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l-JJJA-

ARCADICO

DI SCIENZE , LETTERE , ED ARTI

TOMO IV.

OTTOBRE, NOVEMBRE, E DECEMBRE MDCGGXIX.

ROMA

ISELLA STAMPERIA DE ROMANIS

Con Licenza, dc^ Sup.

LETTERATURA

Dizionario della lingua Italiana: T. primo. Bologna 1819. per le slampe de^ fratelli Masi e comp. (fascicolo primo)

I,

-1 celebre Letterato Paolo Costa , e il valente Francesco Cardinali hanno intrapreso nella dotta Bologna una ri- stampa del Vocabolario: e 1* hanno intitolata al Cav. Vin- cenzo Monti , come a colui che conoscendo i difetti del~ le passate impressioni , e V arduità che porta seco il ri- durle secondo V alta idea de^ filosofi , dehbe esser pago delle ammende che in assai breve tempo gli Editori vi hanno fatte , instigati 'dalla impazienza di coloro , che amarono meglio di vedere incominciata la riforma, che di pascere V animo di lunga speranza (1) . Veramen- te il consiglio è assai nobile e saggio : 1' opera potrà mol- to accostarsi alla perfezione desiderata : e questo sarà il mi- gliore de' nostri dizionari almeno fino a quel tempo , che la sapienza, d' un concilio Italico ad alto grado di per- fezione conduca un lavoro , che per valerci dell' espressio- ne del Monti , dovrà essere la tavola rappresentativa del sapere della Nazione . (2) Ma questa tavola vuole troppe braccia , e gran tempo , e dottrine moltissime , e favore di potenti , perchè vegga la luce . Intanto perchè i giovani , e gli studiosi non trovino l' errore dove cercano 1' istru- zione , ed abbiano il vocabolario il più ricco che possa aversi , questa impressione sarà utilissima , come quella

(i) Lett. dcdic. p. V. (2) Pref. p. xiu.

4 Letteratura

che al certo sarà la meno povera , e la meno dlffettosa di tutte 1' altre .

Non saremo dunque avari di lode a questa onorata im- presa : specialmente guardando alla fatica improba , che sono sempre astretti a durare i compilatori de' Vocabolari . Per cui ricordiamo quel leoidissimo epigramma del grande Sca- ligero , che vokva condannati i rei più presto al lavoro d' un lessico che ai duri ergastoli , ed al metallo . Si qaem dura manet scntentia jlkIìcìs , olim

Damnatrtiii aerumnis , suppJiciisque caput, Hunc ncqui» fabrjli lassent ergastula massa ,

Ncc ṛ,iilas vexent fossa inetalla manus : Lexica contexat : nam caetera quid mofor ? omnts Poenarum facies hic labor unus habet .

I nuovi compilatori adunque senza sgomentare , hanno dato principio al lavoro con una bellissima Prefazione , dal- la quale si conoscano gli ordini che terranno nel condurlo ad affetto . Assai ci piace 11 vedere che si fondano in quel- la dottrina di Dante, il quale grida che il volgare illustre di- vidasi dal plebeo : dottrina certissima e solenne , e comune a tutte le nazioni : e vanamente combattuta da alcuni de- gli antichi, e da pochissimi de' moderni . Imperocché (be- ne ragionano i nostri compilatori ) contro la Jorza del tem- vo , e la volubilità delle cose fa ordinato il Vocahola- rio , pel quale gli uomini potessero cliiaramente distingue- re gl'ingenui modi, che rendono la lingua pregiata e ca- ra ad ogni secolo , da quelli dell' uso incondito e non du- revole de' favellatori e degli scrittori plebei . (3) Questo è

fondamento saldissimo : e ne prendiamo favorevole augurio .

Poiché il buon fondamento è gran parte della bontà delle

fabbriche .

(3) l'rcf p. XI.

Djzion. Italiano F. I. 5

Seguono gli autori regionando de' vecchi Vocabolari Ita- liani ; e registrano quelli del Luna , dell' Acan'sio , e dell' Alunno : che sono veramente digiuni ; e compilati senza diligenza , e con pochissima cognizione di arte. Qui ci occorre di notare una lieve omraissione ; ed è che ninna pa- rola si faccia del Memoriale della lingua di Jacopo Per- gamini da Fossomhrone che è un vocabolario elegantissimo : pieno e metodico : tutto fatto dalle voci del buon secolo: che il /05m//o Politi , dotto quant' altri nelle cose di lingua , anteponeva al vocabolario medesimo della Crusca . (/{) Noi non entreremo campioni del Politi a combattere con alcuno . Ma diremo essere troppa ingiustizia questa si grande ed uni- versale dimenticanza di quel valoroso : di lui che segreta- rio del patriarca Gonzaga , che diviso in mille negozi , che nato lungi dalle benedette acque dell' Arno, che solo, e qua- si primo , seppe condurre un lavoro che contrastasse la pal- ma alla sudata e clamorosa opera di que' tanti valentuomi- ni che scrissero e celebrarono il Fiorentino Vocabolario. Que- sto breve tributo di lode si doni al merito del Pergamino , e all' onore d' un cittadino delle terre Ecclesiastiche , che ci è sembrato debito il vendicare.

Ma seguitando però l'esame della prefizione , seguiremo il breve racconto delle edizioni della Crusca , 1' una in Vene- zia del 1612. l'altra ivi nel i6a3. la terza in Firenze del 1691 accresciuta , ma non molto purgata : la quarta negli anni 1729, e 1788 in Firenze pel Manni , sopra l'altre lodata. La quale si ristampò in Venezia l'anno 1741: e in Napoli nei »746. e 1749. cor; una giunta. E finalmente il Pitteri la ri- stampò ponendo a luogo i vocaboli registrati nella giunta Napolitana: con questo fece un gran dono all'Italia : perciocché que' vocaboli sono la più parte arcaismi o slor-

(4) Adr. Polit. diss. della lingua, p. 462. 46J.

(5 Lette raturjì.

pianure fatte ne' testi manoscritti : checché ne dica 1' nutore delle Riflessioni lette nella R. Accademia Fiorentina l' an- no 1793. Quindi si passa a ragionare intorno le giunte dell' Alberti, e del Cesari: e si dice che anche le faliche di que- sti due letterati non Jccero conlento il desiderio comune . Imperciocché l'Alberti facendo ricco il suo dizionario di molti vocaboli , e specialmente di qua'' che appartengono alle scienze ed alle arti, diede senza leggiti ima autorità la cittadinanza alle voci e «' modi de' parlatori : e mesco- lò alla lingua illustre quella de' moderni plebei : ed il Ce- sari per soverchia religione verso i trecentisti , ebbe in de- lizie alcuni arcaismi , e registrando diverse voci storpiate dal volgo , e diversi errori de' copisti , scomunicò molti vo- caboli e modi compilati dall'Alberti , forse perchè non eb- bero in sorte di nascere nel secolo dell' oro . (5) Alle quali inapeifezioni si aggiunge come per nota , che quella edizione Veronese è arciscorretfissima . Per confermare la qual cosa si dice, che confrontate le undici sole pagine del- la Prefazione degli Accademici, e le settanta pagine della ta- vola delle abbreviature con qn(;lle dell'esatta e corretta edi- zione del Manni , si sono trovati circa quattrocento errori, fra quali sono perfino alcune mancanze d' interi periodi . Ag- giungasi a tutto questo , che V uno ne V altro Vocabo- larista ( come dicono i nostri Compilatori ) s' accorse degli sconci non lievi pe' quali oggi V Italia dimanda la rifor- ma ; segnatamente da che il celebre Vincenzo Monti colla sua proposta d' alcune correzioni ed aggiunte al vocabola- rio , ha fatto conoscere quanto sia necessario , che molti let- terati Italiani pongano mano a perfezionare questa grand' opera . Per cui ornai a tutti e palese , che nel volume da- toci per norma dello scrivere gentilmente , trovansi molte

(5) Prcf. p. xn.

DiZION. iTALlAr^v/ F. I. 7

voci mal difinite : molte storpiate , perche furono m.al co- piate o mal lette «e' manoscritti : moltissime che essendo al tutto spente tolgono il loco alle vii'e : altre ancor vivt po- ste fra le morte : molte interpetrate al contrario di quel- lo che valgono : e diversi esempj allegali fuori di luogo : e molti sensi figurati confusi co'' proprii . Quello poi tra gli altri difetti i di cui col Monti movono lamento lutti i filo- sofi , si è la mancanza grandissima tJe' termini delie scien- ze , e delle arti, alle quali scarsamente provide V^JlLti ti . Da tutti questi difetti purgheranno il Focabolario , quan- do che sia , gli uomini sapienti d'' Italia : ma di tanta mo- le si e il compilare V opera desiderata. , che non e da spe- rare di' ella possa venire in luce fra breve spazio di tem- po . E mentre questo gran lavoro nel consiglio de^ sapienti si va maturando , nessun frutto ci verrà dato di cogliere dalle proposte del Cav. Monti e dagli avvertimenti de' suoi illustri colleghi ? (6) Queste a noi pajono buone intenzio- ni : e certo i nuovi compilatori avranno ragione alla grati- tudine di tutti coloro che intendono al bello ed emendato scrivere: anzi otterranno il voto de' Toscani , e de' Fiorenti- ni medesimi : essendo quella gentilissima nazione tutta pie- na di buoni e veri fllosofi , che lasciale le vane dispute mu- nicipali intendono alla gloria ed all' incremento di questo puro , e dolce idioma ; seguendo 1' esempio altissimo di quel Fiorentino Alighieri , che lo fondò : per cui siamo usati di dire con Ottavio Ferrari , e con Scipione Maffei , che Firenze Ipsius Italice Italia est . Che se tra quel popolo si cortese v' ha qualche ritroso , e fantastico , che non s' ac- cheta al giudizio universale de' savj , ciò poco monta : men- tre i più gravi e sapienti s' accostano a quel loro dottissi- mo Salvini , il quale applaudiva a quelle severe censure che

(6) Pref. p. xm.

8 LettehattirA

il Tassoni ( o per dir più vero l'OtlonelH ) scrisse contro il Toscano Vocabolario. Volesse Iddio ( gridava quel Prin- cipe de' Cruscanti ) volesse Iddio che molti aK>esscro fat- to quel che ha fallo il Tassoni \ notando ciascuno amiche- volmente quello che fosse da correggere , da migliorare , da toglier , da aggiungere , da mutare , che come dice Omero .

Certamente dei più V opra è migliore .

E questo immenso insigne lavoro cha ha fatto per l'uni- verso mondo dell' accademia nostra volare la fama, sempre pili splendido , sempre più ricco ne diverrebbe (7). Così il giudizioso Salvini nella decima delle sue lezioni : quel Salvini ciie usalo alle dottrine de' Greci , entrato era nella scuola d' Eraclito , che insegnò come tutte le verità si scuoprono per quistioni o con se medesimi o con altrui. Quindi nella undeiima sua lezione non usciva in agre pnrole contra il Tassoni, ma situilmente intuonava , che ^er Ione alcune macchie al Vocabolario , e farlo per conscguente pih polito e pili vago, vi si adopiò il raro spirito del Ttissnni, al quale siccome delle cose a beneficio di quello, e a j>rò nostro (giusta- mente osservate , grado dobbiam sempre immortale ; così ne anche quella censura , eh' egli nelle altrui cose co?ì ingenua libertà esercitò, vuole a lui risparmiare. Comune è Marte, dice Omero , cosi ò comune la critica . E questa è veramente la via, per cui le umane cose si conducono in perfezione : che quello starsi ne'giudir.j altrui, e quel gire dietro a chi ci me- na senza chiedere del cammino, è cosa non da uomini , ma , come dice Aristotile , da umani buoi . Che se in tutte le scritture è necessaria la correzione , certo ella ò poi necessa- ria al soni'nti in f[ueir opera da cui la correzione delle scrit-

(7) Salvini Pros. Toscane Lcz. x.

DiziON. Itìliano F. !;■ 9

ture tutte dipende . E un piccolo errore nel maestro è fon- tana d' errori innumerabili ne' discepoli .

Ma tornando noi a'Bolognesi Autori veggiamo le regole da loro seguite in questa intrapresa . Prima di tntto dicono , eh' essi hanno tolto il modesto ufficio di compilatori , valendosi di quello che i diligenti letterati prepararono a vantaggio del Vocabolario. Poi soggiungono d'avere sopr'ogni altra cosa fatto uso delle correzioni del Monti , le quali molto vagliono a rendere pregiata la nuova edizione . (S) Promettono indi la correzione di molte definizioni , e descrizioni , che mal dimo- strano le qunl;Lh , e le proprietà delle cose : fra le quali si tro- veranno quelle àe^ vocahoW Argano , Lieva, CaK>a1 leggiere, Ca- vai ckeri a -, Lunata, Pilar.lro , che nel primo tomo de' recpnll Atti dell'Accademia della Crusca sono state biasimate , e che l'Alberti averia già corrette nel nio dizionario. Hanno aggiun- to le descrizioni delle piante , ove nel Vocabolai-ìo si legge « specie d'erbari albero noto ec. La quale maniera di notare le piante non può essere a grado agli scientifici , essere intesa da' forestieri . Ed hanno fatto il simigliante intorno a' termini dell' anatomia, della medicina, della mattematica, della chimi- ca , e della storia Naturale . E questo veramente ci sembra la- voro gravissimo, e pieno di bella utilità , per ogni genere noa solamente di scrittori , ma ancor di lettori ; a' quali pure è bi- sogno di rivolgere il pensiero nella compilazione d' un nazio- nale Vocabolario .

Hanno però considerato ancora che il definire ogni pa- rola con quella esattezza che la rigorosa filosofia richiede , riuscirebbe vano agli uomini sapienti, e non recherebbe alcu- na luce a coloro , che nelle scienze non sono profondati . E questo vogliono dire segnatamente delle definizioni che riguar- dano la metafisica e la morale: nelle quali discipline «sse ri,e-

(8) Pref. p. XIII.

IO Letteratura

scoao oscurlssime alla più parte de' lettori , come quelle ohe procedono da sottilissima analisi . Questo provasi con esempio tratto dal dizionario Inglese di Johusoa : dove la Idea si definisce fuMo ciò che la mente apprende in se stessa , o e immediato abbietto della precezione , del pensiero , dell' intelletto . La quale definizione dicesi non adequata , co- mecht> sia di Locke . Imperocché oscuro è il verbo appren- dere in significanaa sentire le attinenze de' nostri senti- menti : la frase essere objetlo delle percezioni meglio ri- schiara le precedami parole: conciosiachè il significato de' Vo- caboli precezione , pensiero, intelletto non può essere inte- so da coloro , che prima non conoscono quello del vocabo- lo Idea. Quindi richiamando a suoi principii il vero valo- re d' es50 vocabolo, e fattane l'analisi si conchiude, che /'*- dea del corpo è quel complesso di reminiscenze insieme as- sociate nelV ordine stesso , in che le sensazioni relative al' le dette reminiscenze furono generale altra volta ; e si se- gui ta dicendo che Idee in generale sono tutti i complessi individuali di associate reminiscenze . (y) E qui si termi- na giustamente dubitando , e chiedendo se queste definizioni auderebbero scevre di controversie : se sarebbero chiaramen- te intese senza essere accompagnate da lungo schiarimento : se collo schiarimento sarebbero da tollerarsi nel Vocabola- rio. Alle quali inchieste noi rispondiamo del nò: veggendo bene che saria un" opera piena di pericolo quella di entrare in quel diOicile regno de' metafisici , che il S.ilvini direbbe re- gno battaglieresco . Queste lunghe sposizioni si vogliono la- sciare a chi riformasse gli errori deli' Enciclopedia : e non % chi cura 1' emendazione del Vocabolario .

I vocaboli mal conci o storpiati sono stali ridotti a quel- la forma , in che si ritrovano nelle più accreditate ristam-

(9} Pref. p. XIV.

DiziON. Italiano F. I. 1 1

ve de^ classici : E sono stati tolti via specialmente qiie'' no- mi che intromessi erano nella lingua per V ignoranza da' copisti . Tale si e la voce Abao con due esempi di Gio- vani Villani , tolti da un antico manoscritto -. la quale bar- bara voce in tutte le migliori edizioni , e segnatamente in quella pregevole dataci colle stampe di Milano del Mu- ratori , è convertita nella conosciuta , e nostrale voce Ba- lìa . Qui ci accade di notare d' un lieve fallo i chiarissimi compilatori : il quale fallo noi non vogliamo tacere , afGncbè le meritate lodi che loro tributiamo , non prendano faccia di adulazione. Quella voce Abao none voce intromessa ne' li- bri per la ignoranza de' copiatori . E ne' buoni testi di Gio- vanni Villani citato dalla crusca si legge : Messere Adoardo Doria tenne trattato coli' Abao del popolo di Savona : E altrove . : / capitani di Genova , e V Abao del popolo ri- nunciarono la loro balìa . La correzione del Codice Mura- loriano fu anzi intromessa da tale , che non seppe come VAbao era un vero magistrato del popolo Ligure : del qual nome sono pieni gli scrittori delle cose di Genova . E vaglia per tutti Uberto Foglietta , primo degli storici Genovesi : che nel libro i, anno. i335 , apertamente segna due collegi magistrati , onde reggevasi quella repubblica : de' quali il pri- mo: Hes plebis agebat , Abbatesque popidi vocabantur : l'al- tro : Nobilitati praeerat .1^ all'anno l'ò'i'j racconta che Raf- faello Doria e Galeotto Spinola fatti Capitani della città si brigavano con ogni lor arte , onde eleggere essi soli un Vi- cario per giudice , e dare VAbao al popolo: il qual popolo finalmente nel i33g scelse a suo talento V Abao: eleggendo il plebeo Simone Boccanegra , uomo di grande animo , e di gravi consigli , che fu il primo Doge della Repubblica sotto il governo de' popolari . Per le quali testimonianze a noi pa-^ re che questa voce d' Abao non debba cancellarsi dalle sto- rie : perchè falsificarebbero : e che non abbia da perde-

ìa- Letteratura

re la memoria d' un magistrato che ne' tempi gloriosi alla no- bilissima Genova tenne nel suo popolo quel luogo , che il Tri- buno della plebe occupò fra Romani . Concederassi non di- meno , che la Crusca male defini questa voce : dicendo che ella è nome di dignità popolare , che i^ale capo in signi- ficato di Guida , Scorta, Regolatore : mentre dovea più tosto dichiararsi per dignità popolare nella repubblica Genovese, derixHita per corruzione dal vocabolo ABATE . E per que- sto modo non solo saprassi il vero significato d'esso vocabo- lo, ma conoscerassi ancora la sua etimologia : poiché Abateè vo- ce a noi venuta dalla Siria , che significa Padre . del nome d' Abati furono già in antico onorati i soli sacerdoti, e i pre- felli de' Monaci : ma egli fu tilolo di nobiltà, e di feudo si- mile a quello Barone, e di Conte : come si può leggere in Cujacio (io) e nella Cronica di Suidegero , che così insegna . ylhbates in antiquis Historiis non sunt Monachi , sed Ba- rones , magnatesque , quihus Abbatias Princeps dat ad tem- pus , rei quoad vixerint . Per cui anche ne' più moderni tempi i Decurioni di Brescia s' intitolavano Abati : e Abati in Milano si chiamavano i prefetti de' colleggi , e delle com- pagnie de' mercanti , e dell' arti . (i i) Che se a questo an- tico valore si porrà ralente , sembrerà meno strana quella me- tafora dell' Alighieri , dove nel vigesimosesto del Purgatorio chiama Cristo l' Abate del Collegio . Perchè considerando come questa voce a' suoi tempi era sinonima di Principe , non può più dirsi eh' egli abbia abbassata la dignità del soggetto con un vocabolo poco degno della divinità . Ritor- nando intanto a ragionare del Vocabolario , crediamo che que- sta voce vi debba stare , finchò vi stia il nome Doge : essen- do Abao un guastamento d'Abate a punto eome doge ò un

(io) Cujac. de fciid. lil>. i. Tit. i.

(il) Oitav. Ferrari. Orig. liiig- Ital. p. 4-

DiziON. Italiano F. I. i3

guastamento di duce : e 1' uno e 1' altro furono due titoli d' antichi magistrati Italici , senza i quali le storie de' secoli andati non potrebbero stare . Più tosto vorremmo cancellato dal Vocabolario il titolo Peri messovi per significare i Pa- ri di Francia . Perchè guai se i Francesi sapessero che noi usiamo quel brutto equivoco . E non par ella cosa incredi- bile , che in Italiano si possa leggere che il Re di Francia si mostrò al popolo fra i peri ? e che il lettore non sappia s' egli si mostrò fra le piante del suo giardino , o in mezzo la corona de' grandi di quella illustre nazione ? queste sono voci da cacciare senza pietà : questi sono aperti arcaismi , che ora movono il dispetto ed il riso . Ed abbia pur detto il Villani , che il He di Francia si governava col consiglio dei Peri : (»2) noi dobbiamo scrivere Pari : e solamente Pa- ri deve leggersi nel dizionario Italiano , dopo che 1' Ariosto

cantò

Dall' altra parte fuor de' gran ripari

Re Carlo uscì colla saa gente d' arme,

Cogli ordini inedcsmi . e modi pari ,

Che terria se venisse al fatto d' arme :

Cingonlo intorno i suoi famosi Pari

E Rinaldo è con lui con tutte V arme . (i3)

Diremo quindi bellissimo l'accorgimento de' nuovi Compilato- ri , i quali hanno lasciate addietro tutte quelle parole viete, o deformi , che registrate con un solo esempio o dal Pitte- ri , o dal Cesari non hanno chiarezza , dolcezza , grazia , pertegono al tesoro della lingua : purché questo tesoro non si volesse empiere di carboni , Ma perchè questi valentuomini si fanno coscenza di tutto , e vogliono farsi grati anche quelli , che sono vaghi di queste merci , essi promettono di stampare in un foglio separato dagli altri

(12) Giov. Vili. lib. 8. cap. 4- (i3) Ariosto, cant. 58. st, 79.

i4 Letteratura

tutte le voci che sarauno tralasciate . E questi fogli saranno quello che il Munii chiamava il Cimiterio delle paiole . Si dispenseranno al fine d' ogni volume . E va bene : poiché queste sono cose da dare per gionta e non per derrata . Che la pili parte non sono già voci antiche , ma troncamen- ti e guastamenti delle italiane voci : che si leggevano per le \ecchie scritture , prima che 1' uso de' buoni avesse determi- nata la vera forma , e il Aero suono de' comuni vocaboli . La quale verità si conferma coli' esempio che i Compilatori qui mettono in nota. E in vero se per esempio la voce Ita- liana è acceso non corre bene che nel Vocabolario leggasi accisa y e lo dica pure Messcr Polo JZoppo, i nostri ne ride- ranno sempre come d'un idiotismo ; i Napolitani diranno che acceso significa uccìso : e i Bolognesi grideranno che se al Sig. Polo Zoppo è dato registrare il suo accisa per ac- ceso, elli vogliono che si rigistri il loro azeiso . Perchè con- cessa a un popolo la potenza di guastare una voce , tutti gli altri vanterebbero potenza eguale : e fra poco si tornereb- be agli ordini della torre di Babilonia . Bene dunque si è caccialo dal dizionario Bolognese acidificare per edijìcare , adonque per adunque , adessa per adesso , adoltro per adultero , aff'ritto per afflitto , agiudare per ajutaie , ajuna- re per adunare , aitano per alcuno , allativo per ablativo , apoletico per apopletico , appipito per appettilo , arlogia per orologio , ascio per agio , ascuso per ascoso , asgello , auciello , auzei per augello , e augelli : ed altre simiìi, fra le quali quell' adesato di cui il compilatore Lom- bardi confessa di non conoscere la significazione . La quale essendo parola usala dall' Allegri , cioè da un moderno , non non può credersi perduta nella memoria degli uomini , e si dee più tosto sospettare che sia un errore di stampa : e forse ivi debbe leggersi non adesato , ma adescata : nel senso in che usollo r antico volgarizzatore di Boezio .

DiziON. Italiano F. I. j5

Si viene da ultimo ad avvertire i leggitori di clie natura sieno le giunte di questa nuova compilazione. E si avviso che adoperale quelle dell' Alberti , del Cesari , purgandole però come è detto , si sono scelte molte altre voci leggiadre ed efficaci dagl' indici già pubblicati per alcuni vomini dili- genti , e da' manoscritti comunicati da alcune persone cortesi che ajutarono questa impresa . (i4) Ma quel che più vale i

(i4) Queso è r indice delle opere , onde in gran parte i Com- pilatori hanno tratte le giunte del nuovo dizionario Italiano .

Amati Susitio . La Battaglia delle Vecchie colle giovani Canti due di Franco Sacchetti . J5ologna Masi 1819. Alla pag. 95. e se- guenti si legfsc un indice di vocaboli raccolti per la prima volta dall' Amati : a quali s' aggiungeranno moltissimi altri non ancor pubblica- ti dal medesimo autore .

Bcddusseroni Ascanìo . Dizionario di Giurisprudenza marittima , e di comercio . Livorno Masi i8i3. Tomi 4

Bonsi Francesco. Dizionario di veterinaria ec i794- Tomi 5. Bossi Luigi. Spiegazione d'alcuni vocaboli Geologici, Litologici Mineralogici . Milano Sonzogno. 1817.

Buffon. Storia IVaturale giusta il sistema di Linneo classificata; Prima traduziene Italiana. Piacenza. 1812.

Cinonio. Osservazioni ec. illustrate da Luigi Lamberti. Milano. Tipogr.. de' Classici. 1809. Tom. 4*

Dizionario Ericiplop edico di Chirurgia : tradotto dal francese ed accresciuto da Cesare Ruggeri . Padova 1810. T. 6

Dizionario Enciclopedico delle Matematiche . Vedova.. Semina- rio. 1810 Tomi 6.

Gagliardo G. B. Vocabolario agronomico Italiano. Napoli i8i3. Gallizioli Filippo Dizionario Botanico , Firenze Daddi. 1819. 1812. Tomi 4-

Grassi Giuseppe Dizionario Militare Italiano . Torino Pomba , 1817. Tomi 2.

Milizia Francesco Dizionario delle bejle arti del disegno . Bas- sano 1797. Tomi 2,

Munti Cai'. Vincenzo Proposta di correzioni , ed aggiunte al Vocabolario . Milano 1817. e seg.

Muzzi Luigi Nuovo spoglio di vocaboli tratti da autori citati dagli Accademici della Crusca. Bologna. Masi, i8»3.

Fino Ermenegildo Elementi di storia naturale degli animali. Mji lano . 1808 .

Rubbi Andrea Dizionario d' antichità ec. Venezia . Stella ijg!3. Tomi lì.

Stratico Cay. Simone Vocabolario di Marina . Milano i8i5, Tomi 5.

t6 Letteratura

saggi Compilatori hanno aggiunto moltissime miglìaja di vo- ci pertinenti alle scienze e alle arti : e questa sarà vera e grande ricchezza di lingua , molto onorevole alla nostra na- zione , che potrà nel suo Vocabolario mostrare a' posteri in in quanta luce di lettere e di scienze da noi viveasi nel secolo decimonono . E questa è opera boni molto piìi utile e grave, che non sono le vane fatiche di que' selvatici, a quali meglio piacciono le ghiancje che non il frumento .

Ma non vogliamo lasciare il discorso di quest' aurea pre- fazione , sansa notare il nobilo modo, ootn cui si risponde al- le mormorazioni di quegli spirili severi, che supponendo es- sere nel vocabolarista autorità di legislatore , danno biasimo a' nostri autori, e dicono che dovevano lasciare l' impresa o a coloro , che sopra la lingua hanno leggittima podestà , o a più robusti ingegni . Alle quali oppos'zioni oppone un» tloltrina chiarissima tolta dagli antichi e da moderni filosofi, per cui dividasi la plebe de' parlanti dallo scelto numero de- gli scriventi . I quali accorgendosi che non tntti i modi dell' uso valgono a indurre ne' discorsi chiarezza , e durevole ve- nustà , investigando la natura de' pensieri , pervengono a co- noscere le leggi , con che si dovrebbe ordinare la favella , se i fihwoG ne potessero essere gli assoluti monarchi . Ma V csjjcfienza mostra loro quanta sia la forzi dell' uso , e come a moliissime consuetudini non abbia contrasto la ragione

A questi HizioDarj, e a queste opere stimiamo che delibasi aggiun- f.v.i-c. la raccolta del Padre G. B. Bcrgantiiii iutitolata Voci Italia' ir: d' autori approvali dalla Crusca , nel 7'^ocabolario et essa non registrale , cun altre molte appartenenti per lo più ad arti e scienze , che ci sono somministrate similmente da hiioni autori . Venezia : Bassaglia 1745. 11 Bergamini non era molto sottile nel- le arti della Critica , e della lingua : raa in quel suo elenco sono molle voci necessarie e bellissime . Così è nostro consiglio , che cerchi in quegli autori , che 1' Accademia della Crusca approvò neii' anno 1786 , e in quegli altri che sono stati proposti dai eh. let- terati Bariolomco Gamba ed ab. Colombo .

D.iziQN. Italiano F. I. 17

de^ filosofi : per la qual cosa ogni accorto scriliore ordinan- do in oratoria , e poetica armonia le naturali qualità del- la lingua , procaccia sempre di conciliare insieme con beW arte i dettami della filosofia e P uso de' pw latori . In que- sta forma dalla naturale favella ha nascimento e stabilisce il suo nobile stato la lingua illustre : che altra signoi'ia non conosce fuor quella dell' usa de' classici scrittori : di quelli cioè che rimangono in fama dopo lo spazio del tempo cìie basta a spegnere gii amori e gli odj , pe' quali talvolta è abbassato , e talvolta innalzato immeritamenie il nome de- gli uomini . Questo illusti'e Senato segue e segidrà per tutti i tempi suo leggitiimo dominio , indendosi della libertà de' parlatori per accrescere la lingua , frenando la licenza degli scrittori communali , affinché essa lingua non si guasti e perisca . Il consentimento di tale Senato che ha V appro- vazione di tutta Italia , è la suprema , ed unica legge : chi questa segue è sicuro : chi da questa si dilunga. , si pone in braccio alla ventura, poiché certissimo non è chele sue no- vità sieno approvate dalle genti . Da ciò si vede quanto sia necessario che i vocabolarj mostrino la via battuta dagli autori eccellenti , acciocché riessano per ignoranza , e senza necessità se ne diparta , Questo fine solamente deggiono proporsi i vocabolaristi , e non assumere officio di legisla- tori . Così ragionasi, e si risponde a quelle pedantesche mor- mor.ìzioui : sappiamo come possa scrivere con più for- za di pensieri , e di stile : in qual prefazione d' Italiano Vocabolario siasi adoperata migliore filosofia . Per quello poi che si dice intorno 1' autorità de' vocabolaristi , siamo anche noi dello stesso avYÌso , che i nostri autori ; cioè rhe o sie- no essi individui , o sieno congregazioni accademiche , so- no seniore 7iella repubblica letteraria private persone e non dittatori ', quindi non posano arrogarsi il potere di dare sotto qualsivoglia colore leggittimità alle parole . Nella

i8 Letteratura

quale sentenza non solo convengono i più corretti e f più. dotti degli scrittori viventi , '"ma era ancora quel gravissimo Gaspare Sdoppio, die al tempo de' nostri avi cosi scriveva, De- cipiunt id genus libri judicium non semel . Quam ob causam viri dodi Lexicis non veliit magistris , sed tamquam mini- stris in memorice subsidium utuniur . (i5)

Rimane finalmente che noi ci rallegriamo co' novi com- pilatori , anzi coli' Italia , perchè veggiamo per la nostra bel- lissima lingua posto in tutti gli animi tanto d' amore e di zelo che in ogni luogo si attende alla sua vera ristorazione ; E più vi si attende nella floridissima Bologna , antica madre degl' Italici studii . I valenti compilatori avranno molto a com- battere non solo colla difficoltà del lavoro , ma ancora col- le varie passioni , e pretensioni degli uomini . Ma questo farh più lodata la loro fatica : che come dice Epicarmo : Gli Dei x^endono le belle cose , e per conseguente la gloria , a prezzo di gran sudore .

» miiiirilllllll» ib> I I «yi' <llliniilliiiwni

'9

La Legge Petronia illustrata col mezzo di un' antica Lscrizione rinvenuta nelV Anfiteatro di Pompei : Memoria distesa dal Cavaliei' Arditi Sopraintendente dei Regj Scavi. Napoli 1817. Tipografìa Chianese .

Olimlamo nostro debito di noa ritardare più oltre la pu- blicazione dell' estratto di questa dotta memoria , clie la co- pia delle materie non ci ha permesso d' inserire nei pre- cedenti Quaderni . Gli Amatori della Giurisprudenza Anti- quaria ci sapranno buon giado per le cure di estendere la conoscenza di un marmo , e di un' opera , che direttamen- te guidano a dicifrare in gran parte 1' antica , e variamen- te agitata questione intorno all' epoca , ed all' autore della legge Petronia. Entriamo senza altro in materia.

Nel Tom. 11. delle Simbole Piomane del Gori alla pag. 121. si trova una lettera, che credesi scritta dall'aba- te Marlorelli , quale in data del di io. Settembre 1749- tli" ceva cosi : Si è trovata una bellissima Iscrizione , la quale /il menzione deliri Legge Petronia ; e qui si sono posti in moto tutti i Giuristi per illustrarla . Si vedrà che cose belle dicono . Nulla però se ne disse allora , poi . Se quella Iscrizione non era diversa dalla presen- te , convien supporre, clic appena ritrovata fosse ricoperta di nuovo , giacché questa comparve fuori della terra sot- to gli occh) dell' A. nel di 1. Maggio i8i4- sull'ingresso dell' Antiteatro di Pompei. Questo edificio insigne per anti- chità , per magnificenza , e per conservazione , ha la figu- ra Ellitica . Nelle due estremità dell' Asse maggiore vi so- no due grandi Porle . Ota a chi mette il piede in quella delle due porle, che guarda fra occidente, e settentrione , si presentano immediatameate a destra , e a sint£tra due

2 *

ao Letteratura

■faicchie rettangole , le quali sembra che abbiati contenuto due statue , che oggi però non si veggono , e solo a piede di tali nicchio leggousi scolpite iu travertino due latine Iscrizioni onorarie. Quella di mano destra dice cosi : C. Cuspius. e. F. F. Pausa Pontif. D. Vir. J. D. L' altra a sinistra , che forma il soggetto della memoria , è la seguente .

C. CUSPIUS. e. F. PANSA. PATER. D. V. I. D. mi QUINQ, PR-EF. ID. EX. D. D. LEGE. PETRON. Il Cavalier Arditi francamente legge.

Cajus Cuspius Caji Fi\\\isPunsa Pater, Duo Vir Ju- ri Dicando

Quartum QUiNQuennalis PR^EFectus IDem EX De- curionum Decreto LEGE PETROKia

Dal confronto di queste due Iscrizioni 1' A. spiega fe- licemente la ripetizione della voce Filius nella prima linea di quella a destra , perchè si scorge adoperata in contra- posizione al Pater . che si ha in quella a sinistra , per à\- slinguerne li due personaggi dell' istessa gente Cuspìam.o\- to chiara , e benemerita della Coluipa : quali portando li lessi nomi si sarebbero altrimenti confusi. La spiegazione delle sigle Numeriche IIII. vien difesa dall' A. non solo i ogli esempli generali di altre Iscrizioni, nulle quali colli. ili, e Illl. si ricorda la seconda, terza, e quarta volta, die alcuno avesse esercitatala slessa Magistratura, ma be- lianche con altra Iscrizione , che riguardalo stesso C. Gu- falo Pansa dell'Anfiteatro. Fu essa scavata nel Foro i'unipei li f). Maggio del 1816., e vi si legge in lettere '^juello stesso , che nella Lapide dell' Anfiteatro è notato ' ; r mezzo de' numeri . Ecc one il tenore . C. Cti.yno C. F. r.iasce II. I ir. I. D. qanri. (piiiuj. Ex D. D. Pec. lab. Da ciò \' \. argomeril.i, clic le sigle nuniotielie UH.

Della Legge Petronia 21

nell' Iscrizione dall' Anfiteati-o debbano sciogliersi in quater , o quatto , o quartuin ; osserva poi ; che la parola qiiart . iìi incisa nel Marmo non intera, ma punteggiata sull'ul- timo , parendo cosi , che il Compositore profittato avesse della prudente cautela suggerita in simil caso da Cicerone . Interrogato il Romano Oratore da Cu. Pompeo se meglio in buon latino conveniva esprimere Coìisul Tertio , o Consid Tertium nell' Iscrizione del Tempio della Vittoria , fu di parere, che senza entrare in brighe inutili colli Gramma- tici discordi su questo punto , si avesse a scrivere Tert. onde ciascuno leggesse ed interpetrasse a suo talento, co- me narra Gallio IVoct. at.t. Lib. io. Cap. i.

Discorre quindi 1' A. molte cose erudite sulla Magi- stratura , della Quinquennalità , di cui fu onorato il no- stro Caspio Pansa , sul titolo di Prefetto, che nella Colo- nia Pompejana venne data al magistrato sul!' osservanza del- la legge Petronia^ ed altre copiose osservazioni aggiunge per dichiarare a quale Carica si riferiscono le Sigle nu- meriche , se cioè abbiano a collegarsi col Duo vir Juri di- cundo , da cui sono preceduto , ovvero col Quinqnennalis , che loro viene appresso ,

Premesse queste generali illustraxioni scende 1' A ad interpretare le ultime parole della seconda Linea dell' Iscri- zione P/ref. Id. Ex D. D. Le^e PETBOJY ; tanto più interessanti egli le stima in quanto che Paulo Merula tra- scurò affatto la legge Petronia , ed Antonio Agostino ne parlò molto digiunamente, senza che il di lui Commenta- tore Fulvio Orsini vi aggiungesse una parola .

Incomincia l'Autore dal difendere la denominazione del- la legge contro l'opinione di Pietro Fabro, che Pelinia , e non Petronia pretese , che dovesse appellarsi , Semestr. Uh. 2. Cap. XI. Si era questo acuto Interprete della ra- gione laivile impegnato a sostenere, che soltanto sotto l'im-

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- pero di Adriano fosse stata pubblicata la Legge , per la quale imponevasi un freno all' illiinitala libertà de' Padro- ni di consegnare i Servi a pugnare colle Bestie : Non tro- vando in quell'epoca vernn Console di nome Petionio, ma bensì un Q. Arrio Petinìo , cbe resse i Fasci nell' Anno 876. di Roma, ossia nell'Anno laS. dell'Era Cri- stiana , si permise di emendare capricciosamente il Testo Modestino nella legge IT. §. 2. ff. ad Leg. Cor^ nel. de Sicar. contro la testimonianza uniforme di tut- ti i Codici , e trasformò in Pctinia la legge Petionia . L' autorità del marmo Porapcjano decide oggi assolutamente la sincerità del Testo di Modestino, e la fidsilà dell'opi- nione di F.ibro , che prima ancora di questa scoperta non piacque al Noordkerk , e fu egregiamente confutata dall' Eineccio . Viene altiesì apertamente 1' A. alle prese con Ermanno Noordkerk, 'quale nel commentario de Lege Pe- tronia impugnò , che la medesima siasi mai occupata de Tinn tradciuUs areiìCB servis ; Modestino nella detta Le^- ge II. 5. 2, ff'. ad L. Cornei, de Sicar. lasciò scritto , che « Post Legcni Petroiriain , et Senalus consulta ad eam Legi'in pcrlinenlia , dominìs potestas ahlata est ad bestias dcpugnaiidas suo arbitrio ser\>os tradere ; oblato tamenju- dici servo , si justa sii Domini quei eia sic penre tradetur . Appoggiava Noordkerk la sua negativa sopra le parole del jiureconsuUo , il quale afferma, che fu tolta questa po- testà ai crudeli Padroni post latani Legem Petroniani : non già, che Le.r Pe.tronla liane poteslatem Doininis sus- tuìit >:> Mcritameiìte l'A. confuta si strano soOsma sostenendo, che la frase post Legem Petroniani secondo il linguaggio de' Giurisperiti vale quanto « dal tempo della legge Pe- tronia in poi a : lascia di osservare , che la menzione .della Legge Pctronia in un marmo sull'ingresso dell'An- fiteatro CDnferma colla stessa località il soggetto della Legge:

Della Legge Petronia 23

poiché per quella Porta entravaao nell' arena l' infelici ser- vi dal Prefetto condannati ad bestias in pena de' loro de- litti .

S' inoltra quindi 1' A. ad esporre 1* singolare varietà delle Sentenze de' Giureconsulti circa l'Autore, e l'epoca della Legge Petronia . Se si presta fede a quanto ne raccol- se il detto Noordkerk nella sua Disquisit . de Leg. Pe- troli . Amsterdam lySi Cap. 3. ( quale peraltro non fu sempre esatto nelle sue Citazioni ) Ermanno T^ultejo fe- ccia risalire al tempo della Repubblica (i) : Jacopo Cujacio la chiamò vagamente parto delle Costituzioni de' Principi senza darsi pena di pronunciare a quale degl' Imperatori propria- mente si appartenesse . Geraldo Noodt la disse promul- gata dopo Augusto, e prima di Adriano. Francesco Con- nano la fissò sotto Tiberio . Piacque ad Everardo Ottone , ed a Gio : irrigo Cristiano de Selchow assegnarne l' ori- gine dopo Claudio, e prima di Domiziano. Ali' impero di Nerone indeterminatamente la riportò Cornelio fan Bjn- Vershoeh. La maggior parte però degl' Interpreti, fra li qua- li sono Otomanno , Gifanio , Pancirolo , Suarez de Men- doza , Giano a Costa , Éineccio , ed il nostro Gravina , si accordò in assegnare alla promulgazione di questa Leg- ge V Anno VII. dell'Imperio di Nerone , che corrisponde all' Anno 8i4' di Roma, e 6i. dell'Era Cristiana , quando cioè con Gesonio Peto fu Console Petronio Turpilliano

(i) Potrebbe qui aggitingnersi , che anche l'erudito Rodolfo Eornerio ( Rer. Quotidian. Lib, 2, Cap. 11. nelTcsoro Oitoniano T. ^. p. 191- ) riportò ai tempi della Republica la Legge Peiro- iu'a , e precisamente qvicl supposto Capo di essa , che Fciuhut ne peregrini Romce prò Ciyibus sese gererent - . E' però manifesto eh' Ej;]] fu tratto in errore da un passo scorretto di Cicerone de OJfic. Lib. 3. 11, ove nelle aldine, ed altre edizioni si legge Pe- irOnius in luogo di Pcnmts , cioè di quel Tribuno Giunio Penno , da cui eld.e nome la Legu;e Giiinia , che precedette la Papia de Ciyitcdij . ( iYot. dui CoinpU. )

^4 Letteratura

All' incontro Ermanno Cannegieter nel Goinmentarìo ad Fraginenla vet. Jurisprud. Cap. g. ne ritarda Ja promul- gazioue fino ai tempi di Antoiiiao Pio .

Ma da tutti costoro si dipartì il detto Ermanno JVoord- herh' inteso a sostenere l' origine della legge Petronia al tempo di Augusto . Due sono le congetture , alle quali si appoggiò . La prima riguarda 1' occasione , ed impulso , che potè dare verosimilmente alla promulgazione di una legge si umana il fatto crudelissimo di Vedio Pollione rammen- tato da Seneca , Plinio , e Dione Cassio : Questo ricco Cit- tadino Romano , che viveva al tempo di Augusto condan- nò un servo ad essere divorato dalle Murene per aver di- sgraziatamente infi'anto un vaso di cristallo .

II secondo argomento lo trasse il Noordkerk da due medaglie del Triumviro P. Petronio Turpiliano, una delle quali aveva da un lato il volto di Augusto , e dall' altro la testa della Dea Feronia ; la seconda aveva la testa del medesimo Augusto nel diritto , e nel rovescio un Uo- mo in piedi cum Patera et flagro , e su queste monete pretese di stabilire la promulgazione della legge Petronia sotto Augusto , avvertendo , che Erat Feronia scrvorum. Dea : l'iagrum porro erat insigne servilis , sed modica! correctLonis ; patera liberaUorcm dimensum se/ vis promit- teòat: Si accinge 1' A. valorosamente a combattere questi argomenti , e Noi riportiamo volentieri colle lui stesse parole la dotta , e franca confutazione . « Già prima sup- tc pone il J^ordkork , che il Petronio Turpiliano fosse Tri- « univiro f/fdiu'cndai colonia^ ; laddove al parere universa- le lo di lutti , era quegli un Triumviro monetale nell' an- ce no DCCXXXIUI. di Roma , e venti anni prima della et venuta di Cristo nostro Signore . In secondo luogo la « moneta , che ha 1' Uomo in piede cum patera et flagro ce ivA SVIO rovescio , ò portata dal solo Mezzabarba , e vie-

Della LeCxGE Petronia a5

ce ne generalmente ignorata da Fulvio Orsini , dal Vaillant, fc dal Morelli , e dall' Ab. Eckliel : quando ogni critico « vergognerebbe oggidì di trarre conseguenze , o di fondar « sistemi sopra monumenti , de' quali il solo Mezzabaiba ce desse la guarentigia . Per terzo il Nojordkerk impasta due ce monete in una , per trarne quella consegJienza , che più ce gli piace. E nel \ero la moneta , che ha la Testa della ce Dea Feronia , tanto è lontano , che abbia nel rove- cc scio r uomo Clini patera , et Jìagio ; che anzi ora ha il ce Parto inginocchiato colla leggenda signis receptìs , ed ora ce un' Ambasciatore degli Indiani tirato dagli elefanti, e ve- ce nulo in Roma per ottener conferma di Pace . Le quali ce cose non avendo rapporto sorta alcuna co' servi , e colle ce pene de' servi ridotte a certa equità^ han fatto comunemen- ce te opinare , che la Dea Feronia fosse da Petronio ce Turpiliano messa nelle sue monete per indicare , che egli ce era Sabino origine . A vicenda la moneta, che ha l'Uo- ce mo colla patera , e collo staffile nel suo rovescio , noa ce serba alcun vestigio della Dea Feronia ; avendo nel dirìt- ce to il solo volto di Augusto : e in tronseguenza (suppo- cc sta anche sincera , e ben conservata , e ben descritta la ce moneta del Mezzabarba ) chi sa dirne , quel rovescio a re che cosa abbia riguardo , e quale ìnterpetrazione si me- cc riti? Per quarto sarebbe luogo a domandare , se ì Tri- ce umviri monetali facoltà avessero da promulgar leggi , o ce di dare alle leggi il proprio lor nome . Lo afFermarlo « per un momento sentirebba della più grande stranezza ; ce lo stesso Noordkerk ha il coraggio da volerlo , o da ce poterlo pretendere . Poiché prevedendo egli 1' intoppo , ce che alla sua conghìettura vert"ebbe da si falla diflicoltà , ce crede di sfuggirla col dire , che forse questo Petronio ce Turpiliano potè essere stato Tribuno della plebe al tem- ce , che Augusto rimase faitemente esacerbalo dall' aaim©

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« bestialmente 6ero di Vedio PoHione . Non rido a questa " sua ritirata piena à.\ forse , e di possibili , e appogiata ve- ce ramente nell' aria ; quando egli stesso non si ritiene dal « chiamarla hariolationem con molta sincerità » .

Passa dopo di ciò l'A. a riferire 1' opinione di Gior- gio d' Arnaud , quale nella Dissertazione de Jiire servorum pubblicata nel t']^^. riporta similmente al tempo di Au- gusto la legge Petronia , ma con diversa congettura . Sup- pone, cbe Augusto la promulgasse eccitato dall' avventura di Androclo, di cui è menzione appresso Gellio, ed Eliano . Nar- rano costoro, die in una caccia alla presenza di Cesare il servo di Androclo, condannato ad Bestios dall' inumano Padrone, fu riconosciuto e difeso contro gli attacchi delle altre Fiere da un Leone, a cui aveva in Africa estratta dal piede una scheg* gin , che fortemente lo tormentava . Sembra pertanto al Si- gnor Arnaud di poter fissare il fatto di Androclo nella celebra- zione de' giuochi Secolari, e che perciò nell' anno ^87. di Ro- ma fosse promulgata la legge detta Petronia, dal nome di un L. Petronio , il quale secondo una Lapide Gruteriana fu Tri- buno della plebe , forse in quell' anno stesso . A buon drit- to dall' A. vien rigettata 1' opinione del Signor Arnaud : poiché sebbene fosse certo , che il fatto di Androclo avve- nisse sotto Augusto , tuttavia nessuno crederebbe , che Au- gusto , il quale dall'anno 781. era divenuto perpetuo Tri- buno della plebe , avesse permesso ad un altro Tribuno V onore di dare il nome ad un Plebiscito novello . La storia non ne soministra più esempj dopo quello conosciuto sot- to nome di legge Falcidia venuta fuori l'anno di Tloraa ToS. Ma spingendo l'Autore più oltre l'esame afferma con sodo fondamento , che la storia del servo Androclo appartenga non già all'Imperio di Augusto, ma a quello di Calligola, Da Gellio si ha , che Appione autore del racconto fu spettatore egli stesso della scena meravigliosa , Romce cuin

Della Legge Petronia 27

forte essem . Ora questa accidentale presenza di Appione in Roma ben si accorda coli' ambasceria , che sostenne per gli Alessandrini contro i Giudei appresso 1' Iniperalor Ga- jo Calligola , secondo le testimonianze di Filone , Giuseppe Flavio , ed Eusebio . Oltre di che Plinio di se stesso nar- ra di aver da giovinetto conosciuto di persona Appione in Roma : Adolescentibiis nobis visus Apion . E commune opinione , che Plinio nascesse nell' anno 23. dell' Era vol- gare : si verifica perciò che contava dicisselte anni di età al tempo dell' Ambasceria di Apione , quale secondo li Storici, aTvenne circa l'anno ^o. di Gesù Cristo . Final- mente viene in maggior conferma Seneca che nel lìb. 2. , cap. 19. de Benejic. scrisse 3j Leonem in Aniphitheatro spectavirnus , qui unum e bestiariis agnitum protexit ab impetu bestiaruni « Giusto Lipsio , ed i Commentatori di Gellio sono di accordo sulP identità di questo fatto con quello di Androclo . Se dunque Seneca ne fu testimo- nio , non potè succedere nell' Imperio di Augusto , e pre- cisamente nell'anno 787. di Roma , quando si pretese , che vi fosse un Tribuno della Plebe di nome Petronio , perchè Seneca in quell' anno non era sicuramente ancor nato , e molto meno da Cordova sua Patria erasi trasferito nella Città regina dell' universo : Ben però si trovava in Roma sotto Calligola , il quale imperò dall'anno 790 . di Roma sino al principio del 794-5 ossia, dall'anno 37. al 4i' dell' era Cristiana. Nell'intervallo di questi quattro anni ninno saprebbe additarci un qualche Petronio , sia Tribuno del- la Plebe , sia Console (1) : Onde non solo rimane esclusa la pretesa origine della legge Petronia sotto Augusto , come vollero Noordkerk , ed Arnaud , ma non si può neppure ammettere al tempo di Calligola .

(1) Ci riserviamo di fare su questo proposito qualche osserva- zione in appresso . {Not. del Compii. )

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_ In tanta discrepanza di opinioni, clic portano la legge Pctronia a diverse età molto tra loro distanti incominciando dai tempi della RepuLlìca , e proseguendo fino ad Antonino Pio, sorge oggi dalle ruiue del Pompejano Anfiteatro un mar- mo scritto , che gran parte decide della controversia. Esisteva la legge Petronia peli' anno 79. Gesù Cristo quando Pompei fu miseramente coverta . In conseguenza esisteva almeno qua- inniaquattro anni avanticliè secondo il Fabro se ne facesse nel Consolato del suo Petinio , e nell'anno 123. , la pre- lesa promulgazione sotto Adriano, ed esisteva almeno 59. .•mni avanti che le redini dell' Imperio Romano cadessero nelle mani di Antonino Pio , a cui dal Camiegieter se ne attribuisce 1' onore .Anzi neppure colpirono esattamente nel segno Everardo Ottone , e Sclchow, quando stimarono che potesse esser nata dopo Nerone sotto alcuno degli Anteces- sori di Domizl.1110 .,

Dopo ristretto così il campo della questione ricerca J A.,, Sarà poi vera l'opinione pressoché generale, e co- " mnne, che questa Legge siasi promulgata nell'anno 61. " dell Era volgare; quando Nerone contava l'anno settimo « del suo Imperio , e insieme con Gajo Cesonìo Peto ocoii- « pava il Consolalo C. Petronio Turpiliano ? ce E qui prende a spargere delle dubbiezze colle riflessioni di Noordkerk , che tenne la negativa , pel costume corrotto, e vile del Con- sole Petronio , e per lo sfrenato trasporto di Nerone verso gii spettacoli ,• Vi aggiunge poi le osservazioni proprie , e chiama primamente in soccorso le medaglie , e quelle spe- cialmente , che hanno il nome di contornate , e che la som- ma tendenza di Nerone addimostrano per le pubbliche cac- tie anche di Fiere con Uomini. Un argomento poi mol- to più stringente per la negativa crede 1" A. di ric;ivare da qtiel passo Tacito Lib. XiV. Gap. 17. , hi cui narrando la zuffa nell' anno r»4. di nostra salute accaduta fra i Poni- P'-inni, ed i Nucerini all' occasione dello Spettacolo di Già-

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diatoiì , che diede Livinejo Regolo , assiciu-a , che per De^ crete del Senato iloniano furono prohibiti publice in de- cem anrios ejusmoiìi ccpfu Poinpejani . Premesse queste co- se 1' A. domanda « È mai verosimile , che durante questo ce decennio fosse stato dai Decurioni di Pompei eletto C. Cuspio Pansa a badare , che ne' giuochi dell' Anfiteatro si fosse la legge Petronia esattamente osservata ? Ne' giuo- chi dell' Anfiteatro , i quali per divieto del senato non ,, si potevano fare ? Io non credo , che persona aver pos- ,, sa la frenesia di affermarlo . In conseguenza converrà di- re una di queste due cose : O che la Iscrizione fu po- sta a G. Cuspio Pausa nel tempo di Vespasiano quando l'Anfiteatro, trascorsa già la penalità del Decennio si eh- be a riaprire agli spettacoli pubblici, giacché ne' pochi , ,, e torbidi mesi di Galba , e Ottone , e Vitellio , è vano ,, il supporre che si pensasse a spettacoli : ovvero , che po- sta fu prima dell' anno 54- dell' Era Cristiana ; eh' è 1' au- ,, no, iii cui l'Anfiteatro per Decreto do! Senato si chiuse . Non trova 1' A. che Vespasiano guardasse con oc^ihio di umanità la condizione de' servi. Per coutvarìo dalle meda- glie , da un passo di Sifiliuo , dal Libro Marziale sulli Spet- tacoli , e dalla Fabrica del famoso Antiteatro , detto Colosseo da lui incominciata , raccoglie , che delle Caccie anche fra- Uomini , e fiere molto si dilettasse; osservando perciò , che ,, non pare verosimile , che sotto 1' Impero di Vespasiano sia ,, stato il nostro C, Cuspio Pansa eletto dai Decurioni di Poni- ,, pei per sopraintendere all' osservanza di una Legge , la quale ,, era andata pressoché intieramente in disuso « conchiude jj ,, sarà necessario^ che Noi facciamo risalire questa elezione ,, al di sopra dell'anno 5a> dell'Era Cristiana, quando 1' ,, Anfiteatro per decreto del Senato fu chiuso ,, A conferma dolio sue coogetture 1' A. aggiunge il terribile flagello del Terremoto , che secondo Tacito soffri la Città di Pompei , e perc'ò anche l'Anfiteatro, nelP anno 63 , e cosi durante la De- Gcnuale sospensione de' spettacoli ordinata ncU' anno 54' sj Se

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«^dunque ( argomenta 1' A. ) allora rimasero le due Nicchie ,, prive delle loro Statue , convien dire , che prima dell' Au- no 54. eransi già quelle Statue alzale ad cuore de' due Cuspj , e sotto le Statue medesime eransi incisele due Iscrizioni ono- rarie ec : Ma in uua di queste Iscrizioui , e propriamente ,, in quella di Caspio Padre , occorre aperta menzione del- la Legge Pctionia : in conseguenza prima dell" anno 61. j, di nostra salute , anzi prima dell' Anno 54- dovette la Legge Potronia essere stata già promulgata , contro 1' opi- nione più comune degl' Literpetri del diritto Romano . Del resto il eh. A. con nobile , e non commuue mo- destia dichiara , che abbiano a tenersi in luogo di semplici con- getture le cose da lui disputate contro i Scrittori , che al tempo di Nerone riferiscono l'origine della Legge Pclronia . Se lice pertanto a Noi di proporre alcuno considerazioni di- remo con egual riserva, che non istimeremmo cosa prudente di discostarci per semplici congetture dal commuue , e più ricevuto giudizio degli Interpreti - Ed in primo luogo os- serviamo , che la Legge Petronia non proibisce assolutamente le Caccia di Uomini colle Fiere, ma corregge soltanto , e fre- na il capriccio de' Padroni di esporre i servi ad bestias pri- ma die dal competente Magistrato si fosse riconosciuto nel servo un delitto degno di cotal pena , Dunque vi poterono es- sere in Roma non ostante la Legge Petronia spettacoli san- guinolenti di pugne fra' Uomini , e Fiere , che sodisfaces- sero il genio crudele de' feroci Principi, perchè nell'infi- nito numero de' schiavi dovevano alla giornata esser frequen- ti , e gravi le querele de' Padroni contro i dilintpienti , per- chè non mancarono giammai de' sconsigliati , ed anche delle Feinine invereconde , e furenti , che mettessero a prezzo la vi- ta per discendere nell'arena a pugnar colle Fiere, come ne fanno testimonianza Marziale nel Llb. de. Spcctacul. , Sveto- nio , e Giovenale in varj luoghi . Quindi il trasporto di Ne- rone . e di Vespasiano per simili Caccio non ci sembra ar- gf)mcnto forte alibastauza per escludere la promulgazione della

Della Legge Petronia ' Zi

Legge Petronia sotto l' Impero dell' imo , e l' osservanza della medesima in Pompei sotto l'Impero dell'altro colla deputazione di C. Cuspio Pansa in Prefetto ex Lege Petronia . Si potrebbe commodamente collocare tale di lui Magistratura nell' intervallo di circa dieci anni , clie decorsero dalla cessazione del Sena- torio divieto de' Spettacoli alla distruzione della Città, cioè dall'Anno 68. all'anno 79. dell' Era Cristiana .

la crudeltà di Nerone forma un ostacolo insormontabile a stabilire sotto il di lui Impero una Legge dettata dallo spirito di umanità verso Schiavi. È noto, cheli primi anni del di lui Regno , ne' quali si lasciò regolare dai consigli di Seneca , non macchiarono la Storia Augusta di quelle crudeltà , alle quali in seguito si abbandonò dopo aver sagrificato il Maestro alle infami suggestioni de' favoriti . Ora appunto il Consolato Petronio Turpiliano , che dai più si disse Autore della Legge , cade nell' anno 62. dell'Era Cristiana, primachè Seneca si ritirasse , e quando suU' animo del discepolo conser- vava ancora non poca parte dell' antica influenza . Aggiungasi , che la commune sentenza ritrova a nostro giudizio un fermo appoggio negl' avvenimenti straordinarj dell' anno stesso . Pe- danio Secondo Prefetto della Città fu assassinato da uno de' suoi schiavi. Secondo un'uso, che sussisteva dai tempi della Republica , tutti li schiavi , che si ritrovavano nella casa dell' ucciso Padrone dovevano senza distinzione di rei , e d' innocenti essere inviali al supplizio. Ascendevano a quattrocento il nu- mero de' schiavi Pedanio ; il Popolo si mosse a compassione della sorte di tanti infelici , si radunò per proteggerli , e prese tanto interesse nella loro difesa , che nacque una solleva- zione . Nel Senato medesimo v' erano molti , che biasimavano un tal rigore . Ma un discorso di Cassio tenne ferma la maggior parte nell' osservanza di una Legge cosi severa , e furono tutti condannati . Racconta però Tacito (Lib.XIF.c.^6.^ che obtem- perari non poterai conglobata multitudine saxa , acjaces mi- nitante, talmente che per evitare ogni disordine convenne dopo

3a Letteratura

a|^ minaccioso Editto munire onine iter, quo damnati duceban- tur, miìiiaribus prcesidiis . Vi è dunrfue luogo a credere , che colla Legge Petronia molto favoiovole alli schiavi si avesse ÌBtenzioae di acquietare il di loro spirito inferocito da così Iwrbaro esempio di crudeltà . E non possiamo tacere , che il Console Petronio l'urjyiliano ad onta della mollezza , di cui vien rimprover,ito , ci s nnbra nn Personaggio ben acconcio alla proposizione di quella L ^gge . Lo stesso Tacito , che rammenta ì lui difetti, confessa però, che mo.v consui vigentein se , oc paretn negotiis ostendit , (^ .Iim. Xf^I.iS.^ . Nessuno gli ha contrastato giammai l'onore di aver dato origine , e nome al Sc'iatiis Consulto Tarpiliano , che molti Literpreti col no- stro Gravina stimarono come parte , o derivazione della stessa Le^a Petronia . Perchè duiKjue non potè «ssere autore della Legge, subitochè vion riconosciuto autore del Senatus-coii- sullo , che slimasi da quella originato ? Dipiù : Se Petronio Turpillano Console dell'anno Gì. fu Io stesso Personaggio, con quello, che nella Guerra Brittauic? sotto Claudio venne surrogalo nel comaiìdo al troppo severo Piulino , Tacito nella vita di Agricola Cap. i6. lo chiama Uomo pacifico , ragione- vole , ed umano , clie le cose con moderazione riusci ad as- settare . Se fu poi lo stesso con quel Petronio , che sotto Calligola fu Prcfelto della Siria , gli reside Flavio Giuseppe la più gloriosa testimonianza di umanilà ; scrisse difatti nel Lìb. iS. antiquit. Judaic, , che rapito dal costante rifiuto de' Giudei d'inalzare la Sitatila dell'Imperatore nel Tempio di Dio , e scellini quoque ratiis , ut multa millia hominum per ipsuni daroìitur in inortein , si valtet CaiiJ^uri(e ntinistrare , volle piuttosto esporsi agli eQ'etti dell' indignazione del Prin- cipe , di quello che macchiarsi di tanto delitto, poiché bene contentum esse judicabat prò incliorc causa , et prò tanta hominum niultiludine subire discriinen . In qualunque ipo- tesi pertnnlo le qualità personali di Petronio non escluderei)-

1)ella Legge Petronia 35

bero la verosimiglianza , eh' egli fosse 1' autore dell' utna- tìissima Legge, clic tolse ai Padroni lo sfrenato arbitrio di tra- smettere ad bestias li schiavi prima di provarne dinnanzi al Magistrato i delitti .

La repugnanza però di allontanarci dal più comune giu- dizio era ben forte, perchè ci pareva improvido consìglio il distaccarci da un'Epoca determinata con molta verosimiglianza circa 1' autore e 1' occasione della Legge , per gittarsi in una totale incertezza suU' origine della medesima , senza poterla probabilmente trasferire ad un'altro tempo indicato in qualche modo , sia dalle circostanze degli avvenimenti , sia dal nome del magistrato , che la p'ropose . Ma per buona sorte ci è venula alle mani un' Iscrizione riferita dal Fabretti alla p. 6j;3. 4- 1 e ricordata dal Muratori , onde argomento trarre si potrebbe per fermarci al primo anno dell' Impero di Galligola , e cosi all' anno Z']. dell'Era Cristiana . Quel C. Ponzio Nigrino, che ne' Fasti consolari si trova Collega di Cn. Acerronio Proculo , in detto anno , che fu quello della morte di Ti- berio e della elezione di Caligola, vien chiamato in detto mar- mo del Fabretti col nome di C. Petronio Ponzio lVigrino> Ecco pertanto il magistrato , clie potè dare il nome alla Leg- ge . All' avventura di Androclo non- può assegnarsi epoca [Precisa , perchè Appione , che vi fu presente , era capitato in Roma sotto Tiberio , e visse fino al tempo Claudio . Quella dunque potè essere 1' opportunità di proporre una Legge umana , ne' primi mesi dell' Impero di Caligola, che da princìpio affettò massime liberali e benefiche . Non ri- pugnerebbe a quest' opinione il Testo di Modestino , poiché facendo esso menzione di Legge , e di Senatusconsultì suc- cessivi , converrebbe al Consolo Petronio Ponzio Nigrino T ono- xe della Legge Petronia promulgata nell' anno .^-j. , ed al Consolo Petronio Turpillano quello del Senatusconsulto Tur-

piliano , che venne fuori l'anno 6i. sotto Nerone . Cosi rimar- G. A. To. IV. 3

^4 Letteratura

rebbe pur fissato, che l'iscmione e la statua del nostro Prefet- to ^uspio Pansa fossero siate poste neR' anfiteatro prima del Terremoto, che la Città di Pompei sofferse , e prima ancora delia sospensione de' spettacoli ordinata l'anno 69. , come opi- na il eh. A. della memoria.

In questo conflitto di congetture non osiamo deciderci piuttosto per una , che per un'altra sentenza . Ci basta aver indicato un monumento , che sparge sulla materia una 1 nuova , e che vuoisi aggiungere a que' tanti , onde 1' A. «.- ricchi a larga mano il suo Lavoro . Che se tutti dirittamen- te non mirano allo scopo principale , che si era proposto tuttavia §h eruditi , che amano in si fatti argomenti la do- A^izia piuttosto , che la sterilità , sapranno apprezzare la di lui va.ta erudizione , e sopra tutto la premura d' inserirvi molte Iscrizioni ancora inedite , e di recente scoperte negli scavi Pompeiani , ai quali con indefesso zelo presiede. "^ '

Pietro Avv. Rvga .

uce ar-

35

■M -Ht'MiUMUJiUyj

Perchè Divina Commedia appelli il Poema di Dante : Dissertazione di un Italiano: Milano 1819. 8".

X^ er correre forse migli* acqua , che non tentarono al- tri fin' ora , s' è rivolto a nuovi argomenti il Dottor Do- menico de' Rossetti di Trieste , onde spiegare come quell' umile titolo di Commedia dall' Ali^iieri si desse al Poe- ma sacro , al quale lian posto mano e cielo e terra , se- condo eh' egli stesso per magnanima alterezza cantavs^^Co- sicchè il De-Rossetti dilung^andosi dalla comune opinione , ragiona cose peregrine, e quasi astruse, le quali noi racco- gliendo ed in poco stringendo, accompagnate da qualche nostra considerazione , porgiamo sollecitamente a' lettori .

Non può giudicarsi , dice 1' A- , che uomo di tanto in- telletto, quale si fu Dante, casualmente desse al Poema suo un titolo , che non gli convenisse , o fosse ad altri comu- ne . Si può anzi credere che quello tra' molti egli preferis- se, che più corrispondeva al carattere della sostanza di esso , ed al collegamento delle sue parti . Quinci che il titolo di Commedia sìa a quel Poema opportuno , chia- ro sei vede chi ponga mente al poetico genere, al quale appartiene, non. che all' essenza deW Ideale per es- so, rappresentato , e sopratutto a quelV Ente , che solo e capace di essere vero conoscitore e spettatore di quelle scene , delle quali Dante Jìnse di essere stato per concessio- ne Divina egli stesso e conoscitore e spettatore ad un tempo . Facendosi però a considerare di qual poetico genere sia quel Poema , e sponendo con modi non volgari ciò che intendasi per epica poesia , che ne' suoi diversi aspetti si trattiene ad esaminare ; discende 1' A. a dire, del grafi- co , cioè descrittivo , eh' è quello che ci presentano le tre cantiche . E siccome questo riguarda un oggetto incorporeo ed intellettuale ^ conclude appartenersi il Poema di Dante

36 Listteratura

al'eenere Epico-gra/ìco-morale i il quale poi encomiastico- apparisce , detestntivo , e satirico : secondo che il vogliono le diverse materie in esso trattate .

Come però avviene ( così ristringiamo gli argomenti dell' A.) che appartenendosi principalmente il Poema alla classe Epica, cioè fantastica , vogliasi in quella porre , che dicesi icastica ,cioè reale , alla quale si addice la Dramma- tica Poesia ? E perchè senza questi vincoli , e fuori di que- sto ricinto chiamasi il fantastico Poema Commedia la quale scenico drammatico ti definisce un Poema ? Ma il Poema epico-grafico-morale , risponde a se stesso 1' A. , è misto nel caso di Dante coli' icastico-pratiSo-topico : cioè il Poeta esprime per lo pih il suo sentimento col mezztf di scene , nelle quali o agiscono o parlano i soggetti del- la Sita fantasia ; e poiché ciò da lui si adopera , non già per via di semplice Dialogo , ma ccn. determinata si- tuazione di luogo e di tempo , di oggetto e di affetto , così negarsi non potrà una , quantunque imperfetta , Dram- matica qualificazione , crssia quella Drammatica apparis- cenza, che basta a giustificare il Drammatico titolo.

Spingesi più innanzi il De Rossetti , e ravvisa nell' uomo, non come individuo , ma come genere, il protago- nista : nelle scelleragini , nelle stoltezze , nelle virtii di lui legge la favola , la quale benché non abbia unità di fat- to , gode frròdclP unicità astratta delle azioni delV uo- mo: raccoglie /' e^iVfl^/ , e ]n protasi sparse ambedue nel poema ; giacché la singolarità del suo ideale sparsamente e non già sistematicamente collocale le richiede : discopre la peripezia nella progressiva depurazione del protagoni- sta : e vede chiara la catastrofe nella piena nobilitazione di esso . Mostrato avendo cosi che il Poema entra nella schie^ ra de' drammatici ; cerca il perchè non tragedia . mfv commedia siasi ditlT Autore chiamato . E lo perchè rinTie-

Del TiT. Di Commedia In Dante Sj

nel dQminante carattere della stoltezza del Prolaso- nista , il quale è comico , non tragico : comico del genere sublime , il quale mostra le imperfezioni altrui , ma non le deride , come usa di fare il comico basso . E ragionan- do ancora più oltre , dice; che tra' poemi Dramraatico-soe- nici ve n' ha di tal sorte , che non 1' ideale di un' azio- ne , ma la serie inchiudono delle azioni di un protagoni- sta : e questo genere egli chiama epopedia : al che ag- giugneudo la considerazione , che il Poema Dantesco si è Epico-grajico-morale nella più gran parte satirico , come disse in pridcipio 3 e che la satira era dagli antichi Dram- maticamente trattala : altra prova ne deriva , che nulla siavi di più confacente al Poema , che il titolo di Com- media . Che se poi il Poema non ha la forma scenico-dram- matica , ciò avvenne per un arbitrio di Dante , il quale vide che non bene gli conveniva .

Narriamo finalmente , che 1' A. pensa e tien per fer- mo, che il titolo di Commedia deducesi ancora dalla re- lazione della favola coli' Ente , che solo è meramente ca- pace di essere conoscitore , e spettatore della inerita di ciò , che è il tipo reale della favola medesima ; e questo Ente è Dio. Quindi non si rimana del dire: che Dante per vittore di sua fantasia , di ardi&iento , di sublime inter- cessione , e sopratutto per grazia divina , finse di porsi ove Dio siede , per farsi spettatore dell' uni^>erso morale . E di qui , prosiegue , si produsse 1' appellativo di Divina , se non dall' Autore dato alla Commedia , come egli tiene per certo , dagli antichi tutti però riconosciuto , e coofer- mato fino a noi : e s' ingegna di provare eoa molti passi che se Dante non la nooiinava Dìi^ina, la caratterizzava al- meno per tale .

Noi non diremo , che queste cose non potrebbero esse- re ili^^mlabiU, fii" lu J;,'liii^ di coloro che per lodevole

38 Letteratura

eserci:&io di sollogismo adoperano questa grand' arma della ragione in un campo vuoto ed aperto , affinchè ne riceva danno . Anzi loderemo 1' Avvocato de' Rosset- ti per quella modestia , che ravvisa nello scritto di Lui , e per quelle parole che gli pongono fine cosi: In caso di' verso avrò fatto quanto fecero tanti altri riguardo a Dan- te; ed al suo Poema : non ^li avrò fatto ne bene male j e quel nome e quelV opera resteranno tuttavia veneran- di , ed immortali egualmente .

Non ci asterremo però dal ragionare diversamente da Lui , poiché Dante medesimo ne concede la facoltà . Ove consideriamo quanto gran torto si avessero que' colali cui punge di satira il Boccalini: ì quali , siccome egli racconta, ( Ragg. 98. e. i.) assaltarono travestiti di notte tempo il Poeta nella sua villa , e lo maltrattarono , perchè rivelar non volle se Commedia , Tragicommedia , o eroico Poema intitolato avesse il volume suo : e lo avevano già sospeso alla corda del pozzo , e lo dondolavano con fermo animo d' affogarlo se non confessava ; quando accorso alle grida il Fraii- cese Ronzardo mise in fuga i manigoldi , e sciolse la gran vittima di quella spietata curiosità . La quale anzi potevasi dire ignoranza : perchè il sommo Torquato tra' meno antichi avca già discorso intorno a questa materia nella Lezione so- pra il Sonetto 6g. del Casa , cui magnificò grandemente , e pose nel grado più sublime della volgare Poesia .

E questo Argomento avvegnaché sia stato poscia altre volte da uomini chiarissimi trattato, tra' quali Scipione Maf- fei nella Verona illustrata , sarà pure ben fatto il rinnuo- vare con altre parole , dacché si vede , che in qualche luo- go non n' è giunta la fama , o giuntavi , . la si è ingiusta- mente messa traile ciance degne d' oblio .

Tornaci intanto alla memoria, che il grande Aligliieritrovan- doii bandito dalla patria , e doloroso di vedere Fiorenza sua in

Del Tit. Di Commedia In Dantj: 39

ìnano della parte contraria , cercò altro cielo di ìà dai mowti : e passando per le terre di Luni dimandò la Pare alle porte di un monistero sulle foci della Macra : ed à Frat^; Ilario do- nò una parte dell'opera sua . Il quale non prima s' accorse che quel libro era scritto in volgare , meravigliandosi disse al Poeta : che non sapeva egli comprendere , come una co- si ardua materia trattar si potesse col linguaggio del volgo: gli parea conveniente , che tanta maestria comparisse vestita alla popolana . Sondo che le gravi sor!ttur(; di quella età , e le lingue de' dotti parlavano ancora latino . Al che Dante rispose, che bene in latino cominciato aveva a scri- vere quel Poema; e alcuni versi glie ne recitò ; ce ma siccome ce ho ben risguardato , soggiunse , alla condizione de' tempi ce nostri^ ne' quali niente si eslima il cantare degli illustri ce poeti , e che per questo le Arti liberali sono state abban- cc donate alla plebe da coloro che in di più felici erano ce generosi loro proleggitori; ho deposto quella lira, che ave- ce va io incominciato a toccare , e ho pigliata quell' altra ce che dalle orecchie de' moderni signori è ricevuta ce . E quando il Poeta nanclò a Cangrande della Scala la terza cantica del Poema, il Paradiso, stretto alle ragioni già det- te scriveva ce II titolo del mio libro è questo : Incipit Comoedia ce Dantis Allagherà Fiorentini nationé non moribus : il ce qual titolo per conoscere , bisogna sapere , che Commedia ce si dice da Comos villa , e da Oda , che vuol dire canto : ce onde Commedia vale Canto Villesco . E la Commedia è un ce certo genere di poetica narrazione diverso da ogni altro . ce Differisce per materia dalla Tragedia , perchè questa nel ce suo con^inciare è piacevole a vedersi e tranquilla .-fetida ce è nel finire ed orribile . E per ciò questa ebbe nome da ce Tragos che b^cco , e da Oda che significa canto , quasi ce canto di becco , cioè fetido come un becco : quale ap- ce pfuisce da Seneca nello tragedie . La commedia- però co-

4o LETTERATURA'

« mincia ad essere aspra in alcuna cosa , ma poi finisce te- con allegrezza ; come vedasi nelle Commedie di Terenzio, ce E di qui ne v^nne , che alcuni gravi dettatori ne' com- cc pliraenti loro , in vece di salute , augurandosi diceanp ; te Tragico principio , e comico fine . Similmente variano tra «: loro nella maniera del parlare : forte e sublime cioè la Tra- ce gedia , sommessa ed umile la Commedia ; come Orazio tf insegua nella Poetica , ove dice : esser licenza , che i et Comedi parlino da Tragedi , e viceversa : Interdum voces etc. et E per tutto quésto si manifesta il perchè Commedia si chia- « mi quest' opera . Perchè se alla materia ragguardiamo , « ella è in principio orribile e fetida, cioè 1' Inferno: in te fine è allegra , desiderevele e grata , qual' è il Paradiso . te Se alla maniera poi del parlare poniamo mente , ella è ce sommessa ed umile, come esser deve la favella volgare, ce nella quale comunicano le donnicciuole . ce Ove è a notar- si però , che questo volgare si era quello, del quale Dante parla nel Cap. XIX. del primo libro intorno all' eloquen- za ; cioè quello eh' era generalmente sparso in tutta la nostra penisola , non mica il Lombardo , il Cremonese , quello di mezza Italia . E perciò Dante il chiamava vol- gare Latino : cioè quasi latino fatto volgare , il quale s' in- tendeva da tutti : illustre per conseguenza , cardinale , aulico e cortigiano ; perché , ( siccome già fu detto di sopra ) Dan- te avea pigliata quella lira , che dalle orecchie de' moderni Signori era ricevuta .

Ora noi trovando ne' luoghi accennati , che Daat» seguia la commuue opinione intorno all' etimologico signi- ficato di Commedia , e Tragedia 5 non muoveremo dubbio se la più giusta ella sia : e se ora sarebbe benfatto il di- fendere co' particolari suoni di quelle lettere i medesimi principi , e quelli ancora , che più drittamente se ne de- durrebbono : cioè che un semplice monologo pastorale potes-

Del Tit. Di Commedia In Dante

se chiamarsi commedia , perch' egli è canto di fatila ; e il canto pel sàgrificio di un becco fosse lecito onorare del tito- lo di Tragedia .Le quali cose f u,rono da Giovanni di Boccac- cio lungamente discorse nel principio d^l suo Cemento ; ove par che preveda gli argomenti del De Rossetti , e li combatta .

Ma Dante sapea bene d'altronde , che per conoscere aper- tamente i significati dei nomi convien ricorrere più alle origini delle cose che a quelle de' nudi vocaboli; perchè il secondo è de' pedanti , il primo è studio de' filosofi . In ci- ma de' quali venerava egli Aristotele , siccome il Maestro di color che sanno : il quale per esser discepolo del divino Pla- to , che in due grandi provincie divideva il regno de' Poe- ti ; la Commedia cioè nella quale risplendeva Epicarmo , e la Tragedia nella quale Omero signoreggiava ; segui anch' egli la medesima sentenza ; e nella Poetica senza riguardo avere alle fila degli Arboscelli , dietro le quali si nasconde- vano i campestri recitatori , alle gare de' medesimi per un capro scannato ; V altìssimo canto dell' Iliade e dell' Odissea assegnò alla Tragedia , e alla Commedia il Margite , che fu poema del medesimo cantore , ma di assai men grave argomento i e di stile , quale gli si convenia , meno altiero , anzi giocoso , e familiare . Siccome ancora non ristringeva Plinio il giovine il pensiero a quelle etimologie quando il nome diede di Commedia ad una sua casa posta in un luo- go basso del Laurentino ; e Tragedia clriamò quelP altra , che s' innalzava sopra di un monte : umile quella come il socco , altiera questa come il coturno . Cosi parlando Virgi- lio per bocca di Dante della sua Eneide : /' alta mia tra- gedia odesi a dire : siccome già un tempo da Marziale avea ricevuto egli stesso il gran calzare degli Eroi :

Fonti cothuniati grande Maronis opus . Ed anziché la tromba o la cetra in mano ad Omero

42 Letteratura '

y'iàe 11 vivo peregriao d'inferno la spada ,che egualmente s'im- pugna da chi per DniniQii, o per Epopea canta 1' ire de' Regi , i tradimenti, eie guerre , colle rovine lagrimevoli degl' Iniperi . altrimenti veggiamo dall' Alighieri insegnato nel li- bro della Volgare eloquenza ; ove alla Commedia e alla Tragedia nggiugne soltanto 1' Elegia ', per la quale intende Io stile de' tniseri : cioè i versi del dolore , e i corrotti de' funerali , Nella Tragedia egli vuole , clie lo stil superiore si adoperi , cioè il volgare illustre ; 1' inferiore , ossia il volga- re mediocre e qualche volte umile , nella Commedia . Quin- di nello stile di quella definisce « che la Salute, V Amore, te la f^irtìi cantino, e quelle altre sole cose che per ca- " gion di esse sono nella mente nostra co'.icepute, purché " per niuno accidente uon si avviliscano . «

E Dante osservasse questi precetti lo abbiamo già visto di sopra abbastanza : al che vogliamo col permesso de' lettori aggiungere , che non solo nel titolo ( quasi fosse posticcio ) , ma nel vigesimo primo caino dell' Inferno ( v. ) . ), ove secondo i comedi cadea benissimo in acconcio il Dialo- gò tra il poeta e Virgilio : certo per contradirvi dicea : Cosi di ponte in ponte altro parlando

Che la mia COMMEDIA cantar non cura, ce. ec. Diremo anche di più : che laddove solennemente nomar egli volle il suo lavoro , facendolo appoggio di sacramento per implorar lu fede altrui all' evidenza del suo piti fanta- stico, e dall' arte de' Comici lontanissimo cantare : quando cioè racconta lo strano spavento , che gli dette la meravi- gliosa figura di Gerionc , il quale salivada quel profondo burra- io d' inferno; giurò egli come sopra cosa vera e sagrosauta così : Ma qui tacer non posso e per le note

Di questa COMMEDIA , lettor , ti giuro

S' elle non sieii di lunga grazia vote ; Ch' i' vidi per quel!' aere grosso e scuro

Venir notando una figura in suso

JUcravi^liosa ad o^ni cor sicuro .

Del Tit. Di Commedia In Dante L\h

Tanto che e per la storia e per la ragione non posssiamo più dubitare , che ben lungi da quanto ne pensa 1' Avvoca- lo De' Rossetti : il titolo di Poema si convenga al maggiore Italiano poema, non per la Drammatica materia, ma per 1' ar- gomento, e molto pjìi per lo stile; secondo che i tempi e i costumi imperavano .

dalle cose fin qui discorse , e p recipuamente dallo stesso titolo che F Autore mise all' opera sua , dubbio alcu- no si partorisce, che l'appellativo Divina applicato gli si fos- se dal Poeta» Il quale appellativo noi non sapremmo decidere da chi prima , e quando si adoperasse ; se una nota , che tro- vasi nell' indice delle edizioni di Dante nel 4- voi. aggiunto ai 3. della Commedia per le stampe del De Romanìs non ci desse motivo a poter dire , che del i5i6. : cioè nella stampa fat- ta in Vinegia di quell' anno , trovasi per la prima volta detto così : La DIVINA Commedia col commento di CristO' faro Lanllno , rivisto da Pietro da Pigino : quando che i codici altro non hanno che Incipit Comoedia : ovvero inci- pit infernus , o cosa consìmile ; come quello del Vaticano scritto dal Boccaccio : Incipit prima cantica Comoedice ec. Il Cemento fatto dal medesimo dice ;Come77fo sopra la Comme- dia : e i canti di Bosone da Gobbio e di Pietro Figlio di Dan- te nuli' altro , encomiandola , dicono ; che tilta , mara- vigliosa Commedia . Nelle più antiche Edizioni poi leggesi Commedia semplicemente .-oppure Dantis Capitula : Dante senz' altro : le Terze Rime di Dante ec. ec. Al nome dell' Autore però trovasi qualche volta aggiunto Inclito e Divo : Divino ': Fenerabile : Divinissimo : giusta 1' estimazione , se non vogliamo dire venerazione , in che gli Editori , o gli stampatori tennero questo grand' uomo , ehe tanto in se mede- simo fece al mondo manifesto, siccome La gloria di Colui ,che tutto muove Per r universo , penetra e risplend» In una parte jjìù. eineno altrove.

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NoUzie intoi'ìio il Teatro , ed altri costumi Cinesi -Lao-Scng- eul-Drainma Cinese .

E.

islìmiatuo far cosa grata ai nostri leggitori nai dar loro una idea dell' uso , e della coadixione del Teatro nella Cina . Una Nazione fermamente tenace de' suoi antichissimi modi di legislazione, di vita civile , e di constumanze , merita che se ne Tenga meditando ancora profondamente 1' indole in que- sto genere d' insti tuzion'e , dalla quale, più che da altre , è dal(i conoscere , e fermare una opinione intorno alle dome- stiche abitudini , e alle passioni dei popoli . La storia non ci fa conoscere cIjg i grandi avvenimenti che influiscono un] loro destino , e tocca di rado e alle sfuggita, per quan- to importa di spiegarli , i particolari della vita domestica . Alla conservazione delle antiche commedie Greche e Ro- mane dobbiamo la conoscenza di tanti usi privali di queste Kazionì . La commedia ha un gran vantaggio sopra la satira j perchè mentre questa non è che una narrazione animata dei vizj , delle passioni , e delle virtù ; la prima è una esposi- zione concertata, un atto pratico ed evidente di quelle, ed ogni interlocutore oltre al carattere suo proprio o buono o cattivo serve a dare risalto al difello principale, che si vie- ne mordendo .

Tornando noi alla commedia Cinese , diremo che i mis- siouarj ci avevano già dato non solo ragguaglio di questa usan- za in quell'Impero; ma il Padre Prèmnre tradusse 1' Orfanp di Tchao estraendolo da una collezione di cento componimen- ti Teatrali Cinesi. Ora il S. R. M. L F. Davis, figliuolo del di- rettore della compagnia Inglese delle Indie a Ganlon ha volto Bel suo idiouia il Dramoi'i di ehe favelliamo , tolto esso pu-

Dramma e Costumi C in e si 45

re dalla stessa collezione . Pare eh' egli Tabbia però mutila- to o nei passaggi noiosi, o negli indecenti. Gli si può sa- pere buon grado della sua onestà in quanto agli ultimi ; ma non cosi per i primi ; perehè il volgarizzamento di una ope- ra deve conservare interamente il colore dell' origiuale , so- pratutto quando si tratti di far conoscere il gusto , gli usi , e le passioni di un popolo . II Signor Davis ha voluto dare a un Dramma Cinese 1' aria e la rapidità di un Dramma Euro- peto , e in questa parte egli non ha realmente reso quell' impor- tante servigio, che si poteva per lui ; perocché ha tolto gran parte di quelle nozioni , che maravigliosamente servivano a far conoscere 1' indole e la legislazione politica e religiosa del la Cina . Nullameno ci sforzeremo di dare, alla meglio che potremo , un estratto di quosto Dramma , ^d quale ce lo ha fatto conoscere Davis. Prima però toccheremmo alcuni partico- lari , che risguardono il Teatro Cinese in generale .

Il Teatro non è mai stato in onore presso i Cinesi , sen- ' do risguardato come nocivo al buon costume. Perciò i Dot- ti l'hanno sempre biasimato; ma inutilmente , perchè la Ci- na è ripiena di comedianti vagabondi , eh' entrano nelle ca- se di coloro, che gli desiderano , a recitarvi farse e tragedie. Alla corte stessa dell'Imperatore esercitano il loro mestiere n concorrenza colle Marionette , colle Ombre , e coi Saltato- ri in corda . Nella Cina, come per tutto altrove, si è più severi in teoria che in pratica .

Siccome però 1 Teatri pubblici all'uso di Europa sareb- bero in con tradizione colle leggi , cosi l'arte non ha mai potu- to progredire . Gli Autori di Commedie e di Tragedie sono tenuti in poco conto, siccome tutti i Poeti Le idee poli- te tiche della Cina intorno la Poesia , dice il P. Cibet , non « sono le stesse che quelle di Europa ... Il Governo cura ce poco chi fa bei versi; e si parla di un letterato , che « ne faccia , come si farebbe da noi di un Capitan» A' id- ee fanteria , che suonasse bene il violino .

4^ Letteratura

^ In onta di questo dispregio 1' arte drammatica ha però fatti alcuni passi verso la perfezione. La costruzione dei Tea- tri Cinesi non costa molto . E' la stessa Compagnia dei comi- ci , che se lo fabbrica da se in meno di due ore , piantando in terra dei legni di Bnmbou , che s' innalzano soli sei o set- te piedi : questi si ricuoproiio con stuoje ad uso di tetto , e da tre lati con tele dipinte: gli spettatori si collocano in faccia al quarto lato, che rimane aperto. Non havvi mai mu- tamento veruno di scena . Un Generale riceve egli 1' ordine di recarsi in una Provincia lontana ? Il commediante monta a cavallo di un bastone ; batte la frusta ; prende una briglia in mano , e saltando la quattro o cinque giri di Teatro al suo- no di tamburri , e di trombe : indi si ferma , e annunzia agli spettatori di essere giunto al sua destino . Si vuol egli rappresentare una citta assediata ? cinque o sei soldati si co- ricano per terra , 1' uno sull' altro per tener luogo delle niu- ' ra . Queste puerili finzioni non tolgono nulla però all'arte : poiché la pompa degli spettacoli non ha che fare con essa . Allorcliè la corte resiede a Pehùig trovansi in quella cit- tà le centinaja di compagnie comiche , che percorrono in altri tempi le Proviiìcie . Ogni compagnia è connposla di ot- to o dieci persone , che possono chiamarsi servi o schiavi del Capo, e viaggiano in barche coperte pei canali, lungo i quali sono le maggiori città . Durante il viaggio il Capo eserci- ta i comici a declamare, e ad imparare a mente . Dacché lo l"iperatore Rhian-Loung sposò in seconde nozze un'attrice, gli uomini recitano da donna .

Non è permesso il rappresentare sulle scene Imperatori , imperatrici , Principi, Ministri, o Capitani degli eserciti de' tempi antichi, o moderni. Questa proibizione è però conti- nuamente dolnsa . È cosa singolare il vedere come nella Cina £^U spettacoli sono più puerili , e più insignificanti a misu- ra che gli spettatori sono più nobili e distinti . Alla corte

Dramma e Costcmi Cinesi 47

p. e. « innanzi agli Ambasciatori i giocolieri , i saltatori ia corda , e i burattini sono preferiti ai migliori com?»:^! .

I Drammi Cinesi sono scritti in versi di metro irrego- lare, e sono cantati « Il senso, dice il Davis , è le spes- cc se volte oscuro, e secojido gli stessi Cinesi non si procu- re ra che di solleticare l' oreccliio sacrificando il buon senso ce all' armonia ce , Avvi in questo caso , pur troppo, una gran- de analogia tra noi Italiani , e i Cinesi !

Per ben apprezzare lo spirito del Dramma , di cui im» preudiamo a ragionare , fa d' uopo conoscere a fondo i legami che le leggi, la morale, e la religione hanno stabilito tra i padri e i figli nella Gina: legami, che continuano dopQ la morte dei primi imponendo dei doveri ai secondi . Tutta la macchina di questo Dramma si aggira su di un vecchio eh' è vicino a morte, e uon ha figliuoli maschj . Privato di que- sta coniolazione , il dolore 1' opprime ; ma appena appi'ende che il cielo gli accorda questa grazia , si dona in preda all' eccesso della gioja . In ogni parte del mondo è certamente una disgrazia il morire senza posterità j ma nella Cina essa è assai maggiore! Un Cinese, che muore senza figliuoli, risguarda la sua sorte come un Europeo , che si vedesse privo degli onori funebri : un tal uomo è in quel paese disonorato : la sua famiglia estinta: estinto il suo nome , giacché le femmine lo perdono entrando nella famiglia del marito: ninno fa in suo onore quelle cerimonie giornaliere , che secondo Confucio fanno che i morti siano sempre presenti tra i vivi : per conseguente nessuno verrà mattina , e sera a prostrarsi innan- zi alla tavola sulla quale è inciso il suo nome: nessuno bru- cierà profumi ; nessuno gli offrirà vivande , o terrà jn asset- to gli abiti suoi; non gli sarà riservato un posto vacante in Inezzo alla famiglia , siccome è raccommaudato dal Thoung- young : nessuno muoverà la terra sulla sua sepoltura , col- tiverà gli arbori che vi sono piantali . In fine nel giorno aa-

48 Letteratura

ni versano della sua morte non vi saranno lagrime la- menti sopra la sua torabi^. Ecco le calamità temute da un Cinese , il quale non abbia figliuoli maschi . Queste notizie sono presso noi necessarie per inle|idere la forza del senti- mento di questo Dramma , mentre nella Cina il solo titolo « Il vecchio al quale nasce un Jigliuolo m le risveglia tutte, e il protagonista eccita la piiì alla compassione , e diven- ta oggetto del!' universale interessamento . Comincia il Dramma . Un vecchio di Toang-phing-foa per nomeLicou-Thsoung-Chen à raccolte grandi ricchezze dal commercio : la sua coscienza gli rimprovera però i mezzi , de' quali si è servito : e il cie- lo lo h severamente punito negandogli figliuoli mascbi . Egli ha sessant' anni , e la sua moglie Li ne ha cinquant'otlo : Non ha che una figlia maritata , e un nepole per parte di fratello, il quale porta lo stesso nome suo ; ma tutti in casa , mo- glie , figh'a , e genero sono congiurali a danno del nepote . Anzi la moglie costringe il vecchio a cacciarlo , e il genero incaricato di dargli una somma di danaro , gliene ruba gran parte . Il vecchio per istigazione della moglie abbandona al genero tutte le chiavi di casa , non che 1' amministrazione delle sue sostanze . Tutti sono coutenti , tranne il nepote che si vede ridotto alla miseria . Il vecchio , che sta per andarsene in campagna, la nuova a Li della gravidanza di Siao-me'i sua seconda moglie , e raocommanda che si ab- biano per essa tutti i riguardi , pregando instantemente d' essere tosto informato del sesso del parto , che verrà in lu- €« . Tale è 1' argomento del Sie-txeu , Prologo , il quale è, rapido , ed à irn dialogo ingenuo , e vivace . La nimicizia di IjÌ cóntro il nepote j il cat'attere avaro , anzi sordido del genero ; la gioja di Lieong -Thsoung-Chen per il figliuolo ma- schio , che spera dorer nascere , e la impazienza di Li di qu^ista gioja, sono tutti particolari dipinti con calore, e me- scolali di tratti e di sali comici assai bene immaginati .

Dramma e Costumi Cinesi

Nel primo atto il genero deplara la vicina disgrazia di vedersi tolta la pingue eredità , sulla quale aveva fondate le sue speranze . ,, Giammai , dice egli a sua moglie , vi avrei sposata se avessi preveduto quello , che sta per accadere , Se Siao-meì partorisce una J emina dovrò cedere a vostro padre la metà r/e' beni : e ^e partorisce un maschio con- verrà cederli tutti . La giovine sposa Io consola , e suggeri- sce di fingere al padre che Siao-mei sia fuggita con un amante . Il proggelto è accolto , e si commnnica a Li , la quale lo approva , e parte cogli sposi per la campagna ove dimora il vecchio . Costui non vuol prestare fede a tanta disgrazia , e crede in vece che gli si voglia fare una dolce sorpresa . Alla fine rimane persuaso , e si abbandona alla di- sperazione . Indi per placare il cielo , di cui la collera Io persegue , determina che s\ abbiai\o a distribuire abbondanti elemosine . In tal modo termina il primo atto , che pare assai abbreviato dal traduttore . Vedesi in esso trasportata la scena dalla città alla campagna ; ma non bisogna aspettar- si la unità di luogo , e di tempo presso i Cinesi .

Comincia 1' alto secondo colla distribuzione delle elemo- sine fatte dal genero nel, tempio di Khai-youan . Questa scena di accattoni è assai rallegrati^ dalle furberie comuni a questa classe di gente . Il nepote fatto mendico, si presenta anch' egli per aver parte alla elemosina ; vm è cacciato bru- scamente dal genero . Lo zio solo lo raccoglie con bontà , e con tenerezza ; ma p^r le istanze della moglie lo espelle di tìuovo: nell'accomiatarlo però gli raccomanda di essere scru- poloso osservatore dei doveri , che la religione prescrive in- torno alle tombe degli Avi . La quale raccomandazione fat- ta dal vecchio prepara maravigliosamente la grande scena del (erzo atto , che viene trasportato in mezzo ai sepolcri . La figlia di Lieou-t.hsoun g-chen vorrebbe esercitare la sua pietà , e fare cerimonie di uso sulle tombe de' siioi Pa- G. A. To. IV. 4

5o Letteratura

dri ; ma il marito la distorna per condurla a quelle della sua "famiglia . Questo modo di porre ia azione i doveri , che separaao una figlia da' suoi genitori è assai ingegnoso . Yiene in seguito il nepote , il quale in un soliloquio assai tenero , e patetico esprime il suo amore alle ombre de' suoi antenati , e manifesta il dolore , che prova nel non pote- re offrire molto , e non adornare a grado suo le loro se- polture a cagione della molta povertà , che lo opprime . Dopo di lui vengono il vecchio , e Li sua moglie , i quali cre- devano di trovare ivi il genero , e la figlia sendo partiti di casa assai prima colle torte , colle vittime , e col vino caldo destinalo alle offerte ; ma tutto era stato pottato sui sepolcri della famiglia del genero , la debolissima offerta fatta dal nepots è neppur traveduta . Lieou-thsoung-cJien de- plora 1' abbandono , in che «tanno i sepolcri , e queste immagine, che gli fa prevedere il destino della sua tomba, e di quella della moglie , raddoppia il suo dolore . S commuove a poco a poco in ripensando al disastro di un; famiglia , che non ha maschi , i quali possano rendere gli ono- ri funebri ai trapassati . L' effetto di questa scena assai bene annodata , condotta, molto interresante , e scritta con uno stile adatto, è che Li accoglie umanissimamente il nepote, il qua- le ritorna per compiere le cerimonie da lui incominciate. Una tale riconciliazione è dedotta con molta desterilà , e accompa- gnata da cirrosi inze , che onorano 1' ingegno del Poeta . «So- pravengono il genero colla moglie, e sono tìiale accolti da Li, che gli scaccia , e gli costringe a restituire le chiavi a loro affidate .

Si celebra nel quarto atto il giorno della nascita di Lieou- ilisoung-chon , e il nepote divenuto amministratore della ca- sa , ricevo il genero cos;li stessi modi , con che egli era Stato da lui trattato , e gli rende pan per focaccia , Il vec- chio stesso ricusa per lungo tempo di ricevere le congralulazi^

DiiAMMA E Costumi Cinesi 5i

ni del genero , e della figlia , e protesta di non voler am- mettere altri parenti che il nepòte, escludendo, con questa frase anche la figlia j ma costei ha. però, un mezzo sicuro di riconciliarsi seco : essa gli presenta Siao-meì , che ave- va tenuta nascosta durante tre anni , unitamente al figliuo- lo maschio da lei partorito . Il ragguaglio , eh' essa fa al padre dei motivi della sua condotta non è mollo soddisfacente j ma il vecchio inebbriato dalla gioja non tiene in, conto il mal diportamento della figlia , e manifesta la felicith, eh' egli pro- va nel trovarsi circondato dalla figlia , dal nepote , e dal suo proprio figliuolo , ai quali distribuisce in tre parti eguali tutti i suoi beni.,, Le c/e/noii/ze, esclama egli terminando, che ò distribuite , sono state accette al cielo , che me ne à. rimunerato colV accordarmi un figliuolo nella mia vecchiez- za ,, .

Il Rev. Roberto Morrison ^a stampalo nel 1817. ia Macino un' opera , che serve di preliminare al gran Dizio- nario Cinese , eh' egli sta compilando . Si raccolgono in es- sa le seguenti curiose notizie.

L' Imperatore Kang-hi aveva un numero infinito di ca- ratteri mobili incisi in rame ; fu che con grave dispìaee- cere , eh' egli li fece fondere in tempo , che il numerario scarseggiava . EgH sostituì a quelli altre aSo, 000 lettere di le- gno. Durante la dinastia dei Soung (dal X. al XI IL secolo) furono messi in opera caratteri mobili di terra cotta . Mor- rison possiede un Dizionario in 24 . voluira stampato con caratteri mobili j ma quest'edizioni sono assai lunge dalla bellezza delle crdinririe, stampate con tavole di legno. S' in- gannarono dunque a partito coloro, che sostennero essere i caratteri mobili sconosciuti ai Cinesi , i quali gli avevano in uso assai prima tli noi, gli hanno esclusi che per averli trovati poco confacenti al genere della loro scrittura .

4 '■

5a Letteratura

Le storie Chiesi parlando dello stabilimenlo degli Eu- ropei in Macao , lo raccontano in questo modo .

L'anno Sa". Kia-thsing ( i553 ) alcune straniere ^, approdarono a Hao-King , raccontando che le tempeste ,, gli avevano sbattuti , e che l'acqua del mare aveva ba- ,, guati i tributi , eh' essi ci portavano . Chiesero quindi il permesso di far asciugare le cose loro sulla costa di Hao- King . Il comandante JVang-pe soddisfece alla loro in- chiesta . Sul principio si accontentarono di poche capan- ne di giunchi ; ma nuovi mercadanti allettati dalla cupi- ,, digia del guadagno vennero a poco a poco , e fabbricaro- Ilo case mattoni , di legno , di pietra < I Fo-lang-U (Franchi) ebbero per tal modo illecito la facoltà di entra- re nell' Impero , e cosi gli stranieri cominciarono a stabi- ,, lirsi in Macao al tempo di fFatiQ-pe .

La popolazione della Cina , parlando delle classi sotto- poste al censimento , era composta nel 22. anno del regno di Kang-hi di ic) , ^'Ò2 , ^53 . famiglie , e nel 5o. anno dello stesso regno di 20, 111 , 38o . Nel i6'52. quella parte di popolo Cinese , che obbediva a Chun-tchi , era di 14. 883, 858 famiglie, e 89 , eoo , 000 . di persone . Nel iSgS. si numerarono 16 , 062 , 8O0 . famiglie , divise in 60 , 545 , 8i2 . individui . Dalle note dei Missionari possono rilevarsi le addizioni , che si debbono fare a questi conteggi , onde ottenere il resultamealQ della totalità degli abitanti di quelf r Impero .

Nel prespetto dell' Impero dei Mandchous , che com- prende le venti Provincie della Cina , 6 della Tartariii

Dramma e Costumi CiNEsf 53

oiìentale , 1' autore Morrison il nome della capitale di ogni Provincia colle relative distanze in li, o miglia, da Peking , e parlando della popolazione di esse Provincie , ei ne stabilisce il numero a poco meno di cento cincjuanta milioni d' anime .

Morrison dh in seguito la lista dei nomi , e dei titoli degli Officiali del Governo , cosa la più scabrosa , e difficile per coloro , che studiano quella lingua . Annovera poi le feste dei Cinesi , le costellazioni , e le ventiquattro divi- sioni dell' anno , non che le Divinità o Spiriti , che onorane le tre sette dominanti nella Gina , e parla in fine dei ma- trimoni, dei funerali, e degli otto trigrammi di Fou-hi ec. ec . , »

'/ . __^

Morrison ha pubblicato anche una grammatica Cinese per uso degl' Inglesi , nel tempo che il Sg. Marsh mann ne pubblicava dal canto suo un' altra . Quella del Morrison è assai lodata per la sua chiarezza , e semplicità . Sette pagine di questa sono consacrate alla prosodia di quella lingua , ed in esse trovansi quattro saggi di Poesia Cinese , uno de' quali composto di quattro versi indiritti a un padre assente . Noi li daremo qui tradotti dalla traduzione Inglese , onde i nostri leggitori abbiano qualche idea, abbenchè superficiale, delle Muse Cinesi i

,, Le foreste dell' Ou , le nuvole d' l'ari si frappongo- no alla nostra corrispondenza .

,, La lontananza di questi due paesi mi riduce alla dis- 5, perazione .

,, Nei sogni , che tormentano 1' anima mia , essa di- ,, mentica la distanza , che la divide da Tchanq,-An .

,, Sovente ella si slancia portata dai venti , e già ( co- ,, me se io fossi giunto ) chieggo del luogo della tua dimora .

È un peccate) che questo parto poetico della pietà fi-

54 Letteratura

liale noa sia poco più lungo , onde potesse avere per noi una idea più giusta del Parnaso del Fiume giallo . Que- ste poche parole contengono però 1' espressione di un gran- de affetta, e vi si ravvisa al tempo stesso il carattere orientale .

Il Signor William Milne ha pubblicato nel 1817. a Londra un libro di 299, pagine intorno 1' Editto Sacro del- la Gina. In quell' Impero è uso inveterato, e che rimonta all' epoca della sua fondazione , che il Monarca pubblichi di tempo in tempo alcune istruzioni di morale , di agricol- tura , e d' industria . Egli , oltre 1' essere il Capo supremo dello Stato , e il primo Legislatore , è eziandio il Principe dei Letterati , e il primo fra i Dottori dell' Impero . Secon- do i Cinesi tutti i disordini , e tutti i delitti hanno origine dalla ignoranza . Quindi tutti i Decreti sono istruzioni : le leggi , e i comandamenti hanno la forma, e il titolo di lezioni.

Agli occhj dei Cinesi 1' Imperatore è un Padre , che ammaestrai figliuoli, e qualche volta è costretto di punirli. I sudditi rassomigliano a una riunione di scolari , guidata da un consiglio di savj verso la virtù , e la felicità .

Tra i Documenti Cinesi mezzo politici , e mezzo mo- rali si novera il Santo Editto , composto in sedici articoli dall' Imperalor Kang-hi e commentato dal suo Successore Foung-thing . Un Direttore delle Saline , di Chen-sì , per nome Tf'ang-jeou-po ha fatto una parafrasi dell' Editto , e del Commento, e 1' opera sua si è divulgata in tutto 1' Impero .

Milne ha fatta una breve prefazione al suo volgarizza- mento, che è curiosa per la notizia , eh' essa contiene in- torno al modo, con cui le massime di Kang-hi sono pub- blicate , e spiegate in tutta la Cina . Durante il regno dei Tcìwou, eh' è a dire dal XII. fino alili, secolo prima del- l'Era Cristiana , il primo giorno di ogni mese era destinato

Dramma e Costumi Cinesi 55

presso i Cinesi alla pubblicazione delle leggi , Ora , a imita- zione di quell'uso antico, sono stabiliti il primo, e il quin- dicesimo giorno di ogni mese per le lezioni da darsi al Po- polo intorno al testo del Santo Editto . In ogni Città, e la ogni Villaggio , i Magistrati civili , e militari si radunano in gran pompa in una sala assai spaziosa . Il Maestro delle cerimonie , personaggio indispensabile nelle adunanze Cinesi , grida agli astanti di passare a rassegna , ciascuno secondo il suo grado , facendo innanzi alla tavola Imperiale le tre genuflessioni di uso , e percuotendo col capo nove volte la terra . Dopo questa cerimonia 1' adunanza entra in un' altra sala, ed ivi Uomini , e Soldati stanno in piedi , e osserva- no un rigoroso silenzio . Allora il Maestro delle cerimonie dice ,, Cominciate con rispetto ,, Il Magistrato al quale incombe il carico di Lettore , s* appressa all' altare , ove stanno i profumi , s' inginocchia , e prende con gran rispetto la tavoletta, in cui è scritta la Massima prescelta alla istru- zione di quel giorno ; quindi monta sopra un palco eleva- to . Ivi un vecchio riceve la Tavoletta : la ripone sul pal- co in faccia al popolo , e poscia con una specie di campa- nello di legno , eh' egli ha nelle mani comanda il silenzio . Allora il Maestro delle cerimonie grida ad alta voce ,, Spie- gale questa Sentenza del Santo Editto ,, , L' oratore a queste parole si alza , e spiega minutamente il senso del- la medesima .

Ognuna delle sedici Massime , di che si compone l'Edit- to , è scritta con soli sette caratteri j ma tutte insieme non Qontengono nulla di nuovo , o che valga 1' apparato di tan- te cerimonie . Esse sono nullameno saggio giusta le idee dei Cinesi , ed essi soli possono compiacersi di vederle rin- novare sotto tutti gli aspetti , e in tutte le occasioni ,

Prescrivono esse in sostanza la piet^ figliale : 1' araor# verso i consanguinei : la concordia tra i vicini ; la coltiva-

56 Letteratura

zióne della terra , la quale soramiaistra il nudrimento agli uomini : la cura dei mori gelsi , da cui si traggono i modi di vestire : V economia : gli studj letterarj : 1' avversione allo Religioni straniere : indi si raccomanda di spiegare le leggi , onde preservare i cattivi , e gì' ignoranti da azioni prave : di avere in onore le cerimonie , clie sono il com- plemento de' buoni costumi : di esercitare con scrupolosa esattezza la Magistratura per dirigere al bene i sentimenti del popolo : d' instruire i proprj fìglj , e i fratelli minori per impedir loro il mal fare : di difendere le persone one- ste dalle calunnie : di avvisare coloro , che occultassero i disertori , dei pericoli , a' quali si espongono : di pagare i carichi pubblici o con danaro , o con generi per non essere esposti a gravimi: di constituire mediante le dovute disci- pline i capi di dieci, e di cento Famiglie responsaliili vicen- devolmente per lo sterminio dei briganti , e dei ladri : in- fine di rendere . per quanto è possibile , meno frequenti le liti , e gli od), onde conservare la vita degli uomini, eh' è ciò, che bavvi al mondo di più prezioso.

E^gli è certo che a noi recherebbe maggior piacere il conoscere i modi , co' quali si eseguiscono questi consigli , anziché le slesse massime generali , che altro non sono che principi della morale universale .

Il commentario dell' Imperatore Young-tchin^ intorno queste sentenze di suo Padre , e la parafrasi del Direttore delle saline contengono un maggiore interesse , trovandosi in essi buon numero di casi applicati , per cui si conoscono ' meglio i costumi , lo spirito del Governo , e il genio della Nazione . >

Yìking-tching nel suo commento insiste principalment» suU' avversione alle false sette, e sopratutto a quella di Fo, che ò .stranli;;ra alla Cina . I Buddisti , e gli altri settarj In- diani , credono scioccamente cbe basti articolare alcune pa-

Dramma e Costumi Cinesi bj

role , o sillabe , che chiamano sacre , e ripeterle perpetua- mente per essere lavati delle colpe loro ,, Supponete , die' e- gli , di aver violate le leggi , e di essere presentati al Tribunale per udire la vostra condanna . Credete voi che a furia di gridare Eccellenza : Eccellenza : sarete assoluti dal Magistrato ? E cosi egli prosiegue a citare nuoTÌ esempi , che crediamo superfluo di qui registrare . In gene- nerale le instruzioni di questo Imperatore sono ingenue , e paterne . Parlando delle cure , che i Genitori hanno per i figliuoli , i quali debbono perciò essere riponoscenti , colloerf la pietà figliale in cima a tutte le virtù , e ne fa un qua- dro ripieno grazia , e di amore . ,, Il figlio, che non è ancora privato dei teneri abbracciamenti dei genitori ha fa- me : egli non può da se procurare il vitto : egli ha freddo , ,, « non può vestirsi : ma suo Padre e sua Madre accorro- ,, no: sono attenti a' suoi gridi : consultano il tuono della sua voce : contemplano la «uà fisonomia , e il colore del ,, volto: s'egli sorride il loro cuore nuota nella gioja : s' e- ,, gli piange abbandonano alla mestizia : s' egli fa prova di ,, camminare, essi seguotio ì suoi movimenti, e non ne ,, perdono un passo: è egli malato? essi perdono 1' appetito, ,, e il sonno. Lo alimentano , e lo instruiscono fino a che ,, sia divenuto uomo , e quindi lo maritano , e gli danno ,, una casa. Essi si tormentano in mille modi per istabilirlo, ,, e per assicurargli una esistenza : tutte le forze del loro cuore si esauriscono . Oh ! la virtù di un padre , e di ,, una madre è veramente infinita : essa è come il Cielo supremo .

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Lucce Holstenii Epistolce ad diversos , qiiàs ex editìs , et ineditis codicibus collegit , atque illustravit Jo. Frane. Boissonade; accedit Editoris commentatio in Inscriptio- nem Grcecam . Paiisiis etc. pag. 538. in 8."

D=

'obbiamo alle cure indefesse del celebre filologo France- se il Sig. Boissonade questa preziosa raccolta delle lettere edite ed inedite dell' immortale Olsteuio , luminare del se- colo XVII. , che quantunque straniero , pure potremo con- siderarlo come Italiano , essendo rimasto in Italia per quasi quarant' anni continui . In una brève , ma elegante e sensata prefazione latina l'Editore conto de' lavori da lui fatti onde formare questa raccolta , ed implorare nel tempo stes- so l'indulgenza de' lettori , se alcuna lettera sia sfuggita al- le sue indagini . Quella lettera però diretta dall' Olstenio al Card. Barberino , de f^erubus Diance Ephesice è stata omes- sa espressamente perche si trova nel Tomo VII. della Rac- colta di Gronavio , e perchè piuttosto che lettera dovrebbe appellarsi una Dissertazione epistolare . Circa poi quella let- tera, della quale fassi menzione nella Cimbria di Mollerò Tom. III. p. 334 , e che tratta dell' incendio del Vesuvio , quale 1' Olstenio scrisse ad Einone Lambecio marito di sua sorella, questa non si è potuta rinvenire dall'Editore, mal- grado tutte le diligenze da esso messe in aso . le lette- re sono state pubblicate senza apporvi delle note opportu- ne , ma si trovano asperse di notizie importanti circa la sto- ria letteraria di quel tempo , onde chi legge meglio possa co- noscere il significato di ciò che le lettere trattano , e non resù interrotto nella lettura di osse : cosi per ulteriore dilu-

L. HoLSTENii Epistola 69

cìdazione vi si trovano aggiunte ancora noberelle critiche bre- vissime , ma giuste . Molto vantaggio ha recato all'Editore il Codice di Buerio a lui commuuicato dal Sig. Prunel, dal quale ha tratto alcune lettere, che si trovano npposte uell' appendice , ed ha ricavato importanti correzioni e varianti che sono state poste in fine della opera . E molto più. completa 1' edizione sarebbe riuscita se a tempo il Boissonade avesse potuto ricevere le lettere , che cortesemente gli ha sommini- strato il Conte Fortia d' Urban ; ma queste quantunque im- portantissime essendo sopraggiunte troppo tardi egli non le ha per ofa potute nella sua raccolta inserire , e potranno formare un supplemento . E siccome nel titolo stesso del li- bro si legge , vi si trova aggiunta una dissertazione del Bois- sonade sopra una iscrizione greca discoperta ad Azio , alla quale egli volea unire un' altra sua memoria sopra una la- mina di bronzo trovata nella Beozia ; ma per non ingrossa- re di soverchio il volume pensò di rimetterla ad altro tempo. Le lettere che trovansi in questo volume riunite sono tutte scritte da Olstenio ai letterati più illustri del suo tem- po , parte in latino elegantissimo ; ed alcune poche anche in purgato volgare . Esse trovansi comprese fra 1' anno 1619 ed il 1660 , e tutte trattano sopra obietti importanti di fi- lologia , di critica , e di antiquaria essendo relative special- mente ai lavori da Olstenio assunti per la illustrazione de' Geografi minori ,• e per la publicazione e dilucidazione de' Filosofi Platonici . Alcune Ve n' ha che contengono ancora importanti notizie non solo per la vita di Olstenio stesso , e per la storia letteraria del suo tempo; ma anche per la storia politica specialmente della guerra fra 1' Imperadore ed i Protestanti dell' Alemagna .

E volentieri daremmo l' estratto ciascuna lettera se non temessimo di essere di soverchio lunghi , e d' altroa-

6o Letteratura

de "molte di esse, ripetendo sempre la stessa cosa a perse- ne diverse potrebbero facilmente sembrare meno importanti di quello che realmente e^e siano. Per la qual cosa ci li- miteremo ad indicare il numero di queste lettere, e le per- Goue , a cui vengono dirette j ritenendo come più commodo r ordine alfabetico de' nomi .

Centoquattordici^ sono in tutto le lettere compresevi quelle dell' Appendice : una ve n' ha a Giovanni Boeclero professore di Strasburgo ; quindici a Donio, e queste in Ita- liano; quattro a Dormalio inedile ; due ad Elmenhorst ; una ad Elzevir ; una a Fiorentino, nove a Niccolò Heinsioj ven- tiduc a Pietro Lambecio suo nipote; due a Liceto ; tre a Meursio ; una a Morino; due a Nihusio ; trentasette a Peì- resc, e queste , meno una, tutte iqedite ; cinque a Pietro du Puy inedite anche esse ; una a Cristoforo du Puy pure inedi- ta ; una a Giovanni Rodio , ed è la spiegazione del monu- mento Maguriano ; quattro a Sirmondo ; e tre a Ternagelio . Inoltre vi sono due lettere inedite scritte ad Olstenio da Paganino Gaudenzio e da Patricio Junio .

Ora passando alla Iscrizione Greca illustrata dal Sig. Bo- issonade, è questa una importante lapide scritta in dialetto do- rico e scavata 1' anno 18 13 ad Azio sulle coste dell' Acarna- nia dal chiarlss. Pouqueville Console francese a Joannina nell' Epiro . Non Oa discaro ,'che noi qui riportiamo questa iscri- zione ^er intiero insiemie colla traduzione latina del Sig.. Bojssonade .

02 EHI lEPAnOAOV TOI AnOAAONI TflI AKTiai $IAHMONOi: I POM^A

AE AJHTAPOXOT KIKIA AAT2EI0T SlTMOPOMNAMONaN AE NAT

SIMAXOV TOT API2T0KAE02 A2TAK0T OIAOH^NOT TOT HPAKAEI

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REI eEOS MATPOnOAITA KOTPOnOT H EAG^E TAI BOTAAI KAI

Tai KOINHI TnN AKAPNANON nPOSENOTS EIMEN KAI

ETEPPETAS TOT KOINOT THN AKAPNANilN KATA

TON NOMON APASIAN OATMninNOS HATPH 9

GOAION AETKION T0T2 nOHAION AKIAIÓTS PIIMAIOTS

KAI EIMEN ATTOIS KAI EKIONOIS EN AKAPNANIAI A2<I>AAE

r lAN KAI ATTOS KAI XPHMA2I KAI KATA TAN KAI KATA

©AAASSAN KAI nOAEMOT KAI EIPANAS KAI FA? ii\l

0IKIA2 EIKTISIN KAI TA AAAA TIMIA KAI <I>IAAN0PanA

nANTA OSA KAI T0I2 AAA0I2 OPOEENOIS KAl

ETEPrETAI2 TOT KOINOT THN ARAPNANHN

YOAPXEI

Hievapolo Appollinis Acliaci Plùleìitone Pioìiweinone

auleni Ji^etasocho JYìcice F. Aljsio sYmpromnemQnihus aut^in iV<»«-

siniacho Aristoclis F. Astacio , Philoxeno Beracli -

ti F. Plioeiiane ; Ab actis autem Senatui Prceto Dio-

pithìts F. Matropolita ; Curopi . . . PlacuU Senaiui et

Communi Acarnananensium Hospites esse et

Benefactores Communis Acarnancnsium secundum

legem Agasiam Olympionis F. Patrenscm P-

ubliiim LiiQLum , PP. FF. Acilios Romanos ,

et esse ipsis posterisque in Acavnania securita-

teni et ipsis et rebus ipsorum , terra atque

mari , et in bello et in pace , et soli et

donucdii possessionem , et ccetera honorijìca atque commoda

omnia qucecumqiie , et aliis hospitibus , et

benefactoribus communis Acamanensium

contiiigiint .

62 Letteratura

Giuslamonte il Boissonade osserva essere questo l' unico decreto, che degli Acarnani fiaora si conosca; coli' autorità di due iscrizioni Sicule crede , che il nome di Hierapolos fosse il titolo distintivo del Sacerdote di Apollo Aziaco , co- me si trova quello di Hìerothytas in due decreti degli Agri- gentini , e de' Melilesi . Osserva inoltre , che il rot , che nella prima linea si legge debba essere un errore , o del quadra- lario , o dal trascrittore invece di THi ; e che 1' espressione . E:t/ l'ifcLToXovrw ATroXT^avt ec. equivalga a quella Etti l'i' pATToXov rou AttoXXuVOì , come piiì sotto J'pet/xjttatTSOS «Ts ra 0ov<f'a, , si legge invece di j/ps/i/xaTÉO? ifi t«? /6ot;>«?, o Aa; JsovXxc ; e che questa era una formola per gli Acarnani come quella i?n Ap^ovro^ per gli Ateniesi. Confessa ignorare l'of- ficio dì Promnemone , che dopo si legge , e congettura che invece di Ayvrapo^^ov debba leggersi a>«Ta^o;to/ ; forse però nel marmo dice etyfiTctpxov , ed il nome fu male trascritto . Mostra quindi che AXv^siov ed A(rTa.nou derivano dai nomi di due città dell' Acarnania nomate da Stefano A^i/^</a ed ^(rra,KO(; , e che invece di Actokov si debba leggere Ar, TctKtcv nome del popolo di Ao-ra^o? e quindi a maggior dilucidazione della scienza epigrafica riporta parecchie iscri- zioni , e fa una breve digressione sopra queste inscrizioni stesse . Anche il nome <l>o/T/avo? genitivo ^otrta.ì' e gen- tile di ^oiTiat città dell' Acarnania citata pure da Stefano , come MaTpo:roA<T«; di MurpoTroT^t^ anche essa città Acarnana citata dallo stesso autore . Anzi circa 't'onia.voi; nota , che Stefano cita come epiteli gentili di ^onia , to/T/eu? , e $o/- T/o?, onde vi si dee aggiungere secondo questa iscrizione anche la forma *o/T/oty , Suppone, che KovpoTrov sia il no- me di un mese degli Acarnani j e che fra TroupoTrov , e la seguente lettera a vi sia una laguna. Si trattiene a ragiona- re sulla TOCP Trpo^ivovi , che egli ha tradotto hospifes , pa-

L. HoLSTENii Epistola 63

rola latina , che sembra propriamente alla greca voce cor- rispondere ,e che piuttosto dovrebbe latinizzarsi Proxenus . E molto si esstende , onde provare non EKTI21N doversi leg- gere come nel marmo pare, ma EIKTASIN siccome egli ha tradotto ; e gli esempj , che adduce specialmente di tre iscri- zioni GorciresI sono superiori a qualunque difficoltà .

Ballate inedite di Fianco Sacchetti tratte dal Codice praticano che fu dell' Orsino .

Q

Ballata i'. Della cradeltà della sua fanciulla

uasta che il cor m' accende

Col cor mi fugge , e cogli occhi mi prende

Vaga della mia pena

Ognor si fa , perchè con dolce sguardo

Al suo disir mi mena ,

Mostrando darmi quel che sempre è tardo

mi consumo «d ardo

Seguendo chi mi guida , e chi m' oOende .

64 Letteratura'

Ballata 2*. Degli occhi e del volto della fanciulla.

V><hi vide più bel nero Di questo nero mai ? Qual più di questo bianco è bianco assai ?

Intelletto non è che comprendesse Qual è nel suo colore Bianco , vermiglio e biondo ; mi credo che alcun giammai vedesse Rosa , viola , o fiore Si colorito al mondo , Quanto il viso giocondo , O Amor , che aipint' hai D' intorno agli occhi, dove preso tu' hai i

l.

l //.. /.^ri„^,a^J.

fi.'.-ó.f

/"

65

Lanci Michel' Angelo . Lettera sul Cufico Sepolcrale Mo- numento portato d'' Egitto in Roma. Bontà Bourlie 1819.

D.

'alle sponde del Nilo giunsero non ha guari sul Tevere più monumenti Egiziani . Vi riconobhe il eh. A. un sasso con Epitaffio Cufico , e lieto che in Tloma la sorte abbia comin- ciato a condurre qualche Lapide Sepolcrale con prische epi- grafi Maomettane , ne ha publicato 1' illustrazione in forma di Lettera al eh. Sig. Ab. Reinaud socio de' Biografi di Parigi . Riduce in primo luogo 1' A. ai moderni elementi le for- me del carattere scolpito sulla pietra . Neil' annessa Tavola si ha l'incisione eseguita sul uisej^no , che volle formarne da se stesso con singolare diligenza . Quindi presenta la corrispon- dente significazione in Italiana favella, e 1' Epitaffio divide In cinque parti , che ordine di materia eXi sono nel descrivere i concetti , ed esaminar le voci, che di schiarimento abbisogn^ino . ce 1. In Nome del misericordiosissimo Iddio , ce 2. Di : v' ha Dio solo, Dio eterno , che non generò , e noa « fu generato , pari a Lui fu alcuno .

ce 3. O Dio , sii tu propizio a Maometto il Profeta, e al- ce la sua famiglia .

ce 4. Abbi misericordia del Servo , bisognoso di tua corn- ee miserazione , Chalaf , figlio di Hossein , figlio di Abramo , ce figlio di Ahraed , cognominato Rum .

ce 5. Morì nella fèria quarta de' sette ondati del mese Sec- ce \al , dcjl' Anno quattrocento cinquantaquattro .

Comincia l'Epitaffio dall' invocar il nome di Dio, con quel- la forma d'Invocazione , che gli Arabi credono rivelata a Mao- metto ; ne sono essi cosi superstiziosi , che comincian da quella ogni preghiera , le Coraniche Sure , e le Sepolcrali Iscrizioni . Dopo l' Invocaziono siegue nella seconda parte il premito di celebrare l' unità di Dio , che il Pseudo-Profeta lasciò al Capo Coranico 102. per torre di sua Legge contr» i Cattolici G. A. To. IV. 5

66 Letteratura

il ^listerò della Divina Trinila . Furono vaghi gli Arabi di aver sott' occlij questa Sura rEppresentata con belli ornamenti di scrittura : e ciò vien confermato dall' A. colla figura deli- neata dall' interna parte d'una Tavoletta , che ricopriva un Co- Iranico manoscritto nella Biblioteca del Collegio Urbano , in cui per circolo hanno espressa 1' unità , ed eternità di Lio . Dichiara però s.iggiaraente 1' A. , che soltanto per ispiegare le parole dell'arabo monumento riportasi 1' ereticale proposi- zione , che D io non generò , e non fu generato . La falsi- tà se ne conosce incontanente da ogni Cattolico , clii la Fe- de insegna , che Iddio Padre intendendo genera, e che il Ver- bo è 1' Unigenito .

Nella nostra Iscil/.ione , come in qualche altra , non si legge alcuna delle morali sentenze , che si trovano scolpite utilla maggior parte di simili pietre sepolcrali .

Ravvisa 1' A. nella terza parte il costume degl' Arabi di scongiurare devotamente il Nume a versare i suoi doni sopra Maometto , e la sua Famiglia per accendere sempre piìi il Pro- feta a soccorrere con influssi benigni 1' infermità de' Moslemi : e tanto pili pregevole stimasi dall' A. il nostro monumento , in quanto che T invocazione , che in altri somiglianti Epi- tafil si scorge espressa in modo oltalivo , in questo si rico- conosce in modo imperativo , che possiamo arguire dall'enfa- tico Allahomina , che precede il verbo .

In quarto luogo si chiedo noli' Iscrizione la divina mi- sericordia pel defonto con una formola non comniune negl' altri conosciuti Epitaffi; e quindi si esprimono i nomi del defonto, i quali possono commodamente distinguersi in preno- me , nofne , generazioni , e cognome . Sul prenome di Servo , che ncU' Epitaffio venne dato al defonto, l' A. con filologiche osservazioni rischiara l' ommisione dell' articolo il , e del pre- nome tuo , che sembrano richiesti dalla regolare arabesca co- struzione . Il nome proprio del defonto fu Chalaf , che si legge anche in altra epigrafe Cufica di Verona , la quale dal eh. Professor Padovano Sig. Ab. Simone Asseruaaui fu cor-

IscRiz. Cufica Illustrata 6j

retta dagli errori del primo Interpetre : Osserva qui l' Auto- re, che sebbene il nome di dialifa derivante dalla stessa ra- dice fosse proprio de' successori legittind di Maometto , po- tevano tuttavia gì' Individui appellarsi Chataf sl dinotare sem- plicemente la successione paterna . Secondo 1' uso de' Popoli antichi è designata la Famiglia del defonto colle generazioni ascendentali , poiché presso gli Arabi i cognomi furono intro- dotti nelle Pistole da Fadlil Ben-sahel nel cominciare del Secolo nono . Si conosce pertanto dalla noia delle genera- zioni , che Chalaf era figlio di Hossein , Kipote di àbra- mo , e pronipote di Ahnied . Illustre era il nome del Geni- tore Hossein, perchè così venne appellato il secondogenito di ^lì, che fu il terzo fra li dodici. Imami, ne' quali por tradi- zione Maomettana passò ia retaggio la cognizione dalle divi- ne cose e il dono della Profezia . L' omissione del nome Ali , che s' incontra di frequente nelle Iscrizioni arabesche della Setta Sciita , farebbe sospettare , che il defonto appar- tenesse alla Setta Sunnita, che riconosce anche in Abuhecher, Omar , ed Otmanno ì diritti di successione al Profeta . Non- dimeno 1' A. inclina a riconoscere e Padre , e figlio della me- desima Setta Sciita dal nome paterno di Hossein usato fra, li discendeuti , e seguaci di Ali .

Molte cose quindi eruditamente discorre sul cognome di Rum, che nell'Epitaffio al defonto si assegna 5 e propone la congettura , che disceso forse Chalaf nell'Egitto da famo^ sa Città di Roméa (che presso gli Arabi sembra significas- se il Turchesco Impero in Europa, ed Asia Minore) venis- se additato per la voce Rum quasi a leggiera beffa degli encomj del suolo nativo, troppo sovente ripetuti dal defon- to , e spiacevoli perciò agli Egizj , che l'ascoltavano.

Roca in confern^a della sua opinione anche l' epoca della morte di Ciialaf segnata nella quinta , ed ultima parte col giorno , mese , ed anno . Facendo 1' esatto rapporto fra 1' Era Cristiana , e quella de Musulmani , che in Arabesco

5*

68 Letteratura

parlare Hegira si appella , e che al parere più sano ebbe principio li 16. Luglio del 622. , ne inferisce l'A. che il quar- to giorno della Setti raana , e settimo del mese Scerai , deci- mo fra loro dell' Anno 454' j corri"sponde ])recisamente alli i^. Ottobre dell'Anno 162. di nostra salute .Or siccome quell'Anno fu il ventesimo settimo della lunga e pacifica dominazione di Mostanser Billàh , al di cui tempo era stata già occupata la Romea da' nuovi Dinasti Selgiuki , forse fu questa 1' occasio- ne , che portò GIxalaf dalle sue sconvolte provincie al tran- quillo Egitto , in cui col favor del commercio concorreva- no gli Stranieri . Del resto dichiara 1' A. , che nulla di più. si può dire intorno Chalaf , di cui s'ignora la storia pel silenzio de' Scrittori : come sono egualmente ignoti coloro , de' quali ne* più antichi marmi di Pozzuolo appena il nome ci rimase . A questo passo 1' A. inserisce P emendazione de' nomi incisi in que' sassi , che finora furono letti scorretta- mente , ed in proposito del terzo , ov' è il nome di Zainab (Zenobia) moglie famosa di ZeiS figlio adottivo di Maometto , aggiunge una dotta , e nuovissima scoperta sulla differenza fra la formola : questo e il Sepolcro, che si legge nelle virili Iscri- zioni , e la diversa frase qui seppellimmo , che si vede usata nella muliebre. Sembra dunque airA.,ohe siccome tra 'Maomet- tani non godono le donne di quel dominio , di che si vanlan fra noi , disconvenisse alla loro soggezione V assoluto linguag- gio , che per gli Uomini si adoperava , e volessero per ciò , che con altra forma si ravvisasse , che non già per proprio diritto , ma per officio soltanto , e liberalità dell' Uomo ot- tennero lonore del parlante sepolcro. E spingendo più oltre l'A. le sue ricerche scuopre le traccie di questa distinzione anche ne' remotissimi tenq)i de' Fenicj ; poiché nelle virili tombe il nome de' trapassati si legge senza menzione di chi entro li chiuse , come in quello già ritrovato a Malta , laddove por lo contrario sulla Tomba della Figlia di Taami in Cipro sco-

iscRiz. Cufica Illustrata 6g

perla , si vede in primo luogo il nome di Abed-Osir , dia gli eresse il mouumenlo .

Ci rincresce di non poter nella ristrettezza di un' artì- colo seguire 1' A. in tutte 1' erudite disquisizioni sul modo computare gli Anni dell'Egira, ed i giorni del taese , e sul- la Storia , e variazioni de' caratteri Arabeschi . Non possiamo però tacere , che egli ci adombra fin da ora quel sistema , che suU' arabe forme di scrivere ha ritrovato dopo lunghi paleografici Studj , e che si propone di svolgere in più di- steso lavoro: AtFerma dunque, che ce dapprima si scrisse ce V Hornireno in distaccate Lettere , che unite Marcir iche ce divennero, h\à\ Cajiche , le quali divise in Cannaliche e 3i Moclesi sparse per la Nazione ad uso famigliare e cor- w rente, per maestà ed ornamento le- Tanuiree s' introdas- 3> sero , che annodate quindi per intrecci e nessi furono Alo- 33 hasscie e Tograne propriamente appellate 33 Piiferiice poi il carattere della nostra Iscrizione al Cufico Tamureo , di- cendolo Cufico , perchè ha in se la qualità delle Cufiche Lettere , e Tamuieo , perchè non sono semplici , ma vagamen- te adornate , derivando la denominazione dal Tamiir d<egli Arabi , che vale un genere di Lettere per sovrapposti , ó sottopposti tratti nobilitate. Per quanto siano celebri e la se- conda epigrafe di Pozzuolo , e T Epitaffio di S. Fernando, e 1' Iscrizione del Pallio di Norimberga , ed alcuni Marmi Siciliani , nondimeno TA. francamente asserisce, che questa per l'uniformità del carattere, perla conservazione delle for- me originarie , e per la bellezza degli ornamenti non la ce- de a verun' altra , sebbene scolpita si vegga in semplice pietra arenaria , e di piccola dimensione .

Assai prezioso stima questo monumento , poiché all' in- fnorl di quel di Messina , il quale però non porta ornamea- , e del primo di Pozzuolo , che di pochissimi anni lo av- vantaggia, tutti gli altri supera in antichità; degno perciò lo dichiara di un posto distinto nel Museo Vaticano . Pietro Avv. Ruga .

70

SCIENZE

Alcuni rtuovi dettagli sopra -la Cometa del 1819. ( An- nui, de Chiin. et Plijs. luillet 1819.)

N.

el precedente Quaderno abbiamo già inserito un articolo sopra questa cometa . Il Sig. Bouvard ci ha poscia indiriz- zata la seguente lettera ove il Lettore troverà le importan- ti rettificazioni , clie conviene fare ai primi risultamenti ot- tenuti del lod. Astronomo .

« La cometa situata nella costellazione della Lince, che si è mostrata all' improvviso ne' primi giorni di Luglio , è presentemente troppo dalla terra lontana per essere visibile ad occhio nudo .

ce II tempo essendo statOj abbastanza sereno durante il passato mese , gli astronomi bau fatto im grandissimo numero di osservazi oni sopra quest' astro , in modo da po- ter determinare con molta esattezza i di lei parabolici ele- menti j quelli che ora io publico sono fondati sopra le os- servazioni fatte dal luglio sino al i.** di questo mese ; ecco questi elementi .

« Istante del passaggio della cometa al suo perielio : il 28. giugno, a 5 ore ij minuti, tempo medio, contato dalla mezza notte

« Distanza periclia , presa essendo Irt distanza della ter- ra al sole per unità o, 34007 ce Longitudine del nodo ascendente ayi" 4^' ^4"^ <c Longitudine del perielio 287 4 ^^ te Inclinazione dell'orbita 80 45 o j « Movimento eliocentrico diretto

Della CoiftETA del vSig. 71

« Cotesti elemeati rappresentano le osservazioni con bastevole esattezza^ i più grandi errori in longitudine non vanno oltre i 26'' , e sono al disotto i 5o" per la lati- tudine . Questi elementi medesimi probabilmente saranno perfezionali coU'ajuto di altre osservazioni , che si fanno an- cora innanzi la totale disparizione della cometa ; ma egli è probabile che non si possa determinare la sua ellissi , per conseguenza annunziare il suo ritorno . Sin da questo momento si può affermare che quest' astro non rassomiglia ad alcuna delle comete anticamente osservate : era dunque impossibile predire , la sua apparizione .

« Risulta da precedenti elementi che nel momento del passaggio della cometa al perielio , il aS giugno , la sua di- stanza dal sole era di circa 12 miglioni di leghe. Il 3 ago- sto questa distanza era presso a poco eguale a 34 |miglioni di leghe. Finalmente il 3 luglio, quando la cometa è sta- ta per la prima volta osservata a Parigi , ella era lontana dalla terra di circa 28 miglioni di leghe .

ce Ne' primi giorni del passato luglio io avea calcolato in fretta gli elementi dell'orbita di questa cometa j ma ta- li elementi erano allora fondati sopra osservazioni tra loro vicinissime; deggio anche aggi ugnere che erano scorsi de' gra- vi errori nella riduzione di una delle ascensioni rette , non che mancava un segno in una delle equazioni fondamentali, e per conseguenza le mie prime risultanze , che sono state pubblicate ne' giornali , ed altre periodiche raccolte , sono as- solutamente erron,ee , e degglono essere considerate siccome non avute .

Dall'Osservatorio reale il 6 Agosto i8ig.

7^

rtlMI'l'UBgìqg.» VdlfM UMTBT

Della morbosa chiusura dell' orijlcio dell' utero nella oc- casione di parto imminente , e di un metodo assai faci- le e sicuro per rimediarvi . Memoria del Signor Conte P. Moscati presentata alla Società Italiana delle scienst .

J\. ccade , sebLen di rado , che gli sforzi della natura ten- denti ad escludere il feto dalla cavità dell' utero riescano vani per essere 1' orifìzio di questo viscere o totalmente, o in gran parte chiuso . Così quando 1' utero per la debo- le resistenza de' muscoli addominali si piega verso la parte anteriore, il di lui collo ,e orifizio si dirigono verso 1' os- so sacro , e si nascondono non solo alla mano dell' ostetri- canle, m;i impediscono ancora 1' uscita al feto . In questa pericolosa circostanza , quando inutilmente siasi tentato di riportare 1' utero alla naturale situazione , si è fatto un ta- glio nel di lui corpo sopra la parte più prominente in cor- rispondenza al capo del feto, e talvolta questa operazione è riuscita salutare , talaltra ha. avuto un esito iufeiice perchè seguita dalla infiammazione. Chiuso poi in gran parte trova- si r orifizio dell' utero, quando in un parto antecedente sia stato da un qualche stromento maltrattalo, lacerato, ed fìb- bia in cansegnenza contratta una cicatrice , che ne ha ris- tretto notabilmente il diametro , e rese le fibre assai meno cedevoli alla distensione. Rimane in (juesto secondo caso un forellino , il quale nel tempo che permette 1' ingresso alla parte più tenue dell' umor prolifico necessaria alla feconda- zione del germe j non permette poi al feto maturo di lil)c- rarsi dal carcere senza l'opportuno , e pronto soccorso dell' arte. V'ha chi ha voluto rimediare a questo difetto taglian- do r orifizio dell' utero trasversalmente con apposita cesoja; ma cotesta operazione , che 1' A. ha veduto eseguila dal suo Padre , e Maestro , porta seco 1' inevitabile sconcerto dell'

Chiusura di Utero 73

ingrandimento , e lacerazione somma della ferita nel tempo del passaggio del feto attraverso 1' orifizio . Cotanto irrita- mento poi in un Afiscere già per altre cagioni irritalo suole addurre la morte , siccome avvenne nel caso , cui abbiamo detto essere stato 1' A. presente . Per lo che Egli ha pen- sato servirsi di un metodo più sicuro , per il quale men- tre si recidono le fibre in tutta la circonferenza del piccolo foro , si procura a questo una dilatazione uniforme sotto §1' impulsi della testa del feto . Siffatto metodo non può dirsi assolutamente nuovo ^ poiché è stato accennato dal cel. Saba- tier nel suo trattato de la Mecleciiie operatoire , ma in un modo imperfetto , ed insufficiente a regolare 1' operatore . Consiste adunque nell' introdurre nel forellino un bistouri nascosto , lungo dai cinque ai sei pollici , al quanto curvato in arco , dirigendolo col dito sin dentro il collo dell' utero . Giunto sin qui lo stromento , . si apre , e si fa con esso una piccola incisione longitudinale delle fibre dell' orifizio inco- minciando dalla parte sinistra ; poscia girando lo stromento verso la destra in vicinanza della prima fa una seconda eguale incisione , e cosi successivamente si va facendo del- le altre sinché lo stromento si è riportalo al punto , d' on- de è partito . In siffatto modo operando si comprende leggieri che lolla la resistenza della cicatrice , e disciolte le fibre dell' orifizio , possono queste distendersi , può ampliar- si 1' orifìzio stesso uniformemente , senza che avvenga alcu- na lacerazione maggiore delle altre . le incisioni son» accompagnate da forte dolore , si perchè non deggiono esse- re molto profonde , si perchè ancora deggiono essere fati;© nel momento , in cui piìi gagliardi sono i dolori del parto , e nel qnal momento la partoriente poco o nulla sente le impressioni di altre minori potenze . L' A. ha fatto una prova felicissima del suo metodo in una giovane di 25. anni^ nella quale 1' orifizio uterino era ristretto a segno da ana-

74 Scienze

mettere soltanto uno specillo , appunto per essere stato ìa un parto antecedente lacerato da alcuni stromenti . Erano già decorse 48. ore d' inutile travaglio al parlo , quando 1' A. intraprendendo 1' operazione nel modo descritto poc' anzi, con dodici Incisioni dispose l' orifizio ad aprirsi al feto sot- to i violenti sforzi della natura . Compiuto felicemente il parto , non apparve alcun sintomo imponente , non dolore , non emorragia, non febbre consecutiva dell' operazione ec. laonde bastarono semplici lavature con acqua di malva per allontanare gli effetti della irritazione . Si ebbe eziandio l'av- vertenza di tenere per lo spazio di otto giorni entro 1' oriGzic una candela di cera molle , e di accrescere ogni giorno il diametro di essa per impedire un novello ristringi- mento: ciò nulla ostante non potò impedirsi che le piccole cicatrici non formassero attorno 1' orifizio un cerchio duro , insuperabile in altro parto dalla testa del feto. Difatto dopo undici mesi essendo la giovane divenuta gravida di nuovo , al primo indizio del parto imminente si recò all' ospitale , e dovette assoggettarsi alla stessa operazione , la quale in assen- za dell' A. fu eseguita dall' esimio Chirurgo il Signor Pal- letta . Le incisioni però furono meno profonde , poiché 1' orifizio era in uno stato di dilatazione assai maggiore della prima volta j e non trascurata medesima avvertenza della introduzione della candela , potè ottenersi che 1' orifizio re- stasse tanto dilatato , e cedevole , quanto presso a poco suo- le essere nello stato naturale . E che vi fosse restato lo con- fermò il terzo parto , per il qHale la giovane non ebbe af- fatto bisogno del soccorso dell' arte . Noi invitiamo i nostri bravi Ostetricanti a fare esperimento di questo metodo , che ci sembra avere tutto il pregio per essere adottato ; e gì' in- vitiamo in un' epoca , in cui più facile debb' essere 1' occa- sione d' incontrare il sopra accennato difetto nelle partorien- ti j dappoithè disponendo l' imcaortale Pio VII. «ella somma

Chiusura Di Utero 75

sua saviezza, e"per le insinuazioni dell' illustre syio Archiatro che in eiascun Rione dalla Città presieda a casi difficili di Oste- tricia uno degli Ostrelicanti detti Regionavj , mentre ha aperto loro un campo vastissimo all' eserci::io pratico , ha tolto insieme da mani imperite la vita delle madri , e de nascenti cittadini , e 1' ha affidata in quelle de^li emuli degli Angelucci , de' Savetti , e degli Asdrubali(i)

Lettera al Signoi' Gaj-Lussac sopra un nuovo Alcali ve- getale scoperto da Sigg. Lasseigne , eFeneulleC Jnnal. de Chim. et Phjs. Juin. iSi^.

L>< i affrettiamo a comunicarvi una notizia sopra la sta- fisagria, Delphinium staphjsagria ài Unneo , che vi pre- ghiamo inserire nel prossimo quaderno degli Annali di Chi- mica .

Occupandoci dell' analisi della semenza di questa pian- ta siamo giunti ad estrarne una materia bianca , cristal- lina, di un sapore eccessivamente acre , accompagnato m prindpio da un poco di amarezza : questa sostanza gode delle proprietà alcaline 5 essa cangia in verde il siroppo di viole, ritorna al bleu la tintura di tornasole fatta rossa da un acido i si diporta cogli acidi in un modo analogo a quello della morGna , strychnina , e picrotoxina , al Iato delle quali dobb' esser collocata . Le principali proprietà

(0 Contribuirà anche molto ai progressi,d«ir Ostetricia in co- testa Città queir altra utilissima disposizione, che i Sig. Ostetncanr ti Regionari stendano le istorie de' casi ^iù rimarchevoli , che loro si presentano nel corso dcir anno, e che un Compilatore a (»6 destinato raccogliendole e ordinandoIe-4e renda annualmepte di «ornane ragione (L'Estens. G.F. )

^6 Scienze

che aino al presente noi abbiamo ravvisate in cotesta sostan- za ottenuta nella maggior possibile purezza , sono le seguen- ti : è una polvere bianca , finissima , senza odore , la quale veduta dirimpetto al sole sembra brillante ; gittata sopra i carboni ardenti si fonde , e brucia senza residuo , spar- gendo un fumo bianco , denso, e di un particolare odore . E' poco solubile nell' acqua: V alcoole , el' etere solforico la sciolgono con facilità .

Forma con gli acidi solforico, nitrico , idroclorico , e acetico de' sali , che sono solubilissimi ; è di un sapore es- tremamente amaro ed acre j la potassa, la soda, l'ammonia- ca precipitano questa nuova sostanza sotto forma di fioc- chi, che raccolta sopra un filtro offre 1' aspetto dell' allu- mina gelatinosa .

Questo corpo alcalino, dietro i nostri esperimenti , esi- ste nella semenza della stafisagrla combinato coli' acido malico , ed è siffatta combinazione che éomparte il sapor acre al seme di questa ranuncolacea , il qual sapore si sente solamente ne' cotiledoni .

Il metodo che noi abbiamo seguito per eslrarre que- sta materia è lo stesso che quello proposto dal Signor Ro- biquet per ottenere la morfina ; abbiamo fatto bollire una porzione dicotiledoni esausti dall'etere in un poco di acqua di- stillata : i liquori filtrati furono meschiati con un poco di magnesia calcinata ben pura j si fecero bollire per breve tempo, e furono passati per filtro j il residuo lavato con di- ligenza fu sottoposto all' azione dell' alcoole a 4o* Inolien- te j questo posto ad evaporare all' aria libera lasciò nella Cassola la nuova sostanza avente 1' aspetto che abbiamo di sopra descritto : siamo giunti a procurarcela eziandio con altri due mezzi in un alto grado di purezza . Se questo corpo alcalino vegetale differisce , siccome noi la pensiamo , da quelli che abbìatno nominati di sopra , proponiamo chia-

Bi UN Nuovo Alcali 7;

marlo delfina ; denominazione clie richiamerà , siccome per ia stricliniua , il nome del genere , al quale appartiene la pianta , d' onde si estrae .

Faremo conoscere in un lavoro più esteso 1' istoria questo corpo alcalino , e la via che abbiamo battuta nell' analisi della stafìsagrla .

Parigi 12, Luglio 1819,

Memoria sopra V allacciatura delV Arterie del Dottore Andrea Vacca Berlinghieri Professore di Clinica Chi- rurgica neir Imperiale Università di Pisa ^Cavaliere ec. Pisa presso Sebastiano Nistri 1819.

P -f -,

J- roscritti 1 i^tn roventi che prima si usavano per arre- stare 1' emorrogìe de' Vasi Arteriosi prodotte da eventuali lesioni o da salutari operazioni , i caposcuola dell' Arte Chirurgica si servirono delle compressioni e delle allacciatu- re . Queste prevalsero , usandole i migliori operatori : non lutti convennero sulli mezzi coi quali si dovesse cirgondare il vaso Arterioso e stringerlo in guisa , che 1' impeto del sangue non sormontasse la legatura , e si formasse una cica- trice forte . Rotondo cordonetto ; nastrino ; due cordonetti; cordone di sicurezza , cilindretto di tela sottoposto ai no- di ; serra nodi di metallo ; compressore delle Arterie ( pres- se-Artere ) , ed altre consimili cose furono commendate e combattute. su questo si disputò soltanto, ma ancora sul tempo di tenere applicati questi mezzi comprimenti , e sul modo di levarli . I più distinti Chirurgi Francesi ed Italiani preferirono una allacciatura futa con un nastrino , sot- to i cui nodi fosse interposto uu cilindretto di tela , e que- sta allacciatura lasciavano cadere da se stessa quando il ca- nale Arterioso erasi diviso . GÌ' Inglesi , e Travers fra que-

y8 Scienze

sti , usarono il cordoncino , che toglievano poi il terao gior- no . Gramptou per altro senza lasciarsi seduri'e da spirilo na?ionaUtà fu contrario all' uso del Cordoncino , e gli fe- ce eco in Italia 1' Illustre Professore Scarpa , ma senza con- venire sulla necessità di far cadere da se il nastrino , che anii con esperimenti e con ragioni volle mostrare , che do- po il terzo giorno conviene levarlo .

Il Ch. A della memoria sostiene al contrario ce Questa ce favorita idea degl' Inglesi , e del Chiarissimo Professore , « che tanto onora 1' Italia , è quella che specialmente io mi , te propongo di dimostrare erronea « ( pag. 12, )

Ad ottenere questo intento riporta per esteso una serie di venticinque esperiménti fatti sopra diversi Cani di vario sesso , di età dissimili , e di razze differenti . Noi ne tras- criveremo il primo per far conoscere la precisione del suo sperimentare , e poi scegliendone sei li compileremo in un quadro come quelli che servono d' appoggio alle conclusio- ni che esso ne deriva .

te Ad un cane ( pag. 12. ) di piccola statura , di me- cc dia età , furono scoperte le due Arterie femorali , circa « un pollice al di sotto del ligamento di Puparzio , isolando- te le solamente nel punto, su cui doveva cadere 1' allaccia- te tura . L' arteria sinistra fu allacciala con nastrino lar- te go circa una linea con 1' interposizione del cilindretto te di tela fra la parete anteriore dell' Arteria e il nodo . La te destra si allacciò senza interporre cilindretto , con un cor- te donciuo l'otondo fatto da tre fili insieme riuniti . Da am- ee Ix) le parli il laccio fu stretto precisamente quanto ha- « stava per opporsi al passaggio del sangue per il punto al- te lacciato . L' Animale non mostrò di soffrire dopo 1' ope- <f razione j le di lui estremità posteriori perderono un poco « di calore nei primi momenti , ma presto sparve questo et fenomenft . Due ore dopo fu sciolta 1' allacciatura fatta

Allacciatura Delle Arterie 79

ce col cordoncino , la circolazione si ristabilì subito e sianaun- cc zio con i battiti dell' Arteria al disotto del punto stato « allacciato . Alla fine del terzo giorno , al principio del ce quarto si esaminò la ferita nella quale rimaneva il Iac- ee ciò ; si trovò questa in piena suppurazione , e i lei ce bordi assai tumidi . Il sollevare leggermente il nastro ba- ec sto perchè egli cadesse , e mostrò di aver recisa 1' arte- te ria perchè il cappio dell' allacciatura era intatto . La ca- « dula di questo laccio non portò emorragia , 1' Arteria sol- fe toposta non pulsò , il cane fu ucciso dopo 4- ore , fece « allora un' iniezione per 1' aorta Ventrale e in seguito 1' « esame delle parti sulle quali si era operato . ce

ce A sinistra era in gran parte riunita la ferita j scoper- ceta l' arteria presentava nel luogo dove 1' allacciatura ave- ce va agito per due ore una traccia di color vos-so che la ee circondava . Aperto il vaso longitudinalmente e liberato ce dall' iniezione si riscontrò nella tunica dell' Arterie la so ce lita Macchia rossa circolare come all' esterno j tutte le ce tuniche arteriose mantenevano la loro perfetta integrità . te Dal lato destro si trovarono completamente troncate tut- te te le pareti arteriose ed allontanati circa due linee i <c due pezzi resultanti dalla divisione . Il pezzo superiore con ce teneva un grumo sanguigno debolmente aderente alle pa- reti del vaso j 1' inferiore conteneva un grume simile ma te un poco più sottile . Il grumo superiore si era solo cer* te tamente opposto al passaggio del sangue e dell' iniezione ce a traverso la rottura dell' arteria , giacche non vidde te manifesto principio di quel processo che doveva riuni- te re le pareti del Vaso nel punto stato troncato . I citati te grumi avevano forma conica con base rivolta al laccio j ce 1' estremità sottile era rivolta al cuore nel grumo superio- re re ; nell' inferiore verso 1' estremità inferiori .

La seguente tavola presenta compilati gli esperimenti se- condo , terzo , sesto , seltioio , decintoquinto , e ventesimo .

8o

ESPERIMENTI FATTI SOPRA SEI CANI

Arlerùe Crurali Legate col

3.

i5

Cordonetto Nastrino

Cordonetto Nastrino

Cordonetto

Nastrino

Cordonetto

Nastrino Cordonetto

Nastrino

Cordonetto Nastrino

per ore

54

60

60

60

giorni

5

ore

48

Effetti

Sciolto il cor- Ione tornò la circolaziono

Circolazione ibolita

Torna la Cir- colazione idem

Torna la cir- colazione

Circolazione

giorni j abolita

5 . .

Osservazioni salii Cada- veri

Cerchio rosso nell'es- terna ed interna tunica arteriosa largo una linea

Rossore nella tunica arteriosa esterna : grumi nel cavo del vaso : tu- niche non riunite nel sito legato ,

Tunica arteriosa tume- fatta e rossa .

Tunica interna rossa in un punto

D"". esterna infiamma- ta; suppurazione attorno 1' allacciatura : tuniche interna e media rotte

Tunica interna rossa con alcune piccole lace- razioni ; grumi nel cana- le arterioso .

Tunica interna e me- dia divise, e cicatrizzate mediante cellulare .

Dette infiammate in- ternamente .riunite.

Poca suppuraz. tron- cate le tuniche arteriose quasi per intero .

Aderenza alla cellulare nel sito legato : arteria rossa aderente e dura : suppurazione . Il nastro più non stringeva il vaso Cicatrice nel luogo operato .

Non cicatrizzato il luo- go operato; arteria tron- cata ; suppu nazione .

Allaccsatura ©elle Arterie 8i

Dalli suoi espex'imenti sei conclusioni ne deriva 1' A. La prima è chiai-a per se stessa", cioè che le allacciature produco- no obliterazióne del vaso arterioso colla formazione dei gru- mi, o colla adesione delle pareti . La seconda dice , che que- sta obliterazione si ottiene tanto allorché si recidono le tuni- che media ed iut^rna dell' arteria , quanto allorché le stesse tuniche sono tenute a contatto ( esper, 2. jo. ) , ma che ael primo caso il vaso si oblitera prima che nel secondo (esper. 20.). La terza porta 5 che 1' obliterazione di un arteria , sia per gru- mi, sia per adesione non si effettua sempre in un determina- tn numero ^i ore ( esper. 2. 3. 6, ) . La quarta rileva , che il processo esulcerativo non priocipia e termina in un determinato tempo ( esper. 20. ) . La quinta fo osservare , che togliendo il quarto giorno 1' allacciatura non si arresta il processe esulcerativo ( esper,. i5. ). La sesta ed ultima stabi- lisce che 1' emorragia secondaria non conseguenza del pro- cesso esulcerativo se non quando le tuniche arteriose sono in uno stato innormale .

Come la prima conclusione non ammette alcuna dub- biezza , cosi la seconda abbisogna di qualche schiarimento. 11 Ch. Professore Scarpa dice che 1' obliterazione delle arte- rie nel punto allacciato si ottiene dopo il terzo giorno tan- to servendosi del cordonetto , che del nastrino : le sue os- servazioni suUi animali operati , fatte a cicatrice completa gle r hanno conprovato . Questa opinione sembra contraria alla suddetta seconda conclusione 5 ma riflettendo che il no- stro A . esaminava i suoi animali poche ore dopo aver loro con i due metodi allacciate le arterie crurali , potè vedere che r obliterazione accade qualche ora prima , quando le pa- reti interne del vaso sono recise , che quando stanno a con- tralto (esper. 7.) .

Non s' impegna 1' A. a parlare della terza conclusione essendo derivata da fatti ; e pare che comprenda la quarta G. A. To. IV- «

82 Scienze

Bella quinta . A togliere qualunque dificoltk su questa si oc- cupa con ogni studio per mettersi d' accordo con gli esperi- menti sulle pecore fatti dal Ch. Scarpa , su quelli del Prc fessore Mlslei , su quelli di Jones , di Travers e di Bordie ; e rilevando le anomalie per differenza di Animali , e per al- tre cause fisiologiche conclude , che 1e^> recisione del vaso arterioso è prodotta dalla suppurazione i<,:;casionata dalla com- pressione de' lacci . In egual maniera argomenta 1' A. per la sesta ed ultima conclusione: Se lo stato organico del sistema Arterioso non è alterato, 1' emorragia conseguente non può accadere , perchè prima si forma il grumo poi 1' adesione delle pareti del vaso nel luogo circondato e stretto dal na- strino ; indi si tronca 1' Arteria per effetto del processo sup- puratorio , che comincia quando il grumo è formato , e le pareti del vaso sono conglutinate .

Dopo queste conclusioni si da carico 1' A, di ribattere tutto ciò che in contrario può dirsi sulle sue osservazioni e conseguenze dedottene , e non tralascia di conciliare le pro- prie esperienze con quelle dei valenti professori che altrimen- ti hanno opinato su questo punto di Arte . I suoi razioci- ni appoggiati a patologiche Dottrine sono giustissimi e noi di buon animo conveniamo , che nelle allacciature delle Ar- terie debba preferirsi il Nastrino col cilindretto interposto tra il canale arterioso ed il nodo ; e che 1' allacciatura debba la- sciarsi finche il processo suppurativo non abbia diviso l'arteria.

Chiude la sua memoria col far menzione del metodo del Signor Lawerence che si legge negli Annali di Medici- na di Omodei quaderno di Aprile i8i 5. Anche qui non pos- siamo che convenire interamente coli' A. Servirsi della seta, ed appena annodata tagliare i capi presso il nodo , e com- mettere alla natura lo scioglimente o espulsione di detta seta , è una IHea che non può essere ammessa a discussione , finché una serie di esperimenti non le diano quel peso, che pare non possa per ora meritare . G. D, M.

83

Forinole facili pel conteggio aritmetico dell' Aureo numero , dell' Epatta gregoriana , e giorno del marzo in cui cade 5 della lettera domenicale , del giorno della Neomenia , e de- cima quanta pasquale , e del giorno della Pasqua , per qua- lunque anno avvenire dalla riforma Gregoriana , ossia an- no i582 in poi. (^Esibite dall' Ah. Gius. Calandrelli A- stronemo dell' Università Gregoriana ).

, Dk

'iciannove sono gì' Aurei numeri , e questi espressi dalle cifre numeriche . 1, 2, 3, 4. 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, i3, 14, i5, 16, 17, 18, 19.

2. Sette sono le lettere domenicali , e queste sono

A, B, C, D, E, F, G.

1,2,3,4,5,6, 7.

A queste medesime Iettare corrispondono i sottoposti numeri , onde le lettere esprimono i numeri, ed i numeri le lettere.

3. Il segno •\- indica la somma , il la sottrazione , ed il segno ■=■ esprime 1' uguaglianza .

Esempio del calcolo generale .

Diviso per j^.^H-j-i dell'annodato .. 19. .. N. Aureo numero, residuo della

divisione. N. H dell' anno dato ... 4- •• a- Residuo della divisione.

N. H dell' anno dato ... 7. .. b. Residuo della divisione .

N.Kde'secoli dell 'an. dato K.

N.Kde'secoli dell'an.dato ... 4- •• e. Quoto intero , non curando il

residuo . 8 K -J- i3. ..25... f. Quoto intero , non curando

il residuo .

K— «e f. ..3o... a'. Residuo della divisione.

6 *

84 Scienze

1 1 N 3— a'rf- 3o. ..3o. .. q. Residuo della divisione . Epat- ta gregoriana" ,

3i— q. n. Giorno del marzo in cui cade l'e-

palta gregoriana, o la Neomenia. l--j-2a-j-4b-|-K e. ... 7. .. L. Residuo della divis.^ esprime il

numero della lettera domenicale L n -|- 33. ... 7. .. ra. Residuo della divisione .

4. I' giorno della Neomenìa , o Novilunio pasquale si rife- nsce a diversi essi .

^ ;«;pndo n r= i, 2, 3, 4> 5. sarà il Novilunio pasquale nel gior- jo marxo , e la decimaquarta pasquale nel marzo n -|-

. Ei^j'^n 'n n rr ; e 1' Aiii'eo numero non superando 1' 1 1 ; sarà i} N.)^''':inìo pasquale nel giorno n -}" 3o marzo =z marzo 36 = t'orile à. e h decira^iquarta pasqu.ile nell' aprile 5-|-i3 = aprile 18. }ii. Hsseudo n n::: 6' . e 1" Aureo numero maggiore di 1 1 , sarà il I\rviinnìo pasquale nel giorno n -|~ 29 marzo =2 marzo 35 =:: a- ;^,' '- /i G l? decimaquar.ta pasquale nell'aprile 4 -}~i3 , aprile 17.

x^ . TI e (do u z=: 7 , e qualunque lAuieo numero , sarà il Novilu- nio Tatuale nel giorno n -{- 29 marzo = marzo 36. =z aprile .T 0 h deni>n >qinrta pasquale nell'aprile 5 -(r- 1 3 n:: aprile 18.

V. EssenJ.) zr: 8, f), 10 . . . . 3 1 , e qualunque l'Aureo numero , sarà il N ^vilunio pasquale nel giorno n. marzo , e la decima- quarta pasquale nel marzo n -{- i3.

5. Dal giornp primo , ed incluso del raar/.o numerando giorni n -|- i3 -^ m -|- 35 , ovvero -}- 28 , s'olterrh il giorno della Pa- squa .

6. Gf^nera] mente essendo il valore numerico di n espresso per 1, 2, 3, 5, 6, 7, ed il valore di m similmente ripresentato di i, 2, 3, 5, 6, 7, e qualunque 1' Aureo numero, ai giorni n -[- i3 -|- m s' aggiungeranno 35 giori>i . Quando la somma non snperi 56, sarà dato il giorno della pasqua. Allorché poi la som- ma superi 56, si dovranno sottrarre 7 giorni, ossia alla sotn^-

FORMOLE PER LE EpATTE 85

ina n -j- 1 3 -j~ ni s' aggiungeranna 28 giorni , e così s'otterrà il giorno diella Pasqua .

'j. Può questa redola generale soffrire una sola eccezione . Qaando dunque n sia 6, ed il valore di m espresso da 1,2, 3, 4> 5, 6, 7, e r Ailreo numero maggiore di XI , ai giorni n -j- »3-|- m s' aggiungeranno 3S giorni , e la somma non superando 55, sarà dato il giorno della Pasqua . Che se poi la somma su- peri 55 , si sottraggano r g^iorui , ossia alla somma n -|- i3 -|~ m s'aggiungano 28. giorni , e sarà dato il giorno della Pasqua .

8. Quando sia n rr 8, 9, 10 . , . , 3i , e qualunque 1' Aureo numero, non s' aggiunge 35 , 28 giorni , e la Pasqua sarà data dalli giorni numerati n -|- i3 -j- !»• S" avverta però di pren- dere 17 per m , qnando m si trovi zero ; poiché in questo caso la domenica cade nel giorno della decimaquarta pasquale .

Esempio I. del calcolo numerico dedotto dal generale .

Sia l'anno dato yoyS, onde 70 siano i secoli K Diviso per

N. Aureo=8. Residuo della dìvis. a=:3. Res. divis. hr=zS. Res. divis. K=7o.

. €=17. Quoto intero f =:a2. Quoto intero a'=:i. Res. divis.

q=:24. Res. divis. Epatta gregor. n =^7. mafzo giorno della Neomen.

. L=:3. Res. divis. esprimente G

lettera domenicale . . m = x. Res. divis. 9. Essendo a rs 7 , sarà la Neomenia pasquale nel giorno

Anno dato ']0'j^-\-i.

.19. ..

Anno dato 7075.

.. 4. ..

Anno dato 7075.

.. 7. ..

K=:70.

K=70.

... 4. ..

8K-|-i3-56o-j-i3,

.. 25. ..

K e fzr7o 17 22.

.. 3o. ..

iiN— 3— a'-j-3o=88—

3— i-j-3o=rii4.

..3o. ..

Si— .q=:3i -24=7.

1 -|-2a4-4b+K^ c= 1 -\-

6-I-204-70— 17=80.

... 7. .,

L— n-}-33=3 7+33

=29.

... 7. ..

86 SCIENZ'E

n-j-2g. marzo = marzo 36 ■=. aprile 5. (4- IV.) , e la decimaquarta nell' aprile i8.

10. Alla somma n-j-i3-j-m, s'aggiungano giorni 35(6), e sarà il giorno della Pasqua nel marzo ^-J-iS-j-i-j-SS := marzo 56. Ma marzo contiene 3i giorni . Dunque saia la Pasqua ne* giorno 56— 3i=aprile aS. (6) .

Esempio II. del calcolo numerico dedotto dal generale .

Sia 1' anno dato 1954 > onde 19 siano i secoli K.

Diviso per Anno dato i954-i-i' •• 19- •• N. Aureo numero ■=. 17. Residuo

della divisione . a:=:2. Res. divis. h-=z\ Res. divis.

c=4Q^o^o intero. f=r6. Quoto intero. a'=9. Res. divis.

q= 25. Res. divis. Epatta grego. n ==:6 marzo giorno della Neomen

Addo dato 1954.

.. 4. ..

Anno dato 1954.

.. 7. ..

K=i9.

Krrip.

.. 4. ••

8R+i3=i52-}-i3.

.25. ..

K— e— f=: 1 9 4 ^•

.3o. ..

i,N— 3— a'+3o=i87

3 9-f 3o=:2o5.

.So...

3; q=3i— -25=:6.

i-|-2a+4b-|-K— .c=i

+4+4+19-4=24.

.. 7. ..

L_n4-33=:3— 6 + 33

—^0.

... 7. ..

L =r3. Res. divis. esprimente C let- tera domenicale . m=2. Res. divis.

11. Essendo n=r6, sarà la Neomenia pasquale nel gierno a 4-29 marzo=rmarzo 35= aprile 4- (4- ^ 1^ ^O» ^ la decimaquar- la nell' aprile 17.

12. Alla somma n-|-i3-|-ra, s'aggiungano giorni 35 (6), e sarà il giorno della Pasqua, giorni n-}-i3-{-m-|-35 , ossia 6+1 3-4-2 -|-35 , ovvero 56. numerati dal primo incluso del marzo . Snr^ dunque marzo 56. Togliendo 3i del mese intero marzo, sarà la Pasqua nel giorno 56— 3 1 , os.sia 25. aprile . Ma n=:6, n-}-

FORMOLE PER LE EpATTE 87

i3-|-na+35 maggiore di 55 , e 1' Aureo numero supera 1' XI ^ dunque il i8. Aprile Pasqua (y) .

Esempio III, del calcolo numerico dedotto dal generale . Sia l'anno dato 2076, e quindi 20 siano i secoli K,

Diviso per Anno dato 20'j6-\-i. .. 19. .. N. Aureo namero=6, Residuo del- la divisione . arro. Ras, divis. b=4. Res. K=:20.

e =::5. Quoto intero . f =z6. Quoto intero . a'=rg. Res, divis.

q=24'^^S' clivis. Epatta gregoria. n:=y. marzo giorno della Neomen.

Anno dato 2oy6.

...4. ..

Anno dato 2076,

... 7. ..

K=20.

K=20.

... 4. ..

8K+i3=i6o+i3.

.25...

K e £=:»o 5—6.

. 3o, ..

1 1 N— 3— a '+3 0=66

_3_p4.3o=84 i

3o. ..

3 1 q=: 3 1—24=7.

1 ^2a+4b+K— 0=1

+ 0+16+20—5=32,.

.. 7. ..

L_a+3 3=4— 7+33

=3o.

.. 7. ..

L=i4. Res, divis. esprimente D let

tera domenicale . m=2. Res. divis. i3. Essendo n=7, sarà la Neomenia pasquale nel giorno n+ 29 marzo=marzo 36=:aprile 5. ( 4- IV.) e la decimaquarta pa- squale nell' aprile 18.

14. Alla somma n+i3+m , s' aggiungano 35 giorni (6) , e sarà il giorno della Pasqua , giorni n+i3+m+35 , ossia 7+ i3+2+35 , ovvero $7. giorni numerati dal di primo incluso del marzo . Sarà dunque marzo 57 , osata aprile 26. Essendo dunque n+i3 + m + 35 maggiore di 56, sarà la Pasqua il di 19. Aprile (6) .

Esempio IV. del calcolo numerico dedotto dal generale .

Sia l'anno dato 1818, onde 18 siano i secoli K.

88

Anno dato i8l8-|-l

Scienze

Diviso per .. 19. .. N. Aureo numero r= 14. Resiclu»

Anno dato i0i8.

Anno dato i8i8.

K=i8.

K=:i8.

8K+1 3=1444-1 3

K— e— fz3i8— 4— 6 ixr^_3— a'+3or=i54 3 ■8-|-3o^=:ij3.

3l— -C|rr3l 23=8. i-\-2. a -|-4'^"i'K^~"cr= 1 +4+20+18—4=39.

della divisione .

...4.

. a rrs. Res: divis.

... 7. .

. b=5. Res. di vis.

.. K=i8.

...4.

. e =:4. Quoto intéro .

.25. .

. f =6, Quoto intero .

. 3o..

. &'=z 8. Res. divis.

3o. .. q = 23. Res. divis. EpatJft grego- riana . .. .. ... n=8. marzo gior.della Neomenia.

-n+33=4— 8-1-33.

j. .. Lrr4. Res. divis. esprìmente D let

tera domenicale . 1. .. m=i. Res. divis. i5. Essendo n=r8, sarà la Neomenia pasquale nel giorno n marzo = marzo 8. (4- V.) , e la decima quarta pasquale nel marzo 21.

16. Essendo n=:8, niente deve aggiugnersi (8) . Sarà dunque la Pasqua giorni numerati n+i3+m dal primo incluso dei Biarzo , ossia marzo 8-|-i3-]-i= marzo 22.

17. La Chiesa romana nel 55o s'uniformò al computo de' greci , ammettendo i termini delle Neomenie pasquali nel!' 8. marzo , e 5. aprile, ed i termini della Pasqua nel di 22. marzo e 25. Aprile , S' assegna qui una formola generica per ritrovare 1' Aureo numero , I' Epatla giuliana o alessandrina , ed il giorno del mirzo in cui cade . La lettera domenicale j il giorno della Neomenia pasquale , ed il giorno della Pasqua dal 3?.5 epoca del concilio Niceno al i582 anno della riforma Gregoriana .

Esempio V. del calcolo numerico Alesjandrirao .

FORMOLE PER LE EPÀTTB 8g

Sia r anno dato 81 3.

Diviso per Anno dato8i3-f-i- .^ig.-. N. Aureo numeromS.Res. della divi». Anno dato Hr=8i3. ... 4- •• 0 =:2o3. Quoto intero . H-4-o=:8i 3+203. ... 7. ,. p=:i. Res. divis. io p^rio— 1=9. ... 7. .. L r=:2.Res. divis. espriraejite B ìettora

donienicale . iiN— 3=i;6 3 = 173. .. 3o. .. q =r23. Res. divis. Epatta giuliana.

3i— q=r:3i— 23=8 n=8. marzo giorno della Neomenia.

L— n+33=2— 8+ 33=6. ... 7. .. m= 6. Res. divis.

18. Essendo n=8, sarà la Neomeriia pasquale nel giorno n

marzo=ynarzo 8. ( 4- V.) , e la decima quarta pasquale nel mar- zo 21.

19. Essendo n=8 niente s'aggiugne (8.) . Fu quindi il giorno della Pasqua , giorni n-|-i3-|-m numerati dal di primo incluso del marzo, ossia marzo 8-|-i3-|-6=marzo 27 . In questo giorno è segnata la Pasqua in un' antico calendario , che si conserva nell'Opera della Cattedrale di Firenze riferito all'anno 81 3, e riportalo da Ximenes (Gnom.Fior.pag, (CXIX). Nel medesimo calendario sotto il 8 marzo viene indicala la Neomenia pa- squale coli' espressione usata dalla Chiesa Prima incensio lunae Se nei diversi anni necessaria divenga l'aggiunta di 29.0 3o, giorni per la Neomenia pasquale > o di giorni 3.'), o 28 por la Pasqna questa si farà come negl' esempj ( I.II.III.) , a norma de' nu- meri (4.1. II. III. IV.) (6. 7.).

Esempi» VI. del calcolo numerico Alessandrino .

Sia 1' anno dato 536.

Diviso per Anno dato .536+1. .. 19. .. N. Aureo num.r=5.Res. della divis.

Scienze

Anno'dato II:=536. ... 4- •• o=i34. Quoto intero. H-|-o=53f>-|-i34 . •■• 7- •• pr^S.Res. divis. IO— p=io 5=5. ... 7... L =5.Res.divls.esprÌDienteElet.doni. ilN-3=55 3:^=52, .. 3o. .. q=22, Res, dlvis. Epalta giuliana . 3i— q=:3i 22=9 n =9 marzo giorno della Neomenia .

n-|-33=i5 9+ 33ir:29. ... 7... m=i. Res. divis.

20. Essendo n=9, sarà la Neomenia pasquale nel giorno n marzorrmarzo 9(4.V.), e la decima quarta pasquale nel mar. 22,

21. Essendo r\=:g niuna aggiunta deve farsi (8). Fu dunque la Pasqua nel marzo n-|-i3-|-ni^=o^iai'zo g-\-i3-\-iz=marzo 23- Il dotto Cardinal Noris rileva da un Codice della Vaticana , che Menna C. P. fu ordinato Vescovo il di i3 marzo an. 536. Non fu dunque sempre costume della Chiesa ordinare i Vescovi nel giorno di domenica , Menna fu ordinato Vescovo nel di i3. marzo giovedì di passione , e fu costituito Patriarca Costantino- politano dal S. Pontefice Agapeto , il quale ritrovandosi in Co- stati linopoli espulse Antimo da quel Patriarcato .

Circa le deviazioni della milza dalla sua naturale sede , e le nuove aderenze contratte da questo viscere con par- ti lontane . Memoria di 3Iaria f^incenzo Gaetano Ma- lacarne presentata alla Società Italiana delle scienze .

J-J' A. pria di esporre il caso patologico , che forma il priacipale argomento della Mem oria , parla in generale del- le deviazioni de' visceri , e degli organi del corpo umano , e delle loro morbose adesioni , Attribuisce le prime a fisiche cagioni modificate nella loro azione da quelle tante forme di agenti , che distinguono il corpo vivente dalla materia inorganica, e recando ad esempio la spinabifida , 1' idroftal- mia , le gibbosità , le lussazioni secondarie, le obliquità dell' utero , le gravidanze estrauterlne , le procidenze , lo storci- mento de' piedi , le contratture spasmodiche di questa o quella parte della macchina , lo strabismo , ed altri simili casi morbosi , mostra giudiziosamente come queste devia- zioni si debbano ripetere da cagioni meccaniche più o me- no corroborate , o infievolite dalle varie combinazioni dipen- denti dalla circolazione degli umori , dalla irritabilità , e dalla robustezza di struttura dell' organo affetto . Facendo- si poscia ad investigare come i visceri , o gli organi ri- mossi dalla loro sede naturale possano contrarre mutua ade- sione , prende per norma delle sue indagini ciò che acca- de nelle parti esterne del cor{)o sotto gli occhi del chirur- go osservatore . Si osserva che quando in una parte ester- na è tolta la continuità , sia per ferita recente , sia per anti- ca ulcera, si accresce evidentemente nel luogo offeso la vi- talità, e quindi le estremità de' vasi allungate, ed una lìn-^ fa coagulabile ivi separata procurano e ia breve tempo ^

94 Scienze

o Iculamente la cicatrizzazione , secondo la minore o mag"- gior perdita di sostanza . Indarno si studia il chirurgo di riunire lembi inariditi e callosi di una piagai indarno ci pone a contatto i margini di un labbro leporino: fa d' uo- po con ferro tagliente ridurli alla condizione di una ferita recente , perchè sorga in essi quel lieve processo infiamma- torio , che nel modo suddetto ne procura 1' unione . Ove poi inrominci cotesto mirabile lavoro di vegetazione , e di risar- cimento , attender dee il chirurgo che la natura non operi olire il bisogno , che non chiuda canali , i quali deggiono rima- nere aperti , non renda immobili partì destinate al movimento , ed altre nou renda deformi , siccome è avvenuto talvolta nelle palpebre , nella ficcia, nelle dita , nella agina , ec. Contempla- to siffatto andamento della natura nella riunione delle parti ester- ne , facil cosa si è il farne ì' applicazione alle aderenze mor- bose contratte dalle parti interne , e il rendere ragione co- me nelle aperture de' cadaveri si (rovi a modo di esempio il polmone attaccato in varj punti alla plèura , il cuore al pe- ricardio , i visceri addominali insieme agglutinali ^ come il germe fecondalo cadendo nella cavila del ventre possa ab- barbicarsi in un punto di esso , ivi sviluppare la sua pla- centa , e trarne presso a poco lo stesso nodrimento, quasi che stanziasse nella sede naturale dell'utero; come le stesse estremità delle ossa possano congiungersi in un modo tena- cissimo , e farsi immobili nel luogo di loro articolazione : se non che riguardo a queste sembra che la loro- adesione si effettui in una guisa alquanto diversa da quella delle parti knolii , poiché la sinopia fatta densa , e quasi tofacea per il lungo riposo dell'articolo par che costituisca quel glutine o tìemento , che insieme congiunge e consolida il capo delle ossa. Quanto adunque alle parti molli interno, ò un lento processo infiammatorio della loro i;uperfizie quello , che a so- mighaaza delle parti esterne le fé' reciprocameutv aderire .

Deviazioni Della Milza 93

Nello stato naturale un siero vaporoso separato in tutta l'am- piezza della membrana , che riveste i visceri delle principa- li cavità , bagnando conlinuamente la loro superfizie, e man- tenendola lubrica e molle, ne impedisce l'aderenza; ma quando nella superfizie slessa abbia luogo il detto proces- so infiammatorio , allora in vece di un siero tenue si sepa- ra un umore denso e gelatinoso , del quale nulla piìi atto a legare insieme le parti organiche . La superfiziale infiam- mazione poi , di che stiamo parlando, può nascere dalla con- tinua compressione e sfregamento di un viscere cresciuto di mole, che ha oltrepassati più o meno i suoi confini, sopra un al- tro viscere situato nella ordinaria sua sede : può nascere altresì dalla erasione della tonaca membranosa cagionata dalla presenza di un umore acre , siccome avviene negli idropici , ne' cadaveri de' quali frequenti sono le coalizioni delle parti interne ; può nascere dall' irritamento un corpo estraneo , come appunto nel caso suddetto del germe fecondato caduto nella cavità dell' addome : può infine provenire da tutte quelle molteplici cagioni, che valevoli sono a suscitare l'infiammazione in qualunque parte del corpo . In alcuni casi , e forse iu quelli di mag- giore infiammazione , la materia gelatinosa separata alla su- perficie del viscere, o dell'organo interno , e che coslitui- sce , come si è detto , il mezzo di adesione , prende uni forma veramente organica , e sotto una minata indagine trovasi guernita di vasi , e nervi . Ha dimostrato questa sorprendente fatto il cel . Bichat , ed un luminoso esenanio ne ha dato pure il Ch. Gay. Brera nelle sue annotazione medico- pratiche , presentando la figura di un pezzo di pol- mone umano infiammato , e coperto da una membrana av- ventizia chiamata da lui si eroso -fibrosa , opera del proces- so infiammatorio . Lo stesso accade al dire di Baillie nella mil- za , ove ia detta condizione morbosa produce costantefaeii-

^ S e I i: N z E

te ^un ìogrossamento della tonaca esteriore (a) , versamento di linfa coagulabile , e prolungamento di vasi sanguigni : co- sicché si potrebbe asserire che quando il lavoro flogistico adesivo si spiega sopra quelle parti interne che ammettono vasi sanguigni , si generano allora fibre quasi carnose , e pro- duzioni arteriose e venose , le quali estendendosi verso le vi- cine parti vi si abbarbicano , e vi mettono maravigliose e pro- fonde radici ; mentre se la parte membranosa infiammata è tale , i cui vasi non ricevono i globetti rossi del sangue , ne nascono soltanto pseudo-membrane bianche legamentose, come a cagiou di esempio nella congiuntiva delle palpebre . Dopo queste generali nozioni si apre 1' A. la strada alla narrazione del suo Caso Patologico col rammentare dap- prima altri casi consimili tratti dalle opere di Morgagni . di Ruischio , e di Vanswieten , di mil^a cioè ingrandita nel volume , deviata dalla sua sede , e discesa persino nella ca- vità del bacino , colle aderenze ivi contratte . Nostra inten- zione non è il riportare la minuta storia della malattia di quell' individuo , ma accennare soltanto quelle circonstauze che possono maggiormente interessare il Pratico per la dia- gnosi del vizio della milza scoperto nell' apertura del cada- vere . Già varj accessi di febbri periodiche sofferte nel 1810 avcano indotta una qualche alterazione ne' visceri addominali , quando nella malattia dell' anno seguente , che fu un reuma di jelto complicalo con molti incomodi di ventre , apparvero alcuni segni relativi allo stato patologico della milza , vale n dire un constante senso di peso molestissimo all' ipocon- drio sinistro , coliche ricorrenti , e stitichezza di ventre . Me- glio poi , e in maggior numero si appalesarono nella terza

(a) "Noi iti una milza ostruita e flolcntc abbiamo osservato nella esterna membrana un numero innumerabile di minimi tubercoli bian- chi , duri , cartilafjioei con perfetta siinigliauza a quelli , che [>re- aaiio le foglie dell' cdoc marcarci i/crci (L' Estens. G. F.)

Deviazioni Della Milza g5

malattia, die avvenne ai 6 di Maggio del medesimo anno 1811; imperocché si osservò la soppressione delle orine , quantun- que sotto una diligente esplorazione non si sentisse la ve- scica affatto distesa ; persisteva la stitichezza di ventre , ed il molesto senso di peso occupava lo spazio compreso tra r ombelico , e la vescica orinaria ove la mano discopriva un vasto tumore , non molto dolente , e mobile da destra a sinistra , qualora si muoveva lutto il oorpo dell' infermo . Qui è da notarsi che lo stesso segno ha ravvisato Morgagni nel caso a lui presentatosi , e lo ha espresso dicendo che il vasto tumore nuotava per tutta la cavila del ventre ,, natan- tem per totam ventris cavi tatem ,,. Agli accennati sintomi si aggiungeva la gonfiezza edematosa delle cosce , ed un sen- so insoffribile di formicolaraento , che spesso obbligava l' in- fermo a coricarsi sul letto per liberarsi da questa ostina- tissima sensazion dolorosa alle estremità inferiori . Per ulti- mo non è da tralasciarsi la circostanza che la vescica ori- naria non poteva menomamente scaricarsi , se 1' uomo non si poneva orizzontalmente supino nel letto , e che le sca- riche alvine esigevano sforzi grandissimi di tutti i muscoli addominali , anzi conveniva per lo piìi ricorrere a clisteri per- chè si effettuassero . In onta de più efficaci sussidj dell' arte spento cotesto infelice dalla perversità del morbo , si aprì il di lui cadavere , ed oltre molto siero sparso in entrambe le cavith del torace, si rinvenne la milza, chea prima giun- ta non apparve , profondamente incuneata nella capacità del bacino , d' onde non potè sollevarsi , attese le forti ade- renze membranose e vascolari , che ave^^a contratte con la vescica 01 inaria , e con V intestino retto . Avea 1' A. va- ghezza di riempire col noto artifizio que' vaseliini , che si ve- devano serpeggiare per le nuove membrane , ma no fu distolto dal calore della stagione , che già incominciava a corrom- pere il cadavere -, laonde fu contento di estrarre la milza con

96 Sciente

!e parti annesse , che fedelmente delineata nelle facce ante- riore e posteriore ha offerto in due Tavole in rame apposte alla Memoria , Noi giudichiamo inutile lo illustrare i segni surriferiti colla ispezioùé del cadavere , siccome fa l'A. nel §. XXIV , persuasi essere agevol cosa pe' nostri esperti , e culti Lteggittori ,

'^^^fS2"^«.^,'

97

ARTI

BELLE ARTI

Scultura D. Antonio Cavai ter Sola Spagnuolo .

J-Ja statua rappresentante Meleagro , di cui diamo qui un disegno inciso in rame , è opera allogata al Cavaliere Sola da S. E. il Duca d' Alba munificentississmo tra proteggitori delle Belle Arti . L' ingegno , e la filosofia , che adornano questo Artefice hanno guidato il suo pensiero, e la sua ma- no . Il vincitore del Cinghiale Galedonio è argomento trat- tato con molto valore dagli antichi , ed era ardua cosa il porsi al cimento del confronto . Eppure , lo si deve confes- sare ingenuamente, essere uscito il Sola felicissimo da que- sto arringo scabroso , ed à corrisposto con questo lavoro a quella giusta fama , che di lui suona tra gli artefici .

Sta Meleagro in atto di riposarsi dopo aver ottenuta la vittoria della feroce belva , alla cui uccisione coneorsero , se- condo che racconta Onaero , gli Etoli , e i Cureli , e fu ca- gione tra costoro di sanguinosa guerra , perchè si disputa- rono r onore della spoglia . È questa posta ai piedi dell' Eroe vicina ad un tronco ricoperto della clamide , sul qua- le egli appoggia la sinistra < La mano diritta , che posa sul fianco, serve di sostegno al braccio inarcato. Meleagro rivol- ge la testa alla sinistra parte , con nobile fierezza , e colla magnanimità di un vincitore . E certamente il carattere, e l'a- ria di questa testa è di buona scella , e di stile grave e se- vero. Né dissimili sono le linee, e le parti di tutto l'ignu- do, nel quale à l'artefice dimostrato il suo valere singolac- C. A. To. IV. n

q8 BelleArti

mente nello scienza dell' Anatomia , facendo conoscere a par- te a parte quanto 1" osteologia concorra a fondamento della Scultura . Perchè la vita , e il moto non si possono impri- m^re alla statua , ove non sia espresso con evidenza il giu- sti." , e proporzionato collocamento delle ossa . Allora è che rimane ani m ila la terra , il gesso , e il marmo sotto le for- me , cho piace allo scultore di signiGcare . E qui giova os- servare , ^,h^l i Greci ancora dei tempi della decadenza dell' arte non hanno mai negletto i canoni osteologie! : perlocchè ne addiviene , che pure nei lavori mediocri di quella nazio- ne 1' occhio indagatore ritrova sempre qualche t:osa di bel-' lo , e di sublime . Ond' è che il Solh presidiato da tanta famigliarità coi!" Anatomia , e dal meditare continuo, ch'egli fa, la nritura e le cose antiche, farà sempre opere degne di molta e giustissima lode .

Picara Storia— ^Ripenhausen ( Francesco , e Giovanili ) di Hannover .

V^uesti due giovani fratelli , che lavorano le opere loro in comune, si stabilirono già da molti anni in Roma, e die- dero sovente notabili prove dei progressi per loro fatti nella dilncìle arte del dipingere . È ora nostro divisamente di ra- gionare di tre quadri, ch'essi hanno ultimamente condotti con molto studio , e diligenza, e dai quali si può manifestamen- te conchiudere aver eglino acquistato a buon diritto la ri- putazione , di che godono tra gli orleQci ,

11 composto del primo è tolto da un idilio del poeta Tedesco Schiller ; cosa assai semplice , e gentile , che si è resa popolare in Germania , si che va per la bocca di tut^ li , Dice dunque quel Poeta nel suo canto te che al ritorna-»

Pittura: Ripenhausen gg

« re della Primavera appariva ogni anno in una valle rimo- cc ta una misteriosa fanciulla, di bello, e maestoso aspetto , ce spirante tutta soavità, e grazia. Ninno di que' semplici •e abitatori la conosceva: nluno sapeva donde venisse, « dove al partire suo n' andasse . La sua presenza spirava ve- ce nerazione , e il suo aspetto destava ne' petti un dolce in- cc canto . Recava essa in dono a' que' pastori frutta e fiori ce d' incognite terre , le quali mandavano una fragranza di ce paradiso . Quindi Ella donava a ciascuno di loro o un ce frutto , o un fiore , del clie contento ognuno sen tornava ce alla propria capanna ; ma allorché essa vedeva una cop- pia di leggiadri amanti , a questi fiìceva presente del fio- cc re , e del frutto più bello . La qual Fanciulla piacque al ce Poeta chiamar per nome la Fanciulla dell' Estro m . Gli artefici hanno dunque rappresentata la scena della distribu:;io- ne dei doni: ond' è chevedesi nel mezzo quella leggiadra Fan- ciulla incoronata , e avente in braccio un canestro ripieno delle frutta, e dei fiori, eh' essa è intenta a dispensare . Al- la sinistra è una folla d' uomini , donne , e fanciulli , che o hanno avtilo il dono, o l'attendono con espressione natu- rale di diversi affetti , la quale si mostra poi sopramodo in quel desiderio baldanzoso di alcuni fanciulli , che stanno sul davanti e che stendono importuni le braccia . Alla diritta del qundro è 1' episodio di due amanti donati della più bel- la rosa , siccome quelli eh' erano tra gli altri i più leggiadri. Il pastorello vagheggia con atto assai pronto la sua giovinet- ta, la quale tiene in mano la rosa, e fatta rossa per modestia abbassa il capo . Presso di loro un cacciatore con due cani accorre ansante ad ammirare questo grazioso spettacolo . Il campo è tutto di paese bene immaginato , e felicemente ese- guilo , Le figure sono aggruppate , e disposte con grazia : e i particolari toccati con prontezza, e diligenza . Il quadro ha due palmi, e mezzo circa di larghezza , sopra due di altez-

7 *

lOo Belle Arti

xa , ed è stato lavorato dai Riepeahausen a Mis. Melllsli*

L' argomento del secondo quadro , eh' è della stessa di- mensione del primo, è tolto esso pure da una poesia di Go- ethe intitolata la Ballata del Bardo . jj In essa racconta il Poe- ta siccome cantando un giorno un Bardo alla presenza di un Re, ne fu questi talmente commosso e rapito, che co- mandò a un suo paggio di porgere una collana d' oro in dono al Cantore: ma costui, che non era spinto da bas- sa avidità del guadagno a parlare la favella degli Dei ricu- sò il presente , e domandò in quella vece un nappo di vino: la qurile generosità fece ammirare tutta la corte « . Yedesi dunr^ue alla sinistra del Quadro un ricchissimo trono, e su quello assisi il Re colla Moglie . Sul davanti è un soldato tutto armalo di ferro, un paggio , e alcuni cortigiani: nell' indietro le Damigelle della Regina 5 e sui gradi del tro- no assisa una JNudrice eoa un bambino in collo. Nel mez- zo è il paggio , che tiene la catena d' oro nelle mani , e si mostra dubbioso. Presso di lui è il Bardo assiso coli' ar- pa avanti le ginocchia. Egli fissa gli occhj nel Re, e intan- fo colla mano dritta tiene il nappo nel quale un' altro Pag- gio mesce il vino richiesto . Dietro , e dalla parte diritta sono i grandi del regno , mossi tutti da stupore , e da con- tento . La sala , che forma il campo , ha un' apertura nel mezzo, per la quale si vede tirato di prospettiva un corti- le reale di architettura gotica di buono stile , e di molto effetto di luce. 11 componimento è armonioso, e riposato. La figura del Bardo , e quella del Paggio che sta ac- canto al trono, ci sembrano molto lodevoli: siccome le al- tre , e in generale i particolari sono assai ben toccati . h n degna pure di lode l' osservanza rigorosa dei costumi del tempo . E questa opera hanno condotta i Ripenhausea per con- to del Barone di Edckarstein .

Nel terzo quadro , allogato ai due Artefici dal Generale KoK

Pittura Ripenhausen loi

ler , è quella storia di Cori ola r.o quando riceve la Madre, che in compagnia di molte matrone Rocjane va a pregarlo per la salvezza della patria . Vetturia è nel mezzo inginoc- chiala davanti al figliuolo ,• e poco indietro è la moglie di Coriolano con un piccolo bambino in collo ; vicino a lei è il figliuoletto più grande, il quale riconosciuto il padre fa mostra di voler correre a lui colle braccia aperte ; ma Vo- lumnia lo ritiene, anzi col braccio lo respinge indietro: e questo atto è veramente ripieno di molta considerazione . Poi segue sulla diritta la schiera delle matrone , che in diversi modi esprimono il dolore , e la speranza . Alla sini- stra sta Coriolano innanzi alla madre , manifestando aperta- mente il dulìbio dal quale è combattuto . Presso a lui sul davanti è Aufìdio capitano de' Volsci in atto di sospetto as- sai naturalmente, ed espresso col portare ch'egli fa una mano al mento, e col piegare indietro del corpo . Indi veggonsi mol- ti soldati Volsci , e un Sacerdote , che esce dalla tenda di Coriolano , Tutta questa parte del componimento è condot- ta con molta intelligenza, sia per l'effetto generale , sia per 1' aria delle teste esprimenti in diversi modi una sola passione , cioè il sospetto . E qui ci permetteremo un dubbio su quel- le foggie di vestire rozze e dimesse , che gli autori hanno dato ai soldati Volsci , mentre hanno rivestito Coriolano un' armadura nobile . Eppure prima dei Romani i Volsci erano un popolo già incivilito , e potente nell' armi . Nel rimanente questo quadro molto più grande dei precedenti , è opera assai commendevole ia tutte le sue parti , e colo- rita vigorosamente .

102 Belle Arti

Basiletti QLuigi') : Bresciano .

r]i uomini del comune di Rodìano , luogo del contado di Brescia , hanno allogato al Sig: Luigi Basiletti un qua- dro rappresentante la morte di S. Eurosia , martire Spa- gnuola , invocata dai devoti di quella nazione allorché so- no minacciati da' turbini per esserne scoppiato uno , siccome narra la leggenda , quando essa fu presso al morire . E deve questo quadro essere posto in un altare della pieve di quella Terra ; alla misura del quale altare dovendo attenersi il Basiletti, è stato mestieri che desse una forma stretta e lunga alla tela . e vi addattasse quindi il componimento suo . E in questo egli ha superato la difficoltà , riducendolo a sole due figure principali, grandi quanto il vivo , che signoreggiano con molta grazia , e valore il campo . Sul davanti è la giovinetta Eu- rosia , che anziché soddisfare alle inique voglie di un soldato Vandalo, preferisce di morire . Sta essa inginocchioui e colle mani si attiene ad un sasso , con aria veramente angelica , e collo spirito tutto assorto in Dio aspetta il colpo , che la deve togliere di vita . Il soldato è dietro di Lei , e af- ferratala pei lunghi e biondissimi capelli , la forza a piegare indietro la testa , si che la faccia rimane volta al cielo , ed è tutta piena di placida quiete . Il Vandalo innalza la diritta mano , armata di una spada . e con essa misura il colpo al collo della santa vergine . Il furore di colui è in opposizione colla tranquillità della giovine tta j allato, e giacenti uccisi per terra sono un vecchio venerando alla sinistra , e un gio- vinetto alla diritta . Il primo , che giace in iscorto col capo innanzi , è lo zio di Lei , e l'altro il fratello . Alla parte destra l'aria è occupata da dense nubi , che arrivano fino alla terra, « significano il temporale scoppiato nel momento del marti-

Pittura : Basiletti io5

rio . la alto però è una graa piazza di luce entro la quale è un angelo apportatore delle paline del martirio . La qua- le immaginativa è assai bene considerala . Il campo dalla parte sinistra è tutto di paese con un cielo chiaro , e nella campagna si vede l'esercito dei Barbari in cainìniao. Questa opera commendevole per 1' inventiva, pel disegno, e per la semplicità onora il Basiletti , che giovine ancora dimostra ne' primi suoi grandi lavori un vlore maschio e provetto .

Opera sua è parimente un'amorino di mezzana figura, il quale con atto di pucrih; crudeltà ha rivolta ccjlla sinistra in alto la face , e colla diritta sulla fiamma di quella tiene tra le dita una farfalla, ridendo del penoso tormento, acni condanna l' infelice animaletto .' Allegoria sottilmente inventa- ta dal celebre Giovanni Pickler in un suo carneo. L'ignudo del corpo dell'Amore è assai bene dipinto, e il volto, in cui l'Artefice à ritratta mia nobile fanciulla Bresciana, è ripieno di molta espressione, e vivo . 11 c;impo è tutto di vaghissimi fiori , e di fresco , e grazioso paese ; nel dipingere il quale il Basiletti dimostra essere assai valente .

xw mtmma ,«ii 'i.-tMwltr'^srrsi^^vir^'SC^.-vmFtKtKT^jrxa'ininvmaarraBil

Pittura Paesi Cattel Priisìano .

T ' .

JLi egregio Cattel k ultimamente condotto tre opere, delle quali desideriamo ragionare .

La prima, lavorata a Milord Bristol è una veduta ia grande del lago Albano , presa dalla estremità del bosco dei Cappuccini , con diversi mutamenti de' particolari , onde ren- dere più vaga, e più unita la scena . E infatti alia sinistra del quadro vedesi la parte estrema del bosco di foltissimi alberi di ogni specie , i qucli formano una massa molto bella , e ri- dente . Dalla stessa parte è immaginala una cappella a foggia

•lo/f Belle Arti

di tfempietto di buono siile , e piiì innanzi tra le roccia due scale per le quali si scende a un piano, eh' è nel mezzo, e che viene terminato da un muro , che serve di parapetto al lago. Alcuni Cappuccini parte in piedi, e parie sedenti intorno una ta- vola, danno anima al paese, il quale , pure nel niezzo,ha sulT in- dietro il monte Cavi, o Laziale . Venendo poi verso la diritta in- comincia il lago, che si vede in gran parte, finché rimane chiusa la veduta con un gruppo di alberi , che umidi ancora di ru- giada sono in armonia coi vapori , e colle tinte di tutto il compouimeuto , e principalmente coli' aria , tal quale si vede nel principio di un bel ninttiiio . E in questa parte di dipin- tura si dimostra il Cattel assai vaiente, e studioso imitatore della natura .

Le .'il Ire due opere sono sopra tele più piccole della precedente , e rappresentano , 1' una la veduta del golfo di Na- poli in tempo di notte, presa dalla strada nuova, che conduce a Posilipo , al dissopra del Palazzo della Regina Giovanna del quale si scuoprono al basso i tetti . Sul primo piano è la detta strada , e la parte sinistra è tutta occupata dal mare , nel quale si rifrange la luce della Luna , che risplendente , e chiarissima produce un effetto misterioso , e melanconico . Nel fondo del mezzo è adombrato il Vesuvio , e sulla sinistra si disegna in una curva la città di Napoli vista dall' alto in giù fin- ché si riattacca alla strada laddove una casa , eh' è sullo stesso primo piano viene a terminare il quadro . Vicini a quasi' ultimo luogo sono raccolti alcuni Pescatori , i quali stanno intorno ad un foco , il cui lume rischiara debolmente quella parte , e sta in opposilo col gran chiarore della Luna ; non può essere più vero più maestrevolmente toccato . E a noi pare avere tratto 1' arlefice tutto quel parlilo , che si può ottenere da un argomento così difficile per 1' effetto ; essendoché 1' arte , che si conforta esprimendo coi colori la luce , non può riuscire al tutto bene , ove la privazion» di quella essere debba il soggetto principale .

Pittura : Cattel io5

Per la qual ragione , oltre modo viva , e risplendente vedesi la scena rappresentata nell'altro quadro, dove ha l'ar- tefice ripetuta quasi la stesssa veduta , ma presa dal basso, sulla riva del mare , e nell' interno delle rovine del Palazzo di Giovanna , e colla luce del pieno meriggio . Un ampio sotteraneo, che per mezzo di archi, e di porte si prolunga versola parte destra , e guida l' occhio per entro a cadenti sostruzioni è il soggetto del quadro . Un grande arco apre sulla sinistra tutta la vista del mare , eh' entra a bagnare gran parte dell' interno . Il sole caldissimo illumina con diversi effetti gagliar- di tutto quanto il sotterraneo , che si vede rosso e debili- tato dal continuo battere dei flutti. Nel fondo del golfo si ve- de il Vesuvio egregiamente accennato, cosicché l'occhio ne misura giustamente la distanza . E questa opera è veramente coadotta dal Cattel con una evidenza singolare , e con un raro valore di pennello . Tra' particolari , che ci hanno ma- ravigliato , noteremo quella verità della transparenza dell' ac- qua marina , allor quando è penetrata dai raggj del sole . Il qual mirabile effetto ha egli saputo ottenere principalmente al disotto di una barca di pescatori , che sta sul davanti dell' apertura del grand' arco , crediamo si possa in simili co- se far meglio . Questi due quadri ha condotto il Cattel per Lady Actoa

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f arictà scienti flcìia , e Letterarie .

A\ Signor Cci^ciiicre Giuseppe Tainbroni f^ice-Dircttore del Gior- nctlc Arcadico

ji_4 ssenJosi desinato il Ch. Signor Conte Paoli di prendere in consi- derazione alcune mie rilìessioni critiche intorno la sua disertazio- ne sul moto interino de'' solidi , e dirigere contra di esse una ben lunga risposta , prego la S. V. d' inserir questa nel prossimo qua- derno del Giornale Arcadico. Sarà certamente per la S. V., sicco- me lo è per me, di grande comi)iaccnza il vedere che il nostro gior- nale dà motivo a scienziati distinti di esercitare il loro ingegno , e con nuovi argomenti illustrare e corroborare i loro concetti , (.Uiestc amichevoli dispute , le quali hanno peroggelto lo scoprimen- to del vero , deggiono essere dedotte a notizia del pubblico ; ma af- finchè anch' esse non degeuerino in vane contese, deggiono cessare in i)ticl pvuito , ove esposte da entrambe le parti le necessarie ragioni, rlmirrebbono soltanto inutili ciance , ordinario irritamento all' al- trui amor proprio . K' perciò che avendo io ne' miei articoli detto a'i!)astanza intorno 1' opinione del Signor Conte Paoli , e giudicando che le cose da me dette possano in gran parte valere contra la di lui risposta ; ora volentieri mi taccio , e lascio che il savio Leg- gitore ne formi 1' imparziale suo giudizio . Pieno intanto di stima e di ossequio mi ripeto ec.

11 Compilatore G. F

Risposta cui un'' articolo del Geonude Arcadico intorno (d mota intestino delle parti de'' solidi (V. Quad. IV. e VI. )

ji oichc il compilatore del giornale arcadico volle onorarmi di nn det- tagliato estratto della mia Memoria sul moto infestino de' solidi, e di prendere inoltre ad esame alcuni de' raziocini da me jiosti in campo , non chela mia o;)inione , la qual cosa anzi ch'essermi dispiaciuta, me l'ho a onore; 'io mi lusingo, che il compilatore stesso vorrà del pari considerare come una prova del conto , in che io tengo le sue riflessioni , e non ascrivere a poca docilità , se qui ripropongo alcuue mie considerazioni . A ciò specialmente mi mena il vedere , e con sommo mio rincrescimento, che non ! 0 se la poca perspicuità delle mie espressioni , o la poca ordina- ta esposizione delle mie idee , e forse ambedue, mi hanno reso oscuro i si che egli non ha potuto talvolta afferrare nel suo vero senso ciò, che io intendeva dire. Rd eccone subito una prova .

Ove nella mia Memoria mi occupai specialmente dell' azione del calorico ( p. 3o. e. 6. ) , fu mia intenzione il dimostrare, ohe sup- jiosti i corpi quali si riguardano dai miei oppositori , cioó in nno btato di somma ristrelter.za , .si che le parli si trovino fortemente

Varietà' Scientif. Letterarie 107

ristrette fra loro , un' anmenfo anche notabile di temperatura non verrebbe a cagionare in essi , che pirciolo o niun movimento di parti, anzi che degli effetti si grandi, quali dagli oppositori istessi s'immaginano .All' opposto considerando i corpi composti di parti lontanissime fra di loro, e disposte al moto, anche le piccole varia- zioni di temperatura si uniranno a tenere le parti de' solidi in una certa libertà, si eh ' esse possono pront;tmentc obbedire a qualunque causa in- terna, o esterna , che tenda a fare eh' esse cangino di posizione . Quin- di nel darei' esposizione dell' opposta teoria, mi valsi delle osservazioni tratte dal ferro, e dal vetro, onde far vedere ,the nella supposizione, che le parti di questi corpi si trovino in assai ristrettezza fra loro, un aumento in lunghezza diySfio o (liy"8o. pel primo , e di /* 1200 pel secon- do, non potrebbe avere che effetti picciolissimi .E se da qnestapicciola forza vediamo prodursi grandissimi effetti^ possiamo col pensiere in alcun modo aumentare questa forza ; ragion vuole , che si diminuisca la resistenza, lo che si ottiene riguardando le parti de' solidi lontane fra loro ,c disposte al moto . Per le quali cose non mi sembra , che quanto io dissi sull' azione del calorico ,si abbia a reputare Jiiori di proposi! u ^(inzi di yanta^gio agli aversarj. IS. quando essi mi pones- sero riscontro, che ove io attribuisca si grandi effetti alle picciole variazioni di temperatura , tanto più converrà che da noi si attribuisca alle temperature elevate ;tntta la forza di tale argomento sarebbe tolta, solo che io facessi osservare , che io attribuiva al calorico grandissimi effetti , supponendo i corpi composti di parti rarissime; e che quindi un tale raziocinio non si jmò estendere supponendoli composti di parti ristrette fra loro .

Lo immaginare che la Icvigatezsa delle facce de' cubi di breccia osservati da Saussure sulla collina di S. Croce , provenga dall' essersi essi strisciati gli uni in su gli altri , siccome mostra credere il com- pilatoredeir Art. della Bib. Ital. ed ora più chiararamente si dice neir art. del Giornale Arcadico , a me sembrava contrario a tutto ciò che continuamente si os.cerva ne' massi , che pel pendio trascor- rono delle montagne. Per lo che mentre ( p. 42. ) io mi feci a trattare di questo, temendo quasi di avere male inteso ciò, che r A. voleva significare , lasciai d' occuparmene . Ora poi il compila- tore del giornale romano, mentre più chiaramente su di ciò si es- prime , al tempo stesso egli mi somministra più che bastanti argomenti contro una tale supposizione , si che 1' aggiungere nuove riflessioni mi sembrarcbbe superfluo . Infatti come immaginare che que' cubi siensi quasi arruotati 1' un 1' altro su tutte le loro facce , anzi che arruotolarsi , e quindi smusarsi ne' loro spigoli e ne' loro angoli ?

11 distacco di questi cubi si suppone dal giornalista romano an- teriore al loro consolidamento , Io che non è forse 1' opinione dell' Autor dell'articolo della Bib. Ital; il quale attribuisce un tale di- stacco ad un qualche cataclismo del globo . Ciò però poco interessa al nostro soggetto , perché io abbia ad occuparmene ; e dirò solo «he fra le sue supposizioni io mi appiglierei alla seconda . lo poi non dissi che essendo que' ciottoli stranieri alla massa «he si crisial-

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lizzava, essi dovevano essere rigettati , poiché in vero se ciò é incredibile in una massa molle , stando alla supposizione degli op- positori; esso è poi affatto impossibile in una m:issa di già con- solidata: né cosa si strana poteva cadérmi in pensiero .Dissi soltanìo; che vedendo , che mentre le sostanze si cristallizzano , scacciano ed allontanano i corpi estranei anzi che unirvisi strettamente , un aderenza si grande non doveva a mio credere manifestarsi fra il cemento ed i ciottoli in esso compresi .

TNelIa mia lettera al Molina, ove (p. 19. ) per la prima volta feci parola di queir ^ re a del genere /oec/z/ncu/(t5 osservata dal Broc- chi al IVIonle Mario, e ohe oia pid esattamente col Brocchi istes- so chi;iramente uirea Rumulca ( Conc. fos snb. t. 2. p., 486. ); )o feci osservare, che il carbonato calcario non solo none solubile nell' acqua, ma neppure forma pasta con essa . Se si trattasse di sostan- za argillosa io non sarei lontano dal venire nella sentenza del mio oppositore ,da cui si vuole che un semplice rammollimento della so- stanza della conchiglia sia bastante a procurarne la cristallizzazione, e che a tal fine sia bastante T acqua d' infiltrazione . Ma nin- na analogia ci mona a credere che una picciola qualità d' acqna val- ga ad ammollire la sostanza di una conchiglia , se in que' molus rbf , le spoglie di cui stettero Uin2;amente nel fondo del mare e sotto una pressione considerabile , nolla si osserva che ci faccia credere, che 1' acqua abbia «ina qualche azione dissolvente in su Ai esse . Se ciò fosse , le conchiglie che formano gli strati delle nostre montagne si trovarebbero sempre compresse e sformate , anzi che conservare la loro fi<;nra ad essere ridotte in frammenti . E suppo- ste le conchiglie come tutti gli altri solidi , al credere de' miei oppositori , composte di parti ristrettissime fra di loro , una piccio- lissima quantità d'acqua, quanto può entrare tielJa cavità occupata da una conchiglia , senza che la concliiglia islcssa ne sia rimossa, non potrà certamente communicare alle parti della conchiglia la facoltà di cristallizzarsi, e di muoversi in modo, che nel suo interno si formino delle cavità, come talvolta si osserva , e quindi le parti di queste stesse cavità si rivestano di cristalli . Al contrario am- messa la facile mobilità delle parti de' solidi , una causa <jualunquc esterna o interna può dL'tiuminare la cristallizzazione della parte calcarla. Eiiw a tanto ohe il mioojijiositore non farà conoscere per (juali forze , per quali circostanze una picciolissima quantità di a( qua nell'interno delle montagne valga ad animollire il carbonato cal- cario , e la intera sostanza della conchiglia , ci sarà permesso il ri- manere neir opinione nostra , fondandoci sulle proprietà le più con- vaL'date di tali sostanze .

Intorno all' influenza d<'ir cva|.orazione , come in riguardo .di' f7. oiic del calorico , non ha il compilatore del giorn: le arcadico ■istinto ciò, che io dissi nella suj. posizione della di nsitiì cie'solidi, onde apjiunio dimostrare V erroneità di una tale < pinione , e 1' op- porsi essa all' osservazione , da ciò die io dissi , onde esporre la mia teoria . La crosta che io supjiosi formarsi alla su| t rficic di un » 'sso di picira dopo esser tratto dal swolo , non e già cliC io credit

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che essa realmente si formi; ma ìiensi intesi dire , e tutt'ora i «redo, eli' e^sa si formerebbe quando il suo consolidamento si do" vesse attribuire, anzi che ad altro, all' evaporazione . Infatti ap- plicando il mio ragionare ai prismi di smeraldo , di cui parla il Fatrin ( Min t: 2. p. 33 ) , se il loro consolidamento, che non tarda ad effettuarsi tratti che siano dal suolo, dovesse attribuirsi all' evaporazione, e cominciasse quindi alla superficie , in tal caso da vero, che si formerebbe una crosta, cui lo stesso mio oppo- sitore non potrebbe evitare d'attribuire una assoluta impermeabilità all'aria. E quindi si realizzarebbe , cbe l'intera massa dello smeral- do non si coiisolidarcbbe giammai. Ma questa opinione, che nel giornale arcadico mi si attribuisce , e mi si rimprovera siccome opposta al fatto, non è altrimenti la mia opinione; poiché anzi io intesi combatterla, dimostrando che in tal guisa saremmo condotti a un punto , in cui l' etiolo^ia e 1' osservazione sarebbero diametral- mente opposte . La mia opinione , quale specialmente viene espressa alla pag. 4H, si è, che le parti tutte del masso da me immaginato indipendentemente dall' evaporazione tendono a ravvicinarsi, e nella loro reciproca azione escludono tutto ciò che si oppone al loro ruv- viciiamento ; e ciò pel trovarsi in circostanze diverge da quelle di cui sentiva 1' azione mentre era ancora nel suolo . E qui ha luogo , r osservazione di Breislak , cioè che i minerali cominciano a consolidar,-,i dal centro , anzi che dalla supcrhcie( Inst. geo. §. 120.). Dopo di ciò egli è chiaro che il compilatore del giornale arcadico si è unito meco a combattere la contraria opinione : si potrebbe ritorcere contro di me V argomento eh' egli qui pone in mezzo Solo farò rilevare che quand'anche uix tale argomento, e qtiale da lui vie- ne proposto, avesse luogo, non si può sempre inferire che un corpo debba essere impermeabile all' acqua, poiché esso non concede il passaggio all' aria ; su di che non sarebbe qui luogo di trattenersi , come di cosa estranea al soggetto , e che d' altronde è si ovvia ,che il dimostrarla sarebbe superfluo

AH' Autore del giornale romano sembra imcompatibile la lentez- za del moto intestino, che ne' corpi si esercita dopo il primo loro consolidamento , e colla distanza delle loro malccole , quale da me viene supposta, e collaloro somma mobilità . Io suppongo , é vero, le molecole de' corpi e lontanissime fra di loro , e di moltissima mobilità fornite: ma in tale equilibrio di forza, che a turbarlo non basta già ogni menoma forza. Se, considerato un corpo qualunque, r equilibrio in che si trova dipende dalla somma delle attrazioni di tutte , o quasi tutte le sue parti fra loro , mentre una o pochis- sime parti del^corpo istesso seguono ad agire , perché non soddis- fatte nelle loro affinità, egli è certo , che quantunque le parti di co. testo corpo siano lontanissime e facili a moversi , l' azione delle molecole ancora non soddisfatte sarà infinitamente piccola , e pro- porzionata al loi-o numero. Quindi qualunque sia la distanza, e la mobilità delle parti de' corpi, 1' azione di un numero piccolissimo di queste parti istesse sarà sempre tenuissima in relazione a quel- la di tutte le altre parti, che già si trovano in un certo stato d' equili-

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brìo r e che perciò debbono opporre utia certa resistenza .1 qua- lunque forza tenda a rimoverle . Dopo di cKe mi sembra , che la Ient;zz,a dell' azione di queste pochissime parti sia conciliabile col- la rarità delle molecilc de' corpi,e colla loro mobilità somma .

Neil' estratto della seconda parte della mia memoria il compi- latore del giornale arcadico primieramente osserva, che un ino.'iincn. to intestino ne' soiidl giunti al ina.cimuindi loro compattezze: non sembra a lui ancora abbastanza dimostrato , concedendo bensì, che ciò possa accadere ove C affinità di coesione non è pienamente soddisfatta; ma non sentesi disposto a concedere , che ciò avven- ga c/uando la massa è divenuta compattissima , a meno che da ca- gioni esterne non venga la coesione nnovaniMte imlebolita . E qain li aggiunge, che il cre<iere altrimenti , che il supporre un ta- le movimento ia corpi ii lattaixijnte compatti , quale si è il traver- tino dell' Anfiteatro Flavio , porterebbe all' assurdo che V affinità di coesione nelle particelle de' solidi non ottiene mai il suo pieno ejfetlo , (juale e la stabile , e perf-lta unione di esse - la mollezza de' solidi finclié si trovano nell' interno del suolo , al cre- der suo, si debbe ascrivere ad altro , che alla umidità onde sono imbevuti . Ecco in succinto la teoria del fisico romano . Nuova- mente lo prego a non attribuire a poco riguardo, se non ostante il giudizio da lui pronunziato , anzi che persuadermi di revocare la mia teoria , mi faccia a rispondere alle sue riflessioni , e nuova- mente sottoponga al parere de' fisici la mia opinione -

Primieramente mi e forza il dire di quel maximum di com- pattezza de' corpi . Poiché ben si vede che 1' A. di quell' articolo non intende di una solidità assoluta , come potrebbe forse inter- pretarsi dalla nuda espressione maximum di compattezza-^ giacché in seguito ( p. 4+3. ) egli fa vedere di parlare di un grado di coe- sione massimo relativo alla natura di ciaschedun corpo . Attenderò eh' egli mi determini, .piesto massima grado di coesione , imperoc- ché da quanto egli dice non credo che possa rilevarsi , la fisica ci oftre il modo di stabilire questo punto fisso , in cui riconoscere il grado maggiore possibile di solidità di un corpo , che però non sia il grado di solidità assoluta . E s' egli intende , come io im- magino , dello stato naturale de' corpi , consideran<lo in essi la coe- sione giunta a quel maxim-un di cui é suscettibile ciaschedun cor- po in particolare : conviene osservare che anche questo stato natu- rale de' corpi non costituisce altrimenti un punto fisso , ed invaria- bile, com2 dovrebbe essere se la coesione fosse giunta al suo ma- ziinum relativo . In fatti la forza di attrazione non é mai piena- mente soddisfatta , poiciiè |a forza di repulsione , e 1' azione del i:.dorico vi si o.ipongono mai sempre . E la temperatura de' corpi variando continuamente , debbano ancora ad ogni istante cangiarsi ;,ii effetti dell' opposta forza di attrazione , come già osservai ncl-

I ; mia memoria ( p. SS.) : d' onde deriva quella oscillazione continua

II die parti de' solidi . Per la qual cosa si reiirle manifesto ciò che dissi di sopra , cioè che questo stato naturale de' corpi non è al- trimenti un punto fesso relativamente alli pro^irla coesione , ma un

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punto continuamente variabile . Cosi il Boscovich allorché immagi- no quella curva , con che rappresentare il modo onde si attraggono le molecole de' corpi fra loro , egli lo costruì in maniera , che la coesione non fosse altrimenti rappresentata da un sol putito della curva istessa , ma da diversi punti alternanti con quelli che rap- presentano la ripulsione K che V equilibrio in cui 1' attrazione e la ripulsione si trovano ne' corpi, non costituisca un punto invaria- bile , inoltre ce lo dimostrano chiaramente que' cori>i, che essendo prima riscaldati , e quindi portali alla primitiva temperatura , non perciò tornano, o solo ahHini tornano tardissimo alle medesime di- mensioni ( V. De Lue. Bih. u()!v t. i. p, lyi. ,, Bellani Lett. al conte Dandolo sull' uso di varj stromenti ec. )

IVIi permetterà poi il giornalista romano 1' osservare , che il solo essere egli disposto ad ammettere la facoltà al movimento nel- le masse compattissime , non basta ad escludere ciò che io asseriva appoggiaodomì ai fatti, de' quali, a cagione di esempio , rammenterò qui r alterazione de' petroselci di Siberia all'aria. E se fondasi egli sul travertino dell' Anfiteatro Flavio , in cui al dire di lui ninno si farebbe a sostenere che tutt' ora persista un movimento inte- stino delle parti , d' altronde io credo , ed è forza il crederlo , che se all' Anfiteatro Flavio si applicassero le osservazioni dal Cesaris istituite sui muri dell' osservatorio di ]Vlilano( Bib. univ. JuinTi8i6.) analoghe a quelle già pubblicate dal Bougner , nelle memorie dell' Accad. des Sciences ( i'jSi+. ) si scorgerebbe in quello una conti- nua oscillazione , un continuo variare di dimensione nelle sue parti a seconda de' gradi di temperatura, minore forse, ma simili a quel, lo osservato dall' Astronomo Italiano. Ecco dunque che le parti de- gli edifici ' P''^ consolidati , cangiano continuamente nelle loro di- mensioni,e quindi nella loro cocsio:ie . E mentre le particelle on- de essi sono costruiti vanno cosi oscillando , avvicinandosi , ed al- lontanandosi a vicenda, a mio credere , se una qualche causa inter- venga a determinare un movimento intestino , questo non tarderà in esse a prodursi .

Eccomi nuovamente nella necessità di fare , con mio dispiacere osservare che il fisico romano non ben m' intese . Non so se il sup- porre un' incessante induramento nel travertino dell' anfiteatro Fla- vio , conducesse , come da lui si crede , necessariamente ad un as- surdo ; egli e certo però , che non un' indiftìnito successivo aumen- to di coesione ne' solidi , ma un continuo movimento , una conti- nua oscillazione nelle loro parti , è ciò , che io mi proposi di dimo- strare nella mìa lettera al Molina , e nella successiva memoria . E quando invero egli creda , che 1' una causa conduca necessariamente all' altra , cioè che sussista la mobilità nelle parti de' solidi , questa debba portare ad un' induramento successivo di essi , non avrei che a rammentargli , che in natura v' ha certamente una forza , da cui r attrazione viene continuamente controbilanciata . Per la qual cosa le parti tli uu corpo possono trovarsi in un continuo movimento, possono essere non meno libere di quelle di un liquido , senza che perciò esse tcndino ad avvicinarsi indefinitamente , al che si oppone questa forza qualunque di ripulsione . Infatti vediamo che appunto

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e'ò non accade ne' liquidi , ne' finali credo che il mio oppositore vorrà nur egli riconoscere ed una suscettibilità al moto , ed un reale movimento continuo di parti .

Attribuendo alla umidità la mollezza de' minerali finché si tro- vano nel hiogo nativo , come ho già detto sopra , egli nicga poi di accordare alcuna capacità al moto ai corpi giunti al loro massi- mo induramento ; ed a questo oggetto egli riferisce ciò che dissi io stesso (p.g-i.) suir inalterabilità all' aria de' monumenti di granito . Io .Ktribuii ai solidi tutti, e per la rarità delle loro parti, e per la con- tinua oscillazione , che nelle parti istesse deve cagionare necessa- riamente il cambiarsi ad ogni istante la temperatura , un' attitudine a concepire un moto intestino; ma, riandando la mia memoria, il mio oppositore troverebbe che alla p.4o.io aveva detto, chea produrre vm tal moto fa duopo che intervenga una causa qualunque . Per la t|ual cosa se nci;li obeli^clii , e nelle colonne di granito non ac- cadono alterazioni sensibili , ciò nuli' altro varrebbe a provare, se non che ninna causa ancora intervenne ; o pia probabilmente che r azione di essa abbisogna di molti e molti secoli per rendersi ma- nifesta . Oltracciò ove alla P.92.Ì0 feci parola della inalterabilità de' monumenti di granito, quantunque io dicessi eh' essi sembrano sfi- <lare le ingiurie del tempo , e delle stagioni , non perciò io volli alribuire ad essi una inalterabilità «ssoluta : lo che saria stato strano, sostenendo in tal guisa ciò , che io voleva combattere . Ivi era mio ogg"tto l' escludere l' azione dell' atmosfera , e lo staliilirc un con- tronto fra il granito di già tratto dal suolo, e quello che tuttora fa j>artc delle montagne . Quindi senza trovarmi in contradizione con me stesso , poteva attribuire al granito fuori del suolo una quasi niu- jia alterazione, allorché si trattava di stabilire il confronto con quel- lo ancora attaccato al suolo nativo , e sottoposto quindi alle altera- zioni le più profonde .

Riguardo ali' umidità , cui, come ho detto dissopra , egli attri- Jiuisce la mollezza de' diamanti , delle acque marine , e di tuW' altro minerale , accennerò qui soltanto che in tal guisa si fa dell' acqua un varo j4lkacst , un dissolvente universale, senza aver riguardo alla natura delle sostanze , e alla loro solubilità , ed insolubilità : su di che avrò altrove occasione di occuparmi più detagliatamente . E intorno a ciò che egli dice suU' indurare eternampntc di questi mi- nerali , non avrò che a ripetere ciò , che io dissi di già , parlando dei travertino dell'anfiteatro Flavio , cioè che un induramento eter- namente progressivo , non è altrimenti una conseguenza inseparabile rial Jnovinicnto delle parti .

Dopo di avere V egregio compilatore del giorn. arcadico esposto ìa sua opinione , egli prende ad esaminare alcuni de' fatti da me ri- feriti nella scronda parte; su di che non mi tralterrò, che quanto più brcvemunU; per me si possa, rillettendo che quando pur si giun- gesse a dimostrare inconcludente uno , o più di essi , non perciò si esclu lercbbc la mia opinione , la quale non posa su di alcuna osser- vazione isolata , ma su tutte insieme . E s' egli non trova ncU' ef floroiccnza dcl'r; piriti un' argoiiienfo di njoviiacuto intestino, lo ohe

Varietà' Scentif. Letterarie ho

d' altronde sarebbe facile a provarsi; e ciò egli crede perchè la cl- florescenza non accade, che quando la pirite stessa è già franta: con- verrà poi che egli ammetta che lo stesso frangersi spontaneamente delle piriti all' aria , non può essere , che un effetto del moviincuto delle sue parti . Bene espresso che io intendo della naturale decom- posizione delle piriti, della quale ajìpnnto intese di favellare il Bo- yle , e non della vitriolizzazione artitìcialmente procurata , c.omc in- tende il giornalista romano ,

Se da ciò che io dissi della turchina rife-rita dal Boyle , egli non potè formarsi un idea precisa, e poiché iuoltre egli trovò il mo- do di conciliare questo fatto co' suoi principi , immaginando che quelle maccéiie, che io diceva portarci dall' una parte all' altra del- la pietra , non fossero che una continuazione di macchie di già esi- stenti : s' egli nella incertezza si fosse fatto a consultare 1' opera del Boyle, egli sarebbesi convinto del coiitrario; ed avrebbe veduto, che ivi si dice chiaramente tali manchie de loco in locuin migrare , o per servirmi della sua espressione medesima , eh' esse progredi- vano isolata . Per la qual cesa la spiegazione da lai immaginata non può arer più luogo .

Fa rilevare il mio oppositore, che se il vetro aumenta di volu- me nel raffreddarsi , ciò accade mentre esso non ha ancora a»q*i- stato una perfetta solidità . Io veramente a tale proposito non par- lai di solidità perfetta , e solo argomentai con Bo\ le , che nel vetrD che si raffredda si scorge tuttavia un' effettiva agitaiione di parti . Avrei però potuto da questa osservazione desumere una prova di- retta a favore del mio assunto , poiché questo moviinento seguita anche dopo che lo stato di fusione è cesselo , cioè mentre il ve- tro SI è reso fragile , e per questo soltanto è necessario clic a' lavo- ri fatti di questa sostanza si dia ciò che i fabbricatori chiama- no la tempra . Sull' esure il retro più, o meno riscaldato, purché egli però non sia in istato di fusione , mi riporto ^ ciò che io dissi nella mia memoria ( pag. 35.) .

Che il vetro poi raffreddato non si rompa che dietro i cambia- menti repentini di temperatura , attandercmo che 1' Aut. lo conva- lidi con de' fatti, escludend© perciò F osservazione giornaliera, non che le osseervazioni di Brevster , e Secbeck ( Buls. Phil. i8i6.) di Balbi , e di Gasali (Com. Inst. Bonon ), non ohe quelle più recen- temente presentate dal dotissimo Moscati all' Ist. Ital- , le quali avrò altrote occasione di ricordare . E converrà pure che egli ci provi in qualche modo , che i componenti del vetro non sono uniti in guisa da formare un composto omogeneo ; ed allora potrà applicarvi la dottrina di Bertolet .

Won starò qui a rispondere ad una ad una alle obiezioni del fi- sico Komano , per lo che intorno a ciò , che egli eice di conleru- cti nelle lave , non farò che accennare, che io pure rimarcai , che la loro formazione si faceva in una masaa non ancora saft'reddata . E lacend» io pure uso della stessa filosofica ingenuità, con che egli si à fatto ad esaminare la mia opinione ; dirò che quelle riilessioni iif egfi mi oppone intorno ai contenenti de' terreni di allusione '■' H'>i in tutti i casi , in alcuni almeno convengono pienam<!nte .

G. A. To. IV. 8

I lA Varietà' Scientif. Letterarie

Jfclla porosità della sostanza caloaria , che separa le sfere spa'» to , ond' è cotrijOsta la montagna d'-s Uiseaiuv , trova il mio oppo- sitore un' argomento onde prorare che <(ueLle sfere si formarono in una mas<a molle, mentre io argomentai 1' opposto . A ciò che io dissi di già su tale proiioslto ( p. yg. e s. ) aggiungerò qui , che rir presa ad esame la De=eriz-one che di questa montagna ci ha dato il Saussure , mi sembra di vedere chiaramente , eh' egli volle indi- care , che la sostanza iatepposta alle sfere di spato calcare , era di un tessuto meno perfetto , e meno denso ; e certamente s' egli 1' avesse troviita sjjarsa di pori rotondi , o dittici , in somma di quel- li che si osservano nelle lave, e che sono veramente un' indizio di svoigimeoto di sostanza gasosa , quel si diligente osservatore non avrebbe certamente mancato di rilevare così rimarchevole cir-. costanza .

l\'on mi sembra poi di essere noco coerente a me stesso, ove , parlando di coleste sfere di spato calcario , dissi prima , che supposta la loro formazione mentre trovasi la montagna in istato di mollezza, le sfere istesse , e la sostanza ad esse interposte avrebbero dovuto avere un eguale, o (piasi eguale det^^ità ; e poscia trovai che una coe- sione , pd una densità mai;giore nella sfere , e minore nel restante «Iella roccia conviene colla supposizione eh' esse si siano formate dopo il consolidamento: nel qual modo attribuii effetti diversi a circostaiize diverse .

Riandandolo squarcio ila me riferito alla pag. loi. relativo ai piccioli filoni di materia selciosa che si osservano nelle fenditure degli strati di creta presso Brighthemu-tonc, il compilatore del gior- nale romano si avvedrà che 1' Englefield istesso non intese di dare la spiegazione del fenomeno, ove rappresentò la sostanza selciosa qua- si per espulsione obbligata a portarci nelle fenditure . I\Ta poiché questo modo di considerare il fenomeno che non piacque all' Kglefi- cld istesso , adendo egli avvertito , che con ciò non intendeva che descrivere le apparenze , sembra all' Aut. più plausibile di ciò che io dissi, riguardandosi da me que' piccolissimi filoni di selce come una sorte di trascidazione , desumendone 1' analogia dalle resine , che vanno ad occupare gli screpoli de' legni, e delle corieccie , mi permetti^ egli alcune brevi riflessioni . F. primieramente dirò che non tutte le fenditure , ne' sempre sono I effetto del consolida- mento di una sostanza molle , ed inoltre che converebbe che egli si facesse carico di ilimostrare , come h /)o.ùzione e molto più ^' i/i- dole d"Ma imil"ria stdcuisu facciano che questa sia più tarda alla coesione , che non lo e la creta . Mi lusingo eh' egli non avrà a lagnarsi, se non mi arrendo ciecamente alla sua opinione , in un tempo in cui per buona ventura delle scienze, i fatti, e la ragione vanno innanzi ad ogni autorità la più rispettabile . Io non so vera- mente su quali fatti e;Ii si fondi , per accordarealla creta una ten- denza alla (i.sioue più pronta di quella , eh' egli ascrive alle parti selciose; mcitre a tutt' altra conclusione dovrebbe condurci il vede- re da un Iato la somma durezza de la selce , non che di Ixilte le pietre ad essa affini, e dall' altro che la creta non giunge mai a(^

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una durezza notabile , e assai soveatc si trova o friabile , o tene- rissima . Ne' ciò si può ascrivere a diversità di circostanze , poiché questo divario, notabilissimo di densità fra queste due sorti di mine- rali, appunto si osserva ove essi si trovano uniti . E •.ertamente c- gli sareldje un' anomalia opposta ai prindpj i più stabiliti intorno al- l' attrazione, se si vedessero le parti selciose, capaci di unirsi per Ja coesione si strettamente fra loro , essere poi di loro natura p'ìx tar- de che le parti della creta ad obbedire a questa medesima forza Questa osservazione in somma del Sig. Engleficld che il giornalista romano riguarda di niun valore a prò della mia teoria , io la credo all' opposto delle pia decisive .

Sarebbe stato desiderabile , che egli non cosi di volo si fosse trattenuto a favellare del gres di Fontaincbleau ,e ciie non si fosse li- mitato ad accennare soltanto , che le incrostiizìoni che appariscono alla sua superficie , si debbano piuttosto all' azione dell' aria e dell' umidità, anziché ad un fluido che in esso circoli, siccome io vol- li credere. Buffon, e Patrin che osservavano questa cesa sul Iuo°-o la pensarono alla mia foggia . L' opinione di quel sommo oenio della Francia ha troppo valore per me, e per tutti i fisici, perchè io mi pieghi a rinnnziarvi si tosto , ove 1' osservaziop'j tjI commatidi Egli aveva un' occhio troppo penelranlc per sajiery leggere ne' ''ran- di fenomeni della natura . saprei disprcz/.are il credere di Pa- trin , anch' egli dottissimo , e lungamente abituato a contemplare i gran<liosi fenomeni del nostro pianeta , il, quale di questa circola- zione ci dice che a lui sembra , eh' essa sia ivi perciò incontestabi- le ( Min. t. 3. p. 533. ) E in fatti per quale analogia , per quale osservazione potremo noi attribuire all' aria e all' acqua la forma- zione di una sostanza selciosa ? Ignoriam forse quanto differenti sie- no i principi di queste sostanze ? Un pari modo di ragionare ci o^ui- derebbe a ricercare nell' aria , e nell' umidità, la sorgente del natron d' Egitto , dell' agarico minerale , e d' altre tali cose , anziché as- crivere il primo alla soda , onde è ricco il suolo su di cui esso si forma , ed il secondo alle parti calcane del terreno che ricuopre Perché dunque nell' Atmosfera andremo a trovare gli elementi di tale incrostazione , anzi che nella sostanza istessa della pietra in cui già si contiene grande quantità di principi selciosi "^ Se all' umi- dità , ed all' aria si dovesse l'incrostazione selciosa del gres di Fon- taineblcau , essa non si formereb!:)e soltanto su questa roccia mentre rcst.T sul luogo, ma del pari si vedrebbe su que' massi , che distaccati dalla propria carriera , non meno di quella rimangono esposti all' at- mosfera . Ciò avviene per la ragione istessa onde un incisione prati- cata su di un abete o sudi un pino non tarda a gemere, e in abbondanza Tumore resinoso i Io che non accade se nella pianta da lungo tempo staccata dal suolo , siasi estinta ogni vita ed ogni circolazione .

Porrò termine a qucst' art. coli' accennare soltanto , che V osser. vazioue relativa allo innalsamento del suolo della Norvegia non è altrimenti riguardata da me come cosa di poco conto ; poiché anzi non può essere per me che di gran peso un' osservazione che si deb- ba a naturalisti di tal sfera, se nel numero di essi vi si trovi il Lia-

ji6 Varietà' Scientif. Lettekarie

t»60 . Dissi solo che io mi augurava di vedere questo fatto piena- mente convalidato , e per quella severità che conviene aver sempre presente , e specialmente ove si tratti di fatti che richiedono molto ed assidue osservazioni , e per evitare la taccia di aver fondato la mia opinione sa fatti non ancora registrati fra i canoni i più ricen- testabili della scienza . E dirò finalmente che non già come opina il fisico Romano (p. 44'-) io trovai che si doveva escludere il sospetto dell' abbassamento dell' acque , innanzi di ammettere 1' inalzamento del suolo della Norvegia ; ma in vece(p. ioo.)io dissi che per l'os- servazione del detto Buch era escluso, che ciò provenga dall' abbas- £arsi il livello del mare .

Varietà' Scientif. Letterarie h^

Iscrizioni Moderne .

I. Il eh. Sig. Ab. Stefano Antonio IVIorcelli , del quale ab- biamo qui recato altre volte epigrafi elegantissime, ha scritto non ha guari la seguente , mostrando qual sia la coadizione di sua fortunata vecchiezza , che il farebbe ancor progredire in questa gloriosa carriera , se altro camp© gli restasse b tra- scorrere . Ed è pur una gran sorto di questa età nosk-a 1' es- ser tornata in iranquillitk in giorni tali , che per la salute di quest' uomo sommo i suoi più singolari fasti possano es- sere tramandati a' posteri in maniera degna di que' che li partorirono , e del bel nome latino : siccome può vedersi qui appresso .

QVOD . BONVM . FAVSTVM . FELIXQVE . SIT

BELLO . ANNOR . XVII . PACATA . EVROPA . CONFECTO

ET . KOMINIS . AVSTRIAC^ . AVCTIS . FINIBVS . MAIESTATE . RECEPT^l

VTINENSES . CVM . PROVINCIA . VNIVERSA

SIGNVM . PACIS . QVAM . PERPETVAM . FVTVRAM:

REGVM . MAXIMORVM . SPONDET . AVCTORITAS

LOCO . AD . MEMORIAM . ET . DIGNITATEM . AMPLISSIMO*

DEDIfiAVERE

■Il 8 Varietà' Scienìtif. Letterarie

II."' Iscrizione del dolt: Gio. Labas luminoso discepolo del Morcelli , e già provetto e chiaro scrittore , intagliata sopra or- natisslino cippo che sostiene la protome d' una bambina mae- strevolmente eseguita dall' egregio scultore Sig. Gaetano Monti Ravenna . Nel destro lato del cippo vi ha il monogram- ma di Cristo circondato da una corona di ulivo , nel sini- stro si ha 1' occhio raggiante contornato da un serpe ch« si morde la coda . Nel lato di fronte st legge .

LAETILIAE

INFANTVLAE. DVLGISSIMAE

QVAE . NATA . A. I . M . I . D . TX .

DECESSIT . IDIB . SEPT . A . M . DCCC . XIII.

IOANNES LABVSYS . I . C .

ET THERESIA . PELLEGRINIA

MAERENTES

FECERVNT . FILIOLAE

DELIGIO . SVO

Vvrieta' Scientif. Letterarie ii^

, Islifiizloni di Medicina profica del celebre Gio: Battista Sor- sieri de Kaiiùfeld , volga ri zzai e commentate , e compiute dal ca^'. Valeria/io Luigi Brera consigliere di Goi'erno di Si. M. 1. R. A., Prof. P. 0. di Terapia Speciale e di Clinica Me- dica neW l. R. Vniwersità , e direttore dello Spedale cii>ile Ai Padova , membro del Ccsareo-Regio IstiUilo , uno de'' Quaran- ta della Società Italiana delle Scienze ec: ee: Volumi dodici che si pubblicano per associazione . In Padova dalla tipogra-

Jia , e fonderia della Minerà' a . 1819. Condizioni duW associa- zione .

1. Saranno queste h'fifuzioni stampate in ilodioi volumi in ot- ta-o grande j della carta , forma , e caratteri sempre nuovi delle già piiiWidatè Lezioni sui Contagi . Ciascun volume potrà essere oal- cohto da 5oo a 600 pagine all' incirca , ed uscirà intiero hello , e legao ogni trimestre , che avrà principio col Gcntiajo del p. v. an- no 820. Nel corso di tre anni rimarrà cosi compiuta V edizione .

2. I Signori Associaci alle Lezioni sui contagi , e registrati nei due Elenchi 3o Aprile, e 3o Giugno p. p. pagheranno ogni volu- me n ragione di centesimi 20 per ogni foglio di stampa, oltre cent. 20 pir la legatura, e coperta. 11 pagamento si effettuarà all' atto dèlia ;0Dsegna del rispettivo volume in Padova : e coir aggiunta di altri C cent, per ogni foglio di stampa lo si darà franco di porto e dazij in tutte le Città d' Italia . Per i non associati alle Lezioni sui coitaci , la spesa sarà di 24 cent, per foglio , oltre la legatura , ed il porto quando fosse richiesto .

5. Saranno trattati quali associati alle Lezioni sui contagi quel- li che non descritti negli accennati due Elenchi \ neir associarsi a queste Iscrizioni acquisteranno le Lezioni sui contagi , il di cui prezzo rimane ora fissato in Padova in ital. lir. 12 ; ed in ital. lir. lo 5o comprese la franchiggia del porto per tutte le città di Italia .

4. 1' associazione rimane aperta per tutto il p. v. mese di No- Vemhre , sopra la quale epoca 1' opera sarà rilasciata in Padova in iragione tli 25 cent» per foglio oltre la legatura . Alla comparsa del Jjrirho volume sarà dato 1' Elenco de' Signori Associati onde ciascano «hbia un documente deoli acquistati diritti .

I20 YAriei'a' Scentif, Letterarie

5. Col quarto, ottavo , e duodecimo volume saranno ai soli SL- gnori Associati gratuitamente distribuiti

(a) 11 ritratto dell' immortale Borsieri ricarato dal monumento alla di Ini memoria eretto nelTl. R. Università di F«via ;

(b) li ritratto delf egregio Proto-Medico, e Direttore degli Sti- dj Medici della Monarchia Austriaca Signor Barone De Stift, Coi- sigliere di Stato e delle Coiiforenzc , e Primo Arrhiatro delle L. L I. 1. M. M. ec. Mecenate distinto ed estimatore fervidissimo de* le utili imprese, cui è dedicata quest'opera ;

(e) Il ritratto del bcneinerlto Editore copiato dal quadro, eh; la benevolenza dei proprj Allii;vi volle inalzare nella Sala delle pu- bliche Lezioni qual monumento di reciproca amorevolezza .

Questi tre ritratti saranno disegnati, ed incisi da valenti artist, ed tino singolarmente avrà il merito di portare un nome , che ,Ii amatori delie incisioni si pregi eranno di unire alle loro raccolte, e che si appnlesarà tosto che ne sarà stabilito il contratto ora ina- volato, o al più tardi nell'atto, in cui sarà publicato il primo ro~ lume .

6. Arrivando a i ooo il numero degli Associati, sarà in fine.iell' opera rilasciato gratuitamente ai medesimi un volume XllI, che <om- prenderà V Indice Alfabetico delle materie sparse nei dodici volimi. Frattanto chi unirà, e presenterà dieci Associati riceverà gruls V undecima copia .

L'associazioni si ricevono dai principali Libraj d' Italia.

Padova li 2 o Luglio 1819. '

Circolare del Si^-. Consigliere Brera Mcritissimo Signore , e Collega Fregiai issioio .

Col Manifesto a stampa del giorno 20 p. p. Luglio puLblicato da questa Tipografa , 0 Fonderia delta Minerva appartenente alla Nuoi'u Sociclà in Ditta Nicolò Zanon Bettolìi e Compagni , e dirnmato dai suoi Corrispondenti - Libraj nelle prineipali Città il' Italia , Ella avrà rilevato, che ridotte a compimento in due Volumi le' mie Lezioni Medico - jiraticlie sul contagi e sulla cura de'' lo-

Varietà' Scientif. Letterarie lai

ro effetti impegnato mi sono ora in una impresa veramente grande, quale si è quella di riprodurre tradotte in Italiano, commentate» e compiute le Istituzioni di Medicina pratica dell' immortale B^C'" sieri , gloria , ed ornamento della Medicina Italiana .

Un Professore distinto per esperienza, intendimento, solidità^ ed estenzione di cognizione quale si è la S. V. sarà meco convin- to, che quest'opera se riunisce tanti pregi per la ricchezza di sin- cere dottrine , e pel merito delle o'^servaiioni ivi esposte, che sen- za far torto ai Trattatisti posteriori si può asserire , che tiene tutt' ora poche uguali , e forse nessuna supcriore ; e che , per noi alme- no , merita di essere perciò considerata qual guida preziosissima nel difficile esercizio clinico e nell' ardua carriera dell' ammaestra- mento. L' unico difetto , che vi s'incontra, si è di non essere que- ste Istituzioni compiute, giacché rapitoci F Autore da incurabile malore , anzi che dal peso dell' età , non tutte prese ad illustrare le storie delle singole affezioni .

Volendo adunque trar profitto da una eredità cotanto proficua per r umanità languente , e pel reale avanzamento della Medicina e ncir istesso tempo riparare al vuoto lasciatovi dall' Autore , l'ope- ra mi riesce indispensabile di esperti, e sinceri Osservatori; poiché scritto avendo Borsicri colle nor-me , e regole quali si convengeno ai temperamenti Italiani , le stesse tracce vorrei pure seguire nelle illustrazioni , ed aggiunte , ed offrire la nuova edizione ricca essa pure di materiali , che frutti fossero dell'esperienza, e dell' osser- vazione degl' illustri Clinici, di cui si onora anco di presente la nor stra Italia .

A tal uopo mi prendo la libertà di rivolgermi alla S. V. , Me- ritissimo Collega , onde Ella voglia compiacersi di assistermi co' di Lei lumi in si bella impresa ; e favorirmi quelle importanti osser- vazioni nel corso dell' illnminata di Lei pratica raccolte , che ser- vir potessero ad illustrare le dottrine dal nostro Autore trattate . Mia cura sarà d' inserirle col riverito di Lei nome ne' respottivì Capitoli , unitamente a quelle riflessioui , che la di Lei saggezza crederà opportuno di aggiungervi. Mi obbligherebbe ancora gran?- demente , quando nello scorrer 1' opera latina di questo sommo Mae- stro volesse avere la cure di marcare , e ricordarmi poscia, le ma- lattie da esso ommessc, non che le più rare , onde nulla mi possa sfuggire per rendere possibilmente compiuta 1' edizione , che in-» traprendoj.

jaa Varietà' Scientif. Letterarie

Era costume (iell' immortale Eorsicri di illustrare la storia del- le affezioni da esso trattate colle osservazioni ,/ e coi risultamcnti dell'esperienza dei benemeriti Clinici d'Italia dei suoi tempi . Vo- lesse il Cielo , che altrettanto fare io potessi in qucst' incontro ! Cosi da un comjdcsso di più Clinici "si travaglierebbc al maggior bene dell' umanità, e ad innalzare al grande Domo , Padre degnis- simo della Medicina Italiana un moiuimCnto di riconoscenza, e d' interesse per parte dei veraci suoi Nipoti ,

Accolga, Mcritissimo Signore, e Collega, i sentimenti della mia più distinta considerazione

fadora li 16 Agosto 1819.

Valeeiano Ldigi Brera

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Belle Arti di Siena TManiJcsto

lOVànni Vanni Senese , ottenuta da S. A. I. , e R. con beni- gno Rescritto del di 27. Decembre 1818 la privatila di dare alla pubblica luce una Raccolta dei più scelti Monumenti di Belle Arti , di Pittura , e Scultura , come di Architettura , ed Ornai to , che esistono nella Cittft di Siena , si fa un pregio di pub» blicarc col presente manifesto le condizioni , e qualit.i della in- teressantissima Collezione di già annunziata nella Gazzetta Tos- cana df;l di 22. Fcbbrajo prossimo passato sotto num. 24-

I Rami rappresentanti questi preziosi monumenti per la mas- sima parte inediti , e sconosciuti , saranno disegnati da espertissi- mi Artisti colla più scrupolosa accuratezza, e col più franco, e vigoroso tocco di bolino incisi , incominciando eia dieci grandio- si Quadri disegnati , e in parte dipinti a fresco ila Rafiaello , e dal Pinturicchio , esistenti nella Libreria della Metropolitana , ed ai quali succederanno poi quelli di Pietro Perugino , di Luca Signo- re Hi , del Gcngn , di Fra Bartolommeo , di Guido Reni, e d' altri Pittori stranieri, ciie fra noi bau lasciato memoria di se, eoa varie produzioni del loro sublime ingegno ; e successiianientc pub- Idicate verranno con ordine cronologico le Opere di tutti gli Arti- sti, e Pittori di Siena, che dal 1200. fino ar giorni noftri vi fio- rirono , e vi formarono una scuola celebre, e distinta .

Varietà' Scientif. Letterarie i23

Ogni Rame avrà in margine una misura, la quale sarà il Brac- cio Toscano , con cui si conosceranno le precise dimensioni degli Originali medesimi .

Per quello che spetta all' Architettura vi saranno unite anco- ra , ove il bisogno il richiegga , e pianta , e alzato , e profilo ; ove poi non sia ciò necessario, vi saranno le sole vedute prospettiche-, e l'apporto alle Sculture , ed Ornati se ne daranno in grande i det- tagli più importanti .

I Rami saranno pur corredati d' analoghe illustrazioni in lin- gua Italiana , la stesura delle quali è stata affidata al Reverendiss, Sìlg. Primicerio Giuseppe Poltri Professore di questa I. e K. Uni- versità .

Ma ciò, che più di tutto dee conciliare all' Opera estimazio- ne , ed applauso , è la sollecita cura , che ne assume il chiarissi- mo Professore Sig. Giuseppe Colignon Direttore di questa I. e R. Accademia di Belle Arti , il quale accoppiando alla più rara, e squi- sita perizia dell' Arte Pittorica lo zelo il più indefesso, ed attivo, non lascia alcun dubbio , che i Rami da Lui assistiti , e corretti non siano per essere copie sommamente accurate , e fedeli .

Tutto questo agevolmente si potrà riscontrare dal primo sag- gio , che unitamente al presente manifesto producesi , nonostante che nei Rami successivi vi saranno aggiunte delle masse d' ombre più forti , che in detto saggio non sono , per ottenere maggiore ef- fetto , specialmente nei Quadri complicatissimi di Figure . L' uno dei due Rami del saggio come sopra , rappresenta parte di un Qua- dro dei dieci surriferiti che fregiano la superba Libreria della Me- tropolitana , r altro una Spalletta del Coro della Metropolitana me™ desima , che forma una bella Curva , lavoro complicaiùssimo, e be- ne inteso , eseguito da Maestro Benedetto di Giovanni da Montepul- ciano , e da Maestro Domenico di Filippo Fiorentino , con disegno di Bartolomeo Neroni detto il Riccio ,

Chiuderanno la Collezione tre grandi Rami , nei quali sarà inciso il sorprendente , e singoiar pavimento della Metropolitana , che al '^riferire di molti intelligenti Scrittori , e specialmente fra i più recenti dell' Illustre Sig. Cavalier Cicognara , merita di essere conosciuto , quanto i più bei monumenti dell' antica Grecia , e di [Roma, poiché in esso brilla tutto il fuoco dell'Arte , tutta la mae- stria del Disegno , « tutta la profonda intelligenza dejli Artisti mi-

ii4 Varietà' Scikxtif. Letterarie

jliori ; invenzione , il di cui merito è dovuto eselnsivamente a que- sta nostra Città , ed eseguita con raro , e meraviglioso lavoro .

E' questo Pavimento di marmi diversi , rappresentante va- ri fatti della Saera ScritUira , secondo i discgrii di Domenico Ber- cafumi detto Mechcriao .

Tali Rami , sebbene richiedano un lavoro più complicato , e laborioso , saranno rilasciati gratis ai Signori Associati alla fine dell' Opera .

II prezso di associazione per ciascun Rame , la cui carta sa- rà velina all' uso Inglese , della grandezza istessa , e qualità anche migliore , nella qnale sono impressi i predetti saggi , compresevi le illustrazioni , che saranno stampate nella medesima carta , ed in carattere nitido e corrispondente , non oltrepasserà la somma di Favoli cinque moneta fiercntina , pagabili al momento della con- segna , restando a carico dei Signori Associati , e Committenti le spese di porto .

Sarà premura dell' Editore di dar princi()io all' Opera al più presto possibile , con darne preventivo avviso nei pubblici fogli , come pure di produrre più di uti Rame il mese , tutte le volte ^ che potrà farlo ,

Xe associazioni si prenderanno a Siena dal Sìg. Onorato Porri , dall' Editore medesimo , e per esso dal Sig. Eernardino Pianigiani e nelle altre Città dai principalf Libraj , Uffizj di R. Poste , e Di- stributori del presente .

L' importanza dell' Opera , e F alto pregio , in cui tengonst meritamente dagli Animi colti, e gentili le Belle Arti, fanno spe- rare air Editore un generale aggradimento , ed una volonterosa so- scrizione alla nobile sua , e dispendiosa intrapresa .

AVVERTIMENTO A' LETTORI

Neil articolo intitolato Fopniole per le Epatte a pag. 85, al fine del N. 6. si agfp.iinga

S' avverta però , che osseiido n espresso da i, a, 3, f\, 5. e qualunque 1' Aureo numero , ed m maggiore di 2, do- rranno sempre aggiungersi a8 giorni per otteneru il giorno della Pasqua .

IMPRIMATUR

Si Videbitur Rev. P. Mag. Sa<?. P. A Mag. Candidus Maria Frattini Archiep. Philipp. Vicesge,

I M P R I M A T U R ,

Fr. Philjppus Anfossi Ord. Piani. Sacri Palatii Apost. Mag,

Osservnzioni Meteorologiche, fatte alla Specola del Colleg. Rom.

Settembre 1819.

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Voierido-.i da' eh Astronomi abbondare per diligenza , pongosi le Osservazioni

Triplici in ogni giorno ; e volendosi da noi ristringere in pagina , affinchè

meno facilmente si disperando , usiamo alcune abbreviature . Pertanto nella

colonna delle Meteore pi significa pioggia 1 lampi t tuoni n nebbia g gelo

L brina . E nelle colonne dtllo Stato del Cielo s vuol dire sereno n nùvolo,

p poco . Le altre abbreviatuie nelle colonne de' ^^ enti sono per se stesse

intolUgibili . Quando segue un asterisco s' iutenda ^ran quantità ; ove tro-

visi una -j- croce s' iutenda piccola quantità ;

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LETTERATURA

Ricerche critiche ed economiche sulV Agostaro di Federi- go JI. e sul Ducato detto del Senato : sul fiorino deli' oro di Firenze f sul ragguaglio fra V Agostaro e questi ; e con ciò sulle monete di conto in genere , e sovra al- cuna in particolare in occasione d^ illustrare un ducuto romano creduto il primo nella serie ^ ed anteriore ezian- dio al fiorino dell' oro ec. ec. ec. Bologna 1819. fer le stampe di Annesio Nobili, con approvaz.

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M-À illustrazione di un Ducato Romano , che forse ( benché non di molto ) fu anteriore al Fiorino dell' oro di Firenze , e che insieme con questo gareggiò coli' Agostaro di Federico secondo , ha indotto il eh. Autore a scrivere queste due dis- sertazioni . La prima propone le più giuste indagini sulle mo- nete d' oro, che coniate furono dal Senato Romano: e nella seconda si fa ad esaminare come la moneta effettiva vada poi a converiirsi in moneta di conto , e come questa pei vada a cangiarsi ed alterarsi secondo i tempi e le circostanze , di- venendo misura di prezzo nelle cose mercataliili .

Erulitamonte parla nella prima sul!' introduzione della moneta presso i Romani , incerto se la Giunone Moneta dasse il nome all'officina monetale , o questa a quella . Rammenta l'avviso Giunone ai Romani , che non intraprendessero che guerre giuste , e la moneta non sarebbe loro mancata giam- mai . Così si facevano a qnei tempi parlare i Numi .

La coniazione dell* oro dopo che dell' impero Romino non restò, può dirsi , che il nome , pure fu da chi lo puriava G. A. To. IV. 9

i3o Lette il A TURA

riguardala come un diritto esclusivo dell' impero . Quiudi non fu a buon grado dell' Imperadore , che il Senato Romano col suo ducato , i Fiorentini col loro florhio , e i Veneziani anco- ra col loro Matapanc turbassero questa sua privativa .

Se costanti prove vi fossero , che le due lettere M. B. in- dicassero Moneta Brancaleonis , onde i ducati con quella marca appartenessero al senatore Brancaleone degli Andalò : e se potesse eoa sicurezza asserirsi che abbia mai esistito un Senator Capizucchi , che abbia fregiato delle sue insegne il ducato; potrebbe con tranquillità decidersi la precisa epoca in cui tali dùcati furono battuti , ed in cui la Ogura del Senatore non quella dell' Imperadore fa adoperata nel tipo di essi . Dissipali i debolissimi argoménti , coi quali si volle in- trodurre nella serie dei Senatori Romani un Capizucchi ; in- terpetrato con somma ragionevolezza il significato della fascia che si andava supponendo lo stemma di quella famiglia ; e provata la competenza di essa a chiunque dai Sovrano in pre- mio di sue virtù u' era sialo insignito : egli crede che Matteo Rosso Orsino fosse quegli che fece battere il ducato del Sena- to . Ad esso oora^ieleva la fascia di cui Gregorio IX lo decorò 5 e &d esso per propria arme geutilizia spellava la rosa . Pare che alla liberazione deli' Augusta potessero alludere le lettere VOT, -e esistessero realmente nell' indicala moneta, e non do- ■vessero leggerai piuttosto VDI : essendo la finale della paro- la MVDI che in luogo di Mundi per abbreviazione leggesi in più monete per la solita epigrafe Roma Caput Mundi . E ben probabile che Matteo Rosso precisamente per far con- traposlo a Federigo , eh' erasi ridotto a Grotta Ferrata e pa- gava con moneta di cuojo , coniasse oro, se non puro quanto l'Agosiaro moneta imperiale , non però a quello molto infe- riore .

Discifra r Autore gli equivoci seguiti al Villani ed al Sansovino confondendo i fatti dei due assedii di Roma sotto

Di Alcune Monete d'Italia. joi

Federigo Barbarossa , e sotto Federigo secondo , adallando all' uno le cose attenenti all' altro , e, ad onta del divario di molti anni , confondendole insieme .

Espone le vendette imperiali originate focilmente da que- sta usurpazione di coniare 1' oro , e che furon prese sopra il comun di Firenze , e sopra il disgrazialo figlio del Tiepolo . lumi non pochi sulla dignità Senatoria j prova che i Papi talora la perpetuarono in loro stessi 5 e finalmente dimostra , che tutte le monete d' oro furono col correr degl'anni eclis- sate dal fiorino dell'oro di Firenze, die però anch'esso di- venne moneta di conto , benché sussistesse effettiva .

La precisione, colla qnale 1' A. fassi nella seconda dis- sertazione a trattare della moneta effettiva e di quella di conto, della moneta pregio di prezzo e misura di prezzo, mo- strando 1' alterazione cui 1' una e 1' altra vanno soggette , rende impossibile il darne un adeguato estratto , e bisogna ri- mettere il leggitore all^ lettura dell* opera st<;ssa . Stabilisce egli la valutazione del fiorino , distinguendo il fiorino d' oro da quello d' argento, come già fecero il Villani ed il Borghi- ni , e difendendo ambedue dalle imputazioni del Muratori , che abbiano essi voluto parlare di fiorini d'rro innanzi all' anno laSa. quando non parlarono che del fiorino d' argento , antica mòaeia delia quale poi nacquero i fiorini d'oro. Egli pone per base , che 1' unità monetaria sia sempre formata dair argento , e prova che questo accadde presso tutte le na- zioni : trovando ciò molto ragionevole, perchè l'argento forma la specie media fra la preziosità dell' oro , e la viltà del rame . L'argento peiò, <;ome misura universale del commercio, si rende misura dell'oro, e non l'oro dell'argento. Siccome Firenze fu dal secolo duodecimo ai decimoseslo la città più commer- ciante forse dell' Europa tutta , e siamo ad essa debitori delle pili utili invenzioni e prattiche di commercio ; cosi é stato necessario all' Autore 1' osservare in qual modo iu essa con

9*

i3a Letteratura

riatroduzioue delle cattive monete variasse li valore del fio- riao,"e come le scritture si tenessero a fiorini d' oro in oro , e fiorini a fiorino pagabile in argento , e come non potè sus- sistere quella legge che alla denominazione di fiorino ingiun- geva l'obbligo del pagamento in fiorino dell'oro. Quattro spe- cie di fiorini furono conosciute e nominate, fiorino dell'oro » fiorino d' oro ad oro , fiorino a fiorino , e fiorin d' oro .

Altra assai considerabile parte d' Italia , relativamente al commercio , furono le due Sicilie, dove il corso dell' Agostaro di Federigo fa comunissimo : ma si andò ben diversamente ragguagliando coli' oncia , aumentando e decrescendo in varii tempi , ed essendo però una moneta anche essa di conto , e come tale variando nelle variazioni delle inferiori monete , del- le quali era composta. Quindi ora minori ora maggiori par- ti d' oncia furono valuta dell' oro di Federigo . Il nome oncia restò in quel regno fisso alla cosa rappresentata ; ma vario nella quantità della rappresentante, e fu l'oncia nella bassa Italia ciò , che fu nell' alta la lira .

Una serie di continuate ricerche , appoggiate sempre all'autorità degli scrittori , è esposta in questa dissertazione, la quale poi rivolgendosi fino qu. . i ai nostri giorni , espone ancora le variazioni seguite in alcune monete nel secolo scorso.

Ha 1' A. letti ed esaminati tutti i più profondi scrittori sulla moneta-, e del pregio di essi va parlando all' occasione eoa verità e buon giudizio . Conosce la difficoltà della mate- ria , e dopo aver saviamente riflettuto ch^ il sistema moneta- rio gareggia quasi col planetario nella profondità delle inda- gini, ricorda ai leggitori leggiadramente che ad ambedue i si- stemi presiede con tanto decoro il gran Neuton.

Promette r Autore una terza dissertazione che accrescerà lumi sulla materia , e presto desideriamo di vederla in luce ad onore delle scienze Italiane .

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Storia di Tivoli Tomo IL Roma Bourlik 1819. Lib. VII.

I

1 Regno di Adriano , che nell' anno 117. dell' era volga- re successe a Trajano , fu memorabile per la costanza de' martiri Cittadini , che illustrarono gli ann li di Tivoli e del- la Chiesa , e per le nuove magnificenze , onde quel suolo ven- ne adornato. Li SS. Conjugi Getnlio e Sinforosa colla schie- ra di sette figliuoli , istruiti da qualche uomo apostolico , ave- vano abbracciata la fede di Gesù Cristo . Soffrì Getnlio intre- pidamente il martirio insieme ai SS. Cereale ed Amanzio non lungi da Gabio circa l'anno 12^7. secondo il computo più verosimile degli Scrittori . La Consorte Sinforosa diede onorevole sepoltura alle spoglie dello Sposo e dei compa- gni in un predio al di dell' Aniene nel territorio Gabino presso la via Labicana , e tornava sovente a venerarle in com- pagnia dei figliuoli , e del sacerdote Esuperanzio . Monsi- gnor Galletti vescovo di Cirene pretese di aver ritrovata la città di Gabio in Sabina nella tenuta detta le Grotte di Torri , non lungi dalla Fara e Corese , e di attribuire al Ga- bio sabino 1' onore del Martirio , e del culto di S. Getnlio . La di lui opinione però fu sodamente confutata dallo Spe- randio nella Sabina Sacra , e Profana , e quindi smentita dal- la recente scoperta del Gabio tiburtino nella tenuta e pres- so al Lago di Castiglione .

Adriano non molto dopo condusse sul suolo Tiburtino a termine quella sontuosa Villa , in cui aveva riunito quan- to dì più raro e prezioso aveva nei suoi viaggi visto , e rac- colto nell'estensione dell' Impero. Ci attesta Sparziano , che diede alle diverse parti di piesto maravìglioso edificio i no- mi delle Provincie e dei luoghi , e le chiamava il Liceo , l'Ac-

i34 Letteratura.

cailenvia , il Pritaneo , il Peclle , le Tempe : e perchè nulla mancasse , -vi fece ancora 1' Inferno . Volle Adriano consacra- re il suo nuovo Palazzo con tutta la solennità della pagana liturgia , ed in quella circostanza circa 1' anno l36. S. Sia- farosa , e li sette di lei figliuoli patirono generosamente per la fede del Nazzareno (i). Dal prediletto soggiorno di Tivo- li Adriano nell' anno i38. passò a Baja , ove cessò di vivere. Sotto il lui regno incominciò la sua luminosa carriera quel C. Popilìo Caro , che seguitò a fiorire sotto i successori , e me- ritò dai Tiburtini statua ed elogio disotterrato nell' anti- co Foro della città , che forse gli diede i natali . Continuò paranco in questi tempi la frequenza dei filosofi , e let- leiali nella Biblioteca annessa al Tempio di Ercole Tiburti- no . Aulo Gelilo contemporaneo di Adriano fu presente alla disputa sull' uso della neve liquefatta riprovato da Aristotile , di cui fu arrecato il Testo « e Bibliothcca Tiburti , quce tunc in Herculis tempio satis commode instructa libris erat »

Lib. Fin.

Antonino Pio successore di Adriano amò Tivoli , ed il soggiorno della villa edificata dal padre : istituì un Colle- ' gio di giovani tiburtini per istruirlo nei studj ed altri pro- ficui esercizj , quali , giusta un' iscrizione disolterrata nel suo- lo di Tivoli riportata dal Marzi , vennero appellati (2) Ju-

(1) Vuoisi qui avvenire, che F A. narra rliffusamcntc T itnlii- bitato Martirio di S. Sinforosa , e dei figliuoli con tutte le cir- costanze particolari riferite dal Curdoli ^ che non si trova sem- pre di accordo cogli atti pubblicati dal Ruinctrf V.dit. f^cron :p.2o. INoi peraltro rispcttosainnite lasciamo l'esame di questo punto ai Critici Sacri . ( Kot. del Compii. )

(2) Nella scarsezza delle Tiburtine notizie di questa età non saia discaro a^li eruditi Lettori , che qui si rammenti la liberalità di qweir incognito cittadino , che a carico degli er«di lasciò 1' us»

Storia di Tivoli i35

venes antoniani . L' umaaità di questo Principe non valse ad impedire , che l' importuno zelo dei Magistrati pagani abu- sando delle leggi anteriori perseguitasse talvolta i seguaci del vangelo . Quindi sulla Via Tiburtina al XIX miglio da Ro- ma soffrì il martirio S. Vincenzo , cbe fu verosimilmente Ti- burtino se non di nascita almeno di domicilio .

Tivoli vide sorgere sotto l'Impero di Commodo la de- liziosa Villa del di lui ricco liberto Patrono , che vi ebbe ancora un sepolcrale monumento . Circa l' età di Settimio Severo la famiglia dei Claudj Liberali ( verosimilmente Ti- burtina ) possedeva una villa in quel territorio , e precisa- mente nel predio denominato il Parco , in cui 1' attuale eru- dito possessore Sig. Antonio Petrucci ha fatte nuove scoper- te di monumenti eoa qualche iscrizione frammentata. Parec- chie Iscrizioni della famiglia Cesonia scoperte nel suolo li- burtino dimostrano , che fioriva in quel torno per uomini insigni , e vi aveva predj e sepolcri , onde tutti li scrittori la stimarono originaria di Tivoli .

Alla persecuzione di Decio si riporta da tutti gli Scritto- ri sacri il martirio di S. Vittoria ; ma non si può accerta- re che fosse Tiburtina , o in Tivoli soffrisse almeno la re- legazione e la morte , poiché il Denatalis , che a Tivoli volle dar questo onore , restò probabilment'e ingannato da

gratuito dei bagni annessi alla sua casa per commorlo dei compa- triotti . il Giureconsulto Scevola ci conservò nei suoi digesti il tenore del codicillo , che oggi si ha nella Ls^gc 35. §. uU. ff. da Lag. Z. - Tiburtibus municipibiis meis , ainantlssiini.tcjUQ , scltls , balineuin lulianum junctum domai mecB ila ut publice suinptu hceredu/n meorum ,ef d'digentia decem incnsihus tatius anni prcBbcalur gratis - sembra , che il fatto possa commodamentc ripor- tarsi a quest' Epoca , poiché Scevola , che sopravisse a Marco An- tonino , t\\ consultato nella questione insorta sulla spesa della manu- tenzione dei bagni, e rispose contro gli eredi : lùderi Testatorcm. de his quoque sansisse , quce ad quotidianain tiitelum pertinent cte. (i^of. del compii. )

i36 Letteratura

qualche fodioc scorretto degli opuscoli di S. Anselmo , e lesse V'ictoria virgo in exilium Tiburtince mittitur urbi , ove legger dovevasi Trcbiilance , cioè a Trebula oggi Monleleone ia Sabina , ove la santa è stata , ed è tuttavia in grandissima venerazione . Nel tempo di Valeriano , che prese le redini dell'Impero l'anno 16^ fu sepolto nell' arenario di Ciriaca sulla via tiburtina 1' invitto martire romano S. Lorenzo, in cnore di cui , corno protettore speciale, fu dedicata la chie-> sa cottedrale di Tivoli .

L' ultitno de' Romani trionfi , nel quale Aureliano me- nò sul campidoglio la prigioniera Zenobia , fu occasione che a Tivoli fosse edificata l'ultima delle sontuose ville dall' infelice Regina , che colà rilegata trovò nelle delizie di quel soggiorno un qualche sollievo alla sua sventura .

Costantino, donando la Pace alla Chiesa, inalzò frale altre la Basilica Liberiana (3) sulla via Tiburtina sopra il sepolcro di S. Lorenzo. Il Nicoderai fondato sulla patria tra- dizione, e su qualche memoria esistente ancora al suo tem- po , opinò , che lo stesso augusto edificasse in Tivoli la chiesa al medesimo invitto martire sulle ruine dell' abbattuto Tempio di Ercole. Tivoli ebbe i suoi vescovi fin dai primi secoli della Chiesa , Stabilisce 1' Ansaloni con plausibili argo- menti , che il primo vescovo ne fosse quell' Esuperanzio , che SI recava con S. Sinforosa e suoi figli a venerare il sepolcro di S. Getulio e compagni . Attenendosi alla serie Ughelliana

(3j Avremmo gradito , cbe 1' A. ci avesse istruiti del fonte, dal quale ha raccolto , che la Basilica di S. Lorenzo si appellasse hiheriuiui , poiché candidamente confessiamo iV ignorare, che questo tilolo sia stato dato ad altra Basilica , clic a quella di S. Metrici ad Prftwpe , 0 sia Maggiore , edificata dopo il noto miracolo della neve siiir Ksquilino da S. Liherio, assunto al Pontificato T anno 352. e cosi circa quindici anni dopo la morte di Costantino avrcnata iicir anno 337. ( Nola dd Compii. )

Istoria di Tivoli iSj

trova un Paolo vescovo liburtino nelP anno 366 dell' era cristiana : varj scrittori delle cose tiburtine , e lo stesso Ughel- li scrissero con troppa facilità , che questo Paolo consacras- se 1' antipapa Ursiciiio , che col favore di una fazione trava- gliò il Pontefice S. Damaso . Ed in vero Sozomeno , Niceforo , S. Girolamo , che narrano questa scena scan- dalosa , fanno alcuna menzione di Paolo . Lo nomiaa soltanto Ammìano Mai'cellino storico sospetto non solo perchè pagano , ma molto più perchè deriva la taccia inonorata dalla testi- monianza anche più sospetta di Marcellino prete e Mar- cellino diacono, partigiani dell'antipapa Ursicino: deve pertan- to cancellarsi questa marca ignominiosa dai fasti tiburtini . Cir- ca questi tempi fiori in Tivoli il famoso Grammatico Nonio Marcello , che lasciò col titolo De proprielate sermoniim un opera pieua di erudizione , stampata più volte , e commenda- la da molti .

Sul principio del secolo V. i barbari del settentrione guidati dal Re Alarico penetrarono in Italia , e nell' anno 409 s'impadronirono di Roma, che soffri un terribile saccheggio. In mezzo alle crudeli escursioni di quelle truppe «frenate se la città di Tivoli schivò un' egnal disgrazia perchè for- te e munita , non potè andai-e esente da indicibili guasti nel territorio , e nelle ville già trascurate per 1' assenza dei grandi di Roma dopo la traslazione della sede imperiale a Costantinopoli . L' invasione ed il saccheggio di Roma sotto Genserico è verosimile , che riuscisse fatale anche alle ville tiburtine , poiché la rapacità dei soldati era eccitata dal com- modo della vicinanza , e dalle ricchezze della preda . Vitto- re Vitense nel libro della persecuzione vandalica , narrando il martirio di S. Servo . si spiega cosi : Servus quoque Tibur- linee civitatis rnnjoris , i^,-^uerosus et nobilis vir , prò Chri- sto quas pertulit quis explicet pccnas ? Ma lo storico Pietro Natali ingannato forse da qualche codice scorretto di quel li-

i38 Letteratura

bro -travisò questo semplice fatto, e scrisse : Majorius martir , seivus Generosi nobilis vir tiburtince civitatis, passus est in persecutione vandalica sub Unnerico : dal Marzi poi e dal Ni- codemi si riporta più stranamente il fatto sotto Genserico . Ma in queste due epoche in Tivoli in Italia trovasi alcun martire , poiché Genserico mantenne la promessa fatta S. Leone di non inquietare i popoli per motivi di Religio- ne , ed Unnerico di lui figlio non estese la persecuzione fuo- ri dell' Africa . Conviene dunque rigettare la leggenda di un S. Majorio tiburtino , servo di Generoso , di cui non si tro- va menzione nei martirologj , si è mai celebrata memo- ria nella supposta sua Patria : ed all' incontro seguendo il sin- cero testo Vittore Vitense bisogna ammettere la storia del S. Martire Servo celebratlssimo nell' Africa , e riconoscerlo non già tiburtino , ma tuburbitance civitatis majoris a distin- zione dal Tuburbum minus Castello del medesimo nome in Africa stessa non lungi da Cartagine . Si trova bensì registra- to nel martirologio Romano un S. Generoso martire ; le ve- nerande spoglie di lui , secondo il Baronio ed altri patrj scrit- tori, riposano sotto l'altare maggiore della cattedrale di Ti- voli, che lo ritiene per cittadino e speciale protettore,

Lib. IX.

Recò molto lustro a Tivoli sua patria il S. Pontefice Siinjìlicio , che nell' anno ^6y fu inalzato alla Cattedra di S. Pietro . Il di lui genitore , per nome Costantino , si congettura che fosse quello stesso , che nell' anno 4^4 ^"- console con Vittore , e condusse un esercito contro i Vandali nelle Spa- gne . Nel lungo Pontificalo di quindici anni governò con fer- mezza , e prudenza singolare la Chiesa agitata dai gravi tor- bidi dell' oriente . Secondo la costante tradizione edificò in Tivoli tre chiese dedicate a S. Pietro, a S. Paolo, e a S.

Istoria di Tivoli 139

Clemente . Il Pontefice Gelasio un' altra ve ne fabbricò ad onore di S, Eufemia martire , e vi si portò a consacrarla assistito da Candido celebre vescovo tiburtino . Cosi Gela- sio fu il primo fra i pontefici , che onorasse sua presen- za la nostra patria . Essendo il fatto contestato da Anastasio Bibliotecario , fa meraviglia che non resti in Tivoli vesti- gio alcuno di detta Basilica , e che nel cataloghi più anti- chi delle chiese non si legga il nome di S. Eufemia giam- mai registrato . Si cerca egualmente indarno qualche traccia della chiesa S. Severino monaco , al quale Onorio eresse nel secolo settimo un tempio con molti ornamenti d' oro e d' argento , di marmi , e mosaici apud urhem tiburtinam . Al potere di Teodorico Re dei Goti andò soggetto col resto dell' Italia anche Tivoli . Si può congetturare , che il gifito ispiratogli dal famoso Cassiodoro per le arti e la gran- dezza , inducessero quel principe a conservare piuttosto che a distruggere le tiburtine magnificenze . Nella spedizione di Belisario i Tiburlini scossero il giogo dei Goti ed accolsero la guarnigione Imperiale : respinsero valorosamente gli as- salti replicati di Vitige , e ne molestarono gli accampamen- ti allorché rivolse all' assedio di Roma . Totila succes- sore di Vitige, disperando di poter soggiogare la città Ti- voli colla forza delle armi, di notte vi penetrò per tradimen- to dì alcuni pazzi Cittadini , che furono la mina della loro patria ; perchè entrati i Goti trucidarono tutti gli abitanti . Non fu risparmiata la vita a Catelo , che Procopìo n«mina espressamente come cittadino chiaro in tutta Italia per la sua probità , anzi neppure allo stesso vescovo , che fu vit- tima del furore dei vincitori .'Da Tivoli , ove si era stabili- to con molte forze , Totila scendeva a frequenti scorrerie sot- to le mura di Roma , di cui nt-ll' anno 346 si rese padro- ne . I tesori ed il quartier Generale di quel principe Goto furono in Tivoli trasportati nella seconda spedizione di

i4o Letteratura

Beirsario in Italia . Fece allora Totila ristorare il castello , ed anche la città , per passarvi con sicurezza 1' inver- no ; e muovendo poi nella primavera verso l' Etruria vi lasciò un forte presidio . La vittoria di Narsete , e la mor- te di Totila neU' anno 554- pose fine alla guerra dei Goti discacciati dal Lazio , e da tutta l' Italia . Tivoli , che por- tava tuttavia scolpite sulla fronte le terribili traccie del sofferto eccidio , cominciò alquanto a respirare . Nella divi- sione dei Ducati , che in Italia fiu dall'anno 568. introdus- se Longino primo Esarca di Ravenna , Tivoli fu compresa sotto il Ducato Romano , e con Roma fedele si mantenne agi' Imperatori d' oriente , sebbene altre città si unissero al Regno dei Longobardi . Dopo quest' epoca si trova un vuo- to profondo nella storia patria , di cui sono ignote le vicen- de fino al Pontifi( lo di Gregorio II. eletto nell'anno yi5. Al riferire di Sigonio i Tiburtini furono tra quei popoli del Ducato Romano , die neli' anno 727. sdegnando di ob- bedire a Leone Isamico fautore degli Eretici Iconoclasti , si sottoposero ali 'bhedienza del Romano Pontefice , e prò* misero con giuramento di difenderne in perpetuo e la vita e lo slato . Assai dovettero soffrire le terre e le ville Tivoli dall' escursioni , che fecero l'anno 729. nei contorni di Roma gli eserciti di Eulichio comandimte imperiale , e di Luitprando Re de' Longobardi . Danni però molto maggiori arrecarono le armi di Astolfo ,che investì il Du- cato Romano , fini di dìstrugi^^'re le tiburline magnificen- ze , e diroccò la Chiesa di S. Sinforosa , che stava nel ter- ritorio tiburlino , in distanza di nove miglia da Roma . Gli storici Pavesi , il nostro Nicodemi , ed il Muratori all' anno 556". scrissero , che in tal circostanza i corpi di S. Sinforosa , e Compagni martiri fossero trasportati nella chiesa di S. Eusebio in Pavia capitale de' Longobardi . Sem- bra tuttavia inverosimile questo racconto , perchè da altri

TsTOKiA DI Tivoli r4i

autori sappiamo , cho la sollecitudine del Pontefice Stefano prevedendo 1' immiaente procella fece in Roma trasportare quelle venerande reliquie (4) >

Teodosio Vescovo di Tivoli fu con quelli di Albano e Palestrina sperlito nell'anno 778. da Papa Adriano al P.e Desiderio per distoglierlo dall'invasione del Ducato Roma- no . l Legati Poiitiflcj lo trovarono in Terni , e riuscirono felicemente nell' impresa : poiché Desiderio commosso dagli ordini minacciosi di Adriano , con gran riverenza e confu- sione se ne tornò indietro .

Mentre 1' Italia e Roma erano sul fine del secolo x. afflitte da molte calamità ed agitazioni, fu sollevato alla cattedra di S. Pietro 1' anno 988. un altro cittr.diao di Tivoli , cioè Giovanni IX. figlio di Rampoaldo , e monaco benedettino . Celebrò un concilio in Roma , nel quale fu- rono abrogati gli atti del conciliabolo tenuto contro il Pontefice Formoso : ed un altro a Ravenna , in cui alla presenza dell' Imperatore Lamberto molle cose per cura di Giovanni furono trattate per la pace e libertà della Chiesa, e per la ricupera e sicurezza del di lei patrimonio . Ri- cevette lettere inleressinti da Ottone Arcivescovo di Ma- gonza e suoi suffraganei dopo la morte di Arnolfo Re di Germania , ed altre ne scrisse al Re di Francia Carlo il semplice per impegnarlo a sostenere Vibrino Vescovo Lin- gonense , al quale da alcuni faziosi veniva impedito 1' eser-

(4) Non si può mettere in daiiio , che Koma possieda questo prezioso Tesoro . Nel Pontitìcato li Fio IV. fu ritrovato insieme coI[' Iscrizione sopra una lamina di Piombo sotto 1' aitar Maggiore della Chiesa Collegiata di S. Angelo in Pescheria ; quindi nel Mar- tirologio Romano corretto da Benedetto XW. si legge alli 18. di Luglio - Tlbure S. SyniphoroscB iixoris S. Getulii Murtiris cuin septern J'diubus suis Eorwn cotpora posteci Ro/nain tran- slata . Pio If^. SuMiino Pontifica in D/aconiu S. Angali in Fisca- ria inventa Juerunt (N'ota del Compii.)

i4-2 Letteratura

cizio, dell' Episcopale ministero . Neil' anno 900. , prima che Ludovico Re di Provenza giungesse in Roma a prendere la Corona Imperiale , fu Giovanni chiamato dal Signore a miglior vita dopo tre anni e più di Pontificato (5).

Sembra che possa collocarsi col Muratori nell' anno 916. l' insigne vittoria , che nella Diocesi e territorio tiburtino sulle sponde dell' xiniene verso Vicovaro riportò contro i Saraceni 1' esercito , che per le premure di Giovanni x. riunirono i Principi di Benevento e di Salerno , con Al- berico Marchese di Camerino , e generale di Berengario . Molti dei Saraceni sfuggiti alla strage , e ricovrati nelle selve e monti vicini , ottennero il permesso di fabricarsi un castello , che fu chiamato Saracinesco vecchio in di- stanza di alcune miglia da Tivoli . Dopo la morte di Ot- tone ì Romani fecero un nuovo tentativo per ristabilire l' antica forma governo repubblicano , e nominarono console il noto Crescenzio . I Tiburtini , che probabilmen- te avevano del pari riscaldata la testa dall' idee democra- tiche , fecero alleanza coi Romani del partito di Crescenzio . L' esercito di Ottone III. , dal quale implorò soccorso il pontefice Gregorio , e olpì e disperse i seguaci del console , che dopo ostinata difesa fu appiccalo sulle mura di Castel S. Angiolo , in cui erasi fortificato .

Lib. X.

Ottone in. nell'anno looi. pose l'assedio a Tivoli , che dopo lunga resistenza si rese a discrezione , ed ottenne per-

(5) L' Elezione di Giovanni IX. è fissata concordemente alli 12. Marzo dell' 898 ,e la morte di lui alli 26. dello stesso mese 1' anno 900. È dunque chiaro , che non governò la Chiesa se non soli due anni e giorni quindici , secondo il calcolo di tutti gli Scrittori . ( Nota del Compii. )

Istoria di Tivoli i43

dono , e pace per la mediazione di S. Bervardo vescovo d' II- desein maestro dell' Imperadore , come narra Tangmaro j S. Pier Damiani però scrisse che alle preghiere di S. Romual- do fu il principe distolto dalla distruzione della città . Per conciliare li due storici il P. Collina annalista camaldolese pone col Fleury due assedj distinti della città 1' uno nel 997. in cui S. Romualdo al dire del Damiano sparmiò ai tibur- tini gli effetti della resa, e l'altro nel 1001. , in cui San Bervardo addolci 1' ira del vittorioso regnante secondo la leggenda di Tangmaro . La pace , di cui goderono in se- guilo i Tiburtini , rende sterili gli annali fino all'epoca del- le falnli dissenzioni fra il pontefice Gregorio VII. , ed Ar- rigo IV. , e dello scisma , che afflisse la Chiesa . Neil' estate del 1082. l'antipapa Clemente III. non potendo penetrare in Roma col favore delle armi di Arrigo , si recò colle sue genti in Tivoli , e vi ebbe quartiere finché dovette ritirar- si altrove. Guarniei'i principe d'Ancona, e ( secondo il Mu- ratori ) governatore di Tivoli favorì 1' altro antipapa Silve- stro IV. , che in tempo del pontefice Pasquale II. fu con- dotto in Tivoli da una banda di Romani sollevati sotto la condotta di Bertone . Sebbene quel pontefice riuscisse felice- mente a sottomettere molti paesi del Lazio , e della Campa- gna , trovò non pertanto nei tiburtini una resistenza osti- nata , che molli danni cagionò ad ambe le parti , senza che però si sappia il come Tivoli tornasse alla soggezione della chiesa romana . Nell'anno im. un'esercito tedesco ricompar- ve nel territorio tiburtino , poiché Arrigo V. collocò a Pon- te Lucano il suo campo , e firmò presso il Ponte Mammolo il trattato di pace con Pasquale II. . da cui fu in Roma coronato imperatore .

Sul fine del secolo undecimo , e principio del duode- cimo furono frequenti , e sanguinose le guerre fra i tibur- tini , e gli abati di Subiaco ; colle armi alla maHO sostene

i44 Letteratitra

vansi le pretensioni delle parti su' varj castelli , che col trat- to del tempo erano passati dal governo civile della città a quello del vescovo , e da questo per successive donazioni al monastero Sublacense . Ma queste gare continuale con va- rio esito per molti anni cessarono allora quando i Tiburti- ni spaventati dalla minacciosa spedizione di Ruggieri Re di Sicilia rivolsero le cure a difendersi contro si potente nemi- co . Anche gli ecclesiastici furono impegnati a contribuire alla comune difesa : ed allora si fu, che nell' anno ii4o fra la cittadinanza di Tivoli, e l'abate del monastero di Sant' Angelo in Valle Arcese fu conchiusa la giurata convenzione, per cui fu ceduta ai monaci in perpetuo quell' estenzioae di terre , che rimaneva sopra la porta de' prati presso il Ponte degl' Arci a condizione , che dovessero restaurare gli edificj , e porre in buono stato le fortificazioni . Si leggono ancora nel portico di S. Maria in Gosmedin due Iscrizioni Marmoree che la storia conservano di tal concordato . Svanito appena questo nembo sopravvennero le sciagure della guerra coi Romani nel pontificato d' Innocenzo II. Non è noto se i Ti- burtiai si mostrassero partigiani dell' Antipapa Anacleto , o fossero trascorsi alle vie di fatto per le discordie insorte a cagione di confini , e d' ingiurie . Lasciò scrìtto Ottone di Frisinga , che dopo sperimentate inutilmente tutte le vie di dolcezza nell'anno ii4i- Innocenzo scomunicò i tiburtini ; il Baronie però , ed il critico Pagi non ammettono che il buon pontefice s'inducesse a far uso di si fatto mezzo . E' certo poi, che la cittk fu stretta d'assedio dall'esercito romano. Andiede a vuoto in quella stagione 1' impresa, perchè i ti- burtini con uno stratagemma disfecero i nemici: raccolsero nel clivo della porta del colle ben chiusa , e bituminala volume abbondante di acque derivate dall' Aniene , e toglien- do poi all' improviso i ripari fecero sboccare contro gli as- sediami u% torrente impetuoso, che gli obbligò a fuggire.

Istoria di Tivoli i43

ed a lasciare in balia de' Tiburlini il campo ed il bagaglio. Cosi nell'anno seguente 1142. senza cimentarsi a nuovi, e più gravi disastri poterono conchiudere una pace onorevole prestando giuramento di fedeltà al Pontefice . H Muratori ;>el primo lih pubblicato la formola di questo giuramento , e le giaceva sconosciuta in un registro di Cencio G\meru-io . Qi ;- sta pace dispiacque a' Romani , che inaspriti dilla soiFerLa sconfitta avrebbero voluto veder duramente umiliata , ed an- che distrutta la città rivale . Il mansueto pastore Innoce? /.o non volle aderire a pretensioni così disumane ; quindi i ilo- mani eccitarono una sedizione , e correndo al Gampido;;!io ristabilirono l'antico ordine de' Senatori, ed intimarono n ìd- vamente la guerra agli abboniti Tiburtini . Il Pontefice Euj;e- nio III. travaigliato dagli Arnaldisli profittò di questa discordia , e col soccorso delle milizie Tiburtine astrinse i pertinaci Ilo- mani a chieder pace . Ma non trovando in Romi ancora agi- tata quella tranquillità, che bramava, si ritirò in Tivoli , di cui aveva sperimentato l'attaccamento, ed ivi rese lo spirito a Dio il giorno sette luglio del ii53. In questa città trova- rono riposo , e sussistenza Adriano IV. colla sua corte , e Fe- derico I. detto Barbarossa colle sue genti in occasione , che nel ii55. si ritirarono da Roma nuovamente sollevata per la coronazione dell'Imperatore avvenuta senza il concorso del la romana magistratura . In tale circostanza i Tiburtini si presentarono colle chiavi della città all' Imperatore , che volentieri accettò P offerta , ed il giuramento fedeltà . Per soli riflessi polititici , e di mala voglia egli si arrese alle rimo- stranze di Papa Adriano , e sciolse i cittadini dal giuramen- to prestatogli , esortandoli all' obbedienza verso il Poiit(;lì;;e sn/uo manente Iure Imperiali, conforme si rileva dal di- ploma riportato dal Baronie , e da altri . Tuttavia in ricono- srenza verso quel Popolo permise Federico , che Tivoli potesse portare nel suo stemma 1' Aquila Imperiale per pri-

G. A. To. IV. 10

i/\6 Letteratura

vllegio , di cui la città è tuttora in possesso : dilatò inoltre il riciato delle mura dalia parte di occidente , ed anche ver- so la porta de' prati , e le fortificò con fossa , e con torri .

Lib. XL

Fedeli alla chiesa romana si mantennero 1 Tiburtini nel tempo dello scisma , che nel Pontificato di Alessandro III. fu suscitato dall' ambizioso Cardinal Ottaviano; nel 1188. il Pon- tefice Clemente III. ri usci a ristabilire la buona armonia col Senato , e Popolo Romano . Vien riferito dal Baronio , e dal Muratori il diploma di pacificazione , che fa testimonianza dell' astio inveterato de' Promani contro i Tiburtini e Tu- sculani di loro vicini . Poiché riguardo a Tivoli fu pattui- to, che il Pontefice non impedisse la guerra , che il popolo Romano volesse muovergli nuovamente : Tibur non recipie' tis ad detrimentum , et damnum Urbis ', sed si Tiburtìnos impuziare voluerimus , non facietis nobis contrarium . Il Tuscolo poi fu lasciato in assoluta balia del Sena to anche per atterrarne le mura, e le fortificazioni . In questa circo- stanza i Tiburtini per una singolare fatalità unirono le lo- ro forze coi Romani per 1' espugnazione , e distruzione del Tuscolo . In benemerenza dell' efficace soccorso fu accordato al Confaloniere Tiburtino il privilegio di precedere su bian- co cavallo col vessillo del popolo Romano le insegne de ' tredici rioni nella celebrazione degP antichi spettacoli di Te- staccio ; inoltre in segno di vittoria trasportarono a Tivoli due famose statue di marmo Egiziano, che sostenevano l'ar- chitrave della porta del Tuscolo , quali oggi si ammirano nel Museo Pio dementino . Sotto Celestino III. nell' anno 1 196 1' Imperatore Arrigo scese in Italia con forte esercito , e per essere in grado di reprimere i movimenti de' rivoltosi Regni- coli si trattenne qualche tempo in Tivoli , che stimò un' ec-

Istoria di Tivoli 147

celiente stazione militare . Sul principio del secolo duode- cimo la città di Tivoli fu onorata dalla presenza di San Do- menico , di San Francesco d' Assisi , e delli due Pontefici Onorio III. , e Gregorio IX . , che vi si rifugiarono 1' uno per le nuove inquietezze de' Ronfani , 1' altro per 1' invasio- ne di Federico II. La preponderanza delle forze di quest' Imperadore costrinse i Tiburtini a desistere da un' inutile di- fesa : cedendo all' impero delle circostanze , dopoché il Ponte- fice Gregorio si ritirò altrove , aprirono nel 1241. le porte ai Tedeschi . Si rinnovarono cosi le antiche ostilità fra i Tibur- tini soggetti ai Tedeschi , ed i Romini partiainui del Papa . Fu dato reciprocamente il guasto dalle genti degli uni nel territorio degli altri . Disperando ì Romani di soggiogare un popolo cosi agguerrito , interposero nel i454 la mediazione di Alessandro IV per un trattato di pace , Cominciò a maneg- giarlo Andalò senatore di Roma , e lo condusse a buon termi- ne nel 12 56 Manuelo de Magis , che gli era stato sostitui- to . L' atto solenne però non venne firmato dai rispettivi deputati se non li y. Aprile isSq. Con esso i Tiburtini con- servarono le proprie leggi, il dritto sulla vita de' Cittadini riservato al Magistrato civico , 1' appellazione in ultima istan- za al capo milizia del popolo ; ma dovettero cedere a Ro- ma la rettoria della città , ricevere un conte , o podestà nominato dal Senato Romano , ed obbligarsi a pagare un annuo censo di mille libre ( scudi ducento circa ) da ripar- tirsi tra li Frangipane , ed altri danneggiati nelle frequenti scorrerie. Così perdetlei'o i Tiburtini l'antica politica indi- pendenza , e se non divennero sudditi di Rpma , ne riconob- bero almeno la giurisdizione , mettendola a parte del Go- verno . Nondimeno la sorte di Tivoli fu meii dura , e più tollerabile in confronto di tante altre città del Lazio, che per effetto de' politici sconvolgiinenti o soffrirono 1' eccidio to- nale , o furono preda del nascente sistema feudale .

10 *

j4S Let ter Atura

■'Cinque anni appresso i Tiburlini seppero coniggiosa- mente resistere alle lusinghe, ed alle miiiaccie di Manfredi, che si era inoltrato ad occupare con forte esercito le Provin- cie Romane in odio di Clemente IV , che aveva promessa rinvestitura delle due sicilie a Carlo d' Angiò Duca di Provenza . Onorio IV. eletto nel I285. amò il soggiorno di Tivoli , lungamente vi si trattenne , e vi spediva gli affari più interessanti . Porta la data di Tivoli il breve di Onorio , che toglie l'interdetto, al quale i Viterbesi erano stati sot- toposti per gì' insulti fatti ai Cardinali nell' elezione del pre- decessore Urbano . Forse per ottener la grazia si valsero util- mente i Viterbesi di quell' antica e costante alleanza , che mantennero a mutua difesa coi Tiburtini allora ospiti del Pon- tefice Onorio , della quale rimangono ancora le memorie negli antichi statuti delle due città . All' incontro Tivoli fu mol- to odiata, e travagliata da Bonificio Vili. , poiché in essa tro- vò asilo , e sicurezza la famìglia de' Colonnesi dopo la distru- zione di Palestrina . Ma 1' irato Pontefice non istimò cosa pru- dente di cimentare l' esercito crociato all' assedio di una cit- tà così forte , e di un popolo cosi agguerrito . Nel corso del secolo XIII. furono stabiliti in Tivoli i religiosi dell' or- dine di S. Domenico e di S. Francesco, e fra questi ultimi si distinse quel Fra Leonardo da Tivoli , che fu dichiarato In- quisitor generale da Nicolò IV. , e rese importanti servigj alla santa Sede nelle legazioni di Sicilia , e di «Spagna in fa- Tore degli Angioini.

Lib. XII.

Sul principio del Secolo XIV. i Tiburtini diedero argo- menti dì prudenza , e saviezza nella compilazione del patrio sthtuto , che venne fuori l'anno i3o5., e di una Pramma- tica contro il lusso rovinoso delle donne emanala nel i3o8.

Istoria di Tnou 14^

Ma le fazioni furono la sorgente fatale della di loro decaden- za . Seguirono insieme cogli alleati viterbesi ii pa.-lito dei Colonnesi Ghibellini contro gli Orsini di parte G i .'f:. Distrus- sero circa l'anno i3oo. il castello di Ampigiioni; , che ap- parteneva agli Orsini , e che nel i3o8 fu rifabbricato dai fi-li di Fortebraccio nel luogo dell' odierno Castel Mad ima . Arri- go di Lucemburgo dopo aver nell'anno i3i2. oUeiiiito in Ro- ma la corona Impellale fu astretto a ricoverarsi la Tivoli dil- la fazione Orsina sostenuta da Roberto Re di Nipoti , e ne- mico dei Ghibellini . Vennero appresso ad Airi\,'i gli amba- sciatori di Federico Re di Sicilia, ed in Tivoli istessa venne firmata 1' alleanza offensiva , e difensiva fra li due sovrani . Anche Ludovico il bavaro si portò , e si trattenne alcuni gior- ni in Tivoli nel 1828 mentre marciava ad investire il re- gno di Napoli . Intanto 1' esercito del re Roberto scenden- do dagli Abruzzi devastava li stati degli Orsini : assediò An- tiboli , e mise a ferro e a fuoco Sambuci . (6) La pru- denza dei Tiburtini seppe evitare quella tempesta , ottenen- do un armistizio colla semplice somministrazione dei viveri , de' quali 1' armata Napolitana aveva estremo bisogno .

Sotto il Pontificato di Gio. XU. (^7) la chiesa di Tivo- li avea per vescovo Giovanni religioso minorità , concittadi-

(6) Coavicn qui supporre , elie i Castelli degli Orsini fossero oailuti in potere del Ba\raro , altrimenti tion si potrebbe concepire (•ome le truppe di Roberto attacoassaro gli stati de' partigiani diluì; cosi pare , che debba intendersi Io storico dell'Aquila presso il Mura- tori Aiitlq. med cut'. Tom. 6.

Et pochi di questo la Duca se partio Con la sua Baronia ad Alue se ne gio , ,, Et nui "ommo ad Anticoli per lo commando sio Lu Bavaro partisse da poi , che lo scotio t, Granne paura hebe Tivoli , che loco non gessemo ec.

(Nola del Compii. )

(7) Deve leggersi Giovanni X/Yil. in vece di Xll. come sta forse per tipografica iiiesattezira ( Nola d'il Camp. )

j5o Letteratura

no , e discepolo del famoso Fra Michele da Cesena gene- ralvs dell'ordine , che ùell' Episcopio di Tivoli fu accolto, e si ln,Tltenne nel tempo , che vi capitò Ludovico il bavaro . Queste circostanze potrebbero far sospettare , che il vescovo Giovanni avesse aderito all' Imperatore , ed all' opinione del maestro fra Michele intorno alla celebre questione sulla po- vertà di Gesìi Cristo. Ma l'assoluto silenzio delle bolle Pa- pali contro fra Michele , e suoi fautori , e quello di tutti li istorici persuadono , che il vescovo Tiburtino non si dipartisse dalla sana dottrina e dall' obbedienza al Romano PonteGce . Ricevettero i Tihurtini replicati , e lusinghevoli inviti dal celebre Tribuno Cola di Rienzo , perchè si unissero a soste- nerlo (8). Quando egli tornò in Italia come inviato Pontifi- cio , lo riceverono , e secondarono con tutte le forze nell'at- tacco proposto , ma non eseguito , contro Palestrina difesa da Stefimello Colonna . Dopo la morte del Tribuno vi fu guerra per alcune terre fra i Tiburtini , ed i monaci sublacensi , di cui entrambe le parli si attribuirono la vittoria : tutto ri- mane nelr oscurità , ma non v' ha dubbio , che fu sparso del sangue nelle pianare del così detto campo marzo presso Su- blaco . Nel i36o. fu in Tivoli data stanza ai monaci Olive- tani, e nel 1268 . venne istituita la benefica compagnia dell' annunziata. Altre sanguinose risse vi furono circa il 1872. fra il conte Corrado signore di Anticoli , e li Tiburtini j che ve- rosimilmente ebbero la peggio , avendovi perduto la vita il di loro comandante Meolo Andreozzo Riccardi .

Quando Gregorio XI . deliberò di venire in Roma per riparare li tanti disordini originali dalla lontananza della S. Sede, Tivoli ancora si annoverava fra le poche città fedeli.

(8) Si tace qui ciò , che frenncnmcntc scrisse il Kicodcnii , cbe Tiburtas ut ccetcri popidi ei mlliecscruiit . ( Nola dal Compii. )

Istoria di tivoli i5i

ed in armonia co' Romani . Perciò li deputati Tiburtiai fu- rono invitati , ed intervennero alli consigli secreti , che si ten- nero in Campidoglio per regolare gli articoli delle domande da proporsi al S. Padre all' occasione della di lui venuta in Roma . In questo mentre la carestia , e quindi la peste af- flissero successivamente la città di Tivoli : dalla prudenza , e zelo che in si dolorose circostanze spiegarono i magistrati Ti- burtini , si dovette ripetere la pronta cessazione di questi fla- gelli . Dopo la morte di Gregorio il Senato Romano nominò Filippo de' Rufìni vescovo di Tivoli fra li deputati alla cu- stodia del conclave , in cui avvenne la contrastata elezione di Urbano VI . , onde ebbe origine 1' ultimo scisma di occiden- te , Per mantenere il buon' ordine , e la sicurezza i Tiburti- ni armarono una truppa regolare di quattrocento uomini ; richiamarono alla patria sotto gravi pene que' cittadini , che si erano posti sotto le bandiere delle diverse fazioni; e quin- di per mezzo una deputazione invitarono il Pontefice Ur- bano a passare nella di loro città l'estiva stagione del 1378. Di fatti vi fu ricevuto con generale esultanza nel giorno a6. di giugno , e trattato splendidamente ; vi tenne altresì un publico concistoro , in cui confermò 1' elezione di Venceslao figlio di Carlo IV. Re di Alemagna , e lo dichiarò futuro Im- peratore . Per rimpiazzare li cardinali ribelli ne fece una pro- mozione di ventinove in Roma , in cui ritornò li 29. ago- sto , e non già in Tivoli , come suppone il Fleury (9). Fra li nuovi Cardinali vi fu anche il vescovo Tiburtino Filippo

(9) Non troviamo , che Fleury sia incorso ia simile abbaglio ^ Se dopo descritta V andata di Urbano a Tivoli non fa menzione espres- sa del ritorno in Roma prima di narrare la promozione de' Cardinali, non asserisce però , che in Tivoli seguisse : anzi enumerando fra i nuovi Cardinali Rinaldo di Monteruc vescovo di Sisteron , e nipote del cardinal di Pamplona amico di Urbano, soggiunge, che Rinaldo andò a Roma , doi'e il nuovo Papa fece Cardinale aacor lui . Lib. 97. Jtrt. 55. ( Not. del Cuinpil. )

iBa LEtteraturX

do" Rufini uomo di gran fermezza e facondia , che percorrendo 1' hqjia come legalo di Urbano , cercò di mantenere nella di lui obbedienza le vacillanti popolazioni contro li sforzi di Cle- mente VII. (i). Le schiere de'Tiburtini sempre costanti in sostenere la causa di Urbano si distinsero nella battaglia sotto Marino contro i Brettoni guidati dall' ardito avven- turiere Bernardino della Sala , che con mi nipote di Clemea- te VII. vi rimase prigioniero . Con pari intrepidezza tornarono aJ attaccare quel Corrado signore di Anticoli e partigiano de- gli Orsini , dal quale nella precedente guerra avevano ricevu- to un brusco trattamento . Ne sbaragliarono le genti ; e lo stes- so Corrado rinchiuso nel castello fu costretto ad arrendersi , ed accettare la l«gge dai vincitori . Quindi marciarono i Tibur- liiii contro gli stati degli Orsini stessi , e dopo aver superati una quantità di castelli , espugnarono Tagliacozzo feudo e rocca pricipale di quella potente famiglia j discesi nella pianu- ra riportarono contro le truppe dal conte Rinaldo Orsini una completa vittoria, e sopravenendo l'iuverno ritornarono ai loro quartieri con immenso bottino . Si facevano già tutti i preparativi per la nuova compagna del i385. quando la pro- videnza permise , che fosse sorpreso , e fatto prigione dalle milizie degli Orsini Angelo Brunelli de' Cancellieri dotto cano- nista Tiburtino , ove erasi recato a diporto . Il Conte Ri- naldo lo trattò con tutti i riguardi , e lo rimandò in pa- tria libero , e munito di ampie facoltà per trattare un' ac- comodamento . Parlò questi in pubblica adunanza con tan- ta eloquenza sui mali , e pericoli della guerra , che venna

(i) Gioi'dìini Gìuslinicmi nella Sforici </e' Vescovi^ e Governato- ri (li Tivoli assicura , che nell archivio Ej)iscoi)iilc si oooservano ma- n()«oritlì gli atti «li un Sinodo cclebr.ifo nel 1369. da questo zclan- ti-sitno vescovo, ne'quali ris|)lenflc la saviezza degli ecclesiastici rego- Jftnienti ( Nota del Compii. )

Istoria di Tivoli i53

concili usa la pace ad onorevoli cotidizioni : poiché i Tibur- tini conservarono 1' integrità delle prede , ed ebbero la ces- sione delia porzione del castello e territorio di Saracinesco, che spettava agli Orsini .

PiEiao Av. Ruga . Fine del Tom. II,

Ossservazioni sopra un Decreto Latino dclV Accademia Pesarese .

F , ,-

3- ra molti ornamenti di singoiar eocellenza , che distin- sero mai sempre 1' italiana letteratura , uno de' più nobili reputar si debbe quello pervenutole dal celebrato possesso, e dalla miglior cognizione delle latine proprietà ed elegan- ze ; il qual pruovasi ancora , a somma ventura ed onore del- la medesima , esserne il piti durevole e permanente . Impe- rocché da' tempi stessi del risorgimento de' buoni studj , e dalla corona di que' grandi uomini , che primi alzarono una bella face al mondo europeo, continuala veggiamo fino a noi la tanto benemerita scuola , per cui n' è dato , a pre- ferenza di qualunque altra nazione , attestarci nello scrive- re ffgli prediletti e discepoli veri dell' antica Roma . Tali certamente si mostrarono , toccando appunto 1' età nostra, ed un Giovenazzi , ed un Lanzi , ed un Morcelli , non che tan- ti altri valenti filologi , i t|uali , anche in mezzo alle remo- te occupa/ioni de' loro uffici > P'-odur seppero all' opportu- nità componimenti da non ritiiuarsi per alcuno de' pili ter- si scrittori dell' uUimo secolo repubblicano , e dell' augu- Bteo. Aggi u§ner- potremmo il novero, non Umjjhissimo in ve-

j54 Letttratura

ro , ma pur novero , de' ciotti e celebri viventi , che in bel- le patrie d' Italia calcano valorosamente le orme de' mag- giori j e d' ogni piìi pellegrina notizia fatto spoglio e teso- ro , ne spargon poscia i fiori nell' uso , con ingegnoso e leg- giadro accorgimento . Nuovo non è agi' italiani , che perfino nelle occasioni più screditate per le comuni poetiche inezie , come a cagìou d'esempio in quelle di nozze, traggonsì lai- volta in luce lavori , che otterrebbon maggior plauso , e fa- rebbono assai più lungo strepilo su' giornali , presso popoli meno ricchi , e che noi dimentichiamo facilmente , nel vol- gerci ad altre cose , o nella non curanza , tutta propria del- le dovizie . Non ebber quindi a cercar esempj lontani , ad immergersi in aliene od inusitate ricerche , gli eruditi ac- cademici di Pesaro , i quali onorar volendo nello scorso maggio un loro concittadino , che nell' arte di comporre in musica ollremodo si distingue, racchiusero acconciamente le deliberazioni fatte in un ben concepito ed elegante latino decreto. Sarà questo, agli occhi de' retti estimatori , mo- numento più pregevole e perenne di qualsivoglia marmo o metallo j e formerà mai sempre il massimo vanto e dell' en- comiato , e degli stessi più che saggi poeti dell' encomio . Pervenuto esso per mezzo delle stampe a quanti coltivano le vetuste maniere , ed al numero anche maggiore di quelli elle ne gustano e ne amano la lettura , ottenne meritamen- te 1' universale approvazione . E fu perciò recato con molta lode da varj fogli letlerarj , e dalla gazzetta di Milano, N. iy'2. de' "il. giugno dell' anno corrente .Piacque tuttavia ad una persona d' alzarsi a censurarlo , o piuttosto a malme- narlo gravemente , nel N. 182. della stessa gazzella del 1. luglio . Noi ci accingiamo di buon animo a ribatterne gli ostili attacchi , e le fogge stesse delle armi principali , che riuscironci veramente inaspettate. Ciò faremo, e per- chè iti cosa di tanto nazional decoro a\ false dottrine liba-

Decreto Agcad. Pesarese. i55

ro il corso non dee permettersi , e premunir conviene contro di esse 1' inesperta gioventù ', ed acciocché gì' intelligenti scor- gano quanto sien solide le composizioni di coloro , che su antichi esemplari le formano; quanto, a chi l'ingegno ap- plicar voglia e le fntiche , notissimi si presentino i più deli- cati modi , e le minuzie tutte di una lingua , la quale per- ciò viva può dirsi , a ritroso della erronea opinione di alcu- ni moderni filosofanti . Per noi sarà questa solo una lie- ve zuffa , ed un accennar piuttosto che prodiu're in opera sili campo i tanti mezzi di gloriosa difesa , de' quali abbon- dendevolmente andiam forniti da classici e rinomati arsenali : ma sarà nello stesso tempo zuffa tale , che ponga i lettori in istato di giudicar per loro medesimi , da qual parte stieno 1' eleganza , il buon gusto , e la ragione . Ecco il decreto , di cui si tratta :

PISAVRI . IN . SCUOLA . CVLTORVM MINERVAE. APOLLINARIS

vili . KAL . IVN . CI3 . 13 . eco . XIX . SCKIBVNDO . ADFVERVNT PETRVS . PETRVCCTVS . PROMAGISTER . DOMINICVS . PAVLLIVS . AB . ACTIS FRANCISCVS . CASSIVS . PRAEF . TABVLARIO . ALOVSIVS . CIACCHIVS QVAESTOR

QVOD . FRANCISCVS . BALD ASSIKIVS . ALEXANDER . PEROTTIVS . XIIVIRt CHRI,STOPHORVS FERRIVS . SALVATOR . BETTIVS . DECVRIALES . DECV RIAE . YV . FF . DE . IOACHIMO . ROSSINIO . MAGISTRO . PHILARMONICO N . TEMPORIS . PRIMO . QUI . GLORIAM . NOMINIS . PISAVREN . VEL . APVD EXTERAS . NATIONES . PBOPAGAVIT . IDIRCO . Q . GRATVM . ANIMVM PRODERE . OPVS . SIET .Q.D.E.R.F.P.D.E.R.I.C

QVOM . IOACHIMVS . ROSSINlV^S . PISAVREN . IN . MVSICA . FACIENDA DOCENDA . Q . LAVDEM . OMNEM . SVPERGRESSVS . SIET . PLACERE . VI RVM . SCIENTISSIMVM . ABTIS . SVAE . IMAGINE . QVAE . VIRIS . MAXIMIS TANTVM . DECERNI . SOLET . ATQVE . EWGRAMMATE . IN . SCUOLA . N VIRTVTIS . CAVSSA . BONARI

VNIVERSI GENSVERVNT

1^6 Letteratura

Incomincia il critico la stia diatriba dal temere che alcun indiscreto potesse per avventura riclii-dere , avanti la data dell'anno , la precisa parola ANNO o AN. ; e potesse ancora disapprovare quelle note numerali piìi antiche , derivate , die' egli , dalla colonna rostrata di Duillio . > Non apparisce bene se il preteso indiscreto sia una persona sottointrodotla , quale amarono talvolta i vetusti oratori , o se sia egli stesso il critico , che quasi ricuopre la propria vergogna per la debolezza de' primi assalti. Comunque però no sia , abbiamo in pronto anche su questo articolo degli ottimi argomenti , onde soddisfare al- la i/i^/^C7'esj"o«e di qualsivoglia grammatico Alessandrino. Troppo è noto , non aver contrasegnato gli antichi roma- ni i loro anni , che co' nomi de' consoli ; e quindi se alcu- no volesse pur trovare l'era ah urbe condita con l'enun- ciazione dell' AN. , avrebbe un i)ello e lungo rivolgersi, rinvenir lo potrebbe in più di 'junltro o cinque marmi . I fasti consolari capitolini , moiuimento pubblico superiore ad ogni eccezione , notano costantemente la detta era , sen- za mai premettervi ANNO. Di tante città greche e lati- ne , le quali segnarono la loro epoca sulle medaglie , o auto- nome o imperiali , che raccolte veder si ponno presso il la- borioso Eckhel , ed accresciute presso il benemerito Mion- net , la decisamente mnggior p^ite ila adoperato i soli nu- meri , ommesso ogni L. ( yyv.'.^f'a.vra^ ) ed AN . , o A . Da ciò dedurremo in conseguenza , essere stato arbitrario e libe- ro agli antichi l'uso e il tu.n uso della sigla aniiale , uso che molto piti ess^n- devt; liberi) ed arbitrario oggidì ,• men- tre, la Dio mercè, regnando tra' popoli civilizzati una sola era , non può cadere alcuna Oicurità o dubbiezza sulla espres- sione più laconica della medesima .

Cerchiamo poi con pena , troviamo ancora nella no- stra mente, ])er qual ragione rifiutar convenga le dignitose forme numerirhc di-iia (ujluuiia Diiilliana . Ser.nilo il pic- ciolo e comun pensare . fi m me Ut ad osi che in simili acca-

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deniiclie composizioai giusto sia tenere in mira i movlelli primitivi della lingua presa ad imitarsi , avremmo facilmente anteposto questa all'altra maniera della M. e D. , detta im- periale. Ma vorrà forse il censore , che a' positivi esempi del seool d'oro onninamente ci atlenghiamo , e non imbrattiain le carte ( ciò che tanti hanno fatto , e fanno tuttora ) con rancidumi , e fogge d'alcun secolo anteriori . Noi possia- mo tuttavia assicurare , che il cio ed i suoi connessi com- pariscono assai bene anche nell' età di Augusto , e dopo di essa ; come , a cagion d' esempio , nella bella iscrizione in travertino illustrata dal eh. Marini ne' suoi Monumen ' li Albani pag. i. Ci questa a conoscere le spese fat- te dal questore urbano Q. Pedio , per cinger di mura il bosco sagro di Giunone Lucina , essendo consoli P. Ser- vilio e L. Antonio . Una memoria si pubblica e solenne , posta nella metropoli , l'anno dopo la morte di Cicerone , da un magistrato figlio valente oratore , sarà ella bastevole a dissipare ogni scrupolo dalla dilicata coscienza del nostro indiscreto '{

Le macchine gravi per altro inventate contro il decre- to, e dirette dall' istesso critico , non hanno principio che alla linea ottava ; nella quale ei crede di colpire e stra- mazzare quel deciiriales docuriae . Un sasso Gruteriauo ( XXXVL 6. ) sta nelle sue mani . Pria di scagliarlo , de- cide , che in esso regge ottimamente il decurialis decuriae luliae ; poiché se L. Arazio Febo avesse detto di essere sol- tanto decuriale , niuno avrebbe capito di qual decuria : men- tre al contrario nello psefisma pesarese . ciascun compren- de , appartenere i due soggetti nominali in ultimo allo stes- so ceto coi primi . Concediamo poter sembrare questo un gran fendente^ ma proveremo abbastanza , che va disgra- ziatamente all' aria . Riflettasi , esser piaciuto a que' signoLÌ distinguere il loro collegio in due ordini di magistrature j

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ahr^ maggiori , come il quadrumvirato ; altre minori , de' do- dici ( XII. VIRI ) i dopo le quali i restanti dicoasi plau- sibiimeute decuriales , e negli anliclii coUegj assai più nu- merosi , anche plehs ', cioè coloio che rivestiti non sono d' alcuna carica , o amministrazione attuale . Pretenderebbe forse il critico chieder conto di un simile accademico ar- bitrio j o vuol piuttosto il decurialis senza decuria , e la decuria senza decurialis ? In questo caso apra egli le gran- di raccolte lapidarie , scorra diligentemente quanti marmi gli cadon sott' occhio; e vedrà il decurialis non andare quasi mai disgiunto dalla decuria , e la decuria sola rimanere in costruzioni ed incidenze diflerentissime dalla nostra ..

Promuove poscia ad attaccar di fronte il VV. FF. , cioè verba fccerunt ; quasi che fosse un malvaggio soldato di nuo- va leva . Nella età erudita , dice il censore ( e vuol di- re nella età più antica di Roma ), scriveasi Cos., Ces . per esprimere Consulibus , Censoribus ; e ne' decreti V. F. per verba fecerant , come nel Grutero ( 499* i^- ) Q"ori^ Teiburtes V . F. E' piacevole cosa il vedere ora tanto zelante degli arcaismi colui, che n'era poc'anzi si nimi- co. — Il documento però , al quale egli si appiglia , è sta- to condannato di falsità dal Maffei ( Art. cric. lap. pag. 160. e 344- ) Ed un gran nome , non che le ragioni per lui addotte , e facilmente ampliabili , potrebbero determinar- ci a seguirne le tracce , ed a concludere , che il V. F. per verha fccerunt di un solennissimo impostore, nulla pruo- va contro di noi . Ma no : riconosciamo quel monumento per legittimo . E di fatti esso è stato abbastanza ben di-» feso da' dotti Fabretti e Morcelli (^de stilo , pag. 3y8. ). Sen- tiam di più, che l'esimio Visconti ne abbia meglio soste- nuto l'autenticità , nella sua Iconografìa Latina . In una inve- terata solitudine non essendoci concesso vedere quell'opera , esporrem liberamente il nostro proprio giudizio sul famor

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so cosi detto Senatus consulto ; e sarebbe pure per noi il bel compiacimento , che le induzioni nostre s' incontrassero con quelle del sommo interprete d' ogni antico arcano . A nostro avviso vuoisi riguardare la preziosa tavola , non già come una porzione degli atti del senato , o un senatus consulto , del quale mancano in conseguenza le forme ; ma bensì come un transunto di essi atti , ridotto in bronzo , a maggior sicurezza forse de' liburtini stessi , e contenente so- lo la stretta risposta , che il pretore portò loro da parte del senato . Quantunque altri abbiano spiegato quel V. F. me- no male in seconda persona per verba fecistis , supponen- dolo retto dal nominativo Tiburtes, ciò tuttavia rimane ugual- mente assurdo che la spiegazione verba fecerunt , cui cre- diamo tutta propria del critico ; mentre formerebbe la de- gna costruzione l'os Tiburtes verba fecerunt , et pìirgavistis . Niun uomo esperto delle romane leggi e costumanze con- cederà mai , che i tiburtini abbian potuto verba facere in un atto del senato . A chi attentamente consideri , di- scende per ciò molto chiaro , che il nominativo L. Corne- lius prcetor ha due verbi , senatum consuluit , et verba Je- cit, F. F. ; e che il nominativo Tiburtes agisce sul solo vos purgavlstis . La trasposizione poi del V. F. verba fe- di , dopo il principio dell' arringa Quod Tiburtes , è tanto conosciuta e naturale a chiunque riferisca le altrui paro- le , che tralasciamo di recarne esempj . D' altronde la rispet- tabile antichità delle sigle, o abbreviature con lettere rad- doppiate , pel plurale , era già stata posta in sicuro dall' istes- so dottissimo Visconti ( Monumenti Gabini , pag. i^3. e segg. ) . E potrebbesi a nostro parere convalidare ancora , ed accrescere alquanto . Basti per ora 1' avere accennato all' uo- po tutto ciò succintamente . In tal guisa il grande argo- mento murale , che formidabile minacciava quel tapinello di W. FF. , cade sine ictu a terra .

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AJ impeto non minore veggiam quindi esposto il phi' lannoìiico , qual gieco spacciato , non mal ammesso a ro- mana cittadinanza; e vorrebbonsi a lui sostituiti il syinpho- Ilìaco ed W phonasco , ascritti a quella , credo per beneme- renza in verso i vincitori della loro patria , fino da' tempi della guerra acaica . Nulla qui vale la parità d' origine de' tre vocaboli : nulla gli esempj di Cicerone , del povero Vi- truvio , e di altri non pochi scrittori dell' aureo secolo ; ed in conseguenza meno del nulla le auloritJ» e del precetto- re di ogni eleganza Morcelli , e dell" osservatore di ogni ac- curatezza Schiassi . Esaminiani dunque in vece 1' abitudine de' novelli triarj . Pel sYinphoniaco , non è a dubitarsi , che tanto il sig. Rossini quanto ciascun uomo anche di me- diocre latinità , riconoscerebbe in esso piuttosto uno di co- loro , i quai servono nella maravigliosa istromentatura da fia- to delle sue orchestre . Pel phonasco , avvertiremo eh' egli si ha soltanto per un maestro di declamazione , o per un in- tuonatore degl' inni . Nel primo senso presso Svetonio ( in augusto , cup. 8.[. ) Pvonunciabat dulci et proprio quo- dain oris sono , dabatqae assidue phonasco operam . Js e nini vocein intorqiière , reinittere , leni/e , esasperare do- cebat . Nel secondo presso Sidonio Apollinare ; ed equiva- le al prcecentor , che noi spuliamo tutto di e ne' cori del- la chiesa e nelle turbe delle grandi arie teatrali . Da ciò è chiaro, che ninno de' due prediletti grecoli potrà giam- mai signi Qcare colui qui niodos f'ecit , secondo la frase che conosciamo in Terenzio .

Si vorrebbe in seguito comandare tra le file degli avver- sari , il che penso non sia mai avvenuto al mondo ; e fare che il nostri teniporis cedesse il posto al sui temporis pri- mo . Quale crederemmo noi eh' esser potesse la ragione 'li ciò? Forse che il sig. Rossini , inoltrato negli anni , s'abJiia a riguardare per coetaneo di Anfossi , e di PaisioUo ? Mai

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no. Riconosce il critico la gioventù del m'^estro pesarese: e la ragione del sui temporis si è , che tra gli accademici parlanti avervene puote qualcuno , o parecchi anzi altempati che no . Concede di più , che il sui temporis s' adoperava dagli antichi , perchè gli elogj venivan fatti a' defunti . Da que- ste premesse ci sembrerebbe conseguirne unicamente in buon raziocinio , che il maestro Rossini , se per fortuna non è de- gli attempati , è almeno degli estinti , degli onorati eoa elo- gio . Comunque però la faccenda sia per andare da una par- te , le bizzarrie minaccian dall' altra di produrre le fedi del battesimo j per le quali ed il maestro ed i signori dell' ac- cademia tutti risulterebbouo al certo , non già nipoti , ma bisnipoti dell'apparente fresco e vegeto patriarca sui temporis^ Sull' apud exleras nationes pronunciasi sentenza , ch« l' iscrizione sarà precisa quando lo stesso maestro abbia fatto insigni opere teatrali fuori d' Jtalia , ed ivi abbia riscossi plausi universali . Dunque un italiano maestro non sarà cclebie , non propagherà la gloria del nome patrio , se non recossi a compor- re in Londra ? Dunque Machiavelli , Galileo , Cìvalie- ri, Tasso, perchè non poser mai piede fuori d' Italia , dir non si potranno da noi tenere per arapllatori degl' itali vanti presso tutte le straniere nazioni ? 'Ma forse frat- tanto il predoajinio delle musiche di Rossini è ristretto real- mente al di qua delle A4pi ? No certamente . Elle si cara- tano , più che altre di parecchi maestri , in Parigi , in Vien- na , in Pietroburgo, in Odessa, nella Spagna, in Barcel- lona . I tedeschi stessi frattanto, per l'estensione de' molti filarmonici popoli , ne' quali sono divisi , lasciano le loro vivaci e strepitose sinfonie , onde sentire le vivacissime e strepitose di Rossini . Non è egli questo un raccoglier plausi universali per tutto colà ?

Da cotanta ferocia guerresca , e dalla sostenutezza di ^H Radamanto , si discende ora ad u;i.i isclwiiltà nlù che G. A- To. iV. j i

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femnilaile . Il dllicalisslmo orecchio del critico giudica du^ retto l' avverbio idcirco , o per congiunzione lapidaria id~ circoque , e bramerebbe 1' altro più blando ideorjue . Teme- te per ciò , e temete assai da organi siffattamente leziosi ed irritabili , o voi compositori d' iscrizioni , ed ' anche o voi poeti della per altro soavissima nostra favella , se mai v' accade di porre una r avanti la e. Che per 1' orrore di quel de , la pronuncia del , che dolce suo- na , ho provveduto da buona pezza , e lo ammollisce in due e . Lasciimo nella barbara loro durezza quanti anti- chi autori di lapidi , quanti oratori hanno detto id circo . Non vennero costoro a parlare che per M. Grasso , il quale surdaster erat .

Proseguendo , richiederebbe il censore un cenno , versQ chi era d' uopo manifestare riconoscenza . Sarem costretti a credere , essersi egli avvisato , che 11 decreto fu steso a fa- vor del bidello , o di altra persona honoris caussa non no- minata . Ma per chiunque abbia fior di senno, tutto il contesto fa scorger pure limpidissimamente chi sia 1' uomo , a cui si professa gratitudine ; e se v'ha una ellissi nel mo- do adoperato, ella è una di quelle, che formano appunto il principal vezzo , e la proprietà delle frasi lapidarie , ed anche de' testi migliori. Un esempio gravissi(no di questa figura veggasi presso il Visconti (^Monutn. Gabini, png. 88.) ', e vi si ammiri la perspicacia di ([uel grande ingegno. Pel conto nostro , ciascun erudito rispetterà i decurioni di Ga- bio de' buoni tempi degli Antonini , come bastevolmcnte instruiti in grammatica e latinità . Del solo nostro critico saranno i capitali , onde non conoscere l'ottimo e moderno latino di Pesaro , e di altri paesi .

Inciampa eziandio, non già nell'arcaismo, ma nella ret- titudine àcW' opus sict ; polciiò , die' egli , quando fa d' uopo eseguire una cosa, cessa il merito della spontaueiià . Gli

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pare che qualor fa di mestieri 1' eseguire un' azione , inutile sia deliberare quid ea de ve fieri placcai ; giacché il placeat sembra ia contraddizione coli' o/>»«5 «ef . Risponderemo , che no j e no sicuramente , o egli vuol mostrarsi digiuno affatto d'ogni uman senso, e , ciò che più forse gli dispiacerà, d' ogni cognizione degli antichi componimenti di questo ge- nere , a noi pervenuti , per somma fortuna , e da' classici , e da' marmi . Che 1' opus est non sia lo stesso che necesse , glielo assicuri Catone ( ap. Senec . ep. g4- ) •" Einas , non, quod opus est , sed quod necesse est . Gliei ripeta Tullio ( Ep, fam. Uh. I. ep. 9. ) ; Legem curiatnm consuli fer- ve opus esse , necesse non esse . Provien quindi , che ne' più celebri ed eleganti decreti ( cosa ornai nota a' bamboli , ed al critico nostro almeno , come avevam supposto finora ) , dopo la proposizione dell' affare con un oporisrc , fratel mag- giore dell' opus siet , con un debeat , un rem venerandain esse , argomenti anche più stretti e calzanti , si passa alla formola interrogativa Q. F. P, D. E. R. e simile ; da cui e per cui soltanto , si giugne al solenne placare , alla final deliberazione , o come direbbesi oggidì , alla risolu- zion consiliare. ( Marceli, de st. pag. I95. , id. pag. 180., Cri'ut. CCCCì^III. 1. ) A questo norme appunto sonosi te- nuti egregiamente gli accademici di Pesaro : e queste sole norme a noi prefissero i maggiori nostri , tanto sovranamente ricchi d' intelligenza e di fino gusto , quanto un moderno , che contro di essi borbottare ardisca , è povero insieme e petulante .

Or proponga pure il nostro dittatore la sua formola di mutazione della prima parte del decreto: ma in essa, oltre P eleganza corrispondente , la condotta sia tale , che dopo un de indeterminatissimo , alla narrazione di avere il fonasco Rossini propagato il nome pesarese , si annoili immediatamente la domanda : quid de ea re (ieri placar et ?

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Scenda burbero ad esaminare l' ulllmo periodo del nostro , cbe per grazia ravvisi non, elaborato come i precedenll ; non permetta die una volta il maestro vi sia detto fiisau- ransis , trovandosi questa parola più sopra in altro caso al nominis . Noi lo faremmo disdire , pel Ptsauro , a' ter stimonj delie oneste missioni ( Fernazza, diploma di Adria- no , pag. 55. e. segg. )je per la semplice ripetizione , ad un ruolo almeno di soldati ; s' egli ha punto notizia di tali monumenti , Condanni come omeoteleuto facienda do- cenda , che non lo è , dovendosi leggere docendaque . Gi- corone ha adoperato spessissimo desinenze simili accoppiata . Cosi : Inenntis cetqtis inscitia ponstituenda et regenda pru- dentia est (^ prò domo :>.. ). Quod agendum et faciendum, est , non r scuso ( ///. de Ze^. 4^- ) ■^^O'-* ^S^ oratori ma- xima cauendujn et providendam pulo (^ de dar. orat. i35.) . Ma Cicerone , il ripetiamo , pel riformatore d' ogni latino e d' ogni sillogismo , è un barbaro , è uno di coloro del- l' idcirco . L' accademia evitò saggiamente il mal suono fa- ciunda docenda . E lo scribundo , di sopra usato , nulla conclude ; essendo ben molte le lapidi con una ortografia mista ed incostante , fra le quali nobilissima la citata delU risposta senatoria a' tiburtini , che per questa quasi sola ragione fu ingiustamente tacciata di falso dal troppo in ciò precipitoso scrittore Maffei . Docere miisicam significhi , al- la sola debolezza di un tal Ercole Musagete , il correre le città per darvi lezioni di musica . Aggiunga egli , esser cosa non decorosa il trailurre c©sì un tanto maestro . Addio ForocHini : Addio Schiassi : tu che credevi , potersi dire di un professore sedentario ! Cornelio Nipote ( picciolo autore per alcuni stolli ) n' avea scritto , che Dionigi te- bano musicavi docuit Epaminondam ( In pracfùt. et vi' ta ) . Dionigi avrà forse viaggiato , come i nostri maestri di teatro ; ma non si sa che trottasse mai per le città , cq-

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tne i ciceroni , o maestri di lingua , detti antiqtinrj . Schiassi ( Inscript . pag . il . ) quindi compose di dottore, qui patris et avorum laudem , in medicina facien- da docendaque , virtute sua cumulavit ; dove attribuito rettamente il facienda all'ufficio clinico , \\ docenda rima- ne al cattedratico .

Non resti pago della frase laudem omnem suprgres- sus ; e nello stesso tempo la riconosca di Oiiintiliano , che non é poco . La giudichi gonfia ; e s' ella è gonfia al di lui tatto , finissimo quanto 1' orecchio , saranno ben più che gonfie le seguenti ,• V^eterum principilm clementiam , fortiiudinem , magnijicentiam sUpergresso ( Grut . 286 . 5 . ) j flirtate et felicitate omnes retro principes super- gresso ( Grut . loaS . 1 ) ^ Omnes omnium ante se maxi- morum imperatorum glorias supergressus ( Grut . 260 4 ) Si vogliaa pur queste proprie d' iscrizioni ono- rarie : faccia egli , che nulla comprende , Un canone che non regge . Ma il decreto aver non dovrà la sua parte encomiastica : e le onorarie non traevansi elle , a ben riflettere , da quella parte appunto degli atti del sena- to , de' consigli municipali , de' coUegj ? // major omni laude , eh' ci sostituirebbe , non importa precisamente lo stesso che laudem omnevt supergressus ?

Inserisca una moral dottrina, vera e commendevole quanto le filologiche sue . Creduto s' era finora , che se fra gli uomini permetlesi la lode verso di alcuno , questa maggiormente conve- nisse a' buoni cittadini dell' islesso paese verso un loro concittadino. L' antesignano de' misopatridi ha deciso il con- trarlo . Secondo lui , coloro che stretti sono dalla comunan- za delle cose piìi dolci del mondo , freddi attender deb- bono 1' opinion pubblica ( ed intende certamente quella delle altre città ) sovra qualsivoglia loro confratello . Manifestatasi questa , possono essi allora vincere la grave

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modestia ; nggiusucndovi a maggior peso anco il loro giu- driio . Pel bene dell' Italia nostra , a cui non altro ri- serba , clie 1' adornamento particolare , e la emulazione universale di mille bellissime patrie , preghiamo il cielo , e speriamo , che un dogma di lauto ferina insociabilità noa trovi seguaci ammiratori .

Venga di nuovo a farne uu delitto dello spezzamento di due parole sulla fine della riga . In tal guisa egli si mo- stra veramente Ycrsatissimo nello studio delle antiche lapi- di . Sappia tult'svia, non trovarsene che beu poche, nelle quali siasi ossorvnta la splendidezza, é lo scomparto proprio delle epigrafi di un tempio, o di altro opus publicum . Le sepolcrali , e le onorarie , che costituiscono 1' infinita mag- gioranza , dopo alcune lìnee compassate ( seppure le hanno a pi.icere del critico ) , s' innoltrano generalmente , quando sieiio un lunghe , a riempire tutto il campo , ed a taglia- re all' occorrenza i vocaboli in due parti , secondo che si pratica nelle scritture . Del genere di queste , modellate in tutto alla foggia de' libri , aver si debbono specialmente i decreti, ed altre iscrizioni di atti, od istoriche ; come la legge repubblicana su' frumen latori , edita dal Muratori (^pag. 582, ) ; il seìiatus consulto contro i devastatori delle fabbri- che , già pubblicato dal Reiiiesio ( CI. J^II. 6. ) j il testa- mento di Augusto ( Grut. 23. ) j la celebre orazione del- l'imperador Claudio ( Grut. 5c2. )j ed altre molte. Che il nostro esimneta ignori que'preziossimi monumenti, det- ti oneste missioni ( e sappia conoscersene finora ventiti'è ); gli altri detti tavole ospitali , meglio elezioni di patroni ; i tanto famosi malamente nominati eenotafi pisani , che sono appunto decreti dell'evo augusteo ? ch'egli ignori persino le ineslimnblli memorie degli arvali , e le due vetuste leggi recate fra di esse alle pagg. 'jo. e io8. ; sulle quali for- mò le sole vere e profonde! istituzioni di scienza epigrafica,

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ed il suo trionfo , 1' immortai Marini ? Cosi pare certamen- te ; e per ciò noi tralasceremo d' accender luce maggiore a chi ama di vivere nelle tenebre .

Del resto ( sono precise parole del critico ), siccome il genitivo di quotìescumqne \iiole , generalmente parlando, esser anteposto al sustanlivo , così alla terza linea il leg- gitore rimane un momento esitante, prima di conoscere se artis suce riferisca al ìinaguie , ovvero a scientissi- munì . Confessiamo , -chf a qn';sto passo essendoci volti e rivolti più fiate dal!.- note ceosuiie .'».' iJocreio censura- to , e da questo a quella , abbls^n tf.uuU> fortemente , non forse il delirio comunimt» i! las^ anche a noi, per un fatai contagio, da tanti il.:!Ì£J , a'qa.-u siamo di- sgraziatamente intervenuti . Lasci; vmr.o il goindivo di quo- tiescuinqae , odi sua declinazione, o di caso da lui retto, e l'altro spauracchio dello scieutlssinius , come p?re , su- stanlivo , a muover le risa ad uno stoico trafitto da atro* cissimo dolor di reni . Sbalordivaiuo alla ima^ine artis suce ^ che per un Rossini altro non potrebb' essere , se non quat- tro righe delle più ardite biscrome . Il benedetto quotiescum- que non ci compariva da alcuna parte nel nostro decreto . Finalmente dopo lunga e più volte ricominciata medi- tazione , come avremmo fatto sopra un monumento o testo difficilissimo , scuoprimmo avere il censore preso il Q. fra due punti , giusta il miglior uso lapidario , dopo il docenda , per quotìescumque ; ed aver letto in conseguenza z Quoin Joachiinits Rossinius in musiar fadenda , docenda , qnotiescumqUe laudani omneìn supere^ressus sief; piacere vi- rum scientissinium ec. Ciò si av\;ilora daT' osservare , eh.' egli avea disapprovato una pretesa irjala consi-nanza in /a- cienda docenda ; non sentendo pr-r nulla i lai dell' aggiun- to meschinissimo que . Proponiamo a' doni questa nostra congettura , da tenersi j fiuchè essi non sapranno trovarne

tGS Letteratura

un' nltra migìicie e più ouoiifica per lo Strepsladc di Aii- stofrine ,

Ed un uomo , c^e saggi talmente strani ed^ incre- dibili di non veggenza in picn meriggio , e di abituai pa- ralogismo in ogni cosa, non essendo stato ancora efficace- mente ammonito da alcuno , ardisce di condannar come su- perfluo , sull'assertiva sua, un tantum, avverbio di limi- tazione, che forma l'intera proprietà e decoro dell' acca- demica onoranza, e sotto l'esclusiva del quale merita ben ©gli di cadere presso tutte le eulte e gentili societìi ? Ar- disce di biasimare, qual non elegante e non lapidario', l' ai- Otte epigranimnte , volendovi piuttosto cum epi gr animate i mentre non v' ha giovinetto rettamente incamminato pe' classici , il quale non senta quel primo di tutto pura ed alta origine , ed il secondo di un latino da trattatisti Ari- stotelici del secolo XII. , o XIII ? Ed ardisce cotestui d' av- visarne , esser pretta latina la voce imagine ( che il ciel ne lo rimuneri ), pel busto, aggiugne, che taluni dicono Iierm,ani , colla nomenclatura degli scarpellini ! Ardisce di giu- dicare • . . . , di profanar qua e sentenze latine , ed i precelli e il nome di un Morcelli ! Ombre venerate de' Vin- kelman , de' Marini , de' Visconti , degli Akerblad . . , . , voi tacete ! A che rivolgerci non possiamo ad implorar mag- giori effetti di lor giusta indignazione da' sommamente au- torevoli , sebben pochi pur troppo , vostri seguaci fra vi- genti ?

Ma per noi si continui nella imitazione di quelli , che ad esercizio di una sovrumana virtìi , soglion pure , in mez- zo alle turbe della insopportabilità più decisa , tranquilli mostrarsi , e scherzevoli ancora . Avventa il critico 1" ul- timo colpo contro il nostro decreto, proclamandone la chiu- sa mancante , o che almeno non esprime la sentenza con ogni chiarezza ; poiché , die' egli , seguendo gli esempli df

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gli aniiclil romani , accennnr si dovea , aver gli aceademi- ci decretato il busto colla iscrizione al maestro , non gik da maildarglisi a casa , ma da collocarsi nel ricinto dell' ac- cademia . E chi non conosce simili costumanze di tempi da jioi rimoti , ben difficilmente può rilevare questa Jispo* sizione dall'accusato contesto. Di non lieve stordimen- to e fastidio è a noi riuscito anche questo paragrafo ; so- lo per investigarne il significato, e la cervellotica prnvenien-» za . Da una parte ci maravigliavamo , come mai l' esamì- nator nostro , sia pur egli o presbitico o miope di som- mo grado , non avesse veduto quell' in schola nòstra , eh' i tanto chiaro e lampante. Dall'altra cercavamo, donde mai trar ne potesse il singoiar concetto , che 1' immagine fosse da mandarsi in pririsaione alla casa del maestro . Di que- sto costume ci pareva non esister vestigio nelle istorie di tutti i popoli : dell' altro conoscevamo la frequenza d' uso ed a' nostri tempi , ed agli antichi . Alla fine, per molte indagini e riflessioni , giugnemmo a comprendere , che il sofo , già dimostrato gran professore di costruzione , avea co- sì ordinato il nostro mal concio perio.lo : piacere in scho- la nostra , viriim scientìssiinwn ima^pne atque epigram- mate danari . L' arcano e sublime principio , pel quale scho^ la intender si debba soltanto della raguninza de' socj , e non mai della sala , in cui si tengono le ragunanze , non era certamente a noi noto ; e mollo meno era a noi no»- to, che la collocazion delle parole ed il senso più ovvio e naturale, nulla conferisse a determinare quali di esse sieno indivisibilmente legate fra loro . Impariamo con istupore ( ed i posteri ciò imparando trasecoleranno) chela distan- za di tredici vocaboli nrtn impedisce le operazioni di un co- struttore siffatto . Dunque dove Tullio , nella prima Cati- linaria ( 'Z- ) , declama: Ileic helc siint , in nostro numero, patres conscripti , in hoc orbis terrae sanctissimo j^ravissimo-

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que coficilio , qui de meo nostrumque omnium inierifu , qui (le hujus urbis , atque adeo orbis terraium exitio cogi- tent ; sarebbe assai più agevole 1' intender quegli orrori come delti de' venerandi padri ! Dunque dove il medesi- mo scrivendo al fratello Quinto ( Lib III. i , ) , lo assicu- ra : Ad Telluris quidem edam tuam statuam locarli ; ciò potrà spiegarsi benissimo , che il grande oratore trovavasi presso al tempio della Dea Terra allorché strinse quel, contrat- to ? Dunque dove T . Livio ( Lib . IX . cap . 4"^ ) narra del console Q. Marcio Tremulo, che in pochi gior- ni soggiogò gli ernici , sbaragliò i sanniti , qualmente a lui dal Senato statua equestris in foro decreta est , ciò significherà , che i senatori stavansi bellamente in piazza , nell'atto di decretare un tale onore all'ugregio condottiero? Dopo tante e si massicce prove del valor dialettico e filo- logico di un avversario da noi non provocato, e non offe- so , cesserem ben volentieri da' cenni di rapida , e poco particolarizzata persecuzione , che n' abblam fatto Rimar- remo seco lui , s' egli vuole , in tutta pace , come per lo avanti ; e gli passerem buona la final protesta , di non essersi egP indotto a pubblicare il suo scritto per ostenta- zione . Aver vi potrà mai per avventura alcuno fra no- stri lettori , che altro attender voglia di novello piato in una di quello cause, le quali per ciascun uomo erudito e ragionevole sono dichiarate vincitrici , al primo e so- lo presentarsi ? Crederemmo che no . Solventur risa tabu* lac : tu missus ahibis .

i7f

Famiglie cdebri italiane. Fascicolo primo . Milano 1819. presso Paolo Emilio Giusti , fol. (*)

±\ 01 faremo sempre buon viso a chiuii(|ue nell" età pre- sente prenda di restaurare la fama dell'antica virtù italia- na: e insegni per quali arti i nostri padri vennero in voce di valorosi e sapienti . Perciocché pel ricordo de' buoni tem- pi sogliono le più volte accendersi di spiriti generosi coloro che vivono nell' abblezione de' vili: e l'esempio de' pruden- ti è luce chiarissima a chi vien dopo , onde non abbia a traviarsi in errore. Quindi non possiamo che lodare since- ramente il dotto cavalier milanese signor conte Pompeo Lit- ta, il qnale con senno di buon'italiano, e studio lunghis- simo , s' è ordinato di fare uu' opera istorica intorno le prin- cipali famiglie d' Italia . Nobile ed util lavoro , a cui pare- va non a vere accostato perfettamente fin qui niuno fra' no- stri scrittori. Mentre i varii volumi, che ne sono al pubbli- co , vengono la più parte da quelle età , nelle quali la se- vera critica non aveva ancor dichiarate le leggi sue : e mol- ti di quegli autori , per riverenza delle grandi case , a cui o toccalo era il regnare o non mancava alla perfezione della potenza altro che il regno , amarono meglio di gradire a' signori , che a quel sacro vero chiamato dall' Alighieri primo bene d^lV intelletto . Perciò il Sansovini . il Zazzera , il Ga- murnni, ed altri diesi praticarono più ampiamente in que- ste scritture ( tolto il solo Scipione Ammirato ) , oltre all' èssere bene spesso e trascurati ed a caso , si trassero scaltra- mente dal contarci ì fatti delle persone per altro modo , ch«

( ) Le associazioni a nuest' opera si prcmlono nella libreria Romanis via del Corso No. 2 tic ^

iy^ L E T T E U A T U R A

per quello ond' essi meritavano manco lode; seguendo l' ar- •viso di quel pittore, che dovendo ritrarre degnamente il re Antigono , il quale era cieco d' occhio , il fece in profi- lo da quella parte dov' egli non pativa difetto . La qual co- sa però il conte Li ita , siccome d'animo allo, con filosofi- ca libertà fugge d* imitare : bramoso soltanto di soccorrere a' posteri , perchè non debbano avere cosi antichissime le preclare azioni de' loro passati , e conoscano non potere i viziosi fuggir mai il meritato abbominio , Ed affinchè V opera sua pigli più degno motivo che non è quello di tes- sere una semplice genealogia ; si fa egli a discorrere con sottilità di politico le diverse condizioni d'Italia, e i tri- onfi e le servitù , che possorto col suo subietto tener ris- contro . Talché doppio è il profitto che ne trae il lettore .' della conoscenza cioè di coloro che furono nei rivolgimen- ti civili, e di quell'alta ragione che governa tulli i casi degli uomini , la quale più comunemente suol dirsi filoso- fia dell' istoria .

Aggiungi che a fare ogni opportuno rimedio , perché ninna classe di dotti parta , per dir cosi , digiuno dalla sua mensa : con nobilissimo accorgimento si occupa egli di quel- le cose, che si fanno al piacer degli artisti. certo quel gentile animo potea tenersi del non essere anche in simi- li amenità , che fino dall' uscir di fanciullo siale sono le sue delizie . Per questo chiunque pregiasi d' amatore di bello arti non potrà non istare contento a quelle medaglie , a que' bassorilievi , a que' sepolcri d' uomini chiari , cui ò per pratica eccellente di lavoro , o per altro pregio di rarità, ci pone l'A . con accurati disegni sotto degli occhi . Ciò premesso , può ben da ciascuno considerarsi quel- lo che noi pensiamo della prima fra le grandi famiglie d' Italia da lui descritte, eh' è l'Alleudolo Sforza, E di vero non poteva ei,'li narrare con modi più certi, e con più

Famiglie Gel, Italiane F. I.° ijS

caldi spiriti d'amor patrio i fatti d'una casa (i) , la qua- le fu piena di virtù e sceleragini . Perchè signora d' una città delle più vaste e magnanime , e d' un regno fiorenlis- simo d'armi e di studi; lasciò piuttosto imboschire il bel giardino d' Italia , anzicliè poigergli una mano pietosa ad ac- conciarlo dal devastamento de' barbari . Laonde se dall' lato vedi e donne scientifiche, e venerandi ecclesiastici, e fortissimi capitani: dall'altro t'incontrerà di mirare princi- pi dissipatori d' ogni civiltà degli uomini , e singolarmente quel Lodovico , a cui non parve far bene se non quando aprì il camino delle alpi al re Carlo, perchè ne fosse Italia tutta guerreggiata e guasta . Il che non può ricordarsi da' generosi senza che corra all'animo quello sdegno , il quale Aristotele chiamò virtù.

Parla il conte Litta in questo stemma genealogico pri- mamente di Muzio Attendolo capo della famiglia ; il quale yivea iiel iSaS , e fu uomo benestante di Cotignola . E poi di Giovanni figliuolo di lui; onde venne quell'altro Muzio , eh' ebbe da papa Giovanni XXII titolo e pode- stà di conte di Cotignola , e primo si disse Sforza . Nacque in costui la grandezza di casa Attendolo : poiché essendo il maggior condottiero dell' età sua , guidò gloriosamente gli eserciti de' potentati italiani , fu gran contestabile del regno di Napoli , gli si girarono regie nozze nella mente e le ot- tenne . Onde Francesco , il primogenito de' suoi figliuoli , confortato ^aìlft riputazione di tanto nome , potè usare fe- licemente queir alto ingegno guerriero e politico eh' egli pos- §edea , a farsi coronare del ducato di Milano . Del quale

(i) L'istoria di casa Sforza fu scritta dal Simonetta, e più recentemente dal eh. Ratti letterato romano . Questi autori soii» tsitati e lodati dal sig. conte Litta siccome suoi principali ma^istrt.

174 Letteratura

giudichiamo non potersi piìi accuratamente ragionare quel- lo che fa il conte Litta con queste parole :

« Francesco Sforza , nato in s. Miniato ai aS Luglio « i4oi. L'onore della milizia italiana, e il più gran poli- « tico de' suoi tempi . Divenuto di aS anni capo delle ban- « de del genitore , aprì la luminosa carriera colla vittoria dell' ce Aquila , ove peri Braccio di Montone , il competitore de- ce gli Sforzeschi . Il duca di Milano tra le angustie d' una ce guerra infelice contro i veneziani , sulla fama delle pri- cc me imprese , lo chiamò per opporlo al Carmagnola . lu- ce dotto poscia dal duca ad invadare la Marca d' Ancona , ce appena vi penetrò , Eugenio IV , che noi voleva nemico , ce glie la concesse nel i434 a'aS marzo in vicariato, cre- cc andolo gonfaloniere di s. Chiesa . Ricuperò allora Bolo- ce gna , e debellò i nemici d' Eugenio , che lo accolse trion- re falmente in Firenze, e gli donò i territorj di Cunio e ce Barbiano in Romagna , incorporali in seguito nel i458 ce da Francesco alla contea di Cotìgnola , di cui dal i4ii ce era investito il padre . Nel 143; fu generali; de' fiorentini «-e e veneziani nella guerra occasionata dalla caduta della fami- cc glia degli Albizzi , e dal principio dellesallazione de' Medici ce contro il duca di Milano . Mentre poneva in fuga Niccolò ce Piccinino e s' innoltrava verso Milano , il duca gli assicu- et le nozze di Bianca Visconti unica sua prole , ma fi- ce glia d'amore: divenne egli stesso il mediatore della pace di ce Martincngo nel i/]ii, e con tanta lealtà, che riguadagnò ce il cuor de' Visconti e la venerazione degli stessi veneziani e ce fiorentini. Un tanto beneficio fu presto dimenticalo dal duca ce ingrato e volubile . e per intrigo di lui Francesco fu assalito ce nel suo vicariato della Marca , ove si trovò solo contro ce le forze d' Alfonso re di Napoli , d' Eugenio IV , e delle ce agguerrite truppe del Piccinino, l'unico rivale degno di « lui. I tradimenti operarono più della forza : ma rimane tut-.

Famiglie Gel. Italiane F. I.° 176

ce tavia la memoria de' suoi campeggiamenti , come ca- et d' opera di perizia nell' arte militare . Intanto nel « 1447 i duchi Visconti si estinsero , e Milano proclamò ce la sua indipendenza . Minacciata la nascente repubblica da ce molti pretendenti , invasone il territorio da' veneziani , lu- ce vilò alia propria difesa Francesco , illustre non meno ce per gli alti suoi fatti , che per la sua integrità . Più in ce lui prevalse 1' ambizione che la fede : e assistito dalla for- ce za , pili che da' pretesi diritti della moglie , guadagna- cc ta Pavia da Matteo Bolognini , cui in premio concesse ce il cognome degli Attendolo , impedite le negoziazioni del- ce la nuova repubblica a Bergamo , perchè gli togliean la ce speranza alla sovranità : rivolse contro i milanesi , che ce aveano già sparso il loro sangue per le vittorie di Piacen- ec za e di Caravaggio, quelle armi che a lui erano sta- cc te affidate per sostenere i loro sacri diritti. Francesco diven- ce l'jilleato de' veneziani , e Milano fu stretta d'assedio . ce La libertà si trasformò allora in anarchia . Carlo Gonzaga *f forse più ambizioso di Francesco, certamente meno sag- ce gio , si pose alla tosta della licenza popolare . Giorgio ce Lampugnani , Teodoro e Giacomo Bossi, Ambrogio Cri - ce velli, Giovanni Caìmi , Marco Stampa , Giobbe Orombel- <e li , vittime delle fazioni , furono decapitati . Inutili era- ce no le ambasciate a Francesco , altra vendetta alla de- ce solata città rimise che di predirgli , che quel regno che ce da lui si cominciava con inganrlo , in lui o ne' figli sa- ce rebbe finito con vituperio . Ridotta la città ai più crude- ee, li bisogni , dovette sottoporsi il 26' febbrajo i45o. » ce conquistatore , che sulle porte della vinta capitale ebbe ce il rossore di ritrovarvi un Trivulzio , che gli negava Pin- ce gresso se non firmava ana coìivenzione . Padrone del du- ce calo di Milano , ricusò le investiture imperiali , perchè te guadagnato colle armi ; e difendendo quindi la bilLi cr.n-

i7t> Letteratura

« qflista contro l'altrui gelosia, giunse col trattato di Lodi « nel 9 aprile i454 ^d assicurarlo ai discendenti . Chiur ce se la scena delle sue imprese coli' acquisto di Genova nel ce i564. , cacciandone i Fregoso , e della Corsica cedutagli « dal magistrato di s. Giorgio , e morì in Milano agli 8 « marzo 1^66. Un trattato di mancanza di fede assistito « dalla violenza delle armi lo avea portato sul trono , e dal ce popolo , che perdea la libertà , ebbe un atto di dedizior ce ne del 3. marzo , che è anteriore all' epoca del suo tri- te onfale ingresso in Milano del 25 marzo : ma non. egual- cc mente a quello della sua couquibta . Tali mezzi provvi- ct dero all' acquisto della presente quiete dello stato , sea- « za riparare alle sciagure dell'avvenire. L'influenza del « cattivo esempio de' grand' uomini sulla moralità de' popo- cc li si nasconde tra le scerete ma rapide e potentissime ca- «c use della corruttela, che fa crollare gl'imperj. Diffatto « Francesco in tal guisa disponeva 1' animo de' nuovi sudditi tf all'indifferenza del giuramento, come al calcolo del tra- ce dimenio, e suggeriva l'ingiuria delle scene d'illusione ce per abusare della volontà de' popoli . Tutto si rinnovò ii^ er seguito a danno della sua casa, e quindi anche de 'sudditi, et perchè la causa di questi nel raffinamento delle prosperità «e come negli strabalzi della fortuna è sempre associata a «t quella de' loro principi . Gra-ve è vero fu 1' error de' mi- te lanesi esporlo alle attrative ed'un dominio: ma più gra- « ve ancora la loro discordia , quando egli si dichiarò loro te nemico: le passioni private terminano col tradire gì' iu- te leressi comuni . Francesco fu un sovrano di più , non ma^ì « un eroe : ma tra' sovrani il più grande de' suoi di , mag- tc gior elogio si può far di lui , che col dire che regnando ce i(S anni regnasse brevissimo tempo . Così di tante belle •e virtù che lo adornavano non potè lasciar tracce bastan- ct temente profonde , poiché lenta è la propagazione di (|ucl-

Famiglie Gel. Italiane F. I." 177

•e le , per somma sciagura giunse in tempo a presiede- te re allo sviluppo delle passioni dei figli . Neil' amministrar lo «t stato d«gna di lui fu la temperanza , che rese manifesta « 1' inutilità delle convenzioni dei popoli co' principi buoni ; « ma sar^ sempre per lui un rimprovero l'opposizione al- te la garanzia , che il di della sua conquista i nuovi sud- €c diti imploravano contro i di lui successori , di cui non po- et tea preveder l' indole , Il canale della Martesana , Io spe- « dal maggiore sono monumenti della sua grandezza : volle «e riedificato il castello , che servi soltanto al disonore del- « la sua casa . Il concilio di Trento ha fatto sparire dal- tc la metropolitana la sua tomba come quella de' suoi ce successori . »

Fratelli del duca Francesco furono Alessandro e Bosio . Quegli fu gran contestabile del regno di Napoli , e ten- ne co' suoi disreii lenti la signoria di Pesaro ; questi per le nozze di Cecilia Aldobraadeschi ebbe la sovranità di s. Fio- ra in terra di Siena , e fu 1' autore di una prosapia illu- strissima , dalla quale veagono i pi-incipi Sforza Cesariai di Berna . Lungo sarebbe il dire di tutti ampiamente : gli Stretti termini d'un giornale il comporterebbero . Quindi toc- cheremo poche parole de' soli rami pesarese e romano : de' quali per ouor nostro dobbiamo essere più solleciti .

E cominciando dal pesarese, siccome più antico, giu- dichiamo che niuna casa fiorisse in Italia a quei tempi con più fama di cortesia e sapienza . Perciocché lasciando stare che Alessandro non ebbe in opera d' arme chi il superasse , se non il proprio fratello Francesco ; e che diremo di quel suo pregio cosi raro in chi siegue gli eserciti , cioè la coltura delle lettere ? La quale fu tanta in lui , che il condusse uou solo a favorire i dotti dell' età sua , ed accogliere que' sapien- ti che fuggivano dalla Grecia il nuovo imperio di Maomet- to II j ma a dettar versi italiani con quel giudizio di genti-

Jezra , che potea sperarsi nel secolo del quattrocento. Tal- G, A. To. lY. i^

ijS Letteratura.

che lasciò buona ricordanza di ne' suoi popoli , e negli scritti de" prudenti, i quali in lui venerarono un principe, che seppo us.tr le virici il meglio che le condizioni de' lein- pi e degli stati poteano concedere : e adoperare le genti sue a cose scieniifiche e generose. Onde fu degno che al suo sepolcro si scrivesse :

Sfortia me genuit : nota es,t niea .'.exlera bello : ,, Picridnm oultor , jastitiaeqae fui .

Suo figliuolo e successore nella signoria fu Costanzo , che gli nacque di Costanza Varano dei principi di Came- rino , donna lettQvalissima . Del quale il signor conte Litta nar- ra così ;

ce Costanzo, nacque a' 5 luglio i447 in Pesaro . Profes- se so con distinzione la milizia. Nel i566 fu dal padre spe- co dito presso il Coleoni , che comandava un esercito di fuo- co ruscili fiorentini contro i Medici . Nel 1470 ebbe con- ce dotta d' armi da Paolo II. Nel 1471 intervenne in Pioma al- ce la solenne funzione della creazione di Borso d' Este in duca ce di Ferrara , e fu quegli che gli cinse gli speroni . Nel 1472 te ebbe condotta dal duca di Milano : nel i47^ •^*' ^^ ^^ t< Napoli che gli accordaron il cognome aragonese. Nel i479 «e i fiorentini lo crearono governatore del loro esercito nel- cc la guerra contro Sisto IV cagionata dalla congiura de' Paz- cc zi ; onde Sisto furibondo lo dichiarò decaduto dal vica- cc riato: ma placate in seguito le cose, ottenne ai 6 ago- ce sto i48i l'investitura del vicariato in conferma di quella ce avuta rei i474 ^"'^ morte del padre , che comprendea i ni- cc poti oltre i figli . Lodovico il moro lo chiamò in Lombar- ce dia , e ai 10 geanajo 1482 lo creò luogotenente generale ce delle armi ducali sul parmigiano , destinandolo alla distru- ce zione della casa di Pietro Rossi di s. Secondo , uomo insigne ce pe'suoi meriti presso Francesco Sforza. Ma Costanzo tro- cc vando la guerra ingiusta, volle lasciare l'esercito. Spedilo « poscia a comandar quello sul ferrarese coutro i veneziani ,

Famiglie cel. Italiane F. I.» jjq

«r che sostenevano i ribelli del parmigiano , passò al soldo ve- ce neto ; e vSisto , die desiderava i veneziani depressi , inasprito « contro di lui lo scomunicò. Temendo egli allora che le et truppe pontificie invadessero la sua signorìa, tosto \i si « retò adunando genti per difenderla : ma morì con sospetto tf di veleno ai 19 luglio i483 a Montelabale sul pesarese, fc Avea disposto di esser sepolto in s. Gio\anrii di Peraro : i « frati però che vi abiliivano , non vollero sepellire un cada- le vere sc<jnionicato , che rimase insepolto sino al monento « iu cui il pa[ a, a richiesta della pia vedova, lo permise. Prin- « cipe fra' più compiti , splendido, zelante pel vantaggio de' « sudditi , amico delie lettere : e'iificò la fortezza di Pesaro, Di Costanzo e di Fiore Boni di Pesaro, donna d'amo- re , nacque Giovanni : del quale però , malgrado ciò che ne «crive il signor conte Litta , non diremo che dubbia la fa- ma . Imperocché non sarebbesi per avventura ragionato di lui con si grand' ira , se non si fosse macchiato della mor- te del CoUenuccio , celebre letterato pesarese di quella età. Tanto è vero che il nome de' principi non passa a' posteri o glorioso od infame , che pel giudizio degli scrittori . Eb- be in moglie costui la Lucrezia Borgia , sorella del du- ca Valentino: ma fu costretto a rimandarla per la cagione, che niuna cosa è santa dove le leggi obbediscono alle voglie di chi più vale . Menò poscia Ginevra Tiepolo , no- bilissima veneziana, che il fece padre di Giuseppe Maria , det- to Costanzo II ; il quale essendo mancato a' vivi poco; dopo la morte del genitore , lasciò a reggere la signoria Galeazzo suo zio . E iu esso , per la potenza di papa Giulio II , venne finalmente a fallire iu Pesaro il principato degli Sforzeschi .

Ma perchè addietro abbiamo fatto parola di Costanza "Varano chiarissima principessa , che fu donna d' Alessan-

12*

l80 L E T T E R A. T U R A

dro i non ci sa bene tralasciare e Ginevra e Isabella (z") , le quali parimente fiorirono per gentilezEa di lettere, ad altra furono seconde che alla famosa Battista Sforza du- chessa d' Urbino , di cui ci piace recar 1' elogio scritto dal nostro autore :

ce Battista : nata nel i\^6 in Pesaro. Figlia d'ima Co-? « stanza Varano, nipote d' una Elisabetta Malatesta , proai- « potè d'una Battista di Montefeltro , diicendea dal sangue « di tre «.rnine insigni per la virtù e la coltura dello spirito . te Esi>a riuscì ;.d emularle per non vantare indarno avi illu- tt stri . Fu l'idolo del marito (3) , della corte , de' sudditi , e « d'una degna prole che ne imitò la gloria . Sono celebri le « orazioni latine colle quali aringo il duca di Milano suo « avo , e in Roma Pio II. Morì in Gubbio ai 6 luglio 1472. « Tanta era la fama di questa donna , che i principi itnliani « spedirono ambasciadori in Urbino per assistere alle sue « esequie. Venne il Gollenuccio in nome del padre , il Carn- ee pano fu mandato da Sisto IV per recitare 1' orazione fu-

ee nebre .

Sotto si grandi auspicj andò preparandosi a' pesaresi

quell'aureo secolo , in che potettero dare alle scienze ed alle lettere il Barlgaano , il Filomuso , Valerio Superchi , il Postumo , Guid' lJb;iido del Monte, e quel Camillo Leo- nardi che fu il primo in Europa a scrivere di cose mi- neralogiche .

Intorno al ramo romano egli è a sapere, che il primo de' conti s. Fiora che pose in Roma lo stabile domi- cìlio fu jNIario : il quale , dopo aver governate con lode

(2) D' Isabella abbiamo un opera della vera tran(fu/.ll/tà deh" finiino pubblioata in Venezia da Aldo nel i544-

(3) Federico degli l^iiaMiiu della Carda duca d'UrbiucHno dc']>lti (raadi uomini che abbia prodotti l' Italia . ( Litta . )

Famiglie Gel. Italiane F. I.o 181

valoroso le armi fiancesi e pontificie contro agli nj];nnot- ti , qua venne , chiamatovi dal pontefice Gregorio Xll[, che gli die stato di luogotenente generale di S. Gljiesa , e di principe assistente al soglio. Figliuolo di lui fu Fod^rico , il quale di Beatrice Orsini dei dachi di Santogemin) ebbe Ales- sandro il VII conte di s. Fiora , splendido e gentil signo- re , cui Sisto V dichiarò duca di Segni , e il granJe Eu- rico di Francia , suo parente , cavaliere de' regj ordini . D' Alessandro e di Leouora Orsini dei duchi di Brtcriano nacquero più figliuoli ; Mario che vendè la sovranità di s. Fiora ai granduchi di Toscana , ed ebbe titolo da papa Paolo V di duca d' Onano : Federico cardinale e nrohi- tnandrita di Messina ; Enrico cavaliere gerosolimitano e ge- nerale delle milizie ecclesiastiche nel ferrarese : e Paolo ge- nerale delle armi veneziane, che d'Olimpia Cesi , la figliuo- la del celebre fondator de' lincei , generò un altro Fede- rico , il quale nel iGy'ò sposando la duchessa Liv'a di Giuliano Cesarini , aggiunse al suo il casato de' C^sarini . Fu questo Federico uomo assai coltivato di buone lettere ; e tenne cara 1' accademia degli Umoristi , la quale non ven- ne meno se non quando egli cessò della sua presidenza . Chiarissimi sempre furono ì suoi discendenti in ogni ma- niera di prudenza e valore : e Gaetano , il figliuolo , fu al- le guerre che si travagliarono in Ispagna per la successione , e ne tornò grande del regno di prima classe ; onorificenza che il re Filippo V fece da poi perpetua ne' Cesarini, in benemerenza di Sforza Giuseppe , quel medesimo che nel 1^32 fondò in Roma il teatro di Torre Argentina .

Questo primo fascicolo è ricco di molte rare incisioni : fra le quali è il sepolcro del cardinale Ascanio Miria , la- voro insigne del Sansoviuo . Fu Giulio U che da inimi- co magnanimo glie lo pose in Roma a s. Maria del Po- polo, e vi ordinò un iscrizione , che sta tuttavia nei se- guenti termiui :

iSi Letteratura

D. O. M.

ASCANIO MARlAE SF. VICEGOMITI FRANCISCI SFORTIAE INSVBR. DVCJS F. DIACONO CAR. S. R. E. VICECANCELLAR IN SECVNDIS REE. MODERATO IN ADVERSIS SVMMO VIRO

VIX. ANN. L. MENS. II. D. XXV IVLIVS II. PONT. MAX. VIRTVTVM MEMOR . HONESTISSIMAR eONTENTIONVM OBLITVS SACELLO A FVNDAMENTIS ERECTO POSVIT MDV

E cosi il coate Pompeo Litta ha valuto con si beli' o- pera mostrare a' suoi milanesi ed a noi , che la nobilissima sua famìglia sa rendere fertilmente all' Italia non solo iti grandi dignità ecclesiastiche e secolari , ma in sapienza al- tresì ; nella quale , chi ben consideri , sta il vero viver* de' mortali . Possa l'esempio di tal giovane cavaliere ricon- durre alle oneste discipline coloro , che posti in altezza di stato traviano nell' ozio : onde le città nostre ne tor- nino in fiore , e chi ebbe gloriosi i suoi padri non debba arrossire di nel guardarne le imagini .

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Z' Arte Poetica ad uso degli studiosi giouitieiti. Operetta di Giuseppe Sallustj , nelP Accademia degli Arcadi Eufalte Ai-gireo . Roma : Cipicckia i8iy. pag.2/ì3. 8".

1

n tre parti divisesi questo libro . Contiene la prima sette capitoli sopra la Versificazione italiana : ed hanne la se-» tonda altri clnqtle sopra la Versificazione latina Riem- piono la terza parte 1' Arte Poetica di Orazio tr.idotta dal Sallustj in verso sciolto volgare, e quella del Meuxini , Che cosa però sia la poesia epica , la lirica , la pastorale ; che cosa intendasi per satira , per commedia , per tragedia , non saria facile a sapersi da chi leggesse quesl' opera digiuno di quegli altri libri , che insegnano la vera poetica , e non so- lame&te 1' arte di conchiudere un versò come diceva il Ve- ilosino . Alle quali notizie saria state pur bello l'udire uni- tamente parlare de' tropi e delle figure , clie sono i nervi e l'anima della poesia più else le sillabe e i metri: la scien- za de' quali minutissimi particolari non è molto più astrusa di quella che insegna a computare i numeri ; e tanto è vi- cina alle arti liberali quanto la è l' arte del fi'gulo a quella de' nobilissimi maestri statuarj . acconcia meno a lie- te proposito esser potea l'altissima epigrafe, che leggesi in fron- te a questo libro , contenente que' due aurei versi di Orazio : Hoc opus , hoc studium parv^i properemus et ampli , Si patriae volumus , si nobis vivere cari . Imperocché non commendava il poeta a Lucio Floro 1' arte de' versi, ma la sapienza delle lettere , della quale si nutrono i veri amici delle Muse e di Apollo , clie ponno t'sser cari al- la patria ed utili a loro stessi ,

Da tale difetto comune ad altri che insegnano queste discipline, si può ripetere la gran quantità de' verseggiatori, e il picciol numero de'poeli che udiamo . Imperocché la poe-

jS/f Letteratura

tica , diremo lo stesso che di sopra io altra guisa, è quinta- essenza della rettoiioa eoa molta parte di filosofia ; laonde a quella non guida soltanto la natura , ma T arte vi si ri- cliiede per compagna . La quale arte però deve esser tale , che ajuti la mMestra sua ove per condizione di umana fra- lezza venga meno ; o la trattenga ove 1' impeto dell' età la trasporti fuor de' conflni del verosimile , oltre i quali suol rompere la piena orgo^iosa della fantasia. E quest' arte sta sola nell' appressare al sublime , come 1' A. dice assai bene nella epistola dedicatoria al giovine Pappalettere , recando un testo di Lon£;ino : ove noi aggiungiamo che anche il tenue stile ed il mozzano hanno gran vanto , ed hanno la rispet- tiva loro sublimità . Onde non è vietato di essere tenuemente , mezzanamente , e sublimemente sublime , seppure è lecito dirlo ; come vediamo in Marone , il quale nella bucolica nella georgica e nell' eneide corse le tre vie che conducono all' altezza , e per tutte tre pervenne a coglier la palma . questo comento che noi qui brevemente facciamo ci sembra inutile al presente : anzi ci pare che dovrebbesi , qual' ora vi fosse luogo, allargare. Conciossiachè si è veduta a' nostri gior- ni una lunga schiera di cantori , i quali per ambizione di mal consigliata sublimità' non si curarono del rezzo e delle chiare fontane di Pindo, ma osarono di salire a cavalcion delle nuvo- le . E a tal proposito ci venne in mente la favola d'Issionej del cui strano e pazzo congiungimento , nacquero que' tanti mostri di ferine e di umane forme , che niente altro che danno par- torirono alla società . Che diremo di que' tali , che non rav- visano il sublime , se non pria sentano rizzarsi i capelli dalle terribili narrazioni ? Vizio si ò questo , cui bisogna combat- tere colla soavità di quegli esempj , che toccano il cuore e persuadono la mente : siccome fanno i medici ragionevoli , che ne' casi disperati soltanto adoperano que' rimeilj , che non rinforzano ma sforzano la natura ,

. Poetica per la Gioventù' i85

Queste cose che ahiMamo dotte sono in qualche guisa trattate nella citata lettera dedicatoiia , che si può chiamare la parte ragfon;ita dell' opera ; vassene indegna di lode. E se di tutto il libro ci ponessimo a favellare . cosa che niun prò farebbe a' nostri lettori , per essere quelle regole elementari di già notissime a tutti , crediamo che di tanto za tanto dovremmo noi tornare ad encomiare il Sallustj , e qualche volta a notarlo di critica . Ma essendo delle due opere assai comune la prima , quella cioè di laudare , pro- seguiremo brevemente a trattar la seconda . noa con animo di volerne insegnare al maestro, ma per dovere dell arte nostra , che nell' opporsi consiste , quand' è d' uopo , a que' precetti che non bene s' accordano colle sentenze que-' che ci hanno insegnalo .

Discorrendo p. e. intorno al sonetto , 1' A. dice : « il so- « netto ammette ogni stile tanto serio che giocoso a diffe-

- renza degli epigrammi .. . E parlando degli epigrammi (ita- iianOm quattro righe dice:., gli epigrammi sono formni « di più versi , che rimano a due a due . Furono essi ia-

- trodotti nella volgar poesia dall' Alamanni ^ ma sono stati

- poco adottati . Eccone un esempio dello stesso Alamanni .

Sendo detto a Calon , quando morie , ,, Tu non devi temer , Cesare è pio : Rispose : io che romano e Caton sono, Non fuggo r ira sua , fuggo il perdono . Chi è che non vegga in quanta oscurità e dubbiezza s' ia- volvano queste regole , e quanto siano lontane dal vero ? Domanderemo al Sallustj : l'epigramma dunque ammette stile seno , oppure giocoso ? Perchè gli epigrammi son sempre di tal versi , che rimano due a due ? Gli altri epigrammi che furono scritti prima dell' Alamanni , perchè da voi non r>i chiamano talì ? E qu.l differenza è tra 1' epigramma de' latini e de' greci , e il madrigale, il sonetto . l'epigramma degl' italiani ? Se il Sallustj avesse fatto a se medesimo

i86 Letteratura

queste interrogazioni avrebbe certamente prodotto uii pia. maturo lavoro , e più degno del nome di Arcadia ; la quale vanta non solo esimj cantori , ma precettori acutissimi di Poetica , quali furono , per lacere di tanti altri , un Gre- scimbeni e un Gravina .

Egli è pure un bellissimo epigramma , e spogliato per- fino delle comuni divise madrigalesche, scritto dall' AUghie- ri duecent' anni prima dell' AlamaHui , e poco fin' ora co- nosciuto , il seguente .

Chi nella pelle d'un monton fasciasse Un lupo , e tra le pecore mettesse , Dimmi , ere' tu , perchè monton paresse Ch' egli però le pecore salvasse ?

Infiniti epigrammi potremmo qui recare : alcuni de' quali sotto il nome di ballate , e di ballatette , di madrigali , e di sonetti rinvengonsi nella volgar poesia da' primi scrittori fino a noi , d' ogni stile , d' ogni lega di verso , e di ogni ricorrenza di rime : di stile però intendiamo dire o schietto o che alla purità si avvicini ; come veggiamo in Catullo , in Mar- ziale , in Ausonio , che di quante eleganze erano capaci i seculi rispettivi articchirono i loro epigrammi , sia che fos- sero in versi elegiaci o in eniecasillabi o in giambi.

laudevoli sembreranno le regole ritmiche dell' ode saffica italiana, che ne offre il Salluslj w Ogni strofa |[ ne 33 insegna ) è composta di tre endecasillabi, e di un pen- 33 tasillabo , i quali devono rimare nel modo che siegue ^ 33 facendo attenzione alla rimalmezzo , che sta nel terzo ende- 33 casillabo , della quale ne contrasegnerò la parola nella prima 33 stanza di questo esempio , eh' è stato preso da Gio; Bat- jj tlsta (dicasi piuttosto Angelo ) Costanzo :

Poetica per la Gioventù' 187

,, Or che riscalda il sole lanhc le corna ,, De r Ariete , e Seffiro ritorna , E il mondo adorna di si bei colori D' erbe e di fiori .

Che non pare a noi questa la sola maniera di comporre odi saffiche . Questa può anzi sembrare a taluni essere di ma- niera illegittima e capricciosa , e quasi foggiata a bisticcio, eoa inutile sforzo e troppo suono di rima : pericolosa in mano degli inesperti , quando pare che l'ingegno del poeta richieda altrui di compassione per le difficoltadl alle quali soggiace . E son prette e bellissime odi saffiche quelle , i versi delle quali rimano vicendevolmente iift ogni strofa , il primo col terzo, il secondo col quarto , eh' è di cinque sillabe, come 1' adonio de' latini ; e rimano pure ne' saffici il primo col quarto , ed il secondo col terzo . Delle quali , "come al- tre maniere ancora , si possono vedere moltissimi esempj nelle rime del Fantoni , e nelle versioni delle odi di Ora- zio, dotto e faticoso lavoro del eh. Solari , i quali esempj noi non rechiamo per non ci porre tra' copiatori . sono altri- menti che saffiche quelle strofe , delle quali si fea grand' uso per Io passato è sono antichissime . Rimano cioè in esse tutti tre i versi simili , e 1' adónio fa rima cogli altri tre endecasillabi della strofe seguente . Diciamo essere queste antichissime , perchè in un codice di fra Jaoopone abbiamo letto una nenia in metro saffico sopra la vita monastica , cbe ci pare che suoni come l' inno de' morti .

Poiché se' fatto frate, o caro amico , Fuggendo il mondo all' anima nimico , Or odi bene quello eh' io ti dico Che Acri fare . Non basta in rerità panni mutare ; Ma il tuo voler convien mortificare , % per amor d' Iddio bene osservare Quel eh' hai promesso .

|88 L 5, T T E R A T U R A

II quale esempio noi (juì abbiarao recato al solo oggetto di iiie^trare quanto siasi distesa la poetica italiana , e per dire a qual' età risalga 1' ode saffica ia nostra lingua : che que- sto per vero dire si è un di que'raraì, a' quali non si debbe essere avari di un ben rinterzato colpo d' accetta . Di che non saria neppure malfatto di regalare 1' esempio recato dal Sallustj ; ove leggiamo : m che le cose alle e sublimi si devono jj esprimere con rime per se stesse risuonanti e non volgari , x> come in queste del Minzoni :

Dove sono gli Scipj fulminanti

Terror degl' implacabìTi An ai balli ,

,, Che di smagliati usberghi e d' clini infranti

Sparsero un giorno le affricane valli ?

Perchè se in quello di Jacopone mincano le poetiche ve- nustà : in questo del Minzoni è troppo rimbombo di suono con poca bellezza e nobiltà nelle idee . E nel proporre a' gio- vinetti gli esemplari di buoni poesia conviene sceglierli ne' veri classici , che non hanno sofferto oltraggio dall' incor- r'.ittil)ile giudizio de'secoli . chi facesse al contrario sarebbe tli.isiniile da coloro , che accenib'ssero, per dare agli altri lue*, uu;i sottile e tenebrosa fae.ella sul mezzodì .

Conviene parimenti a chi assume il venerando nome di precettore , andar cauto di sopra a certe materie che non sono totalmente di sua giurisdizione . Perchè altrimenti volendo Scilla evitare , troverassi in mezzo ai vortici di Cariddi . Come pare che sia avvenuto al SaJluslj , il quale ammonir volendo la gioventù del buon uso che si dee della poesia fare, non s'è ritenuto di reore ingiuria al nobilissimo can- tore dell' Orlando j del quale dice , che non vince in fan- tasia il Frugoni , 1 Algorott! , ed il Bettinelli : e ha lordalo di sozze iraagini la poesia . Quando che parlando della sesta rima «chiama bellissimo filosofico e grande il poema degli ariiina/i jmrluììli del Casli . Al quale , benché di poi dif*

Poetica per la Gioventù. 189

essere immorale e pericoloso nelle mani della giovebitù , ai uno dubiterà che gì' imberbi curiosamente non corrano , anzi che ad Ariosto , colle orecchie piene ed ingombre di quegli tre autori mentovali di sopra ,

La poca famigliarità del Sallustj co' classici è stata origine di alcuni equivoci , degnissimi di scusa in altri scrittori , ma non cpsi nei maestri ; perchè i discepoli quinci sogliono sulle parole di essi far sacramento . Dire per esempio che sia questo un verso di Dante , non è concesso neppure a' poeti;

Occhj miei oscurato è il nostro sole . e che il primo della Canzone di Petrarca alla Vergine suoni cosi

,, O vestita rli sol vergine bella . Per cotesto difetto di famigliarità, non pare ch^ sia ben riuscito il medesimo ad aggiungere uu verso decente al graia luogo dell' Alighieri , che di Ugolino cantando dice

onci' io ini diedi ;

Già cieco a brancolar sovra a ciascuno , ,, E tre di gli ciiianiai poiché e' tur morti ; Poscia più che il dolor potè il digiuno ,

ove il Sallustj per insegnare come si ponga fine a' capitoli ponendo un verso in rima a quel di mezzo dell' ultima ter- zina , vi ha scritto :

Miei sensi , voi a ragion qui state assorti ! Del resto che leggesi nel libro del Sallustj non occorre far motto : essendovi le solite regole metriche della poesia lati- na , con una esposizione italiana : la quale merita lode per la sua chiarezza . Non potremmo però egualmente lodare la ■versione della Poetica di Orazio secondo il Petrini , in saggio della quale rechiamo qui alcuni versi del principia : Se unir voglia un Pittore a capo umano

Cavallina cervice . e di diverse . ,,

Piume la sparga , e con discordi membra

\Ja corpo formi , che leggiadra donna

i^o Letteratura

Rassembri al viso , ed in deforme pesce Finisca turpemente ; a simil vista Terreste voi , quantunque amici il riso ? Credetemi , o Pisoni , a tal pittura Pari sarà del tutto il libro , in cui Si fingon vane idee de' sogni a foggia D' Qom che vaneggia nel calor febbrile ; Tal che a una forma istessa e capo e piedi Non eorrispondan mai ec.

Chiude il volume una pretta ristamp£( della Poetica deli Ueo^iini ia terza rima .

Rime del Ca\>. p^incertzo Monti .

X ra i molti vantaggi , che viaggiando si procacciano, e fra. i molti piaceri, che si godono j per me ho sempre csperi- mentato (juello essere particolarmente dolcissimo , che viene dalla conoscenza di uomini chiari per lettere, e per virtù : poiché come il nostro spirito trova in quelli che pasce- re le sue brame , così il nostro cuore ancora trova in chi posare i suoi affetti , ed annodare degne amicizie . Uomini si fatto genere , e di si belle qualità forniti sono , fra i molti che ho conosciuti nel mio passaggio per Milano , il marchese Gioan-Iacopo Trivulzio , ed il cavaliere Vincenzo Monti , ai quali piacque di raccomandarmi per lettere il mio particolare amico conte Giulio Perticari . Pochi gior- ni mi è stato concesso di rimanere in una città , che do- po questa mia patria dolcissima amo eoa verace e riveren- te affetto > e pochi giorni ho potuto godere dell'amieizi.i di questi due bravi cavalieri ; ma ho avuto campo in così brie- vf spa/.io di tempo di gustare tutto il prezzo del regalo fat-

Rime di V. Monti igi

tomi dall'amico 5 e se T animo mio rimase giustamente pe- netrato dalle rare doti del marchese Trivulzio uno: de'mol- li dotti signori di quella città , e mecenate generoso delle scienze e delle lettere ; non potè ancora non rimaner con- vinto (quantunque di convinzione non abbisognasse) , che a buon dritto Italia tutta onora come il primo fra i suoi vi- venti poeti il chiarissimo Vincenzo Monti . Questo mio animo però era dolente , e seco stesso quaai sdegnavasi di non poter dare pubblica testimonianza di quella stima in che io tengo questi miei novelli pregiatissimi amici ; quan- do fortunatamente per me una occasione si presentò sod- disfare a questo mio desiderio: occasione che tacito allora colsi favorevole , e che ora rendo pubblica in questi fogli colla speranza , e di non dispiacere ai miei amici , e di fàv cosa gratìssima agli amatori della bella poesia . Cele- braronsl in quei pochi giorni di mia dimora in Milano le nozze di donna Cristina Trivulzio figlia del marche- se Gioin-Iacopo col conte D. Giuseppe Archinto , le quali per dimestiche ragioni Mon poterono aver luogo prima di quelle di donna Rosina , che è la seconda delle quattro figlie di esso marchese ; e di donna Beatrice Serbelloni Trivul- zio , dama d' alto virtiì , e di non minor cortesia . Aveva già il cavaliere Vincenzo Monti cantata una gentile ana- creontica per gli sponsali di donna Rosina con D, Giusep- pe Polldi Pezzoli d' Albertone intitolata untore al cespu- glio delle quattro rose : canzone che vide la luce per mez- zo delle stampe , e che fu pregiata d'assai per la sua sem- plicità , e per le molte grazie , delle quali essa è adorna . Il chiarissimo poeta nel vedere giunti ad effetto gli augurii cantali nella prima anacreontica scritta per le nozze di donna Rosina , torna ora a cantarne un' altra bellissima piena di molta leggiadria , e fa tornare Amore al cespuglio delle qualtio rose , Offro l' una ^ 1' altra canzone al giudi ciò

iga Letteratura

de' dotti lettori di questo giornale ^ e peP quanto è ia in« intendo con ciò di rendere un picciolo tributD di vera sti- ma a questi miei amici / dei quali , comechò lontano col- la persona , pure non potrà 1' animo mio dimenticarsi

giammai .

PrETRO Odescalc«i

Il Cespuglio delle quattro Bose per le nozze di Donna Rosina Trivulzio con Don Giuseppe Polidi Pezzali d' Alberlone .

X-^immi, Amore : In questo eletto Giardin sacro alla pudica Dea del senno , e tua nemica , Temerario fanciul letto , A che vieni ? O fuggi , o l' ali Tu vi perdi , ed arco e strali.

Al tiranno Iddio de' cuori

Ogni passo qui si chiude : Qui Minerva alla virtud» A lei sola educa i fiori ; Fuggi incauto , o preso al varco Perderai gli strali e 1' arco .

Ride Amore : -^ in error vai ,

Mi risponde , amico io sono A Minerva , e ti perdono Se mi oltraggi , e ancor non sai Che a Vi nude io serbo fede Più che il volgo non si crede ,

Rime di-^V. Morrt:i i^Z

E per lei qua appunto or vegno A spiccar dal cespo raro Fior gentile , un fior che caro A lei crebbe e di me degno . Cosi parla , e con baldan^^a Nella chiostra il passo avanza .

E di quattro inlatte Rose^

Ad un cespo s' avvicina : Tre , che aperte in sulla spina , Ma guardate e mezzo ascose , Riempiean quel chiuso rezzo D'un divino e dolce olezzo .

E la quarta il bel tesoro ^ ^

Di sue foglie amorosette-. All'aperto ancor non metter Ma la prima in suo decoro Dir parea : m-essun m' adocchi. Ch'io son d'altri, e non mi tocchi .

Allor dissi ; ingiusto cielo !

Perchè tarda il suo desire ? Perchè farla oh Dio ! languire ? E si vaga in su lo stelo Risplendea , che m' era avviso , Fosse nata in paradiso .

Uno sguardo che dicea ,

W on temer , le porse Amore , . E bacio]] a . In bel rossore A quel bacio io la vedea Infiammarsi , e poi modesta lachiuar la rosQa testa, .

G. A. To. IV. i3

134 Le TT ERA T URi:

Lieto intanto il Dio gentile

Con un dardo aperse il folto D«lle spine ond' era involto Del cespuglio il verde aprile , E la man tra fronda e fronda Ratto stese alla seconda .

Quella rosa , che in Citerà Fu dal sangue colorita Di Ciprigna il pie ferita , Si vezzosa ah ! no non era . Questa , il giuro , ( e sia con pacf Della Diva ) è più vivace .

Dolce l'aura 1' accarezza ,

Schietto il sol di rai l'indofaj Fresca piove a lei 1' auroi-a Le sue perle, e una vagherà, Uno spirto intorno gira , Che ti grida al cor ; sospira .

Tale e tanta in sua beliate

Dallo stelo ancor crescente La divìse quel potente Re dell' alme innamorate ; L' agitò , le luci affisse Nel bel fiore ; e cosi disst :

Desio d' alma generosa ,

DI Minerva dolce cura , Dolce riso di natura , Cara al ci ci Trivulzia Rosa, Il tesor che in te si chiude Io consacro alla Viriude .

Rime di V. Monti

È Vinà che sola al mondo

Fa l'uom chiaro e lo sublima j

La Virtù che sola è cima

Di grandezza , e il r^sto è fondo ,

Farà lieta in suo giardino

La tua vita , o fior divino .

Or tu , Vate , ( s^ felice

Mai ti feci , o mio cantore) Scrivi il fatto che d'Amore Qui vedesti , e all' alma Bice (a) Di che saggio ognor sarò , Di che al cespo tornerò .

E corrò .... Ma posto Ìl dito Alle labbra , il dir sostenne , E disparve. Allor mi venne Nella mente appien chiarito, Che a Virtude Amor tien fede- Più che il volgo non si crede .

195

// mtorno d'amore al cespuglio delle quattro Rose per le nozze della signora Cristina Triv^lzio poi signqr conte D. Giuseppe Archinto .

xl.l bel cespo delle Rose

Ritornar promise A,more , E tornò . L' aspro rigore Delle brine ai fior dannose Si dilegua,- ed ecco ei coglie L'altra Rosa, e sua scioglie;

C«) Si ^tade alla sigaora marchesa D. Beatrfce Trivulzio nata aerbslloui. «

IO

1^6 Letteratura

L' altra Rosa che languente

Per timor di tardo Aprile Ravvivò quel Dio gentile Col suo bacio onnipossente j Onde fatta era si bella , Che dt4 di parea la stella .

E dolce innamorava ,

rapìa , che , fermi e fissi Gli occhi in lei , sovente io dissi Come il cor significava: Se più tarda il suo desio , Ah ! 1" iavola un altro Iddio ^

INjU lo sguardo de' mortali

Mal de' Numi all' opre arriva t E la nostra estimativa Dietro a quelle ha corte 1' ali . Congiurato con Amore Custodia quest' almo fiore

Quel diritto Iddio severo

Che suo trono sempre pose- Sai nell' alme generose : Quell'Iddio che, lieto o nero Volga il tempo , non cancella Mai decreto , e Onor s' appella .

Ed Amor , che tolto avea

A compirne il giuramento , Alla sua beli' opra intento Degli stolti in ridea , Deqli stolti a cui segrete Soa le vie delie sue mete .

Rime di V. Monti ,^7

Ma segrete a te non furo ,

Genio lasubre , di leggiadre Nobili alme antico padre , Che presente all'alto giuro Suonar festi i voti ardenti Del tuo petto in questi accenti

Ì)elle Grazie e di Minerva

Dolce studio e caro orgoglio , Di bel ramo bel germoglio , Salve j e sempre arrida e serva Alla tua beltà pudica La stagioH de' fiori amica.

Sia perenne in su lo stelo Il fiorir delle tue foglie ; La virtù che in te s* accoglie Mai non strìnga acuto gelo , E del cielo ingiuste 1' ire Mai non faccia il tao languire .

Voi che morte saettate Alle piante tenerelle , Vampe estive , e voi procelle , Via fuggite , non toccate Questo fior che tutto è riso , Tutto fior di paradiso ,

A blandir sue caste frondì

Vien tu solo , o carszzante V^nticel di Glori amante ; Vieni , e l' aura lo fecondi Che dal verno resoluta Ogni pianta al parlo ajuta ,

1^8 Letteratuij^

E se muove atro livore

All' offese i serpi infidi ,

De' tuoi strali ah tu gli uccidi i

Della luce almo signore;

E sia sempre lutto riso

Questo fior di paradiso .

Cosi dissp : e più lucente Al finir delle parole Fiammeggiò dall'alto il sole? E tuonar s' udì repente Questa voce r o mia diletta i Dell'invidia avrai vendetta.

Si 1' avrai : mia fede è pura : Ed Amor felice appieno Ti farà su questo seno : Ad Amore Onor lo giura , Quell' Onor che a mille prove Agl'Insubri è più che Giove .

Qiiale ia cielo è la fragranza Che di Venere il vermiglio Labbro spira e il sen di giglio Fuor di tutta umana usanza , Si che Giove pon giù l' ira , E ogni Dio d' amor sospira;

Tale al suon della nascosa Voce amica si dischiuse , E un divino odor diffuso La gentil Trivulzia Rosa . Infiammossi in vaga mostra Del color ch« il volto iaaostra|

KiME DI V. Monti 199

E parca d'amor la Diva

Quando intatta e vereconda Verginetta uscia dell' onda . Cosi questa : e ardea viva La sua porpora e si bella , Che del di yincea la stella .

V. Monti .

K

D* una stemma arabica rappresentante Maometto sul Borac e la testa d Ali ec. Nota del sig, professore D. Michelangelo Lanci .

JJP una gentile curiosità letteraria vogliamo far do- no a' nostri lessi lori ; e mostrare come alcune co-

se , le quali sembrano di recente invenzione, si scuo- prono per anlicliissime : e clie i più lievi oggetti si possono far materia alle ricerche degli eruditi .

Tutti conoscono que' disegni ingegnosi die -guardati dall' un lato mostrano una figura , e guar- dati dall' altro non son più quelli , e ne presenta- no un altra . Talché al dritto vedrassi per esem- pio la faccia d' una fanciulla , e al rovescio il grifo d'un orsa'; qui un baccalare in laurea ed in paruc- ca , e un capo di giumento non senza l' onore de' lunghi orecchi . Ora tutti stimavamo , che queste pittoriche fantasie contassero pochi anni , e ci fos- sero venute dal secento ; quando gli uomini in tut- te l'arti stanchi del bello e del vero , si posero in cerca dello strano per allettarci colla novità e col- la meraviglia . Ma noi eravamo ingannati .

Il eh. sig. ab. Lanci ha scoperto questo raro ar- tificio in un' antica gemma , la cui impressione tro- vasi in tutte le raccolte di solfi : gemma celebra- ta e di grande valore : ma che niuno avea saputo aij-

200 Letteratura

Cora conoscere . Perchè credevasi clic vi fosse so- lamente inciso un uomo a cavallo con quel bar- baro stile degli arabi , e i^ulla più ; laddove in una sola figura sono significate quattro diverse imagi - ni dai quattro lati ; e sono : dall' alto al basso Mao- metto a cavallo del suo Borac , del basso all' alto la testa di Ali : alla sinistra il nome dell' uno : al- la destra il nome dell' altro . ciò basta : ma tut- te queste figure non sono formate di segni al mo- do de' pittori , ma d' intere e chiare lettere ara- biche , con beli' arte intrecciate , le quali significa- no i nomi dei Xlf Imami , che furono i discepoli di queir impostore . La qual cosa essendo assai sin- golare , pensiamo che si debba riportarne la spie- gazione colle parole medesime , e schiarirla col di- segno pubblicatone dall' autore : dalla cui dottrina r Italia attende quel compiuto lavoro archeolo- gico e paleografico intorno a' monumenti orienta- li , eh' egli con grande studio e spesa da molti anni viene preparando .

NOTA

I

nomi de' dodici Imami si descrivono di stilila mente ii\ questa dichiarazione di ima gemma , die incisa qui presen- tiamo . Di qual materia ella fosse , chi la rocisse in Roma, e chi ne facesse l'acquisto, s'ignora: ma seudone cavata sulfurea impronta , da qa«sta ne abbiamo tratto il disegno . Il sig. d' Italinski , onore de' letterati cavalieri , nelle dotte lingue peritissimo , che infiamma colla sua presenza all' amore di questi studj , ci ha fatto gentilmente conoscere il suo desiderio di vederla pubblicala 5 ond' è , che 1' offriamo alla comune erudita curiosità . Non è maraviglia , che molti antiquarj possedessero quest' impronta , altro vi ravvisas- sero , che un male contornato cavallo , e cavaliere. La pic- ciolezza della gemma , che non supera la circonferenza de- gl' incisi minori ovati, la imperizia de' li p^uaggi d' Oriente ,

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Gemma Arab. Illustrata 201

/u loro (1- impedimento a penetrare coli' occhio nella qualità delle linee , che formate sono da soli cufici elementi . Il sig. ab. Reinaud coli' ajuto di convesso cristallo vi sco- perse i nomi degl- Imami ; e fattami comunicazione , mi porse motivo di estendere le ricerche . BI pria d'ingrandire col di- segno r oggetto , girandolo d' ogni intorno , guardai e vidi , ehe ne' quattro principali punti , quattro varietà presenta- va . I. Di prospetto un uomo a cavallo . II. Capovoltandosi 1' impronta , venia una faccia con barba tripartita , con turchesca maestosa berretta , dalla quale un fiocco sui dettro omero pendeva . III. Locato il capo della bestia in basso , e presi i nudi contorni , si offriva il nome di Maometto con vaghissime lettere Tamuvee . IV. Aliando in alto la testa dell' animale , si leggeva in eguali forme il nome di Ali . Non ebbi più dunque a dubitare, che il cavaliero fosse il pseudoprofeta Maometto , e la testa coli' ampio turbante , la figura del suo genero Ali . La narrazione favolosa de' mao- mettani darà ragion della gemma . Gelal-eddino nel dichia- rare il rapimento di Maometto dal tempio della Mecca a quello di Gerusalemme ( secondo la Sura decimasettima del Cora- no ) racconta , che I' animale , su cui fu rapito , dalla sua bianchezza e splendore si appellava Boràk ; eh' era mag- giore dell' asino , minore del mulo , coli' orecchie alquanto umiliate, coli' unghia fessa, di coloro bianchissimo, più che il vento correva, e di squisite cose nutrivasi . Quando usar ne volle Maometto , Borak gli rispose , che non !• avrebbe elevato , se non gli prometteva un lauto governo , e un distinto luogo nel Paradiso j gliel promise , e su lui volando il pseudo-profeta , accompagnato dall' arcangelo Gabriello , (ridicola narrazione) i sette cieli penetrò , d' uno iu altro cogli antichi padri favellando , finché giunse al cospetto della Divinità . La gemma dunque rappresenta Maometto , che s'innalza ai cieli sul Borak , in atto di porsi colia destra U

ao2 Letteratura

corona -sul capo, e colla sinistra sostenendo la blGda spada, già famosa fra gli arabi pel nome DhulJ'ehàr . V erano inoltre a diciferare i nomi de' dodici Imami , e per facilitare 1' altrui iutelligenta , mi determinai di portare il disegno , senza alterarlo di nulla, ad una maggiore grandezza , e quindi staccare tutte le voci , ed in ordine separatamente collocar- le . Si vedrà , che la lettura comincia dalla testa del Bo- ra k , -va poscia a quella di Maometto , e passando pef la schiena della bestia ne discende alle gambe posteriori, in- di si volge al petto, e chiude col ventre,* talché non ve- donsi insiguiScanci linee , che le sole formanti le gambe ante- riori j e tutte le voci sone poste , come siegue , a regola d' intrecciata scrittura . i. udii , fratello cugino di Maometto , di cui sposò la figlia Fatima, e fu il quarto Califa . 2, Ilas- snn , figlio primogenito di Ali , e quinto Callfi , che abdi- cò il califato . 3. Hossein , figlio secondogenito di Ali , ucci- so nella giornata di Kerbelah . 4- ^^^ » cognominato Zin- nlibedin , tìglio primogenito di Hossein . 5. Maometto Ba- ker , figlio di Zinalabedin . 6. Giajar Sadik , figlio di Mao- iiu»lto Baker . 7. Musa Alkiadem , figlio di Ginfar . 8. Ali Hidha , figlio di Musa. 9. Maometto Albugiafar , figlio di Ali Ridha , cognominato Algiaovad . 1 o Ali Askeri , figlio di Abugiafar , cognominato Alzek .11. Hassaii Askeri , figlio (li Ali Askeri. 12. Maometto Abulcassem , il quale mori al parere di alcuni nel 333. dell' Egira . II maggior numero de' superstiziosi maomettani porta opinione , ch'egli sia vivo ancora, ia una grotta nascosto, ove rifugiossi , quando spari da' mortali. Ma ciascuno in ciò si conviene, che debbe al- la fine d«l) mondo ricomparire per la riunione di tutte le jnoslemiche sette : per la qual cosa di varj titoli si onora . 1. Mahadi , che significa il direttore di tutti i fedeli . 2- llogc^iat , perchè deve risolvere tutte le religiose loro qui- stioni . 3. ICycm:, comecché per d! lui mezzo stabilir si deb-

Gemma Arab. Ili-ustrata ao5

bano le fondamenta di religione 4- Mondlier , come ap- portatore di luce. 5. Sàheb-alzaman , cioè signore de' tem- pi , perchè sa tutto quello , clie accader debb» nella rivolu- zione de' secoli . Avendo noi separati coi numeri tutti i yo- caboli , potrà ciascheduno nel grande ovato ritrovarli ; e co- tioscerà , che il quai-to gruppo , eh' esprime un Ali , fu ro- vesciato dall'artista nell' incider la gemma , per servire al proposto disegno. Si trovano moli* pietre e sigilli co' no- mi de' dodici Iraami , tenuti in somma venerazione dagli Scili , sendo Ali , e tutti con vaghe scritture ; ma la com- binazione ingegnósa di avervi formato e Maometto , ed Ali , tanto colle immagini , quanto co' loro proprj nomi , è sin- golarissima , e ci fa dubitare , se noi d' Occidente slamo gì' inventori di quelle figure, che portano più aspstti iu una faccia sola . Queste pietre imamiche servono ad uso super- stizioso presso i maomettani , e credono , che fioriate indos- so difendano dai più gravi infortuni la devota persona , e salvino poco men che da morte . Non sono mai di prima arabesca antichità , perchè vi si legge sculto il nome dell' ultimo Imamo , venuto a morte , o sparito circa la metà del nostro mille . Per applicare intanto alla storia degli arabi questa nostra brevissima dichiarazione , facciamo riflet- tere , che non saremo più dubbiosi , che volessero mai si- gnificare quelle figure a cavallo, che si veggono coniate ne' rovesci delle cufiche monete , sulle quali non seppero che dire Adler , quelli che venner di poi . Si rincon- trino al primo tomo del Museo Borgiano le monete Sa. « 53. , ed al secondo le 49- e ']\. ', ed a colpo d' occhio si ravviserà in queste e in quelle non già un mostro , ed un incerto guerriero , ma il viaggiatore Maometto tra gli tisirl , cavalcante il Borak .

a ©4

SCIENZE

Lettera inedita del Redi-^Al chiarissimo sig. conte Giulio Perticari .

Pregiatissimo Signore

C

redo sieno molli in Italia , qaali avendo in venerazio- ne i buoni studj provino forte brama di conoscer lei , 0 signor conte ; altrettanto d' esserle noti sentano ambizione . E spezialmente dappoiché si sono divulgati que' suoi libri sugli autori del trecento , ne' quali è tanta la filologica dottrina , e la gravità insieme di filosofia , che meditandoli si è come intraddue a giudicare, se a questa, prima che a quella il raro pregio della materia pertenga . Ma io te- meva di dover tuttavia passarmela con essolei , quale chi di lontano meravigliando in silenzio riverisce i lodati . E dirò liberamente che anche il voleva ; perciò che da' ragguarde- voli mi arretrano le povertà dello intelletto , e quel non sentirmi dotato di prerogative che mi faccino degno della loro conoscenza . Pertanto non occorre a dire , io il po- trei , a quale ventura mi riputassi 1' intendere , com' ella fosse in desiderio di avere questa lettera inedita del Re- di , con qual animo ne sapessi grado al signor Gaetano Flajani (anatomico valentissimo e mio gentilissimo amico) il quale permettendomi di trarla da un manoscritto della sua ricca biblioteca , mi ha posto nella onorevole congiun- tura di avvicinarmi a lei, e farlene un presente. Col qual mezzo, come io ho fatto più cuore, avrà ella altresì alcun testimonio della mia osservanza . E perchè è scrittura di quell' uomo

J

Lettera Ined. del Redi 2o5

grandissimo , varrà a distrar la sua mente dalla nullezza di chi 1' offre , ritenendola con piacere sopra 1' offerta . E di- co con piacere ; avvegnacchè io slimi , eh' ella voglia an- che in questo imitare il gran padre Alighieri , che le cose di medicina solca tenere in gran conto , e funne , al dire del Varchi , il dottissimo . Certo io non poteva far- mele innanzi con nome che più fosse augusto , e allo stato delle lettere e delle scienze dall' età nostra acconcevole . Che il Redi studiò anch' egli all' ammenda del vocabolario della Crusca j come nelle epistole a Carlo Dati , e a Michele Er- mini si legge : fatica venuta ora eziandio tra i migliori ita- liani in onorevolissima opportunità . E tra le scienze, l'isguar- data quella nobilissima facoltà cui bella intenzione è , per quanto alla umana debolezza si concede , di rendere la sa- lute , autore fu il Redi di semplice e soave modo di me- dicare , mirabilmente amico alla natura . Ma vanta anche oggi 1' Italia molti bravi , che intimano rispetto alle ma- lattie di necessario periodo , e predicano nelle curagioni di serbar modo , e dar tempo . Ristoratore della medicina il proclamarono già vivo il Bellini, il Delpapa , il Magalotti, il Salvini j ed altri suoi contemporanei che andavano per la maggiore ; talché questo vero , come in ciaschedun altra consultazione , è oUramodo espresso in questa lettera al car- dinale Fachenetti ; nella quale a tutta lena lo conforta a non farsi tor su da certi piacentieri , i quali riescono all'infermo di secondo malanno , come Menandro li proverbiò ; e rifrena con ischietta cordialità la bonaria fidanza dell' eminentissi- mo di ritrarre guarimento dalla copia di quei miscugli , che senza posa gli apprestavano altri malaccorti ; per nul- la avvedendosi che deliravano . Conciosiachè , come non é in tutto da seguitare Platone nel Timeo , il quale di mente di Pittagora ammoniva , di tutti i motivi quello essere il mi- gliore che da ae stesso, e in se stesso è cagionalo j d' on-

ao6 S e I E N z R

de quella dirotta negligenza in alcuni che tutto 4' attendono da un impeto naturale medicatore ; dannevole di pari mo- do è lo instigare con farmachi gagliardi malattie diuturno e ribelli , che di picciole sogliono faj-si grandi , e di pochi dolori e comportevoli, assai ne risurgono ed atrocissimi .

Ho letto nel mentovato manoscritto , che il cardinale occupò intorno al suo patimento i primi medici d'allora. Malpighi in Bologna , Angelo Modio in Roma , Redi in Fiorenza E n' era alla cura assiduo Tiburzio Longo suo me- dico di camera . Perlocchè , (s' io mal non veggo) nel consulto che dopo i due primi, è il venlissettesimo , tanto nella edizione del Manni , che in quelle degli Hertz , in che il Redi concorre pienamente nel da fiirsi dal signor Longo proposto j parmi si traiti delli stessi mali , e dello slesso malato . Ma conviene avvisarsi che 1' eminenlissimo , tut- tavia sgomentato de' suoi fastidj , tra le mediche contro- versie ne scrivesse di privato al suo Redi, e questi di privato e con la usata candidezza gliene rispondesse . Ondecchè è minor meraviglia , se tale risposta cosi nascosa si celasse alle in- dagini degli editori ; di quelchè sia stata da mano benigna ritolta alla facile dimenticanza e perdizione , in che so- gliono nelle corti rovinare spesso i grand' uomini , e le cose loro ,

Basterà , o mio signore , eh' ella un tratto vi ponga 1' occhio sopra , perchè di subito le torni a mente alcuna frase al Redi familiarissima ; come quel giuntare , il pò- vero cristianello , modo che egli dopo il Boccacci usò di frequente : quello iterare qualche voce per vieppiù affor- zare il consiglio ; come quando vuole si faccia uso della' sola sola polpa di cassia : e quel paragone di certi mali colla natu- ra della vipera , la quale inizzata s'indraga, e morde, e avvele- na . Del resto vi conoscerà a prima giunta quel non so che di gentile , che lo Speroni chiamava quasi raggio di solo discuo- pritore delle cose illustri . è dubbio alcuno che que-

liETTERA InED. del RedI 507

.-U p„«, «sere notata d! „ojevolez.a : q„a„d„ ;„ ,i.„,,, Afetto suol cadete ia maggior parte delle Jettete , delle quali te„ poche souo quelle ohe si toroauo a diseorrere a bel di- leuo . A„z, la s, veda tutta bella di qua' modi disinvolti a ddceotente sche.evoli , i„ ohe si ,ipo„e il pt-ineipale e- n.o dello sule del Redi: stile che era t„,.o suo p'oprro . o vogham d,re d! que' suoi spiriti . che prendendo qualità

da una ragione rettissima ; manteneanlo sempre sereno e n.per.„r ato di me.o alle cose di quaggiù /che a me

Cor. sogltono coutinovo olTorire o noje , 0 iracondie,

meJanconie .

Ma più oltre noa istarò io a librarle colla mia hnce questa ettera . Poano incedere dirò quasi eoa baldanza co! loro , che trovatori s' appalesano d' alcua che di classico pre- stant.ss.n,o . E quel fastidio di scusare la cosa prodoua , Phe è soveut. volte bisogno a chi non vede le menti altrui «e assuefatte , occupate in simili disquisizioni ; sarebbe on- toso alla odevohssima costumanza dell' età nostra , che de' S.gon„,de'Manuzii, e degli Scaligeri ,li eruditi discom.- menu ricorda . Onde ella , o mio signor Perticaci , ^

Com' anima gentil che non fa scssa , Ma fa sua voglia della voglia altrui / ho fede che per la devozione a quella nobilissima ombra . vor- rà un.re anche questa alle altre lettere del Redi di già corse a sta„,p. Che non è mai troppo spesso il numero delle scritte de b.on. tempi, a perfezionamento del bello idio- -a d Itaha . Ed a' savii è sempre paruto gravemente f.I- lino certuni , che stimano come chiaro indizio di menti ti- "cuzze e non atte a produrre cose nuove , quel com- rendevole di.io che tra i studiosi in certi tempi si mani- festa d. ritentare le antiche . Che non solamente le lettere d. nobil costume ardono talvolta , e «i giovano , m, *nclie le popolazioni si sono richiamate a virtù co. gU

2o8 Scienze

antichi esempj . E la storia ci mostra le genti dominai©- o da barbarie o da viltà , quantunque volte inabissarono questi nella obblivione . Per la qual cosa io son di credere , che similmente debba de' nostri studj avvenire . Che non è da negarsi come abbino dato i cultori di essi argomento di decadenza ; ove siensi fatti dimentichevoli , o, che è più tur- pe , spregiatori delli antichi sapienti . I quali quando ven- ghino di nuovo innalzati nella lóro maestà , e si cerchi a ben meritare di ossi col richiamare gli animi alle lodi di quanto ei ci lasciarono , ed alla curiosità rintracciare quello eziandio che di loro si smarrì , o senza onore di stam- pa si giacque j certa prova è che gli spiriti si sono di bel nuovo elevali a quella pregevolezza , che fa conoscere il buono , e stimarlo . Laonde io chiamerò bene arrivato an- che alla mia arte il corrente secolo ; finché lo vedrò devoto di- nanzi alle immagini de' maggiori , e inspirarsene . E mi dorrà il cuore pei molti , quantocchè ingegnosi , che tem- po fa passo passo seguivano ammaliati Colui della Scozia . E fàccia Iddio che basti alla severa posterità , onde scu- sarli di loro mattezza , 1' odierno ammendare e ripentire ; quando in filosofia 1' incostanza delle opinioni 1' autorità to- glie , e non rende . Nulladimeno da tai disinganni cresce di continuo più bella la vaghezza ne' classici studj . Oh chi avrebbe osato qualche anno fa, tra tanto scombuglio , mo- strare sacro frammento d' antico scrittore ? Te lo avrebbono poco meno che lacerato in su gli occhi que' petulanti : era a fidarsi degli stessi nazionali , veggendoli fare onta sino ai precetti d' Ippocrate padre . E da quale fatalità vorrem noi , o mio signor conte , provenienti le cagioni di simili turpitudini , che mai non s' annientano j ma og- gi s'ascondono, dimani si disvelano novellamente/' Non han- no patito anche le lettere non ha guari il medesimo obbro- br'o, e noi patirono innanzi , o noi patiranno nel tempo av-

Lettera Ined. del Redi 209

Tf lire ? Si direbbe quasi die il decadimento del sapere sia come una di quelie necessità , per le quali intervenga d.e esso riacquisti novella vita. Quindi con soprumana dottri- na i platomci queste ved eterne, questa serie girevole di cause e di eaTetli chiamarono Fato . Perocché se le cose prò- cedessero sempre in, là,, andrebbero fuor di natura : e 1' uma- na sapienza , come ogni altra umana cosa, ha il suo fine 11 quale è per lo pia toccato dalle fantasie , forse per ia, fermila nostra, o per punizione di nostro ardimento: af, iinchè tra qudle dileguandosi le verità , sia forza riporsi sulla smarrita via. A, questo termine però , come nuove Tenta, cosi d aspetta nuova gloria, e ritornano in amo- ^e I chiari nomi ddl' età rimote, ed a scdti quaderni si riportano gli occhi e le menti . I quali per 1' imii^,ne e la scorta che presentano , levano in certo modo ,. li animi nostri a qudla altezza , d' onde si può solo trar lena a contendere agli «ulichi la palma . Di vero questa corona è bdla : e di chiara lama degnissimo è questo campo , ove anche il restar vin- to non è senza, onore. E qui rallegrandomi con essold o «S- Conte, che di tale contesa, che Esiodo chiamava ot'ti- mape' mortali, abbia già riportato il trionfo; io finirò coli' inchuiarmde , e raccomandarmi a lei grandemente . Di. Roma li 3o Novembre 1819

Suo Servltor Devotissime Fbajxcesco Puccimotti

Emo, e Rino Sig. Padrone Colmo

Il o fatta Luna quella riflessione, che mi vien permes^ sa dalla mia poca abilità , intorno a quello che F. E. si compiace, di scrivermi de' suoi mali j sopradichc replicherò alcune cose scritte altre 'volte , ed alcune 'altre ne dirò di nuovo per il buon servizio della sanità di V. E. , e parlerò sempre da buon servitore , e da servitore obbli'- G. A. To IV- 1^

aio Scienze

gatissimo e riverentissimo . Tutte le cose che metteranno in opra-qué' prudentissind medici che assistono alla sua sanità , debbono essere indirizzale a due soli e principali scopi . Il primo si e di raddolcire V urina , acciocché meno che sia possibile mordichi e punga quelle parti , per le quali essa esce fuora del corpo umano . Il secondo si è opera- re in modo, che quei diversi fluidi che corrono, e ricorrono per i canali del corpo se ne stiano in quel naturale ordine di particelle componenti , che e loro stato destinato dalla natura . Perchè ogni qual volta che questi fluidi si scon- certeranno , ne seguirà sempre il maggior travaglio deW urina , il maggior doloie nel collo della vescica ; si risentirà il cuoi e con la palpitazione , si muterà disordi- natamente il polso , e si faranno sentire tutti quegli al- tri J'a.-^tidj che da V- E. mi sono stati accennati . E per il contrario se questi fluidi suddetti si staranno nel lora naturale ordine di particelle , e non si metteranno in bol- lore ed in impeto ; io credo certo che comportabili saran- no i faslidj , ed i mali dell' E. P^. Ilo detto che saranr no comporuibili j perchè io che amo V. E. in qualità di buon servitore , non varrei che qualcheduno le i?isinuass& gagliardamente e con forza di persuasione a voler total- mente giinririie , ver via di medicamenti violenti ed effi- caci . Qnesti medicamenti violenti le porteranno sempre detrimento non ordinario ; dove i medicamenti piacevoli , gemili , e quasi non medicamenti , anzi aliìr\enti , o con forma di alimenti le saranno sempre di profitto non ordi- nario . fi sono alcune malattie che hanno la natura della vipera . In vipera se non è stuzzicata ed irritata non s' avventa mai a mo/drre ; ma le sue carni servono di un gran rimedio per molte malattie , conforme credono i me- dici . Cosi i mali di f^. E. , se non saranno irritati da medi- carnenti violenti non pqtranno mai attaccarla nella vita ; an-i zi col farla vivere in riguardo , ed in cautela saranno

Lettera Ined, del Rrdi 21,

cagioni , che la sua vita sia lunghissima ; come io le deside- ro, e le auguro . r. E. dunque per aver riguardo a questi due scopi so^radetti, pigli ogni mattina un gran brodo di carne -, talvolta questo brodo sia puro , talvolta vi sia boi- lira dell' endivia , ovvero della cicoria , ovvero delle pru- gne , ma una cosa sola per volta , e non si faccino quelle me- schianze di tante e tante cose , che sogliono essere ordi- nate e mescolate da noi altri medici, che non crediamo di fare la ricetta bella se non la misuriamo con la canna , e se non ^i mettiamo dentro tutte quante le drogherie più igno- te , che dal ponente e dal levante ci sono mandate con nomi speciosi e vani , i quali non servono ad altro che ad in- gannare il povero cristianello. Un certo medico grande so- leva dire in Roma , quando trinciava certe sue ricette che tenevano un miglio di paese, quotìescumque populus iste vult decipì , decipiatur . Quel brodo insomma o sia puro, o con una delle sudette cose bollitavi dentro . E se si ami raddolcito , si raddolcirà con giulehbo di viole mam- mole , o con giulebho di mele appiè . Se talvolta venga a noja il pigliare il brodo , si usi in sua vece qualche ac- qua dolcificante , ed in particolare l' acqua delle viole mam- mole . Anzi , quando verrà il tempo , F. E. usine in gran- dissima quantità nel tempo che sono fresche , e ne faccia ancora conservare delle secche all' ombra per P uso di tutto V inverno , e di tutto V anno . Se il giorno fra giorno ha sete , beva una buona giarra delle detta aqua . Sopratutto si astenga quanlo sa , e quanto può dall' uso de' medica- menti pigliati per muovere il corpo . E dovendo pure tal- volta usare qualche cosa , si serva della sola sola polpa di cassia , senza mescolarvi quelle cose , che da noi al- tri medici sono chiamate correttivi; ma da altri uomi- ni , che la dicono chiara e tonda , sono meglio appellate M-gr rettivi : ed io voglio di questo assennirla , come di veri- li *

aìi Scienze

cJ}-:' non lia contrasto. Si faccia poco moto e particofar'^ mente in carrozza . E V esercizio si faccia passeggiando a, piedi lentamente ; e si faccia ogni giorno : e serva una volta la magnificenza alla salute ; non questa a quella . Quan-^o si il caso che V. E. deggia desinare pia tar^ di del solito , o per cagione di congregazioni , o di al-- tre funzioni , pigli semp''e neW uscir di casa qualche poco, di brodo o di acqua , e lo pigli ancorché la mattina a buon ora abbia bevuto il solito e consueto suo brodo . Il vitto nel pranzo e nella cena penda sempre al l^ umettan- te y e al temperato , e si fuggano come la peste gli aromati , e tutte quell' altre benedette cose , che volgarmente si so- gliono usare per rompere i flati , ma finiscono talora col cacciare il fiato daddovero . Io non loderò mai che K. E. adoperi (come fa) il mitridalo , r acqua teriacale , e V acqua,, di tutto cedro avvalorato con V acqua di cannella stillata , De' giulebbi anzi detti ne pigli quanto vuole , e le farà più utile una giarra d' acqua pura , che quante acque teria- calì sono ntW unir^erso mondo . Almeno quell' acqua non li porterà danno . Quando le urine sono piii copiose . allar- ghi con amorevolezza discreta la mano nel bere . Questo è quanto , Eminentissimo Signore , posso dire all' E. f^. parlandole col cuore in mano , ed assicurandola , che dal consigliato modo di vivere ella ne ricaverà col tempo non ordinario profitto . Ho bene scritto io senza ordine ; ma r ho fatto in prova , acciocché V. E. non creda che per forza di persuadente scrittura io voglia tirarla nella mia opinione ; ma bensì acciocch' ella nella semplicità del mio scrivere scorga la semplice candidezza dell' animo mio ^ tutto intento a portarla quei giovamenti che le desidero : e facendole profondissimo inchino le bacio il lembo della sacra porpora . Firenze 22, Ottobre 1^79-

Di F. E. Umilissimo servo

FnAMCEsco Redi .

210

uv'tmftf. gjauMa

Dell'Eletto delle gocciole di pioggia, sulle piante, allo- ra quando si trovano disposte in modo da concentrare i raggi del sole. Per Benedetto Prevost. (*)

X retendesì , che cevle malattìe delle piante ( 1' abbruc- ciamento tra le altre) ce «iaiio qualche volta prodotte dalle ce gocciole di àcqila , che fanno 1' effetto di un vetro con- 3> vesso , e cagionano degli abbrucciamenti coh piccole mac- tc chie , sulla corteccia, e sulle foglie degli alb-^ri « Ved, Dici, d' Hist. nat. tom. II. pag. 332 art. Arbre sotto- scritto da Tollard maggiore, e la medesima opinione è am- messa da molti altri Autori rispettabili particolarmente dall' Abbate Rozier , nel suo Dictionnaire d' Agriculture.

ti da lungo tempo , eh' io sospettai , che questa fosse una di quelle asserzioni , che si ricevono senza esaminar- le, e che si dispensano, come si sono ricevute; ma ave- va sino a questo tempo ( l'estate del i8iS. ) negligentato di sottometterla alla prova del calcolo , e della sperienza . Il rapporto del seno d'incidenza al seno di refrazione dall' aria nell' acqua , pel raggio giallo della luce , ciò che presso a poco è la refrazione media , o quella della luce bianca , è di 4 3 . Da ciò se si calcola la distanza focale principale , o quella del foco principale dei raggi paralleli alla superficie di emersione , si trova per una goccia sferi- ta circa i tre quarti del diametro; per una goccia emisfe- rica tre volte la sua altezza , o tre secondi del diametro , al quale essa appartiene ; per una lente di acqua composta di due legamenti sferici eguali , aventi ciascuno per altezza Un secondo del raggio della sfera alla quale appartengonsi ,

(*) ( Aiitiales de Cium, et de Phys. Juillet 1819. )

aj4 Scienze

o per una tal lente , la di cui densi th è eguale al raggio di qrtesta sfera , circa tre secondi dal raggio , o tre quarti del diametro .

Limitandoci a questi tre casi , e supponendo nel primo il diametro di 2 linee; nel secondo, l'altezza dell' emisfe- rio . o il raggio di una linea , e nel terzo, la densità della gocciola , o il raggio della sfera di due -Jinee noi avremo; Per il primo caso, il fuoco principale ad una linea , e mezza della superficie di emersione ; Per il secondo , ed il terzo , a tre linee .

Cosi per mezzo della teorica , non chiedendo dalla spe- rienza , che il rapporto di refrazione per 1' acqua , noi tro- \'iamo la proposizione inammisibile : ma senza avere ancora fatto ricorso ad esperienze dirette , ed accordando ancora , contro ciò , che abbiamo testé dimostrato , che il foco cioè principale della maggior parte delle goccie di acqua esposte al sole , cade egualmente sulla foglia , vediamo se egli è probabile , che ne possa risultare qualche effetto nuocevole per la medesima .

La superficie , che una goccia d' acqua sferica di due linee di diametro , presenta al sole è circa 61»- , aS quadra- te ; ma :

1 ." Egli è molto difTici le , che tutti i raggi , che tra- versano una goccia d' acqua ( sferica, o emisferica al più) giungano qu;ist al medesimo' punto, o al foco. Può provar- si , che questo non ne riceve che una ben piccola parte . '2.° Tutti quelli, che penetrano il liquido non già lo traversano ; una parte è assorbita , e serve solamente ad ele- vare un poco la sua temperatura . Una parte ò riflessa in dietro , o dai lati , e risorte .

3.° La maggior parte dei raggi sono riflessi ; e quelli solamente , dei quali la incidenza è picoolissima , evitano ii» gran parte la riflession* .

Delle Gocgiole d'Acqua ec. ìi5

4." Una parte della luce , o del calorico , che 1' accom- pagna , o che essa produce , e che contribuirebbe ad au- mentare la intensità del foco , è impiegata a formare del vapore, che raffredda al contrario la piccola massa di acqua , o piuttosto le impedisce di scaldarsi , e di cagionare indi qualche danno alla foglia. Vedremo, che questa asserzione è confermata dalla sperienza .

5.° Per poco, che l'aria sia agitata , il fuoco cangerà di luogo contìnuamente ; ciò che gì' impedirà di produrre qualche effetto sensibile , concesso che ne avesse potuto pro- durre nello stato di quiete* D'altronde, quanto alle goc- eie all' incirca sferiche , vi sono molte foglie sulle quali non possono fermarsi .

Esperienze dirette

1 . Esperienza . Ho pregato aldini miei amici a lasciar r;ulere su giovani foglie di diversi alberi o di altre piante , delle goccie di acqua più o meno coìivesse ed in differen- ti situazioni ; ma quantunque il sole duranti questi esperi- menti abbia avuto spesso del vigore , non si è giammai os- servata alcuna alterazione, che si potesse sospettare provenire dall'effetto dalle goccie d'acqua agenti a guisa di una lente.

2. Esperienza . Una lente di sette in otto linee di dia- metro , e di quasi due pollici , e mezzo di fuoco , che bru- cia istantaneamente una buona esca , e produce in alcuni secondi un'alterazione considerabile sulle foglie , non vi pro- duce più effetto percettibile allorché ne ricuopre la su- perficie lasciandone solamente scoperto , nel mezzo , uno spazio circolare di circa una linea , e mezza di diametro . Frattanto questo spazio è più grande di quello , che presen- tano la maggiore parte delie gocciole di pioggia , che sono credute agire sulle foglie .

3. Esperienza. Ho collocato delle foglie di diversa

ii6 Scienze

piaote , tutte tenerissime , o giovanissime , su molte doji- pie di carta Emporetlca inzuppata di acqui all' eccesso , ed immersa in un poco di acqua versata nel fondo di un pial- so di Jeìence bianca; ho distribuite su queste foglie delle goccie d' acqua quasi tutte presso a poco sferiche , o appia- nate solamente dal loro peso; ma quantunque questa espe- rienza sia stala variata in mille guise , e ripetuta spessissi- mo , e ad UH sole ardente , non ho mai osservato alcuna alterazione, che potesse ragionevolmente essere attribuita alla causa in quistione (i) . Potrei ancora affermare coti tutta ingenuità , che non vi ho mai osservala alcuna menia- ma alterazione.

4. Esperienza . Foglie cariche di goccie d'acqua coràe le altre , ma situate sopra carte molto meno bagnate , mi presentarono un risultato assai curioso, e che prova nel modo il più chiaro, che il disotto delle goccie ben lungi dall' essere alterato dalla hice , die quelle vi concentrano , è, al contrario, preservato dal raffreddamento, che cagiona la evaporazione dell' acqua , quando il rimanente della foglia è alterato da un troppo forte calore ; perchè nel caso di cui si tratta; tutta la superiicie di ciascuna foglia essendo in- giallita , il disotto delle goccie durava perfettamente sano ; di modo che si vedevano su quel fondo giallo , o rossiccio , tante macchie verdi , inlatte , e ben determinate , quante vi erano state goccie sulla foglia , e precisamente nei medesimi luoghi . Ciascuna di queste macchie sane aveva ancora un diametro un poco più. grande di quello della goccia , sotto la quale essa si era trovata .

5. Esperienza . Ciò che prova ancora , che è il raffred- damento cagionato dalla evaporazione che impedisce lo scal- darsi dell'acqua, ed in conseguenza la parte della foglia si- tuata al disotto , si è che il rovescio di alcune foglie , «he non toccavano affatto la carta inzuppata, presentava sui

Delle GocciotE d' Acqua ec. i 7

luoghi corrispondenti alle goccie dei piccoli ammassi di goccioline evidèntemente prodotte della condensazione del vapore , che si era elevato dalla carta sopra questi punti raffreddati :

Pertanto , lungi queste goccie d' acqua dal produrre alcuna alterazione per un trx)ppo gran calore , lo spazio , in cui esse si trovano, è molto piìi raffreddato dalla evapo- razione, di quello che sia riscaldato dalla concentrazione della luce, che vi succede.

Mi sembra dunque , che 1' opinione dei Fisici , o degli Agricoltori , che pensano , una delle cause dell' abbrucia- inento , o delle macchie, che appajono talvolta sulle foglie , o sopra altre parti delle piante , essere la concentrazione della luce del sole per mezzo delle goccie di pioggia , nou abbia alcun fondamento .

Sulla natura dell' injiammazione , ricerche patologiche leite in Livorno alV Accademia Labronica de^ 28. Novembre 1818. ; dal Dottale Ermenegildo Pislelli medico clinico Lucchese , ec. Estratto del Dottor Giuseppe Tonelli .

J_J infiammazione , quantunque sia dessa la malattia la più ovvia,, la più insidiosa per l'umanità, e la più scabrosa per ì medici , non è stata fino a questo punto ( a dire dell' erudito sig. Pislelli ) dilucidata con chiarezza non equivoca in tutta la sua estensione . Oscura si riman tuttavia la ca- glon prima , da cui dipende , e lo dimostrano irrefragabil- mente le diverse , e spesso opposte opinioni in proposito emes- se dai Patologhi in ogni tempo . Neppure il lurrte delle re- eenli laorìe Bruuo-Rasoriane ha rischiarato a sufficienza sjue.slo

!ij8 Scienze

piuito 3 poiché se riguardai- vogliasi la flogosi come utl' af- fé/Jone costante di soverchio stimolo , riinaii sempre centra* dittorio , e problematico il vederla sovente svilupp;irsi non solo senza l'addizione di stimolo verni) o , ma ben' anche die- tro l'azione non mai interrotta di potenze risguardate come decisamente controstimolanti , sottraenti , debilitanti , ed in mezzo al più marcato languore. Quindi con tale oscurità ed in- cet'fezza inopportuno si era il più delle volte il medico ( a dir suo) nel trattamento di questa morbosa afiezione, perchè consi- derandola sempre come figlia di quello stato , che sotto no- me di soverchio vigor conosciamo , la giudicava impossibile a legittimamente svilupparsi negli individui cachettici , de- boli , e macerati dai disagi , e dalla tristezza ; cosicché ri- guardandola in vece come spuria , di natura diversa dalla vera infiammaEÌone , non esitava a curarla con uu metodo indoveroso, e micidiale . Fu questo un vuoto, a cui riem- pire dìrigge ora il sig. Pislelli le sue nuove ricerche, qua- li anderemo partitamcnte esaminando con qualche esten- sione, acciò possano inostri lettori dar giudizio dei meri- ti d' una tal fatica letteraria , e far plauso al medesimo , qua- lora alla sua teoria non manchino quelle condizioni proprie a farla salire al grado di 'verità dimostrata .

Dall'esame dei fenomeni , che più comunemente corteg- giino lo sviluppo, l'andamento, l'esito , e le conseguenze delia flogosi , deduce il n, A. , e stabilisce , che la cagion prossima dell'infiammazione tt altro non sia in ultima anali- ct si, c\ic. un difetto , o iiisujjicenza di conti allilità nelle Ji- cc Z»/e dei vasi sanguini di cjualchó visceie , o parte del ce corpo 'y per cui diventando la lor resistenza , e reazione ce soccumbentc , e non corrispondente all' impulso del san' »c gite circolante fa , che questo ristagni , o si soffermi te i?i essi in maggior copia ., e che quindi dia luogo a tut- ci li quei fenomeni , e a quelle organiche alterazioni, che

Della Infiammazione 219

et caratterizzano le parti infiammate ce Con questi pfincipj sviluppati nella presente dissertazione , agevolmente cotnpren- donsi per sentimento dell' A., i fenomeni di proceiso flogi- stico, di diatesi di stimolo, che il Prof. Tommasini rife- risce nella nota \Q. della sua nuova Dottrina ec : , Insorti in m*^zzo al pili deciso vitale abbattimento , e trattati col metodo debilitante ; laddove contemplali sotto la spiegazio- ne d'ogni altra teoria li giudica veri paradossi il Clinico Luc- chese .

Prima di disfendere il sig. Pistelli a convalidni'e con argomenti la dimostrazione del suo parere premette, che il sistema anginlogico risulta in gran parte formato di te- la cellulare , la quale gode di molta contrattililk , secon- do le più esatte anatomiche osservazioni di Caldani , Gai- lini , Miiac 'irne , ed altri ec. Quindi dall'osservarsi ripristina- ta , e rinvigorita sovente la circolazione del sangue in virtù della sola detrazione di esso ( come nella quarta annota- zione sì esprime ) ritiene per fermo, che la sistole del no- minato sistema è a questo connaturale , e spontanea , laddo- ve la sua diastole evidentemente dipende dalla meccanica di- latazione . Appoggiato 1' A. a questi dati , che egli chiama incontrastabili sostiene, che la primaria cagione della sisto- le sia la contrattilità ce ossia quella facoltà della vita or- ti gatiica , in grazia della quale essa tende di continuo al ti mutuo ravvicinamento delle proprie particelle com.po~ et nenti ; e quindi resiste , e reagisce con più, , o meno « forza a tuttociò , che la distende tt Fissata con ciò nel- la contrattilità della fibra del sistema sanguifero la cagione del suo movimento sistolico, ossia della dilni reazione sul fluido circolante, viene alla contrattilità medesima attribui- ta la principal molla della circolazione istessa . Volendo poi il dotto Clinico Lucchese accordare alla contrattilità un gra- do di non problematica evidenza , si sforza di additarla pa-

220 Scienze

lese ni s»nsi in tutte le Cbie organiclie del corpo umano » o provenga essa in loro dall'organismo, o in lor d<uÌM ( cou'.e sembra all' A, più probabile ) dal tessuto cellulare > tl.T cui tutte sono le fibre per lo meno intersecate . Sou per lui argomenù di prova dimostrativa il restituirsi , che fa la fibra al primiero suo stato , appena viene a se mede- sima abbandonata dopo la distrazione ; lo accorciarsi di os- sa verso le sue estremila, qualor sia trasversai uienle recisa ; CO"" 0 anche il suo progressivo ristringersi nel cavo di va- si , o v'so..ri fino alh obliterazione di essi, oVe manchi di esse. dovutamente distesa . Trae ancor partito in favor dt'ii% natia contrattilità della fibra dal riguardar preva- lerne l'attivila naturale dei muscoli flessori uella situ')/,io- ue che prendono le membra dei feti , e dei dormienti : dal- la cootiaziooe di un muscolo verso il lato opposto a ciuci- lo dell' antagonista risoluto , o reciso j dall' immobili l;> , che accfiista un dente estraneo inserito in nuovo alveolo ; e fi- naimeute dallo spontaHeo restituirsi , che fanno al lor usa- to volume l'utero, il sacco addominale, la vescica rri-i nari» , il ventricolo, é le vie enteriche, dopoché sono sla- te rimosse , od eliminate le cagioni, che in esso op"ravano la rispettiva distensione .

Sembra dagli esposti ragionamenti, che il n, A. voglia rlgtìal*dare soverchiamente isolata la contrattilità contro la più sana Dottrina fisiologica . L' esimio Prof. Gallini , nel- la Sila h'jlla teoria sulla vitalità con laute sue dotte proda zioni iUuslrata , considera la sensibilità , la irrital)ililà , la contrattilità , e la turgescenza vitale quali semplici grada- izioni di una sola forza, che egli chiama vitalità iiioienie nei diversi tessuti. Le dottrine di questo insigne Itiioraio .c'insegnano, che le azioni dei nervi , dei muscoli, delle p,?»ti contrattili, e delle turgescenti dipendono tutte , o de- rivano da uu diverso grado di reciprocji mobilila degli eie-

Della Infiammazione 221

Vnenli tutti costituenti le laminette, o fibrille dei tessuti diversi di quelle parti , la c[ual reciproca mobilità è diversa, o regolata da equilibrio tra le reciproclie loro azioni . In questo equi- librio, in questa mobilità recipcoca consiste la vitalità di tut- ti i tessuti nervosi , muscolari , contrattili , o turgescenti , per la quale gli elementi , e le laminette , o fibrille da es- si composte, or più , or meno prontamente cambiano la lor mutua positura , e la loro proporzione , ma con ugual pron- tezza si rimettono alla positura , e proporzione primiera . Ora , «io posto , come attribuire alla sola contrattilità la principal causa della circolazione ? come separare dalla contrattilità l'influenza delle altre gradazioni della vitalità stessa?

Potrà la stessa ragione applicarsi alla sua teoria di con- trattilità difettiva come cagion prossima dell' infiammazione j teoria d' altronde , il dicul merito par che possa limitarsi in ultima analisi a quello , che può spettare ad una semplice opinione . Giacché eoa i fitti desunti da una pratica im- parziale , da una pratica scevra non solo di prestigio siste- matico, ma libera altresì da ogni mania di novità illuso- ria , da una pratica in somma filosofica , ed ippocratica^, riesce oltremodo agevole , e ( saremo per dire ) infallibile il riconoscere per cagion prima della flogosi un esaltamen- to della vitalità istessa . Ma concediamo per ipotesi al n. A. il primato della sua teorìa j di grazia, come concepir di- fettiva la contrattilità senza esserlo del pari le altre gra- dazioni della vitalità istessa ? E se lo fossero , come spie- gar p. e. la sensibilità aumentata nelle parti infiammate ? Opporre per avventura potrebbesi , che , siccome la vitalità dei vfiij tessuti dipende da una partlcolar costituzione de- gli elementi tutti , che li compongono ; e siccome questa costituzione di elementi sebbene venga rispettivamente man- tenuta in un normale equilibrio nello stato di salate , pur dev'essere nei varj tessuti i-elativaraenle modificata, onde

222 Scienze

emerga quel carattere proprio di ciascheduno essi ; co- si se la contrattilità predomina in alcuni tessuti ad onta della influenza delle altre gradazioni della vitalith, potreb- be ancora separatamente riguardarsi la contrattilità difettiva , senza trovarsi iu difetto le altre gradazioni or nominate , e questa contrattilità difettiva riconoscersi per cagion prossi- sima , ed unica dell' inflammajione , Pronta si è per altro la risposta ,• giacché non i soli tessuti contrattili van soggetti alla flogosi ma s' infiammano altresì gli altri tessuti , nei quali la contrattilità non predomina .

D.~>po tale premesse assume il n. A. la dimostrazione del-, la stabilita proposizione , che la cagion prossima della in- fiammazione consista in un difello, o insufficienza della mente- Tata contrattilità nelle fibre dei vasi sanguigni di una qual- che parte del corpo . Precede l'applicazione di alcunni fatr ti, ed osservazioni, siegue l' esame del sintomi , che all' in!, fiamniazione fan treno ; succede ad esso lo scrutinio delle ca- use sì proegumene , che procatartiche della flogosi ; e ana- lizza per fare il cattivo trattamento, e la maniera di agi- re degli Ordinari rimedj .

Diretti vengono i fatti , e le osservazioni , che 1' A. ri- ferisce , a stabilire , che non havvi mai la benché minima infiammazione , se in qualche porzione di vasi non conce- pisca remora , e raduni il sangue ; o se di questo inve- ce libera sia, ed in ni un luogo ritardatala circolazione, per quanto impetuosa voglia dessa supporsi , o per quanto tror visi il fluido da discrasie alterato . Cosi se nelle punture d'insetti, scottature, contusioni , distrazioni , ec. s'impedi- sce lo sviluppo della flogosi cai mezzo di una convenevole corapressioae , o coli' applicare sopra la parte oflesa una qualr che sostanza astringente, e specialmente spiritosa (a); egli

(a) la questo incontro nella sesta annotazione con il fatta

Della Infiammazione 2a3

»? , perchè s' impedisce , e si previene colla facolth costrittiva di tni mezzi l'afflusso, ed arresto del sangue solito in tali circostan- ze a concorrervi in maggior copia , e soffermarvisi . Che anzi nelle gran contusioni , e nelle commozioni di qualche viscere non insorge la flogosi , se prima nella parte offesa non si accu- muli una certa quantità di san^'ue ; mentre fin' a quest'epo- ca ( come attesta Monteggia Istit. Chir. voi. a. p. ix- ) non vi hanno, che sintomi di debolezza per alcune ore, o per qualche giorno ancora . Cosi nella porzione strozza- ta <ii qualche intestino sol vi nasce 1' infiammazione non men pronta , che fiera , perchè ivi è seguito un arresto del sangue accumulatosi , Così le risipole , ed altre flogistiche af- fezioni solite ad invadere V estremità inferiori di chi lun- gamente ritto su' i piedi trattengasi, non ad altro si de- vono , che ad un maggior aflJusso di sangue ivi da va- rie cagioni richiamato . Cosi dietro le orme del commen- tatore di Boeravve ( aph. 3g(). ) esaminando 1' A. i fe- nomeni loculi, che all' applicazione delle coppette sussieguo- no , riconosce dal ventosar prolungato lo sviluppo della flo- gosi per r arresto del sangue ivi favorito . Di questa mede- ma spiegazione finalmente si vale per riguardo agli effetti dell' acqua tiepida , in cui lungamente immergasi una qual- che parte del corpo ; giacché rilasciandosi con tale opera- zione le pareti dei vasi cutanei di essa , ricevono questi , ed in se trattengono una quantità piìi abbondante di sangui- gno fluido , dal che ne siegue una vera , e decisa flogosi .

dell' applicazione vantaggiosa or di stimolanti , ora di controsti- molanti sostanze , di cui a vicenda si ser\c il volgo in ogni tem- po , si comliatte dal Sig. Pistelli il parere del Ch. Sig. Prof. Toin- masini , il quale alla nota 19 della nuova doti rimi spiega questa coutradizione di trattamento col limitare il proficuo uso dei stinio- li al primo momento della contusione riservando la pratica dei se- condi air epoca , in cui non sono jìiù tollerati i primi .

aa4 Scienze

Neil' assumer per altro il Sig. Pistelli dei varj doctE-. menti onde corroborare la sua teoria, avremmo desiderato. in lui maggior maturità di giudizio pria di francamente u e- gare la presenza della infiammazione, ove il sangue non ab- bia conceputo remora nella parte infiammata Ed in fatti lungi dal conibittere questa proposizione con un prefisso con- flitto di ragionamenti , sarem contenti di convincere 1' A. con un fritto , il quale sparge una somma diffidenza per la di lui brillante opinione. Non havvi nel corpo umino fi- bra, tessuto , sistema , apparata organico, che vada immu- ne dagli insulti dal processo infiammatorio. Con molta sa- . gacità , ed evidenza dimostrò Murray in una sua erudita memoria l'infiammazione , a cui vanno soggette le parti più dure , e compatte dell' organismo animale . L' istesso de Rit- lich nella sua Dissertazione inaugurale su di una nuova teo- ria della infiammazione , accenna ancor l'infiammazione dell*^ ossa , per tacere di altri Scrittori sopra questa soggetto. Ma, e come concepire nelle ossa , che s' infiammano , na rista- gno di fluido sanguigno ? Si potrà forse opporre lo stato di mollezza,, a cui rlduconsì le ossft affette da infiammazione^ ma a fallace sostegno non farà certamente rifugio il n. A. Giacché la cagion prossima di una forma morbosa, e gli effetti , che da quella sviluppali dan carattere a questa , dif- feriscono fra loro talmente , come differisce 1' attivo dal pas- sivo fra i Grammatici , come differisco ( per dirlo in una parola ) la causa dall' effetto . A maggiormente comprender- lo, seguiamo per un momento i passi della nosogeaia della infiammazione . Qua! è 1' epoca di tempo , in cui nelle os- sa infiammale dee supporsi seguito un ristagno, una con- gestione di umori? Ognun risponderà, che ciò avvien nell' epoca, in cui la parte infiammata- guadagna maggior volu- me. Or questo aumento di mole non può nell'ossa dimo- strarsi seguito , se pria queste non slansi ridotte ad un»

Della Infiammazione %ib

stato di loro organica alterazione distinto col nome di mol- lezza . Ma questo stato suppone previa l' azione del processo flogistico , suppone 1' aumento di projezione circolatoria , suppone 1' esaltamento della ritalità j dunque la sostanza os- sea era già inOammata , avea di già incominciato a subire il primo stadio del processo flogistico , allorché passò allo stato di mollezza , di aumento di volume , allorché si de- terminò , e segui nella parte affetta la congestione sangui- gna . Dunque non è il raduno , la congestione di fluido sanguigno , che produca , e sviluppi 1' inflammazione ', dun- que è falso, che non possa darsi la benché minima infìam- mazione se prima non abbia una parte concepito ristagno di fluido sanguigno .

può d' altronde così ciccapiente ammettersi nella contrattilità difettiva la cagion prossima della flogosi , senza riconoscere un precedente esaltamento della vitalità . E che sia cosi , rilevasi dal riflettere , che la congestione infiamma- toria allor siegue , quando nella parte infiamniata si é de- terminato un maggiore afflusso di umor sanguigno . E sic- come questo maggior afflusso non può avvenire , se pri- ma-non venga un organo , un sistema a preferenza di un altro maggiormente eccitatoj così ne siegue evidente la dedu- zione , che non era diietto di contrattilità allorché il sistema incominciò ad infiammarsi . 1 medesimi fatti , ed osservazioni dell' A. bastano a comprovare 1' instabilità della ;iua teoria ; ma fisseremo unitamente 1' attenzione alle ven- tose . Se questa operazione vada ad eseguirsi in una parte sana, qual difetto di contrattilità possiamo ivi supporre ? Wiuno . Forse yorrà dirsi che in tal caso la contrattilità rimane difettiva , insufficiente nel progresso dell' esperimen- to ? ma , dunque ,non è perciò questa la causa prossima . jEd in vero non essendo più contrabilanciata dalla pressio- jUe dell' aria esterna la projezione circolatoria , il fluido san- ,G. A. To, IV. i5

526 S C I « N E E

guigno .for.. maggiormente i vasi: ed ecco in vece clie ii pdmo passo consiste in una maggiore, sebben relativa, azione del sistema Irrigatore. Non può negarsi: che riman- ga quindi oppressa la reazione dell'ultime estremità dei va- si , e difettiva la contrattilità j ma questo è il secondo pas- so', che accade, mentre già ha preceduto il primo . Dun- la causa prossima non può risiedere nella contrattilità di- fettiva . Ma a render piìi ferma questa conchiusione ci per- metteremo di aggiungere un'altra valida prova . Non può negarsi , che non di rado la superficie istessa delle tonache vascolari . rèsta per essa indebitamente eccitata , e quindi assalita da uno stato infiammatorio ( leggasi .Sasse De va- sorum Sanguifemm injlammatione ec. V. Brera Sylloga Opusculorurn voi. y\: Testa delle malattie del move ec. voi. i: Brera Janotazioni M.'dico Pratiche e=. ) Or' egli è qui il ritardo del sangue , il di lui arresto ? forse nella sostanza delle tonache ? ma questa è conseguenza , e non causa , avvenendo , come ognun comprende , non già nel princìpio della flogosi , ma dopo di essa , e nel prosegui- mento del processo infiammatorio.

( Soì'à continuato )

427

Osservazioni sulla decomposizione dell' amido alla tempe- ratura atmosferica per mezzo dell' azione dell' aria , e dell' acqua (*) . Memoria del Sig: Teodoro di Saussure . Estratto .

I

nteressantl sono le sperienze che il Sig. Teodoro di Saus- sure ba istituite sull'amido, e che ha esposte io questa sua memoria . Egli ha voluto esaminare i cambiamenti che su- bisce 1' amido esposto all' azione dell' aria , e dell' acqua , ed alla temperatura atmosferica , mentre , come egli dotta- mente dice da principio , 1' esame dei cambiamenti che le sostanze vegetali subiscono esposte a questi agenti è il più sicuro mezzo di spiegare molti effetti della vegetazione , e se non conduce a questo fine , luogo a sperienze impor- tanti per la teoria della fermentazione . Prima di entrare nel dettaglio delle sue esperienze incomincia l'A. ad esporre succintamente le ricerche che erano state fatte finora sull'ami- do . Allorché si trovò , egli dice , che i grani cereali formavano colla germinazione dello zucchero , e che questo prodotto non aveva luogo nello stesso tempo alla temperatura atmosferi- ca in grani privati del contatto del gas ossigeno , ed im- pregnati di acqua , (a) si venne ad ammettere che questo gas il quale spariva nella germinazione per formare 1' acido car- bonico col carbonio del seme , era il principale agente (i) della trasmutazione della sostanza farinacea in zucchero , senz'avere però alcuna prova diretta di questa teoria ; d'al- tronde 1' osservazione che i grani cereali non formano zuc-

(•) Annal. de chym. et phys. Aoiìt 1819. (a) Some cxperim. and observ. on the nature of sugar: by W. Cruikshauks .

(6) Some experim , «te. e system., of oiiPmistry by Thomson.

j5 *

128 Scienze

chetQ coli' acqua senza il contatto dell' aria non era fon' data che sul loro sapore , o sopra dati troppo vaghi perchè potesse essere ammessa senza un' esame ulteriore .

Il Sig. Vogel , prosiegue 1' A. , ha esaminato 1' influenza del calore sul!' amido mescolato all' acqua sottoponendolo all' ebullizione con questo liquido per lo spazio di quattro giorjii di seguito . Il miscuglio divenne fluidissimo j per mezzo del filtro si separò un liquido , il quale dopo essere stato svaporato presentò una mucilagine densa, ed amara, la quale non aveva il più piccolo gusto zuccherino . L' amido restato sul filtro resisteva all'azione dell'acqua bollente e presentava una massa cornea durissima (a) .

Il Sig. KirchofF in questi ultimi tempi ha scoperto che aggiungendo il glutine secco polverizzato ad una quantità doppia di amido ridotto allo stato di colla , e facendoli di- gerire per 10. o la. ore ad una temperatura di 5o°. a yS". cent. , quesl' ultimo in parte si convertiva in zucchero. Un tal risultato per se stesso interessantissimo , ma le di cui circostanze non erano state sufficientemente determinate , por- tò questo chimico ad ammettere , che la trasmutazione dell' ^mido iij zucchero nella germinazione è prodotta unica-; mente dal glutine , e per escludere la spiegazione di quel- li , i quali prima delle sue osservazioni avevano attribuito * questo cambiamento all'influenza del gas ossigeno sulla ma^ teria farinacea , il Sig. Kirchoflf appoggia la si|a opinione col dire che 1' amido solo posto in circostanze favorevoli all^ germinazione non dh origine affatto allo zucchero . Ben di- versi però sono i risultati che il nostro A. ha ottenuti dalle sue sperienze : esse provano che 1' amido solo mescolato all' acqua ed abbandonato a se stesso forma dopo un certo tempq

(a) Ann. de china. LXXXJI.

Sulla Decomposiz. dell' Amido 229

una quantità considerabile di zucchero , e che lia molti rap- porti con quello che il Sig. KirchofT ha ottenuto per mezzo dell'acido solforico. Questa decomposizione spontanea doli' amido mescolato all' acqua somministra ancora altri prodot- ti , le di cui proporzioni variano secondo molte circostan- ze, eh' è ben difficile di poter determinare. Egli ha istituite queste sperieaze non solo sull' amido del froraento , ma an- cora su quello dei pomi di terra ^ noi tralasciando il mi- nuto dettaglio ci contenteremo di esporne i risultati , tal quali si trovano riuniti al fine della sua memoria.

J3 L' amido ridotto per mezzo dell' acqua allo stato di » colla , ed abbandonato alla sUa decomposizione spontanea i> ad una temperatura fra i 20" e 2 5*. produce tanto col n contatto dell'aria , quanto senza questa influenza ,

i3 1°. Una specie di zucchero simile a quella , che si ottiene ìi colla stessa fecola per me^zo dell'acido solforico allun- » gato , e di temperatura maggiore .

w 2°. Una specie di gomma , che ha un gran rapporto Col n principio gommoso dell' amido torrefatto .

3> 3°. Una sostanza che ho distinta sotto il nome di ami' $3 dina, (a) e le di cui proprietà sono intermedie fra quelle

(«) Per purificare V amidiua, si lava con una pìccola quantità ili acqua fredda dopo averla ridotta in polvere ; si fa quindi scio- gliere iieir acqua bollente , e si filtra la soluzione dopo il suo raf- freddamento . Disseccata di nuovo 1' amidina si presenta in fram» menti bianchi , opachi , ed irregolari , o sotto Y apparenza d' una sostanza gialla pallida , semitrasparente , e frial)ilissima . L' acqua scioglie r amidina in tutte le proporzioni ad una temp. di circa 60.0 La decozione può essere concentrata per mezzo dell' evaporazione fino al punto di contenere il quarto del suo peso d' amidina in Soluzione senza intorbidarsi , 0 senza convertirsi in pasta ed in gelatina col raffreddamento i ciò che non ha luogo sull' amido . Allorché la soluzione d' amidina è più concentrata ; essa in parte si precipita col raffreddamento in una sostanza bianca ed opaca ; ma qest' ultima si discioglic presentando un liquido trasparente ad tma temp. di 600: sotto questo rapporto si a/iprossima all' inulina -

La 'soluzione acquosa d' amidina fatta a freddo si colora hi bli^

a3o Scienze

s> dell' amido , e della gomma precedente .

j> 4". Una sostanza che si avvicina al legno per la sua » insoliibllitk nell' acqua bollente ed in molli acidi ; ma es- sa partecipa della natura amidacea colorando in porpora la soluzione acquosa jodo .

3> La decomposizione spontanea dell'amido somministra » ancora altri prodotti ; ma la loro presenza , ed il modo 3> della loro formazione sono subordinati all' azione o alla s> mancanza dell'aria atmosferica nel tempo della fermentazione. j> Allorché questa decomposizione si fa col conlatto dell' » aria , 1' amido origine ad una gran quantità d' acqua , 33 nella quale il gas ossigeno atmosferico non entra come prin- 3> cipio costitutivo . Formasi del gas acido carbonico , il di 3> cui ossigene appartiene all'aria atmosferica. L'amido de- si pone ancora in questa circostanza del carbone , il quale « non si separa che imperfettamente , e che annerisce tutti j> i prodotti dell' operazione . Il gns ossigeno non è assorbito 33 che per formare il gas acido carbonico, come si è detto. M II peso del residuo secco della decomposizione dell' amido

col jodo ,c presenta non qicsto rcn^5;ent5 tiUl' i caratteri dell' ami- do : il sotto acetato di piombo la coagula in una pasta bianca , ed opaca ;!' acqua di barite 1' intorbida abhondaatemente .

Le Soluzioni acquose di [lotassa sciolgono 1' amidina ; queste combinazioni sono fluidissime , e non si presentano nello stalo vi- scoso , e filante dell' amido . Gli acidi deboli precipitano 1' amidina con tutte le sue proprietà . L' alcool ancora vi produce un preci- pitato abbondante ; ma quest' ultimo ritiene una certa proporzione d' àlcali , il quale fa che 1' amido precipitato non si colori in bliji col jodo , se non quando vi si aggiunge un acido .

L' amidina differisce dunque principalmente dall' amido in ciò che r acqua fredda può scioglierla , in ciò che non forma gelatìna coli' acqua bollente , combitiazioni viscose con le liscie di po- tassa - I caratteri che la distinguono dal principio gommoso nominato souo : I. di non essere solubile ncll' acqua fredda in tutte le pro- porzioni; 2. di colorire in blu la soluzione acquosa di |odo ; 3. di formare coli' acqua una soluzione , la quale è coagulata d^l sotto . "acetato di piombe .

Sulla Decomposiz. dell'Amido a3i

al contatto dell' aria pesa meno dell' amido impiegato . 3j La sottrazione del carbonio operata dall' aria non entra w che per poco in questa perdita , la quale è dovuta quasi w unicamente all'acqua formata dall'amido , e la quale di- »» spone in vapori.

» Allorché ha luogo la decomposizione spontanea senza » il con latto dell' aria , l'amido non forma acqua , sviluppa una piccola quantità di gas acido carbonico , e di gas idro- >i geno puro o quasi puro . Non depone carbonio . 11 peso del residuo di questa fermentazione dopo il disseccamento n alla temperatura dell' acqua bollente si è trovalo nelle mie M'sperienze eguale al peso dell'amido impiegato alla stessa 33 temperatura : ma siccome non ho tenuto conto della w perdita che ha subito per lo sviluppo del gas acido car- w bonico , di quella che ha provata per la sua decora- posizione in un lungo diseccameuto al contatto dell' aria , w mi sembra probabile che 1' amido nella sua fermentazione 3j senza questo contatto fissi o si appropri! in piccola quan- tità gli elementi dell' acqua ,

" Le mie sperienze senza l' influenza dell' aria non sono 3j state abbastanza prolungate , abbastanza ripetute per 31 indicare se la sua presenza aumenti la quautilà dello zuc- 33 chero ; i loro risultati a questo riguardo sono stati diver- 33 si . E' probabile che 1' aria la diminuisca distriigjjendo tut- 33 ti i prodotti dell' operazione .

« La conversione dell' amido in zucchero coli' inler- « Tento del glutine nello spazio di alcune ore , e per niez- « zo una temperatura elevala , sommiuistri dei prodotti « zuccherini , e gommosi , i quali dilFeriscoiio d ille sostanze « ottenute nella precedente operazione, in ciò eh' essi danuo « coli' acqua soluzioni nelle quali la decozione di noce di « galla indica con precipitati abbotidanti la presenza della so- « stanza glutinosa. Questo principio al prodotlo zuccheri- le no altre proprietà distintive mollo rimarchevoli . Si genera

a5a Scienze

ce di ppiù nella colla d'amido mescolata al glutine un acido ^ « che noa si manifesta affatto nella fermentazione dell' amido « solo , e che sembra dovuto esclusivamente alla fermen- tc tazioQS del glutine . D' altronde la decomposizione spen- te tanea dell' amido senza il contatto dell' aria , e quella che « si fa coli' intermezzo della sostanza glutinosa hanno in ge- « nerale caratteri simili . Il glutine unendosi all' amido non c< sembra che accelerare una decomposizione , che questo ce avrebbe subito più tardi senza tale influenza .

ce Fourcroy ha distinto alcune operazioni chimiche , « nelle quali si forma lo zucchero , sotto il nome di fet'" ce mentaiione zuccherina . Egli avea principalmente fondato «e questa distinzione sul gusto zuccherino , che prendono te molli frutti colla cottura , e sulla formazione dello zuc- te chero nell' atto stesso della vegetazione e dell' animalizza> ee zione ', ma il primo risultato , quello del sapore , era et troppo indeterminato, ed il secondo non si adattava al nome te fermentazione , che suppone l' atto di un moto •e spontaneo , ed intestino in sostanze vegetabili o animali t< disorganizzate , e prive di vita : cosi una tale distinzione non è stala adottata . Ma poiché noi vediamo con effetti te precisi , che la formazione dello zucchero ha luogo nel re senso il più strettamente attaccato alla parola Jermenta- zione , conviene distinguere quest' ultima, e porla pri- ce ma di tutte le altre conservandole il aome di fermenta" n zione zuccherina .

a33

Estratto d' una lettera del Sig. Liicas figlio al Sìg. Arago da Messina li 3i luglio i8ig. (i)

F.

ra gl'incrostamenti salini di diversa natura, che tapai- iauo le pareti o coprono il fondo del cratere di Vulcano, ve n' è uno che per la sua bianchezza lucente, e per la sua estrema leggerezza ha sopratutto attirato la nostra atttenzt«- ne . Si- trova più particolarmente sul fondo e nelle parti pi4 calde , laddove da numerose fessure si sviluppano quasi con- tinuamente vapori acquosi appena visibili . Quest' incrosta- tnenti salini sono qualche volta imbrattati , e di rado me- •colati allo zolfo nativo . Hanno ordinariamente uno a due Centimetri di grossezza , e 3. o 4- decimetri di superficie. Il loro tessuto è piuttosto scaglioso che testaceo , e qualchd- volta fibroso . La finezza e la morbidezza delle piccole la- mine perlacee , e leggere , che li compongono unite al loro tapore urt poco acidetto mi avevano fatto congetturare che quest' incrostamenti fossero formati di acido borico . Utt tal sospetto si è cambiato in certezza dopo le prove , alle quali gli ha sottoposti D. Gioacchino Arrosto farmacista di questa città (Messina), il quale possiede cognizioni mol- to estese in Fisica , ed in Chimica , Fra i poco numerosi luoghi in cui si trova l' acido borico libero o nativo si può dunque aggiungere il cratere di Vulcano .

(i) Ànnal. de chim. et phys . Àout iSig. }

254

ARTI

BELLE ARTI

Ricerche sullo stato delle Belle Arti ai tempi d'Omero , del cavaliere conte Niccolò Fava Ghisilieri . Bologna dalle stampe di Annesio Nobili i8i8. (*).

JLl Fraguier nel 1709. lesse nella R. Accademia di Parigi una Dissertazione , nella quale cercò se le Belle Arti fossero o no precedute dalla Poesia. Toglie l' A, a dilucidare , per quanto egli afferma , la detta Dissertazione . Vuole il Fraguier die la Pittura fosse la primogenita , indotto a ciò dallo scudo d' Achille , dai tela] d' Elena , e di Andromaca , dal peplo lavoro delle Fanciulle Sidonie presentato dalle Trojane a Mi- nerva , dal cinto di Venere , e da altre descrizioni imita- trici della Pittura , la quale perciò è da credere che esi- stesse innanzi Omero , e fors'anche innunzi l'eccidio di Troia . Il Goguet , che sta per la contraria sentenza , risponde 5 non esservi alcuna prova , che i mentovali ricami avessero de- gradazione di colori ; e quanto allo scudo d'Achille, risponde che la diversità de' colori egiegiamenle si spiega o per mezzo dell' azione del fuoco sopra i metalli, o per mezzo della loro mescolanza , L' A. prima di trattare 1' argomento si butln su- bito al partito del Fraguier , non tanto per elezione , quanto per necessità ; giacché egli tiene per fermo che = Non era 33 possibile ( è questo il suo linguaggio) a Omero , benché do-

(•) Fascicoli Letterarj Bolognesi . Fascicolo I. Opuscolo 111. Fa- scicolo Illi Opuscolo II.

BELLit Arti 235

3> tato della iuimaginazione la più viva, e la più pittoresca » il descrivere , com' ei fece , le produzioni varie delle Ar- , ove non ne avesse avuto soli' occhio un qualche non igno- » bile modello =. Come se ignobile fosse il modello , o a parlar propriamente , 1' esemplare che al nostro sguardo pre- senta tutto di la bellissima natura , e l'animo nostro riem- pie di diletto . Lascio volentieri di dire che l' A. non prova l' impossibilità che afferma, e la quale sciorrebbe certamente il nodo . Avvertirò piuttosto che essendo egli convinto dell' impossibiltà anzidetta , era inutile che disputasse poscia , se le Belle Arti esistevano innanzi Omero . Ni uno metterà in contrasto che il tutto sia maggiore di ciascheduna sua parte , - e che due quantità uguali ad una terza , uguali siano an- che tra loro . L' A. ciò non pertanto s' intromette nella di- sputa ; ma per vero dire , senza aggiunger nulla agli argo- menti del Fraguier , e senza farsi incontro con nuove rispo- ste a quelli del Goguet .

Quando egli poi in progresso delle Ricerche, introdu- cendo , per così esprimermi , una sentenza media concilia- trice di pace , conchiude di questo modo =r o è gioco forza » il negar tutto , o per poco che ammettasi , è indispensa- « bile il confessare che un qualche genere di Pittura si pra- " ticasse anche prima di Omero =: eccita una nuova conte- sa , lasciando intatta la prima. La nuova contesa è: qual genere pittura esistesse ai tempi d' Omero ? Dove ben si comprende » che 1' A. co' vocaboli qualche genere ha inteso di significare, comechò non esattamente, una pittura imper- fetta , la quale non lascia perciò d' essere pittura ; essendo evidente che V imperfezione delle cose non cangia il loro genere . 11 gobbo , a cagion d' esempio non lascia d' esser uomo per la sua deformità . È da commendarsi l'A. che cer- chi , siccome fam.o tutte le persone dabbene , di unire iu buona armonia i dijcordanti parliti ; ma diflScilmenta potrà ottenere questa volta l'intento s ^jiercUò egli alla fin fine ac-'

*tZ6 Nei Tempi di Omero

corda il trionfo alla pittura , e le toglie soltanto 1' avvenen- za , di che essa , i suoi partigiani saranno lieti .

Dopo le cose scritte intorno a questo argomento dai sopra mentovati due Autori ,.e dal Blakvell , e da Madama Dacier , e forse da quanti hanno parlato di Omero , mi si permetterà di usare del mio diritto manifestando io pure il parer mio . Non isciorrò io gih la contesa , perciocché noa sono da tanto , ma dimostrerò che Omero non ebbe d' uo- po della Pittura per divenir si gran poeta . L' immagine degli oggetti riflettuti si dall' acqua , che dallo spechio sembra di rilievo più meno degli oggetti medesimi , quantun- que rappresentati in piana superficie. Da ciò é probabile che gli uomini 5' invogliasseso di ottenere lo stesso effetto da un pia- no opaco per mezzo dell' arte che distribuisse sopra di es- so i colori e il chiaro-scuro , prendendo regola dalla diver- sa quantità della luce , che per le diverse forme de' corpi «gli occhi nostri perviene . Ma se tanto immaginar potea ogni uomo prima di pingere , perchè non potè immaginar- lo Omero prima di descrivere coli' ajulo massimamente de- gli specchj ; essendo fuor d'ogni dubbio che questi v'erano ai suoi tempi ; anzi pure ai tempi di Mosè , il quale ne fa menzione al Cap. 38. i'. 8. dell' Esodo , ragionando dei regali fatti dalle pie donne all' Arca di Dio : Fecit et laba- « rum ceneum, cum basi sua de speculis inulierunif quce excu* babant in ostia Tabernaculi «

Siami qui permessa una breve , ma forse non al tut- to inutile digressione . Tanl' è : un'idea risveglia 1' altra . Qualunque oggetto riflettuto dallo specchio non è che una grandezza lunga e larga ; che è quanto dire una superfi- cie . Tale è anche 1' ombra accanto alla luce . Il confine fra questa e quella non è ombra , luce ; é dunque una lunghezza priva di larghezza, ossia una linea . La lungliez- M ha il suo termine privo di qu.ilunque dimensione, eppu-

Belle Arti 237

re esistente , e questo è il punto . Le idee pertanto della superficie , della linea e del punto , che sono astratte , pos- sono agevolmente . spiegarsi agli studenti in concreto per age- volar loro 1' intelligenza de' principi della geometria .

Nell'ombra, come pure nella luce confinante coli' om- bra , abbiamo l'idea della semplice superficie , ma nell' acqua , e negli specchj 1' abbiamo della superficie unitamente a tut- te le qualità estrinseche degli oggetti rappresentati . E nel- le camere ottiche ancora non si veggono forse le forme de' corpi , ì colori , e la loro degradazione ? Quanto è bello il mirare uno spazio immense di mare , di terra , di cielo impicciolire all' impero dell' arte , e raccogliersi talvolta in un palmo di cristallo renduto opaco con si esalta propor- zione da non esservene altra che possa uguagliarla ! Ed a cui non farà sorpresa che la sola superficie tutta abbia l'ap- parenza de' solidi ? Come per 1' esempio dell' infelice Nar- ciso si fa manifesto , il quale arse di una bellezza , che priva di corpo potè ingannarlo e trarlo di senno , e con- yertirlo in fiore , ma non corrispondergli .

,, Dumque bibit visae correptus imaglne fermas

Spem sine corpore amat : corpus putat esse quod umbra estr

Obstupet ipse sibi , vultuque immotus eodem

Hxret , ut e patio formatum marmore signum !

Ov. Mefciin L. 3. f. 4ig Che pili ? nell' acqua , non meno che negli specchj , e nel- le camere ottiche si vede il moto della sola superficie ; il passaggio di uomini , e di bestie , il ballo , gli arbori agi- tati dai venti , ec.

Torno per poco alle ricerche noti senza rincrescimento di abbandonare Narciso , ed il suo pietosissimo Cantore . Ci- cerone alla quinta delle Tuscplane quistioni ha così « Tradì- ditum est Homerum coecum fuisse : et ejus pìcturam , non paesini videmus . Quce regio , quce ora , qui tocus Grce- fice , quce species fornice , quce acies , quod rernìgium , cui

jt38 Nei Tempi di Omero

tnotus animorum , qui ferarum non ita expictus est , ut quce ipsc non viderit , ut videremus ejficeret Il Yolga- rizzameiito dell' A. (fatto , penso io , per comodo di que' let teraii che ignorassero la lingua latina) è questo . Più che te i versi, dice il gran Tullio, noi ne vediamo la pi tia- ra « No , non è il gran Tullio che favellasse in tal guisa . Egli disse « at ejus picturam , non poesim videraus « sa- blime mauiera di esprimersi per significare , essere a tal segno viva la pittura che si vede , da non lasciare che si ponga mente alla Poesia che si ascolta . La particella at per lo siile di Tullio divenne un sentìmaato . Aggiunge 1' A. al restante della traduzione 1' avverbio imperciocché « Im- « perciocché qual regione , quali spiagge ec.w , senza accor- gersi che l'avverbio fu giudiziosamente taciuto per non aver intoppo che il rattenesse dalla spedila interrogazione degna di lui , perchè non aspetta , ma contiene la risposta .

La quistione qual fosse la prima a nascere, se la Poe- sia o la pittura , suppone essere infallibile che nascessero in tempi diversi j ma quale sicurezza abbiam noi di ciòi' E' forse impossibile che siano gemelle ? massimamente se si consideri che bellissime sono ambedue , che ambedue produ- ducono gli stessi elFt-tti , che ambedue si amano ardentemente , e che tanta somiglianza passa fra loro , come appunto fra due figli dello slesso parto ? Io non dimostrerò già che la cosa sia cosi ; ma anche vi sarà alcuno che dimostri il contrario . Ciò essendo : perchè delle due ipotesi non dovrà accarezzarsi quella che toglie per sempre o^ni occasione di rivalità , e dissidio fra due care sorelle , ed anche fra partigiani delle medesime , i quali potrano determinare il lodevole loro ozio a pili utili indagini ? Sarei quasi per dire che il bisogno in cui sono le due sorelle di soccorrersi a vicenda , fa loro una necessità di esser gemelle . Potrebbe credersi che Orazio accordasse la preesistenza alla pittura

Belle Arti aSg

quando disse « ut pictura poesis erit « e che Plutarco ex Sìmonide fosse del mio parere allorché scrisse ce Picturam esse ce Poesim loquentem ; poesim autem tacitam picturam ce ^ il che pure lasciarono scritto Platone, ed Aristotile . Se In pittura è una poesia che parla ; e se la poesia è una pittura che tace , non si potrà mai dubitare che non ricevessero am- bedue l'esistenza nel punto stesso .

Se nelle RicercJie non posso lodare 1* ordine Io stile , la critica , alcuna nuova scoperta , non é per- ciò eh' io non reputi lodevole in esse , e nelle Note «he ne formano il corredo , la molta erudizione del nobile A. , e la sua fatica, ed i sudori da lui sparsi nello svolgere non pochi volumi . Rimarrebbe alcuna cosa da dire intorno ad alquanti altri punti delle Ricerche ; ma nel momento , tale mi prende un languore , che mi fa cadere dalle dita la penna . Forse di nuovo la stringerò .giorno a miglior agio , ed a forze riprese.

Porrò flne con due avvertimenti pe' giovani , ad istru- zione de' quali singolarmente vuoisi diriggere la Critica : di astenersi dal mettere in campo le antiche , mai sciolte quistioni , senza sciorle ,• e dall' aggiunger dubbj alle qui- stioni stesse . Nel primo caso non si fa che replicare iu altri termini le cose già dette . Nel secondo non si fa che avanzare vie più nella scienza funesta deil' ignoranza ,

Vincenzo Avv. Degli Antoni

a?Jo

Pittura Basiletti ( Luigi ) Bresciano . (i)

Ri

.itorniamo a ragionare volonterosamente di questo Ma<r atro, il quale ha condotto col suo solito valore il ritratto di Cesare Arici illustre poeta italiano e professore di belle let- tere nel Liceo di Brescia sua patria, e lo ha al vivo espresso in mezza figura , che non può certamente far meglio . V edesi aver voluto egli imitare lo stile del Morene , il qua- le senza sforzo di contraposti , oltre la facilità di pennel- lo e verità di colorito , diede a' suoi ritratti mossa na- turale ed espressibne cosi propria , che vivi e non dipinti rassembrano . Ed in ciò pare aver egli fortunatamente riu- scito . Perchè la incarnazione è tanto naturale , e sapientemen- te condotta , che si direbbe come vera : oltre a ciò il dise- gno è puro; e nel vestirlo ha tratto profitto l'Artefice dal- la tega , che indossano i professori in sulle cattedre , tale che coprendo questa nostra meschina foggia di vestire mo- derno , la quale riesce cosi ingrata e ridicola in tutte le arti del disegno , ha donato il ritratto di molta dignità . E avesse egli potuto lassare da b^nda le biancherie del collo, e mostrare questo ignudo , come T opera avrebbe acquistato assai più di bellezza ! Ma tale è la condizione dei presentì artefici ; che dovendo servire alle costumanze dei tempi , ne'quali le foggie degli abiti sono povere, anzi miserabili.

(i) Nel precedente quaderno, ove si parla del quadro della S. Earosia condotto da questo Artefice , e o»c si dice che il soldato misura il colpo al collo della sunta viirgi' e , leggasi alle mani di lei , tale essendo stata la natura del suo martirio , che le fu- rono troncate le mani .

Pittura--Basiletti «41

non possono essi prevalere della nobilA , che aggiunge a ritratto la gravità del vestire . Quiadi è , che debba dirsi degno di molta lode il Basiletti per avere almeno in part« nobilitato il suo lavoro , e nascosto Ìl difetto , di che ab- biamo parlato.

tale merito suo è nuovo tra noi ? giacché appua- to pel ritratto del celebre incisore Omelia , che si conser- va nella raccolta de' quadri in S. Martina, e per altre su, grandi opere di storia, fu egli nomioat»focio di merito dell' intigne accademia di Luca.

G. A. To. IV. ,6

,4, Varietà'

De AqD«aacta Facini Elcijia Via.entii uncini ,

E,t lucili ausonie», sacro qui nomine dictut

Fucinus (0 , et .ilreas syha coronat a^juas . Gurgite par pelago (.) contermina prcedia ruptis

Occupat ag^eribus fiucìibus undimgis - Quis numerare queat tristisùma , qua: tuht «f«*.

Aurea (3) , q:i(^qu^ no^« *«'<'"^" progenie Damma pati cogit crudclior Ennosiga^o (4)

Fucinus , ut sc^'it turbidus onbre notus ? Vlurima subm.rsit , rapuitque Ucentia sce.a

Oppida, cibili sanguine cum maduit

.^ Mancane '5"). ct mcBniu iraxit; _

Roma ; virosque , deosque ^o; ,

Miscuit et tumolos, miscuit unda lares . Fluctus crai , quo culla seges . quo compila , et ara ,

Hostia qua ceoidit naufraga et ipsa Dei i Cumque Iris fruges , pecus , ar.aque , tectaque mer.a ,

T^auibus et deerant litlora Jluctimgis . Clnudius (6) -.'frodlt montem.qua ^-ertere pronas

In Lirim (7) ^ceco iranùt. posset aqua. ^ tnpete sed magno prò telo cmi.^us ab antro

Fucinus, a.ersa fronte, rccurrUaquu.. (8)

Pernia contremwl rupcs (9) , ^<'f'"7"« ''''^'''' ' Et g^mait trepidis proxu»« sjl^ci comis .

Vuclusque occlusi c.no , puteique , foresque , Mque alia mternis strenua forniabus ,

neslLt Trajanus opus (.0)- Tum, gurgite sicco . Vronior emissus , qua data porla , lacus

Atque ubi nabatanas, ubi Unire secabat et iindas

mmta , ^isa no^>o pabuLa letta solo ; Visaque in opricis pubescere .inm campis .

Fundique oppleto mar sica must a lacu - Torrcxlt,u. uUnus ramos , quo fluctus aquai ,

Explicuitque noms annua terra comus .

Varietà' a43

Ordine sic verso farias natura Jtguras ,

Formascfue oppositas induit , et specie» . Sed quid non perìmit senium , compage soluta ?

Vertitur in nihUum ^ (fuodfuit ante nikil ! (ii) Mortale est totttnt , tfuod vivimus ! obruit tetat

Prasteriens urhes , e* monumenta trahit ! Longa dias obstruxit opus , Remeavit in oras ,

Ati^ue alias segetes Fucinus^ afque alia Oppida demersit^ redeuntihus in caput undis ^

Ruris et in medio gurgite traxit opes ! Quo prius Archippei (ss), Pennesque (i3) , et condita tecta,

Aedesque Angìtim (i4) « piscibus esca natat ! linda tegit turres , ruptisque electra columnis ,

Et ludunt fidicce , quo stetit ara Jovis . Quid queror hcec ? quo nostra rosaria (i6) , nuper et kortus .

Et sala lesta solo piscibus esca natat Tempestate nova Jìxique in vitibus hami ,

Prafaque , pellito remìge (i6) , cjmha terit . Al mihi nec linter ^ cassesque , et retia stagni.

Fallare nec pisces docta munus calamo . Nec tcunen invideam cupido , qui morte parata

QuiiKjuc miser digiti s ^ quinque remotus aquis*. (17) Ali ! demcns brcvibus tcedis confisus et euro ,

;Vec vcrilus liquidum Jindere remigibus \ it'.' igilur lintres , cymbaique , omnesque carina ,

Quas super alta vehit Fucinus , ile rates . Ite procul : juga summa pctam , quo nulla latebit

Syrlis, ino^ensum nec gru^et unda caput; Nec vllcs florentibus ufis , mersaque sasvo

Gramina conspiciam , qute mode nata , lacu . ,'.i.(; inajorum quos merserit unda, quotannis Maclabo pecudes manibus indigenas . (18) illia deductis nutneris sub tegmine cali

Matnia Marsorum , tutus et arma canam ; Nomen et unde venii populis (29) , qua pralia parte (i») , Quove ducfi (21), et coesa fotdcra fucta sue. (at)

244 Varietà'

Re^esquc auratix per barbara colla catenis ,

Dctenfo.<que Duces tiirribus , Alba (aS) , tuis ; Atoìie alias ttrbes memorcm , quas hausit hiatii

Terra, vd in cineres verterit ignis edax . Carta canam . Nec me monumenta aliena morantur .

Finibus in nosfris sudet , anhclet equus . Nec majora dubit , corrupto marmare , mendax

Graecia , t'cl sacris ruderibus Latiwn . Vicam AetcB prolem , quce mala ^ramina primum

Mostrava Marsts , anguibus ut domitis Servarci tactu , vel cannine * . Sedulus addam

QucB soliti Jano menstrua , quoeijiie Jovi Thuru dare ; et mores , oedesque , et strata viarum , (24)

Et nemus Angitioe {ih) , fanaque Marrubii . (26) iVec sìleam ductum , quo Marsia fluxit ad Urbem

Frigidinr giade lympha petita lacu . At prim is celebranda camcenis ardua monte

Altius c/jTosso (28) semita qua; patuit . Dicain commisso crudeliu , nave cruenta ,

Prcdia nawnachiis (29) , cinctaque stagna trabe , (3o) Ne forcf effugium miseris . Data pcena labori

Sanguine (3i), nec fundo Fucinus eluere (32) Tarn dira , et rapido potuerunt /lumina (33) cursu ,

Tristia quas rauco murmurc stagna petunt . Anne parum liquidi ? misceri sanguine gurgcs

Dibuit , ut tepido curreret effluvio ? Reslitit at sanie , densoquc cadavere primum

Fucinus (34) ; hinc Jluxit ccede cruentus aefuis . Mirum , quod Ccesar rejìuas absolverit undas , Nec scKvil Xf'rses ut ferus in pelagum . (36) At tandem lacrimcB , fibrcequc (36) , et publica jussis

Vicerunt undis vota , precesque Deos . Oh*, utinam vincunt hodie . Tum thurc littibo ^ Sertaque prò lauro spicea fronte geram .

N. B. Le illustrazioni Istoriche ed antiquarie si darann* nel prossimo quaderno .

Varietà' a45

Antonio ( March. ) Bolognini Amorini : Dissertazione intofno la leg%e Ea QUA! 3. del Cod. sulle Allusioni del Sig\ Avv. con- cistoricdc Giuseppe Alberghini tradotta dal lutino : Bologna Tipografia de' Franceschi 1819.

oi nel I. Volume del nostro Giornale pag. 4' 6. fummo solle- citi d' inserire V Estratto dell' erudito , ed utilissimo Commentario Latino- Il Sig. Marchese Bolognini Amorini già cognito per vari gaggi di amena Letteratura ne ha publicata la fedele vorsione , per- chè le interessanti dottrine , ed istruzioni, che vi si ammirano, più facilmente nell' idioma volgare si diffondano fra coloro , che hanno bisogno di profittarne pel publico , e privato vantaggi» ,

J.I Ch. Sig. Dottor Gio. Labus ha dato un nuovo Saggio della sua singoiar perizia nell' Aatìqaaria . Poiché dalla Tipografia di Gio. Giuseppe de Stefanis , in Milano , ha te»té pubblicata , e spiegata un' Epigrafi antica nuovamente scoperta in Padoi^a , che ha di- retta al suo prestantissimo amico Sig. Abate Francesco Cnnocllieri. Essa fu eretta circa l'anno 288 , in onore dell' Imperador Massi- miano da Attio Instejo Tertullo , Correttore della Venezia , e dell' Istria . Non potea certamente illustrarsi con maggior apparato di erudizioue , con critica più fina, ed esatta. Gli esempli pro- dotti della Lettera S elisa; l'Iscrizione quasi gemella, eretta a Dio- cleziano nella stesSa Città di Padova; un' altra Jpistografa; una più lunga oéienje , con una nuora spiegazione delle voci Corpus Ma- gnarhtrwn , indicanti il Corpo di que' grossi, e ricchi Mercadanti; la serie de' Correttori della Venezia, e dell'Itali* corretta ; le pelle- grine notizie intorno alla Famiglia Insteja , e suU' uso della rasura de' nomi dalle Iscrizioni , e dell' atterramento de' Busti , « delle Statue, ne' cambiamenti de' Governi ; e finalmente l' eleganza dell» stile , renderanuo quest' Opuscolo pregievolissimo ; che quantun- que di sole 23 Pagine, noi crediam sufficiente a dare ogni diritto :il[' Illustre Autore di essere annoverato nel Corpo degli Antiquarj veramente Magnarioruin . Onoreremo il prossimo quaderno di una ni '.noria Orij^ijalo , che qvieitd ilIusCre ArcheolOjjo «i ha nobil- nieuie coiniautiicata .

a46 Varietà'

La Divina Commedia di Dante Alighieri : ristampa della seconda Edi' zione Romana del P. Lombardi : con nuove lezioni e note aggiunte . Lo stampatore de Romanis .

Vo

olge appena il secondo anno dacché ponemmo buon termine alla Edizione della divina Commedia , la quilc sena' altro dire , dicesi del Pa- dre Lombardi : e più non ci è dato di soddisfare al desiderio degli stu- diosi , che mercè di quel famoso commento si molteplicano di giorno in giorno con molto onore della italiana letteratura. Lungi perciò dal credere, che al rapidissimo di lei andare per ogni dove del mondo ab- bia contribuito la tipografica nostra fatica , altro non vogliamo ora ce- lebrare che il sommo Commentatore , e la diligenza degli Editori , i qua- li empirono la ristampa nostra di belle varianti , e di utili chiose ; al- le quali precipuamente aperse campo il celebrato Codice Caetani , che dal suo Signore fu tratto dalla oscurità , e a noi concesso , che metter lo facemmo in quella luce , che meritava .

E qui ci sia lecito di ringraziare gì' illustri ed onorati Socj della Ti- pografia di Minerva in Padova ; che annunciando una ristampa della nostra Edizione , arricchita anch' essa di begli ed utili lavori , ci degna- rono di lodi : alle quali corrispondiamo di buon grado ; non perche $1 debbano particolarmente a noi ; ma alla cosa , che procurammo con tutto lo sforzo della nostra fralezza.

Compiacquersi gli uomini eruditi di veder cadere per la sua stessa mole queir edifizio di argomenti , co' quali voleasi torre a Dante il pri- vilegio della invenzione nella Divina Commedia ; su di che ci è parso già vano ogni altro discorso : t assai nojosa la questione qualora si prolungasse . ^

Veniamo ora dunque a far palese che il Dante del Pédre^Lombardi abbiamo divisato di ristampare . E con esso non solamente tutìo quello che ne' nostri tre volumi si contiene , ma siamo ancor preparati a pub- blicare le Piananti , che abbiamo di già tratto in gran parte dal famoso Codice Vaticano , il quale vogliono che scrivesse Messer Giovanni da Certaldo di suo proprio pugno : Cosa meravigliosa a dirsi , la quale non dicesi a vóto jNbenchè i nostri Editori nel 4-<> volume della cita- ta stampa ne dissentissero. E questo dubbio, il quale va rampollan- do e si tien basso , è tempo ornai , che in prò della Letteratura o dia frutto , siccome noi vivamente desideriamo , o sia schiantato dalle radi- ci : il che però vuoisi che si faccia dal voto generale de' letterati , to- sto che le varianti di quello Sctittor» avranno eglin» meditata , nun

Varietà' 1^7

the il sàggio del Carattere , e dell' Ortografia -, che daremo fedelmen- te in rame , e le notizie isteriche e critiche , che iu una Conclusione brevemente si leggeranno .

Usammo in altre imprese d' invocare 1* djuto de' dotti : fi di lor prote- zioie e di favore parecchie umanissime persone ci furono larghe . Ora buOTamente lo imploriamo con più certa speranza , perchè alcuna trallt più chiare e gentili , sia che prevedesse il nostro bisogno : sia che abbia voluto vincerci di cortesia : sia in fine, che l'Amore per l'Ali- ghieri la scaldi tanto , che tutta si volge ovunque egli la chiami , ci ha porto h.raano per drittamente condurci . Laonde noi promettiamo , che oltre tutto il Lombardi , e le altre note degli ultimi Editori altre ne pubblicheremo assai scelte e peregrine : ed oltre alle varianti del Co- dice Valicano sopraddetto altre pur ne daremo di non piccolo peso colla indicazione del Manoscritto dal quale si toglieranno , quantunque volte da' benemeriti posseditori ce nej sia concessa la facoltà i Cosi. fin d' ora si è compiacciuto di fare il Marchese Antaldo Anlaldi chiarissi- mo Gentiluomo Peisarese , per quel suo prezioso Codice da' buoni ésti- inatori veduto ed encomiato d' assai .

Osserveremo eziandio quelle edizioni della Divina Commedia -, che dopo la nostra vennero in luce : e quelle note i che ci donarono lo Stroc- fchj e il Lampredi da noi aggiunte nel f\.° volume , ristringeremo ora ne' tonfmi dei luoghi opportuni . Si parlerà eziandio di quelle osserva- zioni , che trovansi nel i ." volume degli Atti dell' Actademià della Cru- sca; non si tacerà all'uopo di quelle che si rinvengono ne' Commenti del Magalotti ai primi Cinque Canti dell' Inferno or or pùblicati ; ho di quelle che leggonsi altrove : che in tal guisa operando studieremo che siano seguite le orme del Lombardi , il quale vide tutti i Commen- tatori , e ne abbracciò le sentenze , o le combattè colle sue ragioni ; onde pervenne a compir quelle chiose , delle quali pur anco non si co- nobbero le migliori . dopo il generale consentimenio de' dotti ose- remo dir troppo dicendo ^ che se alcuno invidioso le avesse in dispet- to , sarebbe egli pieghevole a cose strane : e anziché aguzzar gli occhj al vero , al vero medesimo rivolgerebbe le spalle

Si porrà quella stessa Vita del Poeta , che leggesi nel 4.° nostro vo- lume : per le note della quale , oltre a parecchie jparticolarità ricorda- te , riveudicossi a questa nostra alma Città 1' onore di aVer prodotto l'antico e nobil tronco della famiglia di Dante; cosa che si narrò da Messer Giovanni , e poi fu messa in oblio . altrimenti , siccome è fama , è piacciuto dire con eleganti e gravi parole a Paolo Costa, uno de' più chiari lumi dMtaìia , nella jVita del massimo Poeta, ch'Egli in Bologna ha di già mandato alle stampe .

Consisterà 1' «dition« in 5 grossi Volumi iu 8.» di gran facciata , in

a48 Varietà*

tutta carta Reale velina , al prezzo di Scudi r. 2o. il tomo per gli As- sociati : e sarà compita entro i5 mesi dalla data del presente manife- sto . Chiamasi tra noi lettura , o cicero da' Francesi il nuovo caratte- re, che verrà adoperato pel Testo; e piccolo garamone quello nuovis- simo delle note, alle quali succedono altre in altro più piccolo . che dicono testino . Vi saranno i 3 Rami , che rendon figura de' 5 R?gni ; ed in principio le figure di Dante, e di Beatrice in una sola avola disegnata da valentissimo Pittore, ed incisa da magistrale bulinc .

Le varianti nuove , e le nuove chiose , che illustreranno questa etìi- zione, saranno impresse anco separatamente in forma di (\." tome le due antiche stampe ; e verranno rilasciate a tenue prezzo per servigio di quelli , che ne possiedono gli esemplari . E con ciò vogliamo in qualche modo appalesare , che ci è grata la rimembranza di quelle gentili persone , che non diffidarono delle cose nostre .

Roma questo di 14. di Agosto 1819.

Annunzio Tipografico , « Letterario di una nuova edizione delle Rime di Francesco Petrarca ;

D.

"opo lungo stadio, grari cura ed instancabile diligenza del sig. ab. Marsand pubblico Professore in questa I. R. Università , uscirà alla luce da' torchi di questa Tipografia, noi di sesto d' aprile dell* anno prossimo 1820, ed a tutte spese dell* Editore, una nuova edl* zione delle poesie rolgarijdi Francisco Pitrarca . Sembra ch'essa francamente presentarsi possa al pubblico come superiore per mol- ti rigaardi a tutte quelle che finora furono pubblicate , le quali ascendono a circa trecento . Ma il pubblico stesso ne sarà il giu- dioe; L'Editore nella tua prefazione dichiara per esteso tutto l'or- dine del suo lavoro , i fondamenti de' suoi studj , ed il loro risulta* mento . Qui non si darà se non che in succinto un brcrc pro- spetto de' pregi principali , di cui va adorna 1* edizione medesima , non meno per ciò che concerne la parte 1 etteraria , che per ciò pure ch« risguarda la bibliografica , la calcografica e la tipografica .

PARTE LETTERARI!

I. Testo riscontrato verso per verso, da capo a fondo , no» solo tu lutte e tr« le edizioni che furono Ulte sopra gli autografi

Varietà' %^^

iel Poeta, cioè 1472, i5»i, i5i2. lavoro, che certamente non S stato cernito , ma col confronto eziandio di altre edizioni riputai» tissime, e di codici preziosi;; sicché nuli* abbia più a desiderarsi intorno al testo ridotto ormai alla sua originale integrità , ed emen* dato da tutti gli errori e nei , occorsi nelle antecedenti edizioni , non esclusa quella del Cornino 1732 .

ì. Brevi e ben meditati argomenti anteposti a ciascun Sonetto ed a ciascuna Canzone, i quali servendo in parte anche di cemen- to, mostrano lo scopo ch'ebbe il Poeta in tutti que' 'suoi si dili- cati lavori .

3. Memorie della vita di Francesco Petrarca scrìtte da lui me- desimo , o veramente notizie che della sua origine , passioni , stu- di , viaggi , onori , costumi e carattere ci lasciò scritte il Poeta stesso nelle sue opere latine , e dall' Editore cou somma pazienza di qua o di Ih raccolte , ridotte In uno , e diligentemente traspor- tate in lingua italiana .

4- Descrizioni ed illustrazisni storico-critiche de' ritratti , ve- dute ed altre incisioni che nella presente edizione « contengono , e che si trovano indicate nella parte calcogran«a di questo an- nunzio .

5. Circa air ortografia non volendo l'Editore discostarsi affatto dall'antica , seguire in lutto la moderna, scelse quella che gli scrittori più accreditati in fatto di stile giudicaroso la più conre- niente ,

6. Fu diviso in questa edizione il Canzoniere in quattro par- ti , ponendosi nella prima i Sonetti e le Canzoni in vita di M. Lau ra , nella seconda i Sonetti e le Canzoni in morte di lei» nella ter- za i Trior fi, e nell' ultima que' Sonetti , e Canzoni che nelle due prime parti s' incontrano sparsi qua e l;t sopra varj argomenti eh*

non riguarda no Laura .

PARTI BIBLIOGRAFICA

1. Quadro cronologi, o di tutte 1' edizioni che del Cantoi»ier« eomparvero sino a' nostri giorni , notandosi soltanto l'anno , il luo- go , lo stampatore , la forma , il carattere , ed il coiaento .

2. Descrizione bibliografica e ragionata di tutte le iuddatte eii- Tiiuni , indisandosene i pregi a i difetti .

a5o Varietà'

?. Serie di quegli spotitori che comeutarono (gualche parte* soltanto del Ganecmiere , essendo già indicati nelle descritte edizio- ni quelli che Io comentarono tatto .

4- Catalogo delle opere di rarj autori , nelle quali si parla éel Petrarca o d' intorno alla «uà vita , o circa al suo Canzoniere .

5. Notizia delle tradazioni in varie lingue di tutto il Can- xoniere , o di qualche sua parte .

PARTE CALCOGRAPICA

1. Ritratto del Poeta tolto da un' antica pittui'a esistente in Padova, ed attribuita al Guariento, ed ora per la prima volta in- tagliato a bulino dal sig. Mauro Gandolii

2, Ritratto di Laura da un originale di Simone Mcmmi posse- duto dal march. Piccolomini Sellanti di Siena , e per la prima vol- ta intagliato a bulino dal sig. Raffaello Morghcn . Le proue de' so- praddetti due ritratti non si avranno a lettere aperte se non ohe dai posseditori degli esemplari della presente edizione.

?. Tcduta della solitudine di Valchiusa sopra disegno fatto sul luogo dal sig. Epinate pittore Lionese , ed inciso all' acqua-tini a dal sig. Tederico Lose di Milano .

4' Di Arquà. Disegno, come sopra, del lig. Vincenzo Zabco» Padovano, ed intaglio del sig. Giuseppe Castellini Milanese.

5- Di Selvapiana . Disegno , come sopra del Big. Jacopo Litizzi 4i Reggio , ed intaglio del sig. Lose .

*^ 6- Di Linterno . Disegno , come sopra , del sig. Giovanni Mi- gliara pittore in Milano, ed intaglio del sig- Giuseppe Bigatti Pìe- Monteie .

7. Monumento cretto al Poeta in Arqnà nel iZ-]k- Disegno del lig. Zabeo . Intaglio del sig. Lose .

8. Simile erette nella Cattedrale di Padova d«l 1818. Disegno Zabeo . Intaglio Castellini .

9. Fac simile della famosa nota del codice virgiliano dell' Am- brosiana, dove il Poeta di propria mano scrisse in òtto linee tut- ta la storia del suo amore . L' incisione iu ram« fu eseguita dal *ig. Tran«cs«tt Scotti Genovese .

Varietà' a5i

PARTE TIPOGRAFICA

1. Va. posta in opra osni cara , onde la carta sia della fua- iit» pia perfetta , e lavorata con latta la diligenza ; i caratteri di ottimo disegno, e varj secondo le materie; I* impressioue esatta, uniforme e nitida .

3. La correzione fa eseguita con tale stadio ed accuratezza , che r Editore , il quale assistette indefesso alla stampa , si lusinga di veder collocato anch«^qaest* uno fra i pochìssiitii libri, ai qua- li applicar non si debba il detto del Cavalieri t A mendis omnibus expurgare typos humanant supefut sedulitatem .

3 L'opei^a é divisa iu due volumi in quarto reale; e gli esem- plari di essa sono tatti in carta velina .

4- L* edizione é composta di 4Bo esemplari , i quali furono scelti fra un numero copioso d* impressi , di cui Io scarto più non esiste .

i. daranno tutti cilindrati , e legati con molta decenza .

E siccome è desiderio dell' Editore di porre in fine del secon- do volume i nomi de' posseditori della presente edizione , cosi per ogni buon ordine si avrà cura di registrarti seguendo V epoca delhi commissione ricevuta .

Il prezzo di ciascheduno esemplare è di lire cericinquanta italiane , le quali non s i esborseranno , che alla consegna di tutti « doe i volumi ,

Padova dalla Direzione della Tipografia del Seminario il di frimo di settembre 1819.

Le eommissiont ti ricavoiio dal $ig. de Romanis in ria d*l Corto y. a5o.

i5a Varietà'

Monumenti Antichi inediti Descritti da Giovanni Winckctmann già Prefetto deW Antichità Romane .

MANIFESTO DI ASSOCIAZIONE .

'uesta nuova edizione de' Monumenti antichi inediti descritti da Giovanni Winekelmanu , non ha bisogno dell'elogio dell'Autore, della raccomandazione dell' Opera : perchè 1' uno che V altra sono tanto celebri presso gli Antiquari » Eruditi , ed Artisti , che di lui non si parla , che come di un Genio raro , e sublime j que- sto suo lavoro poi viene riputato generalmente il suo capo d' ope- ra , anzi come una di quelle poche opere classiche , che hanno inalza- to una qualche scienza alla sua possibile perfezione . L' Antiquaria , già un tempo, quanto erudita altrettanto incerta riconosce da Win- ikelmann principj sicuri , e un metodo stabile con cui ridurre ad evi- denza le sue dimostrazioni , e mediante la via piana , e sicura da lui aperta e dimostrata, questa scienza si è remluta rispettabile, utile, e ililettevole . E benché le Opere di Winckelmann siano state in qual- che parte contradette da molti Antiquarj , ed abbiano procurato di at- taccarlo , e dimostrarne gli abbagli , ciò non ostante è tale la sodezza e r aggiustatezza del metodo da lui proposto e seguito, che le stesse con- tradizioni altro non hanno fatto , che aumentarne la gloria , e ren- dere sempre più stabile la perfezione del suo sistema ,

Questa opera dunque dei Monumenti Antichi Inediti , la quale per la sua eocellenza avidamente ricercata, si è renduta in oggi assai rara è quella a cui si è dato principio colla nuova stampa-

Avendo l'esperienza fatto conoscere, che non è stato molto gra- ffito lo stile di contraddire ad ogni momento i sentimenti dell' Autore, o di affogare il testo originale in un ammasso di note , è stato staLi- Ito in questa nuova edizione di restringersi al solo testo dell'Autore, f. di soltanto indicare a suo luogo , o la traslazione di un monumen- to , o la scoperta posteriore all' Autore di un qualche pezzo interes- sante i sentimenti del medesimo , o finalmente la più felice inter- pretazione di un soggetto , fatta posteriormente da un qualche ce- lebre Antiquario .

T,' Opera sarà divisa in riue Tomi in foglio come In prima - T,ì Kami saranno quei medesimi che dall' Autore furono fatti disegna-

Varietà' 253

re, ed incidere; vi saranno però de' rantaggj ; uno sulla qualità della carta , che nella prima edizione era troppo sottile , 1' altro prove- niente dall' arte di stamparli , che in quel tempo non era giunta all' odierna perfezione . Onde queste nuore stampe presenteranno tutto quel bello, che la mano inesperta del Calcografo aveva nella prima edizione trascurata :

Il primo Tomo conterrà la Prefazione dell' Autore , il Tratta- to preliminare , e le figure dei Monumenti Illustrati nelle quattro parti dell' Opera .

Nel Tomo secoindo saranno comprese le spiegazioni delle quattro parti dell' Opera consistenti la mitologia sacra nella prima parte : la mitologia storica la seconda parte : la terza la Storia Greca e Ro- mana , e li Riti , Costumi ed Arti che formano la quarta ed ulti- ma parte dell' Opera .

Finalmente si publicheranno le Dissertazioni del P. Raffei quali hanno sempre fatto seguito alla sudetta Opera , e ne forme- ranno un Tomo di supplemento .

Per comodo de' Signori Associali sarà pubhlieata 1' Opera in fa- scicoli , ognuno dei quali conterrà quattro fogli di carattere e otto figure in Rame, ed in questi nulla sarà risparmiato perchè riesca della maggior correzzione e bellezza ; ed a tale effetto oltre la carta so- prafina , sarà , posto in opera un nuovo carattere .

Il prezzo di ogni fascicolo sarà di paoli otto in carta comune , e paoli dieci in carta velina , e sarà premura di pubblicarne uno o due al MQse .

I Sigg.Associati non pagheranno anticipazione veruna, sborzeran- no soltanto il valore d' ogni fascielo nel riceverlo; godranno essi il van- taggio di avere le prove dei Rami più fresche ; ed il loro nome sarà in- serito alla nota degli Associati che si darà nella fine dell' ultimo Tomo.

Le sottoscrizioni si prenderanno al Negozio de Roinanis in via i^l Corso presso S. Marcello N. aSo.

Osserifazioni Meteorologiche fatte alla Specola del Colleg. Jìom.

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PO. I

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Volendosi da' eh Astronomi abbondare per diligenza , pongosi le Osservaiioni Triplici in ogni giorno ; e volendosi da noi ristringere in pagina , aftincbè meno facilmente si disperando , usiamo alcune abbicviature . Pertanto nella colonna delle Meteore pi signiiica pioggia 1 lampi t tuoni n nebbia g gelo L brina . E nelle colonne dtllo Stato del Cielo % vuol dire sereno a nuvolo , p poco . Le altre abbreviature nslle colonne de' vevti sono per $e stesse inteiligibiii . Quando segue un asterisco 5* iutenda gran quantità ; ove tro- visi una ■{■ croce s' iutenda piccola quantità ;

IMPRIMATUR Si Videbitur Rev. P. Mag. SaG. P. A Mag. Candidus Maria Frattini Archiep. Philipp. Vicesger.

IMPRIMATUR,

Fr. Philippus Anfossi Ord. Praed. Sacri Palatii x\post, Mag.

267

LETTERATURA

Intorno un antico epitaffio conservato in Manerhn presso il Benaco . Lettera del doti: Gio: Labus al eh. sì§. ah. Giuseppe Furlanetlo p. p. della I. R. Universilà di Pa- dova : pubblicata per la prima volta in questo giornale.

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el terzodecimo tomo, seconda serie, del Giornale de]la Ita- liana Letteratura di Padova (i) si sono esaminate con diligenza due vetuste iscrizioni che il doti, Ciro Pollini avea pubblicale per inedite (2). "Nei qual esame avendo ammiraJo molta perizia e somma saviezza , mosjio dal desiderio manifestato- mi da voi , mio ottimo amico , di avere di quelle , per- ciocché sono assai guaste , la genuina lezione , non ho dubi- tato di prontamente obbedirvi , se non per entrambe , al- meno per ciucila che ho reputalo la più notabile . Ciò che non dee dispiacere a niuno , si perchè la richiesta ini vie- ne da voi letterato di quella vaglia che il mondo sa j si perchè la copia che vi trasmetto fu da me tratta , or fanno cinque anni , dal marmo che ho riveduto e raffrontato di nuovo anche a' passati , che dalla ordinaria mia dimora in Milano ho fatto una scorsa alla patria : onde non si può sospettare d' inesattezza . Che se a quella unisco alcuni ca- pricci che rivedendo il marmo mi vennero in capo , gra- zia sgusateiai . Io non intendo riprendere istruire

(0 pag, i45. i46-

(2) f^iaggio intorno il Lago di Garda « pag, 9.

G. A. To. IV. , 17

a58 Letteratura

nessuno : ma proponendo i mei dubbj a un sapiente quale voi siete , è mìo peusiere istruire , mercè i vostri lumi e la bontà vostra, me stesso .

Premetto che forse non male avvisò chi affermò fran- camente , avere il dott. Pollini occhj e mani di geologo , di mineralogo , di botanico , chimico , e non già di antiquario (l); poiché se ha veduto, com'egli afferma , la lapide; affò che in Manerba la vide , e sui libri cercolla con occhi che non vedeano . E cosi bella , chiara , e di ottima conservazione ; così luminosa è la situazione in cui giace ; che veduta colle pupille di un povero idiota è ancor impossibile di sba- gliare . Oltre di che ha scolpita nel fianco una moderna iscrizione, che il luogo e il tempo della scoperta , e da chi " perchè fosse quivi allogata fa manifesto (2) ; notizie tut- te che un viaggiatore non lippo non tace mai . Finalmente la epigrafe , eh' ei crede inedita , fu stampata parecchie vol- te (3) ; e , ciò che piti è , da quello stesso Bongianni Grat- tarolo ch'egli si gloria di aver veduto (4). Ma sia di lui , e di tutti que' naturali che vogliono mettere le falce nelle altrui messi, come si vuole ; eccovi la copia di questa la- pide che a mio senno si può leggere cosi ;

(i) Giorn. della Leit. Ifal. Padova 1. e.

(2) Eccola per disteso . EX . AreTIQutS . MONVMRrtTrS . KOMAiVORVm . HIC . ADEMPTVS . A . MICHELE . P ASINO . ARCHI PreSB/Zero . IN . ANGVLO . GO/LOGATVS . MDXXXXV^IJ. DIE . Vhtiino . MAI ; cosi mercè questa lapide sappiamo anche quando la vecchia parocchiale e la torre di Manerba sono state costrutte .

(3) Aragon. Mon. Ant. n. 117 ; Grut. p. 422. "3. Rossi. Mem. Bresc. cdiz; i6i6. p. 272; Vinaccesi Mem. Bresc. ci. XII. n. 12; Gagliardi Parere pag. 29; Sambuca Mem, Cenoni p. 8tJi Donali p. 95. 6.

(4) Stor. della Riviera p. 110.

Epitaffio di Manerea 269

Cajiis . LVCRETIVS

Caj . Uhertas . ERASMVS

SEX . VIR . kVGnstalis . BKlXiae

ET . TRIDENT/ . GWkTuitus . SIBI

ET . COMMIK/«e . ONESIME

VXORI . GARISSÌMAE

Co/o . LVCRETIO . HERMETI

AI.VMNO . PIISSIMO

LIBERTIS . LIBERTABVSQVE . ET

Dissi potersi leggere qnesta guisa ; poiché incomin- ciando dalle prime tre linee , parmi che le sigle assni facili si debbano interpretare SEX . VIR . ANGustalis . BRlX/ae - ET . TRIDENTE più presto che BRIXie/^orKm . ET . TRIDENTmo/'uw , come piacque all' autor dell' esame (i) ; conciosiachè il sevirato , sìa magistrato sia sacerdozio , non era . io credo , impiego carica od uQìcio attribuito indistinta- mente ai bresciani e ai trentini , coinè «ano in -varie cit-- tài i sodalizi e i collegj (2) 5 ma ììeìi?! particolare classe , tin ceto distìnto, un ordine mezzo fra i decnrioni e la plebe (3) , al quale in ogni municipio , e in ogni colonia ■veniva ascrìtto un privilegiato numero persone , comecché prese fra i nativi e gli estranei, i cittadini e i liberti, per dritto o per grazia , con prezzo o senza (4)« E avvegnaché i canonici e i nobili nella repubblica veneta furono un ceto religioso e civile che qualiGcava una speciale condizione di sacerdoti e di cittadini, niuno avrebbe detto quegli è un canonico de' veronesi , questi è un nobile de' bresciani , tampoco

(1) Giorn. di Pad. 1. e.

(2) Fabr. e. H. n. 261; Grut. p. S76.6.; Mar. p. 624. 2; 2016. 3.

(óì Noris Ccnol. Fis. ed. Vcron. dlss. I. e. 6. p, i25. (4) ?abr. p. 4o'- 4t>3. 4o6. 740"

»7*

Q.6o Letteratura

un canonico o un nobile degli unì e degli altri ; così a' tem- pi romani non costumavasi qualificare i seviri cogli aggiun- tivi collettivi de' popoli , ma si collo esprìmere 1 luoghi al- la civiltà de' quali appartenevano .

Difatti Quinto Colio Nicomede si dice SEX . VIR . COLoiiiac . 1\ Liete . FANESTRIS (i)j Cajo Fabio Er- mete limi . \1R AYGustalis . Coloniae . luliae . Viae . AKF.Latcnsis (^) j Cajo Ottavio Zosimo VI . VIRO . Mu- Tiicipii. Ilarennatis (3); Lucio Giunio VI . VIR . AVGV- STALIS . IN . MVNICIPIO . SVELITANO (4). mi si oppong.i qualche raro esempio in contrario j poiché oltre il dubitar degli apografi , il più generale uso ci persuade do- versi preferire la interpretazione anzidetta convalidata dagli esempli di Massimo Massimino che si dice VI . VIR . ME- DIOLANI (5) ; Cajo Cassio Tallo VI . VIR . ET . AV- Giistalis . COMI (6) ; 3Tarco Cupellio Capitone VI . VIR. . SENIOR . LAVDE (7) ; Lucio Arrio SEX . VIR . OPI- TERGI . (8) ; Lucio Pituanio VI . VIR . AVGustalis . REATE (9) ,• anzi con identici esempli vediam Capitone limi . VIR . kYGiistalis .LVGDVNI . ET . PVTEOLIS (10)^ Cajo Fajicio Geniale Vili . VIR . ANGastalis . FIRMI . ET . FALERONE (11) j Marco Armonio A stura SEX . VIR . FORO . CORNELI . ET . SEX . VIR . IV-

(1) Ursin. Imng. pg. lOO.

(2) Panali p. 84- 4-

(3) W'v. Mann. Pis. p. 178.

(4) Reiiics. CI. 1. n. 99. (B^i Griit. p. 437- 3.

(6) J5iaiicl)i Marini Crc-m. Tav. XIII. n, i.

(7) FaLr. e. V. n. 339.

(!^') fr^at. Mon. Fulav. p. 67, n. 37. (9) Fabr, e. VI. n: ó-'i. (io) Maff. Gfill. Aiitiij. cp. IV. pg. 24. (11) Mar. p. io47- *•

Epitaffio di Manerba. 261

LIA . CONCORDIA (1) ,- Lucio Cornelio Prosodico VI . YIR . K^Gustalis . BRIXIAE . ET . VERONae (2) j e per fine Quinto Curzio Vittore , e Quinto Curzio Primo, che in un marmo da me veduto si dicono sei^irì giuniori di Milano (3) , in un altro conservato a Saluzzo chiaman&i VI . VIRI , IVNIORES . ITERVM . AVGVSTAE . PRAE- TORIAE (4) . Vedete di grazia anche questa che dico ine- dita, benché stampata più volte, ma sempre in modo che non par dessa (5) :

^ivus . Vecit . ms . MAMBus

Cajus . ATILIVS . MOCELIVS

\ETERanus . LEGionìs . VIII . AYGustae

VI . VIR . DEGVRIO . SIRI . ET

Cajo. ATILIO . MAGIO . FRATRI

VETERa»o . LEGionis . EIVSDEM

VI . VIRo . COMI . ET

SVRAE . MESSORIA . Filiac . ET

Cajo . VETVRIO . SERVANDO . ET

Cajo . VETVRIO . MAXIMO

NEPOTIBVS . SVIS . ET

ITEM . FVTVRIS - LIBERTIS IN . AGRo . ^edes . LX . IN . FKonle . Pedes . L

CO Grut. p. 365 i.

(2) Gyrìac. iVot'. Frao^tn. pg. 67. n. 196 che per vero non legge BRIXIAE. ma BRIXIA . La qual voce esser per altro un er- rore del copista mi chiariscono appieno le schede inedite del Fer- rarmi f. i6i; del Volpato n. ii4; del Corsini f. 189. del Tolti p. 25, tutte presso di me ; oltre le edite dell' Appiano f LIX , dell' Aragonese Man. Ant . n. 120; del Panvinio an. i'cron. 1. 2. 'p 6»- »lel Grut. p. 397. 1. e del Ko.-isi Mcin. Bresc. p. 112. '

(o) V. Gratiol. de PraccL Mal. A^d p 14.7 <4) Mar. p. io3i. 1. ^'

(5) Si confrontino gli apografi datici dal Grut. 585. 3j

aGa Letteratura

Cajo Atilio Magio veterano della legione ottava atigust* è dufiffue sevii'o di Como non dei comaschi , sulla dodi- cesima e decimaterza linea del di cai monumento fatta espugnere anticamente dall' autore di esso , veirammi a ta- glio favellarvi più innanzi .

lutante fermata la spiegazione dei primi tre versi , proseguo a leggere nella quarta linea GRAT(t//zi5 , perchè sebbene sia 'ottima interpretazione anche GRAlTu/^o sotto- intendendovi HONORE (i) , non meno che GRATi.y (2) cioè GRATIS FAGTVS (3) , GRATIS CREATVS (4) , GRATIS ADLEGTVS ; tuttavia preferisco la mia più ge- ncralmeute adottata , e comprovata dal Reinesio (5) , dal Maffei (6) , dai Marini (7) con moltiplici esempb', che si possono appo di .loro vedere .

Finalmente omesso 1' alunno Cajo Lucrezio Ermete, della cui condizione si è tanto ed ultimamente anche dal Lucidi (8) , e dal Verraiglioli discorso (9) ; e notato che della sua molta pietà fa sicurezza l'ara votiva da lui me- desimo eretta alla dea litolare del luogo, che dice (io):

Merala Gand. Gali. Cisalp. Antiq. 1. t. e. 4; PaccincU. p. 02. e 43. Croce Att. della Società Patriot, di Milano T. III. p. 092. Rorelli Sto. di Como P. l. pg. 26 Bianchi Gente Magia p. l^■2. lo r ho trascritto dal marmo ri[)aratosi non ha guari nella Collezione antiquaria della I. R. AccaJ. di Belle arti in Milano.

(1) Della Tribù e dei decur. deW antico Munir,. Brcsc. p. i5.

(2) Maff. Mas. ver. p. 354- 4i

(3) Mar. pg: 199. 2.

(4) Fabr. e. X. 4. 3o.

(5) Inscript. ci. I. n. 99.

(6) Mus. ver. p. 80 n. 00.

(7) Frat. arv. p. 4' 9- v- Morcel. de stylo p. 20.

(8) Storia deW Ariccia p. i35.

(9) Iscriz. Feru^. p. 317.

(10) Capriol. Chron. Brix. fol. X. Nazari Brcsc. antica p. 46. dell' ediz. i5G2 ; Grut. p. 81. 11 e vuoisi correggere il Rossi Mem, Brcsc. p. 67. e il Vinaccesi p. 72.

Epitaffio di Manerba. 265

MINERVAE Cajus LVCRETIVS HERMES

Yotum Solvit hibens Merito

passo a parlare dell'ultima linea , sulla quale, dappoiché l'au- tor dell' esame trovò più probabile la mutazione in EORVM dell' ET finale che sta nel marmo chiarissimo e sicurissi- mo (1) , ardisco proporre un mio pensamento affatto diverso , il quale da voi sic accipi volo , non tamquam assecutum me cvedam j sed tamquam assequi laborantem (2) .

Rilevantissimo presso il superbo romano popolo , e dalle sue civili e reli^^iose leggi regolato e protetto, era 1' aso , il diritto, il possesso, la santità e la inviolabili- tà dei sepolcri . I quali chi saper brama dove e da chi si erigessero , e con quali cerimonie solenni si dedicassero e frequentassero , e come si niantenesstro studiosamente si rivolga alle fatìcatissime opere dei Kirchmanni (3) , Que- stedii (4) , Meursii (5), Panvinii (6), Gutheri (7), e di tanti e tanti altri (8) che lungamente, e, se a Dio piace, anche di soverchio ne favellarono. Ciò che a quesl' uopo si vuol notare si è , che ne' famigliari o ereditar) sepolcri niuno estraneo si potea collocare senza il beneplacito del possessore , il quale se per ciò in vita o per donazione o vendita il terreno puro e vergine non concedea , tanto importava concedere in morte il sepolcro , quanto costituir

(1) Giorn. di Padova I. e.

(2) Pilli. 1. I. epist. 5.

(3) De funerib. Roin. Luòecae. i63j.

(4) -De Scpuif. vater. cip. Gronov. uà: GG. T, XI.

(5) De funere ap. eiuid. T. IX.

(6) De ritii sepellendl inortuos, Rornae i58i

(7) De Iure Munlwn ap. Grae^. AA. RR. T. XII.

(!i) Gucbel de Scpidehror. sepidtor. religione. Bremlsi-it^Q. Guasco, Atti funebri di Roma Pagana . Lucca i-j'ói.

2^4 Letteratura

r estraneo suo erede . Le leggi romane su tal proposilo son palesi^ /u5 J amili ai'ium sepulchroruni ad afjlties seti prò- xitnos cognatoi NON HEREDES INSTITVTOS MINIME PERT2NET (i) : jus sepulchri tam familiari s quam lic- rcditarii ad extraneos etiam hercdes ; Jamiliaris autetn adjìamiliani^ etiam si nullus ex ea Jieres sit, NON ETIAM AD ALIVM QYEMQVAM QVI NON EST HERES , peni- nera potest (2) . Gli slessi liberti , che pure da reputati scrittori nella famiglia si comprendono , NEC SEPELIRI NEC ALIOS INFERRE POTERVNT NISI HEREDES EXTITERINT PATRONO, quamvis quidam inscripserint monumejitum sibi libertisque siiis fecisse (3) .

Ciò posto, siccome segnatamente tra il primo e il se- coado secolo frequentissimi erauo * captores ereditatum , qui superbas potentiorum portas pulsahant (4)> qui K'iduas venebantur avaras (5) coli' avido intento di succedeie nei lo- ro beni; cosi non pochi eran quelli che o li favoriv-Tuo o li deludevano . Perchè Tacilo fa rimembranza di Pomponio Silvano che querelato di aver depredata la provincia Afri- ca, fu nondimeno assoluto , perchè senza eredi e grave di eth quam ultra errum vita produxit quorum ambila eva- serat (6) . Marziale ricorda un Mario che, più scaltrito dell' eredipeta, lasciogli un mondo di ciance, e cinque sole h'bre d'argento (7); cosi di Corano favella Orazio (8), di Eu- molpo Petronio (9) , e diversi autori di parecchj altri i

(1) Cod. Lib. III. tit: 44. 1. 8.

(2) Cod. Lib. IH. tit. 44. 1. iZ.

(S) Dig. Id. XI. tit. 7. I. 6. sul qual luogo anziché ammettere i dubbi del Gottofredo seguiti dal Fabretti pg. i48 ; e dalli Aa- duzzi Mon. Mullcj T. ITI. p. i49- mi attengo al Morcelli de sljl. p. 120, e al Marini Fr. Arv. p* 696.

(4) Seneca Fp. 68.

(5) Horat. /: 1. cp 1. v. 78,

(6) Annui L Xlll. n. 62.

(7) Lib. 2. apii^r. 76

(8) Lib. 2- sut. V. V. 57,

(9) Sutjric. e. 117.

Epitaffio di Manerba . 266

quali recocti corvum deludebant hiantem (i) . Ma per lusingarli , ma per deluderli vie maggiormente , qual ma- niera più acconcia e spedita di quella d' imprimere sul proprio epitaffio un segno, che dimostrasse per cosi dire ia iscorcio la estrema lor volontà ? E manifesto che non avea niun effetto legale ; ma era grandissima la sua morale effica- cia ; perciocché gli uomini sono cosi fatti , mutare si possono , che alle apparenze di leggeri si appigliono , e di ciò che più bramano più facilmente si persuadono . Laon- de chi volea tener celali ì proprj legati , e allettar gli eredipetì, e gl'iirportuni attutire, facea porre nella epigra- fe sepolcrale una formula che di speranza pascendoli, muo- vevali a credere d'essere, comportandosi amicamente , chia- mati ad aggiugnere, quando che fosse, al monumento i loro nomi , ossia a conseguire una porzione di eredità . La qual formula o pania o zimbello che dir si voglia , io cre- do appunto che sia la particola copulativa ET del sasso erudito che esaminiamo j avvegnaché cosi scabra e ignuda, com' ella è , mi ha sembianza di addentellato lasciatovi espressamente da Erasmo a chiarir gli eredipetì della sua volontà . Certo che 1' epigrafe non è finita , e che per compierla non vi bisogna che il nome di qualche erede non necessario »

Alla qual congettura , di cui desidero che siate giudi- dice , più ragioni mi muovono . E primieramente la qua- lità e quantità degli esempj . Gonciosiachè senza uscire del- la Colonia Civica Augusta Bresciana , oltre il marmo di Erasmo parecchie altre lapilli abbiamo che finiscono VI . VIRi . PiSGustalis . AED/7/5 . SIBI . ET (2) ; FIR-

(i) Hoi-at. I. e. luv^eii. Sul: X. v. ioi; Martial. 1. 4- cp/^r. 56. 1. à. Gpigr. 1^1. ec.

(2) Vinacc. Mera. Brcsc. pg. 024»

a66 Letteratura

MIA.E . FIRMAE . VXORE . ET (i) ; GAECILIAE . ALENTINAE . ET (2) ; PARENTIBVS . PiENTIS- SIMIS . ET (3); MATRl . CARISSIMAE . ET (4); VESCASSONI . FRATR[ . ET . PRIMO . ET (5) : ET . MVCIAE . C . L . ( Caiae Libertae. ) RESTITVTAE . ET (6) ; NVRIBVS . ET . NEP0TIBV3 . ET . PRO- NEPOTIBVS . ET (7) ; e quest' altre , la prima Inedita nel giardino del co. Lechi ;

¥\Uo . CARISSIMO . ET

VALERIO . RESTVTO . QVONDAM

MARITO . ET

SIBI . ET . SKXto . RETILIO . TITIANO

BENE . MERENTI . ET

la seconda pul)blicata dal Grattarolo (8) , dal Rossi (9) e dal Vinaccesi (io) con poca esattezza :

Lucio . CLODTO

STRATONI . ET

CLoDiae . SECVNDAE

Lucius . CLodius . CRESGENS

PARENTIBiw

ET . LAETILme . SEGVNDAE

VXORI . ET

(i) Grut. p. 409- 6.

(2) Donati p. 90. 6.

(3) Gratarol. Sfor. della Rii-iera. p. 107.

(4) Arngon. Moti. Aiit. n. ■jS.

(5) Murai, p. 1276. 4; Donati p. 3>?i. 7.

(fj) Della Tribù e deìDccur. dell' antico Manie. Bresc. p. "So:

(7) TNlafl". Mus. ver. p. i55; Grut. p. 767. 3; e fece male il Mnrat. p. 1028. 1. a scambiare 1' ET in EIVS contro la fede del marmo .

(8) Star, della Riviera p. 107.

(9) Meni. Bresc. p. 280.

(io) Mern. Bresc. p. 278. n. 3i.

Epitaffio di Manerba . nGj

la terza è in un podere non molto lungi di Brescia d>et- to i Fenili . Io 1' ho divulgata la prima volta in altra oc- casione (i) . ma ora do, perciocché importa , 1' esatto riscontro (2) :

PRIMO . VALERIO MAGIRRAE COLLEGI . FABrum . ET . CFJSiT onariorum . QVI . VIXIT ANN«rum . XXXIII . MENSmm . II . DIERVM . XXIII

PLENVS . PROBITATE . QVO . DEFVNCTO AMICI . DOLENT . Marcus . PVBL/m5 . VALENTìNVì AMIGVS . LOCVM . SEPVLTVRaE . DEDIT MAGIYS . VALERIVS . SYRIO . ARAM . POSVIT NEPOTI . SVO . PIENTISSIMO . INFELICISSIMO ET

nelle quali tutte non posso credere che sia la copula iia fallo del lapicida fjui spatUim non mensuvaverat , come ha

(1) Della Tribù e dei Decitr. p. 47-

(2) Vm/nus VALERIVS. VITALIS è in un marmo Capitolino ( Hiiasco e. IF. n. 142 ) ; PRIMI . PAMPHILI . SECVNDI è in un altro Bresciano edito dal Maffei ( Mus. Ver. p. i34-) e PRI- MA . VALKRIA in FaLretti ( cap. H. n. 47- ) se non ò cognome premesso al nome .

II. Lo stesso prenome scritto non in compendio ma distesamen- te come MARCO (FaLr. e. IV. n, 45o ) , TITO ( Fabr. C. I. n. i4i ) PVBLIO ( Grnt. 96. 8. ) , IVLIO (Donati 369. 12.)-

III. Il cognome MAGIRRA . Magirus cocus dixit e nel testa- mento di Porcellio citato da I. Girolamo {Proein. In Isaiam j e illustrato dal Lambccio (Bibl. Vintlobon. l. 3. p. 060 ) ; e in Fron- tone sfatuas posifux Ocliae aique Dionysidoro ejfeininalis cjui MAGIRjiS faccrcnt {De Per. jilsiens. p 176).

IV. La formula PLENVS PROBITATE di meno elegante latini- tà del pleiìus Jìdei , plcnus iiìgenii di Livio e di Cicerone .

V. Il luogo del sepolcro , come nel Passione! LOCVM SEPVL- TVRAE DEDIT ( ci. V. n. ").) , e in Fabretti LOCVM SEPVL- TVRAE DONAVIT ( cap. \\ì. n. 24.) ,

VI. Finalmente V ARAIN't POSVIT , cioè il cippo sepolcrale. V. il Grut. p. 729. 1; e il Maffei M. V. p. 286. 10.

268 L E T CERATURA

stimato ilMaffel (i) , dipoichò finiscono e in principio , e nel mezzt) e nel fine del v-jrso , lasciatovi quasi sempre lo spazio per aggiugnervi qualche altra linea , volea dife la vocazio- ne di qualche estraneo . Perchè avrete osservato che anche negli epitaffi completi , dopo gli eredi necessarj , vi si ag- giugne la fornUa ET . QVIBVS . CAVERÒ (2) ; ET . QVIBVS . IN . TESTAMENTO . MEO . HONOREM RELIQVERO (3)j ET . QVOS . TESTAMENTO . NO- MINARO (4) ; ET . QVOS . TESTAMENTO . MONO- RAVERIT (5) ; ET . QVIBVS . DONAVI . DONAVE- RO (6) ; ET . QVOS . MANVMISI . MANVMISERO (7) j e in modo chiarissimo ET . QVORVM . NOMINA . PO- STEA . IN . TITVLO . INSCRIBI . VOLVERO . IN . HOC . MONVMENTO . TESTAMENTO . SIGNIFICA- B0(8) . Le quali formule, che T intendimento spiegano del no- stro ET , niuno dubita non esser lusinghe e speranze date ai famigliari e agli amici di chiamarli a dividersi nella morie dei testatori le loro facoltà , ed a partecipare del loro sepolcro . Avrete altresì notati piìi altri sassi , che i nomi e la condizione di celesta specie di eredi chiarissimamente pale- sano , Perchè dopo chiamato il padre , la madre , i figli , ì fratelli , i maggiori, e persino i liberti e le liberle e ì loro posteri , ci presentano quasi in aria d' incogniti parecchie altre persone della cui comparsa non sapremmo adurre , fuor che 1' anzidetto , niun plausibile motivo . Infatti chi altri è mai Claudio Mercurio scolpito nella cornice di un

(1) Mas, var. p. iSa. 3.

(2) Grut. p. 816. 8.

(3) Fab. C. III. II. 221.

(4) Spoa Miscel. E. yl. set: IX. p. ì2Z3.

(5) Morcel. de Styl. p. ij-o; Maflci M. f^. p. Z^o 4-

(6) Murat. p. 127S. 6; Fabr. p. 70 n. 43- (■7) Grut. p. 975. 11.

(8) Mus. Capital, e. Vili. 4. ggS.

Epitaffio di Manerba. 269

bel marmo dell'Olivieri (i) ? Clii Puhlicio Magno in Fa- bretti (2)? Chi Primitivo nel Muratori (3) ? Cognati , affi- ni , o amii'i legatari , secondo me , egualmente che questi alili fattici manifesti da sincerissime lapidi che finiscono LIBERTISQ«e . LTBERTABVSQwe . POSTERISQVE . EOR\ M . ET . COMINIAE . IA.NVARIAE . ET . MIRAE- BOMIO . HESPERO . AMICIS (4) ; U^ertis . LIBER- TABm5 . POSTERISQwe . EORz/m . ET . AERARIO . SOTERl . ET . SETRIAE . IVLIANAE . AMICIS . BE- rsEMERENTIBVS(5); LIBERTIS . LIBERTABVSQwe . ET. POSTERISQ'te . EORVM . ET . SOPHRONENIO . DE- LICIO . SVO . (6); LIBERTIS . LIBERTABVS . POS- TERISQVE . EORVM . ET . Vuhlio . AELIO . NATALI . AMICO . CARISSIMO . ET . AELIAE . RESTITVTAE . LIBERTAE . EIVS (7) ; URertis . LIBSRTABVSQVE . POSTERISQVE . EORVM . ET . ONESIMO . COGNATO . SVO . ET . FLAVIAE . ARETVSAE . CONIVGI . SVAE (8) ; LIBERTIS . LIBERTABVSQhc . POSTERI- SQVE . EORVM . ET . VIBIO . FELICI . AMICO . (9); SIBI . ET . SVIS . ET . Q«m«o . FAVIO . MAXIMO . AMICO . OPTIMO . (io) ; LIBERTIS . LIBERTABVS . POSTERISQVE . EORVM . ET . PACCIO . TROPHIMO . COGNATO . SVO(ii)jLIBer«w . lA^ertabus . POSTE- Viisque . EORum . ET . Ca;o . VIRIO . ARGALO .

(1) Marm. Pisuur. 11. LXXXII. p. ^y.

(2) Gap. X. n. 614.

(3) />«g. 1279. 7:

(4) Grut. p. 1039. 1.

(5) Mwi. Capitoì. e. III. n. 106,

(6) Fabr. C. I. n. 247.

(7) Fabr. D. I. n. 2H3.

(i$) Verrnigl. Iscr. Fcru<^. ci. X. n. XXIV.

(9) Fabr. G. X, n. 74-

(10) Mario. Fr. Arvuli p. 368.

(11) Paision- ci. VI. n, 49-

270 Letteratura

AMICO . OPTIMO (1) ; LIBERTIS . LIBERTABYSQ«e . POSTERISQue . ET . Marco . ANTONIO . DAPHNO (a)^ LIBERTIS . VTRIVSQVE . SRXSVS . POSTERiSQVE . EORVM . ET . VubUo . DECIMO . CHRESTO (3) j e

in quest'altra inedita copiata nella villa Giraud presso porta Salara d^ll' egregio mio amico Borghesi :,

Thìs . Manibus Tiius . MASCLIVS . MITHRES . VIBVS

FECIT . SIBI . ET . GAECILIVE

EVRIAE . CONIVGI . ET . MAÌCLIaE

EVTICHIAE . FILIAE . LIBERTIS

LlBEllTABVSQVE . POS

TEUISQVE . EORVM

ET . FIRMIO . CRESCENTI

NEPOTI . SVO . Bene . ferenti . FECIT

dove Firmio Crescente coi nome diverso si fa conoscei?e figliuolo di Eutichia menata sposa da un Firmio , scrivendo Paolo giureconsulto che nepos quoque dupliciter intelligi- tur, ex Jilio vel Jilia natus (4) Ma se dopo i liberti le liberle e i lor posteri vediamo chiamati e in genere e nomina- tivamente gli affini, i cognati, e gli estranei^ perchè non dire- mo che altresì nel marmo di Erasmo dopo i liberti e liberle,. la copula ET ci stia per esprimere il medesimo intento ?

Oltre di che vuol notarsi lo stile: cliè quasi tutti que- sti epitaffi sono del genere che direbbesi istorico, e recano in primo caso l'autore del monumento, ciò che diniostra P .ìtliva sua volontà . Onde il nostro intattissimo in ogni sua parte che ha nel fine l'addentellato, più presto che dir ciò un- errore del marmorario , vorrei giudicarlo prudente caUf

(►; Nov. Letter. di Firenze. T. Xlll. p. 66ft.

(2) Bonada Curin. etc. aa. Lapid. T. 2. ci. 6. p. 9^7.

(3) Fabr. C. X. n. 434-

(4) Digest. Id: 38. tlt: io. l. 6. n. i3»

Epitaffio di Manerba. 371

tela o sottile malizia dell'autore di esso, il quale previde r incomode e il danno cui sarebbe soggiaciuto, sia di dover rinnovare il testamento , sia d' intimare eccezioni e divieti, sia di fare abradere i nomi dei legatarj , ove che questi indegnamente si comportassero o egli mutasse di volontà ; ciò che solea non di rado succedere . La qual malizia o cautela cprlamt;nte non ebbe Tiberio Claudio Biolieo , il quale avendo nel suo testamento manomessa e fatta erede e partecipe del sepolcro la sua fantesca chiamata Ninfa , rendulasi ella di tal benefizio indegna , Claudio per non rinnovare le tavole testamentarie dovette scrivere suU' epi- taffio la formula che direi quasi codicillare LIBERTIS . LlBiiRTABVbQVE . FOaTERlSQ^p . EORVM . PRAETLR . INYMPHEN (1); egualmente Lelio Mappalio che haSIBI.POSTE- BI^QVE. SVORum. EXGEPTO . EVTYCHO (l); Marco Emilio Ji lema che ha LIBERTI^ .LlBERTABVS . POSTERISQae . EO- BVM. EXGEPTO . HERMETE . LlBer/o.QvEM.VETO.PRO- PTER . DELICTA . SVA . ADITA^M . IME . VLLVM . AC- CESSVM . HaBEaT . IN . HOC . M0N\MENTO (3) ; Be- lia Trophime che ha LlBERTlvy . L1BERTAB\\SQE . SVIS . POSTERISQVE . EORVM . PRAETER . rPYTiNCHANVM . ET . FORTEM (4) ; Cecdio Feroce che scrisse LIBERTIS . LIBERTABVSQYE . POó'TERI^^QVE . EORVM . EXCEPTA . i!?ECV]SDlNA . LIBERTA . IMPL\ . ADVER5VÒ.CAECILIVM . FELICEM . PATRONVM . SVVM (5). All' incontro Cajo Atilio Mocelio che avea fatto anche incidere i nomi dei legatari nell' epitaffio , o perchè siasene poscia pentito , o perché quelli avessero demeritato , mule il testamento e ne fece abradere i nomi : come si può vedere e in questa la- pida , e in quella di Fczzia in Fabretti (6) , e specialmen-

(i) Fabr. C. III. n. 191.

(2) Fabr. G. 111. n. 11)2.

(3) Grut. p. «44. 4-

(4) Marin Fr. Arv» p. 690.

(5) Grut. p. 862 6. ^6) cap. II. n. 21.

272 Letteratura

te in quella di Adjecto , di Annia , e di Cajo Walerio Mirismo nel Gori (1) .

Ma ciò che reca le esposta opinione alla evidenza mag- giore di cui sieno capevoli questi studj , parrai 1' avviso datoci dai legatarj medesimi , allorché alla morte dei loro benefattori, consegniti la eredità e 1' ammissione al sepol- cro, sollecilaronsi di far compiere 1' epigrafi , e di aggiugne- re all' ET isolato il loro nome . Date un occhiata all' epi- tafEo di Manlia Artemide (2) , e di Eudossia in Fabrel- (3) j così a quello di Tizio Marziale nel Gori (4) , e per la più breve compiacetevi di esaminare il seguente tuttora inedito , da me copiato una volta nel giardino del bresciano pittore Yantini , e raffrontato non ha guari an- che in quello del co. Lechi che lo acquistò . O io ho per- duto affatto il senso per questi studj, o parmi che sgombri qualunque dubbiezza (5) :

yivus . Fecit

Lucius . LAVDONIV^"

HERMES"

^1 . VIPv . A\Gusialis . BRIXIAE

SIBI . ET

LA.VD0N1\E . FIRMAE

VXORI

LÀVDONIAE . FIRMVLAE

LAVUONII^ . PRIMITIVO

QVARTIONi . Uìiertls . ET

ET . LaudòNio . DIOGENI . LOCVM . DONAVIT

Basta osservare querta lapide per convenire che l'ultima linea e per Io rozzo carattere, e per la replicazione della particella copulativa , e per 1' accorciato LiaudoNio , che intero nou

(ì) laser. Elrur. T. 1 4- »83. p. 098; n. f>7. o. 438; n. sGo. p. 4i6.

(2) Fabrct. Cop. ITT. 4- 2o4, e di nuovo C. X. n. 4^3;

(3) Gap. IV. II. Ì02.

(4) Inscr. Efr. T. I. p. 4i6. comcchc qnivi non si avrcr- ta che r ultima k'ttera vi fu aggiunta posteriormente .

ero V. La Tav. II. n. 5.

Epitaffio di Manerba. 273

•apiva nello spazio, vi fu aggiunta posteriormente. Della qua- le novità non saprei quale altra migliore spiegazione si possa dare fuori di questa , cioè che avendo il seviro Er- mete promesso in vita al servo Diogene }a libertà e con essa un legato, e l'ammissione nel proprio sepolcro, di che lusii;igatolo anche colla particella copulativa ET, venu- to finalmente a morire , e mantenutagli la data fede , il buon Diogene fece compiere la epigrafe collo aggiugnervi ET Laudoi^io DIOGENI LOGVM DON VVIT ^ dove all'In- contro nell' epitaffio di Cajo Lucrezio Erasmo , o per non aver lui nel testamento mantenuta la sua parola , o per essersene rendu li indegni coloro cui data 1' avea , rimasela copula così incompleta nel sasso . Di che sia suggello il curioso marmo di Cajo Bruzzo Telenforione ; il qual poveretto non dandogli il cuore di bruttamente beffar gli eredipeti , s.tlutatili amorosamente , se ne scusa colla sua povertà, dicendo loro: HOC . MONVMENTVM . EX . MEA. . FRVG ALITATE . FECI . ET . EIS . QVI . SVPRA . SGRIPTI . SVNT . CETERI . AMICI . IGNOSGKTIS . HOC . MONVMENTVM . HOSPITEM . NoN . REGI- PET . VENE . VALETIS (i) .

Dopo le quali parole, che diremo dell'ufficio sostenu- to da Erasmo in Brescia ed in Trento ? Diremo che appresso le undici conclusioni sapientemente esposte dall'in- signe Morcelli , non è più perniesso favellare del sevirato augustale senza uojare i prudenti (2) : sicché a quell'ope- ra lodatissima rimettendomi , la quale con vostro plauso infinito state costà riproducendo , vi pregherò di scusare il mio ardire , e di continuarmi la cara vostra benevo- lenza .

(1) Marin Fr. Arv. pg. 691.

(2) De Styl. laser, p. 21

G. A. To. lY.

374

Callitnachi hymni in latina carmina conversi et selectis varioriim interpretutn enarraiionibas illustrati a Josg' pho Peiruccio S. J. etc. Rornae , in l\. Gr. et Lat.

Jlj questa la seconda edizione , che il Rev. P. Petrucci della Compagnia di Gesù , già professore di eloquenza e di liogua greca nel collegio romano , ha non ha guari dato alla luce della sua versione in versi lati«i degl" inni di Cal- limaco . Voler mostrare 1 pregi di questo lavoro , sarebbe lo stesso che ripetere gli elogj , che per tutta 1' Europa ne sono slati fatti , dapoichè esso vide la prima luce ; elogj che non sono mai iti soggetti a dubbiezza , ed ai quali noi non possiamo se non applaudire . Laonde speriamo ottenere iudulgenza se per non ripetere ciò che altri hanno detto , noi in questi fogli ci limitiamo a dare un brevissimo cen- no di questa nuova edizione , mostrando soltanto ciò , che la faccia distinguere dalla precedente .

Comincia il Petrucci con una dedica in versi esametri all' Emo Litla prefetto degli studj , ne' quali con istile fa- miliare e quasi catulliano gli dirige 1' opera ; ed a questa siegue una brieve prefazione al lettore che cmito come questa nuova edizione di due cose egli abbia fornite ; e primieramente di avere emendato i versi , che nella edizio- ne del 1795 trovò riprovabili ; ed in secondo luogo di ave- re apposto alla versione il testo , onde potesse meglio farsi il confronto della sua fedeltà nel triJurre. E quindi altre cose aggiunge a maggiore schiarimento della opera sua , ed avverte avere, per quanto gli fu possibile, procurato d' imi- tare non solo il metro del greco originale . ma ancora lo stile di esso : il che si era trascurato da altri traduttori la-

Callbiaco del Petrucci, 275

tini , per non parlare delle versioni italiane, cioè del Frischli- no , di Enrico Stefano , di Florido Sabino, e di Buonaven- tura Vulcano , i quali secondo il Petrucci pivi a fare inten- dere il poeta studiaronsi , che a farlo leggere con piacere in lingua latina . Egli però segueaJo l' insegnamento Tul- liano, volle piuttosto che interprete mostrarsi poeta , dicendo: eadem eoriim ratio esse debet qui s^rcecum poetarti lati- nis versibus exprinteìidum sumuiit ; ut lìimiruni poetce magis quain interpretes videantur ; auctoiis verba non tain adnumerent quain appendaiit , enque ita conuertaiit, ut non modo ipsa latina sint , sed latina eiiam eorumdein copulatio , ncque latina modo sed etiain poetica. E quin- di seguendo la slessa dottrina si fa a biasimare que' tra- duttori , i quali troppo scrupolosi sono nel seguire l' origi- nale , e per non incontrare la taccia d' infedeltà divengono di soverchio minuti e servili , Alhi quale dottrina noi aon possiamo che fare eco: ma nello stesso tempo non vorrwnio che essa fosse troppo l.irgamente presa , specialmente per coloro , che tradussero scrittori in prosa ; e quelli soprat- tutto , che pubblicarono versioni di autori , i quali fanno sovente uso di termini tecnici , che non possono nella tra- duzione trascurarsi . Dalla (jual taccia va certamente esen- te il Petrucci ; ma ciò volo;inino osservare perchè la sua dottrina non sia troppo ampiamente seguita . Dopo avere il nostro traduttore soggiunto altri esempj od altre prove per sostenere , che non debbasi sarvilmenle interpretare un au- tore si fa strada a parlare di altri particolari dflla sua tra- duzione , e primieramente dichiara essersi servito nel fme la versione del testo greco pubblicato da Ernesto nella edi- izione del 1761J dalla quale edizione egli pur trasse le no- te di che arricchisce il suo lavoro a maggiore intelligenza del testo stesso , non pe' dotti , come egli protesta , ma per la studiosa gioventù j pel cui uso egli pure premise le no-

18 *

276 Letteratura

tizie, che sopra la vita e gli scritti di Callimaco raccolse il celebre Gio: Alberto Fabbricio nella sua biblioteca greca . fiè di ciò pago il Petrucci aggiunse le varie lezioni appo- ste dal Bandini alla sua edizione fiorentina del 1763, e se- condo il testo dallo stesso Bandini dato alla luce , chiude il volume colla versione degli epigrammi a Callimaco at- tribuiti . W. G.

De' secrni numerici desìi antichi Esiziani .

r.

aremo conoscere di buon animo alcune delle molte erudite cose , che ha dette il Sig. Giomard nell' accademia reale delle scienze di Francia (1) intorno a queste letterate curiosità .

Gli egizj scriveano i lor numeri come i romani , e come i greci allorquando v' impiegavano le capitali del ca- rattere loro. Gli egizj aveano segni per esprimere l'unità, pel 5, pel 10 , pel 100, pel 1000 ; e il Giomard lo prova co' monumenti . Perciò egli dice , che attentamente esaminando quel lato , che fuor dell' ordinario è tutto costrutto di gra- nito nel palazzo di Karnak in Tebe , vi si scorge una fac- ciata tutta scolpita e pitturata . Ove , in vece di religiosi dipinti , traile colonne di verticali ed orizontali geroglifici hannovi gli artisti significato stendardi , vasi preziosi , mo- bili riccamente ornati , collane coralli , di perle e di pie- tre , addobbi messi a oro , e molte cose di valore l'una ac- canto all'altra, in più guise disposte e senza ordine alcuno. Questa disposizione d' apparato rara in siffatti monumenti

(1) Extrait de? Séances de Y Accademie royale dcs Sciences dn 6 Septemhre liiiQ-

De' Numeri Egiziani . 277

appartiene al genere di rappresentanze in che s' oc.;upa il Giomard : ed in questa a lui parve che tutti questi oggetti fossero in tal guisa disposti al solo fine di poterli enume- rare . Trovansi difftitti al disotto in fascie orizzontali , che alle colonne corrispondono degli ordinarj geroglifici , alcuni segni particolari uniti fra di loro in molte maniere ; cioè 2a2,3a3,4'T4'5a5 Uno di essi ha la figura di uno strettissimo rettangolo , e giace verticalmente; un'altro somiglia quasi un ferro di cavallo ; qualche volta pare un n greco . Vegg'on agevolmente non dissimili segni in altre pitture del Karnak in Tebe , rinchiusi in caselle , quasi per- chè non confondessero con altre note della geroglifica scrit- tura . Ed esaminando questi caratteri, e l'ordine lor di- sposizione , e il posto che hanno , convìen decìdere che vi stanno per un fine assai diverso da quello degli ordinar) ge- roglifici ; alcuno v' ha che tosto non concepisca poter esser cifre codesti segni , le quali esprimano la quantità de- gli oggetti figurati sopra : ({uindi pensa il Giomard che di que' due segni il primo rappresenti l'unità , il secondo la diecina .

Che il primo segno , il rettangolo , indichi unith , par chiaro all' A. e senza contesa ; trova buona ragif^ne in quegli scrittori, i quali bizzarramente crederono che l'I. (uno) degli egizj rappresentavasi con due linee separate ; cosa che sembra essere stata suggerita da OrapoUine , che forse però fu male ascoltato . Il quale parlando delle significanze dell' av- vollojo , ne accerta che adoperavasi per denotare due dram- me , e lo' mperchè ne rinviene nell' adoperarsi da que' dell' Egitto due lìnee per esprìmere 1' unità : ma io penso , dice il Giomard, che queste due linee altro non siano che i hti più lunghi del rettangolo ; mentre gì' interpreti e i chiosa- tori di questo luogo di OrapoUine niuna soddisfacente di- ehiarazione ci hanuo lasciato finora .

278 L E r T E K A T U 11 A

Prova in appresso il Giomard col vero sigul^cato che si ha nell' originale greco della iscrizione geroglifica detta il mar ino o la pietra di Basetta , come quella stella con 5 raggi di sopra un cerchio , che a lui par chiaro essere il so- le , significhi cinque giorni ; essendosi ingegnato lo scrittore di porre le cinque unità in quelU figura che può esprimere 1' astro del giórno : poiché corrispondente a quel segno trovasi in greco HMEPAS RENTE ( fig, 3.) . Prova dappoi che n significava dieci presso gli egizj , non solo perchè quella fi- gura trovasi appresso all' unità , ma perchè ne' Geroglifici Mosetiiani trovasi il n di sopra ad un ssgno circolare eh' esprime corona , mentre il greco dice BA2IAEIA2 AEXA . (fig. 1.). E ne trova conforto nelP altro significato TPIAKAAV MESOPI ( fig. 2.) ove il primo segno circolare che trovasi ; ed è 1' ultimo secondo gli cgizj , significa giorno, come nel primo caso pur lo significava ; gli altri due che seguono tendono a descrivere il mesoii , e i tré simili finalmente le 3 decine de' giorni decorsi . Anche Orapolline lib, II. e. 3o è citato dall' A. ove disse che una linea dritta accoppiala ,'il altra , curvata verso di lei , equivaleva a 10 line© piane; il ([ual passo non bene dai coraentatori inteso ci se- condo l'autore ad intendere questa figura della diecina. So- pra queste basi spie^'i il Giomard che nella (fig. 40 dicasi di sotto un trentacinijiie per le 3 diecine a ferro di cavallo , e per le 5 unità rettangolari , che vengono appresso : ag- giungendo che sonovi esempj ne' quali promiscuamente si vede la forma della nota di diecina ora come il n greco, ed (jra come un ferro di cavallo .

Passa di qui a trattare della nota esprimente il centinajo e la dice formata di una linea che termina ia una spira , la quale sembra a noi quasi un lituo dogli antichi sacer- doti , ed un pastorale accorciato de' vescovi ; come nella no- stra tt'vola (fig.5.) si può verificare, e leggere, secondo queste 'nr.fosi , seicento fessnnfotto .

De' Numeri Egiziani. 279

Curiosa ed ingegnosa assai è la spiegazione della figura significante il nùgliajo , che parrebbe a prima vista un fio- re di Loto giacente sopra un lato , con di sotto una linea verticale, ciie s' incrocia verso la base con una linea orizzonta- le ; e a noi desta l'idea di una spada dritta sull'elsa (fig.6.) . Il veder questo segno meschiato ai numerici, dice l'A. , è argo- mento che egli sia numerica figura ; oltre di che trovasi ripetuto spessissimo e senz' altra interposizióne : lo che non accade ne' geroglifici . E v' è argomento che valga mi/le , i". perchè questo segno vedesi precedere il centinajo , come questo la diecina , e questa 1' unità : i°. perchè pare che tenga assolutamente luogo del X de' greci , e dell' M de' latini : 3** perchè trovasi sempre dopo di quel segno la figura caratteristica della cosa che vuol numerarsi : 4'* perchè ha rassomigl lancia col m///« de' cinesi come può ve- dersi nella ( Gg. 8. ) sotto la colonna del niigliajo . Non pe- rò il fiore ordinario della nyniphaea lotiis , ma la nym- pliaea caerulea riconoscesi nella figura dal Giomard , il fiut- to della quale allor che si apre partorisce granellini a mi- gliajo , per così direj e sa il medesimo esser vero che quelli sono minuti come il miglio nostrale ed lianno pres- so gli Egizj il nome stesso cori'ispondento . Così il Delille nulla sua eccellente descrizione dei Loti significò il nome di quei grani in dokhn el hacJic.nyn , cioè miglio di ba- clienyn ( ovvero di Lotus ) (*) . Ed a ciò ag<>iunge il nostro A. che il nome arabo di questa pianta è noiifar , e che il nàf , che sembrala sua radicale , significa chi s'in- nalza , e signoreggia ; significansi poi con nyf ì numeri superiori a dieci come il cento e il mille : manca il medesimo A- di recar molti esempj di numeri alti d'as-

C*) U&!cription de l'Egypt. Hist. nat. U, p. 64- et 3o5.

'-i^*o Letteratura

sai letti ne' monumenti di Karnak , e lutti nelle medesime giaciture e collegamenti ; senio sempre le delta quantità scrit- te dfi dritta a sinistra, ovvero dall'alto in basso ; cioè mi- gliajo , centinaio, diecina, unità . In principio di queste ci- fre numeriche trovansi poi espresse le cose numerate con dne o tre segni ordinar] , che voglion dire certamente sem- plici nomi , e stannovi isolali e distinti .

\olgesi di poi ad indagare 1' A. se gli Egizj avessero il IO , 000 , e il loo, ooo ; e suppone che la prima di dette quantità si esprimesse collocando il segno della Diecina alla dritta del mille, e cosi quello del centinajo per la secon- da . Sopra questa congettura nella ( fig.6.) si potrebbe leg- gere a^6 , ODO in vece di i , 276 prendendosi dal segno di mille la denominazione della quantità : il che , noi osservia- mo, don essere strano a'nostri usi europei , quando aggiungen- do un mille fuor della serie de' numeri , innalziamo al miglia- io quelle che non sarebbero, che semplici unità secondo l'arit- metica . I cinesi , dire il Giomard , usano di porre tré unità avanti al segno di loo. per darne a significare il 3oo ; e lusingasi che nel monumento di Mtdynet-Abou possano tro- varsi altre numeriche, che definiscano la questione: non senza sospettare che de' segni di unità più piccoli degli al- tri , ed alcuni cerchietti rinvenuti appresso le unità , opre- cedenti le figure delle cose nnmerate , tenessero luogo di fra- zioni ; come altresì che possan trovarsi le cifre corrispon- denti alle note Romane che formano il 5o il 5oo ec. il qua- le sistema quinario non è solo de' Romani , ma il fu de' Greci ezi. indio .

Crede finalmente 1' Autore che questo palazzo te- bano sia certamente un luogo ove i sacerdoti d' Egitto an- noverarono a Germanico i tributi e le spoglie che Rahmsè ritratte avpa ne' suoi trionfi : cose che al dir di Taci- to ( Ann, XI. 56 ) vedevansi significate in Tebe . Legcbantur

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De' Numeri Egiziani. - 281

et indicta gerttibus tributa , pondus argenti et auri , nu- merus armorum equórwnqne , et dona templis , ehur atqiie odores , quasque copias frumenti et omnium utensilium quaeque natio pender et. E chiude la sua menioria parlando de' pesi di quelle genti ; ove reca la figura ( fig. y . ) trat- ta dal monumento di Elethya , ch'esprime i pesi in manie- ra diversa da quella creduta altrove . Sono questi piesi in for- ma di anella e precisamente come quelli detti di rotte ; che s'adoperano anch' ora nel Cairo ed in tutto 1' Egitto. Co- sì fatti possono essere sovrapposti fino a grandi altezze, e sollevarsi cotriodarriente da basso: trasportànsi purè facilmen- te da' mercadanti , come piij volte ha visto 1' A. , cose che a maggiore stento s'otterrebbero se fossero d'altra forma.

C. S.

Storia di Tivoli ec. Tomo IH. ed ultimo Roma Bour- lie 1819.

Lib XIJL

I

1 Pontefice Urbano VI- ritornò , e si trattenne in Tivoli nell'estate dell' anno i383. per fuggire il pericolo de' mali contagiosi , che serpeggiavano anche in Roma . N^ll' anno poi 1387. pernottò a Ponte Lucano , (1) ove si era fatto trasferire in lettica dopo la fatale caduta del mulo , che

(1) Merita qui di essere rammentato I' incontro che elibe il Pontefice al detto Ponte Lucano colla deputazione He' Romani , «he lo pregavano caldamente di ritornare alla sua residenza . T^o- ilorico di Niaiii, che ce ne conservò la IMem^^ria, aigiunge , che le preghiere riuscirono inutili , perchè il Pontefice sebbene mal concio nella persona volle proseguire il viaggio fino a Ferentino « 4onde però gh convenne di retrocedere

aSa Letteratura

cavalcava nell' uscire da Perugia colle sue genti alla volta del Regno di Napoli , che disegnava di ricuperare . In quel- la stagione turbolenze i Tiburtini si tennero coli' agguer- rite milizie sempre in guardia dalle scorrerie degli avventa rieri ^ che desolavano le contrade d'Italia. Così mandarono a voto gli ostili disegni di Giovanni Augud capitano di una banda d' Inglesi , che non osò di attaccarli ; e nel i38t). con una sortita notturna disfecero intieramente i Brettoni e Guasconi condotti dal noto Bernardo della Saìa fautore dell' Antipapa Clemente , che occupava già le pianure , ed aveva sorprese le guìrdie di Ponte Lucano . In tale occa- sione si fuse una grande campana della cattedrale con iscri- zione relativa alla vittoria .

Nel Pontificato di Bonifacio IX. l'anno iSgi. la città di Tivoli vendette alla famiglia Cocconari il castello di Sa- racinesco, e gli abitanti disgustati de' novelli padroni emi- grarono con tutte le robe loro ; e valicato 1' Aniene , si portarono sulla vetta di uu monte degli Equicoli lontano dodici miglia da Tivoli, ove fabricarono l'odierno Saraci- nesco nuovo . Molti ebrei si erano stabiliti in Tivoli, e per- ciò con regolamento del i386. furono obligati a portare il distintivo di un mantelletto rosso . Si distinse fra di essi mi tal Salomone medico Fisico, di cui si trova menzione in un' antico istromento , ed in una lapide con caratteri ebrai- ci disotterrata l'anno l'J^y- sulla via Tlburtina . Il celebre cardinal Filippo d' Alencon , che amava molto il soggiorno di Tivoli , ottenne da Bonifacio IX. un Breve , che nella Festa ed ottava della Nativith di Maria Vergine accordava ai Fedeli , che visitassero la chiesa de Francescani , le stesso indulgenze, che si lucravano nella chiesa di Santa Maria degli Angeli in Assisi . Il concorso delle vicine popolazioni suggerì lo stabilimento una fiera generale in quella so- Jeaaità . I Tiburtini ne otteQaejo il diploma di coocessio-

Storia di Tivoli . j83

ne dai Conservatori del Popolo Romano ia data de' 21. Agosto i3(.)5. Il commercio di Tivoli mollo vantaggio ri- traeva da bella istituzione; ma rincresce il ravvisane , die fu di breve durata . Ni uno degli Storici patrj accenna il mo- tivo , o il tempo della decadenza : (1) il solo Nicodemi , die scriveva circa la metà del secolo XVI. avverte , die da' suoi tempi era già tutto sparito. L' annuo censo di mil- le libre, che i Tiburtini in forza dell'antico trattato dove- vano pagare al Popolo Romano , era stato abusivamente ac- cresciuto lino a mille fiorini . Un breve di Bonifacio IX. 5. Febraro i4oo. corresse 1' abuso , e ridusse il tributo a termini del trattato , ma senza pregiudicare ai diritti del Popolo Romano per qualunque altro censo , e prestazione dovuta . I Tiburtini all' incontro colle loro milizie sosten- nero le parti di Bonifacio, allorché scoperta la congiura or- dita contro di lui fece marciare le truppe per abbattere i Colonnesi , die vi erano mischiati , e che poi furono col trattato de' 2^ Gennaro i4oi. ricoiiciJiali colla. S.inta Sede. Nella prima invasione di Roma fatta dal Re Ladislao Napoli nel i4o8. i Tiburtini si mantennero fedeli al Pontefice Gregorio Xlf. e si può argomentare , che in quella incertezza di cose rimaìiessero costanti nella di lui obbedienza anche dopo la creazione di Alessandro V. e Gio. XXIII. poiché sappiamo dagli annali di Bonincontro , che convenne ridurli all'obbedienza Giovanni colle mili-

ti) Sembra che in questo luogo V A. abbia perduto di vista quanto ei^Ii medesimo narra circa il fine del Lib. XVI. , che cioè nel i4%. Paolo II. dalla pericolo»,^ effervescenza de' Tiburtini fu. costretto a sospendere la celebrazione della fiera . Se la causa della sospensione durò ancora in progresso, ed il Nicodemi circa un secolo dopo non vide alcun vestigio di questo solenne mercato, ben verisimile è la congettura , che da quella sospensione in poi noi* fosse pia. ristabilito .

i84 Letteratura

zie di Paolo Orsini , e Malatesta capitano de' Fiorentini . Ma dopoché Ladislao nella seconda invasione del i4i3. rientrando in Roma obligò il Pontefice a fuggirne , ed invitò i Ti- burtini a collegarsi con lettere minacciose ; questi cedendo alle circostanze vennero a trattato, e gli promisero obbe- dienza , e soccorsi . Furono subito intimati ad unirsi coli' esercito napolitano per togliere gli stati agli Orsini Conti di Tagliacozzo . Si scusarono i Tiburlini , e chiesero di restarsi neutrali per l'amicizia, ed i trattati , che avevano cogli Orsini . Sdegnato Ladislao si vendicò del rifiuto con ogni sorta di oppressione . Fece occupare la Città , ed il passo di Ponte Lucano da truppe indisciplinate , e rapaci: impose gravissime contribuzioni : confiscò i beni de' parti- giani degli Orsini : e dispose a suo talento delle Magistra- ture civiche , quali vendeva a caro prezzo senza riguardo di merito , e di persone . Queste avanìe non cessarono che colla morte di lui avvenuta in Napoli li 7. Agosto i4i4'

Lib. XIV.

Dopo le morte di Ladislao si divise Tivoli in due fa- zioni, una delle quali tenea per la Fuegina Giovanni 11. di lui sorella, l'altra pel ristabilimento del regime antico. A piantenere la quiete , e riordinare il governo fu spedito da Roma in qualità di Conte Nicolò Porcio che con molta sa- viezza ricompose gli animi , e fece rendere i beni confisca- li agli antichi proprietarj . Collo sborso di 5oo. fiorini d'oro fu ricuperato il forte di Ponte Lucano dalle mani de' Co- lonnesi , e furono amichevolmente conciliate le differenze cogli Orsini , Goetani , e Francesco di Polombara , alli ([ua- li i Tiburtini comandati dall' esperto capitano Giovanni Cenci Romano avevano dichiarato guerra per vendicare gli affronti , e i danni da essi arrecali nel territorio durante 1 invasione di Ladislao.

Storia Ci Tivoli . 285^

Nel tempo, che si teneva il celebre Concilio di Co- stanza Braccio Forlebraccio da Perugia p^r farsi strada al- la meditata conquista di Roma tentò di rendersi padrone di Tivoli prima con inviti artificiosi, e quindi coli' appara- to di un' assedio . Ma i Tiburtini incoraggiti da una bella arringa Bartolomeo Falasconi Pelrucci rigettarono le lu- singhe, e resisterono coraggiosamente all' assedio , che For- lebraccio danneggiato dalle sortite degli assediali dovette in fine abbandonare .

Martino V. passò in Tivoli la estate del 142S. . ed esaltò agli onori dell' Episcopato due cittadini dell' ordine de' Minori conventuali, cioè Fr. Antonio, che fu Vescovo di Nizza , e Fr. Niccolò , che da cappellano del Papa fu eletto Vescovo di Tivoli sua patria , ed anche amministra- tore delle sedi unite di Ostia e Velletri . Questo rispetta- bile Prelato soffri un' affronto non meritato in tempo del successore Eugenio IV. Credevasi , che il Vescovo Niccolò sapesse il luogo de' tesori lasciati da Martino V. Stefano Co- lonna di Sciarra ebbe ordine di condurlo alla residenza Pontificia : eseguì la commissione in un modo scandaloso; sorprese il Vescovo nella propria abitazione con una squa- dra di armati , e legato per le vìe Roma come un reo di capitale delitto lo condusse al cospetto del Papa . Per questa biasimevole condotta fu Stefano scacciato dalla corte, e d.d servìzio del Pontefice Eugenio , di cui perciò divenne nemico , Nell'anno 1432. fu sanzionato , e publicato il nuovo Statuto municipale, alla compilazione di cui erano stati deputati dieci distinti Legisti , e fra questi Giovanni Sebastiani di famiglia Patrizia , e Giovanni de' Grassi , che fu Avvocato Concistoriale . Lo spirito di partito , che agi- tava Roma fra le fazioni de' Golonnesi , e degli Orsini , si era esteso anche a Tivoli, ove la potente fnmigiia de' Min- «i favoriva i primi , e 1' altra degli Alberini era attaccata ai

286 Letteratura

secondi . Queste interne discordie furono la cngione , die Niccolò Fortebraccio della Stella nemico di Papa Eugenio IV, assediando Tivoli riuscisse li 9. di Ottobre dell' anno 1433. ad impadronirsi della Cìtth mediante le intelligenze de' fuorusciti Tiburtini , che militavano sotto le di lui in- segue coi partigiani , che si sollevarono contro i proprj con- cittadini . Furono orribili le crudeltà usate dai vincitori . Le genti di Micheletto Attendolo generale della Chiesa non giunsero a discacciar Fortebraccio , che avea ridotto Tivoli in formidabile stato di difesa . Ma riuscì finalmeate nell'aprile del i436. al Vitelleschi vescovo di Recanati , ed insigne guerriero , di ricuperare la fortezza di Ponte Luca- no, ed in seguito sconfisse, e fece prigioniere il conte An- tonio di Pontadera , che avendo occupato tutti i ponti sull' Aniene teneva Tivoli , e gran parte della campagna in ser- vitù , ed angustie . Le differenze coi monaci di Subiaco , che duranti li torbidi avevano ricusato di prestare ai Tiburtini l'antico censo, furono pacificamente sopite con solenne atto del primo Novembre i44i' . cui 1' abat« promise ogni anno libre quindici di cera per la festa del protettore S. Lorenzo.

Alfonso d'Aragona, dopo aver discacciati gli Angioini dal regno di Napoli, si portò in Tivoli nel principio del i447' ove fu albergato con tutta 1' onorificonza , e vi si trattenne fino al mese di agosto per maturare la spedizio- ne contro i Fiorentini , da cui il Pontefice Nicolò V. non lo potè distogliere . La licenza militare delle truppe reali ar- recò non lieve inquietezza ai cittadini: ma riportarono da i|uesta visita il vantaggio di avere a spese del re ristorate , ed ì)i parte edificate di nuovo le mura della città , alle quali fu- rano di tratto in tratto aggiunti de' fortini . Nella permanenza del re Alfonso protettore de'letterati si trovarono in Tivoli con Ini Antonio Beccadelli detto i! panormita segretario, e Bar-

* Storia di Tivoli . 287

tolomeo Fazio intimo coofideate j furono ad ossequiarlo Fla- vio Biontlo , e Lorenzo Valla , e per affari importanti vi si recò anche S, Gio, da Capistrano . INiccolò V. con due bre- \i del i447- 6 ^44^ riordinò , e confermò il dritto de' pedaggi , che formavano il maggior nerbo delle rendite de' Tiburtini , ed accomodò le differenze , per le quali si ve- niva già alle armi contro i vicini baroni , che con pre- potenza li defraudavano . Dai flagelli del terremoto , e del- la peste nell' anno i449' > ^ ^^^ terremoto nuovamente nel i456. furono in Tivoli ruinate molte abitazioni , e spente molte famiglie . Niccolò V. nell'estate del i454- si recò a respirare le fresche aure dei colli Tiburtini ; e il di lui successore Calisto Ili. confermò i privilegi della libera introduzione delle pannina , e dell' elezione del giudice sediale anche fra i cittadini a forma de patrj statuti .

Lio. XV.

Alfonso re Napoli venne a rottura con Calisto III; e fece marciare alla testa dell'esercito Giacomo Piccinino, che domandò 1' ingresso nella città di Tivoli fortemente travagliata dalle interne fazioni delle due famiglie , Ilperi- ni , e Brigante Colonna . Fu per allora negato 1' ingresso al Piccinino , e le discordie furono sedate da Pietro Bona- fede vescovo di Siracusa commissario del papa con nuove ordinazioni aggiunte allo statuto , che perciò furono ap- pellate Siracusane . Pio II. successore di Calisto inviò il duca di Urbino contro il Piccinino , che si era accampato sotto Monticelli . Per non attirarsi 1' odio di un si peri- coloso vicino i Tiburtini negarono similmente 1' ingresso alle truppe del papa . L' accomodamento , che nel i45S. seguì fra Pio II, ed il re Ferdinando figlio naturale del

288 Letteratura

morto Alfonso , fece retrocedere il Piccinino . Ma questo ca- pitanp ricomparve bea presto nel u^Go. nel territorio Ti- burtino alla testa dell' armata francese, e segretamente fa- vorito da Toccio Ilpariiìi e Clemente Briganti ebbe libero il passo delle montagne , e de' pomi , ed anche 1' ingresso nella città. Alessandro Sforza, e il duca di Urbino lo for- zarono alla ritirata verso gli Abruzzi : ed allora il Ponte- fice Pio dopo avere riparati i disordini della città per mez- zo del prudente commissirio Monsignor Cesarini deliberò recarsi in Tivoli personalmente non ostanti le politiche ri- inosti:anze del duca di Urbino , e di molti Cardinali , alll quali con dignità, e fermezza rispose :yac/ZiU5 cum Tibu" re Romani perdilain , qaain Tibuv cum Roma recupera' \feris .

All' arrivo del Pontefice nel i46i , i più torbidi fra li cittadini o si allontanarono , o si sottomisero . Per dife- sa della città , e freno de' faziosi espose Pio con eloquente discorso in un'adunanza generale del popolo la necessità di costruire una fortezza , e il progetto fu approvato . Nello spazio di iia'antio furono elevate le quattro torri , che la compongono , irapiegaijdovi i materiali di un' antico diruto Anfiteatro , che esistevano ancora presso porta S. Croce ; vi si legge tuttora sulla porta d' ingresso la metrica iscrizio- ne dettata da Antonio Campano vescovo di Teramo , che si trovava nella corte Pontificia ;

Grata bonis , invisa malis , inimica superbis Sum libi , Tibur , enim sic Pius instituit . Questo Papa , che trovava molto sollievo nell' amene cam- pagne lungo r Aniene , vi ritornò nell'estate del \^(ìì. se- condo il Gobellino : ed anzi ogn' anno , secondo le memo- rie di Giacomo Briganti , fino alla morte accaduta l'ann» 1-464 . Sotto il Pontefice Paolo 11. ripullularono gli anti- chi domestici disordini, e Paolo fu costretto nel i\Q)). a

Storia di Tivoli. 289

prendere misure così forti , che sospese anche la celebr%- Ttone della solita fiera per la festa della Natività di Ma- ria . Sisto IV che gli successe vi spedi per commissario il Cardinale Nardini : ma si condusse con tanta asprezza , che fu richiamato . Gli venne sostituito Saldone de' Saldo- ni uomo istruito, e prudente , che eoa riforme analoghe al genio dei cittadini , ed alle circostanze ottenne di ricon- durre la tranquillità . Intanto colla mediazione del Ponte- fice Sisto in una concordia fatta in Campidoglio li 2 giù gno 1478. fu ristabilita la buona armonia fra la città, ed il popolo Romano pericolosamente alterata a cagione del- la gabella del passo .

Lih. XFL

Tornò Tivoli a respirare Tn istato di calma sotto i Pontefici Sisto IV. , ed Innocenzo Vili. Da Sisto fu crea- lo vescovo della sua stessa patria Angelo Lupi Tiburlino , che dopo aver prestati in varie commissioni per 1' Italia segnalati servigi alla Santa Sede , tornò in Tivoli , e coli' ajuto di probi Magistrati riparò gli abusi , rianimò I' indu- stria , e moltiplicò la popolazione invitando i forastieri con privilegi , ed esenzioni. Innocenzo Vili, condonò ai Ti- burtini un grosso debito verso la camera per prezzo del sale , e confermò le nuove ordinazioni statutarie decretate per cura, del zelante pastore Angelo Lupi . L' inondazione del fiume Aniene sopravenuta nell' anno 1489. e qualche germe degl'antichi sconcerti nell'amministrazione della giu- stizia , mossero Innocenzo a spedirvi in qualità di com- missario apostolico Io stesso suo nepote Matteo Cibo , che comportò egregiamente , e ad accordare sussidj per ripa- rare il parapetto della caduta , che minacciava ruiua con danno incalcolabile degli opific) . Dal Gesnero , e dal Vol- G. A. To. IV. ,9

290 LETTEllATUnA.

pi vien riconoscuito per tiburlino quel Platone versatissi- mo nelle lingue orientali , che dall' arabo tradusse in lati- no l' opera Astronomica dell' Almansor e stampò la sua ver- sione in Venezia nel i^gS. unitamente alle opere di To- lomeo. (1)

Ma nuovi disastri soffrirono i Tiburtini nel Pontifi- cato di Alessandro VI. , che nel i^g(^- transitò due volte per Tivoli nell'andare, e tornare da Vicovaro , ove con Alfonso II. re di Napoli concertò i mezzi di difesa contro la spedizione di Carlo Vili, re di Francia. Virginio Orsini , che era staccato dalla lega del Papa e di Alfonso , spedi in qualità di ambasciatorte a quel Monarca Francesco Gia- como Tobaldi Patrizio tiburtino per offerirgli le sue mi- lizie^ ed il passaggio per Vicovaro . Carlo fece marciare V esercito a quella volta , e si trattenne un giorno in Ti- voli , in cui fu ricevuto dal Mrigistrato con sole trecento guardie . Si riaccese allor.ì fra i cittadini 1' incendio fata- le delle antiche fazioni j non valsero ad estìnguerlo due di- staccamenti di cavalleria spedili da Alessandro , quali do- vettero ritornarsene mal conci , ed inseguiti dalle genti de' Fornari , e Moroni fortificati alla porta del colle , mentre il contrario partito dei Leonini , Tobaldi , e Zacfoni occu- pavano le altre porte di S. Angelo , S. Giovanni , e S. Croce . Filippo Malvezzi nobile Bolognese indusse le due fazioni ad un'accommodamento firmato li 4- magg'o i495- ' ma fu di breve durala : perciò con diploma delli 24. ot- tobre di detto anno Alessandro vi spedì Giovanni arcivesco- vo di Kagusi 5 e Mario Salomone degli Albertcschi uno de'

(1) Come Tiburtino lo riconosce anche il Fabricio nella Bi- blioteca greca , ed aggiunge , che in latino voltò anche il trattato de pulsiòus , et urini s del greco Medico Enea . ( Nota del Comp. )

Storia di Tivoli. 291

conservatori del Seuato con liicollà esiesis^ii me per ricondur- re la quiete . Li commissari Pontificj bandirono gV indivi- dni faziosi del'e famiglie Sforza , Fornari , Moroni , Tobal- di , e Leonini , e pene rigorose publicarono contro gli omi- cidi . Dopo la ritirata di Carlo "Vili nel i^^6. Alessandro ordinò ai Tiburtini , che invadessero le terre degli Orsini inpegnati nel partito Francese . Obbedirò no prontamente , e depredarono una quantità di bestiame di Giordano conte di Vlanupello . Profittarono delle turbolenze i tiburtini ban- diti : raccolsero nel 1496- un piccolo esercito negli stati degli Orsini , forzarono le porte , ed in seno della stessa patria fu fatta un'orribile carneficina . Camparono dal mi- cidiale conflitto alcuni soltanto delle famiglie Tobaìdi , e Leonini , che rimanendo senza competitori la facevano qua- si da dominatori assoluti della città , Frattanto Alessandro si accomodò cogli Orsir>i , e fra le convenzioni di pace \i fu quella , che venisse loro restituito quanto era stato tol- to durante la guerra . Rimasero sorpresi i Tiburtini all' ar- rivo di un diploma Papale , che ordinava la restituzione del bestiame depredato . Furono però inutili le rimostranze presso Alessandro , che fermo trovarono sul preciso adempi- mento del trattato; onde i tiburtini costretti piuttosto che di buon grado si uniformarono alle Pontificie disposizioni. Nel giorno 3o. marzo del ligy. Tivoli fu spettatrice della sanguinosa battaglia , che nelle pianure fra il fossato de prati e casal Batista accadde fra le truppe degl' Orsini , e de Golonnesi , quali rimasero vittoriosi, e sacchegiarono varie castella de' primi . Gli ospedali , e le case di Tivo- li , furono riempite di feriti , e vi perirono in ambedue gli eser- citi molti patrizi tiburtini , che secondo la rispettiva fazione eb< 1 c;-o la pazza voglia di battersi sotto la bandiere dell'una, e dell' nllr.i famiglia belligerante. Gli Orsini ebbero de' rinforzi , e s.;.tìbbes) rinnovato lo spargimento di sangue in .-illra batti-

«92 Lettehatura

glia fia Tivoli , 8 Palorabara , se li capi delle due famiglie insospettiti degli arnumenti , che faceva Alessandro fuori di porta S. Lorenzo di Roma , non avessero stimato meglio di unirsi mediante un trattato, clie fu coachiuso nogli ameni orti di Pietro Mattei liburtino presso il Ponte Celio sulla sponda dell'acqua aurea detta volgarmente ^c'corm . Cessati i bellici rumori Alessandro in luglio del i^gS. spedi a Ti- Toli in qualità di commissario apostolico Ludovico Agnello arcivescovo di Cosenza, che con molta prudenza riusci a troncare le inimicizie, e dissenzioni , dalle quali la città, e le famiglie erano state per tanti anni agitate . Fiorirono in questi tempi due insigni Prelati tiburtini . L' uno fu Pietro Lupi vescovo di Sora , che dopo aver per 24. anni governata lodevolmente la sua Chiesa vi rinunciò , e volle passare nella città nativa il rimanente de' suoi giorni . L'altro fu Angelo Leonini inalzato alla cattedra episcopale della sua stessa patria il 1. ottobre 1 499- Fra le varie com- missioni , delle quali fu subito dal Pontefice incaricalo , la più luminosa fu quella presso la Republica di Venezia per la liberazione del cardinal Ascanio Sforza , e per 1' apparec- chio delle quindici galee, che il Papa contribuiva nella spedizione contro il Turco .

Lib. xni.

Si valse de' talenti , ed attività del vescovo Leonini anchp Giulio II per la ricupera Faenza occupata da veneziani, e surressi va mente in Fano , Viterbo, e Perugia per consolid.uvi la tranquillità, e 1' autorità pontificia . Fu poscia tiisferito all' arcivescovato di Cagliari in Sardegna , e gli successe nella cattedra episcopale di Tivoli il nipote C'iriiillo Leonino . Ebbe questi nel i5io. 1' ardua legazio- ne di placare Ludovico Xil. Re di Francia fortemente ir-

Storia di Tivoli . 293

ritato per essersi distaccato il Pontefice dalla famosa Lega di Cambrai , potè riuscire aell' iuteato . Tivoli eoa tat- to il Lazio sperimentò il fenomeno di una funesta sterilità , e carestia nel i5o5. , e di una straordinaria tiert litk , ed abbondanza nel seguente anno i5o6. Antonio Viscmti Pa- trizio tiburtino ne fece scolpire in marmo la memoria an- cora esistente sulle Pareti della sua casa . La prima iscri- zione è cosi concepita .

MDf^. Sedente Julia IT. Pontijice max. himia Anno- ne caritaLe rubruni grani emptum XII, aureis hujusque forma panis hononenò ^*, Antonius de Viscantis jìeri fecit. Nella seconda si legge cosi

MDVI. Sedente Julio li. Pont. Max. himia frumen- ti abiindantia ob siderum et Pont, providentiani Ruhrum Carolenis octo empiimi est hujusque forma panis qua- drante )J^ .

A reprimere i sìntomi di nuovi disordini Giulio man- dò in Tivoli Pietro Isaullies Arcivescovo di Reggio in Cala- bria , che in grazia di que' cittadini pretese di abullre tut- ti i privilegi , che sulla cittk aveva il Senato Romano in forza del trattato del laSp. Ma con breve (i) Pontificio del 1. Aprile i5i2. il Senato Romano venne reìntregrato al pos- sesso di quelle giurisdisioni , che fin dal Secolo XIII. avea esercitate . Trovarono li liburtini la maniera di far sospen- dere l'esecuzione del breve finché Giulio fìi in vita. Il suc- cessore Leone X. con chirografo del primo Aprile i5i3. pre- scrisse in favore del Senato Romano 1' esecuzione del breve di Giulio , ma poi con nuovi ordini pronuciò , che i punti giurisdizionali su Tivoli dal senato reclamati in forza de'trat-

(i) O ])initosto Bolla del di 27. Marzo ,come 1)9 nell' Ap- pendice Statutoruin Urbis impressa nel ihh%.

294 Letteratura

tati antichi dovessero iu avvenire considerarsi alla S. Sede devol-uti . Ragioni politiche ostarono , perchè i ricorii del senato avessero miglior sorte presso Adriano sesto . La commissione de' quattro cardinali deputata ad esaminare le ragioni delle parti nell' alto di presentare al Pontefice la relrizione della causa gli fecero osservare dalle loggie del vaticano Tivoli situata sopra un colle , tanto a Roma vicina che la rendeva non men dilettevole , che forte , e capace di difendere la capitale . Tanto bastò , perchè Adriano de- liberasse di conservarla per la santa Sede ; e chiamati a se li Conservatori di Roma , e ìa deputazione de' tiburtinl gli dichiarò , che per le ragioni della santa Sede inten- deva di ritenerla, ed aggiunse, si niimquarn hujus sedts esset , audita importantia , anicenitate , et ubcrtale ejns- dein , conaremur totis virihus prò ipsa sede adipisci : id- circo conservatores magnijici , una curri tato Pojndo , estote patientes , et de ccetero nullutn fìat verbiim , et iinponimus perpetuuin silentium . Cosi rimase 1' affare fino all' esaltazione di Paolo IV. Proseguiva Leone X. la gran fabrica del nuovo tempio Vaticano , e li travertini , ed al- tre pietre venivano dai tiburtini somministrate : perciò con breve del l'iig. donò alla città cinquanta rubbia di sale all' anno finché fosse ultimato il lavoro . Antonio di Simon Petrarca esperto cittadino di Tivoli confortato dal Vescovo Camillo Leonini riunì , corresse , ed ordinò gli antichi di- versi statuti in un solo volume, che fu nell'anno i522. publicato colle stampe. Quindi l'anno 1524. fu approva- to lo statuto dell' università agraria disleso da Giovanni Croce giureconsulto , e vicario del d. vescovo Leonini , L' uno, e l'altro si rifugiarono con Clemente VII. nel Ca- stel sani' angelo di Roma quando nel iSa^. 1' esercito di Carlo V. la pose a sacco . Si risvegliò allora in Tivoli lo spirilo di parlilo. I Zacconi , ed i Cuccatili urauo uniti

Storia di Tivoli . 2g5

coi' Colonnesi della fazione Imperiale, mentre i Leoniai , ed i Tobaldi favorivano le p;uii di Clemente in unione cogli Orsini , fra i quali primeggiava Napoleone abbate di Far fa . Chiusero dunque ì tiburtini le porte alle truppe ce- saree accampate ne' contorni , ma cominciarono a massa- crarsi fra loro : Nella prima baruffa i Goccanari , e Zacco- ni del partito Imperiale oppressero i Tobaldi ; Questi chia- marono in ajuto Napoleone Abbate di Farfa , che mise a soqquadro la città con varj battaglioni delle sue truppe , e malmernò i Coccanarì , e Zacconi . Giunse in soccorso di que- sti r esercito de' Co lonnesi , dal quale fu reso il conlra- cambìo ai Tobaldi , e riempita la città di spavento , e di stragi . In mezzo a questi disordini arrivarono le vicine truppe di Carlo V, che diedero alla città un fierìssimo saccheggio . Cosi in men di un' anno Tivoli restò saccheg- giata tre volte , e ridotta all' ultima desolazione . Il buon vescovo Leonini ne mori di dolore j Clemente gli surro- gò Marco Antonio Croce , e mandò a governare la città il cardinal Pompeo Colonna. L'abuso di autorità, e 1' attaccamento al partito cesareo, che spiegò il cardinale, gli attirarono l'odio del Popolo, e la disgrazia del Papa , che contro di lui spedi il detto Napoleone Orsini Abate di Farfa colle truppe della chiesa rinforzate dalle milizie de' tiburtini attaccati al partito papale . Scipione Colonna ni- pote del cardinal Pompeo , e di lui luogotenente per 1' abbazia di Subiaco , era alla testa del le truppe colonnesi , o imperiali per sostenere lo zio . Una micidiale battaglia seguì fra li due eserciti nel giorno 28. Giugno del i528. nelle vicinanze di Subiaco : l' abate Napoleone fu posto in fuga lasciando in preda ai nemici le pontificie insegne , e molti prodi tiburtini vi perdettero la vita . I colonnesi vittoriosi penetrarono nella città, che finirono dispogliare, e di rovinare , massacraroao i partigiani degl' Orsini , e tol-

2^6 Letteratura

sero l' artiglieria dalla rocca : rinforzato però l' abate Na- poleone con nuove truppe diede ai Colonnesi la pariglia ia tiua seconda battaglia più fiera della prima fra Migliano, e la Sgurgola, in cui rimase estinto snl campo lo stesso Scipione Colonna , e delle sue milizie parte fu trucidata e parte fugata. Ptofittando della vittoria maroi(\ Napoleo- ne rapidamente a Subiaco , che dopo essere stato SHCcheg- giato fa quasi intieramente dal fuoco distrutto . Il car- dinal Pompeo origine di tutti i mali si ritirò nel regno di Napoli , e cosi pare dal silenzio de'scrittori , che ritor- tiasse nel La7Jo la quiete .

Fino all' anno iSap. niuno de' Castelli vicini aveva ricusato pagare la Gabella del Passo , che Tivoli esi- geva da moki secoli. Gli abitanti di Castel S Angelo pro- tetti dalla casa Medici feudataria osarono di negarlo . I tiburtini si fecero ragione colle armi , ed avendo commes- se delle rappresaglie conti-o gli arditi vicini li ridussero ali dovere . Col pretesto un Breve di Leone X. fecero i ca- stellani nel 1535 un altro tentativo per sottrarsi al Dazio. Ma Paolo IH. a favore dei tiburtini ne confermò il dritto . Più clamorosa si risvegliò la contesa nel i53R quando il castello per restituzione di dote fu dato a Margherita di Au- stria figlia di Carlo V. vedova di Alesandro Medici duca di Firenze , e di poi sposa di Ottavio Farnese . Comincia- rono i castellani a transitar di notte lungo le mura di Ti- voli , e cosi defraudavano la gabella del passo . Ripararo- no i tiburtini colla edificazione di un altra porta , per la qua- le era iaevitabile il passaggio . Fu delusa questa cautela dai castellani , che col favore dei nuovi padroni costruirono un ponte sull' Aoiene . I tiburtini di fatto Io demolirono , ed all' incontro i castellani di notte incendiarono la nuova por- ta di Tivoli . Si era incominciato a snnrgere del sangue quando commissario di Paolo III. fece sosprendere sot-

Storia di Tivoli. 297

to gravi peae , e pecuniarie cauzioni le ostilità , Lo zelo del vescovo Croce, e de' Magistrati segnalò nel i53o; quaado 1' Aùiene coli' impeto delle acque straordinariamente cresciute danneggiò malto il muro di sOslrU/.ìone alla caduta; eoa fortissimi Castelli di legname ripieni di fasci- ne , e terra fu ripristinato quest' argine , -e così le acque sollevate nuovamente all' antico livello ritornarono pe' cana- li artificiali a dar moto alle fabriche , che por l'abbassamen- to dell' alveo erano rimaste inoperose . In quel torno il car- dinal Enrico Gonzaga governava Tivoli per mezzo di un cer- to Brigotto suo luogotenente , che abusando con aspre , ed insultanti maniere della troppa fiducia del porporato ridus- se il popolo tiburtino a sollevarsi , e minacciargli la morte . La sfuggì colla fuga, ma la caduta del luogotenente seco trasse la disgrazia del cardinale di lui padrone , che non potè ricuperare il governo della città .

Le milizie Tiburtine distinsero tìelt' esercito Ponti- ficio spedito dal Paolo 111. cotitro Ridolfo Baglioui , che si- gnoreggiava in Perugia . In occasione delle rassegne insor- se in Tivoli una gara fatale fra i Patrizj , ed i Plebei . Furono questi riscaldati dall' arringhe d' Ippolito Tobaldi par- tigiano degli Orsini , che sebbene patrizio la faceva da Tribu- no del popolo dopo aver incontrato l'odio de' nobili , molti de' quali aveva sagrificati in vendetta della morte data ad un suo zio. Avevano i Patrizi deliberato di ucciderlo . L'ese- cuzione era difficile a danno di un' uomo sempre seguito da una guardia popolare . Inutilmente lo attaccarono allu scoperta nella chiesa di s. Francesco : Egli si salvò cont- lìattendo fra li cancelli dell' aitar maggiore : ma non potè sottrarsi dal ferro di alcuni sicarj , che proditoriamente gli tolsero la vita . Della di lui numerosa figliuolanza Annibale, Guido, e Francesco si recarono a militare in Germania sol* to le bandiere di Carlo V. , Guido entrò nella corte degli Orsini di Bracciano .

298 Letteratiìra

Nel carnevale del iSSg. Paolo III. fece rinuovare in Ro- ma lo spettacolo de' giuochi di Testacelo : otto Patrizj ti bur- li ni , fra quali lo storico Zappi , intervennero ad esercita- re gli antichi onorevoli ofEcj . Nella estate del detto An- no si portò in Tivoli a respirare lo stesso Paolo IH. e nella Rocca Piana consegnò a sant' Ignazio di Lojola il breve della conferma della compagnia , che vi fu stanziata da prima presso la chiesa di santa Maria del passo , e poi nell' altra di san Salvatore , oggi di santa Sinforosa edificata , e dotata sotto Gregorio XIII. dalla liberalità del cardinal Ganlarini colla spesa di scudi ventimila . Nel seguente Anno i54o. in Tivoli ricevuta Margarita d' Austria , e spesso uogli anni successivi vi si recò , e trattenne il libéralissimo Car- dinal della Gueva Vescovo di Cordova . Dalle ccinmuni cu- re del Lojola, della principessa, e del porporato ripetono i ti- burtini li tré segnalati vantaggi della riconciliazione interna fra tutte le classi de' cittadini , della buona armonia ristabi- lita eogli Abitanti del vicino castello di sant' Angelo , che quindi innanzi cominciò a chiamarsi Castel Madama , e del canale artefatto , pel quale scorrono oggi dalla sorgente fino all' Aniene le A eque Albule , che pria con danno, ed inco- modo si diflbndevano per le sottoposte campagne .

Lib. X.VIII. , ed ultimo ,

Preceduto da sfaraosa cavalcata di Tiburli;!Ì , eseguito da nobilissima corte il cardinal Ippolito di Este f.ce nel i55o. il solenne ingresso in Tivoli , di cui ebbe da Giulio HI. il governo con potere assoluto . Ma dopo due anni gli ordini pressanti di Enrico H. di Francia obligarono il cardinale ad unirsi col di Thormes all' assedio di Siena , che fu con- quistata . Allora Carlo \. fece avanzare da Napoli a grandi marcie verso il Senese un' armata numerosa di snaeimoli

Storia di Tivoli. 299

e d' italiani sotto il comando di D. Garzia figlio del vice- D. Pietro di Toledo , Nel gennaro del 1 553. transitarono , e pernottarono in Tivoli il comandante con tulli gli officiali di stato maggiore , mentre le truppe traversavano il terri- torio . Fra questi movimenti si ridestarono le antiche ani- mosità fra gli Abitanti di Tivoli , e quelli di castel mada- ma . Un buon numero di castellani affidali sulle cauzioni già date nel i553. tornava un giorno da Roma alla volta della patria , quando una turba di faziosi guidati da un certo scacciadiavoli li trucidò tutti su quella Porla , che fii già da essi castellani incendiata . Per eternar la memoria della vendetta volevano seppellire i cadaveri sotto la soglia , se il cardinal d' Elste , eh' era già di ritorno dalla spedizione di Siena non avesse fatta dare agli uccisi ecclesiastica sepol- tura tollerando , che invece fosse scolpita sulla porta 1' epi- grafe : Ignitas portas extinxit sanguine Tibue : Il bene- merito vescovo Marc' Antonio Croce rassegnò nel i554. la chiesa di Tivoli al nipote Gio: Andrea Croce; questi si fu il pro- motore zelante del compromesso , che per terminare de- finitivamente ogni questione fecero le due popolazioni di Ti- voli , e di Castel Madama in persona di Camillo Orsini si- gnore di Mentana , e principe di probità , e discernimento singolare . Fu pubblicato 11 i^. marzo i555.il di lui cele- bre laudo , che ridonò una volta per sempre la pace < e col quale mentre confermò ai liburtiui il dritto della gabella del passo ordinò per equitativo compenso una nuova linea di confine fra li due terrltorj in modo , che quello di Ca- stel Madama venne a ricevere un aumento .

Le rappresentanze del Senato Romano sull'articolo delia giurisdizione tiburlina ebbero presso il pontefice Paolo IV. favorevole accoglienza. Un moto-proprio del primo decem- bre i555. rimosse dal governo di Tivoli il cardinale di Fer- rara , e dichiarò reiulenjjrati li Conservatori di Roma nel

3oo Letteratura

possesso dell'antico dominio , e giurisdiwone . Non tard.nrrno questi di profittarne , e nel principio del i5òfi mandarono in Tfvoli per governatore Angelo Palazzi degli Albertoni , quindi (Jjirolamo Altieri Patrizio romano , e così continua- rono a pratticare sino al iSSg. , in cui Paolo marirò di vi- ta . Allora li cardinali capi d' ordine decretarono la reinte- grazione del cardinal di Ferrara in governatore della città in nome della santa sede , e da quell' epoca le cose rima- sfero sullo stesso piede . Nella guerra di Paolo IV. col di Spagna Filippo II. i tiburtini tecf.ro tutti i possibili pre- parativi di difesa contro l'esercito del duca d'Alba -viceré di Napoli , che si avanzava ad invadere il Lazio . Ma sco- raggiti non tanto dal numero superiore de' henaici , qiianto dalla nuova artiglieria , contro la quale nulla più valeva r antica intrepidezr.a , ed abbandonali da Giulio Orsini coman- dante pontificio , che dichiarò inutile ogni resistenza , dovet- tero aprire anche a segreta insinuazione dei Papa le porte ai spagnoli; Il duca d'Alba fece osservare una severa disci- plina : disarmò ì cittadini , prese degli ostaggi , che rinchiuse nella rocca di Vicovaro , e lasciando un piccolo presidio nella primavera del i5Sy. marciò ad espugnare Ostia , Allora .si presentarono a Tivoli le truppe papali commandate da Pietro Strozzi , ed accresciute dai fanti guasconi guidati dal cavaliero di Ceury . Il presidio spagnolo si ritirò a Santo Polo , ed a Vicovaro , e Tivoli fìi ricuperata senza fatica . Li spagnoli pei'ò si difesero ostinatamente in Vicovaro, che dopo lungo bombardamento si rese a discrezione . Furono in tal circostanza liberali gli ostaggi tibu'tini , e trucidali tutti li spagnoli , che s' incontrarono , I^iversi battaglioni guasconi dopo aver manomessi molti paesi della campagna tornarono in Tivoli , ove commisero mille ribalderie . il fe- roce conduttiero Ceury aveva deciso di permettere ai suoi il sacco della ciltà : e sarebbe avveauto , se li strattageiu-

Storia di Tivoli . 3oi

mi , e r intrepidezza di Torquato Conti duca di Poli , ed officiai suDeriore dell' esercito francese , non avessero sbalor- dita , e repressa qiiella ciurma sitibonda di preda . Col trat- tato de' i4 selle. obre iSSj. firmato dal cardinal Carafa , e dal duca di \lba fi!i posto fine alla guerra . Così Paolo IV. nell'estate del i558. potè recarsi in Tivoli a prendere qual- che ristoro dalle affannose cure , che 1' avevano agitato . 11 vescovo tìburtino Gio: Andrea Croce fu scelto nel i562.a fai" nella chiesa di santo Spirito in Sassia di Pioma l'orazione fu- nebre nelle solenni esequie di Federico Bororaeo nipote di Pio IV. , e fratello di s. Carlo ; intervenne poscia al con- cilio tridentino , e ritornato quinili alla chiesa dovette lun- gamente lottare colla potenza degli abbati commendatarj di Subiaco per la giurisdizione episcopale sopra undici terre dell' abbazia : durarono simili controversie oltre cinquanta an- ni : poiché sebbene sopite con due concordie del i564' i e 1622. , tuttavia non terminarono che colla transazione del i638. confermata da un chirografo di Urbano Vili. Molli prodi tiburtini si distinsero sotto pio V, tanto nella disfatta degU ugonotti a Moncontur nel 1569. , quanto nella batta- glia navale del iSyx. contro i turchi alle isole curzolari , e riportarono avanzamenti , e decorazioni dal conte di s. Fiora generale della chiesa in Francia , e da Marc' Antonio Colonna ammiraglio delle galere pontificie .

Venne a morte nel i5j2. il cardinal Ippolito d'Este det- to di Ferrara, che tuttavia si manteneva nel governo di Ti- voli . Molte memorie conservava ancora la città della sua mu- nificenza : e quantunque ueiredificare la sontuosa villa Esten- se facesse con dispiacere di alcuni dernolire varie chiese , l'ospedale di sant'Antonio Viennese, palazzo municipale , molte case di privati , e strade e piazze publiche : altri tut- tavia ritrovarono un compenso di tali perdite nella libera- lità di questo riccliissimo porporato , nella regale magnifi-

5oa Letteratura

cenza di quelle delizie , che richiamano i viaggiatori ad ammirarla da tutte le parti di Europa , e nella numerosa e splendidissima corte , che fìi solito di mantenervi . Fra i letterati insigni , che v i soggiornarono , si contano Celio Cal- cagnini , Paolo Manuzio , Marc' Antonio Mureto, ed Uberto Foglietta. Secondo la tradizione costante de' Tibùrtini Lu- dovico Ariosto vi compose parte del poema dell' Orlando fu- vioso . Luigi d'Este cardinale, e nipote d'Ippolito gli suc- cesse nel governo della città , e nel possesso della celebre villa, in cui nel 1576. ricevette nobilmente il pontefice Gregorio XII [. Sotto gli auspicj di quelli porporati , e col- la protezione di monsignor Francesco Baudini de' Piccolo- mini arcivescovo di Siena , e prelato principale della sua corte , fu in Tivoli istituita 1' accademia letteraria degli Age- voli (i)

Neil' adunanza municipale delli trenta agosto mille cin- quecento settantasei deliberarono i tibùrtini d'introdurre una scuola di Giurisprudenza aumentando P onorario al giusdi- cente Silvestro Goccanari , che fu destinato ad insegnarla (2) .

(i) Di quest' accademia restò il nome appena dopo la morte de' mecenati . Peraltro nel nostro Giornale non dobbiamo passar sot- to silenzio, che nel iyi6. venne in Tivoli stabilita una colonia ar- cadicci colla denominazione di sibillina . Le fu assegnato per impre- ca il tempio dilla Sibilla col motto ^'cifi nane vaiibus , e cinque furono li primi vice custodi , cioè Teone ( Gio : Carlo Crocchian- te canonico nella cattedrale), Lisippo ( Fran cico Antonio Lolli ) , Liseno ( abitate Fulvio Breganti Colonna ) , Falccsco ( arci|>rete Domenico de Saactis ) , e Arainialo ( Domenico de Angelis ) ; ( noia del compilat . )

(2) Fa di breve durata un t:ile stabilimento , dobbiamo dolerci , che simili istivuzioiii abbiano anche in altre città subita la medesima sorte . Nelle sole grandi università si può ottenere , che le publiche scuole siano costantemente frcquent.itc , che si ri- svegli r emulazione fra gli allievi , e che le cattedre siano coperte da professori degai di questo nome , e congruamente rimunerati . K' una verità di'ujitrata dall' esperienza, che la moltiplicazione del-

Storia di Tivoli. So3

Alla morte del cardinal Luigi d' Este accaduta nel di- cembre del i582. Sisto V. s'interpose a conciliare le que- stioni insorte su la di lui successione: Tivoli in questa circo- stanza ricuperò il parco presso le mura castellane, eia tor- re di Ponte Lucano occupata dagli estensi , ed ottenne dal ■pa\^■A per la residenza municipale il palaz250 Modara pagan- done la sola metà del prezzo.

Memorabile ne' fasti ecclesiastici di Tivoli fu l'anno 1587. Era stato terminato il nuovo tempio di santa Sinfarosa da Virgilio Grescenzi nobile romano erede del cardinal Cdp- tarini . Dalla chiesa collegiata di sant'Angelo in pescaria di Roma furono con permesso pontificio estratte insigni reliquie della santa matrona, e degl'invitti figli. Nel giorno 17. lu- glio ne fu celebrata la sol enne traslazione con apparato ma- gnifico, e commovente all'aitar maggiore della nuova chie- sa . Una straordinaria escrescenza dell'Aniene nell'anno iSgS. finì di rovinare il riparo della caduta danneggiato dalle pre- cedenti alluvioni . Era in somma angustia il popolo tiburtino per la mancanza de mezzi di ricostruirlo , poiché le gran- dini , e le nevi avevano devastate le campagne , e cagionato mortalità , e carestia . Ma la notte precedente la Festa di s. Giacinto uno smisurato macigno rovesciandosi jmprovisa- mente sulla caduta s'incastrò in modo fra le ruine delle so- struzioni , che il fiume si elevò al suo livello antico , e le acque rientrando nelle forme degl' edificj andarono a rido- nar loro 1' attività consueta . I cittadini tennero il fatto per prodigioso , e ripetendolo dall' intercessione di S, Giacinto, che avevano ne' loro bisogni implorata , lo dichiararono cora-

le scuole scieij tifiche in una piccola estenzJone Ai stato mentre ac- cresce le pnhlirhc spese senza reale vanlaggi.7, tliminniscc il con- corso asli stadi generali, che rimaiisono privi della celchrità, e do. tazione cuii veniente . (nota del compila t. ")

3o4 Letteratura

protettore della città . Iiitauto molti tiburtini prosegtiivano a dare per mare , e per terra lodevoli prove dell' aatico va- lore marziale . Li due capitaai Enea Croce , e Trajaua Ciac* eia militarona sulle galere , che Sisto V. fece allestire per reprtmere le esulila de' corsari r e nelle truppe^ che Clemen- te Vili, spedì ili soccorso dell' imperatore Rodolfo coatra gli ottomaai > militarono con gloria tré fratelli Brigante Colon- na , Giacomo Cocconari , Mauro Macera , ed altri parecchi tiburtini venturieri sotto il comando di Gio: Francesco iU- dobr?^ndino nipote del Pontefice .

Qui r A. compimento alla storia di Tivoli condotta secondo la promessa a tutto il secolo XVI. Nella continua» zìone dell' opera si scorge la stessa diligenza nel rintracciare tutte le patrie memorie , e la medesima fedeltà nella nar- razione de' falli , che da noi furono comujiendate nel primo articolo. Non l'abbiamo seguito in tutte le particolarità, delle quali è stato liberale , anziché avaro , perchè noi consenlivano i confini di un'estratto, si perchè avevamo dinnanzi agi' occhj il tratto Tacito , che nel, libro XIV. fu d' avviso di trascurare le minute descrizioni nisi cui lu^ beat . . volumina implere , eum ex dignitate populi Roma" ni repertum sìt , res illustres Annalihus , tedia diurnis Urbis actis mandare : del resto coll'^ajuto di una tavola, che manca all' opera , riuscirebbe pii\ facile il rinvenire li più notabili avvenimenti intessutti con tanti altri oggetti di minor interesse, ed i suoi concittadini avrebbono per dilet- tevole istruzione senz' incomodo rintracciati i nomi , e le ge- sta de' loro maggiori , che souo sparse in tutto il corso del- la storia .

Pietro Avv. Ruga .

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Della volgare eloquenza libri due del cavaliere Ange- lo Maria Ricci . Napoli stamperia del Giornale 1819. p. 200. 8°.

Pe

aolo Costa fece un libro della elocuzione , ed in esso un elegantissimo trattato di quella eccellente parte della ret- torica . (i ) '}ra questo novello e quasi contemporaneo au- tore scrive due libri della Eloquenza i'olgare quanti appunto tìe creava in latino il gran padre Alighieri . Ma quelli si vol- sero a dar giovamento al parlare de le genti volgari (2) e ad insegnare precipuamente la lingua che s' adoperava ne' versi : mentre questi del Ricci si allargano sopra ogni ma- niera di parlare sciolto e di poetare , che comprendesi nel vasto regno della rettorica .

Discorre il eh. sig. cavaliere dal bel principio sovra i' origine delle lingue volgari facendosi meta di quella d'fta- Jia , ove, come a noi è dato di seguitarlo nel suo dritto e rapido corso , accenneremo volo le principali cose ch'egli ha toc- cate ', e sono : che 1' idioma latino dopo la sua corruzio- ne si confuse con quello de' goti e de' longobardi , i qua- li occuparono questa penisola : ed in mezzo all' ignoranza ed alla barbarie , nella carestia del papiro che pria veni- va d' Egitto invaso allora da' saraceni , s' insegnava nelle scuole la Bibbia con quel linguaggio bastardo . 11 quale chia- jnossi al dir dell' A. romanzo o romanico , onde venne la lingua romanza italiana altrimenti detta lingua comune, e lingua volgare . Dalla piìi o meno lunga dimora , che fece-

(i) Giorn. Are. To , I. p. iì--ì!. (■1) Cip. I.

G. A. Te. IV. a^

3o{> Letteratura

ro gli armenti stranieri sopra 1' una o T altra delle nostre Provincie , corruppesi più o meno il primo seme , e na- cquero que' dialetti , de' quali parla Dante nell' opera sud- detta . E siccome gli eroi del Lazio avevano , conquistan- do il mondo, sparso per esso la lingua loro, avvenne che fuori d' Italia dopo la mescolanza del latino con 1' idio- ma delle rispettive nazioni , e dopo 1' infarcimento di quel- lo che parlarono i conquistatori novelli , si ebbero belgi, franchi , e germani romanici linguaggi ,

Ma i monaci de! secolo Vili cominciarono a racco- gliere le reliquie del vero latino gi^ spento , il quale nel IX e nel X si adoperava dai sacerdoti , dai diplomatici , dai notar)-: benché il giuramento di Lodovico I a Carlo Cal- vo leggasi in romanico italiano , ed il medesimo scrivea- si da papa Gregorio V, come rapporta 1' A. , tra le altre lingue romanze : mentre correvano in ogni città d' Ita- lia due diversi idiomi , cioè il latino e il romanico vol- gare modijìcato .sotto dii^ersa forma di pronunzia , e fluttuante tra diversi dialetti , fra' quali Dante annovera e loda quello della Sicilia . Intanto il romanico italiano sapea di latino più d' ogni altra lingua romanza , e dalle barbare infusevi avea ricevuta chiarezza nell^ ordine logi- co delle idee , che si osserva nelle lingue jìiìi povere : fin- ché trasmigrando i popoli verso la valle di Giosafu con- dotti dalle profezie di Pietro V eremita , e mussi i principi italiani da papa Silvestro II verso quelle contrade , vende- rono per la pietosa libertà di terra santa i dominj loro a qqjg'che yi rimasero a governarsi da se . D" onde poi avvenne, che quandi ritornarono alla patria alcuni di loro, recando di colà gli avanzi' <lelle scienze e delle lettere greche in un col lusso d'oriente, trovarono nelle cittk e negli stati di- steso col republicano reggimento il romanico , che ac- quistò facondia e splendore dalle novelle ricchezze ,

Della Vulgare Eloquenza . Soj

D' altra parte gli arabi , eredi di molte dottrine , av,e- anle diffuse nella Spagna , e nel romanico di quella , che ia Francia le fece trascorrere , e spezialmente in Provenza ; ove i poeti primi coltivatori delle lingue cantando a tutta vo- ce le armi e gli amori poetarono romanzi , cosi forse det- ti dalla lingua che vi adoperavano . E sendo ì gliibellini di Firenze stati rotti in 1260 a Monlaperto , rifuggitisi co- là , si compiacquero di que' provenzali romanzi j d' onde venne , che Dante seppe quella lingua , nella quale il ma- estro suo Brunetto avea scritto il tesoro , e il Petrarca e il Boccacci pure dappoi si giovarono di quelle storie e di quelle rime d'amore . Ma di ricorsi al dolce nido gì' ita- liani rinvennero il romanico di prima assai pieghevole , e disc;iolto da quella tanta affinità col latino da non potere più sostenere il verso secondo le regole di quello ; perciò si convenne di porre i confini del metro , e misurarlo col- le sillabe , ove insieme ad altre norme s' interpose il suo- no della rimaj la quale il Ricci riferisce , che lungi datV es- sere un invenzione de^ monaci de' bassi tempi , come al- cuni credettero, trovasi adoperata da'" poeti settentrionali ne' secoli più rimoti. E quasi in prova di quel che as- serisce , si appoggia il Ricci all' Alighieri , il quale disse , che avanti di lui non erano cose scritte in volgare oltre i5o anni j ed al Latini , che, al recitar del Villani , cominciò a digrossare i fiorentini , e fecegli scorti in bel parlare : a tale che quando fu eletto papa Bonifazio Vili tra gl'italia- ni oratori arringarono dieciolto fiorentini . Ma poiché le lingue viventi , secondo la dottrina di Dante , cangiano ogni 5o anni, Dante medesimo, e gli altri sommi che lo se- guirono sino al Fortunio , innalzarono in sublime grado la ila- liana favella .

Potrebbesi ora da noi annotare un nonnulla sopra il fin qui detto dal nostro cavaliere j il quale uon ci fare che

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3©8 Letteratura' »

sempre abbia detto il meglio nella storia di nostra lingua ; tanfpoco abbia chiaramente diviso il volgare de' secoli avan- ti al mille da quello del quale parla Dante . E la stessa car- ta di Lodovico , e 1' epigramma sulle ceneri di Gregorio ci presterebbero argomenti per mostrare cosa debbasi inten- dere pel volgare di allora : e quinci muovei' dubbio sul preteso tesoro , che i fiorentini riportarono dalla Proven- za, e sulla vera etk della rima italiana in un co' versi che gl'italiani giudici dell'armonia si fabbricarono senza altro esempio straniero . Ma siccome il Ricci cosi parlando siegue in gran parte 1' opinione di uomini assai reputati finora ; e che ad essa da parecchj lati si oppongono altre piìi su- date opere de' moderni , lascieremo questa messe in sul!' aja per pochi , finché il nostro conte Perticari , il quale si è meritato presso di noi il privilegio di parlare fondata- mente su queste materie , definisca ogni piato e colle ragio- ni e co' monumenti ; non senza congratularci col Ricci che anch'esso mostrisi non lievemente erudito di queste cose assai piacevoli e leggiadre , e in quella guisa l'esponga che ad un libro elementare giustamente si conviene .

Lasciata da un canto la lingua, passa il Ricci a parlate della eloquenza italiana ; ove nella definizione si è giovato di Tullio (Or. XXXII), ma con qualche libertà , che rendela alquanto diversa da quella che dal medesimo si dichiara in più luoghi . « L' eloquenza» , cosi il Ricci, è l'arte di muo- 53 vere e di persuadere in ntodo da conseguire il fine per M cui si parla jj . Questa è una virtù di quell' arte , che in poche parole dicesi caput arlis decere , ma non è l'essenza sua .'della quale Cicerone ampiamente disse: niìiil aliud est eloquentia quam copiose loquens sapientia . Di fiat ti può be- nissimo accadere che un oratore non consegua il fine per cui parla ; anzi ciò accade lutto ; e spesso addiviene per colpa dell' oratore , spesso per quella di chi 1' ascolla .

Della Vulgare Eloquenza. 309

Quale poi debba essere la sapientia detta di sopra, veggasi nel primo libro dell' Oratore : ove si conosce apertamente la ra- gione dello scarsissimo numero de' veri eloquenti . « E' diversa 3> ( segue r A.) dalP arte di ragionare che dicesi logica » e rettorica in quanto agli ornamenti , ma tutte in se 33 le riunisce e trasforma « . Ammetteremo con Tullio , che disputandi ratio et loquendi dialecticorum sii , cioè può essere dialettici senza essere eloquenti , e ( più largamente ancora ) si può ragionare senza eleganza , come fanno spesso i metafisici e i matematici : ma siccome la dialettica non è strana a quella sapientia di prima , che anzi un regolato e compiuto discorso , precipuamente quando trattisi di vin- cere o prevedere le difFicoltà , ha la sua gran parte dialet- tica , cioè arte del 7'«^io«a/-e ( adoperiamo le medesime pa- role dell' A.) che dicesi logica unita alla rettorica in quanto agli ornati; concluderemo con Tullio medesimo: esse igitur perfecte eloquentis pulo non eam solum facultatem habere quce sit eius propria fuse lateque dicendi , sed etiam vici- nam ejus atqiie Jinitimaiìi dialecticormn scientiam assumere. CI perdoni il eh. autore questo comento , che a noi è parso necessario per una maggior dichiarazione della splendida ma- teria che tratta ; dacché per lo soverchio peso de' periodi e delle parole , e per la poca vlrtìi di persuadere , che scor- gesì in molti de' moderni oratori , si è introdotto V -abuso di cbian^are ciarloni e mercadantì di chiacchiere i cultori delle amene lettere , che tengono viva la rettorica , se non sempre nelle forme , nella vera sostanza . vogliamo in alcuna guisa conchiudere , che la eloquenza deggia aprirsi la strada del cuore a punta di sillogismi , perchè allora si potrebbe veramente dire , che ella è un' arte di ragionare a pugno chiuso , come figuratamente la defioia 1' Arpinate j e ci troveremo lontani dnl nostro autore , e pili da Quin- tiliano , che insegua : la dialettica doversi dall' oratóre ado-

3io Lette li ATURA

perare di rado : altrimenti ci pare eh' ella ne venga a semi- nare d» triboli il fiorito giardino dell' eloquenza .

Ed un altra breve annotazione ci permettereme sopra quello che segue 35 . Quando 1' eloquenza si propone in primo M luogo di persuadere , prende un abito più modesto in ciò 15 che dicesi prosa , quando poi si propone di dilettare , e « si abbandona al calore della passione che vuole in altri j> trasfondere , diviea poesia , e segue le leggi della misura « e delle cadenze » . Imperocché trovandosi entro questo pe- riodo le definizioni delle differenze che corrono tra 1' ora- tore e il poeta , molto sarebbe a vedersi col lume della filosofia se più questo che quello ahhia facoltà di per lumie- re : se qual de' due vesta abito più modesto } se (j^uando trattisi di recar diletto , si abbandoni più 1' uno che 1' altro al calore delle passioni : dacché vediamo il più grande au- tore di prose italiane scrivere per diletto altrui le dieci gior- nate , e Dante occuparsi nell' arte perigliosa della politica in tre cantiche , e il Petrarca fondere la filosofia in una scuola d' amore . Che se agli antichi esemplari vogliam risguardare , vedremo le opere didattiche di Esiodo , di Teocrito , di Tito Caro , di Maronc , e specialmante i comedi e i satirici dell' una e dell' altra lingua , lasciarsi molti prosatori addie- tro nel grande arringo dell' insegnare e del persuadere . Delle quali cose ci pare , che sapientemente parlasse Orazio nella Poetica oltre il delectandi pariterque monendi , e le provasse cogli esempj non direm della favola ma dell' isto- ria eziandio . questa eccezione meno dell' altra ci vien dettata dalla fatale esperienza de' giorni nostri ; ne' quali di mille poeti non ti persuade pur uno : e si hanno versi vóli di senno , che han fatto cadere nel disprezzo de' saggi la nobilissima arte della poesia : ma tanto andrli forse in lungo questo difetto , se i maestri della retlonca non vi ripare- ranno , che que' verseggiatori saraii cacciatL per ogni villa

Della Vulgate Eloque^^za. uh

aui blanda scribnnt potius quam salubria (V\\xl.^ .

E qui sapientemente il eh Ricci , come pria della lin- gua , lesse la storia della italiana eloquenza . E dice come dallo studio de' libri santi tolse ne' secoli avanti al duodecimo il sapore delle orientali mani-re : ma poi siccome la eloquenza cresce colle cose , colle parole va più innanzi di un suono di corda o di martello , al venir della sai>ienza nel XH mise co' gran<li rami le froii-ii ed i fiori ; le scuole di Bolo- gna e di Padova ebbero da essft splendore ; e nel XUI. se- colo i conci)) di Ferrara e -di Firenze quanta riceverono da lei fama altrettanto a lei dettero di forza ; mentre per lo- devole costumanza venuta di Francia i letterfiti erano sti- mali quai cavalieri ; mentre i collegi e i seminar] alimen- tavano le speranze della nazione . Del trecento non occorre far motto , sendo tanto famoso per quel sommo triumvira- to , che la storia letteraria non taceranne giammai . Circa al quattrocento concliiude benissimo il Ricci dopo quel che ne racconta in favore : « che il soverchio amore delle lingue e ce delle lettere antiche ritardò in questo secolo i progressi della et italiana eloquenza «. Vide però salire in sui pergami sacri la tettorica , ossia la ragionata e maschia eloquenza, senza sofismi j a tale che non ritornavano più dal pas olo !e pecorelle pas- ciute di vento j come 1' Alighieri complangea che a' tempi suoi succedesse. Loderemo pure il Ricci per quanto ra- giona d«l cinquecento assistilo da que' principi gloriosi , Estensi , Gonzaghi , e Medici ; e da que' sommi pontefici av- valorato che fecero questa sede risplendere colla dottrina , e la cinsero di filosofi e di oratori , che col fulmine delU lingua e colie armi potentissime della ragione la difen- devano oltre le alpi ed il mare . Converremo ancora col Zlicci che alia poesia fu quel secolo più propizio che all' elo- queuza : rifuggiamo dal ripetere , con <^ualche eccezione però , Qhe « ^U autori diversi dt;lle Prose Fioreatiae aitr*

3i2 Letteratura

te merito nou hanuo che d' a\er conlate molte parole e rac<- ce cohi molti riboboli a beneflcio della lingua «. Parleremo pu- re eoa piti rispetto del Castiglione, e del Guicciardino , volgendoci a lodare il gran Segretario ; loderemo pur lo Spe- roni insieme con lui ; non toglieremo nondimeno a Tor:[ua- to un gran posto fra' prosatori , al Bembo, al Trissino: porremo il Musso al par'o del Casa ; il quale ci pare il più grande oratore non solo del cinquecento, ma de' secoli che lo seguirono . La solita lamentazione del Secento chiu- de neir opera del Ricci la storia della nostra eloquenza : e godiamo di veder divisi da quel ribelle popolo di letterali gì' illustri accademici del Cimento con Galileo , Magalotti, e Re- di ; e con Bentivoglio e con Davila il Sarpi ed il Segneri (.-«r- tificioso forse oltre il bisogno ) : e ci piace il ridire coli' autore , che da costoro ci fu insegnato ad aver cura delle cose con maggiore utilità che non provenne dallo studio di qup' del cinquecento , che troppo ci volevano occupali nel- le parole .

Quinci sale 1' A. a parlar del sublime con filosofìa*: e considera quale debba essere negli oggetti , nelle azioni , e nello scrivere ; ad ottenere gli effetti del quale si oppon gono i". la prolissità, che fa giungere l'idea sine ictu negli ani- mi degli ascollanti; 2.° la freddezza cagionala dal oercaic le mi- nuzie delle azioni: 3°. l'ampolloso, che spinge il sublime fuori de' confini della ragione . Passando al òeUo ne insegna tra le al- tre ceche differisce dal sublime, perchè invece di una rapi- te da e profonda impressione induce in noi la sensazione per- tc manente di una piacevole serenila, e ci trattiene in un ce temperato e tranquillo ondeggiamento ce . E ad esso op- nesi quel gentilissimo vizio dell' affettazione , che ora è nel- le cose , ora nelle parole : in quelle paroline cioè viete e preziose, e in quelle amenissime frasche che soglionsi dagli sdol- cinati scrittori spargere a man piena per s r, orohio amor

Della Vulgare Eloquenza . 3i3

di chiareaza . E dopo aver discorso del gusto , ossia judi' cium di Quintiliano ; e del genio , vocabolo nuovo nel sen- so che ora gli si dk nelle lettere , diverso dal gusto , ia quanto che quello sente, e questo produce; quello è fi- glio di un arte sottile , la critica , questo della natura]; discende a trattare degli ornamenti del discorso ossia del- le Jìgure con ottimi e ben collocali esempi di Dante : quia- di dello stile , ove si nota , oh' esser dee sempre propor- zionato al soggetto , alle circostanze ed alle persone al- le quali si parla: e che v' è il conciso, e v' è il diffusa e poi v'è il secco senza ornamenti , il piano che ne ha po- chi, il semvlice , il nitido , V elegante , il Jiorito , il vec mente . In questo capitolo dello stile troviamo dette alcu- ne utili parole circa 1' imitazione la troppo servile imita- te zione di qualche autore estingue la generosa confidenza , « che deve avere ciascuno nel seguire il proprio genio , e « senza la quale niuno potrà mai divenire buon parlatore ce o scrittore . L' inzeppamento di alcune frasette , di al- ce cuni passi di classici o mediocri autori scopre la pover- cc del nostro ingegno, comunica al lavoro 1' apparenza di ce un musaico o d' un ricamo con la mostruosa cucitura del- cc la porpora al canavaccio ce , altrimenti in questo che ne- gli antecedenti capitoli vedesi quell' ordine lucido , e quel- la didallica franchezza che sempre farà il sig. Ricci apprez- zare per un saggio e non comune maestro .

Apresi la seconda parte del i. libro collo stile epistolare nel quale 1' A. conviene che più d'ogni altra cosa debba cer- carsi la verità , la semplicità , 1' ingenuità; e con Andrea piange la scarsezza dei modelli di lettere italiane . Difet- tano quale in una, quale in altra parte , secondo P A. , il Bem- bo , il Casa, il Caro, il Magalotti , il Redi, lo Zeno. L' Algarolti però , il Metastasio , il Bianconi , che son più mo- derni , non gli dispiacciono ; e scevrando ogni altra ragion* ,

5i4 Letteratura

k

e noi pare che questo duro giudizio sia stato all' autore ii- ^rato dalla lingua e dallo stile , che negli scritti familiari principalmente si reputa da tal uno , che debbano essere vici- nissioii a quello che si parla ne' circoli e ne' caffè .

E per questa medesirtia ragione nou piacciono al Ricci i ^i.iloghi del Bembo e del Varchi : animati e spiritosi però appella quelli de' Castiglione ; ed al Galilei mette di sopra il Zanetti e 1' Algarottf , perchè » il primo agitando la qui- stioue delle forze vive , ha una lepidezza seria e compo- 3> sta come quella di Cicerone : il secondo trattando delk luce e de' colori, par che prenda un lume ancor più bril- li laute dal suo argomento .

Nel capitolo dello stile didattico parla 1' A. del discorso istruttivo , quale rifugge dagli ornamenti : ma nelle prefa- troni de' libri e nelle dediche non disconviene qualche volta da quelli .

Tessendo un capitolo circa lo stile istorico non rin- viene il Rìcci alcun italiano , che abbia scritto perfettamen- te la storia , perchè in tutti con occhio linceo , che a noi non è dato , discopre un qualche neo , Ci rallegriamo però che dica , aversi gì' italiani dopo i greci e i latini acquista- ta i primi gloria e lode distinta in questo genere istorico . E cosa dovrem noi pensare degl' istorici delle altre nazioni ? Le memorie , le cronache , gli annali sono dal Ricci dis- pensati dalla storica gravità : le iscrizioni fuggono dalle sue indagini , benché gì' italiani abbiano con poca fortu- na tentato finora di applicare il gusto lapidario latino alla loro lingua : tralascia di toccare le vite, i ritratti, gli clogj : e chiude il capitolo colla storia letteraria .

Lo stile oratorio ci viene insegnalo con molta cliiarez» %& e concisione nel cap. XII , ove dell' eloquenza politica in brevissime noie , eh' *; quella della quale abbisognamo da gr;\ii pezza ; quindi delle) forense, della quale accenna le frodi j quin

Della. Volgare Eloquenza. 5iS

di della sacra , che vuoisi ingenua . semplice , e piana .

Le novelle e ì romanzi , quasi anello chela prosa con- giunga e la poesia , hanno anch' esse un loro siile, il quale esser vuole elegante e quasi ardito. Discorre brevemente l'au- tore delle vicende di questi scritti , cagionate da' costumi _ e quinci ne corre al libro II. che tutto si volge alla poe- tica eloquenza .

Fiualmeute direroo , clie di poesia parla molto saggia- mente r autore , e con molta chiarezza , la qurile risplea- de ancora [in ogni altra parte , che abbiamo riferita . Trat- ta della poesia descrittiva, della pastorale, della lirica, della drammatica , della tragedia , della commedia , del dram- ma musicale ec. ec. storicamente , precettivamente , critica- mente , che troppo lungo a sarebbe raccontare . Di maniera che raccomandasi questo libro ad ogni eulta e gentile per- sona , che in poche carte brami di ricordarsi alcune par- ticolarità ; e si compiaccia di ascoltare un giudizio , che se non va sempre sull'orme del più dominante partito, non ai allontana però mai da quel mezzo , nel quale consiste la giu- 4ta misura delle cose umane. Dopo aver, per esempio, del- la poesia epica con molto d' erudizione e più di filosofia ra- gionato , r autore un assennato giudizio della Gerusa- lemme e dell'Orlando; e quinci lo stesso fa negli altri ge- neri del cantare . Alfieri nella tragedia , Goldoni nel- la commedia , abbenchè siano sovra ogni altro nella sfera loro laudati , vanno esenti da lieve critica: la quale però non sembraci ben meditata intorno alle satire di jnesset Lodovi- co ; troppo vereconda sopra ad alcune minuzie del Pe- trarca . Ove noi diremo che è comendevole questa fantasia di criticare; quando però si congiunga a' paragoni , edagli esempi ^^' migliori , altrimenti non denota che sinistra vo- lontà i e si disprezza , o si rinfaccia . Noi però che il Rio - •i conosciamo per iia dotto e probo CKValiere , lo scusereoi'^

3i6 Letteratura

da ogni colpa per quell' amore di brevità , che pur si de- sidera, e forse a lui fu comandata, in un libro di precetti . Prenderemo anzi argomento di grande speranza per le ope- re di genio ch'egli ha promesso all'Italia (i) , nelle qua- li non ci aspetteremo di vederlo simile alla pietra da rasojo exors ipsa secandi. Invitando dunque la gioventù a legge- re quest' opera che in se racchiude molti e nobili pregj , le raccomanderemo di non prendere da essa esempio di sen- tenziare sì facilmente i grandi uomini : perchè ciò che tal- volta si può da un maestro fare , e suole acquistar fede per le forze di lui ', ò vietato a' giovanetti , che ridicoli si renderebbero e prosuntuosi . E debbesi pur considerare che la critica è opera che vuole maturi e fatica ; ed è quella lima , che se logora il metallo Io fa rìsplendere più assai di prima , mentre si stancano le braccia , e consumasi la vita di chi 1' adopera . Dopo Ietto però il libro del llicci avranno i giovani chiara contezza di molte belle cose ; e vedrannosi aperta la strada della rettorica , e ne conosceran- no 1' ampiezza , e ne scorgeranno il fine ; e vedran da lungi i pericoli che per essa s' incontrano^ e saranno vaghi di lode nel correrla : con siffatta guida non 1' otterranno .

(i) L' Italiade: Poema.

017

LcUere del card. Pietro Bembo e di Bernardino Baldi ora per la prima volta date in luce da Sal^^atore Betti , e intitolate a S. E. il signor don Pietro de'' principi Ode-

scalchi direttore del giornale

iacciono nella biblioteca oliveriana Pesaro , senza l'onor delia stampa , molte belle scritture d' autori lodati , le qua- li , se V. E. me ne compiace , torrò volotitieri a pubblica- re noi giornale arcadico . E stimo dov er gradire con ciò a quanti amano di leggere nelle opere de' nostri antichi : avendovi parecchie cose e d' Erasmo e del Castiglione e del Bembo e del Tasso e del Baldi e dell' Eustacchio e del Zuc- cari e d' altri tali . II che se prez iose le renda , quantunque di poca mole , può ella bene considerarlo . Imperciocché non è a dubitare , che quelle altissime fantasie, le quali tengono del continuo a cose gra ndi ed eccellenti , non serbino anche ne' fatti piccioli e famigliari una parte di quella bonlà , che le rende a tutti ma ravigliose . ciò stimando credo di er- rare per soverchio d' affetto e di riverenza verso de' sommi uomini : parendomi non possibil e , che quegli il quale è usato , dirò così , a discorrere colle intelli genze celesti , possa mai dimenticare se stesso ne' colloquil diniestici .

Confido eh' ella mi consentirà questa grazia : ella eh' è si gentile quanto esperta di buone lettere , e che degna onorarmi di singolare protezione e benevolenza . Onde , qua- si le vedessi l'animo, prendendone sicurtà, le offro due lettere di Pietro Bembo (i) , ed una di Bernardino Baldi cc'lcbte ibale di Guastalla (2^, la quale è fra le trenta che

(1) Sono ne] CO'!, oliv. 4^7- P- 4"'- ^^'3-

(2) È iitlroil. oliv. 43o. p. 20.

3j8 Letteratura

si baauo di lui nella ricca raccolta dell' Olivieri . Le pntr>e sono abbastanza raccomandate dal nome di quel chiarissi, ma «ardiuale , a cui dopo il guasto del quattrocento si deve io parte ciò che abbiamo di ben parlare ; e direi il me- desimo della terza , se la narrazione d' un irist» caso del gran Torquato , brevemente e oscuramente additato dal Seras- ù (i) , non la rendesse anche di maggior prezzo .

Ed in fine a V. E. con ogni ossequio mi raccoman- do. Di Roma a' 23. dicembre 1819.

Di Pietro Bembo I. A Francesco Maria I duca d' Urbind e signore di Pesaro »

r

M. llustrissimo signor min colendissimo . V^ostra cccellen- zìa per una sua di XX fX di marzo mi fa intenderle , Pierpaolo di Marcato da s. Angelo a\>er querelato di- nanzi a lei , che '/ mio Coir (2) gli usurpa una cap- pella in Casteldiirante , che dice essere juspatronato suo : 0 mi conforta vostra signoria eh'' io operi eh' esso gli la consenta : perciocché così porla il debito di giustizia . Ris- pondo a vostra illustrissima signoria , che V debito della servitìi mia antica verso lei e slato di voler intendere con qiial titolo Cola possiede quel bene^zio : per fare , se avessi trovato che lo tiene indebitamente , che incou' tinente se ne fosse spogliato , lasciandolo a chi ne aves-

(o) Vita di Torquato Tas^o p. 5o6.

(4) Nicola Bruno veneziano, iloua e gia.iziosa pc^^0Qa, che ris- se la più parte de' suci giorni coi Bembo, e ae diTwe k •infoiare Amicizia col celebre fanese Carlo Guailciuaai .

Lettkre Ined. dkl Bembo. 5 19

Si miglior ragione. Ed invero io trovo eh' esso io impe- trò insieme con la prepositura di Casteldurante : e (Juan- lo al juspatronatus della cappella , il papa lo derogò ia totum prò illa vice tantum con (jiieste parole , che io ho letto nella sua bolla : non obstante eliam jure patronatus Jaicorum hujusmodi , cui hac vice specialiler et expresse de- rogarnus : la qual derogazione de' patronati di laici , tut^ to che si(l cosa che la sede apostolica suol fare rade vol- te , pure non è da dire qhe U papa non potea farlo . Per la qual cosa è da meravigliarsi di quella querela di Pier- paolo, che per essere stato due volte a Roma insieme con un suo prete , intese della ragion di Cola j e fatto chiaro del tarto suo, se ne tornò a casa senza far altro, yllli^ qual ragione della derogazione del juspatronatus si aggiun- quesV altra ancora : che per le constituzioni ecclesiasti- che chi vacificamente possiede tre anni un benefìzio , pas- sati quelli , pili non può esser molestato : e Cola non pu- re è pacifico possessore triennale , ma e di otto anni pas- sati . Mi ricorda Cola , eh' io a contemplazione di vostra eccellenzia gli feci cedere lo archidiaconato di Urbino e due altri benefizj vacati per la morte di messer Jer animo , eh' era cappellano della illustrissima signora duchessci sua madre '. eh' erano per il valore di ducati ottanta : e mo- itrarnf una lettera di vostra eccellenzia, pei Iq, qual ella, si obbliga su la fede di leal signore di ricornpensarlo di altri tanti benefizj , che primamente vacassero sul suo stato : riè però esso ne ebbe altro (non mica coIpa}.di vostra eccellen- zia, ma del mutamento (i) della fortuna di lei) che un bene-

(1) Il (ittca Francesco Maria fa coitretto a fuggire da' proprj stati per gli sdegni che corsero con Leone X , apparentemente a motivo deir viccìsioiie del card. Alido'*!, m«'pìà veramente perchè il l>.tpa volle disporre del ducato a favore di Lorenzino de' Medici :

3ao I^ E T T E R A T e 11 A

fiziuolo (li ducati dieci nella diocesi di Ogobbio : la qual promessa i^ostra signoria non vuoIq perii che li vaglia ad altra grazia , se non clV ella non permetta ehe nel pre- sente negozio sia indebitamente molestato . Di che io quan- to posso ne presso vostra eccellenzia , e nella sua buona gra- zia mi raccomando, pregandole lunghi anni felici .

Scrissi già alcuni di sono a vostra illustrissima signo- ria rallegrandomi con lei del prospero successo delle co- se sue (i) : ed ora di novo me ne allegro quanto di po- che altre cose potria avere allegrezza maggiore. Di Fé- nezia alli XIX d' aprile M. D. XXII.

U antico servo di /^. E. Pietro Bembo

Del medesimo

11.

A Iiinocenzio Siaibaldo preposto di Pesaro (2)

JR.

everendo messer Innocenzio mio , Dio vi salvi . Io aveva inteso che eravate indisposto . Ma io non credetti già che ai'este tanto male , quanto mi scrivete avere avU' to . Piacemi che siate migliorato . N. S. Dio vi risani e torni alla vostra pristina sanità . Ricevo la escusazione del

Mentre di qr.el delitto era già stato il ^ac-.i Francesco Maria solennemente nssoliito da Giulio 11 con un breve, al quale si sottoscrisse lo stcsio Leone X quanil'era cardinale .

(6) Il duca t-ra tornato uz' snoi stali iu qucst' anne per li faro- ri di papa Adriano VI .

(7) Gcntiluom) pesarese, e successore nella prcpositura al ce- lebre (giovane Francesco Superchi, detto Filomuso , suo zio. Fiori ne' huoni studj e nell'amicizia de' principi e letterali, vivendo in cor- te di papa Leon X, e poi di Federico Fregosi arcivescovo di Sa- lerno , che fu cardinale e gran protettore dei dotti . Altre quat- tro lettere del 15embo a lui scritte si trovano nel t. III. p. 256. del- l' edizione vcaeziana dell' Hcrtzhauscr.

Lettere Ined. del Bembo ec. 3ai

vostro silenzio . Benché tra noi non fanno bisogno le esui- sazioni . Fate bene a rallegrarvi del cardinalato di ^mon- signor reverendissimo Frpgoso meco . Però che non cedo a persona che lo ami . JVè persona del mondo vederò in Moma pih volontieri di lui . Se anderete a Venezia , sti- mo vi gioverà assai : ma non vi scordate poi di riveder messer Cola , e staivi con lui parecchi giorni. Attendete a star sano . Alti XXIX, di gennaro MDXL. di Eoma .

P. Card. Bembo Di Bernardino Baldi d' Urbino A Pier Matteo Giordani pesarese (i).

M

J.fJ_ olto magnifico signor mio osservandissim,o.Ehbi la sua prima , ed ho avuto la seconda in Genova : a la prima non risposi per essermi partito subito , a la seconda rispondo con questa . Il suo parere sopra quella bagattella eh' io le mandai , mi piacque di maniera , che in gran parte sono andato raccomodando la cosa secondo il suo giudizio : l' al- tre undici e quella , ciò è tutte insieme , le hojatte tra- scrivare da buona mano per presentarle al principe Ra- nuccio , al quale di già V ho offerte . Le presento scritte a mano , perchè non intendo di lasciar vedere in stampa cosa che non sia passata per la trafila del giudizio di mol- ti valentuomini , il che non mi sarà vietato , finché la co- sa non esce dalle stampe . Io attendo adesso a le cose mo- rali , e mi son fatto piii che mezzo passione de^ libi i ove Aristotile ne tratta . Adesso attendo alla politica , e get- to a terra le repubbliche di Platone di laica d' Ippoda-

(i) TSTobilissirno cavaliere e matematico , il quale nulla ponctulo alle stampe, fece dire al medesimo ahate BaMi in uti epigramma: Jordani , tu multa sciens , nil scrivere cnras : Qaid si te similem dixero Pythagoras ?

G. A. To. IV. 21

02:: Letteratura

Ilio e tutte lineile altre : e per fare die quel poco di stu- dio che f' ho fatto mi passasse in abito , ho scritto un dia - lego intorno la cortesia , il quale divido in due giornate ; ne la prima , tenendo il metodo compositivo , la dijjfìrii- sco : nella seconda tratto de^suoi estremi e d' altre cose che fanno proposito a quel discorso , La diffìnizion poi del cortese e tale : cortese e colui che per abito fa cosa grata altrui , senza obbligo legittimo , per fine onesto e mezzi onesti , che opera come tale, e sa ed elegge d'esser tale. Se le paresse cosa di superfluo o di manco in questa dif- finizione , la prego a scrivermi , perchè io accetterò sem- pre il suo parere in quella buona parte che si devono accettar le cose , che vendono da persone {virtuose ed amo- revoli , coni' e V. S. Desidero d' intender qualche cosa del signor Guibodaldo (^i") , perchh io ho grandissimo timore, che la lontananza m' abbia reso men vivo ne la memoria sua , di quello che doverci essere per V amore ed osser- vanza eh' io porto a la nobiltà e alle virtìi sue . Prego V. S. che mi favorisca a baciarli le mani a mio nome , e far si che io non sia privo de la soddisfazione eh' io sento in saper solamente eh' egli mi ama , e mi connu- mera fra i suoi servitori .

Io addi mandai con istanza del discorso del Tasso intorno al poema eroico , di cui V. S. mi scriveva , e mai ne ho inteso nulla ; se pure non fosse quel discorso che innanzi al suo poema sotto nome d' argomento. Il po- vero Tasso aveva ultimamente , come V. S. deve sapere ,

(i) Il marnhese Guidobaldo del Monte, famosissimo matemati- co pesarese , discepolo del Comandino, amico e protettore del Ga- lilei e del Tasso . IN'e ha scritto la vita con giudizio ed eleganza il signor conte Giuseppe Mamiani di Pesaro , colto e gentil cavaliere e molto amorevole mio; della quale ogni dotto desidera prontissi- ma la pubhlicazione .

Lettere Ined. del Baldi. 323

impetrato dal duca ad istanza de la duchessa nostra di uscire due o tre volte la settimana fuori delVospitale , ac- compagnato da alcuni gentiluomini : ma finalmente sendo andati due gentiluomini a visitarlo -^ cioè un signor Tor- quato Rangoni ed un tale Roviglia , egli , sospettando secondo il solito , pose le mani su la spada d^un di loro , e trattala fuori , era per far del male : ma però essi due ajutundosi V un V altro gli uscirono pur de le inani con poco danno . Dal che si scoperse di nuovo che veramente il suo cervello e pili atto a la sapienza che a la pruden- za ; e che non basta per esser savio il discorreic de le cose d' Aristotile , e ''l far de' sonetti . Non sarò piìi. lungo per non aver che dire : perche credo che V^. S, sappia gran pezzo e che il signor Curzio (i) non sta piii a i serviz] del duca di Mantova . Però faccio fine , e le prego ogni contento. Di Mantova a ii. ottobre i5f)3.

Servitore Affezionatissim.o Bernardino Baldi

(i) Curzio Ardizj gentiluomo e letterato pesarese: per opera <li cui l'abate Baldi andò a' servigi di Ferrand» Gonzaga principe di Guastalla . Bello è un epigramma che gì' intitolò il Baldi medesimo; Dilexti thuscos, Cvrti dilecte , poetas :

Quam bene te in latios par rapuisset amor !

3a4

tir,' iiruumÈf " " MiiML<M»iiMa

Della vera definizione del Romanticismo , del sig. S. S., traduzione dal francese di D. M. Milano presso Paolo Cavalletti e comp. 1819.

U na delle quistionì , che lia in questi nostri giorni di- ■viso in due partiti la letteratura italiana , quella si è appunto del romanticismo : e si sarebbero essi certamente rimasti sempre al di delle Alpi , ove ebbero la loro origine, se noi , forse troppo ciechi am«iiratori delle straniere cose , non avesMmo fatto superar loi-o quegM altissimi gioghi, che il no- stro bel paese dividono dal rimanente di Europa . Venuti fra noi, hanno alzato vessillo , e parecchi trovato che col- piti dalla novità si sono posti sotto le loro insegne , e prese le divise romintiche , romantici si fanno (diiainare . Sde- gnano i roìiiantiti quelle regole che dai nostri padri so- no state poste , e con 1' esempio seguile ; onde regolare così e condurre il nostro genio , e non lasciarlo pazzamente sfrenare in balia di se stesso . Ma essi miserameate pensando credono quelle regole dettate dalla tirannia e dal dispotis- mo letterario , e non si avvedono che le ha volute la na- tura stessa , servendosi per sua ministra della pili saggia filosofia . Da ciò chiaramente si vede che il romanticis- mo ha per suo contrario il classico , per cui tutti co- loro che saggiamente si dedicano allo studio dei nostri classici , e riverenti sieguono i precetti dei greci e dei la- tini , sono dai romantici tenuti per pedanti , e li spregiano , e ne formano oggetto di risa e di scherni . Che la volubile moda a' di nostri soffra e permetta , che giovani di bel tempo alla foggia inglese vestiti dileggino e di coloro si ridano , che non hanno per anco abbandonate quelle antiche ma comode vestiraenta che usavansi dai nostri padri , può pu- re menarsi buono ; mn che a quella stffssa moda quasi ven-

Del Romanticismo . SaS

gano pareggiale le lettei-e , e eoa novelli sistemi , con latra- ne idee si cerchi di atterrar quelle leggi sulle quali so- no fondati i belli studi , oh ! questo che noi non sap- piamo patire , e sembra indegno d' uomini che si dicono lettei'ati . Venuti i lomantici nella impresa di scuotere il gio» go di questi precetti , e tratto , come crede y dai fra- telli Schlegel il nome romantico , incominciarono a con- fondersi ed a smarrirsi in mezzo a mille idee vaghe e con- fuse , che nulla significavano , e con ciò dettero chiara- mente a conoscere , che essi stessi ignoravano cosa vera- mente volessero. E' sembrato ai romantici d' uscire da que- ste foltissime tenebre , e di .trovare un lume che rischia* ti il loro sistema , producendo uno squarcio di un opera; nobile e chiaro ingegno , che ha per ti (ole : Coi so della letteratura dei popoli meridionali di Europa. Questo trailo di opera è presentato al pubblico in un piccolo opuscolo che viene intitolato ; f^era definizione del romanticismo . Noi ne daremo un brevissimo estratto per tenere di tutto al giorno i gentili nostri lettori , e per istruirli «na qui- stione a scioglier la quale han più giovato fino al presente le risa ed il ridicolo, di quello che la ragione e la verità . Chiuderemo questo nostro articolo cercando colla sola scorta della filosofia e del buon senso di ribattere, per quanto po- tremo, quelle massime dal eh. A. nel suo opuscolo prodotte . Quella definizione del romanticismo , che dai roman- tici pomposamente è stata pubblicata por appropriarsi forse ad ogni ramo della bella letteratura , è dall' A. ristretta alla sola letteratura diammatica ; e da esso portata per di- fendersi dalle imputazioni , che souoglì state apposte dalle diverse nazioni intorno le opinioni da lui avanzate sopra i loro principali autori drammatici , Protestasi egli di avere scritto a seconda di quanto aveva interuameute sentito nell* esame di questi autori : e dioe soleaaemenie di non seguir»

3a6 Letteratura '

nella sua critica partito alcuno , quando nel processo del suo ojiuscolo si mostra ( a nostro parere ) più romantico che classico .

r A. in seguito , prima la definizione della Poesia classica , e quindi la deflnizione della Poesia romanza , o romantica , come vogliam dire . Classici , dice l'A., furono detti dagV Italiani e dai Francesi quegli antichi scrittori di cui citano V autorità : classici quegli scrittori che pre- sero a modello gli antichi , e classico quel gusto che essi reputano il più puro .

La poesia romanza poi , secondo lui , è quella che appoggiandosi alle rimembranze dei secoli di mezzo, ha pi-e- teso di rinvenire più del poetico nelle loro antichità , an- ziché in quelle di estranea nazione ; e per siffatto modo la immaginazione nel contemplare le antiche popolari tra- dizioni gettò le fondamenta di una poesia cavalleresca, che d' altro non si pasce se non di patrie emozioni , e che a noi rappresenta colossale la immagine dei nostri' antenati ,

Data dall' Autore questa definizione di classico e ro- mantico , abbandona la mira dei critici Tedeschi che vo- levano applicare una tale distinzione ad ogni ramo di let- teratura , e si arresta a considerarne la opposizione solo ia ciò che si riferisce al teatro , ed al teatro soltanto Qon* ▼iene con i Francesi che debba applicarsi .

Divide quindi il eh. A. in classica quella teatrale pro- duzione che alle regole si attiene ; in romantica quella che alcuna non ne riconosce .

Fatta dal nostro Autore questa divisione , la defi- nizione dell' arte drammatica ; e come a noi piace di es- sere scrupolosi nel riferire quello clie dagli altri si dice , onde in nulla essere imputati , perciò crediamo di non dis- piacere ai nostri lettori , se riportiamo letleralmeutc quan- to esso dice ia proposito di tale definiziune .

Del Romaìnticismo . 027

Presso tutte le nazioni (^^ l'Autore che parla )/' arfe drammatica vien considerata una imitazione della na- tura , che ci richiama alla nostra vista il passato , e quanto può essere accaduto senza che alcuno vi fosse presente , in tempi e luoghi a noi remoti : essa é per noi istruttiva e piacevole , rendendoci testimonj del contrasto delle umane passioni . Yi chiude questa definizione dicendo ; c/ie m tutti i sistemi Jn mai sempre il teatro una specie d' incante- simo : tosto che noi abbiamo riconosciuto la possanza di (jueir incantatore , che ci trasporta e ad Atene e a Ito- ma , non si ha più. il diritto di esser difficoltosi tanto in arrendersi ai nuovi effetti del sito potere .

Con questa definizione viene a dire l' Autore essere la rappresentanza teatrale uria imitaìziorie di ciò che vediamo nella vita reale . L' arte è quella che imita , ma con una illusione noni dissimulata .

Va osservando appresso , che i greci hnnno seguito nelle loro tragedie alcune regole, come sarebbero quelle che 1' azione sia circoscritta in aiìgusto spazio , e non com- prenda che poche ore ; ma dice altresì, che i greci furono lontani dall' osservare simili confini con tanto rigore eoa quanto 1' osservano i moderni .

Passa quindi a parlare del tragico francese Racine: e dice di lui , che fu quegli che al secolo di Luigi XIV. ri- chiamò la tragedia a regole più esalte e più strette, come sarebbero quella delle ventiquattro ore , e 1' altra della scena fissa , stabilite già prima di lui : che gli Spagnuoli gì' Inglesi ed i Tedeschi furono costretti a gettare a terra siniili regole , perchè gli argomenti che essi volevano , o di una novella orientale, o nua rivoluzione, o di un punto d'istoria, non potevano esser ristretti in cosi brevi confini : e che per ciò dovevano accordare al Poeta ogni libertà , ed esentarlo da ogni legge .

5a8 Letteratura

Li questa prima parte del suo opuscolo il nostro A. non è quasi che semplice istorico delle diverse vicis- situdini avvenute nella Letteratura Drammatica . Nella se- conda parte fino all'ultimo, palesali i suoi sentimenti, si fa conoscere decisamente per romantico : sostenitore cioè di coloro , ì quali dicono che ad ottenere 1' effetto teatrale non vuoisi soggiacere a leggi, ma seguire soltanto la nntura nella esposizione del fatto , che deve rappresentarsi . |E dopo di essersi permesso alcune critiche e mal ponderate riflessio- ni contro 1' autoritJi di Aristotele , il quale insegna che siamo esatti nell' osservare quelle leggi volute dai classici nell' arte drammatica , contro quell' Aristotele , eh' egli chiama ( si sa il perchè ) spirito arido , melodico , calcolatore : pone ia bocca dei critici roinantici in difesa della loro opinione le seguenti ragioni, che sanno tutte il più puro romanticismo: Che (juando in una sala chiusa d' ogni intorno ed aper- ta da un solo lato : che quando gli attori si volgono verso noi per favellare ; che parlano la nostra lingua ; die individui di varj paesi rion abbiano che un solo lin- guaggio ; che il teatro rappresenti a piacimento delV au- tore il paese ove è accaduto il fatto: quando ( è sempre 1' autore che parla ) ammettiamo tutto questo che è fal- so , che altro non è che illusione , potremmo ancora am- mettere , specialmente nei fatti tratti dalla istoria , che questi accadano in un lungo spazio di tempo, e che ab- biano luogo in diversi paesi . In questa guisa l'autore non costringerà i personaggi ad unirsi in un salone a com- piere le loro operazioni nel corto spazio della furata della recita , a ordire una congiura , per esempio , nella sala stessa del trono, e ad unire, disperdere, e di nuo- vo raccogliere i complici entro tre ore , non già confro il vero e probabile , ma per sino contro al posiibi/c . E conclude finalmente , che da questa liba/ ne risulterebbe

Del Romanticismo . 329

che tutte le scene interressanti potrebbero esser messe ut azione anziché esser freddamente narrate, ì costumi sa- rebbero con maggior verità dipinti , il poeta più, agevol- mente 5' introdurrebbe nei segreti del cuore *.

E eoa queste massime dall' A. si fine allo scritto Sulla vera dejinizione del romanticismo .

A dire il vero , a noi sembra che un ben picciolo tri- oufo menar possano i difensori del romanticismo per la de- finizione datane da questo chiarissimo sapiente, poiché ris- guardando ella la cosa drammatica soltanto , lascia la stes- sa dubbiezza e la stessa oscurità su tutti gli altri rami del- la bella letteratura .

Noi però in questo nostro articolo ci siamo proposti di ribattere , colla sola scorta della ragione e della filosofia, quelle massime , che da quel dotto sono state avanzate sulla lette- ratura drammatica , ed eccoci a mantenere la nostra parola .

Vuol egli provare , che ad ottenere un maggior efTetlo nel teatro si debba lasciare più libero il campo alla immagi- nazione, e quindi siano di uu gran danno all'effetto mede- simo quelle regole che dai classici sono state dettato, tanto pii'i che la illusione è già bastantemente alterata anche in quelle tragedie nelle quali le regole più rigorose sono osservate .

Noi non neghiamo mai , che andando ai teatro possa ottenersi che la illusione sia perfettamente sostenuta : ed in- fatti come supporlo ? Non siamo forse convinti , che, seden- doci allo spettacolo , noi assistiamo ad una rappresenta- zione e non certamente ad una azione reale ! Non sappia-ii mo noi forse che quegli attori che rappresenteranno Ce- sare ed Alessandro , non sono Cesare Alessandro ? Non vediamo noi forse che il luogo , ove si rappresenta il fatto , è un semplice palco da terra per pochi pal- mi elevato , e non mai Roma od Atene , come mi voglio- no ricordare ìe tele dipinte ? Non concepiamo noi benissi- mo , che quelle due ore di spettacolo racchiudono •in'"-

33o Lettera tura

spazio molto maggiore ? Tutto ciò ben sappiamo : e la il- lusione non è al certo perfettamente sostenuta . Ma aven- do questa illusione dei gradi maggiori , o minori , da' quali suol essere generata , dipenderà dal regolamento di questi gradi medesimi la sua maggiore , o minor forza , ed in conseguenza il maggiore , o minore effetto . E certo ed indubitato , a chiara prova di quanto da noi si asseri- sce, che quell' iaterao commovimento , il quale sentiamo alla rappresentazione di un fatto che sappiamo essere l'ealmente accaduto , è molto maggiore di quello che provia- mo alla rappresentazione di un fatto meramenie favolo- so. E ciò perchè ? perchè del primo fatto ne abbiamo co- noscenza, e del secondo j perchè la illusione è meno forzata nel primo caso che nel secondo. Comprendiamo es- sere uno sforzo ben grande voluto dalla illusione , il do- ver supporre che passino intere ore in quei momentanei l'iposi , che fra gli atti della tragedia si prendono gli at- tori e gli spettatori ; conveniamo benissimo essere uin.; sforzo ben grande voluto dalla illusions il dover crederi- che i personaggi s' incontrino alla opportunità sempre nella medesima camera , e così regolatamente e soUecitamenUa diano lo sciogli.'nento di una tragica azione . Ma questa stessa nostra illusione sarà sempre meno alterata ne' casi da noi contemplati , di quello che se debba immaginarsi e credersi che non due o tre ore passino nel riposo fra gli atti , ma tre o quattro anni : e die 1' azione si divida parte nel palagio di un Re , parte nell'abitazione di un sem- plice privalo , parte in una città e parte in un altra ? E d' onde ciò nasce ? Da questo : che ad ottenere nelle sce- niche rappresentanze il massimo effetto , è necessario fis- sare per mezzo del possibile e del vorosìmile 1' atlen- zione dello spettatore , ed eccitare in lui i più interni atfelli dell' animo . Qucst' attenzione sarà fissala , (quan- do sarà rjftreiu ad un solo punto : e questo punto mii

Del Romanticismo. 33 1

si otterrJt , che ia quella unità di tempo , di luogo , di azione voluta dai classici . Ed infatti non si curino queste unità , e non si avrà più il punto m cui restringere l'attenzione dello spettatole; divisa l'attenzione , sono di- visi gl'interni commovimenti del cuore: e divisi gì' inter- ni commovimenti del cuore , il maggiore effetto della rap- presentazione, che da quelli si attendeva, è indebolito e mol- te e molte volte diviene nullo . La grande e difficilissima arte dell' autore drammatico consiste nell' ingannare cosi piacevolmente lo spettatore , da fargli provare la magia del mirabile effetto senza che punto appariscano le macchine «olle quali 1' ottiene: e nel snper egli ridurre colla sua arte a tal condizione lo spettatore che senta la necessità ohe lo scio- glimento dell' azione accnda piuttosto in quel luogo che in un altro 3 che sia eseguito da quei parsonaggi e non da altri : e ciò perchè se cangiasse il luogo , e si moltiplicasse- ro i persoiuiggi , sarebbe diviso quell' interno commovimento che prova ; e piìi non lo otterrebbe in quel grado di effet- to per lui tanto soddisfacente . Ma a convincersi con gli esempi , si esaminino i classici e vedasi se quelle regole nelle loro tragedie osservate riescono penose , se 1' effetto che producono è un effetto stentato , o che forse potevasi otte- nere maggiore se dalle regole volute si dipartivano . Gftrneille nel suo Polliuto , Voltaire nella sua Zaira , AlGeri nel suo Saulle , nella Virginia , nel Filippo , senza parlare di tutte le altre sue tragedie , non hanno forse prodotto un effetto mirabile benché esposte colle regole stesse de' classici ? Ec» co tutte tragedie di soggetto romantico, scritte però con quelle regole che ora si vogliono far passare per ceppi . Ci rimane egli nulla a desiderare quando attentamente le meditiamo ? E forse 1' animo nostro non bastantemente commosso quan- do le vediamo rappresentare ? Per vincere però decisamen- te dobbiamo entrare nel campo nemico , ed atlnrcare ì rf*-

332 Letteratura

tnantici colle armi loro medesime e con gli stessi loro esem- plari . Credono forse essi che Shakespeare fra gP Inglesi , Calderon fra gli Spagnuoli , e Schiller fra i Tedeschi abbia- no ottenuto l'ammirazione generale solo perchè lianno scrit- to tragedie da ogni legge libere e sciolte ? Piacerh forse Schiller perchè nel suo D, Carlos ( tragedia , che il tra- duttore Francese (i) dice , che deve essere considerata piuttosto come un poema storico sopra la corte di Filip- po II. , di q^uello che un' opera destinata pel teatro ) po- ne trenta personaggi , e trasporta 1' azione da Aranjiiez a Madrid , entra nel convento della Certosa , senza altri tre- dici cambiamenti di scena e di gabinetti e di gallerie , e da gallerie a sale di udienza ? Piacerà forse Shakespeare perchè nel suo Otello trasporta l'azione da Venezia a Cipro, perchè in tragedia pone tutta la vita del Re Giovanni , tutta la vita del Re Riccardo li. fino alla loro morte? Ovvero perchè nella sua tragedia di Antonio e Cleopatra pone trenta personaggi , e trasporta l'azione da Alessandria a Roma , da Roma in Si- cilia , da Sicilia a Miseno , da Miseno sul bordo di una galera di Pompeo , e dalla galera di Pompeo in una contrada delia Siria, e dalla Siria a Roma , e da Roma in Alessandria , e da Alessandria in Atene , e da Atene per la terza volta a Ro- ma , e da Roma nel promontorio d'Azio , e dal promon- torio d' Azio ( perchè Shakespeare non sapea più ove andare) entra nella tomba di Tolomeo/' Piacer^Tio , di- ciam noi , questi autori per simili cambiamenti di luogo , per tutti quegli anni , che nelle toro tragedie fanno cor- rere ? No certamente . Piacciono e jùaceianno sempre le loro tragedie per la sublimità dsi concetti , per la vn-i- e naturalezza dei caratteri che ci hanno introdotti ,

(i) M. Laiuarticlicre cdi>cioae di Parigi di Aut.Agos. Kenoinnl anno Vili.

Del Robianticismo . 355

pel maneggio mirabile delle passioni , per la fedele dipin- tura del cuore umano . Ecco ciò che ha servito a stabilire la loro celebrità , non le stranezze , che dai romantici si voijlion prendere per modelli del bello , e del vero . Sono stati essi all' eia loro mirabili uomini , noi noi nieghiamo : ma debbon ben sapere i romantici , che le cose mirabili sogliono piuttosto venerarsi da lungi , che Imitarsi; e noi siam d' avviso che se il sublime , il quale nelle loro tragiche rap- presentanze con tanto piacere gustiamo , fosse stato dalle leggi dei. classici regolato , si avrebbero certamente nelle loro tragedie si alti modelli da far dimenticare gli antichi esemplari . E bene alludeva a ciò il Tragico d' Asti ( ve- neratore ed ammiratore delle leggi dei classici ) quando nelle sue prose , parlando di Shakespeare , disse che nelle sue tragedie lusingavasi di essersi accostato per quanto poteva al Tragico Inglese .

Sembra dal fin qui detto che la causa da noi presa a difendere colla sola scoria della ragione e della filosofìa , debba essere decisa a nostro favore ; e ci avrà certamente per iscusalì il chiarissimo Autore , se nelle massime esposte nell' opuscolo , del quale abbiamo parlato , dal suo avviso cotanto dissentiamo .

Ed è pur da compiangersi la trista sorte , che soffro- no le lettere in questo nostro secolo ; sorte che minaccia ancora le arti , se si ha da giudicare dall' opera del Vene- ziano Sig. Andrea Mayer , che vorrebbe introdurre il roman- ticismo ancora in pittvira j e sarebbe a desiderarsi, éhe la .studiosa gioventù non s' invaghisse di tali novità , anzi si allontaiìasse sollecitamente da quei principj , che ponen- do in ridicolo quelle regole , le quali servono di argi- ne alla immaginazione ed al vivissimo nostro ingegno , sembra quasi che voglino gettare e terra quelP ordine det- tato dalla ragione , ammesso dal buon senso , e che forma

334 Letteratura

il più beir ornameuto della umana filosofiì . Impieiicllno pure a trattare di soggetti che appartengano alla isluria dei secoli di mezzo , siano con ciò puri romantici , noi noi dissentiamo ; ma adattino questi soggetti a quelle regole , si prevalgaao di quelle forme , di quei modi di dire , chi dettati dai Greci maestri a tutti , ed imitati dai Latini e dagl' Italiani , han fatto si che dividesser questi con quelli la gloria e la celebrità . Ed in fatti a chi mai deve Sallustio quella dignità di sermone , se non a Tu- cidide ? A chi deve Giub'o Cesare quello splendore , quel- la soavità , quella sua bellissima semplicità di orazione , se non a Senofonte ? A chi deve Marco Tullio quel suo dir pieno e magnifico , se non a Demostene ed a Platone ? Senza Tacito ( a passar dai Latini agi' Italiani ) non sa- rebbe stato il Segretario Fiorentino , senza Livio il Guicciardino . Se non era Cicerone , dove sarebbe il Bem- bo , dove 1' Aonio , dove il Sadoleto ? Chi fu che ispirò a Dan- te la sua Divina Commedia se non Virgilio ? Infine e ad Omero , e a Pindaro , e ad Orazio , e a tutta quella schie- ra di poeti sommi e greci e latini dobbiamo il Tasso , 1' Ariosto , il Fracastoro , il Chiabrera , il Caro ! Ah ! . . . si persuadano una volta per sempre i romantici ( chiu- deremo con uno scquarcio molto erudito di uno scrittore Francese , e che sembra dettato a bella posta per la qni- stìone di cui trattiamo) si persuadano (i) , CAp non viso- no due teorie nelV arte scrivere ; quest'' arte non si e ristabilita presso le moderne nazioni se non quando hanno abbandonato gli esenipj e le tradizioni delle età di mezzo per istudinrle negli antichi modelli ', non perchè questi modelli erano antichi , ma perché la loro bellez- za , il loro sistema , e le loro regole sono quelle della natura medesima . Pietro Odescalchi

(i) 11 sig. Daunau nel Journal (ics Savuns Ottolire iSig.p.SgiS.

535

1BMHBIMB"™

f^ersi latini de' cavalieri Dionigi Stracchi , e Vincenzo Ber- ni degli Antonj .

TJ

no de' più chiari maestri del bello scrìvere , onde si ono- ri presentemente l'Italia , è per comune avviso il cavaliere Dionigi Strocchi di Faenza membro del regio cesareo insti- tuto, e della romana accademia di archeologia ; Il quale ha tan- to in sua balia le grazie italiane e latine, quanto pochi altri le ebbero dopo l'età dell'oro, E ne rendono aperta fede la versione ch'egli ne ha dato degl'inni di Callimaco, e l'elogio, del cardinale Alessandro Albani , e tante squisite poesie , le qua- li non è amatore di tali studi che non serbi carissime . Noi reputeremo sempre a grata ventura di poter fregiare il nostro giornale cogli scritti di si celebre autore; slimando far cosa dolcissima e a' dotti associati , e a quanti sono bramosi di buon profitto in amendue gì' idiomi . Perchè essendoci ve- nuti a mano alcuni suoi leggiadri esametri in onore del eh. professore Iacopo Tommaslni , pubblicati in Bologna da- gli scolari di clinica dell'università, con tutto il piacete noi qui li riportiamo ;

Dloiiys'd Strocchi E(fuitis corona ftirrea ce. Exwnetron.

V^ualls ad Alphaei memoratur tlumina Phoebus Jgnotos latices vati ostendisse Melampo , Insuelasque artes , per quas raortalibus aegris Ferret opein , letique gradam causasque moraudo Possel ad extremam producere fata seaectam , Sic sua tempia , suasque vias reserasse putamus , Tommasine , tibi , veras post saecula longa Qui reddis nobis artes , Àmitaone natum Augur ad Alphaei docuit quas flumina numen .

Parta bies coell vitio saevire per oras

Camperai Ausoniae , quam tu compescere certis Indiciis , caeptisque novis , medicoque labore

336 Letteratura

Ingrederis , facile quod peclus liiix-e legeHlum Optsftamqiie diu miseris properare saluterà , Et queat intactis animo depellere curam , Dum fera per teneras manabal flamma meduUas, Et penitus caeco pascebat viscera morsu Pallebas nalae pater : at seoura puella Attollens ociilos et spem ; te nempe medente Cur dubitemus ? ait. Falsa sub imagine Proteus Interea formas se se \ertebat in omnes Contendens carae praecidere licia vitae . Quo furit ille raagis , tu contra obsistis , et acri ludicio mactas , magnis nec deficis ausis . Expectata salus fulsit, risere Penates Candidala cincti tunica , roseisque coronis , Quoruni nectebat capiti servata puella Munere divorum , genitoris munere cari . Sanguine de nostro quot Jupiter aequus amavU , Qui medica induti palla potuere per ora "Victores volitare virum , tu divite lingua , ludicìoque bone memoras ab origine prima . Ea erit , ut numero accedant tua nomina pulcro , Victricesque hederae libi circum tempora serpant. Singula quid referr^n ? claro quae fama per urbes Vulgavit sonitu , quae neclongaeva vetustas , JXéc poterit delere usu experientia longo . Haud riovitalis inanis amor laudumque cupido Diclat enim , puro Uraniae mitissima coelo , Cui licet obscilras rerum cognosoere causas , Mortales miserata vices praecepta reclusit . Ingenii proferre boni nova munera perge ; Adsideat semper libi sic deus incola Deli , Qui , cum delatus Delphos descenderet ar«e , Explicuit saevum certis Pythona sagittis . Castaliae valles laetnm Paeana canebant , Cephisi fontes, Plndi nemus ingeminabant . meno gentile è un epigramma del eh. signor cav. Vin- cenzo Berni degli Antoaj . E di buon grado lo riferia- mo , perchè va unito a' versi dello Strocchi, che per l'alta stima dovuta all' autore .

Munei'a natorum cari qua mente parentes,

Tommasine , boni hos consule versiculos ; Scilicet haud unquam caros coluere parentes Sic nati ; ut te qos t% animo coUmus .

337

SCIENZE

Sopra un metodo proposto da Sir TVilUani Cons^reve per ridurre a metà il consumo del combustibile nella mag- gior parte delle operazioni delle arti ,

X le utili applicazioni, che della teoria del Calorico so- no slate fatte all' economia domestica , ed alle arti , non è certamente di minor interesse quella , che ha recentemente proposta Sir William Gongreve uno degli ajutanti di cam- po del Principe Reggente d'Inghilterra. Egli ha immagina- to un metodo , col quale si può ottenere un' effetto calo- rifico determinato con la metà del combustibile necessa- rio. Questo metodo quanto semplice altrettanto vantaggio- so consiste nell' Impiegare la calce , la i)ielra da calce , o qualunque altra sostanza suscettibile di esser convertita ia calce per 1' azione del fuoco , come un ausiliario del com- bustibile , che s' impiega . Per mettere m uso questo suo progetto egti rammenta in un piccolo opuscolo i diversi ap- parati necessari per quelle operazioni , che si fumo col fuoco, ed avverte che in essi due sono le parti principali , neces- sarie a mettere in opera il suo ritrovato cioè i. un fornello ordinario destinato a ricevere il carbon di terra , la torba , o la legna , e 2. una camera posta immediatamente al di- sopra , e separata dal precedente per mezzo d' una graticcia destinata a contenere la pietra da calce ; in quest'ultima deve poggiare la parte inferiore del recipiente , o delia caldaja , che racchiude la sostanza , che si vuol riscaldare . Il prin- ripio su cui è fondato questo metodo è dedotto dalla pro- prietà che ha la calce di ritenere fortemente i! calorico i G. A. To. IV. 22

353 Scienze

per cui una volta riscaldata , essa slessa può seguitare per lungo tempo a comunicarlo a quel recipiente, a cui è sot- toposta, e cosi risparmiare per metà la quantità del com- bustibile . Esperienze fatte per verificare questo progetto proposto dal Sig. Gongrève sono state coronate dal più fe- lice successo , per cui egli ne ha ottenuto dal Governo Brit- lanniro un brevetto d' invenzione . Noi non dubitiamo , che la sua applicazione sarà di un grandissimo vantaggio pariifolarmente per quelle arti , che consumano molto com- bustibile ; il cui risparmio non è la sola cosa da calcolar» in questo metodo , ma la calce viva ancora che si ottie- ne, e la dirninuzipne dei due terzi del fumo del Carbone, i quali secondo l'A. vengono consumati nel loro passaggio attraverso la calge , cosa ancor' essa di non plocola utilità particolarmente per quei luoghi, ne' quali si fa uso del car-r bon fossile , come in Inghilterra .

339

Lettera di Francesco Puccinotti al chiarissimo professor di chimica Domenico Morichini sopra l' azione dina- mica de' veleni

V.

Mio signore

resento a lei , ornatissimo signor Professore , una mia co- niettura intorno alla azione primitiva che destano i ve- leni sulla fibra organica. 'Antivedo però com' ella avrà mera- viglia che senza sperimento io mi ardisca proporle sopra mate- ria si grave e nascosta, pensiero forse troppo vanamente ambi- zioso , tanto più che quelli eccellenti scienziati che latto veg- gono con le sperienze , per le quali anch' ella in Italia e fuo- ri è chiarissimo , sembra non debbano ascoltare di buon gra- do certi immaginosi concetti non mai sottoposti alle fati- chevoli prove , e nati appena per induzione tra la placida quiete di coloro che solamente leggono , e pensano . Ma co- me qon è da tutti l'aver agio a sperimentare ; egualmente rado è chi sia a cotest' arte malagevolissima da natura dis- posto . Altronde ciascheduno ne' studj è pur vago della par- te sua : e mentre molti della verità de' fatti zelatori intor- no a questi soltanto trafelano , altri pur v'ha che gli altrui ritrovamenti riunendo adequando e gradatamente locando prova a statiiirvi corollarj più o meno ingegnosi , onde il proprio metodo o 1' alieno si regga e sostenti . Le quali cose ella troppo sapendo vorrà condonarmi , e non avrà for- se discara questa mia diceria comunque a forma di ipo- tesi totalmente atteggiata .

A me pare che quanti modi d' infezione sui corpi vivi nelle sostanze venefiche, per varie guise i medici im:nagì- n.irouo , perciocché diversisimi , non sieno veraaiente i pri- mitivi assoluti , ma a ben guardarli altrettante potenze su-

22 *

34o S e I E N r r.

balterne , o conseguenti modi iisico-chimlci che cliiamare si vogliano , Perlocchè immai^ino che i veleni dei)bono ritener sempre una loro facoltà prima dinamica costante : quantunque nelle loro manifeste proprietà ((uali acri e qmli rubefacienti e quali corrosivi e quali iiifìne astringenti e irritanti appa- riscano . Di molto a tale da me immaginata facoltà può nel vero adeguarsi la controslimolante ; ma 'o non ho potuto a questa acquietarmi , conciossiacliè non mi conseiiton i i mo- derni di appropriarla a tutti i veleni , molli de' quali hanno contraria potenza come ora generalmente si estima . Invece a me è paruto che un altra proj)rietà la <jude il Darwin chiamò invertenie e che egli accordò a qualche veleno sol- lanto(i) possa a tutti come primitiva edinamica convenire . So bene che ricercando ora qual debhasi considerare sitratta anio- ne essenziale non tanto ne' veleni quanto ancora ne' farma- chi s' udrebbono sulle bocche di molti ripetuti incontanente > nomi e i significati di sliraolo di controstimolo ed irrita- zione . E a t.into io far prova d' oppormi , negando che na' veleni cotesto pot'^re primitivo sia irritante o stimolante , e mostrando che quando bene gì' invertenti del Darwin si pos- sine locare a livello co' deprimenti del Rasori non varreb- bono però questi come acconcevoli a spiegare gli effetti prin- cipali dinamici di tutti i veleni . Che tanto si noccia alla vita abbattendo le sue forze o soltraeudole quelli elementi di stimolo interni ond' ella si mantiene , quanto invertendo i movimenti abituali fibrosi ond' ella nelle sue funzioni natu- rali e salutevoli si vale , il convegno ; però i modi con che a tai conseguenti si arriva sono tra di loro diversi , e perchè questi depeudono essenzialmente dalla varietà d' azione pri- mitiva di quelle straordinarie potenze che gli organi inva- dono , debbono essere perciò separatamente considerati .

(*i) Darwin Zoonom. T. 6. p. 269.

Azione Dinamica de' Veleni . 34 1

Mentre aduiKjue la proprietà iuverteute comunicasi im- mediata di fibra in fibra e porta dal punto d'-lla sua in- versione a tutti gli ordigni consensu.ili d(;lia aiMcliina aiii- maie vivente , può mutarsi anche in rimedio , può essere an- che annientata quando l'attuale stato del sistema organico tollerare la sappia , o quando le si opponga un altra sostanza di proprietà dinamica di contraria natura ; le proprietà chi- miche al contrario o secondarie sarebbono sempre e assolu- tamente nimìche alla vita e altererebbono sempre la compage organica se non riunissero altre proprietà primitive colle qua- li acconciarsi alle condizioiii morbose e disperdere in queste le loro inferiori potenze . Ed è certamente per la facoltà pri- ma invertente e per il confacevole stato organico che molti veleni si mutano in farmachi oltre mirabili . sarebbe fa- cile intendere immaginare quale mutazione ne' modi uni- versali della vita esigerebbe un veleno irritante per diven- tare medicamento . NuUadimeno accordo volentieri che il ker- mes il tartaro stibiato il calomelano a lunghi intervalli pos- sine essere ancora localmente irritanti; ma la prima facoltà loro dinamica è quella di invertere i movimenti abituali del- la fibra organizzata. Ora non hanno più in mente i segua- ci della teoria dell'irritazione che l'effetto degl'irritanti è d'aggravare tuttedue le diatesi, di generare debolezza e non rimediare alla condizione infiammatoria ? Eppure cotesti ve- leni salini e metallici che secondo i precetti del Guani (i) sarebbono a riputarsi irritanti hanno curato e curano le pneu- moniti ed altre ardenlissime febbri con topiche infiammazio- ni . Ed è certo che come le curano ora , se gli uomini non mutano , le cureranno sempre , e come le hanno curate nelle cliniche di Milano di Pavia di Bologna e di Roma le cure-

(i) Saggio teorico e iJtalico sulle malattie contagiose , ossia rillciiione suir azione d?' coutagj e miasmi in generale. Geuova.i8i8.

"ò^i Scienze

ranno eziandio in tulle le cliniclie Jell' universo mondo Chj'- mici quidam celebves , annotava il Willis due secoli fa, Aug. Sala , lirtmanniis , Rolandus carri inultis aliis vomiloiia sty- heata pleurilicis qaibusque audacter' exhibent et pi'Q remedio optimo prcedicant . (i)

NuUadimeno è forte opponimento e dalle cadaveriche au- tossìe avvalorato quel trovarsi inGammate le parli su cui cotesti veleni hanno agito. Siegue la flogosi anche all' in- versione parziale de' moti di qualche organico sistema o per una contrannitenza ne' sistemi stessi , o per una parziale rea- zione dell' impeto conservative ; ma più naturale è che sia elFetto d'una irritazione . E nel vero forti dosi di tartaro eme- tico generano non di rado una gastritide . A ciò io rispondo di questa guisa, togliendomi il vomito come il fenomeno pal- mare dalla mia immaginata inversione : il vomito mal si con- sidera da certuni come un movimento reattivo ; la flo- gosi prodotta ò I' effetto di questa reazione . Desso è invece un moto retrogrado non diverso da quello de' linfatici prov- veniente anzi dall' inattività del movimeulo abituale peris- taltico . Cosi Bayl Chirac Duvcrney Darwin Magendie Ri- cherand contro Hallero , e i suoi seguaci . (2) Ma perchè con- trazioni fibroso non successive non abituali sono accompa- gnate da sensazione in quella guisa che movimenti fibrosi successivi e abituali ove avvanzino in eccesso sono del pari accompagnate da sensazione : in ambedue i casi abbiamo ele- menti di flogosi ncll' accresciuta potenza senziente. I movi- menti sensitivi del primo caso ove non si ritornino alle loro abitudini inverse con elementi contrarii d' azione cresceran- no in potere sino ad infiammare : per egual modo lo stesso effetto si produrrà da quelli del secondo caso quando con

(0 Willis. De pleurit. Scrt. I. C IX. (2) Kicheraiv*' nsiolojia. T- 1. p. iZu.

Azione Dinamica de' Veleni, 343

elementi contrarii d' azione non si abbassino sino alle loro abitudini normali. Quando la fibra è in istato di stùnolo mor- boso la potenza invertente è appunto tollerata , quantocchè tendendo a stabilire contrazioni inverse non abituali dee pri- ma ricondurre le abituali eccessive al loro stato normale . Tanto adunque sulla sensazione non abituale quanto sulla abituale eccessiva può aver essa un processo flogistico . Ma trattandosi poi di veleni di doppia azione , invertente cioè e chimica ; quando questa uon venga consumata con quel- la da un forte stato di stimolo , più prossimo è anche il pericolo de' mentovati processi flogistici . Avveghaechè quando sieno le fibre in ribbassamerito in allora oltre i per- niciosi elFetti dell' inversione fibrosa non tollerati si hanno quei chimici Jil sopiappiìi , i quali potranno pur , se si vuole, essere irritanti e stabilire un centro di operazione chimica contro alla quale insorga la potenza vitale con nuove arte» riosé secrezioni per somministrare o nuova potenza sensoriaì o nuovi elementi organico-chimici compensatori di quelli che si vanno nel chimico lavoro consumando . Ondècchè tanto per la nuova maniera di sensazione quanto per que- sta funzione riparatrice può ordire e si ordisce ferma- mente talvolta linai vera flogosi e la slessa gaslrltide . Così è che alcuni veleni metallici e salini generano infiammazio- ni . Ma non per questo lasseranno d' essere essenzialmente invertenti . Avvegnacchè gli effetti di essi vogliono essei-e cctisiderati ne' primi mementi delle loro fazioni micidiali , àOìncliè le varie catenaziorti delle potenze vitali che o per essi od anche per altre cause si pongono iri moto non li oscurino li trasformino sin(> a farceli apparire di azione Svariata e contraria . Resteranno a mio avviso per tal mo- do spiegate le osservazioni de' Morgagni Sproegel Henkei kraraer Dacci Kundmun Gerbez MuUer Hammer Swediaur Alexander Scliwiìquò , e se ve a' ha altri oggigiorno , sull<?

344 S e I E iN[ Z E

infiammazioni tojtidie dal vetro d' antimonio dal tartaro emetico e dall' arsersico generate . (i)

Che la potenza dinamica primitiva d'alcuni veleni sia il moto d'inversione destato nella fibrii animale vi\«i)le ne somministra anche una prova il Morgagni tratta dalle storie di Livio . Capuanis quoque Senalovibus fenne ducdctii- giììla ideo serius mois accidit , quia ivijdeti cibis vinoque cani venenum sumpsissent ; sic viinus efficacem in ma- liiranda morte vim venani fecerunt (2). Se il veleno fos- se stato un irritante secondochè trovavasi il tubo alimen- tare già baslevolmente irritato dalla copia de' cibi, eccitato dallo stimolo delle bevande doveva issofatto amazzarli . Ma secondo me la vitalità elevata di quelle inclite ven- traglie rendette minore la forza invertente venefica . Però non bastò a soperchiarla , potettero i meschini sot- trarsi alla proprietà chimica , la quale appunto per ciò che come 1' irritazione opera a rilente , ritardò in essi il suo effetto mortale . Un simil fatto si legge in Wepfero di tre giovinetti , 1' uno de quali ingojò forte dose d' arsenico a stomaco digiuno, gli altri due sanissimi a stomaco eccita^ to ne trancugiarono altrettanta quantità ; il primo incontrò tosto la morte gli altri due la camparono (3) . Ritengo per- tanto che i veleni possono nuocere in varii modi colle lo- ro facoltà chimiche secondarie, ma uno è forse il loro po- tere essenziale principalissimo . v'ha antica sentenza che pili sia adattevole a questo mio modo di pensare quanto quella del vecchio Dioscoride . ncnu^a. {nv 7«f ta JkXvt»' Dia, 9a.ùf/.a.Kx , Kcivai J'e Ktti cv 77oAAot/ 5^ ctvruv yivofit-

(1) Vedi Morgagni. Epist. De morbis a veneno induct. Irjstit. de mcdcc. pratique n. 177. e Pharmacop. ohlinique T. 2, p. 268.

(2) ^Morgagni . Kpist. citata .

(3) Sepulcrct. oliscrv. XH.

Azione Dinamica de' Veleni. 345

vat éHtiioiti (i) , Non risguarda adunque 1' essenza anche a parere del celebre Emmeret la divisione dei veleni io acri , irritanti , escarotici , astringenti , stupefacenti , e che , ed almeno nel classificarli si è permischiala la loro po- tenza dinamica colla secondaria . La quale che sia da man- co ne chiaro indizio il sai di saturno eziandio . La sua facoltà invertente è poco meno che certa , sebbene sot- to altre viste interpretata . Ve la riconobbero Callisen Stork Horn HufFelaiid Hildebrand Hegewish : e il Gaubio diceva : llabet quidem mirabilem virtutem femperandì sedandì turèas nervosi sisthematis (a) . Oltre a questa egli è da tut- ti tenuto per astrigente e tra i veleni astrigeuti è locato . Ma all'Ambri toccò di vedere che questa facoltà ei la per- deva semprechè il sistema non avesse tollerato la sua fa- coltà primitiva invertente . In quel suo tisico eh' egli avea sottoposto all' azione di questo farmaco fu più volte co- stretto a sospenderlo , avvegnacchè anzi promotore del moto inverso de' linfatici intestinali di quellochè astringente gli riuscisse . Dalche si ravvisa come i soli fenomeni di inversio- ne debtiano aversi per gli essenziali , e come quasi sempre ab- biano un predominio sugli altri cambiamenti di composi- zione di tessitura chimicamente prodotti . E dissi quasi sempre ; imperocché gli effetti dell' azion dinamica sostenu- ti coli' arte sono evitabili ; ma non per questo sempre si arriva come parve al Brodie ad impedire la morte, a cui la qualità del veleno, esiziale che sia, può per la sua azione ira chimica e invertente condurre (3) . Si toglie cioò per lo piti la forza invertente senza poter rimediare alla chimica

(i) AX»^/(pap)a. 399-

(2) V. Giorn. medie, chirurg. eli Panna anno IV. N.« 45. p. lo. 11. 24- 22.

(3) V. Brera Giorn. fase. 00 1816 p. 4^5

3/(6 Scienze

azione. Oltracciò talvolta avviene che quel farmaco clii va- le conie^ reagente clumico , avendo anch' egli una forza di- na.lica invertente, non sa rimediare alle secon'Ja senza ag- gravare la prima e viceversa. Cosi mentre il fegato di zol- lo , .'rccondo Navier, turba gli eiletti veueGci delle sostan- ze saturnine i non si oppone però alla loro forza invertente . Del pan <juando il principio astringente àe' Vegetabili decom- pone al parére di Starck 1' acetato di piombo o il tartaro emetico non toglie pero loro la facoltà sopraramentovata (i) Vj in ciò principalmente, a mio pensiero^ è il carattere de' veleni e la diver.sità tra essi e la altre comuni potenze no- cive: pluttrisLorhò nello scuotere il sistema linfatico-glando- lare : nel produrre eretismo: ne gli altri caratteri attribuiti ai metallici e salini dal Guani , che veramente coinpetono a molti ordiilatii agenti eziandio .

Si ponga mente oltre a tanto alla sentenza d' Emmort , che qualunque neutralizzazione tìoti distrugge totalmente in proprietà del veleno mentre l'arsenico anche nella conbina- zinne colla terra calcare , conserva nondimeno la sua venelj- ca facoltà (2) . Che è quanto dire che sebbene gli si tol- ga la propiielà chimica agisco nocetolmente colla dinamica. La quale por canone tossicologico opera sempre iu ragion diretta della quantità e qualità del Yel«.;rio . Mi dichiaro. Qnan- to è più consideVcvole la quantità del veleno aramiuisirato tanto è maggiore e più pronto 1' efl'etto che produce , e tan- to è minore l'organica alterazione che lascia . Così all'in- contro quanto è meno forte la quanlit'i del veleno tanto è più lardo l' effetto che produce e tanto è maggiore 1' or- ganica alterazione che apporta . Ora chi non vede che la pre- potente di ({ueste forze , tuttoché si avvicendino gli edelli ,

(i) Gioni. iri'-.I, ciiir. di Parma n. cit. p. 2i. (a) liror.i Giuni. e fase. cit.

Azione Dinamica de' Veleni. 3^7

è sempre la forza di retroversione de'movimenti vitali ? Quan- do questa è esorbitante per atterrare chi le capili nun ha duopo di distruggere 1' integrith automatica : ed aperti i ca- daveri non se ne trova orma . Ma quando è debole lascia che operino i suoi sottotipi, i quali mano mano vanno corroden- do gli stami della vita e nei morti ci si fanno manifeste le tr£)cce del tardo micidiale lavoro . Etmullero riferiste d'una fanciulla che dopo avere ingojato buona dose d' arsenico tra breve mori il cadavere mostrò veruna organica lesione . Nel Morgagni e in altri autori si trovano a mille di tali esempj (t) , Per lo contrario Saiinders ha osservato che in un uomo che sopravvisse sei giorni a non forte quantità di su- blimato corrosivo manifestossi nel cadavere versamento seroso e sanguigno e guasto infiammatorio allo stomaco (2). Il Bar- zellotti asserisce fermamente che innumerevoli sono i casi di veneficio operato dalle preparazioni mercuriali da quelle ar- senicali e di rame e di piombo senzacliè lesione alcuna sia- si manifestata nello stomaco e negli intestini non ostnnte che il veneficio avesse avuto effetto e succeduta ne fosse istantaneamente la morte (3) . E cotesti veleni sono pur quelli a' quali si vuol ora tribuire un potere irritante . Mi chi richiamando alla memoria i resultali dell' azione irrita- tiva potrà presupporre che ne' rapidi veneficii operò dessa. anziché la invertente ? La potenza irritante non opera che localmente, e non si diffonde che in modi progressivi e len- ii o per la flogosi o pe' consensi . Come idearsi una facoltìt irritante in un decimo di grano del veleno della vipera da occasionare per il la morte ad Un grosso animale ? Serpens caudisonus iiecavit canem non integro minuti tcmporis

(i) Morgagni . Epist. cit.

(2) Brera Giorn. fase. So, {)■ 471

(3) Qucst. di medie. !eg;al. T. ?.

348 Scienze

quadrante (i) . Agi irritando quel veleno che tolse in mi' attimo Vibuleno Agrippa ai Romani (2) ? ^Pcr l'acido prus- sico vide in otto minuti morì re un uomo il celebre H'jtrL'- land (3) . Fu dessa la flogosi che diffuse rapidissimamente l'azione ven*»fica ? Ma noi vedemmo fermato clic tanto è maggiore e più pronto l'effetto del veleno tanto ò minore l'organica lesione. Esaminiamo se ciò possa essere avvenu- to in questo ed in altri simili casi per opera de' consensi . Cerio è che la compressione o la puntura al cervello met- te di subito in convulsioni gli animali: la sciringa , il calcolo nella pelvi de' reni e nella vessica , ed' altri agenti irritanti manifestano tosto coaseusnal monte una ratenazione di sinto- mi irritativi. Ma questi nou sono che orgasmi, disgusti, o schi- filtà del sistema fibro-nervco , e non affettano il fondo della vitalità . Se a lungo andare il possano nun è della mia que- stione . Ne' consensi irritativi pertanto non può stare il ra- pido veneficio . Già il dissi che (juesto ove non accada per forza di inversioni ne' movimenti naturali fibrosi , non po- trebbe produrre la morte die scommettendo l'organica coe- sione ; ed in tal caso non v'avrebbe piti mestieri di con- sensi . Ma qui ritornerebbono in campo la stesse difTicoltà ch'io mossi innanzi contro la diffusione irritativa mi'dimte la flogosi . Perchè I' irritazione produca propagandosi feno- meni morbosi fuori della sua prima sede è di necessità che arrivi in qualche parte ad un dato grado di fot va ; ma il maggiore che possa resultare da una potenaa irritante è la disorganizzazione , dunque non trovandosi questa sempre , convien dire che non sempre agi il veleno e spezialmente

(i) Mcad. F.xposit. mechaii. Vcnen.

(2) Morgagn. F.pist. cit

(3) V. J:rcra Giorn V- Zo. ì'i\G . Prospetto clinico del Bu- «■.;IIiii j>. 3;P'.

Azione Dir,A:':iCA de' Veleni . 340

ne' rnsJ di morti istantanee inhaudo . .4rurH sartoriani slne noxa per intestinorum tmctum transiisse non sine exeni- plo est, dice lo Sprenger , Arsenici vero grana duo nun~ qttnin (i) ,

Hanno anco i veleni la proprietà di eleggersi alcune sedi parziali , nella nostra macchina, ed in osse più che al- trove muovere le loro micidiali fazioni . Numerevoli speri- menti provano cotesto vero, in essi non lauto quanto ne' farmachi , e in tutte qu^le sostanze czÌmikIÌo , che hanno parte nella nutrizione . Ella . o sig. Professore ornatissimo , «ugularraente grazioso alla fortuna medica di mirabili ten- tativi , ci ha dimostrato quasi ad occhi veggenti come alcune sostanze medicamentose passino dallo stomaco ai reni inde- composte e così promuovano la diuresi (2) , Ninno a mio credere si sarebbe oso di negare siffatte elettive facoltà , già smo ab antico da Asclepiade verificate : donde i suoi cho- lagoghi , flecxmagoghi . h idragoghi (3) ; quando innanzi agh occhi s. riconduca l' anatripsologia del sig. Brera la memoria del Fanzago sulla Digitale , del Brugnateili sulle cantaridi , del Mascagni sul carbonato di potassa , del Se- mentini sul muriato di calce, del Rubini sulla china fi) Il tartaro emetico secondo Magendie anche iniettato nelle vene produce vomito : ed osservò Emmert che 1' a. comechè per ferita introdotto nella cute manifesta L azione micidiale nulla ostante allo stomaco (5) : il veleno idrofobico invade direttamente gli organi biliari, e l' itterizia

arsenico

'a sua eoo

(1) Patl.ol special. Art. De rcnenis ne . U ':;:■: tlT TT\:\^''''''''' inclecomposte nelle ori- società luiiana lene ;d,.".e "" """'"^ "^' ^^ ^^'" ^<^'''

ryò °" '^'^'^^'"«"f-'^r. Kfsposfa dia crftfca r(d p. Fou-

(5; Bufalirif . Prospett. citai

S5o Scienze

prodotta .poco stante dopo il morso avvelenato fu notata dal Mead dal iMorgagni e da altri (i): e lo scorbuto il più fe- rale si è veduto al dire del Broussais immediataaieate suc- cedere dopo r azione sullo stomaco d' alcuni cibi avvele- nati (2) . Quindi molli tra i-quali son primi il nostro Fon- tana e il sig. Emmert dissero che alcuni veleni , e i poten- tissimi , come pognam caso quello della vipera , il Ticunas ii Lauro ceraso poco o nulla nuocendo a nervi , solo in- trodotti nel sangue manifestino i loro effetti mortiferi (3) : e già ben prima di questi illustri Tuano , Vepfero, Redi , Celso, Lucano, Brogiani tennero la stessa senteuza (4) II chimico cambiamento poro che nel fluido sanguigno per siffatti veleni si effettua non è ancor noto ; poco o nulla sapendosi della natura chimica delli stessi veleni . Perloc- io stimo doversi meglio le mentovate opinioni modificare affermando , che non nel sangue agisca il veleno , ma sui movimenti tonici abituali de' vasi sanguigni invertendoli a opposte oscillazioni . In falli saranno questi i veleni i più potenti ; avvegnaché d' un sol poco che cambino a ritroso ì moti del sistema sanguifero il cìrcolo del fluido animatore o si devia o s' arresta e la vita è incontanente troncata . Al contrario que' veleni che agiscono sui nervi saranno i più tardi a nuocere ; perocché a' nervi è quasi naturale la ri- concenti azione o la retroversione de' loro moli ondulatori dalle estremità al centro animale. /Vervi bifariam tnoveri' tur aut a cerebro in pai'tes , aut a partibns in cere- bntm (5) . Moltissimi fenomeni della umana fantasia offro-

(1) Morgagni Epist. cit. Mead. Fxposit. cit.

(2) Broussais. Exantien. etc. p. 278 (ò) Barzellolti . 0[). cit. T. 2.

(4) Brogian . De liydroph p. 12,

(5) Nicol. Valentia. De Ort. Gymnastic. Diatrib. Mechanieo- meilic. Part. 2. C. V. Liiig liti. rv!cer.;hc sopra le alicnaz. della rnci»- ic uir);u;a . T. 1. G. ò.

Azione Dìnamica de' Veleni . 55 1

no questo esèmpio . Sino lo slesso amore : perloccliè gli aa- tìchi sapienti favoleggiarono eh' e' fosse bendato; e vollero con «jueslo significarci che in quel dolcissimo delirio i sen- si per loco contrario moto più non badavano alle esterne impressioni . Quindi è che ai veleni narcotici e stupefacienti tianto niirjibili abitudini si raccontano .

A chi volesse credere tuttavia la maggiore parte de' veleni stimolanti basterà eh' io opponga le sperienze , onde i seguaci della nuova Teoria medica Italiana stabilirono coa- trostimolante l'azione dell'acido prussico , del veleno vipe- rino , del lauroceraso , ed altri veleni animali e vegetabili che furono anche fondamento d' analogia per reputare d' eguale efficacia que' veleni salini e metallici, che il Brera ed il Guani ritengono per irritanti (i). Come non si val^ a negare al Rasori al Trinchinetti al Mangili , e a moUi altri sperimentatissimi Italiani la trovata fiicoltà emiaeate-; mente controstimolante del veleno vipereo ; tanto meno contrastò al Borda ai Tomassinl quella eguale nel lauro- ceraso (2) verificata dal Mcad prima che noi vi pensassimo. Dediiniis pan> cani dice questo medico insigne unciam civciter lauro cerasi . Mox correptus ex violeiifis con- VLilsionibus citoque omnium membrorum usus inter- ceptiis est . Quum in eo esse t'ideretur ut exspirar^t , ad narps applicuimus phialam repletam spirita salis ammo- niaci fortior e atque ejiis paulluni in ventriculiim adegimus . Momento vim canis sensit, et continuato aliquando ejus usii recuperavit vim niovendi membra , post binas horas satis firmiter incessit et deinde onjn ino habuit bene (3i). Crichton Zimermana Canavcri aveanlo anch' essi per de- primente . E tale lo manifestano gli sperimenti rapportati

(i) Guani. Saggio cit. BreraLezionì svucóntagi. T. i. Avi. 4- (2) Tomassia. Prolusioni . nota 47-

552 Scienze

nelle Ti-nusazloai Filosofiche di Lenirà dal Fontaaa . Harl- maaa e Pleak lo consigliano nelle angine infiammatorie (i) . E fiiialaisate le curagioai di molle, mal a li e flogistiche colle sopramraentovate sostanze saline e minerali vieterebbono del pari di accordare a queste ultime altra facoltà dinamica che la controsti molante .

Ora queste cose avvertendo mi si richiamerh per av- Yentura come troppo vago d' arguzie in quanto non mi ap- paghi di nominare cotesta azione specifica de' veleni con- trostimalante , e vada tormentandomi lo spirito onde ricer- care se sia piuttosto che altro invertente . Se ben mi ricordo io ho notato innanzi che i veleni agiscono sulla fibra or- ganica . Quindi se volessi stare agli effetti tanto potrei dirli deprimenti , come irritanti , e anzi meglio mortiferi . Dico adunque che i loro afflitti apparvero contrastimolanti : per- ciocché tendendo essi coi loro modi dinamici a invadere i movimeiii tonici morbosi ritornaronli quanto era duopo ai loro gradi naturali , InnoUre avuto riguardo alla vita e alla salute nel difetto de' stimoli , e nel predominio de' contro- stimoli io non veggo che sia mestieri supporre un moto iu- verso nelle fibre , le quali ponno essere deboli flaccide e ri- lassate morbosamente e non essere in moto retrogrado . Quia- di il contro stimolo può affievolire disgiungere le coesioni orgmiche senza invertere . Adunque è tra di loro una varie- tà ; e se alcuni veleni ( ripeterò ) sono stati detti contro- stimolanti perchè hanno tolto l'orgasmo morboso d'alcune fleoinìsie ; citesta loro asione emulata in tali congiunture dall' acqua fredda o dal saalasso che non sono veleni , non fu ohe relativa e sempre 1' effetto della forza invertente di essi. Li quale forza io considero anche nell' opio , che è

(i) xVl:al. E)ipoiit. rit.

Azione Dinamica de' Veleni . 353

^.VLve uu veleno : loccUè noD fauno i moderul ; teneinlolo pei- il principe degli stimoli . ImperoccUi io peaso eh' egli vada diritto a' nervi e che durante la sanità i nervi della vita animale debbano avere un movimento intestino moleco- lare o filiforme dal centro all' esireniitct sensienti , per la necessità di mantenersi in relazione con gli oggetti che li circondano . Quindi congetturo che il dolore possa essere , piuttosto che sempre uno stato di controstimolo , talora anche un aumento preternaturale di questi stessi moti , nel quale aumeato colloco ancora il piacere j quando però di poco e con modo pacato e gentile avvanzi l'andamento abituale delle nervose oscillazioni . E penso ancora che lo stato naturale d' indifferenza sensuale si dia ; comunque negato con mi- rabile ingegno dal Verri (i) , e credo che lo costituisca lo stato di sensuale assuetudine alle ordinario impressioni. Che poi 11 dolore possa seguitare il piacere e questo quello, pare a me che ciò solo avvenga dove che 1 nervi oltrepassati i limiti del piacere e giunti a quelli del dolore , per riedere allo stato loro consueto debbono di nuovo toccare quelli in che le sensazioni furono prima dilettose . La quale operazione lanno alle volte da se j altrettante si procura con arte . E qui entra in campo la mia opinione sull'azione dell' opio, e qualunque altro veleno detto narcotico . 31 quale è in- vertente in quanto trovando i nervi nello stato loro monoto- no e riconcentrando il loro moto dalle estremità sensienti al centro animale distoglie molti sensi dalle esterne impressioni e così procura in prima la quiete con quella stupida con- tentezza che finisce poi col sopore : al di di questo avvelena. Ma se dessi erano elevati fino alla doglia , tendendo l' opio sempre ad inverterne i moti abbassa quel loro aumento os-

(0 Verri: Dell' indole del piacere e del dolore G. A. To. IV. 2 3

334 Scienze

ci lalorio talmentechè dovendo essi obbedire a questa novella forza che tende a riconcentrarli sen calano come per gradi , e toccando nella loro discesa quelli in che sta la sensazif)ne piacevole dilettano: più inchinati nella loro monotona quieta si riposano. Ecco come fu detto meramente sedativo ed ecco secondo me come all' opib eziandio compete la proprietà degli altri veleni di invertere cioè i movimenti naturali fibrosi della machina umana che su qu^'sta bassa terra hanno vita.

Cessi però da me, o signor Professore ornatissimo, che io p\v[ quel valore che abbino unquanco le ipotesi me- ritato voglia ora accordare a questa mia . La quale se nou giungerà nemmeno a quella pregevolezza onde solea dire Cartesio che quando molti fenomeni naturali con essa fa- cilmente si spieghino acquisti alcun dritto per esser riposta tra i veri j varranno i miei pensamenti per lo meno a mo- strare la necessità di riconoscere ne' veleni oltre le mani- feste azioni e volgari , anche un' altra essenziale e pelh- grina , la quale se non è la invertente , tuttavia occulta alle nostre indagini si mantiene .

Me le raccomando .

Ù3D

Sulla natura dell' infiammazione ec. Continuazione dell' Estratto del D. G. T.

Oi rivolge quindi il Clinico Lucchese alla disamiaa dei Siatomi proprj dell' iafiamniazioae , e trae da quella partito per convalidare la sua opinione . Il rossore in fatti , il ca- lore , r aumentata sensibilità , e 1' accresciuta secrezione dell'" organo affetto sono i più ordinar) fenomeni morbosi , che alla infiammazione fan treno. Non han bisogno però di di- mostrazione i primi due , il rossore cioè , ed il <;alore ; onde evidentemente ripetere la loro comparsa da copia maggiore di sangue nelle parti infiammate raccolto: gran pena esi- ge il dimostrarlo coli' aumentala sensibilità della parte. Im- perciocché richiamando a mente il gran numero di arterie , da che risulta penetrato un nervo giusta le più recenti co- gnizioni anatomiche , e la sensibilità maggiore , di cui gode un membro , quanto più è ingorgalo di sangue , e viceversa ; ne forma il Sig. Pistelli argomento , che la tensione prodotta dal sangue nell' estremità dei nervi deve essere mia condi- zione necessaria per la sensibilità, e che questa sia , per cosi dire , in ragion diretta dell' afflusso del sangue nella parte . Maggior impegno egli usa nello spiegare col medesimo ar- resto di sangue la secrezione accresciuta dell'organo affetto. Favorevole sostegno son per lui i novi vasi , e membrane , le adesioni , ingrossamenti , ed altre patologiche alterazioni ^ cKe negli organi infiammati si ravvisano j ma si diffonde nulla di manco nell' enumerare una lunga serie di morbose alftz- zioni , nelle quali aumentata riscontrasi l'escrezione degli umo- ri separati : tali sono la coriza nella flogosi della membmna schneideriana , la lagrimazione nella oftalmia , la salivazione uell' angina , il catarro nell'i logistiche affezioni dei bron-

23*

356 Scienze

chi , e del polmone ; ed ihn; simili , che per brcvith om- nietto -.^ Afjgiutige all' esposte cnnsid.Tazioiii i vant;ij^-i della secrezione assai inoglio favoiitn da un lento corso del san- gue , come ne fanno fede la nutrizione , e la riproduzione delle parti organiche, maggidre ravvisandosi la prima di c^tie- Ste nel sonno , nel feto , e negli individui inattivi , ed apatisti ; non che più attiva la seconda negli animali di san- gue freddo di quello sia iieali aliri detti sangue caldo. Onde poi evitare il rimprovero, che incontrar poteva 1' A., se non avesse fatto menzione della cotenna , e della fehbre , mercè due apposite annotazioni avverte in riguardo alla prima che sebbene da varie osservazioni sembri doversi dedurre, che la cotenna del sangue sia una conseguenza di cìrcolo ritardato , pure ha crednto egli usarne silenzio per non essere ancora ben certo, da che dipenda, ed in ciie dessa < cnsi- sta . D'altronde la febbre , come aumento della circolazione generale, non si deve riguardare in opposizione colla sua Dottrina , sostenendo Egli , che il circolo del sangue soifre ritardo nei vasi della parte infiammata .

Malgrado per altro 1' erudita diligenza del sig. Pistelli nell' esame dei sintomi nosologici , non possiamo dissimula- re , che egli sembra specialmente aver confuso 1' aumentata Secrezione dell'organo infiammato con quello stato, che noa appartiene mai al primo stadio dell' infiammazione ; stalo , il quale altro non è salvo che un cangiamento, che accade nella Condizione patologica dei tessuti già alFetti dalla flogosi . Cosi nell' epatilide p. e. potrà chiamarsi aumentata secrezione una maggior separazione di bile, ma non già qualunque produzione morbosamente operata da' vasi piisiiei , come le formazioni di nuovi vasi , di nuove membrane, adesioni, e simili preternatu- rali vegetazioni , quali essendo invece il risultamento di un nuo- vo processo organico-vitale operato dalla forza dell' arterlosità accresciuta, spettano non già al primo stadio dell'infiammazione.

Della Infiammazione 357

ma sibbene al cangiameuto, che subisrc quindi nel tessuto iu- Camniato la coodizione patologica . i)c1 pari considerar dobbia- mo, come un' alterazione delle consnele separazioni nei tessuti affetti cioccliè egli ritiene per ^uraeni.iia escrezione di umori separati iicll' organo infìinitnato . Cosi a cagion di esempio nel flusso dissenterico , leiirnrrdico , blcnnmggico preiuls quello stato di alterazione indisjicnsabile nell'organo affetto per dar luogo alla forma morbosa ora enunciata : Dunque non bawi un sem]>]ice aumento di escrezione degli umori separati : dun- que non (^ dessa una semplice conseguenza del maggioi'' af- flusso, 0 ristagno del fluido sanguigno, come immagina 1' A., ma ben' anebe della resistenza dei capillari , cbe il sangue ha superato nel farsi strada per essi in virtù dell'esaltamento dell' arteriosi , e quindi dell'azione plastica, che ha do- vuto subirvi , quantunque indecomposto . Pria dunque pre- cede l'esaltamento dell' arteriosità, quindi l'afflusso esube- rante di fluido sanguigno, e consecutivamente il di lui ri- stagno perla non corrisponthente reazione; cosicché partendo da questi dati conchiuder si puote cbe non è la contrattilità diminuita la cagion prima della infiammazione .

Dnir esame dei sintomi nosologici passa a quello delle cause si occasionali , che predisponenti alla flogosi , quali tutte riguarda il n. A. più , o meno idonee a favorire 1' afflusso , ed il trattenimento del sangue in una data parte . La prima , che fra le occasionali cagioni Egli considera, si è lo slimolo, o 1' irritazìor.e , avvertendo , che sotto In voce slimolo intende qui tuttociò , che punge , irrita , vellica ec. I piccoli invisi- bili vasellini soliti appena a dare il varco a qualche esile globetto di sangue , divengono pronunziati , e turgidi coli' ammettere nella loro capacità maggior copia del nominato fluido in virtù della proprietri che ha lo stimolo di richia- marlo in più abbondante quantità nella parte , ove esso agi- sce , Or questo esuberante afflusso non può prodursi dallo

358 Scienze

siimelo,^ se non coli' indurre dilatazione , e siccome siffatta dilatnzione dei vasi nel favorire un maggiore afflusso v' in- duce un rallentamento cìrcolo, cosi ne conchìude VA., che 1' effetto dallo stimolo , e dell' irritazione si è di richia- mare , e di trattenere nelle parti affette una copia più ab- bondante di sangue. Lo stesso rileva il sig. Pistelli avvenire in virtù di altre cause occasionali della flogosi , cioè del freddo , della corapresione meccanica , degli astrigenti , e simili , quan- tunque siano questi (come egli dice) mezzi piuttosto an- tiflogistici .

Questa medesima maggior' affluenza di sangue nei vasi , e ristagno ancor di quello in essi , spetta alle cagioni pre- disponenti alla llogosi . C'invita perciò 1' A. a riflettere dietro 1' avvertimento del Borsieri , che le paini più lasse , e più de- boli sono le più soggette all'infiammazione. in altro modo ad essa predispone la meccanica dilatnzione di una qualche parte , o viscere, come il confermano le flogosi , da cui ven- gono spesso attaccate le parti edematose, enfiseraatiche , idro- piche j la vescica soverchiamente distratta dall' orina j le vie gastro-enteriche troppo distese dai cibi , dall'aria, dalle fecce, le poppe oltremodo distese dal latte , per tacer dell' utero , che in istato di lenta flogosi il fanno riconoscere i fenomeni , che la gestazione accompagnano . Innanzi però , di perder di vista 1' esame delle cagioni predisponenti , sembra questo il luogo più acconcio di riguardar coli' A. quanto egli altrove dice in proposito delle predisposizioni , che hanno alla flo- gosi quelle parti , le quali abbiano già sofferta altra infiain- mazioue . Ammessa sotto questo processo la dilatazione della libra , ne siegue in virtù di essa lo snervamento della con- Uattilità , la quale perciò diminuita rende più alt(; le fibre n <;ubire l'ingorgo della recidiva infiammazione . Trova l'A, h conferma ciò nel parere di Montoggiì, il (juale si esprime rije la fnciliti di contrarre nuove infiainiuaziuui nelle parli

Della Infiammazione 35^

già state infiammate , nasce forse da una certa debolezza , e disposizione ad ulteriormente dilatarsi , che i vasi acqui- stano dopo aver già sofferto in altra flogosi siffatta dilata- zione . E per maggiormente corroborare 1' esposta dottrina aggiunge il sig. Pistelli aver egli le otto , e le dieci volte veduto assalire da pleuritidi alcuni istessi indivi'lu'i , ed averli altrettante volte perfettamente sanati col replicato salasso, e con un' interno metodo antiflogistico. Finalìiiente non da altra cagione, se non che da contrattilità difettiva , asserisce il nos-tro Clinico doversi ripetere il carattere pia lento , più ostinato , e refrattario della infiammazione n^ gli individui di fibra floscia , e rilasciata , quali sono i molli cittadini , gli scorbutici , gli idropici , gli scrofolosi , ec. di quello sia l' infiammazione , quantunque più imponente, ed orgogliosa , che nei giovani , nelle persone molto attive , nei contadini sviluppasi , in tutti quelli in somma di fibra mol- to contrattile .

Non pago il nostro ingegnoso A. di aver creduto col fiqj qui espost© riconoscere la cagion prossima della flogosi in un difetto di contrattilità , si sfor/.a di accumular nuove prove , onde chiuder 1' adito a qualunque opposizione , e impegna a trarne argomento nell' esame dello stato patologi- co, in cui trovasi la parte affetta da infiammazione. Una dei le circostanze annesse a questo stito si è la somma dif- ficoltà , che hanno le parti infiammate a contrarsi , come il conferma la vescica orinarla , ed il cuore nella cistilide , e nella carditide , la niuna , o assai debole contrazione di un muscolo infiammato, sebbene incitata ad agire, il maggior volu- me degli intestini infiammati. Siffatta dilataziouo , ed ingran- dimento di volume nelle parti, o visceri infiammati venne' già colla scorta delle anatomiche dissezioni enunciata da Wan' iàwieten , da Stgll , e da Mascagni , l'ultimo dei quali de- pone aver nelle sue injezionl rinvenuto maggiori del duplo,-

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triplo, e quadruplo ancora delle altre parli i vasi sanguiyoi delle parti infiammale ; di modocliò in tal foggia dilatale ve- nivano ad ammettere quattro linee , e più .incora di globelli , laddove nello slato di salute non ne riceveano, che una so- la linea .

Si rivolge quindi il sig. Pislelli alla esuberanza, e raduno degli umori segregati nelle parti infiammate per dichiarare dillettiva su queste la contrattilità. Riflette a tal uopo, che ia maggior dilatazione dei pori inorganici dei vasi sanguigni nelle parti afFelle da flogosi accusa un rilasciamento , e tor- pidezza nei sorbenti , Aderendo alle osservazioni di Crni- kshank, di Assali ni , des Jenettes , Mascagni, ec. riflette al- tresì, che siccome l'azione dei linfatici si appalesa più ;:t- tiva sotto qaelle cirscostanze , che o direttaments o indiret- tamenle favoriscono nella fibra il mutuo ravvicinamento del- le sue componenti molecole, ossia la sua contrattilità , quali sono p. e. la pressione meccanica, l'azione del freddo, e degli astringenti , la sincope , il timore , e tutti i patemi de- primenti , come anche 1' inedia , ed ogni sorte di evacua- zione ; cosi , ravvisandosi essa difettiva nelle parti attaccate da flogosi , dimostra in queste un opposto stato della fibra. Questo istesso difetto di facoltà contrattile comprova egli col- la gangrena, a cui talvolta soggiacciono i luoghi infiammali, ed in cui ravvisar gli sembra i caratteri della total ninn- can/.a di reazione della fibra , e della sua somma incontrat- tilltà .

Egli è però assai difficile ( come già scrisse n buon di- ritto uno dei più valenti letterati dei nostri tempi ) , per non dire impossibile , che le mediche teorie siano sempre sostenute da una scrupolosa analisi , e e da un ragionamen- to logico esattissimo. Coli' appoggio tal verilà ci auguria- mo , che voglia l'illustre A. prendere ia buon senso le obje- lioni sparse ia quesl' esame della sua fatica itin.-raiia ,. la

Della Infiammazione. 36 1

cjnale , s<>])berie a basi mal ferme appoggiata , e necessitosa di più irrefragabiìi prove onde ve<itii-o la forma d'inaltera- bilità decorsa non cessa perciò di lìiostrar' al pari dell' altre opere del medesimo una non ordiii.uia erudizione , e solti- gliezza d'ingegno. Onde poi attribuir uon ci si voglia a de- merito lo scjniflinar con soverchio rigore il merito di cias- chedaua proposizione ; senza perder di vista I' oggetto prin- cipale di ((uesta teoria, ci asterremo dall' aggiungere molte riflessioiii riguardo alle ragioni , cbe 1' A. desume dallo scru- tinio delie cause più ovvie dell' infiammazione , e dall' esa- me di alcune circostanze annesse allo stato patologico delle parti infiammate. Lungi perciò dall' esporre i nostri dubbj snll' uniformità di anione, e di efPcjito , cbe sembra il sig. Pistelli accordare allo slimolo , all' irritazione egualmente che al freddo , alla compressione meccanica , ed agli astrm- geuli : invece di consigliare la necessità di distinguere Io stimolo dalla irritazione , argomento con tanta lode trattato dal eh. Fanzago nelle sue Ist'tuzioni Patologiche, senza com- bettere 1' altra conchiusione dello stesso sig. Pistelli , che l'effetto cioè dello stimolo, e dall'irritazione si è di richia- mare , e di ritardire nelle parli afì'ette una maggior copia di sangue ; ci permetteremo di soggi iiugere unicamente , elle dalle ragioni dall' A. esposte in questi due ultimi articoli ravvisiamo la contrattilità diminuita come un' effetto , come una conseguenza della flogosi invece di poterla riconoscere qual cagione prossima di questa , come vorrebbe Egli tener per dimostrato. Vagliano in confermi di ciò le sue istes- se parole . Leggiamo alla pig. 3o, del nom\i\:\lo fascicoli) 3o. degli annali uni\'ersali del sig. Oinodeì la proposizione del n.A che l<t flogosi più ardita , più precipitosa , più im- ponente sviluppasi negli individui di fibra molto contrattile come i giovani , le persone esercitate , e simili , aggiun- gendo nella noia 3J, in grazia del maggiore sforzo , cito

362 Scienze

soffre la fibra : . . Dunque lo sforzo precede al difetto di eoa-' trattililS, la quale va poi a dimiiiHÌrsi dopo lo sforzo : dun- que procede l'esaltamento della vitalità, 1' aumento della proiezione circolatoria , dunque la contrattilità difettiva ( fe- nomeno , che posterioramente sussiegue ) non ò la cagion prima , la cagion prossima della fiogosi . Vagliano altresì le riflessioni già di sopra esposte, alle quali rimettiamo ino- stri Leggitori , potendosi quelle agevolmente applicare al caso presente . Ed in infatti , se conceder togliamo , clic r aumento , ed il raduno degli umori segregati nelle parti infiammate dipender possa da contrattilità difettiva per un rilasciamento dei sorbenti , non ridonda ciò nort ostante qne- to fatto in favore della contrattilità difettiva come cagion prossima della fiogosi j giacché 1' insufficenza , o difetto di questa contratlilìlà viene ad aver lungo dopo lo sviluppo già incominciato della fiogosi di cui va ad esporre un' elK;llo ^ il quale essendo dalla causa diversissimo , non dee con que- sta confondersi . « In proxiuiis vf;ro ( cioè nella cagioni pros- sime , son parole del prelodalo Prof. Fnnzago 1. clt. voi ii. c<^ pag. i5. 5. 46- ) coiiditiones illre omnes numerantur , quse' " (jnotios coeunt, totiea morlem stalim gignunt, qusnque num- cc •.^naiii prò morljosis elfectibus h;ib<.'od;i'^ suut , ncque cum iis « coni'undendje . «

Adduconsi finalmente jjfr più coiivenientc conl'erma della verità dell'esposta teoria i vantaggi del salasso, come ri- Hiedio il più opportuno per vincere la fiogosi , e se ne ri- chiama dall' A. contemporaneamente ad esame la cagione dei profitto . Giova infatti ( Egli dice ) nel primo caso col diminuire , o divertire il concorso del smgue dalla parte minacciata di flognsi in occasione di lerite , contusioni , di- strazioni , punline , pc, non piacendo all' A. soscriversi al parere ■[•v-i , cIh; giudicano proficuo il salasso in grazia soltanto della uiiuiuuiione delio stimolo , e dell' abbassamento,

Della Infla.mmazione . 563

elle ne deriva all'eccitamento, e diatesi stenica . Laddove nella cura de'U flogosi ritiene egli giovevole il salasso ia virtù dello Svuotamento meccanico della parte infiammata , e dove noa possa quello direttamente celebrarsi essere da altre locali detrazioni supplito , non esita punio a spin- ger tant' oltre 1' esuberanza , ed il numero dei salassi, cosic- ché a ridur venyasi la macchina in uno stato non salo di rea- le spossatezza , ma d' inaaÌ7.ione ancora appoggiando il suo parere alla grave autorità di Monleggia , il quale con tali condizioni li consiglia nelle tramantiche infiammazioni della testa , del petto, dell'addome . dubita ancora ( sebbene, per quanto ci sembra , senza molta necessità per il suo as- sunto ) dichiarare indispensabile il salasso nel trattamento delle infiammazioni sviluppale in soggetti deboli , cachettici , o insorte perfino in quegli i stessi individui che per prece- dute evacuazioni , e perdite profusissime furono per in- nanzi ridotti a^li estremi della vita avvalorando nuova- mente queste sue espressioni colla testimonianza di Mon- teggia , e colla sua propria esperienza. Ma in proposito di quest'ultima sarebbesi bramato, che il sig. Pistdli in tal' incontro si fosse diffusamente impegnato nel descriverci al- meno in parte quel suo copioso drappello di pleuritici al- tronde cachettici , decrepiti, consunti dalle faticJie, e dal- ia stento guariti con replicati salassi . Giacché se grande fu 1' ammirazione di quel suo volgo ignorante , che paventava im- minente la morte dei suoi infermi alla prima apertura della vena 5 maggiore sarebbe stata la istruzione di alcuni Pirro- nisti , i quali objettano tuttavia il funesto drappello di con- seguenze che sogliono d' ordinario in tali casi svilupparsi , ove pronta non succeda la morte , ma bensì un'apparente, imperfetta, e fugace guarigione. basta il ragionar del n. A. sulla identità della cagion prossima della flogosi all' epoca del suo primo «vilupp») . e dei suecessivi ai.i:<GcJti

364 Scienze

uno stesso individuo; non essendo, la malattìa, ma il ma- lato, che deve determinare le condizioni de! medicare . E perciò chiunque abbia attinta ( come s.iviameute dice il i^ro- fondo, e sagace scrittore Alibert ) tutta la dignità delh sin professione non sarà mai per trattare in un modo «iss -iti- tamente identico due individui colpiti dalla medesima aiie- zione, mai sarà per obliare che le forze vitali dell' orga- nismo animale non sono soggette all»^ leggi delle mediche teorie .

Formo altresì l'A. nella sue ipotesi è di parere , che la cagione immediala del proQtto , che il salasso arreca nella cura delle infiammazioni debba riporsi nel mutuo ravvici- namento , che si viene a procurare colle sottrazioni sanguigne nelle molecole della fibra , e nel favorirsi perciò il rinvi- gorimento della contrattilità istessa . Varie sono le prove , col- le quali intende dichiarar dimostrata la sua opinione , e tut- te riduconsi specialmente a consigliar ( nelle circostanze, in cui non possono le parti infiammate salassarsi diretta- mente come nelle forti inHammazioni interne ) abbondanti deplezioni , ed a preferirle piuttosto ( coli' appoggio della sua esperienza ) protratte fino al deliquio an/.icliè istituir- le a riprese, e dove il sangue esca a stento. Inoltre secon- do i principi stabiliti dall'A. si viene a fissare dietro l'au- torità di Frank il vSeuiore per misura del salasso nella cu- ra delle infiammazioni il carattere grave , ed i tsistcnte dei sintomi organici , o nosologico , i quali dipendono dall'in- gorgo del sangue nei vasi delle parti effelte j non dovea* dosi , all' incontro prender norma dalle forze del polso , dal- lo stato cioò della costituzione universale . Sotto il medesimo punto di vista , di favorire cioè la contrattilità nei vasi del- la parte infiammata , considera egli al pari dei salassi 1' azio- ne di altri mezzi soliti comunemente a prescriversi in ta- li emergenze, come la rigorosa dieta , gli emetici , i pTirganti,

Dilla Infiammazione . 5(55

i cUafoteiici, i bagni, le tiepide ferineatazionì , gli epis- pastici .

Ma innanzi di progredir più oltre non possiamo a meno di non rilevare che siffatta opinione dell' A. decorata dal- la «unzione di un uomo, la di cui autorità è così po- terne in materia di clinica osservazione , qual si è il eh. Cousi-liere Frank , soffre un fortissimo ostacolo per parte del medesimo Frank , il quale nel!' istesso paragrafo (j) , donde il Sig. Pistelli ha tratto per se il documento, av- verte: Pa/z/,/i interest, quo denium ex bracino cruor mit- tatar , dumniodo hic ipse cani linpetu sai mullus , non ta- nien ad Lypotimiam usque prosiliat . . . Vencesectionum numerus, sanguinisque detrahendi quantitas violentice ijior- hl, epidemie nalurcB , tempori , quo instimi illcB ceperunt , temperamento , estati , sexui , viribus , ac demum ipsi 1m~ jus auxilii cjectui correspondeant oportet . Paucce sub ipso morbi principio institutce vencesectiones non raro morbum promptissime divertunt ; sed ( ed ecco come sembra do- versi conciliare , ed intendere il passo riferito dal Sig. Pi- stelli ) plurimum jam infurcto pulmone ( cioè , ove 1' in- gorgo nella parte affetta sia oltremodo accresciuto; ove il salasso o salassi non siansi a tempo debito istituiti, ma siasi di- sprezzata nel suo principio la cura della infiammazione : allora egli è , che ) nisi plurimus sanguis andacter mittatur , cer- te vel mortis, vel non fere minus lethalis suppurationis exitus pericula instant. £ per tal ragione conviene op- portunamente ciocché qui appresso soggiunse Frank, e che dal Sig. Pistelli riferito senza le antecedenti parole variava assai molto di peso, cioè Djspna^ce , anhelationis , angu- sti fa ,'dolo-isque: non pulsus , hic potissimum habenda est ratio . . . con quei che siegue . Che se poi alla sperienzà

(i) §. 198. Tom. IL F.pit.

566 Scienze

del Sìg. PislelH sul merito del salasso ari animi deli(]uium giovasse 1' opporre la voce di altra esperienza ; qual più in- genua , filosofica , ippocratici potrei conlraporne di quella del Gelmetti confermata dal Moscati , e seguita con sempre co- stanti, e felici risultanze da Brera (i), di quella del eh. de Mattheys saggiamente descrittaci alla X. Istoria del ce Ra- ce tio Instiluiti clinici Romani , ec. » di valersi cioè delle leg- gere emissioni di sangue da ripetersi fra lo spazio di po- che ore qualora il bisugoo Io richiegga ? Al favore di que- ste testimonianze luminose concorrono ancora le circostaa- ze svantaggiose , e spesso funeste , che disgiunte non so- gliono andare dalla pratica dei salassi ad animi deliquium , quali sono la trasmigrazione di dialesi, o il difetto delle opportune forze , o la seguela di nuove forme morbose , come idropisie , cachessie , itterizie ec.

Onde poi non accordare una maggior estensione a que- st' Articolo già divenuto prolisso , lascieremo di rilevare la convenienza maggiore degli emetici , o purganti nella cura delle infiammazioni , allorquando siano queste associate a gastriche irritazioni : 1' opport\mità piìi lodevole dell' uso de- gli epispaslici dopo I' abbassamento della diatesi per evita- re il danno dell' anmento della flogosi , e del maggior esal- tamento della dialesi universale , e per conseguire il van- taggio di rimuovere allora la condizione degli effetti del- la flogosi , di favorire 1' assorbimento , o di perturbare ezian- dio con un'artificiale antagonismo il processo morboso della parte affetta , e cosi togliere le reliquie della morbosa con- dizione locale . E qui a torlo sembra querriirsi 1' A. dei moderni, i quali a par di lui ripiijudano vantaggiosi ì ve- scicatorj nelle infiammazioni , come fra gli altri lo depone

(i) Annetazioni Medico -pratiche Voi. II. § CXLIV pag. 5+. net. z.

Della Infiammazione. 267

Tribcrtì (i), e non già nocivi come egli asserisce . Ma su di ciò merita di esser letta la sesta nota assai giudiziosa dell' abile dottor Puccinotli annessa ad un' epistola medica ine- dita dì Baglivi , che forma il soggetto di una lettera diretta all'eruditissimo Sig. Acerbi Direttore della Biblioteca Italia- na , ed inserita nel Fascicolo ^i questa per il mese di mriggio del corrente Anno. Lascieremo altresì di rilevare, se realmente convengano nel trattamento curativo della in- fiammazione tutti gli altri agenti , che 1' A. in virtìi della propria , ed altrui esperienza riguarda utili nella cura del- le flogosi di qualsiasi genere , e grado , come il freddo , e le sostanze saline, e gli acidi di ogni specie, e gli ossi- di , e la graduala compressione meccanica , e gli spiritosi , ed altri . Sostanze tutte son desse , che secondo il Sig. Pistelli , posseggono più o meno o univer.salmentte o spe- cificamente la facoltà di ravvicinare i mutui contatti del- la fibra , ossia la facoltà astringente , in grazia della qua- le esclusivamente , e non di altra qualsiasi ritiene e%li per fermo , che vincasi da esse la flogosi non essendove- ne a dir suo veruna fra quelle sostanze , che tal facoltà non goda , o che possieda una virtù costantemente op- posta . Invitiamo bensì i nostri leggitori a gustare 1' origi- nale ubertoso complesso di prove , che il n. A. riunisce a fin di corroborare questa sua ultima testé enunciata pro- posizione non essendo quelle suscettibili di esser compen- diate senza letteralmente riferirle per intiero e senza ag- £^i ungervi qualche ragionevole opposizione , da cui se non jjQssono andare immuni tutte le produzioni degli uomini , assai meno lo possono alcuni medici-argomenti soliti ad esser' invasi e dibattuti dal rapido , e tumultoso avvicen- darsi delle teorie .

(i) Bibl. Ital. di Milano fascic. So. pag. 3^3.

568 Scienze

Tale si è lo spirito di f|iiosta disserta/.tone dell' ac- curato , ed illustre Si^. Pistelli , colla qnale intende Egli aver dimostrato , clie nel difetto di contrattilità in qualche parte del sistema sanguifero consiste V essenza , e la ca- gion prima delV infiammazione medesima,,.

Auguriamo poi al prelod. Autore che voglia ciascu- no dimeuticarsì di aver già gustate le idee della sua teo- ria presso qualche altro scrittore , e che tutti perciò tra- vinsi in grado di usare seco lui un atto di generosa con- discendenza nel!' accordargli il merito di quella novilh , che nel proemio della sua Dissertazione sembra aver es- presso con piacere asserendo , tentar nuovi passi , istituir nuove ricerche onde riempire , se jia possibile , questo t'oto nella scienza patologica .

3GC,

analisi di alcuni minerali. Memoria del Sig. BerTelius (l), Estratto .

L

e analisi che il Sig. Berzelius va «onlinuamente istittien- do sopra diverse sostanze minerali , e delle quali ha di già fanto arricchito la mineralogìa , non possono non risvegliare r attenzione di quelli che coltivano questa scienza . Ci af- frettiamo perciò a riportare i risultati di quelle che ha ul- timamente intrapreso sulla Tfawellite, sul piombo gomma, sulla Cretonite , sulV Euclasia , sulla Giallamina della mon- tagna vecchia presso Limbourg , sulla pirite bianca , sulV Uranite d' Autun , e sul fosfato di manganese di Limoges .

/. Wawellite .

Il celebre Onofrio Davy fu il primo ad esaminare que- to mineiale . Egli vi trovò ^o. p. e. d' alumina , e 3o p. e. d' acqua , che conteneva le tracce di un' acido , il quale non aveva caratteri ben distinti degli altri acidi conosciuti. Qn.dche tempo dopo fu annunziato che nella Wawellite si trovavano qualche volta i segui dell' acido fluorico che vi era però accidentalmente mescolato . In seguito di alcune spe- rienze fatte dall' A. divenne sempre più probabile la pre- senza di quest' acido . Ma avendosi egli procurato V anno scorso, mentre era in Inghilterra , una maggior quantità di Wawellite , ne intraprese un'analisi esatta , la quale non s;)lo gli confermò l'esistenza dell'acido fluorico, ma gli fe- re scoprire anche quella dell' acido fosforico oltre una pic- cola quantità di calce , e di ossidi di manganese, e di fer-

ri) ( .uiriaJ. (!e cliim. et pliys.) Settembre li^tij. G. A. To IV. 24

570 Scienze

ro . Le^ proporzioni di tutte (queste sostanze sono coma sìe- gue.

Aliimina 35 . 35

Acido fosforico 33 .

Acido fluorico , . . 2 . o6 .

Calce o . 5o .

Ossidi di ferro e di manganese . , . . . i . 5o .

Acqua . . , , . . 26 . 80 .

99 . 36 , Dietro questi risultati conchiude 1' A. ce t,a Wawel- cc lite dcv' eSsere considerata come s.'^le doppio con una ce base , e due acidi ? Sarebbe dunque probabilmente cont- ee posta di 12, atonù di sotto fosfato sopra uno di fluato . ce AJa nello stato attuale delle nostre cognizioni si farà for- ce se meglio di considerarla Come un miscuglio dei due sa- ee li , lantoplvi che si sa che piccole quantità di fluato di ce calce accompagnano il fosfato di questa base tanto nel ce regno minerale , che nei due regni organici , e che per ce una ragione analoga questi due acidi possono- trovarsi me- <c scolati anche nella loro conibinazione coli' alumina .

//. Piombo goniììia Analoga alla Wawellite è slata considerata questa so- stanza , nella quale si era trovalo alumina , actjua , e os- sido di piombo . La medesima fu rinvenuta a Huelgoaet , e per la sua somiglianza colla gomma t;bbe il nome piombo gomma , Secondo un' analisi fatta da un incognito essa con- teneva :

Acqua e acido solforoso 16. 7.

Silice 1.0.

Ossido di piombo \ . ' . y . 34 . 3 .

Alumiaa . . : . , ^B . o »

Qualche traccia di ferro e di fosfato di piombo .

Analisi di alc. Minerali. 371

Berzelìus per altro avendone ricevuto in dono da Gil- let Laumont una piccola quantità , ed avendola sottoposta all' analisi , ne ha ottenuto i seguenti risultati .

Ossido di piombo 4^ * ^4 -

Alumina 3j . 00 .

Acqua . , I i8 . 80 .

Acido solforoso , . . o . 20 .

Calce, ossidi di ferro e manganese . ' 1 . 80 . Silice . . . . # , . o . 60 .

98 . 54 .

Questo minerale presenta il primo esempio , dice 1' A, d' un solfìto in un terreno non vulcanico , Sembra che nel- la formazione di questa combinazione abbia avuto luogo uno sviluppo di gas acido solforoso , il quale sia stato as- sorbito dalle due basi a diverse epoche in quantità varia- bili j perchè se si metta il piombo gomma nell' acido ni- trico caldo , si vede sulla sua frattura transversale eh' esso è formato di strati concentrici, il di cui colore volge al bianco di latte con un'jnteqsità ineguale per la quantit^i variabile di solfato di piombo che si forma .

Il piombo gomuia è dunque un aluminiato di piom- bo con acqua di combinazione , e la sua composizione non è punto analoga a quella della Wawellito . Esso deve ave- re il suo luogo nel sistema chimico di mineralogia fra quelle sostanze, che formano la famiglia del piombo j ed il suo nome sistematico sar^ , secondo lo spirito della nomenclatura di Hauy piombo aluminiato .

III. Cietonite

Questo minerale è stato descritto per la prima volta dal G. di Bournon . Cordìer l' ha sottoposto ad un' esaoie particolare , ed in uno degli ultimi numeri degli annali delie

24*

372 S e I E N Z K

miniere ha pubblicalo la descrizione de" suoi caratteri esterni . Credevasi , che questo minerale contenesse la circonia . Gii- let de Laumont ne donò alcuni saggi all' A. perchè verificasse quest' opinione . Nel fondere egli la cretonile col sale mi- crocosmico alla lampada fino a tanto che la massa fosse con- vertita in un globetto trasparente , osservò che mentre si raffreddava , dopo avere quasi interan>ente perduto il color verde , ne prese un' altro rosso di sangue tendente al giallo , il quale giunse al suo massimo allorché il globetto fu intera- mente raffreddato . Questo è un carattere proprio dei mine- rali , che contengono il ferro combinato coli' acido tungstico , o coli' ossido di titano , Aggiungendovi una particella di stagno metallico , e fondendo di nuovo il globetto , esso prese il colore di porpora, che caratterizza 1' ossidulo di titano. Dopo questi saggi passò 1' A. all' analisi . Ridotta la cre- tonitein polvere , la fece stare per 24- ore in digestione nell' acido muriatico , e con questo mezzo ne separò la silice . Il liquido dopo essere stato neutralizzato dall' ammoniaca , fiì trattato coli' ossalato di quest'alcali: il precipitato ottenuto la- vato ed asciugato era bianco , e presentava tutt' i caratteri dell'ossido di titano . Siccome si era 1' A. avveduto che il liquido conteneva del ferro allo stato di ossidulo , lo me- scolò coli' acido nitrico , e lo fece bollire alcuni momenti ; dopo di che Io precipitò coli' ammoniaca . Il precipitato ave- va tutt i caratteri dell' ossido di ferro , sebbene contenesse an- cora qualche traccia di ossido di titano . Un accidente sopiav- venuto impedì all' A. di continuare le sperienze , che ave- va incominciato per esaminare la purezza delle sostanze ot- tenute ; e siccome questo minerale è talmente raro , che non se n' è potuto procurare una nuova porzione , ha cre- duto di pubblicare queste sperienze malgrado lo stato d'im- perfezione in cui si trovano , poiché serviranno sempre , cosi egli dice , ad indicare , che la Cretonite deve avere

Analisi di Alc. Minerali . 373

il suo posto nel sistema di mineralogia fra i ferri titanatì.

//^. Euclasia

Avendo 1' autore ricevuto un saggio di questa pietra rara dal Sig. de Souza antico incaricato della corte di Li- sbona , lo ha sagrificalo ad una sperienza analìtica , la qua- le gli ha fatto conoscere essere 1' Euclasia composta di sili- ce , alumina, glucina , ossido di ferro, e ossido di stagno" in queste proporzioni , cioè ,

Silice 43 . 2ÌÌ .

Alumina , . . , . 3o . 55 .

Glucina 21. 78.

Ossido di ferro a . 22 .

Ossido di stagno 0.00.

98 . 47 . /^. Giallamina della montagna vecchia presso Limbourg Smithson ci ha fatto conoscere la composizione del- le diverse specie di giallamina ; ma non avendo égli deter- minato con bastante precisione la quantità d' acqua nel si- licato di zinco , 1' A. ne ha intrapreso di nuovo l'esame, di cui eccone il risultato .

Silice 24 . 894

Ossido di zinco ••....'.... 66 . 836

Acqua ...,..., 7 . 460

Acido carbonico . o . 45o

Ossidi di piombo , e di stagno o . 3oo

99 940

VI. pirite bianca

II cel. Haiiys avendo donato all' S . un saggio di que- sto minerale ben cristallizzato , egli lo ha sottoposto all' analisi , dalla qmle ha ottenuto le seguenti sostanze:

o .

5Gi .

53 ,

. 35o .

o

. 800 .

574 Scienze

Ferro . . . , 4^ 1 3i4

Manganese , . . . .

Zolfo

Silice .

100 . 027 * A questi risultati aggiunge 1' A. le seguenti osserva- zioni . Ora , egli dice , il rapporto del ferro, e dello zolfo in questa pirite è talmente d' accordo col risultato calcola- lo per la pirite ordinaria , o il bisolfuro di ferro ( ferro 45 . 74 zolfo 54 . a6 . ) che non v' è alcuna ragione di considerarli come diversi . La presenza d' una traccia di bi- solfuro di manganése non basterà probabilmente a spiega- re la differenza della forma primitiva fra le piriti bianca e gialla. Il risultato dell' analisi della pirite bianca , è vero , quasi uno per cento di zolfo di meno del risultato calco- lato ; ma oltreché ciò accade anche colla pirite gialla , que- sta circostanza è dovuta alla presenza d' una certa quanti- tà d' ossido di ferro mescolato alla pirite , come si trova in quasi tutti i minerali. Eccone la prova . Ha fatto Egli di- gerire la pirite neil' acido muriatico coli' idea di scoprire per mezzo dell', odore epatico la presenza del solfuro al mini- mum , ma non si manifesiò alcun' odore j al contrario l'aci- do si colorì fortemente in giallo , e dopo averlo decantato e soprassaturato di Ammoniaca lasciò precipitare un poco d' ossido di ferro .

Le due piriti in questione presentano dunque, per quan- to sembra all' A. , una nuova eccezione analoga a quella delle due forme primitive del carbonato di calce , la di cui causa sia chimica sia fisica sarà piìi interessante a misura -ehe sarà difEcile a scoprirsi ,

/Y/. Uranile d' y4ulun

Questo minerale è stato considerato per un puro os-

Analisi di Alg. Minerali . 5; 5

sìdo giallo di Urano . Da alcuae sperienze fatte alla latti- pada si era avveduto 1' A. eh' esso conteneva deli' acqua ; e volendone determinare la sua quantità , trovò una mancanza di rapporto fra la parte non volatile , e Y acqua . Que- sta circostanza lo impegnò ad esaminare con attenzione que- Sto minerale: trovò allora, ch'esso era una combinazione di calce coli' ossido giallo d' Urano e col P acqua , ossia un vero uranato di^ calce con acqua di combinazione .

L' analisi di questa sostanza presentò alP A. delle dif- ficoltà inaspettate , poiché i mezzi ordinarj di separarne la calco non furono sufficienti. Dopo molti saggi, nei quali fece uso dell' ammoniaca caustica , che precipita una gran parte della c^lce coli' ossido di urano , dell' ossalato e del carbonaio di ammoniaca , che formano un ossalato ed utì. cdrbotìato doppio di calce e d' ossido d' Urano , trovò che questa minerale si può deconiporre facilmente tìeila maniera seguente . Si tratta al fuoco finché divenga rosso per scac- ciarne l'acqua; si scioglie in seguito nell'acido muriatica a freddo ; si diluisce ÌI liquida concentrato coli' alcool , si separa la soluzione dalla matrice non disclolta , e vi si ag- gninge un miscuglio d'alcool con un poco d'acido solfo- rico concentrato. Si forma del gesso che si precipita, e che si lava coli' alcool . I liquidi spiritosi si mespolauo col- r acqua , se ne svapora 1' alcoo| , e si prsqipita 1' ossido d'ura- no coli' ammoniaca . Jl liquido che resta si svapora a siccità , si riscalda il sale, il quale lascia per residuo Un poco di silice, di magnesia, e d'ossido di manganese . L'ossido di Urano precipitato contiene dell' ossido di stagna. Ecco il ri- sultato di Urta delle analisi di questo minerale.-

576 Scienze

Calce

Ossido d' urano . . ,

Acqua

Ossido di stagno , ,

Silice magnesia , ossido di manganese Matrice insolubile

. 6.

78.

72.

i5.

i5.

70-

0.

75-

. 0.

8(».

2.

5o.

98. 77-

Vili. Fosforo di manganese di Limoges

Noi dobbiamo la conoscenza della qualità dei princìpi costitutivi di questo minerale alle ricerche del signor Vau- quelin ; ma siccome all' epoca , in cui fatta la sua ana- lisi , non si conosceva ancora 1' uso del succinato di am- moniaca per separare i due ossidi metallici , il risultato che aveva ottennio non era d'accordo colle proporzioni chimiche , Per questa ragione ha voluto l' A, intraprenderne di nuovo 1' analisi sopra un saggio di questo minerale , dovuto alla generosità del signore Haiiy . Da quest' analisi risulta, eh" esso è composto delle seguenti sostanze :

Acido fosforico , . 32, 78.

Ossidulo di manganese 32. 60.

Ossidulo di ferro 3i. 90.

."Sotto -fosfato di calce 3. 20.

100. 4^'

Questi due ossiduli , conchiude 1' A. , contengono la stessa quantità di ossigeno ; essi formano dunque un sale doppio la cui base è la medesima della Tantalite di Ki- mito , e della Pyrosmalite . La quantità d' acido fosforico ottenuta basterà per dare un fosfato neutro con uno degli ossidi . Il sale doppio è dunque un sotto fosfato , in cui 1' acido è combinato con una qti.-mlità dnppia di base del sale neutro , siccome ha luogo nella \Va\vellite . Vauquelin

Analisi di Alc. Minerali . 377

aveva già supposto , che questo minerale si doveva consi- derare per un fosfato doppio. Alcune sperienze fatte da d' Ar- cet figlio sembravano al contrario provare , che la quan- tità del ferro vi era variabile , e che i saggi d' un co- lore più chiaro ne contenevano solamente delle tracce . L'A. ha ripetuto la sua analisi sopra un saggio di un colore me- no scuro del primo ; ma ha trovato che il rapporto dei prin- cipi costitutivi, era lo stesso. Le sperienze dunque di d'Ar- cet , cosi termina 1' A. , lasciano presumere , che nel me* desimo luogo vi sia tanto il sotto - fosfato doppio , che il 50tto- fosfato di manganese senza ferro, o «on miscugli poco considerabili di sotto - fosfato doppio .

378

mmtÈmà

ARTI

BELLE ARTI

L' Eneide di f^irigilio recata in versi italiani da ^nni' baie Caro : Tomo I. Roma nella Stamperia De Ro^ manis 1819. fai. figurato.

Il volgai-iziamentoi della Eneide fatto dal Commendatore Annibale Caro , vissuto in Roma nella corte magnifica del Cardinal Farnese , è una delle più grandi opere di cai si dia vanto 1' italiana letticratura , Ed è gih collocata in tale altezza di onore , che 1' uomo non può più lodarla senza fare cosa soverchia . Ma nel mentre che tanti libri indegni d' ogni lode sono comparsi al mondo in belle mostre di pompe tipografiche , questo solo desiderava ancora chi ac- compagnasse la intrinseca bellezza con quella di una splen- dida e vaga edizione . Talché può dirsi che l'opera del Cara paresse una fanciulla Vaghissima , che unta per aver gale da regina , si fosse finora coperta d'umili panni , e più spesso ancora di poverissimi cenci .

Ma in Roma si è finalmente vendicato I' onore del Card sotto gli auspici di S. E. la Sig, Duchessa Elisabetta di De- vonshire nata Hervey , la quale ha immaginato e fatto ese- guire nella tipografia De Roraanis questo nobile lavoro in modo cos\ magnifico , che gli amatori delle arti , e della lettere italiane hanno a rallegrarsi d' assai , che questa ba- nemerita , e eulta protcggitrice degli Artisti , e de' Letterali abbia lasciato pec alcun tempo il Tarexi^'i , e le giovi e le

L' Eneide di Virgilio Fig. 079

piaccia il beato oliala d' Italia : e qui nutra 1' amor suo , e la sua doltriua nelle arti , ed ajuti gli studj , e u,V inge- gni con ogni genere di munificenza .

Non loderemo la caria , i caratteri , e 1' esecuzione ti- pografica j poiché la stamperia d*l Signor De Ronianìsha dato altri esempi di splendide edizioni , le quali già raccomandano ai posteri il ixome di questo nostro tipografo . Ma due qualità sovra le altre rendono preziosa questa edizione ; perciò di qué- 8te faremo brevemente parola .

La prima sia l'emendazione: la quale ognuno sa quanto nel libro del Caro fosse desiderata: e sempre inutilmente. Perchè non v' ebbe ancora uno stampatore che or più ed or meno non lo avesse lacerato , e lordo con guastamenti , e brutture d' ogni ragione. Sicché l'aver posta mano a Panar- lo , ed a purgarlo, vuole numerare tra gli atti che vengono da spirito di carità . 11 che non può non essere grandemente lodato da lutti i generosi animi , e da quanti Italiani sono grati alla memoria de' loro maestri ; veggendo che dopo duecento quarant' anni (i) non si è negato al fine a questo Classico il suo onore , e il suo diritto : l'onore cioè di una ricca edizione , e il diritto una lezione emendata ; alla quale per le premure prese anche in questo dalla chiarissima editrice hanno inteso alcuni de' nostri Letterati . Ma cer- tamente chi vorrà per 1' avvenire curare le ristampe del Caro , dovrà seguire la Romana edizione : e questa dovrà citarsi da chi ampliando il nostro vocabolario noterà final- mente 1' Eneide tra P opere di colui , onde 1' Accademia della crusca ha notato l' epistole famigliari , e 1' altre cose eh' egli scrisse da scherjo .

(i) La prima ediiione del Caro fu in Veaezia per Bernard» Giuriti lòiSi. iu 4'

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La^ seconda qualità , onde poi questa edizione si farà singolarissima dalle altre , è quella de' Rami , rappresen- tanti ! luoghi nominati nel poema : e mostrali in quel!' as- petto in che si trovano a' giorni nostri . Concetto veramente leggiadro, mosso da sola vaghe/./.a di nuvìlà , ma ben* anche da grave senno : percliè il leggitore con quel libro in mano vive con molti secoli : cioè cogli antichi ne' versi del divino poema , e co' moderni nelle tavole che 1' ador- nano ; ond' è che congiunge idee fra loro lontanissime : e le andate grindezze di Cartagine e di Troja paragonan- do colle lor presenti rovine , vede e tocca in un libro stesso il girare de' casi umani , e !a misera fine delle più potenti nazioni dell' universo .

La prima tavola è d' invenzione , e disegno del Cav. Carauccini : pittore di quel raro merito che già sa tutta Italia . Vi si rappresenta Virgilio che legge V Eneide avanti la famiglia d' Augusto . L' odono sedendo Livia , Ottavia- no , ed Ottavia ; Mecenate è in piedi . E l'atto delle fi- gure segna il momento in cui il tenero poeta toccò della molte de! giovinetto Marcello . E la madre ( come narra Donato ) (0 svenne per lo dolore della memoria : e gli altri tutti ne piansero . il valente artefice ha finto il caso di notte ; ed un candelabro acceso riscliiara d' mia bella m?ssa di luce la Donna abbandonata fri le braccia d'Augusto. L'altre figure sono in giuste d(';;radazioni di ombre , quasi secondo la dignità loro . Nel ohe il Romano artefice ha mostralo assai ingegnoso accorgimento .

L' incisione è del signor Pietro Beltelini , uno de' pri- mi maestii eh' abbia 1' Italia .

Segue la tavola, ove ò Cartagine ; non come al tempo di

(0 Don. in Vit. Vjr;

L'Eneide di Vìroilio Fig. 3')1

Ditlooe , ma come al nostro . E' ana bella piaggia di mare con un castello nell' acqua , e liete colline d' appresso : e pog- gi in fondo : e forse in quello stato medesimo , in che la trovarono i Fenici prima che vi fondassero la colonia. Il disegno è stato fatto nella stessa Cartagine da un valoroso della marina inglese , che agli studj della guerra accoppia quelli delle arti ; e con valore non dissimile .

L' incisione di questa tavola . e le seguenti sono del si- gnor Guglielmo Federico Gmelin Prussiano che nell' incidere marine , boschi , e paesi forse non ha chi lo avanzi ; e special- mente le nuvole , e 1' acque non ponno trattarsi più leg- gere , più lucenti .

Il primo libro è chiuso da una gentile imagine di Venere con Ascauio che le dorme sulle ginocchia : invenzione ed opera della eulta e gentil Dama Lady Carolina Stuart Voilley , nepoto della prelodata signora Duchessa . E questo disegno si può sicu- ramente celebrare come uno de' più squisiti ornamenti del li- bro . La Venere siede sopra alcune nuvole che pare che s'abbiano a muovere coli' alito , ed è cosi cara, e vestita di tanta grazia ; e così soave è il fanciullino eh' ella ab- braccia che nulla si può vedere di più amabile , di più finito .

Il signore Battei ini ha inciso questo gruppo con mae- stria tutta degna di lui .

Il signor Federico Guglielmo Geli si è recato sul!' in- felice terra , dove Troja già fu . E con grandi e semplici linee ci ha mostrata quella immensa pianura , che servì di campo all' Asia , e all' Europa ivi condotte in guerra . Vi serpeggiano ancora que' due celebrati ruscelli che vincono la gloria di molti gran fiutai . E quella vasta solitudine \'h così bene ritratta , che 1' uomo non la guarda senza un efi'etto di pietà mescolato a molta venerazione .

^ Col Laocoonte del Vaticano è chiuso il secondo libro.

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E per conoscerne la bellezza basii a dire , che il disegno è del signore Minardi , e la incisione del signore Pietro Fontana , nomi cosi chiari , che ci scusano ogni elogio . Solamente non vogliamo lasciar di osservare che sarebbe grande utilità , se tali maestri disegnassero a questo modo tu4ti i capi lavori degl' antichi , e de' moderni scarpelli . Per- chè in questo esempio del Laocoonte ravvisiamo una tale maniera cosi franca , così corretta , e contornata con taglio cosi sicuro , che i giovani artisti ritrarrebbero indubitatamen- te un salutare nutrimento ai loro studj , quando avessero le buone statue disegnate dal signor Minardi , ed incise dal signor Fontana .

Al canto terzo è un bel mare colla lontana vista de' lidi d'Italia : che ancor sono eguali a que' medesimi che vide il pellegrino di Troja : perchè ì Regni , e le Città si sfasciano , e muojono : ma la terra slh . M. Eastlae 1' ha cosi disegnata dalla sua nave . Ed è a notare eh' egli ha vinta coli' arte la povertà del soggetto : in cui non aveva a ritrarre che un mare in bonaccia , un cielo sereno, e un lido che si perde nella lontananza . Tutte cose che sono contrarie a quella verità ed a qiiel movere d' oggetti di cui priiirìpalmente compiacesi la pittura. Ma la diflìcoltà eh' è vinta cresce il merito di chi la vince.

Del signor Francesco Gate 11 parlammo altre volte ia questo giornale : per ciò ripeteremo le cose già dette iu onore di lui ; essendogli gran pregio il dire , eh' egli è sem- pre uguale a se stesfo . Quindi quesl' opera ornandosi di molti lavori del Cateti , vogliamo credere , che anche il no- me di tale artista le acquisterà molla grazia presso gì' in- telligenti .

Recatosi egli a} monte Agragaqte ne ha dipìnto 1' aspetto vero , e specialmente quella cima da cui si vede a sinistra il mare , e a destra dalla lungi la nuova città di Girgenti .

L' Eneide di Virgilio Fig, 383

Nel mezzo tengono il campo quelle colonne, che ancor ri- mangono del tempio di Giunone Lucina , La cui vista sa- rà gradita anche agli archeologi , che da questa tavola co- nosceranno il presente stato di quel tempio che fu già si so- lenne .

Il quinto libro è chiuso coU' incisione di una bellis- sima gemma greca di S. A. il Signor Principe Poniatowski, dotto , e splendido mecenate dell' arti , In essa gemma è si- gnificata una Venere vincitrice, che s' appoggia ad uno scu- do rotondo ; e stringe coli' una mano il balteo , e 1' asta coli' altra : mentre un amorino che si regge nelle punte de' pie , le presenta un cimiero , ma non la giunge : 1' a^trt è verissimo , e puerile , e tutto traente a quelle carissime fantasie de' Greci .

Il sigqor Riepenhausen la dissegnò •* e il signor Mai'- chetti r incise : ambedue felicemente .

M^ Montgomery viaggiatore inglese , e buon cultore della pittura ha fregiato il Y. libro colla vista del giogo Ercinio . Le montagne fuggono assai lontane ; e la marina è tenuta assai bella: specialmente per un lustro di sole che vi stampa un,a riga nel mezzo , e la fa assai mobile e trasparente .

Dopo la quale il bravo Catell ritorna con quella sua poetica maniera , e ci dipinge gli scogli delle sirene . Ove il mare è in quel moto nel quale si vede quando ò rot- to da grandi sassi . Pare che tremi tutto : e più si fa ne- ro , dov'è più cheto: e dove più si rompe, ivi più si fa bianco. Le nuvole, die si strascinano sovra le punte di que' sassi , volano assai leggiere , e si cangiano con lu- ce cosi varia , che accompagnano d' ogni parte il tremante lume dell' acqua sottoposta .

Lasciando il mare, io stesso arteGce ha dipinta la ri- viera di Clima con uu cielo allegrissimo , e uua Lelia bo-

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scaglia dimnzì , e monti clie indietro si allontanino , co- me direbbe Dante ^ quanto può mietere un occhio Poscia in un' altra tavola fino intaglio è fii^iirnta la rocca do- ve in alto sorgea di Febo il Tempio , ed or vi sorgono sterpi , ed elei , e vi si veggono pochi tufi in arco , i quali con tal forza furono finiti nel rame, che pajono ve- ramente incavati . Ma il tempio ora non è più: come la grotta della Sibilla non è più colle cento vie, e le cento porte , e le cf^nto voci , ond' ella intonava le sue risposte . Ma in una terza tavola è l' arco principale della spelon- ca, che ora non pare a noi tanto orrenda, quanto pareva a' nostri padri per Io prestigio delle più orrende loro su- perstizioni . E qui il Sig Gatell ha quasi vinto se stesso : specialmente pel contrapposto dello scuro del sasso colla chiarezza del cielo che splende , dove si squarcia 1' antro . forse potea seguirsi consiglio più pittorico di questo, dovendosi ritrarre una grotta angusta e uniforme come quella di Cuma .

Il Sig. Villiams Pittore Scozzese ci ha data 1' imagi- ne del lago d' Averno , dove con assai cura ha effigiato alberi cosi gentili, erbe cosi vivaci , un'acqua limpi- da , un antico tempietto che vi si specchia ,• e tutto con tanta grazia , che pare la leggiadria del loco faccia un di guerra con quel suo nome infernale : ma il Sig. Villi- ams ha cercato dipingere quelle cose come ivi stanno: ha voluto forse accommodarle alle trisli fantasie de' Poe- ti . Quindi è da dargli una nuova lode , perchè ei abbia consolati ancora coli' imtgine dell' Averno . ^

Dopo 1' opere di questi nobili stranieri viene quella del nostro Bassi , Pittore che sostiene in orna gran par- te dell' onore de' Paesisti Italiani. questo suo disegno è minore alla fama che di lui corre . Dovendo egli mo- strare il Capo Alisene lo ha figurato ponendosi suH' oppo-

L' Eneide di Virgilio Fid. 385

sia riva di Pozzuolo : e vi ha empiuto quel nudo campo di frasche , e di piante così ben condotte , e così ai'tifìciosa- Diente disposte , che bene segnano il Pittore allevato alle scuole di Domenichino , e di Claudio .

Seguita finalmente un' ultima tavola del Gatell, che rap- presenta il capo di Palinuro : tre miglia lontano dall' an- tica p^elia . La scena è quivi si opaca e funesta , che fa opposizione bellissima alle ridenti campagne già mostrate di sopra . Per cui è nuovamente da lodare 1' alto ingegno , e la fina conoscenza d' arte della Signora Duchessa , che pen- sò , e distribuì questi lavori , a' quali tanto nuovo merito deriva della loro disposizione , e temperanza delle varie im>- magini . Il sasso qui disegnato sta sotto alcuni nuvoloni che pajono pregni di tempesta e sopra un mare che già si fa bru- no per la pioggia che prende . Sul lido sono pochi alberi , e questi cominciano a secondare il vento , e si piegano^ e le barche tornano , e gli uomini corrono a ripararsi .

Così il Sig. Catell ha disegnato lo scoglio che ancor si chiama dal cadavere di Palinuro . E in questo proposito vogliamo notare un caso non indegno di osservazione . Ed è : che Virgilio ha qui adempiuto due volte 1' uffizio di f^a- le , cioè di yaticinantG . Perchè parlando del Capo Miseno disse .

Miseno è detto e si dirà MAI SEMPRE

E del Palinuro ridisse ,, . . . avrà quel loco

Di Palinuro ETERNAMENTE il nome .

E di fatto que' due luoghi si chiamano anche al presente Palinuro e Miseno . E mentre grandi regni , e città gran- dissime hanno cangiato nome , que" due poveri sassi tengo- no ancora il nome di que' due Trojaui ; e Virgilio è anco- ra indovino . G. h. To. IV. «5

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Termina questo primo tomo col dissegno d' un basso- rilievo^ del Museo Vaticano in cui sono Issione , Sisifo , e Tantalo con molta diligenza ritratto dal Sig. Riepenhausen , ed inciso dal Sig. Fontana .

Al nome di tanti Artefici che illustrano il primo tomo , e degli altri che illustreranno il secondo, sarebbe gran pregio dell' opera , se si agi,iungesse il nome del Cav- Tomaso Lau- rence primo Pittore di S. M. Brittanica . Il quale , secon- doche sappiamo, ha fatto in bellissimo dissegno il ritrat- to di S. E. la Signora Duchessa . Per tal guisa i Pit- tori avrebbero ad un tempo stesso « e l' imagine d'una si benemerita proteggi trice d' ogni sorta di buoni studj , e di belle arti , ed il lavoro d' uno de' più rinomati fra ì viventi Pittori d' Europa .

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Descrizione della Villa di Papa Giulio III. Lettera ine" dita di Bartolomeo ^marinati Architetto

De

'ella sontuosità vaghezza e splendore della villa , che il Papa Giulio III.' si era fatta murare per suo diporto fuo- ri di Roma , lungo la via Flaminia , fauno fede , oltre gii avanzi grandissimi che di lei si veggono ancora , il Bois- sardo che nella sua opera ce ne ha lasciate incise le statue i bassorilievi e le lapidi ; e Giovanni Sterni il quale ne pubblicò nel iy84. perle stampe del Fulgoni le piante ar- chitettoniche .

Michelangelo, il Vignola, il Vasari , e 1' Amannati furo- no gli arteflci , de' quali si servi principalmente Papa Giu- lio per abbellire quella sua deliziosa campagna . Il costoro valore e la magai licenza del Pontefice gareggiarono a vicen- da nel renderla ornata e ricchissima di pitture , di mar- mi , di stucchi , di acque , di giardini , e di preziose antica- glie . E starebbe tuttora questo monumento della grandez- za degli animi Italiani, se quella fatalità, che troppo soven- te guidò le armi straniere a nuocere alla bellezza di questo beato paese , non lo avesse distrutto . E come addiviene del- le cose manomesse , tutto , tranne porzione del fabbricato ed alcune pitture , tutto è andato disperso o perduto .

H Sig. Salvatore Betti dotto ed indefesso coltivatore de' buoni studj ci è stato cortese di una lettera inedita , per lui tratta da un codice Oliveriano di Pesaro , scritta da Bartolomeo Amannati , uno di quegli stessi architettori a- doperati da Giulio III. , e indiretta a certo Messer Marco . Nella quale l'artefice viene descrivendo tutte le bellezze di quella vil- la maravigliosa tanto ch'ei la credette argomento bastevole per intrattenere il suo mecenate . Imperocché quel Messer Marco altri non potè essere che Marco Mantova Bonavides Padovano , uomo

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dottissimo , il quale visse nella prima metà del secolo XVI, , e protesse grandemente rAmannati , e molto l' operò ad abbel- lire la propria abitazione , siccome ci attesta Jacopo Morel- li nelle sue Notizie d' opere di disegno esistenti in Padova , Cremona , Milano ec. pag. i48. Del qual Mcsser Marco Man- tova Bonavides si parla ancora ne' din logli! dello Speroni ,

In pubblicando questa lettera dell' Ainaumti è nostro intendimento di rendere doppio servigio alla Repubblica del- le lettere. Il primo, col perpetuare la memoria di uno splen- didissimo edificio caro alle Belle Arti ; memoria al tutto perduta per la posterità , e tanto più pregevole in quanto che ci viene tramandala da un valente nriefice , che ebbe moltissima parte iiell' abelli mento di quello. Il secondo poi, col donare alla lingua Italiana un nuovo monumento della sua ricchezza , in questo testo inedito . Il eh. Gaetano Pog- giali nella parte HI, pag. c)8. della sua Seria dei testi di lingua parlando di yarie opere scritte in buona lingua , ma non citate dalla Crusca, annoverò due altre lettere del nostro Amannati , alle quali si potrà ora aggiungere la pre- sente , che perciò riescirà non meno dilettevole che utile.

Lettera di Bartolomeo j4mannati (i)

VJonoscendo il bellissimo animo vostro , eccellentissimo mes- ser Marco , dilettarsi di vedere ed intendere cose nuove e virtuose, sarei molto mancato del mio debito se non vi a- vessi particolarmente con una mia dato avviso, in quel più breve modo a me possibile , della bellissima e ricchissima fabbrica fatta nella villa Giulia dalla santissima riiemoria di Giulio Terzo pontefice massimo , E perchè Vostra Eccellea-

{i) Oliv. 574. p. 91.

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za la veggia prima con 1' imagi nati va che col senso , cer- cherò a parte per parte fargliela vedere , ma non cosi bene e per ordine colla penna , come farei col disegno . Beach' io spero tra pochi giorni mandarle ancor questo : e tanto piii che già ho la maggior parte dei disegni fatti , secondo che alla giornata facevo mettere in opera . Intanto ve la figure- rete in questa maniera . E prima comincierò dal tempio di santo Andrea posto su la strada Flaminia , fatto in forma o- \ale , d' opera corintia, molto ben ornato dentro e di fuori. Nella tavola dell' altare vi è dipinta 1' Assunzione della Ma- donna ; e nelli nicchi San Pietro e Santo Andrea , San Pao- lo e San Giovanni con molti e vari ornamenti . Uscito di chiesa per una porta che risponde in un cortile , ornato di loggette tutte a verdure, vi troverete un boschetto di lauri molto bello e dilettevole . Tornato nella strada Flaminia , e caminato ben ducento canne , vi è una croce di strada , che una porta al palazzo principal di villa Giulia , fatta tutta di nuovo 5 e '1 principio di detta strada fa due facciate, do- ve è una bella fontana , nella quale condusse 1' acqua la felicissima memoria di papa Giulio , senza aver mai avuto luce che in tal luogo vi si potesse trovar acqua . Ma aven- do anticamente in pratica la sua villa , fece cavare profon- damente e con diligenza , non perdonando a spesa , per fa- re questo ben pubblico ; di dove è oggi il suo palazzo insi- no a questo principio di strada . E vedendo che questo suo desiderio riusciva, con ogni studio si deliberò fargli l'orna- mento , che ora se gli è fatto , d' opera corintia , con co* lonne e pilastri , e nel mezzo una gran pietra di palmi do- dici per ogni versoi con una iscrizione che dice : JULIUS III. PONT. MAX. PUBLICAE COMMODITATI ANÌ\0 )! Con dae nicchi per banda , a i qu^li vi son dentro due statue, la Felicith e l'Abbondanza. Sotto l'epitaffio vi è una gran testa antica e bellissima d' un Apollo , che getta detta acqua

Z^ò Belle Arti

in un vaso grande e bello di granito ; sul fine vi sono quattro acrolterie ; in uno dei lati vi è la statua di Roma, e nell'al'ro quella di Minerva; e negli altri due, due pi- ramidi di granito ; e nel mezzo un Nettuno ; tutte antiche e bellissime . Dalla parte di dentro di detta facciata si vol- se accomodar sua Santità , senza incomodar il pubblico , di fontane e di peschiere con molti giuochi d'acque; dove sou tre loggie con colonne di marmo , e molti altri ornamenti di pitture e di stucchi . E queste logge sboccano nei viali di ducente canne di lunghezza , con bellissimo ordine . All' incontro di questa fontana nella strada vi è un comodo ca- samento , con un portone alto ben trenta palmi , e tutto di pietra molto ricco . E vi è una pergola in volta , o vero arco , che va in sino al fiume , coperta di verdura , lun- ga ottanta canne . Nel fine vi è il porto fatto comodamen- te per smontar di barca, quando papa Giulio veniva a spas- so a cosi bella villa . Partito da questi primi luoghi per andar al palazzo , al qual si può pervenire e per la stra- da pubblica e per i viali ornati di vari frutti , si trova dinanzi al detto palazzo fatta in semicircolo una piazza , in questa forma per accomodar le strade eh' arrivassero con bellezza in quel luogo ; perchè col palazzo si è voluto ob- bedire ad una bella ed amena valle La facciata dunque dal palazzo è d' opera toscana sino al primo piano , ed a bozze . Alla porta principale vi sono colonne rustiche con finestre di qua e di di travertini , di poi al second' or- dine una ringhiera di sopra alla porta , di balaustri con molte finestre e nicchie . Al fine del palazzo vi è un cor* tiigione che lo ricinge intorno , e due risalti dalle bande ; dove vi sono accomodate due belle scale lumache . In som- ma il tutto benissimo accompagnalo , con due portoni dai Imi , che imboccano ne i viali , che son da i Inti de i giar- dini . Neil" inCrata del palazzo vi è un ornamenio d' opera

Villa Giulia dell' Amannati 391

corintia con molte nicchie, tutte piene di statue antiche in abito di consoli . Da i lati poi vi sono due cameroni con molto ornamento di stucchi e pittura , con partimenti bel- lissimi e bene inteii : e sopra le porte \i sono i ritratti degl' imperadori antichi , di marmo mollo belli . Nel mezzo di detti cameroni vi son due gran tavole di marmo lun- ghe palmi diecisette , e larghe sei , con fregi intorno di va- ri misti ; ed i piedi accompagnati ed ornati di misti come le tavole . E vi sono tre piedi per tavola , per rispetto del- la lunghezza e sottigliezza loro : cosa molto rara e bella . Dietro a queste vi sono molte camerette , come ricerca la commodità . All' incontro de 1* intrata vi è un arco grande simile alla porta: per il qual s' entra in una loggia circolare, tutta dipinta e ricinta di stucchi , con pilastri e colonne, che corrisponde l' una parte a l' altra , e fa facciata a un cortile con due ordini di forma di semicircolo , bene e con diligenza com- partito, che rende gran vaghezza a chi lo vede , si per la varietà, come per la buona proporzione . Finito il mezzo tondo se- gue tanto di diritto , che fa una crociera per imboccar due grandissimi viali ; e distendendosi poi due braccia , come fa- rebbe un uomo a far una croce di quindici canne per ogni banda , trovano un bellissimo bosco , che delli suoi luoghi ameni e dilettevoli sarebbe troppo lungo lo scriverne . E queste braccia son tutte piene di stanzie sotto e sopra : ed al principio di queste vi è una bellissima cappella : e so- pra le porte delle stanzio di sopra vi sono teste antiche di marmo, molto belle ; e tutti li palchi intagliati con ricchi sfondati d' oro ( che in un solo vi è entrato dieci milia pezze d'oro ) co' suoi fregi intorno j e dipinto in uno i sette colli, in un'altra villa Giulia, ne gli altri d verse e belle istorie. Il fin poi del palazzo è terminalo da un viale: eseguita un' altr' opera non disegnai da questa , per- chè il viale, per farne comparazione , fa il proscenio: ed

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Belle Arti

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il semìcircolo del palar.7.0 fa teatro : e qaest' altra eh' io descrivfsx» fa srena . E serve per cortile , il qual ha ti Ceciate ornate di colonne e pilastri e cornigioni di mai mo , rome rioerca l'ordine jonico : essendo quest'opera j Bica . E fra ì colonnari vi sono accomodate quattordeci nir chir . sene neHhk fimràa a man destra , e sette alla siiiìstr.-) ed in tnacona aMxkìa è nna statua antica . Kella fac eia a man éritt» ad mezso ti son due figure in un pez »p marno. Mane, e Venere in atto di far carezie Marte, cW etm tttrcmt dolcezza e pietà cerchi ri tenerlo se co: mentr' eeii inlento a terribile impresa , tatto sollecit' cerca partirà da lei . L'altra nicchia che segue a questi dbUa destra Maoo è nn Ercole tutto ignudo appoggiati •■ila dava, q«altìeae sotto il bracdo sinistro: ed ha nella des Ira Honao tre pomi . Seguita V altra nicchia . nella quale i deMro il dio Pan con le sue zampogne . ed nna pelle in marnuiz dd resto è tutto ignudo. Nell'altra nicchia vi ì la statua Lavinia 6glia del re Latino . L' altre Ire da si- aiaira, a quella meno: ia ana , Venere , e Cupido che icWaia con 1' arme Marte; nell' altra , un dio Selvano : e nell'altra, una femina ve5tita d* abito li>ago . All'incontro xi aamo V altre sette statue della medesima grandena delle dette . In qodla di mexao vi è un Bacco die s'appoggia ad nn Fanno, e nell'altre una sol fi|cma per nìcchia : e son queste , Vertunao , Pomonà , ed ErciJe ; Drfanìra , ed «n Comodo in abito d' Ercole , e nn dio Silvano . Nelli tèctii in fronte , dove può dire el»e ìncoiMnci la ricchez- sa , xedoQO quattro colonne di mi.<tì . dne nere , e due verde mischiate d' alui coWì , tanlo belle qnanlo pos- sa Tedere : e quattro cok—e Marmi Te«ati . E fra le co- lonne e i pilastri «on» aìonnì wnamgntì di ■»$& va- rie siorti , e n<4 rncnn co— cnmei . E son» srolr^te le dneìwprese A* mmm> di Fapa Gìn&o: la CììnaAùùi), e la Pa-

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ce , e I Fortna presa dalla Virtù per i capelli : negli al- tri due 1 Catta e la Religione : o nel \ano di mezzo una bellissin pori di misti gialli tniito lucidi e belli , che pa- jono di no n-tallo . L' ordine di sopra; por non aver pie- ■■» tre sim a qi-lle di sotto si longhe , e per la loro rarità ,

■■ i^étt e \olei fa colonne, ci siamo accomodati per sostegno al

•••i li diritto ogni colonna di terminoni a\ volli in panni , con le

teste sinvli ai regioni die già scolpivano gli antichi. Quali so- > K nod'un listo erdone con alcune macchio simili agli abili tur-

«• mmtgi cheschi ti sno posti per reggere il cornigion di sopra : e

b ^p« Mr °^ ' ^'' ^"'' uno l'altro vi sono cinque quadri con fre-

1^ m m r gc'^' '^'' iltriornnmenti di diverse iiivciiziuiii . In quel di

, u.^ .-» a mezzo è u Ercole assiso in atto di (lume, ed una fe-

mina a^ ;>res4) in abito di vergine che fugge. Che dinota 1' acqui dellafontana secreta , de la quale ancora non ho ^ scritto : .• chimasi quesl' acqua Vergine, perchè correndo col

^. fiume Ercole non si mescola con lui . Gli altri quattro so-

no i qiì ittrodementi ; per la terra è posta Eva e suoi fi- gliuoli per acqua Venere e Dei marini : per il fuoco Giu- none e* altriventi e cose d' aria per far ricci l' istoria . Per il fuoco è pao il modo che dicono che fu trovato il pri- ^ mo fuo. . : e< è questo ; un bosco d'alberi sbattuto dal

vento , ntoro al quale si vedono gente far sagrificj , ed al- tre cose che i s'opera il fuoco . In questa facciala vi si ^ vedono ncoi due altri quadri . E cosi seguitano 1' altre

tutte d n edine medesimo, salvo che i termini , quali so- no varia , pr mostrar che col disegno si trovano varie in- venzioni E ler ogni faccia vi son sette vani : quel di mez- zo è un ) ben' ornato , d' entro vi è il ritratto di Tra- jano imp e , coronato di quercia : e in due altri lyi ovato pe! senno , e in uno il ritratto di Vespasiano , e in r altr 'ilo imperatori , teste antiche e bellissime . Ne- gli altri 1-0 quadri , in ciascuno vi ò una istoria di mez-

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il semlcircolo del palazzo fa teatro : e quest' altra eh' io vi descriverò fa scena . E serve per cortile , il quul ha ire facciate ornate di colonne e pilastri e cornigioni di mar- mo , come ricerca 1' ordine jonico ; essendo quest' opera jo- nica . E fra i colonnati vi sono accomodate quattordeci nic- chie , sette nella faccia a man destra , e sette alla sinistra : ed in ciascuna nicchia vi è nna statua antica . Nella fac- cia a man dritta nel mezzo vi son due figure in un pez- zo di marmo , Marte , e Venere in atto di far carezze a Marte , che con estrema dolcezza e pietà cerchi ritenerlo se- co : nientr' egli intento a terribile impresa , tutto sollecito cerca partirsi da lei . L'altra nicchia che segue a questa , dalla destra mano vi è nn Ercole tutto ignudo appoggiato sulla clava, qual tiene sotto il braccio sinistro: ed ha nella des- tra mano tre pomi . Seguita 1' altra nicchia , nella quale ò dentro il dio Pan con le sue zampogno , ed una pelle in mano: del resto è tutto ignudo. Nell'altra nicchia vi è la statua di Lavinia figlia del re Latino . L' altre tre da si- nistra, a quella mezzo: in una , Venere , e Cupido che scherza con 1' arme di Marte,- nell' altra , un dio Selvano : e nell'altra, una femina vestita d' abito longo . All'incontro \i sono 1' altre sette statue della medesima grandezza delle dette . In quella di mezzo vi è un Bacco che s' appoggia ad un Fauno , e nell'altre una sol figura per nicchia : e son queste , Verlunno , Pomona , ed Ercole ; Dejanira , ed un Comodo in abito d' Ercole , e un dio Silvano . Nella faccia in fronte , dove si può dire che incominci la ricchez- za , si vedono quattro colonne di misti , due nere , e due di verde mischiate d'altri colori , tanto belle quanto si pos- sa vedere : e quattro colonne di marmi venati . E fra le co- lonne e i pilastri vi sono alcuni ornamenti di misti di va- rie .sorli , e nel mezzo come carnei . E vi sono scolpite le due imprese eh' erano di Papa Giulio: la Giusii/.ia, e la Pa-

ViixA GiruA dell' Amannati ZqS

ce , e la Fortuna presa dalla Virtù per i capelli ; negli al- tri due la Carità e la Religione : e nel vano di mezzo una bellissima porta di misti gialli tnnto lucidi e belli , che pa- jono di fino metallo . L' ordine di sopra; per non aver pie- tre simili a quelle di sotto longhe , e per la loro rarità , e volendo far colonne , ci siamo accomodati per sostegno al diritto d' ogni colonna di terminoni awolli in panni , con le teste simili ai pregioni che già scolpivano gli antichi. Quali so- no d'un misto verdone con alcune macchie simili agli abiti tur- cheschi . ti sono posti per reggere il cornigion di sopra : e ne i vani fra 1' uno e 1' altro vi sono cinque quadri con fre- getti ed altri ornamenti di diverse invenzioni . In quel di mezzo vi è un Ercole assiso in atto di fiume, ed una fe- mina appressso in abito di vergine che fugge. Che dinota r acqua della fontana secreta , de la quale ancora non ho scritto : e chiamasi quest' acqua Vergine, perchè correndo col fiume Ercole , non si mescola con lui . Gli altri quattro so- no i quattro elementi : per la terra è posta Eva e suoi fi- gliuoli : per 1' acqua Venere e Dei marini : per il fuoco Giu- none ed altri venti e cose d' aria per far ricca 1' istoria . Per il fuoco è posto il modo che dicono che fu trovato il pri- mo fuoco: ed è questo ; un bosco d'alberi sbattuto dal vento , intorno al quale si vedono gente far sagrificj , ed al- tre cose che vi s' opera il fuoco . In questa facciata vi si vedono ancora due altri quadri . E così seguitano 1' altre tutte d'un ordine medesimo, salvo che i termini , quali so- no variati , per mostrar che col disegno si trovano varie in- venzioni . E per ogni faccia vi son sette vani : quel di mez- zo è un tondo ben' ornato , d' entro vi è il ritratto di Tra- iano imperatore , coronato di quercia : e in due altri vji ovato per ciascuno , e in uno il ritratto di Vespasiano , e in 1' altro di Tito imperatori , leste antiche e bellissime . Ne- gli altri quattro quadri , in ciascuno vi è una istoria di raez-

394 Belle Arti

zo rilievo •' e il medesimo si vede nella facciata a questa rin- contro : salvo che le leste , quali sono variate . E in quella di mezzo vi ò il ritratto di Ottaviano Augusto , e di Tiberio, e di Claudio, con quattro altre istorie, come le dette. Di sopra il cornigion ultimo , quale è di marmo e che ricinge il detto cortile di ogn' intorno , vi sono 1' acrotterie ad ogni riscontro di colonna e pilastro , e sono trenta . E a ciascuna \i è sopra una statua , quasi tutte feminette, belle , e moder- ne , e fanno fine e come ballo al detto cortile . Cosa tanto ricca quanto bella a vedere . Ancora nel mezzo di questo cortile vi è una pila di porfido di palmi dieci di diame- tro ; COR una statua d' una Venere in mezzo, che tiene un cigno in mano , il qual getta per la bocca acqua . Cosa bella e rarissima . Ancora vi sono due vasi di mistio verde , che in molti luoghi pajono di smeraldo finissimo . Seguiterò il darvi avviso della fontana secreta e della loggia tanto ricca quanto bella : eh' entrando per la porta di misti gialli (qual di sopra ho scritto) si vede, ed ivi per la lucidezza dei misti vi si specchia chiunqne v' arriva . Vi sono adunque quattordici colonne , quattro di mistio verde, l'altre di varj co- lori : ma sempre due compagne. I loro capitelli sono tutti inta- gliati e d' ordine jouico , per rispondere al cortile eh' è nel me- desimo piano. Tra una colonna e 1' altra vi son quattro porte di marmo doppie, e per due s'entra in due caraerolle fatte per comodità di delta loggia : ed hanno i loro palfhi intagliati , ed i pavimenti di mattoni intagliali che rispondono a' pal- chi . In ciascuna camera vi è una tavola di mislio verde, con un fregio di m^rmo bianco , piene di vari misti . L' al- tre due porte conducono a due scale che vanno da basso ad un altro piano verso la fontana . Pur in della loggia vi si vede un parapetto di balaustri di marmo mistio fallo per comodità di chi vuole veder da basso , si bene acco- modalo che n' impedisce le bellissime colonne di misti verdi .

Villa Giulia dell' Amannati SgS

La volta è di stucchi e di pittura con oro , tanto ricca , e di figura e di rilegamento tanto bella , quanto si possa vedere : ed è accompagnata la pianta le colonne ed i vani delle porte insieme con ogni altra cosa . Nelle lunette verso i muri vi son sette ritratti d' imperadori , di bronzo , anti- chi , e bellissimi . Il pavimento è di misti di tutte le sorti eh' è stato possibile trovare , e le sue rilegature ovvero guide sono di marmi venati , Uscito dalla loggia e scendendo per le due scale dette di sopra , s' arriva in uno spazioso e comodo piano lastricato di travertini , nel quale vi sono quattro platani dalla banda circolare , che fanno un bellis- simo vedere , e molto rallegra la vista il verde fra quel bianco : ed è utile per P ombra al mezzo giorno . Su questo medesimo piano vi è un parapetto di pilastri , e cartelle , e balaustri rilegati , che fanno sponda ad un altro piano pili abasso , dove è un acqua continua e bella . All' incontro dei detti pilastri del parapetto vi sono altri pilastri pieni d' intaglio : in alcuni trofei al modo antico , in altri ellere , in altri viti , e in altri foglie d' oliva : ciascuno al propo- sito della figura che è nel nicchio ivi a canto . E sostengono un cornigione d' opera dorica , tutto intagliato , con le sue metope e tri gli : e son dieci nicchi ornati di stucclu , e pieni di statue antiche : i nomi son questi , la Fede, À.iner- va , la Concordia, due Muse , e due Fauni e Bacco . E in due grandi , nell' uno 1' Arno , nell' altro il Tevere . In que- sto medesimo piano vi son due belle loggctte , 1' una ali incontro dell' altra , e riccamente ornate di stucclii con fi- gure e festoni a bellissime foggie : con cinque quadri : in quel di mezzo vi è 1' istoria dell'acqua vergine in quel modo che la recita Frontino : negli altri le quattro stagioni dell' anno . Ed in ciascuna facciata di dotta loggia vi è un nic- chio grande in mezzo a due piccoli : nel grande, Ercole j negli altri , Mercurio e Perseo . Vi sono all'incontro tre altri

Z^G Belle Arti

nicchi simili a questi : nel maggiore , Cerere : negli altri , Apollo e Giacinto . All' incontro dell' entrata , nel grande vi è Venere , ne' piccoli Adone e Cupido . I pavimenti di dette logge sono d' invetriati di vari colori ; e con gruppi rilegati : e per due scale , eh' hanno principio sotto una di queste loggelte , si scende nell' altro ultimo piano , dal qual si vede 1' estremo della bellezza di tutta questa fabbrica , si per la quantità marmi e statue antiche e misti , si per la bellissima Acqua Vergine. Questo piano se io non lo dise- gnassi in caria , con parole non lo potrei cosi bene esprimere come si omverrebbe alla sua bellezza : e tanto più essendo pianta variata e nuova invenzione . Fra 1' altre cose vi so- no quattro putti di marmo , antichi , con urne in spalla , che versano acqua : cosa molto bella e rara . Ma il pavi- mento assai più ricco degli altri , e i nìcchi molto più ador- ni , e le figure assai più belle e in magi^ior copia rendono maraviglia e vcghezza a chi le vede insieme con 1' orna- mento e risalti assai più che in alcuna altra parte , per es- ser questo il luogo principale , e di quivi vedersi il tutto; e ben si può dire che questo sia il punto della prospettiva . Neil' uscire vi son due uccelliere . Le quali rispondono nella fronte j e un bellissimo cortile , del quale brevemente vi descriverò la forma . Questo dunque è lungo canne cin- quanta , e largo quindici : e nelle teste vi son tre por- toni di pietra rustica e d'opera r usti -a , quali entrano in certe gotte sotto d' un monte , dove vi sono accomodati luoghi freschi e dilettevoli , con fontane : che si son fatti acciò vi sia d' ogni cosa variata . Nel mezzo di questo cortile vi ò una gran pila di porfido , antica , del- le maravigliose cose che siano in Roma . L' ornamento non è finito perchè andava con grandissima spesa , e tem- po e morte ne ha interrotti questi ed altri dis'giii belli ed onorevoli , de' quali non scrivo per non aver avuto efletto

Villa Giulia' dell Amannati 697

Ancora vi sono due bellissimi giardini di narancì , clie met- tono in mezzo questo cortile e la fontana . In uno dei det- ti giardini è uu porco cignale tanto bello e ben fatto , che chiunque Io vede si maraviglia quanto bene con Io scarpello si può imitarla natura e dar vivacità ai marmi: e nell' altro un leone che tiea sotto una fiera , cosa molto farà e bella. Dell'agricoltura non dirò in lungo, piantan- dosi per tutto degli alberi, e di tutte le sorli: ma di- rò che ve ne sono piantati trentasei mila , e di poi spallie- re granlissÌ!n« e di tutte le sorli . E per la villa ad ogni tanti passi vi son luoghi da riposare e far tavole all' om- bra , o logge di verdure o di muro, cornodissinrje ; e fra gli altri in cima d' un colletlQ molto ameno vi è una fab- brica tanto bella e comoda , e con tanti ornamenti , che sa- rebbe questa sola bastante ad ogni gran principe , si per le statue e molte pitture , come per i belli giardini orna- ti di spalliere e bellissimi viali, una casa per il castaido, e co- moda per tutte le sorti d'animali. Vi è uu dilettevole boschetto da uccellare a'tordì, che per tutto si camina sotto la verdura ; acciò il sole non impedisca d' uccellare. La veduta di questo mouticello è tanto bella quanto si possa desiderare: perchè ve- de tutta Roma , il Tevere, e la bella strada Flaminia , con tutti i sette colli , e il Vaticano con la gran fabbrica di S. Pietro, e il paLi7,zo del Papa: ed è scoperto alle quat- tro regioni , e pli!i a qn«>lla di levante . Tutto il sito di questa amena e bella villa si può dire che sia con tutte quelle qualità che si ricercano , perchè vi sono monticel- li , vallette , piano , acqua ed aria buonissima : talché ben può dire che la santissima memoria papa Giulio aves- se perfetto giudizio a farci si degna ed onorevole opera ; la quale ne porta tutte le principali parti dell' architettu- ra , region sana , comodità, bellezza , e perpetuità . Vera- mente perpetua memoria e spasso a tutto il mondo si può

3q8 Belle Arti

dire , si per ragionarlo , come ancora per goderla ; perchè la somma cortesia e bontk dall' illustrissimo signor Baldo- vino fratello ed erede di tanta memoria , con tutte quel- le cortesie che si possono desiderare , fa fare e mostrare da- gli uomini , che per questo vi sono salariati , quanto di bello vi ho descritto. Si che V. E. venendo a Roma , sic- come ella mi scrive ed io desidero , la potrà veramente vedere che di quanto vi ho scritto ho detto il vero . la- tanto mi tenga nella sua buona grazia : ed io restando suo amorevol servitore , di cuore me le raccomando . di R orna alli ij di maggio del LV.

Di V. E.

Ser. Bartolcmeo Amannati ,

^99

varietà'

NofQ erudite dell' Autore alV Elegia intorno al Lago di Fucino stampata neW ultimo quaderno .

(j) Lacus Inter Apennini jaga apud Marsos ita dictus a Furco ducta ethymologia ab igne , seu a fuco, i. e. nitore aquarum , aat dcnique a qualitate nonnullaram hcrbarum , qua prosìliunt e fundo, Sed haec opinio minus placet, .ut fatear , quia herbae illae comunes sunt aliis stagnis . Quid quid sit de nomine, exploratum videtur Fu- cinum , ut alia pleraquc stagna, originem habuisse a Vulcano jam extincto , cujus inditia tuta sunt arenae ferrugineae , et puipices , quae aliquando in littore reperiuntur . Montes ipsi vicini vulcanii sunt, ut illc Turchius ; nec nisi a congerie vulcania , deductis spa- tiis , originem sortiuntur plurcs ductus naturales aquarum Fucini orientem versus . Ex eadem causa vulcania olim productus non in- ftcete dicitur in Ephaemeridibus Romanis politicis, et reputatur du- ctus quidam etiam naturalis apud lacum Ferentini , qui ampio re- pente hausto nupcr absorbuit totum Lacum . Desiderio quaerenda foret bistorta horum vulcanorum , sed nulla est , nisi naturalis , qu» patet oculis ex mutis reliquiis vulcanlis sine indictione .

(2) Par pelago . His verbis Strabo lib. 5. hist. describit exten- sionem Fucini . et vicibus dlcit crescere , et subsidère solitum.

(3) Dictatore Sylla, et ineunte aevo C. Julio Caesare, qui primuB consulere volens sapplicibus Marsis Fucinum emittendum concepit. Plin. lib. 36 e. i5. Svet. cap. 44- Q«is ignoret civiles clades , et funas acerbum reipublicse Dictatoribus illis Sylla, et Caesare?

(4) Intellige neptunnm prò mari . Juven sat. 10. v. 182.

(5) Commnnis erat turba Deorum Romanis, et Marsis . Hinc frequens occurrit diverso marmore inscriptio: Dis Deabus-Jovì-Opi- et Jano, a cujus nomine arcessitum fcrtnr Aveanum. Deniquc, ne mo- rcr, notatu digna votiva, quae legitur in Oppido. . . . Mena- ti Bona:, trepidantibus , ut pnto , Romanis, cum P ceni ad Urbem hostes adventarent.

(6) Coss. D. Junio , et Q. Haterio . De hoc opere a Claudio

4oo Varietà'

patrato iioii minas nompcnrlil spc , qunin glori ae , ita Svct. in Cla- ud e. i(J. Per tria autem passaum millia partim effosso monte («tZ viuno ) partim cxciso , canalem absolv-it aegre, et post undecim an- nos q lanivis continuis trlginta honninum minibus sine intermissio- ne operaiitibus V- Plin. d. 1

(7) Flumen , qaod orìginem ducit ab oppido Cappadociae , et coraflucntibus undis per vallem Roseti Gampaniam petit. Alio no- mine dlnit«r Glanicus . Plin. lib. o. e. 5. Italicc Garigliano .

(tf) Ob incuriam , nisi fraudem , ut oredidit Agrippina TNfareis- si operii ministri. Sic Taoit. lib, 12 annal e. By. Sed perfcclo spe- ctcìculo apertuin acjuarum iter, et incuria operis man' festa fiiit hauti slalis depressi ad Lacus ima, vel media . Eorjue tempore ìnter]ecfQ alfius effbssi specus , et contrahendcB rursus multitu' dini gladiatorium spectaculum edctur inditis ponti6us pcdcstrem ad pu^nam . Quinci comù^'ium effluvio Lacus appositwn ìnagna formuline cuncfos affecit , quia vis aquarum prorumpens proxi- ma fraliebat , convulsis ulterioribus , aut fragore, et sonitu exter- ritis. Ex hÌ3 eruitur bis a Claudio Fucinum aggressum , qui pri- mo restiterit, secundo rcfluxerit irrito opere tam longo .

(9) Pro monte Salviano . Procul dubio excussa tellus , et tre- muere cavarnae, et mons ipse totus , rcfluentibus undis Fucini, se- Qundam ea , quae testatur Tacitus d. I. Dicitur abortassc Agrippi- na, quae aderat induta paludamento aureo textili sine alia ma- teria pertcrrita fragore summo . Episc. Vcnusinus Corsign. in sua officina refert mutilam de hoc abortu , et mancam inscriptionem jam relatam a Phaeb lib. 2. cap. 10. NOBILIS PR0GEN1£S AUGUSTI

me TUMULATUS . . . EST Sed pace tautorum Virorum liccat quaercndo cxpungerc corra* pta verba . Quo loco, quovc Con-ule [latuit monumcntum ? Ubi nane? Uniciiiquc nota doinus sua. Marito l'abrett. de Emiss, ol- fiiicta primo commcntitiam arguii , nec mihi nisi quae oculis subjc- cta et rationi congrua, riJcnt omnia. An Fucinus tristem proge- nicm, et cippum condidit sinu vasto? Mirum quidem Svetonium , et Plinium, qui sìgiliatim tradiderunt Vestimcnta illa aurea Agrip- pinae nihil de ejus abortu dixiise tcstes historicos ! Aut ijjitur nul- lus abortus et falsus titulus , aut putitiduli historici

Varietà* 4oi

(io) Phaeb. hist. lib. 2. cap. 9. Reines. d. o. inscript. 81. AW V«ro Hadrfaa.in, non Trajanum restitaisse dicunt aqu^ductar» , «t emisisse Pucinum. Et vere Spartian. cap. 22. in Hadr. sic scri- t.t : Fucinwn eminf. Nos atrum.(uc crcdimus matias adseruisse tan- to open . Sic conciliantur advcrsi historici, et duo potissima mo- numenta, unam relatum a Camarra in Theat. antiq. Uh. , « 5 in quo recuperati dicuntur sub Trajano agri , et possessione-,' , quaJ Fucinus inunda^erat : alterum cmortuale M. Marcii sub Hadrlano . a quo datus curator aquaeductui . In calce elegiae «trumque refere- mus titulum. Ut. B C. pag. ,3. ,4. Nunc paucis expedienda te.. Sub Claudio Fucinus aggressus , et perfectum opus cmissarii , quam- ris destitutnm successoris odio; Sub Trajanp restitutum. Sub Hadria^ no absolutum , secuto effluvio .

(11) Inte'ligendum de forma, non de seminibus rerum qu» numquam desinunt. Lucret. lib. 1 v. 117.

Dissolvet natura, ne,ue ad nJhilum interimat res .

(12) Archippe hiatu terrae hau.ta, et in Fucimim dissoluta, quo

ex nomine vfrg. Archipp. Rcgis nomen finxit . Vid. Plin. lib.S. eia.

(i3) Penne posila orientem versus prope Lucum , et ut «re

dam , ruinis condita Angitia . Brevi extitit et fato cessit aliarum ei-

Vitatum » ut infr. n. 26

(i4) De Angitia. V. in calce lit A. pag. 12.

(15) Locus, in quo educantur flores .

(16) Pellito, qui pellibus tectus , qualis piscator omnis accola .

(17) Quam belle Juv. sat. XII. v. 195.

2 nunc , et vcntis animam commìlte doluto

Conjisus Ugno , digitis a morte remolis

,^ Quatuor , ac septem , si sit latisxima /ceda .

(18) Sol^bant veteres mactare pecudes nigras solvendis inferiis Divis manìbus . Lucret. lib. 3. v. Sa.

(19) A Marso Cyreis filio , aut a Marsya Phrygio lydorura rege , seu potius a Marro Marsorum Duce . Plin. lib. 7. e. 2. «t lib. 3 e. 12. Geli. lib. 16. e. n.

(20) Praecipna apud Fucinum , et flumen Tholoni , aliaque in alas locis. S,I. Ital. lib. 4. Uv. ^3. C«s . Comment. lib. ,. Apud Tholonum Consul Romanus Rutilius sagitta cecidit, de quo sic Orid. Fast. lib. 6.

G. A. To. IV. ag

4ca Varietà'

JiaiiSfibi, quo prop':ras nwmorant dixiss& , HutiU ^ Luca iio^a morso consul ab hoslc ccidcs .

Qui olim Tholonus , nane dicitur sub novo nomine saltus fju- men Taleac >tìi nostrae patriae, nostraqiie maenia lambii, et agros rigat fri§:idulis undis , ortu proximo . Phaeb. lib.i. e. 9. Inde pro- no alveo flectit per Aequos aliorura fluminum tumidus snppetiis . De bello Marsicano fnse Strabo lib. 5. ubi Marsicanura ideo no- minatum esse dicit, quoniam a Marsis defectionis auctoribus su- / scitatam fuerit . 'Oietam est etiam sociale concurrentibus Pelignis Pitene, Campania, tota Hetruria , aliìsque populis .

(21) Inter alios Marno , inde Popcdius non Pompedius , ut dicit . Corsign. , Sfrabo lib. 5 annal.

(22) ITsus erat , im'to faderc , cadendi suem ictu lapidis ante aram Jovis . de quo Virg. Eti. Lib. 8. Inolevit etiam usus ille ridiculus offerendi tomacula porci in rebus uxoriis. Juven. sat. 10. v. 355.

(20) Mba Fucensis sive Fucentia dicebatur , ut distingueretur ab Alba Loiii;a . Erat municipinm Romanorum inter Equicolas ex Strab. Lib. 5 , inter Wlarsos recensitum ex Plinio Lib. 3. e. 12 » et ApuiaM Ci»-. Bell Lib. 3- et adhuo pendet lis. Cicero Phil. Legio marnca Albce conatitcrat in municipio Jìdelissimo . . Di- eta est etiam Colonia. T. Liv. lil) 7. dee. 3. Nec mirum. Siquidem tnnnicipia in colonias et centra colonias;' mutato statu, jura saepe mu- nici|>ii ob meritiim obtìnuisse exemplo Praenestis docct Geli. XVL i3. n. a. Inter a!ios illic detentos fuisse Syphacem, et Bituitum Rc- gcm Alvernorum, et Perseum cum Alexandre filio narrai Liv. lib. 3o. et lib. 4-5 Valer. Maxim, lib. 9. e. 6.

(♦) V. LuciI Sai. 20. , Solin, cap. 8. , Sii. Ital. lib. 8.

(24) Celebris erat via Valeria , qwae a Tibure ad Marsos et Corfìnium decurrcbat . Strabo d. I. llujus viae plura extant vesti- pia npud Carseolim , Taleacotium , aliaque oppida marsica . Nomen habuil a IVI. Valerio Maximo , qui eam cxtruxil .

(25) Praeler nemus urbs erat proxima, sub nomine Angitiae , qiiac illi iiomen dedil. Andreas Baco. lib. 5. de vin. ital. De ne- iiiure occurrit mentio apud Virg. En. VII. r. 759. De civitate ha- Lctar Lapis, quem rcferam in fine Lit. A pag. 12.

(2^) .Marruhium Caput TNlarsorum. Sii. Ital. lib.V. v. 607. M«r- rubium vetcris calebraticin nomina Marri Urbibus est illis caput .

V A II I E T a' 4^3

Quaerend'jm caligine densa antiquitaiis , quo loco consederit caput istu'l Marsjrum, aut ferro obscissum , aut igne perustum . Maenia, qu« videmus prope Lucum strata solo, Angitiae sunt. Lit. ut supra. Quae sur^unt illinc Albac, quae licct prope diruta extaut et hodift habitata nepotibus primorutn Alarsorum; quorum aritiis tremuere Kornulida , nd; caia illis, nec sine illis pugnare ausi . Archippe de qua supra nuin. 12 ex consensu, et quasi traditione populorum, erat posita orìentcm versus, ubi dicitur , corrupt.i voce Arciprete^ nec vestig'a, si quae sunt, referri possunt ad Marrubiam. Milonia, Plistia, Fresilia , ut veteres nostra? urbes cito percurram , additis calcaribus , crani in confiniis Samnitum , et Pelignorum . Cerfìnia ubi nunc Collis Armenus tal), itinerariae Antonini . Quo igitur Marru- bium ? Cluer lib. 2 cap. i4 de Peliguis, et C. Ruaeus ad Virg. d. 1. illud ponunt ubi nunc opi^idulum Morrea juxta Lirim; non. •alia, ut puto , ratione quam affinitate nomìnum , Marrubiwn Mor- rea . Camarra, Phaelionius , alique in aliis locis . Nos nostra» etiaiu merces patrias exponentes Wlarrubium , sivc Maruvium fa- cile dicimus occuluisse caput in eo situ , in quo villa rustica S. Beuedicti , majori tamen ambitu, tcstibus vetustissimis rcliquiis, Amphitheatro , Thermis, maenibus Urbis antiquissimis , et ampia via silicibus itrata nuper detecta , dcficientibus aliiijuantulum undis siccitate summa , praeter aliam viam post Capitolium , de qua men* tio in Lapide reperto in agro dictae villas, qui servatur ab inju- ria aevi in proxirna Civitate Piscinae . Siquidem praeclara illa ruta coesa monumenta, quibus addimus quam plurima signa exculta- que sepulcra continuo illic cffossa, qnae partim sunt adasita terra par- tim ilissita Fucino untlisque lacustribus pene submcrsa, reicrri ncquc- unt nisi ad caput Marsorum non adillas civitates, de quibus supra egi- KiiLis, nec ad alias obicuri nominis, et ad ea, quae numero tantum ca- slcllu vulebunt , ut dicit Sii. Ital. lib. 8, v. Si», et 5ii. Multo minus referri possunt ad Valeriam Bonifacii IV. patriam ; nam procul om- ni dubio civitas illa Latina posita erat extra fines Luoenses , et Fucenses , et quidcm ubi hodie f'icovuro apud Anienem , non Fu- cinum . Pitisc. Lex. antiq. Rom. v. Valeria. Antiquitus dicebatur Vuria. Oua'fiicL inde Valeria , corrupto nomine al> excriptoribus lib. V. Strabonis , scillcet quod id oppidum posìtum erat in via Valeria . Revera nomen , et intcrvall um probe convcniunt , et ma- fis magisque cruitur vcritas ex loto contenta, et ordine Straho-

4oi

Varietà'

nis qui primo Variatiji, sive Valeriain, inde progrcdicodo Carscolirti, atrtue inde Mhain , inde Cuculum, quas duas ultimas Civitates fals» namsrat inter civitates Latina» , ut bene notat Cluer. d. 1 Wec officit q'Aod ille Pontifex dicatur de natìoue Marsorum; nomen euinf Marsorum co fevo snmebatur latius .

Mrror autem patrinni histQricum Phaebonium , postqu^m plu- ra de "Vlarrubio retnlcrit , editie titulis , inconsulto ppsaisse maeniii prope Issarn ( ortucchio ) in eo loco , qui dicitur piano, di'l Mar- cio , et in vero sita Wlarrubii Valeria^ , ad cujus prnatum censet transkta fuisse monumenta archetypa de Marrubio , quae ipsp met testatur reperta in ambita Villas S. Benedirti. Quid ineptius ? Quid «ì reponam , cxulare Valeriam Tabulis Cosmovraphorum P Bcrtii, Sanson , Cluerii , et ab ipso itinerario Antonini? Oraisit Phasbonius qilQ tempore , et qua vecta rate monumenta , ut tota noctc som- niasse credcretar homo caeterqquin intégrae existimationjs , qualis il- le Mariocus, cujus edi4it titulum .

(27) Clarior, et in deliciis habita apud Ronianos crat aqua Marr tia, uti verità iq rebus pro^aais . Plin. lib. Si cap. 3 , Strabo lib. V-. , quoruni te:timonio a Mar^i^ i:^o » dubie Urbein petebat, adsci- pnlantihus recentioribus histqricis Contar, p. m. 62. ^(yniiq. ^ De Rc^. lib. 5. p. 2., Corsign. lib. 1. cap. 8., Fac.Jol. Lex. lai. y. Martìa , qui omnes a Fucino originerr\ aatuniiat ; et no5 ita ctian^ in Carmine deduxiraus , indice nom'smate in littore nuper inventq cujaji^ iascriptio ab una , et altera parte sic,

Ancus Pb lippus ( sig lum equi )

aqna 1S\

Eamdem refert Fabret. de aijuaeduct. V. Martia . At vesti^ii^ ductllia , (]nre supersunt , ea sunt , qu.e adhuc visentur a Sublacu ad Vicunrum ; nulla a Fucino . F,t |ir.)fectQ impossibile videtur tam longe perdaci potuisse , interjectis moiitII>us altissimi^, ()ui- bus undìqiie stagnami vallatur . Pro!>abiIc tamcn est, ne iqnulnri.'^ scrips!s«e putemas Plinium, et Strabonem , foiitom in agro Snbfa- ccn<!Ì , a quo ducti altissimi fornices opere ae terno . ut ait Pro- pertìn* Hb. 3. el. 21 , originps habuisse 3 Fucino per vcn.^s terra absconditas ; et sic dici poterai aqua IVlartia Fucini esse . p-tito no- mine a Regione , aut potius ab Anco Marlio , qui eam ducere auspicatus . Plin. d. 1.; et ut docci ipsa litera in numism^te regio.

(2^) Sub Claudio. Vid. adnot n. S

V A R I E T A* 4o5

(29) Duo edita spectacula a Claudio, ut magnificèrìtia operi» li pluribus viserctur , Naumachia , et pugna gladiatorum . Illai cora- inissa fuit concurrentibus undeviginta millia Naumacharijs Kho- diis , et Siculis; , cxciente buccina tritone argenteo , qui e medio lacu per machinam etiierserat . Syet, d. I. Haec smi pugna gladiar- torum facla ipso etiam lacn inditis pontibus : Tacit. d. 1, Nauma- chia primo edita ante tentatam emissioncm, cincto ratibus ambitu, ne vaga forent effugia . Alterum spectaculum pedestris pugnae lo- «tum habuit contrahcndse rursns multitudini , post(^am altias fuii specus effossns prò sécniida perperani tentata emissione Fucini;., qui refluxit operis iiicurih ut Supra n. 8.

(3q) Pro navibris^ quibus undique cìnctUm stajfium. Tacit, d. h

(ói) Eoruni qui opiis confccerant ut vulgd dicitar et inde ad pugriani inipulsi a Claudio, Rhòdii , et Siculi .

(02) Idcst cxpiare, Credebant qniderri Romani undis flumi* iinm , aut maris expiari tantum posse scelerà , et ostenta tristia . l-égimns apud Seri. Trag-

Quls eluet me Tancih , eiut quce harharis

Mceofis ulnis ponfico incumbcm; muri !

N'm ipse foto magnus oceano Pater

Tantum e.vpiurit sceleris (SZ) Inter varia flaminà , quae ex summà corona montiurri profluant in sinum patris Pucini , duo singularia , uni;m sub no- mine Pictonii caeco tramite a monte Velino per occultos meatas labitnr, et inglorius ctìrrit Invisìs undis, tcstibus veteribus , et recentiorìbus historicis . Alterara , qnod Plinius nommat Inveetura, Vibius alio nomine , a Pelignis raontibus ita decurrebat , ut aqua èjus non miscebatur stagno . Aetas perdidit nomina etiam flumi- num ! Invectus nunc dicitur G^o^enso . Tholonius , de quo sup. Salto . Pictonii latet unda cum ipso nomine" ; nullaqué hodie in aquis nostris miracnla a Plinio , et Vibio relata , quae condicìit Fu- cinus undo?o siuii .

(34) Non cadavere , ut dlctum odio, sed incuria operis .

(35) Id est nec damnasset flagellis rcttuum Facinum , ut fé- cit Xerscs iti pelagum , et ventos superatos a Themistocle in angH- ifiis freti Salamini!. Juvcn. Sat. 10. r. 179. et scq.

Ille taralen qualis rediit , Salamiue relieta ,•

Ih corum , atqa« euwum stlitu» ixvlts Ila gelU» .v

4o6 Varietà'

(36) latelligc animili un , ijoae solita sacrificar! , et sic intellij. Pers. sat. ii. v. 45- Mcrcurinmqne arcessis fibra.

(3-j) Juss», ut flucrent , cffosso jain monte, unda: .

m. O a U M E INT T A

LlT. A

SEX . PACCIVSTI ET . SEX . PACCIVS lA QVINQ - MV^RVM . VET OONSVMTVai , A . SOLO . REST EX . P . P . ANGITIAE

Repertuni in Ruderibus , ubi Vul^o Corno di penna, ab Oppido Luci circiter 000 pas. prope Fucin. Long. pai. 4- lat- pai- 8 et 1/5 Nunc in Ecclesia SS- Joannis Ba^t. et Evaug. intra msenia.

Ex PP. AnGitiae . i. e. publica pecunia civitatis Angitise; nec opus est Oedipo conjectore in re perspicua . Ubi erant muri , ubi Duumviri qùinquennalcs , sìve qulnqueviri , ( ut lubeat rupto marmore ir.'terprctari ) , et Eerarinm , rcsqiie aliae publicae , nc- mo iiisi' ca-cior hypsaea negaverit fnisse Civitatem . Ridcudi pu- silli Scholastici , qui contendunt nemus fnisse , et fanum Dea; Angi- tiae non civitatcm , referentes totlsidibus Virg. En. 7. v. 759 Te nemus Angitia , vitrea te Fucinus uiula Te liquidi tlevere lacus ... < Anne Duumviri» ; sive Quinqucviris commissa nemora, et muri a solo restituendi Urbe nulla ? Tutius dicendum Civitatem habuisse nemus, quod diccretur Angitiae . Sic intelligcndus Virg. de nemore, quod flevjsse dicit in morie Umbronis-

Si conjectnrae aliquando locus est , ubi nunc Lucus oppidum , forlasse olim nitro cifroque nemus Angitiae . Ruseus , et Abbas de Fontaine ad Virg. d. 1. Proiocto lucus , et nemus idea» so- nant . Coiijecturam fulcit situs ipse montauus , undique pjoxima iruticante Sylva.

Deniqac , ut finem faciarrfu; de Angitia , ciiiuain adscribanius ni8e:ii,-\ illa lapidibus qaadran^ulis , exagonis, et pcntagonis , quae

Varietà' ^ 4^7

ptope lucum, et antiquam aream monumenti visentar pomloribus temporum pene diruta ? An Penne, ut plures ceu;ent, in eo loco condita, cujus Incoloe ollm a serpentlbus propulsi dlcuntur velati a gruibus Pygmea choors ? anpotius Angitiae , cujus innotevit ti- tulus ? Qaod si credulus admittam ea esse maenia Hennes , re- ete dixerim oppidum illud, quod breirem aetatem habuit , obscci- rum ortum habuisse in ipsius ruinis Angitiae .

LiT. B

D. M. S. m. MARCIO M. F. FAB JV^-TO . VET. DIV. HAD EQ7ITÌCH0 V. II. P. R iniVIR. AEDjm. VIRI. D. CURATORI . ANNO . II CURATORI. AQVEDVGTV VIXIT . A. LX7 M. MARCIUS. EVTYCHES ET M. MARCIA . RESTITVTA PATRONO . OPTIMO . SVIS AMANTISSIMO B. M. ET SIBI . SVISQVE . POS TERIS . EORVM HVIC . MONVMENTO TERRA. CEDIT

Vet. Veterano . CI. Minicucci in disertatione nupcr edita A- quilae super hoc monumento refert VE. T, interjecto pu icto » damnatque, objurgatque somnoleutos quadratarios, quod illud con- jecerint , cam tamen nuUum sit . Concordai tamen interpretatio , nec concordare^ divisim , cum lit. T. indicci plerumque Tribunatum .

Div. Had. Eqviticho . Delio opus est natatore. iMinicucci refert disjunctim . Equiti , Cho. ut attribueret equitatum VII. Co- hortis ad M. Marcium , Hic et ego irascerer quadratariis ^ sed quod omiserint punctuin , non quod conjecerint, ul assenlia»' optimo in- terpreti, eo tamen mota;, quod plures fuerint Cohortes Marsae , de quibus Csesar de bello civ. lib. i . Quid enim illud equili- cho ? Nec si omnia syrmata volvam a Pyrrha; inveniam exem- pla barbara.

4o8 Varietà'

CoRATORl ÀQtrA^DucTn , Supplc Fucini , ad cnjus ripas et qi#' dom in «o loco, qui dicìtnr cerrete exaratus feto bono integer crppus ab emissario Claudii distans spatio pass. 1800.

Errant qui suspicantur M. Marcium fuisse caratorcm aqua- rnm Albas , quoe triplo , et ampìius distai . Nec credibile est In- ter Fuccnses patrono posuisse monumentum amantissimos libertos tam longe ab Alba, cnjus aquarum fuisset curator Marclus magno dignus titulo curatela parv^a . Utique parcerem , dixissent An- gitiae, aut Pennes, ant alius proximioris civitatis. At vero inutile est alios quaerere aqna?ductus, quuin pateat,et vicinus sit ille Fucini.

Kx mufjere, ifto, quod gessit M. Marcius , non obscure dedu- cltnr Facinnm in Lirim fluxisse. Equidem caritor dari non potuis* sei , nisi absoluto opere . Celerà patent .

LiT. C

IMP. CAF.?ARI nvi

WERVAF. TIL. WERVAE

TRAJANO . OPTJIVrO

AVGVSTO . GERMANICO

DACICO . P\KTHICO

PONT. MAX. TRIB. POT. XXHI

COS. VI. PATRI . P\TRTAE

SFNATUS . POPULU>QUE. R0MA1VUS

OB. RECIPERATOS . AGROS . ET POSSESS.

QVAS . LACVS . FUCINI . ViOLENT. Multnnn de hac inscriptione disertum . Fabreltus , et Scip^ MafT. art. crii, pag 4^6, aliique comentitiam esse dlcunt . Camar- ra , et Reines . et Corsìgn. veram . Minicucci Eucarisficatn pro- clamai . Phaeb pu,;nans prò aris , et focis veram eiiam dicit , nar- ratque pauloante, quibus scripsil , tempora cxtitissc monumentum in ecclesia sub tit. Div. Bartholomsei Aveani ejus patriae ; idemquc rcfert Camarra , imo a se ipso testalur Icctam fideliter inscriptio- nem in marmorea basi cujusdam signl in ipsa Ecclesia positi . Nee plura , ut credam postilla Dis aversis sub marra sepultum monu- mcntnm , et fato dcperditum . Error deprehen.sus , quo improbatur titulas in compulatione anilorum Tribunitlae Fotestatis , arguii mendum quadratarij , nec de fide ambigendum , qunm celerà acque rcspondeant , VINCENTI US MANCINI

Ac. TiB.

4o9

INDICE

1l>E* PRINCIPALI CAPITOLI CONTENUTI NEL IV* VOLUME DEL GIORNALE ARCADICO .

OTTOBRE» NOVEMBRE, DÉCEMBRE 1819.

LETTERATURA.

Dizionario della lingua Italiana: T. primo,

Bologna iSig. (fascicolo primo) ... 3 *

La Legge Petronia illustrata col mezzo di Un' antica Iscrizione rinvenuta nelP An- fiteatro di Pompei : Memoria distesa dal Cavalier Arditi Sopr aintendente dei Re-^ gj Scavi . IVapoli 1819. . . . . * * ig .

Perchè Divina Commedia si appelli il Poe- ma di Dante : Dissertazione di un Ita- liano : Milano 1819 35

Notizie intorno il Teatro , ed altri costumi

Cinesi— —Laa-Sen-géul-Dì'amma Cinese. -44 ^

Lucce Holstenii Epistolce ad diversos , quas ex editis , et inediti s codicibas collegit , atque illustravit Jo, Frane. Buissonade : accedii Editoris commentatio in Inscriptio- ném Grcecam . Paiisiis . . 4 ^ . , 58

Ballate inedite di Fianco Sacchetti tratte

dal Còdice Vaticano che fu dell' Orsino . 63

Lanci Michel' Angelo . Lettera sul Cufico Sepolcrale Monumento portato d' Egitto . in Roma. Roma 1819. . . . . . . 65 *

Ricerche critiche ed economiche suW Agos- tavo di Federico II. e sul Ducato detto del Senato: sul fiorino dall' oro di Firen- ze . ec. ec. ec. Bologna 1819. . . , 120

Storia di Tivoli Tomo II. e III. . . . •— i33 aSi

Osservazioni sopra un decreto Latino delV

Accademia Pesarese i53 -~-

Fàmiglie celebri italiane , Fascicolo pri- mo . Milano 18^19. . ; ini ■-^.

V Arte poetica ad' usò degli studiosi giovi- netti , Operetta di Giuseppe Stdhistj , nelP Accademia degli Arcadi Eufalte Argireo < Roma: 1819. . , , , i83

Rim» del Cav. P^incgnzo Monti loo -*-

4io

Z)' una gemma arabica rappresentante MaO" metto sul Boiac , e la testa d' AH ec. Nota del sig. prof D. Michel an gel ì Lanci .— ino

Intorno un antico enitajjio conservnto in

, Manerba presso il Benaco . Lettera àp\ dott. Gio. Labus al eh, sig. ab. Giuseppe l'^ur- lanetto pubblicata per la prima volta in questo giornale __— aS?

Callimachi hjmni in latina carmina con- versi et selectis variorum interpretum enarrationibus illustrati a Josenho Petruc- cio S. J. etc. Romae , in 4- Grr. et Lat. —— 2^4

De' segni numerici degli antichi Egiziani . i'jG

Della vulgare eloquenza libri due del ca- valiere Angelo Maria Ricci, IVapoli in 8.° 3o5

Lettere del card. Pietro Bembo e di Ber- nardino Baldi ora per la prima volta date in luce da Salvatore Bi'tti ec. . . 817

Della vera definizione del Romanticismo , del sig. S. S- , traduzione dal francese di D. M. Milano 1819 3^4

V^ersi latini de'' cavalieri Dionigi Strocchi ,

e Vincenzo Ber ni degli Antonj . . . . 335

SCIENZE

Nuovi dettagli sopra la Cometa del 1S19. . yi

Della morbosa chiusura dell' orificio dell' utero nella occasione di parto imminente, e di un metodo assai facile e sicuro per rimediarvi. Memoria del Sig. C. P. Miscati 72

Lettera al Sig. Gay-T^ussac sopra un nuovo

alcali vegetale ^5 -—

Memoria sopra V allacciatura dell' Arterie del D. Andrea fiacca Berlinghieri . Pisa »8i9. : : 77

Circa le deviazioni della milza dalla sua naturale sede ,e le nuove aderenze con- tratte da questo viscere con parti lontane: Memoria di M. f^. Cx. Mulacnrne . . 91

Lettera inedita del Radi pubblicata dal D.

Puccinofii 9-<' i

4ii

2l3

Dell' Effetto delle gocciole di pioggia , sulle piante allora quando si trovano dispo- ste in modo da concentrare i raggi del so- le : per Benedetto Prevost

Sulla natura delP infiammazione , ricerche patologiche del Dottore Ermenegildo Pi- stelli medico clinico Lucchese, ec. Estrat- to del Dottor Giuseppe Tonelli . . , ^ 217 355 Osser^^azioni sulla decomposizione dell'ami^ do alla temperatura atmosferica per mez- zo dcir azione dell' aria , e delV acqua . Memoria del Sig. Teodoro di Saussure . Estratto d-una lettera del Sig. Lucas figlio al Sig. Arago da Messina li 3i. luslio

J8i9 , f _

Sopra un metodo proposto da Sir. PVHHani

Congreve per ridurre a metà il consumo

wdei combusti bile nella maggior parte delle

operazioni delle arti

Intera di Francesco Pucc inotti al chiaris- simo professor di chimica Domenico Mori- chini sopra V azione dinamica de\eleni . 33q

Analisi di alcuni minerali . Memoria del Sig. Berzelius. Estratto . ,

227 = 233

337

369

ARTI Belle Arti .

97 -

Scultura- D. Antonio Cav. Sola Svagnuolo .

Pittura di^ Storia JHipenhausen (Frances- co , e Giovanni ) di Hannover . . . q8

Basiletti (Luigia : Bresciano. ... * 102 aio

Pittura di Paesi Ùnteli Prussiano . . ". io3 L

Jti cerche sullo stato delle Belle Arti ai tem- pi d' Omero , del cavaliere conte lYiccolò Fava Ghiiilieri . Bologna i8i8. -. .: .

V Eneide di FirigiUo recata in versi italia- ni da Annibale Caro : Tomo I. Boma nella Stamperia De Romanis iBiq. fol figurato '..'__ 3^3'

Descrizione della Villa di Papa Giulio UT. Lettera inedita di Bartolomeo Amannati Architetto .

234

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osservazioni Meteorologiche fatte alla Specola del Colleg. JiòHix

jSovenibre 1819.

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Q^Karvnzioni Meteorologiche f alte all<^ Specola del Collegio Romano

ulendosi da' eh Astronomi abbondare per diligenza , poiigosi le Osservaiiuni rrfpLtcl in ogni giorno ; e volendosi da noi ristringere ir» pagina , aftin.cbò ini?iio facilmente si disperando , usiamo alcune abbieviature .Pertanto nella coioiitja dalle Meteore pi sif^nifica pioggia 1 lampi t tuoni n nebbia e gelo Ij brina . E nelle colonne dtUo Slitto del Cielo s vuol dire sereno n nuvolo, p poco Le altre abbreviature nelle colonne de' feiiti sono per se stpsse inlelligibili . Quando segue un asterisco s' intenda gran quantità ; ove tro- visi una f croce s' intenda piccoU (quantità ;

( sc'r\> azioni 3fe'f"^roIo£;iche fatto, olla Snccnla del Colleg. Rom.

Decembre 18

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Osservazioni Meteorologiche fatte alla Specola del Collegio Romano

Decemhre 1819.

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\ olendosi da' eh Astronomi abbondare per diligcft2a , poiigosi le Osicrvaiioni Friplici in ogni giorno ; e volendosi da noi ristringere in pagina , affinchè meno facilmente si disperando , usiamo alcune abbreviature . Pertanto nella colonna delle Meteore pi significa pioggia 1 laxnpi t tuoni n nebbia g gel» b brina . E nelle colonne dello Stato del Ciclo s vuol dire sereno n nuvolo , p poco . Le altre abbreviature nelle colonne de' ceiUi. sono per se stesse intelligibili . Quando segue un asterisco s' intenda gran quantità ; ove tro- visi Bna -j- croce s' iutenda piccola quantità :

IMPRIMATUR

Si Videbitur Rev, P. Mag. Sac. P. A Mag. Candidus Maria Frattini Archiep. Philipp. Vicesger.

IMPRIMATUR,

Fr. Phllippus Anfossi Ord. Praed, Sacri Palatii Apost. Mag.

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