6.n*i GIORNALE ARCADICO PI SCIENZE , LETTERE , ED ARTI TOMO XI, LUGLIO 5 AGOSTO ? E SETTEMBRE MDGCCXXI. RO MA NELLA STAMPERIA DEL GIORNALE PRESSO PAOLO SALVIUCCl E FIGLIO Con licenza de Superiori. Sara s&TUR£> SSS! SCIENZE Jjfella stata fìsica del suolo di Roma , memoria per servire d" illustrazione alla carta ge< gnostica di questa città , di G?. Brocchi , con due tavole in rame. Roma 1820 , nella stamperia de Ramanis. ( art. 2. ) PARTE SECONDA. J)ella fisica costituzione del suolo di Roma. ^e l' istituire osservazioni geognostiche, è im- presa sempre difficile e laboriosa, quanto più ma- lagevole riesce allorché trattasi di esaminare il suo- lo , su cui è situata una gran città , la quale par- ticolarmente pel corso di più secoli abbia subito varie vicende? Per riconoscere le rocce primigenie * che trovansi sepolte sotto la medesima , fa d uopo internarsi in tutt' i sotterranei ; e , dove ciò non basti, conviene ancora intraprendere in diversi punti profonde escavazioni. Lungo perciò e penoso è sta- to il lavoro del sig. Brocchi nel. voler determinare la fisica costituzione di Roma : lavoro,, al qua 'e ha ancora non poco cooperato il suo amico sig. Ric- cioli con quello zelo e queir instancabile attività che lo distinguono . Il suolo di Roma risulta da tre diverse for- mazioni ; da rocce vulcaniche, da quelle prodotte dalle acque dei mare quando cuopiivauo la super- 4 Scienze ficie àe\ continenti , e dui depositi di acque dolci e (Infialili . Prima di conoscere in qual molo so* D'i I sbaste una spaziosa valle fiancheg* già;* •;.. un lato e dall'altro da una serie di colli, ed at 'i avertala per mezzo dal Tevere. 11 Vaticana e la lunga giogaia del Giauieolo ne circoscrivono il lato destro; il Pincio , il Quirinale, il Vimi- nale , T inquilino , e i \ ventino il lato sinistro ; «urgono nel nv/zo isolate le eminenze del (ìampi- dogIiQ,del Palatino, del Odio, e porzione dell'Aven- tino ( s. Alessio e s. Prisca ). L'eguaglianza e l'uni* fortuita dei fondo di questa valle , come i sedimenti che vi si ritrovano ovunque, l'anno chiaramente ve* deie essere slato spianato dalle acque ^ ed il Te- vere è stato quello che un tempo ne allagò tutta la sua ampiezza innalzandosi penino all'altezza di iiio a i4o piedi sopra il livello attuale , come lo di- mostrano i deposili che sono sul Pincio , l'Esqui- lino , 1? Aventino ec. Fluviatile adunque è il lòndo, su cui è situala lioraa moderna , ed esso si ma» niiesta ovunque vengano istituiti scavi profondi , o scandaglia ido il terreno con una trivella di fer- ro , coni' Ììa latto 1 A. in moltissimi luoghi . Una marna , un sabhione calcario, ed un'are- na siiiceo-argiilosa sono le sostanze che s'incontra- no oel piano di Roma . La marna è di colore bigio-gìalliccio; racchin<- de ^tili squamate di mica argentina , ed anche non di rado piccioli frammenti di pirossena e gra- n limi di quarto. Quando è secca , assorbe avida- mente I aequa, impastasi, e modellasi fra le ma- ni , s indura al luoco , e fa effervescenza negli aci- di, Predominando in essa J argilla, viene chiamata dail A. marna argillosa . Stato fisico del suolo di Roma 5 In alcuni luoghi trovasi insieme con la me- desima un sabbione calcano giallastro mescolato perioppiù con una certi quantità della slessa ■ ar- ila , e vi si trovano talvolta ciottoli calcarei abba- stanza voluminosi . 1/ arena siliceo -argillosa è di un colore che tende al giallastro , e sparsa di sottili squame di mica aigenliua con frammenti di pirossena ; e fra i granellini silicei si osservano ancora con la len- te sottilissimi cristalli prismatici bianchi che sono prob ibiìnvnte di feldspato . riacchiude sempre una certa dose di argilla priva di carbonato calcario . Quest'arena siliceo argillosa è molto ovvia alla base dei colli di Roma . La provenienza fluviatile di queste tre sostan- ze viene comprovata particolarmente dal trovarsi frammezzo ad esse nodi di tofo Calcario caverno* so e lìsluloso , quale è quello formalo dalle acque dolci , ed il racchiudere spoglie di chiocciole la- custri , come dell" lielix palustris e dell' hclix planata di Linneo » Non trovandosi tali conchiglie viventi nelle acque dell' odierno Tevere, bisogna dire che la con- dizione delle medesime in antico fosse differente dalla attuale , come diversa eziandio eia la natu- ra dei loro depositi . 11 Tevere in oggi non ha più la facoltà di formare tofi e travertini -, né depone più quelle marne e quelle argille , che in tanti luoghi disperdeva una volta, riè più strascina ciot- toli e ghiaja . Ora le sue acque non lasciano che una melma turchiniccia che si vede in più punti lungo le ripe , simile a quella che resta nei sotter- ranei allagati nelle grandi alluvioni . Neil' odierno Tevere non si rinviene tampoco alcun principio chimico, che renda attive le sue acque, ma con- 6 Scienze tiene soltanto sospesa una sottile arena giallastra composta di particelle quarzose , di grani silicei opachi di vario colore , di squame di mica argen- tina , di frammenti di pirossena nera e verdognola, e di sabbia calcarla: frantumi di cristalli di feld- spato si discernono ancora per mezzo della lente nelle parti più grossolane di essa. Le acque del Tevere allorché inondavano tut- ta la vallata di Roma erano talmente elevate che attingevano la vetta di alcune colline, depositi di queste acque si trovano infatti nel Pincio alto i5o piedi al disopra del livello del mare , e superiore di i3o piedi al livello attuale del Tevere, nell Esqui- lino all'altezza maggiore di i4o piedi dal livello dello stesso fiume ( sotterranei di s. Pietro in vin- coli ) ; sul pendìo dell' Aventino all' altezza di cir- ca (jo piedi dal medesimo (dall'arco della salara vecchia fino al bastione di Paolo III ) . Tali depo- sizioni non si limitano al tratto di terreno com- preso dentro Roma , ma si estendono ancora alla distanza di più miglia dalla città nelle colline che spalleggiano la ripa sinistra e destra del Tevere » Ma per quali cause, domanda qui lA. , e per quali circostanze era il Tevere un tempo così superiore al suo presente livello ? Uniformandosi al parere del sig. De Buch mineralogista prussiano egli cre- de , che I elevazione del Tevere si debba riferire ad un epoca alccrto antichissima , in cui il mare, che giunge ora fino ad Ostia , avesse esso stesso un più alto livello, e dovesse per conseguenza innalzare quello del fiume . Non v è forse in oggi alcuno , il quale voglia negare , che il mare soverchiasse una volta la vetta stessa delle più alle montagne, e che non ammetta come cosa molto verisimile che esso non tutto ad un tratto , ma gradatamente ed St\TO TISICO DEL SUOLO DI RoMA J in varie riprese siasi abbassato fino al livello at- tuale . G me T elevazione del mare rendeva più alte le acque del Tevere , così questo fiume mantene- va più elevato il livello de'suoi confluenti. Allora fu che 1 Aniene formò quei travertini e quei lofi che sono nei poggi fra ponte Nomentano e ponte Salaro: allora la i\era depositò queste medesime roc- ce all'altezza, in cui veggonsi nella valle per cui trascorre ; e la Paglia lasciò il travertino chf* è sulla sommità del colle su Cui è posto Orvieto ; e lo stesso si può dire della Chiana rispetto ai luo- ghi ad essa a dia centi . Inondando il Tevere nei prischi tempi tutta la vallata di Roma , ed innalzandosi le sue acque fino ali altezza di ijo a i4° piedi sopra il ìivellò attuale , si concepisce ancora facilmente quanto più gagliarda e più veemente dovesse essere Ja sua correntìa. Ed infatti senza di ciò esso hon avreb- be potuto certamente trasportare quella grande quan- tità di materie , che si trovano accumulate in Ro- ma in grossi banchi i ne strascinare quei grossi rot- tami di lava basaltina , ed i ciottoli Calcarei che si vedono iti più luoghi sopra ammassi di traver- tino e di to lo . Ma è impossibile di po'er dire quali erano i fiumi ed i torrenti che vi conflui- vano per renderlo così voluminoso e così gagliar- do , ed in qual modo si siano questi avviati po- scia ad altro cammino * Finalmente il Tevere di una Volta differiva an- cora dall' attuale per le sue proprietà chimiche. Sem- bra che esso non sia più atto a formare quelle con- crezioni, quei tofi , e quei travertini , (he in tanta abbondanza si trovano nelf antico letto, t sali che attualmente contiene sono in sì piccola quantità, co' 8 Scienze rne noi stessi ci siamo assicurati , che quando è spo» ghalo di queil arena che tiene in sospensione può benissimo stivile come acqua potabile. JDai depositi fluviatili passa 1 A. a ragionare delle rocce vulcaniche. I tufi vulcanici, egli dice, formano la parte principale del suolo dell' agro ro- mano e del Patrimonio di s. Pietro , e si estendo- no ancora per gran latitudine nella Campania , di maniera che si possono questi considerare la roccia dominante dei tenitori vulcanici dell Italia meri- dionale. Da questi tuG è formata la massima porzio^ ne delle colline, che spalleggiano alla destra la val- le tiberina, quelle cioè del Pincio , del Quirinale , del Viminale, dell' Esquilino, non che del Celio, dell* Aventino, del Palatino, e del Campidoglio. Sono es- si di due varietà o piuttosto di due specie; il tufa litoide ed il tufa granulare (a). Il tufa litoide (b) è di un colore rosso bruno o lionato, con macchie di tinta più carica o arancia- ta , che dipendono da frammenti di lava scoriacea , la quale per la sua tessitura si accosta alla pomi- ce. Ha una frattura terrosa in piccolo, e che in gran- de pende alla concoide: è abbastanza duro da es- sere impiegato come pietra da fabbrica. Contiene amfìgene bianche farinose, squame di mica bruna, cristalli di pirossena nera e verdognola , ed assai di rado qualche scheggia di feldspato . Racchiude talvolta pezzi rotoudati di lava nerastra , ciottoli di (a) Chiama l'A. i tufi vulcanici semplicemente col nome di tu- fa per distinguerlo dal lof. di acque dolci, conformandosi così al sentimento di alcuni naturalista (b) Questo tufa corrisponde a quello chiamato pietroso «lall1 A. nel suo Caicchio di rocce par servire alla geognosia dell'Italia. Stato fisico del suolo di Roma g calcarla, e rottami angolari di questa medesima roc- cia Ve né una varietà di una grana così fina, che sembra una roccia omogenea , e questa è più solida, più compatta, ha una frattura più decisamente con- coide , ed una struttura che tende alla fissile. Tro- vasi il tuia litoide in Roma nel Campidoglio, nell* Aventino , nell Lsquilino , nel Celio ; e presso Ro- ma a monte Verde, dove viene cavato , come al- tresì a ponte fomentano ed a torre Pigliatala fuo- ri di porta Maggiore , ed è abbondantissimo ad Ar- dea e lungo la via ardeatina . Questo tu fa era chiamato dagli antichi saxunt quadratimi , o lapis quadratus , e se ne serviva- no ai medesimi usi s ai quali serve oggidì. Il Hi/a granulare è intieramente diverso da quel- lo descritto; per cui meriterebbe di essere conside- rato come una specie distinta. Il suo colore è bru- no-nerastro , o vioiaceo-fosco , o bigio-giallognolo ; è leggiero , assai friabile, composto di grani grosso- lani debolmente aderenti , e sparso sempre di mac- chiette bianche di ainlìgene farinose con frammenti di pirossena, squame di mica nera e sovente ciot- toletti di lava bi^ia o nerastra. Esso non è altro che un aggregato di grani di lapillo più o meìio terrosi. Questo tufa è più comune dell'altro nei colli di Rema , e costituisce la massa principale del Pin- cio , del Quirinale, del Viminale, dell' Inquilino, del Palatino . Si trova ancora in molti luoghi nei con- torni della città , come alla sommità di monte Ma- rio poco oltre la villa Melimi, e per la strada che dalla basilica di s. Paolo fuori delle mura conduce a quella di s. Sebastiano. In quello del monte Pin- cio e della basilica di s. Lorenzo fuori delle mura si vedono impressioni di toglie di vegetabili terre- stri, ed in quest'ultimo sito esso si trova forato da io Scienze cavità fistolose di vario diametro , le quali sem- brano provenire ila tronchi e da rami di alberi che vi si trovavano rinchiusi e che si sono di- strutti . Le sie^se apparenze si trovano ancora in vai j altri luoghi . Quanto alla sua giacitura , esso è pcrloppiù soprapposto al litoide , ma nei sot- terranei di s. Francesco di Paola sulFEsquilino il primo si vede sotto il secondo senza che si rav- visino nel punto di contatto distinti limiti, di ma- niera che uno passa insensibilmenle nell'altro. Nel tufa, di cui parliamo, sono scavate le ca- tacombe de contorni di Roma, quali sono quelle di Calisto o di s. Sebasìiano , di Basilla nella via sa- lara vecchia , di torre Pignatara sotto la chiesa di Pietro e Celestino , di Ciriaca fuori della porta s. Lorenzo nella chiesa di quest' ultimo nome, di Ca~ lepodio e JNovaziano a s. Pancrazio. Trovasi talvolta questo tufa talmente altera- to per una decomposizione che ha subito , che in tal caso sene potrebbe formare una varietà chiaman- dola col nome di tufa terroso. Ha allora un colore giallognolo o di foglia secca, è molto leggero, friabi- lissimo in modo che si sfarina fra le dita; è molto avido di umidità che assorbe con sibilo sviluppando un forte odore terroso. Trovasi in Roma in molti luoghi , coni'! p. e. nei sotterranei di s. Francesco di Paola sulTEsquilino , ed in quelli del Quirinale nella via del giardino papale al n. 4o, sulla som- mità del monte Mario, e fuori della porta del Popo- lo nella stradclla che dadi' arcò oscuro conduce all' acqua acetosa. A questi prodotti vulcanici proprj del suolo di Roma debbonsi aggiungere Je pomici , le quali sono in frammenti ai mediocre e di picciolo vo- lume, e che si trovano ora disseminate nella mas- Stato fisico del suolo di Roma h sa del tu fa granulare, e più frequentemente forma- no o in mezzo o sopra eli queslo particolari si ia- ti ordinariamente di alcuni pollici. Racchiudono sempre cristalli di feldspato che non si trovano mai nella roccia dove sono impiantate , e qualche vol- ta ancora cristalli di pìrossena. Si possono vedere queste pomici in molti luoghi, fra i quali in gran- de abbondanza, e molto ben conservate, nella par- te del monte Gianicolo che rimane accanto alla porta s. Spirito sotto alle mura del giardino Bar- berini. Premesse queste generali notizie, passa FA. a descrivere in particolare la fìsica costituzione di ciascuno dei colli di R mi , incominciando dal Pincio , che è il primo nella serie di quelli che fiancheggiano a sinistra la valle del Tevere. JVella falda di questo colle presso la porta del Popolo mostra esso un'alterazione di banchi fluvia- tili di differente natura. Il banco inferiore , di cui non si conosce la profondità , è di tufa granula- re abbastanza Solido, di un colore bigio simile al peperino, col quale si potrebbe a primo aspetto confondere , composto di frammenti di pomice gial- lognola , di grani di amfìgena farinosa , di lai glie squame di mica bruna unite in un cemento. Con- tenendo questo tuta concrezione di tofo calcano cavernoso e fistuloso , ed impressioni di piante ap- partenenti alle arundinacee, non si può dubitare che sia stato deposto dalle acque fluviatili. Si os- servano ancora in esso impronte di foglie, e 1 A. ravvisò quelle del populus alba , della belula al- nus , e ramoscelli di tamarix gallica. Contiene inol- tre grossi nodi di spato calcarlo giallognolo a rag- gi divergenti. Tutte queste sostanze sembrano es- sere riunite per mezzo di un cemento di Calce car- 13 SciEXZE tonata , clie sì manifesta con Y effervescenza pe mezzo degli acidi. Un altro banco sovrapposta questo, e ri ,. t sezza di circa ò piedi ,è formato di ima »„co« ar- gillosa di colore bigio, mediocri niente duro, ca- pace di assorbire I acqua, sen/a ammollirsi e ri- pieno di squame di mica argentina Racchiude aneli essa le stesse impronte di Toglie , fra le quali quel- le del salice alba . A questi due banchi ne è sovrapposto «in ter- zo di tuia simile a quello descritto , il quale pe- rò contiene minor quantità di pomici , ed invece racchiude ciottoli rotondati di Calcarla apenoina , ì quali sono più copiosi nella parte inferiore del ban- co , mentre nella superiore contiene maggior copiai di am.'igene brinose , per cui ha l'apparenza di es- sere l'ormato di strati distinti . Tutti questi banchi sono ricoperti da un gran- de deposito di sabbione , il quale è un composto di parti silicee e calcaree con ammassi di tolo ca- vernoso e concrezioni tubidose . Trovatici in mez- zo ad esso nidi di lapillo, e di tuia granulare sciol- to e polveroso mescolato con arena calcarla . Al- trove esistono straterelli di ghiaja , e di ciottoli pa- rimente calcarei , e nella parte superiore gran co- pia di glebe di travertino compatto di varia gros- sezza , e di figura irregolare . In questo luogo me- desimo nella sezione verticale di una porzione di falda si presentano strali iormati di un miscuglio di ciottoli di l'ocfija bruna e rossa , di ciottoli cai- calcari, di minuzzoli di pirossena , e di rottami an- golari di lava . Curiosa al certo è nel Pincio 1 as- sociazione di rocce fluviatili e vulcaniche , di cui però se ne vedono altrove mol i altri eSempj . L'esi- stenza delle prime mostra che il Tevere ha soggior- Stato fisico del suolo di Roma i3> nato una \ olta su quel colle , e la seconde sembra- ne» essere, state trasportate dalle stesse sue acque nel per'cdrreve Krntn vulcanici, e depositate quindi in- sieme con le prime, dando così origine ad un tuia t che I A chi, ma ricomposto per distinguerlo da quel- lo, da cui deriva, e che dice tu fa originale. Qu Sta è la costituzione geognos'ica delle fal- de del Pincio : ma la massa principale di questo monte è intieramente vulcanica, e composta di tu- ia granulare più o nn no alterato, a cui si frappon- gono in qualche luogo strati di pomici . Non dissimile da quella del Pincio è la fisi- ca costituzione del Quirinale. La laida rivolta ver- so il plano di Ptoma è coperta di depositi fluvia- tili . li tuia granulare somigliantissimo a quello dei Pincio si scorge in un gran numero di sotteranei verso la cima del monte, e sulla cima medesima; di maniera che non si può dubitare che esso co- si fruisca il nocciuolo di questo colle - In molti luoghi, come p. e. in un sotterraneo in via del giar- dino papale, si vede Ira due grandi banchi l'uno di tuia terroso , falt.ro superiore a questo di tufa gra- nulare , uno strato di pomici dell altezza di alcu- ni pollici , Il Viminale contiene lo stesso sistema di roc- ce dei due colli precedenti. Le fluviatili si stendono sulle sue falde tanto in quella clip riguarda il Qui- rinale, come sulT altra rivolta allE<;quilino . Il sab- bione calcarlo racchiude le medesime concrezioni tolacee formate dalle acque dolci. In una grotta in via clementina e che è scavata nello stesso sabbione calcarlo, si vede che la sabbia è coperta da un ban- co di tuia granulare ricomposto, molto friabile , e mescolato a ciottoli calcarei . Questo tufa provie- ne dui detrito di quello che costituisce la massa del monle, e poggia sopra un banco di tufa terroso 8 '4 Scienze Lo stesso sabbione calcarlo che trovasi nel Vi- minale e nel Pincio si osserva sul pendio dell'Esqui- lino . In un sotterraneo in via Sforza si vede una, sequela di strati della stessa provenienza , ma al- cuni de' quali sono composti duna terra particola- re : l'inferiore è duna argilla giallastra tenace spar- sa di minute squame di mica : un secondo è l'or- mato di pezzi di scorie, ciottoletti di lava , e fram- menti di pomici bianche ; siegue un banco di tu- fa granulare tramezzato da uno straterello dell'al- tezza di 5 06 pollici ad un piede di pomici decom- poste che racchiudono cristalli intatti di pirossena e feldspato. La massa del Cispio è vulcanica ancor' essa come quella del Viminale , ed è formata di tu- fa granulare in strali alternanti con quelli di tuta terroso, e che nascondono gruppi di pomici . Nella frangia dell'inquilino detta Oppio si vedono tutte le varietà di tuia ( sotterranei di s. Francesco di Pao- la ) di cui si è parlato, disposti in banchi di varia grossezza col seguente ordine, incominciando dal più, basso . 1 . Banco di tufa terroso di colore lionato bruno con frammenti di pj rossetta e di feldspato, che si ri-, solve fra le dita in una polvere ruvida . 2. Straterello di tufa granulare seminato di gran quantità dì amfi gene farinose, e di piccoli cri- stalli di pirossena il quale sfuma nel seguente. ò. Grosso banco di tufa granulare contenente pezzi di lava scoriacea, ed attraversato da Jiloncelli di argilla glassa giallognola e nerastra , che corrono in tutte le direzioni . 4. Banco di tufa litoide di colore rossìccio con pezzetti di lava pumicea di tinta aranciata, amfigene farinose , pir ossene nere e verdastre , mica bruna , ciottoletti di lava , ed attraversato esso slesso dafilon- celli della suddetta argilla grassa . Stato fis/co del suolo di Roma io 5. Un banco di argilla giallognola sparsa di concrezioni calcarle con nidi o s'risce orizzontali di tu/a granulare molto friabile , e la quale fa passag- gio ad altra argilla giallo-verdognola untiu.sa simile alla smettite ( sotterranei di s. Pietro in vincoli ). Il tufa granulare apparisce ancora in molti punti delle altre irastagliature dell' Esquilino, come in quelle che congiungono questo colle col Viminale ed il Quirinale . Il Celio, situato fra 1" Esquillno e l'Aventino, è uria collina isolata per ogni verso come il Pala- tino ed il Campidoglio. La roccia del Celio è un tufa litoide simile a quello di monte Verde, e che si trova eziandio nell Lsquilino. Ma non tutta la massa del colle è composta di tale specie di roc- cia. Le falde non differiscono per la loro natura da quelle delle altre eminenze descritte. In più luoghi si manifesta il tufa vulcanico-fluviatile , ossia ri- composto, che forma una serie di banchi di mag- giore o minore altezza, e che poggia sopra un sab- bione siliceo unito ad una certa quantità di argilla. Contiene pomici, e talvolta alterna col tufa terroso . Quantunque il Palatino sia coperto da un alto cumulo di rovine, pure VA. ha potuto conoscerne in un luogo ( in uno scavo in villa Spada ) la roccia , la quale è un tufa granulare di color bruno. Oltre i consueti ingredienti contiene , al paro di quello del Quirinale e dell'Esquilino, grossi pezzi di lava nera «coriacea . E verisimile che il Palatino abbia ancora rocce fluviatili , ma queste non si sono potute os- servare . - L'intima struttura del Campidoglio è quella che si palesa meglio di tutte le altre colline di Ro- raa. La massa principale è formata dal tufa litoide, Che si vede allo scoperto nella rupe Tarpea Ma iCf Scienze havvi ancora un tufa granulare ed altri depositi , la disposizione de' quali chiaramente si vede nei sotterranei dell'ospitale della Consolazione, e sono i seguenti, incominciando dagl'inferiori . i. Un banco d'argilla bruna unù solida, che non, si stempera nel f acqua, né si attacca alla lingua,sparsa di tenuissime squa/nette di mica argentina . Pvsta nelV acido nitrico cagiona una passeggi era effervescen- za . lYori se ne conosce la grossezza . 2 . Calcarla compatta, bruna, di frattura liscia e concoide, attraversata da sottili vene di spato bianco. Si discioglie lentamente e non compiutamente nell'acido nitrico che rimane tinto di giallo . Forma in mezza alla suddetta argilla straterelli dell altezza di uno a due pollici ripetuti a differenti intervalli . 3. Un banca di sabbia grigia deb o1 mente ag- glutinata, composta di grani di tufa , di particelle calcane e dt molte squame di mica coti uno straterel-. lo della detta calcarla compatta . Alto piedi 4- 4- Un banco di argilla giallastra, sparsa di rari e picciolissimi punti luccicanti, che si stempera nelf acqua e non sobbolle negli acidi. Alto piedi 2. 5. Un banco di tufa granulare nerastro con ciottoletti di ghiaja calcarea, che formano in un luogo. in mezzo, a questa sostanza uno straterello distinto . Alto piedi 5. (i. Un banco di tufa granulare, di colore bigio, verdognolo, simile a quello dianzi descritto . Della medesima altezza. 7. Tufa litoide, che si stende fino alla superficie, della rupe Tarpea . Le argille e la calcaria sembra che costitui- scano il nocciuolo del colle . Gli strati di quest ul- tima roccia che trovansi frapposti alla prima es- sendo d'una calcaria compatta come quella degli Stato fisico del suolo bi Roma ip appettai»), erede perciò l'A. che non siano stati de- positati dalle acque dolci , ma che siano di for- mazione marina . I depositi di acque dolci si rav- visano bensì in altre parti del Campidoglio . JNell' intermonzio si vedono sedimenti lasciati dall' an- tico fiume , il quale passando per quel vano , e per le valli contigue al Campidoglio, andava ad inon- dare la pianura di campo vaccino . Che questi se- dimenti siano di tale origine lo manifestano le spo-» glie di conchiglie univalvi e bivalvi , che vj si trovano , e che sono simili a quelle delle acque dolci . Ciò si può vedere nei sotterranei del pa- lazzo dei conservatori . Si scorge il tuia litoide in basso , simile a quello del resto del colle . So- pra questo si trova un banco di tuia granulare ricoperto , quindi succede un deposito di marna argillosa di color giallognolo , che apparisce ripar-» tita in tre banchi . Il più basso è di marna in- durita , seminata di piccoli cristallai di pirrossena , e di frammenti di quella lava pumicea di colore aranciato che è uno degF ingredienti del tuia li- toide ; contiene residui di vegetabili e frequenti spoglie di testacei lacustri candidissimi , e som- mamente friabili, appartenenti alla tellina cornea ed all' helix tentaculafa o cjclostoma impura di Dra- pernaud . Gli altri due banchi superiori a questo sono di marna molle senza frammenti vulcanici e più poveri di testacei . Essa racchiude nodi o con- crezioni di calcarla gialliccia , e si sfalda nel ver- so di certe naturali fenditure , le di cui pareti so- no intonacate d'una velatura di ossido nero di man- ganese ferruginoso , che si spande talvolta in mac- chie di forma dentritica . L'Aventino è composto per la massima par- te di materie vulcaniche simili a quelle delle al- G.A.T.XI. 3 S e i e y % k tre colline . Il tuta litoide si vede nella vigna Lo- vati rimpetto a s. Prisca , e in vigna d'Aste in- contro s. Saba ; quello della vigna Lavati è co- perto da uno stiato di pomici mescolate ad una terra vulcanica giallastra . Grossi banchi di traver- tino solido comj quello di Tivoli appariscono sul- la falda di questo colle che guarda il Tevere , e si stendono dall' arco della salara fino al ba- stione di Paolo III. Alla Marmorata però ( en- tro il cancello n. \f\. ) si può facilmente vedere in qual modo sono le rocce in questa parte stra- tificate . Inferiormente v'è un banco di tu fa bigio molto friabile , composto di fina sabbia vulcanica con granellini di pirossena ed a nifi gene vitree e farinose . Sopra di esso posa un secondo banco di sabbia giallastra siliceo-argillosa dell; altezza d'un, piede e mezzo, analoga a quella che trovasi ai pie- di del Celio ne* sotterranei che stanno sotto le sostruzioni della curia Ostilia ; ma non disgiunta dal tufa sottoposto per alcuna apparente divisione, di maniera che i banchi si confondono insieme . Finalmente sopra il sabbione siliceo- argilloso si stende un grossissimo banco di tufa granulare ri- composto continente frammenti di lava , ciottoli di calcarla , e concrezioni di tofo . Questo tufa poi è coperto da una serie di banchi parte di sab- bia calcarla e parte di travertino con conchiglie terrestri e fluviatili , i quali s' innalzano fin sot- to il ciglio del colle*. Il monte doro creduto da alcuni essere il Ce- liolo , e che è quella eminenza allungata su cui è la porta latina, è formato di tufa granulare e terroso . Due sono le colline , il Vaticano ed il Giani- colo , che restano situate alla destra del Tevere . Stato fisico del suolo di Uoma 19 Queste eminenze sono ben diverse da tutte le al- tre descritte , giacché se le rocce vulcaniche e fluviatili compongono la massa di quelle , mani- festamente si scorge essere state queste innalzate dalle deposizioni del mare . È a tutti noto che di tale natura è il monte Mario famigerato per la quantità di conchiglie marine che si trovano fi- no alla sua sommità , la quale si eleva a 44° piedi sopra il livello del Mediterraneo . Il monte Ma- rio non è che la continuazione del Vaticano , co- me questo lo è del Granicolo . Un sabbione siliceo-calcario di colore gialla- stro, simile a quello che per tanta latitudine si sten- de in Italia a pie della catena degli appennini , è la roccia dominante del Vaticano. Questo sab- bione si può vedere negli orti di Belvedere , ed anche fuori di prorta Angelica a sinistra lungo le mura . Esso, è pedoppiù sciolto ed incoerente , ma talvolta ancora conglutinato in guisa che forma, stradi di un arenaria sufficientemente solida . Sotto, il sabbione calcario o, siliceo-calcario ri- mane una marna turchiniccia contenente gusci di conchiglie . Si può vedere dietro la sagrestia, di s. Pietro ove appare regolarmente stratificato , e racchiude lamine e cristalli di selenite, dentali, picciole telline , pezzi dell' opercolo della gepas balanus ec. Non sono infrequenti scheletri di una pianta appartenente al genere dei fuchi . Furono ancora trovati nella medesima una pigna , fram- menti di legna bituminoso, ec. ec. Il Gianicolo è simile al Vaticano . Il sab- bione trovasi in tanti luoghi , che sarebbe inuti- le di annoverarli , come press», la chiesa di s- Pie- tro in Mon torio, dal lato per cui si sale ai fon- tanoni ; dietro le mura della città lungo il clivo * 2 #q Scienze del monte, ove dalla porta portese si va a quella d$ s. Pancrazio ec. Quantunque nettunica sia l'indole {lei Gianicolo esistono ancora in esso rocce fluvia- tili . Sono queste visibili lunga la salita che con- duce al cimiterio di s. Spirito , e lungo il clivo che porta a s, Pietro in Montorio . Nel Vaticano e nel Gianicolo non mancano tampoco rocce vulcaniche, le quali si manifesta- no tanto alla base come nella sommità. Alla ba- se del Vaticano fu discoperto un tuta granulare di colore bigio giallognolo e mescolato con piccoli frammenti di pomici all' occasione di costruire il nuovo salone del museo. Un tufa bigio-verdognolo, somigliante a quello del Campidoglio in via della consola/ione , è nel corno del Gianicolo contiguo al Vaticano . Lo stesso tuia vedesi allo scoperto presso la porta s. Spirito sotto le mura del giar- dino Barberini . Ma rocce della stessa natura ar>- pajono anche sulla vetta del colle . Ditfatti il tu- ia granulare o terreno di colore bruno si mostra alla destra della porta s. Pancrazio sul ciglio del Gianicolo, ove è impastato con grossi pezzi di pomice benissimo conservati . Queste materie vul- caniche sono evidentemente soprapposte ai depo- siti di formazione marina o nettunica, come osser- vasi nel monte Mario , il quale è composto di sah^- bia o meramente silicea o siliceo-calcaria sparsa di nicchi di mare , sopra cui vedesi una serie d,i banchi di tufa granulare e terroso con sopra uno strato di pomici mollo friabili . Come appendice del Gianicolo si può riguar- dare il così detto monte delle crete , che sta die- tro di esso fuori delle mura della città verso la parte occidentale . I tagli fatti per estrarre la mar- ita figulina ne danno a conoscere la struttura. So,- Stato fisico del atioìo di Roma. ai prà tiri grati deposito di questa marna ordinala a strati regolari si vede il sabbione siliceo-calcario mescolato coti Ciottoli , il quale forma in alcuni siti banchi di arenaria solida simile a quella del GianiColo accanto a s. Pietro in Molitorio ; ma ciò che particolarmente è da notarsi si è, che al- terna con istrati della sfessa marna racchiudente conchiglie marine : il che dimostra che quel sab- bione è esso stesso di formazione netttinica . I ciot- toli sono 0 calcarei 0 di f'ocajà vario- colorata , e legati qualche volta da uh cemento spatico : Qué- ste rocce marine si stendono ancora fuori di Ro- ma al settentrione verso il fìumicello detto Acqua- traversa, ed al ponente verso Ostia e Civitavec- chia . E siccome esse provengono da uh grande e generale depositò che 1 antico mare ha lascia- to nella nostra penisola ih quello Spazio , che dalla base degli appennini prolungasi verso il Mediter- raneo da un lato , è fino ali Adriatico dall' altro ; così si può supporre Che queste roòcé esistano parimenti sotto le materie Vulcaniche giunte so- pra di èsse nei Consecutivi tempi . Ne seguireb- be adunque Che d'indole hettunica dovrebbe es- sere il suolo che Serve di base alle colline di Roma, ài Pincio , al Gianicolo, al Viminale ec. Questa induzione fondata sulT analogia viene Convalidata da quanto si scorge sili Campidoglio , ove trovasi l'argilla e la calcaria Compatta Sotto' il tùfa litoide e granulare , è da quanto si osser- va sul Gianiòold stesso . Ma lumi maggiori si sa- rebbero potuti fi trarre su ciò ì sé sì fossero esami- nate le rocce , che furono staccate dai colli al- lorquando furono scavati i pezzi che sono sopri i medesimi . LA. ha voluto conoscere le profon* dita di un gran numero di essi . Iu queste ritte** i>2 Scienze che egli ha osservato che quanto più elevate so* no le stazioni eli Roma tanto più profondi so- no i pozzi . Da ciù ne d duce , che la roccia do* ve l'acqua si raccoglie a q.elle grandi profondità non può essere il tufa , il quale per le sue poro- sità la lascierebbe facilmente filtrare, ma piutto- sto un altra sostanza più idonea : e questa non potrebbe essere se non un argilla o una marna. Con molta probabilità dunque si può supporre che sia dessa una marna di formazione nettunica si- mile a quella del Giauicolo e del Vaticano : e poi- ché nel Giauicolo stesso e nel Campidoglio si rin- vengono sotto il tufa depositi che hanno avuto ori- gine dalle acque del mare ^ perciò si può credere che simili sostanze Formino il nocciuolo di tutti i poggi di Roma , i quali s'ingrandirono dopo che i tufi ed i lapilli vennero a soprapporsi alle ter- re nettuniche . Per analogia si può anche supporre che lo stesso abbia luogo nel piano di Roma, che strati marini cioè esistano sotto i sedimenti flu- viatili . Una prova di ciò crede l'A. di ritrovarla nelle emanazioni di gas idrogeno , che in alcuni luoghi lungo la ripa del Tevere si sono rinvenu- te (a) . Egli opina che non dalle sostanze organi- checche si raccolgono e si decompongono nelle acque del Tevere, ma che si sviluppi questo gas dalle rocce marine che giacciono sotto i sedimenti flu- viatili . Formatasi un'idea della fisica costituzione del suolo di Roma, viene naturalmente la curiosità di conoscere donde siano provenute le sostanze vulca- niche che in tanta copia vi esistono , ed in qual ma- niera siano state quivi trasportate, e depositate co- (a) Vedi fiorii, arcad. Noroinbre i&2o. Stato fisico del suolo di Roma 23 me ora noi le vediamo . Se si consideri la grande estensione che occupa il tuta non solamente nel suolo di Homi , ma in tutta lltalia meridionale inter- nandosi perfino nelle gole delle montagne; la sua distinta e regolare stratificazione , il racchiudere strati di pietre rotolate non solamente vulcaniche , ina calcàree eziandio , tutte queste cose Tanno sup- porre che i vulcani donde furono eruttate le ma- terie che compongono tali aggregati tufacei, sieno scoppiati dal fondo dèi mare in quell'epoca , in cui esso copriva ancora gran parie de'nostri continenti . Le pomici; i lapilli, le Ceneri, i frammenti di la- va mescolati con ciottoli calcarei , con ossa di ani- mali , con tronchi d alberi e con tutto ciò che il mare traeva, furono stracinati dai flutti, furono trasportati in luoghi lontani dall' origine loro , e deposti quindi cori quelle leggi e con quelle con- dizioni , a cui soggiacquero tutti gii altri sedimenti . Secondo dunque 1 opinione dell À., che è quella stessa di Dolómieu , di Sariti ^ e di tanti altri ce- lebri naturalisti, l'origine del tuia di Horaa , e dì quello generalmente del Lazio , dell' Etruria, della Campania, e della Sicilia eziandio si deve attribui- re aglinceridj sottomarini . Ed infatti diversa dovet- te essere la condizione dei vulcani antichi , rnentré vediamo , che i moderni non hanno la facoltà di formare simili tuta. Ma una prova più convicente che i medesimi siano veramente di origine nettu- nica , si ha rielle spoglie di animali marini trova- te in più luòghi fra quelle sostanze vulcaniche . Finalmente domanderà qualcuno quali siano sta- ti i crateri , donde furono eruttate le materie che coprono il suolo di Roma . Vi sono molte buone ragioni per credere che non siano stati quelli dei fcolli albani e tusculum „ Iniatti ira i prodotti Ciri a4 Scienze si trovano in essi non si vede ombra di tufa litoi- de , ed abbonda invece il peperino che è estranio al suolo di Roma , netampoco si sono rinvenute nei medesimi pomici con cristalli di feldspato , che 5 incontrano nel Pincio , nel Quirinale , nell'Esqui- lino , nell A ventino, nel Gianicolo ec. Queste sostan- ze si trovano bensì al N. ed al N. O. di Roma nei monti cimini , ed in quelli che circondano il lago Sabaliuo . Si può dunque credere con molta verisi- miglianza che dai vulcani una volta esistenti in quel- le regioni siano ancora provenute le sostanze che compogono la massima parte del suolo di questa città. Estratto della memoria di Stefano Gallini inserita tra quelle della Società Italiana delle scienze, col titolo : „ Se e quanto il fluido elettrico o galvanico in.-» fluisca nella produzione de' fenomeni della vita, soprattutto ne' corpi animali ,, ì^e i corpi celesti posti a immense distanze Ser- bano determinate rispettive posizioni, ciò dee ri- ferirsi ad una ben pensata cagione, alla mutua at- trazione newtoniana. Ed a questa forza istessa, con- giunta ali impulsione sulla tangente, del pari è do- vuto il movimento planetario, non mai a fluidi sot- tilissimi eterei, impellenti, come una vana ipote- si sì a lungo sostenne. JNè le masse terrestri al- trimenti tendono al centro del globo, o le mole- cole al centro delle masse, o gli elementi a quella Fluido elettrico o galvanico Fluido elettrico o galvanico ay stimolanti , dopo quest'epoca , e questa scoperta del Galvani , bramosi i tisiòlogi eli surrogare ai spiriti animali, sì gagliardamente combaituii da Leo-- poldo Caldani , un qualche incoercibile, aver po.^to. a tortura e consci muto 1 ingegno perchè più non si dubitasse che l'elettrico-animale esistente ne' nervi , ed accumulato or più or meno , scari- candosi in forza di alcuni agenti o circostanze, poteva produrre esclusivamente le sensazioni , le contrazioni , e qualunque altro organico mutamene? to . Stimava in fine il eh. Humboldt, che possa un fluido imponderabile , finche duri la vita , es- ser prodotto , mosso , é per le fibre diffuso : ed accumularsi secondochè i tessuti organici sono più 0 meno conduttori di quello : negare però che 1 elettrico in questo supposto sia un principio as- soluto di vita : affermare anzi che i fenomeni vie- tali sì riportano assai bene all' azione combinala di tutti gli elementi diversi che costituiscono le mo- lecole animali; e che il fluido galvanico , ove ope- ri , può aversi in conto di causa determinatrice de' movimenti organici „ sia che le molecole del- la fibra viva si muovano , sia che loro vengano insieme aggiunti e tolti ad ogni atto , con chi- mico-animale processo , alcuni clementi . Mentrechè l'illustre Galliui viene esponendo e in qualche parte confutando cotesto fisiologiche opinioni , non lascia di avvertire che quanto si congetturò dal La-Roche poteva aprire un largo sentiero, à giustamente ragionare della vitalità; e che assai più lo potevano le belle e molte espe- rienze dell' Humboldt : dalle quali conchindesi pu- re : non il solo fluido elettrico o galvanico po- ter esser la causa delle sensazioni e contrazio- ni • e doversi riputare, quanto che sia, nulla più a8 5 e i e n i b che occasione di vitali movimenti . È seguitando dice , che nel suo - Saggio di osse?vazioni con- cernenti i progressi della fisica del corpo umano - ricredutosi della molta influenza consentita ali elet- trico nella prima sua lezione fisiologica pubblica- ta nel 1786, dichiarò; la forza vitale Star tutta' in una certa mobilità tra le molecole , é gli ele- menti delle Medesime . Dice anco che dopo sco- perte le nuove leggi di affinità dall' immortai Ber- thollet , ei potè di più aggiungere , la mobilità degli elementi e delle molecole animate derivare dalla moltiplicità con cui i primi formano le se^ conde : esser quella nelle partì solide retta da uri equilibrio attivo ; consister questo in ciò , che gli elementi debbono ad ogrti più piccola azione che può allontanarli , 0 avvinarsi # rimettersi nelV atto istesso che esercitando un azione divèrsi! ne- gli elementi delle molecole vicine devono a queste comunicare coti eguale prontezza un cambiamen- to diverso i, ò certo co? rispondente . Il Ch. A: manifestati di tal guisa i suoi pio*1 fondi pensieri Sopra la meccanica meravigliosa de inoti Organici; conceduto che il fluido galvanico^ è altro imponderabile possa far parte delle moleco- le animali , dipendentemente però dalle mutue at- trazioni di tutti gli elementi ; e veduto come , rav- visata così la vitalità , emerga chiara l' intelligenza1 de' rapidissimi trasporti di qualsivoglia impressio- ne; si fa più direttamente a combattere il Lamarck è il Cuviér sostenitori dell'esclusiva influenza dell' elettrico- animale nella produzione de' fenomeni vi- tali ; colf osservare : i.° che dalle sperienze che i naturalisti francési nominati producono a sostegno della opinione loro , quantunque moltiplicate ed esatte , niente 6i può conchiudere ; perchè fatte in Fluido elettrico o galvanico 39 animali spenti , sopra organi lacerati , e divelti , scoperti ali azione dell'aere atmosferico; circostan- ze sì opposte a quelle de fenomeni d' un corpo vi» vente , che, a volerli spiegare da una cagione me* desima , mal si adoprerebbe 1 analogia , e contra ogni legge di sana induzione: 2 ° che indarno vuoisi per le mediche osservazioni ajutare la controversa sentenza , perchè se i corpi infermi si risentono d ogni cambiamento elettrico dell'atmosfera, se ta«< ìora guadagnano dall'applicazione, o scariche ar- tificiali dell elettrico , ciò si dee o all' aumentata loro sensibilità, o si riduce a puro effetto di pron- ta e diffusiva irritazione : 3.° che indarno sì ri- cordano i fenomeni della torpedine , della anguilla surinamense; perchè fenomeni riieribili ad una sca- rica dell' elettrico-animale separato ed accumulato in organi particolari , e messo in moto da que"* corpi stessi che toccano l'animale , e perciò diven- tano di quel fluido , arco più o meno condutto- re : 4-° che indarno l'À. di una recentissima ope- ra t-heorie de l avenir si prova a confortare V in- fluenza esclusiva dell'elettrico col farne intesi che, tolto o staccato il cervello da' nervi , cessano su- bito i sorprendenti fenomeni de'pesci elettrici ; per- chè di questa osservazione non è conseguenza che il fluido elettrico dal cervello pe' nervi giunga , ed armi gli organi elettrici , ma più presto che la so- vrana azione de' nervi ( tutt'altro, secondo l'A., che solo movimento d'un'imponderabile ) e molto più della maggior massa midollare , sia mdinspen- sabile a tal secretoria funzione , e ai suoi ef- fetti singolari , come lo è a qualunque altra de'cor- pi animati . A questo ragionamento , che atterra le prin- cipali difese vantate in favore dell' esclusiva in- Sq 3cien*e tluenza elettrica ne' fenomeui della vita , il eh. A. «la ultima aggiunge alcune considerazioni dirette non meno a provare quanto facilmente si possa penen trave ne' rapporti della vitalità ( quando sia con- cetta a suo modo ) co' processi di assimilazione , onde riparata ; che a far conoscere come le azio- ni della vita si perturbino , e con quaì mezzi , e per quali maniere possano essere ricondotte allo stato normale . Noi osserveremo , quanto al merito della lo- cuzione , che T Aut. non sollecito di eleganze , non di variate costruzioni , non di squisita armonia ne periodi ; ma sempre de pensieri , e della loro ni- tida significazione ; poco s'è cnriealo d di' oraziano Saepc stilum vertas , iterum quie dégna legi sint scri- pt ur ics . Quanto però al marito de ragionamenti : che , nou volendo stare alla sola nozione di una generale proprietà de corpi viventi con nome di- verso chiamata , e né anco all' altra moltiplice e d'assai preziosa delle leggi regolatrici della mede- sima ad intendere il meraviglioso contegno delle libra organizzata , e '1 complicato, e riposto giuo- co di lei.; niun concetto intorno la vitalità può meglio soddisfare che il manifestato dal eh. A. Data di fatto una mobilità somma negli elementi , e nelle molecole delle fibra organizzate; dato, un attivo equi- librio che la crei , la sostenga , come abbiamo di sopra notato; non solo ogni fenomeno de' tessuti , o degli organi animati , ma qualsiasi legge della vitalità medesima può essere iti qualche modo com- presa . Di che nessuno, vorrà dubitare , ove sappia le molte applicazioni di sì saldi principi dal eh. A. latte ai più compie si e segreti atti della vita , prima nel suo saggio di osservazioni, dipoi meglio Fluido elettrico o galvanico, 3ì ne' suoi elementi della fisica del corpo umano . Be' quali ci promette novella edizione: certo ad illu- strarli , o ad accrescerli co' suoi ultimi pensamen- ti : e l'Italia n' è giustamente bramosa, e andranne vieppiù onorata : anzi diremo , che ai profondi e sicuri lavori del Gal lini aggiunte le ingegnose eru- ditissime lezioni critiche di G. Tommasini , le leggi fisiologiche del Mojon , e 1' elegante e vigoroso comentario sulla vita già pubblicato in parte dal Medici di Bologna , potrà questa bella panisola sen- za presunzione contrastare alla fama de'fìsiologi ol-. tramontani . » D. P. C. pel processo, flogistico , e di alcune proprietà del- la /lagosi . Memoria di Francesco Puccinotti, let- ta ai Lincei nell'agosto del 1820 ( continuazio- ne ) ■. III. JLie malattie contagiose , s' io ben osservo , presentano questo esempio, che quando una nociva potenza specifica induca torpore o illanguidisca la coesione del tessuto organico infiammato, più cir- coscritti e meno intensi debbano essere i movimen- ti processivi di tali infiammazioni . Quasi tutti i li- mologhi avvisano, che dopo V inalamento i nervi delle parti cui è poi tata a contatto la materia con- tagiosa si irritano: queste parli cominciano a su- bire una mutazione per le affinità tra i princìpii con- tagiosi e le parti costituenti V organica tessitura ; sicché nasce in esse una diminuita forza d'aggre- gazione,edun languore di coesione.JNel primo proces- so dinamico, nota il Brera , resta affettato l'orga- Ì9 SCIENEB no senziente : e nel secondo essa è la materia de* tessuti organici che smossa rimane nella integrità, delle sue assimilazioni (1). Tutte le volte adunque, e ciò per vero è spessissimo , che tra le pervertite azioni vitali in una malattia contagiosa , sia per nuova potenza esterna, sia per effetto di or^auici antagonismi , sia per effetto di nuove determinate flussioni o al postutto per vitale energia, si accenda una flogosi locale nei corrispondenti tessuti; questo formidabile processo, giudica il B.rera , non sorga per altro disgiunto dal tumulto irritativo tendente a -disorganizzare le viventi assimilazioni: ondòchenon, di rado gli conseguita uno stato di corrispondente concideza (2) . Il che non a,v verrebbe, se un prin- cipio venefico non avesse indotto un torpore ne' si- stemi, o meglio non ne avesse a un certo grado di-« sgregato la compattezza normale : per le quali cau- se dee essere impedita quella forza di reazione, che dal centro flogistico determina alle universe parti la diffusione infiammatoria. E così le flogosi ih si- mili incontramenti non sono molto manifeste, e ta- lora q dalla tu.multuazione irritativa si ritirano, o non appariscono affatto: essendo ciò comprovato, e dai polsi, e dalla ispezione del sangue , e dal com- plesso delle forme universali. Abbiamo dai precetti di osservatori diligeutissimi, che i contagi febbrili epidemici non possono andare esenti da quelle solite influenze annuali proprie di dati luoghi , o di date variazioni dell'atmosfera. Quindi il passaggio del con-r tagio petecchiale per le varie stagioni ha offerto ai sudetti osservatoci le pleuritidi nel verno, e le affe?- (1) Brera. Lcz. sopra i contag. e. 4- art. 2. §. i354 (2) Brera kez. cap. e ajru eit. §. id/j. Processo flogistico '06 zioni cstarrali e reumatiche nella primavera. Ma nel medesimo tpmpo queste ultime flogosi locali asso- ciate non erano di quel momento né di quella as- soluta ibrma che sogliono avere quando procedono sole, o quando una irrita/ione speciale non tenga limitati i loro movimenti processivi. Ond'è che hanno sempre consigliato, che arimediare queste flogosi vada il medico assai riguardoso, e quando potevano preferi- vano egli stessi le evacuazioni locali di sangue alle uni- versali. Fra gli altri molti v'ha tuttavia il sig. Brera , il quale ne tiii petecchiali accettati Tanno 1810 nel!' istituto clinico diPadova osservò, che sebbene un gran- de numero de' medesimi si presentasse complicato ad in- fiammazioni polmonali; nondimeno la picciolezza de' polsi, lo sputo sanguigno in principio di malattia, l'oppressione somma delle facoltà intellettuali, e l'eretismo muscolare non permettevano, dic'egU, di determinare con confidenza il predominio di cote- sta sopravvenuta condizione flogistica sull' univer- sale della malattia (i). Sono incontrovertibili que- sti fatti , e la pochezza dell'irraggiamento flogistico in essi non può dipendere che dalle mentovate ca- gioni. Ma perchè la limitazione del processo flogi- stico si possa avvisare in molti più casi e manie- re , non è da stare soltanto a catesta causa del di- fetto di coesione e per conseguente di reazione , ef- fettuato da principio venefico o contagioso ; ma è da indagarne tuttavia un altra nella diversa spe- cie di movimento vitale, che una potenza specifica determina sulle parti da essa preferibilmente col- pite. Essendoché incontrovertibili sono parimenti le (1) Lez. e art,, cijt- G.A.T.XI. #4 S C I E N Z U osservazioni di alcuni moderni , i quali sperimen** tarono che dette flogosi associate a dette malattie quantunque sopite, poco deferiscono in forza dalle manifeste, e colla felicità delle loro cure eco' trovati ne'cadaveri chiamarono i medesimi contraibile più voi- te a convincimento. Per verità non sempre è da credere che la flogosi che si associa a malattia con- tagiosa, pigli centro in quelle parli che abbino già subito una alterazione nella loro crasi per opera del contagio . Essj può formarsi altresì sopra organi non al tutto influenzati della potenza morbosa e capaci di molta azione e reazione: ma quantunque ciò ia* travvenga,cotesta reazione non arriva come nelle pi- ressie legittime alla intera manifestazione arterio- sa de' sintomi flogistici, opperò è da cercare altra causa di tale circonscrivimento ne' morbi che dipen- dono dalla presenza di specifica irritazione. La qua- le prevalente sulle reazioni interne della parte in-« fiammata, impedisce che da questa si propaghino le forme totali flogistiche, trovandosi le altre parti im- pressionate d'un nuovo movimento specifico, qua- le è quello che la materia del contagio vi deter- mina.Quindi la differenza tra le flogosi di sì fatte ma- lattie e le altre di legittima e ordinaria natura può sta*? re e nella intrinsechezza dei fondo organico infievolito da potenza specifica, ovvero nella limitazione dell' ir- raggiamento flogistico prodotta ( siccome notammo di sopra intorno allo spasimo ) dall'orgasmo irri- tativo che il contagio stabilisce sulla cute e sui ner- vi. Credo però che questo si avveri solamente quan^ do un contagio od altra esterna potenza morbosa sia tale, da determinare uno specifico modo d'irri- tazione , come è quello delle malattie contagiose e delle febbri endemiche intermittenti. Avvegnaché se tale irritazione non fosse specifica potrebbe ajje» Processo flogistico 35 volmente confondersi colla irritazione ordinaria, che guari non differisce a senso mio. dallo stimolo, cau- sa prossima della infiammazione. E sì la malattia assumerebbe una forma flogistica maggiore della frenitide, tra per la flogosi associata, tra per quel- la che genererebbe la nuova potenza morbosa. Ma per lo più vediamo il contrario. Talché sempre so- no nate nella congiuntura di detti morbi le contro- versie , convenisse o nò il cavar sangue . Onde è che la detta potenza irritante specifica desta un co- tale movimento nella fibra, la cui natura ci è per an- co difficile a concepire: ma per le ragioni addotte possiamo conoscere non essere flogistico; anzi esser atto a mettere indolenza nelle reazioni, a smaglia- re la tessitura organica, ed a riconcentrare i movi- menti processivi della flogosi, quando questa con- temporaneamente gli si associasse. Ma se per lo contrario intravvenga , che il pervertimento, irritativo speciale non sia mplto., né molto esteso, e la flogosi comunque ordita sia for- te , ritengo che questa possa tuttavia vincerla so- pra quello ed assopirlo , sinché la sua propria po- tenza diffusiva prevalga .Questo si osserva in sul principio di alcune febbri contagiose con topica infiammazione , perocché non essendo allora, per opera della riproduzione accresciuta ed estesa la ma- teria morbosa irritante, il turbamento irritativo è .poco a paro delle forze della flogistica reazione . Ma nel secondo stadio la prostrazione delle po- tenze vitali manifesta il predominio, che quel tur- bamento specifico ha preso sul movimento della flogosi . JVè- è raro a vedersi in pratica, siccome ho altrove detto, e spiegato ( valendomi in, ispezieltà delle sagacissime considerazioni del dotto e spe- rimentato clinico di Koma il professor De-Mat- $(i Scienze theis mio iHustre precettore ) che alcuni affetti da intermittenti abituali cadano per nova potenza mor- bosa in qualche infiammazione, per la quale quella morbosa anteriore abitudine pare nascondersi , e il tipo della febbre ed ogni altro sintonia corrisponde alta sopravvenuta patologica condizione . Imperò mano mano che va dechinando Y impeto diffu-r sivo della flogosi, si vede come ritornino a pre- valere que ricorrimenti che alla febbre periodica da prima appartenevano, (i) Per queste alterne efficacie che hanno sulle forme universali delle ma- lattie le speciali potenze irritative e le flogistiche , si comprende come la flogosi può non solo com-r binarsi alla irritazione, ma precederla ancora, e suc- cederle . Rimembriamo un tratto le vicende dell© febbri da contagio . Il pervertimento organico uni- versale sussiste, mentre o nelle meningi o nelle piente o ne' visceri abdominali o ne neurilemi è ordita qualche parzial flogosi . E quasi sempre flo- gosi e irritazione coesistono nelle malattie contagiose febbrili, e le loro influenze sulle forme morbose e sullo stato generale della malattia spesso si avr vicendano . Epperò è da avvertire con somma di- ligenza alle sopramenzionate alterne efficacie d'am- bi cotesti moti morbosi. Imperciocché talvolta, du- rante l'intervallo della stessa affezione, il disordi- ne irritativo supera siffattamente , come si è det- to , la polenza diffusiva della flogosi, che a questa non è dato nemmeno di sostenere un corrispon- dente grado di febbre . Il grave Avicenna e molti altri antichi nel darci la diagnosi della febbre pe- stilenziale hanno detto cose, che comprovano quanto 0) Rat. Inst. clin. roman. hist. 9. epierisis . E il mio libro 2?«' Q+utagj spontanei ce. cap. 4- art. y. Processo flogistico 3~i <^uì si discorre . Hanc febrem ( così nota Avi- cenna ) exferius esse qUietam, intus clausam et tur- bantem , plerumque necantem in qua interius ve- xatur caliditas et injlammatio - (i) La quale in- fiammazione restando tutta concentrata sul visce- re in che si è fitta , e sendo il resto dell' orga- nismo soggetto a diversa maniera di movimento^ non fa meraviglia se il polso si è riscontrato nel maggior pericolo di dette febbri , non solamente non accresciuto ne' suoi ritmi ^ ma ancora al di sotto del numero delle sue ordinarie battute. Ip- pocrate Sydenham e Stoll e Testa e Zecchinelli e molti più, il fenomeno medesimo avvertirono. (2) Al-"- tre volte però quel disordine di speciale irritazione più non predomina ; stantechè la potenza espan- siva della flogosi statuisce da se una nuova for- ma di morbo . Laonde se fai ragione di altre acci- dentali condizioni patologiche , de1 sintomi di con- senso e di altre varietà di forme 4 troverai lo per- chè della sì deplorata difficoltà di governo in si- mili malattie , nelle quali ci possiamo più rimprove- rare le morti , che attribuire le guarigioni . E sotto l'idea di cotesta alterna efficacia d'en- trambi i diversi movimenti morbosi e della loro contemporanea esistenza in una stessa malattia , gio- verà T esaminare eziandio le febbri intermittenti complicate a flogosi locali ; mentre anche il pro- cesso di dette febbri ritiene certa quiddità , che non è da confondere colle irritazioni ordinarie pro- dotte dalle comuni potenze morbose . Le quali io dubito assai che valgano per se sole a produrre la vera febbre intermittente ; ed ho sempre cre- (1) V;Prosp.Atpin.Med. method. I. v.e.Q.de pesti1, febr. eognit. et curat» (a) V. Zenehinelli . Ricerche s»ÌUi fcJUe gialla co. £. ao. 33 Scienze duto don difficoltà a certi pratici comeehe va- lentissimi, che nelle intermittenti gastriche la causa della intermittente sia il gastricismo : da che ho veduto che qiu»l medes;m > gastricismo , che nella state e nell' autunno mi appai iva produttore della periodica , in altre stagioni m'ingenerava febbri con- tinue . E molto più assai mi quadra il riguardare il tipo intermittente come determinato da speciale influenza atmosferica in certe stagioni , diquelchè dalle materie irritanti comuni . Epperò il principio produttore delle febbri periodiche è un principio sui generis , come è peculiare il processo morboso della periodicità , e come è peculiare altresì il rimedio che vale a troncarlo ; e non è mai da con- fondersi un tal principio ne col gastricismo , né col pezzo di lardo di che parla il Giannini . Ma quando bene non mi si voglia concedere cotesta particolarità di cagione nelle intermittenti ; niuno però negherà che il processo morboso di esse non sia dì suo genere , e affatto diverso da quello che promove le flogosi . Talché questa debba limi- tarsi al minor numero de' punti organici , fintan- toché quello mantenga un predominio sulla ma- lattia . Veggonsi le periodiche talora unite a certe flogosi parziali della milza e del fegato , e del sistema glandolare messeraico . Ma per lo più que- ste flogosi sono così limitate , che non bastano a prevalere su quella irritazione speciale , che man- tiene periodica la febbre . Ed ecco consociate en- trambe coleste patologiche condizioni . Togliete la seconda , e vedrete allora come la flogosi se molto debole e circonscritta o non molto altera i polsi , o se produce febbre, questa sarà lenta bensì ma diu- turna , e al tutto potrà offerire levi e corte remis- sioni . Fate che la flogosi sia forte ed abbia prò- Processo flogistico 3q fonde radici , e la vedrete per la sua proprietà dì diffusione assumere le forme universali della ma- lattia , come quelle della splenitide o della epati- tide acute. Dalla varietà ancora del movimento esterno febbrile s'intende adunque, come l'essenza delle febbri di periodo non può stare giammai nella flogosi , quantunque questa si associi loro ■. Non è però da negare che per quella alterna efficacia de due poteri morbosi che poc' anzi avvertimmo , an- che in sul conlinciare della febbre periodica la flo- gosi associata non possa precedere con forme pro- prie e universali cotesto cominciamehto ■. La ce- lebre influenza catarrale che regnò in Europa nell' anno 174^ cominciava con lebbre continua e con sintomi di flogosi al petto , ed indi degenerava in quotidiana o ternana intermittente . E su tal pro- posito 1 Huxanl avvertiva, quanto faeilmente uni- scansi a ritornare contemporaneamente i mali pe- riodiei ei mali acuti di petto. (1) Non altrimenti «sservò il barcone nella cost. epidemica di Napoli de' reumi di petto , ne' quali la febbre d indole pe^ riodica rendevasi manifesta nel primo ingresso o sovente tìell ultimo stadio della malattia > ed ave- Vano ricoi rimenti vicendevoli lebbre continua e febbre periodica >, come che prevalevano flogosi o irritazione, e il metodo di cura volea essere regolato a seconda di simili alternative . (2) Sovente nelle stesse perniciose artritiche letargiche catarrali pleu- ritiche ,, la potènza diffusiva della flogosi associata prevale in principio così sopra lo stalo susseguente ed essenziale irritativo , che esige la cura sia verso (1) Huxam. Essai sur Ics fievres p. 23. obs. de aere et morb Ali. 1744. 00 Sarcolie op. cit. p. 1. §. 222. 4o Scienze ~se medesima assolutamente rivolta, pria dì ricorrere al rimedio specifico . Quindi e Morton e Borsieri ammoniscono che innanzi alla china in certe per- niciose è indispensabile il salasso . Ma i ben veg- genti non si lasciano illudere dal predominio fug- gevole duna forma universale flogistica, per dichia- rare di essenza flogistica la periodicità, o per ri- porre ( e questa è maggior scioperaggine ) la chi- na tra i debilitanti . Imperocché se quell' accen- dimento primitiva constituisse la malattia , il me- todo antiflogistico do\ rebbe arrestare tuttavia i pa- rossismi intermittenti te l'amministrazione della cor- teccia diventerebbe in seguito più seguita per usan- za , che comandata da necessità . Io mi sono altra volta con alquante ragioni fatto contro a certi novatori , i quali disputano di quale tra le due ricantate virtù dinamiche' s'abbia a coronare la china , e minacciano di riporre an- ch' essa tra i controstimoli . (i) Ma che Dio li perdoni ; come si può ardire di sostenere una mas- sima che è contraddetta dalla osservazione ! E non è egli generale consentimento di tutti i classici , che quando alla condizione febbrile intermittente s'ac- compagna una* flogosi forte , che valga a sopraffarla oscurarne le intermissioni e stabilire accendimento e continenza febbrile , bisogna sospendere la chili na finché cotesto fuoco non ceda , e non risalga la periodicità ? Veggano essi i contrarli , se hanno alcuno amore alla verità , conforme nel caso di flo- gosi con febbre periodica esistano due diverse specie di stati morbosi,! quali possono influire a vicenda, or l'uno or l'altro predominando , sullo stato universale (1) V. la mia nota all' opera del Tommasiul sulla infiamm. t} le febbri continue. Giornale d'Arcadia, tomo Vili. p. 3ig. Processo flogistico 4* dalla malattia . E per tal modo la china e gli an- tiflogistici rimediano di conserva a cotesle alterne efficacie , nel corso della medesima infermità ; non per quello che la china sia un controstimolo . Che sebbene somministrata quando la diffusione flogisti- ca è dichinata o è di tanto circoscritta che la con- dizione periodica veste tuite le rassembranze ed esi- ste come da se , agendo sulla intermittente , non molto noccia alla flogosi ; nondimanco si osser- va, che data quando la diffusione flogistica pre- domina sulla speciale condizione periodica , se non accresce la prima, non rimedia al certo né alla pris- ma né alla seconda. Pertanto l'azione della chi- na è assolutamente speciale, e non ha effetto che so- pra la prevalente condizione periodica ne' casi di flogosi a questa accompagnate. Ed ove la periodici- tà non prevalga daddovero , tantoché la flogosi si diffonda e pigli dom;nio sulle forme morbose , la china è dannevoie dannevolissima. E se non basta a provarla tale la teoria per noi sin qui raccomandata; vi soro osservazioni cento mila e di più . Avverte Wan Swieten che in certe febbri remittenti epidemi- che con flogosi epatica , le quali soleano non guarì dopo mutarsi in periodiche, se voleansi trattare colla china a principio, senza aver minorata quella flogo- si, si ponea tutto a soqquadro e spesso si perdex ano gì infermi (i). Il medesimo avverte V Huxam in- torno alla sua epidemia catarrale di sopra notata - Simigliami cautele usò sempre il Sarcone ne' reumi di petto che epidemicamente regnarono a Napoli, preceduti o susseguiti spesso da febbre periodica. E quando cominciarono con flogosi al tutto diffusa, funi* (1) Swieten» Coment, in Boerhav. §• 65^« 4à Sciènze ca salute, die' egli , era riposta nelle largìiè Cavate dì sangue fatte nelP altezza del parossismo , e nel di- sporre la malattia a ricevere senza disturbo il ri- medio antìperiodico (t). J^è basta. La china china riusciva inutile e dannosa , quando Veniva praticata sì tardi, che le febbri erano passate in altra natura: cioè avean perduta la chiara remissione , e già ac- quistavano continenza, e l'indicazione degli antiflo- gistici fera divenuta più necessaria , che quella di interrompere i ricorrimenti febbrili (2) La china chi- tìà non agiva , se le remissoni non erano lunghe e sensibili. La china china era daniievolissima, Selin- fiammamentO avea gittate profonde radici, ed aveà ac- quistato tale e tanto vigore , che potei riguardarsi come un male da Se.,, Di fatti , conclude il Sarcone, „ che che voglia dirsi in favore di questa droga , ,, io noh l'ho mai Veduta felicemente praticata nella „ malattia periodica antecedentemente descritta , „ quando l'infiammazione e asi al aniente stabilitale ,, prima non si praticavano con attività gli ajuti ,, proprii a riparare l'infìa'mmamento , e se non si „ rendevano i corpi al dir d Ippocrate fluidi , e in „ istato opposto alla infiammazione . E laddove pre- ,, domina spasimo acutissimo ( nota diversità di „ movimenti morbosi e necessaria diversità o mo- i, dificazione curativa ) , invece di questa malgrado „ la ragione che inspirava il periodo, la sola china ,, china senza l'ajuto degli antispasmodici profittava ,, poco . Ciò è così vero che nelle stesse febbri ,i intermittenti , le quali perchè male menate di- „ ventarono continenti , io non potei con felice esito ,1 praticar mai la corteccia, tuttoché sia uno specifico (i) Sarcone opcr. cit. §. 228. (2) Ivi §. 229. Processo flogìstico 4^ „ rimedio di quella razza di febbre, se prima non si „ faceva rinascere la remissione ed il freddo (i).,Con* tro a tali cose osservate non ardirei io per me di proferire parola. Le annullino i moderni se poti- no , e sarò con loro . Ma taluno Vorrà pure oppormi : eh non ricordi i «asi di periodiche complicate con flogosi , nelle quali la china chi* na valse ad un tempo a rimediare ad entrambe le affezioni ? Ben' io li rammento: ma ben altra dalla vostra è la mia spiegazione d' un tal fenomeno . Bisogna anche nelia flogosi avvertire, s'ella è prr» maria o secondaria : nel caso eh1 essa è primaria acuta e diffusa , ho già provato non esistere perio- dicità manifesta nella febbre : «pperò questa non entra nella proposta difficoltà. Consideriamola nello stato cronico inerte e concentralo . So bene che queste flogosi interessano sovente sì pochi punti dellorganismo, che questo può trovarsi, permanenti quelle , influenzalo d'ogni andamento morboso epi- demico, con che le intermittenti annualmente prò* cedono - E chi sta nei grandi ospedali vede come quasi tutte le malattie croniche, mantenute da qual- che flogosi veterana e riposta , subiscano anch'esse le condizioni periodiche delle febbri, che durante Tanno epidemicamente s'osservano . Sydenham Bai- Ionio Ramazzila e Stolì hanno veduto le affezioni croniche unirsi e coesistere con tutti i generi di malattie, che le costituzioni epidemiche cagionava- no . (2) Ma quasi sempre avviene, che la periodi- cità svanisce sotto l'uso della corteccia , e le flo- gosi croniche e limitate rimangono * Ma dato an- (1) Ivi §.244. (2) Vedi Dumas, op. «it 44 Scienze cora che si ch'sciolgano , questo è le rare Volte ulti effetto dell'accresciuto processo calorilìco ne' paro- Sismi, come vedremo dimostrato al paragrafo setti-' tno . Ne' casi poi di una flogosi secondaria, nata duranti i medesimi periodici irritamenti per flus- sione o reazioni consensuali, allora reputandosi essa come un effetto secondario duna medesima causa, la china china che ha impero su questa causa, non è maraviglia se togliendo questa,dissipa ancora quel- le secondarie flogosi appena nascenti . Figuriamoci che tra i repetuti parossismi di una non curata febbre periodica , solo per opera delle frequenti rea- zioni arteriose , si cominci ad ordire una leggera angioitide a qualche tratto del sistema . Apprestia- mo la china : e se questa vale a romper i paros- sismi , vale eziandio a togliere il mezzo, onde si andava ordendo la supposta angioitide. Da simili ed altri avvenimenti non bene avvertiti , e venuto il solenne errore di que' medici , i quali poco consi- derando la condizione febbrile periodica e specifi- ca, ma avendo solo dinanzi alla fantasia la flogosi combinata con quella : veduto come la china trion- fasse alcuna volta di entrambe le affezioni, la ban- dirono come antiflogistica ; quando colla sola chi- na , se non ci fosse stata la combinazione morbosa della prevalente periodicità, quella flogosi fosse pri- maria o secondaria non si sarebbe sciolta giammai t Usiamo pazienza nell' osservare : aumentiamo le considerazioni patologiche a seconda delle varietà principali de' fenomeni ; e sì verremo a capo una volta di ritornare la terapeja alla corrispondenza cogl' insegnamenti.de' classici antichi, e colla natu- ra medesima delle malattie . IV. Per procedere con avvedimento nelle va- rie maniere curative che* esige la flogosi , è anche Progesso flogistico 43 da far senno che avanti ch'essa si diffonda in for» me universali , o altrimenti diciamo , spanda per tutto la rappresentanza di eccedente vigore, può per alcun tempo trovarsi soffocata , avente insieme la maggior ior/a di stimolo . Imperocché in tali casi avviene^che i tessuti organici che circondano il cen* tro flogistico per loro tenacia di stato normale non. sieno così facilmente arrendevoli, né per poco si la-* scino impressionare dai moti d'irradiazione flogistica. Così una pneumonite la più torte di centro flogistico può mentire a principio sembanze diflogosi leve coma poco diffusa: il primo sangue estratto, e talqra nemme- no il secondo offerire cotenna . Però man ma- no che tu andrai ingenerando qualche po' di rilas- samento , e renderai per tal forma più facilmente superabile il vigore organico de' tessuti dalla forza eccentrica de movimenti morbosi, la vedrai imman- tinente diffondersi nel!' universale ed elevarsi allo stremo i poteri reattivi della macchina . Secondo certi antichi padri dell' arte la pletora e 1' oppres- sione del sistema vascolare impediva l'espansione , o la libertà di azione delle forze vitali medicatri- ci , e insegnavano di trar sangue senza tregua e abbondevolmente giusta i casi e le forze , per dar spazio , coni' e' s' esprimevano . Il quale linguaggio è restato ora anche ne' volgari : e se ne odono al- cuni in certe malattie augurarsi maggior impeto di febbre , onde potere per essa prorompere in sudo- ri , e liberare il viscere affetto da tanta oppres- sione. Il primo sangue estratto, dicemmo di sopra, e talora nemmeno il secondo offerire cotenna . E questo fenomeno intorno al quale sono state fino- ra sì deboli e contraddittorie le mediche disputa- zioni , vorremo noi spiegare secondo le leggi del movimento organico della flogosi . Uicendo cipè, c\\e 4$ Scienze non essendo questo in sulle prime diffuso, ne i vq^si sanguigni tutti sono venduti per anco partecipi dell' esaltamento flogistico : perochè T attività de' vasi sanguigni nella parte depositaria della flogosi, come ha per molti argomenti dimostrato il Thom- pson , può trovarsi accresciuta indipendentemente dal resto della grande circolazione ( i ) . In effetto certe pneumoniti, della natura che qui si discorre, soglio- no cominciare aventi i polsi, con diastole bassa for- zata e tarda . Ma dopo le prime evacuazioni di san- gue i sudelti movimenti si diffondono, e il sistema sanguifero e il sangue tutto si accende della flogosi pneumonica , e i polsi sì elevano e si accelerano, e la cotenna ne1 seguenti salassi apparisce . Tanto è Yero, che variano i fenomeni gli effetti e i carat- teri flogistici del sangue, al variare de' luoghi cui l'infiammazione abbandona, o nequali si diffonde. Il Borsieri generalmente stabilì una massima , che fa qui anche al caso nostro, particolare : Scepe hi' flammationem partis alicujus nulla, antecedit infiam- matoria dìathesis- sanguinis , sed tantummodo con- sequitur (2) . E Giovanni Pietro. Frank , toccando della infiammazione depolmoni, ha avvertito la cosa con queste chiarissime note : Sanguis ab initio mor- bi emissus naturali fere conspicitur similis : qui paulo tardius educitur, hic cario denso , flavescente ac tena- ci, quod pleuriticum vocant,ut plurimum obfegitur.('ò) Dal che si rileva che può esistere una flogosi, sen- zacchè appaia cotennoso il sangue estratto; ma la (x) Thompson.. Lez. III., stato dq' vasi sanguigni nella infiam, inazione . (2) Burser. De Inflammat. Comentar. §. XVI. (3) Frank. Epitom. ord. III. Inflaoi. pcctor. §. 1$*. Processo flogistico ^7 esistenza del liquor pleuritico , così detto dall' Hewson , sopra il sangue è un indizio, oso dire, sempre certo della esistenza di una flogosi . Dicia- molo a modo di concetto; può esistere flogosi sen- za cotenna ; ma non cotenna senza flogosi . Che se cotesta cotenna fu ancora osservata da valenti pra- tici nella clorosi nella podagra nelle cachessie , e dall Hufeland nelle febbii nervose ; chi mai ciba negato , riflette ottimamente il Brera nelle anno* tazioni medico-pratiche , la presenza di uno stato flogistico in tali malattie,sebbene comunemente pos- te tra quelle, che non al tutto lo manifestano ? E moltissimo importa alla terapia sì fatta avvertenza, fondata sopra i modi da noi poc' anzi indicati . Perocché chi credesse la niuna cotenna de' primi salassi derivare da pocchezza di flogosi, anziccìiè da suo stato di concentrazione , a partito s' ingan- nerebbe : e vorrei poi mi rendesse ragione come co- testa poca flogosi alle prime emissioni di sangue non ceda ; ma invece discoprendosi, sempre più, apparisca maggiore . Talora la flogosi pneumonica è sì soffocata e sì latente , che il sullodato Pietro Frank dopo averne insegnati i sintomi tutti, non lascia di notarcelo i Quamvis autem enarrata hucu~ sque sjmpl ornata , pulmonis in flammationem frequen- tissime, vel ex parte, vel omnino comitentur ; est ta- men , ubi et in thoracis cavo occulta viscerum in- flammatio latuit ( §. i8,(>). Cosicché chi vorrà te- nere il nostro avviso, che avanti che la flogosi si diffonda in iorma universale e vesta tutte le ras- sembranze infiammatorie, può per alcun tempo in certi casi e individui trovarsi chiusa, avente in- sieme la maggior forza di stimolo ; e ciò non per mancanza di capacità di azione ; ma propriamen- te , come dicea il Testa , per mancanza assoluta 48 S e r « n z k jdi libertà di azione : spiegherà la naturalezza de* primi sangui estratti , né dedurrà da essa pocchez- za di flogosi , né sarà di quelli che giustamente si trovano dal medesimo Pietro Frank rimproverati : Saepius interim , medicorum potius quam Sì (averter* deficientium culpa, peripneumoniae prietervidentun ut sub catarrhalis imagi ne febris , latens in pidmoni- bus phlogosis in funestas hoc i>iscus suppuraliones in non paucis aegrotantibus conjecerit . (§.i80.) Racconta Stoil che un pecoraio di zf° anni, assai robusto e indurato nelle fatiche , verso V au- tunno cominciò a soffrire un pò di tosse , sentirsi stretto nel petto, e respirare affannoso. Si trainò per tutto Y. inverno costui tra simili molestie , senza aversene nissuna cura; ma nell'aprile dello stesso anno fu condotto ali ospedale co9Ì malconcio , che Ve n' era per poco. Il clinico Stoll lo fece salassa- re: ma nulla valse. Che alla mattina del dì seguen^ te passò . Sono a notare queste parole : Gadamer e.xhi~ buit pectus irsutum , et musculorum robur erat in* signis . E X infiammazione in costui stette sì mol- to tempo e per tal modo concentrata, che nella au-»> topsia riferita da Stoll si segue a leggere : Pulmo- nes qua parte infiammano abfuit , omnimodo sani fuerunt, infiammati vero sat luculenter demonstra* runt , se ante hanc injlammationem omni alio vitio caruisse : hinc asthma hoc , quo per hjemem pre-r mebabur ex continua et chronica infiammatone pro- Jectum/uisse , indubitatum videtur . Constat enim, nullos dori certos inflammationis terminos quibus elapsis , ea noto quodatn exitu solvatur ; cum per multas siepe septimanas et menses cruda infiamma* ilo perstet . Siffatte malattie sono vere pleurilidi o pneumoniti , ma concentrate : e la compattezza Uella fibra, resiste alla loro diffusione per tal aia- Processo flogistico fy niera , che passano spesso senza verun moto feb- brile^ soven'e nemmeno costringono al letto que' che ne sono malati . Furono bene avvertite e dette latenti anche dal nostro Bagli vi : e tornò sempre a gran ventura degl' infermi e ad onore del medico il prevederle e il conoscerle , non istando molto in su la sfigmica ; ma traendo sospetto o dal do- lore laterale o dalla tosse diuturna , o da partico- lari alterazioni della voce e da un certo inspirare af- faticato sibilante o profondo, (i) o infine ponen- do oleate alla fastidiosa giacitura da qualcuno de' fianchi . Dietro le tracce del nostro Baglivi la co- nobbero e Frank e Stoli , il quale ce la distingue con queste parole : Pleurltis occulta sive latens mor- bus est , aut potius morbi cujusdam gravioris fomes perpetuus , quem Baglivius pleuritidem aut peripneu" moniam latentem appellai (2). Mi pare ancora me- morevole qui il caso di una encefalitide , da me cu» rata in un villano sulla taglia di quello diStoll. Nel quale la flogosi era talmente concentrata al capo, che gli occhi erano di bragia e spalancati, tutto il volto (1) Se l'uso dello stetoscopio di Laeunec mi avesse corrisposto con utilità nelle mie sperienze , aggiungerei anche questo spediente per conoscere le affezioni occulte de1 visceri della r espirazione . Ma non avendone finora saputo trarre verun sicuro partito, io dubito che cotesto stromento abbia fatto voto, ali1 infuori del suo inven- tore e de1 suoi scalari , di non rendersi famigliare a nessun altro . Tranne- questo-, l'opera di Laeunec De V miseaUation mediate eie. è un grande e pellegrino tesoro d/ verità , e dovrebbe aversi dai medici tutti come il codice della diagnosi delle malattie del petto, e delle indagini e osservazioni £aite sui cadaveri, le quali egli de— scrire con tanta accuratezza, che può ben meritare di essere decan- 1 ato tra i classici dell' arte nostra . (2) Stoli. op. cit. pag- kob, iv56 e sej,. G.A.T.2X t \ rosseggiante e un poco tumido, le narici, le labbra, la lingua , e le fauci aridissime : il vaniloquio e un moto continuato da destra a sinistra col ca- po ; men trecche il resto del corpo era freddissi-» rao . Notabile, che il primo sangue estratto non of- ferì sulla superficie , se non che alcuqe rare lin- gua di cotenna , né Ja febbre era forte . Notabile ancora , che le estremità inferiori pareano prese da paralisi ; perocché punzecchiate a bella posta da me , l'ammalato non se n addiede per nulla. Sino al terzo giorno ebbe tre salassi compreso U pri- mo di poco meno di una libbra , e prese interna- mente dodici grani di calomejanos , e sei sangui- sughe alle tempia gli furon poste , non che due alle narici . lNel quarto giorno , anzicchè i detti presidii avessero recato giovamento alcuno , ogni cosa era peggio. Ordinato il quarto salasso , non ne erano forse spicciate dieci once , che il malato misvenne . Due ore o poco più dopo il deliquio , la malattia prese un aspetto universale - Se ne scaricò alquanto il capo , i polsi si rialzarono e la sensibilità tornò pronta massime alle estremità in- feriori 7 e la forma morbosa era quella di una sinoca « Stetti a vedere tutto il quinto giorno se tale reazione tendesse allo scioglimento della ma- lattia da per se. Ma il sesto giorno era comparso e cotesto accendimento universale seguitava , e un dolore sotto alla mammella sinistra , e il respiro non molto franco, mi fecero duhitare che la condizio- ne patologica volesse fissarsi ne' visceri del petto , e mi astrinsero pertanto a prescrivere un altra emissio- ne di sangue • Ora è da osservare , che solo questo sangue ultimamente estratto, quando cioè la flogosi non era più concentrata , ma universalmente dif- fusa , presentò la cotenna erta e compatta-* alla se* Processo flogistico 5ì iu un bagno tepido ; nella notte leggera diaforesi . Il medesimo bagno tepido fu replicato due volte nel settimo giorno, nella notte del quale la diaforesi fu continuata e profusa, e per essasi giudicò in be- ne la malattia . Per le quali cose è da avvertire co- me in epicrisi , che in quell'intervallo di deliquio , rallentata la stretta dipendenza che è tra le azioni, del cuore e quelle del cervello, e sminuito f impe- tuoso afflusso di sangue che a questo viscere per le arterie cefaliche si portava; esso, si liberò eziandio di molta parte di quello stimolo che ivi mantene- va la condizione flogistica concentrata .. Il che si può paragonare alla facoltà medicatrice che il Nas- se il Witmann e Pietro Frank (i) tribuirono alla sincope , veduto come per essa sciogliendosi la con- gestione infiammatoria nel tifo encefalite si rinfran- cavano delia vita non pochi infermi . Ma ne) nostro caso seguì ancora , che quel deliquio valse a dimi^ nuire il vigore organico de" tessuti , e a renderli facilmente supeiabili dalla forza, di reazione dal cen- tro, flogistico, e farne così più agevole la cura,. Es- sendoché le infiammazioni ( concentrate o diatesiche a parità di forza ) meno, hanno» di pericolo, e più felicemente si trattano ; quanto più dall' interno si espandono nelL' universale , o. sia quanto meno si stanno chiuse e compresse nelle interne viscere . JNè la,flogosi diatesica avrà maggior pericolo , perciò che è più universale: né dee il medico supporre, .che tutto infiammatorio? sia quell' orgasmo totale di movimenti che in essa si. scorge; che tra questi yen,' ha dimoili che piuttosto che micidiali sono autocritici, e ajutano o promovono spesse volte da. se lo scioglimento della malattia .. Sarà continuato. 4* $>. Riflessioni ulteriori sidt opera intitolata degli uo- mini illustri d'Urbino, contentano . Urbino per Vincenzo Guerrini stampator 'camerale 1 8 1 *).(artjl. si veda il primo nel T. IX. p. òiji. ) — y Riflessione IX. 1\ et 1 4^9 (Duca Guidubaldo I ) si sposò ad Eli^ sabetta figlia di Federico duca di Mantova, donna di rara castità , di singoiar prudenza , e di animo principesco - (a) §. 1. Si sposò egli a lei veramente e valida- mente.' Potè sussistere matrimonio valido e vero tra, essa e Guidubaldo, malgrado lo impedimento fisi- co di lui dagli storici asserito ; e specialmente da Pietro B mbo ne' suoi dialoghi de Guidoubaldo et Elisabetha Uibini ducibus ? (b) Fu realmente rara la castità d una donna convissuta anni dicinove in casa di chi esserle non poteva marito , ne' mo- di dal medesimo Bembo descritti ? (e) Fu singolare la prudenza di lei , in esporsi per tanto tempo a* gravi pericoli che tal situazione face-vaie sovrastare? Merita encomio l animo suo principesco , per aver si- simulato sì a lungo con politica mira una sacramen- tale alleanza , instituila sol per due fini , e non per un terzo ? Lascio a' maestri in divinità di questi inte- ressantissimi problemi lo scioglimento . §. 2. Sia lode d' altronde all' autore del eo- mentario ! Egli non ha incastrato nel breve enco- mio di Lisabetta la frottola di Rinaldo Reposati , il (a) Coment, p. 10. (b) Op. orna. T. 3. p. 299, (e) Ibi p. 3oo. > . . tJotàiNi illustri d* Urbino 53 9 ■> *470 e 147 1 , in cui quel duca occupato in estere guerre fu da'suoi stati lon- tano ; e anche con la metà del 1 472 •> ncl quale anno il 6 luglio , restituendosi egli frettolosamen- te in Uibinò , trovò Battista sul margine del se- polcro — Quid quod civitatém , absente viro , ( disse T orator pesarese ) novis ipsa legibus constitutioni- busque jirmavit ? Quasdam etiam non recte initas consuetudines aboleiut . Nam cum inter feminas nul- la ordinis vel motus ratio haberetw : ipsa adhorta- 4ionibus commonefatione minis , postremo etiam pog~ nis atque edictis , quarumdam audaciam petulantiam" (a) §. il. t. 9. P. 4o5. (b) Capit. d. m. di p. di P. in ttat. naunicip: Uomini illustri d'Urbino 55 atte coercuit , ut et ccteterae dignitatem conservare et pndìcitiam colere cogerentur . f^estlum de mulie- brium ornamento min profuòissimos sumpius ^ rei fa- miliaris ac publicam eversionem decreto stia pro- filò u/t . Foeneratores omnes ejeclt i foenusque et pu- bhee et prlvatlm Seti per noStroà seti per aLcnae re- ligionls honiines epcerceri vetuit , Modumque ip&a in- venti quo degentibus oppressisque sub'Vmiretur. Acer- vum pletatis vOcit antiquo publice collecta pecunia si- he ulto foenore indigentibus suppt ditaretur . (a) La mannaia che poi cadde sul colio di quell' impru- dente Ietterai© , fu certamente Capace di fargli es* piare anche questi tratti alquanto arditi di penna < HlFLESSlONE Xi Carlo Albani ed Elena Mosca furono l genitori di questo inclito principe (di papa Clemente vi) (b) §. 1. Se questa felice madre iosse stata da Sca- ricalasino : sariasi chiamata nel Cornentario Elena Mosca da Scaricalasino ; M;i siccome Llena Mosca era dalla città suddita, cioè pesarese: si dovea ne- cessariamente consegnare ad Arpocrate la menzio- ne della sua patria . JNort ,4ee sapersi $, esser nata in città suddita quella da cui fu generato con per- sonaggio della sovrana V augustissimo principe no- stro e sommo reggitore della chiesa . Elena Mosca semplicemente: senza cenno di patria: bine sta . Co- sì , in distanza di terre e di tempi *. potrà suppoi si , che quella celebre matrona non da Pesaro ma fosse da Fiorenza ò da Pisa, .dove hanno esistito e forse mmm*mmÈ^mmmiaB*m (*) D. cod. p. 2& (b) Coment. p< a** 66 Sciirzi esistono anche oggi famiglie denominate dallo in- setto medesimo ,, (a) §. 2. Non hanno avuto mai ripugnanza i pe- saresi di pubblicare , che donna Giulia , moglie del pesarese cavalier Gianandrea degli Abati Oli- vieri e madre di cardinal Fabio , In di casa Alba- ni ; e acciò norf* credasi , che tal famiglia sia quella di Bergamo : sempre hanno aggiunto d- Urbino ; e xia paterna del gran pontefice primo luminare della eccelsa sua gente, così ieconda di magnanimi . Quin- di finché il sepolcro di lei , opera dello scultore Rusconi , esistè nella vecchia chiesa di s. Dome- nico : ne sono andati superbi , additandolo a' fore- stieri , acciò non trascurassero visitarlo . (b) Per non condannare l'autore del comentario , caso, che in Pesaro si recasse, a scendere, onde leggerne lepi* grafe , nel sotterraneo di casa Almerici , dove nel demolirsi quel tempio per innalzare il presente fu il mausoleo depositato : mi faccio un dovere di qui trascrivergliela * Mio dio ! Per qual ragione i do- menicani di Pesaro , individui di ordine così no- bile e dotto ; e non ignari che sopra oggetti sta- bilmente alle chiese applicati , a senso del prescrit- to nel Levitico : quìdquid semel fuerit consecra- tum , sanctum sanctorum erit domino-, (e) niun drit- to a'iaici più spetta : non reclamano dagli eredi Al- merici il bel monumento ; e per decoro e loro e della città e delle conspicue famiglie congiunte iu parentela con la defonta , non si affrettano a col- locarlo nel loro tempio di novo ? (a) Giinmrrhi. T. b. p.47. T. 1. p. 2&5. Marclies. Gali:d'on. T.afv p. 201. (b) Catal. d. pitt. di Pes. p. 68. (e) C 27. v. 28. Uomini illustri d' Urbintj 5*? §. 3. Ma ecco Y epigrafe . » » ò . tt IVLIAE albani vrbinatì CLEMENTIS XI. PONT. MAX. AMITAE IOANNIS ANDREAE DE ABBATIBVS OLIVERIO CONIVOI RELIGIONE IN DhVM AC PIETATB L1BERORVM INSTITVTIONE bOMESTICAE REI GERENDAE SEDVLITATK SVI REMISSIONE BENEVOLENTE IN PAVPERES GOMITATE IN OMNES ETIAM INFIRMO* CONSILIO MANVVM SVARVM CAETERISQVE MVLIERlS FORTIS VIRTVTIBVS REPVGNANTE , FRVSTRA SAECVLI EXEMPLO MATRONAE SPECTATISSIMAE ECCLESIAE DEMVM SACRAMENTE RITE SVSCEPTltf * VIVIS EREPTAE DIE XXV MARTII ANN, MDCCXVIII* AETAT.S SVAE LXXXVHI. FABIVS 6S» VITI ET MODESTI DIACONVS CARDINALIS DE ABBATIBVS OLIVERIVS PARENTI OPTI MAE ATQVE AMANTISSIMA» MOBRENS POSVIT j3 Scienze Riflessione XI Non ultima gloria ( per Federico Comandino ) fu l avere avuto a discepolo in Pesaro Guidubaldo de marchesi del Monte , di cui ci ha dato la vita il signor Giuseppe Marni ani pesarese . (a) §. i. Qui poi sì ch'era mestieri nominar Pe- saro ; "e ci si nomina , Come tacersi , che il gran Comandino ivi figurò da legislator matematico ; e che i principali personaggi penderono rispettosi e attoniti dal suo labbro , per arricchire delle più Sublimi dottrine ? §. 2. Il signor conte Giuseppe Mamiani per altro non ha scritto del marchese Guidubaldo Bor- bon del Monte la vita; ma Solo le memorie sulla vita e gli scritti, ripubblicale ne' tre precedenti fa- scicoli di questo giornale, (b) Quando mi giunse la notizia , che l'erudito giovane si accingeva a trattare di questo grande e nobilissimo pesarese letterato, gli feci offrir tutte le memorie interes- santissime ch'io ne aveva raccolto, specialnente pres- so i signori marchesi Borbon del Monte dell'in- signe ramo anconitano ; e confesso il vero , che riputai tal offerta dovergli recar giovamento . Egli peraltro meco non abboccassi , non accettò nulla e nulla ebbe da me . Perlochè in circostanza che non facilmente avrja potuto risapere da altri , non capisco , percbè egli compiacciasi di addurre me per testimonio i piutosto che quello Cui forse io l'aveva manifestata . (e) §. 3. Ma si torni alla mia proposizione ^ che (a) Coment, p. 57. (b) Fase. 27. p. 338. fase. 28. p. 47- fase. 29. p. 197. Ce) Fase. 29. p. 201. citaz. (4) Uomini illustri d'Urbino 5 smatico ? Proseguì egli a dimorarvi ? Abbracciò dunque le innovazioni scandalose di Arrigo. In lat- ti dice espressamente Isacco di Larrey nella sua histoire d * Angleterre d Ecosse et d Ir lande , (e que- sto è storico documento) che, tout italien qu il etoit il ne se trouv.a en-velopè dans aucun party de de- fenseurs du siege de Rome , et squscfìvM aux re- solutions qiù furent prises dans les assemblées die clcrgè en faveur de la pohissance rojale. (a) E cor me poteva ei dispensarsene , arcidiacono essendo di Wels e prebendato di JNottingon; e preservar volen- do pacificamente i benefiziali suoi redditi, che ap.- punto preservò sino a morte ? §. 8. Questa ò certamente accusa positiva e non lieve. Pure si trova chi , senza escluderla con fatti diametralmente opposti , par sostenere , che le accuse intentate contro Polidoro non possono dan~ neggiare la sua fama ; e questi è l'autore del co- mentario. So eh' egli ha scritto delle cose d'Urbino come gli è stato rappresentato ; è ha confessato in- genuamente a savia e proba persona, dalla quale V ho 10 risaputo, la sua troppa iiducia nel sommini- 'i ■'' » 1 1 ■ «i 1 ' ' " (a) T, 1. p. 683. Uomini illustri d'Urbino 65 giratore delle notizie. Somministratore unico, cre- do io , e senza complicità de' tanti dotti di quella città egregia , che ben conosco e tutti li venero. Pur siccome non basterebbe la scusa di fiducia ecce- dente , dopo essersi detto , che la fama d- uomo accusato di aver seguito lo scisma , e non purgato da tal macchia, non ne riceve alcun danno; e io non ho il menomo proposito d' intaccare sopra punto di tale importanza uno scrittore ascritto a dottissimo e piissimo ceto della più pura ortodos- sia benemerito : mi persuado non avere io ben pene- trato il senso vero dei detti suoi ; e di questa corta intelligenza mia , in vece di arrossire , me ne com- piaccio, Riflessione XIV . Certo è che tornato (Polidoro Vergili o) alla pa- tria , non si sa cK egli fosse non che gastigalo né ripreso pure di fallo alcuno . Dal che certa- mente non avrebbe potuto ir franco del tutto , se delia pece anglicana si fosse tinto , (a) g. i. Io all' incontro sono persuaso , che se Polidoro tornato in patria , ivi fino a morte tran- quillamente visse , non bersagliato da nessuna per- secuzione : e né castigato né corretto : ciò fosse per cagioni affatto diverse da non esser tinto della pe- ce anglicana ; e da essersi mantenuto innocente nelle scandalose innovazioni di Arrigo . Queste cagioni esser poterono varie . E la prima, quantunque sia la più dubbia e la più oontradetta dalla storia, pure si permetta supporre che fosse essersi egli ricon- ciliato col vaticano , a patto di sottrarsi a quelle pericolose contrade ; e avere a sé stesso con tal (a) Coment, p. 100. G.A.T.XI. 06 SCIEWZJE passa retrograda procacciato l'amnistia delle com* messe mancanze . §. 2. Venendo quindi alle altre, probabili tut-> te più della prima : potè essere la seconda , che competeva allora alla sede papale sopra Urbino il solo dominio diretto , uniforme a quello che in-* alienabilmente e imprescrivibilmente le compete sopra il regno di .Napoli ; e che sottoposta quella città all' immediato governo di un principe seco- lare , vi era molto rilasciato il rigore de' canoni ; e non imputavansi a colpa certe cose , le quali nelle terre di pieno dritto della chiesa severamente punivansi . §. 3, La terza, che duca Guidubaldo II da cui Urbino allor dipendeva , non pare che avesse alcun de' riguardi onde avria potuto derivar la disgrazia del reduce Polidoro : poiché quantunque Pietro Aretino fosse queir empio infame e osceno che tutti sanno: lo favorì detto principe con tanta eccesso , da ridursi alla debolezza ( e fu forse l'uni- ca in uomo sì saggio : ) di farne uno deprimi per- sonaggi di sua corte. In prova di che bastami qui trascrivere ciò che nelf indice della vita di quell' impostore scritta da Gianmaria Mazzuchelli vedesi no- tata alle parole — Ròvere ( Guidubaldo della ) duca d Urbino . -— Ecco le analoghe cose inerenti . — Me- cenate delf aretino « — fa incontro alt imperato r Car- lo V' ', e seco lo conduce . Va a Roma, e seco con- duce l aretino — Prega l aretino di scrivere in lode di sua moglie defonta. Paga al medesimo un un- ii uà pensione — Va a Roma a prendere il bastone di generale di santa chiesa, seco conducendo f are- tino < — (a) Da chi tanto era onorato costui , come si (a) Mazzuch. I, e. p. 297. Uomini illusth*' d* Urbino Cn può, pretendere, che perseguitato fosse Vergilio , i postumi del quale non si prova che fossero depra- vati e laidi come quelli di Pietro ? §. 4- La quarta finalmente , che Urbino , città Oggi tra le più religiose di tutto lo stato , e ga- reggiante in provincia , per dogmatica purità e fe- dele attaccamento agl'interessi anche temporali della chiesa , con qualunque altra sia maggiore sia minore di lei, era stata netempi a dietro (misero effetto della piai vagita di que1 tempi ) una delle più pertinaci del partito ghibellino : perlochè sperimentato aveva più volte senza turbarsene i fulmini del vaticano ; e specialmente a tempo di papa Martino IV dato aveva T esempio del più lungo ecclesiastico inter- detto, di cui parlin le storie . La cosa è narrata da Martino Alfonso di Vivaldo nel suo candelabrum qnreum in questi termini. — ■. Nec hic videaiur ali- Cui casus impossibilis : cum nunquam toto orbe ter- rarum tanta conti gerit interdicti severitas quanta Ur- bini tempore Martini IV pontificis maximi ■ Nani totis triginta annis omnia sacramenta etiam baptismus sublata fuerant : ita ut tandem absolutione sequuta , multi viri adulti baptismum susceperint ; et ob, diu~ turnam sacramentorum desuetudinem , ecclesiasticae coeremoniae illis pqpulis eo tempore quasi nova res risui habitae sunt . (a) §. 5. Fan mestieri più secoli per rastiare da' cori certe propensioni le quali per molto tempo hanno for- mato massima di governo . A quel popolo urbina- te , i! quale , quando Adria bastarda di detto Pietro aretino si maritò con Bernardino Rota , le fece ono- ri grandissimi, con incontrarla otto miglia fuor di città , e porre i lumi alle finestre , per essere co- (a) P. 2. p. !42. 68 Scienze stei giunta di notte : (a) non si fa certamente torto col sospettare, che in quell'epoca non avesse di- Sghibellinato del tutto . Né. si può dire che acca- rezzasse il cane sol per piacere al padrone: perchè quando il padrone pose uu piccolo dazio su le car- ni , nulla premuroso di piacergli , dichiarossi ribel- le - (b) Se dunque un ateo e il corifeo degli scel- lerati di quel tempo tanto onoravasi ; e i nobili per/ino se ne beccavano le figliuole frutto di sue laidezze per mogli: qual maraviglia che in tal città si lasciasse terminare in pace i giorni vecchio e celebre cittadino , benché reo di avere aderito per debolezza ed economia a quel novo sistema d1 Ar- rigo Vili , da cui fu sconvolta poco meno che tutta la lena ? §. G. Verso questo povero letterato osserverò in ultimo , che furono più generosi e pii gli ur- binati del suo tempo , che quelli del nostro . Im- perochè quelli , ancorché forse il riputassero sci- smatico : quando cessò di vivere gli eressero in duo- mo onorato sepolcro .E questi , benché ne abbia- no in altro modo opinato , vandalicamente lo de- vastarono, in riedificarsi quel tempio, senza lasciar più memoria dove le dotte ceneri duomo sì grande riposino . Ne hanno anzi venduto il lapideo sepol- crale epitaffio ; e quando io in Urbino ne feci ri- cerca , mi dissero , esistere presso il signor dottor Zaccari dottissimo protomedico ; e ivi servir di coperchio al purgatore d' una cisterna . ( Sarà continuato ) Teofilo Betti . (a) Mazzuoli. 1. e. p. g4- (b) Vedi Rilless. VII. % m~hm Della esofagotomia , e di un nuovo metodo di ese- guirla . Memoria di Jndrea Vacca Berlin ghie ri prof, di clinica chirurgica nell" I. R. università di Pisa , cav. dell ordine del merito ce. ec. Pi» sa presso Sebastiano Nistri 1820» n J_/istratti sinora dal ragguaglio di altre opere pm voluminose non abbiamo potuto con incre* scimento occuparci di questa dissertazione del sig. Vacca clinico riputatissimo , il quale con le sue dotte produzioni ha più volte somministrato ma* teriali al nostro giornale . Egli ora si fa a pur-^ lare della esofagotomia , e dopo aver premesso che Verduc per quanto pare ha consigliato il primo di estrarre i corpi stranieri dall' esofago mediante 1 incisione, che Hevin vi ha convenuto , e che Guattani ne ha fatto iterati esperimenti sopra gli animali ; dopo avere istoricamente esposto le va*- rie sentenze dei recenti chirurgi su questa ope- razione \ egli stabilisce con argomenti tolti dalla analogia , dalla anatomia , e dai fatti una massi- ma pratica , senza la quale saria stato supcrvacaneo ogni ulteriore ragionamento . Ella si è che il ta-' glio longitudinale dell' esofago , corrispondente alle -parli esterne in modo che non accada travasamelo interno , e senza offesa delle carotidi , jugulari , ottavo pajo , gran simpatico , e ricorrente , è un taglio di poco pericolo e sanabilissimo . Prova- no questa verità 1 analogia , ossia l'innocua incisio- ne che spessissimo si fa di altri canali dell' uraan corpo; l'anatomia , perchè incidendo l'esofago , non *i ferisce infine che una membrana muscolare, un' .70 Scienze altra muccosa con pochi nervi , e vasi di poca Irti* portanza ; i fatti , perchè plausibili sono state le ri- sultanze degli esperimenti istituiti da Guattani , e Bertrandi , felice l'esito di tre operazioni di eso- fagotomia , delle quali si ha contezza nell'arte, e felicemente sanate tante ferile accidentali , o vo- lontarie dell'esofago . E vano sarebbe l'opporre con- tra questi altri fatti ; poiché gli è vero che molti individui sono periti con l'esofago offeso , ma è ve- ro altresì che erano in essi offese altre parti vi- cine indispensabili al mantenimento della vita * Mentre poi l'aprire l'esofago con le debite Cautele è una operazione da non paventarsi , tristissime pos- sono essere le conseguenze quando essa si trascuri t e quando nelle sole forze della natura voglia il ce- rusico confidare - Con molti fatti mostra il n. a. quali sconcerti gravissimi sìeno risultati da cor- pi estranei o arrestati nelf esofago , o spinti nel ventricolo , e giunti anco all'intestino retto, e quan- te volte gì infermi abbiano dovuto soccombere do*» pò lunghe e forti molestie . Egli non dissimula anche qui i fatti che possono addursi in contra- rio ; ma ci sembra con ragione conchiudere che l'in- troduzione ncll' esofago di un corpo per chimiche o fisiche qualità nocevole è sempre un accidente pericolosissimo , e che esige l'operazione quando questa possa eseguirsi senza periglio maggiore dell* infermo , come ora siam per dire . Sin dal 1793 non contento il n. a. del me- todo comunemente ricevuto propose nelle sue ri- fless. al tratt. di Ben. Bell , ed ha in appresso mo- strato nelle pubbliche lezioni « l'uso della sciringa da uretra per dirìgere il taglio su l'esofago ; ora poi ha immaginato un nuovo stromento denomi- nalo ettopesofago dallo spostare che fa il canale * Della èsofagotomìà *jt Con cui la mano dell' operatore è iti tin triodo as- sai più sicuro diretta . Noi persuasi che senza la figura ci adopperemmo invano a descriverlo , poi- ché chi vuole imitarlo ha bisogno di conoscerlo con tutta la precisione , ci limiteremo a dire in poche parole , solo per muovere la curiosità dei seguaci dell1 arte chirurgica , eh' esso è formato di una cannula alquanto curva >, più grossa delle gros- se sciringhé da uretra , aperta nella parte supe- riore , ed ivi munita di due anelli laterali ^ e ter- minante nella parte inferiore in un estremo cieco ; ha di più una fenditura nel lato sìhistro , la qua- le incomincia dalla metà , e finisce sopra l'estre* mità cieca • L'altro pezzo dello strornento è Uno Specillo dì acciajo più curvo della cannula , mu- nito anch' esso superiormente di anello , il quale Si divide circa la metà in due rami terminanti con punte a foggia di mezze olive , e divergenti tra loro quasi di un pollice . Introdotto lo spe* cillo sino all' estremità cieca della cannula * ben s'intende che i rami di esso sono forzati a stare congiunti ; ma allorché è tratto un poco fuori dalla mano dell' operatore , esce immani inente dalla fen- ditura un ramo , e scostandosi con forza alia di-* stanza suddetta spinge all' infuori il parete dell' eSo» fago . Compiuta l'operazione , si trae fuori pria lo specillo , il quale con ambedue i rami rientra nella cannula , e poscia si toglie questa dalle fauci del paziente . L'a. ha immaginato eziandio una can- nula Con due fenditure , e due appositi specilli per operare a destra e sinistra dell' esofago secondo che esige la circostanza . Espone minutamente il modo di adattare il sUo strornento , di eseguire il taglio dei tegumenti , dei muscoli , e del con- dotto , né omette veruna cautela onde evitare la 7 2 Scienze lesione de' grossi vasi e nervi . Parla della me- dicatura difetta a riunire Ja ferita per prima in- tenzione , e preferisce l'astinenza da ogni sorta di cibo e bevanda per lo spazio di 4o o 4 8 ore alla introduzione di un cannello di gomma elastica nell' esofago a fine di alimentare l'infermo , e vuole che in caso di bisogno s'insinui piuttosto la materia nutricante per la via dell' intestino retto , o an- che si amministri a lunghi intervalli qualche pic- ciola porzione di alimento liquido per la via or- dinaria della bocca , credendo egli che non possa questa opporsi alla riunione della ferita . Del resto molti e grandi sono 1 vantaggi , che dall' uso del nuovo stro mento si ritraggono . Con esso si rende praticabile lesofagotomia anche nel caso , in cui il corpo straniero non faccia tumore esterno : con esso il cerusico non è più costretto ad operare sempre alla sinistra , ma quando il ca- so io voglia può egualmente operare alla destra : può far cadere il tagliente del bisturi in quel tratto dell' esofago che più gli sembra opportuno , e più dall' arte indicato : se il tumore cagionato dal cor- po estraneo sia nella parte inferiore del collo, può esimersi dall inciderlo in cotesta parte pericolosa t ma faeendo il taglio come al solito su l'ettope- sofago può servirsi della pinzetta per estrarre il corpo arrestato nel canale ; e ciò vale anche nel caso , in cui il corpo medesimo sia internato nel tratto del canale , che rimane entro la cavità del petto . A tutti questi vantaggi aggiungasi l'altro non minore , che il nuovo stromento non solo solle- va l'esofago dalla sua naturale posizione , e lo al- lontana dalle parti vicine , che non si deggiono offenderla , ma nel tempo stesso lo dilata , e spo- sta il parete destro dal sinistro , 1' anteriore dal Bella esofagotomia jZ posteriore , e disimpegna l'operatore dal fare alcun movimento diretto a tal fine : né mai si rischia che l'estremità dello stromento esca per la ferita già fatta , accidente che avviene quasi immanca- bilmente coli' uso della semplice algalia , e che renda difficile il proseguimento della incisione . Presentando il nuovo stromento gli annove- rati pregj , ed essendo l'operazione rettificata, e resa quasi sicura , ni uno vorrà meravigliarsi che la. non insista gran fatto sopra i varj tentativi sug- geriti dai pratici per estrarre il corpo straniero dalla bocca , i quali bene spesso lo conficcano più altamente nell'esofago, e con la tumefazione delle parti difficullano l'operazione nel caso che debba onninamente eseguirsi . Ei pensa che se il corpo " sia grosso , scabroso , tagliente , di natura venefi- ca , non debba esitarsi un momento ad imprenderla ; se poi sia picciolo , non abbia le accennate qua- lità , e sia profondamente cacciato nell'esofago, si debba attendere il male imminente pria di deter- minarsi ad essa. In conseguenza condanna il consi- glio di coloro i quali non s'inducono alla ope- razione se non veggono un male gravissimo alla go- la ; e di quegli altri che si rifiutano al ferro per la sola ragione che il corpo arrestato nell' esofa- go poco o nulla altera la respirazione , ed impe- disce la nutrizione ; di quelli infine i quali si ap- pagano della sola tracheotomia , o vogliono pre- mettere questa alla apertura dell' esofago . Il fa- vile e sicuro metodo , che l'a. propone , rimedia agli, sconcerti delle funzioni vitali e naturali insieme, quando con prontezza venga adottato., Noi facciamo plauso all' ingegno del clinico toccano, ed auguriamo all'umanità che ne colga quel frutto , che sembra do\ersi con fondamento spe- rare . G. F ?4 \ LETTERATURA Intorno alcune iscrizioni antiche inedite , lettere di Clemente Cardinali , a S. E. il commenda- tore D. Pietro de principi Odescàlchi direttore del giornale arcadico - Eccellenza fjradìtissìmo mi è stato il donò del quale V. E. si è degnata onorarmi * inviandomi copia della ora- zione detta in Arcadia il venerdì santo del 1&20 nella quale resto incerto se sia più da lodare la novità de'concetti in tema così ripetuto , 0 laurea purità dello stile -. E desiderando sdebitarmi , alme- no in parte, di questa e altre gentilezze assai , non saprei come farlo ; se pur non fosse con intrattener- la alcun poco di questi studj che tengo cari dell archeologia. Al che fare volentieri nV induco, sì perchè conosco quanto X E. V. gli ami è proteg- ga ; sì perchè quelle parole che ella scrisse nella prefazione al giornale di quest' anno , mi danno spe» ranza di vedere in esso pubblicate le iscrizioni anti- che qui appresso trascritte , e , per ciò che io co- nosco , finora inedite . Alle quali farò seguire brevi annotazioni , a solo fine d1 indicare la provenienza de'monumenti: e lasciando che altri più degnamente, e come si conviene , ne scriva , mi resto contento d'averli raccolti, e $ perchè non andassero dispersi, consegnati in istampa . Che già niuno più si attenta a porre in dubbio la molta utilità de'marmi scritti ; Iscrizioni antiche «5 tìa una voce, dà un ignudo nome de' quali si sparge spesso gran luce nella cronologia e nella geografia, cardini principali della storia: per tacere delle anti- che costumanze religiose, civili, e militari, che solo per essi ci venne fatto poter conoscere. eccole dunque cinquanta iscrizioni , che io trascelsi fra altre più che conservo nelle mìe schede ► X> I' N. IV. n . m . ae LIAE . MELI eu CHARISTVS . A on IVGI . SANCTIS tae ug. L simae ff. il. D. m. L. AVILLI . NARCISSI L. AVILLIVS . PRIMVS TI . IVLIVS . FORTVNATVS PATRI . PIENTISSlMO FECER n. in. e co coni f D. M. ALPVRJVI . AEP RNELIA . TY VGI . BEN ECI agati che em. t b. m. COCCEIAE THELGENI P. AEL1VS NICOSTRATVS CONIVGI fc. M. FEC1T N. b. m. EVODIAE . V.A.X CL. iÀNVARIA MAT. FIL. DVLC FECIT N. VI. D. M , FVRIVS . KA RICVS . PA TER . FEC. FVRIO KAR1CO . FILIO QVI . V1X . AN XVII.M. I . D. XXJ BENEMEREN J TI . i ^5 Letteratura. N. VII. N. XI t. D. M. S. C. LVCV .... AVR LFC . . . VEAVG VIXIT ANNIS . XLI H. S. E. N. VIII. DIS . MANIBVS A. MEMMIO . THESMO VAL (il A . HEVRESIS . FILÌO PIISSIMO . FECIT TVCCIA . SPV E . PRISCILLA VIX. AN. Ili N. XIII; D. M. P. VAL. HERMAE FECIT . VAL . HER MOGENlANO . FILI O. SVO . B. M. VIX ANN. VI. DIEB . XXVII S. S. P. EORVM IN. A. P. XIII. IN. FR. P.XII 11 N. IX. A. MVCIVS -A. L. LVCRI MVCIA . A. L. AVGE N. X. M. PORCICKM. L.PROTAE FECIT . AGATHEMERIS CONLIBERTA . S1BI . ET ILLI N. XI. L. SEXTIVS . L. L. SALVIVS . OLA . VNA C. VOCONIVS . C. L. AVCTVS . VIXIT ANIS . XIIII N. XIV. D. M. VARIA . FLORA PRIMO . VERNE SVO . B. M. F. V. A. XVI . M. VI. N. XV. D. M. S. MEMORI CON . . SI N. XVI. HONORATO.QR. QVI. VIXIT Iscrizioni antiche jn N- i. Questa iscrizione e le seguenti ai numeri 5, 8. 17. 18. 10. 20. 21. 22. 23. 24- 25. e 28 , mi provengono da alcune sche- de esistenti presso la s. congr. di Propaganda , e mi furono co-» municate per cortesia del eh. signor Filippo Aurelio Visconti, N. 2. Questo marmo , e quelli che sieguono ai numeri 3. 4- 6- 9» 11. i4- 27. 3o. 3i. 32. 33. e 34- fecero parte del ricchissimo museo borgiano velìterna ; dove io li trascrissi insieme ad altri as- sai , prima che passassero in estero stato . W. 7. Fu rinvenuto questo cippo, e i due frammenti ai numeri i5. e 16. presso Utica in una cava aperta l'anno 1816 per cura di Camillo Borgia : io ne presi copia dai disegni del trovatore . N. 8. Scritta in umetta quadrata di marmo con coperchio pirami- dale ; adorna di fogliami e ucoelli a bassorilievo . N. 9. Sopra l'iscrizione sono sculti due busti : d' uomo l'uno , l'al- tro di donna . 3JJ. 10. In Treja nella Marca presso il conte Saverio Broglio , tro- vata da poco tempo in un suo fondo in contrada Villamolle, . Ne ebbi copia insieme alle seguenti n. 12. 26. e 29 dal eh. sig. professore Gio. Batt. Vermiglioli , che mi onora della sua amici- zia . N. 12. Forse la seconda riga è mal copiata; e vorrei leggere SPV. F. PRISCILLA. N. i3. Lapida trovata nel territorio di Velletri verso il mezzo se- colo XVIII. L'ultima riga fa ricordare que' versi di Orazio Mille pedes in fronte , tercentum cippus in agrum Hic dabal , heredes monumentum non sequeretur . N- i4- Quando io la trascrissi mancava della metà : ne supplii ]^ leggenda per mezzo delle schede dell' ah. Ignazio Maria Raponi . Poesie melanconiche di Saadi , poeta persiano , tra* dotte in latino . Al giovine egregio sig. Filippo Mercurj lavv. Francesco, Guadagni , È a mio credere cosa assai più vergognosa non aver senso di dolore nelle sfortunate perdite de* congiunti o degli amici , che 1' esserne dolente fuor di misura ; concioss.iachè il tenersi impenetra- bile all'angoscia in luttuose circostanze indichi estre- ma pravità di cuore , nò altra cosa tanto ci di- sonori , quanto l'avere un cuore agli stimoli della natura per sua depravazione restìo . Laonde sic^ come niuno fra gli uomini gode in difetti totale franchigia , ed ottimo è quegli fra noi, che pren- de guardia di non cadere nelle colpe più esorbi- tanti , mai non misi cura in celare l'affanno , tutto- ché smodato , nel quale io traboccai per la per- dita di persone a me care : senzachè rammenti in ispecie l'immenso rammarico fisso tuttora nel pet- to mio per aver perduta nel pestilente anno 1817 la mia casta e valorosa consorte Dorotea Cossa ; ram-i marico , del quale né cerco né soffro, d' essere ri- levato , sembrandomi che un perpetuo lutto , ed il non ammetterne conforto alcuno, sia mercede da me dovuta alle sue rare virtù di . Con un animo così disposto agevolmente po- trete credere, egregio sig. Filippo, che assai mi sia rammaricato allorché nello scorso febbrajo restò nel suo bel fiore mietuta la vita del sig. Giovanni Mer- curj , vostro minor fratello , pervenuto appena all' anno diciottesimo dell' età sua . E come avrei po- tuto in quella funesta circostanza non disciogliermi in pianto , se carissimo ei m' era , come quegli Poesie di Saadi tradotte jq ^be per certi tratti naturalmente graziosi , per an% ticipato senno, e per ben temperati costumi colpi- rà ognuno di maraviglia , e partecipava del vostra raro ingegno e felice nel coltivare ogni sorta di laudevoli studj ? L'averlo io poi udito leggere terse e ben guidate poesie nella mia casa, sabina , nella quale feci rivivere l'eretta fino dal secolo XVI ac^ cademia dei Desiosi, lo mi faceva riguardare come straordinaria cosa , ed amabile , quant' altra mai . Era conveniente in vero che la sua perdita io compiangessi non solo privatamente , ma pubblico uso facendo a sua lode della poetica facqltà ; giac- che un estinto poeta, più che ogni altro letterato, e più che i guerrieri quanto si voglia famosi , ha il dritto che la poesia s' adopri a sua perpetua commendazione, Ma avvegnaché le presenti mìe cu- re da me dipartano quella gentilezza di stile , che ì versi richieggono , potendo io dire molto più ve- racemente , che il famoso e modesto Giulio Pogia- no , esser tali le mie occupazioni , ut vel acutissi- mos homines reddere hebetes possint , ne dum me , qui sum tardior , obtundere ( Pogian. epist. et orat. tom. 3. pag.ò^. edìt. Lagomarsin- ); queste cose fra me rivolgendo , e pur volendo al chiaro giovinetto pagare un poetico tributo , sono andato ne' giorni scorsi riconoscendo mie vecchie carte , e cercan- do se ci fossero versi , cavati da classico autore , ed aventi rapporto con la morte d' un gentil gar- zone , qual si era il tanto commendevole vostro fratello . Avendo cerco per ogni dove , trovai final- mente cosa adatta al bisogno in due breyi melan- coniche composizioni , fatte in simigliante caso da Sadi , o Saadi , poeta persiano , e che io già trassi dall'assai rara versione in prosa latina del suo Gu- U$tan , pubblicata congiuntamente al testo originale So Letteratura da Cristoforo Genzio in Amsterdam £ anno 1 6:1 1 per le stampe del Blaer . Ecco dunque che il gran poeta di Schiraz , il quale dalle rose die' nome al suo libro , e di rose non mai cessa parlare , rose offre alla tomba del vostro fratello , dal suo e dal mio pianto bagnate . Resta che abbiate in grado T offizio , tuttoché doloroso , al quale per questo modo ho cercato adempire , e che tenendo custo- dia della vostra salute , per questo infortunio ab- battuta , vi riserbiate a men aspre avventure . Di casa 29 marzo 1821. EX SAADIC. I. Quae mihi te oceuluit, quam pulso vertice, cur non Terra meum potius praegravat illa caput ? Spina aut quum fati teneram subiit tibi plantam , Cur non , scite puer , sustulit una duos , Extincto caligantem ne sidere mundum Misceri adspicerem , et jarn prope corruere ? Eheu ! cui somnos arcebat culcita mollis , Lilia ni instrasses , ni violam , atque rosam, , Obruitur terra , terraeque innascitur horrens Dumetum , rigidis luxuriatque comjs, . EX EODEM. IL Divitias menso e pelago qnam dulce referre * Quamque rosas hortis carpere ab irriguis ! Verum illic infestae Hyades, scopulique , Notique; Intentae hie terrent in digitos acies . lamvero quid concordi delenit amico Plus animi curas ? Perfugium illu.l habes . Sed mors in foribus . Truculenta intervenit , et te Praesidio evertit dulcis amicitiae . Poesie bi Saadi tradotte Si Àe voluti seseque rotat , caudaeque leporem Versicolor pavo non sine fastu aperit , Tarn me jactabam , quo quo vestigia ferrem , Haereret lateri quum puer ille meo . Cujus ob interitum sic me nunc pulvere in atro Accepti verso vulneris impati ens , Frigidus ut volvens squamosa volumina picti Gorporis in spiram se coluber siuuat. Le odi di Pindaro , tradotte ed illustrate da An- tonio Mezzanotte, professore di lettere greche nelV università di Perugia. Tomo terzo- Pisa, presso Niccolò Capurro co' caratteri di F. Didot. 1820. V. Tom. vi. pa.g. 77 , e vii pag. 107. A* .ssai parlammo nell'anno scorso intorno quest* opera poscia che furono pubblicati i due primi vo- lumi , in che erano contenute le odi olimpiche e le pitie : e dal volgarizzamento poetico delle une e delle altre levammo alcuni saggi , perchè i leggi- tori potessero conoscerne la bontà . Re fu nostro in- tendimento di gire in traccia del meglio lasciando in dietro il men buono; ma prescegliemmo queluoghi i quali o ci cadder sottocchio , o ci tornarono alla mente per la bellezza del testo, altre volte da noi letto prima che il Mezzanotte imprendesse di vol- garizzarlo . Non però di meno taluni han detto aver noi voluto gratificare all' autore ponendo in buon' aspetto le cose migliori e le peggiori occultando . Il che se fosse vero, come è falso, tornerebbe sem- pre in lode del volgarizzatore : imperocché mostre- rebbe come coloro , i quali pajono aspri inverso lui , s,on pur costretti di confessare che nelle odi G.A.T.XI. G 8a Letteràtbr.4 olimpiche e pitie recate in versi italiani havvi be-* ne di che fare scelta e tesoro : in quella guisa che Orazio, parlando de' versi di un' antico poeta , disse nel sermone IV : Erat quod tollere velles . Ma perchè altri conosca che a noi non piace di parzialeggiare né cogli autori né coloro avveir sarj , abbiamo ora divisato di dare tutta intiera una delle odi neraee novellamente pubblicate ; onde i lettori possano dar giudizio se l'altrui censura muo- va da giusta causa o da invidia . E perciocché 1' ode vm ci è sembrata in parte acconcia al no- stro proposito , abbiamo voluto fermarci sovr' essa , e riferirne non pur la versione poetica ma la let- terale eziandio. Così chi legge vedrà quasi a colpo d' occhio quali fossero i versi di Pindaro nella loro nudità , e come il Mezzanotte gli abbia vestiti di veste poetica italiana . All' ultimo , perchè nulla manchi , daremo la illustrazione fatta dal eh. professor Vermiglioli per la medaglia corrispondente a quest' ode . VERSIONE LETTERALE STROFE I. Augusta Bellezza, annunziatrice degli amori im- mortali di Venere, tu sedendo sulle ciglia di ver- ginelle e di giovanetti , porti l'uno colla mite de- stra della Necessità , l'altro con altra mano. Ma, non deviando in ciascuna Opera dalla opportunità, è desiderabile il poter conseguire i più pregevoli amori ; ANTISTROFE I. quali si aggiravano intorno al letto di Giove e di Égina , custodi de doni di Ciprigna. Da questi amo- ri germogliò il figlio di Enona , re ottimo per 1% PlNDARé TRADOTTO DAL MEZZANOTTE 8ò inano e per i consigli . Molti pregavano assai cK vederlo, imperocché ì fiorenti eroi abitanti all' in- torno voleano obbedire spontanei al suo potere , lungi da guerra ; EPODO i. e quelli che ordinavano eserciti nell' alpestre Ate- ne , e i Pelopidi a Sparta . Supplice io toccò l'au- guste ginocchia d' Eaco , per questa caia città, e per questi cittadini , portando la lidia mitra ador- na di vario suono , simulacro nemèo dei due sta- ri j , fieno di Dinia , l altro di Mega suo padre . Im- perocché più durevole è la felicità prodotta per gli uomini da Dio , STROFE II, che un giorno nella marina Cipro colmò Cinira di ricchezze . Mi arresto siili' agile piede , respirando prima d aggiungere parole, poiché molto e molto si disse : é , rinvenendo nuove cose , darle ad esa- me ond'essere giudicate , è tutto pencolo ; ogni di- scorso è cibo agli invidiosi ; e linvidia si appren- de sempre ai buoni , e non viene a contrasto co- gT inferiori ._ ANTISTROFE II. Essa invìdia si divoiò a brani anche il figlio di Telamone precipitandolo sopra il suo ferro . Vera- mente , in funesta rissa , obblìo ricopre chi sia me- no facondo di lingua , ma valoroso di cuore ; e all' incontro un sommo premio si versa sopra una astuta menzogna . Imperocché i danai favoreggiaro- na Ulisse con occulti suffràgj , ed Ajace privato delle armi d' oro lottò colla morte EPODO II. Pure essi , combattendo coi nemici , si fecero aprire piaghe ben diverse nel fervido òorjpó ébtflj la lancia fugatrice degli uomini ; e quando combat- ti* 84 Letteratura Hvano intorno ad Achille ucciso d'i fresco , e nei giorni d' altre fatiche , giorni di-molta-strage . Era anche in uso anticamente 1' abbominevole parlare malizioso , compagno di blandi detti „ pensatore d' inganni , obbrobrio cagione-di-mali ; che oppri- me con violenza quanto ci ha di splendido , e in* rialza la putrida gloria d, oscuri uomini . ^tkofe in. Deh eh' io non abbia mai sì fatto costume , o Giove padre, ma ognora m'attenga a semplici stra- de di vita; onde, estinto ch'io sia, apporti onore ai figli miei,, non infamia ! Altri bramano ora, al-? tri bramano immensi campi ; io però, caro ai cit-f tadini deh possa coprire di poca terra il mio cor- po ! Io che lodo ciò che degno è di lode , e spar-r go il biasimo sopra i malvagi - ANTISI'ROFE III, La virtù esaltata da giusti e saggi uomini ere-. $ce come pianta che s'innalza all' umido aere, per le rugiade che i'avverdiscono. Diversi sono fra uo* mini amici gii utili servigj; quelli però intorno al-? le fatiche del valore sono i supremi. Il diletto ri-r chiede ancora che innanzi all' occhio se ne ponga un testimonio; ma \ì rivocare , o Mega, il tuo spirito r EPono ni. m' è affatto impossibile. Vano, è l'esita di vane spe in cui a rivi colori si vede effigiato Augusto , che assiso fra i suoi cortigiani sta in atto d'imporre la co- rona ad un' uomo genuflesso, di cui si è perduta l'immagine , e forse a quel Faraate , del quale parla Orazio nell' epist. 13. del Ub. \.ver. 27. Mecena- te coperto di cerulea toga indica colta destra il re coronato, egli è d'appresso Agiippa poggiando la mano sulla di lui spalla nell'atteggiamento, che si osserva su i marmi e sulle medaglie . Nell'ulti1* ma figura a destra si riconosce Orazio alla breve statura : il nostro Messala Corvino sembra quel personaggio , che si vede sulla sinistra tra le perso- ne di Augusto, e di Mecenate ; e forse il pittore volle effigiare il medico Musa in atto di osserva- tore in quella testa , che in addietro si vede in- clinata verso il principe tra le figure di Corvino e di Mecenate . Così venne spiegata 1' antica pit- tura dag'.i editori delle opere di Orazio stampate in Londra l'anno i"j4° • ^er cortesia del eli. A; possiamo ancor noi adornare il nostro giornale col- la nitida incisione di quest' insigne pittura , che riuscirà tanto più graia agli amatori dell' antichità e delle belle arti , quanto è men cognita in Italia . In luogo di appendice vien riprodotta dal eh. A. la lettera , in cui prende a difendere la lezio- ne del suo codice da talune critiche osservazioni ; ed è la stessa da noi origiualmente già riportata nel quaderno a^° a cart. 4 '7 e se§g« Pietro avv. Ruga 103 Erodi mio , istoria dell imperio dopo Marco libri ri ir dal greco in italiano recali da Pietro Manzi — 8°. Roma 1821 nella stamperia de Romanis. Un voi. di face. 2j(j , colla dedica al celebre conte Per- ticari. B enemerito sempre più il signor Pietro Manzi del- la buona letteratura , dopo averci dato in beli' ita- liano il trattato di Dionigi d' Alicarnasso intorno lo stil di Tucidide, ne dona,, ora quest' altro suo volgarizzamento dell' istoria nobilissima tì' Erodia- no. Di che giusta cosa ci pare il doverlo non pur lodare , ma porre a molti in esempio di fino giu- dizio , che lasciate per tempo le ciance de' nova- tori siasi tutto consecrato allo studio de' veri e gran- di maestri dell' universale sapienza. E però essen- do anch' egli del bel numero di coloro, che a que- sti dì vogliono restaurate nell' antica gentilezza le lettere , e gridano coli' Alighieri alla perpetuale infamia e depressione delti malvagi uomini d Italia, che commendano lo volgare altrui , e lo proprio di- spregiano (1); non è a dire quante più alte cose andiamo noi promettendoci dall' ingegno suo e dal- la sua giovinezza. J\oi stimiamo , che se la tradu- zione del retore d'Alicarnasso e la storia della con- quista di Messico gli fruttarono sì giusta lode in Italia da tutti quelli che intendono al gentile e diligente scrivere , questa d' Lrodiano il debba senza dubbio veruno tor dentro l'onorata schiera de più politi nostri scrittori ; che certo non poteva egli usare più buone cure in ornarla tutta d' ogni fiore di grazia , e far- (1) Convito, ediz. veneziana del Zatta , a face. g3. Erodiano tradotto dal Manzi io3 la degna di stare a fronte d' un testo , dove a man piena furono dal greco autore sparse le veneri dell' elocuzione . Vero è che alcuni , i quali nelle ope- re guardano sottilmente , non istaranno forse con- tenti a certe sue novità. Ma da pochi nei noti si deturpa un bel corpo : e bene avvisò il venosi- no , che là dove rilucono molte bellezze , ivi non suole il savio offendersi di poche macchie . Le quali tuttavia non vorremo qui trascorrere senza nota; acciocché non s' abbia a dir mai averci l'a- micizia dolcissima che ci stringe al Manzi l'atto alcun velo alla ragione : ma con onesta libertà, esporremo anzi sovra di esse la debole nostra, sen- tenza , sembrandoci quasi che il cortese scrittore ce ne porga invito con quelle parole di Plinio a Romano : ita enim magis credam cetera tibi place" fé , si ejuazdam displicuisse cognovero (2). E piaciuto al signor Manzi chiamare gli an- tichi popoli co' nomi che ora corrono : come a dire , francesi , inglesi , unglieri , tartari , e si- mili . Di che potrebbero alcuni tacciarlo d' ana- cronismo; non essendo pcranche avvenute nell'età in che scriveva Erodiano quelle tante trasmigrazio- ni e conquiste , che fecero ne' bassi secoli mutar di nome e di condizione le diverse parti d' Eu- ropa. E però gli angli , popoli della Svevia ^ non avevano di que' dì passato il mare e vinto i bri- tanni ; riè i franchi , valicato il Reno, s' eian git- tati sopra le gallie: che anzi s. Girolamo, quasi due secoli appresso il fiorir d' Erodiano , chiama an- cor la Germania col nome di Francia per quella tal proprietà dì scrivere che vien dal porre la par- (2) Lib. Z. epìst. i2. 1©4 L E T T E R A T U A te pel tutto (3). Il medesimo notiamo degli rumi^ che non erano ancor trascorsi oltre la^-palnde me- otide a insignorirsi della Pannonia , e dimandarla del nome loro Ungheria : e degli abitatori della Sar- mazia asiatica, che peranche non si dicevano tartari. Sicché pare che il Manzi avrebbe potuto lasciar ben correre gli antichi vocaboli, senza temer ciò che in al- tri secoli d'ignoranza giustamente temevano i lettera- ti, d'essere cioè solo fraintesi dal maggior numero de lettori . Ma egli ha voluto in questo tenere co'lre- centisti ; i quali talora , siccome sembra , troppo alla lettera interpretarono quel luogo di Cicerone nel primo dell' oratore , che dice : doversi avere per vizio grandissimo nello scrivere il dipartirsi dalle consuetudini della volgare opinione. Così fece Bar- tolomeo da s. Goncordio , elegantissimo scrittore <, nella traduzione di Sallustio : e così , per tacere di molti altri , Amaretto Mannelli nella sua cronaca dicendo , eh' Antioco regnava sulla Turchia , e che Annibale , lasciati i popoli borgognoni , n' andò al re di Savoja. A' quali poi tenne dietro quel biz- zarro spirito del Davanzati, perchè forse niuna stra- nezza fosse a desiderarsi nel suo volgarizzamento di Tacito, tino a scrivere che Muciano avev a fat- to venire £ armata del mar maggiore a Costantino- poli (4). Del quale avviso però se molti vorranno ac- cusato il Manzi , molli pure il vorranno difeso « ma da pochi per avventura si stimerà ch'egli usas- se buon senno quando in una storia gentilesca del secondo secolo ebbe a dir chiesa , monaca , mo- (3) D. Hieronym. in vita s. Hilariouis (4) Trad. delle storie di Tacito, lib. i. face. 427, ediz. dot Cornino. Erodiano tradotto dal Manii io5 nasterio , bajonetta ^granatiere , postiglione , volteg~ giatore : cose tutte che nulla riscontrano cogli ordi- ni e le costumanze dell' età d" Erodiano . Perchè chiesa si vuol chiamare soltanto il luogo in che da'nostri adorasi il vero Dio t ed è vocabolo tut to proprio de' cristiani 5 come tempio lo è de gen- tili, e moschea de' seguaci di Maometto * In ac- concio di che è bellissimo un passo . Epistola. l^ui me ad Morcélli Iaudes hortarc , Bedoschi , Oblitum piane reor aut haec quanta -, seges sit Aut ego quam tenuis. Magno laudetur Homero Peìides magnus, clarescat voce MarOnis jiimeas: infra positus lauclator, inepte Dum buccas inlìat, minuit non addit honorem. Nec tabula? praetium quisquam, signique vel aedis Dixerit, artificem piMter, qui polleat usu, Pendat et ingenium 30'Jers, operumque laborem. Quid si laudandus non una excelluit arte? Si divum interpres fuerit, si largus egenis, Si pius in patriam, nullique offensus, et omhes Per virtutis iter studio complexus ; avorum Kelligionis item scriptis assertor et actis» («) Si graja instructus, Latii si divite lingua Praetans , si vetcrum volvens monumenta rirorum , è - . 1 » 1 mi 1 mi'' (a) Agapea, Michselia, opuscoli ascetici* T A R I B T Jl I'2'3 Defixusque notis oculos, quas eruta servant Marmora ; quae nondam fuerat comperta , segaci Prompserit ingenio, et certam extnderit prior artem , Qua vel nostra aetas veterum non deneger, apta, Concinna, ut par est, ornata epigramroata dictet? (b) Carmina scis ipsum fidibus lusisse Jatinis, (e) Quae probet et Flaccus; geminum complesse volume» Innumeris ipsum titulis, quos illa decoros (d) Roma probet vetus; iEgypti Liby aeque per ava Christiadum monstrasse urhes, finesque vetustos; (e) Scis italos grajorum opibus ditasse repostis . . . . (f) Nse, qui recte hominem cumulatis Jaudibus ornet, Haud facile invenias , non si hunc Lanzius , aut sì Tot praeolara sciens Maffejus adforet ipse.. Qui nemus ingreditus dumis, atque ilice nigra Densum, cui rari calles, nee semita constans» Parvum emensus iter, dubius jarri passibus errat , Jamque viam explorans frustra, gressus haeret in uno^ Vertitur hac, illac ; spe tandem lusus inani e Observata Ifcgit trepidans vestigia retro. Qui vastum pelagus parvo tentare phaselo »■ Seque hìemi, et rapidis audet committere venti* , Impar remigio, mconsultis viribus impar, In scopulos ruit, et trucUlentis mergitur undis. Hos ego ne metuam casus? Laudare volenti Ingeniumne inihi , et rerum par copia praesto est, Assequar ut meritis Morcellum laudibus? An no» Invideam vobis potius, queis gloria tanti Ortu parta viri ? Quei» cominus ora tueri Contigua alloquioque frui, divinaque jura Accipere; hoc monstrante viam, hoc praeeunte niagistro ._, — ~ — T^— — — — — »» (b) De stilo inscriptionum latinorum» (e) Sermones. (d) Inscriptiones. (e) Afriea sacra. i(f) E gtieco versi'.» i^4 Varietà* Ad superanti tato contendere praemia gressu? At te clarenses inter quis, Faule , bcatum •Non -dicat. quem nempc sibi conjunxerit ultrd Morccllns comitem vitae sociumque laboris, Si Iabor est, quem blanda levat n'ncitquc voluptas? Seu sedeat, seu vcspertinus obambulct, aut jam Confecta ingrato permittat membra cubili , Sectari propias, fando sonisi aurea dieta Elicere, et doctrina animum recreare perennis; Consilia interdum conferre, aut qualis habendus Sit superis honor, an solatia prompta misellis, . Innocuis aut qua pucris tutamina morum Sint , aut virginibus quae claustra paranda pudicis » Postquam cyrnaeus disjccerat omnia turbo. Coeptis ipse frequens aderas, opernmque volenti Praibebas, addons animos » ut maxima cives Perciperent, Seri et recolant benofacta nepotes» Collazione completa delle commedie di Carlo Goldoni, 8. Prato t presso i fratelli Giao/ietli* .Cicco una bella ristampa di tutte le commedie di quel grande ita- liano , che tutti i savi diEuropa han già collocato in mezzo a Te« renzio ed Aristofane. Sarà divisa in do volumi, di cui 17 ne sono già venuti alla luce . Noi ce ne congratuliamo ben di cuore co'signo* ri fratelli Giachetti; e desideriamo die la nuova loro tipografia se» gua ad occuparsi con lode delle opero classiche de'nostri padri » Varietà' ia5 Analisi di quanto nella vita di Torquato Tasso lasciò scritto lab* Pietro Antonio Serassi sulla di lui Gerusalemme liberata e sul di lui testamento , che manoscritti si conservano nella pubblica biblioteca di Ferrara , di Eutiche Ippobatc . - 8. dì face 6 . ^ era creduto fin qui che un bel codice della Gerusalemme libe- rata , ed una carta contenente il testamento che fece Torquato Tas- so prima d'andare in Francia col cardinale Luigi d' Este , preziosa suppellettile della pubblica libreria di Ferrara, fossero di carattere dello stesso immortale poeta. ]Vla l'autore di quest'analisi, che noi sappiamo essere il dotto bibliotecario sig. canonico Prospero Cava- lieri , sostiene valentemente il contrario contro quanto ne scrisse il Serassi . Geografia moderna universale, o descrizione fisica , statistica, to- pografica di lutti i paesi conosciuti della terra , di G- R. Fognas- ti.-Firenze 1821 , a spese déW autore» JL romette il sig. Pagnozzi nel suo manifesto d'associazione d'emene dare in molti luoghi il celebre Maltebrun , giovandosi a ciò con savia critica di tutti i gran viaggi che per le diverse parti del glo- bo hanno a questi ultimi tempi intrapreso il Duprè, il Gardanne, il Morier, l'Eude , il Pottinger , I' Elphinstone, il Iohnson, il Kin- neir , l'Hamilton, il Grosier, ed altri famosi; de'quali niuno ha usa- to finora per un corso completo di geografìa. Le descrizioni topo- grafiche ( egli dice ) sono , nel libro che offriamo al pubblico , molto più estese- che negli alivi trattati di geografia conosciuti- V Ada vi è compresa per io46 città, borghi, e villaggi ; 186 appartengo- no air impero turco , 382 alle Indie , i46 alla China , i38 alla Persia . L'Europa vi è compresa per 4y68 fra città , borghi , vil- laggi , e grosse ter re ; 584 appartengono all'impero russo , 378 al- la Gran-Brettagna , libali impero austriaco, 435 ali Alemanna , i58 al piccolo regno de1 Paesi - Bassi» 826 alla Francia, 858 ali Ita- lia, a56 al re^no di Prussia, 334 (dia penisola ispanica, e 226 ali impero turco. L'America vi é compresa, per 606 città \ 268 ap- ^l6 Varietà" partengono ali imparo spaglinolo . — L'opera sarà dirisa in dieci ro- llimi in 8, con buona correzione e nitidi caratteri . Risposta del dottor Ermenegildo Maria Pistelli, medico clinico luc- chese, alle anno/azioni critiche contro le sue ricerche patolo- giche sulla natura della infiammazione, sparse dal sig. d<)t. G. ToneVi medico romano , in varj luoghi deW estratto da sefaU lo delle medesime , inserito nel giornale arcadico di Roma di novembre e dicembre 1819 . V-iombatte in questa memoria il sig. Pistelli le critiche annotazio- ni esposte da un collaboratore al nostro giornale . Ci dispensiamo dal compendiare questo nuovo opuscolo , il quale a sostegno della proposta teoria non offre (comeiW. ne presume) ragioni ben salde e ferme ; ma in vece mescliinelle riflessioni sì oppongono alle gravis- sime objezioni del dot. Tonclli . Maggior peso si accresce al già riferito giudizio dello stesso sig. Tonclli pel favorevole esternato suffra- gio di uno degli odierni luminari della università di Bologna , il eh. prof. Tommasini; il quale nel §. 78 della sua recentissima opera della infiammazione e febbre continua ec. si unisce a dimostrare 1' as- surdità e l'incoerenza delle idee del sig. Pistelli . Si asterrà proba- bilmente per tali ragioni il prelodato sig. Tonelli dal rispondere a questo scritto apologetico del medico lucchese , ij quale ( come già fece conoscere di volo il citato dot. Tonelli ) neppure può renderci per nuova una merce che fu già spacciata da altri , avendo egli unicamente riprodotta la opinione emessa dall'ili, patologo italiano Francesco Vacca', e seguita quindi da Chortit , da Lubbock, e da Allan . Il medesimo prof. Tommasini rammenta questo annedotq< nel §. 85. della enunciata opera sulla infiammazione . Varietà* yi'j Con qucst1 iscrizione il signor marchese di Villarosa, dotto gentiluo* ino napolitano , ha voluto far plauso all' andana In Napoli di quel £ore d' ogni gentilezza e dottrina il sig. cav. Vermigliali. ci,. VIRO. IOHANNI BAPTISTAE VERMIGLIOLIO DOMO PERVSIA EX PATRITIA GENTE ET IN ILLA STVDIORVM ACADEMIA ARCHEOLOGIA! PROFESSORI MORVM SVAVITATE INGENII VI JONARVMQVE ARTIVM CVLTY MVLLI SECVNDO QVI PLVRIBV3 ITALIAE REGIONIBVS PERAGRATIS NON LABORI NEC MAGNAI PEPERCIT 1MPENSAE YT PATRIAS RES PRAESERTIM VETVSTA MONVMINTA YNDIQVE INVE.STIGARE.T TANDEM ANTIQVITATVM STVDIO ATGVE AMORI MENSE MAH) AN MDOCCXXI NEAPOL.IM ADVENIT VT SI QVID SCITV DIGNVM FORTE FORTVNA OCCVRRIRBT^ PLVRIBVS A SE EDITIS OPERIBVS DOCTIS EQVIDEM ET LA.BOR10SIS COLOPHONEM ADDERET AL.IAQVE PARI ERVDITIONE PRAESTANTIA LVCI DONARET PVBLICA CAROLVS ANTONIVS DE ROSA VILLAROSAI MARCHIO OMNI OfFICIORrM GENERE S1BI CONIVKCTISSIMVS CRATVLATV* IMPRIMATUR, Si videbitur Reverendissimo Patri Mag. Sacri Palati! Apostolici . C. M. Frontini Archiep. Philippensis Vicesg. • IMPRIMATUR ■#>. Philìppus infossi Sac. Pai- Apost. Mag. ' I I Osservazioni Meteorologiche fnlie alla °pe~o '« dei CoUeo-.R 0,72. Lh gì io 1821 3 5 Baro M mot ATTINA Baro GIOhJNO Ig*. Barome SERA IO Term. Igr- metro Terni. tro Terni. fgr. i 23 I p >5 9J24 j 28 , 8 20 1 36 0 28 I S a 5 '9 5 2 28 I 4 16 •,3i 5 28 1 5 21 9 41 8 28 I 3 16 5 iO 7 3 28 I 1 16 9 3' 2 28 » 4 23 2 So 4 28 1 6 18 4 46 0 4 28 0 i 20 C|4i 4 28 1 1 22 1 40 2 28 I 3 l7 2 il f> 5 28 0 i 2 2» 2 ,S '9 0 2 1 2 28 2 4 23 5 9 4 28 2 0 '7 4 a< 28 1 9 ì'a 3 2S 6 28 • 4 24 5 5o 1 28 X 2 18 0 -3 4 »7 28 1 0 18 8 *i s 28 0 9 24 0 40 2 28 0 9 18 0 31 2 28 28 0 5 18 2 21 3 28 0 2 23 0 34 s 27 I I 9 18 2 27 1 29 2- 1 1 8 19 I 21 2 27 1 1 1 23 e 36 1 27 1 1 i 18 3 31 2 ic 27 1 1 4 18 0 43 > 27 i' 3 2 1 2 41 2 2^ 0 0 18 1 24 5 di 23 1 2 iG 1 3 40 8 28 1 4 21 S S2 2 28 2 4 18 0 ',00 Osserva zioni Meteorologiche faf le alla Specola del Colle*. Rom. Luglio 1821. MATTINA GIORNO SERA z Stato Meteore Stato Eva-I Stato 0 O 1 del Cielo por.J Vento del Cielo Piogg. Vento del Cielo Vento J. /i. 2 >S me. Uh. 1 n.p. s. me.lib. 1 .e. me. si. 0 neh * 2 j. 2 0 me.sir. 0 s. mez. 1 .<•• me. si. 1 neb.+ ì *■• 3 i.S mei. si. 2m s.p. n. me. si. 2 ni 11. ma. si. 2 ni 4 .r. />. n. 8 16 mez. 3 s. p. II. me. lìb. 1 tbìs. me.sir. 0 5 j. «. 5 50 me. rt. 1 m s. p II. me.hb. i m s . mez. 0 d\s. n. 3 20 li/'. 1 m S. II. mez. 1 ! s.n. me.hb. 0 n. q n.2f 7 s. 4 28 ma. 0 S. p. II. tr.ma. 0 \s. mez.si. 0 neb. 9 8 s. 2 5o me.sir. 1 m II. p.s. mez. 2 hi. p. s. mez. si. 1 a.o l't.n. 1 II. 4 53 me. si. 1 ll.S. 0 43 mez. iTns.it. me/. 1 P'°S-9t io n.p. s. 5 23 me. lil/.i m s. n. po.lib. 2 \s. mrz, 0 1 [ s. 4 0 me. si. i s.p. II. me.hb.i \s. tra. 0 neb. la s. 2 5 2 tra. 0 S. II. lib.po. 1 ras. pon. 0 neb. s. p,n. 2 21 mes. i s. n. pò. lib. 1 m s. p.n. mei. 1 neb. M y. u. 3 ° mez. 1 s. mez. 1 m s. ni: z. 1 neb. >s 11. s 42 nic./ib. a s. n. lib. 1 m'j. ut .lib. 1 n. piog.4 16 s. n. 4 5.5 me. .$(. 1 111 s- II. mez. si. 1 111 , s.n. me. lib. 1 in l. p.n. [ 7 s, p. II. 2 40 /ra 1 ni s- p.n. 2 e tra. 2 '.s. tra. 1 m ■ 8 s. 3 20 Ira. 1 s. | Ir. gr. 1 m's. tra. ma, 1 ^ s. 4 2 tra. 1 s. tra. 0 ìs. me. .w. 0 20, •*• ■:> ° tra.gr. 1 s. p.n. pon. lib. 1 mrz. 1 neb. a,|x. 4 '9 fra. 0 s. pò. lib. 1 s. pon. 0 neb. 22 -T. 4 22 mei . 0 s.p.n. mez. 0 s. mez. 1 nel).* 23 H. 3 21 mez. 0 n. p.s. mez. 1 ni s. me/.. 2 neb.* 24 n. 4 42 mez, 1 m s.p.n. pò. lib. i s. me.lib. 0 neb. 25 s.p. n. 3 21 niCZ. 0 s. pon. l s. mez. 0 nel).* .' 26 s. 3 a5 ma. 0 s. pon. 1 s. />o. 1 neh. 27 S.p.n. 4 4. mez, 1 S' /'O/Z. 1 s. mez. 0 23 -r- /7. 72. 3 22 "it'r. r s. p.n. me. lib. 1 ni s. II. mez. 1 neb.*n. 2y J. rt. ; 5i mez. i SII. me. lib. 2 |s. mez. 1 neb.* 30 -f- j. 25 fra. r S II. me.hb. 1 |>- /ro. 1 n.fp.f 9 "» s. 3 11 /ra. 1 m s. fra. 1 ni s. tra- 1 Volendosi da' di. Astronomi abbondare per diligenza, pongonsi le Osservazioni Triplici in ogni giorno ; e volendosi di noi ristringere in pagina , affinchè meno facilmente si disperdano , usiamo alcune abbreviature . Pertanto nella colonna delle Meteore pi significa pioggia 1 lampi t tuoni n nebbia g gelo b brina. E nelle colonne dello Stalo del Cielo s vuol dire sereno n nuvolo, p poco. Le nltre abbreviature nelle colonne de' venti sono per se stesse in- telligibili. Quando segue un asterisco s'intende gran quantità; ove trovasi una •/■ croce s'intende piccola quantità. ::-:- -■' tig SCIENZE AXCUNE MEDICHE CONSIDERAZIONI DI DOMENICO DE CROLLIS. Ordinìs haec virtù» erit et venus ...... Ut jam filine dicot , jam nunc deb enti a dici , Pluraque differat , et praesens in tempus omittétt. Orazio, JLJal principio del nostro giornale in fino a qui abbiamo avuto in mente il desiderio di parlare al- quanto della nuova dotti ina medica italiana . La speranza di aver un'opera, che ci manifestasse tut- te l' esperienze , e ciascun ragionamento che la fecero nascere , ed ogni cosa che le ha dato ali- mento , ci ritenne dal dire. Ma poiché lino adora abbiamo sperato indarno , noi soddisfaremo la na- stra voglia, esaminando brevemente una parte di ciò che si legge su tale oggetto in molti opusco- li; e più di questo considerando alcune cose , che ne scrisse il famoso Tommasini, il quale onora mol- to la medicina della nostra Italia. E ciò facendo ò nostra intenzione di congiungere con lunghi fili po- chi punti fra loro lontani, onde fare, come me- glio per noi si potrà , una larga tela con poca ma- teria , ed essere intesi dai medici , e da coloro che tali non sono. Per lo che non deve alcuno mara- vigliarsi , se molte cose, che qui diremo, saran- no alquanto lontane dal nostro proposito, purché G.A.T.XL 9 i3o Scienze sia certo dio quivi sempre mireranno i nostri bre- vi ragionamene. Ognuno vede, che quelli , i quali hanno vo- glia di diventare scienziati , o letterati , tutti van- no per la medesima via dal principio del loro cam- mino , lino là dove ognuno di essi crede di aver appresa la dilficil' arte di ben ragionare. Con que- sta guida T uno dall'acro si diparte; e chi per una via , e chi per un'altra procede ; ma non sì che non possino più vedersi, né soccorrersi. E per dir chia- ro : poiché tutti ebbero studiata la così delta filo- sofia , tale è inteso alla conoscenza delle leggi uma- ne o divine , quale divien medico ; e chi cerca di •v teiere più addentro nelf arte del ben dire. Ma il teologo , il legista , il medico , ed il letterato tut- ti devono conoscere una piccola parte della mate- ria di ciascuno . Tutto ciò che è oggetto della no- stra mente , può significarsi immaginando diversi tronchi, che hanno una medesima radice, ed i cui lunghi rami s'innestano per modo, che queir umo- re stesso , il quale venne dalla radice comune , passaudo per questi rami congiunti , vada dall'una all' altra pianta ; ed in tal maniera ciascuna di- venta più vigorosa , e più frutto se ne coglie. Que- sto volle insegnarci Cicerone dicendo: „ Omnis do- ,, ctrtna in^enuarum et human arum artium uno quo- „ dam societatis vhiculo continetur. ,, j_,a medicina , per mala ventura de' buoni me- dici, pare che non sia stretta dal vincolo, di cui ragiona 1 oratore romano. JNon pochi scienziati, e letterati , o s'imano la medicina cosa vana, o cre- dono che questa quasi tutta j roceda dalla esperienza di ciascun medico, cpialch' u so si sia. Molti fanno m rea lo dell arte medica , benché non abbiano •Xnui conosciuta alcuna parte dell'umano sapere. Lun- Mediche considerazioni i3i go e forse troppo grave sarebbe il nostro dire , se da noi si volessero mostrare gli errori , dai quali nascono questi dannosi effetti. Perciò dei tanti tino solamente ne considereremo, come quello il di cui esame ci pare più conveniente al nostro proposito. GJi scienziati ed i letterati , i quali non sono medici ( che noi per brevità diremo i dotti ) si so- no sempre maravigliati molto, vedendo che il tem- pio di Esculapio non ebbe mai durevoli foadamen- ta ; e che sovente ne sorge uno novello per modi non solamente diversi, ma spesso contrarj a quel- li co' quali nacque 1 antico. Perciò dicono sovente esser la medicina „ . , . . Somigliante a quella inferma, „ Che non può trovar posa in su le piume, „ Ma con dar volta suo dolore sherma. Lasciando stare le cose molto dalla nostra età lon- tane , la storia ci fa sapere , che la medicina nel settimo ed ottavo secolo ha dodici volte imitata faccia. Per conoscere che la maraviglia de dotti per questi cambiamenti è giusta , convien ricordarsi che se variano e varieranno a nostro talento quelle scien- ze, le quali nacquero dalle nostre brame, ed acuì solo la mente nostra diede nutrimento e l'orma , non è da stupire . Ma la medicina dovendo di ne- cessità tenere per suo principio un subjetta immu- tabile ( cioè la conoscenza di ogni cosa , la quale compone il corpo umano, 1 ordine con che le par- ti di questo sono disposte, e l'operar di ciascuna) benché dovesse mutar via per più avvicinarsi a quel- la perfezione, la quale è termine al nostro potere, non le conviene nel suo andare volgere le spalle là dove prima era il suo volto. Senza errai e eoa vergogna non si possono adoperare mezzi contrarj per un line costante. l3a Scienze Questo ragionamento , o altri che lo somi- gliano, sono stati dai dotti ripetuti più spesso ogni "volta che i mèdici hanno prodotto un nuovo siste- ma. E non mai il loro dire è stato senza danno v e, meglio diremmo, senza scherno rie' buoni se- guaci <1A vecchio di Coo . Onde è che taluni me- dici , o perchè più teneri del loro guadagno , che della gloria della medicina ; o perchè al loro in- grano meglio si couviene approvare che contrad- dire il parere altrui , dicono che ogni sistema è damievoìe. E se sono già vecchi affermano, chela loro esperienza, ed alcune cognizioni, le quali so- vente non possono per paiole essera ad altri ma- nifestate, l'ormano la essenza della loro arte. Alcu- ni altri poi più accorti , e forse anche più inge- gnasi , giovandosi del parere dei dotti, tanto che tasti per mostrare le falsità delle antiche dottrine, erano un sistema novello. E credendo esser già discesi là dove Democrito ripone il vero , col lo- ro acuto intelletto , e col loro sapere allettano mil- le seguaci e compartono loro quell' ardire , che fa la mente losca. lJa questi contrarj venti la misera medicina è sossopra \ olla. I dotti si ridono di lei, e le fal- laci dottrine ed i falsi medici hanno sovente un ingiusto e dannoso vanto. Ria ora lasciando stare le cagioni , per cui gli scienziati ed i letterali errano rispetto alla medicina, esaminiamo i loro l'aliaci giudi/j. E prima, parlan- do a coloro che stimano vana la scienza de' me- dici , i quali sono molti , e l'orse più assai che Ira Iti gente dotta cercandoli non parrebbe potersene rinvenire , diciamo : che se 1 umano intelletto per allei mare o negare giustamente , prima di dar sen- tenza , deve raccogliere tutti i suoi concetti i qua* Mediche considerazioni i33 ìi convengono al suo proposito , conoscere il va- lore di ciascuno , e metterli nelle due parti della bilancia di Astrea, separando quelli , che mostra- no giusto il sì , dai loro contrarj ; se nella men- te di un buon medico, il quale è inteso alla sal- vezza di un tale infermo , sono raccolti varj con- cetti , o ragioni che dir si vogliono , ed egli de- ve considerare ognupa di queste prima di adope* rare o no un tal rimedio ; mostra di non ragio- nare dirittamente colui, il quale crede che l'unio- ne delle dottrine , da cui nascono quei tali con- cetti , o quelle tali ragioni , e 1 arte di saper co- noscere il loro giusto valore , non bastino per for- mare una scienza di buona sostanza. Benché i me- dici non sieno sicuri nel loro operare , non perciò la loro scienza deve dirsi vana. Si esamini il gian, volume dell' umano sapere , e si vedrà che forse nessuna parte di esso è illuminata dal sole di me- riggio. Degno perciò di non piccola lode deve sti- marsi colui, che guidato da scarsa luce, negra* vi pericoli sa mostrarci ciò , che più verisiuiil- mente può giovare . I greci più che le altre na- zioni posero il loro ingegno nello studio della me- dicina medicina apud grcecos aliquanto magis , quam in ceteris Jiationibus exculta est. Ella non era creduta vana da quei maestri di color che san- no : ma modendi sdentici sapientiae pars habe- batur . Queste cose ci fa sapere Celso grato tan- to ai medici , ed ai buoni letterati. I cittadini dell* antica Roma tennero ancora la nostra parte. Mol- ti argomenti ne dà la diseriazione del chiarissimo Martorelli da Osimo. Noi rammentiamo ciò che il loro supremo oratore diceva : JEgri quia non om- nes convalescunt non idcirco nulla medicina est * Orazio disprezzando le umane richezze i34 Scienze , * hoium „ Semper ego optarim pauperrimus esse honorum ,, Afferma esser necessario il medico a chi infermo giace : ,, 4t si condoluit tentatum. fri gore corpus , ,. Jut. alius casus lecto te afflixit , habes qui „ Jssideat , fomenta paret , medicum roget.^ . Ne cred egli che il malato debba chiedere il me- dico solo per seguitare le volgari costumanze , co- me mostrano di pensare alcuni dotti novelli , ma ,, ut te ,, Suscitet, ac reddat gnalis carisque propinquis „ Ma qui è necessario volger le nostre parole a quei sciagurati , i quali credono poter esser medico co- lui , che essendo già vecchio corse lungo tempo per via fallace senza lume , e senza aver altra guida fuorché la ventura ; e che è detto- buon medico per esperienza . l>icemmo che il medico , il quale vuole dar retto giudizio, deve raccogliere e considerar bene quelle ragioni o concetti , i quali nascono dall' esaminare ciò che è in noi , e dal conoscere gli oggetti , che in qualunque modo ci toccano , e da quali dipende la vita ed il viver Sano. Ma questi concetti, che vengono da tante disastrose vie, non possono certamente esser raccolti in uno ingegno corto , e per ignoranza oifeso . E se ciò pur po- tesse avvenite , di mollo maggior senno vi sa- lia bisogno per ordinarli , e conoscere la natura ed il valore di ciascuno . I matematici profondi di questa facoltà più che di ogni altro lor potere si dan vanto . iNoi non neghiamo es<-er la esperienza madre e guida d ogni sapete; mi chi espeiimenta non può certamente esser uno di quegli orbi , che mai non lur vivi . JNon eiuno fi a questi tali i me- Mediche considerazioni i35 diri de' famosi argivi ; Pitagora , Empedocle , De- mocrito , questi erano i degni sacerdoti di Escu- lapio. Multos ex sepientiae prejessoribus peritos ejus ( medicina* ) fuisse accepimus ; liaiìssimos veri) ex iis Pythagoram , et Empedoclem , et Democritum , dice T Ippocrate latino . Cicerone ci fa sapere che l'ingegno e la dottrina de medici devono esser pari alla difficoltà della loro scienza e della loro arie : in morbi s corporis ut quisc/ue est di/icillimus \ ita medicus nobilissimus al^ue, optitnus queriiur . Se la forza del nostro dire fosse tale quale si converrebbe al nostro argomento, e se i nemici della vera medicina, e gli amici de' falsi medici ci ponessero mente , forse eglino stessi, ripetendo le parole del sommo poeta italiano , direbbero che ogni buon medico può nomarsi un de1 familiari Di quel sommo Ippocrate , che natura Agli animali fé , eh ella ha pia cari . Ma per più avvicinarsi alla nostra meta , è neces- sario tornare a ragionar brevemente della voglia di formar nuovi sistemi , la quale mostrammo esser cagion principale del giudizio de' dotti , dannoso tanto alla medicina , ed ai buoni medici . Ognuno sa che Ippocrate separò le dottrine mediche dalla massa della sapienza greca ; è nolo altresì aver questi dato principio alla buona medicina razionale , benché prima del suo tempo ci siano stati alcuni medici, i quali esercitarono, ed inse- gnarono medicina ragionando . Egli il primo seppe fare esperienze, e ragionare insieme; e con inge- gno ed arte giovare la gente inferma. Inutile sarebbeil lodar quelloja di cui gloria non è stata, e forse non po- trà essere dal tempo oltraggiata . Onde è che non di poco ardire ha bisogno colui, che, considerai i3(5 S C I « N Z ìk il suo sacro volume , non può lodarsi di qualche piccola parte di esso . Noi però sapendo , che quan- clonue bonus dormiteti Homerus , e giovandoci di ciò, che Renato delle Carte scrisse contro la sover- chia riverenza per gli antichi padri , osiamo dire: essersi ingannalo Ippocrate immaginando quello , che chiamò natura , e molti dal suo errore essere stati tratti ad altre vie fallaci . Egli credette , che quella pietosa mtidre non solo id quod opus est facit per custodire l'umana vita; ma rivolta ogni sua forza contro le cagioni de' nostri mali , et. per suani vkn medicatricem ci fa tornar sani . La sto- ria non ne fa esser certi , se il parere di questo ingegnoso medico sia nato da ciò , ,che dissero Platone delle due anime dell uomo , ed Aristotile rispetto alle qualità occnlte . Sappiamo che i loro pensieri hanno le medesime fondamenta , e possia- mo affermare , che se i filosoG ora non più cre- dono esser in noi , oltre l'anima ragionevole, la irragionevole ancora, cagione di ciascun nostro mo- vimento , e della vita-; e se questi più non imma- ginano nei corpi le qualità occulte de peripateci ; i medici devono parimente credere , il potere della natura , di che il loro maestro ragiona , non esser dissimile a quello che avevano gli dei penati de' nostri antichi . Prima però di vedere più addentro questa parte dei nostro discorso , desideriamo di mostrare, come Ippocratp sia stato cagione di quasi tutti i famosi sistemi di medicina . Benché Ippocrate sapesse ed insegnasse altrui, che la medicina , come ogni altra scienza , tutta posa sopra l esperienza ed il ragionamento; puro vedendo , che questa esperienza e questo ragiona- mento non erano sufficienti per conoscere come ope- rano gli organi di un corpo sano , e ciò che av- Mediche considerazioni i3*7 viene a quelli perchè questo sia infermo ; affinché la sua scienza non apparisse manca , e forse an- che porche tale esso medesimo non la sentisse , di- menticò la sua sentenza ; giovossi cle-ila sua fanta- sia ; e , come dicemmo , immaginò un colore la- tente che nominò iNahira , a cui diede il potere e T operare tale , quale meglio conveniva alla vo- glia eh' egli aveva di fai chiare le cagioni di sa- nila e di malattie , che prima erano oscure . Ga- leno apprese la medicina scritta da Ippocrate ; lodossi di lui , e cercò d' avanzarlo andando per la medesima via . Egli credette bene , che quella natura , di che parlò il suo maestro , formasse la essenza dell' uomo vivente ; ma essendo certo al- tresì che il corpo nostro , come tutti gli altri , de- ve obbedire alle leggi della fisica generale , volle che lume e sostegno della scienza medica fosse- ro ancora le qualità occulte , e tante altre vane parole de' fisici peripatetici ; e per tal modo die principio alla medicina peripatetica . Van-Helmont, benché contrario alla dottrina d' Ippocrate e dì Galeno , pare che da questi apprendesse l'arte d im- maginare . Egli invece della natura creò un ar- cheo . Mise questo nel fondo del nostro stomaco . Gli die la potenza di regolare ogni nostro movi- mento . Mostrò che le malattie derivano dalle affe- zioni interne , e dagli oggetti esterni , che in qual- che modo toccano e turbano 1" archeo . Ed affin- chè il suo dire non fosse discorde con le ridevoli dottrine di Paracelso , aiFermò che da questo ar- cheo era spesso rattenuto il potere dell' ente su- premo , degli astri , de' vizj naturali , della fanta- sia , e de' veleni ; le quali cose erano nominate i cinque enti , cagioni di ciascuna umana infermità. Questo formava la cosi detta medicina chimica . i38 Scienze Non la esperienza ed il ragionamento , ma la fan- tasia fé nascere [parimente la setta della medicina corpuscolare . Cartesio vago di vedere iti ogni parie la materia sottile da lui immaginata , ne fece do- no al nostro corpo ; e pensò che variando la so- stanza e i movimenti di quella , variasse del pa- ri lo stato dell'uomo. La setta aufog rauca , ovve- ro psicologica , mostra anche meglio aver noi a buon dritto affermato , che una piccola parte non buona dell' ottima medicina d Ippocrate è stata ca- gione di molti fallaci sistemi . Ed in vero Sthal , che fu molto chiaro in Alemagna , teneva per ter- mo che fosse dentro di noi una sostanza immate- riale , ed intrinsecamente attiva , a cui non solo at- tribuiva la potenza che ha V anima , secondo la nostra dotti ina, ma credeva che da quella proce- dessero tutti quegli effetti , che altri affermavano derivare, o dalla natura d' Ippocrate , o dall' ar- cheo di Vau-flelmont . Però quello che più ne fa maravigliare rispetto a Sthal ed a' suoi seguaci si è , che la morte non era per essi il maggior tur- bamento dell' ordine , con che le parti del nostro corpo sono disposte ; ma la partita di quella sostan- za immateriale, o perchè stanca , o perchè non più contenta idi stare ai diffidi governo di tante cose, da che gli organi umani sono composti . L'aver notata la essenza di questi pochi si- stemi di medicina vogliamo che basti ( secondo- che ci siamo proposti) per manifestare ai dotti , ma- ravigliati delle permutazioni dei medici , il perchè queste non ebbero mai tregua , il giudizio da cui fu ingannato ciascuno inventore di un sistema , è ciò che a noi pare principalmente convenirsi alla buona medicina . Con le quali cose intendiamo non solamente di dar lume alle considerazioni , che ap- Mediche considerazioni i3g prèsso queste faremo , circa la nuova dottrina me- dica italiana ; ma per infocata voglia speriamo di- mostrare , die T ignoranza e gli errori di alcuni medici non devono oltraggiare o distruggere quell' arte , che Celso , al dir di Omero , afferma a Diis immortalibus solitam pasci, e quindi che i letterati f gli scienziati , ed i veri medici formano una fami- glia sola , d onde derivano i tre fonti di quel be- ne, che può recarci 1 umano intelletto .. JNoi crediamo che due sieno state le cagioni , le quali con più potere mossero alcuni medici a cercare un novello sistema . Una è l'amor della glo- ria ; T altra è il conoscere i falsi giudizj di quei sistematici , che li precedettero . I medici di acuto ingegno non sono sempre bene avventurati , anzi spesso sono premuti , e messi in fondo della tur- ba de' gravi impostori . Eglino perciò per non es- sere perduti , E ritornare a riveder le stelle, cercano di menare il maggior rumore , che per essi è possibile . Nò potendo far questo con lesa mina- re soltanto le cose ch'altri disse, perchè lo scon- cio proverbio Facili s est inventis addere, suona ovunque ; fanno ardita prova del loro sen- no, ed , osservando alcune cose , ed altre cose im- immaginando , formano un nuovo sistema , e spes- so ne diventano gloriosi . La seconda cagione, forse più ragionevolmente, spinse i medici a cercare al- tra stella per andare al porto . Poiché se è vero che la immaginativa e le vane parole hanno for- mato molti sistemi antichi , i quali sono slati spes- so discordi con la esperienza ; se è giusto non do- ver altri seguitare chi va per via fallace; forza è il dire che a buon diritto alcuni hanno Vituperato l4<> S C I E N t E gli antichi , e si sono dati a cercare un sistema novello . A noi però sembra, che tutti i sistematici sieno stati ingannati da quel modo di ragionare detto dai logici induzione ; argomento assai utile ai fisici ed ai chimici, ma che rade volte ai medici può egual- mente convenire . Qualora il chimico separa quei principj semplici , i quali compongono una parte di una grossa pietra ; esamina , e conosce la loro natura; ripete più volte X analisi di un'altra parte della medesima materia ; vede che gli effetti di cia- scuna sua esperienza sono con 'ormi ; benché non; abbia posto mano al masso intero , per induzione, può giustamente affermare averne egli falta {'anali- si. Tutti i fisici sono certi che lo schiappo pneu- matico può caricarsi sotto qualunque clima; benché essi non -abbiano per esperienza conosciuto, che ogni parte di qualunque zona dell' atmosfera sia elasti- ca ; e non perda la sua elasticità , benché fortemen- te premuta . Ma se un medico con un rimedio sa- nasse due infermi in un medesimo modo , pari in età, e simili in ogni cosa che apparisce; non po- trebbe esser sicuro di mantenere con lo stesso ri- paro la vita di dieci , che fossero in quel medesi- mo stato. E se questi ancora fossero da lui salva- ti, non potrebb egli perciò promettere di salvarne altri cento; e molto meno potrebbe, dopo la sua esperienza , argomentare per induzione, stabilire una legge costante , e formare un sistema . Affinchè questo non rechi maraviglia a quelli che non sono medici, convien far loro sapere che i fisici ed i chimici conoscono le cause, che opera- no sopra la materia, la quale è soggetto di qualche loro esperienza , ed i medici nò . 11 chimico non solo sa quali sono gli elementi, di cui si serve per Mediche considerazioni i/fi decomporre un minerale ; ma il barometro il ter- mometro Y elettrometro Yeudiometro X igrometro gli mostrano ciò che può faria, la quale circonda ogni sua cosa. Il medico , benché potesse conoscer bene lo stato di un uomo infermo , non sa quanti e quali oggetti operano sopra di questo. Ael tempo che un rimedio si aggira nello stomaco , mille ca- gioni nascoste e fisiche e morali sono con esso , e nascostamente variano . Ma perchè altri non creda esser noi contrarj alla sentenza d'Ippocrate, di cui ci siamo lodati: cioè , che la esperienza ed il ragionamento forma- no la sostanza della medicina; diciamo ciò che ci sembra convenirsi al buon medico . A tutti è noto , che i corpi pieghevoli ad ogni piccolo vento hanno bisogno di base ampia molto , perchè non siano atterrati. Perciò se noi dovessimo significare la medicina o in tela o in marmo , im- magineremmo cento piedi , e sopra questi un sol busto , ed un capo di persona quanto esser si può magra ; due deboli e mal sicure braccia affettuo- samente distese per sostenere i miseri infermi verso quelle chinati; de' quali colui, che perde minor parte del suo vigore , si drizza in piedi mercè il picciolo soccorso di quella ; ed altri cadono distesi . Mostria- mo il ragionamento, che ha guidata la nostra fantasia. La medicina avendo per suo soggetto il corpo umano, deve considerare le varie parti che lo com- pongono ; la potenza di ciascuna di queste ; le co- se da cui son toccbe ; e gli effetti che ne deriva- no . Questi quattro punti sono centri di altrettanti larghissimi cerchi, ne' quali un buon medico deve aggirarsi , guidato sempre dal suo chiaro ingegno, per far di ciò che quivi osserva ricco tesoro nella sua m«nte. Al pi imo. di epe' cerchi sono 1' an^ \\i S e i e il * e tomia e la chimica ; al secondo la fisiologia, la pa- tologia e la fisica; al terzo la zoonomia , la bo- tanica, la mineralogia , e la difficilissima conoscen- za degli umani affetti; nel quarto finalmente si po- sano gli effetti della esperienza altrui . Tutte queste scienze formano i cento piedi , che sostengono la medicina . Alcuno forse potrebbe dire , che se i poeti favoleggiando diedero cent occhi all'accortissimo re d' Argo , e cento braccia al più possente signore de' Titani, il loro dono fu giusto ; ma che noi forse non troveremmo ira i medici quello , a cui si posr sano giustamente dare i cento piedi da noi im- maginati . A questo tale rispondendo , diremmo esser vero che per taluni medici sol quattro gambe furono destinate, affinchè parlando somiglino quel- lo che fece accorto Balaamo del suo errore; ed a. molti altri non esserne stata alcuna concessa , af- finchè essendo questi nati da quel fango, che diede loro copioso alimento , e danneggiando altrui con. le velenose bocche, rassembrino l'orribile Pitone; ma non che non vi siano alcuni medici, i quali benché non attesero alle sopraddette scienze in quel modo stesso , col quale colui che volle conoscerne una particolarmente, attese a questa, pure possono averle studiate tanto , che basti al loro giusto fine . E questi tali ancor più sarebbero , se i dotti , i quali ora sot- to velo , ed ora con viso aperto muovono il volere di ognuno, additassero i buoni medici, e li sepa- rassero dalla turba di que' vili, che mai non furo- no neghittosi , fuorché al bene operare . Infino a qui abbiamo , discorrendo , toccate alcune antiche dottrine , mostrando la loro origi- ne , ed i loro effetti , gravi tanto alla buana medi- cina . Ora con egual bevità parleremo di talune altre, che sono nate al nostro tempo , e che più giusta- Mediche considerazioni i 43 mente devono occupare il nostro intelletto . Bro ivn , famoso medico di Scozia presso il fine dell ultimo secolo, mosso dai medesimi motivi che dicemmo aver data lena agii antichi sistematici , e sospinto dall' invidia che gli cagionava la gloria di Cullon emolo suo , creò a neh' esso un sistema , e ne fu sì vago , che con strano ardimento, ragionando del- la utilità eh' egli aveva apportato alia medicina , disse : 1' arte medica sfata /inora congetturale , in- ,, coerente, ed in gran parte falsa, e finalmente ridot- ,, ta al grado di scienza dimostratila , quale si può „ denominare scienza della vita • Questi sapendo che i medici indarno si erano affaticati per conoscer ciò che iòrma la essenza del viver nostro, volle mo- strarci che questa fatica era, e sarebbe stata sempre inu- tile. Poiché per esser medico, ed ordinar bene le cose della nostra vita non è necessario conoscerne l'essenza, purché siano manifeste le leggi , con Je quali questa opera , e gli effetti che ne procedono . Perciò, imi- tando i matematici , chiamò eccitabilità quell'essere ignoto , e come quaniità note considerò le cose che la toccano , le quali furono dette da lui stimo- li . Queste due voci sono le colonne, sopra cui po- sa il suo sistema. La luce, l'aria, il cibo ec. , che sono stimoli, toccano la eccitabilità, e formano l'ec- cilamento ossia la vila. (ili stimoli consumano la ec- citabilità , che nel sonno si ripara ; la qual cosa se si fa con giusta misura abbiamo giusto eccitamento, e ci sentiamo sani . Maggiori stimoli , o maggiore eccitabilità, danno maggiore eccitamento, detto ma- le stenico : cioè di troppo vigore. Molti stimoli, soverchio consumo di eccitabilità , ci fanno esser malati astenici ; cioè deboli , per debolezza indiret- ta . Pochi stimoli, troppa eccitabilità, cagionano un male per debolezza diretta egualmente astenico • l>al r4| Scienza che chiaro ne siegue, esser buon medico quello , il quale scema ed accresce gli stimoli ad opportuno tempo . La diffidenza , in cui erano venuti parecchi medici circa le cose dette da HoSFmann , da Bagli- vi , e da Cullen , perchè non conformi in ogni parte alla esperienza: la facilità de' concetti, di cui si valse Brown per fondare la sua dottrina ; ed il pa- rere di coloro , che la credettero somigliante alla scienza de'matematici , perchè vedevano l'apparen- za e non la sostanza delle cose , sono le tre cagio- ni che collocarono il sistema di Brown in così al- to e luminoso luogo , che quasi in tutta Europa lo fecero chiaro. Ma (come sempre è avvenuto) non sono ancora molti anni passati, da che alcuni medici italiani incominciarono ad opporsi ai segua- ci di quello, che credeva aver trovata sicura via per la nostra salvezza . Lasciando stare gli altri , Giovanni Rasori ita- liano pose mano con migliore ardire all' onorato libro dello scozzese , per mostrare la falsità di molte sue sentenze . Egli aifermò non esser vero che tut- te le cose , le quali toccano la eccitabilità sono sti- moli, e cagionano o vigore o debolezza indiretta; irta che ve ne sono alcune, le quali operano di- minuendo sempre questo vigore, e perciò debbono nominarsi contro-stimoli . Dimostrò che il soverchio stimolo non faceva nascere la debolezza indiretta T da Brown stimata guai cagione del maggior numero di malattie. Essendo state svelte queste due radici dal suolo italiano, la medicina ha preso novella l'orma . Il che noi mostreremo, considerando prima le cause che producono le malattie; quindi la na-> tura di queste: ed in uliimo i loio rimedj . fcrown, come diQemjnp 7 pensava che tutte lo Mediche considerazioni ifó cose le quali operano sopra di noi, cioè sopra la nostra eccitabilità , sieno stimoli della medesima natura, volendo dire , tutti essere cagione di vigo- re , benché tutti non abbiano egual potenza . Ed ac- ciocché il nostro dir breve non sia oscuro, rechiamo un esempio. L'acqua bevuta tocca la eccettabilità, e preduce l'eccitamento; cioè un certo vigore, salvo il grado , non dissimile a quello che potrebbe ca- gionare il vino generoso . E se si dice che , heven- do l'acqua, l'uomo indebolisce, si vuol significare che non si riceve dalla acqua quel vigore neces- sario per sentirsi sano . Il Rasori però credè esservi i controstimoli , i quali , toccando la nostra ecci- tabilità , o principio vitale che dir si voglia scema- no veramente il nostro vigore. L'aconito, la digi- tale, il tartaro stibiato ec. sono i controstimoli 9 a suo parere . Dopo ciò è facile vedere , che essendo le ma- lattie effetti degli stimoli e de' controstimoli , i so* praddetti due medici discordi rispetto a questi, de- vono di necessità non essere concordi circa la na- tura di quelle. Ed in vero ,* Brown pensava, chela debolezza formasse la essenza della maggior parte delle malattie; e Rasori al contrario. Il primo si- curo che gli effetti devono aver la stessa natura del- le loro cause , e che le cagioni debilitanti fisiche e morali ( cioè le cose, che non stimolano tanto che basti) sono molte, perchè molti sono altresì gli uomini , i quali o sono sventurati , o si stimano ta- li , o non possono nella loro miseria avere gli sMr moli opportuni al buon nutrimento, argomentando a priori diceva che non pochi infermano per debo- lezza diretta. Ed argomentando a posteriori : cioè, dal modo con cui, come diremo, tornavano sani co- loro che erano stimolati da soverchio stimalo , tot* G.A.T.XI, io i4'> Se i iir zi va va altrettanti infermi per debolezza indiretta . Ma l'altro, poiché vedeva non essere le malattie sol- tanto prodotte dalle cagioni esterne, e stale sensi- bili all' infermo , che deve manifestare al medico l'origine del suo male ; ma molte altre cause spesso operare a nostro danno, senza nostro accorgimento, dice : che molte malattie , benché sembrino cagio- nate da cose debilitanti , sono per troppo vigore . E ragionando di coloro che infermano per debo- lezza indiretta , cioè per soverchio stimolo , il Ra- sori crede , che 1 argomento di Brown sia fallace per falso supposto ; giacché egli dimostra che il medico coi controstimoli deve diminuire il vigo- re di questi tali infermi, e non già accrescerlo. Da questi opposti pareli su la natura delle ma- lattie chiari ne segueno i modi di curarle, similmen- te opposti. Brown incominciava a curare la debo- lezza diretta con un piccolo stimolo, ma alquanto maggiore di quello, che fu cagione della malattia: E faceva sì , che questo stimolo diventasse conti- nuamente più forte, sino a tanto che la cura non Veuiva al suo fine . Gol modo contrario a questo cercava egli soccorrere gì infermi per debolezza in- diretta : perchè principio della cura era in tal ca- so uno stimolo forte, ma meno di quello , che ave- va prodotto il male; e termine era lo stimolo con- veniente al vi\er sano. Ma il Rasori vuole, che si debba diminuire il vigore sempre a quelli creduti infermi per debolezza indiretta , e spesse volte a coloro , che sembrano deboli , per debolezza diretta . Questi sono gli essenziali e contrarj giudizj di Brown e del Rasori circa le cause, che produ- cono le infermità , rispetto alla natura di queste ed ai loro rimedj . E conseguenze del trionfò del medico italiano contro le dottrine dello scozzese so- Mediche considerazioni 147 no ( per non parlar delle altre di minor conto ) i nuovi ragionamenti della infi animazione , e del cam- biamento di diatesi in una medesima infermità, del- le quali cose ora ci convien far motto . Brown credeva die una malattia stessa andas- se da uno ad un altro stato , mutando natura ; e che le poche malattie steniche, cioè di troppo vigore, diventassero asteniche ancor esse nel loro secondo stato . Egli credeva , che per curar questi mali non solo si dovessero togliere o diminuire quei soverchi stimoli, i quali furono dannosi , ma anche quelli, da cui la sanità procede; perciò, certo del prin- cipio logico , che gli effetti e le cause devono essere conformi, teneva per fermo che un male ste- nico curato co' necessarj debilitanti , dopo pochi giorni mutasse natura e divenisse astenico . Ed acciocché questo sia chiaro anche ai non medi- ci , consideriamo un infermo per febbre infiamma- toria . Diminuzione del sangue, il bere acqua, il togliere come sì può meglio gli stimoli dalle intesti- na , ed il cibo scarsissimo formano la essenza della cura di questo male . Dopo il settimo giorno circa , il medico si rimane dall' operare , perchè l'infermo più non ha quel soverchio vigore che aveva ; ma gli effetti dei rimedj adoperati , e particolarmente del lungo digiuno, non possono più. non essere , e perciò nasce la così detta astenia . Il Rasori ed i suoi seguaci con esperienza e con altri argomenti mostrano , che le malattie steniche mantengono la loro diatesi, ovvero natu- ra , fino al loro termine . Il Tommasini ci ha fatto sapere aver egli curato due suoi scolari presi dai tifo con diatesi stenica , alluno de'quali , non sen- za vantaggio , cacciò sangue nel vigesimo settimo giorno del male , ed all' altro nel vigesimo nono . io# l4$ S C I E W Z « !Nè ciò fece senza ragione ; poiché essendo ancor eg!i certo che le malattie non sono soltanto pro- dotte e sostenute dalle cause palesi , ma altresì dalle occulte , benché le cose adoperate da Ini con- tro il detto tifo l'ossero state tutte debilitanti , polivano altre cause ignote operare nel medesimo tempo per mantenere la diatesi stenica nei soprad- detti in lei mi . Parlando poi della infiammazione, la quale ha data mut ria ad un lungo scritto del Tommasini; noi non potendo diventare autore di grossi volumi, e non essendo di ciò vaghi , diciamo soltanto quel poro che è necessario ppr andare al nostro line . Tutti i iamosi medici , i quali precedettero Brown , credevano che fosse severchio vigore là dove era infiamma /ione . Ma questi si argomentò aver cono- sciuto che la debolezza ancora poteva esser com- pagna di questo male. L' autore della nuova me- dicina italiana ha data nuova luce a quell antica doitrina, per cui si sono dimostrati fallaci i giu- dizj dello scozzese . JLd in vero cinque sono i principali argomeuti, co' quali Brown era certo della esistenza della infiammazione astenica. Kd ognuno di questi è giu- stamente contraddetto dal Tommasini , potentissi- mo difensore della novella dottrina . Quello dice- va , che la infiammazione cagionata dal freddo fos- se astenica perchè effetto di una causa debilitante, e perchè curabile col calorico , col vino, e con so- miglianti stimoli. Questi al contrario prova che il freddo , stringendo i piccoli vasi, raccoglie soverchio sangue in una parte del corpo , la quale non per lo freddo ma per questo soverchio stimolo s'infiam- ma ; e che se il calorico, o il vino alcuna volta giovano , ciò avviene quando questi rimedi si a do* Mediche considerazioni tJ[g perano prima che la infiammazione sia stata pro- dotta. Poiché in tal caso quei piccoli vasi , eh era* no da troppo freddo ristretti , si dilatano e ricevo- no quel sangue, che raccolto in una parte , sareb- be stata causa dell'infiammazione ; la quale se già nacque, può soltanto esser distrutta dai debilitanti , e particolarmente dal freddo della neve . Il secondo ragionamento di Brown , circa la infiammazione astenica , deriva dall osservare t he talune parti del nostro corpo diventano rosse , ed un poco piìi' calde, solo perchè i loro piccoli va- si sanguigni, già deboli, si distendono, e ricevo- no soverchio umore ; e che a questo male è op* portuno rimedio un qualche stimolante. Ma il Tom- musini meglio giudicando , dice : che il rossore t il maggior caldo , ed alcuna volta anche T accre- sciuto volume , non bastano per formar la essenza della infiammazione; e che perciò l'osservazione di Brown deve stimarsi vera , ma non al proposito . „ Notce inflammationis sunt quatuor rubor et tu- „ mor 4 cum calore, et dolore : questo ne insegna Ceiso. E noi crediamo doversi considerare ancora il grado di questi segni per rettamente giudicare» Questo medesimo giudizio vale per distruggere il terzo argomento di Brown trat'o da ciò che si os- serva nella ottalmite antica, nella quale, a parere del Tommasini , tranne qualche 'grado di rubore e ,, di morbosa secrezione , non si hanno sintomi di „, azione accresciuta ; ,, nell erpete indolente , che per lungo tempo rimane immutabile ; in una glan- dola inguinale dura e grossa , che tale si mostra per più mesi ; ed in altre malattie somiglianti. Quella infiammazione, la quale in brevissimo tempo diventa cancrena , è la quarta cagione , per cui Brown fu certo della esistenza della infiamma* i5o Scienze zione astenica. Egli credeva non poter essere il trop- po vigore o la soverchia vita il principio di un male , il di cui termine vicinissimo fosse la man- canza di ogni vigore , e della stessa vita. Ma ciò dicendo , pare che non si sovvenisse della enteri- tide , cioè delle intestina che s'infiammano per uno stimolo , ed in poche ore si cancrenano , se non furono adoperati i convenienti debilitanti, o se la violenza del male li rese inutili. Noi teniamo per certo che quel tempo più o meno breve non mo- stra la diversa natura della infiammazione , ma il vario modo , onde sono ordinate le parti, che com- pongono il nostro corpo. L' ultimo argomento nacque dalla infiammazio- ne maligna, la quale pur si nomina putrida, scor- butica , nervosa , e dinamica. Il Tommasini di- mostra che questa malattia procede da stimolo so- verchio ; né richiede altri rimedj , fuorché i debi- litanti , o ella si consideri come un effetto di un disordine nei sistemi e negli organi della vita; osi ponga mente alla parte dove questa si apprese, la quale era disposta a cangrenarsi; o si sappia esse- re stata prodotta dai principali nervi in qualche modo turbati. JNoi non possiamo qui ripetere i suoi diffusi ragionamenti; solo ci pare opportuno il di- re : che il vario modo , col quale il nostro cor- po e ordinato ; i diversi elementi de1 fluidi che da quest' ordine deridano , e quella naturai disposizio- ne , che alcune parti hanno a diventar cancrena; queste cose non solo mostrano la cagione di quel pronto cambiamento della infiammazione in cancre- na , di che abbiamo parlato; ma ci fanno cono- scere ancora il perchè la infiammazione maligna ben- ché sovente tolga ogni segno vitale alla parte ma- lata , pure non deve stimarsi astenica , come cre- deva il medico di Scozia. Mediche considerazioni i5i Dopo aver esposta la essenza della nuova dot- trina, ed aver dimostrato con l'altrui soccorso mol- ti errori del sistema di Brown , noi crediamo con- venirci soggiungere il parer nostro , sia qualsivo- glia il valor suo; ma con quella brevità, e con quel modo necessario a colui , il quale vede che la me- dicina oramai fiacca sotto il grave peso desuoi vo- lumi ; e che ha fitto nella di lui mente questo che Cicerone scrisse : „idipsum dicere nunquam est non „ ineptum , rasi quam est necessarium .„ Brown fatto animoso per ingegno , e per co- noscenza della medicina di ciascun tempo , vitupe- rò questa , credendo di aver trovato il vero, gui- dato soltanto dal suo senno e dalla sua esperien- za. Noi confessiamo volentieri che il sistema di Bro- wn fa prova del chiaro intelletto dell autore ; per- chè con poche nozioni b^ne ordinate appaga colui, che vuol ragionar di medicina, senza mettersi ne* suoi cupi pelaghi , navigando. Ma conviene altresì dire non aver avuto la buona medicina miglior ven- tura per la scienza di lui , di quella che ebbe dal- la dottrina degli altri sistematici. Poiché il sistema di Brown , come quello di coloro che io precedet- tero nacque da una ipotesi , e crebbe per 1' argo- mento d' induzione. Ed in vero : la natura della quale parlò Ippocrate ; le qualità occulte , in eui Galeno fondò la medicina Peripatetica; larcheo di Van-Helmont; la materia sottile di Cartesio; la sostanza immateàale ed intrinsecamente attiva di Stahl, sono tante ipotesi, che, come dicemmo , fe- cero nascere altrettanti sistemi , nel modo stesso che la immaginata eccitabilità diede principio al sistema dello Scozzese , salvo che non essendo il sentire gli stimoli, il crescere, e diminuire facol- tà strane, come quelle attribuite alla natura, all' i5a S C I T N T, I archeo ee. , forse Brown ha potuto più che gli altri appagare la gente con la sua dottrina. Al elio mol- to gli giovò ancora il sistema astronomico di JNe- ■wton , da non pochi stimato al suo somigliante ; perchè molti non videro la diversa natura de' sog- getti di questi due scienziati ed i tarli loro mez- zi ; né bene appresero gli effetti sempre conformi delle infinite esperienze fisiche, che resero immor- tale quell'altissimo ingegno della gloriosa Brettagna. Per piovale poi che la induzione, la quale ha ingannatogli altri sistematici, ha condotto similmen- te lirown al suo fine, noi avremmo mille argo- menti , se ci piacesse di parlare a lungo; però ram- mentiamo soltanto le cose osservate da lui cir- ca la gotta , che lo molestava , ed il giudizio che ne trasse. Egli fu preso da questo male nel!' anno trentasette dell'età sua, dopo essersi cibato troppo so- biiamente per alcuni mesi. Sei settimane ne rima- se dolente. Appresso questo tempo si sentì sano sei anni. E solo tornò ad essere infermo quando ebbe nuova voglia di mangiare sottilmente. Pensando egli, come ogni altro medico, che la gotta fosse efletto di soverchio vigore , trovò modo per diventar de- bole. Ma tosto si dovè pentire della sua ricerca , poiché dopo questa il male tornava più spesso, più lungo tempo rimaneva, e gli era molto più grave. Questo suo infelice stato lo i'ece accorto dell' erro- re, in cui era venuto per seguitare il parere altrui; perciò , curando se in un altro modo contrario al primo , ed essendone confortato , fu certo che a lui convenivano i rimedi tonici, non già i debilitanti. Questa osserva/ione e questo suo giudizio lo ac- cesero tanto , che argomentando per induzione non solo credette che la podagra fosse sempre prodot- ta dalla debolezza; non solo si beffò de medici, che andavano ripetendo Mediche considerazioni i5"S „ Solvere nodosam nescit medicina podagram ,, ma sospinto da nuova l'orza di esperienza , o di sua fantasia , pensò di avir distrutta ogni altra medi- cina , ed aver formato un in "allibile sistema. Giovanni Rosari ha combattuto contro l'ardi- to medico di Scozia , e ne ha trionfato. Ma noi te- miamo forte, che o la soverchia allegrezza della vittoria , o il troppo amore de' suoi seguaci non. portino la nuova medicina italiana là dove il ter- reno vien manco. Giusto ci sombra il novello giu- dizio, con cui si afferma che non solo le cause esterne e palesi , ma le interne ed occulte ancora possono produrre le malattie, e perciò la natura di queste non essere sempre conforme a quelle cagioni, le quali furono viste operaie. Noi abbiamo adopera- to non senza vantaggio i rimedj debilitanti per cu- rare taluni , che 13rown avrebbe creduto deboli per lunghi digiuni, per antica ed angosciosa malattia, e per naturai languore. Ma crediamo che gli ami- ci della novella dottrina non debbano sempre esse- re sicuri, che una malattia per molto vigore non. possa mutarsi in un aitra per sopravegnente debo- lezza , ed al contrario. Poiché se è vero che lo stato de' nostri organi, che meglio qui si direbbe la nostra sensibilità, può variare in breve tempo per cagioni occulte ; Se queste stesse cagioni , ope- rando sopra la nostra sensibilità possono non es- sere costanti ; è vero altresì che le malattie , le quali dipendono dalla sensibilità e dalle dette ca- gioni , possono variare nel modo che variano quel- la e queste . 11 Tommasini , come sopra abbiamo narrato , cavò sangue ai due scolari presi dal ti- fo , nel vigesimo settimo e vigesimo nono giorno del loro male. Ma senza giovarsi del fallace argo- mento d' induzione non si può per questo, o per 1 54 Scienze altri fatti somiglianti , stabilire che i mali non per- dano mai la prima loro natura , finché non siano distrutti. Il Tommasini ha dimostrato con mille giu- sti argomenti esser la infiammazione effetto di vi- gore, e non mai di debolezza. Ma i suoi ragiona- menti non sono tali da far conoscer sempre, e ad ognuno tutto ciò , che forma la essenza di questo male; perciò potrebbe spesso errare chi avesse so- verchia vaghezza del largo dire di quel buon me- dico. I più accorti talvolta s'ingannano nel cura- re T oftalmia; poiché è molto diffìcile il sapere se la infiammazione dell occhio sia vera, o apparen- te ; e se debbono adoperarsi gli slimolanti ov vero i debilitanti. Quel rossore, quel caldo, ed anche quel maggior volume, che dicemmo non essere baste- voli per formare la infiammazione, possono essere sovente cause di falso giudizio. Noi siamo certi che taluni rimedj , detti con- trostimoli,possono veramente diminuire il vigore del nostro corpo. Perchè molti medici di molta auto- rità raffermano; perchè questo parere non è contra- rio alla medicina teoretica ; e perchè in fine alcu- ne poche nostre esperienze ce ne fecero prova. Ma convien dire che colui , il quale cura gf infermi con questi mezzi, deve essere tale , quale è chi con poca luce va per una via aspra, i di cui confini laterali sono due rupi vicinissime fra loro. Ragio- niamo un poco sopra questi concetti . Brown benché avesse stabilito , che ogni co- sa , la quale tocca la eccitabilità, debba stimolare ; pure , parlando de' contagj e de veleni , mostra di aver avuto qualche sospetto circa gli effetti che questi producono . E noi crediamo cbe se il caldo amor del suo sistema non lo avesse rattenuto , egli forse Mediche considerazioni i 55 avrebbe conosciuto i controstimoli, e sarebbe giun- to là dove ora sono i suoi avversar) . Ed in fatti ne' suoi elementi di medicina , dopo aver detto che il sague deve dirsi stimolante , benché essendo scar- so , e lentamente circolando produca debolezza , coiè non stimola quanto alla sanità conviene ; prosiegue dicendo : "' vale la stessa conclusione re- „ latinamente a tutte le altre forze eccitanti , a „ meno che i veleni , i contagj , e pochi altri sii- „ moli non sembrino ad alcuno doversi eccettuare . „ Egli confessa , che ''* taluni contagj accompagna- ,, no malattie dipendenti da eccesso di stimolo , al- ,, tri si associano con altre , la cui sorgente è la „ debolezza „.Dal che pensiamo potersi dedurre, che se F ardente voglia di confirmare con nuovi argo- menti la sua dottrina non gli avesse ombrata la mente , egli invece di affermare che queste oppo- ste malattie possono essere compagne soltanto de contagj , avrebbe detto poter anche derivare da essi . Ed invece di stabilire che V azione di tutti i con- tagi consista nello stimolare ; avrebbe mostrato es- servene alcuni , i quali devono nominarsi contro- stimoli , perchè capaci di diminuire il vigore de nostri organi, e cagionarci un male per debolezza. La medicina teoretica ci dimostra che dal si" stema nervoso dipendono tutti gli altri sistemi ri- spetto alla vita , e particolarmente il cosi detto si* sterna irrigatore , il quale portando il sangue in. ogni parte del corpo , è cagione di nutrimento e di vigore . Sappiamo che questi nervi operano sopra gii altri sistemi , perchè toccati o da uno stimolo esterno o interno . La esperienza ci fa certi ancora , che V operazione dei nervi varia secon- do il grado della loro sensibilità e della foria de- gli stimoli , e che per mezzo di alcuni di questi i56 Scienze la sensibilità loro può molto diminuire ; Dopo ciò possiamo ragionare in questo modo : dal sistema irrigatore più che dagli altri deriva il vigore de' nostri organi ; questo stesso sistema più eli altri dipende dall' azione de' nervi ; questa azione va- ria variando la sensibilità del sistema nervoso ; questa sensibilità è alcuna volta diminuita per mezzo di alcuni stimoli ; dunque vi sono alcu- ne cose , le quali scemando la sensibilità de' ner- vi diminuiscono la loro azione sopra il sistema ir- rigatore ; scemano il vigore di questo ; producono debolezza in tutto il corpo, e possono giustamente dirsi conlrostimolì . La esperienza ancora dicemmo , averci fatto conoscere i controstimoli ed i loro eiFetti . Ma questa non ebbe ancora forza sufficiente per toglier- ci ogni dubbio circa l'azione di tutti quei rim?dj, i quali sono creduti controstimoli ; né dobbiamo esser molto franchi ed arditi nelf adoperar quelli , che giustamente sono così nominati . Gl'infermi per troppo vigore sono spesso curati coi conlrosti- moli , e con le sanguigne e con altri debilitanti insieme ; perciò sovente ignoriamo il giusto valore de' controstimoli , benché la cura abbia prodotto il miglior effetto . Queste nostre brevissime considerazioni, benché forse non bastevoli al loro fine ; se fossero bene avventurate potrebbero muovere alcuno assai più di noi valoroso ; il quale parlando arditamente ai me- dici ed ai dotti , dicesse a quelli , che la misera medicina è schernita , e messa sotto gravi pesi per la viltà di alcuni di loro ; per lo ingiusto vanto dato ai sistematici ; e per gì' impostori or loquaci or taciti , e in tutto vani , fuorché nelf aspetto - Un chiaro ingegno facilmente potrebbe mostrare ai Mediche covsideraziowi i5<7 medici, che se eglino, infocati e sospinti dall'in- vidia , non avessero contro loro medesimi rivolti i denti; e se non fossero per tanti secoli di qua, di là, di su , di giù vagando andati; avrebbero potu- to camminare per dritta via , Picciol con picciol passo seguitando ; e con non poca util tà della gente inferma sareb- bero giunti in luogo bello e glorioso molto . Noi desidereremmo che i novelli medici Del bel paese . . . dove il sì suona poiché per comu n bene possono sopra gli altri vo- lare , non siano troppo vaghi di andar in alto 6 veloci : ma siano bene accorti nello aggiungere nuo- vi concetti alla loro dottrina . E siano essi alme- no teneri della gloria della loro patria , facendo a loro posta deboli sforzi , onde gli stranieri non pos- sano sovente dire ad essa A vergognar ti vien della tua fama . Rispetto poi ai dotti, noi vorremmo, che per tutta Europa , e molto più per Italia , risuonasse un' altissima voce , la quale dicesse loro , che la medicina non esiste già per credenza del volgo cie- co ; ma per esperienza , e per acuto senno ; che col lume , il quale esce di loro mente , dovreb- bero essi far chiari i buoni medici , ed additarli a prò della vera mediciua ; che per loro mezzo sol- tanto possono essere premute le vane fronti orgo- gliose; e può al mondo esser manifesto, Lerror de ciechi che si fanno duci. i55 Memoria sulla maturazione delle frutta del sig. Bè- rard corrispondente dell'accademia II. delle scien- ze di Parigi . (a) ESTRATTO ^ebbene la fisiologia vegetale per i luminosi avan- zamenti della chimica abbia l'atto ancor essa in questi ultimi tempi considerabili progressi , purno- nostante s'ignoravano tuttora i fenomeni, che accom- pagnano una delle funzioni più importanti della vita vegetativa quale la maturazione delle frutta. Per ani- mare i chimici a rivolgere la loro attenzione ver- so quest' oggetto , 1 accademia R. delle scienze di Parigi nell'adunanza pubblica del 22 marzo 1819 propose per la terza volta il premio di una meda- glia d oro del valore di tre mila franchi per quel- la memoria , la quale avesse fatto conoscere per mez- zo di fatti e di sperienze quali sono i cambiamen- ti chimici , che accadono durante la maturazione delle frutta tanto nell'aria , come nella sostanza stes- sa delle medesime . Delle tre memorie che sono state presentate in quest anno alla suddetta accademia sull' argomento proposto, questa del sig. Berard di Mont- pellier è stala giudicata degna del premio nell'adu- nanza pubblica del giorno 2 aprile . Essa infatti presenta uno dei più belli lavori che siano stati fatti finora nella chimica vegetale , e perciò ci affret- tiamo a far conoscere tutto ciò che di più interes- sante la medesima contiene . (a) Annal : de chiin : et pliys. fevrier 1821. Maturazione delle frutta i5q Nei vegetabilidotatid'un'orgaiìizzazione comple- ta , dopo che ha avuto luogo nel fiore la feconda- zione, l'ovajo ricevendo per quest'atto un movi- mento vitale si cambia in frutto , il quale allorché ha acquistato la proprietà di riprodurre le specie, dicesi giunto allo stato di maturazione . I botanici distinguono nel frutto il seme, ed il pericarpio , o inviluppo del medesimo . Quando il pericarpio non sembra essere l'ormato che di una membrana omo- genea , sottile, più o meno dura, allora il frutto porta nel linguaggio ordinario il nome di seme , mentre si distingue col nome di frutto quello , il di cui pericarpio acquistando uno sviluppo consi- derabile presenta alla sua superficie una polpa , cioè un inviluppo carnoso e succulento . Sui cambia- menti chimici , che hanno luogo nella polpa che ricopre i semi di questi frutti dal momento del lo- ro sviluppo fino allo stato di maturità, si raggira- no particolarmente le osservazioni e le speiienze del sig. Berard . Allorquando è stata impressa la vitalità al ger- me nell'atto della fecondazione,lo sviluppo che pren- de allora 1' ovajo è dovuto senza dubbio per la mag- gior parte ai succhi , che gli sono somministrati dal- la pianta ; ma non si poteva dubitare che 1' atmo- sfera , in mezzo a cui acquista il frutto il suo svilup- po, non concorresse ancora in una maniera qua- lunque alla di lui nutrizione , come ciò ha luogo per le altre parti delle piante . Ha creduto perciò opportuno l'A. d'incominciare dallo studiare l'azio- ne che il frutto esercita sull'atmosfera, e quindi è passato ad esaminare i cambiamenti chimici , che hanno luogo nel frutto medesimo a diverse epoche delia sua maturazione . Priestley, Sennebier, Ingenhouz, Davy , e so- iGo S e i e n e e pra tutti Saussure (i) hanno determinato in una ma- niera positiva J azione che le foglie esercitano siili* aria atmosferica , di maniera che è in oggi univer- salmente riconosciuto che le foglie allorché sono esposte ai raggi solari decompongono l'acido carbo- nico dell'alia , si appropriano il carbonio, e svilup- pano l'ossigeno ; mentre al contrario durante la not- te trasformano l'ossigeno dell'aria in gas acido carbo- nico , e lo versano nell 'atmosfera . Saussure crede- va che le frutta agissero sull'aria precisamente co- me le foglie, ma i risultali ottenuti dall A. sono stati molto diversi . Le frutta tanto sotto riofluen- za della luce, come sotto quella dell'oscurità perdo- no sempre in tutte le epoche del loro sviluppo del carbonio , il quale si combina colf ossigeno dell' aria , e lo trasforma in gas acido carbonico ij Furono rinchiuse delle fragole verdi appena stac- cate dalla pianta in un recipiente di cristallo pieno di aria ; dopo lo spazio di ao. ore quest' aria si trovò composta di Acido carbonico — > 4 ■» i? Ossigeno — - i(j. 8o* Azoto — '-— ■ — — 79. 20. ioo. ' Da questa sperienza risulta che sopra i 2 1 cen- tesimi di ossigeno , che conteneva l'aria del reci- piente, le fragole ne hanno fatto scomparire 4 •> 2Q. che sono siale rimpiazzate da 4 di acido carboni- co , cioè che questi 4 centesimi di ossigeno com- binandosi con una porzione del carbonio contenu- to nelle fragole hanno formato un volume presso a poco eguale di gas acido carbonico . Dopo la spe- rienza le fragole non avevano subito la più picco- — — — 1 ■ - ,. 1 .— — ._.. . . ■—■■——■ ii . T^ (1) Retherche» ckimiques surla vegetalion . Paris 1804 Maturazione delle frutta 1G1 la alterazione , e l'aria del recipiente aveva acqui- stato T odore piacevole che le caratterizza . Sot- tomesse alle stesse prove le pere, le albicocche, l'uva, i fichi, le ciliegie, le nespole, l'uva spina, le me- le ec. hanno dato precisamente i medesimi risultati . Questi effetti hanno luogo egualmente anche quando le fruita son esposte direttamente all'azio- ne de' raggi solari . Sembra per conseguenza suf- ficientemente dimostrato, che le frutta verdi ben lun- gi dal cambiare come le foglie 1' acido carbonico dell' aria in carbonio ed in ossigeno quando sono colpite dai raggi solari, trasformano al contrario in questa circostanza l'ossigeno d^ll atmosfera che le circonda in acido carbonico • Ha voluto ancora l'A. esporre le frutta in un atmosfera artifizi-ale simile a quella , nella quale le foglie erano state poste , quando si osservò che decomponevano l'acido car- bonico ; ha rinchiuso cioè delle frutta dentro un recipiente che conteneva r> parti di aria atmosfe- rica , ed i di acido carbonico ; ma l'effetto è sta- to come nei casi precedenti ; 1 acido carboni- co dell' atmosfera artificiale non è stato affatto de- composto , e la sua presenza non ha apportato alcun cambiamento ai risultati della sperienza. E accadu- to lo stesso come se le frutta fossero state a con- tatto dell' aria atmosferica pura . Una volta dimostrato che tanto al sole , co- me ali oscurità, le frutta verdi agiscono nello stes- so modo ; ha voluto l'A. assicurarci se v'era alcu- na distanza nelf intensità della loro azione fra il giorno e la notte . Esposte le medesime frutta per 7 ore al sole, e per 12 all'oscurità, la quantità dell' ossigeno cambiato in acido carbonico è stata presso a poco la medesima in ambedue i casi ; locchè pro- va che questa funzione delle frutta è aumentata G.A.T.XJ. 11 j6a Scienze dall'azione della luce . Ma una differenza più ge- nerale fra l'effetto del sole e quello dell' oscurità si è, che in quest'ultimo caso il volume dell'ossige- no che scorno-iris ce è maggiore di quello dell' acido Carbonico prodotto , mentre al sole il volume dell' acido carbonico sviluppato supera quello dell ossi- geno assorbito Quest'osservazione tenderebbe a far credere che in tempo di notte una porzione dell' acido carbonico che si forma è ritenuta nel paren- chima del frutto, e che il solo determina lo svilup- po di questo gas, che è stato in tal modo ritenu- to ; di maniera che , dopo l'effetto successivo della Iure e dell oscurità sullo stesso fruito contenuto nel medesimo vase, non ha luogo alcun cambia- mento nel volume dell'aria , e la quantità di os- sigeno assorbito si trova esattamente rimpiazzata da una quantità eguale in volume di acido carbo- nico. Peraltro nel gran numero di sperienze fatte dall'A. quest'effetto non è stato sempre costante: qualche volta è accaduto tutto il contrario. Del resto la differenza fra l'ossigeno scomparso e l'acido car- bonico formato è sempre piccolissima , e non ecce- de mai. il ~ del volume del frutto . Lsponen.do al sole le frutta dentro campane si condensa sempre nelle medesime una quantità d' acqua considerabile . Neil' oscurità al contrario l'interno dell apparecchio resta perfettamente sec- co . JNon è certo i A. se una tal differenza sia in- teramente dovuta ali elevazione di temperatura, che lia luogo durante 1' esposizione al sole ; in tutt' i casi il ìiqnido condensato è sembrato essere sempre acqua pura, la quale presentava spesso l'odore del frutto che 1' aveva somministrata . St bbene 1A fosse persuaso che le frutta anche quando sono staccate dalla pianta conservano per Maturazione delle frutta. i63 qualche tempo una forza vegetativa , per cui posso- no giungere allo stato di maturità , ciò non ostan- te era troppo importante di assicurarsi , se allor- quando sono ancora in comunicazione con gli al- beri che le nutriscono , agiscono sull' aria nello stesso modo, somministrando cioè del carbonico all' ossigeno della medesima. Rinchiuse egli a quest'ef- fetto dentro campane di vetro, in maniera che non potessero comunicare coli aria esterna, diverse frut- ta come pesche , albicocche , ciliegie , susine an- cora attaccate alle loro piante , e a diverse epo- che della loro maturità . Queste frutta anche espo- ste all' azione de' raggi solari trasformavano l'ossi- geno dell'aria in acido carbonico, come quando era- no staccate dalla pianta . Crede per conseguenza po- tersi stabilire in una maniera a non lasciare alcun dubbio , che le frutta non si comportano relativa- mente all'atmosfera come le foglie; invece di ap- propriarsi come queste al sole una certa quantità di carbonio , lo perdono al contrario continuamente a tutte le epoche della loro matura Lione . Questa perdita non è la sola che facciano le frutta : ha luogo ancora continuamente alla loro superfìcie un evaporazione di acqua , che è molto più conside- rabile in tempo di giorno che di notte , e che dev* essere ancora proporzionale all' umidità del suolo , nel quale sono immerse le radici dell' albero che le porta . Quantunque l'A. non abbia sottoposto alle me- desime sperienze, che un piccolo numero di semi, egli però non dubita che tutti agiscano, sull' aria come le frutta . Un' obbiezione però si presentava naturalmente : ed era, che quando i semi sono rin- chiusi in baccelli , 1' aria contenuta nei medesimi è sempre , secondo le analisi fatte , aria atmosferica * i64 Scienze Una delle piante più rimarchevoli in questo ge- nere e nello slesso tempo più famigliare è la co- lutea arborescens ( Volg : sena nostrale). I frutti di quest'arboscello sono inviluppati da un baccello lar- ghissimo ripieno d' un fluido elastico , che molti chimici hanno detto essere dell'aria atmosferica , e tale ha trovato più volte l'A. medesimo. Sembre- . rebbe adunque che i semi della coluteci arborescens, che sono in contatto coli aria contenuta nei bac- celli, non trasformino 1' ossigeno in gas acido car- bonico come lanno le altre semenze . Eppure anche i semi di questa pianta producono sulf aria il me- desimo effetto . In primo luogo 1' A. ha osservato che quella specie di membrana , che forma 1' in- viluppo di questi baccelli, è permeabile all' aria , e con ciò si può stabilire un equilibrio di com- posizione ; ma ha voluto assicurarsene meglio con una sperienza diretta. Ha rinchiuso dentro una cam- pana un ramo della coluteci arborescens, cui erano attaccati due baccelli; dopo tre giorni ha esamina- ta tanto l'aria della campana, come quella dei bac- celli: ed eccone il risultato : Aria della campana Aria dei baccelli Àcido carbonico ■ 22. a — - 21.7. Ossigeno — o. 10 ■ ■ ■ • o. o. Azoto n*j. 70. 78. 3. Un eguale risultato si è ottenuto rinchiudendo i rami con i baccelli ancora attaccati alla pianta dentro il medesimo apparecchio . Queste sperienze dunque provano ad evidenza che il frutto della co- lutea arborescens , come tutti gli altri , cede una porzione del suo carbonio allossigeno dell aria am- biente, e lo trasforma in acido carbonico ; e che la comunicazione che ha luogo fra X aria esterna , e quella dell'interno del baccello attraverso la mera* Maturazione dille Trutta i65 brai^a che forma il medesimo , basta perchè si sta- bilisca fra loro in poco tempo un equilibrio quasi perfetto di composizione . In fatti nella sperienza citata l'aria dell interno del baccello e quella della campana , nella quale era contenuto , hanno pres- so a poco la stessa composizione . Cosi non deve recar più sorpresa se prendendo sulla pianta un bac- cello qualunque della sena nostrale, si trova che 1' aria racchiusa dentro il medesimo è la stessa dell' aria atmosferica che lo circonda . Ciò è facile a concepirsi quante volte si richiamino alla me- moria 1^ sperienze di Dalton e di Beithollet , le quali hanno provato che i diversi gas si mesco- lano con facilità anche in circostante le più sfa- vorevoli a tali miscugli, ed allorquando questi gas hanno fra loro una comunicazione stabiata da una piccolissima superficie . La trasmutazione dell'ossigeno dell'aria in aci- do cai bonico , che opera il frutto , è una funzio- ne assolutamente indispensabile perchè esso giunga alla sua maturazione . Quando questa si sopprima con un mezzo qualunque , il frutto si dissecca e muore . Scelse 1' A. nel medesimo albero due albi- cocche , che fossero presso a poco delle medesime dimensioni. Una di esse la rinchiuse nel solito re- cipiente di cristallo , e l'altra ja lasciò liberamente, perchè servisse di termine di paragone . In meno di 3 giorni tutto l'ossigeno dell'alia del recipiente fu cambiato in gas acido carbonico , e per conse- quenza 1' albicocca , che vi era rinchiusa, non po- teva più cedere carbonio . Dopo passati i5 giorni questa era ancora verde, e non sembrava aver cam- biato di dimensione , mentre 1' altra si era molto ingrossata : dopo un mese quest'ultima aveva cam- biato di colore, aveva acquistato il suo intiero svi- l66 Scienze luppo, in una parola era divenuta perfettamente ma- tura , mentre l'altra a] contrario aveva sensibilmen- te diminuito di volume , e venti giorni dopo sem- brò ancora più piccola , e quasi interamente dis- seccata . Fu tagliato allora il ramo , ed aperto l'ap- parecchio , l'aria si trovò interamente privata del suo ossigeno, il quale eia stato rimpiazzato da un volume presso a poco eguale di acido carbonico , e l'albicocca non presentava più che Un nocciuolo secco e duro , ricoperto da una specie di pelle d'un coloie bruno . Si vede dunque, che dal momento, in cui l'albicocca non ha potuto cedere il suo car- bonio ali ;iria , la maturazione si è arrestata . Gli succhi nutritivi non vi sono più arrivati ; e sic- come si è interamente disseccata , bisogna dire che quelli che già conteneva si siano dissipati nelle al- tre parti dell' albero per i numerosi canali di co- municazioni che esistono fra i diversi organi dei vegetabili . La stessa sperienza è stata fatta sopra le pesche e le prugne verdi , ed il risultato è stato sempre il medesimo . Convinto r A. che la perdita del carbonio è assolutamente necessaria perchè possa effettuarsi la maturazione d'un fruito, concepì allora la speran* za di poter conservare per lungo tempo le frutta an- cora verdi , e principalmente quelle, che hanno la . proprietà di terminare solo la loro muturazione coli' impedire che cedino all'aria il loro carbonio. Rin- chiuse perciò delle frutta di ogni genere, come pe- re , prugne, albicocche, pesche, uva spina, pomi ec. prima che fossero giunte a*]o statodi maturazione,par- te in recipienti privi d' aria , e parte in altri pie- ni o di gas acido carbonico, o di gas idrogeno, O di gas azoto. In tutti questi casi le frutta si con- servarono intatte per qualche tempo senza però ma- Maturazione delle frutta, ift^ turarsi; ma esponendole quindi all' aria atmosferi- ca, e trovandosi per conseguenza in islato di per- dere del carbonio , giungevano facilmente al loro grado di maturazione. Risulta dunque da ciò, che si possono conser- vare la maggior parte delle frutta, soprattutto quelle che non hanno bisogno per maturarsi di restare at- taccate alla pianta, purché vengano tenute lonta- ne dal gas ossigeno . Jl processo più semplice con- siste nel disporre al fondo di un recipiente di ve- tro una pasta formata con calce, solfato di ferro 4 e acque, e ad introdurci in seguito le frutta beri sane , o colte alcuni giorni prima della loro ma- turità. Debbono essere isolate dalla pasta , che è al fondo, e separati pftr quanto è possibile luna dall' altra , e finalmente chiuse coh un turacciolo di su- ghero ricoperto di mastice. Le frutta si trovano beri presto con tale disposizione in un mezzo sprovi- sto di ossigeno, e possono conservarsi per un tem- po più o meno lungo secondo la loro natura. Le pesche, le prugne, e le albicocche dà 20 giorni ad un mese; le pere ed i pomi circa 3 mesi. Ri- tirandole dopo quest'epoca, ed abbandonandole per qualche tempo all'aria , maturano eccellentemeute. Peraltro se la sperienza si volesse protrarre più ol- tre, allora le frutta subiscono un'alterazione par- ticolare; perdono cioè ogni odore, ed ogni sapo- re zuccherino, sebbene conservino presso a poco là stessa apparenza esterna; tutte acquistano un sapore uniforme acido e disgustoso dovuto all'acido malico. Da queste sperienze si potrebbe forse credere che le frutta, le quali maturano da loro stesse al- lorché sono separate dall'albero, lo facciano in vir- tù d' una certa forza vegetativa che ancora conser- tano, di maniera che se si ponga, un frutto in una i£8 Scienze circostanza tale clic non possa effettuarsi la matu- razione, per esempio in un mezzo sprovisto di os- sigeno , allora è possibile che questa forza vegeta- tiva possa essere per qualche tempo sospesa , e conservarsi nel frutto in modo che riprenda il suo impero, e determini la maturazione quando le cir- costanze ritornino ad essere favorevoli. Ma se essa è stata sospesa troppo lungo tempo, si estingue af- fatto ; gli organi del frutto*, non essendo più in qual- che maniera dolati di vita, si alterano, e non posso- no più operare la maturazione anche quando ritor- nano le circostanze favorevoli. Conosciuta fazione che le fruita esercitano sulf aria atmosferica prima della loro maturazione , era anche necessario di esaminare gli effetti che pro- ducono sulla medesima quando sono esse mature. Giù che ha fatto ancora l'A. Dalle sue sperienze risulta, che tutte le frutta allorché sono giunte al- lo stato di maturazione incominciano dal trasfor- mare una porzione dell'ossigeno dell' aria che le circonda in acido carbonico, e producono in segui- to da loro slesse una gran quantità del medesimo gas; allora esse si alterano e si putrefanno. Una piccola quantità di ossigeno sembra indispensabile perchè le fruita subiscano quest'alterazione, come appunto Gay-Lussac ha provato che è necessaria per ottenere la fermentazione dei succhi zuccherini delle medesime. Si polranno dunque conservare le frutta mature tenendole lontane dal gas ossigeno ? L' A. ha rinchiuso una pera dentro un recipiente di gas acido caibonico , e delle ciliegie ben mature nell'idrogeno e nell'azoto.. Dopo cinque mesi ec- co quali sono stali i risultati. Tulte queste frutta avevano sviluppato un poco di gas acido carbonico; e solamente le ciliegie avevano tramandato una pie- Maturazioni; delle frutta 169 cola quantità di un liquido rosso ; il loro colore e la loro forma si erano conservate intatte. La pe- ra aveva perduto un poco della sua consistenza, per cui cedeva sotto le dita, la polpa però era resta- la perfettamente bianca, ma aveva perduto l'odo- re ed il sapore , il quale invece di essere dolce e piacevole, era diventato acidissimo. L'acido che si era sviluppato in questa circostanza non poteva cristailizzaie; formava un sale solubile con la cal- ce e con la barile, ed un sale bianco ed insolu- bile con l'ossido di piombo; era dunque eviden- temente dell'acido malico. Le ciliegie avevano con- servato la loro consistenza, non presentavano catti- vo odore, ma avevano acquistato un sapore acid:» sensibilissimo. Le frutta dunque, sebbene tenute lon- tane dal contatto dell'ossigeno, purnonostante subi- scono un' alterazione , la quale è diversa da quel- la che ha luogo alia presenza di questo gas. Ta- li sperienze però , a sentimento dell A. , meritano di essere ripetute particolarmente sopra altre specie di frutta per meglio stabilire le differenze di altera- zione, che si manifestano e ai contatto dell'aria, e lungi dalla presenza di essa. ( Sarà continuato ) Discorso per eccitare i civitavecchiesi a coltivare le loro campagne, recitato dall' ab. Orazio Valeria- ni pubblico professore di matematica nautica ed agricoltura in Civitavecchia . Fi ino dai primi giorni , in cui ebbi la fortuna di essere in questa città, grandemente si perturbò l'ani- mo mio , vedendo lo squallore delle Fostre coni- iyO S C I E N Z K pagne fertili , e gl'ingegni tuttoché felici , e le vo- lontà vostre quantunque ad ogni maggior bene e vostro e della patria inclinate ; pure trascurare 1 agricoltura , la quale come regina ira tutte le arti fu sempre riputata . IL siccome per recitare un uomo a qualche azione, bisogua primieramente mostrargli esser questa possibile ; poscia illuminare la sua men- te , acciò conosca i mezzi per condurla; finalmente accendere la volontà , acciò si determini ad intra- prenderla e compirla : così volendosi , per quanto da me si può, procurare i comuni vosi ri vantaggi, ho risoluto di mostrarvi come sia possibile far risorge- re l'agricoltura nelle vostre campagne, e l'accresce- re il vostro sapere in questo ramo, e presentarvi alcune considerazioni , per cui la vostra volontà si spinga a volerlo. Potere, sapere, volete: ecco le tre condizioni indispensabili ad ogni operazione dell'uomo . Protesto che limito il mio scopo alle sole campagne di Civitavecchia. Argomento è questo superiore alle mie forze , ma voi non dovete por mente al mio ingegno : piut- tosto all'animo , che da affettuosa gratitudine verso voi è commosso. Più ardua ancoia diviene questa mia impresa, perchè taluno dalla forza degli anti- chi usi e de volgari pregiudi/j si lascia stracciare ; ma sono persuaso, che la maggior parte, deposta ogni contraria prevenzione, con la ragione soltanto vorrà condursi . Che se l'argomento sembri troppo ampio da non potere esseri ristretto fra i limiti di una breve orazione accademica, io rispondo, che sarà men male il far poco , che il far nulla ; e che sperando io di rimanere ancora fra voi , potrò ad ogni richiesta dar maggiore estensione a ciò , che ora per la brevità del tempo posso solamente e come di volo accennare . Coltivazioni delle campagne ec. 171 I. Acciocché una pianta qualunque, ma delle co- muni ed utili ( di cui soltanto l'agricoltore si oc- cupa ) possa fruttificare , tre cose si richieggono ; terra , nutrimento, e stimoli ; benché, a mio cre- dere , alimenti e stimoli sotto un medesimo ge- nere potessero comprendersi , perchè gli uni e gli alti i costituiscono gli elementi delle piante < ed i secondi soltanto sfuggono dall'analisi chimica . Quin- di avendosi terra alimenti e stimoli , l'agricoltore ha il potere di coltivare . Piimieramenle nella terra la estensione si ri- diede . Ho inteso , che molti desiderebbero es- ten,ione maggiore a questo territorio; ma tale ri- chiesta avrà luogo soltanto quando si coltiverà be- ne quel poco, che ora abbiamo. Dovressimo con- siderare ancora, che un territorio esteso al paridi quello di Civitavecchia, e forse men fertile, ma, coltivato come nelle altri parti dello stato si costu- ma , è sufficiente ad alimentare una popolazione più che tripla di quella che abbiamo; e che ne'tempi della romana repubblica si contavano in queste spiag- ge tirrene numerosissime popolazioni, le quali oc- cupandosi poco nelle arti , e quasi nulla nel com- mercio, ogni loro sostentamento dalla terrà traevano. Richiedesi secondariamente, che la terra ab- bia la intrinseca attitudine alle produzioni , o sia la fertilità meccanica , che così dagli agronomi è nominata.Natura non fu con voi madrigna, ma piut- tosto madre amorósissima . La terra vostra è fertile » purché riflettiate , che non ad ogni pianta ogni ter- ra conviene , e che quelle proprietà che rendono una terra fertile per una specie di piante , quelle stesse la rendono sterile per un'altra specie . Non vi è terreno al mondo suscettibile di ogni pro- duzione , né terreno che a qualche produzione non 172 Scienze possa ridursi . Se tale fertilità si può congetturare dalle piante spontanee, il vostro suolo è l'ertile per olivi, viti , e lichi ; e la esperienza dimostra quanto sia ancora al frumento acconcia , onde potete ave- re i generi più necessari ? e perciò vi deve poco rincresce! e , se per 1' abbondanza di aigilla non. prospererebbero quelle piante , che di radice tube- rosa sono munite. E poi qual mediocre agricoltore non conosce i mezzi, per cui i terreni (di piccola estensione almeno ) possono da troppo compatti a sciolti ridursi ; e come questi mezzi sieno agevoli in luoghi , dove la sabbia non è molto lontana i Manca forse alle vostre terre una eccellente posizione fisica ? Non sono esse piane sì , ma non in modo che Y acqua impaludi ; in un qualche dolce pendio si , e non forte da doversi condannare o a rimanere in sodo,o ad esser vestite di selve selvagge? Né minori vantaggi offre la posizione geogra- fica. Il mare bagna il vostro territorio, ed in seno alla vostra città avete un porto come poco atto a legni guerreschi , così ai mercantili acconcio , e degno veramente della magnificenza del gran Traja- no , che lo fondò . Una giornata di viaggio vi se- para dalla capitale, in cui le produzioni di diverse Provincie si consumano . Una via ancor più breve da Viterbo vi disgiunge. Strade, che si potrebbe- ro agevolare , vi danno la comunicazione non so- lo con lagro romano e colla provincia del Patri- monio , ma ben anche con la Toscana . E' poi il territorio vostro nel totale esposto a quella parte , che tra mezzogiorno e ponente ri- guarda ; esposizione , che da tutti gli agronomi per 1 ottima è considerala . Aprcsi il varco , è vero, ai venti australi, ai quali con siepi, albrri , ed altri ripari si può impedire d' infuriare. Men favorevole Coltivazione delle campagne ec in3 esposizione hanno quei terreni, che sono domina- ti o dal gelido aquilone, o dall' umido levante, né vi è territorio cui per i venti come i beni , così i mali non si producano - II. Che se dalla considerazione del suolo vo- gliamo a quella degli alimenti passare, quali que- sti debbano essere si conoscerà dalla moderna chi- mica, la quale analizzando i corpi vegetabili , ci ha i loro elementi dimostrato. Ossigeno, idrogeno, un poco di azoto, ma principalmente carbonio, ec- co le sostanze semplici , da cui i vegetabili sono costituiti , ed ecco in conseguenza ciò di cui si alimentano Per altro non nello stato di elementi, ma nello stato di combinazione voglio ora io que- ste sostanze considerare. Dalla combinazione dell'ossigeno e dell' idro- geno formasi l'acqua, sotto diversi rapporti alla vegetazione cotanto necessaria. Vero è che in que- sto territorio , specialmente nella estate, l'acqua piovana suole scarseggiare: ma in ciò nulla di straor- dinario , poiché lo stesso accade in tutti i paesi, che al mare si avvicinano, e dai monti si disco- stano, e che per molta estensione di arbori manchi- no. Questa circostanza esclude alcune piante dalla vostra agricoltura, come il formentone ( zea mays); ma ripeto , non ogni terra è di ogni pianta produt- trice. Anche le sorgenti di acqua non abbondano; e se ne' pozzi scavati in campagna si abbia un' ac- qua , che contiene qualche poco di muriato di so- da (sai marino ) ed altre sostanze che la rendo- no non potabile, questo medesimo difetto si ha in molti luoghi vicini al mare, come Senigaglia; e pu- re l'agricoltura vi fiorisce. A grande vantaggio ascri- ver poi si deve , che non vi siano né acque sta- gnanti , ne' Tossi rovinosi ; ma i vostri placidi ru- scelli sono cari ai poeti , ed utili agli agricoltori, f y\ Scienze Il carbonio e l'azoto, per alimentare le pian- te, si traggon dall' aria e dai concimi. L' aria qui non è molto pregna di carbonio (o la quantità del carbonio differisce sensibilmente , o la differenza •benché tenue produce effetti notabili), perchè la cit- tà non ha molti, la campagna ha rarissimi abitan- ti , e nelle vicinanze abbiamo molte terre incolte. Questo diletto sarà tolto, quando la coltivazione e la popolazione si accresca. I concimi poi quan- to abbondano! La massa de' medesimi si cresce dal commercio. Si è però finora fatta dissipazione de- gna di pianto . La immondezza delle strade e del- la città, Taiga getteta dal mare, e tante altre ma- terie ora dispregiate, sarebbero acconcie a promuo- vere la più lieta vegetazione. Volete un indizio per conoscere lo stato dell'agricoltura di un paese? Os- servate qual pregio abbiano i concimi. Dall'ossigeno e dall'azoto formasi l'aria, non meno agli animali che alle piante necessaria . Or qui sembrami ascoltare una turba di oppositori, che gridando l aria è insalubre, non hanno né anche 1» pazienza di attendere la, risposta. Ma se talun di voi vuole a ciò condiscendere , io lo prego primiera- mente a spogliarsi di certe idee succhiate quasi col latte , fortificate dal pregiudizio di gente volgare. Miei signori, ragioniamo, e non ci limitiamo a far Y eco di ciò che abbiamo inteso . Non so quanto sia facile definire questa insalubrità pretesa. Ma o nasca dai gas ammazzatori , o da esalazioni parti- colari, o, come è più facile, dalle rapide vicende dell* umido, caldo, e fresco, certo è, che questa insa- lubrità alla coltivazione non pregiudica, come coli' esempio di molti paesi , e specialmente di JBata- via, potrei provarvi. Riguardo poi ai coltivatori, a quale grado vorrete portare questa insalubrità? Sia- Coltivazione delle campagne ce. iy5 te cèrti, che è molto minore di quello , che co- munemente si pensa Argomento è questo che an- drebbe bene esaminato , ed io non posso che accennarlo. Simile esposizione alla nostra ha il re- gno di Napoli e la Toscana , ed in moltissimi di questi luoghi un tal pernicioso effetto è tolto o mitigalo. Si stima causa della insalubrità il feto- re dell1 alga e delle immondezze dispregiate . Ma ciò, permettete, è vostra colpa, perchè convertite una sostanza utilissima in perniciosa. Alla scarsez- za di acqua buona e potabile in parie ha posto ri- medio la saggezza de' nostri magistrati, restaurando gli acquedotti , che ci porteranno acqua purissima; e nelle campagne si può trar profitto dalle cister- ne di acque piovane , come in tutto il mondo co- stumasi. Se la poca attuale coltivazione è causa del- la insalubrità dell' aria, questa riflesso dovrebbe spingervi a coltivare. Osservate Livorno: qualche secolo indietro era un luogo palustre, assai più ina- bitabile di quello che sia il nostro territorio . La coltivazione o ha fatto sparire, o ha mitigato il ma- le. Ma non sono queste le contrade prescelte da Traja- no per la sua magnifica villa? JN'on è questa quella campagna cotanto da Plinio lodata? iNon vediamo noi , che dentro la città l'aria anziché insalubre è piuttosto balsamica riputata? Io certo son nato ed allevato in aria purissima : sono quasi due anni che ho l'onore di essere fra voi, né altrove ho go- duto miglior salute. Ali! mi è forza correre innanzi. III. Gli agenti, o stimoli della vegetazione, si dicono essere tre: luce, elettricità, calorico. De' due primi non è mestieri che io faccia parola , poiché per essi nulla qui vi è di straordinario. Tutte le circostanze locali ci favoriscono, al sommo per godere di un calorico abbondantissimo: 176 Scienze esposizione la più calda; poca elevazione sul ma- re; quantità di terreno piuttosto argilloso ; colore del medesimo nericcio per gli ossidi de' metalli che contiene; poggi, e colline, e montagne, che ci riparano dal freddo; poca quantità media di an- nua pioggia; lontananza di paludi ; vaste selve; e montagne nevose: in pochi luoghi tanti vantaggi si godono. Se la coltivazione sarà accresciuta, si ac- crescerà ancora il grado medio di calorico, come te- sté in Francia avvenne. La esperienza prova, che qui presso voi maturano le palme (pfuenix daciilìfc- ra) ed altri frutti, alla cui maturazione richiedesi. maggior quantità di calorico, che soglia sotto lo stesso grado di latitudine esperimentai si. Ma dove sono le braccia ? Ecco l'achille de- gli oppositori ; poiché , per isrtabilire che si possa coltivare, bisogna non aver deficienza di coltivato- li , come qui si ha . Ma perchè mancano le brac- cia ? riprendo io . Perchè non si coltiva. Egli è cer- to , che dove sono le produzioni rustiche sono an- che i produttori e i consumatori . La esperienza di tutti i secoli , di tutte le nazioni, ci conferma questa proposizione . Nel secolo passato le campa- gne di Livorno si coltivarono ; per questa sola causa ( prescindendo dal commercio ) la popolazione du- plicò e triplicò . Nel secolo XIV si coltivò l'agro del Piceno , che dopo la caduta dell' impero ro- mano era rimasto deserto o boscaglia . L' epoca della coltivazione fu Y epoca , in cui la popolazio- ne aumentossi . Piante ed animali si moltiplicano in proporzione de' mezzi , che hanno per alimen- tarsi . Eran pur queste vostre contrade popolatis- sime ne'secoli , in cui l'agricoltura non languiva . Si può minorare la possibilità dell' agricoltu- ra per una iuordinata distribuzione delle terre. Se Coltivazione delle Campagne ec. ijj vi fosse qui questo difetto , dalle leggi bisogna il rimedio aspettarne, avvertendovi, che il desiderar leggi dirette su ciò , è desiderar leggi perniciose , o almeno inutili. Assai più con leggi indirette si ottiene , e di tali leggi già parecchie ne abbiamo veduto emanere dalla provvidenza dell'ottimo prin- cipe ; ed altre pure ci è lecito sperarne . Al me- desimo difetto si può ridurre quello de' latifondi ; ma questi si diminuisconp in proporzione, che 1 agri- coltura progredisce . Qui però, non può farsi un'al- tro lamento ( ripetuto altrove sino alla nausea ) cioè che la possidenza delle mani-morte o sia della chiesa danneggi 1' agricoltura . Qui la chiesa quasi nulla possiede, e V agricoltura nondimeno languisce. Un'ostacolo reale può prodursi dalla poca col- tura delle campagne limitrofe, poiché non è possi- bile che sia felice la coltivazione di un campo iso- lato in mezzo ad un deserto . Le campagne però di Corneto e Tolfa non- sono affatto incolte : qual- cuno deve cominciare : forse il nostro esempio trar- rà gli altri ; e lilialmente da questa circostanza non viene distratta la possibilità di ogni vegetazione , ma questa solo ne rimane alquanto danneggiata . Dissi del potere . Ora del sapeie . Egli a certo , ma non posso addurne le ragioni , che la cognizione delle utili pratiche agrarie si spande eoa una lentezza tale, quale in qualunque altro ramo di utili cognizioni non vediamo - Si trovi un nuovo processo per qualunque arte ; in pochi mesi si dif- fonde in tutto lo stato. Si scopra una nuova pian- ta , o un nuovo metodo di coltivazione : per quan- to sia certo ed utile , ci vogliono de' secoli pri- ma di generalizzarlo . Esempio sia il formontone (zea mays). Gli europei ne conobbero l'utile appena sco- prirono 1' America. Quando, la coltivazione in resa G.A.TXL 13 i^8 Scienze generale? Dopo innoltrato il secolo xvm , così che la generale coltura di questa pianta presso noi ap- pena conta un secolo . Così è più di un secolo che si è dimostrato , che il riposo annuale delle terre è dannoso : tuttavia in questa provincia si prati- ca , e si crede doversi praticare. Il principio sta- bilito ci avverte a non isperare molti progressi nella pratica agraria , finché noi viviamo . JN'oi possia- mo gettar dei semi, che frutteranno onore e ric- chezze ai nostri nepoti : ma più tardi si getterà que- sto seme , più tardi ancora il frutto vedrassi . Tre anni d invasione saracena bastarono a cambiar le nostre campagne in deserti : tre secoli di lume non bastarono a ricondurre la prima prosperiti . Sarebbe anche un errore il pretendere di tra- sformare i nostri rustici coltivatori in agronomi letterati . La riuscita sarebbe quasi impossibile ; ma ben anche se riuscisse , sarebbe inutile . Non si di- vien mediocre letterato senza molti anni di studio; e chi è abituato allo studio mal tratterebbe la mar- sa e la vanga , né soffiir potrebbe o i cocenti rag- gi del sole , o le pioggie e le nevi . E chi da fan-» ciullo deve appigliarsi allesercizio pratico dell'agri- coltura , non ha né tempo né agio né volontà di studiale . La scienza adunque a pochi si deve li- mitare , o per lo più ai possidenti : da questi , co- me da fonti , emaneranno sul popolo degli agricol- tori le utili pratiche agrarie . Quando parlasi di scienza agraria, io dico es- ser questa una scienza come tutte le altre, che non si appoggia già a fatti isolati, a esperienze fatte so- lo da' rustici, a superstizioni femminili, ma a prin- cipj certi , e non facili ad intendersi dai volgari in- gegni. iVemtneno creder dovete di poter avere dotti agronomi , se non avrete e matematici e fisici e Coltivazione delle campagne ec. 179 uomini valenti in ogni ramo di cognizioni umane. Tullio il disse, che tutte le arti e scienze sono quasi da una comune parentela legate, ed una non può senza il soccosso dell'altra progredire. Veris- sima è la proposizione di un dotto inglese : non si faranno mai buone pezze di panno, dove nen vi so- no astronomi . Prima di censurare questa propo- sizione , io vi prego meditarla. I mezzi dunque per far progredire questo sapere sono , i,° generaliz- zare in tutto il popolo l'arte di leggere e scrive- re, e di limitare i loro studj a poco più di questi; 2.0 promuovere in molti una istruzione maggiore del- la generale,- 3.° procurare in taluni una istruzione somma, varia, e profonda. Grazie a Dio, la la scien- za agraria ha fatto tali e tanti progressi nella no- stra Italia , che anche per questo lato non possia- mo l'estere nazioni invidiare. Nel nostro stato me- desimo abbiamo le quattro legazioni ed una par- te della Marca , in cui la cognizione delle utili pra- tiche agrarie poco lascia a desiderare- Così in que- sta regione 1' esempio si seguisse ! La scienza in questo ramo ha due parti; i.° to- gliere gli errori, 2.0 stabilire i principj certi. Sa- rei ben contento, se a' miei giorni al primo scopo si giungesse! JNon sarebbe poco se tutti di questa pitta comprendessero per ora tre cose sole. Primo, essere un pregiudizio ridicolo, chela natura abbia condannato queste felici contrade a rimaner sem- pre deserte , e non piuttosto ad esser coltivate co- me lo sono ora quelle altre d'Italia, dove simile pregiudizio un dì regnava. Il secondo pregiudizio, che domina in Italia sul commercio e sull' agri- coltura, nasce dall'ardire , per cui con piccoli ca- pitali s' intraprendono grandi negozi a trattare, e grandi tenute a coltivare; ed all'incontro in Italia 12* ,30 S C I E N z « è certo, che per una buona agricoltura il valor del espi ale al valor del campo deve a un dipresso eguagliarsi. Terzo, che, come quasi tutte le scien- ze lisiche, l'agricoltura ha due pai ti, teorica e pi at- tica ; e che il pretendere di essere agricoltore es- perio chi ha soltanto meccanicamente coltivato un fondo, è lo stesso che arrogarsi il titolo di nau» tico da uno, che soltanto ha remato. ( Sarà continuato. ) i8i LETTERATURA Dell' Omero ambrogiano dipinto : articolo III , in cui si tratta di altri omerici ambrosiani codici ■. ( Si vedano il I. e il II. alle pagine 73 e 2^2 del T. X.) §• 7^* \s nello che abbiam chiamato Omero am- brogiano dipinto 1 non contiene , come si è detto nell analizzare la prima parte del comentario prò- dromo di monsignor Mai , che frammenti dell ilia- de . L' omerica edizione all' incontro di cui fummo arricchiti da questo indefesso, riunisce a que' frani-» menti anche amplissima dote dell' odissea : la quale sorella cadetta dell'altro poema , mentre esso abon- dava di dottissime illustrazioni, erane così povera, che altro vantar non potea fuori delle glosse d'Eusta- zio e di qualche interprete sconosciuto Tal dote con- siste in una doviziosa serie di amplissimi scolii rinvenuti dall' egregio editore in tre codici greci amhrogiani : il primo bambacino del quattordicesi- mo secolo con gli analoghi a tutto il libro XXI ; il secondo bambacino ugualmente e coetaneo , traspor- tato da Scio , con quelli che riferiscono a' primi rio- Te libri soltanto ; e carbasino il terzo donato dà Camillo Bosio , con preziose e abondanti note su T opera intiera . E così ciò che inutilmente con lunghi e laboriosi viaggi era stato ricercato in tutta il levante dal chiarissimo e tanto della iliade bene* merito Giambattista Gaspare d' Ausse de Villoison , 182 Letteratura. abbiamo ora la fortuna di possederlo , non come a noi giunto dalle rimote celle dell' Ato ò da Ales- sandria e Bisanzio; ma perchè tolto a nascondigli d' italica biblioteca , per opera del nostro sommo erudito. Egli segnalò in seguito la sua scoperta, trascrivendo con fatica di più mesi i rinvenuti sco- lii parte brevi parte prolissi ; i tre codici diversi riducendo in un solo ; collocando le cose opportu- namente ; emendando gli errori , specialmente oc- corsi negli omerici versi illustrati ; consultando di continuo ed Eustazio e gli scoliasti minori ; e dan- dosi ogni bennata premura , perchè la edizione ve- nisse sollecita e nitida in luce . /)TXS. (3) Ad iliad. L. .1. v. 5gi. L. 23. v. 8». (4) Ad iliad. L. 10. v. 290. i8G Letteratura § 79. Di questi scolii ambrogiani dell' odissea sembra essere stato uno soltanto il compendiatore : il quale dopo aver riferito le opinioni altrui , spes- so manifesta la propria con le parole 670» c/le , ov- vero »{ie/? ■ (5) Il primo di questi due ultimi tradusse T iliade , il secondo l'odissea . (6) Si ripeta T ultima uota . G.A.T.XI. i3 194 LlTTERAT U-R i. sopra alcune rapsodie sì dell'iliade che dell'odissea, da poeti danesi Giano Raggesen e Paolo Moller , dopo che da quella dotta nazione fu disapprovata altra impressa versione più vasta. (i)Giò sarebbe a dir vero sempre più nobilmente corredare e rendere preziosa a tutto il globo tale edizione; e se presso noi fosse questa intrapresa e a termine condotta : si aumente- rebbe di novo luminosissimo pregio 1 Italia . La qua- le peraltro, malgrado il disprezzo col quale è stato rappresentato ali autor nostro, (2) che ne parlino e ne scrivano alcuni esteri , nel restituirsi da essa alle loro patrie, ( e saranno di quelli i quali viaggiando caetum non animimi mutant ■ ) (3) non ha di ciò me- stieri, per conservare irrevocabilmente a se stessa il primato di ogni letteratura e di tutte quante le arti . £j 85. Qui termina la nobilissima prefazione di monsignor Mai , la cui attenta lettura mi ha ricol- mato 1 animo di soave diletto lino all'ultimo para- grafo . Ma ingenuamente confesso di aver letto e ana- lizzato parte di questo con molta tristezza , non ve- dendovi fatta menzione alcuna del mio Cesarotti , né in qualità di traduttore né in quella di parafra- ste: benché invecchiato nel grecismo e morto con Omero in mano, sia noto a tutta Europa, quante sapientissime illustrazioni abbiano avuto gli omerici poemi da lui . E tal mia tristezza è tanto più pro- fonda , quanto che la eterna e indelebile stima mia non potrebbe dargli il menomo compenso del senti- mento contrario , il quale dal pubblico trasparire si (1) Debbo queste notizie danesi all' eruditissimo sig. cavalier di Bronstedt console generale di s. m. danese presso la santa sede. (2) Eod. §. 14. p. LV. (3) Ho rat. cp. 11. L. 1. Dell Omero ambrogiano dipinto iqS giudicasse a traverso della reticenza assoluta di uno de' più insigni letterati viventi. E ben vero, che il convenir meco in favore del gran padovano un co- piosissimo numero d' insigni critici e conosci- tori, tra quali il chiarissimo Giovanni Andres nella nobile opera sua dell' origine e stato di ogni letteratu- ra,della sua versione ragiona: (i ) potrebbe diminuire alquanto questo discapito della sua gloria . §. 80. Seguitano le incisioni in rame delle pit- ture del codice ambrogiano dipinto con gli argo- menti . Ho esitato , se dovessi questi trascrivere ò pur tralasciarli. Ma riflettendo ali utilità che possono gli artisti ricavare dal leggerli , onde consultar le pitture nel caso di qualche necessaria imitazione : ho preso il partito di trascriverli, disgiunti per lo più dalle ragioni delle cose rappresentate, e da molte os- servazioni le quali tuttoché pregevoli edotte, per provedere alla brevità ho dovuto con sommo dispia- cimento sopprimere . Tali argomenti sono quelli che seguono . , I. In media pictura Chrys.es sacerdos Apolli- nem orans , (2) cujus templum laeva piclurae par- te visitar. (3) Ibi mare cum navibus . Tum ipse Deus castra graecorum sagittis appetens . (4) Intra exercitus mo/iens e peste ; (5) et cadavera rogis iniecta . (G) Dextera Agameinnon cum graecis duci- bus et Calcitante augure . Stans loquilur Aclulles.(^) II. Graecoru/n ducum concio in qua tanto pe- re excandescit Achilles adversus Agamemnonem , ut (1) T. 2. e. 2. §. 39. P. 97. (5) ibi v. 5i. CO Iliad. L.Ji. v. 37. (6) Ibi v. 52. (3) Ibi v. og. (7) ibi v. 58. (4) Ibi v. 43. i3 ij)6 Letteratura ensem occisurus exerat , nisi a Minerva cjuae in eva- li; fa pie/ara vix cemitur cohibeatur . (i) Extremi sunt in consessu , Itine U'ysses , hi ne Nestor . Ili. Concio item graecorum ifucutn . Aehilles ante A gaminvionem conviciis prescissimi sceptrum hum: projieit . (j) ftfojfw dissidentes componere ora- tione stiadet. (j) Aehilles irne, tenax ad naves cunt Patroclo et sociis reeedit . (4) I V. A gamemnon cum graecis ducibus prò pe- ste si stenda hostias immolant . Pietro exercitus lu- stratus . In medio picturae arae dime . (5) V. Aehilles in tentorio sedens, post quem Pa- troclus nonnullique myrmidones . Corani Talthibius ainiif Eurybates nuneii A gamemnonis ad exigen- dnni Briseidem missi. (6) VI. Ittm in tentorio Aehilles cum Patroclo et myrmidónibus .Palthybius et Eurybates Briseidem ob- li uvunt . (j) V II. Lucius Achillis . (8) Thetis mater con-- solatìi" moerentem . (y) Vili. Ch-yseis ab TJlysse ad Chrysam urbem natal'm navi vehituP . (io) In littore ante fanum Apollinis parens Jiliain laetus recipit . Victimas quo- que vulere est quas A gamemnon numinis caussa pla- ctindi ni'Sit. (i i)In conspectu urbs Apollinis Chrysa. ÌA.. Laeva picturae parte ab Jove Thetis sup- plex honorem Achilli filio enixe Jlagitat. (ia) Dex- {\) Ibi v. 190. (7) Ibi v. 345. (2) Ibi v. 243- (8) Ibi v. 3I7. (3) Ibi v. 254- (9) Ibi v. 352. (4) Ibi v. 3o6. (10) Ibi v. 43o. (5) Ibi v. 3i3. (11) Ibi v. 309. 438, (6) Ibi v. 320. (12) Ibi v. 3oo. Dell'Omero ambrogiapto dipinto ign tra consessus deorum . Sedent Jupiter Juno Miner- va Venus Mars apollo . Mercurius deorum mini- ster stat. X. Deorum convivium. Accumbunt Jupiter Ju- no Minerva Venus Mars . Vulcanus poculum Ju- noni propinai . ( i ) Dexlra picturae parte crater ma- gnus e quo nectar Vulcanus hauriebat . (2) J pol- lo cjtharam pulsai , concinentibus musis . (o) XI. Graeci naves ad mare tra/ientes in patri am remeaturi . (4) Uljsses ., Minerva suadente , eas de- terrei ab incoepto . (5) XII. Exercitus ducesque graeci Aulide sacra Jacientes propefontem . (6) Calchas portentum edis- serit draconis passcrculos cum maire vorantis (7) XIII. Graecus exercitus ad Trojam rettntus rei sacrae dat operam . (8) lìex ipse Agamemnon ad aram sacrificai , praesentibus Menelao Idomeneo Ajace utroque Nestore Diomede atque Ulysse . (9) Popa seminudus elata bipenni bcwem immolai . Ju- piter in nubibus preces Agamemnvnis audit severo vultu -(io) XI V. Trojanorum acies,(i 1 ) praesentibus Htdo- re Aenea 'Pandaro Adrasto Sarpedone aliisque du- cibus . XV. Menelaus vulneratur a Pandaro troja- no. (1 2) Agamemnon re non provisa obstupescit. Dex- (1) Ibi v. 584- (7) Ibi V. 322. (2) Ibi v. 5$8. (8) Ibi v. 4oo. (3) Ibi v. 6o3. (9) Ibi v. 402. (4) Ibi L. 2. v. i5o. (10) Ibi f. 419- (5) Ibi v. 168. (11) Ibi v. 8i5. (6) Ibi v. So». (12) Ibi L.4. v. i0r>. iqS Letteratura tra picturae parte iteriim Menelaus cui medicinam facit Machaon . (i) XVI. Atrox pugna quae libro V. describitur. Diomedes a Minerva in mediani pugnam impel- iti tir. (i) Phegeus in pectore vulneratur . (3) In acie graeca visitar etiam Ulysses . XVII. Praelium continualur . Minerva Martem qui trojanis favebat acie eductum sedere jubet ad Scamandrwn . (4) Diomedem Pandarus sagilta ap- petii . (3) XVI li. Apollo trojanorwn auxiliator Diome- dem increpat , qui aliquantum ab acie prima rece- diti (6) A enea s post Apollinem ab eo protegitur. (7) XIX- Venus Jovi manum ostendit quam ei vulneraverat Diomedes . Juno et Minerva Vcnerem irriderit . (8) XX. Fervei adhuc pugna . Laeva picturae par- te Hecior MenestJiem et Anchialum sagittis confi - cti • (9) Dextra Ajax telamonius ex Amphii cada- vere ìiastam impresso calce educit. ( 1 o) JJljsses me- dia in acie versatur. XXI. In media piciura Tlepolemus graecus a lycio Sarpedone hasta ad jugulum educta interimi- tur. (11) Tarn dextra picturae parte ipse Sarpedon saucius et jam a graeco milite conficiendus suorum ope protegitur . (12) Laeva denique idem Sarpedon (1) Ibi v. 210. (7) Ibi v. 437. (-2) ibi L. 5. v. 4. 8. (8) Ibi v. 418. (3) Ibi v. 19. (9) Ibi v. 608. (4) Ibi v. 35. (10) Ibi v. 620. (5) Ibi v. 95. (n) Ibi v. 657. (6) Ibi v, 44o. (12) Ibi v. 663. Dell1 Omero ambrogiaho dipinto 19$ sanctus sub fogo . Uljsses semìnudus cantra lycios pugnai . ( . ) In caelo lupiter luno et Minerva . XX.II. In nubibus lupiter luno et Minerva . Haec caelo lapsa in Diomedis biga insistit atque heroa cantra Martem extimulat . ( 2 ) Diomedes jaculum in Martem vibrai qui inter trojanos praeliatur . (5) XXìIl. Mars ih Oljmpum conscendens de ac- cepta a viro mortali in j uria a pud Iavem expo s tu- lai . (4) AX.IV. ( Urbs Troja , Scaea porta et P riami regia . Hector Urbem ingressus obviam habet Hecu-> barn . Altera f emina junior adest , forte Laodices soror II e et or is . XXV. Laeva piciurae parie mulieres trojanae peplum Minervae offerentes . (5) Eminet inter ma- tronas Theano sacerdos ante tripòdem . Coram est templum cum signo Minervae quae vultum a sup- plicibus avertit. (6) D extra Hector Pai idem alloqui-* tur . Paridi adsidet Helena.{j) Trojanae ui bis aedi" Jicia circumstant . XXVI Hectoris cum Àndromacha uxore collo- quium.(8) AdestfiliusAstyanax. PostAndrvmacharrt nutrix seufamula. XX^;1I. Laeva piciurae parte graeci propugna* culi constructio,(()) et caementariifabri. Dextra grae- ci coenantes , (10) Juxta est mare . Naves a Lemno adveniunt vinum in testis vehentes. (11) (1) Ibi v. 676. (7) Ibi v. ZiZ. (2) Ibi y. %3j. (8) Ibi v. 38o. (3) Ibi v. 855. (9) Ibi L. 7. v. 43«. (4) Ibi y. 872. (10) Ibi v. 466. (5) Ibi L. 6. v. 286- (11) Ibi v. 467. (6) Ibi v. Su. 3 00 Letteratura XXVIII. Graeci armantur ad pugnam . (i) Tra j nni super iores evadunt . Jupiler ab Agamem- none enixe oratus, rie graecus exercitus occidione oc- cìderctur : (2) aquilani miftit quae hinmdum ex unguibus in ternani deficit . (3) XjXIX.. Prodigio graeci /innati sese adversus tmjanos convertititi alacrius. (4) In prima ade grae- corum fortissimi quique; itemque in prima trojanorum Hector et reliqui heroes . In sinistra picturae patte colloqnuntur Agamcmnon Teucerque . (5) In pictu- rae vertice Juno Minerva et Iris alata . XXX. Nocte Hector trojanos extra urbem con- tinet eosque alloquitur . (6) Cibus capitar ab exer- citu • Tenebras multi ignes dispellunt . (7) XKXI. Hcsterna clade consternatus Agamemnon ducimi coe/um per praecones noctu convocat . (8) XXXI F. Diomedes et Nestor colloquenles . XXXIII. Nocturnus graecorum ducum conses- sus. (()) Sedei; f Idomcneus Agamemnon Mcnelaus Aja- ces duo et Phylei JiUus Meges . Stant Nestor Diome- des et Uljsses . Adstant etiam praecones armatique custodes . XXXIV. Diomedes afque Uljsses ad speculan- dum profecti, Dolonem trojanum capiuut qui lupi pel- le indutus ad castra graeca exploranda veniebat. (io) Idem mox Dolon in dextrapicturae parte crudeli sup- plicio ad/icitur. (11) In picturae vertice nox alata. (0 Ibi L>8. v. 53. (7) Ibi v. 554, (2) Ibi v. 206. (6) Ibi v. 1. et sequ. (.T) Ibi v. 247. (9) Ibi L. 10. v. i«j4 (4) Ibi v. 2Ò1. (lo) Ibi \: oi4- (5) Ibi v. 278.' (11) Ibi v. 455. (Gj Ibi v. 4*9. Dell' Omero ambrogiano dipinto 201 XXXV. Uljsses ac Dlomedes castra thracum dormientium ingressi caedi indulgerti . ( 1 ) Diomedes Rhesum re geni in medio cubantem interiniti . (2) Dextra picturae parte Uljsses ac Diomedes ad grae- corum castra cum Jì/iesi equis reversi excipiuntur a Nestore aliisque ducibus . (ò) Nox adirne caelum alis amplectitur . XXXVI. Motis iterum armis, vulnerantur grae- corum fortissimi quique . Eurjpilus a Paride in fe- more vulneratur . (4) Machaon curru a Nestore a- vehitur propterea quod ab eodem Paride vulnus ac- ceperat . (5) XXXVII. Achilles cum sodali Patroclo pugnarti graecorum e navibus observat . (6) Statimque Patino- cluni mittit ad Nestorem qui in tentorio cum Machao- ne potione se rejìcit . Ad Achillem revertens Pa- troclus Eurjpilo saucio occurrit , cui delato in ten- torium medefur . (7) XXXVIII. Graeci castris conclusi fossa mu- roque ob naves tuendas munitis . Supervenientibus trojanis , certamen atrox atque expugnatio fit . (8) XXXIX. Trojanis graeca castra saxis atque igne oppugnantibus , a Jove prodigium mittilur aqui- la captum anguem unguibus gestans , quem tamen mox dimittit , vulnus ab eodem perpessa . (9) In si- nistra picturae parte id prodigium Poljdamas Hecto- ri explicat. {io) (1) Ibi v. 4;o. (6) Ibi L. 11. v. £99, <2) ibi v. 494. (7) ibi v. 84 1. (3) Ibi v. 532. (8) ibi L. 12. v. 1. et serjiv (4 Ibi L. li. v. 58o. (9) Ibi y. 200. (5) Ibi r. 5o5. S97, (10) Ibi r. 210. 202 Letteratura XL. Pugnar insfant trojanLquorum in ac/'e pri- ma Sarpedon eminet . Ipsum muro pnhibcnt Tcu- cer sagitfa , Jjax hastne conjectu . ( i ) XLI. Castrorwn graecorum portam saxo Hector perfringit.(i) G arci ferriti ad naves di/fugiunt.(?>) XLT1. Larva parte pugna libro \/II lucu/en- ter descripta. Graeci proceres Neptuni hortamentis confirmati trojanis fortiter 'resistimi , prvque tentoriis ac navibus protegendis praeliantur, Idomeneo praeser- tim antesignano . (|) Idomeneus Othryoneum a se interfectum peìie trahit . (5) XLIII. Trojani canluntur , Hectore vulnera" to . (G) Tum a Peneleo Ilionei capite hasta sublato , trojani terga vertunt. (7) XLIV. Eurjpilus haud procul graecis navibus in tentorio seden s ptopter vulnus acceptum . (8) XLV. Trojani , opem ferente Apolline , graecos graviter premunì qui ad naves fuga seccdunt , hor- tantes inter se , diisque vota sublatis manibus nun- cupantes . (9) XLVI. Adhuc pugna graecorum , persequen- tibus trojanis et Apolline . Nestor fugientes retinere oratione nititur. (io) XLVII. Achilles in tentorio sacrificans prò fausto eventu pugnae Patrocli.(i 1) Jupiter rem sacram aspi- ciens • (12) XLVIII. Patroclus occiditur ab Hectore . (i3) (1) Ibi v. 4io. (8) Ibi L. i5. v. 090. (2) Ibi v. 445. (9) Ibi v. 365. (3) Ibi v. 4yo. (10) Ibi v. 65g. (4) Ibi L. i3. v. 240. et sequ. (11) Ibi L 16.V.220. et sequ, (5) Ibi v. 383. (i-i) Ibi v. 249. (6) Ibi L. 14. v. 409. (i3) Ibi v. 818. (7) Ibi v. 489. et sequ. Deli/ O.kero ambrogiano dipinto ao3 Hoc in praello versatur etiamJ pollo. In d 'extra pictu- rae parte Automedon cum Achillis equis , excincto jam Patroclo , pugna se subducit . ( i ) XLIX. Sinistra picturae parte Menelaus Patro- cli cada ver cljpeo protegit, atque Eupliorbum hasta minisque submovere conatur . (2) L. Eupliorbum prò Patrocli spoliis pugnantem occidit Menelaus correptum capite ferroque in gut- tur adacto . (3) LI. D extra picturae parte Menelaus arma Eu- phorbi a se occisi detrahere incipiens . (4) Laeva A- pollo Hectorem concitans adversus Menelaum . (5) L 1 1 . Scamander Jluvius . LUI. f^ulcanus Scamandri aquas igne exurit . Fluvius Junonem obsecrat ut Vulcani vini sistat . (6) Inno ì^ulcanum tacto humero reprima . (7) LIV. Ingenti clade fatigatos trojanos urbeque conclusos graeci persequentes^ad moenia usque acce- dunt , sento sibi praetendentes propter jacula prepu- gnatorum. (8) SolusHector extra moenia ante Scaeam portoni subsistit atque Achillem pugnaturus exspe- ctat. (9) Interim Priamus et Hecuba projectis e muro brachiis Hectorem ut se in urbem reciperet frustra obsecrant . (io) A chilles superbenti hastam contra Hectorem vibrarli . (11) LV.Ludi curules in Patrocli inferiis. (i2)Dextra picturae parte athletae superveniunt hoc ordine: Dio- medesAntilochus Menelaus Meriones. ( 1 3) Laeva Achil- (1) Ibi vr. 864- et sequ. (8) Ibi L. 22. v. i. (2) Ibi L. 17. v. 1. et sequ. (9) Ibi v. 5. 35. g5. (3) Ibi v. 4y- (10) Ibi v. 37. et sequ. (4) Ibi v. 3g. 70. (11) Ibi v. i3i. (5) Ibi v. 71. (12) Ibi L. 23. v. 262. (6) Ibi L. 21. v. 36j. (i3) Ibi v.499. et sequ. (7) Ibi r. 377. _io4 Letteratura. les praemia di striò uens , olii famulam , olii eqitam , all'i phialam, alti aliud . Conspicui sunt praeter Avhil- lem , Agamemnon Idomeneus AiaxUlysses et Nestor. Procid visitar meta . ( i ) LV1. Cursus ped estris item in inferiis Patro- cli . (2) Ajax in stercore bovino prolapsus. (3) Idem bovem praemium suum tenens. (4) Uljsses metam fan- gens. Idem craterelli praemium accipiens. (5) Coram graeci duces ludum spectantes . In medio mensa cum praemiis , itemque vas palmarium . LVJI. Profecturus ad Achillem Priamus ut Hectoris corpus redime ret , pateram ab Hecuba acci* pit, Jovi ad aram libaturus. (6) Adstant aliquot Pria- mi liberi cum duplici rheda, mulina quae pretia, equi- na quae Priamum ad Achillem veheret . (7) LVIII. Priamus Trvja ad Achillem prafìciscens, et Idaeus praeco miniera curru agens . Equi Priami mulaeque Idaei bibint ex /Invio -. (8) quo in loco Mercurius a love missiis (9) occurrit iter agcntibus, seque viae ducem praebet . (10) §. 87. Con le brevi ma interessantissime cri- tiche note da me accennate al tj. 82 ; con l'indice degli autori lodati negli ambrogiani scolii dell' odis- sea ; con gli scolii medesimi greci soltanto; e con 1 altro indice delle più importanti cose ch'essi con- tengono : esauriti tutti i pregii non restano di questa edizione . Essa ha il suo compimento col trattato di un Didimo, intitolato met^« mx^x^uv mi TTocnoiuv %vAù>v: maimorum et lignorum quorumvis men- J— I- — ■ !■■■■! ■■ — ■■—■■* ■ . ■ . — — (1) Ibi v. 027. (6) Ibi L. 24- v. 3o5. (2) Ibi r. j4o. (7) Ibi v, 248- et sequ. (5) Ibi v. 774. (8) Ibi v. 35o. (4) Ibi v. 780. (9) Ibi v. 333. (5) Ibi v. 7-8, (10) Ibi v. 36o. Dell' Omero ambrogiano dipinto 2o5 stira : visto dall' editore in molti codici e special- mente in uno ambrogiano cartaceo del secolo se- dicesimo . Questo Didimo è -ivi detto alessandri- no . Egli peraltro confessa ignorare , se l'opuscolo sia parte di più prolisso lavoro di Erone; ò se questi siasi giovato degli scritti di Didimo au- tore più antico di lui, e declina ogni disputa in- torno a'diversi Didimi ed Eroni e alla età e ope- re de' medesimi . Osserva beusì , che un frammento dell' opera di Erone de mensuris , pubblicato da' monaci maurini ed esistente in molti codici , com- bina e spesso anche ad iitteram con questo Di'» dimo ambrogiano : il che tuttavia non è indizio certo , che l'operetta appartenga a uno d' essi sol- tanto . Imperocché il più volte Erone lodarvisi, in- duce a credere , esserne l'autore ù almeno com- pendiatore un individuo da Erone diverso . Que- sto dono fatto al pubblico da monsignor Mai si limita al puro greco testo , e alle greche note de' numeri e specialmente de' rotti ; lasciate alla fa- cile immaginazione de' leggitori le figure de' trian- goli e vasi e delle colonne e piramidi . Lo stile dell'operetta è conciso chiaro e ben degno della l'a- lice età del grecismo , con molta dottrina di co- se matematiche geometriche mensorie ponderali e nu- mismatiche . §. 88. Le modestissime orecchie di monsignor Mai si chiudono agli encomii che da ogni dove gli si tributano per tante letterarie imprese tratte a fine nugistralmente in una età in cui appena molti altri cominciano a meritare . Dopo aver dunque in questi tre articoli rozzamente descritto la edi- zione nobilissima dell' omerico ambrogiano codice, contenente frammenti e pitture dell' iliade , il più antico tra quanti se ne conoscono ; e degli sco- so6 Letteratura. lii dell' odissea desiderati indarno prima di lui : nulla mi resta che imporre silenzio al mio stupore e al mio rispetto , acciò si astengano da ogni espres- sione di lode ben dovuta a opera così grande . Silenzio tanto per me malagevole , che non so se potrò darne novo esempio , allorché la edizione della maggior parte de tulliani già smarriti e ora da esso rinvenuti libri de re publica, incominciata molto per tempo ma inutilmente a vessare dalla senile in- vidia di qualche letterato di second' ordine e l'orse di terzo , sarà felicemente compiuta . TfiOFmo Betti appendice alt articolo sul trattato di Dionigi d Ali- carnasso intorno lo stde di Tucidide ec. ( V- vol. XXIX. p. a3o. ) J.1 eh. sig. Pietro Manzi ha posto avanti al trat- tato di Dionigi un bel discorso sull'arte istorica , tutto pieno di gravi e rari precetti : i quali chia- riscono bene quanta dottrina egli abbia delle ope- re degli antichi , e di che buona filosofia infor- mi la sua dottrina . Crediamo quindi ch'esso di- scorso sia per essere utilissimo ai giovani che il leggeranno . Che se per le troppe cose quivi con- tenute ci è negato il farne compendio , non las- ceremo però di notare , ch'egli vi promette di far italiane tutte l'altre opere critiche di Dionigi . E per ciò il pregheremo a non fallire la sua gentile promessa , a piacere e bene di tutti gli amici dell' eleganza , e della classica letteratura . Molto finalmente si vorrebbe da noi dire in Dionigi d' Alicarnasso 207 lode dì questo volgarizzamento . Ma non voglia- mo che le nostre vane parole occupino il luogo alle sue: nelle quali potrà più veramente fondarsi il pubblico giudicio . Daremo quindi uno de1 luo- ghi più singolari della traduzione : scegliendo quel- lo che Dionigi recò di Tucidide ; dov'è descritta la battaglia tra le navi d'Atene e quelle di Sira- cusa . E perchè i leggitori facciano le stime più giuste del valoie del Manzi, porremo il volgariz- zami nto di lui a fronte dell'altro , che dello stesso luogo già fece , nel ii>45 , Francesco di Soldo Stroz- zi cittadino di Firenze . G. Perticar! Tucidide Lib. Vii- Traduzione dello Strozzi ( fi '73 ) Demostene , Menandro ed Eudemo (perciocché que- sti capitani degli ateniesi erano montati sopra le na- vi ) essendosi mossi dai luoghi loro , navigarono alla volta del porto ser- rato ed occupato , vo- lendo uscir fuori per for- za . I siracusani e i con- federati andarono loro all' incontro con altret- tante navi. E primamente con una parte desse sta- vano alla difesa dell'usci- ta del porto , acciocché da ogni lato assalissero Traduzione del Manzi ( f. 38 ) Ma Demostene , Menan- dro ed Eutidemo ( che codesti erano i duci del navilio ateniese ) si mos- sero dagli accampamenti , e trassero con ogni cele- rità le navi alle già pre- se ed occupate bocche del porto per isboccarne di forza . Opposon loro i si- racusani e gli alleati egual numero di navi , distri- buitene da prima al cu- stodimento dello sbocco , ed alla tutela di ciasche- duna parte del porto , per potere in cotal guisa , di 2o8 Letteratura gli ateniesi, e la fantasia ogni lato da fanti soccor- resse loro ajuto , ove si , abbordare le navi aie- che le navi si fossero niesi . fermate . Erano capitani dell' ar- Presiedeano alla Jlotta mata dei siracusani Sica- siracusana Secano e lega- no ed Agatarco : l'uno turco: l uno e l altro era- e l'altro nel suo lato - no a lati , Piteno e i co- Pite ed i corintii nel mez- rintj nel centro . Avviti- to . Gli ateniesi poiché nati che si furono gli ate- si avvicinarono al luogo niesi allo sbocco, nel pri- rinchiuso , nell' impeto mo impeto si rendettero primo furono vincitori padroni delle navi ivi po- delle navi, le quali erano ste , e forzavano di man- ordinale appresso al detto darne in aria i cancelli . luogo : e si isforzavano Ma sopraggiunti tosta- di sciogliere i provesi . niente da siracusani e da- Dopo questo essendo ve- gli alleati , non più si nuti loro addosso d'ogni restrinse in quello stretto lato i siracusani ed i con- // combattimento , ma prò- federati , combattevano greddo per ogni parte del non più appresso al luo- porto divenne atrocissimo go rinchiuso, ma nel por- assai più de già stativi . to : ed era la battaglia Grandissimo impegno po- crudcle: differente dalle neano i noccliieri di am- passate . Perciocché era be le parti nell investire, grandissima la prestezza comandatine, le navi nimi- de' marinari d ambedue , che : grandissimamente si a navigar l'uno contra -Adoperavano i capitani in dell' altro , quando era- adoperarsi contro gli ar- no comandati . Ed era tifizii tutti dell arte . La una esortazione e contra- soldatesca pur avea cura. sto de' governatori : l'uno che, nell urto dell una na- contra 1 altro . Ed i solda- ve coli altra , non venis- ti , ogni volta che una na- se. a mancare a combattei)*- Dionigi ù Alicarnasso 209 ve urtava nell'altra , ave- ti sul cassero l'ajuto lo» vano cura di non esse- ro , e ciascheduno nelt re abbandonati da quei uffizio suo si sforzava ch'erano sopra dei tavo- di primeggiare . Quindi lati . E ciascheduno si spignendosi per investir» sforzava di star nel luo- si in piccol spazio mol» go nel quale prima era tissime navi ( eh erano tra stato posto . Ma combat- i due poco mendi dugen- tendo molte na\i in pie- to ) e infra se combat» colo spazio ( perocché es- tendo non potean che ra» sendo du cento fra tutte dissimamente abbordarsi : lasciavano poco spazio ) impossibilitativi dal non si facevano pochi assai- esser loro permesso ne il ti . Perchè le navi non progredire , né il sovrap» si potevano tirare in porsi, ma bene spesso s in- dietro , ovvero partirsi; vihtppavano , impacciati» ma più spesse volte si dosi, scambievolmente nel- rimescolavano insieme , le fughe , e negli urti re» sì come ciascuna nave ciproci • Investendosi pe» l'altra assaliva o vero nel ro si fulminavano a pi?,» fuggire , o vero nell' an- ne mani dà combattenti in darsi incontra - E mentre su casseri sassi dardi che le navi andavano luna saette, ed aggrappatisi ve» contro 1 altra, quei ch'era- Titano alle prese, facendo no sopra i tavolati ti- forza di gittarsi gli uni ravano contr' esso gran ali abbordo degli altri . moltitudine di dardi, frec- Nascea poi dalla strettez- cie , pietre ; ma poiché za del campo , che quei s'erano azzuffati, i sol- che dall'una parte erano dati delle navi , venuti assalitori , venissero dall' alle mani , si sforzavano altra assaliti , e che ne- d'andare nella nave dell' cessariamente si cotnpli- inimico . E per la stret- cassero talora due navi tezza del luogo accadeva con una , talora pur art» da un canto che alcuni che in pia numero , per: G.A.T.XI. 4 $io Letteratura assalivano : dall' altro es- essere i capitani or dall si erano assalili : e due attaccare or dal difendersi navi ( e in alcuni luoghi in varie parti distratti . più ) erano inviluppate Strepitosissimo era lo stre- d intorno ad una. 11 che ' pito delle abbordantesi na- faceva che i patroni ed vi, tremendo a nocchieri , i governatori non sape- ed i comandi de dirigi- vano , s egli bisognava tori soffocante . Molti in guardarsi o assalire : e entrambi eran gf incita- se bisognava ciò fare nel menti, che l'arte, o la lato destro , e nel sini- in allora stimolante neces- stro . Ed era un grandis- sita di vincere suggeria . simo strepito, per molte altissime grida usciali da- navi insieme affrontan gli ateniesi , animanti i tesi . Il che sbigottiva gli suoi a squarciare lo sboc- uomini : e faceva che co : e che s'isj orzassero non si potevano udire pia che non avean fat- qnelle cose che coman- to innanzi per ritornare davano i corniti . Per- illesi alla patria . Bellis- ciocchè dall' uno e lai- sima cosa poi ella sem- tro si faceano molte e- brava a siracusani ed al- sortazioni e gridori de' leati loro V impedir quella corniti : secondo il prò- fuga , e di cotanta vitto- prio officio di ciascuno , ria onorarsi . Talché se e secondo che nel pre- / duci si avvedevano , che sente contrasto si richie- taluna nave desse indie- deva. Perciocché gli ate- tro senza motivo , ne chie- niesi gridavano verso dei devano immantinente ra- loro: che dovessero uscir gione a chi ne teneva il fuora : e che , se imi al- comando . Sfavati gli aie- tre volte, allora pronta- niesi dubbiosi, se avesse- mente si affaticassero per ro ad estimare più ospi- ritornar salvi nella patria, tale f mimicissima terra A' siracusani e confede- di quello con noti poco rati pareva bella cosa vie- travaglio da essi loro Dionigi d' Alicarnasso an tar loro che non iscam- acquistato mare : i sira- passero: e vincendo ac- cusani , i cui disegni eran crescer la gloria ciasehe- certi essere interamente duno della patria sua . volti al fuggire , fuggi - Ed oltre ciò i capitani tivi fuggissero - Or men- d'ambe le parti ogni voi- tre costoro combattono con ta che vedevano che al- parità di successi, gli eser- cuno si ritirava senza ve- citi rimasi in terra si ri- runa cagione necessaria , manean sospesi e inquie- chiamando per nome il fissimi : gli uni infuocati sovracomito, domandava- della cupidigia deli accre- no gli ateniesi se si riti- scer di gloria , gli altri ravano verso il paese ni- timorosi d incorrere in ma- micissimo , giudicando // peggiori , Imperocché quello esser loro più ami- gli ateniesi riposta avendo chevole del mare, acqui- ogni finale speranza nelle stato con fatica non pie- navi, pieni erano d im- cola . I siracusani diman- pareggiata paura : fatta davano sessi fuggivano maggior dallo stare ivi chi voltava le spalle : sa- spettatori di quella dub- pendo manifestamente che biosa battagliarla cui prò s- i nemici erano apparec- simità impedendo che si chiati a fuggire in ogni vedesse da lutti egualmen- qualunque modo, E men- te , movea quei die si trechè la battaglia navale riguardavano in taluna. era del pari , la fanteria parte vincitori a sollevar d'ambe le parti ch'era in la speranza , ad invoca- terra , si trovava in mol- re gt iddìi non gli frau- do combattimento e con- dassero deli ajuto loro ; trasto d'animo . I sira- ed i credutisi vinti apia- cusani per acquistare gnistei, e dirottissime gri- maggior gloria : gli ate- da , agitati da pia grandi niesi , perchè temevano timori di coloro che com- che le cose non riuscis- batteano . Taluni titubane sero peggio di quello a ti di una pugna che sin- aia Littuatdu che erano . Perciocché feroci va per la reciproca essendo posto tutta la lo- resiste» za, mostravan fieli* ro sper enza nelle navi , ondeggiamento de corpi avevano una paura circa quello che il timore gene- le cose da venire non rava itegli animi , e sifa- simile a verun' altra . E cean cadere nel massimo per avere tutta la spe- smarrimento . Continue ranza nelle navi, dubbio- erano in quelle angustie samen te da terra risguar- e le fughe e le uccisio- davano In battaglia na- ni, e fieli eguaglianza de~ Tale. Perchè facendosi el- gli avvenimenti ben si la innanzi a' loro occhi , poteano dalt oste ateniese tutti ri sguarda vano ad un in un medesimo tempo sen- loco medesimo . .S'alcu- tire e i lamenti e le gri- lli vedevano vincitori i da , e ì vincitori e i vin- suoì , pigliavano animo, ti , e quanto né grandi pe- ed invocavano gliddei , ricoli si suole da grandi che non li privassero del- eserciti operare . Ne au- la salute; e gli altri con- dava altrimenti di colo- siderando la parte ch'era ro , che si trovavano in vinta piangevano e gri- sulle navi , sino a che al- davano. Ed avea uno mag- la per/ine i siracusani ed gior dolore delle cose alleati loro dopo una ac- che si facevano, che quel- canitissima zuffa volsero li ch'erano nel fatto. Al- in fuga gli ateniesi , e in- tri vedendo la battaglia verso terra coraggiosa- navale del pari , e non mente incalzandosi, gì in- molto differente , sì co- seguono con alte grida ed me erano disposti con lo esortarsi scambievole . Ili- animo, così co' loro cor- tanto i soldati di mare pi per paura movevano eli erano campati da pri- in questa e in queir al- gionia , si giltan di ogni tra parte . Perocché del lato per ricovrarsi negli continuo o fuggivano, o alloggiamenti . Ma i Jan- erano ammazzati in pie- ti più non si diseguaglian- Dionigi d' Alicarnass© 2i3 colo spazio . E nel me- do e di egual passione desimo esercito degli ate- tutti mossi , co' pianti e niesin finche combatteva- coi* gridi palesano d dolo- ro egualmente, s'udiano re dell'accaduto- Corro- lamenti , gridi , vincito- no gli uni al soccorso dei- ri , vinti, ed altre co- le navi : corro?! gli altri se , le quali è forzato a difendere i rimanenti un grande esercito a lare muri: i più però van seco in una gran giornata . Il stretti riguardando a'mo- medesimo interveniva a di di provvedere alla pro- quel ch'erano sopra le na- pria salvezza . Tanto fu vi . Ma i siracusani e i lo spavento , di non po- confederati, avendosi am- tersi con nessun altro bedue le armate per lun- eguagliare : e tanti i mor- go spazio fatta resistenza ti, die venne a pareggiar- luna all' altra, messono si il numero di que che in fuga gli ateniesi; e furono uccisi in Pilo, luo- dando loro addosso vaio- go della strage da essi rosa meni e , con molto ro- fatta de" disbarcati dalla more ed esortazioni ai fugata flotta lacedemonia. loro proprii , davano loro Di guisa die senza un la caccia verso la ter- impensato variar d avve- ra . Allora tutti coloro nìmenti , avean essi di già delf esercito da mare che lasciata ogtii speranza di non erano stati presi ncll' salvarsi per la via di ter- alto mare , chi dall'una ra . Postosi così fine a ta- parte chi dall' altra si le accanitissimo ccmbatfi- ridussono nel campo . La mento sterminatore di mol- fanteria non più indif- te navi e di molti uomi- ierentemente , ma tutti ni, i siracusani ed alleati con un impeto medesimo, loro , che ne aveano avu- piangendo , e gemendo , ta la vittoria , raccolsero e dolendosi delle cose / cadaveri e gì infrantumi che intervenivano, anda- delle navi ; e venuti entro 3i^ Letteratura vano a dar soccorso alle la città , vi eressero un navi : altri alla guardia trofeo, de ripari che restavano ; alcuni altri ( e questi erano la maggior parte ) consideravano in che mo- do salvar si potessino . Ed allora s' ingenerò uno spavento non minore a tutti quelli ch'erano sta- ti . Ed il medesimo in- tervenne loro, ch'essi fat- to avevano verso Pilo . Perciocché i lacedemoni^ perdute le navi , perde- rono ancora gli uomini ch'erano smontati nell' isola . Così allora gli ate- niesi erano fuori della speranza della salute lo- ro , se qualche cosa fuo- ri di speranza non fos- se loro accaduta . Essen- do stata fatta questa bat- taglia navale molt' aspra : ed avendo smbidue le partì persi molti uomini e molte navi , i siracu- sani e i confederali loro avendo avuta la vittoria , ottennero le navi rotte ed i corpi morti . E ritor- natisi nella città , diriz- zarono un trofeo . ai: Del vestire antico e moderno. X arve che la stagione estiva dell' anno scorso , che portò il termometro di Reaumur circa ai gra- di 3o, volesse ricordare ai romani , ch'essi non vi- vono nelle latitudini di Parigi e di Londra , do- ve quel grado non si conosce, o si soffre per po- co , e dove si accende il fuoco ai primi di ottobra quando noi ancora ci tacciamo vento . Parve , che volesse avvertirli , che il drappo di lana , ch'essi hanno adottato dappoiché la guerra i francesi , e la curiosità portò gl'inglesi in Pioma, non è in que- sto clima tollerabile nell' estate , e lusarne non può essere in molti , che una incomoda speculazione di economia , in alcuni una ipocondria di salute , e in moltissimi una frenesia di moda : ed è certo, che non più di venticinque anni indietro , quando il termometro non salì mai a quel segno, il com- parire in Roma vestito di panno in quel tempo sa- rebbe stato lo stesso che esporsi alle rise univer- sali . Molti si ricordano , che allora si notava per singolarità o per parsimonia qualcuno , che anche nella canicola faceva vestir di panno i servitori : e ciò è segno evidente , che non lo vestivano sicu- ramente i padroni . Che gli antichi si maravigliassero assai, che Giulio Cesare in alcuni spettacoli che diede al po- polo facesse coprire il teatro con velar] di seta , come dice Dione , non già per accrescer la luce , come si pretese da un antiquario che si ottenesse dal tendone del Colosseo, ma per magnificenza, era ben naturale: mentre tutti sanno quanto rara e prezio- sa era allora la merce della seta, che solamente dall' i 1 6 Letteratura indie orientali per la via della Persia e dell'Egitto po- teva aversi. Tiberio successore di Augusto lece dal se- nato con un decreto proibire agli uomini le vesti di se- ta. Caligola comparve qualche volta vestito di seta, ma molti credono , che tanto i tendoni di Cesare , quan- to gli abiti che proibì Tiberio ed usò Caligola, non l'ossero veramente oloserici , che in greco significa tutti intieramente di seta , ma fossero di una stof- fa mista, di cui facesse parte anche la seta, come re vediamo anche adesso ; giacché sino ad Elioga- balo , che portò il lusso all' eccesso , non pare che vi sia esempio di una veste veramente olose- rica . Aureliano più di un mezzo secolo dopo Llio- gabalo non aveva , al dir di Vopisco scrittore del- la sua vita, una sola veste di seta nella sua guar- daroba . Chi sa come si vestì allorché fece servi- re al suo trionfo la famosa Zenobia? Ma è certo, come dice .Vopisco , che proibì alla moglie di far- si un manto di seta , perchè non voleva pagare le vesti a peso d'oro , mentre una libbra di seta va- leva una libbra d oro . L'uso più ordinario della seta in Europa non incominciò se non sotto limpero di Giustiniano , come si ha da Procopio ; e siamo debitori di que- sta nobilissima stoffa a chi per penitenza non ne fe- ce mai uso , cioè ai monaci , due de quali ne por- tarono il seme dall' indie , e insegnando la mecca- nica del lavoro contribuirono allo stabilimento di quella manifattura in Costantinopoli, e in altre vi- cine città , come nana il Muratori . Ma che noi, (he possiamo a\ erne a dovizia, preferiamo nella estate la lana , cioè anche quan- do si tosa alle pecore , questo veramente è un fe- nomeno maraviglioso per chi si rammenta ciò, che da tutti trent' anni indietro si costumava . I gio- Del vestire antico e moderno 217 vani perù non barino mai vestita la seta , e benché assai caldi di sangue , sono tuttavia più ardenti per la moda ; i vecchi , che la vestirono un giorno , trovano forse adesso nella lana un compenso del calore perduto : ma nell anno scorso bastava os- servare il termometro pet pi edire ogni giorno con sicurezza i gradi dei i' affanna mento degli uni e degli altri . Il più belio poi oterlo esibire intiero, poiché i limiti entro cui dee -istriiigersi questo loglio ci obbligano di essete bre- >i. LA. fa 'un ingrgnosa applicazione della teoria [del calorico onde spi. gare ii noto fenomeno della cessazione della peste in temperature opposte ad un certo grado d' intensità. Esamina poscia i principj contagiosi ed epidemici, giusta l'ipotesi che essi provengano da gaz, sulla natura de' quali non ci han- no ancora dato i chimici veruno rishia lamento, ma che sono dotati di propiietà molto diverse. | principj contagiosi non si sviluppano spontaneamen- te e sono portati dal di fuori ; insolubili nell'aria poiché si espongono all' azione di essa, provano al- lora alterazioni e combinazioni che fanno ad essi perdere le loro proprietà. All' opposto i principj epidemici spontaneamente si manifestano nell aria. Questo fluido li tiene in dissoluzione e li traspor- ta dall' uno all' altro paese a norma della direzio- ne dei venti. Essi sono talvolta il prodotto delia putrefazione , ma essa sola non basta a formarli senza il concorso di altre circostanze. Il sig. Me- rel risguarda l'Egitto come la culla della peste, at- tesa la quantità di ammoniaca che trovasi nella sabbia di questo paese, e che è formata dalle ma- terie animali che il Nilo slracina e deposila alio* a quando straripa. Opina perciò che i due elementi dell'ammoniaca, l'azoto e l'idrogeno, possono in- contrarsi in proporzioni tali che una ira queste co- stituisca la base del gaz pestilenziale. Indica final- mente tutti i mezzi cogniti per distruggere i mias- mi contagiosi 0 epidemici , quali sarebbero il ca- ia * aa8 Letteratura lore, l'acqua, l'aria, ed i gaz acidi; mezzi di cui sfortunatamente Y esperienza non mostra che trop- po spesso quanto sieno insufficienti. Senza portare giudizio intorno alla formazio- ne del gaz pestilenziale, la base di cui sarebbe l'a- zoto e 1 idrogeno , ci limiteremo a osservare che nella peste (ormasi un vero carbone sopra i bubo- ni, e che nel carbone misto di azoto o combina-, to con queste gaz trovasi il prodotto più energico della fermentazione putrida, se pure questa com- binazione non è essa stessa 1' agente o il principio di una tale fermentazione. TRIPOLI 20 giugno. Le locuste hanno cominciato a comparire da un mese. Esse assaltano gli olivi , i gelsi , i ta- bacchi , i cotoni ed altre piante. Il principe della Montagna fa sospendere i lavori della raccolta per impiegare i villani a distruggere questi insetti. Scac- ciate dai venti, più che dagli sforzi degli uomini, le locuste precipitano nei luoghi bassi e umidi ove periscono. Tante ne sono cadute nel fiume di Tri- poli, che i canali ministrano un'acqua infetta alla città e rimangono ostrutti. Da ciò deriva una del- le cagioni delle malattie di Tripoli, di Cipro e di altri luoghi circondati da laghi o da stagni. TRIPOLI 4 luglio. Il gazzettiere riferisce in questo articolo il ca- so di un bambino che ebbe gii occhi e la faccia divorati dalle locuste, e, che morì in conseguenza delle punture di questi insetti; non che 1 altro ca- so di un contadino, a cui mentre dormiva fu rosa tutta la barba dagli stessi animali. G. B. 329 Iscrizioni antiche inedite , raccolte da Clemente Car~ dinali ( Continuazione e fine . V. il voi. XXXI. J">8- 74 ) • N. XVIT. ». XXI. 0EO1 KATA X^NOIC . AYP HAIO .... . . . OEZEcEN AOKOY BE.OYAEC ANO 1 POPE KE.j . HT KE ETÀ . ME . CYM BI& ME0OY EZH<: ACTHAEKA AYPHAIA . PHrEI NA MNHMHC XAPINANEQHKA N. XXIT. EN0AAEKEITE HPINH NHY KOOM MAPAEIIAE *^x» Holc AY O&cEET&N TV ». XVIII. e. s. ♦ IAINO» . ZIMBIO» TAlKYTATàJ . ZINZH 2 4.NTI. AMEMHTflS ETESIN . Z - MHSIN . H KA . nPEIMA . TIMET . E 11IHSH . MNI .... ». XXIII. ENTAAEKEITE NIOMETOPA I3AP0AINOC ET&N . IH ENEIPHNH HtOlMICAYTI N. XVIUI. . . . TIXHN .... POY N. XX. EYAOriA à3o Letteratura W. XXIV. N. xxx. Oi J va MANF.N 0AZ.EKA TA KITE LOCV8 LEO.V TATIS N.X XV» MA NVS N. XXXI. maximina beneme renti . qve . dormit . in pace N. XXVIi B. 1VLIAE M. SANCTISSIME EX GENE RE MVSTIOLE SAKCTAE ASINIAE FELICISSIME QVE VIXIT ANNIS XXXVII. PONPO N1VS FEL1CISSIMVS CONIV Gì INCOMPARABILI DEPOSI TA XIII. KAL. IANVARIAS . D. SCL'S N. XXVII. A VRBANA . Q - VIX . ANN . XX N. XXVIII. FELICISSIME . TE . IN . PACE . QVI . VISSIS ANNIS .. III1 . MESSIS . VI . DIES Vili . PACE . T1BI .. N. XXJX. D M GERMANA QV. ANN XL DIES XIII . DC Vili . K SET IN PACE Iscrizioni Antiche a3i N. XXXII. N. XL. ANN A ù) Vili DEPOSITVS SEBIAINVS N. XXXIII. N. XXXIV. PETRI . ET APOSTOLI PRIMI . DEM N. XXXV. ANICI BASSIVC N. XXXVI. SEPT1M1VS . MAXIMVS IN PACE iW . AGR1PPA . COS . Mi N. XLI. BENIGNE . P . R . XXX . ANT . Ili . DAT VIR N. XXII. AELIVS . TORQVATVS M. . S1LANVS PAMPHILVS SERVILI SP . PR . ID . QVI N. XLIII. L . SABINVS C . SEXTI PETRVLIVS SP . K . 1VN — I N. XXXVII. VETVRIA . POLLA . FT . ASCLEPUDES . FEC d N. XXXVIII. CVRAEVODAE . AVG . LIB . PROC. N. XXXIX. AR1STI P F VENE *3a Letteratura n. XLJV. ET . VERBV>I . CARO . FACTVM . EST N. XLV. SF.CVXDINE . V1VAS N. XLVI. B AAQIHI . KAAATOPAr . BAAE0IH1 N. XLVII. N. XLIX. ROMA N- XLVIII. A0ENA. Vili . H . Z . A L E B I N. L. - DOAEITHS- N. 17- Sembra che si possa voltare in latino: diis /minibus, Aurelìus.... vìxit annis XLV. Coniugi cum quo vixi annos X, Aurella Re- ginn memorine caussa posui . N. 18. Suona in latino : diis manìbus • Filino coniugi diàrissimo qui vìxit mecuni sine macula annos VII. menses Vili. Claudia Pri- ma tutor pattuii memoriae caussa. N. 19. Nelle " indi 'atc schede della Tropr;g«r>da leggo che questo marmo è adorno di bassorilievo , nel quale è sculto lectisternium in quo duo juvenes ; ante co s mensa ; posi mensam genius ; ii'fe- rius epi^rafem . N. 20. Ouesta lapida e le quattro seguenti appartennero ad ebrei, come è chiaro dai candelabri epiiiirni s. ulti ne1 iati messe . for- se si deve leggere Et/À07i« ( scambiala ia ^ in J[ j , e potreb- be interpretarii beaedicUo . IsciuzroNi antiche a3S N- 21. Sono incerto se possa tradursi: loeui Besulis qui in pace dor- mii ; anno rmn XXV. N. 22. Hic jacei Mardepleus qui vixit annis . . . . in pace dormi» Ho ejus. N. -1.Z. Mie jacet Niottieiora virgo annorum XV III. In p ace dormi- tici ejus. N. 24- Oprotna lue subtus jacet. N. 25. Anche questo marmo appartenne ad un ebreo, perchè v'è grafito un candelabro eptilieno . N. 26. Da questo numero ai 55 sono lapidi cristiane. Questa è nella cattedrale di Chiusi in Toscana . Se non fosse priva del consolato , potrebbe aumentare il numero dei marmi illustri per le note croniche ; de1 quali dottamente scrisse Gaetano Marini nel voi. VI. del giornale pisano. N. 28. Sotto alla iscrizione v'è il monogramma sacro entro un cir- colo ; e una specie di martello ; e un altro ornato che somigli» quello tenuto in mano da una figura presso Boìdetti ( cimit. p. 5jb). N. 29. Estralta dalle catacombe romane, e da poco tempo portata in Chiusi insieme ad un corpo santo . N- 3o. A lato di questa leggenda sono grafite due figure palliate» reggenti una corona, entro la quale è scullo il monogramma de- cussato, e accompagnato dalle due lettere A. e Q. $". Si. La frase dormire in pace allude forse al dogma della resur-» rezione de1 morti . N. Si. Fino dalla età apostolica si usarono le due lettere A. e G&1 per denotare il Salvatore ; e san Giovanni le adoperò nella apoca- lissi più volte. N- 33. Queste parole sono scritte col minio in quattro tegoli , che riuniti formano l'intiera leggenda; dopo la quale è segnata uti'on. corei . N. 34- Di lato a questo marmo è sculta una testa muliebre . Ne' sas- si cimiteriali non è rara la memoria de' due apostoli , che con- fermarono in questa Roma col martirio la santità della nostra religione . N. 35. Lamina di bronzo che trascrissi nel museo Borgiano . Anici» à34 Letteratura Sasso ,che vi è ricordato , fu consolo nel 4o8 e nel 43 1 dell' cr* volgare . N. 36. In questo sigillo di bronzo ( anch' esso Borgiano ) è rileva- to un mezzo busto , non so se di Roma o di Pallade . É noto come gli antichi usassero ( ed usiamo anche noi ) avere un se- gno distintivo nel proprio sigillo . Si sa che Lenitilo ne adoperava uno in cui era efiigialo il di lui avo; in quello di Siila era sculto Giugurta re : Mecenate usò una rana ; Pompeo un leone : Pirro le muse con Apollo : ed Augusto adoperò dapprima una sfinge ; quindi il ritratto di Alessandro di Macedonia; da ultimo la pro- pria immagine sculla da Dioscoride ; e di questa usarono i seguenti imperatori sino a Gaiba. Delle quali cose fanno testimonianza Cicerone nelle catilinarie , Plinio e Lione nelle storie , Svett- ino nelle vite , Plutarco nei parallelli , Valerio Massimo , e al- tri assai . N. S7. Fistola acquaria in piombò già nel museo Borgiano . N. 3£. Laminetta quadrilunga in piombo nello stesso museo. N\ 3g. Terracotta presso di me. N. 4o- e 41- Due tessere d'avorio che fecero parte del museo Bor- giano: le trovo segnate ai numeri i54 e 157 della classe XI nel- la descrizione di quella ricca coileclanea fatta dai signori Akcr- blad e Filippo A urelio Visconti; copia manoscritta della quale io posseggo per gentilezza del secondo. Non vuò rendermi garante della sincerità di questi monumenti ; abbenchè del mio dubitare sia unico motivo il sapere, per testimonianza di Annibale Olivieri, che in sul finire del secolo XVlIl fuwi chi falsificò molte tes-i sere uguali . Che se questi andassero esenti da qualunque sospet- to, converrebbe far rimontare la prima al 727 di Koma ; la se- conda a'tempi del secondo triumvirato. Jtf. 4^. e 43- (Xieste altre due tessere gladiatorie in avorio furo- no per me copiate da alcune schede del commendatore Vettori; possedute dal più volte lodato sig. Filippo Aurelio Visconti mio amicissimo . W. 44- Nella indicata descrizione del museo Borgiano alla classe I. N. 23 , leggo che queste parole sono incise in un aureo cerchio annuiate • i Iscrizioni antiche 235 N. 45. Lnmina rotonda in metallo: dall' una parte si veggono le te- ste de' santi Pietro e Paolo ; dall'1 altra il buon pastore con le agnel- le ( Descriz. indie. Gas-. I. ti. 29. ) W. 4^- Caduceo in bronzo di antica forma, terminante in due tè- ste dì ariete , scritto con bellissimi caratteri , trovato presso Ta- ranto ( Descriz. indie Clas. Vili. n. 4- ) N. 47- Frammento di antica celala in bronzo (Descriz. indie. Clas. XII. n. 87 ) W. 48- Maschera comica con elmo , in bronzo ( Descr. indie. Clas.XI. n. 248 ) N. 49- Cucchiajo in argento già nel museo borgiano : forse è da leg- gere Aldi LEBI : nome non so se dell' artefice o del possessore . N. 5o. Giorgio Zoega (nel catalogo MS. de' mon. egiziani borgiani, esistente presso la s. cong. di Propaganda , 0 da m« consultato an- ni sono ; e precisamente al n. 25-> ) di questo monumento scri- ve cosi „ Frammento di marmo bianco, alio palmi 3, largo 2 cir- „ ca , trovato presso il colosseo in Roma: è p;ix cornipedes, quos plurima musca momordit, Vix cohibere auriga valet maledicta remiscens (i). Affertur tandem pendendi calculus aeris , Et procecendi ulterius largita facultas Indulta his verbis : „ pertranseat iste viator „ Sospes , et evadat tridua stellione tributa „ . Has melii plaudentes ambo , ceu dona tulissent , Certatim remeantes exhibuere pagellas : Ni'mpe mihi restabal adhuc scrutanda crumenar Rursus et incipiunt pacto sermone vicissim : Jlccipe • summatim sunt hoc digesta papjro ; Qiae jus decretum prò vectigale reposcit . Absit ut indicta te nos abs lege gravemur . Ne tibi sit chartae lustratio forte molesta , Oretenus breviter quae sunt inscrìpta feremus . Pro curru denaria soh'e duo : totidemque Solve tua prò persona : peregrina (a) supellex (i) Lo stampato ha refricans : e così aveva qui posto l'egregio amico, mio sig. ab. Lampredi . Ma sono per gentilissima lettera accurato dal dotto padre Isaia , che solo a un error tipografico si dee l'intrusione di quella inaia parola , avendo egli scritto assolutamente remiscens. {Nota di Salvatore Betti) (2) Diceva copiosa: ma peregrina vuol che si legga , e con ogni buona ragione di verso, il eh. autore. {Nota del medesimo) *4* LlTTKRATU R k Exolvat sàltem moderato jure triginta . Solve dein tabaci prò grandi pixìde septem , Solve iterum tria prò auriga , tntuque viarum : Solve ..sed he u.. solve.. Exolvam quodeumque libebit, Si liceat tandem ire miài . Eductaque crumena Project indignans septem denaria dena . Ut canis ad leporem patulo festinat hiatu , Sic avida Ma virum jacto super ingruit auro Protinus ingluvies , nec jarn contenta perurget Jnsuper extortam clamoso murature strenam . Interea rapitur currus crepitante flagello jiurigae . Extemplo succrescens stridor ad aures Personat, ingeminans : ohe , ohe : subsiste, viator >. Subsisto . Armiger adventans currum insila ardens t Arbitrioque suo mandai , flectantur habenae . Scilicet hoc unum remanebat , ut ante tribunal Praesidts obscurae rigidaeque indaginis instar Captivi ( irascor memorans ) traducere r insons ! Demitto auriculas quecumque ntbire paratus Adversae ancipitis fortunae . Adscendimus altos Scalarum tractus multo conamine , et olii Non ruptus trador : chartae Iraduntur , et una Tetri cus /tic raptim vix obliquumque salulans Has aperit , vitreaque diu perlustrat acuta Lente , frians compresso pollice , et indice micas Exiles tabaci repetitam naribus escam , Et modo vicini vacuas inmurmurat aures, Saepius insuaves eructitat ore chachinnos , Et modo perquirit , potius perquirere jingit JSescio quod folium non unquam forte repostum. Dimidium interea longae jam fugerat home . Demum , dante Ddo , expositas de more pagella^ Naribus emunctis , et barba saepefricata , Nomine communit proprio , meque y aere soluto , Dimittit . Concreta jecur miài btlis adurit . Otia reatina a4l Evasurus eram adversa jam denique porta ; Cum twì'us accelerat rapidam retintre quadrigam Institor , et rursus documenta viaria poscit . Exibeo . Legit emulcens sibi leniter ambas , Ceti sophus arcana exploret problemata , malas. PtU, sus et invifus cogor subsistere in ipso Limine portarum vigilanti milite corani , JDum speculam petit die suam scripturus in apio Codice iam no-vies imcripta , excriptaque ; tandem- lìegreditur lente properans ; strenomque requirens Urbano chartas capitis curvamene reddit . JNon meno ingegnosi e magistrali si troveran- no molti altri pezzi , tra1 quali noteremo la descri- zione della bella cascata d acque detta delle Marma- re ; delle ridicole e scipite composizioni , che spes- so si sentono recitare con grand' enfasi nelle accade- mie letterarie; deVizi dominanti nelle grandi città ec. La quale ultima epistola sembra l'ondata su quelle parole del grande Alighieri : „ Superbia , invidia, ed avarizia sono ,, Le tre faville e hanno i cori accesi . Inf. 6 . Del resto ne rincresce che in mezzo a tante bel- le cose si trovino in questa edizione ternana non ra- ra mente tali errori tipografici , che spesso offendo- no la quantità del metro latino, e talvolta il seuso ; come in quel verso a pag. 65. „ Aethere dispulerat tenebra» Titania eonjux. Ove deve leggersi visibilmente Titonia se vuol intendersi l'aurora . Noi perciò invitiamo il eh. A. o ad imprimer di nuovo e riveder da se slesso le prove tipografiche de'suoi sermoni , o a fare un più ampio errata corrige in grazia dei giovanetti stu- diosi, che ricaveranno certamente non piccolo frut- to dagli operosi suoi ozi reatini . Urbano Lampeedi C.A.T.XI. jlO a4* Lettera del signor dottore Fortunato Benigni al si- gnor cavaliere professore Giambattista inermi glioli^ sulla vera epoca della prima edizione della gram- matica di Sulpizio Kerulano , eseguita in Perugia senza indicazione di anno - V. Opuscoli letterata di Bologna . Fascic XVII. MDCCCXX. Xl eh. sig. cav. prof. Vermi glioli nella recente sua opera sulla tipografia perugina del primo secolo , ragionando dell' epoca della prima edizione della grammatica di Sulpizio Vendano , latta in Perugia non indicatovi Tanno , aveva conghietlurato che si potesse stabilire al \^ò a un bel circa . Così non parve al sig. dott. Fortunato Beuigni trejese , il cui nome è ben noto in Ilalia ed oltramonti , in Ro- ma specialmente ed in Parigi per le relazioni avu- te co* eh. De la Lande e Millin , che di lui hanno fatto onorata menzione nelle loro opere \ e non me- no ne hanno parlato l'antologia , e Y effemeridi , e il giornale delle belle arti di Roma , ed altri periodici fogli, e scrittori , singolarmente per gli utili stabi- limenti in fatto di bene pubblico da lui procurati alla sua patria colla fondazione della società geor- gica , delle pie case di correzione e lavoro , e col- la recente reintegrazione della cattedra vescovile . Egli pertanto con questa lettera, che annunziamo, diretta al sig. Vermiglioli si fa a ricercarne l'epoca vera . Poiché quella grammatica appare dedicata il 7 d'aprile domino Angelo ( Lupi ) pontifici ti- burtino et in agro piceno vicelegato dignissimo , e il Verulano era stato professor di grammatica in Perugia dal 1470 al i47^ ; per concludere in qua- le anno quell' opera fosse impressa , ricercavasi di Grammatica »! Sulpizio Verulaitò ^43 verificare il tempo preciso , nel quale quel prela- to aveva sostenuto la vicelegazione della marca an- conitana . E ciò sarebbe stato facilissimo , se la me- moria ne fosse rimusa o nella storia de' presidi del- la Marca pubblicata dal vecchio Compagnoni col titolo di Regìa Picena, o nel tabellone de presidi stes- si stampato in Macerata nel 1795., o nelle costitu- zioni egidiane riformate dal card. Ridolfo Pio di Carpi , e ristampate in Roma nel i543. Ma né dell' opera del Compagnoni comparve mai alla luce la seconda parte, in cui avrebbesi dovuto parlare del Lupi; né se ne fece parola nel tabellone macerate- se; e nelle costituzioni egidiane il Lupi non appa- re che nel i47& e nel 1480 col titolo di luogo- tenente , non già di vicelegato . Ma se quella edizio- ne non appartiene al 1 47^ come parve ad altri ; non appartiene neppure al «47^ -> come aveva con- ghietturato il Vermiglioli . E lo dimostra il N. A. con questo certissimo argomento : che in quell'an- no la luogotenenza della Marca era stata sostenuta, non già dal Lupi , ma dal Minutoli prima, e poi dal Pili , che 1 Ughello e il Cotucci male chiamano Pelli . Si fa pertanto a ricercarla con diligentissi- ma opera ; e la ritrova nel 1 4 7 4 r ne^ °,uale anno appunto il Lupi con titolo di vicelegato era succe- duto al Pili . Ne ha la pruova dal segreto archi- vio trejese negli atti de' male/izi ; in un codice de* quali sono parecchie sentenze promulgate il a5 di giugno del 1 474 ^a^ allora podestà e giudice prò sanctissimo ec Xisto papa I III et reverendissimo ec. A. episcopo tiburtino in provincia Marchiae vicelega- . to dignissimo ec. , ed in un ricevuto , in quello stes- so archivio esistente , dei 2 di settembre di quel- lo stesso anno , d'un Francesco da Montepolit/ano, al presente familiare del reverendissimo monsignor i6* a44 Letteratura vescovo di Tibuli ec. Ed in conferma di queste car- te trejesi vengono pure le riformazioni di Fano ci- tate dall' Ammiani ( St. di Fano, voi. II. pag. ò\ò) ; il quale narra , che da Costanzo Sforza signor di Pesaro vessato il Miglioni vescovo di quella città , dopo essersi per alcun tempo ricovrato in Fano , dovette noi i 474 rifuggirsi in Ancona , e vi si por- tò in compagnia del vescovo di Tivoli , che da quel governo passava alla luogotenenza della Marca . Se T Ammiani fosse stato men trascurato , e avesse in- dicato il mese e il giorno di quella fuga del Miglior- ili e di quel passaggio del Lupi ; avrebbesi il me- se e il giorno ancora , in cui questi entrò nel pos- sesso della sua carica . Ma né si ha pure dagli al- tri scrittoli delle cose marchiane . Né per questo il eh. Benigni smarrisce quel coraggio, che sommo dev' essere in chi vuole veder chiaro in così fatte mi- nule ma utilissime ricerche . E ^istituendo accura- te indagini per entro allo stesso archivio segreto della illustre sua patria , vi trova , che fino al 9 di iebbrajo di queir anno i^ji il Pili sosteneva tuttora nella Marca l'uffizio di luogotenente, e che da queJl' epoca fino al a5 di giugno , in cui appa- re , come si accennò , vicelegato il Lupi , non se ne fa ne' pubblici atti altra menzione : sebbene si vegga ricomparire nei successivi 1 47^ e i47*-> du- rante la legazione del card. Giuliano della Rovere. E se si voglia credere al Calcagni ( St. di Kecan. p. 1 3<>, Messina 1711) il Pili riassunse appunto la sua carica nel i4y5> Conclude pertanto , sembrare a lui, che il Lupi dal governo di Fano fosse pro- mosso alla vicelegazione della Marca fra il febbrajo ed il giugno del 1474 (i quali due estremi con cer- ti documenti son dimostrati, come vedemmo); e quindi che fosse nel pieno esercizio all'epoca d«l- Grammatica di Sulpizio Veruiano 2$ la prima edizione della grammatica sulpiziana , « quindi pure, che questa edizione fosse non nel 1476, come pane all'Audifredi al Panzer e al Magno ; non nei 1473 come opinarono il Vermiglioli e T Alien- ti ; ma sì nel 1474, restandole sempre il piima- to fra le stampe perugine . Noi non Seguiremo il eh. autore negli altri argomenti e nelle diverse disqui- sizioni , in cui opportunamente si aggira con giu- sta critica e con iscelfissima erudizione . Alla cui piena lode basti ciò che gli scrive il eli. professor perugino , che lo appella il polistore piceno , e la cui risposta può vedersi in calce della lettera che annunziamo . L a questo annunzio aggiungiamo il voto, che voglia esso quanto prima pubblicare gli annali piceni da lui compilati con lungo studio , é la intera storia cibile e sacra di Treja di cui ha dato sì bel saggio alla repubblica letteraria colla re- lazione degli scavi fatti nel circondario di quell'an- tica città , indirizzata nel 1812 ali anzidetto eh. Miiun. Ascolti egli e compia questo voto , eh' è non pur nostro, ma della sua patria e dell intie- ro Piceno ; ed abbia per certo che se ne renderà «ternamente benemerito . A» Puazzi j46 ARTI BELLE ARTI Incisione — Felice Zuliani di Venezia. V^hiunque non è uomo di Beozia nella storia del- le bell'arti saper deve che la fama celebrò sempre come capo-lavoro di Tiziano la tavola di san Pie- tro martire , eseguita per la chiesa de santi Giovan- ni e Paolo in Venezia: tavola di cui scrisse l'intel- ligentissimo Algarotti, chela critica più severa non vi saprebbe ritrovar neo . Di quella tavola si fe- cero e copie e imitazioni e incisioni , tra le qua- li ultime veruna neppur si appressa al merito dell* originale/non esclusa la stampa del museo Napoleo- ne, allora quando la tavola, di cui parliamo, in Pa- rigi particolarmente tirava a se io sguardo e degli in- telligenti e degl' idioti. L' ornatissimo signor Giu- seppe Battaggia veneziano, al cui ingegno dobbiamo le emendate e polite edizioni venete e dell una e dell' altra storia del ilollin con quella de" loro continuatori Crevier e le Beau, e delle visioni del Varano, e del- le rime del Cotta, e di altri utili libri, fino dall' anno ;8iG risolse magnanimo di procurare agli amatori delle belle arti una incisione di quella ta- vola, che riuscisse degna dell' originale che rico- piava. J\e affidò egli la esecuzione del disegno al eh. professore Teodoro Matteinin per cui lama si aggiunse a Leonardo e al del Sarto e ad al li i mae- stri; e la esecuzione dell' incisione afiidolla ai eh. re- Belle Arti 247 lice Zuliani, al cui bullino procurarono onore, fra le altre produzioni , i ritratti di Paolo Manuzio e Marco Polo . L' avanzatissimo lavoro ammirarono quanti professori intelligenti conta Venezia, e quan- ti la visitarono nel giro di questi anni ; e tutti, fra cui gli Schiavoni, gli Anderloni, i Toschi, vi notarono e la somma maestria nell' intagliato pae- se, e la tanta precisione nell'aria fatta a punta sec- ca , e la grande intelligenza nel trattamento delle carni e delle piaghe. E fortunato Tiziano, che fi- nalmente si vengono in tutto il mondo a ricono- scere i suoi pregj e per gli dotti scritti, che ne trattano, e per le degne incisioni che ne presen- tano agli occhi le opere. G10. Antonio Monchini, *48 1—— —————— — — — ^— Mi — — i— — ^^^m VARIETÀ' Proposta di alcune correzioni ed aggiunte ai vocabolario della Cru- sca — Politine in, parte J. — 8. Milano , dall' L R. stampe- ria, 1821» \£ uale scopo siasi proposto il celebre cav. Monti in qucst' opera sua , lo dice egli stesso colle seguenti parole al Frullone della Cru- sca (Dialogo, pag. vin) — Rettificare il culto che fino ad un cer- io segno ti è meritamente dovuto : spiantare l'insana superstizione che ti volea adorato come infallibile : mostrar chiare e palpabili al- la face della critica le tue magagne: provare die la compilazio- ne del tuo vocabolario fu condotta senza analisi., senza critica, sen- za filosofia, perché reggendosi tutta sulla semplice autorità consi- dera come morta la nostra lingua : giustificare i lamenti delle scien- ze e delle arti da te trasandate per darti troppo ai servì j della capitale loro nemica, la pedanteria: porre in sodo il grande prin- cipio, che niuiui lingua può giungere alla perfezione se tolta all' arbitrio dell' ignorante moltitudine , che tutto di la corrompe, non si consegna all' educazione del.P uomo dotto e filosofo , che di ple- bea ed instabile la rende stabile e cortigiana sotto le leggi della grammatica , leggi che il voi >o mai non conobbe : ristabilire le dot- trine di Dante , provamlo colla ra -ione e col fatto la reale incon- trastabile e necessaria esistenza d'un' italica lìngua, divisa da tut- ti i nostri dialetti , comune a tutte le città italiane, perchè comu- ne e una sola è la grammatica che la frena : dimostrare che que- sti dialetti essendo tutti tfual più aual meno corrotti, ninno di es- si può tener luogo dell' illustre lingua comune , che sparsa per tut- te le regioni d'Italia non ha fermo seggio in veruna : tirarne quin- di la giustissima conseguenza , che messer Frullone appropriando- ti con privato senaloconsuilu l'assoluto dominio della favella è tra- Varietà* 2^9 scorso ad una usurpazione illegale, perchè il governo d'una fuvel~ la a tutti comune appartiene alV intero della nazione : e alt ulti- mo, rintuzzate colle armi sicure e della storia e della critica le smodale pretensioni municipali , conchiudere .... (E qui il Frul- lone interrompe il discorso). Noi crediamo che il signor cavaliere abbia largamente ottenuto il nobile intento suo : ne vediamo come la Crusca, lasciata una voita ogni vecchia sua ciancia, possa ono- ratamente risorgere dal colpo mortale onde in cospetto di tutta Eu- ropa l'ha quasi prostrata l'i.rcole ferrarese. Il libro del Monti non solo è de1 più dotti e pieni di vera filosofia, ch'abbia l'italiana let- teratura : ma in fatto di controversia è an:he il più gentilmente scritto. In qual modo mirabile ha egli saputo sparger di rose tut- to quest' arido campo grammaticale ! Il legga da senno ogni buon» italiano eh' ama la bellissima lingua nostra: e il medili soprattutto con posato animo chi tiene ancora a quella vituperosa opinione, che un grande e fiorentissimo popolo, dimenticata ogni sua digni- tà e ragione di fratellanza, abbia indegnamente a chinarsi alle vo- lie di pochi municipali per mendicare a gran mercè le parole . Jl ra le più gravi opere eh' abbiano illustrato in quest'anno l'italia- na sapienza , e che anche oltremonte sieno state accolte con lie- tissimo applauso, è massimamente da ricordarti quella del dottore Luigi Forni piemontese, la quale ha per titolo: Elementi della Jì- siologia della natura - 8. Torino , pel Ghir-'n. hello e Bonaudo. In essa l' illustre autore è tutto in esporre le cose risultate dalie ricer- che proposte dall'imperiale accademia delle scienze di Pietroburgo sulle proprietà delle sostanze meialliformi delle diverse terre, e spe- cialmente sul leali, sul ntttron, e sull'ammoniaca. Un nostro amico carissimo, leggendo que' versi del Metastasio nt^ Demofronte : Quel suo leggiadro viso Non perde mai beltà: Bello nella pietà. à5o, V a n i e t a' Bello è nelt ira. Quand'apre i labbri al riso. Tarmi la dea del mar-, E P allude ini par Quando .$' adira. ha , così su due pie , fatto questo bel dìstico : Irata uuf comis , semper pulcherrima . Li ore lllius efftgies Palladis aut Feneris. J signori Filippo Maria Giuntotardi e Antonio Testa romani, que- gli assai conosciuto in Italia per le sue belle incisioni all'acuita» forte delle opere del Pussino che sono nella galleria Colonna, e que- sti per varie altre preziose di Claudio Lorencse ; intendono di pub- blicare una collezione completa delle vedute più pittoresche tanto di Roma, che de' suoi ameni contorni. Sarà fella divisa in due vo- lumi , ed ogni volume avrà due parti. Il primo volume conterrà : nella prima parte , venti vedute le piti belle di Tivoli, e una ve- duta generale ; nella seconda parte , venti vedute d" Albano , Ca- stelgandolfo , Arida , Nemi , Marino ec. , e la veduta generale da scegliersi in uno de* più vujlii sili. Il secondo volume conterrà: nel- la prima parte , venti vedute prese nella città di Roma, colla ve- dutu generale ; nella seconda parte, venti vedute p>ese fuori delle mura, cioè nelle campagne romane, colla veduta generale. — L' in- cisione delle vedute sarà in gran foglio reale velino, al prezzo di paoli quattro l'una; quella delle vedute generali in foglio arcipa- pale , al prezzo di scudi due e bajocchi cinquanta l'una. Escirà una veduta ogni mese. In fine d'ogni parte si darà una descrizio- ne pittorica d'ogni luogo, e questa gratuitamente a tutti quegli as- sociati , che avranno nel tempo debito ritirate le venti vedute . Varietà* 2S1 Al cav. Leopoldo Nobili nella occasione delle sue nozze rolla si- gnora Matilde Tampelini,episiola del conti Giovanni Paradisi — Tarma, costipi Bo lontani, 1820. li cav. Leopoldo Nobili, dopo aver militato con- bella lode negli eserciti dell' iinperadore Napoleone , ridottosi finalmente in patria , tutto ha posto l'animo suo negli studi utilissimi della fisica e della matematica. E perchè alle dolcezze del nuovo suo vivere niuna co- sa dovesse mancare , eccolo fatto sposo di savia e gentile donzella. Con quest' epistola il eh. Paradisi , membro dell' I. e R. instituto , tolse a celebrar le sue nozze; ed è cosa veramente tale da onorar- sene l'italica poesia. La lingua n' é tersa : facile il verseggiare, e tut- to pieno degli spiriti del venosino . Spira poi d'ogni parte quella san- ta e pacifica filosofia , che di tal inclito personaggio , qual' è il con- te Giovanni Paradisi, ha formato a questi di un nuovo Socrate . Qual cosa più grave di questo passo ? Se dal segreto morer delle labbra Trasparissero i volti di chi all' are Prega giunte le mani e obbliquo il collo s Udrem sovente: „ danne, eterno padre, „ ( Che di più lieve a te ? ) danne ricchezze , „ Danne onori e poter, e fa che il nostro „ Nome si tema dalla Nora all' Indo. „ Oh vana turba ! E a questo dunque Idio Stancar non vergognate , onde v'assenta Ciò che vi torni poi vuoto e fugace, Né vi sia proprio mai? Coli' oro eì gradi Forse in voi scenderan virtude ingegno Dottrina, e, il tutto a bene oprar, salute ? E chi sarà che posseder presuma D'Agra le gemme , o i spaziosi campi Cui smaltano di fior le pingui linfe D'Olona : chi le lane istoriate Della Senna, o le imagini spiranti Di Sanzio 0 di Canova , se in un punte a5a Varietà' L'armata violenza, o il cavilloso Foro, ola fraude, o del poter supremo, Che il folce, la rovina fragorosa Tutto può torgli e far soggetto altrui ? D'una diffìcile semplicità è poi tutto gentile quest' altro luogo, in eh© dal poeta si narrano le belle scoperte fatie dal sig. cav. jNoLili nella Bua Meccanica della materia, e nel suo Trattato d'ottica ultimamente stampato a Milano . Ma tu che ne mostrasti ( e ancor non sors* Chi di dubbio osculasse i tuoi trovati ) Come natura con opposta legge Due materie agitando le compunga Ad un riposo , cui se vivo raggio Turbi oscillando appaiono distinti Delle pompe dell' iri i vari oggetti , Fieno donno or di te ne apprendi ancora Come in immenso si d'ffo irla e cresca Picciol d'atomi mole : ond'abbian forza Le fiamme struggitrici , e moto gli aghi Cui fidano il lor corso i naviganti ; E come scoppi dalle nubi il foco Ch'ai superbi mortali il volto imbianca; E poiché liberata avrai la fede. Che a noi ti stringe e alle future genti, Nel tempio dell' Onor terzo t'assidi Dopo il grande dell' Arno e del Tamigi . T a il i « t a' a53 Autore delle due seguenti iscrizioni è il nostro caro amico e coti- lega signor Salvatore Betti . H. g. S. «VSTACHIVS . FRANC. F. BETTlVi VRCEANO V.R . PATRICIVS IVRIS . SC1ENTIA . CONSVLTISSIMV6 ORATOR- . BT . POETA HONORES . OMSIS . MVNiOIPALES ADEPTVS QVl . PRISCA . GRAVITATE . ET . RIGIDA . INNOCENTI)* GRATIAM . DIVITIARVM . SPREV1T PLACITA . MAIORVM . CONSTANTBR . COLVIT VlxIT . ANN . LUI OBIIT . XIV . KAL . 3VIART . ANN . M. T>CC. XCVI| SALVATOR . THEOPK . F. COSMAE . N. BETTIVS AVVJSCVLO . MAGNO - F. C. PHILIPPO . FRANC. F. MONTIO . V. C. DOMO . VRCEANO III VIRO . MVNICIPl . IH . VARIO . R. P. STATV PRAEF . ALIMENTOR . BT . VALETVD. PRAEF. ANNONAE . PRAEF. CEjfSVI . AGENDO PRAEF. COH. VRBANAE . MAGISTRO . FONTANO CVRATORI . VIARVM . STERNENDAR. ITEM . PECVN1AE . PVBLICAB SODALI . SCIENTlS . LITTERIS . ARTIBVSQ . EXCOLENDI5 DEFENSORI . PACIS . ALTORI . FLEB1S QVI . CARVS . OMNIBVS ©BIIT . IV • IO ■ DECEMBR. ANN. MDCCCXIX AET. LX1V CONLEGAE . BT . AMICI . F. C. TT . DICANT , QVI . LECENT . MONTI , AVI 354 Varietà J\. decoro di quel fiore soavissimo di dottrina e di gentilezza, signora contessa Gostanza Monti Pertioari, la quale noi pregiamo cotanto, ci piace qui riferire un passo della 'Revue enc.yclopèdique ( voi. x. , juin 1821, pag. 588) in proposito della bella traduzione italiana del primo libro delia Farsaglia fatta dal nostro amico signor conte Cassi di Pesaro: P'usieurs journaun ont f(ti?orablement jugè la traducfion de M. Cassi: elle est dédi.èe a la Ci'nlesse Costanza Monti Perti- cari . Cette dame , par lei ijualitès de son coeur et de son esprit , se mentre d'igne de son pére et de son. /nari , qui soutiennent uvee èclat la gioire littei aire de l'Italie . A vendo il sig. barone di Stassart proposto un premio a colui che scri- vesse il più beli' elogio di Francesco Petrarca ; l'accademia di Val chi u- sa, presieduta dal signor di Gotton prefetto del dipartimento, ne ha so- lennemente dichiarato meritevole il signoceLiotard. Noi non abbiamo sa or letto quest' elogio: e vivamente il desideriamo per amore del gran poeta di Laura , . . IMPRIMATUR, Si videbitur Reverendissimo Patri Mag. Sacri Palatii Apostolici. C. M- Fruttini Archiep. Phil'ppensis Vicesg. IMPRIMATUR'. Fr. Philippus Anfosù Sac. Pai. Ap. Mag. Osservazióni Meteornlo'nche fatte alia tpec^'a chi Eòlie*. Po*n. 4%0StQ 1821 MATTINA Barometro Ternv I Igr 28 2 ci 28 al 2lì 28 I 27 li 27 I 1 38 O 27 li 27 1 I 27 »I 28 o •27 II 27 11 28 1 »3 o i8 18 1 j8 5 18 6 '9 1 18 4 •9 6 '9 .fi 42 26 38 29 31 2 19 8 19 8 '7 3 .8 »? 3 24 S 29 i 35 45 6 35 6 25 2 i3 1 • 4 < 27 2 2, 2 25 I 26 2 *3 3 4' 26 2 GIOKJNO Barometro Term lgr. 28 o 27 XI 28 o 27 II 27 I, 3.1 IO 27 II »7 11 27 1 1 28 o 23 I 28 o I I 8 ^3 3 24 0 *4 2 23 3 .ti 0 al ^j 0 22 t> 21 5 21 4 23 0 24 2 21 0 21 a 20 1 22 5 21 24 0 53 3 43 9 ,5 6 42 1 43 8 48 3 36 s 37 1 37 o 40 2 39 9 40 8 42 o '5 •'(7 60 o 48 : 46 2 39 4 3» 1 40 6 D t 3« 1 42 4 36 o 36 < 38 2 32 6 SERA Jarometro Terni. ler. 28 1 1 28 o 27 1 1 ?7 1 1 2~ I I 17 O 27 I I 23 18 5 18 , 18 8 18 j 18 8 '9 8 '9 S »7 4 17 » '7 5 19 . •7 - '7 < '7 0 16 4 16 '1 17 S 18 ' 18 1 18 I 18 3 18 2 17 18 1 18 u 18 a '9 2 18 2 '9 .'ì 20 0 '9 3 )8 2 4l 3 34 9 23 -»1 3 51 2 01 25 42 3 .8 2 3* 3 £2 42 8 32 8 4.7 '7 24 2 j_' 4 .1 2 '4 21 2 •7 ' »5 3 44 9 24 5 :. Osservazioni Meteora 'ciniche falle alla Specola del Colle?. Rom. Agosto 1 82 1 . MATTINA .itato li va del I por, Cielo I Vento 4 J. b\S. i9U 20 •$■ II;'' 22 * 23 " • 4 — ih ?• so s. 27 s. a 8 J. 29*.J 30 «. 31 .r. p.«. /?.n J. /->. n. 5 ai 3 a | 41 4 5" 4 3* 3 Si 6 lì 5 0 i 52 5 52 5 5 ci 2 " 5 7 4 »8 4 Si 3 35 3 «i •ì 2 , 24 7 5 4 4' ì tu 3 20 3 '7 2 55 4 io 4 So Ò 2 4 18 5 21 6 22 SERA Stato del Cielo ^s. p.n, s. 11. mcz. m ■■?,. mez. mcz. poma. pò ub- ine.lib. l m s. p.n. f(b. 1 s p. a. tit>. 1 m s. mcz- i ,s. mc.lib. 1 s.n. pon. ini s.n. pò. lib. 1 s. mcz. 1 m's. n. gr. lev. 1 s. Ira. 1 va'n. 1 m s n. tra. mez. mcz. lev. ,ra. pon. .p.n. 1 ts.p. n. s me. lib 1 m pò. lib- o pò ma. mi mcz. \i mcz. 1 m •z. si. 1 m lib. i ■pn, Vento lib. lib. mesi. mcz. hb. me. lib. m mc.lib. 1 niijes. 1 macs. o 'ru.ina.t Ira- 1 Ira. 1 11 mesi. lev. mei. mei, lev. o me. si. o /«r?. o mez. o mez. o inez. 1 mcz. si. 1 me. lib, o Meteore ueb.+ 11 èb * neh. .ieb.* n-b.* neb.* neb. neb. 0.9+/ ri. 2 n.p;og.i ìeb. neb.* ■Mp-t !<» Z-fU p.ap.yt.p F»°S- t neb.f p. | aeb.t neb. f neb.j* nni). * n.* l.n. neb.* neb.* Volendosi da' eh. Astronomi abbondare per dil genza, pongonsi le Osservazioni Triplici in ogni giorno ; e volendosi da noi ristringere in pagina , affinchè meno facilmente si disperdano, usiamo alcune abbreviature. Pertanto nella colonna delle Meteore pi significa pioggia 1 lampi t tuoni n nebbia g gelo b brina. E nelle colonne dello Stato del Cielo s vuol dire sereno n nuvolo, p poco. Le altre abbreviature nelle colonne de' venti sono per se stesse in- telligibili. Quando segue un ast-risco s'intende gran quanti/a; ove trovasi una *f- croce s'intende piccola quantità. *s z5j «= SCIENZE Del processo flogistico . e di alcune proprietà del- la flogosi. Memoria di Francesco Puccinotti , let- ta ai Lincei nell'agosto del 1820 ( continuazio- ne e line ) . V. x\l]ora poi avverrà certamente che Tinfìam,- mazione si renda concentrata e tale si mantenga, quando essa si trovi generata in parte già inlia- lita o da causa anteriore morbosa, o da morbo so- stenuto innanzi, o da umori senza giusta crasi ed ostichi.E questa condizione la renderà non solo une- vole a poca ed oscura forma universale flogistica; ma assai declinante al termine cancrenoso. Perocché la qu a- lità e la quantità del movimento organico, che i prin- cipii della flogosi cagionano, non basta sempre a de- terminare una reazione vitale proporzionata, se a ciò non coopera il vigor naturale dell organo in- vaso. Sotto questa avvertenza fàcilmente si riduco- no quasi tutte quelle infiammazioni così dette ma- ligne o putride , nelle quali da' medici si è sempre considerato, oltre alla debolezza fisiologica, anche la patologica nell'universale: e nel luogo infiammato un assai leggero aumento di forza. Forse queste fu- rono le prime flogistiche condizioni, donde si de- sunsero le differenze nelle forme e nelle po'enze es- senziali della flogosi. Perocché i sintomi che le ac- compagnano troppo manifestamente dichiarano la debolezza del processo di stimolo, e la impotenza del viscere alletto di diffondere a più iarga sì'eia i suoi *7 j58 Sciznzk movimenti morbosi. Del che chi volesse non solo intendere le ottime ragioni, ma vedersene il quadro maestrevolmente dipinto avanti agli occhi deve leg- gere e meditare i capitoli settimo ed ottavo in- torno alle flogosi maligne e cancrenose , nell' opera egregia del Tummasini sulla infiammazione e le feb- bri continue. Videro anche gli antichi ( dice que- sto, clinico illustre ) in alcuni di si fatti casi di- scorde dallo stalo della parte infiammata quello dei tutto : prostrate cioè le forze universali ad onta di una parziale accensione. Ed è di questo vero una mirabilissima conferma , che i moderni i più riscaldati nella teoria delle diatesi lo debbano ora attestare e raccomandare come concetto pratico che non ha contraslo. Ma perchè limportanza di sì fat- to concetto s'impara ottimamente nell' opera men- tovata del clinico di Bologna , noi qui toglieremo dal nostro scritto, per fuggire ripetizioni, quel po- co che riguardo a questo punto leggemmo ai Lin- cei, prima che dall' autore medesimo ci fosse il pre- gevole suo libro favorito , e solamente lasceremo che si legga di noi quello che della pleuritide spu- ria avevamo detto, onde appoggiare ai fatti coteste avvertenze, e dilucidare i fatti medesimi, e resti- tuire a' melodi curativi que rispetti , e quelle neces- sarie modificazioni che il sistema avea tolto. L'immensa quantità di nomi che i pratici han- no dato alla pleuritide spuria ( dicendola, secondo la varietà de' casi e delle complicazioni, biliosa, ga- strica, artritica, cancrenosa, esantematica, convulsi- va, periodica, metastatica, hydrotoracica, lattea, lo- chiale, scorbutica, venerea, verminosa, flatulenta, reu- matica ) ha sbalordito alcuni , i quali avvisando di dare semplicità alla medica scienza e di emendare un tale errore, sono caduti in altro più grave, le- Processo flogistico a5f) vando ogni distinzione ; e provata l'indentila della flogosi, non a metterne altre se non che la vera, ed a pena ridursi a trattare con riserbo quella che non presenta manifestazione di universali fenome- ni ifiammatorii . Noi non dubitiamo della natura sempi-e identica della flogosi anche nella pleuriti- de spuria , e crediamo che questa flogosi debba dirsi debole sì ma sempre flogosi. Siccome però è qui anche nostro scopo di dimostrare , non solo quali e quante sieno quelle principali cause che con- centrano i processi flogistici; ma dedurre da ciò la fallacia de metodi di cura uniformi ed universali in detti casi ; vorremmo che né alie sopraccennate de- nominazioni si debba attendere scrupolosamente, né troppo confidare e ostinarsi nel solo trattamento an- tiflogistico generale. Imperocché Je molte volte ad- diviene che i, perturbamenti organici irritativi av- vanzino m potere morboso quella poca flogosi, che sopra una fibra facile a degenerare è riposta . E quantunque qui non si ammetta né diversa natura dì flogosi , né si escluda per essa almeno local- mente adattata cura a moderare quel poco stimo- lo ; il complesso della malattia si manifesta così fatto , che toglie subito di mezzo ogni massima ge- nerale, e torna bene appigliarsi a' particolari medi- camenti . j\è io potrei con altra sentenza qui av- valorarmi , che con questa dell Huxham : nam pe- ripneumonia notila morbus est ceconomiae anitnalis perturbai io, quae his vel illis peculiaribus distingui- tur sjmptomatibus , et hoc vel ilio rmncupatut no* mine : quilibet vero morbus peculiarts in quolibet ho* mine individuo a medico ei medenfe, non ratione no- minis , sed ratione natura; causarum et sjmptoma- tum peculiaris morbi in peculiari quodam nomine eonsiderandus est. Cunì vero varii status inierme- »7* aCo Scienze . dii in ter peripneumoniam 'violentarti infiammato*- riarn, et liane mine proposìtam deprehendanturjnt'la fondata et distincta dari potest medendi methodus; quoniam effectus peripneurnonici max pertractandi ', nonnunquam mag/s nonnunquam minus ad statarti inclinare possunt in fi animato riunì ( i ) . Le quali differenze si osservano principalmen- te, se la pleuritide spuria assuma un certo che di epidemico . Nella pleuritide biliosa epidemica os- servata^ dal Guidetti, morivano tutti i malati al cruin- to giorno , se l>ro si cacciava sangue. JNè cotesto medico credette che in essa malattia la flogosi non esistesse , che a,nzi gli piacque di chiamarla erisipelatosa ; ma nondimeno i latti gli prorarono dannevole il salassare (j) . E se più si studiasse nelle storie delle epidemie le quali sempre rovine- ranno ogni medico sistema : studio utilissimo che come tanti altri , per gir dietro all' aconito e ai lauro ceraso è quasi dimenticato: si conoscerebbe come anche le pleuritidi spurie epidemiche hanno spesso invanito qualunque prestantissima maniera di trattamento. Talché quello che valse dianzi og- gi non torna bene: e i medici comecché peritissimi ondeggiare tra i dubbii , e tentare quasi tutte le patologiche condizioni, onde trascegliere alla ma- lattia quel genere peculiare di ajuti , che più le fos- se da sperienza provato adattevote . Le pleuriiidi da me osservate nel mese di marzo e di aprile (1821) in questo ospedale Latera.no sono state quasi tutte spurie. E il sangue estratto in sulle prime è stato sempre senza cotenna infiammatoria. In alcune l'ho (1) Huxham. De peripeumon. notha. (2) Presso Jiorsieri: de morb. pulmon. 1. cit. Processo flogistico 261 trovato nuotante in moltissimo siero, e di colore chermesino, e sopra modo tenero e cascante. In al- tre di colore livido e assai fluido , e in mezzo ad un siero torbido o verdastro. E in quelle peggio- ri 1' ho veduto nero , e quasi disciòlto come sanie. E se alcuna volta mi si é manifestalo con qual- che pellicina infiammatoria , questa non era già coe- rente , ma invece una borsa mucosa che aperta si spremeva in grumi di siero coagulato color giallo- gnolo, e bastava scuotere un poco il vaso che lo conteneva, perchè si staccassero le parti rosse dal crassa monto, e questo col siero tutto quanto s'im- mischiasse . Ed ho Veduto tra le dette pleuritidi andare per lo più a morte quelle Che furono trat- tate col salasso ,• e riuscir bene altrimenti quando con vessicanti , e sanguisughe al loco dolente, e bevande antimoniate si curavano. Le quali bevan-» de si dovea credere che giovassero più come eva- cuanti, che con altra facoltà che loro volessero tri— buire alcuni moderni. Perocché le nostre pleuritidi oltre all' essere sopra soggetti già balestrati da lun- ghe intermittenti e da croniche ostruzioni , erano ancora per lo più accompagnate da gastricismo, da deviamenti di bile, e talora anche da verminazione. E Veramente poteano dirsi di quelle false pleuri- tidi , intorno alle quali parlò Areteo hell' ultimo capitolo del primo libro de morb. acutis , con mag- gior chiarezza però insegnate da Aezio Amideno nel libro 8.° al cap. 77 dove dice : Viscidi quidam atque glutinosi succi in corpore nati quandoque de- repente in pectoris cava conjluunt , aut etiam in ipsum pulmonem impetum faciunt , suoque pondere et co» pia succili gentes intus costas , membranam simul ex- tendentes , dolores inferunt , ita ut quamdam vellu- ti verae bijlammationis imaginem imperitis represen- a6a SciEitEi tare videantur. Sed et iidem spiritus vias intercì- pientes , enormis et intolerabilis respirandi diffida- tati s causa; existunt, un de medico rum quidam in er- roreni adducti , hincque ventini in cubito secantes , plui iinumcjiie sanguinis evacuante.* cegroti mortem sua culpa accelcraverunt. Alle volle adunque una condizione irritativa; o il dolore o altre influenze epidemiche e febbrili accop- piamenti escludono in questa malattia ogni massima • ii eride terapeutica: e perciò sta anche questa nel •novevo ( che è più grande che oggi non si pensa ) di quelle malattie, nelle quali non tanto alla flogosi quan- to alle cause ai luoghi agli slati dell' atmosfera ai temperamenti convien attendere, onde trattarle da speii montatori e non da metafisici . L'irritabilità e la forza del polmone non è la stessa in tutti . Il luogo .che si abita, la professione che si esercita la variano di gran lunga . iNè pare che si possa sostenere con ra- gione essere la pneumonite spuria sempre alimentata da flogosi , sinché non si conosca l'effetto vario di quelle specifiche reazioni organiche che oppone que- , sto viscere destinato da natura a impressionarsi de tanti principii che ponno essere coli aria immischiati . I quali nocevoli principii or come non poti anno talvol- ta , fissandosi in qualche parte del parenchima, gene- rare semplice irritazione,la quale pe'consensi nervosi venga poi accompagnata da molti se non da tutti i sintomi della pneumonia notha? Quando però colesta flogosi esista , e sia dessa che tenga il primo ed assoluto dominio sulla intera .malattia, quantunque avanzi sopra debole e guasto l'ondo organico, quantunque le manchi quella forma d'ina liazione universale che è propria delle pleuiiti- di vere, quantunque cotesto leggero e fugace pro- cesso di stimolo si vegga isolato in mezzo a una de- Processo flogistico aC3 bolezza assoluta delle altre parti, quantunque l'uni- versale non regga a que' mezzi deprimenti antiflogi- stici de' quali la sola parte affetta abbisognerebbe; ciò non ostante ripetiamo, che il credere queste pleuritidi di opposta natura dalle vere, e il centro morboso av- visarlo manchevole di flogosi e bisognevole di essere concitato e rialzato in vigore è un solenne sproposi- to che non è oggi restato che nelle teste di quebria- chi , che ad onta delle ottime dimostrazioni della scuola italica mantengono ancora le dannose con- suetudini browniane . Difficilmente si trova né libri declassici che la pleuritide spuria sia stata creduta derivare da una flogosi di natura opposta a quella ve- ra . Non è da badare al nome, come ho notato coli' Huxam dianzi : con quel nome di spuria non si è mai voluto significare ( se non che dai browniani ) uno stato opposto alla infiammazione; masibbene, ora uno stato irritativo, ora semplicemente sensitivo, ora debolmente flogistico , ed ora anche un forte sta- to flogistico, ma sommamente concentrico. La peri- pneumonia spuria degli antichi descritta da J\. Pi- sone esigeva moderati , e ripetuti salassi . Quella det- ta pituitosa dal Riverio si curava alla stessa guisa (v. Burser. De pulmon inflamm ) Le pleuritidi spu- rie osservate da Wanswieten furono epidemiche e continuavano così per più mesi; trattavansi nondime- no co' salassi . Racconta il sig. D'Onofrio che neli* ospedale di Gaeta nel 1800 arrivarono molti soldati infermi di tale malattia : molti capitarono male (dic'egli) sotto l'inopportuno trattamento stimolante: appigliatosi invece all'opposto, con un discreto su- dore si giudicava la malattia nel termine duna set- timana (1). Gappel descrive come proprii della pe- 0) D'Oaofr. Patol. l«z. u. p. 118. i64 SciiNzi ripneumonie nervo se tutti gli esiti soliti delle flogo- si vele, e li comprova ancora con osservazioni. JNon è adunque da dubitare quanto al genio flogistico del centio morboso ( fatta eccezione dalle irritative, di che recammo gli esempi ) ; comecché, per la causa che sul principio di questo paragrafo si è discorsale molto estesa ne molto forte, ne molto durevole deb- ba essere la sua irradiazione. VI. Io procederò adesso a considerare , come per altra causa onde i processi flogistici si rimango- no concentrati , que' trasudamenti e quelle morbose ojgauiz/azioni che si formano attorno alla partetocca da flogosi . Trasudano dai pori inorganici delle tu- niche (levasi sanguigni infiammati umori linfatico - se-rosi e materie tibiose a gran copia . I vasi linfatici della parte infiammata assorbono tutto ciò che si pa- ra aite loro boccucce per rimetterlo nella grande circolazione . In alcuni casi però le. separazioni so- no maggiora degli assorbimenti ^ e ne nascono ingor- ghi coaguli inerenze cisti, onde i moti flogistici si oscurano si circonscrivono, e la potenza diffusiva del- la flogosi si ristringe a piccolo spazio , ed assume lo stato di concentrazione e di indolenza. L'incremento delle pareti degli stessi vasi in seguito di una mag- gior nutrizione promossa in essi da processo flogistico può rendere oscuri ed intricati i movimenti morbosi atti a spandere dintorno Tessaltazione della flogosi : li coaliti delle membrane co' visceri che circondano sembrano accerchiare essi medesimi quella forza che li ha da prima generati; riducendo con ciò la flogosi in uno stato di torpore e al minor numero di punti organici^ e inetta a promovere nelle parti lontane un, identico pervertimento morboso. Cosisi formano molte flogosi croniche, le quali non perdono pertanto finti- ma loro propria natura ; sieno pur esse oitremodo lan- Processo flogistic© 26$ guide o profonde o di lunghissima durata. Senza qui ripetere i ragionamenti ed i fatti che hanno intorno a un fai canone patologico il Tommasini e il Broussais promulgato; sarò pago di ricordare solamente come il gran Sydenham guarisse in una donna con salassi ripetuti di tempo in tempo una cronica dissentaria di tre anni . Certuni enim est (disse Stoll prima di noi ) dari morbo s injlammatorios etiam chr ottico s , phlegmonem veram sei/ chronicam, quce diuturno tem- pore cruda persistita antequam vel benigne resolvatur , veliti suppurati 011 em abeat, vel indurefur , vel cangrct tiescat (1) . Queste sono e?iandio quelle flogosi inerti e invescale dirò così ne coaguli, nelle cisti, nelle pe- risarcosi, tra gli incrostamenti e coaliti di superficie che riacquistando l'indole loro propria di diffondersi,- o per impeto di febbre o per forza di stimoli som- ministrati ed anche per impeto spontaneo di organica reazione, hanno presentato il miracolo di disciogliersi e di eliminarsi . Certo che giusta il nostro intendere patologico molti opponimene si potrebbero fare a questo fenomeno . Ma i fatti da Ippocrate osservati sino a nui lo raffermano senza contrasto . In cotesti lentori flogistici Ippocrate diceva: diligerti ia adhiben» da est ut excandescentia inducatur,et caloris reparan- di , et sanguinis in vasa subter cuticulam colligendi grafia. Ipp. lib praenot. 3. 2^. Baglivi . Scepefebres lentas , per spirituosa et volatilia in acutets mutare conafus sum . Ramazzini . Adeo verum est illud Celsi quod febrem longam interdum aligere oporteat ; forg- iasse sic curai ioni opportunior fiet . Toggemburger. Optimum auxilium in morbis solidorum ab inertiafe- bris est . E chi sale lodi tribuite dagli antichi mae- (1) Sioll. Rat. med. p. 1. f. 108. a66 Scienze stri al parosismo febbrile , e cbi ha familiari le opere dell' Harvejo, di Schmidt , e Raymond, e Wedel , e Triller sulla medicina detta aspettativa; tale e tanta copia di fatti si recherà alla memoria , che di questo fenomeno misterioso della flogosi sarà al tutto con- vinto . Ha sostenuto anche l'Hunter, che di spesso la natura medesima per effetto duna reazione flogistica febbrile, gli umori accagliati e le vegetazioni flogi- stiche termina in finissima sottigliezza : e per tali mo- di dallaccresciuta azione universale del cuore e dei vasi , per opera del nuovo movimento infiammatorio , e del maggior processo calorifico, gf inzuppamenti si risolvono , si rinviano gl'ingorghi , e i prodotti pseu- do-membranosi assottigliati acquistauo attitudine ad essoie riassorbiti e ricondotti nella circolazione : tal- ché restituita alle glandole o a parenchimi la libertà de movimenti , riprendono la loro naturale mollizie , e le normali funzioni . Barthez Iachson e Dumas , ossei vati i vantaggi sulle vecchie flogosi che hanno cotesti impeti diffusivi spontanei duna flogosi nuo- va , proposero di imitarli con quella razza di meto- do , che chiamano perturbatore . Si dissipa dice il Dumas , l'irritazione cronica infiammatoria, procu- rando di aumentarla e di spingerla al termine del suo accrescimento il più elevato; perchè gli estremi si toccano, ed il più alto grado d irritazione è gene- ralmente seguito da uno stato opposto . Ma cotesto è un metodo di che è maestra forse la sola natura, e noi non potremmo imitarlo che con grave pericolo . li tornerà meglio il conoscere che questi movimenti spontanei di diffusione in certe flogosi lente sono "alo- ra proficui per non deviarli; anziché volerli promuo- vere ad arte, arditamente stimolando. E inoltre da av- vertire che si fatti modi della flogosi possono risol- versi ancora coli' infievolire a qualche grado la mac- Processo flogistico 2G7 china per mezzi menopericolosi.I bagni rilassanti, quel- li detti di vapore indicano i medesimi effetti . E quan- to a questi, è da leggere la dissertazione di Greg. Fri- der de sudationibus Rossicis . Può giovare anche il medesimo salasso , come lo attesta Lorry. Nec mi~ nus certe profitti vence sectio in congestionibus illis tardioribus , quli ana- tomici intorno alla obliterazione de polmoni, avvenu- ta in conseguenza di affezioni flogistiche. Dalle qua- li si deduce come 1 infiammazione delle pleure si alimenti spesso del materiale organico de' polmoni ; talché questi si obliterano si deprimono, e sustan- zialmente si consumano ,, È fuori di controvr- ,, sia (così spiega colai fenomeno il dottor FolehO che „ uella inaccluua animale dove è stimolo ivi è eiflus- 2n8 Sciuzi „ so d'umori; perlochè infiammata la pleura polmo- „ nare ne siegue che ad essa debba il sangue concor- „ rere in maggior copia dell' ordinario ; allora in ,, ispecie che comincia la separazione del siero ge- „ latinoso, passato come si è detto il primo stadio „ dell' infiammazione. Ecco che sciato il sangue , e ,, richiamato dallo stimolo all' estremità delle arte- „ riuzze, che serpono perla pleura del polmone , ,, e che pur sono diramazioni delle arterie bronchia- „ li , resta questo viscere privato in gran parte dell' „ umor vitale che deve nodrirlo , e mantenerlo in ,, quella mole che si conviene . Quanto esso disca- ,, piti nella nutrizione durante questo morboso prò* „ cesso , apparisce più chiaro quando si rimarchino ,7 le qualità della materia che dalla pleura infiam- ,, mata si separa - È la parte gelatinosa ed albumi- ,, nosa del sangue , è in poche parole la parte più. i nutritiva, quella che immediatamente ripara le ,, perdite continue di tutti gli organi animali, dessaè ,, che si detrae al parenchima del polmone . Non „ cessano intanto i vasi linfatici , siccome è loro fi proprietà, d'assorbire dal parenchima medesimo le M particelle più animalizzate , quali non vengono da „ altre rimpiazzate, e così contribuiscono anch essi ad M esaurirlo . Privato adunque il polmone della mate- „ ria nutritiva per la copiosa perdila che di essa si fa M nella superficie della sua membrana, smunto insie- §| me da vasi assoibenti, non la maraviglia che s'impic- „ ciolisra sino ajla quasi totale obliterazione (i) In una donna che morì di lenta epalilide itterica, nell ospedale al Laterano , io rinvenni nel cadavere il processo flogistico difFuso quasi a tutti i visceri dell' abdome; neimentrechè dentro dal petto i polmoni era- fi} lo' hi . Memoria «iil'a obliterazione del polmone i Opusc. «ci'int. di Bologna . fascicolo IV. a. 1^17. Processo flogistico 279 no piccioli e squallidi fuori dell' ordinario , e il cuo- re così flaccido e sfibrato ch'io potetti col dito perpe- trarlo da parte e parte . In alcuni morti con sinto- mi di flogosi ai polmoni ho veduto ora il destro ora il manco ingrossati aderenti e duri, mentre l'altro o della metà sminuito nel Volume, 0 non affetto da flogosi . Altro cadavere di un maniaco ( aperto- gli il cranio) mi manifestò i vasi delle meningi turgidi di sangue , la piamadre rosseggiante , fila- menti poliposi in tutti i seni della duramadre , ia somma i segni incontrastevoli d' infiammazione . Nulla era da notare nel petto, se non che una glan- dola bronchiale rigonfia e quasi scirrosa che dovea essere magagna antica ; ma trovai bene nel basso ventre il fegato e la milza mollissimi rimpiccioliti e come schiacciati contro il diaframma . Agata Corani affetta da fisconie abdominali , e morta nello stesso ospedale di un asma secondario prodotto dalla pressio- ne che contro al diframma facevano il fegato e la mil- za cresciuti in enorme grandezza, fu non ha guari sessio- nata: si trovò il fegato pesante di undici libbre e mez- za e sette libbre pesò la milza , sulla quale erano varii incostamenti gelatinosi : se tu avessi vedute le inte- stina , non le avresti dette di donna adulta , ma di fanciulla di pochi anni; tanto esse erano assottiglia- te , e consunte: e benché non guasti nella loro tes- situra organica , pure contratti piccoli e infraliti era- no i polmoni : tutto il cadavere atrofico . Infine questo ultimo caso mi meravigliò non poco, e destituì quasi da ogni dubbio la mia avvertenza. Stette al let- to 27. della corsìa detta mulierùm nel mentovato ospe- dale una malata alla quale sopraggiunse di lì a non molto una forte metritide . Prima the fandonie si gonfiasse e si tendesse, all' impocondrio sinistro non solo col tatto si sentiva la durezza e la grossezza della aSo Scienze milza (istrutta , ma se ne vedeva ancora il tumore ali* esterno. Morta costei per la oVtfa infiammazione nel cada vere apparì la flogosi fori e allutero , e senza che io dica del resto basti 1 osservare, che la milza sotto questo nuovo processo flogistico anzicchèpai tecipar- ne,non solo era diminuita nel volume ma nella mas- sa di tanto, che da grossa e compatta ch'essa era fu trovata contratta aggrinzata e nelT interno ridotta in una melma rossastra la quale però non mandava nes- sun fetore, a differenza delle parti infiammate che pu- tivano di cancrena . Poste le quali cose sembra fer- mato che la flogosi aumenta soventi volte il potere vitale e di assimilazione in un organo, a scapito del po- tere vitale e dello stesso materiale organico di qualche altra parte . Il subbietto da me trattato sin qui sarebbe tut- tavia fertilissimo di ulteriori considerazioni: che la flogosi è in medicina sopra ogni altro argomento il più abbondevole di sperienze e di indagini per mil- le casi valiate . Ria gli è bene nel penetrare certe cause morbose av vanzare di poco , e sino là sola- mente «love ci può condurre la fedeltà dell' ossei- vazione. Frattanto da ciò che per me è slato detto intorno ai concentrati movimenti processivi della infiammazione , intorno alle infiammazioni parziali nelle malattie universali , e intorno a certe più mi- rabili proprietà della flogosi; avrò ol tenuto il mio intento se si comprenderà solo , conforme di mol- te e sommamente opportune diligenze modificazio- ni e cautele abbisogni la scienza del metodo anti- flogistico. La quale tanto maggiormente importa di conoscere in questi tempi a certuni, che presi dall ingannevole facilità ohe presentala fanno andare con estremo danno da prudenza e da filosofia scom- pagnata. 28i Continuazione e fine del discorso del prof. Orazio Valeriani sulla coltivazione delle campagne di Ci- vitavecchia ( Vi voi. xxx 11. p. iOo ) 3°. IVAa è tempo ormai che al voler mi rivol- ga, come la condizione più indispensabile, da cui almeno in parte le altre dipendono. La volontà si muove verso un oggetto , se per buono lo cono- sce. Or io dunque brevemente vi mostrerò quanto bene dall' agricoltura derivi. Non parlerò del dovere , poiché in troppo sot- tili speculazioni dovrei immergermi per provarvi , che chi coltiva male e per ignoranza colpevole i proprj t'ondi, non merita di possederli , e fa un tor- to a tutta la società, come della società è beneiàttore chi meglio degli altri coltiva. Parlerò della ricchezza. Ricchezza è tultociò che soddisfa i bisogni, i comodi, i piaceri dell uomo ; e lungi andrebbe dal vero chi col nome di ricchezza volesse la sola moneta ab- bracciare . Le fonti della ricchezza ( prescindendo ora dalie ricchezze naturali ) sono le tre industrie, agricola , manifatturiera , e commerciale. La que- stione, the qui si affaccia, è quale delle tre industrie debba preferirsi , o sia quale delle tre industrie sia più produttiva. Egli è questo un problema di quel- li , che i matematici chiamerebbero indeterminati, la cui soluzione dalla cognizione dei dati dipende. Ma io volendo parlare di Civitavecchia in genera- le , affermo, i.° che non ostante l'eccellente posi- zione del commercio somma follia è trascurar 1 agri- coltura : 2.0 che i rapporti di questa città sono ta- . li da farle sperare forse non minore utile dall' agri- coltura, che dal commercio : 3.° che il commercio- •282 Scienze e le arti non fioriranno mai in quel grado , che pos* sono fiorire, se l'agricoltura languirà. Trascurar l'agricoltura in un terreno , in un clima come questo, per dedicarsi al commercio in- teramente, è lo stesso che trasandare di servirsi del- la mano destra , e supplire a questa con la sola sinistra. Non cosi pensano gì' inglesi : sono essi i più commercianti di Europa , e lo possono essere* ma non solo non isdcgnano 1 agricoltura , ma la tanno prosperare in modo sì singolare, e a dispet- to del loro clima, che almeno un quarto delle ric- chezze di quella nazione ali agricoltura è dovuto . i\on così pensano- i genovesi,,! quali benché ane- lino al primato del commercio italiano , pure con somma industria coltivano le loro pietrose monta- gne . Si stimerebbero pur felici gì inglesi ed i eenovesi, se il loro terreno a quello di Civitavec- chia potesse pur paragonarsi. Vero è, the il ca- pitale impiegato nel commercio qui suol rendere poco meno del io per ioo, e che quello impiega- lo nell' agricoltura rende il 4 appena ; ma oltre che questo modo di calcolare , più ad un partico- lare, o ad una famiglia , che non ad una popola- zione conviene; è d'uopo osservare, che nel com- mercio si accorda maggior profitto, attesa là mol- tiplicità dei casi fortuiti, come nelle arti atteso il maggiore ingegno e studio; ed altre ragioni, che poscia accenneremo. La fortuna delle case mercan- * i lì è brillante, ma fugace; quella delle case agri- cole più lenta , ma più stabile . Una nazione poi che si appoggia al solo commercio, (se pur di ta- li ve ne sono) forma il suo edifìcio sulla sabbia, >d il primo vento lo distrugge . Che Venezia, fon- data su lacune, si dedicasse nei primi anni al com- mercio : che 1' Olanda , il cui territorio era sotto Coltivazioni delle campagne ec: a83 l'acqua o in pericolo facesse lo stesso , io non me ne meraviglio ; pure i veneziani acquistarono in terra ferma come coltivare , e gli olandesi si ga- rantirono, come meglio poterono, con le loro dighe. Ogni persona , ed ogni nazione devono prefe- rir quel ramo d'industria , in cui meglio possono riuscire : altrimenti vorremo a dispetto della natu- ra operare, come pure con grande loro danno al- cuni tentarono. Or dove meglio Civitavecchia può riuscire ? Abbiamo veduto che il suo terreno e clima sono de' migliori d' Italia : dunque nell'agri- coltura quanto qualunque altra città d'Italia può riuscire» Riflettendo ora, che lo stato ecclesiasti- co per indole sua pacifico saviamente abborre dal- la funesta gloria d Ile armi , che in conseguenza non avremo mai una marina guerriera che pro- tegga la mercantile, ne siegue, che in tutto lo sta- to si deve l'agricoltura al commercio preferire. I rapporti poi di Civitavecchia sono tali , che se il suo commercio si portasse ad uno stato assai flo- rido , questo ecciterebbe la invidia e gelosia non solo delle piazze estere , ma di Roma medesima; invidia e gelosia, la quale non si desterebbe a qua- lunque grado sorgesse 1 agricoltura : o, se si destas- se, niun danno potrebbe apportare. Quindi Civita- vecchia nell'attuale stato di cose dovrà sempre li- mitarsi , come ha fatto finora , ad un commercio di trasporto, che chiamano di cabotàggio, commer- cio il meno utile di tutti i commerci. Tanto più dovrà limitarsi a questo solo genere di commercio, se l'agricoltura continuerà a languire, per cui non. si può esportare prodotti indigeni , e se le arti sa- ranno sì scarse come lo sono al presente; e per la vicinanza di Roma , le arti in questa città non po- tranno mai progredire. Ma si vide qualche moment a84 Scienze lo, in cui il commercio ci arrecò molte ìicchez- ?c. Vero : ma in compenso abbiamo avuto lunghi anni di ozio e d'inerzia. Sarà sempre così : un lam- po di prosperità , ed anni di miseria. Sono per al- tro ben lontano da credere, che si debba abban- donare il commercio : no, dobbiamo ad esso dedi * CHrci , ma prima all'agricoltura . Il commercio e le arti fiorirebbe!- meglio, se l'agricoltura non languisse. Tutti i rami d'industria hanno fra loro una mutua dipendenza; molto più iti questa provincia, dove la divisione dei trava- gli è imperfettamente stabilita; molto più nell' agri- coltura , dove la divisione et < i travàgli soffre una s< orna difficoltà. Quando l'uomo colliva i foraggi per uso del bestiame , egli è agricoltore ; quando d;d latte del bestiame ne fa formaggio , egli è ma- rti fatti] Fière; quando portasi al mercato par vende- re il formaggio , egli è commerciante. Coinciden- do in una sola persona le tré industrie, è del suo jr. {eresse, che luna per l'altra venga ajutata . L'a- gi «coltura accresce la popolazione ed il prodotto rie' generi necessarj ; e perciò senza detrimento de' ruerct'narj scema il prezzo delle mercedi , risultato fai oievolissimo a tutte tie le industrie. Non vi è perdo nazione commerciante , ebe non aneli , per quanto i suoi rapporti lo permettono, all'agricoltu- ra ; onde si vede tutto dì, ebe un paese commer- ciente diviene agricola, e che un' agricola av van- taggia molto, se riunisce il commercio. Ciò è in tut- 1 ; Europa; perchè non potrà essere anche fra noi? ( udi particolari cagioni lo impediscono/ I bisogni dell'uomo sono ciò che lo renJono ìndustre: ac- neseete i bisogni, accrescerete la industria. Colti- \.'o per ogni rubbio, ne siegue , che il prodotto delle tene può essere quanto quello del commercio. Che se taluno si spaventa del caro prezzo del- la mano di opera, per cui i lavori campestri co- stan tanto , ed il reddito netto delle tei re è cosi .scarso, gioverà osservare ^ che popolandosi il ter- ritorio scemerà il prezzo delie giornate , come si accennò. Ma chi la questa obiezione mostra di non conoscere nel! agricoltura altro sistema, che quel- lo degli afìitti, generale in tutta questa prov. iacia j a8G Scienze e mostra d'ignorare quanto a questo sia preferibi- le il metodo delle colonie , in cui Y interesse del proprietario con quello del colono coincide. Di più: accrescendosi il sapere , si vedrà che con quella stessa quantità d industria che ora si adopra , ed in conseguenza con la stessa somma di salarj che ora si spende, si può avere una produzione dop- pia , e che in conseguenza anche mantenendosi neli' attuale livello il prezzo della mano di opera si avreb- be un' utile maggiore. Così con la medesima superficie dell' area e massa di muraglie un muratore farà un tugurio, ed un architetto farà una casa ben comoda . JNon vi è tanta differenza, quanto si crede, da terra a terra , ma vi è molta più differenza di quello si crede tra industria e industria . Verrà il tempo , e spero che non sia lontano , in cui molti agri- coltori rideranno di loro stessi , e delle pratiche su cui al presente tutta la loro arte fanno consi- stere . Tutto il problema dell' agricoltura è que- sto— Dato un campo e tutti i suoi rapporti, de- terminare il metodo , in cui si abbia il massimo reddito , che è eguale al prodotto, meno le spese. Ma non è solo il reddito materiale , che deve spronar la volontà vostra. Vi è il credito, ed il pia- cere risultante dalla proprietà. Poste le altre cose eguali, un mercante, che ha i suoi capitali nel com- mercio, gode assai minor credito di un proprieta- sio , che tiene i suoi capitali in fondi immobili - Non è poi un piacere , che esista solo nella fan- tasia de' poeti, quello della vita campestre : no , i poeti non avrebbero mai tanto esagerato questo piacere , se non vi fosse una base di verità . Vo- lendo io sinceramente persuadere di quelle verità che dico , mi asterrò dal colorire questo passo del Coltivazione delle campagne ec. 287 mio discorso con le grazie della poesia , ed ognun di voi sa bene quanto ciò sarebbe agevole a farsi. Questo è il motivo, peroni nel mondo tutto, quan- do il denaro s'impiega nell'agricoltura, ognuno è contento di un fruito minore di quello, che esi- ge in tutt' altro impiego. Certo è, che in Italia il reddito netto del denaro impiegato nelle terre è tra il Ò ed il 4; di quello impiegato secondo gli usi civili fra il 5 ed il 6; e di quello impiegato nel commercio fra l'8 ed il io. Così in Inghiltena il capitale delle terre rende il 5, (secondo i calcoli più moderati , perchè qualche scrittore li estende air 8 ) quello nelle arti 18, quello nel commercio il io al 13. La ragione per così operare è evidente. La quantità dell'usura di un capitale è in ragione di- retta della probabilità di perderlo, ed inversa dei comodi e piaceri , che si sperano secondo i di- versi modi d'impiegare. Dunque in tutta Europa ge- neralmente i capitali agricoli hanno un prezzo di affezione in preferenza dei manifatturieri e com- merciali. Che se a questa opinione universale si ag- giungano le leggi e consuetudini locali 7 che tal- volta negli onori, privilegi, oflicj preferiscono il possidente al mercatante: se nel popolo si diffon- de un certo costume di magnifiche ville , o di pia- cevoli campagne, come in'molti stati è avvenuto, allora il proprietario fa tal pregio del fondo rusti- co, che si conlenta talvolta del reddito minimo, e fino anche del solo -piacere. JN'è voglio qui tralasciar la morale, oggetto pri- mario in tutti i popoli. Ogn' uomo contrae coite virtù e certi vizj secondo le professioni che eser- cita , e gli studj cui si applica. Per la esperienza di tutti i secoli gli agricoltori sono sempre più pro- bi dei marcai li e de' manifatturieri . Ciò pnnei-* aS8 Scienze palmente si verifica , quando l' agricoltura sia in mano de' coloni parziani , non de' mercenari , poi- ché questi non possono chiamarsi agricoltori. Quin- di viene, che ne' territorj per colonie, le pubbliche strade sono m-no infestate dai ladri, che dove col- tivano i fìttajuoli. Vi basti addurre I esempio di Ro- ma. Finche quel popolo non fu che agricola , fu un popolo di eroi ; introdotte le arti di lusso ed il commercio, degenerò in modo, che romani qiù non sembravano. Cicerone volendo provare le virtù del re Dejotaro , non trascurò di dirci , che era dili-* gentissimus agricola et pecuarius . Quali esempj non dette Spaila tinche ebber vigore le leggi di Li- curgo , le quali non solo bandivano il commercio, ma perfino gì istromenli con cui si commercia ! A questo ha rapporto l'aumento della popolazione . Un popolo agricoltore moltiplica più rapidamente di un popolo manifatturiere e commerciante , anche perchè il primo è più morigerato. Solo dopo intro- dotto il commercio in Roma , si videro gì impcra- dori nella dura necessità di porre nuovo argine al celibato dei libertini. In Italia presentemente la na- zione più popolata è quella di Lucca , perchè di tutte la più agricola . l\el regno di Napoli e nel nostro stato le provincie più popolate sono quelle, ove l'agricoltura più prospera . E nel vedere in tutta Italia fiorir cotanto l'a- gricoltura, che oggetto sia d invidia alle nazioni este- re, chi negherà che anche le nostre contrade, scos- si i vecchi pregiudizj , possano somma gloria ac- quistare, ed al loro splendore restituirsi ? Cesseran- no una volta quelle amare censure, che contro la solitudine dell' agro romano si spargono anche con le stampe dai viaggiatori ; e superbi di possedere un de' più felici territorj d'Italia, lo saremo eguai- Colti vazio^k delle campagne ec. 289 mente per la industria, con cui sarà da noi colti- vato. E voi, magistrati,, nel cui seno così caldo bolle l'amor di patria , e la carità de' vostri concit- tadini , rivolgete le vostre cure all'arte, che in ogni tempo fu stimata la regina delle arti, perchè la più utile, la più santa, la più piacevole di tutte, all' agricoltura , da cui stabilmente e sicuramente può dimanare ciò che è necessario alla sussistenza del popolo , al comodo dei possidenti , al piacere dei ricchi. Ma già molti tra voi hanno intrapreso Tono- rato cammino, e già cominciasi a coltivare. Rima- ne, che il loro esempio sia imitato. Troverete sì degli ostacoli ( e dove l'uomo non ne trova? ) , ma gli ostacoli son fàcili a sormontarsi ; ma l'impre- sa sarà tanto più gloriosa, quanto furono essi più difficili; ma lutile, che ne trarrete, vi compense- rà lunghissimamente dei travagli che sopportaste . Continuazione del sunto delle lettere, medico -critiche del sig. Spallanzani. XXssume nella terza lettela il sig. Spallanzani per oggetto di erudito trattenimento la storia di una gravissima enteritide esposta dal sig. prof. Tomma- sini in una prolusione , e su di questa cotanto por- tentosamente promulgata istoria va egli tessendo un critico regolare comento . Ad epoche assai lontane ed involte nel maggior bujo dell' antichità rimonta il sig. Spallanzani per ivi desumere le prove della im- perfetta idea e denominazione della enteritide , e per conchiuderne la di lei rarissima comparsa, es- sendosi perfino distinta col vocabolo di morbo nuo- vo ( al dir di Plinio), allorché venne da fieri do- G.A.T.XI. 19 igo Sciuu lori intestinali assalito Tiberio successore di Augu- sto (a). Scherza quindi in piacevoli foggie sulla frequenza oltre modo imponente in cui distinguesi cotal malattia dall' occhio penetrante degli odierni riformatori , e termina queste sue facezie con au- gurale che la precitata forma morbosa divenir pos- sa nei futuri giorni rarissima , siccome lo era nei tempi dei greci e dei romani antichi, sì tosto che andrà la nuova D. I. a seppellirsi in seno a quel'' obblìo che chiude qualche centiuajo di medici sistemi. Fermo il fisico reggiano nella idea di scor- gere nella prolusione istessa del eh. Tommasini i documenti i più luminósi per una opinione totalmen- te opposta al parere del clinico di Bologna ,va spar- gendo ad ogni tratto le sue critiche riflessioni, le qua- li complessivamente riunite sembrano potersi ridur- re ad una inesatta descrizione della storia del prof. Tommasini, ad una manifesta incertezza del vero giu- dizio diagnostico , e finalmente ad una evidentissi- ma contraddizione del curativo trattamento «Iella malattia co' principj teoretici della N. D. M. ita- liana. E per conferma della inesatta descrizione , si arresta primamente a rammentare la loggia di espri- mersi dì quell'ili, prof. , a'iorchè dice nel principio della storia : Una giovine di anni 20 , già innoltra- ta nel nono mese della gravidanza, sostenne una se- ra quel rigido freddo che verso la metà di settem- (a) A sostegno però di questa iiea di morbo nuovo era il sig. Spallanzani in dovere d'infringere le autorità di Senncrto e di Tronchili , li quali con gravissimi documenti dimostrarono manife- itamcnte falsa ed erronea siffatta assertiva di Plinio, per essere sta- ta-la morbosa affezione di cui parlasi, già da varj autori sporadi- camente incontrata, e descritta nelle loro opere (Il C mpil. ) Lettere medico-critiche -><)j bre 1817 parea quasi minacciare un inverno preco- ce . Dal non essersi qui religiosamente precisato il periodo della gestazione ( il quale in r spetto al dì ed al punto del seguito concepimento dovette dal genitore , e forse ancor dai conjugi ignorarsi ) trae partito il sig. Spallanzani di ritenere i dolori del- la paziente come prodromi dèi parto già maturo - Non dubitando egli di andare errato sulla natura del comento , trascura di riflettere, se l'espressio- ne da lui usata di gravidanza innoltrata nel nono mese , o l'altra di trovarsi la giovine innoltrata nel nono mese di gravidanza ( siccome il prof. Tomma- sini la descrive ) si opponga alla fedeltà necessa- ria a serbarsi in somiglievoli circostanze , e se la trasposizione delle voci inprima un cangiamento di valore nella risuonanz» dell' intimo senso. Dirassi poi forse da taluno , che l'innoltramento nel nono mese colla gravidanza lungi dall' appartenere al ter- mine compiuto della gestazione , spetti in vece per approssimazione alla seconda decina di giornate del nono mese. Che di vero non sembra mal propria la divisione dei trenta giorni del mese in tre par- ti , cioè in principio, corsole fine, né inopportu- na la partizione in ciascheduna di qaest' epoche iti tre nuovi periodi distinguibili coli istesso nome . Or se così divisa s'immagini la seconda decina del mese , potrà seguirne , ohe il vocabolo innoltrata appartenga al sesto in settimo giorno della men- zionata seconda decina di giorni , cioè alla iC* o ij.'d giornata del mese, e non già al termiue di questo . Ma non abbandoniamo ii sig. Spallanzani nelle prove della inesatta descrizione del prof. Tom- masini , a carico del quale rileva egli il silenzio colpevole di varie importanti nozioni , come del tem- peramento , della complessione , delle malattie pre- »9 * 2Q1 S C I B N Z B gresse , del carattere delle mestruazioni della pa- ziente . E fra queste ommissioni ci sorprende lo scorgere , che il fisico reggiauo abbia a discapito di sua delicatezza ommesso di chieder conto sulla foggia di vestire della giovine ; suli' ora de la se- ra , in cui dessa sostenne il freddo ; sullo stato in cui il sostenne, cioè se passeggiando o trovandosi quiesciente all'aria aperta ; se per quanto tempo il sostenne ; se vi era soffio molesto di qualche ven- to di nord ; qual fosse stato il grado termometri- co del calore atmosferico nel giorno, e qual si fos- se quello della sera in questione . Con tali avver- tenze sciolto sicuramente sarebbesi d'imbarazzo i[ sig. Spallanzani in persuaderci, che in Italia un pò di frescura avesse potuto produrre una gravissima en- teritide, riflettendo specialmente ai sconcerti che sul- la traspirazione cutanea suole arrecare l'imtempesti- vo e rapido cambiamento della temperatura atmo- sferica delle ore del giorno in altra più fredda nel- le ore notturne. Passando il sig. Spallanzani alla indagine del- la serie dei sintomi , inclina con Stoll e De Haen a riconosc- re i dolori del ventre per colica annun- ziale un parto imminente, che per verità andò nell' indomani ad alfettuarsi , e ricusa di soscriversi al giudizio «Iella malattia perenteritide, atteso che non riseontransi nella storia descritti gli ordinarj e pa- tognomonici segni di quella , sì ben rilevati e da Morgagni e da Celio Aureliano e da Ippocrale e da Are;eo e da Gilibert e da Cullen e da Quarin e da Sprengel , come specia'menle la perfetta ed invincibile dell'alvo, la faccia ippocialica, il teis- mo , il riso sardonico . Riconosce per tali ragioni il tisico reggiano nella storia del prof. Tommasini una som ma incertezza onde poterne tra ire un in- Lettere medìco-critichb 2q3 fallibile giudizio per la vera diagnosi della forma morbosa; vi spiega delle generose vedute; parla con molta cognizione della materia, e la sviluppa con una vivacità forse soverchia , ma non però suffi- ciente ( a parer nostro ) a guadagnarsi la universa- ie convinzione; e su di ciò ne anderemo con tut- ta ingenuità rilevando i motivi. I raziocinj del N. A. , quantunque assai inge- gnosij lasciano gravissimi dubl.j sulla infallibilità del di lui parere , e suila certezza dell' errore, eh' «gli vorrebbe dichiararci svelalo nella diagnosi si- nistramente concepita dal sig. Tommasini .Persuasi anzi noi siamo, che nell'argomento in quistione me- ritar debba maggior fede quest'ultimo, come un av- veduto pratico abituato alla osservazione, come un amorevole padre intento a sceverare colla più se- vera maturità di un sagace esame ogni mezzo d'il- lusione, come un esperto professore che trovasi pre- sente al letto della inferma, di quello che meritar ne possa il sig. Spallanzani dottissimo sì, ma as- sente medico , ed il quale per conseguenza non al letto della paziente, ma sulla immagine contempla- ta nell'espressioni dpi libri si erge ad impugnare la idea della malattia . iìd il carattere di padre alfet- tl,°So ed irrequièto sparger non può il minimo dubbio sui criterj della diagnosi , che ben devono credersi con accurate indagini squittinati affla di non andare errati nella infermità di un individuo così prediletto : e sol poteva al più il tenero pa- terno amore falsare il lume dei di lui intelletto con dipingergli nell'occhio della immaginazione una mag- gior gravezza dei sintomi , ed esagerata rappresen- targliene la intensità . Né giova a sostegno della opi- nione del sig. Spallanzani la deficienza di alcuni sin- tomi; poiché il clinico di Bologna nello esporre la sto- »j)| Sci ozi ria della malattia della sua amata figlia , non ha in- teso di scrivere ad istruzione dei leggitori sul me- ri! o della diagnosi ; mentre le di lui mire tendeva- no alla celebrila del curativo trattamento per tro- feo della sua vagheggiata dottrina. La modestia al- tresì dei leggitori medesimi sarebbe rimasta offesa , ove per un eccesso di delicatezza si fosse quel pro- fessore intertenuto in esattamente delineare 1 appara- to fenomenologico del debellato malore . Non altri- menti chea (allo almeno d'inutile prolissità ascri- ver pohebbesi se un uomo sommo, tributar volen- do elogj con larga mano alla virtù di un febbrifu- go con cui sia giunto a trionfare di una semplice ma ribelle quartana, perdesse frustraneamente il tem- po nell indicare le solite forme di questa febbre ti- pica, i sintomi dell'ingruenza dell'accesso, quei del corso e del termine di esso, non che l'ordinario di lui riproducimene : bastando ali incontro la sempli- ce assertiva , che traltavasi in tal caso di una sem- plice quartana . Così un botanico nominando p. e. la digitale purpurea non potrebb'essere accusato di oscurità se tacesse di aggiungere la figura delle fo- glie del calice, i caratteri di quelle del fusto, la figura della corolla, la divisione del calice, esimili altre no/ioni : essendo unicamente sufficiente l'uso delle voci stabilite per convenzione a designare l'idea di un nome. Egli è perciò, che se abbia il prof.Tom- masini ommesso la enumerazione dei varj segni pa- tognomonici, quali ora il fisico reggiano ci aggiun- ge, non può giusta discenderne la conchiusione, che la trattata maialila non fosse una vera enteritide. Se poi al merito reale dei sintomi piaccia di- rigere lo sguardo per indi desumerne non darsi en- teritide ove associata non rinvengasi al dolore ed falla febbre la costipazione dell'alvo , e gli altri man- Letterh MEDICO-CRITICHE 3J)5 chino fenomeni morbosi, che lxl. c'impone a riguar- dare patognonomici con Culien Sprengel ed altri : inviliamo il sig. Spallanzani a riflettere , che rarissi- mi sono quei casi , nei quali un infermo ci offra il complesso riunito di tutti i sintomi dai pratici descritti ; del che può farne piena testimonianza chiunque abbia con qualche attenzione prestato la sua opera medica ad un numero non scarso d'in- fermi . fante sono e sì pariate le anomalie che ogni dì s'incontrano ! Cosicché hassi ben sovente a co- noscere o la fallacia d(ù sintomi che traggon tal- volta in inganno con mentire una forma morbosa qual non è in essenza, o a rilevare la insufficienza di altri che inducono più spesso in errore non ispi- rando veruna idea della presenza di un morbo , che quindi squarciato il velo di oscurità a corso più innoltrato si appalesa con danno il più delle volte irreparabile del paziente . Così la vecchia mendica f di cui parla il Morgagni nell' art. 12 della episto- la anatom- med. 05 , in patavinum nosocomium il- lata est, aitasi thoracis injìammatione teneretur; lad- dove la dissezione cadaverica dimostrò gì' intestini infiammati , e nel torace si rinvennero sani et prorsus illcesi pulmones . Tendono quindi a tale scopo gli aurei avvertimenti di tanti celebri scrittori, fra' quali sol ricordaremo ristesso Morgagni dal sig. Spallan- zani giustamente encomiato , il quale nella citata epist. ój all' art. 21 così ne avverte : Quce omnia cum ita sint , quando ciun aliis infiammato rum in- intestinorum signis , vthementem dolorem et acutam febrim in cegrotantibus deprehendes , jure quidem meritoque credes rei medicee auctoribus ficee duo inter prcecipuas notas magri W sect. 1 cap. 3. (e) Frank. Epitome ce. enteriti* §. a4o- Lettere medico-critiche 297 ,, rum iuflammatione liquidam vel et sub cruent cari ,, materiam deponit . „ I sintomi (leggiamo nelle annotazioni medico-pratiche di Brera voi. II- §-171-) destati da una tale infiammazione sono relativi alla sua estensione, ed al tratto degl'intestini interessati dalla infiammazione . Fra i suoi effetti sono princi- palmente da aversi in vista l'ileo , l'introsussezione intestinale , e la dissenteria . Venne ciò osservato di già dallo stesso Morgagni , come lasciò registra- to all'art. 22. della ricordata epistola; „ Ponuntur ,, etiam ab iisdem scriptoribus alvi adstrictio , et ,, assidui vomitus , praesertim si infiammata sint ,, tenuia intestina , ut recrementa denique per os ,, reddantur . Sed ni Ini horum certe invenies rele- ,, gens quae supra saltem de servo, de anu , de al- ,, tera muliere proposita sunt : quia huic ultixnae „ laxa erat alvus . „ Egli è perciò che invitiamo finalmente il fisico reggiano a riflettere al pregio grande dell'avvertimento , che ci dà il menzionato insigne clinico Frank, il quale, in vista delle tracce di preceduta infiammazione riscontrate negl'intestini di alcuni cadaveri ,, de quibus ne per insomnium qnidem inflammationem subesse medentes credidissent ,, soggiunge,, jFIaec interim silentis magis natii rae , quam istorum et rore praetervidentur; sufficit que hanc artis humanae imperfectionem eo potissimum fine ad- notasse , ne in tani fallaci morbo vel parvi s quidem signis attentionem recusemus , ac né ob plurium sym~ ptomatum defectum inox ad illum iiiflammationis prae- postere concludamus . (d) Dalla deficienza dunque di molti segni ne ammaestra a non dedurne Ja defi- cienza della infiammazione . Scorgere dalle cose det- (d) L. cit. §.a4i. 2\j ì Scienze te potrassi ad evidenza , che gli scrittori inebriati talvolta dallo spirito di trovar mende , traveggono ed intendono le cose in tutt'altro senso da quello l'intenderebbe ogni altra persona imparziale , e non, preoccupata da cieca prevenzione . Dirassi forse da taluno , che siasi da noi assunta qui la difesa del prof.Tommasini ; ma non va così la faccenda . Poiché non si è già tenuto ragionamento apologetico sul merito della di lui medica teorica ; non trattassi di collocare in serie di una classe più che in un altra una forma morbosa , non di ascrive- re fra le flogosi ed infiammazioni una malattia che mai per tale non siasi tenuta, né di ritenere la chi- li achina o altro farmaco sotto l'aspetto di proprietà controstimolante, che mai non abbia goduta, e che goder non possa . Abbiam dovuto bensì , a costo ancora di una digressione , perorare in favor della verità, al qual effetto esterniamo ora il nostro senti- mento di trovarci in perfetta armonia con il parere del sig. Spallanzani , e far plauso ( così sembrando- ci di meritarlo) al di lui comento sulla cura del- la enterilide in quistione . Giustamente ivi riflette il fisico reggiano , che non dovea ammettersi la denunzia della quantità del «angue estratto in ciascun salasso , essendo tal no- tizia molto necessaria a servire di norma nel giudi- zio , e di confronto nella cura , se sia d uopo bilan- ciare la preminenza di profitto della nuova teorica . Né vane troviamo le considerazioni del sig. Spal- 'anzani circa l'uso della magnesia , giacché sotto la circostanza di una gravissima enteritide era decisa- mente indispensabile aver ricorso ai rimedj diretta- unente controstimolanti , e dietro i principj del siste- ma non prescegliere il debolissimo presidio di quel farmaco » ed anteporlo perfino al tanto celebrato aci- Lettere mkbico-critkh* ìioj do prussico, ed a varj aiiri valorosi mezzi di eroica tolleranza , di eclatante controstimol® , dei quali non si fa nel caso nostro veruna menzione . E coe- rente potrà dirsi dopo ciò la pratica con i principj teoretici ? Ma che forse in una inferma di grande impegno, qual si era una figlia, una giovine spo- sa , non si vollero prescrivere alla ventura rimedj eroici, sebbene la gravissima infiammazione li esi- gesse , onde trovarsi all' unisono con i fondamenti del decantato sistema ? E qual sarebbe in tal caso la conchiusione da trarsene se non quella della er- roneità del sistema , o almeno l'altra della incertez- za , della poca fermezza dei di lui fondamenti ? Sulla prescrizione quindi del diagridio , che si prescelse ad usarsi qual deciso purgante , pronun- cia il sig. Spallanzani il suo giudizio , il quale se pur qui discorda da quello del prof. Tommasini , è però sempre il più esatto come quello eh è sostenuto da migliori ragioni . Rammenta con Alessandro di Trai- le» , Celio Aureliano , Quarin , e con gli scrittori di materia medica , che dannoso venne sempre procla- mato ne' dolori intestinali , coliche , colere , enteri- tidi l'uso dei purganti violenti e drastici , perchè at- ti a produrre la infiammazione deglintestini , nonché ad offendere la membrana villosa infiammata , ed af- frettare la cangrena . Ed in proposito di questa , cioè della cangrena , non lascia il fisico reggiano di com- battere l'espressione dell' odore enterico , che si te- meva presago di un esito infelice della malattia . E per verità quest' odore, che ( seguendosi la spiega- zione del senso litterale) significa odor d'intestino semplicemente , e non già risuona per odore din- testino affetto da infiammazione , e molto meno odor di enleritide passata in cangrena, riesce oscu-» rissimo a concepirsi in quella foggia in cui vorreb* ?oo Sciènze besi annunziato , e massime perchè da ninno fin qui avvertito. E proseguendo il comento del metodo curativo, di- mostrasi assai bene dal sig. Spallanzani l'incongruen- za di quello in fronte dei principi teoretici del siste- ma , allorché infila terapia cangiossi ad un tratto la scena in un aspetto tutto inverso; allorché non più nei salassi, non più nei purganti drastici, non più nulla privazione assoluta di ogni alimento, non più nel metodo controstimolante s'insiste; ma in onta al minaccioso odore enterico si prescrivono alia infer- ma slimolanti e tonici rimedi , e la confezione aìker- mes , e gli oppiati , ed il vino di Spagna . Udiamo- ne le istesse voci del fisico reggiano ; udiamo com' egli sbigottito esclama a carte 1 55 ,, come in un ,, enteritide , in cui si temeva imminente la cancre- „ na annunciata dal nessun odore delle materie sot- ,, tilt) si ordinarono e loppio e il vino e i tonici , ,, e furono questi rime'ij prescritti dai puri diate- ,, sisti? E non è ella (la flogosi) nei punti che at- ,, tacca sempre malattia di accresciuto eccitamento? ,, Come dunque si osò anche in mezzo ai funesti „ presagi di cancrena ricorrere agli stimolanti , do- ,, pò aver fatta la diagnosi del male, e riconosciu- ,, tolo d indole infiammatoria ? Perchè non lido il ,, clinico di Bologna alla diatesi permanente e seni- ,, pre stenica? Come in mézzo a tanta luce di veri- „ tu , guidato da principi inconcussi , avendo alle ,, mani una malattia di J ondo noto , ed in sommo ,, grado iperstenica , potè egli volere e disvolere, ,, e controstimolare e poi stimolare ? Poiché queste ,, dubbielà,questi sbalzi, perchè questa eontraddizio- ,, ne di metodo in una malattia conosciutissima ì . . . ,, Dopo averne imparato che le malattie ipersteniche ,, dn\ cominciamento all' ultima coavalesccnza den- Lettere medico-critiche 3oi „ no essere curale con metodo controstimolante più ,, o men forte ma sempre uniforme , e non si dà poi „ col l'atto ora del martello in su le dita ? Come „ mai avnbbe potuto l'inferma sopravvivere d'una „ sola ora alle sue massime, contraddicendosi, ed „ insegnandoci a smenticarle ? „ Cosa poi diremo della nuova indicazione, che quindi fu presa per opporsi alla soppressione dei locbj, allorquando si pose in uso a tal effetto la polvere anti- moniale , di cui altresì non è condonabile Tessersi passata sotto silenzio e la qualità della farmaceutica preparazione, e la dose di essa ? Assai bene riflette il sig. Spallanzani , che in una enteritide , nella di cui storia non si è mai tenuto discorso di veruna morbosa affezione dell utero, non dovea certamente convenire 1 uso della enunciata polvere , e special- mente perchè , in grazia dell' azione sempre emetica del farmaco antimoniale, rendevasi più pertinace nel- la inferma quel sintomo che più gravemente la mo- lestò , cioè il vomito . Se non che la tolleranza dei controstimoli in ragione della diatesi , e la sempli- cissima partizione dei rimedj tutti in due classi, fa- rebbero conchiudere che opportuno ed utile può tro- varsi per le gravissime entenlidi il proposto anti- moniale rimedio . Continuando il sig. Spallanzani il suo com- mento , fissa l'attenzione suila iliade dei fenomeni morbosi, che nel mattino della giunta giornata eb- bero ad osservarsi nella paziente , e che vivamente annunciar potrebbero in ogni caso una morte ir- reparabile , se ad un opposto giudizio non ci ìichia- massero le considerazioni del tisico reggiano . 11 me- teorismo infatti ascrivesi dallo Spallanzani ali abu- so dei salassi; e se, inerendo alla sloiia del prof.Tom- masini, il silenzio dei dolori,! polsi minuti Jrequun- 3o» St 1 IR Z I fissimi , confasi , il volto pallido , e gelidi sudori , le braccia e piedi agghiadati , la quiete funesta e sol dal vomito interrotta più di essa funesto, temer fa- cevano di già essersi effettuata la cangrena ; ripiglia il sig Spallanzani,e dice, che il clinico di Bologna più da padre tenero, che da medico , ha letto nel volto della inferma il sinistro presagio della malattia; e col- le autorità di De Haen, Quarin , Stoll , e Rosa s'im- pegna a totalmente dissentirne . Rammenta con Mor- gagni prontissima la rapidità del passaggio alla can- grena , e dietro la scorta degli enunciati scrittori ri- corda che per autentica sanzione di una prognosi ferale mancava specialmente la dissenteria feelida , cinerea , ichorosa , livida , nigra , cadaverosa absque sensu wgrofantis . Desume quindi da ciò , che la in- ferma ei a ben lontana dal ritrovarsi addotta all' ul- tima estremità di sua vita, perchè dopo la forma- zione della cangrena nen ci è valor di medica dot. trina che vaglia ad allontanarla , ed esempi se ne de- siderano nella medica istoria, tranne qualche raris- simo caso osservato dal De Haen . D'altronde quello stato di polsi languidi e cedenti alla pressione , quei sintomi di freddi sudori, di mortai debolezza, di universal concidenza delle forze , quelle apparenze di vicina cangrena non erano che dipendenti dalla soverchia profusione del sangue versato; lo che conghiettura il sig. Spallanzani in virtù del carattere della malattia che si ebbe a combattere r ed in gra- zia delle massime della nuova dottrina. IV è in line poteasi alla paziente ridonare la salute in verun con- to con l'uso dell acqua fredda; giacche onde i prin- cipj della dottrina teorica non si trovassero in op- posizione sul letto della inferma , si dovea nella gra- vissima enteritide opporre alla immunità della flogosi un proporzionato attivo rimedio controstimolante; e Lettere medico-critiche 3o3 siccome tornaron vani i salassi, la magnesiaci diagri- dio, la polvere antimoniale ec. , converrebbe dedurne che i sorbetti e l'acqua diacciata siano i controstimoli i più valorosi ed eroici, superiori ancora ali acqua coo- bata di lauro- ceraso a dose di tolleranza , alla gomma gotta, all' ossido di bismuto; ai quali tutti venne preferita l'acqua diacciata , in virtù della quale can- giarono di aspetto nella istessa quinta giornata tutt' i morbosi fenomeni , e si trasse felicemente l'inferma dal sepolcro : sebbene poi qualche leggiero sconcerto nuovamente insorto dall' undecimo ai i 20. giorno si vincesse ancora con altri due salassi , i quali compi- rono perfettamente la cura della gravissima enteriti- de . E per rimuovere qualunque presunzione sul pro- fitto dell' acqua diacciata , chiamasi dal sig. Spallan- zani l'attenzione alla insufficienza di un reale giova- mento, che derivar ne possa dall' unico e debole ef- fetto che ne siegue della sottrazione del calorico, al- lorquando l'acqua gelida fino al suo giungere nel ventricolo va a porsi in equilibrio colla temperatura degli altri liquidi interni; al che poi ne aggiunge con inversione di argomento , che , lungi dal proclamarsi per utile un tal presidio, dovea anzi riuscite alta- mente nocivo, essendosi dalla osservazione sanziona- te le opinioni emesse dai più classici maestri deli arte medica , che dalle bevande gelide cioè traggo- no talvolta origine le vere infiammazioni , e che quel- le non sono in alcun modo giovevoli ed alte a com- batterle . Compiutasi dal prof.Tommasini la storia di que- sta gravissima enteritide, vi aggiunge egli alcune de- duzioni in favore delle massime della N. D. M. ita- liana , e per magnificar costei le addebita il trionfo di preziosa guarigione della sua inferma , la quale, al dir del clinico di Bologna, senza la luce delle nuove oo$ Scienze ìnassime sarebbe morta , se si fosse impiegato l'op- pio , l'etere , il muschio , e con l'uso dei metodi di tutti gli antichi pratici non si sarebbe salvata . Pren- de motivo da ciò di combattere la terapia di Brown, di Willis , di Sydcnham , di Boeraave , di Wanswie- ten , di Quarin , di Cullen , e di altri chiarissimi scrittori ; ma il sig. Spallanzani contro questo cre- duto trionfo massimo della JV. D. si erige per svel- lere ad essa il fregio di questa nuo'va decorazione rapita agli illuminati nostri predecessori , e sì vi riesce con isquisitezza di erudizione e salde ragio- ni. Rileviamo infatti fra i diversi argomenti di questa contestazione, che non cadde mai in mente a verun pratico dì curare l'enteritide coli' oppio, col muschio, coli etere; cosicché rimane a sapersi contro chi sia diretta l'imputazione del Tommasini , il quale non sembra di avere altra mira salvo quella di nobilita- re la nuova teorica accusando le scuole mediche di errori, in cui non incorsero giammai; e neppure in Brown si è alcuna volta rintracciato il grossolano errore di aver prescritto nella cura delle enteritidi rimedi alti ad accrescere ? infiammazione , e solleci- tare il passaggio alla cancrena , come prtende il prof. Tommasini . Rileviamo altresì , che Dell' assolvere dalle censure lommasiniane e Willis , e Sydenham , e Boeraave, e Cullen, e tutti gli altri dal clinico di Bo- logna condannali, trova in vece il sig. Spallanzani , che il metodo di questi celebri autori gode di una somma preminenza su quello del prof. Tommasini, e non vi si riscontrano già que' difetti d'incoerenza, d'importunità decantati dal clinico di Bologna,seppu- re non vogliasi assumere per tale con soverchio spi- rito di censura qualche proposizione dai ricordati pratici emessa con sommo accorgimento , e sotto il peso di altre circostanze hvn diverse assai da quelle , Lettere medico-critiche 3o5 alle quali si vorrebbero presentemente riferire e farsi ingiustamente appartenere. Sarà continuato. Torelli Della coltivazione della canna a zucchero in Egitto. Notizia agraria del sig. D. P. Cavazzi . I j o zucchero, che forma uno de1 maggiori e più doviziosi prodotti dell'Egitto, viene con somma di- ligenza e premura coltivato dagli arabi . Siccome apporta loro maggior lucro e profitto dei cereali, e sarebbe quindi a preferenza di questi coltivato, per- ciò dal governatore dell' Egitto n' è determinato il quantitativo , affinchè non sia trascurata la coltiva- zione degli altri prodotti . Una sola porzione di pae- se che da Benesuef ( i8 leghe circa dal Cairo) si estende sino a Tebe, oggidì Luxor, e K,arnak, la quale comprende circa \ gradi di latitudine, viene dagli arabi destinata a quest' oggetto . Non so poi se questa scelta si debba attribuire o al più ener- gico calore del sole, o alla miglior qualità del ter* reno , ovvero all' uso costante sanzionato da epo- che rimote, e divenuto presso questi popoli incolti quale altra regola e legge . Non si vede perciò giam- mai effettuare la piantagione dello zucchero nel bas- so Egitto . Forse appositi esperimenti diretti a pro- vare la possibilità della coitivazione nel Delta e nelle vicinanze del Cairo , coronati da felice risulta- to, sarebbono capaci di rimuoverli da' loro princi- p,j , e . d indurli a coltivare lo zucchero negli ora mentovati luoghi. Ma chi mai sotto un governo bar- baro e despotico oserebbe proporre innovazioni , le G.A.T.X.I. 20 3o5 Sciihu quali se non avessero subito il bramato effetto, ol- tre l'essere trasandate , diverrebbero perniciose e fa- tali a chi le avesse proposte ? La pratica che si tiene nella coltivazione del- lo zucchero è la seguente. Prima di piantarlo so- gliono gli arabi arare la terra per tre volte colla distanza di pochi giorni dall'una all'altra . Non es- sendo il loro vomere cosi grande come quello che si adopera comunemente in Europa , arano a due palmi scarsi di profondità. Sarebbe d'altronde su- perfluo approfondarlo più oltre , poiché dovendosi la fecondità del terreno intieramente ripetere dal loto , che il Nilo vi depone nella sua benefica ir- rigazione , è sufficiente rimuovere un poso la ter- ra , onde incorporarla ad esso che le serve di ot- timo concime . Scelgono ordinariamente terre negre e grasse , in ispecie quelle nelle quali sia stato 1' anno ante- Cedente il trifoglio , essendosi osservato acquistare allora maggior fecondità. Incominciano, ad arare nel mese da loro chiamato bonamusce , che corrispon- de a marzo , e terminano nel medesimo mese : ese- guiscono poscia la piantagione nel fine del mento- vato mese , ovvero nel principio, di baramaat ( aprile ) . Qualche volta preparano il terreno mettendo- vi lo sterco de' colombi, de' quali abbonda l'Egitto, e pe'quali fabbricano a bella posta piccole celle emu- lanti la figura di un cono , e fornite nella parte su- periore di vari pertugi : in esse costumano i sud- detti uccelli di ridursi e nidificare . Goteste celle hanno nella parte inferiore una porticina , per la quale entrano gli arabi a raccogliere lo sterco. Quasi tutti i villaggi dell'Egitto hanno simil fatta di co- lomba j , dal che può ciascuno rilevare quale enor- Coltivazione della canna a zucchero 3qh me quantità di colombi colà si rinvenga , e quan- to sterco si accumuli , il quale si preferisce a quel- lo degli altri animali domestici . Arato il terreno , prendono le canne mature, e le pongono per lungo in maniera che la parte su- periore di una sìa rivolta all'inferiore dell'altra ad un palmo circa di profondità ; le ricoprono quin- di di terra, e formano delle fila longitudinali, la- sciando tra luna e l'altra degli spazj scavati a fog- gia di solchi , e ciò. per potere irrigare il terreno dapertutto , e farri stare per qualche tempo l'ac- qua , onde possa ovunque penetrare . Compiuta la piantagione , inaffìano il terreno in guisa che il me- desimo venga tutto ricoperto dall'acqua . Attendo- no in seguito il doppio del tempo che hanno im- piegato a piantare , e tornano nuovamente ad inal- bare :; la qual faccenda eseguiscono di poi ogni venti giorni . Generalmente decorsi i primi venti giorni in- comincia dai nodi delle canne a sbucciale una fo- gliolina , che viene dopo due o tre giorni seguita da un'altra . Succede talvolta un ritardo ; ma nul- ladimeno dopo il secondo inaffìamenlo hanno quasi tutte le canne germogliato . Incomincia quindi a for- marsi il piccolo tronco interrotto da nodi , il quale di giorno in giorno si sviluppa, aumenta , e attin- ge l'altezza di 9 o io palmi, ed una notabile gros- sezza allorché è giunto alla sua maturità . Tutta la cura e diligenza consiste adunque nel- rinaffiamento , il quale , come sì è detto , viene costantemente praticato dagli arabi ogni venti gior- ni sino al mese di luglio, vale a dire sino al me- se in cui il Nilo straripa . In quest'epoca dell'innon- dazione con più frequenza ed abbondanza irrigano il terreno, poiché fanno che l'acqua dopo l'irriga- io4 3o8 Scioii mento rimanga per due giorni sopra il suolo, pas-« sati i quali, allorché veggono essere stata assorbita, tornano a diffonderla per esso , cosicché può dir- si che nelT agosto, settembre, ed ottobre le pian- te dello zucchero sieno quasi sempre bagnate dall' acqua . Accadendo però in quel tempo che le cam- pagne tutte sono dalla piena del Nilo allagate, quin- di i coltivatori dello zucchero si danno la pena di formare argini di terra all' intorno della loro pian- tagione, perchè non sia ugualmente sommersa dalle acque del fiume . Se per avventura nella stagione invernale pio- vesse (lo che di rado succede), in tal caso pria d'innaffiare il terreno fanno attenzione che sia dis- seccato dopo la pioggia , In oltre mentre le pianti- celle sono ancor tenere , 5o giorni circa dopo il loro germogliamento , rintracciano con molta sol- lecitudine le erbe che possono esser nate tramezzo, e le tolgono via, e fanno questa ricerca ogni die- ci giorni. Infine quando il Nilo si ritira dai cam- pi , lo che avviene tra la metà di ottobre e novem- bre, cessano d'irrigare le canne, e le lasciano al- meno per un intiero mese senza dar loro l'acqua ; passato il qual tempo le adacquano un'altra volta , e per ultimo dieci giorni prima di raccoglierle . Due sono le maniere delle quali si servono gli arabi per somministrare 1' acqua alle piante dello zucchero . Comunemente scavano una fossa alla ri- va del JNilo di io a i5 palmi di circonferenza, e 5 o 6 di profondità , e vi fanno penetrare l'acqua aprendola da quel lato che riguarda il fiume. Fat- to ciò , uno dei modi di trarne l'acqua si è que- sto : costruiscono una grande ruota con cerchio lar- go due palmi circa , munita nel contorno di una piccola tavola, la quale serve di ritegno ad una lun- Coltivazione della, canna A zucchero 3o{) ga e grossa fune , che le è in parte avvolta , e in parte pendente ali ingiù : sono a questa attaccati per tutto il tratto a varie distanze de1 vasi conici di ter- ra ; passa nel mezzo della ruota un asse che pro- lungato termina in un rocchetto dentato , i cui den- ti entrano successivamente negli incavi di altro a»- se verticale mosso in giro da buoi. Ben si com- prende che girando la ruota , e insiem con essa la fune, i vasi che s'imbattono nell'acqua si riem- piono della medesima , e tratti sopra si scaricano in un recipiente , che versa 1' acqua in un canale diretto al luogo della piantagione . L'altro grosso- lano meccanismo consiste in due tronchi conficca- ti in terra l'un presso 1 altro , a traverso de' quali pongono una trave, e sopra questa ne pongono un* altra a bilancia; all' uno degli estremi attaccano un peso, all'altro un lungo e diritto ramo di datte- ro, cui appendono un cesto formato di foglie del medesimo albero ; tirano quindi in basso cotesto ramo , e tuffano il cesto neil' acqua , e così lo ri- empiono, poscia lo lasciano ; ed il contrappeso ele- vandolo lo porta al livello del recipiente , dove lo yuotano ; da questo l'acqua s'introduce nel cana-» le , come di sopra . Essendo il terreno alto , for- mano varj di questi rongegni da loro chiamati sa- riìif , onde innalzare le acque a differenti altezze . Certamente se quel popolo fosse più incivilito po- trebbe per mezzo di opportune macchine idrauli- che risparmiarsi tanta pena e fatica, e più facil- mente ottenere l'intento. Le canne dello zucchero incominciano a ma- turarsi nella decrescenza del JNilo, poiché circa quel tempo giungono alla consueta loro altezza e grossezza.' Le raccolgono perù dopo dieci mesi , os- sia nell'undecima dalla piantagione, il quale vien, 3io Scienze da loro appellato tuba , cioè In gennaio e feb- brajo. Avvertono di tagliarle sempre in questi me- si per evitare la fermentazione dell' umore. Prima di reciderle lasciano il terreno secco almeno per dieci giorni , come si è dotto ; dopo di che le ta- gliano in vicinanza della radice , le accumulano in fasci , e rottele poi in pezzi le sottopongono al mu- lino - Se per avventura fosse rimasa in qualche can- na la radice , Ladano di levarla innanzi la maci- natura . Se il terreno è fertile, e le canne sono dive- nute molto alte grosse e sugose, le loro medesime radici rimaste sotterra possono essere buone per un altro anno, poiché sogliono spuntare da esse nuo- vamente le caiine, il prodotto delle quali è stima- to migliore di quello dell'anno antecedente. È inu- tile ad osservarsi che questo secondo germoglio ab- bisogna del sopra descritto metodo di coltivazione. Dopo la raccolta dello zucchero il terreno può ser- vire a qualunque sementa. Troncate in pezzi le canne, si fanno passare tre volte nel mulino , affinchè ne sia espresso lut- to il sugo, ed allora si desiste quando sì scorge essere le canne come diseccate . Raccolgono quin- di il sugo, e lo mettono a bollire e addensare in alcune Caldaie; Solevano prima gittare la schiuma; rna ora l'adoperano per fare il rum. Ridotto il su- go dopo varie ore di bollimento alla consistenza di miele , sogliono versarlo in vasi conici di terra fo- rati nella punta , che tengono chiusa sintanto che non siasi lo zucchero raffreddato ; allora l'aprono, e cola il così detto melazzo , del quale similmente servonsi per fare il rum. Prende lo zucchero la for- ma de' vasi , e così molto impuro viene esitato in. commercio , mentre gli arabi non si danno la cu* ra di raffinarlo. 3i LETTERATURA Suir anfiteatro sutrino , lettera dèi professore ava). Ruga , al sig. cav. Michele Àrditi , direttore del reale museo borbonico , e delle escavazioni del Pompeiano. D 'a gran tempo desiderava , chiarissimo sig. ca- valiere, uria favorevole occasione di poterle dimo- strare Ja mia gratitudine per le premure spontanea- mente e senza mio merito alcuno usate , onde ri- cevessi il distinto onore di èssere annoverato fra i socj onorarj della reale accademia dell' Ercolano . Mi era sempre agli occhi presente l'erudita memo- ria sulla legge Petronia,itiserita per estratto nel gior- nale arcadico (i) , in cui. fu da lei annunciata la prossima pubblicazione di un'opera voluminosa sull' antichità dell' anfiteatro Pompejano. In questo la- voro ella si è proposto , fra le altre cose , di soste- nere 1' opinione di Giusto Lipsio e di Everardo Ottone , che francamente affermarono esservi sta- to appena nell' antichità municipio o colonia , che non avesse un anfiteatro ; e di ribattere perciò il sin- golare assunto del marchese Scipione Maffei , il qua- le, trasportato da soverchia venerazione pel suo an- fiteatro veronese, appena la perdona al nostro co- losseo ed al capuano . Quel eli ia rissimo ingegno avrebbe forse tenuto ben altra sentenza, se fosse (i) Giornal. «ircad. fase. X, pag. 19, e sej. 3i2 Letteratura sopravissuto al disotterramento dal magnifico anfi- teatro di Otricoli, e alla scoperta, sebbene non com- pita , dell' altro di Ancona (2) . Non le sia per- tanto discaro, coltissimo signor cavaliere, eh' io mi provi di contribuire pur qualche cosa in soste- gno dell' opinione di Lipsio da lei abbracciata , in- viandole con questa lettera una succinta illustrazio- ne dell' Anfiteatro Sutrino , di cui lo stesso Lipsio non ebbe contezza, e nessuno scrittore , per quan- to io sappia, ba parlato giammai, sebbene si tro- vi nelle vicinanze di Roma , e non lungi dalla via Cassia verso il monte Giminio- Cagione di questo silenzio forse fu la straordinaria circostanza, che mentre molti piccoli paesi dell' antica Etruria van- tano una storia antiquaria, Sutri ne fu sprovisla . Eppure meritava bene uno scrittore quella città i che per l'origine risalisce all' antichità più remota, e per le vicende ed onori fece di se luminosa mo- stra in tutte l'età. Sutri esisteva molto prima che Roma sorgesse . I frammenti di Catone la fanno credere fondata dai pelasgi . A Saturno , che for-* ma tuttavia il civico stemma , e alla dea Norcia prestavano gli antichi sutrini un culto speciale . Appena il campidoglio fu libero dall' assedio di Brenno , i romani stabilirono in Sutri una colo- nia (3) . Nello stesso giorno , che si era per capi- tolazione arresa agli etrusci pel ritardo del richie- sto ajulo, M. Furio Camillo, accorso dal paese de- gli equi , la ricuperò illesa con singolare celerità, (2) Guattani, monumenti antichi inediti per l'anno 1784» ot- tobre. - Idem , memorie enciclopediche romane -Tom. 5. Antichità p. 122. (3) Vellej. Faterò. 1. i4- Fronfin. de colon. ANFITEATRO SUTRINO 3l3 facendo deporre ai soldati il bagaglio , e portare in vece il vitto per tre giorni. Quindi ne venne il pro- verbio plautino -quasi eantSutrium- in proposito de' viaggiatori , che per più giorni si provvedono di ci- bo (4) • Una delle porte della città conserva anche al dì d'oggi il nome di Furia in memoria del dit- tatore romano , che per quella si crede ricondu- cesse in trionfo alle proprie case gli abitanti esuli per poche ore dalla patria . La forte posizione del- la città in rupe tuphis undique prcerupta , la fe- ce sempre considerare dai nostri maggiori come un antemurale contro le spesse aggressioni degli etrusci. L'anno 4/p tutti ( all' infuori de' soli aretini ) si erano armati i popoli dell' Etruria contro i roma- ni, occupati già nella guerra sannitica ; Ab obpu- gnando Sutrio , quoe urbs, socia romanis, velut eia- ustra Etruria* erat , ingens orsi bellum (5). Il con- sole Q. Emilio Barbula riportò contro gli assali- tori una vittoria assai sanguinosa. Tornarono Fan- no seguente i nemici all' attacco , et jam Sutrium ab etruscis obsidebalur (G) . Riconobbero i sutri- ni la salvezza dal coraggio del console Q. Fabio , che dopo sconfitto l'esercito etrusco fu il primo che penetrasse la selva Giminia , e resosi padro- ne delle alture portò lo spavento fin sotto Corto- na e Perugia , che si ridussero a chieder pace . Ne' pericoli della seconda guerra cartaginese, Su- tri fu nel numero delle dodici colonie, che atter- rite dalla vicinanza e successi di Annibale, ricusa- vano come esauste di somministrar soccorsi in le- (4) Plaid, in Casin. act. 3. ì. io. (5) Liv. Lib. 9. cap. o±. (6) Ibidem cap. 35. 3 1 4 Letteratura ve e denaro . La fermezza del senato ve li astrin- se , e la bellicosa gioventù sutrina entrò colle al- tre a rinforzare l'indebolite legioni (7). Nella guerra de' triumviri l'anno di Roma 711, Lucio fratello e luogotenente di Antonio si era pro- posto di opporsi a Salvidieno, che tornando con buon'esercito dalle Gallie marciava per unirsi ad Ottaviano . Asinio e Ventidio , capitani delio stes- so Antonio, minacciavano di prendere Salvidieno al- le spalle. Agrippa, attaccassimo ad Ottaviano, si avvide della manovra, volò ad occupar Sutri ; e così Lucio, posto in mezzo alle schiere di Agrip- pa , che gli erano a tergo appoggiate alla munì- tissima rocca sutrina , ed a quelle di Salvidieno che gli venivano a fronte, fu in necessità di ripie- garsi verso Perugia. (8) Si conservano ancora nella sagrestia della cat- tedrale le tavole marmoree del collegio e della successione deponteflci sutrini , riportate da Gril- lerò GGGII ; che vanno fino a Gonidio Crispo uo- mo consolare ai tempi di Trajano. Dal titolo , che hanno in fronte , di colonia con j une . lidia Sutrina , se ne può con chiudere , che Sutri fosse nel nove- ro delle ventotto colonie , che Augusto (<)) o di nuovo fondò, o rinforzò colla deduzione de vete- rani, come addimostra la frase di colonia cunjun- cta Iulia Sutrina , di cui si fa pure menzione in un marmo del tesoro di Goltzio. Nella decadenza dell' impero orientale Sutri con tutto il ducato romano si sottrasse al giogo (7) Liv. 29. i3. Sii. Itcd. de beli. Punic. (8) jìppian. Alexandr. de beli, civil. (9) Svclon. in rfugitsl. capi 46- JMarmor, Jncyixm. ANFITEATRO SUTRINO 3l5 dell' odiato Leone Isaurico , e volontariamente si ditele alla chiesa. E sebbene Luitprando re de' lon- gobardi, istigato dall'esarca Eutichio, nel seguente anno 738 con un colpo di mano togliesse quella piazza al pontefice Gregorio , tuttavia la restituì in capo a quaranta giorni (io). JNel iiai l'antipapa Gregorio si fortificò in Sutri co' suoi partigiani contro il pontefice Cali- sto II, che spedì a farne l'assedio Gio. cardinal di Crema. Ma dai sutrini fu consegnato Gregorio, che finì i suoi giorni nel castello di Fumone (n). Pietro da Vico, partigiano di Manfredi re di Sicilia, espugnò Sutri fanno 1264 ; ma venne ricu- perata per la chiesa da Pandolfo conte dell' Anguil- laia, seguace dijCarlo duca d' Angiò. Oltre di che nefasti della chiesa Sutri è memorabile per l'an- tichità dell' episcopato , dal quale salirono al va- ticano Benedetto VII e Pio V ; pel concilio che vi celebrò Nicolò II contro l'antipapa Benedetto X; pel colloquio di Adriano IV con Federico Barba- rossa , che nel 11 66 l'assediò in odio di Alessan- dro III; e finalmente pel ricovero, che vi cercò Innocenzo IV contro le insidie di Federico II. Fra i sutrini, che lasciarono di se onorevoi me- moria, rammenterò il quanto valente , altrettanto disgraziato traduttore delle metamorfosi ovidiane Giovanni detto dell'Anguillara. Nel progresso di que- sta mia lettera vi esporrò, gentilissimo sig. cavaliere, le mie congetture , per le quali ritengo che fosse nativo di Sutri , e sia stato autore del patrio anfitea- tro quello stesso Stalilio Tauro, che edificò sotto Augusto il primo lapideo anfiteatro nel campo marzo. • '— •■■» (10) Sigon. de regni Halle, llb. 3. ad unn, 7*7: 8. (ii) Idem Ili. 10. ad awu 1121. 3iG Letteratura Tornando pertanto dopo questa proemiale di- gressione al mio argomento, dirò , che sulla sinistra della via Cassia, la quale costeggia alla destra l'odier- na città di Sutri, sorge una mole, che osservata dap- presso sembra all' occhio come un avanzo di antica torre elevata dall'arte, sebbene sia formata dalla na- tura . Consiste in una gran massa di pietra tufari- na , che s'innalza quasi a picco dal piano sottoposto, e rassomiglia ad un cono orizontalmente troncato , e coronato nell' alto da frugifere piante . Quasi per l'intiero isolata all' intorno, si congiunge da un lato solo come una penisola per mezzo di un istmo ad un'altra collina più estesa, che forma oggi una vii" letta della primogenitura Muti Papazzurri, apparte- nente ora al sig. conte Gio. Antonio Savorelli ; il di cui carissimo fratello, conte avvocato Alessandro mio particolare amico, ha dirette queste osservazioni sul monumento. Reca • al viaggiatore una gradila sorpresa il trovarsi all' improviso, dopo traversata la villa Muti, nella sommità di un anfiteatro , la cui roc- cia petrosa formò naturalmente l'esteriore circonda- rio , e l'arte dipoi nel vivo sasso dell' interna vallet- ta tutte le parti regolarmente dispose . Non vi saprei, sig. cavaliere eruditissimo , descriver meglio questo scherzo della natura , che preparò un luogo il più adatto ad un anfiteatro , che co' versi di Calpur- nio (12), quando lo rassomigliò alla sinuosa catena di colline , che dolcemente ed ugualmente scendendo racchiude nel curvo suo giro un'arena . ,, Qualiter haec patulum vallis contendit in orbem, „ Et sinuata latus , resupinis undique sylvis , „ Inter continuos curvatur concava montes , „ Sic tibi planitiem curvae sinus ambit arenae . (12) Buc.olicon , de veiiatione Carini. Anfiteatro si/trino 3iy Ampio e magnifico si è l'anfiteatro , di figura ellittica , ossia ovale ; e t'ormata di due teatri riuniti dal lato retto della scena, e quasi in usum juncta duo visoria , come scrisse Cassiodoro - La lunghez- za misurata dall' estremità dell' ambulacro superiore ascende a palmi architettonici 34o, e la larghezza a palmi 3 io, talché l'estensione del circuito forma intorno a palmi mille . L'asse maggiore dell' are- na si estende a palmi 222 , ed il minore a palmi j8o , come 1 annessa pianta dimostra . È l'arena circonda- ta da un podio , che non ha parapetto , o perchè distrutto dall' edacità del tempo , o perchè vi fu anche in antico adattata qualche ringhiera di ferro . JNella circonferenza del sasso , che forma il podio, esistono ad eguali distanze dieci porte sul piano dell' arena ( lett. e), che servivano per introdurre ed emettere le fiere . Potevano queste comodamente custodirsi nelle divisioni di quella specie di antro continuato , che l'arte ricavò sotto il podio stesso , ed era probabilmente ripartito da mobili divisioni secondo la qualità delle fiere (lett. g) . L'anfiteatro ha tre ordini di gradi per gli spettatori, e sono divisi da due precinzìoni. Il primo ordine vicino al podio è formato da sei gradi , egualmente che il secondo ; il terzo ne ha fino ad undici , ed è cinto superiormen- te da spazioso ambulacro, che tutto rinchiude l'anfi- teatro , perchè i cittadini potessero condursi facil- mente a prender posto fra gli spettatori . Il primo ordine di gradi era senza meno riservato pe' magi- strati , e per le classi le più distinte. Ne' primi gra- di del secondo e terz' ordine si veggono incavati di distanza in distanza alquanti cunei , o nicchie ca- paci di contenere delle cattedre, o selle mobili. Forse in esse risiedevano intorno que' locavi et de- > signatores , che da vili ministri crebbero a poco s, 3iS Letteratura poco in onore fino ad esser chiamati tribuni volupta* tum , e nominati a principe non prò modico benefi- cio (i3) . Incaricati del buon* ordine dello spettaco- lo, prendevan cura „ Servi ne obsideant , liberis ut sit locus, ,, Vel aespro capite denti si idfacere non aueunt, ,, Domimi abeant (i4)- Nel terzo e più numeroso ordine de' gradi da cjuel lato, in cui l'anfiteatro a guisa d'un promon- torio resta congiunto alla villa Papazzurri , oggi Sa- vorelli , di cui fa parte, fu ricavala una scala, i cui gradini hanno circa la metà dell' altezza de' sedili degli spettatori, affinchè il popolo dalla sommità più, comodamente discendesse e risalisse nel! acces- so e recesso dagli spettacoli . Nel secondo ordine fra le due precinzioni esistono verso quel medesimo lato due vomitor] corrispondenti ad altrettante sot- terranee scale nei sasso vivo scavate: al di sotto de vomitorj esistono tuttavia fra il prim' ordine di gra- di sui podio le traccie di altri due scalari, pe' quali i magistrati ed i nobili più agiatamente si recava- no ai destinati sedili . Si vedono ancora nel piano dell' arena, e nella stessa direzione, le vestigia di una gran porta e vestibolo sotterraneo corrispon- dente alle scale de' vomitorj , e da un lato di essa gli avanzi di un acquedotto , che portava le acque di un rivo appellato tuttora di promonte ( quasi rivo del promontorio ), col beneficio delle quali poteva net- tarsi l'arena . Si scaricavano forse le acque nella val- le dall' estremità opposta per mezzo di un altro acquedotto, o cloaca , di cui non rimane alcun se- (xo) Ulphvn. leg. 4- tt. de his.quj not. inf. (i4) Pl.iut. in prolog. Paeuul . Anfiteatro sutrino 3 19 gno , perchè la stupida cupidigia de'villìci amplianr do co rurali istromenti il danno recato all' acque- dotto dall ingiuria de' secoli, si aprì Ira le naturali rovine un adito all' arena per nutrir gli armenti coli' erbe che vi nascevano , o per seminarci le biade . L'anfiteatro attorniato in tre precinzioni da ven- titré ordini di gradi, era capace di contenere molte migliaja di spettatori , e 1 arena era ampia abbastanza per qualunque spettacolo di gladiatori, corse, e cac- ce di fiere . Giusto Lipsio, nel saggio degli anfiteatri extra Romani, uno ce ne descrive esistente alquante leghe al di là del cosi detto ponte di Cesare sulla Loi- ra, nelle vicinanze di Douè, che ha col sutrino qual-j che rassomiglianza , perchè scavato in un 1 ato del- la pianura superiore di un gran monte . Ma più piccolo di dimensione, più incomodo per la man- canza assoluta di precinzioni , e men conservato del sutrino , presenta nella tetra sua profondità 1 inda- gine piuttosto di un pozzo o di una cava di sas- si abbandonata , che di un anfiteatro . L'imbaraz- zo di una massa rilevata di pietra viva nel mezzo dell' arena , in cui diversi fori artefatti si ©sserva- no per piantar degli alberi a sostegno di un vela- lio , fecero credere al prclodato Lipsio , che ser- visse a spettacoli d'istrioni e di pantomimi , piut- tostochè a corse d' uomini, e cacce di fiere; giac- ché lo spazio , che rimane fra quel tumulo ed il podio , appena ammetteva la pugna di alcune paja di gladiatori . Dopo avervi descritta la situazione , la forma, e le parti del magnifico anfiteatro sutrino , permet- tetemi , gentilissimo signor cavaliere , che vi ag- giunga le mie congetture sull'età e sulT autore dei monumento . Mi discosterò in questo luogo dall 3ao Letteratura opinione volgare di quelle regioni, che riporta lori-i gine dell' anfiteatro ai tempi degli antichi etrusci, i quali sebbene maestri de1 romani nelle arti , nel- le lettere , negli usi, non ebbero tuttavia ne quel- la comodità per le cacce delle fiere , né quel tra- sporto per le sanguinose pugne gladiatorie, alle qua-. li sembra destinato l'anfiteatro . Ripeto , che Roma vide il primo solido edifizio di questa forma nel campo marzo al tempo di Augusto , e che a Sta- tilio Tauro ne appartiene indubitatamente la glo-> ria (i5). Non isdegnate pertanto, signor cavaliere, che tractent fabrilia fabri , e dalle pandette giusti- nianee tragga qualche lume per indagare l'autore dell' anfiteatro sutrino - Abbiamo nella legge a5 ff. de seri'it. praedior. rustie conservato da Paolo un re-i- scritto di Cesare, diretto per l'appunto Statilio Tau- ro , in ha.ee verbo. : Hi qui ex fundo SUTRINQ ducere soliti sunt , adierunt me proposueruntque r aquam , qua per aliquot annos usi sunt ex fonte qui est in fundo SUTRINO , ducere non potuisse, quod fbns exaruisset : et postea ex eo /otite aquam Jluere coepisse ; petieruntque a me , ut quod jus non negligenza aut culpa sua amiserant , sed quia du- cere non poterant , his restituenetur . Quorum mihi, postulatio cum non iniqua visa sit , succurrendum his putavi . Itaque quod jus habuerunt tunc cum primum ea aq uà pervenire ad eos non potuit, id eis restituì placet. Ora da tutto il contesto di tal rescritto ben si conosce, come i sutrini una volta soggetti, a favo- re di qualche pago contermine , alla servitù aquae hauriendae aut ducendae da una sorgente del lo- ro territorio t che si era per naturale fenomeno di- (i5) Diun. lib. Si. ANFITEATRO' SUTRINO 3a I seccata , ricusavano di ammettere la riprislinazio- ne dell1 incomoda servitù , dopoché dallo stesso fonte cominciarono le acque a scorrere nuovamen- te . Stimo assai verisimile, che la resistenza de' su- trini fosse appoggiata dalla potenza di Statilio Tauro. Non saprei però comprendere quale interesse muo- ver potesse Statilio a spalleggiare i sutrini , e qua- le circostanza inducesse Cesare ad inviare il suo rescritto allo stesso Statilio , se non congetturando che fosse egli cittadino, e forse magistrato in quel tempo della colonia sutrina . Mi confermo nell'opi- nione coll'osservare da un canto dipinta nel rescrit- to la necessità , in cui si trovarono i vicini di ri- correre al principe contro un' opposizione autore- vole , e dall' altro le frasi di riguardo postulatio non iniqua, succurrendum, restituì placet , usate da Ce- sare in una decisione , che richiamava l'osservan- za del dritto contro l'impegno , che pe' suoi suti i- iii aveva Statilio apertamente spiegato . Se la mia induzione per determinare l'inco- gnita patria di Statilio Tauro sembrasse plausibile, non mi resterebbe a fare che un passo ben facile per argomentare , che Statilio Tauro sotto l'impero d'Augusto sia stato l'autore del patrio 'anfiteatro . Il trasporto per gli spettacoli, e lo spirito d imi- tazione sugli esempi della capitale dell' impero, ben presto si diffusero in Italia , ed anche al di là de' monti; ma più singolarmente nelle vicinanze di Pvp- ma . Sorsero anfiteatri sulla sinistra del Tevere a Spello , ad Otricoli , ed alla Feronia sotto il So- ratte, di cui rende testimonianza l'iscrizione pub- blicata sulle schede vaticane da Luca Holstenio (16) come siegue : ■ (16) Adnot. ia itali amili. GhtVerii pa_. 61. G.A.T.XI. . 31 2t22 Le tteratura M . SILIO . EPAPHRODITO . PATRONO, SEVIRVM . AVG . MAGISTRO . IVVENVM . ITERVM . IVVENES, LVCOFERO NENSES . PATRONO . OB . MERITA QVOD . AMPHITHEATRVM s.4L . IVL. FELICI . LVCOFER . S . P . F . DEDICAVITQVE . L . D . D . D . Sulla sinistra vi ebbe un anfiteatro ad Alba nel Lazio , ed altri ve ne furono nella Campania oltre il capuano , cioè a Pozzuolo , a Minturno , ed a Casino . Sotto l'odierno monte Casino, ne' con- torni de' ruderi detti volgarmente il Coliseo, fu nell' agosto 1 7 5 y dissotterrata 1' iscrizione ( incognita al marchese MafFei mancato due anni prima ), la quale assicura che la fabbrica fosse un' anfiteatro . Esi- ste oggi nel museo lapidario del monistero , e vi si legge: VMMIDIA . C . F . QVADRATILLA AMPHITHEATRVM . ET . TEMPLVM CASINATIBVS «VA i PECVNIA . FECIT Dai monumenti de' bassi tempi , che ha con esimia diligenza raccolti il eh. collega dottor De Matteis nel saggio istorico sull' antica città di Pro- sinone, pubblicato in Roma l'anno 1816, si dedu- ce , che la colonia frusinate avesse altresì un anfi- teatro non lungi dalle mura . Qual maraviglia per- tanto , che i sutrini cercassero anch' essi di gode- re spettacoli alla romana , e che Statilio Tauro loro Anfiteatro Sutbino 3a3 concittadino , personaggio consolare e trionfale , volesse formare in patria un' anfiteatro alla foggia di quello da lui stesso costruito nel campo marzio? Peraltro in tanta oscurità ed incertezza sono ben lontano dall' ostinarmi in credere , che Stati- lio Tauro il vecchio ne fosse l'autore ; né dissimulo a me stesso , che un' origine così remota , per la quale sorpasserebbe in età il romano colosseo ed altri anfiteatri d Italia , no a andrebbe a grado di tutti, e specialmente degli scrittori gelosi della ve- neranda antichità de' patrii loro monumenti . No- terò quindi modestamente , che col vecchio Stati- lio Tauro non finì la gloria e la potenza di quell illustre famiglia . Sovente in essa si rinnovò l'ono- re del consolato sotto 1' impero de' primi cesari . Ài tempi di Claudio gli orti sontuosi di T. Stati- lio Tauro il giovane risvegliarono 1 invidia di Agrip- pina , e furono cagione della morte del possesso- re (17 . Fra le mogli di Nerone si annovera Stati- lia Messalina , che, secondo la testimonianza di Sve- tonio, era figlia di un pronepote di Statilio Tauro il vecchio , ed aveva avuto per marito Attico Ve- stino console con Silio Nerva 1' anno 66 dell' era volgare . L'amor di Nerone per questa dama costò la vita allo sposo nello stesso anno del consola- to (18) . L'opulenza e gli onori continuati nella famiglia de' Tauri mi dispensa dalla necessità di so- stenere , che l'anfiteatro sutrino si debba al favo- rito di Augusto., ed autore dell' anfiteatro nel cam- po marzo. Alcuno de' discendenti, emulando il ge- nio , la magnificenza , e l'amor patrio del vecchio (17) Tacit. Annoi, lib. 12] cap. 5g. (18) Svaion. in Nvron. cap. o5. 21 3^4 LlTTERATURA ♦ Statilio, potè ornare la colonia giulia sutrina coli* anfiteatro , che quasi intatto ancora ci resta. QueJJo che non può mettersi in dubbio si è l'ottimo divisamente dell' autore nella scelta del luogo . Profittando dell' opportunità , che la natu- ra gli offriva in una collina di attissima forma , seppe conciliare il comodo e la magnificenza col- la solidità ed economia . Così aveva Sutri un' anfi- teatro eterno , e non esposto a pericolo alcuno , mentre a Fidene un' anfiteatro di legno mal costrui- to schiacciava sotto le ruine circa cinquanta mila spettatori, e mentre quel di Piacenza al tempo dì Ottone era consumato dal fuoco appiccatovi , co- me si sospettò, e cjicibusdam vie ini s coloniis , invi- dia et emulatone , quod nulla in Italia molcs tan% capax foret (19). v Fino a quando durasse l'uso dell' anfiteatro su- trino , non saprei dirlo. Proporrò, acutissimo signor cavaliere , una sola congettura , che cioè in que- sto anfiteatro fossero dati dalla colonia sutrina grandiosi spettacoli a Garacalla , che vi passò nel ritorno dalle Gallie. Si sa, che questo principe era dedito oltremodo a simili divertimenti , ed eresse il circo , che ne porta ancora il nome. Il mio pare- re viene in qualche modo sostenuto da un' iscri- zione posta al medesimo Garacalla in Sutri circa quel tempo, e ritrovata Tanno 1819 dall' erudito sig- conte Luigi Fiacchi, nobile su trino, neH' esca- vazione di alcuni ruderi dentro la stessa città, fra' quali comparve qualche avanzo di terme con tracce di pavimento a mosaico. Nel fregiare la disadorna mia lettera con que- sto inedito monumento t di cui il cortese possesso- £19) Tacit. Annoi. Uh. 4. capit 62, et Hislnr. LiLz. w/>, ai. Anfitbatro Sutrino 3aj i-e mi ha trasmessa un'esattissima copia, mi lusin- go di far cosa grata a tutti gli amatori dell'antiqua- ria ; poiché leggendosi in esse riunite la potestà tri- Ww XV e la III acclamazione imperatoria col III consolato di Caracalla , potrà servir di scor- ta a fissar il g.usto sistema dì computare e com- binare gì, anni di simili onori, e rettificando le iscri- zioni che sembrano contraddittorie, dicifrare una vota la gestione di cui anche recentemente han tra tato i eh. Marini (20) e Fea (4). Ecco per_ tanto 1 iscrizione, quale in marmo' bigio si trova oggi collocata nel vestibolo del pala2Z0 Fiacchi . ,MP • CAES • DJV1 . «ter, . Pu . FILI0 BIVI . M . ANTONINI . NEPOTI . DIVI ANTONINI . PR0W . DIVI . HADRlA NI . ABNEP . DlYI . TRAIANI . PAR* D1VI . NERVE . ADNEP M . AVREMO . AVG PIO . PEL . PART . max . BRIT » TANNICO . MAXIMO . PONT MAXIMO . TRIB . POTESTAT . XV imp - in . cos . ih . PAT " VAr\ »BC . DEC . POPVLIQ . CON SENSV Qualunque peraltro sìa il peso le rime dell' Antiuori non così come ora si leg- gono, ma come esse la prima volta uscirono della sua penna . . • Poesie dell' Antinori 3aQ E per non vagar troppo lungi , la mia scelta cadrà sulla prima terzina del primo componimento . Questo fu scritto 1' anno 1798 , e pubblicato neli, antologia romana . Poscia 1! autore lo corresse nel 1812, e gli piacque allora d'indirigerlo a me che scrivo. Neil' antologia la prima terzina giace cosi : Sacra d'autunno a begli ozj , romita trilla me tien , dov or vivo s ecura Muta d'ogni dolor campestre vita . I quali versi nella edizione pisana sono stati can- giati a questo modo: Sacra d'autunno acari ozj , romita l^illa me tien , dove or vivo secura B" affanni scevra e riposata vita . A me pare che l'ultimo verso suoni meglio nella prima edizione che non la nella seconda: perchè in questa trovo essere una certa assonanza nelle due vicine parole riposata vita , onde si genera quel mal suono , che i greci chiamarono cacofonìa . E av- vegnaché molti esempj addur si possano anche di poeti classici, i quali non abbiano posta cura in is- fuggire sìjatte assonanze; non però di meno io cre- do , che ove si possa , sia il migliore lo schifarle . Ora a chiunque legga quel verso dell' Antinori si tenderà manifesto , che l'autore vi ha introdotto quel cangiamento per desiderio che ebbe di toglier via la voce campestre . E facendomi ad indagare le cagioni perchè quella voce non gli piacesse V clue me ne sono occorse;: o che dubitasse non potersi dire vita campestre , quasi vita di campo : o che cre- desse poter essere arguito di repetizione , dicendo che egli in villa, ossia né campi, viveva vita campestre. Ma, se.condochè io penso, ha egli voluto guarda- re troppo nel sottile . Imperciocché se i nostri anti- chi sono stati usati di dire vita cittadinesca , non. 33 o Letteratura trovo giusta ragione perchè da noi non possa usarsi vita campestre , ad imitazione de'Iatini , i quali come dissero vita urbana così dissero vita rustica , che tanto vale quauto campestre. (Cicer. prò Rose. Ameì - e. 17, Teren . Adelph. 1. 1, Petron . Sat/yr . 3. e. i3i ) E, per quello che pertiene al timore della repetizione , bastava , per non averne scrupolo , il rammentarsi della selva selvaggia di Dante, e decampi campestri del volgarizzatore del trattato dell' agri- coltura di Pietro de'Crescenzi (pr. 7) . In tal guisa avendo l'autore alla voce campestre surrogata la vo- ce riposata, che è più lunga di una sillaba, ha do- vuto anche sagrificare la frase muta d'ogni dolor , che era bellissima , ponendo in luogo di quella l'altra d'affanni scevra , che è duretta anzi che no : perchè dovendo il verbo scevrare accordarsi non col geni- tivo ma coli' ablativo , convien leggere da affanni scevra- e così quella elisione delle due a rimane poco grata all' orecchio . Dissi che bellissima era la frase muta d'ogni dolor - perciocché la voce muta slava in quel luogo in vece di queta , e ben si adattava a dimostrare che ne' campi non era dolore ; il quale suole sempre essere accompagnato di sospiri e di querimonie . E forse con più d'ardimento ( benché quell' ardimento sia stato da tutti lodatissimo ) disse Dante muto d'ogni luce, per dinotare tale un luogo dove non era sole : e altrove scrisse dove il sol tace , volendo indicare quella piaggia , dove il sole tra- montando nasconde i suoi raggi . E quelli che lo lo- darono ebbero ben di che; per la ragione che il lume del sole, perla sua vividezza e fulgore, può dirsi quasi parlante , diversando così dal lume della luna , che quieto e tranquillo può dirsi quasi che taccia . Ond' è che plebescamente diciamo , che i colori sfolgorati/arano strepito e chiasso . E il salmista can* Poesie dell' Antinori 33 i ìò : che , narrando i cieli la gloria di Dio , l'un sole favellando all'altro eruttaparole, mentre tacita la not- te col solo muto linguaggio indica alla notte vegnente la scienza del divino creatore . Le quali cose av- vertì anche Virgilio allorché alla luna tribul l'epite- to di tacita , raccontando come le falangi degli argivi Tacitae per amica silentia lunae appressarono a Troja per incendiarla . E qui mi si conceda una breve digressione , ond' io dimostri l' errore , in che offesero molti , interpretando quel silentia lunae di Virgilio . E vuoisi tra questi annoverare il Volpi , spositore del- la divina commedia : dove dichiarando appunto il verso Mi ripingeva là dove il sol tace , scrisse queste parole : ciò è dove il sole non porge il suo splendore . In simil guisa i latini dissero silentia lunae agfinterlunj quando la luna di notte non si lascia 'vedere . La quale annotazione ( sia detto con pace di lui) è troppo generica, e mostra come egli non comprese bene la forza della frase notissima virgi- liana^: perchè in Virgilio i silenzi della luna non dinotano già l'interlunio ; ma , siccome per noi si è detto , indicano precisamente quel contrapposto che harvi fra la quieta luce dell' astro notturno , ed il parlante lume del sole. E di vero se egli avesse let- to poco più innanzi in Virgilio , avrebbe veduto che la luna risplendeva chiarissima in quella notte fu- nesta che fu la suprema per Troja . Imperocché de- scrivendo il poeta come Enea si cacciò tra le fiamme e tra l'armi , narra che trovò molti compagni per via, e che al lume della luna gli venner veduti Rifèo, Ifito , Ipane , e Dimante . E f u in ciò fedele alla storica verità : perchè la ruina, di Troja accadde in 332 Letteratura plenilunio, come apparisce da questo verso di Pe- tronio ( in fragm. de expugnatione Trojae ) -. Iam piena Phoebe candidum extulerat jubar : e lo ha ben dimostrato lo Scaligero ( de emendatio- he temp. Ub. 5 ). Ma , ritornando là donde sono partito , dico j che il verso : Muta d'ogni dolor campestre vita : è , al mio arbitrare , da essere preferito all' altro : D'affanni scevra riposata anta. E vagliami ciò per mostrare altrui , che l'amore gran- dissimo eh' io porto all' Antinori non giunge a ta- le, che ad altro la mia penna non guidi che a scri- ver lodi. E così quello eh' io scrivo della molta dot- trina, e degli aurei costumi di lui acquisterà fede maggiore. D'altronde è bella lode per uno scrittore che egli corregga se medesimo: anzi, per meglio dire , che abbia una volta così bene scritto , che l'opera Sua non sia stata capace di miglioramento. Arroge, che molti sono i luoghi , i quali la lima dell' Antinori ha renduti d'assai migliori. Così (per non partirmi dallo stesso primo componimento ) il nono e il decimo verso sono stati mutati in me- glio : perchè dove leggevasi: E qual dolce mi piovve ambrosia in corei ora si legge, E qual soavità mi piovve in core i e dove era scritto, Cinta di malve il crin l'alma salute ' di presente è scritto così : La invan cercata per moli or salute. Né intralascerò di. far menzione del primo verso della duodecima terzina : Di vin serva , di letti , e di bagordi Cresce la gioventudei Poesie dell' Antinori 333 ove alla prima parola di viri è stata surrogata l'ai- tra d'ozio : D ozio serva , di letti , e di bagordi : e giustamente : perchè bagordo è sinonimo di cra- pula ; e dieonsi crapular coloro che mangiano e be- vono soverchiamente: onde quelle due parole di 'vi- ni e di bagordi dinotavano un solo vizio, cioè il vizio di coloro che a guisa di animali bruti servo- no al ventre : laddove ora i significati son due , e vedi indicato il vizio così della oziosaggine come della gola, e trovi nel verso dell' Antinori una bel- la imitazione del verso del Petrarca : La gola , il sonno , e l'oziose piume. Ma più che niun' altra variazione mi è piaciuta quel-> la , che è nella terzina trentesima : E presso al fo colar miro la lenta Vecchiarella seder , che la rimota Etade e gli onesti avi ognor rammenta. Ivi la parola onesti è stata sostituita alla parola an- tichi . Nel che molto è da commendare il buono accorgimento dell' Anlinori. Imperocché, egli conob- be che dopo il ricordamento dell' età rimota potea sembrar ridondanza il ricordar degli avoli artXichi. Ed è assai più convenevole a femmina campagnuo- la il rimembrare dell' onestà degli avi suoi , che della loro antichità . Le quali parole leggendo , mi è sovvenuto di quelle che scrisse il Boccaccio nel- la novella 18. Dell' eredità de miei passati avoli ninna cosa rimasa m è se non la onestà. Ma basti di ciò: e poiché siamo in sul ragio- nare di questo primo componimento, dirò: che es- so spira tale una venustà, una dolcezza , una sem- plicità , che si sente bene nell' anima , ma non si può con parole manifestare . E coméchè 1' autore abbia trattato un argomento comune a quasi tutti 334 Letteratura i poeti così antichi come moderni, quale si è quel-, lo delle delizie della vita campestre ; non però di meno ha saputo segnare di novelle orme questo tri- to sentiero , e dir cose che pajono di nuova origine, e dirle con tanta proprietà ed eleganza di stile, quan- ta pochi ne acquistano bevendo a quegli antichi ri- vi , che le pure e dolci acque raccolsero da tutte le regioni d'Italia , non che dalle fonti greche e la- tine. Laonde, per gradire ai nostri lettori, riferiremo questo elegante componimento. Né intendiamo con ciò di aver gli altri in poco prezzo. Anzi tutti li lo- diamo, e massime i seguenti: L'amor della patria ( pag. 1 3 ) : Scherzo a Lalage in abito militare (p. 1 8) : Per la morte dell' abate Pellegrino Salandri (p. 22) In morte di Teresa Camilletti Armellini ( p. 43 ): Per la venuta in Perugia deli Emo cardinale Giu- seppe Albani (p. 92 ) : e fra i sonetti i due che si leggono alle pagine 36 e 69. Come pure sono da lo- dare l'una e l'altra egloga scritte a vicenda dall A,n- tinori , e dal eh. Antonio Mezzanotte. AL CAVALIERE LUIGI BIONDI FRA GLI ARCADI FILAURO ERIMANTEO Sacra d'autunno a'eari ozj , romita Villa me tien , dove or vivo secura D'affanni scevra e riposata vita. Filauro, il ciel non mai gioja sì pura Fruir diemmi tra '1 fumo ed il romore Delle superbe cittadine mura. Oh ! qual novo diffuse in me vigore Di questo sol la provvida virtute , E qual soavità mi piovve in core ! La invan cercata per molt' or salute Qui abitar gode , ove cura maligna Non isparge nel sen fredde cicute. Non qui mostran giammai la fronte arcigaa Poesie dell' Antinori 3C5 Il livor macro e il pallido sospetto , JVè qui 'l^nial seme d'avarizia alligna. Non degli agresti abitator nel petto Fraude si cela; e il labbro e il lor costume Al par dell'aura, che qui spira, è schietto. Felicità, sempre invocato, nume, Se pur mai tra' mortali ave sua stanza, Sol qui posa talor le ratte piume. Anch' io qui fuor d'ogni mia vecchia usanza Talor ne vidi il bel viso giocondo , 0 almen d'esserle accanto ebbi speranza. Da lunge il folleggiar del guasto mondo Medito , e veggo le cittadi infame Divenir d'ogni vizio albergo immondo : Veggo ognun quivi a satisfar sue brame Intender solo , e per le vie deserte Col querulo bisogno errar la fame; E 1' arti belle di squallor coverte , E in cenci avvolto chi dal mal discordi Tien sue voglie, e a ben far l'alma converte. D'ozio serva , di letti , e di bagordi Cresce la gioVentude , e signoreggia Primier chi di più sozze opre sì lordi; E quei di saggio ha nome , il qual dileggia 1 numi ed ogni dritto , ebbro d* orgoglio , E ragion torce, e destro il ver falseggia. Veggo il cieco desio di maggior soglio Bagnar di sangue le contese terre , E umanitade in pianto ed in cordoglio. Ah ! quando fia che la feral si serre Porta di Giano, e tutte il fier Gradivo Rechi fra' sciti suoi Torride guerre? . . . . Ma intanto all' ombra del cecropio ulivo , .Nullo temendo «ìarzial periglio , Fra le muse e sofia qui pago io vivo - 336( Letteratura Del notturno ropor sgravato il ciglio , D'agevol poggio amo salif sul dorso Appena Falba il ciel tinge in vermiglio ; E là 've argenteo rio limpido ha corso , M'arresto a ber d'utili effluvj sparse Del mattin l'aure prime a sorso a sorso 3 E a poco a poco dal sonno destarse Miro natura placida e serena, E tutta de'color varj ammantarse : E i monti che da lunge ergon la schiena , I digradati aprici colli , e muto Contemplo i boschi e la pianura amena , Al gorgheggiante popolo pennuto Io pur concorde, il nuovo dì nascente Colla voce del cuor lieto saluto . Odo il romor della villesca gente , Che, già troncati i facili riposi, Ai fecondi lavor torna ridente ; E col vigil pastor miro giojosi Gli armenti uscir dslle fumanti stalle , E pe'freschi vagar pratelli erbosi : Mentre già Febo per l'etereo calle Dominator si avanza , e tutte sgombra L'umide nebbie della bassa valle . D un elceallor, che molto cielo ingombra, I versi che dello silvestre musa Ir leggendo mi giova assiso all'ombra . I)el semplice pastor di Siracusa D' ibleo mei più soave ammiro il canto , Cui ripetere ancor gode Aretusa ; O i tersi del gentil cigno di Manto Agresti carmi io cerco , e di Sincero Che in Pindo enella tomba è ad esso accanto ; O nel mio tenerissimo Gesnero Tutto mi beo, che tanto gli altri eccede Poesie dell' Àntinori 337 Pe dolci affetti, ed è piti presso al vero . Piacemi pur talora porre il piede In rustico abituro , ove contenta Coll'innocenza povertade ha sede; E presso al locolar miro la lenta Vecchiarella seder , che la rimota Etade e gli onesti avi ognor rammenta ; E da me turha di fanciulli, immota Pender veggio ; e del crine e della vesta Attonita spiar la foggia ignota . Candido latte e miti poma appresta Intanto a me trilustre forosetta , Che tinta di rossor china la testa . Oh ! come tosto saporar la schietta Offerta , ed i cortesi ingenui accenti De' rozzi ospiti udir come mi alletta! Ah! que' dolci a gustar cibi innocenti Perchè meco , Filauro , ivi non sei , Nò quel sincero favellar non senti ? E che vagliono , allor teco direi , Sibaritiche cene , ed il beato Nettare che ministra Ebe agli dei ? Salubre reca il bruno pan sudato Cai'o al villan conforto ; e lauta mensa Seguon noja , follia, languore ingrato • Ma qual diversa di piacere immensa Scena oiTre il sol presso a tuffarsi in. mare , E quai nove dolcezze a me dispensa ! Oh ! com'egli più grande all'occhio appare , E colà tinto cV ostro , e qua di croco Fra ramo e ramo il raggio suo traspare 1 Ecco al guardo si toglie a poco a poco : Un fresco venticel levasi , e intorno Tutto colora il ciel purpureo foco . Cessan le travagliose opre del giorno ; G.A.T.XL 22 333 Letteratura E co'rurali arnesi alla capanna Già fan gli stanchi agricoltor ritorno . Troncato il suon della cerata canna , Il mandrian per rupi erte e scoscese L'erranto gregge ad assembrar s'affanna , Ecco tornan con ceste al braccio appese L'irte villane , che Tarate zolle Sparsero or or delle semenze illese ; E lasso e di sudor la fronte molle I buoi tardi il bifolco instiga e fìede , E col vomer supino ascende il colle . Lieto fra tanto di selvagge prede Co' snelli veltri alle paterne sponde II vagabondo cacciator sen riede . Canta dall'olmo il coglitor di fronde , E non lunge , siccome amor la inspira. La fida pastorella a lui risponde . Ah ! sì care delizie in van sospira Il ciltadin , che mentre i campi sprezza , Dietro a mal compre voluttà delira ! Oh ! a me fra' campi il ciel mia giovinezza Tutta spender conceda , e qui a me possa Far bianco il crin la tremula vecchiezza ! Qui morte i rai mi chiuda , e le fredde ossa D' erma selvetta , ove mai sol non brilla , Serbi tra l'orror queto angusta fossa . A visitar la mia polve tranquilla Mesti véngan talor ninfe e pastori , E, di pianto versando alcuna stilla , M'ornin la tomba di campestri fiori - Luigi Biondi 33(> Riflessioni ulteriori siili opera intitolata gli uomi- ni illustri d'Urbino ec. Art. Ili ( V. il tomo IX p: 391 , e tomo XI p. 62 ) P Riflessione JClr ' apa Innocenzo Vili nominò Agostino Staccoli suo segretario Fu questi altamente riveri- to ed amato da un Gianantonio campano , da un Gentile Becci , da un Rafaele volaterrano , da un Giorgio trapesunzio e da altri uomini di tal fog- gia Ne rimangono le rime che attestano kt dolce tempra del suo cuore , la facilità, e sponta- nea vena del verseggiare , t amore e lo studio che avea posto alla italiana poesia Inciampo egli pure in ricopiare le particolari espressioni ed imma- gini del Petrarca ; e sforzandosi di sentire come lui .... Se in vece di trattar d'amori avesse tol- to a cantar di patria di armi di religione . . . (a) ( le sue rime) a se avrebbero procacciato gloria du- rabile .... Le rime dello Staccali , se si eccettui questa menda •■ ( il tema erotico : ) hanno facilità grazia purità di linguaggio, (b} Q. i . Del segretariato papale di Staccoli non mi è riuscito rinvenire prova precisa. Non può negarsi, che Filippo Bonamici scrittore degli ultimi tempi nel suo libro De claris pontificiarum epistolarum scriptoribus ne parla in due lochi , (e) e in ambe- due come di segretario papale. Qual testimonio egli adduce? Il solo Gianfrancesco Magini, da cui le poe- (a) Coment, p. 101. (e) Coment, p. 100. 211. (b) P. 102. 22 m 34o Lettbratura . sie del medesimo Staccoli furono fatte imprimere il 1709 in Bologna. — Quae de hoc Augustino Sera- phinifilio e nobili Stacco lorumfamilia ( son sue pa- role) (a) in dialogo attulimus , habemus ex prae- fatione Joannis Francisci Magini, qui curava eden- da ejus carmina thusce conscripta anno 1709 Bono- niae , neque praét&upa est quod addamus.- E questo Maginì che dice ? Del segretariato punto non parla, ne co' leggitori nel prodromo avviso, né con Eusta- chio Manfredi nella dedica . §.2. E non può negarsi né pure, che essere stato Staccoli promosso a qualche carica di palazzo potria desumersi dalle frasi d'una lettera scrittagli da Gianantsmio campano. Eccone i termini — Tot gessi , tot legi , tot scripsi , tot locis et jam provinciis prae- fui, ut salis existimcm me et in curia vestra mer- cedem reportare — {b) È per altro di necessità crede- re , che la parola vestra sia qui applicata a curia, per lo motivo che Staccoli fosse in essa impiegato? "Quante volte scrivendosi a un estero gli si dice la vo- stra corte, in significato non d impiego da esso eser- citatovi, ma della sua dipendenza per motivo di ori- gine ? Non per questo voglio oppormi al segretariato di Staccoli. Dico soltanto, che non ne ho trovato le prove; e che avvezzo nelle cose storiche de passati tempi a prestar poca fede ammoderni, se mancano an- tiche testimonianze: sono sempre più cauto in leg- gere la seconda metà d'un libro, quando mi accorgo essersi tentato sorprendermi nella prima. §. 3. Dicasi or qualche cosa dell'alta riverenza e amore, che dicesi nel comentario aver professato aStac- coli esso campano , Gentile Becci , Rafaele volterrano, Giorgio di Trebisonda e altri . L'amore del primo (a) D. p. io3. (b) Epist. L. 7. Uomini illustri d'Urbino 34 i può dirsi verificato : tra le pistole di lui due leggen* dosené a Staccoli scritte ! se pure araendue appar- tengono ad Agostino ; e la prima in cui si dice che quel vescovo gli avea tenuto un figliuolo a battesi- mo, (a) non appartenga piutosto al fratello; e anche un inconcludente latino epigramma del campano medesimo trovandosi a lui diretto, (b) Becci essen- do urbinate: non trovo difficoltà ch'egli ancora amore' e anche stima a questo concittadino suo professasse. Ma di grazia quali sono le prove, che il volterrano, che quegli da Trebisonda , e che altri uomini di que- sta foggia per esso nutrissero i sentimenti mede- simi ? §. 4- Ne Rafaele né Giorgio, tra le cui opere (quantunque le verificazioni d'un libro sien peso di chi scrive non di chi legge : ) mi sono posto a pe- scare, fanno parola mai di questo supposto oggetto di loro tenerezza e venerazione . . . Ma zitto, eru- diti leggitori . Eccoli qui nominati amendue nella seconda lettera scritta a Staccoli dal campano . Le parole son queste. — Bene vale, Staccole mi. Germa- num tuwn saluta et trapesuntium et Raphaelem --- Che sì che questo è il gran fondamento su cui ap- poggia l'assertiva del comentario , che que'due dot- tissimi fossero innamorati di Staccoli ; e a scoper- chiato capo il nome ne proferissero. Dunque tutte le insigni e non insigni persone che spesso io sono incaricato di salutare, mi riveriscono e m'amano? O me fortunato più di quel eh' io credeva ! E chi mai avria potuto supporre, che avessi uno stuo- lo si grande di amanti e veneratori ? Lasciando gli (a) Epist. L. 6. (e) D. I 7. (b) Cairn. L. 8. in fin. 342 Letteratura scherzi, protesto non creder verificato , che Rafae- le e Giorgio avessero per Staccoli amore e rispetto. Laonde non essendo ciò sicuro de' nominati : come si può credere degli anonimi ? §. 5. Sentendo l'autore far tanti encomii del- le poesie di Staccoli, io era quasi disposto a fidar- mi di tal giudizio ; e lasciare il punto senza sopra riflettervi . Imperochè detto autore è al sommo ele- gante ; (io diceva tra me:) e dimostra conoscere grazia bon gusto e nobiltà di stile; e si può pren- derlo a modello , con sicurezza di luminosamente figurar tra' filologi. Tuttavia capitatami alle mani quella edizione delle poesie sopradette fatta da Ma- gmi : fui tentato leggere il primo sonetto , il qua- le è il seguente. Era la vita mia libera e sciolta .D'ogni laccio d'amor d'ogni suo impero * Quando la chiara fama e il nome altero Mi strinse ad amar voi la prima volta. Crebbe il desio ; e con vaghezza molta Vidi poi tanto inferiore al vero La gloria vostra , quanto il mio pensiero Vince l'alta beltade in voi raccolta. Indi sfrenatamente il mio cor arse : Tanta luce del cielo e di natura Agli occhi miei in quel momento apparse. Indi in seguirvi è stata ogni mia cura; E così sento in voi pietà destarse , Come fi a sempre finche il spirto dura. §. 6. Chiudasi chiudasi pure il libro- Se non contiene miglior sonetto di questo : ( e migliore non pare che possa contenerne ,' perchè le migliori cose quelle son sempre che pongonsi in princi- Uomini illustri d'Urbino 343 pai prospettiva: ) sia con pace dell' autore del co- mentario , abbiani qui un'altra riprova di sua trop- pa deferenza al suggeritore sempre intento a gonfia- re le vessiche più vizze. Le seguenti interlineari osservazioni le credo opportune , non per gli esper- tissimi leggitori , ma per l'autore medesimo, accio conosca per esperienza che cosa gli si è fatto enco- miare. Libera e sciolta : primo pleonasmo nel primo verso. Laccio d'amor , ogni suo impero : secondo pleonas- mo nel secondo verso. Chiara fama } nome altero • terzo pìenasmo nel terzo verso. Stringiamoci, messer Agostino : perchè i versi esser non ponno più di quattordici , e per terminare il pensiere di un sonetto petrarchiforme non si ammette la coda. E di qual fama chiara e nome altero qui parlasi? Furon la chiara fama e il nome altero di questo no- vo Petrarca che , a imitazione del vecchio , lui sti- molarono a buscarsi Una Laura ; ò fu Laura che col- la propria chiara fama e nome altero generò in lui l'amoroso tafano? Da un mio ò da un tao il dub- bio scioglievasi ; e non era pleonasmo. La prima volta . A che allude ? Al generico amar*, ò allo specifico amar voi? Se ad amar: è frase inu- tile. Chi la prima volta fu stretto, cioè divenne schia- vo e legato , è naturai cosa che in addietro si trovasse libero e sciolto . Se ad amar voi : quante volte egli amò la sua bella ? Una sola risponderà chi avrà letto il finche il spirto dura dell" ultimo verso. Se da un amar perpetuo la successione si toglie d innamoramento secondo, terzo, e così an- diam discorrenrlo : perchè dunque dir prima voltai Fine del primo quadernario . 344 Letteratura Incomincia a dire il secondo , che crebbe il desio . Se desio slesse per amore : avria ben potuto ingigantire in un attimo. Anche Torquato cantò: (a) O maraviglia ! Amor cK appena è nato Già grande vola , e già trionfa armato . ]VJa desio sta per desio ; e questo desio che crebbe quando era nato ? e di che era desio ? Passiamo al settimo e all'ottavo Terso per os- servare un'enorme anfibologia. — 77 mio pensiero vince l alta beltade in voi raccolta. — Chi è che vince? Il pensiero o l'alta beltade ? Ma sia l alta beltade la vincitrice . Qual pro- porzione gioconda trai meno della gloria, e il più dell' alta beltade ; trai più del vero e il meno del pen- siero ? Egli è un conto di dare e di avere da non potersi far su le dita . Pur non è tutto . Il poeta vede queste cose con vaghezza molta . Il qual vocabolo di vaghezza stando nella crusca anche per desiderio ; e non es- sendovi necessità d identificarla con quel desio ma- scolino , il quale in un batter d'occhio femmina di- verrebbe : convien dire che significhi , come ugual- mente si ha dalla crusca , diletto . Ma qual ddetto depravalo e mai questo? Come può dar diletto al novo Petrarca , che la gloria della sua Laura, cioè l'onore che lesi rende, sia tanto inferiore al vero, cioè al reale suo merito? E qual diletto altresì può recare a un amante il capire di non aver capito , quanto alta sia la beltà dell'oggetto delle sue sma- nie? Eccoci alla prima terzina e al primo indi . Indi il cor del poeta arse sfrenatamente . Fug- gite , madonna , sottraetevi , nascondetevi , altri- (a) Ger. lib. o. I. ou. 47- Uomini illustri d'Urbino 345 menti . . . Altrimenti questo sfrenato incendio v' in- cenerisce . E perchè vi accadde , ottimo e amatissimo me*- ser Agostino , sì gagliarda deflagrazione ? Mi accadde, perchè in quel momento... Perdonate: in qual momento ? In quello dello innamoramento della prima vol- ta , del cresciuto desio , e del calcolo aritmetico della gloria . Ho capito . Via , proseguite : in- quel momento che cosa vi accadde, messer Agostino? Accadde , che agli occhi miei apparse tanta lu- ce del cielo e di natura . E che male cera ? Qual danno ciò poteva prò* durre ? JVon l'avete capito ? Fu per questo , che arse sfrenatamente il cor mio. Come ! quella tanta luce del cielo , la quale avita dovuto discacciare gli amorosi tafani , este- nuare gl'incentivi di natura ; e a voi gridare animum rege . . . hunc frenis , hunc tu compesce catena : es- sa e quella all' incontro che al puledro fa troncare la briglia ! e voi , messer Agostino , voi siete il poe- ta augurato nel commentario alla religione? (a) Dal primo indi si passa al secondo nella se- conda terzina col notarsi ciò che indi venne in se- guito della combustione sfrenata . E che veune in- di ? Indi venner due cose . La prima , che il poeta pose indi ogni sua cu- ra in seguir lei. Ogni ! addio dunque segretariato papale . Ecco ecco il motivo , per cui non ne ho trovato sicura memoria . (a) Coment, pi 1Ò1. 340 Letteratura La seconda , ch'egli indi sentì in lei pietà de* starse . L'incendio del poeta essendo sfrenato ; ne re- primendolo la luce del cielo : come madonna per- metteva ch'ei la seguisse, e gli era pietosa per que- sto ? La prima parte del secondo indi non è dun- que molto penelopéa né onoriiica per madonna . Se la pietà era destata in madonna , cioè con- cepita nell'animo di lei : come poteva il poeta sen- tirla destare? Si possono da noi sentire i sentimenti destati fuori di noi ? Quando disse Petrarca: (a) Un fuoco di pietà fessi sentire Al duro cuor dia mezza state gela : intese parlare della pietà di Laura , sentita da Laura e non da lui . Quando disse all'incontro: (b) E sento ad or ad or venirmi al cuore Ufi leggiadro disdegno aspro e severo : di proprio disdegno intese parlare, sentito da lui e non da Laura . La seconda parte del secondo indi è dunque tanto strana, che non significa nulla . E si noti , che tanta stranezza ei presagisce dover esser perpetua : tanto importando , come ho detto di sopra , quel fia sempre finche il spirto dura . Queste parole peraltro ( facciasi al poeta giu- stizia ) restituiscono Y innocenza ad alcune delle espressioni precedenti . Poiché se la pietà di ma- donna era propagabile sino alla morte dell'amante, il quale poteva vivere sino a estrema decrepitezza; si vede che tal pietà ( supponendola sempre di una specie ) era una di quelle pietà che non si otten- gono con tributi rispettivi alle epoche della vita . * — - — • • * (a) Sonrtt. 180. P. I.p. m. 43i. (b) Canz. 2I. PlI. «tr. S.p. m. 5oo. Uomini illustri d'Urbino 347 «3. 7. Piangerei!! noi , se dal padre Vernaccia fu donato *a papa Clemente XI il bellissimo codi- ce delle rime dello Staccoli ; e se tal dono priva del commodo di ammirare quanto questi imitar sapesse il Petrarca anche fuori degli argomenti d'amore! (a) In quanto a me , sono pienamente convinto , che nel dono del padre Vernaccia spiccassero ugualmen- te il bon core, e la povertà religiosa. Riflessione XVI. Mentre in Ferrara il Beccari il Lollio e t ar- genti erano i primi a tentare questa inusitata ma- niera di rappresentazioni •. ( i drammi pastorali ) Ur- bino ò innanzi di loro ò in quel tempo medesimo già applaudiva su le scene quelle di Antonio Gal- §. 1. Andiamo per ordine. Agostino Beccari , Alberto Lollio e Agostino Argenti ò Alienti non fu- rono i primi che tentassero la maniera delle rap- presentazioni pastorali . Se questa maniera può chia- marsi insolita : essa non merita questo nome se non relativamente a uri' epoca anteriore ad Angelo po- liziano il quale fu quegli che col suo dramma Y Or- feo ne diede il primo esempio ; e tutti sanno chei cessò di vivere il 1 494- Altro poi ne diede Nicolò da Correggio col Cefalo recitato in Ferrara il i486: dopo i quali saggi si stamparono in Siena il i5ia l Egloga morale di Pietro Ranconi ; il i5 17 la Savi' na di Antonio Legacci; il i5if) la Strascina di Nicolò campano e il Maggio di Nicolò di ser Am- brogio , i quali tutti furouo drammi pastorali . Bec- cari pertanto il quale fece recitare in Ferrara il suo Sacrifizio il i554 ; Lollio che compose Y A re- ta.) Coment, p. 102. (b) Coment. P. io4- iS5- 3^5 Letteratura fusa il i563 t, e Argenti il cui Sfortunato pàbbli- cossi il i568 , non furono i primi a fentare pa- storali rappresentazioni ; e in Urbino al tempo di questi inusitata non può chiamarsi tale maniera , se non quando due e due ivi non faccian quattro: in che , dice Luciano , barbari e greci concorda- no . (a) Per questa piccola cronica mi sono giovato della storia della volpar poesia e contentarli di Gian- mario Crescimbeni , (6) e della biblioteca delfelo- quenza italiana di Giusto Fontanini : (e) contro i quali autori lascio quello del comentario in piena libertà d'intentare azione d'anacronismo . 8. 2. Passiamo adesso a parlare di Galli, il qua- le nato il i5io morì il i56ò ; (d) e Idio gli doni riposo . Che al suo temp© alcune commedie e pa- storali di lui con grande applauso in Urbino si re- citassero i lo scrisse Baldi in quel suo Elogio delia patria ; e questo bastò al suggeritore per Y autor movere a dire, che gli urbinati ò innanzi di loro, cioè di Becca ri di Lollio e d'Argenti ; ò in quel tempo medesimo già applaudivano su le scene alle rappresentazioni del Galli. Con le quali parole ci vuol poco a capire , che non solo si è voluto an- noverar. Galli tra' supposti fondatori di questo ge- nere di poesia ; ma forse anche attribuirne la pri-1 ma fondazione a lui solo . 8. 3. Per annientare pretensione cotanto assur- da , basta analizzare la cosa . Se Lollio non com- pose , come si è detto, X Aretusa che il i563 ; e lo Sfortunato d' Argenti non fu pubblicato che (a) Parasit. op. omn. T. ì. p. m. S5o. (e) T. ì. P. 4og. (b) T. P. z8£ . ec. (d) Coment. P, Uomini illustri d'Urbin© 3^0 il i568 : dunque è vero , che Galli il qual morì il i56i , fu autore di favole boscherecce prima di loro . Ma ciò che si verifica relativamente a Lol- lio e ad Argenti, può dirsi del pari verificato relativa- mente a .Beccari? Forse diranno: se il Sacrifizio di co- stui fu esposto su le scene di Ferrara il i554: dunque Galli vivente fino al i5Gi , benché non possa pro- varsi che abbia scritto prima di lui , potrebbe aspi- rare almeno al vanto di essere staio contemporaneo scrittore della cosa medesima,; e l'onore attribuito nel comentario a Beccari a Lollio e ad Argenti di essere stati i primi tentatori di questa inusitata ma- niera di rappresentazioni , vindicato dall'ordine cro- nologico e dalle pubbliche notizie al solo Beccari, potrebbe dividersi insieme con Galli. Prima di con- discendere a tal divisione , proseguiamo l'analisi. §. 4- Beccari non fu institutore della favola boschereccia tentata prima di lui , come abbiam vi- sto ; ma solamente si dice che la riducesse a siste- ma migliore, (a) Nasce a dir vero anche la con- troversia , se gli competa il merito di tale riforma il quale dal sopra citato Fontanini si attribuisce a Luigi Tansillo, per certo dramma pastorale da lui prodotto il x52() in Messina, (b) che Apostolo Ze- no crede essere stata l'opera di lui intitolata Pelle- grini ; (e) e Argenti dedicando il 1664 lo Sfortuna- to al cardinal Luigi d'Este, fatica lo chiamò d'età molto tenera, (d) Ma già la maggior parte de' dotti ©pina, male Fontanini essersi apposto; e la espres- sione d Argenti non avendo che Argenti solo per te- (a) Crescimi)» 1. e. (b) Aminta dit'es. e. 7. p. 109. (e) Note alla bibl. F0.1ta.nin. T. 1. p, 411- (.1) Zeno 1. e. p. 4*3. 35o Letteratura stimonio : nulla conclude. Qual pregio dunque po-ì tria tra Beccari e Galli dividersi ? JN'iun altro a me pare, e parrà credo a chi non è cieco, se non quel- lo di avere il pastoral dramma non instituito , ma riformato semplicemente . Ed ecco che Galli non tentatore sarebbe stato à inusitata maniera , ma so- lo uno de1 due i quali da molti trattata in addietro, la ingentilirono e riformarono , e Torquato inco- raggirono a darle mano ultima con l'Aminta. Ma pro- seguiamo l'analisi , prima di concedergli prerogativa sì bella. §. 5. In qual epoca Beccari la sua riforma ten- tasse, dalla storia letteraria è fissato. Ciò accadde in Ferrara il 1 554- I*1 qual anno piace all'autore del comentario , che Galli le pastorali sue compo- nesse e fossero recitate con applauso di tutta la pa- tria ? Solo una di queste due epoche gli è lecito d'adottare: cioè che la composizione e la recita ac- cadessero ò prima di detto anno 1 554 ì ° qualcuno degli anni dopo. Ammettere la contemporaneità si- multanea dell'impresa , per sola casualità , senza in- telligenza reciproca , e con esito uniforme : sarebbe un miracolo d'Apollo, cui malagevolmente nelle me- tamorfosi dato avria loco Ovidio medesimo. .§ 6. Se la composizione e recita delle pa- storali di Galli accaddero prima del 1 554 : dunque Galli non solo non fu uno degli insiitutori del ge- nere , tentato molto prima da Angelo poliziano; ma né pure ne tentò la riforma : perchè questa fu fat- ta il i554 e non prima ; e gli scrittori precedenti di tal soggetto imitato avendo V Egloga pastorale la Savina la Strascina e il Maggio , e scritto come già si scriveva : non ebbero merito alcuno nel miglio- ramento del dramma. Perciò di Galli che seguì la corrente, bastava dire con Baldi, che scrisse le pa~. Uomini illustri d' Uriino • 35 1 ■starali e gli urbinati batteron le mani , senza appic- cicar nell encomio né Beccari né Lollio né Ar- genti , co' quali egli non ebbe alcuna cosa a spar- tire . 8. 7. Se poi quella composizione e la recita eli Galli accaddero dopo detto anno: dunque Galli, nella ipotesi che le sue pastorali sieno qualche cosa di meglio di quelle di Ranconi di Legacci del Campa- no e di Nicolò di ser Ambrogio: si prevalse delle ìn- struzioni e dell'esempio di Beccari ; ed essendo stato individuo del servile armento degli imitatori: potea, torno a dire , contentarsi l'autore del comentario di vederlo onorato del discreto elogio bastantemente decoroso di Baldi; e astenersi da porgli sul capo corona non meritata. (Sarà continuato) Teofilo Betti Aveva io preparato Y occorrente per portare queste riflessioni al numero 24 • Siccome le mie attuali occupazioni non mi permettono adempire il mio proposito : mi disimpegnerò intieramente da tale oggetto con ristabilire nel seguente fascicolo una nuova Riflessione II in loco di quella che ri- trattai alla pagina 092 del fascicolo XXVII . Il Medesimo. 35a De pontificibus medicis , aut medicorum filiis , eom- mentarium notis auctum. Santissimo domino nostro Pio VII poni. opt. max. Joannes Baptista Bomba romanus , medie inae et philosophiae doctor , d. d. d. - 4- Romae , apucl Franciscum Bourliè , 1 82 1 . - Un voi. di pag. 61. VJTioan - Battista Bomba , già da molti anni me- dico di gran rinominanza , è fatto autore non senza piacer nostro . Era ben necessario che questi desse un chiaro argomento del valor suo ; poiché se mol- ti T stati infermi, e scampati pfr Varfce ch'ei tiene, facevano fiorire Ja sua fama ; gli scienziati ed i let- terati , i quali son vaghi delle frutta e non di sì fat- ti fiori , perchè sovente vedono alcuni medici esser collocati in alto luogo per lo rumore degl' infermi curati dalla ventura , non potevano ragionar di lui . Ora però quelli, che a buon diritto danno sentenza, avranno sicuro mezzo, onde il Bomba né sarà loda- to per vane cagioni , né biasimato da chi più dispet- tosamente che saviamente suol giudicare . Lo scritto del Bomba pare in tre parti diviso . La prima tocca la storia di due ovvero tre pontefi- ci medici ; e nomina alcuni papi nati da medici . Nella seconda sono tredici note , in alcune delle qua- li T A. mostra molti concetti della sua scienza me- dica , e le prove che ne ha fatto. Due appendici for- mano l'ultima parte del suo ragionamento . Nella prima pagina l'A. si maraviglia che la me- dicina non sia da ognuno appresa , essendo questa necessaria a chiunque desidera di viver sano, ed uti- le molto agli scienziati ed ai letterati , che talvolta Pontefici medici ec. 353 non possono ragionare della loro materia senza iL parere de' medici . Promette di parlar brevemente di alcuni di quei pochi, che furono teologi, legisti, filosofi , filologi , e medici insieme , benché non eser- citassero medicina . E sembra che egli parlerà anco- ra di taluni di quelli , i quali : et si (ei dice) nullum de re medica opus ediderint , alìorum tamen materie- rum operibus rem litterarìam publicam locupletarmi^ suamque memoriam immortalem reddiderunt . Nella pagina 2 l'A. parla di Vittore l\\. Ma pa- re che egli non abbia voluto farci esser certi che questo pontefice sia stato medico , o abbia appresa medicina. Poiché, dopo aver recato in mezzo l'auto- rità di Andrea Vittorello, il quale afferma Desiderius (che poi fu detto Vittore III ) musices et medicinae fuit pentisstmus; e dopo avere,per queste parole e non per altro argomento , scritto -.quamobrem prae quovis alio medico , in quibusdam hominum aegretudinibus , Cito, tute , jucundeque curandis ipsum (Vittore) va- luisse certe dicimus ; prosiegue dicendo: nihilo tamen secius anceps haereo ut rum inter medicinae peritis- simos wros Victorem III debeam adrumerare . E ne palesa la cagione , la quale è Terrore di Vittorel- lo , che non apprendendo bene ciò che si legge nel- la cronica cassinese , credette contro il pai°ere del Muratori che si parlasse di Desiderio là dove si ra- gionava di Alfano , il (male veramente seppe e mu- sica e medicina . Più non volendo il Bomba discorrere la storia^ di Vittore , mostra nella pagina terza ciò che scris- se il Muratori per insegnarci che l'udito più che gli altri sensi cagiona ed ordina i nostri affetti , e che la musica con dolcissimi modi può giovare la gente inferma . Quindi torna a parlare di Alfano musico e medico . E , per dire ragionevolmente che alcuno G.AXXI. 23 354 Letteratura non deve maravigliarsi della dottrina medica di que- sto nobilissimo chierico, nota nella pagina 5 le paro- le di molti i quali affermano che sovente i chierici, gli abati , i monaci , ed altri somiglianti appresero ed esercitarono medicina a guadagno - Nella pagina 6 s' incomincia a ragionare di Giovanni XX , che altri disse XXI , portoghese , figlio di Giuliano , e stato medico . L'A. con le pa- role di Antonio Maria Graziani ci fa sapere, prima di ogni altra cosa , che in Viterbo la casa dove era questo pontefice, cadendo, lo fé' morire sotto le ro- vine circa l'ottavo mese del suo pontificato . Poi ci mostra qual conto faceva dì questo papa il Platina, il quale ne scrisse : pollicebatur homo stohdus sibi lon~ gam ) Xiphilcn. in Hadrian. et Sevcr. Parentali a Dante 37$ no biasimerà quelle virtù che non conosce, né prez- zerà quelle divine opere del nostro poeta che non intende ; noi non ci cureremo di lui : ma, contenti dell' approvazione de'savj, ripeteremo quel verso del Petrarca, che dice: Seguite i pochi , e non la volpar gerite. Avrei più detto se il giovine Agricola , nome a te caro per la spirante imagine della tua bella, e virtuosa Costanza da lui dipinta maravigliosamen- te , non avesse interrotto il mio ragionare così par- lando : A me pare che gli onori , che per noi si rendono a Dante , non possano altro fruttarci che lode. Ma forse alcuno dirà non essere cosà conve- nevole, che nel giorno, in che si rinnova la memo- ria della morte di lui , facciasi banchetto , quasi che questo giorno sia non di funesta ma di piace- vole ricordanza. A cui l'ottimo Cecilia: E che? Dovremo for- se pianger colui che vive eterno nel mondo ? Degna è di compianto la morte Di que sciaurati che mai non fur vivi : son la morte di quel grande , la cui fama non po- trà abbattere : . . innumerahilis uénnorum series , aut fuga temporum , e la cui rimembranza sarà sempre di gloria e di letizia all' Italia. Allora il Tambroni : Buoni , disse , sono i tuoi argomenti, o Cecilia. Ma siccome ad alcuni gros- si insegni non persuaderebbero , io vuò mostrare che non senza perchè è stato stabilito che quest'og- gi si banchettasse : anzi dirò che l'odièrna cere- monia sarebbe stata incompiuta senza il banchetto. Imperocché fu ciò in uso presso i nostri antichis- simi padri, che si facesse solenne convito nel gior- 3^4 Letteratura no in che i funerali, o i parentali onori donavansi ai trapassati. Il qnal convito fu da Cicerone chia- mato epulani funebre, da Plinio epulum ferale , da Catullo camafunebris, da Giovenale e da Apulejo coma feralis. Laonde è da lodare Salvatore Betti, che a tutte le altre ha antiposla nella sua iscrizione la frase ciceroniana . Ed era il convito di due ma- niere : perchè nello stesso tempo che i parenti, o gli amici , o gli ammiratori del trapassato convita- vano in casa ; di altre vivande e di altri vini fa- cevasi offerta ai inani del defunto , o sul rogo il giorno della pompa funerale, o sul sepolcro ne' gior- ni ov ver. negli anni seguenti. E questa seconda ma- niera di convito più propriamente non cena fune- bre chiamavasi ,ma sillcernio : sebbene questi nomi spesse volle si confondessero. Laonde il silicernio potea dirsi cena de' morti , è Yepulum funebre ce- na de' vivi. E non eli rado interveniva che le cene fossero anche tre : conciossiachè gli uomini ricchi dessero eziandio cena pubblica al popolo : siccome fece Quinto Arrio (7) , il quale , disposto di onora- re magnificamente la memoria del padre suo , non fu contento del silicernio , e della cena e lutto do- mestico ( che tale in quel luogo è la frase di Cice- rone ) , ma diede ancora lautissima cena al popo- lo nel tempio di Castore : imitando in ciò Siila e Giulio Cesare, l'uno de' quali in onore del padre, l'altro in memoria della figlia Giulia avean chia- mata la popolar moltitudine a solenne e splendi- do convito (8) . L'Agricola, dappoi che vide cessato il ragionar (7) Cic in Vatn. e. li. e i3. (8) Dion. o?, Svcton. in Caos. 26 Parentali a Dante 375 del Tambroni : perchè, gli disse, tu distinguesti i funerali onori dai parentali? Perchè, rispose , i funerali avevano luogo men- tre che il corpo del trapassato non era ancora sta- to posto sotterra : e i parentali si costumavano ne' tempi vegnenti , o giorni o anni o secoli che si fossero. Agricola. Dunque questi onori che noi rendia- mo a Dante mentano nome di parentali ? Tambroni. Sì certo. Agricola. E d' onde derivò quel nome? D'on- de l'uso di così fatte ceremonie? Qui il Cecilia prevenne alla risposta del Tam- broni , e disse: Leggiamo in Virgilio , il quale in tutto il suo poema fu diligentissimo descrittore de* sacri riti , come Enea, essendo stato per fortuna di vento gittato di nuovo i&ulJe coste della Sicilia , dove Tanno innanzi avea eoa fu nera 1 pompa data sepoltura al corpo d'Anchise , divisò di celebrar ivi il ritorno di quel giorno funesto , che ìo ave- va orbato del genitore: e ciò fece con giuochi , e con solenne convito. Indi ebbe origine l'uso degli anniversarj , ed eziandio il nome de' parentali : per- chè questo nome ben si convenne a quelle annua- li esequiej , eh' Enea celebrò per la memoria del padre suo. Poscia fuso passò in Lazio , ove il pio aveva predetto che sarebbero state Ques£ esequie , e questi onori Rinnovellati eternamente ogni anno. (9) Per la qual cosa ebbe giustamente a dire Ovidio (io)t Hunc morem Aeneas pietatis idoneus ciucio r Attulit in tetras , juste Latine , tuas. «r- , __ ■ ■— ■ (9) Vìrgil. Acneid 5. y. 5<). (10) Fast. liò. 2. 2jG Lettek ATIR A Ille patris genio solenni in dona fefebat t Mine populi ritus edidicere p/'os. E come accade che tutte le instituzioni più che si allontanano dall'origine loro, e più si dilatano, a guisa de'fiumi che più ampj si fanno dilungando- si dalla fonte; così addivenne, che gli onori pa- rentali dalle esequie de' padri a quelle de' congiun- ti , e da queste a quelle si stendessero degli ami- ci , e degli uomini celebri per gran fama : rima- nendo sempre l'antico nome di parentali, o di an- ime parenta zioiìi : che tale è il nome dato loro da Catone e Macrobio . Che se dalla morte o de' ge- nitori , o de' congiunti, o degli amici , o degli uo- mini solenni non un solo anno fosse trascorso, ma un'seeolo intero; allora que' riti , quelle cene^ue' giuochi ottenevano nome di secolari , ed erano ce-1 lebrati con maggior pompa. Le quali cose udendo il De-Crollis, molto ac- conciamente osservò , che il nostro secolare ban- chetto poteva a buon diritto ritenere l'antichissimo nome di parentale : sendo che Dante possa nostro padre chiamarsi in quel medesimo senso, in che esso Dante avea chiamalo Virgilio dolcissimo pa- dre. Poiché molte parole furono discorse intorno i riti funebri de' latini , l'Agricola , il quale alle cose che si ragionavano avidamente porgea le orec- chie, rivolto all'Amati lo interrogò, se la ceremo- nia della cena funebre da Enea recata in Lazio fos- se stata da lui la prima volta instituita in Sicilia * ovvero fosse già di usanza nell'Asia. Al che 1 Amati rispose : Leggi in Omero,là dove parla deli esequie di Ettore e di Patroclo , e vi troverai rammemorato tepulum sepulchnde : e ti si farà manifesto, che i greci eziandio conebbero ed Parentali a Dante 377 osservarono gli stessi riti che i latini, se bene usas- sero diversi nomi. Conciossiachè i greci chiamas- sero eiricAènrvov { epulum funebre , e assai nomi desse- ro all' esequie anniversarie: tra' quali il più comune si fu quello con che le dissero vskktix. Su che discor- rono molti scrittori : e mi ricorda che se ne trova menzione presso Apollonio Rodio e Luciano. I parlamenti su ciò sarebbero trascorsi all'in- finito, perchè troppo ampia era la materia del di- re , se io riportando il ragionare là onde era parti- to , perciocché assai vagati eravamo, non fossi ve- nuto a conclusione dicendo : che l'aver solennizzato l'anno cinquecentesimo dalla morte di Dante lode- vole cosa era, e degna di persone, a cui son cari gli usi e le virtù degli antichi. La quale conclusione approvando il Cecilia, dis- se : La nostra opera di oggi è semplicissima , inno- centissima , e direi quasi divinissima : e le pa- i-ole fin qui dette lo provano . Ma forse saranno di quelli , i quali gavillando le cose stesse da noi ra- gionate , da queste prenderanno argomento di dire, che non si addiceva a noi , nati nel seno della vera religione , lo imitare le costumanze de' gen- tili. Sogghignò il Vannutelli , e rispose: Chi ciò dicesse, cercherebbe, al dir de' latini , il nodo nel giunco. E se valesse questa maniera di argomenta- re , potrebbe pur dirsi che riprensibile costume sia quello di chiamare i giorni coi nomi della Luna , di Marte , di Mercurio ^ di Giove , di Venere , e di Saturno : e alcuni mesi pur col nome de' falsi dei; e specialmente , ciò che fa al nostro proposito, il mese di iebbrajo col nome derivato dalle esequie, che si facevano in onore de' trapassati ne' tempi in, che ragnava l'idolatria . Anzi converrebbe dare alle Zn% Letteratura fiamme le poesie scritte dalla più parte de' poeti cri-* stiani , perchè quasi in tutte si fa uso della paga- na mitologia. E quell uso stesso che tiene da un secolo la nostra Arcadia di celebrare ogni quarto anno i giuochi olimpici per onorare la memoria degl' illustri arcadi defunti, sarebbe pur esso da condan- nare , perchè derivato da quelle antiche costumanze de' pagani , che ci si vorrebbero opporre. Adunque siirieno più di compassione degni che di risposta que' cotali , che, per sì fatto gavillo, questa nostra innocente ragunanza vituperassero: i quali* voglio- losi di censurare , troverebbero che ridire intorno ogni cosa: fosse ella pur scevra da qualunque om- bra di vizio : e si lagnerebbero per avventura se noi le vesti, ei calzari, e le masseriiie volessimo con- formare a quel modo che usavano i nostri antichi. E dirò ancor più: ciò è che costoro si mostrerebbero anche ignoranti di ciò che è scritto nelle sacre car- te. Perchè il funebre convito fu di uso anche pres- so il popolo d'Israele . E sappiamo che dopo la morte e i esequie di Abner , tutto quanto era il po- polo §i ragù nò presso David per prender cibo insie- me con esso lui (n). Oltre a che leggiamo in Ge- remia, come Iddio, indegnato contro al popolo ebreo, queste cose comandò a quel suo santo profeta : Tu non porrai piede nella casa dove facciasi convi- to funebre : né v andrai a piangere ; né a fare ufi* zio di consolatore : perciocché io ho tolta via da questo popolo la mia pace , e la misericordia , e la clemenza. Laonde venendo a morte in qitesta terra, così i grandi come i piccoli , non fieno né seppelliti né pianti E non vi avrà più alcuno tra (u) Mtg, lib. 2. e. 3. v. 35. Parentali a Dante 3^$ loro che spezzi un pane a conforto di colui che pianga chi trapassò : ne ninno offriragli un nappo , perchè si consoli della morte de" genitori (12). Che dirò io delle costumanze de' primi cristiani ? Essi ad sepulchra martjrum epulas deferebant , siccome narra santo Agostino (i3): e splendidamente convi- tavano nella festività della cattedra di s. Pietro : per lo che quel giorno chiamossi festum epularum.(i 4) Avrebbe il Vannutelli protratto più in lungo il suo ragionare , se non che l'Odescalchi mosse ver lui queste parole ridendo: Tu voli troppo al- to col dire ; e onori di soverchio coloro ( se pur ve ne sono ) i quali si penano di dar corpo alle ombre. Quanto a me , io li disprezzo col fatto. E preso in mano un vaso di cristallo colmo di vino , cominciò a spargerne la terra . Di che noi erava- mo maravigliati : né sapevamo a che ferisse quelL* atto . Ond' egli, avvedutosi del maravigliar nostro: Ho letto , disse , in Omero , che Achille celebran- do 1' esequie di Patroclo versò in terra di molto vino . Ed io il faccio per Dante . Anzi voglio che tu pure , o Vannutelli , faccia lo stesso che io . Im- perocché ora mi torna alla memoria , che Virgi- lio , là dove descrive Y esequie fatte ad Anchise , dice parlando di Enea: Hic duo rite mero libans carchesia baccho Fundit Inani. Dal che deduco , che non da un vaso solo , ma sì da due versar dovevasi il vino sopra la terra . (12) Hierem. proph. e. 16. v> e segg,. v. s. Girolamo lib. Z. in Hiarem. (i3) De civit. Dei l. 8. e. 27., et confèss* lib. 6. e. 1. (*4) V. Guglidm. Durand, lib. 1. e- 8. 36ó Letteratura In questa l'Amati , sommormorando a bassa voce il principio del seguente verso di Virgilio : Purpureosque jacit flores ; si era levato dal desco , ed era a basso disceso : né sapevamo il percbè ciò facesse. Quando il ve- demmo tornare colle mani piene di rose , che avea colte nel sottoposto orticello : e , spargendole sulla tàvola, gridava con voce stentorea : Purpureo^ spargam flores , aiiimamque poetae His salteri accumulem donis , et J'ungar inani Munere ; come, lamentando sopra la morte immatura del buon Marcello, disse Anchise presso Virgilio. Ed avendo- gli noi opposto , che Virgilio parla di gigli , i quali per la loro rispondenza ( ciocché stabilisce la qua- lità della porpora) poteano dirsi purpurei ; egli for- temente gli orecchi nostri intuonò dicendo : che non solo gigli , ma pur viole , e corone di mirto , e , più che ogni altro arbusto o iiore , si spargevano rose in onore de' defunti, e specialmente nell'an- niversario della loro morte - E qui Cominciò a ri- ferire molte antiche iscrizioni : fra le quali una di un P. Appi© Lutichiano , il quale ordinò per testamento , che al ritornare di ogni anno si ce- lebrassero l'esequie della sua donna e del suo fi- gliuolo ; e che oltre alla cena funebre si offrissero corone di mirto e di rose : ed altra di una Goc- Ceja , dove si menzionano le rose e i doni an- nui (i5). E così due riferite dallo Stuckio (16), nell' una delle quali P. Cornelio Annio comanda agli eredi suoi , ut quotanti is rosis exornent l'ara sepol- (i5) Gufar, de jur. man. Uh. 2 e. io. (1G) Ani. coni', libi 1 e. 26. Parentali a Dante 38 1 erale , et ibi epulentur ; e nell' altra un figlio1, oh rnemorictm patris sui, donò grande una somma sub hac condizione , ut quotannis rosas ad monumen- tum ejus deferant , et ibi epulentur . E , tacendone molte, quella del liberto Longo Patroclo, il quale: hortos cum aedificio huic sep.ulchro juncto vivus do- navit , ut ex reditu eorum largius rosae et epu- lae patrono suo , et quandoque sibi, ponerentur -(17) Quindi, ristatosi un poco di ragionare , pose una delle sue mani sopra la fronte : e pojr collindice di quella verso noi accennando , in atto di chi dir voglia cosa di cui novellamente sovvengagli , così riprese a parlare : Ora mi è venuta alla mente una iscrizione trovata a Nizza : la quale sarà attissima a dimostrarvi quanto fosse comune l'uso dello spar- ger rose, e del far solenne convito nel giorno an- niversario de trapassati ; perchè in quella si legge il comando dato dal testatore agli eredi : ut die, qua reliquiae ejus còhditae sunt, annuatim ex more epu- larentur , et rosas suo tempore deducerent . E per ultimo aggiungerò , che sì fatto uso dello spargi- mento di rose e di altri fiori discorse aneli esso fino ai cristiani : come è a vedere in una lettera scritta da S.Girolamo a Pammachio ; ove si legge: / mariti spargono sopra i sepolcri delle loro donne viole , rose , gigli , e fiori purpurei : il gran dolo- re del petto alleviando con questi ufizj , ( 1 8) Ma tu ( scherzando , siccome suole , disse il Betti all' Amati ) tu che ti mostri così tenero de* riti antichi , perchè venisti in abito negro ? Non sai che quelle vesti mal si convengono alla solen- ni 7) Kirchm. de fun.ro/n. iib. 4- e. 5. (ìS) 51. Girolamo a. ì 382 Letteratura nità di questo giorno? Laonde ti rampognerò con quelle stesse parole , con che Cicerone rampognò Vatinio , il quale nella cena funebre , data da Quin- to Arrio in onore dei padre defunto , appresen- tossi non in toga alba , ma in toga pidla . Scire ex te cupio , quo Consilio aut qua mente feceris , ut in epulo ( funebri ) cum toga pulla accumberes . Quem unquam videris , quem audieris , quo esem- plo , quo more feceris ? . . . . Quis unquam caena- vit atratus ? . . . Hunc tu morem ignorabas ? Num- quam epulum vide ras ? Numquam puer aut adole- scens inter coquos fueras ? Quem accumbere antra- tuni videras ? Quae te tanta caepit amentia ? (19) A queste parole, recitate con gran vigore, le risaper ogni lato romoreggiarono ; e poiché quel romore si fu riposato , tanti quanti eravamo , tenendo lo in- vito fattone dall' Odescalchi , empiemmo di spu- mante vino i bicchieri; e, gridando il nome di Dan- te, li vuotammo tutti ad un fiato . Intanto ( perciocché per lo molto ragionare il pranzo era • stato protratto più in lungo che non avremmo creduto ) il sole erasi inchinato al ve- spro , e penetrando per la finestra da occidente ci feriva la fronte . E ciò fu cagione al De-Crollis , ch'egli ne facesse osservare , che il luogo e l'ora erano stati scelti bene a proposito : perchè , quanto al luogo, Tertulliano dice, che gli antichi paren* tabant extra portam (20) : e quanto all'ora, abbia- mo da Plutarco che sì fatti riti compievansi die ad vesperam vergente (21). (19) Cic.in Pcdln-loc. cit. (20) De test, animae e. 4 (21) Quaest. rom. e. 44 Parentài.: a Dantk 3183 Dunque , disse l'Odescalchi , poiché dies ver- git ad vesperam, facciamo che sien rimosse le vi- vande e le tavole , e dappoi diremo que' versi che abbiamo approntati : perchè fra i riti funebri eravi pur quello di cantare apud epulas o gli epicedj o le nenie, o altre maniere di versi, in lode dei defunti: massime se questi fossero stati uomini ono- revoli (22). Tolte le mense, ci ponemmo in cerchio a sedere , in guisa che la imagine dell' Alighieri teneva la suprema parte del cerchio ; e pochi fu- rono che qualche poesia o latina o italiana non dicessero . Ma siccome alcuni tra quelli che do- veano dir versi, fra'quali l'egregio principe don Ago- stino Chigi , ed il famigliaiissimo nostro avvoca- to Ruga , non aveano potuto esser tra noi J que- sti da malattia impedito, quegli da altra cagione: e siccome altresì molti illustri italiani , i quali noi avevamo pregati per lettere affinchè ci fossero cortesi de'loro versi , ci han fatto sapere , che per le angustie del tempo non hanno potuto condurre a termine i lor lavori: così fu stabilito che il dì i^ dicembre ci saremmo un'altra volta ragunati in ca- sa gli Odescalchi per far compiuta lettura di tutti i componimenti . E ciò siati d'avviso, perchè i tuoi versi , e quelli della Gostanza sieno in pronto pei* lo giorno accennato : e perchè sieno da te stimo- lati il Gassi , lo Strocchi , il Costa, il Borghesi, il Marchetti , e quel primo tra i poeti italiaui vi- venti , che ti è padre per elezione e per amore . Per ora ( dacché mei chiedi ) ti trascrivo il mio sonetto; se bene possa accertarti, ch'esso si fu la peggior cosa che fosse letta . E ti trascrivo altresì un bello epigramma latino detto dal Cecilia . (22) Cic.de teg.lib.i. ì ad fin 384 Letteratura la questo modo avrai un saggio di poesia così ita- liana come latina . SONETTO foi , che maravigliate le divine Opre di lui , che le perdute genti Vide , e que che nel foco son contenti x E V alme che del ciel son cittadine ; JPite a t itale muse e a le latine, Che spargan fori , e facciano lamenti -. CK oggi , dal dì che per morte fur spenti. Que santi lumi , il secol quinto ha /me. Eran mille trecento anni e ventuno , E 7 giorno quarto decimo del mese , Ch\or nono è fatto , e già settimo fue ; Quando di lui , che par non ebbe alcuno , L'anima travagliata al cielo ascese , Fuggendo il m,ondo e le nequizie sufi. DODECAST1CHON PARENTALE. Has Ubi per memores epulas, divine poeta, Nunc renovatur honos , non tamen inferiae. Non te flemus enim ereptum ; lactamur at olmi Tyrrenis musis Italiaeque datum. Arguit ortum obitus ; quia nasci ut gloria nulla est , Mors bene sic meritos et benefacta monet. Tempia , lacus , sjlvas , simulacra , et dona quotannis Sacràrat divo Grcecia Leonida? : Te vero , haud infra posilum , nec thure , nec aris Ausonia infelix, jure sui orba, colit. Ergo parentales mensas ne despice , quamvis Exigui coetus , non populi et patria. Come i versi ebbero avuto fine , così il Bet- ti fé' palese il suo desiderio di veder coronata dell' Parentali a Dante 385 alloro la imagine dell' Alighieri. Ed avendo comin- ciato tra noi a diliberare intorno la scelta di chi dovesse far ciò ; nacque fra tutti una gara di gen- tilezza , l'uno all' altro cedendo il primato come a più degno di se. Il perchè ci risolvemmo di git- tare le sorti , le quali dovessero cadere su due di noi. E fatto questo , la sorte venne prima sull' Ode- scalchi , e dappoi sul Vannutelli. Onde essi due fat- tisi recare alcuni rami di alloro, e all' imagine di Dante appressatisi, ne gli fecero una ghirlanda ono~ revole ed apparente , e la gli posero sopra la testa. Intanto accadde cosa che ci mise nell'animo una gran gioja. Imperocché mentre che noi, nell'atto di quella incoronazione , facevamo festa maravigliosa ; ed ec- co appresentarsi inaspettatamente il eultissimo e leg- giadrissimo giovane conte Kossakowski: il quale, in- formato della nostra raunanza e del suo lodevo- le fine, era colà venuto per esserne a parte . Po- sciachè le oneste e liete accoglienze furono tre e quattro volte iterate , noi lo pregammo che pur egli libasse a Dante , siccome fece. Allora l'Agricola prese a dire così : Voi in questo giorno solenne avete offerti a Dante i vo- stri versi : che ciò fare per voi potevasi . Io che non nacqui poeta , ma che non volea dipartirmi da questo luogo senza che avessi reso onore a Dante con qualche dono ; ho imaginato e delineato un mo- numento da erigersi a lui ; e lo vi presento , offe- rendolo al divino cantore . Piacque a ciascuno la composizione semplice insieme e maestosa : e il Kos- sakowski ne chiese il disegno per farlo incidere in rame; al che noi applaudimmo, se bene il mode- sto Agricola si dimostrasse assai repugnante , di- cendo : Io m'ingegno di divenir pittore, quando che sia ; ma non professo architettura ; né tirai que- G.A.T.XI. a5 380 I^ETTERATT'RA ste linee se non per mostrarle a voi soli , che sie- te miei benevoli, ei amicissimi. Vedrai, mio Giu- lio, dall' esemplare che t' indirigo come egli aves- se il torto di opporsi ; ed ammirerai sempre più il grande ingegno e il buon' intendimento di questo giovine virtuoso . Il monumento è così imaginato come se do v esse avere quattro facce uguali, le qua- li tutte si partono dal gran basamento circolare . JNè quest'unica Taccia, che tu vedi delineata, in altro dovrebbe diversificare dalle rimanenti se non in ciò : che la statua di Dante , la quale tiene la sommi' à del monumento , e; volta verso questo lato , ed ha sottoposta sul basamento la brevissi- ma iscrizione . Ogni lato dovrebbe avere nel bel mezzo uria statua: tutte quattro sedenti, e che rap- presentassero la Poesia, la Teologia, la Filosofia, e la Storia : sendo che queste più notabilmente si convengono a Dante . Nel lato , che è st,ato fatto incidere in rame, è postala Poesia guardante in cie- lo : perchè. essendo questo il lato principale, co- me è detto , vuoisi in esso collocare la principale figura , che è la Poesia : conciossiachè la diviua commedia sia lavoro poetico, al quale bensì poser mano Teologia, Filosofia', e Storia. Ammirato il bel disegno , scendemmo alla via pubblica^; e, allettati dal dolce fiato di Zeffìro che erasi levato al cader del giorno. , ci ponemmo a se- dere sovra sedili di pietra . Ove di uno in altro ragionamento trapassando, si venne in quello degli anni in che morirono gli uomini più celebri. E si considerò che quest'anno ventunesimo lu altre vol- te fatale, e massime nel secolo decimosesto , quan- do fu da morte acerbamente rapito quel gran pon- tefice Leone X, che improntò i\ secolo del suo nome , come i5oo anni innanzi aveva fatto Cesa- re Augusto, Parentali a Dante 087 E qui l'Agricola soggiunse: che pur l'anno che precede a quello della morie di Leone è da anno- verare tra i funesti ,. perchè in esso vennero a spegnersi que' tre grandi luminari deìla pittura: Raf- faello d' Urbino , Leonardo da Vinci , e Andrea del Sarto. Piacevasi il Kossakowski di sì fatti ragionamen- ti, e gentilmente lodava noi, cui tanto era grata la ricordazione degli uomini virtuosi. E ci narra- va come in Germania , e in altri paesi d'ollremon- te, sia di molto uso questa maniera di conviti., E ci diceva che di fresco erano stati celebrati gli an- niversarj di Haydn , di Klopstock , e del soavissi- mo Gesner. Intanto la crescente notte avea pur vinta la fioca luce del crepuscolo : onde prendemmo il cam- mino Yerso la città lietamente scherzando . Per- ciocché ci tenevamo i più contenti e i più ap- pagati uomini del mondo, come suole addivenire a chi abbia compiuta qualche opra lodevole. E la freschezza del vento. ci lusingava, e le stelle ci sem- bravano risplendere più che l'usato. JNè era a noi paruto alcuna volta tanto gaiamente cantare i not- turni usignuoli, come quella notte pareva. Ma aven- domi fatta il Kossakowski gentile proffèrta di con- durmi seco nella sua carrozza, io tenni l'invito, e mi divisi da' miei compagni. Fa di star sano , e di amarmi siccome suoli. Di Roma ci xxi di settembre , m. dccc. xxt. 2D 388 VARIETÀ' Il discorso del signor prof. Valeriani sulla coltivazione delle ca>r.' pa»ne di Civitavecchia, il quale abbiamo noi pubblicato in questo e nell' antecedente volume del nostro giornale, ha dato motivo al eh. monsignor Carlo Mauri , uno de1 prelati che più illustrano la roma- na corte e le lettere , di scrivere i due seguenti sonetti . Essi furono recitati con beli' applauso in queir adunanza medesima, in cui l'egre- gio signor professore disse la prosa sua . i Parlò Sofia, e attentamente il voto Ciascun raccolse dal suo labbro arguto: Questo suol, disse, asconde un non ignoto Fonte d'ampie ricchezze : elio é impollino . Che più? Deh! a Bacco e a Flora ognun divoto De' suo' agresti smior offra il tributo, E viti e fior, beffando Aquilo e Noto, Brillar vedrà do\ ' era il cardo irsuto . Gli esempli ella additowi: e se vi nacque Di emularli nel cor nobil disio , Ricca avrete la terra al par dell' acque , Se il ciel fa paglii i di lei voti e il mio , La fama, che di voi finor si tacque » Andrà superba a calpestar l'obblip . 2 0 Pirgo avventurosa, in ciel già splende L'auspicato per te nuovo destino ; La cieca nube è alfin squarciata , e scende Il fausto di Sofia raggio divino . L'inesorato ferro al suol già stende La infruttifera pianta e l'irto spino , S apre alia terra il scn, largo ne attonite V A R I E T A* 389 li vigile cultor premio vicino. Cerere nel mirar Bacco e Pomona , Gelosa del suo trono ond' ella teme, Tosto a fuggir dal regno suo gli sprona. Ma il nume a lei : deh non turbar la speme l Tu intatta serberai la tua corona, E noi la nostra ; e regneremo insieme • Lettere familiari di Jacopo Morelli - 8. Venezia , dalla tipografìa Alvisopoli, 1820. Un voi. di face 202. Oono quelle che il celebre bibliotecario scriveva in gran confiden- za ad alcuni più intimi nell'amor suo . Ciò non toglie però che non rilucano spesso di belle e pellegrine notizie , specialmente in fatto di bibliografia . Facile n'è anche lo stile , e buona generalmente la lingua : due cose ben rare a trovarsi negli scrittori della sua quali- tà . Quello intanto che in esse ci ha non poco colpiti di maraviglia, è stato l'intendere a face. io5, com'egli niente pregiasse quell'uo- mo veramente sommo dell'Italia moderna , l'Alfieri. Ma chi sa da quale spirito fu il buono ecclesiastico condotto a fanto !- Curioso è poi «io ch'egli scriveva , benché accademico della crusca, al dottore Francesco Testa il primo febbrajo 1817. Le mando un libretto a me indiritto dall' ab. Fiacchi , che mi pare il mio fra gli attuali acca- demici della crusca, che possa in buona coscienza credersi degno d'essere tale ( face. 17$ ) . — Vero è quello che dice del Papadopo- li , impostore di prima classe nell'istoria dello studio di Padova (a face. 119): né forse men vere; quantunque un pò acri, sono le cose che discorre intorno le opere del ginevrino Sismondi . Non mi fa maraviglia (così egli a face. 169) il tratto del Sismondi intor- no la istoria del Bembo , da lui scritto senz'' avere veduta lei mia istoria di quella istoria, clCè nella mia prefazione, senza conosce- re i pregi di quell'opera, e senza conoscere il merito del Bembo nelle lettere. Sismondi è fanatico scrittore , e perverso giudice defat- ti storici, e degli uomini de'' quali scrive , nelV atto che pretende di esserne buon conoscitore e giudice imparziale. Ella osservi Vammas- 3()o Varietà* so di falsila e di strapazzi che scrive contro il Petrarca (T. V, p. ooo dell'edizione francese) , e quello che spesso senza fondamento scrive di altri altrove. In uno degli idtimi tomi , mi ricordo che scrisse di Leone X, che , pervenuto alla maggiore digitila del mon- do , riguardò la condotta di sua vita come un continuo carnevale : espressione biasimata anche dal giornalista des savans , che fece l'estrat- to. E c-P italiani sciocchi si lasciano imporre da cotesti scrittori , e fanno plauso ad uno , che senza gli scrittori rerum italicarutn , e senza gli annali del Muratori (vero fondatore della nostra istoria) avrebbe fatto mostra soltanto d'ignoranza e di temerità? Ma già Sismondi nel suo libro della letteratura del mezzodì della Francia ( T. III. pag. 47°) Aicé quanto basta per essere disprezzato pres- so ogni nazione : poiché trattando di Aristotele , gli Ja appena gru- zia di poche buone parole , e fa pompa della propria ignoranza , dichiarandolo già screditato quanto alla politica , all'economia , al- la dialettica , alla retorica , alla storia naturale e alla poetica ; nel- la quale dice , che Aristotile stesso confessa che non ne sapeva $ mentre questo filosofo è comunemente riputato in questi studi i mae- stro sovrano. E nuovamente a face. 182. Intanto , voltando carta , le dico che quei che sapevano bene l'istoria dell'Italia nel civile e letterario, furon Muratori, Maffel, Tiraboschi e loro simili , e non Sade, non Ginpienè, non Sismondi, che gl'ignoranti fra noi guar- dano come nostri maestri,- All' ab. Gennari cosi scriveva lepidamen- te li 00 aprile 1800. Coli' emlnentissimo Borgia mi trovo spesso; e sempre con piacere. Ho conosciuto volentieri anche qualcli' altro forestiere erudito, non crediate però che ve sia qui capitato un di- luvio. Bella vigna, e poca uva. Dagli esempi de' nostri e de' fore- stieri sempre più mi confermo , che ti trattato del Menckenlo de charlataneria eruditorum è Vabbozzo di un'opera grande e volumino- sa assai. -Si danno infine alcune preziose notizie sopra un erbario del secolo juri , che si conserva nella libreria di s. Marco ; codice autografo di Pier' Antonio Michieli nobilissimo veneziano. Varietà* 3qì Tragedie di Eschilo, tradotte da Felice Bellotti -Tomo primo -8. Milano, dalla società tipografica de'' classici italiani, 1821. JL/opo averci data il Bellotti una pregievolissimà traduzione di So-» focle , ne dà ora quest' altra del gran padre della tragèdia . Ella è fedele al suo testo , e verseggiata con istile degno di Eschilo : il qual tutti sanno, che per istudiar di soverchio in quella sua terri- bile grandiloquenza , incorse talora nel turgido e nell' oscuro. Non ho però stimato (dice saviamente il Bellotti) dovere di traduttore il porre alcuna arte nello attenuare 0 coprir aite' difetti: che allo- ra uri1 altra faccia ha l'opera che si traduce , un'' al tra la tradu- zione: e i grandi non amano comparire' che con la propria. Beli- ti per le oscurità nascenti da' rapporti a cose men conosciute, ho reputato opportuno il porre dopo ciascuna tragedia alcune note di- chiarative ; affinchè molti lettori non fossero da ostacoli estrinseci impediti di meglio conoscere i pregi e le mende di questi compo- nimenti. Queste note però sono tali, che anche della Jor tempe- ranza si vuole dar lode al chiarissimo traduttore : perciocché noi non saremo mai della cenciosa scuola di quelli, the poveri d'intel- letto, d'altro non sanno empire i pesanti loro volumi che d'inutili o rancide citazioni: conoscendo bene il poco che costano nell'ab- bondanza in che siamo d'ogni ragione di poliantee. -Le tragedie vol- garizzate in questo primo torno, sono : il Prometeo legalo, i selle U Tebe , i persiani , e le supplici. Atti dell'accademia romana di archeologia. In Roma 1821 , De Romanis . Tomo I in 4- di pay?. 617 , oltre 12 fra la dedica ed un indice premesso , con dodici tavole in rame . T ' M-J accademia romana di archeologia , rinnovata e confermata per eura del provvidentissimo ed amatissimo nostro sovrano,mette ora ali» pubblica luce questa prima parte de' lavori de' soci suoi, dedicata dovutamente dal presidente della medesima morisig. Nicolai a Sua Santità, e stampata nobilmente per conto dell'esimio in ogni virtù *ijf. marchese Canova , suo principale sostegno e ornamento . D» 3<}2 Varietà* tale collegio d'uomini valentissimi in ogni ragione d'antichità, non potevamo certo aspettarci che l'ineominciamento di una serie di scrit- ti preziosa per critica e varietà . Noi ce ne rallegriamo di vero cuo- re e con Roma , e coli1 Italia , e colle severe lettere — Le compo- sizioni degli accademici vi procedono per ordine alfabetico , ed ecco quelle, che dopo la' grave e dotta prolusione del prolodato sig. Canova, hanno avuto luogo nel primo tomo .-Akerblad Giovanni David. Sopra alcune laminette di bronzo , trovate ne1 contorni di Atene . Disser- tazione accresciuta dal eh. cactore prima della sua morte. -Amati ab. Girolamo. Sopra un'iscrizione greca, coli' ascia sepolcrale — Bat- taglini conte Angelo . Sopra uno sconosciuto egregio scultore del secolo XV ( Isaia Pisano ) . — Biondi cav. Luigi . Dell' antica pit- tura delle nozze dette Aldobrandino • — Illustrazione di un fram- mento di antica iscrizione, intorno il Giove Cacuno de' sabini . — Borghesi Bartolommeo. I nuovi frammenti de1 fasti consolari, sco- perti di recente nel romano foro , illustrati . — Fca aw. Carlo . No- velle ilei Tevere , e difesa di S. Gregorio Magno . — Guattani prof. Giuseppe Antonio . Sopra i fanti scritti (bassorilievo di tre divinità sènza leggenda ) nelle cave de' marmi di Carrara . — So- pra un antico elmo campano . ( Veggasi il nostro giornede , voi. XIX luo-lio 1820, alla pag. 69.) -- Lelli Giuseppe. Sui piombi pontifi* cj, o sigilli delle bolle, e due di essi inediti. -- Marini cav. Lui- gi . Illusi 'sai iones prodromae in scriptores graecos et latiws de be- lopoeja . — Martorelli conte Luigi . Degli odori , dissertazione ora* ziana . ~ De Matlheis .prof. Giuseppe . Del culto reso dagli antichi romani alla dea Febbre . - Nardi ab. Luigi . Sopra un'antica la- pida riminese, ed il municipio Cozzio nell' alta Italia. — Nibbi prof. Antonio. Saggio di osservazioni sulla parte dell'Attica di Pausania . — Nicolai monsig. Nicola Maria - Prodromo alla storia de' luoghi una volta abitati nell' agro romano . — Niebuhr cav. B. G. lnscri* pliones nubienses . V a r 1 1 t a 3g3 Abbiamo notizia dalla Revue encyclopedicjue dì varie naove tradu- zioni straniere d'eccellenti opere italiane , tra le quali si nomina- no principalmente — La Virginia dell'Alfieri messa in lingua spa- gnuola dal Salis, ed in polacca dal conte Felinschi — La relazione del viaggio d'Alfieri del Pananti , già fatta inglese dal signor Bla- quiere , ed ora tradotta in francese — La storia delV indipendenza degli stali uniti d'America del Botta tradotta in inglese da Giorgio Otis, e stampata a Filadelfia . — La ch'urica del Brugnatelli , tra- dotta in greco moderno , e stampata a Costantinopoli . È noto che que' dotti greci avevano già fatte loro anche altre opere nostre , e specialmente le rivoluzioni d'Italia del Denina. Istoria di Milcaio del cav. Carlo de'' Rosmini , roveretano — 4 Sfi- lano, dalla tipognifia Manini e Rivolta, 1820. Tomi quattro, Attesa con impazienza da tutti i letterati italiani esce finalmente •Ila pubblica luce quest'opera d'uno di que' preclarissimi , onde più a questo tempo s'onora la nostra letteratura , il signor cav. de' Ro- smini membro dell' I. e K. instituto . Noi ne parleremo più ampia- mente e da senno ne' venturi volumi . Giovi intanto avvertire , che il nobile autore dà principio all'istoria sua coli' anno n52 dell'era rolgare,- e vi pon termine col i5a5, quando per la morte del du- ca Francesco II Sforza e di Gio. Paolo suj tìgliuol naturale, il pae- se di Lombardia cadde sotto l'imperio di Carlo V , e finì d'esser na- zione . — Quest' opera è tutta ricca di belle incisioni di sarcofaghi, monete, bassorilievi, medaglie, e ritratti de1 primi signori delle ca<- se sovrane Visconti e Sforza , non che di quelli del Carmagnola , del Piccinino , e del magno Trivulzio . - Della fondazione poi di Mi- lano , e delle sue varie vicende sotto la romana repubblica , l'im- perio de' cesari , e la dominazione de' barbari , discorre il Rosmini con bella gravità e temperanza neUa dottissima prefazione. \ a5 " 3^4 Varietà J. iù grata cosa non poteva annunziarci la Biblioteca italiana , che sia la vicina pubblicazione dell' odissea tradotta dal cav. Ippolito Pindemonte . Noi bene ci ricordiamo il tanto piacere , eh' avemmo in leggerne il primo e il secondo libro , messi in luce da quel ce- leberrimo , come un saggio di suo lavoro, per le stampe delSoliani di Modena Tanno 1811 ; ed è perciò che ci tarda il momento di poterla a bell'agio e interamente gioire . L'italiana poesia andrà per tal modo gloriosa d'aver fatti suoi i due primi poemi dell'antichità, J'iliade e l'odissea , per le nobilissime cure dei due maggiori poeti dì questa età , il Monti ed il Pindemonte . Dalla i-ita e de 'fatti di Guidubaldo 1 da Montefeltro , duca d'Ut* bino . Libri dodici di Bernardino Baldi da Urbino . - 8. Milano t par Giovanni Silvestri 1821 . Due volumi , co' rit rutti di Guidu- baldo e del Baldi. V viole ogni modestia, che dobbiamo astenerci dal portare giudizio d'un opera , sopra la quale , anche prima ch'uscisse in luce , di- scorse le più alte parole il celebre Perticari nel vol.IV pag.35 della Biblioteca, italiana. k el volume xix di questo giornale abbiamo fatto conosce- N re al pubblico il nuovo barometro portatile del sig. marchese Ori- go; e abbiamo detto che per l'esattezza e comodità si distingueva so- pra molti che erano stati sino allora inventati . Una sicura ripro- va della precisione di esso si è avuta in questi giorni , ne' quali i sigg. prof. Barlocci e ingegnere Palazzi han presa l'altezza della co- lonna Trajana, l'uno co) suddetto barometro, l'altro mediante un alo calato a piombo dal piano della ringhiera al basamento dellp colonna . La differenza è stata piccolissima , e forse da tribuirsi a qualche inevitabile difetto del secondo metodo ; quantunque siensi praticate tutte le possibili cautele, onde si avvicinasse maggiormen- te al vero. 11 sig. Barlocci ha trovato essere alta la colonna 108 pie- Varietà' 3r>5 iì parigini; il sig. Palazzi 107, e 3 pollici. Probabilmente si ripe- terà la misura con catena di ferro in luogo del filo ; e non dubi- tiamo che entrambe le misure saranno allora in perfetta corrispon- denza , e vieppiù apparirà il pregio del suminentovato stromento , • il merito del suo autore. lt fiore di retorica , di frate Guidotto da Bologna , posto nuova- mente in luce da Bartolomeo Gamba. Testo di lingua. 8» Vene- zia 1821, dalla tipografia d 'Alvisopoli . Un voi. di pag. i58. Questa è una di quelle opere , coli' autorità di cui tolse il Perticari principalmente a provare, che tutte le genti italiche de' primi secoli aveano la parte loro, scrivendo, nel tesoro delle ele- ganze . Da Bologna (dic'egli nella parte seconda della difesa di Dan- te , face. 284 ) vedremo primamente uscire tal prosa , che si pone fra le più nobili si per ^antichità, come per la bellezza. Voglia- mo dire la retorica di Guidotto o di Galeotto frate godente di Bo- logna da lui intitolata a Man/, edi re , in mezzo il ducento : cioè prima che nascesse Dante : e quando il rozzo ^Guitlone era ancor giovinetto : cioè Vanno izbj.- E poi a face. 286, dopo averne reca- to per saggio un gravissimo passo: questo era, soggiunge, lo scri- vere di costui al tempo del siciliano Manf, edi : non polito colle li- me del Boccaccio ; ma né pur grosso quanto il fu poscia quello del toscano Guitione . Onde Guidotto scrivendo con migliori ordini , e intitolando le sue scritture al re di Sicilia , rende una doppia fé» de alle parole di Dante ; cioè che in quel primo tempo molta ele- ganza fioriva in Bologna (1) : e che tutto ciò che gli eccellenti ita- liani componevano, primamente usciva al.'a corte di Federico e Man- fredi (2). Né il bello stile di questo libro fu dimenticato dagli ac- cademici della crusca ; i quali prima delle scoperte del Fontanini e d"1 Apostolo Zeno lo stimarono di Brunetto, e ne fecero autorità (t) Voi. Eloq. lib. l. e. i5 (2) Ibid. cap. »2. 396 V A R I I T A* alla grand' opera del vocabolario . Essendo però quest'opera divena, ta d'alcuna rarità, ognun vede qual lode si debba all'illustre signor Bartolomeo Gamba , che valendosi d'un bel codice della libreria di s. Marco, l'ha novellamente e con dottissime emendazioni resa di ra- gion pubblica • Ci avvisa il sig. Valpy d' essere per pubblicare a Londra , i« quarantotto volumi in ottavo, la collezione delle opere de' più fa- mosi poeti c'hanno fiorito in Italia dopo il secolo XII fino al co- minciamcnto del XIX . Direttore di questa magnanima impresa è un uomo chiarissimo nell'istoria della letteratura italiana ed inglese , il signor Guglielmo Roscoe autore delle vite di Lorenzo de'JVledici • Leon X. {P.Revue encyclopedic/ue , aout 1821, pag.^11 ) Illustrazioni de* monumenti scelti borghesiani , già esistenti nella villa sul Pinclo ec. Roma , nella stamperia De Romanis 1821. Tomi due , in gran foglio , figurati . xxutore di queste dottissime illustrazioni fu l'immortale Ennio Qui- rino Visconti , che le intraprese ad istanza del principe D. Marcan- tonio Borghese. Ma esse, per molte disfavorevoli circostanze , non avevano ancor potuta vedere la luce pubblica • Ecco però che il ce* lebre cav. Giangherardo De Rossi , unito al chiaro archeologo Ste- fano Piale , appaga finalmente i più caldi voti di tutti i letterati d'Eu- ropa . L' opera è riuscita degnissima del nome d'Ennio Quirino , e dei preziosi monumenti greci e romani, che vi sono recati con bel- le incisioni eseguile sotto la cura dell' egregio Vincenzo Feoli. \J n inglese professore di musica ha pubblicato , per le stam- pe del Baldwin a Londra , nel 1820 , un' opera intitolata : The beauties of Mozart , Handel , ec. , cioè Bellezze di Mozart , Kan- del, Pleyel, Eaydn , Rossini ed altri celebri compositori* adattai* Varietà' 397 alle parole de1 salmi popolari e degV inni , coli' accompagnamento dell'arpa , dell'organo , o del piano-forte . Ella è tutta compresa in un volume in 4-» e4 e pregiatissima da chi ben si conosce della più squisita armonia . Alle iscrizioni del eh. signor ab. Zannoni , regio antiquario di S. A. I. e K. il granduca di Toscana, le quali noi per sua cortesia ab- biamo pubblicate tra le varietà de'tomi Vili e IX, aggiungiamo ora queste altre, che pur sono inedite, e spirano un'eguale eleganza- 1 A Si IOSEPHO . PETRI . F. SARCHIANIO . V- C. DOMO • SANCTO . CA&SIANO FLORENTIAE . DOCTORI . LITTERARVM • GRAECARVM TVSCARVMQVE 5CRIBAE . A - COMMENTARE . ACADEMIAE . GBORGOPHILOR . IN . SODALES . FVRFVREOS QVIBVS . EST . IVS . SVFFRAGl - ADSCITO PRAEFECTO . TABVLARl . AB . DIPLOMATIBVS VIRO . IN . PROPOSITIS . CONSTANTI ET . LIBERTATE . IN . SENSIS . ANIMI . EXPROMENDIg AMMIRABILI O.VI • DE . COMMBRCIO . ARTIBVSQVE IT . MANVPRETlS . TVSCORVM INTELLIGENTIORE . SCRIPSIT . IVDICIO TERNACVI.AM . LINGVAM . BOCCACCI . FABVLAS * C- ET . TASSI . HIEROSOLYMAM BISERTISSIMIS . PVBLICE . HABITIS . ORATIONIBVS . ILLTSTRAVIT IN . ERVDITIS . HOMINIBVS " ELLOGIO . ORNANDIS CARMINIBVSQVE . PRAESERTIM . L.ATINIS . PANGENDIS ENITVIT VIX . AN . LXXIV - M . V • D . XXVII PIE . EXCESSIT . XIV . KAL - IVL . AN . M . DCCC . XXI . IOSEPHVS . SARCHIANIVS . FRATRIS • F. HERES . PATRVO . B. M, fVNDATORI . DOMESTICAK . DIGNITATI» • PON . CVS. . 3-Q& V A R I I T i a A Sì ALOISIO . RAYNERIO . QVI . IT . BISCIA DOMO . DOVADVLA GENTE • AB . VLTIMA . ORIGINE . FOROLIVIENSI IT . AB . ATAVIS * PATRICIA IM.VSTRIORVM . PER * ITALIAM . ACADEMIARVM . SODALI HOMINI . OMNI . VIRTVTE . EXORNATO QVI . AMPLISSIMOS . SIBI . IN . TARIA . R . P . FORTVNA CONLATOS . HONORES SEDVLlTATE . BT . ABSTINENTIA . GESSIT . COMMEMORABILI CARMlNIBVSQVE US • PRAESERTIM . QVAE . DE . ANISO . SCRIPSIT BT . LIBRIS . DE . VETERVM . MONVMENTIS ALIAQVB . DOCTRINA . COMPLVRIBVS LAVDEM . A . SVIS . EXTERISQVE . INGENTEM CONSBCVTVS . EST VIX . -AN . LXKV . D • XXVIII . DXGESS . VII . X . FEBR . AN . M . DCCC . XX . ANTONIVS . FIL • PARENTI - OPTIME . DB . SE . MERITO* ORNAMENTO . FAM1LIAE . ET . PATRIAE CVM . LACRIMI? . 9 . ( Saranno continuate ) 30fi INDICE DEGLI ARTICOLI CONTENUTI NEL TOM. XI DEL GIORNALE ARCADICO LUGLIO, AGOSTO, SETTEMBRI 182I; SCIENZE Brocchi , stato fisico del suolo di Ro- ma ( art. ultimo )..... n. 3 — - — « Gallini , influenza del fluido elettri- co sulla produzione de fenomeni della vita . . . . . . . . p. 2$ 1 — Puccinotti , Processo flogistico ( con- tinuazione e fine n. 3i — 257 Vacca , delf esofagotomia . . . p. 69 — — ■De-Crollis , considerazioni mediche p. — - 339 — * Berard , maturazione delle frutta (art. r.) . . . . . . . . p. _ ,53 _ Valer/ani , coltivazione delle campa- gne di Civitavecchia . . . yt?. — >- 160 281 Spallanzani , lettere medico - critiche ( art- 2 ) • p- — •— 299 Gavazzi , coltivazione della canna a zucchero in Egitto . . . . d. — — . 3o5 LETTERATURA ifrftf , riflessioni sul comentario degt uomini illustri d1 Urbino ( art. II. € HI) p 74 229 — -* 40G Cardinali , cinquanta iscrizioni anti- che inedite p. 7 4 229 ~~* Saadi , poesie tradotte dal Guada- gni • • • P- 78 — — Pindaro , tradotto dal Mezzanotte (art 3.) /?. 81 — — Mecenate , vita di Messala Corvi- no z . p. 91 — — Erodiano , tradotto da Pietro Man- zi p- 103 — — Betti , Omero ambrosiano pubblicato dal Mai ( art. ultimo ) . . . p. — 1 3 1 — Dionigi d 'Alicarn asso , sullo stile di Tucidide (appendice agli articoli pre- cedenti , del Perticari) . . . p. — 206 — * Marforelli , del vestire antico e moder- no ( art. 1.) - .. - - - p. — 2 1 5 — Estratto della gazzetta del monte Li- bano . . - - - p. — 224 — Isaia, otia reatina . ... . . . ^. — 236 — > Benigni , sulla prima edizione della grammatica di Sulpizio bendano p. — 242 — Ruga, suli anfiteatro sutrino. . p. — — 3ii Antinori , poesie . . . . . . p — - — 3 2 6 Bomba , de pontificibus medicis . p. — • — < 3 5 2 Mai , pezzi di diritto romano in un co- dice della Praticarla . . . . p. — - — • 36 1 Biondi , onori parentali a Dante p. — ■ — - 3 69 ARTI — BELLE ARTI Cennini , trattato della pittura pubbli' caio dal cdv. Tambroni . , /?-i'4 — —*" Incisione - Felice Zuliani di Venezia p. — 246 — • Osservazioni Meteorologiche fatte alla Specola del Colle». Rom. Setteml re i82I. MATTINA GIORNO SERA 0 5 Barometro Terni. 1 Igr. barometro i'erm Igr. Barometro Terna. Igr. i 23 0 2 18 6 27 2 38 0 2 23 0 45 1 27 11 8 18 a <6 , 2 27 1 1 ') 18 S 20 2 27 1 1 7 22 b ^6 0 ->8 0 6 18 a 45 8 3 23 0 7 '9 B3i 3 a a 1 a 26 1 4" 9 28 1 2 18 0 37 2 4 23 1 0 «9 3 37 a a 8 0 9 2 3 a 43 « 28 1 0 H 0 3l 2 5 28 1 0 l7 4 2 1 3 28 1 8 23 a 42 J 28 a 3 17 1 5 2 0 28 2 8 18 2'27 2 ,8 a 5 2j 6 40 a 28 2 4 1S1 .-, •^ > 2 7 28 2 3 1 7 8 ■tu 4 28 2 a 23 1 -|° i 28 1 4 18 1 3o e 8 a8 1 ù 17 9 14 2 28 0 9 23 0 30 e 28 0 0 '9 0 'j 2 9 27 11 s '9 0 30 a 27 1 i 3 19 8 34 i 28 0 4 '7 2 *S 3 IO 28 0 4 *7 4 21 a 28 0 7 21 S 34 2 28 1 1 16 , ^4 3 II 28 1 0 17 1 25 I 28 1 3 21 6 40 4 28 1 4 18 :; 22 3 I 3 28 1 0 '7 0 '3 a 28 1 0 21 2 jO e 28 0 8 18 25 a i3 28 0 3 '7 5 20 0 28 0 0 ai e 3j 1 27 10 a '7 9 23 2 '4 27 9 9 15 0 34 0 27 IO 0 J7 0 •ì1 3 27 IO a H 2 3" 3 16 27 10 0 *3 0 20 5 27 io 3 »9 a 40 4 27 11 2 16 r 3l 2 LO 2l 0 0 i5 0 24 3 28 0 4 19 8 44 i 28 0 8 16 0 ;>* 2 1 r 28 1 a *5 0 31 2 28 1 0 20 2 40 8 28 0 9 ifi e *7 2 [8 '9 »8 0 5 15 0 13 a 28 0 3 20 5 42 0 28 0 0 io 2 35 3 27 1 1 0 '5 3 '4 * 27 IO 8 2o 0 34 6 27 IO 0 16 4 27 3 20 27 IO 2 16 5 92 - 27 IO 4 21 0 36 2 27 1 1 S 17 ] 24 2 21 28 0 8 16 2 31 2 28 0 9 21 5 40 0 23 1 0 17 2 '2 2 22 28 I 0 18 0 21 2 28 I 2 " 20 0 29 6 27 1 0 18 0 27 I 23 28 0 8 17 9 25 8 28 0 7 22 6 43 4 28 0 r, 17 5 28 , 24 25 28 0 2 16 9 23 . 28 0 3 20 4 27 5 28 i O 16 2 fi 3 28 1 0 16 2 23 ' 28 I 3 iy 5 33 9 28 1 5 il . 24 2 20 28 I 6 '4 7 22 8 28 I 3 19 5 32 i 28 1 8 16 a 51 1 27 28 I 9 16 7 20 s 28 I 8 20 9 Hi) 2 28 1 R 16 o 0 1 28 28 I 7 16 2 23 0 28 I a 20 i 39 5 a8 1 3 là 9 1° 3 29 28 0 5 »S O 'i » 28 0 4 20 0 29 2 27 1 1 3 '7 1 ^4 2 3o 3i 27 1 9 0 •7 8 14 3 27 9 0 '9 e 30 2 27 9 5 II 0 30 0 - a 1 MTT. Osservazioni Meteorologiche fatte alla Specola del Colle??. Rom. Settembre 1 82 1 . MATTINA GIORNO SERA a Sfatto — _ _— ^ Stato 1 Meteore |Eva-| Stato 0 del 1 por.J Vento del V 10(.'g. Vento del I Vento 0 1 Cielo | 1 Cielo Cielo | s. 4 4' /ra. 1 .$•. nie.ìib. 0 s. mez. 1 ueb.+ 2 s.p. n. 31 .S8 /ra. 1 ni .£. tra. 1 s. tra. n 1 m neh.* ì s. a 2j tra. 1 j. tra.gr. o s.n. mei. 0 neh.-j- 4 s. 6 7 ira. 1 s.p.n. poti . 1 s. me. lib. 1 néb * 5 s. p. n. 3 26 tra. 1 S.p. II. fei. 1 s. p.n. fitti 1 n: neb.* 0 s. 4 32 tra. 1 m s- p.n. pon. 1 s. mcz. 0 s. n. 4 .Sa tra. i n. s. ine. lib. 1 s. mcz. • 0 nel). * 3 s. 4 2' tra. x s.p.n. tó- 1 s. p.n. mez. 1 nt'b. * '-> n.e. 4 » me, si, 1 m n. 2 »j»a «r. 2 s-p. II. me. si. 1 P»*>8-g- IO s. n. 3 » tra. 0 n.s. me. lib. 1 f.p.n. mcz. 0 U s. p. n. 3 19 Ira. 1 s.n. .57 r. 0 Il.p. s. mez. 1 ueb. -j- '2 s. 2 25 tr. gr. 1 ni s. p.n. mez. 1 s. mcz . 0 «3 n. p.s. 2 O ; mcz. 1 n.p.s. m