Fasern hervor, die rostralwärts konvergierend ge- meinsam den eigentümlich gestalteten Bauch bilden, der caudal sehr schlank und im Sulcus cavernosus eingebettet ist. Nasalwärts nimmt er jedoch allmählich an Dieke zu, tritt durch die Fissura orbitalis (I. Mittg. S. 63 und Textfig. 11) in die Augenhöhle und erreicht hier die größte Mächtigkeit. Der orbitale Teil des Muskels ist in schräger Richtung nach vorn und seitwärts gerichtet und läßt sich wohl mit einem nicht ganz geschlossenen Rohr vergleichen, welches an seiner dorso-rostralen Seite mit einer Längsspalte versehen ist. Er befestigt sich an der medialen Fläche der Sklera in einer unregelmäßigen Kreislinie, die in einiger Entfernung von der Eintrittsstelle des N. optieus latitudinal verläuft. Nicht selten trennt sich ein mäßig dickes, aberrierendes Bündel (Textfig.7 u. 8, access. Bündel) von dem hinteren, verdickten Rande des Örbitalteiles des Muskels ab und inseriert selbständig jenseits des M. obliquus superior accessorius an der Sklera. Um diesen Muskel findet man mehrere Hirnnerven und Blut- gefäße. In der Schädelhöhle faßt er dorsal mit der ihn überdecken- den Dura mater den N. ophthalmieus sowie N. trochlearis zwischen sich. An seiner medialen Seite verläuft, ebenfalls dorsal, N. oculo- motorius. Der N. abducens, der anfangs medial von ihm liegt und weiter nasalwärts allmählich unter seinen Bauch gelangt, tritt unter- halb des Solum supraseptale des knorpeligen Schädelbalkens am lateralen Rande desselben zum Vorschein. Medial von dem Retractor oeuli befinden sich der Plexus venosus cavernosus, die A. maxillo- nasoophthalmica?, zwei an den beiden letzteren Blutgefäßen ver- laufende sympathische Fäden sowie das Lig. basale. An der äußeren Seite des Muskels ziehen in sagittaler Richtung der N. palpebralis superior sowie eine teilweise von diesem überlagerte, starke V. naso- ophthalmica. Sowohl der N. palatinus communicans? als auch ein ı Dieses Band (Textfig. 7) stellt eige Verdiekung der Dura mater dar; es ist sagittal, zwischen dem Proc. elinoideus posterior und dem hinteren Rande des Solum supraseptale ausgespannt, heftet sich ventral an den Seitenrand der Trabeeula baseos eranii und steht dorsal mit der Dura mater in direktem Zu- sammenhang. 2 Vgl. das Kapitel »die A. Carotis« der bevorstehenden dritten Mitteilung. 3 Siehe das Kapitel »N. facialis«. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 313 selten vorkommender lateraler sympathischer Faden verlaufen eben- falls außen von ihm, von der letztangeführten Vene geschieden. In der Fissura orbitalis (Textfig. 11) wird er dorsal vom Solum supraseptale, ferner von dem die Radix longa des Ganglion eiliare begleitenden N. ophthalmieus und von dem N. trochlearis sowie dem hinteren Teil des Sinus venosus überlagert. Im übrigen sind die Lageverhältnisse ähnlich, wie wir sie in der Schädelhöhle ange- troffen haben. Textfig. 8. lLevaf membr nichH. 70. \ \ N Mi Bulbus oculi 1 ” Mn - -- 0bl1g. sup. & access 6. > "Access.Bund. ( A (Rerract. oculi.8.) =@ ]evalmembr. nick. 70. "M.oph. Tiefste Teile des Orbitalinhaltes, dorsale Ansicht. Retractor oculi ist teilweise abgeschnitten. Vergl. vorige Textfiguren. Textfig. 9. Oblig. sup. Rech sup.f. AR. of. Jong. rt Sr ı feck inf 2, R. sup. N.oph- Rerrack oculi 8. Be ? ML IE Oblig.sup.-. L Seine j ‚PFOPrS. ; E94 ’ \ {} oblig. MET. Reck Redr R.cıl.br Am.retract y'yr medıal. %. jafer. 3. ocul. Bar Schematische Abbildung der Beziehungen der Augenmuskeln und Nerven. Kurz nach dem Eintritt in die Orbita tritt er zunächst auf den medialen Teil des M. rectus lateralis und dann auf den M. reetus inferior. An seiner Rückenseite kreuzt ihn der M. rectus superior schräg seitwärts, wodurch dorsal der N. trochlearis von ihm abge- schieden wird. Der N. ophthalmicus hat hier den M. retraetor oculi an seiner lateralen Seite. Der N. oculomotorius tritt nach Abgabe des R. superior sowie der Radix brevis des Ganglion eiliare über den M. retraetor oculiÄ, zwischen den letztgenannten Muskel und den Sehnerven. Der dorsale Teil des Ansatzes des M. retractor oculi 314 K. Ogushi wird von dem M. levator palpebrae superior sowie von dem M. levator membranae nictitantis völlig überdeckt. In dem, vom orbitalen Teil des Retraetor oculi zum Teil um- schlossenen Raum finden wir vorerst den dicken, S-förmig ge- krümmten Sehnerven, Vor bzw. unter dem letzteren Nerven zieht die A. eiliaris, begleitet von einer sehr schwachen, makroskopisch kaum sichtbaren, sympathischen Wurzel des Ganglion eiliare, über den vorderen Rand des M. retraetor oculi gegen den medialen Pol des Augapfels. Hinter dem N. optieus findet sich ferner ein ein- heitliehes, makroskopisch wahrnehmbares Ganglion eiliare und dessen Radices longa et brevis sowie drei Nervi ciliares. Nach OsawA soll der beschriebene Muskel bei Hatteria punctata außer dem Ast des N. abducens noch »mehrere kleine Zweige vom Ganglion eiliare« empfangen; dies ist beim Trionyx nicht der Fall. 9. M. levator palpebrae superior!. Ein mäßig stark entwickelter Muskel, der als Schließer der Augenspalte die Hauptrolle spielt. Er entspringt direkt von der Sklera im Anschluß an den vorderen Umfang des Ansatzes des M. retractor oeuli, zieht dann, gemeinsam mit dem M. levator membranae nietitantis dem Augapfel dicht aufliegend und zugleich den dorsalen Umfang des Ansatzes des M. retraetor oculi deckend, im Bogen schräg nach hinten und seitwärts und verbindet sich schließlich sehnig mit den beiden Augenlidern an dem hinteren Augenwinkel. Somit zieht er bei der Kontraktion den letzteren nach hinten und oben, wodurch auch indirekt die Ränder der beiden Augenlider zu- einander genähert werden. Er wird zum größten Teil von oben durch den M. obliquus superior accessorius, den M. rectus superior sowie den M. rectus lateralis gedeckt und liegt nur zum kleinen Teil zwischen diesen Muskeln zutage. Anhang: An zwei fast erwachsenen, großen Exemplaren konnte ich einen abnormen Muskel auspräparieren, der bald mit einem Kopf von der vorderen Fläche des Sehnerven, bald mit zwei ungleich starken Köpfen von der letztgenannten Ursprungsstelle sowie der Sklera (dieht vor dem gewöhnlichen Ursprung des M. levator membranae nietitantis) entspringt und zwischen den M. obliquus superior und 1 Nicht »Levator palpebrae superiorise«! Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 315 M. rectus superior hindurch, gegen die Basis des oberen Augenlides hinweggeht, um daselbst sehnig zu inserieren. In einem Falle mit zwei Köpfen fand die Verschmelzung derselben zwischen dem M. obliquus superior .und M. rectus superior statt. Ich möchte ihn all- gemein als einen M, levator palpebrae superioris! (Fig. 51, Levat. palpepr. superioris) bezeichnen. Die Inneryation dieses Muskels sowie die des M. levator palpebrae superior konnte in diesem Falle nicht nachgewiesen werden. So viel konnte jedoch festgestellt werden, daß weder der N. trochlearis noch der N. oeulomotorius zu ihm einen Zweig entsenden. Es ist jedenfalls sehr wahrscheinlich, daß er von dem N. abducens versorgt wird, ebenso wie die Mm. retraetor oeuli, levator membranae nictitantis und levator palpebrae superior. 10. M. levator membranae nictitantis?, Nach BosAanus hat CuvIer zuerst einen M. palpebrae pyramidalis beschrieben. Darauf hat noch ALzers den M. pyramidalis sowie M. bursalis, »eidem membranae nietanti tribuentes«, und TIEDEMANN auch den M. membranae nictitantis sowie den M. palpebrae inferioris, welche alle in »commune« verlaufen, beobachtet. Aber Bosanus selbst schreibt nure»de musculis, membranam nictitantem regentibus, - e nostra testudine, quantumlibet examinata, nihil eerti, ad auetorem dissesionem componendam, eruere potuis. LEYDIG und WEBER haben jedoch nachher bei verschiedenen Reptilien ein eigenartiges Bänd- chen sowie den M. bursalis aufgefunden und denselben die die Niekhaut bewegende Funktion zugeschrieben. Ein ähnlicher Sehnen- faden ist auch neuerdings von GAupP in der Anatomie des Frosches als Niekhautsehne und von WATKInSoN bei Varanus als »Tendon of niectitating membrane« erwähnt worden. Bei Trionyx japoniceus 1 Nicht zu verwechseln mit dem eben beschriebenen »M. levator palpebrae superiore«e! 2 BoJANUS hat auf seiner Tafelfigur 129 die Membrana nictitans derartig gezeichnet, daß dieselbe von dem medialen Augenwinkel in den Konjunktival- sack als eine halbmondförmige Falte hineinragt. Beim Trionyx jedoch zeigt sie sich als eine Duplikatur der die innere Fläche des unteren Augenlides be- kleidenden Bindehaut, die sich von unten in die Augenspalte ausbreitet, ähnlich wie dies beim grünen Frosch der Fall ist (vgl. Froschanatomie GAuPpPps). Des- halb bewegt sie sich beim Schließen nicht »bulbi anteriora ita abducens, ut iridis partem tegat«, sondern vermag .ganz unabhängig von dem undurchsichtigen Teil des eigentlichen unteren Augenlides, von unten her sich erhebend, die ganze äußere Fläche des Bulbus zu überziehen. Infolge der starken Durch- sichtigkeit dieser Falte ist das Tier imstande, unter Wasser bei geschlossener Membrana nictitans zu sehen. Morpholog. Jahrbuch. 46. >21 316 K. Ogushi . konnte ich indessen ausnahmslos zwei besondere, mehr oder minder gut entwickelte Muskeln auspräparieren, von denen einer die Nick- haut hebt und der andere dieselbe sowie das untere Augenlid senkt. Der letztere ist der weiter unten beschriebene M. depressor palpebrae inferioris, der erstere dagegen der M. levator membranae nietitantis. Dieser Muskel wird nicht nur von dem M. levator palpebrae superior fast vollkommen überlagert, sondern hat auch beinahe den- selben Verlauf, so daß er bei nicht genauer Präparation leicht über- sehen werden kann. Wenn man jedoch mit einiger Sorgfalt den M. levator palpebrae superior von seinem Ansatzende her abhebt, so trifft man unter ihm einen zwar schwachen, aber deutlichen Bauch, der ein wenig dorsal von der Ursprungsstelle des M. levator palpebrae superior liegt und von der medialen Fläche des Augapfels direkt entspringt. Er zieht in schräger Richtung nach hinten und seitwärts und tritt in den Raum zwischen dem aberrierenden, hin- teren Bündel des M. retractor oculi (vgl. S. 312) und dem M.-rectus lateralis, um mit einer zarten Sehne an dem hinteren Ende der Nickhaut zu inserieren. 11. M. depressor palpebrae inferiöris. Er ist unter den Augenmuskeln der einzige, der aus glatten Muskelfasern besteht. Makroskopisch ist er nicht als Muskel wahrnehmbar, denn er stellt nur eine halbdurchsichtige, sehr dünne Lamelle dar, die sich an den Orbitalboden dicht anschmiegt und seitwärts in das Gewebe des unteren Augenlides kontinuierlich über- geht. Unter dem Mikroskop jedoch erweist er sich ohne weiteres als ein glatter Muskel, dessen Fasern vorzugsweise in frontaler Richtung, d. h. senkrecht zur Sagittalebene des Körpers, verlaufen. Diese Muskelplatte ist nicht ganz eben, sondern an ihrer dorsalen Fläche erheblich konkav; sie umhüllt von unten den ventralen Teil des Orbitalinhaltes und hängt nach innen, ein wenig medial von der Mitte des Orbitalbodens, mit dem Seitenrande des Lig. flavum! und lateral, an der Basis des ventralen Augenlides nach rückwärts leicht umbiegend, mit dem oralen Rand der medialen, submucösen Binde- !i Dieses Band erweist sich bei der Anwendung der WEIGERT schen Färbung der elastischen Fasern deutlich als eine Membran, die ausschließlich aus elasti- schen Elementen besteht. Es entspringt medial, von dem ventralen Rande des Septum cartilagineum interorbitale.. Das bezügliche Band wurde bereits von BURKARD bei der Schilderung der Periorbita der Sumpfschildkröte kurz er- wähnt, ohne jedoch eine besondere Benennung zu bekommen. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 317 gewebsschicht der Nickhaut und des unteren Augenlides zusammen. Nasalwärts zieht der Muskel über die vordere Fläche der HArDErschen Drüse und dehnt sich caudalwärts beinahe bis zum hinteren Augen- winkel aus. Ventral wird er von dem knöchernen Orbitalboden durch den sinuös erweiterten Lymphraum geschieden, dorsal dagegen von der ausgedehnten Tränendrüse überdeckt. | Die Entdeckung eines glatten Muskels in den Lidern ist ziem- lich jung. Nach Max WEBER scheint LEYDIıG der erste zu sein, der Textfig. 10. V. chorioidea Sinus venosus.orbitalis. | Obhg syp. propr 5. frontsle Sınus /ymph.” "7 pa/p. InF. Recth.medızl.4 IN 5 N-=-$8ce conyunck. bare) MW. ophth.- — Sepfum interorbitale - S-"Cornea cartılagineum. _ El Depr pslpebrae - Vomer ——_ 0 \ Y N inFer. 11. 2 FRAGE ER / AN : P Pars.choane capsulge - 6 VER 0% Z; GBI Sinus Jymph.orbif. naSsı carhı lagınae -- = 4 KL, A - R.in£ (NL). ei: IH G/land. /acrym.ın£ - oe \ B.0.n Lr FEISUERn = N uınfraorbif.- Lınea medıana - tuberculı palatını: \ {S = Proc alveolarıs - ‚Periorbitae j anf \ Nr maxıllae. 1 \ Plıca Jater W.infrsorbit tuberc.palat. Post Querschnitt des Kopfes. 5 mal vergrößert. ihn beobachtet und einfach als »die glatte Muskulatur« in den Lidern bezeichnet hat. Im Anschluß an den letzteren Autor hat WEBER bei dem Genus Lacerta eine eingehende Nachprüfung angestellt und diese Befunde bestätigt und ihn als den »glatten Lidmuskel« benannt. Die Ergebnisse der beiden Forscher stimmen darin überein, daß der betreffende glatte Muskel in den beiden Augenlidern in Gestalt einer kontinuierlich zusammenhängenden »hautartigen Ausbreitung« auffällt und funktionell mit der Schlußbewegung des Augenlides gar nichts zu tun hat, sondern »hauptsächlich auf die Entleerung der Drüsen- sekrete berechnet zu sein« scheint. Allem Anscheine nach ist diese 21* 318 K. Ogushi Annahme, wenigstens beim 7rionyx, nicht zulässig. Um darauf näher einzugehen, muß man vorerst das physiologische Verhalten der Augenlider beim Trionyz ins Auge fassen. Das betreffende Reptil lebt nämlich in der Hauptsache amphibiotisch und kommt sehr selten aufs Land, wie dies bei den gewöhnlichen Urodelen der Fall ist. Auf dem Lande schlägt es natürlich die Augenlider völlig auf; die äußere Fläche des Auges ist dann selbstverständlich der Luft unmittelbar ausgesetzt. Im Wasser hingegen hält das Tier das Auge niemals offen, sondern pflegt es fortwährend mit der Nickhaut zu bedecken, die ein Eindringen von Wasser in den Konjunktival- sack unmöglich macht, ohne das Tier am Sehen zu hindern. Wenn in diesem Falle die Sekretion der Tränendrüse auch weiter andauern sollte, so müßte der Konjunktivalsack bald gänzlich mit Tränensekret gefüllt sein. Bei den übrigen amphibiotisch lebenden Tieren kann dieser glatte Lidmuskel bei Anwesenheit eines Tränennasenganges den Abfluß der Tränenflüssigkeit regulieren; beim Trionyx fehlt je- doch dieser, für die Taxonomie sehr wichtige Tränennasengang, wie ich dies sowohl makroskopisch als auch mikroskopisch an mehreren Schnittserien des Kopfes mit aller Bestimmtheit nachweisen konnte. Es unterliegt daher keinem Zweifel, daß in diesem Falle von einer Einwirkung auf die Entleerung der Tränendrüse nicht die Rede sein kann!. Ebensowenig kann man auch aus der innigen Beziehung seiner Faserstrahlung zu den Tränendrüsen auf eine Beteiligung bei der Tätigkeit der Tränendrüse schließen, denn die Absonderung der Tränendrüsen steht, von dem heutigen physiologischen Stand- punkte betrachtet, nicht im Zusammenhang mit irgendeinem direkten, äußeren, mechanischen Reiz, wie z. B. dem Druck der Muskeln, sondern ist überhaupt nur auf nervöse Einflüsse zurückzuführen. Aus diesen Gründen ist die ‚oben angeführte LEYDIG -WEBER sche Anschauung beim Trionyx nicht zulässig. Vielmehr scheint es mir berechtigt zu sein, anzunehmen, daß der betreffende glatte Muskel lediglich dazu bestimmt ist, das untere Augenlid reflektorisch herab- zusenken. Für diese Annahme spricht offenbar auch das allgemeine ! Nach meiner eigenen Anschauung scheint es mir sehr möglich zu sein, daß die amphibiotischen und demgemäß mit der Nickhaut versehenen Reptilien die durch die Berührung der Öornea mit dem Wasser verursachte Verminderung der Wölbung bzw. der Brechungskoeffizienz des Augapfels dadurch zu kompen- sieren in der Lage sind, daß die Nickhaut und die in dem Konjunktivalsack angesammelte indifferente Flüssigkeit, d. h. Träne, die notwendige Konvexität herstellen. Um dies genau zu erklären, ist es am besten, die Sehwerkzeuge der Fische, namentlich deren Linsen, mit denen der Amphibien und Reptilien zu Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 319 Verhalten seines Faserverlaufes sowie seines Ansatzes. Dieses ist der Grund für die von mir gegebene Benennung »Depressor palpebrae inferioris«e. Dieser Name darf jedoch nicht mit dem des M. depressor palpeprae inferioris verwechselt werden, den WEBER bei Laeertilien aufgefunden hat. Der letztere Muskel ist in jeder Beziehung, d.h. nach dem Verlaufe, Ursprunge usw., dem von mir bezeichneten über- raschend ähnlich und unterscheidet sich von ihm eigentlich durch seinen mikroskopischen Aufbau; denn der Wepersche Muskel be- steht, im Gegensatz zu unserem Muskel, aus quergestreiften Elementen. Ähnlich verhält sich der beim Frosch vorkommende M. depressor membranae nietitantis, der ebenfalls von animaler Natur ist (vgl. Gaupps Froschanatomie). HorFMmAnn sagt: »die Beschreibung, welche BoJanus von seinem M. palpebralis gibt, ist nicht recht deutlich, so daß es mir fraglich erscheint, ob wirklich Bosanus’ M. palpebralis mit dem, welchen ich als M. depressor palpebrae inferioris et superioris bezeichnet habe, identisch ist«. Ebensowenig konnte ich die Beschreibung von Horr- MANN akzeptieren, nicht nur deshalb, weil er von der histologischen Eigenschaft der betreffenden Muskeln nichts sagt, sondern auch aus dem Grunde, weil seine Angabe, daß die erwähnten Muskeln »überall dem Bulbus dicht aufliegen«, nicht richtig sein kann; denn diese Muskeln können dem bereits von mehreren anderen Augenmuskeln überall umschlossenen Bulbus nicht »dicht« aufliegen. Im übrigen hat BURKARD neuerdings in seiner Arbeit über die Periorbita der Chelonier eine Art glatter Muskeln erwähnt, die »rings vergleichen. Die Notwendigkeit der stärkeren Brechungskoeffizenz der optischen Medien im Wasser ist schon in der kugligen Gestalt der Linse der Fische deutlich ausgedrückt. Da jedoch das Quellungsvermögen der Linse be- grenzt ist und allem Anscheine nach bei den terrestrischen Tieren nicht einen solchen Grad, wie bei den im Wasser lebenden Tieren, erreichen kann, so wäre es unrichtig, bei den terrestrischen Tieren neben der Akkommodationskraft der Linse noch außerdem zu erwarten, daß ihre Linse auf Kugelform — wie bei den Fischen — gebracht werden könne. Deswegen ist es mit Entschiedenheit anzunehmen, daß die Nieckhaut gemeinsam mit einer bestimmten Menge von Träne — ich betone »einer bestimmten Menge«, weil der Sekretionsvorgang der Tränendrüse anscheinend mit der Spannung der Träne im Konjunktivalsack parallel geht und nach dem Erreichen des Maximums endlich aufhören muß — bei der Herstellung des, durch das Eintauchen im Wasser verminderten Brechungsvermögens der optischen Werkzeuge eine bestimmte Rolle spielt, so daß die Linse unbeschadet der Verminderung des Brechungsvermögens ihre eigene Akkommodationsfähigkeit genügend aufrecht erhalten kann. Ich werde später wieder darauf zurückkommen. 320 i K. Ogushi den Orbitalinhalt in äquatorialen Zügen einhüllen< und »sich be- sonders ins untere Lid...... sehr weit und sehr deutlich verfolgen lassen«. Dieser Forscher hält diese Muskelfasern mit dem M. pal- pebralis von BoJsanus sowie den von STAnnıus beschriebenen »großen flächenartigen Muskeln der Schildkröte, die sich über einen großen Teil der Orbita ausbreiten«, für »identisch«. Diese glatten Muskelfasern weichen ebenfalls von unserem M. depressor palpebrae inferioris dadurch ab, daß sie statt »senkrecht zur Sagittalebene des Körpers«, d. h. in meridionaler Richtung zu dem Bulbus, wie dies bei unserem Depressor der Fall ist, vielmehr »in äquatorialen Zügen« rings um den Orbitalinhalt verlaufen. Außerdem geht es schon nach seinem Zitat selbst ganz verschieden, da er sie mit dem M. pal- pebralis Bojani vergleicht, der nach BoJAanus selbst: »ab inseriptione tendinea utrumque oculi canthum tenente oriudum« und »juxta pal- pebralum longitudinem porreetum« ist. Corps schreibt in seiner Abhandlung über die Hirnnerven der Vögel: »nach Manz ist der M. depressor palpebrae inferioris bei Anuren eine Abspaltung vom M. levator bulbi, was auch für die Vögel zutreffen dürfte«, weil diese beiden Muskeln von einem und demselben Hirnnerven, d. h. dem Trigeminus, versorgt werden. Diese Annahme ist auch bei Trionyx nur erst dann annehmbar, wenn es klar bewiesen wäre, daß diese Muskeln gleichfalls aus glatten Ele- menten bestehen, was aber nach GAupP sicher nicht der Fall ist. B. Nasenmuskeln. (Textfigur 11.) 12. M. arrector rostri. Außer dem M. depressor palpebrae inferioris gibt es am Kopf des Trionyx noch einen vergleichend-anatomisch sehr interessanten Muskel, der ebenfalls aus glatten Elementen besteht. Dieselben laufen in ungleich dicken Bündeln, von dem dorsalen Umfang der Apertura narium externa des Knochenschädels (durch Vermittlung eines aponeurotischen Blattes) und dem hinteren Rand der Fenestra superior der knorpeligen Nasenkapsel (direkt) teils nach dem vorderen tand des letzteren Fensters, teils gegen den Rücken des Rüssel- abschnittes der knorpeligen Nasenkapsel (vgl. I. Mittg. S. 45 u. 61) und schließen gleichzeitig das letztgenannte Loch der Nasenkapsel ab. Einige tiefste Bündel strahlen auch in die Submueosa der be- nachbarten Nasenschleimhaut ein. Es handelt sich hierbei offenbar um dasselbe Gebilde, das dem bei Amphibien, Krokodilen und ieus. II. 321 ionyx japon Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Tr hen Muskel am topographische Lage und lise anıma ‚manchen Lacertilien sehr verbreiteten, äußeren Nasenloch analog ist. Seine “oougug ‘gcE 'S ISA adunz 1ap Noyuayegosag op pun Sungtogurg erp zoqn 'sırqom zorıagsod oendu sang 7504 "dur7 {sıpqow uou zorıeyue sendu sıeg '7uD "Aur7 “wnureped wnpmorsgng 'z7w7nd 'qnz ‘oIyoquesen ı0p Zuwdusuzogg 4 ‘oryoyquasen op uneıydneg « !ogoyuasen ı9p Zuwd -jossuy > #rorzagur sunbrgg "2 'w :I0Ltozur suj9oy 'z "zw ‘sıreroyep supey 'e zw ‘snorydo 'y 77 "Mogoısıea eu p "sordoy sop ruyospeqseg oe Bude) 7z'ssoJB - 79/4SU0) 4 Bud . | _ 0ssoyboyuz:gz;pioAysee Mxewsa/ul / x n : BeZIZ ua ‚Tsspıofy eındo) BOTEN "N > +E= Zap > = re, z z eay9eysl 'dsaJ - 'eyngIpueW { a yurwniger 1 Ju TAeN 4 e- -Bp1ay5Susoy a LE enmeW 5 zue Bur7--- “Weed x ; " N ee AN EAN us «) 5 aan NR? 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Aber es ist immerhin sehr naheliegend anzunehmen, daß seine Wirkung erst dann in Frage kommen kann, wenn der Trionya nur mit dem Rüssel atmen will. Denn das Tier ist überhaupt sehr scheu und ist stets bestrebt, seinen Körper soviel als möglich dem Gesichtskreis seiner Feinde zu entziehen. Infolgedessen hält es beim Atmen bloß den Rüssel oder höchstens den Kopf bis zur Höhe des Auges über dem Wasserniveau. Aber es unterliegt keinem Zweiiel, daß der besprochene Muskel mit dem bei übrigen Schlangen vor- kommenden M. subnasalis sowie den glatten Muskelfasern in dem »Layer of cavernous tissue« von Sauriern, die besonders sorgfältig von BRUNER untersucht worden sind, gar nichts zu tun hat. ©. Kaumuskeln. (Hierzu Tafelfigur 51, 55—59 und Textfigur 12.) Ich fasse als Kaumuskeln zwei Muskelgruppen auf, die sich zwischen dem Schädel bzw. dem zweiten Zungenbeinhorn und der Mandibel erstrecken. Die eine davon befindet sich nasal von der Ohrkapsel, nimmt die Schläfengrube im weiteren Sinne ein und hebt bei Kontraktion die Mandibel gegen den Gesichtsschädel; dazu ge- hören die Mm. masseter, temporalis, quadrato-mandibularis, ptery- goideus und pterygomandibularis. Die andere Gruppe umfaßt die Mm. hyomandibularis, depressor mandibulae externus et internus, die sich um die hintere Seite der Ohrkapsel gruppieren und die Mandibel herabziehen. Was die Art der Innervation anbelangt, so bekommt die vordere Gruppe Nervenäste ausschließlich von dem N. trigeminus. Die hintere Gruppe erhält dagegen aus zweierlei Quellen ihre Nerven, und zwar: die beiden Depressores mandibulae von dem N. faeialis, den M. hyomandibularis von dem N. glosso- pharyngeus. Es ist noch zu bemerken, daß die vordere Muskelgruppe im Verhältnis zu den übrigen Reptilien durch eine größere Anzahl kräftig entwickelter Individuen ausgezeichnet ist. Daraus können wir den Schluß ziehen, daß die Organisation des betreffenden Tieres, soweit die Kaumuskeln in Betracht kommen, in wesentlichen Punkten weiter vorgerüickt ist, als die irgendeines anderen Reptils. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 323 13. M. masseter. M. temporalis Nr. 1, BoJAanus (partim). Ein starker, dreieckiger Muskel, der knapp unterhalb der Wangenhaut den Schläfenbogen mit dem Planum massetericum des Dentale (I. Mittg. Fig. 14, Pl. mass.) verbindet. An ihm kann man zweierlei Fasern unterscheiden. Die tieferen Fasern vorzugsweise senkrecht zwischen den genannten Knochenteilen. Die oberflächlichen dagegen entspringen von einem dünnen Sehnenstreifen, der von einer Erhabenheit an der ventralen Kante des Proc. zygomaticus des Jochbeins (I. Mittg. Tafelfig. 14*) bis zur, Mitte des Muskel- bauches ausgespannt ist; von diesem Sehnenstreifen strahlen diese oberflächlichen Muskelfasern zum Teil aufwärts nach der ventralen Kante des Jochbogens, zum Teil gegen den ventralen Rand des Planum massetericum des Unterkiefers. Die letztbeschriebene Faser- sruppe ist besser ausgebildet als die dorsale; sie wird außen stets von dem Lig. angulare oris (Fig. 57—58, Lig. angul. oris) durchquert. Das allgemeine Verhalten des Muskels erinnert überraschend an den M. masseter des Menschen. In den Schriften von BoJAanus, HOFFMANN u. a. ist über einen analogen Muskel kaum eine Angabe zu finden. Bosanus schreibt nur, daß der M. temporalis sich außer dem Proc. eoronoideus noch 2 cristam asperam maxillae inferioris« ansetzt. Es ist da- her nicht unwahrscheinlich, daß unser M. masseter bei Test«do mit dem M. temporalis verwachsen ist, wie dies bei mehreren Reptilien, namentlich auch bei der Hatteria punctata (nach OsawA), der Fall ist. Trotzdem konnte ich den oben angeführten Muskel mit großer Leichtigkeit darstellen und habe daher auch kein Zeichen der Ver- wachsung mit den anliegenden Muskeln wahrnehmen können. Daher kann man mit einigem Vorbehalt behaupten, daß der M. masseter unter den Cheloniden erst beim Trionyxz zu einer kompletten Diffe- renzierung gelange. 14. M. temporalis!. M. temporalis Nr.1. Bosanus; M. oceipito-squamoso-maxillaris, HOFFMANN; M. temporalis, STANNIUS. Er ist der maßivste Muskel unter den Kopfmuskeln, der den Raum der gleichnamigen Grube des Schädels vollauf ausfüllt und 1 Ein Vergleich dieses Muskels mit dem des Menschen wird später gegeben werden. S. Kap. »N. temporo-masseterieus« $. 455 u. 456. 324 K. Ogushi von oben durch die derbe Faseia temporalis! bedeckt wird. Er entspringt von der ganzen Innenfläche der letztgenannten knöcher- nen Grube mit Ausnahme des Schläfenbogens, sowie von der die Ineisura oceipitis ergänzenden, sehnigen Membran (Textfig. 12, Membr. tendin. oce.) und setzt sich, das Foramen intertemporale durchsetzend, an den Proc. eoronoideus des Unterkiefers an. An seiner Rückenfläche sind drei bis vier sagittale seichte Furchen erkennbar, in denen stets Blutgefäßzweige von verschiedener Dicke verlaufen. Sie entsprechen den Lagen der starken Sehnensepten (Textfig..12), die in sagittaler Richtung den eigentlichen Muskelbauch in vier bis fünf längliche Fächer unvollständig zerlegen und sich, nasalwärts an Dicke zunehmend und allmählich konvergierend, zu einer sehr dicken Endsehne zusammenschließen. In dem hinteren Abschnitte des Muskels sind die Muskelfasern sehr kurz und in schräger Richtung entweder zwischen den Septen untereinander oder der knöchernen Wand der Schläfenmuskelgrube und den Septen aus- gespannt, wobei sie einem und demselben Fach parallel verlaufen, zu den Fasern der benachbarten Fächer jedoch im spitzen Winkel gelegen sind. So entsteht hier eine deutliche, ceharakteristische Federfigur. Im vorderen Teil des Muskels sind die Muskelfasern, besonders die oberflächlichen, verhältnismäßig sehr lang. Sie ent- springen vorzugsweise von den oben erwähnten Sehnensepten und verlaufen nasalwärts steil oder etwas sagittal, um teils an der End- sehne, teils direkt an dem Proc. coronoideus zu inserieren. Diejeni- gen Fasern, die an dem Proc coronoideus direkten Ansatz finden, sind oberflächlicher gelagert als die anderen; sie überdecken fast vollständig die-Endsehne, so daß dieselbe nur an ihrer hinteren Fläche als ein ovales Feld bloßliegt (Fig. 51, Tendo temporalis). Dieselbe Fläche der Endsehne ist außerdem elliptisch gewölbt und von der Synovialmembran bekleidet; sie paßt an die überknorpelte Trochlea prootica (vgl. I. Mittg. S. 23 u. 57). Der enormen Entfaltung dieses Muskels verdankt der Trionyx seine furchtbare Bißkraft?. ! Der Muskel ist überall durch einen schmalen Iymphatischen Raum von dieser Faszie getrennt. ? KunkEL vermutete neuerdings, daß die Verkürzung der Ethmoidalregion der Emys lutaria mit der intensiven Bißkraft des Tieres zusammenhänge. Aber der Trionyx übertrifft an Bißkraft die Emyden beträchtlich. So hat man dem Trionyz den Namen »bissige Schildkröte« gegeben. Man vergleiche hier- über Breums Tierleben. Deshalb glaube ich, daß der Grund für die Verkürzung der Ethmoidalregion der Emyden in einem anderen Faktor zu suchen sei. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. Il. 325 15. M. quadrato-mandibularis. M. pterygo-maxillaris, HOFFMANN (partim). Wenn man den M. masseter abträgt, so kommt der M. quadrato- mandibularis zwischen dem M. temporalis, dem Quadratum und der Mandibula als ein sehr reduzierter Muskel zum Vorschein. Er ent- springt breit und unmittelbar von der nasalen Fläche des Quadratums, läuft mit nach vorn konvergierenden Fasern gegen den Gelenkteil der Mandibel und inseriert teils sehnig, teils muskulös zwischen dem Ostium superius canalis inframaxillaris und den Cavitates glenoidales an der Mandibula, ein wenig auf deren mediale Fläche übergreifend. Der Muskel wird gewöhnlich von einem Arterienast, dem R. m. massetericus (Fig. 56, R. mass. med.), in zwei ungleich starke Portionen gespalten; von diesen ist die hintere stets stärker entwickelt als die andere, liegt fast horizontal und ist mit einer schwachen Ansatz- sehne versehen. Durch den Raum zwischen dem in Rede stehenden Muskel und dem M. temporalis tritt der N. masseterieus (Fig. 56, R. mass.) heraus. Der M. quadrato-mandibularis blieb auch von älteren Autoren unerwähnt, oder er wurde höchstens als eine Portion des M. pterygo- . maxillaris (Horrmann) betrachtet. Aber seine Individualität ist in der Selbständigkeit des ihn innervierenden Nervenzweiges deutlich aus- gesprochen (vgl. S.499). Mit welchem Muskel der höheren Wirbel- tiere kann man ihn vergleichen? Zurzeit bin ich noch nicht in der Lage, darüber etwas Entschiedenes zu sagen. Doch ist es nicht unmöglich, zwischen ihm und dem M. pterygoideus externus der höheren Wirbeltiere eine, wenn auch inkomplette Homologie anzu- nehmen. Denn wenn man sich vorstellt, daß die Insertion des M. quadrato-mandibularis infolge der Einverleibung des Quadratums in die Reihe der Gehörknöchelehen sekundär auf das Pterygoid oder dessen homologes Gebilde umgelagert würde, so ergibt sich ein ungefährer Übergangszustand, von dem man ohne grosse Schwierigkeiten die beiden angeführten Befunde miteinander „ver- binden kann. 16. M. pterygoideus. M. pterygo-maxillaris, HorrmAnn (partim); M. pterygoideus, BOJAnUS (partim). Ein in der Fossa temporalis propria am tiefsten gelegener, ge- fiederter Muskel mit zwei Ursprungsköpfen. Sein dorsaler, ansehn- licher Kopf (Fig. 51 u. 56, Port. dors.) entspringt von der lateralen Fläche des Parietale, und zwar won dessen Proc. inferior bis auf 326 K. Ogushi die Fossa pterygoidea interna (vgl. I. Mittg. S. 31), und steigt mit parallelen, nach hinten und oralwärts geneigten Fasern gegen die Ansatzsehne herab. Der ventrale, schwächere Kopf (Fig. 51, Port. ventr.) nimmt direkt von der, nach der Fossa temporalis propria zu- sewandten Fläche des Pterygoids sowie des Palatinums ausgedehnten Ursprung, geht, ein wenig aufwärts emporsteigend, nach hinten und befestigt sich von unten her an die Ansatzsehne. Dieselbe verläuft fast horizontal und inseriert mit ihrem caudalen Teile, durch mus- kulös endigende Fasern der beiden Köpfe verstärkt, an der medialen Fläche der Wurzel des Proe. eoronoideus, im Anschluß an den Ansatz des M. temporalis. Hart an der lateralen Seite des dorsalen Kopfes zieht der zweite Trigeminusstamm mit seinen Zweigen und Blutgefäßen nach vorn vorbei. Da der Muskel offenbar mit dem M. pterygoideus internus der höheren Wirbeltiere vergleichbar ist, und der M. quadrato-mandi- bularis nach dem Vorhergesagten mit dem M. pterygoideus externus der höheren Wirbeltiere homologisiert werden kann, so kann man wohl behaupten, daß beim Trionyx zwei Mm. pterygoidei vorkommen. SrtannIus sagt jedoch in seinem Lehrbuch: »die Chelonia besitzen, statt zweier Mm. pterygoidei, nur einen M. pterygoideus internuse, welche Behauptung nach meiner Meinung in der oben angegebenen Weise erweitert werden kann. Übrigens ist sehr beachtenswert, daß GAuprs Befund an Rana mit dem von mir beobachteten Sachverhalt fast vollkommen in Ein- klang steht. 17. M. pterygo-mandibularis. M. pterygoideus, BoJAanus (partim). Ein dreieckiger, ziemlich reduzierter Muskel, der dieht unter- halb der Mundschleimhaut, von innen das Quadrato-mandibular-Gelenk bedeckt. Er entspringt unmittelbar mit breiter Ansatzfläche von dem seitlichen, schmalen Saum der oralen Fläche des Pterygoids und setzt sich mit konvergierenden Fasern an der medialen Fläche des Opereulare an, dicht an die Cavitas glenoidalis medialis ange- schlossen. Er begrenzt hinten mit dem M. depressor mandibulae internus einen schmalen Spaltraum, durch welchen die Tuba Eustachii (Fig. 55 u. 59, Tub. Eustach.) nach außen gegen die Tympanalhöhle passiert. Die Chorda tympani wird medial auch von ihm überdeckt und kommt erst an seinem vorderen Rande zum Vorschein, um dicht unter der Mundschleimhaut nasalwärts hinwegzuziehen. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 327 Bosanus hat diesen rudimentären Muskel als eine Portion des M. pterygoideus betrachtet. Ich bin auch derselben Meinung, weil er gemeinsam mit dem M. pterygoideus von einem und demselben Zweige des R.m. pterygoideus posterior des dritten Trigeminusstammes innerviert wird. Aber beim Triony& ist die Grenze zwischen den beiden Muskeln zu selten verwischt, als daß sie zusammen besprochen werden könnten. Deswegen möchte ich ihn als ein schon indivi- dualisiertes Gebilde ansehen. 18. M. hyomandibularis. M. hyomaxillaris Nr. 16, Bosanus; M. stilomaxillaris, ALESSANDRINI!; M. ceratomaxillaris, HOFFMANN. Ein langer, hinter der Ohrgegend im Bogen verlaufender Muskel, der auf dem Querschnitt dreieckig erscheint und mit seinem hinteren Drittel unter dem M. sphincter colli sowie der Cauda squamosa des M. cervico-hyo-capitis versteckt ist. Er entspringt muskulös von dem dorsalen Endabschnitt des zweiten Zungenbeinbogens, läuft in einem nach hinten schwach geschweiften Bogen in naso-ventraler Richtung herab und setzt sich nach dem Durchtritt durch die zwischen der vorderen Portion des M. sphineter colli und dem M. inter- maxillaris befindliche Lücke an das hintere Drittel des ventralen Randes der Mandibel an, ohne eine Sehne zu erzeugen. Dieser Muskel wurde früher als ein Homologon des M. biventer maxillae der Säuger bzw. dessen Portion vielfach angenommen. Aber diese Ansicht ist nach dem heutigen Standpunkte der vergleichend- anatomischen Forschung ganz unhaltbar. Hingegen hat die Ansicht, daß der 19. M. depressor maxillae externus M. digastricus maxillae Nr. 3, BOJAnus; Mm. apertores oris, RATHKE (partim); M. squamoso-maxillaris, HOFFMANN; oberflächliche Portion des Camd, RuGE mit dem M. digastrieus maxillae der Säuger zu vergleichen sei, neuerdings mehr und mehr an Bedeutung gewonnen. Dieser ge- fiederte Muskel, in der Form einer umgekehrten Pyramide gleich, entspringt mit breiter Basis direkt von der ventralen Fazette der äußeren Fläche des Proc. mastoideus des Squamosum (vel. I. Mittg. S. 27) bis auf dessen vorderen, aufgeblähten Teil. Sämtliche Muskel- fasern, die von der eben genannten Ursprungsfläche hervorgehen, konvergieren von allen Seiten spitzwinklig gegen die, in der Mitte 1 Derselbe Autor sieht das zweite Bogenpaar des Zungenbeins als Proc. styloideus der Säugetiere an. > 328 K. Ogushi des Muskels tief versteckte, unansehnliche Sehne, deren Lage schon äußerlich durch eine, an den ventralen Zweidrittel des Muskels deutlich ausgeprägte, beinahe lotrecht verlaufende, seichte Furche angedeutet ist. Diese Sehne setzt sich gemeinsam mit einer Anzahl von randständigen Muskelfasern, die zu der Endsehne nicht übergehen können, an die Cavitas muscularis des Suprangulare an. | Der Muskel wird außen an seiner oberen Hälfte von der Cauda squamosi des M. cervico-hyo-capitis bedeckt und liegt nur an der unteren Hälfte subkutan zutage. Medial bzw. hinten grenzt er an die breite sehnige Insertio squamosi des M. sphineter colli, welche ihn gemeinschaftlich mit dem N. facialis von dem medialen, gleich- namigen Muskel sowie dem M. hyomandibularis scharf abtrennt. Das Ansatzende des M. depressor mandibulae externus steht etwas von dem Gelenkteil des Quadratums ab und faßt mit diesem das äußere Ende der Tuba Eustachii zwischen sich ein. 20. M. depressor mandibulae internus. M. dilatator tubae Eustachii, BoJAnus und HorFMAnN |/?). Er liegt tiefer als der vorige Muskel und wird von diesem durch die Ansatzsehne des M. sphincter colli sowie den Faecialisstamm ge- schieden. Er ist ebenfalls von umgekehrt-pyramidaler Form und spannt sich zwischen der medialen bzw. ventralen Fazette der äußeren Fläche des Squamosum und der Cavitas muscenlaris des Artieulare des Unterkiefers aus. Sein Ansatzende ist außerdem durch Sehnen- streifen beträchtlich verstärkt. Nach vorn grenzt er teils an den oben erwähnten M. pterygo- mandibularis, teils an das Quadratum an und faßt mit ihnen das Anfangsstück der Tuba Eustachii sowie die Chorda tympani ein, welch letztere aber zuweilen den in Rede stehenden Muskel durch- setzt. Seine mediale Fläche dient zum größten Teil der seitlichen Partie der Mundschleimhaut zur Unterlage und schützt zugleich das aus dem Schädel hervortretende Stück des N. glosso-pharyngeus, accessorio-vagus, hypoglossus sowie die A. carotis. Bosanus hat zum erstenmal in seiner Arbeit über die Anatomie der Testudo europea unter dem Nauen »M. dilatator tubae« einen besonderen Muskel erwähnt, der nach ihm »a processu mastoides ad tubam« ausgespannt und »leviter expanso extremo« wirken soll. Mancher Autor, wie z. B. HorFMANN, glaubt ebenfalls einen solchen Muskel gesehen zu haben. Aber beim Trionyz konnte ich einen analogen Muskel niemals beobachten. Ich möchte vielmehr glauben, Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 329 daß Bosanus wahrscheinlich den M. dilatator tubae entweder mit unserem M. depressor mandibulae internus oder dem zunächst zu be- sprechenden M. tensor vaginae venae nasoophthalmieae verwechselt habe. Für die erste Annahme sprechen besonders deutlich sowohl die Zeichnungen von Bo,JAnus als auch die Art und Weise der Innervation. Der M. dilatator tubae wird nämlich nach Bosanus von dem N. facialis versorgt, ebenso wie der M. depressor mandibulae internus; unser M. tensor vaginae venae nasoophthalmicae erhält hingegen Nervenäste vom N. glossopharyngeus. Ohnehin scheint mir der M. dilatator tubae in bezug auf seine Funktion bei der Regulierung der Luftspannung der Tympanalhöhle theoretisch entbehrlich zu sein. Nähreres darüber folgt im Kapitel »Gehörorgan«. Die beiden Mm. depressores mandibulae stimmen im großen ganzen mit den Mm. apertiores oris von RATHKE überein. Nach diesem Autor scheinen sie zusammen »dem häufig nur einbäuchigen M. digastriei der Säugetiere zu entsprechen«, während BoJAanus schon längst bloß den M. depressor mandibulae externus für den M. digastrieus hielt. In bezug auf diese Anschauungen hat neuer- dings RugE eine eingehende vergleichend-anatomische Untersuchung angestellt, die nach ihm zu dem Schlusse führt, daß der C3md (prof.), ‘ welcher zweifelsohne mit dem M. depressor mandibulae internus des Trionyz identisch ist, im Laufe der Phylogenie bis zum hinteren Bauch des M. biventer maxillae der - Säugetiere gelangen könne. Die letzten Autoren, wie BiyovEr, ToLpr u. a., sind ebenfalls der- selben Meinung. Der mediale Umfang des Ursprunges des M. .depressor mandi- bulae internus wird von einem rudimentären, zarten, aber ziemlich langen Muskel bedeckt (Textfig.12). Dieser Muskel entspringt fleischig von dem vorderen, größeren Teile des ventralen Randes des Proe. mastoides. Die kurzen Muskelfasern steigen in schräger Richtung nach hinten und medianwärts und befestigen sich mit der hinteren kleinen Portion am dorsolateralen Umfang der derben, sehnig glän- zenden Gefäßscheide der A. carotis, mit dem vorderen größten Teile jedoch an der ganzen Cireumferenz der Gefäßwand der V. nasooph- thalmica. Sein Ansatz an der letzteren ist unter dem Mikroskop tief bis in die Fossa jugularis verfolgbar. Da der Muskel auf diese Weise zu der genannten Vene eine sehr innige Beziehung aufweist, so möchte ich ihn als 330 K. Ogushi 21. M. tensor s. dilatator vaginae venae nasoophthalmicae bezeichnen. Da er in dem schmalen Raum zwischen dem M. depressor mandibulae internus und M, episterno-squamosus ventralis versteckt liegt, so habe ich ihn selbst anfangs lange übersehen, bis ich ihn eines Tages gelegentlich der Durchmusterung von Serienschnitten Textfig. 12. Membr tendın oce Tempor ahs 14. En Sepra tendınea ach m. temporalıs Ss I . ı nu “” A, ie ale I - IE ‚ } = if. Spina occıpıkıs: Karte 0 se pP: Ip: _ IT na ron sa TA 2, En : ,- Depress.mandıb. Yjugul. ink. \ abe. 22 ink. 20. N ee { e —- rt % Epistroph:sguaph Nr: 2 N = dors.46. IN. _Tens.vagin.v.- _ nasophth.21. Plex.renos.verf. \ VE ENIE Depr.mandib.ext 13. Allanto :opisthohie. Q 47 2 FL Plex.venos.: vertebr. 4 4% Ti — "> A.carohs. Rückenmark Proc.condyl.- _ Z/, OCCip. 7 2 FTIR ns" N Oepresemandit.ıt 19 NEL, FE N H t ‚ A.ventr. n.c.]. AHlanto -basioccıpılıs #% Mucosa phary"9- Querschnitt des Kopfes in Occipitalgegend. des Kopfes zufällig gefunden habe; dabei stellte es sich heraus, daß er als ein selbständiger Muskel aufzufassen ist und auch von einem besonderen Zweig des N. glossopharyngeus versorgt wird, Seitdem habe ich ihm sowohl makroskopisch als auch mikroskopisch sorg- fältig nachgeforscht und konnte endlich mit aller Sicherheit fest- stellen, daß meine erste zufällige Entdeckung nieht auf irgendeiner Täuschung beruht, sondern daß es sich dabei um eine konstante und sichere Erscheinung handelt. Es drängt sich nun die Frage auf: was ist dann seine wesent- Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 331 liche Bedeutung? Das, was als Wegweiser für die Lösung dieser Frage ins Gewicht fällt, ist vor allem das Verhalten seiner Inner- vation sowie seines Ursprunges. Die Muskeln, welche vom N. glosso- pharyngeus unmittelbar Äste erhalten, kommen in der ganzen Reihe der Wirbeltiere in sehr beschränkter Anzahl vor. Sie stehen aus- schließlich mit dem ersten Kiemenbogen mehr oder minder in enger Beziehung. Es wäre daher kaum allzu sehr gewagt, diesen Muskel nur nach dem Verhalten des ihn versorgenden Nerven als einen Überrest der Muskelgruppe des ersten Kiemenbogens anzusprechen. Faßt man dabei noch seinen Ursprung am hinteren Bereiche der Ohrkapsel ins Auge, so ergibt sich in letzter Instanz die Folgerung, daß er dem M. levator areus cerato-branchialis I. der kiementragenden Amphibien am nächsten stehe (vgl. hierbei DRÜNERs Aufsätze). Gegen diese Auffassung gibt es jedoch zwei Einwände: 1. der Ausfall der direkten Beziehung seiner Endsehne zu den Zungenbeinbögen; 2. der Widerspruch zwischen dem Fortbestehen dieses Muskels und der kückbildung des Kiemenapparates. Der erste Umstand ist jedenfalls aus der Rückbildung seines Ansatzteiles leicht erklärbar, die wahr- scheinlich eng mit der Befreiung des Zungenbeins von der primären Atmungsvorrichtung zusammenhängt. Dabei bleibt mir jedoch die Bedeutung seines Ansatzes an den Gefäßwänden nicht ganz klar. Ebensowenig ist auch der zweite Punkt zu verstehen, weil man kaum den Grund für das Fortbestehen dieses Muskels finden kann, denn allgemein ist man ja der Ansicht, daß die Kiemenmuskeln, nament- lich die Levatores arcuum branchialium, mit dem Eintreten der Luft- atmung rasch zugrunde gehen. Um für diese interessanten Fragen begründete Erklärungen zu finden, ist es natürlich unerläßlich, eine eingehende, embryologische und vergleichend-anatomische Nachprüfung anzustellen. Da ich mir diese als meine nächste Aufgabe gestellt habe, so will ich vorder- hand diese Fragen offen lassen. Jedenfalls ist es nicht schwer zu vermuten, daß der betreffende Muskel zeitlebens, vornehmlich beim Zurückziehen des Kopfes ins Schildgehäuse, als ein Regulator des Blutstromes im Kopfe eine wesentliche Rolle spielen muß. Denn sein Ansatz erfolgt an den Wänden der Blutgefäße, welche für den Blutkreislauf im Kopfe bestimmt sind, gerade da, wo diese Blut- sefäße beim Zurückziehen des Kopfes stets mehr oder minder scharf seknickt sind, und es sind die konkaven Seiten dieser geknickten Gefäße, wo sich der Muskel inseriert. Wenn sich nun der Muskel kontrahiert, so zieht er die letzteren nach deren konkaver Seite und Morpholog. Jahrbuch. 46. 22 : 332 K. Ogushi bringt sie zu mehr oder minder geradem-Verlauf. Dies ist für den Kreislauf von großer Bedeutung; denn die Kniekung eines Rohres bedingt zugleich eine Lumenverengerung, die selbstverständlich dem Blutstrom, besonders dem mit stark abgeschwächtem Druck zurück- kehrenden Venenblut, einen großen Widerstand leistet. D. Muskeln im Mundboden. (Fig. 52 u. 55—59, Textfig. 11 u. 12.) Im Boden des Mundes kommen außer dem M. intermaxillaris, M. geniohyoideus, M. hyoglossus, M. intercornuatus (superior et in- ferior) und M. genioglossus noch zwei bis jetzt noch nicht angegebene Muskeln vor, nämlich der M. entoglosso-glossus sowie entoglosso-: hyoideus. Diese beiden sind tief gelagert und nehmen gemeinsam _ vom Os entoglossum ihren direkten Ursprung. Mit Ausnahme des von dem dritten Stamm des Trigeminus versorgten M. intermaxillaris stehen sie sämtlich unter der Herrschaft des N. hypoglossus. 22. M. intermaxillaris. M. mylohyoideus Nr. 13, BOJANUS; M. mylo-hyoideus, ALESSANDRINI s M. intermaxillaris, HOFFMANN. Er stellt sich als ein dünnes, dreieckiges Muskelblatt dar, welches die oberflächlichste Lage des hinter dem Unterkiefer befindlichen drei- eckigen Raumes einnimmt und sich nach hinten in die Portio anterior des M. sphincter colli unmittelbar fortsetzt. Er entspringt kurzsehnig von der medialen Fläche des zusammengesetzten Unterkiefers in einer langen Linie, die dicht entlang dem ventralen Rande des Suleus inframaxillaris von hinten nach vorn zieht und in der Nähe des vorderen Winkels des letzteren aufhört. Seine Muskelfasern laufen quer parallel gegen die mediane Raphe, anfangs dicht an die mediale Fläche des Unterkiefers angeschmiegt, dann aber am ven- tralen Rande des letzteren nach einwärts gebogen. Die vordere Winkelstelle des Unterkiefers ist frei von seinen Fasern, die dort durch eine bindegewebige Membran, welehe nach hinten in die mediane Raphe des Muskels übergeht, vertreten werden. 23. M. genio-hyoideus. M. geniohyoideus, BOJANUS, ALESSANDRINI, HOFFMANN U. 4. Ein platter, rechtwinklig-dreieckiger Muskel, der von dem vorigen Muskel bedeckt ist und stets aus zwei Portionen besteht. a) Portio posterior, (Port. post.). Sie entspringt fleischig dicht Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 333 neben dem Ursprung des M. levator pharyngei von dem Tuber hyoidis des Cornu hyale I des Zungenbeins und begibt sich mit stark medio-nasalwärts divergierenden Fasern zur Mediannaht, wo sie mit der gegenseitigen gemeinsam endigt. Ihr vorderes Ende erreicht gewöhnlich nicht den Unterkiefer, sondern hört ein wenig hinter dem Winkel des letzteren auf. b) Portio anterior (Port. ant.). Sie bildet den lateralen Teil des: Muskels und beginnt ebenfalls vom Tuber hyoidis mit einem zarten Sehnenfaszikel. Dieses geht bald in den mäßig dicken, beinahe zylindrischen Bauch über, der dem äußeren Rande der vorigen Portion entlang gerade vor- und etwas einwärts läuft und sich an den ventralen Umfang der Fovea angularis des Dentale muskulös befestigt. Die Mediannaht hängt außerdem mit derjenigen des M. inter- maxillaris ziemlich innig zusammen. Das Os entoglossum wird voll- kommen von dem in Rede stehenden Muskel von unten her überdeckt. 24. M. hyo-glossus. M. hyoglossus Nr. 18, BoJanus; M. stilo-glossus, ALESSANDRINI1; M. cerato-s. hyo-glossus, HOFFMANN. Ein schlanker Muskel, der tiefer als der M. genio-hyoideus liegt und zum Teil, namentlich an seinem medialen Teile, auch von diesem bedeckt wird. Er beginnt ebenfalls von dem Sehnenfaszikel, von dem auch die Portio posterior des M. genio-hyoideus ent- springt, und geht, dem Seitenrande des Os entoglossum folgend, gerade vorwärts nach der Submucosa des Mundbodens und inseriert zwischen den Ansätzen des M. genio-glossus sowie M. entoglosso- glossus an dem lateralen Umfange des hinteren, beweglichen Teiles der Zunge. Am vorderen Teile des Zungenbeinkörpers passiert er an dem seitlichen, vorderen, großen Ausschnitte des knorpeligen Abschnittes der Copula vorbei, etwas schief vor- und aufwärts umbiegend. Er wird nicht selten von dem Stamm des N. hypoglossus durchsetzt. An seiner Oberfläche ist ferner eine verhältnismäßig dicke Faszie erkennbar, die mit dem Seitenrande des Os entoglossum, mit Aus- nahme des hinteren Teiles, zusammenhängt. 1 ALESSANDRINI glaubt, daß das Cornu branchiale I des Zungenbeins dem Proc. styloideus der höheren Wirbeltiere entspreche. 2 Ich möchte vorläufig darauf aufmerksam machen, daß an der Zunge des Trionys deutlich zwei Abschnitte unterschieden werden können (Textfig. 11). Der vordere Teil der Zunge (Ling. ant.) ist nach hinten sichelförmig gestaltet, 22* 334 K. Ogushi 25. M. intercornuatus. M. stilo-hyoideus, ALESSANDRINI; M. hyoideus, FISCHER. An ihm sind zwei deutlich getrennte Portionen zu unterscheiden: a) M. intercornuatus dorsalis. Er ist ein schlanker, dünner Muskel, der den dorsalen Rand der zweiten Portion bedeckt, und entspringt von dem dorsalen Endabschnitte des Cornu branchiale I, dieht anschließend an die Ursprungsstelle des M. hyomandibularis, steigt gerade vor- und einwärts herab, um sich sehnig an der lateralen Fläche des Cornu hyale anzusetzen. b) M. intereornuatus ventralis. Er entspringt direkt mit breiter Basis von dem größten Teile des Umfanges des Cornu branchiale I, mit Ausnahme des dorsalen Endabschnittes und der ventralen, schmalen Cireumferenz der ventralen Fläche, welch letztere proximal d. h. copulawärts von dem Tuber hyoidis liegt. Seine einzelnen, relativ kurzen Fasern konvergieren nach vorn, unten und einwärts gegen die äußere Fläche des Cornu hyale sowie den hinteren freien Rand des lateralen Vorsprunges des ersten Copulapaares und inse- rieren hier ebenfalls muskulös. Die Fasern, die von der lateralen Fläche des Cornu branchiale I ihren Ursprung nehmen, beschreiben dabei um den vorderen Rand des letzteren Bogens eine deutliche Spiraltour. Die von der vorderen Fläche des eben genannten Zungen- beinbogens entspringenden Fasern weichen von den übrigen dadurch ab, daß sie nicht in den oben beschriebenen Ansatz übergehen, sondern sich an die starke, sehnig glänzende Faszie! ansetzen, die sich von dem hinteren, oberen Rande des Cornu hyale auf die Oberfläche des in Rede stehenden Muskels sowie die vorige Portion ausbreitet. Wie man leicht aus der topographischen Lage des Cornu hyale bindegewebig diek gepolstert, mit Geschmacksknospen versehen und entbehrt gänzlich der Muskelfasern (also nicht mobil). Die hintere Zunge (Ling. post.) findet sich zwischen dem Kehlkopf und der vorderen Zunge; sie stellt eine un- ansehnliche, runde Erhabenheit dar, die durch große Papillen sowie große Be- weglichkeit ausgezeichnet ist. Die Geschmacksknospen fehlen jedoch in diesem Teile gänzlich. ! Über dieser Faszie befindet sich noch eine derbe Faszie, das Lig. inter- cornuatum (Lig. int. corn., Fig. 56), welches von dem vorderen Rande des Cornu branchiale II entspringt, die äußere Fläche dieses Muskels überzieht und sich am vorderen Rande der Portio dorsalis ein- und caudalwärts herumschlägt. Wenn der M. intercornuatus das Cornu hyale bzw. das vordere Copulapaar als Stützpunkt kontrahiert, go neigt sich das Cornu branchiale I nicht allein nach vorn, sondern er zieht auch das Cornu branchiale II in Mitleidenschaft nnd be- wegt es in gleicher Richtung. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. I. 335 ersehen kann!, ist dieser Muskel fraglos ein Dilatator des Schlund- bzw. Kehlkopfes, indem er bei Kontraktion die ansehnliche Schleim- hautfalte, die zum Teil auch von außen den Aditus laryngis über- wölbt, zur Seite zieht. Der N. hypoglossus durchsetzt ihn gewöhnlich in sagittaler Riehtung. 26. M. genio-glossus. M. genioglossus, BoJanus und ALESSANDRINI; M. maxillo-glossus, HoOrFFMmann. Er ist im vorderen Winkel des Mundbodens tief verborgen und stützt von unten-hinten die vordere, unbewegliche Zunge. Die Ge- samtform der beiderseitigen, in der Medianlinie miteinander ver- bundenen Muskeln stellt eine, dem Winkel des Unterkiefers entlang von rechts nach links gebogene, V-förmige Platte dar, deren dorsale, konvexe Fläche nach vorn und oben schaut. Der vordere Rand dieser Platte entspricht der Ursprungslinie des Muskels, die unmittelbar oberhalb des Ansatzes des M. genio-hyoideus verläuft, und bildet gleichsam die vordere direkte Fortsetzung des Ursprunges des M. intermaxillaris. Ihr hinterer Rand verbindet sich hingegen mit dem Unterschleimhautgewebe der hinteren, mobilen Zunge und um- gibt von außen die Insertionsstelle des M. hyoglossus. Die diesen _ Muskel bildenden Fasern verlaufen vorzugsweise gerade von vorn nach hinten. Aber eine größere Anzahl der seitlichen Fasern schlägt sich am lateralen freien Rande des Muskels auf dessen ventrale Fläche herum. Deshalb zeigt der Muskel daselbst eine doppelte Faserlage. BosAanus wollte am gleichnamigen Muskel der Testudo europea »ad ossieulum triquetrum et hyoidis eorpus propinguum« sich inse- rierend gesehen haben. Horrmann lehnt sich an BoJAnus an. Dies aber scheint mir auf einem Irrtum zu beruhen. 27. M. entoglosso-glossus. Ein dünner Muskel, der mit fleischiger Basis von der vorderen Hälfte des Seitenrandes des Os entoglossum entspringt, dicht medial vom M. hyoglossus am Seitenrande des Proc. lingualis des Zungen- beinkörpers vorbeizieht und über das dicke, bindegewebige Polster der mobilen, hinteren Zunge nach innen umbiegt.. In der Median- linie trifft er endlich dieht unterhalb der Schleimhaut mit dem gegen- seitigen zusammen und bildet hier eine deutliche Raphe. Daher zieht er nicht bloß die hintere Zunge, sondern auch gleichzeitig indirekt den Proc. lingualis des Zungenbeinkörpers herab. ı Vgl. Anm. 1. 8.334. 336 K. Ogushi In den Schriften von BOJAnUs, HOFFMANN u. a. findet sich keine Angabe über diesen Muskel. Nur ALESSANDRINI hat bei Chelonia caonana sowie Ch. coriacea unter dem Namen »M. hyoglossus« einen ähnlichen Muskel erwähnt. 28. M. entoglosso-glossus. Ein stark reduzierter, zwischen dem Os entoglossum und dem Proc. lingualis des Zungenbeinkörpers eingeschalteter Muskel, der dicht medial vom vorigen Muskelursprunge, von der dorsalen Fläche des mittleren Drittels des Os entoglossum breit entspringt und sich mit seinen nach vorn konvergierenden Faserzügen direkt an die ' ventrale Fläche des Seitenrandes des Proc. lingualis des Zungen- beinkörpers ansetzt. Das Os entoglossum weist an seinem Seitenteile eine länglich ovale, seichte Vertiefung auf, die dem in Frage stehenden Muskel ihre Entstehung verdankt. Soweit mir bekannt, ist er bis jetzt völlig übersehen worden. E. Muskeln des Kehlkopfes. Fig. 53 und Textfig. 12. Die bei makroskopischer Präparation dieser kleinen Muskeln gewonnenen Ergebnisse wurden nachträglich mit Hilfe der plastischen Rekonstruktion noch einmal genau geprüft. 29. M. dilatator laryngis. M. glottidis s. crieo-arytaenoideus Nr. 19, BoJanus; M. dilatator laryngis, HENLE, HOFFMANN, GÖPPERT U. 4. Ein zarter, abgeplatteter, spindelförmiger Muskel, der der Länge nach auf der Seitenfläche des Kehlkopfes liegt. Er entspringt von der Seitenfläche des hinteren Teiles des Schildknorpels in einiger Entfernung von dessen caudalem Rande und zieht gerade nach vorn, wobei er den M. constrietor laryngis überspringt. Er setzt sich end- lich an der Spitze des Proc. muscularis s. arythaenoideus des Gieß- beckenknorpels unmittelbar an. Ungefähr in der Mitte des ventralen Randes wird er durch den R. anastomoticus transversus des Truncus pharyngo-laryngeus des N. vagus gekreuzt. 30. M. constrietor laryngis. M. constrietor glottidis Nr. 20, BosJanus; M. constrietor laryngis, HENnLE, HOFFMANN, GÖPPERT u. 2. Ein verhältnismäßig breiter Muskel, der gemeinsam mit dem anderseitigen einen, den vorderen Teil des Schildknorpels um- fassenden Ring bildet. Er entspringt von der ventralen medianen Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japoniceus. I. 337 Sehnenraphe, die sich über dem Proe. lingualis des Zungenbeinkörpers bildet und die an ihrer caudalen Hälfte von dem Proe. epiglottidis des Schildknorpels überlagert wird. Er steigt schräg nach hinten und rückwärts empor und endet an der dorsalen, medianen Sehnen- raphe, die hinter der Stimmritze, über der Cartilago ary-epiglottidis gelegen ist. Dabei verläuft er unterhalb des Ansatzendes des vorigen Muskels hinter dem Proc. muscularis des Gießbeckenknorpels und ferner dorsal über der Wurzel desselben Knorpels. Seine Muskelfasern beteiligen sich nicht ausschließlich an der Bildung der dorsalen Raphe, denn einige Fasern des vorderen Randes endigen schon früher an der ventralen Fläche des Proc. museularis des Gießbeckenknorpels. Außerdem bedeckt er von außen den Spaltraum, der vom Aryknorpel und von dem vorderen Rande des Schildknorpels umgrenzt wird. II. Halsmuskeln. (Fig. 51—59, 71 und Textfig. 13, 14, 26—28.) Ich habe in der vorigen Mitteilung darauf besonders hingewiesen, daß die den Cheloniden sehr charakteristische Halsbewegung, nament- lich das Vorstrecken und Rückziehen des Kopfes aus dem bzw. in das Schildgehäuse, sowie die Bewegungsarten, die infolge des Zusammen- rückens der Hartgebilde des Rumpfes zum einheitlichen Schildpanzer sekundär auf den Halsabschnitt übertragen worden sind, die zwei Faktoren für die komplizierte Umgestaltung der Halswirbel sowie deren Verbindungen bilden. Dies ist auch hier noch deutlicher er- kennbar. Fast alle Halsmuskeln erleiden nämlich eine hochgradige Differenzierung bzw. Umbildung. Einige derselben haben sogar ihren primären Charakter verloren und sind mehr oder minder weit von ihrem ursprünglichen Mutterboden in den Raum des Schildgehäuses hineingewandert. Das sind die vorderen Schließmuskeln des Schild- gehäuses sowie der M. carapaco-basioceipitis, welch letzterer! sich ohne Unterbrechung durch die Zwischensehne von der ventralen Fläche des Basioceipitale bis zum vorderen Teile des Schwanz- wirbels erstreckt. Die tiefen, kurzen, axialen Muskeln der Halswirbel sind ebenfalls stark differenziert und verleihen der Halswirbelsäule ein großes Beweglichkeitsvermögen. Dieser Sachverhalt ist im großen ganzen für alle Chelonidenarten gültig. Aber .das, was als eine besondere Eigentümlichkeit des Trionyx angesehen werden daıf, ist: ı Es gibt in dem ganzen Wirbeltierreich keinen Muskel, der eine solche relative Größe und Ausdehnung hätte, wie dieser M. carapaco-basioceipitis, der beim Trionyx nieht weniger als vier Fünftel der ganzen Körperlänge einnimmt! 338 K. Ogushi 1. das Fehlen der, bei den Reptilien, einschließlich der übrigen Cheloniden, vorkommenden, vom N. accessorius versorgten Portion der Sterno-mastoideus-Gruppe; 2. das Auftreten eines, bei den übrigen Cheloniden noch nicht beobachteten, neuen Muskels (M. collo-plastralis); 3. die Beteiligung des, dem epaxonischen System angehörenden M. cervico-hyo-capitis an der Bewegung des Zungenbeins. Dazu kommt noch, daß nicht wenige, bei anderen Cheloniden beschriebene Muskeln, wie z. B. M. testo-oceipitis, M. testo-capitis, M. transversalis cervieis, M. scalenus posticus usw., beim T’riony& nicht vorhanden sind. Bei mehreren, von mir untersuchten Schildkröten entspringt der Sphineter colli eigentümlicherweise mit breiter Aponeurose von den Seitenflächen der Halswirbel. Beim Trionyx dagegen erfolgt sein Ursprung an einer oberflächlichen, dicht unter der Haut aus- gebreiteten Nackenaponeurose, wie dies bei den meisten Reptilien die Regel ist. Daraus folgt, daß der Sphincter colli bei T’reonyx noch einen primitiveren Charakter beibehält, weshalb er von dem gleichnamigen Muskel der übrigen Schildkröten scharf abgesondert werden muß. Die Halsmuskeln werden fast ausschließlich von den Halsnerven versorgt. Ja selbst auch der im Schildgehäuse liegende, sehr aus- gedehnte Abschnitt des M. carapaco-basioceipitis erhält trotz der sehr nahen topographischen Lage der vorbeipassierenden Dorsolumbal- bzw. Sacral- und Schwanznerven nie von denselben, sondern lediglich von den Halsnerven seine Äste. Nur der M. sphineter colli und einige kurze Muskeln der oceipito-vertebralen Verbindung machen hiervon eine Ausnahme, indem der erstere von dem N. facialis, die anderen außerdem noch von der hinteren Wurzel des N. hypoglossus innerviert werden. A. Oberflächliche Schichten. (Fig. 52, 53, 57, 58 und Textfig. 12, 13, 26—28.) 31. M. sphineter colli. Pars anterior m. latissimi colli Nr. 21b, BoJanus; M. latissimus colli, RATHKE und Stannıus; M. sphincter colli, HorrMmAnn. Es gibt am Halse des Trionyx zwei oberflächliche Sphincteres: M. sphineter colli et cortieis. Ersterer umfaßt quer den vorderen Teil des Halses, letzterer dagegen spannt sich zwischen dem vorderen Teile des Carapax und des Plastrons aus und wirkt auf den vor- deren Eingang des Schildgehäuses verengend. Sie sind voneinander durch eine große Lücke getrennt, durch welche ein in eranio-ecaudaler Richtung verlaufender, langer, ventraler Halsmuskel, der M. collo- plastralis, aus der Tiefe hervortritt und über dem M. sphincter colli Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 339 subkutan endet. Den Befunden mehrerer Autoren (BoJAnUs, RATHKE, HOFFMANN u. a.) zufolge werden die beiden Sphinetoren bei anderen Schildkröten durch einen einheitlichen M. sphincter eolli repräsentiert!. Daraus ergibt sich die Folgerung, daß die beiden Sphinetoren des Trionyx phylogenetisch eine kontinuierliche, oberflächliche Muskel- schicht des Halses bildeten, aber nachher durch eine Reihe be- stimmter Ursachen in zwei Portionen abgespaltet worden sind. Den einen letzteren Faktoren bildet fraglos die große Entfaltung des M. collo-plastralis. Trotz der phylogenetischen Zusammengehörigkeit der beiden Sphinetoren möchte ich sie jedoch getrennt besprechen, weil der Sphincter eortieis zu stark spezialisiert ist, als daß man ihn einfach als einen Teil des M. sphineter colli betrachten dürfte. Hierbei kommt der letztere zuerst an die Reihe, während der Sphineter eortieis erst im Kapitel »Muskeln des Schildes« besprochen wird. Der M. sphincter colli ist ein dünner, aber breiter Muskel, der von der lateralen und ventralen Seite die craniale Hälfte des Halses überzieht. Je nach dem Ursprunge kann er in zwei Portionen ge- sondert werden, in eine vordere, schmälere und eine hintere, breitere. a) Die Portio anterior (Port. ant.), beginnt mit einem dünnen Sehnenblatt zwischen den Ursprüngen der beiden Depressores mandi- bulae von dem Proc. mastoides des Squamosum. Die Muskelfasern, die diese Portion bilden, laufen parallel gegen die ventrale Median- linie gerade herab und endigen dort mittels kurzer Sehnenfasern, die sich mit den gegenseitigen verflechten und eine gut wahrnehm- bare Raphe erzeugen. b) Die Portio posterior (Port. post.), entspringt von dem Nacken- teil der Faseia temporo-nuchae? in einer Bogenlinie, die ein wenig seitlich von der Medianlinie des Nackens, ungefähr von der Höhe des dorsalen Endes des Cornu branchiale II bis zur hinteren Grenze des M. cervico-hyo-capitis verläuft. Dabei liegen die vorderen Muskel- fasern in dorso-ventraler Richtung, die hinteren dagegen nach vorn- abwärts. Sie sammeln sich, ventralwärts stark konvergierend, zur ventralen, medianen Raphe. Diese beiden Portionen stehen nicht nur miteinander, sondern 1 Diese Befunde sind nur mit einigem Vorbehalte zu akzeptieren, weil ich bei einigen Schildkröten, besonders bei Chelonia mydas, auch drei deutlich ab- gegrenzte Portionen beobachtet habe, von denen die hinterste zum Sphincter cortieis des Trionyx ein sehr ähnliches Verhalten aufweist. 2 Vgl. I. Mittg. S. 57. 340 K. Ogushi auch nach vorn mit dem M. intermaxillaris im direkten Zusammen- hang. Aber zwischen einem jeden Ursprunge bleibt je ein Schlitz übrig, durch welchen .ein bestimmter Muskel aus der Tiefe heraus- tritt. So liegt zwischen dem M. intermaxillaris und der vorderen Portion des M. sphincter colli der Bauch des M. hyomandibularis. Zwischen den Ursprüngen der beiden Portionen des M. sphincter eolli befindet sich auch die Cauda squamosi des M. cervico-hyo-capitis. Die hintere Portion ist außerdem mit dem darunter liegenden M. cervico-hyo-capitis sowie dem M. coraco-hyoideus sehr innig ver- wachsen; sie wird auch regelmäßig in ihrem Seitenteile durch die Hautäste der A. carotis sowie der Halsnerven durchbrochen. Die V. jugularis externa, Textfig.28, V. jugul. ext., zieht über diese Portion nach hinten vorbei. Innervation. Der M. sphineter colli wird vorwiegend von dem R. hyomandibularis des N. facialis versorgt. Aber es ist auch nicht ausgeschlossen, daß eine gewisse Anzahl seiner vordersten Fasern gemeinsam mit dem M. intermaxillaris von demi N. mylo-hyoideus, einem Ast des dritten Quintusstammes, die hinterste Fasergruppe dagegen auch noch von Halsnerven versorgt werden. 32. M. collo-plastralis. Er gehört zu den bis jetzt noch nicht beschriebenen Muskeln. (Gemeinsam mit dem M. plastro-squamosus entspringt er mit einem muskulösen, nahezu zylindrischen Kopf neben der. Medianlinie, dieht vor der ursprünglichen Anheftungsstelle der Nabelschnur, von der Dorsalfläche des Bauchschildes, namentlich von dem medialen Vor- sprung des Hypoplastrons und dessen Umgebung. Anfangs geht sein nach vorn immer mehr sich abplattender Bauch neben der Medianlinie beinahe gerade kopfwärts fort, wobei er außerhalb des Pleuroperitoneums die medialen Enden der beiden ventralen Fort- sätze des Schultergürtels überspringt. Aber in der Höhe des Ento- plastrons beginnt er sich von der Medianlinie gegen die Seitenfläche des Halses hin zu entfernen. Vor dem M. sphineter cortieis liegt er bereits genau an der Seitenfläche des Halses. Schließlich erscheint er auf der Portio posterior des M. sphineter colli und verbindet sich hier durch Vermittelung einer Sehnenausstrahlung mit dem sub- kutanen Bindegewebe des Halses. Kurz vor dem Austritt aus der vorderen Öffnung des Schild- gehäuses passiert er medial von dem M. collo-scapulo-plastralis und dem M. earapaco-plastralis und kreuzt gleichzeitig von unten bzw. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 341 von außen her zuerst den M. eoraco-hyoideus, dann links den Öso- phagus und rechts die Trachea !. An seiner medialen Fläche wird er stets von einer mäßig dicken A. cervicalis superfieialis, Textfig. 28, A. cervie. superf., begleitet. Der M. plastro-squamosus verläuft anfangs an seinem medialen Rande, aber am Eingang des Schildgehäuses trennt er sich von diesem und läuft selbständig gerade nach vorn. Dem Ansatz gemäß zieht er direkt die Halshaut und indirekt auch den Kopf in das Schildgehäuse hinein. Die Einwirkung auf die Halshaut ist deshalb von Wichtigkeit, weil dadurch einer Falten- bildung vorgebeugt wird, die wegen der lockeren Verbindung der Haut mit der Unterlage sehr leicht entstehen könnte, was beim Zurückziehen des Kopfes ein großes Hindernis bilden würde. Innervation: von einem starken Ast des R. ventralis des N. cer- viealis IV versorgt. 33. M. plastro-squamosus. M. sterno-mastoideus Nr. 22, BOJANUS, MECKEL und RÜDINGER; M. capiti-plastra- lis, HorrmAnn; M. capiti-plastralis (sterno-cleido-mastoideus), FÜRBRINGER. Ein stark reduzierter, aber außerordentlich langer Muskel, der an der Bauchseite der Brust und des Halses, von der Nabelgegend bis zur Ohrgegend des Kopfes sagittal verläuft. Er entspringt ge- meinschaftlich mit dem M. collo-plastralis von der Rückenfläche des Plastrons und geht neben der medianen Körperachse beinahe gerade eranialwärts fort. Anfangs hält er sich streng an den medialen Rand des M. collo-plastralis. Aber am Eingang des Schildgehäuses trennt er sich von dem letzteren und dringt — über den M. coraco-hyoideus — unter die Cauda hyoidea des M. cervico-hyo-capitis. Von da ab zieht er weiter cranial, einerseits zwischen der A. carotis sowie dem Truneus intestinalis des N.. vagus und andererseits dem Cornu branchiale II gegen den Proc. mastoides und geht von dem letzt- genannten Zungenbeinbogen in eine äußerst zarte Endsehne über, die ihre Fasern teils nach der derben Vagina vasorum earotidis, teils nach dem, zwischen dem dorsalen Ende des Cornu branchiale I und dem Proc. mastoides ossis squamosi ausgespannten Lig. hyo-squa- mosum ausstrahlt. 1 Beim Trionyx befinden sich der Ösophagus und die Trachea nicht genau in der Medianlinie; sie entfernen sich in caudaler Richtung mehr und mehr von der Medianlinie und zwar so, daß der Osophagus links und die Trachea rechts zu liegen kommt, so daß der Hals hier ohne Beeinträchtigung durch diese zwei Gebilde leicht gebogen werden kann. Näheres hierüber findet sich im Abschnitt »Splachnologie<. Vgl. auch Textfig. 28 und Tafelfig. 55. 342 K. Ogushi Innerviert von einem sehr feinen Zweig des R. ventralis n. cervicalis III. Die Ansichten der Autoren stimmen darin überein, daß dieser Muskel den Vorläufer des M. sterno-celeido-mastoideus der Säugetiere darstelle. Bei den anderen Cheloniden zeigt er eine bei weitem mächtigere Ausbildung und erhält außer dem Halsnerven noch den R. accessorius n. vagi, wie dies bei den meisten Amphibien und Reptilien der Fall ist (FÜRBRINGER). Beim Trionyx dagegen ist der R. accessorius n. Vagi verloren gegangen, wie dies FÜRBRINGER beim Trionyx japonicus richtig beobachtet hat. Dies ist wohl durch die Rück- bildung des betreffenden Muskels bedingt, die sicher mit der riesigen Ausbildung des M. carapaco-basioceipitis in Zusammenhang steht. Für die genetische Zusammengehörigkeit des M. plastro-squamosus und des M. collo-plastralis haben wir jedoch keinen direkten Beweis, doch ist diese Möglichkeit nieht ausgeschlossen. Im übrigen ist es von hohem Interesse, daß der betreffende Muskel bei den anderen Cheloniden, wo er nicht bloß stark ent- wickelt ist, sondern auch die -Innervation des R. accessorius des N. vagus erhält, am vordersten Teile des Plastrons, in einiger Ent- fernung hinter dem vorderen Rande desselben, seinen Ursprung hat. Beim Trionyx dagegen nimmt er hinter der Mitte des Plastrons seinen Ursprung. In diesem Punkt ist auch die Besonderheit der Muskel- differenzierung des T’riony& deutlich ausgedrückt. 34. M. coraco-hyoideus. M. omohyoideus Nr. 14, BOJAnUS; M. coraco-hyo-stiloideus, ALESSANDRINI; M. coraco-hyoideus, RÜDINGER, HOFFMANN, STANNIUS u. a.; der Schulter- zungenmuskel, MECKEL. Er gehört auch dem ventralen Muskelsystem an. Mit zwei starken Zacken entspringt er unmittelbar von dem hinteren Rande des medialen Endes des Coracoids, wobei er eine schwache, hintere Ursprungszacke des M. carapaco-scapulo-coracoideus zwischen sich faßt, und zieht über die Rückenseiten der an den beiden ventralen Fortsätzen des Schultergürtels sich anheftenden Muskeln schräg medio-cranialwärts hinweg. Nahe am Eingang des Schildgehäuses, medial von den Mm. carapaco-plastralis, collo-scapulo-plastralis sowie sphincter cortieis, kreuzt er von oben her den M. collo-plastralis und den M. plastro-squamosus und deckt zugleich von unten, links die Speiseröhre, rechts die Trachea. Nahe am Zungenbein rücken die beiderseitigen Bäuche immer näher aneinander, um endlich unterhalb der Trachea mit ihren medialen Rändern in scharfem Winkel zu Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyxjaponicus. II. 343 einer einheitlichen Muskelplatte zusammenzutreten. Darauf wenden sie sich gerade cranialwärts und setzen sich direkt an dem am Textfig. 13. lö5. C: N Ben Sscapula. N w foramen cor3c0- —= CaVicul. Corsco- hyoideus 34. ZZ Bea N ı dLg.coreco- \ Oerıcula Claviculare. BorSeDrd w’ RN = N KIN \ nn Scapule. N\ v Scapula M.collo -scap __---- N y Aypath. Ansarz. d.M.Loraco-hyold, 7 Mi. collo - clav. -o/35/r. 4 _ - Coracord Gelenkteil Gelenkteil -—-=- Claviculg S _ { \ Fa Garı Lg. - FE hyoid arıcula. 19.COr3C0 ar clarıcul. Eopiplastron A—( verschiedene Ansätze des M. coraco-hyoideus am Schultergürtel bei Schildkröten; D halbsche- matische Abbildung der Beziehungen der Mm. coraco-hyoideus und collo-elavieulo-plastralis bei Zrionyz; N' Ast des 7. Halsnerven; E Schultergürtel der Chelone, 3—8 Querfortsätze der Halswirbel. In den beiden letzten Figuren sind der M, collo-scapularis resp. Collo-claviculo-plastralis teilweise geschnitten. Sämtlich von innen gesehen, N, N. supracoracoideus. meisten medial liegenden Abschnitte des Cornu branchiale II sowie an dem daran anstoßenden Teil des Zungenbeinkörpers an. Hinter dem Zungenbein, in einiger Entfernung von dem hinteren Rande 344 K. Ogushi desselben, werden seine oberflächlichen Fasern konstant von einer zarten Inseriptio tendinea, Fig. 55 u. 56, Zxv. s., quer unterbrochen. Aber eine nicht geringe Anzahl von Fasern, die etwas tiefer verlaufen und den lateralen Teil des Bauches bilden, setzen sich ohne Unterbrechung nach vorn fort, dringen, der Seitenfläche des Muskels entlang verlaufend, in die Tiefe und befestigen sich unmittelbar an den Hinterrand und an die dorsale Fläche des Cornu branchiale II. Diesem besonderen Verhalten zufolge darf man die letztbeschriebene Fasergruppe als einen M. constrietor tracheae auf- fassen. j Innervation. Der hinter der Sehneninskription gelegene Haupt- abschnitt, sowie die letztbeschriebene Fasergruppe werden von starken Textfig. 14. ER N? GEHE 7 _ - - - Scapula- NIS N N supracorac Levar- N 7 scapula. N Ir, -2 M.hyo -scapul. a scapul. - . f For” \ Or Supracorae. pn, gcoid Supracorac. Coracord. A Schultergürtel der Lacertilien; 3 Schultergürtel der Crocodilien. Von innen gesehen. Zweigen aus dem R. ventralis des vierten und fünften Halsnerven versorgt. Unabhängig davon erhält das vor der Inskription befind- liche Segment, der Venter anterior (Vent. ant. 34), von dem ven- tralen Ast des dritten, eventuell auch zweiten Halsnerven seinen Zweig; dieses Segment steht seitlich mit dem entsprechenden Teil des M. cervico-hyo-capitis im kontinuierlichen Zusammenhang. RüpınGer allein hat die Inscriptio tendinea beschrieben; er wollte dieselbe ohne weiteres mit der Zwischensehne des M. omo- hyoideus des Menschen vergleichen. Ob diese Ansicht richtig ist, will ich vorläufig dahingestellt bleiben lassen. Aber es scheint nicht ohne Bedeutung zu sein, daß die Ursprungsstelle dieses Muskels bei den anderen Schildkröten mehr seitlich gelegen ist, als beim Trionye. So gab RünpıGeEr an, daß der Muskel bei der Chelonia caretta und ee Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 345 Testudo graeca von der Mitte des vorderen Randes des Coracoids entspringt. Nach Abbildungen von BoJAnus nimmt er seinen Ursprung am lateralen Abschnitt des Coracoids (nach seiner Benennung: »Scapula«). Gelegentlich der Untersuchung der Schultermuskeln anderer Schildkröten konnte ich auch feststellen, daß der Ursprung des M. coraco-hyoideus bei einzelnen Arten sehr wechselnd ist; bei Testudo iberica, Test. geometrica, Chelonia mydas und Damonia sub- irjuga erfolgt er nämlich am lateralen Abschnitte des Coracoids (Textfig. 13 A), wie dies BoJanus für Testudo europaea erwähnt; bei Nicoria punctularia dagegen findet der Ursprung am mittleren Teile dieses Knochens statt (Textfig. 13, 3), wie RÜDINGER beschreibt. Faßt man nun die obigen Befunde zusammen, so wird der betreffende Muskel nach der Lage des Ursprunges in folgende drei Kategorien gruppiert: a) erste Gruppe mit lateralem Ursprunge, wozu die meisten Schildkröten gehören; b) zweite Gruppe mit mittlerem Ursprunge und endlich: e) dritte Gruppe mit medialem Ursprunge. Die beiden letzten Gruppen umfassen im Vergleich zu der ersten sehr wenige Repräsentanten, und zwar die zweite die Nicoria sowie ‚die von RÜDINGER benutzten Exemplare und die dritte nur den Trionyx (Textfig. 13, C). Es wird nun die Frage aufgeworfen, welche Gruppe als die primitivste betrachtet werden kann. Nach der vorherrschen- den Ansicht ist der M. coraco-hyoideus der Schildkröten nichts anderes, als ein modifizierter M. scapulo-hyoideus (omohyoideus) der Amphibien und Reptilien, der seinen Ursprung von der Scapula auf das Coracoid verlagert hat. Mithin ist die erste Gruppe am primitivsten, weil der zugehörige Ursprung zu dem des M. scapulo-hyoideus am näch- sten steht. So ist die zweite Gruppe sicher eine von der ersten abge- leitete Form und wird endlich unter Weiterdifferenzierung in die dritte Gruppe übergehen. Daraus geht hervor, daß die phylogene- tische Entwicklung des Trionyx, bloß von dem obigen Standpunkt aus betrachtet, unter den sämtlichen Schildkröten am spätesten statt- gefunden hat. Über die Ursache für diese Insertionswanderung besitzen wir keine befriedigende Erklärung. Jedenfalls ist die Vermutung sehr naheliegend, daß das Bestreben, den Kopf unter den Schildpanzer zurückzuziehen, dazu einen wichtigen Anstoß gegeben haben muß. Bei Reptilien, die überhaupt nicht den Kopf nach hinten zu ziehen vermögen, befestigt sich der M. scapulo-hyoideus (Omo-hyoideus 346 K. Ogushi einiger Autoren) genau am vorderen Rande der Scapula bzw. des dorsalen Abschnittes der Clavicula. Nur bei Hatteria punctata! macht er eine Ausnahme; hier erfolgt seine Insertion an der me- dialen Fläche des unteren Abschnittes der Scapula, wie ich auf Textfig. 14, A durch ein schraffiertes Feld A’ angebe. Da das letztgenannte Tier unter den jetzt lebenden Reptilien als das primitivste angesehen werden kann, so kann man auch an- nehmen, daß die betreffende Anheftungsweise wahrscheinlich der ursprünglichen Form sehr nahe steht. Von diesem Standpunkte aus will ich den Insertionszustand des M. scapulo-hyoideus der Hatteria punctata als eine Ausgangsform ansehen, die sich in divergenter Richtung einerseits zu den bei Schildkröten vorherrschenden Zu- ständen und andererseits zu den der übrigen Reptilien überleiten läßt. Der Ansatz erfolgt bei diesen Tieren am vorderen Rande der Scapula, weil der bezügliche Muskel nur die Aufgabe hat, das Zungenbein und den Schultergürtel in Bewegung zu setzen, was je- doch bei ihnen nicht in dem hohen Maße zu geschehen hat, wie bei Schildkröten. Im Gegenteil spielt der M. eoraco-hyoideus der Schild- kröten neben diesen Aufgaben beim Zurückziehen des Kopfes ins Schildgehäuse eine wichtige Rolle. Da der Kopf dabei genau in die Querschnitthöhe des Rumpfes, in der der Schultergürtel samt dem Ansatze des betreffenden Muskels sich finden, rückt, so muß der Muskel, um ihn an diese Stelle zu bringen, sich ad maximum zusammenziehen, so daß seine beiden Enden sozusagen zu einem Punkt vereinigt werden. Wenn er nun aber einen Ansatz wie der M. scapulo-hyoideus besäße, so’ käme er zu einer Faltenbildung, die dem zurückziehenden Kopfe einen großen Widerstand entgegen- setzen würde. Somit ist er gezwungen, seinen Ansatz möglichst nach hinten zu verlegen, so daß er in seiner Kontraktionsfähigkeit völlig unbeschränkt bleibt. Für diesen Zweck ist das Coracoid sehr geeignet, weil dieser Knochen unter den 3 Fortsätzen des knöchernen Schultergürtels am meisten caudal liegt. Da ferner das Coracoid schräg medio-eaudalwärts gerichtet ist, so bildet sein mediales Ende die Maximalgrenze der Verlagerung des in Rede stehenden Muskel- ansatzes. Die oben angeführte Gruppierung würde dann ungefähr der Art und Weise der Differenzierung des M. coraco-hyoideus entsprechen. ! Nach RüpınGger scheint der Muskel auch bei Phrynosoma z. T. von der medialen Fläche der Scapula zu entspringen. Bei den Amphibien erfolgt der Ursprung zumeist am vorderen Rande der Scapula (besonders des Suprascapu- lare), wie ich bei Tritonen, Salamandrinen und Rana konstatieren konnte. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. Il. 347 Gegen die obige Auffassung über die Ansatzwanderung des M. scapulo-hyoideus sprechen anscheinend folgende Punkte: 1. Beim Trionyx gibt es einen sehr breiten, dreieckigen Schulter- muskel, der mit dem dorsalen, spitzigen Ende von der Seitenfläche des vorderen Gelenkfortsatzes des achten Halswirbels entspringt und mit der Basis des Dreiecks sowohl an der Clavicula als auch am vorderen Schenkel des Epiplastrons inseriert, wie dies in Textfig. 13 D abgebildet ist. Er ist der später zu besprechende M. collo-clavieulo- plastralis. Wie demselben Schema leicht zu entnehmen ist, liegt er außerhalb vom M. coraco-hyoideus und sehr weit cranial von dessen Ansatzpunkt entfernt. Wenn ich nun behaupte, der M. coraco- hyoideus müsse sich infolge der Verschiebung der Scapularinsertion auf das Coracoid, von dem M. scapulo-hyoideus der gewöhnlichen, athecalen — d. h. nicht mit dem Schildgehäuse ausgerüsteten — Reptilien entwickelt haben, so würde man sofort dagegen Einspruch erheben können, daß dies unmöglich sei, weil sein Ansatzende dabei unbedingt eine lange Strecke frei in.der Riehtung eines im Schema D eingetragenen Pfeiles den M. collo-celavieulo-plastralis überschreiten müsse, bevor es das Coracoid erreichen kann. Die Ansätze des M. collo-elaviculo-plastralis an der Olavicula und dem Epiplastron sind jedoch eigentlich nichts anderes als ein ganz verschieden angebahnter Neuerwerb, so daß es nicht gestattet ist, einen direkten Anschluß des betreffenden Muskels an irgendein wenig modifiziertes Muskelindividuum der übrigen Reptilien anzu- nehmen. Um diese Frage zu beleuchten, ist es notwendig, seinen vergleichend anatomischen Wert klarzulegen. Bei der Untersuchung an verschiedenen Reptilien, einschließlich Schildkröten, ist es mir geglückt, die Ableitung des M. collo-clavieulo- plastralis von den Mm. levator scapulae und serratus profundus (an- terior)! der Lacertilien festzustellen. Die beiden letzteren Muskeln sind gewöhnlich zwischen den Querfortsätzen des Halswirbels bzw. Halsrippen einerseits und dem vorderen Rande der Scapula eventl. auch dem dorsalen Abschnitte der Clavieula sowie der medialen Fläche des Suprascapulare anderseits ausgespannt und grenzen von außen her direkt an das Ansatzende des M. scapulo-hyoideus; sie werden nach FÜRBRINGER gewöhnlich vom vierten bis achten Spinal- nerven versorgt, was ich auch bei Uromastix Hardwichri, Lacerta i Diese Muskeln sind bei Reptilien mehr oder minder selbständig. Bei den meisten Säugetieren sind sie jedoch miteinander zusammengefügt. Morpholog. Jahrbuch. 46. 23 348 K. Ogushi viridis, Varanus griseus, Tupinambis teguixin, Lacerta ocellata, Ignana tubereulata, Metopoceros cornutus und Hatteria punctata als vorherrschend bestätigen konnte. Bei Chelone mydas (Textfig. 13 E) ist der homologe Muskel ebenfalls in kleine Portionen unvollständig geteilt und zwischen den Querfortsätzen des dritten bis achten Hals- wirbels einerseits und der medianen Fläche der Scapula sowie dem lateralen, ganz kleinen Teile der Clavicula andererseits überbrückt; er wird vom vierten bis siebenten Halsnerven innerviert. In seiner wesentlichen Gestaltung und Wirkung erinnert er dann ohne weiteres an die ganze Masse der Mm. levator scapulae und serratus profundus der gewöhnlichen Reptilien. Bei Testudo iberica und T. geometrica ist der entsprechende Muskel bis auf die Portionen reduziert, welche genau mit den zwei hinteren, von den Querfortsätzen des siebenten und achten Halswirbels entspringenden Bündeln der Chelone mydas übereinstimmen. Auch er wird durch den siebenten Halsnerven inner- viert. Mithin ist der Vorderteil der homologen Muskeln der Lacertilien und Chelone mydas bei den letztgenannten Schildkröten zum größten Teile zugrunde gegangen. Bei Damonia subtrijuga ist er dagegen etwas besser erhalten als bei diesen; er entspringt von den Querfortsätzen der zwei letzten Halswirbel und bekommt Nervenzweige vom siebenten Halsnerven, sein Ansatz jedoch hat sich nach innen sehr stark entfaltet, so daß er nicht nur an der medialen Fläche der Scapula erfolgt, sondern auch auf die dorsale Fläche der Clavieula bis an deren mediales Ende übergreift; somit kann er hier die Benennung »M. collo-scapulo-elavieularis« erhalten. Bei Necoria punctularia weist der Muskel wiederum einen weiteren Fortschritt auf, indem er neben den bei Damomia festgestellten Ursprüngen und Ansätzen noch einen neuen, durch sehnige Ausstrablungen erfolgen- den Plastronansatz bekommen hat. Diese sehnigen Ausstrahlungen gehen aus dem medialen, stark erweiterten Muskelteile hervor, der annähernd sagittal liegt und mit den übrigen, nahezu frontal ge- legten Teilen einen nach vorn geöffneten stumpfen Winkel begrenzt. Da der letzterwähnte Muskel nur von dem siebenten Halsnerven versorgt wird, so ist er im großen und ganzen mit dem M. collo- clavieulo-plastralis des Trionyx identisch, so daß er sich unter ganz weniger Modifikation, namentlich durch die Reduktion des Ursprunges und die Änderung der sehnigen Plastroninsertion zum muskulösen Ansatz ohne große Schwierigkeiten auf diesen Muskel übertragen läßt. ! Dieser Befund bedarf noch einer Konstatierung. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 349 Nun haben wir für die Annahme über die Ableitung der Mm. collo-scapularis, collo-scapulo-elavieularis und collo-clavieulo- plastralis von den Mm. levator scapulae und serratus profundus der Lacertilien ein schwerwiegendes Argument vor uns. Die phylo- genetische Bahn des M. collo-elavieulo-plastralis muß zweifelsohne mit den letzteren Muskeln angefangen und inzwischen die oben eingehends dargelegten verschiedenen Zustände zurückgelegt haben. Die dabei an den Mm. levator scapulae und serratus profundus stattge- fundenen Differenzierungsprozesse bestehen sehr wahrscheinlich in der vorangehenden Reduktion der eranialen Teile und in der nachträglich medianwärts erfolgenden Vergrößerung der hinteren Portionen. Mit diesen Vorgängen steht die eaudalwärts fortschreitende Verminderung der ihn versorgenden Nerven in vollem Einklang. So ist zu ver- muten, daß der Verlagerungsprozeß des Ansatzes des M. coraco- hyoideus nieht auf einmal erst im Trionyx-Stadium, sondern bereits früher als Chelone-Stadium allmählich vor sich gegangen ist, sonst wäre die Frage kaum erklärlich, auf welche Weise der M. coraco- hyoideus von dem M. scapulo-hyoideus entstanden ist. 2. Ferner können wir nach dem Wege fragen, den er zurück- gelegt hat. Es fehlen sichere Beweise, daß er tatsächlich dem äußeren Rande des Foramen coraco-clavieulare entlang nach dem Coracoid gezogen ist, und daß er direkt auf dem N. supracoracoideus vorbeizog. Die Spielzeit dieser Vorgänge liegt weit zurück, so daß unser direkter Angriff nicht mehr erlaubt ist. Es scheint mir je- doch wohl möglich zu sein, daß die Insertionsverlagerung des M. coraco-hyoideus sich bereits vor der Bildung des Foramen coraco-elavieulare vollzogen hat, und zwar so, daß das betreffende Ansatzende an der Scapula in der Richtung des Pfeiles (Texfig. 14, A) dem vorderen Rande des Foramen supracoracoideum entlang nach dem Coracoid gewandert ist. Es wäre sehr dankbar, wenn man dies auch in der Ontogenie der Schildkröte bestätigen kann. 35. M. cervico-hyo-capitis. Ein massiver, kräftiger Muskel in der vorderen Hälfte des Halses. Er entspringt neben der Medianlinie mit je einem starken muskulösen Kopfe von dem dritten bis sechsten Halswirbelbogen. Diese Köpfe fließen bald zu einem einheitlichen, ansehnlichen Bauch zusammen, aus dem folgende, voneinander scharf abgetrennte Zipfel hervorgehen: a) Cauda hyoidea. In dieselbe gehen die Fasern aus dem hin- 23* 350 K. Ogushi tersten Kopfe sowie dem kleinen Teil des zunächst folgenden Kopfes über. Sie schlagen sich über die A. carotis, den R. intestinalis n. vagi, den M. plastro-squamosus und ferner die Wurzel des Cornu bran- chiale II gegen die ventrale Fläche des Cornu branchiale I sowie des zweiten und dritten Kopulapaares herum und enden daselbst mus- kulös. Dieser Zipfel besitzt auch eine Inseriptio tendinea (Zxv. s.) und zwar in der Höhe derjenigen des M. coraco-hyoideus, Fig. 55 und 56. b) Cauda cornu branchialis II, Fig. 55 u. 56. Ein reduzierter, zungenförmiger Zipfel, der sich dicht hinter dem Cornu branchiale II gegen dessen dorsale Spitze von dem dorsalen Teile des vorigen Ansatzzipfels rechtwinklig ablöst. Diese Portion wird stets von einem ventralen Hautast des N. cervicalis tertius durchsetzt. c) Cauda squamosi. Sie verläuft in fast horizontaler Richtung über die Spitzen der beiden letzten Zungenbeinhörner und befestigt sich mittels einer platten Sehne an die äußere Kante des Squamosum, wobei sie den oberen Teil des M. depressor mandibulae externus bedeekt. Dieser Ansatzzipfel kennzeichnet sich durch eine eigen- tümliche Taschenbildung, die durch bloßes Auseinanderweichen der Muskelfasern entstanden ist. In sie paßt die Spitze des Cornu branchiale II samt der letztgesagten Cauda cornu branchialis hinein. Demzufolge scheint dieser Zipfel außer der den Kopf zur Seite ab- lenkenden Wirkung noch eine zweite Funktion zu besitzen, nämlich den betreffenden Zungenbeinbogen nach innen zu drücken und somit den Schluckakt zu unterstützen. Dieser Ansatzzipfel wird dicht hinter dem Cornu branchiale II, an seinem ventralen Teile durch den R. eu- taneus des R. dorsalis des dritten Halsnerven nach außen durchbrochen. d) Cauda oceipitalis. Der vorderste, mächtige Zipfel, der fast gerade nach der Hinterhauptgegend zieht und über dem hintersten Abschnitt des M. temporalis durch die Vermittlung einer dünnen, pigmentierten Sehne an der Faseia temporo-nuchae inseriert. Die ganze Masse dieses Muskels wird außen von dem M. sphincter eolli überdeekt und ist, namentlich an der Cauda hyoidea et squamosi, mit diesem innig verwachsen. Der Muskel wird ferner, besonders an seinem hinteren Teile, an einigen Stellen von den Hautästen der Halsnerven sowie der A. carotis durchbrochen. Im übrigen begrenzen die beiderseitigen Ursprünge, dorsal von dem Halswirbel, in der Medianlinie des Nackens, eine Rinne, in der die später zu er- wähnende, ansehnliche V. mediana nuchae!, Textfig. 28, V. med. nuch., nach hinten läuft. ı Vgl. Fußnote 1 auf S. 301. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 351 Innervation. Ausgenommen das vor der Inskription liegende Segment der Cauda hyoidea, den Venter anterior (Vent. ant. 35), bekommt er Nervenäste ausschließlich von den Rr. dorsalis des zweiten bis fünften Halsnerven. Der übrige Teil des Muskels wird konstant von einem Zweig des ventralen Astes des zweiten Üervical- nerven und eventuell auch von einem des dritten sowie dem R. m. levatoris pharyngis des N. hypoglossus versorgt. Diese Verschieden- heit der Innervation berechtigt uns ohne weiteres anzunehmen, daß der M. eervico-hyo-capitis polymeren Ursprunges sei. Mit anderen Worten: das vor der Inseriptio tendinea befindliche Segment der Cauda hyoidea gehört wohl ursprünglich dem ventralen Längsmuskel- system und ist wahrscheinlich unter veränderten Lebensbedingungen sekundär mit der Cauda hyoidea, die gemeinsam mit den übrigen Caudae dieses Muskels offenbar zu dem epaxonischen Muskelsystem gerechnet werden muß, zusammengeschmolzen. Dieses scheint für den Trionyx besonders charakteristisch zu sein, denn ähnliche Zu- stände wurden bei keinem anderen Tiere vorgefunden. Es unterliegt auch keinem Zweifel, daß dieser Muskel, abge- sehen von dem eben besprochenen ventralen Zungenbeinansatz, dem M. biventer cervieis, dem M. splenius capitis usw. der anderen Autoren entspricht. Aber in manchen Punkten weisen sie untereinander eine große Verschiedenheit auf, so daß hier von einer direkten Homologie kaum gesprochen werden kann. 36. M. levator pharyngis. M. stilo-pharyngeus, ALESSANDRINI. Ein zarter, relativ kurzer Muskel, der zum größten Teil von der Cauda hyoidea des M. cervico-hyo-capitis bedeckt ist und an seinem seitlichen schmalen Saum außerhalb des letzteren Ansatzzipfels zutage liegt. Er entspringt jederseits mit einem schwachen, fleischigen Kopf an der Grenze des medialen Drittels des Cornu branchiale ], dessen Tubereulum hyoides gegenüber, und tritt caudalwärts, und zugleich ein wenig einwärts verlaufend, über die Wurzel des Cornu branchiale II zur ventralen Wand des Pharynx. Daselbst strahlen seine Fasern in die Muskelschicht des hintersten Teiles der Schlundwand aus. Als Varietät habe ich einen Fall beobachtet, in dem er direkt von dem Cornu branchiale II, in einiger Entfernung von dem Seiten- rand der Cauda hyoidea des M. cervico-hyo-capitis, entsprang. Innervation. Der gleichnamige Ast des N. hypoglossus. 352 . Ogushi B. Tiefe axiale Halsmuskeln. (Textfig. 12, 27, 28 und Fie. 51, 54, 57—59, 71.) 37. M. carapaeo-basioceipitis, Fig. 54, 59 u. 71. M. retrahens capitis collique Nr. 27, BoJanus; Niederzieher des Kopfes, MECKEL; M. retractor ceolli et capitis, RATHKE; M. dorso-oceipitis, HOFFMANN. Ein unmittelbar unterhalb der Wirbelsäule vorbeiziehender Muskel von beträchtlicher Dimension, der sich sowohl von dem Seitenrande des Carapax als auch von dem Becken bis zum Basioceipitale er- streckt. An seinen Ursprungsköpfen sind vier seitliche, paarige und ein medianer, unpaariger zu unterscheiden. Der unpaarige entspringt direkt von der ventralen Fläche des zweiten Sacral- und eventl. ersten Schwanz-Wirbelkörpers und zieht gerade eranialwärts, wo- bei er von den drei aufeinander folgenden, vorderen Wirbelkörpern Nebenursprünge empfängt. Jeder paarige Kopf! nimmt dagegen direkt von der ventralen Fläche der Costalplatte in der vierten bis siebenten Intercostalrinne nahe am Carapaxrand seinen Ursprung und läuft innerhalb des Canalis intercostalis unter allmählicher Breiten- abnahme nach innen hindurch. An der medialen Öffnnng dieses Kanals tritt er zwischen je zwei Ursprungszipfeln des hinteren Ab- schnittes des M. tensor pleuro-peritonei heraus, passiert dann schräg die ventrale Seite der Dorsolumbalnerven und Rippenhälse und schließt sich endlich in der Höhe des zunächst vorn liegenden Inter- costalraumes an den einheitlichen, medianen breiten Bauch an, wo- bei die den betreffenden. Zipfel bildenden Fasern ihre Richtung ändern und nach vorn ziehen, um mit den Fasern des medianen, unpaarigen Zipfels parallel zu verlaufen. Der auf diese Weise gebildete, unpaarige Bauch ist an Gestalt mit einer Dachrinne zu vergleichen. Er liegt an der dorsolumbalen Wirbelsäule, ist jedoch nicht überall an dieser befestigt, sondern be- grenzt von unten her einen dreieckigen Raum, der bei der gewöhn- lichen Haltung des Halses zwischen dem U-förmig gekrümmten Hals- und Dorsolumbal-Wirbel übrigbleibt und meistens von Fettgewebe ausgefüllt ist. Ventral von der betreffenden Strecke des Muskels verlaufen die Wurzeln der großen Gefäßstämme und der Bronchus, die alle rechts ihren Anfang nehmen und in der gegenüberliegenden Körperhälfte ihre Endorgane besitzen. Auf dem Scheitel des U-förmig gebogenen Halswirbels spaltet sich der einheitliche Bauch in zwei symmetrische Hälften, welche stets durch eine mehr oder minder breite, starke Faszie ‚miteinander verbunden sind. Weiter vor- ! RATHKE hat nur zwei Ursprungsportionen beobachtet. Anatomische Studien an derjapan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 353 wärts verjüngen sie sich allmählich und halten sich dieht an die ventrale Muskulatur der Halswirbelsäule; cranial setzen sie sich jederseits durch Vermittelung einer ansehnlichen Sehne an den Proe. posterior (Benz) des Basioceipitale an. Innervation. Die serialen Zweige der Rami ventrales der Nn. cervicales I—IV. Die Art und Weise der Innervation läßt uns ohne weiteres an- nehmen, daß dieser Muskel ursprünglich mit dem gleich zu be- sprechenden M. cervico-spinalis medialis zu einem und demselben subvertebralen Muskelsystem des Halses zusammengehört hat und dabei nur auf den Halsabschnitt beschränkt war. Aber durch eine einseitige Entfaltung der eigentümlichen Lebensweise, wie sie nament- lich in der Retraktionsfähigkeit des Halses zum Ausdruck gelangt, hat er nicht nur von seinem Genossen stark divergiert, sondern er hat sich auch stark in den Innenraum des Schildgehäuses zurückgeschoben, so daß er sich hier zu außerordentlicher Größe entfalten kann. Als Beweis dafür können die Tatsachen gelten, daß der M. cara- paco-basioeeipitis bei Chelone, die nicht imstande ist, ihren Kopf unter den Schildpanzer vollkommen zurückzuziehen, »weit kürzer und verhältnismäßig dicker ist,« als bei Emys und Testudo, ebenso wie dies beim Trionyx der Fall ist, und daß er nur »von dem zweiten und dritten Brustwirbel« seinen Ursprung nimmt (MEcker). Es scheint mir jedoch fraglich, ob man auch den am meisten caudal gelegenen Teil des Muskels ausschließlich auf Halsmyotome wird zurückführen können; ich bin bis heute noch nicht in der Lage, diese Frage definitiv zu beantworten. Im übrigen soll nach WIEDERSHEIM die subvertebrale Muskula- tur erst bei den Cadueibranchiaten, und da auch nach der Larven- metamorphose erscheinen, und WIEDERSHEIM ist der Ansicht, diese Muskulatur sei »in Anpassung an das terrestrische Leben« ent- standen. In der Tat ist sie nur bei höheren, landlebenden Wirbel- tieren konstant nachgewiesen (nämlich von dem M. basioceipito-verte- bralis der Hatteria (Osawa) aufwärts bis zu dem M. longus colli des Menschen, wenn auch in den verschiedensten Übergängen. Nach dem Gesagten kann man mit Sicherheit behaupten, daß das Vor- 1 Bosanus erwähnt bei Testudo europeae, daß dieser Muskel »quadrupliei extremo desinit: tribus tendibus, ad processum transversum vertebrarum colli sextae, quintae et quartae, musculosque intertransversarios finitimos. Quarto extremo, longissimo, ad foveam basilarem oceipitis«. Dies ist bei Trionyx nicht der Fall. Hierin besteht ein großer Unterschied zwischen den homologen Muskeln der beiden Schildkrötenarten. 354 K. Ogushi handensein des M. carapaco-basioceipitis ein Zeugnis dafür ablegt, daß die Cheloniden, wenigstens der Z’rronyx, von landbewohnenden Tieren abstammen. 38. M. cervico-spinalis medialis. M. longus colli Nr. 28, Bosanus (?); Oberer und innerer Teil des langen Hals- muskels, MECKEL (?); M. longus colli, HoFFMAnN (?). Eine metamere Reihe paariger Muskeln, die dorsal von dem vorigen Muskel dicht entlang der Ventralfläche der Halswirbelsäule caudo-cranialwärts verlaufen. Als Regel kommt folgendes Verhalten in Betracht. : Die beiderseitigen Bäuche des gleichen Segmentes entspringen durch Vermittlung einer gemeinsamen zarten Sehne von dem Höcker der Crista mediana vertebralis (vergl. I. Mittlg. S. 4, u. Fig. 1 *). Nach dem Überspringen der zunächst liegenden, vorderen Wirbel- körperverbindung — zuweilen schon vor dieser Verbindung — trennen sie sich, indem sie V-förmig auseinanderlaufen, so daß sie die nächstfolgenden, eranial liegenden Ursprünge zwischen sich fassen. Dabei nimmt der Muskelbauch allmählich an Dieke zu und über- springt in seinem weiteren Verlaufe zwei vordere Wirbelkörper. Auf diese Weise gelangt er an den vorderen vierten Wirbelkörper, wo er sich in Gemeinschaft mit der sehnigen Insertion des M. cervico- spinalis lateralis ventralis brevis an dem gleichen Teile des ventralen Knorpelsaumes des hinteren Endabschnittes und dessen Umgebung festheftet. Die Ursprungssehne passiert hierbei die mediane schmale Längsrinne des hinteren, ventralen Knorpelsaumes (Epiphyse) der Wirbelkörper (vergl. I. Mittlg. S. 4, VI); hier ist konstant ein kleiner Schleimbeutel nachweisbar. Als Ausnahme kann man Folgendes beobachten: Dem hintersten Bauche mangelt die oben beschriebene Ur- sprangssehne; er entspringt dann unmittelbar von der ventralen Fläche der letzten Halswirbelkörper und zeigt erst beim Übertreten über die siebente Halswirbelverbindung, an seiner medialen Fläche eine starke Sehne, die wie eine Inseription aussieht. Außerdem ist noch zu beobachten, daß der am dritten Halswirbel entspringende Muskelbauch, Fig. 59, nicht selbständig ist; in diesem Falle sammelt er unterwegs alle Bäuche, die unregelmäßig von der Oberfläche des ersten und zweiten Wirbelsegmentes direkt entspringen, zu einem gemeinsamen Bauch und inseriert mittels einer starken Sehne an der Ventralfläche des Basioceipitale, medial von dem Ausatz des M. carapaeo-basioceipitis. Mehrere ältere Autoren, wie z. B. BOJANUS, Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 355 MECKEL, HOFFMANN u. a., betrachten diesen letzt angeführten Bauch als einen selbständigen Muskel und nennen ihn bald »Rectus capitis anterior longus«, bald »kleinen, vorderen, geraden Kopfmuskel oder Beuger«, bald »Collo-eapitis longus«. Innervation. Die ventralen Äste der Nn. cervicales I-VII. 39. Mm. cervico-spinales laterales longi. An der Seitenfläche der Halswirbelsäule finden sich drei Reihen oberflächlicher, verhältnismäßig langer, aber zarter Muskeln, die ge- meinschaftlich von der Seitenfläche des vorderen Gelenkfortsatzes der fünf hinteren Halswirbel entspringen. Sie decken von hinten dachziegelartig die Bäuche des vorangehenden Segmentes und er- zeugen dadurch ein zierliches, eigentümliches Bild. Sie werden sämtlich von den dorsalen Ästen der Halsnerven versorgt. Ich möchte diese Muskeln in folgende Serien zerlegen: a. M. artieulo-transversalis longus. e Unter den drei Muskelreihen ist er der längste. Jeder seiner Bäuche nimmt mit einer zarten Sehne von je einem Proe. artieularis anterior der fünf letzten Halswirbel seinen Ursprung, überspringt sehnig zwei darauf folgende, vordere Wirbel und setzt sich, ebenfalls schräg, an die Spitze des Proc. transversus des nächsten Wirbels an. ‚Somit ist er im ganzen zwischen vier Wirbeln ausgespannt. b. M. aıtieulo-transversalis brevis. Jeder einzelne Bauch wird von dem vorigen Muskel vollkommen bedeckt und tritt erst nach dem Abtragen des letzteren deutlich zu- tage. Er unterscheidet sich von diesem außer durch die Länge nur noch dadurch, daß er nur drei, statt vier, Wirbel überbrückt. e. M. articulo-eruralis longus. Er beginnt vom gleichen Ursprungsort mit einem sehnigen Kopf, steigt etwas schräg nach vorn empor und befestigt sich fleischig am hinteren Ende der Crista lateralis des vorderen vierten Gliedes, oder in Gemeinschaft mit dem Ansatz des M. transverso-cruralis brevis an der Rückenfläche des Proe. artieularis posterior und der Umgebung des Wirbelbogens. An den vorderen drei Halswirbeln sind sie nur durch einen einzigen Bauch vertreten, der vom Proc. transversus des dritten Halswirbels entspringt und mit einer starken Sehne am Seitenkamm 356 K. Ogushi des Atlas (I. Mittg. Fig. 1 u. 2+) endet. Unterwegs nimmt er noch einen kurzen, dicken Kopf vom Querfortsatz des Epistropheus auf. Seine Insertionssehne wird stets vom dorsalen Ast des zweiten Hals- nerven durehbohrt. Ich möchte diesen selbständigen Bauch als M. rectus lateralis (Fig. 57—59, Rect. lat. 39) bezeichnen. 40. Mm. cervico-spinales laterales breves. Ober- und unterhalb der. vorigen Muskelgruppen, zum Teil von diesen bedeckt, findet sich noch je eine ununterbrochene Kette-kurzer, mehr oder minder gut entwickelter Muskeln, die ich als Mm. cervico- spinales laterales breves zusammenfassen will. Die dorsale Reihe wird von dorsalen, die ventralen dagegen von ventralen Cervical- nerven innerviert. Deshalb gehört diese zur subvertebralen, jene aber sicher zu der dorsalen Stammuskulatur. . «. Mm. cervico-spinales laterales breves ventrales. Diese metamere Reihe ist wiederum in zwei Glieder zu trennen. I. M. intertransversalis. Zwischenquerfortsatzmuskeln, MECKEL. Eine Reihe sehr reduzierter Muskeln, die mit einer starken Sehne vom Proc. transversus entspringen und nach kurzem Verlaufe in hori- zontaler Richtung, an dem nächst vorderen gleichnamigen Fortsatz direkt ansetzen. Sie sind zwischen die gleich unten zu erwähnenden Muskeln und die Mm. cervico-spinales laterales dorsales eingeschaltet. Im übrigen sind sie nur vom dritten bis sechsten Halswirbel deut- lich erkennbar, am zweiten dagegen bereits mit dem M. transverso- corporis verschmolzen. Alle Halsnerven werden von diesen Muskeln gleich nach dem Austritt aus dem Zwischenwirbelloch in ihre dorsalen und ventralen Äste zerlegt. II. M. transverso-corporis. Mm. intertransversarii colli Nr. 36, BoJanus und HOFFMANN; Rippenhalter, MECKEL (?). Sie entspringen unmittelbar mit breitem Ursprung teils von der ventralen Fläche des Querfortsatzes und seiner Nachbargebiete, teils von der Seitenfläche des nächst vorderen Wirbelkörpers und heften sich, zum Teil sehnig, an den hinteren Endabschnitt des folgenden Halswirbels. Entsprechend den oben beschriebenen zweierlei Ur- sprüngen zerfallen sie auch, mehr oder minder deutlich, in zwei Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. Il. 357 Portionen, in eine dorsale und eine ventrale; zwischen den hinteren Teilen dieser beiden Portionen kommen die ventralen Äste der Hals- nerven zum Vorschein. Ferner ist noch zu bemerken: 1. der vom Epistropheus entspringende Bauch wird nach Aufnahme der vom Proc. odontoides kommenden Faserzüge noch durch oberflächlich ent- wickelte Sehnenzüge beträchtlich verstärkt; er befestigt sich am Proc. artieularis ventralis des Atlas; 2. der hinterste Bauch ent- springt nicht direkt vom Querfortsatz, sondern von dem schiefen Kamm an der ventralen Fläche des ersten Dorsolumbalwirbels (I. Mittg. Fig. 6,2). ß. M. cervico-spinalis lateralis brevis dorsalis. M. interspinalis cervieis Nr. 38, BoJanus; M. interspinalis, HOFFMANN. Er erscheint zwischen dem dritten bis siebenten Halswirbel in einer ununterbrochenen Kette, deren jedes Glied aus zwei ziemlich scharf voneinander getrennten Portionen zusammengesetzt ist. Die mediale Portion entspringt direkt von der Außenfläche der Crista lateralis des hinteren Gelenkfortsatzes und läuft in gerader Richtung über die nächst vordere Verbindung des Gelenkfortsatzes gegen die mediale Fläche der Crista lateralis des folgenden Wirbels, um sich an deren vorderem Teile unmittelbar anzusetzen. Die laterale Portion entspringt dagegen hinter dem Ursprung der medialen Portion unmittelbar von dem äußeren Rande des vor- deren Gelenkfortsatzes und seiner Umgebung an der Seitenfläche des Wirbelkörpers, zieht an der Außenseite der medialen Portion zu ihrer Ansatzstelle. Die Anheftung erfolgt direkt an derselben Stelle, wie die der medialen Portion und zwar an ihrer hinteren Circumferenz. So kommt es, daß die mediale Portion je zwischen zwei Wirbeln, die laterale dagegen jedesmal zwischen drei Wirbeln ausgespannt ist. C. Muskeln an der Verbindung zwischen dem Schädel und der Wirbelsäule (Museuli occipito-vertebrales s. suboceipitales). 2 (Textfig. 12, 27 und Fig. 51, 57—59.) An den Verbindungen zwischen dem Schädel, Atlas, Proc. odon- toides sowie dem Epistropheus sind auch beim Trzionyx sehr viele, mehr oder minder gut differenzierte Muskelindividuen beteiligt. Im Gegensatz zu denen der höheren Wirbeltiere weisen sie jedoch an der ventralen Seite eine viel stärkere Ausbildung und größere Mannig- faltigkeit auf, so daß sich auf den ersten Blick die Vermutung aufdrängt, daß die Bewegung des Kopfes vorwiegend von dieser Gruppe versorgt wird. 398 K. Ogushi Zu dieser Gruppe gehören: 41. M. epistropheo-squamosus ventralis. M. trachelo-mastoideus Nr. 26, BoJanus!; der seitliche gerade Kopfmuskel, MECKEL; M. collo-squamosus, HOFFMANN. Von den vorderen Portionen des M. cervico-spinalis medialis sowie dem M. carapaco-basioeeipitis bedeckt, entspringt er mit starker Sehne von der vorderen Hälfte der oralen Fläche des zweiten Wirbel- körpers. Die Sehne geht gleich in einen breiten, dreieckigen Bauch über, der nach vorn und außen emporsteigt.und sich direkt am medialen Saum der dorsalen Fläche des Proc. mastoides des Squa- mosum anheftet. An seiner lateralen Seite zieht die A. carotis, von einer derben Vagina vasorum umschlossen, in Begleitung der Vagus- gruppe ceranialwärts vorbei. Der M. tensor vaginae venae nasoophtal- micae wird von ihm an der medialen Seite überdeckt. Innervation. Einige Äste der hinteren Wurzel des N. hypoglossus (gewöhnlich zwei). 42. M. epistropheo-odontoideus. Von der Ursprungssehne des vorigen Muskels überdeckt, ent- springt er von dem vorderen Teil des Epistropheuskörpers, dicht neben dessen medialem Kamm, und setzt sich an das hintere Ende der ventralen Kante des Proc. odontoides an. Er ist durch ober- flächliche starke Sehnenzüge gekennzeichnet. 43. M. epistropheo-atlantis dorsalis. Er kommt von der vorderen Partie des Epistropheusbogens mit breitem, fleischigem Kopf, wendet sich schräg vor- und abwärts und zieht zwischen dem vorderen Gelenk- und Querfortsatz desselben Wirbels hindurch zur Seitenfläche des Proe. articularis ventralis atlantis hinweg, um daselbst ohne Sehne zu inserieren. Auch an seiner Ober- fläche sind starke Sehnenstreifen bemerkbar. Ventral von diesem Muskel ist ein undeutliches Muskelbiindel zu erkennen, welches von der Seitenfläche des Epistropheuskörpers ent- springt und in ähnlicher Weise am Atlas inseriert. Es verläuft ventral von dem vorigen Muskel, durch den vorderen Gelenkfortsatz des Epi- stropheus getrennt. Ich möchte dieses Bündel zum Unterschied von dem vorigen als M. epistropheo-atlantis ventralis bezeichnen. !i Der Fig. 81 Bosanus’ zufolge verläuft der M. trachelo-mastoideus außer- halb von dem M. hyomaxillaris, d. h. unserem M. hyomandibularis, sowie dem Cornu branchiale I. Ich glaube, daß dieses wohl auf einem Irrtum beruhe. a in UL Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 359 44. M. atlanto-basioceipitis medialis. M. rectus capitis anterior minor Nr. 30, BoJanus; M. collo-capitis brevis, HOFFMANN. Gemeinsam mit dem gegenseitigen Muskel deckt er von unten her vollständig den Proe. eondyloideus oceipitis. Er entspringt mit fleischigem Kopf von der ventralen Fläche des Schlußstückes des Atlas und inseriert mit stark nach vorn divergierenden Fasern an der oralen Fläche des Proe. condyloideus oceipitis bis zum medialen Teil des ventralen Randes des Foramen jugulare externum (I. Mittg. S. 54). Es ist nieht schwer, ihn in zwei Portionen zu zerlegen, in eine mediale und eine laterale, deren Fasern viel steiler verlaufen als die der medialen Portion. | 45. M. atlanto-exoceipitis. Mit breitem Ursprunge entspringt er unmittelbar von der ven- tralen Fläche des Seitenkammes des Atlas und inseriert, ebenfalls . direkt, an der ventralen Fläche der Crista lateralis des Exoceipitale. Mit dem atlanto-opisthoticus begrenzt er einen Spaltraum, durch den der R. m. epistropheo-squamosi des Hypoglossus austritt. 46. M. epistropheo-squamosus dorsalis. M. reetus capitis posterior major Nr. 31, BoJAnus; M. atlanto-epistropheo- oceipitis, HOFFMANN. Ein kräftiger Muskel, der direkt vom Bogen des Epistropheus entspringt und ebenfalls direkt, an der medialen Kante des Squa- mosums und dem hinteren Rande des Opisthoticum inseriert. Sein rıhombischer Bauch ist aus parallelen, vor- und seitwärts gerichteten Fasern zusammengesetzt. Er wird von oben her durch die Cauda oceipitis des M. cervico- hyo-eapitis und zum kleinen Teil auch von dem hinteren Abschnitt des M. temporalis bedeckt. Der dorsale Ast des ersten Cervical- nerven durchbohrt diesen Bauch, um an seinem Seitenrande heraus- zutreten. Ferner verläuft über diesen Bauch eine Queranastomose zwischen der V. mediana nuchae und der V. jugularis externa (Fig. 57). 47. M. atlanto-opisthoticus. M.rectus capitis posterior minor Nr. 32; BoJanus; M.atlanto-oceipitis, HOFFMANN. Ein etwas verkümmerter Muskel, der von dem vorigen Muskel überdeckt wird. Er entspringt von der Rückenfläche des Atlasbogens oberhalb dessen Seitenkammes, begibt sich horizontal und schräg 360 K. Ogushi seitwärts zur ventralen Fläche des Daches der Fossa jugularis, um daselbst muskulös anzusetzen. Unter dem Ansatzende dieses Muskels ziehen Gefäße und Ge- hirnnerven, die die Fossa jugularis passieren. Die beiden zuletzt genannten Muskeln gehören ohne Zweifel zu dem vorderen Teile des M. cervico-hyo-capitis. D. Die speziellen Muskeln der cortieo-cervicalen Verbindung. (Fig. 54, 57 und 58.) Am Eingange des Schildgehäuses findet sich außer den, bei den axialen Halsmuskeln beschriebenen Komponenten noch eine be- sondere Muskelgruppe, die allem Anscheine nach vor allem dazu bestimmt ist, den im Schildgehäuse zurückgehaltenen Hals wieder nach außen hervorzustrecken. Wirkt sie jedoch auf den gestreckten Hals, so wird er in umgekehrter Weise unter den Schildpanzer zu- rückgezogen. Diese doppelte Wirkungsweise ist aus dem Ursprung und Ansatz dieser Muskelgruppe zu verstehen, denn die Anheftung an die Wirbelsäule kommt je nach der Lage des Halses — d. h. je nachdem der Hals außer- bzw. innerhalb des Schildgehäuses liegt — bald vor, bald hinter den fixen Punkt zu liegen. Diese Muskelgruppe besteht aus drei Paar Muskelbäuchen, die nach vorn an Länge zu- und an Dicke abnehmen. Sie entspringen gemeinschaftlich und muskulös von der ventralen Fläche der Nuchal- platte an deren seitlicher, querer Linealerhebung (I. Mittg. Fig. 6, e) hinter dem Ursprung des M. sphincter cortieis. Das hinterste Muskel- paar dieser Gruppe ist dreieckig und aus Fasern zusammengesetzt, die gegen den Ansatzpunkt stark konvergieren; er befestigt sich direkt an den siebenten Halswirbelbogen. Das mittlere Bauchpaar ist in Gestalt und Faserverlauf dem letztbesprochenen sehr ähnlich;- die beiderseitigen muskulösen In- sertionen liegen am sechsten Halswirbelbogen und zwar so, daß sie die hintersten Ursprünge des M. cervico-hyo-capitis zwischen sich fassen. Das vorderste Paar bedeckt von vorn (bei ausgestrecktem Halse) das letztgenannte Muskelpaar, zwängt sich nach vorwärts tief unter den hinteren Rand des M. cervico-hyo-capitis und inseriert gemein- sam mit dem Ansatz des M. cervico-spinalis lateralis brevis dorsalis am fünften Wirbelbogen. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 361 Ich möchte diese Muskelgruppe als Mm. eortieo-cervieales I—IIl! zusammenfassen. Sie entsprechen dem M. spinalis cervieis Nr. 35 Bosanus, Nackenmuskel Nr. 4 MEckELS, M, spinalis cervieis RATHKES sowie M. testo-cervicalis Horrfmanns. Nach MECKEL scheint Cuvier diese Muskeln zuerst gesehen zu haben, ohne sie jedoch zu benennen. TIEDEMANN übersah diese Gruppe. Die von Bo,JAnus bei Testudo europeae beobachteten Muskeln weichen von unseren darin ab, daß sie sich außer dem »Dorsum vertebrae« noch »ad pro- cessus obliquos posteriores ..... vertebrae colli septimae, ad sertiam usque« ansetzen. Aber dieses ist wohl auf die Verschiedenheit der Organisation der beiden Tierspecies zurückzuführen. RATHKE hat diese Muskeln bei verschiedenen Trzionyx-Arten zum Teil kennen gelernt, doch deckt sich sein Befund nicht überall mit meinen Er- gebnissen. So erwähnt er unter dem Namen »M. spinalis cervieis« nur ein einziges Muskelpaar, von dem er sagt: »Ihr vorderes Ende ist in der Gattung Trionyx nur einfach, fast ganz fleischig, und nur allein an den fünften (Tr. subplanus) oder sechsten Wirbel des Halses (und zwar an den Bogen desselben) befestigt; bei anderen Schild- kröten aber ist es zwei- bis dreimal gespalten und steht durch Sehnen mit mehreren hinteren Halswirbeln in Verbindung.« Dies trifft in ‚meinem Falle nicht zu. Vielleicht liegt hier ein Beobachtungsfehler vor oder aber war sein Exemplar sehr jung und diese Muskelgruppe infolgedessen noch nicht scharf differenziert. III. Rumpfmuüuskulatur. (Fig. 52, 54, 61, 69, 72 u. Textfig. 15, 30.) Da die Knochen des Rumpfes größtenteils zum unbeweglichen, starren Gerüst des Schildpanzers geworden sind, so sind auch die aktiven Bewegungsorgane derselben in dem gleichen Maße zurück- gegangen. So sehen wir hier unter den für die Reptilien charak- teristischen Rumpfmuskeln nur diejenigen Teile gut erhalten und entwickelt, die an den außerhalb des Schildpanzers liegenden beweg- lichen Stellen ihren Ansatz haben und demgemäß auch in ihrer Wir- kung mehr oder minder stark differenziert sind. Die Mm. inter- costales sind nämlich spurlos verschwunden. Die tiefen, dorsalen spinalen Muskeln, wie z.B. M. longissimus dorsi, M. semispinalis usw., sind bei Schildkröten erheblich rückgebildet, so daß sie manche ältere Autoren nicht gefunden haben. Tatsächlich sind sie jedoch 1 Die bezügliche Numerierung schreitet von hinten nach vorn. 362 K. Ogushi vorhanden, und zwar im Canalis eollateralis vertebralis als eine einzige, lange aber stark reduzierte Muskelmasse, die nur noch’ durch ihren Ansatz am Bogen des achten Halswirbels ihre ursprüngliche Funktion als Streeker der Wirbelsäule beibehalten hat. Das Bauch- muskelsystem ist teilweise ebenfalls stark verkümmert und wird durch den M. lateralis abdominis, M. atrahens pelvim sowie den M. tensor pleuro-peritonei vertreten; dieser letztere Muskel ist am stärksten entfaltet und repräsentiert den M. transversus abdominis der höheren Wirbeltiere, funktionell jedoch kann er als ein respira- torischer Muskel aufgefaßt werden. Die Rectusgruppe ist auch hier vorhanden; sie wird durch den M. rectus pubis und M. pubo-plastralis vertreten. Da aber diese Muskeln bei Schildkröten nicht als Beuger des Rumpfes, sondern eher als Retraetoren bzw. Protraetoren des Beckens wirken, so werde ich sie erst bei der Schilderung der Beckenmuskeln berücksichtigen. Der oben genannte M. atrahens pelvim wurde bisher von fast allen Autoren als das Homologon des M. quadratus Jumborum der höheren Wirbeltiere gedeutet. Ich be- trachte dagegen diesen Muskel als einen modifizierten Überrest des M. obliquus abdominis internus, weil ich erstens die dem M. quadra- tus Jumborum entsprechenden selbständigen Muskeln vor dem Saerum gefunden habe und zweitens, weil die Befunde an diesem M. atrahens pelvim in jeder Hinsicht auf den M. obliquus abdominis internus hinweisen. Da er jedoch stets nur als ein Beckenmuskel funktioniert, so wird auch er zweckmäßiger erst bei Besprechung der übrigen Beckenmuskeln in Betracht gezogen werden. 50. M. spinalis dorso-lumbalis. M. longissimus dorsi No. 39, BOJANUS; der Dornmuskel und der lange Rückgrat- strecker, MECKEL; Mm. sacrospinales, RATHKE; M. longissimus dorsi, HOFFMANN. Unter den älteren Forschern waren CuVIER, CARUS und einige andere der Meinung, daß die spinale Muskulatur der Cheloniden durchaus fehle. Bosanus dagegen wies zuerst bei Testudo ewropeae ihre Existenz nach und benannte sie M. longissimus dorsi. Seitdem wurde dieser Befund bei verschiedenen Repräsentanten der Schild- kröten durch MECKEL, STANNIUS, RATHKE, HOFFMANN u. a. bestätigt. Es ist ein besonderes Verdienst RATHKEs, daß er zum erstenmal bei Trionyx ferox, Tr. gangetieus und Tr. aegypticus die Entwickelung dieses Muskels sowie des M. interspinalis eingehend studiert und die, Sehritt für Sehritt vor sieh gehenden, regressiven Prozesse unserer Kenntnis erschlossen hat. Nach diesem Forscher unterliegt es keinem Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 363 Zweifel, daß die im späteren Embryonalleben eintretende, vollstän- dige Rückbildung dieses in früheren Stadien verhältnismäßig massiv ent- wickelten Muskels lediglich durch die enorme Wucherung des Knochen- gewebes des Schildpanzers hervorgerufen wird. Bei erwachsenen Exemplaren wurde jedoch dieser Muskel bisher noch nicht beobachtet. Beim ausgebildeten 7rionyx füllt er den Canalis collateralis des Rückenschildes (vgl. I. Mittg. S. 15) fast in seiner ganzen Länge aus. Diese eigentümliche, doppelt gefiederte, schlanke Muskelmasse läßt sich gar nicht in einzelne regelmäßige Portionen trennen; sie besteht vielmehr aus kurzen Faserzügen, die teils von der Innenfläche des genannten Knochenkanals, teils von der vorderen Kante eines jeden Rippenhalses direkt entspringen und nach vorn in einem, von RATHKE bei Trionyx ferox schon richtig beobachteten, zarten Sehnenfaszikel zusammenlaufen. Dieser Sehnenfaszikel verbindet sich mit dem gleichen des nächst vorderen Segmentes und wird zum Teil von einigen, vorn befindlichen Muskelfasern als Angriffspunkt in An- spruch genommen. Die ganze Muskelmasse beginnt hinten, ungefähr in der Gegend des achten Dorsolumbalwirbels, nimmt nach vorn durch die neuen, sich anschließenden Muskelpartien allmählich an Dieke zu und verläßt schließlich vor der ersten Rippe den Canalis - collateralis vertebralis, um fleischig an dem Bogen des letzten Hals- wirbels zu inserieren, ohne dabei die Verbindung zwischen diesem Halswirbel und dem ersten Dorsolumbalwirbel in Anspruch zunehmen. Innerhalb des Canalis collateralis liegt der Muskel den Blut- sefäßen und den Dorsolumbalnerven auf. Aus dem obigen Verhalten kann man ohne weiteres schließen, daß dieser Muskel nichts anderes als ein Aggregat der tiefen, stark reduzierten, metameren Rückenmuskeln ist. Ich bringe hierbei meine Anschauung über die Phylogenie des Schildpanzers in Erinnerung, die ohne weiteres auch für die Erklärung des reduzierten Zustandes dieser spinalen Muskelgruppe die Grundlage bietet, vgl. I. Mittg. S. 13—16. 51. M. abdominis lateralis. M. obliquus abdominis No. 40, BoJanus; der äußere, seitliche Bauchmuskel, MECKEL; M. obliquus internus, RATHKE, GADoWw; M. obliquus abdominis, HOFFMANN. Eine dünne, aber breite, dreieckige, muskulöse Platte, die hinter der Seitenbrücke! des Schildgehäuses zwischen den beiden Schild- i Der seitliche Teil des Plastrons. Über die Beziehungen zu der anliegen- den Fettanhäufung vgl. S. 395, Fußnote. Morpholog. Jahrbuch. 46. 24 364 K. Ogushi panzern sagittal ausgespannt ist. Ihre dorsale Kante befestigt sich an der ventralen Fläche der sechsten bis siebenten Costalplatte, in einiger Entfernung von dem Seitenrande. Die ventrale Kante steht mit dem hinteren Rande des Hypo-, dem äußeren Rande des Xiphi- plastrons sowie des Proc. lateralis ossis pubis in Zusammenhang, während die hintere konkave Kante im Fettgewebe der seitlichen Bauchregion frei verläuft. Der Muskel weist außerdem eine deut- liche Biegung auf, deren Konvexität nach innen schaut. Der Faserverlauf zeigt eine große Mannigfaltigkeit und indivi- duelle Verschiedenheit. Deswegen unterschied schon BoJAnUs einen Textfig. 15. dorsal. A.abdomin.lafer Superficial. Costfalplaffe N vorn. Aypopl. Centrum - tendineum. R III I N I N \ II N Centrum - Xıph, ‚pl. u tendineum.e. Prlert. pubis. venfral. M. abdominis lateralis in Situ, von außen betrachtet. Hypopl. und Xiphipl.: Anheftungsränder des Muskels am Hypo- bzw. Xiphiplastron. M. obliquus ascendens und einen descendens; doch gab er hierzu keine besondere Abbildung. Beim Trionyx kommen im ganzen vier Gruppen von Faserzügen in Betracht. Unter diesen geht die erste, Textfig. 15a, von den oben beschriebenen Costalplatten hervor; sie ist durch den schrägen Verlauf ausgezeichnet, der nach vorn und abwärts gerichtet ist. Ihre kleinere Partie, die den hinteren Rand- teil des Muskels bildet, setzt sich unter Verstärkung der Sehnenzüge an den Proc. lateralis ossis pubis, Pr. lat., an, während ihr vor- derer größerer Teil gegen das Zentrum des Muskels einstrahlt. Die zweite Fasergruppe (b), entspringt von dem Hypoplastron, zieht haupt- sächlich caudo-ventralwärts und befestigt sich mit ihrer dorsalen Hälfte an der zentralen Sehne und mit der ventralen unmittelbar Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 365 an dem Xiphiplastron. Die dritte Gruppe (c), welche vom Xiphi- plastron aufsteigt, zieht zwischen dem Pubisansatz der ersten Gruppe und dem Xiphiplastronansatz der zweiten nach vorn und dorsalwärts, um sich mit der, im Zentrum des Muskels befindlichen, vierten Gruppe zu verbinden. Die vierte Gruppe (d) beginnt caudal mit einem schlanken, horizontal verlaufenden Sehnenfaszikel (e), in der Nähe der hinteren Kante des Muskels, zieht mit stark divergierenden Fasern nach vorn und heftet sich an die Zwischensehne, an der anderseits auch die dorsale Hälfte der zweiten Gruppe inseriert. Die letztere Zwischensehne (f) nannte BoJsanus »Medium tendineum«; sie verbindet sich durch Vermittelung von bindegewebigen Faser- brücken mit dem sehnigen Zentrum der hinteren Portion des M. ten- sor pleuroperitonei. Infolgedessen stehen diese beiden Zwischensehnen auch funktionell in enger Beziehung. Über den vergleichend-anatomischen Wert dieses Muskels sind bis heute verschiedene Anschauungen geäußert worden. Nach Horr- MANN wollte Owen ihn als einen M. obliquus externus ansprechen, welcher Meinung auch MEckEL früher gewesen ist. Demgegenüber glaubte RATrHKE und namentlich auch GApow, daß der M. obliquus abdominis externus bei Schildkröten fehlt, und daß der M. obliquus abdominis internus allein in der oben beschriebenen, eigentümlichen Muskelform fortbestehe. Sransıus nimmt eine Konkreszenz der beiden Schiefbauchmuskeln an. Mir scheint die letzte Annahme sehr zutreffend zu sein, weil die oben ausführlich geschilderten Verhält- nisse der Muskelfasern allzuviel verwickelt sind, als daß man hier- bei an einen monogenetischen Ursprung denken könnte. Dazu kommt noch der Pubisansatz, der für den M. obliquus externus superficialis der Amphibien und Reptilien sehr eigentümlich ist (vgl. MAURERS Arbeit). Doch bin ich nieht der Meinung, daß der M. obliquus internus sich von Grund aus an den betreffenden Bauchmuskel an- geschlossen habe; vielmehr halte ich dafür, daß sich der M. obliquus abdominis internus im Laufe der phylogenetischen Entwickelung des Tieres in zwei Portionen gespalten hat, von denen die eine in den M. obliquus lateralis überging, während die andere sich als ein M. atrahens pelvim entfaltete!. 1 Vgl. diese Abhandlg. S. 420. 24* 366 K. Ogushi 52. M. tensor pleuro-peritonei. M. transversus abdominis No. 41, BoJAnus; der innere, seitliche Bauchmuskel, MECKEL; M. transversus, STANNIUS; M. transversus abdominis, RATHKE, HoFF- MANN und GADOW. Ein beträchtlich breiter, aber sehr dünner Muskel, der dem Pleuro-peritoneum direkt aufliegt. Die vorderen zwei Drittel ent- springen von dem Carapax in einer halbkreisförmigen Linie, die nahe an der Dorsolumbalwirbelsäule — ungefähr in der Höhe der zweiten Costalplattennaht — beginnt, quer nach außen verläuft, dann unweit vom Seitenrande des Carapax in sanftem Bogen nach hinten umbiegt und weiter in derselben Richtung bis zur vierten Costalplattennaht reicht. Außer diesem direkten und kontinuierlichen Ursprunge sind noch drei bis vier gut isolierte, zarte, muskulöse Köpfe vorhanden, die zwischen je zwei paarigen Ursprungsköpfen des M. carapaco-basioceipitis, von der Seitenfläche des 7.—9. Dorso- lumbalwirbelkörpers direkt entspringen; sie gewinnen seitwärts immer mehr an Breite und verbinden sich endlich nieht nur miteinander, sondern auch mit dem vorderen Teile zu einer einheitlichen, aus- gedehnten Muskelplatte. Diese vereinigte Muskelmasse, die der Seitenfläche des geräumigen Pleuroperitonealsackes direkt anliegt, dehnt sich ventralwärts aus und endet mit starken sehnigen Faser- zügen an der ventralen Fläche des Bauchfells (pars tendinea BoJAanus). Die Grenze zwischen dem muskulösen und sehnigen Teile dieses Muskels, die eine medianwärts geöffnete Bogenlinie be- schreibt, verläuft etwas medial von der Umbiegungsstelle des Pleuro- peritoneums, an welcher die Seitenwand auf den Bodenteil übergeht, und begrenzt mit der gegenseitigen ein unvollständiges, breites Oval- feld. Die Verlaufsrichtung der Muskelfasern ist je nach der Lage sehr verschieden. Im vorderen Teile verlaufen die Fasern im all- gemeinen sagittal; in der mittleren Partie dagegen liegen sie mehr oder minder parallel zur Querschnittsebene des Körpers, während die den hinteren Teil des Muskels zusammensetzenden Fasern in einer von hinten-außen nach vorn-innen gestellten Ebene liegen. Zwischen diesen drei Faserarten kommen natürlich mannigfache Übergänge in Betracht. Die vordere Grenze der ganzen Muskel- platte liegt vor der Lungenspitze und seitlich von dem Bronchus, die hintere Grenze verläuft ganz in der Nähe der hinteren Kuppel des Pleuroperitonealsackes, so daß man mit Recht sagen kann, dieser Muskel umfasse den Pleuroperitonealsack fast in seiner ganzen Aus- dehnung. An der Stelle, wo der Muskel der Niere gegenübersteht, Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 367 sind die Muskelfasern durch eine verhältnismäßig starke Zwischen- sehne unterbrochen. Diese Sehne ist mit dem Pleuroperitoneum und außerdem auch durch bindegewebige Brücken mit dem Sehnenzen- trum des M. lateralis abdominis innig verbunden; sie besitzt in der Mitte ein Loch, wodurch sich das Vas revehens renalis! in das Neben- nieren-Nieren-Pfortadersystem einsenkt (vgl. Fig. 72). Ferner sei noch bemerkt, daß durch den vorderen Teil dieses Muskels die hin- teren Äste? der vorderen sieben Dorsolumbalnerven, die für die Innervation der Hautdecke des Plastrons bestimmt sind, hindurch- treten. Daß der in Rede stehende Muskel dem M. transversus abdomi- nis der übrigen Wirbeltiere entspricht, unterliegt keinem Zweifel. Aber bei den Schildkröten ist er zum reinen Respirationsmuskel geworden, indem er sich in seiner ganzen Ausdehnung von dem — der Hautdecke bzw. dem Brustkorbe der übrigen, nicht gepan- zerten Tiere analogen — Schildpanzer emanzipiert hat und mit dem darunterliegenden Pleuroperitoneum sehr innig verwachsen ist, so daß er bei der Kontraktion auf die Lunge als Exspirationsmuskel wirkt. Der von Bosanus, MECKEL u. a. mit Nachdruck vertretenen Ansicht, daß der vor der Lunge befindliche, eraniale Teil dieses Mus- kels dem Zwerchfell der Säugetiere homolog sei, kann ich mich jedoch nicht anschließen. Bei Trionyx ist der betreffende Teil des Muskels gewöhnlich nicht selbständig, denn er steht mit dem übrigen caudalen Abschnitt in direkter Verbindung. Dieser Befund steht mit den Beobachtungen von MECKEL und RATHKE im Widerspruch. Er bedeckt vielmehr, im Gegensatz zu dem echten Diaphragma der Säugetiere, die cephale Fläche der Lunge. Deshalb möchte ich sagen, dieser Muskel sei nichts anderes als ein bloßes stellvertreten- des, imitatorisches Diaphragma. Innervation. Der R. posterior des ersten bis siebenten Dorso- lumbalnerven. 53. M. sphineter cortieis. Pars posterior latissimi colli No. 21a, BoJAnus; M. latissimus colli, RATHKE (partim); M. sphineter colli posterior, FÜRBRINGER. Ein am Eingang zum Schildgehäuse vorhangartig gespannter Muskel. Dicht außerhalb des ventralen Teiles des M. collo-seapulo- 1 Vgl. die vorläufige Mitteilung über die Nebennieren- und Nierenpfortader des Trionyx japonieus, Anat. Anzeiger B. XXXIX, 1911. 2 Nicht in dem Sinne: »hintere Wurzel«, sondern als die »caudal« liegen- den zu verstehen! Uber das Nähere sei auf die S. 493 hingewiesen. 368 K. Ogushi plastralis steigt der bezügliche Muskel mit einem dicken, fleischigen, in sagittaler Richtung ausgebreiteten Ursprungskopfe von der me- dialen Hälfte des vorderen Schenkels des Epiplastrons empor und setzt sich mittels der, in der Frontalebene stark divergierenden Fasern an den vorderen verdiekten Hautsaum des Carapax an. Hier- bei fassen die beiderseitigen, medialen Fasern die Wurzeln des Halses zwischen sich, wobei sie zum Teil einwärts umbiegend, sich über dem Halse stumpfwinklig ineinander verflechten. Die lateralen Faserzüge divergieren dagegen nach außen und beschreiben um den vorderen Rand des M. carapaco-plastralis eine ansehnliche Spiraltour. Die Haut der Schulterhöhe überzieht die vordere Fläche dieses Mus- kels und sendet ins Innere desselben mehrere starke Bindegewebs- septen, die den Muskel, besonders sein Insertionsende, in einzelne, dicke Faserbündel zerklüften. Deswegen ist die Abtragung der Sehulterhaut von der Unterlage nicht selten mit großer See verbunden. Der Muskel kommt anscheinend erst nach dem Zurückziehen des Halses in das Schildgehäuse zur vollen Geltung, indem er den Eingang der nach dem Zurückziehen des Halses entstandenen, tiefen Einsenkung der Schulterhaut bis zu einer kleinen Öffnung verengt oder sogar vollständig verschließt. Der vordere Abschnitt des Pla- strons wird zugleich ein wenig rückwärts umgebogen und dem Cara- pax genähert. Innervation. Einige Äste des R. ventralis des sechsten Hals- nerven. 54. M. earapaco-plastralis!. M. latissimus colli, RATHKE (partim). Ein in sagittaler Richtung ausgedehnter, dieker Muskel, der lateral bzw. hinter dem vorigen Muskel, zwischen den vorderen Teilen der beiden Schildpanzer senkrecht ausgespannt ist. Von vorn durch den Ansatz des M. sphineter corticis bedeckt, entspringt der betreffende Muskel mit einem sehnig-muskulösen Kopf von der Nuchalplatte direkt vor der Scapula-Carapax-Verbindung, steigt gerade, immer breiter werdend, gegen den vorderen Schenkel des Epiplastrons herab und befestigt sich unmittelbar an dessen äußere Hälfte, wobei er von außen den Ursprung des M. sphinceter cortieis bedeckt. Inneryation. Einige Äste des R. ventralis des siebenten Halsnerven. ! Dieser Muskel und der vorangehende müssen vermutlich auch bei Oino- sternon und Cistudo vorhanden sein. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 369 RATHKE hat zum erstenmal festgestellt, daß dieser Muskel nur bei Trionyx-Arten vorkommt und mit dem vorigen Muskel dem System des Sphineter colli zugerechnet werden muß. Ich halte ihn indes eher für den modifizierten M. cueullaris, 1. weil der Muskel von dem M. sphineter cortieis, d. h. dem hinteren, selbständig gewordenen Teile des Sphincter colli, überdeckt wird, wie dies bei den meisten Reptilien der Fall ist, und 2. weil er am Epiplastron, d. h. der ‘dermogenen Clavicula, befestigt ist. Daß der Muskel nicht vom R. accessorius n. vagi Nervenäste erhält, ist durch Reduktion dieses Astes leicht erklärlich. Seine tief im Schildgehäuse versteckte Lage und der Ursprung an der Nuchalplatte sind als etwas Sonderbares anzusehen. Diese Besonderheiten stehen jedoch sicher in enger Be- ziehung mit der Verlagerung des Muskels, die die Bildung des Schildpanzers und die Verlagerung des Schultergürtels veranlaßt haben !. IV. Die Schwanzmuskulatur. (Fig. 54, 69—72 und Textfig. 16 und 34.) Hinsichtlich der Schwanzmuskulatur des Trionyx liegt bis jetzt keine genaue Untersuchung vor. Ich möchte vor allem darauf auf- merksam machen, daß die, bei den übrigen Schildkröten noch be- deutsam ausgeprägte, metamere Zusammensetzung derselben hier fast völlig verschwunden ist. In diesem Punkt ist auch eine Eigentüm- lichkeit der Organisation des T’rioryx deutlich ausgesprochen. Es ist ferner nicht ohne Interesse, daß die ventralen Schwanzmuskeln im Vergleich mit den dorsalen bei weitem voluminöser entwickelt sind. Dies scheint mit der guten Ausbildung des Begattungsorganes zusammenzuhängen, was besonders beim Männchen der Fall ist. Um so mehr gewinnt diese Ansicht an Bedeutung, weil der Schwanz tatsächlich verhältnismäßig sehr kurz und infolgedessen zum Rudern nicht geeignet ist. A. Ventrale Gruppe. 55. M. ischio-caudalis. Dilatator celoacae No. 54, BOoJANUS, GADOW. Ein langer, platter Muskel, der von der distalen Ausdehnung der Fascia pelvico-femoralis überdeckt und an der ventralen Ober- fläche des Schwanzes gelagert ist. Mit einem sehnig-muskulösen Kopf kommt er von der Spina ischiadica und zieht distal gegen die Cloakenöffnung; unterwegs wird er immer breiter, so daß er sich i Vgl. I. Mittg. S. 13—18 und 72. 370 K. Ogushi allmählich der Medianlinie nähert. Sein hinteres Ende umgreift ge- meinsam mit dem anderseitigen Muskel den vorderen Teil der spalt- förmigen, sagittalen Cloakenöffnung und steht mit dem darunter- liegenden Sphineter eloacae in festem Zusammenhang. Innervation. R. m. ischio-caudalis des N. pudendus. 56. M. sphincter celoacae. Sphincter eloacae No. 53, BOJANUS. Ein ansehnlicher, oberflächlich liegender Schwanzmuskel, der nur an seinem vorderen Viertel von dem M. ischio-coceygeo-tibialis, ventral vom vorigen Muskel überlagert wird und durch seine quer- verlaufenden Fasern ausgezeichnet ist. Auf dem Querschnitte des Schwanzes zeigt er sich als ein symmetrisches, einwärts geöffnetes kommaförmiges Feld. Er entspringt sehr ausgedehnt und teilweise aponeurotisch von der Seitenfläche des zweiten Saeral- sowie der vorderen vier Schwanzwirbelkörper und von den Querfortsätzen der übrigen distalen Schwanzwirbel. Sämtliche Muskelfasern, die von den genannten Ursprungsstellen kommen, laufen entlang der Seiten- fläche des Schwanzes ventralwärts herab und verbinden sich mit dem Seitenrande eines derben Sehnenblattes, das die ventrale Wand des Cloakenganges überzieht; es besteht aus groben Sehnenbündeln von auffallendem Seidenglanz, die sich caudal mit den Bündeln der anderen Seite im stumpfen Winkel durchflechten. Der stärkste Teil des Muskels fällt mit dem hinteren Rande desM. ischio-coceygeo-tibialis zusammen. Von da ab nimmt der Muskel so- wohl proximal als auch distal an Dieke ab, so daß er an seinen Enden mit einem scharfen Rande frei endet. Sein hinterer Rand erreicht nicht genau die Cloakenöffnung, sondern hört in einiger Entfernung vor der- selben auf. Der vordere Rand verläuft hingegen im Becken dicht hinter dem Bulbus cavernosus, schräg nach disto-ventralwärts. Nach BoJAnUs setzt sich das oben beschriebene Sehnenblatt bei Testudo europeae cephal an die Symphysis ischiadicae an. Dies ist beim Trionyz nicht der Fall, denn es läuft auch auf den freien Rand aus. Inneryation. Der gleichnamige Nerv aus dem Plexus pudendus. 57, M. flexor eaudae externus. M.flexor caudae lateralis No. 48, vel M. flexor caudae lumbalis No. 50, BOJANUS; Vorwärtsbeuger des Schwanzes, MECKEL; M. lumbo-caudalis, GADOW; M. sacro-coceygeus, HOFFMANN. Er entspringt knapp medial von dem vorigen Muskel und un- mittelbar von den Seitenflächen der sämtlichen Sacral- sowie meh- Anatomische Studien an derjapan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 371 rerer proximaler Schwanzwirbelkörper. Die distal und ventral ge- neigten, gegen das Schwanzende immer mehr an Länge abnehmenden Faserzüge setzten sich mittels einer langen Endsehne an den Seiten- flächen der letzten zwei bis drei Schwanzwirbelkörper an. Die Art und Weise dieser ganzen sehnigen Insertion ist sehr eigentüm- lich. Diese Endsehne (Textfig. 16, Ansatzsehne) entsteht an der medialen Fläche des Muskels, und zwar in einiger Entfernung von seinem ventralen Rande, wobei sie in sagittaler Richtung verläuft. Nun geht eine Anzahl der proximalen Muskelfasern (c) unmittelbar in das proximale Ende dieser Ansatzsehne über, während die große mediale Fasergruppe (a), im Anschluß an die vorige, die Endsehne ihrer Länge nach an ihrer dorsalen Seite direkt erreicht und sich mit ihr im spitzen Winkel verbindet. Die lateralen Fasern (b), die Textfig. 16. Ansafzsehne.: Schema des Faserverlaufes im M. flexor caudae externus, von innen gesehen. länger als die Gruppe a sind, erreichen dagegen die Endsehne auf einem Umwege; sie laufen nämlich nicht gestreckt, sondern bilden ausnahmslos vor der Verbindung mit ihr in ventro-dorsaler Richtung einen scharfen Bogen, um erst dann an der Ventralseite dieser End- sehne zu endigen. Deshalb zeigt die äußere, dem M. sphineter eloacae zugewandte Fläche des Muskels bloß schräge, parallele Fasern, während die mediale Seite wegen der zweifachen Verlaufsrichtung, einerseits der medialen und andrerseits der lateralen Fasern, ein doppeltgefie- dertes Aussehen hat, und darum liegt auch die Endsehne nicht ge- nau am ventralen Rande des Muskels, da sie durch den bogenförmigen Verlauf der lateralen Fasern ziemlich weit nach oben verschoben wird. Der ventrale Rand dieses Muskels wird also nicht durch die Ansatzsehne, sondern einfach durch die Umbiegungsstelle der late- ralen Fasergruppe repräsentiert. Innervation. Ventraläste des zweiten bis vierten Schwanznerven (?). 372 K. Ogushi 58. M. flexor eaudae internus. Flexor caudae ischiadieus No. 52, BoJanus; Vorwärtsbeuger des Schwanzes, Pars 2, MECKEL; M. pubi-caudalis, GADow (?); M. ischio-coceygeus, HOFFMANN. Sein Hauptteil findet sich medial von dem vorigen Muskel. Er beginnt mit einem verhältnismäßig schmalen, platten, fleischigen Kopfe tief innerhalb des Beckens von der dorsalen Fläche des late- ralen verdiekten Endabschnittes des Ischiums. Zunächst läuft er medial- und etwas dorsalwärts, biegt hierauf beinahe rechtwinklig nach hinten um, wobei er um den dorsalen Rand des M. retractor penis s. elitoridis eine deutliche Schlinge bildet. Alsdann passiert er zwischen dem letzteren Muskel und der Seitenwand des Cloaken- ganges, weiter zwischen diesem und dem M. flexor caudae externus, um seine lange Ansatzlinie, die sich über die Ventralfläche sämt- licher Schwanzwirbelkörper erstreckt, zu erreichen, wobei die Muskel- fasern stark divergieren. Die Breite des Muskels ist vom Ursprung an bis zur Umbiegungs- stelle überall annähernd gleich, von da ab nimmt sie gegen den Ansatz hin rasch zu, so daß dieser Abschnitt als ein nach hinten beträchtlich ausgezogenes Dreieck erscheint. Der Muskel empfängt nämlich hier einen starken Zuschuß von Muskelfasern, die von einem Sehnen- bogen, der den ventralen Rand des Muskels bildet, kommen und gegen alle Schwanzwirbel, mit Ausnahme der zwei proximalen, aus- strahlen. Diese zwei Schwanzwirbel werden von dem übrigen, oben beschriebenen Teil des Muskels in Anspruch genommen. Es wäre noch hinzuzufügen, daß eine kleine, distale Fasergruppe um den distalen Rand des M. flexor caudae externus auf dessen laterale Fläche umbiegt und außen von diesem Muskel, an den distalen Schwanzwirbeln inseriert. Der hinterste Abschnitt des Flexor eaudae externus ist deshalb gewöhnlich mit einer muskulösen Scheide umhüllt. Innervation. Der R. ventralis n. coceygeus II et IIL(?). 59. M. longus coceygis. M. flexor caudae inferior, BoJAnus(?); M. sacro-caudalis, GADOWw (?); M. lumbo-cocecygeus, HOFFMANN (?). Ein paariger, spindelförmiger Muskel, der sich medial von dem vorigen Muskelansatz, zwischen den distalen acht bis zehn Wirbel- stiicken ausdehnt. Sein vorderer Abschnitt wird von dem ander- seitigen durch den Verlauf des medianen unpaarigen Ursprungskopfes Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 373 des M. earapaco-basioceipitis getrennt, im übrigen laufen die beider- seitigen Muskeln dicht nebeneinander. Innervation: Die Rami ventrales der Nn. coceygei III—IV(?). B. Muskulatur des Begattungsorganes. (Fig. 71.) 60. M. retraetor penis s. elitoridis. M. protrahens clitoridis (vel penis) No. 55, BoJAnus; Retractor penis, HOFFMANN. Dieser Muskel entspringt mit zwei starken, fleischigen Zacken von der Seitenfläche des ersten Sacralwirbelkörpers und der ersten Sacralrippe, lateral von dem unpaarigen Ursprungskopf des M. carapaco-basioceipitis und ceranial von dem M. flexor caudae externus. Sodann zieht er, allmählich breiter werdend, gegen die Grenze des vorderen Drittels des Penis (beim Weibchen die Wurzel der Clitoris) schräg nach hinten und ventral und setzt sich an die ventrale Fläche des Begattungsorgans direkt an, wodurch in der Medianlinie eine deutliche Naht entsteht. Daß der M. flexor caudae internus sich um den vorderen Rand und die dorsale Fläche dieses Muskels herumschlingt, ist bereits oben bei der Besprechung des M. flexor caudae internus erwähnt worden. Im übrigen ist noch zu beachten: 1. der M. retractor penis zeigt beim Männchen eine mächtige Entwickelung, ist jedoch beim Weib- chen mehr oder minder erheblich reduziert; 2. der N. sacralis I kommt gewöhnlich zwischen den beiden Ursprungszacken zum Vor- schein. Innervation: Der R. ventralis des N. coceygeus 1. 8. I. 61. M. protractor cloacae. Soweit mir bekannt, ist dieser Muskel bis heute noch nicht be- schrieben worden. Er findet sich zwischen der dorsalen Cloaken- wand und den Schwanzwirbeln. Dieser ziemlich reduzierte, zarte, paarige Muskel nimmt medial von dem M. flexor caudae internus, von der Seitenfläche des dritten bzw. vierten oder dieser beiden Schwanzwirbelkörper direkten Ursprung, zieht dann an der dorsalen Wand des Cloakenganges gerade nach vorn hinweg und inseriert an dem Anfangsabschnitt dieses Ganges. Sein Bauch ist nicht selten in einige parallel verlaufende Portionen gespalten. Er zieht bei Kontraktion den Anfangsteil der Cloake distalwärts und hat beim Vorschnellen des Penis eine wichtige Aufgabe. Beim Weibchen 374 K. Ogushi kommt er ebenfalls vor, bei dem er wahrscheinlich bei der Eiablage eine Rolle spielt. Innervation: einige ventrale Aste des N. coceygeus II bzw. II. C. Dorsale Gruppe!. (Fig. 54 und 72.) 62. M. arreetor caudae. Strecker des Schwanzes, MECKEL und RATHKE; M. testo-coecygeus, HOFFMANN; Levator eaudae, GADOW. Ein kräftiger, dreieckiger, paariger Muskel, der auf dem dor- salen Teil des Beckens gelagert ist. Die beiderseitigen Muskeln liegen dieht nebeneinander. Er entspringt mit einer ausgedehnten Basis, und zwar zum größten Teil von dem medialen Abschnitte der achten Costalplatte und von dem hinteren, knochenfreien Hautlappen des Carapax — und zum kleinen Teil innerhalb des Canalis col- lateralis von dem siebenten und achten Rippenhalse. Sämtliche Muskelfasern laufen caudalwärts zu einer kurzen Sehne zusammen, die an dem Proc. spinosus des dritten Schwanzwirbels ansetzt. Innervation: die dorsalen Äste des 9. bzw. 10. Dorsalumbalnerven. 63. M. longissimus caudae. Seitwärtsbeuger a, MECKEL; Seitwärtszieher, RATHKE(?); M. ilio-saero-caudalis GADOoW (?). Vom vorigen Muskel bedeckt, beginnt er mit ausgedehntem, muskulösem Ursprung von der ersten Sacralrippe bis zum Querfort- satz des dritten bzw. vierten Schwanzwirbels, geht hierauf gerade distal und befestigt sich vermittelst sehniger Zacken an den Dorn- fortsätzen, die distal von dem vierten bzw. fünften Schwanzwirbel liegen. Innervyation: einige dorsale Reste der vorderen Schwanznerven. 64. M. multifidus eaudae. Er befindet sich medial von dem vorigen Muskel in derselben Sehieht. Er nimmt Muskelfasern auf, die direkt von den Seiten- ! Es scheint mir, daß BosAnus unter der Bezeichnung »Extensor caudae« die dorsalen Muskeln des Schwanzes zusammengefaßt hat; er schreibt diesbezüg- lich: »Omne dimidium superius caudae, ab osse sacro inde, occupans polymor- phus, e fascieulis deorsum et sursum intertextis, restiformibus, museulo multi- pliei atque tendinoso strato variis, a praeviis quibuscunque vertebrarum coceigis hisque finitimus partibus oriundis, oceieulis coccygis vieinis, que supercaudunt, eundo adhaerentibus ut, musculoso demum vel frequentius tendinoso fine, remo- tioribus inserantur.« Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. u. 375 flächen der hinter dem zehnten Dorsolumbalwirbel befindlichen Dorn- fortsätze entspringen, und geht in schräger Richtung nach hinten und seitwärts teils zu den Quer-, teils zu den Gelenkfortsätzen der Schwanzwirbel. Sein hinteres Ende reicht gewöhnlich bis zur Höhe des dritten bis vierten Schwanzwirbels. Innerviert von den dorsalen Ästen der vorderen Schwanznerven. Neben diesen Hauptmuskeln kommen noch folgende zwei Reihen rudimentärer Muskeln in Betracht, 65. Mm. interspinati. Es sind kurze segmentale Muskeln, die zwischen den Dornfort- sätzen des ersten Sacral- bis etwa dritten Schwanzwirbels vorkommen. Bei sehr guter Ausbildung lassen sie sich als paarige, gut vonein- ander gesonderte Muskelkette darstellen. 66. Mm. intertransversarli. Sie treten hinter dem dritten Schwanzwirbel als eine Reihe von kurzen, jedoch deutlichen Muskeln auf, die zwischen sämtlichen .Querfortsätzen. ausgespannt sind (besonders gut sind sie auf den mikroskopischen Längsschnitten wahrzunehmen). Ventral von ihnen treten die Schwanznerven aus den Foramina intervertebralia heraus. V, Die Muskulatur der vorderen Extremität. Gegen Ende des letzten Jahrhunderts wurde von FÜRBRINGER eine eingehende vergleichend-anatomische Studie der Muskulatur des Sehultergürtels (mit Ausnahme des M. coraco-hyoideus) geliefert. Da- bei wurde auch ein Exemplar von Trionyx japonicus in den Kreis seiner Beobachtung gezogen. Die Ergebnisse dieser Arbeit sind in bezug auf die Genauigkeit der Beobachtung und der Vergleichung so vorzüglich, daß eine Nachprüfung auf unserem Gebiete zum größten Teil überflüssig erscheint. Im zweiten Teile der Untersuchung, die auch die Schildkröten betrifft, schloß sich jedoch FÜRBRINGER der Ansicht GEGENBAURS ohne weiteres an, daß der vordere, ventrale Schenkel des Schultergürtels mit der Clavieula der höheren Wirbel- tiere nichts zu tun habe, sondern dem Procoracoid der Amphibien entspreche. Auf die Bedeutung des für die Cheloniden so charak- teristischen Plastrons und seiner Beziehungen zu den Schultermuskeln 376 K. Ogushi ist der Autor hierbei nicht näher eingegangen. Erst später! ist er auf die Frage nach der Bedeutung des Epiplastrons und anderer knöcherner Bestandteile des Bauchschildes zurückgekommen und hat hierbei das Epiplastron mit der dermogenen Clavieula, das Ento- plastron mit dem Episternum und die übrigen knöchernen Teile des Plastrons mit dem System des Parasternale der anderen Reptilien homologisiert. Eine Nachprüfung an den Schultermuskeln der Schild- kröten wurde nicht vorgenommen, so daß einige nicht ganz klar gelegte Punkte und einige Beobachtungsfehler, die sich in seinen früheren Arbeiten befanden, nicht beseitigt werden konnten. Die Frage? nach den Beziehungen des mit der dermogenen Clavicula homologisierbaren Epiplastrons zu der chondrogenen Qlavicula der höheren Wirbeltiere und die genetische Ableitung dieser Olavicula wurde leider nicht erörtert. Dagegen wurde durch diese hervor- ragenden Untersuchungen die Meinungsverschiedenheit bezüglich der Erklärung des Schultergürtels und seiner Weichteile entfernt. Ich selbst verdanke diesen Arbeiten eine genaue Kenntnis der Morpho- logie der Schultermuskeln, durch die meine Auffassung der Phylo- genie des Schultergürtels der Schildkröte wesentlich bestärkt wurde. Wenn wir aber von den Schulter- und Oberarmmuskeln absehen, so finden wir in der Literatur kaum etwas über die Muskulatur der oberen Extremität des Trionyxz, so daß eine eingehende Behandlung dieses Gebietes um so mehr gerechtfertigt erscheint, als auch ganz neue, gut differenzierte Muskeln zur Beobachtung kamen. A. Muskeln des Schultergürtels. (Fig. 52, 54, 60—65 und Textfig. 17, 18 und 31.) 67. M. pectoralis. M. pectoralis major No. 56, BoJanus; der hintere Bauch der oberflächlichen Schicht des großen Brustmuskels No. 3, MECKEL; M. pectoralis major, STANNIUS, RATHKE; M. pectoralis, RÜDINGER, FÜRBRINGER, HOFFMANN. Ein mächtiger, dreieckiger Muskel, der nach der Wegnahme der vorderen Plastronhälfte als ein umfängliches Feld zum Vorschein kommt. Seine Ursprungsfläche dehnt sich nicht nur auf die dor- salen, glatten Flächen des Hyo- sowie Hypoplastrons (mit Ausnahme der hinteren Hälfte des medialen Abschnittes des letzteren Knochens), sondern auch noch auf den Carapax aus, und zwar in einer Sagittal- linie, die längs des Seitenwinkels des Schildgehäuses verläuft und ! Im vierten Teile seines Werkes. 2 Ich verweise diesbezüglich auf meine I. Mittg. S.17 und 8. 77 Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. Il. 377 bis zur Höhe des Schultergelenkes reicht. Von dieser großen Ur- sprungsfläche laufen die gesamten Muskelfasern fächerförmig gegen die äußere Fläche sowie den hinteren, nicht überknorpelten Rand des Proc. radialis humeri zusammen, wobei die Muskelbündel im medialen Teile lateral, im mittleren nach vorn und seitwärts und im lateralen medial und cranialwärts verlaufen. Das Ansatzende wird, besonders an der Ventralfläche, von starken Sehnenzügen um- geben. Ein Teil der vorderen Fasern, die in der Höhe des Schulter- gelenkes vom Carapax entspringen und in querer Richtung nach ventral und medianwärts zur lateralsten Partie des Ansatzendes ziehen, wird durch eine derbe, kräftige Aponeurose verstärkt, die ich mit den Muskelfasern zusammen als »Arcus axillaris« (Fig. 52, Are. axill.) bezeichne. Dieser Arcus axillaris fixiert den M. coraco- antebrachialis und den M. coraco-radialis in die, durch die beiden proximalen Fortsätze des Humerus begrenzte Furche. Im übrigen wird der Muskel nahe am Seitenwinkel des Schildes von den ventralen Ästen der Dorsolumbalnerven- durchbohrt. Dabei erhält er von diesen keinen Zweig, wie es auch FÜRBRINGER gegen BoJAnus richtig hervorgehoben hat. Innervation: der gleichnamige Ast aus dem N. brachialis ventralis. 68. M. deltoides. Caput maximum m. deltoides No. 60a, BoJAanus; M. deltoides, RÜDINGER; M. procoraco-plastro-humeralis, FÜRBRINGER (partim); M. procoraco-plastro- humeralis (deltoides), HOFFMANN. Ein mäßig starker, dreieckiger Muskel, der nach hinten an die Hauptmasse des M. elavieulo-humeralis eng angeschlossen ist, jedoch wegen der Verschiedenheit der Innervation von diesem zu unter- scheiden ist. Er entspringt ohne Vermittelung einer Sehne mit breiter Basis von dem lateralen, schmalen Saum des vorderen Schenkels des Epiplastrons, also knapp lateral von dem Ansatze des M. cara- paco-plastralis, und zieht mit stark konvergierenden Fasern vor der Clavieula, von dieser etwas entfernt, nach dem Proe. radialis humeri, an dessen äußerst proximalem Rande er mittels einer dünnen Sehne inseriert. Innervation: der gleichnamige Ast des N. dorsalis scapulae (N. dorsalis seapulae FÜRBRINGER). In dem von FÜRBRINGER beschriebenen Falle gingen unser M. deltoides und der M. elaviculo-humeralis ineinander über, »ohne 378 K. Ogushi daß die geringste Scheidung der beiden, durch die Nerven bestimmten Muskelbezirke nachweisbar wäre«. Nach meinen mehrfachen Be- obachtungen ist das Verhalten der beiden Muskeln, zumindest an ihren Ansatzenden ein anderes, denn der M. deltoides endigt ausge- sprochen sehnig, während der M. clavieulo-humeralis einen musku- lösen Ansatz hat und seine tiefe Portion mit ihrem Insertionsende als ein besonderer, scharf umschriebener, spindelförmiger Bezirk zwischen der oberflächlichen Portion und dem M. deltoides einge- schaltet ist, wie dies aus der Abbildung, Fig. 52 (X), deutlich hervor- geht. Die Abgrenzung der beiden Muskeln ist auch in der Praxis nicht schwierig, wenn man bei der Zerlegung von den Insertions- enden gegen den Ursprung vorgeht. } 69. M. supracoracoideus. Der erste bis dritte Bauch der tiefen Schicht des großen Brustmuskels, MECKEL; M. supracoracoideus, FÜRBRINGER, HOFFMANN. > Ein ansehnlicher und kräftiger Muskel mit mehreren Köpfen. Er nimmt den größten Teil der ventralen Oberfläche des ventralen Abschnittes des Schultergürtels ein, wird an seiner hinteren Hälfte von dem M. pectoralis bedeckt und ist durch seine innige Lage- beziehung zum Foramen coraco-clavieulare gekennzeichnet. Es lassen sich vier fast gleich starke Portionen unterscheiden. a. Portio elavieularis anterior 8. M. elavieulo-humeralis. Pars altera m. deltoidis No. 60b, Bosanus; der vordere Muskelbauch der ober- flächlichen Schicht des großen Brustmuskels, $ 100 No. 3, MECKEL; Pars celavi- cularis m. pectoralis, RÜDINGER (partim); M. deltoides, STANNIUS (?); M. supraclavieularis, HOFFMANN. Eine kräftige, vor dem M. pectoralis oberflächlich liegende Por- tion, die sich vor allem an die Portio celavicularis posterior und den M. deltoides eng anschließt. Diese Portion ist besonders an ihrem cephalen Teile wiederum in zwei Portionen, eine oberflächliche und eine tiefe, gesondert, zwischen die sich von vorn der M, deltoides ziemlich tief einzwängt. Die ventrale, oberflächliche Portion hat eine ausgedehnte Ur- sprungsfläche, die von der dorsalen Fläche des Epielavieulare bis zu der vorderen, schmalen Zone der ventralen Fläche der Clavieula und der lateralen, vorderen Ecke der ventralen Fläche des Lig. coraco- clavieulare reicht. Die von dieser ausgebreiteten Ursprungsfläche hervorgegangenen Fasern konvergieren seitwärts ziemlich stark, 80 daß ein platter, dreieckiger Bauch entsteht, der mit seinem äußeren, Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 379 durch Sehnenfasern verstärkten Ende an der ventralen (radialen) Fläche des Proe. radialis des Humerus und an dessen hinterem Rande befestigt ist. Die dorsale, tiefe Portion sammelt von dem vorderen Rande der Clavieula ihre Fasern und schließt sich lateral an die dorsale Fläche des Ansatzendes der oberflächlichen Portion an. Der vordere, late- rale Teil der tieferen Portion ist außerdem an seiner ventralen Fläche zwischen den Ansatzenden des M. deltoides und der oberflächlichen Portion als ein scharf begrenztes Feld von quergelegter Spindelform (Fig. 52,>x<) sichtbar, wovon bereits oben beim M. deltoides die Rede war. b. Die Portio elavieularis posteriör 2 M. elaviculo-brachialis, RÜDINGR (partim), entspringt innerhalb des Schultergürtels von dem hinteren Rande sowie der hinteren Zone der Rückenfläche der Clavieula und von der dorsalen Fläche der cranialen Hälfte des Lig. coraco-clavi- eulare, tritt dann mit schwach konvergierenden Fasern schräg nach hinten und seitwärts aus dem Foramen coraco-celaviceulare hervor und verbindet sich im spitzen Winkel mit dem gemeinsamen An- satzende der beiden, zunächst beschriebenen Portionen. Dieser Portion fehlt eine Sehne. Übrigens ist diese Portion auch noch mit dem hinteren Teile des M. elavieulo-humeralis fest verwachsen. e. Die Portio supracoracoidea M. eoraeo-brachialis proprius anterior, RÜDINGER; M.suprascapularis, BOJANUS! ist unter den vier Portionen am stärksten entwickelt. Die Muskel- fasern, die von der vorderen Hälfte der ventralen Fläche des Cora- coids hervorgehen und parallel zu diesem Knochen nach außen ver- laufen, bilden einen birnförmigen Bauch zusammen, der, durch die etwa in der Mitte seiner Oberfläche entwickelten, starken Sehnenzüge verstärkt, an dem proximalen Rande des Proe. radialis humeri bis auf dessen ulnare Fläche inseriert. Die Kontur dieser Portion ist am medialen Teile sehr deutlich ausgeprägt, aber am lateralen Ab- schnitte und zwar, insbesondere nach hinten, vollständig verwischt, so daß dieser Muskelteil und der M. eoraco-brachialis ohne be- sondere Begrenzung ineinander übergehen, wie es auch FÜRBRINGER richtig bemerkt. 1 Diese Benennung kommt daher, weil Bosanus das Coracoid für die echte Scapula hält. Morpholog. Jahrbuch, 46. 3 380 K. Ogushi d) Die Portio infracoracoidea entsteht mit breiter Basis auf der Rückenseite der hinteren Hälfte des Lig. eoraco-elavieulare und auf dem anliegenden Bezirk des Coracoids und tritt durch das Foramen coraco-claviculare an der ventralen Seite des Schultergürtels zutage, wobei an ihrer Oberfläche starke Sehnenzüge bemerkbar werden. Das auf diese Weise ge- bildete, sehnig muskulöse Ansatzende nimmt bald die Portio clavi- cularis auf und inseriert gemeinsam mit der Portio supracoracoidea an der oben besprochenen Insertionsstelle. Innervation: Die Portiones elavieulares werden von dem vorderen Aste des N. supracoracoideus, die beiden übrigen Muskelteile hingegen von dem hinteren "Aste desselben Nerven versorgt. Im übrigen verdient noch folgendes bemerkt zu werden: Die beiden dorsalen Portionen, d. h. Port. elavicularis posterior und P. infracoracoidea, füllen das Foramen coraco-elavieulare fast vollständig aus und verwandeln dasselbe in folgende drei schmale, spaltförmige Öffnungen (Textfig. 17): Textfig. 17. Epiclavıculare Clarıcula. Sparanter \\_ ons esavve. \ 00s# 69. ER Lig. coraco- \ c/avic. Pork. supr8corac.63. Schematische Darstellung der Beziehung der Portionen des M. supracoracoideus zum Foramen coraco- elavieulare. Rechter Schultergürtel in ventraler Ansicht. 1. Das Spatium elavieulo-pectorale s. anterius, das zwischen dem Halse der Clavieula und der Portio elavieularis posterior übrigbleibt und sich nach vorn in den Spalt fortsetzt, der von dem Ansatz- ende der Portio elavieularis anterior sowie dem Halse der Clavieula begrenzt wird. 2. Das Spatium intermuseulare seapulae s. mediale, das sich zwischen den beiden genannten Portionen und dem Lig. coraco-elavi- culare befindet, und endlich Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. IL. 381 3. Das Spatium coraco-infracoracoideum s. posterius, das von der Portio infracoraeoidea und dem Hals des Coracoids umgeben wird. Diese Spatien werden stets von besonderen Nerven und Blut- gefäßen durchsetzt, und zwar: 1. das Spatium anterius vom vorderen Aste des N. supracora- coideus sowie der A. subelavieularis, 2. das Spatium mediale von der A. pectoralis anterior und V. pectoralis, und endlich 3. das Spatium posterius von dem hinteren Aste des N. supra- coracoideus sowie der A. supracoracoidea. ‘Aus dieser Übersicht ist es leicht zu ersehen, daß das Foramen coraco-clavieulare des Trionyx nicht von einfacher Natur, wie es sonst bei den meisten Amphibien und Reptilien der Fall ist, sondern sehr kompliziert ist und durch den Verlauf der Nerven und Blut- sefäße eine wichtige Bedeutung erhält, die im weiteren noch ge- nauer dargelegt werden soll. Deshalb muß auch der Versuch, das Foramen coracoclavieulare ohne weiteres mit dem Foramen supra- coracoideum der anderen Wirbeltiere zu verknüpfen, als zum Teil nicht ganz begründet bezeichnet werden. 70. M. coraco-antebrachialis s. biventer scapulae. Caput alterum (secundum) bieipitis brachii Nr. 66, BoJanus; der lange Beuger 8107, Nr.1, MECKEL; M. biceps brachii s. fiexor antibrachii, RÜDINGER (partim); M. coraco-antebrachialis profundus, FÜRBRINGER und HOFFMANN. Ein kräftiger, langer Muskel, der den hinteren Randteil des Coracoids von der ventralen Seite bedeckt und sich distalwärts bis zum Vorderarm erstreckt. Der Muskel ist in der Mitte seiner Länge durch eine schräg nach vorn und zur Seite verlaufende Einschnürung ausgezeichnet; diese Stelle deutet die Lage der im Innern befind- lichen, dünnen Zwischensehne! an, die nieht die ganze Dicke des Muskelbauches durchsetzt, sondern in der Regel einen Teil der dorsalen Muskelbündel freiläßt. Der Muskel beginnt direkt mit einem dicken * Kopf von dem hinteren, halbmondförmigen, schmalen Randbezirk der ventralen Fläche des Coracoids, zieht am hinteren, konvexen Rande dieses Knochens vorbei, um in Begleitung des gleich unten zu be- sprechenden M. coraco-radialis durch das, von dem M. peetoralis und 1 FÜRBRINGER hat an verschiedenen Reptilien ihre bedeutende Variabilität eingehend studiert. Bezüglich der starken Schwankung der Entwicklung dieser Zwischensehne und des distalen Muskelbauches bei den von mir untersuchten Schildkrötenarten vgl. den Artikel »M. coraco-radialis«. 25* 382 K. Ogushi den beiden proximalen Fortsätzen des Humerus umfaßte Loch hin- durchzutreten. Weiterhin setzt er seinen Weg über die starken, längs der Beugeseite des Oberarmes verlaufenden Blutgefäß- sowie Nervenstämme bis zum distalen Teile des Radius fort, wo er, rasch an Dieke abnehmend, in eine starke, breite Endsehne übergeht. Diese Endsehne inseriert mit ihrem radialen, verdickten Teil an der radialen Kante der Extremitas distalis des Radius!, während sie mit ihrem ulnaren Teile in die oberflächliche Faszie der Handteller ausstrahlt. Innervation: Sowohl der proximale als auch der distale Bauch wird von je einem selbständigen Aste des N. coraco-brachialis versorgt. 71. M. coraco-radialis. Caput primum m. bieipis brachii Nr. 66, BoJAnUSs; 'M. eoraco-radialis superficialis, FÜRBRINGER und HOFFMANN. Ein nicht sehr starker Muskel, dessen Hauptstück auf der ven- tralen Fläche des Coracoids zwischen dem Ursprunge des vorigen Muskels und der Portio supracoracoidea des M. supracoracoideus als ein spindelförmiges Feld erkennbar ist. Er entspringt direkt von dem mittleren Bezirk der ventralen Fläche des Coracoids und läuft vor dem M. coraco-antebrachialis nach außen, wobei er sich all- mählich verjüngt. Hinter dem Schultergelenk, und zwar im Suleus intertubereularis, geht er in eine lange, starke, abgeplattete Endsehne über, die zwischen dem M. eoraco-antebrachialis und dem M. brachio- ulno-radialis längs der Achse des Oberarmes distalwärts herabsteigt, um sich zwischen dem Ansatz des M. brachio-radialis und dem Pronator teres hindurch an die Volarseite des proximalen Endstückes des vadius zu befestigen. An der ulnaren Seite seiner Endsehne ver- laufen die A. brachialis und der N. brachialis ventralis. Innervation. Zwei Äste des N. coraco-brachialis. FÜRBRINGER hat bei der vergleichend-anatomischen Untersuchung der Schultermuskeln auf eine bei einzelnen Reptilienarten verschieden ausgesprochene Variabilität der Bicepsgruppe hingewiesen. Die ähn- liche, interessante Erscheinung ist nun auch bei den von mir unter- suchten Schildkröten, wie Testudo iberica, T. geometrica, Nieoria punelularia, Damonia subtrijuga und Chelone mydas, zur Beobachtung ! Dieser starke am Radius inserierende Sehnenzipfel beteiligt sich mit seinem distalen Randteile an der Bildung des Lig. carpi transversum, welches zwischen der Extremitas distalis des Radius und dem radialen Rande der Eminentia carpi transversa ausgespannt ist (vgl. Fig. 64 u. 65.) Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 383 gelangt. Da ich später keine Gelegenheit zu finden glaube, darauf zurückzukommen, so möchte ich hier eine kurze Skizze über meine gewonnenen Befunde niederlegen. Wie die obige Beschreibung lehrt, sind beim Trvonyx(vgl. Text- fig. 18) am Seitenrande der Ventralfläche des Coraeoids zwei lange, starke Muskeln, der M. eoraco-antebrachialis und coraco-radialis, vor- Textfig. 18. Trionyx. Testudo Nicoria Damonia Cor3co0.-. antebrach. | IN Procrad . ee AN hum. == Insec# fasc. Schematische Darstellung der Bicepsgruppe bei verschiedenen Schildkröten. handen, die hauptsächlich den Vorderarm beugen. An Stelle dieser Muskeln kommt bei Testudo iberica und T. geometrica bloß ein Muskel in Betracht, dessen Bauch ganz homogen gebaut ist und der zwischen den beiden proximalen Fortsätzen des Humerus in eine lange End- sehne übergeht, die an der proximalen Partie der Beugefläche des Radius inseriert. Er erhält einen Endzweig des dem später zu er- wähnenden N. coraeco-brachialis entsprechenden Nerven. Ich halte ihn für ein Homologon des M. coraco-radialis des Trionyx. Auch bei Chelone mydas ist nur ein Muskel nachzuweisen, der gegenüber dem 354 K. Ogushi M. coraco-radialis der Test«do keinen wesentlichen Unterschied auf- weist, bis auf die Innervation durch zwei Äste des N. coracobrachialis und eine erheblich breite, zum Teil in die oberflächliche Faszie des Vorderarmes ausstrahlende Insertionssehne. Die Necoria hat eben- falls nur einen entsprechenden Muskel. Dieser jedoch ist durch eine schlanke Zwischensehne, die in der zwischen den beiden proxi- malen Fortsätzen des Oberarmknochens verlaufenden beträchtlich schmalen Furche durchzieht, in zwei Bäuche geteilt, von denen der Venter proximalis dem Muskelteil des M. coraco-radialis entspricht und von einem Ast des N. coraco-brachialis innerviert wird. Sein Venter distalis dagegen, der sich neben den distalen Rändern der proximalen Fortsätze des Oberarmbeines von der Zwischensehne entwickelt, zieht als ein dieker Muskel an der Beugeseite des Ober- armes vorbei und spaltet sich vor dem Ellenbogengelenk in zwei Zipfel; der radiale, zartere Zipfel inseriert an der Beugeseite des Radius, während der ulnare, stärkere in eine Aponeurose übergeht, die teils am distalen Teil des Radius (Sehne a), teils in der oberfläch- lichen Vorderarmfaszie (Sehne b) endet. Die Innervation des Venter distalis erfolgt durch einen besonderen Ast des N. brachialis ventralist. Der homologe Muskel der Damonia zerfällt ebenfalls in zwei Bäuche, einen proximalen und einen distalen, die in der Fossa intertuber- cularis durch eine schräge, ausgesprochene Sehneninskription mit- einander verbunden sind. Der proximale Bauch ist dem des letzt- angegebenen Muskels sehr ähnlich und nur durch die Dicke seines distalen Endes zu unterscheiden. Der distale Bauch ist aus zwei Portionen zusammengesetzt. Die oberflächliche Portion ist kräftig sebaut und läuft distal auf eine kurze Endsehne aus, die an der. Beugeseite des Radiusschaftes inseriert. Die tiefe, dünnere Portion wird von der oberflächlichen bedeckt bis auf ihren ulnaren Randteil; sie setzt sich distal an, dieht an den Ansatz der oberflächlichen Portion angeschlossen, ohne Sehnenbildung an den Radius, während sie proximal, die Rückenseite der Sehneninskription überspringend, mit-dem proximalen Bauch zusammenhängt. Der distale und der proximale Bauch erhalten je einen besonderen Ast des N. eoraco- brachialis. Daneben kommt bei Damonia ein M. eoraco-radialis vor, der mit dem gleichnamigen des Trionyx übereinstimmt und vom i Der in Rede stehende Muskel der Nieoria steht deswegen dem typisch entwickelten M. coraco-antebrachialis der Lacertilien am nächsten, dessen proxi- maler Bauch vom N. coraco-brachialis, der dorsale dagegen vom N. brachialis ventralis (N. brachialis longus inferior FÜRBRINGER) versorgt wird. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 385 N. coraco-brachialis innerviert wird (dieser Muskel in Textfig. 18 nicht gezeichnet). Dem Gesagten zufolge sind die bezüglichen Muskeln von Necoria und Damonia im großen und ganzen mit dem M. eoraco-antebrachialis des Triony& homolog, während die der Testudo und COhelone mit dem M. coraco-radialis des Trronyx übereinstimmen. Die gleichzeitige Existenz des M. coraco-antebrachialis und coraco-radialis ist dem Charakteristikum von Trionyz und Damonia (nach FÜRBRINGER auch der Emys) zuzuschreiben. Ob dies eine progressive Erscheinung ist, ist leider bis heute nicht zu entscheiden. 72. M. coraco-brachialis. M. teres minor Nr. 63, BoJanus; Nr. 4 $ 100, MeEcke&r; M. coraco-brachialis profundus proprius, RÜDINGER; M. coraco-brachialis brevis internus, FÜR- BRINGER und HOFFMANN. Dieser unregelmäßig dreieckige Muskel entspringt mit seitwärts gerichteten, parallelen Fasern direkt von der äußersten Partie der ventralen Fläche des Coracoids, zieht dann gerade nach außen hin- weg und inseriert ohne Sehnenbildung an der distalwärts konvexen Leiste (I. Mittg. Fig. 37 Z), die die Wurzeln der beiden proximalen Fort- sätze des Humerus verbindet und zugleich die distale Begrenzung der Fossa intertubereularis bildet. Dabei überspringt er das Schultergelenk an dessen hinterer Seite, indem er dieht der Gelenkkapsel aufliegt. Er wird hinten vom M. coraco-radialis fast vollkommen über- deckt. Wie FÜRBRINGER schon vor langem konstatiert hat, steht der Muskel nach vorn mit der Portio supracoracoidea des M. supracora- coideus im Zusammenhang. Es unterliegt jedoch keinem Zweifel, daß diese beiden Muskeln genetisch in gar keiner Beziehung stehen, denn sie erhalten nicht nur aus besonderen Quellen ihre Nervenäste, sondern sie sind auch bei manchen Schildkröten in der Tat scharf getrennt (BOJANUS, RÜDINGER, FÜRBRINGER u. a.). Die Verschmelzung der beiden Muskelbäuche ist daher wahrscheinlich eine sekundäre Erscheinung. Innervation: ein feiner Ast des N. coraco-brachialis. 73. M. earapaco-scapulo-coracoideus. M. serratus magnus Nr. 57, BOJANus; vorderer, großer, gezahnter Muskel, MECKEL; M. pectoralis minor, DuUMERIL und RATHEKE; M. serratus antiecus, RÜDINGER; M. testo-coracoideus, FÜRBRINGER und HOFFMANN. Der Muskel ist sehr dünn, dabei aber außerordentlich breit. Von der dorsalen Seite her verdeckt er die am Coracoid befestigten 386 K. Ogushi Muskeln und wird selbst zum Teil von der ventralen Partie des Bauchfells überragt. Er entspringt direkt von dem vorderen Drittel des Carapaxseitenrandes, und zwar von einer Linie, die dicht außer- halb des Ursprunges des M. carapaco-scapularis beginnt und bis zur Mitte der von den beiden knöchernen Schildpanzern gebildeten Winkelstelle reicht. Der Ansatz erfolgt unter Spaltung in zwei Portionen an der Scapula und am Coracoid. Die Ansatzlinie an der Scapula nimmt etwa die mittleren drei Fünftel der Seapulalänge ein und verläuft zwischen den Ursprüngen ‘des M. seapulo-humeralis posterior und dem M. collo-elavieulo-plastralis. Im medialen bzw. oberen Teile dieser Ansatzlinie treten die vordersten Bündel des Muskels in einem nach vorn geöffneten Bogen auf, wobei sie schräg medianwärts emporsteigen. Die darauf folgenden, hinteren Bündel be- festigen sich an dem lateralen Teile der Ansatzlinie. Die Insertion am Coracoid stellt sich ebenfalls als eine gerade Linie dar, die zwischen den Ursprüngen des M. infracoraeoideus und der Portio infracora- coidea des M. supracoracoideus liegt. Der hintere, kürzere Abschnitt des Ansatzes wird durch den lateralen Ursprungszipfel des M. coraco- hyoideus von dem Hauptteile getrennt; diese gesonderte Ansatzzacke wird von den Muskelfasern gebildet, die auch den hinteren Randteil des Muskels aufbauen und zu der eigentümlichen, dreieckigen Ver- diekung an der ventralen Fläche des Muskels beitragen. Diese Ver- diekung des Muskels, worauf bereits FÜRBRINGER aufmerksam ge- macht hat, wird vorn durch eine Bogenlinie begrenzt, die genau dem hinteren Rande des Coracoids bzw. des M. coraco-antebrachialis entspricht. Der Coracoidansatz wird von dem Seapulaansatz durch eine dreieckige Spalte geschieden, welehe gewissen Blutgefäßen und Ner- venästen zum Durchlasse dient; ich möchte sie Spatium museuli carapaco-scapulo-coracoidei nennen. Innervation: zwei gleichnamige Nerven. Der Schultergürtel der Schildkröten bildete infolge seiner eigen- tümlichen Lagerung seit langem ein Problem der vergleichenden Anatomie und dementsprechend waren auch einige, anscheinend auf die Schildkröten beschränkte Schultermuskeln in ihren genetischen Beziehungen ganz rätselhaft. Erst durch die eingehenden Studien FÜrBRINGERs wurden viele Fragen aufgeklärt und unter anderem auch die Stellung des M. testo-(carapaco)-coracoideus bestimmt, den FÜRBRINGER von dem M. abdomini-scapularis der Anuren und von dem M. eosto-coracoideus der übrigen Reptilien ableitet, welcher Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 387 Ansicht ich mich mit einigem Vorbehalt anschließen kann. Nach GaupP ist der M. abdomini-scapularis (Pars scapularis des M. obliquus externus GAupPps) nichts anderes als eine proximale, vom Hauptteile abgetrennte Portion des M. obliquus externus und liegt stets an der dorsalen Seite des Armgeflechtes (supraneural), was ich auch bei den Frösehen bestätigen konnte. Der M. costo-coracoideus der Reptilien unterscheidet sich indes von dem M. abdomini-scapularis durch die infraneurale Lage, indem die Armnerven überhaupt an der dorsalen Seite des betreffenden Muskels verlaufen. Nach MAURER ist der M. eosto-eoracoideus FÜRBRINGERS dem System der Mm. intercostales ventrales zuzuschreiben, das eigentlich vom schiefen Bauchmuskel scharf gesondert werden muß — eine Ansicht, die auch neuerdings von FÜRBRINGER selbst akzeptiert wurde. Der M. carapaco-seapulo- coracoideus des Tyzonyx macht auf den ersten Blick den Eindruck, als ob hier auch ein M. abdomini-seapularis (FÜRBRINGER) der Anuren vorläge, weil seine Scapularportion vom Rücken her das Armgeflecht überdeckt. Diese supraneurale Anordnung ist jedoch nur eine schein- bare Erscheinung, die bei der Verlagerung des Schultergürtels von der echt infraneuralen Lagerung abgeleitet worden ist. Faßt man also sein Insertionsende an der Scapula noch genauer ins Auge, so wird man bald ins klare kommen, daß dieses Insertionsende tat- sächlich infraneural liegt und demnach noch die primäre Lage- beziehung zum Armgeflecht gut bewahrt. Hierin besteht ein großer Unterschied zwischen dem M. abdomini-seapularis und dem M. cara- paco-scapulo-coracoideus. Aus diesem Grunde hat man den letzteren dem M. eosto-coracoideus der übrigen Reptilien näher zu stellen, als dem M. abdomini-scapularis. Gleichwohl scheint es mir nicht ganz einwandfrei zu sein, wenn man den M. carapaco-scapulo-coraeoideus des Trionyz bloß mit dem M. eosto-coracoideus vergleichen will. Denn jener Muskel besteht aus zwei besonderen Ansatzportionen, einer cora- coidalen und einer scapularen, die beim Trionyz im Gegensatz zu den meisten Schildkröten und den übrigen Reptilien je einen selbständigen, von den ganz verschiedenen Nervensegmenten entspringenden Nerven- ast empfangen, was ohne weiteres darauf hindeutet, daß die betreffenden Muskelportionen an und für sich als unabhängige Individuen be- trachtet werden müssen. Unter denselben ist nur die scapulare Portion mit dem M. costo-coracoideus (M. sternocosto-seapularis) FÜR- BRINGERS vergleichbar, weil sich diese beiden Muskeln sowohl in der Art und Weise der Anheftung als auch in der näheren Lage- beziehung zum N. supracoracoideus sehr ähnlich verhalten. Die cora- 388 K. Ogushi coidale Portion hat dagegen mit dem M. costo-coracoideus nichts zu tun, weil sie in den eben besprochenen Beziehungen von ihm deut- lich abweicht. Dazu kommt noch, daß der seapulare Teil des M. carapaco-scapulo-coracoideus des Trionyz bei manchen Schild- kröten fehlt, so daß hierbei nur die Coracoidalportion in Betracht kommt, die eigentlich als M. carapaco-coracoideus dem M. carapaco- scapulo-coracoideus gegenübergestellt werden kann. Diese Eigen- tümlichkeit ist nach FÜRBRINGER auch beim M. costo-coracoideus häufig anzutreffen. Die Mm. sterno-coracoidei interni der übrigen Reptilien, die mit dem M. eosto-eoracoideus zu dem System der M. thoraeiei inferiores zusammengefaßt werden können (FÜRBRINGER), sind jedoch durch ihr beständiges Vorkommen charakterisiert; wenn sie ja auch freilich unter Umständen miteinander verschmelzen und einer bedeutenden Reduktion unterliegen müssen, so sind sie doch überall nicht schwer nachzuweisen. In diesem Punkte allein haben die Mm. sterno-coracoidei interni und die Coracoidalportion des M. carapaco-scapulo-coracoideus schon eine gewisse Ähnlichkeit. Aber noch bedeutsamer sprechen die Übereinstimmung der Insertion, die nächste Lagebeziehung zum M. infracoracoideus und die im Ver- gleich mit den beiden vorher erwähnten Muskeln bei weitem ent- fernte Stellung zum N. supracoracoideus für die Verwandtschaft zwischen den Mm. sterno-coracoidei interni und der Coracoidalportion des M. carapaco-scapulo-coracoideus. Aus diesen Gründen möchte ich den M. carapaco-scapulo-cora- coideus des Trionys als den Komplex des M. costo-eoraeoideus und der Mm. sterno-coracoidei interni der gewöhnlichen Reptilien auf- fassen. Diese Verwachsung wird anscheinend bedingt durch die sehnige Ausstrahlung des Lig. sterno-seapulare internum FÜRBRINGERS, die mit dem einen der Mm. sterno-coracoidei interni in Verbindung steht. is fragt sich nun, warum der M. carapaco-scapulo-coracoideus bzw. testo-coracoideus im Gegensatz zu den Mm. costo-coracoideus und sterno-coraeoidei interni von dem Seitenrande des Carapax ent- springt. Um diese Frage zu lösen, wäre es notwendig, auf die Phylogenie des Schildes zurückzugreifen. Da ich jedoch in der ersten Mitteilung auf S. 17 und 18 die wesentlichen Punkte der letzteren auseinandergesetzt habe, möchte ich jetzt nur darauf hin- weisen, daß die einschlägige, eigentümliche Erscheinung mit der sildung des Schildpanzers eng verbunden ist, weil das dabei er- folgende Verschwinden der ehondrogenen Sternalapparate die an Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. 11. 389 diesen Skeletteilen befestigten Muskeln zwingt, ihre Ansätze auf die nächsten Rippenenden zu verlegen. Weiteres werde ich an anderem Orte speziell behandeln. 74. M. infracoracoideus. M. subscapularis Nr. 64, BoJanus; hinterer größerer Hakenmuskel, MECKEL; M. coraco-brachialis, RÜDINGER; M. coraco-brachialis brevis internus, FÜR- BRINGER und HOFFMANN. Er wird von dem Coracoidansatz des vorigen Muskels bedeckt und überzieht selbst den hinteren, größeren Abschnitt der dorsalen Fläche des Coracoids. Es besteht aus beinahe parallelen Fasern, die direkt von der ganzen Rückenseite des Coracoids, ausgenommen einen schmalen, vorderen und lateralen Teil, entspringen und nach vorn und seitwärts gegen den Proe. ulnaris humeri ziehen, um an dessen proximalem sowie lateralem Rande unmittelbar zu inserieren. Die Portion (Fig. 60 u. 62, *), deren Bündel den hinteren Rand- teil des Muskels bilden, und die teilweise am hinteren Rande des ebengenannten Fortsatzes des Humerus ihren Ansatz findet, umgreift unter allmählicher Diekenabnahme in Art eines Saumes diesen Fort- satzrand und geht schließlich auf eine ziemlich starke Sehnen- strahlung aus, die zur Bildung der oberflächlichen Faszie des Ober- armes beiträgt. — Am Halsteile des Coracoids ist der Muskel nicht direkt befestigt, sondern ein wenig von ihm entfernt, so daß hier eine Spalte entsteht, durch die der N. brachialis ventralis sowie die A. eircumflexa scapulae an die Peripherie treten. Innervation: der gleichnamige Nerv. 75. M. infraelavieularis. Deltoides, pars tertius Nr. 60c, BOJANUS. Er liegt als platter, breiter und dreieckiger Muskelbauch vor der Clavieula, sowohl dem M. deltoides als auch der Portio elavi- eularis anterior des M. supracoracoideus auf, sammelt von der vor- deren Hälfte der dorsalen Fläche der Clavieula seine stark konver- gierenden Muskelfasern und setzt sich mit seinem erheblich ver- schmälerten Ende an die Dorsalfläche des Proc. radialis humeri an. Da er zum größten Teil mit der Portio elavieularis anterior des M. supracoracoideus fest verwachsen ist, so macht er auf den ersten Blick den Eindruck, als ob es sich um den Teil des letzteren Mus- kels handle. Indessen erhält er von dem N. dorsalis scapulae einen besonderen, selbständigen Ast, weshalb er von dem durch den N. supracoracoideus innervierten M. clavieulo-humeralis — der Portio 390 K. Ogushi elavieularis anterior des M. supracoracoideus — morphologisch scharf auseinandergehalten werden muß. FÜRBRINGER erwähnt diesen Mus- kel nicht. 76. M. carapaco-seapularis. M. subelavius No. 59, BoJAnus; No. 5, $ 94, MECKEL; M. subelavius, RATHKE; M. testo-scapularis (Serratus) FÜRBRINGER und HOFFMANN. Ein platter Muskel, der der Nuchalplatte dieht anliegt und mit breiter Basis innerhalb der Ursprungslinie des M. carapaco-scapulo- coracoideus, von dem seitlichen Bezirk der Nuchalplatte entspringt, wobei er ein wenig auf die erste Costalplatte übergreift. Er zieht in medialer Richtung nahezu horizontal zum dorsalen Ende der Scapula und nimmt gegen den Ansatz sukzessiv an Breite ab. Er befestigt sich mit einer starken Sehne am lateralen Umfange der Anheftungslinie der Carapaco-Scapular-Verbindung. Innervation: der N. carapaco scapularis (N. thoracicus superior VIII in sensu Fürbringeri). h FÜRBRINGER hat diesen Muskel mit Recht dem M. thoraei-scapu- laris und dem M. thoraeci-suprascapularis (Levatores scapulae et ser- ratus) der Amphibien verglichen. Der Levator scapulae et serratus profundus (eollo-thoraei-seapularis profundus) — das System der Mm. thoraciei superiores FÜRBRINGERS — der übrigen Reptilien (kiono- krane Lacertilia, Crocodilia, Rhinchocephalia) sind auch die Homologa des M. carapaco-seapularis!. Im übrigen bildet dieser Mus- kel für die Erklärung der eigentümlichen Umlagerung des Schulter- gürtels der Schildkröten eine wichtige Grundlage. 77. M. carapaco-humeralis. M. latissimus dorsi No. 58, BoJanus; M. latissimus dorsi, RÜDINGER und RATHKE; zweiter Vorwärtszieher des Armes, MEckEL; M. testo-humeralis dorsi (Latissimus dorsi) FÜRBRINGER und HOFFMANN. Ein platter, vor der Scapula in frontaler Riehtung verlaufender Muskel, der mit einem fleischigen, breiten Kopf von dem medialen Abschnitt der Nuchalplatte, im Anschluß an die laterale Seite des Ursprunges des M. carapaco-plastralis, beginnt und nach außen, dem M. scapulo-humeralis dorsalis aufliegend, zur Insertionsstelle zieht, die zwischen den Ansätzen der Mm. seapulo-humerales anterior und dorsalis auf der Wurzel des Proe. ulnaris humeri liegt. Das Inser- tionsende wird durch eine Sehne repräsentiert, die in der Mitte der ! Dies ist nur mit großer Reserve aufzunehmen! Darauf komme ich später a. a. O. zurück. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 391 Muskeloberfläche zum Vorschein kommt und distalwärts allmählich an Stärke zunimmt. Innerviert durch den N. carapaco-humeralis. Trotz der eigentümlichen Lage des Muskels unterliegt es keinem Zweifel, daß der Muskel das Homologon des M. latissimus dorsi der übrigen Wirbeltiere darstellt, was auch die übrigen Autoren an- nehmen. Die Lageverschiebung selbst ist ein wichtiges Zeugnis für einen Teil der Phylogenie des Schildpanzers und des Schultergürtels. 78. M. scapulo-humeralis dorsalis. M. elavieulo-brachialis No. 61, Bosanus (partim)t1; M. teres major, RÜDINGER, FÜRBRINGER und HOFFMANN. Er entspringt nicht »von der oberen Hälfte« (FÜRBRINGER), son- dern direkt vom mittleren Drittel der Ventral- bzw. Medialfläche der Scapula, geht steil nach außen gegen die Streckseite der Wurzel pes Gelenkkopfes des Humerus und setzt sich hier zwischen den beiden proximalen Fortsätzen sehnig-muskulös an. Dabei überspringt er das Schultergelenk an dessen vorderer Seite. Innerviert vom gleichnamigen Ast des N. dorsalis scapulae. 79. M. scapulo-humeralis anterior. M. celavieulo-brachialis No. 61, BosJAnus (partim)1; erste Portion des Vorwärts- ziehers des Oberarmes, MECKEL; M. subscapularis, RÜDINGER; M. subseapularis longus, FÜRBRINGER und HOFFMANN. Nach Wegnahme des M. carapaco-scapularis wird er an der Rückenfläche der Scapula als ein mächtiger, etwas zusammenge- ‘drückter Muskelbauch sichtbar. Er entspringt in einer Spiraltour unmittelbar von der Scapula, und zwar von der dorsalen Circum- ferenz der medialen, d. h. dorsalen Hälfte bis zur vorderen Fläche der lateralen, d. h. ventralen Hälfte; hierauf begibt er sich in schiefer Richtung, vom Rücken den M. scapulo-humeralis posterior über- deckend, zum Proc. ulnaris humeri, um an dessen freien Rändern zu inserieren. Der Muskelbauch ist sehr oft nicht einheitlich, sondern durch unvollständige Längsspaltung in eine vordere und eine hintere Por- tion getrennt, zwischen denen Nerven und Blutgefäße hindurchtreten. Innerviert wird er durch zwei gleichnamige Äste des N. dorsalis scapulae. ! Der Name >»M. celavieulo-brachialis« ist dadurch entstanden, weil BOJANUS den dorsalen Fortsatz des Schultergürtels für die »Clavieula« hält (vgl. I. Mittg. le): 392 K. Ogushi 80. M. scapulo-humeralis posterior. M. clavieulo-brachialis No. 61, BoJAnus (partim)i; M. infraspinatus, RÜDINGER; M. subscapularis brevis, FÜRBRINGER und HOFFMANN. Der Muskel, der zum größten Teil vom M. scapulo-humeralis anterior überragt wird, entspringt vom dorsalen Umfange der late- ralen Scapulahälfte und endigt sehnig an der Dorsalfläche des Proc. ulnaris humeri. Hinter dem M. scapulo-humeralis anterior ist er nur als ein schmaler Streifen wahrnehmbar, auf welchem ein starker Nervenstamm, der N. brachialis ventralis, mit seinen Ästen nach außen vorbeizieht. Innerviert von dem gleichnamigen Ast des N. dorsalis scapulae. 81. M. eollo-elavieulo-plastralis. € M. scalenus Nr. 34, BoJanus; Vorwärtszieher Nr. 1, $ 94, MECKEL; M. testo-scapulo-procoracoideus, FÜRBRINGER und HOFFMANN. Eine dünne, aber sehr breite, dreieckige Muskelplatte, die nach Art eines Diaphragmas zwischen dem achten Halswirbel, der Clavi- cula und dem Epiplastron ausgespannt ist. Sie ist nicht plan, son- dern derartig umgebogen, daß die laterale Hälfte, die an der Clavi- cula befestigt ist, mehr frontal, die mediale dagegen, die am Epi- plastron inseriert, mit ihr nahezu einen rechten Winkel bildet. Dieses Verhalten erinnert an das Dreiecksegel einer segelnden Jacht. An der Muskelplatte sind drei Hauptzüge der Fasern zu unterscheiden. Der dorsale Eekteil ist nämlich durch Faserzüge repräsentiert, die von der Seitenfläche des vorderen Gelenkfortsatzes des achten Hals- wirbels sowie zuweilen von der medialen Fläche der Kapsel des cortico-scapularen Gelenkes — also nicht »von der Nackenplatte knapp vor der Anheftung der Scapula an das Rückenschild« (Für- BRINGER) — entspringen und nach unten gegen die Mitte der Muskel- platte fächerförmig ausstrahlen. Die Basis des Dreiecks entspricht den Ursprüngen zweier ventraler Fasergruppen, von denen die eine zwischen den Ursprüngen des M. infraclavieularis und der Portio elavieularis posterior des M. supracoracoideus von der dorsalen Fläche der Clavieula, die andere dagegen, an der medialen Seite des An- satzes des M. carapaco-plastralis, von dem vorderen Schenkel des Epiplastrons kommt. Die Fasern des Olavicularursprunges steigen etwas divergierend nach vorn und oben empor. Auch die vom Epi- plastron kommenden Fasern weichen etwas auseinander und streben ebenfalls nach vorn und außen. Die Hauptmasse des Muskels geht aus den drei oben beschriebenen Ursprüngen hervor; die Fasern t 8. 8.391, Fußnote. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 393 verlaufen zum Teil gerade, ohne sich zu kreuzen, wie in den Rand- portionen des Muskels, zum Teil jedoch gekreuzt, wie in der Mitte des Muskels. Immerhin wird nicht die ganze Platte durch Muskel- fasern gebildet, denn es bestehen mehr oder minder weite Lücken, wie z. B. im mittleren Teil, die von beiden Seiten durch die den Muskel bedeckenden Faszien überbrückt werden. Diese Faszien heften sich seitlich stellenweise zwischen dem Ursprunge des M. scapulo-humeralis anterior und dem Scapularansatze des M. carapaco- scapula-coracoideus an der medialen Fläche der Scapula an. Die vordere Faszie wird noch verstärkt durch die Ausstrahlung einer derben Faszie, der Fascia supraclavieularis (Fig. 61), die horizontal zwischen dem dorsalen und ventralen Teile der Fettmasse der Schulter- grube! passiert und vorn mit der subeutanen Faszie der Schulter im Zusammenhang steht. 1 Diese geräumige Grube wird vorn, und zwar im medialen Teile vom M. sphineter cortieis, im lateralen von einer derben, subeutanen Schulterfaszie begrenzt. Hinten wird sie von den Mm. collo-elavieulo-plastralis und scapulo- humeralis anterior et dorsalis. abgeschlossen. An ihrer medialen Begrenzung beteiligen sich drei Muskeln: M. sphincter cortieis, carapaco-plastralis und collo- elaviculo-plastralis.. Der M. carapaco-humeralis bildet ihr Dach, während der . M. deltoides und clavieulo-humeralis ihren Boden darstellen. — Die Fettmasse, welche die betreffende Schultergrube ausfüllt, ist aus mehreren großen, rund- lichen Lappen zusammengesetzt. Sie wird durch meist starke Äste der vor- beiziehenden Blutgefäße ernährt. — Außer der Schultergrube kommt solche Fettanhäufuug auch am Seitenteile des Bauches vor. Sie ist durch den M. ab- dominis lateralis in zwei Portionen, eine laterale und eine mediale, geteilt. Die laterale Portion liegt dieht unter der Haut, die sich von der Streckseite des Oberschenkels zu dem hinteren Rande des seitlichen, flügelartigen Teiles des Plastrons und dem hinteren Teile des Seitenrandes des Carapax erstreckt. An der Stelle, wo diese laterale Portion ihren Platz hat, bemerkt man beim Strecken . des Schenkels eine deutliche Vertiefung, die als Platz für den Schenkel bestimmt ist, wenn er zurückgezogen wird, und die ich Seiten- oder Lendengrube nennen will. Die mediale Portion der betreffenden Fettanhäufung ist sehr tief gelagert und wird hinten durch den M. testofemoralis, obturatorius internus sowie das Cap. longum des Vastus femoris, innen durch das Pleuroperitoneum und außen vom M. abdominis lateralis eingefaßt. Sie verbindet sich am hinteren Rande des letzteren Muskels mit der eben besprochenen lateralen Portion und ver- längert sich nach vorn dem Seitenwinkel des Schildpanzers entlang als ein . ziemlich dünner, aber sehr langer Streifen, der bis zu der hinteren Seite der Scapula reicht und hier auf dem M. carapaco-scapulo-coracoideus mit einem längs der vorderen Wand des Pleuroperitonealsackes nach innen gekrümmten Teile endet. In dieser eranialen Verlängerung der medialen Portion verlaufen wichtige Blutgefäße, die mit den Vasa mammaria interna und hypogastrica der höheren Wirbeltiere vergleichbar sind. Außerdem finden wir in demselben cera- nialen Teile regelmäßig drei für die Schildkröten sehr charakteristische Moschus- 394 K. Ogushi Beim flüchtigen Anblick macht dieser Muskel ohne weiteres den Eindruck eines echten Diaphragmas. Eine nähere Untersuchung der Ansätze und des Faserverlaufes ergibt jedoch sofort, daß dieser Muskel als ein Levator seapulae tätig ist, denn die Konstruktion der dorsalen und Epiplastronportion verstärkt die Wirkung der Clavi- eularportion, die das Schlüsselbein nach vorn zieht und mithin auch die gesenkte Schulter nach eranialwärts bewegt. Bei der stärksten Kontraktion sind noch folgende zwei Möglichkeiten denkbar: 1. daß er die Schulter senkt und dadurch indirekt die vordere Extremität in Adduktionsstellung bringt; 2. daß er gemeinsam mit der vorwärts bewegten Clavieula das vor ihm befindliche, massive Fettlager der Schulter, das in der Ruhelage tief in den Raum des Schildgehäuses hineinragt und dem zurückziehenden Kopf sowie Hals einen nicht unbedeutenden Widerstand leistet, eranialwärts verdrängt und so vor allem das Zurückziehen des Kopfes erleichtert. In FÜRBRINGERS Beschreibung des in jeder Beziehung mit meinem M. eollo-elavieulo- plastralis genau übereinstimmenden M. testo-seapulo-procoracoideus sind einige Abweichungen von meinen eigenen Befunden bemerkbar. So fehlen bei meinem M. collo-elavieulo-plastralis »die longitudinalen Fasern«, die nach demselben Autor beim M. testo-scapulo-procora- coideus »von der Seite der Halsfaszie in der Höhe des fünften Wir- bels nach hinten zu dem Vorderrand der Scapula und des Procora- coids verlaufen«. Aus der Beschreibung des Ursprungs ist leider nicht zu entnehmen, von welchem Knochenstück des Plastrons der Muskel entspringt, da nur »von dem Plastron« angegeben wird. Vielleicht hängt dies zusammen mit der damaligen Anschauung des Autors über die Bedeutung der knöchernen Unterlage des Plastrons, der — wenn ich richtig verstehe — nur eine untergeordnete, mehr allgemeine Aufgabe zugeschrieben wurde. Der Ansicht FÜRBRINGERS, nach der der M. testo-scapulo-procoracoideus des Trionyx (mein M. drüsen eingebettet. — Ähnliche Fettanhäufungen sind noch an drei anderen Körperstellen zu finden. Die eine liegt im Raume, der zwischen dem M. carapaco- basioceipitis, dem vorderen Teile des Carapax und dem hinteren Scheitel der selbst auch bei gewöhnlicher Halshaltung noch ziemlich gebogenen Halswirbel- säule vorhanden ist. Eine andere ist an der Rückenseite der Halswurzel ge- lagert und liegt dem später zu beschreibenden Venengeflecht auf. Die dritte Fettanhäufung findet sich am vorderen Nackenteile dicht unter der Haut. Diese drei Fettmassen sind jedoch inkonstant, insbesondere die letzterwähnte fehlt ge- wöhnlich. — Selbstverständlich sind die eben geschilderten Fettanhäufungen in Größe und Farbe je nach dem Ernährungszustand des Tieres sehr wechselnd. Sie kommen sehr wahrscheinlich vornehmlich während des Winterschlafes in Frage. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 395 collo-clavieulo-plastralis) und der M. eollo-scapularis (Levator scapulae) zwei verschiedene Muskelindividuen sind, kann ich mich nicht an- schließen, da ich diese zwei Muskeln für ein und dasselbe Gebilde halte, die nur durch den Grad der Ausbildung verschieden sind, und der Halswirbelursprung, den der Muskel auch beim T'rionyx besitzt, zu dem M. collo-scapularis der Emys europeae keinen prinzipiellen Unterschied bildet. Bei meiner neuerdings sorgfältig vorgenommenen Untersuchung an Chelone midas, Testudo iberica, Testudo geometrica und Damonia subtrijuga konnte ich alle Übergänge feststellen, die den M. collo-scapularis zu dem M. collo-scapulo-clavicularis des Triony& überleiten. (Vgl. diese Abh. S. 347.) Innervation: ein Zweig des ventralen Astes des N. cervicalis VII, nicht durch den N. thoracicus anterior VI, wie es FÜRBRINGER angibt. B. Muskeln des Oberarmes. (Fig. 52, 54, 60-64, 66 und 67.) «& Beugeseite!. 82. M. humero-ulno-radialis. M. brachialis internus Nr. 67, BosAnus; kurzer Beuger, Nr. 2, $ 107, MECKEL; M. brachialis internus, RÜDINGER; M. humero-antebrachialis inferior (Brachahs inferior), FÜRBRINGER und HOFFMANN. Die Beugeseite des Oberarmes wird neben den Mm. coraco- antebrachialis und coraco-radialis noch von einem starken, eigent- lichen Oberarmmuskel, dem M. humero-ulno-radialis, eingenommen. Derselbe ist in der Regel unvollständig in zwei Portionen geteilt, die je nach der Insertion als ein M. humero-radialis oder humero- ulnaris bezeichnet werden können. a. M. humero-ulnaris. Er liegt sehr tief und tritt nach der Entfernung des M. coraco- antebrachialis sowie des M. coraco-radialis zutage. Er entspringt direkt von der ganzen Beugefläche des Oberarmknochens bis zu der zwischen den beiden proximalen Fortsätzen desselben Knochens quer verlaufenden Leiste und verläuft mit parallelen Fasern distalwärts. An der Grenze seiner distalen Hälfte erscheinen oberflächliche Sehnen- fasern, die distal immer stärker werden und schließlich in eine breite Endsehne übergehen, die an der hinteren Fläche des proximalen 1 Sämtliche Muskeln der Beugeseite der vorderen freien Gliedmaßen werden von den Zweigen des N. brachialis ventralis versorgt. Die der Streckseite desselben erhalten dagegen ihre Nervenzweige vom N. brachialis dorsalis. Morpholog. Jahrbuch. 46, 26 396 K. Ogushi Endes der Ulna inseriert. In der Mitte des Muskelbauches ist oft eine deutliche Längsspalte zu finden, die die Eintrittsstelle für den den Muskel versorgenden Nerven- und Arterienast bildet. b. M. humero-radialis. Er ist an der radialen Seite des M. coraco-antebrachialis als ein oberflächlicher, dreieckiger Bauch erkennbar. Seine Muskel- fasern, die direkt von der ganzen radialen Kante des Oberarm- knochens sowie von der hinteren Kante des Proe. radialis humeri entspringen, verlaufen beinahe spiralig und verbinden sich distal zu einer breiten und starken Endsehne, die medialwärts herabzieht und, bedeckt von der Endsehne des M. coraco-radialis, an dem medialen Teile der Beugefläche des proximalen Radiusendes in einer disto-lateralwärts gerichteten Linie ansetzt. Auch dieser Bauch kann durch eindringende Arterienäste in mehrere dreieckige Portionen geteilt werden, von denen die eine oder die andere vielleicht dem M. supinator longus (BoJAnus Nr. 78, RÜDINGER) bzw. dem M. humero- radialis longus (HOFFMANN) entsprechen würde. Innerviert vom N. brachialis ventralis. ß. Streckseite. 83. M. triceps brachii. M. triceps brachii Nr. 65, BoJAnus; dreibäuchiger Strecker, MECKEL; M. triceps, RÜDINGER; M. anconaeus, FÜRBRINGER und HOFFMANN. Ein mächtiger Muskel, der einzig und allein die Streckseite des Oberarmes bedeckt. Im Gegensatz zu den Angaben RÜDINGERS, FÜRBRINGERS u. a., habe ich an ihm ausnahmslos drei mehr oder minder gut differenzierte Köpfe beobachtet. Deshalb verdient er beim Trionyz in der Tat den Namen »Triceps brachii«. Hier mag auch noch bemerkt werden, daß seine Ansatzsehne von dem ulnaren Nebenstamme des N. brachialis dorsalis und einem tiefen Aste der A. brachialis profunda der Länge nach durchsetzt wird, was ich bereits in der ersten Mitteilung kurz beschrieben habe (vgl. S. 81). Es handelt sich hierbei gewiß um ein sehr seltenes, interessantes Verhalten des Nervenverlaufes, vgl. diese Abhandlg. S. 504. a. Caput longum s. scapulare. Caput primum Nr. 65a, BoJAnUus; langer Kopf, RÜDINGER; Anconaeus scapularis, FÜRBRINGER und HOFFMANN. Unter den drei Köpfen ist dieser am stärksten entwickelt und von den übrigen bis nahe an die Ansatzsehne vollkommen geschieden. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 397 Dieser Kopf beginnt an der vorderen Seite des Gelenkteiles des Schultergürtels mit einer Ursprungssehne, die in zwei dünne Schen- kel ausgezogen ist. Unter diesen Sehnenschenkeln entspringt der ventrale und längere von dem hinteren Teile der ventralen Lippe der Gelenkpfanne und zieht außerhalb der Gelenkkapsel nach vorn. Der dorsale Sehnenschenkel kommt dagegen von der dorsalen Lippe und vereinigt sich an der cranialen Seite des Gelenkes mit dem ventralen Schenkel zu einer kurzen, kräftigen Sehne, aus der sich sofort der dicke Muskelbauch des Caput longum entwickelt. Dieser Muskelbauch steigt gerade distalwärts herab und geht oberhalb des Ellenbogengelenkes in eine starke Ansatzsehne über. Das Caput longum bedeckt ferner die übrigen Köpfe. Eine Anzahl Muskel- fasern des ulnaren Randteiles (Fig. 54 und 62, Tens. fase. brach.) verbindet sich oberhalb des Ellenbogengelenkes ganz selbständig mit einer Sehnenstrahlung, die zum Teil in die oberflächliche, derbe ÖOberarmfascie übergeht und zum Teil an dem proximalen, nagel- artigen Horngebilde des Vorderarmes inseriert. Dieser Randteil ist nicht selten vom Hauptteil ganz getrennt. Ich möchte ihn als M. ten- sor faseiae brachii bezeichnen. b. Caput ulnare. Caput tertium Nr. 65c, BoJAnuUs; Anconaeus humeralis medialis, een und HOFFMANN. e. Caput radiale. Caput secundum Nr. 65b, BoJAnUs; Anconaeus humeralis lateralis, FÜRBRINGER und HorFrMAnN; b + e: kurzer Kopf, RÜDINGER. Diese beiden kurzen Köpfe entspringen direkt und breit von der ganzen Streckseite des Humerusschaftes und gehen distal, kurz oberhalb des Ellenbogengelenkes, in die gemeinsame Endsehne über. Distal schließen sie sich aneinander an, so daß hier die Grenze zwischen ihnen zum größten Teil verwischt ist. Aber in ihrem proximalen Teile sind die beiden Köpfe scharf geschieden, denn sie sind hier wie Zacken gestaltet und bis zu der Wurzel des gleich- seitigen proximalen Fortsatzes des Humerus ausgezogen. Das Caput radiale wird von dem radialen Nebenstamm des N. brachialis dor- salis durchsetzt. Die gemeinsame Endsehne ist anfänglich sehr breit, verlängert sich jedoch distal in eine Spitze, die an der Streckseite des proxi- malen Endabschnittes der Ulna angeheftet ist. Sie wird der Länge 26* 398 K. Ogushi nach von dem ulnaren Nebenstamm des N. brachialis dor- salis durchbohrt (Fig. 67 und Textfig. 33.) Innervation: der N. brachialis dorsalis. C. Muskeln des Vorderarmes. a. Beugeseite. (Fig. 52, 54, 61—68 und Textfig. 11.) 84. M. flexor digitorum communis longus sublimis. M. flexor dig. com. long. profundus plus m. palmaris Nr. 70 und 68, BOJANUS; Nr. 2, $ 114, oder Nr. 4, $ 119, MEckeEL; M. flexor dig. com. superfieialis s. subli- mis, RÜDINGER; M. humero-digiti I—IV volaris (Flexor digitorum sublimis), HOFFMANN. Ein kräftiger, mehrköpfiger Muskel in der ersten Schicht der Beugeseite des Vorderarmes. An ihm sind folgende Ursprungsköpfe zu unterscheiden, die alle muskulös beginnen. a. Caput humerale; besteht aus zwei Portionen, einer proximalen, diekeren und einer distalen, dünneren. Die proximale Portion entspringt neben dem M. humero-ulnaris vom ulnaren Rande des Humerus, die distale da- gegen, medial von der Ursprungsstelle des gleich unten zu bespre- chenden M. flexor digitorum communis longus profundus, von der Beugefläche des Epicondylus ulnaris humeri. Diese beiden Portionen vereinigen sich distal bald zu einem einheitlichen, dieken, spindel- förmigen Bauch, der unterhalb des Endteiles des M. coraco-ante- brachialis zur gemeinsamen Sehne zieht. Dieser Kopf ist bis zur Endsehne von den übrigen fast vollständig isoliert. Diese Trennung wird durch den Verlauf eines Nervenstammes und einiger stärkeren Blutgefäße gesichert. BoJAanus nannte ihn bei Testudo europeae »M. palmaris«. b. Caput ulnare; nimmt seinen Ursprung von dem äußeren Bezirk der Beugefläche der Ulna und von dem carpalen Knochen $S. In der Regel kommen drei Ursprungsportionen in Betracht, die proximal am stärksten sind. Unter dem Caput humerale vereinigt es sich mit dem weitaus schwächeren ce. Caput radiale, das vom mittleren Drittel der Beugeseite des Radius entspringt. Die beiden Köpfe bilden gemeinsam einen einheitlichen, etwas abgeplat- Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 399 teten Bauch, der gerade nach distal herabsteigt und sich von innen her an die gemeinsame Endsehne anschließt. Die gemeinsame Endsehne, die schon hoch an der Oberfläche des Caput humerale als eine dünne Schicht beginnt, ist mächtig aus- gebildet und liegt der Eminentia carpi transversa (vgl. I. Mittg. $. 84) auf. Sie entsendet distalwärts nach den vier medialen Fingern je eine Endsehne; je weiter ulnar diese Sehnen liegen, um so mehr nehmen sie an Stärke ab und um so tiefer sammeln sie ihre Fasern (Fig. 63.) Die Endsehne für den Daumen ist also die stärkste und wird aus den oberflächlichsten Fasern der gemeinsamen Sehnen zusammen- gesetzt, während die Sehne des vierten Fingers die schwächste ist und nur aus den tiefsten Fasern besteht. An jedem Finger dringt die einzelne Endsehne zwischen den beiden distalen Schenkeln des M. flexor digitorum communis brevis superficialis in den vom Lig. vaginale umschlossenen Hohlraum ein und setzt ihre Richtung weiter gegen die Endphalanx fort, um an deren volarer Fläche anzusetzen. Die zweite und dritte Endsehne werden durch das Vinculum ten- dineum an dem zweiten Fingergliede befestigt (vgl. diese Abh. S. 407). Von der ersten Endsehne spaltet sich sehr oft vor dem Eindringen in die Sehnenscheide ein dünnes Bündel von dem radialen ‚Rande ab, welches distal zur Spitze des Daumens zieht und dort in der oberflächlichen Fascie aufgeht (Fig. 63, —+). Zwischen der gemeinsamen Sehne und der Eminentia carpi transversa findet sich ein großer Schleimbeutel.e Die gemeinsame Endsehne läßt von ihrer volaren Fläche den M. flexor digitorum communis brevis sublimis und von der entgegengesetzten Fläche den M. flexor digitorum communis brevis profundus entspringen. 85. M. flexor digitorum communis longus profundus. M. flexor sublimis Nr. 69, BoJanus (?); gemeinschaftlicher Fingerbeuger, MECKEL(?) Ein typischer M. bipennatus, der sich am ulnaren Rande des Vorderarmes findet und an Entwicklung dem vorigen Muskel bei weitem nachsteht. Mit direktem Ursprung kommt er von dem Epi- condylus ulnaris humeri und zieht distal in der oberflächlichen Schicht, und zwar ulnar von dem Caput humerale des vorigen Muskels. Am distalen Ende des Vorderarmes geht er in eine dünne, einheitliche Sehne über, die um den ulnaren Rand der Eminentia carpi trans- versa unter den M. flexor digitorum communis brevis profundus gelangt und hier sofort in drei bzw. vier Endsehnen zerfällt, die fächer- förmig zur Spitze des Tuber basilare der Grundphalanx des zweiten 400 K. Ogushi bis fünften Fingers treten und sich mit den proximalen Enden der Sehnen der Mm. carpo-digitales verbinden. Die betreffenden vier Endsehnen sind im allgemeinen sehr dünn und nehmen gegen die Kleinfingerseite an Mächtigkeit schnell ab. Der laterale Sehnen- zipfel fehlt nicht selten. Von der äußeren Fläche des distalen Endes des Muskelbauches entspringt der M. abduetor digiti quinti volaris. An der proximalen Grenze dieser Anheftungsstelle findet man stets die quer verlau- fende Vena dorsalis antibrachii. 86. M. pronator teres. Ein rudimentärer, spindelförmiger Muskel, der sich tief in der Ellenbogengrube befindet und von dem proximalen Rande des M. flexor dig. com. longus sublimis bedeckt wird. Er entspringt mit einem verhältnismäßig dieken Kopf von der Beugefläche des Epi- condylus ulnaris humeri, dicht neben dem Ursprunge des eben be- sprochenen Muskels. Sein Bauch zieht in schräger Richtung zunächst vor dem Ansatze des Mm. humero-ulnaris und coraco-radialis, ferner zwischen dem Ursprunge des Caput radiale des M. flexor dig. com. longus sublimis und dem Ansatze des M. humero-radialis zum proxi- malen Endstück des Radius, an dessen Beugefläche er sehnig inseriert. Die Gabelung des N. brachialis und der A. brachialis liegt dem Muskel auf. Wie die obige Ausführung lehrt, stimmt sein allgemeines Ver- halten mit dem gleichnamigen Muskel der höheren Säugetiere fast vollkommen überein. Dagegen hat er gar keine Ähnlichkeit mit dem Pronator teres von BoJanus und RÜDINGER sowie dem M. humero- radialis volaris HoFFMANNSs, die übereinstimmend »supra condylum brachii externum oriundus, ad os carpi et metacarpi pollieis« ver- laufen und als ein radialer, von dem Caput humerale des M. flexor dig. com. longus sublimis abgelöster Teil angesehen werden dürfen. Bei den von mir untersuchten Schildkröten, wie z. B. Chelone midas, Testudo iberica, Test. geometrica, Damonia subtrijuga, Nicoria punetu- laria, ist der dem Pronator teres des Trionyx entsprechende Muskel nicht zu konstatieren gewesen. 87. M. flexor pollieis longus. Innerer Speichenmuskel oder Speichenbeuger der Hand, MEckEL (?). Er bildet gemeinschaftlich mit dem Pronator quadratus die tiefste Schicht der Beugemuskeln des Vorderarmes und entspringt an der Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 401 Medialseite des Ursprunges des Caput radiale des M. flexor digitorum communis longus sublimis breit und unmittelbar von der Beugefläche des Radius. Die konvergierenden, dicht an den Knochen sich an- schmiegenden Fasern steigen steil distalwärts herab, um den Canalis carpi, der von dem radialen Ende der Eminentia earpi transversa, dem Lig. carpi transversum volare sowie dem distalen Ende des Radius gebildet wird, zu durchsetzen. Unmittelbar nach dem Aus- tritte heftet er sich sehnig an die Basis des ersten Metacarpale an. 88. M. pronator quadratus, Pronator quadratus Nr.172 (und zwar dessen ulnare Portion!), BoJAnus; Pronator quadratuss.flexor carpi radialis proprius, RÜDINGER; M. ulna-carpi-Metacarpalis I., HOFFMANN. Seine eigentliche Gestalt ist nicht vier-, sondern dreieckig und abgeplattet. Er zieht mit konvergierenden Fasern von dem medialen Teile der volaren Fläche der Ulna, entlang dem medialen Rande des vorigen Muskels zu der Basis des ersten Metacarpale, an dessen volarer Fläche die Insertion erfolgt. Der N. radialis und die A. radialis verlaufen zwischen diesem Muskel und dem M. flexor polieis longus. 89. M. ulnaris externus. M. ulnaris internus Nr. 63 (partim), BOJANUS; M.extensor carpi ulnaris, RüÜDinGer (?); M. humero-carpali-ulnaris, HOFFMANN. 90. M. ulnaris internus. M. ulnaris internus Nr. 63 (partim), BoJAnus; M. flexor carpi ulnaris, RÜDINGER (?). Diese beiden Muskeln liegen stets oberflächlich am Rücken des Vorderarmes, weshalb sie zur Extensorengruppe zu gehören scheinen, obzwar sie nach der Art und Weise der Innervation als Flexoren zu betrachten sind. Überlagert von der Ansatzsehne des M. triceps brachii, ent- springen sie mittelst einer einheitlichen, kräftigen Sehne, gemeinsam von der Streckseite des Epicondylus ulnaris humeri. Aber sie trennen sich bald in zwei selbständige, platte Bäuche. Der M. ulnaris internus steigt nach disto-medialwärts gerade herab und inseriert am distalen Teile der dorsalen Kante der Ulna. Der M. ulnaris externus hingegen läuft lateral von dem letzteren Muskel zum Carpale »S« und setzt sich hier an dessen proximalen Rand dicht an. 402 K. Ogusbhi Zwischen der gemeinsamen Ursprungssehne und dem proximalen Ende der Ulna findet man regelmäßig einen kleinen Schleimbeutel. ß. Streckseite. (Fig. 52 und 61—68.) 91. M. radialis externus. M. radialis externus longus et brevis Nr. 76 u. 77, BoJanus (?); Nr.1, $ 114, MECKEL; M. extensor carpi radialis, RÜDINGER; M. humero-carpali-meta- carpalis I., HOFFMANN. Er findet sich einerseits zwischen dem M. humero-radialis sowie dem Ansatz des M. coraco-antebrachialis und andererseits dem M. extensor digitorum eommunis longus oberflächlich am radialen Rande des Vorderarmes. Sein doppelt gefiederter, platter Bauch, der direkt von der äußeren Fläche des Epicondylus radialis humeri entspringt, zieht geradeaus zum distalen Ende des Radius, wo er in die Endsehne übergeht. Diese Sehne verläuft von der volaren Seite um die distale Fläche des nach Art eines Proc. styloideus vor- springenden Teiles der Extremitas distalis des Radius zum radialen Rande der Hand und heftet sich an die radiale Fläche des ersten Metacarpus fest, wobei sie bis auf die volare Fläche übergreift. Zwischen der Endsehne und der Extremitas distalis des Radius findet sich ein Schleimbeutel. 92. M. extensor digitorum communis longus. M. extensor communis digitorum manus Nr.80, BoJAnus; M. extensor digitorum communis longus, RÜDINGER; M.humero-digiti I—V dorsalis (Extensorum digi- torum I—V), HOFFMANN. Im Gegensatz zu Zuständen bei dem gleichnamigen Muskel der übrigen Wirbeltiere sind die mehr oder minder selbständigen Portionen, mit Ausnahme der für den fünften Finger bestimmten, distal noch- mals in je zwei Bäuche geteilt. Die kräftigen Portionen für den Daumen und Index entspringen ınit einem einheitlichen, starken Kopf von der distalen Fläche des unteren Epiphysenknorpels des Humerus, dorsal von der distalen Mündung des Canalis eetoepicondyloideus. Nachdem sie, wie gewöhn- lich, nach distal geradeaus herabsteigen, trennen sie sich in der Nähe des Handgelenkes. Die Daumenportion spaltet sich hierauf am Rücken des Daumens nochmals in zwei Schenkel, einen radi- alen, muskulösen und einen ulnaren, sehnigen, die selbständig an der entsprechenden Seite des ersten Fingergliedes ansetzen. Die Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 403 zweite Portion, die den Index bewegt, läuft disto-ulnarwärts steil herab, spaltet sich dann ebenfalls am Rücken der Hand in einen distalen und einen proximalen Schenkel, die hintereinander an der Rückenfläche des zweiten Metacarpale direkt inserieren. Die Portionen für den dritten und vierten Finger entspringen gemeinsam direkt von der radialen Fläche des mittleren Drittels der Ulna; sie liegen in der Tiefe, jedoch ganz unabhängig von der zweiten Portion. Am distalen Ende der Ulna gelangen sie an die Oberfläche des Hand- rückens, von wo sie zu den zugehörigen Metacarpalia verlaufen. Ihre distalen Endstücke zerfallen ebenfalls in je zwei Zipfel, von denen der radiale, längere, distal von dem ulnaren, kürzeren, seine Insertion findet. Die Portion des Kleinfingers steht zu den übrigen Portionen in keiner Beziehung, denn sie kann präparatorisch ganz selbständig dargestellt werden. Ihr stark reduzierter Bauch beginnt sehnig auf der Endsehne des M. extensor manus, zieht schräg seit- wärts herab und befestigt sich muskulös an die Rückenfläche des entsprechenden Metacarpale. Noch zu bemerken wäre: 1. daß die einzelnen Portionen, von radial nach ulnar gerechnet, sukzessiv an Mächtigkeit abnehmen ; 2. daß die vier lateralen Portionen gegen ihren Ansatz an Breite zunehmen; und endlich 3. daß alle Portionen von der ulnaren Seite gegen die radiale hin dachziegelartig aufeinander gelagert sind und dadurch dem Hand- rücken ein charakteristisches Aussehen verleihen. 93. M. extensor manus. Er ist eigentlich als die selbständig gewordene ulnare Portion des vorigen Muskels anzusehen. Er entspringt direkt mit breiter Basis von der radialen Fläche des proximalen Endes der Ulna, zieht, demselben Knochen aufliegend, zur dorsalen Fläche des Intermediums, wo er seine sehnige Insertion findet. Beim Passieren über das di- stale Ende des Vorderarmes ist er in einer eigenen, seichten Furche der Ulna eingebettet (vergl. I. Mittg. S. 83). Die Ansatzsehne ist mit der Gelenkkapsel der Artieulatio intermedio-ulnare fest ver- wachsen. Dieser Muskel ist meiner Ansicht nach für den Trionyx sehr charakteristisch und dürfte wohl mit dem M. humero-carpiradialis HOoFFMANNS identisch sein. 404 K. Ogushi 94. M. earpo-radialis longus. M. supinator brevis Nr. 79, BoJanus (partim); M. extensor carpi-radialis longus, RÜDINGER. Er liegt am radialen Rande des Vorderarmes zwischen dem Extensor dig. com. longus und dem M. radialis externus, jedoch ge- trennt von diesem durch das starke Lig. intermuseulare, welches von der oberflächlichen Faszie des Vorderarmes abgeht und mit dem M. carpi-radialis brevis zusammenhängt. Er entspringt fleischig von der Radio-Ulnar-Verbindung sowie von dem anliegenden Teile des Radius, geht dann gerade abwärts zur medialen Fläche der Basis des ersten Metacarpale und inseriert dort mittels einer starken Sehne. Die Stärke des Muskels nimmt gegen die Ansatzsehne all- mählich ab. 95. M. carpi-radialis brevis. M. supinator brevis Nr. 79, BoJanus und RÜDINGER (partim). Ein ziemlich dünner Muskel, der zwischen dem M. radialis ex- ternus und dem M. humero-radialis liegt. Er entspringt fleischig von dem schmalen Bezirk der distalen Epiphyse des Humerus, der ven- tral (d. h. auf der Beugeseite) von dem Ausgang des Canalis ecto- epicondyloideus gelegen ist. Von da ab zieht sein Bauch an der radialen Fläche des Radius, deren oberen größten Teil er mit seiner sehnig-muskulösen Insertion einnimmt. In der Mehrzahl der Fälle ist er unvollständig in eine mediale und eine laterale Portion geteilt, die ich als einen M. carpo-radialis brevis internus s. externus be- zeichnen möchte. 96. M. antebrachio-metacarpalis I. M. extensor proprius pollieis Nr. 81, BoJAanus; M. ulno-carpi-radialis, HOFFMANN (?). Ein platter, dreieckiger, von dem M. extensor dig. com. longus überlagerter Muskel, der zwei diskrete, fleischige Köpfe besitzt. Der proximale Kopf entspringt vom Radius dicht neben dem proximalen Rande des Spatium interosseum antebrachii und läuft mit konver- gierenden Fasern steil zur Seite herab. In der Höhe des Hand- gelenkes gesellt sich zu ihm der distale Kopf, der von der distalen und radialen Fläche der Ulna kommt. Die ganze Muskelmasse zieht noch eine Strecke distal, um sich an die Radialfläche der Basis des Metacarpale I sehnig anzuheften. Zwischen den beiden Köpfen treten die A. interossea und der N. brachialis dorsalis in die Tiefe. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 405 D. Hand- und Fingermuskeln. a. Volare Gruppe. (Fig. 54, 62—67 und Textfig. 19.) 97. M. palmaris brevis. Der dünne, quergelegte Muskelbauch, der die oberflächlichste Schicht der Kleinfingerballens bildet, entspringt von dem ulnaren Teile der gemeinsamen Sehne des M. flexor dig. com. longus subli- mis. Die stark divergierenden Fasern strahlen gegen die Haut- schwiele bzw. das Horngebilde an der Ulnarpartie der Schwimm- haut aus. Dieser Muskel scheint dem Trionyx eigentümlich zu sein, da er bei den übrigen Schildkröten bis jetzt nirgends beschrieben wurde. 98. M. abduetor pollieis volaris. M. abduetor pollicis Nr. 84, BoJanus; M. abductor pollieis brevis, RÜDINGER; M. carpali-digiti I, HorrmAnn. Ein verhältnismäßig dicker, spindelförmiger Muskel am radialen Rande der Hand, der unmittelbar von dem distalen Ende des Radius - entspringt und mittels einer Endsehne an der Seitenfläche des An- fangsgliedes des Daumens befestigt ist. 99. M. abductor digiti quinti volaris. M. abduetor digiti minimi Nr. 85, BosJanus; der Abzieher des fünften Fingers, MECKEL; M. abductor digiti minimi brevis, RÜDINGER; M. carpali-digiti V., HOFFMANN. Er ist ebenfalls ein ziemlich dieker Muskel, der an dem ul- naren Rande der Hand liegt und an seiner volaren Seite von dem M. palmaris brevis überlagert wird. Er entspringt mit breiter Basis von der äußeren Fläche des distalen, muskulösen Teiles des M. flexor dig. com. longus profundus (vergl. diese Abh. S. 400), zieht gerade distal und befestigt sich mittelst einer langen, zarten Sehne an der Basis des Metacarpale V. Die Grenze zwischen diesem Muskel und dem M. flexor dig. com. longus profundus wird äußerlich durch eine seichte, quere Ein- schnürung, die einer rudimentären, scheibenförmigen Ursprungs- sehne des in Frage stehenden Muskels entspricht, angedeutet (vergl. S. 400). 406 K. Ogushi 100. M. flexor digitorum ecommunis brevis sublimis. Mm. lumbricales manus externi Nr. 84, BoJanus; M. lumbricalis, RÜDINGER und HOFFMANN. Er ist in fünf platte Bäuche zerlegt, die die oberflächlichste Schieht der volaren Gruppe der Handmuskeln bilden. Die fünf Bäuche entspringen zusammen von der volaren Fläche der gemein- samen Sehne des M. flexor dig. com. longus sublimis. Die einzelnen Bäuche, von denen die mittleren am besten entwickelt sind, strahlen distal fächerförmig aus, um sich mit dem proximalen Ende des ent- sprechenden Lig. vaginale zu verbinden. Der erste Bauch, der ganz rudimentär ist, erreicht nicht das Lig. vaginale, sondern endet schon früher an der oberflächlichen Textfig. 19. Flex.dig. drev. subl. 100: -. lex.dig.long. subl.8# -Flex.dig.brev,prof 707. ""Carpo "digital. 704. 1 Tendo carpodıgitalis. Zweiter Finger. Das Lig. vaginale ist in der volaren Mittellinie eingeschnitten und zur Seite ge- schlagen, so daß seine innere Einrichtung sichtbar wird. Bis 11/, vergrößert, Faszie. Der fünfte, der stärker entfaltet ist, als der erste, wird an seinem Ursprunge von dem vierten überdeckt; er befestigt sich mittels einer langen, zarten Sehne an das Endglied des fünften Fingers. Anhang: Die Ligamenta vaginalia und ihre Beziehungen zu den Fingerbeugern. Unter den zahlreichen Schriften, die mir zur Verfügung standen, kenne ich nur zwei, in denen auf die Ligg. vaginalia Rücksicht ge- nommen wurde; es sind dies die ausgezeichneten Arbeiten von Bosanus und OsawA. Der erstere gab in seiner lateinischen Mono- graphie der Testudo europeae nur soviel an, daß hier anzutreffen sind: das »Lig. annulare tendium flexorum« sowie »Lig. annulare ten- dinum flexorum; eui, proprius a digiti pedis [er hat auch an der Hand dieses Band abgebildet] radice, vaginans quoddam ligamentum, paullo subtilius accedit«. OsawA bringt in den »Beiträgen zur Ana- tomie der Hatteria punctata« eine kurze Bemerkung über das von dem M. flexor digitorum communis sublimis (meinem M. flexor dig. com. brevis sublimis) gebildete »Chiasma tendineum« sowie über Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 407 die die Endsehnen des M. flexor digitorum communis profundus (meinem M. flexor dig. com. longus sublimis entsprechenden) an die Phalangen befestigenden »Retinacula tendinea«. Beim. Trionyx findet man eine bessere Ausbildung, so daß man beim Vergleiche mit den Ligg. vaginalia des Menschen im wesent- lichen keinen Unterschied findet. Beim betreffenden Reptil (vergl. Textfig. 19) sind folgende Teile deutlich zu unterscheiden: 1) Lig. annulare. Lig. annulare tendium flexorum, BOJANUS. Es kommt an der Basis jeder Phalanx vor. Die Stärke dieses Bandes hängt von der Dicke des zugehörigen Fingergliedes ab; am ersten Gliede des Daumens ist es am mächtigsten, an dem des vierten Fingers dagegen bereits genug unbedeutend. Der Verlauf und die Art der Anheftung entspricht genau den Verhältnissen bei dem gleichnamigen Bande des Menschen, indem hier auch diese Bänder in kleinen Grübchen! an den beiden Seiten der Basis eines jeden Fingergliedes befestigt und in einem Bogen über die volare Fläche der Endsehne des M. flexor dig. com. longus sublimis ausgespannt sind. 2) Lig. vaginale s. str. Lig. vaginans, BOJANUS. ist eine dünne, röhrenförmige Sehnenscheide, die die Endsehne des M. flexor dig. com. longus sublimis umschließt, an dem proxi- malen Lig. annulare beginnt und sich bis zum Endgliede fortsetzt. Es hängt an der Basis jedes Fingergliedes mit dem Lig. annulare zusammen und haftet dorsal hauptsächlich am Tuber basilare an. Am ersten Fingergliede ist es mit der dorsalen Fläche der platten Endsehne der Mm. carpo-digitales locker verwachsen und von dem Schaft desselben Fingergliedes durch den M, interphalangis volaris getrennt. Am volaren Teile des Bandes sind einige besondere Faser- züge makroskopisch gut zu unterscheiden. Besonders deutlich sind sie am Anfangsgliede; sie verlaufen hier von einem Ende des Lig. annulare proximale zu dem anderen Ende des nächsten, distalen, gleichnamigen Bandes, wobei sie die Faserzüge der anderen Seite kreuzen. 3) Vineulum tendineum. Es kommt nur am zweiten und dritten Finger vor. Es ist kurz, halb durehsichtig und dehnbar; es entspringt mit breiter Basis in der 1 Vgl. I. Mittg. S. 87. 408 K. Ogushi Mitte des zweiten Fingergliedes von der Innenfläche der dorsalen Wand des Lig. vaginale s. str. und befestigt sich, allmählich dünner werdend, an die dorsale Fläche der Endsehne des Flexor dig. eom. longus sublimis. In bezug auf seine Lage und seine Beschaffenheit erinnert es an die Befunde beim Menschen. 101. M. flexor digitorum communis brevis profundus. Vier unvollständig geteilte Bäuche, die den medialen vier Fingern zukommen. Sie beginnen zusammen unmittelbar von der dorsalen Fläche der gemeinsamen Endsehne des M. flexor dig. com. longus sublimis und schließen sich distal an die Endsehnen der Mm. carpo- digitales an; von diesen Muskelbäuchen werden sie jedoch durch die Ansatzsehnen des M. flexor dig. com. longus profundus ge- schieden. Von den drei lateralen Bäuchen trennen sich eigentümliche Ge- bilde ab, die bis jetzt von niemand angegeben worden sind, und die ich als 102. Mm. lumbrieales bezeichnen möchte. Unter denselben setzt sich der mediale, dem zweiten Finger angehörige, nach der Spaltung in zwei Schenkel, teils an die radiale Fläche des distalen Endstückes des Anfangs- gliedes, teils an die glatte Fläche des Schaftes des Mittelgliedes an. Der zweite, mittlere Muskel ist sehr kräftig; seine divergieren- den Muskelfasern strahlen in die zwischen dem zweiten und dritten Finger ausgespannte Schwimmhaut aus; eine, am medialen Rande liegende Fasergruppe befestigt sich indes an die ulnare Fläche des Endgliedes des zweiten Fingers, eine laterale dagegen an die radi- ale Fläche des Schaftes des zweiten Gliedes des dritten Fingers. Der dritte laterale Muskel verhält sich ähnlich wie der zweite; er ist jedoch nicht so gut entwickelt und entbehrt der Faserstrahlung in die Schwimmhaut; er setzt sich sowohl an die ulnare Fläche des Endgliedes des dritten Fingers als auch an die radiale Fläche des dritten Gliedes des vierten Fingers an. Diese drei Muskeln fehlen allen niederen Wirbeltieren bis zu den Reptilien; sie wären somit für den Trionyx sehr charakteristisch und man könnte sie vielleicht unter die eönogenetischen Bildungen einreihen und den Erwerb dieser Muskeln auf die Schwimmfunktion zurückführen. Wenn es auch nicht unmöglich ist, so ist es vorder- hand nicht leicht, diese drei Muskeln mit den Mm. lumbricales der höheren Wirbeltiere zu vergleichen. \ - Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 409 103. M. pronator manus proprius. M. pronator quadratus Nr.72 (partim), BOJANUS. Er befindet sich tief versteckt in der Hohlhandgrube (vergl. I. Mittlg. S. 84). Mit zwei scharf getrennten Köpfen entspringt er direkt von dem Ulnare und von dem carpalen Knochen »S« und inseriert an der proximalen Fläche der Eminentia carpi transversa, zu der seine Muskelfasern stark konvergieren. Der Muskel könnte als der distale, selbständig gewordene Ab- schnitt des M. pronator quadratus angesehen werden, allein er wird von einem eigenen Nervenast versorgt, wodurch seine Selbständig- keit deutlich ausgesprochen wird, weshalb ich ihn als ein beson- deres Mukelindividuum betrachte. Der M. intercarpalis des Frosches (GAupP) ist wohl ein Homologon. 104. Mm. carpo-digitales. Mm. interossei digitorum manus interni Nr. 90, BoJAanus; M. flexorum digitorum communis brevis profundus, RÜDINGER; M. carpali-metacarpo-phalangei (Flexor digitorum profundus brevis), HOFFMANN. Sie bestehen aus fünf selbständigen Bäuchen, die die vierte Schicht der Hohlhand bilden und volar von den Endsehnen des M. _ flexor dig. com. longus profundus bedeckt werden. Sie entspringen von der distalen Fläche der Eminentia carpi transversa und laufen distal fächerförmig zu den entsprechenden Grundphalangen, wo sie in kräftige, platte Endsehnen übergehen. Eine jede Endsehne zieht innerhalb des vom Lig. vaginale umschlossenen Raumes über das Tuber basale der Grundphalanx zu der Spitze des gleichnamigen Teiles des mittleren Fingergliedes, um hier anzusetzen. Diese Endsehne ist an der dorsalen Seite des Lig. vaginale locker verwachsen und außerdem an ihrem proximalen Ende mit den Endsehnen des M. flexor dig. com. profundus longus sowie brevis verbunden. Der erste, am meisten radiale Bauch verläuft mehr schief und scheint als ein Ad- duetor pollicis zu wirken. Die übrigen dagegen ziehen gerade und sind deshalb zweifellos die Flexoren der Finger. Sie entsprechen teilweise dem M. flexor ossis metacarpi-digitis III—IV des Frosches (GAuPP). Die Endabschnitte der Nervenstämme und der Blutgefäße ver- laufen auf diesen Muskelbäuchen. Der zweite Bauch wird sehr oft von dem Arcus nervi volaris durchsetzt. 410 K. Ogushi 105. M. flexor pollieis brevis. Er ist zwischen der radialen Fläche des volaren Vorsprunges des C, und der Basis des Anfangsgliedes des Daumens ausgespannt und bildet mit dem vorigen Muskel die vierte Muskelschicht der Hohl- hand. Er grenzt ulnar an den ersten Bauch des vorigen Muskels und verwächst mit diesem oft so innig, daß ein Auseinanderhalten dieser beiden Muskeln erst durch den Nachweis einer gesonderten Innervation möglich wird. Außerdem wird der Muskel gewöhnlich von dem N. digitalis volaris pollieis radialis durchsetzt. 106. Mm. interossei. Mm. interossei digitorum manus externi quatuor Nr. 89, BoJanus(?); Zwischen- knochenmuskeln, RÜDINGER; Mm. interossei volares, HOFFMANN. Sieben mehr oder minder entwickelte Bäuche, die die Inter- stitia interossea metacarpi ausfüllen. Der erste Bauch gehört dem Interstitium interosseum metacarpil. Er wird von dem vorigen Muskel bedeckt, kommt von der radialen Fläche des zweiten Metacarpus und inseriert an der ulnaren Hälfte des Tuber basale der Grund- phalanx des Daumens. Unter den übrigen Bäuchen tritt jeder proxi- male von der radialen Fläche des proximalen Endes eines Metacar- pus der gegenüberliegenden Fläche des Schaftes des zunächst medialen Metacarpus, um hier eine direkte Insertion zu finden. Der distale Bauch dagegen entspringt von der radialen Fläche des Mittelstückes eines Metacarpus und zieht zu der gegenüberliegenden Kante der Basis der zunächst medial benachbarten Grundphalanx. Der am meisten ulnare, proximale Bauch kann auch in zwei Portionen geteilt sein. Am besten entwickelt ist der erste Bauch; die übrigen sind verschieden stark, indem die proximalen nach der radialen Seite, die distalen dagegen nach dem ulnaren Rande der Hand allmählich an Mächtigkeit abnehmen. Wahrscheinlich entsprechen sie den Mm. transversi metacarpi des Frosches. Anhang: Ligamenta interossea metacarpi. Zwischen den Mm. interossei und der tiefen Muskelschicht der dorsalen Seite der Hand kommen besondere Ligamenta interossea metacarpi vor; sie wurden bereits von BoJAanus bei Testudo europeae abgebildet. Beim Trionys entspringen sie gewöhnlich von dem proximalen Ende eines Interstitium interosseum und heften sich an die radiale Fläche des Tuber basale der nächsten, ulnar befindlichen Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 411 Grundphalanx an. Das erste und das vierte sind jedoch umgekehrt ausgespannt, indem das erste an der ulnaren Fläche der Basis des Anfangsgliedes des Daumens, das vierte dagegen an der gleich- namigen Fläche des vierten Metacarpus befestigt ist, Deshalb lassen die Bänder den zweiten Finger ganz frei, während sie bei dem vierten Finger an dessen beiden Flächen ihren Ansatz haben. Ihre Zahl ist außerdem sehr schwankend (1—4). Das dritte Band ist konstant. Das zweite und vierte sind weniger beständig, während das erste sehr oft fehlt. x 107. Mm. metacarpo-phalangis volares. Vier rudimentäre, sehr kurze Bäuche, die an den vier medialen Fingern vorkommen und hauptsächlich von den Mm. carpo-digitales überlagert werden. Der erste Bauch entspringt breit und unmittelbar fast von der ganzen, volaren Fläche des ersten Metacarpus und setzt sich an die radiale Hälfte des Tuber basale des Anfangsgliedes des Daumens fest. Er ist am stärksten entwickelt und liegt dieht neben dem ersten Bauche der vorigen Muskeln, Die übrigen Bäuche sind von dreieckiger Gestalt und an jedem Finger zwischen der volaren Fläche des distalen Endstückes des Metacarpus und der Spitze des Tuber basale der Grundphalanx ausgespannt. Sie kommen erst nach der Wegnahme der Mm. carpo-digitales zum Vorschein. Diese Muskeln sind bis dato noch nicht erwähnt worden. ß. Streekseite der Hand. : (Fig. 64, 67 u. 68.) 108. M. adductor pollieis longus. Nach der Wegnahme des M. extensor digitorum communis longus tritt er als ein ansehnlicher, dreieckiger Muskel zutage. Er ent- springt mit breiter Basis direkt von der Rückenfläche der proxi- malen Carpusreihe und gelangt mit seinen stark konvergierenden Faserzügen an die ulnare und manchmal auch an die radiale Fläche des ersten Metacarpus, wo er sehnig inseriert. BoJAnUs, RÜDINGER und HOFFMANN faßten ihn mit dem nach- stehenden Muskel zusammen. Ich halte es jedoch für richtiger, sie voneinander zu unterscheiden. Morpholog. Jahrbuch. 46. 27 412 K. Ogushi 109. M. extensor digitorum communis brevis sublimis. M. extensores quinque breves digitorum manus Nr. 83, BoJanus (partim) , M. extensor pollieis proprius et indieis proprius, RÜDINGER (partim); M. carpi- digiti I—V dorsalis, HOFFMANN (partim). Drei ziemlich schwache, jedoch verhältnismäßig lange Muskeln, die am Ursprung von dem vorigen Muskel bedeckt sind. Etwas distal von der Ursprungsstelle des vorigen Muskels beginnen sie ge- meinsam mit fleischigen Köpfen von der Mitte der Rückenfläche der proximalen Carpusreihe, ziehen fächerförmig nach der dorsalen Seite der drei mittleren Finger und befestigen sich mittels je einer zarten, kurzen Sehne an die Apex dorsalis der entsprechenden mittleren Phalanx. 110. M. abductor digiti quinti dorsalis. M. extensor proprius digiti minimi Nr. 82, BoJAnUs. Er liegt in der ersten Muskelschicht des Handrückens an der lateralen Seite der Kleinfingerportion des M. extensor digitorum communis longus als ein dreieckiger, schwacher Muskel, der von der dorsalen Fläche des carpalen Knochens »S« zu der Basis des An- fangsgliedes des betreffenden Fingers zieht. Von der dorsalen Seite her bedeckt er die A. radialis sowie den N. radialis. 111. M. abductor pollieis dorsalis. 112. M. extensor pollieis brevis. 113. M. adductor pollieis brevis. Diese drei, relativ gut entwickelten Muskeln liegen nebeneinander unterhalb. der Daumenportion des M. extensor digitorum communis longus bezw. des M. adducetor pollieis longus, an der Wurzel des Daumens, und sind von radial nach ulnar in der Reihenfolge: 111, 112 und 113 angeordnet. Sie entspringen gemeinsam von der Rücken- fläche des ersten Metacarpus, ziehen parallel nebeneinander gegen das erste Metacarpo-phalangeal-Gelenk, das sie überspringen, um hier- auf in eine gemeinsame starke Endsehne überzugehen, die distal an der Apex dorsalis der Endphalanx des Daumens angeheftet ist. Nicht selten ist der eine oder der andere Bauch mit dem be- nachbarten verwachsen. 114. M. extensor digitorum communis brevis profundus. Vier selbständige, zarte Bäuche. Sie entspringen direkt von der Rückenfläche der distalen Carpusreihe und ziehen unterhalb des radialen Randes einer jeden Portion des M. extensor dig. com. brevis Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 413 sublimis, um sich endlich an die Muskelmasse des letzteren Muskels anzuschließen, von dem sie am Ursprunge durch die Endstämme des N. brachialis dorsalis sowie der A. interossea (Arei dorsales manus nervi et arteriae) getrennt werden. Am dritten und vierten Finger kommt je ein zarter accesso- rischer Bauch vor, der von der dorsalen Fläche des distalen End- stückes des zunächst radial benachbarten Metacarpus entspringt und mit dem Endteile des entsprechenden Hauptbauches zusammenhängt. Je ein R. digitalis communis der Nerven und Blutgefäße tritt durch den Raum zwischen dem Haupt- und dem accessorischen Bauch hervor. RÜDINGER bezeichnete 112 —115 zusammen als M. extensor digitorum communis brevis. 115. Mm. metacarpo-phalangis dorsales. Kurze Köpfe des M. extensor digitorium communis brevis, RÜDINGER (?). Neun zarte, rudimentäre Muskelbäuche. Sie sind an den vier medialen Fingern paarig, am Kleinfinger dagegen unpaarig und nur auf dessen radiale Seite beschränkt. Von der Seitenfläche des distalen Endstückes des Metacarpale läuft ein jeder Bauch zu dem homolateralen Rande der Apex dorsalis der zweiten Phalanx. Da- bei nehmen sie zwischen sich die entsprechende Portion des M. extensor dig. com. brevis profundus. Als Abweichung kommen folgende Zustände vor: 1. Die zu dem Daumen gehörigen Bäuche benutzen noch die dorsale Fläche der Grundphalanx als Ursprungsstelle. 2. Der Ursprung des unpaarigen Bauches des Kleinfingers ist nur auf die Rückenfläche der Basis des Anfangsgliedes beschränkt. 116. Mm. interphalangis. Die Zwischenknochenmuskeln, MEcKEL (?). Sie sind an allen Fingern nachweisbar, aber in Ausbildung sehr verschieden. An den drei mittleren Fingern sind sie paarig und daneben noch in je zwei Portionen deutlich geteilt. Die proximalen entspringen von der Seitenfläche der Basis der Grundphalanx bis zu deren vo- larer Fläche, die distalen dagegen bloß von der dorsalen Fläche des dem Anfangsgliede entsprechenden Teiles des Lig. vaginale. Diese beiden Portionen laufen entlang der Seitenfläche des Anfangs- gliedes distal empor und verbinden sich an der Basis der zweiten 27* 414 K. Ogushi Phalanx mit dem hinteren Rande einer sehr breiten Sehne, die so- wohl die dorsale als auch die beiden Seitenflächen des mittleren Fingergliedes (einschließlich des dritten beim vierten Finger) bedeckt und distal an der Basis des Endgliedes inseriert. Die beiderseitigen proximalen Portionen sind, besonders am dritten und vierten Finger, dorsal miteinander verwachsen. Am Daumen ist nur ein Paar vorhanden. Hier entspringen sie direkt von der Seitenfläche der Grundphalanx und heften sich mit einer starken Sehne an dem Seitenteile der Apex dorsalis der End- phalanx an. Am Kleinfinger sind sie einfach durch einen stark redu- zierten Bauch vertreten, der an der radialen Seite liegt. Ähnliche Muskeln sind bis heute nur bei Oryptobranchus Jjapo- nicus am vierten Finger (OsawA) und beim Frosche am vierten und fünften Finger (DuGE, GAupPp) zur Beobachtung gekommen. Ob sie auch bei den übrigen Wirbeltieren vorkommen, ist noch nicht fest- gestellt, aber die obigen Tatsachen lassen den Schluß zu, daß diese Muskeln auf die Zustände, wie sie bei den Amphibien bestehen, zurückzuführen sind. VI. Muskulatur der hinteren Extremität, Neben den klassischen Werken von CUVIER, WIEDEMANN, CARUS, 30JANUS, MECKEL u. a. müssen wir vor allem die Arbeit von GADOwW erwähnen, in der auch die Muskulatur der hinteren Extremität einiger Cheloniden berücksichtigt worden ist. Dieser Autor hat leider den Trionyz nicht in Rücksicht gezogen. Erst RArHKE hat in seinem Werk über die Entwickelung der Schildkröten einige Beckenmuskeln des Trionyx beschrieben. Die Monographie HorFMmAnNSs ist nur ein Sammelwerk der älteren einschlägigen Schriften und bringt daher nichts Neues. Somit ist der Trionyx bisher fast ganz außer acht gelassen worden. Das Studium dieses Tieres hat nun erwiesen, daß die Musku- latur der hinteren Extremität eine ziemlich große Anzahl Eigentüm- lichkeiten aufweist, die anscheinend bei den übrigen Cheloniden bezw. Reptilien nicht anzutreffen sind. So besitzt z. B. der M. va- stus femoris des Trionyz neben den gewöhnlichen drei Köpfen noch einen besonderen, gut ausgebildeten, langen Kopf, der tief inner- halb des Beckens entspringt. Auch der M. glutaeus maximus, der natürlich von dem gleichnamigen Muskel des Menschen scharf unterschieden werden muß, ist unter den Reptilien wahr- Anatomische Studien an derjapan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 415 scheinlich auf den Zriony& beschränkt; ebenso ist die Portio inter- ‚trochanterica des M. obturatorius externus zweifellos ein eigentüm- liches Gebilde des Trionyx. A. Beckenmuskeln. (Fig. 52, 54, 69—74, 76 u. 77 und Textfig. 30, 34 u. 38.) 117. M. reetus pubis. M. atrahens pelvim Nr. 43, BosAnus; der untere Bauchmuskel, MECKEL (partim); M. rectus abdominis, RATHKE (partim); M. rectus abdominis, HOFFMANN. Ein kräftiger, fächerförmiger Muskel, der zwischen dem Pubis und dem hinteren Teile des Plastrons ausgespannt ist. Dem Faser- verlauf gemäß kann man ihn in zwei Portionen einteilen. Die vordere, länglieh-viereckige Portion setzt sich aus Fasern zusammen, die vor- wiegend der Körperachse parallel angeordnet sind, und nimmt bei- nahe den ganzen Vorderrand des Proc. lateralis des Schambeins in Anspruch. Von da zieht die Portion nach vorn und inseriert an dem den M. pectoralis begrenzenden Septum intermusceulare und an dem Plastron. Die Ansatzlinie beginnt am hinteren Einschnitte des Hypoplastrons und läuft quer über diesen Knochen zur Medianlinie. Die hintere bezw. mediale Portion, die aus stark divergierenden ‚Fasern besteht, hat die Gestalt eines quer liegenden Dreieckes; die Fasern verlaufen fächerförmig von der medialen Eeke des oben an- geführten Schambeinfortsatzes zu der, dicht neben der Medianachse des Körpers sagittal verlaufenden Ansatzlinie am Plastron (nicht dem knöchernen Teil) und am Xiphiplastron. An der Stelle, wo die Ansatzlinien der beiden Portionen inein- ander übergehen, sieht man eine Anhäufung von lockerem Binde- gewebe, die sich lateral in das, zwischen dem M. pectoralis und der vorderen Portion des M. rectus pubis quer verlaufende Septum inter- museulare (Textfig. 30, Sept. intermuscul.) festsetzt. Dieses Binde- gewebe ist sowohl dorsal als auch ventral mit dem Bauchfell und mit der mittleren Partie der Lacuna posterior des Plastrons (vergl. I. Mittg. S. 17) verwachsen. An der entsprechenden Stelle der Außen- fläche des Plastrons ist namentlich bei ganz jungen eine ziemlich deutliche, radiäre Streifung (Textfig. 30, Nabel) sichtbar. Dieser Bezirk des Plastrons sowie die eben besprochene Bindegewebs- anhäufung werden in der Embryonalzeit von dem Dottergang! durch- 1 Der Dottersack wird kurz vor dem Ausschlüpfen aus der Eischale in die Bauchhöhle aufgenommen, wie dies auch bei den übrigen Sauropsiden der Fall ist. Von dieser Zeit an bis zum zweiten Lebensjahre ist er noch wohl er- 416 K. Ogushi bohrt. Diese Gebilde können daher wohl mit Recht dem Nabel der höheren Wirbeltiere gleichgestellt werden. Die radiäre Streifung am Plastron wird mit den Jahren immer undeutlicher und verschwindet endlich spurlos, spätestens im siebenten Jahre nach dem Ausschlüpfen aus der Eischale. Die Bindegewebsanhäufung am Nabel scheidet stets scharf die Ursprünge des M. plastro-squamosus und des Collo-plastralis von denen des M. reetus pubis. Deshalb ist FÜRBRINGERS Behauptung, daß sich beim Trionyx japonicus »zwischen dem M. capiti-plastralis (meinem M. plastro-squamosus und eventuell auch dem M. collo-plastralis) und dem M. rectus abdominis (meinem M. reetus pubis) keine Inscriptio tendinea findet«, .... »sondern..... vielmehr der Muskel (d.h. der M. capiti-plastralis) ohne Grenze in den M. reetus abdominis über geht«, nicht richtig. Abgesehen von WIEDEMANN sind alle älteren Autoren, wie Bo- JANUS, MECKEL, RATHKE, HOFFMANN u. a., darin einig, daß der M. reetus pubis sowie der gleich zu besprechende M. pubo-plastralis als Ganzes dem M. rectus abdominis der höheren Wirbeltiere ent- spreehen. Von diesem Gesichtspunkte aus haben sie gewiß recht, allein es wurde auf die natürliche Sonderung der beiden Muskeln keine Rücksicht genommen, denn ihre Differenzierung ist nach An- gaben der oben angeführten Forscher selbst bei den von ihnen unter- suchten Schildkröten ebenso fortgeschritten, wie dies auch beim Trionyx der Fall ist. Auch der Nerv versorgt die beiden Muskeln und ein für das Plastron bestimmter Arterienast verläuft in der zwischen ihnen befindlichen Spalte. Es ist deshalb wohl begründet, sie getrennt zu behandeln. Innerviert durch den N. hypogastricus. 118. M. pubo-plastralis. M. retrahens pelvim Nr. 44, Bosanus; der untere Bauchmuskel, MECKEL (partim) M. rectus abdominis, RATHKE (partim). Ein nahezu viereckiger, platter Muskel, der direkt von der ganzen ventralen Fläche des Schambeinflügels entspringt und nach hinten und innen zum hinteren Rande des Plastrons zieht, um sich mittels einer starken, kurzen Sehne an den hinteren Rand des Xiphi- halten und mittels eines dünnen Stieles mit dem Scheitel der Darmschlinge als ein kleines, gelbes, birnförmiges Anhängsel verbunden, welches eine breiige, mehr oder minder stark zersetzte Dottermasse enthält. Eine ausführliche Schilderung folgt später im Kapitel »Eingeweidelehre«. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 417 plastrons zu befestigen. Der Muskel liegt horizontal dicht auf dem hinteren Teile des Plastrons und wirkt auf das Becken retrahierend. Nach RATHKE ist dieser Muskel eine Eigentümlichkeit der Schild- kröten. 119. M. obturatorius externus. M.triceps adductor femoris Nr. 77, BoJanus; Nr.5, $ 129, MECKEL; M. pubo- femoralis externus, HOFFMANN; M. pubi-ischio-femoralis externus, GADOW. Ein sehr mächtiger Adductor der hinteren Extremität, der das Foramen obturatorium von der ventralen Seite abschließt. Er be- steht aus folgenden vier, mehr oder minder deutlich gesonderten Portionen: a. Portio superficialis; entspringt direkt von der dorsalen Fläche der Faseia pelvico femo- ralis (s. I. Mittg. S. 90) sowie von dem lateralen Umfang des Scham- beinkörpers. Ihre Muskelfasern laufen in starker Konvergenz nach außen und caudal zu einem schmalen Ende, welches teils direkt an dem hinteren Rande des Trochanter minor inseriert, teils durch die Vermittlung einer besonderen Sehne mit der gemeinsamen Endsehne zusammenhängt. Diese Portion ist wahrscheinlich auf das Genus »Trionyx« be- ‚schränkt, weil sie in den Arbeiten, die Arten von »Emys«, »Tes- tudo« und »Chelone« betreffen, niemals Erwähnung findet. b. Portio pubica, der Teil I des M. pubi-ischio-femoralis externus, GADOW. ist dreieckig und bei weitem stärker entwickelt, als die vorherige, von der sie an der ventralen Seite bedeckt wird. Sie entspringt von der ganzen ventralen Fläche und von dem hinteren Rande des Proe. lateralis des Pubis und zieht mit konvergierenden Fasern zu der gemeinsamen Endsehne. Auf dem Wege nimmt sie eine kleine Fasergruppe auf, die vom vorderen Teile des Lig. pubo-ischiadieum kommt. c. Portio intertrochanterica. Sie stellt einen charakteristischen, spindelförmigen, unpaarigen, von den übrigen Portionen seharf getrennten Muskelbauch dar, der zwischen den beiderseitigen Endsehnen quer ausgespannt ist. Sie findet sich dieht hinter der Portio superficialis, zum Teil von ihr bedeckt, und liegt der Portio ischiadica auf. Ihr Durchmesser ist in der Medianlinie am größten; von da ab nimmt er nach den Seiten allmählich ab. An den schmalen Enden läuft der Muskel in eine 418 --- -K. Ogushi zarte Sehne aus, die sich bald mit der gemeinsamen Sehne ver- einigt. d. Portio ischiadica. Eine unregelmäßig gestaltete, ventral den größten Teil des Ischium bedeckende Portion, an der man mehrere Bündel unter- scheiden kann, die ihren eigenen Ursprung und Verlauf haben. Die oberflächlichen Bündel zeigen eine ganz regelmäßige Anordnung und kommen teils selbständig von der Spina ischiadica derselben Seite, teils von der der anderen Seite, teils spalten sie sich von dem einen Bündel der anderen Seite ab und kreuzen die benachbarten Bündel. Jedenfalls ist das Bündel, das von der gegenseitigen Spina ischiadiea entspringt, im allgemeinen gut differenziert und konstant. Dabei kreuzt das links entspringende gewöhnlich schräg von vorn nach hinten, das gegenseitige und verbindet sich vor der rechten Spina ischiadica mit der gemeinsamen Endsehne. Die tieferen Bündel entspringen von dem hinteren Abschnitt des Lig. pubo-ischiadieum und von der ganzen ventralen Fläche des medialen Astes des Ischiums. Sie ziehen, diesem Knochen dicht aufliegend, horizontal nach außen und setzen sich im Anschluß an die übrigen Portionen teils sehnig, teils direkt an die mediale Facette des Trochanter minor an. Die gemeinsame Endsehne ist die unmittelbare Fortsetzung der Portio pubica. Sie wird ventral durch die sehnige Ausstrahlung der Portio superficialis erheblich verstärkt und befestigt sich an die tibiale Fläche des Trochanter minor. Dicht neben ihrer An- heftungsstelle endigt die Portio intertrochanterica und die Portio ischiadiea an dem überknorpelten Rande desselben Trochanters. Um einem Mißverständnis vorzubeugen, möchte ich noch be- merken, daß der von mir als M. obturatorius externus bezeichnete Muskel nicht ohne weiteres mit dem gleichnamigen Muskel des Menschen identisch ist. Meines Erachtens enthält er neben dem M. obturatorius externus des Menschen sicher noch besondere Elemente, die sich im Laufe der phylogenetischen Entwicklung zu einigen selbständigen Muskelindividuen differenzieren können. Die Adduetores femoris des Menschen sind z. B. von ihm leicht ab- leitbar. Genaueres findet sich im Kapitel Nervensystem (s. diese Abh. 5. 524). Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 419 120. M. obturatorius internus. M. iliacus internus Nr. 91, BoJAnus; Innerer Kopf des Muskels Nr. 6, $ 129, MECKEL; M. pubo-femoralis internus, HorrMmAnN; Teil I des M. pubi-ischio- femoralis internus, GADOW. Ein sehr kräftiger Muskel, der innerhalb des Beckens von der Rückenfläche des vorderen schaufelförmig erweiterten Teiles des Pubis mit breiter Basis entspringt. Die beiderseitigen Ursprünge sreifen an der dorsalen Fläche der Symphysis ossium pubis inein- ander und bilden dadurch eine deutliche Zickzacklinie. Der Muskel seht dann auf beiden Seiten schräg nach außen und distal über dem äußeren Rande des Schambeins zu der vorderen bezw. tibialen Fläche des Trochanter minor, wo er neben der Ansatzstelle des vorigen Muskels, mittels einer kräftigen, breiten Sehne zwischen dem Caput internum und Cap. intermedium des M. vastus femoris inseriert. Nach dem Verlassen des Beckens löst sich von dem äußeren Rande des Muskels ein ziemlich starkes Bündel ab, welches sofort in eine Sehne übergeht, die nach kurzem Verlaufe in den Ober- schenkelteil der Fascia pelvico-femoralis verschwindet. Dieses selb- ständige Bündel ist der Wirkung nach ein Spanner der oberflächlichen Faszie des ÖOberschenkels und kann somit als Tensor fasciae femoralis bezeichnet werden. Ob dieser Muskel ein direkter Vor- läufer des M. tensor fasciae latae des Menschen ist, wage ich nicht zu behaupten, denn er bezieht Nervenzweige vom N. femoralis, der durch die prozonale — d. h. eranial vom Becken bzw. Ilium befindliche — Lage von dem, den M.tensor fasciae latae versorgen- den, postzonalen N. glutaeus scharf auseinandergehalten werden muß. Ich muß noch darauf hinweisen, daß dieser ganze Muskel mit dem gleichnamigen M. obturatorius internus des Menschen nichts zu tun hat, denn diese beiden Muskeln weisen prinzipielle Verschieden- heiten auf, so vor allem: 1. der M. obturatorius internus des Trionyx tritt an der vorderen Seite des Beckens an die Oberfläche; 2. der Ansatz findet an dem Trochanter minor statt und endlich 3. der Muskel wird von einem mit dem N. femoralis des Menschen homo- logisierbaren, homonymen Nerven versorgt. Dem Gesagten zufolge erinnert dieser Muskel viel mehr an den M. pectineus des Menschen. 121. M. atrahens pelvim. M. abducens pelvim Nr. 46, BoJanus; der viereckige. Lendenmuskel, MECKEL; M. quadratum lumborum, RATHKE; M. testo-iliacus, HOFFMANN. Er entspringt in einiger Entfernung von dem Seitenrande des Carapax direkt von der ventralen Fläche der vierten bis siebenten 420 K. Ogushi Costalplatte. Die Fasern konvergieren von dort nach hinten und bilden einen ansehnlichen, platten, dreieckigen Bauch, der schräg nach hinten und einwärts in nahezu horizontaler Richtung verläuft und mittels einer, in der Mitte des Bauches oberflächlich entwickelten, starken, aber kurzen Sehne an der Seiten- sowie Hinterfläche des dorsalen Endes des Darmbeins inseriert. Seine Ursprungsfläche verdeckt zum Teil die zwei hinteren paarigen Ursprungsköpfe des M. carapaco-basioceipitis. Da der Muskel von diesen Köpfen keine weiteren Elemente empfängt, so ist die betreffende Ursprungsfläche stellenweise unterbrochen. »Man hat angegeben, daß namentlich Trionyx ferox den breiten Hautsaum seines Rückenschildes willkürlich, wie eine Flosse, be- wegen kann. Ist dies der Fall, so geschieht es durch die Wirkung des oben beschriebenen Muskels, da die Rippen, an welchen er an- geheftet ist, in ihrer mit ihm fest verbundenen dünneren Hälfte etwas biegsam sind.< So schreibt RATHKE. Dies deckt sich jedoch mit meinen Befunden nicht. Die meisten Autoren betrachten über- einstimmend diesen Muskel als das Homologon des M. quadratus lumborum der Säuger. Mir scheint es aber am richtigsten zu sein, ihn von dem, am Ilium inserierenden Teil des M. obliquus internus der Amphibien und der übrigen Reptilien abzuleiten. Dafür sprechen folgende Tatsachen: einmal findet sich beim Trrionyx eine interessante Muskelgruppe vor, die neben der dorsolumbalen Wirbelsäule, zwischen den letzteren Rippen und dem Ilium bzw. der vorderen Sacralrippe in sagittaler Richtung ausgespannt ist und mit größter Wahrschein- lichkeit dem M. quadratum lumborum der Säuger gleichgestellt werden dürfte; es sind dies der M. testo-sacralis und der M. testo-iliacus!. Zweitens liegt der in Frage kommende Muskel von der Wirbelsäule zu weit entlegen, als daß man annehmen könnte, er sei durch be- stimmte Ursachen erst sekundär so verlagert worden. Drittens grenzt er mit seiner ventralen Fläche an die Spinalnerven, die bei den höheren Säugetieren an der dorsalen Fläche des M. quadratus lum- borum vorbeipassieren. Viertens: der M. atrahens pelvim stimmt im Faserverlauf ganz genau mit dem M. obliquus internus der meisten Wirbeltiere überein. Fünftens: es ist für Amphibien und Reptilien allgemeingültig, daß der M. obliquus internus mit seinem hinteren, sehnigen Zipfel am dorsalen Abschnitte des Iliums befestigt ist (MAURER u. a.), wie dies beim M. atrahens pelvim der Fall ist. Aus ı Vgl. diese Abhandlung S. 422. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 421 dem Gesagten geht hervor, daß der M. atrahens pelvim nichts anderes als der verkümmerte M. obliquus internus bzw. die Teile derselben ist. Im Laufe der Phylogenie ist die ursprünglich wohl mächtig entfaltete Muskelmasse des M. obliquus internus infolge der Aus- bildung des starren Schildpanzers und der dadurch bedingten Inaktivität dieser Muskulatur rückgebildet worden; nur an zwei Stellen, wo sich später der M. atrahens pelvim und die dorsale Fasergruppe des M. abdominis lateralist differenziert haben, sind Teile der betreffenden Muskelmasse gut erhalten ge- blieben. Es drängt sich nun die Frage auf, wieso es zu der merk- würdigen Lage des Muskels unter den Rippen kommen konnte. Zur Erklärung lassen sich ähnliche Gesichtspunkte erbringen, wie ich sie schon bei der Besprechung der abweichenden Lage des M. cara- paco-scapulo-coracoideus angeführt habe. Ich werde auf diese für die Phylogenie der Schildkröten so wichtigen Probleme über die Her- kunft des Schildes und die Wanderung des Schultergürtels später an anderem Orte noch genauer eingehen. 122. M. testo-femoralis. M. glutaeus Nr. 93, BoJAnus; M. glutaeus, RATHKE; M. ileo-testo-femoralis, HOFFMANN; M. ileo-femoralis, GADOW (?). Ein langer, mächtiger Muskel, der vor dem Becken von den Dorsolumbalwirbeln zum Femur zieht. Er entspringt mit dickem Kopfe direkt von der Seitenfläche des ıtunten bis zehnten Dorso- lumbalwirbelkörpers, läuft dicht vor den Mm. testo-iliacus, iliacus sowie ileo-femoralis, die sämtlich die vordere Fläche des Iliums bedecken, steil nach außen und ventral zu der Wurzel des Trochanter major und befestigt sich hier mittelst einer starken Sehne zwischen dem Ursprunge des Caput externum museculi vasti femoris und dem Ansatze des M. ileo-femoralis. Sein Ursprungskopf wird stets von dem N. dorsolumbalis IX (sel- ten daneben VIII) durchsetzt. Er ist wahrscheinlich mit dem M. psoas major des Menschen parhomolog. Aber er hat eigentlich mit dem M. glutaeus des Menschen nichts zu tun, da der letztere hinter dem Ilium seine Lage hat und von einem, hinter dem Ilium das Becken verlassenden Nerven ver- sorgt wird. Innervation: Ram. muse. testo-femoralis aus dem Plexus lumbalis. 1 8. S. 362 u. 365. 422 K. Ogushi 123. M. testo-iliacus. M. dorso-lumbalis, HoFFmann (?). Ein relativ kurzer, dreieckiger Muskel, der zwischen dem me- dialen Abschnitte der achten Costalplatte (vornehmlich von dem hinter dem Rippenrelief befindlichen Teile) sowie der Seitenfläche des zehnten dorsolumbalen Wirbelkörpers einerseits und der vorderen Fläche des dorsalen Abschnittes des Iliums andererseits schief aus- gespannt ist. Dabei wird er von vorn durch den M. testo-femoralis sowie den M. iliacus überlagert und lehnt sich nach hinten an den M. testo-sacralis an. RATHKE hat diesen Muskel beim 7rionyx gesehen, doch nicht benannt. Nach ihm scheint dieser Muskel nur auf den Trionyx be- schränkt zu sein. 124. M. testo-sacralis. Ein rudimentärer, sehr kurzer Muskel, der ebenfalls von dem medialen Abschnitt der hintersten Costalplatte entspringt und sich unmittelbar an den cephalen Rand der vorderen Sacralrippe anheftet. Dieser Muskel ist bis heute noch nicht angegeben worden. 125. M. iliaeus. Ein zarter, dünner, zweiköpfiger Muskel, der der eranialen Fläche des Iliums dicht aufliegt. Das Caput longum entspringt muskulös von der ventralen Fläche des seitlichen Abschnittes der ersten Sacralrippe und von dem vorderen Umfange des benachbarten Teiles des Iliums. Dieser Kopf wird an der dorsalen Seite von dem M. testo-iliacus und dem M. testo-femoralis bedeckt. Vom Ursprunge steigt er steil nach außen und bauchwärts und verläßt am vorderen Rande des Darmbeins das Becken, um hier das Caput breve aufzunehmen. Das Caput breve entspringt von der vorderen Fläche des ventralen Drittels des Darmbeins und schließt sich nach kurzem horizontalen Verlaufe außerhalb des Beckens an den langen Kopf an. Die beiden Köpfe inserieren fleischig gemeinsam mit dem M. ob- turatorius internus an dem Halse des Oberschenkelbeins sowie an der Dorsalfläehe des Trochanter minor. Zum Teil entspricht er wahrscheinlich dem M. pubi-ischio- femoralis internus GADows. Das Caput breve kann unter Umständen fehlen. Innervation: der gleichnamige Ast des N. femoralis. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 493 126. M. glutaeus maximus s. ileo-eruralis. Ein kräftiger, langer Muskel, der ausgedehnt die fibulare Seite des hinteren Beins überdeckt und mit starkem fleischigen Kopf von der äußeren Fläche des dorsalen Endabschnittes des Darmbeins ent- springt. Von da ab zieht er distal dieht unter der Haut in fast horizontaler Richtung, wobei er fortwährend an Dicke ab- und an Breite zunimmt. Er geht schließlich in eine breite Endsehne über, die um den fibularen Rand des Unterschenkels herum auf dessen Streckseite erscheint und hier zum kleineren Teil an dem Kopfe und an der vorderen Kante der Tibia endet, zum größten Teil je- doch in der oberflächlichen Faszie der Streekseite des Unterschenkels und des Fußes verschwindet. Sein Muskelbauch wird an seinem distalen Teile konstant durch einen starken Hautnerven, den N. eut. femoralis lateralis, durchbohrt. Der Name »M. glutaeusmaximus« hat nur einetopographische, nicht aber morphologische Bedeutung, weil sowohl sein Ursprung als auch seine Lage dem gleichnamigen Muskel des Menschen und der Säugetiere sehr ähnlich ist. Es scheint mir, daß dieser Muskel bei den übrigen Schildkröten entweder stark rückgebildet oder be- reits gänzlich verloren gegangen ist, weil ich einzig und allein bei BoJanus einen »M. rectus femoris, simul tensoris faseiae femoris No. 99« gefunden habe, der ihm entsprechen würde. Innervation: ein direkter Zweig des N. fibularis communis und ein selten vorkommender Zweig des N. femoralis. 127. M. glutaeus minimus s. ileo-fibularis. M. biceps eruris Nr. 103, BosAnus; M. ileo-fibularis, HoFFmann; M. ileo-fibularis, GADow (?); Nr. 1, $ 134, MEcKEL (?). Ein riemenförmiger, langer Muskel, der von der dorsalen Seite durch den vorigen Muskel völlig bedeckt wird. Er entspringt neben dem Ursprunge des M. glutaeus maximus von dem dorsalen Endab- schnitte des Iliums, zieht dann gerade distal über die am Trochanter major inserierenden Muskeln und befestigt sich mittels einer dünnen Sehne an die dorsale Fläche des proximalen Endstückes der Fibula. Unterwegs überdeckt er vom Rücken beinahe mit seiner ganzen Länge die Hauptstämme der Schenkelnerven sowie der Blutgefäße, Am Ansatze wird er von dem Ursprungskopfe des M. peroneus longus bedeckt. Zwischen den Ursprüngen der beiden Mm. glutaei verläuft die V. caudalis lateralis. Innervatiöon: ein direkter Zweig des N. fibularis communis. 424 K. Ogushi 128. M. ischio-eoeeygeo-tibialis. M. semimembranosus Nr. 105, BoJAanus; M. ischio-caudali-tibialis, HOFFMANN. Ein sehr kräftiger, zweiköpfiger Muskel, der an der hinteren Seite des Oberschenkels liegt. a. Portio ischiadiea, M. flexor tibialis internus, GADOWw; Nr. 3, $ 134, MECKEL (wenn auch ein wenig verschieden); bildet den cephalen, breiten und platten Kopf des M. ischio-coceygeo- tibialis und entspringt von der Spina ischiadica sowie von der Innen- fläche der Fascia pelvico-femoralis in einer idealen Linie, die den Seitenrand des Proe. lateralis des Pubis mit der Spina ischiadica ver- binden würde. Sie läuft gerade distalwärts entlang der tibialen bzw. ventralen Seite des Oberschenkels herab und geht in einiger Ent- fernung von dem Kniegelenk in eine starke Endsehne über. b. Portio coceygea, M. flexor tibialis externus, GADOW; Nr. 5, $ 134, MECKEL, stellt den hinteren, d. h. caudalen, massiven Kopf dar, der mit einem einheitlichen, ziemlich dünnen Ursprung an den Bögen des zweiten und dritten Schwanzwirbels beginnt und nach kurzem Verlaufe zu einem ansehnlichen, dieken Bauch heranwächst. Darauf schiebt sich diese Portion unter den M. coceygeo-fibularis, erscheint dann an der caudalen (also Beuge-) Seite des Oberschenkels und zieht, wieder rasch dünner und platter werdend, distal gegen die Beugeseite des Knie- gelenkes, um sich hier mittels einer starken, breiten Sehne von der caudalen Seite an die Sehne der vorigen Portion anzuschließen. Die auf diese Weise einheitlich gewordene, breite, starke End- sehne tritt rechtwinklig zu der Längsachse des Unterschenkels, der Tibia entgegen, zwängt sich dann unter den M. gastrocnemius, um sich an die Crista tibiae anzusetzen. Danach sind die beiden Portionen vom Ursprung bis zur End- sehne völlig getrennt. Zwischen ihnen bleibt ein dreieckiger Schlitz übrig, durch den die V. eaudalis lateralis in das Becken eintritt. Die beiden Köpfe, vornehmlich jedoch die Portio ischiadica, sind mit der oberflächlichen Faszie, insbesondere der Fascia pelvico-femoralis, fest verwachsen. Die Endsehne wird ferner regelmäßig an ihrem proximalen Teile von dem N. eut. tibialis medialis durehbohrt. Wie aus dem Vergleiche der Angaben, die in den einschlägigen Werken von MEckeErL, HorrmAnn, GADow u. a. enthalten sind, her- - Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 425 vorgeht, variiert die Ausbildung des M. ischio-eoceygeo-tibialis sowie der zwei vorher beschriebenen Muskeln bei den einzelnen Schild- krötenarten. Innervation: die Portio ischiadica wird durch den gleichnamigen Ast des Ram. posterior des N. obturatorius innerviert, während die Portio eoeeygea Zweige vom N. pudendus erhält. 129. M. eoceygeo-fibularis. Nr. 6, $ 134, MECKEL. Der dieke Muskelbauch entspringt zwischen dem M. piriformis und dem caudalen Kopfe des letzterwähnten Muskels von den Bögen des zweiten Sacral- und ersten Schwanzwirbels sowie deren Um- gebung; er zieht zunächst über die Portio coceygea des M. ischio- eoceygea-tibialis gegen die Streckseite des Unterschenkels und läuft hier auf eine breite Aponeurose, die mit der Endsehne des M. glutaeus maximus obne Grenze verbunden ist und sich vorzugsweise auf dem Fußrücken ausbreitet. Sein Muskelbauch wird außerdem von einer derben Faszie überkleidet. Nach MECKEL, BoJAanus, GADOW u. a. scheint dieser Muskel, insbesondere bei Emyden, an seinem Ansatzende mit dem später zu besprechenden M. semitendinosus verwachsen zu sein, so daß er als ein dorsaler Kopf desselben erscheint. Innervation: N. pudendus. Auch vom Plexus pudendus wird der Muskel nicht selten versorgt. o 130. M. piriformis. M. glutaeus alter Nr. 94, Bosanus; Nr. 2, $129, MECKEL; M. sacro-femoris, HoFFrmann; M. caudi-ilio-femoralis, GADOw. Der kräftige Muskelbauch nimmt seinen Ursprung von der caudalen Fläche des dorsalen Endes des Iliums, von den ventralen Flächen der beiden Sacralrippen, vom Lig. obturatorium foraminis sacralis und von den Seitenflächen der beiden Sacralwirbelkörper. Er tritt zunächst, um die eaudale Fläche des Iliums herum, aus dem Becken hervor und dringt dann sofort in eine zwischen den beiden Trochanteren befindliche Furche ein, um endlich zwischen dem Cap. externum und internum m. vasti femoris und neben dem Ansatze des M. quadratus femoris am Femur direkt zu inserieren. Er wird gewöhnlich durch mehrere Bindegewebsbündel mit dem aufliegenden M. coceygeo-fibularis fest verbunden. 426 K. Ogushi Innervation: der Muskel erhält entweder vom Plexus pudendus oder N. pudendus und vom N. tibialis communis je einen selbständigen Nerven. 131. M. ileo-femoralis. Gesäßmuskel Nr. 2, $ 129, MECKEL (?). Ein platter, dreieckiger Muskel, der sehr tief gelagert ist und zwischen der vorderen lateralen Fläche der distalen Hälfte des Iliums einerseits und der dorsalen (d. h. fibularen) Fläche sowie dem freien Rande des Trochanter major andererseits schräg ausgespannt ist. Mit seinem ventralen Rande liegt er dem Hüftgelenk auf und grenzt vorn an den M. testo-femoralis und hinten an den M. quadratus femoris, Innervation: der gleichnamige Ast des N. peroneus communis, B. Muskeln des Oberschenkels. (Fig. 67—76 und Textfig. 38.) 132 M. sartorius. M. gracilis Nr. 107, BoJAnus; der innere, gerade oder schlanke Schenkelmuskel MEcKEL; M. ischio-tibialis, HorFMmann (?), Ein riemenförmiger, verhältnismäßig zarter Muskel, der an der ventralen Fläche des Oberschenkels liegt und in seiner ganzen Länge von dem vorderen Randteil der Portio ischiadiea des M. ischio-coc- eygeo-tibialis zum Teil überlagert wird. Er entspringt in der Mitte zwischen dem Proe. lateralis ossis pubis und der Spina ischiadica, von der imaginalen, seitlichen Grenze des Beckenteiles der Fasecia pelvico-femoralis und zieht gerade distal zu der inneren Fläche des medialen Condylus der Tibia, wo er, bedeckt von dem M. gastro- cnemius, sehnig endet. Innervation: der gleichnamige Ast des N. obturatorius. 133, M. vastus femoris. Ein mächtiger Extensor der hinteren Extremität. Beim Trionyx kann man an diesem Muskel statt drei Köpfen, die nach den An- gaben der Autoren bei der Mehrzahl der Schildkröten, die Regel zu sein scheinen, vier diskrete Köpfe von verschiedener Stärke unter- scheiden, wie folgt: a. Öaput longum. Es entspringt fleischig tief im Becken von der dorsalen Fläche des medialen Astes des Ischiums der kontra-lateralen Seite, tritt, Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 427 nachdem es den gegenseitigen, gleichnamigen Kopf gekreuzt hat, zwischen dem M. obturatorius internus einerseits und den vom Darm- bein entspringenden Muskeln andererseits in einem Bogen an die Streckseite des Oberschenkels und verbindet sich oberhalb des Knie- gelenkes mit der Endsehne. b. Caput recetum. M. sartorius Nr. 106, BoJAanus; M. pubo-tibialis, HOFFmAnn; M. ambiens, GADow. Dieser zum Teil vom Ursprunge des Sartorius überlagerte, zarte Kopf entspringt mit einer starken Sehne von der Mitte des Lig. pubis laterale und nicht von dem Lig. pubis ischiadieum, wie es BoJAnus angibt. Das Lig. pubis laterale (Fig. 70) ist wie ein schmaler Saum von dem äußeren Rande der Wurzel des Proe. lateralis ossis pubis zu der Gelenkkapsel des Hüftgelenkes ausgespannt. Der Kopf ver- läuft zunächst über den Ansatz des M. obturatorius internus, erscheint dann dicht unter der Haut auf der tibialen Fläche des Oberschenkels vor dem M. sartorius, zieht noch eine Strecke weiter, um endlich an die gemeinsame Endsehne heranzutreten. c. ÖCaput internum. M. vastus internus Nr. 101, BoJANUS. Dieser Kopf entspringt direkt von der medialen Fläche des Femur. Seine Ursprungsfläche erstreckt sich von der Wurzel des Trochanter minor bis an das distale Ende des Femur. Die steil ab- steigenden Fasern gehen in die Endsehne über. d. Caput externum, M. vastus externus Nr. 100, BOJANUS, ist eine mächtige Portion, die von der ganzen fibularen Fläche des Femur entspringt und distal mit der Endsehne zusammenhängt. Sie ist sehr häufig in zwei unvollständige Portionen geteilt; in diesen Fällen könnte man die mediale Portion als ein Caput intermedium bezeichnen. Die Grenze der beiden Portionen wird durch einen eindringenden Nervenast sowie Blutgefäßzweig markiert. Die gemeinsame Endsehne dieses Muskels ist platt, breit und distal etwas zugespitzt. Sie befestigt sich, die Streckseite des Knie- gelenkes überspringend, an die vordere Kante des proximalen End- stückes der Tibia. In der Sehne ist weder eine knorpelige noch eine knöcherne Kniescheibe zu finden, obschon eine solche von manchen Autoren angegeben wird. Da die Angaben der Autoren in bezug auf die Zahl sowie den Morpholog. Jahrbuch, 46. 28 428 K. Ogushi Ursprung des M. vastus femoris sehr mannigfaltig sind, so liegt die Vermutung nahe, daß dieser Muskel bei den einzelnen Schildkröten- arten sehr verschieden gebaut sein muß. So scheint es mir, daß das Caput longum des Trzeonyx entweder den übrigen Cheloniden fehlt oder einem anderen Muskel, nämlich dem M. ileo-femoralis bzw. M. recetus femoris von BoJAnus und HOFFMANN, die von dem äußeren unteren Ende des Iliums entspringen, entspricht. Wenn dies der Fall wäre, so würde das auch in diesem Falle auf eine von den übrigen Cheloniden sehr abweichende Differenzierung hin- weisen. Unser Caput reetum wurde von BOJANUs, HOFFMANN und Gapow für einen selbständigen Muskel gehalten und demgemäß als M. sartorius s. pubo-tibialis v. ambiens bezeichnet, trotzdem diese Muskeln nach denselben Autoren ohne Zweifel mit der Endsehne des M. vastus femoris in Verbindung stehen. BoJAanus erwähnt außer- dem noch einen M. crureus, Nr. 102. Derselbe gehört vermutlich dem M. vastus femoris an, weil er »a facie convexa femoris, ad tibiae tuber anterius« zieht und im Vergleich mit meinem Caput inter- medium keinen wesentlichen Unterschied zeigt. Demgemäß wäre eine Nachprüfung in dieser Richtung bei den übrigen Schildkrötenarten sehr wünschenswert. Immerhin kann gesagt werden, daß der M. vastus femoris des Trionye im großen ganzen mit dem M. vastus + sartorius + erureus von BoJAnus, mit dem M. extensor eruris triceps femoris + M. pubo- tibialis von HOFFMANN und endlich mit dem M. femoro-tibialis + ambiens von GApow übereinstimmt. Innervation: N. femoralis. 134. M. semitendinosus. M. semitendinosus Nr. 104, BoJanus; Nr. 4, $ 134, MEcKEL (?); M. ischio-femoralis, GADOW (?). Ein zwischen den beiden Köpfen des M. ischio-coeeygeo-tibialis eingeschalteter mächtiger Muskel, der an der tibialen Seite des Oberschenkels die zweite Schicht bildet. Er entspringt mit zwei deutlich gesonderten Köpfen von der Rückenfläche sowie von dem hinteren Rande des medialen Abschnittes des Ischiums und von der dorsalen Fläche der Spina ischiadica. Der längere Kopf, der von den zwei erstgenannten Ursprungsstellen kommt und mit dem anderseitigen seine Faserbündel hier und da austauscht, zieht entlang dem hinteren tande des Ischiums hinter die Spina ischiadica, wo er sich mit dem von dieser Stelle entspringenden kurzen Kopf verbindet. Der so gebil- Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 429 dete, nach vorn konkave Bauch umfaßt den Trochanter minor samt dem M. vastus medialis (d. h. caput internum) und dem M. quadratus femoris. Distal vom Trochanter minor zieht er, allmählich an Breite verlierend, unter der Portio ischiadica des M. ischio-coceygeo-tibialis, längs der Beugeseite des M. sartorius zu dem proximalen Endstück der Tibia, wo er zwischen den beiden medialen Köpfen des M. flexor digitorum communis longus profundus an der hinteren Fläche fleischig inseriert. Zwischen seinen beiden Köpfen treten die Endäste des N. pudendus an die Peripherie. Der M. semitendinosus (BoJAnus) besitzt außer den oben ange- führten Köpfen noch einen Kopf, der »ab ossis ilium angulo pos- teriore et a sacro propinguo« zieht. Innervation: N. pudendus. 135. M. quadratus femoris. M. obturator plus quadratus femoris Nr. 95 + 96, BoJanus(?); der viereckige Oberschenkelmuskel, MECKEL; M. ischio-femoralis profundus, HOFFMANN; M. pubi-ischio-femoralis posterior, GADOW (?). Dicht neben der Hüftgelenkpfanne bildet sich ein kurzer, aber starker Bauch an der dorsalen Fläche des Iliums. Darauf zieht dieser Muskel seitwärts und inseriert in der Fossa intertrochanterica _ (nur in dem distalen Teile) und an der medialen Facette des Trochanter major. Hierbei grenzt er an die caudale Fläche der Gelenkkapsel des Hüftgelenkes und wird von außen durch den M. piriformis überdeckt. Innervation: N. pudendus. C. Muskeln des Unterschenkels. a. Beugeseite. (Fig. 69, 70, 72—77 und Textfig. 38.) 136. M. gastrocnemius. M. femoro-tibiali-tarsum-metatarsum V, HoFFrMAnn (?); M. gastrocnemius, GADOW. Ein kräftiger Muskel, der die tibiale Hälfte der Beugeseite des Unterschenkels einnimmt und mit zwei ungleichstarken Köpfen vom Femur und von der Tibia entspringt. a. Das stärkere Caput femorale, Caput gastrocnemii alterum Nr. 114b, BoJanus; Caput femorale, GADoWw, entspringt von der hinteren Fläche des Condylus medialis femoris sowie von der anliegenden Partie der Gelenkkapsel des Kniegelenkes 28* 430 K. Ogushi und zieht schräg distal und fibularwärts herab. Dabei lagert es sich von der medialen Seite an die Endsehne des M. ischio-coceygeo- tibialis und den M. flexor dig. com. longus profundus an. b) Das Caput tibiale, Caput tibiale, GADoOWw, ist ein stark reduzierter Kopf, der von dem proximalen Endstück der Tibia, medial von dem Ansatz des Sartorius, fleischig entspringt und dorsal, entlang der Ansatzsehne des M. ischio-coceygeo-tibialis, bis an die Endsehne reicht. Diese beiden Köpfe vereinigen sich am distalen Rande der An- satzsehne des M. ischio-coceygeo-tibialis zu einer sehr breiten End- sehne, die sich, distal immer breiter werdend, bis auf die Fußsohle fortsetzt. Die Ansätze befinden sich an der tibialen Fläche des Astragalus sowie an der Basis des Anfangsgliedes der ersten Zehe, ferner an der plantaren Fläche der Basis des Anfangsgliedes der zweiten (unterhalb der Ansatzsehne des M. flexor dig. com. longus profundus), an den beiden Seiten der ersten Phalanx der vierten (die Endsehne des M. flexor dig. com. longus sublimis zwischen sich fassend) und an dem Endgliede der fünften Zehe sowie endlich an dem freien Rande des Tarsale >»S«. Innervation: Der gleichnamige Ast des N. tibialis medialis. 137. M. flexor digitorum communis longus sublimis. Caput primum m. gastrocnemii Nr. 144a, BoJAnus(?); Nr. 4, $ 143, »als Sohlen- muskel und langer Beuger der vierten und fünften Zehe«, MECKEL; Caput femorale des M. gastroenemius, HOFFMANN (?). Er nimmt die fibulare Hälfte der Beugefläche des Unterschenkels ein. Mit einem starken Kopf, dessen Innenfläche in der Mitte einen deutlichen Sehnenstreifen aufweist, entspringt er von dem Condylus fibularis des Femur. Distal wird er immer dünner und breiter (insbesondere an seinem fibularen Randteil), steigt bis an das Sprung- selenk herab und setzt sich hier mit den fibularen Fasern direkt an das Tarsale »S« an. Der tibiale, größte Teil des Bauches geht jedoch in eine breite, dünne Sehne über, die distal in vier Zipfel zerfällt. Der erste, starke Sehnenzipfel (Fig. 73, +) tritt an der medialen Seite der ersten Endsehne des M.flexor dig. com. longus pro- fundus in einen Kanal, den das Lig. vaginale bildet, und heftet sich an das Anfangsglied der Großzehe an. Der fibulare Zipfel endet am Seitenrande des Tarsale »S«. Die zwei mittleren dagegen werden Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 431 faszienartig dünn und verschmelzen innig mit dem Bauch des M. flexor dig. com. brevis sublimis. Innervation: Mehrere gleichnamige Aste des N. tibialis medialis. 138. M. flexor digitorum communis longus profundus. M. flexor longus digitorum pedis et plantarisque soleus Nr. 117, 115 et 116, BoJsAanus(P); der tiefe, größere, gemeinschaftliche Beuger, Nr. 5, $ 143, MECKEL; M. femoro-fibalari-digiti I-V, HorrmAnn; M. flexor longus digitorum, GADOW. Dieser sehr starke Muskel entspringt.mit drei gut getrennten Köpfen von dem Femur, von der Tibia und von der Fibula; an der Fußsohle nimmt er noch einen accessorischen Kopf auf. a. Das Caput femorale, M. plantaris Nr. 115, BosAnus; der erste, oberflächliche. Kopf, MECKEL; Cap. femorale s. externum, GADOW, ist sehr diek und übertrifft an Länge die übrigen. Es beginnt vom fibularen Teile des Planum popliteum des Femur und kommt zwischen dem Ursprunge des letztbeschriebenen Muskels und dem Ansatze des M. semitendinosus im mittleren Bezirk des Unterschenkels an der Beugeseite zum Vorschein. b. Das Caput tibiale wird vom M. gastro-cnemius sowie von der Endsehne des M. ischio- coceygeo-tibialis überlagert. Sein Ursprung nimmt fast die ganze Beugefläche der Tibia ein und umfaßt mit seinem proximalen kon- kaven Rande den Ansatz des M. semitendinosus; hierbei wird er durch die Sehne des M. ischio-coceygeo-tibialis vom benachbarten M. tibia- lis anticus geschieden. c. Caput fibulare. M. soleus Nr. 116, BoJAnus; der zweite Kopf, MECKEL; Caput internum plus der »dritte Kopf«, GADOW. Es ist der tiefer liegende Kopf, der, mit Ausnahme des distalen Endes, von der ganzen Beugefläche der Fibula entspringt. Seine schrägen, disto-tibial verlaufenden Fasern verbinden sich sofort mit ihrer ganzen, der Beugeseite des Unterschenkels zugekehrten Fläche mit dem Caput femorale.. Gewöhnlich ist er in zwei bis drei mehr oder minder selbständige Portionen zerlegt. Alle drei oben beschriebenen Köpfe fließen hinter dem Fuß- selenk zu einer sehr starken gemeinsamen Endsehne zusammen, die sich fibular an das Tarsale »S« ansetzt; ihr distaler Teil zerfällt fächerförmig in vier Zipfel, genau wie dies bei dem oberflächlichen 432 K. Ogushi langen Fingerbeuger der Fall ist. Weiter distal treten sie zwischen . den beiden Sehnenschenkeln des M. flexor dig. com. brevis sublimis hindurch in den Canalis digitalis plantaris und inserieren an den Endphalangen der vier medialen Zehen. Am zweiten Gliede der zweiten und dritten Zehe findet außerdem eine Befestigung am Vin- culum tendineum statt. Der accesorische, plantare Kopf, der dem dritten Kopf von MEcKEL entspricht, kommt von der plantaren Fläche des Tarsale »S«; seine divergierenden Fasern verbinden sich von der Innenseite her mit der gemeinsamen Endsehne. Innervation: Die gleichnamigen Äste des N. tibialis medialis. 139. M. flexor hallueis longus. M. tibialis posticus Nr. 119, Bosanus; M. fibulari-tarsum-metatarsum I, HOFFMANN; M. tibialis posticus, GADOW. Er bildet gemeinschaftlich mit dem M. popliteus die vierte Schicht der Beugeseite des Unterschenkels, die von der ganzen Muskelmasse des M. flexor dig. communis longus profundus überlagert wird. Sein starker, fleischiger Ursprung, in dem sich auch noch einige dünne Sehnenstreifen vorfinden, nimmt einen langen, schmalen Saum an der medialen Seite der Beugefläche der Fibula ein und erstreekt sich weiter noch auf das Lig. intererurale und die distale Hälfte der Tibia. Aus den konvergierenden Fasern entsteht ein ziemlich ab- geplatteter Bauch, der an dem medialen Rande eine deutliche longi- tudinale Verdiekung, die mit der Wadenachse zusammenfällt, auf- weist und abwärts auf dem Tuber astragali in eine ansehnliche Endsehne ausläuft. Diese Sehne spaltet sich sogleich in zwei, stumpf- winklig zueinander liegende Zipfel; der fibulare Zipfel ist am Caleaneo- cuboideum befestigt, während der tibiale, diekere, an der Basis des ersten und zweiten Metatarsale endet. Zwischen der Endsehne und dem Tuber astragali befindet Bun ein großer Schleimbeutel. Innervation: N. tibialis medialis. 140. M. popliteus. M. interosseus erureus Nr. 120, Bosanus; M. interosseus, HOFFMANN u. GADOW; der Kniemuskel, MEcKEL; der Zwischenknochenmuskel (Interosseus eruris), WIEDEMANN. Er ist mit dem vorigen Muskel verwachsen, jedoch dem Faser- verlaufe nach leicht von diesem abzutrennen. Der Muskel besteht aus kurzen, schrägen Fasern, denen zarte Sehnenzüge beigemischt Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 433 sind; die gesamten Fasern sind von dem oberen Teile der Fibula zum mittleren Drittel der Tibia ausgespannt. Das Lig. interosseum euris verläuft an seiner dorsalen Seite. Innervation: N. tibialis medialis. B. Streckseite des Unterschenkels. (Fig. 69, 70, 73—77 und Textfig. 39.) 141. M. tibialis antieus. M. tibialis antieus Nr. 109, Bosanus; M. tibiali-tarsum-metatarsum I, HOFFMANN M. tibialis anticus, GApow; der vordere Schienbeinmuskel, MECKEL. Ein schön doppelt gefiederter Muskel, der an der medialen Seite des Unterschenkels zwischen dem tibialen Rande des M. extensor dig. com. longus und dem M. gastro-cnemius liegt. Er entspringt mit ausgedehnter Basis von der medialen Fläche der Tibia, und zwar von deren Condylus medialis an bis an den Malleolus medialis herab, ferner von einer derben Faszie bzw. dem Lig. intermuseulare, welches die mediale Fläche dieses Muskels überkleidet. Die Fasern laufen distal gegen die in der Mitte des Bauches befindliche Sehne, die geradeaus über das Sprunggelenk herabsteigt und an der medialen Fläche der Basis des ersten Metatarsus inseriert. Innervation: N. peroneus medialis. 142. M. extensor digitorum communis longus. M. extensor communis digitorum pedis Nr. 108, Bosanus; der innere Heber des Fußes, MEckEL; M. femoro-digiti I—V, HoFrmann; M. extensor-digitorum longus, GADOW. Ein sehr kräftiger, dreieckiger Muskel, der die tibiale Hälfte der Streekseite des Unterschenkels und fast den ganzen Fußrücken überdeckt. Er entspringt von der vorderen Fläche des Condylus lateralis des Femur mit einer langen, starken Sehne, die die Knie- gelenkhöhle durchsetzt und auf der Extremitas proximalis tibiae eine Strecke weit von der Verlängerung der Gelenkkapsel umschlossen wird. In der Mitte des Unterschenkels zerfällt der Muskel fächer- förmig in vier fibularwärts an Stärke abnehmende Portionen, die sich von der lateralen zur medialen Seite dachziegelartig aufeinander legen. Die erste Portion ist die stärkste und für die Großzehe be- stimmt; am Rücken der Großzehe spaltet sie sich wiederum in einen medialen, stärkeren und einen lateralen, schwächeren Zipfel; letzterer setzt sich sehnig-muskulös an den tibialen Rand, der erstere da- gegen bloß sehnig an den fibularen Rand des Anfangsgliedes an. 454 K. Ogushi Die nächsten zwei Portionen teilen sich distal ebenfalls in je zwei lange Schenkel, von denen der proximale der dünnere und kürzere ist; sie befestigen sich mit selbständigen Sehnen an den fibularen Rändern der Metatarsalia und der Anfangsglieder der zweiten und dritten Zehe. Die vierte Portion geht in eine breite Sehne über, die am fibularen Rande des vierten Metatarsale inseriert. Innervation: Nn. peronei medialis et lateralis. 143. M. peroneus longus. Der äußere Heber des Fußes, MEcKEL (?); M. fibalari-metatarsum IV—V, HOFFMANN (?); M. peroneus anterior, GADOW (?). Ein ziemlich starker Muskel, der außen von dem vorigen Muskel gerade distalwärts zieht. Er entspringt sehnig-muskulös in einer schrägen Linie, die von der tibialen Fläche des oberen Drittels der Tibia über die Fibula auf die äußere Fläche des Condylus lateralis des Femur verläuft. Am Anfang bedeckt er den Ansatz des M. glutaeus minimus sowie Nerven- und Blutgefäßstämme, die an der dorsalen Seite des Unterschenkels verlaufen, weiter distal dann den M. peroneus brevis. Der Bauch steigt bis zum Rücken des Tarsale »S« herab, wo er sehnig inseriert. An der lateralen Kante des Muskels sieht man einen dünnen Sehnenfaszikel, der durch die oberflächliche Aponeurose des Fußrückens noch beträchtlich verstärkt wird. Innervation: N. peroneus lateralis. 144. -M. peroneus brevis, M. peroneus Nr. 110, BoJAnus; der untere Fußheber, MECKEL, ist ein dreieckiger, nicht sehr starker Muskel, der die zweite Schicht bildet; er wird am Ursprunge von dem N. fibularis lateralis und der gleichnamigen Arterie der Länge nach durchsetzt. Die den Bauch zusammensetzenden Fasern entspringen breit unmittelbar von der dorsalen Fläche der distalen Hälfte der Fibula und laufen gegen die breite Endsehne zusammen; diese tritt zwischen den Mm. extensor dig. com. longus und peroneus longus hindurch und befestigt sich an das Metatarsale und das Anfangsglied der fünften Zehe. Aus den Befunden an einigen Schildkröten zog GApow den Schluß, daß der M. peroneus brevis den Cheloniden fehle. Nach den obigen Ausführungen trifft diese Behauptung, wenigstens für den Trionyz, nicht zu. Der M. peroneus brevis des Trionyx entspricht wahrscheinlich dem von GApow bei den übrigen Reptilien beschrie- benen M. peroneus posterior. Innervation: N. peroneus Jateralis. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. H. 435 D. Muskeln des Fußes. Meine Beobachtungen stimmen mit denen von BoJAanus und MECcKEL in den meisten Punkten überein, während sie von GADOWSs Angaben fast gründlich abweichen, was wohl zum Teil auf eine ver- schiedene Deutung der Zitate von WIEDEMANN, BOJANUS, CUVIER und HorFmAanNn zurückzuführen ist. Da die Fußmuskeln in jeder Beziehung mit den Handmuskeln fast vollkommen übereinstimmen, und man ohne Schwierigkeiten Homotypien beobachten kann, so habe ich bei der Beschreibung vor- zugsweise nur die unterscheidenden Merkmale zwischen den homo- typen Muskeln angeführt, um unnütze Wiederholungen zu vermeiden. a. Plantarfläche. (Fig. 7375.) 145. M. flexor digitorum communis brevis sublimis. Quatuor lumbricales externi pedis Nr. 121, BoJANUs. Der Muskel ist mit der Endsehne des M. flexor dig. com. longus sublimis innig verwachsen. Im allgemeinen verhält er sich fast ebenso wie der gleichnamige Muskel der Hand, nur daß er von _ der plantaren Fläche der gemeinsamen Endsehne des M. flexor dig. com. longus profundus, im Anschluß an das Tarsale »S«, entspringt. Hierbei kommen nur die dem zweiten und dritten Bauch der Hand entsprechenden Portionen in Betracht. 146. Mm. lumbricales. Sie entspringen von der Rückenfläche des M. flexor dig. com. longus profundus. Im übrigen sind die Befunde in bezug auf die Zahl, den Verlauf usw., dieselben wie an der Hand, weshalb auf diese Beschreibung verwiesen wird. 147. M. flexor digitorum communis brevis profundus. Flexor brevis digitorum pedis seu lumbricales profundi Nr. 118, BoJAnus; der kurze, gemeinschaftliche Zehenbeuger, MECKEL; M. tarso-digiti I-V, HOFFMANN (partim). Er entspricht genau dem gleichnamigen Muskel der Hand. Es sind fünf diskrete Bäuche vorhanden. Der erste Bauch, der nicht besonders deutlich entwickelt ist, entspringt von der Plantarfläche der Endsehne des M. hallueis longus sowie von der Rückenfläche des zweit-medialen Sehnenzipfels des M. gastroenemius und inseriert gemeinsam mit dem bereits geschilderten Sehnenzipfel des letzteren 436 K. Ogushi Muskels an der Basis des Anfangsgliedes der Großzehe. Die übrigen Bäuche haben dagegen einen gemeinsamen Ursprung an der dor- salen Fläche der gemeinsamen Endsehne des M. flexor dig. com. lougus profundus, distal von der Ansatzstelle des accessorischen plantaren Kopfes desselben, in einer proximal geöffneten Bogenlinie. Die Fasern divergieren fächerförmig zur Apex basalis eines jeden Anfangsgliedes und verbinden sich mit den Endsehnen des M. tarso- digitalis, die zu den Ligg. vaginalia ein ganz ähnliches Verhältnis aufweisen, wie dies bei denen des M. carpodigitalis der Fall ist. 148. M. tarso-digitalis. Interossei digitorum pedis plantaris Nr. 123, BoJAnus (partim); M. tarso-digiti .—V., HOFFMANN (partim); Er ist dem M. carpo-digitalis ganz homotyp und ebenso in fünf zumeist doppelt gefiederte Bäuche geteilt. Die zwei medialen Bäuche entspringen mit einer breiten, gemeinsamen Sehne (diese entspricht dem Lig. plantare tarsi transversum BoyJAnus) von der plan- taren Fläche des Tarsale »S« und treten schräg medio-distal zur Apex basalis der zwei medialen Anfangsglieder. Die lateralen drei hingegen entspringen direkt von der distalen medialen Ecke des Tarsale »S«; die Ansätze sind dem vorigen ähnlich. Der vierte Bauch ist am besten entwickelt. Der erste Bauch entspricht einem M. adductor pollieis. Zwischen diesem Muskel und dem vorher erwähnten ist eine derbe Faszie ausgebreitet. Sie ist am freien, distalen Rande stark verdickt und heftet sich als ein Lig. interphalangeale trans- versum (Fig. 75) an das Tuber basale eines jeden Anfangsgliedes der vier medialen Zehen an; es sind demnach vier Ligg. interpha- langealia transversa vorhanden. 149. M. abductor hallueis. Abductor hallueis Nr. 113, BosAnus; der Abzieher der großen Zehe, MECKEL; M. metartarso-digitalis I, HorrmAnn; Nr. VL, GADOw. Am medialen Fußrande findet man nicht selten drei schwache Muskelbündel; die zwei tieferen sind konstant und besser entwickelt als das dritte, oberllächlichere, welches sehr unbeständig und rudi- mentär ist. Ich möchte sie zusammen als M. abductor hallueis bezeichnen. Das tiefere, proximale Bündel, der Abduetor hallueis im engeren Sinne, entspringt von der tibialen Fläche des Astragalus und in- Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 437 seriert an der gleichnamigen Fläche der Grundphalanx der Groß- zehe. Die zwei übrigen Bündel haben an der oberflächlichen Faszie des medialen Fußrandes ihren besonderen Ursprung und Ansatz. 150. M. flexor hallueis brevis. Ein schwacher Muskel, der von dem distalen Ende des Tuber astragali zum Tuber basale des Anfangsgliedes der Großzehe aus- gespannt ist. Zwischen ihm und dem medialen ersten Bauche des M. tarso-digitalis tritt der Endast des N. tibialis medialis aus der Tiefe hervor. 151. M. interosseus. Die Mittelfußmuskeln, MECKEL. 152. M. metatarso-phalangis plantaris. 153. M. interphalangis. Mm. flexores breves digitorum pedis Nr. 118, BoJAnus (?). Diese drei Muskeln entsprechen genau den homotypen Muskel- individuen der Hand und weisen auch kaum eine Abweichung von den dort angeführten Befunden auf, so daß es genügen dürfte, ein- fach auf jene Beschreibung hinzuweisen. ß. Fußrücken. (Fig. 76 und 77.) 154. M. extensor hallueis longus. 155. M. adductor hallueis dorsalis. Extensor proprius hallueis Nr. 112, BoJAnus; der kurze, gemeinschaftliche Zehen- strecker, MECKEL; M. tarso-digiti I, HoFFrmAnn; M. extensor hallucis proprius, GADOw. Diese beiden Muskeln sind zu einem schlanken, dreieckigen Bauch zusammengeschlossen, der nach der Wegnahme des langen Zehenstreckers zutage tritt. Der Muskelbauch entspringt unmittelbar von der tibialen Hälfte der Rückenfläche des Calcaneo-cuboideum und zieht mit konvergierenden Fasern in schräger Richtung zum Rücken der Großzehe. Unterwegs wird ein schwaches, mediales Bündel von dem übrigen Teile abgetrennt und setzt sich selbständig durch die Vermittelung einer zarten Sehne an die fibulare Fläche des Anfangsgliedes, dorsal von der Ansatzstelle des fibularen Endsehnen- zipfels der Großzehenportion des langen Zehenstreckers an. Der übrige Teil besteht vorwiegend aus parallelen Fasern, die sich distal an die Fibularfläche der Grundphalanx und der Basis des Endgliedes 438 K. Ogushi direkt ansetzen. Das erstbeschriebene, mediale Bündel gehört dem M. adduetor hallueis dorsalis, der übrige Muskelteil dem M. ex- tensor hallueis longus an. 156. M. extensorum digitorum communis brevis sublimis. Extensores quatuor breves digitorum pedis Nr. 111, BOJANUSs; M. tarso-digiti II.—V., Horrmann; N. Ul., GADOw. Dieht am Ursprunge der beiden letzteren Muskeln entspringt er direkt von dem gleichen Fußknochen und spaltet sich gleich in drei schwache Bäuche; dieselben verlaufen in starker Divergenz gegen den Rücken der zweiten bis vierten Zehe und enden in derselben Weise, wie der gleichnamige Muskel der Hand. 157. M. extensor digitorum communis brevis profundus. Nr. IV., GADow). Dieser Muskel besteht aus drei Bäuchen. Sie entspringen selb- ständig und weit voneinander entfernt, von der Rückenfläche der distalen Tarsusreihe und schließen sich von der Tibialseite her an die entsprechenden, einzelnen Endsehnen des vorigen Muskels an. Im übrigen erinnern sie an den gleichnamigen Muskel der Hand. 158. M. extensor hallueis brevis. Der eine Teil des Nr. III, GADow (?); Nr. 2, $ 143, MECKEL. Dieser ziemlich kräftige Muskel ist nichts anderes als die am meisten tibial befindliche Portion des M. metatarso-phalangis dorsalis und mit der Gesamtmasse der tieferen Muskelschicht am Rücken des Daumens homotyp. Über dem ersten Metatarso-phalangeal- Gelenk ist er zwischen dem ersten Metatarsus und der Basis der Endphalanx ausgespannt. 159. M. metatarso-phalangis dorsalis. Interossei digitorum pedis dorsales quatuor Nr. 122, BOJANUS. Er zeigt dasselbe Verhalten wie der M. metacarpo-phalangio dorsalis. An den drei mittleren Zehen ist er paarig angelegt; an der fünften kommt er jedoch nur an der tibialen Seite vor. 160. M. calcaneo-tarsalis »S« 8. abductor digiti quinti. Der dritte Wadenbeinmuskel, MEckEL; Nr. II, GADOW (?). Ein schwach entwickelter Muskel, der lateral von dem M. pero- neus brevis zwischen dem lateralen Teile der Rückenfläche des Ualcaneo-cuboideum und dem Tarsale »S« ausgespannt ist. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 439 III. Teil: Peripheres Nervensystem. A. Gehirnnervent. I. Paar: Nervus olfaetorius (N. ]). (Fig. 50, 51 und Textfig. 10 und 11.) Ein überaus dicker, verhältnismäßig kurzer Nerv, der die Riech- schleimhaut mit dem Rhinencephalon verbindet. Die genaue Be- schreibung des Verlaufes in der Nasenschleimhaut erfolgt besser in dem Kapitel »Sinnesorgane<; hier will ich vorläufig nur soviel be- merken, daß er in der Tiefe der medialen Nasenwand durch Zu- sammenschluß mehrerer dünner Nervenbündel, die vorwiegend spiralig von der äußeren Nasenwand, den Nasenboden nach innen und hinten passierend, gegen die mediale zusammenlaufen, entsteht. Weiter geht er nach hinten durch das gleichseitige Foramen olfactorium capsulae nasi? und durch die Rima nasalis in den Canalis olfactorius des Knochenschädels. Hier vereinigen sich die beiden Riechnerven zu einem, von der Hirnhaut fest umschlossenen, im Querschnitt quer oblongen, dicken Strang, der präparatorisch in seine beiden Elemente nur schwer getrennt werden kann. Er verbindet sich endlich mit dem Riechlappen des Großhirns (B. olf.), wobei beide Stranghälften _ wiederum in zwei Portionen geteilt werden. Die ventrale, oberfläch- liche Portion stellt sich als ein besonderes, schräg einwärts ziehen- des, dünnes Bändchen dar, während die übrige sehr diek ist und den dorsalen, ansebnlichen Teil der Riechnervenwurzel bildet. Diese Zustände wurden schon längst von BoJanus bei Testudo europea richtig beschrieben und als Ramus internus bzw. externus (N. I int.) benannt. II. Paar: N. optieus (N. II). (Fig. 50, 51 und Textfig. 6—9 und 11.) Im Gegensatz zu dem Befund SrtupxıckaAs?, nach welehem der N. optieus bei den Chelonien Amyda und Emys bandförmig abge- flacht ist und bei Amyda noch eine zweite Falte hat, fand ich ihn beim Trionyx stets als einen kreisrunden, ziemlich dieken Strang, der, namentlich in seinem vorderen Abschnitte, auf Querschnitten ein medianes Gliaseptum zeigt, welches von der ventralen Fläche bis ! Vgl. meine vor kurzem in dieser Zeitschrift, Bd. XLV, H. 3, erschienene Abhandlung. 2 Vgl. I. Mittg. S. 44. 3 In dem Lehrbuch von OBERSTEINER findet sich auch eine ähnliche Be- schreibung. 440 K. Ogushi an das Zentrum reicht und den Nerven in zwei Hälften unvollständig scheidet. Das letztere Septum entspricht wahrscheinlich der Falte von STUDNICKA. Auch scheint gewöhnlich die A. centralis retinae! zu fehlen. Der Nerv tritt, ein wenig caudal und zugleich ventral vom medialen Pol, aus dem Augapfel heraus und zieht schief nach innen und caudal gegen das Foramen opticum des Praesphenoids, um es zu durchsetzen. Im Cavum orbitae vollzieht er zweimal die Krüm- mung, so daß sein intraorbitaler Abschnitt im ganzen quer gestellt S-förmig verläuft. Die erste Krümmung fällt in die laterale Hälfte des Nerven; ihre Konvexität sieht nach vorn. Die zweite Krümmung findet sich in der medialen Hälfte des Nerven; sie wendet ihre Kon- vexität nach hinten zu. Das Ganglion eiliare liegt hinter dem Scheitel der zweiten, medialen Krümmung und wird gemeinsam mit seinen Wurzeln sowie mit dem N. opticus von dem M. retraetor oculi umschlossen (vgl. Textfig. 8). Unmittelbar nach dem Eintritt in die Schädelhöhle, wobei der Nerv die Dura mater durchbricht, legen sich die beiden Sehnerven in der Medianlinie aneinander und verlaufen hierauf genau caudal- wärts bis zum Trichter. Knapp vor diesem Gebilde vollzieht sich die sog. Sehnervenkreuzung, worauf die Nerven in die gegenseitigen Traetus optiei übergehen, die bereits dem Gehirn angehören. Inner- halb der Schädelhöhle finden sich neben dem N. opticus, mehr oder minder von ihm entfernt, ventral die A. maxillo-nasophthalmica, genau lateral der M. retractor oculi, oberhalb von diesem Muskel der N. oculo-motorius und endlich dorso-lateral der vordere Abschnitt des Gehirns nebst der Mantelspalte. Noch hinzuzufügen wäre, daß der N. optieus nicht überall glatt ist, sondern besonders in seiner hinteren intraeranialen Hälfte eine scharf ausgeprägte Furche? aufweist (Fig. 50). Vorn beginnt diese an der äußeren Fläche des Nerven als eine undeutliche Rille. Nach hinten wird sie immer deutlicher und setzt sich in einer Spiraltour längs der Mitte der ventralen Fläche, dann über die Kreuzung auf die vordere Hälfte des gleichseitigen Traetus optieus fort, um an dem ! Diese Verhältnisse habe ich nieht nur makroskopisch, sondern auch mikro- skopisch an acht Schnittserien des Kopfes genau konstatiert. Ich werde bei . der Schilderung der Sinnesorgane und des Gehirns noch darauf zurückkommen. 2 Auch an der medialen Fläche kann man eine analoge Längsfurche wahr- nehmen; sie ist aber nur auf den intracranialen Abschnitt des N. opticus be- schränkt. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 441 medialen Rande a letzteren allmählich zu verstreichen. Sie hat mit der von STUD- NICEKA angegebenen Falte gar nichts zu tun, sondern ent- spricht der Grenze zwischen der dorsalen und der ventralen Por- tion des Sehnerven, die caudal immer schärfer zum Ausdruck kommt. III. Paar: N. oculomo- torius (N. III). (Fig. 50, 51 und Text- figur 5—10, 20.) Dorsal von der -Hypophysis, in dem Suleus basilaris ver- läßt er als eine ein- heitliche, mittelstarke Wurzel die Pars pe- duneularis (EDINGER). Er wendet sich zu- nächst seitwärts und danninscharfem Bogen nach vorn, um durch die dorsal durch das Solum supraseptale be- srenzte Fissura orbi- talis! in die Augen- höhleeinzudringen. Er beschreibt anfangs um 1 Vgl. I. Mittg. S. 63. Fast alle Autoren glau- ben, daß die in die Orbita eintretenden Nerven zu- Textfig. 20. "esey & S Re h $ = Ss S % >-£ : Ss g - 8 PERS S ® IS SI RE 8 © ©» Dr ASS S £ S R IS INES pER: en R uJ [2 [3 » 2] x & ceNS 2 SI S S © x S Ip, ET N S oo [9 = = L S RS Ss > S ® ® S: 10 < R k R Q -S S : IS N f S [Q N NS ° IS DNS eh = = SA ER Ss x R-PF sup? D N "Do IS © = x PR < S 2 S g = R} Ro S Q I = 93 I ® n glo Sn S LS A S N MSERNS 8 & ST rd Son ee, d® * Ss o& Q [S NE h R S = ze € N RS SEN II S SE I OR x a‘ < Ss S 1 zAl_ES_- m) Q SD = R R S S 3 3 » 2 = a 5 [IS c N = „vu S S Q ES d £ S R N A S Q S SD S S SI = = S =uS Sc JS En SS [8 ls ‘ o SS SS Se De* = Do N ES SE 123 Er < S S n ie: Q N a © < SS SS eig = . = cl IS -Jı $ S\ \S SS e SS Ss g Rz = SI < 3 NS s| 8 S Ä SS 2 iS Ss| 8 IB S no» ES SR SINN So I --2Q > c S a pe S X > SU. > LI I x ' aM SED no Sn — SER P4 > SES .o > < —Rr = S nV) S % Ö x SAN & 5 3) ON 5 A . ı NL A Rn? N er > © = Se = < © o Se 5 & — Z RS a ur I 8 SEEN SEENE SS ger En SS = \ re? DO 5 u» = < Q = Kaudal IR m.dilar. Varyng: N. mylohyord. Rıanast. transv.laryng N.c.submenf. R.c.ment. Schema der Gehirnnerven samt Kopfsympathicus, ausgenommen Nn. olfacto!lus, opticus und acusticus. 442 K. Ogushi die A. ecommunicans posterior cerebri eine deutliche Spirallinie, die zuerst über, dann neben und endlich unter dem letztgenannten Blut- gefäße verläuft. In dieser Strecke durchbricht er gewöhnlich die Dura mater. Hierauf schiebt er sich an der dorsalen Seite des M. retraetor oculi zwischen den N. optieus und den N. ophthalmieus ein, wobei er allmählich seine drehrunde Form verliert und sich zu einem, in dorso-ventraler Richtung zusammengedrückten Bande ver- wandelt, wie es auch FIscHEr bereits bei verschiedenen Reptilien beobachtet hat. Weiter vorn überkreuzt ihn an der dorsalen Seite der N, ophthalmieus. In der Orbita gibt er hinter dem Ansatz des M. rectus superior zuerst den R. superior, dann eine kurze Strecke weiter vorn die Radix eiliaris brevis ab und setzt sich selbst in dem R. inferior fort. a. Ramus superior. R. prior, BOJANUS. Ein zarter Ast, der nach vorn und dorsal zwischen dem N. ophthal- mieus und dem N. trochlearis hindurch an den M. recetus superior gelangt. Er dringt ungefähr in der Mitte des hinteren Randes in den betreffenden Muskelbauch ein. b. Radix ceiliaris brevis. Radix alter ganglii ophthalmiei, BOJANUS. Diese kurze und sehr dünne Wurzel ist gewöhnlich einfach und nur sehr selten doppelt. Sie geht unter dem äußeren Rande des Stammes hervor und begibt sich gleich zur hinteren Seite des N. opti- cus, worauf sie nach vorn und seitwärts umbiegt, um sich in die mediale Ecke des Ganglion ciliare einzusenken, dem sie offenbar die motorischen Elemente zuführt. c. Ramus inferior. Er liegt anfangs zwischen dem orbitalen Teile des M. retraetor oeuli und dem N. opticus; knapp vor diesem Nerven löst sich von dem Stamme des R. inferior der Muskelast für den Reetus inferior ab und verbreitet sich sofort in dem Muskel (R. m. reeti inferioris). Weiterhin zerfällt der Nervenstamm in zwei beinahe gleich starke End- äste, den Ram. m. reetimedialis sowie den Ram. m. obliqui infe- rioris, die in den gleichnamigen Muskeln ihr Innervationsgebiet haben. meist das Septum interorbitale durchbohren. Ich habe dagegen beim Trionyx gefunden, daß die Gehirnnerven, abgesehen von dem N. optieus, stets die Fissura orbitalis passieren. Hierüber vgl. auch den N. trigeminus, trochlearis sowie abducens und meine vor kurzem in dieser Zeitschrift Bd. XLV, H.3 er- schienene Abhandlung. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 443 Anhang. Ganglion eiliare (G. eil.). (Textfig. 8 und 20.) Ganglion ophthalmieum seu eiliare, BoJAnUS. Über die Natur dieses Ganglions bei den Wirbeltieren sind bis- her mehrere voneinander abweichende Ansichten! veröffentlicht wor- den, nach denen es bald als ein sympathisches, bald als ein Spinal- sanglion oder auch als ein gemischtes Ganglion betrachtet wird. Auch die Frage, ob es rein motorisch oder rein sensibel oder moto- risch-sensibel sei, ist noch nicht gelöst. Aber die meisten neueren Autoren neigen zu der Ansicht, daß das Ganglion eiliare im weiteren Sinne aus zwei Portionen von verschiedener Natur zusammengesetzt ist, da dieses Ganglion bei mehreren niederen Wirbeltieren, Fischen, Amphibien und Reptilien, tatsächlich durch zwei Ganglien repräsen- tiert wird, von denen das eine im Laufe der Radix ciliaris des N. oculomotorius sitzt, während das andere eine Anschwellung der Rad. eiliaris des N. -ophthalmieus darstellt. Für diese Frage ist eine neuere Arbeit von LENHOSSER wichtig, der dieses Ganglion bei den Lacertilien eingehend studiert hat und mit Hilfe graphischer Rekon- struktion und einer methodischen histologischen Prüfung zu dem Er- _ gebnis gekommen ist, daß das Ganglion eiliare im weiteren Sinne in zwei separate Nervenanschwellungen, und zwar das größere, dem N. oeulomotorius angehörige Ganglion eiliare s. oeulomotorii und das kleinere, der Kategorie des N. ophthalmieus zuzuschreibende Ganglion n. ophthalmiei, geteilt ist. Derselbe Autor konnte auch noch fest- stellen, daß das letztere Ganglion außer zahlreichen sensiblen Nerven- zellen noch spärliche Nervenfasern von sympathischer Natur enthält, die wahrscheinlich die Blutgefäße des Auges versorgen, obwohl er kaum eine direkte Verbindung des N, sympathicus mit dem betreffen- den Ganglion nachweisen konnte. Aus dem Gesagten geht also hervor, daß nach der Ansicht LENHoSSEKs die von diesen beiden Ganglien entspringenden Nn. ciliares Elemente von dreifacher Be- deutung enthalten. Meine eigenen Befunde beim Trionyx kann ich folgendermaßen zusammenfassen. Das Ganglion eiliare ist ein einheitlicher, etwa 1 mm langer 1 Es ist hier nicht der Ort, auf die Einzelheiten dieser Ansichten einzu- gehen, weshalb ich mich darauf beschränke, auf die Arbeiten von SCHWALBE, OSAWA, CORDS, BEARD usw. hinzuweisen. Morpholog. Jahrbuch. 46. 29 444 K. Ogushi Körper, der meistens Spindelform hat, jedoch auch abgerundet vier- eckig und in dorso-ventraler Richtung ziemlich stark abgeplattet sein kann; die Längsachse des Ganglion verläuft parallel zu dem N. optieus. Zwischen diesem Nerven und der A. ophthalmica einer- seits und dem vorderen Abschnitte des M. retractor oculi anderseits hat das Ganglion seine definitive Lage und wird von einer Schicht lockeren Bindegewebes umschlossen. Zu ihm treten von drei Seiten Nerven: am medialen Rande, vorn die Radix brevis des N. oculo- motorius, hinten die Radix longa des N. ophthalmieus und am vor- deren Rande die von der A. eiliaris begleitete Radix sympathiea. Die zwei zuerst genannten Wurzeln sind verhältnismäßig dick und können makroskopisch dargestellt werden. Die sympathische Wurzel! ist dagegen sehr dünn, so daß sie nur auf Schnitten verfolgbar ist; ich habe selbst sie lange übersehen, bis ich sie bei der Durch- musterung von verschiedenen Schnittserien des Kopfes entdeckt habe. Aus dem lateralen Rande des Ganglion gehen die fast gleich starken Nn. eiliares, die nervorum eiliarium fascieuli tres BOJANUS, hervor. Diese Nerven, ausnahmslos drei an Zahl, verlaufen hinter dem N. optieus ziemlich deutlich verschlängelnd und dringen in einiger Entfernung von seiner Austrittsstelle an drei Punkten, ent- weder vorn, oben und hinten oder oben, hinten und unten in den Augapfel ein. Darauf durchsetzen sie in longitudinaler Richtung die Tuniea vasculosa und verbreiten sich hauptsächlich in den glatten Muskeln des Corpus eiliare und der Iris. Ob sie daneben auch sen- sible sowie vasomotorische Fasern führen, konnte ich nicht direkt feststellen; doch ist es sehr möglich, weil das Ganglion eiliare im weiteren Sinne, dem die Nn. eiliares entstammen, tatsächlich sowohl mit dem sensiblen N. ophthalmieus, als auch mit dem eventuell vaso- motorisch funktionierenden N. sympathieus in Verbindung steht. Aus der obigen Schilderung geht hervor, daß das Ganglion eiliare im weiteren Sinne sowie die Nn. eiliares im Prinzip denen der höheren Wirbeltiere sehr ähnlich gebaut sind. i Nach Corps beobachtete Rocnzs bei der Gans einen dünnen Nerven, der sich aus dem Plexus ophthalmicus sympathicus ablöst und in das Ganglion eiliare eindringt. Bei verschiedenen anderen Vogelarten konnte Corps jedoch diesen sympathischen Ast nicht auffinden. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 445 IV. Paar: N. trochlearis (N. IV). (Fig. 50, 51 und Textfig. 5, 6, 9, 11 und 20.) Nach B. HALLer soll die Wurzel dieses Nerven bei Emys europeas aus gekreuzten und aus nicht gekreuzten Faserarten be- stehen. Ich will diese Frage über die Befunde beim Trronyx hier nieht weiter berühren, da sie bereits ins Gebiet der mikroskopischen Anatomie des Gehirnes fällt, die ich in einer späteren Mitteilung behandeln werde. Hier sei nur so viel bemerkt, daß die Wurzel des betreffenden Nerven nicht von gemischter Natur ist, sondern aus- schließlich aus Fasern besteht, die im Velum medullare anterius eine totale Kreuzung durchmachen. Nach der Kreuzung kommt der Nerv zwischen dem Kleinhirn und dem Corpus opticum zum Vorschein. Zunächst zieht er im Bogen um die Seitenfläche der Pars peduneularis mesencephali nach vorn und ventral, gelangt dann über die Trigeminuswurzel zwischen den N. oculomotorius (innen) und den N. ophthalmicus (außen), wobei er gewöhnlich auch die Dura mater durchbricht. Weiter vorn dringt er über den N. optieus durch den äußeren Teil der Fissura orbitalis in die Orbitalhöhle, wo er über den M. rectus superior gerade nach vorn verläuft und hier sowohl den M. obliquus superior als auch den _ M. obliquus superior accessorius versorgt. Neben diesem normalen Verhalten habe ich zwei abnorme Fälle genau beobachtet, wobei der Nerv kurz nach dem Übertreten über den M. rectus superior einen dünnen Ast,abgibt, der sich nach hinten und außen wendet und mit einem vorderen Zweig des N. palpebralis superior (vgl. S. 447 sowie Tafelfig. 50, *) eine Schlinge? bildet. Da aus dem Scheitel dieser Schlinge die Fasern nicht zu Muskeln, son- dern bloß in das obere Augenlid ziehen, so scheint es mir keinem Zweifel zu unterliegen, daß dieses Verbindungsästchen des N. troch- learis sensibler Natur sei. Leider ist es mir nicht möglich gewesen, festzustellen, aus welchem von den beiden Nerven dieses Ästchen seinen Ursprung genommen hat; ich möchte es mit Corps als R. com- municans n. trigemini cum n. trochleari bezeichnen. V. Paar: N. trigeminus (N. V). (Fig. 50, 51, 55—57 und Textfig. 5—11 und 20—23.) Der Nerv tritt mit einer sehr kräftigen Wurzel neben der An- heftungsstelle des Kleinhirns aus der Seitenfläche der Pars com- i Nach GAupp, CoRDS und WIEDERSHEIM scheint diese Erscheinung bei niederen Wirbeltieren ziemlich verbreitet zu sein. 29* 446 K. Ogushi . missuralis (EDINGER) hervor. Von da ab zieht er nach vorwärts, dringt dann in den horizontal erweiterten Spaltraum zwischen den beiden Lamellen der Dura mater und schwillt hier, entsprechend der Depressio trigemini des Prooticums, zu einem einheitlichen, ziem- lich stark abgeflachten, dreieckigen Ganglion trigemini! (G.n. V.) an. Vogr und HorFrMAnN fanden das Ganglion bei anderen Cheloniden, namentlich bei Chelone, außerhalb der Schädelhöhle situiert. Beim Trionyz liegt es dagegen dicht neben dem Foramen sphenoidale innerhalb des Schädelhöhle des Osteocraniums. Aus dem die Basis des Dreiecks bildenden, vorderen Rande des Ganglions gehen fol- gende drei fast gleichstarke Stämme hervor: A. N. ophthalmieus (N. ophth.). Er entspricht wahrscheinlich der Portio profunda der Fische, Der Stamm ‘beginnt an der vorderen, medialen Ecke des Ganglion trigemini, durchbricht gleich die ventrale Scheide des Ganglions, die durch eine Lamelle der Dura mater gebildet wird, und erscheint ventral von der Dura mater, um von da aus der dorsalen Fläche des M. retraetor oculi entlang (also innerhalb des Osteocranimus) geradeaus in die Augenhöhle einzudringen. Unterwegs kreuzt ihn dorsal der N. trochlearis. Beim Eintreten in die Orbita passiert er die Fissura orbitalis an deren medialer Partie. In der Augenhöhle läuft er anfangs neben dem N. oculomotorius, aber trennt sich bald von ihm, steigt dann in der Richtung nach vorn und dorsal und durchsetzt den Raum zwischen dem Ursprung des M. rectus superior und dem N. opticus, alsdann zwischen den Ursprüngen des M. obli- quus superior proprius sowie des M. rectus medialis bzw. des M. obliquus inferior, um an den vorderen Teil des Foramen interorbi- tale zu gelangen. Kurz nach dem Eintritt in die knöcherne Nasen- höhle — wo er von BoJAanus, GaupP u.a. als N. ethmoidalis be- zeichnet wird — wendet er sich am Vorderrande des Ursprunges des M. obliquus superior unter ziemlich starker Krümmung nach innen um und legt sich an die Seite des N. olfactorius, von diesem durch die ! FıscHer beschreibt: »Eine Eigentimlichkeit der Reptilien gegenüber den Amphibien ist der Umstand, daß der erste Ast des Trigeminus ein besonderes Ganglion hat, getrennt von dem gemeinschaftlichen Ganglion des zweiten und dritten Astes.< Am ersten Trigeminusaste des Trionyx japonieus konnte ich makro- skopisch keine Andeutung eines derartigen, selbständigen Ganglions finden, wenngleich mikroskopisch eine gewisse Anzahl von Ganglienzellen eine kurze Strecke in den ersten Ast sich verfolgen ließen. Diesbezüglich vgl. meine in dieser Zeitschrift, Bd. XLV, H. 3, erschienene Arbeit. ao Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 447 derbe Scheide getrennt, um zwischen dem vorderen, medialen Pfeiler der Orbita und dem letzteren Nerven nach vorn zu ziehen. Knapp hinter dem Sakterwulst! der knorpeligen Nasenkapsel spaltet er sich in drei Endäste. Es ist ferner sehr bemerkenswert, daß er in der Augenhöhle gar keinen Zweig abgibt. Selbstverständlich fehlt diesem Tiere ein von FıscHEr bei Reptilien als eigentümlich bezeichneter Muskelast für den M. adductor maxillae superioris, denn dieser Muskel ist beim Triornyx nicht vorhanden. In der Schädelhöhle? gehen aus ihm folgende zwei Äste hervor: 1. N. palpebralis superior (N. palp. s.). N. frontalis, BoJAnUs; R. frontalis, WATKINSON (?). In der unmittelbaren Nähe am Ganglion Trigemini verläßt er als ein ziemlich dicker Nerv den Stamm an dessen lateraler Fläche und geht unterhalb der Dura mater, ein wenig seitwärts von dem Stamm entfernt und zu diesem beinahe parallel, in sagittaler Rich- tung nach vorn. Dann schlägt er sich unterhalb des Solum supra- septale um den Proc. perpendicularis ossis palatini dorsalwärts herum und erscheint damit in der Augenhöhle. In diesem Hohlraum steigt er ziemlich steil über den M. rectus lateralis gegen den hin- teren Teil des oberen Augenlides empor und teilt sich früher oder später gewöhnlich in zwei Endäste. Der hintere Endzweig inner- viert den hinteren Augenwinkel sowie dessen Umgebung. Der vor- dere dagegen verbreitet sich vorwiegend in den vorderen Hauptteil des oberen Augenlides und verbindet sich manchmal mit einem Zweigchen des N. trochlearis (vgl. S. 445 und Textfig. 20, *). Dieser Nerv ist von mehreren Autoren, namentlich BoJAanus, FISCHER, OSAWA, GROSSER u. a., als N. frontalis genannt worden, weil er bei anderen Reptilien nicht nur das Augenlid und die Binde- haut, sondern auch in ausgedehntem Maße die Haut der Stirn- bis Scheitelgegend versorgen soll. Aber beim Trionyx beschränkt sich sein Verbreitungsgebiet augenscheinlich nur auf die Haut sowie die 1 Vgl. I. Mittg. S. 45. 2 Nach der neuesten Ansicht von GAaupP entsprechen die primitiven Durch- trittsstellen der Hirnnerven nicht den Löchern des Knochencraniums, sondern sehr wahrscheinlich den Durchlöcherungen der Dura mater. Deshalb ist der zwischen den Löchern der Dura mater und des Osteoeraniums gelegene Ab- schnitt der Hirnnerven, streng genommen, nicht intracranial, sondern inter- mediär gelagert. Die Verästelung der Hirnnerven findet also keineswegs in der primitiven Schädelhöhle, sondern eigentlich sowohl auf der intermediären als auch auf der extracranialen Strecke statt. 448 K. Oeah Bindehaut des oberen Augenlides, wogegen die Haut der Stirngegend und des Nasenrückens von einem besonderen Aste des N. ethmoi- dalis, die der Scheitelregion dagegen von dem N. cut. zygomatico- temporalis (vgl. S. 450) innerviert wird. Deswegen habe ich den in Rede stehenden Nerven als N. palpebralis superior bezeichnet, um ihn von dem echten N. cutaneus frontalis bzw. dem N. cut. zygo- matico-temporalis zu unterscheiden. HoFrrmanNn verfolgte ihn bei Chelone und bezeichnete ihn als den vierten Ast des Trigeminus. Nach ihm verzweigt sich dieser Ast in den Mm. depressor palpebrae superioris et inferioris, was beim Trionyx niemals zur Beobachtung kam. Ebenso abweichend ist der Befund WATkInsons, nach dem eventuell der meinem N. palpebralis superior entsprechende Nerv außer einem Zweig für den M. de- pressor mandibulae inferioris noch »a fine connective fibre« ablöst, welche die »connection ... between ... ramus palatinus VII« be- werkstelligt. > Kurz vor dem Eintritt in die Fissura orbitalis löst sich von dem Stamm des N. ophthalmieus die 2. Radix eiliaris longa (R. eil. 1.), Filamentum ad ganglion ophthalmicum, BOJANUSs, ab. Sie ist länger (etwa 21/,mal), aber ein wenig dünner als die Radix ceiliaris brevis des N. oculomotorius. Sogleich überschreitet sie den medialen Rand des M. retractor oculi, legt sich an die äußere Seite der Radix brevis eiliaris des N. oculomotorius und zieht mit dieser zuerst gerade nach vorn, biegt dann sanft nach außen und verbindet sich mit der hinteren medialen Ecke des Ganglion ciliare. Sehr wahrscheinlich führt sie diesem Ganglion die sensiblen Fasern zu. Die Endäste sind: der N. cutaneus frontalis, Nn. narium lateralis et narium medialis. 3. N. eutaneus frontalis (N. eut. front.). In Begleitung des gleichnamigen Astes der A. nasalis medialis wendet sich dieser dünne Endast nach dorsalwärts, durchsetzt so- gleich das Foramellum nasale des Os praefronto-nasale (vgl. I. Mittg. S. 85) und strahlt vorzugsweise eaudalwärts in die Haut des Nasen- rückens bis zur Stirngegend aus. Dieser Nervenast entspricht dem R. frontalis perforans des Frosches (GAuPpP). Anatomische Studien an derjapan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 449 4. N. lateralis narium (N. nar. lat.). Sureulus externus, BOJANUS. Ein sehr dieker Endast. Nachdem er dieht an der Glandula nasalis externa schräg nach außen durchgezogen ist, läuft er außer- halb der Sakterwulst gegen die äußere Seite der Paries der Zona annularis der knorpeligen Nasenkapsel gerade vorwärts und zerlegt sich nahe dem oberen Rande der Apertura narium externa in zwei gleichstarke Endzweige!, einen medialen und einen lateralen, die diehotomisch verzweigt in der Haut der dorsalen und äußeren Wand des Rüssels verschwinden (Rr. praemaxillares superiores, Rır. apieales Gauprs). Die Glandula nasalis externa und eventuell auch der M. arrector rostri erhalten von ihm Zweige. Die Nasenschleim- haut steht jedoch außer seiner Herrschaft. 5. N. medialis narium (N. nar. med.). Sureulus internus, BOJANUS. Er ist ebenso diek wie der letztere Nerv, zieht über den N. ol- faetorius medianwärts und betritt mit diesem Nerven das Foramen olfactorium capsulae nasi?, um sich als N. septi nasi (Corps) dicht unterhalb der Nasenschleimhaut auf der ventralen Fläche der knorpe- ligen Nasenscheidewand rostralwärts fortzusetzen. An der vorderen Grenze der Zona annularis der knorpeligen Nasenkaspel durchzieht er die Fenestra inferior? (Fenestra nasobasalis von GAuPP) und zer- fällt diehotomisch in Endzweige, die Rami praemaxillares in- feriores (Textfig. 22, rr. praemanx. inf.), die hauptsächlich die Haut der ventralen Wand des Rüssels sowie der Prämaxillargegend inner- vieren. Die Nasenschleimhaut wird wahrscheinlich auch von einigen seiner Seitenzweige versorgt. Den R. communicans cum n. palatino, den Gaupp beim Frosch erwähnt, konnte ich beim Trionyx nicht nachweisen. 1 Zwischen diesen zwei Ästen verläuft ein dieker Ausführungsgang der äußeren Nasendrüse in Begleitung der Blutgefäße. Die Querschnitte dieses Ausführungsganges machen auf den ersten Anblick einen Eindruck, als ob ein Tränennasengang vorläge, was in der Tat nicht der Fall ist. — Sowohl makro- skopisch als auch mikroskopisch konnte ich keine Zweige verfolgen, die die Nasenschleimhaut versorgen. ? Vgl. I. Mittg. 8. 44. 3 Vgl. ibidem $. 43. 450 K. Ogushi B. N. maxillaris (N. max.) R. secundus seu supramaxillaris, BOoJAnus; N. maxillaris superior, FISCHER; R. supramaxillaris, HOFFMANN. Ein starker Stamm des Trigeminus, der zwischen dem N. ophthal- micus und dem später zu erwähnenden N. mandibularis aus dem Ganglion trigemini hervorgeht. Er durchsetzt gleich das Foramen sphenoidale, um in die Fossa temporalis propria zu gelangen; dann zieht er zwischen dem M. pterygoideus internus und dem Ansatz des M. temporalis zum Foramen orbito-temporale und durch dieses hin- dureh in die Augenhöhle. Dicht vor dem Proc. perpendieularis ossis palatini spaltet er sich auf einmal in drei starke Endäste, den N. palatinus communis, N. infraorbitalis posterior und den N. infra- orbitalis anterior. Unmittelbar nach dem Eintritt in die Orbita wird der Stamm mit seinen Seitenzweigen durch einen starken Sehnen- streifen, den verdickten Teil der Periorbita, am Orbitalboden befestigt. In der Schläfengrube entsendet der Stamm folgende Seiten- zweige: 1. N. eutaneus zygomatico-temporalis (N. cut. zyg. temp.). R. zygomaticus, BOJANUS und HOFFMANN. Ein verhältnismäßig starker Nerv, der medial vom M. temporalis entsteht. Vor der Ansatzsehne des gleichen Muskels zerfällt er in vorliegende drei Ästchen: a. das vordere, R. palpebralis inferior posterior, siehe unten. b. das dorsale, R. eutaneus temporalis (R. cut. temp.) (Nervulus subeutaneus malae BoJAnus) schlingt sich um die vordere Fläche des M. temporalis nach oben, durehbricht dann den vordersten Teil der Faseiatemporo-nuchae und verbreitet sich mit mehreren Endfäden in der, dem letzteren Muskel aufliegenden Haut bis zum Scheitel. Von seiner Wurzel trennt sich regelmäßig ein zarter, sehr eigen- tümlicher Zweig ab, der längs der medialen Fläche des Jochbogens caudalwärts verläuft und durch die Fuge zwischen dem Quadratum und dem Quadrato-jugale unter die Haut des Trommelfells tritt, um hier zu endigen. Da ich eine ähnliche Angabe nirgends gefunden habe, so möchte ich ihn als den Nervulus membranae tympani seu meatus acustici externi (Fig. 56, N. membr. tymp.) bezeichnen!. e. das ventrale Ästehen, der R. cutaneus malae, strahlt von dem unteren Rande des Jochbogens in die anliegende Haut der Backe aus. i In bezug auf die Beziehung dieses Nerven zu dem R. recurrens ad nervum facialem verweise ich auf meine in dieser Zeitschrift, Bd. XLV veröffentlichte Arbeit (S. 478—479). Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. I. 451 2. Rr. palpebrales inferiores posteriores (rr. palp. inf. post.). R. lacrymalis alter, BOJANUS. Sie werden beim Durchtritt durch das Foramen orbito-temporale vom Stamm abgegeben und strahlen von der äußersten Seite der Portio superior des M. pterygoideus teils in die ventralen Tränen- drüsen, teils in die Niekhaut, teils in den M. depressor palpebrae inferioris!, teils in die Haut des ; . Textfig. 21. hinteren Augenwinkels. Ge- T wöhnlich zwei bis drei vor- es handen. Arpraemex.inf \\| \ı Endäste: 3. N. palatinus communis ge Fenestra inf (N. palat. com.). Apalant.- Ar R. pterygoideus, BOJANUS (?); Tuberc.pal. R. communicarls cum ramo palatino a nervi facialis, HOFFMANN. ‚Sept Unter den drei Endästen ist er am dünnsten, dringt sofort in den Canalis pala- || Moszemaj: tinus major ein und schwillt darin zu einer undeutlichen B% / 3 "NA. pal.com.super£ Verdickung, dem Ganglion h AL -\- Choane. palatinum (Gangl. palat.), Chosne I A \n an, das offenbar zum Teil 0 3% : a a Seorchoan. dem Ganglion spheno-pala- A.pal,post \ ; 5 Zr ‚ “. . A IT N.pal,p.min. tinum der Säuger entspricht. N AN i ji N In diesen Nervenknoten senkt IN \\ A \ \ R sich von hinten her der N. palattnus communicans (vgl. _ ne Re, L £ Nerven un utgefäße im Gaumen, von der Mundseite diese Abhdl». S. 461) und der gesehen. 3 mal vergrößert. Tuberc. palat., Tuber- mit der A. infraorbitalis ver- eulum palatinum. Fenestra inf., Fenestra inferior an x der knorpeligen Nasenkapsel bezw. Foramen ineisivi. laufende sympathische Faden ein. Aus dem oralen Ende des Ganglion gehen zwei starke Nerven hervor, der N. palatinus posterior major et minor. (Textfig. 21). v a. N. palatinus posterior major (N. palat. post. maj.). Er stellt gleichsam die distale Fortsetzung des N. palatinus communis dar, ist jedoch aus den Elementen des letzteren Nerven, des R. communicans n. facialis cum n. palatino sowie des R. com- municans n. glossopharyagei cum n. palatino zusammengesetzt. Der 1 Vgl. diese Abh. S. 314. 452 K. Ogushi Nerv tritt aus der oralen Öffnung des Canalis palatinus major heraus und läuft, medial die gleichnamige Arterie begleitend, außerhalb der Choane schräg nach vorn und innen in das Tuberculum pala- tinum!. Nachdem er unterwegs mehrere zarte Seitenzweige in die Schleimhaut des letzteren Höckers abgegeben hat, trifft er an der Grenze des vorderen Drittels des Gaumens mit dem Ende des N. naso-palatinus des N. infraorbitalis anterior (vgl. S. 453) zu- sammen. Dieser gemeinsame Nerv zieht noch eine Strecke weiter nach vorn und löst sich in Endzweige auf, die den vorderen Teil des Tubereulum palatinum versorgen. b) N. palatinus posterior minor (N. pal. p. min.) Rami nasales posteriores e VIDIANO, BOJANUS (?). Er ist viel schwächer als der vorige Endzweig, tritt in den Canalis palatinus minor ein und strahlt aus der ventralen Mündung desselben nach hinten in die Schleimhaut des Schlunddaches aus. Sein Anfangsstück ist mit dem N. palatinus communicans (vgl. 8. 461) innig verschmolzen. Da aber der letztere Nerv mit seiner Haupt- masse in den N. palatinus posterior major übergeht, so besteht der Hauptbestandteil des in Rede stehenden Endzweiges aus den dem N. trigeminus entstammenden Fasern. 4. N. infraorbitalis posterior (N. infraorb. post.). R. infra-orbitalis, BOJANUS (partim). Ein sehr dicker Endast. Sein Anfangsstück ist gemeinschaftlich mit der gleichnamigen Arterie in dem Suleus infraorbitalis lateralis eingebettet. Weiter vorn dringt er in den Canalis alveolaris infra- orbitalis, um in den Canalis alveolaris superior zu gelangen. Hier zerfällt er regelmäßig in zwei Äste, einen vorderen und einen hinteren, die sich sogleich in Endzweige auflösen, die durch die Foramina alveolaria externa superiora austreten und die obere Lippe und deren Umgebung innervieren: Rr. eutanei infraorbitales et labiales superiores (rr. e. infraorb.). In dem Canalis alveolaris superior lösen sich einige feine Zweige von dem Stamme ab und dringen in die benachbarten Canaliculi alveolares superiores hinein (Rr. al- veolares superiores), um sich endlich unter dem Indumentum corneum (BOJANUs) auszubreiten. i Eine mediane, längliche Schleimhautverdiekung des Gaumens, die bei Testudo europaea zuerst von BoJanus entdeckt worden ist. Sie ist median mit einer scharf begrenzten Epithelleiste versehen, in welcher zahlreiche, ein- reihige Geschmacksknospen eingebettet sind. Vgl. Textfig. 10 u. 11. Anatomische Studien an der, japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 453 _ 5. N. infraorbitalis anterior (N. infraorb. ant.). Ram. genuinus supramaxillaris, BOJANUS. Medial von der Wurzel des vorigen Nerven beginnt seine dicke Wurzel, die dieht an dem Orbitalboden angeschmiegt gerade nach vorn zieht. Ihre Fortsetzung zwängt sich dann durch das Foramen orbitonasale zwischen die knorpelige Nasenkapsel und den Proc. frontalis der Maxilla und tritt in das Foramen alveolare superius anterius ein, wo sie in Endzweige zerfällt. Unter dem letzteren ist der in dem Canalis alveolaris superior verlaufende Zweig am stärksten entwickelt und entsendet unterwegs für jeden Canalieulus alveolaris je ein Zweigchen, das sich unter der oberen Hornscheide verbreitet (vgl. I. Mittg. S. 39). Die übrigen Endzweige, die aus den Foramina infraorbitalia austreten, verhalten sich wie die Rr. cutanei infra- orbitales et labiales superiores des vorigen Nerven. Während des Verlaufes begleitet den Stamm an seiner medialen Seite die gleichnamige Arterie. In der Orbita gehen von ihm noch folgende Seitenzweige ab: a. N. naso-palatinus (Textfig. 22, N. ae Ein dünner Zweig, der sich am Ursprunge des Stammes des N. infraorbitalis _ anterior oder früher vom Stamme des N. maxillaris an seiner medialen Seite abzweigt. Er zieht unter der A. infraorbitalis über die Facies orbito-nasalis des Choanenteiles der knorpeligen Nasenkapsel in schwachem Bogen nach vorn. Das Verhalten seines distalen Teiles ist individuell sehr verschieden, indem er entweder mit einem Ast des N. infraorbitalis anterior eine Schlinge bildet, oder durch ein winziges Loch im Choanenteil in die Nasenschleimhaut ausstrahlt. Seine Seitenzweige zeigen dieselben Verhältnisse und verlieren sich in der Schleimhaut der Nasenhöhle oder des Schlunddaches. Der hinterste oder zweithinterste Seitenzweig ist dagegen sehr stark und weist einen beträchtlich abweichenden Verlauf sowie Endigung auf. Er läuft nämlich auf der dorsalen Fläche des Choanenteiles der knor- peligen Nasenkapsel nach innen, steigt dann zwischen diesem Knorpel und dem Vomer (ohne deshalb den Choanenteil der knorpeligen Nasenkapsel zu durchsetzen) oralwärts herab und tritt über den hinteren Rand des Gaumens (dicht neben dem Septum der Choane) in das Tubereulum palatinum ein. Hier zieht er hart neben der Medianlinie gerade rostralwärts und hängt an der hinteren Grenze des vorderen Drittels des Gaumens mit dem N. palatinus posterior major spitzwinklig zusammen. Ich möchte ihn als R. palatinus communicans superfieialis 454 K. Ogushi (Textfig. 20—22, R. palat. com. superfiec.) bezeichnen. Es wäre noch zu bemerken, daß er im Gegensatz zu dem N. palatinus po- sterior major, am medialen Rande der Choane seine ständige Lage hat. Ich glaube, daß er für den Trronyx ganz eigenartig. ist, weil ich nirgends einen homologen Nerven mit dem gleichen bzw. ähn- lichen Verlauf gefunden habe. Textfig. 22. = Bın degewebshaur.die | N das Faramen orbifo- | A.nasalıs. nasale abschliesst. N \ AR.palaf com. |\\ U Sl--- -: superfic. 17 A.ınfraordifalhrs. ‚A-infrgorb.posf. N.nasopalat. z 7 A.temporalis. U Aasicı br If) N.symp. (dors.) |’ = Bangl 2 A.nasalısı A.infra- orbifglis. ı N.max. N. maxillaris und N. nasopalatinus. Stark vergrößert. Dorsalansicht. b. N. palpebralis inferior anterior (N. palp. inf. ant.).. Auch bezüglich dieses Astes finde ich keine Angabe in der Literatur. Er ist ziemlich dick, verläßt am vorderen Teil des Orbitalbodens den Stamm, steigt entlang der Crista orbitalis medialis nach dorsal und versieht mit seinen Endzweigen die Harversche Drüse, den vorderen Augenwinkel und die ihm benachbarten Teile der beiden Augenlider. ! Ich verweise auf die Schriften von BoJAnus, VOGT, HOFFMANN, STANNIUS, FISCHER, OSAWA, CORDS, WATKINSON, GAUPP, OÖ. BENDER u. a. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 455 C. N. mandibularis (N. mand.). N. inframaxillaris, BOJANUS. Hinter dem vorigen Stamm entspringt er von dem Ganglion trigemini an dessen äußerem Rande, durchsetzt gleich das Foramen sphenoidale und gelangt in die Schläfengrube. Darauf dringt er in Begleitung der gleichnamigen Arterie über den M. pterygoideus in das Ostium superius des Canalis inframaxillaris und läuft innerhalb Textfig. 23. A.temp.a. _A.m.termp. med. > s --R.m.temp at. N.man d. = _A.max.inf >- Se ._Rpteryg. ‚post. R. preryg: Var. --- _N.rec.duce. N.rec.bucc MIN. K. myloh yad. Ch. fymp. N.c.submenf. \y \j Yy \ Rrc.menf. HuA. ling N. mandibularis und seine Begleitarterie. Von außen gesehen. dieses Knochenkanals in sanftem Bogen noch vorn. In diesem Kanal führt er den neuen Namen N. alveolaris inferior. In der Schläfengrube gehen aus ihm folgende Seitenzweige hervor: 1. N. temporo-masseterieus. Er ist sehr diek, aber kurz und spaltet sich sofort in: a. den R. musc. temporalis medialis (R. m. temp. med.); die A. temporalis anterior begleitend, läuft er am medialen Rande der Ansatzsehne des gleichnamigen Muskels nach dorsal und versieht mit seinen Zweigen die mediale Hälfte des nämlichen, dicken Muskelbauches. 456 K. Ogushi b) den R. musc. temporalis lateralis (R. m. temp. lat.); er ist viel dieker als der erstere, wendet sich an der hinteren Fläche der Ansatzsehne des Schläfenmuskels entlang dem vorderen Rande der Bursa mucosa! nach außen und biegt am äußeren Rande derselben Sehne nach rückwärts. Er senkt sich in die äußere Hälfte des gleichnamigen Muskels ein. Unterwegs entsendet er einen ziemlich dieken Zweig (Textfig. 23, R. ant.) nach vorn, der sich in dem vorderen, die Endsehne bedeckenden Teil desselben Muskels ver- breitet. Dieser Ast wird sehr oft von dem vorigen Hauptast ab- gelöst. Dem Gesagten zufolge stimmt die Art und Weise der Inner- vation des Schläfenmuskels des Trionyz genau mit der des Menschen überein, wenn man dabei den medialen Ast dem N. temporalis anterior und den lateralen dem N. temporalis posterior gleichsetzt. c. R. pterygoideus anterior (R. pteryg. ant.). (Ram. bucei- natorius, Bosanus); besitzt zwei Äste, die aus dem R. muse. tempo- ralis lateralis, medial von der Ansatzsehne des M. temporalis her- vorgehen und die dorsale Portion des M. pterygoideus versorgen. d. R. musc. massetericus (R. masset.) (Ram. ad musculum pterygoideum, BosAnus(?)), der sich ebenfalls von dem R. muse. temporalis lateralis abspaltet, mit diesem hinter der Ansatzsehne des M. temporalis nach außen zieht und vor dem M. quadrato-mandibularis in den gleichnamigen Muskelbauch eindringt. e. R. pterygoideus lateralis (R. pteryg. lat.). Er zweigt gewöhn- lich von dem R. musc. temporalis lateralis ab, geht dann, von dem Hauptast begleitet, hinter der Ansatzsehne des Schläfenmuskels nach außen und hinten und versorgt den M. quadrato-mandibularis. Diese drei eben beschriebenen Zweige entspringen sehr oft selbständig aus dem Hauptstamm. 2. R. pterygoideus posterior (R. pteryg. post.). Er entspringt selbständig aus dem Anfangsstück des N. mandi- bularis, dieht neben dem N. temporo-massetericus. Er zieht steil oralwärts herab und versieht mit Zweigen teils die ventrale Portion des M. pterygoideus, teils den M. pterygo-mandibularis. Die den Namen N. alveolaris inferior führende, distale Fort- setzung des N. mandibularis verläuft innerhalb des Canalis infra- maxillaris nach vorn. Nach den Angaben mancher Forscher scheint sie bei den meisten Cheloniern entlang dem oberen Rande des ı Vgl. diese Abh. 8. 324. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 457 MERKELschen Knorpels zu verlaufen. Bei dem von mir untersuchten Trionyz ist der genannte Knorpel in der Regel von diesem Nerven deutlich entfernt und kommt nur in der kurzen Strecke vor dem Opereulare, . entsprechend der medialen Öffnung des betreffenden Knochenkanals, mit ihm in Berührung. Als Endäste des N. alveolaris inferior kommen in Betracht: 3. N. recurrens bucealis (N. rec. buce.). R. recurrens cutaneus maxillae inferioris, FISCHER. Ein ziemlich dieker Zweig, der sich unter dem ÖOpereulare von dem Stamme ablöst. Zunächst kreuzt er ventro-caudalwärts den MErKELschen Knorpel an dessen lateraler Fläche und dringt dann in den Canalis buccalis des Suprangulare ein. Seine Hauptfort- setzung kommt als N. recurrens bucealis major (N. rec. buce. maj.) am Ostium superius des letzteren Knochenkanals zum Vor- schein, durchbricht den hinteren Abschnitt des M. masseter und biegt unter der Haut nach vorn, um sich nach einem weiteren horizontalen Verlaufe, ventral von dem Lig. anguli oris!, in der Umgebung des Mundwinkels zu verzweigen. Innerhalb des Canalis bucealis gibt er einen schwachen Ast ab, ‘der am Ostium inferius als N. reeurrens bucecalis accessorius 8. minor (N. rec. buce. min.) gegen den hinteren Rand des M. masseter hervortritt. Dieser Ast versorgt vorzugsweise den ven- tralen Bezirk des Trommelfells sowie das ihm benachbarte Haut- gebiet der Backengegend. Der Nerv wurde zuerst von FISCHER bei verschiedenen Reptilien, die Chelonien ausgenommen, beobachtet. Nach diesem Autor ist er nur bei den Crocodilia in zwei Endäste geteilt, wie dies auch beim Trionyx der Fall ist. 4. N. mylohyoideus (Bosanus) (N. mylohyoid.). Kurz hinter der medialen Öffnung des Canalis inframaxillaris verläßt er entweder selbständig oder gemeinsam mit dem vorigen Zweig den Stamm und passiert unten den Raum zwischen dem Dentale und dem Merkerschen Knorpel, um nach dem Durchtreten durch den M. intermaxillaris von der ventralen Fläche in den Muskel einzustrahlen. GAUPP und später auch Corps haben als ein Kenn- 1 Dieses Band ist sehr stark und sowohl zwischen der äußeren Fläche des Proe. articularis ossis temporalis (BOJAnus) des Quadratums als auch den hinteren Enden der beiden Mundlippen ausgespannt. Vgl. Tafelfig. 57 u. 58, Lig. anguli oris. 458 K. Ogushi zeichen dieses Nerven seine besonderen topographischen Beziehungen zum Merkerschen Knorpel hervorgehoben. 5. N. eutaneus submentalis (N. c. subment.). Ein zarter Zweig, der in der Höhe der medialen Öffnung des Canalis inframaxillaris entsteht, über die laterale Fläche des MERKEL- schen Knorpels verläuft und an dessen lateralem Rande unter die Mundschleimhaut gelangt. Nachdem er ebenfalls den Ursprung des M. intermaxillaris nach unten und vorn durchsetzt hat, zerfällt er in mehrere Zweige, die in die Haut der Kinngegend ausstrablen. 6. N. lingualis (N. ling.). Ein kräftiger Nerv, der kurz vor dem Eintritt in das Ostium inferius Canalis inframaxillaris des Dentale von der unteren Seite des Stammes über die mediale Fläche des MErKELschen Knorpels entsendet wird. Er teilt sich sogleich in drei Endzweige, von denen der mittlere die übrigen an Dieke übertrifft und eine Schlinge mit der Chorda tympani bildet. Die drei Endzweige begeben sich auf dem M. intermaxillaris nach vorn und einwärts zur falschen Zunge, um sieh in derselben zu verzweigen. Ich habe sehr oft zwischen ihren Zweigen die geflechtartigen Verbindungen beobachtet. Auch selten legen sich die Endzweige, welche neben dem Ansatz des M. genioglossus in die Tiefe hineindringen, an die des N. hypo- glossus an, ohne aber miteinander ihre Fasern auszutauschen. So ist der vor allem von FiıscHER und OsawA nachdrücklich hervor- gehobenen Ansicht, nach weleher der N. lingualis und N. hypoglossus im Mundboden Geflecht bilden, sicher beim 7’rzoryx nicht beizupflichten. Ebensowenig scheint der Satz, »Ramus lingualis quinti paris a tes- tudine abest; nee chordae vestigium«, wie es BOJANUS schreibt, zu- zutreffen, denn der Mangel des physiologisch so wichtigen N. lingualis wäre schon an und für sich recht unverständlich und außerdem wurde auch die Chorda tympani bei den verschiedenen Testudinata durch NoAk, BENDER, KUNKEL u. a. unzweifelhaft nachgewiesen. 7. Ram. mucosae buecalis (R. mue. buee.). Er geht innerhalb des Canalis inframaxillaris des Dentale in caudaler Richtung aus dem Stamm hervor, tritt in Begleitung eines starken Arterienastes aus dem Foramen mentale posterior und steigt an der medialen Fläche des M. masseter zum Mundwinkel empor. Sein Verbreitungsgebiet ist die Schleimhaut der Umgegend des Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 459 Mundwinkels. Soweit mir bekannt ist, fehlt bis heute eine nähere Angabe über diesen Schleimhautnerven. 8. Rami alveolares (Br. alveol.). 9. Rami eutanei mentales et labiales inferiores (Rr. e. ment.). Die letzteren treten aus den Foramina mentalia anteriora, während die Alveolaräste die Foramella alveolaria verlassen und unter dem Indumentum eorneum (BoJanus) ihre Ausbreitung finden. Dem Gesagten zufolge weist der N. trigeminns ausgedehnte Be- ziehungen zu den übrigen Gehirnnerven auf, und zwar durch Ver- mittelung der Radix eiliaris longa indirekt zu dem N. oculomotorius und durch den N. palatinus communis und den N. lingualis zu dem N. facialis und teilweise auch zum N. glossopharyngeus. Die Ver- bindung mit dem N. hypoglossus sowie dem N. abducens (nach Vor) möchte ich jedoch beim Trionyx gänzlich in Abrede stellen. Die Schlingenbildung mit dem Endzweige des N. trochlearis kommt als Abnormität vor. Für die sehr oft behauptete Beteiligung von sympathischen Elementen an der Bildung des Ganglion trigemini konnte ich leider bis jetzt keine ganz befriedigenden Beweise er- bringen. Nur in einer Serie der Querschnitte des Kopfes war eine bedeutend kleine Zelleranhäufung im Laufe der ventralen Sympa- thieusbahn, der Lage des Ganglion trigemini entsprechend, festzu- stellen. Aber, ob eine Verbindung zwischen diesen beiden Ganglien vorhanden ist, konnte ich nicht entscheiden. Das Eintreten eines sympathischen Nerven in das Ganglion sphenoidale scheint mir jedoch eine Tatsache zu sein. Der von FiscHer nachdrücklich hervorgehobene Ram. recurrens ad nervum facialem ist in Ursprung und Verlauf dem Nervulus membranae tympani des Trionyx sehr ähnlich, besonders wenn man von seinem Endstück absieht. Das Auftreten des Ramus palatinus communicans superficialis ist auch sehr interessant. VI. Paar: N. abdurens (N. Vl.). (Fig. 50, 51 und Textfig. 9 u. 11.) Ungefähr an der rostralen Grenze des Nachhirns entsteht die Wurzel dieses mäßig dicken Nerven durch Zusammenschluß von vier bis fünf zarten Fäden, die neben dem Suleus basilaris aus der ventralen Seite des Hinterhirns hervorgehen. Nachdem der Nerv gerade nasalwärts das eigene Loch der Dura mater und weiterhin Morpholog. Jahrbuch. 46. 30 460 K. Ogushi den Canalieulus pro nervo abducente des Basisphenoids! durchsetzt hat, zwängt er sich über die A. carotis in den Raum zwischen der Seitenwand des Suleus eavernosus der Schädelbasis und des M. re- tractor oculi. Dabei löst sich von ihm ein starker Ast für den letztgenannten Muskel nach innen ab (vgl. Textfig. 9). Die distale Fortsetzung des Stammes kommt, unterwegs an die Seitenfläche des M. retractor oculi angelagert, dureh die Fissura orbitalis in die Augenhöhle und senkt sich unmittelbar in den M. rectus lateralis ein. Der mediale Ast, der R. muse. retraetoris oculi, durchsetzt der Länge nach den gleichnamigen Muskel, den er mit Zweigen versieht. Seine nasale Fortsetzung gibt in der Orbitalhöhle, genau unterhalb des N. opticus, einen relativ dieken Ast für den orbitalen Teil des M. retraetor oculi ab und dringt, nach der Durehbohrung dureh diesen Muskel, in den Levator palpebrae superior sowie den Levator membranae nictitantis ein, um in denselben zu endigen. Wie aus der obigen Beschreibung hervorgeht, gibt es beim Triony& gar keine Verbindung zwischen dem N. abducens, N. troch- learis, N. facialis sowie dem Kopfsympathieus, wie FISCHER und nachher auch HoFFMANN gegen VogT hervorgehoben haben, so daß ihre Existenz, wenigstens bei Reptilien, unwahrscheinlich zu sein scheint. Dagegen konnte ich mit aller Bestimmtheit Äste für die Muskeln der Niekhaut sowie des Augenlides nachweisen, die FISCHER vermißt zu haben glaubte (vgl. das Kapitel »Augenmuskeln« in dieser Abhandlung). VIL Paar: N. facialıs (N. VIE) N. durus, BOJANUS. (Fig. 50, 51, 55-58, Textfig. 20, 21, 23 u. 24.) Dicht an die ventrale Seite der Acusticuswurzel sich anschließend verläßt er als ein mäßig dicker Nerv den vorderen Teil des Rhomben- cephalon. Zunächst zieht er in Begleitung des vorderen Aeustieus- astes nach vorn, dringt aber bald selbständig unter rechtwinkeliger Abknickung nach außen in den eigenen Knochenkanal des Prooti- cums ein und schwillt in der Ampulla canalis facialis? zu einem deutlichen Nervenknoten, dem ı Vgl. I. Mittlg. S. 28. 2 Vgl. I. Mittg. S. 24. Wie aus den Tafelfig. 21—23 (I. Mittg.) hervorgeht, liegt die Mündung des Canalis facialis des Prootiecum nicht »vor und unter dem Foramen vestibulare« (Foramen ovale), sondern vor und mehr über diesem Loch. Deswegen muß auch das Ganglion geniculi selbstverständlich im Gegen- satz zu der Beschreibung BENDERs vor und mehr oben von dem Foramen ovale gelegen sein. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 461 Ganglion geniculatum,! (G. genie.) an. Dasselbe erweist sich als eine konische Verdickung, deren Basis etwas nach außen in den Canalis venae nasophthalmicae her- vorragt und die mit ihrer Konkavität den medialen Umfang der vorbeiziehenden V. nasoophthalmica in sich aufnimmt. Das Ganglion übernimmt einerseits einen zarten Nervenfaden, den Nervulus tympani (Textfig. 20, N. tympan.), der sich von dem Stamm des N. glossopharyngeus trennt und entlang der ventralen Wand der A. temporalis posterior? nach vorn verläuft, anderseits läßt es nach unten den Ram. communicans cum n. palatino (R. anterior der Autoren) sowie nach hinten die eigentliche Fortsetzung des Stammes (R. posterior s. hyomandibularis der Autoren) hervorgehen. 1. Ram. eommunicans facialis eum nervo palatino®. R. petrosus V1DIANI, BOJANUS; R. palatinus nervi facialis, HOFFMANN. Er ist zwar dem N, petrosus superficialis major der Säuge- tiere vergleichbar, doch wesentlich dadurch auseinanderzuhalten, daß er nicht motorisch, sondern von rein sensibler Natur ist. Beim Trionyz ist er so dünn, daß er sich nur mit großer Mühe makro- skopisch darstellen läßt. Nach dem Abgang aus dem Ganglion - genieulatum steigt er unmittelbar genau senkrecht in den gleich- namigen Knochenkanal des Prootieums sowie des Pterygoids herab und schließt sich in dem Canalis earoticus an der äußeren Seite der A. carotis mit dem Verbindungsast des N. glossopharyngeus zu einem gemeinsamen Stamm, dem N. palatinus communicans (N. pal. communic.) N. pterygoideus (BOJANUS). zusammen. Derselbe läuft als ein von den Seiten zusammengedrücktes Bändchen, entlang der äußeren Wand der distalen Fortsetzung der ı Die Nervenzellen des betreffenden Ganglions sind nicht auf das Terri- torium des Ganglions allein beschränkt, sondern kommen außerdem auch noch an der Stelle, wo der Stamm sich in den eben beschriebenen Knochenkanal einzutreten anschickt, zwischen den Nervenfasern haufenweise vor. Diese mediale Gruppe der Nervenzellen (sie ist auf der Textfig. 20 durch quere Schraffierung an der Wurzel angedeutet) steht sehr oft mit dem Ganglion vestibulare des N. acusticus in direkter Kontinuität und erscheint dann bei flüchtigem An- blick als ein Teil des letzteren. Man kann jedoch die beiden Ganglien da- durch leicht voneinander unterscheiden, daß die dem N. facialis angehörigen Ganglienzellen viel größer als die des Ganglion vestibulare sind (ungefähr wie 3:2). 2 Vgl. I. Mittg. S. 56 Parenthese. 3 Vgl. ibidem S. 29 u. 33. 30* 462 K. Ogushi A. carotis bezw. der V. nasophthalmiea gerade nach vorn und tritt selbständig in den Canaliculus pro n. palatino communicante des Palatinus ein. Innerhalb des vorderen Teiles des letzteren Knochen- kanals verschmilzt er eine kurze Strecke mit dem N. palatinus posterior minor, trennt sich aber bald von diesem Nerven und senkt sich in das Ganglion palatinum! ein. Über seinen weiteren Verlauf kann ich vorderhand nichts Bestimmtes sagen. Doch ist es sehr wahrscheinlich, daß dieser Nerv für die Geschmacksknospen des Tubereulum palatinum bestimmt ist. Ich werde noch bei der Be- sprechung der Chorda tympani und des Ramus communicans n. glossopharyngei cum n. palatino auf diese Frage zurückkommen. 2. Ramus posterior s. truneus hyomandibularis (Tr. hyomand.)2. Nachdem er das Ganglion genieulatum verlassen hat, zieht er caudalwärts über die Columella auris in schwachem Bogen durch das Cavum intermedium bezw. die Fossa jugularis interna, wobei er den wichtigen Zweig, die Chorda tympani, entsendet, aber im Gegensatz zu dem Befunde Bosanus’ und HOFFMANNS mit dem Ganglion petrosum keine Verbindung eingeht. Dann kommt er am Foramen jugulare externum zum Vorschein und gelangt zwischen den beiden Mm. depressores mandibulae an den M. sphincter colli, um hier seine Endramification zu finden. Am Anfang befindet sich der R. posterior unterhalb der V. naso- phthalmica, bald jedoch trennt er sich von derselben und gelangt auf die Columella auris an der medialen Grenze des stangenförmigen ı Vgl. diese Abhdg. S. 451 und Textfig. 20. 2 Vgl. hierüber I. Mittg. S. 52—53. 3 GAUPP schreibt in der Anatomie des Frosches über den Verlauf des ?. mandibularis: »... liegt er dem ventralen Umfang der V. jugularis interna an. Er folgt dem seitlichen Umfang der Ohrkapsel nach hinten, tritt also durch die Lücke hindurch, die zwischen Processus basalis Quadrati und Crista parotica besteht, tritt dann über das innere Ende der knöchernen Pars media der Ohreolumella ...« OsawA sagt in seiner Arbeit über die Hatteria pumetata, »R. posterior ... geht durch die Spaltezwischen Prooticum und Quadratum nach hinten lateralwärts .. .«c Eine über- raschende Ähnlichkeit im Verlaufe des R. posterior der genannten Tiere sowie des Trionyx, welche ohne weiteres die Homologie der benachbarten Teile auf- zustellen gestattet! Vor allen Dingen erinnere ich an den Satz in der ersten Mitteilung auf Seite 51, der in der Hauptsache das Cavum intermedium betrifft; »daß das Antivestibulum im Sinne von BoJAnus ... nichts anderes darstellt als einen wohl auch beianderen niederen Wirbeltieren wiederkehren- den, aber erst bei Schildkröten gut ausgebildeten besonderen Hohlraum zwischen Pauken- und Labyrinthhöhle«. Anatomische Studien an derjapan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 463 Abschnittes. Weiterhin steigt er längs der Seitenwand des Cavum intermedium steil abwärts und setzt in dem äußeren, ventralen Winkel desselben Cavums seinen Weg fort. Nach dem Austritt aus dem Foramen jugulare externum zieht er eine kurze Strecke in dem Sulceus n. facialis posterior des Quadratums. Seine Seiten- zweige sind: a. Chorda tympani (Ch. tymp.). Trotzdem dieser Nerv überaus dünn ist, so spielt er doch in allen Tierklassen sowohl physiologisch als auch vergleichend-anatomisch eine wichtige Rolle. So ist dies auch bei Trionyx der Fall, wo er so fein ist, daß es nur selten gelingt, ihn unversehrt makroskopisch auszupräparieren. Aus diesem Grunde habe ich den Verlauf der Chorda tympani an mehreren lückenlosen Schnittserien des Kopfes verfolgt. Es ergab sich dabei folgendes: Kurz bevor der Stamm die Columella auris überschreitet, trennt sich die Chorda tympani von seiner ventralen Fläche ab und steigt dieht vor der Columella auris steil nach außen und hinten herab. Zunächst dringt sie in den Canalieulus pro Chordae tympani des Quadratum! ein und tritt an dem hinteren Ausgang, dicht unter der Tuba Eustachii wieder zutage. Sodann wendet sie sich, zuerst den Bauch des M. depressor mandibulae durchsetzend und dann von innen durch den M. pterygo-mandibularis bedeckt, im Bogen nach vorn gegen die mediale Seite des Unterkiefergelenkes, um in das in der ersten Mitteilung hervorgehobene, feine Kanälchen des Unterkiefers einzutreten. Weiter vorn erscheint sie vor dem Complementare auf der medialen Fläche des MEerkerschen Knorpels, setzt noch eine Strecke weiter dieselbe Richtung fort, bis sie schließ- lich den mittleren Zweig des N. lingualis triftt und sich mit diesem zu einem einheitlichen Nerven zusammenschließt (s. Tafelfig. 55 u. Textfig. 23). Ihr proximales Anfangsstück liegt offen in dem Cavum intermedium. Ebenso liegt der Nerv an einigen Stellen dieht unter der Mundschleimhaut. Im übrigen zeigt er in seinem ganzen Ver- laufe bis zur Verbindungsstelle mit dem N. lingualis gar keine 1 Der Verlauf der Chorda tympani wurde bereits in meiner ersten Mit- teilung kurz geschildert (vgl. 5. 26, 53, 67 u. 68). BENDER sagt: »im äußeren Paukenraum angekommen, wendet sich das feine Fädchen gerade unterhalb der Columella und unter der Schleimhaut längs der Hinterfliche des Proc. artieu- laris quadrati abwärts«. Im Gegensatz zu dem von BENDER untersuchten Trionyz ferox ist bei Trionyx japonicus ein soleher Verlauf überhaupt nicht zur Be- obachtung gekommen. 464 K. Ogushi Verästelung und Anastomosenbildung mit den anliegenden Nerven, obwohl dieselben von manchen Autoren bei anderen Reptilien nach- gewiesen worden sind. Mehrere ältere Autoren, wie BOJANUS, STANNIUS, GEGENBAUR U.A., erkennen bei Sauropsiden überhaupt nicht das Vorhandensein der Chorda tympani an. Meines Wissens hat FISCHER! zum erstenmal bei verschiedenen Reptilien mit Ausnahme der Schildkröten diesen dünnen Nerven nachgewiesen. Nach seiner Beschreibung löst sich der Nerv bei den meisten Arten vor oder gleich nach dem Über- schreiten des R. posterior über die Columella auris von diesem Stamm ab und läuft im letzteren Fall über die Columella nach vorn, um vor diesem Knöchelchen entlang der hinteren Fläche des Qua- dratums oralwärts herabzusteigen und dann in den eigenen Kanal des Gelenkteiles der Mandibel einzudringen (Textfig. 24, 13). Der Beschreibung OsawAs konnte ich bezüglich seines Verhältnisses zu der Columella niehts Genaueres entnehmen; doch ist es sehr wahr- scheinlich, daß er auch bei Hatteria die vordere Seite des betreffen- den Ohrknochens überschreitet, wie aus Verst.uys Abhandlung klar hervorgeht. VErsLUYs Resultate, die sich aus umfangreichen Be- obachtungen bei zahlreichen Reptilienarten mit Ausnahme der Schild- kröten ergaben, stimmen teils mit FıscuHers, teils OsawaAs Fällen vollkommen überein. Der erste Typus, bei welchem die Chorda tympani nach Übertreten über die Columella auris aus dem R. hyo- mandibularis rostralwärts abgegeben wird und nach der Schlingen- bildung um die vordere Seite der Columella entlang der hinteren Fläche des Quadratums ventralwärts zieht, ist VERSLUYs Anschauung zufolge die ursprüngliche Form, von der der zweite und dann der dritte Typus abgeleitet worden sind. Da der letzte Typus zu der Solumella auris genau so wie unser bei Trionyx beobachteter Fall sich bezieht, so kann der Schluß gezogen werden, dab der Trionyx- Zustand den sekundären, abgeleiteten ZLacerta-Typen zuzuschreiben ist. Bei dem von WATKInson bei Varanus festgestellten Falle zog der Nerv ebenfalls »over the columella auris«, wie VERSLUYS erster Typus. Auch Corps gewann bei Vögeln dasselbe Ergebnis. Nach NOAK und KunkeEu scheint es für die europäischen Schildkröten ganz allgemein gültig zu sein, daß sein Anfangsstück an der aboralen Seite der Columella auris liegt. Nur BENDER erwähnt bei Trionyx ferox: »Kurz ehe der Facialis die Columella überschreitet, zweigt 1 Nach Fischer haben vor ihm bereits VoGT, MÜLLER, PLATNER und BONNSDORF bei verschiedenen Sauropsiden den ähnlichen Nerven gefunden. Anatomische Studien an derjapan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 465 sich die äußerst dünne Chorda tympani ab und wendet sich an der Vorderkante der Columella nach außen, durchzieht mit dieser den Columellakanal und ist dem. Knochenstäbehen auf dieser Strecke erst vorn, dann mehr unten so eng angeschmiegt, daß sie fast in demselben: zu liegen scheint.« Somit ist der Verlauf der Chorda tympani an der Columella auris selbst bei verschiedenen Schild- krötenarten sehr schwankend, und zwar erfolgt er teils konstant vor der Columella (d. h. proculomellar), teils anfangs über, dann vor diesem Knochenstäbehen (d. h. supra- bzw. procolumellar). Über die topographische Beziehung zum Quadratum sind sämtliche Beobachtungen der obengenannten Autoren im großen und ganzen darin übereinstimmend, daß die Chorda einfach an der hinteren Seite dieses Knochens ventralwärts vorbeizieht. Bei Trionyx japo- nicus hingegen ist der Verlauf des in Rede stehenden Nerven etwas verschieden; der Nerv findet sich hier anfangs stets procolumellar, dann steigt er innerhalb des Cavum intermedium herab und durehsetzt den ventralen Teil des Quadratums schräg caudalwärts, um hierauf erst an der hinteren Fläche des Proc. articularis os. quadrati zu erscheinen. Der Nerv kommt demnach bei Trionyx japonieus weder mit der Tympanalhöhle noch dem Columellakanal (wie BENDER glaubt) in Berührung. Es mag noch kurz die Phylogenie der Chorda tympani des Menschen (Textüg. 24, A) berührt werden, die wirklich von hohem Interesse ist. Faßt man zunächst die topographischen Be- ziehungen dieses Nerven zu den Gehörknöchelchen ins Auge, so findet man auf den ersten Blick eine überraschende Übereinstimmung mit den Zuständen beim Trionyx (Textfig. 24, C), die eine Wieder- holung der infracolumellaren Lage beim Menschen vortäuschen könnte, was natürlich keineswegs der Fall ist. Zum genaueren Verständnis kann man sich den Facialisstamm des Menschen am Ursprunge stark verkürzt denken; da denn dieser Stamm eigentlich supracolu- mellar verläuft, so wird dadurch die mit ihm in Verbindung stehende Chorda tympani in ihrer Lage beeinflußt und gewinnt so ebenfalls eine supracolumellare Lagerung, wie dies aus der nebenstehenden schematischen Abbildung 4A’ hervorgeht. Vergleicht man nun dieses Schema 4’ mit dem ©, welches die Zustände des N. facialis beim Trionyx schematisch darstellt, so kann man sofort die Chorda tym- pani des Menschen durch ihre eigentümliche Lagebeziehung zum Gehörknöchelehen von der procolumellar verlaufenden des Trionyx unterscheiden. In ähnlicher Weise wie das Schema 4’ vom Schema A 466 K. Ogushi abgeleitet worden ist, läßt sich das Schema B’ vom natürlichen Ver- halten des Facialis der übrigen meisten Sauropsiden konstruieren. Dabei gewinnt die Chorda tympani einen neuen Verlauf, der mit dem der Chorda tympani des Trvonyx vollkommen zusammenfällt. So ist es klar, daß die jetzige infra- und posteolumellare Lage der Chorda tympani des Menschen nur ein Neuerwerb ist, der mit den Zuständen der meisten Sauropsiden, einschließlich Textfig. 24. A a’ rei E MEI. N. En Q er Superf WS S ma). an, S 055. andır. - 7 R S r Ch. tymp: RL Ch. tymp. : g’ (& 3 NZ. En $ > rn x .Co/um. auris. S Den Co/um. gur's. N ar 5 > - us} 8 S 2 : S > . S R ye' ‘ get S dr cn Schemata des Verlaufes der Chorda tympani bei verschiedenen Wirbeltieren. A, A’ beim Menschen; 5 und B’ bei den meisten Sauropsiden; (bei Trionyx und einigen übrigen Reptilien. Weiteres s. Text. Trionyz, nichts genetisch Gemeinsames hat, vielmehr steht er dem Froschzustand sehr nahe; denn der mit der Chorda tym- pani homologisierbare Nerv des Frosches, der R. mandibularis in- ternus, zweigt sich erst nach dem Übertreten über die Colümella auris von dem Facialisstamm ab und läuft an der hinteren Seite dieses Knöchelchens (natürlich von diesem Knochen sehr weit ent- fernt) ventralwärts herab, ähnlich dem Schema 4’ (vgl. GAUPpPs Froschanatomie). Über die physiologische Bedeutung der Chorda tympani wurden bisher mehrere Anschauungen! ausgesprochen, die jedoch Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 467 weit auseinandergehen. Auf sie näher einzugehen, würde zu weit führen. Ich möchte mich hier nur darauf beschränken, über meine eigene Ansicht eine kurze Bemerkung zu geben. Vor allem halte ich es für sehr wichtig, daß die Mundschleimhaut des Trionyx gar keine Drüsen besitzt. Man könnte zwar die einfachen Becher- zellen, die, abgesehen von dem Tubereulum palatinum und der fal- schen Zunge, auf der Mund- und Schlundschleimhaut sehr verbreitet sind, als eine Art einzelliger Drüsen auffassen, sie kommen jedoch auf dem Innervationsgebiete der Chorda tympani, d.h. auf der fal- schen Zunge, die dem Tubereulum impar des menschlichen Fetus entspricht und durch den Mangel an Muskeln ausgezeichnet ist, gar nicht vor. Deswegen hat die Chorda tympani, wenigstens beim Trionyx, mit der sekretorischen Funktion der Drüse gar nichts zu tun. Ich glaube eher, daß die die Schleimhaut der Mundhöhle in- nervierenden Äste des N. facialis, wie die Chorda tympani sowie der Ram. communicans n. facialis cum n. palatino, mit den Ge- schmacksknospen in enger Beziehung stehen. Dafür sprechen folgende Tatsachen: 1. Die Endknospen, denen auch die Geschmacksknospen zu- zurechnen sind, erhalten bei den Fischen nicht von dem N. trige- minus, sondern vom Facialis, Glossopharyngeus sowie Vagus ihre Nervenzweige. Da die zwei letzteren Nerven, wie es später darge- legt werden soll, an der Innervation der Zunge keinen Anteil haben, so besteht kein Zweifel, daß die Geschmacksknospen von den Ästen des N. facialis versorgt werden. 2. In dem Tubereulum palatinum, das neben dem Trigeminusast auch noch von dem Facialast, d. h. Ram. communicans n. facialis cum n. palatino, innerviert wird, sind Endknospen vorhanden; sie sind vorwiegend in der Medianlinie des Tubereulum palatinum einreihig angeordnet. Demnach steht die Chorda tympani zu dem N. lingualis in gleichem Verhältnis, wie der Ram. ecommunicans n. facialis eum n. palatino zu dem N. palatinus communis. 3. Man glaubt, daß der N. petrosus superfieialis major, der offen- bar dem Ram. communicans n. facialis cum n. palatino des Trionyx homolog ist, bei den Säugetieren dem Ganglion sphenopalatinum motorische Fasern zuführt. Dies widerspricht anscheinend den obigen Annahmen über die sensible Natur des Ram. communicans n. facialis 1 Vgl. die Werke von OsAwA, HERRIK, STRONG, BENDER u.a. 468 K. Ogushi cum n. palatino. Doch es ist Tatsache, daß das Innervationsgebiet der Chorda tympani und des Ram. communicans n. facialis cum n. palatino beim 7rionyz von Muskeln frei ist. Man darf auch nieht übersehen, daß der N. facialis im Laufe der phylogenetischen Entwicklung einer bedeutenden funktionellen Veränderung unterliegt, so daß seine sensiblen Portionen im Gegensatz zu den motorischen allmählich in den Hintergrund treten und endlich zum Teil von den letzteren verdrängt werden. b. Rami muse. depressorum mandibulae (rr. depr. mand.). Zwischen den gleichnamigen Muskeln gehen sie gleichzeitig von dem Stamme hervor. Es sind zwei vorhanden. Der mediale Ast versorgt den M. depressor mandibulae internus, der laterale dagegen den M. depressor mandibulae externus. Ich habe bereits auf S. 328 darauf aufmerksam gemacht, daß der M. dilatator tubae Bojani im großen ganzen meinem M. de- pressor mandibulae internus entspricht, weil er dieselbe Innervation hat, und daß es sehr zweifelhaft ist, ob der M. dilatator tubae Bojani, wie es BoJanus und HoFrFMmANnN angeben, wirklich an der Tuba seinen Ansatz bat. Ich habe auch zugleich betont, daß sich der M. tensor vaginae venae nasoophthalmieae des Trionyx durch die Innervation des N. glossopharyngeus von dem M. dilatator tubae Bojani scharf unterscheidet. c. Ram. muse. sphineteris colli (Fig. 55). Er stellt die distale Fortsetzung des Stammes dar und verbreitet sich von innen her in den Muskel. Die Portio anterior des Muskels erhält einen besonderen zarten Zweig. Nach Vosr zerlegt sich der N. facialis bei Chelone mydas in dem Knochenkanal ebenfalls in die Rami anterior et posterior. Der R. anterior schließt sich endlich an den N. abducens an. Der R. posterior tritt nach einem ähnlichen Verlauf, wie er in unserem Falle dargestellt wurde, aus dem Schädel heraus und verbindet sich hinter dem Kiefergelenk mit einem »fast ebenso starken Ast des Glossopharyngeus« und erreicht dadurch »das Geflecht der Zungen- nerven mit Vagus; er manifestiert sich durch seine, an dieser Stelle befindlichen Anastomosen deutlich als ein Hauptstamm des Sympathi- cus, weshalb ich ihn unter dieser Rubrik beschreiben werde«. Aus diesem Grunde zog er in letzter Instanz den Schluß, »daß ... seine Selbständigkeit als eigener Nerv sehr in Zweifel gezogen werden kann«. Vosr fügte noch hinzu: »eigene Endigungen endlich fehlen Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 469 ihm auch, er wird nur zur Bildung des sympathischen Nerven ver- wandt<. Fischer und besonders Horrmann sprachen sich gegen Vogr aus. Da mir der Kopf der Chelonia mydas noch nieht zur Verfügung stand, so bin ich nicht imstande, Ergebnisse Vogrs zu beurteilen; doch muß ich bemerken, daß ich seine sehr abweichende Auffassung nicht teilen kann. VIII. Paar: N. acustieus (N. VII). (Fig. 51.) Von dorsal den N. facialis bedeckend, verläßt er seitwärts als ein dieker, kurzer Strang die Pars commissuralis rhombencephali. Nachdem er auf der medialen Wand der Ohrkapsel, genau an der vorderen Grenze zwischen dem knöchernen und knorpeligen Teile, eine deutliche Anschwellung, das Ganglion vestibulare, gebildet hat, spaltet er sich sogleich in einen vorderen und einen hinteren Stamm. Der letztere dringt sofort in das Foramen acusticum posterius des Schneckenknorpels ein. Der vordere Stamm dagegen wendet sich, unten die Wurzel des N. facialis begleitend, nach vorn und zer- fällt in einen oberen (dorsalen), diekeren sowie zwei bis drei feinere, untere Äste, die durch das Foramen acusticum anterius prineipale. ‘ bzw. durch die Foramina acustica anteriora accessoria des Pro- oticums in das Cavum labyrinthi osseum gelangen. Der Nerv wird in seinem ganzen Verlaufe von den Arterien, den Aa. auditivae internae, die das häutige Labyrinth versorgen, be- gleitet. Über das weitere Schicksal der obengenannten Nervenäste verweise ich auf die Beschreibung der Sinnesorgane. IX. Paar: N. glossopharyngeus (N. IX). (Fig. 50, 51, 53, 57, 59 und Textfig. 12, 20, 25 und 27.) Aus der Seitenfläche des verlängerten Markes gehen mehrere Wurzeifäden der Vagusgruppe in einer ununterbrochenen Reihe her- vor. Von diesen bilden einige! der vordersten und verhältnismäßig diecksten die Wurzel des N. glossopharyngeus. Sie schließen sich bald zu einem ziemlich dieken Stamm zusammen, der zunächst die Dura mater und den hinteren, medialen Teil der knöchernen Ohr- kapsel (vgl. I. Mittg. S. 22 und 55) schräg nach hinten und seitwärts durchbohrt, um dann in die Fossa jugularis zu gelangen, wo er sich über dem Saccus perilymphaticus an die äußere Seite der V. jugu- ! In der Mehrzahl der Fälle werden sie nur von einem Wurzelfaden gebildet. 470 K. Ogushi laris interna anlegt. Darauf tritt er durch das Foramen jugulare laterale nach außen, zieht dann über den hinteren Rand des Ptery- goids an die äußere Seite der A. carotis und bildet hinter der Ab- gangsstelle der A. temporalis posterior ein ansehnliches Ganglion petrosum (BENDz, FISCHER, HOFFMANN; Ganglion cervicale -supre- mum MÜLLERS) (Textfig. 27, G. petros.). Textfig. 25 Dorsal. V_jug.&x- V. med. ua V.anastom nuch. ant. Kjug ink. VW Facıal. = ar 2 mask. “ = el ARE — m ma -Can. Carof. Kandal. ALDI) DD Ai ni, A Trvisc ME Rn De ; Is N Rpharyng.dors./N.IE.) .hyomandib. u. . . "P- | N \ x > NA. A.ventr. NC.I. Y\: \ desc ) A UN 7 Arpharyng- 5 Rpharyng. com.(M.IK) Trpharyng. laryng.NX. N 2 Ar pharyng*, venfr. Ranask.Iransv. laryng- R.rec.laryng.(N.XJ R' ling. Ventral. Vagusgruppe und vordere Halsnerven nebst ihren Beziehungen zu den vorbeipassierenden Blutgefäßen am vorderen Halsteile. Seitenansicht. Außer dem genannten, makroskopischen Ganglion kommen im Laufe des Stammes noch zwei mikroskopische Ganglienzellenanhäu- fungen vor, die man bisher nicht beobachtet hat (vgl. Textfig. 27). Die proximale, größere erinnert in der Gestalt an ein Spinalganglion; sie schließt sich als ein scharf abgegrenzter, halbkugliger Körper an den hinteren Umfang der intrameningealen Strecke des Stammes an. Die distale, kleinere weist hingegen keine bestimmte Gestalt auf, sondern wird durch eine Gruppe spärlicher Nervenzellen dar- gestellt, die im Verlaufe des Stammes durch den Recessus posterior des knöchernen Labyrinthes zwischen den Nervenfasern zerstreut sind. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 471 Es drängt sich nun die Frage auf, welehe Bedeutung diesen beiden Ganglien zugeschrieben werden kann. Zur Beantwortung dieser Frage wäre es wichtig, auf die Ontogenie und die verglei- chende Anatomie dieser Bildungen näher einzugehen, was eigentlich nicht auch in den Rahmen dieser Mitteilung gehört, weshalb ich diesen Punkt vorläufig nur kurz berühren möchte. Das proximale, diskrete Ganglion an der Wurzel gehört offenbar in die Kategorie der Spinalganglien und ist dem beim Menschen sehr häufig auf- tretenden Ganglion superius gleichzustellen. Aus diesem Grunde möchte ich es auch als Ganglion superius n. glossopharyngei (G. superius)! bezeichnen. Die distale, unregelmäßige Nervenzellen- anhäufung ist dagegen von Haus aus nicht selbständig, sondern ge- hört zu dem letztgenannten Ganglion, so daß sie Ganglion su- perius accessorius (G. superius access.)! genannt werden könnte. Nach Corps besitzt der N. glossopharyngeus der Vögel neben dem Ganglion petrosum noch innerhalb des Schädels ein Ganglion, eben das Ganglion superius, das man wohl von unseren proximalen Ganglien ableiten könnte. Aus dem Ganglion petrosum treten folgende Nervenäste heraus: 1. Ram. musec. tensoris vaginae venae nasoophthalmicae (R. tensor. vag. ven. nasoophthalm.). Ein mikroskopisch feiner Faden, der in der Nähe am Ganglion petrosum entweder von dem Nervulus tympanicus oder dem letzteren Ganglion selbst abgegeben wird. Er dringt sogleich in den gleich- namigen Muskel ein und verläuft in demselben der Länge nach eranialwärts. Er entspricht wahrscheinlich dem »Ramus ad tubam, ex ansa (nervi intercostalis magni) cum glossopharyngeo« von Bo- JANUR. 2. Nervulus tympanieus s. Ram. communicans cum Ganglio genieuli (N.tympan.). Ein stark reduziertes, zumeist mikroskopisch feines Fädchen, welches einen gewissen Teil des Plexus tympanieus Jacobsoni der höheren Wirbeltiere repräsentiert. Während seines Verlaufes hält es sich vorzugsweise an die laterale Wand der A. temporalis poste- rior und läuft etwas geschlängelt nasalwärts. Kurz bevor die letz- tere Arterie. in den eigenen Kanal am Dache des Canalis v. naso- 1 Aus diesen beiden Ganglien tritt kein selbständiger Nerv hervor. 472 K. Ogushi ophthalmica eintritt, trennt es sich von dem Blutgefäß und senkt sieh über die V. nasoophthalmiea in das Ganglion genieuli ein. Es ist sehr merkwürdig, daß die Dicke dieses Nerven zu der des gleich zu erwähnenden R. communicans cum n. palatino in umgekehrter Proportion steht. Nach BoJAnus, FISCHER, VERSLUY, CORDS, WAT- KINSON u. a. soll der betreffende Nervulus vorher, d. h. hinter der Columella auris, mit dem R. posterior des N. facialis zusammen- hängen, was aber für Trionyx nicht zutrifft. 3. Ram. communicans n. glossopharyngei cum n. palatino (R. com. n. IX cum n. palat.). Ramus sympathieus Vidiani, BoJAnus; R. spheno-palatinus, CORDS; R. communicans internus rami palatini cum glossopharyngeo, FISCHER. Er ist gewöhnlich etwas dicker als der vorige Nerv, aber eben- falls makroskopisch schwer darstellbar. Der Nerv tritt mit seinen zahlreichen Wurzeln (zwei bis vier) aus dem Ganglion petrosum hervor, die nach der Bildung eines einfachen weitmaschigen Ge- flechtes nach kopfwärts ziehen und an der Wand der A. carotis zu einem Stamm znsammenfließen, der an der äußeren Wand dieser Arterie, ventral von dem vorigen Nervenfaden, gerade nach vorn zieht und am Ausgang des Canalieulus pro ramo communicante n. faciali eum n. palatino mit dem entgegenkommenden, gleichnamigen Ast des N. facialis zu dem N. palatinus communicans rechtwinklig zusammentritt, wie dies bereits bei der Besprechung des N. facialis erwähnt wurde. Beim Vorbeipassieren über die Tuba Eustachii trennt sich von ihm ein sehr zarter Zweig, der sogleich in die Wand der Ohrtrom- pete einzudringen scheint. MÜLLER konstatierte diesen Ramus communicans schon früher bei Phyton tigris sowie Orotalus horridus und faßte ihn als das Homologon der menschlichen JacoBsonschen Anastomosen auf. FıscHer schloß sich mit einigem Vorbehalte diesem Autor an; er vermutete indes, daß der betreffende Nerv eigentlich von dem R. pala- tinus des N. facialis entspringe. Osawa sprach dagegen nachdrück- lich aus, daß der Ram. communicans in der umgekehrten Richtung, d.h. zentrifugal leitet. Bei 7rronyx besteht der Nerv aus Elementen, die in ihrem eaudalsten Teile bis zur Höhe der Tuba Eustachii mit deutlicher Markscheide umgeben, aber von da ab rostralwärts durchaus marklos sind. Deswegen kann man auf Querschnitten einen großen Durchmesserunterschied zwischen seinem vorderen und Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. 1I. 473 hinteren Teile erkennen, deren Grenze ungefähr der Lage der Tuba Eustachii entspricht. Da die markhaltigen Nervenfasern lediglich an ihren beiden Enden nackt sind, so sind für die Auffassung des marklosen Abschnittes des betreffenden Nerven zwei Möglichkeiten zulässig, ob es sich nämlich um das proximale Endstück oder um das distale handle. Das letztere wäre nur dann annehmbar, wenn dieser Nerv motorisch wäre, was jedoch nicht der Fall ist. Somit kann man den marklosen Teil des Ram. ecommunicans n. glossopharyngei in physiologischer Hinsicht als das proximale Endstück eines Neu- rons betrachten. Eine endgültige Entscheidung dieser Frage wird wohl den Physiologen überlassen werden müssen. 4. Ram. communicans cum ganglion radieis n. vagi (R. com. n. IX cum g. rad.) Er geht aus dem distalen Ende des Ganglion petrosum hervor, wendet sich gleich um die äußere Fläche der A. carotis nach hinten und rückwärts und verbindet sich mit der distalen Spitze des Gan- glion radieis n. vagi. Die distale, direkte Fortsetzung des Ganglion petrosum wird durch den 5. Ram. pharyngeus communis (R. pharyng. com.), den vorderen Hauptast Horrmanns, N. laryngeus superior FISCHERS, Ram. lingualis CoRD®’ vertreten. Dieser sehr dicke Nerv verläuft in Begleitung der A. hy- oidea anterior in einem großen Bogen, dicht außerhalb der Seiten- wand des Pharynx entlang, gegen den Kehlkopf, wobei er proximal von außen her durch den N. hypoglossus gekreuzt wird. Distal hält er sich an die dorsale Fläche des M. intercornuatus und entspricht in der Richtung der Lage des Cornu branchiale I. In einiger Ent- fernung von dem Kehlkopfe nähert er sich allmählich dem Truncus pharyngo-laryngeus des Vagus, mit dem er nach dem Passieren über die A. hyoidea posterior spitzwinklig zusammenfließt (vgl. Textfig. 20 und 25). Von seinem weiteren Schicksal wird weiter unten die Rede sein (vgl. S. 475). Unterwegs sendet er zahlreiche Seitenzweige ab, von denen die meisten nach vorn laufen und sich in der ventralen Pharynxwand verlieren (Rr. pharyngei ventrales, Surceuli pharyngei externi Bojani), wovon nur folgende zwei eine Ausnahme machen. a. Ram. pharyngeus dorsalis (R. pharyng. dors.). Er trennt sich 474 K. Ogushi sehr bald von dem Stamme, begibt sich dann allein medianwärts und verzweigt sich in der dorsalen Pharynxwand. b. Ram. musc. hyomandibularis. Ein starker Ast, der sich kurz nach dem Überschreiten über die A. carotis vom Stamme des R. pharyn- geus communis nach außen ablöst. Er schlingt sich hinter dem Ur- sprung des M. hyomandibuluris um das dorsale Ende des Cornu branchiale I herum und dringt in den gleichnamigen Muskel ein, wobei er den Stamm des Hypoglossus kreuzt. X. Paar: N. vagus (N. X.) (Textfig. 12, 20, 25—28, 42 und Fig. 50, 51, 53, 57 u. 59.) Der Nerv! beginnt mit einer ununterbrochenen Reihe zarter Wurzelfäden, die aus der Seitenfläche des verlängerten Markes so- wie des proximalsten Teiles des Rückenmarkes hervorgehen. Der distalste Wurzelfaden (Fig. 50 u. Textfig. 20, Rad. spin.) geht ein wenig höher als die Austrittsstelle des zweiten Halsnerven ab, biegt dann proximalwärts um und läuft, von Zeit zu Zeit feine Zweige aus dem Rückenmark sowie dem verlängerten Marke aufnehmend, dem Foramen jugulare internum entgegen, an welchem er sich wiederum mit einer bestimmten Anzahl proximaler Wurzelfäden, die in viel kürzeren Abständen, als die distalen, dicht hinter der Glossopharyngeuswurzel, aus der Medulla oblongata austreten, zu einem dieken Stamm ver- einigt. Sobald der auf diese Weise gebildete Vagusstamm das Foramen jugulare internum durchsetzt hat und in die Fossa jugularis gelangt ist, biegt er an der inneren Seite der V. jugularis interna fast rechtwinklig nach hinten um und zieht in der gleichnamigen i Wie schon früher FÜRBRINGER beim Trionyx japonicus richtig bewiesen hat, kommt der dem N. accessorius Willisi des Menschen entsprechende ?. externus des N. vagus gar nicht vor. Dieses Fehlen ist nichts Ungewöhn- liches, denn bereits FıscHer hat sich auf Grund ausgedehnter Beobachtungen ausgesprochen, daß dieser Nerv »nicht überall vorhanden zu sein scheint«. Aus diesem Grunde habe ich auch den Namen »N. accessorius« bzw. »R. externus« völlig weggelassen. — Dementsprechend wird ohne weiteres ein Zweifel gehegt, ob die aus dem Rückenmark hervortretenden Wurzelfäden des Vago-accessorius der niederen Wirbeltiere wirklich dem motorischen, die Sterno-cleido-mastoideus- Gruppe versorgenden Ram. accessorius Ursprung liefern. Ich bin nicht in der Lage, darüber etwas Entschiedenes auszusprechen. Immerhin müssen die be- treffenden Wurzelfäden, wenigstens beim Trionyx, der motorischen Fasern für quergestreifte Muskeln entbehren und lediglich entweder mit der sensiblen oder der vasomotorischen oder höchstens mit der glatte Muskelfasern des Eingeweides in Bewegung setzenden Leitung betraut sein. Es wäre dann die Quelle für den tam. accessorius irgendanderswo zu suchen. _ Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 475 Furche des Exoceipitale caudalwärts. Alsdann tritt er aus dem Foramen jugulare externum hervor und nimmt bald darauf die beiden Hypoglossuswurzeln auf, wodurch er eine bedeutende Dicke erreicht. _ Darauf schwillt er an der äußeren Seite des M. epistropheo-squamosus ventralis zu einem nicht immer deutlichen, spindelförmigen Ganglion radieis n. vagi Fischers! (G.radie.n. X.) an. Jenseits des Ganglion spaltet er sich nach der Abgabe des N. hypoglossus, etwa in der Höhe der zweiten Halswirbelverbindung in zwei Hauptäste, den Truneus pharyngo-laryngeus und den Tr. visceralis. Es mag noch bemerkt werden, daß der Vagusstamm mit der vorderen Hypoglossuswurzel den Ursprung der A. oceipitalis zwischen sich faßt. Hinter dem Foramen jugulare externum hält er sich an der medialen Seite der A. carotis und liegt gemeinsam mit ihr in der: derben Vagina vasorum eingeschlossen. A. Truneus pharyngo-laryngeus (Tr. phary. lar.) Ram. laryngeus vagi, BOJAnUs; N. pharyngo-laryngeus, FISCHER; Ram. pharyngo- laryngeus, HOFFMANN. Unmittelbar nach der Trennung vom Stamm kreuzt er die A. carotis an deren ventraler Seite, um sich an die A. hyoidea se- cunda 8. posterior anzulegen. In dieser Strecke konnte ich sehr oft das Vorkommen von spärlichen Ganglienzellen mikroskopisch kon- statieren. Dem letzteren Blutgefäß folgend, strebt er weiterhin ven- tralwärts zwischen dem zweiten Zungenbeinbogen und der Seiten- wand des Pharynx in einer großen Bogenlinie zum Kehlkopf, um sich nach der Vereinigung des R. pharyngeus communis des N. glosso- pharyngeus in mehrere Endzweige zu spalten. Unterwegs werden von ihm folgende Seitenzweige abgegeben: 1. Ram. pharyngo-oesophageus (R. pharyngo-oesoph.) R. pharyngeus, HOFFMANN. Er ist der erste Zweig, der von dem Hauptaste abgeht. Nach der Abgabe einiger, mehr oder minder dicker Rr. pharyngei dor- sales et ventrales (Rr. pharyng. ventr., Rr. pharyng. dors.) verläuft er nach hinten und dringt in der Nähe der Ansatzstelle des M. levator pharyngei in den proximalen Teil des Ösophagus ein. Ich konnte auch präparatorisch den direkten Übergang seiner End- zweige in das sympathische Geflecht der Ösophaguswand verfolgen. 1 Bei der Verfolgung der Vaguswurzel unter dem Mikroskop konnte ich feststellen, daß die dazu gehörigen Ganglienzellen schon innerhalb der Fossa jugularis gleichzeitig oder etwas caudal von dem Ganglion petrosum n. IX zum Vorschein kommen. Morpholog. Jahrbuch. 46. 31 476 K. Ogushi 2. Rami tracheae anastomotiei (R. trach. anas.). Sie sind gewöhnlich fein und ein bis zwei vorhanden. Nach der Trennung vom Hauptast, die in der Nähe des Kehlkopfes erfolgt, laufen sie einwärts gegen die ventrale Seite der Trachea und ver- binden sich rechtwinklig mit dem N. reeurrens laryngeus, wobei der proximal entspringende Zweig caudal, der distale dagegen eranial die betreffende Verbindung eingeht, was dadurch verursacht wird, daß der Truneus pharyngo-laryngeus, aus dem diese Anastomosen- äste direkt entspringen, knapp vor ihrem Ursprunge eine Schleife eranialwärts bildet, also nach der Art eines Recurrens die umge- kehrte Richtung einschlägt (Textfig. 20). Sie entsenden einige zarte Zweigchen in die Pharynxwand. 3. Rami pharyngei ventrales (rr. pharyng. ventr.). Sie sind im allgemeinen zart und zahlreich vorhanden und ver- lieren sich bald in der ventralen Wand des Pharynx. Die vier Endzweige des Truncus pharyngo-laryngeus, deren Faserelemente nicht ausschließlich dem Vagus ihren Ursprung ver- danken, sondern zum Teil sicher dem Glossopharyngeus angehören, sind folgende: 4. Ram. lingualis (R. ling.). Dicht neben dem Kehlkopf geht er entweder mit einer Wurzel oder als zwei getrennte, beinahe parallel verlaufende Nerven nach vorn ab und läßt sich gewöhnlich bis zur hinteren, mobilen Zunge verfolgen. 9. Ram. muse. dilatatoris laryngei (R. m. dilat. laryng.). 6. Ram. musc. constrietoris laryngei (R. constr. laryng.). Diese beiden Muskelzweige entspringen meistens selbständig oder auch als ein gemeinschaftlicher Nerv. Im ersteren Falle ist der Ram. muse. sphineteris laryngei ein Ast des zunächst zu er- wähnenden Ram. anastomoticus, andernfalls trennt er sich von der Wurzel des Dilatatorastes ab, der ausnahmslos vom Ende des Haupt- astes entspringt. 7. Ram. anastomotieus transversus laryngei (R. anast. transv. laryng.). Eine quere Verbindung zwischen den beiderseitigen Trunei laryngo-pharyngei ist bei den Reptilien bis jetzt noch sehr selten be- obachtet worden, so von FISCHER nur bei Orocodilhia, von VAN BEMMELEN Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 477 und nachher von OsawA bei Hatteria, und von WATKINSON beim Varanus; bei den Schildkröten haben dagegen alle Beobachter diese Verbindung nicht nachweisen können. Im Gegensatz zu diesen Be- funden habe ich beim 7rionyx diese Kommunikation als vorherrschend angetroffen. Sie verhält sich folgendermaßen: Ein relativ dieker, aber dorso-ventralwärts abgeflachter Nerv, der in der halben Höhe des Ringknorpels an dessen ventraler Seite quer von links nach rechts verläuft. Die Kehlkopfdilatatoren werden an ihrer ventralen Seite von ihm durchquert. Außer den beiden Trunei pharyngo-laryngei steht der Nerv noch mit dem N. reeurrens laryngeus in Verbindung und gibt andererseits den Ram. muse. sphineteris laryngei nach vorne ab. . Da die Zunge eigentlich dem Verbreitungsgebiet des N. glosso- pharyngeus angehört, so liegt es auf der Hand, daß der Ram. lin- gualis diesem Hirnnerv zuzuschreiben ist. Nach FıscHer weist der N. glossopharyngeus bei vielen Reptilien ein bis zwei quere Anasto- mosen auf, doch er betrachtet diese Anastomosen sowie die Pharynx- zweige des Glossopharyngeus als Nervenäste, die »wirklich dem Vagus angehören und nur hin und wieder in der Bahn des Glosso- pharyngeus verlaufen, um als dessen Zweig auszutreten«. B. Truneus visceralis (Tr. viscer.) Ram. recurrens, STANNIUS. Nach der Trennung von dem vorigen Hauptaste setzt er die Richtung des Stammes caudalwärts fort und endet innerhalb des Brustkorbes, dieht vor dem distalen Ende der A. pulmonalis, mit einer ansehnlichen, spindelförmigen Anschwellung, dem Ganglion thoracicum s. trunei nervi vagi Fischers (Textfig. 26 u. 42, G. trune. N.X.). Dieser Hauptast weist folgende sehr komplizierte Lageverhältnisse auf: Anfangs liegt er seitlich vom Pharynx, dann aber rechts an der äußeren Seite der Trachea bzw. des rechten Bronchus. Links da- gegen folgt er beständig dem Verlaufe der Speiseröhre an ihrer äußeren Seite. Durch die ganze Länge des Halses hält er sich ferner unter eigentümlicher winkliger Kniekung, bald von ventral, bald von medial, an die A. carotis und trennt sich von der letzteren erst an der medialen Seite des M. carapaco-plastralis oder in der Nähe der Lungenwurzel. Da er außerdem, besonders in der cephalen ‘Hälfte des Halses, mehr dorsal als die Foramina intervertebralia verläuft, müssen die Halsnerven, namentlich deren Rr. ventrales, die 31* 478 ursprünglich dorsal von dem in Rede stehenden Hauptast ihre Lage eingenommen haben, in mehr oder minder scharfem Bogen den be- treffenden Truneus überschreiten, um ihre primäre Lage beizubehalten. "Aey93 voyun yozu SoroL], Sop uoyony zo "IUOIsuy aoyoıppos ur ‘TezinasieH op ur ogrfostug pun uaaıon 'JBssJ00 yurbn/A (yyedwAs) yxa ınBn/ \, awwsoyIsny'g . 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Er läuft in schräger Richtung nach hinten und rückwärts an die ventrale Seite des Armgeflechtes und erzeugt hier auch eine deutliche Anschwelluung, das Ganglion fusiforme cervicale nervi sympathici (Textfig. 26 u. 42, G. fusiforme). ‘Dieser selbständig gewordene Nerv ist nichts anderes als die cephale Fortsetzung des Grenzstranges. Bezüglich des letz- teren Nerven sowie des Ganglion fusiforme cervicale verweise ich deshalb auf das Kapitel »sympathische Nerven« (S. 538—540). Um einem Mißverständnis vorzubeugen, möchte ich vorläufig nur darauf auf- merksam machen, daß der Halsteil des Grenzstranges des Trionyx im Gegensatz zu den meisten Reptilien nicht selbständig, sondern wenigstens in der cephalen Hälfte an dem eigentlichen Vagusteil eng angeschlossen und nur höchst selten als ein diskreter, selb- ständiger Strang bis zur Nähe des Ganglion radieis vagi verfolgbar ist. Zwischen den hinteren selbständig gewordenen Abschnitten des eben besprochenen sympathischen Nerven und des Truneus visceralis - kommen öfters einige zarte Anastomosen vor. Abgesehen von diesen Anastomosen weist der Truncus visceralis keinen Seitenzweig auf. Erst aus dem Ganglion thoraeicum n. vagi gehen folgende Endnerven hervor: 1. Ram. glandulae thyreoideae (R. cland. thyreoid.). 2. Ram. thymieus (R. thym.). Diese beiden (Textfig. 41) sind so dünn, daß es mir nur selten gelungen ist, sie makroskopisch zu verfolgen, wobei sie stets ventral und medial von der A. carotis nachgewiesen werden konnten. Der Ram. thymicus bildet hinter dem Aortenbogen eine Schlinge. 3. Ram. bronchialis anterior (R. bronch. ant.). 4. Ram. bronchialis posterior (R. bronch. post.). Sie sind konstant und verhältnismäßig ziemlich dick. Aus der Spitze des genannten Ganglions gehen sie dicht nebeneinander her- vor und begeben sich medial bzw. außerhalb von der A. pulmonalis nach hinten zum gleichseitigen Bronchus, um sich schließlich im Lungenparenchym auszubreiten. Der Ram. posterior, der selbstver- 480 K. Ogushi ständlich an der hinteren Wand des Bronchus der Länge nach ver- läuft, ist sehr oft in zwei Wurzeln gespalten. Die betreffenden Äste, die schon früher von Bosanus bei Testudo europea beobachtet und nachher von Horrmann als Rami pulmonales benannt worden sind, sind offenbar dem Plexus pulmonalis anterior et posterior des Menschen zu vergleichen. Allein die beim Menschen vorkommende direkte Verbindung zwischen diesen Nervenästen und dem benachbarten sympathischen Geflechte, die nach FISCHER auch bei den meisten Reptilien bestehen soll, ist beim Trrionyx nie vor- handen. 5. Ram. recurrens oesophagei (R. rec. oesoph.). Obschon der Ösophagus ungewöhnlich stark in die linke Körper- hälfte verlagert ist, kommt er beiderseits vor, zeigt jedoch in seinem Verlaufe bedeutende Asymmetrie. Der Ram. recurrens oesophagei sinister schlingt sich nämlich von außen um den gleichseitigen Aortenbogen herum und steigt in Begleitung der V. oesophagea, längs der medialen, d. h. rechten, Wand der Speiseröhre bis zum Pharynx; unterwegs spaltet er sich gewöhnlich in zwei dünne Fäden, die beinahe parallel verlaufen. Der rechtsseitige Nerv wendet sich dagegen unmittelbar schräg nach vorn und ventral, überschreitet “ die Rückenfläche des M. collo-plastralis, des M. coraco-hyoideus und ferner der Trachea und dringt endlich in der Höhe des vierten bis fünften Cervikalnerven in die rechte Seite der Ösophaguswand, in der er ein Nervengeflecht bilde. Vom linken Ram. recurrens oeso- phagei zweigt gewöhnlich ein zarter Ram. recurrens oesophagei descendens (R. rec. oes. dese.) ab, der Zweige in die Pars cardiaca des Magens strahlt. Nach E. Görrerr kann man ihn mit dem: t. branchialis II n. vagi der niederen Wirbeltiere identifizieren. 6. Ram. recurrens laryngei (R. rec. laryng.). Dieser Nerv wurde bisher bei verschiedenen Schildkröten von mehreren Seiten, namentlich von BoJanus, BENDZ, Swan, Vogt, VAN BEMMELEN, GÖPPERT u. a., einer eingehenden Untersuchung unterzogen. Trotzdem gehen die Ansichten der genannten Forscher in bezug auf sein Endschicksal — selbst bei ein und derselben Speeies — beträchtlich auseinander, was wohl auf die außerordent- liche Zartheit dieses Nerven zurückgeführt werden kann, die es kaum gestattet, ihn bis zu seinem Endgebiete zu verfolgen. Beim Trionyx dagegen ist der Nerv verhältnismäßig dick, was mir erlaubte, ihn ohne Unterbrechung darzustellen. Dabei ergab sich folgendes: Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 481 Hinter dem gleichseitigen Aortenbogen nach innen ziehend, ge- langt er früher (rechts) oder später (links) an den Bronchus derselben Seite und steigt an seiner lateralen Fläche entlang bis zum Kehl- kopf hinauf, worauf er sich im rechten Winkel mit dem Ram. anasto- moticus transversus laryngei des Truncus pharyngo-laryngeus (vgl. S. 476) verbindet. An der Trachea liegt er eher an der ventralen als an der lateralen Seite. Unterwegs gibt er mehrere mikroskopisch- dünne Zweigchen! für die Trachea bzw. den Bronchus ab, die mit Vorliebe zwischen den Knorpelringen quer verlaufen. Dadurch wird der Nerv kopfwärts immer dünner, gewinnt jedoch in der Nähe des Kehlkopfes durch den bereits beim Truncus pharyngo-laryngeus be- sprochenen Zuwachs an Dicke (vgl. S. 476). Nach HorrmanN soll dieser Nerv in der Mitte des Halses ab- . gehen, was aber beim 7rronyx nicht der Fall ist. VAn BEMMELEN schreibt: »bei Schildkröten, wo der Ductus Botalli lebenslang er- halten bleibt, schlägt sich der N. laryngeus inferior hinter diesem herum«. Zu diesem Satze möchte ich nur so viel bemerken, daß der Ductus Botalli bei sämtlichen von mir untersuchten japanischen Schildkrötenarten nach dem Ausschlüpfen aus der Eischale spurlos verschwunden war und daß sich in dieser Hinsicht auch meine Be- _funde mit den Beobachtungen von OsawA an Hatteria punctata ziem- lich decken. 7. Ram. eardiacus? (R. card.). Der Ram. cardiacus sinister ist beträchtlich lang, weil das Herz in der rechten Körperhälfte situiert ist und demgemäß von dem Ganglion thoracieum n. vagi sinistrum weit absteht. Er läuft median- wärts spiralig um die gleichseitige Aortenwurzel, wobei er zuerst an der ventralen, dann der vorderen, d. h. cephalen und endlich an der dorsalen Fläche desselben Blutgefäßes erscheint. Der rechte Herzast ist sehr kurz, verläuft zunächst ventralwärts, schlingt sich dann spiralig um die A. pulmonalis derselben Seite 1 Zur Bestätigung dieser Zweigchen habe ich mich der vitalen Methylen- blaufärbung bedient. 2 Dieser Nervenast wurde von BOJANUS bei Testudo europea nachgewiesen. Nach demselben Forscher steht der Nerv mit dem sympathischen Nerven in direkter Verbindung, weshalb er ihn als »Ramus intercostalis nervi (magni) ad plexum cardiacum< — die Bezeichnung »nervus intercostalis magnus« ist ein Synonym des N. sympathicus neuer Nomenklatur — benennt. Beim Trionyx konnte ich eine solche Verbindung zwischen dem Ram. cardiacus und dem Sym- pathieus makroskopisch nicht darstellen. 482 K. Ogushi von der äußeren auf die dorsale Seite herum und dringt an der Atrio-ventrieular-Grenze in die Vorhofswand ein. Sein distales Stück kann in zwei Äste geteilt sein. Die beiden Herzäste verbinden sich endlich mit dem Nerven- geflecht in der Herzwand. Dieses weist besonders in dem papier- dünnen, durchsichtigen Bezirk des Vorhofes mehrere Ganglien auf, deren Zellen sich durch die vitale Methylenblaufärbung unzweideutig als sympathische erweisen lassen. 8. Ram. gastrieus (R. gastr.). N. stomatieus anterior, BOJANUS. Der linksseitige ist im Gegensatz zu dem vorigen Nervenaste sehr kurz. Nachdem er von der Spitze des gleichseitigen Ganglion thoraeieum n. vagi abgegangen ist, begibt er sich sogleich vor dem Bronchus nach der Pars cardiaca des Magens. Der rechte Magenast (vgl. Textfig. 42) ist hingegen beträchtlich lang und stark, wendet sich ventral von dem Bronchus medianwärts und passiert schräg den dorsalen Teil des Herzbeutels. Alsdann tritt er an die dorsale Seite der linken A. pulmonalis und der V. anonyma, um in dem vorderen Teile des Peritoneums in einige Zweige zu zerfallen. Von den letzteren läuft der eine noch eine Strecke weiter nach links, zieht medial von dem linken Bronchus und verbindet sich endlich mit dem linken Ganglion thoracicum n. vagi; ich möchte diesen zarten Nerven als R. communicansinterganglionis trunei (Textfig. 42, R. com. intergang]. tr.) bezeichnen. Die übrigen Zweige dringen direkt in den rechten Rand der Pars cardiaca ein. 9. Truneus intestinalis (Tr. intest.). Ein überaus dicker Nerv, der ebenfalls aus der Spitze des Ganglion thoracieum hervorgeht und an der äußeren Wand des distalen Schenkels des gleichseitigen Aortenbogens caudalwärts ver- läuft. Der linke Eingeweidestamm zweigt nahe der Ursprungsstelle der großen Eingeweidearterie viele Seitenäste ab und bildet darauf ein öfters recht ansehnliches Ganglion. Der rechtsseitige löst sich hingegen früher in mehrere Zweige auf, die gegen die Wurzel des gleichseitigen Mesocolon nach hinten divergieren und kurz vor der Vereinigungsstelle der beiden Aortenbögen teils in den Plexus mesen- tericus, teils in den Plexus aortico-urogenitalis des Sympathbicus übergehen. Der linke Eingeweidestamm entsendet außerdem gegen die Curvatura major des Magens einen starken Zweig, den Nerv. sto- Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 483 * maticus posterior Bojani (Textfig. 42, N. stomat. post.), der, be- gleitet von der A. pancreatico-duodenalis, bis in das Pankreas ver- folgt werden kann. 10. Ram. hepatieus. Ich konnte ihn nicht direkt beobachten. Jedenfalls kann man annehmen, daß er hier durch mehrere feine Fäden vertreten wird, die entweder aus den Magenzweigen des Truncus intestinalis ab- sehen, oder in der Bahn irgendeines sympathischen Geflechtes in die Leber gelangen. XIL Paar: N. hypoglossus (N. XII). (Fig. 50, 51, 55—59 u. Textfig. 12, 20, 25 u. 27.) Er entspringt mit mehreren (zirka neun) zarten Wurzelfäden, die sich dieht neben dem Suleus basilaris hintereinander regelmäßig anordnen, von der ventralen Seite des verlängerten Markes. Diese Fäden vereinigen sich bald meistens zu zwei Wurzeln, die durch die gleichnamigen Löcher des Exoceipitale die Schädelhöhle verlassen. Die vordere Wurzel (Textfig. 27, Rad. ant. N. XII.) ist nicht selten am Ursprunge in zwei Portionen gespalten, die erst nach oder beim Durchtritt durch die vorderen, schon in der ersten Mitteilung als anomal bezeichneten zwei Löcher zu einem Strang verschmelzen, und läuft hinter der A. oceipitalis in schräger Richtung latero- caudalwärts und verbindet sich dann direkt mit dem Stamm des N. vagus. Die hintere Wurzel (Textfis. 27, Rad. post. N. XII.) durchsetzt dagegen selbständig den M. atlanto-exoceipitis und ver- schmilzt, ein wenig distal von der Vereinigungsstelle der vorderen Wurzel, ebenfalls mit dem Vagus. Die eigentliche Fortsetzung des N. hypoglossus trennt sich erst hinter dem Ganglion radieis n. vagi als ein selbständiger, dicker Nerv von dem N. vagus ab, oder wird dadurch gebildet, daß die vordere Hypoglossuswurzel nach der Auf- nahme eines zarten Zuwachses aus dem N. vagus mit der hinteren Wurzel zu einem selbständigen Strang zusammenfließt, was jedoch selten der Fall ist. Darauf schlägt der Nerv folgende Bahn ein: Zunächst zieht er, die dorsale Wand der A. carotis nach außen umschlingend, an den hinteren Rand des dorsalen Endes des zweiten Zungenbeinbogens, des Cornu branchiale I., worauf er sich schräg nach außen und abwärts gegen die Grenze zwischen den Ursprüngen des M. hyo-mandibularis und des M. intereornuatus wendet, um in der gleichen Richtung den letzteren Muskelbauch zu durchsetzen. 484 K. Ogushi Nach Abgabe mehrerer (vier bis sechs) Äste für den M. intereor- nuatus kommt er an der Seite des Ursprunges der Portio anterior des M. genio-hyoideus wieder zum Vorschein und gibt einen starken Ast für diesen Muskel, den Ram. hypoglossi posterior Horr- MANNS, sowie einen etwas schwächeren für den M. hyo-glossus ab. Sodann nimmt er seinen Weg entlang dem äußeren Rande des Os entoglossum gerade nach vorn und endigt nach Abgabe je eines Textfig. 27. WA ee”; FCCESS.“- - ER 6 superıus ’ Forjugul, inku.NW X Su) ‘ . = N a) ATMEN aD. Acc i ER N Di Y) ae, a P 4 A\ "07 Rad post N. X. x = ER a 5 j Sr M.tympSg 4 \ A.post N. XI. 2 Ik descend. 2 AHanto -exocc/pik #5 Acom.u KZcum.|f #7 N. n.palaf. G Ä v, NZ Aocep. | (= Adors NEL. Gradieis(N X)--H- = | >06 - 6 pefros.--" "50 3 NL ; h . Rcomu.RX Se 47 cumg rad. ni Rpharyng--- cvors /W.IX) A.pharyng: com.(N IX) fg Z R d , . Bm. Ahyomandıbul. 7 nal i 2 A.caroris. N.ÄL. AHanto- opisthoftc. #7. Verhältnisse der hinteren Gehirnnerven sowie der ersten Halsnerven nach dem Austreten aus dem Schädel und Wirbelkanal. Stark vergrößert. Dorsalansicht. Ringe an den Gehirnnerven zeigen die zugehörigen Knochenlöcher, durch die die betreffenden Nerven treten. schwachen Astes für den M. entoglosso-glossus und den M. entoglosso- hyoideus in dem M. genio-glossus. Beim Trionyz kommt die termi- nale Verbindung dieses Nerven mit dem N. lingualis nicht vor (vgl. hierüber S. 458). Kurz bevor der Nerv den hinteren Rand des zweiten Zungen- beinbogens überschreitet, löst sich von ihm ein wenn auch schwacher, doch wichtiger Ast ab, der längs des vorderen Randes des dritten Zungenbeinbogens (Cornu branchiale Il.) abwärts zum M. levator en Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 485 pharyngei strebt und sich weiter bis in den vorderen Bauch der Cauda hyoidea des M. cervico-hyo-capitis verfolgen läßt. Er ent- spricht wahrscheinlich dem Ram. colli descendens BoJanus und FiscHers (Fig. 55, 56 u. Textfig. 25, R. colli dese.), der bei andern Reptilien den M. omohyoideus und M. sternohyoideus versorgt. An ihm habe ich zuweilen noch einen zarten Zweig (Ansa N. XII.) beobachtet, der die äußere Fläche des dritten Zungenbeinbogens nach hinten horizontal durchquert und mit dem ventralen Ast des zweiten Halsnerven zusammenhängt. Dieses Zweigchen dürfte man als das Homologon der Ansa hypoglossi des Menschen ansehen. Die hintere Hypoglossuswurzel gibt am medialen Rande des M. atlanto-opisthoticus einen für Reptilien charakteristischen, ver- hältnismäßig dicken Ast (Textfig. 27, R. post. N. XII.) ab, der sofort in zwei Endzweige zerfällt!. Der laterale biegt gleich nach außen um und tritt zwischen dem M. atlanto-opisthoticus und dem M. atlanto-exoceipitis nach außen, um in dem M. epistropheo-squa- mosus ventralis zu endigen. Der mediale dagegen begibt sich nach hinten und verbindet sich bald mit dem dorsalen Stamm des ersten Halsnerven (R. dors. NC. I.); wahrscheinlich verbreitet er sich im M. atlanto-opisthotieus, M. epistropheo-squamosus dorsalis sowie in der Cauda oceipitalis des M. cervico-hyo-capitis. B. Spinalnerven. Sie betragen im ganzen 30—31 Paare, von denen die neun vordersten in das Cervical-, die zehn folgenden in das Dorsolumbal-, die zwei dahinter gelegeneu in das Sacral- und die neun bis zehn hintersten in das Schwanzgebiet fallen. Der Unterschied zwischen den Nervenabteilungen ist ebenso deutlich ausgesprochen wie bei den einzelnen Regionen der Wirbelsäule. Die dorsale d. i. sensible Wuızel fehlt dem ersten und sehr wahrscheinlich auch dem zweiten Halsnerven. Das Spinalganglion tritt erst am dritten Halsnerven deutlich auf, wie auch FIscHEr bei anderen Reptilien bemerkt hat. Die zwei bis drei letzten Spinalnerven dagegen entbehren der vorderen, d.h. motori- schen Wurzel und scheinen ausschließlich von sensibler Natur zu sein. I. Halsnerven. (Fig. 50, 51, 54—59 u. Textfig. 12, 20, 25—29 u. 32.) Im Gegensatz zu der Angabe FÜRBRINGERs, nach der bei Trio- ny& jJaponteus acht Paare Halsnerven vorkommen sollen, habe ich 1 Die Abnormität dieses Astes, die durch mich einigemale zur Beobach- tung gelangt ist, ist in Textfig. 27 wiedergegeben. 486 K. Ogushi bei allen mir zu Gebote gestandenen, gleichen Exemplaren aus- nahmslos neun Paare gefunden, wobei das vorderste Paar, der erste Cervicalnerv, durch den Raum zwischen dem Exoececipitale und dem Atlas und das letzte, also das am meisten caudal gelegene Paar, zwischen dem achten Hals- und dem ersten Dorsolumbalwirbel den Wirbelkanal verläßt. Außerhalb des Foramen intervertebrale spalten sie sich sofort in zwei Stämme, den Ram. dorsalis et ventralis. Abgesehen von dem ersten und dem zweiten, die bloß aus moto- rischen Fasern bestehen, sind sie durchweg von gemischter Natur. Der oceipitale Hautbezirk, der von der Innervation des N. trigeminus ganz unberührt bleibt, wird nicht durch den ersten bezw. zweiten Halsnerven, sondern erst durch die Endzweige des Ram. dorsalis des dritten versorgt. Die Rami ventrales der drei caudalen Halsnerven, des siebenten bis neunten, statt der sechsten bis achten im Sinne FÜRBRINGERS, beteiligen sich an der Bildung des Armgeflechtes. Es ist von hohem Interesse, daß die sechs vorderen Halsnerven mit dem N. sympathicus, wenigstens makroskopisch, in keinerlei Beziehung stehen. Allgemeine Verhältnisse der Innervation durch die Halsnerven (vgl. Textfig. 28). a. Rr. dorsales (R. dors.). R. descendens seu dorsalis, BOJANUS. Unmittelbar nach dem Austritt aus dem Foramen intervertebrale trennen sie sich von den Rr. ventrales und dringen sogleich in den Sehlitz zwischen dem M. artieulo-transversalis brevis und dem M. intertransversalis, um sich hier in mehrere Endzweige zu lösen. a) Ram. musc. cervico-spinalis lateralis brevis dorsalis s. articulo-cruralis brevis. Medial von dem M. articulo-trans- versalis brevis steigt er rückwärts herauf und dringt, in einen äußeren und einen inneren Zweig gespalten, in die beiden Portionen des gleichnamigen Muskels ein. b) Ram. muse. articulo-transversalis brevis. Ein kurzer Zweig, der sofort in den ventralen Rand des gleichnamigen Muskels eintritt. ec) Ram. ımuse. articulo-eruralis longus. Lateral vom M. artieulo-transversalis brevis läuft er nach dorsalwärts, um in den gleichnamigen Muskel einzudringen. d) Ram. muse. artieulo-transversalis longus. Dringt so- gleich in den gleichnamigen Muskel. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. Il. 487 e) Ram. eutaneo-muscularis. Ein kräftiger Zweig, der ebenfalls lateral von dem M. articulo-transversalis brevis rückwärts emporsteigt und zwischen dem M. artieulo-eruralis longus sowie dem M. artieulo-transversalis longus zum Vorschein kommt. Darauf spaltet er sich in zwei Endzweige, von denen der eine den M. cervico-hyo- capitis innerviert, während der andere zunächst den letzteren Muskel einfach durchbohrt und sich vorwiegend in der Nackenhaut aus- breitet. Textfig. 28. Cerrvic.- hyo.-capit. 33. ArHe.-crur Vong.39. ! Cervıc.-Spin.iak Artie-transv. brey. 39 b.\ ) örer. dors. #0. 8. A.dors. RE Artic.-Hransv. . Jong. 393- Inferfransv. 40@I - Colloplastralis.32.- Krug. exk—- ‘ Plastro-Sguamosus 33. h DE 1 Oesophagus. R Carzp.-basjoccip.37. Coraco “hyoideus.3 4 os ’ra Schematischer Querschnitt am hinteren Teil des Halses. Sphincter colli ist hier nicht zu sehen, ß. Rr. ventrales (R. ventr.). R. anterior seu descendens, BOJANUS. Sie dringen gleich unter den M. intertransversalis und treten dann nach Abgabe eines Astes für diesen Muskel, zwischen den beiden Portionen des M. transverso-corporis heraus, wobei auch einige Äste für diesen Muskel abgegeben werden. Nachdem sie dann für den M. cervieo-spinalis medialis einen langen Zweig, der über die laterale Fläche des M. transverso-corporis gerade ventral- wärts nach dem betreffenden Muskel absteigt, entsendet haben, schlingen sie sich nach außen um die dorsale Seite des N. Vagus 488 K. Ogushi sowie der A. carotis herum und gelangen an die innere Fläche des M. cervieo-hyo-capitis, um hier in folgende zwei Endäste zu zerfallen: a) Ram. muscularis. Er steigt an der äußeren Seite der A. earotis nach unten und dringt stets am lateralen Rande des M. earapaco- basioceipitis in denselben ein. Je nach dem Halssegment gibt er noch einen starken, entweder die Trachea oder den Ösophagus überspringenden Ast für den M. eoraco-hyoideus, ferner einen zarten für den M. plastro-squamosus oder einen dieken für den M. collo- plastralis ab. b) Ram. ceutaneus. Nach Abzweigung eines zarten, den M. cervico-hyo-capitis durchsetzenden Hautastes zerfällt er am ven- tralen Rande des M. cervico-hyo-capitis in zwei Endzweige. Der dorsale Endzweig schlingt sich um den ventralen Rand des letzteren Muskels herum und erscheint entweder am oberen Rande des M. collo- plastralis oder oberhalb der V. jugularis externa unter der -Haut, während der ventrale Endzweig nach unten herabläuft und am ventralen Rande des M. collo-plastralis oder unter der V. jugularis externa an die Haut gelangt. Dieser Zweig innerviert vorzugsweise den ventralen Hautbezirk des Halses, jener dagegen dessen Seiten- region. Im besonderen kommen noch folgende Abweichungen in Be- tracht: N. cervicalis 1. Er tritt zwischen dem Exoceipitale und dem Atlasbogen zutage und zerfällt sogleich in der üblichen Weise in einen R. dorsalis und ventralis. Hautäste fehlen. a) Ram. dorsalis. Er steigt auf der Membrana obturatoria atlanto-oceipitalis rückwärts empor. Nach der Verbindung mit dem medialen Zweig des hinteren Astes der hinteren Hypoglossuswurzel (vgl. diese Abh. S. 485) läuft er unter dem medialen Teile des M. atlanto-opisthoticus sowie des M. epistropheo-squamosus dorsalis caudalwärts, wobei er diese beiden Muskeln mit je einem Zweige versielht. Schließlich durchbrieht er den M. epistropheo-squamosus dorsalis in dessen äußerem Teile und dringt in die Oceipitalportion des M. cervico-hyo-capitis ein, um hier sein Endgebiet zu erreichen. b) Ram. ventralis. Nachdem er am unteren Rande des M. at- lanto-basioeeipitis lateralis zum Vorschein gekommen ist, gibt er sogleich einen Zweig für den ersten und zweiten Bauch des M. cervico- spinalis medialis sowie den M. carapaeo-basioceipitis ab und läuft Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 489 selbst noch weiter caudal unterhalb des M. epistropheo-squamosus ventralis, bis er endlich mit dem Ram. ventralis des zweiten Hals- nerven zusammentrifft, wobei er entweder mit ihm zu einem einzigen Strang verschmilzt oder ihm nur einen dünnen anastomotischen Zweig entsendet. Darauf passiert er über die A. carotis in die dreieckige Spalte zwischen dem dritten Zungenbeinbogen, der Cauda hyoidea und der Cauda cornu des M. cervico-hyo-capitis, um auf den dritten Zungenbeinbogen zu treten. Seine Endramification findet sich in dem vor der Zwischensehne befindlichen Bauche der Cauda hyoidea des letzteren Muskels. N. cervicalis II. Entsprechend dem hinteren Rande des Proc. odontoideus (vgl. I. Mittg. S. 5) tritt er aus dem Foramen intervertebrale zwischen dem Atlas und dem Epistropheus hervor. Ihm fehlen ebenfalls Hautäste. a) Ram. dorsalis. Er kommt entweder zwischen dem M. epistro- pheo-squamosus dorsalis sowie dem M. rectus lateralis zum Vor- schein, oder durchsetzt einfach den Ansatz des letzteren Muskels. Er innerviert nur den vorderen Teil des M. cervico-hyo-capitis. b) Ram. ventralis. Ein starker Nerv, der den M. epistropheo- atlantis dorsalis (Nr. 43) durchbohrt. Nach kurzem Verlaufe nach hinten zerfällt er in zwei Hauptäste. Der mediale dringt sogleich in den M. cervico-spinalis medialis. Der äußere Hauptast fließt dagegen, nach der Abgabe eines zarten Zweiges für den M. carapaco- basioeeipitis, unterhalb des M. epistropheo-squamosus ventralis mit - dem Ram. ventralis des ersten Halsnerven zusammen; selten über- nimmt er von diesem Aste vorher noch einen zweiten anastomotischen Zweig. Alsdann durchsetzt er die Cauda cornu des M. cervico-hyo- capitis und versorgt den vor der Zwischensehne befindlichen Bauch des M. coraco-hyoideus. Bezüglich der Ansenbildung mit dem Ram. colli descendens n. hypoglossi verweise ich auf S. 485. N. eervicalis IL a) Ram. dorsalis. Nachdem er in der oben beschriebenen Reihen- folge seine Zweige abgegeben hat, läuft er in einen dicken Hautast aus. Derselbe durchbohrt zunächst hinter dem dritten Zungenbein- bogen den lateralen Teil der Cauda squamosi des M. cervico-hyo- capitis, zerfällt dann unter dem M. sphincter colli in zwei Endäste, die den Ursprungsabschnitt der Portio posterior des M. sphincter colli durchsetzen und in die Haut der Oeeipitalregion ausstrahlen. 490 K. Ogushi b) Ram. ventralis. Im Gegensatz zu den Angaben der Autoren, BoJAanus, HOFFMANN u. a., zeigt er beim Trionyx einen selbständigen Verlauf. Er gibt je einen Ast für die Mm. transverso-corporis, cervico spinalis medialis, carapaco-basioceipitis, eoraco-hyoideus sowie plastrosquamosus (Fig. 55) ab. Seine distale Fortsetzung durehbohrt die Cauda cornu, schlägt sich dann dorsalwärts um den ventralen Rand der Cauda squamosi herum, durchsetzt, oberhalb der V. jugu- laris externa, den M. sphincter colli, um endlich nach unten um- biegend, von der ventralen Seite der letzteren Vene in die Haut des Triangulus submaxillaris auszustrahlen. N. veryicalıs IV, a) Ram. dorsalis. Er zeigt keine Abweichung von der obigen allgemeinen Beschreibung. b) R. ventralis. Er gibt, außer den Ästen für den M. transverso- corporis, cervico-spinalis medialis sowie carapaco-basioeeipitis, noch einen starken Ast für den M. collo-plastralis sowie einen langen für den M. eoraco-hyoideus ab, welch letzterer sich um die dorsale Seite der A. carotis herumschlingt. N. eervicalis V. Von der allgemeinen Beschreibung weicht er nur darin ab, dab der Ram. ventralis den M. coraco-hyoideus und den M. plastro- basioceipitis versorgt. N. cervicalis VI. Als Abweichungen kommen in Betracht: ein besonderer Ram. mnuse. carapaco-basioceipitis und ein Ram. musc. sphineteris cortieis sowie der Mangel eines Ram. musc. cervico-hyo-capitis. Die Hautäste des Ram. ventralis steigen stets an der medialen Fläche des M. sphineter cortieis herab und versorgen den ventralen Teil der Hals- wurzel. Sie sind wahrscheinlich den Nn. supraclaviculares des Menschen zu vergleichen. N. cervicalis VII. Seinem dorsalen Aste fehlt der Ram. muse. cervico-hyo-capitis, statt dessen treten einige zarte Zweige für den M. sphineter cor- tieis auf. Der R. ventralis besitzt außer den metamerischen Muskelästen noch einen starken, an der Bildung des Armgeflechtes teilnehmenden Ast, dann einen schwachen für den M. collo-claviculo-plastralis sowie Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 491 mehrere Äste für den M. carapaco-plastralis.‘ Seine Hautäste ver- laufen auf der medialen Fläche des M. carapaco-plastralis sowie collo- elavieulo-plastralis ventralwärts und breiten sich zum Teil in den vorderen Teil des Plastrons aus. Eine Anastomose zwischen diesem Stamm und dem Grenzstrange des Sympathieus ist inkonstant. Textfig. 29. A.anastom.spinal. 5 Amuscul. : A.arcivertebr. [7 S ’ De 27 (3 x . _ N Si Sy N N Santa A erepP r- np? 2 A.,vertebral.collak. 2) Aa. intercosfg}: = 1 IT] \ \ 2 Rventr NCHT. WD.I. __ Acollakvertebr A.intergang . _ ant ERHsıkoemescenvalertea se nl \ (sympath.) „| A.com. (Symp)- Rın tergangl. F g a DS) | We.Iz. Ran Wo 5 \D 44 A.subclav. 7) 2 N. supracoraec. —-—-.. RAm.carap.- PR u; 3 Rcut acrom. Rpost ND.L. ARE 27 dors.sc3p. A A.brach A.glandul- = en ders Ä N ‘ möschi-ferae. KOT Amseap- hummer. ant. er,pos£ Ü NE S D>> Ausführungs - Moschus- gaNg- drüse. Plexus brıchialis, zwei vordere Dorsolumbalnerven und A. Subelavia mit den Ästen in Situ. Dorsalansicht Bezüglich des Verbindungsastes, der das Armgeflecht bilden hilft, ist noch zu bemerken, daß er, in schräger Richtung an der ventralen Seite des dorsalen Endes der Scapula vorüberlaufend, ent- weder mit dem Ram. ventralis des achten Halsnerven selbst oder mit dessen hinterem Verbindungsast im Zusammenhang steht. Im Morpholog. Jahrbuch. 46. 32 492 K. Ogushi übrigen ist es nicht ohne Interesse, daß diese Verbindung weder an der vorderen noch ventralen, sondern stets an der hinteren Fläche des Ram. ventralis des letzteren Nerven erfolgt, wobei der Ver- bindungsast des in Rede stehenden siebenten Halsnerven regelmäßig ventral von dem achten verläuft. Es ist dies ein bedeutungsvoller Hinweis, daß auch das Armgeflecht bei der Drehung des Sehulter- gürtels in Mitleidenschaft gezogen wurde. N. ecervicalis VII (vgl. Textfig. 31 u. 32). Der Ram. dorsalis des achten Halsnerven verläuft medial von dem M. earapaco-plastralis nach vorn gegen den M. sphinceter cor- tieis, um hier sogleich in mehrere Endzweige zu zerfallen. Der stärkste zieht hinter dem Ansatze des M. sphincter eorticis nach außen, durehbricht den mittleren Bezirk der Nuchalplatte und strahlt in die Haut des vorderen Carapaxrandes aus. Die übrigen perforieren den Ansatz des M. sphineter corticis nach vorn und versorgen die Schulterhaut. Ein schwacher Zweig dringt in den M. cortico-cervi- calis III ein; er tritt jedoch sehr oft auch als ein Seitenzweig des Ram. ventralis auf. Der Ram. ventralis beteiligt sich fast mit seiner ganzen Masse an der Bildung des Armgeflechtes. Nach der Abgabe eines zarten Zweiges für den M. carapaco-scapularis spaltet er sich bald, manch- mal erst nach Aufnahme eines Verbindungsastes vom siebenten Halr- nerven, in zwei gleichstarke Stämme, einen cephalen und einen caudalen. Wenn der Verbindungsast des siebenten Halsnerven sich vor der Spaltung des in Rede stehenden Ram. ventralis mit diesem verbindet, so geht der hintere Stamm des N. cervicalis VIII direkt mit dem hinteren Verbindungsaste des neunten eine Ansabildung ein, was nicht selten der Fall ist. Andernfalls bildet der hintere Stamm des achten vorher mit dem Verbindungsaste des siebenten die Ansa I, von der die gemeinsame Wurzel hervorgeht, die sich nach Abgabe des zweiten Astes für den M. earapaco-scapulo-cora- coideus sowie des N. supracoracoideus (N. supracorae.), mit dem hinteren Verbindungsaste des neunten zu dem N. brachialis ventralis (N. brach. ventr.) vereinigt. Der vordere Stamm gibt dagegen zunächst einen Ast für den M. scapulo-humeralis ab, zieht dann über den Verbindungsast des siebenten nach außen und zer- fällt wiederum in einen vorderen und einen hinteren Hauptast. Der erstere geht direkt in den N. dorsalis scapulae (N. dors. scap.) über, während der hintere, mit dem vorderen Verbindungs- Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 493 aste des neunten vereinigt, die Ansa II zusammensetzt, aus der der N. brachialis dorsalis (N. brach. dors.) hervorgeht. Der Ram. ventralis des achten steht mit dem Ram. communicans des Sym- pathicus in Verbindung. ' N. cerviealis IX. Sein Ram. dorsalis wird hier dureh zwei stark reduzierte Fäden repräsentiert, die vielmehr der Wurzel des Ram. ventralis entstammen; sie versorgen den M. cortieo-cervicalis I—II. Ein direkt von ihm entspringender Hautast fehlt vollständig. Der Ram. ventralis des neunten Halsnerven ist durch bedeutende Dieke ausgezeichnet und nimmt auch an der Bildung des Arm- geflechtes einen beträchtlichen Anteil. Er zerfällt dabei sogleich in einen cephalen und einen caudalen Verbindungsast. Der letztere bildet nach Abgabe des ersten Astes für den M. carapaco- scapulo-coracoideus mit der gemeinsamen Wurzel des achten die Ansa Ill bzw. den N. brachialis ventralis. Der cephale Ver- bindungsast gibt zunächst ein bis zwei schwache Hautäste der Schulter, den R. eut. acromialis, ab, läuft über den hinteren Ver- bindungsast des achten nach vorn, um sich mit dem vorderen Ver- -bindungsaste des achten zu dem N. brachialis dorsalis zu ver- einigen. Der Ram. communicans des Grenzstranges senkt sich in die Wurzel des betreffenden Ram. ventralis ein. Zwischen den beiden Verbindungsästen des betreffenden Ram. ventralis einerseits und denen des Ram. ventralis des achten anderer- seits verläuft die A. brachialis. II. Dorsolumbalnerven. (Fig. 52, 54, 69, 71, 72 und Textfig. 29—32, 34 und 35.) Unter den zehn Dorsolumbalnerven tritt der erste aus dem ersten Foramen intervertebrale der Dorsolumbalwirbel bzw. dem entspre- chenden Foramen intercostale gegen die hintere Seite der Scapula hervor, während der zehnte das Foramen intervertebrale zwischen dem zehnten Dorsolumbal- und dem ersten Sacralwirbel verläßt. Im Gegensatz zu den übrigen Spinalnerven zerfallen die sieben vorderen Dorsolumbalnerven innerhalb des Canalis collateralis nicht in einen Ram. dorsalis et ventralis, sondern in einen Ram. anterior et posterior. Der schwächere Ram. anterior, R. subeostalis BoJA- nus, entspricht genau dem Ram. dorsalis der übrigen Spinalnerven, weil er nicht nur den Ram. muscularis für den M. spinalis dorso- lumbalis abgibt, sondern auch ausschließlich in der Haut des Carapax 32* “ 494 K. Ogushi endet. Der stärkere Ram. posterior entsendet dagegen keine Z weige in die Rückenhaut, sondern versorgt nach Abgabe der Äste für die Proc.artıc. "anf. vert.dors.I. I—X, dorsolumbale Wirbel- Carapax. ‚ Plastron und Carapax von innen gesehen. Uber weiteres vergl. I. Mittg. sowie den Text dieser Abhandlung. Textfig. 30. Eprelaviculare Plastron. Set infermuscul. a \\ > I y® 1 NS IINJA | ns! ls Bel Ne pl GN © eh Dr X LE g R Ü IE en © ZEHN > 8 N SSeRS SZ Ta 5 FR 8 u Q Syn % 8 LJ A & S Dorsolumbalnerven und ihre Beziehungen zu dem Schildpanzer Moschusdrüsen!, die Mm. tensor pleuroperitonei, abdominis lateralis sowie atrahens pelvim, dann die Haut des Plastrons und der Achsel- ! Embryologisch werden diese Hautdrüsen von der ventralen Seite des tumpfes abgeleitet. körper; 7—8 Rippenreliefe der Costalplatten. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. Il. 495 gegend. Da diese Endgebiete sowohl topographisch als auch onto- genetisch zur ventralen Körperhälfte gehören, so ist der Ram. poste- rior zweifellos das Homologon des Ram. ventralis der übrigen Spinal- nerven bzw. des N. intercostalis der höheren Wirbeltiere. Beim siebenten bis neunten Dorsolumbalnerven besitzt der Ram. posterior sogar einen besonderen Ram. ventralis, der caudal schnell an Dicke zunimmt und zum gleichnamigen Hauptast der nächstfolgen- den Spinalnerven führt. Dieser Ram. ventralis endet zum kleinen Teil in den ihm zugehörigen Partien der ventralen Körperhälfte, beteiligt sich jedoch zum größten Teil an der Bildung des lumbo- sacralen Nervengeflechtes. Abgesehen von dem Ram. ventralis, ver- laufen die Rami anterior et posterior im Sulcus intercostalis, wo sie, und namentlich der Ram. anterior, von einer derben, die ventrale Fläche des Carapax weit überziehenden Aponeurose an den Carapax festgeheftet werden, so daß sie sehr oft schwer in ihrem vollen Um- fang zu isolieren sind. Am Foramen intercostale bildet der Ram. posterior 8. ventralis mit dem’ vorbeiziehenden Grenzstrang eine Anastomose. Außerdem ist noch foigendes zu bemerken: a) Rami anteriores (Textfig. 30, a). Sie kommen an den vorderen neun Paaren vor. Am zehnten ver- tritt sie der Ram. dorsalis, der, von der obigen allgemeinen Beschrei- bung abweichend, über die vordere Saeralrippe, dann hinter dem dor- salen Ende des Iliums nach außen verläuft und sich bis in den Seitenteil des hinteren Hautlappens des Carapax verfolgen läßt. Mit Ausnahme des vordersten ziehen sie am vorderen Teil des Suleus intercostalis nach außen und breiten sich mit mehreren Endzweigen in der Haut des Oara- pax-Seitenrandes aus. Unterwegs geben sie mehrere Seitenzweige ab, die die Costalplatte vorwiegend in retrograder Richtung nach innen und rückwärts durchbohren und in der Haut der Rückenfläche des Carapax verschwinden (vgl. I. Mittg. S. 10). Hiervon weicht nur der Ram. an- terior des ersten ein wenig ab, indem er innerhalb des Canalis colla- teralis vertebrae einen zarten Ast für den M. spinalis dorsolumbalis ab- gibt, was auch nicht selten beim zweiten und dritten Dorsolumbalnerven beobachtet werden kann. Die Rami anteriores des fünften bis neunten Dorsolumbalnerven treten im Verlaufe auf die seitlichen, paarigen Portionen des M. carapaco-basioceipitis, ohne diese zu versorgen. b) Rami posteriores (Textfig. 30, p). Sie verlaufen im allgemeinen im hinteren Teile des Suleus inter- costalis, caudal immer mehr von dem Ram. anterior divergierend. 496 K. Ogushi Ohne aber am Carapax irgendwelchen Hautast abzugeben, gelangen sie an den Seitenrand des Schildgehäuses, biegen hier in scharfem Bogen einwärts und strahlen auf die Rückenfläche des Plastrons aus, wo sie sich, spitzwinklig verzweigt, und hier und dort miteinander anastomosierend, bis zur Medianlinie verfolgen lassen. Der Ram. posterior des ersten Dorsolumbalnerven entsendet außerdem einige starke Äste in die Haut der Achselgegend (Textfig. 30, N. costo- brach.), wie dies auch beim N. costobrachialis des Menschen der Fall ist. Der Ram. posterior des neunten erreicht nicht das Plastron, sondern innerviert die Haut an der Streckseite des Oberschenkels, wobei er zuerst vor dem dorsalen Ende des Iliums und dann hinter dem M. abdominis lateralis vorbeizieht. Dem zehnten Dorsolumbal- nerven fehlt der R. posterior. Ferner durchsetzen die meisten Rami posteriores unterwegs verschiedene Muskeln, so z. B. die des zweiten bis siebenten zuerst den M. tensor pleuroperitonei, die des ersten bis sechsten den M. carapaco-seapulo-coracoideus und die des ersten bis fünften den seitlichen Teil des M.'peetoralis. Der sechste dagegen verläuft gewöhnlich in Begleitung des hinteren Astes des Ram. posterior des fünften dem Hypoplastron-Ursprunge des M. abdominis lateralis entlang, ohne die obigen Muskeln zu durchbrechen. Die des siebenten und achten passieren zwischen dem M. abdominis late- ralis und dem M. tensor pleuro-peritonei. Der siebente perforiert auch das Sehnenzentrum des letzteren Muskels. Außerdem geben die Rami posteriores verschiedene Muskelzweige (Textfig. 30, m) ab, und zwar von dem ersten bis zum siebenten Dorsolumbalnerven je einen für den M. tensor pleuro-peritonei, von dem zweiten, dritten sowie fünften je einen für jede anliegende Moschusdrüse (Textfig. 30, d)t, vom siebenten und achten für den M. atrahens pelvim und endlich vom siebenten sowie achten für den M. abdominis lateralis. Bezüglich der Beziehungen der Rami ventrales des siebenten bis zehnten zu dem Plex. lumbo-sacralis verweise ich auf das Kapitel »Die Nerven der hinteren Extremitäte. III. Sacralnerven. (Fig. 54, 70, 71 und Textfig. 34 und 35.) Es sind zwei vorhanden. Der erste Sacralnerv tritt zwischen den beiden Sacralwirbeln hervor, während der zweite zwischen dem zweiten Sacral- und dem ersten Schwanzwirbel zum Vorschein kommt. ! Vor allem für die relativ dieke Lage quergestreifter Muskelfasern, die diese Drüsen umschließt. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. ll. 497 Beide besitzen je einen Ram. dorsalis et ventralis; letztere, die Rami descendentes Bojani, sind an der Bildung des Plexus lumbo- sacralis beteiligt und werden daher bei Beschreibung der Nerven der hinteren Extremität erwähnt werden. Der Ram. dorsalis des ersten Sacralnerven durchsetzt sogleich die Membrana obturatoria des Foramen sacrale nach außen und ein wenig caudalwärts, läuft unterhalb des M. arreetor caudae über die zweite Sacralrippe sowie das Lig. ileo-coeeygeumi gegen den Seiten- rand des Carapax und versorgt den lateralen Bezirk des hinteren Hautlappens des Carapax. Der Ram. dorsalis des zweiten erscheint zunächst ebenfalls unter dem M. arreetor caudae und zieht nach außen und schwanzwärts über den M. longissimus caudae sowie das Lig. ileo-coeceygeum, medial vom vorigen Dorsalast, in den hinteren Hautlappen des Carapax. Daneben gibt er nach außen einige starke Hautäste ab, die unter das Lig. ileo-coceeygeum und dann über die A. sacralis lateralis nach dem dorsalen Teil sowie dem hinteren Rande des Oberschenkels ziehen. IV. Schwanznerven. (Fig. 54, 69, 72 und Textfig. 34 und 42.) Sie sind neun bis zehn an Zahl? Das vorderste Paar verläßt zwischen dem ersten und zweiten Schwanzwirbel, das zehnte dagegen zwischen dem zehnten und dem elften Schwanzwirbel den Wirbel- kanal. Caudalwärts nehmen sie allmählich an Dieke ab und werden schon am achten mikroskopisch dünn. Die sechs vorderen weisen deutlich einen Ram. dorsalis et ventralis auf. Die übrigen haben dagegen wahrscheinlich nur einen Ram. dorsalis. 1. Rami dorsales. Außerhalb vom M. longissimus caudae gelangen sie in die ober- flächlichen Lagen; darauf wenden sie sich subeutan in schräger Richtung nach außen und caudal und breiten sich hauptsächlich in der seit- lichen sowie ventralen Schwanzhaut aus. Die dorsalen Schwanz- muskeln erhalten da und dort zarte Zweige, die sich früher von ihnen ablösen. Der erste und zweite spalten sich sofort in mehrere ı Ein starkes Band, das die Spitze des Querfortsatzes des ersten Schwanz- wirbels mit dem hinteren Umfang des äußeren Endes der zweiten Sacralrippe verbindet, s. Tafelfig. 72. 2 Da die caudalen mikroskopisch dünn sind, so habe ich zur Feststellung der Anzahl und des Verlaufes die Verhältnisse an der Hand von Sagittalschnitt- serien des Schwanzes studiert. 498 K. Ogushi Äste, von denen diejenigen, welche über die A. sacralis lateralis hinwegziehen, kürzer und schneller endigen, als die übrigen, unter derselben Arterie verlaufenden, die auf die ventrale Seite des Beckens bzw. des Schwanzes ausstrahlen. Die vom dritten an cau- dal gelegenen Rami dorsales pflegen unter der A. sacralis lateralis zu verlaufen. 2. Rami ventrales. Sie kommen zunächst medial von dem M. flexor eaudae internus zum Vorschein. Unter denselben gehen die drei vorderen mitein- ander Anastomose ein und stehen sowohl zu den Urogenitalorganen als auch zur Cloake in der engsten Beziehung. Der Ram. ventralis des ersten Schwanznerven, Ram. anterior Bojanus, steigt mit seiner Hauptmasse schräg nach vorn und ventral- wäıts gegen das distale Ende des Harnleiters und bildet hier ein großes Ganglion, welches ein Glied des sympathischen Nerven dar- stellt und mehrere zarte Nerven hervorgehen läßt, die mit den sym- pathischen Geflechten um die Harnleiter, in der Harnblasen- sowie Mastdarmwand in direkter Verbindung stehen. Ich möchte den be- treffenden Ventralast als N. recto-urogenitalis (Textfig. 42) be- zeichnen. Vor dem Einsenken in das obige Ganglion zweigt er einige zarte Zweige ab, die sofort in das Corpus cavernosum! des Penis eindringen. Der M. protrusor cloacae erhält auch von ihm 1 Ich möchte hier die Gelegenheit benutzen, vorläufig darauf aufmerksam zu machen, daß beim Triony& am cephalen Ende der Cloake ein Körper zu finden ist, der paarig, oval, beim Männchen ungefähr 8 mm, beim Weibchen 5 mm lang und mit seiner Längsachse quer zur Cloake angeordnet ist. Histo- logisch weist er zahlreiche, verhältnismäßig geräumige, cavernöse Räume auf, die sowohl mit Blutgefäßen als auch mit den venösen Räumen des Penis bzw. der Clitoris in Kommunikation stehen. Es unterliegt wohl keinem Zweifel, daß dieser Körper nichts anderes als ein Vorläufer des Bulbus cavernosus der Säugetiere ist. Anderseits entspricht er genau dem von BoJAnus bei der männ- lichen Testudo ewropew beschriebenen Bulbus penis. Ferner ist zu beachten, daß die Testudo europea (nach BOJANUS) sowie die in Japan einheimische Zmys und Olemmys, soweit es sich um das Weibchen handelt, statt des oben erwähnten Bulbus cavernosus eine Bursa analis Bojani besitzen, die von der gleichen Stelle der Cloakenwand als eine paarige, ansehnliche, dünnwandige, ovale Blase an beiden Seiten der Harnblase weit in die Bauchhöhle hineinragt. Diese Blase enthält gewöhnlich den wasserklaren Harn, weshalb sie beim flüchtigen Anblick leicht die echte Harnblase vortäuscht. Gleichwohl ist sie eher als ein Samen- reservoir anzusehen. Man muß sich jedoch hüten, dieses Gebilde mit dem gleich- namigen Drüsenkörper der Vögel zu verwechseln, der nach OsawA nur bei den Männchen vorkommt und als ein Homologon der Prostata der Säuge- tiere betrachtet werden kann. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 499 einen Ast, der vorher von dem Ram. ventralis des zweiten Schwanz- nerven einen Zuschuß erhalten hat. Der Ram. ventralis des zweiten Schwanznerven zerfällt sogleich in einen vorderen und einen hinteren Hauptast. Der vordere Haupt- ast, der Ram. anterior Bojani, steigt schräg nach vorn herab und entsendet einige zarte Zweige gegen den M. flexor caudae internus. Seine Endzweige anastomosieren mit dem vorigen Ram. ventralis selbst sowie mit dessen Ast; mithin beteiligt er sich auch teilweise an der Innervation des Üorpus cavernosum sowie des M. protrusor eloacae. Der hintere Hauptast, der Surculus retrogradus Bojani, läuft gegen den dorsalen Rand des M. flexor caudae internus herab, spaltet sich sofort in zwei Äste, die sich aber nach der Durch- brechung des letzteren Muskels wieder zu einem Strang vereinigen, und dringt nach der Aufnahme des Ram. ventralis des dritten Schwanz- nerven, unmittelbar hinter dem Ansatz des M. retractor penis plötz- lich nach hinten umbiegend, in den Penis bzw. die Clitoris ein, als N. penis s. elitoridis (Textfig. 42, N. penis). Der Ram. ventralis des dritten Schwanznerven durchsetzt eben- falls den M. flexor eaudae internus oder M.protrusor cloacae und schließt sich mit dem hinteren Hauptast des vorigen Ram. ventralis zu dem “N. penis s. elitoridis zusammen. Dieses Geflecht entsprieht wahr- scheinlich dem Plexus pudendus Bojanus. Die Rami ventrales des N. coceygeus IV—VI, die direkt in die Cloakenwand eindringen, sind ausschließlich sensibler Natur. Es ist leicht einzusehen, daß die ventrale Schwanzmuskulatur zum Versorgungsgebiet der Rami ventrales der Schwanznerven ge- hört. Außerdem ist die Verbindung der Rami ventrales mit dem Grenzstrange nur an den zwei bis drei vorderen Schwanznerven deutlich nachzuweisen. V., Nerven der vorderen Extremität. (Plexus brachialis.) FÜRBRINGER, der wohl der erste ist, der den Trionyx japonicus untersucht hat, hat gefunden, daß die Rami ventrales des sechsten bis achten Halsnerven in den Plexus brachialis übergehen. Horr- MANN nahm diese Angabe ohne Nachprüfung in seine Beschreibung auf. SIEGLBAUER dagegen findet sie nieht richtig und behauptet, daß der normale Plexus brachialis des Trionyx zwar die gleiche Anzahl Komponenten bezieht, doch um ein Segment caudal ver- schoben ist. Diese Angabe stimmt mit meinen Befunden genau über- 500 K. Ogushi ein, weil ich die Zusammensetzung aus dem siebenten bis neunten Segment als Norm gefunden habe. Einmal konnte ich eine indivi- duelle Verschiedenheit konstatieren, wobei der N. lumbodorsalis I durch Vermittelung des Ram. posterior dem Geflechte angeschlossen war. Man kann demnach nicht behaupten, daß der Plexus brachialis in seiner Zusammensetzung überhaupt nicht variabel wäre, muß je- Textfig. 31. WD.I. MNCIX. NCEI. WEIT. A.venk NCHT. PscpMaa HH —„MN.-.---. scap.corac 73 A.m.collo - clavie. \ plastral. ‘ | en ı AH Epicoracoid. A Ir Scapula. GE U HR IR - gt Clavicula. CA a ® B A. Sup.m.carap: gi SCap.-Corac. AN FE FAR Coracoid. : H W.dors.5c3p R.inf.m.carap.- Scap.corac. - N.supracorae. M.brach.ventn. on Capuf.humeri (m i——n Ze ee Zen Proc.ulnaris. W.brach.dors. = Aumerus 8a Aadı31. Stamm. Ulnar. Stamm. Halbschematische Darstellung der Beziehungen des Plexus brachialis zum Schultergürtel. Von der Rückenseite gesehen. doch betonen, daß der Plexus brachialis an und für sich sehr stabiler Natur ist, so daß man in der größten Mehrzahl der Fälle kaum an Verschiebung der Segmente zu denken braucht. Darin liegt in der Tat ein auffallender Charakterunterschied zwischen diesem Geflecht und dem Plexus lumbosacralis, welcher, wie aus der späteren Beschreibung hervorgeht, durch eine starke Variabilität aus- gezeichnet ist. Anatomische Studien an der Japan. Lippenschildkröte Trionyx Japonieus. II. 501 Da über. die Zusammensetzung des Plexus brachialis a. a. O. ausführlich berichtet worden ist, so mag hier der Hinweis auf die für die Erklärung der Umlagerung des Schultergürtels wichtigen Besonderheiten im Verlaufe der das Geflecht bildenden Teile genügen. Wie das nebenstehende Schema, Fig. 31, zeigt, verlaufen sämtliche Komponenten anfangs unterhalb des medialen Endes der Scapula nach hinten, worauf. sie sich von hinten her auf die dorsale Seite der Scapula legen. Es gibt demnach zwischen dem spiraligen Ver- laufe der Komponenten des Plexus brachialis des Trionyx und der übrigen Reptilien keinen prinzipiellen Unterschied. Doch vollzieht sich beim Triony& die Spiraltour in einer überaus kurzen Strecke und die Überschreitungsstelle an der Scapula ist auch viel weiter medial gerückt. Ich will dieses Verhältnis auf die direkte Folge der Caudalwärtswanderung des Schultergürtels zurückführen. Äste des Plexus brachialis. 1. N. dorsalis scapulae (N. dors. scap.). (Fig. 52, 54, 60-62 und Textfig. 29, 31 und 32.) N. radialis, BoJAnus; N. dorsalis scapulae, FÜRBRINGER. | Ein ansehnlicher Nerv, der an der hinteren Seite des dorsalen Endes der Scapula aus dem vorderen Verbindungsaste des achten Cerviealnerven hervorgeht. Er tritt zunächst auf der dorsalen Seite der Scapula schräg vor- und seitwärts zwischen den M. scapulo- humeralis anterior einerseits und den dorsal von ihm hintereinander angeordneten Muskeln, nämlich den Mm. carapaco-scapularis, cara- paco-humeralis und scapulo-humeralis dorsalis anderseits hindurch und kommt vor dem Scapulahals zum Vorschein. Hierauf zieht er über den Ursprung des Caput longum des M. triceps brachii nach dessen medialem Rande und steigt als N. cut. brachialis radialis superior (N. ce. brach. rad. sup.) dem radialen Rande des Ober- bzw. Vorderarmes entlang bis zum Handgelenk herab, um hier seine Endverzweigung einzugehen. Am Oberarm wird er von der V. cepha- lica begleitet. Äste: a) Rami muse. scapulo-humeralis anterioris (R. m. scap. humer. ant.). b) Ram. muse. earapaco-humeralis (R. m. carap. humer.) Diese beiden Muskeläste entspringen unter dem M. carapaco- scapularis. Nach einem kurzen Verlaufe nach vorn und seitwärts dringen sie in die gleichnamigen Muskelbäuche ein. 502 K. Ogushi ce) N. eutaneus supraclavieularis (N. ce. supraclav.). Zwischen dem M. carapaco-humeralis und dem M. scapulo-hume- ralis dorsalis wird er vom Stamm gegen die Haut der Schulterhöhe entsendet, wobei er das voluminöse Fettpolster in der Schultergrube nach vorn und seitwärts durchsetzt. d) Ram. musc. scapulo-humeralis dorsalis (R. m. scap. humer. dors.). e) Ram. muse. deltoidei (R. m. deltoid.). Diese beiden Muskeläste werden beim Überschreiten über den M. scapulo-humeralis anterior vom Stamme des N. dorsalis scapulae abgegeben. Während des Verlaufes am radialen Rande des Oberarmes zweigt die distale Fortsetzung des N. dorsalis scapulae einen starken Haut- ast zu der Streckseite des Oberarmes sowie mehrere schwächere zu dessen Beugeseite ab. 3 2. N. supracoracoideus (FÜRBRINGER) (N. supracorac.). (Fig. 60, 61 und Textfig. 29, 31 und 32.) Beim Trionyx nimmt er hinter der Scapula von dem gemein- samen Verbindungsast des siebenten und achten Halsnerven seinen Ursprung. Er steigt vor der V. pectoralis steil nach seitwärts herab und erscheint nach dem Durchtritt durch die schon erwähnte, von den beiden Portionen des M. carapaco-scapulo-coracoideus umfaßte Spalte in den äußeren Winkel des Foramen coraco-clavieulare, worauf er in zwei gleichstarke Äste, einen vorderen und einen hinteren, zerfällt. Sein Anfangsstück verläuft dieht vor bzw..dorsal vom Ansatze der Scapularportion des M. earapaco-scapulo-coracoideus. a) Ram. anterior (R. ant.). Er wendet sich sofort nach vorn. Nach Abgabe eines Astes zu der Portio elavieularis posterior des M. supracoracoideus passiert er durch das Spatium elavieulo-pectorale («)! hindurch und endet in dem M. elavieulo-humeralis. b) Ram. posterior (R. post.). Dieser Ast setzt die Richtung des Stammes fort. Nachdem er bald mit einem Seitenzweig die Portio infracoracoidea des gleich- namigen Muskels versehen hat, dringt er in das Spatium coraco- infracoracoidea! ein und innerviert die Portio supracoracoidea des- selben Muskels. ! Vgl. diese Abhdlg. S. 330-381. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II 503 Textfig. 32. NC. EI. NC. ZI. NEE. ND.T. Am. coll.- c/ar. plastr.""" Aventr NC.IT.-- AR.m.carap.-Scap. A.sup.m.carap. SCIP.- COräc. A.m.scap:humer __---" ‚POst.ek anf. AR.m.scap. -humer anf. R. Inf carap. -Sc3p.* -” corac. ! N. Supracorac. Am. scap.-humer. dors. -- -- Ad P Br _ _ M.pector. _-A.m.corac.-brach. N.dors.Scap.- -- -- [ A.post. N.c.supracdav.-- --- Ar cuk acrom -- Aant Am.deltoid.-—-# --f x \ R.pro cap. Jong. 5 BESTE St tricipihs.drachit. AR en Am.infracoraec. ı x 5 SZ = N N x We.brach.rad. Sup. > S INASGEIS === "Am.peckor. o R N x Bas --- = <= S DIN W.brach.dors & = ESSEN Q SCHEN N T [8 N IS 4 a 8 Ex N Arm. corac."radıal. S x = x S 5 = “ _ Arm.corac.-antebdräch. % z Mobrach. S% S ven/fr. Am. hum.uln.-rad. Am. Flex. dig. com long. subl. URBAN "Ik .Apro cap.- N- Sn -uln. Fricipihis z =. E h Se - mL Se 2 Apro cap rad. & Er & - frieipıfis % Radıal. Stamm. - "7 = = N -# Ulnar. Stamm. j x x en N N.rad. N.uln. v N 2 Q S a>) 8 & RS Q x ® = < Ö RU o = RS S „Do R S 3 x Plexus brachialis und seine Verästelung. In dorsaler Ansicht. 504 K. Ogushi 3. N. brachialis dorsalis (N. brach. dors.). N. ulnaris, BoJAnus; N. extensorius, RABL; N. brachialis longus superior (N. ra- dialis), FÜRBRINGER und HOFFMANN; N. radialis, GAUPP und ZUCKERKANDL. (Fig. 54, 66, 60—68 und Textfig. 29, 31—33.) An der Dorsalseite der Scapula, zwischen dem M. carapaco- scapularis und M. scapulo-humeralis anterior, geht er aus der Ansa II hervor. Nach außen und ein wenig ceranialwärts ablenkend, läuft er über den Ansatz M. carapaco-humeralis an die vordere, d.h. cephale, Seite des Proc. ulnaris humeri, um sich an dem ulnaren Rande unter das Caput longum m. trieipitis einzuschieben. Daselbst teilt er sich in zwei Nebenstämme, einen radialen und einen ul- naren. Der stärkere, ulnare Nebenstamm (Fig. #7, ulnar. Stamm), der Ramus anconaeus Bojani, zieht, dicht an die Streck- seite des Humerus angeschmiegt, zwischen den beiden kurzen Köpfen des M. triceps brachii gerade distal, durchsetzt dann unter star- ker Abplattung die Ansatzsehne! des M, triceps brachii der Länge nach (Textfig. 33) und dringt entlang der radialen Fläche des proximalen Endabschnittes der Ulna unter die Ursprünge der Extensoren des Vorderarmes, um hier wieder mit dem radialen Nebenstamme zu einem einheitlichen Nerven zusammenzufließen. Der schwächere, radiale Nebenstamm (Fig. 67, radial. Stamm), der Ramus anconaeus alter Bojani, steigt durch die Muskelmasse des Caput radiale m. trieipitis brachii schräg radialwärts herab und tritt in den Canalis eetoepieondyloideus radialis ein. Nach dem Ver- lassen dieses Knochenkanals vereinigt er sich auf dem Ursprungs- kopfe des M. carpi-radialis brevis mit dem entgegenlaufenden, ulnaren Nebenstamme und setzt sich distal als ein einheitlicher Nerv, der N. dorsalis manus profundus Bojanus, fort. Bald nach der Vereini- gung zwängt er sich zwischen die beiden Köpfe des M. antebrachio- metacarpalis I unter dessen distalen Kopf und verläuft zwischen den beiden Vorderarmknochen gerade weiter. Nach dem Überschreiten des Handgelenkes tritt er an der kückenseite der Hand in dem ersten Interstitium unter den M. adductor polieis longus und läuft unterhalb des M. extensor dig. com. brevis sublimis, knapp proximal von den Ursprungsstellen des M. extensor dig. com. brevis profundus, in sanftem Bogen (Arcus nervi dorsalis manus, Are. n. dors. manus) gegen das vierte Spatium interosseum, um hier seine End- ramification einzugehen. ! Ein derartiger Verlauf wurde noch nirgends beobachtet; es ist dies wiederum eine der zahlreichen Merkwürdigkeiten in der Organisation des Triony. Vgl. auch I. Mittg. S. 81. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 505 An der dorsalen Seite des Schultergürtels hat der Nerv die A. brachialis hinter sich, Aber am ulnaren Rande des Cap. longum des Triceps brachii legt er sich an die A. brachialis profunda und begleitet dieselbe bzw. deren Zweige bis zum proximalen Ende des Vorderarmes. An der Streckseite. des Vorderarmes verläuft er proxi- mal mit der A. recurrens interossea, distal vom M. antebrachio-meta- carpalis I mit dem Stamme der A, interossea und nimmt weiter distal dieselbe bzw. deren Zweige als Begleiter mit. Äste: a) N. eutaneus brachii ulnaris superior (Fig. 60, N. ec. brach. uln. sup.). Dieser Ast entspricht im großen und ganzen dem Ram. dorsalis manus Bojanus bzw. dem N. cut. brachii posterior des Menschen. In der Nähe des Schultergelenkes von dem Stamme des N. brachialis dorsalis an dessen hinterer Fläche abgegeben, verläuft er am ulnaren Rande des Cap. longum m. trieipitis brachii distal und reicht bis zum ulnaren Rande des Ellenbogens herab. Zu seinem Versorgungs- gebiet gehört die Haut der Streckseite des Oberarmes und die nagel- artigen Horngebilde am Ellenbogen. b) Rami muse. trieipnitis. Der Muskelast für das Cap. longum ist meistens einfach, selten verdoppelt; er geht direkt von dem Stamme des N. brachialis dorsalis ab. Der Ast für das Cap. ulnare geht aus dem ulnaren Nebenstamm hervor, während der Ast für das Cap. radiale aus dem radialen Nebenstamm seinen Ursprung nimmt. ec) Ram. muse. extensoris manus. d) Ram. ulnaris m. extensoris dig. com. longi. Diese zwei Muskeläste werden nach der Durchbrechung der Endsehne des Triceps brachii von dem ulnaren Nebenstamme los-- gelöst. Der Ast 4 weist sehr häufig Abweichungen auf, indem er ent- weder selbständig von dem ulnaren Nebenstamme oder gemeinsam mit den Ästen für die Portio pollieis und Portio indieis von der distalen Vereinigungsstelle der beiden Nebenstämme entspringt. Er ist stets sehr ansehnlich, zieht unter der Portio indieis distal herab und versieht mit seinen Seitenästen die Portiones digiti IIL., IV. et V. In der Höhe des Handgelenkes trennt sich von ihm ein zarter »06 K. Ogushi Hautast, der zwischen der Portio indieis und P. digiti III. zutage tritt und sich in der Haut des Handrückens ausbreitet (N. euta- neus manus dorsalis, Fig. 66 und 67, N. c. manus dors.) Dieser Textfig. 33. eat A.orprofa UlnarStam. 4 Vf) a r-- m n RA „720i21.Stamm. Tendo tricipifis. \\ ih ] HIV Rarke. cubıti brach. Te N. Q ig. com. long. A.des send. . /a.rec. inFeross. Fr AR uln.m.extens\\ E dıg. com.Jong.\\E nn \) Am.antebrach. ; metacanp-. A.dor. man. Nerven und Blutgefäße an der Streckseite des Vorderarmes, Hautast kann mit dem N. eut. antibrachialis dorsalis des Menschen verglichen werden. Der radiale Nebenstamm entsendet nach dem Austritt aus dem Canalis eetoepieondyloideus radialis folgende Aste: Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 507 e) Ram. muse. radialis externi. f) Ram. muse. carpi-radialis. g) Ram. radialis m. extensoris dig. com. longi. Der letztere Muskelast entspringt zuweilen gemeinsam mit dem Ast 4. Unterhalb des M. antebrachio-metacarpali I. entsendet der distale gemeinsame Stamm des N. brachialis dorsalis je einen Ast für die beiden Köpfe des letzteren Muskels sowie am Handrücken einen starken, quer ulnarwärts ziehenden Ast für den M. adductor pollieis longus und Extensor dig. com. brevis sublimis. Am Handrücken trennen sich von der konvexen Seite des bogenförmigen Endstückes des Stammes des N. brachialis dorsalis noch folgende Äste: h) Ram. muse. dorsalis pollicis (Fig. 68, R. m. dors. pollice.). Hart am distalen Rande des M. antebrachio-metacarpali I. ab- gegeben, tritt er in den kaum zwischen dem M. extensor pollieis brevis und dem M. adductor pollieis brevis ein und versorgt diese beiden Muskeln sowie den M. abductor pollieis dorsalis. Zuweilen gibt er auch nahe am Ursprunge einen Zweig ab, der radialwärts läuft und mit dem N. digitalis communis dorsalis I. eine Schlinge bildet. i) Rami musc. dorsales dig. IL.—V. Die Rami muse. dorsales dig. II.—V. gehen zwischen je zwei Nn. digitales communes dorsales aus dem Stamme des N. brachialis dorsalis hervor. Sie innervieren den M. extensor dig. com. brevis profundus sowie metacarpo-phalangis dorsalis des entsprechenden Fingers. Der Ram. muse. digitalis dorsalis V. entspringt am proximalen Winkel des Interstitium IV. von der proximalen Seite des Stammes und dringt gleich in den rudimentären M. extensor dig. V. profun- dus ein. j) Nervi digitales communes dorsales L.—IV. (Fig. 68). Rami dorsales digitorum, BOJAnUs. 1. N. dig. communis dorsalis I. Ein wenig distal von dem Ram. musc. dorsalis pollicis verläßt er den Stamm, tritt sofort unter dem M. adduetor pollieis longus in das Interstitium I. ein und teilt sich hier in zwei Endäste, einen ulnaren und einen radialen. Der radiale Enndast verläuft entlang dem ulnaren Rande des Daumens und ver- sorgt die Haut der Umgebung. Die ulnare dagegen zieht am radialen Rande des zweiten Fingers herab und endet hier als Hautnerv. Kurz Morpholog. Jahrbuch. 46. 33 508 K. Ogushi vor der Spaltung in die beiden Endäste nimmt der Nerv häufig den Ast des Ram. muse. pollieis dorsalis auf. 2. N. digitalis communis dorsalis II. Kurz bevor der Stamm des N. brachialis dorsalis unter den M. extensor dig. com. brevis sublimis getreten ist, wird dieser Zweig von ihm abgegeben; schräg über den Ursprung der medialsten Portion des M. extensor dig. com. brevis profundus geht er gegen den accessorischen Kopf des M. ex- tensor dig. com. brevis profundus des dritten Fingers und dringt tief in das Interstitium II. ein. Nachdem er das Lig. metacarpo-phalan- geale an dessen dorsaler Seite überschritten hat, zerfällt er auch in zwei Endäste und versorgt die gegenüberliegenden Seiten des zweiten und dritten Fingers. 3. N. dig. communis dorsalis III. Unter dem M. extensor dig. com. brevis sublimis wird er vom Stamm losgelöst. Nach einem dem letzteren Aste ähnlichen Verlaufe spaltet er sich im dritten Interstitium ebenfalls in zwei Endäste, die für die gegenüberstehen- den Seiten des dritten und vierten Fingers bestimmt sind. 4. N. dig. communis dorsalis IV. Er ist nichts anderes als die direkte, distale Fortsetzung des N. brachialis dorsalis. Im Inter- stitium der gleichen Nummern läuft er in zwei Endäste aus, von denen der radiale mit Zweigen die Haut des ulnaren Randes des vierten Fingers versieht. Der ulnare Endast spaltet sich dagegen am Rücken des distalen Endes des fünften Metacarpale wiederum in zwei Äste und verteilt dieselben auf die beiden Ränder des fünften Fingers. Die Endäste der Nn. digitales dorsales communes können wohl zweckmäßig als Nn. digitales dorsales proprii bezeichnet wer- den; sie verlaufen im allgemeinen an den Rändern der Finger mehr dorsal als die analogen Endäste der Nn. digitales volares communes. Die Nn. digitales communes dorsales werden von den gleich- namigen Arterien begleitet, die Nn. digitales dorsales proprii ver- laufen dagegen selbständig. Daß der N. brachialis dorsalis sich am Ellenbogen in zwei Nebenstämme spaltet, ist für die niederen Amnioten sehr charakte- ristisch. Aber, daß sich diese beiden, in der Weise gespalteten Nebenstämme distal an der Streckseite des Vorderarmes wieder zu einem einheitlichen Stamm vereinigen, ist wohl ein auf die Chelo- niden beschränktes Merkmal des N. brachialis dorsalis (vgl. hierüber Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 509 die Schriften von BOJANUS, FÜRBRINGER, RABL, ZUCKERKANDL, SIEGL- BAUER usw.). RABL nannte dieses Verhalten des Nerven »Inselbildung« und hegt, wie ich in der Abhandlung ZucKERKANDLS zitiert finde, die Ansicht, daß »ihre Ursache in der Stellungsveränderung des Ellen- bogengelenkes zu suchen seie. Diese Annahme reicht jedoch für die Erklärung der Zustände beim Trionyx nicht aus. Da der Nerv bei einer solehen Lage natürlich sehr leicht Läsionen ausgesetzt ist, so würde man doch erwarten, daß bei einer Lageveränderung des Gelenkes der Nerv, der diese Veränderung mitmachen müßte, eine geschütztere Lage aufgesucht hat, was jedoch beim Trionyx nicht der Fall ist, denn hier durchsetzt dieser Nervenstamm zum Teil die Triecepssehne, die bei einer jeden Bewegung des Vorderarmes auf ihn sicher einen mehr oder minder starken Druck ausübt. Ich muß gestehen, daß mir dieses sonderbare Verhalten schwer erklärlich ist. Der Versuch von BoJanus und Owen, den N. brachialis dorsalis der Cheloniden unmittelbar an den N. ulnaris des Menschen anzu- knüpfen, wurde seit FÜRBRINGER hinfällig. Nach diesem Autor kann man ihn eher mit dem N. radialis der Amphibien homologisieren. Auch ein Vergleich mit dem N. radialis des Menschen scheint mir mit einigem Vorbehalt möglich zu sein. In ähnlicher Weise kann „man den N. cutaneus brachii ulnaris superior und N. eut. manus dor- salis auf den N. cutaneus brachii posterior und den N. cut. ante- brachii dorsalis des Menschen überleiten. 4. N. brachialis ventralis (N. brach. ventr.). N. medianus, BoJanus; N. brachialis longus inferior, FÜRBRINGER, HOFFMANN, ZUCKERKANDL U. a. (Fig. 52, 60—64 und Textfig. 29. 31 und 32.) Ungefähr in der halben Länge der Scapula, zwischen dem M. scapulo-humeralis posterior und der Portio scapularis des M. cara- paco-scapulo-coracoideus, nimmt er von der Ansa Ill seinen Ursprung und schlägt seitwärts seinen Weg ein, der durch die bei der Schil- derung des M. infracoracoideus erwähnte Spalte gegen die mediale Fläche des Proc. ulnaris führt; dabei wird von ihm der M. coraco- brachialis an der dorsalen Seite gekreuzt. Darauf tritt er an der ulnaren Seite des M. coraco-radialis zwischen den M. coraco-antebra- chialis sowie humero-ulno-radialis hindurch gegen die Mitte der Ellen- bogengrube und spaltet sich hier, dicht am proximalen Rande des M. pronator teres, in zwei Endstämme, den N. radialis und ulnaris. Bis zum Proc. ulnaris hat der Stamm des N. brachialis ventralis keinen Begleiter, nur am Oberarm die starke Endsehne des M. coraco- 33* 510 K. Ogushi radialis sowie die A. brachialis neben sich. Diese Arterie verläuft proximal, von ihm sehr entfernt, aber distal legt sie sich immer näher an seinen ulnaren Rand. Die genannte Muskelsehne findet sich an seinem radialen Rande. Beim Durehtritt durch den Raum zwischen dem M. infracoracoideus und dem Coracoidhalse werden folgende drei Äste (Fig. 60) abgegeben: a) Ram. muse. infracoracoidei (R. m. infracorae.) liegt zwischen der Portio coracoidea des M. carapaco-scapulo- coracoideus und dem M. infracoraeoideus, den er versorgt. Er ent- springt gewöhnlich selbständig, doch kann er häufig ein Ast des tam. musc. pectoralis sein. b) Ram. muse. pectoralis (R. m. peector.). Er entsteht genau am proximalen Rande des M. infracoracoideus als ein dieker Nerv, der sich sofort hinter dem Stamme des N. bra- chialis ventralis um den lateralen Rand des M. coraco-antebrachialis ventralwärts herumschlingt, an die dorsale Fläche des M. pectoralis gelangt und sich stets in dessen Mitte einsenkt. Dicht neben ihm verläuft konstant die gleichnamige starke Vene. Am genannten Nervenaste habe ich einigemal einen zarten Hautast! beobachtet, der durch den seitlichen Teil des M. peetoralis in der Haut der Achselgegend verschwindet. e) N. coraco-brachialis (N. eorac. brach.). Distal von dem vorigen Ast verläßt er den Stamm des N. bra- chialis ventralis. Nachdem er sogleich einen schwachen Ast zu dem M. coraco-brachialis abgegeben hat, zerfällt er in zwei gleichstarke Endzweige, die beide nach Abgabe je eines schwachen Zweiges für den M. coraco-radialis in den M. coraco-antebrachialis eindringen. Die einzelnen Muskeläste können aber selbständig vom Stamme des N. brachialis ventralis entspringen. Die Nerven 2. und 3. begleiten außerdem regelmäßig je einen Ast der A. eircumflexa scapulae. d) N. eutaneus brachii ulnaris inferior (Fig. 60 und 62, N. ce. brach. uln. inf.). Er wird neben dem Proc. ulnaris humeri abgelöst. Über die A. brachialis sowie die V. basilica läuft er längs des ulnaren Randes des M. coraco-antebrachialis distalwärts und läßt sich bis zur Hand ı Der ähnliche Hautast wurde von FÜRBRINGER und OsAwA bei verschie- denen Amphibien beobachtet. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 511 verfolgen. Sein Versorgungsgebiet dehnt sich auf die Haut am ul- naren Rande des Vorderarmes und der Hand aus. In der Nähe des Elienbogengelenkes geht von ihm ein verhältnismäßig starker Ast ab, der auf der Beugefläche des Vorderarmes herabzieht und mit Zweigen die Haut des Vorderarmes sowie der Hohlhand versieht. e) Ram. musc. humero-ulno-radialis. Ram. ad musc. brachialem internum, BOJANUS. In der proximalen Hälfte des Oberarmes entspringt er vom Stamm und tritt sofort in die Spalte zwischen dem M. humero-radialis sowie humero-ulnaris ein. Der Ast für den M. humero-radialis ist gewöhnlich stärker entwickelt als der des M. humero-ulnaris; er läßt sich distal bis in den proximalen Bezirk des Vorderarmes verfolgen, wo sich der distale Teil des gleichnamigen Muskels erstreckt. Endstämme: f) N. radialis! (Fig. 63 und 64, N. rad.). Ram. internus mediani, BOJANTS. Nach der Lostrennung von dem Stamme des N. brachialis ven- tralis zieht er vor der Endsehne des M. eoraco-radialis schräg radial- wärts, zwängt sich gleich unter den M. pronator teres und dann unter die radiale Portion des M. flexor dig. com. longus sublimis, um sich in Begleitung der gleichnamigen Arterie zwischen dem M. flexor pollieis longus und dem M. pronator quadratus bis zur Hohlhand fortzusetzen. Darauf passiert er, dicht am radialen Rande der Eminentia transversa carpi, unter dem Lig. carpi volare trans- versum hindureh und tritt durch den Raum zwischen dem M. flexor pollieis brevis sowie dem ersten Muskelbauch des M. carpo-digitalis unter den M. flexor dig. com. brevis profundus ein, wo seine End- ramification stattfindet. Äste: 1. Ram. musc. pronatoris teretis. Ein sehr zaıter Zweig, der dicht neben dem proximalen Rande des gleichnamigen Muskels ent- steht und sich in seine Rückenfläche einsenkt. 2. N. eutaneus antebrachii radialis (N. c. antebrach. rad.). Proxi- mal vom M. pronator teres trennt er sich von dem Stamme des 1 Ich habe den Namen »N. radialis« nur deshalb gewählt, weil der betreffende Nervenstamm an der radialen Seite des Vorderarmes verläuft. Somit steht diese Benennung mit der Frage nach der Homologisierbarkeit dieses Nerven mit dem gleichnamigen des Menschen in gar keinem Zusammenhang. Ebenso ist der Name »N. ulnaris« entstanden (siehe dort). 512 K. Ogushi N. radialis und tritt zwischen dem M. humero-radialis und dem M. coraco-antebrachialis ins Freie und steigt am radialen Rande der Beugefläche des Vorderarmes bis zum Daumen herab. Nahe an seinem Ursprunge entsendet er einen zarten Ast für den M. flexor dig. com. longus sublimis. 3. Ram. muse. flexoris dig. com. longi sublimis. Ein sehr starker Nerv, der sich gewöhnlich von dem proximalen Teile des N. radialis, in seltenen Fällen von dem N. ulnaris löst. Über die Beugeseite des M. pronator teres tritt er zwischen das Caput humerale einer- seits und die Vorderarmportionen des Flexor dig. com. longus sublimis anderseits ein, um diesen Muskel mitmehreren Endzweigen zu versehen. 4. Ram. muse. pronatoris quadrati. 5. Ram. muse. flexoris pollieis longi. 6. Ram. muse. pronatoris manus. Diese drei Äste sind sehr dünn und werden im Laufe am Vorder- arme früher oder später vom Stamme des N. radialis abgelöst. 7. N. digitalis volaris pollieis radialis (Fig. 64, N. dig. volar. pollie. rad.). Unter dem Lig. carpi volare transversum trennt er sich von dem Stamme des N. radialis. Nach Abgabe dünner Äste für den M. abduetor pollieis volaris sowie den M. flexor pollieis brevis läuft er durch den Bauch dieses Muskels hindurch‘zum radialen Rande desDaumens und versorgt die Haut des gleichen Daumenrandes. 8. N. digitalis communis volaris I. (Fig. 64, N. dig. com. vol. 1.). Er stellt einen der Endäste des N. radialis dar. Zunächst zieht er über den ersten Bauch des M. carpo-digitalis in das erste Interstitium herab und zerfällt, dem metacarpo-phalangealen Gelenk gegenüber, in zwei Nn. digitales volares proprii, die vorwiegend die gegenüber- stehenden Ränder des Daumens sowie des zweiten Fingers innervieren. 9. Ram. communicans cum N. ulnari. Er ist die distale Fort- setzung des N. radialis. Beinahe parallel mit dem distalen Rande der Eminentia carpi volaris transversa zieht er auf dem M. carpo- digitalis ulnarwärts und verbindet sich mit dem entgegenlaufenden Endstück des N. ulnaris, wodurch der Arcus nervi volaris ge- bildet wird. Diese Verbindung erfolgt nieht selten in der Muskel- masse des zweiten Bauches des M. carpo-digitalis (Fig. 64, O). g) N. ulnaris (Fig. 63 und 64, N. ulnar.) Ram. externus me- diani, Bosanus(?); N. ulnaris, RAgL. Derselbe ist der starke, zweite Endast des N. brachialis ven- tralis. Über die A. brachialis sowie den M. pronator teres tritt er Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 513 schräg ulnarwärts zwischen die Portio humeralis einerseits und die tieferen Vorderarmportionen des M. flexor dig. com. longus sublimis ‘anderseits in die Tiefe. Am distalen Teile des Vorderarmes verläuft er zwischen dem M. flexor dig. com. longus profundus und dem M. ulnaris externus, schlingt sich dann um das ulnare Ende der Eminentia earpi transversa volaris gegen deren distalen Rand herum und bildet an der Hohlhand, unter der Endsehne des M. flexor dig. com. longus profundus mit dem Ram. eommunicans des N. radialis den Areus nervi volaris. In seinem ganzen Verlaufe begleitet er die gleichnamige Arterie. Seine Seitenzweige sind: 1. Ram. muse. flexoris dig. com. longi profundi. 2. Kam. muse. ulnaris externi. 3. Ram. muse. ulnaris interni. Diese drei Muskelzweige lösen sich von einer gemeinsamen Wurzel, die medial von dem M. flexor dig. eom. longus profundus, von dem Stamme des N. ulnaris ihren Ursprung nimmt und in dem Raum zwischen diesem Muskel und dem M. ulnaris externus verläuft. 4. Ram. muse. abductor dig. quinti volaris. Ein wenig proximal von der Eminentia carpi transversa volaris löst er sich direkt von dem Stamme des N. ulnaris und tritt an der dorsalen Seite des M. flexor dig. com. long. profundus hervor, um den gleichnamigen Muskel zu versorgen. _ In der tiefen Schicht der Hohlhand gehen folgende Äste hervor: 5. Rami muse. flexoris dig. com. brevis. Sie betragen im ganzen . vier und werden von der konvexen Seite des Arcus nervi volaris ab- gegeben. Zwischen je zwei Endsehnen des M. flexor dig. com. longus profundus hindurch dringen sie in die gleichnamigen Muskelbäuche ein. 6. Rami muse. carpo-digitalis. Vier dünne, kurze Ästehen des Arcus nervi volaris, die auf dem entsprechenden Bauch des gleich- namigen Muskels entspringen. 7. N. digitalis quinti volaris ulnaris (Fig. 63 und 64, N. dig. V. volar. uln.) Zumeist geht er selbständig aus dem ulnaren Anfangsteil des Arcus nervi volaris hervor, läuft dann, volar von dem M. abduetor digiti quinti volaris, gegen den ulnaren Rand des fünften Fingers distal und versorgt die Haut sowie das Horngebilde am ulnaren Rande der Schwimmhaut. 8. Nn. digitales communes volares II.—IV. (Fig. 64). Sie ent- springen in der Höhe des entsprechenden Interstitiiums von dem Areus nervi volaris und zerfallen in der gewöhnlichen Weise inner- 514 K. Ogushi halb eines jeden Interstitiums gabelförmig, um die einander zu- gekehrten Fingerränder zu versorgen (Nn. digitales proprii volares radiales s. ulnares). Die Muskelzweige für die Mm. interossei, metacarpo-phalangis volares sowie die Mm. interphalangis werden in dem gleichnumme- rigen Interstitium von den Nn. digitales communes volares abgegeben. Ein jeder N. dig. communis volaris wird von dem Ram. perforans der A. digitalis communis dorsalis begleitet. VI. Nerven der hinteren Extremität. Plexus lumbo- sacralis. (Fig. 54, 69—77 und Textfig. 34—41.) Über die Nerven der hinteren Extremität der Cheloniden gibt es, soweit mir bekannt ist, nur drei Schriften, und zwar die von BOJANUS, HOFFMANN und GADoWw. Nur in der Arbeit von HOFFMANN ist auch eine Trionyx-Art berücksichtigt worden, nämlich Tr. stellatus. Dieser Arbeit entnehme ich den nachfolgenden Satz: »der N. eruralis wird .... nur von dem zweiten, der Obturatorius teilweise aus dem zweiten und dritten Präsacralnerven gebildet, während der Ischiadieus aus vier Wurzeln zusammengesetzt wird, zwei präsacralen, einer sa- cralen und einer postsacralen, von welchen die sacrale die stärkste ist. Die postsacrale Wurzel ist dann der Nervus bigeminus von V. JHERING«. Beim Trionyx japonicus gehen die betreffenden Nerven aus den Rami ventrales der drei eventuell vier hinteren Jumbo-dorsalen sowie sämtlichen sacralen Nerven hervor, die zunächst in der bekannten Weise ein sehr ausgedehntes Geflecht, den Plexus lumbo-sacralis, . bilden. An diesem Geflecht werden nach den daraus entspringenden Nerven drei Unterabteilungen unterschieden, und zwar der Plexus cruralis, Pl. ischiadicus und Pl. pudendus. Der Plexus cruralis gibt die Nerven ab, die der Hauptsache nach den vorderen Teil des Beckens und die Streckseite des Oberschenkels versorgen. Die Nerven aus dem Plexus ischiadicus innervieren vorzugsweise die distal von dem Kniegelenk befindlichen Teile der hinteren Ex- tremität. Der Plexus pudendus endlich ist der Ursprungsort der Nerven, welche die Adductoren bzw. Beuger des Oberschenkels und teilweise auch einige Schwanzmuskeln beherrschen. Nach dem Ge- sagten kann man in bezug auf den Bauplan des Plexus lumbo-sacralis nicht bloß unter den verschiedenen Familien des Trionyx selbst, sondern auch gegenüber den übrigen Anınioten keinen wesentlichen Unterschied finden. Hierbei darf man jedoch nicht außer acht lassen, Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 515 daß die Zusammensetzung des Plexus lumbo-sacralis von sehr wech- selnder Natur ist, was ja auch für den Menschen von mehreren Textfig. 34. A.anf. -- NDZUO ._.. A.vertebr. A.m.testofemor. - - 24: " collat.posf. _R.post. ER vertfebr. Telar, poSsF.) An. He = perıton. ae ----Tesfofemor. 122. N. Ahypogasfr. x Re e V Rm.obt. inf, 6dom. af. N: AN -- ND.XK. A.m.glut.max er: f : E Ne.Femor.iat. > Be ZUR: EX E 2 A.m.vast.fem. _-* / : , BESICHEN PER ; ZB R.m.tliac. : A ___ NSsıI ANobl er > 7 7a u A. cuf.venfr. 7 --- Retracf. penis.60 W.peron com. ag ---- Sr. ZZ. DD | _._ Flex. caud \)) ext. 57. A.isch. -- pm com )---- WS.H. A.caud./af. ) N N.penıs ı R.m. Ka ve. A I fem. g MEYER ; nt --- WCC.I N. cur. - r ‘ \ Eur ER Coca ob: Y u ae \ ran Am.semitend. ı |. Ip ı ae ---NCC.I. ER R.m.Sup.pro.) ER TE PIESE £ Ar 4 m e. h caud. int. caud. IB en A.m. cocgyg-fib.i / = EN A. cap. ischiad. TER: N .m.sphincf.cloac. fi RE, je ib) Rprocap ! a ISMIOSEOELNT TI So HCcyg; fischiot coccyg:tib. I A.sger. Iaf. Plexus lumbo-sacralis in dorsalem Anblick, Seiten bereits betont wurde. Da diese Variabilität beim Trionyz be- sonders stark ist, so wird es sehr schwer, für die Zusammensetzung 516 K. Ogushi des Plexus die Grenzen des Normalen zu bestimmen, weshalb der zitierte Fall HOFFMAnNs — wenn auch als sehr selten — so doch immerhin als nicht unwahrscheinlich bezeichnet werden muß. Nach meinen Beobachtungen an zahlreichen Triory&-Exemplaren möchte ich folgende Zustände als Norm anführen: Der vorderste Nerv, der an der Bildung des Plexus lumbo- sacralis teilnimmt, ist der zarte Ram. ventralis des siebenten Dorso- lumbalnerven, der sich von dem Ram. posterior loslöst und auf der Rückenfläche des M.tensor pleuro-peritonei unter der A. collateralis vertebralis posterior schräg nach hinten und seitwärts verläuft. Nachher verbindet er sich mit dem gleichnamigen Aste des achten Dorsolumbalnerven und bildet die erste Ansa des Plexus cruralis. Der Ram. posterior des achten Dorsolumbalnerven enthält außer selbständigen Elementen für die Rumpf- und Beckenmuskulatur noch die an der Bildung des Plexus eruralis wesentlich beteiligten. Er kommt zwischen dem Ursprunge des M. testo-femoralis und der A. collateralis vertebralis posterior aus dem Foramen intercostale zum Vorschein und zerlegt sich in zwei Stämme, von denen der eine die Fortsetzung des Hauptstammes, der andere den Ram. ventralis bildet. Dieser sehr starke Nerv zieht in schräger Richtung latero- caudalwärts unter den M. testo-femoralis und teilt sich hier in einen vorderen, diekeren und einen hinteren, schwächeren Ast. Der letztere hängt direkt mit einem Aste des Ram. ventralis des neunten Dorso- lumbalnerven zusammen und bildet die dritte Ansa des Plexus lumbo- sacralis. Der vordere Ast dagegen beteiligt sich durch Vermittelung seines cephalen Zweiges an der Bildung der ersten Ansa des Plexus lumbosacralis und verbindet sich mittels eines caudalen Zweiges mit dem vorderen Aste des Ram. ventralis des neunten Dorsolumbalnerven, wodurch die zweite Ansa dieses Geflechtes zustande kommt. Der Ram. posterior des neunten Dorsolumbalnerven durchbohrt regelmäßig den Ursprung des M. testo-femoralis. Dabei wird von ihm der Ram. ventralis abgelöst, der seine Elemente nicht nur auf Plexus eruralis, sondern auch auf den Plex. ischiadieus verteilt. Dieser Ram. ventralis spaltet sich unmittelbar nach dem Austritt aus dem genannten Muskel in drei Äste. Unter diesen ist der vordere der stärkste; er läuft über die A. iliaca communis sowie den hinteren Ast des Ram. posterior des achten Dorsolumbalnerven nach außen und beteiligt sich, ein wenig eranialwärts ablenkend, an der Bildung der zweiten Ansa des Plexus lumbosacralis. Der mittlere Ast schließt sich an den hinteren Ast des Ram. ventralis des achten Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 517 Dorsolumbalnerven an und setzt so die dritte Ansa des Plexus lumbosaeralis zusammen. Der hintere Ast ist der schwächste; er zieht hinter der A. iliaca communis nach caudal und verbindet sich mit dem Ram. ventralis des zehnten Dorsolumbalnerven. Der neunte Dorsolumbalnerv ist demnach der N. furealis im Sinne v. JHERINGS. Der Ram. ventralis des zehnten Dorsolumbalnerven tritt hinter dem Ursprunge des M. testo-femoralis aus dem Foramen interverte- brale. Nachdem er den hinteren Ast des Ram. ventralis des neunten Dorsolumbalnerven aufgenommen hat, zerfällt er in mehrere Äste, die mit den Ästen des Ram. ventralis des ersten Saeralnerven viel- fach anastomosierend, die Commissura interplexum ischiadieum et eruralem Bojani und den Plexus ischiadicus zusammensetzen. Der Ram. ventralis des ersten Sacralnerven, der N. bigeminus im Sinne v. JHERINGS, der eigentliche Saeralnerv GEGENBAURS, der Sacralnerv S. GADows, durchsetzt zunächst den Ursprung des M. re- tractor penis. Nach einem kurzen Verlaufe seitwärts löst er sich in mehrere Äste auf, die zum größten Teil mit den Ästen des Ram. ven- tralis des vorigen Dorsolumbalnerven Anastomose bildend, den unter- halb der Sacralrippen befindlichen Plexus ischiadieus aufbauen und sich zum kleinen Teil auch an der Bildung des Plexus pudendus beteiligen. Der Ram. ventralis des zweiten Sacralnerven. Er verläßt zwischen dem zweiten Sacral- und ersten Schwanzwirbel den Rückgratkanal und durehbohrt sofort den M. flexor caudae externus, um an der ven- tralen Seite des Ursprunges des M. retraetor penis mit einigen Ästen des Ram. ventralis des ersten Sacralnerven den Plexus pudendus zu bilden. Da das entsprechende Foramen intervertebrale um vieles tiefer, d. h. ventral gelegen ist, als das Niveau der vorhergehenden, proximalen, so bekommt dieser Ram. ventralis eine merkwürdige Verlaufsrichtung; um nämlich die viel höher verlaufenden Äste des Ram. ventralis des ersten Sacralnerven zu erreichen, muß er nach dem Austreten aus dem Foramen intervertebrale schräg nach dorsal, eranial und etwas lateral laufen, wobei er stets eine lateral geöffnete Bogenlinie beschreibt. Als auffallende Variationen kamen folgende Fälle zur Be- obachtung: 1. Der N. dorsolumbalis VII war von dem Plexus lumbosacralis völlig ausgeschaltet. Der N. hypogastrieus wurde in diesem Falle von dem achten Dorsolumbalnerven abgegeben. 2. Der N. obturatorius nahm nur mit einer einzigen Wurzel vom neunten Dorsolumbalnerven seinen Ursprung. Dabei wurde auch 918 K. Ogushi eine Absonderung des N. dorsolumbalis VII beobachtet, infolge- dessen der Plexus ceruralis sehr einfach gebaut war, so daß er bloß durch eine einzige Schlinge repräsentiert wird, die zwischen den Rami ventrales des achten und des neunten Dorsolumbalnerven besteht AyD- fem. obt per tb Ayp fem obF. per. pud. tb pud Textfig. 35. DI DIT (em O.ZUT Dr Ayp- fem Be DZ ai C DZ DX s2 Bei SI hb. SZ E Ssz CE Verschiedene atypische, lumbo-sacrale Geflechte. A. und B. rechts, von ventral betrachtet; C. rechts, von dorsal gesehen; Ayp. N. hypogastricus; fem. N. fe- moralis; obt. N. obturatorius; per. N. peroneus com- munis; pud. N. pudendus; Lib. N. tibialis communis; Plex. pud, Plexus pudendus. und dem N. femoralis seine Fasern liefert. Vgl. Textfig. 35, C. 3. Statt einer einfachen Schlinge war der Plexus pudendus durch ein verhältnismäßig breites Netz mit mehreren Maschen von verschie- denem Durchmesser vertreten. Da- bei war ein Ast für den M. sphineter eloacae mit dem sonst unab- hängigen Aste des Ram. ventralis des ersten Schwanznerven ver- Vgl. Textfig. 35, C. 4. Ich beobachtete sehr oft, daß der Plexus ischiadicus aus einem sehr komplizierten Netzwerk gebildet war, welches sonst die frei verlaufende A. femoralis umgreift. bunden. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 519 Zwischen diesen extremen Fällen! kamen noch die verschieden- sten Übergänge zur Beobachtung. Es ist deshalb — wie bereits oben betont wurde — nicht möglich, die Zusammensetzung des Plexus lumbosacralis genau anzugeben; die als Norm geschilderten Zustände haben daher nur eine beschränkte Gültigkeit, d. h. sie be- ziehen "sich auf eine größere Anzahl Einzelfälle, die von keiner anderen Abweichung berührt wurde. Theoretisch müßte die Variabilität in der Zusammensetzung eines Nervengeflechtes von dem labilen Zustande des betreffenden Ex- tremitätengürtels abhängig sein. Mit anderen Worten: der Plexus lumbosaecralis müßte theoretisch weniger der Abweichung unter- liegen, als der Plexus brachialis, weil der Beckengürtel eigentlich viel beständiger ist und demgemäß auch beim Aufbauen des dazu- gehörigen Plexus lumbosacralis dessen Komponente viel weniger zu abnormen Bahnen verleiten müßte, als der Schultergürtel, der, wie neuerdings von verschiedenen Seiten tatsächlich bestätigt worden ist, im Laufe der phylogenetischen Entwicklung der Tiere mehr oder 1 Nach dem Vorgang von GADow können folgende Formeln konstruiert werden: i S Plex. erur. (SNS obtur: Pl. isch. Pl. pud. ee au. I dere + ee ee d € Claw deseı2 Ss & ea aa le ae Anmerkung: d, c, b, « = präsacrale Nerven, die von hinten nach vorn alphabetisch bezeichnet sind. 5 —= Sacralnerv. «, 8 = Postsacralnerven, die der Anordnung gemäß bezeich- net sind. Die Nenner bedeuten die ungefähr der gegebenen Ziffer entsprechende Verzweigungsweise der betreffenden Nervenwurzel; so entspricht z.B. cy der halben Portion des Nerven 5b, ebenso = der einen der zweimal dichotomisch gespaltenen Portionen des Nerven 2. Durch das & ist nur einfach die Verzweigung des betreffenden Nerven angedeutet, deren Quantität jedoch nicht genau ange- geben werden kann. 520 K. Ogushi weniger eine Vor- bzw. Rückwärtsverschiebung erlitten hat (vgl. die Arbeiten von FÜRBRINGER). Indessen ist die Sache gerade umge- kehrt, wie ja aus den obigen Ausführungen klar hervorgeht. Somit entsteht die Frage, warum beim Plexus lumbosacralis — im Gegen- satz zum Plexus brachialis — die Variation so häufig beobachtet wird. Ich bin leider nieht in der Lage, hierfür eine befriedigende Erklärung zu geben, und beschränke mich deshalb darauf, hier nur die Ansicht von WIEDERSHEIM (aus seinem Lehrbuche) wiederzugeben. Danach ist diese Variabilität des Plexus lumbosacralis auf den Umstand zurückzuführen, »dab der Beckengürtel bis jetzt eine un- gleich weniger fixierte Lage gewonnen hat als der Schultergürtel, insofern er noch eine weitere Verschiebung erfährt«. Ob diese Er- klärung genügt, ist noch fraglich. «. Plexus eruralis. Plexus eruralis, BOJANUS. > Er liegt zwischen der A. vertebralis collateralis posterior und A. iliaca communis und wird von dorsal vom M. testo-femoralis über- lagert. Er bezieht seine Komponenten aus den Rami ventrales des N. dorsolumbalis VII—IX und läßt seitwärts die Nn. hypogastricus, femoralis sowie obturatorius hervorgehen. 1. N. hypogastrieus (N. hypogastr.) (Fig. 70—72 und Textfig. 34—36.) Ein ziemlich starker Nerv, der hinter der A. collateralis verte- bralis posterior entweder von der Ansa I des Plexus lumbosaecralis oder als direkte Fortsetzung des Ram. ventralis des achten Dorso- lumbalnerven entspringt und zuerst vor dem Cap. longum m. vasti femoris und dann medial von der A. pubica anterior bauchwärts im Bogen gegen den vorderen hand des Beckens vorbeizieht. Nachdem er am vorderen Rande des Proc. lateralis des Pubis einen Ast für den M. rectus pubi abgegeben hat, schlingt er sich um die mediale Ecke des letztgenannten Fortsatzes herum und dringt in den M. pubo- plastralis ein, um hier seine Endramification zu finden. ! Die Zahl der dorsolumbalen Wirbel der Schildkröten ist auf 10 fixiert und somit im Vergleich mit der Wirbelzahl der homonymen Körperabschnitte der anderen Reptilien sehr stark reduziert. Daraus folgt die Vermutung, daß diese Körperregion der Schildkröten eine erhebliche Verkürzung erlitten hat. Ob bei Trionyz die Variabilität des in Rede stehenden Nervengeflechtes mit der Verkürzung der Wirbelsäule bzw. des Rumpfes so eng verknüpft ist, wie RUGE es bei Hylobatiden endgültig bestätigt zu haben glaubt, ist mir eine schwer zu- gängliche Frage, deren Lösung erst auf anderen Wegen erzielt werden kann. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. Il. 521 2. N. femoralis (N. femor.). N. eruralis, BOJANUS, GADOW u. a. (Fig. 54, 69—72 und Textfig. 34—36.) Ein sehr starker Nerv, der in der Regel die Ansa II des Plexus lumbosacralis verläßt. Er zieht zunächst an der ventralen Seite des Textfig. 36. I IT X = Rm.festofemor: A.m.abdom.later. -__ N. obturgk N abdom./ater N. femor. # Ayp 0935/r N.c.femor. med.sup R.m.obFurgk. in. Am.ılıac. Ar pro.cap.int A.m.pubs._- 7 et ext. vast femor elasfr. A.m.rect.pubVS. A.ventr. A.dors. Am. Juk I max. A.m.reck femor. APrO.Cap. long vast. femon N.c.fem./at. N.c.fem.med. in! N. abdominalis lateralis, N, hypogastricus und N. femoralis. Rechts, von ventral gesehen. M.testo-femoralis seitwärts und dringt hierauf zwischen diesen Muskel und den M. iliacus, um zwischen das Anfangsstück der V. abdomi- nalis und den R. pubiea der A. hypogastrica zu gelangen. Nachdem er hier ein oder zwei dünne Äste für den M. iliacus entsendet hat, 522 K. Ogushi gibt er sofort einen starken Ast ab, der direkt unter das Cap. longum des M. vastus femoris tritt und mit je einem Endzweig diesen Vastus- kopf und den M. obturatorius internus versieht, worauf er vor dem Hüftgelenk in folgende zwei Endäste zerfällt: a) Ram. ventralis. Nachdem er eine kurze Strecke weit die Richtung des Stammes des N. femoralis fortgesetzt hat, löst er sich in zwei Endzweige, einen starken, tieferen und einen schwächeren, oberflächlichen. Der tiefere zwängt sich zwischen das Cap. externum und das Cap. in- ternum des M. vastus femoris, um die von dem Femur direkt ent- springenden Köpfe dieses Muskels zu versorgen. Der oberflächliche Endast dagegen tritt außerhalb vom Ansatze des M. tensor fasciae femoralis, zwischen dem Cap. longum und dem Cap. externum des M. vastus femoris an die tibiale Fläche des Oberschenkels und setzt sich nach Abgabe eines zarten Astes für den M. rectus femoris als N. eutaneus femoralis medialis inferior (Fig. 69, N. e. femor. med. inf.), N. saphenus BoJAanus bis in den Unterschenkel fort. Er ist mit großer Wahrscheinlichkeit dem N. saphenus des Menschen gleichzusetzen. . b) Ram. dorsalis. Er zieht vor der V. femoralis unter dem M. glutaeus maximus distalwärts herab, um diesen Muskel in der Mitte zu durehbohren. Weiterhin läßt er sich als Hautnerv, N. cut. femoralis lateralis Fig. 54 u. 72, (N. ce. femor. lat.), bis zum Fußrücken verfolgen. Bei der Durchsetzung des M. glutaeus maximus gibt er ihm einen dünnen Zweig ab, der aber selten fehlt. Aus den obigen Zeilen geht hervor, daß der N. femoralis im großen und ganzen mit dem N. dorsalis scapulae der vorderen Ex- tremität zu homologisieren ist, nur daß er vor (prozonal) und nicht hinter dem der Scapula homotypen Ilium (postzonal) vorbeipassiert. 3. N. obturatorius (N. obtur.). N. obturatorius, BOJANUS u. a. (Fig. 69—72 und Textfig. 34, 35 u. 37.) Dieser starke Nerv entspringt gewöhnlich aus der dritten Ansa. Häufig jedoch stellt er die direkte Fortsetzung des Raın. ventralis des achten Dorsolumbalnerven dar. Er hält sich vor- bzw. außerhalb von der gleichnamigen Arterie und steigt innerhalb des Beckens gegen das Foramen obturatorium steil ventralwärts herab, wobei er an der ventralen Seite des M. iliacus verläuft. Dicht hinter dem Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 523 Caput longum m. vasti femoris an dem hinteren lateralen Umfange des Foramen obturatorium spaltet er sich in zwei Endäste, den Ram. anterior und posterior. a) Ram. anterior. Nachdem er eine kurze Strecke weit längs dem lateralen Rande des Foramen obturatorium kopfwärts gelaufen ist, zerfällt er in zwei Zweige, einen vorderen und einen hin- ‘teren. Der vordere Zweig teilt sich noch Textfig. 37. einmal in zwei Endzweige, von denen ZIT. E X. der vordere sofort in die Portio pubica des M. obturatorius externus eindringt, während der hintere Endzweig schräg eaudo-lateralwärts den vorderen Abschnitt desselben Muskels gegen dessen Seiten- W. hyP0g: rand durchsetzt und sich in die Mitte des M. sartorius einsenkt, um sich in diesen Muskelbauch auszubreiten. Der hintere Zweig gibt sogleich je einen dieken End- zweig für den mittleren Abschnitt sowie die Portio intertrochanterica des M. ob- turatorius externus ab und durchbohrt m.obk die Mitte dieses Muskels sowie die Faseia a pelvico-femoralis, um als N. cut. pelvis ventralis (Fig. 69 u. 70, N. e. pelv. ventr.) von der dorsalen Seite des M. pubo-plastralis in der Haut der dicht cau- dal von dem hinteren Rande des Plastrons gelegenen Beckengegend auszustrahlen. com. N. obtur. Porf. m.obf. ext. Port. Sartor inrertraeN. b) Ram. posterior. Er geht eine kurze Strecke weitnach 7 hinten und durchsetzt nach Abgabe ini. rm ventral Aste für die Portio ischiadica des M. ob- turatorius externus, vor der Spina ischiadica den Ansatz des M. ob- turatorius externus, um in den vorderen Teil der Portio ischiadica des M. isehio-eoceygeo-tibialis einzudringen. Es ist sehr bemerkenswert, daß der N. obturatorius des Trionyx in mehreren Punkten nicht nur mit dem der Amphibien und Reptilien, sondern auch der Säugetiere, namentlich des Menschen, gut über- einstimmt. Vor allem sind sein Verlauf, seine Verzweigung sowie Morpholog. Jahrbuch. 46. 34 524 K. Ogushi der Besitz eines Hautastes für den Vergleich von Wichtigkeit. Aber damit ist nicht gesagt, daß unser M. obturatorius externus mit dem homonymen Muskel des Menschen gleichbedeutend ist. Vielmehr bin ich der Meinung, daß der M. obturatorius externus des Trionyz verschiedene Elemente enthält, die zum größten Teil die vom N. ob- turatorius versorgten Muskelindividuen des Menschen repräsentieren. Es ist auch sehr interessant, daß der N. obturatorius in verschie- denen Punkten dem N. supracoracoideus sehr nahe steht (vgl. diese Abh. S. 502). Diesem Nerven fehlt aber beim Trionyx ein Hautast, der dem Hautast des kam. anterior des N. obturatorius entspricht. Da der: Hautast des N. supracoracoideus nach FÜRBRINGER schon unter den Amphibien aufzutreten beginnt und beim Aufsteigen der Entwicklungsstufe der Reptilien, wie ich auch bei mehreren Re- präsentanten bestätigen konnte, immer konstanter wird, so ist das Fehlen des betreffenden Hautastes sicher ein bedeutsamer Hinweis auf den noch nicht ganz differenzierten Zustand des N. supracora- coideus. Die Homologisierung dieses Nerven mit dem N. obtura- torius ist daher nur mit großer Reserve auszuführen. Ich werde später bei der Besprechung der Homologisierbarkeit der beiden Ex- tremitäten darauf zurückkommen. Außer den obigen Nerven kommen an diesem Geflechte noch folgende in Betracht: 4. Nervuli muse. tensoris pleuro-peritonei. Zwei bis vier sehr feine Nervenfäden, die ein wenig distal von der Ansa I aus den Komponenten des siebenten sowie achten Dorso- lumbalnerven abgehen. Sie versorgen den hinteren Abschnitt des gleichnamigen Muskels. 5. N. abdominalis lateralis. (Textfig. 34 und 36.) Meistens geht er als ein einheitlicher, ziemlich starker Nerv aus der Ansa I hervor. Selten ist er ein Ast des Ram. ventralis des achten Dorsolumbalnerven. Zunächst zieht er an der vorderen Fläche des M. testo-femoralis zum hinteren Rande des M. abdominis lateralis und gibt einen starken oder zwei bis drei feine Äste für den letzten Muskel sowie einen Hautast für das Plastron ab. Seine distale Fortsetzung läuft außerhalb von dem M. obturatorius internus weiter nach außen und strebt in Begleitung eines äußeren Astes der Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 595 A. pubiea anterior über das Cap. longum des M. vastus femoris zur tibialen Fläche des Oberschenkels, um hier als N. cut. femoralis superior medialis (Fig. 69, N. ce. femor. med. sup.) zu endigen. 6. N. m. testo-femoralis. In der Regel entspringt er von dem vorderen Aste des Ram. ventralis des achten Dorsolumbalnerven. Manchmal kommt er jedoch aus der Wurzel des hinteren Astes des kam. ventralis des achten Dorsolumbalnerven, wobei die zugehörigen Fasern durch die Ansa II verlaufen müssen. Er ist sehr kurz und dringt sofort in den Ur- sprungskopf des gleichnamigen Muskels ein. ß. Plexus ischiadieus. Plexus ischiadieus, BOJANUS. Seine Hauptbestandteile kommen aus den Rami ventrales des zehnten Dorsolumbal- sowie ersten Sacralnerven. Dazu gesellen sich noch der hintere Ast des ham. ventralis des neunten Dorsolumbal- und der Ram. ventralis des zweiten Sacralnerven. Der Plexus hat seine Lage innerhalb des Beckens unter den Sacralrippen bzw. den von diesen entspringenden Muskeln. Aus ihm treten vor allem zwei, bis ans Ende scharf voneinander getrennte, selbständige Nerven, der "N. peroneus communis und tibialis communis, hervor, die die Beckenhöhle stets dicht hinter der Verbindung des Iliums mit den Sacralrippen verlassen. Nach Bosyanus, HOFFMANN, GADOW u. a. scheinen die beiden Nerven bei den anderen Schildkröten eine ziem- liche Strecke zu einem einheitlichen Stamm verwachsen zu sein und sich erst in der Kniekehle oder in deren Nähe in ihre einzelnen Komponenten zu spalten. Wenn dies wirklich der Fall wäre, so könnte man dieses als Merkmal bei der systematischen Unterschei- dung des Trionyx von den übrigen Cheloniden verwenden. 1. N. peroneus communis (N. peron. com.). N. peroneus, BoJAnUs; Stamm IV, GADow. (Fig. 72—74, 76, 77 und Textfig. 34, 38 und 39.) Dicht medial von dem dorsalen Ende des Iliums entsteht er dureh Vereinigung der starken Äste der Rami ventrales des neunten sowie zehnten Dorsolumbalnerven, an die sich noch ein schwacher ‘Ast aus dem Ram. ventralis des ersten Saeralnerven anschließt. Er zieht um die hintere Fläche des dorsalen Iliumendes nach außen, durchsetzt gleich unterhalb des Ursprunges des M. glutaeus maximus den zwischen dem M. ileo-femoralis und quadratus femoris befind- 34* 526 K. Ogushi lichen Schlitz, läuft dann längs des vorderen Randes des M. glutaeus minimus, d.h. an der fibularen Seite des Oberschenkels, herab und Textfig. 38. G/ufseus maxim.126. Jleo- femoralis.137. “\_ Glutseus minim. 127. : PiriForm. 130. F ll) mann N NER? N. NZ Aischiadica--— or | ca } I / N.hbialhs.com \ Cap.extern. vash- "" femoris. 133. ER N.Hbial. later... _ NEE N | 3 N\ . 3 \ A.rec.femoralis . } S \ ; Flex.dig.com AM En Be aim 1er DAN ER N ----Kribialis. ulgeus mınım.Jz AN: nr ji ı EN "2 >> 4.#biglis. F Nnbial.medial. A Jex. dig. com. Jong. = sub/ımı5.137. N Topographische Beziehung der Nerven und Blutgefäße am Oberschenkel. Rechts, fibulare Seite. Ein links oben nur mit dem Strich angedeuteter Nerv, Ram. musc. piriformis. tritt dieht am proximalen Rande des Ansatzes des letzteren Muskels von der fibularen Seite her unter den M. extensor dig. com. longus, Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 527 um sich darauf an der Grenze des oberen Drittels des Unterschen- kels in zwei Endstämme, den N. peroneus medialis et lateralis, zu spalten. In seinem ganzen Verlaufe hat er mehrere Begleiter (Fig. 72 und Textfig. 38). Hinter dem Ilium liegt er dicht vor dem N. tibialis communis, wird aber bald von diesem durch die von ventral kom- mende A. femoralis abgeschieden. Distal von der Mitte des Ober- schenkels, wo diese Arterie zwischen die Stämme der beiden Schenkel- nerven nach der Extensorenseite gelangt, nähert er sich wieder dem N. tibialis ecommunis und gerät hinter dem Kniegelenk zwischen diesen Nerven und die A. fibularis. An der Stelle, wo er sich um das obere Ende der Fibula herumschlingt, wird er abermals durch das Ansatzende des M. glutaeus minimus von dem N. tibialis com- munis geschieden; weiterhin zieht er in Begleitung der vor ihm ver- laufenden A. et V. fibularis unter den M. extensor dig. com. longus. Im übrigen wird er in seinem Verlaufe am Oberschenkel von den beiden Mm. glutaei und der V. femoralis überlagert. Bis zum Kniegelenk gibt er nur folgende zwei dünne Muskel- äste ab: 1. Ram. muse. ileo-femoralis. Ein wenig distal von dem Ihum nimmt er seinen Ursprung, tritt sogleich unter den M. testo-femoralis und versorgt den gleichnamigen Muskelbauch. 2. Rami muse. glutaei. Beinahe in der halben Länge des Oberschenkels verlassen sie, gewöhnlich mit einer einheitlichen Wurzel, den Stamm des N. pero- neus communis und innervieren die beiden gleichnamigen Muskel- bäuche. A. N. peroneus medialis (N. peron. med.). N. peroneus superfieialis, GADOW. (Textfig. 39 und Fig. 77, nicht bezeichnet.) Nach der Trennung vom Stamme des N. peroneus communis beschreibt er zunächst unter dem M. extensor dig. com. longus nach distal-tibial einen sanften Bogen, um in der Mittellinie des Unter- schenkels über die Extensorenfläche des Lig. erurale interosseum gerade distalwärts herabzuziehen. Am Fußrücken biegt er unter den Mm. extensor hallueis longus et adduetor hallucis dorsalis sowie den Ursprüngen des M. extensor dig. com. brevis sublimis nach dem fibu- laren Fußrande und geht ungefähr in der Höhe des dritten Inter- 528 K. Ogushi stitiums mit dem Ende des N. peroneus lateralis eine direkte Ver- bindung ein, den Arcus nervi dorsalis pedis. Er wird in seinem Verlaufe von der A. et V. fibularis begleitet. Seine Seitenäste sind: 1. Ram. museularis superior (R. m. super.). Ein dieker Nerv, der entweder von dem Endstück des N. pero- neus communis oder von dem proximalen Abschnitte des in Rede stehenden Hauptastes abgelöst wird. Er versieht mit mehreren Zweigen den tibialen größeren Teil des M. extensor dig. eom. longus. Selten entsendet er daneben noch einen schwachen Hautast, der ent- lang dem medialen Rande des Unterschenkels herabsteigt und den gleichen Rand der Großzehe innerviert. 2. Ram. museularis inferior. Er läuft gerade distal herab und versorgt den mittleren Teil des Bauches des M. extensor dig. com. longus. 3. Ram. muse. tibialis antieus. Ein dünner Zweig, der an der Grenze des unteren Drittels des Unterschenkels entsteht und nach kurzem Verlaufe nach tibio-distal in den gleichnamigen Muskel eindringt. 4. Ram. musc. extensoris hallueis longi. Er wird in der Höhe des Fußgelenkes fibularwärts abgegeben. Über den Arcus nervi dorsalis pedis und dessen Zweige werde ich Näheres bei der Besprechung des N. peroneus lateralis bringen. B. N. peroneus lateralis (N. peron. lat.). N. peroneus profundus, GADOW. (Fig. 77 und Textfig. 39.) Er ist schwächer entwickelt als der N. peroneus medialis. In 3egleitung der A. fibularis profunda zieht er über den Ursprung des M. peroneus longus, dann kommt er dureh den Ursprung des M. pero- neus brevis unter diesen Muskelbauch, um gerade distalwärts zu laufen. Nun biegt er unter dem M. extensor dig. com. brevis subli- mis schräg nach tibio-distal, um mit dem Ende des N. peroneus medialiszusammenhängendden Arcus nervi dorsalis pediszubilden. Äste: 1. Ram. museulo-eutaneus 8. peroneus superficialis (Fig. 77 und Textfig. 39, R. peron. superfie.). Ein dieker Ast, der als erster aus dem Stamm des in Rhede stehenden Nerven hervorgeht und ein wenig medial von ihm herab- Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. Il. steigt. Nachdem er dem lateralen Teile des M. extensor dig. com. longus einige Zweige gegeben hat, kommt er zwischen der zweiten und dritten Portion des M. extensor dig. com. longus an die Oberfläche und verteilt sich in der Haut des Fußrückens. 2. Rami muse. peronei. Sie entstehen an den gleichnamigen Muskeln. Von dem Arcus nervi dorsalis pedis werden folgende Endäste abge- löst: 1. Rami museulares. Sie entspringen an verschiedenen Stellen von dem Arcus und versorgen die tiefen, kleinen Mus- keln des Fußrückens so- wie der Zehen. Unter denselben ist der für die Großzehenmuskeln be- stimmte stärksten entwickelt. am 2. Nervi digitales communes dorsales. Im Gegensatz zu dem Areus nervi dorsalis ma- nus sind sie an diesem Nervenbogen inkonstant und weniger zahlreich; ich habe sogar nicht sel- ten beobachtet, daß sie 529 Textfig. 39. > Mi UN 1. A. 1.frbulerıs. N N T V Aibularis. \ Ne E Sg} genu.inf >=. u Io H.peron.com. IR\ H.,perön.ler. = --N.peron.med. a \ A Ne Ne A.m.super j /I Lig. .crur N // A = TERN IR A.fib,prof- l // IE urfere N Peron. Von 79: 27 Peron. een 44° A. peron.- Superfic. A.m.extens. halluc. Vong. A Nerven und Blutgefäße an der Streckseite des Unterschenkels und des Fußes. Rechts. 530 K. Ogushi gänzlich fehlten. Jedenfalls tritt der N. digitalis com. dorsalis des dritten Interstitiums relativ beständig auf, wobei er in der Regel mit zwei, selten durch einige Fadenbrücken verbundenen Wurzeln entsteht und sich distal bis in den tibialen Rand der vierten Zehe verfolgen läßt, ohne sich in die Nervi digitales proprii zu teilen, wie dies beim Finger der Fall ist. Der zweite, reduzierte, weniger konstante N. digitalis com- munis dorsalis geht aus dem fibularen Teile des betreffenden Nerven- bogens hervor und versorgt nach Spaltung in diezwei Nervidigitales dor- sales proprii die gegenüberliegenden Ränder der vierten und fünften Zehe. An den übrigen Zehenrändern kommen sie gewöhnlich nicht zur Entwicklung. 2. N. tibialis communis (N. tibial. com.). N. tibialis, BOJANUS. (Fig. 69, 70, 72—76, Textfig. 34, 38 und 40.) Dieser mächtige Nerv bezieht seine Komponenten aus dem letzten Dorsolumbal- sowie den beiden Sacralnerven, von denen der erste Saeralnerv den wesentlichen Beitrag liefert. Da ich bei der Be- sprechung des N. peroneus communis sowohl seinen Verlauf als auch seine topographischen Beziehungen zu dem Begleitnerven ausführlich geschildert habe, so genügt es, nur noch auf einige Merkmale hin- zuweisen. Am Oberschenkel verläuft der Nerv vorzugsweise ventral bzw. tibial von der A. femoralis. Nachdem er eine kurze Strecke distal von dem Ilium, dem M. piriformis den Ram. musec. piriformis inferior abgegeben hat, spaltet er sich in der Mitte des Oberschen- kels in zwei Hauptäste, den N. tibialis medialis et lateralis. Dicht an dieser Bifurkationsstelle entsendet er außerdem noch einen ziemlich dieken Hautast nach dem fibularen Rande des Unterschen- kels; ich bezeichne ihn als N. cutaneus cruralis lateralis (N. ce. erur. later.). Der V. saphena folgend, kommt dieser Hautast zwischen der Portio coceygea des M. ischio-coceygeo-tibialis und dem M. eoceygeo- fibularis zum Vorschein und zieht am fibularen Rande des Unter- schenkels gerade distalwärts herab, um denselben Fußrand und die fünfte Zehe zu versorgen. Von diesem Hautast löst sich ein feiner, ziemlich konstanter Zweig ab, der sich in der Haut des distalen, fibularen Teiles des Oberschenkels und des proximalen Bezirkes des Unterschenkels verliert. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 531 A. N. tibialis medialis (N. tibial. med.). -N. popliteus sive nervi tibialis ramus internus, BOJAnus (?). Begleitet von der gleichnamigen Arterie, zieht er zunächst über das Cap. femorale des M. flexor dig. com. longus profundus, um sich dann am medialen Rande des Ansatzes des M. semitendinosus zwischen das Cap. tibiale des M. flexor dig. com. longus profundus und den M. flexor hallueis longus einzuschieben. Darauf läuft er unter diesem Muskel gerade gegen den medial von dem Tuber astragali verlaufen- den Suleus astragali, sodann gelangt er, bedeckt von der breiten Aponeurose des M. flexor dig. com. brevis profundus, als N. plan- taris internus Boyanı in das erste Interstitium, worauf er sich in seine Endzweige spaltet. 1. N. surae medianus (N. sur. median.). R. superfieialis, BoJanus (?). Ein dieker Nerv, der auf dem Cap. femorale des M. flexor dig. com. longus profundus entsteht und sofort folgende Zweige abgibt: a) Ram. muse. flexoris dig. com. longi profundi. Ein sehr starker Zweig, der mit Zweigchen das Cap. femorale und das Cap. fibulare des gleichnamigen Muskels versieht. b) Ram. superior muse. flexoris dig. com. longi sublimis. Er ent- steht distal vom vorigen Aste und dringt gleich in die Mitte des gleichnamigen Muskelbauches. c) Ram. inferior muse. flexoris dig. com. longi sublimis. Ein zarter, aber langer Nervenfaden, der am medialen Rande des gleich- namigen Muskels herabsteigt und in der Höhe des Fußgelenkes in den proximalen Teil des Cap. plantare eindringt. Der N. surae medianus setzt sich dem medialen Rande des M. flexor dig. com. longus sublimis entlang distalwärts fort und er- scheint von der unteren Fläche der Aponeurose des M. gastroenemius her in der Mitte der Fußsohle, um daselbst mit seinen Zweigen, den Nervuli cutanei pedis medii (Fig. 69 und 70), in die Haut einzustrahlen. 2. N. eutaneus ceruralis medialis (N. e. erur. medial.). Im Anschluß an den vorigen Ast geht er als ein ziemlich starker Nerv aus dem Stamme des N. tibialis medialis hervor, läuft über den Ansatz des M. semitendinosus tibialwärts und zerfällt an der medialen Seite des Ansatzes des M. sartorius in zwei Zweige, einen oberflächlichen und einen tieferen. Der letztere passiert zwischen 532 K. Ogushi dem M.sartorius und dem Caput tibiale des M. gastroenemius hindurch und geht dicht medial von der Endsehne des M. ischio-eoeeygeo- Textfig. 40. N.Hbıal. com,.N, _- "N.tibialıs. z med. r————— , N.c.crurlafer Ah bial. /ater. iD = ---Oberflächl. = N.c. cerun medizi. --- Tiefer Ast. A.m.Flex.- halluc.long. \ = Asup.mflex-| __ Rm.gastrocnem. dig.com. Jong. Amfi Vex.dig. 2 com.long. prof -+4-—-- -. R.m.flex.dig. com. Jong. prof. x A.m.gastrocnem. com.long.subl. N 5 N.c.crur medial. Es 303 Mepedis. medit. N] 2 “ N __A.m.flex. dig. N.dıg. com. m com.brev. subl. olanf IX. \ ef m m ee FIRE „N.dig. com. ae M.. PIaRKT. N.plant Frbul, Propr.dig De N N. dig. halluc. PlaRk hbial. Ip IT IT ;® N. tibialis communis und seine Verzweigung am Unterschenkel und Fuße, tibialis weiter distalwärts, um den distalen Teil der letzteren End- sehne (Fig. 170, ><) zu perforieren. Der oberflächliche dagegen zieht Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 533 zunächst über das Ansatzende des M. sartorius, dann zwischen dem M. tibialis anticus und der Endsehne des M. ischio-coceygeo-tibialis gerade herab. Nunmehr vereinigen sich die beiden Zweige etwa in der Mitte des Unterschenkels zu einem Nerven, der die Richtung des oberflächlichen Zweiges fortsetzt und die Haut des tibialen Randes des Unterschenkels sowie des Fußes innerviert. 3. ham. muse. gastroenemii. An der gleichen Stelle wie der Ursprung des vorigen Astes ver- läßt er den Stamm des N. tibialis medialis und steigt auf dem M. flexor dig. com. longus profundus schräg tibialwärts herab. Dabei wird er von dem Ansatzende des M. semitendinosus, dem Cap. tibiale des M. gastroenemius sowie der Endsehne des M. ischio-eoceygeo-tibialis überlagert. Am distalen Rande der letzteren Endsehne bildet er eine Schlinge, wodurch er auf der oberflächlichen Seite dieser End- sehne erscheint, um in retrograder Riehtung, d. h. proximalwärts, zu laufen und in den Bauch des gleichnamigen Muskels einzudringen. 4. Ram. inferior muse. flexoris dig. com. longi profundi. Er tritt in das Cap. tibiale des gleichnamigen Muskels ein. 5. Rami muse. flexoris hallueis longi. Sie sind ziemlich zahlreich vorhanden und lösen sich gewöhnlich unterhalb des M. flexor hallueis longus von dem Stamme des N. tibialis medialis ab. 6. Ram. muse. tibialis postici. Der Nerv versieht mit seinen Zweigen den gleichnamigen Muskel. In der tiefen Schieht der Fußsohle spaltet sich der N. tibialis medialis in folgende drei Endäste: a. N. digitalis hallueis plantaris tibialis. Er zieht schräg gegen den tibialen Rand der Großzehe und verliert sich schließlich dort in der Haut. Am tibialen Rande des M. flexor hallueis brevis, der das Anfangsstück des Endastes bedeckt, trennt sich ein schwacher Zweig, der sich fibular um den tibialen Rand der Sehne des M. flexor dig. com. longus profundus herum- schlingt und den M. flexor dig. com. brevis sublimis versorgt. b. N. digitalis communis plantaris primus. Er gelangt am fibularen Rande des M. flexor hallueis brevis unter die gemeinsame Endsehne des M. flexor dig. com. longus pro- fundus. Nach der Vereinigung mit dem Endstücke des N. tibialis lateralis oder einem Seitenaste desselben, wobei sehr oft ein ein- 534 K. Ogushi faches, aber deutliches Geflecht zustande kommt, trennt er sich in zwei Endzweige, den N. digitalis fibalaris plantaris primus sowie den N. digitalis tibialis plantaris secundus, und versorgt die gegen- überliegenden Seiten der ersten und der zweiten Zehe. ec. Ram. communicans. Er tritt ebenfalls zwischen dem M. flexor hallueis brevis und dem ersten Bauche des M. tarso-digitalis aus der Tiefe hervor und bildet mit dem N. tibialis lateralis den Arcus nervi plantaris pedis. Dieser Endast fehlt aber nicht selten. B. N. tibialis lateralis (N. tibial. lat.). Ram. profundus, BOJAnUs(?). Er gelangt über den proximalen Teil der A. tibialis, von der tibialen Seite her unter den M. flexor dig. com. longus sublimis und läuft auf dem Cap. fibulare des M. flexor dig. com. longus profundus gerade herab, um zwischen dem Tarsale S sowie der gemeinsamen Endsehne des letzteren Muskels auf den M. tarso-digitalis zu kommen. Alsdann wendet er sich schräg tibialwärts und läuft im Bogen zum ersten Interstitium, wo er sich mit dem Ram. communicans des N. tibialis medialis verbindet. Anfangs liegt er am fibularen Rande der Kniekehle, neben dem N. fibularis ecommunis, der A. fibularis sowie der V. saphena. Aber am proximalen Teil des Unterschenkels wird er bald durch das sich einschiebende Ansatzende des M. glutaeus minimus von den eben genannten Begleitern abgeschieden und verläuft unter dem M. flexor dig. com. longus sublimis eine Strecke weit allein. Im distalen Drittel des Unterschenkels legt er sich von der fibularen Seite an die A. tibialis. Es ist auch sehr eigenartig, daB er am Unter- schenkel gar keinen Ast abzweigt, sondern erst in der tiefen Schieht der Fußsohle folgende Zweige hintereinander abgibt: 1. N. digitalis communis plantaris quartus. Außer einigen dünnen Muskelästen für die tiefere Muskelschicht gibt er dem fibularen Rande der fünften Zehe einen N. plantaris fibularis proprius digiti quinti und den gegenüberliegenden Rändern der fünften und vierten Zehe die Nervi plantares proprii tibialis digiti quinti et fibularis digiti quarti ab. 2. Nn. digitales communes plantares III et II. Sie verlaufen in dem dritten bzw. zweiten Interstitium. Nach Abgabe dünner Aste für die tieferen, kleinen Zehenbeuger zerfallen Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 535 sie in je zwei Endzweige, die an den einander zugekehrten Seiten der vierten und dritten bzw. der dritten und zweiten Zehe als a) N. plantaris tibialis proprius digiti quarti, b) N. plantaris fibularis proprius digiti tertii, ec) N. plantaris tibialis proprius digiti tertii, d) N. plantaris fibularis proprius digiti seeundi enden. 3. Rami musculares. Sie entspringen zwischen den Nn. digitales communes plantares von dem Arcus nervi plantaris pedis und versorgen die tiefe Muskel- schicht der Fußsohle. 3. N. pudendus! (N. pudend.) (Fig. 69, 70 und Textfig. 34 und 40.) Ein starker Nerv, der durch Zusammenschluß je eines, medial vom Ilium ventralwärts hervortretenden Astes des zehnten Dorso- lumbal- und des ersten Saeralnerven entsteht. In seltenen Fällen wird er von einem ventralen Zweige des hinteren, am Aufbau des N. tibialis communis beteiligten Hauptastes des zehnten Dorsolumbal- nerven und einem "schwachen, aus dem distalen Teile des zweiten ‘ Sacralnerven entspringenden Nervenfaden zusammengesetzt. Zunächst zieht er zwischen dem M. quadratus femoris und M. piriformis nach bauch- und seitwärts herab; dabei entsendet er für den M. quadratus femoris einen Ast. Hierauf passiert er die Lücke zwischen den beiden Ursprungsköpfen des M. semitendinosus, um außerhalb von der Spina ischiadica unter die Portio coceygea des M. ischio-eoceygeo- tibialis zu gelangen. Er versorgt die letzt beschriebene Portion, den hinteren Teil des Cap. ischiadieum desselben Muskels, den M. semi- tendinosos, den M. ischio-caudalis und den M. coceygeo-fibularis. Der Ast für den M. ischio-caudalis ist sehr dünn und stets in einem dicken Bindegewebe der Schwanzwurzel eingebettet; es ist deshalb nicht immer leicht, ihn in toto darzustellen. Die Verästelung des besprochenen Nerven variiert sehr stark. So sind die Rami musculares ad m. coceygeo-fibularis et capute coceygeo m. ischio-coceygeo-tibialis nicht immer die Äste des N. pudendus, sondern lösen sich auch unter Umständen von dem zu- nächst zu besprechenden Plexus pudendus ab. Besonders häufig ent- i Bezüglich dieses Namens möchte ich bemerken, daß ich ihn einfach pro- visorisch gewählt habe, ohne damit irgendwelche morphologischen Beziehungen zu dem gleichnamigen Nerven der menschlichen Anatomie andeuten zu wollen. 536 K. Ogushi springt der Ram. muse. coceygeo fibularis aus dem letzteren Geflecht. Auch wurde beobachtet, daß der Ast für das Cap. eoceygeum des M. ischio-coceygeo-tibialis mit einem Seitenzweige des dem Plexus Textfig. 41. A.oöfurst. _ ah N.S.IT. I Qy_A-iMliaca descend. A. caudal. later. W.ribigl. com. A.m.piriform.sup. A.ıschiıadıca. x Am. guadr. femor. A.m.Flex. Pr cand. ink. A.pro.post.ischiad. _ MISCHIO- coccyg- hibralıs. ı A,pro.postcoccyg. m.ischio coccyg- tibigl. 3 Nervus et Plexus pudendus. Plexus pudendus nach vorn gedreht. pudendus entstammenden Nerven für den M. eocey- geo-fibularis eineSchlinge bildet, bevor er in das Caput coceygeum ein- dringt. 7) Plexus pudendus. (Textfig. 34 und 41.) Er wird in der Haupt- sache von dem Ram. ven- tralis des zweiten Sacral- nerven gebildet und dureh den Anschluß eines ana- logen Astes des ersten Schwanznerven vervoll- ständigt. Aus ihm neh- men folgende Nerven ihren Ursprung: 1. N. flexoris eaudae internus. Nahe am Ursprunge des Stammes des Ram. ventralis des zweiten Sa- cralnerven geht er aus diesem hervor. Gewöhn- lich ist seine Wurzel ein- fach, selten verdoppelt. Er läuft dieht medial vom Ursprunge des M. sphinc- ter eloacae nach hinten und tritt baldindengleich- namigen Muskel ein, um hier seine Endramifikation einzugehen. 2. kamuli ad musculo retractorem penis. Einige sehr dünne Fäden, die distal vom vorigen Muskelast den Plexus verlassen und sogleich den Retraetor penis versorgen. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 537 3. N. sphineteris eloacae. Ein sehr kräftiger Nerv, der in der Mitte des Plexus entsteht. Er zieht an der medialen Fläche des gleichnamigen Muskels caudal- wärts, um diesen Muskel mit mehreren dünnen Zweigen zu versehen. 4. N. eoceygeo-fibularis. Ein langer, ziemlich starker Nerv, der den gleichnamigen Muskel innerviert. Er läuft stets selbständig an der ventralen Seite des M. piriformis, geht dann zwischen diesem Muskel und der Portio coceygea des M. ischio-coceygeo-tibialis hindurch und dringt in den M. eoceygeo-fibularis ein (vgl. n. pudendus). 5. N. piriformis superior. Mit einfacher oder doppelter Wurzel entspringt er von dem End- stück des Ram. ventralis des zweiten Sacralnerven. Nach kurzem Verlaufe nach außen tritt er in den M. piriformis ein. Sein Auf- treten steht zu dem gleichnamigen Muskelast des N. Duden in vikariierender Beziehung. ©. Sympathisches Nervensystem. (Textfig. 20, 26, 27, 29, 34 u. 42. Über das sympathische Nervensystem der Reptilien bestehen viele Schriften, so vor allem die Arbeiten von BoJAanus, BENDZ, BONNSDORF, FISCHER, GASKELL, GADOW, HOFFMANN, MÜLLER, OSAWA, VOGT, WEBER u. a. Unter diesen beschäftigen sich die von BoJAnus, BENDZ, VoGT, GADOW-GASKELL und HOFFMANN auch mit den Chelo- niden. Ich muß gestehen, dab viele dieser Arbeiten, obschon sie Jüngeren Datums sind und in die Zeit der modernen histologischen Untersuchungsmethoden fallen, in bezug auf Genauigkeit der Unter- suchung und Darstellung von dem um bald 100 Jahre alten Werke von BoJAantus bei weitem überragt werden. So habe ich bei der Untersuchung des Trionyx viel mehr Berührungspunkte mit den Er- gebnissen dieses Autors als mit den neueren Schriften gefunden. Und dies bei allen Organsystemen, nicht zuletzt beim Nervensystem. «. Grenzstrang (Truncus sympathicus). Nervus intercostalis magnus, BoJAnus; The main trunk of sympathie chain, GASKELL und GADOW. Unter dem Namen »Grenzstrang« versteht man auch beim Trionyx diejenige Nervenkette, die gleichsam symmetrisch neben der Median- achse des Körpers verläuft und sich ununterbrochen vom Halse bis 538 K. Ogushi in die Beckenhölle erstreckt. Wir teilen sie in den Hals-, Brust-, Becken- und Schwanzteil ein. I. Halsteil des Grenzstranges. Truneus nervi interceostalis medio eollo, BOJANUS. (Textfig. 20, 26, 29 und 42.) Er besteht aus zwei Teilen, dem Ramus interganglionis major sowie dem Ganglion fusiforme cervicale, von denen das letztere bei der Besprechung des Brust- und Bauchteiles des Grenzstranges behandelt werden wird. Ram. interganglionis major (R. intergangl. maj. symp.) besteht beim Trionyz aus einem einzigen Nervenstrang, der das Ganglion radieis nervi vagi (HOFFMANN) mit dem Ganglion fusiforme cervicale verbindet. Seine eranialen zwei Drittel sind gewöhnlich mit dem Truneus visceralis des N. vagus so innig verbunden, daß man sie kaum voneinander unterscheiden kann. Nur wenigemal konnte beobachtet werden, daß die beiden Nerven durch eine dünne, bindegewebige Zwischenscheide deutlich voneinander getrennt waren, ohne jedoch selbständig zu werden. Erst in der Höhe des fünften bis sechsten Halsnerven trennt er sich von dem eben besprochenen Begleiter als ein selbständiger Strang, der dicht ventral von den Rami ventrales der hinteren Halsnerven und medial von der V. jugu- laris interna in einem dorsal geöffneten Bogen verläuft, sich weiter- hin von der ventralen Seite um die V. vertebralis collateralis anterior herumschlägt und an die mediale Seite der Lungenspitze gelangt, um schließlich hinter bzw. ventral von dem Plexus brachialis und zugleich an der inneren Seite des dorsalen Teiles der Scapula mit dem Ganglion fusiforme cervicale zu endigen. Natürlich begleitet der Halssympathicus an seinem ceranialen Teile die A. carotis, die sich ja stets an den Trunecus visceralis n. vagi hält. Nach den Angaben der Autoren, namentlich BOJANUS, GASKELL, GADOW u. a., scheint es bei den Cheloniden sehr verbreitet zu sein, daß der Ram. interganglionis major mit dem Truncus visceralis des Vagus innig verschmolzen ist. — Bei einem jungen Exemplar der Chelone midas konnte ich ihn, völlig von diesem getrennt, bis zum Ganglion radieis nervi vagi verfolgen. — Bei den Säugetieren kommt diese Verbindung auch sehr oft vor und wurde neuerdings von VAN DEN BROEK als » Vago-sympathicus« zusammengefaßt. Bei den meisten übrigen Reptilien ist es hingegen nach FISCHER, OSAWA, r erstere dem Halsteil des Trionyx ‚einem oberflächlichen und einem tieferen Ibständigen Strängen Halsteil, besteht, von denen nur de Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 539 zwei Se MÜLLER u. a. vorherrschend, daß der Halsteil des Sympathicus aus "SIUNWULOO worIL "y ap "Mzq eorıysesodky ’y Op uamoapagq 'Aerıdns 9 pun 'eIsod 'g wep uageu oyyung OZIeAUOS “Juoepe3 puosor uoyony wop Fu® AoLL Seq ‘duny we snorgyedurks *N jesJ0Q yyeesdns ‘9 z 04159 ı Saw ds w wesod‘ 9‘ "ıuabosn- 07983 N N 0 ı a7a Io zo a0 maAQ ar 0x0 "TS I Er Pe 270% ı a pe) 3 . 10: { nn ds Jede JE WE LE 8 De) "ZU 7 h A \ ZA) un ern NZZ Ä | zo Fl Be ...) yS 3 za3 rt. B) = Ay Er | = Be (827 7 nsousarea‘ı Sivady 32 WERTE NT je1ueJy 249 A \ RED "eo 9nw 73 280/23 jepney LER = BE are DIR \dwo/s W \ BaUoa Tan uw SnJ401d WW IY few yBuebsojury, Ö en Teeby = \ yeuas') ET (ZW) yaasın \ \ BEN M s'/s0e S Der: \ \ and XWN — f lie) AN. r \ hi vi 2aY / an . \ H N Ei N yagarg "s90 994y 5 BRARSU 5 dr vAysyby \ woIyYy wÄy y '@p "SyIXOL ingen- . 5 le entspr 3 den feinen Fasern die Ösophaguswand und die großen Blutgefäße v1Cca Nach den letztgenannten Autoren soll er »mit Morpholog. Jahrbuch. 46. mehreren aus dem Stamm sowie dem Ganglion cer entsprechen würde. 540 K. Ogushi in der Gegend« versorgen. Um dies beim Trionyx zu konstatieren, habe ich mehrere Exemplare mit großer Sorgfalt untersucht. In- dessen war das Resultat immer negativ; denn es kamen dabei weder gangliöse Anschwellungen noch Fäden, die das nebenliegende Ein- geweide innerviert hätten, zur Beobachtung. Ich habe allerdings einige Fäden ganz sicher nachweisen können, die zwischen dem hinteren, selbständig gewordenen Teil des Ram. interganglionis major sowie dem Truncus visceralis n. vagi ausgespannt waren; diese haben jedoch mit den von den genannten Autoren beschriebenen Blutgefäß- und Eingeweideästen nichts zu tun. Deshalb kann man behaupten, daß der Halssympathicus des Trionyc dem Bau nach den Säugetieren näher steht als den übrigen Reptilien. II. Brust- und Bauchteil des Grenzstranges. (Textfig. 29 u. 42.) Im Gegensatz zu den Befunden FIscHers, nach dem diese Teile bei den meisten übrigen Reptilien »durch den Mangel der eigentlichen Ganglien« sowie bedeutende Feinheit ausgezeichnet sind, setzen sie sich beim Trionyx aus einer Anzahl von meistens kleinen, segmental angeordneten Ganglien sowie den Rami interganglionis zusammen, die ich mit unbewaffnetem Auge ohne Schwierigkeiten darstellen konnte. Die so gebildete Kette verläuft nicht im Canalis collateralis vertebralis, wie dies CARuS u. a. angeben, sondern zieht in sagittaler tichtung dieht neben der Wirbelsäule über die Ventralseite der tippenhälse, was nach GASKELL und GADow auch bei Testudo so- wie Chelone der Fall ist. Da die Verhältnisse dieser Grenzstrangteile bei den niederen Wirbel- tieren, besonders den Reptilien, noch nichtgenugklargestelltworden sind, so möchte ieh ihre einzelnen Verhalten etwas eingehender betrachten. Ganglion fusiforme cervicale (G. fusif. cerY.). Gangl. cardiacum, GASKELL und GADow. Dieses eigentlich dem Halssympathieus angehörende Ganglion ist unter den sympathischen Nervenknoten das größte und am meisten konstant; es stellt eine große spindelförmige Anschwellung! dar, die ventral bzw. hinter dem achten Halsnerven und medial von ! Diese eigentümliche Gestalt rechtfertigt den Zusatz »fusiforme« (fusus — Spindel). Derselbe Name wurde schon früher von GADOW und GASKELL VOI- geschagen, doch etwas anders motiviert. Es heißt dort nämlich: an der Stelle unseres Ganglions »are frequently three ganglia, of which those belonging to 10 and 9 (spinal nervs) are usually united into one, which therefore has been ealled ganglion fusiforme«. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 541 der Lungenspitze liegt, mit ihrer Längsachse in schräger Richtung von eranial und ventral nach dorsal und caudal orientiert ist. Das Ganglion nimmt den Ram. interganglionis major auf und läßt folgende Nerven hervorgehen: a) Den Ram. communicans cum n. cervicali VII, der sich mit dem Verbindungsaste des Ram. ventralis des N. cervi- ealis VII, kurz vor der Bildung der Ansa I, vereinigt; b) Den Ram. communicans cum n. cervieali IX s. VIII, der, hinter der A. vertebralis collateralis anterior vorbeipassierend, mit dem Anfangsstück des Ram. ventralis des achten (sehr selten) oder neunten Cerviealnerven oder nach Spaltung in zwei Äste mit diesen beiden Halsnerven zusammenhängt; c) Den Ram. communicans cum n. dorsolumbali I, der von der dorsalen Spitze des betreffenden Ganglions entspringt und sich sofort in die Wurzel des Ram. anterior des ersten Dorso- lumbalnerven einsenkt, und endlich d) Den Ram. interganglionis, der über den Hals des ersten Rippenreliefs nach hinten zieht und - mit dem Ganglion thoracicum primum eine Verbindung eingeht. Dazu kommt noch in seltenen Fällen ein Ram. communicans, der zwischen dem Ganglion fusiforme cervicale und dem Ganglion thoracieum n. vagi überbrückt ist. Dagegen war hier der von GASKELL und GApDow bei Krokodilien sowie Testudo graeca be- obachtete Ram. cardiacus s. pneuno-cardiacus nicht vorhanden. Ganglion thoracicum sympathieum primum. Es ist sehr klein, aber ebenfalls ganz konstant. Es findet sich hinter dem Ram. posterior des zweiten Dorsolumbalnerven dicht am Foramen intercostale, mit seiner Längsachse von links nach rechts orientiert. Von der medialen Spitze gibt es einen Ram. communicans zu dem Ram. ventralis des zweiten Dorsolumbalnerven und von der lateralen einen Ram. interganglionis sowie einen starken Ram. vis- ceralis ab, während es an seiner vorderen Spitze den Ram. intergan- glionis aus dem letztbeschriebenen sympathischen Ganglion aufnimmt. Die Ganglien, die zwischen den Foramina intercostalia II—VII vorkommen, sind nicht konstant. Sie stellen sich als unregelmäßig verteilte, zumeist sehr kleine Verdickungen des Grenzstranges dar, aus denen die Rami viscerales ihren Ursprung nehmen. Sieliegen bald nahe 35* 542 K. Ogushi an dem Ram. posterior der entsprechenden Dorsolumbalnerven, bald befinden sie sich von diesem sehr entfernt auf der ventralen Seite des Halses des Rippenreliefs. Ihre Zahl schwankt zwischen 3—6. Dagegen kommen die zwischen den Foramina intereostalia VII—X befindlichen Ganglien sehr regelmäßig vor, und zwar an den Foramina intereostalia VII—VIII je eins und zwischen den Foramina intercostalia IX—X bloß eins. Ihre Größe ist im allge- meinen recht ansehnlich. So hat das letzte z. B. eine Länge von 2 mm und eine Dicke von Imm. Die übrigen Ganglien stehen diesem an Größe ein wenig nach, doch erreichen sie immerhin eine Länge von 1,5 mm. Bezüglich ihrer Topographie ist noch folgendes zu beachten: Das Ganglion am Foramen intercostale VII befindet sich am ventralen Rande dieser Öffnung; seine Längsachse verläuft sagittal. Das Ganglion am Foramen intercostale VIII liegt stets dicht hinter der A. hypogastrica (schwarzer Punkt in Textfig. 42), wes- halb es als Ganglion sympathicum postarteriale bezeichnet werden könnte. Es zeigt ebenfalls Spindelform, deren Längsachse dorsoventral gerichtet ist. Das Ganglion, welches zwischen dem neunten und zehnten Zwischenrippenloch liegt, wird von der ventralen Seite durch das Anfangsstück der A. iliaca communis (schwarzer Punkt in Textfig. 42) gestützt. Infolgedessen möchte ich es Ganglion sympathicum supraarteriale nennen. Seine Längsachse liegt genan sagittal. Außer den Rami interganglionis, die aus seinen beiden Spitzen her- vortreten, entsendet es je einen Ram. communicans für den Ram. ventralis des neunten und des zehnten Dorsolumbalnerven. Die Rami interganglionis, die die oben angeführten Ganglien unter- einander verbinden und den Grenzstrang aufbauen, ziehen in den, vor dem Ganglion postarteriale liegenden Segmenten dicht an den Dorso- lumbalwirbeln über die Hälse der Rippenreliefs und caudaldaneben noch über die paarigen seitlichen Ursprungsköpfe des M. carapaco-basiocci- pitis, wobei sie in jedem Segment einen kurzen, dorsal konkaven Bogen beschreiben. Von da ab weiter caudal nehmen sie ziemlich tiefden Weg, weil sie hier die Ursprünge der, von der Dorsolumbal- sowie Sacral- wirbelsäule entspringenden Muskeln der hinteren Extremität übersprin- gen müssen. In der Strecke zwischen dem Ganglion thoraecicum primum und dem Ganglion postarteriale sind sie sehr oft verdoppelt. Die Rami viscerales, die Ansae dorsales ad plexum coeliacum Bojani, entspringen nicht immer von den obigen Ganglien, sondern auch in verschiedener Höhe von den Rami interganglionis selbst. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 543 Sie verlaufen stets etwas geschlängelt in schräger Riehtung. In der cephalen Körperhälfte konvergieren sie vorwiegend caudo-ventral- wärts, in der caudalen dagegen cranio-ventralwärts. Von ihren Be- ziehungen zu den Baucheingeweiden wird später die Rede sein. III. Beckenteil des Grenzstranges. (Textfig. 34 und 42.) Im Becken kommt nur ein verhältnismäßig diekes Ganglion vor. Es entsendet dorsalwärts zwei Rami communicantes, deren jeder mit dem Ram. ventralis des N. sacralis I—Il zusammenhängt. An den beiden Enden nimmt das Ganglion je einen Ram. interganglionis auf. Außerdem entläßt es ventralwärts viele, mehr oder minder starke Nerven gegen den Plexus renalis et urogenitalis, die Ansae dorsales ad plexum renalem Bojani. IV. Schwanzteil des Grenzstranges. Filamentum laterale coceygeum, BOJANUS. (Textfig. 34 und 42.) Er weicht von dem Befunde BoJanus an Testudo europea sehr ab, denn während bei Testudo der betreffende Teil des Grenzstranges nicht nur caudal bis an das distale Ende des Schwanzes reicht, son- dern auch mit sämtlichen Schwanznerven Anastomosen bildet, er- streckt er sich beim 7rxonyx nur bis zum zweiten, höchstens dritten Schwanznerven. An ihm konnte ich in der Regel nur ein schwaches, dicht vor dem Ram. ventralis des ersten Schwanznerven liegendes Ganglion beobachten. Neben dem Ram. communicans für den ersten Schwanznerven gibt es nach vorn wie hinten je einen Ram. inter- ganglionis ab, von denen der hintere gleichzeitig der Ram. com- municans ist, der sich schließlich in den Ram. ventralis des zweiten Schwanznerven einsenkt und selten noch einen schwachen Ram. communicans für den dritten Schwanznerven abzweigt. ß. Periphere Teile des N. sympathieus. I. Kopfsympathieust. (Textfig. 20, 27 und Fig. 51.) Im Kopf des Trionyx verlaufen zwei Hauptbahnen? des Sympathieus, eine dorsale und eine ventrale, die gemeinsam aus dem Ganglion petrosum des N. glossopharyngeus entspringen. 1 Vgl. meine vor kurzem in dieser Zeitschrift Bd. XLV, H. 3 erschienene Arbeit, in der dieses System ausführlich behandelt worden ist. 2 Diese Bahnen sind hauptsächlich so dünn, daß man sie ohne Hilfe des Mikroskopes kaum ordentlich verfolgen kann. Deswegen habe ich zu dieser 544 K. Ogushi Die dorsale sympathische Bahn spaltet sich weiter vorn in der Fossa jugularis in zwei Fäden, einen ventralen und einen dorsalen, welch letzterer bereits bei der Schilderung des N. glosso- pharyngeus als der Nervulus tympanicus ausführlich beschrieben worden ist. Der ventrale Faden (Textfig. 20, dors. Symp.) legt anfangs denselben Weg zurück wie der Plexus tympanieus, verläuft aber stets tiefer als der letztere und überschreitet, entgegen dem Befunde O0. BEnDERS bei Testudo graeca, die Columella auris an deren dorsaler Seite. Rostral vom Ganglion geniculi läuft er zu- nächst längs der äußeren Wand der V. nasophthalmica in den Canalis v. nasophthalmicae zwischen dem Prooticum und dem Quadratum und gelangt medial vom Foramen sphenoidale in die hintere, laterale Ecke des Cavum prosencephalicum. An der Stelle, wo die V. nasoph- thalmiea die A. maxillaris kreuzt, legt er sich, die Fenestra lateralis canalis earotiei (I. Mittg. S. 29) durchsetzend, an die Seitenwand der A. carotis an. Weiterhin der A. carotis bzw. maxillo-naso-ophthal- mica folgend, dringt erin die Augenhöhle und erzeugt hier, nachdem er noch eine Strecke weiter entlang der A. infraorbitalis vor- und seitwärts fortgelaufen ist, dicht vor dem Eingang des Canalis palatinus major, medial von der letzteren Arterie, ein unbedeutendes, mikroskopisches Ganglion, welches offenbar dem Ganglion palatinum (vgl. diese Abh. S. 451) angehört und zum Teil das Ganglion sphenopalatinum der Säuger repräsentiert. Das betreffende Ganglion entsendet jenseits einen verhältnismäßig dieken Nerven, der über die A. infraorbitalis seitwärts zieht und sich an den N. palatinus communis, einen Ast des zweiten Trigeminusastes, anschließt, um sich wahrscheinlich nachher in dem Canalis palatinus major von dem letzteren Nerven abzutrennen und mit dem Ganglion palatinum bzw. dessen Nerven- zweigen in Verbindung zu treten. Demnach erinnert der betreffende dorsale sympathische Faden im großen und ganzen an den N. petrosus profundus des Menschen. Die ventrale sympathische Bahn wird ebenfalls durch zwei Nervenstränge, einen lateralen, dieckeren und einen medialen, zarteren repräsentiert. Der laterale, ventrale Nerv, der wahr- scheinlich der Summa pars intereostalis nervi Bojani entspricht, ist sicher in den Elementen des Ram. communicans n. glossopherigei cum nervo palatino zu suchen, der sich rostralwärts nach Aufnahme Untersuchung mit Vorliebe Serienschnitte des Kopfes herangezogen, an denen der Verlauf dieser Bahnen genau festgestellt wurde, so daß die Fehler der bloßen makroskopischen Darstellung vermieden werden konnten. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. Il. 545 des gleichnamigen Astes des N. facialis als N. palatinus communicans in das Ganglion palatinum fortsetzt, wie dies bereits oben dargelegt worden ist (vgl. S. 461). Der mediale sympathische Nerv (Textfig. 20, ventr. Symp.) verläuft dagegen vollkommen selbständig entlang der medialen Seite der A. carotis bzw. maxillo-naso-ophthal- miea!, hier und dort Inseln bildend, rostralwärts und dringt endlich ebenfalls in die Orbita ein. Daraufhin schlingt er sich in Begleitung der A. eiliaris um den vorderen Rand des M. rectus inferior herum, wendet sich nach hinten und tritt, ventral vom N. optieus passierend, in den vom M. retractor oculi begrenzten, kegelförmigen Raum ein, um sich schließlich in den lateralen Teil des Ganglion. ciliare hin- einzusenken. Auf diesem Wege führt er sicher sympathische Fasern in das Ganglion eiliare (Radix sympathica ganglion ciliaris). Dem Gesagten zufolge ist der einschlägige, sympathische Faden mit Recht als ein Homologon des Plexus caroticus plus plexus cavernosus des Menschen aufzufassen. An zwei Exemplaren habe ich ferner einen Faden beobachtet (Textfig. 20, Pfeil, der vor der A. com- municans carotica quer verläuft und anscheinend die beiderseitigen, medialen, der A. carotis entlang verlaufenden, sympathischen Fäden verbindet. Gerade da, wo der mediale, ventrale Sympathieusfaden unter dem N. trigeminus vorbeizieht, habe ich auch eine sehr kleine Zellenanhäufung beobachten können; sie würde vielleicht dem Gan- slion trigemini entgegen einen Verbindungsfaden ausgehen lassen (Textfig. 20, punktierte Linie mit Zeichen »?«). II. Peripherer Halssympathieus. Nach einigen Autoren, wie z. B. HOFFMANN, FISCHER, OSAWA u. a., scheint das Halseingeweide bei den meisten Reptilien von dem Hals- teile des Grenzstranges mehrere Fäden aufzunehmen. Wenn es auch nicht zu leugnen ist, daß die Halseingeweide, wie Ösophagus, Pharynx, Kehlkopf usw., eine Anzahl sympathischer Ganglien ent- halten, die ich selbst mittels der vitalen Färbung nachweisen konnte, so sind doch die von den obigen Autoren angegebenen direkten Verbindungen niemals zur Beobachtung gekommen. Deshalb möchte ich nur vermuten, daß die fraglichen Verbindungsfasern beim Trionyx 1 Die A. earotis bzw. maxillo-naso-ophthalmica wird stets von zwei sym- pathischen Nerven begleitet. Unter denselben ist der eine nichts anderes als der oben beschriebene ventrale Faden der dorsalen Gruppe; er hält sich an die late- rale Wand der betreffenden Arterie. Der andere ist der in Rede stehende, me- diale, sympathische Nervenfaden. 546 K. Ogushi ausschließlich durch die Äste des N. vagus bzw. glossopharyngeus an die Ganglien der Halseingeweide gelangen. Bezüglich der Verbindungen des Halssympatbieus mit den Hals- nerven glaubt FISCHEr u. a. sie an jedem Segment deutlich gesehen zu haben. Dagegen haben Bosanus und OsawA gefunden, daß einige proximale Halsnerven zum Sympathieus keine Beziehungen haben. Ähnlich konnte ich es auch beim Trionyx finden, bei dem fünf bis sechs proximale Halsnerven, wenigstens präparatorisch, vom Sympathicus völlig unabhängig waren. III. Periphere Teile des Sympathieus in der Brust- und Bauchgegend!. (Textfig. 42.) Aus dem proximalen Teile des Brust- und Bauchteiles des Grenz- stranges gehen viele dicke Nerven hervor, die sich durch starke Pigmentation auszeichnen. Sie verlaufen außerhalb von dem dorsalen Schenkel des gleichseitigen Aortenbogens, der ventralen Fläche des M. carapaco-basioceipitis dicht aufliegend und caudalwärts konver- gierend. BoJanus hat sie als Ansae dorsales ad plexum coe- liacum zusammengefaßt. In der Wurzel des Mesenteriums bilden sie untereinander oder vermittelst ihrer Seitenzweige ein umfang- reiches, mehr oder minder gut ausgesprochenes Netz, dessen enge Maschen mit ihren Längsachsen annähernd parallel verlaufen. Aus dem ventralen Umfange dieses Nervennetzes entstammen gewöhnlich zwei kräftige Stämme, ein cephaler und ein caudaler, von denen der erstere in der linken Seite gegen die Abgangsstelle der großen Eingeweidearterien herabsteigt und einerseits durch Vermittelung eines starken Astes mit dem bald zur Sprache kommenden Ganglion coeliacum zusammenhängt und andererseits sich mit Hilfe mehrerer zarter Zweige in das sympathische Geflecht des Mesenteriums fort- setzt. In der rechten Seite löst sich der cephale Stamm in mehrere Endzweige auf, die sich an der Bildung des gleichseitigen Mesenterial- geflechtes beteiligen. Der caudale Stamm geht dagegen, rechts wie links, direkt in das Geflecht über, welches sich längs der ! Ich kann zwar die Existenz einer Verbindung zwischen dem Grenzstrang und dem Herz- sowie Bronchialgeflecht nicht direkt in Abrede stellen, wie dies einige Autoren, namentlich BOJANUS, GASKELL und GADOW tun, doch konnte ich beim Trionyx diesen interessanten Zusammenhang niemals konstatieren. Deshalb bin ich gezwungen anzunehmen, daß der Truncus intestinalis des N. vagus von gemischter Natur sei. Dabei handelt es sich wohl um die indirekte, sympathische Herz- und Bronchialbahn, die sowohl durch eine gewisse Anzahl Fasern im letzteren Nervenstamm als auch durch das Ganglion trunei n. vagi vertreten wird. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. Il. 547 V. revehens renalis ausdehnt (Textfig. 42a). Daraus geht hervor, daß die in Rede stehenden beiden Nervenstämme mit dem N. splanchniecus majoretminordermenschlichen Anatomie bzw. den Nervi splanchniei (thoracales et lumbales) im Sinne van DEN BRoErkS fast vollkommen homolog sind. Nicht selten kommt es jedöch vor, daß sie durch einen einzigen Nervenstrang repräsentiert werden, der distal rasch in zahlreiche Endzweige zerfällt und mit dem oben angegebenen Mesenterialgeflechte eine Verbindung eingeht. Um das Anfangsstück der A. coeliaca herum ist ein engmaschiges Nervengeflecht bemerkbar, welches schon früher von BoysAnus bei Testudo europea mit Recht als Plexus coeliacus benannt wurde. An der Bildung dieses Geflechtes nehmen die Endäste des Truncus intestinalis des N. vagus sowie der N. splanchnicus major den wesent- lichen Anteil; einige ihrer Endäste pflegen sich mit einem mäßig großen Ganglion, dem Gang]. eoeliacum (G. coeliae.), zu verbinden, welches als ein Centrum des betreffenden Geflechtes anzusehen ist. Aus dem Plexus eoeliacus treten mehrere Fäden in verschiedenen Rich- tungen hervor. Diejenigen von ihnen, welche der A. gastrica entlang ziehen, begeben sich vorzugsweise zum Magen und gehen zuletzt in das Magengeflecht über. Die der A. pancreatico-duodenalis folgenden . Fäden verteilen sich teils auf das Pancreas, teils das Duodenum and stehen möglicherweise auch mit dem Geflechte an der Leber- pforte sowie demjenigen in der Milzpulpa in Verbindung. Der Dünndarm wird größtenteils von den Zweigen des Plexus eoeliacus versorgt. In der rechten Körperhälfte jedoch scheint ein ausgesprochener, mit dem Ganglion coeliacum ausgestatteter Plexus coeliacus zu fehlen. Statt dessen findet man an der entsprechenden Stelle ein ausgedehntes, aus sehr zarten Fäden bestehendes Geflecht, das den Ästen des Ram. intestinalis des N. vagus sowie der beiden Nn. splanchniaci seine Bildung verdankt. Aus diesem Geflecht lösen sich Fäden für die Leber sowie den aufsteigenden Schenkel des Diekdarmes ab. Der Plexus renalis steht auch mit diesem Geflechte in Korrespondenz. Der Plexus aortieco-urogenitalis, der Plexusrenalis Bojani, ist ebenfalls ein sehr ganglienreiches Nervennetz, welches die Aorta abdominalis sowie die Blutgefäße der inneren Urogenitalorgane (Text- figur 42a) umspinnt. Unter den makroskopischen Ganglien, die auf das betreffende Geflecht unregelmäßig verteilt sind, weisen die zumeist paarigen, mit dem menschlichen Ganglion renali-aorticum ver- gleichbaren eine bedeutende Größe auf. Das eine linksseitige von 548 K. Ogushi diesen Ganglien ist im Vergleich zu den anderen sehr groß, indem es 2 mm lang und 1,5 mm breit ist. Es ist dorsoventral abgeflacht und von vieleckiger Form. Von der Umgebung her laufen zu ihm mehrere Fäden von verschiedener Dicke, von denen diejenigen aus dem Plexus coeliacus, dem Beckenganglion des Grenzstranges (Ansae dorsales ad plesum renalem Bojani) sowie aus dem gegenseitigen Plexus aortieo-urogenitalis die wichtigsten und stärksten sind. An der Ver- einigungsstelle der beiden Aortenbogen und unmittelbar vor der V. renalis revehens sinistra ist noch ein wenn auch nicht konstantes, doch verhältnismäßig großes, paariges Ganglion zu finden; es stellt eine wichtige Zwischenstation zwischen dem N. splanchnieus minor und Plex. aortico- urogenitalis dar. Der Harnleiter sowie die Ausführungsgänge der inneren Ge- schlechtsorgane sind ebenfalls von einem sympathischen Geflecht umsponnen, das mit wenigen kleinen Ganglien ausgestattet ist (Text- figur 42b). Es ist zum Teil dem Plexus differentialis et utero- vaginalis des Menschen gleichzustellen. Es setzt sich nach vorn in den distalen Teil des Plexus aortico-urogenitalis, nach hinten teils in den Plexus vesico-cavernosus, teils in das Endgebiet des dem ersten Schwanznerven entstammenden N. vesico-cavemosus fort. An der Grenze zwischen Mastdarm und Cloake kommen jederseits einige ziemlich große, ovale Ganglien vor, die einen Längsdurchmesser von über 1 mm erreichen. Sie vermitteln die Fortsetzung des N. recto-uro- genitalis in den Plexus vesico-cavernosus und geben außerdem viele zarte Fäden ab, die sowohl untereinander als auch mit den Ästen des N. recto-urogenitalis anastomosieren und so den Plexus vesico- cavernosus (Textfig. 42d) aufbauen, der in ausgedehnter Masse den Hals der Harnblase, den Endabschnitt des Mastdarmes sowie die Basis des Bulbus eavernosus umspinnt. Der Plexus vesicalis und Plex. bulbi cavernosi weisen bei diesem Reptil eine ganz bedeutsame Ausbildung auf. Auch im Mesoeolon findet sich ein feines Nervennetz (Textfig. 42 e), das einerseits mit den verschiedenen anliegenden Geflechten in aus- gedehnten Beziehungen steht und andererseits Fäden in den Dick- darm entsendet. In den Knotenpunkten dieses Netzes kommen zahlreiche mikroskopisch-kleine Ganglien vor. Zürich, Februar 1912. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 549 201. 202. 203. 204. 205. 206. 207. 208. 209. 210. 211. 212. 213. 214. 215. 216. 217. 218. 219. 220. Literaturverzeichnis. ALBRECHT, P., Beiträge zur Morphologie des M. omo-hyoideus und der ventralen, inneren Interbranchial-Muskulatur. Inaug.-Diss. Kiel. 1876. ALESSANDRINI, Ant., Testudinum lingua atque osse hyoideo. Bononiae, MDCCCXXXI. ÄNDERSoN, A., Zur Kenntnis des sympathischen Nervensystems der uro- delen Amphibien. Zool. Jahrbuch, Bd. V, 1832. BEARD, J., The eiliary or motoroculi ganglion and the ganglion of the ophthalmieus profundus in sharks. Anat. Anzeiger, Jahrgang II, 1887. —— The development of the peripheral nervous system in vertebrates. Ibidem, Jahrg. IIl. VAN BEMMELEN, J.F., Die Visceraltaschen und Aortenbogen bei Reptilien und Vögeln. Zool. Anz., Bd. IX, 1886. BENDER, O., Die Schleimhautnerven des Facialis, Glossopharyngeus und Vagus usw. Semons zool. Forschungsreisen in Australien. 1906. —— Über Herkunft und Entwicklung der Columella auris bei Testudo graeca. 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Il. 553 Fig. Fig. Fig. . 50. al, 52. 53. 54. . 55. ig. 56. 2a: Der Coraco-radialis 71 z. B. ist der M. eoraco-radialis, der in Textnummer 71 (s. S. 382) angeführt ist. Dasselbe gilt für den Test.-iliac. 123 in der Tafelfigur 54. Ich glaube, daß dies eigentlich zum Nachsuchen der Muskeln um vieles leichter ist, als daß zum Bezeichnen bloß das Schlagwort »M.« vorangesetzt wird. .N.-I— N. XI bezeichnen die Gehirnnerven, deren einzelne latei- nische Zahlen denen der menschlichen Anatomie entnommen sind. NC. I— NC. IX, der erste bis neunte Halsnerv. ND. I— ND.X, der erste bis zehnte Dorsolumbalnervy. NS. I— NS. I, der erste und zweite Sacralnerv. NCC. I— NCC. X, die Schwanznerven. Die vorangesetzten Stichwörter »N. e. und A. c.« bedeuten den Nervus eutaneus bzw. die Arteria eutanea; das »R. m.«e den Ramus musecularis. - Die Arterien sind rot gezeichnet und mit dem vorangehenden Stich- wort »A.« bezeichnet. Die blau gefärbten Blutgefäße sind Venen, die dureh den vorangesetzten Buchstaben »V.« gedeutet sind. Die Be- schreibung über das Blutgefäßsystem wird hoffentlich bald nachfolgen. Gehirn mit dem proximalen Teile des Rückenmarkes. Ventralansicht. In zweimal linearer Vergrößerung. Kopf, in dem nach Entfernung der Schädeldecke und des Schädel- inbaltes die Gehirnnerven, Kau- und Augenmuskeln, sowie wichtige Blutgefäße gezeigt sind. Rückenansicht. Labyr. membr., häutiges Labyrinth. Labyr. oss., knöcherne Labyrinthkapsel. Can. vertebr., Rückgratkanal. Saec. perilymph., Saceus perilymphatieus. Foss. hypo- phys., Fossa hypophyseos. Sakw., Sakterwulst der knorpeligen Nasen- kapsel. Vordere Körperhälfte, der die Hautdecke und das Plastron abgetragen sind, um die erste Muskelschicht der Ventralseite zu zeigen. Pann. adipos. scap., Fettlager in der Schultergrube. Kehlkopf und Schlundwand von außen gesehen. Die Schlundwand ist an der Seite eingeschnitten und zur Seite geschlagen, so daß ihr Dorsalteil mit dem ventralen gleichzeitig zur Anschauung gelangen kann. Hint. Zunge, Pars linguae posterior mobilis. Lig. suspens. laryng., Lig. suspensorium laryngis. Der Levator pharyngis ist der Länge nach eingeschnitten. Rumpf und Extremitäten in Dorsalansicht nach Entfernung des Carapax. Ca. zur Hälfte reduziert. In der linken Hälfte sind einige Muskeln abgeschnitten. Die linke, vordere Extremität mit dem Plastron nach vorn gezogen. Rip. 1., die rudimentäre erste Rippe, welche gar keine Dermalknochen hat. +, Ileo-sacral-Verbindung. Kopf und Hals, von der Ventralseite gesehen. Rechts zweite bzw. dritte Schieht; links vierte Schicht. Etwas verkleinert. Kopf und Hals, von der Seite betrachtet. Erste bzw. zweite Schicht abgetragen. Schläfenbogen ebenfalls abgesägt. L, Labium oris superius, T, Tympanalhöhle. Kt, Knochenkerne im knorpeligen Cornu bran- chiale II. Indum. corn., Indumenta cornea. Kopf und Hals, von der Seite gesehen. Zur Hälfte reduziert. Tiefe, axiale Muskulatur des Halses; am Kopfe: erste Schicht der Kau- muskeln. Fig. Fig. Fig. Fig. oO Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. a 70. zu 72. 73. 74. 75. 76. 1. K. Ogushi Ebendieselben, wie vorige Fig.; nur Blutgefäße und teilweise Hals- muskeln abgeschnitten. Kopf und Hals in ventraler Ansicht. 'liefe axiale Halsmuskeln, teil- weise abgeschnitten. Schultergürtel mit Oberarm in Dorsalansicht. Ein wenig verkleinert. Os triquet. scap., Os triquetrum scapulae. Verb.-Ast NC. VIII, Ver- bindungsast des N. cervicalis octavus. Vordere Extremität in ventraler Ansicht (in Situ). Am Schultergürtel oberflächliche Muskeln und Panniculus adiposus in der Schultergrube abgetragen. Vordere, freie Gliedmaße von der Beugeseite; an ihr hauptsächlich erste radiale Muskelgruppe zu sehen. Vordere Extremität, von der Beugeseite, aber zum Teil auch von der Streckseite zu sehen. Am Oberarm: tiefe Muskelschicht; an Vorder- arm und Hand nur teilweise die tiefen, sonst die oberflächlichen Beuge- muskeln. Beugeseite der vorderen Extremität. Dieselbe, wie die vorige Figur, aber tiefere Muskelschicht. Tiefste Muskeln der Beugeseite der Hand. Streckseite der vorderen Extremität. Vordere Extremität von der Streckseite gesehen. Die oberflächlichen Muskeln abgeschnitten. Tiefe Streckmuskeln und dorsale Nerven- und Arterienbögen der Hand: Hintere Körperhälfte in Ventralansicht. Panniculus adiposus lumbalis, Plastron und Hautdecke abgetragen. Links oberflächliche, rechts zweite Muskelschicht. Zur Hälfte verkleinert. Derselbe Körperteil, wie vorige Figur. Rechts tiefste Muskeln; links oberflächlicher als diese. Becken- und Schwanzgegend, von der Bauchseite gesehen. Ventrale Teile der rechten Beckenhälfte an den Schambein- und Sitzbein- knorpelgefügen abgeschnitten. Die linke Beckenhälfte in der Richtung des Pfeiles am Schambeingefüge gezogen. Eingeweide samt Peritoneum ausschließlich abgetragen, nur der Cloakengang erhalten, um seine Be- ziehungen zu den Muskeln zu zeigen. Becken und Oberschenkel in dorsaler Ansicht. Carapax samt den an ihm inserierenden Muskeln beseitigt, um die Muskeln zu veranschau- lichen, welche tiefer als in Fig. 54 abgebildet liegen. +, Ileosacral- verbindung. i Hintere Extremität, von der ventralen Seite gesehen. Erste Schicht der Beugemuskeln am Ober- und Unterschenkel abgeschnitten. Atav. Kralle, abnorme, wahrscheinlich atavistisch aufgetretene, vierte Kralle. Dritte Beugemuskelschicht des Unterschenkels und der Fußsohle. Beugeseite des Unterschenkels und des Fußes. Tiefste Muskelschicht. Streckseite des Unterschenkels und des Fußes. Oberflächliche Muskel- schicht. Streckseite des Unterschenkels und des Fußes. Zweite Muskelschicht. | Morphologisches Jahrbuch. Bd. XLVI. Fig. 50 Fig. 51 _ Rostrum. -Bulb. olf. N. eut. front. N.nar. med. \ Sakw. ' V. cerebr. ant.__BE SN-RA -Sulc. limb. Reet. sup. 1' Ws Tract. opt.._ R j \ A-..A. cerebr. med. Oblig. sup. "x E ZI ß Ei KIA -A. opt.-infund. propr.5-___" Rad. med 7 4) '@ ; A ANSZE N\ ; u (N. opt.). f £ -A.cerebr.communis. _.EE A. al 1% ’ _N. IH. # (N. IV.): ceerebr.p. WS b rl N. ophth. A. hypophys 5 A. com. post. cerebr. Rect.\\__ A. chorioid._ "A. cerebel. ant. sup. 1x___ Aa. mesenceph.“ -__ V. mesenceph. ventr. Temporalis? A.cerebel. ant.-- k N=Iy: ArNEI__--- -N. VI N. palp.s. NT. A. audit.int._W ve 7 5 N.V. A. cerebr. CF N. VII. (Ram. ant.)communis\\_ . DRS. vu. N. ophth. BE A. basil._ } X N. VIII. (Ram. post.) Foss... Me i"V. rhombenceph. hypophys. „IV \)) 2 ae rer, Fr 19:33 Wr N.X. (Rad. spin.) A. carot. trans, - — - -- V.rhombenceph. N, XII. N.v.w... ___ venfr. 7 Sy rhombenceph. N. VIII. -- ventr. post. NR --- N.X.+ V. jug. int.--- NO. L.-- R. anastom. spin..-- N. XII. NC.1L.r. dors. A. spin. ventr., ventr. 41. 122). mais I pi #; 3 ' } / / 4 Can. vertebr. / ! ! | istroph: s / / FR Epistrophr .com. || B: post. (N. ZIEL), "> ne OS | | I E. anastom. spin.. Atlanto-exoceip. 2. I -.80, 1, Atlanto-opisthotic, 47. Epistroph-sgam. dors. 46. > K. Ogushi. Tafel VI. Intermaxillar. 22. Hyo-mandib. 18.! Sphinet. colli: 31a. \ ı Cerv.-hyo-capit. 35e. \ \ | van. Cerv.-hyo-capit. 35a. '\\ \ Plastro-sgam. 33.) \\' _-V. ment. _--V. mylo-hyoid. Sphinct. cortic. 53. | N _V. facialis Carap.-plastr. 54. \ \ | \= v; sup. propr. 5. Collo:elav.-plastr. 81. ‘ \ \! Coraco-" V. jug. ext. - E : Port. Kr ant. \\ n e h hyoid. |. H nollonlantr- 32. : palpebr. sup. 9. (Supracorae. 69). ı \\ N 34. / ; A.u. V. praeclav. , } „Pann. adipos. scap. palp. sup. 9a. Lig. clav. plastr.‘ \ \ \\ palp. sup S nich. NN S N Lu / N. supraclav. nietit. 10. N.c.supraclav.\. | \ \ NN Dos raul. ext. lors. (Pteryg. 16) Triceps brach. 83. \\ \ \ \ x \\® ’ // / / Carapac. humer. 77. eryg \ NEN, AaıN / ’ Es DEN NEN. N ANS ae Hl ‚Port. elav. post, pebr. post.inf. Humero-radia „82.\\, ET EL AR a ER ne Bpzeraren, 69). Badial.ext.9l. N NN NN N 6 Free. brach. rad. sup. 0 NER N at; Tiefe Port. Br Pr N N. \ 7—-(clavic. humer. 69). . 70. w . sup... _ temp. med. et Extens. a + A. temp. ant. dig. com: "7, I )temporalis 14. long. 92. 19 \ (N. V.). 2 ‚masseter. anastom. \ Pectoralis. 67. > (Ns--Coraco- S radialis. 71. E\ \__-R.m. pect. Coraco- .-äntebrach. 70, _Carap. scap.- .” corac. 73. re plastr. ant. Lig. corae.-clav.-- A.n.V.pect. Port. supracorae. ‚.-(Supracorac. 69). ND.V sinistra. N cortieis. m. epistr. Ayla, E a 1 “ Tensor . Abdomin’” later. 51. 1 IR pleuro-periton, 52 BR ! a; BER i a a TEA polen | END VD. R ; Proc. lat. pubis. | l 1 .corac. V.cut. abdomin. later, N Nabelgegend. ı Reect. pubis. 117. 1 Obturat. ext. 119. Verlag von Wilhelm Engelmann in Leipzig und Berlin. 2 ee wu; Pi au Morphologisches Jahrbuch. Bd. XLV1. Flex. dig. com. long. subl. 84. 2 nn . e 1 Fig. 53 Flex. dig. com. long. prof. 8. | = E & V. dors. antebrach. ! 3 On; Ar: hg 3 > men R. pharyng. com. N. IX. Constrict. laryng. 30. 1 1 Sr N. laryng. com. | Dilat. laryng. 29. / 17 Bere i Sa R. ling. (N. IX.). /-° ı ı 2 E888& R. dilat. UI0E: ı ı Lig. suspens. laryng./ „.;7”” ae. nn \ . 7 or, f u, ‘ U 1 R. pharyng. com. (N. IX). N hint. Zunge. TEN Ta I r in 71 x | Rr. pharyng. dors. | A. subling. Rilie, - > a I m N A. pharyng. dors. ı a ee Tate Be | n ! ! ha dB ; \ 1 N = SE: KM / Br: . Pen NN ı "ER: H n / Iı u m f) ’ 3 | l en 5 3 . = ya aur u aa _N. brach. -—7 la ni AZ vente ->— 1 . ! Sehne (Coräe.- ,/ R.ım 17 N anas. rad. 71). s trans. ° Zw.s. (Corae.- Val - BE laryng. antebrach. 70.) > y / BN a & ) RS, x Infracorae. 747 „A, VAh | SR. \ Corac.-antebrach. 70.,7XW- Tr. pharyng.- | | IL. y5ch.\, Infracorae. 744-7 laryng.N. X. mas. \ Port. scap.(Carap:2, 7. Er \ scap.-corae. 73). -“Pect. 1 ri Carap.-scap- 67. / u ı . ” . 73. ” P a \,A-N.X.). u A; sub ni 2 trach. V. vertebr. dors. post// /°\ V.hyoid, - V. collater. eortieis? / S vers. [2 i ee 0rS. © N.c.etA.c. femor. lat-” w 2 ep Test.-femor. 122.7 Plex. venos. 0es. 2 > Oesophagus _ r ' I ! ' ! n 1. (rl V.saphena. ı / ' V. advehens renalis. , V, advehens renalis. \ı ) IV oesophagea. A.hyoid. postrema. V. femoralis post. Vv. marginales later, et post. n K. Ogushi. Tafel VII. E h. dors. N ;. (NO. VIIL.). Fig. 55 plastr. 54. 5 V. med. nuch. Spin. dorsolumb: 50. ı V.jug. ext. |! ı ı Seapula. Post. ant. ; | 1 Sphinet. cort. 53. (Geniohyoideus il 23b). u! = ! Carap. humer. 77. ö ' 1 1 SI \ ’ ee 2 a \ Intermaxillaris 22. f: «Lt. 2 \ \ > TR. anastom. nuch. post. 3 \4 er a u 7 __Oarap.-scap. 76. ie) var rn « > = | el Dr} Fe- 1! a oo © vi! {>} N FR IC LE # J a ve Ze = Moschusdrüse Je Masseter 13. E \hı =] ” S< . 1 5 1 2 dem x DA. mammaria. N. ling. \ x N! ESEIER e X_Moschusdrüse II. Hyoglos-\ \ A Free Be = DE \ = A, A. collater. vertebral. sus 24. \\ a ‚8 SE 3 EEE > + \ - en Carap.-scap.- Cho. tymp. 7 oO Ss BEE Rer ‚ corac. 73. N. myl. hyo._.7 RN: S AM Ss san Moschus- Pteryg. mandib. 17. TI dead. /drüse III N. XIls- : ei Ei Doc 7 Tab. Eustachii.- BSä8se Er * Depress. mandib. int. 20+ © Er == . Hyomandibul. 18° I arles _]Abdom Levat- "7 17 ia) I = lat.51. pharyng.36. " \ 054 f Een Intercornuatus 25. _- ki VS .__--- EB pelv. ; 1217 5 | | \ 77 ; er e N.'c.etA.c. RN } LAY N a, _ femor. lat. (N. XII), AN_\ , Carap.- Pharynx./. \ basioceip. R, pharyn./ A. cam.) k 37. oes. (N.X.). A N NO. IV.d.., Aw, R. m. plastr.-squam. #H FAR Glut. max. (NC. II.). EN 5 Sı A As hypögastrie. 126. A. carot. dex. uam. (Cerv.-hyo-capit. 35c). a cornu (Cerv.-hyo-capit. 35 Zw. s. (Cerv.-hyo-capit. 35). ? N N Coce.-fib. 129. ‘ ı I j ji ı ! \ \ I ı si 1 os ea‘ \ 2 \ 2 Z \\ 1 N Cap.coce. (Isch.- so ER Bi N eoee.-tib. 128). Y | EE \ \ o \ 5 \ \ \ A. hypogastrica. Trachea. j R. eut. i Oesophagus. (NC. III). Test.-iliae. 123. Plastr.-squam. 33. 1 [\ [IE 1 3 l 1 ! > \ #.cloac.56. | \ Test.-sacr. 124. \ \ \ \ \ \ \ \ A.sacral. lat. a EN 1 ı ongiss. caud.63. ! Arrect. caud. 62. ' - V. caudalis later. Verlag von Wilhelm Engelmann in Leipzig und Berlin. a a a A 1 m Ai En a nl Morphologisches Jahrbuch. Bd. XLVI. Fig. 56 V. faeialis. R. ventr. (NC. III). N. rec. bucc. min. ‘. V. oceipitalis. / V. jugul. ext. ar R. anastom. nuch. ant. ı 1 RER E 1 7/7 Cauda cornn. (Cerv.-hyo.-eapit. 35). u de N ! A ;-Port. ant. (Sphinet. colli 31). 14. ee ı rn? a n r 1 = ri N. c. temporalis. | = Set N Bi DR ri R. dors. (NC. IV). Port. dors. (Pteryg. 16). ı En Na an squam. (Oerv.-hyo.-capif. 35.) De Ten itiıl 22 7 Dnd N. palpebr. sup. \ @! N N. ı ee u re N /! De ? 7 D> x 1 A. palpebr. inf. \ ı | nn ‚VIL) ie 1 ! ON 77% ors. (NC. V). : | (ie | ’ u TE a Ta Re A ' 1 | ii SR RT L) Indum. com. A ! N. eut. front. | h ar N. palpebr.inf.ant., ı \ ı Rr.labial.‘ | ! N. infraorbit. ant.+A.infraorbit. ı ! R. muc. buee.+A.masset.ı ı R. masset. (N. V)., ! R. masset. ı Masseter 13. La N \ Coraco-hyoideus 34. \ NN \ Cauda hyoid. (Oerv.-hyo.-capit. 35a \\ 1% Zw.s.(Coraco-hyoid. 34). \ ı R. ventr. (NC.III).- \ N Zw.s. (Cery.-hyo.-capit. 35). ı Venter ant. (Coraco-hyoid. 34). A.hyoid. post. +R. ventr. (NC. III). | 1 Venter ant. (Cerv.-hyo.-capit. 35). Genio-hyoideus 23. | De R. colli dese. (N. XII). z N Depress. mand. int. 20.1 | Levat. pharyng. 36. Hyomandibul. 18.ı Lig. intercornuat. Intercornuatus 25. ı i I I l ' ı I ı , t \ \ \ ' ur I \ a (a \ 1} } l I) \ \ \ \ I wm | I \ \ \ \ I} I} \ Fig. 57 Cort.-cerv. III. 48. Artie.-erur. Cort.-cerv. | V.perfor. long. 39c. A.u.V. oceip. II.48.\ ! spin. VII. Aa N ne vs ne ext.; V. facialis. Kohn rtie.- - ors. I.ı ı , V.jug.int. R.anastom. \ | | V. perfor. transvers. |;Epistroph.-s uam. dors. 47. ı | * yo.-mandib. 18. nuch. post. en spin. VI. long. 39a. | R. dors. NO. II. ul ' ı } Port. ant. (Sphinct. coll. 31), we E I Rect. later. 39d, ı 11a Toll ! Depress. mandib. ext. 19. 1 I Arte vg I 4. colli mediana. |! PL nd ! Caud. squam. (Cerv.-hyo.-ca/ a} ' erur capit. g.. ! ‚Cerv.-hyo.- | 1 Rune { 11 Trommelfell. % long 35. N Wa capit. 35. 11} | Ed Aa f Te 2 I | in) TE i . R Seen I i a If ; Masseter. 13. NO.IV| 1} 111} de Ä V. jug. ee int. ' Artie.- \ N. ree. buce. m | 1 \ 1 \ \ \ j j I RU VL ii .angul. oris. Cerv.-spin. | \transvers.! I pn Be Kdrd I He | 8 med. 38. \ ı eg \ vor! DER 53 KuTaube).| 1 \ N.IX. ı N. rec. buccal. min, Port.ventr.! — 1.1 Med! Rmopin. 45 pistroph.-| ı N. XII. Intermazil, 22. (Transv.. \ Cerv.-spin.! Br Dr 33 squam. ! , A. carot. eorpor.40 a II). \ med. 38, \ B vonin P® ventr.41. ı Carap.-basioceip. 37. \ ! NO.V Du R 'ventr Port. dors, (Transv.- R. ventr. Transv.-corporis40all. N { eorpor. 40 all). NC. VI. 2 £ 2 K. OÖgushi. Tafel VIII. Artie.-transv. Joe 39a. Fig. 58 n Cort.-cerv. III. 48. : l ort.-cerv. II.48, Artie.-erur. long. 39.; ! Artie.-transv. long. 39a. ; x m Intertransv.40al.ı! ı t R. dors. NC. II. ransv. long. 39a. Be | ' rt.-cerv. 1.48. \ Artie.-ı Cerv.- ! I Artie.- Artic.- ! Cerv.-hyo.- | Epistroph.-squam. dors, 47. > " erur. !'spin.!ı! ! crur. | crur. eapit.35. | | I long. | long. l ı ı NC.I.R.dors. ' ! i 1 IN u c. 39c. Reet. | Tempor. 14. 1! 1 later. 4 N. VII. | # Fl a 1 eg Mr I ’ 1 Di ; Carap.-basioccip. 37. i TE Epistroph.-squam. ventr.41. „-spin. lat. ; ‚dors. 408. Gerv.-spin.‘ 1 INBUNBB: Fur. ©) gr N 3 R. ın. epistroph.-squam. ventr. N. XII. R. ventr. NC. I. v Intertransv. 40a. Epistroph.-Atlant. dors. 43. Transv.-corp. 40 «I. (dors.). 1 1 {1 i ! j ' N ' t 4 ! 2 I Transvers.-corp. | 40«II.(ventr.).. Cerv.-spin. med. 38. Fig. 59 Intermaxill. 22.----E-I---/- eryg.-mand. 17.--. _--Atlant.-basioccip. med. 44. Pt and. 17 _.-„Atlant.-basioceip. med. 44 Depress. mand. ext. 19.-_-- 7 ÄRTTHR SUN) A. carot. sinistra. ab. 2 Li » eieca _„„Carap.-basioceip. 37. % een - { _-Atlanto-exoceip. 45. R. pharyg. Be (N. _ __--R.m. epistroph.-squam. ventr. N. XII. Port. ant. (Sphinet. co > en Du: ET. E --- ZEN TEN --_.— . ventr. RB 3 Depress. mand. int. 20- 6 do NEE Y --__ "Epistroph.-squam. dors. 46. Epistroph.-squam. ventr. 41--° INERIT- 7,0) Tr. pharyng.-laryng. (N.X.)- 7.” A.hyoid. ant-- _- R. ventr. NC.II--__-- -_ "Epistroph.-atlant. dors. 43. ""R. dors. NC. II. SQ -Reet. later. 39d. A.hyoid. be 9 \_ >Epistroph.-odont. 42. 2). me FE nn ae En “-Epistroph.-squam. ventr. 41. ; e E >--Cerv.-spin. med. 38. R. ventr. NC. III----- 2 A. colli mediana.. _2.-Cerv.-spin. med. 38. } \_-Transvers. corp. 40 aII. A R. ventr. NC.IV.-_ A.carot Verlag von Wilhelm Engelmann in Leipzig und Berlin. zug Morphologisches Jahrbuch. Bd. XLVI. Scap-h N. e. suprae Insertio deltoid. 68, Triceps 83. N. c. brach. rad. sup. % \ Humero-radial. 82, N. ce. antebrach. radial. Radial. ext. 9.ı Insert. m. corae.-antebrach. 70. ! Extens. dig. com. long. 92, | | \ ' ' l Fig. 60 Ä \ Flex. dig. com. long. subl.84.°,” Humeroradial. 82” .” ,”, Insert. m. pect. 67. ‚7, Epielavieulare. N Parap.-scap. 76. ca > „08. triquet. scap. R. ventr. NC. VIII. -7” R. ventr. NC. IX. -“ A. vertebr. collater. ant. Insert. clavic. (Coll.-celav.-plastr. 81). I.“ ‚Verb.-Ast NC. VII. -R. m. carap.-scap.-corac. med. “Insert. scap. (Carap.-scap.-corac. 73). \----]--Port. elavic. post. (Supracorae. 69). =--)-- A. subelav. --R. m. carap.-scap.-corae. lat. “R. anter. n. supracorac. "A. pectoralis. -/. "Spatium intermusc. scap. _ "Lig. corac.-elavie. -_R. post. n. supracorac. A. corac.-brach. "SA. supraclav. BR. m. infracorac. ‘Insert. corac. (Carap.-scap.-corae. 73). Port. infracorac. (Supracorac. 69). ! em. rad. ig brach. 83). Carap.-humer. 77. N. brach.dors. + A. brach. prof. Pr long. (Triceps brach. 88). R. m. deltoid ‚” N. c. brach. uln. inf. : ı ' N. brach. dors. Corae.-brach. 2?! 7 ; Cap.long. (Triceps brach.83).. ı \ | |! ı' N.c. supraclav. vi Cap.uln.(Triceps brach.83). \\ \ \ı 15 I, ı N. supracorac. R.m.pect! /, Flex. dig, com. Kata ' ı N. ce. Acromial. ee; long. subl.84. A.brach. \ \\\, ı' i N. dors. scap. Rr. m. corac.-antebrach? Kir \ Carl ' i A. mammaria. Corac.-rad. 71. / N; ı \\ ' tt Er BD carap.-humer. Y nf Yı 1 1; Inkruelae Fer R. post. (N. supraca \ Ara £ N ti | | I ’ + | I j uln.inf. 7. Humer.-uln.- _- rad. 82. ei N. brach. ventr. _--""!_ Infracorac. 74. / Coraco-rad. I. NE Scap.-humer. ant. 79. 5 + P2 N. brach. ventr..”_-“” Pd R. m. corac.-brach. I + Pi Er. m. corac.-rad. _ € Pe] + Rr. m, corac.-antebrach. R. m. pector. ä Origo m. infracorae. 74. | H \ | Oorac.-hyoid, 34. I Oorac.-antebrach. 70. Insert. corac. (Carap.-scap.-corac. 73). | EEE K. Ogushi. TS. Scap. "N J0E- ext. LEN al Kai anastom. nuch. post. -- --Carap.-plastr. 54. _-Fascia supraclavieularis. _V. praeclavicul. =} Coll.-elav.-plastr. 81. ==---V. jugul. ext. ">-—Lig. elav.-plastr. + Epiclavie. 7---A. praeclavic. >= -Port. clav. ant. (Supracorae. 69). >-R. anter. (N. supracorae.). Port. elav. post. (Supracorac. 69). "Lig. corac.-elav. BA plastr. ant. R. pect. (A. pect.). -R. post. (A. pector.). "Port. supracorae. \ (Supracorae. 69). Et Corac.-antebrach. 70. ! Port. infracorac. (Supracorae. 69). supraclav. ac. 74. Infracorae. 74“ N. brach. ventr-_- Corae.-brach. 72 -- N. brach. ventr.” _- 7 Humer.-uln.-rad. 827, V.basilica” _ A. brachialis=" _ Tens. fasc. brach. 83” _ Are. v. eubiti. (R. anast.)- =" _ Flex. dig. com. long. subl. 847. Flex. dig. com. long. prof. 857 V. antebrach. dors-” 7 Abduet. dig. quint. vol. 99-4 V, volar. radialZ- Palm. brev. 97---7 Abduct. dig. V. vol. 997, -; Flex. dig. com., brev. subl. 100. Corac.-antebrach. 70. __ Scap.-humer. ant. 78” .-- ! F N. ce. brach, uln. inf/ N / = Se -\r ZA N U V. perfor. manus. Tafel IX. Fig. 62 A. supraclav. Corae.-rad. 71. | N dors, scap. _-.Olavieula. ---Infraclavie. 75. NS IA N rs = € \\ eg ---V. jug. ext. (di BP __Insert. infraclavie. 75. 7er ‘V. cephal. \._--Pector. 67. AN Son: Aus: ((Trieip. brach. 83). 1---Humer. rad. 82. Ar--—-N. ce. brach. rad. sup. /--— Radialis extern. 91. --- Insert. m. corac. antebrach. 70. _.7”Extens. dig. com. long. 92. _ "Abduet. pollic. vol. 98. A ".N. dig. vol. I. rad. ES a \Z X "“ Lumbric. 102. NN “>Lig. annular. N RN Lumbrie. 102, Verlag von Wilhelm Engelmann in Leipzig und Berlin. Morphologisches Jahrbuch. Bd. XLV1. Ä Fig. 63 N. brach. ventr, A.brachialis. Origo flex. dig. com. : ong. subl. 84. _ es R. m. humero-uln.-rad. ]E Flex. dig. com. long. subl. 84. _ N. radial.-__ N. ulnar. +A. ulnar:--- Pronat. teres. 86._. Flex. dig. com long. prof. 85. Flex. dig. eom.--- long. subl. 84. R. vol. ulnar..__ Tend. flex. dig. com. _ long. prof.85. _- Abduct.dig.V.” __. vol. 99. pn Malie.) 7,8 volar.uln. / / Tendo. flex. dig. Hi com. long. prof. 85. / _.. --Humero-rad. 82. ----Tendo m. corac.-rad. 71. ----Radialis extern. 91. """V, antebrach. prof. ---N. ce. antebrach. radial. \__. Flex. dig. com. long. subl. 84. _...Extens. dig. com. long. 92. ----Abduct. pollie. vol. 98. x" -Ligg. vagininalia. > _“ Lumbrie. 102. / / Carpo-dig. 104. MH Ligg. annularia. Flex. dig. com. brev.prof.101. III an Tens. fase. brach. 83.-- Flex. dig. com. long. subl. 84. = Ulnar. ext. et. int. 89 + 90.-_ Flex. dig. com. long. prof. 85... V. antebrach. dors.-.__ Abduet. dig. V. dors. 110.--- -- Extens. manus 93. ---Radial. ext. 91. --N. ce. manus dors. $) A---N. e. antebrach. Abduct. dig.V. vol. 99:-[ > \ radial. Palmar. brev. 97:7 ""(Q 12 N. dig. com, dors. IV, Q Extens. dig. Extens. dig. com. com long. 92 >=-Nn. dig. com, dors. 1.—II. IV Lumbrie. 102. I N u Extens. dig. com. brov. subl. 109. “--Arecus v. eubiti. (R. anastom.). >--R.m. flex. dig. com. long. subl. | ___ Insert. m. corae.-antebrach. 70. _..-Origo m.flex.dig.com.brev.subl.100. Flex.di ‚com ongiproa “ Flex.dig.com. long. subl.84. -& Pronat. teres 86._ N. ulnar.-- Ulnar. extern. 89._ A. ulnar.—- R.n. flex. dig.com.long.prof. +: ’ -+ R.m. ulnaris extern. IR Flex. dig. com. long. subl. 84-7 Pronat. quadrat. 88-----\- N Flex. dig. com. long. subl. 84. }--- R. m. abduet. dig. V. volar. 1274 Abduct. dig. V. dors. 110-727 A \ \ — Be N. dig. V. volar. uln/4 ZI? ig z Dr } | L 9 2 L Carpo-digit. 104-7" / 2 ‘ Interphalangis117:” Interossei 106. | ! N ıy A N N. dig. com. volar. IM. ! I A. dig. communis III. “ Trieip. brach. 83. | hr = T ul: R. m. antebrach. prof.---. A Y7 Origo m.ulnar. int.et ext.89+90- Flex. dig. com. long. subl. 84--—- j Flex. dig. com. long. prof. 85x 5 Insert. extens manus. 9. Abduct. dig.” V.dors. 110, Abduct.dig.quint.vol.99. ri Extens. dig. com, br K. Ogushi. Pronat. quadrat. 88, I Pronat. manus propr. 103 Flex. pollie. long. 87. I} \ \ Humer.-uln.-rad. 82. Ulnar. extern. 8. on ers. rad. ke Flex. dig.com. \ ae. s long. subl. 84. ""__ _ R.m. flex. dig. com. long.subl. R Carpale S.—._ Beh, interossea com. Flexor dig.com.long.subl.84-— “N. radial. Abduct. dig. V. dors. 110.-- _-Metacarp.-phalang.vol. 107. -/-Radial. ext. 91. Interossei 106 R__- A Sell: 104 x a 86. - (Port.proxim.).= SWA_A Be 2 Tntesosssuw Ton, NL-- Origorad.m.flex.dig.com.long.subl.84. -—N. c. antebrach. radial. = -Tendo m. corac.-antebrach. 70. -Flex. pollie. long. 87. -Pronat. manus propr. 103. -Lig. carpi vol. transv. N__Flex. pollie. brev. 105. Abduet. poll. vol. 98. =\--Adduct. pollie. 104. \__Lig. annulare. I j ı \ ı l I . N ı\ ‚ALL .-Tendom.corae,-antebrach.70. - Radial. ext. 91. | -, Lig. carpi vol. transy. ‚ Metacarp.-phalang. , |' dors. 115. Interossei 106 (Portio distal.). Fig. 68 . dig. com. vol. I. Flex. dig. com. brev. prof. 101. Extens. manus 93. Btönsei 100. | R.m. adduet. pollie. long. is 117. Port. dig. IV.(Extens. , | Radius. ; ) dig. com. long. 92). l Antebrach. metacarp. I. 96. | Arcus nerv. dors. manus. \ \ I | ' \ h ! A.dors.manus.\ ı! a \J | N | l 1 1 I I Are. n. dors. manus. ‘ Ulnaris ext..89. Adduet. pollie. long. 108. ; ’ | Abduet. dig. V. dors. 110. - ) Be ulnar. - Extens.dig.com.\ \ \ brev. prof. 114. \ N „_ Radial. R.m.d lien, \ Stamm (N.brach.dors.). auorsrpalle.nS y.- Ulnar. | Erz aulora.) Radial. extern. N RN — Origo extens. dig. com. long. 92. Adduet. pollie. = N _R.m. carpiradial. long. 108. “\_ "\ et--—_----- -Extens. dig. com. A __Carpi-radial. long. 94. Abduet. pollie.__ er —_ --____brev. subl. 109. ---R. m. lat. ext. dig. com. long. dors. 111. d > > Extens.dig.com. EZ >Radialis ext. 91. Extens. dig.-s,_“ — brev.prof.114. A-X.N. brach. dors. com. long. 92, \Y9R SS "R. m. med. extens. Extens. pollie.__ A 7 DR dig. com. long. brev. 112, I. 3 i N Antebrach.-metacarp.I.96. Abduct. pollie” 7 I ee AN e. manus a ö brev. 113, | IN Mae ee ae N N N ss — ‚Antebrach.-metacarp. I. 96. SI Zn 1 re a Si on‘ dors. 115. 7 ö & Interphalang. ‘ | 116. ‘ \\ \ ; \ Ädduct. pollie. brev. 113. Extens. dig, com. 1/1 ee Extens. dig. com. long. 92. brev. subl.109. / Na AN A ne GE 20 \ N Extens. dig. com. Metacarp.-phalang. dors.115. im \ \ brev.subl. 109. 33, Interphalang. 116. ı F ı L Extens. dig. com. brev. prof.114. ı x | Metacarp.-phalang. dors. 115. 'bl. 109. Lig. inteross. metacarp. Verlag von Wilhelm Engelmann in Leipzig und Berlin. Morphologisches Jahrbuch. Bd. XLVT. Port. pub. (Obt Lig. pub. er Port. superf. (Obtur. ext.119), \ V. femor. ascend, \ u Obtur. int. ur N None " Rect. (Vast. femor 133). KENN \\ R. post. (A. hypogastr.). “ N Nu N. femoralis. N 3 A.u. V.ree. femor., ER “S Vast. femor. 133. Ri SS: Semitendin. 134... I 3 Fig. 69 Sartor. 182... _ = Cap. femor. (gastroenem. 139... Lig. genu a Cap. tibial. (Gastroenem. 136), Er . Flex. dip. com. long. prof. 138. \ R. m. gastroenem._ ” Pubo-plastr. 118. N.c.etA.c.crur.later.__” Reet. pubis 117. ı Extens. dig. com. i Tens. fasc. femor. (Obtur. int. 120). ı V.abdomin. sinistr. long. 142. »r-—e- N.e.etA.c. femor. med. inf. Ra 1 ‚1 N. e. pelv. ventr. Tibial. ant. 141-7 a N. c. et. e. femor. med. sup. | a ! I (N. obtur.). Pier dig. Er a 1 1 ong. prof. _DE-MN Abdomin. later. 51. Re ! | Fase. pelv.-femor. Iah. FE & ' “Tr h R. ventr. (N.D. vn i 1 N Cap. long. vast. N. en E 3 W; en \ I, /femor.133. N sur, median. R. ventr. \ / u N.c.etA.c. (ND. VII.).. va eher Io > | in R. ventr. ae “u (SD. VIIL)._ ’ / Cap.ister, ; ‚Task RB. margin. (R;_ “= ı_ı Rect. femor. 133. femor. dors. Y 2, u Vast. | Cap- long. - „io. -.-Sartor. 132. pedis medii. femor. a med. / —_--Obtur. int. 120. II 133. Cap. med-- 2 >, Cap. med. vast. femor. Flex. die, eo g Sartor 132.-- 133. long. su 1.1878 Lig. genu med. - Vene (abnorm)-"" Isch.- (Cap. _-—" eoce.- Jeoce” _-” tibial. )Cap. 4 128. (isc We & w _R. m. sartor. (N. obturat.). Coce.-fbul. 128 A u. V. rec. femoral. i -_ “"Semitendin. 134. 4 R. post. (N. obtur.) "Coce. fibul. 129. \ ER. m. isch.-coce.-tibial. NINA \R. m. coce.-Abul. N. pudend. SS OR a8 "R. m. ischio.-eaud. ı\\ N N Cap. eoece. (Ischio-coce.-tibial. 128) \ 136. (tib. / // Flex. dig. com.; long. subl. /; 137. H Tibial. ant. A 141. ’ Extensa. dig. com. long. 142. \ \ \ 3 1 A.'cand, later. \ \\'Semitend. 134. ı Ischiocaud. 55. 1 V. caud. later. ' Sphinet. cloac. 56. ı Apertura cloacae. Nn.e. pedis medii. R. eut. Nee. I. ir N \ x Ve hypogastr. primit. I y x ' | I I K. Ögushi. Tafel XI. ce. pelv. ventr. (N. obtur.). = \ Cap. long. (Vast. femor. 133). j 119). '‘ Obtur. intern. 120. # N. hypogastr. V.abdomin. sinistr. \ Proe. later. pubis, } A u. V. obtur. sinistr. ı \ f \ I ‘ \ ı + \ ‘ ' ‘ ‘ \ ı \ ‘ ‘ ’ ’ A ' \ I} {I} \ \ \ {} ' | \ \ n 5 I ee Faesi W-,, .° Test.-femor. 122. : e 2 . long. . s = eo, Be | (Iliacus 135). -“,” _Obtur. ext. 119. Fig. 71 ‚_-Obtur. int. 120. KTISH A. pubica. Cap. ext.] (Vast. =Cap. int. |femor. 133). —==- A. gastr. A. mesent, com. la. coel. Glut. min. 127. ed ' © __Aorta sinistr. N u ae Carap.- __--- BB ‚Carap.-basioceip. 37. \! 1 Piriform. 130. haaigceip. A \\!! Quadr. femor. 135. vr: Bi 2 Re \\ \N!Coce.-fibul. 129 /’ Kr ‚A,sperm. int. VA .— . = ® 'g / \\ \\Semitendin. 134. A. spermat. int. li „{ „N-hypogastr. \\ \Cap. isch. } Isch.-eoce.- \ \\Cap.coce. |tibial. 128. .- 7 ,-” „Atrah. pelvim. 121. IX. z H > . \ ı \ Port. isch. A.renal..... 7 N. femor. \ \ ı (Obtur. ext. 119.) A. collater.____ — Diacus. 125. \ \ Isch.-caud. 55. vertebral. \ \ \ Piriform. 130. post. _ 8 \Port. intertroch. Ar hypogastr.”” NA. caud.later. | (Obtur. ext.119). Mest.-femor. 122: ‚Cap. coce. (isch- Sphinct. eloac. 56. A.iliaec.=" e-tibial. 128). > A. pudend. | A. diferent. - rn. /-----A.u.N. obturat i com, A. cavern.. = —= = - Be = BE : -"-Obturat. int. 120. N. tibial. com. % B long. (Vast. RER emor.133). . \ N B.m. coee.-fibul. "u A. caudal. later. \ R.m. sphinet. eloae. ı R.m. flex. caud. intern. \ R. post. n. obtur. R. ventr. ND.X-"__-- " pudend. Piriform. 130 er 0 al. com. R. ventr. NS. ER ‚Ss A. sacral. media. ae Flex. eaud. ext.57. ‚7 Retract. penis. 60;° e Coce.-Abul. 1297 _-“ Port. eoce. (isch.-eoee.-tibial. 128). , ,*- Sphinet. cloac. 56. = Flex. caud. ext. 57. ‚ Flex. caud. int. 58. . \ Synphys. ischiad. "_._Flex. caud. int. 58. "> —--Cloaca. == Apertura cloac. Verlag von Wilhelm Engelmann in Leipzig und Berlin. . Morphologisches Jahrbuch. Bd. XLVI. Fig. 72 Atrahens pelvim. 121. 008 .R. ventr. ND. VIII. A.hypogastr.' 3 8 | R. ventr. ND. IX. E ee ee tr Tensor pleur. periton.50.: | U 3 S & ; /N.hypogastr. V.advehens renalis. | iS 3 8 ä | / [Ns Oumiu PesimmEEEE : - air VW iomoc Centr. tendin. (Tens. pleur.-perit.50.. \ ! | i&E 5 6 I f N Kö METER J N. obturat. V. collater. cortieis.. ee SS B ; / IR E; A. hypogastr. \ l ! ! “=; ! u R. pubica (At ‚Obtur. intern. 120. ‘ Dr " A shall) , f ne ‚ Diac. 125. Vv. margin. later. et. post. N Bu Er Er _Cap. long. (V 7 Y -“ Obturat. int| N.c. et A. c. femor. lat..____ N. peron. com... N. c. erur. later. + _// V.saphena. / IV. com. vertie. Pt Re "Quadrat. femor. 1: SONS N" Glutei. 1264127. Flex. dig. com. /’ long. prof. 138. Flexor. dig. com. / FA 44 Äh N \ 8 "N. tibial. com. long. subl. 137. N, / a a. RES SS N R.m. piriformis inf. / { f | ! als 1 AN x iri Gluteus minim. 127! EN. IT, 14 He kV Pirlform. er Piriformi DR DE BE BEN NN Lig. ileo-coceygeum. iriformis 180° / / / 118 33 8% N \Coce.-Abnl.139 Dleo-femor. 131! / ; / ’ı® EL Een eg, Et h arg er ee a9 8 \ \ Port. coce, (Isch.-eoce.-tibia Qualrs oe 7 2 le elor De \ A. caud.later. + V. hypogastr. p . „14 DD 2 . Semitendin 134 nl e FE E Sphinet. oloaa. 6, r V. femor. post! | 8 = 8 V, pudend. ext.' R K. Ogushi. Tafel XII. Rr. artic. genu. ‚ Cap. long: .7 Reect. { Vast. femor. 133. N. c. R ial. e. erur. medial i 4-V.+A.rec. femoralis. Sartorius 132 astr.). ns i str.) ed --.Cap. int. (Vast. femor. 133). IR TR 5 N. EbIADE om. 'emor. b AND --A. ischiad. Gastrocnem. 136. Cap. femor._. ____ Ya > -=V. ischiad. = > : a. 1 ----N. ce. erur. later. 1 .tıblal--—- -- / --_ . hogastr.). - Flex. dig. com. long. prof. 138. tn x Y rs Ge a. inf, Tendo m. isch.-cocc.-tibial. 128..--------- \ N. tibial. later. st. femor. 133). R. m. gastroenem....___ A N. Ai: al | N.c. erur. medial... ___: 5 | N. tibial. media f d. (Vast. femor. 133). Tibial. antie, 141 \NUR.m. Besen, (Cap. tibial.). St, : er ‘A. ce. crur.later, ‚st. fomor. 133). Eixtens. dig. com. long. 142...... \ \\\ R.m. flex. dig. com. long. subl. sup. 2 AR Y\ \R.m.flex. dig. com. long. subl. inf. N. dig. hallue. plant. tibiak""-- A ı \ N. sur. median. wre \ Flex. dig. com. long. subl. 137. V, saphena. -= Flex dig com. brev. subl. 145. j- Flex. dig. com. brev. prof. 147. \7 Atav. Kralle. Lumbric. 146. V. perforans pedis. Verlag von Wilhelm Engelmann in Leipzig und Berlin. Morphologisches Jahrbuch. Bd. XLVT. Vast. femor. 133. „N. tibial. med. IN Fig. 74 Semitendin. 134. ‚a - A. rec. femor. --.-N, tibial. comm. -—A. ischiad. --N. peroneus comm. --Flex. dig. com. long. subl. 137. Lig. genu. med._ N. a en >= ap. femor. Pi Gastroenem. 136. Cap. Hbial. < ” t 5 Flex. dig. com.long. prof. 138. I0aR faman, S R. m. gastrocnem._ N. sur. median. _ Tendo isch.-coce.-tibial. 128. _ Tibial. ant. 141._ R.m. flex. dig. com. brev. subl.. A ‚duct. halluc. 149>\\ Flex. dig. com. brev. subl. BT Gastrocnem. 136. === N. dig: hallue. plant. tibial.- Flex. dig. com. brev. prof. 147; ---N. e. erur. later. ---—A. c. crur. later. -N. tibial. later. __R.m. flex. dig. com. long. subl. inf. I\__A. tibial. later. „Flex. dig. com. long. subl, 137. 7" „Flex. dig. com. brev. subl. 145. ""_-Flex. dig. com. long. subl. 137. I[_Gastroenem. 136 (Insertio). Flex. dig. com. brev. prof. 147. "A. dig. com. IV. T-N. dig. com. IV vol. ) Flex. dig. com. brev. prof. 147. Interphalang. 153. Fig. 77 E;; V.Abularis. —_-_ .__ Glut. maxim. 126. A. fibularis.----.\\ AN fl. Extens. dig. com. long. 142. N. peron. com") Rs Peron. long. 143. A, .Ü-- Poplit. 140. \.- Lig. erur. inteross. _-Tibial. antie. 141. 1 / _R.m. sup. P2 _Tibia. "—_R. hallue. dors. Glut. minim. 127.-- Cap. üb. (Flex. dig. com. long. prof. 138). - — --- N. peroneus later.— —---—" Peron. brev. 144.- —-- äjl---— 1 Bern. BEE Ze _Extens. hallue. long. 154. Calc.-tars. S. 160.-— ___- A} » ‚»”" _Extens. dig. com. long. 142. Peron. brev. 144;—— 4 N Ta Er ha ine. brev. 158. Adducet. hallue. dors.155:7"" edis. dors. n TI Tarsale S: AJ ig. halluc. plant. tibial. III v Extens. dig. com. brev. subl.156. \ R. perforans. | K. Ogushi. $ Tafel XIII. N. ce. erur. medial. Fig. 75 _ N. tibial. comm. A.reo.femor. 2. 2 A.ischiad. N.tibial. med. __ ı n age INx- Fr e. erur. later. : i : 7 ap. femor. (Flex. dig. com.long. prof. 138). T, N ---- N. tibial. later. -----N. sur. median. Semitendinos 134. ----H l t--—-A. tibial. later. Tibial. antie. 141.--- -- Extens. dig. com. long. 142.---- Popliteus 140.---[ } Arc. nerv. plant.‘ Lig. plant. tars. transv.--— Abduct. hallue. 149--"\ Flex. hallue. brev. 150.--__ Popliteus 140.--=- Tuber astragaliz _ Tibial. antie. 141.---- Metatars.-phalang. plant. 152° I —S Tarso-digit. 148... _== Lig. interphalang. transv. E32 Cap. fibul. ‚Cap. plant. | Flex. dig. com. long. prof. 138. dl Tendo flex. dig. com. long. subl. 137 (> Flex. dig. com. long. subl. 137. -_Carpale S. „Flex. dig. com. brev. subl. 145. "A. dig. com. IV. plant. _N. dig. com. IV. plant. Tarso-digit. 148. ER V \\ Tarso-digit. 148. Flex. dig. com. brev. prof. 147. ==Vast. femor. 133. Fig. 76 N.c. erur. later.____ Glut. minim. 127. --.. Flex. dig. com. long. subl. 137. _ V. erur. dors.---- Peroneus long. 143. —_ 1 V. saphena.--._-N R. peron. superfie. (abnorm ?). Verlag von Wilhelm Engelmann in Leipzig und Berlin. Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 555 Inhaltsverzeichnis. Seite N ER REN I ae e 299 Belersschnnssmethoden .: «u... 1.lıe Senn el ae 300 Bemerkung über die topographischen technischen Ausdrücke .... . . 304 Tei II. Muskelsystem. a a 305 rin am eRopfes.. 1. te 3m, 2.900 BeNeenmnskeln. u 3. er nenne 306 1. Rectus superior; 2. Reetus inferior; 3. Reetus lateralis; 4. Reetus medialis; 5. Obliquus superior proprius; 6. Obli- quus superior accessorius; 7. Obliquus inferior; 8. Re- tractor oculi; 9. Levator palpeprae superior; Anh.: Levator palpeprae superioris; 10. Levator membranae nietitantis; 11. Depressor palpebrae inferioris. Beimuskeln) Cr re een ee re 320 12. Arrector rostri. En TITEL RR Br a REN IR Er re . 322 13. Masseter; 14. Temporalis; 15. Quadrato- SEE 16. Pterygoideus; 17. Pterygo-mandibularis; 18. Hyo-man- dibularis; 19. Depressor mandibulae externus; 20. Depressor mandibulae internus; 21. Tensor vaginae venae nasoph- thalmicae. DeMoskelnsım. Mnndboden . ... %'. Ars. ste. ee ee 332 22. Intermaxillaris; 23. Genio-hyoideus; 24. Hyo-glossus; 25. Intercornuatus; 26. Genio-glossus; 27. Entoglosso- glossus; 28. Entoglosso-hyoideus. Bewehlkopfmuskeln- „a rn a Re 5 29. Dilatator laryngis; 30. Constrietor laryngis. Ks wars A a er 337 Meßsertlichliehe Schichten: . . „ran. nern ee. 338 31. Sphincter colli; 32. Collo-plastralis; 33. Plastro-squa- mosus; 34. Coraco-hyoideus; 35. Cervico-hyo-capitis; 36. Levator pharyngis. Beulieie, axiale Halsmuskeln 2... ad BE 2 351 37. Carapaco-basioceipitis; 38. Cervico-spinalis medialis; 39. Cervico-spinales laterales longi: a) Articulo-transversalis longus, b) Artieulo-transversalis brevis, ce) Articulo-cruralis longus; 40. Cervico-spinales laterales breves: «) Cervico- spinales laterales breves ventrales: I. Intertransversarius, ll. Transverso-corporis: 8) Cervico-spinalis lateralis brevis dorsalis. C. Muskeln an der Verbindung zwischen dem Schädel und der DE ROSE en ee EEE: . 357 41. Epistropheo-squamosus ventralis; 42. en sn toideus; 43. Epistropheo-atlantis dorsalis; 44. Atlanto-basi- oceipitis medialis; 45. Atlanto-exoceipitis; 46. Epistropheo- squamosus dorsalis; 47. Atlanto-opisthotieus. Morpholog. Jahrbuch. 46. 36 5996 K. Ogushi Specielle Muskeln an der cortico-cerviealen Verbindung. . . . 48. Mm. cortico-cervicales I—IIl. II. Rumpfmurkulatur . .--.°. W002 es we 50. Spinalis dorso-lumbalis; 51. Abdominis lateralis; 52. Tensor pleuro-peritonei; 53. Sphineter eortieis; 54. Cara- paco-plastralis. IV. Schwanzmuskeln.-. . .. en ae nu 202 A; Ventralo:Gruppe . .-. »- ......0% „U... 22 0 20 Ge 55. Ischio-caudalis; 56. Sphineter eloacae; 57. Flexor eaudae externus; 58. Flexor caudae internus; 59. Longus eoceygis. B. Muskeln des Begattungsorgans -. . . ...7..2.... See 60. Retractor penis s. elitoridis; 61. Protractor cloacae. GB. Dorss#e’Gruppe.. . 2 RP 62. Arreetor caudae; 63. Longissimus caudae; 64. Multi- fidus caudae; 65. Interspinatus; 66. Intertransversarius. V. Muskulatur der vorderen Extremität . . - . -. 2. 22200. A. Muskeln des Schultergürtels . .. ..... 2... 7 aus 67. Pectoralis; 68. Deltoides; 69. Supracoracoideus; 70. Coraco-antebrachialis; 71. Coraco-radialis; 72. Coraco- brachialis; 73. Carapaco-scapulo-coracoideus; 74. Infra- coracoideus; 75. Infraelavieularis; 76. Carapaco-scapularis; 77. Carapaco-humeralis; 78. Scapulo-humeralis dorsalis; 79. Seapulo-humeralis anterior; 80. Scapulo-humeralis posterior; 81. Collo-elavieulo-plastralis. B. Oberarmmuskeln . 3° 20.0.0... ve Bene 9 ee 82. Humero-ulno-radialis; 83. Triceps brachii. C. Vorderarmmüskeln ; 2°. 72.2.2. Laie &) Beugeseite. . .. 0. ER oT ee 84. Flexor dig. com. longus sublimis; 85. Flexor dig. com. longus profundus; 86 Pronator teres; 87. Flexor pollieis longus; 88. Pronator quadratus; 89. Ulnaris externus; 90. Ulnaris internus. B) 'Btreckssite... a AN RE FE . 91. Radialis externus; 92. Extensor dig. com. longus; 93. Extensor manus; 94. Carpi-radialis longus; 95. Carpi- radialis brevis; 96. Antebrachio-metacarpalis 1. D..Hand- und Fingermuskeln. .. .. » . wu. 2. m e) Volare’ Gruppe. » 7... 01 2 Sl Ze De 97. Palmaris brevis; 98. Abductor pollieis volaris; 99. Ab- duetor dig. V. volaris; 100. Flexor dig. com. brevis sub- limis; Anh.: Ligg. vaginalia; 101. Flexor dig. com. brevis profundus; 102. Lumbricales; 103. Pronator manus pro- prius; 104. Carpo-digitales; 105. Flexor pollieis brevis; 106. Interossei; 107. Metacarpo-phalangis volares. B) Strockseite. .. “20000 108. Adductor pollieis longus; 109. Extensor dig. com. brevis sublimis; 110. Abductor dig. V. dorsalis; 111. Ab- ductor pollieis dorsalis; 112. Extensor pollicis brevis; 113. Adductor polliecis brevis; 114. Extensor dig. com.. 395 398 398; 402. 405. 405: 411 > Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonicus. II. 557 Seite brevis profundus; 115. Metacarpo - phalangei dorsales; 116. Interphalangis. VI. Muskeln der hinteren Extremität . . .. .. BE ER NER, 414 Beerkonmiskeln: re a ae 415 ‘ 117. Reetus pubis; 118. Pubo-plastralis; 119. Obturatorius externus; 120. Obturatoriusinternus; 121. Atrahens pelvim; 122. Testo-femoralis; 123. Testo-iliacus; 124. Testo-sacralis; 125. Iliacus; 126. Glutaeus maximus; 127. Glutaeus mini- mus; 128. Ischio-coceygeo-tibialis; 129. Coceygeo-fibularis; 130. Piriformis; 131. Ileo-femoralis. Beientkelmuskeln. 2.22 2.2 ee ie 426 132. Sartorius; 133. Vastus femoris; 134. Semitendinosus; 135. Quadratus femoris. C. Unterschenkelmuskeln. . . ..... NL a es ER SE ee 429 EEE EN A N EAN EEE 429 136. Gastroenemius; 137. Flexor dig. com. longus sublimis; 138. Flexor dig. com. longus profundus; 139. Flexor hallueis longus; 140. Popliteus. BeSppeckBere4 Me RER ARE EI TRREENK: 433 141. Tibialis antieus; 142. Extensor dig. com. longus; 143. Peroneus longus; 144. Peroneus brevis. EL A N SEE Mn ra 435 BL INtEITTächen ent re ET ee 435 ‚145. Flexor dig. com. brevis sublimis; 146. Lumbricales; 147. Flexor dig. com. brevis profundus; 148. Tarso-digitalis; 149. Abductor hallueis; 150. Flexor hallueis brevis; 151. In- terossei; 152. Metatarso-phalangis plantaris; 153. Inter- phalangis. DWAmBEHBrücken?. west Esser ee ee er 437 154. Extensor hallueis longus; 155. Adductor hallueis dor- salis; 156. Extensor dig. com. brevis sublimis; 157. Extensor dig. com. brevis profundus; 158. Extensor hallueis brevis; 159. Metatarso-phalangis dorsıles; 160. Calcaneo -tar- salis »S«. BE lerpheres Nervensystem .... 2......2.....02 22 02 439 2 N EEE rn en re DL AS BE IEChnenV..., a ran ku See erg Bar? Sehnerw...... 0.050 15.4 00 vo A 439 BE re EHIOMOHLOTINR ee ee ee ee 441 R. superior; Radix eiliaris brevis; R. inferior; Anh.: Ganglion eiliare; Nn. ciliares. Ber Brochlearis? 2. 2.503200 0 N 445 BEE ineemmig na er ee ee 445 BEN OBhEHahnIEnSE ee 446 1. N. palpebralis superior; 2. Radix eiliaris longa; 2. N. cut. frontalis; 4. N. lateralis narium; 5. N. medialis narium. N TR Aa ee a a a TE Me alte 450 1. N. eut. zygomatico-temporalis: a) R. palpebralis inferior 36* ai ou on VI. IX. XL. B. Spinalnerven. I. Halsnerven . K. Ogush’ posterior, b) R. cut. temporalis, ce) R. cut. malae; 2. Rr. palpebrales inferiores posteriores; 3. N. palatinus communis, a) N. palatinus posterior major, b) N. palatinus posterior minor; 4. N. infraorbitalis posterior; 5. N. infraorbitalis anterior, a) N. naso-palatinus u. R. communicans palatinus superficialis, b) N. palpebralis inferior anterior. ©. N. mandibularis 2 +7... 2a Se 1. N. temporo-massetericus, a) R. m. ee medialis, b) R. m. temporalis lateralis, ec) R. m. pterygoideus anterior, d) R. m. masseterici, e) R. pterygoideus lateralis; 2. R. ptery- goideus posterior; 3. N. recurrens buccalis; 4. N. mylo- hyoideus; 5. N. cut. submentalis; 6. N. lingualis; 7. Ram. mucosae buccalis; 8. Rami alveolares; 9. Rami cut. men- tales et labiales. PS ZAHAULENnBT.N Re ee en. - Paar: Racialis. 2212 ne ee Ganglion genieuli; 1. R. communicans n. VII cum n. pala- tino; 2. R. posterior: a) Chorda tympani, b) Rr. m. de- pressorum mandibulae, ec) R. m. sphincteris colli. Paar; Acustieus... ... 3... 2 Dein Paar: ‚Glossopbaryngeus .; ... 2.0... 0,2 „hal So Ganglion petrosum; Ganglion superius; Ganglion superius accessorium. 1. R. m. tensoris vaginae venae nasophthalmicae; 2. Ner- vulus tympani; 3. R. communicans n. IX. cum n. palatino; 4. R. communicans cum Ganglio-radieis n. vagi; 5. R. pha- ryngeus communis; 6. R. pharyngeus dorsalis; 7. R. m. hyo-mandibularis. . Paar: Vagws.: 450. u 10.0 ee Se ee Ganglion radieis n. vagi. A. Truneus pharyngo-laryngeus.. . 2... 1. 0-0 0 Dr 1. R. pharyngo-oesophageus; 2. Er tracheae anastomotici; 3. Rr. pharyngei ventrales; 4. R. lingualis; 5. R. m. dila- tatoris laryngei; 6. R. m. constrictoris laryngei; 7. R. anas- tomoticus transversus laryngei. B. Truneus visceralis Ganglion Trunei n. vagi. 1. R. glandulae thyreoideae; 2. R. thymieus; 3. R. bron- chialis anterior; 4. R. bronchialis posterior; 5. R. recurrens oesophagei; 6. R. recurrens laryngei; 7. R. cardiacus; 8. R. gastrieus; 9. Truneus intestinalis; 10. R. hepaticus. Paar: Hypoglossus, >... 2 Were 2 Radix anterior; Radix TostaraR: R descendens colli; R. post. der Radix posterior; R. m. epistropheo-squamosis ventralis. .. urn Ne ia ae arme. .e, © 0, Ko). ws mE “0 tn m dee re wie Te Allgemeine Verhältnisse der non durch die Halsnerven . e) "Br: "dorBalas ae Seite 459 460 469 469 474 475 477 483 Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. I. 559 Seite a) R. m. cervico-spinalis lateralis brevis dorsalis; b) R. m. articulo-transversalis brevis; ce) R. m. articulo-cruralis longus; d) R. m. artieulo-transversalis longus; e) R. cutaneo- musecularis. BIER Voting 2 ee N a ae ne 487 a) R. museularis; b) R. cutaneus. INFEGELVICa ST a a a ee 488 a) R. dorsalis; b) R. ventralis. INEECELVICH ATI ee a. er 1) a) R. dorsalis; b) R. ventralis. damen ee I er 489 a) R. dorsalis; b) R. ventralis. ISIECERvICalISE TV a ee 490 a) R. dorsalis; b) R. ventralis. INSRCERVICANISEV VL ee en ee er es 490 INMECOTYICALLSSVIEID an I ee ea Ne a een 492 R. dorsalis u. R. ventralis (Plexuskomponente). INIGELVICHETX ET N Ha ee a El A BE Re neben 493 R. dorsalis u. R. ventralis (Plexuskomponente). NesDorsolumbalnerven’ 2. use ent. RN ERNAIE IEBESANtBRIOTES ..... 2. Sendevanse EHEN IE ER ERTERE 495 BEE NORLETIOTER. ., 2. 150.0 Tania Soma ne N EEE Ch Age 495 7, Siramalinanstin es re TREE EL ER EEE 496 N NOrvEnE EN ea erahnen de SR en dark ante 497 . Rr. dorsales; Rr. ventrales; N. recto-urogenitalis; N. penis s. elitoridis. V. Nerven der vorderen Extremität (Plexus brachialis) . . . . - „499 PER gBraalis Beapulae..- - 2... 4 2 len Re ER ) a) R. m. scapulo-humeralis anterior; b) R. m. carapaco- humeralis; ce) N. eut. supraeclavieularis; d) R. m. scapulo- humeralis-dorsalis; e) R. m. deltoidei; f) N. cut. brachialis medialis superior. EBBRERUDTSCHTACHIÄENRE 45,50 ec eere venre, ee. eee ee 502 a) R. anterior; b) R. posterior. BeNeihrachtalis, dorsalise. act 0 een een 2 504 a) N. eut. brachii ulnaris superior; b) Rr. m. trieipitis; ec) R. m. extensoris manus; d) R. ulnaris m. extensoris dig. com. longi; e) R. m. radialis externi; f) R. m. carpi-radialis; g) R. radialis m. extensoris dig. com. longi; h) R. m. dorsalis pollieis; i) Rr. m. dig. II—V; j) Nn. digitales communes dorsales I—IV. BEN DERChTAlISLVATERBNIS 2.2 ac en as see ee 509 a) R. m. infracoracoidei; b) R. m. pectoralis; c) N. coraco- brachialis; d) N. eut. brachii ulnaris inferior; e) R. m. humero- ulno-radialis; f) N. radialis: 1) R. m. pronatoris teretis, 2) N. eut. antibrachii radialis; 3) R. m. flexoris dig. com. longi sublimis, 4) R. m. pronatoris quadrati, 5) R. m. flexoris polli- cis longi, 6) R. m. pronatoris manus, 7) N. digitalis volaris pollieis radialis, 8) N. digitalis communis volaris I, 9) R. 560 C. Sympathisches Nervensystem . . ...: 2er ren ne K. Ogushi Seite communicans cum N. ulnari; g) N. ulnaris: 1) R. m. flexoris dig. com. longi profundi, 2) R. m. ulnaris externi, 3) R. m. ulnaris interni, 4) R. m. abductor dig. V volaris, 5) Rr. m. flexoris dig. com. brevis, 6) Rr. m. carpo-digitalis, 7) N.dig. V volaris ulnaris, 8) Nn. digitales communes volares II—IV. VI. Nerven der hinteren Extremität (Plexus lumbo-saeralis). . . . . 514 «) -Plexus. 'eruralis- '. us “02 2 A N es Er Fe 520 1 N. hypogastrieus «=. 272% 2.0 2ER A 520 2. N. femoralis ° 2.2.25. 222.200 2 2).12027, So 521 a) R. ventralis: N. cut. femoralis medialis inferior; b) R. dor- salis: N. eut. femoralis lateralis. 3..N: obteratorius 2.378 7.0. 2 ES eis Se 522 a) R. anterior: N. cut. pelvis ventralis; b) R. posterior. 4. Nn. m. tensoris pleuro-peritonei . ... - 22220. a -. b. N: abdominalis- lateralis 272 3.7°.. RT er re 524 6. Nm. testo-femoralis. 2. 3. DATEI 525 $) Plexus-ischiadieus. . 2%... 2%. 0.20 8027 2 2 525 1.: N. peroneus -commumiß: 2: 2 2 a... 0.20... % Ve 525 1. R. m. ileo-femoralis; 2. Rr. m. glutei. { A. N. peroneus medaalis.. ... .. . „2% 2 Wo 527 1. R. museularis superior; 2. R. museularis inferior; 3. R. m.tibialis anticus; 4. R. m. extensoris hallueis longi. B.-N. peroneus lateralis - ...... = .. 2.22 22 K Kor 528 1. R. musenulo-eutaneus; 2. Rr. m. peronei. Arcus n. dorsalis pedis. 1. Rr. museulares; 2. Nn. digitales communes dorsales. 2. Tibialis’communis: -- .. 2 12.2: 2.2.0202 ar Sr 530 N. eut. eruralis lateralis. AN: tibialis-medialis‘. . .. 2228720 en 531 1. N. surae medianus. a) R. m. flexoris dig. com. longi profundi; b) R. superior m. flexoris dig. com. longi sublimis; ce) R. inferior m. flexoris dig. com. longi sublimis. . N. eut. eruralis medialis. R. m. gastrocnemii. R. inferior m. flexoris dig. com. longi profundi. R. m. flexoris hallueis longi. . R. m. tibialis postici. a) N. digitalis hallueis plantaris tibialis; b) N. -digitalis communis plantaris primus; ce) R. communicans. B. N.-tibialis lateralis .. +, Ron 72 20 ee 534 1. N. digitalis communis plantaris quartus; 2. Nn. digitales communes plantares III et II; 3. Rr. museulares. 3.8. pudendus '.. N eh ee 2 A 535 y) Plezus.pudendus . .:» 2... Wu ee Vo 536 1. N. flexoris caudae internus; 2. R. ad m. retractorem penis; 3. N. sphineteris eloacae; 4. N. coceygeo-fibularis; 5. N. piriformis superior. DD Qt PwmN Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte Trionyx japonieus. II. 561 Seite Be Tonvatrane 2 0 st Re N Se 2, 537 Anrktalstoil. des: Grenzstrangee =... are ne 538 Ram. interganglionis major. II. Brust- und Bauchteil des Grenzstranges . . . 2: 2 2.2.0... 540 Ganglion fusiforme cervicale; Rr. communicantes; Ganglion thoracicum sympathicum primum; Ganglion sympathicum postarteriale; Ganglion sympathicum supraarteriale; Rr. viscerales. 2. Beekenteil des Grenzstranges. „0. 2 asee Sa a 545 INe Schwanzteil des Grenzatranges# '. 2. nl. in una 543 #, Borphere- Tene.des N. sympathieus.. =. =... mn. a... 543 VE SE BL BEER EEE TREE TER BEN 543 Dorsale sympathische Bahn; ventrale Bahn. M. Peripherer Halssympathieus : . : .. 2.0... ELIA 545 III. Periphere Teile des Sympathieus in der Brust- und Bauch- ERBEN a BL eo 546 N. splanchnieus major et minor. Plexus coeliacus; Gangl. coeliacum. Plexus aortico-urogenitalis; Ganglion renali-aorticum. Plexus differentialis et uterovaginalis (Homologon!). Plexus vesico-cavernosus. ELENA EN DE er 549 ES ER En ae ee Ste 552 Fosserada für die erste‘ Mitteilung =. -... 2. 2... 0.02 208 20h sen 561 Corrigenda der wichtigen Fehler in der ersten Mitteilung. Statt Richtiger 8.5, 2.4: Ein enger Kanal ...... die An ihm ist inmitten ein kleines, scharf- beiden letztgenannten Knochen ver- randiges Loch zu finden, welches bindet. durch ein zwischen den beiden letzt- genannten Knochen ausgespanntes Band, das Lig. apieis dentis (L. ap.), durchsetzt wird. ee: (Fir: 1], :.. .. ee 8.7, Z.4: sein rein intervertebral.... sein rein vertebral. gelagerter.... 8.19, Z. 13: SIMRocK. SIEBENROCK. S. 20, Z.13: drei (selten zwei) .... zwei (selten drei)... . 8.29, 2.2: .... am hinteren Ende ....am hinteren Ende (Verbr.) liegt (Verbr.) wird von unten her .... von unten her regelmäßig dem Tuber- Tubereulum basiexoceipitale über- eulum basiexoceipitale auf. deckt. 8.38, 2.17:...desPräfontonasale.... .... des Präfrontonasale . 8. 44, Z.*6: Foramen olfactorii cap- Foramen olfactorium capsulae nasi ... sulae ... * Z.*, Zeile von unten; sonst von oben gezählt. 562 K. Ogushi, Anatomische Studien an der japan. Lippenschildkröte usw. S. 63, 2.10: Knochens und den Proc. . Pterygoid, Basisphenoid, sowie Palatinum .... S.65, Z.19: das Planum masseterium . S. 67, 2*1: .... Knorpel zutage. S. 68, Z. 2: (Fig. 32, Pfeil b). S. 68, 2.9: ..... im Mundbogen . S. 71, Z. 9: eine geräumige Spanne .. S. 78, 2.4: Er widerlegte die Hypo- these, daß .... S.79, Z.1: M. pectoralis minor ant. S .86, 2.13: .., daß ihre Längs- achse .... Sul ee BE A I en dieser sicherlich die gleiche Fingerzahl, aber wahrschein- lich ohne Verschiedenheit im. Knochens, den Proe. .... Palatinums und Columella eranii (Epipterygoid), unten durch Pterygoid, Basisphenoid, sowie Palatinum, . - das Planum masseterieum.... ... Knorpel zutage (Fig. 32, Pfeil b). (Fig. 34, b). . im Mundboden .... . . einen großen Winkel, der durch.... Er stellte eine Hypothese auf, daß.... M. elavieulo-humeralis. ‚ daß ihre Medianebene .... ‚ dieser sicherlich die ungleiche Phalangenzahl, aber wahrscheinlich ohne große Verschiedenheit im.... Aus dem Anatomischen Institut der Kaiserlichen Universität Jurjew-Dorpat. ) Über die Variationen der Wirbelsäule und der Extremitätenplexus bei Lacerta viridis Gessn. und Lacerta agilis Linn. Von Konrad Kühne. Mit 13 Figuren im Text und Tafel XIV. Vorliegende Arbeit wurde auf Anregung des Herrn Professor Dr. Herman ADoLPpHı unternommen. Es handelte sich darum, fest- zustellen, welche Variationen an der Wirbelsäule und den Extremi- tätenplexus bei Reptilien vorkommen und welche Beziehungen zwischen diesen Variationen bestehen. Als Material dienten mir 51 Exemplare von Lacerta viridis, die ich von der Firma Kovads in Nagybecskerek (Ungarn) bezog, und 15 Exemplare von Lacerta agılıs, welche ich selbst im Petersburger Gouvernement gefangen habe. Lacerta viridis Gessn. An der Wirbelsäule von Lacerta veridis lassen sich vier Regionen unterscheiden: Hals, Rumpf, Kreuzbein und Schwanz. Am vorderen Teil der Wirbelsäule fand ich bei allen 51 Exemplaren ein gleiches Verhalten. Die ersten drei Wirbel besitzen keine freien Rippen. Wirbel 4, 5 und 6 besitzen kurze Rippen, deren freies Ende knor- pelig bleibt und verbreitert ist. Von diesen drei Rippen ist die erste die kürzeste, die folgenden nehmen an Länge ein wenig zu. Die Rippen des 7. und 8. Wirbels sind lang und schmal, sie unterscheiden sich in nichts von den nächstfolgenden Rippen, nur enden sie frei. Die Rippe des 9. Wirbels erreichte allemal als erste das Brustbein, die Rippe des Wirbels 13 allemal als letzte. Die bis zum Kreuzbein folgenden Wirbel tragen alle freie Rippen. Bis zum 21. Wirbel waren die Rippen stets lang. Vom 22., 23. oder auch 24. Wirbel beginnend, 564 Konrad Kühne werden die Rippen plötzlich wesentlich kürzer. Das letzte lange Rippenpaar gehörte in 21 Fällen dem Wirbel 21, in 29 Fällen dem Wirbel 22 und in 1 Falle dem Wirbel 23 an. Die Rippen der fol- senden Wirbel sind alle kurz, bei annähernd gleichbleibender oder nach hinten zu noch ein wenig abnehmender Länge. Es findet sozusagen eine Lumbaleinschnürung statt, die in der Rumpfwirbel- säule einen vorderen thoracalen und einen hinteren Jumbalen Ab- schnitt erkennen läßt. Dieser lumbale Abschnitt trägt freilich, im Gegensatze zur Lumbalregion der Säugetiere, freie Rippen. Das Saerum bestand in der allergrößten Mehrzahl der Fälle aus zwei Wirbeln (49 Exemplare von 51), die sich durch stark verbreiterte seitliche Fortsätze auszeichnen. Diese Seitenfortsätze beider Wirbel treten, ein Foramen sacrale freilassend, mit ihren lateralen Teilen aneinander. Sowohl an der ventralen als auch an der dorsalen Ober- fläche bleibt ein Spalt sichtbar. In der Tiefe aber findet eine syno- stotische Verbindung der Seitenfortsätze statt. Der Gelenkknorpel für das Ilio-Sacralgelenk ist einheitlich. Die Körper der Sacralwirbel sind in der Regel kürzer als die der vor und hinter ihnen liegenden Wirbel. Sie sind nicht synostotisch miteinander verwachsen. Die Seitenfortsätze entspringen vom vorderen Teile des Wirbelkörpers, sie können in manchen Fällen drei Viertel seiner Länge in Anspruch nehmen. In 23 Fällen bestand das Sacrum aus Wirbel 28 und 29, in 26 Fällen aus Wirbel 29 und 30. | Einmal (Fig. 2) bildeten zwar auch Wirbel 29 und 30 das Sacrum, doch besaß Wirbel 30 linkerseits nur einen kurzen Querfortsatz von caudalem Charakter, so daß auf dieser Seite Wirbei 29 allein den Ventrale Ansicht der Wirbel 28—31 bei vier verschiedenen Exemplaren von Lacerta viridis. Kreuzbeinflügel bildete, während auf der rechten Seite keine un- gewöhnlichen Verhältnisse vorlagen. Der linke Querfortsatz des Wirbels 29, der auf dieser Seite die Saecrumfunktion allein über- nommen hat, ist stark verdickt und verbreitert. Er erscheint von Über d. Variat. d. Wirbelsäule u. d. Extremitätenplexus b. Lacerta vir. usw. 565 einer Mächtigkeit, die ich sonst nie angetroffen habe. In einem Falle (Fig. 4 und Taf. XIV, Fig. 1) beteiligten sich an der Bildung des Kreuz- beins Wirbel 29—31. Wirbel 29 trägt jederseits eine ihm gelenkig angegliederte Rippe. Die rechte endet frei, die linke aber ist an der Bildung des Kreuzbeinflügels beteiligt. Das distale Ende dieser Rippe ist mit dem linken Querfortsatze des Wirbels 30 synostotisch verbunden. Die Querfortsätze der Wirbel 30 und 31 bildeten auf der rechten Seite allein den Kreuzbeinflügel, auf der linken Seite den Hauptteil desselben. Nachdem ich dieses Objekt gezeichnet, habe ich es entkalkt und zur genaueren Kontrolle der Fortsätze des Wirbels 29 in eine Schnittserie zerlegt. Die beschriebenen Verbin- dungsarten ließen sich mit absoluter Sicherheit feststellen. Betrachtet man die Körperhälften einzeln, so ergibt sich, daß der Kreuzbeinflügel Imal von Wirbel 31 und 30, Imal von Wirbel 31, 30 und 29, 53mal von Wirbel 30 und 29, 1mal allein vom Wirbel 29 und 46mal von Wirbel 29 und 28 gebildet wird. Auf das Kreuzbein folgt der aus etwa 50 Wirbeln bestehende Schwanz. Die vorderen, dem Saerum unmittelbar folgenden Schwanz- wirbel sind, was Körper, obere Bögen und Dornfortsätze anbelangt, den Sacralwirbeln gleich. Die mit dem Wirbelkörper innigst ver- 'wachsenen Seitenfortsätze sind viel schwächer, in dorsoventraler Richtung abgrplattet und nehmen gleich den Dornfortsätzen nach hinten zu allmählich an Stärke ab. Die ersten drei Schwanzwirbel sind stets ohne untere Bögen, unabhängig davon, welches der letzte Sacralwirbel ist. Der erste untere Bogen gehört stets dem 4. Schwanz- wirbel an; er ist dorf, wo sich die Körper des 3. und 4. Schwanz- wirbels berühren, beweglich angefügt. Die Beweglichkeit der unteren Bögen nimmt nach hinten zu schnell ab und etwa vom 7.—8. Schwanz- wirbel an ist der untere Bogen mit dem Vorderende des Wirbels syno- stotisch verbunden. Eine merkwürdige Eigentümlichkeit des Eidechsensehwanzes ist die Querteilung der Wirbelkörper in eine vordere und hintere Hälfte, worauf als erster J. HyrrL im Jahre 1853 hingewiesen hat. Bei Zacerta viridis beginnt die Querteilung am 6., 7. oder 8. Schwanzwirbel und setzt sich über die ganze Schwanzwirbelsäule fort. Es waren der 36., 37. und 38. Wirbel der Gesamtreihe, doch habe ich den ge- naueren Ort des Beginnens der Teilung nur an 13 Exemplaren kon- Statiert. Die Querteilung der Wirbel erstreckt sich auch auf die nach hinten zu immer kürzer werdenden Querfortsätze und den oberen Bogen. Dem vorderen Teil gehört der untere Bogen, dem 566 Konrad Kihne hinteren der Dornfortsatz an. Die Gelenke zwischen den Wirbel- körpern sind schon im vorderen Teil des Schwanzes steif, im hin- teren Teil des Schwanzes scheinen sie ganz zu ankylosieren. Die große Beweglichkeit des Schwanzes ist durch die Zweiteilung der Wirbel ermöglicht. Das bekannte leichte Abspringen des Eidechsen- schwanzes findet stets mitten durch einen Wirbel statt. Wie bekannt, wird ein abgerissener Eidechsenschwanz bald wieder durch Regeneration neu ersetzt, aber der neugebildete Teil enthält im Inneren keineswegs eine aus Wirbeln bestehende Säule, sondern einen elastischen, knorpelähnlichen Stab, welcher dem be- treffenden Schwanzteile als Stütze dient. Der Wirbel, an welchem sich dieser Stab ansetzte, besaß stets nur den vorderen, mit einem unteren Bogen versehenen Teil, der hintere Teil war allemal mit dem abgesprungenen Schwanze verloren gegangen. Biologisch interessant ist, daß die große Mehrzahl der Exem- plare, die den Schwanz verloren haben, dem männlichen Geschlecht angehören. Es ist selten, daß ein großes, altes Männchen einen un- versehrten Schwanz hat, ein kleiner oder größerer Abschnitt der Wirbelsäule war immer durch einen knorpeligen Cylinder ersetzt. Große, alte Weibchen hingegen können sehr wohl einen ganz in- takten Schwanz besitzen. Der erbitterte Kampf um den Besitz des Weibehens in der Paarungszeit dürfte diese Geschlechtsverschieden- heit erklären. Mit Ausnahme des Atlas und Epistropheus besitzen alle Wirbel vorn eine Gelenkpfanne, hinten einen Gelenkkopf. Die 5—6 ersten Wirbel besitzen an ihrer Ventralseite einen platten, in der Median- ebene gelegenen Fortsatz. Die Gesamtreihe dieser Fortsätze er- scheint als eine Leiste, die vorn hoch ist und nach hinten zu niedrig wird, um am 5., 6., bisweilen auch am 7. gänzlich zu verschwinden. Die Fortsätze des Atlas und Epistropheus können synostotisch ver- bunden sein. GEGENBAUR (1898 S. 250) faßt diese Fortsätze als sekundäre Anpassungen an die Muskulatur auf, im Gegensatze zu Owen, der sie als untere Dornfortsätze betrachtete. In der nebenstehenden Tabelle 1 ist das Verhalten der letzten langen Rippen zum ersten Sacralwirbel dargestellt. Gehören die letzten langen Rippen dem Wirbel 21 an, so war in der aller- größten Mehrzahl der Fälle (85,70%/,) Wirbel 28 erster Sacralwirbel. (Gehören die letzten langen Rippen dem Wirbel 22, so war in der aller- größten Mehrzahl der Fälle (81,0 °,) Wirbel 29 der erste Sacralwirbel. Daß die letzte lange Rippe dem Wirbel 23 gehörte, kam nur bei einem Über d. Variat. d. Wirbelsäule u. d. Extremitätenplexus b. Lacerta vir. usw. 567 . Exemplar vor und war auch mit einer mehr distalen Lage des Sa- erums verbunden. Man sieht, die vordere und die hintere Grenze der Lumbaleinschnürung verschieben sich in der gleichen Richtung. Tabelle 1. Die letzte Erster Sacralwirbel: lange Rippe 28 29 30 gehörte dem | en men FOR R ı Anzah nzahl | nza Wirbel: | der 0% der 0/o der Beob Beob. | Beob | 21 RR ee 22 10 1723| 4 23 Be ee | Summe .d.Beob.| 46 (45,1) | 55 Der erste untere Bogen sitzt am Wirbel 33, 34 oder 35, je nachdem, ob Wirbel 29, 30 oder 31 der letzte Sacralwirbel ist. Die Korrelation ist hier eine sehr intensive. Das stimmt mit den Beob- "achtungen von E. RosEnBErG (1896, S. 321 u. 522) an Myrmecophaga Jubata, Cuaus (1876, S. 809) an Salamandra maculosa und PARKER (1896, S. 712 u. 713) an Necturus, wo bei verschiedener Lage des Saerums der Abstand zwischen Sacrum und erstem unteren Bogen gleich bleibt. Es muß somit eine innere Notwendigkeit bestehen, die den ersten unteren Bogen in einer genau bestimmten Entfernung vom Sacrum entstehen läßt. Den Plexus brachialis von Lacertiliern haben H. v. Inerıng (1878) und M. FÜRBRINGER (1875 u. 1900) beschrieben. IHErINnG hat Zacerta agilis und muralis, FÜRBRINGER Lacerta ocellata beschrieben und ab- gebildet. Die Beschreibungen von FÜRBRINGER sind sehr genau und beziehen sich auch auf die Innervierung der Extremitätenmuskeln. Nach diesen Untersuchungen beteiligen sich bei Zacerta sowie auch bei der Mehrzahl der kinokranen Lacertilier die ventralen Äste des 6. bis 9. Spinalnerven an der Bildung des Plexus. Ich habe den Plexus brachialis bei 50 Exemplaren von Lacerta viridis untersuchen können. Ein Exemplar erhielt ich bereits tot. Die Weichteile waren so stark in Fäulnis übergegangen, daß ich weder den Plexus brachialis noch den Plexus lumbo-sacralis unter- suchen konnte. Es war gerade das Exemplar, bei welchem der linke 568 Konrad Kühne Kreuzbeinflügel nur aus dem Querfortsatze des Wirbels 29 bestand. An der'Bildung des Plexus brachialis beteiligten sich 20mal die Nerven 5—9, 71mal die Nerven 6—9 und 9mal die Nerven 6—10. In der größten Mehrzahl aller Fälle ist somit der Plexus von Nerven 6—9 gebildet, was den Angaben von M. FÜRBRINGER und H. v. IHERING für andere Lacertilier entspricht. Von diesem, gerade seiner überwie- genden Häufigkeit wegen als Norm zu betrachtenden Zustande breitet sich der Plexus entweder nach vorn zu aus oder nach hinten. Man sieht, die vordere und hintere Grenze des Plexus verschieben sich in der gleichen Richtung. Die diekste Wurzel des Plexus war lmal Nerv 7, 2mal waren es Nerv 7 und 8, 7ömal Nerv 8, 14mal Nerv 8 und 9, Smal Nerv 9. Auf die verschiedene segmentale Zusammensetzung des Plexus brachialis verteilt sich die Lage des stärksten Nerven wie in Tabelle 2 angegeben. Man sieht, mit der Verschiebung der Plexusgrenze ist eine gleichsinnige Verschiebung des nn. verbunden. Tabelle 2 Plexus | Die stärksten Plexuswurzeln sind die Nerven: brachialis | 7 7u.8 N 8u9 gebildet = Anzahl | Anzahl Anzahl Anzahl & ke der 0/g \ der 0/, der | Un der 0), Nerven: | Beob. Beob. Beob. | | Beob. | Summe der || nd ‚) 2 20 |.75 (750) | 12 0140) Der ventrale Ast des Nervus spinalis V verteilt sich in der Mehr- zahl der Fälle (80,0 %/,) ganz in der hypaxonischen und ventralen Rumpfmuskulatur, im Museulus sphineter colli, in der Haut des Halses und gibt außerdem einige sehr feine Ästehen, die Nervi thoraeiei sup. et ant. an die Muskeln collo- -scapularis, episterno-cleidomastoi- deus und cueullaris ab. In 20 Fällen (20 %/,) beteiligte sich Nerv 5 an der Bildung des Plexus brachialis. Einmal führte allerdings nur ein Ästchen von Nerv 6 zu Nerv 5. Da es aber sehr wohl möglich ist, daß hier rückläufige Fasern vom Nerven 5 zum Nerven 6 ziehen, so habe ich diesen Fall auch hierher gerechnet. Eine Auffaserung ist mir an Über d. Variat. d. Wirbelsäule u. d. Extremitätenplexus b. Lacerta vir. usw. 569 diesem Verbindungsfaden nicht gelungen. In 14 weiteren Fällen teilten sich sowohl Nerv 5 als auch Nerv 6, wobei ein Fasernaus- tausch stattfand. Die Verbindung beider Nerven war entweder der- artig wie auf Tafel XIV, Fig. 2 dargestellt, oder wie die Textfiguren 5 und 6 es zeigen, wo der Verlauf der Fasern des Nerven 5 eingetragen ist, wie er durch Auffaserung unter einer l6fach vergrößernden Präparierlupe erkannt werden konnte. In 5 Fällen gab Nerv 5 einen Ast ab, der sich spitzwinklig mit dem Plexusast des Nerven 6 verband. Fig. 5. Zwei verschiedene Verbindungsformen von Nerv 5 und 6. Pl. Ast zum Plexus brachialis. Der ventrale Ast des 6. Spinalnerven beteiligt sich stets an der Bildung des Plexus brachialis und ist nie die stärkste, meist eine schwache Wurzel. Bald nach dem Erscheinen aus dem Foramen intervertebrale teilt der Nerv sich in zwei Äste; der proximale be- gibt sich zur ventralen Rumpfmuskulatur, und zwar in 85°/, der Fälle direkt, in 15°/, unter Anschluß an den 5. Spinalnerven. Der distale Ast gibt feine Ästehen, die Nn. thoraeiei sup. VI, an die Muskeln levator scapulae und serratus ab (diese Ästchen entspringen bisweilen auch vom proximalen Aste) und verbindet sich dann mit dem 7. Spinalnerven. Der ventrale Ast des 7. Spinalnerven ist fast stets dicker als der 6. Meist ist er der drittstärkste Ast des Plexus; ganz selten (1°/, aller Fälle) war er für sich allein oder gleich Nerv 8 (2%, aller Fälle) die stärkste Wurzel des Plexus brachialis. Der ventrale Ast des 8. Spinalnerven ist in der Mehrzahl der Fälle die stärkste Plexuswurzel, und zwar in 75°, aller Fälle für sich allein, in 2°), in Verbindung mit Nerv 7, in 14 /, in Verbin- dung mit Nerv 9. Der ventrale Ast des 9. Spinalnerven ist meist die zweitstärkste Plexuswurzel. In 8°/, aller Fälle war sie für sich allein die stärkste Plexuswurzel, in 14 /, in Verbindung mit Nerv 8. Bei einem Exem- 570 Konrad Kühne Tabelle 3. plare gab aber Nerv 9 je) . . . S beiderseitsnur einganz ri Sr I. dünnes Fädehen zum | ea ROOT IE I 2 | LLL1LSS |< | Plexus brachialis ab, 2 H | BZ während der Hauptast 1832| I I I 1 * ® | © | einen Intercostalnerv ma | | E A [= I I -| bildete. Der linke Ple- een see ee: U Se u brachialis dieses 5 | Tieres ist als Spiegel- ms Si E : 2|l®2s3| | | [| [ *r | » | bildaufTaf.XIv, Fig.2 aı833| II dargestellt. Nerv 7 bil- Ei | © | TTS SS | S | dete hier die stärkste a er I se ze = = | = | Plexuswurzel, Nerv 5 ZB | . . o #5, ITrexgr|g stand in Beziehungen = lee zum Plexus. SS | Big x Se nl eg ee Der ventrale Ast a So 5 © S j al = m med n mn) | (des Nerven szene a 2 — . NS io il \ S @|ds3| | aaa | eo ein Te E Eu | doch gab er in 9% E | ES ee aller Fälle ein dünnes oo | Oo e nr => = rn al ee Le, [x] Fädehen an den Plexus | a 2 ER le brachialis ab. Ein sol- ee vr Be ag) ID x = ie 2. | I | cher Fall ist auf Tafel = |< | es ee ER b 3 a ae Is | XW, Fig. 3 abgebildet. © o ST BA E IC en - . 8% SS | LS Ss LLL| =® | Vergleicht man diese Ar, beiden Plexus mitein- a7 a = a . . 055 mL I)" | ander, so ist die hoch- — —| gradige Ähnlichkeit | ke) te) | art in nn zn: sTo2 N = * . = ı L& ıLLL| & | auffallend, wobei nur a _ der Plexus in Fig. 3 233 2a 1 gegen den Plexus in 2 —— —— Fig. 2 um ein Segment o| 2 | TTETTTT| S| distal verschoben er- ei || > U EI rat s 5 EN scheint. A 7. Die peripheren ” F- © .. i BE Er __|___| Aste des Plexus bra- 12.55 „81 chialis von Zacerta sind s=zo090,. A: Re er EL, 2 = 3 25 von FÜRBRINGER (1815 = [1 = © 2 © Darscd ee 52 und 1900) auf das Bir ee ä | genaueste dargestellt. Über d. Variat. d. Wirbelsäule u. d. Extremitätenplexus b. Lacerta vir. usw. 571 Das Verhalten von Lacerta veridis stimmt im allgemeinen mit dieser Beschreibung überein. In den Plexus auf Tafel XIV, Fig. 2 und 3 sind die wichtigsten peripheren Äste bezeichnet. Natürlich finden sich auch hier die mannigfaltigsten individuellen Variationen. Die ein- zelnen Äste können verschiedene segmentale Zusammensetzung haben, was auch aus Fig. 2 und 3 auf Tafel XIV, zu ersehen ist. Dieses im einzelnen nachzuweisen, wäre gewiß von großem Interesse. Dazu wäre aber die Auffaserung des gesamten Plexus nötig, sie allein würde zu einem sicheren Ergebnis führen. Bei der Kleinheit des Objektes war diese -Methode für mich leider nicht durchführbar. Der Plexus lumbo-sacralis von Zacerta ist von GEGENBAUR (1871), HorrmAnn (1876), Mivart and CLARKE (1877) und GAnow (1881) untersucht worden. Die Beschreibung von GApow bezieht sich auch auf die Innervation der Extremitätenmuskeln und ist als die ge- naueste anzusehen. Alle diese Autoren haben auch Lacerta viridis untersucht und ihren Plexus lumbo-sacralis abgebildet. Was bei einer Untersuchung einer größeren Anzahl lumbo-saeraler Plexus besonders auffällt, ist die außerordentliche Mannigfaltigkeit der segmentalen Zusammensetzung und die Verschiedenheit der Beziehungen zum Saerum, weshalb die Beschreibungen und Abbildungen der Autoren voneinander abweichen. Tabelle 4. Das Der Plexus lumbo-sacralis besteht aus den Nerven: Sacrum 34-30 235—80 26-30 26—31 37—31 27-323 besteht : | aus den ER Anzahl! |Anzahl |Anzahl| \Anzahl Anzahl ‚Summe 5 der | 0/, | der | O/g | der | 0/, | der | 0/, | der | 0/, | der | 9% der Wirbeln | Beob. Beob. | Beoh. | Beob. | Beob. Beob. | | Beob. | I 28u.29| ı @23)| 19 413) Dean aA | ir 9u.0 I - -|- Oo - -|1 my| ao mwg| 2 Ba 52 ae — | — 6)... (o)| eo — (-)| 2 (100,0) 2 s I | | SE =; 1 10 19 (19,0)| 24 (24,0) 12 (120)| 40 (40,0)| 4 (4,0) || 100 Ich habe 100 Plexus lumbo-sacrales von Lacerta viridis unter- suchen können. Der Plexus war in etwa zwei Dritteln der Fälle (64 %/,) von 5 Wurzeln, in etwa einem Drittel (35 %,) aller Fälle von i Linkerseits hatte bei diesem Sacrum auch der 29. Wirbel einen gewissen Anteil an der Bildung des Kreuzbeinflügels (vgl. S. 564 Fig. 4). Morpholog, Jahrbuch. 46. 37 Tabelle 5. Das Sacrum |) Die stärksten Plexuswurzeln sind die Nerven: besteht aus | % Konrad Kühne den | © =) -— _— = — SEITEN ZU S | = S SS = DS on | «o Fi Me SE ZI) | g = 1) 38%] | | Dan | — —— [——— o Ferse Ss” = © | | Se} UOTE EN I = a1 | 255 e8 | | son 1 nn | an = | en = o = ES oO SS SO | S = rat Saunen SZ “2° a] ler) =} ar. eQ GER TOIIZR In © SEO Q, = scene le 3 | a — | = 5 | hr Hm er Sm vo au | au eg See Q —_ H = < 2570 za b Es=ma2 3 == Pe | | — < ER Ei Kun | 7 2 2355| a KT a am I — ER ser aM | aaa 15 — 1 oO Re ri = 5 Re 7a | = 2 za HERR _ 1} a AH | 5 © r = . lo = 2 Se is E73 En} I [re je no a © B& re aa m n8 | ra ! Linkerseits hatte bei diesem Sacrum auch der 29. Wirbel einen gewissen Anteil an der Bildung des Kreuzbeinflügels (vgl. S. 564 Fig..4). 6 Wurzeln und nur ganz selten (1°/, aller Fälle) von 7 Wurzeln gebildet. lmal bestand der Ple- xus aus den Nerven 24—50, 19mal aus den Nerven 25 — 530, 24mal aus den Ner- ven 26-30, 12mal aus den Nerven 26—31, 40mal aus den Nerven 27—31 und 4- mal aus den Nerven 27—32. Man sieht, die vordere und die hintere Grenze des Ple- xus lumbo-sacralis verschie- ben sich in der gleichen Richtung, wobei die vordere Grenze sich um 3 Segmente verschieben kann, die hin- tere um 2. Die erste Plexus- wurzel war lmal Nerv 24, 19mal Nerv 25, 36mal Nerv 26 und 44 mal Nerv 27, die letzte Plexuswurzel war 44 mal Nerv 30, 52 mal Nerv 3l und 4mal Nerv 32. Unter den Plexuswur- zeln war meist eine (81°/,) deutlich die stärkste Wurzel, bisweilen (19 /,) zwei, wo- bei diese zwei nebenein- ander lagen. In einem Falle waren sie durch einen dün- neren Nerv getrennt. Die dickste bzw. die dicksten Wurzeln des Plexus lumbo- sacralis waren lmal Nerv 26 und 28, 2mal Nerv 27, 4- mal Nerv 27 und 28, 27 mal Nerv 28, 9mal Nerv 28 und 29, 46mal Nerv 29, 5mal hi Über d. Variat. d. Wirbelsäule u. d. Extremitätenplexus b. Lacerta vir. usw. 573 Nerv 29 und 30 und 6mal Nerv 30. ‚In vorstehender Tabelle 3 ist die Lage dieser stärksten Plexuswurzeln bei der verschiedenen Zu- sammensetzung des Plexus angegeben. Man sieht, daß mit der Ver- schiebung der vorderen und hinteren Grenze des Plexus eine gleich gerichtete Verschiebung der stärksten Plexuswurzeln verbunden ist. Die Beziehungen des Plexus lumbo-sacralis zum Sacrum sind aus Tabelle 4 und 5 zu entnehmen. Tabelle 4 zeigt, welche Nerven sich bei den verschiedenen Lagen des Sacrums an der Bildung des Plexus lumbo-saeralis beteiligen. Mit der Verschiebung des Saerums ist auch eine gleich gerichtete Verschiebung des Plexus verbunden. Tabelle 5 zeigt, welche Nerven bei den verschiedenen Lagen des Sacrums die stärksten Plexuswurzeln bilden. Auch hier findet eine gleichsinnige Verschiebung statt. Wie schon erwähnt, wird der Plexus lumbo-sacralis von 5—7 Wur- zeln gebildet. Auf die verschiedenen Lagen des Sacrums verteilt sich das, wie in vorliegender Tabelle 6 angegeben. Tabelle 6. Das Saerum | Die Anzahl der Wurzeln des Plexus besteht aus, lumbo-sacralis betrug: den | 7 6 5 Wirbeln: | ; | Anzahl ı Anzahl Anzahl | | Summe | der 0/5 | der | 0/9 der | Oo | der I Beob. | | Beob. | | Beob. | || Beob. 8.29 | ı e3 1 wol Beg| 29u.30 | - (9,12 @80| o Meg || 52 | l Bus - | 2 00 - | 2 | T — { Summe der | It = | Beobachtungen | 1 (1,0) | 35 (35,0) | 64 (64,0) | 100 | Die Anzahl der an der Plexusbildung beteiligten Präsacralnerven betrug ganz selten 5 (1°/,), häufig 4 (29 /,) und in der größten Mehr- zahl der Fälle 3 (70 %/,). Die Verteilung auf die verschiedenen Lagen des Sacrums ist aus Tabelle 7 zu ersehen. Postsaerale Nerven, die sich an der Bildung des Plexus lumbo- saeralis beteiligten, gab es fast stets nur einen (96 °/,), ganz selten waren es zwei (4 /,). Zwei postsacrale Plexuswurzeln kommen, wie 1 Siehe Anmerkung auf S. 571. 37* 574 Konrad Kühne aus Tabelle 8 zu ersehen ist, gleich selten vor, mag das Sacrum aus Wirbeln 28 und 29 oder aus Wirbeln 29 und 30 gebildet werden. Die Anzahl der Plexuswurzeln und die Zahl der präsacralen Wurzeln ist dagegen größer, wenn das Saerum mehr proximal liegt. Tabelle 7. Das Sıerum | Anzahl der präsacralen Plexuswurzeln: besteht aus 5 4 3 ai 7 en Anzahl IS iR i | nza | nza | 'ı Anza umme Wirbeln: de | 0% der | O/g* der 00 | der Beob. | Beob. | Beob. | Beob Fersen TERN Es II 8u.29 | 1 @9) | 19 «13 | 26 (56,5) 46 9.0 | - o|10 mm| a2 (os 52 SO BR EB a (100,0) | 2 | en" 1 AL0).|v20 Sana. vo nm 100 Tabelle 8. Das Sacrum | Anzahl der postsacrälen Plexuswurzeln: besteht aus | 1 2 an a hl Anzahl - . || Anza nza Wirbeln: > of Pe Of || Beobacht. | Beobacht. | 28 u. 29 44 (95,7) 2 43) | 29 u. 30 || 50 (96,1) 2 (3,9) 30 u311 | 2 (100,0) =£ —) Se ——— 3 | m = ee 60 | 4 14,0) In den meisten Fällen (62 %/,) war der erste Präsaeralnerv? die einzige stärkste Plexuswurzel, in 10 %/, aller Fälle war er es in Ver- bindung mit dem zwischen den beiden Sacralwirbeln austretenden Nerven (dem Saeralnerven) und in 8%, aller Fälle in Verbindung mit dem zweiten Präsacralnerven. In 14°/, aller Fälle war der Sacralnerv die einzige stärkste Plexuswurzel, in 5°/, aller Fälle war es der 2, Präsacralnerv. Ganz selten (1°/, aller Fälle) waren der ! Siehe Anmerkung auf 8. 571. 2 Die Sacralnerven sind nach dem Vorgange von GADOW rückwärts gezählt. Über d. Variat. d. Wirbelsäule u. d. Extremitätenplexus b. Laceıta vir. usw. 575 dritte und der erste Präsacralnerv die beiden stärksten Wurzeln des Plexus lumbo-sacralis. Tabelle 9 zeigt, daß die Beziehungen der stärksten Plexus- wurzeln zum Sacrum bei den verschiedenen Lagen des Sacrums doch etwas verschieden sind. Ist das Sacrum aus Wirbeln 29 und 30 gebildet, so ist der Sacralnerv nur in 7,7 /, aller Fälle die stärkste Plexuswurzel, ist dagegen das Sacrum aus Wirbeln 28 und 29 ge- bildet, so ist der Sacralnerv weit häufiger (21,7 %/,) die einzige stärkste Plexuswurzel. Der erste Präsacralnerv ist bei allen Lagen des Saerums in der Mehrzahl der Fälle die einzige stärkste Plexuswurzel, doch ist die Häufigkeit des Vorkommens bei der mehr distalen Lage des Saerums wesentlich größer (69,2 %/, gegen 52,2 %,). Tabelle 9. Das Stärkste Plexuswurzeln sind: Sacrum || 3. u.1.Prä- | 2. Präsaeral- | 2. u. 1. Prä- | 1. Präsacral- |1. Präsacral- | Der Sacral- | besteht sacralnerv nerv sacralnerv ‚nerv u.Sacralnerv nerv || | us den | | l en R F erg] Sr i X ‚Anzahl Anzahl) Anzahl Neil |Anzahl| Anzahl) | Summe IrdEIN: || der 0 der 0/g der | Oo der | 0/9 der 0), der Oo | der Beob. Beob. Beob. | Beob. | | Beob. | | Beob. | || Beob. = | n B er ul : | - I Sa. E 3 || 28 u. 29 ie 2 a3)! A (88 | 24 (522): 5 (10,8) 10 .(21,7)|| 46 9u.30| - A 3 Blau |lse Ba 5 Br a mn! ee - 5|= Blanc | Summe der Beobachtg. 5.60) | 8 (80) | (62,0) 10 (10,0)! 14 (14,0) je (= = r | [oR} ID | pa je») oO Der Plexus mit samt seinen peripheren Ästen ist in Tafel XIV, Fig. 4—8 dargestellt. Es sind lauter Fälle gewählt, bei denen das Sacrum aus Wirbeln 28 und 29 bestand, so daß Nerv 29 allemal den Sacralnerv bildete. Er ist allemal mit $ bezeichnet. Der erste zum Plexus gehörige Nerv, mag er nun 26 oder 25 oder, wie in Fig. 8, Nerv 24 sein, gibt allemal noch einen proximalen Ast an die Bauch- muskulatur ab. Der Plexus selbst zerfällt in zwei Teile, einen proximalen Plexus eruralis und einen distalen Plexus ischiadieus. Vom Plexus eruralis geht der Nervus obturatorius ab, der sich nach Durehbohrung des Os pubis zu den Muskeln der Adductorengruppe begibt. Die Verbindung zwischen Plexus ceruralis und Plexus ischiadieus 1 S. Anmerkung auf S. 571. 276 Konrad Kühne bildet meist (wie in Fig. 6, 7 und 8 auf Tafel XIV) der zweite Prä- sacralnerv, indem er sich nach seinem Austritte aus dem Foramen intervertebrale in zwei Äste teilt, von denen der vordere zum Plexus cruralis, der hintere zum Plexus ischiadieus geht. Es ist der von IHErINnG (1878) als Nervus furcalis bezeichnete Stamm, welcher ihm als wichtiges Fundament zum Aufbaue seiner Theorie diente. Bei Untersuchung einer größeren Anzahl von Plexus von Lacerta viridis stellt es sich heraus, daß wir es hier in keinem Falle mit einem konstanten Gebilde zu tun haben. Zunächst kann es auch, wie in Fig. 4 auf Tafel XIV, der erste Präsacralnerv sein, der den Nervus furealis bildet, dann aber kommen auch Fälle vor, wo, wie in Fig. 5 auf Tafel XIV, derersteund zweite Präsacralnerv gegenseitig die Fasern austauschen, so daß keiner von ihnen oder beide als furcales be- zeichnet werden müßten. Das gleiche Verhalten des Nervus furcalis beim Menschen wurde bereits von EısLer (1892) konstatiert. Die Dieke der Verbindungsäste kann sehr verschieden sein. Einmal schiekt der Nervus furcalis die Hauptmasse seiner Fasern zum Plexus ischiadieus und gibt nur ein dünnes Ästchen an den Plexus eruralis ab, ein anderes Mal geht umgekehrt die Hauptmasse zum Plexus eruralis, während der Plexus ischiadieus nur ein feines Fädchen empfängt. Eine Verbindung zwischen beiden Teilen des Plexus lumbo- sacralis war aber stets vorhanden. Zwischen den extremen Ver- bindungsformen kann man die verschiedensten Übergänge finden. Eine Vergrößerung der Zahl der an der Plexusbildung beteiligten Präsacralnerven geschieht meist zugunsten des Plexus cruralis. Die Zahl der Wurzeln des Plexus ischiadieus beträgt meist drei. Auf den Plexus ischiadicus folgt noch ein Nerv, den ich, der Kürze wegen, als Nervus perinei bezeichnen möchte. Er versorgt den Musculus transversus perinei, die After- und Genitalmuskulatur sowie auch die Haut dieser Gegend. Er entstammt entweder den beiden ersten postsacralen Nerven (Fig. 4 Tafel XIV) oder, wie in den meisten Fällen, nur dem ersten postsaeralen Nerven (Fig. 5 Tafel XIV) oder dem Saeralnerven und ersten postsacralen Nerven (Fig. 6 u. 7 Tafel XIV) oder, ganz selten, wie es in Fig. Sauf Tafel XIV scheint, nur dem Sacralnerven. Die Fig. 4—8 Tafel XIV bilden zugleich eine Illustration für die aus den Tabellen 4 und 5 hervorgehende Tatsache, daß eine Ver- schiebung des Plexus lumbo-saeralis bei gleichbleibender Lage des Sacrums vorkommt, die Umbildung des Plexus somit der Umbildung des Sacrums gegenüber eine relative Selbständigkeit besitzt. Bei Über d. Variat. d. Wirbelsäule u. d. Extremitätenplexus b. Lacerta vir. usw. 577 gleichbleibendem Sacrum zeigt Fig. 4 den am weitesten distal, Fig. 8 den am weitesten proximal gelegenen Plexus. Fig.5, 6 und 7 sind Zwischenstufen. In Fig. 4 sind nur drei präsacrale Nerven 26, 27 und 28 an der Bildung des Plexus beteiligt. Nerv 26 geht mit der Hauptmasse seiner Fasern zur Bauchmuskulatur und gibt dem Plexus nur einen Ast von geringer Stärke ab. Die Verbindung zwischen Plexus eru- ralis und ischiadieus wird durch Nerv 28 vermittelt. Nerv 29, der Sacralnerv, ist die Hauptwurzel des Plexus ischiadieus. Nerv 30 teilt sich in zwei Äste. Der vordere Ast verläuft zum Plexus ischia- dieus, der hintere verbindet sich mit dem nächstfolgenden 31. zu einer Schlinge, von welcher der Nervus perinei abgeht. In Fig. 5 ist Nerv 26 stärker und sendet den größten Teil seiner Fasern zum Plexus lumbo-sacralis. Die Verbindung zwischen Plexus eruralis und Plexus ischiadieus ist eine doppelte und wird von Nerv 27 und 28 vermittelt, welch letzterer der diekste Nerv des Plexus ist. Nerv 31 hat, wie auch in den folgenden Fällen, keinen Anteil an der Bildung des Plexus. Der Nervus perinei wird nur aus Fasern des 30. Spinalnerven gebildet. In Fig. 6, 7 und 8 sehen wir ein weiteres Vordringen der vor- deren Plexusgrenze, indem nach fortsehreitender Zunahme der Be- teiligung des 25. Spinalnerven am Plexus lumbo-sacralis auch noch der 24. sich mit letzterem verbindet. Die Rolle eines Verbindungsstammes zwischen Plexus eruralis und ischiadieus übernimmt allemal Nerv 27. Der Nerv 29 ($) verliert allmählich seine Hauptrolle am Plexus ischiadieus und bildet zuerst mit dem Nerv 30 (Fig. 6 u. 7), zuletzt vielleicht allein (Fig. 8), den Stamm des Nervus perinei und be- teiligt sich außerdem noch an der Innervation des Musculus ischio- caudalis. Denken wir uns nun das Sacrum in Fig. 8 um ein Segment nach vorn zu verschoben, so daß Nerv 28 der Sacralnerv wird, so bekommen wir ein Verhalten ungefähr wie in Fig. 5, nur haben Saecrum und Plexus dann eine um 1 niedrigere Ordnungszahl. Dem Plexus ischiadieus kann in einzelnen Fällen ein Plexus pudendus folgen, indem der letzte zum Plexus lumbo-sacralis zu rechnende Nerv, der noch an der Innervation der Muskeln der Hinterseite des Beckens und Oberschenkels teilnimmt, sich mit einem oder zwei nächstfolgenden Nerven verbindet. Diese Nerven können aber auch ihr peripheres Verbreitungsgebiet erreichen, ohne sich vorher zı einem Plexus zu verbinden. 578 Konrad Kühne Einen besonders merkwürdig gebildeten Plexus pudendus fand ich bei einem nicht voll ausgewachsenen Exemplar von ZLacerta viridis (Fig. 7). Der 32. Nerv der rechten Seite, zugleich der dritte Postsacralnerv, gab ein Ästehen zum 33. Spinalnerven, während sich dem 31. Nerven der 32. Nerv deranderen (linken) Seite mit seinem ganzen Bestande an- schloß. Er überkreuzte die Wirbelsäule auf der Ventralseite. Auf der linken Seite De konnte ich keinen Ast von diesem Nerven i konstatieren. Der 31. Nerv der rechten Seite und der 32. Nerv der linken Seite ie versorgten nach ihrer Vereinigung den rechten Musculus ischiocaudalis. Aufder B 7 linken Seite war kein Plexus pudendus I) gebildet. Das gänzliche Fehlen jeglicher 92 Äste des betreffenden Spinalnerven für die MIA linke Seite macht die Annahme, daß es sich hier um einen Teil des Nerven der rechten Seite handelt, der aber den Wirbel- kanal auf der linken verläßt, unwahr- Spinalnerv 29—33 bei einem jugend- Scheinlich. ee er Wir haben im obigen gesehen, daß das Skelet an der Cervico-thoracal-Grenze keine Variationen zeigte, während sowohl die Extremitätenplexus als auch das distale Ende des Thorax und das Sacrum nicht un- bedeutende Variationen aufwiesen. Auf die gleichsinnige Verschie- bung des Saerums mit dem Plexus lumbo-sacralis und der hinteren Thoraxgrenze habe ich bereits oben hingewiesen (vgl. Tabelle 4 u. 1). Um nun nachzuweisen, ob irgendwelche Wechselbeziehungen zwischen den Variationen des Plexus brachialis einerseits und des Plexus lumbo- sacralis, des Sacrum und der Lage der letzten langen Rippe ander- seits bestehen, habe ich die Befunde in den Tabellen 10, 11 und 12 nach diesem Gesiehtspunkt hin zusammengestellt. Ich will es nicht verkennen, daß das mir zur Verfügung stehende Material für diesen Zweck nicht allzu reichlich ist, aber es genügt doch, um uns einen Einblick in diese Beziehungen zu geben. Aus Tabelle 10 ersehen wir, daß, wenn der Plexus brachialis aus den Nerven 5—9 besteht, also seine proximalste Lage hat, der Plexus lumbo-saeralis Imal (5 %,) aus Nerven 24—80 gebildet ist ! Über d. Variat. d. Wirbelsäule u. d. Extremitätenplexus b. Lacerta vir. usw. 579 ä i "729.8 me Sunyıuuy 'S ı e | ge | Wen up || "wAnnyiomaose BEE IEMDENE MER ARERN 01. 13: PORRRER IRLEEN Rat. me, Sen, — ee I ee en a (lea ze Won ENGEL Bee 2 01-9 2 | | u: ee | de | 6-9 je Wr 9» Ener eo 9 a U I I; “NO one GE 6-9 Fey BTZEeEEG Te Z = log 2. »rloegle er 674 "q09gl M | "qoagl N ‘qoog y | "aooa re ie} ee Be FE I ı9p 0 | op ) op 0 ap | 0 dr | “a0 [MR 2 omung | Igezuy Iqezuy Iqezuy |) ONE NUDE FON | %/o in %/o ke Un) | Ken "UDATON UOA nl — —— U || HHPITg02 Isı Er je mean 5 En ae any) GopTrgastgeT 86 6 Te | sıpergor.ig E73 3IENOE 08167 gang SI[LINOR.IA :PqALM op 911Qy93 ddr 9Sur] 94290] 911 || SNXOIg 0A "up9qdıM Sn® 449948994 MARS Sec SNXOLT 9A Deo FIEDENTAEEER IISTE I E I ENG ‘se 2II9q®L "IT S[[oqeL or Ion 7 Von or | (en ar [or 7 on FH lEon r Ds | ce | a | Ke 2 m ı IE Em id —- | .or-9 1, BB Br \alteo)> we: Non) q EIE T ST. | Hz] Se ah me 69 08 ea EL ES N EN en 64 “äpgowgqoag | "qoag "q00q "100g | ne ‘qoog r i ‘qoag Bo toben . . ap %o | aop 70 20p %o op | 9% aop 0% 10p %o a0p Al euung Iuezuy Iyezuy Iqezuy Iyezuy Iyezuy mezuy |) 2 gu er ir — — || g9p[1g93 ys1 68786 18728 1893 08798 08765 0878 SITBIqOR.LA :U9AION UOP SME 2194894 SITEIOBS-OqLUNT SUXOLT OL SNXOIT OCT a re 580 Konrad Kihne und somit seine proximalste Lage hat. Ein aus Nerven 25—30 ge- bildeter, somit gleichfalls proximal gelegener Plexus lumbo-saeralis ist besonders häufig (45 %/,). Die weiter distale Lage des Plexus (Nerv 27—31) kommt mit 5°, nur selten vor, während die aller- distalste Lage (Nerv 27—32) ganz fehlt. Bei den mehr distalen Lagen des Plexus brachialis (Nerv 6—9 und Nerv 6—10) wurde die allerproximalste Lage des Plexus lumbo-sacralis (Nerv 24—30) gar nicht beobachtet, die nächstfolgende (Nerv 25—30) relativ selten (12,6 %/, und 11,1 /,). Die distalen Lagen des Plexus lumbo-sacralis waren dagegen häufig. Besteht der Plexus brachialis aus dem 6.—9. Spinalnerven, so war in 52,1 /, aller Fälle der Plexus lumbo- sacralis aus Nerven 27—31 zusammengesetzt und in 2,9°/, aller Fälle fand sich die allerdistalste Lage des Plexus lumbo-sacralis (Nerv 27—32). War der Plexus brachialis aus Nerven 6—10 zusammen- gesetzt, so fand sich diese distalste Lage des Plexus lumbo-sacralis schon relativ häufig (22,2 %/,).. Es ist somit aus dieser Tabelle klar zu ersehen, daß der Plexus brachialis und der Plexus lumbo-saeralis die Tendenz haben, sich in der gleichen Richtung zu verschieben. Aus Tabelle 11 ist zu ersehen, daß, wenn der Plexus brachialis aus Nerv 5—9 besteht, das Sacrum in zwei Dritteln aller Fälle (65 %/,) aus Wirbeln 28 und 29 gebildet wird. Bei der proximalen Lage des Plexus brachialis ist somit die proximale Lage des Sacrum besonders häufig. Ist dagegen der Plexus brachialis aus Nerv 6—9 oder Nerv 6—10 gebildet,! so ist die proximalste Lage des Sacrum mit 40 °/, bzw. 44,4 %/, weniger häufig, während die distale Lage des Saecrum (Wirbel 29 und 30) häufiger wird und die Zusammen- setzung des Sacrum aus Wirbel 30 und 31 in die Erscheinung tritt. Die gleichsinnige Verschiebung des Plexus brachialis und des Saerum ist somit deutlich. Tabelle 12 zeigt die Beziehungen zwischen der Zusammensetzung des Plexus brachialis und der Lage der letzten langen Rippe mit voller Deutliehkeit. Je weiter der Plexus nach hinten liegt, um so häufiger liegt auch die letzte lange Rippe mehr nach hinten. Somit besteht eine gewisse Wecehselbeziehung zwischen den Va- riationen der brachialen und lumbo-sacralen Extremitätenplexus, des Sacrum und des hinteren Thoraxendes, indem alle diese Gebilde die Tendenz haben, in einer gleichen Richtung !zu variieren. Ist die vordere oder hintere Grenze des Plexus brachialis dem Kopfe näher, so liegen auch die hintere Thoraxgrenze, die Grenzen des Plexus lumbo-saeralis und das Saerum besonders häufig dem Kopfe näher. Über d. Variat. d. Wirbelsäule u. d. Extremitätenplexus b. Lacerta vir. usw. 581 Sind die Grenzen des Plexus brachialis dem Kopfe ferner, so liegen auch jene anderen Grenzen besonders häufig dem Kopfe ferner. Lacerta agilis. Von Lacerta agilis konnte ich leider nur 15 Exemplare unter- suchen. Der vordere Teil der Wirbelsäule hatte dasselbe Verhalten, wie bei ZLacerta viridis beschrieben, und zeigte keine Variationen. Die letzte lange Rippe gehörte bei 2 Exemplaren Wirbel 20 an, bei 6 Exemplaren Wirbel 21, bei 4 Exemplaren Wirbel 22 und bei 3 Exemplaren dem Wirbel 23. Das Saerum variiert sehr stark. Es besteht in der Regel aus zwei Wirbeln. In den Fig. 8—13 sind die verschiedenen Kreuzbeine, die “ Ventrale Ansicht der Wirbel 26—31 bei sechs verschiedenen Exemplaren von Lacerta agilis. ich bei Zacerta agelis gefunden habe, dargestellt. 2mal bestand es aus Wirbeln 26 und 27 (Fig. 8), Imal (Fig. 9) wurde der Kreuzbein- flügel links von den Querfortsätzen der Wirbel 26 und 27 gebildet, rechts von den Querfortsätzen der Wirbel 26, 27 und 28, wobei die rechten Querfortsätze der Wirbel 26 und 28 relativ schlank waren. Der linke Querfortsatz vom Wirbel 28 verhielt sich wie die Quer- fortsätze der Caudalwirbel. Amal bestand das Sacrum aus Wirbel 27 und 28 (Fig. 10), 3mal aus Wirbel 28 und 29 (Fig. 11), 3mal aus Wirbel 29 und 30 (Fig. 12) und 2mal aus Wirbel 30 und 31. Zwischen dem letzten langen Rippenpaar und dem 1. Sacral- wirbel liegen selten 4, meist 5, häufig auch 6 Wirbel mit kurzen beweglichen Rippen. Tabelle 13 gibt über die Lage der letzten langen Rippe bei den verschiedenen Lagen des Sacrum Auskunft. Man sieht, wie sich die hintere Thoraxgrenze und das Sacrum in gleicher Weise verschieben. Der Plexus brachialis bestand 5Dmal aus den Nerven 5—9, 1Omal aus den Nerven 6—9 und 15mal aus den Nerven 6—10. Die stärksten Plexuswurzeln waren 3mal Nerv 7 und 8, l1mal 582 Konrad Kühne Nerv 8, 7mal Nerv 8 und 9 und 9mal Nerv 9. Tabelle 14 gibt eine Übersicht, wie mit der Verschiebung der Plexusgrenzen auch die Lage der stärksten Plexuswurzeln sich gleichsinnig verschiebt. Tabelle 13. Letzte Erster Saeralwirbel ist Wirbel: lange 26 27 28 29 30 Rippe | | cehört | Anzahl ı Anzahl | Anzahl Anzahl Anzahl ‚Summe > ; der 0% | der | 0/0 der 0/g der 0) | der 0% der Wirbel: || Beob. Beob. Beob. Beob. | Beob | 20 4 us 2 (33,3) 21 2 20,0) | 6 (60,0) | a 1 ee Summe der Beobachtg. Tabelle 14. Plexus bra- | Die stärksten Plexuswurzeln sind die Nerven: ehialis | 70.8 8 8su9 9 gebildet von (wer u —— 7 — ——— 2 u : r T || Anza Anzahl Anzahl nzahl umme Nerven: || der 0% der | 0% ‘ der 0) der 0/y der Beob. | ı Beob. | Beob. | Beob. | Beobachtg. 5-9 1 (20,0) | 4 &0' — -JI—- CO | 5 6-9 2 (20,0) 6 (60,0) | = —) 2 (20,0) 10 6-10 ur 1 4691-7 (en. 27 ad 15 D 2 a M a Summe der ı T { | AVB } Bönbächiniäben 16 » D.arlON) 11 86m | 7 (@83)| 9 ‚(@0,000280 Der Plexus lumbo-saeralis wurde 3mal aus den Nerven 23—28, 2mal aus den Nerven 24—28, 7mal aus den Nerven 24—29, 4mal aus den Nerven 25—30, 2mal aus den Nerven 25—31, 2mal aus den Nerven 26—30, 6mal aus den Nerven 26—31 und 4mal aus den Nerven 26—32 gebildet. Die stärksten Wurzeln des Plexus lumbosaeralis waren 1mal Nerv 25, 1mal Nerv 25 und 26, 2mal Nerv 26, 5mal Nerv 26 und 27, 5mal Nerv 27, 2mal Nerv 28, 6mal Nerv 28 und 29, 4mal Nery 29, 2mal Nerv 29 und 30 und 2mal Nerv 30. Über d. Variat. d. Wirbelsäule u. d. Extremitätenplexus b. Lacerta vir. usw. 583 Der Plexus lumbo-sacralis wird aus 5—7 Wurzeln gebildet, wobei die vordere und die hintere Grenze des Plexus je um 4 Seg- mente variieren. - Hieraus ist schon ersichtlich, daß auch die Lage der stärksten Plexuswurzeln gleichsinnig mit dem gesamten Plexus sich verschieben muß. Tabelle 15 gibt über die Beziehung des Plexus lumbo-sacralis zum Sacrum Auskunft. Man sieht, der Plexus verschiebt sich im engen Anschluß an das Sacrum. Tabelle 15. T;| Das Sacrum | Der Plexus lumbo-sacralis besteht aus den Nerven: besteht aus den | 33 _28 2428 24—29 25-30 25-31 26-30 26—31 26—32 Wirbeln: | — ee Ä Re Anzahl ; Anzahl | Anzahl | Anzahl | Anzahl | Anzahl | Anzahl | Anzahl Summe der | der der der der | der der dere || der Beob. | Beob. Beob. Beob. Beob. | Beob. Beob. | Beob. || Beob. | | gr 26 u. 27 3 2 — - || - — _ 5 26,278 | — — 1 _ _— | u 27 u. 28 Ze 6 a ee ee 28 u. 29 = =: = 2 a 8 ee 29 u. 30 — — — _ —_— | Bu NG 30 u. 31 es = = = ER 4 4 [sun d.Beob. 3 2 7 4 2 | 2 | 6 4117230 | Tabelle 16. Die erste || Die erste Wurzel des Plexus lumbo-sacralis ist Nerv: Wurzel des 33 94 35 ..26 me Anzahl Anzahl Anzahl Anzahl An . . . nZza nza nza nza umme ehialis ist der 0 der | 0/o der | 0/, der 0/o | der Nerv: | Beob. | Beob. | | Beob. | Beob. | Beobachtg. = Gegen De ae 6 | 3 m0| 6 a0|l a sol 2 Ol 3 Summe d | | | ee. 3.-(100) | 9 (800) | 6 (200) | 12 «400)| 30 | Die Beziehungen vom Plexus brachialis zum Plexus lumbo- sacralis sind aus den Tabellen 16—19 zu ersehen. Tabelle 16 zeigt, daß in den 5 Fällen, in denen der Plexus brachialis mit dem 584 Konrad Kühne 5. Spinalnerven begann, der Plexus lumbosacralis mit Nerv 24 oder Nerv 25 beginnt. Unter den 25 Fällen, in denen der Plexus bra- chialis erst mit dem 6. Spinalnerven beginnt, begann der Plexus lumbo-saeralis zwar 3mal (12 %/,) mehr proximal mit dem Nerven 23, in fast der Hälfte aller Fälle (12mal = 48 /,) aber weiter hinten mit Nerv 26. Liegt die vordere Grenze des Plexus brachialis mehr distal, so liegt demnach auch die vordere Grenze des Plexus lumbo- saeralis besonders häufig weit distal. Tabelle 17 zeigt, daß, wenn die vordere Grenze des Plexus brachialis nach hinten rückt, die hintere Grenze des Plexus lumbo- sacralis auch nach hinten rückt. Tabelle 17. Die erste Die letzte Wurzel des Plexus lumbo-sacralis ist Nerv: Wurzel des 38 39 30 31 32 ee Ina zahl Ansahl Bei) 8 eruslde Anzahl | Anza ‚ Anzahl | nza ı Anza umme chialis a 0, der | 0/9 | der 0) der 0/g | der 0), der Nerv: Beob. Beob. | | Beob. | | Beob. | Beob. Beob. 5 2 (40,0) 1 200) 2 (40,0) e= (—) _ (—) 5 6 3 (12,0) 6 (24,0) 3 (12,0) 9 (86,0) 4 (16,0) | 25 | ae | Be dam 7 ar. ana: aan | 4 (13,3) || 30 | Tabelle 18. Die letzte Die erste Wurzel des Plexus lumbo-sacralis ist Nerv: “ Wurzel des | 23 24 25 26 er T Anzanı | Anzahl Summ Br Anzah nza nza nza umme chialis ist der | 0/ | der | 0) der | og der | 0) der Nerv: | Beob, | Beob. | Beob. | Beob. | Beobachtg. m — —— m —— | | 5) 2 (13,3, |'.77 2466) 3 (20,0 | 3 (20,0) 15 10 ı 69! 2 aaa| 3 200 | 9 «600, 16 Summe der , Fe | Beobachtungen 32100) | 3) (30,0) | 6 (20,0) | 12 (40,0) 30 | Tabelle 18 zeigt, daß wenn die hintere Grenze des Plexus bra- ehialis nach hinten rückt, auch die vordere Grenze des Plexus lumbo- sacralis nach hinten rückt. Sowohl wenn Nerv 9 als auch Nerv 10 die letzte Wurzel zum Plexus brachialis abgab, wurde die erste Wurzel des Über d. Variat. d. Wirbelsäule u. d. Extremitätenplexus b. Lacerta vir. usw. 585 Plexus lumbo-sacralis von Nerv 23, 24, 25 oder 26 gebildet, aber bei einer mehr distal gelegenen hinteren Grenze des Plexus bra- chialis wird doch die mehr distale Lage der vorderen Grenze des Plexus lumbo-sacralis wesentlich häufiger. Tabelle 19 zeigt, daß wenn die hintere Grenze des Plexus bra- chialis nach hinten rückt, auch die hintere Grenze des Plexus lumbo- sacralis besonders häufig mehr distal gelegen ist. Tabellen (16—19) geht somit hervor, daß bei Lacerta agilis die beiden Extremitätenplexus die Tendenz haben, sich in der gleichen Rich- tung zu verschieben. Die letzte Wurzel des. Plexus bra- | chialis ist Nerv: 10 Tabelle 19. Die letzte Wurzel des Plexus lumbo-sacralis ist Nerv: Aus allen vier Beobachtg. Summe der | Tabelle 20. 28 29 30 1 5% Anzahl Ban Anzahl | Anzahl | Anzahl | Summe || der 0/g der 0/9 der | 0/ der 0, | der 0/0 der || Beob. Beob. Beob. | \ Beob. | | Beob. | | Beob. 4 (26,7) 5 (33,3) 2 ar) 4 (26,7) | — —) 15 1 (6,6) 2 (13,3) 3 (20,0) | 00 :(83:3) | 4 (26,7) | 15 1 | | = 5 (16,7) 7 (23,3) 5 1691 3) (30,0) | A 13,3) \ 30 Der Plexus Erster Sacralwirbel ist Wirbel: brachialis 26 27 28 29 30 gebildet T | | z I _ von Anzahl | Anzahl | Anzahl | ı Anzahl Anzahl || Summe der 0/9 | der 0), | der | 0% der 0% der 0%, | der Nerven: || Beot. | Beob. Beob. | Beob. | Beob | Beob | | 5-9 2 00) 3 wol - I - o)|I|—- .0|5 6-9 200% 3: (300) |°.1.2.4005: | 3:,-.800):) — E10 6-10 ed. 2. 5 x | 3 (20,0) | 4 (26,7) | 18 | | z s a | | meeng, | 6 200 | 8 2671| 6 1200| 6 200) 4 (33) | 30 Tabelle 20 zeigt die Beziehungen zwischen der Lage des Plexus brachialis und des Sacrum. Liegt der Plexus mehr proximal (Nerv 5—9), so wurden nur Wirbel 26 und 27 in der Stellung eines 1. Sacral- wirbels beobachtet. Ist dagegen der Plexus brachialis distal gelegen 586 Konrad Kühne (Nerv 6—10), so kommen zwar proximale Lagen des Sacrum vor, aber verhältnismäßig selten, während die distalen Lagen des Sacrum relativ häufig sind. Aus Tabelle 21 sind die Beziehungen zwischen der Lage des Plexus brachialis und der Lage der letzten langen Dorsalrippe zu ersehen. Tabelle 21. Plexus bra- | Letzte lange Dorsalrippe gehört Wirbel: ehialis | 20 21 22 23 gebildet von | ’ = En 3 kr | Anzahl | Anzahl | Anzahl | , Anzahl Summe Seen, | der 0), der Oo | der | 0% | der 0% | der | Beob. Beot. | | Beob. | Beob. | Beobachtg. 5-9...1° 2.6071 "8 6004 = ey Fe 6—9 71.2 710:0) 577500 3 (30,0) 1 dom 10 6—10 1 (6,7) 4.7."(26,7 5 (33,3) 5°". (3:3) 15 ———— | — mn - Sum d | en 4 (13,3) | 12 (40,0 | 38 26,7) | 6 (20,0) 30 | Je weiter der Plexus brachialis nach hinten rückt, um so häu- figer gehört auch die letzte lange Dorsalrippe einem weiter nach hinten gelegenen Segmente an. An beiden untersuchten Formen von ZLacerta ließ sich somit übereinstimmend feststellen, daß sowohl der Plexus brachialis als auch der Plexus lumbo-sacralis, die hintere Grenze des Thorax und das Sacrum die Tendenz haben, in der gleichen Richtung zu variieren. Die Grenze zwischen Hals und Thorax ist sehr konstant, hier wurden bei dem relativ kleinen Material gar keine Variationen ge- funden. Welehe Bedeutung ist nun den Variationen der Extremitäten- plexus beizumessen? Eine ältere Auffassung sah die Ursache dieser Variationen außerhalb des Plexus liegen und suchte dafür Verände- rungen in der Spinalachse verantwortlich zu machen. Diese An- sicht ist zuerst von FÜRBRINGER ausgesprochen und vier Jahre später von IHERING zu einer festumgrenzten Theorie formuliert worden. Beim Vergleich der sonst sehr ähnlichen Plexus brachiales der Uro- delen und Chelonier, welche nur eine Differenz in der Lage um vier Segmente zeigten, sagt FÜRBRINGER (1874, S. 230): »Die Differenz liegt also lediglich in der verschiedenen Anzahl der vor dem Plexus brachialis liegenden, mit ihm also in gar keiner Beziehung stehenden Über d. Variat. d. Wirbelsäule u. d. Extremitätenplexus b. Lacerta vir. usw. 587 Cervicalnerven, bei den Amphibien beträgt diese 1, bei. den Che- loniern 5; demnach sind bei den Cheloniern vier vordere Halsnerven mehr eingeschaltet.«c Diese Ansicht, deren Schwierigkeiten FÜr- BRINGER schon damals nicht verkannte (S. 230, Anm. 2), wurde von ihm bald aufgegeben. 1878 erschien eine umfangreiche Arbeit von IHERING als Ergebnis von Untersuchungen einer größeren Anzahl brachialer und lumbo-sacraler Plexus verschiedener Wirbeltiere (Am- phibien, Reptilien, Vögel und Säuger) und der zugehörigen Wirbel- säulen. IHERING vertritt die Homologie der am Plexus beteiligten Nerven und versucht die Verschiedenheiten in der Ordnungszahl der Nerven durch Ausschaltung und Einschaltung von Segmenten (Ex- ealation und Intercalation) zu erklären, eine Ansicht, die jetzt sicher als veraltet gelten kann, da sie den bekannt gewordenen Tatsachen nicht entspricht. Eine ausführliche Kritik der Iuerıs@schen Theorie hat FÜRBRINGER schon 1879 gegeben, wobei er sich auch auf die Unter- suchungen E. ROSENBERGS stützt. E. ROSENBERG veröffentlichte 1875 seine Untersuchungen über die Entwicklung der menschlichen Wirbelsäule. Nach ihm wandern die Extremitäten in einer bestimmten Richtung, und zwar die Hinter- - extremität des Menschen eranialwärts. Ontogenetische Befunde an ‚menschlichen Embryonen sprechen hierfür und Zustände bei niederen Primaten stützen diese Auffassung. Der Plexus sacralis wandert mit der Extremität, so daß seine Wurzeln eine gleiche Beziehung zu den Sacralwirbeln beibehalten. Dieses übereinstimmende Ver- halten zwischen Nerven und Sacralwirbeln könnte auf den ersten Blick als eine Stütze für die von IHERING aufgestellte Ein- und Aus- schaltungstheorie erscheinen, da es aber »nach den Beobachtungen über die Entwicklung der menschlichen Wirbelsäule nicht dem ge- ringsten Zweifel unterliegen kann, daß vom Zeitpunkt, wo die Sacrum- bildung sich einleitet, die Elimination eines Wirbels nicht statthat« (S. 150), so ist hierfür eine andere Erklärung zu suchen. Als einzige Möglichkeit kann nach ROSENBERG nur die Annahme zugelassen werden, »daß die Ähnlichkeit in der Anordnung der Nerven in se- kundärer Weise, und zwar dadurch zustande gekommen ist, daß Hand in Hand mit der Umformung der Wirbelsäule auch eine Um- formung des Plexus stattgehabt hat, und zwar in dem Sinne, daß in die Zusammensetzung der genannten Plexus sukzessive weiter pro- ximalwärts gelegene Spinalnerven eingehen und damit auch die aus dem Plexus austretenden, peripheren Nerven auf weiter proximal- wärts gelegene Spinalnerven übertragen werden. Morpholog. Jahrbuch. 46, 38 583 Konrad Kühne In demselben Jahre erschien noch eine Arbeit von SOLGER (1875), in weleher die Homologie der Wirbel gleicher Ordnungszahlen bis 22 inklusive bei Choloepus und Bradypus behauptet und nach- gewiesen wurde. Gegen die Theorie von ROSENBERG wandte sich in drei kurzen Mitteilungen WELRER (1878 und 1881), der eine eigene Auffassung vertrat. Nach ihm entspricht der Hauptwirbel des Kreuzbeines des einen Tieres, oder wie er ihn noch nennt, der »Stützwirbel«, dem Stützwirbel des zweiten, möge die Ordnungszahl dieser Wirbel noch so verschieden sein. Die Halswirbel des einen Tieres, hier 5, dort 7, ja 11, entsprechen den Halswirbeln des anderen Tieres. Die Wirbel- säule des einen Tieres entspricht der » Wirbelsäule, nicht etwa zwei Dritteln oder drei Vierteln der Wirbelsäule eines anderen Tieres. Je nach den verschiedenen Leistungen des bestimmten Tieres gliedert sich der dem Brust- oder dem Lendenabschnitte zufallende Teil des Keimes hier reichlicher, dort weniger reichlich; aber die Wirbel sind einander den Regionen nach, nicht den Nummern nach homolog.« Diese Theorie WELKERS ist unhaltbar, denn der Stützwirbel ist kein fester Punkt, was schon vielfach dargelegt worden ist (z. B. für Triton taeniatus von ApoLruı, 1898, S. 552 und 553). Sowohl bei Lacerta viridis als auch bei Lacerta agelis konnte in je einem Falle die Umbildung des Sacrums direkt beobachtet werden (Fig. 4 und 9). Eine Verschiebung der hinteren Extremität längs der Spinal- achse konnte als konstatiert gelten. Damit war auch eine neue Grundlage für die Erklärung der Verschiedenheiten des Extremi- tätenplexus geschaffen. Den Ausbau des Gedankens der Umbildung von Plexus lumbo-sacralis und Saerum und seine Übertragung auch auf die vordere Extremität und deren Plexus haben wir in erster Linie FÜRBRINGER zu verdanken. Die Richtung, in der die hintere Extremität bei den Reptilien wandert, ist gewiß nicht für alle Vertreter dieser Klasse die gleiche. Für die Schlangen ist eine Rückwärtswanderung der rudimentären Hinterextremität oder zum mindesten des Plexus, der die verschwun- dene Extremität einst versorgte, ganz evident. Der gleiche Vorgang hat sich bei den fußlosen Eidechsen abgespielt, so bei Scincus varie- gabus mit etwa 401 und Angwis fragilis wit mehr als 60 Hals- und tumpfwirbeln. ! Diese und die folgenden Zahlenangaben sind den Arbeiten von IHERING (1878), GApow (1881) und SıEeBENRocK (1893 und 1894) entnommen. RL Über d. Variat. d. Wirbelsäule u. d. Extremitätenplexus b. Lacerta vir. usw. 589 Bei den Schildkröten wiederum ist die Gestalt kurz und ge- drungen, und das Sacrum besteht aus den Wirbeln 19—21 (Testudo graeca) oder gar 17 und 18 (Emys europaea, zweites Exemplar bei Inerıng, 1878, S. 114). Hier hat ein Verkürzungsprozeß stattge- funden und die Hinterextremitäten sind proximalwärts gewandert. Auch bei den Chamaeleonten hat der gleiche Vorgang stattge- funden, bei Chamaeleon vulgaris wird das Saecrum von Wirbel 23 und 24 gebildet, bei Chamaeleon verrucosus von Wirbel 20 und 21 oder gar 19 und 20. Die älteste Lage des Reptiliensacrums genau anzugeben, ist natürlich unmöglich, es muß aber doch zwischen Wirbel 20 (Cha- maeleon) und Wirbel 40 (Scincus) gelegen haben, und es ist vielleicht nicht ganz verfehlt, zu vermuten, etwa Wirbel 30 und 31 seien die beiden ältesten Sacralwirbel gewesen, denn an dieser Stelle findet sich das Sacrum noch heute bei manchen unserer Eidechsen, die abgesehen von Sphenodon die primitivste Form der lebenden Rep- tilien zeigen!, Demnach würde die Hinterextremität von Lacerta viridis und agiis nach dem Kopfe zu wandern. Die Vorderextremität befindet sich bei den untersuchten Ei- deehsen gewiß nicht in lebhafter Wanderung: der Plexus variiert nur wenig und die hals-Thoraxgrenze, an die die Vorderextremität ge- bunden ist, erwies sich am untersuchten Material als konstant. BuessiG (1885) hat gezeigt, daß bei Lacerta vivipara embryonal am Wirbel 3 eine freie Rippe angelegt wird, die dann reduziert wird und ihre Selbständigkeit verliert. Es wird also an Rippen mehr angelegt als ausgebildet und die hier beobachtete Reduktion ist eine Teilerscheinung der Halsbildung. Wegen der Halsbildung ist als Richtung der Armwanderung die distale anzunehmen. Es findet also ein Entgegenwandern der Extremitäten statt bei 1 Bei Sphenodon liegt das Saerum mehr proximal. Im IV. Bande der 4. Auf- lage von BREHMs Tierleben, neubearbeitet von Prof. WERNER (1912), ist auf S. 359 das Skelet von Hatteria (Sphenodon punetatus) abgebildet. Die Wirbel- säule besitzt der Beschreibung nach 25 präsacrale, 2 sacrale und 30 postsacrale Wirbel. Die gleiche Zahl der präsacralen und sacralen Wirbel wird für Hatteria auch von GÜNTHER (1867, S. 604) angegeben. Zwei Sacralwirbel geben auch GApow (1881) und Frers (1909, S. 77) für Sphenodon an. Bei Palaeohatteria aus dem Rotliegenden des Plauenschen Grundes waren nach CREDNER (1888, S. 491) wahrscheinlich 25 bis 27 Präsacralwirbel vorhanden bei wahrscheinlich 3, viel- leicht 4 Sacralwirbeln. 38* 590 Konrad Kühne gleichsinniger Abweichung der individuellen Variationen von der Mittellage. Das ist nur erklärlich, wenn wir die individuellen Variationen als Oseillationen um eine sich langsam verschiebende oder nahezu konstant bleibende Gleiehgewichtslage auffassen, wie das ADOLPHI (1905, S. 80—81) für den Menschen dargelegt hat. Zum Schluß sei mir gestattet, Herrn Professor Dr. H. ApoLPHI für das besondere Interesse, das er an meiner Arbeit genommen hat, meinen herzlichsten Dank auszusprechen. Verzeiehnis der zitierten Literatur. 1853. Hyrtr, J. Über normale Querteilung der Saurierwirbel. Sitzungsberichte der Mathemat.-naturwiss. Klasse der Kais. Akademie der Wissensch. Bd.X. S. 185--12. 2 1867. GÜNTHER, A., Contribution to the Anatomy of Hatteria. (Rhynchocephalus Owen) Phil. 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Ventralansicht. 3. br.linf. N. brachialis longus inf.; br.l.sup. N. brachialis longus sup.; dsc. N. dorsalis scapulae; ze. N. intercostalis. Rm.pect. Rami peetorales; spse. N. suprascapularis; spre. N. supracoracoideus. Fig. 3. Plexus brachialis von Lacerta viridis. Rechter Plexus. Ventralansicht. 3). Übrigens wie in Fig. 2. Fig. 4—8. Fünf verschiedene Plexus lumbo-sacrales von Lacerta viridis bei gleicher Zusammensetzung des Sacrums aus Wirbel 28 und 29. Mit $ ist allemal der zwischen den beiden Sacralwirbeln heraustretende Sacral- nerv bezeichnet. Ob. Nervus obturatorius; Cr. N. eruralis; Is. N. ischia- dieus; Per. N. perinei. Morphologisches Jahrbuch. Bd. NLVI. - Kühne. Verlag von Wilhelm Engel) Tafel XIV. _ n in Leipzig und Berlin. % DATEN FEN „ m. a: e. AR SL P En h fr Pie 2 en ur Die Kopfregion der Amnioten. Morphogenetische Studien. (11. Fortsetzung.) Von Dr. A. Fleischmann, Professor der Zoologie und vergl. Anatomie in Erlangen, Vor drei Jahren habe ich durch meinen tüchtigen Schüler E. PoHLMANN Zweifel gegen die herkömmliche Vorstellung vom Verlaufe des Gaumenschlusses aussprechen und den Versuch einer objektiven . Beschreibung der embryonalen Vorgänge bei der Abschließung der Mundhöhle mächen lassen. Damals war ich mir wohl bewußt, daß die positive Grundlage meiner ketzerischen Gedanken nicht breit genug sei, um jedes Bedenken gegen die neue Lehre niederzuschlagen- Daher habe ich im Sommer 1910 viele Schweineembryonen, welche ich im Laufe der Jahre angesammelt hatte, auf Schnitten untersucht in der Absicht, die kritischen Stadien der Gaumenbildung in größerer Vollständigkeit aufzufinden. Allein meine Hoffnung wurde trotz un- verdrossenen Fleißes nicht erfüllt und ich sah ein, daß die hohe Zahl von Embryonen (es waren mehrere Hundert) keine Garantie gewährt, eine unser Interesse fesselnde Phase sicher zu treffen. So beschloß ich, das zum Entscheid der Streitfrage notwendige Material plan- mäßig zu züchten, um nicht länger mehr von der Laune des Zufalles abhängig zu bleiben, der mir früher ein paar günstige Stadien der Hauskatze in die Hand gespielt hatte. Da unter den gegebenen Verhältnissen nur Kaninchen oder Meerschweinchen in Betracht kommen konnten, wählte ich das Meerschweinchen (Cavia cobaya) als Untersuchungsobjekt, weil der Präparator des hiesigen zoolo- gischen Institutes, Th. Hırrz in der Zucht desselben gut erfahren ist und so die sichere Aussicht bestand, das gewünschte Ziel in kurzer 594 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. Zeit zu erreichen. Mit der Aufgabe, die praktischen Arbeiten durch- zuführen, besonders die notwendige Zahl von Schnittserien und Rekon- struktionsmodellen herzustellen, betraute ich Herrn Zahnarzt BERN- HARD LÖHLE. Ich selbst habe die Fäden der Untersuchung fortwährend in der Hand behalten und im Verein mit meinem fleißigen Schüler die Freude erlebt, daß wir an den planmäßig gewonnenen Embryonen das, was ich früher mehr vorahnend vermutet hatte, mit eigenen Augen schauen durften. F Während wir in voller Arbeit waren, lernte ich die Aufsätze von G. Frers und M. InouvE kennen, welche die von E. POHLMANN aus- gesprochenen Gedanken abgelehnt und sich der alten Lehre von Dursy angeschlossen haben. Damals war indessen unser objektives Material von Präparaten schon so überzeugend, daß die erneute Parteinahme für eine ältere Lehrmeinung mir nicht mehr bedenklich erscheinen konnte. Um reinen Tisch zu machen, habe ich meinen Schüler veranlaßt, den wesentlichen Kern der Vorarbeiten und die Belegbilder derselben übersichtlich darzustellen, sowie den Begriff: »Gaumenfortsatz« von allen Seiten kritisch zu beleuchten, damit dessen weitere Konsequenz: »Verlagerung der Gaumenplatten« in ihrer ganzen Haltlosigkeit aufgedeckt würde. Hoffentlich wird der nach- folgende kritische Bericht meines Schülers und die Beschreibung der von uns sorgfältig durchforschteu Embryonalgeschichte der Mund- höhle dazu beitragen, die falsche Lehre endgültig zu beseitigen! Erlangen, den 1. März 1913. XVII. Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. Von Dr. B. Löhle, prakt. Zahnarzt aus Salem. Mit 39 Figuren im Text und Tafel XV—XV1l. Die Entwicklung des Gaumens fesselt stets von neuem das wis- senschaftliche Interesse, da dem praktischen Arzte 'und Zahnarzte verhältnismäßig häufig Individuen mit Hasenscharte und Wolfsrachen begegnen und die Frage nach den Ursachen der pathologischen Störung wachrufen. Wer in einem solchen Falle rasch unter- richtet sein will, greift nach den verbreiteten Handbüchern. Darin findet er eine feststehende Lehrmeinung vertreten, der er sich ohne Bedenken anschließt, weil sie einleuchtet und auf der Forschung hervorragender Embryologen, besonders von W. Hıs ruht. Die nach- folgenden Thesen fassen die in den Lehrbüchern (1, 10, 11, 14, 16, 21) gespiegelten Ansichten kurz zusammen, um den gegenwärtigen Charakter des Problems zu kennzeichnen: 1. An der Innenfläche der Oberkiefer entstehen die in die weite primitive Mundhöhle vorspringenden »sekundären Gaumenfortsätze« (BonnEtT, HERTWIG, PETER, Minor). 2. Die medial gerichteten Winkel der Oberkieferfortsätze ver- größern sich als plattenförmige, abwärts gegen den Boden der Mund- höhle gerichtete Falten, welehe zwischen der lateralen Oberfläche der Zunge und dem Alveolarteil des Oberkieferfortsatzes liegen (KEIBEL-MALL). > 3. Die freien Kanten der Gaumenfortsätze sind gegen den Boden der Mundhöhle gerichtet (PETER, Minor), weil die Zunge vorerst ein Wachsen nach innen nicht gestattet (PETER). 596 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. 4. Die an der Innenfläche der Oberkieferfortsätze gebildeten Gaumenleisten wachsen zu breiten Gaumenplatten aus (HERTWIG). 5. Die Gaumenfortsätze beginnen an dem vorderen Ende der primitivren Choanen, bezw. dem Ende der Zwischenkieferanlage (Bonner) und reichen bis in den Pharynx hinab (PETER, BONNET). Sie sind vorn niedrig, nehmen aber hinten an Höhe zu (Bonner, PETER). 6. Die Zunge zieht sich später nach unten zurück und die Gaumen- fortsätze biegen sich aufwärts, so daß ihre freien Kanten medial einander entgegenwachsen (KEIBEL-MALL, PETER, Minor). 7. Beide Gaumenplatten sind von Anfang an horizontal (medial- wärts, SCHULTZE) gerichtet und fassen eine Gaumenspalte zwischen sich, durch welehe man die ursprüngliche Decke der Mundhöhle und die schlitzförmigen Choanen erblickt (HERTWIG, SCHULTZE). Im 3. Monat verengt sich die embryonale Gaumenspalte, die freien Ränder der horizontalen Gaumenfortsätze verschmelzen median unter der Nasenscheidewand von vorn nach hinten bis auf den zu den Arcus palatopharyngei werdenden Abschnitt (HERTWIG, SCHULTZE, BONNET). Die freien, ursprünglich unteren Ränder der Gaumenfortsätze wachsen in horizontaler Richtung und verschließen die zeitweise zwischen ihren Kanten bestehende, vorübergehend von der Zunge _ eingenommene sekundäre Gaumenspalte (BoNxEr). 8. Die freien Ränder der Gaumenfortsätze liegen nach der Auf- richtung vorn näher zusammen. Ihre Vereinigung geschieht hier und schreitet nach rückwärts vor (KEIBEL-MALL), es trifft also zuerst ihr vorderer, den Lippen benachbarter Abschnitt und später ihr hin- terer, dem Pharynx zugekehrter Teil zusammen (Mınor); die erste Berührung findet hinter ihrem vorderen Ende statt und die Ver- schmelzung schreitet von da nach beiden Seiten fort (PETER). Vorn berühren die Gaumenplatten einander nicht in ganzer Ausdehnung (PETER). 9. Die Verwachsung beginnt in einiger Entfernung vom Zwischen- kiefer. Von da an setzen sich die Gaumenleisten in zwei vom vordersten Teile des Oberkiefers aus wachsende Platten fort, welche den Zwischenkiefer unterlagern uud sich mit ihm durch Epithelver- lötung vereinigen (Bonner). 10. Nach der Verwachzung kommunizieren die beiden Nasen- höhlen eine Zeitlang oberhalb des sekundären Gaumens (MınoOT, PETER, HERTWiG). 11. Doch bald wächst der zwischen den primitiven Choanen B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 597 liegende Teil der Schädelbasis nach unten und verschmilzt von vorn nach hinten mit dem geschlossenen Gaumen, auch hinter den primi- tiven Choanen den Nasenrachenraum mehr oder weniger paarig ge- staltend (Minor, PETER, ScHULTzE). Dadurch werden die beiden Geruchsorgane völlig voneinander abgeschlossen (PETER). 12. Vorn senkt sich der untere Rand des Stirnfortsatzes (KEIBEL- MArr) oder der vordere Teil des zwischen den primitiven Choanen befindlichen Septums und keilt sich dreieckig zwischen die vorderen Kanten der Gaumenplatten ein, um mit ihnen zu verwachsen (PETER, KEIBEL-MALL, SCHULTZE). 13. Der definitive Gaumen besteht in seinem vorderen (inter- maxillären) Teil aus den verschmolzenen Enden der innern Nasen- und Oberkieferfortsätze, hinten aus einem kleinen Stück Septum und den vom Oberkiefer ausgewachsenen Gaumenleisten (PETER, BONNET). A. Historische Übersicht der Literatur. Die eben kurz zusammengefaßten Ansichten stützen sich haupt- sächlich auf Untersuchungen des Tübinger Anatomen E. Dursy über die »Entwicklungsgeschichte des Kopfes des Menschen und der höheren ‘Wirbeltiere« (1869). Unter diesem Titel veröffentlichte Dursy den ersten grundlegenden Bericht über die Gaumenbildung, aber infolge unzureichenden Materials und der wenig ausgebildeten Technik seiner Zeit gelangte er nicht zu der für die Lösung des Problems erforder- lichen Genauigkeit, verirrte sich in falsche Schlußfolgerungen und führte eine unrichtige Nomenklatur ein, welehe noch heute gebräuch- lich ist. Dursy (2) vertrat folgende Ansicht: Der Gaumen entsteht aus den Gaumenplatten (Fig.19) und diese als abgerundete Längswülste an dem medianen Teil jedes Oberkieferfortsatzes nahe der Schädelbasis. Sie reichen vorn in die Zwischenkiefergegend, hinten längs der Seitenwand des Schlundkopfes bis hinter den Kehlkopf. Die Gaumenplatten wachsen nicht, wie gelehrt wird, horizontal vor, sondern schlagen eine vertikale Richtung ein. Die Zunge füllt den zwischen den Gaumenplatten liegenden Teil der primitiven Mundhöhle völlig aus, sie liegt der Schädelbasis und der Nasen- scheidewand dicht an (Fig. 2). Daher bedingt sie die ursprünglich senkrecht absteigende Richtung der Gaumenplatten und hindert ihre mediane Vereinigung. Später zieht sie sich vom untern Rand der Nasenscheidewand und der Schädel- basis zurück und gestattet den Gaumenplatten, ihre vertikale Richtung in eine horizontale abzuändern. Die freien Enden der aufgerichteten Gaumenplatten wachsen einander bis zur medianen Berührung entgegen uud verschmelzen unter Bildung einer Epithelnaht zum bleibenden Gaumen. Der durch den Gaumen von der eigentlichen Mundhöhle abgeschiedene obere Teil der primitiven Mund- 598 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. höhle vervollständigt die Regio respiratoria der Nasenhöhlen. Er zerfällt in einen vorderen paarigen Abschnitt und in einen hinteren unpaarigen Nasenrachengang. Zum Beweise dafür, daß die Gaumenschließung nur möglich sei, wenn sich die Zunge zurückzieht, führte Dursy einen 3 cm langen Schweinsembryo (Fig.'3) an mit abnormer Schiefstellung der Zunge, welche bloß eine Seitenhälfte von der Nasenscheidewand (s) entfernt habe. Dadurch sei die Gaumenbildung gestört Fig. 1. an Kopf eines menschlichen Embryos aus der S. Woche. Nach KÖöLLIKErR an Äußere Nasenöffnungen; 9 Gaumenplatten; ?n primitive Choanen; mr Mundrachenhöhle. Querschnitt durch den Kopf eines Kaninchenembryos von 15 Tagen. Vergr. 23/1. Nach KörLiker. cl Carti- lago lateralis nasi; co Mundhöhle; h Zungenbein; m Mickeuscher Knorpel; mi Unterkiefer; o Ober- kieferfortsätze; 0) Jacogsonsches Organ; r Riechepithel; s Nasenseptum; sm Glandula submaxillaris. worden, nur eine Gaumenplatte (yh) konnte die horizontale Richtung einschlagen, während die andere (go) ihre ursprüngliche Vertikalstellung beibehielt. Weil die horizontal aufgerichteten Gaumenplatten anfangs nicht breit genug sind, um sich sofort zu verbinden, bleiben sie eine Zeitlang durch die sekundäre Gaumenspalte (Fig. 4) geschieden. Letztere schließt sich von vorn nach hinten mit Ausnahme ihrer beiden Enden; das hintere bleibt offen (Isthmus pharyngonasalis), während das vordere sich in der Schließung verspätet. Die Spalte des harten Gaumens ist am hinteren Ende am breitesten, verschmälert sich nach vorn und erweitert sich in der Zwischenkiefergegend zu einer drei- eckigen, mit der Spitze rückwärts gekehrten Lücke (Zwischenkieferteil der Di B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 599 Gaumenplatte). In diese Lücke schiebt sich das vordere in den Zwischenkiefer übergehende Ende des unteren Randes der Nasenscheidewand, aus welchem der Gaumenteil des Zwischenkiefers, d. h. eine die Mündungen der Stensonschen Gänge tragende Platte hervorgeht, deren vorderer breitester Rand vom Zwischen- kiefer entspringt. Sie scheidet die dreieckige Lücke der Gaumenspalte in zwei nach vorn divergierende Seitenteile, welche rückwärts in den einfachen Teil der Gaumenspalte einmünden. Die Schließung des Gaumens beginnt im hinteren Abschnitte. An Rind- und Schafembryonen fand Dursy den harten Gaumen nebst dem angrenzenden Stück des Gaumensegels bereits geschlossen, aber den Zwischenkieferteil der Gaumenspalte, deren laterale Begrenzung von den getrennten Gaumenplatten, deren Boden vom unteren Rande der Nasen- scheidewand gebildet wird, noch in bedeutender Länge offen. Allmählich schließt Fig. 3. Fig. 4. Nasen- septum Gaumen- spalte Ohr Schnitt- fläche —— Rücken- mark Frontalschnitt des Gesichtes eines 3 cm langen Schweinembryos mit Schiefstellung der Zunge. Nach Duzsy 1869. (Taf. IV, Fig. 14). gh horizontal gestellte Gaumenplatte; gv verti- kal gestellte Gaumenplatte; s Nasenscheidewand; Z Zunge. Gaumendach eines Embryos von Vespertilio murinus. Nach O0. ScHULtzE, sich die Zwischenkieferlücke dadurch, daß die beiden Gaumenplatten sich mit ihren hintern Hälften median verbinden, vorn dagegen einander nicht errei- chen, so daß hier der mediane Abschnitt des die Mündung der Stensonschen Gänge tragenden Gaumenteiles der Zwischenkiefergegend immer frei bleibt und auch einen warzenförmigen Vorsprung erzeugen kann. Die Nasenscheidewand bleibt nicht auf ihrer früheren Höhe. Der von ihr gebildete Anteil des primi- tiven Gaumens steigt herab und verwächst schließlich mit dem bleibenden Gaumen. Erst 11 Jahre später wurde die Frage der Gaumenbildung von neuem erörtert, als L. FRIEDRICH die Embryonensammlung von W. Hıs (12) auf eventuelle pathologische Befunde musterte und beim Anblick des menschlichen Embryos Mr. (22 mm NI, 29 mm Sstl, 8 Wochen alt), der eine Gaumenspalte mit zwischenliegender Zunge besaß (Fig. 5, 6), den Gedanken aussprach, die Spalte könnte mecha- nisch durch Druck der linken Hand auf den Unterkiefer, bezw. Mundboden bedingt sein. Vielleicht erzeuge sich der Embryo durch ungünstige Handhaltung gelegentlich selbst einen Wolfsrachen. 600 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. Daraufhin hat W. Hıs (12) die Gaumenbildung von neuem unter- sucht und ein Plattenmodell des Embryos Mr. hergestellt. Das Be- denken, ob nicht der Embryo Mr. als abnorm aufzufassen sei, ab- lehnend, nahm Hıs an, daß derselbe sich wahrscheinlich in einer Phase physiologischer Umgestaltung befunden habe. Daran knüpfte er folgende Vermutungen über den Mechanismus der Gaumenum- lagerung: Die Gaumenplatten können offenbar nur emporsteigen, wenn die Zunge vorher ausgewichen ist, was durch Senken des Unterkiefers und Bewegungen der Zunge selbst eingeleitet werden könnte. Anders wisse er sich den Vergang kaum vorzustellen. Es sei denkbar, daß die Hebung der Gaumenplatten nicht auf beiden Seiten zugleich erfolge, sondern daß die Zunge erst nach der einen und dann nach der andern Seite Raum schaffe (Fig. 5, 6). K. Fıck (4) pflichtete seinem Chef bei: Fig. 5. Querschnitte durch die Mundhöhle des Embryos Mr. Nach Hıs. Vergr. 5/ı. Fig. 5 zeigt die schräg gestellte Zungenspitze (2), rechts ist Tiefstand (gv), links Hochstand (gAR) der Gaumenplatten. Der Unterkiefer hat links einen flachen Eindruck, in den der Daumen (D) der linken Hand einpaßt. Fig. 6 zeigt gleichfalls den asymmetrischen Stand der Gaumenplatten und die einseitige Hebung des Zungenrandes, Man habe mit Hıs anzunehmen, daß die Zunge sich einseitig, d. h. beim Embryo Mr. links unter die Gaumenplatte zurückgezogen habe. Zufällig habe sich aber die linke Hand an den Unterkiefer bezw. Mundhöhlenboden angestemmt und die Zurückziehung der Zunge unter die rechte Gaumenplatte verhindert; denn dafir müsse die Zunge nach links Freiheit haben. Aber der Raum im linken Mundnasenraum sei offenbar durch das Andrängen der unterliegenden Hand beschränkt gewesen. Fıck glaubte sogar, daß der Druck durch das Händchen intra vitam intensiver war, als man nach dem fixierten Präparat Mr. annehmen möchte. Der Einwand, der Embryo Mr. (Fig. 5, 6) und der von Dursy beschrie- bene Schweinsembryo mit einseitigem Tiefstand der Gaumenplatte (Fig. 3), seien pathologisch, wurde von Fıck abgelehnt. Mit Hıs betonte er, wie dringend notwendig die Untersuchung zahlreicher Embryonen dieses Stadiums sei, um wirklichen Aufschluß zu gewinnen. J. Nussgaum (17) ging 1896 gelegentlich seiner Untersuchungen üiber die Stensonschen Gänge auch auf die Entstehung des Gaumens ein. Der allgemeinen Ansicht, daß bei der Gaumenbildung die beiden B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 601 Gaumenplatten zusammenschmelzen und der untere Teil der Nasen- scheidewand mit der Oberfläche der median zusammenstoßenden Gaumenplatten verwachse, fügte er den Bericht über etliche Aus- nahmen bei. Möglicherweise verwachsen nämlich beim Schweine die freien Ränder der Gaumenplatten teilweise mit den seitlichen Flächen des unteren Teiles der Nasenscheidewand, beim Hunde aber wächst im vorderen und mittleren Tgjle der primitiven Mundhöhle der untere Rand der Nasenscheidewand so früh nach unten zwischen die beiden Gaumenplatten hinein, daß diese nicht mehr median zusammen- treffen, sondern mit den seitlichen unteren Teilen der Nasenscheide- wand direkt verschmelzen. Daher beteiligt sich die untere freie breite Fläche des Nasenseptums direkt an der Bildung des Maulhöhlen- daches. Im hinteren Teile der Maulhöhle entwickelt sich die Gaumen- wand durch Zusammenfließen der beiden Gaumenplatten, mit deren oberer Fläche die Nasenscheidewand sich vereinigt. Nach der autoritativen Entscheidung des großen Embryologen W. Hıs ruhte die Diskussion, bis A. PörzL (18) im Jahre 1905 jeden Grund bestritt, die von Dursy aufgestellte und von Hıs gebilligte Theorie des Gaumenschlusses anzunehmen. Die Zunge hindere zwar die Vereinigung der Gaumenplatten und müsse verlagert werden, jedoch geschehe es nicht durch Senkung, sondern durch aktives Wachstum. Die Verhältnisse des Anfangsstadiums liegen folrender- maßen: Die Gaumenplatten menschlicher Embryonen entstehen als niedrige Leisten hinter dem Zwischenkiefer im hinteren Teil der Mundhöhle und er- strecken sich bis knapp an die dorsale Schlundwand. Die Zunge und der Unterkiefer sind beim kleinsten Embryo (Fig..7) relativ klein. Die plumpe Zungenspitze liegt im hinteren Teile der Mundhöhle hinter dem Ende des relativ sehr langen Zwischenkiefers. Auch der Unterkiefer steht senkrecht gegen die Schnauze empor und wird von dieser überragt. Durch fortschreitendes Wachstum (Fig. 8, 9, 10) kommt aber die Zunge mit ihrer Spitze unter den Zwischenkiefer und schließlich unter die Oberlippe (Fig. 10) zu liegen, so daß ihr Vorderteil in ein immer tieferes Niveau gerät. Auch der Unterkiefer rückt weiter nach vorn. Durch diese Wachstumsdifferenzen gelangt die Zunge endlich so weit nach vorn und unten, daß der Zwischenkiefer sowie der kurze Teil der Gaumenplatte, welcher den späteren harten Gaumen darstellt, über ihr, der spätere weiche Gaumen aber hinter ihr liegt. Die Platten des harten Gaumens, die früher nach innen unten gerichtet waren, ändern, da der Raum zwischen ihnen frei geworden ist, ihre Form und wachsen oberhalb der Zunge horizontal und median, bis ihre vordersten Teile eine Strecke hinter dem Zwi- schenkiefer zusammentreffen. Nach vorn setzen sie sich in zwei, jetzt erst vom vordersten Teile der Oberkiefer gegen die Mitte auswachsende Platten fort, die den Zwischenkiefer unterlagern undmit ihm die Stensonschen Gänge einschließen. Die Verwachsung des harten Gaumens schreitet dann vor- und rückwärts fort und zugleich verwächst mit ihm das verlängerte Septum. Der weiche Gaumen entsteht durch Verwachsen der Gaumenplatten zu schief frontal gestellten, von 602 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. vorn oben nach hinten unten geneigten Platten, die hinter der weit nach vorn gerückten Zungenwurzel median teilweise verwachsen. Also wird dieSchlie- Bung des sekundären Gaumens dadurch ermöglicht, daß die Zunge aus dem Raume zwischen den Gaumenplatten nach vorn hinaus- wächst, ohne von rückwärts in denselben hineinzugelangen. Fig. 7. Fig. 8. Medianer Längsschnitt des Medianer Längsschnitt des - menschlichen Embryos.19 mm menschlichen Embryos.22 mm S.Sl. Nach A. Pörzr. E Epi- S.Sl. Nach A. Pörzı. Zz Lip- glottis; ZHypophyse;KXKehl- penzahnfurche; U Unterkie- kopf; UUnterkiefer ; Z Zunge. fer; E Epiglottis; 4 Hypo- physe. Fie. 9. Fig. 10. HG Medianer Durchschnitt des mensch- Medianer Längsschnitt des mensch- lichen Embryos. 27 mm S.Sl. Nach lichen Embryos. 33 mm S.SL Nach A. Pörzr. @ Gaumen; H Hypophyse; A. Pörzt. E Epiglottis; 4@ Harter LZf Lippenzahnfurche. Gaumen; St DuctusStensonianus; W@ Weicher Gaumen. Als wichtigen Beweisgrund gegen die Aufrichtung der Gaumenplatten führte A. Pörzu folgende Beobachtungen an. Wenn der harte Gaumen bereits über der Zunge liegt, ist die Richtung des in den weichen Gaumen einstrah- lenden Ramus posterior des Nervus palatinus unverändert, während sie doch anders geworden sein müßte, wenn die ganze Gaumenplatte hinaufgeklappt wäre. Deshalb findet mindestens für den weichen Gaumen kein Aufklappen statt. B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 603 An zwei aufeinander gezeichneten Schnitten durch einen Embryo von 271/a mm und 23mm wird gezeigt, daß die Gaumenplatte und der Nerv ihre Stellung beibehalten, obwohl die Platte bei den ältern Embryonen gegen die Mitte vor- gewachsen ist. Als Erkennungsmerkmal dafür, welcher Abschnitt der Gaumen- platte dem späteren harten, bezw. weichen Gaumen zuzurechnen sei, betrachtete A. Pörzu den aus dem Ganglion sphenopalatinum in die Gaumenplatte aus- strahlenden Nervus palatinus descendens, bezw. seine Rami posteriores, welche in die Gaumenplatten einstrahlen und den von ihnen versorgten Abschnitt als weichen Gaumen kennzeichnen. Bei den Embryonen T 23 mm SSI. (Stadium 2 Hıs) und Embryo 22 mm SSl. (Fig. 8) gibt der Nervus palatinus seinen hinteren Ast für den weichen Gaumen noch in der vorderen Hälfte der Gaumenplatte ab. Die Teilungsstelle des Nerven liegt derart, daß der hinter ihr befindliche weiche Gaumenabschnitt der Gaumenplatte den harten Gaumen an Ausdehnung im antero-posterioren Durchmesser übertrifft. Der dem späteren harten Gaumen zugehörige Abschnitt ist nach innen und unten gerichtet und liegt unter den Seitenteilen der Zunge. Der weiche Gaumen ist höher und steigt senkrecht neben der Zunge ab. Die rückwärts etwas höheren Gaumenplatten reichen nicht ganz bis an die dorsale Schlundwand. Indem der als weicher Gaumen gedeutete Anteil der Gaumenplatte sich später nach hinten verlängert und durch einen Fortsatz mit dem Wulst der dorsalen und seitlichen Schlundwand in Verbindung tritt, wird die Plica pharyngo-palatina gebildet. Beim Embryo Sl. 28 mm SSI, (Fig. &) ist der Gaumen der Vereinigung nahe. Der abwärts gebogene weiche Gaumen übertrifft an Länge den aus der ursprünglichen Gaumenplatte hervor- gegangenen Anteil des harten Gaumens. Der Embryo 33 mm SSI. (Fig. 10) be- sitzt einen geschlossenen Gaumen, der aus der Gaumenplatte entstandene Teil des harten Gaumens ‚macht den kleinsten Abschnitt des Gaumens überhaupt aus, ein größerer unterlagert dem Zwischenkiefer, das größte Stück ist weicher Gaumen. E. ZUCKERKANDL (22) hat in ScHEFrFs Handbuch der Zahnheilkunde 1909 die wichtigsten Gedanken der von ihm angeregten Untersuchung A. PöLzLs wiedergegeben. Die Stelle, wo die mediale und die caudale Fläche des Oberkieferfortsatzes ineinander übergehen, repräsentiert sich in Form einer stumpfen, senkrecht ab- fallenden, sog. sekundären Gaumenleiste. Dieselbe ist sowohl vor als hinter den Nn. palatini deseendentes ausgebildet, welche die Grenze zwischen dem harten und weichen Gaumen approximativ markieren. Demnach steht nur der weit kürzere, vor den genannten Nerven liegende Teil der Leiste in Beziehung zum harten Gaumen, während der hintere längere Abschnitt schon dem Gaumensegel angehört. Die Einschiebung einer Scheidewand zwischen der Nasen- und der Mundhöhle ist nicht möglich, bevor die Zunge den Raum zwischen den beiden Oberkieferfortsätzen verlassen hat. Gegen die durch nichts bewiesene Annahme von Dursy und Hıs bemerkte A. PÖLZL ganz richtig, daß Stellungsänderungen einzelner Organe, welche plötzlich während des Embryonallebens auftreten und an einen bestimmten Entwicklungsmoment gebunden sind, eine sehr geringe Wahrscheinlichkeit haben. Dies gilt auch von der plötzlichen Veränderung, »die dadurch gegeben wäre, daß sich die Zunge durch Muskelkontraktion nach unten zurückzieht und die Gaumenplatten aus der vertikalen Stellung zur hori- zontalen aufrichten. Die Chancen dafür, daß dieser Mechanismus gerade im richtigen Moment bei geeigneter Länge der Gaumenplatten eintritt, wären sehr Morpholog. Jahrbuch. 46. 39 604 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. geringe. A. PöLzL meinte, daß Wachstumsvorgänge den Unterkiefer samt der Zunge nach unten und vorn verlagern. Hierdurch wird die Zunge aus der Umklammerung der Oberkieferfortsätze und Gaumenleisten nach und nach befreit und kommt endlich unter die Gaumenleisten zu liegen. Von einem Aufklappen ist nicht die Rede, vielmehr wachsen die vom Druck der Zunge entlasteten Gaumenleisten in der Richtung des geringsten Widerstandes gegen die Mitte hin. »Berücksichtigt man mit A. PörLzL, daß der weiche Gaumen sich durch direktes Vorwachsen gegen die Mitte schließt, ebenso der Teil des Gaumens, der den Zwischenkiefer unterlagert, so ist esunwahrscheinlich, daß der zwischen- liegende Teil des harten Gaumens sich auf eine völlig andere Weise schließe, um so mehr, wenn man bedenkt, daß bei Embryonen gerade dieser Abschnitt den kleinsten Teil des ganzen Gaumens ausmacht.« ScHorr (19) nahm mit A. PörzL an, daß Lageveränderungen der Zunge dem sekundären Gaumen die Möglichkeit geben, die hori- zontale Lage zu erreichen. Doch bezweifelte er sehr lebhaft die Auffassung, als bleibe der sekundäre Gaumen an der ursprünglichen Stelle und erleide nur eine Formänderung. Denn A. Pörzu konnte kein Übergangsstadium zeigen, bei welchem die Zunge schon gesunken ist und der Gaumen die Umänderung seiner Form be- ginnt. SCHORR meint sogar, daß es überhaupt Fig. 11. nicht existiert. Nach seiner Ansicht ändert die Anlage des sekundären Gaumens ihre Lage, in- \ dem sie beiderseits gleichzeitig allmählich die horizontale Lage annimmt und das Mundhöhlen- . dach bildet. Die Gaumenumlagerung sei das Resultat einer Reihe komplizierter Prozesse, v die auf dem Prinzip ungleichen Wachstums be- ruhen. Der sekundäre Gaumen wächst anfangs nach innen und unten. Weiter aber muß zu Schema der Gaumenplatte nach G. dieser Richtung der lebendigen Kraft eine neue Scuorrk. A Rinne zwischen dem se- 2 Er £ kundären Gaumen und dem Alveo- 10 Kreisrichtung wirkende Kraft kommen als larfortsatz, kurz als Winkel A be- Resultat einer lebhaften Proliferation des zeichnet. Mesenchyms (Fig. 11) über der Firste des Win- kels A, wie ScHORR eine Rinne zwischen dem Gaumen- und Alveolarfortsatze bezeichnet, eines relativ anhaltenden Wachstums des medialen Teils des sekundären Gaumens und eines Höhenwachstums des Ober- kiefers. Die lebhafte Proliferation über der Winkelfirste muß ein Stumpferwerden des Winkels A und eine allmähliche Umlagerung jeder früher nach innen unten neben die Zunge gerichteten Gaumenplatte in die horizontal über der Zunge angeordnete definitive Stellung herbeiführen und bis zur Verwachsung derselben dauern. Das Wachstumszentrum befindet sich nahe dem sog. primären Gaumen. Das Sinken und das Längenwachstum der Zunge sowie die Tendenz des Gaumens sich allmählich emporzurichten, ermöglichen ein langsames Gleiten zwischen der Seitenfläche der Zunge und der Medialfläiche der Gaumenplatte, eine be- ständige Anpassung aneinander und eine allmähliche Umlagerung eines Teiles nach dem andern von vorn nach hinten. Zunge und Gaumenplatten spielen nach Scuorrs Ansicht ganz selbständige streng koordinierte Roilen. B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 605 Die Gaumenentwicklung besteht aus einer Summe besonderer Erscheinungen in den Gaumenteilen bzw. Zellgruppen. In einem späteren Aufsatze (20) führte SCHORR seine Ansicht über die normale Gaumenentwicklung nochmals vor: Um die 4. Woche der Entwicklung zeigt das Gesicht des menschlichen Embryos in der Mitte eine große Höhle, unten durch den primitiven Unterkiefer, oben durch den Stirnfortsatz mit seinen beiden Nasenfortsätzen begrenzt. Die Seiten werden teils vom Unterkiefer teils von den Oberkieferfortsätzen gebildet. Oben und unten steht die Höhle noch in Verbindung mit den Nasengruben und Augenanlagen. Wenn die Zwi- schenkiefergegend mit beiden Oberkieferfortsätzen verschmilzt, geht die erste Spur einer Gaumenplatte als abgerundeter Längswulst aus dem medianen Teil des Oberkieferfortsatzes hervor und verlängert sich alsbald nach vorn in die Zwischenkiefergegend, hinten entlang der Seitenwand des Schlundkopfes bis hinter die Kehlkopfgegend. Sie wächst in vertikaler Richtung. Die von den ®freien Gaumenrändern förmlich eingeklemmte Zunge berührt in der zweiten Hälfte des zweiten Monats auf größere Ausdehnung die Schädelbasis, während ihre Spitze dem hinteren Naseneingange direkt anliegt. Somit besteht zu dieser Zeit ein beiderseitiger physiologischer Wolfsrachen mit Tiefstand der Gaumen- platten und Hochstand der Zunge. Während die Zunge eine Reihe von Lage- änderungen durchmacht, nehmen die Gaumenplatten allmählich horizontale Richtung an, um den definitiven Gaumen zu bilden. Eine Reihe lebendiger Kräfte bewirkt das Emporsteigen des sekundären Gaumens und ermöglicht ihm die horizontale Lage lange Zeit ohne Stütze. Dabei findet ein langsames Gleiten zwischen der Seitenfliche der Zunge und der Medialfläche der Gaumen- platten, eine allmähliche Umlagerung eines Teiles nach dem andern von vorn nach hinten stett. Wenn die Gaumenplatten sich horizontal aufrichten, sind sie noch nicht breit genug und werden daher durch eine Spalte geschieden. Die Schließung beginnt in einiger Entfernung hinter dem Zwischenkiefer und geht nach vorn und hinten bis zur totalen Verschmelzung weiter. Die normale Entwicklung zeigt also Stadien, die dem sogenannten Wolfsrachen und der Hasenscharte entsprechen. Die von SCHORR beobachteten Mißbildungen lassen sich in eine Reihe von Entwicklungsstufen gruppieren, welche der normale Embryo bei der Gaumen- und Oberkieferentwicklung zeigt. Jede Form einer Mißbildung stellt ein fixiertes Embryonalstadium dar, das einem weiteren Körper- wuchse untergeordnet war. Daraus ergibt sich die Vorstellung, daß zweierlei Energien tätig sind: eine, welche die Architektonik (den Aufbau) selbst ver- waltet, und die zweite Energie, welche man als einfachen (vegetativen) Wuchs in allen Dimensionen der schon aufgebauten Körperteile anerkennen muß. Wenn die Aufbauenergie, ihr Ziel zu erreichen, kraftios wird, kann nur die Vege- tationsenergie weiter wirken. Je früher die erste Energie sich erschöpft, desto schwerere Mißbildungen werden wir finden, z. B. wird, wenn beim Embryo der Aufbau des Gaumens nicht vollendet wird, diese Entwieklungsstufe fixiert bleiben, da der Wuchs des Körpers weiter tätig ist. Der Wolfsrachen ist als eine echte Hypoplasie des definitiven Gaumens oder als ein Ausfall einer bzw. mehrerer Komponenten der Gaumenentwicklung anzuerkennen. Im Jahre 1911 hat Fuchs (7) der Beschreibung einer Mißbildung im pathologischen Institute zu Straßburg ein zusammenfassendes Referat über die Gaumenentwicklung vorangestellt. Treffend hat 39* 606 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. er die Schwierigkeit, einen wirklichen Einblick in den Vorgang zu gewinnen, durch den Satz ausgesprochen: »Wir sehen streng ge- nommen nur die beiden Endstufen der Reihe: zuerst die Gaumen- falten seitlich neben der Zunge und tief hinabragend, dann die Gaumenfalten horizontal gestellt.«c Die unzureichende Erfahrungs- basis hat ihn aber nieht abgehalten, mit Dursy, Hıs, SCHORR die absolut sicher stehende Tatsache der Gaumenumlagerung« aufs neue zu verteidigen. Die Gaumenfalten müssen aus ihrer beinahe lotrechten, zur Seite der Zunge befindlichen Lage in die wagerechte Stellung über der Zunge gelangen. Da aber die Zunge ihrem Bestreben hinderlich ist, muß sie sich, wie Hıs (12) richtig erkannt hat, aus der Gaumenrinne entfernen, d.h. den sich erhebenden Gaumenfalten ausweichen. Fuchs hielt die Umlagerung für so unabweislich, daß er mit voller Entschiedenheit gegen A. PöLzL Front machte, welche Zweifel an der Theorie von Hıs geäußert hatte. Um die Behauptung, daß keine Umlagerung der Gaumenfalten geschieht, als unrichtig zu erweisen, berief sich Fuchs auf folgende Tatsachen: Die gegen- seitige Stellung der Gaumenfalten und der Processus palatini der Maxillaria und Palatina sei auf früher und späterer Entwicklungsstufe durchaus verschieden. - Die knöchernen Gaumenfortsätze stehen bereits in frühester Zeit horizontal, die Gaumenplatten hingegen schräg abwärts, beinahe senkrecht zu ihnen; auf späterer Stufe liegen sie in der gleichen horizontalen Ebene wie die knöchernen Gaumenfortsätze. Daraus folge notwendig, daß eine Umlagerung der Gaumen- falten geschehen sein müsse. Mir will freilich scheinen, als spräche diese Tat- sache weder für noch gegen die allgemein geteilte Vermutung. Fuchs (7) erörterte hierauf die Frage: Warum die Zunge überhaupt zwi- schen die Gaumenplatten zu liegen komme, um seine Antwort konform dem Gedankengange von A. PöLzL zu präzisieren: Die Zunge sei zunächst klein und liege ganz hinten in der Mundhöhle. In der Folge wachse sie immer mehr in die Länge nach der Mundspalte zu. Unterdessen beginne an der Innenseite der Oberkieferfortsätze die Anlage und Entwicklung der Gaumenfalten. Indem diese abwärts wachsen, missen sie seitlich neben die Zunge geraten. So er- halte die Zunge ihre Lage zwischen den Gaumenfalten und bilde für das spätere Emporsteigen der Gaumenfalten ein Hindernis, das beseitigt werden müsse. Das Ausweichen der Zunge ist also die unerläßliche Vorbedingung für die Möglichkeit des Emporsteigens der Gaumenfalten. Die von W. Hıs vermutete Senkung des Unterkiefers hielt Fuchs für erwiesen und notwendig, nur an aktive Muskelkontraktionen wollte er nicht glauben. Freilich sei der Ausdruck »Senkung« nicht wörtlich zu nehmen. Die Hauptsache sei eine Öffnung des Mundes, d. h. die Entfernung der Unter- und Oberkiefermassen voneinander und eine entsprechende Entfernung der Zunge von Munddecke und Nasenseptum. Dabei spiele die Zunge — hier deckt sich seine Ansicht mit den Ausführungen von A. PörzuL — die leitende Rolle vermöge ihres ganz außerordentlichen Lingenwachstums. Die kleine ganz hinten in der Mundhöhle liegende Zunge wachse sehr schnell, so daß ihre Spitze zuerst unter den primitiven Gaumen und dann an die Mundspalte selbst kommt. Da sie stetig wachse, trete sie schließlich in die Mundspalte, diese werde also durch die von hinten andrängende B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 607 Zunge gleichsam gesprengt, der Unterkiefer nach unten rotiert oder gesenkt. Da die Zunge mit dem Unterkiefer fest verbunden sei, müsse sie der Senkung des Unterkiefers folgen. Weiterwachsend trete sie immer mehr aus der Mund- spalte heraus und vergrößere die Entfernung des Unterkiefers vom Ober- kiefer, sowie ihre Entfernung von der Schädelbasis. Jedenfalls müsse mit der gegenseitigen Entfernung des Oberkiefers vom Unterkiefer auch eine Entfernung der Zunge aus dem Raum zwischen den Gaumenfalten verbunden sein, so daß dem Emporsteigen derselben kein nennenswerter Widerstand mehr ent- gegenstehe. Wahrscheinlich unterstütze eine Hebung des Oberkiefers und des ganzen neuralen Kopfteils diesen Prozeß in seiner Wirkung. Die Zunge beseitige also in der Hauptsache selbst das dem Emporsteigen gesetzte Hindernis vermöge ihres außerordentlichen Längenwachstums. In der Frage, wodurch das aktive Emporsteigen der Gaumenplatten ver- ursacht werde, teilt Fuchs den Standpunkt von SCHORR, daß ungleiches Wachs- tum einzelner Teile der Gaumenplatten das selbständige, autonome, d. h. vom Verhalten der Zunge unabhängige Emporsteigen der Gaumenfalten normalerweise bewirkt. Das erhöhte Wachstum beginnt zu einer Zeit, da die Zunge noch tief in der Gaumenrinne steckt, und findet an der Basis, auf der unteren (lateralen) Seite der Gaumenfalten statt, so daß ihre medialen, abwärts gerichteten Teile nach oben rotiert werden müssen. FUCHS weicht von SCHORR nur insofern ab, als er nicht an eine langsame, allmähliche Gleitbewegung zwischen Zunge und Gaumenfalten, sondern an plötzliches Abwärtstreten der Zunge und plötz- liches Emporsteigen der Gaumenfalten denkt. Gerade weil niemand Zwischen- stadien gesehen habe, müsse die Umlagerung plötzlich erfolgen, indem die bewirkenden Ursachen erst latent bleiben, dann plötzlich eine maximale Wirkung veranlassen, so daß die Zunge gleich auf einmal maximal abwärts, die Gaumen- falten sofort maximal aufwärts bewegt werden. Erneuten Einspruch gegen den orthodoxen Glauben an die An- sichten von Dursy und Hıs erhob im Jahre 1910 E. PoHLMANnN, welcher unter Leitung von A. FLEISCHMANN im Erlanger zoologischen Institut auf der von W. Sırret und G. AuULMANN vorbereiteten Grund- lage weiter gebaut hatte. SıppEu (g) hatte 1907 mangels geeigneten Beobachtungsmaterials zu der Meinungsverschiedenheit von W. Hıs und A. Pörzu keine Stellung genommen, aber schon damals, wie später H. Fuchs, die Zwangslage bedauert, daß von der Bildung des harten Gaumens nur zwei Hauptstadien: nämlich der Zustand der die Zunge seitlich umfassenden Gaumenleisten und die spätere Vereinigung der- selben in der Gaumennaht beobachtet sind. Er hat die morphologische Verwandtschaft für den Aufbau des Mund- daches bei Sauropsiden und Säugetieren nachgewiesen (Fig. 12, 13). Die Gaumen- rinne der Säuger besitzt eine große Ähnlichkeit mit der Nasenmulde der Sauropsiden; denn in beiden Fällen wird der laterale Zungenrand von den Grenz- leisten (2), bezw. Gaumenleisten (gl) umfaßt, der Zungenrücken liegt den beiden primitiven Choanen (Cs) gegenüber. Das Vomerpolster (Vp) eines Sauriers ist der Ventralfläche des Nasenseptums durchaus ähnlich, denn beide liegen zwischen 608 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. Querschnitt durch die Nasenregion des Kopfes von Mabuia multifasciata. Nach Sırrer. Vergr. 15/1. As Anstieg; as Choanengang, absteigender Schenkel; Co Muschel; d Zahn; hs Choanengang, horizontaler Schenkel; Z Grenzleiste; Sa Sakter; Sp Kieferspange; U Unterkiefer; V Vomer; Vp Vomerpolster; wt Winkeltasche; Z Zunge. Querschnitt durch die Nasenregion von Sıurs domestica. Embryo 2,1 cm 8.$l. Nach Sırper. Vergr. 18/1. Au Aulax; Cs Choanenspalte; d Zahnleiste; gl Gaumenleiste; Gr Gaumenrinne; gs Seitenwand er Gaumenrinne; I Jaco»sonsches Organ; Mt Maxilloturbinale; At Nasoturbinale; Sa Sakter; Vp Vomer- polster; Z Zunge. B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 609 den Choanen und sind der Zunge (Z) direkt benachbart. Der morphologische Anklang wird nur durch den Umstand gestört, daß der Anstieg (As) der Kiefer- spange bei Sauriern (Fig. 12) von der Choane mit einem horizontalen Schenkel mehr oder weniger weit lateral zieht, um in leichtem Bogen ventral zu biegen und an der Grenzleiste (2) zu enden, während die Seitenwände (gs) der Gaumen- rinne vom lateralen Rand der Choane ziemlich senkrecht gegen die Gaumen- leiste (gl) abfallen. Deshalb erklärte SırreL die Gaumenrinne für eine den Säugern allein zukommende Differenzierung, welche durch den Mangel des An- stieges und der bei Vögeln vorkommenden Steilwand charakterisiert ist. Die Metamorphose der Gaumenrinne führt zur Bildung des Ductus nasopharyngeus und des harten Gaumens; die Mundhöhle aber wird durch Wegnahme eines ur- sprünglich ihr gehörigen Teiles morphologisch reduziert, die primitive Choane endgültig von der Mundhöhle geschieden und dadurch die enge Nachbarschaft zwischen Vomerpolster und Zungenrücken beseitigt. Die Choanen erfahren so- mit eine bei Sauriern unbekannte Veränderung, da ihr vorderer Rand als Fo- ramen incisivum bestehen bleibt. Hinter ihm verschmelzen die etwas schräg geneigten Gaumenleisten mit dem Vomerpolster so fest, daß die primitive Choane auf eine gewisse Strecke wirklich verlegt wird. G. AutLmann (5) hat Rekonstruktionen des Kopfdarmes von drei Sehafembryonen beschrieben. Bei dieser Gelegenheit faßte er zuerst die ganze Mundwand ins Auge und trennte nach den Niveauver- schiedenheiten drei Bezirke: die Mittelzone oder Gaumenrinne und die Seitenflügel. Medianansicht eines Modelles der Mundrachenwand eines Schafembryos von 20 mm 8.81. Nach G. Aur- mann. Vergr. 13/1. gf Gaumenleiste; Cr Cribrum; A Hypophyse; M Muschelregion; pch parachoanale Wand; pf Rachenfalte; eg Epiglottis; z2f Zungenfurche. Er vermied das Wort »Gaumenfortsatz«e und bemerkte in der objektiven Schilderung seines mittleren Modells, daß die Gaumenrinne durch den freien Rand der sog. Gaumenleisten von den Kaunischen abgegrenzt wird. AULMANN machte ferner bestimmte Angaben iber den Bereich der Mundhöhle und legte deren pharyngeale Grenze durch 5 Punkte: die Hypophysenwurzel, die Enden der Zungenfurchen und der Zahnleisten, fest. Endlich zeigte er am Modell (Fig. 14), daß die sog. Gaumenfalten am Beginne der Tubenöffnung aufhören. Nach einigen Schnitten beginnt die neue Anlage der über die Tubenregion 610 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. sich erstreckenden Rachenfalten (pf); vorsichtig deutete er die kurze Strecke zwischen beiden Falten als Grenze des harten und weichen Gaumens. E. POHLMANN (5) endlich sprach mit voller Bestimmtheit die These aus: Die sog. Gaumenfortsätze sind keine wirklichen Fort- sätze; sie richten sich weder auf, noch verwachsen sie, weil sie lediglich Biegungskanten der Epithelwand darstellen, welche durch die Gliederung der larvalen Mundhöhle in Mittelraum und Seitennischen entstehen. Mit der allgemeinen Umformung der Mund- Fig. 15—20. Querschnitte durch Mund- und Nasenhöhle eines Katzenembryos von fast 20 mm N.Stl. Nach PouLMmAnNn. Vergr. 9/1. Au Aulax; yl Grenzleiste; gs Saktergesimse; öc Vomerpolster; kn Kaunische; mr Mittel- raum; «l Unterlippe; z Zunge. höhle verstreichen die Biegungskanten; aus den lateralen Flächen der Gaumenrinne aber wachsen die Gaumenbrücken hervor, ver- schmelzen und trennen den Ductus nasopharyngeus ab. Die Mundhöhle kleiner Katzenembryonen von etwa 8 mm 8. Sl. stellt keinen einheitlichen Raum vor, sondern ist in die drei von AULMANN (d) unterschiedenen Abschnitte (Fig. 15—20) gegliedert: die niedrigen Seitenflügel und die höher aufragende Gaumenrinne. Am Mundboden ist die Dreigliederung der Mundhöhle gleichfalls abzulesen. Der stumpfe Wulst der Zungenanlage springt als solides Gegenstück in den dorsal ausgebogenen Mittelraum. Ihre freie Spitze hinter B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 611 der Unterlippe liegt der kurzen parachoanalen Wand (Fig.14, peh) gegenüber. Da der Zungenwulst das morphologische Gegenstück der Gaumenrinne ist, treten beide Differenzierungen am Boden und Dache der Mundhöhle gleichzeitig auf, mit ihnen werden zugleich die Seitenflügel abgegrenzt. Das fortschreitende Wachstum des Kopfes bedingt die Vergrößerung der Mundhöhle und schafft Raum für die Ent- faltung der Mittelzone derselben. Dem stärker vorspringenden Zungenwulste entspricht der im gleichen Maße erweiterte Mittelraum des Munddaches und die der Zungenwölbung im morphologischen Spiegelbilde entsprechende Krümmung seiner Wand führt dessen schärfere Abgrenzung durch die Grenzleisten (gl), welche mit den seitlichen Zungenfurchen korrespondieren, herbei. Fig. 21-24. Querschnitte durch Nasen- und Mundhöhle eines Katzenembryos von 19 mm N.Sl. Nach PourLnann. Vergr. 9/1. gw Gaumenbrücke; ic Vomerpolster; kn Kaunische; Pc Procribrum; z Zunge. Daher gleicht das Munddach einer negativen Matrize, welche über das positive Relief des Mundbodens gestülpt und demselben durchaus gleichsinnig geformt ist. Die Kanten (gl), welche den Mittelraum einsäumen, darf man jedoch nicht als »Fortsätze« bezeichnen, weil sie unbedeutende Relieferhebungen des epithelialen Munddaches sind. Die gegenseitige Reliefspiegelung von Mundboden und Munddach bleibt bis zu dem Zeitpunkte bestehen, wo die Bildung des sekundären Gaumens ein- setzt. Unterdessen wachsen die anfangs dem Rand der Oberlippe ziemlich naheliegenden Choanen, die erst rundliche Öffnungen waren, zu langen sagittalen Schlitzen heran. Der Parachoanalteil des Munddaches wird zugleich vergrößert. Da die Zungenspitze von jeher der parachoanalen Wand gegenüber lag, so hat sie der durch neues Wachstum hinzugefügten Strecke der Mundwand auch die Besonderheit der Grenzleisten und Gaumenrinne aufgeprägt. Mit einem Male schwindet die eben geschilderte morphologische Abhängigkeit. Es tritt eine 612 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. Ä Erweiterung und Umformung der Mundhöhle, bezw. der Epithelwand der- selben ein. Dach und Boden werden voneinander entfernt, so daß sie sich in gesonderter Formrichtung entfalten (Fig. 21—24). POHLMANN opponierte ener- gisch gegen die landläufige Ansicht, daß die sog. Gaumenplatten in die hori- zontale Lage übergeführt werden; denn sie sind nicht frei in die Mundhöhle herabhängende Fortsätze, welche sich wie Fremdkörper verschieben lassen. Sie sind vielmehr integrierende Reliefmerkmale der Mundwand von sehr geringer reeller Höhe, welche durch die Gliederung der Mundhöhle in den Mittelraum und die beiden Kaunischen notwendig entstehen. Die Veränderung des Quer- schnittes kann daher nur durch eine Neumodellierung der gesamten Mund- wand erklärt werden. Wie sich der Mundboden durch Vertiefung der Zungen- furchen und die zunehmende Versenkung der Zunge verändert, daß eine gering- fügige Ausweitung der Mundhöhle in ventraler Richtung die Folge sein muß, so erhebt sich das Munddach in ein etwas höheres Niveau durch Umformung des ganzen Dachreliefs und es entstehen neue horizontale Vorsprünge oder Gaumenbrücken (POHLMANnN), welche in keiner Hinsicht den Gaumenleisten identisch, aber die Vorbedingung für die Herstellung des Gaumendaches der Säugetiere sind; denn sie stehen einander sehr nahe und berühren sich bald in medianer Epithelnaht. POoHLMAnN erklärte also: die Gaumenleisten sind ver- schwunden, weil eine neue Modellierung des bisher in die Form der Gaumen- rinne geprägten Epithelbezirkes erfolgte, etwa in der Weise, daß der ventrale Rand der Gaumenrinne sich ausweitete, während die Seitenwände median in das bisher vom Zungenwulste erfüllte Lumen einbogen. Die neue Modellierung setzt am lebhaftesten im oralen Teil der Gaumenrinne ein und kommt später eaudal zur Geltung. Wenn POHLMANN die Gaumenbrücken mit voller Bestimmt- heit als neue Differenzierungen im Gegensatz zu den Gaumenfortsätzen erklärte, so leitete ihn die Erwägung, daß die Lichtung des zugleich mit ihnen ent- stehenden Ductus nasopharyngeus eine ganz andere Gestalt hat als die Gaumen- rinne der Larvenzeit. Die radikale Veränderung der Mundlichtung kann nur durch eine wirkliche Neumodellierung erklärt werden. H. Fucns (7) erhob sofort nach dem Erscheinen dieser Erlanger Arbeit den Einwand, PoHLmAnn habe nicht den geringsten Be- weis für die Richtigkeit seiner Ansicht gebracht. Das von ihm an- genommene Verstreichen der Gaumenfalten sei durch nichts be- wiesen und werde durch folgende Beobachtung widerlegt: Da bei Talpa-Embryonen von etwa 6,3—6,5 mm MSL. die Nervi pterygopa- latini tief in die seitlich neben der Zunge liegenden Gaumenfalten einstrahlen, seien die Gaumenfalten als die wirkliche Grundlage des späteren sekundären Gaumens mit Sicherheit erwiesen und zugleich die Notwendigkeit der Umlagerung der ursprünglichen Gaumenanlage gegeben. Ich möchte schon an dieser Stelle aussprechen, daß meine Unter- suchungen die Studien POHLMANNs im hiesigen zoologischen Institute fortgesetzt haben, zunächst ohne die Richtigkeit seiner Angaben an- zuerkennen. Mein Lehrer A. FLeıschmAnn wollte durch mich die B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 613 tatsächlichen Vorgänge der Gaumenbildung an einem anderen und reicheren Material nochmals prüfen lassen. Dadurch ergab sich zu unserer Freude das Resultat, daß die Kerngedanken der PoHL- MANNSchen Darstellung vollauf bestätigt werden konnten. Zwei andere inzwischen auf die Lösung derselben Frage gerichtete Unter- suchungen von Frers (6) und Inouye (13), welche seit der Ver- öffentlichung von PoHLMmAnns kritischem Aufsatze erschienen, sind freilich zu gegenteiligen Ergebnissen gekommen. G. P. Frers (6) hat im vorigen Jahre (1912) die Umbildung der Gaumenplatten (PöLzL, POHLMANN) abgelehnt. Da ihm sicher schien, daß die Gaumenumlagerung ziemlich rasch geschehe, pflichtete er der Meinung von Hıs, SCHORR, Fuchas bei und entwarf folgendes Bild vom Verlaufe der Gaumenbildung bei den Affen: Die vorderen Teile der Gaumenfortsätze sind am stärksten und am meisten vertikal ausgebildet; hinten und da, wo sie in die Gaumenbogen übergehen, stehen sie von Anfang an mehr horizontal. Die eingeklemmte Zunge muß sich zurückziehen. Dies kann als Ausdruck von Spannungsausgleichungen innerhalb der Zunge, sowie zwischen Zunge und Fortsätzen geschehen; aktive Muskel- kontraktionen sind weniger wahrscheinlich. Möglicherweise gleitet die Zunge einmal erst mit der rechten, dann mit der linken Hälfte zwischen der Gaumen- spalte hindurch. Nach dem Zirrücktreten der Zunge biegen die Gaumenfort- sätze nicht passiv in die horizontale Lage, vielmehr findet ein Kräftespiel zwischen Fortsätzen und Zunge statt. Das eine Mal wird die Zunge ein wenig früher den Tiefstand gewinnen und die Fortsätze treten in die horizontale Lage, bevor sie einander erreichen können; ein anderes Mal werden sie schon an- fangen, sich horizontal zu richten, wenn die Zunge hoch über ihnen steht. Die Um- Fig. 25. lagerung ist als eine von vorm nach hinten plötzlich ablaufende Bewegung aufzufassen. Für den durch lange Gaumenfort- sätze besonders interessanten Embryo (Macacus cynomolgus 306, Fig. 25) scheint die Auffassung Fıcks (4) zuzutreffen, daß beim Hinaufklappen jeder der langen Gaumenfortsätze die Mittellinie überragen würde. In den bisher beobachteten Fällen erreichen die gehobenen und noch 3 £ ; j « E Querschnitt durch die Mundhöhle von MHacacus nicht verwachsenen Fortsätze einander cynomolgus 306. Nach Ferrıs. Vergr. 12/1. nicht in der Medianlinie. FRETS fand Gf Gaumenfortsätze; Z Zunge. sogar einmal (Semnopithecus nasalis) die gehobenen Fortsätze teilweise mit dem Septum, aber nicht miteinander ver- wachsen. Wenngleich FrETS sehr entschieden für die Gedanken von Hıs, SCHORR und Fuchs Partei ergriff, so ist das von ihm beobachtete Material nicht geeignet gewesen, einen wirklichen Fortschritt unserer Erkenntnis zu gewährleisten; denn 614 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. er konnte nur 2 Embryonen von Macacus eynomolgus No. 259, 306 im Stadium der Gaumenrinne, einen Embryo von Semnopitheceus nasalis No. 442, einen mensch- lichen Embryo (de R, 26 mm g. L.) im Stadium des Gaumenspaltes, endlich je einen Embryo von Semnopitheeus maurus (No. 125), von Canis familiaris und Talpa europaea mit vollstäindigem sekundären Gaumen beschreiben, während eigentliche Umbildungsstadien ihm nicht vorlagen. Seine speziellen Angaben lauten: Die langen Gaumenfortsätze des Embryo Macacus eynomolgus 306, (Fig. 25) liegen ziemlich stark median gerichtet unterhalb der Zunge wie einge- klemmt, berühren die Zunge und den Boden der Mundhöhle. Die kürzeren Gaumenfortsätze des Embryo 259 (Macacus cynomolgus) sind ein wenig median gerichtet. Beim Embryo 105, (Semnopitheeus nasalis, Fig. 26) liegt die Zunge in der Tiefe der Mundhöhle, die Gaumenfortsätze sind mit dem Septum ver- Querschnitt durch das Munddach von Semnopithecus nasalis 10b. Nach Frers. Vergr. 20/1. dnl Ductus nasolacrymalis; M Maxillare; «ng unterer Nasengang. bunden; die Epithelien der Berührungsflächen sind noch großenteils vorhanden. * Die Gaumenfortsätze berühren einander noch nicht; vorn ist die Lücke durch Epithel und eine Vorwölbung des Septums ausgefüllt, mehr nach innen besteht ein wirklicher Spalt. Nachdem die Gaumenfortsätze mit dem Septum in Verbindung getreten sind, wachsen sie einander noch entgegen. Wenn er die Fig. 26 mit der Fig. 25 verglich, schien es Frrrs, als ob die Umlage- rung der Zunge und der Gaumenfortsätze nicht immer genau um die gleiche Zeit stattfindet. Findet sie ein wenig später statt, dann erhält man Bilder, wie Fig. 25; beim früheren Eintreten der Verbindung erhält man jilder wie Fig. 26. Weiter nach hinten wird die Verbindung der Gaumenfortsätze mit dem Septum — von der Nasenhöhle aus — kürzer und endigt schließlich. Dann sind wir also wieder im Gebiet der primitiven Choanen. Weiter hinten schließt sich die Regio olfactoria von der Regio respiratoria ab, indem eine Lamina termi- nalis ausgebildet ist. B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 615 Der Embryo Semnopithecus maurus, No. 125, besitzt einen vollständigen sekundären Gaumen. Die Epithelien der Gaumennaht sind noch teilweise als Knoten und Stränge vorhanden. M. Inovve (13) schloß sich 1912 ebenfalls der Theorie von Hıs an. »Das Aufrichten der Gaumenplatten ist nur möglich, wenn die Zunge vorher ausgewichen ist, was allein durch aktive Muskel- kontraktionen geschehen kann.«e Doch schränkte er seine Zustim- mung insofern ein, als er bezweifelte, daß die vom Zwischenkiefer bis zur Tubenmündung reichenden Gaumenplatten auf einmal, d.h. ohne vorbereitende Operation als Ganzes emporsteigen können. Die Umlagerung der Gaumenplatten muß sich in einer ersten langsamen und einer zweiten plötzlich und schnell ablaufenden Phase vollziehen. In der vorbereitenden Phase wird der Raum zwischen den Gaumen- platten von der stark vorgewölbten Zunge vollkommen ausgefüllt, welche dem ° Nasenseptum und der Schädelbasis dicht anliegt. Die vorderen Abschnitte der schräg median absteigenden Gaumenplatten gehören zum harten Gaumen und umklammern die Zunge von beiden Seiten her; die hinteren Abschnitte der Gaumenplatten gehören zum weichen Gaumen, sie sind seitlich von der Zunge direkt nach unten gerichtet als jeweils flache, mehr nach unten medianwärts schauende Erhebungen unterhalb der Tubenmündungen. Eigentlich unterscheidet Isouve drei Abschnitte der Gaumenplatte mit ver- schiedenem Verhalten bei der Aufriehtung: Der hinterste Abschnitt wächst von vornherein horizontal vor, der mittlere Abschnitt des weichen Gaumens stellt sich durch eigene Wachstumsvorgänge allmählich horizontal ein, der vordere, weitaus größte Abschnitt, dem wahrscheinlich auch die vordere Partie des weichen Gaumens sich anschließt, wird durch einen anderen Mechanismus auf einmal schnell aufgerichtet. Die Zunge zieht sich wohl infolge von Wachstums- differenzen hinten allmählich von der Schädelbasis zurück. In den so ent- stehenden Zwischenraum wächst der hintere, flache Abschnitt der dem weichen Gaumen zugehörigen Gaumenplatte frei über die Zunge horizontal und median vor. Während sich der Zwischenraum nach vorn ausdehnt, nimmt der horizon- tale Abschnitt jeder Gaumenplatte zu, teils dadurch, daß der direkt median vorwachsende Teil selbst allmählich größer wird, teils indem sich der von vornherein abwärts gerichtete Teil der dem weichen Gaumen zugehörigen Gaumenplatie allmählich von hinten nach vorn horizontal aufrichtet und median vorwächst. Sicher stellt sich der größte Teil der dem weichen Gaumen angehörenden Gaumenplatte durch Wachstum allmählich horizontal. Es kommt aber ein Zeitpunkt, in welchem das Aufrichten des hinteren Teiles der dem weichen Gaumen zugehörigen Gaumenplatte unmöglich wird, da der notwendige Zwischenraum unter dem vorderen Teile des Nasenseptums, welchem die Zunge immer ganz dicht anliegt, nicht vorhanden ist; ja, die Gaumenplatten umfassen die vergrößerte Zunge von beiden Seiten her noch enger als zuvor. Um Raum für die weitere Umlagerung der Gaumenplatten zu schaffen, muß die Zunge schnellnach unten ausweichen, was nur durch Bewegungen der Zunge und des Unterkiefers möglich ist. Die Gaumenplatten verhalten sich passiv; sie er- regen durch den Druck ihrer am meisten vorragenden Kante auf die Seiten- flächen der eingeklemmten Zunge die sensiblen Nerven der Mundhöhle und lösen einen wohlgeordneten Reflex aus, welcher die für die Umlagerung der 616 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. Gaumenplatten absolut notwendigen Kiefer- und Zungenbewegungen veranlaßt. Der Druck wird dort am stärksten sein, wo der hintere Abschnitt der Zunge aus den Gaumenplatten heraustritt. In der zweiten kurz dauernden Haupt- oder Endphase richtet sich der vordere, größte Teil der Gaumenplatten schnell auf. Der Prozeß wird durch Kontraktionen der Muskeln eingeleitet, welche den Unterkiefer nebst der Zunge erst herunterziehen und dann emporheben. Infolge der Auslösung des Reflex- aktes kontrahieren sich nämlich die Muskeln der Zunge wie des Unterkiefers, so daß beide Gebilde gesenkt werden. Während der Druckreiz in der Mund- höhle den Embryo reflektorisch veranlaßt, den Mund zu öffnen, versucht er vielleicht mit einer vorderen Extremität reflektorisch über den Unterkiefer hinzufahren und ihn auf dieser Seite weit genug herunterzuziehen. Sehr wahr- scheinlich stemmt er die Hand an die Unterkiefergegend an und übt eine gewisse Druckwirkung nach unten aus. Dadurch wird die Zunge erst einseitig gesenkt, so daß eine laterale Zungenkante aus dem Bereiche der Gaumenplatte Frontalschnitt durch den vorderen Teil der Schnitt durch den mittleren Mundhöhle des Mausembryos IV. Nach Inoure. Teil der Mundhöhle des Maus- Vergr. 12/1. gh horizontal gestellte Gaumen- embryos IV. Nach Inoure. platte; gv vertikal gestellte Gaumenplatte; Vergr. 12/1. gd Gaumenplatte z Zunge. des harten Gaumens; z Zunge, herauskommt (Fig. 27, 28). Der Seitenrand der Zunge wird bei der Senkung die Gaumenplatte noch mehr lateral drängen, als sie in der Ruhelage der Zunge stand. Sobald der freie Rand der Gaumenplatte von dem herabdrückenden Zungenrande nicht mehr festgehalten wird, muß er infolge seiner Elastizität und der Spannung, in welche die Gaumenplatte allmählich geraten ist, weil ihr hinterster Abschnitt von vornherein horizontal steht, nach oben und median- wärts schnellen. Daher wird die Gaumenplatte am Seitenrande der Zunge vorbeigleiten. Wenn die Zunge durch Kontraktionen der Kaumuskeln plötzlich gehoben wird, muß sie die bereits über sie geschnellte, schräg stehende Gaumen- platte einer Seite aufwärts drängen, horizontal umklappen und an den vorderen Teil des Nasenseptums drücken (Fig. 27). Da die Zunge natürlich auf der an- dern Seite etwas gesenkt wird, kann sich ein kleiner Abschnitt der dem harten Gaumen angehörenden zweiten Gaumenplatte, der sich unmittelbar an den bereits in der ersten Phase horizontal gestellten Abschnitt anschließt, auch an dem Seitenrande der Zunge vorbei in die horizontale Lage schieben, während der vordere, größte Abschnitt der zweiten Gaumenplatte noch in der ursprüng- lichen Lage neben der Zunge bleibt (Fig. 27, 28). Senkt sich nun auch dieser Rand durch Bewegungen der Zunge und des Unterkiefers, dann klappt der B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 617 vordere Teil der Gaumenplatte dieser Seite in die horizontale Lage empor. Wahrscheinlich tritt eine kurze Pause zwischen der Umlagerung der rechten und linken Gaumenplatte ein. (Fig. 27—29.) Die medialen Ränder der Gaumenplatten werden hierauf durch Anpressen des Rückens der gehobenen Zunge genähert, d. h. ihre transversale Achse mehr horizontal gestellt. Die andauernd drückende Zunge hält die Gaumenplatten in ihrer Lage und drückt sie zugleich an das Nasenseptum. Bei dem gewaltsamen Aufriehten der Gaumenplatten durch die sich hebende- Zunge werden auch die der Ansatzstelle benachbarten Teile verschoben. Vor allem wird der Seitenteil des Oberkiefers der betreffenden Seite median ver- zogen und Maxillare nebst Palatinum erfahren eine mediale Verschiebung. Der horizontale Teil der Gaumenplatte des weichen Gaumens richtet sich in der zwei- Fig. 29. ten Phase vollkommen auf und wird median in die Mundhöhle vorgeschoben. Nach dem Ab- lauf der zweiten Phase ist der hintere Teil der Mundhöhle, in welchen die Gaumenplatten hineinragen, im Querdurchmesser verhältnis- oh. mäßig enger geworden. a . . . Schnitte durch den vorderen Teil der Zum Schlusse fasse ich die m den dem weichen Gaumen angehörigen Spezialabhandlungen ausgedrückten An- Gaumenplatte vom Mausembryo IV. - R Nach Ixoure. Vergr. 12/1. gw Gau- sichten kurz zusammen, um die sehr be- menplatte des weichen Gaumens. deutenden Meinungsverschielenheiten ein- ander gegenüberzustellen. Die meisten Autoren teilen die von Dürsy ausgesprochenen Gedanken: Der Gaumen entsteht durch mediane Vereinigung der aus den beiden Oberkieferfortsätzen vor- wachsenden Gaumenplatten. Da aber die frühembryonalen Anlagen des Gaumens vertikal gerichtet sind und die Zunge zwischen sich einklemmen, ist ihre Vereinigung unmöglich; die Zunge muß vorher Platz schaffen, damit die Gaumenplatten aus der vertikalen Stellung in die horizontale Lage gehoben werden können. (Dursy, Hıs, SCHORR, FUCHs, FRETS, INOUYE). Aber nun beginnen die Differenzen in der Auffassung der Au- toren. Die meisten glauben mit Hıs, daß der Unterkiefer gesenkt werden muß, wenn die Zunge ausweichen soll, streiten aber darüber, ob die Senkung durch aktive Muskelkontraktionen (Hıs, InouYE), oder nicht durch aktive Muskelkontraktionen (Fuchs), oder durch Spannungsausgleichungen (FRETS) geschieht. Während Hıs meinte, daß der Unterkiefer sinkt und damit die Zunge aus der Gaumen- rinne entfernt, verficht Fuchs die umgekehrte Ansicht, daß die Zunge die Mundhöhle sprengt und dadurch den Unterkiefer senkt. Frei- lich müssen, wie er hinzufügt, auch die Oberkiefer und der neurale Kopfteil gehoben werden. 618 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. Über die Schnelligkeit der Umlagerung herrscht kein Einver- ständnis. Nach SCHORR steigen die Gaumenplatten infolge lebhafter Wucherung des Mesenchyms langsam empor, während FucHs und Frers die plötzliche Umlagerung behaupten. Fuchs meint, auch die Zungenstellung werde plötzlich verändert, A. PÖLzL vertritt das Gegenteil und SCHORR das allmähliche Gleiten von Zunge und Fort- sätzen aneinander. FRETS glaubt, daß die Umlagerung der Zunge und der Fortsätze nicht immer zu gleicher Zeit erfolge. A. PÖLZL verhält sich ablehnend zu dem Hısschen Gedankenkreise; die Zunge wird überhaupt nicht gesenkt, sondern durch Wachstum verlagert; denn anfangs liege sie hinten in der Mundhöhle, später unter der Oberlippe. Sie wachse eben aus dem Raum zwischen den Gaumen- platten hinaus und gelange nicht mehr in denselben hinein. Fuchs hat dieser Auffassung beigepflichtet und das außerordentliche Längen- wachstum der Zunge hervorgehoben, aber nur, um damit die Sprengung der Mundhöhle und Senkung des Unterkiefers zu erklären. - Andere Ergebnisse haben die auf das vergleichende ontogene- tische Studium der Mundhöhle bei verschiedenen Amnioten ge- richteten Arbeiten des hiesigen Instituts gezeitigt: Nachdem SIPPEL zuerst versucht hatte, die Ähnlichkeiten und Verschiedenheiten der Gaumenrinne und des Dachreliefs der Saurier festzustellen, führte AULMANN die vergleichend-ontogenetische Analyse der Mundwand bei Vögeln und Säugern durch und gewann an seinen Modellen die Einsicht, daß die Mundhöhle in die drei Abschnitte: »Mittelraum und Seitenflügel«e gegliedert ist. POHLMANN zog daraus die weitere Konsequenz, daß es überhaupt keine Gaumenfortsätze gibt, und leugnete die Verlagerung derselben, freilich ohne den Beifall von Frers und InouyE zu finden. B. Eigene Untersuchungen, Wie die Literaturexzerpte des vorigen Kapitels zeigen, sind die Autoren der letzten Jahre: ScHoRR, Fuchs, IsouyE über die in den Präparaten vorliegenden Tatsachen hinausgegangen, um den von Dursy und Hıs angenommenen Umlagerungsprozeß der Gaumen- platten ins Einzelne auszumalen. Als Anhaltspunkte ihrer Deduk- tionen dienten die wenigen Fälle pathologischer Embryonen mit Schiefstellung der Zunge. Dagegen habe ich auf die Mißbil- dungen zunächst kein Gewicht gelegt, sondern, angeleitet von meinem Lehrer A. FLeischmanN, sämtliche Formeigenschaften an Wand und B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 619 Lumen der Mundraehenhöhle in Gedanken zusammenzufassen ge- sucht, weil bisher das Relief der sog. Gaumenfortsätze zu ein- seitig in Betracht gezogen war. Im Nachfolgenden werde ich die Epithelwand der Mundrachen- höhle als einheitliches plastisches Gebilde während der verschie- denen Phasen seiner Umbildung schildern und vor allem die Frage diskutieren, ob Dursy berechtigt war, die aus Querschnitten er- hellende Eigenart der embryonalen Mundhöhle mit dem Terminus »Gaumenfortsatz« zu bezeichnen. Ich glaube den Beweis führen zu können, daß in seiner Terminologie die Wurzel der Schwierigkeiten lag, mit denen sich alle Forscher von Hıs bis InouyE erfolglos abmühten. Daher stelle ich mit PouLmann den Satz auf: Es gibt keine Gaumenfortsätze. Die Meinung, daß der harte und weiche Gaumen in Form ursprünglich vertikaler Platten angelegt und später in die horizontale Stellung geklappt wird, ist falsch. Die Anregung zur vorliegenden Arbeit erhielt ich von meinem hochverehrten Lehrer, Prof. Dr. A. FLEISCHMANN und ich möchte ihm auch an dieser Stelle dafür und für den dauernden Beistand, den er mir im Verlaufe meiner Arbeit erwiesen hat, meinen herzlichsten Dank aussprechen. Ebenso danke ich seinem Assistenten, Herrn Dr. F. SrELLwAAG für die liebenswürdige Unterstützung beim Pho- tographieren der Modelle und Zeichnungen. Meine Studien be- gannen im November 1911 damit, daß ich Schnittserien durch verschiedene im Zoologischen Institute vorrätige Embryonen vom Meerschweinehen (Cavia cobaya) machte und einige derselben re- konstruierte. Schon damals wies mich Prof. A. FLEISCHMANN auf die Notwendigkeit hin, die für die befriedigende Lösung meiner Aufgabe erforderlichen Stadien planmäßig zu züchten. Im Februar 1912 wurden 30 Meerschweinchen angekauft, mußten aber infolge schlechten Ernährungszustandes lange Zeit aufgefüttert wer- den, ehe ihre geschlechtliche Leistung begann. Anfangs Mai endlich meldete der Präparator Th. Hırrz, daß einige Weibchen belegt seien, und Ende des Monats konnten die ersten Probeserien ge- schnitten werden. Nach verschiedenen Anhaltspunkten hatte Prof. FLEISCHMANN bestimmt, daß das erste Weibehen 28% 6% nach der Begattung getötet werden sollte. Seine Voraussage wurde nicht ge- täuseht. Ein Embryo, welcher sogleich nach der Entnahme aus dem Uterus untersucht wurde, zeigte einen ganz schmalen Gaumenspalt. Wir konnten daher annehmen, daß die Umbildung am 27. Tage beginnt und am 28. Tage vollendet wird. So züchteten wir während Morpholog. Jahrbuch. 46. 40 620 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. der Monate Mai bis August, unterstützt durch die Sorgfalt des Prä- parators Hırrz, eine genügende Anzahl von Embryonen gerade aus der kritischen Periode. Im ganzen wurden 20 Weibchen geopfert und 60 Embryonen geerntet: durchschnittlich lieferte ein Weibchen 3 Embryonen, d.h. in 10 Fällen 3 und in 5 Fällen 4 Embryonen, einmal 5, zweimal 2 Embryonen. Die Eikammern lagen bei 12 Weibchen beiderseitig (einmal je 2 rechts und links, 9 mal links mehr als rechts und zwei- mal rechts mehr als links). Bei 5 Tieren waren die Embryonen nur im linken Uterushorn, bei einem Tier ausschließlich rechts ent- wickelt. Mit der Schwangerschaftsdauer stieg die Größe der Em- bryonen von 0,7 em bei 204 auf 2cm bei 28% 6%, doch waren viel- fach Größenunterschiede der Jungen eines Wurfes von 0,5—2 mm wahrzunehmen, während andererseits z. B. die Scheitelsteißlänge 1,55 cm an einem Embryo von 254124, von 264 10%, als auch 274 6% gemessen wurde. Alle Embryonen wurden nach der Konservierung in Formol oder Formolalkohol genau gemessen und in eine fort- laufende Reihe geordnet. Ich erhielt so Embryonen folgender Größe: 0,7, 0,85, 0,90, 0,94, 0,95, 1,0, 1,10, 1,15, 1,25, 1,40, 1,42, 1,45, 1,48, 1,50, 1,55, 1,65, 1,68, 1,70, 1,72, 1,75, 1,78, 1,80, 1,84, 1,85, 1,87, 1,88, 1,90, 1,95 2,00 em. Nach Tagen geordnet hatte ich Embryonen von 194 10h, 204 22h, 234 2h, 244 13h, 254 12h, 264, 264 10h, 264 13h, 26d 22h, 274, 274 4h, 274 Gh, 274 7h, 274774, 274 9h, 284, 284 Gh und 334 zur Verfügung. Die Ebene der Schnittführung ist nicht gleichgültig. Wenn man die übliche frontale Schnittrichtung benutzt, so daß Mund und Rachen im erträglichen Querschnitt getroffen werden, gewinnt man kein be- friedigendes Verständnis. Mißerfolge ließen mich bald einsehen, daß man mit einer einzigen Schnittebene und deren Parallelen die ganze Mundhöhle nicht gut analysieren kann. Da bei jüngeren Embryonen (Fig. 45) die Mundrachenanlage zweimal (nämlich hinter den Cho- anen und im Laryngopharynx) rechtwinklig gebogen ist, erhält man nur durch eine bestimmte Region gute Querschnitte senkrecht zur ‚Achse, durch andere aber unklare Schräg- oder Tangentialschnitte. Daher muß die Sehnittriehtung immer mit genauer Rücksichtnahme auf die zu untersuchende Gegend gewählt werden. Um eine sichere Grundlage für die richtige Wahl der Schnittebene zu gewinnen, machte ich auf den Rat meines Lehrers mediane Längsschnitte und B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 621 probierte an den Zeichnungen derselben, welehe Ebene eine be- stimmte Gegend im reinen Querschnitt trifft. Für die Bestimmung der passenden Zwischenstadien wurde jeder Embryo vor dem Ein- betten gezeichnet. Auf das Bild wurde jeweils die gewünschte Fig. 31. Fig. 30. Umrißbild eines Meerschwein- ; Umrißbild eines Meerschwein- chen-Embryos... Vergr. 1. chen-Embryos. Vergr. 11/. Die starke Banieı A—A gibt Die starke Linie B—B gibt die Lage der Schnittebene an. die Lage der Schnittebene an. Schnittriehtung, sowie die zu ihr senkrechte Definierebene einge- tragen und der mit Paraffin durchtränkte Embryo, der in den Objekt- halter des Junsschen Mikrotoms eingekittet war, danach genau ein- visiert. Ich habe hauptsächlich zwei Schnittrichtungen benutzt, deren Lage im Kopfe durch die Skizzen Fig. 29 und 30 dargestellt ist. 1. Kritik des Begriffes »Gaumenfortsatz«. Dem Bericht über die positiven Ergebnisse meiner Studien sollen einige kritische Bemerkungen vorausgehen. Die Querschnitte durch die embryonale Mundhöhle (Fig. 15—20) zeigen Dach und Boden gleichsinnig gekrümmt, so daß jede Wand das plastische Abbild der andern darstellt. Eigentliche Seitenwände fehlen, die breiten Dach- und Bodenbezirke hängen durch laterale Winkelbogen zusammen und spiegeln, kraft des schmalen Abstandes, wechselseitig alle Relief- eigentümlichkeiten. Vom 24.—27. Tage bleiben trotz zunehmender Ausdehnung der Höhe, Breiteund Länge beideWändeinstrenger morpho- logischer Korrelation gleich den Gegenflächen einer Matrize und Patrize. Das Querschnittsbild dieses Stadiums ist bekannt, aber da es die Irrlehre von der Existenz der Gaumenfortsätze veranlaßt hat, muß es genauer besprochen werden, um zu zeigen, daß von wirklichen Fortsätzen und ihrer Umlagerung keine Rede sein kann. Die falsche Ansicht wurde zwar von E. POHLMANN (5f) treffend kritisiert, nach- dem jedoch Frerts (6) und Inovuve (13) das Gewicht seiner Einwände unterschätzt und die alte Deutung des Jahres 1868 vorgezogen haben, 40* 622 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. werde ich im Nachfolgenden die Erwägungen POHLMANNS etwas weitläufiger darlegen, um ihnen künftige Popularität zu sichern. An Querschnitten der dorsalen und ventralen Mundwand sind 5 Streeken unterscheidbar (Fig. 32). Von der mittleren transversalen Strecke CD laufen zwei vertikale Strecken CB und DE fast unter rechten Winkeln abwärts; von den Ecken 5 und E biegen mit schwacher Neigung zu den Vertikalen die Strecken BA und EF ab. An den Endpunkten A und F liegen die kleinen Mund- winkelrinnen (AuLMAnN), welche den Übergang von Dach und Boden vermitteln. Wenn man die Epithelwand der Mundhöhle in Gedanken aus dem Mesoderm isoliert, so erhält man den Anblick einer vierkantigen Schwelle BUDE, welche über die Seiten- böschungen AB und EF emporragt. POHLMANN und AuLMAnN haben den Zu- stand mit den Worten beschrieben: »die Mundhöhle ist in einen Mittelteil und zwei Seitenflügel AB bezw. EF' ge- gliedert«. Die Verteidiger der Gaumenfortsätze betrachten jedoch die embryonale Mund- höhle nicht in der eben angenommenen Weise. Sie denken sich Dach und Boden an den Winkelrinnen A und F auseinander- geschnitten, so daß die Innenfläche beider Teilstücke, d. h. der Boden aus der dorsalen und das Dach aus der ventralen Per- spektive angeschaut wird. Daher sehen sie an beiden Teilen ent- gegengesetztes Relief: am Mundboden den vorspringenden Mittel- wulst BCDE der späteren Zunge und die flachen Böschungen AB bezw. EF der Seitenflügel, am Dache dagegen die offene Gaumen- rinne BCDE mit fast rechteckigem Profile und die querstehenden Decken AB, EF der Seitenflügel. Weil das Relief des Mundbodens vom Munddache gleich einer negativen Matrize gespiegelt wird, erscheint die rechtwinklige Neigung der sich schneidenden Wände CB und AB, bezw. DE und FE am Dache wie eine scharfe Kante, bezw. im Querschnitt wie ein spitzes Eck, welches in den Raum zu beiden Seiten des plumpen Zungenwulstes eingreift. Der Formzustand läßt sich durch ein einfaches Modell veran- schaulichen, wenn ein Blatt Papier in der Mitte gefaltet, die freien tänder miteinander verklebt und die breiten Flächen im Sinne des (uerschnittbildes der Fig. 32 längs vier Kanten geknickt werden, deren gegenseitige Entfernung nach den Punkten A, DB, GC, DEF Fig. 32. Schematische Darstellung des Mund- epithelschlauches. B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 623 bemessen ist. Das Modell wird jedermann überzeugen, daß der in die Form eines Raumwinkels gelegte Bezirk CBA, bezw. DEF des Daches einen Faltungszustand der Mundwand anzeigt, der durch den Ausdruck »Gaumenfortsatz« oder »Gaumenplatte« unrichtig be- nannt wird; denn die damit gemeinten Ausschnitte des Dachreliefs mit den winklig geneigten Flächen AB und BC, bezw. FE und ED sind keine selbständigen Gebilde, sondern bloß zwei durch ihr stereometrisches Verhältnis auffallende Bezirke, die einer beson- deren Modellierung ihren Ursprung danken, welche sich sowohl in der Wand, als auch im eingeschlossenen Lumen geltend macht. Man darf ihnen daher ebensowenig eine Sonderexistenz zuerkennen als den Längsfalten im Darme, die ‘Ausdruck der Dehnbarkeit sind und verstreichen, wenn die Darmhöhle gefüllt wird. Die sog. Gaumenfalten können freilich mit den Darmfalten nicht direkt ver- glichen werden, weil sie Bildungsfalten oder das durch die Anlage des Zungenwulstes in einem engen Epithelsehlauche notwendig ent- stehende negative Relief am Munddache sind. Bei der Beurteilung dieses Zustandes wurde aber bisher ausschließlich das Bild des Querschnittes und nicht die volle Plastik der ganzen Anlage berück- sichtigt. Indem die Knieckung des Munddaches an den Kanten BD und E als besondere Eigenart hervorgehoben und die beiden dort zusammenstoßenden Flächen in Gedanken als selbständige Fortsätze isoliert wurden, entstand das Mißverständnis, als seien zwei Trennungsplatten in die Mundhöhle hineingewachsen. Der weitere Schritt, die falsche Abstraktion mit dem Namen: »Gaumenfortsatz« zu belegen und dadurch die Erinnerung an den späteren Zustand des geschlossenen Gaumens zu erwecken, mußte zur Schlußfolge- rung Dursys führen, daß die unrechtmäßig abstrahierten Gaumen- fortsätze emporschnellen und gleich einem Doppeltor geschlossen werden. Es dürfte jedoch den Tatsachen besser entsprechen, wenn ich den falschen Begriff endgültig von der Diskussion ausschließe und das plastische Relief mit PoHLMANN etwa in folgender Weise schildere: Durch eine Kniekung der Mundwand werden sowohl am Dache als am Boden fünf Flächenbezirke, die ursprünglich fast in einer idealen Ebene lagen, räumlich so verschieden gestellt, daß die Mundhöhle einen medialen Teil (Mittelraum mit Bodenwulst) und zwei laterale Seitenflügel erhält. Das Epithelufer BCDE des Mittel- raums (bezw. des Bodenwulstes) stößt unter einem ungefähr rechten Winkel an die Epithelufer der Seitenflügel längs der Kanten D und (, 624 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. für welehe ich den indifferenten Namen: »Grenzkante« vor- schlage. Dann ist der morphologisehe Zustand ohne theoretisches Präjudiz in Worten ausgedrückt und der engen Formkorrelatiou zwischen Dach und Boden zugleich Rechnung getragen, während die bisher gebräuchliche Nomenklatur sie verschleierte, indem nicht korrespondierende Teile, nämlich oben die laterale Wand des Mittel- raumes und die Decke jeder Seitennische als Gaumenfortsätze, unten aber die dem Mittelraum korrespondierende Bodenerhebung als Zungenwulst bezeichnet wurden. Man braucht nur die Figur 119 zu betrachten, um einzusehen, daß die Tatsachen uns durchaus nicht zwingen, an dem Begriff der »Gaumenplatten« festzuhalten. Das Modell zeigt den Formzustand des Munddaches eines Embryos 274 6% aus der Bodenperspektive. Auch an dem Bild fallen die abgerundeten Grenzkanten (%k) auf, längs welcher das Dach der Seitenflügel in die senkrecht dorsal ansteigende Wand des Mittelraumes übergeht. Man würde den Tatsachen Gewalt antun, wollte man hier von der Existenz der Gaumenplatten sprechen; ich schlage daher vor, den von Dursy eingeführten Begriff als Irr- tum der Vergangenheit endgültig zu beseitigen. Dursy ist der weiteren Täuschung verfallen, daß er die Gaumen- platten als Anlage des sekundären Gaumens deutete. Dieser Ge- danke hat so faszinierend gewirkt, daß keiner der nachfolgenden Forscher die eben erörterten kritischen Einwürfe erwogen hat. Im vollen Vertrauen darauf, daß die Grenzkanten am Dachufer der Mundhöhle wirklich die Anlage des sekundären Gaumens seien, haben Hıs, SCHORR, FucHs, FreErs, InouyE an die Rotation der Gaumenplatten geglaubt. Durch die nüchterne Beschreibung der von mir beobachteten Stadien will ich aber darlegen, daß damit der wirkliche Vorgang nicht enträtselt wurde. 2. Die Mundhöhle vom 22.—27. Tag. Am 22. Tage ist die Mundhöhle noch sehr einfach; die Epithel- wand bildet einen transversal flachgedrückten Schlauch, das Lumen einen schmalen Spalt (Fig. 33, 34), so daß Dach und Boden eng benachbart sind. Die Gestalt der gesamten Mundwand ist jedoch komplizierter, als man vermutet. Erstens liegen Dach und Boden nicht in einer geraden Ebene, sondern in einem dorsal konvexen, d.h. gegen die Hirnbasis flach gekrümmten Bogen, was am Boden (Fig. 33), wo die Zunge entstehen wird, zunächst stärker hervor- tritt als am Dache. Die dorsale Biegung beherrscht den mittleren B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 625 Teil der Mundwand (Fig. 33, 34), während die lateralen Flügel gerade ziehen. So bereitet sich das Querschnittsbild (Fig. 34) der folgenden Tage vor. Jüngere und älter. Embryonen sind nur da- dureh unterschieden, daß die Epithelufer des Mittelraumes und der Seitenflügel anfangs in einer schwachen, später in einer scharfen Biegung abgesetzt sind. Ferner ist die Mundhöhle am 22. Tage unvollständig. Weil ihr Boden zunächst klein skizziert ist und die Unterlippe etwas zurück- steht (Fig. 46), liegt der vordere Teil des Munddaches (d.h. die Gegend der primitiven Choanen, bzw. die Membrana nasobucealis, br) Fig. 33, BEZ.) Fig. 34. b ern 8 e DD di IS, e rn c > Ausgewählte Querschnitte des ecto- Ausgewählte Querschnitte durch dermalen Mundschlauches. Cavia co- den ectodermalen Mundschlauch baya. Embryo 22d. Vergr. 10/1. von Cavia cobaya. Embryo 22d1h. Abstand der Schnitte: Vergr. 10/1. Z Zunge. a—b = 280 u c—d = 40 u Abstand der Schnitte: b—c= Mu d—e = 80 u a—b =W0 u d—c = S0 u - frei zutage. Später dagegen wird der Einblick in die Mundhöhle durch die geschlossenen Lippen verwehrt. Jetzt ist die Unterlippe nur lateral entwickelt, median fehlt ihr noch fast jede Masse, daher sinkt ihre Oberfläche median zu einer Kerbe ein, welche den An- laß gab, von zwei »sekundär verwachsenden« Unterkieferhälften zu sprechen. Der Längsschnitt (Fig. 46) und das Modell (Fig. 117) demon- strieren, wie das Dach über den kurzen Unterlippenwulst («/) hakig gekrümmt vorspringt. Infolgedessen kann man von außen die ganze Dachfläche der kurzen Mundhöhle bis an die Hypophysenwurzel über- blieken. Die spätere Choanenöffnung ist am 22. Tage durch den soliden epithelialen Zusammenhang (br) der Nasenschläuche mit dem Eetoderm der Mundhöhle angedeutet; sie liegt an dem ungedeckten Bezirke des Daches. Die dorsal konvexe Krümmung des Mund- daches, welche den Formzustand der Gaumenrinne leise vorbereitet, 626 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. läßt sich auch an dem freiliegenden Teile (Fig. 33a) wahrnehmen, ein Beweis dafür, daß das Munddach weit über die Tangentialebene der Unterlippe vorspringt. Von der Oberlippe kann man noch nieht sprechen; denn die Gegend zwischen der Choanenstelle und dem äußeren Nasenloch, aus welcher der vordere Teil des Munddaches, der Lippenrand und das äußere Lippenfeld mit dem Filtrum ent- stehen wird, ist noch schmal und ungeformt (Fig. 46). Das absonderliche Relief der frühembryonalen Mundgegend er- hellt auch aus den Fig. 117 u. 118, welche zwei Rekonstruktions- modelle des Larvengesichtes vom 20. und 22. Tage zeigen. Das Antlitz (Fig. 117) unterscheidet sich von dem späteren, jedermann bekannten Zustande hauptsächlich dadurch, daß die Medianzone des oberen und unteren Mundrandes kaum ausgeprägt ist. Scharf sind nur die Mundwinkel () in ihre verdiekte, wie geschwollen ange- laufene Umgebung eingesehnitten. Während später Ober- und Unter- lippe in konvexem Bogen ziehen, sind sie jetzt konkav eingesenkt und in geraumem Abstande, so daß noch keine eigentliche Mund- spalte besteht. Die Gegend der Oberlippe (Fig. 117, ol) mit den un- förmig gewulsteten Nasenlöchern (ax) tritt schräg über die kleine Unter- lippe («/) vor. Früher wurde dieses Relief mit der Bezeichnung »Mund- bucht« beschrieben, doch sollte man es besser »Klaffmund« nennen, weil die Lippen nicht geschlossen, d. h. ganz unscheinbar sind und deshalb an dem Modelle das ganze Munddach bis zur Hypophyse überblickt werden kann. Hinter dem Rande der flach gebogenen Unterlippe liegt das vordere Ende des niedrigen Zungenwulstes (Fig. 34a). Der Raum für die Mundhöhle ist im Larvenkopf (Fig. 46) sehr beschränkt. Die Mundnasengegend liegt unter dem jetzt domi- nierenden Gehirne wie ein Fremdling. Erst wenn hier das Wachs- tum kräftiger einsetzt (Fig. 47—49), werden die Eigenschaften der Schnauzenregion sichtbar, indem der Abstand der Hypophysenwurzel vom Ectoderm der Kehlfläche sowie der Nasenlöcher ungefähr auf das Doppelte steigt. Außer der dorsal konvexen Krümmung steht der Mundepithel- schlauch unter der Herrschaft einer zweiten Beugung, auf welche bisher wenig achtgegeben wurde, obwohl sie an allen Längsschnitten klar zutage tritt. So wie die Figuren (Taf. VII) orientiert sind, steigt das Munddach (Fig. 46) von der Ecke zwischen den Nasenlöchern‘ schräg gegen die Choanenmembran (br), dann gerade zur Hypophyse. Die an der Choanenmembran befindliche Spitze der stumpfwinklig B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 627 geknickten Eetodermlamelle zwingt uns, zwei Schenkelflächen des Munddaches zu unterscheiden. Die Längsschnitte der nächst älteren Embryonen (Fig. 47, 48) zeigen, daß sich vom 224 bis 274 die Kniekung besser ausprägt. So wird ein aufsteigender, para- choanaler (pa), und ein dazu fast senkrechter postchoanaler (pc) Arm der Mundhöhle differenziert. Hinter der Mundhöhle, bzw. der Hypophyse, folgt der ento- dermale Pharynx. Seine Größe steht im umgekehrten Verhältnis zur Mundhöhle. So- Fig. 35. lange letztere unscheinbar zurücktritt, macht ® > er den größten Abschnitt des Kopfdarmes R aa. aus, später aber überwiegt die Mundhöhle. SORTE Mit KrıraBaum (df) unterscheide ich zwei a Abschnitte, den Propharynx (pr) und - Laryngopharynx (lp). Von der Hypophyse 2 zieht der Propharynx (Fig. 46) parallel der 2 Basis des Hinterhirns; der Laryngopharynx 3 BAR biegt entsprechend der Nackenbeuge senk- & recht ab, so daß Speiseröhre und Luftröhre wa Ta fast parallel dem parachoanalen Munddache Y N in den Rumpf eintreten. Wenn man vom N mr Propharynx aus die Mundhöhle betrachtet eo R des Mittelraumes in direkter Verlängerung (Fig. 48), so zieht die postehoanale Wand (pe) BT za des Pharynxdaches, um in geraumer Ent- 1 fernung vor der Hypophyse (ungefähr am & mr hinteren Rande der Choane) fast senkrecht in a.— die parachoanale Wand umzubiegen. Das Ausgewählte Querschnitte durch . . 3 . = den ectodermalen Mundschlauch gleiche gilt für die Oberfläche des Zungen- sn Cania cobaya. Embryo Bd wulstes, der einen post- und parachoanalen 2'/eh. Vergr. 10/1. : E « en A 3 ME Abstand der Schnitte: Bezirk unterscheiden läßt. Die Seitenflügel lern stehen auf beiden Seiten des Mittelraumes ee u ar u .. [-u = at g—-h= UV u etwas schräg zur Ebene der Parachoanal- Pe wand geneigt, so daß letztere ein Indikator für die Höhe der Mittelraumseitenwände ist, welche sich als drei- eckige Felder zwischen der parachoanalen und postchoanalen Wand und der Grenzkante der Seitenflügel einfügen. Am 23. Tage ist die Dorsalkrümmung der schmalen Mund- höhle gestiegen, der Boden ist noch stärker gebogen (Fig. 35, e—h) als das Dach. In der nächsten Zeit wird die Modellierung schärfer 628 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. fortgeführt, so daß das unter dem Namen »Gaumenrinne« bekannte Relief (Fig. 54—60) entsteht, um bis in die Mitte des 27. Tages zu dauern. Etliche Tage vorher wurde das freiliegende Dach der Mundhöhle durch Vergrößerung der Unterlippengegend dem Anblick von außen her entzogen und die Lippenränder einander gegenüber- gestellt (Fig. 118). Die bisher besprochenen Schnitte und Modelle widerlegen sowohl die landläufige Angabe, daß die primitive Mundhöhle ein weiter Raum sei, als die These, daß die Gaumenplatten wie Fort- sätze des Oberkiefers in die weite Mundhöhle einwachsen. - Beim Anblick der Fig. 33—35 u. 54—60 ist es überhaupt unmöglich, von Gaumenplatten der jüngeren Anlage zu sprechen, weil keine Fort- sätze in einen weiten Raum eingeschoben werden, sondern eine Faltung am engen Schlauch der epithelialen Mundwand erfolgt, welche frühzeitig einsetzt und konsequent fortschreitet; die Gliede- rung in Mittelraum und Seitenflügel geschieht an beiden Wänden des dorsal konvex gekrümmten Mundschlauches, indem die mediane Zone mehr dorsal gebeugt wird (Fig. 34, 35) als die lateralen Bezirke, bis endlich die ungefähr rechtwinklige Kniekung (Fig. 54—60) der Epithelwand erreicht ist. Da die Mundlichtung von Anfang an sehr schmal ist, wird Dach und Boden in gegenseitiger topographischer Abhängigkeit geformt, gleich wie die gegenüberliegenden Grenz- flächen der Schmelzglocke und Dentinpapille jeder Zahnanlage, Obgleich die an der rechten und linken Grenzkante zusammen- stoßenden Ufer des Mittelraumes und der Seitenflügel auf den Figuren 56—60 dem Querschnitte durch die Ecke einer rechtwink- ligen Leiste gleichen, sind keine Leisten vorhanden. Die seitlich von den Epithelufern liegenden Mesodermmassen, in denen später die Verknöcherungsherde für Maxilla und Palatinum entstehen, sind auch nicht aus den Oberkieferfortsätzen hervorgewachsen. Zellen des Mesoderms lagen in dieser Gegend schon zu einer viel früheren Embryonalzeit und haben sich allmählich nur zu einem größeren Haufen entwickelt. Zur besseren Übersicht der Formentwicklung verweise ich auf das Modell des Embryos 224 (Fig. 40), das die ganze Mundwand samt den Lippen und dem Nasenschlauch im Zusammen- hang wiedergibt. Am meisten fällt die Kniekung der parachoanalen und postehoanalen Wand auf, ferner die dorsal konvexe Krümmung des Munddaches, welches von der Mundwinkelrinne (wwr) sanft ansteigt. Der Choanengang des einfachen Nasenschlauches hängt an der para- choanalen Wand des buckelförmig emporgetriebenen Mittelraumes, B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 629 seine 160 « lange Choanenstelle liegt an dem über die Unterlippe vorspringenden Munddache. Die Modelle (Fig. 41 u. 42) von zwei Embryonen 224 zeigen die Mundhöhle größer und den Mittelraum schärfer abgesetzt, die Nasenschläuche sind ebenfalls gewachsen. An der Choanenstelle des Nasenschlauches ist die Choanenmem- bran —= Membrana bucconasalis entstanden, welche 120 «, im anderen Falle 200 « sagittaler Länge mißt und so liegt, daß ihr Vorderrand mit dem Außenrand der Unterlippe abschneidet. Beim Embryo von 241/, Tagen (Fig. 43) ist der Mittelraum mehr von den Seitenflügeln abgeknickt und der Nasenschlauch hat die Merkmale seiner definitiven Form gewonnen. Die parachoanale Wand ist bedeutend verlängert. Die offene Choane mißt 520 u. Endlich bei 26 Tage alten Embryonen (Fig. 50—53) ist die Gliederung der Mundhöhle in Mittelraum und Seitenflügel (sf) sehr gut ausgesprochen. In der Seitenansicht (Fig. 51, 53) sieht man die Grenzkante, an welcher die Epithelufer zusammenstoßen als schwache Furche. Die Choane des Nasenschlauches ist auf 640 u sagittaler Länge gestiegen. Das Munddach eines anderen Embryos wird durch die Figur 52 in der dorsalen Perspektive veranschaulicht. Der hoch\ emporgewölbte Mittelraum gleicht einem langgestreckten Kamm, während die Seiten- flügel (sf) in einem tieferen Niveau haften. Die lateralen Ufer (ww) des Mittelraumes fallen schroff gegen das Flügeldach ab, der mediane Dachstreif dagegen steigt sanft von der Oberlippe auf und sinkt in der Pharynxregion (Fig. 51) ab. Naturgemäß muß dort, wo das Munddach aus dem horizontalen Niveau der Seitenflügel in die Seitenufer des Mittelraums übergeht, eine Biegungskante oder in der Außenansicht eine Biegungsfurche entstehen; wer aber das Relief des Modells genau betrachtet, wird die Existenz der Gaumenfort- sätze ablehnen. Dursy und Hıs sind wirklich einem schweren Irr- tum verfallen, als sie die an den Biegungskanten ineinander über- gehenden Epithelufer der Seitenflügel und des Mittelraumes als Gaumenplatten deuteten und die spätere Lageveränderung der- selben vermuteten. Die bisher mit dem Ausdruck Gaumenplatten charakterisierte Querschnittform (Fig. 54--60) herrscht nur in der Mundhöhle und erstreckt sich niemals bis an den Kehlkopf. Sie greift überhaupt nicht auf den entodermalen Bereich jenseits der Hypophyse über; der Epithelschlauch des Pharynx liegt noch flach und niedrig ge- drückt. Das ist eine wichtige Tatsache. Daher muß die Aus- dehnung der Mundhöhle klar bestimmt werden: AULMANN hat schon 630 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. vor 4 Jahren den Unterschied des Querschnittsbildes für Mundhöhle und Rachen (Fig. 36, 37) und die Grenzmarken der Mundhöhle an- gegeben: dorsal die Wurzelstelle der Hypophyse, ventral die hin- teren Enden der Zungenfurchen (xzf) und der Seitenflügel. Die Marken am Mundboden sind während des ganzen Lebens, die Wurzelstelle der Hypophyse bis zum 30. Tag sicher zu bestimmen. Nach diesen Anhaltspunkten kann ich bestätigen, daß Mittelrinne und Seitenflügel nur innerhalb des ecetodermalen Bezirks entstehen, oder in der Ausdrucksweise von Dursy, daß die Gaumenfalten sich nicht auf den Rachen ausdehnen. Mit der Differenzierung des Pro- pharynx erhält zwar der Mittelraum der Mundhöhle eine analoge Fig. 36 u. 37. mr dn ar. if Ovis aries. Embryo 41mm S.Sl. Nach AurLmann. Vergr.3/1. Fig. 36: Querschnitt der Mundhöhle. Fig. 37: Querschnitt des Rachens. mr Mundwinkelrinne; z Zunge; zf Zungenfurche; dn Tubopharynx; if Glossopharynx. Verlängerung ins Rachengebiet, aber die Seitenflügel bleiben aus- schließlich der Mundhöhle eigentümlich als Mittel zur transversalen Verbreiterung derselben, um Raum für das Gebiß zu schaffen, dessen Zahnleisten an den Seitenflügeln entstehen. Die Differenzierung des wachens geht nur insofern der Veränderung im Mundhöhlenabschnitt parallel, als das flachgedrückte Lumen später durch Einbiegung der lateralen Wände in zwei Gänge (Tubopharynx und Glosso- pharynx) zerlegt wird. Daher ist These 5 (S. 596) unhaltbar. 3. Die Metamorphose der Mundhöhle am 27. und 28, Tag. Mit Recht wird jetzt die Frage an mich gerichtet werden, wie sich das Relief der Mundwand zur Herstellung des Gaumens ver- ändert, wenn keine Fortsätze da sind, die sich aufrichten. Ich kann darauf zuverlässigen Bescheid geben, weil es mir gelungen ist, die (Gaumenbildung an passenden Embryonen zu beobachten. Bisher war nur das Stadium der Gaumenrinne, sowie der spätere Zustand der metamorphosierten Mundhöhle mit einem größeren oder kleineren Medianspalt des in der Schließung begriffenen Gaumendaches be- schrieben. Die allgemein anerkannte Beobachtungslücke wurde durch B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 631 den an die embryologischen Methoden des 18. Jahrhunderts erinnern- den Hinweis auf einige pathologische Befunde scheinbar ausgefüllt. Dagegen habe ich mich bemüht, die Stadien des wirklichen Ge- schehens zu erfassen, nachdem die planmäßige Zucht der Meer- schweinchen ‘mich in die Lage versetzt hatte, viele Weibehen aus der kritischen Periode (27. und 28. Tag der Schwangerschaft) zu untersuchen. Die daraus gewonnenen Serien und Modelle haben über alle Zweifel erhärtet, daß die Bildung des Gaumens ganz anders vor sich geht, als Dursy samt seinen Nachfolgern oder A. PöLzL vermutet hatten. Ich hoffe, durch meinen Bericht zu zeigen, daß die hypothetischen, von jener Seite erörterten Annahmen höch- stens den Wert besaßen, auf die erneute Untersuchung einer be- stimmten Embryonalperiode hinzuweisen. Dagegen die Vermutungen ins Einzelne auszumalen, ungesehene mechanische Spannungen und physiologische Reflexe zu beschreiben, wie es SCHORR, Fuchs, InouyE versucht haben, scheint mir unfruchtbares Bemühen. Zuerst widerlege ich die Ansicht, daß die Zunge durch Längen- wachstum aus der Gaumenrinne entfernt wird. A. Pörzı meinte, die Zunge wachse aus dem Raum zwischen den Gaumenplatten nach vorn hinaus, indem ihre plumpe, anfangs im Hinterteil der Mund- höhle hinter dem Ende des Zwischenkiefers liegende Spitze unter den Zwischenkiefer, endlich unter die Oberlippe und durch Hinabwachsen des schief nach vorn absteigenden Zwischenkiefers in ein tieferes . Niveau gelangt. Ihre Dorsalflläche werde stark gekrümmt, bis Zungenwurzel und Zungenrücken rechtwinklig geknickt seien. Auch der Unterkiefer rücke immer weiter nach vorn, daß er schließlich vor die Ebene der Schnauze, die Zungenspitze auf die Alveolarleiste des Unterkiefers und unter die Unterlippe komme. Später sinke die Zunge zwischen dem MEcKELschen Knorpel ein. Also sollen Unterkiefer und Zunge durch Wachstumsdifferenzen in ihre definitive Lage rücken und den Raum zwischen den Gaumenplatten frei- machen. H. Fuchs hat diese Vermutung mit der Senkungshypothese von W.Hıs verknüpft. Die kleine hinten in der Mundhöhle liegende Zunge soll immer länger wachsen, bis ihre vorrückende Spitze die Mundspalte sprenge, so daß der Unterkiefer und mit ihm die Zunge nach unten gesenkt werde. Zugunsten ihrer Ansicht hat A. PöLzr folgende Sagittalschnitt- serien angeführt: 1. Embryo 19 mm S.Sl.: Die Schnauze überragt den Unterkiefer; dieser und die Zunge stehen steil aufgerichtet; Zungenspitze noch sehr plump und gegen 632 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. das Septum gekehrt; Rücken und Wurzel liegen der Schädelbasis dicht an (Fig. 7, S. 602). 2. Embryo 22 mm $8.Sl.: Die Zungenspitze liegt hinter dem nach vorn ab- fallenden Zwischenkiefer (Fig. 8, S. 602). 3. Embryo 23 mm 8.Sl.: Zungenspitze noch hinter der Alveolarleiste des ÖOberkiefers, aber schon vor dem Zwischenkiefer. 4. Embryo 22 mm S.Sl.: Die Zungenspitze ist unter dem Zwischenkiefer vorgerückt bis dicht hinter die Alveolarleiste, ihre Spitze ist tiefer herab- getreten. 5. Embryo 28 mm S.Sl.: Die Zungenspitze liegt unter der Oberlippe und auf der Alveolarleiste des Unterkiefers. 6. Embryo 27 mm 8.Sl.: Die Zungenspitze liegt auf der Alveolarleiste des Unterkiefers und reicht biszur Lippenzahnfurche des Oberkiefers (Fig. 9, S. 602). 7. Embryo 33 mm S.Sl.: Die Zungenspitze liegt unter der Oberlippe, vor der oberen und hinter der unteren Alveolarleiste (Fig. 10, S. 602). Wenn man aber nicht nur den hier kurz exzerpierten Text, sondern auch die Belegpräparate (Fig. 7”—10) erwägt, wird man urteilen, daß sie wohl die Formänderung und Vergrößerung der Mundhöhle samt Zunge, jedoch nicht eine so übermäßige Verlage- rung der Zunge bezeugen, wie sie A. PöLzL in Worten geschil- dert hat. H. Fuchs demonstrierte seine Ansicht an zwei nach A. PÖLzL kopierten Medianschnitten (Fig. 7) und an der Außenansicht ver- schiedener Köpfe von Kaninchen- und Menschenembryonen, endlich an den Gesichtsbildern von drei Katzenembryonen ohne genauere Altersangabe, die sicher schon einen fertigen Gaumen besaßen. Der Irrtum von A. Pörzt und H. Fuchs erhellt aus den Längs- schnitten (Fig. 47—50), welche die fortschreitende Veränderung von Unterlippe und Zungenwulst klar illustrieren. Die Zungenspitze steht am 24. und 25. Tage (Fig. 47) mit plumper Rundung gegen- über der parachoanalen Wand, durch eine kleine Kerbe von der Unterlippe abgehoben. An der ventralen Fläche des Unterzungen- bodens liegt der Epithelkamm, welcher die Anlage des Vestibulum oris darstellt und bald die Zahnleiste der Nagezähne entstehen läßt. Diese Formceharaktere werden nur in der Größe, aber nicht im Wesen verändert (Fig. 48, 49). Eine wirkliche Verlagerung der ganzen Zunge dst durch die Längsschnitte nicht bewiesen, ebenso- wenig kann man die Sprengung des Lippenschlusses durch die an- drängende Zunge behaupten. Im Stadium der Figur 47 ragt die Zunge in die Gaumenrinne hinein, so daß ihre Spitze der Para- choanalwand gegenüberliegt. Letztere würde eine Barriere für die von PöLzL und Fuchs angenommene Verschiebung der Zunge in der Mundhöhle bilden. Man könnte einwenden, daß meinem Material B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 633 Jüngere Längsschnitte zwischen 22 und 24 Tagen fehlen. Hier ist in der Tat eine Lücke, welche ich selbst bedauere, doch schadet sie für die Widerlegung der Thesen von Pörzu und Fuchs nichts, weil die Zunge noch am 26. Tage in der Gaumenrinne steht und nicht nur von der parachoanalen Wand, sondern auch von den Seitenufern der Gaumenrinne gefangen gehalten wird (Fig. 54-60). Übrigens silt für die Zunge die oben (S. 622—624) an den Gaumenplatten ausge- übte Kritik. Der Zungenwulst ist durch dorsal-konvexe Faltung des epithelialen Mundbodens entstanden (Fig. 32), er kann daher gar nicht so verschoben werden, daß er aus dem Bereich der Gaumen- rinne herauswächst, sondern er wird proportional dem Wachstum der ganzen Mundhöhle vergrößert. Spitze und Körper werden länger, doch werden dadurch die normalen Lagebeziehungen zu der gegen- überliegenden Matrizenrinne des Munddaches vorerst nicht aufgehoben Fig. 46, 47), geschweige die Zunge aus der Gaumenrinne entfernt. Der Glaube an die Existenz und Verlagerung der Gaumen- platten hatte andere Schwierigkeiten im Gefolge; denn die Grenz- kanten sind streng symmetrische Differenzierungen des Munddaches, welche weder oral noch caudal ineinander übergehen. Alle An- gaben lauten einhellig dahin, daß die Platten vorn und hinten verstreichen. Bei der Annahme der Rotation der Gaumenplatten war ihr Zusammentreffen nur für eine bestimmte Strecke begreiflich, am vorderen und hinteren Ende aber sollte eine Lücke bleiben. Man sagte daher, die Falten streichen an der Rachenwand all- mählich aus, und vermutete am vorderen Teil eine Senkung des Zwischenkiefers, bezw. Nasenseptums in das Niveau der horizontal aufgerichteten Gaumenplatten. Dursy hat mit dieser Meinung allge- meinen Beifall gefunden; wenigstens in den Lehrbüchern wird sie bis heute wiederholt, während in den Spezialabhandlungen weniger davon die Rede ist, weil durch Hıs das Interesse einseitig auf die Verlagerung der Gaumenplatten gelenkt war. Dursy hatte aber wie später NusBAUM seine Behauptung ohne irgendwelche positive Be- weise ausgesprochen. Es ist in der Tat unmöglich, sachliche Gründe dafür anzuführen. Die Längsschnitte (Fig. 47—49) bezeugen das gerade Gegenteil Am vorderen Ende der Gaumenrinne fällt (Fig. 53) das Dach sehr steil, fast rechtwinklig als parachoanale Wand (pa) gegen die Lippe ab und behält seine Neigung bis zur Bildung des Gaumens. Ich habe sogar festgestellt, daß an der para- choanalen Wand überhaupt die ersten Vorgänge einsetzen, um die Ab- trennung des Ductus nasopharyngeus herbeizuführen. 634 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. Ehe ich die Umbildung des Kantenreliefs am 27.—28. Tage schildere, schicke ich eine kurze Beschreibung des definitiven Zu- standes (Fig. 50) voraus. Derselbe ist durch folgende Merkmale charakterisiert: Trennung der Mundrachenhöhle in zwei dorsoventral übereinanderliegende Räume, die eigentliche Mundhöhle (m%R) mit dem Glossopharynx /gp) des Rachens und den dorsalen Nasenrachengang (Duetus nasopharyngeus), der aus dem ectodermalen bis zur Wurzel- stelle der Hypophyse reichenden Canalis choanostomalis (es) und dem entodermalen Tubopharynx (2p) besteht; zwischen beide Stockwerke sind die Massen des harten (Pd) und weichen (Pr) Gaumens eingeschoben. Hinter dem geteilten Abschnitte folgt die einheitliche Kammer des Laryngopharynx (lp), die KrıEssaum (d, e) für das Meerschweinchen geschildert hat. Neben der Formverschiedenheit des Längssehnittbildes (Fig. 50, 47) fallen die neuen Dimensionen aller Bestandteile des Kopfes auf. Nicht nur die Mundhöhle ist ausgiebig verlängert (Fig. 50), während der Rachen kurz erscheint, sondern auch die Höhe, d.h. die Ent- fernung des Epitheldaches im Nasenrachengang vom Zungenrücken ist bedeutend gestiegen, so daß die Massen des harten und weichen Gaumens (Pd, Pm) zwischen beide einander ursprünglich fast be- rührende Flächen (Fig. 47) eingeschoben werden konnten. An den Längsschnitten (Fig. 46—50) wird die merkwürdige Veränderung an- schaulich. Indem die Kopfregion aus dem engen Volumen des 22. Tages (Fig. 46) zu größerer Ausdehnung fortschreitet, gewinnen ihre Teil- bezirke Raum zur Massenentfaltung und neuen Reliefgestaltung. Die Embryologen haben die Abhängigkeit des morphogenetischen Pro- zesses von der Volumensteigerung des embryonalen Körpers bisher wenig gewürdigt, weil sie die Ontogenie viel zu sehr als ein Schau- spiel mechanischer Kräfte betrachteten. Die im hiesigen zoologischen Institute entstandenen Arbeiten von G. AULMANN (d, a) und K. Boss (5. d) zeigen aber die Notwendigkeit, vor allem das wachsende Volu- men genau zu berücksichtigen. Unbedingte Voraussetzung sind Ab- bildungen bei gleicher Vergrößerung, wie ich sie konsequent für die Tafelfiguren eingehalten habe. Die Bilder der Längsschnitte (Fig. 46—50) sind so orientiert, daß die Konturlinien der uns be- schäftigenden Organe gleichsinnig laufen, daher können die plasti- schen Veränderungen der wachsenden Teile leicht aufeinander bezogen werden. Als Anhaltspunkte für die Stellung der Figuren habe ich solche Linien gewählt, welche relativ am wenigsten verändert, also invariant erscheinen, nämlich den Kehlhügel und B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 635 den ventralen Kontur des Hinterhirnes und Rückenmarkes,. Nach diesen Linien lassen sich die Schnittbilder parallel stellen. Die fast rechtwinklige Nackenbeuge des Gehirns und die Bogenlinie der Rachenwand dienen als Ordinatensystem, Besser als viele Worte erläutern die Figuren 46—50 die Größen- zunahme und den plastischen Fortschritt der visceralen Kopfgegend. Der Mundschlauch dehnt sich in dem wachsenden Kopf nach allen Dimensionen (Fig. 49—45). Der sagittale Abstand des Lippenrandes von Hypophyse und Kehlhügel, ferner die Distanz des primi- tiven Mundrachendaches vom Boden steigen zusehends aus dem kleinen Maß der Figur 47 zu den fast riesenhaften Dimensionen der Figur 50. Mit der Zunahme aller Maßverhältnisse geht ein Prozeß der plastischen Revolution einher, welcher die einzelnen Ab- schnitte des Mundrachenschlauches ergreift und den frühen Form- zustand der sog. Gaumenrinne in den definitiven, funktionsfähigen Zustand der zahntragenden Mundhöhle mit allen Hilfseinrichtungen überführt, die zum Ergreifen, Kauen und Verschlucken der Nah- rung notwendig sind, sowie den Propharynx in die Gänge für gekaute Speise (Glossopharynx) und Atemluft (Tubopharynx) zerlegt. Bis zum 27. Tage liegen Dach und Boden der Mundhöhle parallel (Fig. 47) und tragen das korrespondierende (negative bzw. positive) Relief gleichsinnig gebogener Epithellamellen. Wenn die Erweiterung des engen Lumens eintritt (Fig. 48, 49), schwindet die Matrizenabhängigkeit; Dach und Boden entwickeln sich unab- hängig voneinander mit dem Effekte, daß der eetodermale Canalis ehoanostomalis (cs) abgetrennt und der ventrale Teil der Mundhöhle samt der Zunge und den Zahnleisten gegen den Nasenluftweg abgeschlossen wird. Diese Trennung geschieht nicht durch Um- klappung der sog. Gaumenfortsätze in die horizontale Lage, sondern dureh eine vollständige Neumodellierung. Da sich dieselbe nicht bloß auf die Epithelwand der Mundhöhle, sondern auch auf die umliegenden Anlagen, besonders die Nasenschläuche erstreckt, welche aus unbedeutender Größe zu voluminösen Gebilden entfaltet werden, habe ich mehrere Modelle (Fig. 40—45) der Mundwand und des linken Nasenschlauches hergestellt und will an Hand derselben die Entwicklung der Nasenschläuche speziell schildern. Meine Beschreibung fußt auf der von A. BEECKER (5, b) und W. BLENDINGER (de) im hiesigen Institut ausgearbeiteten Auffassung (Fig. 38). Am Nasenschlauch unterscheide ich die Muschelzone Mz, Morpholog. Jahrbuch. 46. 41 636 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. und die Siebzone (Cribrum) Or, letztere ausgezeichnet durch die lateral vorspringenden Cribralsäcke Pe., Msec., Mte. Über die Seiten- wände der Muschelzone erstreckt sich die Eindellung des Naso- turbinalfeldes (r), unter ihr die Einbuchtung des Maxilloturbinale, deren Grenze dorsal durch die Kante gs und ventral durch die ge- rollte Seitennische Au gekennzeichnet ist. Die vertikale Verlänge- rung (Cg) der Muschelzone zur Choane (Ch) ist der Choanengang. Bei Cavia besitzt der Embryo 224 (Fig. 40) recht kleine und ein- fache Nasenschläuche von häßlich plumpem Aussehen mit zwei kurzen Schenkeln (Muschelzone), welche zum Nasenloch und zur Choane ziehen. Aus der unscheinbaren Anlage wird in fünf Tagen der plastische Reichtum des Reliefs der Fig. 45 entfaltet. Hier be- Fig. 38. Seitenansicht des linken Nasenschlauches vom Schwein. Schematisiert nach BLENDINGER. Au Aulax; au äußere Nasenöffnung; Cy Choanengang; Ch Choane; Cr Cribrum; dg Dorsalgrat; gs Oberrand des Maxilloturbinale; Mz Muschelzone; Msc Mesocribrum; Mic Metacribrum; Pc Procribrum; » Nasoturbinale. sitzen die beiden Hauptabschnitte des Nasenschlauches größere Aus- dehnung. An der Muschelregion ist die schräg überhängende Kante deutlich, welehe den Mutterboden des stark eingewölbten, am Mo- dell als Vertiefung erscheinenden Maxilloturbinale Mtvon dem darüber liegenden vorerst schwach eingedellten Nasoturbinale N? scheidet. Die untere Grenze des Maxilloturbinale ist wenig ausgeprägt; immer- hin kann man sie an den Querscehnitten als schwache Ausbiegung der lateralen Nasenwand konstatieren. Das Cribrum besitzt die wichtigen, von BLENDINGER (de) beschriebenen Ausbuchtungen: Pro- cribrum Pe, Mesocribrum Msc, Metacribrum Mic, ferner die Anlage des Sinus maxillaris. Unterhalb der Muschelfurche steigt die breite Fläche des Choanengangs Cg zum Munddach ab. Im Vergleich damit zeigt der Nasenschlauch des 23. Tages (Fig. 41, 42) ein recht einfaches Relief. Doch gelingt es, die beiden Hauptregionen zu unterscheiden mittels des lateral vorspringenden Grates Pe, hinter welchem eine tiefe Einsenkung (Or) der Seiten- B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 637 wand auffällt. Der Grat ist die erste Andeutung der am weitesten lateral vorspringenden Partie des Nasenschlauches, nämlich des Pro- eribrum samt dem Sinus maxillaris; daher kann man die hinter ihm liegende fünfeckige Grube (Or) als den Mutterboden der Cribraltaschen deuten. Vor dem Seitenwulste Pe liegt die sehr kurze Muschel- region und zeigt in dem kleinen Buckel (oberhalb Mt) die ersten Anfänge zur Bildung des Maxilloturbinale und des Nasoturbinale, für deren Entfaltung vorderhand noch der Raum fehlt. Das Modell (Fig. 43) trägt bereits die klaren Merkmale des definitiven Reliefs. An dem längeren Nasenschlauche ist die Muschel- zone mit der Einbuchtung Mi des Maxilloturbinale kenntlich, darüber die dreieckige Delle des Nasoturbinale. Am Cribrum hängt die Seiten- tasche (Pc) des Procribrums, welche jetzt die vorher fünfeekige Grube überschattet. Überraschend ist auch die Vergrößerung des Choanen- ganges, der sich sagittal auf das Dreifache seiner Breite am 23. Tage (Fig. 41) gestreckt hat. Die Figur 44 beweist den Modellierungsfortschritt. Neben dem von allem Anfang an mächtigen Cribrum hat die Muschelzone an Relief und Volumen gewornen, die obere Kante des Maxillotur- binale zieht freilich noch im schrägen Bogen gegenüber dem ge- streckten Verlauf der Figur 45, weil die Muschelzone kurz ist. Das Procribrum (Pe) ist mehr zur Seite gewachsen, die Ausbuchtung des Mesoeribrums (Me) ist angedeutet, überhaupt fällt die starke Ausbildung des lateralen Reliefs an diesem Modell auf. Der an das Dach des Mittelraumes ziehende, der eigentlichen Muschelregion zu- gehörige Choanengang (Cg) ist sagittal verbreitert, so daß im Gegen- satz zu Fig. 41, 42 der Nasenschlauch jetzt mit einer breiten Lamelle auf dem Munddache fußt. In Fig. 45 sind alle plastischen Merkmale zu besserer Deutlichkeit gesteigert und der Choanengang lateral konvex gebogen. Wie wir eben an den Modellen sahen, tritt während der Aus- bildung des nasalen Seitenreliefs eine neue, für unsere Frage wichtige Eigenschaft auf, nämlich die Verlängerung des Choanen- ganges Cg. Aus dem schmalen Stiel des an der Choane endigen- den Choanenganges (Fig. 40) wird allmählich eine sagittal lang- gestreckte, in der Seitenansicht deutlich hervortretende Epithelwand (Fig. 45, Cg u. Cl). Ihre stetige Zunahme ist ein sicheres Merkmal für die gleichzeitige Streckungder parachoanalen Wand des Mundhöhlen- mittelraumes. Die Choane, durch welche der Choanengang mit der Mundhöhle kommuniziert, verlängert sich aber nicht in dem gleichen 41* 638 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. Maße wie die an den Modellen sichtbare Wand des Choanenganges (g. Schon bei Embryonen des 26. Tages fällt eine schmale Strecke am vorderen Ende der Choane auf, wo die mediale und laterale Wand nicht dureh eine Lichtung getrennt sind. Hier haftet also eine solide Epithellamelle (Fig. 55—58) von 200 « Länge am Munddache vor der offenen Choane (Fig. 59, 60). Die Einzelheiten ihrer Bildung habe ich nicht beobachtet; es bleibt daher unentschieden, ob die Seitenränder der Choane verklebten oder ob die solide Platte durch direkte Wucherung des oralen Choanenrandes entstand. Während der nächsten Stunden wächst die solide Lamelle in. labialer Richtung. Vier ausgewählte Serien (Fig. 61—81) bezeugen die fortschreitende Vergrößerung derselben. Der offene Teil der Choane wächst zwar auch entsprechend dem Kopfwachstum, aber die vor ihm liegende solide Choanenlamelle nimmt rascher an Länge und zugleich an dorsoventraler Höhe zu. Bei 6 Embryonen des 27. Tages habe ich folgende Sagittallängen derselben: 80 u, 160 u, 240 u, 280 u, 340 u 440 u durch Zählung der Schnitte festgestellt. Der Vergleich der Figuren 54—81 läßt die Tatsache ohne weiteres feststellen. In Fig. 59—58 ist die Choanenlamelle ziemlich gerade und kurz, in Fig. 62—67 ist sie höher und hat eine lateral- konvexe Krümmung erfahren. Die Querschnitte zeigen ferner die auffällige Profiländerung des Mittelraumes; seine Höhe ist beim Embryo 26% an und vor dem oralen Ende der Choane wesentlich geringer als in der Gegend der offenen Choane selber; daher stürzen (Fig. 58—60) die Seitenwände des Mittelraumes hier steil ab, während sie vorn (Fig. 94—56) sanft geneigt sind, so daß die Grenzkanten undeutlich erscheinen. Beim Embryo 2749: (Fig. 61—70) ist un- zweifelhaft eine Verengerung des Mittelraumes am Vomerpolster d.h. dem medianen Eetodermstreifen zwischen den beiden Choanen eingetreten. Man betrachte nur die Fig. 62—67, um sich zu über- zeugen, daß das Epithel des Mittelraumes unter der Choane median genähert ist. Damit wird die in Fig. 56—60 frei liegende Ventral- fläche des Vomerpolsters von seitlich vordringenden Zellmassen über- lagert. Die ganze Bilderreihe Fig. 54—81 erweckt den Eindruck, als ob an der Parachovanalwand zwei Vorhanghälften bis zur Be- rührung vorgezogen würden, was in Fig. 72—74 wirklich erreicht ist. An den Sehnitten (Fig. 71—81) sieht man die letzten End- phasen des Prozesses; die median vordringenden Epithellamellen samt dem Mesoderm rücken immer mehr zusammen, so daß not- wendig die Berührung und Verschmelzung erfolgen muß. B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 639 Während das Vomerpolster durch die Ausdehnung der Choanen- lamellen sagittal gestreckt und hierauf epithelial zugedeckt wird, erfährt das Profil des Mittelraumes eine prinzipielle Veränderung. Statt der senkrechten Seitenwände, welche in Fig. 55—60 zur Grenz- kante absteigen, ist auf allen übrigen Serien die schräg lateral divergierende Neigung des Dachufers offenbar. Das bekannte Querschnittsbild der Gaumenrinne wird also zugleich mit der Über- deekung des Vomerpolsters aufgehoben, so daß das Munddach die ihm frühembryonal aufgezwungene Biegung der Grenzkanten verliert und einen neuen Weg der Formbildung einschlägt. Die in den Fig. 39. Querschnitte durch den Propharynx von Katzenembryonen. Nach A. KrıEGBAUN, a) Embryo 1,5 cm S.Sl. Vergr. 20/1. b) - PEN - 20/1. e) - 68 - - - 10/1. Mittelraum einragende Zunge (Fig. 54—60) setzt der neuen Plastik ebensowenig ein Hindernis entgegen, als die Darmschlingen im Nabelstrang den Nabelschluß aufhalten, weil die ursprüngliche Nachbarschaft (Fig. 47) des Zungenwulstes zur parachoanalen, bezw. postehoanalen Wand aufhört, indem die Lichtung der Mundrachen- höhle zunächst in dieser Gegend stetig zunimmt (Fig. 48, 49) und die beiden den seitlichen Zungenfurchen dieht gegenüberliegenden Grenzkanten des Daches allmählich über den Zungenwulst erhoben werden (Fig. $2—91). Ein Hinweis auf die von KRIEGBAUM (df) geschilderten Vorgänge (Fig. 39) im Propharynx ist hier am Platze. Auch dort geht der Teilung in Glossopharynx und Tubopharynx das Höhenwachstum, d.h. die Erweiterung der Lichtung voraus. Am Munddache ver- schwindet in der Choanengegend (Fig. 61—81) das Kantenrelief, so daß die bisher bestehende scharfe Abkniekung von Mittelraum und 640 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. Seitenflügeln immer weniger deutlich wird. Am Mundboden dagegen bleibt die ursprüngliche Faltung bestehen, sie wird sogar noch ver- stärkt, indem der lateral ausladende Zungenwulst sich abrundet und etwas tiefer in den schräg geneigten Mundboden einsinkt. Die Prä- parate und Modelle geben auch nicht den leisesten Anhalt dafür, daß die sog. Gaumenfortsätze in dieser Embryonalperiode irgend- welche Rolle spielen oder gar verlagert werden. Mit voller Ent- schiedenheit demonstrieren die Querschnittsbilder Fig. 61—81, daß die Grenzkanten sich immer mehr verwischen. Der Gegensatz zwi- schen dem Mittelraum und den Seitenflügeln bleibt zwar bestehen, aber ihre Epithelufer sind nicht mehr so eckig abgesetzt wie in früherer Zeit. Die Serien (Fig. 82—116) erläutern, wie Dach und Boden in größere Entfernung voneinander geraten, einfach dadurch, daß die Lichtung in den Seitenflügeln vergrößert wird. Statt des schmalen Spaltes der Fig. 56—60 sehen wir in Fig. 82—116 eine dreieckige Lichtung zu beiden Seiten des Zungenwulstes und die Epithelwand des Bodens schräg ventral geneigt; deshalb muß der _ Zungenwulst in ein tieferes Niveau geraten. Die Grenzkanten sind hinter den Choanen wohl gerundet (Fig. 82, 87, 92), nur gegen die hintere Grenze der Mundhöhle, wo die Seitenflügel schräger stehen, fallen sie samt dem stützenden Mesoderm wegen der stärkeren Ab- knickung des Seitendaches besser auf (Fig. 84—86, 90, 91, 96, 97). Ein Anhänger der alten Lehre könnte sogar versucht werden, von wirklichen Gaumenfortsätzen zu sprechen. Die Serie (Fig. 92—97) beweist außer der Erweiterung der Mundhöhle die Veränderung des Zungenwulstes, der aus der unbe- holfenen Gestalt der Schnittreihe (Fig. 82—86) in die tache pilzhut- ähnliche Querschnittsform (Fig. 100—103) übergeführt wird. Schnitt 89 macht einigermaßen deutlich, wie das durch Wachstum der Seiten- zonen geschieht. An Fig. 95, 96 ist die Umänderung wenigstens im hinteren Teil der Mundhöhle noch im Gange. Nahe der Choane (Fig. 100, 101) zeigt der Zungenwulst die fertige Form, zugleich die diehte Annäherung seiner Seitenflächen an den schräg gestellten Mundboden, der schon die schmalen seitlichen Zungenfurchen er- zeugt hat. Das Munddach der beiden Serien Fig. 87—91, 92—95 zeigt das Verstreichen der Grenzkanten. Nur nahe der Rachengrenze fallen uns die letzten Spuren der scharfkantigen Knickung zwischen dem Seitenufer des Mittelraumes und der Decke der Seitenflügel in B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 641 den spitzen Zipfeln (Fig. 90, 91, 96, 97) auf, doch lehrt die Sehnitt- folge, daß dieselben nach ein paar Schnitten, —=200 u verstreichen, also keine Bedeutung für das kommende Relief besitzen; denn an ihre Stelle tritt sogar eine konkav gegen das Mesoderm einsinkende Biegung des Eetoderms, aber oberhalb derselben dringt das Epithel median in Gestalt je eines ganz kleinen rundlichen Wulstes vor (Fig. 102—106). Ich glaube nicht, die Meinung widerlegen zu müssen, als ent- spräche die neue Bildung den umrotierten Gaumenfortsätzen; denn sie tritt ganz unvorbereitet auf und ist nach den Querschnittsbildern Fig. 82—86 gar nicht zu erwarten. Die Serie Fig. 2—97 zeigt dann, daß die kleinen Vorragungen einander median näher kommen, bis endlich auch hier die Verwachsung erfolgt, die in der Choanen- gegend bereits besteht (Fig. 98, 99). Um die neue Auswölbung von den Grenzkanten zu unterscheiden, hat POHLMANN sie »Gaumen- brücke« genannt und eben dadurch ausgedrückt, daß der Abschluß der Mundhöhle mit dem früheren Zustande der Gaumenfortsätze nichts. gemeinsam hat; es ist wirklich ein diskontinuierlicher Zustand, welcher auf die Phase der Gaumenrinne folgt, ohne daß seine Formen direkt in jener vorgebildet sind. : Der Streit um »Existenz«e und »Verlagerung« der Gaumen- fortsätze läßt sich meines Erachtens endgültig schlichten, wenn man unbefangenen Auges die Querschnittsreihen Fig. 82—116 vergleicht. Dann muß man einsehen, daß in Wirklichkeit andere Prozesse spie- len, als unter dem Schlagworte »Aufrichtung der Gaumenplatten« ver- mutet wurden. Nicht eine Aufrichtung, sondern eine Umformung des Querschnittbildes schauen wir auf den Serien. Der ungefähr rechteckige Umriß des Mittelraumes geht aus seiner steifen, wenn man so sagen darf, archaistischen Form (Fig. 82—86) in eine moderne, d.h. den Bedürfnissen des lebenden Tieres entsprechende Gestalt über. Dabei nähern sich die ventralen Ränder des künf- tigen Luftweges immer mehr; der offene Eingang in den Mittelraum wird verengt, während der Mittelraum mit den Formmerkmalen des Duetus choanostomalis ausgestattet wird. Die am 27. Tage eingeleitete Neumodellierung führt die Trennung des Ductus ehoanostomalis herbei. Derselbe schnürt sich von seinem embryonalen Mutterboden, d.h. dem ectodermalen Mundschlauch ebenso ab, wie sich das Me- dullarrohr vom Eetoderm der Körperoberfläche scheidet. Bei dieser Vorstellung braucht man nicht mehr zu behaupten, daß das Material für die Abtrennung vorher als Gaumenfortsätze vorgebildet sei. Wir 642 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. konstatieren vielmehr einen Absehnürungsvorgang und sein End- resultat: die Schaffung des Ductus choanostomalis über der defini- tiven Mundhöhle (Fig. 98—116). Durch die Abschnürung gelangt der mediane Dachstreif des Mittelraums und ein Teil der Mund- liehtung, welche dem Zungenrücken gegenüber lagen, gewisser- maßen über die Mundhöhle hinaus, weil epitheliale und mesoder- male Massen median vorgeschoben werden (Fig. 100—116), um die Trennungswand zwischen den beiden, voneinander sich scheidenden Derivaten der primitivren Mundhöhle herzustellen. Etwa 5 Tage (222 —274) standen Mundhöhle und Mittelrinne in offener Kommunika- tion, gerade längs den Grenzkanten oder den Ecken der sog. Gaumenfortsätze. Dann werden die als Nahrungs- und Luftweg bestimmten Räume zeitlebens isoliert dank all den Veränderungen, welche ich nach meinen Präparaten deutlich zu machen suchte. Die Abtrennung des Ductus choanostomalis beginnt im vorderen Abschnitt der Mundhöhle (Fig. 49) durch das oben ge- schilderte Vordringen des Epithels über die parachoanale Wand, aber nicht hinten nahe der Tube, wie PÖLZL, SCHORR und Fuchs behaupten. Von dem Vomerpolster schreitet die Bildung der Scheide- wand mit der Umänderung des Querschnittsprofiles eaudal (Fig. 98 bis 106) fort. So wird der eetodermale Abschnitt des Nasenrachen- ganges im Bereich der Mundhöhle fertiggestellt, während der Rachen später in seine dorsoventralen Stockwerke zerfällt. Die an den Längs- schnitten sichtbare Erweiterung des oralen Lumens ermöglicht erst den ganzen Vorgang. Nebenbei bemerkt, erscheint die Mundlichtung an den Fig. 48, 49 sehr hoch, weil das ganze Seitenprofil (Fig. 43—45) fehlt und man nur den Abstand von Dach und Boden der Mittel- zone sieht. Weder Kontraktion der Muskeln, noch Verschiebung der Zunge aus dem hinteren in den vorderen Teil der Mundhöhle sind notwendig. Die einfache Ausweitung des Lumens und die Formänderung der Wand genügen als Bedingung für die Abtrennung. Die Ansicht Inouyss, daß die Gaumenbildung asymmetrisch erfolge und die Mitwirkung der Hände erfordere, wird durch die Quer- schnittsserien (Fig. 54—116) widerlegt, ebensowenig braucht man zu veflexerregungen, Elastizität und Spannung seine Zuflucht zu nehmen, die niemand messend konstatieren kann. Die eigenartige Konfiguration der embryonalen Mundhöhle vom 22, bis 26. Tage, die Absetzung des Mittelraumes, besonders die beinahe rechtwinklige Kniekung seiner parachoanalen und post- choanalen Wand (Fig. 47—49) sind die Vorstufen für den späteren B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 643 Zustand. Mit der zunehmenden Vergrößerung der parachoanalen Wand (Fig. 47—49) erfolgt die Erweiterung des Lumens. Durch die Steigerung des Höhenabstandes von Decke und Boden der Mund- höhle wird Platz geschaffen, um die Scheidewand des Gaumens zwischen den Ductus ehoanostomalis und die eigentliche Mundhöhle einzuschieben. Die Trennungswand wird auf die Länge der Mund- höhle durch das Vorbiegen und die Verschmelzung der Gaumen- brücken (Fig. 100—116) erzeugt, vorn aber an der Parachoanalwand wird sie gewissermaßen verankert, indem zunächst Epithel an Epithel median vorgeschoben und das Vomerpolster allmählich in die Mesodermmassen des harten Gaumens versenkt wird (Fig. 49). Die am Vomerpolster entstehende Doppellamelle ist die orale Basis der Gaumenbrücken, welche von hier aus parallel der postchoanalen Wand über die Mundhöhle hinziehen, verschmelzen und später an die im Propharynx entstehende Scheidewand zwischen Tubopharynx und Glossopharynx Anschluß finden. Um die bedeutsamen Vorgänge am Vomerpolster nicht nur mit Sehnittzeichnungen zu demonstrieren, habe ich in Fig. 119 und 120 zwei meiner Studienmodelle abgebildet. Das erste Modell (Fig. 119) eines Embryos von 274 6% (1,75 cm S.Sl.) gibt den Anblick des Mund- daches, wie es während der Zeit vom 24.—26. Tage typisch ist. Der Mittelraum ist gegen die Seitenflügel (sf) gut abgesetzt, die Grenz- kanten (%) laufen parallel und hören an den Punkten e—e auf, ohne ineinander überzugehen. Dicht an die Oberlippe (ol), welche bereits die charakteristische Mediankerbe des Nagetieres besitzt, stößt ein schmaler Streifen des Munddaches. Hinter ihm steigt die para- choanale Wand /pa) des Mittelraumes empor; an der Knickung in die postehoanale Wand (pe) ist die Choane (co) sichtbar. (Die Photographie gibt leider die schöne Plastik des Modelles nur ungenügend wieder.) Zwischen den beiden Choanen liegt das breite Vomerpolster, d. i. die Epithelfläche, an welcher die Fundierung des Gaumendaches erfolgen wird. Das zweite Modell Fig. 120 eines Embryos 274 7% von 1,95 em S.Sl. illustriert das Aussehen derselben Gegend, nachdem das Vomer- polster von den neu entstandenen Massen des Gaumens zum Teil überdeckt ist, und die Seitenwände des Mittelraumes sich zur me- dianen Verschmelzung einbiegen. Das Dach der Seitenflügel (sf) hat schräge Neigung gewonnen und überhaupt weichere Formen als am vorigen Modelle erhalten. Während an jenem (Fig. 119) der Ober- lippenrand nahe der Choane lag, mißt die Entfernung jetzt ungefähr 644 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. das Doppelte, 2 mm gegenüber 1,2 mm. Hinter der Oberlippe liegt eine verhältnismäßig breite Fläche, wodurch die ganze Gegend offener erscheint. Sie führt leise in das Dach des Mittelraumes über. Der Mittelraum selbst ist viel schmäler als auf dem vorigen Bilde; die parachoanale Wand /pa) tritt nicht mehr in der gleichen Breite zutage, weil von rechts und links, wie die Fig. 62— 67 zeigen, die Seitenwände des Mittelraumes an dem Vomerpolster median vorgedrungen sind, so daß nur noch ein schmaler medianer Streifen des Vomerpolsters frei liegt. An seinem dorsalen Ende finden sich rechts und links die beiden Choanen. Man kann sich nach dem Modell leicht vorstellen, daß durch weiteres Vorwachsen der Epithel- schichten im Sinne der Fig. 72—74, bezw. 76—80 das ganze Vomer- polster verdeckt und damit die Basis des (Gaumenstreifens ge- schaffen wird. Nachdem das Vomerpolster in die Tiefe des Mesoderms einge- graben ist, bleibt die mediane Versenkungsnaht und die Doppel- lamelle des Polsters auf den Schnitten noch einige Zeit sichtbar, aber allmählich werden beide in kleine Epithelnester aufgelöst, die endlich verschwinden. So vergeht der Zusammenhang der Choanen- lamelle mit dem Mundepithel und die Muschelzone des Nasen- schlauches ist gegen den harten Gaumen abgeschlossen. Nur ein vorderstes Stück der Choanenlamelle (Fig. 50, ©!) bleibt mit dem Mundepithel verbunden; es zerfällt nicht in Epithelnester, sondern dauert als epithelialer Strang, der sich später ausweitet und den Canalis ineisivus vorstellt. Letzterer ist also der während des ganzen Lebens bestehende Rest der oben beschriebenen Choanen- lamelle zu beiden Seiten des ursprünglich vorhandenen und später vergehenden Vomerpolsters!. Vielfach wurde diskutiert, weleher Abschnitt der sog. Gaumen- platten dem harten oder dem weichen Gaumen zuzurechnen sei. Die neueren Forscher haben die von A. PörLzL gegebene Ab- grenzung durch den N. palatinus angenommen. Ich bemerke da- 1 Meine Beobachtungen überholen die Angaben von G. MAScHkE (15). Der- selbe hat in einer Dissertation die Beziehungen zwischen dem Srensonschen Gang und dem Jacogsonschen Organ beschrieben, welches später nicht mehr in die Nasenhöhle, geondern in den Stensoxschen Gang mündet, ohne die Beziehungen wirklich aufzuhellen; denn er widerspricht sich an verschiedenen Stellen des Textes. In der Detailschilderung des Schweines erklärt er den STENSoNschen Gang als den nicht geschlossenen vordersten Teil der Gaumenspalte, hingegen für Schaf und Maus wird angegeben, daß die unterste Partie des Nasenlumens beim Aneinanderlegen der Gaumenfortsätze zum STENSoNnschen Gange werde. B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 645 gegen, daß das Relief der Grenzkanten, welches zur Lehre von den Gaumenfalten Anlaß gegeben hat, überhaupt nur in der ecto- dermalen Mundhöhle angetroffen wird. Das Querschnittsbild des eigentlichen entodermalen Rachenabschnittes läßt sich keineswegs mit dem in Mittelraum und Seitenflügel gegliederten Profil der Mund- höhle vergleichen; die Abbildungen von AuLmann (Fig. 14, 36 u. 37) und von KrIEGBAUM (Fig. 39) bezeugen den großen Unterschied. Der dorsoventral komprimierte Rachen wird allmählich dureh Er- höhung seines niedrigen Lumens für die Teilung durch die ein- biegenden Rachenbrücken vorbereitet und zwar beginnt die Erweite- rung ungefähr gleichzeitig mit der am Vomerpolster einsetzenden Ausdehnung der Mundhöhle. Über die Metamorphose des Propharynx habe ich keine neuen Beobachtungen gemacht, weil A. KRIEGBAUM im hiesigen Institut darüber gearbeitet und den Vorgang an Katzenembryonen über- zeugend geschildert hat. Schon G. AuLmann (Fig. 14) hatte festge- stellt, daß die in den Propharynx vorspringenden Rachenbrücken beim Schafe nicht mit den Gaumenbrücken der Mundhöhle zusammen- hängen. Damit war ein Hinweis darauf gegeben, daß der harte und weiche Gaumen nicht als einheitliches Differenzierungsprodukt durch Aufriehten der Gaumenplatten, sondern durch die Neumodel- lierung einerseits der ectodermalen Mundwand, andererseits der entodermalen Rachenwand entsteht. An verschiedenen im hiesigen In- stitut aufbewahrten Schnittserien durch Köpfe von Schweineembryonen (2,6 em— 2,8 em S.Sl.) konnte ich mich überzeugen, daß nicht bloß beim Schafe die Rachenbrücken von den Gaumenbrücken scharf abgesetzt sind. In der Diskussion über den Gaumenschluß hat der Schweine- embryo von 3 cm (Fig. 3) und der menschliche Embryo Mr. (Fig. 5, 6) eine sehr wichtige Rolle gespielt, weil Dursy an dem ersten, Hıs an dem zweiten Embryo eine Phase aus dem Prozeß der Gaumen- bildung erkannt zu haben wähnten. Neuerdings legte InouyYE wieder sehr großen Nachdruck auf einen ähnlichen Befund. Trotz reichen Embryonenmaterials war er nicht so glücklich gewesen, beim Maulwurf eine lückenlose Reihe von Stadien zu finden. Er glaubte aber einige Mausembryonen zu beschreiben, welche sich gerade in der Phase von der beginnenden zur vollendeten Um- lagerung der Gaumenplatten befinden. Nach meinem Urteil war das ihm zu Gebote stehende Material von Mausembryonen nicht günstiger. InouyE erklärte jedoch den Mausembryo IV (Fig. 27—29) als ein 646 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. wichtiges Präparat, das dem Embryo Mr. von Hıs und dem Schweine- embryo 3 cm von Dursy entspreche. Wenngleich beide von Fick, PÖLZL, SCHORR und Fuchs als pathologisch bezeichnet worden seien, müsse der Mausembryo IV als ganz normal angesehen werden. Er befinde sich sicherlich in der Übergangsstufe der zweiten Phase der Umlagerung. Die linke Gaumenplatte liege horizontal über der Zunge, von der rechten Gaumenplatte sei nur der hintere Abschnitt des weichen Gaumens horizontal, der vordere Abschnitt des harten Gaumens schräg abwärts gerichtet, der vordere Teil der linken Gaumenplatte aber bereits mit dem Nasenseptum verwachsen. Die Zunge sei stark nach links geneigt. Beim Mausembryo V sei eine mediane Spalte des Munddaches vorhanden, welche im Bereich des weichen Gaumens breit, im harten Gaumen schmäler ist. Daraus schloß InouyE, daß Embryo V dem vorher beschriebenen Embryo IV im Entwicklungsgrade dicht folge. Die beiden Mausembryonen füllen nach seiner Ansicht die Lücke der Untersuchungen über den Maul- wurf aufs beste aus. Das sei um so bedeutsamer, als die Phasen der Umlagerung sehr schnell vorübergehen und man auf den Zufall angewiesen sei, die Umlagerung direkt zu beobachten. Ich stehe den von Dursr (Fig. 3), Hıs (Fig. 5, 6) und InouvE (Fig. 27—29) herangezogenen Embryonen mit ungleichseitiger Lage, d.h. Tief- bezw. Hochstand einer Gaumenplatte sehr skeptisch gegenüber; denn die Schnittserien Fig. 54—112 verbieten es, die asymmetrische Lage von Zunge und Gaumenplatte als Momentbild einer normalen Phase des Gaumenschlusses zu betrachten. Man kann den Schiefstand nur für eine Verzerrung halten. Mir scheint die Vermutung meines Lehrers A. FLEISCHMANN am meisten Wahr- scheinlichkeit zu haben, daß der Gesichtsteil des frischen Em- bryos bei der Entnahme aus dem Uterus einen unglücklichen Druck erfahren hat, wodurch die weichen Teile der Anlage in eine falsche Lage verschoben wurden. Solches Mißgeschick passiert bei nicht sorgfältigen Arbeiten mit Embryonen öfters ohne schwere theoretische Folgen, weil die Verzerrungen meist entdeckt werden, ehe sich eine besondere Theorie daran knüpft. Dursy aber hat keinen Argwohn gegen die Naturwahrheit des abnormen Schweine- embryos gefaßt und alle seine Nachfolger haben sich ohne Be- denken seiner Meinung angeschlossen. Nachdem eine zusammenhängende Reihe von Präparaten über die wirklichen Vorgänge von mir demonstriert worden ist, scheint mir die alte, kürzlich von Inouye verteidigte Ansicht widerlegt. B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 647 4. Zusammenfassung. Die frühembryonale Form des ectodermalen Mundschlauches wird durch langsame Dorsalkrümmung eines medianen Bezirkes in die Gaumenrinne und die lateralen Seitenflügel gegliedert. Damit ist die morphologische Vorbedingung für die Bildung des Duetus nasopharyngeus, bezw. seines ectodermalen Absehnittes (Pars choa- nostomalis) geschaffen. Ein Prozeß der Gegenfaltung erzeugt also aus dem einfachen Lumen des dorsoventral komprimierten Eetoderm- schlauches zwei Räume und differenziert das. zunächst einfach ge- formte Eetodermmaterial der Mundhöhle zu den Wänden der beiden Leitungswege für Speise und Luft. Später wird die Formab- hängigkeit des gleichsinnig gekrümmten Daches und Bodens aufge- hoben, so daß der Mittelraum in den dorsalen Ductus choanosto- malis und einen ventralen Abschnitt zerfällt, welcher zusammen mit den Seitenflügeln die einheitliche Mundhöhle des Säugetieres kon- stituiert. Aus der Befangenheit ler Matrizenanlage schreitet der Epithelschlauch zu der neuen Gestaltung fort, indem die schmale Liehtung am Anfange des 27. Tages in einen weiten Raum ver- wandelt wird, so daß das Dach, von dem Einflusse des Mundbodens befreit, neue morphogenetische Bahnen einschlagen kann. Ich ver- werfe daher die alte Ansicht, daß eine falsche vertikale Einstellung der Gaumenplatten durch Aufrichtung verbessert wird. Sie ent- spricht nach keiner Hinsicht dem wirklichen Geschehen, dessen Phasen hier zum erstenmal durch die Bearbeitung eines reichen Materials enthüllt wurden. Außer der dorsoventralen Faltung und Er- weiterung der Mundhöhle kommt die stumpfwinklige Knickung der- selben in den parachoanalen und postchoanalen Abschnitt in Be- tracht und das Wachstum des Vomerpolsters vor der Choane, durch welches der Raum für die Einschiebung des Gaumens entsteht. Die scharfgekniekte Parachoanalwand und die vor der offenen Choane hängende Choanenlamelle werden verlängert, so daß ihr orales Ende unter der Choane im Niveau des späteren Munddaches liegt. Am 27. Tage schiebt sich das Eetoderm von rechts und links unter den beiden Choanenlamellen vor, überdeckt das Vomerpolster, daß es sanz in die Massen des harten Gaumens eingehüllt wird und später zugrunde geht. Es findet also weder eine Senkung des Nasen- septums noch eine Aufrichtung der Fortsätze statt. Die ersten Phasen der Gaumenbildung spielen an der oralen Wand der Gaumen- rinne, nicht an den Grenzkanten der lateralen Wand. Auch der 648 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. Propharynx wird am Beginn des 27. Tages erhöht, so daß gegen Ende des 28. Tages etwa die Scheidung in Tubopharynx und Glosso- pharynx erfolgen kann. Was endlich das Wachstum der Zunge an- langt, so zeigen die Längsschnitte (Fig. 46—50) wohl die Ver- schiedenheit der Konturen, aber keine übermäßige Verlängerung oder Lageänderung. Dies wäre gar nicht recht begreiflich, weil die Zunge ein Stück der eingewölbten Bodenwand ist und mit ihrem parachoanalen und postehoanalen Abschnitt den gleichnamigen Fel- dern des Daches gegenüberliegt. Entsprechend der Vergrößerung der Dachbezirke nehmen auch die beiden Zungenabschnitte zu. Übrigens beweisen die Längsschnitte von A. Pörzu (Fig. 7—10) gar nicht die bedeutende Lageänderung der Zunge, sie stimmen vielmehr mit meinen Längsschnitten und lassen im Zusammenhalt damit er- kennen, daß bei menschlichen Embryonen die Vorbedingung des Gaumenschlusses gleichfalls in einer Erweiterung der Mundhöhle, in dem Wachstum der parachoanalen Wand besteht; nur scheinen mir die Längsschnitte (Fig. 7—10) nicht ganz ideal die Median- ebene getroffen zu haben. Der parallele Verlauf von Boden und Dach hört am 27. Tag auf; erst nach der Abtrennung des Ductus choanostomalis ist die parallele Richtung des sekundären Munddaches mit dem Zungen- rücken wieder hergestellt. Die ursprüngliche Flächenführung besteht jedoch zeitlebens und wird immer erkannt, wenn man nicht das se- kundäre Munddach, sondern die Dachlinie des Ductus nasopharyn- geus und die Lage der ventralen Vomerkante betrachtet, welche die ursprüngliche Ebene des Vomerpolsters andeutet. 5. Thesen. 1. Während des 22.—26. Tages der Sehwangerschaft von Cavia cobaya wird die primitive Mundepithelwand durch Biegung zum Quer- schnittsbild der sog. Gaumenfortsätze und Gaumenrinne entwickelt. Niemals wachsen wirkliche Fortsätze ein, da die Mundhöhle um diese Zeit sehr eng ist. 2. Es gibt weder Gaumenleisten, welche in breite Gaumen- platten auswachsen, noch biegen sich die Gaumenfortsätze aufwärts, noch wachsen ihre freien Kanten einander entgegen. Ebenso- wenig sind die Gaumenplatten von Anfang an horizontal medial gerichtet. 3. Die Angabe, daß die sog. Gaumenfortsätze an Höhe zu- nehmen, ist durch schräge Scehnittführung veranlaßt. B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 649 4. Der zwischen den Choanen liegende Teil der Schädelbasis wächst nicht nach unten, um sich dreieckig zwischen die vorderen Kanten der Gaumenplatten einzukeilen. 5. Das durch die Grenzkanten und Zungenfurchen charakteri- sierte Profil herrscht nur im Bereich der ectodermalen Mundhöhle, aber erstreckt sich nicht in den Propharynx. Dessen Teilung in Tubo- pharynx und Glossopharynx geschieht später durch einen beson- deren Prozeß im entodermalen Bezirke. 6. Wichtiger als der Begriff »Gaumenfortsätze« ist die Tatsache, daß in der embryonalen Mundhöhle der Mittelraum gegen zwei Seitenflügel abgegrenzt wird und daß die parachoanale und post- choanale Wand des Mittelraumes fast rechtwinklig gegeneinander geneigt sind. 7. Beide Merkmale sind morphologische Vorstufen für die Ab- schnürung des Duetus nasopharyngeus (bezw. seines ectodermalen Anteiles, des Ductus choanostomalis) von der eigentlichen Mundhöhle. 8. Der Abschnürung geht eine Erweiterung der embryonalen Mundhöhle voraus, indem unter der parachoanalen und postehoanalen Wand des Mittelraumes eine dreieckige Lichtung auftritt. Zugleich werden die anfangs vertikalen Seitenufer des Mittelraumes und die Dachstreifen der Seitenflügel schräg geneigt. 9. Der postchoanale Bezirk wird zum Dache des Ductus choa- nostomalis. Die Absehnürung des letzteren geschieht längs zweier Streifen der Seitenufer nahe und parallel dem postehoanalen Dache. 10. Die wachsende parachoanale Wand bildet die Stirn- oder Haftfläche für die Massen des am 274 entstehenden Gaumen- streifens. 11. An der parachoanalen Wand entstehen vor den Choanen die verhältnismäßig langen Choanenlamellen. Dann erfolgt die me- diane Einbiegung derselben, sowie die Überwucherung ihres oralen Randes durch median vordringende Ectomesodermwülste, welche den größten Teil der parachoanalen Wand bis zu den offenen Choanen verdecken und damit den vorderen Abschluß des Ductus choanosto- malis und die Basis des Gaumenstreifens erzeugen. 12. Die Eetomesodermwülste gehen in die symmetrischen Gaumen- brücken über, welche durch mediane Krümmung an den Seiten- ufern des ursprünglichen Mittelraumes gebildet werden und endlich in der Gaumennaht zusammentreffen. Die Epithelien der Naht, so- 650 A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. wohl an der parachoanalen Wand, wie zwischen den verschmolzenen Gaumenbrücken gehen zugrunde, mit Ausnahme des Canalis ineisivus. Literaturverzeichnis, 1) R. BonnET, Lehrbuch der Entwicklungsgeschichte. Berlin 1907. S. 149—151. 2) E. Dursy, Zur Entwicklung des Kopfes des Menschen und der höheren Wirbeltiere. Tübingen 1869. 3) A. FELDMANN, Über die Entstehung der Hasenscharten. Ein literarischer Überblick unter Zugrundlegung eigener Untersuchung. Diss. Rostock 1910. 4) R. Fick, Bemerkungen zur Wolfsrachenbildung. Archiv f. klin. Chirurgie. 1902. Bd. XXVIII. $.299—305. 5) A. FLEISCHMANN, Die Kopfregion der Amnioten. a) G. AULMANN, Die Mundrachenwand der Vögel und Säuger. Morph. Jahrb. 1909. Bd. XXXIX. 8. 32—82. b) A. BEECKER, Vergleichende Stilistik der Nasenregion bei Sauriern, Vögeln und Säugetieren. Morph. Jahrb. 1903. Bd. XXXI. S. 565—619. c) W. BLENDINGER, Das Cribrum der Säugetiere. Morpholog. Jahrb. Bd. XXXIL. S. 452—504, d) K. Boß, Studien. über die Entwicklung des Gehirns bei Fringilla canaria u. Chelydra serpentina. Morph. Jahrb. 1913. Bd. XLV. 8.335—39. e) A. FLEISCHMANN, Über den Begriff »Gaumen«. Morph. Jahrb. 1910. Bd. XLI. 8. 681—706. f) A. KriıeGBAUM, Studien am Pharynx. Morph. Jahrb. 1911. Bd. XLII. S. 369—440. g) POHLMANNn, Die embryonale Metamorphose der Physiognomie u. der Mundhöhle des Katzenkopfes.. Morph,. Jahrb. 1910. Bd. XLI. 8. 615—680. h) W. Sırrer, Das Munddach der Vögel und Säuger. Morph. Jahrb. 1907. Bd. XXXVI. SS. 487—524. 6) G. P. Frers, Beiträge zur vergleichenden Anatomie und ÖOntogenie der Primaten. I. Beobachtungen und Bemerkungen zur Entwicklung der Nase bei catarrhinen Affen, Säugern und Menschen. Morph. Jahrb. 1912. Bd. XLIV. S. 409—463. 7) H. Fuchs, Über korrelative Beziehungen zwischen Zungen- und Gaumen- entwicklung der Säugerembryonen, nebst Betrachtungen über Er- scheinungsformen progressiver und regressiver Entwicklung. Zeitschr. f. Morphol. u. Anthropol. 1911. Bd. XIII. S. 97—130. 8) —— Bemerkungen über das Munddach der Amnioten, insbesondere der Schildkröten u. Schlangen (mit einem Anhang über den Säugergaumen) Anat. Anz. 1911. Bd. XXXVIL- S. 609—637, bes. $. 636. 9) H. Ganzer, Anatomie und Entwicklung des Gebisses vom Meerschweinchen (Cavia cobaya L.).. Diss. Berlin. 1908. B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 651 10) OÖ. HErTwıG, Lehrbuch der Entwicklungsgeschichte. Jena. 9. Auflage. Gust. Fischer. 1910. S. 640—719. 11) — Handbuch der Entwieklungslehre der Wirbeltiere. Jena. 1906. Bd. Il. TeilII. S. 56—59. 12) W. Hıs, Beobachtungen zur Geschichte der Nasen- und Gaumenbildung beim menschl. Embryo. Abh. Sächs. Ges. d. Wiss. math.-phys. Kl. 1901. Bd. XXVII. S. 350—390. 13) M. InouyE, Die Entwicklung des sekundären Gaumens einiger Säugetiere. Anat. Hefte. 1912. Bd. XLVI S.104—181. 14) F. KEiBeL u. F. P. MArr, Handbuch der Entwicklungsgeschichte des Men- schen. Leipzig. 1910.11. 15) G. Masche, Zur Bildung der primitiven Choane, des JACoBSoNschen Organs und der Stensonschen Gänge. Diss. Berlin. 1904. 16) Ch. MınorT, Lehrbuch der Entwieklungsgeschichte des Menschen. Leipzig. 1894. S. 594/5. 17) J. NusbAum, Zur Entwicklungsgeschichte des Gaumens, der StTEnsonschen u. Jacogsonschen Kanäle u. der Hypophyse beim Hunde. Anz. d. Akad. d. Wissensch. Krakau. 1896. S.148—153. 18) A. Pörzr, Zur Entwicklungsgeschichte des menschl. Gaumens. Anat. Hefte. 1905. Bd. XXVII. S. 243—283. 19) G. SCHORR, Zur Entwicklungsgeschichte des sekund. Gaumens bei einigen Säugetieren und beim Menschen. Anat. Hefte. 1908. Bd. XXXV1. S. 69—106. 20) — Über Wolfsrachen vom Standpunkt der Embryologie u. patholog. Anatomie. VIrcHows Archiv f. path. Anat. u. Phys. 1909. Bd. XCVII. S. 16—39. 21) O0. ScHULTZE, Grundriß der Entwicklungsgeschichte des Menschen u. der Säugetiere. Leipzig. 1897. 22) E. ZUCKERKANDL, Makroskopische Anatomie des Kopfes; spez. Entwicklung des Kiefergerüstes der Mundhöhle, in SCHEFFS Handbuch der Zahn- heilkunde. 1909. Bd.I. Wien und Leipzig. A. HöLDER. 8. 2—6. Übersicht sämtlicher Abbildungen. Figuren im Texte (Fig. 1—39). Fig. 1. Kopf eines menschlichen Embryos aus der 8. Woche. Nach KÖLLIKER. (S. 598). Fig. 2. Querschnitt durch den Kopf eines Kaninchenembryos von 15 Tagen. Nach KöLLıkEr. (S. 598). Fig. 3. Frontalschnitt des Gesichtes eines 3 cm langen Schweineembryos mit Schiefstellung der Zunge. Nach Dursy. ($S. 599). Fig. 4 Munddach eines Embryos von Vespertilio murinus. Nach 0. SCHULTZE. (S. 599). / Fig. 5 u. 6. Querschnitte durch die Mundhöhle des Embryos Mr. Nach Hıs. (S. 600). Fig. 7. Medianer Längsschnitt des menschlichen Embryos 19 mm $.Sl. Nach A. PörLzu. (S. 602). Morpholog. Jahrbuch. 46. 42 652 Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. 8. Medianer Längsschnitt des menschlichen Embryos 22 mm $.Sl. Nach A. PÖLZL. (S. 602). 9. Medianer Längsschnitt des menschlichen Embryos 27 mm S.Sl. Nach A.-PöLzL. (S. 602). 10. Medianer Längsschnitt des menschlichen Embryos 33 mm S.Sl. Nach A. PöLzu. (S. 602). 11. Schema der Gaumenplatte. Nach G. SCHORR. (8. 604). 12. Querschnitt durch die Nasenregion des Kopfes von Mabwia multifaseiata. Nach SırpeL. ($. 608). 13. Querschnitt durch die Nasenregion von Sus domestica, Embryo 2,1 cm S.Sl. Nach SıppEeL. (S. 608). 14. Medianansicht eines Modelles der Mundrachenwand eines Schafembryos von 20 mm $8.Sl. Nach G. AULMAnn. (S. 609). 15—20. Querschnitte durch Mund- und Nasenhöhle eines Katzenembryos von fast 20 mm N.Sl. Nach PoHLmann. (S. 610). 21—24. Querschnitte durch Nasen- und Mundhöhle eines Katzenembryos von 19 mm N.Sl. Nach PoHLMmAnn. (8. 611). 25. Querschnitt durch die Mundhöhle von Macacus eynomolgus 306. Nach FRETS. (S. 613). € 26. Querschnitt durch das Munddach von Semnopithecus nasalis 10b. Nach FRETS. (8.614). . 27. Frontalschnitt durch den vorderen Teil der Mundhöhle des Maus- embryos IV. Nach InouyeE. (8. 616). . 28. Schnitt durch den mittleren Teil der Mundhöhle des Mausembryos IV. Nach InouyE. (8. 616). .29. Schnitte durch den vorderen Teil der dem weichen Gaumen ange- hörigen Gaumenplatte vom Mausembryo IV. Nach Inouve. (8. 617), . 30 u. 31. Zwei Umrißbilder von Meerschweinchenembryonen. (8. 621). . 32. Schematische Darstellung des Mundepithelschlauches. (S. 622). . 35. Ausgewählte Querschnitte des ectodermalen Mundschlauches,. Em bryo 22d, Cavia cobaya. (8. 625). . 34. Ausgewählte Querschnitte durch den ectodermalen Mundschlauch von Cavia cobaya. Embryo 224 Ih, (S. 625). . 35. Ausgewählte Querschnitte durch den ectodermalen Mundschlauch von Cavia cobaya. Embryo 234 24h, (8. 627). . 36 u. 37. Querschnitte der Mund- und Rachenhöhle von Os aries. Em- bryo 41 mm S.Sl. Nach AuLmann. (S. 630). . 38. Seitenansicht des linken Nasenschlauches vom Schwein. Schematisiert nach BLENDINGER. (S. 636). 39. Querschnitte durch den Propharynx von Katzenembryonen. Nach A KRIEGBAUM. (S. 639). B. Löhle, Die Bildung des Gaumens bei Cavia cobaya. 6553 Tafelerklärung. an äußeres Nasenloch mh definitive Mundhöhle bn Membrana bucconasalis mr Mittelraum ce Choane mt Maxilloturbinale cg Choanengang mte Metacribrum Ci Canalis ineisivus mx Muschelzone cl Choanenlamelle N Nasenschlauch co offene Choane nt Nasoturbinale Cr Cribrum o Auge es Ductus choanostomalis oe Ösophagus d dorsale Fläche des Munddaches ol Oberlippe zwischen Oberlippe und Choane p Pharynx e Ende der Grenzkanten pa Parachoanalwand ep Epiglottis pe Postchoanalwand @ Gaumen Pd Palatum durum Gn Gaumennaht Pm Palatum molle Gp Glossopharynx po Procribrum Gr Grube am Cribrum pr Propharynx h Hypophyse sf Seitenflügel ‘ Mundwinkel‘ tip Tubopharynx J JAacoBsonsches Organ tr Trachea k Grenzkante Vr Nahtfläche am Vomerpolster L Lippe Vp Vomerpolster ! . Larynx w Seitenwand des Mittelraumes !p Laryngopharynx wr Mundwinkelrinne Lx Lippenzahnfurche Z Zunge M Konturlinie des Gehirnes bezw. Zf Zungenfurche Rückenmarks Zg Zahnglocke me Mesocribrum ZI Zahnleiste. Tafel XV. Fig. 40-45. Seitenansicht der linken Lateralwand der Mund- und Nasenhöhle nach Rekonstruktionsmodellen photographiert. Vergr. 17). Fig. 40. Cavia-Embryo 224, 0,94 cm 8.81. Schnittrichtung A Fig. 41. - 234 2h 1,15 cm S.Sl. - A Fig. 42. - 234 2h 1,25 cm 8.Sl. - A Fig. 43. - 244 12h 1,42 cm S.Sl. - A Fig. 44. = 254 12h 1,55 cm $.Sl. > A Fig. 45. - 274 7h 1,95 cm S.Sl. - A Fig. 46—50. Ideale Längsschnitte durch die Mundrachenhöhle von Cawa-Em- bryonen. Vergr. 10). Es wäre besser gewesen, die vollständigen Längsschnitte durch den Kopf abzubilden, aber die Rücksicht auf den verfügbaren Tafelraum zwang mich, nur die Mundrachenzone zu zeichnen. Die Figuren zeigen die Einfachheit der ersten Anlage (Fig. 46) und die mit der wachsenden Volumensteigerung einher- gehende Komplikation. Fig. 46. Cavia-Embryo 224, 0,7 cm S.Sl. Fig. 47. - 244 12h , 1,4 cm S.Sl. 42* 694 Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. A. Fleischmann, Die Kopfregion der Amnioten. . 48. Cavia-Embryo 274, 19 cm S.Sl.. . 39. - 254 7h 1,95 cm S.SI. . 50. - 334 3 cm S.Sl. . 51. Seitenansicht | der Mundrachenwand eines Oavia-Embryos . 52. Dorsalansicht | 264 Sehnittrichtung B. . 53. Seitenansicht der Mundrachenwand einag, Cawza- „Emirre 274, 1,8 cm S.Sl. Schnittriehtung B. Vergr. 17. Tafel XVI. “ . 54-81. Querschnitte des parachoanalen Teils der Mundhöhle von verschiedenen Cavia-Embryonen. Vergr. 12). «. . 54—60. Embryo 264 1,50 cm 8.81. Schnittrichtung-A, * Abstand der Schnitte: 54—58, fünf aufeinanderfolgendg. Sehnitte, 58—59 = 120 u, 59—60 = 80 u. . 61—70. Embryo 274 9b, 1,65 cm $.Sl. Schnittrichtung A: . Abstand: 61—63, 3 aufeinanderfolgende Schnitte, 63—64 — 40 u, 64—66, drei aufeinanderfolgende Schnitte, 66-67 —= 80 u, 67—68 = 40 u, 68—70 drei aufeinanderfolgende Schnitte. 71—75. Embryo 274 7h, 1,95 cm 8.Sl. Schnittrichtung A. 71, 72 zwei aufeinanderfolgende Schnitte, 72-73 = 40 u, 73—74—= 40 u, 74—75 zwei aufeinanderfolgende Schnitte. 76—81. Embryo 284 1,85 cm. Schnittrichtung A. Abstände: 76, 77 = 80 u; 77—78 = 160 u; 78—79 = 40 u; 79—80 — 120 u; 80—81 = 320 u. 82—116. Querschnitte durch den parachoanalen Teil der Mund- höhle von verschiedenen Cavia-Embryonen. Vergr. 12/.. 82—86. Embryo 274 6h, 1,75 cm S.Sl. Schnittrichtung B. Abstände: 82—83 — 80 u; 83—84 = 80 u; 84—85 = 160 u; 85-86 — 360 u. 87—91. Embryo 274 1,75 cm S.Sl. Schnittrichtung B. Abstände: 87—85 = 80 u; 88—90, drei aufeinanderfolgende Schnitte; 90—91 = 200 u. 92—97. Embryo 274 7h; 1,75 cm 8.Sl. Schnittrichtung B. Abstände: 2-3 —=80 u; %—94 zwei aufeinanderfolgende Sehnitte; 4-5 —=120u; 95 —%=—=80 u; 6—I7 — 2U0u. 98—106. Embryo 284; 1,85 cm 8.81. Schnittrichtung B. Abstände: 98—99 = 80 u; 99—100 = 40 u; 100—101 = 320 u; 101—102 = 200 u ; 102—103 = 160 u; 103—104 = 200 u; 104—105 = 80 u; 105—106 = 240 u. 107—112. Embryo 284 6h; 2cm $.Sl. Schnittrichtung B. Abstände: 107—108 = 360 u; 108—109 = 320 u; 109—110 = 160 u; 110—111 = 280 «; 111—112 = 280 u. 113—116. Embryo 334; 3em 8.Sl. Schnittrichtung B. Abstände: 113—114 = 280 u; 114—115 = 520 u; 115—116 = 480 u. 117. Gesichtsmaske eines Cavia-Embryos 204 ; 0,7 cm 8.81. (17/,.) 118. - - 224 ; 0,94 em S.SI. (17/,.) 119. Dach der Mundhöhle eines Cavia-Embryos 274 6h 1,75 cmS.Sl. (17A.) 120, wre - - - - 274 9h; 1,75cmS$.Sl. (7) Morphologisch Tafel XV. 4 r 42 (234) Po | 40 (224) 46 (224) Tafel XV. 44 (254 121) u £ - 27 —— 49 (274 7u) Morphologisches Jahrbuch. Bd. NLVT. 53 50 (334) 40 (223) or 47 (244 121) 46 (224) M Löhle, Verlag von Wilhelm Engelmann in Leipzig u. Berlin. Morphologischt Tafel XVI. — Löhle Morphologisches Jahrbuch. Bd. XLVI. Löhle / E x} > ; & #4 85 86 nn aaa NAT NY 87 . 88 S 5 n " N N E77 97 2% » = Tafel XVI. 92 Ss Ss [3 18 4 u £ S Ss SI o 8 94 95 96 © N 98 cs GR ) = —d D] Verlag von Wilhelm Engelmann in Leipzig u. Berlin. rn aa R Pu" Re FE iR ‚ j B 2 j ” re EM ’» ER EN... | H u f u { D ann f h es =) > ” u ’ - j ' j a 4 . j Fr m 7 | “ [1% | 1 4 Morpholögische SEP 181984 INN 100044097