$.nQ^ GIORNALE A RC ADICO DI SCIENZE , LETTERE , ED ARTI TOMO XIV, APRILE 5 MAGGIO5 E GIUGNO MDCCCXXII. ROMA NELLA STAMPERIA DEL GIORNALK PRESSO PAOLO SALVIUCCI E FIGLIO Con licenza de Superiori. 1822. SIGNORI COLLABORATORI DEL GIORNALE ARCADICO AiRENTi monsignor Giuseppe, de' predicatola, vescovo di Savona. De Angelis ab- Luigi, professore e bibliotecario, a Siena. Antaldi mar< hcse Antaldo, a Pesaro . AiMTiNOFa marchese Giuseppe, professore, a Perugia. Armargli conte Leopoldo, a Macerata. Barlocci Saverio, professore, a Roma • Bellenghi don Albertino, abate vie. gen. de' monaci camaldolesi, a Roma. Berni degli Anton j cav. Vincenzo, ex-professore, a Bologna. Betti Salvatore, a Roma. Betti avv. Teofilo, a Roma. Bianchi cav. Giordano, marchese di Montronc, a Napoli. Brighenti Maurizio, ingegnere, a Rimino . Brocchi Giovanni, membro dell'I, e R. instituto, a Milano. CALANDRELLi ab. Giuseppe , professore d'astronomia e direttore del- la specola gregoriana, a Roma • Canali Luigi, professore e bibliotecario, a Perugia. Cancellieri ab. Francesco, a Roma . Cardinali Clemente, a Bologna. Carbinali Luigi, a Roma . Cassi conte Francesco, cancelliere dell' accademia, a Pesaro . Cecilia Gianfrancesco , a Roma , CicoGNARA conte cav. Leopoldo, presidente dell' accademia veneta. Colonna cav. don Vincenzo, a Roma. Conti ab. Andrea, professore e direttore della specola gregoriana , a Roma . Costa Paolo , ex professore , a Bologna . Fariki ab. Pellegrino, professore, a Ravenna. Ferri di s. Costante conte Giovanni, «Fano. Galeani Napione conte cav. Gianfrancesco, della reale accade- mia , a Torino . Labds dottor Giavanni, a Milano. Leopardi conte Giacomo . a Recanati . LiNOTTE cav. Lodovico, ingegnere ispettore d'acque e strade , di- rettore dei lavori idraulici nazionali, a Roma. Mai monsignor Angelo, prefetto della vaticana, a Roma. Marchetti conte Giovanni, a Bologna . Metaxa' Luigi, professore, a Roma . Monti cav. VinceBzo, membro dell' I. e R. instituto, a Milano. I MoRiCHiXi Domenico, professore, »Rom«. ZNloscHiNi ab. Gianantonio , a Venezia. I^Tardi ab. Luigi, bibliotecario, a Rimino. Orioli Francesco, proftssore, a Bologna. Paoli conte Domenico, prefetto del museo di storia naturale, a Pesaro . Paradisi conte Giovanni, membro dell' I. e R. instituto , a Reggio. Peruzzi ab. Agostino, professore, a Ferrara. PhTRUCCi marchese Pietro, prefetto del museo d'antichità, a Pesaro. PL'CCI^•OTTI dottor Francesco, a Urbino. De-Kossi CUV, Gio. Gherardo, direttore della reale accademia 4» Portogallo , a Roma . Del Rosso Giuseppe, professore, a Firenze . HOVERELLA conte Gio. Antonio, a Cesena. Strocchi cav. Dionigi, membro dell' I, e R. instituto, a Bologna. Valeriani ab. Orazio, professore, a Civitavecchia. Della Valle don Cesare, duca di Ventignano, a Napoli. VjNTUROLi Giacomo, professore, presidente del consiglio d'arte de'la- vori idraulici dello stato, membro dell' I. e R. instituto, a Roma. Vermigligli Giambatista., professore e direttore del museo 4' anti- chità, a Perugia. Vescovali Luigi, a Roma. Viola Saktb, a Tivoli. ToNELLi dottor Giuseppe, a Palliano. ZuiiLA don Placido, abate camaldolese, a Roni%. SCIENZE Sul taglio ipogastrico per V estrazione della pietra dalla vescica orinarla '^ del cavaliere ./Antonio Scar- pa prof, emerito , direttore della facoltà medico' chirurgico-farmaceutica nelf I. R. università di Pavia ec Blemoria tratta dagli atti dell' itnp. re- gio istituto di scienze lettere ed arti. Milano dalt imp. regia stamperia 1820, con una tavola in rame. Estratto. s ebbene utili sìeno stati ì cambiamenti introdot- ti nella litotomia ipogastrica dall' epoca di Rosset e di Douglass a quella del f. Cosimo, per cui que- st' operazione divenne a' giorni nostri meno imper- fetta di quanto era prima ; pur nonostante sottopo- nendo ad un esame pratico rigoroso il modo dì operare di quest'ultimo celebre chirurgo, princi- palmente per ciò che spetta 1' evitare il pericolo di offendere il sacco del peritoneo , ed in appresso la facilità e la sicurezza d' incidere la parete anterio- re della vescica, non va esente da alcune imperfe- zioni ; a correggere le quali ha rivolto la sua at- tenzione il sig. cav. Scarpa, e ne ha formato il sog- getto di questa sua memoria. Tagliati i comuni tegumenti immediatamente sopra del pube nella direzione della linea bianea pel tratto di tre dita Irasverse o poco più ne' sog- getti adulti, e scoperta per egiial tratto la linea bian^ ca , dava dì piglio il f. Cosimo al suo troi-quarfs 5 Scienze bistouri (i), e direttane la punta obliquamente al margine superiore ed interno del pube spingeva il suo stromento rasente la faccia interna di quest' osso a diversa profonditìi ora d' un terzo , ora del- la metà di tutta la lungbe/.za del detto stromento, secondo V età de' soggetti e la spessezza diversa della parete addominale , cb' egli si proponeva di trapassare. Penetralo lo stromento alla profondità determinata dàlia di lui gran pratica , e fat!o cen- tro di moto in vicinanza del peiforatorio infìsso nella faccia interna del pube , egli traeva fuori dell' albero del trois quarts la lama del bistorino a mo- do d' arco di cerchio colla quale si proponeva di tagliare per certo tratto 1' aponevrosi comune ai muscoli addominali. Questa prima parte del processo operativo del f. Cosimo è secondo il nostro A., stenlatata , aspra e pericolosa , sì perchè a motivo della forma dell' istromento e della compatta sostanza die deve tra- passare fa d' uopo usare di molta forza , come per- chè non vi è una norma certa da seguire per ri- guardo all'inclinazione da darsi al perlbratorio, ed alla profondità, cui dev' esseie spinto. K la lama del bistorino tratta per arco di cerchio, piuttosto che tagliare, preme o straccia soltanto l'aponevrosi in alcuni punti di sua inserzione nel pube. Ha il chiarissimi. Scarpa trovato costante- mente neir esame di molti cadaveri anco di sog- getti i più magri e consunti da lenta infermità , che fra finterna faccia dell' osso del pube, e per alcun tratto ancora al di sopra del margine di que- st'osso , ed il sacco del peritoneo esiste uno stra- to considerevole di tessuto cellulare , floscio , di-* (i) JNouvcHc melliodc pour cxliaire lapicrre, 1778. \ Litotomia, ipogastrica ff stendibile , pinguedinoso ^ il quale tiene naturalmen- te scostato il sacco del peritoneo dall'immediato contatto col pube , e dall' inserzione delia linea bianca in quest' osso. La costanza di questo fatto gli ha suggerito fin dal iy85 la possibilità , ed in- sieme l'utilità di sopprìmere dal novero degli stro- jnenti per t alto apparecchio il trois *- quarts histo- uri ^ e quindi d'incidere la linea bianca con un mezzo assai pli^i semplice e più sicuro di quello usato dal £ Cosimo. Il metodo proposto dal no- stro A. è il seguente. ,, Con un bistorino a taglio covesso s' incido- no i tegumenti dell' addome^ nella direzione delia linea bianca dal pube verso l'ombelico , pel tratto di tre dita trasverse o poco più he' soggetti adul- ti , sicché la linea bianca apparisca perfettamente bene a nudo , principalmente ne' punti d' inserzio- ne di questa aponevrosi nel margine superiore del pube fra i muscoli retti ed i piramidali ^ se que- sti secondi muscoli esistono. Con mano sospesa poscia , ed a più riprese si fende la detta aponevro- si per tre o quattro linee al più in lunghezza da basso in alto, cominciando sempre al margine e sul margine stesso del pube. Quando i muscoli pi- ramidali nascondono i punti precisi d' inserzione della linea bianca in quest' osso , egli è necessario dì divaricare le fibre di questi muscoli , e di di- vìderle ancora finché appariscano distintamente qua* punti d' inserzione dell' aponevrosi di cui sì parla. Si contìnua indi con leggieri e replicati tratti di bistorino , come si farebbe per dividere fibra do- po libra , ad approfondare il taglio della linea bian- ca , e sempre , come si è detto^ cominciando dal mar- gine superiore del pube , e di là verso 1' ombeli- co , finche ne sia trapassata tutta la spessezza del- 8 S e I E rf z K la detta aponevrosi in vicinanza della sua inserzio- ne. Sì tosto che la linea bianca è aperta per tre o quattro linee in prossimità del margine supc- riore del pube, spunta fuori da quell apertura un gruppo di cellulare pinguedinosa , floscia : indizio certo che la fenditura dell aponevrosi corrisponde precisamente all' intervallo, che naturalmente esiste ira la linea bianca], il margine del pube, e la con- vessità del sacco del peritoneo. Per questa aper- tura, sempre ampia all'uopo, s' introduce una son- da scanalata comune avente V apice rivolto alquan- to air insù , la quale si fa scorrere diligentemen- te dal basso in alto rasente la faccia interna della linea bianca^ che è quanto dire fra questa apone- vrosi ed il sacco del peritoneo per uno spazio presso a poco eguale a quello della ferita dei te- gumenti . Sulla stessa sonda scanalata si prolun- ga in fine il taglio delf aponevrosi dal basso in al- to a piacimento , in proporzione della grossezza del- la pietra da estrarsi , colf assoluta sicurezza in ciò fare di non portare la minima offesa al sacco del peritoneo. ,, Nella seconda parte del processo operativo del f. Cosimo, è un articolo della massima im- portanza quello di mantenere stabilmente alzala la vescica sopra del pube per poterla poi incidere con ispeditezza e nella giusta direzione e misura. Perforata infatti che aveva la parete anteriore del- la vescica colla sua sonda a dardo , e preso fra il pollice, indice, e medio della mano sinistra lo specillo portante il dardo, sospendeva con es- so specillo la vescica , e la teneva ivi ferma so- pra del pube, mentre colf alta mano faceva scor- rere un bistorino ricurvo lungo T angusto solco scolpito nello specillo , dietro la guida del quale pe- Litotomia iPocASTaieA. 0 uetrava senza rilardo col coUelJo nel cavo della vescica. Così facendo però gli accadeva assai vol- te , che al primo penetrare del bistorino in ve- scica , l'apice ottuso della sonda cessava di far punto d' appoggio e di sospensione di questo vi- scere sopra del pube, e spuntava fuori la sonda stessa dall' esterna ferita del pube. In conseguenza di quest' inconveniente la vescica abbandonata a se stessa discendeva prestamente e si nascondeva sotto il margine del piibe , e rendeva malagevole il taglio della parete anteriore della vescica mede- sima , non che il compimento dell' operazione. Noa è difficile però di evitare quest' inconveniente, ed ecco la pratica che propone il nostro A. Sospesa che sia, egli dice, la sommità della vescica per mezzo dello specillo portante il dardo , basta in- cominciare r incisione della parete anteriore di es- sa non lungo lo specillo, ma una linea e mez- zo circa sotto del punto di perforazione del dar- do. In questa guisa l' ottusa testa della sonda , ritenuta tutt' all' intorno come da una briglia, noa può muoversi di luogo, né abbandonare il punta d' appoggio e di sospensione della sommità della vescica durante V incisione dall' alto in basso del- la parete anteriore di quel viscere , per tutto quel tratto che l'operatore crede necessario , in ragio- ne a un dipresso della grossezza della pietra da estraersi. Il catetere ordinario fesso nella sua convessità come propose Rosset, o aperto nella sua concavità come opinò rHeritier,non può supplire in quest'ope- razione alla mancanza della sonda a dardo. L' A. ri- guarda quest'istromento come necessario ed utilissi- roo^e la guida che ha esso proposta non è una sempli- ce fenditura del tubo della sonda, ma una guida con IO S e 1 E N 55 È tiàarginì rilevati sopra il tubo del catetere . Una ta- le addizione non aggiunge dltticoltà all' introduzione della sonda a dardo in vescica , specialmente nelle donne. Incisa che siala linea bianca^ così riassume T A. la prima parte della litotomìa ipogastrica , nella semplice e sicura maniera sopra esposta, T operato- re introduce l'indice della mano sinistra nel fondo della ferita , precisamente nell' intervallo fra la fac- cia interna del pube, ed il sacco del peritoneo: spazio occupato da floscia cellulare pinguedinosa, e coli al- tra mano prende nel perineo la sonda a r/ar^Oirapìce ottuso della quale già penetrato in vessica egli dirige a poco a poco e con movimenti combinati delle due mani in modo che alzi la parete anteriore di questo viscere sopra del pube , e la presenti all' occhio dell' operatore fra le labbra dell' esterna ferita ; lo che sì ottiene con facilità ne' soggetti , nei quali la ves- sica e bastantemente ampia e distensìbile. Disposte in questa guisa le cose , l'operatore scosta Tindice della sua mano sinistra dall' ottusa estremila della sonda verso il sacco del peritoneo , a fine di allon- tanarlo sempre più dal punto in cui la vessica deve venir perforata dal dardo . Determinato questo pun- to, egli ordina ad uno degli ajutanti di spingere dal perineo air insù lo specillo portante il dardo, il qua- le perfora la sommità della vessica nel punto deter- minato , ed esce per 1 esterna ferita . IS operatore prende allora fra il pollice, l'indice, ed il medio del- ia mano sinistra lo specillo in prossimità dell' ester- na ferita, e collaltra mano armata di un coltellino a taglio convesso punge la parete anteriore della vessica una linea e mezzo sotto del punto di perforazione, e spingendo il coltellino dall' alto in basso lungo la guida situata nella concavità della sonda ^ fende la Litotomia ipogastrica it parete anteriore della vessica . Un' incisione per diè- ci, o al più dodici linee è bastante per edurre una pietra anco di più die di mediocre grossezza, purché non sia stato latto troppo breve il taglio della linea hianca^ la sola delle parti interessate in questa ope- razione atta ad opporre una valida resistoiza . Una linea soltanto che manchi alla giusta proporzione fra la grossezza della pietra unitamente a quella delle morse della tanaglia , e la lunghezza dell' incisione della linea bianca, è bastante, malgrado i molti sfor- zi, ad impedire l'uscita della pietra, clic già si pro- senta fra le labbra dell' esterna ferita. Il bistorino curvo , del quale si serviva il f. Cosimo , non è per questa incisione si appropriato quanto il retto a taglio convesso; poiché il primo dopo punta la vessica, sollevando l'operatore la mano, abbando- na la guida , e si rivolge coli' apice di contro la parete anteriore della vessica stessa. Del resto pri- ma di ritirare il coltellino a taglio convesso, l'ope- ratore porta l'indice della sua mano sinistra in ves- sica lungo il dorso del coltello; poscia ordina ali* ajutante di ritirare il dardo entro la sonda, indi la sonda tutta dalla vei>sica . Dietro la guida del dito della mano sinistra , col quale l'operatore tocca la pietra , vi porta Y uncino sospensore che dà a tene- re ad un' altro ajutante situato nel lato destro del malato, col quale stromento mantiene sospesa tut- tavia la vessica, e si oppone alla pressione delle intestina che gravitano su di essa. Per ultimo pro- cede il chirurgo all' introduzione della tenaglia sul- la guida del dito, colla quale estrae la pietra, os- servando in ciò le regole prescritte dagli scrittori diligenti di queste materie. Dopo che è stata estratta la pietra , riconosce anche I' A. utile la pratica del f. Cosimo d'intro- iit Scienze durre in vessìca per la via dell' uretra una gròssa cannula per dare esito alle orine sino a perfetta gua- rigione deir interna ferita . Quanto poi all' apparecchio per la cura dell' esterna e dell' interna ferita , quanto è vantaggio- sa l'interposizione della fettuccia di tela sfilata nei lati fra le labbra doli' esterna ferita sino al tessu- to cellulare interposto fra il pube ed il sacco del peritoneo ; altrettanto inutile , o piuttosto dannosa crede l'A. che sia lintroduzione della detta fettuccia in vessica, mentre questo corpo straniero posto fra le labbra della ferita non fosse che pei primi tre gior- ni dopo l'operazione, o sia durante lepoca più im- portante , quale è quella del corso dell' infiamma- zione adesiva, si oppone al coalito della ferita me- desima . L'utilità di queste modificazioni fatte dal chia- rissimo nostro A. ai processo operativo del f. Co- simo per riguardo alla litotomia ipogastrica , è sta- ta pienamente confermata dalla sperienza : mentre poste le medesime alle prove fin dall' anno 1808 uella scuola di pratica chirurgia, ebbero il più fe- lice successo . Sieguano perciò i nostri chirurgi le tracce di questo luminare doli' arte allorquando sì trovino in circostanze di dovere istituire la litotomia ipogastrica : ma prima riflettano seriamente sulla con- venienza di quest'operazione. Tutti gli scrittori, se si eccettui Deschamps , consigliano la litotomia ipo- gastrica tutte le volte che la pietra ò di tale gros- sezza da occupare molta parte, o tutta la capaci- tà della vessica, per cui sia impossibile estrarla per la via del perineo . Ma le osservazioni fatte da ce- lebri anatomici , come da Ruischio , da lliverio , da Camerario, da f. Cosimo, e dal nostro A. me- desimo, dimostrano che quando una pietra assai vo- Litotomia ipogàstrica i3 luminosa ha occupato per lungo tempo la vessica orinaria, le tonache della medesima trovansi sem- pre enormemente ingrossate con perdita di vitali- tà, e tonicità, per cui questo viscere è gradata- mente disposto con facilità alla lenta spuria infiam- mazione , quindi air ulcerazione delle sue membra- ne , e con esse di quelle degli ureteri e della so- stanza dei reni. La litotomia ipogastrica dunque me- rita la più seria aUenzione del chirurgo, tanto se si consideri il manuale dell' operazione essendo della più difficile e pericolosa esecuzione a motivo del- la stentata introduzione della sonda a dardo fra la pietra e la parete anteriore della vessica , quanto se SI riguardi lo stato patologico delle tonache di questo viscere, le quali sono per Io più ingrossa- te , rigide , atoniche : per cui incise che siano: lungi dall assumere la s^ìuis^ve infiammazione adesiva, so- no prese piuttosto dalla spuria e lenta flogosi ul- cerativa . Storia della dissenteria di Egitto scritta da Pietro Gavazzi dottore in medicina, e indirizzata al eh monsignor Tommaso Prelà archiatro di Nostro Si- gnore ec. ec. 1 er quanto gli antichi scrittori siensì studiati a rappresentarci l'Egitto dotato dalla natura del cli- ma il più salubre che mai potesse desiderarsi , di niodo che Erodoto non ha dubitato asserire essere gli egiziani il popolo il più sano della terra : i^an- taggio ( sono sue medesime parole ) che devono at^ trcbuire alla salubrità dell aria , ed alla temperatu-.. i4 Scienze ra quasi sempre costante del loro clima (a) ; non ostante un lungo soggiorno in quella provincia mi ]ia dimostrato tutto aflfatto il contrario. E nel ve- ro la peste, i tifi , le dissenterie, le oftalmie (b) e tante altre malattie che regnano (judsi epidemi- camente in quel paese, sono più che sufficienti a comprovare la mia asserzione. D'altronde poi il con- tinuo cambiamento dell' atmosfera , che nel corso della medesima giornata ha luogo, come ne posso- no essere testìmonj tutti quelli che per poco vi di- morino , è cagione abbastanza idonea a portare un notobile sbilancio nell' economia animale , a gene- rare le soprannominate malattie, ed a render piìi che mai evidente quanto ho pocanzi enunciato . Per iion tacciare adunque di menzogna i suddetti scrit- tori, degni per tante altre ragioni della nostra fede, ia di mestieri supporre, che le periodiche vicissi- tudini e rivolgimenti del globo , unite al cambia- to aspetto del terreno pel disseccamento de' canali che in ogni parte lo irrigavano e rendevano fe- condo, non che pel taglio de' boschi capaci forse di arrestare , ovvero di minorare i perniciosi effetti de' venti di mezzo giorno , abbiano influito ad appor- tare un cambiamento notabile nel clima di quel paese , Egli è vero però , ne si dee passare sotto si- lenzio , che il genere di vita che menavano gli antichi egiziani, diverso assai da quello de' presen- ti, impediva di molto lo sviluppo degli enunciali (a) Lo stesso dicono Strabone e Diodoro di Sicilia, i »iuali hanno pftr c(ualchc tratto di tempo dimorato in Egitto. (b) La Icpra e IVlcfantiasi , che Prospero Alpino ha avuto campa S riscontrare, e che sembrava indigena dell'Egitto, ora sono del tutto cescate. Storia della bissenteru i5 mali . Infatti costituiti i primi sotto il bel regno di Sesostri , ingegni sublimi , indagatori indefessi de' mister] della natura, padri delle scienze e del- le arti , non potevano non esser sensibili ai mali della gemente umanità, ed investigandone le cau- se porvi gli opportuni ripari . Questo ramo impor- tante del bene pubblico e della conserva «ione degl' individui era alìidato alle cure de' sacerdoti e de' re medesimi , i quali ponevano tutto il loro studio nel sovvenire gì' infelici attaccati da qualche ma- lattia, e tutte le diligente per somministrar loro i necessarj soccorsi , e munirli di salutari avverti- menti, onde sfuggir le ricadute. Questi consigli poi erano gelosamente custoditi, e con iscrupolosa esat- tezza tramandati venivano da padre in figlio , co- stituivano i più sani precetti della igiene ( e ) - Oppressi i secondi fino da un epoca remota sotto il giogo della più dura schiavitù , immersi nella ignoranza , vivendo la vita la più meschina , non avendo per ricovero che piccioli ed angusti abi- turi costrutti di sterco e loto , per vestito una la- (c) Era tanto in istima presso gli antichi egiziani la medicina, che i re medesimi la esercitavano . Molti ppetendono che Apis ed Atho- tes aprissero i cadaveri per indagare quale si fosse il meccanismo delle nostre funzioni . Ermes , Iside , Osiride distruggevano coir ap- plicazione del fuoco molte malattie, ed amputavano i membri con istrumenti, che usansi ancora al giorno d'oggi, com*; osservasi nei geroglifici, pitture, e bassi rilievi ne' soffitti dei tempj di Tantira, di Medina, di Abu, d'Tebe ec, I Faraoni, Sesostri e Tolomeo assisteva- no alle operazioni chirurgiche, ed è sotto di essi, che la chirurgia ha fiorito di molto . Finalmente ne' tempi più remoti applicavansi con gran diligenza ne' combattimenti per estrarre le frecce da' fe- riti, e quindi con rimedj prevenire gli effetti, che potevano essere succedanei . i6 Scienze cera e grossa camicia turchina , della quale ta- lora son privi , la più parte a capo nudo esposto ai cocenti raggi del sole, cibandosi dopo avere su- bito i piiì penosi travagli di pane mal lievito e poco cotto, di frutta guaste e immature, di vege- tabili, e latte orditiariamente acido e corrotto, debi- litati inoltre da precoci maritaggi , dominati da gros- solani pregiudizi , trascuranti del tutto le comuni e generali leggi sanitarie, ed alieni ne' loro inco- modi dal ben che minimo soccorso dell' arie salu- tare , devono essere necessariamente le vittime di una infinità di malattie, che o li porta al sepolcro, o li rende infelici pel resto de' loro giorni. È per- tanto ovvio il riscontrar fra di loro una quantità di erniosi , tossicolosi , asmatici ; altri coti dissen- terie, ed oftalmie croniche ( d) , leucomi, flussi vi- ziali emorroidali, fistole all'ano, idroceli ec. , li qua- li danno una esistenza più penosa della morte me- desima . Che se opinar si voglia che l'opulenza renda taluni esenti da una serie sì numerosa di mali, è da riflettersi d'altronde che le dissolutezze veneree, l'uso smodato, ovvero la privazione totale de' li- quori spiritosi , la crapula, l'eccessivo abuso de'ba- gni sommamente caldi, e la vita sedentaria coritri- buiscono ad avvicinar quelli gotto tali rapporti al- la classe degl' indigenti , ad esporli cioè alle stes- se malattie. Con ragione adunque M. Paw insieme con mol- ti moderni non ha esitalo di affermare , che Tincu- (d) È tanto grande il numero de^ ciechi che rinviensi nel Cairo, che avvi uu luogo aj>posta per contenerli, e non di rado asccndo-^ Do al numero di cinijuc o sei mila. Storia della dissenteria ly ria de' turchi ed arabi , cui si può aggiungere il ge- nere particolare di vita che conducono , ha ridot- to quei florido regno il beisaglio di tante e fata- li epidemie , che mj!7tono qualche volta un nume- ro infinito d' individui , i quali un differente me- todo ed una più regolare maniera di vivere po- trebbe senza dubbio salvare . Fra le malattie , le quali attaccano buona por- zione de' naturali del paese ed anche de' forastie- ri, e che per la gravezza de' loro sintomi rendonsi spesse volte terribili e micidiali , merita un di- stinto luogo e la nostra speciale attenzione la dis- senteria , la quale allorché si appalesa veste quasi sempre un carattere contagioso e maligno , ed è da pochissimi superata. Benché generalmente in tutti tempi si riscontri , non è però mai cosi pericolo- sa né così frequente come nella state e nel prin- cipio dell' autunno : è allora che spiega la sua mag- gior forza , e tutta la fierezza de' suoi sintomi. Quantunque non distingua né sesso, né età, né con- dizione, cosicché ut! acca tar.lo il giovane più ro- busto , che la più dilicata donzella. ; sembra non ostante , che l'accia maggiormente suo bersaglio i bambini , i soggetti gracili , e quelli di temperamen- to sanguigno- bilioso e cachelico ; (e) in questi esercita principalmente la sua possa, e dessi sono le vittime maggiormente prescelte . Vaga sovente sporadica, che anzi può a ragione chiamarsi la ma- lattia endemica del paese ; non manca però molte volte di essere epidemica- contagiosa , ed allora il (e) Di questi tcmperaaicnti moltissimi se ne rinvengono in Kgitto, come l'aveva osservato Prospero Alpino. „ Uliusce vero urbis habi- tatorum corpora succis pituitosis , multo sanguine , atque amara- liilc abundare . De med- Egjpt. G.A.T.XIY. a I § S e I F, K K B ,«o1q puzzo degli PRcremnnti è capace di comunicarla. Due circostanze sono rimarcabili sopra la dis- senteria deir Egitto; la prima si è, che di rado riscontrasi allorché il paese viene infestato dalla pe- ste buhonica ; (f) la seconda, che la maggior par- te delle dissenterie è seguita o preceduta da un impegno del legato. Pochi sono slati quelli da me visitati, i quali non abbia trovato con affezione al suddetto viscere , e che per conseguenza nella cu- ra non sia stalo obbligato di trattare con rimedj particolari ed analoghi . Prima di cnl«are a parlare della diagnosi e 4elle cause di questa malattia, sembrami opportuno dì soddisfare ad un quesito , che potrebbesi da ta- luno arfacciare : ed è il seguente. Se la disseteria dcir Jbgiltc è poco differente da quella che in al- tre parti riscontrasi , perchè mai tanti individui ne sono Ja vittima ? A questo facilmente rispon- desi mostrando , che due sono le cause principali, che rendono questa malattia in Egitto così mici- diale. La prima si è , che alcune idee erronee tra- mandate da padre in liglio ( idee che in vano si tenterebbe di combattere , poiché né la ragione , né ia cotidiana esperienza sarebbero capaci di vin- cere , e di alienare da loro falsi e radicati prin- cipj i naturali del paese ) fanno sì, che abbando- nata alle sole forze della natura la malattia , nel supposto che le medesime sieno sufficenti a suppli- re allo sbilancio accaduto nel tubo intestinale, es- sa giornalmente a passi giganteschi progredisca . Quindi è che gf infermi allora induconsi a diman- dare i sussid) dell'arte salutate, quando il deca- (f) In ijiicsto sioguc la regola ordinaria, come in tuni gli altri pae- si, che air apparir de' contagi dispaiano le altre malattie. Storia della dissenteria ig dimenio delle forze vitali è tale da non potersi più attendere che un funesto fine , essendo in quel mo- mento il morbo vittorioso dei replicati sforzi del- la natura, e non avendo a troncare che il tenue fi- lo , il quale debolmente la tiene attaccata alla vi- ta. La seconda si è , che uni* folla di emperici , venendo in un paese ove la polizia medica ignora- si, preferita ai veri medici, assalisce la malattia nello stadio della maggior irritazione con forti astrin- genti e stimolanti , e specialmente coli' oppio : ne risulta quindi, che nel momento, in cui per qual- che apparente miglioramento decanta la virtù de' suoi pretesi specifici, e promette la certa guari- gione del paziente , questi contro ogni aspettazio- ne con una morte compendiosa rimane vittima dell' arrogante ignoranza di essa. Pure chi il credereb- be ? Esempj colidiani non bastano ad illuminare quei popoli , e persuaderli dell errore , e della fal- sa fiducia che hanno in simil sorta di persone. Siffatta nazione starei per dire non esser meritevo- le di occupar terreni sì deliziosi , e la patria de- gli antichi egiziani! Dal che apparisce, che se la ragione prevalesse in costoro , e fosse capace di vincerne i pregiu- dizj ; se appena cadono, malati ricorrendo ai soc- corsi deir arte salutare si lasciassero- guidare da un medico esperio e prudente ; la dissenteria , ben- ché più facile a suscitarsi in quelle contrade per le cagioni che addurremo, non sarebbe così fata- le, né avrebbe un fine cotanto deplorabile. 11 modo con cui presentasi questa malattia è il seguente. Suole per lo più essere preceduta da una las- sezza generale , sapore amaro della bocca , sordi- «lezza della lingua , coliche intercorrenti , sete fuo- 20 S C I E IV 25 E ri del naturale : molte volte da prima si presen- ta la diarrea con leggiero tenesmo , e dejezioni bi- liose e muccose . Allorquando poi maniie.stasi la dissenteria, crescono i dolori al basso ventre, il tenesmo diviene più forte, 1 escrezioni incomia* ciano ad essere spumose con strie di sangue , la sete lassi più intensa, la cute arida, la lingua secca con patina biancastra , le urine scarse o colorate, i polsi varj secondo i diversi tempera- menti , sono cioè iVeqiienti , irregolari , ora duri e contratti , ora piccoli tenui deboli ; succedono quindi brividi di l'reddo, con tenui borborigmi, i quali lanno crescere i toimini. Progredendo la malattia sopraggiuoge la lébbre , e le evacua^io- ni sono sì lre([iienti, che non di rado nella gior- nata oltrepìissano il numero di settanta ed ot- tanta scariche; sono allora molto sanguigne , spu- mose , e muccose, e qualche volta rassembrano ad una lavatura di carne ; il lor odore è fetido ed insopportabile ; il tenesmo e le coliche sono così fiere, che il malato non trova riposo un mo- mento , la sete è inestinguibile , e benché la cu- te generalmente sia secca , appajono non ostante de' sudori parziali alla fronte ed al collo, la sma- nia e r ansietà sono grandi ; i polsi divengono intermittenti celeri e piccolissimi; le forze comin- ciano a mancare in maniera, che il malato vo- lendo fare qualche movimento cade in lipotimia; la lingua è così arida, che sembra esser divenu- ta un cuojo , nei lati è rossa, e nel mezzo tie- ne una striscia negra , la quale parimente si esten- de al contorno delle labbra. Succedono delle esco- riazioni air ano ed al perinèo: il ventre è teso , ed estremamente dolente. Volgendo in peggio la malattia, apparisce '\l vomito, gli occhi divengono Storia della, dissenteria 3t infossali , la faccia ippocratica , le dejpzioni acca« dono frequentissime ed in\ olontarie, il loro co- lore è sirnigliante al cioccolato , il sangue che con le medf^^'me è ni^^scolafo è rcsso-scuro, l odoie è feti di>\«. imo. (^)uaìcbe Trita ancora escono con le medesime pìccole porzioni di membrana cangre- nata, i polsi mosti ansi caprizzanti tenuissimi lan-* guidi , la bocca ricopresi di afte , sopravviene un ostinato singhiozzo , il quale unito ad una sete eccessiva, alf afonia, aberrazione di mente, esàu* rimento totale di forze, sudore freddo alla faccia^ chiude la scena di sì funesta malattia. In alcuni individui, oltre i predetti sintortìi^ avvi dolore fisso nelT ipocondrio desti o con du- rezza molto rimarchevole; il bianco dell'occhio, ed il color delia ciite tende al giallo , le urine- e gli escrementi delle intestina sono molto colo- rati e carichi di bile , ed il sapore della boc- ca si mantiene costantemente amaro. Questo è precisamente il corso ordinario j che far suole la dissenteria in Egitto. Varie e moltlplici sono le cagioni che pre- dispongono alla medesima, e che danno luogo al di lei sviluppo. Noi le trascorreremo di volo ad una ad una , e dalla cognizione delle medesime facil- mente verremo a rilevare per qual ragione questa malattìa domini con tanta frequenza in quelle uber- tose contrade. E per incominciare dalla causa pros- sima, che determina lo sviluppo delia dissente- ria , sembrami non andar lungi dal vero asserendo «ssere una materia irritrate , la quale applicata su la sensibile e dilicata membrana mticcosa de- gl'intestini irrita i lilamenti nervosi e l'estremi- tà de' vasi sangnìgnl, de' quali in tanta copia è ta- aa S e lE N z E pezzata , e col richiamo per conseguenza (g) d' uà maggiore afflusso di umori produce una infiam- mazione risipeiacea nella tonaca interna ora dpgl* intestini grossi, ora dei tenui, e qualrhf» volta di ambedue , ovvero di una porzione dei mi^d'simi. Di ciò parmi essere suf'fì lien^e prova i do- lori, r accresciuta separazione dei miicc^, e la leb- bre compagna di questa malattia. Per conseguen- za r accresciuto moto perislallico dee provenire dal- la presenza della flogosi, ed il sangue che viene fuori unito alle fecce gem^^re dalli pori inorgani- ci dilatali de' vasellini. DitFerisce d altronde dall' enteritide per non essere attaccate tutte le ni -m- brane del tubo intestinale , e per non essere V in- fiammazione di quel grado ed intensità , che a questa appartiene, né tampoco preceduta dalle par- ticolari cagioni deir enteritide Non è perciò fuo- ri di proposito il paragone che potrebbe farsi tra la dissenteria , la corizza^ e la blonnorea : mentre come nella seconda v ha una leggiera flogosi della me.nbrana skneideriana, nella ferza delia genito-uri- naiia o dell' uretra , cosi nella prima quella por- zione di gastro-polmonare, che forma la membra, na muccosa , o tonaca villosa degl intestini , viene ad essere affetta. Resta maggiormente comprovato cotesto paragone dall' azione ed effetto consimili de'rimedj slimolanti somministrati nel principio, e stato della malattia , i quali sono sempre sini- stri. Se 1 apertura de' cadaveri fosse permessa in un paese ingombro da tanti pregiudi/j , son cer- to , che l'ispezione de' medesimi, di quelli cioè (r? Si'ju'ilj/ìi ubi sliinu/us, ibi major liwnonun uffluxiis. Storia della dissenteria a^ tnorti del male in discorso, manifesterebbe per Io più un' rsuicfiazione interna del tubo intestinale prodotta da flogosi antecedente. Molte sono ie cause ^ che predispongono gli abitanti dell' Lgittò alla dissenteria, e in primo luogo i bagni Questi che usati colle debite caute- le e con ie regole della polizia medica prescrit- te riescono di sollievo e di salutale rimedio a molte gravi malattie, allorquando se ne abusa, o che si manca de' necessarj riguardi , divengono fa- tali air economia animale. L uso, che de' medesimi fanno i turchi e gli arabi, è eccessivo; mentre essendo obbligati dalla loro religiosa disciplina tut- te le volte che commerciano colle doime ed han. no delle polluzioni a purificarsi coli' acqua ; quin- di è che li frequentano spessissimo. Oltre a ciò servonsi de' madesimi per l'ormare partite di piace- re , e molte volte per dare sfogo a' loro brutali ap- petiti. Aggiungasi a tutto questo la maniera parti- colare, che usano ne' bagni, facendo arrivare 1' ac- qua de bacini, ne' qt.'ali si tuffano sino alla testa, al grado 5o e Go del termometro di Reaumur , la lungo dimora nei medesimi , le poche o nulle pre- cauzioni , che adoperano nell' uscire di un' ambien- te sì caldo, i disordini che commettono e den- tro e fuori de' bagni appena usciti , le fatiche ed i travagli che tollerano dipoi , e scorgerassi di leg- gieri quanto mai venga rilassata in sitfatta guisa la loro libra, e predisposta ad un cumulo di ma- lattie , e principalmente alla dissenteria per le al- tre ragioni che più sotto indicheremo. Un altra cagione , che favorisce in qualche guisa la dissenteria, si ha nelle acque del INilo, spe- cialmente nel tempo della escrescenza; di qupsto fiume bevute impure come esse corrono, (^tìeste! plo- sione delle mine, i gridi degli opeiai, bene qui- vi si accorge essere il lavorio dei mai mi inten- so e quasi soverchio . Qui altro non si vede se non r azzurro del cielo , e il biancheggiare dei marmi, i di cui blocchi sospesi sull erta o sul pen- dio dei poggi , o giacenti in fondo alla valle , o rotolanti dalle cave , o trascinati con incredibi- le celerità malgrado le loro moli da clamorose brigate di bifolchi , scuotono la fantasia del più fréddo osservatore . Può dirsi questo il vero em- porio dei più fini e pregevoli marmi, ove a gara si provvedono T Europa , gli americani , i go- verni della costa di Africa , di Egitto , e di Co- stantinopoli . E vedemmo , esclamava Fazio de- gli (Jberti sino del i3()0: E vedemmo Carrara-, ove la seme Tros'a il candido marmo in tatti a copia. Che assai ne avrebbe tutto l oriente. Alpe apuaiva ac) JVon lungi dalla cava del Zampone , e verso la sonamità del poggio Silvestro^ s'innalzano due pro- minenze ossiano cupole divise fra loro da uno di quelli affossamenti, che i geologi chiamano colli. Questi tre punti contengono altrettante cave, cia- scuna delle quali viene contrasegnata da alcune sin- golarità. In seno alla prima cupola giace la cava àe- nominata la cai^a di poggio Sihestro^ìa quale essendo stala abbandonata 4o anni sono per l'eccessiva im- purezza del suo marmo, si è poi col lasso del tem- po convertita in perfetto candidissimo statuario. I suoi filoni eterogenei sono pregni non già di ferro ossiduiato carbonato, come quelli pii\ bassi del Zam^ pone e dell' opposto monte di Grestola , ma ben- sì di ferro oligisto in cristalli di forma primitiva, di colore grigio a/zurro splendente come racciajo, e che trovansi impiantati nella calce carbonata sac- caroide, che gli serve di matrice, come può rile- varsi da un framcnto che depositai in questo I. e R. gabinetto di storia naturale ,, (di Firenze). La se- conda prominenza ergesi in guisa di pinnacolo, ca- valca appunto la vetta del poggio, e può veramen- te appellarsi il Giano bifronte di quelle valli , poi- ché essa affacciasi all' ovest su quella del Pianello, ed air est su quella di Miseglia non solo con due nomi diversi, cioè B etogli e Caspevola ^ non solo con due scavi diversi , e quindi con due varie aper-t ture , ma eziandio rinchiude in queste due cave due qualità diverse di marmi. Tratterassi altrove della cava di Caspevola come spettante alla valle di Mi- seglia ; quella di Betogli e di un calcare granoso più di ogni altro candido ^ ma nelT istesso tempo più d'ogni altro fallace. Appena tagliato dalla roccia egli si presenta coni più lusinghieri attributi, ma dopo decorsi pochi mesi egli perde oltre una por- 3o S e I E N Z K 2Ìone della sua acqua di cristallizzazione e del suo acido carbonico, porzione pure della sua coesione e del suo peso specifico, in guisa che un pezzo di marmo estratto da due anni da quella cava avea perduto 00, y acido carbonico. I carraresi danno a questo marmo il nome di marmo salone o concotto , per- chè dopo un certo spazio di tempo e fao4le a stri- tolarsi , diletto che lo rende incapace di prestarsi ai lavori più delicati. Quegli artisti fino a certo pun- to riparano tal inconveniente stropicciando la super- fìcie con r aglio, o col sugo d' erba lazza ( eufor- hia characias Lin. ) , E siccome tale inconveniente rende questo marmo suscettibile di assorbire più fa- cilmente i colori ; essi hanno saputo trarre partito da tale proprietà col lavorarli in forma di frutte, le quali poi coloriscono a Juoco, rendendone con ciò i colori più penetranti e di maggior durata. Tale sorta di pittura a encausto , sebbene og- gidì probabilmente degenerata, nou è forse di gran lunga discosta dal segreto adoprato dagli antichi greci e romani. È cosa ormai nota , che essi , colf idea forse di giungere ad una maggiore elegan- za e durevolezza, usarono alcune volte di dipinge- re con mordenti le statue e le modinature archi- tettoniche dei loro tempj , come fu osservato nel tempio di Nemesi a Ramno, dove le modinature del- la cimasa tinte in rosso sono rimaste intatte sen- za veruna traccia di corrosione , mentre la lunga età ha logorato il marmo in altri punti privi di tale dipintura. Questa cava somministra un nuovo esempio del fenomeno lungo tempo consideralo come uni- co della celebre lastra di marmo elastico, la quale si mostrava a Roma quasi p 'r maraviglia nel palazzo Borghese, e riesce flessibile al pari delle tavole di^ legno di recente segate. Alpe apuana 3i Perluslranrlo le cave cade il proposito di ricor- rere anche all' antiquaria , allorché descrive quella così detta deì/antiscritti. Questa lapida , cosa giornal- mente visitata dai dotti artisti e viaggiatori, è contina- ta air estreniità della valle di Miseglia contigua al monte sacro ^ e viene contemplata da tutti come quel- la dove i romani scavavano le grandi moli marmoree, delie quali sotto il nome di lunensi parlarono det- tagliatamente Strabone , ed in tempi posteriori Ci- riaco anconitano, Flavio Biondo, e l'Alberti. Qui le immerse altissime tagliate hanno lasciato un area larga oltre i passi 5oo di forma anfiteatrale. Dove sorgeva una cima di monte oggi vedesi aperto un vasto bacino, sparso, di massi informi, di pilastri colonne e architravi appena abbozzati, rimasti in tronco nel decadimento della potenza romana. Ij' autore, dopo avere descritto un antico bassori- lievo ivi scolpito nella viva roccia, rappresentan- te un' edicola con tre figure state illustrate nel 1819 dal eh. sig. Giuseppe Guattani ( Memor, dell' ac- cad. archeologica di Roma t. i. p. i. ) il quale conghiettura essere forse quelle immagini di Gio- ve, Ercole, e Bacco un simbolo adulatorio dell'im- peratore Settimio Severo con Geta e Garacaila suoi figli, soggiunge :,, A fronte però del destato entu- siasmo sembra che debba usarsi una qualche riser- vatezza neir apprezzare sì fatti monumenti. Ce ne fornisce un esempio il celebre Tounefort ,il quale avendo rimarcato nella rinomata cava del monte Maspessa all' isola di Paro un basso rilievo anti- co, scolpito pure sul vivo misso, tagliato a piom- bo, e composto di 29 figure alte 17 pollici, potè accorgersi dalla sottoposta iscrizione essere questo un baccanale, ovvero una rozza di villaggio, de- dicata per capriccio alle fanciulle del paese da un. Zi Scienze qualche geniale scultore , il quale volle divertirsi , mentre faceva caricare i suoi marmi. Può senza dubbio riputarsi pure scherzo dì qualche altro ar- tista la piccola elfigie dell' Ercole farnesiano incisa nel medesimo masso accanto all' edicola dei ^aii- tiscritti. Al che raggiungerò il tratto di fantastica bizzarrìa , che fece dire a Francesco Berettari , poe- ta carrarese del secolo XVII , essere questa scul- tura opera della propria mano dell' indovino Aron- te, albergato, per quanto viene immaginato, nella contigua valle di canal grande : „ l'ama est hic vatem proprio gravis indice palmae ,, Jncidisse notas et e Qualunque sìa la sorgente d'onde Lucano attin- se r episodio di Aron te , il popolo carraresi; tiene per fermo , che il tosco aruspice abitò 1' isolata grotta esistente in canal grande. E sebbene questa allro non sia che 1' alpestre ricovero dei pastori e delle groggie contro i temporali , i più insigni let- terali r hanno però celebrata a gara nei loro canti. Oltre l'Alighieri e il già citato Fazio degli Uberti, il celebre Monti , encomiando la magniiicenza del pontefice Pio VI nell' arricchire Roma dì monu- menti marmorei , ha pure applicato a questa parte del territorio carrarese il verso: Ariins incoluit de- ■sertae moenia Lunae ,, ,, Per te di marmi i duri alpestri doisi „ Spoglian le balze carraresi, e il monte „ Che Arante un dì abitò con lupi ed orsi. Nella valle dì Bedizzano fu ritrovata nel 1810 una 1 lapida alta pollici 19^, larga un piede , e guasta I nella parte inferiore. Essa contiene la serie dei con- soli di Roma degli anni XVI. XVII. XVllI. XIX dell'era volgare, e salto a ciascun consolato i i Alpe apuana 33 prenomi e nonìi senza cognomi di due decurioni inscritti alquanto pili indentro. Dalle due prime linee incise in una cartella sulla parte superiore ri- levasi, che quel monumento è referibile all'an- no XXII ; egli ò da presumersi , che nella par- te inferiore sieno mancanti i nomi dei consoli e decurioni degli anni XX e XXI. JNoi non trascriveremo le erudite osservazio- ni deir autore su questo rapporto , limitandoci ad inserir pria di quella iscrizione. D . HATERIO . AGRIPPA. C . SVL . GALBO . GOS HILAIUO . VIL . MAG . POS . CONSVLES ET. NOML^A. DECVR. SISENNA . STATILI©. L. SCRIBON . COS HILARVS . VACCIO SCARIPPVS . NERVLVS t . PONPO . PLACCO . G . CAECIUO . COS. TIBVRTINVS . PHILO . 0 CAPITO . SOLVMARVS III II TI . CAESAR . GKRMAN . COS TTGRANVS . FELICIQ. HERMIPPVS . PRIMVS yi . Sino. L . NORBANO COS CABNVS . OPTATVS. APOLLONIVS . CAIO . TE I Mineralogia chimica. Comprende questo titolo V esposizione di due cu- ' riosi fenomeni relativi alla formazione delle piriti , ! macchie , vene , ed ai cristalli di rocca in seno ai marmi carraresi : materia che può dirsi quasi I nuova , sia perchè trattata dietro le nuove teorie ' G.A.T.XIV. 3 34 Scienze' cliimiche goognosticlie , sia perchè appoggiata a fat- ti e divisanieiiti aUreltanto slraorclinaii negli an- nali delle scienze naturali, quanto famigliari nel- la pratica ai lavoranti di quelle lapidicine. ( Piriti ) Il ferro solfurato, ossia pirite mar- ziale, disegnata sotto il nome di marchfsita dal ce- lebre Spallanzani che nel i^SS perlustrò quelle cave, ritrovasi in cristalli di sei, dodici, e anche più fascette, stretiamente incastrato nel marmo co- me in tante cuslodie. I carrar.'S' , mettendo a profitto questi scher- zi della natura, ne lavo'ano cassette e tabacchiere tanto più eleganti in quanto che il marmo è di rara, candidezza. L' autore intorno a questi depo- siti eterogenei addotta la massima emessa dai prin- cipali geologi , cioè che da principio il marmo fosse fluido o almeno in una tenerissima pasta, e che la pirite giù cristallizzata preesistesse alla di lui iormazione. ( Macchie^ 'veve ) Le macchie, vene, venu- le , nuvole che scontransi nel marmo consisto- no per la maggior parte in molecole ferruginose più o meno ossidate , carbonate , solfurate ec, le une diramate in sottili filetti , altre isolate a gui- sa di nei , a minuti aramassi amorfi , altre disse- minate e serpeggianti a guisa di piccole nuvole. Ed è rimarcabile che quanto più la macchia o vena si riscontra carica , tanto più la pasta marmoiea che gli è accanto riesce di candore e vivezza mag- giore, mentre questo candore e questa vivezza pro- vano una visibile degradazione , a misura che la pasta ù più lontana dalla vena o macchia. Laddo- ve la pasta non è infetta da macchie o da vene il marmo è meno candido , ma di un colore unifor- memente grigio IcncKntc al perlaio ed anche al ce- Alpe apuana 35 ruleo detto allora bardiglio. Da ciò egli deduce, che il colore dei marmi detti ordinari deve ripe- tersi dalla più inlima ed uniforme combinazione delle molecole metalliche in quelle rocce , che fa- vorite esse da una qualche circostanza mentre la pasta marmorea era fluida o molle , essendo state determinate ad ap])rossimarsi e riunirsi, forme.. ono Je macchie, venule, nuvole onei; e finalmente che nelle rocce, dove la vena è più carica e la vici- na pasta più pura, tal fenomeno potè aver avuto luogo , perchè da un lato le molecole metaniche e dall' altro quelle calcaree riconcentrandosi ed at- haend» si respetti vamente, si sono a vicenda puri- ficate e ridotte in due distinte cristallizzazioni. A questa esposizione di fatti succedono osservazioni e conclusioni del tutto impreviste. ,, Quei cavatori chiamano rnadrimacchie i filoni maestri per distin- gueili dalle altre vene e macchie secondarie che ne derivano, e quali ramificansi in tutti i sensi nella roccia marmorea ; ed è opinione invalsa fra quella gente, che le stesse vene metalliche sparse e di- ramate nella roccia sieno suscettibili col tempo di essere attenuate, assorbite, ed estinte dalla vena mae- stra in forza della sua maggiore attrazione moleco- lare , dicendo che // marmo si purga. Una tale idea che ammette in certo modo la mobilità e circolazio- ne delle molecole eterogenee in seno alle masse cal- caree già solidificate, sarebbe in opposizione alle teorie di alcuni geologi sulla soluzione acquosa o ignea. Al che i roz^i cavatori carraresi potrebbe- ro forse rispondere con Gautieri ( Mem. sopra Gramola e Canardo ) ,, Non vi ha che f ig770- rante , il quale percliè non vede le montagne muo- n)ersi le crede continuamente inerti : ma egli è certo die il moto risiede in esse^-vi si fanno delle secrezioni 3* 30 S e I E tv Z E e delle escrezioni , e come nei corpi orgajiici vi sono delle perpetue distruzioni e riproduzioni. I filoni, sog- giunge Patrin , sono spesse volte ripieni di materia , che non è precipitata o depositata dall'alto in basso , ma che ha saputo per essa stessa e in virtij del- la forza di aviazione e di affinità sentirsi , scio- gliersi , approssimarsi ed unirsi. Ammessa una ta- le circolazione nelle masse solide, o almeno nel tempo della loro fluidità o mollezza, ne risultereb- be . dice l'autore, sulla formazione delle principali vene , e de' filoni ne' monti marmorei di Carra- ra una teoria diversa , anzi inversa da quella del celebre Werner, cosicché mentre secondo lui la materia metallica delle vene deriva dal filone nel- la massa carbonato-calcarea del marmo , essa al contrario secondo il detto di quei cavatori passe- rebbe dalla massa calcarea nelle vene , e di qui nei filoni . ,, Del rimanente questa opinione non può dirsi nuova. Di un egual pensamento si ri- trovano pure notabili tracce presso Delius ^ la. Me- tìierie ^ e molti altri geologi, i quali non altrimenti spiegano la formazione dei filoni nei graniti , nei gneiss, nelle pietre lidie, ed in tutte quelle xocce conosciute sotto il nome di Stockverk. ( Cristallo di monte ) TI cristallo di monte (quarzo jalino limpido ) nelle cave carraresi è per se stesso un fenomeno straordinario. Spallanzani asse- risce, che di una immensità di cristalli spediti al mu- seo di Pavia dalla Germania , dall' Ungheria , dalla Svizzera, e dall' altre parti non venera uno che a questi di Carrara si potesse comparare . Alcuno fra i naturalisti, dicefauLore, non ha che io sappia av- vertito , che sj)Csso nelle marmoree cavernette , o Ibrni a cristallo di Carrara o di qualsivoglia altra regione , si trovi un liquore limpidissimo leggcrmen- Alpe apuana 3--' te sapido , e più o meno abbondante,, Neil' ultima gita alle cave carrarasi (settembre 1820) ebbi occa- sione di convincermi personalmente della verità di questo fatto ivi assai comune , specialmente nella valle dell' alto pianello ; ed oltre avere scoperto in essi alcuni prismi di cristallo di rocca, ne vidi non solo fluire un limpidissimo liquore, ma eziandio, avendone attinto pochi sorsi, vi ritrovai quella legge- ra acidità già annunziatami dalli stessi opera] . Ne qui già consiste tutta la singolarità del feno- meno. Nella primavera del i8?9Ìl sig. Pantaleone" Del Nero, proprietario di una cava détta J^os sa delt angelo , mentre si occupava a far legare un fusto di colonna destinato per il nuovo tempio di S.Francesco a Napoli: ivi con grande sorpresa vide aprirsi una geo- dica cavità pili grande dell' ordinario , tempestata tutta di cristalli ed in parte ripiena del noto fluido, che il Del Nero valutò circa una libbra e mezza . Con maggior meraviglia ancora egli scoprì nella cavità medesima una protuberanza grossa come il pugno , trasparente, e che sembrava avere tutti gli altri ca-^ ratteri di un grandioso cristallo di rocca . Per- suaso il Del Nero di essere ormai in posses- so del pili bel quarzo jalino che mai fosse esi- stito , si aflrettò a staccarlo dalla matrice; ma ohi- mè ! ritirata la mano per estrarlo, altro più non vide che una sostanza elastica e pastosa, la quale per il momento fu suscettibile di ogni sorta di forme ed impronte, ma che ben presto, divenuta solida, ac- quistò l'opacità e 1 apparenza di una caicedonia o bel- la porcellana . Questo l'atto viene attestato da molli testimoni, e non può dirsi unico in quelle cave. Fino del iy83 il citato Spallanzani nel visitare quelle montagne fu informato di altri simili accidenti, eie egli perori- 3S Scienze cu su eli credere come frappo contrarj alle leggi del* la cristallizzazione . h" autore cita come analoghi al- tri esempi sulla formazione della bella opale di Czschemenitzn in Unj^heria, la quale, al dire di D'Au- Luisson , ritrovasi srinjne, appena scavata, in uno slato di mollezza clv" permette d'impastarla con le dita . Dopo avere Tautore esj)Osto con sagacità e chiarezza le diverse opinioni degli antichi e mo- derni naturalisti sulla formazion del cristallo di locca , sembra mollo plausibile la coticUisione che egli ne deduce , cioè : ,, che sebbene Tanalisi del ,, cristallo dì rocca non somministri alcuna trac- ,, eia d'acqua, non può da ciò arguirsi, che essa ,, non sia intervenuta nella di lui formazione , se „ non jCome principio componente , almeno co- ,, me agente. Essa , soggiunge egli , nel passaggio ,, dal quarzo allo stato di cristallo limpido avrà ,, abbanilonalo nella sua totalità le molecole quar- ,, zose attratte le une verso le altre da un' af« „ finità superiore a quella esercitala dall' acqua ,, medesima ,, . A queste osser\ azioni succedo- no altre non meno interessanti sulla possibile in- fluenza degli ossidi minerali favorita da una delle tre soluzioni igìiea , acquosa , o gassosa ; cosicché ad imitazione di quanto si opera nelle nostre vetre- rie, per la formazione dei cristalli e degli smalti , un ossido nella ciistallizzazione del quarzo jalino eser- citerebbe riguardo alla silice le veci di alcali , es- sendo ormui accreditata la massima che le terre, come ossidi metallici , possono secondo i gradi del- la loro affinità colf ossigene fare le veci ora di al- cali , ora di a(*idi le une sopra ìe altro. L'autore termina il presente articolo esponen- do con somma precisione e chiarezza i principj new- toniani sulla diafaneilà , i quali non solo conferma- Alpe apuana. 3j) nò un' antecedente sua proposizione , cioè che la foimszione del cristallo di rocca altro non è rh<^ il risultato di nna nuova disposizione delle molecole silicee, ma eziandio giovano singolarmente a spie- gare il doppio l'enopjeno della cristallizzazione e suc- cessiva opacità della su m mentovata massa quarzo- sa limpida ritrovata dal sig. Lei Nero. STORIA. ( Lioiì dvpo fera volgare ) . Non mi fermerò , dice l'autore, in laboriose disquisizioni suH' antichi- tà , magnificenza e decadimento della città di Luni : soltanto dirò, che sebbene alcuni eruditi, e fra i più moderni il march. MafFei e T istoriografo Pignotti, abbiano sulla poetica autorità di Anneo Lucano opi- nato , che questa citlà fosse deserta e distrutta fino dai tenìpi di Giulio Cesare o del summentovato poeta, egli per altro ù certo, che essa fioriva sotto il regno di Augusto, dei Flavj , degli Antonini, e perfino di Valentiniano II; il che trovasi comprova- to con testimonianze di scrittori e monumenti che possono dirsi fuori di ogni eccezione; e l'u appun- to verso queir epoca che a Iloma i marmi lunensi vennero tenuti in maggior pregio e posti in mag- gior uso , facendo di ciò incontrastabile fede la porta e capitelli del panteon di M. Agrippa , gli avanzi vistosi del teatro di Gubbio dei tempi di Augusto , r immagine di Cicerone nel museo Borgia , r Apollo di BeJvedere scavato nella villa di Nerone, Tara sepolcrale di quest' imperatore, il palazzo di Domiziano , l'Antinoo de! Campidoglio, alcune statue del gruppo di Niobe, le terme di Ca- racalla ec. , moniimenti verificati essere tutti di que- sto i stesso marmo . L siccome ,una città non può sparire tuttofa ^o Scienze un tratto dalla superficie del suolo senza una qual- che fisica catastrofe, la quale non si veritìca riguar- do a Luni, vi è ragione di credere, che essa non deperì che insensibi' mente , prolungando come sede vescovile la sua mnschina cadente esistenza fino al XIII s(*colo, e a poco a poco riducendosi alla sor- te comune di tante altre città oggi sepolte lungo le nostre maremme . Su tale proposito è da notarsi come strana com- binazione, che menilo alcuni fanno risalire uH' era volgerei ruderi deserti di quella città , altri non sanno spiegare la sua distruzione tredici secoli do- po , se non facendo concorrere insieme tutte le invasioni dei goti , longobardi , mori, e norman- ni, Temigrazione dogli abitanti provocata dall' insa- lobrUà progressiva di quel suolo, e perfino il van- dalismo de' genovesi e sarzanesi nello spogliarla dei suoi marmi per costruire pubblici e pii\ati edifizj. A maggior conlerma del suo assunto l'autore ri- ferisce, oltre lanfitealro, del quale dà la dimensione, e descrive lo slato delle ruine , varie iscrizioni dissott'-rralo da que' ruderi , dalle quali risulta che almeno fino all' anno 3^8 Luni era stata sempre co- stituita in città, aveva la sua curia^ e i suoi)Drt- clri coscritti. Enumerando dietro la scorta delle cro- niche e dogli storici le varie calamità ed altre cau- se di distruzione, delle quali Luni fu successiva- mente vittima ne' secoli posteriori, così prosegue,, Luui divenuta ormai la città dei sepolcri piÌJ non vide rimanere nelle sue mura che il ven. suo cle- ro , il quale in preda anch' esso alle comuni mici- diali molestie, dovette quasi trasportare ora in un luogo, ora nel!' altro i sacri riti, le pie cerimonie, le suppellettili del culto, e nel 1204, e poi nel i4G5 trasferire la cattedrale e fissare la sede vescovile in Alpe apuaiva ^f Sarzana, innalzata poi al titolo, onorificenze, e privi- legi di città .,, Fra le annotazioni inserite ad illustrazione di quest' articolo merita particolare attenzione quella destinata a interpretare un passo di Plinio , che finora ha dato motivo agli antiquarj di credere che i marmi bianchi lunensi non erano stali scoperti che ai tempi di quello scrittore ,, Orn/ies aiitem ,, tantum candido marmore usi sunt e Paro iti" „ sula . . . Multis postea candidiorihus repertis nu- ,, per efiam in lunensium lapicidinis ^, . (Hist. lib. XXXVI. e. 5. ) Dietro la spiegazione dell' autore quel multis candidiorihus repertis sarebbe referibi- le non meno a postea che a nuper^ e quindi tanto per r uno che per Y altr' epoca si tratterebbe dì marmi de' lunensi, cosicché il loro uso nell'arte statuaria sarebbe assai più antico di quanto fu cre^ duto finora (i). ( Carrara dopo Vera volgare. ) Un capitolo in- serito nella topografia, specialmente destinato a far conoscere l'industria , T etimologia del nome di Car^ rara^ non che \ identità dei suoi marmi con gli an- tichi marmi lunensi , contradetta da alcuni moder- ni scrittori , può considerarsi come un'introduzio- ne al compendio storico di quella città. Egli è ben- sì vero , che queste lapidicine furono per qualche tempo assieme con Carrara proprietà dei vescovi di Luni per concessione dell' imperatore Fedei ico I nel ii85, confermata da Arrigo VI suo figlio nel 1191 (1) Fra le iscmioni relative al coinmenM'o di quei marmi, r amore ramnjcnta quelle due di C. Arzio Zelo , e di T. Flavio Successo, dalle quali risulta che gl'imperatori maiiitnevaiio sì aKoma che a Luni dei ragionieri per la spedizione e consegna dei marmi medesimi* /Ja Scienza ma è certo altresì che Lrcve fu la durata del lord dominio temporale, specialmente riguardo a Car- rara ,,la quale andava sempre acquistando maggiore considerazione. Ed infatti sebbene essa venga in alcuni alti del 963 e 998 designata come semplice corte , o sia riunione di pochi casali , la di lei popolazione crebbe a segno che nel iiò'j e iiSi qièella pie* ve formava arcipretura riguardevole ; nel ii8o fabbricò il borgo di Jveiiza alla sua marina ; e nel 1202 i suoi consoli^ minti e popolo interven- nero come garanti in un lodo tra il vescovo Gu- glielmo ed i marchesi Malaspina : il che oltre il mostrarla già costituita in corpo di magistratura e di comune , è un evidente conlrasegno della non lieve influenza che essa sin d' allora erasi acquista- ta. Quanto poco giovassero i mezzi adoperati da quei vescovi per richiamarla alla giurata devozio- ne e fedeltà , chiaramente apparisce dal solenne trattato di pace e concordia , stipulato a Castel IN'uovo ( di LuTtigiana ) il di 4 ottobre i3oG Ita il vescovo Antonio di Canulla e il marchese Fian- ceschino con altri Malaspina; istrumonto tanto più interessante per la storia civile e letteraria ,in quan- to che il celebre Dante Alighieri , esule allora dal- la j)atria , v' intervenne come incaricato dell istes- so marcheseFranceschino e consorti. Dopo qucst epo- ca Carrara più non si accosta alla sede vescovile lu- neiise come seguace, e molto meno come di lei suddita , ma bensì vassalla ora dei pisani , ora dei Visconti , ora dei lucchesi , ora dei Campofregosi, ora dei Malaspina , ed altre volte in balla a se sles- sa trovasi per quasi due secoli involta sempre nelle vicende , che cotanto desolarono i popoli d' Italia , allora travagliali dal triplice morbo del- Alpe apuana 43 le fazioni guelfe e ghibelline , della smania dì ciascun comune per la propria locale indipen- denza , e degli occulti maneggi o aperti assalti delle più potenti famiglie, onde acquistarsi cia- scuna la signoria di un qualche stato , distretto , o riguardevole città .... Spinetta Fregoso si- gnore di Carrara lasciò nel i^'òj erede di quello sfato Antonietto suo figlio in minore età , e sotto la tutela di Cicco Simonetta ministro del duca dì Milano. Giacomo Malaspina marchese di Fosdino- vo, destinato da quel duca governatore di Carrara, colse r opportunità per farsi investire ( 147^ ) le- gittimo signore di quel paese , cedendo al pupillo, oltre una somma in contanti , il suo feudo di s- JVazzario nel pavese. Da quel momento in poi Car- rara ebbe comune la sorte con Massa. ( Massa dopo f era volgare ). Varie furono le vicende di Massa , mentovata la prima volta in un diploma di Ottone I del 9(53 , con il quale vie- ne concessa unitamente a Carrara ad Adalberto ve- scovo di Luni. L'autore con la scorta di autorevo- li documenti stabilisce,che quel marchesato dal 1 184 sino almeno al i253 fu signoreggiato in consor- teria dei giudici di Cagliari , dalla famiglia Bianchi^ la quale vi formò una dinastia particolare . ^ quell' epoca si riferiscono dne atti assai curiosi accennati dair autore, dietro i quali nel i225 D. Domicel- la Benedetta marchesana di Massa, e giudicessa callaritana dedit in feudum tt nomine feudi ^ Ghe- rardo e Ugolino nobili di Vallecchia quindecini ho- mines in villa s. f^italis vel alibi in curia Massae ; e nel 1234 il nobiT uomo Ugolino Porcari prestò giuramento al pontefice Gregorio W come castel- lano di Massa , et iteravi juravit tenere custodiam de rocca Massae cuin auria sua , qucs ciane me- 44 SCIENIE morice Guglielmus marchio Massce et judex cai- lantanus de illls noscitur habnisse , et ad R. siint Eccl. devoluta , et ili a tencbit cjuamdiu placue- rit D. papce. Massa fu in sefi;uito occupata d;ii pisani , dai luc- chesi e dai fiorentini, secondo che Ja soiMe delle armi fu or a questi, or a quelli propizia. Essa nel 1442 si diede volontaria ad Antonio Alberico Ma- laspina , marchese di Fosdìnovo , con espressi pat- ti e capitoli , e finalmente passò ( iSao ) nella casa Cibo per nozze di Ricciarda figlia del mar- chese Alberico II con Lorenzo nipote d' Innocen- zo Vili; e poi ( 1741 ) neir insigne casa Estense, mediante il matrimonio di Maria Teresa figlia del duca Alderano con Ercole III duca di Modena. I due compendj storici sono corredati di nu"- merose annotazioni, ove vengono citate e confrontate le croniche, istorie, ed altre autorità, dalle qua- li sono desunti gli avvenimenti ivi riferiti. Que- sto saggio può dirsi tanto più pregevole, inquan- to elle Massa e Carrara non ebb-TO finora veruna istoria particolare. Siamo indirettamente informati che r autore sta occupandosi di nuove ricerche, onde rendere piiì completi gli annali della sua patria. Ottava ìncmoria di storia naturale delV ab. Gian Ignazio Molina ainericano-Lc balene-Bologna , tipografia Mar sigli , i 8a i . T? i ra le produzioni scientifiche, delle quali 1 ab. Gian-Ignazio Molina ha la fio ricca la storia natu- rale , occupano distinto luogo le otto memorie da Le Balene 4^ lui recentemente pubblicate. E perchè non potrem- mo parlare distesamente di tntte , ci piace rende- re omaggio a quel celebrato e venerando naturali- sta col toccare T ottava da luì intitolata le balene. È veramente mirabil cosa il vedere siccome que- sto instancabile filosolb non rallenti mai, in onta degli anni , dalle virtuose fatiche con che donò il suo nome di tanto lustro, ed onorò Bologna, sua patria adottiva , che riconobbe in lui un classico successore del Marsigli e di Gaetano Monti. Ma perchè la memoria detta è , secondo che noi crediamo , ristretta ne' brevi termini d' una le- zione , così ci facciamo lecito d' aggiungere alcu- ni particolari tolti da diversi autori che trattaro- no questa materia. Il che facendo però non pre- tendiamo attribuirci merito veruno , né menomare Ja oloria dovuta al sommo naturalista : mentre, ov' ei l'avesse voluto , avrebbe, meglio di nessun al- tro , potuto svolgere largamente quest' argomento. Imprende dunque egli a parlare dellq balene: della struttura interna ed esterna di esse : delia lo- ro indole : del modo di dar loro la caccia : e in- fine del profitto che ne torna a* cacciatori , i qua- li tirati dal guadagno atFrontano i più tremendi pericoli. Le balene furono dagli antichi impropriamen- te annoverate fra' pesci a cagione della lorraa del loro corpo , ed a cagione dell' elemento ove di- morano. Genericamente vennero comprese fra' ce- tacei, nome dato colla greca voce kIJtoo- a' tutti gli animali di smisurata mole eh' abitano il mare. [Co- me poi si dicessero specialmente balene , è varia opinione. Perchè alcuni estimano che tal nome de- rivi originalmente dalia greca voce (pxKMVx-^ ed al- tri dalia parola wall o well ^ wellen , che in auti- i^6 Scienze co suonava presso i spttentrionali in significato di fontana ; ond'è che tuttora in molti paesi del nord la balena appellasi waìfisch ( pesce di sorgente ) e ciò in grazia delle due fistole che questo ani- male ha sulla testa , per le quali e respira e ri- getta , a guisa di lontana artiiiciale , 1 acqua da lui ingojata. La balena dunque non ha nulla a che fare co* pesci , tranne le pinne , o alette , che le stanno at- taccate al petto ed alla coda. Linneo fu il primo a porla nelT ultimo ordine de' mammiferi , o pop- panti , giacché osservò eh' essa respirava pei pol- moni e non per le branchie , siccome i pesci. Ei divise le balene in quattro classi , cioè balena, Gsitero o cachalotto , monoceronte o narwale, e dellino. Po- steriormente altri naturalisti variarono questa di- visione , tra' quali i celebri Lacepede , Cuvier , Shaw ec. Il N. A. dichiara eh' egli intende ragionare sol- tanto delle balene non dentate , che distinguonsi dalle dentate , le quali impropriamente chiamansi balene. Per lo passato confondevansi sotto la stes- sa denominazione tutti quegli animali mai ini for- niti delle fistole di che abbiamo parlato di sopra. Otto sono, secondo 1' A., le specie ben determi- natte e riconosciute finora di questo genere. Le lo- ro diferenze specifiche desumonsi principalmente dalla forma del dorso fornito di natatoje o di boz- ze, o nudo com'è pur quello della gran balena del Groenland , o balena franca , o misticeto , balena mj sticetus ; intorno la quale si aggira esclusiva- mente il discorso del Molina. È questo il mag^-iorc di tutti quanti gli ani- mali conosciuti. 1 greci lavoleggiarono narrando che ne' mari dell'India se ne trovassero della lun- Le Balene ^« ghezza di novecento sessanta piedi. Nearco , 1' am- miraglio d'Alessandro il grande, assicurò averne veduta una lunga cento cinquanta cubiti all' im- boccatura deir Eufrate. Plinio riferisce che il re Juba scriveva a Cajo Cesare , ch'eransi presentali alle foci de' fiumi deir Arabia cetacei lunghi seicen- to piedi e grossi trecento sessantacinque. Il iVloli- ua pone a buon diritto tutti questi racconti fra le favole , ed assicura che da quattro secoli in poi le maggiori balene prese non oltrepassarono cento trenta piedi di lunghezza. Airi autori però scrivo- no essersene trovate alcune lunghe duecento piedi. Comunque stia la cosa, tutti convengono seco che ili presente le maggiori non hanno che dai sessan- ta ai cento piedi di lunghezza. La qual cosa sem- bra provenire o dalla quantità enorme che se ne prende annualmente : o perchè le piti vecchie , in- timorite da tanta persecuzione , si sono ritirate più verso i poli. Il corpo della balena è oblungo e simile a quello de' pesci. La sua pelle è grossa un pollice: nera o bruna al di sopra : biancastra al di sotto : tutta liscia ed oleosa: lucida: qualche volta va- riegata, cioè sparsa di macchie gialle, soprattutto nelle alette. In essa annidansi conchiglie , e ver- mi marini che nutronsi dell'olio che ne trasuda, o succhiano il sangue. La tosta costituisce circa la terza parte del corpo. Essa è inclinata all' iugiià : aguzza verso il mento, il quale è tagliato da due labbra ricoperte di piccoli peli su.1 davanti. L' in- feriore è più largo nel mezzo. La mascella inferiò-. rn è più grande della superiore, ed è formata di due grandi ossa, lunghe più di dieci piedi, lar-^ glie un piede , e grosse un mezzo piede. I caccia- tori dalla balena portano queste ossa ne' loro pae- 43 S e E N Z B si per usarne in luogo di stìpiti alle porte , o segar- le e sorv irsene com.» de' pali. Secondo l'A. la gola del- la balena sarebbe così vasta da ingojare un uomo, e quindi pesci di molo corrispondpnte. E se noi fa, egli è elle le laminptte cornee aderenti alla ma- scella superiore ne la impediscono e la costringono a cibarsi soltanto di piccoli animali. A questa opi- nione però si oppongono altri scrittori, i quali di- cono essere le lanci della balena così piccole da mostrare appena quattro polici di diametro. Le barbe o laminette cornee , mentovate dì sopra , sono quelle che da noi diconsi , volgar- mente , ossa di balena. Sono esse attaccate alla mascella superiore e giacciono obli(piamente o tran- sverse : e quando !a bocca è chiusa , s' incastrano in un solco profondo che gira 1 orlo della mascel- la inferiore. Sono ricoperte di peli simili a quelli de' cavalli. Esse sono di varia grandezza. Sui lati stanno le maggiori , di dodici , quindici e talvol- ta venti piedi di lunghezza; sul davanti , e in die- tro verso le fauci, stanno le minori , di tre o quat- tro piedi. Allorché i piccoli pesci sono entrati fra quel labirinto di laminelte non possono più oscìre. Trovanti verso il fondo della gola alcuni osselti quadri, lunghi quattro pollici e grossi come una penna da scrivere, i quali sembrano destinati, sic- come le laminette , a tener luogo di denti per la masticazione. Di queste ultime se ne contano dal- le seicento alle settecento in ogni balena. Alcuni altri vogliono che il loro numero aggiunga fino al- le novecento. La lingua è grassa e molle : attacca- ta in gran parte alla mascella inferiore , e perciò quasi immobile. Sovente essa è lunga dieciotto pie- di e glossa dieci o undici, e contiene molte bot- ti di gidsso. Alcuna volta i maiiuari la mangiano. Le Balene 49 La voce della balena è rauca e simile al grugnito, forse per Ja posizione della lingua , o per quelle tante barbe. Gii ocelli di questo animale , piccoli e simi- li a quelli del bue per la forma e per gli umori, stanno agli angoli delle sue mascelle dove la testa è più larga. Sono perciò deboli. Hanno palpebre e sopracciglia movibili. La loro collocazione è prov- vida , perchè così l'animale può meglio scegliere il luogo dove il ghiaccio è più sottile, e romper^ lo , siccome fa , con reiterati colpi di testa onde procacciarsi aria da respirare. Le orecchie trova nsi di dietro , e più basse degli occhi. Esse sono ibr- mate come quelle dell' uomo , tranne il padiglione esterno che non appare. Anzi la pelle le ricuopre intieramente, e non è che levando questa che scuo- presi il meato uditivo profondo circa quattro pie- ui. Conluttociò r udito delle balene è sensibilissi- mo , e sembra stare in ragione inversa della vista. Le narici sono rappresentate da due fori po- sti verso la sommità della testa. Per questi la ba- lena respira allorché viene a galla , e per questi vomita r acqua ingojata col cibo , ma con tale vio- lenza da farla ascendere alF altezza di circa qua- ranta piedi. Ond' è poi che i pescatori hanno, per questa specie di fontane , indizio certo della pre- senza delia preda. L' acqua nel passare che fa per la gola contrae un odore fetido. Questi due fori sono ia caratteristica delle vere balene ; perocché gli altri cetacei , comechè simiglianti nelle forme esterne , non ne hanno apparente che un solo. La gran balena del Groenland è fornita del- le sole pinne pettorali e di quelle della coda. Le prime stanno alla paile inferiore della testa , poco G.A.T.XIV. 4 5o Scienze lontane dagli occhi. Sono lunghe dai cinque agU Otto piedi : assai larghe ed o\ali: rivestite di carne lendinosa e di grossa pelle. La loro struttura è simi- le a qu.lla delli- biaccia umane, di cui hanno tut- te le ossa, dall' omoplato cioè fino alle cinque di- la colle loro lulangi, ma senza unghie. E mestieri levare gì inleginncnti per vederle . Servono esse a rendere più agile il corpo della balena al nuoto, e allorché le U.nimine allallano, dove sieno costret- te di (uggire, le avvolgono alla coda de'tìgliuolì per istrasci '. r'i seco. La coda è larga circa venti piedi, e grossa iti propor/jon ■, Essa termina in due lobi frastaglia- ti : posta orizzontalmente, e rivolta alT insù , sì che lia la forma di una forchetta. E tanta la forza del- la coda, che con essa la balena uccide ci un sol colpo il suo più fiero nemico eh è il liocorno ma- rino ( monedon monoceros ). Per lai modo colle pinne pettorali e colla coda quest' animale nuota velocissimo, renduto ancora più leggiero dal gras- so interno. E siccome essa , secondo 1 A. , restiin- ge a volontà il piopiio volume alioicliè si attuffa in mare, e lo allarg» ritornando a galla, non sa- remmo lontani dal prestar fede a coloro che re- centemente opinarono non essere il /o^aorie un budello della balena, ma bensì un otre d'aria eh' essa ha lacoltà d' empire e vuotare a suo talento, onde rendersi più leggiera o più grave secondo le circostanze. La struttura ossea è in tutto simile a quella de' quadrupedi terrestri , se non che la proporzio- ne n' è decupla. Il iVioIina esaminò una balena , arrenatasi sulle coste del Chili, e ne misurò una costola che trovò essere lunga sedici piedi ,e larga tredici pollici. Le genti del paese a avevano tol- L% Balene 5i te e ripulite le vertebre , ognuna delle quali sor- viva loro per sedervi sopra. Quindi egli calcolò la lunghezza totale di quel cetaceo in circa ottanta piedi. I visceri sono essi pure simili a quelli de' qua- drupedi terrestri. Il sangue della balena è rosso e cal- do, e circola dal polmone al restante del corpo per mezzo del cuore (che ha due ventricoli )e delle vene. Lo stomaco è diviso in cinque cavità,ciò che ravvici- na questo cetaceo ai ruminanti . Ma siccome poi esso si pasce di animali , perciò partecipa della natura de' carnivori. Per la qual cosa non può dir- si propriamente ne ruminante, ne carnivoro , nò an- fibio, giacché respira co' polmoni e non può dura- re più d' un quarto d' ora sotto acqua. Oltre al grasso interno esso ne ha un altro tra carne e pel- le , alto circa un piede, che lo difende dall' umido e dal freddo. Il suo cervello in fine è piccolo , mentre però il cranio è grandissimo. Quindi il va- no che resta è tutto occupato da quella materia oleosa, che appellasi abusivamente sperma-ceti. Quantunque le balene vadano a branchi , sem- brano però monogame, perchè il maschio si ve- de sempre accompagnato dalla sua femmina, eh' è piti piccola di lui. Gli organi della generazione ne' maschi ed i sessuali nelle femmine sono simili a quelli de' quadrupedi terrestri. Le ultime hanno due sole mammelle , collocate presso la vagina , e nascoste , quando non allattano , nelle rughe del- la pelle. Allorché porgono il latte sono spinte in- nanzi per la lunghezza degli otto ai dodici polli- ci, e per un piede di circonferenza. La gravidanza della balena dura dieci mesi , e i parti accado- no nel giugno verso il nord , e nell' ottobre nell opposto emisfero. Il feto è interamente formato quando é giunto alla grandezza di diecissette poi- 4' Sa Se } E N z e; Ilei , e quando viene alU luce ha già venti pie- di , ciica , di lunghezza. Allorché s' avvicina il parto, la madre cerca seni , coste , o isole deserte per deporvi i feti che rare volte sono più d' uno. Appena nato il figliuolo, essa gli volta tosto il fian- co e gli presenta le mammelle . L' allattamento continua per un anno , durante il quale la ma- dre dimagrisce, e Tallievo diventa grasso al pun- to da potersi ricavare dal suo corpo cinquanta botti di grasso . E cosa perù assai difficile il poterlo prendere, perchè la madre , timida per natura , diventa in questo caso ferocissima e lo difonde fino alla morte . I figliuoli cresciuti non abbandonano i padri che quando sono in istato di divenir padri essi pure. Secondo 1' età muta- no il colore che da bruno sopra , ed argentino sotto il ventre , diventa nero. L' inglese Ellis as- sicura aver vedute balene bianche circa la peni- sola del Groenlaud, e il N. A. attribuisce que- sto fenomeno ali" eccessivo freddo di quel clima. Le najadi , le anfitriti , le doridi , i gran- chi , 1 pesciolini appena nati , glinsetti e i vermi d'acqua , conosciuti da' marinari sotto il nome di ivaUJischaas ( carogna di balena ) sono il pasto del- le balene, le quali ne ingoiano giornalmente una infinità ; e così alimentano il loro enorme corpo . Gli escrementi che risultano da questa pastura so- no per lo più solidi, del color d'arancio: inodorosì , e servono a tingere durevolmente le tele in un bel rosso. Gli arancani, popolo libero del Chili, cre- dono che tali materie purgate da' raggi del sole passino allo stato d'ambra grigia . Ma l'A- osserva sagacemente che i naturalisti credono ora diver- samente , e sentono che questa sostanza si trovi ancora negli intestini del cachalotlo macrocefalo , Le Balene 53 e iia un bitume sottacqueo irigliiottito da questi animali, o un tritume di seppie delle quali soglio- no cibarsi . Infatti possiamo aggiungere francamen- te, che l'ambra-grigia o ambra- autosperma è do- vuta al T^s^Yere w^^croce/vi/o , il quale ha uUa ves- sica particolare, entro cui la sostanza delta tro- vasi formata in palle per Tordinario di tre tino a dodici pollici di diametro. La vescica è ovale; lunga tre o quattro piedi , e larga due o tre . Es- sa è ripiena d'un umore oscuro, colore d'arancio, meno deui'o dell' olio , e d' un odore piiì acu- to delle palle autospermatiche che vi nuotano dentro, e non sono mai più di quattro, e pesa- no da una libbra e mezza fino alle venti libbre . Una sola finora se n' è trovata di questo ultimo pe^ so, ma era unica nella vessica. Passa quindi l'A. a confutare il celebre Buffon^ il quale negò le balene al polo antartico , e ad- duce in prova le relazioni de' più famosi naviga- tori che ne incontrarono molte e smisurate tra l'iso- la del Fuoco e quella degli Stati all' estremità dell' America meridionale. JN'è si contengono esse in que' soli mari, ma scorrono fino al Brasile, alla Gui- nea, al Chili ed al Perù. E qui narra VA., ciò che avvenne a La Peyrouse, il quale uscendo il por- to della Concezione fu attorniato da moltissime ba- lene che gettarono torrenti d'acqua sopra i suoi le- gni. Il Molina stesso ne vide cirCa quattrocento là dove il lago Bucaiemo sbocca nel mare . E nel viaggio eh' ei fece dal Chili al Perù , due balene boops seguitando la sua nave, passavano e ripas- savano sotto questa per isfregarsi il dorso alla co- lomba con grave pericolo de' naviganti . L'acqua che rigettavano dalle nari mandava un odore am- morbante . 54 Scienze Comecché la halena sia per Indole pacifica, nullameno lia molti nemici . Primi fra tutti sono il pesce cane e il pfsce-sega , alla vista de' quali s'atterrisce e fugge . Ma raggiunta da costoro , che sono di lei più veloci , è astretta a rivolgersi per combattere. Se gli assalitori son pochi, essa ne uc- cide talvolta alcuni a colpi di coda, e quindi si sot- traggo agli altri colla fuga. Ma se sono molti, ri- mano uccisa , perchè investita per ogni parte non può schermirsi da' morsi di que' mostri armati di triplice dentatiM-a. Shnif» essa, e percuote colle pin- ne e colla coda i nen»ici , volgendosi rapidamente or contro l'uno or contio l'altro, finche stanca e intlebolita pel sangue perduto si tuffa nel mare ; ma inutilmente , perchè inseguita dagli avversari e vinta dal bisogno di respirare , gli è forza tornare a galla, ove si ricomincia la battaglia che termina col- la di lei morte. Il cachalotto o fisitere mlcrope , e il gran del- fino orca ^ detto da marinari .ijrawyow,?a , mostri del- la stessa famiglia della balena , la perseguono pure a morte. L'ulliiiio di questi, oltre fort/'ssimi den- ti, ha sul dorso nn acuto stocco, lungo circa sei piedi, col quale le fora il ventre. Anche gli uccel- li marini assalgono a torme questa regina de'mari, e ne portano a brani il grasso che ricuopre le sue carni . Finalmente i pidocchi marini s'annidano anch' essi nella sua pelle per succhiarle il sangue. Il più fiero nemico però di quell' innocente animale è l'uomo. Esso uccide più balene in un an- no ,che non ne uccìdono tutti gli avversari discor- si di sopra in molto tempo . L'A. ricerca in qual epoca avesse origine questa caccia, e non trova pres- so gli antichi che il poeta Oppiano, contempora- neo degli Antonini, il quale ne fa menzione nel V. Le Baiene 55 ìib. degli Alieutici , e dice che i pescatori del setten- trione usavano attaccare alle balene pulloni pieni d'aria per astringerle a stara a galla onde uccider- le più facilmente . Artificio singolare e degno di considerazione , ove si rifletta come que' barbiari antichi trassero profitto dalla differenza specifica de' corpi senza conoscere le leggi della fisica . E questo modo è in uso ancora oggidì tra' groelan- desi , siccome afferma l'A. Il celebre Kant aggiun- ge poi , eh' oltre i palloni attaccati agli uncini, que* pescatori si rivestono d'abiti fatti di pelle di vi- tello marino , ed enfiati con aria per nuotar più agilmente e per travagliare colle accette a stac- care il grasso dai cadavere della balena . E per altro maggior ardimento quello de' floridiani , che ci viene narrato d;d Molina. Costoro s'armano sol- tanto d'un martello e di due cunei di legno, e av- vicinando destramente la balena le saltano a caval- lo presso la testa , e prestamente le conficcano nel sinistro orifizio delle nari uno de' cunei . Vinta es- sa dal dolore s'immerge nell' acqua, e il caccia- tore scende seco e le si tiene aderente al dorso fino a che torni a galla per respirare, locchè ac- cade ben tosto. Allora le viene conficcato nell'al- tro orifizio il secondo cuneo : per la qual cosa riman soffocata e preda dell' audace assalitore . Il N. A. crede che la pesca delle balene sì cominciasse dagli europei intorno la fine del se- colo XI, e che primi fossero gli abitanti di Bil- bao Lilla Spagna, e quelli di i3ajona in Francia. Noi però non possiamo far a meno di osservare che i norvegesi a'tempi di Alfredo il grande , cioè intor- no al 900 , occupavansi già di questa pesca. Ond' è che i biscaini vennero dopo a tale Impresa, e so- li la tennero poi per lungo tempo, così che an- 56 Scienze Cora nel i575 gì' inglesi ebbero d'uopo torre dalla Biscaglia gli uomini avvezzi a questa caccia . Gli olandesi , i francesi , i danesi e gli amburghesi presero parte successivamente a questo ramo d'in- dustria. Col l'andar del tempo tale concorrenza fu ca- gione d ostinate guerre che non ebbero termine che colla divisione de' mari in certi spazj , entro i qua- li ogni nazione potesse esercitare esclusivamente la pesca . L' A. calcola che gli europei impiegavano annuamente nella pesca trecento bastimenti, la me- tà de' quali , die' egli, erano olandesi. Secondo pe- rò il calcolo dell'Anderson, stor. del commercio, nel 1721 solamente presso Groenland e lo stret- to di Davis , ne furono impiegali 355, e di questi 25i appartenevano all' Olanda . JNei quarantasei an- ni immediatamente antecedenti, gli olandesi aveva- no mandati alla pesca 588G vascelli, e prese 32907 balene, il total valore delle quali fa l'Anderson ascen- dere a più di sedici millioni di lire sterline. Circa il numero delle balene uccise dal principio sino alla fine del secolo passato , il Molina fa ragione che am- monti al numero di duecento mila , giacché se ne prendevano intorno due mila un anno per l'altro; oad'è che compresa insieme la vendila dell'olio, dello sperma-ceti e delle ossa di balena, il cui va- lore è da lui notato in due millioni di scudi ogni anno , si avrebbe il risultamento del prodotto d'un secolo in duecento millioni di scudi. Sembra ora che il numero di questi animali sia diminuito per tanta e così ostinala strage. Quin- di i pescatori saranno costretti a sostencie maggio- ri spese , fatiche, e pericoli in rivolgendosi alTemi- sfero australe , dove le balene si stettero tranquille fino agli ultimi anni dello scorso secolo. Gli ame- Le Balene 5>j ricani settentrionali sono stati i primi a dar loro la caccia , varcando con piccole navi e con infini- to ardimento il vasto Atlantico ; raddoppiando il tempestoso capo di Horn , e scorrendo nel mare del Sud fino a' ghiacci antartici. Prima però di seguire il N. A nella descrizio- ne eh' ei fa del modo che tengono gli americani in questa caccia, diremo alcuna cosa di quella dell' opposto emisfero , onde i nostri leggitori abbiano intera cognizione di così interessante e curioso ar- gomento. I bastimenti destinati alla pesca della balena partono verso il nord nel mese di marzo. Sono es- si grandi e forti, e sempre maggiori di cento pie- di di lunghezza , con cinquanta uomini , circa , d' e- quipaggio" Ogni bastimento ha sette lance o piccoli schifi , due o tre de' quali vengono montati all' uo- po da' più coraggiosi tra' marinari. Appena scuopresi la balena, gli schifi remigano con cautela versoli fian- co di quella per essere meno esposti e per non farla fuggire. Giunti a una certa distanza il ramponiere lancia il rampone, eh' è una chiaverina lunga cin- que in sei piedi , fornita di uncinetti o denti d'accia- jo. A questa è attaccata una corda lunga circa sei- cento braccia , rivolta su per un cilindro posto nel- la prora della lancia, il quale gira con grande pre- stezza, e rilascia la corda a misura che la balena feri- ta s'affonda in mare. Se questa corda non basta, allo- ra i marinari vi attancano all' estremità un galleg- giante per seguire la traccia dell' animale. Allorché dopo un quarto d'ora ei ritorna a galla per respirare, è assalito con nuovi ramponi, e tante volte ferito fin- ché rimaso esangue si fermi immoto sulT acqua . Per farlo abbassare e montarvi sopra piià comoda- mente i marinari forano qnell' otre d' aria detto la- 53 S e I E N- Z E caone^ che la balena lia dentro il ventre. Quindi \é legano molte corde alla coda, e L tir;ino con tutte le lancia verso il bastimento, al quale viene attaccata colle corde stesse. Qui cominciano a levarne il gras- so , o lardo, clic si s'iva nelle bolli recate a quest'uo- po. Tagliano la mascella superiore per tirarne le bar- be o ossa di balena, eia inferiore qualche volta, per- chè ne suole colare una intera botte di gras^io squi- sito. Il migliore è quello che scorre da se , ed è chiaro e di colore bianco giallastro. Quello che de- riva della fusione a fuoco è denso e bruno. Da cen- to barili di lardo se ne ricavano circa novanta di grasso fuso , e una balena di mediocre grandezza somministra un carico completo per un bastimento a tre alberi. Il lardo viene trasportato ne' porti per essere strutto in caldaje. La carne e lo scheletro ri- mangono abbandonati ali onde. Tornando ora alla pesca che fanno gli americani ne' mari australi, dona il Molina una prova di quel- lo che può r educa/Jone ben diretta sopra abitato- ri di paesi sterili per natura- Racconta egli che il popolo di Nantuckct, isola posta presso le spiaggie di Boston^ sono i primi che siansi dedicati alla pe- sca della balena, per cui si sono fatti i più intrepi- di marinari di quella repubblica e forse di tutto il mondo. ,, L' educazione de' loro figli, die' egli, di- „ retta a questo fine é regolata in modo che fino ,, dall' età di dodici anni essi imparano a leggere, ,, scrivere, e conteggiare. Indi per lo spazio di due ,. anni s' esercitano nell' arti del carpentiere e del ,. bottajo, mestieri che si credono indispensabili pel „ genere di vita che debbono in seguito abbraccia- ,, re. Giunti ali età di quattordici anni si mandano „ al mare sui bastimenti destinati alla pesca delle ,, balene, dov' essi apprendono dai loro compagni le Le Balenk 59 ,, regole della navigazione Quindi essi gra- „ dualmente passano agli uffizj di rematori, di fio- ,, cinieri,di piloti, e di comandanti delle navi pesca- „ reccie ec. Racconta poscia come queste navi sia- no perla metà più piccole di quelle della pesca del nord. Esse non hanno che tredici uomini d'equipag- gio, cinque de'quali sono quasi sempre selvaggi, con- dotti a questa pesca per la loro bravura. JNessuno de' marinari può aver oltre i quaranta anni; perché dopo tale età non si estima aver T uomo vigore ba- stante per siffatta impresa . Poiché giungono essi al luogo della pesca, una sentinella collocata suU' albero maestro, vedendo la balena, grida awaite pa- wana^ cioè : veggo la balena. Si fa silenzio generale, finché lo stesso uomo ripete pawana, balena. Allo- ra tutti i marinari, tranne uno che resta a guar- dia del bastimento , discendono nelle lancie già mes- se in acqua ed armate. Per conseguente ogni lancia ha quattro remiganti, un piloto, e un fiociniere. Una precede, e l'altra le va dietro per soccorrerla in ca- so di bisogno. Il fiociniere della prima dà gli ordi- ni e re^'ola 1 assalto. Giunto presso la balena circa quindici passi , le scaglia con forza ed agilità il rampone , e rare volte fallisce il colpo . Nel rima- nente tutto accade come nella pesca verso il nord, meno che alcuni colà usano di lanciare il rampo- ne con un cannoncino carico di mezza libbra di pol- vere. £ qui cade in acconcio di citare una rela- zione pubblicata in questi ultimi giorni dal basti- mento baleniere il Fané , che nella pesca ha fatto uso de' razzi inventati da William Congrèue , ed ha morte con essi nove balene , sei delle quali han- no vissuto un solo quarto d' ora. Simili razzi so- no più efficaci del cannoncino detto di sopra, per- ché penetrano fino nell' interno dell' animale e vo- 6o Sciente Ttiitaticlo fuoco ne accelerano la morte . Essi sono facili a portarsi ed a lanciarsi . Lo sperimento del F cine metterà fuori d'uso il rampone lanciato a mano , il quale non è sempre scevro da pericoli del- la persona . Conchiude il Molina che gì' intrepidi abitato- ri di Nantucket ricavano da questo ramo d'indu- stria non solo di che fornire abbondantemente a'bi- sogni della vita, ma di che arricchire il loro com- mercio, aumentare la popolazione, e vivere felici. „ Così, die' egli, quella piccola isola, che appe* „ na contiene ventitré mila tornature di terreno , „ per lo pili sabbionoso , è divenuto un esempio di „ quanto può fare l'industria , sostenuta da una „ buona educazione. Tambroni. 6i LETTERATURA Intorno ad una biblioteca amena ed istruttiva per le donne gentili , la quale si stampa in Milano . Lettera del commendatore don Pietro de' principi Odescalchi al suo amico Salvatore Betti. AMICO CARISSIMO E, ira gran tempo ch'io mi sentiva fortissimo desi- derio neir animo di fare intendere a tutù per so- lenne maniera quanto alta sia la slima che tengo di voi, e quanto parziale quelf amicizia , la quale così caramente legandoci , non sarà mai per ve- nir meno fra noi né per processo di tempo , né per mutamento di circostanze, ma sì dui era quan- to il moto lontana. Parrà forse a taluno che io ab- bia colto mal punto per far chiari questi miei sen- timenti: e che vi presenti di ben poca cosa, inti- tolandovi una lettera intorno una biblioteca per le donne gentili, che si stampa in Milano per Giovan- ni Pirolta: e dirà ancora, che questo mio argomen- to non risponde affatto alia gravità di quei tanti vo- stri scritti, de' quali spesso solete fare grazioso re- galo a questo nostro giornale. Io per certo menti- rei per la gola se volessi sostenere essere di gran prezzo il soggetto , di che ho divisato parlarvi ; e vi giuro che non ne avrei fatto parola, se a ciò non iossi stato quasi forzato da coloro medesimi , che danno opera a questa impresa. Ma siccome mio in-r tendimento è quello di giovarmi di tale occasione, 62 Letteratura. come quasi di buon motivo e di facile introdu- zione per dire alcuna cosa dello spirito delle don- ne, e del peccato gravissimo nel quale cadon co- loro che le dispregiano e le hanno a vile; credo per questa parte di poter condurre il mio tema ad una certa tal quale leggiadria , che a voi del tutto non disconvenga , e sia a'nostri associati come un riposo dalla serietà di quelle materie di che siamo usati di trattenerli. L'opera, della quale mi occorre parlarvi, aìtro non è che un raccolto di composizioni lomanze, per mezzo delle quali gli editori tengono sicura spe- ranza di recar diletto ed istruzione alle donne. E perchè temevan essi, e a ragione , che s'imputas- se loro esser cosa di poco onore per quel sesso ca- rissimo l'intrattenerlo di favole e di finti racconti: perciò nella introduzione si son fatti con tutto l'ani- mo a difendere i romanzi , e a levarne a cielo la utilità : dicendo , eh' essi formano quella facilissi- ma strada , .tutta bella, e tutta piana, per la qua- le si conduce altrui al bene , e si distraggo- no affatto dal male : e che ciò si ottiene col mez- zo di quel maraviglioso ( vi ripeto quasi le loro stesse parole) che ha somma forza di allettare: col mezzo di quelle tenere commozioni, che sono nutri- mento dell' uman cuore: col mezzo infine di quel- la curiosità , che mossa con diletto , è avida sem- pre d'apprendere. Ma se egli è vero , come non può negarsi , quello che ci dice Plutarco : essere cioè nelle donne una virtù, e per questa virtù poter esse intender benissimo quelle cose medesime che inten- dono gli uomini': ditemi , perchè dunque nasconderle loro? Perchè loro offrirle alterate e guaste da fin- zioni e da favole ? Credetemi , che la cosa portata per questo modo sente troppo dell' orgoglio , e di Biblioteca per le donìxs QS quell'amore che hanno gli uomini di primeggiare- e a me sembra che per nostra parte sia un peccato di molto gran peso centra questa virtù il voler te- nere le donne da mono di quello che sono. Avete a badare, che il voler dilettare ed istrui- re le donne per via de romanzi non solo la credo di assai poco onore per esse , ma che anche si pos- sa lor lacilmenle vollare in male e danno gravissimo. Perchè vero è che elle hanno una pari virtù che gli uominii ma è vero eziandio che questi due sessi nou hanno una eguale l'orza di passione : ragion ppv cui le donne , a causa l'orse delia loro li])ra delicatis- ma, che si muove e si altera per le più leggere cagioni, sentono queste passioni medesime di una ma- niera alta , veemente , e di una l'orza maggiore di quella che le sentono gli uomini . Ora voi verrete forse con me, e direte che queste passioni foi ma- no il mirabile e il bello delle graziose donne ^ e finché le stanno chiuse entro quei cari limiti di na- tura e di ragione , Tanno d'esse una vaghissima co- sa , e le rendono l'ornamento il più dolce e il più pregievole delle famiglie e della società. Ma se coi mezzo de' romanzi , se col mezzo appunto di quel loro maraviglioso, di quelle loro tenere commozio- ni, di quella curiosità eh' essi muovono , veniamo a mettere le femminili passioni in commovimento , e le facciamo uscire de' termini entro a'quali le si stavano in placidissima calma, porremo noi que- ste donne fuori affatto della natura,- e dall'essere tutte ingenuità, tutte semplicità, tutte grazie e vez- zi, le vedremo andare tutte arte , tutte studio, tut- te calde infine di un sentimento , che ha stanza piuttosto nella fervida loro imaginazione , anziché uel loro cuore. E infatti perchè mai d'un cajìo mat- }o Q Stranissimo, che una cosa ti dice e i altra ti Q^ Letteratura fa , clic una cosa vuole e disvuole ad un tempo, che ti piange quasi come grande disavventura un caso il più indifferente, perchè mai diciamo ch'es- so ha un cervello riscddato, e che il modo suo d'operare tiene del romanzesco? Noi diciamo for- se perchè egli è appunto fuori di natura , ed ha sormontato quei limiti, entro a'quali avrebbe dovu- to starsi per essere a comune cogli altri? Ma sa- pete voi che hanno l'alto gli editori milanesi per- chè niuno avesse ardimento di dir loro, che ave- vano formato assai cattivo pensiero col proporsi d'istruire per via di romanzi? Hauuo recate innan- zi le autorità di Fozio , di Teodoro Prodomo , di Eliodoro, di Achille Tazio , di Enea Silvio , di Bacone di Verulamio , di Fenelon, e di Ugo Blair, ì quali tutti lodaiouo le composizioni romanze, e le dissero una dipintura de' costumi , e de' casi del- la vita umana : che mostrano gli errori ne' quali siam tratti dalle nostre passioni : che sono capaci a far sempre più bella e cara la virtù ; e a met- ter neir animo maggiore odio alla bruttura del vi- zio; e che sono infiie un de'mezzi migliori per tra- smettere l'istruzione. Que' grandi però , che così la discorsero , poleron forse cogliere il vero parlan- do de' pregi de' romanzi in astratto ; ma venendo al concreto ( la prima cosa che dev' essere attesa ) oh, il dirò pure, s'ingannaron di lungo. Ed infatti si permetta ch'io chiedagli editori d'una sola co- sa ; ed è che mi sappiano dire , se i romanzi che abbiamo, e che tuttogiorno vengono in luce, ri- spondano veramente alle leggi che da quei sommi nomini si vogliono osservate - Quali casi della uma- na vita ci dipingono? Quali errori ci rilevano ^ Qua- li virtù ci fanno care? Di quali istruzioni mai ci sono maestri , e le Clarisse, e lu Eloise, e' i Wer- BlBLIOTETA PER LR DONNE 6S ter, e i Jacopo Ortis, e le Terese, e i Gianfal- doni ? A me pare che nulla di quello che dovreb- be essere sia in tali '•omposizioni : ma veggo piut- tosto , e con amarezza di cuore il dico , le pas- sioni più sfrenate e più pazze poste sotto colori in- gannevoli, che ti allettano , e ti trascinano ancor tuo malgrado. I più sacri doveri e di figlia , e di sposa , e di madre vi stanno siccome leggi duris- sime , e quasi impossibili a portarsi : gli eccessi, a' quali appena può giungere un disperato furore , e da cni rifugge inorridita la stessa natura, vi sa- no offerti come solo e debito mezzo pev sottrarsi alle contrarietà della vita. Certo che se tutti i ro- manzi fossero condotti co'principj gravissimi, e tut- ti pieni delia più giusta e severa filosofia , coi qua- li il gran Senofonte scrisse la Giropedia , e Fene- lon il Telemaco , e il Barthelemy il viaggio in Gre- cia del suo giovane Anacaisi , si avrebbero bene in così fatti lavori il vivo specchio d'ogni bontà e gen- tilezza, e la fonte di molte e copiose istruzioni ; e i leggitori, secondo quegli atti esempj, comporreb- bero gli animi loro a sapienza e vii lù. Ma purtrop- po si somigliano tanto i moderni romanzi agli an- tichi , quanto uu pigmeo a .un gigante. Fa d'uopo tener come precetto, che il roman* zo nuir altro è che un poema senza numero metri* co: che abbisogna di un fondo di verità, perchè la illusione non ne rimanga scem^a : che i caratte- ri de' personaggi o degli eroi vi debbono stare se- condo natura , perchè possano esser dall' uomo rag- giunti con facile imitazione. Ho gran timore , carissimo amico , che voi abbiate a dolervi di me , perchè in questa mia let- tera vi meni assai per le lunghe ; ma vi prego ad avere pazienza; poiché quell'argomento, che in sul- G.AT.XIV. 5 06 Lettera t r a a le prime mosse parevami umile e povero , mi si fa grande e ricco sotto la penna. A mostrarvi però che me caro di non abusarmi poi tanto di vostra gen- tilezza : passo subito innanzi a toccarvi qualche pa- rola del primo romanzo , col quale si apre la bi- blioteca. Lsso è tratto dalle opere di Augusto La- l'ontaine di Brunswich , autore ancor vivo , e che da' prelodati editori è onorato di molle lodi . Di- cono essi d' aver dovuto usare assai diligenza nel far tale scelta ; e v'ha bene di che dar loro ra- gione ; perchè avendo il Latbntaine resi di pubbli- co dritto cento venti volumi in dodici grande (che tanti sono quelli dell' ultima edizione di Berlino) , e tutti conserrati a romanzi , poteva benissimo in- contrarsi dubbiezza nel definire quale fosse il più bello e il più nobile, e quale fra tutti meglio ri- spondesse al line di un' opera, che dovea essere di diletto e distruzione alle donne gentili. Questa scel- ta è andata su di un romanzo , che ha per titolo Le coìifessioìii al sepolcro . Vedete, la prima cosa, titolo prezioso e caro ! Vedete qual convenienza d'idee vi cade subito nella mente ! Dall' una par- te quel sentire una cosa offerta alle donne , vi fa subilo venir nel pensiero una infinità di dolcez- ze e di bellissime cortesie: credete che tutto vi deb- ba ridere intorno : e già ve ne gode il cuor tut- to quanto. Dall'altra quei sepolcri , oh Dio ! vi mettono neir anima un ribrezzo, un orrore, un rac- capriccio , e vi sentite quasi tremare le vene e i polsi alla terribile idea della eterna stanza di morte. Ma andiamo innanzi , perchè ho qualche altro regalo a farvi simile a questo. La narrazione del fat- to, sul quale raggirasi questo romanzo , è brevis- sima e della maggiore semplicità . Un certo Er- Biblioteca per le donne G'j manne , ispettore delle foreste di un principe del- la Germania , perde nella vecchia età sua un atìii- co., che amava di sincerissimo amore. Una tal mor- te lo pone subifo in una profonda melanconia : i suoi pensieri non si volgono ad altro che sul finir delle cose , e come o presto o tardi la morte t'ag- giunge , e ti mette in grembo all' eternità. Questo pensiero lo la tremare d'assai , e sì lo prende nel- la imaginazione, che gli par quasi di dover man- care fra pochi istanti alla vita ; e ponendo ango- scioso ora luna mano a'polsi per misurarne le bat- tute , ora l'altra alla fronte per sentire s'era ancor presa d'alcun freddo sudore, eccovi un secondo pen- siero che lo distrae affatto dal primo. Si fa il buon vecchio a riandare gli anni di sua giovinezza , e a discorrere nella mente tutte le vicissitudini della sua vita; e persuaso che la narrazione dei casi suoi pos- sa partorire un qualche buon frutto negli animi de' lettori, si pone ordinatamente a narrare tutta l'isto- ria sua: e questa istoria è da lui detta le Confes~ sioni al sepolcro. Non aggiungo di più, perchè non voglio recarvi noia, e perche pare che la cosa non meriti il tratlenervisi davantaggio. Solo, vi dirò i titoli dei paragrafi del i ." volume, onde ne possia- te voi stesso formar giudizio. I titoli son questi : La morte -^ Io . . ; La scoperta di un tesoro:, Il bal- lo delle fate ; // giovine ispettore delle f or este\ La madre ; L omicidio ; Essi si riveggono ; La promes- sa violata ; La primavera della mia famiglia : L'usa- rajo :, Le prime burrasche di mia vita . Or dite voi, caro Betti , se punto dissimili a questi potrebber essere i titoli di quelle magre favolette, con cui la povera vecchierella , che consuma le sue dita filan- do, studiasi presso il suo letticciuolo d'invitare al sonno quel caro fanciullo, di che le occorre aver 5' 68 LETTEnATURA cura ? Io non ho che tre soli volumi di questa bi- blioteca , e tutti e tre sono intorno a simili con- fessioni , e credo bene che anderan più oltre; non essendo ancor terminato il racconto delle avventu- re di Ermanno. Toccherò ora qualche cosa ancor dello stile, affinchè vi abbiate di tutto un saggio; e per esse- re discretissimo , prenderò due o tre coserelle del i." capitolo, cosicché se queste pel loro dolce vi toccano l'ugola , possiate poi da voi medesimo sa- ziarvene pienamente leggendo Topera per intero. Sa- pete voi a che mai vengano rassjmigliati dal La- fon taine i conti che il vecchio Ermanno fa con la morte , quando si tocca i polsi , e si pone la ma- no in Ironte ? Dice ch'essi non furon per lui piij che una specie di carta geografica della sua vita, sulla quale gittava gli occhi per godere un altra vol- ta del passalo . E quando Ermanuo dimanda a se stesso perchè i casi della sua vita non avrebbero potuto recar qualche buon frutto nei leggitori , sa- pete voi come egli si esprime? Eccov(;lo, e tene- tevi anche quest' altra gemma , tutto sapore roman- tico: Ma per die le. lacrime e il saw^ue non potreb- bero essere la rugiada d una bella messe ì E non lo sono esse adunque ? Ecco la dimanda che feci a me medesimo . Ed ecco come venni noturalmenle alle mie confessioni sul sepolcro ... Ma perchè dar- vi solo di queste bricciole ? Eccovi il principio del primo capitolo, ed abbiatevi con ciò una idea anche più chiara dello stile di questo autore, e ve- dete qual saporito piattello si oilVe a gustare alle amabili- donne. Jeri mi stava lì ritto in piedi al let- to di morte del mio vecchio amico. j4h ! non più che cinque giorni prima seduto a canto a me ad una lieta mensa es^li godeva della vita con quella alle^rez' Biblioteca per le donni: Gjy za che ispira una salute sicura , ed eccolo intanto steso lì ... I suoi occhi spenti sono rivolti ad urt mondo migliore , le sue mani indebolite hanno cedu" to allo sforzo fatto in piegarsi per pregare . . , Le pallide sue labbra non hanno potuto pronunciare un ultimo addio al suo amico ! . . . Egli sospirò . . . e morì .... Poffar Dio ! E sarà egli vero che in Italia si abbiano a legger di tali scempiaggini, che li serrano il cuore , e ti mettono quasi fuor della mente! E noi patiremo con quieto animo, che ope- re tutte ghiaccio settentrionale , abbian pure a vestirsi delle soavità e delle grazie di questo nostro bellissimo idioma , e baldanzose menin trionfo a Roma , a Napoli , a Milano , a l'irenze , a Tori- no ; e le si presentino alle nostre donne, siccome gioje di raro valore , col fino inganno di dilettar- le e istruirle? E sarà vero che di questa vile mo- neta pagheremo quel nobile sesso, che ha cresciu- to onore alla italiana letteratura e con le Isotté Nogarola , e con le Battiste Sforza , o con le Vit- torio Colonna , e con le Veroniche Gambara , e con le Cassandre Fedeli, e con le Stampa , e con le Bas- si, e con le Agnesi , e con le Manzolini , e con le Tambroni, e con tante altre ^ Io per certo noi sa- prò loro mai menar buono ; e dico apertissimamen- te , che questo è un tradirle e invilirle , e che a diritto meriteremmo che questi adorabili esseri ci mostrassero un certo mal viso, e ci diifcaccias- S(^r da loro ^ e mai più non ci consolassero ncp- pur d\in sorriso. Per tutto ciò a me pare , mio dolce ami- co ^ potersi dire con buon giudizio^ non essere que- sta certamente lepoca piiì gloriosa per le nostre don- ne, le quali purtroppo con amarezza d animo deb- bono tornarsi in mente que tempi per loro anto <^o Letteratura onorevoli , in che le si vedevano celebrale per tut-» ta Europa come cose quasi divine. Purtroppo il nostro secolo sì meritevol di fama per grandi latti ed alti trovali , perde molto di suo splendore in ciò che risguarda le donne, allontanan- dosi di sì gran lunga da quello che solamente prr esse ebbesi nome di secolo della cavalleria. Oh allora sì che le belle godevansi la loro vita ! Perchè polca qua- si dirsi, essere tuttaquanla Europa un largo campo su cui scelti guerrieri non d' altro adorni che delle ci- fre e de' nastri delle loro signore, combatevan so- lo per guadagnarsi un sorriso e uno sguardo della bellezza. I trovatori, colle loro leggende colle can- zoni co' serventesi e con altre rime cavalleresche , cantavano con alti spiriti le giazie e le virili delle donne ; e i tornei si ferivano solo in onore del ses- so gentile. Ora per contrario le donne sono con ninna riconoscenza ripatate generalmente per diver- sa maniera; e ne' teatri, e negli scritti, e nelle al- legre brigate, senza freno alcuno di . rimordimento e vergogna , s' opera con false accuse e belfe studiate e freddissime di muovere il riso sopra i più cari loro attributi ; come se avessero elle ces- sato d' essere ciò che sempre le sono state , e che sempre saranno. Non avete a creder però esser mio inten- dimento in questa lettera di voler levare le donne pili alto eh' elle devono slare. Non mi io vincere da parzialità ; ma non potrò mai sofferire che le si abbiano a riputare da meno di quello che sono, e che si vogliano villan;imente sprezzare. Onde per questa ragione lodo e pregio altamente coloro , che presi da vera slima verso il bel sesso scrissero per le donne il newlonianismo , e composero lezioni di chimica : ma, alarvi chiaro ciò ch'io penso nel Biblioteca per le donne ni mio segretissimo, dirovi non sembrarmi le scienze essere quella cosa che si convenga meglio alle don- ne ; e dico ciò , qualunque la nostra Italia anche in fatto di scienze abbia avuto così grandi coltiva- trici da stare a pari per ogni ragione con grandis- simi uomini. E che ciò sia il vero , voi subilo lo vedrete se per alcun poco porrete mente alla donnesca na- turale costituzione. Ella è cosa certissima , che la natura in formar esseri così leggiadri ha quasi vo- luto indicare il vero modello della bellez^a. Onde pare che in esse tutto debba ess(r riso , tutto grazia , e diletto. Ma oh come corrisponderebbero male a tanto gran dono della natura , se le do\ es- ser© r intero dì sedersi tutte accigliate in compa- gnia d' Euclide o di Galileo , e quelle dilicate ma- ni usare o sulla pila voltiana , o sugli apparecchi di Gesalpino e Mascagni ! Ecco , amico dolcissi- mo, come mancherebbero a ciò che la società esi- ge da esse: come contra ricrebbero a quello che la stessa loro fisica costituzione così tenera e molle sembra non voler comportare. Ma fate pur che le donve vincano con bell'arte questa loro naturale mollezza , e con desiderio si pongano ad istcìdiare le scienze. Voi sapete meglio di me come subito le vengan trattate le poverelle, e cosa mai allora ne dica la società. Perchè sanno più in là di que' loro donneschi lavori , dette son dottoresse ; e sep- pure in loio presenza sono levate a cielo le doti del loro spirito, quando non lesi hanno più dinan- zi gli ocelli si va dicendo , che sono saputelle e nojose : e si ode predicare da ognuno , le donne non essere fatte già per intendere a gravi dottrine, ma sì per aver cura soltanto delle famiglie, e pren- der pensiero delle faccende dimestiche . Lascino ^a Letteratura star dunque le scienze agli uomini , e si dieno piut- tosto alle lettere, ch'essendo più gentil cosa più si affanno a un animo gentilissimo. Ecco per mio avviso la via da tenersi per for- mare una biblioteca, che alla femminile istruzione senza noja si convenisse. Per prima cosa vorrei che i classici fosser quegli unici, che quali ricche miniere d'ogni bontà offerissero di che tiattenere l'animo delle donne. Verrei quindi tessendo lezioni istoriche tratte la maggior parte da Senofonte e da Livio, e per questo modo farei loro conoscere i due più famosi popoli della terra, onde vedessero per quali nobili fatti sieno montati in altissima fama , e coronati immortali . Dalle istorie generali verrei per un egual metodo a parlare loro della nostra Italia, e vorrei eh' esse intendessero bene come sempre questa bella parte dell' Europa sia stata soggetta a gravissimi mutamenti ; e quali intestine sette f ab- biano sempre scossa e agitata : e a ciò mi giove- rei principalmente delle istorie del Guicciardini e del Denina. E perchè si avessero quasi un' appli- cazione della istoria e de' grandi esempj da se- guire , il che è il più eloquente modo di persua- dere , presenterei loro le vite degli uomini illustri di Plutarco , quelle degl' imperatori di Svetonio , e delle imperatrici di Crevier, dalle quali rileve- rebbero le chiare gcste de' più celebrati eroi di Grecia e di Pioma , e i vizi di molti re e capita- ni , e le abborrite lascivie e le adorate virtù dì tante spose dei dominatori del mondo , e quasi malgrado loro sentirebbero a nascersi in cuore il dolce amore di patria e del retto. Ad unir poi alla istruzione un piacere , dal quale però lo spi- nto delle donne non rimanesse avvilito, ma aves- se all' opposto di che ornarsi e di che farsi som- Biblioteca per le doktni ^3 pre più bello , vorrei che mettessero il lor dilet- to in udirsi ragionare di Omero , di Virgilio , di Dante, d'Ariosto, di Tasso. E perchè la noja non mai le vincesse in leggendo quei lunghi poemi , ma le fosser dirette con savio discernimento in mezzo le tante bellezze onde vanno ricchissimi , intitolerei loro tante lettere, in una parte delle quali darei un breve estratto de' canti di quel poema di cui vorrebbesi ragionare , affinchè vedessero mano ma- no la condotta tenuta in quegli eccellenti esem- plari : e mi studierei che tutte ne gustassero le gran- dezze e le grazie. In Omero e Virgilio ed Ariosto, a cagion d'esempio , vorrei che ammirassero le tante similitudini prese tutte dalla natura e sì bene ap- plicate ; la felicità di quelle descrizioni, i fatti e le rassegne di grandi eserciti , e i combattimenti e i giuochi e i trionfi. Vorrei che mettessero mente alle costumanze de' tempi andati sia ne'sa- crificj , sia nelle vestimenta , ne' conviti, ne' parla- menti , e ne' gradi di dignità, e come tutto ve- nisse mosso e regolato da quella loro mitologica religione; e d'Omero in ispecial modo vorrei che col Gravina sentissero bene quel suo stile aperto^ ondeggiaìite , spazioso , quale appunto si convenir va a chi dietro di se tirar doveva t applauso e gli onori di tutte le città di Grecia. Vorrei che le donne ricevessero nella loro grazia il grande no- stro Alighieri , né gli facesser nidi viso solo per- chè al primo aspetto si presenta di quella ma- niera , che non sembra certo la piìi dolce e fa- cile d' averne diletto. Ma a poco a poco le fa- rei penetrare nelle diverse allegorie della divina commedia, darei loro a conoscere tutte le cagioni di quel fierissimo parteggiare di guelfi e di ghibellini, di bianchi e di negri, de' quali canta in que' suoi alti ^4 Letteratura versi ; e farei loro vedere come arditamente dipinge ^ per cui chiaro si conosce^ al dire dei Gozzi , che quel- la sua anima pittoresca non solo gli faceva com- prendere le cose quasi vive ed in corpo , e con quelle attitudini che si converrebbero in una te^ la o in un quadro , ma gliele faceva anche vesti- re con espressioni ^ che non agli orecchi suonano solamente , ma cogli occhi le vedei , e le senti col tatto ; onde quasi ogni suo pensiero più astratto , sottile , nuovo , o comunque si voglia , lo vesie^ per così dire ^ con un corpo visibile e palpabile. In Tas- so vorrei per ultimo die conoscessrro perfetta- mente r ammirabile ordine della sua epoppja : e co- me sempre grandissima e sempre regoUtre corra fino al suo termine : e come sempre vi sieno man- tenuti uguali i caratteri degli eroi : e come sia vario il descrivere que' tanti combattimenti ; e come gentili quegli episodj che ti trasportano tutta r anima . Finalmente darei loro a legge- re gli ammaestramenti degli antichi di Bartolo- meo da s. Concordo, e il governo delle famiglie del PandoUini ; perchè da quelle gravi massime dettate dalla più severa iìlosolia , e vestite di una lingua che riluce tutta dell'oro purissimo del buon secolo, si facessero ad inchinare i loro animi alle virtù, a infrenar le passioni che volessero met- tersi ne' loro cuori , e infine apprendessero dà que' sapienti a governare e dirigere a bene le loro famiglie. Fatemi ora grazia, carissimo amico, di dir- mi quale sia il giudizio che voi formate di que- sto mìo pensamento ? Credete voi che un' opera regolata per questo modo, sarebbe ella per riusci- re onorevole pel sesso leggiadro ? A me, se F amo- re d' una mia cosa non mi trasporta, pare che Biblioteca per le do.\ne ^5 grande frutto se ne raccorrebbe , e le donne ce ne dovrebbero sapere assai grado. Onde però si fa- cesse più chiaro che una tal biblioteca dovesse tutta essere di sola lor proprietà , cercherei anche avidamente la occasione di ragionar delle donne; e dov ella facile e spontanea mi si presentasse , me ne gioverei col maggior piacere. E però spie- gando loro i surriferiti poemi , mi farei a lodare r innocente semplicità di Erminia, darei onore al maschio valor di Camilla di Clorinda e di Bra- damante , e alle virtù di .Sofronia e d' Isabella : di- pingerei con modi di compassione i pietosi casi d'Ecuba, d'Andromaca, e di Francesca da Rimino, e farei veder loro quanto pianto e quanto san- gue costassero a' greci e a' trojani le mal viste bel- lezze della figliuola di Leda. Esporrei i fatti mag- giori della romana istoria, onde chiaro si mostra come anche le donne sentisser vivo amore di pa- tria : e però narrerei come in morte di Bruto si fa- cessero e!le dinanzi al popolo tutte vestite a bru- no piangendo la perdita del primo autore della lor libertà : come soie salvasser la patria dalla vendet- ta di Coriolatio : come a' tempi di Brenno riscat- tassero questa Roma , e con vera cittadina magna- nimità si spogliassero gli abbigliamenti d' oro e le gioje, meritando così dal senato il decreto di po- ter esser lodate in ringhiera ugualmente che gli uomini : e come nuovamente mettessero nel pubblico erario ogni loro prezioso arredo dopo la battaglia di Canne. Rischerei loro ad esempio la figliuola de'T oratore Ortensio , che non minore al padre neir eloquenza prese pubblicamente a difendere la causa delle donne, che nel secondo triunvirato vennero tassale di gravi contribuzioni: mostrerei il coraggio e il forte animo di quella Porzia , che ^() Letteratura presa d' aniore di libertà , e non reggendo al pen- siero che la dovesse mancare , si morì degna di Catone e di Bruto : e in mezzo alle delie , alle Gornelie, alle Marzie, alle Paoiine^ alle Agrippine di Germanico , alle PoUuzìe di Lj Vetere , donne tutte chiarissime per magnanime aziotii ; ijdditerei loro quell'Arria moglie di Peto, che ferendosi il seno mise sì gran coraggio nell' animo del marito. Ed ora per- chè ninna cosa tanto mi ha vinto di compassione, ninna tanto mi ha mosso il cuore di tenerezza, quan- to quella lettera di Plinio il giovane , ove si fa egli a narrare di questo fatto , deh concedetemi in grazia che ad onor delle donne io ve Ja torni in mente, volta in italiano con quel modo miglio- re , che per me si è potuto. „ Parmì aver no- ,^ tato ( così Plinio scriveva a Nipote ), i fatti e i ,, detti d' uomini e donne illustri alcuni essere più „ chiari , altri maggiori. Si è confermata jeri que- „ sta mia opinione col discorso di Fannia, nipote „ di queir Arria , la quale al suo marito fu esem- „ pio e sollievo in morte. Molte cose narrava mi „ deir ava sua non minori di questo fatto , ma „ conosciute meno : le quali io stimo dover es* ,, sere a te così maravigliose in leggendole , co- ,, me il furono a me in ascoltandole. Era mala- ,, to Cecinna Peto suo marito , ed era malato il ,, figlio , ambedue mortalmente* Come già vedeva* ,, si , il figlio morì ; un giovinetto di grande bel- „ lezza di corpo, e di uguale modestia d' animo, „ e a' genitori quasi più caro per altre virtù , ,, che pel nome di figlio. A lui la madre dis- „ pose in modo gli ultimi ulìicj , così condusse ,, r esequie , che 1' ignorasse il marito. E quan- „ tunque volte entrava in sua stanza , facca sem- „ biante che il figlio durasse ancora la vita , e ohe Biblioteca per le donnk nn meglio si stesse. A lui, che bene spesso diraan«ia- va cosa facesse il fanciullo , rispondeva : ha ben riposato , ed il cibo lo ha preso assai vof Icntieri. Quando poi le raffrenate lagrime la vincevano , e volevano con violenza uscir fuori degli occhi , si partiva di sua presenza , e al- lora davasi tutta al dolore . Sollevata , ritorna- vasi a lui con gli occhi asciutti, col volto rimesso , come se in sul limitare lasciato aves- se il dolore. Grandissimo è certamente quel fat- to di stringere il ferro , passarsi il petto , ca- varne il pugnale , presentarlo al marito , ag- giungendo quel detto immortale e quasi divino : Peto , non duole ; ma pur tuttavia meutr' ella ciò faceva e diceva, le eranordinauzi agli oc- chi la gloria e la immortalila.' Quanto maggio- re egli è senza prmnio d'immortalità, senza premio di gloria nasconder le lagrime , copri- re il dolore, e perduto il figlio mostrarsi ancor madre ! Scriboniano aveva mosse le armi nel- la lUiria centra Claudio . Peto eia stato del partito: e, ucciso Scriboniano, menavasi a Ro- ma. Stava egli per ascender la nave , ed Ar- ria pregava i soldati affinchè la imbarcassero seco ]m : imperocché ^ diceva, sarete certo per concedere ad un uomo consolare alcuni pic" doli servi , da' quali siagli apprestato il cibo , vestito , calzato. A tutto questo basterò sola io. Nulla ottenne ; noleggiò allora un navicello da pesca , e da vicino seguì la gran nave . £1- , la dinanzi a Claudio alla moglie di Scribonia- , no , mentre era per palesare i complici, dis- , se; io ascolterò te^ nel cui seno Scriboniano fa , ucciso^ e vi\.>i 7 D' onde si fa mani lesto, che , il pensiero d' una morte bellissima non venne ng L E T T E R A T L R A /-in ella subitamente.. Allorché Trasea suo geme- rò la scongiurava , perchè non si volesse mori- re. Ira le altre cose le disse: vorresti tu adun- que'^ che la figliuola tua cadesse con me , j' io mai dovessi morire Ì-Il vorrei , se così lungamente , e con tanta pace fosse ella vissuta con. te , come io con Peto. Una tale risposta accrebbe la vi- gilanza de suoi, sì che più attentamente veni- va guardata. Se ne avvide ella, e disse: lasciate stare., perciocché potrete far sì cK io muoja di cruda morte , ma che io non muoja noi po~ irete fare giammai . Nel dir queste cose , si slan- cia della sedia , e con grande violenza dà col capo nel muro opposto , e cade. Poiché le fu-, ron dali i conlorti : vi aveva detto , soggiunse, eh io avrei trovata alcuna altra dura strada alla morte., se ni aveste intercettata la facile. JNon ti sembrano questi l'aiti maggiori di quel Peto , non duole , a cui p'^rvenne per essi ì Ma chei' Di quello ne va piena la fama , di questi si tace. Il che rileva ciò che a principio diceva , alcu- ni fatti essere più chiari, altri maggiori. Sta sano, (a) ,, Così sentivano delle donne que' grandi uo- mini, ci: 3 ci avanzarono nel buon tempo in ogni maniera di sapere e di eleganza : così le donne in que' giorni beatissimi sapevano e co' loro detti e colle loro generose azioni empire que' medesimi di maraviglia, i quali avevano pur sotto gli occhi i grandi e nobili fatti di tanti uomini chiari per eloquenza , per coraggio , per virtù , e per caldo amore di patria e di libertà. {fi) Plinio Uh. o. ì'ìU. ifi. Biblioteca' per le DO^f^fK jq Le donne però non sono più quelle d'un gior- no : così di Joro si va ora dicendo. Quello spirito di ch'elle con ogni ragione si potesno vantare un tem- po , è purtroppo venuto meno : quelle care virtù, di che fiorirono in secoli così famosi, sono in es- se quasi mancate affatto : e i capricci delle mode, e i passatempi , e gli amori le occupano per con- trario interamente, e tutte sì attirano le loro cure. Io però chiederei questi tali , e vorrei che mi di- cessero, che mai facciano gli uomini, perchè le don- ne si levino di tal viltà: perchè conformino il lo- ro animo a virtù , e ven^an tornate in quel grado in cui un tempo le furono , e il loro spirito , per èsser sempre il medesimo, ne sarebbe capace. JVul- la ; ma operando anzi a ritroso , le lasciamo viver dimentiche affatto di se medesime, je pasciamo di ciance, le separiamo da noi, e le crediamo quasi una cosa fatta per solo nostro solazzo : o se di loro vogliamo pure alcun che , le meniamo dei tut- to fu.ori del buon sentiero . Ed infatti ditemi voi quali mezzi usiamo mai , se per caso vogliamo ti- rar le donne a Xare la nostra volontà ? Ora le adu- liamo , dando lodi alla loro bellezza: ora leviamo a cielo i loro modi di conversare : ora esaltiamo il forte sentire del loro animo; e perchè non le sia- no con noi tanto fiere , osiamo metterci lor d'ap- presso , e come gran senno parlare delle varie fog- ge di vestire che ci vengono d'oltremonte, dando per- sino S( utenza su' nastri e le cuffie, e sul modo di bene accordare i colori di quelle carissime loro ac- conciature. Oh nostra grande abiezione ! Avvi una dissimiglianza fra lo spirito degli uomini e quel del- le donne, perchè avvi fra loro una dissimiglianza fisica ; ed è perciò che di questi due sessi, funo dev'essere di ajuto ali' altro. Natura ci diede la don- 8o Letti R. ATURA na per nostra compagna , non perchè fosse la no- stra schiava e il vile nostro trastullo: ce la diede perchè avessimo in lei un tenero oggetto capace dì divider con esso noi le contrarietà e le buone ven- ture dell' uman vivere: onde quelle loro carezze le debbono essere per nostro conforto , per nostro ri- storo , non già per esca d'inganni e di tradimenti. Oh sì, andiamo duramente contra le leggi umane, quante volte separiamo le donne dall' essere una stes- sa cosa con noi! Ma intorno a tal differenza che pas- sa fra l'uomo e la donna, voglio darvi un bel pas- so di una dicerìa fatta dal conte Gaspare Gozzi , scrittore per me carissimo, in difesa appunto del- le donne ; in che pa.rmì aver egli si ben colto nel segno, che non ammetta altro ragionamento. love lo trascrivo tutto , e intendo farvi un bel dono; e di grazia abbiatelo come un ristoro da questa mia lunga lettera , con cui farò fine.,, Ora vedete (così „ il Gozzi ) quanto sono le donne differenti da noi. „ Eccoti un uomo: robusto, gagliardo, con quelle „ solide ossa , con quelle salde braccia , muscoli „ forti, folta barba , e voce aspra. Mettigli una „ donna appresso: tu vedi una fabbrichetta genti- „ le, con dilicati muscoli, nervi fini, tendini mol- „ li, carni morbide, braccia pienotte, e voce soa- „ ve. Quando tu gli vedi l'uno appresso laltra, e ,, gli esamini, come vuoi tu che due corpi così dis- „ somiglianti non abbiano dentro diverse opinioni? „ E come affermerai tu , che non senza gran ragio- „ ne così disuguali natura gli edificasse ? A quel- „ le membra massiccie vengono dcsiderj grandi, se- „ condo loro gran forza; a queste delicate , secon- ,, do loro delicatezza , gentili . Ogni cosa iu ,, da natura variata : lo imperché studialo, se tu ,, sai; e iu che delle donno ti fai beffe, non lo- Biblioteca per le don.ve 8j „ ro , ma la padrona , Ja facitrice e la produttri- „ ce di tutte le cose schernisci . Vuoi lu veder „ meglio la dottrina dì natura in questa diversi- ,, tà ? Vien meco. Apri gli occhi. Considera. Ec- ,, coti natura , che ha in mano molti belli e gran „ doni da distribuire. Gli vuol dare all'uomo; nia „ tutti a lui non può, ch'egli è come mettere in „ un vaso latte e vino, cose contrarie. Che fa el- ,, la? Fabbrica due vasi , e fra l'uno e l'altro la pò- „ ne in serbo ogni cosa. Dicol pii:i chiaro ; la non „ potea , yerbigrazia , metter nell'uomo forza vì- „ rile e dilicala bellezza; ed ella compose un no- ,, me forte, ed una donna bella. Non potea for- „ mare uno che attendesse a profondissimi studi „ continuamente, e che leggiadramente danzasse; „ ed ella fa un uoaio che studia, ed una donna ,, che danza con leggiadria. Così ragiona fra te di „ tutte le altre cose .- ed ecco che ella ha dispen- „ sato le sue qualità fra due , che poste tutte in „ un medesimo luogo contrasterebbero l'una alfal- „ tra. Imperocché, dice la bella donna all'uomo „ forte : difendimi . E tu che mi darai per pregio „ de' miei pensieri e fatiche? dice il difenditore. „ Eccoti, dice ella, questa mia bellezza , per alle^c^e- „ rimento de' tuoi sudori. E questo è conti atto . „ Dice la donna leggiadra allo studioso : reggi la vi- „ ta mia. Bene, che ne avrò io? Eccoti, rispond' „ ella,per ricrearti ranimo,nel tuo lungo^studiooccu- 1, pato, questi miei vezzi, queste leggiadrìe , que- ,, ste danze. In questa guisa l'uno s'affatica, e l'al- ti tra dello sue fatiche l'alleggerisce . Detto ho di por fine a questa mia lettera , e VI mantengo la mia parola ; benché l'argomenlo avrebbe voluto che dicessi anche di più; ma a voi parrà già d'averne avuto forse di là dal bisogno. Vo- G.A.T.XIV. tì 82 L E T T E n A T L R A. gl'io sperare che di queste mie povere ciance me ne sapranno almeno buon grado le gentili donne, es- sendomi studialo di tornarle nell' esser loro , oppo- nendomi con ogni forza a quelli , che le voglio- no por sotto i piedi. Ricevete ancor voi questa let- tera con chiaro volto, e graditela siccome una so- lenne testimonianza della stima e amicizia, che gran- dissima vi porto entro il mio cuore. State sano , ed a voi mi raccomando. Di Roma a'20 aprile 1823. Pietro Odescalchi. TRADUZIONE DELLE DUE PRIME ODI d' ORAZIO. Nec verhum verbo curahis reddere fidus Inter pres. Hor. ep. ad Pis. ODE PRIMA A MECENATE. A role d'antichi re , decoro amabile E mio presidio , o Mecenate , * godono .alcuni di raccor la polve olimpica. Che per la meta dalle rote fervide Schivata , e il fregio della palma nobile Splendon come gli dei che all' orbe imperano. Per tutto il prezzo de' tesori attalici ÌSon otterresti mai , che i gorghi solchino Di Mirto paurosi in cipria zattera Né costui rigonfiato all' aura mobile Odi d'Orazio tradottk 83 Del volgo de' quiriti , che parteggiano Por sollevarlo all' onoranza triplice , IVé r altro cui talenta i patrii jugeri FpihI' r col sarchio , ancor eh' ei già ricoveri Pili hicida ne' grana] che non s' accumula Da tu ite Taje della Libia fertile. * Si sbigottisce se la furia d'Africo Sorge a contiasto cogl' icarii vortici Il mercadante , e invoca gli ozi placidi Del suo rustico borgo , e poscia indocile Di povertade la sdrucita gondola Piistora, e parte . Altri di vecchio Massica pregia le tazze ; ed ora d'un corbe/,zolo S' adagia all' ombra , or dove ha sacra origine Un ruscel molle , e sonneggiando menoma L interezza de' giorni . A molti piacciono Campi di Marte , e frammischiato fremere Di litui e tube , e pugne detestabili Da' cor materni . Dorme sotto il gelido. Sereno il cacciator , rondato immemore Della tenera sposa , se latrarono Alla cerva i segugi , ovver se l'apulo Cinghiai campossi dalle reti lacere . Premio di dotte fronti un serto d' ellera Te mesce a' sommi iddii : me fuor del popolo Tengon 1' aure de' boschi , e ninfe , e satiri Snelli alla danza , or che alle tibie facile Suono Euterpe mi spira , e a tender mostrami Polinnia i nervi della lesbia cetera . Che se tu frai dircei vati m' annumeri , Sublime gli astri ferirò col vertice . 6. 8^ Letteratura NOTA Ci siamo studiati d'interpretar questi versi, alquanto confusi, nel senso più ragionevole che applicar si possa ad essi, senza ab- bandonar la lezione generalmente ricevuta . Benché fa mestieri di confessare, che Bentlejo ha ragione di sostener che non è esattone manco cosi il discorso che ne risulta . Conciossiacchè il poeta si as- sumo dì persuader che ciascuno di noi nutre un'intima inclinazio- ne, per la quale ci appigliamo chi ad un'occupazione chi ad un'al- tra ; e ce ne somministra delle prove cogli esempi degli atleti di Grecia, degli ambiziosi di Roma, e de' proprietari dati all' avarizia: $ul conto de' quétli dice che s'anche riuscissero a chiudere ne' loro granai tutte le biade dell' Africa, nessun d'essi s'indurrebbe giam- mai per qualunque maggiore speranza a fare il mercadanie ponen- dosi a rischio. Sopradicchc domanderemo di buona fede, se veramen- te nel caso che costoro avessero ammassata tanta ricchezza in bia- de, s'avesse a credere che il motivo del non voler essi navigare pro- cedesse piuttosto dall' indole che gl'inciinasse altrimenti, oppure da un consiglio preso seco stessi ragionevolissimo di non volere , ric- chi come si trovassero, avventurar le cose acquistate colla vita per andare in cerca d'un guadagno ad essi non necessario uè punto né poco ? A noi di certo pare, che quest' ultima si.t ia ragione che deb- ba prevalere sull' altre per tenerli a casa lontani dai pericoli . Il che quando sia vero vi sarà questa differenza tra gli atleti gli ambizio- si e gli avari addotti per esempio, che i primi agiscono veramente sospinti dalla loro naturai propensione, e die pernii avari si resti almeno in dubbio se neghino di darsi ai trafico di mare per esse- re inclinati all' agricoltura, o non piuttosto per non avventurare co'loro giorni le cose acquistate . Per la qiial cosa non corrispon- dendosi in tutte le pani gli esempi proposti, l'induzione colla qua- le provar si vorrebbe che la tendenza, che ne fa propendere 9 di- verse arti, è impressa nell' animo nostro dalla natura, non è per- fetta; ed avviene perciò che manchi nel «liscorso quella simmetria, che soddisfa tanto rinteJietto, e della quale Orazio si mostra cosi te- nero ne' suoi componimenti . Odi d* OiiAzio tradotte g5 Chi amasse dunque meglio di attenersi alla lezione di pretto ^usto Oraziano proposta da Bentlejo Falmaque nobilis Terrarum dominos et^ehere ad deos , la quale prolungando il sentimento al di là dell' evehere sostituito aire^etó, connette iI;u(/«< colV hunc e coìV ilhim , e fa che il gaie donleni di tal modo divenga un terzo esempio , potrà prevalersi del- la versione che segue , inserendola tra gli asterischi che abbiamo notati nella traduzione soprascritta. godono Altri fral turbo della polve olimpica Schivar la meta colle rote fervide, E per la palma gareggiar, che nobile L'uomo appressa agli dei che all' orbe imperano . Costui si cura sol che, turba instabile, I quiriti parteggino solleciti Di sollevarlo all' onoranza triplice : L'altro agogna non più che di nascondere Ne' suoi granaj quanto di biade adunasi Da tutte l'aje della Libia fertile: Né la speranza de'tesori d'Attalo Indurrebbe costui, ch'ama Ui tèndere Col sarchio i patrii campi, a solcar timido Nocchier l'onda di Mirto in cipria zattera, ODK SECONDA. f^oti agli dei nelle calamità di Roma{i)ì, Assai versò dì nevi , assai di dura Grandine il padre , assai di templi scosse Colla fulminea destra , e a gran paura Roma commosse , E minacciò di ricondur le genti Al secol grave , in cui Pina si dolse gQ Letterati/RA Di nuovi mostri , e Proteo i salsi armenti Suir alpi accolse ; E ai rami , che fur già note ricetto D'argentee piume, si strisciarle 9<{name, Ed oppresse dal flutto in gran sospetto Nuotar le dame. Vedemmo il biondo Tevere travolte- Dal Tirren lire colla gonfia sptima Di Vesta il tempio abbattere, e le volte Del prisco Numa; Mentre ligio marito agita Tonda, E troppo d'ilia vendicandoli lutto. In onta a Giove chlla manca sponda R0\é5cia il flutto. Rari pel fallir nostro i figli udranno Gli odi fraterni, e contia noi conversi Da noi gli acciari dà brandirsi a danno De' gravi persi . Qual nume invocherà n nelle proceFe Dell' impero i quiriti? E di quai preghi Te, Vesta, stanrheran le lue donzelle. Se d'udir neghi ? A cui Giove espiar darà lorrcndo Parricidio? Deh scendi ornai dal Cielo, Di nubei candid' omeri vestendo, Vate di Deb. O vieni tu se'l vuoi, Gipri, che insieme Scguon battendo Tali Amore e il Ctioeo. Ma se ai nepoti e allo scaduto seme Riguardi ùti poco. Padre, cui giovan la feroce mostra Del manro in campo, e il snon che i forti chiama, E i lucid' elmi , di più Innga giostra Poni la brama. (2) CiUcnio, e tu, sé ver che nelle membra Odi d' Orazio tradotte 87 .D'un garzone quaggiù soggiorni avvinto, Né di te indegno il vendicar ti sembra Cesare estinto , Tardo ritorna al ciel : facil t'arresta A lunga aita de' quiriti tuoi , Ne' subit' aura a' vizi nostri infesta Ti tolga a noi. Padre piuttosto e prence esser nomato Qui godi , e trionfar di palme onusto ; Né più cavalchi il medo invendicato Te duce,o Augusto. NOTE (1) Che Orazio 9nri\resse quesi' ode per piacere ad Augusto, nessuno è che noi vcggia : ma che debba intitolarsi a lui , com' han- no creduto tutti gli editori del venosino , non posso convenirne - E perchè non piuttosto ad Apollo, a Venere, a Marte, che essen- do tutti egualmente invocati dal poeta hanno lo stesso diritto al ti- tolo della composizione ? Per risponder dunque più davvicino alla natura di quest' ode , senza far torto a veruna delle divinità che vi sono invocate, mi pare che il titolo addottalo sin qui da tutti sen- za esame debba cangiarsi in quello che ho posto in fronte alla mi» versione. E mi sembra per dippià, che nel togliere la dedica dell' ode ad Augvisto si ottenga di raffinare assai meglio le lodi che se gli danno . Conciossiacchè beh più grossolano adulatore sia colui che nar- ra i tuoi pregi, volgendo il discorso a te stesso, dell' altro che mo- stra di abbattersi a celebrarli parlando con altre persone, e pren- dendone occasione da propositi che non ti risguardano direttamente. (a) La difficoltà d'interpretar questi versi sta principalmente nel trovar modo di conservar in essi tutte quelle industrie poeti- che , che Orazio ha messo in opera per aggiugnere il fine che si proponca; le quali sono per verità così sottili e delicate, che seb- bene si lascino agevolmente scorgere da ogni lettore di gusto eser- eitato, rimangono contuttocciò difficili » descriversi col racccnlo. 83 Letteratura II popia intende in quest' ode di persuadere, che la salute doi popolo romano dipende specialmente dal giovine Augusto ; e perchè Tassunto sarebhe provato a dirittura e senza contraddizione se si potesse far credere che questo principe fosse un dio, s'ardisce d'in- traprendere di collocarlo ancor vivente nel rango dc'celesti . Ma perchè un' adulazione di questa natura adoperata sfaccia- tamente potrebbe offendere Augusto, ed avvilire per la sua bassez- za il creditt) di chi la proferisce , Orazio si è trovato nel bisogno di nasconderla con un artifizio di cosi squisita prudenza, che forse non se ne trova neli' altre odi un eguale . Si dA pertanto ad invocare tutte quelle divinità che sono le più amiche del popolo romano; e nominando Mercurio, si volge a lui con una tal maniera di discorso , che domini già in Roma l'opi- nione che questo dio abiti in terra sotto le spoglie di un garzone . Del che certamente nessuno può risentirsi, massimamente che non si sa ancora questo giovane chi sia . Che se alcuno prevedesse già sin da quest' ora che Fiacco sia per co:loi:arc quel nume in Augusto, nessun maggior carico potrà da- re al poeta di quello d'aver con troppa leggerezza dato peso ad una credenza volgare . Durando poi sempre l'incertezza sulla persona in cui è nascosto il dio, Orazio dà a conoscere che il motivo che lo trattiene inter- ra si è quello di procurar la vendetta dell' assassinio di Cesare • Donde conseguila tiaturalmente, che un tale misfatto che i immi stessi, cui e disdicevoie d'immischiarsi nelle cose de' mortali, scen- dono a vendicare, esser debba l'enormissimo di tutti. E non acca- de poi dire quanto dovessero piacere queste idee ad Ottavio, cui ne' disegni che meditava, dovea moltissimo esser caro che la congiura contro suo zio venisse riputata una scelleratezza . Ma rimaneva da vincersi tuttavia il punto più scabroso, quello cioè di dichiarar finalmente che Augusto e Mercurio fossero lo stes- so individuo; ed è qui dove l'arte del poeta avanza tutti i segni, ed ceco con quanta facilità . Egli si pone ad implorare dal figlio di Maja parecchi favori « prò del popolo; e nel porgergli le sue preghiere , si lascia scappar quasi per distrazione il nome di Cesare Augusto, dove per la eoe- Odi d' Orazio tradotte 89 f€nza Hcl discorso continuato sarebbe occorso di nominar Mercu- rio ; e cosi dà a vedere , senza avvertir nalla, che dunque tant' egli quanto ropinion divulgata tengono che Augusto sìa lo stesso Mer- curio fattosi uomo. Ed è di tal guisa che il nostro lirico riesce 4 divinizzare il nviovo principe di Roma con una successione d' idee cosi felicemente combinate, che nessuna né offende né dà luogo a contraddizione . Ne debbo ammettere di far por mente al luogo che il poeta ha prescelto per questo sviluppo , che è appunto la beli' ultima paro- la deir ode; e ciò non solo per mantener la sospensione quanto ò mai possibile, ma bensì con un altro acutissimo accorgimento . Con- ciossiacchè la mente dei leggitori , che non vide in tutta l'ode cosa da i-iprendere, è ben lontana di temere una sorpresa in queir ul- timo momento, e qviand' ella già incantata dai divini versi ascolta- ti cerca riposo per ritornar colla memoria sulle imagini che l'han- no commossa. Che se tutto questo è maraviglioso , maggiormente è ancor d'am- mirarsi che un lavoro d'ideo cosi composto si conchiuda dal liri- co nel periodo di soli dodici versi , colla stessa facilità e naturalez- za che sarebbe propria del discorso più semplice ed innocente. E perchè finalmente nulla manchi a svelar tutta la finezza del criterio d'Orazio, porrò sott' occhio che il tempo in cui egli s'ar- rischiò di trattare un argomento cosi geloso fa quello in cui la plebe, atterrita per gli straordinari flagelli che tenner dietro alla morte di Cesare, dovea trovarsi piucchè mai disposta a rimaner persuasa che quegli avvenimenti fossero un castigo degli dei, e ad abbracciar fa- cilmente delle idee soprannaturali che in altr' epoche avrebbero in- contrato il suo disprezzo. E mi conferma in questo pensiero il ve- dere, che anche Virgilio non trascurò di valersi di queste circo- stanze col medesimo intendimento del venosino . Affine di trasfo idere nella mia versione queste idee, che mi è paruto di trawedere nell' originale latino, mi si perdonerà se non ho tradotto parola per parola, per attenermi a que'modi della no- stra favella che mi sembrarono i più acconci a darle ad intendere : per trovare i quali non nasconda d'aver durato assai fatica e speso molto di tempo . GlOVASKl Parabisi ijo Letteratura No fi zie intorno la vita e gli seri/ ti del P. Ginsoppe Maria Ra cagni, scritte dal dottor Gio. Labus, D 'obbiamo lagrimare la perdita di' uno di que'de- gni e rari uomini cbe, avendo con forte cuore lo- gorata in virtuose faticbe rintora lor vita , grava- ti alfine dagli anni, escono del mondo , per dir co- sì, non morendo, perchè ognor vivi e presenti ri- mangono nella memoiia della grata posterità . E questi è il padre Giuseppe Maria Jìacagìii, chierico regolare della congregazione di s. Paolo, che nato alia Toraz;:a provincia di Voghera da Giuseppe e da Maria Brida onestissimi genitori li G genna- jo i'j4i ■> ^^ allevato da essi colla più tenera sol- lecitudine; alla quale non ingrato il figliuolo corri- spondendo sin dair infanzia con pari affetto , ma- nifestò dolcissimo ingegno, modesie maniere, e, ciò che più monta, così savi^io costume, che fu di stu- pore a ciascuno. Di otto anni per lo scoppio di un fulmine, che ferì altri suoi vicini, essendo caduto tramortito sul suolo, senza però esserne ferito, contrasse tale ap- prensione di animo , che non vide più sino alla vi- rilità avanzata alcun temporale senza essere com- preso da forte paura e spesso da gravissime con- vulsioni.11 qual incomedo, benché molestissimo, non gli vietò di animosamente percorrere in patria con incredibile prestezza il primo stadio delle umane lettere, e che sentendosi internamente mosso ad abbracciare lo stato ecclesiastico, non fosse accet- tato nel settembre del l'jtio nel collegio de' padri barnabiti di Monza, dove nell' ottobre del 17O1 ie- Notizie del Racagni gt ce anclie la solenne sua professione. Nel 1762 fu mandato a Pavia a compiervi il corso degli studj teologici ; quello delle scienze esatte lo fece in Bo- logna sotto la disciplina del P. Ganterzani celebre matematico di nostra età. Con qaal suo profitto, e con quanta consolazione di tutti, superiori, paren- ti ed amici abbia il Racagni passato questi ver- di , e perciò tanto pii^t perigliosi anni suoi , ba- sti a provarlo ciò solo, cbe ancora discepolo fa reputato degnissimo di sedere fi a' maestri. Avvegnaché tornalo a Milano , dove la fama del- la sua non volgare sapienza lo avea con laude pre- corso , fu subito posto ad insegnare nelle scuole Ar- cimbolde di s. Alessandro filosofia, che abbandonò poscia allettato più dalle sciente naturali nelle qua- li riuscì valentissimo. Mes'^osi nelle anzidette scuo- le Tanno ijG'ó a spi"gaie la fi'ìica generale , par- ticolare , e sperimenlale con grande a limo , tale fu l'ardore suo , e tale il grido cbe levos ene in Mi- lano e fuori, che in breve tempo fu creduto per- fetto posseditore delle più intime dottrine di queste facoltà, ed elevato sopra l'ordinaria scienza de'pro- fessori. Di che luminosa ed autorevole testimonian- za fece il chiarissimo ab. Frisi , il quale dovendo intraprendere un erudito viaggio, che durò quasi tre anni,' non seppe chi meglio scegliere del Ra- cagni a far le sue veci nella cattedra di matematica sublime da lui tenuta nelle scuole pubbliche pa- latine , che da tale sua assenza sarebbe rimasa va- cua. Anche nelf ottobre del 1781 quando il cav. Landriani dovette andarsene a Vienna sollevato dal- la corte cesarea ad alto onore, propose il Racagniy e fu dal governo prontamente accettato per suppli- re in vece di luì a legger fisica nel ginnasio di Brera. Ameudue questi ufficj furono eia lui sostenuti seni- J^2 L E T T E 11 A T V ft 1 za punto dismettere le ordinarie lezioni in s. Ales- sandro ; se non che eletto finalmente il 39 ottobre del 1789 a professore attuale di fisica nel prelato ginnasio di Brera , non potendo reggere al doppio carico , lasciò la scuola di s. Alessandro e tutto ri- Tolse l'animo a crescere le pianticelle alla sua cu- ra affidate dalla pubblica autorità. Nel qual trava- glio mantennesi fin ch'ebbe forza e salute, sempre ammirato e applaudito ed avuto in tanta maggio- re estimazione da tutti e nobili e popolo, in quan- to che soavissimo nelle maniere , alla sceltezza e profondità degli insegnamenti univa una incompa- rabile chiarezza d'idee , onde facilmente trasmette- va in altrui il prezioso frutto delle sue dotte vi- gilie e speculazioni. Noi l'udimmo un intero anno con avidità e dilotto , e possiamo certificare , che niuna parte deir umano sapere eragji sconosciuta: tanta era la copia, la varietà, l'evidenza delle sue spiegazioni. Sapeva opportunamente discendere dall' astrusa su- blimità della scienza per agevolarne a tutti l'acqui- sto , ed era mirabile la facilità con cui valendosi a un bisogno di esempli famigliari giugneva a ren- dersi intelligibile per sino agi' idioti , ed a procac- ciarsi la loro persuasione . Le notizie più belle a sapersi quando sien dette da chi ne abbia l'infal- libile convincimento dell'intelletto, sono anche le più facili ad intendersi , e le più efficaci a persua- dere. Di che non è da prendersi maraviglia se mol- ti giovani da noi veduti in quella florida scuola, son oggidì uomini di vaglia, e tengono pubbliche cattedre non senza lor lama. Nel r agosto del 1790 , mosso da curiosa bra- mosìa di estendere le sue cognizioni, fu a Vienna, e viagarie li eap. 3 pa^,. ■f!\> . . . 2'vj Sar/ana iiella cupilaiiì ile' iu.c i/iit'iì.d pa^-. 260 , ed altrove , &c. (a) Esiste anche op;i;i(li una cotitrada detta spnniclla in Vi- terbo. I Intorno la famiglia Paleologa lot de Oobelluzzo , un Niccolò della Tuccia , ed un Ni- cola Gobelluzzì , i quali o riunendo le più anti- che memorie , e cronache , o scrivendo ciò che a' loro tempi avveniva , e che aveva qualche rela- zione con Viterbo loro patria, ci presentano mate- riali storici dal 1080 fino al 1481 senza interru- zione. Il Ruzzo de Gobelluzzo, trascrivendo Lanzillot- to pili antico cronista , in tal guisa narra l'origine de' Paleologi (a) col rozzo linguaggio de' suoi tem- pi. // detto papa (^Innocenzo III tanno 1209) iìi lo seguente dì se partio da V^iterho , et andò ad Roma per la venuta dello imperatore Octo de San- sognia , che volila la corona. El detto Octo es- sendo incoronato , et in quelli tempi li greci rup- pero guerra con li latini , et tolsero al detto em- peratore Costantinopoli , et altre terre dentorno , et fune facto emperatore Filippo conte de Plan- ària , che era suo nemico : et sentendo lo detto Octo la mutazione de Costantinopoli li andò addos- so con le genti sue : per la quale cosa el detto conte de Flandria mandò in Lombardia , et soldo uno capitanio viterbese chiamato P^iterbo , et con- dusselo ad Costantinopoli con tremila cavalli , et duemila fanti , et in piccolo tempo el detto Viter- bo pigliò detto Octo emperatore , et ruppe^ le gen- ti sue , et presentalo priscione al conte Filippo^ et poi fecero pacie asieme , el detto Octo re con- fermò r impirio al detto conte Filippo de Costanti- nopoli , et detto Octo se ne tornò in Puglia. Nel detto tempo 1209 si mossero dui grandi signori di Turchia , uno lo quale se chiamò gran- de Caraman ., ! altto el grande Carniam^ et mos- sero guerra contra greci , et centra lo emperato- (a) Paé« C I02 Letteratura re de Costantinopoli : per la quale cosa Viterbo li andò addosso con le genti sue , et ruppele , et uccisene assai -. onde lo emperatore li puse gran amore , et donagli per moglie una sua figliuola , chi non avia pili , et de poi la morte del detto emperatore fu eletto emperatore lo de:to Viterbo chiamato in latino vctus verbwn , et in greco è chiamato Paleoloco , che vale a dire in greco Pu" leoloco quanto in latino Vetus Verbum , et cossi da lui sonno discesi l altri emperatori della casa de Paleoloco , cioè quelli di scie si de Costantinopoli. u4nno 13 10 Octo emperatore venne , assedio la ciptà de Viterbo , et qì testo fé per lo disde- gno con l antidetto capitanio a Costantinopoli ec. Il cronista della Tuccia espone le circostanze del fatto con tt^rmini poco differenti , ma parlan- do del capitano assoldato dal conte Filippo di Fian- dra dice , che era della città de Viterbo , et chia^ magasi Giovanni per proprio nome da Viterbo. Ni- cola Gobelluzzi altro cronista poi riferisce, che si chidmava Giovanni conte di Brenna: et dette soldo ad un capitano de gente d armi ^ il quale era della detta città de Viterbo , et chiamatasi Giovanni con- te di Brenna e soprannome Viterbo. Questa differen- za però de' cronisti lungi dal render meno verisi- mile r emigrazione del duce viterbese , e la fon- dazione per esso della dinastia Paleologa, sembra all' incontro convalidarne la credenza ; poiché risulta appunto da essa , che non da un concerto di scrittori patrii , né dall' essersi mutuamente copia- j ti , ma da diverse fonti provengono le loro rela- 1 zioni , le ([uali convengono nelf essenziale del fat- ■' to , cioè nel! emigrazione d un viterbese , che fu poi imperadore di Costautinopoli , ed origine de Paicolo^i. Intorno la famiglia Paleologa io3 Ma ad una più vistosa discordanza conviene por mente , a quella cioè della tradizione di Si- meone giudeo , e della cronaca latina con i tre al- tri cronisti testé esposti. I primi fissano V epo- ca dell'emigrazione al principio del' S** secolo,! secondi al principio del i3. 1 primi, anzi il pri- mo , nomina un Remigio Lelio , i secondi menzio- nano un Giovanni. I primi lo fanno compagno del pontefice Costantino siro , i secondi ne fanno un militare avventuriere. Sebbene non sia mio scopo il conciliare queste a prima vista contraddittorie relazioni , ma esporle semplicemente all' altrui giu- dizio , pure osserverò rapidamente , che appunto dalla diversità de' tempi , e delle circostanze sem- bra , che non una , ma due siano state le emi- grazioni di viterbesi forse della stessa famiglia, 1' una circa il 'joQ in cui partì il conte Remigio Lelio col potitefìce Costantino, l altra nel 1209 nella quale si trasferì in oriente il capitan Giovanni Vi- terbo , o Brenna , che sia. Non è quindi strano , che il nome di Paleologo fosse già stabilito ne' di- scendenti di Remigio Lelio , alloichè vi giunse Gio- vanni. Che poi sia esistita una famiglia col nome di Viterbo in questa città , o piuttosto che questa parola fosse usata come nome proprio, sembia ri- levarsi da un atto di donazione scritto in perga- mena (la un tal Atanasio il dì i3 dicembre 1080, e sauiionato dal vescovo Giselberto , col qual at- to un tal prete Biiervo cede la chiesa di s. Ma- ria nuova e sue pertinenze al clero viterbese . Né può opporsi la tenue diversità di Bitervo e Vi- terbo , poiché r analogia e la mutabilità del b in V e viceversa , è ben nota non solo a chi anche per poco siasi inoltrato nell' esame delle lingue aa- I04 LETT^nATtRA ticlie , ma eziandio a chi osserva 1' uso odierno d' alcuni contadini de' paesi a Viterbo limitrofi , che pronunciano Ballcrano per f^allerano , Bassa" iiello per Vassanello ec Molto meno cospicua poi sembrerà quest'alterazione a chi rimarca, che in que' tempi , in cui le lingue d' Italia non avevano acquistato consistenza e norma, 1' ortografia e la pronunzia non formavano lo scrupolo di que' no- stri buoni~ antenati : anzi il Bussi nella sua storia di Viterbo , appresso il testimonio d'altri scrittori, asserisce (a) essersi altre volte «scritto e pronun- ziato Biterba in luogo di Viterbo ( con gusle in- teramente greco ) , ed essersi usati analoghi cam- biamenti ammisibili agevolmente dalla critica eti- mologica. Dopo ciò ometterò di buon grado di porre in discussione 1' etimologia del vocabolo Paleulogo , se, cioè, sia stato imposto in remotissimi tempi ad una caste di etrusci at^es^ la loro mania di origine divina ed antica , come pretende I anoni- mo cronista latino , ovvero se sia stato per la prima volta Form ito in Grecia per esprimere un individuo chiamato Viterbo. 11 dottissimo Annio ( il cui nome non è qui prodotto per ricevere apologie ) si diffuse coli' ingegno ed erudizione , che gli eran proprie , su quest' argomento nel- la XV e XVI delle sue questioni , e nell' illu- strazione del marmo desideriano , ed il Mariani anch' esso vi si dedicò nel cip. ay della sua ope- ra precitata. Ma a parlar con ingenuità , i resultati dei loro sforzi non mi appagano, sembrandomi piuttosto ipotesi ingegnose, che evidenti dimostrazioni. Tralas- r(a} Parte I. pag. 17, Sarz«iia pag. 34. ec. Intorno là ?a:higlia Paleoioga io5- ciando quindi indagini trascendentalmente archeolo- giche, mi farò lecito di produrre un ipotesi forse più naturale , e supporre , che non essendo significativo il vocabolo Viterbo, né potendosi tradurre adequata- mente in greco, ed essendo altronde convenevo- le, che un estero il quale veniva destinato a lu- minose dignità , poscia al regime de' greci , assu- messe un greco nome, fossero scelte due latine parole , che riunite presentassero qualche tonica e materiale analogia alla parola Viterbo , e quin- di ne fosse formato Vetus Verbum iiochouoKo'yov e In conferma frattanto di quanto viene an- nunciato dai soprammenzionati documenti , non voglio dispensarmi dal trascriver qui per intero la {{ lettera scritta dall' imp. Michele Paleologo ( la quale in pergamena conserviamo ) al sommo pon- tefice Urbano IV, allorché fu in Viterbo esallato al pontificato'; sebbene sia stata pubblicata nell* appendice della parte i della storia di Viterbo dal Bussi. Beatissime pater. Mea cum Deo domino nostro debita quotidie magis ad infinitatem accedunt prò innumerabili' bus maximisq. benejiciis , qiice a libéralissima di- "viiiaq. ejus manu accipio. Sed iiunc quod sanctita- tem, 'vestram infelligo su/fectam esse in locumfel. ree. Alexandri IV sum. poni. , esseque romance eC" I desia primum pastorem electum , ex quo divina providentia nos ad hoc constantinopolitanum im^ perium evexit adeo ipsa mea debita e vestigio du-i plicantur et multiplicantur , ut cum maxime de- beam illa omnia confiteri , mihi quoque sit uhique eogitandum quo?nodo aliqua ex parte ( nam eax io5 Letteratura. toto fieri non potest ) persolvero. Neque prqfe- cto Icetitia , qiie sanctitas vestra in hac nova ta- raque sua fcelicitate possit affici , ilìiid incredìbile supremum gaudium cequiparat meiim , quo ego prò tain excelsa , sed condigna sua celsitudine miri/ice exulto. Et utinam ipse ad illud suinmi sacerdotii apicem potuissem mea etiam de causa ita 'ì)estram sanctitateni extollere^ quemadmodum et vehementer swn mihi semper auguratus. In animo enim meo hcec una superesset voluptas , ut dum ego hilarita^ tis plenus mihi ante oculos cogitafione propono ve- nerahilem vestram personam ^ tandem Icetiori memo- ria complecterer ^ et ut deheo corde genuflexus hu- milima , sed festiviora, pedihus vestr/s oscula por- rigerem . Quam tamen debitam prompiamq. decla- rationem , et firmissimum testimonium obsequii , et perpature mece erga S. K. et universam npostolicam fideni observatice , ego omni officio., ac potius pie- tate et religione exibeo et facio • et velini propria ipsa mea persona posse exibere et facere. Summo- pere enim gauderem , Icetarerqiie non modo viva il- la recolenda prcesentia ^ et solemni benedietione su- premi 'vicarii Dei immortalis in terris., sed jlcundis- SlMO ETIAM PERFRUEREJl OPTATISS IMOQ. ILLIUS PERAN- TIQUAK CIVITATIS CON«PECTC , IN QUA SANCTISSIMO VESTRO CAPITI PONTIJ'lClA CORONA EST TANTO MA- JORI MEO GAUDIO IMPOSITA, QUANTO ABllINC QUIN- GEHTOS ET PLURES ANNOS VETLLONIA FUIT DOMICI- LIUM SEDESQ. CHARISSIMA PROGENITORUM NOSTRO- RUM, Atqiie sanctitas vestra dum patriarca fuit Hierosoljmce , et hic in oriente romanus legatus , quia nostrani jam experta est propensam et opti- mam erga se et universam Italiam christianamq. occidentalem rempublicam voluntatam non vocabit modo in dubium fidem^ veriiaicmq. meorum verbo- Intorno la famiglia Paieologa loy rum. Quorum intimum piumq sensum^ prceter haric epistolam meam scriptam , expriment quoque , et at- testab'intur ipsi mei nuncii , quos hanc oh rem mitto humiliter et studiose isihuc ad obedientiam et venerationem sanctitatis vestrce , cjuani meo no- mine rogabuut prcecipue de instruendis graecis irtfi» de* Et me Jilium servumq. beatorum Pctri et Pau^ li apostolorum obsequentissimum , atq. adeo per^ petuum polliceor. Deus servator noster sanctitatem vestram fauste feliciterque mulios aniios conser-' vet. Bizanfi V idus februari MCCLXII. Questa lettera , cUi nulla manca per dinsostra- re , che realmente i Palcologi fossero oriundi da Vetulonia, e che questa fosse identica, o parte dell odierno Viterbo , pare che convalidi ciò che riferisce Simeone giudeo: poiché facendosi menzio- ne del domicilio in Vetulonia dei progenitori di Michele Paleologo cinquecento anni avanti, sembra piuttosto aversi riguardo all' emigrazione di Remi- gio Lelio accaduta circa il yoG , che a quella di Giovanni Brenna, la quale non avrebbe precedu- to la data della lettera che dì 53 anni. Un altra relazione del Cobelluzzo conferma r opinione , che ha sempre regnato in Viterbo, essere i Paleologi oriundi di essa città, (a) JSel detto tempo ( nelT anno 1472 ) la fi" gliuola del dispoto della Morea .... la quale per nobiltà e per bellezza lo re de Russia la mandò a domandare per donna , et fu facta la. detta parentela per mano del sepradetto papa Sis- to ^ e , . . .la detta passò per Viterbo detto tem" pò, et dicivasi era nata de stirpi viterbesi. Ques- to despoto , secondo il Ciacconio nella vita di Si- (a) Pag. 69. io8 Letteratura slo IV, era un tal Demetrio, il quale nell* albero seguente vien detto principe della Morea sotto il n.° 5. , e discendente dei Paleologi. Che poi realmente i Paleologi conservassero in Viterbo e relazioni e parentele, in qualche gui- sa può inferirsi da un privilegio o diploma di cavaliere dello spron d' oro spedito da Andrea Pa- leologo ad un tal Malatesta de' Malatesti viterbe- se, e da un' iscrizione sepolcrale. Il diploma con- servasi in questo gabinetto , sebbene lacero , ed inintelligibile per circa un terzo versoi! mezzo. Il pre- detto Andrea s' intitola despotes romanorum , ac sacri costantinopolitani imperii legitiimus successor et hceres , sebbene fosse di già caduto T impero d'oriente , poiché T atto è datato in Roma sotto il iQ febbrajo i5oo. La firma di Paleologo è segnata in greco idioma con caratteri rossi, secondo V uso degl' imperadori greci , come in essa pergamena si enuncia. Venne rilasciato ob sinceram devotionein erga nos , et costantinopolitanum imperiiim , et semper , et maxime proximis temporibus , erga nos Jidcm .... 11 deperimento delle lettere , e la corrosione della pergamena non permettono di leg- giere quel di più , che al caso nostro sarebbe op- portunissimo conoscere. Un Lascari Paleologo morì in Viterbo nel i558, e fu sepolto nella chiesa del Paradiso di detta cit- tà. Nel recente restauro fatto in questa chiesa non si è mancato di ricollocare in opportuno luogo la lapide sepolcrale, nella quale, abbenchè alquanto abo- lita, pure leggesi quest' iscrizione. Intorno la famiglia Paleologa iog D , O . M PraesfanUssimi animi atrjue virtutis Joan. Lascari Talciaologo » Alexii filio , Joan Alexii pronep. , prisci Joan. Fuheolngi Viterbii oriundi imp. costaniinop. uitg. TU fil. ab. nep., principi militi fortiss. Sui generis tnajesfat. prceseferen. de Italia avita patria Meritis cujus feL inain. popul. Viterb. magistrat. Et decur, simulacrwn eidetn in palatio posuere Alcxius Lasearis Falceol. sed. Apost. equitum Fro/na^islar nicpstiss- posuìt. Vixit ann. . . J). Xf^I obiit Vilerhii MDLFUl D. XXIH Aug. Il simulacro poi o ritratto , di cui si fa menzio=' ne , si osserva nel lato destro dopo l'ingresso nel- la sala accademica in palazzo comunitativo colla seguente epigrafe. Joannes Lasearis Palceologus^ Joannis Paleeologi iin" peratoris ex f^iterhio oriundi abnepos , hanc majo- rum suornm patriam incolens hic niorititr , et aere pub. solemni pompa sepelitur. A. MDLVUI. All' altra estremità del lato stesso evvi il ritratto od imagine di Gio. Paleologo coli' epigrafe. Joannes Palceologus ex Viterhio oriundus costanti- nopolis imperaior ad concilium florentinwn venit., ac hujus majorum suorunipatrice legatos audisfit anno.-.. JXel lato opposto , e precisamente sopra la porta di questo gabinetto, si vede l'imagine di Michele Pa- leologo coir epigrafe Michael Palceolugus viterhiensis hujus familice pri- ììius Constantinopolis iinperator 1260. Il Bianchi pe- rò asserisce altre volte esservi esistita in vece l'al- tra ;=; Michael Palceologus hujus Jainilice Constanti- nopolis imperaior secundus. A sinistra in una nicchia vedesi dipinto Remigio Lelio coli iscrizione : Jlemi^us Lcelius f^etulomeiLsis, no Letteratura. idest viterhiensis^ Palceologus nuncupatus^ ex comi" tibus s. Eufemice^ Cascince Ciniinique dominus ^ sena- tor romanus , Justiniani II Costantinap. imperato- ris Nicomedioì prcefectus^ atque Palceologorum om- nium pater. A. 7i5 (a). Il prenominato storico Bianchi fa pur menzio- ne dell' effìgie di Paleologo oratore primario di En- rico ^, marito di Zea della J^ami glia Cantacuzena, e padre di Teodosio gran contestabile d Italia ; e di quella di Paleologo II figlio di Teodoro Paleolo- g-o , e padre di Michele ; ma queste pitture ed iscrizioni or più non esistouo. Olire tutti questi documenti merita d'esser ri- marcata una gran pergamena coli' albero genealogi- co de' Paleologi,la quale riporterò letteralmente, ma in una forma meno imbarazzante. Num. delle generazioni 1 Paleologo Paleologo, della città di Viterbo , huomo illustrissimo nelle guerre di Levante, oratore dell' irap. Enrico V 1106 all'imp. di Costantinopoli, ove prende per moglie Zea della nobilissima famiglia Cantacuzena. 2 Andronico Paleologo illmo costantinopolitano, majordomo dell' im- peradorc.prende per moglie una della famiglia imperiale de'Comncni. 3 Michele PaiCologo e .^omueno i.npcradorc di Coitainiuopuli, huo- mo cattoli 'O , prende per moglie una della famiglia imperiale. 4 Andromico Paleologo imp. di Costantinopoii prende per moglie Violante marchesa di Monferrato figlia del marchese Guglielmo il grande. (a) Sembra erronea l'epoca fissata nell' iscrizione , cioè 715 poiché lusiiniano II fu ucciso nel 712. Intorno la famiglia Paleologa 1 1 1 '■!■ Michele Pai. pren- de per moglie Sofia N. Pale maritat. Itali. a. e 3 re re - So re • Teodato Paleol. marchese di Mon- ferrato a- r* 3 »> ^ o o o 5 ^ E. 5" figlia di Gio. Alera- mo di Monferrato 6 Andronico imperad. prende per moglie Gio- vanna sorella d'Aimone conte di Savoja S- 3 7 Calojanni Faleologo imp. di Costanti- nopoli. f» - ^ re S ree; % Manuel Paleologo imperadore I-; n •X) a- o O 3 »» M '-' o o X +- re ri* 3 O SJ q »j ».* ►n ►t) 3 S n o SJ 3 n re a. o l-H a. 'l 3 3 |3 . Vincenzo Monti , e del conte Gio. Aìitonio Roverella. Jl cav. Vincenzo Monti nostro amicissimo, che già da più mesi erasi portato di Milano a Pesa- ro col pensiero di starsi nella dolce compagnia dell'amala sua figliuola Gostanza , e di consecrar- si anche , unitamente al suo genero conte Giulio Perticari , alla continuazione della celebre opera in- titolata Proposta ci alcune correzioni ed aggiunte al vocabolario della crusca , è stato ivi preso do- po alcun tempo da un fiero mal d'occhi , che for- zandolo ad abbandonare ogni caro suo studio , lo ha posto nella necessità di mettersi sotto la cura di ben' esperto cerusico. A tal' uopo abbandonando il bel soggiorno dì Pesaro ha dovuto portarsi in Bologna accompagnato da' suoi , per udire colà il parere di que' valentissimi professori , per mezzo de' quali teniamo certa speranza che assai solleci- tamente sarà tornata la primiera salute a questo grande letterato italiano. Il dolore che giustamen- te occupava gli animi de' suoi amici, è stato pe- rò in qualche modo rattemperato leggendo i quattro sonetti che qui riportiamo, a noi mandati dalla cor- tesia dell'autore medesimo • Gli associati nostri Sonetti del Monti ec/ lai s'argomenteranno bene da questi , che se lo stato fisico del Monti è martoriato per molti dolo- ri; il suo spirito però è sempre il medesimo , e non ha niente perduto della sua nativa forza e vi- vezza . Abbiamo creduto dunire a questi sonetti un* altro del eonte Giovanni Antonio Roverella con la tra- duzione latina dell'ab. Montalti; di che i lettori ci sa- pranno certamente buon grado , perchè nell' una e neir altra delle composizioni troveranno tali bel- lezze da reputarne gì' illustri autori meritevoli di molte Iodi. Pietro Odescalchi. Alla contessa Violante Perticari Ciacchi . SONETTO I. De' mìei mali al pensier , che fiero il petto M'ange, e del peggio ancor tienmi in periglio, Passo in pianto le notti , e stanco e stretta D'amare stille alfìn socchiudo il ciglio. Ed ecco innanzi al doloroso letto Cheta cheta in vestir bianco e vermiglia Farsi una donna di celeste aspetto , .Che per mano mi prende, e in dolce piglio. Fa cor, mi dice, l'amistà son' io Degli afflitti conforto, e a te d'accanto. Caro infelice , la pietà m'appella. Tenera allor m'abbraccia, e terge il pianto. Fugge il sonno , apro gli occhi, e al fiano«^mio I^a ritrovo seduta; e tu se' quella. iss Letteratura j41 conte Francesco Cassi. I I. È te pur , dolce amico , e te pur prende 'u; Del mio soffrir pietade , ed in me fìtto Lo sguardo mostri che il dolor ti fende Di che misero io porto il cor trafitto. Né la virtù che l'altrui mali intende In te si spense al meditar lo scritto Del fiero vate , che in sentenze orrende Di Farsaglia cantò l'alto delitto. Or che teco è pietà, tempra il rigore Di que' feroci sentimenti , e bello In bei carmi ne rendi anco l'orrore^ E diran tutti : l'italo cantore Vinse il latino : che le furie a quello Fur muse , e a te , leggiadro spirlo , il corc, IIL Clic più ti resta a far per mìo dispetto , Sorte crudel ? Mia donna è lungi , e io priva De' suoi conforti , e di quel caro aspetto , Egro qui giaccio al sofferir sol vivo; E in chiusa parte ho i rai del sole a schivo Tutto in te fiso, o mio solo diletto. Pur me felice se a tanto arrivo Ch' io ti stringa, mia vita ^ a questo petto ! Mentre io sì disacerbo il mio tormento , Ecco pietosi, come il duol gli accora, Gittarsi i figli (i) nel paterno amplesso. (i) Costanza ]VIonti , e Giulio Ferticari, Sonetti del Monti ec. ia3 Ah ! che ingiusto , allor grido , è il mio lamento ; Se gioirmi di questi emmi concesso , Più non mi lagno , e son beato ancora. Pel ritratto di sua JìgUa dipinto da Filippo j^gricola. TV. Più la contemplo , più vaneggio in quella Mirabil tela , e il cor che ne sospira Sì neir obbietto del suo amor delira. Che gli amplessi ne aspetta e la favella. Ond' io già corro ad abbracciarla , ed ella Labbro non muove ; ma lo sguardo gira Ver me sì lieto, che mi dice: or mira. Diletto genitor, quanto son bella. Figlia, io rispondo, d'un gentil sereno Kidon tue forme, e questa immago è viva. Si ch'ogni tela al paragon vien meno. Ma un' inimago di te vegg'io più viva, E la veggo sol' io : quella che in seno Al tuo tenero padre amor scolpiva. jé Filippo agricola pel ritratto della contessa Costanza Monti Perticari. SONETTO. Eletto spirto , ond' oggi al Tebro in riva L'età di quel d' Urbin si rinnovella , Certo togliesti all' amorosa stella Questa sembianza peregrina e diva. M' inganno ? O lei vegg' io leggiadra e viva Ch' ir feo la rosa al suon d' ascrea favella Più superba che allor, quando sì bella Parve pel sangue della cipria diva ? ia^ Lettkratura Questa è V aria del suo volto gentile , Son questi gli occhi dove Amore ha nido, E questo è il petto dove Apollo spira. E i bei versi udir parmi , e il chiaro stile. Onde emular su franche penne il grido Tenta del padre , e la raeonia lira. DEL CONTE GIO. ROVKRKLLA. Caesar Montaltius latine reddidit. O qui romulei reparas nunc margine Tybris Tempora, apelleas docuit queis Santius artcs, Nempe dionaeo libi ducta fideliter astro Quae micat in tabula caelcstis gratia forma*. Fallor ? An hìc pietà Telesillae ab imagine vivus Frontis honor ? Dulci cujus rosa Carmine naper Fulchrior ell'ulsit ,quam cum contincta cruore Cypridos albentem mutavit murice florem .'' En charites tenero spirantes moliiter ore: En oculos , ubi gestit Amor sibi ponere nidnm : En Phoebi alflatum praesenti numine pectus. Tarn cultis rapior numeris, et divile vena; Aeraula dum levibus tendit bene eredita pennis Maeoniamque cholyn], laudesque aeE VERSlFICATICMi l^f) i^^tres fragile», mais doués D'une étincelle du Très-Haut, Sous ses regards qua faisons nous ? lei , l'envie et la discorde Ont pvéparé leur fer aigu ; Plus loin , les vices , les délits , Ont répandu V affreux désordre. Envain Cérès de blonds épis Vient enrichir ces heureux champs Que tantót Fiore embellissait : L' homme cruel , toujours aveugle , Avec le sang de son semblable , Et le sien méme , a tout rougì, Envain la paix, en vain les arts, Dans r intervalle des combats , Veulent calmer tant de fureurs^ L' étre si faible et passager, Toujours soigneux de se détruirei, . 4- défaut du fer des pérìls Recourt au far des vils bourreaux ! Eh quoi ! sans l'ordre de son Dieu, Dans 1' affrayante eternile Peut-il plonger son compagnon ? He'ros vaillans, mais trop cruels , Gombien vos soins me semblent vains f Arréte , arréte heureux vainqueur Sur le terrain de ta victoire Observe bieu ces corps hideux , Dans la fange traìnds , meurtris; Tantót ils furent tes égaux '..... Si ton orgueil est satislait , Ton coeur n'est-il pas soulevé G.A.T.XIV. o i3o Letteratura Par un tableau si dégoùtant? D'où peut venir tant de gaieté ? Dis-moi pourquoi t'enorgupillir ? Malgré ta force et ton bonheur Ne dois tu pas finir bientót ? Soufflé léger qu'un soufflé abat , Si soin^ent digne de pitie , Quel peut donc étre ton espoir ? Un jour, que rien ne peut changer , IVe dois-tu pas aussi couvrir La terre de tes ossemens ? Est-il bien vrai qu'en ses déserts , LMiomme sauvage , errant , grossier , Est pius que nous , infòrtuné, Faible , timide et sans raison ? Ah ' si l'on peut lui reprocher Son ignorance et ses excès , Et sa brutale oisiveté : JVos arls nous rendent-ils meilleurs ? JN' inimolons nous point de victime ? lei n est-il plus de besoins ? L'inconséquence, et les ennuis , D'iiijustes lois , des soins trompeurs, Les durs iravaux, ou f esclavage Et ies supplices , et la mort, Sont ici-bas les résiiltats De nos inmières, de nos vueux , Et des efforts de nolre esprit : JVolre bien-étre est sans progrès ; Tel enchaìné le lier coursier Frappe du pied sans avancer. ESAIS DE VERSIFICATIOIf jfjj Que pensent-ils de notre sort Les habitans heureux du ciel ? Je crois entendre leurs discours : „ Abandonnés sur un rocher ,, Qu ils vont quilter incessamraent , ,, Où tout leur dit que l'avenir „ Est Seul durable et seul réel, „ Les fils des hommes sur la terre , „ En méprisent les biens trompeurs ^ „ Indigne image des vrais biens- „ L'un l'autre ils s'aiment constamment „ Dans ce trajet pdnible et court. „ Des prodiges de leur Auteur , ,, De ses bientaits environnés , „ Ils admìrent , sans se lasser , „ Et sa puissance, et son genie, „ Et son amour inépuisable. „ En sa présence prosternés , „ Devant ses oeuvres confondus , T, Ils ne songent qua l'adorer. Tels nous étions dans Tàge d'or. Gel àge , hélas ! reviendra-t-il ? Apprendrons-nous eniin un jour jVos vrais devoirs et nos vrais blens ? Quand verrons-nous l'horriblc guerre Et régoìsroe et les délits Avec les vices exilés ? Serait-il làche et sans raison , Loin de se battre , de s'aider ? Loin de ha^r , de senti' aimer ? Quand serons-nous tous conjur«8 Pour combattre nos ennemis 0* iSa Letteratura Les plus puissans, les seuls réels : J\os maux, nos vices , nos travers? Il reviendra cet heur^ux jour, Nous en avons de sùrs garants Dans les récits de nos aieux: Dieu détruirait ses fils ingpals S'ils ne devaient étre meilleurs i Sa sainte loi nous rendra tels. En nous pìacant sur cette terre. Il nous donna de sùrs appnis : Le sentimenl des biens, des maux: La conscience et ses frayeurs, Lt Tespérance qui , d'abord , Vient embellir notre existence , Et ne nous quitte en aucun tems C'est un fanai tòujours luisant. Sur Thorizon de notre vie Aux portes de 1 éternité. Le spectable de la nature , Cet univers vaste et mouvant. Ce marche pied de TEternel D'où sa gioire s'accroÌL tòujours; Le divin soufflé de notre ame , Et ces Iiébreux , e!us , punis , Errans encore parmi nous : Tout nous prouve notre origine. Et notre chutc , et notre épreuve Et lavenir qui nous attend . Es^IS DE VERSIFICA.T10N l3X Fers de 7 Syllahes. LE TORRENT. Xje noiiveau maitre et seigneur D'un teirain vaste et fertile. Mais voisia d'un fier torrent ^ En ces mots se l'amentàit : „ L'ancìen maitre de ce sol „ Bien peuplé , riche, et prospère, „ N'a puint su le délivrer „ Du torrent toujours voisin. „ Il est vrai que par ses soins , „ Les dégals sont réparés : „ Mais pourquoi d'un ennemi , „ Faut-il donc soufFrir l'approche ? „ On l'admit sur mon terroir, „ On creusa mème son lit , „ On rendit son cours facile, „ Pour le vaincre on i'adapta ! ! „ Je méprlse un tei système : „ Je ne veux point d'ennemis. „ Barrez donc tous les passages » „ Eloignons ce destructeur; „ Que des digues aux frontière» , „ Lui défendent toute entrée. „ Ah! qu'il porte ailleurs le trouble . . . „ Hàtez-vous . . . comblez son lit. Aussi-tót chacun s'empresse, L'on entasse mille obstacles, L on travaille avec ardeur : Le terrcir est entouré. i34 Letteratura Le torrent , en un moment. De sps sources séparé , S'afFaiblit et disparnìt : Le seigneur se réjouit. Cependant un voyageur, '^ui du bord observait Tonde S'accroissant au pied des digues , Se raillait de tant d appréts : Il criait en cherainant Au seigneur, aux travailleurs: „ Renforcez, haussez la digue „ Mais le lit du fier torrent . . . „ Gardez-vous de l'obstruer. ,, Vous barrez en vaìn l'entrée , „ A des flots toujours croissans , „ Dont la sourco reste ouverle , ,, Que le ciel pput seul tarir. ,, Délriiisez une bari ière ,, Inutile en tems de calmf!, ,, trèle et nìéme dangoreuse , „ Quand ies eaux sont en courroux. „ Sur Ies bords , baussez la digue, ,, Augmentpz la résislance . . . ;, Mais le lit da fior torrent. „ Gardez-vous de 1 obstiuer . „ D'un consi'il si salutaire , ', Le seigneur ne tint nul compie: „ De I envie et du déj)ii „ C'est la voix , ,, répondait-il Quand soudaln au pied des digue En iuieur 1 onde s'accroìt , EsSàIS DE VERSIFICATION 1 35 Elle monte, elle s'excite , Et renverse un long rempart. Vainement à son danger Le sejgneur cherche un remède; Le torrent fort et vainqueur, A déjk tout envdhi. Les maisons , les jeunes plantes , Sont d'abord d éracinées , Puis , les arbres centénaires , Jusqu' alors si respectés , Sous des flots inésistibles Sont contraints de succomber. Les troupeaux et les pasteurs JNe se sauvent qu' à moitié. Le passant qui s'éloignait Répétait : baussez la rive Mais le lit de ce torrent Gardez-vous de Tobstruer J „ Tout-à-coup , un bruit horrible Retentit à son oreille . . . Sur ses pas vite il retourne Au secours des subraergés. Le seigneur du seìn des ondes Avec peine est retiré , Il dut méme son salut Au passant trop généreux. Il apprit par sa disgràce, Sans nul fVuit , un peu trop tardr Que les digues des rivières Doivent suivre le courant. i3G Letteratura Vers de. G Syllahes. Les vers de la Syllabes , dont on a déjà donne un essai, peuvent étre considérés , à la rigupur , comnie foi'mds de deux vers de six syllabes; il est donc inutile de donner des essais de cette derniè- re espèce de vers. M 13^' ARTI. BELLE ARTI. SCULTURA. Sola cav. Antonio , spa^nuolo , accademico di s. Luca. e un fatto di «toria moderna è argomento assai difficile a trattarsi in pittura a cagione del nostro modo di vestire troppo meschino e bizzarro , quan- ta maggiore difficoltà non s incontra nella scultu- ra , in che è legge, oramai voluta per universale con- senso , la severità non solo delie forme e delf at- teggiamento , ma quella eziandio del vestire e del piegare i panni? JNé vi sarà alcuno che, mediocre- mente ini'iiato nelle belle arti , non vegga siccome le presenti nostre vesti s oppongono apertamente al- la severità della pittura e della scultura. Perocché se vogliasi aver riguardo alle forme delT ignudo, si vede che esse tutte rimangono coperte da pove- re e minute pieghe, che variano, si può dire, in modo opposto in ogni parte del corpo. Ond' è che rimane , per questo lato , tolto agli artefici il cam- po di mostrare la valentia loro principale, che sta nel farle carni , i muscoli, e le ossa , e nel contor- nare svelte proporzionate forme , tratte dal vero bel- lo , e meditate sugli antichi modelli. Che se poi per altra parte si ponga mente alf odioso effetto che pro- duce nelle masse, tanto sulle tele quanto ne' mar- t38 Belle Arti mi , il vestire de' moderni lo vedremo derivare pri- mieramente da quella meschina economia , prodotta ilal pM'petuo cangiaménto d'elle usanze, perchè ne an- diamo stringati in foggie ridicole dal capo sino ai pie- di. È quindi manifesto, siccome tante linee rette, obli- que, circolari, divergenti, e tutto minute , che s'in- crocicchiano: tante pieghe, forzatamente ristrette; tante punte o acute od ottuse ; tanti colori dispa- rati 1 uno vicino all' altro, generar debbano agli oc- chi di chi risguarda molestia e fastidio. E per quan- to un ingegnoso scultore si fatichi a render ragio- ne delle sottoposte forme, mancherà sempre dall' ottenere un lodevole effetto nella massa, e vedrà tor- nar vano ogni suo studio. Le quali cose abbiamo qui toccate di volo per- chè ne venga più bella lode al sig. cavalier Sola, il quale sembra avere , con non più veduto arti- ficio, evitato uno scoglio così pericoloso senza tra- dire la verità della storia per lui rappresentala, sic- come i più scultori sono costretti di fare allorché raffigurando persone de' nostri tempi le donano di antiche vestimenta. L argomento del gruppo, più grande del vero, che il Sola ha di recente condotto in creta ed es- posto alla pubblica vista nella sua oflicina , è il momento in che i due spagnuoli Daviz e Velarde uffiziali d' artiglieria, giurarono più presto morire e morirono anzi che cedere alla prepotenza dell' armi straniere i cannoni affidali dal sovrano alla loro custodia. La quale storia potrà ognuno a suo talento leggere distesamente nella narrazione de' fat- ti di guerra accaduti nel reame di Spagna 1' an- no i8o8. Veggonsi dunque i due prodi nelT alto di giu- rare. Le loro destre sono armale di brandi , e le Beile Arti i3fj sinistre impalmate con molla forza ed espressione. Colui che rimane alla sinistra dello spettatore mo- strasi d' età più provetta , e colla faccia quasi in profilo alzata verso il cielo sta in atto di chi as- colta e consente alle parole del compagno. 11 suo braccio destro armato , come si disse di sopra , é teso air ingiij e alquanto discosto dal iianco. Tut- ta la persona si appresenta di prospetto con una movenza fiera e risoluta. L' altra iigura tiene il destro braccio col brando levato in alto , e 1' aria della testa eh è di giovine, è molto espressiva ed animata , così che diresti udire le parole che pronuncia. Anche di costui vedesi la faccia in pro- filo e indritta al cielo. Ma ciò che sopra ogni al- tra cosa dona una piena eviden?a alT atto del grup- po è r Sinergia del braccio sinistro di questo gio- vine , la quale si manifesta colla forza con che di- steso stringe la mano deli' altro. Ed è pure in que»- sta statua tanta risolutezza, che in nulla cede al- la precedente. Il gruppo è legalo insieme da un cannone posto sul suo carro, che rimane dietro e per traverso ai due guerrieri. Può affermarsi senza taccia d' adulazione , aver 1 artefice in qiiest opera afferrato uno di quegli atti animati , tanto difficili ad esprimersi col semplice presidio della creta. Al- lorché f artefice perviene a commovere 1 animo degli spettatori , e penetrarlo del subietto rappre-» sentato può dire d' aver toccato lo scopo dell ar- te, E tale è stato f effetto prodotto dal gruppo del Sola su' numerosi artisti e dilettanti concorsi a ve* derlo. Oltre la bellezza delle forme, oltre la profon- da inleiiigenza anatomica e f armonia delie parti , non tiniremo dal lodare l'autore di quel nuovo e felice modo con che ha vestite le sue figure ; per- j^O Belle Arti che crediamo eh' egli abbia risoluto con assai ma- gistero il problema, se si possa o no usare la fog- gia del vestire moderno nella scultura , senza pro- durre un effetto ignobile ed odioso. E chiunque ve- «Irà con quanta sagacità e sottigliezza abbia il So- la saputo trarre profitto dal mantello e piegarlo nobilmente e con gusto antico : con quanta leggia- dria ed arte abbia usato de' presenti corti abiti militari , e de' lunghi pantaloni e degli stivaletti, non j)orrà in dubbio eh' egli non abbia vinta la prova, e dimostrato , lorse pel primo , potersi dare a sta- tua di personaggio mv»derno tutta V aria e il, sa- pore dell' antico senza tradire la verità de' tempi. Non dissimuleremo però avergli d' assai giovato quella foggia del vestire spagnuolo, per cui il col- lo , ornato di semplice e leggera collarina , rimane ignudo. È stata questa opera allogata al Sola dal suo governo. PITTURA DI STORIA. Mancini Cortesi Giuseppe-di Macerata. É cosa ben grata per noi il poter ragionare di quegli artisti, i quali fr;ini dall amore dell' arti bolle per sola inclinazione iloll animo , e non per bisogno , si travagliano in esse e pervengono , pel desiderio di gloria , a lodevole grado di sapere- E volesse il cielo che molte fossero le agiate perso- ne , le quali siccome il Mancini dessero opera a così onorata professione per cui si riempiono gli animi di sentimenti tanto nobili e generosi. Ha quc- Belle Arti i4j sto artista lavorato di recente sopra una tela larga pal- mi quattro ed aita quattro e tre quarti, quella storia di Giuseppe ebreo, che nella carcere interpreta i sogni ai due compagni. Veggonsi questi assisi ciascheduno a un lato del quadro , e Giuseppe in piedi , più ver- so la parte diritta , in atto di clii parla gravissi- me parole, si dimostra intento ad interpretare i so- gni. L' ascoltano que' due con tanta naturale ansie- tà che r anima loro sembra tutta quanta accolla nella faccia. Lodevolissima dunque è la composi- zione , perchè semplice ed aggraziata. Né in mi- nor pregio è da tenersi il disegno che si mostra corretto e puro e di belle e giuste forme , sicco- me pure gli atti delle figure sono di gusto severo e naturali , così che in uno vedi espressa tutta la gioia , è neir altro un profondo spavento per la va- ria predizione che vien fatta a ciascuno di prospe- ra e di trista fortuna. E fra' pregj di questo qua- dro abbiamo notato singolarmente un robusto co^ lorito disposto con saggia armonia da cui risulta im beir effetto tra le figure e 1' oscuro fondo del- la carcere. Né merita minor lode la larga e bella maniera tenuta dal Mancini nel piegare i panni delle sue figure, e principalmente in quelle di Giu- seppe e. di colui che gli siede più vicino. Giac- ché con eguale franchezza diremo che nella terza che sta dicontro alle precedenti il panneggiamento non è riuscito con altrettanta felicità. Terminere- mo questo cenno colf esortare il sig. Mancini a proseguire con animo gagliardo nell' onorata canie- ra, in cui ha già segnato orme tali da donare di lui alte speranze nelf arte. 1^2 Bblle Arti PITTURA DI PAESI Cattel- Prussiano. E, ira già gran tempo che non avevamo parlalo di questo maestro, le cui opere si risentono giornal- mente di bello e leggiadro incremento. Fra tante che si veggono ora da lui condotte ci piace dire alcuna cosa di due quadri , di vario carattere , i quali ci sembrano lavorati per eccellenza. È il primo un iddio amoroso rappresentante un chia- ro di luna. Tutto 1' innanzi del composto è una rustica terrazza, contigua ad on casolare villerec- cio che sta sulla diritta. Un pergolato di verdis- sime vili ricuopre questo delizioso luogo alla sini- stra del quale sono sparsi per terra frutta ed aran- ci. Presso il muro , che chiude la terrazza , si ve- de seduto sopra sedile di pietra un giovine conta- dino , che suona la chitarra e canta amorose can- zoni ali innamorata , la quale aperto 1 uscio di ca- sa sta per escirne con un lume in mano. E sic- come sembra temere che T aria non l'ammorzi gli fa velo del grembiule in guisa che la liamma non si vede , mentre tutto il suo volto e parte del cor- po ne rimangono illuminati. Ed in ciò è da lodar- si la considerazione dell' artista , il quale ben sa- pendo non potersi mai in pittura rendere una il- lusione perfetta del corpo luminoso , si è conten- tato di dar ragione dell effetto senza esporre alla vista la causa. La figura della giovinetta è tan- to innocente e aggraziata da fare stupore. Oltre la terrazza 1' occhio si spinge in un bel seno di ma- re costeggialo sulla dritta da fronzute montuose Belle Arti j/jS spiagge. La luna rischiara questa scena di placi- dezza e d' amore. Non si può donare id<^a più esatta d'una fresca notte estiva, sotto il bel cie- lo di Napoli , da dove la tolse il Gatel, di que- sta leggiadra pittura eh' egli lavorò per milord Howar, Raffigura il secondo quadro un' altra scena notturna ma tutta di architettura. È questa la ve- duta della piazza esterna di monte Cavallo, tolta dall' angolo orientale del palazzo della consulla. La qual magnifica scena piacque cotanto al ce- lebre pittore inglese Lawrence, che ne volle aver seco la memoria e perciò ne affidò l' esecuzione al valoroso pennello del Catel. E troppo conosciu- ta, anche dagli stranieri per istampe e per qua- dri , quella nobile riunione di fabbriche perche ci fermiamo a descriverla. Diremo soltanto che non si poteva meglio conservare il carattere del luo- go , né rendere un eftetto pili bello e più mara- viglioso di quello che ha fatto questo artista L' ar- monia totale ricavala dall' oscurità stessa delf aria , che produce una misteriosa quiete generale onde gli occhi si riposano sopra tutti gli oggetti : uà raggio di luna che appena spunta dalla parte di dietro dell' esquii ie ed illumina parcamente il fab- bricato delle scuderie pontificie , e f imponenlo massa dell' obelisco e de colossi che tengono il mezzo del composto hanno somministralo al Ca- tti i modi di rendei e alfatto nuovo T etlVtto della sua pittura, della quale ha potulo con tanta diligenza verità e scienza trattare i più minuti particolari che nulla rimane da desiderarsi alla più completa il- lusione. Tambroni «44 VARIETÀ' Elogflim Dominici BdlavUls veronensis sacerdoìis-Veronac , iyp: Prov. Libanti 182 1. x\utoie di questo elogio è il padre Antonio Cesari di Verona, il cui nome suona carissimo a quanti binano Toro più bello di nostra lingua . Esso é stato scritto da lui in latino e in italiano. Cosa ve- ramente gentile, e degna de' mii^liori secoli d'amhidue gl'idiomi. K «he ciò sia il vero, eccone un doppio saggio. ISIacfiis est mitissi- lìuiin indolcm atcjue ingcnium in primis docile , ciini swnmci oris (te vocis suca-ifale; cit vitae innocenlia icari inde a puero portendit qucdis essef futurus. Pi asceta iam aetate inter clcricos est ccdl&ì ctus : at (quo crai in res divinas studio) labore ac diti^entia, bre~ vi non vul^arem chrisiianae disciplinae scieniiam adcptus est . ZJJt ter sodale^ philippianos Manluae est cooptatus ; quibuscuni quam dia vixit in virtutwn exeinpluin eluxit : praesertim in alioruin salute procuramla. Ea familia dissoluta , ipse eadein in urbe se continuiti ì-afus ubicwnque Ubi bene succedat , at'jue aliis utilis es- se ceperis , non temere sedem aut propositum esse mutandwn. Igi tur eum mantuanos municipwn loco accepisset , niliil ad eoru/n vel instihitionem vel co'ivnoda curanda sibi fecit reliqui. Quo fa- ctum est,, ut quamplurimos sui studiosissimos sibi concilia^'il: omnes vero parentis loco eum haberent , atque velati sanclissiinnni homi- nem vererentur. Cwn re familiari esset satis bona , omnia sua in corum commodum contulit , qui udve^sa foiiuna iiterentw: Puellas ac pueros , pessimo /lublico urbem pervagantes , passim cnllectos , in curolrnphiis ab se conslitu'is aluit , excoluit , bonis arlibus i/n- buemlos iradidil ; ce'-tum vitae priesidium vel ornamenluin. Feto- mlnis in villa prolapsis ad bmam fru^em revocandis non dcfail . Nctmquc aniinorum Iona siudcbut quuin maxime. Cam vero illins Varietà' i45 ahslliientiam et piclafem perspcclwn halerent omnes, largissiinc 11- Iwn dnmihant : quorum ipse auciua auxiliis , oinn'wn necessitati- bus suhlei'cmdis , civerfendis periculis , rei fcundiari constitucndae l'cl sarciendae pretesto fuit UtrgHion'hus supra fidein effusis : ila ut in maxiinis tc/nporum dJfJlcuLtcdibas, ajijuc cideo in ipsa Man- iuae obsìdione , quae ah gallìs facta est anno ly'jG, cuni pleriiiue fere n/nnc^ in summa rerum caritaie essent , ^'psi non suffeerent modo (f-iibus suos aìumnos sustenlarct , sed quae aJiis per urhein suhsidio miiteret . Queste auree parole , pei- bella latiukà degne di Cornelio Nipote, cosi poi lo stesso celebre autore voltò in ita- liano. Sorli una dolcissima indole ed un ingegno al sommo pieghe- i'ole , con grande soavità d'aspetto e di l'oce : nui per innocenza di l'ila, fin da piccolo presagi che uomo riuscirebbe. In età prO' velia si fece prete ; ma ( lanlo d'amore ebbe alle cose di Dio ) jMir trm'aglio e per diligenza ac(iuistù della teologia una scienza non ordinaria. In Mantova rcndetlesi filippino : co'' quali mentre che visse, risplcndelle in esempio d'ogni virali , in ispezieltà nel pro- curar la salute delle anime. Sciolto quel corjìo , egli si accasò in Mantova ; giudicando , doi'eché li dica bene , ed altrui facci idi' liià , non esser da corre/e a mutar sede né proponimento . Aven~ do dunijue ricevuti i mantovani per suoi concittadini, non si lasciò fratto da fare per la loro educazione , ed in procacciar loro oimi bene. Di che asiaissimi si acquistò di se tenerissimi: e tulli il te^ neano in conto di padre, e come seciilissimo uomo l'avevano in ri- verenza. Essendo egli anzi benestante che no , tutto il suo rivolse al sostentamento degli sciagurati. Fanciulle e fanciulli , che con pubblico danno discorrevano per la città , j-accolse per tutto, e mantenne in case a questo uso da se comperate , gli ammaestrò , e fece loro imparar mestiere a sostentamento e certa prowision del- la vita. Non si sottrasse da ricondurre a bene le femmine travia- te : conciossiachè alla salute delle anime avesse l'animo sopratuito. Essendo il suo disinteresse e pietà a tutti ben conia , gli donavcmo di larghissime limosine, per lo cui rincalzo, al sov veni merito de'bi- sogni, al cessar pericoli , a porre altrui od a rimettere in ista'to egli era presto con larghezze da non le credere : per forma che G.A.T.XIV. IO 1^(5 Y A R I E T A* nelle maggiori slrefh il iempo , anzi pur nelT assedio che posero a Mantova i fransesi il 1796, essendo presso che tulli in bisogno, egli non pure aveva di che mantenere i suoi allievi , ma eziandio che mandare altrui per ajuto. Vedi sano modo di scrivere : vedi come in ogni paese dllalia, studiando ne' buoni scrittori, si può ag- giungere ad alto segno di perfezione. Tutto in quest'elogio è sem- plicità ed eleganza, tutto è sapore di gentil parlare italiano: nien- te v'ha di quc' chicchcri riaccheri , onde a sentirle discorrere ti fan Tcnir quasi meno le femmine di Camaldoli. Or ciiiedasi: quel cotal municipio, che ancor fra le risa di tutta Italia ardisce arrogarsi la dittatura delle parole , quanti scrittori ha egli mai che valgano a contrastare col Cesati? Con buona pace, non ne ha forse ninno : perche ninno al pari del veronese ha studiato profondamente ne' grandi esemplari la propria lingua, ed ha sentito il vero di quella sentenza che dice: non potersi mai venire in cccellenta d'alcuna eosa senza porvisi con tutto il senno • Cessino dunque una volta tante pazze quistioni e ciance inutili di mctaiìsica: le pietose balie toscane diano il nutrire abbambini , ma non insegnino loro l'illustre favella: la plebe s'abbia sempre per plebe: e solo finalmente colui, chiunque egli sia, tenga nell'ottimo scrivere autorità, il qual sen- ta errori usa il comune idioma, quel caro idioma, all'è di tutte le città italiche, e non pare che sia in niuna: e con cui i nosl' i volgari tutti s'/tanno a misurare , ponderare , paragonare ( Dante , vulg. cloq. 1. 1. cap. 16 ). jlnnunzio tipograjico. Reggio , 1 mano l'^i^. La meccanica della tnatcria. T ' X-i alatore di quest' opera e il sig. cav. Nobili , che fin dal 18 ig in un libro stampato in Milano, che porta per titolo introduzione nLla meccanica della nuitcria, espose i principi di una nuova teo- ria fisica onde spiegare piti semplicemente tuti' i fenomeni che la natura ci presenta. Sorti poscia alla luce nel li^o il suo trattato Varietà* j47 di ottica basato sai medesimi principi ; ed oi*a si rendono di pub- blico diritto anche gli altri tre relativi al calorieo , alla elettricità e magnetismo. L'autore riconoscendo T insufficienza delle moderne teorie a render i-agione di tutt' i tatti che nello studio della scien- za si offrono alla contemplazione del fisico , tenta d^ dedurre da un principio unico tutti quei fenomeni , che si attribuiscono ora a cause diverse , ammettendo resistenza di un tluido sottilissimo ed elastico , le cui molecole dotate sono di forza repulsiva vicende- vole ; e questo fluido è l'unico agente che natura impiega in tut- te le sue operazioni. Considera la sua esistenza nell' interno de'cor- pi in uno stato or di maggiore or di minor condensazione , la sua distribuzione intorno ai corpi stessi a forma di atmosfera più o me- no densa ed estesa , gli ondeggiamenti che suscita nclF aria ambien- te; e riconosce nelle diverse modificazioni e vicende ch'esso subi- sce l'origine della luce, del calorico, della elettricità, e del magne- tismo- Parimente supponendo anche disseminata nelle viscere del- la, nostra terra tal materia sottile , ricorre al moto diurno di ro- tazione della terra stessa intorno al proprio asse per dimostrare , come per la forza centrifuga, che spinge tal materia sottile verso l'equatore e suoi paralleli!, possa venerarsi Jungo l'asse di rivoluzio- ne un vacuo, che viene riempiuto dall'atmosfera universale determi- nata a scorrere e circolare da un polo all'altro a somiglianza del vor- tice cartesiano, senonchè diverso soltanto per non seguir questo la direzione dei meridiani geografici, ma bensì un sentiero tortuoso e spirale a causa della rotazione della terra . Quindi da tal causa deduce tutt'i fenomeni del magnetismo terrestre, delle aurore boreali, e della luce zodiacale. Ma^quanto può esser contenuto in un succinto an- nunzio non basta a far giudicare del merito di un opera. Un'accurato esa»^. me dell'opera suddcita farà conoscere,se realmente l'autore sia riuscito nella difficile impresa di dedurre da unpiincipio unico tutti queifenome- ni che veggiamo accadere nel mondo fisico sotto leggi costanti. L'ul- timo suo trattato sortito in Modena dai torchj del Soliani in quest' anno si vende da diversi libraj d'Italia per lire 7 italiane ; tutta l'opera per lire i5. ia i48 Varietà* X^rcsso Francesco Bourliè, tipografo di questo collegio urbano di Propaganda, è già inoltrata la stampa del codice vaticano contenen- ti parti pregicvoli de' libri d<ì repiihlica di Cicerone. L'edizione si eseguisce con caratteri nuovi ed in varie maniere di carte : è pre- ceduta da una introduzione , e accompagnata di note del celebre monsig. Mai , e inoltre adorna di una analoga incisione a figure e di saggi della scrittura del codice. Pare che il volume debba am- njontare a quaranta fogli incirca, ciascuno di otto pagine, nella for- ♦na de' classici torinesi. lo. Bapttstcte Zannoni R. antli^uìtahim interpretls in museo fìo- renlino, inscrìptionwn liber alter. 8 Foligrafìa fiesolana 1822. Un voi. di pctg. 77 - JL'esidei-ato da tutti i conoscitori della buona epigrafia esce final- mente in luce qviesto secondo volume delle iscrizioni del sig. ab. Zannoni, segretario dell'imperiale accademia della crusca, ed an- tiquario del granduca. Noi non aggiungeremo altro in lor lode do- po quello che meritamente ne abbiamo detto in addietro nel nostro giornale, dove il dottissimo autore si è più volte piaciuto di pubbli- care parecchie delle iscrizioni medesime. Possa egli godere molti an- ni della felicità dovuta alle sue rare virtù, onde le lettere ne ab- biano lungamente onore e conforto. pei siculi e della fondazione d^ Ancorai , dissertazione del canoiùr CO Gaetano Baluffi ec. 8. Jncona, dalla tipografia Baluffi, igat. XJn. voi. di pag, 1 74. AnnuTimmo ora puramente quest'opera assai erudita intorno 1^ fondazione cosi controversa d'un' antica e fiorente città italiana, perchè speriamo , quando che sia , di poterne parlare a lungo ini Questo giornale. Varietà' i^g Da un gemil fiorentino ci è stata mandata la seguente iscrizione . Essa è opera d'un maestro de' primi in aurea latinità, cioè del prof. GagliufA: né si può chiedere altro perchè debba a ciascuno essere graditissima. HIC . TBI - lACENT . MAIORES . MÉl HEQVIBTEOT . OPTAVI TIIERESIA . ANDR . F . MINERBETTA DOMO . FLORENTIA lODEMgVE . rVB . LAPIDE . mECVM . ESSE . VOLVI MARIAIM . FILIAM . FORMA . INGENIOQVE . SINGVLARl PRAEREPTAM . MDCCTjXXXXVIIH WICOLAVHI . SANTINVM . DOMO . LVCA . CONIVGEM . OPTIMVM DESIDERAVI - MDCCCXIII VIXI . AWNOS . LXVIIII . OBII . Ili . NON . AVG • MDCCCXX LACRIMAS . raiHI . DEDERVNT VICTORIA . VXOR . PETRI . TORRIGIANI ET . M . ANNA . VXGR . LAVRENTII . MONTECATINI FILIAE . CARISS1MA2 QVIDQVID . ERAT . FAL.SVM . DVM . VITA . SVPERFVIT . OUI NVNC . QVAE . OLira . DECVIT . DISSIMYLARE . LOQVAR ANTIQVVM . SORTITA . GENVS . SPESQVE . VNA . PAKFNTVIWC EGREGIO . DIVES . SVM . DATA . SPONSA . VIRO MIENS . MEA .■ VISA . AL.ACRIS . BLANDO . COR«NOBILK . SENSV VIRTVTI . OOTNIGENAE . SEMPER . APERTA . DOMVS VEL . CONSTANS . VÈL . LAETA . FVI . FFLICIOR . IBAM QWM . WEVS . ARCEBAT . DAMNA . ALIENA . BOLOK. Ncir antecedente \^olume di marzo , cart. 4^5, è stata da noi riferita una canzone del Tasso pubblicata qual cosa inedita dal eh. prof. Rezzi. Dobbiamo far sapei-e però, a pura lode del vero, che quella poesia era già in luce: e la si dee cercare noli' indice delle canzoni del Tasso alla lettera S, giacché non incomincia Era ^ià fermo Amor , ma S'era già fermo Amor , i5o Varietà* Iscrizioni inedite del eh. doti. Gio. Lubus. 1. Bagidini Jìnibus. BrLviaiiorwn. lOSEPHO . BREBBIAE V. C. GOMITI EX . SPLENDIDISSIMO . ORDINH MEDIOLANIENSIVM A. CONSILlS . KEGOTIOR . FABLICOH LEGATO . PROVINCIAE QVO . AVCTORE . VIA . BRIXIANA IMVIA . PRAECEPS IXCISIS . MONTIBVS . MOLLITO . CLIVO SVBSTRVCTIS . MARGINIBVS AD . MILLIARIVM . III. A. CAPITE LAXATA . MVUITAQ . EST PROCERES . BAGVLINENSES TRAESENTIA . ET . LIBERALITATE . EIVS AD . TANTI . OPERIS . MOLlTlONEM EXCITATI . ADIVTIQVE PLAVDENTE . POPVLO . DEDICAVERl ANN. M. DCCC. XXI 2. Mantuae . HONORABILI . MEMORIAE FERDIITANDI . JVL . COM . FIL . GVIDI QVI . ET . DH . BAGNO MARCHION . PATRICIA . NOBILITATE AB . ADMISÓIONIB . FRANCISCI . CAES . AVG. VIRI . ANTIQVAE . VIRTVTIS QVI . GENERIS . GLORIAM COCNATIONIBVS . SPLENDIDISSIMIS . AVCTAM MODESTIA . COMITATì; . RELIGIONE SPECTATA . IN . ADVERSIS • MANSVETVDIN1 CVMVLAVIT VIXIT . ANiM . LXXni . M. VI . D . XXVI MAGNO . BONORVM . MOERORE DEC . IDIB . QVINCTIL . AN . M . DCCC • XXI TitEBESlA . VXOR . II . MARITO KAROLVS . GVIDI . QVI . ET . DE . BAGNO CVM . BIANCA . LA'ZAGA . CONIVGE ANTONIO . ET . LEOPOLDO . FRATRIE. PARENTI . OPTIMO . POSVERE O. Mcdiolanì . AVGVSTO . NIC . FIL . BATAILLB DOMO^ . LVTECIA . PARISIORVM SQ . ORDINIS . MERITI . EQ . CORONAE . FERRAE HO.NESTAEQ . LEGIONIS Varietà' i5i e . primorievs . galliarvm STRATEGO . CLARIdSIMO QVEM . OMNIBVri . IWILITARIB . EXPEDITIONIEV3 ARMIS • FIDE . CONSILIO . STRENVE . BELLIGERANTEINI EVGENIVS . DVX . LEVGMTEMB . PRIKCEPS . AECHSTaDiI COftlITEM . S)BI . ET . MCVRIALEM . CVBICVL . ADSCIVIT miAXlMJLIANVS . lOSEPHVS . REX . BAVARXAS INTER . ADMISSIONALES . ADLEGIT BONI . CMNES . HONOUIBVS . ET . MVNERIEVS NITIDE . FVNCTYM . TESTATI . SVNT VXXIT . ANN . XXXXlI . M . VII . D . XKVII AMATOR . IVSTITIAE . CVLTOR . RELIGIONIS OBllT . PEREGRE . XVI . KAL . IVN . AN . M . DCCC . XXI CAMILLA . DELFRAIE . COKIVGI . OPTIMO ALEXANDER . BATAILLE . FRATRI . CARISSir.IO CVM . LACRIMIS FECERVNT BENEIilÉRENTl 4- ViceniUe. QVIETl . ET . MEMORIA! MATTHAEI . HIERON . FIL . STACHI IVRISCONSVLTI IX , VIRI . STLITIB . IVDICAND , OMNIBVS . MVNERIBVS . E . REPVBLICA GNAVITER . FVNCTi QVI . NATVS . ANN . XLII , D . XXI . PIVS . COMIS . INTEGER . PROBATVS . OMNIBVS DEC . XVI . K . FEBR . AN . M . DCCC . XX. MATER . FRATER . ET . FILIVS MOERENTISSIMI . FECERVNT |,0C0 . QVEM . SIBI . TESTAMENTO . DE5IGNARAT 5. Mediolcinl. camillae BENIGNI . BOSSI . MARCH . FILIAB MATRONAE . OPTIMI . EXEOTPLI GOMITATE . INGENIO . RELIGIONE IVIAXIMA . IN . EGENOS BENEFICBNTIA PRAESTANTI QVAE . RELICTIS . IN . LVCTV IOAN . lACOBO . AVGVSTA . HERSILIA . ET . SOPHIA FILlS . DVLCISSJMIS ► OBSEQVÉNTISSUVIIS OBllT . PLACIDO . EXITV . VI . NON . lANVAR . AN . M . DCCC. XXI AETATIS . SVaE . XXXI . IOAN . lACOBVS . MEDICES . QVI . ET . MARIGNANTS iVGlNS . FECIT . CONIVGI . INCOMPARABILI PLVRA . DE . SE . MERITAE QVAM . TITVLO . SCRIBI . POSSIT 103 NECROLOGIA P rego V. E. a voler degìiarsi «riiiscrire nel suo applaudilo giorna- le , a più clurevol.' memoria , queste poche righe di debito tributo al merito singolare ilei defunto don Tommaso f^olpi , professore chia- rissimo della clinica di chirurgia pratica nella C. I. R. università di Pavia, socio dell' accademia gioscfHna di Vienna ec- di cui al- cuni pubblici fogli hanno già fatto onorevole ricordanza. Egli eWjc per patria Pavia, e fu educato in quella celebre uni- ver-ità, dove in qualità di alunno nel civico ospitale die chiari se- gni \ 35 41 27 8 I 4 y SI 21 27 9 4 8 5 J II 27 1 1 (> o 8 02 si 28 o 2 2 5 40 3 28 o o -4 o! 32 I 27 II 4 28 a 28 2 28 I 28 o 27 II 27 1 1 27 IO 27 8 27 7 27 9 27 11 28 I 28 28 J 28 I 28 o 27 II 42 37 46 25 54 7 8; 6 7 7 2 5 8 4 5 52 60 t'O 39 4' ^8 2 27 I I 27 10 27 1 1 27 1 1 28 o ?8 ì C 2 6 8 7 2 7 6 7 2 8 2 43 47 12 41 38 46 28 2 28 I 28 I 28 o 27 1 1 27 1 1 27 27 IO 28 O 28 I 28 J 28 I ,6 2 ',5 1 M 2 '-7 4 .;5 2 36 1 0 '[ 0 41 I t5 1 |0 0 ,8 S 8 3 28 o 4 27 II a 33 2 47 1 03 2 3 I 4S i ,<3 . '3 3 29 2 33 ' 4 1 3 ■-7 25 6 17 2 30 2 37 H Osservazioni Mctereologicha fatte alla Specola del Colleg, Rotn ^ •j jipHle i8aa. MATTINA GIORNO SERA '3 1 ,11 — ^ Meteore o C.titu i-.va-j StrttO Stato 3 del p or 1 Ven to del Piogg. Vento del Venie Ci"lo 1 Celo Cielo I n. p.s. 3 30 tra. a //. p s. 9 J3 Ira. a in n. tra. 3 2 s. 3 0 Ira. 2 s. p. 11. tra, \ in s, ira. im 3 s. p.n. a 3<^ Ira. 2 S. II. tra. gè. 2 s. ri. tra. 2 in 4 s. 3 21 tra. i s. mae's. I Ili s. pon. I ì; n. 3 0 Ira. 0 IL. pori. nini ri. p.s. pò lih.o neb.* - n. 3 20 me. si. 0 n. iiie.lib. 1 m s. po' 0 neb.f s. 2 10 tra. 0 lI.S. me. Uh. im s.p. ri. incz. 0 neb.+ 8 II. 2 22 me. si. 1 II. 0 8,| ine.lib. 2 s. ri. lib. I piog. 2 9 s. n. 3 12 mez.si I II. mez. 1 n. mez.si. I neb. 1 IO n. 3 ai lev. I m n. 4 70 inez. I m n. me. si. 1 piog. a. g II s. n. 2 M ira.gr 0 n. 0 27 mez. i S p. II. mez. 0 15 s. n. 2 50 mei. 1 s.p.n. me. lib. 1 s. pon. 0 neb'f i3 s. 2 40 tra. 1 U.S. pò. lib. 1 s. pon, i neb.* :4 s. I 52 ira. 0 s. pon. I s. lev.si. 0 »5 s. 3 6 tra. 0 s. pon. 1 s. pon' 0 neb. * U: s- 4 V Ira. 1 s. mez. 1 s. pon. 0 neb+ I? n. s. i ai Ira. I n.s. mez a n. p.n. mez. 1 neb.* i8 n. 2 Si tra. 0 s.n. tra. i s. tra- I B- *p.*g. ly s. 3 00 Ira. 0 S. II. gre. I f. n. pon. 1 neb.f 20 n. 3 9 Ira. I II. me. sir. i n tra. 1 n*p+g.3. 2 1 n. I lO lev. 0 n. 0 13- lib. 0 n p.s. tra .gr. 0 Piog-g- 29 n. s. 2 19 tra. I II. p. s. 3 i'4 pori. I s. p.n. pon. I neh.* 2?, 11. I IS Ira. 0 II. lib. 1 s. p.n. pon. 0 nebf 24 s 2 0 Ira. I s. ine lib. 2 s. leu. 0 neb* 25 s. 2 i5 ra. 0 II. mez. 1 II. me. si I n.*p-g.3. 26 n. 3 29 :ra. 0 II. lib. I n. mez. im n.fp.g.a- 37 n. I iS iiiez. im II. 3 008 tra. J n. mesi, t piog. 2. g. 28 S. II. t 2S Ira. I m Il.p. s. I 103 /?o. /ifc.I u. tra. I neb.f 29 II. i Ti Ira. I n. ira. 1 n. mesi, i neb*. So 3» s. n. j, 20 ira. I m s.n. pò. ma. 0 n.p. s. mez. 1 neb-f K Tabella dello stato del Tevere , desunto dalt altezza del pelo d^ acqua sult orizzontale del mare ^osservato aU Idrometro di Ripetta , al mezzo giorno. APRILE 1822. GIORNI. ME IKl. PALMI ROMANI. OSSERVAZIONI. 1 5,i<7 26. 3. 1 2 5, y4 26. 7. 0 3 6. »5 3o. 7. 4 4 6, 5o 29. 1. 1 Il giorno 12 alle 01-69 ffcl- 6 6. 2 5 27. 11. 3 6 6, 07 6, o5 27. 2. 27. 1. 27. 8. 26. 11. i la mattina ginnse all'altez- 3 za
  • ^lio di una eminenza di terra per farvi pas- sare un canale, che sev.ondo le supposizioni, do- vea appoitare la salvezza della Città, ciò non O'Stan- te credo che possa conciliarsi questo andamento col- la possibilità , se si suppone che siasi derivato il canale superiormi^nte al ponte Milvio, per condur- lo al piede di quei colli che formano continuazio- ne col Pincio , lungo la via Flaminia, ed introdur- lo (li poi in Roma ; ed invece di dirigerlo pel fo- ro Tr.qano p^r fargli traversare la collina del fo- ro romano , siasi rivolto al Nord del Capitolino , sboccandolo di poi nel Tevere superiormente alla cloaca massima . Questo andamento non incontra alcun ostacolo , e potrebbe esser? stalo eseguito ed attivato per qualche tempo , finché l'inutilità ne abbia fatto abbandonare la conservazione. 2. L'idea di questo progetto poteva avere se- condo alcuni un'apparenza di giovamento, giacché ripetendo la cagione delle piene dalla moltiplicità dei ponti , che coi restringere la sezione tacevano Notizie sul Teverb iG3 innalzare oltre modo l'acqua, questo canale, in tal modo eseguito , avrebbe sfuggito l'incontro di tut- ti i ponti , meno il Sublicio , e poteva far sup- porre che si sarebbe diminuita l'altezza della pie- na nel tronco principale, 3. Che una tal derivazione sia saltata in testa agli antichi romani , non mi sorprende ; poiché anche nei tempi in cui si conosceva l'idraulica gli uomini hanno eseguito operazioni sui fiumi, che for- se gli antichi non avrebbero imaginate, e che alle volte co' loro consigli hanno escluso . Le molti- plici divisioni, e suddivisioni del Reno in Olanda ne sono un esempio , e con queste diramazioni , supponendo di scemare il corpo dell acqua nel tron- co principale , per ischivare i danni delle piene , hanno invece prodotto, l interrimento del fondo per la diminuzione di velocità, e si sono accresciuti i tristi effetti, senza ricavarne vantaggio alcuno. Que- sto medesimo Reno era stato già maltrattato anti- camente co' diversivi fatti da Druso , da Goibu- lone , e da altri generali romani, e non bastando quelli dei nostri antichi , han tentato di tutto i po- steri per accrescerne del nuovi, ad onta delle op- posizioni di persone assennate. 4- Siccome peraltro il biondo Tevere produ- ceva spessissimo danno immenso ai romani , di cui ne abbiamo sicure e moltiplici testimonianze negli antichi scrittori , non mi sorprende che fra i tan- ti progetti immaginati per sottrarsi a tanti mali , VI fosse anche quello del diversivo dentro Roma , e che sia stato eseguito , gia^-chè le piene in città erano sempre più alte di quelle superiormente ed inferiormente , conìe accade anche presentemente ; e ciò a motivo del restringimento della sezione che solile, il iiume ali' incontro di ciascun ponte, e dell' 1 1 i64 Scienze altro restrlTi£;imento prodotto dalla cattiva posizio-o ne delle fabbriche , la quale per nostra disgrazia è stata sempre più aumentata , oltre ravvanzamento delle »ipe prodotto dagli scarichi , ad onta di tutte le leggi che li proibiscono. Alle quali cose si ag* giunge l'apposizione dei molini ali entrata dei pon- ti , ed altre simili opere dannose sempre per la lo- ro situazione ; perciò le piene dentro Roma trovan- dosi cosi ri<;lrette , ed obbligate a passare sotto lo luci dei ponti, sono l"or>-ate ad alzarsi oltre Tor- dinario loro livello , ed a cagionare quei danni che spesso annualmente accadono. I ponti presentemen- te attivi dentro Roma , sono quattro, cioè il pon- te iilio o Adriano, m oggi ponte s. Angelo; il Gia- nicolense , in oggi ponte Sisto; il Fabricio, ed il Cestio , ora sotto la denominazione di ponte quat- tro Capi , e di s. J3aitolomeo : ai quali si può ag- giungere il senatorio , semidiruto. Anticamente ve n'erano sette; l'Elio, o Adriano; il trionfale , o Vaticano , e veramente Neroniano , di cui si veg- gono le vestigia ; il Gianicolense ; il Fabricio , il Cestio , che congiungono 1 isola Tiberina ; il Sena- torio , o Palatino , oggi ponte Rotto ; ed il Subli- cio , parimanti minato : perciò allora gli ostacoli erano più frequenti e molto maggiori , per cui le piene doveano essv-re anche più spaventose , ed il loro effetti raccapricciano alla sola descrizione (a). («) f^ulunus ftcuniin T beris retorfls Liiore etruxcn l'iolenfer un- dls Ire dejcctuin inonun tenta re^is. Teinpianuc vesloe. Hor. Od. 2. lib. 2. Eodam anno cnntinuis ùnirihus auctiis Tiberis plana urbis sta- grun'Cral : relabenhm sccuia -est (edi/ìciorum et hoininurn strag;es . Tacil. Anna! lib I. n. 76. Tiberia,antea Tybris uppdlutiis &c. NuLlique Jiuviorum iniiun Notizie sul Tèverb iG5 5. Ma eccoci senza accorgfMsene giunti allo scioglimento della supposizione, se sia stato reale, 0 imagìnario il diversivo d?l Tevere dentro Roma. 1 danni erano certi, e per evitarli sembrava che di- videndo le sue acque in due canali separati , le " quali scorressero dentro la città medesima, esse si dovessero abbassare, evitando con questo di\ersì- vo tutti gli ostacoli che incontrava la piena rac*- chiusa in un solo ramo, al passaggio di tanti pon- ti. Questo progetto ebbe sicuramente un' apparenza di sicurezza ; e fu eseguito dall' imperatore Traja- no , ma inutilmente ; poiché le piene anzi che di-^ minuire , divennero maggiori , e recarono maggio- ri danni, per i quali sicuramente sarà stato ripo^ sto il Tevere nel proprio letto . Ecco il testo di Plinio „ Num istic quoque immite et tnrhidum, coe^ „ liun ? Hic asÉiduae tempestates et crebra diluvia ^ „ Tiberis alveum excessit ^ et dimissiorihus ripis al* „ te siiperfunditur , quamquam fossa, quam provi* „ dentissiwus imperator (Trajanns ) fecit , exhau*' ,, stus ^ premit valles , innalat camp i s quaque pia" „ num solum prò solo cernitur. Inde quae solet Jhi^ „ mina accipere , et permixta devehere , velut oh- „ vius sistere cogit , atque ita alieuis aquis operit „ agros quos ipse non tangit ec. C Plin. Cec Sec^ ìib. FUI, epist. XFII.,, (i. Da antichi tempi i romani conobbero che i fiumi non amano che venga loro diminuita la quan- tità ; d'acqua che conducono ; ciò che è conlorme alle leggi della natnia, che loro non- la toglie, an- zi ne somministra di continuo: perciò allorquando licei , Inchisis utr inique leder ibus : nec tamen ipsc puiTiat, qiiamquctm creber ac subilis increm>Miìi.os didu- ■,i ctus, supersiagn(ansset. Nec Recdini silebant , velinwn l(iciun,(jua 5,. in JS^arem ejfunditur , obstrui lecuscintes ; (fuippe in adiacentia i, erupturwn: optume rehtis mortai iian cousidiiissc ncdurain , cjuac „ sua ora Jluminibus , siios cursui , utcìue nrigi?iem, itajlnes dederit. „ (Tacit. Attuai, lib. i. cap. 79.) (e) „ Ui\^etur ijuippe aquaruin mole, et inprofunduin agitar. ;Cai: Plin. /list. nat. lib. III. cap. X^L n. XX.) Notìzie stjL Tevere 167 abbandonando poco a poco 1 alveo naturale di Fer- rara che dividevasi nei Volano e Primaro , i qua- li mancnndo del volume d acqua necessario, si so- no alla fine interriti, essendosene accagionata la col- pa al Reno di Bologna, almeno per il Volano; il quale se ha in parte cooperaio a questo danno, può essere Stalo solamente dopo che erasi già diminui- ta la massa dell' acque nel tronco del Po alla Stel- lata , per la chiamala deli' altro tronco formatosi '^ dalla nominata rotta. 9- Se gli antenati sono stati perplessi nel de- cìdere la convenienza o il danno dei diversivi, sem- bra che alcuni posteriormente non abbiano avuto tanti riguardi ; che anzi hanno temuto assaissimo la riunione di un qualche fiume, che per una qual- che causa fosse stato in prima deviato. Sono trop- po cognite le bellissime controversie per trovar luo- go al nominato Reno di Bologna, ove tributare le sue acque, che han durato anni , ed anni, e con- tinuano ancora, benché sopite; e sebbene si cono- sca che il miglior partito sarebbe stato e sarebbe di metterlo altra volta in Po grande , non già nel Panaro al Bondeno , secondo la nuova inalvèazio- ne già costruita , in un punto di confluenza ad an- golo retto, in un fiume che sbocca assai male nel Po ; ma bensì a Palantone, senza che questo real fiume dltiilia s'irritasse per riceverne un' altro, che forma presso a poco la sua trentesima parte ; e sen- za timore che ne accadessero quei tanti danni de- cantati senza fine , e si costantemer.te esagerati , come si potrebbe ad evidenza dimostrare , senza calore e senza partito . Frattanto , ad esclusione della linea superiore progettata, come la migliore sì adottò da tre matematici imparziali l'altro pro- getto d immetterlo in Primaro, come il più sicuro e il i68 Scienze stabile; ma per disgrazia di quelle provincle, si con- ta appena un mezzo secolo dacché è ac adula que- sta attivazione, e conviene pensare di Reno un' altra volta , poiché la stabilità è svanita , l'utilità è ri- sultata nell'aver privato affatto di scolo moltissi- me fertili campagne, e la sicurezza si è dissipata anch' essa, mentre il suo letto si é rialzato di mol- to , e trovasi in molti luoghi circa ai tre metri più alto del piano delle sottoposte campagne. Questi sono un poco in grande gli effetti dei diversivi ! IO. Ritornando al Tevere, il cav. Fonlaurì che attribuisce a questo fiume rialzamento di letto, pro- veniente dal ristringimenlo delle sezioni dei ponti, e dal gettito delle immondizie, demolizioni di lab- briche ec , propone aneli esso di lare un diversivo; e di più , di riattivare l'antica fossa Trajana (d) . Dice ancora che questa fossa produsse grandissimi vantaggi, sullaffermatlva di tutti gli scrittori di quei, tempi , dei quali poi cita solamente Plinio : ma il fatto smentisce questi vantaggi , perchè fu presto abbandonata. ) I. Lo stesso Fontana (e) dice poi, che il so- lo Plinio minore parlò fra tanti della fossa Traja- lìa ; e siccome questo classico scrittore non indi- ca il luogo ove (osse escavata, egli si sforza d'in- dovinarlo, e la fa incominciare dall' insenatura in- feriormente al ponte Milvio , cioè alla voltata del fiume , e la fa terminare al ponte trionfale. Kd in- fatti nella pianta dell' antico Vaticano egli indica la direzione di questa fossa con due parallele pun- teggiate , e ne dirige lo sbocco precisamente coli' asse all' angolo che fa il parapetto coli andatore de- ('!) Fontana, Discorso sulle irinoiuiazioni del Tevere ec. (e) Fontana, Opera spi icnipio Vaticano Jib. i. cap. xii, Notizie sul Tevere iG^ Siro alla sortita del ponte , forse per inavvertenza, poiché essendo Tarbilro di dirigerla per quei cam- pi ove più gli aggradiva , poteva benissimo incli- narne di più la direzione , per farla sboccare fra il sepolcro di Adriano, e quello da lui creduto degli Scipioni. 12. Tralascio gli altri andamenti dei diversi- vi per le valli fra il monte Vaticano ed il Mario; e lutto ciò che scrive il Fontana su questo sogget- to , poiché non è mio scopo l'intralciarmi in que- sta difficilissima quistione: e mi basta di aver pro- vato coH'autoiità di Plinio , contemporaneo di Tra- jano , che la fossa per iscaricare in parte le acque del tevere in tempo di piena, è stata eseguita, e che vi è tutta la probabilità che sia stata escava- ta superiormente al ponte Milvio, dirigendola al pie- de del Capitolino , e sboccandola fra il ponte se- natorio e la cloaca massima. Sono poi persuaso che questa fossa avrà durato poco tempo ad essere at- tiva , e presto sarà stata abbandonata e riempita. Ora quest'opera non era da paragonarsi alle gran- diose, ed utili che ci ha lasciato per sua memoria Trajano; e perciò non degna della penna degli sto- rici che hanno reso perpetue le di lui gesta , fra le quali non poteva aver luogo un canale , o una fossa che non avea prodotto alcun utile, ma forse danno; e questa credo sia la ragione del silenzio di tanti altri scrittori. Sul ponte senatorio , o palatino. i3 II sig. presidente Fea scrive espressioni contro queir architetto ignoto , il quale d' ordine di Marco Fulvio censore , 1' anno di Roma 5^3 • l'-jo Scienze costruì il ponte Senatorio (a) , che se potesse ripas* sare il fiume Lete , forse verrebbe fra noi a di- fenrlere la sua riputazione nn poco offesa da quel- le parole,. Ponte troppo debole per la sua lun- „ ghezza ; difettoso perchè obliquamente piantato' „ nel fiume : tutto V impeto della corrente riunita „ va a scaricarsi contro il pilone mancante ver- ^, so la cloaca massima ; difetto imperdonabile al „ primo architetto che iiii lo imaginò ,, Ma giac- ché non è permesso agli estinti di ricompirire su questa terra io prenderò le di lui difese, sull'esem- pio del sig. presidente , che ha saputo sostenere la riputazione di s. Gregorio magno. i4 II niio assunto pertanto è di far conosce-* re , che il ponte senatorio, o palatino, è slato co- struito dal primo architetto, perpendicolare alla corrente , e non obliquamente : per lo che mi stu- dierò a provare , i.'' che anticamente il corpo gros- so deir acqua passava nel ramo sinistro dell isola liberiua , e non in quello destro ; 2° che per so- lita trascuranza la ripa sinistra è stata avanzata con i scarichi , e fortificata con fabbriche , per cui il ra- mo sinistro si è impoverito d' acque , ed il corpo grosso si è gettato nel ramo destro; alla di cui di- rezione resta ora obliquo il ponte rotto; 3.° che il ponte senatorio lu fabbricato quando in realtà cor- reva grande acqua nel ramo sinistro, e che il ponte Fabricio fu fabbricato dopo , allorquando erasi già diminuito il volume d' acqua, e ristretto il cana- le per r avanzamento delle ripe; ^.^ che se gli ar- (a) Le pile e piloni del panie furono coslruiti sotto Fulvio e gli archi sotto i censori Scipione africano , e Lucio Mummia. Pira- ranesi tom. l. §. iS4: Notizie sul Tevere lyf chlletti i quali si sono occupati del risarcimento del ponte avessero corvetto superiormente i difet- ti della ripa sinistra , i restauri sussisterebbero an- cora , né sarebbero piij volle ruinati , purché fos- se ritornato il corpo grosso dell' acqua nel ramo sinistro; 5.° clie gli anlithi remani, i quali cono- scevano mollo brne la costrus^ione dei ponti , spe- cialmente per la solidità , allorquando il ponte si presentava obliquo alla corrente, e che non si po- teva divertire V alveo o la strada , essi lo co- struivano con la volta obliqua , e quel che è più valutabile, in pietra tagliata, senza deformare né r alveo , né la strada , né il ponte. i5 È stata una quistione fra gli architetti idrau- lici e non idraulici , se il ramo sinistro dell' iso- la Tiberina fosse il più attivo anticamente ; oppu- re se lo fosse il destro . Siccome però nelT età no- stra è in attività solamente il destro , così è sta- to da alcuni deciso che il maggior corpo dell' acqua sia sempre passala in questo ramo, e che per conseguenza il ponte senatorio era stato fin da principio pessimamente situato. Uno di questi idra- ulici da non molti anni passato agli eterni riposi era di questa credenza , e forse può essere che V ab- bia comunicata al sig. presidente Fea , il quale sembra opini nel medesimo modo. Appoggerò la mia opinione alli due ponti Fabricio, e Cestio , che sono tcstimonii irielragrabili dello stato del fiume di quel tempo ; testimonii sui quali non v' è alcuna eccezione, e che non possono essere esclu- si dal sig. presidente, perchè antichi. iG. JVella pianta e profilo generale del Teve- re , stampata dagli ingegneri Chiesa e Gambarini Tanno 1 744 ■> ^^ ^^de T isola tiberina con i due ponti laterali , cioè il Fabricio , ed il Cestio : il ij2 Scienze FaLricio ha due grandi archi circolari , don dii piccolo arco nella pila di mezzo per dar sfogo al- le piene. La corda del primo arco all' ingresso ddl ponle, è di palmi romani loj circa, quella del secondo è di palmi io8. Riscontrata varie volte da me la misura del Fabricio , ( tav. I ) quella del primo arco è stata di metri 24 ( palmi 107. 5. o romani ) ; quella del secondo arco di metri 2^ , ^5 ( palmi ilo. 9. o ); il piccolo arco nella pi- la , serve solamente alle piene e non alle acque oi*- dinarìe, ciò non ostante è largo metri 6, aS ( pal- mi 2y. II. o), alto alla chiave metri 6, 53 ( palmi ag. 2. 3. ) 17. Considerando poi il Cestio , si vede che esso è composto di un solo arco circolare 1 la di cui corda, secondo Chiesa, è di palmi io4 circa, e secondo i confronti da me fatti , risulta di me- tri a3 , 87 ( io(>. 94 3 ). I due piccoli archi la- terali , siccome hanno la soglia al di sopra del pe- lo ordinario , non possono essere considerati che nel solo caso delle piene : il destro è largo metri 5, 83, ( pa'Jmi 27. I. o. ), alto metri 6, Gì ( palmi 29 6'. 4- ) il sinistro è largo metri 5 ^ 5o ) palmi 24 7. I ) alto metri 6, 24 ( palmi 27 ir. o ) 18. Questo solo testimonio sarebbe sufficiente a convincere che il maggior corpo deli' acqua , pri- ma della fabbricazione dei due ponti, passava pel ramo sinistro , per cui V architetto fu obbligato di fare quelle due grandi arcate al ponte Fabri- cio : e se è stato costruito il Cestio con un solo arco grande , è segno certissimo che in quelT epo- ca vi passava una quantità minore di acqua. Ora questa diversità di ampiezza di arcate fra un pon- te e V altro , non , si può uscrivere a diletto di architettura, ma bensì ad una saggia previdenza. Notizie sul Tèvere in^ e ad una vera necessità. Ciascuno pertanto vede che i due archi del Fabricio sul ramo sinistro han- no due corde che insieme danno una hinghezxa di circa 218 palmi , mentre il Ceslio ne ha una di loj palmi circa; e ciascuno anche si persuade che do- vea passare piij acqua per la sezione di a 18 palmi che in quella di soli 107. ly. Se le ripe fossero ben conservate, i fiu- mi manterrebero il loro andamento con piià rego- larità. Gli antichi romani conoscevano questa im- portanza, e lo siesso sig. Fea ci assicura che 1 im- peratore Aureliano , oltre avere espurgato il fiume , nej assicurò le ripe con forti muri , dei quali se ne veggono gli avvanzi nel pulcnum litus inferiormen- te al ponte Fabricio e Cestio DD , LE ( tav. I ) dall' una e X altra sponda , e particolarmente poco al disotto del ponte senatorio , uno dei quali AA. situato fra questo ponte e la cloaca massima si a- vanza verso il fiume in angolo a guisa di repel- lente , costruito forse per respìngere la corrente del fiume , che batteva la ripa sinistra , e poteva ar- recarvi danno grandissimo. Altro muro poi UB si vede pila innanzi, e più indentro di questo rapel- lente , il quale serve a fortificare la ripa alta, ed altri FF esistono di lato allo sbocco della cloaca, la quale risalta un poco in fuori di questi muri. Altri vestigii se ne veggono ancora lungo il fiume, i quali non si citano peichè non giovano all' og- geito. Queste saggie providenze sono state sempre in vista in tutti i successivi governi e lo sono an- che attualmente ; ma f inclinazione naturale di al- cuni uomini air ino$ìervanza delle leggi piJì savie ha sempre deluso le buone intenzioni dei principi e dei legislatori , e la vigilanza dei presidi ; e le ripe o sono state corrose , o a forza di palizzate 1^4 Scienze si sono più internate nel fiume , per cui V alveo ha perduto il naturale andamento. Esempii di tal natura gli abbiamo sotto gli occhi in Roma mede- sima , e perciò non occorre citarli. Ma siccome trat- tasi ora del ponte senntorio , non posso esimermi di provarmi a dimostrare, che la ripa sinistra su- periormente ed inferiormente ali' isola tiberina si è molto avanzata nel fiume, e che è stata la causa per cui il tronco d'acqua maggiore si è rivolto pel ramo destro , abbandouiindo il sinistro. 20. Nella pianta parziale del tratto del Teve- re nella traversa di Roma, fatta parimenti nel 17 i4 dagPing. Chiesa e Gamberini, si vede che questo fiume inferiormente al ponte Sisto avea la ripa si- nistra scoperta di fabbriche fino al punto di divisio- ne avanti V isola Tiberina. Fra il ponte e il punto di divisione vi erano ruderi di fabriche su questa ripa e nel fiume , il che ha sicuramente contri- buito a fare avanzare e sostenere il gomito che forma principio al canale sinistro. Questo gomito, nella cui punta esiste ancora una fabbrica che avrà servito per sostenere una mola , fa V officio di re- pellente per spingere la corrente nel ramo destro. La larghezza del fiume, presa a questo gomito, era di palmi romani 5oo . Il canale sinistro era divi- so da un isolotto, la di cui punta distava dalla ripa destra palmi 4oo • ^ canaletto sinistro verso il ghetto, nel suo più largo era di palmi 200 : in quel tempo vi esisteva una mola a barconi degli ebrei. 11 canaletto destro er?» largo dalf isolotto al partiacqua , palmi 110. La larghe/^ia del canale del ramo destro verso Trastevere , prosa dalla punta del partiacqua, era di palmi 33o. Queste misure ci serviranno per conoscere quali variazioni siano ac- cadute air epoca in cui siamo , cioif dopo soli ^^ anni. Notizie sul Tevere 1^3 ai. Osservando questa pianta si vede che Ja ripa sinistra incominciando dal ponte Sisto, si era tanto avanzata verso il mezzo del fiume che si dirigeva precisamente al parliacqua , ed alla ripa destra deli' isola tiberina , di modo che se non vi fossero stati i due camletti , si sarebbe veduta una sola ripa continuata. Si vede di più che la corren- te era spinta naturalmente pel canale del ramo destro , e che doveva entrare forzatamente pe' due canaletti verso il ghetto ; e si vede in ultimo che nei detti canaletti vi doveva correre pochissi- ma acqua. 22. Se poi la ripa sinistra del ponte Sisto fos- se stata libera dai ruderi suddetti , e fosso tolto il gomito , ed il partiacqua dell' isola tiberina , è certo che il canale sinistro avrebbe avuto un' aper- tura più grande del ramo destro , ed un invito maggiore di acqua. Il gomijo ed il partiacqua so- no opere artefatte , il primo degli scarichi , il secon- do per benefi> io delle mole situate nel canale destro. 3Ò. JNoi non sappiamo se prima della fabbrica- zione del ponte Fabricio , la ripa sinistra fosse ri- vestita , o spogliata di fabriche , e se restasse pili indentro; ma vi è tutta la probabilità che lo fos- se, ed allora la ripa antica avrebbe avuta una curva , come presso a poco può indicare la linea punteggiata incominciata al lembo del piccolo moa- ta Savelli : il che è secondo la natura dei fiumi, che procurano sempre d' investire il piede dei mon- ti , e terminata a tangente con i muri antichi che formano il piilchrum iitus di lato alla cloaca mas- sima. Se non si ammette questa curva, perchè ima- gìnaria , almeno bisognerà ammettere che dopo la costruzione del Fabricio la ripa era nella direzione continuala eie' muri antichi JDI) , e che le labbri- in6 Scienze che GG , le quali ora si avanzano tanto nel fiu- me, in quell'epoca non e.>istevano , e per conse- guenza la ripa era più inilen'ro , e con questa po- sizione il maggior corpo di'IT acqua clovea neces- sariamente scoriere nel ramo sinistro , come ap- punto ci dimostra chiaramente il citato ponte Fa- bricio co' suoi grandi archi. 24- IjO slato presente e' indica tutt' altro, mentre la ripa sinistra inferiormente al ponte Si- sto si è ancora avanzata di più verso il mezzo del fiume: il gomito trovasi più in fuori che pri- ma ; e la larghezza del fiume presj in questo pun- to è di metri loo ( palmi 447 ) ^ 'l"'>q"e 53 pal- mi minore di quella ai tempi del Chiesa e Gam- Lerini. Il canaletto verso il ghetto ove era la mo- la degli ebrei non esiste più ; uè tampoco 1 iso- lotto , e vi si è formata una nuova ripa. 25. Tutta questa variazione ed aumento nel- la ripa sinistra è accaduto nel solo spazio di '7^ anni. Imaginiamoci ora quali altre variazioni avrà subito questa stessa ripa dal tempo della fabri- cazione del ponte senatorio , accaduta I' anno di Homa 673 , cioè nel tempo di circa due mila anni fino al presente ? 29 Applichiamo le medesime considerazioni alla ripa sinistra inferiormente al ponte Fabrìcio , nella quale si osservano anche presentemente degli spazii privi di fabbriche , e rivestiti di giardini , massimamente in vicinanza del ponte senatorio: e tanto più fondatamente , in quanto che sappiamo di certo che nei tempi degli antichi romani in questa sponda del^Tevere non vi erano fabbriche , come ci asserisce lo stesso sig. Fea (a). Avendo (»») Ma su (futisla sponda ( sinistra ) ini,)icdi«luf:iviilc /ìc„'/ì «/j- Notizie svi. Teveiib i 77 dunque dimostrato che in quel ramo sinistro vi passava il mnggior corpo di acqua, si potrà con qualche fonrlamf^nto asserire che questa ripa fosse anticamente più indietro; e che la corrente rades- se più addentro terra, per cui il filone principa- le venisse poi a passare normalmente sotto gli ar- chi del ponte senatorio. Finora questa mia idea è fondata su qualche ragione, ma diviene una dimo- strazione reale dall' esistenza del piccolo arco su- perstite antico G , non ancora del tutto diruto , che osservasi alla testata sinistra dell' ingresso del pon- te senatorio , il quale poggia sopra un basamento di pietre rettangolari solidissime, e che serviva an- ticamente per isfogo delle massime piene . Quesfc' arco che resta presentemente distante (5 nietri ( pal- mi 6j ) dalla ripa, essendo il pelo d acqua a o, 77 metri , al di sotto del sottarco della cloaca massi- ma , fa evidentemente conoscere, che all' epoca del-» la costruzione di qiu;sto ponte, questa ripa era più indentro dì molto dallo stato attuale . Adesso que- st'arco non serve che a dimosSrare lo stato anti- co, ed è affatto inutile, poiché sebbime le piene giungessero a quell' altezza , non vi potrebbe mai passare il filone perchè impedito dalle fabbriche che sporgono avanti sul fiume. 2n Lo stesso sig. presidente Fea ammette le variazioni delle ripe , massimamente nel tratto del- la traversa di Roma. Narra ,, che il ponte/ice Pio Z/"^, licfii icinjJL n III ^'f erano fabbricln: pih'ult , essendo ciò vieluto , cn- tne nota Lucio Fauno , e sì prova dalle lapidi terminali rìm'enule in varii tempi sulle ripe dell'' una e /' altra parte , pnstci'i dai cen- sori e cu atori dell alveo e delle ripe e;, ea. Fca . Novella del Tevere. G.A.T.XIV. 12 inS Scienze ,, facendo le forti/i e azioni al mausoleo di Adriano „ col disegno di Pirro Liborio , ristrinse il letto ,, del fiume , e slargando la strada verso d pun~ „ te , chiuse la piccola prima arcata di questo „ Ecco un avanzamento della ripa destra , ove è sta- to fabbricato il bastione che guarda Tordinona ( sen- za fianco opposto che ne ditenda la faccia cIih sta sul fiume ) T il cjiiale senza rendere utile la forti- ficazione, ha pregiudicato moltissimo al fiume , di modo che per tale impedimento la corrente si è discostata , e si sono costruiti i due piccoli archi verso il castello. 28. Si rileva ancora da altri autori , che un arco sia stato sepolto nella sponda sinistra forse per ingrandire la piazza all' ingresso del ponte (b). Ecco altro cambiamento notabile nella sponda si- nistra : e se non si conoscessero gli autori , e r epoca si direbbe che 1' architetto ha fabbricato il ponte Adriano con pochi archi , e non ha calcola- to la sezione necessaria al passaggio delle acque. 2(;. Se questi esempi non sono sufficienti , ve ne sono altri su i quali non cade pure alcun du- bio . Basta gittare uno sguardo su i giardini detti della Fr.rnisina situati sulla sponda destra, onde per- suadersi quanto è stata alterata quella ripa , con lo straordinario avanzamento delle iabbriche. Ma pro- duciamo r ultima prova. 3o II ponte senatorio fu fabricato V anno di Roma 57) ( b'^ \S. 25 ), ed il ponte Fabricio fu costruito r anno di Koma yjS , come rilevasi dell' iscrizione: (b) Pascoli, Tevere navi aio , pug. 17. Fontana ce. Notizie sll Tevere 79 L. FABRIC1V5. C. F. CVR. VIAR FAClVi>fDVlVI. COERAVIT Q. LEPIDVS. AV F. M. LOLLIVS. M. F. COS. S. C. PROTJAVERVNT. Ora. Q. Emilio Lepido e M. Lollio furono consoli neir anno di Roma '^'7^ (e) ; dunque il ponte se- natorio fu costruito i6o anni prima del Fabricio; e perciò essendo allora il ramo sinistro del fiume , attivo e non ristretto dalle arcate del ponte Fabri- cio , correva libero , e poteva la ripa sinistra es- sere più indentro terra, permettendo che il filone principale passasse liberamente e perpendicolar- mente sotto le arcate del ponte senatorio. Il pon- te Fabricio può essere stato costruito nel tempo che già la ripa sì era qualche poco avvanzata , per cui il fiume avrà incominciato a cambiare d as- petto , con un principio d' aumento di volume d'acqua nel ramo destro. Dopo poi la fabbricazio- ne del Fabricio abbiamo veduto quali variazioni, e quale avanzamento sìa' accaduto nella rip?i sini- stra ; e si osservano anche oggidì sostruzionì di muri fatti con pietre antiche , ma in epoca poste- riore alla fabbricazione del Fabricio e Cestio , mas- simamente al risalto su cui sorge il primo arco del Fabricio attaccato alla ripa sinistra I)D ( tav. I ) ; ed altro muro che attacca la ripa col ponte , e che gli forma ala alla sortita che si dice fabbricato da Augusto contemporaneamente al teatro di Marcel- lo (d) ; ed infine altro muro che forma parimen- ti ingresso all' ala delT arco del Cestio , che attac- ca con la ripa destra , e che ricopre in porzione r estradosso delf arco ; variazioni per cui la cor- Co) Jasonio , Fadi con.\oiari. (d) Firanesl tom. 1. paraj. y8. 13* j8o S e I E N Z K rente si dichiarò pel ramo destro , e si gpttò obli- quamente conilo le pile df-1 detto ponte senatorio che alla fine lo minò ; e benché più. volte rifabri- cato , ha minato sempre. Ora si può non dubita- re che per farlo sussistete o convpniva rifabricar- lo intieramente perpendicolare alla corrente del ra-» mo destro attuale, o conveniva ritirare indietro la ripa sinistra come era anticamente per introdurre nel canale sinistro tant' acqua che vi formasse il corpo maggiore ; ed allora tolta essendo la vera causa che ha latto cadere in mina tante volte quel ponte si sarebbe ristabilito, e non sì avrebbe da- ta la colpa inno' entemcmte all' architetto che lo ha fabbricato la prima volta. 3i. Termino co' ponti obliqui. Io non po- trei additare T epoche precise do'lla costruzione di alcuni di questi ponti iabbricati dagli antichi , per evitare 1 urto della corrente contro i piloni ; pos- so però assicurare che sono autichi , sì dalla loro costruzione , sì dal taglio delle pietre : e di questi mi sono cogniti diversi nella campagna romana ; r uno nella pianura fra Civita Lavina e la via di Nettuno, de to ponte Lureta di un solo arco circolare, di corda metii 4 ^ 80 (palmi ai. 5. 3 ) fabbricato in una antica strada lastrica con grandi pietre , come quelle che si osservano nella via y^p- pia , Flamini.) , Cassia , Aurelia ec. Sotto di que- to ponte passa un fosso la di cui direzione resta obliqua alla strada. Altri diversi ponticelli antichi più piccoli si osservano in qui-lle vicinanze costrui- ti con pietia , di poca considerazione. Potevano forse gli antenati fabbricar questi ponti co' pilo- ni perpcndieolari all' asse della strada , come pra- ticano alcuni moderni ingegneri, ma siccome gli an- tichi conoscevano , molto più di u0i , che labbri- Notizie sul Teverk iSt cando in tal triodo , la corrente avrebbe continua- mente urtato uno dn piloni fino alla sua di-slru- zione , perciò situavano i lati del ponte paralleli air asse del rivo , e riportavano poi al di sopra i parapetti paralleli all' asse della strada , assicuran- do in tal modo la stabilità della fabbrica , e co-^ prendo la disgustosa apparenza dell' obbliquità alla vista dei passeggieri. Con tale artificio se ne os- serva 'altro semidiruto per V antica via Flaminia passato la valle di Baccano. Ma senza cercar gli esempii dei ponti obliqui in campagna , li abbia- mo nella ripa sinistra del Tevere nella chiavica dell' acqtia crabra , e nella stessa cloaca massima che sbocca obliquamente nel fiume, e che ha il suo tubo inclinato circa '^4 gradi col muro della ripa , costruita con massi di tufa di gabì parallelepipedi romboidali ; la quale denota a chiara evidenza che anche al tempo dei Tarqulnii si conosceva benissi- mo essere dannoso lo sbocco ad angolo retto di uà qualunque benché minimo influente in un fiume. Dunque se prima forse della fondazione di Roma nel Lazio si costruivano ponti obliqui; se ['70 an- ni circa dopo la fondazione di Roma si costruì una chiavica obliqua che forma ancora la meraviglia deir arte , appunto per evitare i difetti nel!' incon- tro della corrente ; come sì avrà poi da supporre che 5^3 anni dopo in secoli più illuminati i'ossé costruito un ponte così malamente diretto all' ur- to del fiume , il quale alla sola ispezione oculare nel tempo stesso «Iella fabricazione dimostrava che dovesse presto cadere in ruina ? Questa riflessione sola sono persuaso che sarà sufficente per rendere r onore ali architetto del ponte senatorio che ha costruito quella fabbrica con tanta solidità e mae* sta , che i soli suoi avanzi superstiti bastano ad I?52 S e I E Pf Z B oscurare i risarcimenti moderni fattivi nelle suc- cessive e replicate costruzioni. SulV innalzamento del letto del Tevere 32. Sì promove altra quistione dal chiarìssi- ino sig. presidente Fea sull' innalzamento del let- to del Tevere, che egli crede indubitato e per ta- le lo asserisce nel citato opuscolo delle novelle del Tevere , con le seguenti parole ,, Forse taluno pò- „ irebbe lusingarsi di opporre al complesso di que- „ ste difficoltà , ed osservazioni posiùve , che il ,, letto del fiume dal tempo antico è molto rialza^ ^^ to , e non meno di palmi 18 secondo d Bonini- „ il che negano il Chiesa e Gomberini pia è me- „ no a torto. La cloaca massima non alterata pan- ,, to nel lasso di due mila trecento e più anni è ,, una prova incontrovertibile di questo rialzamen- „ to : imperocché se Marco Agrippa al dire di „ Plinio la percorse internamente su barchetta , e „ se per testimmianza dello stesso Plinio e di Stra- „ bone compariva grande da potervi entrare un „ carro ben carico di fieno ; ora lo sbocco e l in- „ terno fino a s. Giorgio , che pub riamoscersi , ,, è visibilmente interrito dentro , e coperto qua- „ si fino ali imposta dell' arco nelle acque anche „ più basse , e magre , come si disse in seitem- ,, bre ^ e ottobre , che e il tempo proprio , e più „ opportuno a sì fatte ricerche ec. ec. 66 Per poter provare che il letto del Tevere siasi rialzato relativamente allo sbocco della cloa- ca massima , che ora vedesi interrita converreb- be conoscere la sezione del fiume dirimpetto a questo sbocco , nel tempo che lu costruita que- sta chiavica , per paragonarla con quella dello «tato presente : ma questa aulica sezione non è co- Notizie sul Teverb i83 gnita , e perciò non si può precisare a quale al- tezza trovavasi allora il letto, o il pelo d'acqua bassa del fiume , rispetto alla soglia , o al sot- tarco di questa chiavica. 34 Sarebbe ancora necessario il sapeie se la soglia della chiavica allo sbocco fosse stata fab- bricata in origine al livello del pelo basso del fiume , 0 al di sopra , o al di sotto di esso , per poter fare un confronto certo , e riconoscere se in realtà la detta soglia trovisi presentemente al- la medesima altezza , o più profonda rispetto al- lo stalo antico .- ma questi dati ci mancano , e tutto quello the si piò ricavare dalla sua am- jpiezza , secondo le parole di Plinio , non danno la giusta idea, e non ci assicurano che que- sta soglia vi fosse e che essa restasse superio- re al pelo oidinaiio del fiume. Alcuni autori fis- sano realmente la soglia , ma variano riguardo air altezza . Il Piranesi dà la figura della cloaca allo sbocco nel Tevere , ove segna il pelo d'acqua del fiume all'imposta della volta , assegna la lar- ghezza di palmi 20- 1 ; la grossezza della volta, composta dì tre archi concentrici , di palmi 7. once g; e fissa la soglia ad una profondità non misurata , e che senza neppure la scala non può sapersi. Esistendo però la larghezza di palmi 20 dìsprezzando 1' oncia , e servendosi di questa mi- ilura per modulo , ne viene che V imposta dell arco sulla soglia resta alta palmi 33 ';^ ( metti 7, 4^^ ) e siccome 1' arco sembra circolare , ed il diame- tro è di palmi 20 , così il raggio o la freccia dell arco sarà di palmi 10, e quindi l'altezza del sot- tarco sulla soglia di palmi 43 - ( ««etri c^, 719 ). |g^ S e I I N % t, Altri cilatì dal Venuti fissano Taltezza della soglia al sottarco di palmi 4? i e la larghezza di pal- mi 20. Lo stesso Venuti poi ci dice : che la strut- „ tura di questa ciocca fabbricala sino dal tempo „ di Tarquinia Prisco ^ è di tre ordini di archi, „ uno sopra alt altra , congiunti e uniti insieme, ,, // suo vuoto interno è uguale , cioè 1 b palmi „ largo ^ ed altrettanta alfa. ,, Queste dimensioni so- no per verità , particolarmente per l'altezza , molto diverse di quelle stabilite da altri autori ■ eppure ciascuno avrà nsate giuste cautele per fissarle più esattamente che sia possibile. Sia come si voglia però , niuno di questi ci descrive il metodo da loro tenuto per assicurarsi dell' esistenza , e del- la profono.i. 1 ) . Ora il raziocinio na- turale porta a concludere , che trovandosi il letto del Tevere cosi basso , non può aver contribuito , né essere stato la causa delT interrimento attuale nel- la cloaca, altrimenti sarebbero a livello i due fondi. 37. Gl'idraulici possono però fare un'opposizio- ne che ha molta forza, ed è la seguente. Ammes- so che il letto attuale del fiume sia più basso ri- spetto a quello delia cloaca massima, non per que- sto le acque di questa chiavica , il di cui pelo in estate si è ritrovato di sotto al sottrarco metri o, 97, potranno fluire liberamente nel fiume, poiché tut- ta l'altezza di essa rappresentata da o, 4^ 1 è sog- getta a rigurgito non solo, ma è respinta dalla ve^ Jocità del fìlon3 che corre nel canale vicinissimo allo sbocco : se ciò accade nell' estate , ed in ac- que basse , altrettanto accaderà in acque piene d'in- "venio , per cui le acque della chiavica saranno maggiormente rigurgitate, e per mancanza Ji velo- cità si formerà deposizione ed interiim<^nto - Che sé il pelo d'acqua del Tevere fosse più basso in cir- ca 18 palmi, ammessa Tarea della sezione eguale, perchè necessaria , anche il fondo del Tevere reste-r rebbe più basso , ed allora la soglia delia chiavica (supponendola i8 palmi soUo Tinterrimeuto) resta- ij)o Scienze rebhe scoperta, o ^Imeno poco interrita, e non v'ii^ dubbio che Je sue acque fluirpbbpio con maggior felicità ; ed allora si verificherebbe che Marco A grip- pa vi andava in barchetta , e che vi poneva passa- re un carro di fieno ec Questa obiezione sarebbe forte, e conviene tentare il modo di abbatterla. 38. Per venire in cognizione della verità del- la cosa non v' è meglio, a parer mio , che consul- tare attentamente i classici autori che ne parlano. Tarquinio Prisco Tanno di Roma i5o circa inco- minciò le cloache , fra le quali la massima , che fu condotta a termine da Tarquinio superbo Tan- no di Roma circa 340. Uno degT istorici che nar- rano questo fatto è Dionigi Alicarnassco, che così parla di Tarquinio Prisco. ^^Coepit et cloacas fo- „ dere fossos scili cet qitibus in Tiberim coriivatiir ,, quidqidd aquanim e viis confiuit: dici vì.t potest „ qua?ìi admiranda opera etc. etc, quam vcl ex hoc „ uno licei conjicere , qiiod , ut ajfirmat C. Àqui- „ lius , neglectas aliquando cloacas , nec amplius ,, transmittente s aquain , Censores mille talenti s pur- „ gandas et reparandas locaverint ^^. In questo pas- so si rileva che anche negli antichi tempi s inter- rivano le cloache, fra le quali la massima, ed in tal modo totalmente si ostruivano , che non con- ducevano più acqua. Dunque Tinterrimcnto era mag- giore del presente ; poiché adesso benché interrita, e benché si supponga che il fiume siasi rialzato 18 palmi , contultociò l'acqua nella cloaca scola benissimo , e con velocità. Si rileva di più che que- sto ripurgo si faceva spesso, poiché essendo stalo iiegligenlalo vi si dovette spendere mille talenti per ripulirle. Ora questo interrimento poteva derivare per due cause: o per poco declivio delle cloache stesse, o pel rigurgito del fiume . La prima di Notizie sul Tevere igi queste cause non sussiste poiché v'era sufficiente de- clivio, mentre Tito Livio Jib. i. cap. xxxviii parlando Welle cloache così si esprime:,. Et infima ,, U'bis loca circa forum . aliasque interjectas col- ,, Hbiis convalles-, quia ex plauis loci'S haud facile „ e^ehehant aquas , cloacis e fastidio in Tiberini du~ „ etis siccat ,^ (a). Pertanto se vi era declivio ia tutte, per questa parte non poteva formarsi inter- rimento : dun ante os in salo jirmantur ancoris exoneranturque na\>igiis fluvialibus . Porro qua inter /lumen et mare prominens litus cnrvatur in cubiti speciem oppidum Aiicus muniit^ quod ex re Ostiam appellavit ( Pu'^aiu nos diceremus ) e/Je- citque ut Roma non mediterraneis tantum^ sed etiam marinis hominibus patens trausmarina quoque bona de^ gustaret. Tarqainicn Frisilo succedette ne) regno ad Aft- G.A.T.XIV. li I()4 S e I K N Z E CO Marzio, sicché in pochi anni il mare non si era di- scostato dalla foce dfl Tevere. La distanza da Roma ^ Ostia era di 16 miglia antiche, ma il iiume con tante flessioni ne avr^ latte di più , ed ammettiamo che ne corresse 3 1 moderne , come al presente. Nella livellazione Chiesa e Gamberìai l'altezza del pelo d'acqua ordinario del Tevere , su quello basso del mare al ponte senatorio, è di circa palmi 22: se si ammette dunque che al tempo di Tarquinio Pri- sco il fiume si trovasse avanti la cloaca massima 18 palmi più basso, ne viene per giustissima conse- guenza , che la cadente da Roma alla foce del Te- vere, ove fu fabricata Ostia, fosse di soli palmi 4; e ciò è lo stesso che dire , il fiume correva quasi orizoutalmente con sole once 2 circa a miglio ; quando ora che realmente è stabilito ne ha raggua- gliatamente ii a miglio in questo tratto. Quanto sia assurda questa conseguenza , si conosce da chi ha fior di buon senno, e massimamente dagli idrau- lici , i quali sanno molto bene che un fiume torbido ha bisogno almeno di circa 8 once di pendenza ragguagliata a miglio, cioè in 2 1 miglia circa i4 palmi di pendenza totale. Dunque per non ammet- tere una cosa impossibile conviene ritrattarsi dalla supposizione, e concedere che il fiume non poteva trovarsi iS palmi più basso, ma che anche anti- camente era col suo pelo ordinario quasi al mede- simo livello , rispetto alla cloaca massima , come conservasi presentemente. Vi è una prova anche mag- giore : i fiumi torbidi, che non hanno una caden- te sufficiente , presto interriscono il loro fondo: lo stesso accade nelle sezioni di una larghezza sover- chia . Ora un fiume ove è poca profondità non si può navigare : ma nel Tevere al tempo di An- co Marzio , cioè prima della costruzione delle cloa> Notìzie sul Tevere iqS che, si navigava fino a Roma, e dopo la fabrica- zione di Ostia il commercio si aumentò ancora ; dunque vi era fondo, e fondo tale da regj»ere quel- la specie di zattere che han trasportato obelisclii , colonne, e massi spaventosi, negli anni susseguenti dell impero, i quali oggi formano la meraviglia del mon- do, senza indovinare il vero modo con cui siano venuti dall'Africa, o da altre lontane parti fino a Ro- ma. Non si può anche sostenere che sussistesse la piccola cadente, purché la sezione del fiume fosse larghissima , e capace di ricevere tutte le acque ; poiché esistono ancora i testimpnii delle belle for- tificazioni che si facevano alle ripe con massi di peperino regolari , chiamate pulcrum litus , imagi- nate appunto per mantenerle salde , acciò non si dilatasse, e venisse a mancare la profondità neces- saria , di cui i romani avean tanto bisogno non so- lo per il commercio, ma anche per trasportare i magnifici e maestosi adornamenti della città. 4o. La costruzione delle cloache, e specialmen- te quella della massima , é stata fatta da Tarqumio per asciugare le acque stagnanti nei bassi luoghi fra i colli di Roma , provenienti dalle pioggie e dalle innondazioni del Tevere , che aveano forma- to il Velabro minore , o lago Curzio ec. Questi bassi fondi erano allora molto più depressi del pa- vimento adesso scoperto della colonna di Foca nel foro , e del tempio di Giano ( a ) 7 e dev' esse- re stato così , poiché se questi bassi fondi avesse- ro avuto il livello col piano antico del lastricata del tempio di Giano, vi sarebbe slata una pendenza di circa metri G, Co ( palmi 3o circa ) sul pelo ordinario del Tevere in estate ; ed allora non vi (rt) Brocchi stato iìsico del suolo di Roma 1820, pag, ih, 16. i3* ìqG Scienze era bisogno di far chiavica sotterranpa per scoiare queste acque , ma sarebbe stato sufficiente un sem- plice fosso , o una chiavica costruita poco sotter-r ra. Dunque se si « fatta una chiavica che ha co- stato somme ragguardevoli , e per cui si sono in- contrate tante tiiOìcoltà rd inliiuti ostacoli nella costruzione, mentre gli operai eiano ributtati dalla fatica e dai continui pericoli ; è segno che questi bassi fondi erano moito depressi relativamente al pelo ordinario del Tevere; altrimenti si sarebbe da-. to scolo a queste paludi con una fossa. Quando si lavora con una pendenza vantaggiosa sul p''lo del fiume, i pericoli svaniscono , ed il lavoro è più fa- cile, poiché sì apre alle acque sotterranee lo scolo, libero sul fiume, e si lavora alT asciutto, benché sotto terra. Ma convien confessare in realtà che gli operai fossero infastiditi e dalle acque che voleva- i)o prosciugare, e da quelle del fiume che s'intro- ducevano per tiapelazione nel cavo, e fossero per- ciò obbligati a liberarsene con secchi, o con altre machine idrauliche. La descrizione che ne dà Pli- nio lib. xxxvi cap. XV. par. 3 , comprova questo ragionamento: eccola,, T'rahuntur inoles internae tan- „ tae non succiwihentibus causis operis: pulsant riii- „ nae sponte precipites^ aut impacine incendiis : qua- „ titiir solatìi terraemotibus ; durant tainen a Tar~ ,, quinio Prisco annis occ prope inexpugnabiles : ,, non omitfendo memorabili exemplo , vel eo magis^ „ quoniam celeberrimis rerum condiforibus omissum „ est : cum id opus Tarqwnius Priseus plcbis mnni- ,, nibiis faceret-.essetque labor incertuin longior^an pe- „ riculcsior^ passim conscita nece , quiritibiis taediiim I „ Jugientibus novuni et inexcogitatum antea postea- || „ quae remedium invenit ille rex • ut omnvim ita ,, dejunctorum figeret crucibus corpora spedando Notizie sul Tevere i<)y ,, cii>iha.f\ simul et feris volucrihusqiie lacer ancia . ,, Qiiarnobrem pudur romani nominis proprius , qui „ sàepe res perditas servavit in pràeliìs , tunc quoque „ suhK'eniu sed ilio tempore imposuit, jam eruhescenÈ^ „ Qiim puderet vivos tanquam puditurum esset extin- ^, ctos. Amplitudin°m cavis eam fecisse prodititr , „ ut vehem feni lar^e onustam transmitteret. „ 4i. Questa descrizione veramente è un poco lacrimevole, e dimostra quahto foSse grande il pe- ricolo di tale lavorazione , e quale avversione vi avessero cotìcepito gli operai : é dimostra altresì che questo cavo fosse incomibciato e terminato in mezzo alle paludi , con continue sorgive delle paludi stesse é del . fiume ,.é con dilamazioni d£ terre; cosa che non sarebbe accaduta se questi bassi fondi fossero stati assai superiori al pelo ordinario del fiume. 4:3. Antiche testimonianze di stabili i quali in- dichino il luogo preciso di questo velabro, rispet- to al suo livello , non esistono ; dunque quésto ter- reno prima di essere prosciugato doveà restare al disotto del pavimento antico del tempio di Giano, ed anche un poco piij basso dei Sott arco all' in- gresso della cloaca massima. Se il massimo fondo della palude formata nel velabro, fosse stato a li- vello del sottarco suddetto , tutta là palude si sa- rebbe asciugata iti brevissimo tempo, benché il fiu- me fosse stato col pelo ordinario di estate a me- tri I, o3o sotto al sottarco della cloaca al suo sboc- co nel Tevere , come nello stato presente ; poiché questo massimo fondo della palude avrebbe avuto una caduta di metri 2, 6^(ì (palmi 10.6.0) sul pelo ordinario del fiume in estate ; e questa cadu- ta totale neir estensione di canne romane 90 , dà una caduta ragguagliata da palmi 77 e once 7 cir- ìqS Scienze ca a miglio; caduta, come ognuno può concepire pre- cipitosa oltre modo . Dunque supponiamo che i fon- di più depressi della palude fossero al di sotto dell' arco della cloaca all'ingresso , metro i ; restereb- bero sempre metri i, 346 (palmi G. o- i ) di cadu- ta sul pelo ordinario del Tevere in estate, che dà la ragguagliata di palmi 44 4"^ miglio circa; ca- duta anche soverchiamente rapida. E se per ipote- si i bassi fondi della palude fossero stati anche piiì depressi , e si trovassero 2 metri al di sotto dell' arco all'imboccatura della cloaca , cioè metri o, ^4^ ( palmi ,3. 3. 2) pilli sotto, al pelo d'acqua attuale, come fu riscontrato nel giorno 1 9 novembre 182 r, in cui fu fatta la livellazione che si riporterà qui appresso ; tanto vi resterebbe di cadente st}l pelo del fiume metri o, 346 ( palmi i. 6. 3 ) che viene per ragguagliata circa i i palmi a miglio , cadente quattro volle e più maggiore di quella attuale del Tevere nella traversa di Homa , che è il suo reci- piente. Dunque sebbene i fondi più depressi, di que- ste paludi fossero stati più bassi metri 3 del sot- tarco della cloaca allimboccatura , le paludi avreb- bero felicemente e con rapidità scolato nel Teve- re sul pelo attuale, e si sarebbe verificata la descri- zione di Plinio: per meatus corrivati sepfeni arrines „ ciirsuque praecipiti torrenfUun modo rapere , at' 4, tfue au/erre etc. ed anche 1 altra : aliquaudo Ti- „ beris retro mfusi recipiunt Jluctus , pugnantque „ dhern aqunruni impetus intus ; poiché crescen- do il fiume nelle mezze piene, avrebbe otturato lo sbocco, e le acque della cloaca sarebbero state con- trastate da quelle del fiume, e sarebbe accaduta quel- la guerra che ci dipinge quel celebre autore. Dun- que a nulla osta lo stalo attuale del fiume per lo Notizie sul Tevkre 199 scolo delle acque che erano condottate per la cloa- ca massima , poiché a tutti è noto , che sebbene Tinfluente non sbocchi nel recipiente a foce libera, ciò non ostante Je acque hanno il loro esito , co- me accade in tutti i fiumi e canali influenti , che scolano le loro acque contuttoché il loro pelo si spiani su quello del recipiente ; come appunto si os- serva nei fiumi che sboccano in inare. J\è vi è di bisogno, coriìe forse taluno penserà , che uno scolo per esseie felice debba avere il suo fondo o la sua soglia pii!i alta del pelo basso del recipiente, e piom- barvi sopra con una caduta ; mentre le acque vi s'introducono ^ e continuano a correre separate nel recipiente medesimo per qualche tratto , prima di frammischiarsi , conservando la loro chiarezza , o la diversità di colore se sono torbide; e se il pe- lo del recipiftnte è piij alto , quelle dell' influente passano per di sotto, purché la cadente dell' influen- te sia superiore , altrimenti vengono sempre rigur- gitate i 43. Non credo che si vorrà affacciare per op- posizione la grandissima difficoltà che si sarebbe incontrata nella costruzione della cloaca, fabrican- dola co« i fondamenti ed i muri al disotto del pelo ordinario del Tevere, poiché questa non sareb- be difficoltà per le cognizioni idrauliche presenti , e non deve esserla stata per quelle degli antichi , i quali ci hanno ammaestrato , e ci hanno dato i principii dell' architettura idraulica , con opere co- si magnifiche, che ci avviliscono, invece di pro- durci emulazione e coràggio ; e queste opere che da migliaia d' anni sussistono, sono state fondate, ed erette nell' acqua , o sotterra , ove i pericoli , e gli ostacoli si succedono continuamente, e rendo- tìo r opera all' estremo diftìcoltosa. I porti, i po^- aoo S e I K N Z E li, .gli emissarj dei laghi, gli aquedotti , le cloa-* che , sono i testimonii che ci han lasciato della lo- ro scienza in quest' arte. Ma io anzi che sfuggire questa opposizione , voglio accettarla , ed ammet- tere tutte le possibili difficoltà, poiché son certo che si saranno incontrate appunto , perchè la fabbri- ca dovea essere fondata al di sotto del pelo ordi- nario del Tevere ; e la mia supposizione viene con- fermata dalla narrazione che ne dà lo stesso Pli- nio ( § 4® ) : Essetque labor incertum longior , an „ periculosior , passim conscita nece ,, il che non sarebbe sicuramente accaduto se il lavoro fosse sta- to air asciutto, e sopra il pelo ordinario del te- vere, né il re Tarquinio si sarebbe veduto obbli- gato di affiggere in croce i cadaveri di quei pove- ri disgraziati , e condannarli dopo morti ad una pena ignominiosa , per incuter terrore , acciò gli altri con questo terribile esempio non abbandonas- sero il lavoro. 44- Vi sono due altre opposizioni da supera- re ; la prima che , secondo dice il sig. presidente Fea , M. Agrippa percorse in barchetta la cloaca ; la seconda , che la sua capacità compariva gran- de da potervi entrare un carro ben carico di fie- no. Dal conft"onto fatto in Plinio ed in Strabonc non ho rilevato altro , che il passo di Plinio ( § 33 ) in cui dice : amplitudinem cavis eam fecisse pro- „ dlt.ur , ut veìwm feni large onustam transmltte' „ ret ciò che si riferisce al cavo o al vano della cloaca , o per dir meglio all' ampiezza del tubo preparato per ricevere le acque , piuttostoché al Vano di aria che resta fra il pelo d acqua e la vol- ta , dopo messa in attività, li non ve dubbio che il cavo Ibsse capace di contenere un carro di fie- no , giacché lo farebbe ancUe presentemente se non Notizie sul Tevere 201 vi fosse interrimento. Riguardo poi alla visita fat- ta da M. Agrìppa in barciietta , non ho trovato in alcun autore questa narrazione : ma siccome se la cloaca fosse spurgata dalT interrimento , si potreb- be con facilità transitare anche adesso in barchet- ta , in tempo di acque ordinarie del Tevere , così non ho alcuna objezione da fare a questa espres- sione, che non favorisce, né è contraria alla mia supposizione. 45. Ho citato nel § 4^ ^^ livellazione fat- ta li 19 ottobre 1821, dalla quale si sono dedot- te varie altezze sul pelo ordinario del tevere in estate. Senza presentare il profilo , esporrò i risul- tati , acciocché se per qualch' uno fossero dubbi , si possa a beli' agio farne il confronto. Essendo il pelo del Tevere al disotto del sot- tarco della cloaca massima allo sbocco, metri i, o 3o , e servendosi del medesimo pelo d' acqua pei^ orizontale ; gli stabili presi si sono ritrovati alle se- guenti altezze sul pelo del Tevere. Sott'arco della cloaca mas sima al suo sbocco ,...,, Sottarco della cloaca mas- sima air imboccatura a s. Giorgio ( arco antico interno ). Fondo attuale , o interri- rimento della cloaca allo sboc- co nel Tevere; a piombo delT estradosso , e al disotto della chiave ( trovasi disotto del pelo d' acqua ossia dell' ori zontale ) , Fondo attuale , o interri mento della cloaca all' im- boccatura as.Giorgio, a piom- metri I , o 3o 3,346 o, 23o 4. 7. 1 , 6 IO. 5. o^o I. o. 1,7 ao^ Scienze ho dell' arco antico internò, i , 009 j 4- 5. o, y Pelo d' acqua della cloa- ca allo sbocco nel Tevere. ,, ò, 000 0.0.0, 6 Pelo d' acqua della cloa ca air imboccatura a s. Gior- gio , a piombo dellarco an- tico ............ „ 1,089 4- 10.3*4 Masso di calce antico al di sotto del pavimento la stricato in pietra , nel mez- zo del tempio di Giano , non essendosi rinvenute le lastre già sotterrate dagli scarichi. „ 6, 49^ 29. o. 4, 4 46. Molte riflessioni ci presentano questi risul- tati. Primo , che essendo il sottarco della cloaca allo sbocco , alto suir orizontale i, o3o (palmi 4. 7. I , G ) , e quello all' imboccatura 2 ^ 34^ ( pal- mi 10. 5. o ), quest ultimo ha metri i , 3iG ( pal- mi 5. IO. 3, 3 ) di pendenza sul sottarco allo sboc- co. Secondo , il pelo d' acqua all' ingresso della cloa- ca ha una pendenza su quella del Tevere di me- tri 1 , 089 ( palmi 4- IO. 2 , 4 )• La differenza fra queste due pendenze, cioè fra i , 3iG , e 1 , 089, è di metri o, 227 ( palmo i ), che può conside- rarsi come un' imboccatura , e non è valutabile in tutta r estensione : e perciò si può stabilire che il pelo d' acqua attuale sia quasi parallelo all' inter- no della volta. E questa uniformità di pendenze dà a divedere che il pelo d' acqua ha conserva- to sempre la medesima inclinazione con la volta antica, la quale non ha cambiato sicuramente; e fa conoscere ancora ^ che in quei tempi si avea la vera cognizione di fabbiicare, che è quella di non profondere materiale inutilmente, e senza necessi- tà , come sarebbe stato se la volta dellai cloaca si JVoTiziE SUL Tevere 3o3 fosse fabbricata più alta assai all' imboccatura , e iion parallela al pelo d' acqua. Terzo nel giorno della livellaiione il pelo d'acqua all' imboccatura del- la Cloaca, si trovava al disot-[ to dell'arco L' interrimento si trovava al disotto del pelo d'acqua,, Dunque l'interrimento era al disotto dell'arco all' imboc- catura Nello slesso giorno , il pe- lo d' acqua allo sbocco del- la cloaca, eia al disotto dell' arco E l'interrimento al di sot- to del pelo , -i E perciò l'interrimento allo sbocco al disotto dell' arco „ Questi due punti diflferiscono fra loro di soli metri o, 077 ( once 4, minuti o, G ): dunque ancbe 1' interrimento conserva un quasi parallelis- mo con la volta. Dopo tutti questi risultati , coincìdenti a pro- vare , che la cadente della cloaca sia stata sempre la stessa , tanto per la volta , quanto pel pelo d' acqua, cosa si potrà opporre in contrario per as- serire che il fiume sia stato piij basso ? Le obie- zioni che possono addurre quei tali che opinano djversamente , sono a mio parere le seguenti. I bas- si fondi delle paludi da asciugarsi potevano esse- re molto più depressi del solt' arco all' imboccatu- ra della cloaca, e forse anche 18 palmi ( metri 4 , 02 1 ) che avrebbero felicemente scolato sul pelo del Tevere , se esso fosse stalo ancora iSpal- I, 267 0, 080 I , 337 I , 0 3o 0, 23o I, 2 (io Ì2o4 S C 1 E N i: E mi più basso ; ed allora si sarebbe conservato il parallelismo fra il pelo d acqua , la volta , e l' in- terrimento , e vi sarebbe stalo vano sufficiente da navigare comodamente in barchetta dentro quest' arco. Ma queste obiezioni non hanno alcuna pro- va di fatto che indichi la vera situazione di li- vello , tanto per le paludi , quanto pel pelo del fiume: che anzi ammettendo questo abbassamento si è veduto in quale assurdo si andava a cadere (8 3*)) per la mancanza della necessaria caden- te : dunque il pelo del Tevere lion si può alterare dal suo stato ordinario , che conserva presente- mente, e perciò cade T objezione , e con essa tutte le supposizioni elie non sono appoggiate a prove di latto. 4'J- Altri stabili abbiamo ancora da poter os* servare che ci danno un'idea dello stato antico del Tevere con egual certezza : questi sono i ponti Elio , Gianiculense, Fabricio, Cestio, e Senatorio , i quali contado epoche assai remote , in particolare i tre ultimi.' 48- t)ltre i punti si ha un' altro punto sta- bile nella spiaggia del mare alla foce del Tevere v punto, che se fosse grandfe la protrazione' 'della spiaggia influirebbe moltissimo sid sistema del fiu- me ^ massimamente per lo stabilimento del suo letto. 49- Con questi altri dati ci accingeremo all' esame delle ragioni che possono favorire , o con- trariare 1 opinione del rialzamento di letto tiel Te- vere senza impacciarci suH' effetto che può aver prodotto la diminuzione , o V aumento dell acqua derivante dalle chiane nel Tevere , il che non può essere rilevante. I ponti più antichi , e più vicini air epoca della costruzione della cloaca massima so- no il Senatorio, il Fabricio, il CtStio. Le regole Notizie sul Teverh aoS ^pir arcliitettnra idraulica concordano a stahilfre le imposte degli archi al pelo ordinario del fiume , alfinchè crescendo il volume dell acqua ed aumen- tatosi per le piene possa trovare un passaggio fa- cile nella luce dell arco , sia esso circolare, o el- littico ; altrimenti se le imposte si facessero più basse , ed immerse sotto il pelo ordinario , si di- minuirebbe la luce dell' arco , e si restringerebbe di troppo il passaggio delle piene; e se T imposta si fissasse più alta , i piloni , e le pile dei ponti verrebbero troppo alti , ed oltre il maggior dispenr dio per r impiego di più materiale, si renderebbe- ro troppo deboli , e p\ì\ facili ad essere rovesciati dall urto, continuo dell' acqua ; ed il ponte diver- rebbe ancora troppo alto , per cui il passaggio mag-r giormenle incomodo. Con queste riflessioni gli an- tichi hanno fabbricato i loro ponti , che vantano epoche di secoli , e che sono ancora testimoni! della loro cognizione in quest' arte , e della loro magnificenza. 5o. La moderna idraulica architettura non ha variato qyeste savissime regole, ma ha voluto mo- dificare la grossezza delle pile, e piloni , deducen- dola dal calcolo , per non impiegare una soverchia ' quantità di materiali senza necessità ; e perciò i ponti moderni co.sltuiti con queste regole sono più gentili, e più svelti, massimamente quelli i di cui archi sono formati di curve meccaniche. Se poi la loro solidità possa m.ottersi a paragone con quella che si ammira negli antichi ponti , all' apparenza di qualcb'uno più goffi , noi non ne possiamo decidere , Q se ne farà la decisione dai nostri posteri di qui a vanti secoli. Certo si è che la solidità in un pon- te è una delle parti essenziali che deve avere , e questa non gli si può dare se non con la bontà dei 2o6 Scienze materiali , con la loro perfetta unione , e con una grossezza imponente che resista alle impetuose e continuate scosse di un limne , che tutto rovescia di fronte se trova debole opposizione, e che scava di lato e per di sotto a quei massi , che resistono alls di lui violenza , per tentarne in tutti i modi ]a distruzione. E perciò io mi persuado che non ostante le grossezze delle pile , e piloni risultanti dalle formole analitiche, e geometriche, per cui il calcolatore resta soddisfatto e tranquillo , mineran- no più presto i ponti moderni , e non giungeran^ no forse a contare T epoca di dieci secoli così le- licemente trapassata di molto , da quelli costruiti dagli antichi romani , sebbene sembrino troppo pe- santi alla vista. 5i. Confrontando dunque tutti i ponti esisten- ti dentro Roma , e particolarmente i tre , Senato- rio , Fabricio , e Gestio , si vede ocularmente , che quando le acque sono basse , si scoprono le rise- ghe delle pile , ove sorgono le imposte degli archi: ciò che apparisce poi con più evidenza nel Geslio, ove le imposte sono piantate sopra due cornicioni sporgenti in fuori metri ,0,706 che sono emer- si dal pelo basso di estate, metri, i , i5 , ritro- vandosi il pelo d' acqua del Tevere, metri o, 920 al disotto dell' arco della cloaca massima: e perciò lo stato attuale del pelo d' acqua rispetto ai pon- ti , è tal quale , o almeno simile a quello antico . Ed al contrario se il letto del fiume si fosse rial- zato di 18 palmi, e si supponesse il livello del pelo ordinario a pari con la soglia della cloaca massima nello stalo antico , bisognerebbe ancora supporre che questi ponti , ed i loro archi fossero stali fabbricati circa al medesimo livello della so- glia suddetta: e se ciò fosse vero , questi archi si Notizie sul Tevbre 207 Yfiderebbero ora immersi per 18 palmi con la loro imposta , e le chiavi J^gll archi resterebbero di po- co più aiti del pelo d' acqua : ma si osserva tut- to air opposto. È certo ancora che il pelo d' acqua in quest'epoca si sarebbe innalzato , se non 18 pal- mi , stante 1' aumento della cadente , almeno una quantità poco minore , e adesso ( supponendo il rialzamento seguito dopo la costruzione dei ponti ) questo pelo passerebbe in circa alla metà dell' al- tezza dell' arco , e le piene che s' innalzano circa 4o palmi sni pelo basso sormonterebbero i ponti , e sì vederebbero gli effetti delle innondazioni di molto aumentati. Accade però tutto il contrario : il pelo basso è al suo luogo , rapporto ai ponti ; le piene non ciccano quasi mai gli archi dei pon- ti ; e gli effetti delle innondazioni invece di esser- si accresciuti , si sono anzi diminuiti , come è no- to a tutti , e come si può confrontare con i segna- li appositi in molti luoghi della città. Tutto ciò dunque induce a credere con gran fondan^ento , che il letto del fiume non si sia rialzato dal tempo de-, gli antichi romani , e dall' epoca della costruzione della cloaca massima ; o se questo innalzamento è accaduto , non è sensibile né dagli stabili dei pon- ti , né dagli effetti delle innondazioni. 52. La protrazione della spiaggia alla foce dei fiumi , prolunga la linea , diminuisce la cadente , e la velocità , e forma deposizione nel fondo , in- nalzamento ed orizontalità di letto. Queste con- seguenze si rendono maggiori o minori secondo la proporzione dell' allungamento della linea , o della protrazione della spiaggia : ma queste cause pro- ducono effetti poco sensibili , e non si osservano che nei tratti in vicinanza delle loci , e giammai sono rimarchevoli nei tratti superiori dei fiumi , ove 2o8 Scienze ]a cadente è abbondante per cui il fiume corre con velocità , ed ove il fondo si mantiene [alternativa- mente escavato- 53. Per conoscere se la protrazione della no- stra spiaggia possa aver cangiato rialzamento dì let- to nel Tevere converrà esaminare V estensione del- la linea nello stato antico , e paragonarla con la presente, che è pii^i lunga, dandole principio dal diruto ponte Sublicio in Roma , fino alla l'oce del ramo grande di Ostia : mentre sarebbe erroneo in- cluderci il tratto clje traversa Roma , soggetto a continue variazioni dì cadente, a causa dei ponti, e del passaggio angusto fra le fabriche , e dove la velocità è molto grande. L' andaménto del fiume da questo ponte, poco può aver variato dall'antico, poiché avendo inferiormente a Roma , una mo- derata pendenza , ed un corso mite , V alveo non può aver fatto cambiamenti notabili. 54* Sì conosce quale fosse il punto della spiag- gia al ramo d' Ostia quando fu fabricata la cloaca massima , cioè circa 28 secoli indietro ( § 89 ) : la distanza fra Roma e l'antica Ostia è di miglia romane 21 circa, e da Ostia al mare circa miglia 3. La pendenza da Roma a Capo due rami, in di- stanza dì miglia 20 , è dì palmi 18, once 9, che viene a corrispondere a once i r ragguagliatamente a miglio : e da capo due Rami alla foce del ra- mo d Ostia , la pendenza è di circa 4 once a mi- glio ragguagliatamente. 55. Nella traversa di Roma è varia la penden- za a motivo dei ponti , e dell' angustia delle fab- briche ; e la ragguagliata si calcola di once 3i a mìglio. Nel citato prolilo Chiesa e Gamberini , il pelo d'acqua ordinario d inverno , alle ruine del ponte Sublicio, osservato in quella livellaaione, si tro-< Notizie sul Tevere 209 rava aUo sull' oiizontale del pelo basso del mare palmi- 21 3 o, che rappresenta la cadente totale. 0ra che la spiaggia si e aumentata , e che si cor»- tano dall' antico fabbricato di Ostia circa 3 miglia al mare , la cadente non si spianerà più al punto di Ostia, come ai tempi di Anco Marzifo e dei Tar- quinii (§ 39) , ma bensì tre miglia più ii>nan«i pel prolungamento delia linea ; ed il punto del zero sa^ rà alla foce attuale del ramo grande. Dove era l'an- tica foce si conta adesso una altezza del pelo d'ac- qua del Tevere di circa 3 palmi «ul pelo basso del mare: dunque se il pelo si è riakat;o in Ostiai, si sarà rialzato anche a Capo du« rami, e propor- zionataraeale li«o alle ruine del Sublicio , nella di- stanza di 24 miglia; cioè alle 22 miglia da Roma si ridurrà a 33 once; alle 20 miglia a 3o once ; alla distanza di 18 miglia sarà di once 27 circa ; alle 16 miglia once 24; alla distanza di io migli» risulterà di circa i5 once; a quella di iwglia 5 sa- rà di pnce 7 ; a quella di 2 miglia di 3 once, ed in fine a quella di un miglio sarà di oncia i e ■^ supposta sempre la cadente del pelo ordinario in un piano perfettamente inclinato : cosa, cke non accade; mentre più si accosta verso il mare, più si dispor- ne all' orizontale , e perciò il pelo d*^acqua rassomi- gli» più ad mia curva, che ad una retta, inclinata. Con tutto ciò nella vicinanza di Roma l'aumento del pelo d'acqua pwjdotto dalla protrazione del k spiag- gia sarebbe insensibile; e se il fondo del fiume se- guisse le medesime leggi , il suo rialzamento sareb- be anche impercellibile , né potrebbe mai produrre quegli interrimenti che si suppongono, così rimar- chevoli ;, anche nella traversa di Roma, ove la pen- denza ragguagliata è di circa, once 3i a miglio,, e G.A.T.XIV. 14 aio SCIENBE per conseguenz» la velocità maggiore rispetto al trat- to inferiore fino al mare. Dunque la protrazione del- la spiaggia non può aver cagionato rialzamento di letto. 59. Può sembrare a taluno che se il tratto in- feriore a Roma ha sofferto innalzamento di pelo d'ac- qua , e forse di fondo , questo medesimo effetto deb- ba essere stato sensibile anche nel tratto della tra- versa di Roma , e fors'anco di molto superiormen- te, e perciò non sia giusta la fissazione del limite che io ho fatto al ponte Sublicio. Per togliere per- tanto qualunque dubbio possa nascere su questo pun- to, io devo far riflettere che I acqua del fiume, nel trapassare in città per sezioni così ristrette dalle fabbriche, dai ponti, e dall'imbarazzo delle mole a barconi, s'innalza di pelo, ed accresce la sua ca- dente e la velocità, molto maggiore di quella che esiste nel tratto inferiore a Roma ; e cito volentie- ri la relazione Chiesa e Gamberini , che fissano que- sta cadente in lunghezza di miglia 2 e r circa, a palmi y once i minuti 4 1 la di cui ragguagliata viene a circa once 3i a miglio : mentre pel trat- to da Roma a Capo due rami, in distanza di mi- glia 305' circa', la cadente si fissa a palmi 18 on- ce 9 minuto I , di; cui la ragguagliata è di 11 on- ce a miglio . Dunque se relfetto della protrazione della spiaggia può aver influito nelT innalzamento di pelo , nel tratto che ha di pendenza 1 1 once a miglio , non si può presumere che questo medesi- mo effetto sia accaduto in Roma ove la pendenza è quasi tripla. Pertanto in un tratto di fiume che ha una tal pendenza nel pelo ordinario, non sì può ammettere interrimento di Ietto. 31f Storia della dissenteria delt Egitto scritta da Pie" tro Cavazzi ec. (continuazione e fine.) V_/ltre quelle due enunciate cagioni , la vita seden- taria, e la maniera particolare di vestire, mi sem- bra che possano ancora influire a disporre la ma- ciàna alla malattia. E rispetto alla prima , ognun sa che i turchi generalmente passano la maggior par- te della loro viia a fumare la pippa assi^ii sopra un sofà, e che pochissimo si esercitano nel molo ; quin- di essendo di lor natura molto voraci vanno sog- getti a frequenti indigestioni , le quali degenerano in diarree, e poscia in dissenterie . Riguardo poi al- la seconda, sovraccaricano talmente il loro corpo di vestimenta, cìngendo il basso ventre di varie fasce le quali poi senza cautela nel gran caldo depongo- no, che facilmente soppressa in quelU parte la traspirazione, danno motivo alla malattia di cui si tiatta. Si può aggiungere ancora alle suddette l'uso smodato della venere, dopo avere straordinariamen- te riempiuto lo stomaco di cibo sovente malsano . Imperocché autorizzati dalla loro religione alla po- ligamia, e dimoranti in un clima la di cui tempe- ratura eletrizza eccessivamente la fibra , si abbando* nano in siffatta maniera alle dissolutezze , che tur- bata la funzione del ventricolo nel tempo in cui sa- rebbe maggiormente necessario il riposo , alterano an- che in conseguenza le naturali qualità degli umori enterici degli escrementi e la loro ordinaria deposi- aione* Come varie abbiamo veduto essere le cagioni , che predispongono gli «giziani alla dissenteria , va* 313 SciErrzE rie parimenti sono quelle che danno occasione al- la medesima. E fra le altre quella che su tutto ottener puo- te il primato, e maggiormente contribuire al di lei sviluppo, si è il clima medesimo, ed il cambiamen- to che in queste molte volte succede. La tempe- ratura dell' Egitto arriva nella slate ad un calore insopportabile , così che non di rado si vede ascen- dere il termometro di Reaumur al grado 34t e ^^5, e ciò parlando del basso Egitto fino al Cairo. La natura benefica, sempre intenta alla coQserva^ione de- g^li individui, ha fatto sì che spirino di sovente i venti del nord, i quali oltre che respingono nell' Abissinia le nuvole da sciogliersi in pioggia, e dar origine alle annuali innondazioni dei Nilo, rinfre- scano col loro soffio piacevole , e portano un sol- lievo gradito agli abitanti spossati dal caldo , e ren- dono di più le notti freschissime. Ora ognuno di leggieri comprende ch'essendo la fibra rilassata , i pori aperti, e quindi a cagione delle copiose bibite bagnata la superficie del corpo di profuso sudore, avviene, che mancando delle necessarie cautele, ed esponendosi incautamente al soffio del vento, viene a sopprimersi la traspirazione , ed a risultarne per conseguenza la dissenteria. Oltre di ciò è l'Egitto do- minato ne'mesi di aprile e maggio , e qualche vol- ta ancora in altri m^si, dal vento di mezzo giorno simboleggialo dagli antichi egiziani sotto il nome di Tifone^ o spinto maligno^ forse pel suo soffio no- cevole , e chiamato presentemente dagli arabi Kam- psin, che significa cinquanta (1), perchè soole ordina- ci) Pretendono alcuni derivare questo nome dalla morte di Gain> p«is, il quale con tutto il suo esercito peri nel deserto dell' Afric* per cagione di questo vento che softbcollo nel di lui passaggio. Co >i lc""'esi nella vita di Alessandro il grande. Prosp. Alp.loc. «it Storia della bisssivteria ai3 yiamcntc spirare, con interruzione bensì, per lo spa- rlo di cinquanta giorni . Esso passando per gli ari- di ed infuocati deserti della Libia, oltre una quan- tità prodigiosa di esalazioni nocive che nel suo pas- saggio raccoglie , porta seco un calore tale , che in- nalza rt'pentinameTìl.e il termometro di io e 12 gra- di, e corrompe in poche ore le sostanze animali, che vi si espongono. Gl'infelici viaggiatori, che ne' deserti rinvengonsi, corrono rischio di esserne soffo- cati: tanto il di lui soffio è pernicioso e venefico (m). ^^on avvi alcnno certamente, che non resti racca- capricciato , se per avventura ritrovasi presente al- lo spirare impetuoso di questo vento simile ad un oiagano furente, mentre vede oscurarsi tutto ad un tratto la serenità del cielo; l'atmosfera, a cagione de' nuvoli di minuta sabbia, gli sembra ricoperta tli un denso velo , ed il sole come di color sangui- gno. Per combinazione però fortunata dell' Egitto questo vento suole presto dissiparsi, e rade volte ne arriva la durata al terzo giorno, seguita, come dissi , da interrompimenlo e da tregue. Dal fin qui detto più chiaro apparisce della luce il giorno quali sieno gli sconcerti , che appor- ta questo vento alla macchina umana allorquando precede i venti del nord : poiché trovandosi il cor- po in un notabile rilassamento, ed in una ecces- siva traspirazione dal gran calore prodotta , riraa- (m) I corpi rendendosi da questo vento talmente spossati da abborire per sino il cibo , essendo solamente tormentati da una sete inestingui- bile . I forasticri fuggono iu luoghi sotterranei ed ivi restano fin- tanto che durano questi venti, poiché portano seco tal caldo, ed innalza- no tanta arena infiammata , da eguagliare la bocca di una fornace ardente. Prosp. Alpln. de medie. Aegypt. 2i4 Sciente ne immantinente costipato, e va incontro ad uno stato morboso, specialmente alla dissenteria, neces- saria conseguenza del traspiro soppresso . Un' altra forte causa di questa malattìa vie- ne costituita dalle rugiade, che in tanta copia ca- dono in Egitto. Allorquando incomincIà^ il Nilo a crescere, e ad allagare le sottoposte campagne, le esalazioni che il sole innalza impregnano l'aria di una immensa quantità di vapore acquoso, e questo condensato dal fresco delle notti si scioglie in ru- giada , la quale tenendo luogo delle pioggie man- canti rende una vita novella ai vegetabili, che pri- vi di questo soccorso , a Cagione dell' estremo ca- lore, perirebbero . Ciò che per se stesso forma uno de' molivi principali della straordinaria fecondità del terreno ( d'onde gli antichi osservatori avendone determinata l'epoca divinizzarono Biitis ^ ossia la la- na piena, come organo principale di cotesto iirlga- mento benefico) ciò, dico, è al presente una delle cause della dissenteria . Sembra al certo essere un paradosso , eppure col fatto se ne dimostra la ve- rità : imperocché affaticati gli abitanti dal gran ca- lore del giorno pongonsi la sera con abili leggieri a respirare l'aria fresca allo scoperto, e fuori, e so- pra le loro abitazioni, e la maggior parte vi passa- no dormei:do la notte ; la rugiada perciò cadendo abbondantemente li sorprende rtel sonno, e ne fa lo- ro risentire nel desiarsi i funesti effetti, i quali di lunga mano sorpassano il diletto per poche ore gu- stato . La fecondità medesima deli' Egitto dovuta al calore del clima , ed alle inondazioni dplle acque del Nilo, le quali rendono fertilissimo il suolo, è indirettamente cagione dello sviluppo della citata malattia , poiché abbondando nella state il paese di Storia della dissenteria ai5 frutta di ogni genere, e principalmente di meloni , cocomeri , e cedruoli , in particolare di una spe- cie dei primi chiamata dagli arabi abdullm'i^ gli abitanti onde procurarsi un refrigerio alla sete se ne cibano con tale avidità ed in tanta quantità, da far maravi^'iia ai riguardanti . Oltre di ciò non fanno le persone indigenti distinzione de' buoni e de' di- fettosi e guasti, che anzi ne mangiano ancora la scor- za; per lo che la quantità di essi , e la prava qua- lità va a formare gravi zavorre nel loro stomaco, e quindi a promuovere la dissenteria. Questi disordi- ni potrebbono essere in parte riparati dall' uso mo- derato di qualche liquore spiritoso , che desse vigo- re alio stomaco, e ne ajutasse la digestione. Pri- vi però di questo mezzo gli arabi , e condannati a motivo della loro religione a bere acqua pel cor- so intiero della loro vita , non possono ovviare agli sconcerti che una troppo grande quantità o prava qualità de' frutti suole loro apportare . La miseria in cui geme la classe indigente, e la cieca ignoranza dalla qual' è ingombrata , forma un' altra cagione della dissenteria : mentre si prende per alimento una spezie di vegetabile non opportuna all' uomo , e quantunque si sperimenti perniciosa alla salute pur si adopera con ostinazione. Ella è il trifoglio, che si semina per gli animali domesti- ci. Allorquando il medesimo è pervenuto ad una cer- ta altezza, gli arabi lo tolgono a companatico unendo- lo ad un pane mal lievito e poco cotto , ne man- giano in molta quantità, e vi trangugiano sopra co- piose bibite di acqua : non tardano quindi a soifri- re delle forti coliche, seguite da diairee che iavo- riscono invece di raffrenare, credendole essere uno sfogo salutare pel quale il corpo si libera dagli umo- ri superflui i laonde trascurate , che anzi seconda- ai6 S e I E N z s te degenerano in dissenterie , le quali terminano co portarli a] sepolcro ( n ) Da ciò adunque che finora ho esposto eviden- temente si conosce per qnali ragioni questa malat- tia sia più frequente neli' Egitto che altrove, poi- ché il clima estremamente caldo Cosi soggetto a con- tinui cambiamenti , le poche cautele che adopera- no gli abitanti neH'espoTsi alle correnti di aria, l'abu*- so de bagni sommamente caldi , la maniera parli- colare di vivere e di vestirsi, gli errori nella die- ta che frequentemente commettono tanto rispetto alla qualità come alla quanlltà de cibi, le disso- lutezze comuni a tutti, perchè permesse dalla reli- gione, i pregiudizj da' quali sono dominati prove- nienti dalla loro altissima ignoranza, sono circostan- ze che difficilmente in altri luoghi e presso altri popoli si riuniscono . D' altronde si può facilmen- te concepire che in forza delle medesime cagioni , e segnatamente dell' ultima, attaccati una volta gli egiziani dalla malattia giungono con grande difficol- tà a superarla, poiché ailora solamente s'inducono a ricorrere al medico , quando il caso è quasi dis- perato, quando appena una languida scintilla di vi- ta vicinissima ad estingncrsi anima il loro corpo* Ed ecco la ragìotie per cui sono tante le vittime di (il) Le sopradescritte caj^ioni cr«no stale lino < la' sud! H'inpi cori somma diligenza esaminate da Prospero Alpino nel suo Uhi ile me- die. c;:^Ypt., poiché cosi espitmcsì: „ Ab usu assiduo aqti.x in potii, «l crudorum frigidorumque fructum olcrum, et ab iiiHnodic.i rcncrn, uiuqne frequenti dulciuin lialneorum, et ab iutcrisis -asli calori- bus siomachus frigiddior rcditur . Hiiicquc multi iliorum assiduar»! itomaobi cruditatcs paiiuntur, quorum nutnems fere inlinitws Cay- ri coiitp eitur. Storia della dissenteria Si^ -^iieBlo Hiale , die con altro metodo , ed in altra guisa pofreLbonsi salvare. l'ale essendo pertanto l'indolenza e negligen- za de' malati , qual funesto pronostico ne sorga per coroWario ognuno può facilmente divisare. Ed in fatti pochi sono quelli che trionfano del male, spe- cialmente se le dejezioni sieno frequenti, fetidissi- me , e molto safiguigne, con febbre ostinata , -e forte tenesmo : se sieno accompagnate da singhiozzo, da romito, da faccia ippocratica , da polsi piccoli, in- termittenti, da aridità grande della cute e della lin- gua , da suderi freddi parziali al collo ed al viso , poiché annunziano vicina essere la cangrcna del tubo inteslinalc, la quale poi si conosce essere formata: ^e l'evacuazioRi sieno involontarie, putride, i do- lori cessino repentinamente , sopravvengano Tafe- nia e i deliqiij. Sono parimenti segni mortali la cora- paisà delle afte, l'odore nauseoso ohe spira dalla bocca , non che la ritenzione deli' urina proceden- te molte volte da paralisi della vescica . Si può .parimente .predire un fine disgraziato, se somminis- trati invano ì più efficaci rirnedj , la malattia re- siste e convertesi in un cronicismo. (^le se poi le dejezioni cominciano a diminui- re, il sangue -sia in piccola quantità, il tenesmo non tanto cruccieso , la cute divenga molle, i pol- si ondosi e regolari , cessi ia lebbre , le coliche mo- derate e rare , può quasi con sicurezza aspettarsi la g:jarigione . Generalmente la mancanza della leb- bre , e le dejezioni non t^iito liquide costituiscono un huon segno . Varia generalmente la durata di questa malat- tia secondo il temperamento e lo stato tisico del corp . Per lo più dai dieci ai trentacinque e qua- ranti giorni It'i mina il suo corso , o in bene o in 2i8 Scienze male; non ostante molle volte si rende cronica, « passa un tale stadio; che anzi mi è occorso di ve- dere degli uomini clie da qualche anno , interrotta- mente bensì, la solliivano ; ma allora è molto leg- {^iera . I bambini , le donne gravide, ed i vecchj difficilmente la superano. K parimente difficilissima a guarirsi allorquando riconosce per causa un vizio nel fegato. Qualche volta ancora degenera in una diarrea cotidiana , che trascurala termina in una ta- be. Altre volte succede, che si sopprime la dissen- teria, gonfiasi il basso ventre, e ne insorge il tifo; come pure viene talvolta srgulla la medesima dall' ascite . iSon dccsi passar sotto silenzio che in Egitto risconiransi Irequentemente Ira gli arabi e turchi una malattia che viene confusa dai non medici col- la dissenteria , per essere ad essa molto simile , la quale attacca maggiormente gli uomini di età matu- ra. Questa, facilmente distinguibile pei sangue rosso e quasi separato dagli escrementi che esce dall' a- no , è originata dalle varici che formansi ne' vasi emorroidali , e che presentano i segni molle volte della dissenteria . Vero è però che disprezzata e trascurata non di rado si cungia in quest' ultima. A fronte di una moltiplicità di cause, che par- rebbe dover portare una differenza nel metodo cura- tivo, ho generalmente esperimenlato essere alcuni rimedj della classe dei debilitanti efficacissini in <[uesta malattia. JXon poche volte ho avuto 1 di- spiacere di Irovarnìi presente alle cure intnprese dagli empirici, i quali avendo attaccalo la nalat- tia cogli t.tiinolanti ed astringenti (o) hanno iagri- v'o" L'sai;o per Jo più il su^o deli' acacia,»' datteri imuiituri, ii fironiA DELLA DISSENTERIA 2l9 ficaio in pochi giorni il paziente tra gli spasimi più acerbi. Molte osservazioni ho avuto campo di fare su questo particolare , e molti esempj potrei addurre in conferma; ma fra lutti ne sceglierò uno, il qua- le essendo noto a molli, sembrami noi nostio caso di maggior valore. Un certo Ismail agà, turco im- piegato al tesoro pubblico , di temperamento bilio- so , trovavasi convalescente da una dissenteria da me curata. Alcuni stravizj e le poche cautele ado- perate gli procacciarono la recidiva; qualche moti- vo di salute non mi permise di poterlo nuovamen- te assistere. Chiamato dal paziente un greco sedi- cente medico , questi cominciò a trattare il mala- to con tutti i riniedj da noi per stimolanti ricono- sciuti; quindi prodigatigli a larga dose Toppio , il liquore anodino , il vino generoso , non andò guari che risentì il paziente i funesti elFelti di questo me- todo , restando in pochi giorni vittima dell' igno- ranza ed impudènza dell' empirico , e tamiiuando la sua vita tra i piò feroci spasimi di basso ventre,! quali ad ogni amministrazione di medicine si esa* cerbavano. Ed in fatti, oltre la cotidiana esperienza, la ragione medesima ci persuade che essendo nel pri- mo stadio della malattia la tonaca degli intestini nel maggior grado d'irritazione, le sopradescritte so- stanze deggiano colla loro azione stimolante accre- scere la causa del male. Non a torto dunque Ales- sandro de Tralles nella dissenteria da lui chiama- ta reumatica , che tale potrebbe dirsi ancora quella d'Egitto, riprova l'uso dell'oppio, poiché secondo liulvisco!o, dejjli anteri dclJe palme, la polpa del frutto baìiohih dis- seccata e polvcri/zata, i semi di sesban , la raiiicc od i semi Ad'*. ninfea, 0 loto e^^iiio . :23o S e I B ir z e lui allenta in quel tempo il moviiiient© degli umof ri, attacca la testa, ed accresce in seguilo il cor- so del ventre. Propone egli un piccolo salasso , es- sendo il malato giovane , e le forze permettendolo. A me veramente non è occorsa mai ja circostanza di trar sangue ; ma essendo il temperamento pleto- rico , e ritrovandosi il malato in grado di forze, po- trebbe forse apportargli del vantaggio, specialmen- te se facciasi parziale. Quello che utilissimo vinviensi nel princi- pio della malattia si è la prescrizione dell' eme tico , e principalmente dell' ipecacuana . Liberan do (jiiesle il ventricolo dalle ma'crie eterogenee, chi in esso potessero ritrovarsi , accresce nel tempo stes- so il moto antiperistaltico, e viene a ristabilire in qualche guisa 1 equilibrio fra i due movimenti; ol- tre di ci(!) diminuendo lafflusso degli umori , che in tanta copia verso gì' intestini si portano, recasotto anche questa veduta un notabile vantaggio. E tan- to grande l'efficacia del medesimo , che non di ra- do è accaduto di aver vinta la dissenteria colla so- la amministrazione di esso. Dopo averlo prescritto in sul principio, se ne può continuare l'uso: e dan- flolo a refrattissime dosi nel seguito della malattia unito ancora ad altri rimedj incalcolabile profitto ne risulta. Io sono stato solito di unirvi il rabar- baro parimenti a dose refratte, il quale sottraendo leggermente le zavorre , che sono d'irritamento al tubo intcslinale , porta notabil miglioramento. Era - perciò riconosciuta la di lui utilità fino da' tempi pas- sati , polche il citalo Tralles lo raccomanda come prolicuo in questa malattia. Anche la gomma arabi- ca unita ai suddetti rimedj molta efficacia suole spie- t;are, poiché ridonando artificialmente il mucco, del 'jiialc è priva la nitjuibiana interna degli intestini. Storia della dissentehia 2:,;r vienQ in qualche guisa a compensare la di lui per- •iita. A. questo scopo si adoprano parimenti i cliste- ri applicati specialmente subito dopo revacuazioue del paziente (p) : imperocché nettando il tubo in- testinale, e togliendo 1 irritamento che le materie lo- cali residue produr possono nella membrana inter- na sensibilissima , spoglia , come abbiamo osserva- to, del mucco necessario, chela lubrica in istato di salute , recano molto sollievo , e calmano mira- bilmente il tenesmo e le coliche. I suddetti adun- que per lo più si compongono di soluzione di gom- ma arabica, qualche volta di latte e di acqua d or- zo , o di altri ammollienti. Nel progresso della ma- lattia possono l'ormarsi di decozione di siraaruba (q) Ho rinvenuto utilissimo parimenti nel progresso (p) E ben difiìcile per non dire impossibile, indurre i malati e farsi de' clisteri, mentre non so per, qual ra;;ione li hanno tanto in orrore , che alcuni di loro amano meglio di esser vittima dellu malattia, piuttosto che soffnre rapplicazlorie di un clistere bciichè «erti fossero che il di lui risultato esser potesse una istantanea gua- rigione. Tanto questi esseri infelici dominati sono da pregiudizi » t-br a fronte di qualunque pericolo ritengono , né sanno risolversi i. vìncerli . (q) Farmi questo luogo opportuno di riferir un rimedio, che usavano gli empirici fino dai tempi di Prospero Alpino, e che usano anche presentemente , quantunque il risultato favorevole annuncia- to dall' autore non abbia io mai verificato. „ Primo hypocbondrla manibus molliter siccaiit , ati]\ie nnoK sera- „ mino olco, vel anygdalino ca iniingunt , digitoque po^ica intra um - „ bilicum positO ipsum pluries circumvcrtunt, tcrquc inane jejunis cu „ repetita; aliquos dysenterioos samtati fuis»e restitutos meniini. Pau- „ ci tamen existuiit, qui recte hanc moliri circumvoluiioncm utnbili- „ ci sciitut. '^■^■i Scienze di unire al labarbaio, ipecacuana, e gomma arabica la radice di Colombo in sostanza e decozione, e la gomma kino a dosi generose. Le bevande da me prescritte sono state in prin- cipio Ja decozione di tamarindi, ed in seguito la li- monata minerale , e la deco/Jone di riso. iNella ostinazione delle coliche poi e delle de- lezioni ho esperimentato molto salutare un senapi- smo, o un largo vessicante a guisa di rubefacente posto sul basso ventre, e molte volte l'ho l'atto ap- plicare permanente rinnovandolo con polvere di can- taridi, onde formarne una larga pi$ga esterna. Allor(|u;indo sì riconosce esseiVi un impegno al fegato, i.i qual cosa frequentemente in Egitto ri- scontrasi , il calomelano ora solo , ed ora unito all' estratto di cicuta usato anche a forti dosi, e con- tinuato per qualche giorno, con decozioni amare di genziana, o legno quassia, ha portato sommi van- taggi ; e non di rado dissenterici disperati , essen- do il male renitente a qualunque altro rimedio , so- no per così dire contro ogni aspettazioue guariti coir uso del medesimo. il tartaro emetico , e la gomma gotta proposta da alcuni iu questa malattia, non ho avuto mai il coraggio di amministrare , tanto piiì che sono sta- to testimonio di qualche fatto , in cui la prescri- zione de'suddetti ha recato piuttosto detrimento che utilità, e non è stata coronata da quel successo che si attendeva. Quello però che ho veduto efficace in questo male si è il cambiamento di aria , quante volte le lorzedel mah:io lo permeitano. Molli dissenterici an- che cronici si sono ristabiliti per avere intrapreso il viaggio dal Cairo ad Alessandria , e viceversa , ovvero nell' Egitto superiore. Sembra assolutamente Storia della dissenteria 3a3 clic questo influisca di mollo alla guarigione ; ond'è {iranclemente da raccomandarsi nella convalescenza, por ottenere un perfetto ristabilimento . La dieta dev' esser rigorosissima, dovendosi del tutto proscrivere le sostanze animali , che sono ca- paci , come più volte ho veduto, di accrescere la dissenteria. Il solo riso cotto nell' acqua debb' es* sere il cibo da somministrarsi . Fanno uso parimen- ti, per calmare la sete, di qualche arancio , e pare che non porti del pregiudizio . Per buona sorte so- no gli egiziani cosi ubbidienti neli' osservare la die- ta , che non fa d'uopo di reiterati avvisi del medi- co per indurli a mantenerla , poiché da epoche re- mote hanno il costume di non nutrire i malati di sostanze animali , e portano questa cosa fino allo scrupolo, e cadono molte volte in un altro incon- veniente, poiché ricusano di somminislrargli qual- che leggiero brodo , allorquando il malato è in con- valescenza , e che le forze estenuate e rifinite di- mandano un nutrimento . Tocca al medico pruden- te regolarli in questi casi, onde sfuggire le recidi- ve, inculcando loro tutti mezzi, e mostrando tut- te le strade, onde ovviare quelle cause che ho di sopra enumerato . Lettera del doti. Luigi L'orni a S.E. il sig. com- mendatore don Pietro de" principi Odescalchi, .1 ja celebrità di cui gode meritamente il giornalr araldico diretto da V. E., i contrasegni di stima e gli elogi , che questo rispettabilissimo giornale hu avuto la bontà di compartire nel fascicolo d'ago- sto 1821 agli Elementi di Jìsiolo già da me falli di 2'J:l S C 1 E ?v' r E pubblica ragione alcuni mesi prima, mi animano » ricorrere all' E. V. , e a riporre tulla la mia fiducia nelle favorevoli e spontanee disposizioni del di lei aaiaio giusto e benevolo , con pregarU insfcanlemeu- le a iar conoscere le n>ie pure intenzioni, a i'ar no- te le mie discolpe, e ad esporre al colto pubblico* i motivi di qu^esta difesa, a cui mi hanno indollo- le ìrrQgio!>evoH accuse e gì- ingiuriosi traili lanci;i- timì da akivui giornali ra|>{jorto all'opera snddelta. Io ho pubblicato tal mio iatic^sissimo lavoro per le ragioni addotte nelle pagine 9 e io- , coli idea^ eioè che i Diiet elen>e5>ti o veui-sser appiovaH , se meritavano d essalo, o- fossero criticati gindiziosa- iHante onde poter corregeie con tutta docilità i mioì- wrori, a' quali son pronto a rinunciare ogni qna^ volta mi veiigano additati e dimostrati tali con pro-^ ve positive, e con verità di fatto; e- ciò per pu-b^ blicaio, dopo tal cioK'nto d«l pnl>blico giudizio, !«■ Grand' opera di fisiologìa uuiversnley che è pressocU» ripulita, e per accingermi con fondamento a com-- jjiere un altro lavoro giù ben avanzato, qual si è quel- lo dell' applica/.ione della storia generale alki medi- cina pratica , priocipala anzi unico scopo d ogni mia- studio. . iNella lusinga perciò di ricevere Importanti lur- mi di! qualche saggia critica , sono stato invece mot- teggiato coti unJilunga ed inaolenludiatribii, che inter- pretava CO" i>0Cv^ fedeltà alcuni passi deli opera» sen- za eh;; siasi punto discusso il valor intrinseco del- la mr^dcsima , né criticata con ragioni scientiiiche e plausibili una sofà proj[>05Ì/iune ; e ciò tutlo in nao^ do ilrerisorio da hrrta consideiare come imi roman- '/o. Onde ne vi(.ne, che chi ha ietto tal i-icalata in- buona fetle , e ci ha credulo in vcf^ba inugislri^ non- Uà liiai più pensatcì a pruvvedersi dt lai opera, ftc- Lettcr.v DLL Forni 2 25 à meditarla , per apprendere se avvi in tal mio la- voro qualche cosa di buono, o per approfondir la materia , analizzarne le proposizioni solo accen- nate , o munite più o meno dì prove, correggerle, e criticarle con fino criterio . Che leslensore di un tale articolo abbia dato una superficiale rivista ali' opera suddetta , e siasi mostrato giudice incompetente, perchè poco versa- to in tali dottrine, può convincerlo più del resto il confronto che accenna di essa con le opere di yilix^ Nubili ^ e Bei caldi ^ le quali hanno poco o nulla di comune colla mia nell'ampiezza e sublimità del sog- getto, nell' universalità della teoria, nello scopo , e ne principali mezzi; i quali ultimi, per tacer degli al- tri, neir opera di Alix sono fisici e chimici , ma non fisiologici, né comprendono tutti i fluidi impon- derabili, né le sostanze le meno composte, né Tazion loro : in quella di iNobili (^ Dell identità dell' attra- zione molecolare colf attrazione astronomica ) sono matematici; e in quella di Beroaldi ^ il quale am- mette una forza ignota e distinta dalla materia, so- no quasi tutti metafisici, contraddittori ai principj di IN'ewton , e niente affatto fisiologici ed analitici, come i miei , che unicamente si raggirano in osser- vazioni di fatti naturali, in isperienze , e in risultati di esse fatte da' più recenti fisici e chimici su sostanze fisiche, materiali, e per lo più organiche, sane, e morbose >, non che in ragionate e conseguen- ti induzioni ed analogie . In un altro poco concludente, sebben più mo- derato articolo (a), inserito in un giornale estero in data d'Italia, si paragona il mio sistema a quelli di Te- (a) Kcvue cjjcyclopedkiue, voi. iiovemlne 1821 p.v^. Sy3-lta- lie-aunoiàce ite. 77 ouvrajet eto. G.A.T.XIY. ,5 226 S c I E rr z K lesi'o e di Campanella eh' ebbero vita nel XVI se- colo ; ma chi , por poco che sia istruito dei pro- gressi allora lenii , or rapidi delle scienze naturali, ^ non riconoscerà tosto ; i° che in quei tempi le sos- tanze credute semplici ed elementari erano ben tutt' altre, che quelle state dimostrate tali in questi ul- timi tempi, e da me ridotte a tre sole; 2° che non s immaginò mai , consister nella sola combustione lenta la vita dei corpi organizzati , e la modifica- rione delle sostanze elementari in ogni altra sorte di sostanze esistenti , da fluide divenendo solide , e quindi nella rinnovazione organica, e nella decom- posizione dell' organismo di nuovo gazose, e infi- ne elementari ; 3° che non s'ideò mai, non che pro- vossi , esser identiche le funzioni di vita sia nel globo terrestre, sia nelle piante e negli animali, ed identico essere ed universale T agente dell' assimilazione organica , e della disassimilazione delle sostanze organiche minerali , vegetabili , animali, fluide , solide , liquide, gazose; 4^ che in quei tempi, in cui non si parlava ancora di fluido elèttrico, né si conoscevano i fenomeni da esso pro- mossi non che le sue leggi, era impossibile dimo- strarne l'essonza, il modo d'agire sul globo, e mol- to meno la decomposizione ; di modo che le mol- te altre verità e scoperte esposte nel!' opera mia erano certamente occulte non solo ne' sec( li addietro, ma ignote perfino all' epoca in cui viviamo, e noa intese . Che se mi si vuole attribuir a difetto od a col- a il non aver provato con ogni sorla di dimostra- zione tutte le proposizioni emesse, ciocché nella prefazione de miei elementi ho dello di fare nella Grand' opera di cui questa non è che una deriva- zione, si ha torto a pretendere tanto in un saggio i Lettera del Founi 227 elementare unicamente stampato per le società scien* tificlie, e pe' veri ciotti. Né maggior ragione si ha a riguardare per ipo- tetiche le asserzioni , che un esame analitico e sin- tetico delle sostanze semplici e delle meno com- poste ha dimostrato reali in quasi tutti gli artico- li, per non dir in tutte le pagine dell' opera , per- chè dedotte da risultati di sperimenti che non so- no ipotetici, come tali nan sono le sostanze sotto- poste ai processi fisici e chimici , né quelle che quantunque fluide, sono certamente materiali, perchè concrescono, come la giornaliera osservazione lo di- mostra relativamente al fluido vitale (a) nei semi, nel le uova , in tutti i corpi organizzati : e, relativa- mente al fluido magnetico, le recentissime sperien- ze di I. Muray rapportate nella biblioteca universale gennajo 1822, quelle del canonico arciprete Giovene presso la nitriera di Molletta sua patria rapportate nel giornale arcadico ottobre iSai, e tutti i feno- meni meteorici, gli areoliti, la pietra del fulmine, le gragnuole metalliche, come quelle d' Irlanda nel 182 I, le pioggie di solfo, di terra , di sabbia etc. riferite da varj autori . Spargendo adunque dei dubbi vaghi e poco ra- gionevoli , e giudicando ex cathedra di ciò che non si può negare, salvo con addurre fatti positivi eoa. trarj agli esposti, si cercò con mezzi, che non me- ritano fonorevol nome di analisi né di critica , di screditare un' opera, la quale, se non altro, po- teva eccitare i veri sapienti e gli studiosi coltivato- ri delle scienze naturali a far nuove investigazioni, ( a ) Nelle spcrienic di Vray . Essai sur ^'or^gmc dks cor^s «r^xmis^is etc 228 Scienze a ripetere o far nuove sptMienze, e ad esaminare, anche colle nuove viste da me proposte e prati- cate di fisiologica analisi , tutti i gran fonomi^ni del- la natura ; mezzo unico per mettersi in grado di comprendere il valore e la connessione di alcune o di tutte le proposizioni per approvare o contraddi- re, per criticare o negare alcune di esse, o tutto il complesso della nuova general teoria : ciocché sin' ora non mi risulta né per mezzo di giornali, né di particolari indirizzi, che sia riuscito ad alcuno. Per altra parte il giudizio emanato in aprile 1 8a i dalla Revue , e quello del dotto e rinomatissimo giornale diretto da V. E., non che l'opinione di al- cuni valenti professori e di molti fisici, chimici, e medici che mi manifestarono l'approvazione lo- ro , non lasciano persuadermi , che ì miei de- trattori abbian ragione, e siano in diritto di la- cerare la riputazione di un nuovo autore e ben in- tenzionato, col mezzo di sarcasmi indegni di chi vuol godere d'un credito meritato. All' oggetto perciò di promuovere i progressi delle scienze naturali , e massime della medicina , che subirebbe una riforma generale, qualora venga ammesso W fluido vitale sostanzioso, concrescibilo, riparabile, esauribile etc; come mi riservo di dimo- strare nelle mie opere inedite, io m indirizzo con gran confidenza ad un sì degno promotore delle umane cognizioni , qual' è lE, V- pregandola ad assi»termi rolla redazione di un articolo proprio ad invitare i veri dotti perché esaminino profondamente quasi' opera, diano i giudizi loro con h Uere private, o con pubblici scritti; e l'autore così possa correg- ger gli errori colla rettificazione dell' opera grande, e pubblicarla piii ricca di fatti, di prove, e dogni genere d'erudizione analaga, per islabilire una volta Lettera del Foriti 229 le basi fisiche , ed ì principj scientifici della scien- za medica , e delle scienze naturali a gloria dell' umana ragione. ^ Appoggiato alla gentilezza ed al patrocinio di V. E. , air amor delle scienze, dell' umanità, della patria, onde ella è così ardentemente e nobilmente animata, la prego ad onorarmi della di lei prote- zione , a cencedermi il favore di manifestare i miei giusti reclami, e ad aggradire le sincere espressio- m della mia più viva riconoscenza , e della devo- ta servitù mia, mentre con profondo rispetto mi pregio d'essere dell' E. V. Boves presso Cuneo addì i5 aprile 1832. Umil.° Dev." ed Ossq. sert. Luigi Forni med. 2ÒO LETTERATURA Mi ^l sig. cav. Giuseppe T'arnbrom\ f^incenzo Monti. A era già per racconto nota la guerra die al- 1 antica ed onesta voce triare sì è mossa da un dotto critico fiorentino: e letta in seguito Ja di- fesa che voi con salde ragioni n' avete presa ad onore del vostro Genuini , che ne fa uso si spes- so , parevami che T illustre avversario , posta in tregua la lite, dovesse finalmente placarsi con quel- la povera voce , e piegarsi a concederle, come a tant' altre voci defunte, almeno T onore della se- poltura . Ma neir iraconda repubblica delle lettere avviene talvolta, che alcuni troppo tenaci delle spo- sate opinioni corrono per una meschina parola al- le armi con più impeto che i potenti per la con- tesa d'un regno: e come da questi ne' tremendi lo- ro litigi si lia gran consumo di sangue, così da quel- li se ne fa molto d inchiostro, e bene spesso di ri- putazione e dì senno . L' onorando ciitieo vostio non corre al certo il pericolo di perdite sì prezio- se : che egli nobilmente combatte colle armi del- la gentilézza pur quando gli mancano quello della ragione . Solo mi duole , che egli non pago di es- cludere quel triare y come voce barbara , dalla fa- miglia delle sincere, gli contenda anche l'onore di aver avuta un giorno esistenza nella nostra lingua, e pretenda eh' ei debbasi considerare come pura Lettera, del Monti 23 i creazione dell' ignoranza de' copiatori . Il che torna il medesimo che rilegarlo come voce falsa e sogna- la nel vocabolario delle chimere ; nel qual caso mi accerto eh' egli ritroverebbe numerosa compagnia anche in quello della crusca . Ma schietta vo- ce italiana io la mostrerò, se a Dio piace, e usa- ta da tali, che r avversario sarà suo malgrado co- stretto a permettere, che il vocabolario la pon- ga in rpgislro fra le mille e mill' altre della me- desima condizione. Né andrò già a cercarne l'esem- pio ne' baibari scrittori di Lombardia (cliè bar- baro, secondo il ciedere di certi dottori, è chiun- que non fu sortito dal cielo a succhiare le poppe camaldolesi ), ma sicura e solenne la mostrerò in autor classico fiorentino, e classico del buon se- colo . Onde apparirà manifesto non solo , che qui non ha luogo abbaglio di copiatore , ma che il ver- bo triare^ eziandio al tempo del Cennini, era vo- ce viva e di uso . Perciocché ogni buon discorso ne insegna, che prima cura di ognuno che si po- ne a scriver precetti di un' urte qual si voglia , sì è quella di adoperare, come noia Tullio , pa- role tolte di mezzo al volgo e comuni : le quali se in processo di tempo ppr la sopravenienza di al- tre migliori rimangono abbandonate, non è pei ciò da stimaisì che al tempo dello scrittore, a cui pi- acque di usarle, avessero bisogno di chiosa, ond' essere bene intese. Si fermi adunque da prima colla forza dell' autorità l'esistenza di questa voce , per indi fer- marla con quella della ragione, e trovatane la ve- ra etimologia stabilirne il vero valore . 23 3 L E T T K n A T i; R A DlJfO FRESCOnALDl FIORENTINO SCRITTORE DEL 3oO. Sonetto tratto dalla edizione de poeti del primo secolo , 0)01- 2, Firenze i8i6. In quella parte ove luce la stella , Che del suo lume dà nuovi desiri. Si trova la foresta de' martiri. Di cui amor cotanto mi favella. Quivi 'ìw la mia mente fatta ancella , Quivi convien che la mia luce miri , Quivi trae fuor di paura sospiri Questa spietata giovinetta bella. Pietà quivi non trova signoria. Ne' umiltà contra disdegno sale. Se del tormento morte non si cria. Cliiamar soccorso di mercè non vale A questa che i martiri per me tria ^ Mostrando che di ciò poco le cale. Ecco fuor d' ogni disputa quel triare^ di cu/ af- fermavasi non trovarsi in toscano scrittore verun vestigio , ed eccolo nel chiaro senso translato di raffinare . E se raffinamento di martirj come dì crudeltà sono metafore che non hanno mestieri d' illustrazione, nessuno io spero vorrà che iriare i colori, ossia macinarli, si allontani di mollo dal suo primo significato passando a quello di raffinarli, per- chè il loro raffinamento è naturai conseguenza del lo- ro macinamento. Dalle prove dell' autorità scendiamo a quelle della critica; e si vedrà, che a riconoscere questa voce per italiana sulla semplice autorità del Cen- nini non classico, non v'era alcun bisogno di quel- la del classico Frcscobaldi: percioccjiè nel linguag- Lettera dkl Monti 2 33 gìo tecnico drlle arti ranforità degli artisti va in- nanzi a quella de' semplici letterati . In forza di tre splendidi esempj, duede'qua- 1) si leggono nell'eccellente opera delsìg. Raynou- ard Choix cles poésies originales des troubadours^ consecutiva all' altra di sommo pregio Grammaire romane oii grammaire de la kuigue des trouba- dours^ voi avete irrepugnabilmente mostrato che iriarc è voce romana. Dunque avele provato ch'ella è vo- ce italiana; perchè la lingua italiana come la provenza- le è immediata generazione della romana, la quale col suo stesso nome dice chiaro il paese a cui appartiene. E sarebbe in vero follìa degna di riso che quando col chiamarla romana gli stranieri stessi confessa- no eh' ella è patrimonio italiano, noi ci ostinassimo a rifiutarla, e a stimare che non essi da noi, ma noi da essi teniamo i vocaboli di questa lingua . Che se il v. triare col passar dall' Italia in Pro- venza, e poi di Provenza spandendosi in tutta Fran- cia, si converse in trier c:ins:iiiuc]o 1'^' nell'e col tron- camenlo della parola, e colla logge della favella fran- cese che muta in er la desinenza in are di tutti gl'infiniti de' nostri verbi diMla primu, ciò si è fat- to secondo linslituto delia loro lingua, la quale non ama nelle parole la finita in vocale come la nostra; si è latto in somma da essi ciò che si la da nt)i stessi allorché nel nostro parlare innestiamo tal- volta le loro voci. Noi diamo loro la cadenza in vocale, come la natura della nosira lingua richiede; ed essi portando nella loro lavtlla le nostre voci, per la stessa legge le troncano. Ora essendo noi certissimi che il tronco triar provenzale è voce ro- mana , il siamo egualmente cl;e egli in sua orìi,'!- naria radice è il pieno nostro triare-. onde segue che gli esempi del Cennini e del Frcscobaldi a oiìm a34 Letteratura altro servono clie a confermare la realtà dì una vo- ce , cui già la critica chiaramente ci avea premo- stra'a. E qui non vi spiaccia che agli esempi som- ministrativi dall' abbondante erudizione del nostro Amati , io ne aggiunga alcun altro cavato dalla stessa limpida fonte: Tesarne de' quali farà meglio conoscere il giuoco delle antiche nostre parole nel prender faccia ed abito provenzale. Pier Raimondo di Tolosa. (^Grammalre roma- ne par M. Rnjnouard pag. 5^.) Tant com lo mar aviroria JS'\ij triat^ ses d/'g baduclh , La gensor e la pus bona C oncas vezeson miej huelh. Versione nelf italiano antico . Tanto come lo mare avirona najo triato , senza dig badaggio , la gensor e la pia bona^ chunqua vedesson miei ogli . Versione nell' italiano moderno . Tanfo quanto il mare circonda , senza badare in altra , n. ho scelta la più gentile e la più buo- na c/i unque vedessero gli occhi miei. Tornate adesso lo sguardo sul testo provenza- le e sulla nostra versione nelf antico italiano. E osservate il giuoco pocanzi detto eli queste parole pel passare dalf un dialetto nell' altro. Tant com lo mar. A lare che queste voci di- ventino interamente italiane non mancano che le vo- cali alla line: tanto come lo mare. E queste armo- niose terminazioni all' eolica le dobbiamo ai greci di Sicilia: imperocché, siccome dimostrò I apolo- gista di Dante , elle non ci sono potute venire da* latini che nelT universale non l'ebbero , ne' dai po- poli d'oltremonte o del settentrione, che sempre ìiiiirono le lor voci nell' asprezza della consonante , Lèttera »el Monti a35 E si noti ancora quel tanto come invece dì tanto tjuanio'. antica maniera , durata ancora ne' nostri scrittori del trecento , la quale si legge nel seguen- te esempio della vita di Barlaam ( Bari. ^ ): Tanto com io posso conoscere^ secondochè l arte mia mi di-^ mostra , lo tuo figliuolo non sarà nel tuo regno ec. jivirona . Del verbo wvironare , da cui Tidìo- ma francese ha dedotto Todierno suo environner, è i- nutile il far parola; poiché il vocabolaiio ne ha ripor- tato a sufficienza gli esempi de' volgarizzatori di Rasis e di Lucano . Solo aggiungerò un' osserva- zione del nostro Giulio su l'origine di questa voce. I-ioi abbiamo (die' egli ) primieramente nel buon la- tino gjrus ; indi in PVmìo gjratus 1. 5. C io. chlu- mjs orbe girato laciniosa : il qual participio indu- bitatamente fa credere che ì latini, almeno i ru- stici, possedessero il radicale yerho gjrare. Da gj-- rare la lingua rustica, che poi fu detta romana, fece il verbo virare (girare), cui poscia i proven- zali , troncandolo secondo la giti notala natura del loro dialetto, volsero in virar (^i) : ntà che non ac* ^^— — ■ I ■ ■ , , I Ili (i) Ib. pag 269. Gaucelm Faidct. Fer ijii' eu vir dcscrénan. Cioè Perca'' io giro d'' està ora in ca'cmii: dal latiiio rustico t/e istcc hora in antca. Ib . pag . 4i Gii-aucf de Eoi-iieil. £ tal ds en green pojcir Cui la rod' cn braa vii-ar Fai son pojar e desciindre . Cioè : E tal è in grande poggiare, cui la rota in breve girare fa poggiare e di- scendere . I romagnuali, Jiclle cvii bocche vivono molte voci roina- ac, dicono roda per rota, come reJ per re/e disse Questo Bologne- se, Rim. ant. Quel che per lo cavai pttdé la mescola Giammai non torna a ciò se non la tro^'u: Cadeini in mar gliirlunda -, vo , 9 pescola\ Fol senza red, perdono affanno t prova. 23G LETTEn.A.TURA cadde altra permutazione che quella della g nella <>, di cui abbiamo l'esempio ancor vivo fra gli stessi toscani, che nel contado dicono tuttavia golare per volare , e negli scritti golpe e golpone per volpe e volpone: nomi che il vocabolario, pel benedet- to amore de' toscani idiotismi, ha posto in registro fra le voci gentili. Avironare dunque suona il me- desimo che agg/'ronare ^ voce di cui non so alcun esempio nel moderno italiano : ma parmi che co- me da giro fecesi aggirare , così da girone colla stessa legge possano i nostri antichi aver fatto ag- gironare^ perfetto sinonimo dell avironare dei vol- garizzatori di Rasis e di Lucano. Così il nostro Giulio : e a me qui viene innan- zi un sospetto che potrebbe forse cangiarsi in luci- da verità. Il vocabolario, ajutalo dal Redi, al verbo varare porta due passi dei fratelli Pulci Luca e Lui- gi , ne' quali usasi questo verbo non già nel vero suo senso di tirare la nave di feria in acqiia^ ma, cosa incredibile ! nel contrario di spingerla dalt acqua in terra. Pongo gli esempi. Giriff. Galv. 4- Venne la notte , onde di nuovo afferra II porto^ e i venti lo servon leggieri. Varò la barca , e il pover mise in terra Con quei cavalli e con tutti gli arcie- ri. Morg. 20. ^y- Greco sorgeva e varava la barca. Ora io fo questo dilemma. Oi Pulci han- no veracemente scritto varare; e allora è da dirsi che anche in questo caso, come in tanti altri, es- si hanno peccato contra la buona favella, come chi adoperasse allontanare per accostare., andar innanzi pei" dar indietro., stare per camminare ., e le simili. Nò credo che i privilegj, che i toscani si arroga- no, vincano quelli dell onnipotenza divina che , secondo gli scolaslici , negò a se stessa il diritto del simul esse et non eòse. K in questa supposizio- 1 Lettera dej. Monti 30'J ne arditamente dirò, che la crusca si è fatta rea dell' errore dei Pulci, accettando come innocente e di ot- timo uso un vocabolo assolutamente stolto in quel senso, e indegno di entrare in un ragionato vo- cabolario. O si vorrà che i Pulci non sieno trascor- si in fallo sì grossolano, e allora per salvarne l'o- nore , io non so altra via che il sospettare che si l'uno e sì altro abbiano scritto non 'V^^^^f ; «*» virare cioè girare, voce romana, come già s é ve- duto, e, ciò che più monta, voce marinaresca che vale girar la nai^e : e voce viva non solo nella ma- rina francese ( virer le cap aii nord , vircr le ca- bestan , viver de bord. Foc Frane ), ma anche nelf italiana {virar a picco, virar di bordo. ^ Alberti, Di- xion. Univer. ): voce in somma che l'ignorante co- pista ingannato dalla somiglianza cangiò poscia in varare. Questo insegna la critica. Non mi sia dun- que messo a colpa il preporre la sua autorità a quel- la del Redi e degli accademici , perchè l'autorità della ragione precorre a tutte le altre; e ripetasi fran- camente, o che i Pulci con manif siissimo errore abu- sarono la voce varare nel matto senso dì accostare il naviglio alla terra '.,0 che luno scrisse Firò la bar- ca e il pover mise in terra ; e l'altro Greco sorgeva e virava la barca. Ritorniamo al nostro proposito. Najo triafo. Bìajo per ho fanno fede, fra mol- li, gli esempi dì lacopone 1. ». sat. 9- Ch io najo una sì duia . E più sotto: Jjo portato in core. Così aja per abbia, i^ante Par. 17. Ne ferma fede per esempio cìi aja. E il Barberino: A'on ft^é'gvo ancor chi contento aja il core. In \ ecedi ajo 1 nostri antichi dissero anciie abbo , Itone, hoe , ea a^^io . E quesl' ultimo tiene tultaviii pie feimo nel linguag- gio poetico. Senza dig badag^io. Della pieposirione sc?iza col 23 S Letteratura S genitivo è superfluo il ragionare. Parrà slrano il se- gnacaso dig per di; ma ch'egli pure sia voce dell' antico nostro italiano gli esempi il dimoslrano. Rim. ant, Jac. da Leni. Ma qucU umor che strinse per fu ■ rore Dilla ^Ista dig oglì ha fiasciinenfo^ Che gli ogli rappreseatano allo core. Kira. ant. Guid. Cavai. E trasse poi dig ogli tai sospiri ce. Più sottile osser- vazione è da iarsi sulla voce badaggio , la cui radice è badare^ comedi bada., b ad amento ., q del frequentativo badaluccare^ e del suo derivato bada' lacco. E diremo primieramente che in luogo di ba^ daggio , sostituito nella nostra versione al proven- gale baduelh ., eravamo tentati di porre a dirittura bndello. Perciocché, quantunque questa voce sem- bri perduta, nulladinaeuo ci dà sentore della sua an- tica esistenza il suo diminutivo baderello ., voce ben »ata e di tutta vita nella Romagna, significante quei giuoqherelii, co'quali si tengono a bada i fanciulli. E non ci sia disdetto l'avviso, che il baderello roma- gnuolo da badare^ come giuocarello da giuocare , sia voce più gentile che il badalucco toscano nel «enso medesimo di trastullo. Ma che significa poi la dizione senza badaggio? Non vi deste a credere ch'ella valga senza dimora^ senza indugio; uo , il sua valore è più nascoso e più fino- Locuzione elegante nella nostra lingua si è Badare in alcuno per guardarlo con occhio amora" so, amarlo: e belli esempi ne somministra il vo- cabolario ^. ili. La frase adunque senza badaggio qui vale clilticamente senza badar in altra, cioè senza amar altra donna, fcl così si viene a scuo- prire l'origine d'un peregrino modo di favellare di cui prima non conoscevasi il fondamento. La gcnsor e la più bona. Tacendo ciò che sa- rebbe da dusi suU' adUiettivo Z»o«o, che ora scrive^ Lettera del Moìnti sSq si buono, e usavasi dagli antichi anche in forza di sustantivo in luogo dì bene (permutazione che ha dilungato l'ortografia della paiola alcun poco dalla latina bonum sust. , ebonus add.), fermate l'attenzio- ne sulla voce romana gensor\ di cui abbiamo l'esem- pio in Guittone (v. nota 3 del Bottari). Klla è sincope dei comparativo generosiòr de latini , ed è com- parativo ella stessa deli' add. gente ( gentile ), di cui sono piene le poesie italiane del secondo seco- lo , ed anche del terzo ( v. il vocab. ) . Scoperta l'origine di questa voce gente trapassata in gentile, si scuopye anche il suo Vero valore che è quello di nobile , generoso , magnanimo : onde il trovatore Pons de Capdueil disse con molta altezza di senti- mento Qui mor gent auci sa mori ( Rayn. Gramm. pag. 4? )' cioè Chi muore gentile uccide la sua mor^ te. Morir gentile dunque è il medesimo che mcrir da forte-, e ciò intese assai bene lAriosto in quel- la comparazione del lione con Rodcmonle» Qual nelle selve nomadi o mas si le Cacciata va la generosa belva. Che ancor fuggendo mostra il cor gentile, E minacciosa e lenta si rinselva. JNon temerò di dire , che qui l'Ariosto mo- strò di sapere la forza di questa voce, meglio che il Redi , che l'adoperò nel senso contrario di ga- gliardo , vale a dire di debole : e la crusca ^ li ne fece subilo esempio , sprezzalo quello di Lodovico: perchè a lei valgono più gli errori de' toscani , che la sapienza degli altri italiani. E s'in- gannò ancora nel dare all' arcaismo gente la spiega- zione di grazioso , perchè mai gli antichi nostri non l'adoperarono in questo significato , ma sempre in quello di nobile: e tennero formo il valore della sua origine, quello cioè del vocabolo gens dei Ialini , 2^9 L E T T E R A T II U A presso i quali egii valse sempre a indicare Mobile nascimento : e consulti i glossar] latini chi non s'ap- paga del poco , ch'io qui ne tocco. Chunqua vcdeson miei agli. Dell'antico Oi^li per occhi avete già veduto gli esempi dianzi allegati di Guido Cavalcanti e di Jacopo da Lentino . Qui non sono da notarsi che due coserelle. Luna, il ro- mano vezzessono per vedessono^ in cui permutasi la d nella z : del quale permutamento sono ancor vi- vi alcuni esempi nella lingua italiana, che invece di vendicare usa verzicare^ invece di verticre usa verziere^ ed usa invece ài verdura^ verziira: e i lombardi dicono verze ai cavoli, quasi chiamandoli il verde per antonomasia. L'altra, l'ottativo vedesse^ no, uscita frequentissima negli antichi scrittori, come rendessono, q//erissono e cent' altre simili nel moder- no parlare alFalto sbandite , e immutabilmente can- giate in vedessero^ rendesscva^ offerissero ec, e re- divive solo talvolta negli scrittori toscani , perchè la stimano rara proprietà, del loro linguaggio, ed è romana, come vedete. Troppi altri esempj , per ritornare donde sia- mo partiti , potrei addurre a soccorso del combat- tuto vostro triare (i), e analizzandoli , come si è — —.^ I I I I .. 1 1 II.. — ' ' ■ (i) Eccone un allro. Conte de Goiiiers E si m' parlclz un ju- ec (V amour JVo sui ian fufz. No sapehn triar lo incilior . Cioè : E se mi /aie partila iV un giuoco d^ amore, non sono iunto sciocco non sappia scc^^Ucrc lo meg I/ore. In quei parfefz un juec ognuno ve- de J' origine (iella frase tanto comune partita di giuoco; e in quel fatz il fado, cioè sciocco^ di fra Giordano e dell' esposizione del Pater nostro. Osservici anche la coslru7.ione Icmlo sciocco non sappia in vece di tanto sciocco che non sappia, la quale elefante onumis- sionc della particella c/^? i toscani chiamano toscanitiao, e qui si vede antichissimo romanismo. Lettera del Monti a^t fatto a quello del tolosaao Pier Raimondo, sempre più siavillante rendere quel gran vero, che il cor- po essenziale cioè della presente nostra favella è ca-^ vato, e dirò io pure triato, dalia romana. Ma sen- za pia insistere s-u questo punto osserviamo piut- tosto , se intorno all' etimologia di tn'are rimane alcuna cosa da dirsi. Voi lo fate venire dal terere de latini, e le vostre ragioni non mi scontentano- Ma avete voi fatto mente all'antico verbo truare? Guardate al nome sustantivo trua nel Vossio e nel Forcellinì , e attentamente considerate ciò che que- sti due grandi eruditi ne dicono. Fra le tenebre la- tine di trua e truare, a me par di vedere un' ori- gine dì orzare piià naturale : e quel suo derivato am- truare sinonimo di circumvolvere mi fa gran caso , o conducemi a credere che il positivo^rMare, dive- nendo anch' esso sinonimo del positivo 'volvere , si, accosti non poco al nostro iriare ; a cui dando noi similmente il significato di i^olgere ^ agitare, dime- nare, non solamente parmi clie si avvicini a quel- lo di macinare , ma che anzi ei diventi una stessa cosa. Non ardisco fermarmi in questa opinione: ben- sì piacemi che ne interroghiate 1' oracolo del nO" stro Amati , la cui vista in siffatte oscurità erudi- te è di lince » Provato abbéstanza , e pili che abbastanza, sì per la vie dell' autorità e sì per quelle della ragio- ne , che triare non è voce sognata o creata dall' ignoranza dei menanli , né barbara , ma italiana e In una antica orazfone scritta in lingua romana incontrasi que- si' altr» esempio, ove triare vale separare . Nos te preciun qite f rciruiinbre de nos cjuant ìriaras los mais ti' cmlre los bos . Cioè : noi li preghianio che ti rimambri di noi, (jiumdo separerai li imd^agi d' infra li buoni . ÌÌ.A.T.XIV. i6 a42 Letteratura legittima , soggiungo un corollario che per se stes- so discende dal fin qui detto. Lo studio della lingua romana è la chiave , che ci apre la cognizione delle vere e sicure origi- ni dell' italiana , e senza V avvicinamento e il con- tatto dell' una lingua colf altra non si giungerà mai a conoscere la natura , il carattere , il Ibndamento della moderna , né si avrà mai vocabolario , che con principj filosofici compilato, T intero corpo comprenda del nostro idioma. I toscani rifui^gono da questo studio , perchè veggono in esso atterrar- si tutte le pretensioni municipali , e la lingua ita- liana divenir legittimo ed amplissimo patrimonio di tutta la penisola dalla punta delle alpi fino allo fcoglio di Lilibeo. E sdegnano ancora la cognizione dei diversi italici dialetti , ne' quali si gran parte dell' antico romano è ancor viva. Ma Dante miglior filosofo dei suoi dotti contraddiltori , Dante chiama- va fortuna del suo esigilo lì pratica di queste va- rie favelle; ed €g1ì fé' sì grande la sua, perchè si valse dì tutte , e seguì V esempio d Omero * né ba- dò punto alla diversità delle pronuncie , ma tenne che la parola o tronca od intera chiudesse sempre in se stessa forza e virtij , e lasciò agli stolti il credere che il noster signor croci/tss de lombardi e de' romagnuoli valesse meno che il ìiostro signo^ re crocifìsso de fiorentini . E di più nello scriverle non adempiamo noi tutte le voci che tronchiamo nel pronunciarle ? E i nostri parrochi dall' altare predicano forse ai villani la parola di Dio nel moz- zo linguaggio di Meneghino ? E una vergogna il di- scendere a così fatte minuzie : ma piiì vergogna il chitidere gli occhi ad una verità , di cui Italia tut- ta è convinta. E il sarebbero anche i nostri avver- sar] , se un eccessivo e mal inteso amore di mu- Lettera del Monti 2/3 nictplo non facesse velo all' acuto loro giiuJicio. Ma te avveirà che una volta senza passione si metta- no dentro allo studio di cui parliamo , bi accorge- ranno che quei modi , quelle costruzioni , quelle eleganze, quelle grazie insomma di favellare , eh' es- si chiamano tutte proprie del loro dialetto , discen- dono tutte per limpidissimo rivo dalla lingua ro- mana , come già neir apologia del libro dal vol- gare eloquio si è dimostrato a lungo dal nostro Giu- lio , e compiutamente si mostrerà nelle origini del- la comune lingua italiana, scoperte e dichiarate nell* antica lingua romana, lavoro a cui l'acuto suo in- telletto ha già volto il pensiero , e apparecchiato- ne il materiale. Nella quale opera , abbandonate le vanità metafisiche , per le sole vie del fatto ver- rà provato 1' assunto. E il fatto sarà una rigorosa e perpetua illustrazione di antichissime poesie sici- liane , che parte edite e parte inedite usciranno rac- colte in grosso volume. Dopo la quale irrepugna- bile ed ultima prova, chi vorrà tuttavia ostinarsi cantra un vero si luminoso, si rimarrà colle beffe, e tanto maggiore il carico ne sarà , quanto più sa- rà stato il cu molo del cfiiccheri ciaccheri consuma^ ti nel contrastarlo. K fra le tante lor pretensioni non è forse an- cor quello di possedere essi soli quel finissimo tat- to , che il proprio e vero valore determina delle parole , e ne fa sentire e distinguere le minime differenze ? Il che , rispetto alle voci particolari nate su l'Arno, e unicamente proprie del gentile lo- ro dialetto, volentieri io concedo, per la giusta ragione che ognuno in sua bottega conosce V ado- peramento de^ suoi ferri meglio che il forestiero . Ma che per apprendere la proprietà delle voci co- muni mi debba esser forza frequentar le rive dell' 16* ^44 Letteratura. Arno , questa non mi entra nel capo per alcun ver- so. E in quanto errore ei trascorrano su questo punto , poiché il tocco di questo tasto mi mette di buon umore , piacemi dimostrarlo a tutte mi« «pese e pericoli. In un luogo della Proposta mi venne caso di Ai- x& f rondi d insalata invece dì foglie. Ciò pors« bella occasione ad un illustre letterato toscano, grande propugnatore del singular privilegio dian- zi toccato , di essermi grazioso d un' urbanissima critica , colla quale cortesemente mi accerta, che te mi ai'visassi di domandare alt erbajola di mer- cato vecchio poche fronde invece di poche fogli» d' insalata , non isf uggirei la sorte di Teofrasto t che al suono della voce fu riconosciuto barbaro da una rivendugliola ateniese. Il paragone a dir ve- ro non corre su giusto piede, pr^rchè altro è il peccare ( se peccato può dirsi ) nella pronun- zia delle parole, ed altro il peccare realmente nel proprio loro uso. Ma m^sso q losto da parte, fat- to è che quelle mie b.irbare /ro«c/(? per l'autori- tà del censore hanno scandalezzato tutta Toscana, e parecchi anche fuor di Toscana , i quali ricono- scendo giusta la critica , e statuendo che fronda ^Qv foglia sia propria unicamente degli alberi , e non delle erbe, si ridono del fatto mio, e mi man- dano ad imparare in mercato-vecchio la proprietà del parlare alla scuola d'un' erbolaja. Ma io non v'an- drò solo per certo; e a difesa di quelle y^o/zc^/, at- tribuite agli eibaggi delle seconde mense, ho meco tali ortolani, che riuscirà duro a' miei critici il te- ner fermo il loro decreto. E il primo ad accorrere in mio soccorso, s'egli avesse coscienza e fosse geloso dell' onor suo , do- vrebb' essere veramente mcsser frullone : perchè egli Lettera del Monti a^ non fa da foglia a fronda la minima differenza , e le pone enlrambc per voci perfettamente si noni- me. Ma il frullone è in collera meco, ed io non ho qui alcun bisogno di lui, soprabbondandomi l'au- torità di certi erbolaj di più conto : Torticello de' quali osservale che lauta e bella insalata mi som^ ministra, da farne onore alla mensa de'miei onoran- di censori . Regina delle insalate , al concorde parere de' gustatori, si è la lattuga. Cominciamo dunque dal- le frondi della lattuga , e scegliamole irrigate e nu- drite, non delle torbide acque del Fo , ma delle più pure deir Arno. Alamanni Colt. 1. V. v. 8o6< Or che in numer medesmo a ferra sparte Le novelle sue frondi ha la lattuga . E più avanti parlando dello stesso erbaggio : Perchè venga miglior , e in giro spanda Le mollicelle frondi , e perchè il seme Non la faccia invecchiar in mezzo il corso ^ Nella sua breve età , d'un picciol sasso Le si gravi la fronte. Fatto colla lattuga il corpo principale della insala- ta, studiamoci di renderla più saporita colla mesco- lanza di altri erbaggi frondiferi . E acciocché a prima giunta non v'abbia chi inorridisca delfaddiet- tivo frondifero dato agli erbaggi , apra alla voce frondfero il vocabolario, e leggendovi le erbe fron- difere del Crescenzi si acquieterà; e se tuttavia broB- tolerà, gli porremo davanti col Rucellai una mana- ta di frondi colte nel prato. Rucell. Ap. 87. Ne dove vacche e buoi , che col pie grav» Frangano le surgenti erbe del prato ^ E scuotan la rugiada dalle frondi. Dalle frondi cioè, non degli alberi , ma delle erbe, perchè qui siamo non in mexzo alla selva , ina ia 3^0 iiETTEKATURA aperto campo dietro a Virgilio. Georg. 1. 4 v. io. Neque 0'>>es hoediqiie petulci Fìorihus insuUcnf.^ nut errans hucitìa campo Decutiat rorem , et surgentes aiterai herhns . Mettiamo ora mano agli ajuti che degglono rinfor- 2are la nostra insalata. E il primo a darle discre- tamente una piccante grazietta sia Taglio. Alam. Colt. 1. V. V. iO(;3 Jltri le /rondi Deir as,lio abbraccia e cfogni intoimo spande . Il med. ib. v. 1227. Senza letame aver si piatiti Taglio , E rinnove il lavor^ poi dì egli è nato^ Ben sovente il cultor , calcando spesso Le sormontanti f rondi. Dopo le frondi dell' aglio dimandano di entrare nel- la mischianza quelle del porro, che suo fratello, e più acutamente morde e solletica l appetito. Alam. Colt. V, V. 911. // porro tenerci pia spesso assai Brama appresso il marron , piìc dolce il nido; £", per farlo m jggior, di mese in mese Sfrondar si deve. Che vi sembra di questo ardire dell' Alamanni, che contra le nuove dottrine non isfoglia ma sfronda ì porri , come gli egregi nostri maestri sfrondano gli olmi e le querele ? Kiuno però lo biasimi d'aver dato ai porro le frondi in luogo di foglie., perchè il Boccaccio ha fatto altrettanto g. 3. nov. 10. E come che nel porro niuna cosa sia buona » il capo vi tenete , e manicate le frondi. Avete voi mai assaggiate le tenere foglie de* ca- voli, minutamente tagliate e mischiate colla lattu- ga? Fatene la prova, e le troverete rinfrescative , e chiamatele yro«^/i' senza paura dell' erboluja, gio- Lettera del Moion4- Lettera del Monti a49 ».,.... Sol vortìa talora Le awiticchianti braccia^ e l ampie /"rondi Della crescente zucca aver vicine. Lo stesso. Ib. v. 877. // rosso petroncian , che a queste eguali Cerca terra e ìavor^ compagno vada^ CK ella ( la zucca) noi schiferà , pur eh uggia locé Oi'e stender le /rondi e porre i JigU. Eccellenti dopo la zucca a deprimere i fumi del ca- po vengono riputate le frondi del suo fratello po- pone, che noi diciamo mellone , e ne siamo per le ragioni dette di sopra derisi dai fiorentini. Se non fosse già pieno , gitterei anche queste nel pentolino: che verdi e fresche le veggo nell'orto dell'Alaman- ni I. V. V. 85 r. Chi le vuole le colga. E se nel corle qualche occulta spina il ferisse, prenda nell' orto del Crescenzi 1. 6. e. 4 1 ^^^ frondi di ditta- mo, erba miracolosa, che volgarmente chiamasi fras- sinella , e ne sprema il sugo nella ferita. Maraviglierà taluno di non vedere nella doppia nostra insalata neppure una sola fronda àìinvidia , erbaggio tanto caro alla crusca, che con belli esem- pj del Lasca, de' canti carnascialeschi, e del Bo- narroti , seriamente lo illustra e lo raccomanda. Ma questo prezioso erbaggio nel!' orto de' barbari non alligna , e non mette le nobili sue radici che negli attici orti dell' erbolaja di mercato-Vecchio; la qua- le s'io m'avvisassi di chiederle per la mia povera cena un cespo d'indivia in luogo à' invidia, direb- be subito ch'io sono barbaro di favella. E questa è la scuola a cui sono mandato ad apprendere la prò-» prietà delle voci. Ma la celia è già troppo lunga , ed io per ca- gion di rispetto, tacendo le conseguenze già chiare per se medesime , faiò line con una dimanda . La :55o LETTERATURA crusca ileflnisce Vnrfo per campo chiuso il quale si coltiva a erbe buone a mangiare. Se questa defini- zione è giusta ed intera, e se \q froìuii sono pro- prie solamente degli alberi, e non delle erbe buone a mangiare , si degnino i miei censori insegnarmi come Dante, senza peccare contro qnesla pretesa pro- prietà di favella , abbia potnlo dire Par. 20 . Le frondi onde s infronda tutto l orto DlU ortolano eter^ no. Qualnnque sia la risposta si dovrà a viva for- za concludere, o che quella delinìzione non ha tut- to il suo pieno , o che anche quelTesemjìio di Dan- te concorre ad assolvermi dal barbarismo , in cui si vuole eh' io sia lombardamente caduto . Ed era sì facile a'miei avversari il provare per altre vie ch'io pure son della greg^gia. Per quella eh essi hanno pre- sa noi credo: e metterebbe loro più conto il com- battere dirittamente colle armi della ragione e del fatto le chiare dottrine, predicate col fatto e colla ragione nella Proposta^ che luscire di strada a far guerra alle fiere di Domiziano, voglio dire alle mo- sche , alle inezie , ai nonnulla : e se non hanno al- tre armi , tacersi: che l'Italia è stanca di tante cian- ce superbe. Quanto a me , se non fosse che quel vanto perpetuo de' toscani di saper soli la vera pro- prietà del parlare mi sembra troppo orgoglioso , e parmi forse degno di essere alquanto mortificato , sarei già pentito della burlesca digressione di que- sta lettera. Ed era pur meglio che per tutta rispo- sta al rumore di quella censura avessi detto, che sul merito di quelle Irondi mi giova piij Tesser bar- baro coli' Alamanni col Rucellai col Crcscenzi e il Boccaccio e lo stesso Dante, che il iarmi attico coli' eibolaja , che con patente amplissima della crusca ^ t'nde in piazza l'invidia. State sano. '.St I Elegia latina del Morcelli ^ ora pubblicata la prima volta. 1 eh. sig. dottor LabaS , a cui tanto deve il gior- nale arcadico, ch'egli fin da principio si é in ogni maniera compiaciuto di favorire, ha voluto farci ora il bel dono della seguente elegia scritta da quel gran- de Morcelli , il cui nome durerà immortale in Euro- pa presso tutti i veri conoscitori delle più gentili la- tine eleganze. De Mariae J^irginis in filli morte acerbissimo animi scnsu et dolore i, E t E G I A- Nùm cantus aegri concedat cordis amarof, Num lette arguti carminis eìoquium ? Tempore quo moestum procul hinc tristissima ma- trnni Virgo jubet fletus fundere largifluos ; Et mihi non cantus, non vox, at pectore ab imo Par foret ut soli suppeterent gemitus : Divini ut flerem letum crudele parentis , Letom , quo Titan lampada flammiferani IVigrore obducéns luxit , naturaque casuni Moerens discissis fupibus iiidoluit. Quamquam naturae tot tristia monstrà ptitanti Indere tantam animo nil potè amaritiem, Ille tuus quantam misCet dolor , optima mater , Die dolor , tua qui peòtora discrucians Ingruit in te unam 5 multoque impensius haesit Curarum torquens mole sub anxifera , 2^2 Letteratura Quam qui caelesti fulgeutero in limine fiammam Restinxit , cautes rupit et indoraita9. !Namque tuas rumor vix olim percolit aures, Gnatum crudeles pioripi ad interitus ; Protinus exanimae , magno invadente dolore. Membra tibi multo diriguisse gflu , Et te plorantem perblbent inopemque vagamqu» Lustrasse intentis omnia luminibus ; Te si qua ad dulcem ferrent vestigia gnatum. Vox si qua arrectas ducerei auriculas. Qualis et ad notum rediit cum cerva cubile Si raptos nusquam comperiat catulos : Quos late circum tellus perfusa cruore Enectos rabidae dente fuìsse ferae ) Indicio est : prolis memor ilicet omne peragrat Illa neraus , vigili cuncla tuens oculo ; Et furti si quid porlendltur , baud mora , pernix liluc aligeris freta ruit pedibus ; Talis praerupto Solymorum in vertice turbam Ut procul et densos intuita est gladios , Gressum illac mater, viso externata tumultu, Intulerat , via qua sanguine monstrat iter Ad divum : guati perquirens ora tueri, A Ifigi et caro discupiens laleri : Quam frustra matrum querulo cursans ululata Turba vocat, frustra miles et arma tenent. Id ne insperatum , Virgo, et nil tale putanti Evenit f Ipse suum non tibi consiliura Abdidit Om jipotens : dium quo tempore partum Ales praedixit nuncius, id pepigit Illa quoque, ut pulcram quaerens in vulnera mortera Filius aeternum pacilicaret b(;rum. Sed non mignatiim, nella Germania, grazie molte sien rese ad una comitiva di coraggiosi e zelanti nostri concit- tadini , e separatamente da essa al sig . Ginseppe Baseggìo, che su quel mare , cui solcavano le ibr- itììdabili flotte de' JJuillj e de' Pompei , han tragit- tato in paciQco naviglio spoglie più care allo spi- rito del secolo ed alla umanità. Egli è questo un nuovo coramendevolissimo genere di commercio , tutto nobilmente inteso allo splendore ed all' uti- le delle scienze e delle arti ingenue; non come l'al- tro, che forse nell' eccesso di un vano lusso, in- clina piuttosto alla oppressione ed allo sviamento delle medesime. Fu per esso appunto che dalle prov- vide cure del pontifìcio governo in que' vasti e ma- gnifici recinti del Vaticano , già superiori a qual- sivoglia magnificenza , e crescenti ognidì, collocata vedemmo una moltitudine di arnesi, di rarità, di colossi, che pel colore profondamente discorde da' consueti candidi rnaraiì, per la finitezza su duris- simi scogli, per le forme, per gli atteggiamenti, parere a noi fanno di essere balzati con un incan- tesimo fra le mura di Menfi o di Tebe, fra' lavo- ri di un altro mondo . Tale spettacolo colpisce e rende attoniti maggiormente coloro , che piià l'oc- chio hanno assuefatto al grande e al bello delle due maestre scuole nostre, la greca di oltremare, e la greca d'Italia ; delle quali non havvi assembramen- to alcuno si copioso, quanto i pontificj musei. Cre- sce però la compiacenza e l'ammirazione, allorché 1 osservatore filosofo rifletter voglia , essere quelle maniere le indubitate scorte, già segnate da gigan- ti non perfetti ancora d'ogni parte , ad unico pre- stabilimento e norma degli uomini posteriori, di 2J 6 Letteratura gran lunga più piccioli, ma più raggiunti alla for- bita vaghezza; essere gì' immediati modelli princi- pali d'amendue le accennate scuole: il che per la greca italica primitiva, detta etrusca, bene agevol sarebbe dimostrare con molti esempj, anche recen- temente scoperti . Quanto mai questa cosa accumu- lar debba di pregio e di affetto su que' prototipi abbozzi; quanto mai ella significhi altamente nelf attuai tendenza dell' Eun-opa verso gli studj e le ar- ti ili pace, avervi non puole retto pensatore alcu- no che noi comprenda. Frattanto , se giusto sentimento dì gratitudine addomanda , che ricevutosi un presente, sappiase- ne buon grado a colui, per benigna permission del quale il presente istesso a noi pervenne , grandissi- me sarebbero le lodi , e ben sincere l'espressioni di riconoscenza, che tributar dovremmo al saggio ed illuminato Mehemet , viceré potentissimo di quel- le contrade . Ma egli, per le civili ed umane isti- tuzioni sue , pei benefizi che sparge su gf indu- striosi ed attivi italiani , sui franchi di ogni na- zione , colà dimoranti o di passaggio , raccoglie già da buon tempo, e raccoglierà lungamente gli encomj delf universo . In particolar nostro , sov- vienci ancora con piacere , che anni sono da eru- diti giovani di lui sudditi, trattenutisi agli studj in Milano, ricevemmo copia di lunga e difticile is- crizion greca , scolpita sulla fronte di uno di que* tempi , e che ci fu pur dato ridurla a bastevole intelligenza e spiegazione . Kimaneanvi solo alcuno picciole cose , sulle quali e pregammo e sperava- mo d incontrar poscia migliori schiarimenti, o dagl istessi letterali alessandrini, o dalle carte e da' li- bri di viaggiatori . J\on essendoci per anco tocca- ta simil sorte, ardiremo d'invitare le colte perso- Monumento de' Tolomei aS?- no , o indigene o europpe di que paesi , alle quali gitiugesser mai questi togli, a voler concorrere ia sì lodevoli nostri desiderj, pel bene di pubblica i^ struzione; facendoci tenere esatti disegni di quella e di altre oscure, o non agevolmente leggibili epi-. gran . Che pur ci sembra , e per la pruova già e- «ibitane , e per le circostanze nostre, di poter so- stenere un vantaggioso paragone con chicchessia , neir interpretarle, ed appianarne le paleograiìche dit~ fi colta . Dopo di ciò soddisfaremo al debito piiì per- sonale , da cui siamo tenuti verso 1 ornatissimo sig, Baseggio , il quale ponendo la gentilezza sua d'in- telligenza con quella tanto specchiata del cb. sig. Filippo Aurelio Visconti, ed usataci la distinzione di opportuno avviso , fece sì che noi fossimo i pri- mi ad ammirare ed a trascrivere il sìngolar monu- mento de' Tolomei, appena sbarcato nel porto dì Ripa grande. Su queste carte adunque, consagrate con applauso alla divulgazione degli oggetti e del- le memorie piiì preziose per gli uomini di elevato ing^egno , noi porgiamo a lui, ed alla società sua, vivi ringraziamenti ; e speriamo pure , da non mol- te, ma fondate parole, che il riferito marmo sali- rà nella maD:gior considerazione presso que' perso- naggi tutti, a quali si addice la suprema cura del- le antichità , trovate o recate nella capitale ; poi- ché certamente esso è il trofeo più signlficanie per la letteratura, che sia mai stato rivolto a Roma dal paese degli obelischi e delle numidiche pomposo colonne. Avverrà quindi, che il benemerito ricer- catore e navigatore prenderà animo , e potrà in se- guito rivolgersi con raddoppiato ardore a novelli ac- quisti dì simil fatta, sempra utili e decorosi per G.A.T.XIV. 17 258 Lettera TURA questa patria , eterna conservatrice della successìo* ne di ogni sapere e di ogni alte . NeìV antecedente nostro articolo (i) condu- cemmo la prima bella serie delle lapidi , scavate sull' Appia dal sig. Amendola , fino a quella , per cui ci Tu somministrato il vocabolo di AUGHIMAGI- RVS ; 'x(X^y.xyei^og ^ che come di buona età per la lingua , merita di essere ammesso ne' lessici ; da quali , e per giustizia , e per amor di copia , non dovrebbonsi sbandire i composti greci, provenien- ti da simili fonti, e rettamente formati. Buona età in vero sono i tempi dell'imperador Adriano, acqua- li con tutta ragione l'attribuiremo, per quel T. AE- LIVS , e pel restante che ben collima. Questo gran- de cuciniere tuttavia in un marmo del collegio ro- mano (3) fu detto, con modo anche più vago , e che servir può di ripiego nel caso di dover men- tovare alcuna ispezione o carica, di cui non tro- visi termine proprio latino , PKAEPOilTVS CO- GORVM. GTinfeiiori ministri delle vivande conten- tavansi d'esser nominati semplicemente , come in questo semplicissimo graffito di uno de' colombarj dell' Appia , sul quale torneremo un'altra volta (3). CAECTLI . P . L . FELICIS . GOCt (1) Giornale arcadico, voi. XXXIX, marzo i>«22, pag. 387. (a) Maflei, musco veronese, tra le comutiicatc^li dal P. Coii' »urci, pag. CCGXIX 3. (3) Ui questo colombario più frequentato da' Cecilj, alcuni de' quali di bassissima condiaione , il sig. Amendola ha fatto pubblica- le un Jjcl disegno ; 6 noi singolarmente registrammo ne'librctti nos- tri gli cvaiiciccnti graffiti , assai più difficili a leggersi delle lapidi lune ammirate per ciò da' curiosi nel Vaticano e altrove. I Monumento dts Tolojiei ^Sq Ma ora noi , dalla officina de'manican, ascen- rler dobbiamo alla sala del banchetto, ed a sala re- gia della massima orientai magnificenza, qual con- Teniasi ad una stirpe di monarchi , derivati nel buon gusto, e nelle dovizie piìi che altri, da quell* eroe macedone, che primo introdusse nel mondo ogni sorta di squisitezza , il magno Alessandro. Colà in mezzo a'principali satrapi, uno ne troveremo , a cui spettava sulla mensa un'assai piiì alta e più diret- ta cura del cibo e della vita del sovrano; ed a cui vien data l^ppellazione assai più nuova, ed inau- dita finora, di APXEAeatpos, 'oc^yiBJìlxr^og ^ archede- afrus; intorno la quale accenneremo più sotto quan- to basta , dopo premessa una descrizione della pie- tra apportatrice di tal singolarità , dopo riferitane Tepigrafe qual ci resta , e spiegatala ed esamina- tala brevemente. Di un considerabii pezzo dì raro granito neris- simo, detto da' pratici romani granito tigrato egi- ziano (4) , suir altezza di un palmo architettonico (4) Con tutta l'eccellenza delle moderne chimiche analisi , de' sistemi e delle denoimnazioni , che ne consegaono, buono sarebbe tener più conto, nella parte litognostica specialmente, de' nomi jan- tichi ed espressivi , adoperati ini questo emporio e miniera in'^sa- usia delle pietre più rare . I sistemi fondati sull'osservazione o su' fenomeni, progrediscono, e variano di continuo. Le tiuov^e parole tuinpQste dal greco non ranno sempre felici ; e scritte in italiann creano maggior dubbiezza: le ausiliari da lingue settentrionali so- no anche peggiori . Pongansi dun'jue parallelamente ne' libri di fi- sica le vetuste ed artistiche, e le rec-entissime nomenclature. E per tjue'vocaboli più duri e risibili a no» altri, se naci{uero dalla' grati- tudine vei-so griiivcntori , basterà che sieao consegnati negl' intimi caialogi delle scuole. Per aver voluto abbandonare le tracce de'mag- jiori, ijuatu* rergognose ignoran/.e , quanti dannosi errori , a ea- »7* a60 EETTBRATtRÀ ed otto once, lunghezza di palmi tre ed once quat» tro , grossezza di due ed once sei , fu già Ibrmato in Alessandria il plinto di regale statua, della qua- le veggonsi al di sopra manifesti segni per Timpian- tatura delle due gambe; e questo rovesciato poscia, e trasportato forse anche da antico , venne a luce dì sotterra lungo il canale , che quel grande vice- rè fece scavare maravigliosamente gli anni scorsi . Presenta in cinque righe di caratteri molto buo- ni ed arcaici , se non bellissimi , fiscrizion seguen- te, che solo dal fianco sinistro di chi riguarda ha «ofFerto una grave scheggiatura, sotto quelle enor- mi mazze , che spinte dalla barbarie , ora tanto meritamente esecrata , agirono pur troppo per tutta l'estensione dei romano impero. ...... IOAEMAIÒN , THPAAOOAAQNIOZ i . . . . . fì2*lAOMHTOPEIOS HSKAIAPXEAEATPOS . ON EAYTOY ÈYEPrETHN Regera Ptolemaeum * ( Deum ) Soterem, Apollonius N. N, filius Philometorius , (protenthes), praegustator et archedeatrus , benefactorem suum , ( hac statua et basi honorat. ) Quanto facile e sicura è la restituzione della prima linea baeiAea htcaemaion , altrettanto dub- biosa ed incerta provien quella della seconda , in cui con un aggiunto esser dovea determinato il To- gion d'esempio, nella conchiliologia! Questi furon parc' combattuti a memoria nostra da dottissimi italiani; ma veggiamo chejtuttora si mos- tra d'ignorare persino un simil ramo patrio di proficua e retta ifl- tituzìone . MONUMEATO DE ToLOMKÌ :i(5l lomeo, volutosi onorare da Apollonio, e fissata in conseguenza Tetà del monumento . 11 SQthpa tut- tavia mostravisi certo, come ciascun vede; ed es- sendo slati due , secondo la serie ricevuta finora da' dotti , e particolarmente da' numismatici, i To- lomei adulati con quell'epiteto ; intendendosi del primo , fondatore della monarchia egizia dopo Ales- sandro il grande , supplir vi si dovrebbe AAIOy ; appigliandosi al secondo , eh' è l'ottavo nella suc- cessione, parrebbe conveniente progettare 0EON; giac- ché , quantunque l'epigrafe non sia delle compas- sate esattamente, havvi tuttavia in essa una certa eguaglianza di occhio, la quale non permette aggiun- gere in quella linea più di quattro o cinque lettere, come lisulta dal misurato diagramma , e con ciò esclude il patronimico EYEprExOY , andato forse an- che in disuso nella innoltrata genealogia. Propen- devamo dapprincipio per quel re primo . Ed il sig. Emiliano Sarti , giovane valentissimo in ogni sor- ta di dottrina , ben prestava in ciò l'assenso suo, trovar volendo in quel *iAomhtopei02 della terza linea un collegio qualunque, a cui appartenuto avesse il nostro Apollonio . Sembra però assai più ragio- nevole , che un tal derivativo non sia venuto in luce se non dopo il Tolomeo soprannomato *iAO- MHTi^P, zio del Tolomeo Sotere secondo. E che per ciò di questo solo pensar debbasi; ricevendo il *I- jAOMHtopeios come un troppo naturai vanto di Apol- lonio, che giunto presso il nipote regnante alla sotto indicata dignità , avvertir ne volle di esser egli fra gli omonimi quello già conosciuto nella famiglia dell' avo ed antecessore. A questo avviso, che abbassa letà del nostro marmo di due secoli ali incirca, li- beramente si attenne l'esimio giudice sig Borghe- si, da noi consultato. E di fatti veggiamo tutto dì aCa Letteratura presso i latini de' servi o libf^iti , cli« con un de- rivativo in lANVS hanno voluto manilostare la pro- venienza loro dalle case di altri padroni. E Ira tan- ti nobile e recentissimo si è Fifagro , liberto del divo Augusto, Jgrippiano ^ padre di Cajo Gargilio Emotie (5). I monumenti cronologici de' Tolomei tutti sono troppo rari finora; e per ciò non poco si disputò dal sommo Visconti, nella sua iconografia greca ; ed alcuna cosa pure toccossi dal sìg. lìor- ^hesi , in questo istesso giornale (G) , e disputasi tuttora da' letterati francesi . Né potrà mai venirsi a decisione , che con lo studio e riserbo di tavo- le irrefragabili come la nostra. Sovra tutti gli scrit- tori però conturba Eusebio, del quale veggasi Tedi- zlone sì ampia e bella , fatta dal chiarissimo preiet- to della biblioteca vaticana monsig. Mai ('7), e la nota ch'egli vi appose alla pagina 134. Nella stessa linea terza troviamo una lacuna, terminata nella sillaba QS , eh' è certamente la fi- nale di un nome in genitivo , e per l'usanza ordi- naria di quello del padre. Ma con lutto ciò ella è una lacuna da non riempirsi giammai; tanto più che sappiamo, esservi stato presso gli egiziani quel sin- goiar costume, antichissimo e sparso per tutto l'orien- te , di derivar dalla madre, meglio che dal padre, l'appellativo destinato a scernere le stirpi e gli omo- nimi. Lo Schow , nella celebre illustrazione del pa- piro Borgiano , concernente i lavori dell ignora^ to porto della Tolemaide Arsinoilica ( 8 ) , rico- (5) Giornale arcadico, voi. X XXV II getiiia;o ib^^ ,iy. aio. (7) EuseLii Pamphili, chroniconiin libri &. Aleilloiaui iSiJi- (bj Cliarta papj racca musei Eor^iani &.. Komae i7>(55 SÌ pel patrocinio di ogni scienza ed immortali al mondo, e graditi al cospetto della religion santis- sima di Cristo, nascesse la formazione della paro- la , non che iMstituzion del comando; e ciò dal mol- tiplicato numero degli edeatri , che di un duce su- premo abbisognavano. Il senso determinativo d'am- bedue le volÌ rifulge ben chiaro a chiunque ne av- verta il Verbo tematico 'éc/I^, eh' è ptjr anche lati- no. Vanno poi tanto lunge ed inferiori alle lautizie ed alle vere magnificenze degli antichi , le raffina- tezze moderne tutte , quanto egli è certo che da ninno vantar si ponno in Europa notizie di siffatti altissimi officiali e incumbenze loro, se attinte non le abbia da' classici e da' libri eruditi. Qual mera- viglia quindi , che per una combinazione somma- mente singolare , da Garete vetusto istorico di Ales- sandro il grande, lifcritoci per Ateneo (12), sap- piamo che presso qnel conquistalor felicissimo fu costituito appunto nella dignità di edeatro listesso Tolomeo Lagide , poi Sotcre primo ? Invitator ^ c/lsnTVOv.hW^^ spiegasi da alcuni VsJì&X" T^o? medesimo , ed anche 1 èh'soiT^os , che altri vo- gliono dedotto da eAsó? , mensa coquiiiaria . E noi staremmo volentieri col Kustero e col Valkenaer (i3); credendo non essere la nuova e bassa etimologia ch« una sottigliezza de' grammatici , dopo fatto lo scam- bio , sì facile su' codici a vecchia scrittura maiusco- la, di un A per A. A questa classe di simposiache persone , attestataci numerosissima da' monumenti (12) Athcnaei, dipuosophist . edit . Dalechampii, lih. IV^. pn^ . (ì,6B.) 171. (i3) Kusterus ad Suidam in h. r. Valkenaeiius in animadvtii- sionibus ad AtnaiyniuiH , iib. 1. vap. l^. pa^. yJ. aCG Letteratura dell'età migliore, pintloslo che ad altra meccanica e materiale, attribuiremo con ragione Io STRVCTOR di lapidi romane; checché ne dica il Muratori (i4)» caduto come spesso in abbaglio , mentre vorrebbe trovarvi quegli artefici , da' quali ei trasse il cogno- me. Almeno fin da Augusto , in cui si trasfusero curaulatamente ed i poteri ed il sommo lusso del- le precedenti monarchie , provar possiamo, che co- desti striictores e praegustatores , avendo ministri o procuratori, e formando collegio (it), erano asce- si al grado di piena distinta e nol>ile professione . E nobilissima in vero dir si debhe quell'arte, o scienza piuttosto , di uomini clic sen'/'armi veglia- vano sì efficacemente alla salvezza del pìincipe, che ne assicuravano la vita esponendo la propria , che a ben esercitare rofficio forniti esser do\eano delle più accurate cognizioni di fìsica e di medicina. Il nome loro avea quindi ottenuto la romana cittadi- nanza. E di ciò fa piena fede Terudilissimo Festo, che quantunque rimastoci sì mutilo e contrafatto , registrò pure gli edeatroe o edeatme. Noi però non ardiremo chiamare archipraegiistafor Và^'yj.iAioirT^o'; no- stro; dopo che il grande Marini ne'suoi Arvali (iG) ha sostenuto doversi espungere <|uella parola dal voca- bolario Forcelliniano , qual merce vituperosa di Pir- ro Ligorio. (i4) Muratoi-. DGCCLXXX Vili . 3. Conier Alliei.aeuni Lib IT ■;ap. 21. pa^. 170. (i5) Grutcr. LXIII. 5. 9. CV'I, 8. DLXXXI. 10. DLXXXII- i- DCll. 4. DGXVI. 2. IMiiiator. DXXVm. 5. DCCGXCVII. 4.. omes- sa ia Ligoiiaiia CMll. 2. (16) Marini, moiium. dc^li Arva'i, loiuo li, p«j. Giy- Tiota io4. pag. 192. MoNliMKNTO DE ToLOMEI ^6^ L' autore intanto , da cui ponendone insieme varj passi , più si raccolga intorno il greco voca^ bolo, egli è quel grammatico finissimo sovra tutti Ì comentatori dì Omero , il famoso Eusta^io ( 7). Questi ce ne reca la più antica definizione da Se- nofonte , come par certo nel Icrone (18), dove le attuali edizioni non mostrano espresso 1' 'sAtocr^os ^ ma ne prùovano T esistenza piesso ì vetustissimi tiranni della Sicilia ì questi ci avvisa per Elio Dio* nisio i che il nome è grecanico , ma 1' Usanza , os- sia r introduzione dell' officio , persiana. Da lui dunque, converrà die cerchiamo soccorsi , onde supplire con plausibile congettura il vocabolo in ^l5 i precedente nella quarta riga. Molte sono le parole di tal terminazione , indicanti catiche od impie-' ghi intorno al principe , che la lingua sommini- strerebbe ; come a cagion d' esempio in linea mi- litare «cnr/) Xcnophoa, Hicrouc, seu Je riialii; tj lannorum , cap. IV. 2(18 Lhtteratura 'eJìa , 'èSca , 'ia^^a , Tsi'JìCà , r'sìiSa comedo , g-w^^o , viene a renderci ei solo il vero equivalente, 1 istes- sa struttura del praegustator de' latini. Ciò cade molto in acconcio nella bisogna nostra; poiché se alcuno più sottilmente riguardar voglia , vedrà bea egli , che 1' edeatro , quantunque in larghissimo senso sia stato preso , o definito qual pregustatore, tutfavolta , per l'intima forza dell etimologia sua, ed assai più nel progresso de' tempi , non lu , né altro esser potea , se non se il curator con-JÌ^^ii ; e che in questo preferibile significato cel diedero con- cordemente gli scrittori sovraccitati , ed i filologi più celebri che li comentarono. Memorie alessandrine , d' altra specie però da questa d' oggidì , hanno esistito mai sempre in Ro- ma. E certamente ben conveniva , che la signora di tutte le nazioni serbasse nel suo seno titoli e documenti di esse tutte. Alessandria , per le sue prerogative di floridissima capitale , che sì tardi acccsse al dominio già conquistatore del restante mondo; per la opulenza di ogni genere, per l'at- tiva moltiplice industria de' suoi cittadini , merca- danti , letterati , medici , atleti , sostenne lungo tempo particolari ed imjDortantissimi vincoli ; fin- ché da costituzione dell' imperador Costantino il grande, riportataci nel codice teodosiano (19), fu costretta a rivolgere la sua corrispondenza verso la nuova Roma Bizan/.io. Aveva ella tenuto per ciò sul Tevere una flotta di continua andata e ri- torno, annonaria insieme a nostro avviso, e medi- co-unguentaria ed atletica , la quale in illustre la- pida vaticana, dedicata all' imperador Commodo (20) (l'j) Cod. Tficodosiau . GoihoiVeiii , lib. Xill. lit. 5. Se. (jo) Grutcr. CXIv'. 4. Monumento de Tolomei aOg VÌen detta Ò nOPEYTIKOS AAESANAPINOS stoAOS, lo stuolo tragittante alessandrino. Di queste schiere del Nilo, animatrici del suolo romano , produr pos- siamo due recenti esempj dalle Istesse Bobili sco- perte , fatte suir Appia per lo zelo del sig. Amen- dola. E con ciò mostreremo la quantità , e più ven- dicheremo il sommo j)regio di cose , dalie quali trassero e trarranno principal motivo le incomin- ciate nostre osservazioni. Primo sarà quel G. AM- MOlNIVS. MOlNTANVS, già da noi pubblicato (21) che in brevissimo titoletto funebre s indica sem- plicemente Catione ALEX^ andrinus , e STIP endio'^ rum XX. Giudichiamo quindi , che 1' accennato stuolo navale, oltre i PLEROMARIl, la ciurma, 0 voglia dirsi marinaresca , avesse altresì i suoi sol- dati classiarj , come le flotte ravennate e misenese, delle quali ha scritto sì dottamente il eh. sig. ba- rone Vernazza (22) , e della quale ultima nello stes- so antecedente nostro articolo va congiunto un do- cumento assai bello per la triere apolline. A van- taggio della scienza nomenclaliva degli antichi , tanto importante , e di cui non sono ancora ì maggiori eruditi in buon possesso , notisi T AM- MONIVS fatto gentilizio dall' appellazione del Gio- ve indigena di que' paesi; mentre comparendo pu- re nome personale in molti Ammonj di tempi gre- ci e romani , sembrerebbe aver dovuto nella citta* dinanza latina rimaner personale , cioè il terzo , detto cognome. Altro interessante pellegrino egiziano dell' Ap- pia sarà il seguente , di cui ci fu dato vedere la sot- (21) Giornale arcadico, voi. XXXIX. marzo 1822. pag. Ò74. (22) Vernazza, diploma di Adriano , <;ioè transunto in bronzo «U onesta missione &. Torino 1817. 2^U LiRTTKRATL'nA tìl tavola , appena uscita dalla terra , rtl anzi ri- comporoe con le nostre mani gli scommessi fran- tumi , per gentile attenzione usataci d.A rispettabi- le amico sig. Luigi Tosi. TT AVAOS AAEHANAPF.vr "^ 'evQ AAE KITE ZHSA2 'éTH 2 AVTOY KAA02; «/(i)KA KATAAltAS ft.

    el sanctio- res sacenìotes : e ci fa meraviglia , che il Crusio ed altri valentuomini (23) siensi appigliati ad eti- mologie insostenibili , e non abbiamo conosciuto r unica vera , facilissima per qualunque tilologo pensatore. Pongasi frattanto segno di osservazione suir uso libero in Roma , ad un alessandrino e cri- stiano , dell' egizio mese phnophi , che già risulta- vaci da pii^ celebri epigrafi ; per cui si conferma la solenne permissione de' riti e delle costuman- ze native a ciascuno , altre volte da noi rilevata. Conchiuderemo sul monumento de'Tolomei, che fu nostra intenzione di puramente comunicarlo a' dotti ^ e spargerne la notizia nel pubblico eru- dito. Desideriamo , e Speriamo, che coloro a' qua- li toccassero in sorte maggiori cognizioni , o mez- zi pili opportuni di confronto , vogliano alzarsi a decidere , se attribuir si debba piuttosto al primo Sotere; nel qual caso non gli si troverebbero supe- riori di età che le lettere de' nostri greco-italici bronzi ; o se resti assicurato al Sotere secondo. An- che in questa supposizione sarà esso in Europa , non che in Italia, un marmo esimio, di cui 1 ugua- le non mai si vide fra noi ; e per quanto abbiam «aputo , il sesto o settimo col nome di un Tolomeo, (23) Crusius, Turcograe.:i*e li!). 111. pag 270. Goar , eucho- log. Graecor. pagg. 120. et 435-- y^T Letteratura. tra tutti i raccolli da' letterati oltramontani , dopo tante e sì esatte visite dell' Egitto. IS'^oi ci chiame- remmo assai fortunali , qualora potessimo un gior- no scendere su di esso a novella e positiva deter- minazione ; pervenute che mai fossero in Roma , ed in luogo favorevole a' nostri studj , carte ben di- segnate di viaggiatori , e le piij recenti sontuose opere, delle quali abbiam dovuto andar privi fino- ra. ( Saranno continiuite ) Questo ragionamento fu letto nella pontificia accademia romana di archeologia , // dì 2 maggio eorreiìie. aiR0I«AMQ AMATI, // riccio rapito di ^élessandro Pope - 8." Bologna presso Annesto Nobili ì^ìt,. U,i volumetto di car- te 52. C7e quel Pope , autore di sì bella cosa com è il jRiccio rapito, durasse ancorai suoi anni, noi be- ile crediamo che tutta gli andrebbe l'anima in un vivo piacere vedendo quel suo caro poemetto cor- rere fra gì' italiani in si nuova e leggiadra veste. Per- chè certo noi non sappiamo, come si fosse potuto nieglio che ora sì é fatto in questa versione , traspor- tare da un idioma straniero nell' italiano tanto fior d'eleganza: talché diresti ch'ella piuttosto sia ope- ra nostra , che scritta originalmente in inglese. On- de non dubitiamo affermare : e di grazia niuno sei voglia avere a mal grado: che questa è la miglior tra- duzione fra quante ne ha lltalia dei Riccio rapito ^ non conoscendone altra che piti tenga a que' modi gentili , i quali lecer lutt' oro gli scritti de' grandi Riccio rapito tradotto 273 nostri maggiori. E però non ci pare che debba e sco- nosciuta e priva di lode andare legregia donna, che ha potuto sì bel lavoro : tanto più che il decoro delle ita- liche lettere non le ha questa volta permesso il ce- larsi così , che subito non abbiamo saputo esser lei la signora contessa Teresa Malvezzi bolognese , la quale fin da' primi anni educata ne' buoni studi va ora cogliendo frutti sì larghi delle sue dotte fa- tiche. Il perchè noi qui la vogliamo caramente pre- gare , che le piaccia per amor del suo sesso d'esser più spesso che può in sullo scrivere leggiadre ri- me, per aggiunger così uu nuovo lustro all'Italia, che vedrà con diletto sedersi anche questa valente accanto a' più tersi scrittori della nazione. Prima però di levare alcun saggio di tale suo. Tolgarizza mento, ci sembra di dovere accennare colle sue stesse parole alcuni savissimi avvertimenti ,i quali ha ella stimato bene di far sapere a chi legge . ,, JVel tradurre (scrive la sig.Malvezzi) mi attenni a quel- la sentenza che dice r a trasportare i versi e le prose dall' una lingua all' altra , si debbe por mente al se- colo in cui si scrive, e all' indole delle genti , di- versa secondo i climi, le leggi e i costumi , onde pro- durre nei lettori, almeno per quanto si può , l'ef- fetto stesso che l'autore che si traduce produsse ne' suoi coetanei. Per la qual cosa ho posto ogni mio studio a intendere il senso dell' inglese , e quel- lo tradurre e non le parole : e ove qualche idea che non fosse di lui, ma quasi da lui slesso sug- gerita , mi corresse alla mente per accrescere la bellezza, non la rifiutai : parendomi che il far que- sto convenisse all' italiana poesia assai vaga d'or- namenti. Ho poi creduto di protrarre fino a not- te l'azione ( cioè il taglio del riccio ) , che 1 au- tore termina col cader del «ole. E luna ra5rion'3 G.A.T.Xiy. ,8 3^4 Letteratura che a ciò fare m'indusse fu , che quelle adunan- ze o sia conversazioni, in una delle quali accad- de tanta sciagura , forse in Inghilterra al tempo di Pope sì tenevano il giorno, e presso noi si ten- gono la notte. L altra ragione si é , che in quel luogo del canto terzo , ove il poeta con leggiadris- sime sentenze descrive il ritrarsi a casa che fa la gente lasciando gli ufficj , a parer mio non vuol significare l'ora del pranzo , perchè Belinda a quelT ora non andrebbe a corte a giuocare reparmi as- sai pili verisimile che debba essere l'ora della se- ra, quando gli uomini da faccende, posto fine agli ufficj loro, si riducono alle proprie case, e la gente che si dà bel tempo s'aduna a conver- sare. Così Belinda inquest' ora viene a corte, giuo- ca , beve il caffè, e incontra la mala ventura dì perdere una ciocca de' suoi capelli , che le vie- ne tagliata e rapita da un cavaliere suo innamora- to. M' è paruto bene similmente di far venir Beliri- da alla corte con maggior fasto di quello che ap^ parisce nell' inglese poesia , e di r»^ndere alquanto più pomposa la conversazione giù dall' autore rap- presentata con dipintura vaghissima e vera. E al cominciare del giuoco dell' hombre , che il Pope descrive in sembianza di battaglia , ho diviso per ischiere le carte , perchè veggendosene i condot- tieri il giuoco apparisca più chiaro a chi leg- ge , e meglio possa essere gustata questa bel- lissima invenzione. Nel quarto canto pure, do- ve il poeta scherza graziosamente animando i vasi del tè, le ampolle, e le altre cose mate- riali, che presso gl'inglesi avranno per certo un'allusione che le farà nobili, sembrandomi che potessero apparir basse presso di noi che sì fatta allusione ignoriamo , le ho cangiate m liIC&IO RAPITO TRADOTTO 21^ „ vasellami antichi. E nel canto quinto , ove „ Onibriello gnomo sta mirando dall' alto e go- „ dendo dell' orribile conflitto da lui suscitato „ tra' cavalieri , compariscono ad inaspir la lite ,, certi maligni mostri , che non sai dond' esca- ,, no né quando si partano : come pure non sai ,, in qual modo si smarrisca il riccio , che poi ,, apparisce in cielo : laonde immaginai di fare ,, uscire questi mostri dalle inferne grotte , ed ivi „ fare che ritornino alla vista d' una schiera di „ silfi , la quale mi parve dovesse discendere dal „ cielo ad involare il riccio dalle mani del ca- „ valiere, come presso Callimaco discende Zefiro ,, ad involar dalle pareti del tempio la chioma di ,, Berenice. Altre lievi cose, che a mie pareano ,, agli usi nostri non belle, ho variate in questo ,, e negli altri canti. Se male mi apposi , lo dirà ,, chi legge: ed io volentieri ascollerò 1' altrui pa- „ rere. „ Questo parere però, ch'ella in guisa così mo- desta va richiedendo, non potrà esserle altro che favorevole : tanta ci pare la rettitudine delle cose da lei ragionate. Ed acciocché 1' opera sia verissi- mo testimonio alle parole , ecco in qual modo la contessa Malvezzi traduce nel e. II quel luogo , dove il poeta inglese tocca le acerbe cure che ten- gon r anima del giovane cavaliere amante della Be- ìinda. Il dì , che questo dì precesso avea , Vide dell'aureo crin le vaghe anella Un valoroso e nobil cavaliero:' N arse, bramolle , e a conquistarle presto S' accinse. E meutre già tra se volgendo i8* 3^6 Lkttkratur a Come a fine Tcnir del T alta impresa. Se fiaudc ordire , o di valor far prova , Udì una voce che gli disse al core : Vola , egregio garzone, alla vittoria. Se Amor corona un vincitore amante, Sieno fraude o valor T armi vittrici , Mai sempre splenderan pregiate e chiare. Allor pien d' animosa leggiadria Tra soavi pensier la notte passa ; E pria che Febo il chiaro giorno accenda , Lascia veloce le nojose piume , E a tutti ì numi ad adorar si atterra. Indi sacra ad Amore un' ara innalza Di dodici lunghissimi e superbi Romanzi , nati della Senna in riva, E d' oro adorni e di purpuree pelli. E SU vi pone tre laccetti aurati , Tutti trapunti di mille colori , Un bianco leggiadretto e caro guanto, E altri molti trofei de' suoi più dolci E vinti amori. Il foco poscia inceude Con apiorose carte lusinghiere : Ed , oh miracol di possente dio ! Con tre caldi sospir la fiamma avviva. Quindi prostrato , e con mano e con ciglia Reverenti, così pregando invoca : Porgimi aita. Amor, che in questo gìorn» I' pur acquisti T oro fino e crespo , E meco 1 abbia eternamente in pace. Parte di sua preghiera accolse il nume , Parte per V aer ne disperse il vento. Ed eccone un altro del e. IV , in che la gentile Belinda, risentitasi d' un mortale deliquio , così fa il suo lamento. Riccio rapito tradotto 277 Oimè lassa , perchè di regie sale E sontuose feste ebj)' io vaghezza ? Perchè non vissi in solitaria terra Ove non fosse pur vestigio umano , Come ligustro che tra incolte siepi Gela il suo bel candore, o come rosa Quando sola tra selve e nasce e muore ? Che a vagheggiar non mi sarei condotta I bei sembianti e la gentil persona Dì lui , eh ora crudel mi tragge a morte, E un tanto tradimento e scellerato Ordimmi. Ahi noslri fragili ed infermi Femminei sensi , che sùbito vinti Non avete già mai riparo o scampo ! Pur funesto presagio in sul mattino Tu avesti , o mìo inesperto e debil core ! Tre volte scossi senza vento i vidi Su gli alti piedistalli i vasi d'oro, II pappagallo starsi afflitto e muto, E inquieto oltre modo il mio Lesbino. E il caro silfo , il sarò silfo stesso. Pur mi predisse il minacciar de' fati : E, temi r uom , diceva, e fuggi Amore. Amore, Amor, tormento de' mortali ! O vision , t' avessi io dato fede ! Ed or che debb' io far , chi mi consiglia ? Ah ciré recida il fatai ferro ancora Questi miseri avanzi. — E in così dire Si straccia i capei d'oro a ciocca a ciocca. Passiamo per brevità le due vaghissime descri- zioni del giuoco dell' hombre ^ e della spelonca della Melanconia, in che la Malvezzi sembra quasi aver fatto a prova coli' originale inglese per merito d' «vi- 3^8 Letteratura clenza e di leggiadria : ma non possiamo tenerci dal riferire quest' altro luogo del e v. tutto pieno d' im- peto e caldo. Così Clarissa. Agli importuni detti Tremar tutti nel cuore e sì turharo I cavalicr, di sdegno arse Belinda, / Fremè Taleslri , e le gridò : saccente. La feroce virago a questo motto Alzò le mani, e ria gridando all' armi , Qual subito baleno a lei s' avventa. Ecco in parti è la nobile adunanza ; Chi qua chi là s' aggira : ognun s' azzuffa : Ed incomincia un battagliar tremendo, E r impeto e il furor minislran Y armi. Ne ragion , né consiglio , né decoro V ha che raffreni o che rattempri alctino. S' urtan gli eroi frammisti e l'eroine: II batter delle mani e V alte grida Fiedono il cielo , e dal rimbombo orrendo Pajono trepidar le regie sale. Ma niun già teme la mortai ferita : Che sono dei terreni , e come dei Par che disdegnin gli argomenti umani. E non dardi , balestre , o spade , o lance Scn r armi loro , ma ventagli aurati, E canne , e spilli. Così quando i numi Sorgono irati ad ingaggiar battaglia, Latona e Marte e Pallade e Mercurio , Tutto r Olimpo air arme all' arme snona , Scoppia il folgor di Giove , il ciel rimugge, JVettuno col tridente il mar sconvolge Che insin dall'imo fondo romoreggia , Crollano i monti , caggiono le selve , Riccio rapito tradotto ay9 Trema la terra, s'aprono gli abissi. Le pallici' ombre all' improviso lume Stan paurose , attonite , e confuse. Se questo non è un bellissimo poetare , noi non vediamo quale altro il debba esser di più. N« diciamo ciò per gradire alla nobile e cbiara don- na : nia sì perchè tale , qualunque valore aver pos- sa, è il sincero nostro giudizio. SALVATORE BETTI. aSo ARTI. BELLE ARTI. Pittura . Catto yiganoni , piacentino . X ritratti degli uomini divenuti chiari o pf^r al- tezza d ingegno, o per fatti valorosi ed illustri , o per santissimo amore dell' umanità e della piitna, sono preziosi monumenti che fanno parte della sto- ria de' popoli, e servono grandemente ad eccitare i posteri air esercizio di quelle medesime virtù , nel- le quali grandeggiarono le persone rappresentate . Infatti sappiamo quanto di studio ponessero gli an- tichi romani nel conservare per questo modo , fi- no da' primi tempi della repubblica, l'efligie di co- loro che alte cose operate avevano; poiché ad Ora- zio Coclite, a Muzio, ed a Clelia posero statue ono- rarie nel foro, non con altro intendimento se non perchè tali simulacri servissero e di perenne me- moria de' loro egregj fatti e di continuo sprone ad imitarli . La quale costumanza lodevole s'insinuò ancora presso i privali, sì che ogni gente ebbe dap- poi nelle proprie case la serie delle immagini de- gli avi, fenduti famosi nella pace e nella gtierra: e di queste onoravano solennemente le pompe fu- nebri, portandole a mostra per dmotare la chiarezza «lei lignaggio dell' estinto - Che se nel procedere de' tempi si abusò di questa saggia istituzione, non iun- li: il quadro di famiglia: la sensibilità: Vamore: Vawocato delle donne: necessità di ammaestrare le fanciulle: l'amore sgelato: Vamcm- /e interessato : il matrimonio : i oclibi : la zitella attempata: il ma-. trimonio di convenienza: la giovane sposa ed il vecchio marito: il matrimonio per interesse : il. matrimonio per forza : la moglie pru- dente: la separazione impedita: Famor platonico: la civetteriu: la perdita della bellezzu: il paragone: ^li amici: l'amicizia delle don- ne : la bontà : la falsa sensibilità : la compiacenza : il buono e il mal umore : Vurbanità : Vaffettazione : V amor proprio : la pedan'eria : gli uomini d'importanza : la Umidezza : la vanità : rorgoglio : la modestia ; l'ostinazione e l'irresoluzione : il silenzio : la mormora- zione: l'adulazione: la pulitezza: la pigrizia: il bel tempo: le bu- gie : l'ipocrisia : l'avarizia : il prodigo : il ricco virtuoso : il nuovo ricco : l'ambizioso : il disinganno dell' ambizioso : l'odio : la vendet- ta : Vinvidia : l'egoista : il jnedico del cuore : il geloso : la donna gelosa : Ixi collera : la noja : la morale flebotomia : l'uomo rinnova- to: la passion del giuoco: i giuochi di società: l'immaginato bene: i seduttori : la vittima della seduzione : il seduiior pentito : le vit- iinie della dissolutezza , VqI- III. La virtìi preservata : la pietà : la causa de' poverel~ li: i debitori sovvenuti : i mendici: l'ostentazione: il pericolo delle dilazioni: il bem/ìcio in giro: l'inglese mendico: il benefìcio e la gratitudine : la vedova sventurata : la beneficenza vera : il viaggia- tore fi antropo : il mentito filantropo : l'amore e il pericolo : gli spo- si ricongiwiti: le lagriine deW amore e della riconoscenza: le la- grime della vecchiezza e della sventura : prima visita alla casa de'pazzi : il sordo ed il cieco : la tempesta : il naufragio : la schia- vini: la tratta dc'mori: i lamenti dello schiavo: lo schiavo fran- cato : gli schiavi in Barheria : gli oragani : i guerrieri : il quadro de/la vittoria: il prezzo della vittoria: il duella: il pugilato: l'amor della patria : il nemico naturale : l'ebreo protetto : i viaggi : i nego- zianti: la medicina: l'avvocato: il giudice: le liti: le carceri: il giudizio: l'esecuzione: il sup/dizio della ver^o'^tm: il timore della luce : il mendico onesto : il ritorno di primavera : i fiori : gli alb'c- ri: il villesco sposalizio: il figliuoi grato: il turbamento della do- Varietà' 287 fneslica pace: la corona di rose: il Jlnit d'autunno: l'osnilaUlà vil- lereccia: la felicità nella campagna: i giardM: la passe r_>iala d'inverno: it fulmine: il sequestro de'' mobili: crudeli à verso !>li ani- mali: il crude!, gove-no che si fu de'cavalli: la j^iostra de! toro: la pugna de'galli : il nido furato : umanità verso i 6ruti : l'asino vendicato: il cavaliere errante: la pesca on l'amo: il d ano sal- vato: il nido difeso: il verme delia terra: la pernice ferita: l'one- stà: l'esempio degli animali: elogio del mio cane: il can delle tom- be: la metempsicosi: i piaceri semplici: la conversazione: lo studio i l'istoria: lo studio dell' antidiìtà. Voi. IV. La critica : gli antichi e i moderni : le biblioteche : !a lettura: la traj^edia: i romanzi: il letterato: ifiosnjl: l'istruzi'inc facile: l'emulazione: le lodi: il ridicolo: l'abuso delle parole: l'in- fluenza delle belle arti: la musicci : la danza: la moda: l'injiuen- iu dell' abito : la nobiltà naturale : la nobiltà d' instituzione : la corte : il buon re : lo specjliio incantato : due minisfri : il pnpnlo : le città capitali : le piccole case : la ricerca della felicità : i hiso'^ni immaginarit e la mediocrità : la felicità domestica: i domestici : l'ot- timismo ed il pessimismo: il contento: L'uom malincoiico: la spe- ranza: le rimembranze: le mine: l'appressarsi della vecchiezza : consigli d'un vecchio : i vantaggi della vecchiezza : il vecchio for- tunato: il moralista: i precetti e l'esempio: le riputazioni: conoscer S(ì stesso: i consigli: la soliluJine: il ritio: ivoli: i romiti: le rc- li^iose e le be^^hine: i irappensi: i predicatori: il buon parroco: Idio: l'immortalità: la religione: la morale del vangelo: l'incre- dulità : la morte d'un buon padre : la morte d'una buona madre : la morie immatura: consolazione ad un padre: la madre raccon- solata: il lutto d'un amante: le /-ose e la morie: il lutto d'una ve- dova: l'amico e lo sposo inconsolabile: la morte degli conici: il consolatore : la vedova fedele : la morte repentimt : la morte faci- le : le tombe e i fiori : il sepolcro solitario : la morte della villa nella : il funerale della villanella : elogio funebre d'un contadino : i sepolcri violati : le mummie : elogio funebre d'un saggio : il sepol ero di Gian Giacomo : il sepolcro di Sterne . aSJi V A u 1 I T A.' dentiamo conviva piacere, come nella gentile Firenze sìa suu instituìta dal sìg. dott. Attilio Zuccagni Orlandini , sotto la presiden- za del sig. conte Luigi Bcllincini Bagnesi , una casa di convitto per l'educazione della gioventù si nazionale che straniera . Noi ne ab- biamo lettili regolamenti, e non possiamo che altamente approvarli si per l'istruzione morale che per la letteraria. I requisiti per ci- sere ammessi nel convitto sono, i. l'età non minore d'anni sette, 2. l'appartenenza a onorate famiglie , 3. gli attestati di buona condotta nelle scuole o collegi a cui fossero stati addetti. 4* nn certificato di avere avuto il vajuolo naturale o vaccino , e di non andar soggetti a croniche malattie . La pensione , o retta annuale de'convittori, è di scudi fiorentini 180 pari a lir. ital. io54» e 4» cent. I convitto- ri, oltre le scuole di musica, di ballo, e di scherma, vi hanno un cor- so completo delle seguenti lezioni elementari; i. scuola preparato- ria; 2. calligrafia e aritmetica elementare; 3- disegno; 4- geogra- fia sez. prima; 5. geografia, sez. seconda; 6. istoria sacra, istoria civile, isto- ria letteraria; 7. grammatica generale applicata alla lingua italiana e latina; 8. lingua francese; 9. grammatica latina; 10. scuola mino- re di lettere e grammatica greca; 11. scuola maggiore di lettere; 12. logica e geometria; i3. elementi di storia naturale; i4. elementi di fisica; i5. elementi di algebra. Il piano degli studi ed i regolamen- ti di disciplina delle scuole possono vedersi in un opuscolo pubbli- cato colle stampe del Piatti nell' anno 1819, che ha per titolo 2ìe- golainenti dell' istitulo Jìorentino . Jnscriptlones prò scpulcro et funeribus ìnstuurutis Tetri Dominichi- nii bononiensis, canonici basilicac pctronlanae. 8. Bononiae^ ex tj-' pogrufiu nobiliana a. 1822. J\ libiamo altre volte lodato il sig. Michele Ferruzzi per le tue bel- le iscrizioni latine. Queste pel defunto canonico Domenichini non son pnnto inferiori in merito alle altre, che da noi con piacere so- no state fatte di pvibblica ragione in questo giornale. Il piccolo vo- lumetto contiene inoltre, I» dedica in endecasillabi latini al sig. itb. Varietà.' ^Sg Tommaso Torrigrani, e una lettera del Ferruzzi allo Schiassi, col- la risposta del celebre professor bolognese unita ad una sua iscri- zione pel sepolcro d'esso canonico Domenichini. Tutte cose «^enti- li, ed auree, e degnissime del miglior secolo della lingua latina. Sloria (Idia guarra de' trcnV anni scrltla in lingua tedesca da Fé- derigo Schiller e tradotta in lingua italiana da Antonio Bcnci sulV edizione di f^iennà . v^uest' opera è celebre fra' tedeschi non solo a motlv^o dell' alta riputazione del grande Schiller, ma anche per la scrupolosa v-erità del- le cose narratevi, e per esservi stati, come in un bel dramma, ritrat- ti i personaggi ch'ebbero parte in si lunga e variatissima guerra- Non dubitiam® ch'ella non debba anche piacere nella patria del Machia- relli, del Guic.iardiui , del Davila, e del Botta, persuasi, siccome siamo, della valentia dell' illustre v-olgarizzatore . L'opera escirà in due volumi in Firenze, con bella carta e scelti caratteri, dalla ti- pografia Piatti, al prezzo di lire cinque toscane il volume. Notizie intorno Raffaele Sanzio da Urbino ed alcune sue opere, in- torno Bramante Lazeri, Giuliano da s. Gallo , Baldassar Feruc- zi, Michelangelo Bonaroti , e Firro Ligorio come architetti di s. Pietro in Vaticano , per le lora epoche principalmente : e pa- ragone relatim/nente dei ineriti d Giulio II e Leone X sul lo- ro secolo ec. dell' uvv. don Carlo Fea commissario delle antichi- tà. 8. Roma f 12,2.2 presso Vincenzo Poggioli. Un voi- dipag. 98. Oe ne parlerà ne' venturi volumi. T Ln grazia di chi si piace di notizie bibliografiche, accenniamo an- che le seguenti opere uscite in luce in quest' aano, d'alcune delle quali discorreremo forse in avvenire . G.A.T.XIV. 19 2Q0 V A n I E T a' Savi, flora Italiana. Maguitìca edizione pisana, pel Capvirro, in foglio. È uscito il fascicolo xiii. Cono'.'a , opere descritte dalla contessa IsctbelUi Albrizzi , intagliate a contorni da Lasinio figlio. In Pisa, presso il Caparro. Sono pubblicate le dispense IV e V. Franca:, precetti universali di medicina pratica, prima traduzione ita- liana con note del dott. F. Fras ani. Firenze, pel Pagani. È pub- Llicato il primo volume. Franchi di Foni, la Moabidite poema- Torino, dalla stamperia reale. Pozzi, secreti concernenti le arti e ì mestieri, traduzione. Milano, per Giovanni Silvestri. È uscito il tomo primo. Mejendie, formulario per la preparazione e l'uso di molti medicamenti nuovi,' traduzione à^ Antonio Cattaneo. Milano . Un voi. di pag. 119 in 8. Mojon, dissertazione sugli effetti della ca- stratura nel corpo umano . Milano, per Giovanni Pirotta. Raccolta dì lettere sulla pittura, scultura, ed architettura scritte da' più ce- lebri personaggi dei secoli i5. 16. e 17. pubblicati da monsignor G. Bottari, e continuata fino ai nostri giorni (la Stefano Ticozzi . Milano, pel Silvestri. Sono usciti i tre primi volumi. Saranno ot- to. RampolcU, annali musvilmani. Milano pel Rusconi. È uscito il voi. 1 contenente la vita di Maometto. Valentin, voyage medicai en Italie fait en l'annee 18.20. Nancy. Un voi. in 8. Hammer, co- pie figurce d'un roulcau de papyrus trouvè en Egypte, publièc et expliquèe ec. Vienne, par Antoine Strauss. Gioja, clementi di fi- losofia ad uso dc'giovanetti . Milano, terza edizione corretta ed ac- cresciuta dall' autore • Tabella dei lo stato del Tevere , desunto dalt altezza del pelo d acqua sult orizzontale del mare ^osservato ali Idrometro di Ripetta , al mezzo giorno. M A 5 G I 0 82 2. GIORNI. METRI. PALMI ROMAIS'l. OSStRVAZlOKi. 1 6, lo 2T. 5. I 2 6,27 28. 0. 4 3 6 60 29- 6. 2 4 6, Ce, 2 9- 11. 2 6 6,5-2 29- 2. 1 6 6, 3o 28. 7. 1 7 6,25 27- li. 3 L'altezza massima è stata « 6, 12 27- 4. 3 di metri 6 , 69. 9 6, lo 27. 3. 3 L'altezza minima è stata di lo 6, 07 27. 2. 0 metri 6, 80. 11 6, 10 27. 5. 1 La media di metri 6,o5. 12 6.07 27- 2. 0 i3 6, o3 26. 11. 4 i4 6, 01 26- 10. 4 i5 6,08 2 7- 2. 3 i6 6, o4 27. 0 2 17 6, o4 27. 0. 2 18 6, 01 26. 10. 4 19 5,95 26. 7' 3 20 5,90 2?. 4- 4 21 5,^6 26. 2. 4 22 6, i55 26. 2. 1 23 5, J?5 26. 0. 1 24 5,8. 26. 0. 0 25 5,80 25. 11. 3 26 6,78 23- 10. 2 27 5,85 26. 2. 1 2« 6, 02 26. II. 2 29 5,89 2.C. 4- 2 3o 5,84 26. I. ù Si 5, 80 25. 11. 3 0,?utert'«s 'oni Meleornlosi che falle alla .'Specola del Collsg: Ro?n. yl/.? ggio 1832. 5 MATTINA GIORNO Barometro Term. Igr. Barome SERA Barometro rerm. Igr. tro Terna. Ih Igr. I 27 1 1 2 IO 2' i3 3 27 II I n3 '7 S 27 IO 5 11 0 17 1 2 2^ 8 8 I2 3^20 1 27 9 4 Il 9 27 I 27 10 7 9 2 2 1 e .ì 27 1 1 .S 12 0,33 J ■17 Il 8 ^5 0 44 ' 28 0 2 II -< 31 2 4- 23 0 4 1 I 3,35 ' 28 e 4 16 2 43 0 28 0 7 'a 3 .>o a i 23 I 0 12 0 24 1 28 0 8 17 2 45 0 28 0 8 J2 3 ..6 2 6 28 0 - M 4 2', h 28 0 5 19 2 53 6 28 0 a •3 < 3^ 3 i8 1 2« 0 0 '4 S 24 ^ 27 11 9 "J 9 46 2 27 II 2 Il 4 3 27 1 t S M 3 20 4 27 I I 0 20 2 SO 8 27 1 1 0 JS - ,0 3 0 27 IO 0 >4 0 21 9 27 (o 8 20 C 49 a 27 IO ò Jò 9 .7 S IO 27 10 :ì 14 i 2^ 8 ^7 IO 1 ,9 9 44 3 27 9 8 '5 ' 27 7 1 1 27 Q 4 '5 2 4. 2 27 9 5 18 H 36 2 27 8 0 17 ^ 25 3 13 27 8 s iS 2 3-^ I 27 8 0 17 7 38 4 27 9 0 '5 • 27 I i3 27 9 8 14 0 32 ' 27 10 9 16 a 38 8 i7 II 7 17 0 -.5 1 ■4 27 1 1 2 IO 8 a8 2 27 IO 7 17 8 50 ' 27 8 0 13 2 39 > l.S 27 6 2 12 2 24 1 27 i> 7 17 3 45 a 27 6 2 iS 9 0 0 i6 27 7 5 ■5 2 38 1 27 7 7 19 0 47 2 27 9 6 iis 8 48 7 17 27 IO 0 ló 4 40 I 27 10 I 20 7 49 ''^ 27 iO 9 16 1 Sì 2 i3 IO 27 1 1 9 I ,^ 2 3 42 2 42 4 27 it 9 19 8 52 1 28 0 4 14 0 40 I 40 2 28 0 8 14 28 I 2 18 0 5i 3 28 I 3 16 4 2 0 aS 1 5 i3 8 41 4 28 I 4 18 7 57 4 28 I 4 n " .iS 1 31 2S 0 9 IO a .8 4 28 I 1 18 6 49 4 28 I 8 13 0 33 ' 2» 28 1 0 12 2 30 9 28 I 7 19 4 58 ' a8 1 5 14 2 39 9 2^ 28 I 2 '4 i 3' 2 28 1 0 20 2 49 0 38 0 9 J4 a 27 4 •^4 3 ', piH 0 6 1.5 2 3'i • 41 2 28 0 9 18 7 5' 3 38 1 5 i3 3 41 2 34 5 2 ri I ,^ 16 0 28 I J '7 4! 43 5 28 I 4 16 i 26 28 I 4 i6 6 iS 2 28 I 0 20 3 40 0 38 I S 14 9 2 0 2T 23 I I 16 0 27 2 28 1 0 20 0 42 0 28 1 5 14 2 7 3 2S j8 2 0 '.S j 28 2 23 2 I 21 e 51 t' 28 a 4 >5 ? ^S 2 ^Q 2-! ? 1 M 2 3i 2 28 3 3 20 7 46 7 28 3 3 17 4 il 3 3j 28 ^ 4 !6 I 28 2 28 3 2 22 0 44 4 28 3 S 19 . 3l 2 28 3 i '4 3 41 2 28 5 4 32 0 43 6 28 3 0 16 3 ^S 0 I Osser^'ozioni Mefar-eoìo^ichu fatte alla f^ptcn la thl CoUe^, Rotti . Alaggio i8i2. MAlTUNA Ot to del Cif'o Vento auvoL n p s s p n s. s. n. ■ p,IL p.ii ■p.n ii.p.s n-p.s '■p n. S, s p.n- Il p s. .p.n 4 35 2 5i 3 1^ .ev. ine. ra. ru.m, u ra.iii. o ira ni. o .'Oli. o incz, I pon I m in l. Ira. pon. ra. Ira. Ini. ira.gr. ra. Ira. me. li. iiiaes. me. II. ira. ra. Ira, ira. ra. del V p,a .s.p.ii. sp n. s p.n sa. p n. n.s. iip.s. l p.s np.s. n. s n. p.s. p.n. L.S. .p II. p n pn .p.n : p II. \p.n GIURWO Venta 4 o^.) I oò< PO : li. Mb. me. Ili. ìib. nez.li. me. int.li- Ub. me' li. I 't' U. I Ira. tra. lev. inaes. i pò. ina. 1 inaes. o poma, o tra- ere. o lib.^ X 1 90 lev. Ub. Ub po- pò, iiiaes. po.lib. SERA Meteore Ttato del Ciel. Vento , p.n. ìpO'l. \lra. \pon. \pon. p.n. p. n. .-.p.n. s.p,n. s- p.n. n.p.s. s p.n. S 11, bb. I mcz.si. I pon. in. 0 Ub. t poli. 1 m Ub- o p.g.n.t.l. p.l.tu.ii. ncb.+ neb*b.' o-hb- I I m Ira póiv o Ira.m. 1 m pon. \ ira. o pi"S- t pioa:.2. t pon. pon. pon. I Ira.sr. o iir. 1 poma, o Ira. o viV. o incz. o mez. I Ira. o piog.n neb + neb. neb.f neb.* neb* u*pg.l.t| nrb.+tg p.l.tuo.ij lam. ! air>. tua' 1 394 ERRORI ESSENZIALI DA CORRREGERSI. Pascicolo di marzo . Pag- 427 • . Verso 7.° J'aurais mieu fait si vous m'ariez ap- pris Leggete . J'aurais mieux fait sì vous nVoussiez appris . Fascicolo (Caprile . Pag. 126. Verso ^T. J'ai loué sa blonde clievelure . Leggete . J'ai toucliè sa blonde chevelure , Pag. id. Verso aS. De sa main j'ai recu le gage Leggete: De sa main j'ai recu le doux gage. Pag. iiG. Verso 24- Doux moment de bonheur et d'extase Leggete. O moment de bonheur et d'extase! Pag. id . Verso 28. De mon bras j'entoure son corsage Leggete: De mon bras, j'entoure son corsage; Pag. 127. Verso i." Sur mon coer s'est appuyé soii coeur: Leggete. Sur mon coeur, s'est appuyé son coeur: Pag. id. Verso i5. Le passage ou Je coramencement Leggete . Le passage ou le commencement : Pag. 127. 3()5 Verso 19. Sur sa trace on vers les lieux quelle ainie , Leggete. Sur sa trace ou vers les lieux qn elle aime : Pag. id. Verso ao, Croyez mei, vous n'aimàtes yamaìs Leggete . Croyez mei, vous n'aimàtes jamais. Pag. 128. VersiiSe iG.L'avarice, l'ambi tioa Des seuls mortela sont les travaux, Leggete. L'avarice, Tambition, Des seuls mortels sont les travaux , Pag. i32. Versi iSeiG.Et ne nousquitte en ancun tems C est un fanàl toujour. luisant. Sur Thorison de notre vie Aux portes de 1 éternité . Leggete. Et ne nou quitte en ancun temps: C est un fanal toujours luisant Sur Torison de nutre vie, aux portes de Téternité . Pag. ij/i Versi8,9eio.Se raillait de tant d'apprets t Il criait en cheniinant Au seìgneur, aux travailleurs: Leggete. Se raillait de tanl d'appicHs, Il disait en cheminaut: Versi 29ec. „ D un conseil si saìutaire ,> Le seigneur ne tinz nul compie: „ De l'envie et du dépit, „ C'est la \oìx „ V repondalt il. Leggete. D'un conseil si salutaire Le seignenr ne tint nul compie t ,, De Tenvìe et du dépit, „ C'est la voix „ répondait-il . Pag. id. Verso 35- Quand sondain au pied des digue Leggete. Quand soudain au pied des dignes, Pag. i35. Verso 8. Sont d'abord d'eracinées. Leggete: Sont d'abord déracinées ^ IMPRIMATUR, Si videbitur Raverendissimo Patri Mag. Sacri Palati! Apostolici . Joseph Della Porta Jrchiep. Damasccnus F'icesgerens. IMPRIMATUR. Fr. Philippus Anfossi Sac P. Apostol. Mag. I NECROLOGIA. e la rhorlé del conte Giulio Perticali, avvemi- tà il dì 20 di giugno, è stata acerba a tutta Ita- lia , acerbissima è stala a noi conripilatot'i di que-» sto gioì^naJe : al quale egli diede tra' prirtii nioto e comiticiamento, e ne fu caldissimo zelatore, e lo fregiò di belle opere scritte in qciel suo stile au- reo, e piene di retti giudici! e di alte sentenze . Egli era la prirna npstra speranza , egli il piij for- te nostro sostegno , Ora quella speranza è venut«i meno, e quel sostegno è caduto: di che non po- tremo mai consolarci neper prosperi casi, ne per vol- gere di stagioni, JNè mai c/ raguneremo insieme che non ci cadano dagli occhi le lagrime, ripensando come egli era un giorno del nostro numero, e la nostra impresa favoreggiava colla penna e col no- me; ed era oltre a ciò deli^ia di tulli noi (ler quel- la sua rara ingenuità, e dolcezza di modi, e antichi- tà di costumi. Che se stato pur non fosse quel mi- racolo di scienza e di erudizione eh' egli era; non- dimeno egual dolore avremmo portato della sua nior» te: tanto era cortese, leale, e di fede immacolata e costante inverso gli amici suoi. Nel numero de* quali eravamo noi tutti, e tra primi io che detto queste poche cose non senza piatilo; perchè insie- me vivemmo an/i crescemmo in que'beaiissimi an- »i , in che si era egli recalo in Rema ad appren- der scienza: e ci amavamo come Iraulli. Sé I amo- re menomossi per lontananza, anzi s'accicbbe; ed egli nelle sue lettere si vanagloriava di essere il più vecchio e il più tenero de miei amici: e chiamava" me lamico della sua giovinezza, anxi la dolcissima» amiciziasua. Le quali cose chi leggerà spero che vor- ri per(!onarn9Ì qnesto sfogo di doloTP; e avrà di ino quella ccnipassicne clic milito. Ma poi cho la nostra disavventura è iirepaiiibile , e che Iddio giusta giudicatore drj^li unfiani eventi ha voluto chia- mare a se qiieil aninict (andidissima ; che altro po&siain noi se non rendere a lutto il monda palesi le virtù deli' MiifO restio, e seguir lui, benché eslinlo, p« r qiel seniieio n.cdesimo thfgli avea coivo vivrndo? h quiinlo a) palesale delle vir- tù sue, in^eiiirno in ubo de veitluii v oh mi le mtniorie della vita di lui, < he il noslio Salvatore Belli ha proposto di sciiveie testo che si sarà ria- vulo dalia liistei-za in the lo ha gilialo la perdi- ta dell amico suo. JNè in altri nuglio «he in lui po'evanio allogare questo lavoro : j^)eichè il Belli apprese dal Peilicari a conoscere , e a porre lo- devolmente in uso le bellezze della lìngua nostra? cnde {.floperandole a piò del suo mac^tlo renderà al donatore parte del dono . Intanto , perchè i b« nevoli ncslri lettori sie- no instrutti di alcuni particolari intorno la morte del nostro amico, riferiremo di parola a parola la lettera che il gonfaloniere della terra di iS. Co- Slanio, ove Giulio vide il teimine de'suoi gioini, ha Jndiiitta al testé ledalo ^alvatore Bdti. Per quello poi che pertiene al «lesideiio nostro di se- guir l(ime sef^nate dal Peiticari, noi, secondo che Je nostre forze il comporteranno , ajuterfmiO alla glande impresa da lui, e da altri solmni ingegni cominciata, di restaurare la dolc'ssinja italiana fa- vella ; tenendo quel Lei mez?o , the giustamente dall' una parte si dilunj.hi dalla dfjiav anione mo- derna operala per colpa delle genti straniere, e nostia; e dall' altra non cada nella servile ed af- iellala iuùlaziuue degli antichi, acceltaudo per ero Ili enrlie Torpello, e la vile irorrìigìia . E sicrcme pur questo nostro jjiofnale lu laii'o dolce cosa aiT ani- mo del buon Giulio ; così di tutte nostre forze ci travaglierrn o di mantenfrlo in quell' onore e ("a- ma , di cl.e va n;erilan',ente superbo . Gli è ben Tcio rbe niolto abbiam perduto nella inr.matura perdita del Perticari: ma resempio, e la memo- ria di lui e indnimerà . Ed oltre a ciò troveremo via di riferire a quando a quando le cose inedite, eh* egli Ila lasciate in gran copia, e le sue lettere fami- liari sì belle che il Cafo non le disgradirebbe se gli fossero tribuiie . In tal gui^a otterremo doppio fine Tuno di avere il conforto degli scritti suoi inse- riti ne' nostri quaderni , ingannando per così dire la nostra imaginazione , quasi che ci sembri an- cor vivo starsi a parte delle nostre fatiche: l'altro di abbellire il giornale delle tersissime e dottissi- me opere del suo ingegno. Intanto chiediamo di grazia a' nostri lettori , the in rimunerazione di quel diletto che aver suolevano ia leggendo gli scritti del Perticari , piaccia loro di pregar pace a queir anima peregrina, t, tu \ale, o nostro Giu- lio, nome già di doice, or di amaiis&iniu ricordanza^ L. Bjonbi LETTERA. Del goTii/aìonicre eli S. Costanzo diocesi di fana al sig. Salvatore Betti . ILLLSTRliiSIMO SIGNORE Per olhedìre ai comandi del sig. confo T'ran'» Cesco Cuf'Si , di CUI mi pnjesso se/infore ed orni' co , mi è d^iopo t rat fen ermi un poco con V. S. il- lustrissima ^ onde metterla al /^^fo deìla morte qui seguita con dolore di tutti dei sig. conte Giulio Per- ticavi di Pesaro. Certamente iiju^^ge Caìiimo mio da così tristo ujjicio , eia nondimeno . interessando al predf' sig. die venga da lei redatta una data in pro- posito per inserirsi, m cotesti pubblici fogli., andrò, toccandole questo successo , di cui sono stato me- stissimo testimonio dì e notte, coli aver prestato a Guest uomo iublinie quanto ho potuto di assistenza ^ di cure. Tu pertanto il giorno .. maggio che que- sto celeberrimo leiterato credutosi in convalescenza qui si condusòc , onde ristorarsi di ciuest aria ec- cellente:, e difatti nei primi gioì ni dava bu< n sag- gili di essere in questo stato, avendo potuto citai si con appetito , e piissei^giare alt aperto senza grave fastidio ; allorché peto sentendosi mal disp ito e dì tristezza aggravato, si pose in letto, e richiamò so- pra se tutti i soccorsi dclf arte medica. ISi.n i staio qui a raccontarle tutti i diversi stadj dei la malat- tia , e quanto, si sieno adoperati i projessori per la sua preziosa salute. Purtroppo la sezion del cada- vere ha dimostrato , che la violenza dei mah. di cui era attaccato nei visceri, e pai ticolai mente nel fe- gato, erano aldi S'pia dell umani potei e e la pro- fession salutare non avevx aniuioii per superarli . Checche pero ne sia^ la domenica a 3 giugno i sin- tomi si resero più imponenti^ e si fece pii\ manife- sto il pericolo eli s'ederlo soccombere ; per cui nel martedì succes<>ivo disperandosi ornai del tutto la conservazio't de' suoi giorni^ si proposero i confor- ti della Religione ; e nella medesima sera assistito dall'egregio sig. abbate Per otti professore di belle lettere in Pesaro , e suo amico, ricei>è con cristia- na pietà dopo la confessione il sacrosanto Viatico^ finche trascorso un lasso maggiore di mezza gior- nata ^^circa le !\. pomeridiane del ìG fortificalo dclf Olio Santo, t a le orazioni dei circostanti , e le sa- cre preci dil Sace -dote passò placidamente da que- sta ad altra K>ita migliore. L'i costernazione di f/uan- ti eravamo presenti a questa luttuosa catastrofe ci tenne un lungo intervallo sospesi senza poter for- mare parola ; ma soprav<.>enute poscia le lacrime fu dato sfogo al dolore^ e si pensò istantemente oltre i suffragi ., ^ onorare con pompa funerea la ine/no- ria dell insigne defunto . Per la guai cosa furon. tosto ordinati generali ufficj con larga elemosina , e il giorno -26 precedute dalle compagnie^ dal CAe^ ro , e dal Reverendo Capitolo in mezzo a una fol- la di popolo^ furono trasportate le sue spoglie mor- tali a. questa chiesa Collegiata , ed ivi collocate in Un feretro erettovi a bella posta ricco per molta co- pia di lumi Si cantò quindi con musica la solenne Messa di Requie , e compiute le ceremonie ecclesia- stiche, si donò largamente ai molti poveri ivi con- corsi; le quali cose tutte si rinnuovarono poi nelhi. celebrazion della settima che cadde nel martedì 3. luglio , nella qual ricorrenza fu costruito pia ma- gnifico catafalco; e intervennero alla funzion mor- tuaria in abito di lutto i migliori di questa comu- «e, non che i parenti dell incomparabile estinto. A con- VI seniore poi pia sicura f identità del cadavere^ fu es» so me presente deposto rinchiuso in due casse a fian» co dellaltare di san Giuseppe^ in una nicchia ap" posifamente /urinata dentro una cappella di mia ra- gione in detta chiesa esistente. Quanto sia stata gra" fve la sensazion del dolore per tale irreparabile per* dita, sorpassa qualunque cosa dicessi; basti il sape- re , che questi abitanti non ponno volger lo sguar^ do al deposito^ (distinzione peraltro qui mai prati -- cafa ad alcuno , ) senza porger fervidi preghi ali" uditissimo , accio sia presto accolta quelf anima be' nedetta nella beata visione. In quanto a me reste» rò sconsolato per sempre, adendo perduto nel con-" te Giulio un protettore un amico , che no?i potrò mai risarcire. Fino agli estremi mi ha egli contrassegnato il suo amore , e ciò mi rattrista anche pia viva» mente. Potrei qui dilungarmi col farle palesile gran* di e molte dimostrazioni che ha già date., e prepa* ra per dare la sua dolentissima Pesaro ; supponen^ do peraltro , che V. S- ne sia informato per nitro, parte., farò fine pregandola quanto so e posso a far conoscere al pubblico., che non si è mancato per noi di adoperarci quanto mai si è potuto., sia per conser» vario da vivo , sm per suffragarlo e onorarlo da estinto. Q'iesto è il mio voto non disgiunto daWal* tro , che le possa riuscir gradita la servitù che le offro , e (assicurazione di quell dia stima , colla quale mi pregio di dichiararmi Di f^. S. Illustrissima Fam per s, Costanzo^ 4 ^«S^^^'o iSaa» /?e.»no 0&.t"o Servitore Donato X''uii£LLi,GuHirAi.u£(iJiiu:. 397 ss» SCIENZE 'Opuscoli astronomici di Giuseppe Calaìjfi>^clìi , y^ti" àrea Conti , e Giacomo Ricchebach , professori neir università gregoriana del collegio romano , e direttori dell osservatorio ^ con appendice. — 4' Roma 1822, pel De-Romanis. Un vol.di pag.ó^^. Xl libro, di cui brevemente daremo conio , forma il settimo volume della collezione di opuscoli astro- nomici , che già da più anni si vanno pubblican- do dai chiari astrooo ni del collegio romano. Può tal collezione conservare il titolo di opuscoli , sol- tanto per essere 1 unione dì varj soggetti astrono- mici , mf^ntre d' altronde la grandezza delle mite- rie s irebbe miritevule d' altro titolo più gran- dioso. Incomincia il volume da una ben intesa lettera de'lic itoria , nella quale viene esso al nostro immor- tale vSovraio, e Ponti-llce consecrato. Si fanno a pro- vare in f[ leì a gli duori, coni!; per ogni buon di- li to gli s appirtieii/! un tal lavoro , essendo egli qu'llo che hj dita la vita alf osservatorio astro- nomico. Fu invero ordinato un tale utile stabili-» m^Mito dalla eh. m mi )r(a del pontefice GK'in Mi- te IIV, ed eretto quindi nell'anno l'-j^-j , mi pu- re s.iiebbe andato a mina senza i larghi donativi, e le provide cure da esso prese nel procurargli du- G.A.T.XIV. 20 agS S e I K N z E revole la sussistenza ('). Sioguono a provare quan- to *^ia utilp qifSto ossei vaio; io collocito !à dove 1 evc'esiasiic • iiisiem ■ alias colarpsca gioveiilù nel- le più sublimi discijjhne \ ien.* ammaestrata, fatilo poi |)i;i utile ren leai n<^i p -s - ili teiriti in cai tante si avagauU Ojiiaiojji (ilvj-^o(i«4io rontiimam 'ri- te insoigonoa l'orinar nuovi sisteaii mutilali , ac- ciò possa 1 ecclesiastica gioventiì im/.iarsi nella Ve! a sci.'n/.a astronomica, e così m:'ttersi in ista- to di ribattere . e gloriosamente amùenUire i vani ed inganuevo i soiismi di tali moJeini lilo'^ofi. Pe- neltatì da gratitudine verso tanti bi^neiiej loro com- partiti da uu sì clemente e b'iiigao sovrano, coi dovuti rendimenti di grazie termina questa giusla e rispettosa dedica. Il primo degli opuscoli è la» oro del eh. sig. professore Galandrelli. In questo doUament' dimo- *lra le varie forinole ami tiche ovvero funzioni di tin qualunque anno dato , le quali possono usarsi sì nel calendario giuliano , come nel gregoriano . Assegna in principio T A. il motivo asUonomico, per cui di tempo in tempo ebber luogo le celebri quistioni fra la Chiesa latina e la greca sulla ce- lebrazione della pasjua. Il primo anno ossia l epo- ca del ciclo lunare iu per la Chiesa Ialina 1 a ano (*) Fra queste tiene al certo il primo Iuo2,o l'annuo assegno destinato a supplire alla conservaiio.io, ed air|aumenio de^li istrot. menti iicjcssarj per gli usi astronomici. Non dubitiamo che tale as« segno*, restitu'to ora alla sua integrità mcr^ è le provide c-ure deli' emiucntissimo sig. . ardinal Pacca camerlengo di S. G. e prefetto vi- gilantissimo d gli studj , rendendo più abbundaute questo siabiiinieik' to dei mcz/.i opportuni, maaierrà sempre vl/o lo e^cìo dei ciliari astro- nomi ìid accrescerne vie ^lii il lu;>iro od ii decorg. OPlfSGOLI ASTROPfOMICH 299 dopo il concilio niceiio , cioè il 3aG ; all' incontro P' r la Chiesa greca fu l eia dei martiri ovvero il 283 primo anno dell' inijjero di Diocleziano , e quindi due di^ ersi aurei numeri segnavano In nco^ minia in un anno qualunque. Sono perciù oppuF- tunaniente determinate le loruKde pei due diversi numeri aurei, come pure per l'epalta croca , ossia giuliana, e Jaùia . Vengono in apprsso determi- nate , e dimostrate le diireicnli forrnole per T equa- zioni solare e lunire. L^ ditìf renza fra queste due equazioni, chiamata equazione luni solare, dimo- stra il nostro autoie . che applicandosi all' antica tavola giuliiua potea dire la neomenia , e XIV pas (uale sen/.a tare uso alcuno del calcolo delle epatte . Usando similmente questa eq iasione [u- ni -solare unita alle Ibrmole già dimostrate della lettera dom'nicale sì primi clu^ dopo la riformi, ed air allra per la quale si dimostra, d.ito un qua- lunque giorno, a contare dal primo marzo inclu- sive, quanti giorni dopo cada la domenica, ven- gono d -te: minale e dimost.afe diverse loimole, che similmente possono esprimere la neomenia, la XIV pasquale, e la medes: ma pasqua .Teimina 1 opu- scolo col riportare la semplice forinola di Gauss per la pasq'ia , e sopra ({uesLa si trattiene in mol- te ed opportune rillessiaui. Impossibile essendoci di (jui trascrivere tutte le diveise forrnole , e le dimostrazioni delle medesime, volentieri ci uuifor- meremo a quello già fece il nostro autore in que- sto istesso giornale . A tale ogetto ci limi tei emo a dare varj esempi pratici per tutte le diverse for- male , onde anche i non «'Sperti nel calcolo pos- sano conos'cerne l'uso facile e spedito, cosi pure le avvertenze ed ecce/àoni dimostrate necs-sarie daiil autore qualora vo^liau:i>i unilbrmire lo xncdc- 3oò Scienze sitne forraole a quanto venne stabilito nrì calen- dario ecclesiastico prima , e dopo la riforma. Firmali; pc' C^demlarìn G/'iif'ann. ^:>no dn/o 5^6. Anno ir=536 Ann. TJ=^ìo6 A 11. h=s )36 ìia+i—iiN' t27 n+i3 ..:.... «=+ resili IO della div^iàonc «t '=) resiiluo della divisione. /i=z'f residjo della divisione- /y=5re5iduo dilla divisiouc.Ls: lettera djmeijÌLale=£ ^=5 (:/z3S.x.i 1 residuo delia divisione. Kpatia Giuliana. /i3;v^ mario Neomenia prima pas.|ua e :;=2 2 ma IVO xiv pasquale. /n=:i residuo delia diviiione. Pasijua mar^o mt/(ti3=:23 marzo. Nell'antica tavola giuliana cade la neomenia nel giorno a cui costantemente è prefisso il numero au- reo del dato anno. Perciò quando la neomenia os- sia il valore di n esprime i giorni di marzo 8, 9, li, 12, i/[ . . . . òi tutte queste neomenie so- no pasquali, ed il valore dì n rappresenta la neo- menia pasquale, «-j-fj la xrv pasquale, ed wi-j-a-j* i3 la pasqua. Se poi la neomenia del marzo, os- sia il valore di « esprime il giorno i , 3 , 5, 6, mvirzo , in tal caso la neomenia pasquale diviene n-}-3o , la XIV pasquale /zfi3-|-Jo , e la pasqua fi- Jialmcnie /wj'^fi o'fJS , purché /w sia o , 1 , 2. Se poi m sia 3 , 4 1 5, 6 allora sarà data la pasqua per marzo mf//f i3f 28. Opuscoli astronomici 3oi \4Ure forinole pel Calendario Giuliano anno dato BiT^ ., , iiviso pi 19 = 7 residuo delia lìivisione «+ = V'i^ Vitreo iiuineri=v'in Anwo/T— fSJg . 4 '=3 residuo della divisioue. Anno Ìj = òu 7 7 =0 lesiduo delia divisione. :=.; residuo della divisione let- tera Dome niiaie L:= =zB. Hfl + }'=llIV' +2'^ . 3o ;=.-vXv. E|)atta Giuliana res. della divisione. 3l — q , =6 Neomenia prima marzo 6. ,=,i6 marzo =:5 aprile Neo-« retS'j n + So 1 13 ^■■t^ me tua pasijuaic. ,'=49 marzo=i8 aprile xiv pasquale. ' =.3 residuo della divisione. =;'> residuo della divisione. Pasqua marzo /« t 3o t i3 f /=marzo 55=Aprile 24« In queste forraole non ha alcun luogo il va- lore di m, ma la neonfienia, e XIV pasquale si re- gola secondo lavverlenza antecedente. elitre J'orniole derivate da qmdla particolare di Gaust per la Pasqua. An. dato 634. Ann. i/=534 . Ann. J/=534 . Ann. 7i=534 diviso per 9 fl-s=2 residuo della division «f i=LV""=Aureo numero=llI ^=■2 residuo della divisione. /=2 residuo della divisione. L=i residuo della divisione:— lettera domenica[e=Z' = <7=oEpat ta Giuliana res.delladiv, dz=zio residuo delia divisione. Distanza della xiv pasqua, dal 2 1 marzo. IV— 3i marzo Neomenia pa- squale. ^==44 marzo=i3 aprile xiv pasquale. /=:3 residuo della d'visionc. Pasqua marzo 2itt/t'=2i+25+o=:marzo 4-7^it> aprile. 3o3 S e I K N Z K Iti questo formoìp apprartetiptiti al calendario giu- liano non ha Juogo ad avvertenza , o eccezione al- cuna , F<}j-mnle pel Calendario Gregoriano Anno dato i residuo della divisione. = 1 residuo della divisione. = njse':oli contenuti ncll'aH« no i>j54- r.'j. quoto intero. = I quoto intero. ' Equazione solare. F.quaiione lunare. = (j residuo della divisione, Equaz.ione sole-lunare = b resuluo della divi:>ione. Kpaita Gregoriana. = "1 marzo Neomenia prima. :=j5 marzo=;4 aprile Neo- menia pa qua e. =4.8 mar/.o= 1 7 aj)rile giorno lel;a xiv pa qua'e. residuo della divisinno=^«e lettera dominieaie^.>=rC' 2 residuo della divisione. Pas (ua 'H+z^t ' ^t'*.?-=Vl mar/ Ptiù nel calendario gregoriano n esprimere il gior- no della neomenia nel marzo 8, 9, 10, 11 ..3 1. In tutti questi diversi casi n darà sempre il gior- no della neomenia pasquale , Ti-fi3 darà la xiv pasquale, ed m-fn-fi'ò darà la pasqua. Se poi n dia la neomenìa nel giorno i , 3, 3, 4i ^ <» qualunque essendo il numero aureo, o cada purew, o la neo- menia nel di 6 marzo, essendo l'aureo numero minore di XI I, allora sarà /i-j-jo la neomenia pasquale /ifóof Opuscoli astronomici 3o3 i3 darà la xiv pasquale. esHià clafa la pasqua per Xiìarzo m -fn-f ìó foò, purt liè m sia o , 1,2, se poi m sia ^ , 4 1 5, G allora la pasqua sarà data per marzo m-|-/?-|-i3'^ 8. Devesi pure osservare, che qualora n esprima il ^ maizo essendo qualunque 1 aureo numero, ed anche il (j marzo essendo però il numero aureo majjgiore di Kl. sarà da la, rum nell'esempio addot- to , la neomenia pasquale la nl'.tf) , la XIV per n 3»j-j"i3, e la pa-^qua per m-f*//-j*i f^iS , puuhe m sia 0,1, ma essendo in ugual' j.. ò, ^^ j,(j, la pasqua sarà data per marzo wj* "fi j [".^S. AUre firmola pel Ccdcmlar'o Gregoriano. Aimo date iy48 Ann. .Hsri948 • Ann. 77=19; 8 • Ann //= 1.348 , A'" 5= 19 secoli . . ^=19 K-c~z K-o-f *ia+8-à+3o.-iiAr'+27-ò 3i-7=3i-27==4 • • »+3o=34f3o .... wtSot 3^+7 . . . Iivi-i(> per '9 ^+3 • n-^^ residuo della divisione «i* i=PiV'=r\ureo immerosvilC '.cr'. residuo delia ilivisiouc. .;=o residuo della diviàvine. .^=19 secoli eonteiiuti nell'ao* no dato 1948. —4 4uoto intero. zsi'y 411010 intero. 1. « Equazione solare. V Equazione lunare. =s9 residuo della divisione.' Eijuazione luni-solare. — i^ residuo della divisione. lipatta Gregoriana. ::^4 marzo giorno della Neo« nenia prima. v:=7,-. inarzo=*> aprile giorno della iNeo iic.iia pasquale. :ii47 inarz'zr;. i ajiriie gior-r no delia xiv pasquale. := ' residuo de^ a divisione L=s Lettera domeai a ■:='=s^- — i residuo della d visione. :=ò residuo de la div'sio:iC. Pasqua marzo n\ZQ\ ioWb^i marxojx^Ji aprile. 3o4 Scienze Le avvertenze indicate nelle forraole anteceden- ti hanno luogo anche in queste per (Icterminare hi XIV pasquale ,p<'i- ìi-fio , o per //j*uoj-i3, o fi- nalmente per /?-|-j8-|*io. vili re/orinole pel Calendario Gre^^oriano derivate dada particolare di Gauss per la Pasqua. Jìnno dato 2076. Ann. H=2o-j6 Ann. /:'=•'. 076 Aliti. L'=j.(.>'j6 Jf-=zo sCcoli . gA'tio /-2 . K-C-f 2 i+t/'— 21 128=49 • • 3+2Lt4/>tJr-2-c . . i,t4+«f/ «r=5 residuo della divisione a+ i=A"'=Aureo iiumero=VI. /)=tt residuo della divisione. f>:rz!t. residuo della divisione. Ji^=^o scoli contenuti nelt' anno 2076. c=.b quoto intero. ^=6 quoto int. ro. i5 Equazione solare. 4 Equazione lunare. ff:=i> liquazione luni-solare res. delia divisione. (y=xx.iv residuo della divisiO' ne Epatla Gregoriana. {^Ua di caìina produsse una corta con- simile sì pel colore che per luso ali anzidetta e- stralta dalli! foglie di giantuico. 0° LalQfi palustre diede una carta di colore bruno , variato peiò nelle due facciate ; e rìu^^cì xli un impasto bastantemente fino , e i'oile a sut- ficienza onde poter esser utile per le scuole di di- segno. ']° I siliqui ^ o baccelli dei fatinoli -, e suoi virgulti diedero una carta di una aggradevole tin- ta nanchin chiaro . Sarebbe desiderabile averne una pasta più raffinata, onde potesse applicarsi a con- Tenienti usi. S."* Dalla radice della malva sjUestrìs ^ od «/- ceflr, rica vessi una carta di fiTìissima pasta, colore bianco-latte con lucidezza argentata , la quale per le esperienze fatte da' calcografi romani , è slata rinvenuta eccellente per la impressione dei rami i più fini e ricercati. Sperasi di poterla ottenere anche più depurata. ì^." Anche dalla corteccia del /«oro -ge/^o il si- SoS Scienze gnor Campioni ebbe una caria abbastanza forte di ini coiore nanchin . Gonvrrrà però meglio trat- tare questa materia a fine eli ricavarne una produ- zione j)iù purgata , e più vantaggiosa. Tali sono gli esperimenti tentati sino ad ora dal signor Campioni pel corso di soli quattro me- si , dai quali ne risulta potersi ottenere da vilis- simi oggetti veg(;tabili delle carte atte a tutti gli usi, senza mescolanza alcuna di straccio , e se non in tutte , nellri maggior parte almeno col risparmio di colla; poiché il glutine inerente ad alcune di cO" teste pi;ii>te da lui poste in uso , quali sarebbero il lriimenlo,il granturco, la malva ec,. vienea ser- vire per sticcedaneo alla colla che nella carta di straccio abbisogna per la sua consistenza. Il signor Campioni credendo di non avere per anche ridotta alla totale pcriezione la lalibricazione di qui'Ste nuove carte, stima che sarebbe prem.ilu- ra cosa il pubblicarne i processi ed il metodo usa- to nella manil'attura di esse. Si spera peraltro che tra non mollo incoraggilo dal goveino potrà esse- re al caso di darle tu ito il relativo mi''lioramen- to , ed in Singulto a comune vantaggio manifestare la teoria di una nuova e sì bella ed economica ope- razione. A. BfiLLBNGHr. Teoria an alitica delle projeziovi^ di Gaetano Gior' gini ■ S.*" Lucca i8jo, pel Berti ni. Un voi. di po-Q. (J8 con una lai'ola in rame. L (1 qualifJi del soggetto che trattasi dall' autore in questa dotta memoria non dà luogo a poterne Teoria delle projeziop^i 3o() rendere miglior confo, che accennando il sistema da esso tenuto, e, seguendo la sua slessa divisione, trat- tenersi sopra alcuni dei problemi e teoremi meri- tevoli di maggior attenzione. In sei diversi titoli è diviso il trattato. I pri- mi quattro rìguaidano la teoria , e gli ultimi due le applicazioni sì alla geometria, che alla mecca- nica. Il metodo addottalo dall' autore è di propoisi successivamente dei problemi , e dalla soluzione di questi dedurne i corrispondenti generali teoremi . Il titolo primo contiene soltanto le formole relative alle proje^iooi duna retta, o d'un sistema di rette sopra due assi coordinati. Questo incomin- cia dalle più semplici formole fond;mipnta!i , onde trovare V espressioni della proiezione obliqua ed ortogonale, e trovando queste dipendenti da l'un- zioni circolari, esamina tutti i casi in cui queste projezioni passano dal segno positivo al negativo, e viceversa. Prima d'inoltrarsi nella ricerca delle proprie- tà delle proiezioni, si trattiene a dimostrare alcune formole trigonometriche delle quali deve in appres- so giovarsi. jNel rimanente del titolo, dopo o' tenu- ta la soluzione di varj problemi , ne deduce i cor- rispondenti teoremi, e Ira questi, che la retta sul- la quale la proiezione ortogonale d'un sistema di rette è la massima, è perpendicolare a quella sul- la quale la projezione ortogonale dello stesso siste- ma è nulla. Inoltrandosi l'autore coli' incominciato siste- ma , tratta nel secondo titolo delle proje/ioui duna retta , o d'un sistema di rette, sopra tre assi coor- dinati. Indicato cosa intendesi per projezione retta ed obliqua d'una retta sopra ciascuao degli assi , 3to Scienze fissa i simboli con cui queste projezioni vengono da lui notale., e loslo pussa a trovarne lespressio- ni analiticli'. Q'ii;ste esprossioni essendo pur dip^m- d.'uli da f'un/Joui circolari, e perciò soggette a va- riar di segni , senza istituire un' analisi simile a quella usata nel titolo antecedente onde conoscere queste Varia/ioni , adopra invece le diffcren/e fra le cooidindle de le estt unità per riconoscrojezioui , sopra tu' piani coordinati di un*area piani, o di un sisttma di aree piane. Fissale al- cune particolari noia/.ioni onde esprimere le proje- zioni deir aree piane , si fa subilo a mostrare che le tormole per qui'Ste p ( jjezioni godono di pro-prie- ta analoghe a qu-lie per le rette. A ciò fare prende la projezione d'un triaug olo , e si propone di tro- vare il ra^ìporto Ira que ista ed il triangolo niietiesi- mo ; col principio poi , che ogni figura piana può Risolversi in triangoli, ne deduce il teoì'eaia geaera- If : che un area piana , e la sua projezione sopra uno dei piani coor Jinat i, sono in ragione inversa dei seni degli angoli , e lie for.nano colf ass-? situa- to fuori del piano di pr jjezione. ti p n- la projezio- ne ortogonale pure d'uu'a cca piana tr^iva, cU"è uguale 3i2 Scienze air area medesima molliplicat;» nel cos'ano rlplTaii» g'>Io compreso Ira questa e la sua projezione. Da va- rie soluzioni di probliMiii nf^ ot ient? il teor<^ma , che la somma dei treprodotii di cuisfiina proj'zione obli- qua d un' area piana , per la proj'^/ione ortogonale corrispondente d una seconda aroa piana , è ugiitde al prodotto ddle due aree maUipliealo nel coseno deir angolo compreso. Ritrova pure che la somma dei tre prodotti di ciascuna projczione obliqua, per la pr()jri/.ione oilogonali; corrispondente, è uguali,^ al quadralo dell'area. Dopo varie altre solu/iouj esa- mina pure i rapporti halle projezioni di due diffe- renti sistemi di aree , e termina il titolo con diver- se proprietà della massima projezione, alcune delle quali sono ristesse, come pure avverte iatitore, già dimostrate dal sig. Poissan nella sua meccanica. Le formole relative alle projezioni di linee ret- te o sistemi di rette combinate colie pr'.jezioni di aree piane , o sislemi di aree piane , occ;;pauo ii quarto titolo del libro. In queste non ia che ri- prendere e combinare insieme le formole già tro- vate , ed ottiene differenti espressioni per determi- nare l'angolo d' una retta e d' un piano . Alcuni teoremi terminano questo I itolo, fra' quali, che: la somma di tre prodotti, foriuaLi moltiplicando cia- scheduna projezione ortogonale di una retta sopra uno degli assi per la prujezione ortogonale d' un area piana sopra il piano dtgli altri due, ciasche- duno diviso pel seno d 'Il angolo compreso , è uguale al prodotto della linei retta pir l'area pia- na aiolliplicato nel seno dell' angolo compreso. Alcune applicazioni geometriche (leda teoria delle proie/,ioni sono dimostrate nel quinto titolo. Trjva in primo , che la somala delle pioje- zioni dei lati d Uii poligonot chiuso sopra una li- Teoria delle projeziomi 3.3 nea qualunque data, è nulla. Da questa dimostra- zione e da altre analoghe mostia con quunt;» sem- plicità possa trai tarsi la poiigonom* tria a tre di* mansioni , e la pohedometrìa , mediautc la teoria delle proje/Joni. l3a varie formole dimostrate nel primo titolo deduce diverse eleganti espressioni delT equa/iun« d'una retta siliiitta nel piano di due assi cooriji- nati. Dimostra in seguilo vari teoremi relativi ai triangoli per me/.zo pure delle pr()j''zioni . F'ra que- sti , che: la somma , o la dilTeren/a di tiiLli i triangoli che h;inuo per base le vaiie proje^^ioiii delle diverse rette di uno stesso sistema , e pi'i" Vertice comune un punto qualunque della massima projexione ortogonale di esso, è uguale al triangolo la di cui base è la massima proje/ione ati/idet- ta , ed il vertice «eli oiigine delle coordinale. Con alliettanta facilità trova T equazione del- la sup- riicìe piana , e seguitando a trallare diverse fo molo ottieni; pure il teorema, eh': la .soaiiud o la (iilieren/a (1( ile Ire piramidi , che hanno per ver- tice comune un punto qualunque del piano d' una lìguia , e per basi le l!e projv.ioni della figura stes- sa, è ugiiaje ad una piramide che ha per base que- sta tigli la piana ed il veitice uell origine disile coor- dinale. (Questo Itoiema lu dimostrato nel caso par- ticolare di Ire assi coordinali rettangolari dal sig. IVlonge in una memoria sintetica inserita nel Jour- nal de t ècule puljtechnique - Il nostro autore in- .seri posti-riormenie nella Correspondence dì l éco- le poljtechiiique una dimostra;iione analitica dei problcQia medesimo, dal quale dedusse pure ^ariij iiilerressanti proposizioni che però non ripete iu-^ qu'^sto titolo. Dopo varj altri teoremi sulle proprie^, tà delle piiamidi, termina il titolo col teorema, tiw. (i.AT.^lV. ■ lìi 3i4 S e I i: N z tó ]a somma , o differcu/.a diMo pir.inii.li che han* no per basi le diverse aree piatie di uno stesso sistema ed il vertice comune, è sempre la stessa , qualunque sia il vertire, allorquando la massima proiezione ortogonale del sistema è nulla. Il sesto ed ultimo titolo contiene 1 applica- zione della teorica delle projezioni alla composizio- ne delle forze e dei momenti delle medesime. Mo- stra primieramente che le proiezioni oblique del- la retta che rappresenta una iorza , rappresentano in grandezza e direzione le componenti di questa parallele ai tre assi coordinati. Considerando poi T azione d' una forza in una data direzione ottime, mediante una semp'ice co- struzione , che 1 azione prodotta da una ior/.a rap- presentata da uni retta nel senso d'un dlia retta, è rappresentata dalla projezione ortogonale della prima sulla seconda retta. Questi due principj rendono applicabili alla meccanica tutte le formole dimostrate intorno al- la proiezione delle rette nel primo e secondo tito- lo, cambiato solo il nome di rette in quello di for- ze , il nome di projezioni oblique in quello di com- ponenti , e riguardando le pr(q(?zioni ortogonali co- me 1' espressione delle azioni esercitate dalle forze nel senso delle rette sopra le quali si sono forma- te le projezioni i sì chi^ la massima projezione or- togonale si potrà chiamare la massima azione del sistema di forze. Tratta quindi d' Ile formole per ottenere V equi- librio delle Ibrze, e ristringe le condizioni di equi- librio d' un sistema di forze alle due sr'guenti. Che 'la massima projezione ortogonale del sistema di 'ette rapprf^S'Mitatili le forze sia nulla , e che U Àiassima projezione del sistema di arce roppre- Teoria delle projì-zioni 3iI> sentantì i momenti sia pure nulla. A riguardo del- la risultante delie forze determina il teorema, che: qualora questa esista è rappiesentata dalla mas- sima projezione ortogonale del sistema di rette rappresentanti le forze ed il momento della risul- tante, e rappresentato in grandezza e direzione dal- la massima projezione ortogonale del sistema di aree piane rappresentanti i momenti delle lorze. Questa espressione del momento principale del- le forze coincide col momento della risultante nella particolare ipotesi di una risultante unica. Supposto variabile il eentro dei momenti, ricerca il minimum maximorum tra di essi , ossia il più piccolo po-sibile fra i diversi mom'Uii piincipa- li ritenti a diversi centri de momenti. Le equa- zioni che trova dimostrano, che i vari punti del- la retta da esse rappresentata risolvono il proble- ma, e sono corrispondenti al minimo tra i mo- menti principali, himostrano finalmente che nel caso di una risultante unica il minimo momento principale è nullo , e la retta dei suoi centri , che potremo chiamare 1 asse dei minimo momen- to principale, si confonde colla risultante. Questo viene già esposto nel citato capitolo del sig- Poisson . Il nostro autore, mediante le for- mole sopra le projezioni , ottiene pure degli ulterio- ri risultali coi quali termina il titolo. Fra que- sti teoremi noterò quello: che due momenti prin- cipali presi per due differenti centri de momenti stanno fra loro in ragione inversa dei seni degli angoli, che ì loro piani formano colla retta della massima azione. Così pure che; il piano del mi- nimo momento principale è perpendicolare alla ret- ta della massima azione. Finalmente tutti i punti situati sopra una superficie cilindrica circolare, i'as- 2 \ 3 1 G S e I E ^' z E se della quale è Tasse (ìe\ minimo momento princi- pale , il sistema di for^e ha lo stesso momento pi incipale. Tralascia V autore di più estendersi snlT ap* plicazione alla m-'ccanica della teorica delle proje- zioni , proponendosi di trattare più diffusamente in seguito tali applicazioni. Prim;» di terminare questo breve estratto dob- biamo giustamente encomiare il genio analitico , e le prolonde cogni/.ionì del nostro autore. Questi ha trattato maestievolmente un soggetto interressante a un tempo e difticile , e colla chiarezza delle idee , e 1 ordine V( ramante analitico che ha tenu- to neir esporle , ha sparso molto lum • sopiM un ramo di analisi che attualmente occupa i mate- matici più profondi. Di buon grado ci uniformiamo in fine al sen- timento del chiaro autore : che la teorica delle proiezioni conduce in una maniera assai spedita al* la scoperta di rimarchevoli ed utili verità. D.R. 3iy Lettera del sig. rlottor Francesco Derossi al s/'g. dot- tur Giuseppe '^Fonelll relativa ali uso della pomata dt Aiitenrietli (*j e cdl azione della digitale. AMICO STJMaTISSIiMO, X_j evidente la diversa maniera di agire della po- mata di Autenrieth sul sistc ma dernioideo para^'O- naffi a quella , con cui opera il comune ceroto ves- sicatorio . Ho ben rilevato i grand» vantaggi da voi ottenuti da questo iarmai.o principalmente nel!' e[)i- clemia di pleurilidi gastriche , che costì dominarono neir anno iSi^ , siccome in altre regioni , noti esclusa questa città. Comprendo pur troppo, che in una cusiituzione epidemica , in cui si vegga la natura proclive ali eliminazione della potenza mor- bosa, che ha invaso i visceri toracici per mezzo di una eruzione pustolosa, mollo inaggioie utilità dee attendersi dalie irixioni della pomata di Auten- rieth , di quello che dall' applica/ione del ceioto vessicatorioi menti e 1 i fletto costante della prima è appunto una eruzione pustolare nella pigione an- teriore del petto , la quale sia stata ripetute volte (.*) ^eir oetaioiie iu cui veune iidoit r Toneili chiamato a con- sultare con i ooitisji.iii medici delia città di Aiiasui sulla ma.atiia dì un iioljile sigiio>-c di iiuejJa citià, si coiivcniie fra ^li altri punti del regime loi-ajjcutico su la i)rescri/.iofie della pomata stibiata di Auiearietti, i somiui vantaggi delia >|uale fece g,ià conosicre il no- minato si^. Tuiiclli in una memoria inserita nel iium. 7 dei nuovi comentarj ili Padova per januo it ib . Avtiido tiuiiuli il eli. dottor Uerossi fatto iut^ura di (questa mcaiuria, indirizza ai di lei autore 1% presente . 3 I 3 S e 1 K -V Z E confricata ; ed il risultato dol spcondo ( allorché rapjjlicazione sia slata jjer lungo t( lupo proli alta ) è la formazione di uiì» vcs-^ioa ripiena di nn umo- re sieroso, che spesso ritrovasi vaiiam^ntr alteralo, giusta la varietà delle malattie nelle quali è stato il cerolo applicato. Conosco ancora che so'to que- sto rapporto vi ha molta differenza di elfetii fi a la pomata antimoniale ed il ceroto di cantaiidi : e serr.bra che non possa esservi alcuna dilticollà nello stabilire, che in siffatta circostanza debba la pò» mata di Aulenrieth (irelerirsi s-^npre al ceroto ves- sieatorio ; benché abbia questo operato prodigiosi eifetti nelle epidemiche malattie di petto , mancdn- te ancora l'eru/.ione pustolosa , come frequentemen- te è stato da me e da altri osservalo. L'isiesfa evidenza pare che fino ad ora non si abbia sulla superiorità de' vantaggi del linimento antimoniale a quelli del cerolo di cantaridi nelle sporadiche malattie di petto tanto acute che cro- niche , la di cui guarigione suole (tttenersi senz'ai- cuna efflorescenza: né così chiaiamente, a mio av- viso , si comprende che nel solo linin^en o anlimo- nialo , debbasi riconoscre un azione specifica sugli organi pneumonici, polendosi quest' azione partico- lare amm( tlere ancora nel ceroto vessicatorio. Per- mettelimi che su questo proposito vi palesi il mio debole sentimento , e \ i prego ad impiegare qual- che momento di ozio nell esame di esso. Sembra che non possa esservi alcuna ripugnan- za nel supporre , che una parte di quella sostan- ra caustica cerco-adiposa , che costituisce la vir- ili del ceroto vessicatorio , resa fluida dall' azione del calorico animale , venga assorbita , e che va- ■ da sotto quella dose specilicamenle ad agire sulle fibre pulmoaali , eccitando dei movimenti , e in- Pomata D'.'i(JTr.NiiiETn 3 19 ducendo delle mutazioni atte , « ome si esprime rilluslre Fanzago , a moderare , a diminuire, ed a rimuovere la potenza moibosa. i^llorchè il ce- lebre Borda raccomanda nella sua materia medi- ca l'uso interno delle cantaridi in piccola dose am- ministrate nelle croniche malattie di petto, suppo- ne senza dubbio una viitù specifica di questa sostan- za animale sugli oigani toracici, e principalmente sul polmone , sede oidinaria delle malattie di pet- to. E tanto più dobbiamo essere inclinati ad am- mettere l'identità di a/ione della pomata di Auten- rieth e del ceroto vessicatorio sul polmone, consi- derando, che tanto il tartaro emetico , che le can- taridi amministrate in dosi pie. iole ed epicratica- mente, producono eft'etti analoghi in altri sistemi; mentre ambedue sono stati sperimentati molto van- taggiosi nella idropisia ed in tutti quei casi, ne' quali è necessario di accrescere l'attività de'vasi lin- fatici. Se poi vogliamo riconoscer vera la teoria del controstimolo , siamo allora autorizzati a decidere, che il ceroto vessicatorio debba pref rirsi alla po- mata di Auteniieth nelle croniche malattie di pet- to , le quali sono dipendenti da debolezza; giacché il tarlrato di potassa antimoniato è stato posto nel- la classe àécontrostlmolanti ^ e le cantaridi fanno parte della serie degli stimolanti. Ma tralasciando le teorie , e consultando i fatti e le sperienze dirò , che mirabili vantaggi nelle acute e croniche ma- lattie di p('tto sonosi sempre osservati dalle appli- cazioni de vessicanli alle braccia e ad altre parti del corpo e primieram Mite alla regione anteriore toracica. Tali vantaggi ho io spesse volte nel niio esercizio clinico rimarcati dallapplicazione del ce- roto di cantaridi nelle morbose atfezioni di petto. Sonosi a me presentali così del tutto simili a quel- 32% S e I F. N X R li (la voi sì chiaramente riCerili nrlìa rosha me- moria. Un laigo ceioto vessicalorio ajj|jlirato a'Ia regione dello st'-rno ne' giorni jjrossiini ai criUri, iiuliicprido jjrcbabìlmpntp un salu'are passaggio dnll' ag*'n»e nioiboso dagli organi toiaciti , d^-'qnali mi- na» oiava la loviiia, alla siiperticie (iiianra, ha iuo- ri di ogni a>>i)(;tla/,ion(' decisa la salute drgl ixireimi. ^on di rado in gravi malaltie di perio mi è ac- caduto di osservare che, nvn re iJ cerolo di can- tai idi applicato in pnn( ipio delle nialat!ie a varie parti del corpo, ed aiuhealla regione anteriore to- racica, ninn sensibile vantaggio ha portato agi in- fermi (e qualche volta ancora non ha neppure al- terata la cute), un ultimo vessicantc posto nell {stes- sa regione toriicica ne giorni , o in vicinanza de'gìor- i)i (he sogliono essere decreturj, ha maniiestata tul- trt la sua energia causando delle abbondanti sepa- razioni di umori coirolti nella siipc rHcie del pet- to , ha determinato il Idrlunalo momento del mi- glioiar de' malati, e ha dato luogo a credere con qua.the londamento , che qmsta nuova critica vi- cenda li abbia sottratti da una morte vicina. Sif- latfo leriomeno, che i medici pratici debbono aver frequente monte osservato . apparisce ancoia in mol- to altre malattie, e pi iiicipa'm^nle nelle lebbri pu- tì ide. Spesso ho avuto g(cì.sicii di sperimentare ( ci(j ci e sicuramente non sarà sluggi'o alle vo- glie esatte eliniche osservazioni) <:be dei vessica- lorii a^iplicali in epoca in cui sembra esser la na- tura più susc( tlibile di sentire I azione de' rimedi e più capace di reazione , e sembra che la poten- za iioci\a \ enga ridotta nella condizione di esser più lacilmente attaccata dall' attività de' medici pre- SKij , hanno anccalo dei vantaggi, i quali invano SI attendevano jn altre epoche diverse, (^uestisles- Pomata d'aiìtenriet» 3«2i so fenomeno non si presenta solamente nell' uso del ceroto di canlaridi , ma nell'ainministrazione di tulli gli altri soccorsi tanto chiiurgici , che farmaceutici. Spesso avviene di osservare , che in una medesima malattia da farmachi di loro natura attivissimi esibiti in uti tempo improprio, in luogo di utilità non si ha che danno , o per lo meno niun effetto ; dai medesimi poi amministrati in tempo conveniente si ottengono risultati i più salutari . Quindi si comprende, quanto necessaria sia ad un pratico la perfetta cognizione de' tempi i piij op- portuni ali applicazione de' rimedj Quindi la base della clinica tanto medica che chirurgica dee es-» ser la dottrina de' tempi i piiJ proprj ajl applica- zione de' soccorsi dell' arte salutare. Quf ste rifles- sioni , che supiMflue d'altronde ed importune si len- dono alla \astità delle vostre mediche cognizioni, sono stato da me esposte per rendervi lagione dell' incertezza in cui sono relativamente ali o^óo/w/a su- periorità de' \antaggi della poniata di Autenrieth a quelli del ceroto vessicatorio nelle morbose affe- zioni dì petto; superiorità che voi dvete dedotta dai lipJici risultati ottenuti dalla medesima poma- ta nei vostii malati giunti agli estremi giorni di loro vita . malgiado l'azione de vessicatoij , che fu- rono ad essi applicati; superiorità, che può rea- lizzarsi (e di CIÒ sono bene persuaso) nella cii co- stanza di malattie di petto prodotte dalla fissazio- ne nel parenchima polmonale di ceite così dette acrimonie dominanti in alcuni indi\i(iui, o cagio- nate da retrocessione di alcune eruzioni, dovute pro- fcabilmente ad un principio caustico, solite ad oc- cupare il sistema dermoideo, ed allora questa su- periorità sarà semplicemente relativa. Qualora siano riconosciuti ragionevoli questi Saa S e I K N K K miei dubbj , viene subito a sfabilirsi il problema, gè cioè la/ione che nelle malattie di pnito eser- cita la pomata di Autenrieth sia sempre superiore, o eguale, o inleriore a quella de' vessicanli . Per risolversi questo problema, e per giugnere a quel grado di probabilità , che può ottenersi in materie, le quali non sono susceMihili di matemaiica dimo- strazione, è necessario istituire df^llf' esatte espe- rienze sopra un numero considerabile d'indiviilui atfetti di malattie di petto tanto acute che cro- niche , sottoponendone molti ali azione della poma- ta di Autenrieth, ed altri molti all'azione de ves- sicatorj. l moltiplìci risultati ottenuti , de' quali dee tenersi un esaltissimo conto, possono decidere almeno per approssima /cione sulla questione propo- sta. Mon si rende diffìcile di eseguire siifatte espe- rienze ne' grandi ospedali, profittando della favore- vole occasione, in cui vi siano molti malati di af- fezione di petto. JVon in altra guisa si terminò la questione fra i medici sulla verità de'vantaggi del- la vaccinazione, se non che eseguendosi un meto- do analogo proposto dal celeberrimo d'Alembert , uomo di spirito sempre geometrico . Un numero prodigioso d individui venne sottoposto ali azione del vajuolo naturale, altro numero eguale si assog- gettò ali inoculazione dellist sso vajuolo, ed altro numero similmente uguale venne trattato colla vac- cinazione. iJa esalti registri si ottennero i seguenti risultati, or individui morti fra quelli assaliti dal "vajuolo naturale iurono in ragione di uno per quin«» dici: degl inoculati ptuì uno per mille: e niun mor- to vi fu degl' individui vaccinali. Considerata L proprietà della pomata di Au- Icnrìelh di j)rodurie cuslanlemente delh pustole nel- la regione anteriore Lo.ac«ca, ugniqiiu! volta è stala PoftUTA d'aUTENIIÌKTFJ 323 siffatta par^e del coipo confricata colla detta po- mata, può per analogia dediirsi la conseguenza, che qualora un' altra parte del corpo venga colla medesima ripetute volte stropicciata si generi in essa un eruzione pustolare. Si potnbbein questo ca- so rendere molto più esteso 1 uso di questa poma- ta in vantaggio dell' umanità. Potrebbe essa sotto il rapporto dell' eruzione pustolosa giovare in tut- te quelle malattie , nelle quali si riconosce per ca- usa un igente caustico, o una così detta acrimo- nia , e le quali ali' apparire dei iòruncoli, o tumo- ri, o pustole, o di qualunque altra eruzione , che talora naturalmente si sviluppa sulla supeilìciedel corpo, sogliono diminuire nella loro intensità, o cessare totalmente. Possono allora essere i varìlag- gi molto superiori a quelli, che in tali morbose cir- costanze si ricevono dall' applicazione del ceroto vessicaiorio. Potrebbe quindi esser la detta poma- ta di grande utilità nelle artritidi e nella rcuima- lalgla e particolarmente nella podagra gonagra e chi- ragra , nella ischiada e lombaggine , malattie le qua- li sono spesso refrattarie all' azione de' sussidi i pili energici , e non cedono sotto l'uso dì ripetuti ves- sicanti. Sono poi di fermo parere , che tale poma- ta debba riuscire di sommo vantaggio in tutti i ca- si di retrocessione di esantemi. L'artificiale eruzio- ne pustolosa nella regione anteriore del petto, cau- sata dall' azione delia pomata stibiata, richiaman- do nella cute 1 agente esantematico, che si era por- tato o sui polmoni , o in altre parti interne, dee in un modo molto piij eflicace riparare ai gravi dan- ni , che hanno luogo in sì fatale vicenda morbosa. Nelle circostanze ancora , nelle quali si veggono in- suflicienli le eruzioni esantematiche spesso a dau- no dogli inlérmi , mentre la potenza esaatemali- 3:^4 Scienze ca tmde allora a stallili re la sua spcie prlmiera- ni'iilc ne' polmoni , debbono le frizioni colla po- nifita di Aiilenrieth attivare e sollecitale lo svilup- po dell' esanlcnu nella siiperdcie cntanpa esterna. gì istfssi \anlaggi dibbuno attendersi da qnesla pomata nei casi di regresso di qiialuti(|nc altro ge- nere di eruzione morbosa , che può determinarsi nel- la sijpcriicie del corpo. Dietro tali coasnb^ra/.ioni io v'invito ad intra- prendere su qnest' oggetto una >eiie d esperienze, cbe avrò cura di t(*ntare ancor io ad ogni oppor- luriitù, accrescendoo diminuendola proporzione del tarlrato di potassa autimoniato, giusta le diverse rea- zioni che si osserveianno nei nuovi cimenti. {.)[ già in un individuo affetto , malgrado vaii rimedi applicati , da molto tempo da periodico intenso do^ lore nelle regioni de' tarsi, feci eseguire le frizio- ni colla pomata antimoniale nella sede ed in vi- cinanza della sede de' dolori: dopo alcune frizio- ni apparvero le pustole nelle pai ti confricate, raa in picciolo numero, con alleviamento d n ?l tempo istesso e s'indeboliscono le pulsazioni , e si rallenta per conseguen/.a la circolazioiìe del sang'ie, essendo il cuore il primario agente dì tale circo- lazione. Dunque )a digitale purpurea ha la proprietà di diminuire la forza reagente del cuore, ossia la sua contrattilità organica sensibile, onde il sangue viene dal cuore con minor forza e più lentamim- te spìnto nel sistema arterioso , ed in consegu^Mi- za riceve questo sistema minore e più tardo imjnil- so dal sangue ( il quale , giusta le celebri teorie del eh- Bichat espresse nella sua anatomia gene- rale , non esercita che una si^mplice azione mec- canica sulle pareti delle arterie tino al sistema ca- pillare ) e più tarde e deboli divengono le pulsazio- ni. Costa ancora da osser\ a'.ioni di molti fumosi clinici , che alle ripetute dosi di digitale purpu- rea , mentre si ritarda e s' indebolisce il moto del cuore , si accresce l'attività del sistema assorben- te. Questo fenomeno può esser Tcffetto di una leg- ge costante, che si rimarca nello forze vitali , co- me asserisce il Bichat nella sua citata ope- ra , cioè che aumentandosi quelle da una parte , diminuiscono dall altra , e viceversa diminuendo da una parte , si accrescono dall' altra, hd allora non è necessario di suppoire ncdia digitale un' azio- ne complicata ed opposta sull' economia animale , come dietro la teoria da voi pfopusla congetturano i Pomata ij'autemrieth 3o~ controstiraolìsti , ma soltanto una azione specifica sul cuore7 per Ja quale si ritarda e s'indebolisce il di lui molo. Da tutto ciò ben ri'evcrete, che fin qui Io non m'allontano dalla vostra opinione riguardo alla virliì della digitale purpurea: ma se poi mi richiedete in qual maniera io creda che agisca la digitale sul cuore per rallentarne il moto, se cioè cojif ras f/mo^ landò, o irritando, o in altro modo alFettandolo, rispondo d'ignorare affatto l'essenza di tale azione, e volentieri conlesso di non Saperla concepire chia- ramente, collocando questo medicinale nella clas- se di tanti altri, de' quali è tult' ora incognita la maniera di agire nelle nnlaltie. Conosco di essermi tropp' oltre esteso, e di aver trascorso j limili dì una lettera ; ma i vaij og- getti, de' quali dovea pur ragionare, mi hanno ob- bligato a riempiere più dun foglio, e ad arrecar- vi forse tedio n(d!a lettura di essi. Intanto colla solita stima ed attaccamento ho il piacere di con- fermarmi invariabilmente. Anagni 21 dicembre 1831. s? Sulf ernia del perineo , memoria di Jnfonio Scar^ pa , professure emerito e direttore della facoltà medica dell" I R università di Pavia ^ cavaliere del li. ordine della corona di ferro , socio della I{. accademia delle scienze di Parigi , di Lem- dra ec. ( Con cinque tavole) Pavia., 1821. Nella tipografia di Pietro Bizzoni. Estratto . J[ I caso di un'ernia prominente nel perineo pre- sentatosi al celebre cav. Scarpa ha somministrato S:ì8 S c 1 e w z « argomento à questa interessante memoria . Una ma* latria taiUo slraordinaria per la naturale struUiira delle parti su Ciii lia luogo , e messi panino in riab- bia da alcuni ili. anatomici , meritava che cadesse So'to gli occhi d un prot. sì protondam «nte versato nell'arte chirurgica, alìinchè potesse istituirne un di- ligente esame, il quale servisse a spargi^re mij^^iori lumi intorno la medesima . E ciò che ha contri- buito a rendere più perfetto questo lavoro d< I sig. Scarpa, è stata 1 opportunità eh egli ha avuta dì osservare questa malattia fin dalla di lei origine, di seguirne il corso per molti anni, ed iiilìiv' es- sendo il malato per altra causa perito, di poter an- cora conoscere nella sezione del cadavere lo slato anatomico - patologico delle parti che ne l'urino la sede. Fra i pochi ^.asi dunque beu piovati di er- nia nel perineo, che contano gli annali di chirurgia^ deve annoverarsi questo osservato con tanta diligen- za dal sig. prof. Scarpa , e serva il m* lesinio a to- gliere qualunque dubbio sull'esistenza di tal malattia. Un fabbro fenajo per nome Carlo G ipella, di anni òjj, di abito di corpo giacile, e mal confor- inato di petto, soggiacque sin dalla gioviuez/a a flif- licoltà di respiro ed iiisuiti asmatici, a catarri fre- quenti , accompagnali talvolta da sputo di sangue. Pochi anni prima che consul lasse li., essendosi po- sto colle gambe divaricate sopra funa e I altra spon- da d'un losso, col tronco inclinato all' avanti onde agevolarne il passag^io ad un fdn<:iullo, sotto quello sforzo prijò un sezza d'una piccola noce, EiiNiA DEL Perìneo Ssy elio compresso dolcemente ce^lova alla prfsslone , e pi iTiuio più validatueule rientrava nella p Ivi, ove l'u ritenuto dall' infermo mediante una compressa ed una fascia . Una tosse gagliarda, che afflisse j in- fermo per quattro mesi, lece crescere il tumorelto al volume d'un uovo di gallina. Neil' anno consecutivo a quest' epoca, egli si pose di nuovo colle gambe divaricate sopra d uu carro di fieuo, ed in questa positura si azzardò di sollevarne delle grosso masse per riporle sotto di un t>4to; loccliè facendo gli si rinno' ò il dolore nella natica il slra e nei perineo pii!i torte di pri- ma, accon.| agnato da insolito torpore in tutta la co- scia e gamba destra . Pretsentatosi il maialo nel dì :28 mar/.o i8(0 al clinico istituto , ecco in quafe stalo lu ritrovato dall'/^ . Stando egli nell'eietta po- situra colle gambe divaricale, il tronco inclinata, ed il piede destro appoggiato sopra una seggiola, il tumore, guardato dal di dietro, si preseniava in tolta la sua estensione . Vedevasi uscire md pc ineo , in vicinanza del margine destro dell orificio deli'aiio, un corpo piriforme, cke colla sua base si appog- giava sul! inferior lembo del muscolo gluzio g'^an- de. Aveva codesto tumore la grossezza d'un uovo di gallina, largo nel basso, gracile nella . sommità contigua ai margine destro dell' orificio d^!i' ano • Quando il maialo tossiva, manifesto era ! u;lo «iel- le viscere contro la mano di chi premeva 1 un':idet- to tumore. Le parti fuori uscite furono in alloia rispinte nella pelvi con facilità^ nel far la qual co- sa SI udì un suono oscuro di gorgoglio , iudi/-io non dubbio delia presenza dell ernia intesLiuale del pei ineo . Per mantenere riposta quest' ernia opinò l'A. non fosse pei- essere bastai] te la semplice paliollo- G.A.T.XIV. 22 33o Scienze la conVa sostenuta .Irjil.i l.isoiii T, uè la marcìiinet- ta 'h Pij)!pt . (h) m.i pinttijsto credette più oppoi- ttioii (Il impiegarci un citito coslruilo sui prmcipj di cjiieIJo i'Iìe si adopr^ pi p evenire ed impedire Ja pfocìdi nzn del r Ito ini stmo . Una himU'i circolare clic ;i]tbraccia la clrcon- feren-.H «lei b;icino è lis.^ata sid pibe mediante una corri'f5gì^ Un alha nndla a guisa di segmento di cerrliio uniia postei ittrmente alia molla circolare di- scende lungi) 1 osso sacro, e torcfMidusi dolcetiienle in se stcsiia finisce col posarsi sul Ibndo dell er- nia, che preme dal l>a>crso di questa regione, ossia qualche linea più in alto che nell inlermo del nostro A. Dippiù nel primo I ernia aveva sormoulate le hbre dell elevatore dell' ano , mentre in quest' ultimo (1) Vedi le Blkiìc. Precis d'oper. de «jliirurg. loui. li. pa^- ^4^. e 336 S e I E w zr E alcuni fasci carnosi di questo muscolo si vedevano ancora stesi sulla sommiti e a posizione molto eleva- ta nella pelli. .9' Vo/ieratm/i, scrisse e^.i, Ua^cii'ìH in'cessai. e on pour^ roit y Irou^tìr Ucs randcs difjicuUé.'ì raUilivuin^nt à la finifmJeur de toui'e' Iure qui limna passale mie v'sctrax-, la qual cosa è coti, traddcua ita. ;a osservazione di l'ano come e staio dimostrato iti piìi luuglti di q està memoria. Ved. ined. oper. \.n\n. i. pag. iS4- EflKiA DEL Perineo 33t, CIO del sacco erniario, e fare con questo strompnlo una piccola incisione dal basso in allo in tlirezio- ne oijiiqua verso il /ìanco. Imperciocché si eviti* co- sì nel nicischio l'offesa della vescica urinaria, e nel- la femmina quella della vagina. Francisci Noi eia advocati Romani jE^ypfiì juris spe- cimen . liomce extudthat Lmus Coìdedini i8:ì3. A bbiamo la compiacenza di annunciare al mon- do letterario fopuscclo , che porta in fionle lac- connato titolo , del Giuieconsullo Signor avvocalo Francesco Norcia romano, col quale in età d'an- ni venticinque ha dato un saggio dì quanto egli più possa maturo, sì nella scienza legale, come nel- la letteratura. L'opuscolo è di cento pagine , Scrit- to in purissimo latino iirreca il piacere di vedere, che questo linguaggio dei dotti ritorna nel lazio , ove nacque, al buon gusto del pari, chela figlia, l'italiana favella , e vi prendono ambedue il pre- dominio nelle scienze . K dedicalo l'opuscolo all' Eminentissimo Signor Cardinale Cesarei , e l'episto- la dedicatoria è un bel monumento di gratitudine del eh. A. verso il suo Mecenate. Proponendosi egli di dare uno specimen juris j-Ej^jpfii , rc^siringe pri- mieramente in diciotto pagine l'indole natuiale di quel popolo in ragione di clima , e situazione sul globo , e fertilità del paese , ed accenna la sua te- ologia : dà un idea della religione arcana presso i sacerdoti, e popolare insinuata dai medesimi; dei Sacerdo/j sti'ssi ; dell' opinione loro circa la divi- nità , e la crea/ione; spiega l'uso dei simulacri , co- me emblemi dei varj attributi di essa , adombra- 34o S e I K N Z E ti sotto figure di animali benefici , sìmboli di un nume supremo benefattoio , die avevano la disgra- zia di non conoscere; spiegato meglio coi segni chia- mati Geroglifici , di cui perdi^maio la cUiave ; di- vinità in fine punitrice dei rei, e rimnnersntricede' Buoni dopo la morte , credenza ch.^ siippone l'eter- nità dello spirito separato dal corpo, e tanto influ- ente sul reggim 'Uto. In somm.j ha concentrato tut- to ciò , che della teologia egi/.ia ci cons rvarono Jamblico, ( i ) Erodolo, ( 2 ) Stiabone, (3 ) Oro Apollo, (4 ) I^iodoro di Sicilia, (3) e spiegarono i piij recenti Giraldi Feri;*r(se, (6) ed il gesuita Kirchero , ( 7 ) sebbene il eh. A. non indichi co- desti fonti, che avrebbono meglio autenticato il suo opuscolo. Al confronto però risulta esattissimo il suo compendio di teologia egizia , col quale ha risparmiato agli amatori superiìciaìi di queste an« tichità la pena di legger ciò, cli'^ piace agli sp^co- latori più tini, e possono attingere agi mdicati fonti. (x) lamblichi Calcidieasis ex CoJe Syria de inysicriis aegj'ptio- Tum a Toma Gale. Oxonii 1678 tbl. (■2) Hiu. lib 2. Jiuterpe per totuin pag. io3. a 191. cdit. WCs- selingi Amst. 176J. fo!. (3) StrabouJs rcium geo^rapJiicaruin lib. 16 et 17 Amstel. 1707. tona. 2. (4) Ori Apalliuis Niliaci hieroglypiiica. Io. Pauw. Trajecti Bat. 17 7- in 4- (5) Diodori Siculi bibliothc.a liistorica Wcssclingii Amstel. 174S lib. 1. cap. 80. et scjfi. pa^. yo. (6) Grcgorii Giraldi de diis geniiuai varia liistorica syntag. g. p«g. 6. et syn». 17. pag. Si 4* édit. basilcae i5(io fol. (7) Altiatiasii Kirc!icri Oedipus aegyptiacus Romce 1642. fol., C}usdcia spiiiiix niysiitgOóa sivc diairibe lijcro-lyphj-.a Arast. 1616. Ibi. Intcrprctatio hieroèlypliica iiomae i6Gt). lol. Ae&YPTII JliRiS SPECIMEN 3/^1 Passa quindi il eh. A. alle leggi , vera storia de' costumi dei popoli, delle loro inclinazion'. , del- le virtù o vizj , della felicità, del clima, e dei tem- pi, del reggimento in line dello stato, li piimie- ramente, come intatti egli è incerto, lascia dub- bio il genio de! legislatore: Mercurio o t.rmete Tri- smegisto , Sesostri o Boccori , Asichi o Ainasiri, Mosè in fine, (8) sono tutti probabili legislatori dell' Egitto a varie riprese. Restringe le memorie della legi- slazione egizia conservateci da Diodoro di Sici- lia e da Erodoto (;^) in cinque tavole; segno evi- dente della bonlà naturale del reggimento ingenuo, e del popolo bisognoso di pochissime leggi i a ra- gione inversa corruptissima repubhca plurimce hges. Esse sono rigorosamente scritte nello stile delle X.II tavole romane: e sebbene poche le tavole, ba- stano a Tare intendere lo spiritosi del reggimento egizio, che del buon popolo. Ogni tavola niente di- ipeno è accompagnala da giudiziosi ragionameli so- pra ciascun articolo della legge per ispiegarne la ca- gione, l'intenzione, la direzione, e l'elfetto: ed i ra- gionamenti dimostrano il tallo tino dell' A; per cui Cornelio Tacito rimane convinto di poca sincerità, allorché pretese giustiticare arcrt/irt Jiv^usti^ nel trat- tare indegnamente un popolo saggio e buono, strap- pato dal reggimento de suoi bravi re. JE^jptum co~ piasque cjitibuì coercefur^ jam inde a divo Ju^usto equìfes romani tibfinenf ^ loco Return. Itavisum expe^ dire provinciam adita difjicihm anuonce foecundam^ super stitione ne lascivia discordem et mobilem, insci' (8) Strabene cit. liL. 16. (9) Straboue cit, lib. i. cap. i8. pag. 79. e seq. ed Erodoto cit. Jib. 2. cap. S5. e 36(, e i64' 34*2 SCTKNSIS ani /egum , ignaram mn^isfrnfuant^ domi retlnere. ^lo) IVI plio , e più vero avrebbe detto il politico Tacito, che Aiig'islo ne' suoi arcani trattò (juel saggio po- polo are: bament»' per liaiore , ch'^ ridotto sebbene alla cundi/,ìone di provineia non riHgisse. \ù perchè avea Sospetto, che un cittaciino ronirino di più alto grado, e rela/.ioni che un cavaliere comune, spe- dito a reggere la provincia loco Rcgum non pro'it- td-isp della bontà reale del popolo, e d'Ila bonaccia di '{.tma, a tenere Ja provincia cosi lontana con due Sol* legioni, per erigisi in Sovrano. Nel qu»! sen- so Tiberio appose a delitto al virtuoso Germaoico di aveiea d pò to peneliato ILgillo , e visitatene le m -ra iglie T hrnus acerrime increpuif , quod con-' tra insntìifa Autisti j4Lxandrianh infroissef i nani j^ti^us'us inter alia dommatioiiis arcana , K 1771. pa^. 14. to. 3. 4uarto. (il) Cjriiei. Taoitas aauai. iib. .>. cap. 69. pag. 112. tom. t. cit. ed.z. Svetoi. in Tibeno cap. bt, ^i^. òi)^. to«> i. adii, iiur tnaitxti ijciì, ijuario. Aeoyptii juris si'ECL'vifm 343 bedue : quindi succedi^sse quella cIk^ I'A. pose per prima; eppoi la seconda, succi^ssivamenle la prima, indi la quarta , e la quinta ; egli è Vero però die la disposizione delle tavole usata dall' A- ha 1 esem- pio ili Goloirvdo^e Vlarcilio, (: 2) F.Ursino, eCaravina, ( I j ) i !{iiali neir accozzare i (rammenti del gius decemvirale tennero un or.iine egualmente arbitra- fio ; ma ai gioini nostri pare meglio situare prima la b;tse , ed il piedistallo, ed a questi soprapporre la Colonna corrispondente. Così disiìnguesi il sistema dei diversi reggimenti. Ma qualunque sia la ilìspo- sizione nelle tavole acco^.zate dalT A., sono esse esat- tamente, e con molta intelligenza in bel latino antico , coniate tutte sulla fede de ci tssici Sopraccnnalì, e tutte insieme presentano Tordine politico di un reg- gimento felice più deir Utopia ( 4 ) ^^ '''gfi'^ Ìon- damentale costitutiva dello sialo egizio è ristretta nella tavola ter/a. ArtiC 1 , tje^e nd mijiis esto. Artic.Iil. Penes Regern suminn pofestas esto Arlic.V. lìex le gì ab temperato ; eiquc navi lUagistri , aidi- CKjUP athciscuntor , A iti e 11. Gimeri ^ratia nulla habetor . Ai tic. IX.. SaCerdotes Rege/tiin Iìirorum laudato , malefacta 'vituperato. Artic VII. Siudia^ victns^ so- latia Jìe^i jussa sunto. Ai tic. VILI. H.ec si negli- get pust/iwnis tenetor . Tutto raccolto da Diodoro (i2) Io. GjiliofVeJi t'oiites quataor (uris civ^il. in uuuui ooJle ti, extat in thes . Everardi OttO'iìs toin. 3. pa^. 1 Th Mar la col- ici lauca legis Xll. tab. cod. thes, tom. 4- P'^a- '^^J- Trajecti %4 Rlien. 1755. fol. (i3) Leges Romanae collectae a F. Ursino Romae i583 quarto, Grav^iiia di? origine juris tom.i. pa^.3'j5. edit. Neapoii 1713. quarto. (i4; i^i-'H ^6 opere Thuiu<« Mori lirvicitucti ib^^> fol- 344 Scienze di Sicilia ed Erodoto nei luoghi accennati, che in buona serie dicono. Il Re, centio della potestà, ma primo suddito della legge , inesorabile, uguale a tut- ti : He circondato da un consiglio stabile de Sacer- doti , e da ministri variabili , diflicilmente pisciò cattivi , e perchè scelti nel ra-glio di ogni classe. Ani e. II. Generi grafia nulla hnbefor; i>irtute qui^ sque confendito. Il Re era pure soggetto alle pacid- che e diurne ammonizioni de Sacerdoti: iaìiiinne, finché viva, da ogni altra censura, ma assoggi^Lia- to alla publiea d jpo movie, posthumis tenetor, per ac- cordargli la perpetuità della memoria in una piia- mide , od in un obelisco iscritto delle azioni vir- tuose, oppure condannarlo alla perpetua oblivione delle cattive. I raonumeuli egizj però sanmno testi- monj perpetui , che la saviezza dello accenti ite leg- gi fondamentali dello Stato sortì l'effetto propusti>si di ottenere una serie di buoni Re. Tutta duntjiK? la Monarchia egizia f'ondavasi snW onestà e la lcgj;e ri- spettata tanto , che il contrapeso dttìi" imperiuiu era l'opinione publiea , e timore d.j:l giudizio del popo- lo sulla condotta del Re , ma presso sua morte : ia somma sull onore ^ come sostiene il segretario Fio- rentino, e fra gli Egizj anche pr<^sso la posterità. Convince con ciò indirettamente il eh- A. di errore latrabilare Alfieri , che per buse della Monarchia sostenne Iodio , ed il timore reciproco. ( i5.) La sto- ria egizia ne dà ampia la con lutazione. Gli altri articoli della tavola terza, ma purea consi- derarsi la primaria, appartengono ali economia pubbli- ca, di cui potevasi formare uua tavola separata. Arlic XX.I1 Regni friicfus trifuriain herciscuntor: pars Jìegi: db) Alfieri Vittorio. Delia tirannide lib. i, cap. 3. pas- 20. i^li- Jano anno nono. Aeoyptii Jthis sPEcniEiv 343' altera Sac^ixloiibus ; quce superest milifihus addicitor. Il terzo dunque delle rendite prelibcito era per il Re, e la sua Casa, e stipendio dell Amministrazione del Re- gno : l'altro terzo accordtito ai Sacerdoti per soldo spesa dei tempj e sagrificj : T ultimo in fine 'destinato era al- lo stipendio de soldati , e spesa della guerra, ^r- tic. XII. I sacerdoli vecti^alibus immunes sunto. Artic. X. e XI. L'immunità correspetliva al ca- rico di sorvegliare alla religione, alle scienze, al deposito delle leggi , ed al regolamento de' pesi e misure , ed alla zecca ; oggetti degni del sacerdo- te per la delicatezza. Artic. XIH. stipendio e vet- tovaglia a soldati. Aitic. XIV., esercizio militare anche in pace. Gli articoli rimanenti riguardano la condizione degli uomini, de stata hominis. La Ge- rarchia era semplicissima. Artic. III. prima il re. Artic. IV. indi i sacerdoti , eppoi i soldati. Ar- tic. XV. Il resto in truppa , Pastori , Agricoltori, artisti. Artic. XIX, ed arti progressive di padre in figlio per perfezionarle. Artic. XVIII. vietato r uscir di sua classe. Artic. XVI. censura perma- nente. Artic. XVII. r ozioso , il prolefarius fuori della legge. L articolo XXI. riguardala salute pu- blica : messo il Nilo, e le sue escrescenze , come termometro dell' abbondanza di Egitto, in osserva- zione per tutto lo stato. E per compiere questa tavola terza, ma la primaria , prendendo in pre- stito dalla tavola pria^a V articolo XIII. mediciis corpora curando medicinam , (juce siet^ ne mutato., slque aeger novo mcdicamine interierit , parricida esio. Bene o male però , qnestione antica , se la vedano i medici in giiistilicazione della varinzio- ne continua , e rapida dei loro sistemi. Questo era il diritto pubblico egizio , che il eh. A. giudiziosamente ricavi» da Diodoro, ed Ero- G.A.T.XIV. a3 346 S e I B N K K doto, e concentrò parte nella prima, e parte nel- la terza tavota ; nella prima perù secondo il suo or- dine ( ma meglio Sarebbe intitolata seconda ) rac- colse egli le regole delle aziotii private , e degli oHlc] sociali , cioè il codice civile. Art. I Età abi- le a contrarre rlozze. Artic. Ìli. Anche tra fratelli permesse. Ait. Jl. Poligamia, ma non pe' sacerdo* ti mod t-ati. Arlic IV. t. quindi nessuno conside- rato spurio. Art. V. Proibita l'esposizione de' bam- bini : ( di patria potestà niente si accenna ) Artic. IX. Le usure tassale. Arlic. X. 11 debitore insol- vente obligalo a dare al Creditore in pegno la mura- tnia del padre ( grande stimolo per gli Egiziani a J)agare , e riscuotere ). Artic. Vili. La lite col debitore dubbio, decisa col giuramento del mede- simo, prova dell* estrema buona lede. Gli altri ar- ticoli meglio sarebbono stati trasportati alla tavola, secondo 1' ordine del cb. A. , la quarta , in cui riunì tutto il codice penale egizio , con cinque ar- ticoli ; e col trasporto formate una terza tavola più jimpia di diritto repressivo , e punitivo dei delit* ti. Frattanto nella quarta tavola leggesi. Artic. I. Pena capitale allo spergiuro ; eccessiva perchè cre- duto strano il caso di applicarla , ma alta a sos- Stenere il credito del giuramento. Arlic. IL II se- duttor della veigine inabilitato a reiterare con al- tre r eccesso; pena acerba pur anche : ma qnal al- tra efficace, né pericolosa nelle conseguente ? Ar- tic. HI. L' insidiatore del talamo alti-ui punito a mille colpi di bastone . Artic. IV. Alla concubina dell' ammogliato , ed all' adultera reciso il naso. Artic. V. Li giuocatori inquisiti , e condannati al lavoro pubblico Artic. VI. Al traditore del segre- to di vSta'o tagliata la lingua. Artic. VII. Il sol- dato disertore inl'umuto . Aitic. Vili. Ma se tor&il Aegyptu Jums specimen 347 sponlaneo alle bandiere, reintegrato. Artic. IX. .A.I monetario falso, ed al falsificatore di scritti, reci- se le mani. Artic. X. All' omicida , e colui che potendo non impedì 1' uccisione , ugual pena di morte. XII. Al calunniatore la pena del tjtlione. Artic. XI Le città responsabili anche del funerale per gli uccisi nel suo territorio. Artic. XIII. L uc- cisor del padre fra spini , e canne aguzze gettato nel fuoco. Ed aggiungendo a prender qui rango gli articoli della tavola prima, giusta l'ordine del eh. A y ma che a delitti appartengono. Artic. VI ta. I. Il padre uccisor del figlio, condannato a stare tre giorni abbraccialo al cadavere. Artic. XI. e XII- ta. I. 11 furto represso col ridurlo a professioms pubblica in faccia al Uè , ma per obbligare il la- dro a rendere il rubato al danneggiato col minimo profìtto di ritenersene il quarto. Bel paradosso ! Ma che il furto annulla coir infamia certa, pub- blica neir esercizio , sproporzionata al guadagno. Artic. VII. ta. i. Alla donna gravida sospesa la pena, finché non siasi sgravata. La seconda tavola nell' ordine del eh. A. « di soli sei articoli , che rappresentano 1' intero co- dice giudiziario , di cui ebbe bisogno il buon po- polo Egizio. Potrebbe meglio disporsi , intitolan- dola q(jarla , e ritenendone la serie degli articoli. Trenta giudici scelti fra i più probi e scienziati delle città primarie ; ben p;igati , e distinti con l'emblema della verità appeso al collo ; esclusi dall' officio grignoranti, gì' immorali , i raendici , e nella respettività servi e padroni : amministrazi<ì- ne della giustizia senza S[)esa : Difensori, nessuno; ma difese per iscritto di mano de' litiganti : la sen- . tenza ristretta ed espressa col passaggio raoiueota- neo deli' emblema della verità dal collo dal gia- 34ti Scienze dice a quello del vincitore della lite : Questo è tutta la forma dei giudizii egi/j. Riguarda il culto de morti la quinta tavola ^ grande affare per gli Egiziani , appoggio della legi- slazione loro , r opinione pubblica anche dopo mor- te. Tutto il disposto in questa tavola consiste. Né al Re , né ai sudditi accordansi gli onori del fu- nerale, se prima non sieno degni giudicati di me- moria : se indegni abbandonati all' infamia , e per- duta memoria : né si pianga il morto, più di gior- ni settanta , e questi duranti , digiuni e grama- glie : Le mummie in casa del defunto si conser- vino. Poiché il eh. A. intitolò il suo opuscolo spe- cimen, e modestamente concluse la sua raccolta is- cusaiìdoìà, si jejuna mancnque forsan reperiatur^ po- trà accrescerla di altre due leggi. Judex apud re- gem jurej arando projitetor ^ ne jussu ejus aut pre- ce ^ quid se injusti adniissurum. (i6) ^ le ndi pareri - tes Jiliis nrbitrium , filiahus necessitas esto . (17) Questa ultima però occuperà alquanto il suo inge- gno per trovare la ragione della differenza . La riu- nione infine di così savie leggi dimostrerà sempre la bontà del popolo Egizio , e la saviezza del suo reggimento , che dopo i trattamenti non meritati , da Augusto in qua , pfr tanti secoli e vicende , ora sembra gli sia restituito, e migliorato da un nuo- re Genio figlio di Italia accompagnalo da cogni- zioni di Europa. IIAFFABLE IVIBCKNATE. (i6) Fiutare, apoph. tom. 6. pag. 6G5 edit. Erncsti Lipsia; 177+ OLtavo. (17) Hcrodot. lib. i, cap. lop pag. 120 liii. 60. cit. cJit. 349 Oratio habita in Jcademia Ljnceorum a Jeanne Baptista Bomba Romano PJiil et med. doct. ejus» dem Academiae socio ec Romae. Excudebat ZXe- Romanis 1O22. A vendo noi letta con molta soddisfazione la me- moria del eh. Autore, e lasciando a parte alcune di lui riflessioni, dalle quali prende motivo a trat- tare dell' argomento propostosi , crediamo che a tre principali punti possa rìdqrsi quanto ei dice in- torno la sentenza comunemente attribuita ad Ip- pocrate — r- Omnis repletio mala^ panis autem pessima^ Ci è sembrato in prima che l'autore voglia mostra* re non trovarsi in alcuna delle opere d'Ippocrate quest'aforismo così schietto e netto, come è sta- to annunciato da molti de'passati medici, e come 31 ascolta tuttora dalla bocca di molti medici pre- senti. E in tale erudita quislione, se volentieri noi presteremmo fede ad ogni altro professore dell?^ scuola Ippocratica di Roma, molto piiì ci acquie- tiamo air autorità del nostro autore consumato nel- la lettura de' codici greci di medicina, il quale as- sicura aver usato tutta la possibile diligenza nel rintracciarlo . Ci è sembrato in secondo luogo ch'egli voglia additare da qual passo dello stesso Ippocrate sia stata ricavata la suddetta sentenza , della quale poi si è fatto un pretto ed isolato alorismo. E qui con- fessa con ingenuità di aver avuto a scorta il ce- lebre Mercuriale, il quale sopra un passo del Yihrode Jìffcctionibus fonda il piij volte mentovato aforismo. Ecco il testo Ippocratico — Eo^ cibis ac potibus , 35o S n r E lY 2 E qui commodisslmi sunt corpori , ac maxime sufjl^ cicntes et ad aUmentum et ad sanitatem^ ex his ipsis efinm , ubi quis non in tempore utatur , aiit plu~ rihus , quam tempestivum est , morbi , et ex morbis mortes Jiunt. Ma se si stesse a questo periodo so- lamente ^ per certo non ne verrebbe la sentenza che ogni repleziojie è cattiva , pessima poi quella del pane. Imperocchò ben altro è il concetto che si racchiude nel precedente periodo , e Ippocrate vuol dire in esso che dai cibi più salubri, e adat- ti al sostentamento del nostro corpo possono es- sere cagionate malattie e morti , quando si pren- dano fuori di tempo, o in copia soverchia . Con- Tiene dunque rivolgersi colf autore al contesto , o ■vedere se in questo siavi altro sentimento , dal quale possa dcdursi come per conseguenza il vol- gare aforismo. Soggiunge Ippocrate immediatamen- te appresso - Reliqui autem cibi ac potus, qui ejuS- modi J^acultatem non habent , parwn quidem juvant, efiam si quis opportune utatur^ parum vero etiam ìiocent- . Se a detta del vecchio di Coo il cibo di poca sostanza mentre poco giova all' animale eco- nomia presoattmpo debito, e nella debita quanti- tà, poco anche nuoce intempesti\ amente e abbon- dantemente usato, ne viene per legittima conseguen- za che il contrario debba dirsi di un cibo di buo- na qualità « nutritivo, vale a dire che questo inop- portunamente pieso e in molta copia danneggi assai più l'individuo; e poiché il pane è certamen- te buonissimo alimento per l'uomo , la reple- zione di esso sia sopra tutte pregiudizievole. Ecco pertanto il passo d Ippocrate, d onde senza dubbio è derivato l'alorismo in discorso ; ecco il luo- go, d'onde e Gelso, e Avicenna 1 han desunto, e ridotto in forma concisa ed dforisLica ^ e che la cO' Bomba. Oratio 35i sia sia andata in tal uioJo il confermano pienamen- te il lodalo Mercuriale, e sopra tutti Prospero Mar- ziano gravissimo coqimenlatore delle opere d'Ippo- crate, Cotesto fonte apparisce anco piij chiaro, quando al testo poc' aazi riportato si aggiungano le seguenti parole -^^ cibi et potus qui liane vim hahentjii sunt:^ pnnis^ maz,ay carjìes, pisces ^ vinum , et ex Jkis quif dem aia magis, alii mimis - . JNel qua! periodo vic« ne specificalo I alimento piij nudriente per l'uomo, e tra le varie specie viene posto in primo luogo il pane. Rifletle quindi oUimamente l'autore che que- sto periodo dovria essere collocato immediatamenta dopo quello che ìncom'xncìaL - ex cibis et potibus - ^ e non già ripianere nel posto dove presenlf mente si legge, e doy.e probabilmente è stalo trasportato per errore di qualche antico copista. Il terzo e più disteso punto della memoria ci è sembrato aggirarsi su la confutazione di Saverio Mattei , il quale ha preteso dare una nuova inter- pretazione del supposto Alorismo d Ippocrate , in- terpretazione con plauso ricevuta da moltissimi se- guaci dell'arte salutare. Lgli ha preteso tradurre il greco vocabolo Plesmone nel latino nauseacio , ed esprimere così la sentenza ippocratica - ca/Z/ya si è in genere la nausea alt alimento, pessima poi in spe- cie qi^ella al pane - \ olendo in tal guisa significare che quando il malato, o il convalescente ha in fa- stidio il pane suo alimento ordinario, offre al me- dico un pessimo indizio, ancorché qon disdegni al- tra sorta di cibo. Che però silfulta dichiarazione sia appoggiata sopra un falso supporto, lo vede ognu- no che richiami per poco alla mente quanto di sopra è stalo detto, che Taforismo in contesa è una bel- la e felice illazione tratta dagli ippocratici concetti, roa che così costrutto, come si annuncia, non csi- 332 S e 1 E N Z K , sic in verun' opera dTppociate . Ne vede eziandio la lalsità chiunque rifletta col nostro autore, che tan- ti e tanti han ricuperato perfettamente la sanità, aven- do nella convalescenza una particolar nausea al pa-^ ne, come sono periti ben molti che avidamente lo appetivano ; che molte gravide sot;liono aver nau- sea' ad esso senza che ne soffra gian latto la loro salute , e via discorrendo. Ma dato ancora che lì tante volte mentovato aforismo bello e formato si trovasse nel cit. libro de ^(/eGfion/bns , in ogni TOodo non regge rinlcrprftazione dtd iVlattei, poiché la voce plea lupinis — — come già avea opinato Giovanni Faes illustratore e commen- tatore di Lilio Gìraldi. V ha così una convenienza tra le cose mentovate da Orazio , e può dirsi con verità che mentre l'uomo saggio e benefico è pron- to ad opere degne e grandi , non trascura di oc- cuparsi eziandio delle picciole, di conoscere a mo- do di esempio la differenza tra due vegetabili legu- minosi destinati alla pastura degli animali dome- stici. Sarla slata una caratteristica ridevole del sag- gio il discernere - quid disteni aera lupinis - poten- dosi ali uomo anche più rozzo applicare. £d a que- sto proposito è di opinione l'autore che ervo deb» basi legger.? nel verso loi di Virgilio Ec\. 2Ehei4 quam ping/ii macer est miài faurus in arvo- ai qual arvo è benissimo adattato l'epiteto di pingui , sa- pendosi che gli armenti se ne cibano con piacere, e ne traggono lan buon nudrimento per il loro cor- po . Pietro Valeriano , e l'eruditissimo Porcellini anch'essi han creduto di dover variare in tal mo* do la lezione di quel verso. Da questo breve saggio potrà conoscere il pub- 354 S e l E N X 8 blico quanto stuello ed attenzione abbia posto Tau». tote nella lettura delie opere d Ippocrate , e di al- tri luminari della scienza medica , su qiial base sia fondata la di lui pratica , e come ai severi studj della medicina egli sappia congiungere una non me- diocre cultura delle amene lettere . Noi vogliamo sperare eli egli rivolgerà la sua mente ad illustrare altri luoghi ippocratici che più interessano il pra- tico, e specialmente alcuni de' genuini Aforismi , sii quali molto si è detto , ma in verità poco di concludente , e forse nulla che modellato sia, alio idotuine luminose del secolo. 355 LETTERATURA Osservazioni numismatiche di Bartolomeo Sorghesi» D E G A D E V. OSSERVAZIONIZ I. H o descritto altra volta una medaglìuccia dì ra- me coniata a Gerapoli di Frigia, promulgata pel pri- mo dal Seguino pag. gì) , e ripetuta dal Morelli nel- la gente Fjibia tav. 3. n°. i. portante da un Into la testa di Augusto coli' cpigrafe*ABi02 O MAHIM02 , e dall' altro la leggenda lEPAnOAElxQN TPI4QN nel mezzo del campo senza tipo. L Avercampio pensò di attribuirla a Paolo Fabio Massimo ricordato neli* osservazione precedente , console nel ^4^ ^ protet- tore di Ovidio , amico di Augusto , cui fu cagio- ne di ruitia l'arcano che questi gli affidò relativo ad Agrippa Postumo , da lui imprudentemente rivelato alla propria consorte . Per altro una tale opinione rimase fra i limiti di una semplice congettura, non essendo stata avvalorata da alcun argomento , fino al punto di essersi taciuto il motivo, per cui si pre- scelse Paolo Massimo piuttosto che Q. Fabio Mas- simo Africano suo fratello, al quale questo nummo poteva convenire egualmente bene. Intanto la leggen- da del diritto venne in sospetto all' Eclhel T. 3. pag. ibG che non seppe intendere cosa vi stessero a fare due magistrati, non avendone rinvenuto al- tro esempio sulle monete dì Gerapoli. Ma ho già 556 L E T T E R A T U II A jnostralo nell'osservazione VI. delia decade II, che Fabio Massimo qui sì memora come Proconsole dell' Asia, e quindi Trifone sarà il magistrato della città; col qual semplicissimo spiegamento verranno disper- se tutte le dubbiezze dell Eckliel. Solo dunque rima- ne a provarsi che rAvercanipio non prese errore nel- la persona del Fabio, cui aggiudicò quelT epìgrafe. E ciò potrà farsi agevolmente in grazia delle due medaglie poco sopra riportate, clalle quali si è ri- saputo che Fabio Africano fu Proconsole dell' Afri- ca. Imperocché coiiùucierC» dal richiamare alla men- te la costituzione di Augusto sulle provincìe , in virtù della quaie fu determinai^), di'? ogni consola- re dopo un quinquennio dalla deposizione dei fa- sci ricevesse a sorte il governo dell' 4 sia o dell' Afri- ca , e stabilirò di poi coli' autorità dei fasti, chr i due fratelli Fabj non ebbero il consolato se noni una volta sola per cadauno, e che sotto Augusto noin vi fu altri di quella famiglia che lo conseguis- se. Posto ciò , se Fabio Massimo Africano ottenne l'amministrazione dell'Africa, non potè certamente sortire quella dell' Asia ; onde quest' ultimo gover- no, insieme colla medaglia che ce ne assicura, rica- dere necessariamente a suo fratello Paolo Fabio, che dopo il consolato avendo sopravìssuto almeno ven- tiquattro anni, siccome ricavasi dalle tavole Arvali, siamo certi aver dovuto occupare per legge uno d^ quei due proconsolali. Osservazione II. Il Morelli nel delineare l'asse di Decimo Sila-? no nella gente Giunla tav. 2 n. .i , scostandosi dall' accurata incisione che ne aveva data l'Orsino, 1q figurò in modo da far comparire che sulla testa di Giano fossero conficcati alcuni pali,o fece altrettali» Osservazioni numismatiche 35^ tanto neir esibirci quello della Tituria n V, ch'egli troppo confidentemiiute ricopiò dal Palino . Con- sentanee a queste pil.ture sono le descrizioni dei suc- cessivi nuaìismatici , i quali stanziarono che il ca- po di Giano vi era veramente palìs she vallis or* natiim ^ onde rxivercampio p. 420 , e l'Eckliel T. V pag. ii5 non furono lentia preparare congeltu- re per ispiegarne il significato. Dissero che quegli stipiti o denotavano i termini del circuito fissato al- la città da fabbricarsi, in luogo dei quali poi suc- cesse il solco condotto dall' aratro , o vero allude- vano alle palizzate costrutte per dì Tesa in cambio del- le mura. E a quest' ultimo intendimento citarono fra gli altri un passo di Tertulliano nelf apologe- tico cap. 10 , ove purla di Saturno dicendo : Mons. quem Incoluerat Satuniius dlctus\ civilas , quam de- palatemi Saturnia usque nimc est . Ma la loro eru* dizione ft sparsa al vento , perchè il Morelli ebbe questa volta agli occhi la traveggole, onde i suoi pali altro non sono che le foglie dell' alloro di cui suole Giano incoronarsi. E facilmente sì sarebbe ac- corto di esser caduto iti inganno , se non conten- tandosi di osservare una sola di queste medaglie, ne avesse consultata più d'una, come ho fatt-o io, in grazia che la mia raccolta me ne metteva innan- zi fino a sfti tutte uscite da diverse matrici, col con- fronto delle quali ho potuto trarmi ogni dubbio sul* la realtà di ciò che vi si è voluto rappresentare . Né di un pari equivoco sono soltanto suscettibili gli assi citati della Giunia e della Tituria , ma bea anche quelli della Vibia e dell^ Ogulnia , perchè ivi pure in alcuni di fabbrica più grossolana le foglie troppo ritte e sottili, a chi avesse la mente prevenu- ta in favore dell' opinion del Morelli , potrebbero a prima vista apparire cavi^die. E ciò nasce perchè 358 ' Letteratura questi as«i sooo tutti sernionclali , e per conseguen- za molto ni(°no grandi dei più vetusli , onde quan- tunque lo stile dell incisione che nel rancie è senti- pre poco buono, sia generalmsnte il medesimo, pu- re in questi la miggior piccolezza delie dimensio- ni tradisce più facilmente l'intenzione dell' artefice. E qui avendone 1 opportunità non mi asterrò dal notare che siccome l'Aiercampio giustamente cor- resse il Vaillant clic aveva detto onciale l'asse del-» la Tituria, così del pari conviene emendare il cor- rettore caduto nel medesimo abbaglio riguardo a quello di 1). Silano che non è di classe diversa dall' ailtro, siccome mi fa vedere il mio museo, in cui* il più grave di questi pesa solamente undici dena- ri, i^è qui finiscono l'inesattezze di cui si troveran- no colpevoli l'Avercampio e il Morelli, ove le de- scrizioni ei disegni eh eglino stamparono di que- ste medaglie si paragonino cogli originali. Imperoc- ché nel nummo di Silano 1 esergo è affatto sgom- bro di lettere , come l'aveva dato l'Orsino , nò è vero che vi apparisca l'epigrafe roma, rarissima su- gli assi coniati dopo la pubblicazione della legge Papiria . E lo stesso dicasi dell'altro della Tituria N ° V. nella parte infeiiore del quale ho sempre ve- duto il cognome sabinvs, non mai la voce roma, onde si avrà a conchiudere che quell'incisione de- sunta dall'opera del Patino deve rigettarsi del tut- to e cancellarsi , per prestar fede solamente all'altra che dietro le proprie osservazioni aggiunse lo slcs'- so Morelli, e eh' è notata colla lettera G. Osservazione III. Ho provato qui sopra che gli assi di Decimo Silano non sono altrimenti onciali di peso , coma aveva asserito l'Avercanipio, ma sibbeue di mczz.' Osservazioni Kinrti^wATicnB SSq OHcii , onci' esser debbono posteriori all' anno Var- roniano 680 per Je ragioni che ho toccate altra Volta. Da ciò ne viene che alla medesima età do- vranno appartenere anche le sue medaglie d' argen- to , le quali tutte portano nel rovescio la biga del* Ja Vittoria colla epigrafe d. silanvs. l. f. Variano poi nel diritto , perchè alcune mostrano V ef(igie della dea Salute, in menrtoria del tempio votatole dal suo antenato G. Giunio Bubulco Bruto con- sole nel 443 , nel mentre che altre fanno vedere una maschera rappresentante Sileno allusiva al suo cognome , giacché nel dialetto dorico famigliare al- Ja lingua latina, in vece di rAuvo? si disse J/Aai/oj, Per altro la solita testa femminile coperta dall' el- mo alato è quella che più frequentemente suol com- parire su questi nummi , de' quali dev' essere Sta- ta stampata un incredibile quantità. Conciosiaccllè non solamente sono distinti colle lettere monetali^ ma ogni lettera ha eziandio una sua propria sud- divisione in numeri , de' quali non ne conosco al- cuno superiore al XX.X. , onde con tale proporzio* ne le ventuna lettere daranno almeno seicento tren- ta conj diversi. Il Ramus t. 1. p. a. pag. 6i ha pubblicato un sesterzio colla stessa leggenda nel ro- restìio , e collo stesso tipo degli ultimi denari , il quale mi fornirà argomento di un' osservazione a parte, perchè altre due di queste monetuccie fra loro dissimili si conservano nella mia serie , ognu- na delle quali discorda dall' edita nell epìgrafe del diritto. Per ora mi basterà dì avvertire che questi «esterzi servono mirabilmente a confermare Tetà, the dal peso delle m^^daglie dì rame viene ad as- segnarsi al nostro Decimo Silano, constando per eS" peiienza che i sesterzi portanti il nome del zec- ckicre spettano, tutti o agli estrcmii tempi della r&* 36o iiRTTERAlrVIlA pubblica , o alla tirannide dell' ultimo triumvirato. liO che essendo, se ne conchiuderà eh' è corso er- rore nel personaggio e nelT epoca, a cui le presen- ti monete si aggiudicano dai dissenzienti numisma- tici. Acconciamente notò l'Orsino che il torque in- segna della casa dei Manlj , da cui alcune volte si circonda il diritto di questi denari, rendeva chia- ro esserne stato autore un discendente di quel Tor- quato figlio di T. Manlio console nel 589. che fu assunto in adozione da un D. Silano , e di cui ra- gionano molti scrittori, stante che nel Gi3 fu con- dannato dal proprio padre per estorsioni commes- se nella pretura della macedonia. Ma se fin qui vi- de il vero, si sarà poi ingannato noi sospettare che il triunviro monetale tosse fratello di M. Silano, che ottenne i fasci nel G45 , nella qual sentenza disce- se, perchè quel console in alcuni fasti si diceva al pari di lui figlio di Lucio. Infatti prescindendo dal non aversi alcun sentore del padre di quel conso- le , la cui nascita da un Lucio non ha altro fon- damento che in una falsissima medaglia del Gol- zio , sarà certo nel sistema dell' Orsino che se il triumviro di queste medaglie discese dal Decimo Silano figlio di Manlio , e se fu fratello del con- sole del 645 , quest' ultimo ancora sarà prove- nuto dalla medesima origine Per lo che se am- bedue furono figli di Lucio , per quanto voglia avvicinarsi ai loro tempi il Decimo sopra citato, egli non potrà essere al più che il loro nonno. Ma se facciasi il conto all' età del console , si vedrà molto presto che una tale genealogia non può sussistere. Quando quel D. Silano fu fatto pre- tore di Macedonia nel 612, o non eccedeva, o ec- cedeva di poco i 4® a'ini prescrittigli dalla leg- ge annale pioraulgata nel 5^5, sì perchè era an- OSSERVAZTOXI NDMISHATICnE 3Gl cor vivo suo padre eh' era stato console ventilrà -anni prima, come perchè Valeiio Massimo 1. v. cap, tì. ^. 3 a quel tempo Jo chiama ancora adof les-cens. Dall' altra parte nel G45 in cui il conso- le prese i fasci, converrà forzatamente concedere ch'egli avesse almeno 1 età voluta degli anni 43, il che porta che nascesse quando il supposto suo nonno non ne aveva che trenta. Ora tre genera- zioni in un termine così ristretto sono presso che fuori dell' ordine naturale, e certamente avverse al costume romano, imperocché ne verrebbe che tan- to Liicio il padre, quanto Decimo l'avo avessero menato moglie di quindici anni , e per conseguen- za innanzi l'assunzione della toga virile. Quasi la stessa stiada delf Orsino fu battuta dal Vaillaut, che anch egli credè coniate queste monete da un ni- pote del Manlio adottalo fra i Siiani , senza però imbarazzarsi di ricercare chi fosse. AH opposte mol- to piij al vero accostossi l'Avercampio che le ag- giudicò ad un figlio di quel L. Giunio Silano che nel G'^S fu proconsole d Asia, per attestato di Pli- nio 1. 3, cap. 35 , e che senza farne inuiilmenlc due soggetti come jia preteso il Pighio, io credo essere quel medesimo Gjunio, cui un simile offi- cio si attribuisce da Velleio Pal^rculo 1. 2. e 42-» e da Plulaico in Caes -. e. 4i ^^ ^ ^"^ Cesare ri- corse perchè condannasse al supplicio i pirati che r avevano fatto prigione . Però a mio gìudi:;io an- che queir antiquario deviò dal r('tto sentiero , quan- do confuse l'autore della medaglia col D. Silano console nel 692, non essendo bastato a farnelo ac- colto che il Pighio avesse distinto 1' uno dall' al- tro, asserendo che il secondo era figlio di Marco, mentre il primo dalle sue epigrafi si proclamava «ato da nn Lucio. Ejjli credè cht? l'enunciata jie- G.A.T.XIV. «4 30a Lkttkrvtuha nealogia di quel console non si appoggiasse che ad una semplice congettura dell* annalista, ma in- vece ha gravissimo fondamento perchè procede dall' indice consolare premesso al libro Sy di Dione, on- de veniamo a conoscere ch'egli nacque dal M Sila- ro console come si è detto nel 64^. £ veramente se ben si rifletta, quel D. Silano non può aver dato r origine a queste monete, perchè se ottenne i fasci nel G92 il suo triumvirato verrebbe a cadere circa dieci anni innanzi il 680 , e .ili' < pposlo i suoi as- si semionciali domandano per le cose già dette di essere rilardati dopo quell epoca. Per le quali cose separando questi due Decimi Silani io terrò che il nostro fosse veramente figlio del proconsole dell' Asia , e quindi pronipote del pretore dì Macedonia, e dirò poi che per ricerche fatte non ho trovato scrittore antico che faccia memoria di lui. Ciò non ostante sappiamo che fu questore urbano , e siamo debitori di una tale notizia all' iscrizione di un'an- tico peso, diligentemente disegnata fra le lapidi del Reinesio ci. 11. n. 56, la quale quantunque sia edi- ta da tanto tempo a niuno era però venuto in niert- te di attribuirgli D. IVNIVS. L. r. SILANVS Q. VRB. S. G. t. LVCRETIVS. L. F. TRICIPITINV* Q. VRB. OSSERVAZIOTCE IV. La gente SepuUia benché ignota agli storici, vie- ne Incordata in molti denari d' argento , dai quali impariamo che P. SepuUio Macro fu quadrumviro monetale forse nello stesso anno dell' uccisione di Os8ERV,VTIO\I N't;MlSM\TICHE 36^ 'Cesare il diUatore. Il Morelli aggiunse a questi de- nari un sesterzO avente la testa di Mercurio da uà lato coperta dal pefnso^ e dall' altro un caduceo coli' epigrafe 1>. skpvlLivs, che lEckhel grandemente commendò perchè T unico delle monete di questa Specie che portasse il nome della lamiglìa , e nel- lo stesso tempo mostrasse nel diritto le note del Valore hs. Per altro confessò egli stesso che una tal nota non appariva nell' esemplare che si conser- va nel liiiuseO Cesareo , ed io argiungerò di noa averla liiai veduta in tre altri che mi sono Capita- ti sott* occhio, nei quali in vece Sua ho sempre tro- vato un caduceo dielio il collo di Mercuiio. E di- rò poi che neir osservare quello di essi eh è ripo- sto nella mia collazione» mi persuado sempre più che il Morelli abbia questa volta traveduto, prenden- do il simbolo del messaggiero degli dei per lindi- cazione della valuta , perchè veramente stante lin- cisione alquanto lozza , il caduceo vi è cosi mal formato da non riconoscersi a primo aspetto per ta- le. Quindi escludendosi la tiota del valore anche dal presènte Sesterzio , se ne 'Conchìuderà eh' ella non apparisce in alcuno di lofò , se se ne ecccet- tuino i più antichi senza nome di gente e col ti- po dei Dioscuri. Intanto 1 AverCampio ritardò dì alquanti aniìì T impressione di quello di cui par- lo , perchè Spiegò il caduceo del rovescio come al- lusivo alla pace fra i triumviri e Sesto Pompeo. Ma è evidente che qui non ha alcun signiticato politi- co , e che non vi fu altra ragione di scolpirvelo se non quella di seguire l'ordinario Costume di que- ste piccole monetuccie , le quali usano di mostra- re da una parte la testa di una divinità , e dall'al- tra alcuna cosa che le appartenga. Così in altre dì loro Papio Celso uni ali' immagine dei medesimo a4* 364 LETTlSniTURA Mercurio la lira da lui inventata , (; Uibio Pansa la testuggine col di cui guscio la fabbricò. L' esi* stanza del sesterzio Taceva supporre che P. Sepul-^ lio avesse coniato anche il quinario , non solendo per consueto trovarsi il primo senza il secondo; mi niuno n' era stato riferito dui principali numi- smatici- L'Ennery pag. 139, fu il primo a pubbli- carne uno colla testa della Vittoria senza epigrafe nel diritto, e col ro''escio di una donna in piedi che tiene colla destra una patera , e colla sinistra un cornucopia , aggiuntavi la leggenda p. sepvllivs MACER. Un quinario consimile trovasi pure presso di me, coir unica differenza che la figura invece del- la patera liene in mano un timone, il quale m'in- segna essere quella femmina la Fortuna : ma non so se una tale diversità proceda perchè fosse poco con- servata la medaglia dell' Ennery , o perchè esisto- no veramente ambedue questi rovesci, lo non mi opporrò alla possibilità di un secondo tipo, perchè ne conosco ancora un terzo collo stesso diritto e colla stessa epigrafe, ma colla figura della Vittoria in atto di camminare verso la destra del riguar- dante , avendo la corona d' alloro e la palma nelle mani. Questa medaglia fu veduta nel 1770 presso un' anticagliaro di Koma da mio padre , che nel lasciarmene la descrizione notò nelle sue schede di aver tentato invano di fai'ne l'acquisto , essendo sta- to prevenuto da un collettore francese. Osservazione V. Il Ramus t. i . p. 1 1 pag. 26 staiupò un de- naro d'argento che non mi manca, rappresentante nel diritto l'usata testa femminile difesa dall elmo alato , colla nota del valore x dietro la nuca . Il rovescio mostra l'epigrafe roma nell' esergo , ed Im Osservazioni numismatiche 365 per tipo Diana colla mezza luna sulla fronte, la qua- le regge con ambedue le mani la biga. Inoltre sot- to ì piedi dei cavalli apparisce un monogramma composto di un a soi montato da una lìnea orizzon- tale che significa il t, una delle cui gambe si pro- lunga a dritta per formare un l. Piacque a quel numismatico di leggervi atil , e quindi attribuì la medaglia alla gente Atilia : ma una tale spiegazio- ne parmi che incontri un gravissimo ostacolo nel* la mancanza della lettera i, eh egli ha gratuitamen- te supposta, e di cui non vi è traccia in quel nes- so. Che se volesse addursi per iscusa eh ella sta nascosta in una gamba delT a , risponderei che una linea obliqua non sembra rappresentare convenevol- mente la perpendicolare che costituisce la figura dell' I, e che se ciò potrebbe al più tollerarsi nei monogram- mi di un re Goto , o di un re Carolingio, non è però ammissibile in quelli che si vedono sulle me- daglie consolari, le quali ne esprimono chiaramente sempre tutti gli elementi , come si può osservare nella raccolta che ne ha fatta 1 Eckhel t. v pag. 72. Ed infatti quando volle farsi un'abbreviatura del T e dell'i come sarebbe occorso nel caso nostro, si costumò di elevare alquanto sopra le traverse Tasta retta del t che in tal modo venne a prendere la fi- gura di una croce, e così vedesi praticalo nel crit del denaro della gente Critonia , nell' iter di una nuova medaglia d'oro della gente Vipsania, di cui fu dato il disegno nel museo Hedervariano , ed in alcuni altri. Ma ciò che più importa si è che que- sto nesso non comparisce già ora per la prima vol- ta nella serie consolare, ov' anzi ha un significato già conosciuto e non dubbioso, onde non lice cam- biarlo. Sulla medaglia d argento comune alle genti Fufìa e Muoia s incontrano le immagini di iloma e 3GQ LETTERATUnA deir Italia, che per tali si riconoscono al rispetti» vo nome scriUo loro da presso , e accanto airita"». lia \ edesi appunto queir islessissimo monogramma preceduto da un' i , ove non cade contesa che si- gnifichi TAL, Per la qnal cosa posta da banda l'ìii- lerpretazione atil , osserverò che simili sillabe e monogrammi isolati, quando mancano del prenome piuttosto che una gente sogliono significare una fa- miglia, del che siano prova gli esempj NAiYnf, p\RpU' reo ^ VARO, SAR«na^ , yi^Tellus ^ tmyipìIus ^ caLdmj, -?>ì\xif?ms , GARBO, TVI\D^^^, e simili che s'incontia- no ad ogni passo sulle medaglie consolari. Lo che essendo non si durerà fatica a supplire questa vo- ce, perchè talìiu è l'unico cognome latino che in- cominci per queste iniziali, e che rimonti a qiiell* antichità che si richiede da questo nummo. J\è si obbietti che nei fasti marmorei Capitolini thalna si scrive colTaspirata , perchè non è ignoto che que-^ sta soleva ommettersi dai più antichi, onde abbia- no PIT4PVS per Philippus nella Marcia , taimpilvs per Tampliilus nella Bebia, qilo per Chilo nella Flaminia, trivmpvs per Triiimphus nella l'apia, s n- za dire che Quintiliano Jnstit, 1. i cap. 9 e insegna che il grand' uso dell' aspirare incominciò solo ai tempi di Cicerone, il quale iutlavia sciissedue voi» te Talìia senza I'h ( od Mtic. 1. i ep. iG, I, i3 ep. 29 ). Questo cognome nel sesto secolo di Ko- ma fu usitatissimo dalla gmte luventia che a quei tempi fu in mollo fiore , talrhè sebbene in origi- ne provenisse dal Tuscolo , pure aiti\ò a salire al consolato nel 69 1. La somiglianza che ha il tipo di questa medaglia con quelli, di cui parlai nell'ossei'- Ta^ione ) v, della decade 1 i, e che credei coniati cir- ca il 55o, indurrebbe un giusto sospetto che fosse presso a poco loro contemporanea. Ma sono costret-^ Os^ERWZIONI NUMISMATICHE 367 \o ad anticiparne di qualche poco Timpressione, ia grazia dell'asse inedito della mia raccolta corrispon- dente a questo denaro, che ha il medesimo mono- gramma sopra la prora della nave nel rovescio, e che quantunque logoro eccede sensibilmente il pe- so di un'oncia , onde appartenendo alla classe de* sestantarj deve per la noia legge di Plinio essere an- teriore ai 53y. E qui non voglio pa<^sare in silen- zio aver' io gran sospetto che sia stato mal classi- ficato il quadrante riferito dal medesimo Ramus t. i p. 1 1 pag. 20 tav. 1 n. 6 rappresentante un mo- nogramma formato da un' a dì cui si alhinga in l la gamba esteriore, e nel quale avendo letto alIìus l'aggiudicò alla gente Elia. Imperocché parmi mol- to probabile che in quel nummo fosse consumata dall'età la Hnea orizzontale sovrapposta all' A. ond* egli non sia se non uno spezzato dell' asse or ora memorato. Né dopo aver addotto le ragioni per cui credo di assegnare queste medaglie alla gente lu- ventia , tacerò a giustificazione del Ramus quelle che debbono averlo spinto a preferire l'Atilia. Fino dai tempi dell' Orsino si conosce un denaro , eh' è il quarto in quella famiglia presso il Morelli , mostran- te la biga della Vittoria con tre lettere, la prima delie quali indica il prenome Cajo , la seconda è un A che porta sulla cima la solita traversa del t, e la terza é un l. Tutti vi hanno letto c«(Wj\ atz- Uus , ond' è scusabile l'antiquario Danese se è an- dato per la pesta, non essendovi altra differenza fra questo e il suo monogramma , se non che in uno è legata anche la lettera l, che nell'altro presso il Morelli si scorge discioka. Per la qual eosa la man- canza che qui pure si avvera della lettera i mi fa- rà giudicare erronea anche questa interpretazione dei numismatici, e parmi di avere una giustissima ra- ^GS Lettkuattjra gione di asserirlo, facendone il confronto colla mo- neta Moielliana n." vii spettante a L. Atilio , nella quale dopo Ta e il t insieme congiunti seguita ILI. Se in essa , in cui veraamnle volle scri- versi ATiT I , dopo il solito nesso non i isparniiossi II, pprchè sarebbcsi onimesso in quest altra, se con- forme ne dovesse essere il signilicato? Laonde qui pure preferirò la le/,ìone e. tal che spontanea si of- ferisce , e trasporterò anche questo denaro nella gen • te luventia, notando che il prenome Cojo non fu ignoto a quella casa , onde un Cajo luventio tro- vasi memorato da Pomponio (de orig. iur. i 2. 2) fra i giurisronsulti usciti dalla scuola di Q. Scevo- ]a console nel (j'jij. E si badi che ho scritto que- ste cose per chi vorrà persuadersi che sia esalto il disegno della citata medaglia Morelliana appailenen- te al snppos'o Giijo Atilio , ove il nesso at si mo- stra distaccato dal L. Peraltro essendo stati da me consultati gli originali, di cui due ne possiede la mia collezione, mi trovo un gran motivo di cre- dere che questa volta sìa venuta meno nel Morelli 1 usata sua diligenza, avendo veduto in ambedue che la lettera l congiungendosi coli estremità della gam- ba deir E viene a formar p;irte anch'essa del mo- nogramma, e ad aggiungervi cosili nuovo elemen- to N. Se dunque non tal solamente , ma taln si ricava dal nesso delle mie medaglie , ognun vede che in questo caso la mia spiegazione di probabile ch'ella efa, diviene certissima. Osservazione VI. Non è nuovo nella serie consolare che il no- me del triunviro monet:de sia indictto con sempli- ci sigle. Presso il Mondli nelli» gente Quinzia n. v lo scudo Macedonico e la berretta sacerdotale ci fan* OsSKRVAZfONI NUMISMATICHE 36^ rio cprli che le lettere t. q. vogliono denotare Tito Quinzio Flnminino. Egualmente il confronto fra i numeri v e vi della tavola seconda nella gen- te Cecilia non lasciano dubbio sulT interpretazione quintus caecilÌHS metelius pìus imperatore che si è data all' epigraie q . e . m . P . i . IVla allo scopo che in questa osservazione mi propongo, meglio d o« gni altro serve 1 esempio di un antichissimo dena- ro col tipo dei Dioscuri che ho veduto in varie rac- colte coli iscrizione q . l . e nell' area del rovescio, e che il eh. Sestini nel catalogo del museo Ben- Vovitz pag. J^i ha supplito con applauso dei numis- matici - L'Unico a farne memoria è Cicerone che cita fra i testimonj contro Verre (act. a lib. 4 cap, 2o) un L. Cordio che apparisce un negozian- te, e che i numismatici stante la convenienz,a di tem- pi crederono padre dell' autore di questi nummi . E a conforto di una tale credenza sarebbcsì potuto aggiungere che quel Cordio pel suo prenome di Lu- cio non ricusava di apparteneie alla famiglia dt;i Ku- fì , mentovandosi un L. Cordio Rulo nel seguente marmo romano edito dal Muratori pag. i53i n. ii, D . M . CORDIVS . AGATOCLES t . COKDIO . RVKO . PATRONO BENEMERENTI , FEGIT Ma questa opinione viene a cadere ora che molta maggiori notizie sonosi avute di questa famiglia in grazia di una bellissima lapide, scoperta non è gran tempo fra le ruine deli' antico Tuscolo, comunica- 3yj L K T T E R A T U a A tanii dal mio carissimo amico ab. Girolamo Amati che riia trascritta dall' originale. JW . CORDI . A/V - F IIVFC PR . PRO . COS AED . LVSTR . MON . SACR Egli dottamente legge nell" ultima riga AEn///i ivsrnati'jnis mokììs sacr/, e opina che vi s'indi- chi una temporanea magistratura, conferita a Cor- dio dai tusculani per assistere in loro nome alla ce- lebrazione delle ferie latine sul monte sacro, appun- to come. in Roma per l'istessissimo fine si nomina- vano straordinariamente i prefetti. Tutto sembra in- dicare che il personaggio di questa iscrizione sia quel medesimo eh' è mentovato sulle medaglie, il quale sotto Augusto sarà arrivato ad essere preto- re e proconsole, dopo aver preso le mosse della sua carriera politica dalla cura della zecca, esercitata ve- risimilmente in tempo del triumvirato di Antonio di Lepido e di Ottaviano. Ma ciò che più importe- rà agli studiosi della serie consolare si è di aver risapjita da questo sasso la patria di Manio Gordio, con che sarà spiegalo il diritto di quello fra i suoi denari eh' è il primo nella tavola morelliana, rap- presentante la lesta dei due Dioscurl . Imperocché sì conoscerà che in tal modo egli volle certamente alludere alla città da cui traeva l'origine; sapen- dosi da Tullio 1. I. de divin. c- 4 ^ o da Festo al- la voce sfroppus^ che Castore e Polluce ebbero ve- ramente al Tuscolo molto culto e un celebre lem-» pio, ragione per cui la loro effigie comparisce ezian- dio sulle monete della gente Fout('j;i tusculana an- ch' essa, e sulla medaglia d' oro di Sulpicio Rufo OsSìSRVAZiONI KUMISMATIGHE Sr^S elle vollt* ricordare avere uno de'suòi maggiori li- berato quel popolo dall'occupazione dei latini Per la qual cosa quantunque il Vaillant abbia preso equi^ voco nel giudicare deiU sua patria, avrà però in- dovinata la ragione di quesio tipo, quando lo dis- se indirizzato a dimostrare la provenieìiza della sua famiglia ch'egli fece venire da Lavinio, perchè gli dei penati che sono 1' istesso che i Dioscuri, ave- vano ivi collocata la loro stanza senza volerne par- tire, e perchè gli antichi re di Boma co-.tumava- no di recarvisi per far loro sacrificio , come ci fa sapere Dionigi d' Alicarnasso lib. i. e. Gy , e I. 2 e. 52. E forse l'aver imparalo che la geute Cor- dia non fu originaria di Roma, ma di una città confinante, potrà darci un qualche barlume suU'os- cu rissimo tipo, che si vede sul rovescio di que- sta iste'sa medaglia. Egli ci mostra una dea in piedi, vestita della stola con un lungo scettro nel- la sinistra e con un pajo di bilancie «elL» destra, motivo per cui gli antichi numismatici la crede- rono la dea Mon'^a. Ciò non ostante l'Avercampio e r Eckhei giustamente dubitarono di una simile interpretazione, perchè si accorsero che sulle spal- le di quella figura era posato un non so che eh' essi crederono una civetta. Ma le conservatissime medaglie della mia collezione mi fatino chiaramen- te vedere, che quello non è altrimenti un'uccello, ma b^nsì un fanciullo alato che vorrà denotare Cupido, il quale si tiene stretto a collo della ma- dre appunto come si vede nei denari dell' Egna- tia n. 2 , e in quelli della Giulia tav. 4' ^- *• Ma quantunque per la presenza del figlio non mi sembri di poter dubitare che in quell' immagine si mostri Venere, alle cui glorie sono consecra- te alcune altre medaglie di questo medesimo Cor- S"^ LETTERATURA dio, pure chi ha mai veduto quella dea colld straordinario simbolo delle bilancie .'' Per lo che si avrebbe mai a dire che vi si rappresenti una Venere tutta particolare dei Tuscolani ^ li vera- mente se conosciamo la Vedere Genitrice, la Venere Placida^ la Venere Vincitrice ,e se anzi dai marmi dell' Ercolaho abbiamo saputo che ivi ve- neravasi la Venere Proba ( Donati suppl. ad Mu- rai pag. j3. n. <) ) che osta perchè non possa sup- porsi che al Tuscoiù vi foòse ancora la Venere GiiistaV Osservazione Vili. Le monete d'argento asiatiche dal loro tipo det* le cistofori, quando sono insignite del nome del proconsole, formano uno dei più bei ornamenti del- la serie delie lamiglie romane, avvegnacchè som- ministrano rilevantissimi sussidj per accrescere e rettificare la storia . La loro importanza fu ben cognita al eh. Eckhel , che nel i v tomo consecrò l'intero capitolo kviii delle sue osservazioni gene- rali a spargere nuova luce su ciò che il I^anel ave- •^Va scritto in loro illustrazione: ed io seguendo le sue orme alcun' altra cosa verrò notando che il t^moo ha schiarito od aggiunto dopo la stampa del- la sua opera. £ Coraincierò da quel cisloforo pub- blicalo cidi museo Pembrock p. ii tav. 8i col so- lito tipo della cesta bacchica da una parte, e con due serpenti dall' altra che si ergono intoi no ad un tri- pode, sul quale siede Apollo nudo tenendo colla de- stra un ranio di larjró, ed appoggiandosi colla si- nistra ad una colonnetta. Sull' alto vedesi in due linee am. prò cos, nel fondo epmiac. kavctp, da un iato c^E. oz , e dalf altro una face ardente. L'Kckhei credè che le Itttere am fossero due sigle >; OSSERBAZIONI MJMISMALICFIE S'^S una delle quali indicasse il prenome, l'altra il no- me del proconsole , e si corruccio colla soverchia parsimonia del monetiere che l'aveva significato co- sì oscuramente. Però fu ingiusto il rimprovero, per- chè la colpa non era sua, ma bensì delia medaglia chfi non ricevè l'intera impressione del conio, e lo dimostrano due altri nummi della medesima spe- cie, tolti dal museo Gousinery, e fatti pubblici dal sig: Mionnet t. 3. p. 88. n. 2o5 e 206 ambedue coli' istessissinio tipo, collo stesso nome di tìfeso , col- la stessa era e collo stesso simbolo, se non che va- riano nel magistrato cittadinesco, che in uno è iiiONYcoiG . . VI . ., neir altro taikontia. . . nEPl KAHc . Entrambi suppliscono al diletto della lezio- ne pembrockiana offrendo nelle due linee principa- li T. AMPI. T. F. PROcos , ondc he avremo un pre- side rimasto incognito all' Eckliel , ma non al eh. Sestini , che dallo stesso museo Gousinery nella Descr. n. v. pag. 5G5 divulgò un' altra di queste monete colla medesima iscrizione nell' area supe-^ riore -, . . ekpaths nell' inferiore, ÀAo da un can- to, un caduceo alato dall' altro, un tripode iti mezzo , e col solito tipo dei due serpenti che cir- condano una faretra . Dal paragone d tutte que- ste medaglie non poche ed importanti notizie si ri- cavano . E primieramente ne avremo confermata l'esistenza della gente Àmpia, sconosciuta finora alla collezione numismatica delle famiglie, e ne» gata dal Glandorpio che la volle confondere coli' Appia . E veramente fu questo un novello casato di picciola fama, di cui non è nota altra persona innanzi a queila che si memora nelle presenti me- daglie, la quale è per certo quel t. Ampio Balbo che nel suo tribunato delle plebe essendo console 'Cicerone, portò una legge, in virtù di cui fu per- 3^6 Lette IV ATUUA messo a Pompeo , di cui era gran partUante, dì comparire nei giochi scenici e circensi colla coro» na d alloro , e con tutto il resio dt^ll ahbiglÌHrnen- to dei trionfanti, come ci fa sapere Patercolo l 2 cap. 39. Jl Pighio stabilì la sua pretura nell' an- no varroniano 6f>G, e il suo proconsolato nell' an- no successivo, fondandosi precipuamente siili' epi- stola 3 Jel libro i delle famigliari scritta da Cice- rone a P. Lentulo Spintere, ch al 6(^5 in cui r Asia fu governati^ da Cicerone, vale a di- re niente pìij che due anni innan/i il ptoconso- iato di T. Ampio, consta che le tre diocesi dipen- devano ancora da quella provincia, sarà tolta ogni difficoltà proveniente dal cistoforo di Laodicea ; onde obbedendo a ciò che imperiosamente doman- dano quelli di Efeso, bisognerà conchiudere che la J)^ovi^lcia dì T. Ampio fu l'Asia e non la Cilicia . l'ero a queste medaglie avremo, l'obbligo di averci insegnato l'anno preciso , in cni si lece questa >e- para/.ione di tanta parte della Frigia maggiore. Im- perocché questi dlue cistofoii dì Laodiuea, uno col nome di T. Ampio proconsole d' Asia nel Gyy , i altro con quello di l^. Lentulo proconsole di v^i-» licia nel (>So? , non AT A(0? BoiA/So? come ha preteso di fare il Gronovio . Sembra clie avesse stabilita in Efeso la sua residenza, perchè Cesare dopo la pu- gna farsalica quum in Àsiam venisset^ repenebat T. ydmpiwn conatum esse tullere pecunias Epheso ex fano Dianae ^ eiusque rei cauta senatores omnes eoe provincia evocasse^ ut iis festibus in summn pe- cuniae uteretur ^ sed interpellatum adentu Coesaris prqfugisse (bel. civ. I. 3 cap. lol ). Kimase «dun- que in esiglio,come appare dalla lettera nj del li- bro X delle iamigliari che gli è indirizzata , finché dopo la guerra africana ottenne finalmeale il per- dono, per cura specialmetite di Cicerone che glie ne da l'avviso colT ep. 13 del I. 6, e che gli fu amicissimo come attesta nell ep, ^o del I. i.^. Dal- la penultima di quelle l;4tere si conosce eh' egli impiegava il suo studio in uirorum fovtium factls memoria prodendis i, e infatti Svetonio cita le sue sto- rie nella vila di Giulio Cesare cap. nn. li dallo stesso luogo di Tullio si ricava ancora ch'ebbe per moglie Lpulija , e una figlia per nome Ampia, ben- ché vi sia ragione per cieJere che avesse anche un maschio, da cui discendesse quel T. Ampio Fla- viano console suifetto e legato della Panaonia sot- to 1 imperatore Vitellio, di cui parla più yolte Ta- oitu aeila sua stoiicu 38a LlTTKIlATUll\ OsSiRVAriONB IX. Continuando a trattare dei cìstofori dirò ch€ il Sanclemente t. iii p. 1 55, e il eh. sig. Mìlliti- •eea nella sua raccolt.i di alcune medaglie Greche ine- dite p. 74^ ne pubblicarono uno col solito tipo dei due serpenti che circondano una faretra , su cui è posata un'a'[uilà. Ni'lT esergo si vede ahmhtpIoy, al- la destra del risgiiiirdante cTE*ANE*0POvr , alla si- «isra la sill;d>a TPAA Sormontata da un bue , e fi- nalmente neir are;< supt-riore un' iscrizione di due righe che da essi fu letta e. p . . . r. imp. pko. tos, V. supplita e. PuicheK. Due cose precipuamenle mi ferii ono l'animo quando imparai a conoscere qué- sto nummo . L una di veder data la denominazio- ne d imperatore a Gajo Fulcro fratello del celebre P. Clodio, e noto abbastanza per gli scritti di Ci- cerone, non conoscendosi come abbia potuto con- seguire un tale onore guerresco in una provincia così pacifica come 1 Asia. L'altra di osservare ac- coppiati insieme contro l'uso di quei tempi i due titoli iMP e pRocos ^ solito essendo che cessa il se- condo al sopravenire del primo, e con ragione per- chè egli rimane inutile allor che si sa che 1 altro non poteva conseguirsi se non da colui che aves- se auspicj suoi proprj , e per conseguenza la supre- ma podestà sopra qualche provincia. Intanto essen- do passala questa medaglia nei real museo di Bre- ra , Ja gentilezza del mio eh. amico sig. Cattaneo conservatore di qu 1 gabinetto^ mi lasciò due anni sono la iacoltà d) esaminarla a mio beli' agio, ma la lezione che senza tema di errore ne ricavai, è mol- to diversa dalla stampala, avendoci trovelo e. f . . Bi. M. F. PRO. COS. L la lenuissima fatica di cer«- carne il supplemento mi lu poi risparmiata da un* OsSERVAtlÒVI WUMISDIiTICHK 383 altro cisJoforo inedito del lo stesso museo, col mé- d simo tipo dei due serpi e della faretra, coir epi- grafe e. FABi. ivi. F. PRO. COS. al disòpra , ADA dà uà lato i, un simbolo che non ho potuto ben distingue- re dall'altro, e con due rij^he d isrrÌ7Ìorie ufll'eser- go , la prima delle quali dice ÀNAPONiKO . - , l'al- tra non è leggibile. Però non dubito doversi ristau- rare anaponikoy. Aì^.KIOv , cóli' autorità di due al- tre monete della sfessa città d'Apamea, fatte pub- bliche dal iVJionoet t. 4 P^g" 2^7 n. iqO e 207 . Ecco adunque un personaggio ignoto del tutto nel- la serie dei Pretoii , quanto in quella dei Procòn- soli, che ci d:)ià il compenso dell' opera in ricerca- re chi sia. N n è da questionarsi ch'egli «bbia vissuto negli ultimi tempi della repubblica romana, spet- tando a queir età tutti gli altri presidi , che so* no menzionati sui cistofori. Lo che essendo costui i)on può essere altri che quel C Fabio uno dei prin- cipali legati di Giulio Cesare nelle Gallie, che siil fine del -^oo fu mandalo a svernare con una legio- ne nel paese dei Moj Ini ( Bel. Gai. I v. e. 24 ), e eh ebb • poi gran parte in tuitò il seguito di quel- le spedizioni, litiche scoppiate le discordie civili fa mandato innanzi con tre legioni nella Spagna, ove sostenne Id guerra contro Afraniò e Petreo fino all' arrivo del dittatore. 11 Pighio avendo avvertito the tufi gli altri legali Gesariani avevano occupato la prelura o per lo menò la questura, ciedè questo* ré questo pure nel ^)y8 : ma che quest'ufficio deb- ba molto puma anticiparsegli , e che anzi se gli deb- bano conferire onori di maggior rilevanza, sarà or« da queste medaglie manifesto. Esse e insegnano eh* ei fu Proconsole , e la prima di loro ci fa fede es- serlo stato dell' Asia, perchè la cittk,di Traili in 384 ;,;: L B T T E R A. T U A A. cui fii coniata non appartpnne mai ad altra provin- cia. E converrà dire che ottenesse una tal dignità innalzi Tanno 700 , porcile da quel tempo in poi Io trov'iaroo sempre impiegnto negli eserciti Gesaria- ni Che an. di Cesare, lo crederono discendente dalla casa dei Fa- bj Pittori, ma p;ir<^ che qUel'a lainiglia fosse già estinta da qi asi un secolo pin ;. Il Pighio all'op- posto lo giudicò (hd casato degli Adriani, e lo ten- ne figlio di quel G. Fibio Adriiinu pretore dell' Afri- ca, che per le sue ciudellà fu brucialo vivo in liti- ca circa fanno 672 . Le nostre mei'aglie dicendolo figlio di Marco c'ir;segnano che il P.ghio s ingannò nella supposizione del padre , ma con titto ciò non dissento di crederlo speltóhi.* a qi;.'lÌH ^asu, nuri tjo- lando in questi tempi ailro M- Fabio pir'i opportuno per avere una tal pi ole, quanto quello ch'essa ndo le- gato di Lucullo lu nel C8() batiuto da Mitiidate, e che l'Averciimpio ad Otosium \. v. cap. 20 p?g 34G- pel confronto di Plutarco in huCuL p. 5 i5, di Lio- ne i. 35. e. 9., e di Appiano èc^/ Mitr. cap. 88., stan- ziò essersi appunto chiamato M. Fabio Adriano. OsSERVAZJONE X. Tre cistofori sono registrati dall Eckhel t. 4 pag. 354 e 061 , lutti appartenenti a C. Fannie pontefice, e nello stesso tempo proconsole o propre- tore. Il primo provenieiite dal museo d'Fnneiy fu co- niato in Efeso, ed è insigne per l'anno dell era Efe- sina DE corrispondente ad 85 , di cui ho poco fa parlato nell'osservazione vi 11. Gii altri due spet- 26$ LeTT EH ATURA tano a Traili , uno de' quali serbato nel gabinetto Csareo jjorta il nome del m.jgistrato API' Ti;K/\Hc, l'al- tro d(l aìusf'o Fiorentino notato menanapoc .... PEYC soffriva diletto nell'iscrizione dell area supe» riore , cbe il Sestini Descr. J\. V. p. SG^ risliiurò e. FAN PONT. PR. TPA colT »jiilo (li UH altro nuiTimo consimile posseduto dal sig.Cousinery. A tntli qiKSti se ne deve aggiungere un quaiio di Apamen, edito da pi ima scorrettamente nel museo Tiepolo pag i io, ed emeiulato poi dallo slesso Sestini. Lett. t, y p. G(i, e dal Aiionnet t. iv p. 227 , che al pari degli altri rappresenta due serpi, in mcz/.o ai quali si er- ge un tempio rotondo di quattro colonne sormon- talo da una statua lemminile colla patera e Tasta. Superiormenle vi si scorge e. fan pont. pr, infe- rio. men si accorse essere costui quel medesimo G. Fan- liio memorato nel ti^y con gli altri Pontefici da Ci- cerone ( de har resp § G ), che lu tribuno della jdebe nel 695 i^pro Sextio ^. oÒ), nel qual anno co- me aderente di Lucullo fu annoverato fra i com- plici della finta congiura contro Pompeo , e che nel 693 era stalo uno degli accusatori di P. Gio- dio nella causa pollutarum religionum ( ad ^ttic I. 2. eg. 24 )• Dalla citata orazione in favore di Se- stio conosciamo che nel 698 non era ancor salito alla pretura, ma eh' era prossimo ad arrivarvi , motivo per cui il Piglilo glie Iha conferita nell' an« no prossitiìo successivo. E credè poi in conseguen- za che nel 700 gli toccasse da reggere una provin- cia , che però non seppe determinare qual Ibsse, il che bastò all' Eckhel per decidere coli autorità dì queste medaglie eh' ella fu 1 Asia . Quindi giu- dicò che succedesse in quel governo a C. Claudio Osservazioni numismatichs 38^ Fulcro , tanto più che ciò gli parve rimaner com- provato dai cistofori di Traili , sui quali il magi- strato Aristide si accoppia tanto alT uno quanto all' altro proconsole. Ma quest' argomento non è di gran forza, perchè il medesimo Aristocle tor- na eziandio a nominarsi sopr' un' altra di quelle medaglie, uscita dalla medesima zecca durante l'am- ministrazione di Q- Cicerone , la quale perciò non può essere posteriore al GqS. E aggio ng;»si poi che se Fannio ottenne la provincia subito dopo la pre- tura, non fu questa certaraL>nte l'Asia, perchè nd 700 ella proseguiva ad essere amministrala da Clodio Fulcro, cui fu prorogato l'impero. Primo fu il Pighio ad asserire tal cosa suU' appoggio della lett. j5 del 1. IV ad x\ltico scritta nel luirlio di quelT anno, in cui Gicerohe gli dice: Iter Asia- icwn tU' um piito tìbi suscipiendiini fuiss.e .... Sed huma- nitatem tuam amoremque in tuos reditiis celeritas declarahit. Sed vereor ne lepore te suo detineat diu- t'uLS Prcetor Ciodius . Ben è vero che a questo giu- dizio fu tolto ogni fondamento dalle più recenti edizioni, che in vece di Pr,etor Ciodius lessero Rhctor Ciodius , onde si è poi creduto che vi si parlasse di Sesto Clodio naiivo di Sicilia, memo- rato da Tullio nella Filippica 2. cap. ly , e da Sve- tonio fra i chiaii ileltonci . lo non entrerò a giu- dicare qual delle due lezioni debba preferirsi , ma dirò bene che il Pighio ebbe molta ragione quan- do asserì che al pretore Clodio fu prorogata la provincia anche per l'anno 700. Ciò risulta evi^ dentemente da un passo della nuova orazione in favore di Scauro , il quale chiedeva in quell' an- no il consolalo, e di cui si dice* < ho non gli sa- rebbe stato nemico il console Appio Claudio , nisi hunc C. Claudii/ratris sui cumpetitoremjore putasset. 3qo L«TTBH \TunA Poi si aggiunge : at eniin /> erno in mano del Questore che di un legato; e inlalli ritornò a Roma dentro quell'an- no onde sappiamo che nel consecutivo gennajo dovè fuggire da Gubbio, ov'era stato mandalo con cin- que coorti per opporsi al passaggio di Cesare . A quel tempo C Fannio era certamente in Italia, per- chè Cicerone essendo andato a Capua ai 27 gen- najo del 7o5 trovò eh;; \ consoli fuggiti da Roma ordinavano a Fannio di recarsi immediatamente nel- la Sicilia per succedere in qu d governo a Furfa- nio , posto che Catone, a cui ciò sarebbe appar- tenuto, non sì curava di farlo ( ad Attic. lib. y. cap. i5). Ben è vero che quel decreto rimase sen- Osservazioni numismatiche 3 l)\ za effetto, percliè Tatone si risolse finalmente di navigare in Sici'ia: ma intaiito di questo fitto si conosce che Fannio era uno di coloro cui compe- teva il gius di aspirare ad una provincia , il die mo5tra che non l aveva conseguita dopo ia prelu-. ra . Il tempo preciso in cui gli fu effetti vti mente concessa apparisce dall' ep. i5 del |ih. 8. ad Attico, in cui viene annoverato fra \ seguaci della fuga di Pompeo, che avevano diritto di passar» oltre mare per recarsi ai governi che loro erano destinati. Sed memento praeter Appium neminem esse fere , qui non jus habeat traìiseuiìdi. Nam ouf cimi imperio sunt ut Pompejus^ ut Scipio, '^uffenns^ Fannlus ^ Koconius , Sextius , ipai Consules \ nut ledati sunt eorum . Per lo che Fanraio fu uno di coloro cui sul cominciare della guerra civile fu data la provin- cia in virtij del senotus consulto citalo da Cosare bel. civ. 1. I. e. G. In relicjuas prooincias puetoes mittuntur , neque expectant quoJ snperioribus nnnis accidcrat , ut de eorum, imperio ad p8, ma ai due anni successivi apparten- gono i quattro cistofori descritti dall' Eckhel col nome di G. Claudio Fulcro . Siamo pure dubbio- si se la provincia gli fosse prorogata anche pel terz' anno, o se il 701 si debba assegnare ad un altro proconsole ignoto; ma è certo poi che il 702 e il 70J spettano a Q. JViinucio Termo, di cui finora non si hanno medaglie. Avendo egli lasciato la provin-r eia verso la metà dell' anno 704, come si ricava dal tempo in cui partì Cicerone, non parerebbe che alcun' altro Preside fosse stato interposto fra lui e il nostro Fannio che gli successe nel 705. Con lui chiuderebbesi la serie finora conosciuta dei cistofo- ri proconsolari dell' Asia , se non ne avessimo un al- tro posseduto anche da me col nome di Q. Meteln lo Scipione, straordinariamente battuto sul princi- pio del 70G, siccome ha ben dimostrato 1 Eckhel t. 4- pag- 36 1. Tutto che Scipione fosse procon- sole, non dell'Asia, ma delU Siria, pure la stret- ta parentela con Pompeo gli dava amplissima po- destà sopra tutto l'Oriente, e quindi potè far im- primere quella moneta a Pergamo, allorché si fer- mò alcun tempo in quella città, come sappiaraei da Cesare Bel. civ. l. 3. e. 3i. 395 RISPOSTA A LETTERA D'UN ANONIMO. Signor AsoijfiMO. Roma i Luglio 1822. ì^e nell; la lettera che mi dirigeste, fatta da voi per mano ignota depositare al Cracas , compiaciuto vi foste manifestare chi siete: avrei risposto imme- diatamente e privatamente a voi. Ma come a chi scaglia il sasso e nasconde il braccio, come di gra- zia rispondere, senza soccorso di foglio pubblico il quale il rinvenga in qualunque loco si celi? Per aver io e parlando e scrivendo del prevosto Lodovicantonio Muratori uomo grandissimo , ( so- no parole vosive) lui dichiarato immeritevole di pia- na fede-, voi sacrificate spaventovolmente alle Eu- menidi; e mi prodigalizzate i titoli di sofistico sa- tìrico imprudente indiscreto . Potevate a dir vero astenervi da questo chiasso . Tuttavia non mi dol- go : sì perchè non mi vedo calunniato di pianta; ed estimatore quanto altri mai della profonda dot- trina di quel mirabile ingegno : pure è verissimo, che ho consigliato non credere ciecamente e sem- pre alle asserzioni di lui considerato siccome sto- rico; sì perchè mi lanciate espr'^ssioni, che appa- ri,sce dalla vostra lettera, potersi da me ritorcere contro voi ; né usate la soverchieria di chi testé in certo libricolo mi die' nome di vir cercbrosus ; e andò così a pescare appunto tra le cloache e la- terine vetuste il solo improperio che non valgo a reciprocargli: essendo impossibile diffamare per cer- vello chi se ne mostra privo . Quindi benché offeso da voi, non ho intenzio- ne di offendervi . Faccio bensì brevissimamente la 39^ LETTERATUniV difesa mia con piccolo saggio della muratoriana faU libilità , ricavato dall anno mdcx.xvi degli annali d'italia : dove riunendo in poco più di dne facce tut- to ciò che concerne la devoluzione del ducato d Ur- bino e della signoria di Pesaro alla chiesa , per morte deirultimo duca e signore Francesco Maria IJ della Rovere, accuniula il bon prevosto venticin- que errori madornali , riconoscibili per tali da tut- ti quelli che hanno sano intelletto, con fare ò com- mettere il facilissimo confronto tra ciò ch'egli di- ce, e gli autentici e pi^r lo più originali documen- ti , die sì conservano nella biblioteca pubblica oli- veriana di Pesaro . In ricordare gli sbagli di questo prestantissi- mo letterato, non lemete ch« si conturbino, come dite , i mani di lui • I giusti i quali, come dcesi di esso sperare, soggìorìiano nel regno della veri- tà , non provano giubilo miggiore di quello di ve- derla diffusa; e quando a ciò le sviste loro antir che si oppongano: privi dell' amor proprio e or- goglio di noi mortali, son grati a quelli che le correggono. Ond'è che se con l'esempio mio si fa- rà dà altri esatto rilievo di qualche altro errore che trovasi ne'suddetti annali d Italia, per correggerlo ò notarlo in uova ristampa : esulterà ( non dubi- tate, signor anonimo, ) lo spirilo del famoso auto- re , conoscendo quanto più vantaggiosa sia per rendersi quell' opera nobilissima . I E II ERRORE. JFeJerico Ubaldo figliuolo del duca fic procla- mato duca pochi dì prima di morire. I. Li;li non fu proclamato duca giammai, e godè finché visse il solo titolo cousueto di prin- cipe : restando sempre presso il padre quello di duca- Risposta a un anonimo 3f>7 IL Che se poi per proclamazione in duca vo- lesse prendersi la rinunzia all' esercizio della so- vranità fatta inìprovidametìte dal padre a favore di lui : questa non accadde pochi giorni prima della inorle di Fedeiico Ubaldo, segnifri il ag giugno 1G2J; ma pòchi giorni dopo il iriatiimonio di lui eoa Claudia de' Medici; ò per dir meglio^ dopo il óù jnaggio 1621 ìli cui gli sposi da Fiorenza giunsero a Pesaro. Ili ERRORE Pesaro fu la città dove accadde la morte repenti^ na di Federico Uhaldo. III. iigii fu trovato morto nel palazzo ducale d'Urbino , dove il 19 del medesimo giugno erasi tecato da Pei>aro ^ ùhitamente a Claudia sua moglie^ IV ERRORE. Allorché il principe Jìi morto , il duca saviamente represse , fion niostrondosi addolorato , gli empiti e i violenti affetti della natura^ e con gran co- stanza ricévette l annunzio dal vescovo di Pesaro (IVlnlatesta Bagliotii.) IV, Tal repressione nulla ebbe di savio ; è di- stesa al di là di lutti i confini , (jfuos ultra . . . tiequit consistere rectum ^ fu universalmente riputa- ta argomento dell'odio che il duca portava al fi- gliuolo. In fatti era quésti molto dissoluto , e abu- sava assai dello essergli stata posta dal padre la bri- glia sul collo , senza volergliela ritirare giammai . iSarebbe forse il giovane tornalo sul bon sentiero- Ma ì modi seco usati dal duca , lo convincevano ap- pena eh' ei detestasse le colpe sue ; e certamente non erano testimonii dell' impegno sovrano è pater- no di lep^iiùerls.- SqB Letteratura V ERRORE. // duca era quasi ottuagenario V. Quiindo Federico Ubaldo morì, il duca na- to il 20 febbraro i54!) avea poco più di anni r^ : onde poteasi chiamar bensì più che settuagenario , ma quasi ottuagenario non mai. VI ERRORE. Claudia moglie di Federico Ubaldo alla di lui mar' te era rimasta incinta . VI. Noa concepì essa che una sola volta ; e alla morte di suo marito, volgevano quasi mesi di- cisette , che il frutto era venuto alla luce . VII ERRORE. Claudia moglie di Federico Ubaldo partorì poscia una figlia che fu chiamala J^ittoria. VII. Questa unica figlia di Federico Ubaldo e di Claudia nacque TS febbraro iGai: cioè precisa- mente un anno quattro mesi e giorni ventuno pri- ma della morte del padre. VIII E IX ERRORE. Fu dunque con sollecitudine spedito dal papa ( Ur- bano Vili ) in Urbino l arcivescovo San torio il quale incomincio a ingerirsi negli affari di sta- to ^ e 'Voleva fare da soprintendente : di che chia- matosi offeso iì vecchio duca , e perciò sdegna- to^ invio la nipote littoria ad allevarsi alla cor- te di Toscana. VIII. lìmilio Santorio , arcivescovo prima di Cosenza e poi d'Urbino , spedito non fu sollecita- mente. Egli non giunse in Uibino che il natale iGaS, né presenlosii al duca in Castelduranle oggi Ur- ba-iia che il i gennaro 1624= cioè «ei m«si dop» la morte del principe. Risposta a un anonimo 399 IX. Quando il prelato giunse in Urbino e Ga- èfeldurante , non vi trovò Vittoria . Essa erasi fatta partire per la Toscana il 5 ottobre di detto ianno iGaS: cioè quasi tre mesi prima ch'egli ar- rivasse. X ERRORE . // duca rinforzo con guarnigioni toscana le prin- cipali sue piazze . X. Ciò non sussiste ; e si oppone a tutte le trattative d' allora : tendenti per parte dèi duca ^^ a evitare ogni misura capace di porre la corte di Roma in maggior sospetto ; e per parte del gran- duca di Toscana, a mostrare neutralità; e soffo- care i semi di una discordia, la quale avrebbe po- tuto divenire gravissima . XI ERRORE . Cessati fj rie' primi rumori^ si mise mano in RomdL alla quintessenza della destrezza ed eloquenza ro- mana , per indurre il duca a rinunziare con do- nazione inter vivos il suo ducato alla chiesa. XI. JNon credè mai papa Urbano aver mestie- ri di donazione per riunire quegli stati alla chie- sa: specialmente dopo che il duca dichiaiato ave- va solennemente, con atto 4 novembre di detto anno 1G24, che i rovereschi erano Semplici feuda- tarii ; ed estinta la linea investita, dovevano que- gli stati liberamente tornare sotto ecclesiastico im- mediato dominio; e dopo che il granduca di Tosca-" na e i suoi congiunti dichiarato avevano il 16 di detto mese , che la loro famiglia non aveva^^sopra di essi alcuna ragione ì 400 Lbtteratura. XII e XIII EnRORE. Rinuvzih il duca iielV anno presente (mdcxxvi) quegli itati al sommo pontefice . XII. La rinunzia non fu degli slati ; ma del solo immediato governo, il quale si stabilì dover- si esercitare da governatore di nomina papale, con piena dipendenza dal duca . XIII. Ciò si stabilì non il 162G; ma il 1624^ XIV ERRORE. jéveva il duca spedito perst na alìoma col mandato del' la rinunzia : di che se ne pentì; e spedì tosto ordine che niiUa se ne facesse. Ma il mandatario a cui premeva guadagnarsi la grazia del sol nascente^ occulto lordine; e fece prontamente la rviunzia , ed ebbe il suo effetto . XIV. Sono qui notabilmente travisati ì veri fatti . Ecco in breve ciò che accadde . Viste dal duca le diffidenze della corte romana, volle assicu- rar lei e toglier sé di molestia. Incaricò dunque Antonio Donati patrizio veneto suo principal cor- tigiano e confidente di recarsi a Roma, e proporre la rinunzia ne' termini detti di sopra. Si trovarono mille difficoltà: non perchè la cosa a Roma non aggradisse; ma perchè si volle usare al duca un de- licato riguardo, con mostrargli la persuasione di niun riputare dell' esercizio del governo piò capa- ce di lui ^ e convincere il pubblico, che intenzione non fosse di strapparglielo dalle mani, come i mali- gni avrien potuto supporre e divulgare . Di tali spe- ciose e politiche perplessità avvertito il duca, or- dinò a Donati che dal papa si licenziasse; e tornasse a Castelduiante , per potersi pensar meglio^ e pren- dere altro spediente : su di che peraltro si rimise al Donati medesimo : lasciatidogu libera qualunque ri- Risposta a un anonimo 4®* soluzione. Tutto poi si appianò; il papa conscio del richiamo di Donati accettò finalmente il partito ; e la trattativa fu conclusa come crasi progettato dal duca . XV ERRORK^ Riflrossi pertanto il duca in Casteldurante . XV. 11 ritiro del duca a Casteldurante noti fu conseguenza di detta rinunzia . tigli vi si era stabilito fino dal 1G07; e vi dimorò in seguito qua- si sempre, tranne alcuni itervalli bievissimi , tut- ti anteriori alla morte di suo figliuolo : dopo la qua- le si osserva, eh egli non allontanossene un sol mo» mento . XVI, XVII, E XVIII ERRORE. In questo mentre (cioè contemporaneamente al ritirò del duca ) venne il cardinal Berlinghieri Gessi a prendere a nome del papa il possesso di quel ducato. XVI. Berlinghieri Gessi non venne contempo* rancamente al ritiro del duca a Casteldurante ; ma annunziatane la destinazione da esso duca a' magi- strati con dispaccio 38 dicembre \Q)2J\ : a lui pre* sentossì in Casteldurante il 1 gennaro iGaS. XVII. Egli non venne cardinale ma semplice prelato ; e non fu promosso alla porpora che il 19 gennaro 1G2G. XVIII. Non prese possesso dello slato ; ma as- sunse le sole redini del govirno , con intiera subor- dinazione agli ordini dei duca , a norma de' trattati. XIX , XX , XXI E XXII ERRORE. Cento mila scudi furono tosto sborsati dal cardia naie al duca per te artiglierie armi e munì" zioni delle: fortezza' 403 LKTtERATURÀ XIX. Lo sborso fallo non fa tosto ; ma stabi- lirò da atto concistoriale 3o aprile 624 , il quale ebbe conferma da bolla papale j8 luglio di detto anno : non dovea realizzarsi che dopo la morte del duca. XX. Lo sborso non fu fatto dal cardinale cioè da Gessi, il quale non era stato eletto governato- re al tempo di tali economiche trattative; e piià noil l'era, allorché cessò il duca di vivere; ma bensì -dal ministro camerale. XXI. Lo sborso non fu fatto al duca ; ma alla erede , dopo la seguita morie di lui. XXII. Lo sborso decente mila scudi non fu per le artiglierie armi e munizioni delle fortezze ; ma pe' miglioramenti specialmente de' porti di Pe- saro e Sinigaglia; e i prefati bellici oggetti fu sta- bilito pagarli con altra somma , secondo il valore,; XXlil ERRORE. Sopravisse il duca fino ali anno j63G- XXIII. Egli cessò di vivere il dì 28 apri- le iG3i - XXIV, E XXV ERRORE. // possesso del ducato d Urbino abbraccia le città d Urbino Pesaro Gubbio Sinigaglia Fossombro- ne Sanleo Casali Urbania con trecento terre e '■ castella XXIV; Pesaro non fu mai compresa nel du- cato-d'Urbino ; prima che ne fossero investiti i ro- vereschi , constituì sempre una separata signoria ; e i suddetti rovereschi 1 quali la signoreggiarono sino alla estinzione del ramo investito , prosegui- rono a segnarsi negli atti pubblici e nelle lapi- de e moneta yrbini dvx pisavri dominv*. Risposta a un anonimo 4oS XXV. Nel moto proprio 6 luglio 1816 della santità di N. S. F. R. queste terre e castella , sot- trattene Je città, non sono (he 21 3: sole Ò4 delle quali hanno popolazione sorpassante il migliajo; e in 35 altre essa non giunge al cento. Dal ìGji all' anno del moto proprio, da chi sono siate disti ut- te le 87 tra terre e casti Ha le quali, rit.nuto il muraloriano conteggio , si vedono ora maucanli ? Attenderò la vostra replica , signor anonimo , per ridurre, se mi convinca, questo numuo d errori a ventiqualtro. Tralascerò di proporre la gran questione , se per passare ò nell' ozio ò in studii ai'la.to mu- tili a uomo del suo rango , 1 ullima p rie di sua vita , avendo abbandonato ì amminisliazione del governo all' arbitrio del giovinastro suo tìglio , il quale è descritto da esso Muratori dissoluto prò- digo e di vita sregolata , senza che ne i comandi del padre né i consigli della gente savia e pia il potes- sero tenere a /reno : si veiifichi che duca Fraucesco Maria fosse principe di grande intelligenza e pru- dente ; e in lui concorresse la gloria de 'veii principi , perchè padre de suoi pepi li non di no- me ma di /atti ; e all'incontro non sia tale giudi- zio errore più fatale di tutti gli altri, come quello che specialmente si oppone alla vera idea che nel muratoriano aureo libro della plbelica felicita. si dà del bon principe . Lasciando che tal que- stione altri propongano e sciolgano ; e ristringen- domi a' venticinque errori dimostiati : damando a voi , signor anonimo riverito , se gli innamo- rati del dottissimo Muratori ( e lo sono anch io ) possano , senza usargli ingiusti^ia , a lui adattare il miseri quibus intentata nites , con cui Pina e 4o4 Letteratura. corapUrnentata da Fiacco ; e se a scrittore convinto di tanta noglìgenza nel parlare di cose accadute .di fresco, debbasi cieca e continua fede prestane, al- lorché parla di avvenimenti da noi lontanissimi^ Si sic in "viridi , quid in arido ? Teo^ilo Betti. Cenni intorno i ragguagli di alcuni ^viaggi nelle contrade asiatiche. dell' impero de' barmanì L9 . impero de' Barmani è fra quelle contrade dell' Asia che sono ancora poco conosciute. Quindi pre- ziosa diviene la relazione non ha guari pubblicata del capitalo Hiram Gox , il qnale iu nel mese d'ot- tobre del 1796 Spedito dalla Compagnia dell'Indie a llongun , presso \a foce t!et fiume Ava , per soste- liei e in quel porto il carico di residente. E comecché ]a inor e abbia impedito ali autore di periezionaie d reud'ie pila estesa quest' opera , arriccheudoia col- la descrizione delle ruine d'Ava siccome éi promet- te; é quantunque poche cose vi si riscontrino del- la religione, e quasi nessuna de' costumi^ del go- verno e degli usi de' Barmani , e appena si trovi- no alcune notizie geografiche de' paesi percorsi dall au- tore, contultocio questa narrazione è di grande mo- xnenlo in gf-azia della rarità delle scritture che pernoi s'hannài intorno quell' impero. JNarra dunque il capitano Hiram Cox esser egli partito da lìangUn il giorno 5. decembre 1796 per recarsi ad ^marapurcth, oggi capitale de' Barmani , 6v« s'interlenne pef io Spazio di dieci mesi, é non fu di ritorno a Hangun che nel novembre del 1797. Dei soggiorno in queste due città ; de' viaggi per andare e tornare, e delle trattazioni co' ministri di quel governo, fece l'Hiram Gox un interessante gior- nale , che Sir Enrico Gox suo figliuqlo ha credu- to degno d'essere mandato la luce dopo la morte ilei padre. Il paese che si stende da Rans^un sino ad y4ma- rapurah è un paese ridente e alternato da fertili pianure e da montagne rivestite di boschi. Esso è bagnato da diversi fiumi che poi vengono a con-» fondere le loro acque in quelle dell'Ava . Presso Jìangwi trovasi una miniera di ferro olgisto , sca- vata dagl'indigeni. Alcune striscie di terra argillo- sa mescolata di roccia ferruginose, costituiscono gli strati superiori della miniera, la quale riposa sopra roccia di color turchino , pesante e scintillante sot- to il battifuoco . In molti luoghi l'acqua è sopra- caricata di, vitriolo e di alum^, e al sjttentrione del- la pagoda di Dagone ( edifizio stupendo) trovasi un^ lama d'acqua pluviale, limpida ma di sapore forte, acidulo e che gf indigeni risguqrdano come fortifi- cante e vi mandano a bagnare i loro bestiami. Il sig. Cox assicura aver trovato in molti luoghi lo zol- fo ed altri testimonii d'antichi yolcani. Tutto il pae- se sembra ricco di minerali , e sopra tutto abbon- dante in metalli. Il ferro che vi si scava è miglio- re , più dolce e pili malleabile di quello che viene colà importato dal commercio , così che le genti del luogo lo preferiscono a quest'ultimo negli ar- nesi di loro uso. Nel ritnoutare il fiume. Ava la prima città ìr^ cui s'abbattè Gox fu Prona, detta dagli abitanti PyeJi. Si rimarcano in essa molte pagode barmane , alcu- ne delle quali sono dorate, secondo l'uso della piag- 4o6 Letteratura gior parte della penisola ulteriore indiana. Giusta le osservazioni di Gov, la latitudine di Prona è a' i8. 5o, cioè quindici miglia più al mezzo giorno di quello che il maggiore tlennel notò nella sua car- ta. La longitudine poi è di un grado più occiden- tale d'ella posizione assegnatale dallo stesso geogra- fo. GoK, coll'ajuto deir ecclissi del primo satelli- te di Giove, osservata il aS decembre ilijG. , la fissò a i5. 58' i5". I pozzi della nafta di Rainangung, che l'au- tore accuratamente descrive, furono da lui visitati ai 7. di gennajo. iXel luogo ove egli si recò da pri- ma ne contò cento ottanta; e circa due leghe più lontano al n. e. ne trovò altri trecento quaranta . Per le inl'ormizioni avute egli crede che il g,uada- gno che si ricava da questi pozzi sia immenso, e si possa risgiiardire siccome uno degli oggetti più pro- ficui del commercio di quel!' impero. È noto tfal- tronde che il legname di teck, il cotone, la cocci- niglia, e la carta per la manifattura degli ombrelli da sole, e per la stampa, sono i principali ogget- ti d'esportazione del regno d Ava. II sig. Gox pervenne a' 24 di gennajo 1797 al- la capitale yfmarapurah , posta non lunge dall'an- tica città d Ava. Ala il re colla corte trovavasi allo- ra a Mheghun , ove aveva latta costruire una ma- gnifica pagoda, e dove, per motivo di certe ceri- monie religiose, doveva restare sino agli 1 1 di febbraio, giorno del plenilunio Un Barmano venuto da Calcutta col resid('nle inglese , s'introdusse alla corte , per la conoscenza eh egli aveva d'uno de' grandi oKi- ciali. Costui lo presentò al nuovo viceré di lìan- gun favorito del monarca, il quale lo condusse in- nanzi al capo degli [Fungi o consiglieri di staJo. Que- sti lo fece arametlere alla presenza del re, che lo VJA.GSI ^©7 jichiese di aiolte cose intorno l'inviato inglese e il commercio del Bengala . Poco dopo , quel principe gli domandò se aveva veduta la carrozza che gli ve^- niva portata in regalo. A ciò il Barmano rispose di sì. E il re disse. È ancora entrato nessuno in quel- la carrozza ? Nò, replicò il Barmano, giacché essa è stata fatta a bella posta per V. M. Poscia, avu^ tone l'ordine dal re, si pose a descriverla e ne trac- ciò alcun disegno. Ma il re conchiuse che quella ch'egli possedeva era più bella . Il viaggiatole, uomo di costumi semplici, osò dare una mentita a S.M. , la quale diede in forte scoppio di risa, e disse: sie- te parziale verso gllnglesi. Voi non avete veduto ancora la mia carrozza : gii si faccia tosto vedere,. Subito uno degli ufficiali di corte condusse il Bar- mano al luogo ov'era conservata . Tornato innanzi al re , questi gli disse. E bene; ora che 1 avete ve- duta che ne pensate ? Ed egli sostenne che la nuo- ra carrozza era più bella. Del che il principe non si saziava di ridere. I cortigiani che stavano die- tro al Barmano, lo tiravano per l'abito e gli dice- vano piano agli orecchj , non esser quello il mo- do di rispondere ad un re. Egli allora osò dire che S. M. era un monarca grande e potente e doveva aver ragione ; ma ch'egli credeva doverg'isi dire la verità, persuaso che dopo aver veduta la nuova car- rozza la troverebbe egli stesso più bella. D'altron- de, soggiunse, questa è adorna di lanterne. Come! domandò il re , essa ha delle lanterne ! vi sareb- bero già st^le messe le candele? Il Barmano rispo- se di no . Della qiial cosa il principe si mostrò assai lieto, e poi continuò. Voi siete stato a Ceyi.m: quanti anni ha il re ? cinquanta ; replicò il i3jr- mano. Ah ! presso a poco della mia età, disse li pi in- cipe . Ma egli è nero , nero assai, aggiunse i ftltro : e 'io8 Letteratura qui il re si pose dì nuovo a ridere. Dopo vai] al- tri ragionamenti intorno Geylan, gli olandesi egfin- glesì, egli diede ordine al Barmano di andarsene e di ritornare un altra volta co' suoi libri e co' suoi disegni. Quest' avventura destò l'invidia de'cortigia- ni contro il viaggiatore, al quale domandarono al- cuni consiglieri di stato perchè fosse venuto in cor- te così miseramente vestito . Perchè son povero , rispos' egli , e non mi trovo altri abiti. Ve ne fa- remo de' belli , gli dissero tutti , ma non tennero la promessa, ed ebbero tanta invidia della sua buo- na fortuna , che il comandante di Rangun disse con dolore ad un altro. Sono nove anni che io ser- vo il re, e non ho ancora potuto vederlo in fac- cia ; e questo cencioso couli ha avuto l'alto ono- re d'intertenersi seco lungamente con famigliarità. Ho ricordato questi particolari , dice il si- gnor Cox, per far meglio conoscere l'indole del sovrano e quella del suo popolo . È degna poi d'osservarsi l'attenzione prestata dagl' indiani ai viaggi che fanno gli abitanti delle diverse regio- ni dell' India per istruirsi negli usi e nelle tra- dizioni della loro religione, giacché il Barmano, di che è parlato , aveva fatto parte d'una depu- tazione spedita tre mesi prima a Ceylan per og- getti di costumanze religiose . Il viaggio di co- stui ed altri fatti comprovano i legami intimi esi- stenù tra' popoli della penisola orientale e Cejlan che la seconda metropoli del Budaliismo nell In- dia occidentale. Infatti la relazione del sig. CoX ci somministra più oltre nuova prova di questi legami . Hacconta egli che il re de' Barmani lo pre- gò di scrivere con efficacia ai governatore dell' In- die perchè gli ottenesse dal re di Candj uno dc'denti del legislatore e semideo de'Barmani. 11 qual dente Viaggi 4^9 si conservava nella pagoda principale di Cpylan . È noto siccome i denti di Bud/ia sono stati cagione di molti viaggi e trattazioni fra diversi re dell In- die. Intorno a ciò è celebre il riliuto fatto da un generale portoghese di restituir uno di questi denti venuto per caso alle sue mani, e pel quale alcuni indiani otfrirono un mitlione di scudi . Ma il gene- rale, tratto da zelo, preferì di larlo ridurre in pol- vere, bruciare, e gettarne le ceneri in un fiume, anziché ridonarlo all' idolatria di coloro. Signora qual esito abbia avuto la richiesta dei re de' Bar- mani . Il sig. Cox prosegue la sua relazione , descri- vendo minutamente tutti i suoi manf'ggì diplomati- ci alla corte di Amarapurah ^ tendenti ad ottenere alla sua nazione un libero commercio . Le macln- nazioHÌ de'grandi afficiali del regno assistiti da una delle mogli del re, fecero tornar vane tu' te le sue cure, ed egli dovette ritornare a Rangun senza aver tratto gran profitto dal suo soggiorno nella capitale. Durante la sua dimora colà, il re gli fece mo- strare due monete , una d'oro e I altra d' argento , o uaa carta geografica dipinta su' tela, per sapere da lui se conoscesse a qual paese appartenessero . Il re aveva avute queste cose dagli ambasciatori d uà paese chiamato V'izaddi , posta al a. o. di Amarai' purah ^ lontano ottocento miglia, i quali erano ve- nuti a pregarlo , perchè volesse ajatarli a riporre in trono il loro re legittimo, che n'era stato caccia- ta dal fratello . Al qual fine aveva già il re de'Bar- raani riunito un grand' esercito , e mandati innaa-^ zi venti mila uomini, senza neppur sapere ove tos- se posto il paese ch'egli voleva invadere . Cox non potè fare che alcune congetture , trovando la carta scritta in lingua indiana . Un gran fiume che at- G.A.T.XIV. 37 4ip Letteratura traversava il paese o si gettava in mare noq liinge da Vizaddi , gli parve il Brahmnpatre , e Vizadd^ stesso nno 4e piccoli stati dèi G/iagung ^ o forse una delle denominazioni dpi reame d\4ssam . Ma è troppo difficile cosa il seqtenziare su questa conget- tura ,a motivo defila geografia tuttora informe e in- completa dì quelle contrade . Le regioni situate a| settentrione ed all' oriente d^He frontiere d Assam, e d Ava , sino a quelle del Thibet e della Cina, so- no ancora sì pocp conosciute che due regni, quello di Pe-i , e quello di Pape-thsi-/u , o delle ottocen- to spose , notati nelle carte cinesi , mancano al tut- to ne|le nostre • Termina la relazione di Cox col racconto delle pretese che i Barmani hanno sul possesso dei rearne d Assam, contro, il quale sem- brava cho si iTieditasse il progetto d'una spedizio- ne militare, estendibile forse sino al Bengala La qual posa è trattata dall' A. come insensata e te- meraria . Succede poscia la storia di tutte le brighe de'ministri opposti al partito inglese, sostenuto dal- la principessa che sino dal bel principio erasi di- mostrata contraria air inviatQ brittanico . A tutti posroro univansi i mercanti rnussulmani, i quali go- dendo del commercio esclusivo di Rangun, e temen- do non venisse loro a mancare , brigaronsi quanto più poterono eccitando i primi a muovere l'animo del re contro lo straniero ,e vi riuscirono giacche v^nne comandato al capitano Cox di partirsi da Araarapurah . Tale fu l'esito della costui missione, meno fortunata di quella del maggiore Symes ch« Jp aveva preceduto . DELLE FRONTIERE PERSIANE. Rechiamo per intero l'estratto di una lettera scritta da Sir James Claudius Bich, residente in- VlA-tlGI 4'I gìese a Bagdad, da Mossul in data de' 5 decem- bre 1820 , ,, Signore, l'ultima lettera che io ebbi l'onore di scrivervi era scrilta da Solimania. In essa io vi ragguagliai de'miei passi fino al mio arrivo in quel- la città . Riprendo oggi la penna per narrarvi brie- vemente ciò che ho fatto dopo quolT epoca . Partii da Solimania il di 17 di Luglio per tro- Tare una dìpiora la cui temperatura fosse piij ire- «ca , ne distretti posti più ad oriente e più mon- tuosi. Ci fermammo a Ahmed Kulevan^ ov' erano stati preparati alloggiamenti per noi nel distretto di Kizzely , ed a Bistan capo luogo di questo stes- so distretto, fino a' lò di Agosto. A quell' epo- ca, essendo la stagione bastevolmente rinfrescata, po- tei riprendere le mie escursioni. Una gran parte del mio seguito ca malato d una violente febbre bilio- sa intermittente che in questa stagione domina nel- la Persia, nel Curdistan e neU' Asia minore, lo aveva più di venti persone malate a un tempo, ma in quanto a me non ebbi che una piccola sfumata febbrile. Grazie al cielo la signora Ri che ne and^ esente. Molti del mio seguito ne morirono. Io rimandai allora la scorta e le grosse baga- glio a Solimania , ed incominciai le mie operazio- ni con una scorsa a Sina capitale del Gurdistan per- miano: del qual luogo io desiderava determinare a- stronomicamente la posizione. Partito da Bistau at- traversai le pianure di Meriwan o Mehriwam pas- sai vicino al lago di Ziribar , dgl quale era igno- ta a' geografi l'esistenza. Ascesi il monte Zagros, per la gola di Garran eh' è la grande strada cho dal Gurdistau conduce a Ramadan, e che proba-, bilmente è la stessa per la quale si ritirò Dario dopo la battaglia di Arbela. Giunsi il aò agosto a 2f 4ia Letteratura Sina, il cui vero nome è Sinendadj . Vi dfmorai si-, no al 3o, per ottenere lo scopo che mi aveva \k condotto, e vi feci molte osservazioni di latitudine e di longitudine. Il Jl^ali o Signore leodale del Curdistan persiano si trovava lunge, intento a per- correre le provincia settentrionali. Profittai de' suoi reiterati inviti per andarlo a visitare, e così vede^ re una regione fino allora sconosciuta, e compiere per tal modo le osservazioni su questa interessan- te frontiera. Lasciai dunque Sina il 3o d'agosto e giunsi a Bana ove trovai il Wali J man-allali' Kan. Tornai a passare il 6 di settembre lo Zagros per io stretto di Kellé -balbi non mai conosciuto prima. Bana è sulla frontiera del Cuidistan turco. Kitornai a Solimania trapassando i distretti d'Aalari Siìvel e Scharibazhir^ che così pronunziano i Curdi Schehirhazar . Allorché attraversai \e pianure di Meriwan mi fermai nelf accampamento principale dei Diols , la più possente e la più selvaggia delle tribù di queir la regione . Fui accolto colla più gentile ospitalità dal loro capo Cai-Kosru-Bey, nel mentre che le sue !'^ donne non preterivano cosa alcuna per rendere gra- to il soggiorno delle loro tende alla signora Ri che, la prima fra le donne europee che siasi avventu- rala a così straordinaria situazione. Debbo qui no- tare che le tribù de Curdi ostentano i nomi degli antichi persiani, siccome Parivi z ^ Khosrii^ Rii,- stan ec. Quanto il mio viaggio fu interessante per i'a gr'ografìa , altrettanto fu sterile per le ricerche di cose antiche. Vidi appena qualche rudere degno (l'attenzione . Determinai astronomicamente quasi, tutte le posizioni , e tracciai su' luoghi medesimi il piano di quella regione . Il 2 1 ottobre lasciai Solimania, della quale con- Viaggì /|i3 Servo la più ^olce memoria, a preféréiìza delle aU tre contiar|(e d?l levante da me visitate, pr!r la ge- nerosa e costante ospitalità ivi trovata. Presi allo- ra la strada di Mossul passando per Io stretto di Derhend ^ pe' distretti di Schuan ^ JUtun-Kiopri ^ ed Erbil ^ o Arbela . Altun Kiopri è detto anche iu oggi dagli Arabi, come a'tempi di Tamerlano, Al- kantara^ volgarmente Alcantara. Restai due giorni a Erbil per vedervi le cose piij curiose , e pei" riu- nire la posizione di questa piazza con quella di Mossul. Il castello di Erbil è collocato sopra una montagnetta artificiale più alta e più larga del Mudje-!' libeh di Babilonia. Questa eminenza è, secondo tut- te le probabilità ^ il tuniulus ove trovavansi le se- polture degli Arsacidi , visitate da Garacalla . Par- tendo da Erbil seguitai la strada che tennero Ales- sandro e Dario, passando lo Zeè, e il Chazir^ o Bu- madus ^ e pervenni il 3i a MosSul. Lo Zabatus o Ljcus è conosciuto dagli Arabi sotto nome di Zab; ma i Curdi e i Turchi lo dicono Zerb , onde nott può farsi verun rimprovero a Plinio perchè lo cliia- rna Zerbis. Durante questa ultima parte del mio viag- gio ebbi sempre tra mani la ritirata de' dieci mi- la, ed Arriauo , e spero aver determinato per sem- pre le posizioni più importanti delle marce di Xe« nofonte, e di Alessandro. Qui pervenuto incominciai tosto nna rninuzio- sa ricerca della topografia di Ninive, e impiegai a ciò otto giorni d' ostinato lavoro, tanto sul luogo quanto in camera mia. Da quel tempo in poi eb- bimo una stagione cattiva, che mi tenne rinchiuso. JVe ho prolìttato per calcolare le mie osservazioni e riunire informazioni di materie diverse. Il cielo sembra prometterci adesso una miglior stagione ^ e spero di poter fra pochi giorni intraprendere i^i4 Letteratura una gita pel territorio di questa città, e conoscere a pieno la marcia di Alessandro al dipartire dal Tigri, e il f^ampo di battaglia di Gaugamela. Non ho ancora stabilito 1 epoca del mio ritorno a Ba- gdad, ma essendo questa, secondo tutte le appa- renze, l'ultima visita che faccio a questi paesi vo- glio vedere e disegnare tutto ciò che menta d' es- sere notato. Tutto questo none che una traccia informe del- le mie opei azioni . Non sono pel momento così disposto di spinto da poterne scrivere una miglio- re. Mi atìcade una disgrazia che ci ha tutti as- sai cousternati. Voglio dire la perdita del pove- ro Bellino, morto qui pochi giorni dopo il suo arrivo. Allorché eravamo a Sina gli permisi di lasciarci, per andare a vedere le anlichilà di Ha- madam e copiare le iscri/ioni cuneiformi che vi si trovano, ciò che da lungo tempo era il s'jo progetto favorito. Egli se ne andò in perfetta sa- lute : ma poco dopo il suo arrivo a Hamadan , e prima di poter compiere il suo lavoro, fu preso dalla febbre ^ oade venne a raggiungerci A Soli ma- nia , ove per le cure del signor Bell, associato a questa lega^-ione in qualità di medico, si trovò to- sto meglio. Sostc^nne il viaggio fin qui senza dif- ficoltà, ma poco dopo il nostro arrivo cominciò a ricadere visibilmente, sì che ha cessato di vivere .1 12. novembre. Tutti gli altri malati si sono prontamente ristabiliti coli aria di Mossul che io estimo essere eccellente j La morte dell' infelice Bellino è una gran perdita per le lettere: le sue cognizioni in filologia e in antichità erano sorprendenti , e la sua perseveranza nelle ricerche antiquarie, che formavano il più caro oggetto de' suoi studj , non si rallentava mai. Non posso dir- Viaggi 4i5 vi di qual profondo dolore mi sia cagione la sua perdila che non è così facile a riparare . Sono ec. Bagdad 28 marzo 182 1. La partenza di que- sta lettera avendo ritardato sino al presente, posso darvi contezza del seguito delle mie operazioni si- ilo al mio ritornò a Bagdad, ove esse sono per óra terminate Ho compito prima di lasciar Mossuì i piani di che \ i ho parlato nella lettera. Ho pler- corso tutte le parti del territorio, ed ho èsarrimato bòri quella e-^attezza che ho potuto T intera regio- ne sino alle montagne d' Aniadia, Ho raccolto ol- tre ciò molte importanti notizie intorno i luòghi bhe non lìo potuta vedere io stèsso ; e là dove noni ho potuto prendere con certezza misure topografiche, ini sonò almt-nò procacciato là situazione delle strade che s'incrocicchiano da Gezirèh ad Èrzeroin^ è dà Diarbèkir a Tauriz. Partii da Mossul il 3 del corrènte e venni scendendo pel fiume Tigri sulle zattere, esaminando le rive e determinando astro- nomicam quel degno religioso fece per tal fabbrica conoscere quan- to egli tenesse in pregio le arti belle, non è cre- dibile eh' ei facesse allora togliere dal Suo posto Un monumento che illustrar poteva irt qualche par- te la storia della famiglia Scaligera , com3 si ve- drà in appresso ; e crederò piuttosto che ciò sia addivenuto molti anni dappoi, cioè, quando 1 igno- rantissimo laico professo frate Pellegrino Mosconi fece por mano nel 1739. a ristanrare la chiesa, ri- ducendola alla golfd forma attuale (2), e quando si compiacque di traslocare dall' interno della chiesa stessa, e far sospendere sul fianco laterale esterno, il graiiosissimo e ben inteso mausoleo di Marco Verità, mausoleo di così bel disegno, e di cosi buona esecuzione, che il signor Ferdinando Alber- tolli , comecché Senza sicuro fondamento, non eb- be dif.ìcoltà di riporlo fra le opere del celebre ar- chitetto Michele Sammicheli (3). Ma ciò basti del- la descrizione e del sitd , e passiamo alla storia. Sappiamo dagli storici veronesi ^ non meno che da quelli delle cose di Ravenna, che Antonio signore dalla Scala nel iSSi prese per moglie Sa- maritana figliuola di Guido novello da Polenta (4). Sappiamo del pari che Ostasi©^ o dome altri scri- ve , Staso (5) figliuolo dello stesso Guido era capi- tano generale delle armate di Antonio (G). Sappia- 42b L E t T E 11 A T U R À Ilio ancora che Guido ebbe altri cinque figliuoli 4 m nome Pietro , Bernardino , Obizo o Opizone '^ Ant;lico o Angelico, e Aldobrandino (7); e che Ber- B;u(!ino aveva per moglie una Lucia Scaligera so- rella di Antonio (8). Tutte queste notizie , le quali ci fanno cono- scere la stretta relazione di queste due famiglie, e ci danno quindi una ragione di credere che alcu- ni de Polentanì potessero dimorare , e anche mo- rire in Verona , non ci fanno però la menoma cir- costanza palese, la quale possa darci lume nelPar- gomento , ma servono ad imbarazzarci anzi che no. Samaritana da Polenta , se vogliamo prestar fede ogii storici piij accreditati , yi^ un emporio di tutti i più bassi difetti che vagliono ci far detesta^ re Ufi carattere , arrogante , prositntuosa , superba e fastosa fuor di misura (9), e per tale sua indole re- se il marito sempre più odioso a'sudditi , che già tale era d'venuto per la morte dala proditoriamen- te al fratello Barlolommeo (io), e contribuì mol- tissimo al totale eccidio della famiglia Scaligera , la quale fu scacciata dal suo dominio di Verona ef degli altri stati che possedeva , per opera di Gio- ■vanni Galeazzo Visconti signore di Milano^ il che avvenne a'i8 d'ottobre del lù^'j. (11) Quest' epoca pare dover fissare il periodo d'an-* Ili in che possono i figliuoli del signore da Polen- ta avere dimorato in Verona, giacche non sembra probabile che vi fossero rimasti dopo che gli Sca- iigeri ne furono espulsi. Quindi secondo questo prin- cipio do\rebber eglino esser morti nelT intervallo di tempo che trascorse tra il giugno del 1 382, epo- ca del matrimonio di Samaritana , e 1 ottobre del l'ób"] , epoca della espulsione di Antonio. Vediamo ora se in questo frattempo sia mor-« UkNETTA SEPOlLRALE ^2 1 to nessuno de'figliuoli di Guido testé nominati. Trovo, che nel 1890 i tre fratelli Pietro, Obizo ed Osta- sìo spogliarono il genitore del dominio di Raven- na , e lo carcerarono , senza che poi sappiasi Tan- no in cui questi venne a morte (12). Trovo che Anglico o Angelico altro figliuolo di Guido , mo- naco e Protonotario Apostolico, era nel ióf)() am- ministratore del monastero di S. Severo fuori del- le mura di Ravenna , e che nel i4oo fece testa- mento , lasciando suo erede ex asse il fratello Obi-r 20 (i3). Trovo che Bernardino figliuolo anch' es- so di Guido, viveva tuttora nel 1095 (i4). Tro- vo Aldobrandino nominato come vivente assieme co' fratelli Bernardino , Ostasio ed Obizo in una conven- zione fra' Polentani ed il Comune di Firenze de'3i maggio «390 ( i5); indi di nuovo in una carta del 1592. di Papa Bonifazio IX, che concede a'Po- lentani il vicariato di Ravenna e suo territorio ( i(i); poscia nuovamente in un' alleanza de' signori da Po- lenta col Comune di Bologna del 1398 ( y). lub- bo da ciò necessariamente concludere , che nessiv- no di questi possa esser morto in Verona , porcb.ò tutti sopravissuti al suaccennato quinquennio. Con- viene dunque supporre che Guido abbia avuto ni- tri figliuoli , giacché la iscrizione chiaro mente Io manifesta: ma fra quanti storici che dolle cose di f;:;^' tempi hanno tramandato notizie , non ve n' t ai- cuno che ne faccia il menomo cenno, ed è quin- di impossibile di saperne positivariKnte i nomi , e né tampoco di formare una plausibile con ghìel tura. Il marmo peraltro , e per la stia iscrizione , e per le sue dimrnsioni ci da a conosctie due co- se, cioè i.° che questi debbono essere stati più d'uno , 2." che proJiabilraente sieno stati iaiioiulli. Che fossero più d uno è chiaramente iadicalo di^l A22 Letteratura plurale filiorum che vi si legge scolpito r che poi esser pensano stati fanciulli , e forse anche bam- bini , abbastanza lo palesa la piccolezza deli' urna. Ne può credersi , come taluno mi disse , che in quest' urna si contenessero le ceneri di due o più individui adulti , giacché nel secolo XIV era già da lunga pezza cessalo il costume di bruciare i ca- daveri, cos»tume, che dopo 1 introduzione del cri- stianesimo andò in breve tempo a mancare, ed è opinione degli eruditi, che sin dal tempo degli An- tonini sia del tutto cessato . Si potrebbe ancora supporre , che in quella limetta lessero state ri- poste Je ossa di cadaveri già spenti da molto tem- po, quando a tal supposizione non si opponessero, e la stretta relazione i\e\\e due iamiglie eh' ebbe luogo soltanto in quegli anni, e l'epoca della scul- tuia , la quale deve essere appunto di que' tempi, ciò dimostrando la rozzezza del suo carattere e la forma delle leiteie dell' isciizione. Oltre di che , se questi figliuoli di Guido fossero giunti ad una età piij matura , sembrerebbe impossibile che gli sto- rici non ne avesse» o almeno conservato i nomi ; imperocché per ciò non è d'uopo che avessero go- verno di Provincie o di città , come non n ebbe mai Pietro da Polenta , di cui però le storie fan- no menzione. Ma se questi fossero giunti pd una età da trattare i proprj atfari da se, egli è pur ra- gionevole il CI edere, che sendo figli di un ricco signo- re (jual era (juido , avrebbero posseduto dei terreni, i q lali aviebber loio dato ragione o di litigi,© d'inve- stituie, o daiìiUauze, o d'entiteusi, o d'ali rettali pon- tratli , per cui qualche diploma od istromento pur dovrebbesi rin\rnire; ma nessuno se ne ancora tro- vato da' diplomatici , e lyv anche dal diligentissimo Conte Faatuzrzi , il quale ci Uied« persino notizia di UrNKTTA iSESOLCRAlii; 423 una figlia naturale di Guido per nome Francesca , Ja quale da Papa Bonifazio IX fu dispensata dal difetto de' natali^ ed abilitata a sostenere tutte le cariche primarie del monastero di s. Andrea di Ra- venna , in cui avea preso l'abito monacale (i8). Potrebbesi ancor sospettare, che questi due, p più, figliuoli di Guido fossero morti in Raven- na, e che la sorella loro Samaritana, siccome era t\onxìa. Jhstosa fuor di rnisura^ avesse voluto per fasto far trasportare le ossa de' suoi fratelli a Ve- rona. Ma piuttosto è da credere, che in tal casq avrebb'ella fatto costruire una tomba più conside- rabile e più ornata secondo l'uso de' ricchi di que' tempi , a guis^ che appunto si vede nelle celebri tombe dpgli Scaligeri presso S. Maria Antica in co- desta città. Non è poi naturale, che le ossa di chi muore in patria si trasportino lungi da essa, men- tre al contrario abbiamo cei^to esempi di tale tra- slocamento alla patria di morti altrove . J*iù ragionevole, e più consentaneo al retto giudizio sembra il credere piuttosto . ^Ijie questi fi- gliuoli di Guido essendo, fanciulli , fossero stati mandati dal padre per essere educati «i Yerona , Qve la corte degli Sc^lige^i ^veva fama di essere , Com' era di fatto , ricca d'uomini dotti in ogni ma- niera 41 lettere e di scienze . Si potrebbe ancora con molta ragione sospettare che essendosi appunto nel i382. palesata una fiera pestilenza in Vene- zia, ove fra gli altri rapì lo stesso Doge, 9 si era pure diffusa in Romagna , a Ferrara ed a Bologna , sino a rendere quell' insigne studio 4*s^r*o. della scolaresca (19); avesse Guido mandato questi suoi figliuoli a Verona onde sottrarli ad una morte pres- soché inevitabile, e che quivi pel contagio dì già contratto,© per altro qualsiasi accidente, morti po- scia si fossero . 424 Letteratura In tanfo bnjo di storia non mi è stato possì- bile di conghietturare in diversa guisa , tanto più , che trattandosi di fanciulli (e credo assolutamen- te di non ingannarmi nel supporli tali ) non è \e- rosiraile che si facessero viaggiare da Ravenna a Ve- rona se non che per forti motivi , quali appunto sarebbono quello della educazione, o quello della salute. Se però non sono stato fortunato abbastan- za per iscoprire con le mie ricerche alcuna cosa di positivo suir argomento propostomi, pure nel consultare i diversi autori mi è avvenuto di os- servare qualche non leggiero abbaglio cronologico e storico in che sono taluni caduti. Il conte Carli nella sna sn>ria della città di l'^erona (20) sembra confondere i due Guidi da Polenta , cioè quello che albergò Dante, ed il pa- dre di Samaritana : mentre ad entrambi assegna il semplice nome di (iuido JVovclIo, senz' altro ag- giunto. Veramente quel Guido il quale chiamò Dante alla sua corte , trovasi appo gli storici vol- garmente denominato Guido il magnifico, ed è bea diverso da quello che nel ii;>o fu dai figliuoli im- prigionato, di cui si ha notizia che in queir anno non era ancora molto vecchio, e che aveva inco- minciiito a governare soltanto uel i.ò^{) (21); lad- dove TAlighieri andò a Kavenna nel 1^20, e vi morì a' 3. di settembre del iJai. (aa) Ora se dar si volessero a Guido soli vent' anni nel lòso , ne avrebbe avuti novanta quando lu carcerato . Anche il liossi prende un grosso abbaglio nel-» Io assegnar l'anno delle nozze di Samaritana con Antonio dalla Scala (aS), mentre segna il i3y8; Tutti gli altri sciittori , Ira' quali Conforto Pulice, di molto a lui auleiiore perchè contemporaneo di Antonio, stabiliscono questi sponsali nel j^da, ciii Urmetta sepolcrale 4^5 iclie forma un divario di ben qnattro annJ ; anzi il secondo ci dice persino il mese , che fu dì giu- gno , e sapremmo anche il giorno , se il mano- scritto non fosse in tal parte mancante (24). Lo Zagata scrivendo che Antonio dalla Scala diede in moglie una sua sorella a Cortesia Sarati- co, o Sarego, non ne dice il nome (aj) ; ma il Jìiancolini nel supplemento che vi fa , ci aggiunge ch'eli avesse nome Lucia (26). Si legge poi nei Rossi, che Lucia aveva nome quella sorella dello stesso Antonio che aveva sposato Bernardino da polenta , e di questa cita un testamento fatto nel 1Ò84 3. idus novembris a favore del medesi- mo suo fratello (<*). Nel leggere questi due auto- ri, enei vedere che il Rossi adduce un documento scritto, io aveva dapprima giudicato in errore il Biancolini ; se non che mi sono persuaso a diver- samente pensare, in riflettendo, che Antonio po- tesse avere avuto due sorelle del medesimo nome, essendo che tutti gli storici veronesi appellano Lu- cia Scaligera la moglie di Cortesia Sarego , e con- vengono nel dirla sorella di Antonio . Siccome poi non sappiamo in qual anno abbia ella sposato il Sarego, potrcbbesi anche credere che le due Lu- cie si riducessero ad una sola , la quale essendo nel i384 moglie di Bernardino da Polenta in Ra- venna , per grave malattia soppravvenutale avesse ivi fatto il suo testamento , ed essendo poscia so- pravissuta, e rimasta vedova, siasi nel seguito spo- sata al Sarego , Anche il Moscardo prende granchj solenni nei nomi de soggetti di cui parla , mentre dice Sama- ritana essere figliuola di Giulio, invece qhe di Guido da Polenta (28). JE parlando delle truppe i 434, Belle Arti la memoria di così illustre concittadino. Bellq esempio , degno d imitazione , allorché egli è pre- mio a'sommi ingegni, e non tributo di bassa adula- zione ! Ha il Tadolini lavorato questo busto con molta bravura e diligenza, e nel conservare tutta la rassomiglianza del Rossini , l'ha però donato di molta dignità e dell' espressione di quel foco, di che egli ha l'anima ripiena, e che appare in tutte le opere sue . Un manto piegato con molto magi- stero ricuopre le spalle, ed accresce nobiltà al lavo- ro, il quale siamo certi sarà accolto con lieto ani- mo e con soddisfacimento da quella corona di let- terati pesaresi , che affidata avevano la scelta dell' artista alla chiara memoria del conte Giulio Per- ticari , che massimo com' egli era ne' buoni studj , così pure finamente conoscevasi di belle arti, e sa- peva discernere ed apprezzare i migliori inge- gni . Ed egli prescelse il Tadolini, a cui fu largo di consigli nel presente lavoro, principalmente in- torno la dimensione, facendogli conoscere che ne' ritratti di scultura ei conviene tenersi sempre ad una grandezza maggiore del vero , per iscan- sare la meschinità nella quale si cade serbando le proporzioni della natura , tutto all' opposto di ciò jL'he addiviene nella pittura . Tambroni 435 VARIETÀ' Inoculazione del vajuolo vaccino. ìd nome del sommo nostro Pontefice PIO VII andrà chiaro « glo- rioso per la via de' futuri secoli, non solo per que' grandi e magna- nimi fatti che hanno destata l'ammirazione dell' universo; ina si an- cora per le tante utili instituziòni , di che Roma è stata arricchita a di nostri. Qui resa più bella e stabile la Giurisprudenza, che ca- minava con piede incerto. Qui accresciute le cattedre nelle pubbli- che università . Qìui poste in fiore le accademie di religione cattoli- ca , di archeologia , e del disegno : e stabilita la scuola dègl' inge- gneri: e moltipilicati e resi d'assai migliori gli orfanotrofj, e gli al- tri luoghi destinati alla educazione della gioventù: è conservati gli antichissimi edificii che erano in sul rovinare per le ingiurie degli anni , e per le vicende de' tempi : ed àroph'ate le biblioteche , e i musei, e formate collezioni di antiche lapidi, e pinacoteche. Sulle quali cose ed altre moltissime chi volesse discórrere , e noverar gh uomini di gran fama posti ne' pubblici ufficj, è qui chiamati da lon- tane regioni , vedrebbe anzi il giorno venir meno che le parole . Non è però da tacere l'ingrandimento e l'onore, che sotto il pon- tificato dell' immortale PIO VII ha ricevuto la scienza medica; Per- chè abbiam noi veduta nascere la scuola di clinica , e rendersene pubbliche le osservazioni: e stabilirsi la scuola di chimica, e tante altre da tanto tempo desiderate : formarsi una deputazione per gl'i ospedali composta di gentiluomini zelatori d'ogni buono inslituto , tra' quali siede meritamente il direttore di questo giornale: e adot- tarsi, e favoreggiarsi tutte quelle utili scoperte, onde la salute de- gli uomini si conservi , e si riacquisti perduta • Fra le quali sco- perte tiene forse, anzi senza forse, il primo luogo quellsi fortuna- tissima della inoculazione del vajuolo vaccino: perchè questa cosi 436 Varietà* detta inoculazione ha vir.te le forze, ed ha oatigiata in imiocua la noccvolissinia natura di quel pestifero vajuolo arabo, che imperver- sando, e propagandosi e riproducendosi ha col suo contagio mietu- te tante vile quante sarebbe impossibile a numerare . Ed è staio l'effetto della salutifera scoperta si portentoso , che le nazioni , le quali se ne sono giovate, hanno fiorilo in popolazione : E , ciò die è più da notare , hanno sperimentato questo effetto benefico men- tre che le guerre d'Europa menavano strage infinita. Di che segui- ta che l'uso della inoculazione vaccina ha più giovato che non ab- biano nociuto cento battaglie. Ed oltre a ciò si è migliorala l'um.ì- ija generazione: perchè il vajuolo arabo corrompe le forme di quc' miseri che non uccide: e tu vedi molti , i quali aveatio bellissimi lineamenti, e sono divenuti tali per la forza del fiero morbo, che a pietà ti muovono se li riguardi. Ma le nuove invelizioni , come ohe utilissime , trovano sempre contradiltori : e chi le riprova per contraria prevenzione : chi per propria utilità ; chi per non devia- re dalle antiche costumanze . Laonde è opera degna di vm saggio governo l'accogliere e il divulgare i progressi delle scienze e gli uti- li esperimenti, si che tutti se ne giovino, e s'accresca la privata e pubblica prosperità. E ciò si andrà operando per lo salutare edit- to pubblicato il di 22 di questo mese di giugno. Nel quale editto composto di ó-j articoli vengono fatti utilissimi provvedimenti, afiin- ohc l'inoculazione del vajuolo vaccino si propaghi per ogni parte de' pontifici domìnj . E vi ammiri la insfihizione di una commissiono Kcnirale di vaccinazione^ per la propagaziona deW inoculazione vac- cina: e Io stabilimento di im consiglio di vaccinazione, i mait^ri del quale si sceglieranno fra i }>rofe,\'!ra.Uc!i, . . . e vi si farà onorevole menzione di tulli coloro , che avranno con,' irlbuilo alla propagazione della inoculazione vaccina . 1 nostri fi- gli e i più tardi nipoti benediranno la memoria di cosi illustre Pou. tefice . (*} (*) Sono slati nominati a comporre la commiséiona centrale di vaccinazione i eh. medici monsig. Prelà., Bomba, e Morichitii -^ 436 Varietà I va scuola degl' ingegneri pontifici d'acque e strade, fondata daN. S^ col motuproprio del u3 ottobre 1817 , e diretta dal celebre sig. pro- fessore Giuseppe Venturoli , continuando nel suo istituto di promvio- l'erc con nuove ricerche il perfezionamento della scienza , e dell' arte degl' ingegneri, ha ora pubblicato i suoi studj dell'anno 1821, come già diede in luce quelli del 1820 . L' opera è intitolata Ricerche gèoinef' iche ed idrometriche fcdte nella scuola degVlnge- gneri pontijìcj d'acque e strade. Milano 1821 per Paolo Emilio Giù- sti. Un voi. in 4 con 6 tavole in rame. Contiene le seguenti memorie: SuW e/Jìusso deW acqua dai vasi conici : di Giuseppe Venturo- li prof, e direttore delld scuola. Nuova formala idrometrica del sig. Eytelwein confermata con diverse sperienze fatte in Italia , e corredata d'una tavola perfa- ciliiame fuso. Applicazioni di geometria descrittiva ad alcuni punti della scien- za dell' ingegnere , di Carlo Sereni ingegnere , e professore nella scuola ; Sperienza per misurare la quantità d'acqua corrente nel Te- vere, riferita da Bonaventura Bonetti ingegnere e professore nel- la scuola. Altezze sopra il pelo basso del mare di alcuni punti dei]li ac- quedotii ròmcmi, e di altri luoghi dello stato ecclesiastico , rileva- te con osservazioni barometriche contemporanee. Nel prossimo quaderno se ne darà distintamente il ragguaglio. Quest'opera si trova vendibile nel Negozio Salviucci al Corso N. 246 pel prezzo di paoli sei; É stata ultimamente pubblicata in Firenze una lettera del sig. chi- rurgo Bucci al sig. Antonio Trasmondi . Una memoria che fra po- co questo chiarissimo professóre reciterà nell'Accademia de' Lincei, terrà luogo di compiuta risposta. Varietà^ 439 liCffera del professore Luigi Maria Rezzi a S. E. il sìg. D. Pietro de'' principi Odesccdchi direttore del giornale arcadico , IICCSLLENZA' N. el fascicolo di Aprile del giornale arcadico mi è avvenuto di Icg>- gere fra le varietà queste parole : „ Neil' antecedente volume di „ marzo a cart. 435. è stata da noi riferita una canzone del Tasso, „ pubblicata qual cosa inedita dal eh. professor Rezzi. Dobbiamo „ far sapere però a pura lode del vero che quella poesia era già „ in luce: e la si dee cercare nell' indice delle canzoni del Tasso „ alla lettera S., giacché non incomincia era già Jenna amor, ma ,, s^cra già fermo amor . „ Qra che questa canzone fosse già nella stampa dell' opere del Tasso veneta e fiorentina , me n' era accorto io stesso non molto dopo di averla pubblicata ; onde cessai di spargerne gli esemplari , e scrissi una breve annotazione a due sonetti del Tasso da inferire in altro giornale , ove ne avvisava il pubblico . E questo avvenne molto prima che uscisse alla luce il menzionato fascicolo arcadico , come ne ponno dare testimonianza parecchi, ai quali rilevai senza mistero il fatto . L'annotazione preparata non potè aver luogo nel fa- scicolo di marzo di quel giornale, per lo quale era già in pronto ; ma supplii in quello , facendo apporre all' indice delle materie contenute nel primo trimestre a piò di pagina questa nota: il madrigale è da op- porsi in fra gV inedili, come ognuno può ivi co'suoi occhi trova- re, e in cotal guisa veniva a dire per esclusione che la canzone non era inedita . Da tutto questo ognuno può vedere che il primo ad avvisare il pubblico del fatto fui io , e non altri , ancoraché non si volesse tener conto delle private testimonianze, che potrei addurre a mio prò, di ragguardevoli amici, e di tutta fede degnissimi. Io non posso dubitare della gentilezza e cortesìa de'facitori di cotesto giornale, mentre parecchi di quelli io li conosco da gran tempo , e con pia mi trovo legato da vincoli di schietta amicizia . Credo adunque che abbiano essi ìh cotale foggia parlato o per non avere conosciuta, o per non avere a piò di pagina osservata la no- 44o Varietà' ta più sopra riferita. Mi fo dunque ardito di rammentarla, o di farla sapere a V. E. perchè qual direttore del giornale voglia de- gnarsi che se ne faccia conto nel fascicolo prossimo ad uscire , aman- do meglio di affidarmi alla sua gentilezza e cortesia , che di muo- vere per cotesta cosa, ch'è poi una inezia, piato letterario in qual-- che foglio, od altro giornale. Io non la prego adunque altro che di far porre nel giornale, ne'termini e modi ch'ella giudicherà piìi convenienti, queste due cose. La prima è, che l'editore della can- zone del Tasso riixirita nel volume di marzo a cart. 445 è stato il primo a dare un cenno altrove, ch'era già stampata. La secon- da è , che tuttocchò ella già sia alla stampa , pure egli crede che abbia in qualche modo a riguardarsi qual inedita per le moke e no- tevoli varietà, onde la canzone, tratta dall' autografo codice, da quella dell' edizioni veneta e fiorentina si divisa, alcune delle qua- li ammendano non lievi errori , ed altre possono parere di aggiu- gnere al verso maggiore bellezza, come potrà ognuno giudicare che si brighi di farne confronto . Io sono certo che V. E. non isdegnerà di accogliere questa mia giusta preghiera, e che non vorrà venire per questo- a riputare, che io abbia preso per cotal fatto in sinistra parte l'avviso di un giornale, al quale han parte persone ch'io pregio e stimo aliamen- te, non potendo così pensare senza uscire del mio nolo ed usato costume di stare lontano da ogni partito letterario. E desideroso di sua cortese risposta, ho il bene di dirmi con osservanza e rivc-- Sul perfezionamento del processo operativo per VesUrpaziontì dei testicoli scirrosi y memoria di Tommaso G. Rima, dottore in me- dicina ed in chirur ia, già cliirurgo in capo dcgti ospitali mili' tari del cessato regno d'Italia, primario di ijucllo di Milano ec. Bologna 1821, per le stampe di yJntiesio Nobili. XI processo che propone l'a. per l'estirpazione dei testicoli e il se- jueuie , e noi lo riportiamo con le stesse sue parole, per comodo Varietà* 44.t <^elle persone dell'arte, lasciando ad esse il giudizio sul merito del medesimo. „ Suppongasi che sia il solo sinistro testicolo da asportarsi. Ra» si i peli 1 ii paziente è posto supino sulla destra sponda del letto . L'operatore , che si colloca da quel lato , solleva con li tegumenti dello scroto e dell' inguine sinistro il cordone spermatico, di cui si assicura tenendolo compresso tra il pollice e le altre quattro dita della mano sinistra . Un assistente , posto a destra dell' operatore , tiene il testicolo sano depresso con la possibile porzione di scroto, procurando di comprendere in esso, se può, ancht; il setto che Io divide. Altro assistente, posto a sinistra del letto, tiene il testicolo af- fetto sollevato in modo che vi sia un sufficiente spazio tra un testicolo e l'altro, ed in questo interstizio i tegumenti siano mediocremente tesi. L'operatore, poco al di sopra del punto dove intende di reci- dere ii cordone spermatico , spinge con la destra orizzontalmente un ben puntato bistorino da una parte ali* altra di quel sipario fatto dai tegumenti, sotto le proprie dita della mano sinistra che tengo- no sollevato e difeso il cordone suddetto. Dirigendo quindi il taglien- te obliquamente in basso, scende sotto il testicolo morboso, in modo da distarcario affatto dalle paiti sottoposte, non diversamente di quel- lo che si farebbe operando l'amputazione d'un arto a' lembi. Com- piuto questo primo taglio obliquo dall' alto in basso , senza punto farsi carico dei tegumenti sopraposti al testicolo malato , il quale ora più che mai è sostenuto anzi abbracciato con la mano dall'as- sistente , rivolge l'operatore il tagliente dello stesso bistorino verti- calmente dal basso in alto , e strisciandolo sotto il cordone con un sol colpo spedito recide col cordone spermatico anche i soprapposti tegumenti. Scostate con le dita le labbra della ferita , si fa l'allacciatura dell'arteria spermatica, non dissimile da qviella che si pratica nel- le amputazioni delle estremità. Estirpati nel modo descritto uno o entrambi i testicoli , ed al- lacciate le arterie spermatiche, non che qualche altra dello scroto che dasse un rilevante getto di sangue , ripulisco la ferita, irrorandola generosamente coli' acqua dìaceiata per mezzo di due spugne a qucst' uopo disposte. ^^1^ V A R 1 K T a' La mcdjcattii'a consiste nel riunire dolcemente le Ubbra deiìu ferita con le striscic di caroto, e neh'aftplioazione sullo scroto d'un« pezza fina pertugiata come un crivello intrisa d'olio, e sopra dì es- M lungo il taglio una o più faldelle spalipate d''ungue(]tp d'olio e cera, altre faldelle di semplici filaccie asciutte si applicano all'intor- no, ed infine il tutto è sostenuto da due compresse con una fascia a T, oppure da uij proporzionato aospeiisorio- ,» N. Iella, refue enciclopedìque ^ giornale letterario di Parigi, mese dì febbraio pag.475« leggiamo quanto segue. Les jouriuaiv lilierai/es cjid continueiit a se distinguer en Italie sont les opuscules de Bo- logne , il giornale a cadico de Rome, anlologia de Florence , gior* fiale enciclopedico de Kaples, giornuie g/iì/hìco de Pise, et biòlio teca iialluna de Milan. Tabella dello stato del Tevere , desunto dall' altezzet del pelo d acqua sull orizzontate del mare^osservato aie Idrometro di Ripetta , al mezzo giorno. M A G G 1 0 8:?3. e. iCRi\ 1. .■ri£TJ\J. PALMI KCniAWl. OSsERVA-ZI-'N'. 1 ò, b5 26. 2. 1 2 6, »i 26. 0. 0 3 6 77 6w« 26. 9- 11. 4 L'altezza massima e stata 4 26. 2 di metri 6,96. 5 5, >!:o 26. 11. 3 6 5, 7^^ 5, »8 26. 11. 2 7 8 26. 3. 4 L'altezza minima è stata di &, 9^ 26. 7- 3 metri 6,56- 9 5,93 26. 6. 2 lo i>, 91 26. 6. 2 11 6, «3 26. 3. 1 12 &w7 26. 9- 4 i3 5.7» 26. 6. 3 faitezia media di me- i4 5,74 26. 7- T tri 5,72. i5 f 73 25. 7- 4 i6 5^7^ 26. 6 3 ^7 6,68 25. 4. 4 . i8 6.65 25. 3. 1 ^9 6,64 26. 2. 3 20 5, 6-. 26. 1. 3 21 6,64 25. 2. 3 22 6 62 25. 1. 3 20 6,61 26. I. 0 ^4 6„ &9 25. 0. 0 •^s 6,58 24- 11. 2 2 0 6,56 24 10. 2 ^7 6.56 24. 9- 4 2S 6, 60 25. 0. 3 ^9 6,62 26. 1. 3 So 6,62 26. 1. 3 Òj jr(?r('rts inni che fa /e alla S!pecola del Cnlles: Eom. Giugno 1822. MAlTIiVA GIOhJNO SERA 1» 0 Laro metro Ter n. Igr- ijarome tro Term I2 r. Barometro Term.| 1 fgr. ' I 28 ^ I '4 1 9 30 0 28 3 1 22 6 48 8 28 3 0 i3 4 jr, 2 •2 23 '6 l l'j 3 34 -! 20 3 0 .2 8 47 2 28 2 3 '7 9 i^i 7 3 ;!S 2 7 I 7 2;34 ' 28 3 7 20 2 4(1 ò 28 3 •7 ao f 4' 3 ' 4 28 a 5 16 8 3'' 1 28 2 8 33 9 4S 7 28 2 6 '9 i! ^i 2 ò 23 2 =; 19 O'Ji 28 3 1 24 8 /,8 1 28 I a 18 •jC 0 6 28 I ■>, .'9 2^1 4 j8 I 4 -■4 2 4' 0 28 0 9 20 4 42 3 20 0 ■i 1» 2 40 0 2S 0 0 23 ^^ 47 23 0 9 li) ;o 4 « 20 0 .s »7 0 30 ! 28 0 7 22 1 ; ^0 6 28 0 6 19 0 ?8 3 q 28 0 4 IO «|34 2 28 0 4 ^4 S' -',4 2 ■ 28 0 ò »7 ^ :3 2 IO 20 0 6 17 « 3t 1 -8 I 0 24 0 46 ^ 28 1 7 j 8 8 7 2 n 23 a 0 18 5 30 ^ z^ 2 .', •^3 4 47 8 28 2 8 19 2 2<) 4 la lo 28 2 3 18 iJi 01 J9 .-i 9J33 2! 28 2 2 2: 4 43 ,! 28 2 4 '9 " ■^7 2 ,S 2 28 I 7 2a 1 7 ij 4 4" V 28 1 4 19 e '4 28 I I 30 0 28 4 28 i 2 ■'4 4 45 4 28 0 8 20 4 0 2 1 ., 28 0 S 18 0:24 b 28 I 0 2. 0 55 2 28 I 0 22 4 1 1 2 16 28 0 .S 21 o!38 i 28 0 8 26 8| 6a 6 28 0 5 19 9 ;S 0 17 28 I 0 32 o)3.i 0 28 1 3 23 71 42 1 28 1 4 19 .*i t3 . 18 98 I s 20 2'4. 3 28 1 8 2Ó 8 56 0 28 I 0 22 ' .0 4 '9 .16 0 7 20 4 3« ' 28 0 •) .66 64 ') 28 0 2 20 4 ji 2 20 a8 0 0 2! 4i3« 2 28 0 3 ^■1 ". 39 {, 28 0 2 '9 0 3' 3 21 a8 0 ò 20 o;36 3 28 0 8 20 0 43 3 28 1 2 20 5 25 0 22 28 3 .'0 8 50 3 28 I 8 20 I ' ^8 8 28 2 0 20 9 ^1 2 2,1 28 8 20 6 32 0 28- I 9 i5 6 54 4 28 I 7 20 (• 0 0 24 28 S -1 1 2J3f> 4 28 I 8 20 6! s.^ " 28 I 5 21 ' .3 2 i5 28 2 22 0 36 4 23 0 8 26 5 45 2 28 0 0 21 b 32 3 a6 27 II 2 IV 8 3r, 2 28 II 4 24 3 55 3 28 0 0 20 3 ,5 2 27 28 0 4 20 0 ■■■>' 4 28 0 5 24 D S8 2 28 0 0 21 4 41 2 28 23 0 t: »9 2 3' 4 28 0 9 21 3 37 6 28 1 4 '7 <; .46 29 2-i I 4 30 0 36 0 28 I .S 22 3 41 ', 28 I 4 18 J< 32 S do 28 0 S 1 ° 14 2 28 0 7 22 8 44 28 I i '9 4 12 8 O^.fercriz'oni Mefcen/no-ic/ic fatte rOhi ^■ì^o^a '' Ira. 0 S./l. ,50 «. i ;;. n /70/i. 0 "tp-g-t- 8 t. 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() n niez. 0 IL. maes. 1 i-. lra.£;r. i neb.+ 28 n. 4 6 ;r neb. uè INDICE DEGLI ARTICOLI CONTENUTI NEL TOM. XIT DEL GIGRNVLK ARCADICO APRILE, MAGGIO, GIUGNO 1822. Nota de collaboratori p. 3 •— — ^ SCIENZE Scarpa , sul taglio ipogastrico per t estrazione della pietra. . . . p. 5 — - <-«• Gavazzi , storia della dissenteria d Egitto p. 1 3 a n .-• Repetti , sipra talpe apuana e i marmi di Carrara p. a 5 — — • Molina , notizie sulle balene . . p. 44 — — Linotte , risposta parziale alle no- velle del tevere delt avv. Fea .p. — *• 161 — . JFoini , difesa de suoi elementi di fisiologia p. — a23 — ». Calandrelli^ Conti ^ e Pàcchehach^ opuscoli astran ornici (^art. i) p- — —- 297 Campioni , tentativi di nuove carte estratte da vegetabili indigeni p. — - — 3o5 Giorgini , teoria delle projezioni p. — ^ — 3 09 De- Rossi , sulla pomata di Auten- rieth ec p. — — 3 1 7 Scarpa , sult ernia del perineo . p. — — 32 7 Norcia , acgyptii juris specimen p. — — 33j^ Bomba, oralio habita in accademia Ijnceorum p. -— — 349 LETTERATURA Odescalchi , sopra una biblioteca amena ed istruttiva per le donni p. 6i — — 447 Pàrnrììsì , saggio (f una versione rf Orazio . . . , p. 82 — — = Lahus , notizie del Rncagni . . p. 90 — — Camilli , notizie della famiglia Pa- teologa p. 9G — — = Considerazioni sullaTeanotrngediap. 117 — — Monti e Roverella , sonetti . . , p, 120 — — =. L. , suite des essai s de versi ficarion p. i a5 — — Monti, lettera al r.av. Tamòmni p. — aSo — Morcelli , elegia latina pubblicata ora la prima volta p. •— aSi — Amati , momimento insigne de To~ Icmei d'Egitto ec p. — aSG — - Pope , // riccio rapito tradotto dal- la Malvezzi p. — ana — Borghesi, osservazieni numismatiche ( decade F) . . p. — -^ 355 Betti , risposta a lettera d'un ano- nimo intorno varii errori del Mu- : .. . ralori p. — — ;5f)5 Cox e Rich^ ^i^ggi nelle contrade asiatiche ..'.....,... p. — • — ^04 Brignoli , conghietture intorno ad una umetta, de' polentani . . p. — • — /|o5 AUTI BliLLt:-ARTI. Cav, Antonio Sola [art. del Tarn- hroni) p. i3j — — . Giuseppe Mancini Cortesi (idem) p. 1^0 — — - Catt.el ( idem ) p. 1/^3 — — Carlo f^iganoni ( idem ) , . . , p. — 280 — • Fratelli Ripenhausen ( idem ) . p. — . — 428 Rcbrll ^ idem ) p. — — 43 o Adamo TadoUni ( idem ) . . . p. — — 433 NECROLOGIA. Tommaso Volpi . . , p. i5a — — — Conte Giulio Ferticari p. -^ — i IMPRIMATUR, Si videbitur Reverendissimo Patri Mag. Sacri Palati! Apostolici . Jloseph Della Porta Archiep. Damascenus f^icesgerens. IMPRIMATUR. i^. PhHippus Aiifosd Sac, P. Jpostol, Mag.