^.. //^4,^ GIORNALE ARCADICO DI SCIENZE , LETTERE , ED ARTI TOMO XX. OTTOBRE, NOVEMBRE, E DICEMBRE MDCCCXXin. ROMA NELLA STAMPERIA DEL GIORNALK PRESSO PAOLO SALV lucci E FIGLIO Con licenza de Supgriori. 1833. SCIENZE Di un antica misura egiziaca , eguale al piede pie~ montese , ed al minuto terzo d' un meridiano ; lettera di S. E, il sig. conte Prospero Balbo pre~ sidenie della reale accademia torinese di scienze ec. Al chiarissimo sig. Giuseppe Grassi , socio della reale accademia torinese , ed in essa segretaria della classe di scienze storiche ec, Torino il ao di settembre del XXI 11^ X? in dal novantotto del secolo passato m' occorse d Osservare che il piede liprando avea potuto es- sere ab origine un minuto terzo d'un circolo mas- simo del globo terrestre. Jo mi trovava in quel tempo ambasciatore a Parigi , e la corte nostra , volendo risparmiare la spesa , m'avea nominato suo commissario pel nuovo sistema delle misure e dei pesi: affare quasi di pura l'ormalità.» ìion era tem- po né luogo di trattare delle misure vecchie; ed io , da mille cure oppresso , non ebbi agio di stu- diare quella rapida osservazione , per me sufficien-^ te, ma non affazzonata da presentarsi altrui. Man- cò poi sempre l'occasione lino all' anno sedicesimo di questo secolo, quando appunto fu interrogata l'accademia , non già qnal fosse la miglior misura. da stabilirsi, ma quale la determinazione mighoie delle misure stabilite. Ebbi allor a maaifestara l'antico pensiero , ed ebbi la sorte di vederlo ai>^ .^ S e I I tr z ( provato da' nostri coiie^hi a pieni voli , ed accet^ tato dalla re"ia camera de' conti . E ciò bastava per quel bisogno. Non pertanto io volea, compiuta Cora' era la parte scientifica , e quando compiuta fosse , che non era pur cominciata , la teorica e la legislativa , io , dissi , volea per ultimo trattare la parte di argomento erudito : ma ogni opera mia fu distratta da ben altre faccende, stant"cliè scel- to pur allora a maestro di ragione, mi reputai ad urr'entissìmo dovere di ricreare il credito della cit- tà , consolidarne il debito , ed assicurarne il pa- ^garaento; opperò mi fu forza di profittare del po- co tempo che riraanea prima della ordinatami par- tenza per l'ambasceria di Spagna. Or finalmante , dopo tante vicende della travagliata mia vita, ecco-- mi , per la Dio grazia , tornalo, quanto il permette la rovinata salute , a' primi e più cari miei studi che avrei voluto non abbandonare giammai . A che tutta questa narrativa? Per guidarmi ad annunziarle, preclarissirao signor segretario, che ho rimesso mano al tralasciato lavoro , e sto pre- parando , per le adunanze invernali della sua clas- se, una lezione accademica , di cui vengo ad ac- cennarle i sommi capi • Il piede liprando è la slessa misura elementa-. le, ch'ebbe altre volte l'Egitto, e che di là ne portarono gli ebrei . Non è certo un piede , come mal suona il no-t me, non è un palmo , né una spanna , né un pas- so , né un braccio , e neanche un cubito ; tanto meno una tesa , od una canna , Non è dunque d'uno stesso casato colle misure più volgari , che furono le primitive , perchè dedotte dalle membra 0 dalle attitudini dell' uomo , Ma vi* più nobile può l'avvisare V origine del- AxTICA M'MJRA tdlZIACA 5 la nostra misura chi ponga mente alla sua coin- cidenza, dall' un canto col minuto terzo sessage- simale d'un circolo massimo della terra , e dall'al- tro canto con una delle antiche misure , trovate in quel paese appunto dove nacque la geometria , e dove fu misurata una determinata porzione d'uno dì que' circoli , e misurata con esattezza che si è riconosciuta molto maggiore di quello si volesse credere . La prima e pìiì naturale divisione del circolo è quella in sei parti , perchè si opera portando sulla circonferenza la funicella o 1' apertura dello stromento che ha servito di raggio , stromento che appunto per questa proprietà viene ancora da' to- scani chiamato la sesta o le seste . Volendo sud- dividere quell'arco, naturai cosa era che gli uomi* ni si servissero dell' aritmetica decimale già esi- stente, e, dirò così, naturale perchè nata dal nu- mero delle dita. Così 1" arco sotteso dal raggio fu diviso in dieci parti . Ed ecco 1 origine della di- visione sessagesimale, che, s'io non ra' inganno ^ non fu il prodotto di dodici via cinque, ma il fu di sei via dieci s due numeri questi fondamentali ^ l'uno della prima divisione del circolo, l'altro d'ogn' altra divisione corrispondente all' aritmetica decimale * Il bisogno esigendo qualche maggiore suddi- visione, ognuna di quelle parti fu di nuovo di- visa in sei, ossia per la memoria della prima di- visione in sei, ovvero ancora per l'analogia che così venivasi a conseguire colla divisione duodeci- male dello zodiaco e dell' anno . Si ebbe così la di* visione del circolo in trecensessanta gradi . Trecen- sessanta è il prodotto di sei via dieci via sei . Introdotta così r^lternativa delle divisioni p«r aei e per dieci , ne risultarono , ad ogni paja di quelle divisioni , i minuti primi e secondi e terzi . Quando in Egitto gli astronomi misurarono un grado d'un circolo massimo della terra , pensarono come i moderni , che questa esser dovesse la base d'un sistema scientifico di misure , e ne trovarono acconcio l'elemento nel minuto terzo di quel cir- colo , lunghezza non troppo diversa da quella d'una Tolgar misura tratta dal cubito umano . Volendo poi da questa corta misura risalire alle più lun- ghe , usar vollero nella scala ascendente 1' alter- nata moltiplica per sei e per dieci , come la divi- sione alternata in sei ed in diteci erasi usata da* geometri lor predecessori . Eccone il quadro . L'elemento delle misure lineari fu stabilito uguale ad un minuto terzo . Questo moltiplicato per sei diede una sorta di canna eguale a sei minuti terzi, che sono il no- stro trabucco . Quella canna moltiplicata per dieci diede il pletro , misura egizia eguale ad un minuto secondo. Quel pletro moltiplicato per sei diede uno de- gli stadi, elemento di misura itineraria , eguale a sei minuti secondi. Quello stadio moltiplicato per dieci diede una misura itineraria che dura tuttavia come miglio marino , ed è pure il miglio terrestre italiano , ugua- le ad un minuto primo , epperò dà sessanta per grado , ed è di 6oo nostri trabucchi . Questo miglio moltiplicalo per sei dà lo sce- no , antica misura itineraria d'Egitto , eguale a sei minuti primi . Lo sceno moltiplicato per dieci dà il grado. Il grado moltiplicato per sei dà la Kessante- sima parte del circolo massimo . AjJTICA misi ha KGIZIACA *J Questa moltiplicata prr dieci dà l'arco sotte- so dal raggio della terra . Quest' arco moltiplicato per sei dà la periferia del circolo massimo. Ma questi cenni non basterebbero a rappresen- tare l'argomento della mia lezione accademica , s'io hon indicassi pur ancora il come ed il perchè mi Son rimesso a questo lavoro < In un brevissimo elenco del museo raccolto dal nostro cavàlier Drovetti ^ io avea veduto ac- cennato , senz' altra spiegazione^ Un cubito egizio. Ultimamente ^ cioè sul fine d'agosto ^ mi fu comu- nicato dal cavaliere di SaUquintino Un catalogo al- quanto più particolareggiato . Evvì Ist misura di quel cubito espressa in parti di metro . Trovai con piacere^ die corrispondeva bastantemente al nostro piede 4 vale a dire sii minuto terzo . Mal potea re- star qualche dubbio . Seppi poi che già il dottis- simo signor Jomard avea sctitto sopra questo cu- bito istesso del Drovetti. Jeri Solamente mi ven- iJe fatto di veder quello scritto . La lunghezza vi è notata^ e , per quanto «i può èfederè, più esat- tamente J ed è tale che non mi rimane alcun dub- bio . Anche tjn altro dottissimo francese , il signor Gosselin ^ ha già scritto sullo stesso argomento^ he in tutto d'accót-do col prirtìo . Né l'uno né l'al- tro non hanUO finora notato T eguaglianza di quel- la misura col nostro piede o col minuto terzo. Ma l'uno o l'altro, od altri ancora, potranno tanto più facilmente notarla , che il mìo parere , prima ignoto in Francia, ora ti è conosciuto dopo eh' è stato inserito ne' nostri volumi . Ed anzi , prima di conoscere questo parere , srbben dopo ìa prima edizione, il signor Jomard pubblicò un suo lavorò u«l quttlc osservò l'eguagliane del pi€d« lipr^uda d> S e I 1 K S K con una misura egizia . Ed egli , e fors' altri , no- tarono la dipendenza di alcune misure egizie dalla misura della terra . Io de loro lavori mi son giova- to , e penso giovarmi ancora . Ma vorrei pur con- servare quella poca lode d'esser io stato il primo a trovare altre volte che il piede nostro è il minu- to terzo sessagesimale , ed ora che egli è uguale al cubito del Drovettì, siccome fin dal mese pas- sato l'ho detto ad alcuni de' nostri colleghi e ad al- tri. Questo è il principale motivo, per cui sono venuto a darle il fastidio di lettera sì lunga, acciò ne resti memoria . Ella scusi la fretta colla quale ho scritto , stando sulle mosse pel castello del mar- chese di Sammarzano » Prima di terminare voglio accennarle un' al- tra singolarità. Il cubito del Drovetti è diviso in Tentotto parti . Colla scorta di alcune considera- zioni dei due dotti francesi , ma con qualche di- versità di opinione , io penso che prima delia nuo- va misura gli egizii avessero una sorta di span- na divisa in dodici partì . Mettendo insieme due di quelle spanne si formava il cubito antico mi- nore del nuovo . Il soprappiù fu diviso in quat- tro parti . Usò quella nazione , come gli ebrei , d'aver due misure, Tuna più lunga d'un sesto dell' al- tra. Questa usanza medesima è fra noi , poiché al piede aggiugnendo il sesto abbiam fatto il raso . Ma donde mai è venuta , in barbari tempi ed in un canto d' Italia settentrionale ed occiden- tale , questa bella misura astronomica ed egiziaca? Non certo portolla Fetonte quando gli piacque , se crediamo a' nostri vecchi , venir dal Nilo ad affogarsi nel Po ; né certo dal Baltico la portaro- no i longobardi , né la presero essi dal piede dì quel re loro Liulprando , il quale fu sì gran gìgaa- Antica .«isura egiziaca 0 te , secondo che ci narra il buon Giovanni Villa- ni . O forse sì singolare incontro dovrà dirsi un puro effetto del caso ? Io già noi credo . Sospetto che la nostra misura sia venuta d'Egitto in Etru- rìa, dove pare sì fosse conservata fino a' secoli bas- si : dei che trovo cenno in una erudita disserta- zione del nostro cavaliere di Sanquintino . Con riverente inviolabile osservanza mi pregio d' essere di lei, chiarissimo signor segretario, Devotis.ed ohbligatis. serv. e collega Pko.speko Balbo Oservazioni sopra alcune massime riguardanti le imposizioni , proposte dal signor de Sismondi nella sua opera - Nowveaux principes de econo- mie . Paris 1 8 1 9. I L sig. Sismondi , che riportò meritamente tanti applausi per le sue dottissime istorie e per al- tre opere , fino dal principio del secolo autore del- la legislazione commerciale, fece nel 1819 di pub- blica ragione altro trattato sulle scienze econo- miche, che ha per titolo = Nuovi prìncipj di eco- nomia politica. = In questa opera il prefato autore ha tentato di rinnovare da' fondamenti cotanta scien- za . Altri scrittori lo hanno censurato a buon drit- to , siccome il celebre Gioja , riguardo ai mezzi da lui prescritti per la coltivazione delle terre , e pa- rimente l'illustre Say , difendendo i vantaggi delle macchine dinegati dal sig. Sismondi i A me pur» sìa permesso, benché fornilo di pochi talenti, 1' impugnare alcune sue massime spettanti ai tributi. IO S e I E N Z 8 e da lui esposte nel lib. 6 ai cap. i fino al 6 ec. , massime che io son d' avviso , sempre per6 in via di dubbio , doversi riguardare siccome erro- nee , e solo poter essere in parte escusate dalla confessione che egli fa nell'avvertimento all' accen- nata opera ( pag. III ). Spero poi che il medesi- mo vorrà ammettere a mio favore ciò che egli asserisce , che qualora trattasi della scienza àaì ben pubblico, un onesto uomo non deve venii' arrestato da veruna considerazione personale , im- perciocché niutio pili di me e compreso da altis- sima stima per così eminente isterico e letterato. Al càp. 1 dell' accennato libro ( pag. i54 ) pone per principio ^ dover ciascuno contribuire al mantenimento della società in ragione della rendi-" ta , che la stessa protegge: esclusi porciò dall' im- posta la proprietà ed i capitali ^ o diremo meglio il valore dei fondi < Confido nella sapienza dell* autore , che nori riterrà sì fatto principio siccome cosa nuova ^ im- perciocché la massima riguardante la rendita qual fondamento del tributo fu già enunciata da molti antichi , e lo Smith e il Ganilh e tanti al- tri fecero di questo principio la base dei loro si- stemi di tributi, appoggiati «jolo, a mio parere, sopra un sofisma t cioè che i tributi di uno stato, essendo un' annua spesa , debbon essere ricavali o sostenuti da una ricchezza che annualmente si for- ma . Proposizione che non regge se non se sopra rapporti troppo estesi , e talvolta remoti ; giacché la ricchezza può formarsi nel corso piiì breve di un anno, alcuna volta di giorni e d'istanti, ma ancora potrebbe essere 1' opera o 1' accumulamento dì secoli e secoli . Devo osservare , eh* riguardo ai tributi , qu«- Economìa, dkl Sjsmondi ii gli scrittori che hanno voluto escludere la propie- tà e il valore dei fondi dai medesimi , pretenden- dendo che tutto il loro peso debba appoggiarsi so- pra la rendita , caddero in un gravissimo sbaglio, non avendo avvertito che la rendita è dell' istessa natura, ed ha gli stessi risultamenti della proprie- tà e del valore dei fondi . L'uomo , guidato dal suo maggior bene, al- lorché vuole far uso , sia a proprio benefizio sia per guadagno , della ricchezza , si prevale ora della proprietà , cambiando ogni suo valore colle cose necessarie ed utili alla vita , cioè con una ricchezza immediata : ora della rendita , versan- dola nella riproduzione , ed in aumento degli stabilimenti, edifizj , macchine, bestiami, coltiva- zioni , piantagioni ec. Parimente allo stesso ogget- to ora si prevale dei capitali , ora degl' interessi , e tutto ciò secondo il suo minor danno , o secon- do il suo maggior utile ; talvolta anche conserva i suoi grani, produzioni, e generi per farne un pro- fittevole commercio , passando ad opportune alie- nazioni di terreni e fondi per la propria diretta con- servazione , o per quella di sua famiglia. Laonde in qual modo distinguere , riguardo alla persona , quando una ricchezza sia rendita ed interesse , o sia fondo o capitale per gli effetti del tributo? Co- sì tanto la rendita che gf interessi , tanto la pro- pietà ed i capitali , potendo avere gli stessi ri- sultamenti rapporto ad una maggior riproduzione o ad una meno dannosa consumazione , opino essere della stessa natura . Mi faccio poi lecito il chie- dere air egregio autore : fra un terreno ed un fon- do che dia poco utile nel total valore, ed una rendita o interessi impiegabili nella più uti- le riproduzione , qual sia la ricchezza più impor- la SciBN2lt tante, e die meriti perciò di rimaner pia conser- vata ed immune ? Reputo ancora poter dire , la ga- ranzia sociale del semplice possesso della proprie- tà , e la giustizia pure non esser per loro stesse asso- lutamente veri sociali godimenti , ma tali rendersi nei risultati deli' uso e consumo della ricchezza : il che non ha avvertito Taulore . Da tutto ciò potrassi conoscere, essere falso l'antico principio riproposto dal sig, Sismondi , cioè di dover tenerisi la rendita quale base del tribu- to. Io non mi estendo a dimostrare che anche la proprietà, i fondi , il loro valore, i capitali deb- bono rimanere immuni da ogni tributo , sembran- domi che l'autore in generale ammetta esso pure la loro immunità . Solo dirò , riguardo ai principj dell' autore , se ogni rendita , qualora procura go- dimenti , dovesse soddisfare al godimento dell' or- dine sociale , secondo le sue espressioni , per qual lagione la propietà che procura ancor essa simili e maggiori godimenti non dovrebbe sostenere un e- guaie e proporzionato peso? L' inganno degli scrittori di economia nello stabilire così malamente la base dei tributi , pro- venne dal non aver ben distinta la natura della ricchezza in istato di conservazione e di riprodu- zione, da me chiamata mediata o riproduttiva , da quella ricchezza che si ritrova in istato di uso co- stante, o di giornaliera consumazione , ossia di di- struzione utile all' uomo, o di ricchezza immedia- ta . Queste due ricchezze formano due masse sepa- rate r una dall' altra , benché talvolta l' una nell' altra ad ogni istante si trasformi secondo il genio» la prudenza o le passioni , i bisogni , ed i vantag- gi di ciascun uomo sul rapporto di produttore e di consumatore s operazione la piiì importante nell Economia del Sismowdi i3 economia , ma che infelicemente non è stata quasi mai conosciuta e molto meno esaminata (*). Il fare una j,pesa in proporzione della propria rendita non è già un distruggere o consumare realmente la rendita : imperciocché può questa spesa esere ese- guita anche col mezzo della proprietà e dei ca- pitali , come dissi e come decisamente succede ri- guardo ai prodighi e dissipatori , che si preval- gono in massima parte e talvolta di tutta la pro- pria fortuna. Domando poi all'illustre scrittore, come mai Ila preteso ( a pag. i58 ) che 1' imposta sulla rendita delle terre non dovesse in verun tempo di- struggere la porzione che rendesi necessaria alla ri- produzione, né mai diminuire del necessario al cit- tadino ? Quei possessori che ebbero la sventura di soggiacere talvolta per anni ed anni a tampeste , innondazioni , sterilità, ed anche solo quando la rendita fu male apprezzata od ingiustamente aggra- vata , e deggiono non ostante soggiacere al tribù-- to senza scampo , come mai potrà non distruggere la parte di ricchezza necessaria alla riproduzione? La vera economia privata e pubblica non con- siste già nel dovere spendere, o nel dover preva- lersi della rendita speciale , ma bensì nel non far uso di ricchezza, sia fondo, sia rendita , capitale , ed interesse , se non che sulla misura dei mezzi di riproduzione ; in modochè. piuttosto questi si ac- crescano : cioè che nel seguito si formi una ric- chezza maggiore, sia poi di valore o di capitale, sia di rendita o di interessi , ed a cui Io stato n ^". !a mia o^-era- Delle spr^eati della ricchezza privata 3 piibblic» , Ii| S e I r rf r K anzi può concorrere aìlorcliù si astieDe dal toglie- re ogni ricchezza destinata a conservarsi , e ad au- mentarsi , ed ad accumularsi talvolta accelerata- mente sulla proprietà o sulle rendite . Ma , per rendere più chiara la falsità de* suoi principi f nii è forza di far conoscere la varietà od incostanza de' medesimi : imperocché dopo aver detto , che conviene che tutte le classi che prote- zione ottengono dalla società pel conseguimento di una rendita o fortuna debbono sottostare all' impo- sta , ed aggiunto che le imposte debbono moltipli- carsi onde ciascuna possa rimanere il più possibile leggiera ; allorché viene a parlare di ciaschedun tri- buto , di quelli anche che sono più conformi al suo principio, trova per tutto la maggior difficol- tà ed in molte una decisa impossibilità di porli in pratica , onile è costretto poi a ridurli al più picgiolo numero, ed al minimo. 1. Riguardo all' imposta sopra i salar] pone ( a Diig. iGo e 175 ) la ricchezza proveniente da sa- lari formare la più gran massa della rendita na- zionale . Ed altrove: ogni rendita, compresi i sa- lari , dovere un tributo , e non potersi questa esi- mere da tal peso senza privare il fisco della sua più importante sorgente, che sono i salar] di ogni specie di travaglio (a pag. iSa ); che il povero ottiene esso pure la protezione sociale riguardo al- la sua proprietà, cioè ai frutti del suo travaglio; che r imposta per lui rendesi un pegno della sua libertà , il giusto prezzo della sua sicurezza ; quan- do in altri luoghi poi ( pag. 176 ec.) la rigetta per- chè si toglierebbe alle classi povere porzione della necessaria sussistenza; aggiungendo: Come colpir questa ricchezza? a qual vessazione non esporreb- be il povero travagliatore che opprin». rebbe con ECOROMIA, DKI. SlSMOXDI "t'5 certa ruina ? Ed assicxira minacciarsi con essa, la vita del povero , in modochè vìen costretto ad esclamare : Guai al governo che sacrifica co&ì uma- ne vittime, e la speranza delle fortune , e le ric- chezze ! a. Parimente , riguardo ai benefizj dell' indu- stria , ritiene i medesimi soggetti d' imposizione ( pag. iGo) come una ricchezza della natura de' sa- lari del travaglio ; conviene nelle estese ricchezze che acquistano le classi che si applicano a molte industrie, e che perciò ( pag. iGa ) debbono esse pure soggiacere ad un tributo. Ma, appena ciò pro- nunciato , egli afferma , che le persone fornite d'in- dustria non potrebbero essere tassate senza ingiu- stizia ; ed a pag. 199 mette per massima , che tassare un uomo in ragione della sua abilità a far guadagni , si è punirlo della sua maggiore attività ed intelligenza , o per quelle qualità con le quali si è reso superiore a* suoi concittadini . 3. Anche i capitali , e particolarmente gì' in- teressi, sono ritenuti ( a pag. iSa ) come oggetti imponibili , e ( a pag. 194 ) «aggiunge essere il tri- buto sopra i capitalisti il più giusto , facendo con- tribuire una classe di proprietarj , i quali hanno talvolta in mano la pubblica fortuna ; quando poi ( a pag. 164 ) aveva rifiutati del tutto simili tri- buti per la facoltà che hanno i capitalisti di sot- trarre la loro mobile fortuna ai medesimi nascon- dendola , e perchè essi possono , per isfuggire ogni aggravio e vessazione,faciImente trasportare all' este- ro i capitali. Così da una parte ammette un tribu- to , e poscia dall'altra mostra impossibile il sno stabilimento . 4. Dopo avere nel cap. 4 rigettala del tutto l'unica imposta territoriale , egli si fa a vant^r^ i6 ) S e I K R « s qual' imposta la più giusta ed innocua quella so- pra la rendita delle terre , e sopra i capitali fis- sati nelle medesime ; ed è talmente entusiasta di simile aggravio , che si erige fino in nemico acer- rimo de' proprietarj delle terre , mentre ardisce ( a pag. 164 ) pronunziare che i medesimi possono essere trattati senza riguardo , e fino venir calpe- stati pel tributo . Sentiamo i motivi di tanto suo accanimento contro i proprietarj delle terre: Per- chè , die' egli , non possono i possessori portar via le terre ; perchè sono nella loro naturale situazione i più esposti alla cupidigia fiscale , alle vessazio- ni . Ed oh Dio qual motivo ! Ma invece di riguar- dare i proprietarj delle terre con tanta rabbia , non doveva l'autore piuttosto venir mosso dalla più gran- de indulgenza, appunto perchè sono nella loro si- tuazione e condizione portati dalla natura stessa ad essere i più interessati al sostegno dello sta- to e del governo ? Ben certo il sig. Sismondi che tale oppressione dei proprietarj porterebbe la spo- polazione e 1' universale devastazione, consentendo esso che per una così fatta natura di tributi i go- verni d'Asia hanno spogliato i possessori d'ogni proprietà, e quindi, dirò io, d'ogni sentimento di patria e di nazionalità, aggiunge egli che in molte parti d'Europa per simili aggravj va a suc- cedere lo Slesso. Sono poi mosso a desiderare di conoscere i mezzi di conciliar gli opposti suoi sentimenti e nel propor siffatta natura d'imposte, e nell'aver poi rigettata l'imposta unica territoriale, in cui non avvi altra differenza che dal più al meno . E mi sia perciò permesso il domandargli: se non avvi fondo più adattato delle terre , e de' suoi capitali fissati 4 se in c^uaìì tutte le «Itre impoMziooi Economia »el Sismondi 17 vi trova massimi difetti , per cui ciascuna viene da lui esclusa o ridotta al minimo, ed è perciò insuffi- ciente , e senza alcuna proporzione ai redditi , par- ticolarmente per impraticabilità od impossibilità ; i governi verrebbero obbligati a far cadere il mag- gior peso de* tributi sopra queste benedette ter-^ re ; ma allora una così estesa contribuzione non farebbe le veci dell' imposta unica territoriale da lui con ragione proscritta ? Come poi ha potu- to tanto vantare simile tributo sulla rendita delle terre, quando conviene (a pag. 188 ) che per si- mili tributi il governo non solo toglie parte del- la rendita , ma cagiona un doppio danno strappan- do una porzione di capitale , e perciò di valore de' terreni corrispondente all' annua contribuzione ? Di- sordine eh€ ben meritava un più attento esame . Propone pure ( a pag. iGo ^ le imposizioni sui profitti degli affittuarj , de' fabbricatori, intrapren- ditorl, commercianti «poi ( a pagi /65 ) dice che qualunque tributo sopra questi arresterebbe ogni indu- stria , e scoraggiarebbe la medesima in modo da far- la cessare , e ( a pag. 17$ ) che darebbe luogo a una pubblicità rovinosa per il commercio ; che sa- rebbe del più tenue ricavato ; ed afferma che si- mili imposizioni sotto Carlo V e suoi successori fecero sparire ogni prosperità dai ■ loro stati ; ed accennando anche le imposte sui passaggi di simile ricchezza , dice: Qual rendita allora contemplereb- be il tributo ? Chi vorrebbe affaticarsi per vedere la propria fortuna cadere in rovina? Dà pure un cenno su quella imposizloìie che abbraccia i redditi d'ogni lortuna de' cittadini, e che essendo la più conforme al suo principio do- veva essere da lui più di tutte applaudita e pro- mossa: oltrecchè ha per appoggio la pratica di ai- G.A.T.XX. 3 i8 Sci em z k cune nazioni . Ma egli trova con ragione la mede- sima impraticabile, mancando a sua confessione in ciascun suo ramo ogni media proporzionale, ogni certo criterio ; trova eccitarsi in questa la simula- zione , l'errore, i disordini ; confessa essere in si- mili imposizioni per tutto oscurità , incertezza ; non potersi essa ottenere né sulla produzione, né sulla consumazione , e poter compromettere la pace delle famìglie, la sicurezza delle proprietà . Ma tanto manifesti motivi di ragione , che escludono così fatta natura d'imposte , benché la piìi adattala, ripeto, al suo principio delie rendite, non doveva far avveduta la sagacilà di un sommo scrittore dell' erroneità di questo (i)? Fiual inente ammette le imposizioni sulla con^ sumazione , e ( a pag. ao2 ) dice , che con le me- desime si è sicuro di tassare la rendita senza aver uopo di conoscere a chi appartiene ; che tali con- tribuzioni non richiedono dichiarazioni di fortune , né inquisizioni; che non attaccano il travaglio, uè seoraggiscono la produzione ; che ciascuno pa- ga di sua volontà tali imposizioni , allorché ha mezzi e forza , e appena si avvede di contribuire; indica fino la vera base delle contribuzioni , aven- do detto (a pag. iGo ) ogni cittadino dover sa- crificare al fisco porzione de' suoi godimenti. Po- scia, per una da me non comprensibile incostanza, e contro tanti ragionevoli motivi che dovevano dar la preferenza a simil natura d'imposte , egli le ri- getta perché non colpiscono con proporzione la rendita dei cittadini; perchè il ricco, die' egli , sfug- ge a (juasi tutte le imposte di consumazione; per- Economia del Sismondi 19 clìè per esigerle vi si richiedono molli impiegati ; perchè teme le vessazioni ; e perchè riducendo il sistema dei tributi sopra imposizioni di tal natura, sarebbe, a suo avviso, un ricondurre il sistema feudale , ove il nobile ed il ricco nulla paghereb- bero . Ma se il dottissimo scrittore avesse potuto esaminare senza prevenzione il principio stesso da lui riconosciuto de' godimenti sociali , cioè quello della spesa ne' suoi veri più estesi ed innocui rapporti , e dirò meglio su la base dell'utilità so- ciale e de' minori inconvenienti , avrebbe ricono- sciuto essere sì fatte imposizioni, allorché siano ben distribuite , affatto lontane dal lasciare immuni i nobili ed i ricchi ; die anzi i governi negli scorici tempi hanno potuto soltanto col mezzo di tali im- poste obbligare le classi privilegiate a sottostare al peso dei tributi ; e posso aggiungere, alcune esen- zioni necessarie nella natura delle cose rimanere in queste di piccola entità e non aggravanti il po- polo , e che le maggiori spese od il rigore , cioè Je pretese vessazioni , debbono e possono ritenersi come un ben giusto compenso della bontà dei tri- buti , quando anzi per queste sole imposte le clas- si ricche, fruenti cioè dì maggiori vantaggi dalla so- cietà , più e meglio contribuirebbero al sostegno dello stato anche in proporzione della loro rendita. Potrei rilevare molte altre opposte opinioni dell' autore , che vieppiù farebbero conoscere non poter riguardarsi siccome opportuna tale maniera di fondar nuovi principj , e potersi così emi- nente autore in quest'opera di pubblica economia riputarsi qual navigatore , che tenendo una fiac- cola del continuo accesa sul naviglio ( tale sem- brami il suo principio della rendita ) pretende&.ve, rigettando la bussola ( cioè il principio della spesa ) 20 Scienze poter coti una così tenue ed incauta luce percor- rere impunemente l'ampia estensione dei mari in mezzo a tutti i pericoli di tenebre , dì tempeste , d'uragani , e di scogli . L'autore poi al cap. 4 ( pag. i84 e seg. ) ha voluto censurare T inglese Riccardo, che nella sua opera sui principj dell' economia politica e dell' imposta, tradotta in francese 1' anno 1819 dal pro- fessor Say , sostenne , come dimostrai io pure, che un' imposizione sulle produzioni della terra ( che dovrebbe essere per maggior utile sociale rag- guagliata sul valore delle medesime ) sia della na- tura delle indirette. Si oppone dal sig. Sismondi , sic- come da multi altri , a questa imposizione l'ine- guaglianza, con dire, che le spese di coltura so- no lu!igi dall'essere le stesse nei buoni o nei cattivi terreni, nelle buone o cattive annate; che il rimborso delle spese dovrebbe far parte del ri- colto ; e che sarebbe un voler fare contribuire le semenze , il letame , il travaglio , l'industria ap- plicati alla coltivazione delle terre . Osserverò , che allora quando l'imposizione sui prodotti della terra , o sul loro ragguagliato valo- re, stata sia antecedentemente preveduta e determi- nata da legge, come deve essere in ogni saggio si- stema di contribuzioni , ed allora quando a simili tributi vengono sottoposti i prodotti agrarj stra-" nieri , e succeda restituzione di tributo nell' espor- tazione de" nazionali , allora il produttore o colti- vatore combina le spese di coltura dei buoni o cattivi terreni, l'eventualità delle buone o catti- ve anuate, la spesa di semenza, di letami, e seco i salarj del travaglio , i benefizj dell' indu- stria , ed i tributi ; e se non trova un probabile rimborso , olire uà guadagno sui ricolti , s' aslie- EcoPfOMlA DEL SlSMONDI 31 ne da ogni produzione, rimanendo il possessor del terreno esente nello stesso tempo dal peso pubbli- co. La terra gli rimarrà, è vero, inutile : ma il fisco non gliela potrà togliere sotto pretesto di tributo, e lo stato viene anzi punito per le sue indebite ed eccessive pretensioni , o fatto accorto a ritener- si nei limiti della moderazione. Simile alle impo- sizioni sulle dogane e sui dazi consumo , ove se trovano di poter ottenere commercianti , intrapren- ditori, e manifattori il rimborso del tributo , e se- co un ^conveniente guadagno , proseguono nella lo- ro arte ed industria, e nel loro commercio, o restringono i loro intraprendimenti , o cessano dai medesimi, onde sempre l'accidente del tributo vada a cadere sopra i consumatori , ed in ogni caso riman- gono almeno immuni e liberi nella loro industria e neir impiego de' loro capitali . Io bo già accenna^ tò come al contrario 1' imposta sulla rendita del- le terre , secondo anche V autore, sempre tenda a diminuire una porzione del valore, o capital fon- do corrispondente all'annua contribuzione, e co- me possa negl' infortunj non solo privare il pos- sessore del terreno così gravato , ma nell' eccesso fino spogliarlo d' agni' tutt' altra proprietà. A che tanta opposizione poi per ineguaglian- za , di spese e di perdite nell' imposta sui prodotti della terra ? Mentre se una simile ineguaglianza di spese e di perdite, osia di danni o di lucri, vales- se ad impedire lo stabilimento delle contribuzio- ni', converrebbe sbandire tutte le imposizioni di dogane, di dazj consumo, dì diritti alle porte, stabilire annualmente l' imposta unica territoriale , o la tassa generale su le fortune , perchè tutti i commercianti , manifattori , artigiani , tutti i crea- tori delle produzioni sono in non dissimile condì* 3:3 SqiBUBB zione d' ineguaglianza V uno verso dell' altro per maggiori o tninori spese ed impieghi di capitali , salarj e benefizj , e per favorevoli o sinistre cir- costanze , o minori o migliori macchine, riìaterie greggie , e in tutto ciò che richiede una fabbrica e m.anifattura; ma , se ben si riflette, ciascuno appli- candosi ad un qualche stabilimento si assoggetta a quelle eventualità che sono di natura della loro im- presa e delle cose, e per cui calcolano sempre un compenso anche pel tributo , secondo le proba- bilità che servono di norma all' umana attività : e se avvi qualche eccesso , tralasciandosi ogni intra- presa , lo stato anche in simili tributi verrebbe raffrenalo dagli aggravj , come opina anche il Ric- cardo , e come dimostra 1* esperienza , nella per- dita di ogni pubblica rendita, provocato in oltre il pili ampio contrabbando . Da tutto ciò devesi dedurre , potersi riguarda- re come cosa falsa che i tributi indiretti , compre- so anche quello dei prodotti del terreno , parti- colarmente sul valore ragguagliato , possano mai togliersi ai possessori : agli uni l'ottava parte della rendita de' campi , ai secondi la metà , ai ter- zi una porzione de' capitali impiegati , ottenendo i possessori nella vendita dei loro prodotti un com- penso dai consumatori proporzionato al tributo pa- gato sopra ciascun prodotto; e quando non potes- sero questo ottenere nell' eccesso , il danno sareb- be per eguale misura contro ogni possessore di prodotti; onde tutti allorji cesserebbero dal pro- durre , e così la rovina loro cadrebbe in fine con- tro il troppo avido governo . Che se poi si vuole avere veramente riguardo all'ineguaglianza, quan- ta maggiore non ne ha seco l'imposta prediale an- Qualmeute nei tanti vari&ti redditi ed eventi deli* Economia del Sismondi a3 uomo e della natura, negli erronei apprezzamen- ti del valore e della rendita di terreni? Soltan- to avvertirò , che l'imposta anche sui prodotti del- la terra potrebbe divenire della stessa natura dell* imposta prediale , allorché un governo si permetes- se di strappare ai prossessori non solo tutti i pro- dotti, ma un aumento aggravante e superiore ai medesimi: siccome segui in Sicilia al tempo di Ver- re , e come succede talvolta in Asia sotto i crudeli ed avidi bassa . Terminerò con dire; come mai tanti profon- di scrittori vollero sostenere il mal augurato prin- cipio delle rendite , mentre poi parlando di ogni imposizione conforme al medesimo non ritrovaro- no che inciampi, difficoltà, impraticabilità, ed impossibilità di stabilirle , e furono sempre real- mente costretti a rigettare con tante e tante mo- dificazioni ed eccezioni ogni imposta di simile natura , abbandonando nel piiì manifesto modo ogni traccia del vantato principio delle rendite ! Come poi non riconobbero nell'infelice stabilimen- to di simili tributi ì funesti risultamenti a danno della tranquillità e prosperità delle nazioni ! E ri- guardo al dottissimo sig. Sismondi, dirò: a che lagnarsi (*) del prolungamento delle sofferenze dei popoli , della sventura delle famiglie, dell' inquie- tudine , dello scoraggiamento loro ; perchè avver- tire essere compromesse le basi sociali , senza poi avvedersi poter esser questi mali 1' effetto appunto dell' infelicità del suo principio, e di simili tribu- ti , che posti costantemente ed estesamente in prati- (i) Pag. iiS tom. 1 Ann»], de legù. Gcnev. ig-io. 34 Sciente ca , troppo anzi attentano in infausti e crudeli modi alle rendite e alle proprietà dei cittadini . C. BOSELLINI. (i A) Alcuni economisti pretesero, che per provvedere agli al- tissimi bisogni pubblici dell' Inghilterra si dovesse ristabilire l' im- posta sopra le fortune detta In come iax , invece di passare del con- tinuo ad annui prestiti ; ma qualora le forze di un verace credito si aumentino realmente presso questa nazione , il che sembra po- tersi ritenere ne' nuovi estesissimi stabilimenti particolarmente in- dustriali e commerciali che va formando in tante parli e più lon- tane del globo , come rilevasi dall' opera anonima V Europe et ses colonles; perchè vorrebbesi preferita un' imposizione, di natura la più viziosa e rovinosa ai popoli, ad un credito che ben regolato in giuste proporzioni delle proprie sorgenti, può rendersi un mezzo , se non innocvio, meno alcerto pregiudicievolc in cosi straordinarj bisogni? Uno stato potrebbe essere costituito in una superiore prosperità riguardo ai privati, ed il governo posto nello stesso tem- po in deficienza ; quando un altro governo potrebbe ritrovarsi in somma abbondanza di redditi , e non avere la nazione le estesissi- me sorgenti di ricchezza della prima. 25 Della sapienza d'Ippocrate. Discorsi tre di Francesco Puccinotti , Discorso terzo. Articolo I ; che il vero spirito d" osservazione non l'hanno in medicina che i veri sapienti; II delV arte medica d" Ippocrate; come possa ridursi a tre punti principali , e come questi sieno necessarii alla riforma della nuova dottrina medica italiana ; /// che l'osservazione dee riguardare prima ai fenomeni ; If^ la semcjotica dlppocrate fonda- mento dell" arte medica ; /^ dei periodi delle ma- lattie , e del precetto di serbar modo e dar tem- po ., VI delle crisi : de" giorni critici; opinioni del Darwin e del Rasori ; FU dottrina delle succes- sioni e delle metastasi fondato principalmente da Ippocrate ; FUI delle càuse evidenti^ ovvero del- la etiologia empirica da sostituirsi alla dogmatica ; IX della scienza de" morbi epidemici , e della costituzione anniversaria ^ primo J ondamento di es- sa ; X dell arte storica; XI del prognostico ; XII della indicazione curativa; XIII dell assio- ma positivo ; Xiy esortazione alla gioventù me- dica italiana a riprendere lo studio d' Ippocrate, .lo slimo che una delle grandi prudenze /che usa* no i filosofi naturali nel ricercare, le Terità , sia quella di rifrenare l'ingegno per modo , ch'esso non riguardi e non seguiti che quanto gì' impone la se- verità dello sperimento . Perocché l'ingegno umano è per sua natura scorrevole ^erso i generali, e 26 Scisirzs con viemaggìore sfrenatezza vi corre come è pii sottile ed acuto; e quindi è gran merito in que' sapienti che hanno conseguito di tirarlo in basso sino a' minimi particolari , e da questi a poco a poco innalzarlo ai luoghi di verità . Chiunque con- sideri lo cose da me ricordate ne' due antecedenti discorsi , non penerà a reputare Ippocrate un filo- sofo d'ingegno acutissimo, e tale da potere eoa esso e la sua universale dottrina fondare un si- stema medico, in che le più peregrine speculazio- ni della mente spiccassero; e chiunque altro sia po- co meno che inslruito nell' arte medica fondata da lui , dovrà insieme affermare che da ogni aria di sistema stia lontanissima cotesta sua arte, nella quale non parla che la natura. Onde Ippocrate, co- nosciuto di dover trattare una scienza ad uso, mi- rò solamente alla utilità degli uomini ; laddove al- tri che della soprammentovata prudenza non usano , edificano a pompa e per adulare gl'ingegni, né mostrano altro animo che di farsi notare per ispe- colativi . E bene si potrebbero paragonare a quel Dinocrate architetto , il quale per adulare Ales- sandro gli mostrò com'egli poteva fondare una cit- tà sul monte Ato : il qual luogo olire ali' esser for- te potrebbe ridursi in modo che a quella città si darebbe forma umana , il che sarebbe cosa me- ravigliosa e rara e degna della sua grandezza . Ma Alessandro il dimandò poi di quello che gli abi- tatori di sì magnifica città si vivrebbero ; al che l'artefice rispose non ci avere pensato . Onde il ma- cedone si rise : e lasciato stare quel monte edifi- cò Alessandria , dove gli abitatori avessero avuto ogni comodità e ogni bene del vivere. Così Ip- pocrate tolti gli arbitrii del pensiero , e lasciate stara le speculazioni , volle fondare l'arte medica Sapif.itza. d'Ippochatk 27 in modo , che non a pompa ma ad uso accertato e vantaggioso per ogni tempo valesse . I. Hanno però sempre gran debito e ali' in- gegno e agli sludii loro que' prudenti , quantunque lo costringano a quietarsi alla pazienza e alla diligenza dell' osservare . Imperocché sebbene due sieno i principali fondamenti della medicina, l'os- serv^azione e i ragionari, e la prima deggia for- mare i secondi ; pur nondimeno per bene osser- vare non bastano i soli occhi del capo , ma voglionvi ancora quelli della mente illuminati dalla scienza di tutte quelle cose che alla medicina aprono la via . Ne Ippocrate sarebbe stato il più grande de- gli osservatori , se non avesse avuto la mente sa- puta di tutte quelle cognizioni , onde per brevità non abbiamo ne' due passati discorsi dimostro che una idea generale. E nel vero coloro che osser- vano anche in tutta la vita privi di sapienza, riesco- no a quel frutto di molti viaggiatori, che stiman- do dì conoscere il mondo solo correndo di paese in paese , ogni cosa che riguada le forme le arti l'economia le opinioni i costumi le leggi varie de' popoli trascurano . Come altresì nulla mai inten- derebbe chi recatosi a Roma per osservare le ar- che le statue i tempj onde magnifica è quella eter- na città , se delle storie e delle arti antiche non avesse acquistato innanzi cognizione veruna. Giovi pertanto il ripetere, che non si sa osservare in medicina se non sì comincia dall' aver educata la mente nella filosofia sperimentale ; perocché altri- menti sì lasciano le cose da meditare e si medita sopra quelle che sono da lasciare ; e quanto in queste prime mosse si falla ogni conseguente sa di reità . La sapienza adunque conduce alla medicina, la medicina alla sapienza . £ quello stesso conosce- aS *' Scienze re la necessità di dichinare l'ingegno ai particolari dello sperimento, e il riuscire a farlo di maniera che ne vengano fuori le verità , è un modo esso solo di sapienza che non intesero e non pratica- rono che i somvni uomini . IL Che Ippocrate si desse alla osservazione de' fenomeni del corpo umano malato dopoché l'in- gegno suo era fatto sazio delle dottrine della fìsi- ca generale e di quella dell' uomo sano , sembra a sufficienza dichiarato per le cose da me dette innanzi . Per le quali cose fu ancora mio inten- dimento di restituire a lui la meritata dignità , e di mostrare ' com' egli non fu solo pratico nudo e sterile; ma filosofo in ogni maniera di studio sapientissimo , secondo le idee de' lempi suoi . On- de che egli dà questo mirabile e quasi unico esem- pio di se ; che mentre altri dottissimi medici po- steriori nella filosofia , troppo sedotti da essa, non indovinarono nella pratica, e caduti colla muta- zione, delle opinioni e la rivoluzione de' fempi i loro sistemi filosofici , cadde con essi ancora la parte medica che avevano da quelli ricavato o a quelli appoggiata ; d' Ippocrate sebbene dimenti- che possano andare oggi le idee filosofiche, le osservazioni e i resultati di esse, insomma la sua medicina è sempre quella unicamente esemplare e sicura ; e nella parte della filosofia scusato egli dal tempo resta sempre gloriosissimo in quella della osservazione della natura , e in quella dell' arte me- dica sopra la detta osservazione fondata . Talché ad essa bene si affanno questi versi del Petrarca : „ Vengan quanti filosofi fur mai „ A dir di ciò, tutte lor vie fien basse, „ E quest' una vedremo alzarsi a volo . A volere intanto ragionare di cotest' arte, che è Sapienza. d'Ippochatb aj) materia di questo terzo ed ultimo discorso, ed a volerne insieme ricordare i pregii , ci converrebbe esaminarla per i capì tutti , e individuando quasi tutte le umane infermità, quante e quali osserva- zioni facesse sopra ciascuna Ippocrate padre , quan- ti e quali precetti di prognostico e di cura ed al- tro ne desse , ogni cosa dichiarare. Il che non poten- do eseguire, perciocché ne verrebbe materia analizzata e lunga oltre misura , io toccherò solamente i prin-^ cìpali punti della detta arte medica, sui quali es- sa lu principalmente da Ippocrate stabilita . I qua- li punti principali dell' arte sua mi sembra che sieno i seguenti . La dottrina de' fenomeni. I pe- riodi e le crisi. Le morbose successioni .L'inda- gine delle occasioni evidenti , o vogliasi dire Tetio- logia empirica. La scienza delle epidemie. Il pro- gnostico. L'indicazione curativa. E questi punti, di- rittamente e partitamente esaminati , vengono poi a ridursi a questi tre primissimi . Maniera d'os- servazione . Arte storica. Assioma positivo . E sq tali tre capi si aggira quel proposilo, di che si è parlato nel primo libro , a riformare l'odierna medicina italiana necessarissimo. La quale doven- do riprendere una ragione stretta dai fatti sarà mestieri che esamini le osservazioni altrui , che ne instimisca delie proprie, e da queste e da quelle ricavi que' ragionamenti che sono guida an- zi base degli assiomi positivi dell'arte. Ma per esaminare le osservazioni, altrui e rettificarci r,a- gionari tratti da esse , è necessario avere un esem- plare sicuro , ossia un perfetto modello di confron- to : al che satisfanno esse sole le storie d^ Ippo- crate . E tutte quelle storie che non sono state det- .tate a questa norma mostrano che inesatta fu l'os- servazione , e quindi mai fermo il giudizio trat^. 3o S e I E ir z K tone t e questo inutile sopravvanzo della medica arte andrebbe appartato, a volerla ridurre alla se- verità de' suoi naturali e veri principii . Inoltre sì dovranno instituire osservazioni pioprie; j^erchè ]a medicina oltre all'essere ripurgata del falso , ha bisogno che le sieno accresciuti i veri . 1 quali perchè sieno ben fermi e secondo natura , convien sapere osservar questa con quel modo di che si valse il primo nostro maestro . Che se esso con quel modo stabilì una quantità dì priucipj che tut- ti i medici del mondo hanno in ogni luogo e in ogni tempo confermati per veri , volendo assicurar l'arte sopra quelli , e di quelli maggiormente ar- ricchirla , non c'è altra via che riprendere la ma- niera di osservazione insegnata da Ippocrate pa- dre . Imperocché l'osservazione la storia e i precet- ti possono soltanto aggrandire e perfezionare la me- dicina. E Ippocrate fu nell* osservare di studio e di pazienza maravigliosissimo , nel dettare la fede- le ed ingenua storia de' mali diligentissimo , nello statuire il precetto pratico confermato dal lungo uso sapientissimo , intanto che niuno fu meglio. III. Ma per conoscere il consiglio ch'ei tenne neir incamminarsi per la osservazione , si consi- deri in prima che la sanità e la malattia sono ef- fetti necessarii di molte cause particolari, le cui azioni si uniscono per produrle . Però l'azione di coteste cause non diventerà mai il soggetto di una dimostrazione geometricar, se prima l'essenza e le proprietà di ciascheduna in particolare non saranno note, e non saranno dedotte da una giusta com- parazione le proprietà e le forze che resultano dal- la loro unione. Ora 1' essenza e le proprietà di cia- scheduna non si manifestano che dai loro effetti , e da questi soli possiamo giudicare delle cause. Sapienza, d'Ippocratk 3i Ma il giudizio delle cause non arriverà nem- meno ai probabili , se non è preceduto da una pie- na cognizione degli effetti . Questo e non altro fu il consiglio che determinò Ippocrate a darsi in prima a tutt' uomo alla osservazione de' fenomeni, e sprezzata la vanità delle ipotesi e il favoleggiare intorno alle cause oscure , piantò questo solenne aforismo delle scienze sperimentali,, Oculis antera „ magis credere oportet quam opinionibus (i) . „ Nel che i medici che lo seguitarono , favoriti dall' ingegno proprio, vennero in voce di grandissimi. Siane esempio il Sideiiamio . ,, Appena diodi co- „ rainciamente alla pratica medica ( dice egli al suo „ Giovanni Mapletoff ) trovai essere slmilìssimo al ^, vero, che colui il quale rivolgerà la massima at- „ tenzione ai naturali fenomeni delle malattie , sa- „ prà più di ogni altro conoscere le vere indica- „ zioni curative . Per la qual cosa interamente a „ questo metodo m'abbandonai, ben sicuro che „ ove tenessi per guida la natura, scorressi pure „ per luoghi sconosciuti , non sarebbe mai che av- „ venisse di partirmi dal retto cammino . „ Mercè dell' assioma sopranotato , Ippocrate adunque am- maestrò in medicina doversi stare al fatto , ed essere più ragionevole e certo l'attenersi ai fenome- ni palesi , che il forzare la mente a entrare nel bujo delle ca^^e prossime, e il gittar tempo e parole a determinare cos' è malattia . La quale egli si contentava di dire, essere una molestia una tri- stezza del corpo umano; e a caratterizzarla mira- va al complesso de' sintomi , all' augumento alla violenza loro , e al tempo e all' ordine con che ap« (i) De di«eta 1. i* 33 Scienze parivano: né un solo indizio, come dire debolez- za o vigore , lo poneva in istato di giudicarne o determinarne il metodo curativo . Ondechè sempre sono stati sorami uomini tra gli antichi e i mo- derni, che di cotesta indilTerenza al rendere le ra- gioni de' fenomeni non hanno potuto mai abbastan- za preconizzare il medico di Goo; in quanto sa- pevano com' egli fosse „ Pien di filosofia la lingua e il petto . Ma Ippocrate intendeva a dar cura alla salu- te inferma, e voleva meglio sapere dalla sperien- za se un tal fenomeno nel tal caso era buono o malauguroso , e sorto quello qual' altro ne dovea seguire; di quello che cercare le ragioni di simili avvenimenti . Colla quale moderazione ei mirò an- cora a porre in salvo i suoi successori dalla pu- nizione di quel Penteo, che dà Y esempio di chi troppo arditamente negli arcani di natura volendo penetrare, doppiamente nelle sue speculazioni de- luso , or di qua or di là si rigira titubante ed in- certo . Né Ippocrate volle fermarsi a dividere le malattie in infinite specie e generi ; ma considerò piuttosto la differenza de' sintomi, e fatta distin- zione degli attivi dai passivi la ritenne, come real- mente è , per molto piìi importante d' ogni altra sofìstica classificazione . Talché ne venne a lui la spartizione de' iiiorbi la più naturale a norma de' sintomi palesi e delle cause evidenti . Ed egli ne distribuì le varietà , secondo le dette cause che ca- dono apertamente sotto i sensi , secondo i luoghi affetti, secondo i gradi di malignità o benignità, secondo la durata e i luoghi ove sono straordina- rie o frequenti . La quale classificazione , come quella che discorre le rappresentanze dei fatti ed é secondo natura, durerà perpetuamente V dove le aK SAPICITEA 2>'IpP0CnATK 33' tre lussurreggianti di bei nomi e artifiziosi collo- camenti , sempre più manchevoli ed inopportune diverranno quanto più si estenderà la conoscenza della natura . IV- Ippocrate adunque pose il principale fon- damento della conoscenza de' mali nella dottrina de' segni ; e primamente e unicamente a cotesto oculatissimo contemplatore fu dato di osservare e notare tutti i moltiplici avvenimenti , che prece- dono , accompagnano , o seguono le umane infer- mità . Ondechè con ammirabile e sempre sveglia- ta diligenza potè formare a se e agli avvenire una serajotica infallibile , come derivata dalla osserva- zione semplicissima dei movimenti del corpo uma- no malato . La quale osservazione cominciava dal volto: nel che tante coie notava Ippocrate nelle malattie , che da lui solo si potrebbe cavare ma- teria sufficiente a un trattato di fisonomia patolo- gica , che era il sospiro di Giuseppe Frank, e al quale è ancora da desiderare che savii medici pon- gan mano . Né farà qui mestieri di recare que' suoi documenti , che mostrino anzi ricordino co- me il buon vecchio attendesse a tutti i particola- ri nella osservazione massimamente delle malattie acute. Ne' libri de' buoni clinici ad ogni faccia t' incontrerai , eh' essi vengono addotti in testimo- nii di verità . Né contento di notare ogni piccolo esterno organico pervertimento , Ippocrate medita- va anche sui modi del delirio , e talora gli som- ministrarono giudizii di terapeja anche i sogni dell'infermo. Ma soprattutto ei teneva un gran con- to della respirazione nella dottrina de' segni , e nel descrivere le varie guise del respirare d'un infermo fu senza pari solertissimo ed esattissimo ; e da lui hanno appreso a distinguere poscia la respirazione G.A.T.XX. 3 34 Scienze morbosa in molte spezie i trattatori tutti della dia- gnostica . Di vantaggio il nostro pazientissimo vec- chio cavava segni da tutti gli escrementi , e le lo- ro qualità e i loro caratteri buoni o rei ce li ha egli indicati il primo . E basti di ciò il mento- vare , che i caratteri da lui stabiliti della mar- cia , onde distinguere la lodevole dalia malauguro- sa , forse più valgono ai clinici delle sperienze di Gren , Gaber , e Carlo Darwin; perocché contro a queste mossero forti dubbii Salmuth e Reil ; laddove le note di essa rur.rcia sl.iLilite da Jppo- crate si raccomandano dal Jiorsieri come le più cer- te ; e piace oggi vederle a tulle le altre preferi- te e adottate dallo Spiengel . Le quali cose con- siderate , io non credo che possa esser notato di parte il Boerhaave quando disse : che Ippocróte vide e descrisse tanti fenomeni nelle malattie , quan- ti non ne videro , ciascuno di per se e tutti in- sieme, i medici di tutti i tempi . V. Fu avvertito nel nostro secondo ragiona- mento come Ippocrate in fisiologia aveva posto mente a que' periodi , ai quali pare che la natura umana si assoggetti in tutti i suoi atti . „ Si tro- „ vano de' vestigli (dice il Richerand ) di questo „ antico sistema , rispetto ai periodi naturali in „ tutte le scienze, in tutte le religioni , ed an- „ che in quelle che hanno tuttavia il culto ed il „ rispetto delle nazioni le più illuminate . „ Ip- pocrate aveva notato come il parto si compia nel nono mese , come la prima dentizione ne' bambi- ni avvenga nel settimo mese , e la seconda nel setti- mo anno , come la pubertà si manifesti ai quat- tordici anni , la mestruazione si rinnovelli a tem- pi determinati , e va dicendo . Queste considera- zioni egli fece eziandìo sulle malattie , e dopo ite- SAPIKNZA. d'IpPOCRATE 35 rate sperienze le verificò in esse , e ne defermì- nò i periodi generali , come dire il cominciare, l'incalzare, il dichinare, il finire; e di tutti con esattissimo modo additò i segni . Egli mirando sempre a un processo di digestione nel corso del- le azioni e reazioni morbose, conobbe che in prin- cipio del male non poteva avvenire veruna separa- zione critica , senonchè per opera d'un orgasmo o turgescenza , e che qualsivoglia movimento di na- tura richiede tempo prima d'eltettuarsi . Questa mas- sima formò non solo il fondamento di forse tutte le sue regole terapeutiche , che si riducono a quel gravissimo precetto di „ serbar modo , e dar tempo,, ma lo portò eziandìo alla cognizione dei periodi ne- cessarii delle febbri continove , e della spontanea terminazione delle intermittenti semplici . Dei quali prudentissimi trovati gli fanno oggi ragione anche i moderni . Ed è per gì' ippocratici una vera con- solazione vedere quegli stessi che tentarono di ro- vinarne le dottrine, occuparsi oggi in Italia a ri- chiamare le menti dei medici ai periodi necessa- ri! delle malattie, e raccomandare nei modi cura- tivi la ,, l'enta feslinazione. ,, Né è da tacere che il Pìnel, nominato 1' Ippocrate della Francia , ha og- gi confermato più e più volte la verità delle os- servazioni del medico di Coo suH' ultroneo ter- mine al settimo accesso delle intermittenti benigne, VI. Osservato pertanto come la natura delle malattie semplici si lega a certi periodi, e nella maggior parte delle febbri esercita le sue funzio- ni regolarmente sino al pepasmo ; il che avvie- ne solo in certi giorni a norma de' parossismi febbrili ; potè Ippocrate da cotesto osservazioni desumere la dottrina de' giorni critici - Nella quale se noQ avessero messo falsità e superstizione i me^ 3*^ 35 Scienze dici posteriori , e massime i pseudo - pittagorici ; sarebbe restata nella sua luce di vero , come l'han- no sempre riscontrata uomini celebri che dal ve- ro senso ippocratico l'hanno desunta . E colesto- ro falsarono ancora mercè d'arbitrarie interpretazio- ni altre più gravi dottrine , Facendo contro al vero arme i sofismi ; epperò disse seguitando il Petrarca, che quello di Coo renderebbe sempre vie migliore la medicina Se bene intesi tosser gli aforismi . Vero è poi che non sempre invariabilmente pro- cedono cotesle crisi ; e oltreché 1' ha^ avverti- to lo stesso Ippocrate , e ne addusse T esempio d'una crisi avvenuta nel sesto della malattia , e di altra che si compì nel quinto e furono ambedue salutari ; hanno poi trovato e il Baglivi e il Pi- nci che le regole intorno a delti giorni possono variare per cagione di luogo e di vicissitudine atmosferica. Oltredichè se non tutti hanno potuto osservare i detti giorni di crisi con quella conti- nuità ed accuratezza con che li osservò il medico di Coo , molte e diverse ne sono le ragioni , co- me nota loSprengel . E le più considerevoli sono, la straordinaria attenzione che quel divino senno met- teva neir osservare ogni cosa , il clima temperato e costante della Grecia , la semplicità del vivere la mancanza di certe complicazioni, l'identità del tipo , e soprattutto il semplicissimo metodo di cu- ra . Tra le altre osservazioni ippocratiche , che furono in questi ultimi tempi sbandeggiate dalla medicina, era anche quella de' giorni critici . E quantunque il Mead , di che non ebbero gì in- glesi più sagace osservatore dopo il Sydenham , ne avesse raccomandato il vero, e fondate le ragio- ni nella influenza de' corpi celesti ; pareva poco SAPIENZA d'IpPOCRATE Zj meno che folle a coloro che con nuove fantasìe lonlavano i progressi della scienza, divertendola dai fatti . Se non che Erasmo Darwin ha voluto listorarla del suo perduto valore • Ne solamente ha ammesso il periodo regolare di crisi nelle feb- bri continue come un fatto che non ha contrasto, ma ne trova la causa nell' azione che il sole o la luna o tultedue questi corpi congiuntamente e- sercitano sui sistemi viventi . E nel vero la con- giunzione l'opposizione e le quadrature della luna rispettivamente al sole rispondono appuntino co* processi settenarj de' giorni crìtici , in che soglio- no terminare le febbri continove , osservati da Ippocrate : onde la macchina umana sente for- se r azione di coteste varie fasi della luna mag- giore o minore , come la provano le acque dell' Oceano , che più o meno per la delta azione col loro flusso si elevano . „ Né questa idea ( avver- , te il Rasorì ) sarà per essere così agevolmente , riputata assurda e ridicola dai medici colti ed , illuminati . Essi veggono bene che qui non si , tr.itta delle chimere dell' astrologia, né dell' „actio , in distans „ dei fisici peripatetici . Si tratta di , vedete se 1' attrazione che quei corpi celesti , esercitano tanto visibilmente sul nostro globo , y come appare dall' elevar che fanno a tanta al- , tezza la massa enorme delle acque dell' Oceano , , abbia o no alcun effetto anche sui sistemi vi- , venti, sottoposti essi pure alle leggi della gravi- , tà , e quale sia quest' effetto relativaiiiente alle , leggi della vita . „ VII. Ma come Ippocrate , seguendo sempre ve- rità , trovò e scrìsse casi in che le i egole da lui statuile de giorni critici fallivano , trovò ancora e Voile annoiale che luUe lo inalai! ie non fini- 38 Scienze scono sempre in crisi , comecché non vadano mai a buon termine senza di esse ; ed ove si ottenga guarimento senza che vi sia stata una qualche cri- si , si ricadere di leggeri nello slesso male . Al che Ippocrate ponendo mente Tondo il primo la dottri- na delle successioni e delle metastasi , quanto ardua altrettanto vantaggiosa o necessaria ai clinici. Imperocché il conoscere o il prevedere le conver- sioni delle malattie, e dove inchini il mutamento del fondo patologico primitivo è di artefice raro e di indagatore ingegnoso; e vuole aversi a tant' uopo la sola guida dei T osservazione . Ondechè il primo a trattarne con verità l'u Ippocrate padre, e sopra i suoi vestigli n'andarono , sempre nuove e gravi cose scuoprendo , Prospero Alpino laure- to Boderigo Baglivi B.dlonio Giannella Hoffmann e Lorry. JNè mai abbastanza cercata è questa par- te di medicina, in che i clinici piìi avveduti danno talora in inganni ; avvisando per esempio nuovo genio di morbo in certi casi , che non so- no che procedimenti della stessa malattia , e ten- gono in fondo, mutata forma, la stessa natura. Ippocrate fondò delle conversioni delle malattie que- ste massime generali : ,, Qui morbi ab imbeciliibus „ partibus ad fortiores remeaverint, ii solutu sunt ,, faciliores . Intluxus enim facile a robore exclu- „ duntur — In morbis cum alter alteri succedit ,, plerumque occidit; cum enim corpori , a presenti „ morbo debilitato , alius accesserit prae imbecil- ,, litateperit, priusquam posterior morbus desinai „ — Morbi partium e directo positarum dexterae „ cum dexteris , sinistrae cum sinistris , infra su- ,, pra et contra convertuntur et consentiunt adin- „ vicem , et invicem mulantur (i) • „ Oltre a que- (ij De natur. human. — Uc affcction. — Epidcn». G. Sapienza d Ippocrai*e 39 ste leggi fondamentali egli ti espone poi in quai morbi si tramutino i profluvii, in quali 1« feb- bri , gli spasmi , le infiammazioni con tal veri- t\ ed esattezza , che leggendolo non ti lascia de- siderio di guardare all' opera del Lorry . Ma a di- chiarare viemaggiormente quanto importi ai me- dici la cognizione delle leggi di coleste morbose vicissitùdini , Ippocrate ammaestrò eziandio intor- no alle ragioni di esse. Ond' egli intese farsi co- teste successioni, secondo che afferma ne' comenti alle prenozioni coache il Tacozio , e per la robu- stezza e soverchia attività della parte maiala , e per la gravila degli umori raccolti onde se ne de- termini la flussione in altri luoghi , e per nuovi irritamenti esterni od interni, e per simiglianza dell' intima complessione degli organi , e per na- turale positura contigua degli organi slessi , e per analogia d'officio, e inline per consenso o simpa- tia . Nel che vedrai concorrere le spiegazioni , che secondo i lumi della odierna anatomia pato- logica si danno oggi di cotesti morbosi mutamen- ti , quando non ti sia discaro di leggere il pri- mo articolo del capitolo quarto nel nostro libro De coiita'^i spontanei , dove sebbene la disputa ci divertisse dall' interessante argomento , volemmo nondimeno con metodo analitico fissarne i punti principali , fortemente desiderando che ingegni più felici e più illuminati, conosciuta la gravità e di- gnità della materia, la medicina ne giovassero com- piutamente trattandola . VIH. La cognizione adunque di tutti i feno- meni che vanno innanzi , accompagnano , soprav- vengono , e seguono le malattie guidò Ippocrate air indagine delle c^use evidenti , o allo stabili- mento della etiologia empirica . La quale è il so- 4o S e I B ir z E Jo e sicuro mezzo di unione, seguendo sempre il testimonio de' sensi , tra la dottrina de' fenomeni e l'indicazione curativa . L'andare per nozioni astrat- te a cercare e sviluppare le cause delle malattie, è un trasportarsi in luogo dove affatto perdute so- no le relazioni tra causa , sintomi , e cura . Tra ]e altre cagioni a che mirava Ippocrate , principali erano l'aria egli alimenti. Osservava inoltre quai venti dominassero , il levare e il tramontare degli astri , il tempo di certe costellazioni , de' solstizi! e degli equinozii , e soprattutto lo scambiarsi del- le stagioni ; e determinò come tutte queste cir- costanze occasionavano varietà e rivoluzioni nelle malattie . E questi fatti gli bastò enunciare per veri , e stimò vanità lo strabiliarsi a trovarne le riposte ragioni . Tutti i piii grandi osservatori gli hanno benedette queste solenni verità, stabilite nel- la etiologia empirica: e basti il testimonio di Sj- denham» quanto specialmente all'attenzione eh' ei metteva nel variare delle stagioni.,, Infine vorre- „ mo pure risguardare ( die' egli ) con diligenza „ le stagioni che favoriscono il piiì ciascun gene- „ re di malattia. Non nego io avervene di tutti i „ tempi , ma ve n'ha pure, e non sì poche, le quali „ come certi augelli e certe piante per un secreto ,, istinto dì natura amano certe stagioni . Per ve ,, rità io ho dovuto sovente meravigliarmi , che „ sì pochi finora infra i medici abbiano posto men- „ te a simile carattere di certe malattie, mentre „ moltissimi vi furono che osservarono diligente* ,, mente il tempo in che sogliono procreare le pian- „ te e gli animali . Però , chechè ne sia la cagio- 1, ne , io tengo per certo il conoscere tai tempi re- ,, care al medico grandissima utilità e per distin- ,, guere la specie del male , e per curarlo i ed all' Sapif.itza d'Ippochate 4' ,, opposto mal riuscirne chi simili cose dispregia . „ Ma onde meglio apparisca il valore della eliologia empirica fondata e raccomandata da Ippocrate , e si conosca ad un tempo quanta utilità ne ver- rebbe ali' odierna medicina sostituendo quella alla dogmatica , seguiteremo colle parole del medesimo Sydenham : „ Ma ella è nostra sventura che già da „ lungo tempo ci staccammo da quella antichis- „ sima scorta e peritissima da Ippocrate e dall* „ antico metodo basato sulle cause evidenti , co- ,, me quelle che di certo si manifestano ; quindi „ . la medicina a' nostri dì è piuttosto V arte di far „ parole anziché di guarire . E veggonsi difatto „ questi uomini specolativi impiegar ogni studio „ neir investigare le prime cause cupissime , e ten- „ tarne ad ogni modo , a dispetto della cosa , spie- ,, gazioni : intanto si dispregiano le cause eviden- „ ti immediate e congiunte che vogliono essere „ conosciute , e il possono essere senza consimili „ mezzi vanissimi , apparendo apertamente all' in- ,, telletto discoperte o dal testimonio de' sensi o „ da osservazioni anatomiche già da lungo tempo „ instituite. È impossibile affatto al medico rav- „ visar cause che non cadono in modo veruno sot- „ to i sensi: ma noa ve n'ha pur mestieri: gli „ basta sapere onde evidentemente nasce la malat- „ tia e conoscerne gli effetti e i sintomi perchè pos- „ sa distinguerla da altra cui rassomigli . jNella ,-, pleuritide , per esempio , lunga e vana opera sa- „ rebbe dì colui , il quale volesse comprendere ff ove consiste quello stato vizioso del sangue, fon- „ te della malattia . Ma quegli che ne conoscerà „ la causa immediata, e saprà distinguerla da qual- „ sivoglia altra affezione, utterrà sicuramente il 4^ Scienze ,, suo scopo , trascurate anco cotali oziose inda- ,, gini di cause cupissime (i)-,, IX. Indagando per tale maniera e per tale consiglio le cause occasionali si aprì al div^ino sen- no d'Ippocrale nuovo campo e non cercato innan- zi e feracissimo di mediche osservazioni . Che in esso scuoprì il primo come le differenti stagioni dell' anno erano le cause delle malattie che seco portano , e come le rivoluzioni che si fanno nelf aria , quali sono i caldi e i freddi eccesivi, le piog- gie, le nebbie, i venti, ne producono un gran numero e nello stesso luogo e tempo . In questa classe di ma- lattie da Ippocrate dette epidemiche , delle quali non è altra in medicina che più di maraviglia e di difficol- tà ne arrechi, qui fu dove veramente si parve la nobiltà del venerando vecchio . Imperochè egli ol- tre air averne data la maniera di osservarle , ne for- mò eziandio le leggi per modo , che i medici ve- nuti dopo hanno forse a cotesta parte di dottrina potuto togliere , ma non aggiungere . Di vero nel descrivere le malattie epidemiche , fatto ottimo giudìzio che la costituzione dell'aria non basta per intendere la ragione onde le dette malattie piiì gli uni che gli altri maltrattino , avvertì i medici do- versi far conto d'una predisposizione, e questa cercò nelle differenze delle età, del sesso, de' temperamenti, e sino negli esercizii , ne' costumi , e nel modo di vivere degli ammalali . Ondechè tu lo vedi oc- cupato a indicarti sino il colore de' capelli , e il parlare spedito o balbo , e il tuono della voce ; e da questi e altri segni determinare il temperamen- to , la violenza del male , e a qual termine doves- sero andare gl'infermi suoi. Ma fra le cagioni del- (i) Sydiiiiluan^ i/ìeri: mcdiclie irctdottc dal Ccirjuifi-i'li. Sapìekza d'Ippocrate 4^ le ciotte malattie popolari egli non lasciò inosser- vate le situazioni de' luoghi, la natura del terreno , la copia o la scarsezza delle acque , e tra queste le correnti e le stagnanti , le esalazioni della terra e sino la positura de' monti . Ondechè pel lungo uso in queste osservazioni pare eh' egli , appena situalo in mezzo a una regione, ne avesse già sot* t'occhio come una mappa nosografica, nella quale vedute le tali cagioni , dovessero que'popoli o que- sti in quelli o in questi morbi cadere . Né sempre Ippocrate dedusse dalle mutazioni delle qualità fi- siche dell'atmosfera la causa occasionale delle ma- lattie popolari ; ma comecché ignaro della chimi- ca, seppe nondimeno intendere che coteste sono lai- volta originate da certi principii dalla terra esala- ti , onde la detta aria si impregna , e cotesti prin- cipii egli chiama esalazioni impure, yilx^^ocTx. A lui seguentemente è dovuta giustissima lode per avere determinato il primo la costituzione anniversaria , e chiamato l'attenzione de' medici a questo solen- ne fondamento della scienza delle epidemie . La quale scienza manca ancora alla medicina; e chi, seguendo Ippocrate', raccogliesse le osservazioni de' grandi medici d' ogni parte intorno alle malat- tie annuali ordinarie di questo e quel popolo , e da queste cavasse teoremi che potessero valere d in- duzione e di analogia per le malattie d una inte- ra nazione , potrebbe conseguire di averla trattata nella massima parte. E il primo da cercarsi in que- sta scienza sarebbe, se per ogni dove sussiste la leg- ge che osserviamo nelle annuali malattie in alcuni luoghi d' Italia , cioè V alternarsi 1' intermittenza e la continuità del tipo febbrile, o,se meglio piace, r alternarsi della flogosi e della periodicità a nar- ma delle stagioni . lù questo verificata , non reste- 44 Scienze rebbe cbe modificare cotesta legge a norma del mag- gior calore, umidità, freddo, seccbezza che seco recassero, per la positura del luogo, pel dominio de' venti, ed altre cose siffatte accidentali, le sta- gioni medesime . Verrebbe altresì ad essere modi- ficata cotesta legge, giusta il metodo ippocratico, dalle varietà che si osservassero nelle soprallegate alternative di flogosi e periodicità , tra il finire d'una stagione e il cominciare dell'altra. E in ap- pendice a tali osservazioni si dovrebbero porre quel- le che riguardano le malattie stazionarie e intercor- renti, e annotare le relazioni che avessero colla an- niversaria costituzione, colla quale infine vanno a immischiarsi. JVè il procedimento regolare di que- ste osservazioni verrebbe al tutto interrotto dalle grandi epidemie , dipendenti da cause straordina- rie o da contagio ; perocché sebbene sembri che queste rifuggano da ogni legge, nulladimeno se una ne possono comportare ella è quella della costitu- zione anniversaria , alla quale pur si veggono di spesso obbedire , anzi di tutte le sue forme vestir- si . Onde ecco come la costituzione anniversaria bene meditata potrebbe essere il solenne fondamento della scienza de' morbi epidemici; e come da quella dovrenmio farci onde esaudire al voto del Sydeuham, di ridurre in classi giusta la varietà de'loro fenomeni tutte le specie delle malattie epidemiche , trarne i caratteri proprii, indicare l'opportuno metodo cura- tivo di ciascuna. La quale fatica, comechè im- mensa e non del volgere degli anni d' un sol uo- mo, deesi assolutamente sostenere, innanzichè pos- siamo a dritto gloriarci d' aver fatto qualche co- sa degna di memoria allo sviluppo di sì oscure e di sì variate malattie . E un altro voto , così ado- perando, si renderebbe esaudito, che è q;,el!o del SAPIENZA d'IpPOCRATE 4^ Baglivi , per una storia medicinale indigena; la ne- cessità e utilità della quale istoria venne da Ippo- crate . E veramente molti errori si commettono nel prescrivere la dieta , la quantità e V uso de rimedii ; i quali errori non altronde derivano che della ignoranza della detta storia. Imperocché co- me r aria , il genere di vita , la varia qualità de' cibi , per la diversità delle regioni hanno tut- ta la forza nella procreazione de' morbi ; così do- vrebbero i medici dopo lunga esservazìone dichia- rare il metodo di curare i proprii il più oppor- tuno , e i generi de' rìmedj ad essi più fami- liari e giovevoli . Con che oltre al somministrare altri ajuti alla dottrina de'morbi epidemici ; impe- rocché ciascuno dovrebbe diligentemente notare le proprie costituzioni de' tempi , e le malattie gene- rali che coteste seco tramenano , e come le parti- colari eziandio ne partecipino , e come in fine va- riamente si debba loro dar cura; si verrebbe a for- mare una particolar classe di rimedi sperimentatissi- mi , che quanto alla regione loro varrebbero quasi come altrettanti specifici: e ben sanno i medici co- me sia desidorevole che per più retto cammino si riducano i malati a sanità mercè degli specifici , ove fosse possibile rinvenirne . Aggiungerò , che avendo Ippocrate quanto a' morbi epidemici calda- mente inculcato di riguardare alle grandi mutazio- ni dell' atmofera , dimostrò con questo la necessi- tà delle tavole meteorologiche alla storia delle epi- demie . La trascuranza delle quali ha fatto che i medici dissentano intorno a una epidemia stessa , la quale mutava caratteri per mutazioni atmosferi- che non avvertite . E queste istorie fallaci o man- chevoli hanno poi tratto in inganno anche colo- ro, che come di osservazioni già fatte couvenevol- 46 S e 1 E M Z E mente se ne sono valuti o a formare un precoce giudizio o a sostentare un errore. Da Brown in qua coteste tabelle sono state credute inutili da tutta la turba di coloro „ Che a voce pììi che al ver drizzan lor volti , „ E così fernian sua opinione „ Prima ch'arte o ragion per lor s'ascolti . E quanto abbiano guasta costoro la dottrina de' morbi epidemici lo hanno troppo dimostrato nelle storie che hanno dettate intorno alla petecchia , che anni fa di funestissima coutagione infettò l'Ita- lia . Tra le quali storie , se due o tre ne togli in che pur troverai qualche tinta ippocratica o syde- namìana , le altre non valgono che ad attestare la decadenza della medica arte . X. Per la dottrina de' segni , per quella de' pe- riodi e delie crisi e per la scienza delle epidemie sin qui discorsa , a noi pare di avere a sulìicien za mostratoli valore della maniera d' osservazione tenuta da Ippocraie padre , ond' essa sia fortemen- te raccomandata a' moderni medici. E questo è il primo capo , come si disse , che manca alla dot- trina medica italiana che corre oggi . E il secon- do dicemmo essere l'arte storica , intorno alla quale stimiamo qui in proposito alquanto trattenerci , per quindi passare al prognostico e alla indicazione curativa , in che sta 1' assioma positivo , terzo capo necessarissimo alla riforma e al perfeziona- mento della medicina. Tutto ciò che merita d'es- sere riferito nelle cliniche istituzioni , onde sia perfettamente storico e valga a dirigere il ragiona- mento , è mestieri che sia così evidentissimo, che ninna sana mente dubitare o disputare ne possa . Ondechè il medico dee raccontare non giudicare , e parlitamente tutte le cose che vede quantunque Sapienza dIppocrate 47 minime annotare ; perocché molte dì queste indi- cano la via buona della cura appena si percepisco- no , altre valgono talora a presentarti certa qual luce , che tu puoi investigare la natura di esse cose comechè astrusa. Le cose raccontate tali qua- li sono ciliare , distinte , e vere saranno eterne , e porteranno seco quella ragione alla indagine del- le cause che i dati portano ai geometri alla inda- gine dei quesiti . Grande diflicoltà però nella sto- ria de' fatti è seguitare la sola natura: per nulla si divagano i narratori . Colui solo nette le detterà che schiettamente le avrà osservate libero da ogni studio di parti , e non servo di opinione nessuna . Tra tante migliaja di scrittori uao è che trattò le storie con purità, ingenuità , castigatezza, e santi- tà di vero : gli è Ippocrate . E meritò questa lau- de , e la meritò quasi solo : perocché non s'infìnse mai ciò che non vide , ninna cosa da notarsi tra- passò , e non estorse né mutò ma raccontò le ope- re di natura . Loquitur natura non homo , diceva il Baglivi leggendolo ; e il Boerhaave a commen- darlo nelle storie de' morbi così parlò: Si ah uno discesseris Ippocrate^ quis UH par ? Si usquam , hic vero locai ii liabet vetiis illud: rari boni . Ma a mostrare il valore dell' arte storica d'Ippocrate, e la necessità che avrebbe l'odierna medicina italia- na di riprenderne lo studio e 1' esempio , bastino le parole del Sydenham : „ Io porto opinione che „ due cose principalmente sieno per contribuire „ all' aumento della nostra arte ; e voglio dire la „ storia o descrizione delle malattie per quel che ,, è possibile esatta e naturale , la pratica o me- „ todo curativo stabile e perfetto. „ Per verità de- scrivere le malattie al di grosso egli non è cosa gran fatto difficile ; ma descriverle a quei modo 48 Scienze che già prescrìsse Bacone agli scrittori di storia na- turale , certo gli è affare di momento infinitamen- te maggiore . Vuoiti nello scrivere la storia delle malattie rinunciare in tutto a qualunque ipotesi filosofica ; perocché quegli scrittori che n'hanno il farnetico aggiungono o tolgono o esagerano o invi- liscono i fenomeni delle malattie, e fanno d'ogni cosa strazio e confusione dannevolissìma. Vuoisi innoltre con somma accuratezza notare i fenome- ni chiari e naturali benché lievi , a imitazione de' pittori i quali sogliono esprintiere ne' ritratti i nei e le macchie più lievi. Natura nil frustra m.oli-~ tur , dice il ISaglivi , mininuique sunt saepius ma- gnarum rerum initia , et minima quoque ad notitiam grandium nos conducunt. Vuoisi infine separare i fenomeni costanti e particolari d'una malattia dagli accidentali ed estranei . In somma a perfezionare l'arte storica quattro cose sono principalmente ne- cessarie. Primo; raccogliere molte osservazioni par- ticolari. Secondo; rettamente disporle. Terzo; va- gliarle e depurarle appartando le dubbie e le in- costanti, riunendo le simili , e a queste apponendo opportune note, rigettando le false . Quarto; cava- re da ciò precctli ed assiomi generali . Con che si farà che le parole diventino fatti , e l'evento ri- sponda alla irapromessa , e grande oltre ogni cre- dere ne verrà vantaggio alla pratica ; e nulla sa- ranno al paragone le sottigliezze infinite, di che veggonsi ridondanti i libri de' moderni . E per qual via più presta, anzi per qual altra, potremo noi rav- visare le cagioni morbifiche che debbonsi com- battere, e potremo trarre le indicazioni curative, se non dalla sicura e distinta conoscenza de' sinto- mi particolari ? Né avvi circostanza tanto lieve che a ciò non conduca . „ Epperò ( segue a dire il Sy- Sapienza d'Ippocrate 49 „ denliam ) a me venne assai volte in mente, „ che se conoscessi a fondo la storia di ciascuna „ malattia saprei recarvi mai sempre opportuno ri- „ paro sicuramente guidato da' rispettivi fenome- „ ni . Questi accuratamente paragonati infra loro „ ne conducono a quelle indicazioni desunte dal „ seno verace della natura , anziché dagli errori „ della fantasia . Fu egli con tai mezzi che ele- „ vossi tanto alto colui che è reputato padre del- „ la medicina , il non mai abbastanza lodato Ip- „ pocrate . ,^ XI. Ma i primi precetti ed assiomi generali che si cavano dall' arte storica riguardano il pro- gnostico , il quale riprenderanno tosto i moderni medici quando abbiano ripresa la guida d' Ippo- crate nella dottrina de' segni , nella maniera d'os- servare , e nella esposizione e disposizione storica delle malattie . Imperochè costretti con questo me- todo a considerare una malattia in molte forme , e a osservare tutte le diversità de' sintomi e le loro occasioni , eglino si rifaranno quell' abito non dirò solo di distinguere le malattie le une dalle al- tre pe' segni che loro sono peculiari , ma di pre- nunciarle , e avvenute determinarne appuntino tutto che di buono o di reo sarà per occorrere nel lo- ro andamento . E qui daddovero che non è altro maestro che Ippocrate , il primo fondatore dell' arte di prognosticare : e in quest' arte meraviglio- sa non profitteranno che coloro , i quali sieno del- le ippocratiche dottrine tenacissimi . „ Qui bene „ callet Hippocratem ( disse il Baglivi ) felix erit „ in prognosi , aliter minime . Qui textus Hippocra- „ tis memoria rite mandaverit , deinde compónere ,» siraui et ad curationem determinare noverit,felicì- „ ter curare et praesagire noverit : aliter minime. „ G.A.T.XX. 4 5o S e I £ !r Z E XIT. Ora cade finalmente la acconcio di par- lare della indicazione curativa , che è come il som- mario di tutte le regole dichiarate innanzi intor- no all'arte medica instituila da Ippocrate. Quan- do bene non ce lo avesse testificato Galeno , ogni faccia de' libri clinici d Ippocrate basterebbe a con- vincerci , ch'egli fu il primiero institutore delle regole curative , o vogliasi dire delle indicazioni , a tenore delle quali si determinano essenzialmen- te le alterazioni salutari da operarsi nelle malattie. J\è egli formò mai le sue indicazioni a norma del- la causa prossima ipotetica ; ma bensì dietro la causa occasionale e il sintoma essenziale il più manifesto, dichiarando debito principale del me- dico l'accurata osservazione ed imitazione dei mo- vimenti della natura : morborum naturae medici . Quindi in lui niuna temerità nelf applicare rime- dii , ninna fretta nella aspettazione dell' effetto, niu- na occultazione del sinistro evento , niuna jattan- za del prospero . Obbediente al male , sì lo co- manda e il vince coli' arti sue . Ad ogni cosa provvede relativamente alle circostanze, agli umo- ri , ed alle parti solide . Pochi ma certi , vili ma adatti rimedj propina , e soprattutto attende al ret- to uso di essi . Non alle recondite ma alle evi- denti cause riguarda , tenendosi sempre al palese al certo e all'esplorato. Attendendo ai procedi- menti tardi o veloci dei mali , e a' loro giorni propizii o funesti , modera o seconda i moti della digestione critica , le materie digeste accompagna per vie indicate da natura , della quale egli è imi- tatore e aiutatore sempre , non perturbatore giammai. Guardando alle cose giovevoli e alle nocenli , e notando il tempo e il modo che tengono i morbi alle loro depurav:ioni , e attempando nell' osserva- Sapienza. d'Ippocrate 5i re e nello sperimentare, e provati i suoi fatti per mille e mille volte, m questo finalmente si estimò adatto a proporre e instituìre le regole curative, o la scienza delle indicazioni . Al che meditando il Boerhaave non gli parve certo di dire soverchio quando disse : „ Si vera audire juvat , sì vera elo- ,, qui sine invidia licet , haec vera est , haec sola „ aegrotìs succurrendi via. Non est , non invenie- „ tur alia , nisi qua in perniciem humani generis „ non in salutem itur. Unica haec admirabilis, uti- „ lis , imo prope divina est , quam calcavit, quam „ nobis et opere et verbis praemonstravit artis au- „ ctor Hippocrates (i) . „ Certamente se v'ha cosa che tanto meriti di essere corretta nella pratica odierna sono le indi- cazioni, le quali oggi derivate da vane ipotesi noa sono che il corollario di queste. E a noi onnina- mente incomprensibile quel minimo primissimo ed immediato, in che è riposta la quiddità delle ma- lattie . Donde adunque in tanta oscurità e differen- za di casi caveremo la indicazione ? Sola guida , né altra ve n'ha più sicura, è il testimonio de' sen-« si : Nil ultra quam res loquitur sapere audeo , di- ceva il gran Sydenham. Pertanto dopo che a di lungo e pazientissimamente avremo osservato come natura si conduca nella produzione delle malattie nella digestione , separazione , ed espulsione della materia morbosa, allora stabiliremo il miglior mo- do di curare, che risponda a pelo cogli andamen- ti della natura stessa . E per dir breve , le indi- cazioni esatte curative debbono in prima esser ca- vale dai sintomi piiì gravi e sopra gli altri predo- (i) Outio de commend. studio ippocratico . 5a S e t ic N a B nìinantì , che il genio del morbo e la gravità sua più che altri dimostrino . Secondo r dalla conoscen- za della causa occasionale o immediata , la quale può esser dedotta per analogia da chi mette forte studio nelle opere di anatomia patologica ; e non già in quelle dettate all'uso de' novellieri , atte so- lo a dar pastura a' curiosi ; ma in quelle dettate suir esempio del Morgagni, distribuite per ordine di malattie, e precedute da istorie morbose , e ac- compagnate da osservazioni comparative.,, Verum- „ tamen (segue il Bagjivi ) cum in quolibet mor- „ ho quatuor sint consideranda , morbus , caussa ^, morbi , syraptomata , et vires ; medicus profecto ,, ita horum omnium motus originem vim aliasque „ adinvicem circumstantias caliere debet , ut de „ indicatJonibus nil audeat decernere, nisì qua- „ tuor illis attente consideratis et relatis Inter se, „ atque urgentiorì primum prospiciat . Fateor de- „ nique neminem tam cito feliciterque indicatio- „ nes curativas in morbis detecturum fore , quani „ qui diuturna edoctus praxi , genios illorum prae- „ cipuos , variosquc invadendi ot declinandi mo- „ dos iterura atque iterum observaverit . Quibus „ omnibus si accedat foecunda quaedam et mascu- „ la mentis vis , qua morborum motus antece^ „ dentes praesentes subobscuri late patentes seexci- „ pientes aliique mirabili quadam detegantursoler- ,, tia, de indicationibus prolecto solide judicabit:,, XIII. E in queste indicazioni voltate ad inse- gnamento è riposto l'assioma positivo dell'arte, il quale dicemmo essere de' tre punti principali in che si riduce 1' ippocratica dottrina , ed essere inoltre necessarissimo alla riforma della scienza medica italiana . La quale , come si disse , oltre all' essere ripurgata del falso ha duopo che le sieno accrC' Sapienza d' Ippocrate 53 sciuti i veri . Nò questa utilità potrà conseguire, ove non segua il metodo tenuto da chi li trovò il primo , e tali riconosciuti dai più grandi osser- vatori di tutti i tempi . Facile ( disse il Boerhaave) iis artibus hanc scientiam aligere est , qiiihus ini' tio parta fidi , E cotest' arte sia qui in poche pa- role ricordata ai moderni. Poiché l'osservalore avrà raccolto copioso nu- mero d'osservazioni e le avrà disposte e distinte , non dee volar subito ai generali per vìa corta , precipitevole ,e contraria a natura, e ferace di dl- sputazioni e di dubbii ; ma ascendendo e discen- dendo , e ne' particolari tutti convenevolmente pe- netiando , pian piano e temperatamente prima le proposizioni medie deducendo , pervenire a que' ge- nerali, e cavarne l'assioma. Al che fare ci vuole lunga arte, mente usa ad attendere alle menome differenze , paziente nel dubitare , prudente nel di- sporre, riguardosa nel!' asserire . In ciascuna di queste virtii miglior maestro non troverai che Ip- pocrate . Vedi oggi giorno come dopo due o tre sperimenti si va d'un salto a proposizioni genera- lissime . Così il Bagli vi gridava pieno di sdegno contro queir Enrico Screta, il quale al suo tempo, perchè alcuna volta trovato avea ne' corpi d'alquanti morti di febbre inflammamenti ed ascessi , non dubitò di asserire che tutte quante le febbri fosse- ro prodotte da flogosi manifeste o sorde e latenti nelle interne viscere . L' assioma affinchè sia stabi- le e perpetuale si dee fare secondo la misura dei particolari dai quali è tratto, nò più alto né più sotto a questi ; ma quanto comporta la forza la verità e r|ampiezza di essi particolari. E soprat- tutto è da avvertire a non trascorrere i medii ; che anzi si dee a questi por mente attentissima , e so- 54 S e I H H Z E prassedervì , e passare per essi pria di salire alla proposizione aforistica, ossìa all'assioma positivo.,, ,, Fiat igitur ( insegna il Baglivi ) aqnarum mo- „ re, quarum ascensus io fonlibus tantus est quan- ,, tus fuit descensus e clivo unde oriuntur. In hu- „ jusmodi abstractionibus curandum prae caeteris „ ut mens per continuum ad parlicularia intui- „ tum a prudentia dirigatur , nec sibi permitta- ,, tur , utpote quae ex natura sua facillime attol- ,, litur in abstracta , mediis recte non consideratis. ,, Ad banc amussim lacti sunt Hippocratis apbo- „ rismi praesagia coacae, nobisque prò modulo es- „ se debent in novis atque novis inslituendis axio- „ niatibus (i) . „ XIV. Cbe si tarda adunque , o giovani me- dici compagni miei, a ritornare allo studio profon- do deir arte medica d'ippocrate , poicbè questo so- lo manca al risioraraento della medicina italiana ? A noi non manca nella fisica, nella cbimica , nel- la botanica , nella anatomìa , nella cbirurgia , né riccbezza né gloria. Diventiamo ippocratici in me- dicina, e non avremo cosa di che a dritto possa riprenderci l'invidia degli stranieri. Perocché que' grandi medici italiani, che questi tuttavia rispetta- no come loro maestri , fuiono tutti ippocratici . Oh mi fossi io 1' uomo d' autorità , onde voi dal- la mia voce animati ritornaste su quel retto e glo- rioso sentiero ; che non è a dire il vantaggio e r onore che ne verrebbe a voi , e alla scienza , e alla patria . Fate a voi , come io fo a me, que- sto ragionamento . — Ippocrate additò ai medici per primo dovere 1" osservazione della natura qual ba- (i) Prax. n)Qi\ lib. II e. d. Sapienza d'Ippocrate 55 se della medicina , che per tal modo come scien- za sperimentale doveva avvicinarsi alla perfezione. E soldi lui successori continuavano ( dic(^ Sprcngel) a battere quel sentiero che aveva con tanto onore e zelo battuto il loro antesignano, la medicina gre- ca giungeva in pochi secoli a un apice di cui og- gidì possiamo a mala pena concepire idea ; impe- rochè non sarebbe andato guari che l'anatomia av- rebbe di tanto rischiarato la medicina , che lo stu- dio ippocratico ne sarebbe stato al tutto perfezio- nato . Se adunque lo allontanarsi da Ippocrate e la mancanza delle osservazioni anatomiche ritardò e interruppo i progressi della medicina greca ; sa- ranno i detti progressi facili e certi alla medicina italiana , alla quale V anatomia non manca , ove riprenda lo studio dell'arte medica d'Jppocrate. — > Considerale adunque, o giovani compagni , tutte le cose avvertite in sugli esordii del mio primo ra- gionamento , e con voi medesimi pensate , se al presente in Italia sia verace bisogno e disposi- zione al ritornare allo studio d ippocrate; e vi par- rà concorrere tante cose in beneficio di quello , che non saprete qual mai tempo sia stato piiJ al- to a questo . E già vedeste nel ricordato discorso cotesla disposizione esserp grandissima; né può es- sere dove è grande disposizione grande difficoltà . Perocché non avete già a rinunciare a ogni cosa che sia scritta ne' fogli della nuova dottrina . Ri- tenete pure di essa quel che è fermato dalla espe- rienza , sanamente instituita e a bastanza ripetuta . Perchè come il saggio cava utilità dal suo nemi- co , anche in medicina dai sistemi si è sempre ca- vato alcuna bontà: Nulla seda est quce omne vidit verum , nulla quce non aliquid ex vero , disse Gro- zio . E intorno alla infiammazione hanno i moder- 56 Scienze ni faticato assai , e sane cose raccomandato . Non sìa pertanto uè ira contro a' nuovi , né superstizio- sa fede negli antichi, che vi riconduca alla medi- cina ippocratica ; ma sincera e calda brama dell' utile e del vero. JNè è da credere, così adoperan- do , con che amore verrebbe essa ricevuta nell'uni- versale, e con che stabil fede mantenuta. Niuna invidia se gli opporrebbe , perchè antichissima e provatissima . JNiuno italiano gli negherebbe l'os- sequio , perchè e i non medici la tengono in alto onore . E deplorano anche i non medici gli omicidj de' brovv^nisti , ed ognuno schifa questa sete di san- gue che mostrano oggi i seguaci della setta contraria; che veramente l'Italia ha più bisogno di stimolo che di controstimolo . Ma soprattutti vedreste giubilarne i vecchi medici, e ristabilirsi tra essi e voi una al- leanza dì opinioni e di opere , la quale sola può risto- rare la fama della medica arte; talché né voi invaghi- ti delle moderue cose quelli beffereste o sprezzere- ste ; ne quelli del somministrarvi consiglio d'espe- rienza, come nell'arte attempati, si rifiuterebbero. Non si deve adunque lasciar passare questa occa- sione, acciochò l'Italia vegga dopo tanto tempo ap- parire una sua vera ed utile medicina . E veramen- te , cercando un medico la gloria del mondo , do- vrebbe desiderare di trovarsi in tempi come oggi, m che in Italia è tale bisogno e tale disposizione di ristabilire le ippocratiche dottrine . Né i cieli potrebbero darvi maggior occasione di gloria , né voi maggiore desiderarla . Sono rare e fuggevoli si- mili occasioni grandi , ed è prudenza e magnani- mità , quando si offeriscono, l'accettarle . Voi in somma considerate come vi sono proposte due vie : 1 una che vi farà andare sicuri nelf arte vostra , e se adopererete alla fama vi darà gloria durevole e Sapienza d' Ippocbate 57 senza macchia; l'altra vi porrà in continove angu- stie e dubbiezze, e le vostre opere e fatiche vi ve- drete morire innanzi a voi vivi , come quel Deme- trio Falereo eh' ebbe la sciagura di vedere in vita rovinati i monumenti eretti a sua gloria. Alla pri- ma risponde quell'antico dettato, che il tempo con- ferma i giudicii di natura ; alla seconda risponde r altro , che il volgere d' un giorno basta a rove- sciare l'impero delle opinioni. L'institutore del si- stema ha pur un posto nella storia ; perocché in questa tanto è memorevole chi edifica mirabilmen- te , quanto chi mirabilmente rovina ; ma i siste- matici nella storia della medicina fanno la stessa comparsa che i barbari nella storia civile delle na- zioni : ed è meglio ninna fama che sempiterna in- famia . Voi intanto vedete come oggi in Italia le buone arti e la lingua si sono volute rifiorire , riti- randole agli ordini antichi e a' loro primi insti- tutori ; dal che, essa ha somma gloria conseguito. Le altre scienze corrono i progressi loro in Italia piene di riputazione e di grandezza . Fate adunque che il medesimo onore ritorni alla italiana medi- cina , riprendendo quest' arte sull' esempio „ Di quel sommo Ippocrate , che natura „ Agli animali fé' ch'ella ha piti cari(i). (i) Dante', Purgai, e. 19. 58 Riflessioni sulla storia di alcune rachialgiti , al sig. cav. Valeriana Luigi consigliere Brera , celeber- rimo professore di terapia e di clinica medica nel- la C.R. università di Padova^ uno dei quaranta del- la società italiana delle scienze ec. , dedicate dal dottor Giuseppe Tonelli medico-fisico . s, le d'imprudenza o di temerità si addebita l'ingiu- ria a ciiiunque con sicurezza di lusingiiiero plauso di cantare ardisse l'iliade dopo un Omero ; non dissi- mile serbala a me verrà di onor ventura , ove a di- scorrere mi accinga sulla rachialgite . Che di vero quanta non si procacciarono giustamente lode nel rapporto patologico e clinico di questa forma mor- bosa tant' insigni scrittori, fra i quali Scèmmeriug , Palletta , Haefner , e specialtiienle Erera, Bergama- schi , Racchetti , Harles ! Ma ne a sedere a scranna io miro con questi sommi, né a titolo di celebrità, noa avendo mai obliato la bassezza di mie forze : ed unicamente a profitto delf egra umanità dirigendo ognora i miei passi , non giudico superfluo o disdi- cevole, dietro le luminose dottrine dei nominati pra- tici, render conto di quanto siami occorso di rileva- re presso alcuni miei infermi da rachialgite affetti . Senza però intertenermi nella fenomenologia ed etio- logia di essa, affin di rendermi in qualche modo uti- le prenderò di mira in queste mie ricerche alcuni punti meglio valevoli ad illustrarne la diagnosi , e stabilirne il pronostico . Vero è che fra' valenti scrittori, che della rachialgite favellarono , non tra- scurò il consigliere Brera ( che, a giudizio pur del jprelodato Harles, ci ha dato prima di ogni altro Storia di alcune rachìalgiti Gq una magistrale ed esatta dimostrazione di questa malattia ) di esporre con sigolare industria i cri- teri acconci a traisi d'inganno per non confonderla con le malattie dì analogo aspetto ; ma ove pur nul- la di novità io presentassi, conferma almeno mi van- terò dì aggiungere alle cose già nostre ; lo che per decoro del vero pure riescirà dì qualche lieve inte- resse . A tal effetto, nel riferire alcune istorie dì ra- chialgiti alla mia pratica offertesi e delle quali ho te- nuto esatto registro , rammenterò specialmente che il reuma offre talvolta qualche relazione di fenomeni conia mielitide , ma che evidentissima abbiamo ciò non ostante conoscenza di distinzione fra luna e l'al- tra forma morbosa onde non poterla scambiare: non mi sarà poi diflìcìle il designare fra le terminazioni della rachialgile la maggior frequenza dell' esito in paralisi , e la miglior aggiustatezza del pronostico in presagirla . Quattro rachialgitì lombari mi è avvenuto dì ri- scontrare, ed una dorsale: le quali vado brevemente a descrivere seguendo l'epoca dì tempo di loro inva- sione . Spetta la prima ad un tal Francesco Lucia- nellì , robusto contadino di anni circa cinquanta , il quale dopo essersi per sua sventura trovato pre- sente neir agosto del i8n (quantunque egli in un con altre cinque persone ne rimanesse illeso, a ri- serva dell' impressione dì un grave timore ) in una capanna alla luttuosa tragedia della morte improvvi- sa di undici individui ivi accorsi per difendersi dal mal tempo ed ivi uccisi per opera di un fulmine direttosi sopra l' asse verticale della capanna me- desima , incominciò a risentire sconcertala la sua primiera salute . Inappetenza , borborigmi , flatulen- ze, lassezza , ed altri sintomi d ipocondrlasi lo ber- sagliavano ; ma nulladimeno Insingandon col di- 60 S e I fi !T Z B sprezzo vincere i suoi incomodi , non prima dell' aprile del 1818 s'indusse a prendere qualche interes- se di se medesimo . Tornaron però infruttuosi i varj presidj dall'arte medica somministratigli, come le infusioni di radici di valeriana silvestre, quelle dei fiori d'arnica montana , le decozioni della corteccia del Perù, e perfino le fregagioni istituite con una pomata composta di assafetida e canfora digerite nel sugo gastrico , secondo le istruzioni registrate nell' Auatripsologia del sig. professor Brera . Al sei gen- najo 1820 si manifestò un assai molesto e lancinante dolore presso l'ullima vertebra dei lombi ed il coc- cige, con febbre ben risentita , impossibilità di di- menarsi per il letto e di valersi degli arti inferiori resi torpidi ed immobìli. Venti sanguisughe applicate ai lati della regione dolente , ripetute nell' indomani, riuscirono efficaci dopo la celebrazione di un salas- so a mitigare la condizione flogistica ; quindi i ca- taplasmi discuzientì e quelli delle farine risolventi, as- sociati all'uso interno della digitale porporina e del tartrato di potassa antimoniato, produssero nel pa- ziente un grado di notabilissimo alleviamento ; co- sicché dissipati dopo breve tempo i dolori si vide ri- stabilita la sensibilità e mobilità delle gambe entro lo spazio di un mese incirca. Espostosi però esso prema- turamente alle ingurie dell' atmosfera in umide e ne- bulose giornate ebbe a pentirsene , perchè la rachial- gite lombare non perfettamente dileguata assunse un cronico andamento , si manifestò la paresi degli arti inferiori , l'edema quindi nei medesimi, l'indroccle, l'anassarca nei muscoli addominali , le involontarie dejezioni dell' alvo , F incontinenza dell' orina , la completa paraplegia , e quindi la morte dopo circa otto mesi , precisamente nel dì i5 agosto . Abbiamo nella presente istoria una rachialgite lombare con- Stouia di alcune rachialgiti Ci trasegnata da incompleta paralisi nel corso, e sus- seguita quindi da una paralisi perfetta degli arti inferiori , della vescica e del resto , oltre poi l'asso- ciamento dell' idrope . Forse la sezione cadaverica avrebbe svelato un idro-mielite?? L'altra rachialgi te lombare spetta all' individuo, di cui trovasi succintamente registrata la storia a carte BSy del quaderno XXI del giornale arcadico (i). Dessaè d'indole traraautica, e la paraplegia degli arti inferiori fu consocia della sviluppata rachialgite, ed ha persistito come effetto di essa , verificando sem- pre più quel che Harles ne insegna (3) riguardo al va- rio aspetto con cui la mielite si appalesa.,, Si mo- „ strerà ( egli dice ) in questa infiammazione nel se- „ guito del suo andamento, e come suo effetto, un „ sintoma comune ed essenziale , cioè la paralisi „ degli arti inferiori. . . .„ Che di vero cadde que- sto individuo ( un bambino di un anno e mezzo) dall' alto ; ma per lo spazio di tre giorni potè occuparsi nei soliti fanciulleschi trastulli , e potè liberamente usare delle sue estremità inferiori con eseguire i consueti ed ordinar] movimenti . Sviluppatasi la feb- bre, si dichiarò la compieta paralisi degli arti infe- riori , la quale ultima ( sono già sei anni ) tuttavia persiste . Rimale però siffatta morbosità nell' infe- lice bambino totalmente negletta nel corso delle va- rie sue fasi per oscitanza e indigenza dei domestici , finché dopo due anni permessa venne da questi Tam- ministrazione del rhus tossicodendro , il quale in gra- (1) Sull'uso del rhus radicans in alcune forme morBose. Me- moria ec. (2) Osservazioni su la miVto ec. Ved. tom. XII del Giorn. di med. prat. del sig. consigl. Brera « pag. 34- 62 S e 1 e IS ^ £ zia della invecchiata forma morbosa ( come già mi espressi nella riferita memoria recitata nelT accade- mia dei lincei di Roma nel 1819) non riuscì pro- ficuo in vincerla . Il soggetto della terza istoria si è un contadino in età di circa 63 anni , di temperamento steni- co-ineccitabile, di fortuna piuttosto comoda, di un genere di vita esercitato , avente il nome di Giu- seppe Sperati , cognominato Tabacchino . Dopo aver egli sofferto un freddo intensissimo, per co'pa di un rigido vento settentrionale che lo perseguitò agli omeri per un lungo tragito di strada , venne sorpre- so da un molestissimo e sensibilissimo dolore, sotto il primo di gennajo del 182 e, lunghesso la teca ver- tebrale dalla terza vertebra del dorso fino al cocci- ge . Era però la sensazione dolorifica estremamen- te lancinante nelle ultime nove vertebre del dorso , ed era contrasegnata da un ardente calore nell' in- dicato spazio della colonna spinale: incominciò quin- di il dolore acuto , senz' abbandonare le primitive sedi , a diffondersi in alto fino al collo esacerban- dosi sotto il benché minimo movimento. Eravi una febbre ben risentita, leggiera cefalalgia, sete, tos- se , inquietudine , costipazione del ventre, ed eransi resi torpidi gli arti inferiori , non che incapaci di sostenere il peso della macchina . Progredì quin- di la imbecillità dei medesimi fino alla perfetta im- mobilità , e fin dal 4 giorno involontarie si resero lo orine e le dejezioni dell'alvo. Si aggiunse all' esposto quadro fenomenologico una somma rigidità di tutti i muscoli del collo , cosicché non poteva la testa eseguire qualsiasi cangiamento di situazio- ne ; distinta veniva da acute grida ogni locomozio- ne della membra ; e per ultimo dei mali si manifestò nella sesta giornata il trismo, e consecutivamente dei Stohia ci alcune iuchiat.giti G3 clonici convelliraenti . Non presentava la bocca un lume maggiore di quattro linee ; impedita si era la masticazione ; e col solo uso di cibi fluidi ( che pur doveansi con cautela istillar nella bocca, on- de non sortissero al di fuori) si dovette far nu- trire l'infermo fino al i4 giorno del suo penosissimo malore . Incominciò in quest'epoca a rendersi sensi- bile l'alleviamento de'fenomeni morbosi ; videsi miti- gato il trismo, diminuirsi la febbre ed il dolore della colonna vertebrale , dileguarsi il dolore negli arti , rendersi questi più liberi nei lori raov menti , dissiparsi la sensazione di ardore e la interna inquie- tudine del paziente , finché poi tenendo cosi evi- dentemente la malattia alla risoluzione si potè ve- dere completamente dissipata la serie degli enun- ciati sintomi al cader del terzo settenario , e ristabili- to quindi il paziente nella primiera salute sui primi di febbrajo senza veruna superstite o succedanea mor- bosità . Il trattamento curativo si fece consistere nel largo uso di una dissoluzione di quattro grani di tartrato di potassa antìmoniato in sei once di acqua comune distillata , che a dosi refratte sì andava som- ministrando ; nella pratica dell' auslo salino di Ma- rabelli , e nell'uso della digitale porporina che dal dì 4 fino al 18 sì prescrisse giornalmente alla dose di sei grani in forma pillolare epicratica mente esi- bita . La serie degl' impiegati presidi chirurgici si fu di due salassi dal braccio , dell' applicazione di quattro coppette scarificale alle ultime vertebie del dorso, di 24 sanguisughe al tratto dorsale e lombare della colonna vertebrale , e quattro vescicanti alle estremità inferiori. La quarta istoria risguarda la signora Rosa Va- gliani domiciliata nel comune di Valmontone . Que- sta donna di temperamento slenico-eccitabile , in età 64 S e 1 K N 25 E di anni erica 4^ ? ^^ robusta costituzione , unita iti matrimonio 23 anni a questa parte senza avere mai avuto prole , regolarmente mestruata fino ad un an- no indietro , non soggetta a malattie ricorrenti o abituali di veruna specie, infermossi nel dì a del de- corso giugno senza previa manifesta cagione , meno quella di essersi esposta due o tre giorni innanzi per qualche tratto di tempo al sofiio circoscritto dì una ventilazione nel momento in cui trovavasi la sua macchina ricoperta da lieve madore . Comparve nel menzionato giorno la febbre preceduta da universali orripilazioni : fu corteggiata da grave cefalalgia e da dolori acuti nella region lombare fin verso gli arti inferiori ; succedette quindi l'apiressia , ma non mar- cata da universale sudore . Si credettero giusta- mente indicate due emissioni di sangue , le quali recarono infatti notabilissimo profitto con la miti- gazione dei ricordati dolori ; e si passò quindi dall' abile professor curante, che cuopre la condotta me- dica di quella comune, alla prescrizione di qualche l)lando lassativo. Proseguendo però la febbre a ma- nifestarsi con una costante anticipazione dei suoi giornalieri parosismi , preceduti da brividi di freddo nella ingruenza e susseguiti periodicamente da perfet- ta apiressia con deficienza pur di sudore, si giudicò la febbre dal carattere infiammatorio - reumatico esser trasmigrata in quello di terzana doppia , e che perciò onde troncarla si esigeva V uso della corteccia del Perù , la cui amministrazione sem- brò venir coronata dal miglior successo essendosi veduta la febbre totalmente estinta , ma non però cessati i dolori della region lombare . Fugace ben- sì fu questa lusinghiera calma , poiché dopo tre giorni incominciò la paziente a querelarsi di un sen* so di formicolamento alle palme delle mani ed ai- Storia di alcune raciiulgiti 6S le piante dei piedi , non che di una 'leggierissima sensazione di ireddo al mento , di globo- alle fauci con voce fioca e loquela non esattamente spedita come per lo innanzi . La serie di tali sconcerti fa riferita ad una debolezza indotta nell'organismo dal- la pregressa malattia . Non passò guari di tempo, che transitando per colà un medico in un limitrofo comune domiciliato fissò il carattere della vigente marbosità per quello di un' affezione verminosa , contro di cui , onde combatterla , prescrisse alcune dosi refratte di aloe soccotriao , calomelano , ed es- tratto di assenzio . Venne quindi siifalta prescri- zione farmaceutica sanzionata nel dì seguente , ed inculcata da altro medico esercente in limilrosa cit- tà (3) nella circostanza di apposita di lui missio- ne in Valmontone a far visita alla paziente per parte di un signore di quella città medesima . Ad onta però di tali suggerimenti ed idee emesse dal secondo medico consulente in uniformità a quelle deir altro fisico , scorgendosi progedire senza ve- runa diminuzione anzi con aumento d'intensità il corso dell' enunciato complesso di morbosi feno- meni , si avvisò il consorte della inferma d'interpel- lare il mio debolissimo parere nel dì iG del no- minato mese. Dalla finquì descritta serie di con- templati avvenimenti , ed in specie dall' eminente già preceduto aspetto infiammatorio, egualmente che dalla presenza dell' attuale apparato fenomeno-logi- co, mi credetti autorizzato a proclamare la malat- tia della paziente per una flogosi del tratto lom- bare della midolla spinale. Eranvi infatti dei grj»- (i) Il sig. dottoire Gio. Domenico Giannini medico condotto in F«lestrina. G.il.T.XX. 5 66 Scienze vi dolori neir indicata regione ; e la condizione di tali dolori veniva da un' assidua angoscia ed af- fanno , da moleste tensioni negV ippocondrj e neif ipogastrio , non clie da una inconsueta sensazione di colore molesto al dorso ed ai lombi : costante si era la sensazione doloriGca assai molesta , ma ad intervalli accusavasi più o meno lancinante , non senza rendersi insoffribile la giacitura sul dorso . Alla somma inquietudine interna eravi associata tal- volta una certa brevità di ritrai respiratori! , e la voce rauca e dal naturai suono declinata (4)- Fi- nalmente si aggiunse in quel dì una sensazione di freddo nel basso ventre , mentre già fin da due gior- ni innanzi eran fredde e torpide l'estremità infe- riori , né su di queste poteva la paziente sostenersi in sito eretto , o far moto veruno senza sbilancia- re e cadere, come sventuratamente avvenuto era nel- la mattina (5). La testa era libera da alcun dolo- (4) Siffatti morbosi fenomeni vengono suscitati da relazioni di consenso . „ I sistemi e gli organi , i quali sono collocali sotto „ rinf.ueiiza delle diramazioni nervose connesse col tratto Infiaiii- „ mato della midolla spinale , si annunzicino essi pure in uno sta- „ to morboso analogo alla deviazione della condizione normale su- „ bito dai nervi che presiedono alla loro vita parziale . Nella se- „ rie di questi , comuni e costanti sono i sintomi che derivano da „ una innormale azione del sistema muscolare. La voce per lo più „ diventa fioca e languida; noi e Macari la osservammo fin anco „ estinta , di modo che alcuni nostri rachialgitici erano rimasi pcr- „ fettamente afoni. La deglutizione retta pure dal più al meno im- „ pedita ....„ Brera, memorie mcdico-clinÌLhe ec. pag. 1 8. Pa- dova i8i6. (5) Il quadro imponente di questi morbosi fenomeni prcprj della rachialgite lo troviamo con special cura delineato nella citata opera Storia di alcune rachialgiti 6j re ; la febbre non molto ardita ed avente pur del- le notabili rimessioni ; il polso duretto , non mol- to frequente ; le orine non scarse ma sedimentose; tardo e difficile V alvo nell' evacuarsi . Ghiuncjue abbia fior di senno e conoscenza di medici lumi non potrai impugnare la presenza della maggior par- te di quei segni che come patognomonici della ra- chialgite ci vengono descritti da quei sommi scrit- tori che nella esposizione di tal malattia palesa- rono il più fino ingegno , e dei quali già ho fat- to superiormente distinta ricordanza; come Soem- mering , Palletta (G) , Haefner (y) , Latour , Bre- ra (8), Bergamaschi (9), Macari (io). Bacchet- ti (11), Harles (12), Prescrissi immantinente l'ap- plicazione di quindici sanguisughe aliati delle ver- tebre lombari; l'uso dell'acetato ammoniacale, dì di Brera, nelle Osservazioni su la inieliie ec. di Harles tonti. 12 del Giornale di med. di Brera 1817 pag. 4^ » e nelle osservazioni di Bergamaschi . (6) Osserv^azioni anatomico- patologiche sulle curvature della colonna vertebrale accompagnate da paralisi . Milano 1892. (7) Disserlatio inauguralis de medullae spinalis inflammatione. Marburgi 1799. (8) Cenni patologico-clinici sulla rachialgite; memorie medico- cliniche . (9) Osservazioni sull'infiammazione dello spinale midollo e delle sue membrane ec. Pavia 1809. = Idem, Sulla mielitide stenica , os- sia infiammazione della midolla spinale e sul tetano ec. Pavia 1820. (10) Memoria sulla spinile , inserita negli annali clinici di Montpellier , fascicolo di maggio, 1810. (11) Della struttura, delli funzioni, e delle malattie della mi- dolla spinale opera di Vincenzo Racchctti prof. ec. Milano i8i6. (12) Ved- not. 5. 5» 6S Scienze qualche pillola di digitale porporina e di estratto di rhus radicante (i3), non che le fregagioni con un linimento cantaridato per irritare tutt' al lun- go le estremità inferiori. Alla esposta fenomenologia non tardò ad associarci lo spasmo cinico , e la dif- ficoltà di una libera e spedita_pronunzia della lin- gua eziando resasi alquanto tumida: fenomeni, che collettivamente presi non potevano ad un' affezione verminosa riferirsi , ma che rendevano conto bensì di una flogosi di quel tratto della midolla spina- le che rimane dalle vertebre lombari albergato , e che per irradiazione diffondeva i suoi insulti mor- bosi alle parti superiori di essa . Sulle quali idee sì potè quindi con unanime assenso convenire, al- lorché pel dì 2 2 combinato venne un congres- so con il prelodato fisico prenestino e i profes- sori curanti ; in risultanza di che si stabilì il pro- seguimento dell'intrapreso ragime terapeutico, ne si tacquero i dubbj sullo sviluppo di una perfetta pa- (10} Potrebbe a taluno sembrar prematura la prescrizione del rlius , o\ e si mancasse di riflettere , che il periodo della inci[)iente paralisi appartiene a quello stato che si manifesta con una incer- tezza nei jiiovimcnti (,vcd. Harles 1. cit. ): ed ove pur si trascuras- se considerare, clie le foglie secche del nominato vegetabile nien- te altro contengono, secondo Tanal'si del sig. Dun di Badcn, se non azoto , carbonio ed idrogeno nelle stesse proporzioni costituen- ti r acido prussico ( ved. la lettera del prof. Van Mons al prof. Bru- gnatelli nel 4 bimestre del Giornale di fisica , chimica, ec. ec. Pa- via 1817 ) , e non perciò forse ia collisione con gli altri prescrit- ti farmachi; e finalmente ove si esitasse a conoscere, che le para- lisi sono non di rado conseguenza di flogosi dei tessuti nervosi , che presiedono al moto delle parti sorprese da paralisi. (ved. Brera, Pro- legomeni clinici ce. Voi. 1 par. 11 pa-. 4^2) Storia pi alcune rachialoiti 6q palisi . La necessità di altre sanguisughe che vennero infatti applicate, e l'efficacia del piano curativo ese- guito, furono dipoi giustificate d.\ì notabilissimo alle- viamento dei sintomi, che con piacere rinvenni presso la paziente allorché nel primo di luglio vi fui per la terza volta chiamato per visitarla. Più mollisi erano i polsi ; quasi interamente dissipati i do- lori : meno torpidi ed alquanto più liberi nei lo- ro movimenti gli arti inferiori; e la paziente qua- si libera delle primiere inquietudini ed angoscie que- relavasi talvolta di qualche incomoda sensazione di nevralgìa facciale. Pur la inattesa circostanza di palinodìa vilmente cantata , anzi ( Io che più am- monta ) reiterata dall' istesso fisico di Palcstrina indusse a ricercare il parere più avveduto e dotto di qualche medico della nostra Roma , cui a tal uopo si diresse dai domestici la storia della malat- tia nel tenore quasi del tutto somiglievole alla pre- sente narrazione (i4). Ingiunsi intanto, che s' in- (i4) Ci avvisa il dottor Bergamaschi nella sua più rccciue o- pera sulla mielitide ec. stampata nel 1820, che al sigg. Ifarles e Goelis è in particolare dovuto il merito di aver mostrato la facili- tà con cui viene la mieliiide dai medici confusa con le altre malat- tie infiammatone del capo ec: , ovvero colle affezioni eonvulsivc e verminose . Non dovrà dunque ritenersi per un errore cotanto ma- dornale l'ingannarsi nella diagnosi di malattie facili ad essere con- fuse ; ma gravissima non cessarà giammai di essere la rampogna per chiunque dissipar non si curasse le tenebre di propria ignoranza , e sprezzando con orgoglio i lumi procnratici dalle indefesse fatiche dei luminari del secolo attentasse a dichiarar pomposa e non utile una sobria collezione di buoni libri . Egli è quindi che se ognun gareg- giasse a formarsi un più imponente drappello di cognizioni , ed a vegliare con più assokito impegno alla saluta umana, niun vi sa- rebbe che incontrare potesse l'onta di non aver ravvisato il genio rjo Scienze sistesse nell' uso interno degli enunciati rimedj , e prescrissi le fregagioni alle gambe con una poma- ta gastro-oppiata preparala secondo i principj dcl- TAnatripsologia di Brera. Con piacere poi conob- bi nel dì '7 luglio ( in cui venni pur invitato a della malattia, o di non conoscerla teoreticamente, e luogo non vi sarebbe al succesivo afferrarsi di nuovi errori onde abiurare i primi. Per tali ragioni ne avvenne, che il fisico prenestino rinun- ziando alla già fissata idea di un' affezion verminosa si appiglias- se dipoi a quella di un reuma , e quindi dalla descrizione istruito delle teorie anatomico-patologiche alla rachialgite pertinenti si deci- desse a riconoscere l'affezione flogistica della midolla spinale; della qua- le ultima opinione dopo alcuni momenti non pago,s'incoraggi ad abju- rarla dopo la sua separazione dal congresso consultivo per nuova- mente proclamare la falsa idea di un semplice reuma. Ognuno che dritto guardi alle cose dette e mostre finqui,se non vorrà uscir dal giu- sto, confesserà che l'apparato fenomenologico della verminazior e e del reuma non è complessivamente unìvoco al di già riferito di mie- lite. Nò sarebbe già uh far frode alla verità annunziando un idio- ta di grosso pelo in chiunque sì avvisasse impugnare tal morbosa affezione della midolla spinale, sol perchè gli riuscisse malagevole in concepirla presente senza previa e concomitarvte affezione cere- brale e senza febbre ardita . Che di vero in quel modo istesso , con cui la midolla spinale esercita nell' organismo funzioni essenzialissi- me ed indipendenti dal cervello ( essendo dimostrato per le attuali anatomiche co;^iiÌ7,ioni,riferiteci specialmente daCuvìer dietro le lumi- nose ricerche di Gali e Spurzhcìm , che la midolla spinale non è già un fascetto dì nervi discendenti dal cervello , e perciò non un appen- dice del cervello istesso , ma bensì una serie concatenata di organi parziali col cervello connessi e dal cervello indipendenti, per rapporto alla loro vitale attitudine, ed assolutamente segregati), avviene che in- sorgano patologiciic condizioni in una di queste parti senza veruna alterazione dell'altra; e può nella rachialgite riscontrarsi libera la'testa, come altre fiate è offeso l'organo cerebrale senza veruna lesione del- Storta di alcune rachialgiti ni far nuova visita alla inferma ) la coincidenza del- le idee emesse da due sommi archiatri di Roma col debole giudizio da me proferito sulla enun- ciata affezione flogistica della midolla spinale, fino a prescriversi nuova emissione dì sangue per mez- zo almeno di altro numero di sanguisughe (i5) . lo spinale midollo. Leggasi specialmente il caso di tetano trauma- tico riferito dal sig. Dall'Oste nel prospetto clinico del sig. consigl. "Brera per Tanno 1816 — 1817 pag- 97 » e seg. ). Possono anzi aver luogo isolatamente in qualche parte della midolla spinale processi flogistici senza che ne partecipi tutto l'intiero spinai midollo, dan- do sviluppo alle varietà della rachialgite istessa conosciuta con i va- ri nomi di cervicale, dorsale, e lombare; come altre varietà sene presentano di acutat"e lenta in rapporto della maggiore o minore intensità e durazione di fenomeni morbosi . (16) Il menzionato sig dottore Giannini, dopo essersi nel con- sulto vmiformato alla opinione di (logosi della midolla spinale , ri- cusò condiscendere all' applicazione di un numero maggiore di palamente la vita ai conservava T onore della tu- mulazione , e il dritto di trasmettere l'eredità . Per-r- ciò i suicidj già iroquenti sotto la tirannide di Ti- berio , meno numerosi ai tempi dello stupido Clau- dio, furono frequentissimi sotto il crudele Nerone. II di lui maestro Seneca di recente si era svena^^ to , ed avea Trasea dinanzi il domestico esem» pio della suocera Arria seniore , che aveva presen-^ tato al marito Cecina Peto sparso del proprio san- gue il pugnale , che si era essa medesima già fitto in seno in quelf atto , che rappresenta il gruppp esistente nella villa Ijudovisi . Tuttavia mal si ac- corda coir austerità e costanza , che vantavano gli stoici , la debolezza di darsi jnortp per tiiuore della morte , La disgrazia di Trasea trasse con se quella deU la figliuola Fannia , altamente commendata da Plinio come un modello di candore , di gravità , di af- fabilità , e di fermezza : e quella di Elvidio Pri- sco (G) , giovane educato nella stoica filosofia, che Trasea per conformità di carattere e di costumi aveva scelto per genero quando non era che sem- plice questore . Esercitando quella magistratura nell' Acaja si era acquistato tanto credito d'integrità e di prudenza , che le città , le quali non giunse a vi- sitare , esclamavano amisisse decQrum . Ciltadmo , (6) Era Elvidio di una distinta famiglia di Tenacità , TaciL hist. llb. 4 cop. V\ e Melle colline al di sopr^ dell' antica Aaxur verso Sonnino esistono ancor^ gli avanzi della sua magnifica vil- la, indicati nella topografia della campagna di Roma pubblicata nel i8ii per uso de' viaggiatori dal Sickler . De tiiRASRA Pasto loi senatore, marito, genero , amico, ne adempiva lo- devolmente tutti gli ofììcj . Si distingueva poi 'pel disinteresse , per lo zelo del giusto , e per la co- stanza contro i pericoli . Soprattutto si studiava di ricopiare il carattere del suocero Trasea quanto al- lo spirito della libertà romana , ma con assai di- verso contegno. Nella solitudine dell'esilio, acuì era stato condannato fuori dell' Italia , meditò la vendetta contro i nemici del suocero ; ed appena tornato sotto Galba , incominciò ad eseguirla accu- sando Eprio Marcello . Giusta era l'accusa , ma troppo gravi ne sarieno state le conseguenze , poi- ché il processo involveva la sorte d'una turba di rei . Si agitava la causa con aringhe animose nell' assenza di Galba , di cui non si conoscevano le in- tenzioni , S' interposero i più stimabili senatori, e persuasero Elvidio a non andar piià oltre. Promos- so alla pretura sotto il successore Vitellio, si avan- zò in pieno sefnato a contraddire il timido impera^ tore, che si ridusse ad invocare l'autorità de' tri- buni in soccorso dell'oltraggiata maestà. Dopo la caduta di Vitellio si riaccese pii!i viva che mai l'ini- micizia fra Elvidio ed Eprio Marcello all' occasio- ne di formare la deputazione da spedirsi incontra al nuovo principe Vespasiano . Elvidio insisteva perchè da' magistrati giurati si facesse la scelta no- minale de' legati , lusingandosi di esservi compreso per l'amicizia di Vespasiano col suocero Trasea t Eprio Marcello voleva che si osservasse la consue- tudine di estrarre a sorte dall' urna i nomi de' le- gati , perchè temeva essere escluso dalla scelta co- me notorio istroraento delle crudeltà di Nerone. Ma prevalse il partito per 1' osservanza dell' estra- zione a sorte . Non era ancor giunto Vespasiano , ed Elvidio I03 Letteratura r olTese iteratameote in due successivi incontri . Avean riferito i prelori resaurimento dell' erario , e la necessita di minorare le spese . Il console opi- nava di riservare al nuovo principe la provviden- za proporzionata alla gravezza del male e alla dif- ficoltà del rimedio ; ma Elvidio ebbe l'impruden- za dì sostenere, che TafFare avesse a decidersi in senato : fu però mortificato dal tribuno , che vie- tò qualunque deliberazione fino all' arrivo dell' im- peratore é Era stato consumato dal fuoco il cam- pidoglio neir attacco de' vitelliani» Osò Elvidio di proporre, che si ristabilisse a pubbliche spese, e che vi contribuisse Vespasiano, la cui difesa avea dato causa all' incendio : ma il modesto silenzio de' senatori gli rimproverò la baldanza . La presen- za dell' imperatore avea fatto cessare ogni discordia , e ristabilito il buon ordine. Non andò guari peraltro , che Elvidio riten- tasse la mal trattenuta vendetta . Non trascurava occasione di attaccare l'odiato Eprìo Marcello , suU' accusa del quale il senato era diviso. Vi fu biso- gno , che gli amici li separassero per metter fine alle ostinate altercazioni : ma nella seguente adunan- za rinnovatosi lo scandaloso tumulto , Vespasiano lo represse con dolci maniere , ingiungendo l'aboli- zione degl'odj , la cessazione delle querele, e l'oblio del passato. Qualch' esempio di rigorosa giustizia fu dato contro le persone più odiate e più compro- messe ; per tutti gli altri fu usata clemenza , e fra questi si trovò Eprio Marcello . Mal solFrendo El" vidìo che il suo nemico rimanesse impunito , se- guitò a parlare con tale arroganza e libertà, ecci- tando il senato a sedizione , che ben mostrava di aver rivolto contro il principe tutto l'odio , che prima a udii va contro il delatore del suocero . Quel- De Thrasea Paeto io3 io che veramente rincresceva ed irritava 1' impe- ratore, e gli traeva dagli occhi amare lacrime, non era tanto l'ardimento delle ingiurie personali , alle quali Elvidio non cessava di trascorrere senza ri- guardo , quanto 1' importuno elogio del governo li- bero e r aura di popolarità , Con cui vituperan- do il principato eccitava a rivolta i cittadini, co- me fosse proprio della filosofia l'insultare il princi- pe cogli oltraggi, e muovere la moltitudine al tumul- to ed alle novità contro le leggi dello stato. Tal- volta i tribuni si videro obbligati ad arrestare co- me fazioso per mézzo de' littori Tarrogante Elvidio, che non rtioderandosi punto ridusse l'imperatore a vietargli l'ingresso nel senato , perchè non si aves- se a rinnovare la sceha , in cui Elvidio giunse a piatire col principe a faccia a fàccia nel modo in- dolente che riferisce Epitteto i È cosa incerta se fosse Elvidio condannato o assoluto : ma sembra certo i che fosse compreso come addetto alla setta stoica nel generale esilio ^ che Vespasiano intimò a tutti colorò, che sotto pretestò de' filosofici studi .igitavano questioni disconvenienti alla condizione attuale delle publiché cose, e così occultamente fa- cevano de' proseliti nelle diverse fazioni. Il prin- cipe a dir vero non esiliò la filosofia ^ ma que' se- diziosi che né abusavano ; è quindi Elvidio non ebbe ad accagionare la seconda àua cacciata alla dot- trina degli stoici , ma all' avversione òontro il prin- cipe, di cui provocò l'indignazione colle più ingiu- riose contumelie sì in pubblicò che in privato. Pretese egli di seguire l'esempio del suocero Trasèa • Ma dal confrónto de' caratteri e della con- dotta d'entrambi ^ che il sig. Mecenate ne forma alla foggia delle vite comparate di Plutarco , si scor- ge quanta distanea corra fri la maschia virtù, e ^©4 Letteratura la pomposa imitazione; sebbene eguali dì costumi e di setta , erano assai differenti nello spirito , nel- la virtù , e nella prudenza . Il suocero ben cono- sceva la condizione de' tempi ; il genei'o , più ar- dente , o non giunse a conoscerla , o se la conob- be non l'apprezzò come si conveniva . Quindi men- tre quegli ne sopportava in silenzio l'iniquità , que- sti esasperò una più mite stagione coli' intempe- stiva ed inutile licenza del dire . Trasea quante volte parlò ebbe in mira il ben pubblico , difen- dendo i cittadini , e sollevando gli oppressi ; El- yidio parlando in senato era mosso dall' odio e dallo spirito di vendetta a rovina de' cittadini. L'uno fu da riprendersi per aver troppo taciuto laddove sarebbe stato opportuno il parlare , se le circo- stanze l'avessero permesso : l'altro fu condannabile per aver troppo parlalo eccitando turbolenze , lad- dove era più il tacere che il ragionare onesto . Trasea visse sotto un Nerone , eppure noi provocò giammai con personali ingiurie : e si contentò di stare in silenzio , o di ritirarsi , o di evitare di ritrovarsi presente a ciò che non poteva appro- vare . Elvidlo sotto r impero del mite Vespasiano con una loquacità imprudente e facinorosa anda- va incontro a quella morte, che tuttavia dalla bon- tà del prìncipe pare gli si volesse risparmiare * En- trambi in un governo repubblicano sarebbero stati riputati due Catoni redivivi , e in un monarchico furono tenuti come rei di lesa maestà . Impercioc- ché nello stato democratico era lodevol cosa lo zelo della libertà : ma dopo lo stabilimento dell' impero degenerò in una petulante impudenza , e ne era divenuta stolta ed ingiusta la stessa ricordanza . Il comentario è intitolato in lapidario stile a monsigi Antonio Domenico Gamberini commili- De Thaasea Pakto itfS tone del eh. autore nelle legali discipline , con cui si congratula della promozione dall' uditorato di ro- ta alla segreteria della sagra congregazione del con- cilio . Dallo stile conciso e sentenzioso si rico- nosce scritto dalla penna stessa , che ci diede il Messala , l\/4 grippa , e il Germanico : de' quali so- no stati dati in questo giornale gli estratti . Ci sem- bra , che il sig. Mecenate nel metterci innanzi quattro diversi quadri nelle vite d'altrettanti grand' uomi- ni che vissero dal prospero stabilimento fino all' infausta degradazione del romano impero, li abbia coloriti colie tinte proprie delle quattro stagioni dell' anno : figurando nel Messala la ridente e fiorita primavera , nell' yi grippa la matura messe dell'esta- te, nel Germanico la pampinosa ricchezza dell' au- tunno , e nel Trasea il gelato aspetto dell' orrido inverno . Felice nel tratteggiare i primi tre , mag- gior lode si è meritata col quarto , che per la delica- tezza dell' argomento presentava delle difficoltà mae« strevolraente schivate . Pietro aw. Ruga io6 Sacrario gentilesco , ed altri vasi effie,ìati d'argen- to , esistenti nel museo della regia università di T'orino , illustrati dal conte Galeoni Napione di CocconatOé Lucian. epigr, / compilatori di questo giornale a* loro benevoli. Ne el concorde favore con ciiì l'impresa nostra è riguardata da' principali letterati d'Italia , e fra i be' presenti che le provengono specialmente dalla dot- ta reggia di Torino, rimaneaci solo a desiderare che S. E. ii sig. conte Galearii Napione di Cocconato si compiacesse, con la generosità e cortesia sua pro- pria , porre il colmo non meno all' onore ed al con- forto della società , che al vantaggio de' tanti e sì sparsi nostri leggitori i Questo personaggio , ugual- mente venerato pel suo grande Sapere e pei libri pubblicali, quanto per la nascita e le dignità lu- minose , ha pur voluto affidare alle nostre mani l'originale di Una elaborata ed altamente erudita ope- ra sua, che gli venne fatto compórre fin dall' an- no 1794 f in corrispondenza con quel principe e splendore esimio degl' italiani studj Ennio Quirino Visconti . Èssa concerne un sacrario gentilesco di vasellame d'argento tutto effigiato in bella e recon- dita mitologia ; del quale non sappiamo se più ac- cresca il pregio l'èssere così restato sconosciuto, ò l'aver incontrato la foi'ttinai di tanto lodevoli ed ora inattese illustrazioni. Per queste certamente non fa d'uopo che noi manifestiamo il nostro qualun- I Sacrario gbntii.esco 107 que siasi giudizio ; poiché Tistesso conoscitóre som- mo Visconti avea già pronunciato su di esse, scri- vendo liberamente ali* amico suo sig. cavaliere di Priocca la seguènte lettera ^ che formerà una nuo- va gemma pe nostri fogli * EcCELtENZÀ. La tardanza della mia risposta alla grazio sis-* iima di V. E. procede solo da un cerio riguardo di non usurpare il suo tempo con parole inutili , ma datale conto in (gualche maniera delle lettere in" viatemi del sig. conte Napione . Io te ho lette , e le torno ora a leggere sempt^e con piacere , come quel- le che coltissime sono , e scritte con quella grazia e disini)oltura^ che distingue le produzioni di cote" sto pregevole ed elegante scrittore . Circa il fondo deir opuscolo , cK io credo degnissimo di stampa nel suo totale , trovo certo molti luoghi , che hart bisogno di riforma , e vedo che forse il fiUmero stes' so delle lettere , ogni qiial Volta Con più esatta cri" tica si tornino a rivedere e corteggerei potrebbe alcun poCo scemare . Io lusingati ss imo della dire-- zioìie^ di cui mi onora quelf erudito cai>aliere ^ mi accingo ad un catalogo di que luoghi^ dove deside- ro maggior precisione e giustezza , o che mi sem- brano potersi omettere. Per altro la varietà delle digressioni introdotte a proposito , la sceltezza della erudizione , la leggerezza dell' estensione , P ingegnò delle ricerche , e Iz cutiosità del soggetto medesi-j mo , renderanno questo opuscolo e grato ed istrut- tivo per chiunque ami questo ddetteVole ed inno- cente genere di sapere . Una cosa intanto che mi sembra indispensabile ^ e che hon è sfuggita al sa- gace criterio di F'. E. i, è là necessità di qualche immagine de monumenti . Potrebbero darsi i soli -io8 Letteratura contorni di tutti i pezzi ^ e i contorni ancora a parte delle Jigure o grafite 0 rilevate sii manieìd delle patere : la spesa non può essere che medio- crissima ; ma qualunque siasi , mi sembra indispen- sabile . Se manca il rame alla mia lettera su gli argenti di Projetta e Secondo , ciò ( oltre tessere stato contro il mio voto ) potea passarsi in una re- lazione^ cK era poco pia di una semplice notizia t non può mancare però ad uno scritto , dove ogni minimo particolare non isfugge alt osservazione , ed e soggetto a congetture e a ricerche . Di ciò pò- irebbe t E. V* prevenire lo stimabile autore , nel tempo stesso che mi favorisse d avanzargli per me t espressioni della viva mia gratitudine per t indi^ rizzo di sì colto ed importante opuscolo , e per mille altri titoli ; gratitudine , di cui sarà testimonio la stessa censura che /arò tenergliene ; essendo mio principio di non usare altrimenti con uomini , c/i' ab- biano ingegno , cognizioni , e raziocinio giusto , quat è il sig. conte s Non mi resta ora , che rin^ graziare tE. V. di tanta cortesia dimostratami , e rinnovarmele col più vivo sentimento di venerazio-^ ne e rispetto <, Ddt E. V. Grotta-ferrata li 2 giugno 1795. Umilis." dev.° obb." servitore Ennio Quirino Viiconti^ Rileviamo dalle Carte autografe dell' istesso sig. conte Napione , eh' egli ben volle ritoccare al- cuni passi, giusta le insinuazioni dell' archeologo romano : ma sembra che questi non attenesse poi la parola di una positiva e determinata disamina w Troppo è noto , che i grandi esperti di una scien- za , quanto sentono le minori deviazioni di altri Sacrario gentilesco jóq dal vero , altrettanto sono pigri a rettificarle , o ciò fanno con brevi cenni gittati qua e là nelle opere loro : ed è noto ugualmente , che avendovi pur troppo neir antico non poche cose controver- tibili ancora , su di queste giova molto agli stu- diosi conoscere le differenti opinioni , più o me- no fondate eh' elle sieno ; posciacchè solo sovra siffatte discordie , per nuovi monumenti e razioci- nj , essi piantar possono in seguito le massime di maggiore certezza . Crediamo essere di tal natura, utile cioè a sapersi, ma non vera, una nota posta dall' egregio sig. conte nella prima lettera , là dove seguendo il lenitici, sulla iscrizione muratoria- na MDGLX.VIII. trova un cristiano, che niuno in- telligente di buona scuola gli ammetterà giammai. FAVSTVS Ubertus ( dicasi pure sicuramente ser- vus ) AJNTONIAE . DRVSI , IVS . EMIT . IV- CVJVDI . CHRESTIANI . Ohhanim . . , . .Questo o simili sfoggi di erudizione provano per altro la diligenza e le fatiche dell'autore; e riescono anclie di piacere e diletto a' buoni amatori della più so- lida ed onesta lettura .-^ Tutta l'opera è divisa ia dodici lettere , delle quali ci faremo uu pregio pub- blicarne alcune per volta , non disgiunte dalle op- portune figure in ranae a contorni , che stiamo at-i tendendo di avere complete . .Jio Letteratura LETTERA I, Proemiale , con alcune congetture intomo alt Aste~ rio , possessore della suppellettile d' argento tro- vata in Roma ^ Al cJiìarissimo sig. abate Ennio Quirino f^isconti direttore del museo capitolino ec. GlAlTFRAlVCESCO GAl^EàNJ NaPIONE. Degno è del suo genio ben nato , che lo ani- ma a coltivare e proniuovere gli studj della dot- ta ed elegante antichità , ed a farne conoscere e pregiare i più rari monunnenti , il desideiio suo si- -gniiìcatonii , già alcuni noesi sono passati , dal no- stro sig. abate Ricci , di avere una descrizione de- gli antichi vasi di argento , che si conservano nel museo di questa regia università • Io mi compiac- cio assaissimo di avergliene fatto nascere la bra- ma erudita, col, cenilo dato nel compendio, che per istr\)zion mia ho steso sin dall'anno scorso -della, elaborata sua dissertazione epistolare (i) sul- la preziosa suppellettile d'argento della illustre fa- miglia degli Asterj . Ma se il desiderio è ben de- gno della dotta sua curiosità i ho troppo giusta ca- gione di temere , che non possa riuscir cosa degna di lei la descrizione quando debba essere ooera mia . Siccome per descrivere esattamente un corpo organico una pianta un fossile conviene esser ver- sato nella fisiologia , nella botanica , nella storia naturale, così degli antichi cimelj pare che non possa parlar convenientemente altri iuorchù Tanli- mmtm^mm , [ I 1)111 (i) Biblioteca voi. IV. dicembre 1793 pag. 2b5. Sacrario gentilesco i i i quario . Vero è che una qualche elementare cogni- zione di antiquaria è inseparabile da una liberale educazione , e che questo gusto , questa inclina- zione non può non nascere in chi non sia nato del tutto in ira alle grazie , ed insensibile al gran- de ed al bello . Sì fatto genio poi non può a me- no d'invigorirsi , e di accrescersi in chiunque, per qualche anche breve spazio di tempo , abbia avu- to campo di respirar l'aria di Roma, di calcare quel- la classica terra , di ammirare gli avanzi delle son- tuose moli del superbo impero e le antiche statue famose , che han vinto l'urto dei secoli , dei bar- bari , e della ignoranza ancor più fatale , e quelle più mii^ute ma non meno preziose reliquie delle belle arti degli antichi, che in tante scelte e co- piose collezioni si custodiscono scampate dal nau- fragio del tempo . Ma tutto questo può render pro- penso a tali studj , farne gustare i monumenti ed i libri , amarne e celebrarne gli autori; ma quan- to allo scrivere di cose appartenenti ad antiqua- ria in modo di soddisfare un professore tenuto me- ritamente in concetto del più grande , che da più secoli abbia veduto Roma ^ sono troppo tenui pre- sidj per dir vero (i)- Quello peraltro, che alcun poco m'incoraggia, si è che a questo medesimo, va- le a dire a lei sig. abate stimatissimo , io debbo tutte le poche cognizioni che per me sinora si so- no potute acquistare in sì fatto genere di studi . Do- po , che mercè la gentilezza del sig. cav. di Prloc- ca ministro del re nostro presso la santa sede, mi fu dato di conoscerla di persona ( favore di cui non saprò mai essergli grato abbastanza ) , cercai pure di conoscere e di studiare le cose sue. Che — I j - - , ,,j (i) Denina rivoluz. d'iulia . Italia nioder. cap. IV p. 55, '13 Letteivatura «e per rordinario la lettura de' Jibri si è quella che la invogliare dì conoscerne gli autori , chi conver- sa secolei non può a meno di formarsi in mente grandissimo concetto delle cose pensatamente scrilr- te, postocchè così dotto ed istruttivo è anche il famigliare estemporaneo suo discorso . Dello stu- dio^ da me posto in quel tesoro amplissimo di eru- dizione antiquaria , voglio dire il museo Pio-Cle- mentino , qualche saggio ne ho dato al pubblico , lanno dopo , che costì in Roma il conobbi ; ma con quale frutto nessuno potrà giudicarlo meglio di lei (i). Se ciò che è mera ventura potesse attribuir- si a lode , nn lusinghiero presàgio potrei trarre in favore di questi miei primi studj in fatto di an- tiquaria , dall' essere riuscita felice la mia conget- tura , che cristiano , od almen di famiglia crì-r «tiana fosse quel!' Asterie , di cui si fa menzio- ne nella preziosa suppellettile da lei descritta (2) dappoiché , secondo che mi scrive il mentovato signor abate Ricci , tra i pezzetti d' argento tro- vatisi in appresso , e che facevano parte della pis-r side o cassetta galante che vogliamo dire , uno portava il monogramma di Cristo scolpito, l'altro terminava la mutilata iscrizione VIVATIS , IR . CHUISTO . Dopo quest' ultima scoperta non dub- bilo , elle ella , facendo uso delle vaste sue co- gnizioni , e di quel raro dono suo di saperle co-i- SI ingegnosamente combinare, avrà lieterminaao se debbasi dire^ che cristiana già fosse la famiglia degli Asterj sin dalla metà del quarto secolo , ovr vero se il Turcio Secondo sposo della matrona pos* (1) Biblioteca 1793 voi. 1. gemiajo, febbraio, marzo. (a) biblioteca , dicembre 1790 pag. 270. Sacrario gbntiiesco ij3 seditrlce di questi argenti , debba dirsi posteriore e diverso da que' due Turci Secondi , che negli an- ni Ò3() e 362 dell' era volgare sostennero l' am- plissima dignità di Prefetti di Roma . Ignorandosi però da me qual sia il parer suo in questo parti- colare, per modo di esercizio il sono venuto meco stesso congetturando . Ella mi permetterà che , prima di ragionarle de' nostri argenti vetusti, sot- toponga al suo giudizio le osservazioni da me fat- te , e saprà poi ella dirmi ( il che terrò in conto di segnalato favore ) , se in questo indovinamento sarò stato del pari felice . Le grandi famiglie della vecchia capitale dell' impero , secondo che ella opportunamente riflet- te (i) , perseveravano la maggior parte tuttora nel- la gentilità nel quarto secolo . Non è perciò così facilmente da supporre , che sin d'allora avesse ab- bracciato il cristianesimo quella splendidissima de- gli Asterj , non avendosene altro riscontro, che il monogramma di Cristo, e l'iscrizione succennata della pìsside, la quale potrebbe riferirsi ad altra per- sona della stessa famiglia vissuta nel secolo dopo . Che se alcuno opponesse , che l'epoca del lavoro non può di molto avvicinarsi alla decadenza dell' arte , attesa la non dispregevole mediocrità dello stile , troppo sarebbe facile la risposta ; siccome nessuno antiquario mezzanamente erudito si pren- derà fastidio delle divinità gentilesche incise sopra domestici arredi di famiglia cristiana . Urne ed ar- che sepolcrali già scolpite tenevansi preparate per farne commercio ; e di quest' uso presso gli anti- (1) Lettera del sig. ab. Visconti a monsig. Della Somaglia , su di un antica argenteria, pag. 6. G.A.T.XX. 8 1 1 4 Letteratura chi accennato dal Winckelmann convincentissimi esenipj ne vengono da lei recati in mezzo (i), mo- strando come essendo sì fatti sarcofagi preparati per destino incerto , la testa della figura principale è soltanto abbozzata , per potervi poi ritrarre quel- la persona al cui sepolcro il monumento si con- secrava , e che l'epoca talvolta in cui si lavorava attorno al ritratto per compirlo , era notabilmente posteriore a quella , in cui erasi scolpito il sarco- fago (2) . Ora Se ne' marmi si ravvisa questa nota- bile distanza di tempo tra l'epoca in cui furono scol- pili , e quella in cui vennero adoperati; e perchè un antico argento già preparato , e già forse com- preso tra i domestici arredi , non potè venir de- stinato all'uso di novella sposa? E siccome alle ar- che di marmo si lasciavano rozze ed imperfette le teste , che doveano poi rappresentare ritratti , od il campo vacuo che dovea poi contener l' iscrizio- ne, e perchè non si saranno potuti aggiungere ed inserire nel bel mezzo della pisside nuovi ritrat- ti , allo stesso modo , che già sin da tempi di Ci- cerone s'incastravano nei nuovi vasi d'argento pre- ziosi antichi lavori del metallo medesimo (3) ? In (i) Wiiikelra. stor. delle art. del disegno: lib. Vili cap. IV tom. II pag. 122 ediz. di Milano . Museo Pio-Clcmentino toin. IV tav. XV pag. 29 nota (b) „ I sarcoiagi , che si conservano nel mu- „ seo Pio-CIementino fanno evidente questo costume . Ve ne sono „ tre dove le teste delle figure principali del basso rilievo hanno „ le teste appena abìjozzate , e sono una d'uomo , altra di donna „ per monvuncnti di conjugi . Altri poi hanno, il ritratto nelle te- , , ste principali; mentre le restanti han iìsonomie ideali. V. pure „ tom. IV pag. 58 nota (a). (2) Museo Pio- Clcm. Tom. IV pag. 29. (o) eie. in Verrem aot. II lib. IV de signia. Sacrario gentilesco ii5 questa medesima guisa a me sembra che si sareb- bono potuti aggiungere o sostituire parimente i no- mi degli attuali possessori. Presso i romani, sin- ché i virtuosi esempii ed i costumi antichi s'eb- bero in venerazione , e restò in onore almeno , tut- toché non più imitato , il modo di pensare e di operare de' loro maggiori , tanto più si pregiavano eziandio i vasi e le preziose supellettili , quanto erano più antiche , massime essendo di elegante lavoro . La smania barbara e sprezzante della novi- tà non avea ancora introdotto nò consolidato nella vita , come nelle fogge , e negli arredi , l'impero di- spotico della moda . Opere di vetusto lavoro sono più volte rammentate come cose preziose e singo- lari da Cicerone in quella sua arringa , per cui dir possiamo che le depredazioni di Verre, il qua- le per rapire servivasi degli occhi di greci artisti assai intelligenti , riuscirono di gran vantaggio al- la storia delle arti del disegno ; dappoiché diede- ro campo air oratore romano , nell' accusarne che fece e nel rinfacciarle a quelT avido commissario , diremmo ora noi , di tramandarci tante belle e cu- riose notizie (i) . Tale era il pregio , che attribui- vano i romani , massime de' buoni tempi, alle co- se antiche, che gli artisti talvolta, come accenna Fedro (a) , studiavansi di esitare per antichi i mo- (i) eie. in Vcrrem Act. II. Lib, IV. de signis „ Vas ejusmodi „ quod sibi ( Pamphilo Lilybetano ) a patre et majoribus csset reli- „ ctum . N. XIV Haec autem omnia antiquo opere et summo „ artificio facta : quae a suis acccperunt , quae in fatnilia semper fue- » runt . . . , . Num. XXI. (2) Phaed. Lib: V. Fab. I. M Ut quidam artifices nostro faciuut saeculo, 8* I iG L K T T r n A T l K A derni argenti , dopo di averne abbacinato il lustro , nobilitandoli col finto nome di alcun artefice insi- gne di età più rimota . Il trovarsi poi effigiati e Venere e i Tritoni , e le Muse, e segnatamente quella degli amori in supellettile di sposi cristiani , quali erano gli Aste- rj nostri, non dee sembrare, strano a chi noa ignora quante cose gentilesche furono , non sola- mente in usi comuni, ma persino in usi sacri con- vertite sin da' primi secoli della cristianità ; per mo- do che grosso volume ne potè compilare il Ma- rangoni (i) . Le formole stesse gentilesche consuete furono talvolta adoperate , per mancanza di rifles- sione , dai primi cristiani , strascinali dalla cor- rente , e non pensando più oltre , come venne av- vertito dal dotto marchese MafFei , in proposito del titolo di Divo dato all'imperador Gioviano in una lapida cristiana (2) . Quantunque poi i primitivi cristiani già sin da più antichi tempi non abbru- ciassero i corpi de' loro defunti , a differenza de' gentili di quella età , e non avessero sepolcri co- muni con essi sin dal principio del cristianesimo; e che anzi di più si abbia ragion di credere, che quelli tra essi , che abbracciavano la religion cri- stiana vendessero a' pagani i sepolcri loro detti co- munemente colombari , atti a riporre le olle clnera- » Qui pretium operibus majus iiiveniunt , iioVo «. Si marmori adscripserunt Praj^itclem suo , „ DETRITO MYIIONF.M ARGENTO (1) Marangoni delle cose geiuilesohc e profane trasportate ad uso e adornamento delle chiese . Roma 1744. (2) Museum veronense, p. CCLII 2. Bingham orig. ccdcs. Uh. XXIII cap. II §. IV. Knittel, Prisca ruris eccles. saeculi. 1 5. 78: Brunsvici 1767 p. ji e seg. Sacrario gentilesco ii^ rie (i) , ciò non ostante non ebbero scrupolo tal- volta di porre in fronte delle iscrizioni loro sepol- crali le sigle gentilesche D. M. , che il predetto mar- (i) Di queste vendite il Kiiitiel trova un esempio in una iscri- zione presso il Muratori (noe. thes. vet. inscript, p. i66^ ) , che è la seguente , secondo che viene supplita dallo stesso Knittel. FAV- STVS, liberius AWTONIAE fiUuc triumviri M. untomi, conjugis Neronis Claudii DRVSI . IVS . EMIT . IVCVNDI . CHRESTIANI OLharum; dove prova il Knittel contro ii Muratori, che non già il diritto del sepolcro comperò il gentile dal cristiano, ma bensi il sepolcro medesimo più adattato alle usanze gentilesche. Accenna poscia non aver mai trovato esempio , ,che christiunus, o chrestia- nus fosse nome, uè prenome, o cognome di gentili; che Giocondo era nome non insolito al primo secolo del cristianesimo ; e che per viltimo questo venditore cristiano di sepolcro gentilesco non pia proprio per la sua famiglia, può aver vissuto sino a' tempi di Ne- rone, quando già fatto più comune era il nome di cristiano, no- me altronde , che già compare in marmi cristiani ed in ispecie in uno presso il Maffei ( tìius. vcron, p. CCLXXXII ) . La voce poi chrestianus in vece di christianus era usualissima presso i gentili ( Tertul. apol. cap. Ili ) , e non già per derisione , secondo che pensarono alcuni , trovandosene esempj in monumenti de' cristiani medesimi, come venne pure avvertito dal dotto sig. collaterale Ja- copo Durandi ( Delle antiche città di Pedona , Cuburro , Germa- nicia , ec. pag. i4 ) • Del rimanente il vendere il diritto delle olle cinerarie, pare che intendere si debba non già della materiale sem- plice vendita di urne cinerarie di terra cotta , ma piuttosto del di- ritto di sepultura. Alla vendita di liu consimile diritto alludono quelle parola , con cui termina una iscriz.ione sepolcrale riferita nella Roma sotterranea , lib. I cap. XXVI §. 24 pag. i4i ì d ami- che dal precitato Knittel ( Prisca riiris ecclesia, saccul. I pag.'i-] §.8. EXTERAE . FAMILIAE . ADITVS . KON DATVR . NEC . IVRE . QVIS . IN . HOC MONUMENTO . OLLAS . EMET n8 Letteratura chese Maffei dimostra contro il Fabretti (i) non si potere interpretare in altro modo fuorché Diis Manibus ; sigle , che vennero in esse lapidi scolpi- te o per imperizia degli scarpellini, o per servirsi di marmi già così intitolati . Senzacchè lo stesso imperator Costantino non ebbe ribrezzo di valersi del famoso sarcofago di porfido, che ora si ammi- ra in cotesto museo Pio-Glenientino, per riporvi il corpo di s. Elena sua madre, dal Marangoni tenu- to per gentilesco (a) , come gentilesco del pari è riputato quello in cui per tanto tempo restarono chiuse le reliquie di s. Gostanza ; e ne' cimiterj cristiani fu adoperato eziandio , secondo che ella (i) Museum veronense p. CLXXIX Marangoni delle cose gen- tilesche ad uso delle chiese , cap. LVIII p. igy 8 9. Musco Pio Cleraent. tom. IV tav. XXIX pag. By-SS- (2) Il Winckelmann ( st. lib. XII càp. Ili tom. II pag. 326 edi- zione di Milano) crede lavoro cristiano l'urna di santa Costanza, e sembra che insinuar voglia eziandio , che cristiano lavoro sia quel- la di sant' Elena ; notando che allora la religione cristiana non era ancora ben purgata da alcune costumanze de' gentili , e che non faceansi sempre scrupolo que' credenti di mescere il sacro col pro- fano . Veggansi però presso il Marangoni ( 1. e. p, 298 ) gli argo- menti allegati per provare che l'arca di sant' Elena è sarcofago gen» tjlesco , da Costantino già preparato ; tra' quali è assai convincente quello della bredtà del tempo fra la morte di Elcna e la partenza dell' imperadore da Roma; mentre l'indicibile durezza della pietra ricliicdea molto maggior tempo , acciocché un si enorme pezzo di porfido fosse scavato di dentro , e adornato tutto d'intorno con tan- te figure. Certamente queste non sembra che alludano ad una ira- peradrice cristiana . Il Winckelmann istesso ravvisò in esse uu com- battimento ; ed il sig, abate Fea, che diresse 1' edizion romana di quell'opera, vi trovò un trionfo; nel che crediamo non abbia per- suaso alcuno . Sacrario gentilesco iig medesima viene congetturando , un vaso di misura vasta e capace, destinato ad uso campestre e bac- chico , piuttosto che sepolcrale , con bassirilievi af- fatto profani , trovato Tanno 1777 , ne' fondamenti della sacristia vaticana . Che se non è si facilmente da supporre , che cristiani già fossero i Secondi Asterj , che vissero circa la metà del quarto secolo; e se , non ostan- te i sovrallegati esempj , duro sembrasse a cre- dere che un novello cristiano avesse ordinato e fat- to eseguire un lavoro , dove Je divinità del falso culto abbandonato di fresco , andassero unite coi di- stintivi della credenza verace, cessa ogni difilcoltà con dire che già da qualche tempo avesse quel- la famiglia rinunciato al gentilesimo quando si pre- valse di que' vecchi argenti e forse domestici, con farvi aggiungere manifeste divise della religione ohe dagli sposi possessori di essi si professava , aftin- ché appunto da soggetti rappresentati ne' bassirilie- vi non fosse tratto alcuno in errore intorno a que- sto sostanzialissimo punto . Non vi era più peri- colo in tal modo , che il servirsi di sì fatti ar- genti potesse venir riguardato come culto pagano , ma quale innocente galanteria adattata alle circo - stanze , essendo i succennati arredi fregiati di sog- getti mitologici appropriati alla occasion festevole di nozze. Potendosi adunque conciliare l'antichità mag- giore degli argenti , con una età posteriore del per- sonaggio di cui portano il nome e l'effìgie, do- po la scoperta fatta, eh' ei fu cristiano , parmi che maggior verosimiglianza vi sia nel crederlo fiorito nel volger del quinto secolo , piuttosto che verso la metà del quarto . Difticilissimo poi , per non dire impossibile io penso, che Sviirebbe il voler indica- 120 Letteratura re precisaniente questo personaggio della famiglia degli x\sterj . Di questa famio^lia , dopo il Noris , il Muratori, il Corsini, trattò diffusamente, co- me a lei sarà ben noto, l'erudito critico spagnuolo il sig- abate Faustino Arevalo (i) ne' suoi copiosi prolegomeni a Sedulio , per opera di lui venuto dì nuo^oalla luce in quest'anno medesimo; e non posso dissimulare che bramerei provar sì potes- se che il possessore di cotesti argenti vetusti fos- se quel Turcio Rufio Aproniano medesimo , che fa console nelT anno 494 i che fu , siccome a me pa- re che convincentemente dimostri lo stesso sig. aba- te Arevalo , (a) ad un tempo correttore del più antico e famoso codice di Virgilio che si abbia , vale a dire il Mediceo , e parimente editore di Se- dulio medesimo, cioè di uno de' più antichi poeti cristiani che si sappia . Non poca sarebbe la com- piacenza mia nello immaginarmi in quella decaden- za del romano impero un personaggio illustre , il quale unisse il buon gusto nelle arti figurative, col sano sapore nella bella letteratura , e che entrambe queste innocenti anzi lodevoli inclinazioni , che ben lungi di esser nemiche della virtù , la rendono an- zi più cara e gradita, congiunto avesse colla pro- fessione di zelante ed illuminato cristiano. Forse non del tutto chimerica dir sì potreb- be questa mia brama , se Turcio Secondo Asterio chiamar si dovesse il console di questa famiglia , ohe ottenne l'onore de' fasci appunto nell'anno 4{)4* come il chiama il Panvinio ; ma il prenominato sig. abate Arevalo (3) , crede che il Panvinio ab- (i) Sedul. opera. Roiiiae i;94 prolcgoincna cap. V p. 71." (2) Faust. Arevaius , loc. cit. pag. ■j'j. (3) Areval, loc. cil. p, 76. SACUAniO GEflTILKSCO 131 Lia in ciò preso errore , e per isbaglio intruso il nome di Secondo ; Se è lecito peraltro lo insiste- re alquanto, per runico motivo , che Tuorao cre- de facilmente ciò che brama, non so perchè lo stes- so Turcio Rufìo Aproniano non abbia potuto ave- re il cognome di Secondo ; dacché reggiamo ^ che quel cognome era usitato e comune in quella fami- glia, e che due prefetti di Roma lo aveano por- tato più di un secolo prima di quello , che fu con- sole nel 494* Memoria si è conservata eziandio di un Lucio Turcio Secondo Asterio correttor della Fla- minia e del Piceno , e figliuolo di Aproniano pre- fetto di Roma a' tempi di Costantino (i). E chi sa che di questo cognome di Secondo , come appun- to adoperiara noi al presente de' nomi di battesi- mo, altro uso non si facesse fuorché in alcune de- terminate occasioni? Nella decadenza dell'impero di Roma succedette ciò che succede ognora nelle nazioni , che volgono a rovina ; che si concentra- no in una sola famiglia le ricchezze da prima scom- partite tra molte , che vanno speme . Quindi ne derivò la novità che personaggio di primo ordine appena si ritrovi a que' tempi, secondo che osser- va il dotto abaie Zaccaria, che due nomi gentilizj non avesse , probabilmente per successioni o per adozioni assunti; E questa moltiplicità di nomi gentilizi su lìicienl emente distinguer facen gì' indi- vidui neir ordinario commercio della vita ; onde ne venne, come asserisce lo stesso sig. abate Zac- caria (2), che le persone massime piiì ragguarde- (i) Noris Gcnotaph. Pisana, diss. IV cap. II §. i art. 681 682. Opera tom. Ili Veronae 1729. (2) Istituzione antiquario lapidaria lib. II cap. I t». XLIX L e LI p, 106 e seg. Uoma '770. 132 L E T T K 11 A T VI R A voli lasciassero il prenome; e si giunse persino, in tanta moltiplicazione di nomi, a tacer quello della gente ond' uno era uscito , ed a mescolar sen- za regola cognomi con nomi gentilizj . Non man- cano neppure esempj di più antichi romani sin da' tempi di Domiziano, i quali e nelle lapidi, e nelle medaglie , ora compaiono con tutti i loro nomi ora coi cognomi soli . Ebbe il Panvinio per avven tura sotto l'occhio qualche antica lapida dell' Asterio che fu console nel 4^4 ■> ^^ ^^i esattamente il no me e cognome di esso si ritrovava descritto . D fiitti non già cognomi, ma tutti nomi di genti so no quelli con cui questo medesimo personaggio si sottoscrisse , tanto nel codice di Sedulio , come in quello pii^i antico e celebre il virgiliano; e non è da credere, che privo dì cognome ei fosse, che potea essere quello appunto di Secondo ; dappoiché quello di Rufo sebbene in principio fosse cogno- me di molte romane famiglie , nota assai a proposito il prenominato sig. abate Arevalo , che in progresso di tempo diventò nome gentilizio , allo stesso mo- do , che dai cognomi , o prenomi di Quinto e di Tulio , e di altri così fatti, la gente Tullia e Quin- zia ne derivarono (i) . Il nome della gente liufia. portò adunque il console Asterio, e non già il cognome di Rufo; TVRCIVS RVFIVS , e non già RVFVS ; leggendosi così distintamente nella sotto- scrizione del mentovalo codice mediceo di Virgilio. Posto tutto quanto sopra, non sembrami per- tanto impossibile che il Turcìo Secondo possesso- re degli argenti antichi da lei sì dottamente illu- strati , possa essere quel medesimo che fu conso- le nel 4y4i l'editore di Sedulio , il correttore del (i) Arevalo , prole;;, in Scilul n. i+v pag. 75. Sacrario gentilesco laS codice virgiliano più celebralo. Del resto dopo la scoperta fattasi che cristiani erano gV illustri spo- si della famiglia degli Asterj possessori de' suc- cennati preziosi arredi, sento che il medesimo va- loroso critico il sig. abate Arevalo avrà forse op- portunità di trattare di bel nuovo de' soggetti di quella famiglia ; cosicché sperar possiamo di ve- der posto in piena luce questo punto . Ma ormai mi avvedo, che dal piacere di queste per me nuo- ve ricerche io mi lascio trasportar troppo lungi , trattenendomi soverchiamente intorno a cose per avventura o troppo note e volgari , o non abbastan- za fondate . Ella ,sig. abate stimatissimo , ne potrà recare inappellabile giudizio : ed io differirò ad altra volta a parlarle di que' nostri effigiati argenti anti- chi, di cui ella desidera avere qualche contezza, e per cui da prima avea preso a scriverle; cime- ij , che per quanto io stimo , se venissero sotto- posti al suo sguardo erudito , non manchsrebbono d'invogliarlo ad illustrarli colla del pari dotta che elegante sua penna . Dal Kubatto , 20 ottobre 1794- ( Saranno continuate ) Sopra una nuova dicldarazione della prima e prin- cipale allegoria del poema di Dante , Nota di Clemente Micara. J_/al conte Marchetti , chiaro per fama di lette- re , in un discorso premesso alla divina commedia della ristampa di Bologna , si tiene : che per lama- ra e forte e selvaggia selva , per la quale Dante si ritrovò nel mezzo del cammino di nostra vita » gli 124 Letteratura affanni e ì disagi e le avversità del suo misera- bile esilio volesse significare : e die la lonza , // leone , la lupa , che il suo salire impedivano , fos- sero simboli di Firenze , (// Francia , e di Roma , le quali si opposero alla sua pace , vuol dire al suo vivissimo desiderio del ritorno . Rimossa ogni offesa di sì nobile intelletto , or qui ci sia dato porre per solo amor del vero alcune modeste con- siderazioni intorno al nuovo comento da lui im- maginato . E primieramente sono da considerare i sensi stessi del poeta : pe' quali , più che per sottili pen- samenti di cementatori , può aver luce piena e non falsa il suo concetto . Si ponga mente alle pa- role di Dante all' aprir del poema : „ Nel mezzo del cammin di nostra vita „ Mi ritrovai per una selva oscura , „ Che la diritta via era smarrita.,, E poco appresso : „ Io non so ben ridir com' io v'entrai, ,, Tant' era pien di sonno in su quel punto, „ Che la verace via abbandonai , ,, Qui dunque Dante non sa oeppur esso per qual modo entrato fosse in quella selva : soltanto dice, che il sonno e lo smarrimento velo aves- sero condotto . Se la scha fosse l' esilio , ei non direbbe d'esservi per ismemorato venuto dentro , la- sciando la via verace: ma piuttosto d'esservi sta- to tratto da esterna forza, quantunque non gli fos- se dato comprender le vere cagioni , che ve lo aves- sero sospinto . QueW abbandonai è un atto, sebbe- ne di sonnolento , pur di liber uomo , che per ne- gligenza , se non per colpa , esce fuori di via . E che per negligenza , e per molto grave , si fosse il poeta condotto così vicino al passo di morte, a Allegoria della divina commedia laS meraviglia lo mostrano quelle parole di Virgilio nel cap. primo del purgatorio : „ Questi non vide mai l'ultima sera , „ Ma per la sua follia le fu si presso , „ Che molto poco tempo a volger era „ . E queir altro di Beatrice nel 3o della medesima canlica: „ E volse i passi suoi per via non vera , „ Immagini di ben seguendo false , „ Che nulla promission rendono intera . „ Né l'impetrare spirazion mi valse , „ Con le quali ed in sogno e altrimenti „ Lo rivocai ; sì poco a lui ne calse . „ Tanto giù cadde, che tutti argomenti „ Alla salute sua eran già corti , „ Fuor che mostrargli le perdute genti,,. Ecco che si mise da se stesso , e di piena e libe- ra sua voglia, in mezzo del pericolo : e da se stes- so per via non vera ei volse i suoi passi. Anzi neppur valsero a rivocarlo le interne ispirazioni ; tanto poco a lui calse di sua salvezza . Dunque , s' è da prestar fede alle parole di Dante , non fu Vodio e la nimistà di parte ^ e neppur la sentenza ^ e nemmen V esilio ^ che lo ponessero nella mise- ria d'uno stato così angoscioso. Ma se fosse vero ciò che il Marchetti nota : che nelV acerba ram- pogna di Beatrice non è fatto rimprovero al poeta che di una sola colpa , cioè che dopo la morte di lei egli avesse tenuta men cara e meno gradita la sua memoria, e che nuovi affetti e vaghezza di nuove e molto diverse cure avesse accolto nell ani- mo , cui dovea bastare a perfetta beatitudine la sua dolcissima immagine ; allora il chiaro espositore di- crollerebbe per se medesimo l'edifizio da lui com- posto . Perciocché ( ma è il nostro vedere , che 126 Letteratura qui forse s'appanna per denso velo d'ignoranza ) per noi si fa necessario eh' altri ci mostri , che la memoria e la serbata immagine di Beatrice bastar potessero perdio il poeta non cadesse tanto ingiù, cioè a dir col Marchetti , in sì trista e miserabil fortuna , qiiale fu t oscura e selvaggia selva . Ma l'oscura e selvaggia selva è , non altro , 1' esilio . Perciò l'aver mal tenuta la memoria e 1' immagi- ne di Beatrice , non altro , vi avrebbe sospinto Dante. Inoltre è da pensare, che il poeta si ritro- va in quella selva Tanno i3oo, e che la sua con- danna fu soltanto nel i3o2 . Quindi è, che nelT inferno nel purgatorio e nel paradiso si fa (gli minacciare e predir più volte quella sciagura . Il che, se corto intendere qui di nuovo non c'ingan- na , toglie alla selva qualunque immagine deW esilio, ed ogni sembianza di vero a questa prima parte della nuova dichiarazione . Né ci si aflfaccia rispo- sta alcuna , che possa ben tenere . Conciossiacchè per acute ed ingegnose ragioni , con che l'illustre let- t^rato, o qualunque altro , intendesse di conforta- re quella interpretazione , non si potrà mai d'incre- dibile far vero; se Dante, il quale a bello studio pon suo cammino due anni iimanzi la condanna , abbia poi con una confusione , più che di sonno- Itnto , da figurarci il suo esilio in quello stesso smarrimento di via , che dovea condurlo a sentir- ne la prima volta l'annunzio funesto . Né soltan- to mancar qui sembra ogni risposta che possa ben tenere ; ma quella che ne dà il conte Marchetti dicrollerà vie che peggio ciò ch'egli edificò. Di- latti ei risponde: „ che il poeta dannato nel i3o2, e già nell' esilio, divise il suo poecna , nel quale fìnse descrivere una visione apparitagli l'anno i3oo. Nella quale essendosi afll'acciate al suo animo le co- Allegoria, dklla divina commedia 127 se della sua vita sotto il velame di strani appari- menti , in guisa eh' egli allora non le comprese , punto non disconveniva ch'indi fingesse essergli sta- to nel suo viaggio apertamente predétto V esilio . Dico che tal risposta dicrollerà vie che peggio la sentenza per luì tenuta . E nel vero , il viaggio , il poema, la narrazione de' tormenti dell'inferno, delle pene del purgatorio , e de' gaudj del paradi- so , sono una cosa , cioè la descrizione della vi- sione che il poeta vede . Or come può disgiun- gersi dal viaggio fatto per vedere, la visione che ne proviene? Come può nel viaggio essere aperta- mente predetto al poeta quell'esilio, che nella vi- sione gli si era affacciato sotto velame ? Qui dun- que r erudito comentatore ci stringerebbe a far due cose diverse del viaggio e della visione ; cioè a porre una discordanza, anzi contraddizione, nella niente e nelle parole di Dante .E se il poema , cioè il viaggio del poeta, serbando la continua e strettissima unità di tempo , altro non è che la vi- sione veduta e descritta da lui, resta che non pos- sa intendersi per l'esilio quel suo cammino , che ad ogni passo glie ne porge le minacce e le predi- zioni, come di sciagura ancor lontana. La quale, tenendoci alla spiegazione del conte Marchetti, sa- rebbe già avvenuta, e avvenir pur debbe. Dichiarato che la selvosa valle è l' immagine dell' esilio , passa l'onorando espositore alla spiega- zione delle tre belve , e dice della lonza : che per essere bella e crudele fiera , convenevolmente Fi- renze rappresentava : e per la sua gajetta pelle , cer- ta esteriore pulitezza e leggiadra civiltà del popolo fiorentino, per le quali avvisò il poeta non pote- re in quella ia crudeltà e l'odio durevolmente an- nidare . E per la seconda fiera , il reame di Fran- 128 Lettkratura eia , ovvero la possanza di Carlo di Valois , cui si confaceva l'immagine di fortissimo leone . E per la lupa , signincata Romi , o vogliara dire la po- testà secolare di Roma . Ma, con pace del valente spirilo , la dichiara- zione di queste fiere non è forse più certa , che l'altra della selva. E lascio che in quelle parole „ certa esteriore pulitezza , e leggiadra civiltà del „ popolo fiorentino „ par eh' egli abbia veduto piut- tosto il grato degli odierni abitatori di Firenze , che non la schietta immagine de' concittadini del proscritto . Dunque l'Alighieri , con allegorie cosi discordanti , e non proprie , e non vere , né veri- simili , né confacenti all' animo d'uno sdegnoso ingiustamente oltraggiato per l'esilio in che già si trova per giudizio stesso dell' espositore , chiame- rà Firenze, la belva dalla gajetta pelle ; la Plan- cia » leone ; Roma , lupa ? Ei chiamò Roma , quel- la che puttaneggia co^ regi : la razza de' re france- si , discendenza di beccajo , mala pianta che adug- già la terra cristiana : Firenze , inferma che non trova posa ; nido di malizia ; cerchia di letame : il s:io fiume sfossa maledetta e sventurata - i suoi cittadini, bestie degne di farsi strame di se mede- sime ; maligna ingrata gente , cJie tiene del maci^ gno e del monte; e nel i4 del purgatorio , popolo di lupi; e pur di nuovo lupi^ con parole propiie e dirette, nel aS del paradiso. Or come questo è? Dall'altra parte, la lupa, piiì che non l'altre due fiere , fece che il poeta perdesse la speranza delf altezza , cioè al dire del coraentalor nostro, la speranza di ritornar nella patria . E che fece Ro- ma per porlo fuor di speme , e impedir quel ri- torno, che a lui soltanto tolse il fdrore del po- polo fiorentino ? E le parole di Gacciaguida nel 17 del paradiso : Allegoria della myina commedia laj) „ Quésto si vuole , e questo già si cerca , „ E tosto verrà fatto a chi ciò pensa „ Là doVe Cristo tutto dì si merca „ addotte dall'espositore, per far palese come Ro- ma primieramente meditò , e con ogni pia efficace modo procacciò l'esilio del poeta , non possono far sostegno alla sua interpretazione . Imperciocché po- sto che per esso, come l'Alfieri nota, voglia indi- carsi l'inquieto animo di Bonifacio che rumina- va la ruina della parte ghibellina , non provano per ninna guisa , che Roma facesse poi cosa va- levole , e più assai che non fecero i cittadini di Dante , a render perpetuo il suo esilio . E non eh' ella vi avesse parte così apertamente , che il poeta potesse qui notarla siccome cagione del per- dimento di sue speranze ; anzi dopo la sua cac- ciata , allor che nel i3o4» sotto la condotta di Alessandro di Romena , gli usciti bianchi pensa- rono di far impeto centra Firenze, fu con aperta intelligenza del legato del papa , vuol dire della corte di Roma , che Dante con que' di sua parte rientrati per le mura corsero la città fino alla piaz- za di s. Giovanni : donde il popolo fiorentino li ricacciò. Per ciò non sembra manifesto , che Ro- ma fosse quella lupa . Con pari facilità potrebbe forse abbattersi la immagine delle altre due fiere . Ond' è che mal si sostiene nella selva il simbolo dell' esilio : né quello di Roma , di Firenze , e di Francia nelle tre belve descritte dal poeta . Qui alcuno dirà: facile è il distruggere: quale allegoria supplirai tu alla selva e alle tre fiere in- vece di questa ? Se ingenua opinione nulla valer potesse , risponderei netto : nessuna . Certo , ciò che riguarda la selva, eia valle, e lo smarrimento della via , sembra assai chiaro che non abbisogni-? G.A.T.XX. 9 l3o L R T TT? R \ T TJ TI A no di allegoria di fatta . Il poeta volendo dar prin- cipio al suo poema, cioè al racconto del viaggio da lui pensato, viaggio in tutto mirabile e prodi- gioso , e porvi la necessaria entrata pur con cose mirabili e con prodigi , finge di trovarsi smarrito di notte per una selva ; spaventato poi e contra- stato e distolto dal seguir suo cammino da alcu- ne bestie feroci . Per uscir di pericolo , fa che Virgilio venga a salvarlo . E quel Virgilio , che giunto per divina virtù , e spedilo per essa, potea con facile fatica vincergli la guerra di quelle fie- re, e prestamente cessargli l'angoscia per Tandar cor- to del monte, invece gli propone di trarlo dì là per luogo eterno e doloroso , giusta il comandamen- to della donna bella e felice . Non è per ciò più che a bastanza chiarita la mente e il disegno del poeta, e l'uopo di un lungo cammino, e di una sperta guida che il conducesse ? Qual necessità è qui di sottili investigazioni e di arcane allegorie? Non la scorgo . Il vero intento del poeta era di aprirsi una scena, dove tra colori funesti largamen- te campeggiar potessero le non placabili ire sue . Egli voleva un' arena, dove senza tema di competi- tore giostrar potesse i malvagi . Volea un luogo da punire i suoi nemici : e punirli nel mondo muto d'ogni luce, se gli era tolto in vista del sole: e punirli non pur morti , ma ponendone le anime giù neir inferno , e i corpi erano ancor di sopra , o fa- cendo che attesi vi fossero nelle sedi già per essi apparecchiate. Questo è il palese intento del poeta nel prodigioso suo cammino. E sebbene sia vero che il giubileo di Bonifazio, colla immensa mol- titudme de' pellegrini raccolti in Roma, e colla im- magine del rinnovellamcnto della generazione e del secolo , adombrar gli facessero il disegno della di- Allegoria della divina eoMMEDiA i3i vina commedia , come al Villani quello delle sue storie , non fu certo la compunzione del cuore che lo traesse ad incarnarlo. Se altro fosse , com' esser può che d'un viaggio in tutto mistico così diver- si ne venissero gli effetti? Che un uomo compunto, come il Boccaccio dice, per la universale perdo - nanza , di qua appunto si traesse a scrivere il poe- ma delle vendette? Che un uomo confesso e pen- tito , e lavato delle brutture dell' anima , e rige- nerato alla grazia divina , al quale è posta l'emen- da del veder le pene dell' altra vita, possa senza dispetto della morale evangelica , senza ingiuria del- la cristiana carità, dar luogo a manifestazioni così atroci di colpevoli e di colpe , a invettive così crudeli, alle satire più sanguinose, allo scherno e air infamia più orribile , vefsata a piene ma- ni su coloro che lo avessero oltraggiato? E la religione soprattutto comanda l'obblio delle offese e l'amor de' nemici. Avrebbe assai briga qual de* comentatori cercar volesse in tutto il poema di Dante un sol tratto di questa virtù , credo scono- sciuta , anzi sprezzata ed ignobile ad animo cotan- to altiero . Tal che dal divino poema altro non. traluce , che V ira e il disdegno e la fierezza immutabile del poeta divino. E coloro, cui pia- ce credere col certaldese , che lo scopo e il sen- so riposto neir allegoria di questo viaggio sia tut- to ascetico e religioso, come potranno comporre col- la immagine pietosa della redenzione e del vener- dì santo, le violente parole contro i papi nel e. 19 dell' inferno ? Per tacere di cento altri passi , tut- ti distruttivi di simile opinione , più divota che verisimile . Quindi è eh' io non veggo legame del dipinto col disegno . Anzi veggo fatti pienamente discordi dall' obbietto spiritale del poema : nò tro- 9* i3s LETTEn\TUnA. \o perciò convenienza niuna dell' allegoria misti- ca de' primi versi della prima cantica col resto : e solo la necessità di un capo , di un comincia- mento poetico, a quel viaggio miracoloso . Ciò che della selva, della valle, e dello smarri- mento del poeta, dico anche delle tre fiere . Le quali gli erano dunque opportune, perchè gli dessero ta- le impedimento alla salita del monte , e tale il pericolo dell' uscita , eh' egli avesse l'uopo del soc- corso e del condottiero per altra via . Se non che una difficoltà qui si affaccia, ed è del conte Mar- chetti , a cagion di quel veltro , fiera allegorica, che figura , per comune giudizio degli spositori e per le parole manifestissime del poeta , Cangrande della Scala signor di Verona . Veramente Giovan- ni Villani dice di costui , che fu il maggiore ti- ranno ch^ fosse in Lombardia .Ms^ qui il poeta fu dalla sciagura costretto adocchiarlo dal lato dell' eroe . Or questo Cangrande , uom vivo e vero , sic- come il Marchetti scrive, richiede che sieno alle- goriche fiere anche le altre tre: dinotanti perciò, non già alcune astratte ed intellettive cose di mo- rale , siccome sono i vizj e le passioni dell'ani- mo , ma signorie e potentati , se vero è che so- miglianza fra alcuni simboli di una medesima al- legoria è appunto indizio di somiglianza infra le cose per essi rappresentate . Perlocchè saran si' gnorie e potentati anche la lonza il leone e la /m- pa , e spezialmente quest' ultima , della quale il veltro è prenunciato cacciatore per la salute dell' Italia . Or posto che quelle tre fiere ci simboleg- giassero tre passioni o tre vizj dell' animo , spera l'esimio Marchetti che perciò cesserebbero d'esser fiere allegoriche? E se il veltro simboleggiasse una virtù , e forse la generosa e ledei vigilanza in for- Allegoria della divina commedia i33 ma di Cangiande , più non sarebbe colf altre al- legoricamente corrispondente? Ma nel supposto de' potentati e delle signorie, prima è da riflettere, che il rigore di somiglianza voluto dal Marchet- ti è piuttosto proprio della metafisica , usa consi- derare la essenza intima delle cose , che non de* poeti , la cui logica è quella del cuore e della im- maginativa . I quali contenti alla conformità di al- cuno de' principali caratteri , non cercano la stretta convenienza di tutte le guise nelle cose simiglianti. Il perchè messe sulla scena alcune fiere , e con- siderato Tesser di fiere, non che simboleggiano, fanno i poeti e possono per alcuna di esse distrug- ger l'altre . Perciò non parmi che in quelle della divina commedia cercar si dobba l'esatta corrispon- denza richiesta dal Marchetti . Inoltre se allor che il veltro è immagine dello Scaligero , le altre tre belve veramente figurassero Francia, Roma, e Fi- renze , la somiglianza non è pur conforme. Da che quello è figura d'un uora solo ed individuo , e le altre sono collettive di molti . E quando si volessero considerare sol come simboli della poten- za , allora si converria dimandare , com'è che que- sta è nell'uno V uom vivo e vero ^ e nelle altre un essere in astratto, com'è a dire il segno significa- tivo di un collegalo ordinamento politico. Ond' è che il veltro può figurarci la immagine di Cangran- de , e le tre fiere non quella di Firenze , di Fran- cia , e neppur di Roma . Or sia qual si voglia la essenza di questo vel~ tra , certa cosa è che in esso è la immagine di un' adulazione così esorbitante , così impropria , co- sì inverisimile , che l'uopo estremo di asilo e di difesa, e lo stato ineffabilmente misero , e, si dica ad eterna infamia della Firenze di que* dì, la men- 1i34 Letteratura dicità del divino poeta , appena bastano ad impe- trarle perdono . Che dato che nel veltro sia ripo- sto il simbolo delle virtù di Cangrande, ed egli nulf altro era che il più gran tiranno di Lombardia; o quello dell' imperio di lui sopra tutta Italia, ed era gran sogno che lo Scaligeropotesse farsene pa- drone : o quello della sua forza nello abbattere la potenza pontificale, ed era un sogno peggior dell' altro ; che il signor di Verona era poco da ciò . II conte Marchetti chiama questa una superba spe- ranza del poeta-, si chiami una disperanza feroce di cuor trafitto . Certo da questa stemperata pre- dizione non può venirne altro miglior effetto , se non è la certezza deU'aver Dante cominciato il suo poema dopo l'esilio, in corte di Verona: o alme- no dovuto , dopo scrittone il primo canto , cac- ciarvi quella strana lode e strabocchevole , a far se piacente al maggiore de' tiranni. Al prezzo dun- que di umiliazione cotanta dovea il divino poe- ta procacciarsi asilo e sicurezza : e questa è spes- so la sorte delle felici lettere . La quale durissima necessità era presente al piagato animo di lui, al- lorché Gacciaguida gli predicea che nell' esilio avrebbe sentito siccome sa di sale Io pane altrui . Pane al certo d'inestimabile amarezza , trangugiato a desco co' potenti, fra i superbi disdegni e la mor- tale angoscia del piaggiare gl'immeritevoli. E se pan di signore è pan di amarezza , quel di tiranno è d* inlamia ed è di pentimento : ed eccone l'esem- pio . Se ciò è dunque vero , la immagine di quel veltro vi è intrusa di marcia forza : e il suo star- ci a pigione , come già detto è , lo mostra per invincibii guisa la natura di quello Scaligero • Che lasciamo stare che fosse gonfio di canina rabbia e di speranze stolte, non avea le apparenze, né mai, Allegoria della divina commedia i35 affatto mai , stato saria signore di tutta Italia. E dato che sì, coni' era tal tiranno , non avria né sa- puto né voluto operarne la difficile salvezza. Sia pur dunque Dante divino per la eternità dell' inge- gno .• chi ama il bel paese dovrà dolersi dal cuor profondo , che le orribili sventure lo costringesse- ro o ad invocar la tirannide di questo veltro , ov- vero quella rabbia , alla quale pose invano natura così aspro schermo . E sia suggello questo a chiun- que seguendo nell' amor d' Italia e pur del parteg- giare il fiero ghibellino , spera d'oltre alpe la ita- lica salvezza , da quel furore che „ Pon dentro ad una gabbia ,, Fiere selvagge e mansuete gregge „ . Dond' è che il veltro non avrebbe colà nessun le- gamento verisimile colle altre tre fiere. Ma perchè la lupa , la più malvagia fra esse , e di natura ibr^ se simiglìante al settiforme capo dell' idra lernea , s'ammogliava ad assai animali ferocissimi , e facea viver grame le genti , ed era prodigiosa belva sbu- cata dell' inferno , bene potea darsi il vanto di ri- cacciarla a quel signor di Verona , che la sventu- ra del poeta aveva mutato in novello Alcide , ter- ribile vincitor de' mostri . Se dunque 1' obbietto vero di poema sacro, per r intento , pe' sensi , per le parole stesse del poe- ta , è di rimeritar ciascuno secondo i suoi fatti : se da ogni parte di esso traluce quello smisurato amor di sé , che, siccome il Gozzi rettamente nota , era neir Alighieri anima e sangue : s' egli fa perciò sé stesso, sé sol uno, idolo di tutto il suo viaggio: se fa che il cielo e la terra man vi pongano : se con alterezza nuova ed infinita , e ad ogni sguar- do irresistibilmente palese , egli vi attribuisce tut- to a sé, allo sue cose, alle vicende della sua vi- i36 Letteratura ta , a' suoi desiderj , nlle sue speranze , al suo esi- lio , alle predizioni di esso, alla interminabile ven- detta de' suoi torti , alla manifestazione la più li- bera , la più crudele , la più stemperata delle col- pe e de' nomi nelle persone da lui punite; saran bisogno allegorie pietose, mistiche, politiche nel cominciamcnto del poema ? Tutiociò io penserei e direi intorno la prima e principale allegoria della divina commedia , se cor- to intendere mutar potesse la comune sentenza de- gli spositori . E' il vero che questo avvisar mio tornerà non pur vano, ma riprendevole , scevro com' è di quella opinione , che sola raccomanda al favor de' moderni censori i pensamenti non co- muni . Ma se allegoria è pur mestieri a quel comin- ciamento del poema divino , non sarà quella dell' egregio Marchetti che più vi si confaccia . Quan- do mi stringesse necessilà di crederne pur una , non mi scosterei da quella non nuova e pur sem- plicissima , che Dante abbia pensato figurarci la umana vita in tre difFerenli età, la gioventù, la virilità , la vecchiezza : giusta quel celebre canone statuito a' poeti dal venosino : che sono da serva- re i costumi d'ogni età dell' uomo : yEtatis cuiiis- que notandi sunt sibi niores . E nel vero giunto il poeta al mezzo del naturale suo corso , cioè alla maturila del consiglio , perchè la sapienza è cono- scer gli altri per se stesso ; e già fenduto sperto per le assai cose intese e vedute e ancor provate, entra nella visione^ vuol dire nella contemplazio- ne. E postosi a considerar /mowo informa di sé, lo trova smarrito in una valle, immagine della ter- ra , di notte , dentro una selva , con diversi e cru- deli mostri , cinto di guai , di pericoli , di paure . Allegokjia dklla divina commedia l3'J Allegoria affatto simigllante a quella delle sacre scritture, della quale è in tutto verisimile che Dan?- te, così versato nella scienza divina, abbia preso copia ed esempio per l'entrata del suo poema , s'è pur vero che giammai gli cadesse in cuore di al- cuna porvene: Si J^e notte : sbucheranno le bestie della selva . La notte , inte'^a da' sacri spositori per l'ofFuscamento della mente, cagionato dagli ap-f peliti: la selva ^ per le punture e per gli altri fu- nesti effetti dello smarrimento della via : le tìere^ pe* vizj che prorompendo con orrìbile ferocia , sicu- ri e senza freno signoreggiano allora il campo . Tre formidabili e duri assalti si danno all'wor mo in tre età diverse della sua vita, simboleggia- ti in forma di fiere . E di questo assalto triplice prese il poeta copia ed esempio pur da quell'altre parole sacre : Che il mondo è coìicupiscenza d'oC' chi , superbia di v.ita . E qui ò da considerare , che finché dura la notte in quella selva così sel- vaggia , per fiero ed aspro e compassionevole che sia lo stato dell' uomo smarrito , e perch'egli tra- feli e tremi , pur non conosce le forme de'perico- li che lo circondano. Ma giunto dove termina quel- la valle , vuol dire spiccatosi col pensier dalla ter- ra ; e uscito di quella selva, cioè surto un istan- te dal preso smarrimento , e guardato in alto , cioè levati gli occhi al cielo, eccoti spuntare il sole, un raggio della ragione che fende in quella notte. E r uomo atterrilo sente quetarsi un poco nel cuor la paura, e prende alcun conforto , perchè cono- sce almen la via e raffigura le cose intorno . E volgendosi allora indietro, rimira l'orrendo passo per lui trascorso : e ripresa sua lena , si appresta per salire al monte . Quando le fiere più ardile , già sbucate della foresta , e ìnfiae ravvisale da lui r38 L E T T E R A T u a per mostri , vede esser quelle che gli attaversaho il cammino. Eccolo dunque, che procacciandosi di' fare acquisto di buona fama per la virtù , appena è al cominciar dell'erta, sì trova a far guerrater- ribile non meno che perigliosa . . . Dùnque nelf età prima JeU' uomo , quella del trio e pur dell'incostanza, il primo assalto glivien dalla lonza , belva briosa e maculata e spedita di membra , che posto da' prudenti in vece di concu- piscenza , bene si accompagnava della giovinezza , e di nulla meglio s'insapora che della varietà . Sim- bolo verace di donna , fiera bella e crudele , se va*, ria e mutabile , per giusa impedisce 1' uom giova- ne , da volgerlo e più volte rivolgerlo di suo vi - aggio , cioè di proponimento . Né gli si parte giam- mai dal volto : che l'amante sempre e solo all'ama- ta pensa. Ed ella , forte delle apparenze leggiadre e della gaja avvisalura degli occhi, lo tiene in pa- urosa battaglia , ma pur 1' adesca . Di che nasce , che se la lonza impediva il cammino del poeta , pur g^li era cagione a sperare: che la speme è agli amanti cibo . E r ora del tempo , vuol dir la mattina , nel rigoglioso rampollar della vita : e la dolce sta- gione, cioè la seduttrice primavera de' desideri , faa dell'umore e della speranza l'unico intento, e l'es- senza unica del cuor gentile , che ansante allora e smarrito vede un deserto il mondo, se non è ma- donna , e l'agonia del possederla . In questo slruggimeno , pur confortato per la speranza , sopravviene -dW uomo già maturo un as- falto di maggior paura nell'età seconda, che è la •estate della vita , simboleggiato solto la immagine del leone, abitatole de' climi più ardenti , e po- sto dagli anliclii savj segno e scorta del sole , ap- punto nella stagione eh ei versa più vividi e più Allegoria dklla divina coninEDiA i3q focosi i suoi raggi. E vien questo assalto dal fe- roce stimolo della prelazione , fervida e disdegno- sa belva , la quale con la testa alta , gonfia cioè d'orgoglio, e con rabbiosa fame, cioè avidissima di signoreggiare , così minaccia di voler tutto , che l'aere stesso ne trema . E 1' uomo d'ingegno , e di alti concetti , e di cuor magnanimo, uscito degli or- ti spinosi del piacer sensuale , e sciolto dal fasci- no degli occbi dell'amata, entra e mal si adagia di questa fiera , che con altro impulso , ma non men violento , il cocior della gloria lo sprona e lo spinge a sorvolar tutti, a soggiogar tutti , a ve- derseli conquisi al piede, per le arti, per le im- prese fastose , per 1' altezza della mente: offerendo così da conquistare ali' uomo già perfetto un mon- do morale o fisico. Ma giunge il terzo ferocissimo assalto , e vien dalla /wytja , fiera pessima e depredatrice , che inca- vernata negli aspri gioghi dell' apennino , al cader delle ne\i nel tardo autunno si getta sulla cam- pagna . Immagine della cupidigia^ investe l'uomo già sparso di brine la testa e il mento, e mena ef- fetti funesti di voracità . Gh' è di tal fatta la co- stei fame, eh' ella vorria farsi pasto di tutto, e avventarsi a tutto con le scane rabide e sanguino- se . Pur magro è sempre , se cibo non la riempie. Anzi di natura così malvagia , che perchè mangi , non solo non sazia mai le bramose sue voglie, ma dopo il pasto rabbia le cresce. Belva inquieta , in- stancabile , infinita , che d' un desiderio fa sprone air altro, e fattone un pago, ne desta mille più ar- denti ognora . Là quale ammogliata a diversi mo- stri , il furto, il tradimento, lo spergiuro, fa vi- ver grame le vittime della sua magrezza . Donde certo è che far si dee orribile la guerra di lui che i4i^ ' Letteratura incalzar si lascia al dichino dell'età da questa di-: giuna belva . Perciocché 1' affetto all' avere divie- ne appunto invitto , allor che all' uomo tutt' al- tro manca, il vigore, la bellezza, l'energia della mente , ed ei lo pone in luogo del fasto e degli amori perduti : compenso sommo ed unico nella dif- falta di tutto il resto , se ogni cosa sfugge ed ab- bandona r avaro veglio , fuor 1' aspetto e il posse- dimento de' suoi tesori . E di morso veramente im- medicabile : che r artigliato da questa /«y^a alimen- ta nelle vene una piaga cancerosa, che non risana che nella tomba : ,, Mi ripìngeva là dove il sol tace „ . Or quale è il mezzo che 1' uomo si tolga agli assalti crudeli delie tre fiere, o le vìnca nella bat- tf.glia? Non è il prodigio della onnipotenza e del- la grazia divina , che afferratolo pe'capegli lo por- tmo in sull'erto e scosceso monte • Né Virgilio, spedito a salvarlo , ajuta il poeta dall' angoscia di quelle fiere , traendolo dì lancio in sulle cime. An- zi gli propone un viaggio lungo e faticoso , dove possa vedere le miserie de' tristi e la gioia de' buo- ni. Argomento, che per l'acquisto della vera fama per la virtù , forza è che Vuomo s'inoltri nella vi- sione, cicè nella contemplazione delle pene e de' premj dell' altra vita . Senza la quale retribuzione di beni e dì mali né vien sulla terra intera la virtù, né Vuomo si sforza a raggiungerla, né la raggiunge mai. Ond'è che il freno migliore a noa esser malvagio sarebbe la immagine delle pene e de' premj della vita avvenire: quando, per la mente del poeta, Vuomo non può senza questa pervenire in sulla vetta, dov'è riposto il verace e sommo bene. Dimanda il conte Marchetti per qual cagione la lupa porse grandissimo spavento al poeta , più Allegouia della divina commedia t/^^ die non fecero quell'altre due fiere : traendone, con- forme al suo concetto , che Dante ebbe più moti- vo di temere l'odio di Roma, che non la indegna- zione di Francia e di Firenze. Ma conosciuto non poggiar forse su base immutabile quel novel suo comento , il valentuomo inoltre non s' accorse che la cagione del doverla 1' uomo più temere che non queir altre era la natura di questa liera , che posta simbolo della cupidigia è non pur crudele ed ingorda e bagnata di sangue, ma insieme e cre- scente ognora e insaziabile e tremenda nelle sue sventure ? E certo la bestia, che die' a Dante quel- la tanta gravezza , fu la feroce avarizia , che cac- ciatolo neir esilio , trasse da prima il popolo fio- rentino a correre sulle sue case, dare il guasto al- le cose sue, e torgli i poderi e le sostanze. Quel- la che gli fece tremare le vene e / polsi ^ fu la perfida avarizia, che spinse il popolo fiorentino a porgli la multa gravissima di lire ottomila , giun- tavi, venendo alle mani del comune, la pena di es- sere bruciato vivo qual pubblico malfatlore. Quel- la che gli tolse ancor la speranza , fu 1' esecrabi- le avarizia, che menò in fine il popolo fiorentino a render perpetua con sentenza peggiore la iniqua condanna del bando, per farsi pur perpetua la con- flscazione de' beni dell'oltraggiato. Vero è che il poeta espressamente la disegnò nel descrivere le ca- gioni dei furore de' suoi concittadini: ,, Superbia, invidia, e avarizia sono „ Le tre faville, c'hanno i cori accesi-,, E quest' ultima , come non era leggiadria e pulitezza troppa di quel popolo turbolento e per- secutore , così bastava perchè il poeta ne concludes- se , che quel/a bestiai fame gli avea tolta infine /' altezza , cioè la salita al diletoso monte della prosperità e della pace . ■ ■ > • 1 ' uJli. ,i ; y'i _li - ^'!!( 'M Ottobre i8 33 • ) 1 ^ •:'ff 0 ' • 'a o 5 MAT TINA Term. Igr. Barometro PvNO Barome SERA f. ! . Barometro Term. Igr. tro Term, 'rgr. I 27 IO 5 14 9 '7 2 27 IO 6 ,'9 3 112 27 9 7 17 9 27 ■ 2 27 <) 3 1 15 3 aa a 27 IO 4 19 0 38 4 27 IO 7 lù 3 33 3 ?. 27 IO 4 ."6 3 28 7 27 1 1 0 14 .s 30 ' 27 1 1 4 12 5 22 (, 4 27 II 5 n 9 i8 3 27 n 0 13 6 50 0 28 0 0 12 3 23 4 5 28 0 1 IO 3 I' 9 28 0 3 li 8 33 2 28 0 4 i3 0 .50 4 0 7 28 0 6 9 915 8 28 0 7 16 4 3« ì 28 I 0 14 0 35 1 28 I S. II 9 '9 .S 28 1.5 '7 8 43 ^ 23 I 8 14 9 33 (. 8 28 I 8 12. 0 iS 8 28 I 5 l8 ò !8 3 23 I 6 l.S 3 3' 4 9 2» 1 .H' 13 2 i> 0. 28 I a 17 3 38 <, 28 0 7 '4 8 34 2 IO 27 II 6 » '• 14 3 17 3 27 II 7 »3 f 10 0 27 1 1 2 '4 u 20 0 II 27 lo S M 0 12 4 27 10 8 IO 0 .9 3 27 1 1 I '4 2 20 5 13 Ti 27 1.0 9 i3 8 i« (■ 27 II 0 '7 3 i2 4 27 IO 4 16 0 23 8 9 5 27 lo 0 16 a IO 3 27 9 8 '7 2 17 9 27 9 4 17 0 '4 27 IO 4 '4 0 17 2 27 10 0 16 0 36 8 27 IO ì '3 6 12 0 «5 27 IO 8 12 8 18 4 27 11 3 16 0 34 9 27 II 6 12 8 ^9 5 i6 27 i.i 3 '.^ 0 30 0 27 II 3 15 6 35 1 27 II 3 '4 7 30 0 '7 27 II 6 13 7 3i 3 27 II 7 i8 0 07 4 27 II 0 li 4 34 0 t8 •9 27 9 4 i3 0 3 0 27 9 0 15 0 18 2 27 lo 0 iS 0 la 5 27 10 5 •4 8 S 2 27 IO 8 18 0 29 4 27 II 5 17 0 i9 5 20 a 8 1 0 13 5 17 4 28 I 5 13 7 39 4 28 I 7 16 0 09 8 21 a8 2 0 12 0 IO 1 28 I 9 17 1 23 p 28 I 5 i.S 7 15 7 22 28 I 2 II 5 8 4 28 I I 17 2 36 6 28 0 7 14 5 jo 2 25 28 0 8 12 0 = 9 8 28 I 8 15 5 35 0 28 0 9 '4 9 <ó 2 24 35 28 I I 9 9 >.y 1 2» I S 15 0 37 0 28 . I 3 12 9 38 8 28 I 7 6 .S 29 3 28 1 7 '4 ,S 44 ' 28 2 0 12 2 B 6 26 28 a 6 6 7 31 " 28 2 7 lo 0 43 4 28 2 4 1 1 3 13 6 27 28 2 7 6 4 34 0 28 2 5 •4 8 •i4 5 28 2 3 1 1 0 ,8 8 28 28 2 2 9 8 VS 1 28 2 I 12 C 38 8 28 I (, 1 1 2 ! ' 7 2Q 23 0 9 II a 14 0 28 0 8 12 2 24 6 28 0 9 1 1 3 '^ 3 3o 28 I I IO 0 9 9 28 1 1 lò 0 28 3 28 0 2 i3 9 ^5 a SI 27 9 0 13 8 3 4 27 9 0 ir, 3J19 0 ^7 8 8 14 *^* ' 3 7 Oxseri'azloniMetercologiaÌKt fatte alla Specflla- del \ C&Ueg-: RdnfX: V» ^\y\\v.'.\ 5tj 'Ottobre i8a3,,',, ,^ ,\^.,,,v.; ■ . S o MATT1NA-- GIORNO - — ••-•SER-A Meteore Stato Kva4 ■ 1 Stato ~ ^ ^- - ... .^J -tìtato- |del Cielo - ^ n del P jr. Vento del : Piogg.- ;.V«nto . , Veuto. " Cielo Cielo s.n. I .. tr.ma- 0 a. ine. S ir. i m it. the. sii: i u.pn, p.l.p.g. ì' s. ,3b niez. 3 n.s. ■ 3 ' «2 inez. 3 It. s. lìie.sir. im ! ^ s. 7 •P me. Si. 2 II. I ..s., poii. I ni II. /cv. j m (>.g.U.t. 4 U.S. 2 16 lra.gr. 0 II. 3 6(1 tra. ni s,n. , /tf. : I p.g.n.; ^ s. I !!■ ma. m s. 0 24 Ir. ina. 0 s. tr.ma. ni b s. j 2 + /ra, I s.p.n. inez. I s. ine.siy. 0 P-S- * S.ll. 2 3 ,'?'■• f' i'.p.n: 0 .90 < ra.gr, 1 4 .. tra. 0 \ « S.p.ll. 2 :ì //•^. (2) Bibl. univers. toin. 2 pag. 45» e Bibl. Ital. toni. XIX pag. 489. (5) Brera, sui contagi pag. i35. (4) Portrtl , op. cit. pag. 54» e l-rank op. cit. "^ Idbofobia 169 no razione contagiosa per le vie alimentari . Il citare ognuno favorevoli esempi per sostenere lafpropria opi- nione, ha fatto che siasi caduti in gravi errori : men- tre l'elettiva potenza morbosa di questo veleno eser- citasi pel solo morso , o innesto della saliva rab- biosa . Dislinguesi comunemente l'idrofobia in spontanea e comunicata , cui vuoisi aggiungere la rabbia sin- tomatica, e la rabbia morale . Diversi autori ne mol- tiplicarono la divisione a seconda o delle cagio- ni che credettero precederne lo sviluppo , o dei sintomi che accompagnarono il di lei corso (i) . Galeno (2) , Celio Aureliano (3) , Boheraave (4) , Morgagni (5) , Frank (G) , Gnecchi (7) riferiscono istorie di rabbia morale . Ne vien riportata una con diligente dettaglio non ha guari accaduta dal valen- te professor Borbantini (8) . Lentin , Skenkio (9), Salmuth (io) , il signor de Sauvages (n) , il chia- rissimo Penada (12) osservarono l'idrofobia sinto- matica (i3) . Molti autori però nel riferire siffatte (1) Le Roj^ , tom. 1 234- » e Istruz. veterin. tom. x , 25o. (2) De therap. ad Pison. lib. i. (3) Coler, vel acutar. passion. lib. 3 cap- i4- (4) Commentar, in aphorism. paragr. i3o. (5) De sedib. et caus. epist. 8 cap. 3i. (6) Op. cit. pag. 482, 83. (7) Osservazioni sulla rabbia. (8) Del contagio venereo, voi. 1 nota terza pag. i64» (9) Observat. medie, lib. 7. (10) Brera , nuovi comcntar. di medie, tom. 5 pag. 53. (1 1) Sauvages , sulla rabbia parte 3. (12) Brera, ibid. 5 pag. 53. (i3) Nell'agosto dell'anno 1817 Anna PagatielH tiburtina , nel giorno i3 della febbre tifoidea, soffri i parosismi di vera rabbia - La lyo SciEirzB istorie , lungi dal porgere schiarimento , produssero opinioni così strane ed inconcludenti, che intralcia- rono sempre più la parte nosologica dì questo mor- bo. Eguale svariamento presentaci T etiologia dei medesimo . Le numerose cause descritteci dagli au- tori sono le seguenti : Gli eccessi e i difetti ter- mometrici, la mancanza di libertà, lo sdegno, la fame, la sete , la privazione del moto , la libi- dine non appagata , la fatica soverchia , il cibo del- le carni fradicie , i cibi calidi e stimolanti (i). La soppressa traspirazione viea ancora reputata qual potente cagione della rabbia , e credesi che possa Ja medesima gettarsi sugli organi salivari (2). Plinio imaginò la presenza di un verme bianco posto vi- cino al frenulo sotto la lingua (3) . Alcune malat- tie vengono annoverate fra le cagioni dell' idrofobia sintomatica (4) : le febbri , per esempio , le malattie esantematiche , l'epilessia (5) . Vi si aggiungono le cause morali, la collera cioè, la paura, e tutte le più violente affezioni dello spirito (6) . Alcuni hanno creduto che per principj di chimica decom- posizione si degeneri il fluido biliare , producendo mentale aberrazione, il furore, rabljorriinento alla luce, ai liiiui- di , al cibo, con copiosa salivazione la straziarono sino al giorno i5. Dopo il quale, meno l'intellettuale disordine, gli altri segni d'idrofo- bia non sonosi piti manifestati: quantunque la infelice per la violen- za del male primitivo morisse nel ventesimo giorno . (1) Frank, op. cit. , Portai op. clt. (2) Considcr. physic. medie, forcns. auctore Martino Garish. Lipsiae 1729, e Metaxà op. cit. (3) Histor. naturai, lib. 29 e. 5. (4) Portai, op. cit. pag. 18. (5) Sauvages, sulla rabbia pag. i3. (6) Pauteau , essai sur la ragc pag. 7. Idrofobia 171 per chimiche affinila nuovi prodotti costitutivi l'aci- do idro-cianico, causa essenziale della morte (i). Diconsi poi potenze nocive manifeste le carni man- giate di un animale rabbioso (2) , il morso del me- desimo , e r innesto della sua saliva ancorché in- vecchiata . La probabile opinione di Democrito, che ripo- neva la sede della rabbia nel sistema nervoso , ven- ne fortemente combattuta dagli antichi medici (3). Varj di questi ne stabilirono la sede nelle mem- brane del cervello (4) -, molti la riposero nel cuo- re (5) . Plinio , pel sognato suo verme, la ripor- tò sotto la lingua (6) . Altri , somigliando la rab- bia alle malattie flogistiche dei faringe e del laringe , dissero che ivi stavane la sua sede (7) ; alla quale opinione sotto altro aspetto arrisero i moderni , per la ragione che il veleno, per una tal quale simpatia (8) , dalla ferita trasportasi al- (t) Bibl. univers.des scienc. et arts tom.2 pag.53 . nota. Ram- mento io Lenissimo di non aver sentito una sola volta l' odore pro- prio deir acido idro-cianico nel tare le sezioni cadaveriche per mor- te idrofobica . Che anzi , secondo Morgagni , gì' idrofobi alcune volte non hanno emanato alcun fetore. Epist. 61 art. aB. (2) Nocive diverranno le carni mangiate se vi sia stata per accaso frammista la saliva rabbiosa ; essendo inoltre , a mio parere , necessaria una qualche escoriazione ; oppure , per la mancanza della cuticula, con una sufficiente confricazione potrà assorbirsi 1% suddetta saliva dai linfatici della bocca e delle fauci . (3) Portai, op. cit. pag. 65. (4) Portai, op. cit. (5y Luogo citato (6) Bibl. britan. tom. 55 pag. 2o5 , e Codronchio op. cit. (7) Bibl. brit. tom. cit. pag. 2. (8) In appresso sarà meglio rilevata questa simpatiat e ne sarà dimostrata V origine con qualche fondamento . 1^2 Scienze la base della lingua , ne invade le parti adiacen- ti, e vi cosituisce quella così detta diatesi irrita- tiva , o patologica irritazione , secondo i più re- centi autori. La delitescenza , ossia quell' intervallo di ap- parente salute fra il velenoso innesto e lo svilup- po del male, è assai incerta (i) . Ora si osserva brevissimo , alle volte dura dei mesi , e fino ad un anno (2) . Taluni portarono la sua durata fino a Vdrj lustri (3) , non ammessa per altro dai più saggi osservatori . Crudele e terribile è la sintomatologia della idror fobia . L' abbattimento , la tristezza , la perdita di sonno , 1 inappetenza , un freddo anche intenso so- no i sintorni precursori della medesima . General- mente parlando , dopo pochi giorni sviluppasi il male collodio alla società, colla spossatezza, e col- le membra tremolanti. La ferita, anche cicatrizza- la, duole, infiammasi , e prende talora una tinta vio- lacea . Gli occhi divengono rossi , lacrimosi, e fis- si sopra qualche oggetto - La deglutizione si ren- de impossibile, non creduta sulle prime dallo stes- so infermo ; V avversione all' acqua , malgrado Tar- dentìssima sete , ai cibi , all' aria , alla luce , agli oggetti lucidi sono i sintomi concomitanti del ma- le, xiridissiraa si fa la lingua , la voce rauca si che rimane alle volte estinta . La saliva intanto si se- para copiosamente, diventa tenace , spumosa , esce fuori della bocca , e vien radamente sputata in fac- (i) Frank, op. cit. pag. oo4 e oo5. (2) Commentar. 2 in libr. predici. Hippocrat. , e Gio. Baduino della rabbia dei lupi . (o) Haas, dhsert. de morsu vcneiiato et rabido. Vicnn. 1775 paragr. 10. Idrofobia lyS eia a<>ll astanti (i) . In tanto infortunio nullo è il risaltaniento del sistema irrigatore , in paragone air energico morboso eccitamento del sistema sen- siente . Il volto da pallido si fa colorilo , come nel- la isterica affezione : dal che forse il chiariss. Bre- ra die alla rabbia Y epiteto d' isterismo contagio- so (2). Non infrequentemente osservasi un gagliar- do priapismo . La respirazione è ora alquanto inter- rotta , ora assai accelerata , vero e reale risulta- mento delle nervose affezioni . Le quali aumentano con tanta intensità, che per lo più rimane alterato il centro sensitivo : onde i disgraziati infermi non solo mordono le loro labbra, ma vengono attacca- ti da furioso delirio. In un' attitudine così disa- strosa , esaurisconsi i fonti vitali , e fra i più ferali contorcimenti convulsivi, e la piìi crudele disperazione, finisce sì orribile scena colia morte. Poca varietà presenta la fenomenologia della rabbia canina ; se non che 1' occhio fin da princi- pio è stralunato, la pupilla più larga, fiero e minac- cioso si fa lo sguardo : fiuta il cane il cibo , ma non lo mangia ; da laborioso ed attivo , diventa pigro e solitario . Quasi presago de' danni che arrecar potria alla società, sì rende inobbediente, sfugge i viventi e la luce, va in cerca delle tene- bre, ove alle volte occultamente muore. Non riuscendo al cane la fuga , morde sulle prime chi lo irrita, in seguito chiunque gli si pa- ra davanti, latra sordamente, digrigna i denti, e colla lingua di fuori cammina senz' ordine , colle orecchie basse , e la coda fra le gambe . Col tre- no degli altri sintomi, dopo tre o quattro giorni (1) Aut. cit. (2) Brera op. cit. sui contagi. iy4 SciEKZB di crudelissima ambascia, la morte tronca improv- visamente un' esistenza cotanto odiosa. L' autossia degV infelici idrofobi altrettante va- rietà ci presenta quante forse, a mio credere , ne furono le circostanze individuali , quelle del clima, de' cibi, e de' medicamenti (i). Le esterne come le interne parti del cadavere furono tante volte ritrovate nello stato naturale (2) . Più spesso no- tabili devastamenti si osservarono nelle interne ca- vità . Videsi di raro il viso gonfio ed il corpo di- magrato come negli etici (3). Consunto parimenti fu alcuna volta rinvenuto il cervello , e turgidi di sangue i vasi delle sue membrane (4) . Nei seni della dura madre si trovarono da Morgagni delle concrezioni (5) . Il medesimo vide talora pieni di rossiccio sangue i ventricoli (6) . La vie laringo- faringee ora presentarono forti disorganizzazioni , ora conservarono lo stato naturale (7). Frank dice di avere rare volte osservato meccanico impedimen- (1) Questa differenza di anatomia patologica conferma quanto dice nn moderno autore , che T organismo animale non reagisce sempre in egual modo alle potenze irritanti , siano morbose o me- dicatrici ; né sempre uniformi sono i prodotti della sua reazione. (Goz- zi, opusc. scientif. voi. 2 pag. i24-) Questa dottrina viene giornal- □leiite osservata al Ietto dell' infermo . Perocché gli avveduti medi- ci non si dipartono dall' aureo precetto dell' Ippocrate inglese. (2) Morgagni , epist. 8 net. 20 , et Bonet sepolcreto anatom. , e Manget. tom. 1 lib. 1 cap. 10, pag. 211 de nerv. anat. (3) Portai , op. cit. pag- 34- e seg. (4) Sauvages, sulla rabbia pag. 77. (5) Epist. 8 art. 20. (6) Id. art. 28. (7) Id. art. 20. Idrofobia 1^5 to nell'esofago (i) . Eguali condizioni si rimarca- rono nel viscere respiratore . Carichi di sangue fu- rono talvolta osservati i suoi vasi, ed epatizzato il suo parenchima , esalando in tal circostanza un pessimo odore (a) . Il pericardio si rinvenne il piiì delle volte strettamente aderente al cuore (3) , pri- vo in conseguenza del suo siero ; altre volte pieno di acqua rossastra. Il centro della vita organica os- servossi in alcuni casi pallido, e vuoto di sangue. Le vie digestive conservano rare volte lo stato na- turale , ma veggonsi più o meno alterate. Non in- frequenti sono le alterazioni di fegato (4) • Moran- do ed altri osservarono infiammati i corpi caver- nosi con devastamento delle parti vicine (5) , I fluidi anch'essi subirono notabili cangiamen- ti . Il sangue è quasi sempre sciolto e tenuissi- mo : esposto all' aria non si coagula (6) . Gli umori gastro-enterici sono degenerati . La bile si scorge alterata , e maggiormente lo diviene la bile cistica; assumendo alcune fiate un colore nerissirao : svol- gendosi inoltre disgustose esalazioni , dalle quali for- se ripeterono i moderni l'esistenza dell' acido prussico. Non vi ha malattia , come l'idrofobia, la qua- le vanti riraedj sì eroici , né successi così brillan- nti dalla loro azione prodotti . Eppure 1' antido- to della rabbia giacesi ancora nel pozzo di Demo- crito. Vuoisi eccettuare in molti casi il caustico tostamente applicato , o consimile meccanico-chi- (i) Frank, op. cit. pag. 007. (2) Aut. cit. (3) Morg. epist. 61 art. 9. (4) Avit. cit. (5) Della cura preservativa della rabbia canina . (6) Wansvieten, commentar. §. ii4o. 11^6 S e I i: JT 2 E niico rimedio, il quale neutralizzi o tolga il ve- leno pria del suo assorbimento (i) • Il caustico adunque non meno dalla veneran- da antichità che dai saggi di tutti i tempi venne e sarà lodevolmente praticato . Gli antichi medici disputavano qual de' metalli dovesse avere la pre- valenza nel bruciare le ferite rabbiose . Ai tempi di Vanhelmont preferìvasi il rame (2) . L' uso del caustico non trascuravasi , ancorché passati fossero molti giorni dal morso dell' animale idrofobo (3) . In alcuni paesi della Germania rimaneva non ha guari il costume di estir[)are il tendine sotto-lin- guale pel noto verme di Plinio (4) : pregiudizio che fu tolto fino dal principio del sec. xvii per opera di Godronchio famoso medico imolese (5). Oltre il caustico solevano gli antichi praticare le coppet- (1) A quest'effetto può rendersi forse utile l'acqua medesima: onde non discredo le felici curo dagli antichi e moderni falle con acqua salata , e con simili rimedj applicati all' istante dopo il mor- so. Possono questi avere agito per la suddetta chimica 0 meccanica azione . Non può per altro calcolarsi la suscettività vitale del siste- ma linfatico e sensiente , mediante la «[uale può al momento me- desimo del morso divenire indistruttibile l'idrofobico veleno. È poi certo, per avermelo comprovato i fatti , che dopo qualche tempo sono inutili non solo il caustico e le scarnificazioni, ma sino alle attuali cognizioni qualsiasi altro de' profilattici rimedj, I quali van- no tuttavolta praiicali , e perchè può essere ritardata l'attitudine della fibra organica a risentire )a vendica potenza del virus idro- fobico , e per l' obbligo assoluto che corre al medico di curare sino agli estremi della vita . (2) Portai, op. cit. (0) Commentar, in aphorism. Boher. .§. ii45. (4) Frank, op. cit. pag. 002. (b) IJc rabie, hydrofobica lib. 2. Frane. 1610. in 12. Idrofobia 1^-7 te scarificate , oppure le scarnificazionì , riunendo- vi una cura interna (i) . Sulle cui tracce tennesi un insigne medico francese , l'illustre Portai . An- tepone egli al caustico le scaruifìcazioni, perla ra- gione che dopo una forte emorrag'ia prodotta dal morso, non isviluppossi talvolta la rabbia , perchè i rivi del sangue o decomposero la sua natura , o trascinarono seco loro il veleno . Crede quindi appositamente l'autore, essere più facile l'introdu- zione venefica per semplice escoriazione di quello che sia per rilevante ferita (2). L'uso del sai marino, celebrato già da Celso, fece introdurre l'applicazione del pesce salato sul-^ la ferita. Dalle quali osservazioni derivò forse quel- la del celebre Duahmei , segretario dell' accademia delle scienze , il quale dice che l'acqua salata sul- la piaga basti per prevenire la rabbia (3) . Gli alessi-, farmachi topicamente applicati furono decantati gio- vevoli contro la medesima (4) . Attuario , ai forti drastici , riuniva 1' applicazione del diapalma (5) . Il celebre Tissot ed altri valenti pratici consiglia- rono a recidere la parte morsicata . Vangan racco- mandò l'ustione mercè della polvere da cannone (6). Palmario fu il primo ad usare le frizioni mercu- riali nel iSyS (7). Mercuriale vi fondò due anni appresso gr^andi speranze (8) . Il succhiamento pia- (1) Palmarius , de morsu canis rabidi pag. 260. (2) Portai, op. cit. pag. 87 e 177. (3) Poi-tal, op. cit. pag. 107. (4) Codronch. , op. cit, , e Frank op. cit. (6) De inethodo curando lib. 6 , de empJastr. et liuin». (6) Ca-i e osserv^azioni sopra P idrof. 1778, (7) Op. oit. O'O De lydrofolt. patav?,t:n aim. i£8j. G.A.T.XX. 13 lyS Scienze ticato nella ferita fu stiaraato per virtù della sali- va atto a distruggere il virus rabbioso (i) - Il ce- lebratissimo Brugaatelli fece risuonare altamente i vantaggi ottenuti dalle lavature dell' idro-cloro (2), già da vari anni proposte da Fourcroy , e sperimen- tate dal signor Wendelstadt (3), ma da me frustranea- mente neir 181 1 praticate. L'illustre inglese ne ridonò in certa maniera l'onore agli antichi (4) -, per- chè Gelso , come si disse , encomiava l'uso dell' idro- clorato di soda . L'esimio sig. dott. Salvatori scrisse da Pietroburgo al nostro chiarissimo professor Mo- nchini , che nel distretto di Gadicì ne' morsicati da animale rabbioso apparivano alcune pustole bianca- stre vicino al frenulo della lingua , le quali dove- vano aprirsi e disorganizzarsi al 9 giorno , portan- do fuori della bocca il pus , ed astergendo poscia la parte e la bocca medesima con acqua saiata . Lochè non eseguito , le dette pustole aprivansi spon- taneamente nel giorno i3 , ne veniva assorbito il virus idrofobico, né più eravi scampo all'impedimento della rabbia (5) . Venne a un dipresso riprodotta in queir impero questa storiella dei tubercolelti dal signor Marrocchetti dopo due anni, colla differenza di servirsi di un ago roventato per distruggere i me- desimi entro le ore 24 - Aggiunsesi inoltre l'uso in- terno di una libbra e mezza al giorno di decozio- ne di fiori e sommità di genista lutea dei tintori , (1) Nuovo giorn. delia più recente Ietterai, niedico-chirurgica d'Europa , edito in Mil. tom. XI pag. 283. (2) Gioru. di lìs. chim. mcd. ed arti , tom. feb- braio 1820) Lo stesso Halc ( Bibl. univers. tom. 22 pag. i37),che riprova altamente le iniezioni nelle vene umane , non avrebbe di- sapprovati i tentativi del sig, Magendie in una disperata malattia , come la rabbia . Il fatto dianzi narrato però ispira assai diffidenza avvalorata da forti ragioni patologiche . i83 Annotazioni medico -pratiche sui risidtamenti consC" guiti dalV uso della pomata stibiata , dal dottor Giuseppe Tonelli medico-fisico lette nelV accade^ mia de licei nella sessione del dì i4 agosto 1823 , aumentate di varie istorie e note , e dedicate al eh. ed esimio sig. cav. P^aUriano Luigi consiglie- re Brera , prof, di terapia e di clinica medica nella C lì. università di Padova , membro delt instituto , uno de quaranta della società italiana delle scienze ec. ec , in attestato di profondissima stima ed ossequiosa riconoscenza . N e' nuovi comentarj dì medicina e chirurgia pubblicati in Padova venne già inserito (i) un sag- gio di osservazioni da me fatte suU' uso proficuo delle frizioni con la pomata di Autenrieth nelle va- rie malattie toraciche semplici e complicate a gas- tricismo . Non istarò qui a riassumere ciocché ivi mi sembrò di poter pronunziare su tale oggetto , af- fine di evitare una tediosa e meno utile ripetizio- ne . Soggiungo unicamente, aver conosciuto con tra- sporto di compiacenza essersi ora più estesa, di quel- lo per lo passato lo fosse , sotto la mano di varj sommi pratici la prescrizione delle menzionate fre- gagioni nella terapia di non poche morbosità (2) . (1) Nel primo volume a carte 289 e seg. ami. 1818. (2) La pratica delle „ fregagioni della cosi detta pomata col tartaro emetico, ossia di Avitenrieth, a' nostri di tanto in uso do- vunque, ed in Parigi principalmente , venne già da una lunga serie di fatti dichiarata utilissima nei casi ove una deviazione alla cute sia indicata . „ Cosi si espressero neli' agosto del 1819 i celebri i84 Scienze E se costantemente unisoni abbia ricusato Tespe-, rienza di sanzionarne gli cffclti ; non già sulla di- ostensori de' ii'iiovi comentarj poc'anzi ricordati. Nel fascicolo df fcbbrajo del corrente anno degli annali universali di medicina dev sig. doli. Omodci ( giornale medico il più accreditato ohe in oggi possegga l'Italia ) abbiamo il sunto di una lettera dell' impareggiabi- le ora defunto Jenner al dott. Parry impressa in Londra nel 1822; il qual sunto si chiude con le seguenti espressioni :„ Il dott. J'inner „ termii\a la scrittura con diverse osservazioni concernenti i van- „ taggiosi effetti ottenuti dall' unguento di tartaro emetico dal si- „ gnor G. Fosbroke e dal rev. G. C. Jenner ; osservazioni che cre- ,« diamo di passar sotto silenzio per far posto al seguente squarcio „ di lettera del sig. dott. Innocenzo Fenoglio , medico distinto in „ Torino , dal quale si ricava come lo stesso rimedio sia d'uso ge- „ nerale in quella capitale , come lo è da molti anni in Milano , „ e osiamo dire in tutta l' Italia , segnatamente dopo le ben note „ osservazioni dell' Autenricth . La pomata emetica dell' Autenrieth, „ scrive il dott. Fenoglio , divenne ben tosto tale onde meritarsi la „ confidenza universale . Essa fii usurpata nella cura delle malattie „ nervose con gran profitto , e talmente divenne ricercato l'uso di „ questo farmaco , che venne usato come rimedio efficacissimo in „ ogni sorta di ribelle infermità . La sua utilittà però cognita nelle „ affezioni di petto, segnatamente nei temperamenti linfatici, la „ fece anteporre al caustico^ , ai vessicanti , alla moxa , ec. , sia „ perchè di minor torznento , o di qualità meno acre di quella sia „ il principio contenuto nelle cantaridi , nella timelea , nelle di- „ verse pomate composte di sostanze acri, caustiche (il qual prin- „ cipio , introdotto per la via dei vasi assorbenti nel circuito del „ sangue e nell'interno dell'organismo, può cagionare gravissimi „ sconcerti): sia perchè un'azione continuata sul sistema dermoi- „ deo può più facilmente deviare 1' azione morbosa dalla parte af- „ fetta, che un altro farmaco, la cui azione non si può esercita- „ re che ad intervalli; sia finalmente perche gli antimoniali eser- ,, citano un' azione immediata sui vasi linfatici . „ Uso DELLA POMATA STIBIATA l85 sconvenienza del farmaco rifonder se ne dovrà la colpa, ma Y infiuttuosità attribuirne o all' epoca troppo adulta della trattata forma morbosa , o ad al- tre cagioni che chiaro emergeranno in progresso ( se mal non mi appongo ) , e che di rintracciare mi studierò a solo scopo di determinare una nor- ma meno incerta per poterne con meno infida lu- singa augurarci di coglierne più soddisfacenti trion- fi a prò dell' egra umanità. Egli è quindi , che dopo aver usato ( per quanto le mie deboli forze il potranno) un impegno nella disamina sulla ma- niera di agire del linimento stibiato, m' interterrò a discorrerla brevemente sulla condizione patolo- gica di quelle malattie, nelle quali sembrami non doversi omettere la prescrizione esterna della in- dicata preparazione antimoniale , e per quali mo- tivi essa convengasi; applicandovi poi la conghiet- tura di quella spiegazione, che intendo proporre co- me meno inverisiraile per la cognizione degli effet- ti , alla quale mi dichiaro pronto ognora a rinunzia- re , quando con più plausibili ragioni prodotta ne venga da più sagace ingegno altra più congrua di- lucidazione. Emergerà egualmente da siffatto ge- nere di ricerche in quali epoche di una data mor- bosità attender non si possano da questo farmaceu- tico compenso felici risultamenti , e per quali cri- ter j palesato ci resti della infruttuosità il dubbiò o la sicurezza . II. Fu parere di Haigton,di Magendie , e di Or- fila , che suir ottavo pajo dei nervi si determinas- se per predilezione ad agire il tartrato di potassa aritimoniato : ed in tal opinione sembra essere pur convenuto il dott. Keiraer (3) in sequela de' suoi (3) Ann. univ. dì medicina compilati dal sig. Omodei . Mag- gio i8i8. i8G Scienze esperimenti . Ma ciò non potrebbesi agevolmente comprendere senza riconoscere la sussidiaria iailuea" za della connessione anatomica , di un legame sim- patico. Siffatta azione però a quale specie mai pia- cerà di farla appartenere ? Vorrà forse in essa di- stinguersi un' assoluta facoltà di stimolare o di de- primere Teccitamento ? Piacerà forse un' azione semn plicemente irritativa accordare al farmaco di cui si tratta; ovvero (per dir così) concedergli un misto modo di agire ? III. Un' azione direttamente debilitante venne a questo sovrano rimedio principalmente assegnata, come ne fanno sincera fede i varj esimii pratici che con tanto successo lo impiegarono in una se- rie d'ipei'steniche affezioni .. Altre proprietà medici- nali ben molte si conobbero pure in esso , se ade- rir ne piacesse a quanto ne preconizzarono ( il più delle volte con esagerata credulità ) gli scrittori di materia medica; ma esse o riduconsi in ultima analisi a conseguenze emergenti dal primario tipo di azione , o sono accidenti di un insulto irritati- vo recato sulle vie digestive . Or se di tali facol- tà medicinali non impugnasi che vada rivestito il tar- trato antimonioso potassoso (4) internamente tran- gugiato con le mediche norme ; veruna difficoltà incowlirar non, dovrassi in ammetterle capaci a svi- lupparsi ciol metodo jatraletlico . Un' azione dun- que direttamente deprimente dovrà pur dalla poma- la antimoniale appalesarsi , ma in guisa che da es- sa disgiunta non si consideri l'azione irritativa. E se questa foggia di azione vedremo per simpatici rapporti elettivamente diretta sopra gli organi pol- (4) Coii denominato da Berzclius il tartaro emetico. Uso EKLLà POMATA STIBIATA 187 monare e dermoideo ( quantunque con diversità di effetti in ciascuno di essi ) , non lieve sarà il pro- fitto da desumersi quindi nella pratica. IV. Un' avvertenza però sarà qui necessaria a premettersi , la quale si è che a tenore di certe pecu- liari circostanze osserviamo predominante svilupparsi in alcuni individui l'azione deprimente con silenzio della irritativa , ed in altri l'azione irritativa con af- fievolimento della conlros limolante . Glie di vera senza la comparsa di veruno di quegli effetti che sogliono additarne palese la seguita o vigente irri- tazione, non vidi talvolta tornare infruttuosa que- sta prescrizione farmaceutica : egli è perciò che ad altra specie di azione piuttosto che alla semplice e non manifesta irritativa riferir se ne doveva il pro- ficuo effetto . Ma siccome i fenomeni quindi insorti, ben distinti dai già preceduti, annunziavano un cambiamento seguito nello stato quantitativo dell' eccitamento ; così ragion vuole che dinamico diate-^ tico si considerasse il tipo di azione del prescritto farmaco . La natura d' altronde degli attuali feno- meni escludeva l' idea di azione stimolante che a- vesse avuto luogo , ma invece essersi o vinta o mi- tigata la stimolante diatesi : egli è quindi giuoco- forza il deporre che 1' azione della pomata emetica erasi contrasegnata con depressione di vigore dell' eccitamento . Che se non in tutti i casi , ne' qua- li riscontrasi utile il linimento stibiato , ammette- re si voglia che trotisi 1' eccitamento eccedente e bisognevole già di essere depresso , non potrà im- pugnarsi che in alcune emergenze non corrisponda all' universale lo stato parziale di un organo, e che in una parte esista un aumento relativo di vigore con poca diatesi universale : d'onde la compiacen- za ha luogo di maggior profitto neH' azione topica l88 S e 1 E BT 2 B del farmaco . A chi poi ricercasse dilucidazione sul- la maniera con cui intendesi questa locale depri- mente azione del linimento stibato , non esiterei ri- spondere che mi piacerebbe a comprenderla appli- carvi i principj teoretici del prof. Palloni (5) , chiamandola dizoogenante. L'esposizione che siegue di alcuni casi potrà dar qualche peso a simile ra- gionamento , come vedremo in progresso ; mentre la considerazione dei chimici componenti servirà ad. avvalorare la conghiettura. V. Ed in vero risulta ( come ad ognuno è già noto ) il linimento stibiato dalla unione del tartrato di potassa antimoniato con l'adipe, giusta le prescrizioni di Autenrieth e di altri ; ovvero dal tartrato di potassa antimoniato digerito in qualche umore animale , ed unito quindi con l'adipe a con- sistenza di pomata a norma dei suggerimenti del consigl. Brera (G) . Or non potrebbe presumersi, che una parte della sostanza antimoniosa del sai du- plo fosse dall' adipe trattenuta nelle pertinenze dell' organo dermoideo , ed ivi in un con la base alca- lina del menzionato sale vellicando ed insultando le minime fibre risvegliasse locali movimenti abnor- mi , proprj di una sostanza irritante ? Non potreb- be forse l'altra porzione stibica del composto anti- moniale essere direttamente recata in grazia di un elettiva azione per mezzo dei vasi linfatici sull' ap- parato pneumonico , dove trovandosi in vigore il processo flogistico, e dove per tale ragione predomi- nando forse l'ossigeno , ne avvenga che quest' ulti- mo venendo detratto alla parte inferma soverchia- ci) Conimciitario sul morbo petecchiale ce. Livorno 1819. (6) ÀijologÌ4 ce. voi. 1. B^i^no a&12> Uso DELLA P0IWA.T\ STIBIATA iQf) mente stenizzata s'impieghi in ossidare la menzio- nata porzione antimoniale ? Non verrebbe forse ad operarsi in tal modo una sottrazione dell' ecceden- te stimolo (ossigeno ) , un' azione deprìmente? Age- vole sarebbe così ad intendersi , come la sviluppa- ta azione controstimolante dell' applicato farmaco giovar potesse in un tempo , in cui un nuovo centro d'irritazione stabilito sull' organo dermoideo giovasse per compimento della cura a perturbare e far tacere il primario morboso processo . Sottopon- go queste idee al savio diserniraento degli scien- ziati . VI- Altri asserir potrebbe che sotto lo stato dì patologiche alterazioni pneumoniche ne sia difet- tivo l'eccitamento : ma o sono esse ( mi sia lecito soggiungere) insanabili per aver soverchiamente pro- gredito ; ovvero possono ammettere una più o meno lusinghiera speranza di guarigione . Se pel primo, niun profitto si attenda dal linimento emetico : se pel secondo punto intendasi ragionare , abbiamo sempre vigente un più o meu grave processo flo- gistico locale , qualunque ne sia la universale dia- tesi ; e perciò vi sarà sempre bisogno di localmen- te operare una depressione , di domare cioè o di mitigare almeno la flogosi . VII. Cadrà forse ad alcuni il destro di ricono- scere come incompatibile il doversi prestare in uno stesso tempo lo stato della fibra organica all'azione di due potenze ; come non parve ad altri opinione d'acquietarvisi quella che debolmente emisi in propo- sito del modo di agire della digitale porporina (7) . (7) Nella coiiéliiettura da me imiuagiiiata sulla maniei-a di agi- re della d)j;,iiale porporina, come la proposi nelle mie i?/y?ewo«f sull' oggetto inviate al eh. professor f olchi , ed iiuerite nel XV qua- 100 S e t B R e 8 Non torna però la mia proposizione inconsentanea alla verità, poiché non vado con essa ad infringere il ca- none, che non possa la fibra prestarsi simultanea- demo del giornale arcadico , si è credalo riconoscere l'idea di una complicata ed opposta azione di quel regetabile sulla fibra dell' or- ganismo animale . Si è con ciò travisata ì% mia opinione , addebi- tandomisi che nella proposta teoria con ingegnosi ragionamenti so- stenevo trovarsi inerente nella digitale una doppia virtù : la prima irritativa e di controstimolo sul sistema sanguifero: la seconda to- nica e di stimolo sul sistema sorbente ( Giorn. della nuova d. m. ital. fascio. X) . Ma se permesso mi fosse di rispingere l'imputazione dì questa menda, lungi dall' usare il diritto di persuadere una nuova let- tura della mia proposizione onde conoscerne freddamente i reali concetti; dirci bensì, che la mia assertiva in proposito non è in verun conto uniforme col complesso di voci e d'idee che mi si attribuirono . Che di vero la conchiusione , che portai nell' esporre la mia debole opinione , si fu che la digitale agisce unicamente come irritativa ( 1. cit. pagt 328 ) ; che la sua azione irritativa fosse fisico-chimica ed elettiva : che gli effetti di tal azione elet- tiva ed irritativa consistevano in deprimere e rendere più tar- da la sola projezione circolatoria del sangvie ; che questi effetti irritativi non si estendevano In queir aspetto a tutto 1' intie- ro organismo ( poiché in altro caso verrebbero ad elidere l'azio- ne elettiva ) : mentre gli altri sistemi non restando atfetti dal- la maniera di agire di questo vegetabile si rimanevano nel loro quantitativo grado di eccitamento , non disturbati cioè , non depres- si, non assolutamente e positivamente eccitati; ma che sembrando esser tali, ecoitati cioè e stimolati , uTiicamentc lo erano in senso relativo • Or a questa specie di conchiusione ( le varie parli della quale erano di già state negli antecedenti periodi dimostrate ) può asserirsi che corrisponda per uniformità quel tanto che si vorrebbe dirsi da me sostenuto , una complicata cioè ed opposta azione di controstimolo sul sistema sanguifero , e di stimolo sul sistema sor- bente ? iXon già . Feci anzi conoscere , che quel grado apparente Uso DELLA POMATA STIBIATA Ipl mente all' azione di due potenze in senso contrario operanti . Se non che ove non possa la fibra del vivente organismo corrispondere ad un tempo ali di maggior vigore , che si appalesa nel sistema linfatico dopo l'am» miuistrazione della digitale porporina, non è che relativo alla di- minuzione di attività del sistema sanguigno operatasi dalla digitale , e non deve direttamente ripetersi dall'azione della digitale ìstessa, alla quale non ho mai sognato concedere veruna azione stimolante suir enunciato sistema linfatico . Jl senso dunque di queste mie espressioni non suppone un' azione in se stessa opposta, poiché non rai cadde in pensiero di accordare alle sostanze niedicanientose la facoltà di stimolare e controstimolare ad un tempo ; e reo puf sa- rei stato della più perfetta antilogia, ove caduto fossi nello sconcio di ragionare a tal modo , e di obbligare a riconoscere una duplice facoltà dinamica nel senso indicato. Molto meno suppone un' azio- ne complicata, ma invece semplicissima, se mal non mi appongo. Ed infatti qual maggior semplicità di conghiettura, come quella di cui favello , nella quale a render conto di un fenomeno ( su cui tanti celcliri pratici si sono occupati, ma si sono ad un tempo di- visi in cotanto svariate opinioni ) immagino che la digitale , eletti- vamente irritando quella porzione del nervo simpatico che si spar- ge nel cuore , l'obblighi a rallentare i suoi movimenti, e quelli pur anche di tutto il sistema irrigatore sanguigno ? Qual cosa più sem- plice a concepirsi , che il sistema linfatico rimaso indifferente a questo avvenimento , e non avendo partecipato dogi' insulti che ha sofferto il sistema angiologico, prosiegua le sue funzioni col pro- prio usato grailo di forza , e che questa comparisca esaltata in rap- l>orto alla diminuita attività del sistema irrigatore sanguigno ? Onde però meg'ij comprendasi, che non intendo includere con questo razlocìin'o una duplice facoltà dinamica oppositamente operante, lo die porterebbe una lotta o almeno una collisione di azioni , pas- siamone alla meccanica applicazione . Innanzi alla comparsa della malattia , e perciò innanzi alla prescrizione della digitale, immaginia- mo clic luai i sistemi dell' organismo animale si trovassero in uno IQI S e I B IV z u opposto modo di agire dì due potenze dinamiche si- multaneamente in senso opposto operanti ; non sarà in contraddizione veruna col retto modo d' inten- stato di reciproca armonia e di scambievole normalità . Ma , altera- tosi per qualsivoglia cagione morbosa il modo di sentire di alcune , di molte, o ancor di tutte le fibre dei linfatici, si era di essi tur- bato il regolare esercizio di funzione ; e l' azione del sistema linfa- tico trovar si doveva (siccomo « costume presso che ordinario delle morbosità annesse a questo stato ) in ragione inversa di quella dei sistema sanguigno. Sopravvenuta in tale incontro l'azione delia di- gitale sul sistema sanguifero, ed essendosi pe' di lei insulti irri- tativi fatte più torpide le fibre di questo, ognun si avvede che di- sarmonico dovea rendersi il rapporto reciproco dei sistemi . Sotto questo cangiamento però di attività diminuita del sistema angiolo - gico ne avviene , che le azioni dei linfatici per lo addietro innor- mali tornano ad essere normali , e vanno cosi a rendersi salutari i movimenti delle lor fibre; poiché rimettoasi in istato tale da sentir meglio le impressioni rispettive , da meglio eseguire le loro fun- zioni neir ordine nel giusto legame e nella forza che alla genuina impressione corrisponda . Alle quali riflessioni aggiunger si potrebbe altresì la contemplazione dell' effetto derivante dall' attivila del si- stema sanguigno , che testò dicemmo essere in ragione inversa di quella del sistema sorbente . Giacche procurandosi con la digitalo l'abbattimento delle proporzioni dinamiche del sistema sanguigno , rallentata cosi la projezione circolatoria, ite siegue che debbano di- minviirsi le secrezioni e fra queste ancor quella della linfa , la qvia- le perciò si rimane effusa in proporzione sufiìcicnic onda poter es- sere dai linfatici completamente assorbita e rifusa nel toiicnte del- la circolazione . Abbiam quindi per qualche tempo l'attiiità del si- stema sanguigno cangiata in altra foggia di ragione inversa di quel- la del linfatico; e se prima l'attività del sistema sorbente eia di- minuita per trovarsi accresciuta quella del sanguifero, apparisce in oggi relativamente maggiore quella del sorbente per essersi dimi- nuita quella del sanguigno , linchc poi e cessando la inaallia , e Uso DELLA POMATA STIBIATA IqS dere l'immaginarsi , che la fibra organica si presti a risentire e rispondere ad un tempo istesso ad uà azione deprimente che con la irritativa congiungasi , cessaiiflosi ]a prescrizione del farmaco tante volte menzionato, si ri- stabilisce e si riordina in tutt' i sistemi il primiero stato normale. - Delle quali verità per avere una conferma di qualche peso, esami- niamo per un momento un altro fatto notissimo di pratica medica. Rammentiamo , di grazia , il sensibilissimo vantaggio che col mez- zo dei nauseanti si studiavano alcuni medici conseguire da quella oppressione e da quel senso di pena, che coi nauseanti istessi veniva artificialmente a provocarsi . Il temporario rallentamento del- la energia dei moti vitali non rende forse ragione di ciò ? Del pari l'altalena, di cui leggiamo in Darwin cotanto fe'ici successi in va- rie forme morbose, non da altro fonte può ripetersi salvoche' dall' assorbimento aumentalo in virtù della vertigine e della nausea - Smith, Ewart, Currie osservarono sotto quella specie di movimen- to, cioè del dondolare, che il polso diveniva più lento, come ci riferisce Darwin: lo stesso addiviene nella mareggiata. E questi ef- fetti si spiegano dal sublime autore della Zoonomia ricorrendo alla simpatia diretta dei movimenti del cuore e delle arterie eolie azio- ni diminuite del rentricolo . Viene ancora i'attività dei linfatici au- mentata mercè della vertigine prodotta dal moto circolare eseguito in seggiola sospesa in alto , giusta le prescrizioni dell' istesso Darwin : il quale ne attribuisce il profitto alla simpatia inversa , con cui i vasi assorbenti del ventricolo e degl' intestini tenui agiscono in rapporto a tutti gli altri vasi assorbenti : e la natura di questo cu- rativo presidio mi ha fatto in qualche caso aver la compiacenza di veder coronata di buon evento la mia aspettativa. Dunque l'aumen- tarsi dell' assorbimento tien dietro all' abbattimento delle proporzio- ni dinamiche del sistema sanguigno (identro i suoi giusti limiti pe- ro ) , come dalle accennate cose discende . Dunque non ripugna il credere , che sotto l'uso della digitale, diminuita l'energia della circolazione sanguigna , risalti 1' aumento indiretto e rela- tivo dell' assorbimento : risalti cioè più manifesta l'attività dei linfa- G.A.T.XX. ,3 194 Scibitzt; ad un' azione dinamica cioè legata simultaneamente ad un' altra che all'azione di lei non si opponga (8). Aggiunse conferma a quanto dissi l'azione istessa del tartaro emelico introdotto per le vie digestive. E di vero sviluppa egli nelle iperstenie , di che abbiamo univoco il consentimento dei pratici , gli effetti di facoltà deprimente con silenzio della irri- tativa sul tubo gastro enterico , su cui va quin- di palesando i suoi insulti irritativi di mano in mano che mitigata e vinta sia per fine la diatesi. Niuna ragione havvi dunque da impugnare l'istes- so modo di agire del farmaco esternamente applicato, e nella guisa precisamente sotto cui ne ho poc' an- zi avanzato la eonghiettura . In soccorso delle es- poste cose viene pure l'analogia , la quale ci di- mostra pienamente, che quegli effetti derivanti dall' azione di sostanze internamente trangugiate non man- cano di prodursi per opera di quelle istesse chia- mate a contribuzione con le dovute forme e regole del metodo jatralettico . Del che eserapj a schiere potrei riferire, ma sol basterà ricordare , che il vomi- to si vede insorger pure talvolta per opera dello sles- tici, in quella guisa istessa con cui risalta l'attività del sistema sor- bente dietro la nausea indotta da alcvini farmachi, dietro la verti- gine e la nausea indotta dall' altalena e dal moto circolare in seg- giola, senza ehc a queste cagioni si riguardi legata una facoltà ec- citante. Dunque il sistema linfatico, il quale in niun conto li a ri- sentito gl'insulti della digitale ( portatasi , per genio elettivo , ad agi- re su la porzione del simpatico che si sj>arge nel cuore ) , fa mo- stra di meglio compiere le sue funzioni , perchè il sistema Siuigui- gno che lia risentito 1' azione di quel vegetabile è stato condotto in uno stato di abbattimento . (55) Ved. net. anteced. Uso DELLA POMATA STIBIATA IQS SO tartaro emetico per frizioni applicato sopra la cute (9) . (g) Un tal fenomeno mi è avvenuto riscontrare in alcuni bam- bini lattanti ed affetti dalla tosse convulsiva, ai quali avevo pre- scritto le frizioni con la pomata stibiata. La nausea poi mi venne accusata sotto il corso delle indicate fregagioni da una donna af- fetta da catarro polmonare cronico, da un individuo infermo d'idro < torace, e da un'altra inferma, di cui vado per varj titoli a qui de- scrivere con la maggior brevità possibile la istoria . Questa inferma nella età di circa 45 anni, di temperamento stenico-eccitabile , ma- dre di varj figli , regolarmente mestruata , dopo qualche patema di animo deprimente e dopo aver tollerato disagi per l'assistenza pre- stata ad un suo figlio infermo di gastrica, venne nel di 3o agosto del cadente anno sorpresa da febbre, la quale tosto palesò il carat- tere di una legittima terzana semplice. Dopo l'uso di una bibita emetizzata si passò alla prescrizione del solfato di chinina: il se- guente parosismo però fu di gran lunga più. intenso e protratto, e nel domani ( ottavo giorno dalla invasione del primo parosismo ) vi si associò il delirio . La febbre quindi si decise per una reimt- tente nervosa, e non fu che dopo il secondo settenario che apire- tico si riscontrò il polso . Il delirio per altro , di cui testé si è a\u- to menzione, or più or meno mite e tranquillo , fu sempre costan- te neir indicato tempo ; ma dopo l'estinzione della febbre successe al medesimo uno stato di demenza , la quale pochissime volte si vi- de alternata da un delirio frenetico . Una discreta serie di terapeu- tici presidj venne chiamata in questo stato a contribuzione , ma tut- to inutilmente . Prescrissi un bagno freddo , e questo per verità arrecò un lusinghiero sollievo , ma di breve durazione ; e dopo es- sersi reiterato, tornò frustraneo . Persisteva intanto assiduamente uno stato di perfetta demenza, ed immaginai prescrivere a generosa proporzione le frizioni col linimento stibiato , spingendo la do- se del tartaro emetico ad una dramma e mezza sopra tre di adipe . Vennero le fregagioni istituite ( dopo essersi raso il capillizio ) in tutto lo spazio compreso fra il vertice e le prime vertebre del collo e fra gli i3' iqG S C l V. ?( '/, F. vili. Che se ad altri ritener piacesse non es- sere le sostanze metalliche fornite di facoltà ve- runa che faccia risentir alla fibra T influenza di chimica azione , dirò , che nella natura degli avan- due ossi petrosi, senza eccettuare le varie recenti escoriazioni por- tate dal rasojo. Sotto la pratica delle prime fretja^ioni si querelò costantemente la inferma di una certa nausea accompagnata da uni- versali brividi di freddo, e da puliaziioni più tar le . Apparvero nu- merosissime nei luoghi coafricati picciole p^istoliue, e molte di es- se aumentarono in volume superiore a quello di una grossa pusto- la vaccinica. Entro lo spazio di pochi giorni si stabili nelle mede- sime un* abbondante suppurazione ; die anzi alcune di esse in una sola riunite presentarono una cavità uioerosa, la (juale dopo varie settimane potè vedersi cicatrizzata. Lo stato intanto di salute della paziente andò sensibilmente migliorando , finche dopo circa due me- si si vide in essa gradatamente tornato il primiero e libero uso del- le sue facoltà intellettuali senza verun succedaneo malessere. - Era stato di già questo presidio terapeiuico suggerito, insieme con varj altri mezzi, dal dott. Cox ( Osservazioni prati.;he sulla pazzia ec. Londra i8o4)i ma nel rendersi conto di quest'opera nel voi. I del giornale della società medica chirurgica di Parma, conchiudc il giornalista con queste espressioni :„ Chi sa, se la maggior parte dei „ rimedi raccomandati in questa malattia non debba la sua riputa- „ zione alle sensazioni penose e disaggradevoli che producono ne- „ gl'infermi, piuttosto che ad alcun potere specinco ?„ Confesso in- genuamente di non saper vedere come mai l'egregio estensore di queir articolo trovasse motivi di dubitare della ragionevolezza dell' illazione tratiane dall' A. , il quale vi riconosceva una vantaggiosis- sima diversione alia malattia. Rei-emcmente fra le storie delle malat- tie, nelle quali il dott. Jenner lia impiegato il linimento di tartaro emetico, leggiamo curate con proiìtio varie specie di maniache atfe- zioni. Anzi, in virtù del modo di vedere che ho superiormente propo- sto, non esito punto a considerare nella istoria testé riferita, che Uso DELLA POMATA STIBIATA. tgy zati ragionamenti se ne possa rivenir la risposta. Ma, e die? Forse potrà negarsi, che nell'interno dell' org;inisnio solfrano decomposizione chimica i sali a base meUllica , o che assumano lo stato di com- binazione salina le sostanze metalliche trangugiate nella loro semplice l'orma ? E farà d'uopo, per ta- cere di altre , che richiiraì a memoria le osserva- zioni dol celtbre Moscati , il quale (io) nel vol- volo ebbe a riscontrare fra le dejezioni degl'in- fermi il mercurio vivo convertito in ossido mer- curiale, ridotto in polvere cenerina simile a quella che si otiiene con la lunga agitazione del mercurio neir acqua ? Ed i felici risultamenti dal chiaris- simo Brera ottenuti nelle enteritidi in varie epo- che (i i) non appalesano eoo manifesta evidenza il chimico operare dell' istesso metallo , donde nasce poi l'azione dinamica ? siccome fra gli esiti delle febbri nervose il più frequente ritener si può lo spandimeiito sieroso nei ventricoli dell' encefalo, cosi pos- siamo renderci più felici nel clinico trattamento di queste morbose affezioni , ove sorprenclcndo la malattia nella primitiva sua formazio- ne si venga ad opporvi un valido riparo . Ciocché nella nota 7 si disse (specialmente in ordine agli effetti dell'altalena, del moto rotatorio , ec. ce* ) può qui rendere plausibilissima ragione del con- seguito profitto. Con l'abbattimento della proiezione circolatoria (annunziataci dalla nausea, dalle orripilazioni, e dalle pulsazioni più lente ) si potè rendere il sistema sorbente più alto all' assor- bimento della effusa linfa ; mentre il nnovo processo stabilito sulla cute dei luoghi confricati, inducendo una periurbazione , dovette contribuire alla intiera cessazione di quello , il cui primo risnl- tato si fu l'effasion cerelirale già per vari sintomi contrascgnata . (10) Con^eUure suW azione del mercurio vivo nel volvolo ec. tom. X degli Atti della società italiana . (11) Jnnniazioni /neJico-pralicJie ec. voi. II pag. 126 e seg. iqS S c 1 n k z e IX. Agevole pertanto sembra discendere dagli allegati raziocinj la conseguenza di riguardare me- no inverisimile la da me portata opinione , che gii effetti precipui indotti dalla pomata antimoniale con- sister possano in parte in deprimere il soverchio eccitamento locale , senza appalesare talvolta verna sensibile effetto irritativo, il quale altre volte non man- ca d'insorgere ; in quella guisa appunto che nel tubo enterico si spiega per opera del tartaro di po- tassa antimoniato un complesso di fenomeni di- pendenti da irritazione , dopo che siasi ridotto l'ec- citamento allo stato normale (12). Non è poi la sola idea di deprimere quella che può sanziona- re la pratica del linimento slibiato , nò quella del- la facoltà irritante ; poiché in tal caso di qualun- que altro deprimente , o di qualsiasi altro irritan- te, ammetter potrebbesi sostituzione . Avvien qui precisamente quello stesso che riscontriamo in altre emergenze ; cioè che il tipo elettivo del farmaco appalesa la sua influenza. Egli è perciò, che men- tre riferiamo i favoreli effetti del linimento slibia- to all'azion deprimente non disgiunta dalla irritativa; l'azione specifica ed elettiva altresì dobbiamo con- templare in soccorso, siccome la giornaliera spe- rienza ne offre sufficienti conferme . Nella terapia infatti delle varie forme morbose si fa senza esi- tazione cadere la scelta de' farmachi sopra quelli che al temperamento, costituzione dell' individuo, stagione dell' anno , e simili condizioni possono me- glio convenire ; ma piiì d'ogni altro si porta esatta (12) Mi rammento d'aver prescritto, tre anni sono, dosi ge- nerose di tartaro emetico ad un appopletico, senza sviluppo di alcun sensibile effetto dipendente da irritazione, senza vomito cioè , e sen- za la comparsa di veruna dejezione alvina. Uso DELLA POMATA STIBIATA IQQ ricerca sul genio della epidemica costituzione , sul genio della l'orma morbosa che occorse trattarsi, e (ciocché più ammonta ) sulla natura della parte da malore assalita . X. E , per parlarne nel caso nostro , non v ha dubbio che T azione del linimento stibiafo non sia avvalorata ne' suoi eftelti dall' impero di quel- la influenza somma , che vi esercita la relazio- Tie di consenso dtlT organo dermoide© con 1' ap- paralo pneumonico , la cui spiegazione , più plau- sibile sovra ogni altro teoretico ragionare, la sommi- nistrano le quotidiane osservazioni . Giacché , come già dissi nel S 9 delle citate mie osservazioni, si annunzia innegabile in islalo sano ed in istato mor- boso r intimo consentimento della cute co' pre- cordi ; sebbene forse fra gli arcani della natura si rimanga ancor celato il modo con cui si operi sif- fatta relazione di consenso, ed il modo perciò di adattarlo al nostro intendimento . Sia pur questo lagame simpatico posto in giuoco per legge di as- sociazione e medesimezza di struttura , sia pure per anologia di funzioni , sia per particolare relazione dell' azione nervosa , sia anzi per anatomica conne- stione nervosa; egli è certo che non possiamo in verun conto impugnarlo, e dobbiamo ogni sforzo im- piegare a trarne profitto. XI. Dopo questa qualsiasi spiegazione , che de- bolmente ardisco proporre onde applicarla al modo di agire della pomata antimoniale , agevolmente ravviserà ognuno in quali morbosità convengasi la pratica del linimento emetico , e per quali ragioni Vada esso a riuscire profìcuo . Devesi in ogni in- contro non perdere mai di vista che fa d' uopo con medica filosotia determinare l'azione medicamen- tosa di un farmaco : poiché altrimenti operandosi , 200 S C 1 8 rr Z E se si andasse cioè semplicemente preconizzando nel- le malaltie toraciche la menzionata preparazione chi- mico-farmaceutica, verrebbe ad imprimersi ad essa va appai enza assolutamente specifica (io) , la quale esclnsivamfnte non gli appartiene, e che indur po- trebbe ad usarlo empiricamente forse ed a sconcio di quella considerazione che gli è per tanti titoli dovuta . Sembrami pertanto in virtù delle premesse cose doversi ritenere utilissima , come già feconda la rinvenni de' più soddislacenti risultamenti , nelle malattie toraciche acute, le quali abbiano una ten- (lo) I fatti c'inducono a riconoscere un' azione relatlramciite specifica , un' azione elettiva delle varie potenze . Manifesta l'ahbia- mo nello stato fisiologico e patologico degli organi, negli effetti cJie sopra determinate parti a preferenza sviluppano alcuni farmachi o veleni propinati. ( Ved. pa^. 525 del XV (quaderno del giorn. ar- cad. le mie Ri/ìessioru sulla digitale purpurea ec. ec. ) Ogni sostan- za ( giustamente si espresse il dotto Butalini ne' suoi Fonda- menti di palolo^ia analitica ) mostra un modo particolare di agire sullo sfato delle funzioni. E questo sembra a di lui giudizio dover- si riferire alla missione organica \ in grazia di che non può ai nò- stri rimedj nello sviluppo dei loro etfctti negarsi il vanto di una facoltà specifica, mercé di cui con una certa peculiar predilezione so- vra di un organo piuttosto che sopra di un altro il loro tipo mo- dale di azione dirigano . Ma nulla di meno sobriamente ammetter dobbiamo l' essenza di questa facoltà specifica ; nò sempre giusta norma esser deve pel clinico l' induzione analogica dei suoi ef- fetti , se congiunta simultaneamente non vada ad un filosofico ra- gionare . Poiché ove la si dovesse ammettere esclusivamente , con- verrebbe che un farmaco, per ijuella ragione istessa per cui giova in un'affezione morbosa di un organo, riuscir do\cssc proficuo in tutte le altre morbose affezioni di ^uclT organo istcsso : lo che l'espe- rienza non conferma . Uso DELLA POMATA STIBIATA 201 denza a trasformarsi in croniche ; utilissima altresì nelle malaltie toraciche, le quali non vadano però congiunte ad un grado minaccevole di locale disor- ganizzazione , che renda incompatibile con la vita la morbosità di un organo prossimo ad essere abban- donalo air assoluto impero dei poteri chimici so- pra i poteri vitali. In conferma dell' ora emessa proposizione altro numero riferir potrei di mediche istorie, che dopo la pubblicazione del citato mio saggio mi si sono nella pratica offerte , e nelle quali l'uso del linimento emetico fu da me posto a con- tribuzione . iN'on tacerò la denominazione delle for- me morbose, che in quaranta individui ebbi a trat- tare ; cioè due febbii gastriche associate a reuma grave di petto; due gastrico-ner\ ose ; due pleuri- lidi gastriche ; quattro catarri polmonari cronici ; tre reuiid di petto cronici ; quattro pleurisie cro- niche ; due suppurazioni polmonari ; un reuma ar- colare ; dodici pei tossi ; due suppurazioni tuber- colari ; un gravissimo asma acuto ricorrente ; due vomiche; una tisi polmonare prossima ; una tisi con- lìrmata ; altra in secondo grado ; un idrotorace. Nel- la serie di queste malattie ebbi trentuno risanati per- fettamente ; quattro notabilmente migliorati ; cin- que estinti . Intenzion mia non è di tutte qui pro- durre le singole istorie delle menzionate morbosità; ma alcune soltanto adducendone, assumo a far qual- che breve cenno patologico delle rispettive morbose affezioni per dedurne la dilucidazione del modo di agire della pomata antimoniale, ed assicurarsi nel- la miglior maniera possibile se corrisponda agli enun- ciati principi teoretici , che per semplice conghiet- tura piij verisimigliante intendo di aver recato in campo . Xir. Nò costantemente , né tutte consistono 202 Scienze nella degenerazione dei primitivi tessuti organici le loro lesioni ed alterazioni morbose ; ma bene spes- so riconoscono la genesi di un nuovo preternatura- le tessuto . Così sotto il corso del processo flogi- stico di una iperstenica infiammazione toracica non risoluta si creano pseudo-membrane , o membrane fibrinose, che il eh. prof. Medici (i4) deriverebbe da un pervertito accrescimento della riproducibilità dell' apparato pneumonico, in cui si cambiano perciò le condizioni meccanica e chimica, dalle quali risulta r organizzazione . Or quanto profitto in simili in- contri non può attendersi dal linimento emetico ! Sa- rà questo valevole a deprimere il superstite vigore morboso dell' accresciuto eccitamento , potrà esso mercè della sua irritante azione sulle fibre dell' orga- no dermoideo risvegliare localmente nelle adiacen- ze dei luoghi confricati movimenti abnormi sino al punto di essere seguiti da locale pustolaziooe . Che anzi con la genesi ordita di questo novello pro- cesso si conseguirà per final effetto lo scopo di ri- chiamare ed invitare all' esterno l'azione pervertitri- ce che imperava nel!' apparato pneumonico , e co- sì con lo sviluppo di nuova morbosità locale ester- na disturbare 1' intimo processo morboso del visce- re sino al punto di farlo intieramente tacere, e di permettere che torni al primitivo suo stato norma- le l'interessantissimo viscere del rispiro. XIII. L'affezione polmonare, distinta con la de- nominazione di catarro cronico, è purtroppo suscet- tibile di venir soggiogata, innanzi però che induca per effetto una qualche grave organica alterazione. (i4) Opuscnll scientifici di Bologna voi. II pag. 2i^o. Co/nmcn- iario iniorno alla vita ce. Uso DELLA POMATA STIBIATA 2o3 la quale bene spesso consiste in una dilatazione in vari o molti dei rami bronchiali ; e 1' uso delle frizioni col linimento emetjco vi presta mirabili soccorsi . La tosse , o violenta o soverchiamente protratta a lungo , può più di ogni altro influire co' suoi colpi molesti e lungamente reiterati al- la genesi della indicata patologica alterazione ; e questa giunger può ad uno stalo talvolta sì impo- nente, da lendere il rispettivo lobo polmonare flo- scio , privo di aria , e somigliantissimo a quella condizione in cui trovasi un polmone spinto con- tro la colonna per opera di uno spandimento sieroso o purulento entro la pleura avvenuto. Or dove non abbia assunto l'organica alterazione un somiglievo- le aspetto ; ove non siavi sfinimento da troppo lunga dispnea prodotto, dalla diuturna dnrazione della ve- emente tosse e dall' abbondanza di sputi purilormi aumentato ; in somma ove il catarro polmonare (che nei primorclj delf aifezione è causa ) divenuto non sia r effetto della morbosa dilatazione de' bron- cbj , riesce l'arte medica a trionlarne prescrivendo le frizioni antimoniali . Che di vero formandosi con queste un nuovo centro d' irritazione alla cu- te, viensi con ciò a determinare suH' organo der- moideo un processo , che una inversione costituisce ed un cangiamento nei morbosi movimenti dell ap- parato polmonare fino al punto di riordinare le squi- librate funzioni, far tacere la tosse per essersi resa naturale la secrezione nelle pertinenze della mem- brana mucosa che lo involge. Egli è quindi che tre degl'individui da me trattati ne guarirono perfet- tamente in grazia di siffatto metodo , mentre il quar- to migliorò notabilmente, ed avrebbe anzi compiu- tamente risanato £e nelle condizioni della intra- presa terapìa avesse insistito . ao4 S e I E X z E XTV. Quella condizione morbosa della pleura , in virtù della quale il tessuto polmonare viene u- nicamente compresso da una raccolta di materie pu- rulente o puriformi , che si ellettua nelle pertinen- ze della pleura , e die col nome dì cronica pleu- risia venne distìnta , consiste ( il piià delle volte ancor sino all'ultimo fine) con la preservazione del viscere nella piena sua integrila . L'adito altresì , che la materia pnriforme dell' ascesso si apre nei bronci)] , può riunir in se le condizioni opportu- ne per chiudersi prontamente dopo la compiuta eva- cuazione del pus. Ma la morbosa condizione in pro- posito è ancor sasceUibile di alterare in foggia ira- ponente le l'unzioni del viscere, fino al punto di es- sere commutato con 1' ultimo e il più fimesto de' suoi esiti. Or se questo infausto progredimento si prevegga con opportuna avvedutezza , e se al con- canbio degli ordinar] e più commendati presid] si aggiunga l'uso del linimento emetico ; potrà ben con- seguirsene la guarigione e ridonarsi il libero eserci- zio delle sue funzioni all' organo polmonare . JN'è all'aspettativa mancano gli eventi di corrisponde- re, cosicché decisivo egualmente che inatteso pro- fitto ho agevolmente ritratto contro tali morbosità dall' uso della pomata antimoniale ; e miglior ra- gione non saprei addurre del fatto se non seguendo r Opinione emessa da Sprengel , che in analoghe emergenze si avvisò doversi riconoscere una sim- patica irritazione di organi , per cui var] organi in egual modo irritati acquistano una egual disposizio- ne, e capaci divengono ad operare la secrezione di eguali umori . Così nel caso nostro il processo sappuratorìo della cute imita quello dei polmoni lino ai punto che rimpiazzandolo fa estinguere il secondo . Uso DELLA POMATA STIBIATA 2o5 X.V. L'abbondante eliminazione di sostanza puriforme , che da una più o meno voluminosa con- gerie rammollita trae origine , ed a cui non lieve incremento porge la materia separata dalle pareti della cavità ulcerosa e della membrana mucosa dei bronchj , viene contrassegnata con la denominazio- ne di vomica . Vari caratteri, della descrizione dei quali devesi il merito al patologo Laennec,ci esclu- dono r idea della formazione di questa raccolta nel tessuto del polmone : della qual proposizione non ò qui mio scopo d intVingerne o di applaudirne la convenienza. Ad ogni modo però, se la prelodata condizione patologica impresso non abbia nel paren- chima veruna alleiaziona ( lo che sembra almen pro- babile non doversi sempre escludere), ed in ispe- cie d' induramento , potrà pur condursi a venir sa- nata. Ed in vero l'affezion morbosa costituiva fino dai suoi primordj uno stimolo ben poderoso ed at- to a richiamarvi maggiore raflluso degli umori, fi- no ad indurre per gradi l'esito or contemplato, sen- za desistere (lall' invitare al centro della morbosità nuova sopravvenienza di umori . Or se nella terapìa oltre i consueti sussidj abbiasi in conto l'applicazio- ne del linimento emetico alla regione toracica , si potranno arrestare e sospendere con lo sviluppo di nuove irritazioni esterne nei luoghi confricati quel- le mutazioni morbosamente avvenute nella cavità, riordinandosi quindi nello stato regolare la circo- lazione del sistema irrigatore, e nel suo ritmo nor- male la l'espirazione. Ma l'epoca della morbosità esser non dee molto inoltrata ; poiché indarno se ne attenderebbero propizi risultamenti , come di cons^^guirli non mi venne latto in due individui , che dopo colpevole oscitanza sperimentarono infrut- tuosi i presidj dell' arte medica . ao6 Scienze XVI. L' altro stato infelice degli organi pneu- inonici, con maestrevole industria delineatoci dal eh. professor Folcili (i5) , potrebbe pur risentire por- tentosi alleviamenti o ancor guarigione , quante vol- te giunto non fosse il ristri ngia>ento dei polmoni al grado di più o meno totale obliterazione : cioè in cui né troppo grave si fosse la compressio- ne per la considerevole dose della materia siero- so - gelatinosa evasata ; né da troppo lungo tem- po incominciata la detrazione dell' umor nutritizio del parenchima onde avernelo eccissivamente esau- rito di alibili molecole , e ridotto ad occupare col suo coartato volume un angustissimo spazio . Poi- ché ove ad un tale stato imponente pervenute non siano le conseguenze della preceduta inlìammazione della pleura , può col mezzo del linimento stibìa- to operarsi , per le ragioni già superiormente in»- dicate, la estinzione della superstite flogosi di que- sta, eseguirsi energico dai linfatici della cavità to- racica il riassorbimento degli umori effusi , e per- mettersi cosi al polmone di acquistare gradatamente la sua primitiva espansione, libero riassumere l'eser- cizio delle sue funzioni organiche e vitali : mentre il processo suppuratorio della cute divenendo vica- rio dell'altro morboso operantesi nella cavità tora- cica lo riduce ad estinguersi. XVII. O dipendano da precedente flogo- si i tubercoli polmonari , o ninna origine di genesi creatrice riconoscano questi da essa , siccome più sembra verisimile dietro le ricerche di Bayle, e le os- (i5) Sulla oblUcrazione dei polmoni, memoria di Giacomo Fol- chi ce. ( Ved. fascic. IV degli ojmsc^oli scientifici di Bologna). Di questa interessante produzione lianno parlalo con sommo elogio i più riputati giornali. Uso DELLA POMATA STIBIATA SO'J servazioni di altri e simili scrittori di prim' ordine i siano e no costituiti a spese del polmonare tessuto,© sviluppinsi entro alcune maglie del parenchima senz' alterarne la tessitura, lo che sembra assai raro ad avvenire : compromettano o no 1' organico lesuto pneumonico , siccome ne' più gravi casi di loro estensione non ripugna il presumere che non ne vada esente (iG) : egli è fuor di dubbio, che le loro conseguenze divenir possono bene spesso più o meno prontamente luttuose . Qualche lusinga di buon evento ammettono esse però , ove l'epo- ca morbosa non sia molto remota , non tanto nu- merosi i tubercoli , non distrutte le ramificazioni bronchiali ; ove le cavità ulcerose per una circo- stanza soprammodo avventurosa vadano a com- pletamente cicatrizzarsi ; ove i tubercoli non ab- biano invaso ad un tempo molte parti dell' organo polmonare o altri tessuti ancora dell' economia spes- so Ira loro lontanissimi , come cene ammaestrano i varj autori di anatomia patologica , e le interes- santi osservazioni di alcuni clinici . Il connubio dei più valevoli sussidi terapeutici sarà bene spes- so insufficiente a far conseguire risultamenti sod- disfaceuti , se ai già conosciuti presiclj non si faccia accedere come parte integrante di terapia l'uso delle fregagioni con la pomata emetica . In grazia delle varietà ora enunciate mi giova credere , che (16) Un esempio di tal natura ce lo ha egregiamente rappre- sentato il sig. consigliere Brera nelle sue Annotazioni medico -pra- tiche voi. II tav. IH. fig. I. Ivi la sostanza parenchimatosa distrut- ta di un lobo polmonare, spettante ad un individuo estinto per tisi tubercolare, si osserva pertugiata, ed offre perfettamente un aspet- to alveolare o spugnoso . Jo8 S e 1 £ n z E in uno dei due individui da tubercolare affezione invasi , che ho avuto nel decorso anno a trat- tare, abbiasi potuto conseguir salute, e nell'al- tro non già . XVIIl. E se , per quanto spetta alla tisi pol- monare , risulta da' travagli di Laeunec (l'j) la possibilità della di lei guarigione, essendo somma- mente raro che i tisici pervengano al termine fa- tale senza che la natura usato abbia de' grandi sforzi per la salute; non sarà meno foadala la pro- posizione , che il modo di secondarsi dall' arte i conati della natura meglio consista nella pratica esterna del linimento stibiato . Poiché al duplice meccanismo , onde la guarigione potrebbe operarsi ( e che sì giudiziosamente descrive ad altrui pre- ferenza il prelodato Laennec , avvalorando con le osservazioni la sua ipotesi ), riuscirà vieppiù va- levole a contribuirvi l'azione del menzionato lini- mento - E quantunque non possa io lodarmi di aver ricondotto a salute con tal presidio un vero ti- sico, in cui pronunciata si fosse la tisi conlirmata per mezzo degli ordinari suoi fenomeni , come tos- se , dispnea, emoltisig , consunzione, sputi purifor- mi , l'ebbre etica , e sudori nuttnrni ; pure non ta- cerò, a simiglianza di quanto recentemente riferisce Jenner, il ritorno di costante salute in un altro, in cui a tal sommo grado non erasi offerta la schie- ra dcdl'apparato fenomenologico (18) . All' incontro (17) De l'auscultation mediate ec. Paris 1819. (ib) E troppo celebrata per non doversi obbliarc la confessio- ne di G. P. Frank di non aver g;uarilu ini vero tisico . Le rai;ioni, dalle quali risultar sembra impossibile siftaita guarij;ionc, sono pur troppo note ad o;;nuno, e nella maggior parte delle opere mediche le v^ggiaino ricordale. Varie di esse vennero già da me allegate neli' Uso DELLA POMATA ST1B1ATA ao() però fra le stasi , periodi , ed alternativi risorgi- menti di morbosità e di salute , che questa ter- ribil malattia presenta , durevole senza paragone si potrà meglio conseguire col riferito metodo la guarigione di quelle tisi tubercolari dei polmoni , che insorger possono dopo un' alterazione della istes- sa natura in qualche altr' organo avvenuta, e che marciano d'ordinario in ragione inversa della inten- sità della prima malattia . Più sicuro infatti e più pronto sarà l'effetto delle frizioni eseguite con la pomata emetica , quando sieno queste specialmente associate al metodo curativo diretto a combattere la malattia primaria j e tanto più , se qualche rela- zione simpatica si conoscesse aver luogo fra gli or- gani affetti ; poiché la nuova alterazione indotta nella cute farebbe con più di agevolezza la tora- cica simpatizzante con l'altra . XIX. Lo stato di flussione determinato sul sistema dermoideo all' intorno dei luoghi confricati col linimento antimoniale , stato che viene quindi susseguito da flogosì e da processo pustoloso , rie- sce molto opportuno per richiamare ali* esterno gli umori a sconcio della effusione che costituisce l'idrope del torace . Spogliandosi forse , a norma delle avanzate conghietture ( nura. V ) , di qualche dose di ossigeno la porzione acquea dell'umore for- mante parte della collezione , ne emerge da ciò una certa parziale decomposizione chimica del liquido , e perciò la di lui riduzione in minor volume ; don- de i linfatici della cavità non più trovandosi , sic- Annolazione ec. aggiunta dopo il fine della mia memoria Sulla in- sussìslanza del contagio tisico ec. , ed inserita nel voi. Vili del gior»>« di medicina pratica del consigliere Brera pag. \236 e seg. G.A.T.XX. i4 aio SciBNz K come per lo addietro , quasi paralizzati dall' ab- bondevole raccolta sierosa, potranno nuovamente ob- bedire alle leggi impressegli dalla organizzazione , riassorbendo con maggior attivila dell' usato . Die- tro tali principi bo conseguito quindi i più salu- tari effeiti in un individuo travagliato da molti mesi a questa parte dalla morbosa fenomenologia dell' idrotorace ; salutari effetti di gran lunga superiori a quelli cbe sogliano ottenersi dagli esterni agenti semplicemente meccanici , come fontanelle , setonì , caulerj , i quali par non mancano ( sebbene in grado lievissimo ) di artificialmente provocare il riassor- bimento del siero sparso ed effuso nella cavità . Qui voglio tacere il fenomeno , di cui già ho fatto supe- liormente menzione ( vedi not. 9 ) , nausea cioè di leggiera proclività al vomito , essersi ancora in questo individuo presentato sotto le prime frizioni ; e maggiormente perchè son d'avviso , che la com- parsa dell' enunciato fenomeno ha dovuto aggiun- gere aumento al profitto conseguitosi in grazia del temporaneo rallentamento dell'energia dei movimenti vitali : facoltà pur concessa dal dott. Guani a' con- trostimoli da lui chiamati indiretti (19). XX. Non sono per verità infrequenti nelle in- fiammazioni polmonari i critici ascessi alla cute os- servali già dal divino Ippocrate . Diverse sono que- ste novelle strade a formare trasporti de' centri flo- gistici da un luogo all' altro , ad eliminare sotto forma metastatica le materie disaffini che il risul- tato sono della morbosità non risoluta e troppo imponente per sua gravezza . L'ordinaria sede di si- (19) Bel conlroslimolo e delle malattie irritative ei% Vedi Nuovi comnaentarj ec. ì'asci*. di settembre 1819 pag« 228, noia. Uso DELLA POMATA STIBIATA 211 mili trasposizioni morbose all' esterno riscontransi essere le estremità ; ma esenti non ne vanno le al-< tre parti dell' organismo : e l'espertissimo clinico professor DeMatthaeis l'osservò con novissimo esem- pio in un pleuritico nella glandola tiroidea (20) . Checché dicano alcuni contro la reale possibili- tà delle menzionate trasposizioni morbose , non è qui luogo il contenderne ; ma unicamente aggiun- gerò , che evidentissime pur sono , ed il più del- le volte arrecano alleviamento a soluzione della ma- lattia ; e che sotto tale aspetto meritano di essere favorite , o ancor provocate con linimento antimo- niale onde rivellere con una contro irritazione le tur- be morbose dei processi flogistici dall' interno deli' organismo (3 i) . ,, Sopra i quali fenomeni ( Io ha ,. testò ricordato un profondo e valente scrittore, ii ,, sig. Puccinotti (22) ) sembra fondata la legge dei „ Iraslocamanti proprii delle tlogosi locali coacen- „ trate ed inerti . La qual legge essendo certissi» „ ma e applicabile anche alle flogosi di fresca data . . • ,, dimostra ad un tempo la verità e l'importanza ,, dello studio intorno alle cagioni , che produs- „ sero , o ridussero , o mantengono concentrati i ,, flogislici processi . „ XKI. Quel disordine di respirazione cono- sciuto col nome di asma , essendo rade volte sem- plice , ma bene spesso legato ad alcune delle mor- bosità delle quali sì è tenuto finqui breve cenno , ritrovando nella specie, a cui appartiene, la indi- (20) Ratio instituti clinici romani ec. pag. 34 , ep icrisis. (21) Ved. le mie Osservazioni suW uso dalla pomala di Auleti- rielh ce. I. cit. (22) Memoria sul processo logistico ce. num. VI. aia Se 1 E R 2 E cazìone del trattamento curativo , rinvieue pur ivi ragione delle favorevoli risultanze del metodo ja- tralettico in proposito . XXII. E per non diffondermi con soverchia prolissità nel seguire isolatamente la nosogenia e coudizion patologica dì ciascheduna delle forme mor- bose , che decisa utilità ritraggono dal linimento emetico ond' essere vittoriosamente profligale , mi ristringo in soggiungere , che il numero delle relati- ve istorie delle indicale morbosità da me trattate , ed il buono evento da cui furono nella maggior par- te coronate,garantiscono forse appieno l'assertiva del- la ben plausibile riputazione, che il divisato lini- mento sostenne negV incontri d inliammazioni toraci- che susseguite da polmonare trasudamento , nelle altre complicate e rese più gravi da gastrica irri- tazione , nelle affezioni insomma enumerate superior- mente ( num. XI ) . La dettagliata narrativa di es- se riuscir potrebbe tediosa , essendo non di rado una osservazione la ripetezione delfaltra, quantunque molte delle trattate malattie nulla abbiamo di co- mune fra loro , salvochè la sede nel medesimo orga- no , cioè nel polmone : ad illustrarne però fapplica- zione del piano curativo , alcune istorie trasceglie- rò a qui riferirsi , le quali , avvalorando altresì le finquì esposte nozioni, serviranno ancor di norma a pronunziar giudizio in rapporto a quello che mi ri- mane poi a soggiungere . XXIII. Una giovane G. P. in età di anni aS , di temperamento stenico- eccitabile, di florida co- stituzione , ben mestruata, unita in matrimonio ad un artista fin da un lustro innanzi senza mai aver- ne avuto prole , soggetta ad affezioni asmatiche dì provenienza ereditaria , nel dì 25 geanajo 1819 s'in- fermò con pleuritide, a cui ia seguito venne ad Uso DELLA POMATA STIBIATA 2l3 associarsi il gastricismo , e nel i4 rimase libe- ra di febbre . Dopo qnelT epoca fu varie volte assalita da una vagante pleurodine più o meno mo- lesta ; ma nel 20 novembre dell' istesso anno vi si aggiunse ancor la febbre, la quale dopo diverse fasi presentò i caratteri tutti di una febbre etica . Si fe- ce il regime curativo consistere nelle scarse ma ri-< petute sottrazioni di sangue, nei priacipj specialmen- te, sotto la intensità maggiore del dolor locale ; nell* uso delle bibite emetizzate , delle pillole gommose, e neir applicazione di qualche ceroto vescicatorio . Refrattaria però mostrandosi all' uso dei riferiti com- pensi la malattia, e più minaccevole rendendosi per la gravezza de' suoi sintomi, ebbe ricorso alle pre- scrizioni di un idrolatte , ed. alle frizioni con la pomata stibiata , che s' intrapresero nel di 2G dicembre . Numerose comparvero nel domani le pustole all' epigastrio , ed al destro lato del to- race sotto la mammella ; molte di esse suppura- rono lungamente , ed altre diseccarono dopo aver recato qualche incomodo prurito . Fu grande il profitto che se ne ottenne ; ed in pochi giorni si vi- de ristabilita , e , a riserva di un leggiero dolore supersiste , libera dall' intiero apparato fenomenolo- gico che la molestava; ma si passò alla pratica lun- gamente continuata delle decozioni di lichene islan- dico e di dulcamara. Proseguì questa giovane a godere di una mediocre salute lino al marzo dell' anno i 82 i ; quando tornò con veemenza a manifestarsi un do- lor puntorio e costante al destro lato del petto , donde al sinistro ebbe a diffondersi con l'accom- pagno della febbre , tosse secca , e con lieve dif- ficoltà di respirare . Dopo essersi in vano posti in uso gli opportuni rimedj , si replicò nel dì 19 apri- le r unzione col consueto linimento stibiato nel- 2l4 SciKIfZK la dose di nna dramma di tartaro emetico sopra sei di grasso . Non trascorse intiero il secondo gior- no dopo le istituite fregagioni , che svilupparono numerose nei luoghi confricati le pustole , diven- nero più voluminose dell' epoca antecedente , e sup- purarono recando prurito e molestia . Superiore si fu in questa volta il profitto , poiché riacquistò la paziente miglior salute , e libera affatto restò dal dolore toracico sino al febbrajo del 1822 . Allora fu che nuovamente querelossì di dolore al lato de- stro del petto in sequela di freddo sofferto, e ba- stò un vescicatorio per liberamela . JNelf agosto del cadente anno infermossi di nuovo , e presentò la malattia fistesso apparato di morbosi fenomeni , ma con intensità di gran lunga maggiore della prima invasione . Poiché la respirazione era il più delle volte ortofnoica ; gli sputi fetidi , ora di color cile- strino , ora di un color grigio tendente al ver- dognolo ; e vi era di più una sensazione molesta e costante di pelo sullo scrobicolo del cuore . Il so- lito connubio di presidj terapeutici con Tenuncìa- to metodo jatraleltico venne pur coronato di felice risultamento contr' ogni aspettativa ; vennero le con- fricazioni istituite non solo nella descritta parte an- teriore del torace, ma altresì fra il margine inter- no delie omoplate e la colonna vertebrale dove tro- vansi i rami dei bronchj piìi voluminosi e piìì avvicinati. Dubito (e forse ragionevolmente ) che la inferma, di cui qui si parla, possa rimaner vit- tima un giorno di una tisi polmonare ; ma intan- to nelle manifestazioni e varie fasi di cronica pleu- risia , che hanno fin qui bersagliato la giovane , si è ritratto un ben deciso profitto dall' enunciato meto- do jaU'alettico . XXIV. M. B. , già madre di molti figli , do- Uso DELLA POMATA STIBIATA ai5 po aver superato due mesi innanzi nella circostan- za di puerperio una grave pleuritide complicata a gastricismo, cadde ammalata nel dì 5 marzo 1819 senza cognizione di causa . I sintomi di questa nuova malattia costituirono la forma morbosa di una semplice lebbre gastrica . Nell'undecima giornata del corso di questa si commisero disordini in regime dietetico , e dopo tal circostanza comparve un do- lor puntorio nel sinistro lato del petto circa la se- sta costa vera con dispnea , tosse secca , molesta decubito sul lato medesimo . Aumentarono talmente d'intensità questi fenomeni, che il respiro sempre più diflicile si rese, celere, e breve; frequentissima la tosse e sempre secca , mentre la migliore ed al- quanto pili comoda situazione della paziente era di giacere unicamente inclinata sul deslro Iato; ari- da si era la cute e di lurido aspetto ; la lingua presentava un color cinereo tendente al fosco ; la febbre non mostrava diminuzione . Si posero intan- to a profitto i consueti presidj dell' arte, e nella 19 giornata si prescrisse 1" applicazione di un ceroto vescicatorio ( preparato secondo il Marabelli ) al la- to sinistro del torace , ed esso riuscì senza ef- fetto non avendo indotto nella cute la minima al- terazione. Se ne rinnovò l'applicazione con far pre- cedere sulla cute stessa la pratica di secche fri- zioni per avvalorarne l'effetto : che pur inutilmen- te si attese. Si bagnò nel dì seguente la parte con acido acetico , e quindi si sovrappose altro ceroto che si credette rendere più attivo con l'addizione di uno scrupolo di polvere di cantaridi ; ma tornò pure infruttuoso questo metodo , finché poi leggie- rissima impressione sì manifestò dall' applicazione di altro attivissimo empiastro vescicatorio . Niun alleviamento per altro riscoulrandosi nel compies- ai 6 Scienze so dei fenomeni morbosi, prescrissi nel dì 3i mar- zo le frizioni con la pomata emetica nelle propor- zioni di una dramma di tartrato di potassa àntimo- niato sopra sei di grasso , dalle quali si ottenne fin dal terzo dì una non molto copiosa pustolazione . Si conseguì con tal metodo qualche profitto , ma non tanto lodevole qual mi lusingavo ritrarne ; giac- ché mitigossi soltanto la tosse, continuando altre- sì la febbre e l'impossibile decubito sul lato sini- stro . Nuove frizioni si prescrissero nel dì 1 4 apri- le con la indicata dose e proporzioni di linimento stibialo , e sul declinare del secondo giorno com- parve abbondante la pustolazione nella laterale si- nistra ed inferiore regione del petto e nella epiga- strica ; né da comparsa di pustole andarono esenti le parti sessuali . Sensibilissimo ed anche decisivo fu poi il miglioramento , essendosi reso gradata- mente più facile il respiro ed il decubito sul dor- so e sopra ambidue i lati ; la tosse , che da sputi puriformi era poi corteggiata , si dissipò in un con la febbre ; e con le solite decozioni di dulcama- ra e di lichene islandico si completò la cura . Ven- ne così restituita in salute la inferma nei primi di maggio , e costante si fu la guarigione non che perfetta . XXV. L. F. in età di anni 4^ , di tempera- mento stenico-eccitabile , contadino , soggetto a flem- massie di petto ed a reumi , riportò nel febbrajo 1819 in rissa una ferita lacerata nella parte supe- riore del frontale . La ferita si estendeva dal capil- lizio fino a tre linee circa in distanza dal destro sopracciglio ; era fatta da stromento lacerante, e dall' alto in basso (; i comuni integumenti non ven- nero lacerati in tutta la estensione del ferimento ; eravi scopertura d'osso. Fuvvi assai lunga siippu- Uso DELLA POMATA STICIATA 21 J razione , ed esfoliazione dell' osso , di cui varie pic- ciole scheggle furono dal chirurgo estratte fino ai primi di novembre- Dopo circa quindici giorni dal seguito ferimento , incominciò \ infermo ( mentre già era in corso la suppurazione della i'erita ) a que- relarsi di dolor puntorio al destro lato del tora- ce circa la sesta costa vera, con tosse molesta e febbre esacerbante nella seia . Il dolore andò quindi aumentando al segno d'impedire il decubito sul de- stro lato, e rendere il più delle volte intollerabile la situazione orizzontale. Comparvero degli sputi ver- dastri e parte giallognoli , pili o meno facili , non molto sciolti ma fetidi . Aumentò anzi talmente quest' ultimo carattere degli escreati, che il pazien- te querelavasi non poterne risentire alla bocca sen- za grave ripugnanza il sapore amaro , fuliginoso e fetidissimo , ch'egli rassomigliava all'odor graveo- lente delle uova sommamente fradicie. Gli ordinar] presidj antiflogistici valsero ad ammansire alcun po- co la intensità dei sintomi ; cessò dopo molti gior- ni la febbre : mai però non si vide mancare il do- lore , la tosse, e l'espettorazione delle consuete materie . Tornò dopo qualche settimana a svilup- parsi nuova febbre con vespertine esacerbazioni e mattutine rimessioni , e con parziali sudori; ma do- po lo spazio di altri otto giorni mancò nuovamente la febbre , ed aumentarono in grado imponente gli altri morbosi fenomeni, la tosse cioè, il dolore , la dispnea , il decubito difficile sul destro lato , e l'espettorazione contrasegnata dai già indicati ca- ratteri . Sembra da queste vicende doversi sup- porre una irradiazione di flogosi alla pleura, che immediatamente investe il polmone , dove per le precedute morbose affezioni si sviluppò assai grave l'infiammazione , e passò quindi ad assumere la for- ai8 S e 1 B IT z E ma (\ì cronica pìeurisia , forse per analogia di mor- boso procosso mantenuto nel luogo del ferimento - Si pensò allora di trattare l'affezione toracica con l'uso delle frizioni col linimento stibiato , a cui si die principio nel dì 1 1 giugno . Le proporzioni fu- rono di un' ottava di tartaro emetico sopra un' on- cia di adipe depurato, e tal dose venne entro tre giorni esaurita senza veruna pustolazione , ne verna giovamento: dee per altro avvertirsi, che (forse per incuria ) era stato il tartaro emetico mal tri- turato , ed evidenti scorgevansi di esso i cristalli sulla superficie della cute, ed aderenti per lo piìi ai peli de' quali andava ricoperta la regione tora- cica anteriore. Or solto una tal circostanza av- venne , che il paziente fu costretto da un suo do- mestico interesse a trasferirsi nel dì i6 giugno in pae- se limitrofo ; e quantunque vi si recasse su di un cavallo , non potè non sudare copiosamente sì pel calore della stagione, sì anche perchè fu il viag- gio eseguito nelle ore più calde della giornata. Que- sto , che in buona logica dovea dirsi un disordine (tanto più che gli autori tutti di maggiore e di mi- nima celebrità formicolano di esempi degl' inconve- nienti prodotti da siffatte cagioni) indusse fortui- tamente un buon evento , di cui vado a render ra- gione . Il tartaro emetico , che aderente , come si disse , erasi arrestato nplle pertinenze del sistema dermoideo senza venirne assorbito , fu in tal incon- tro disciolto dal sudore copioso del paziente ia modo analogo a quello, in cui con gli umori anima- li tengonsi in digestione le varie sostanze medica- mentose per formarne pomate farmaceutiche ad uso medico, secondo gì' insegnamenti di Chiarenti e di Brera • Discolto in tal foggia il tartrato di potas- sa antimoniato si trovò disposto a subire qui^ll'as- Uso DELLA POMATA STIBIATA 3lQ sorbimento, cui avevano renuito fino a quell'epoca ì linfatici di eseguire . Non venne tal assorbimen- to contrasegnato da vomitiirizione, da vomito, o veruna sensibile evacuazione ; ma rapido ne com- parve nel dì seguente il processo pustoloso , e le pustole insorte in numero abbondantissimo guada- gnarono il loro usato volume , e percorsero le con- suete lor fasi nell'ordinario periodo di tempo. Sen- sibilmente intanto incominciò a diminuire la vio- lenza della tosse, più facile si reseli decubito sul destro lato ; cessò il dolore , e deposero gli sputi la loro fetida indole assumendo gradatamente caratte- ri di buona e lodevole forma . j\on si ommise il simultaneo uso della decozione di lichene islandico e di dulcamara . Prontissimo non fu il totale risa- namento del paziente ; ma con sensibile e costante gradazione giunse egli ad acquistare dopo un mese completa e perfetta salute , la quale tuttora con- serva . XXVI. L. G. in età di anni 5o , calzolajo , di temperamento astenico-eccitabile, mostruosamen- te deformato nella sua adolescenza da un reumatis- mo , curvato cioè col tronco in avanti nel pun- to della cartilagine ensiforme in modo da descrivere co' suoi arti inferiori , allorché trovasi in situa- zione eretta, un angolo poco men che retto , supe- rò in alcuni giorni un sinoro semplice. Non tar- dò guari di tempo , che una leggiera tossetta sec- ca , e rade volte accompagnata da meri escreati di linfa, si associò ad una iebbricciattola remittente con lievi sudori parziali nel petto e testa , e con ve- spertine esacerbazioni . Il respiro non era molto fa- cile , il decubito incomodo sui Idti ; e talvolta era costretto nella notte il paziente di alzarsi a se- dere sul letto . Poco o nulla giovando i consueti 230 Scienze rimedj die furono posti ia opera , dopo venticinque giorni si ricorse nel dì i luglio all' uso delle so- lite fregagioni nella proporzione di un' ottava di tar- taro emetico e quattro di grasso. Numerosissime comparvero le pustole in tutta la regione toracica anteriore; quasi tutte suppurarono, rua alcune gua- dagnarono il volume di un' avellana , percorsero i Lei ordinarj periodi , e caddero le croste dopo al- tri venticinque giorni datando dall' epoca delle in- cominciate confricazioni . Sensibilissimo intanto si fu il vantag-gio: poiché cessò la febbre, scompar- vero gì' indicati sudori , facile si rese il decubito ed il respiro , e soltanto si protrasse con maggior ostinazione la tosse. Consigliai la replica della ri- ferita unzione, onde vincere le morbose reliquie di questo cronico catarro polmonare ; ma non si av- visò di annuirvi il paziente se non al dì 19 settem- bre . Maggiore si fu l'eruzione comparsa dopo que- ste nuove frizioni , e quattro pustole guadagnaro- no un volume uguale a quello di un' avellana al pari delle altre comparse nell'antecedente uso della pomata emetica : fuori unicamente della diversità, che que- ste quattro maggiori pustole , a somiglianza di quan- to avvenne di osservare nella istoria descritta a num. 16. ly. 18. delle altre citate osservazioni (33), mostrarono un color ceruleo nel centro , ed un bor- do verrucoso, e gemerono quindi un umor sangui- nolento ed atro . La maggior di tai pustole cangios- si in ulcera alquanto profonda , né cicatrizzò che dopo un lungo uso fatto per quasi un mese dell' unguento digestivo . Incomparabile profitto ne fu conseguito; giacché ancor la tosse andò gradatamen- (20) Nuovi commentar] ce. 1. cit. Uso DELLA. POMATA STIBIATA aai te a dilagnarsì , declinarono gli sputi dal primiti- vo carattere puriforme che avean per molto tempo presentato , e nuli' altro si ricercò per la comple- ta guarigione salvochè la continuazione dell'uso del lichene islandico e dulcamara . XXVII. N. N. soggetto ad affezione tubercola- re nei polmoni , di temperamento astenico-eccita- bile , in età di anni 62 , di un genere di vita non molto inerte quantunque comodo di fortuna , do- po aver disprezzato un leggiero mal essere di due giorni incominciò a guardare il Ietto con febbre non molto risentita nel 20 gennajo 1820. Avevano prece- duto il dominio dei venti meridionali , l'atmosfera umidissima per le diuturne pirig-ge cadute , l'inco- stanza della gravità dell' aria dimostrata da' varia- bilissimi cangiamenti barometrici , la temperatura incostante dell' aria ma non molto rigida , essen- do fra i 7 e i 10 gradi termom. di R. sopra lo zero . Fra le cause occasionali^ incolparsi sem- brò unicamente la costumanza di affrontare que- ste atmosferiche vicende col trasferirsi quasi ogni dì ad un predio non senza applicarsi a qualche lie- ve esercizio . Sebben però non si querelasse il pa- ziente di dolore in verun punto del torace , pur non era molto facile il respiro ; la tosse non era molto molesta , gli escreati mucosi e non abbondanti . Ma nel dì seguente (12 gennajo ) cangiò in par- te la scena , ed abbondanti comparvero gli sputi di color cilestrino tendente al verdognolo , di fi- gura subrotonda , e di qualche consistenza . Man- cò nel domani la febbre , ma la respirazione proseguì a mostrarsi alquanto difficile , e gli spu- ti , oltre esser molto copiosi , erano altresì faci- lissimi ad espellersi . Un grave patema d' animo deprimente fece immediatamente risorgere nuova aaa S e i b 5 z e febbre nel dì 27 , la quale con diversa intensità sì protrasse fino al dì 4 fcbbrajo , e si vide corteg- giata or da calori o vampe fugaci , or da qualche leggerissimo convellimento , or da fugaci brividi di freddo . Facile il decubito su di ogni lato ; niun dolore al petto, salvo che qualche lieve sen- so di puntura fugace e vagante or nel!' un punto or nell'altro del torace; il respiro più celere, breve , e sibilante , specialmente all' emergenza di favella- re, di dimenarsi pel Ietto, o di sortirne per gli opportuni bisogni ; gli sputi non più purulenti , ma mucosi e difficili . Alla pratica de consue- ti presiti] terapeutici , come bevande teiformi d'ac- qua d'orzo , ossimele , scir(jppo tercbintinato, pillole kermetiche , si aggiunse 1 applicazione di ot- to sanguisughe fra gì' interstizj della 4 *^ ^ costa vera in ambi i lati dell' anterior superficie toraci- ca . Si ebbe poi ricorso alle solite fregagioni col linimento stibiato , e comparvero nei terzo dì numerosissime le pustole nell' epigastrica regione , e nella inferiore del torace : ma si diffusero pur anche nell' ippogastrico , ed alcune pure se ne pre- sentarono ai genitali , secondo il più ordinario co- stume . Alcune di esse , e specialmente sei , gua- dagnarono il volume di un lupino , ed erano alquan- to prurienti e rosse: turgide quindi di umore e om- bellicate offrivano un bordo argentino , rilevato, ed avente circa tre linee di diametro: acquistarono di poi un color cenerino plumbeo, suppurarono, men- tre le più esili disseccarono . Dopo il corso di que- ste fasi si poterono riscontrar calmati tutti i mor- bosi fenomeni con la totale cessazione della feb- bre nel dì iG, e tornò l'infermo a guadagnare il pri- miero tipo di salute , continuato avendo fino al 32 xuar^o r uso della decozione di lichene islandico . Uso DELLA POMATA STIBIATA 333 XXVIII. B. F. di anni 33 , nubile , serva di condizione, di temperamento stenico-eccitabile, ven- ne nel dì 3o agósto 1820 assalita da una febbre gastrica, la quale, dopo aver assunto un imponen- te carattere nervoso , fece un corso assai minacce-» vole . Comparve nella ly giornata un generale sudore con alleviarnento di tutt' i fenomeni morbosi che facevan treno alla divisata malattia . La paziente però dopo aver bagnato con questa specie di crisi qualche camicia , mal tollerando la molestia del ca- lore, volle da se rimuovere le ordinarie covertu- re . Tanto bastò per operare l'immediato arresto del sudore , e per veder cangiata la scena in altro piiì serio aspetto . Esacerbò la febbre con ottuso ma leggermente pungitivo dolore verso la inferior regio- ne dello sterno : tosse molesta , dispnea , decubito difficile sui lati, cute arida , sputi strisciati dì san- gue. Decorso un settenario si dovette decidere av- venuto un polmonare trasudamento , giacché dive- nuta era maggiore la oppressione di petto , più dif- ficile la respirazione , più molesta la tosse con spu- ti abbondanti e mucosi , poca febbre con esacerba- zioni vespertine. Si protrasse a tutto il seguente ottobre la descrìtta fenomenologia , finché nel no- vembre entrata in convalescenza potè dirsi circa i dieci del mese restituita in ottima salute , la qual di poi ha costantemente goduta . Dopo V uso delle be- vande emetizzate , dell' acetato di potassa , e delle polveri di Dower , si passò alla pratica di varie pre- parazioni scìllitiche con digitale ; ma tenue ritraen- dosi il giovamento da tali presici] , si ebbe ricorso alle unzioni con la pomata di Autenrieth , le quali si proseguirono con molta utilità per diversi gior- ni , e si produsse un' abbondante pustolazione . Si aggiunse finalmente la solita decozione di dulcama- i24 Scienze ra e di llcliene islandico per riparare al superstite languore polmonare, secondo i suggerimenti del som- mo clinico di Padova . XXIX. G. M. in età di anni Sa , madre già di molti figli, di temperamento stenico -inec- citabile , dopo avere incautamente trascurato sen- za veruna cautela una grave affezione catarrale per lo spazio di tre in quattro mesi, fu costretta ad assoggettarsi alle cure mediche nel dì 5 marzo del cadente anno, allorché venne assalila da una ben risentita febbre . L'abbondante espettorazione che vi era di materie mucose e linfari , si cangiò nel domani in copiosa espettorazione di sputì purifor- mi con angoscia , prostrazione di forze, respirazio- ne assai difficile , decubito impossibile sul destro lato, e tosse frequente e molesta . Il color degli spu- tì or si era di un grigio tirante al giallo-verdiccio, ora di un veide distintissimo , or misto di silfalte varietà: piuttosto fetido n'era l'odore , granellosa la consistenza , mista alcune fiate di solidi frammenti giallastri come di pareti di tubercoli non intiera- mente ammolliti o di false membrane: altre volte scorgevansi escreati giallastri e ben condensati ren- dersi misti e natanti in un disfacimento purulento ; e tanta n'era la copia, che un vase avrebbe potu- to empirsene nello spazio dì 24 ore dell'ampiezza di due pinte francesi . AH' apparato di tali morbo- si fenomeni congiunta la bassezza ed irregolarità dei polsi , la somma prostrazione di forze, l'estrema ma- cie, i sudori parziali e I7 vigìlia, non mancava a paventarsi che prossimo l'ultimo giorno di vita per la infelice inferma . Questi fondati timori però si cangiarono in lusinghiera speranza , allorché al con- nubio dei soliti presidj terapeutici ( come le larghe bevande teifornai di acqua d' orzo , la decozione Uso DELLA POMATA fiflBIATA 2aS della poligala , e quindi lo sciroppo terebìntinato ) si fece prontamente accedere la consueta prescrizio- ne jatralettica . Si paséò pertanto nel dì q marzo air uso delle frizioni con linimento preparato eoa una -Iramma di tartaro emetico e sole tVe di adipe; e prima di averne impiegata la metà si manifestò un' abbondantissima pustolazione . Molte fra tali pu- stole guadagnarono il volume di un' avellana, e so- pra la cartilagine mucronata alcune di esse riuni- te in una appalesarono una copiosa suppurazione, che ivi si protrasse fino a quattro mesi circa : altre con superficie lividastra versarono un umor sangui- nolento , che dopo alcuni giorni cangiossi in mu- coso puriforme. La convenienza del prescritto re- gime terapeutico venne sanzionata dalla prospera ri- sultanza; poiché andò la febbre gradatamente a ce- dere, egualmente che la tosse ; facile si rese il de- cubito in ogni lato, del pari che la respirazione ; e declinarono lentamente gli sputi dagli enunciati caratteri facendo acquisto dì lodevoli qualità nel colore odore e consitenza, e diminuendosi pur nel- la copia con gradazione. Si protrasse quindi a lun- go r uso della decozione di lichene islandico col latte caprino ; e nei primi di maggio potè dirsi la paziente ristabilita in salute. XXX. G. P. contadino sessagenario, di tem- peramento astenico-eccitabile , ammogliato , di me- dia fortuna , di un genere di vita attivissimo , so- stenendo sugli omeri in un con altri suoi tre com- pagni un trave per la dicesa di una incomoda e declive strada cadde, urtando il dorso sul suolo e ricevendo un contraccolpo sulla spalla sinistra dall' oggetto che andava trasportando . Nel do- mani ( primo giorno del prosimo decorso maggio ) incominciò a querelarsi di un dolor molesto e G.A.T.XX. i5 aaG S e 1 n rf a E pungitivo circa la sesta costa vera del lato sinistro, che sì diffondeva fino alla clavicola dell'istesso la- to . Nella notte seguente tenne dietro a tal dolore una orgogliosa febbre con somma difficoltà di re- spirare e di giacere sul lato affetto . Si trascurarono e dall' infermo e dal medico presidj di ogni sor- ta , a riserva di una decozione di legno quas- sia , sulla mira di provvedere alla nausea ed alla inappetenza (!!) , ed a riserva di due sanguigne che contro la volontà del medico curante vennero nel- la quinta o sesta giornata celebrate da un chirur- go . Giunto il paziente ai 23 di maggio richiese il mio ajuto , ed ecco in brevi accenti lo slato in che Io rinvenni . La sua respirazione era celere e frequente : il decubito era impossibile in qualunque situazione orizzontale : e costretto di sedere sul let- to col dorso adagiato su ben numerosi guanciali affine dì starsene elevato : la tosse importuna re- cava diuturne vigilie ; gli escreati difficili , deci- sivamente purulenti , ed accompagnali da sibilante respirazione, da minaccia di soffocazione, e da stre- pito ben riflessibile di materie nel petto . Prose- guiva tnlfora un senso di ottuso dolore alla sini- stra anterior regione del torace, con una sensazio- ne di peso versatile nel petto sul dimenarsi pel letto ; somma era la macie ; irregolari e bassi i polsi. La febbre presentava le vespertine esacer- bazioni alternate da mattutine rimessioni con parziali sudori . Prescrissi immantinente Y uso abbondante di una decozione di dulcamara cotanto raccoman- dala dall' ili. Borsieri , l'uso di altra decozione di lichene islandico alla mattina ed alla sera unita- mente allo sciroppo terebintinato , non che le fri- zioni col linimento emetico nella dose e propor- zione come neir ultima riferita istoria (num. ante- Uso DELLA POMATA STIBIATA HSJ ced. ) . Incalcolabile ed inatteso vantaggio ne fa ritratto ; giacché 1' indicato quadro fenomenologi- co- sebben cotanto imponente e minaccevole , can- giò gradatamente di aspetto fino a ricondurre il pa- ziente al primitivo suo stato normale di salute sul- la fine dei seguente mese di giugno . XXXI. Sospendo di ulteriormente aumentare questo articolo con tutte le altre osservazioni che ho con la mia propria esperienza raccolte , lusin- gandomi che luminose prove pel mio assunto pos- sano desumersi dalle poche finquì riferite . Qual- che avvertenza però piacemi ora soggiungere rela- tivamente alla preparazione delia pomata antimo- niale , ed alla nullità di effetto in alcune circostan- ze , innanzi di dar fine a queste pratiche annota- zioni . XXXII. Varie sono state le proporzioni dame seguite nella formola della prescrizione . Le maggio- ri dosi del tartrato di potassa antimoniato furono di una dramma e mezza di esso con egual dose di adipe ; le proporzioni le più comuni sono state di una dramma di tartaro emetico sopra tre di gras- so; la minima si è stata di una dramma di tar- taro sopra sei ovvero otto di adipe . I luoghi pre- scelti a confricarsi con f indicato linimento anti- moniale sono stati la regione epigastrica , la re- gione toracica anteriore , e talvolta si sono le fre- gagioni simultaneamente eseguite sul dorso fral margine interno dell' omoplata , e la colonna ver- tebrale : luogo ove trovansi i rami dei bronchi pili voluminosi , ma specialmente più avvicinati. XXXIII. Il processo tenutosi da un molto abi- le farmacista di questo comune, il sig. Netti, per la chimica preparazione del tartrato si fu in sulle pri- me quello che trovasi registrato nelle opere del SiU i5* \ 2 23 S c i^B rr a E ■vestri (24); nia ho fatto quindi adottare quello dell* egregio chimico Toffoli (26) , e con efficacia su- periore a quella del primo processo. XXXIV. Ha mancato in alcuni casi di com- parire la pustola/iotie ne' luoghi confricati. La ra- gione di un tal fenomeno o deve in certe pecu- liari condizioni dell' organismo rifondersi , ovvero neir esterno squittimarsi , cioè nel farmaco . Fra le varie condizioni dell'organismo deve sopra ogni al- tro rivolgersi lo sguardo a quello stato dell' organo dermoideo , che lo serbi insensibile o poco suscet- tivo a risentire le impressioni delle esterne irritan- ti potenze , come nella inferma , la cui malattia trovasi nel num. XX.IV. Talvolta addiviene ( sic- come già nella esposizione congetturale del modo di agire di questo eroico preparato mi espressi al num. V ) , che l'azione dinamica di esso preval- ga alla irritativa , ed allora con silenzio di questa direttamente opera sugli organi pneumonici il chi- mico dinamico preparato di cui si parla. Altre fia- te può ritenersi il fenomeno in quistione come un criterio , per cui conoscere ed assicurarsi che nel viscere del respiro non sì asconda veruna con- dizion patologica o almen leggerissima ed agevole ad essere con meno energici presidj profligata ; ma a tal conoscenza deve contemporaneamente guidar- ci la natura ed il carattere dei sintomi concomi- tanti la morbosa affezione. Posso quindi deporre , ^^4) Opere chimico-fannaceutichcec. con xiotc di Antonio Fora- ti ce. Dlilano, ii pag. 206. Memorie di Cori a49 Dardania , quindi Troja appellata , circa il princi- pio del secolo ventesimo quinto della creazione del mondo , che quasi corrisponde all' anno 1680 pri- ma dell' era volgare . In questo caso l'antichità di Cori può fissarsi a circa otto secoli prima della fondazione di Roma , che , secondo alcuni crono- logi (1) , si colloca neir anno 33oi , e secondo al- tri neir anno 3256 del mondo (2) . Siccome però non è improbabile , che le volsche contrade ed altri luoghi dell'antico Lazio , prima dell'arrivo di Bardano fossero abitate dai siculi e da altri popo- li barbari , così 1' antichità dei primi abitatori del monte , ove ora siede la predetta città di Cori, de- ve spignersi al di là della esistenza di Bardano , e degli otto secoli prima della fondazione della cit- tà di Romolo (3). 5. Neil' anno del mondo 280^ , osìa circa tre secoli e mezzo dopo Bardano, approdò sulle spiag- ge latine l'arcade Evandro , e con esso Catillo am- miraglio della di lui flotta , e figlio del famoso Jn~ Jiarao . Questo Catillo , a cui in Italia nacquero tre figli , Tiburto Corace e Catillo giuniore , dopo ave- re espulso gli aborigeni , possessori di quelle col- line sulle quali al presente vedesi la città di Ti- voli , ne migliorò la forma , v' introdusse la civi- lizzazione , e r abbellì col nome del suo figlio pri- (i) Brlet. , Annui, miind. tom. 1 pari. 2. (2) Usserius , Ann. nov. et vel. test. pag. 4o» (3) Contestano la grande antichità di Cori le mnra pelasghe , che esistono tattora sparse in molti siti interni ed esterni di essa città . Ved. Winckelmann, Stor. del desegno pag. 02 , Tiranesi , an- iicfi'. di Cori pag.3, Cardini, Roin. unt, pag. 27 ne U* appendice. a5o Lettbuatijra raogenito Tihurto (i) . Il secondo genito Cornee si portò a sollevare dalle ruine e rifabbricare la città di Bardano , dalla barbarie dei tempi e dagli anni quasi distrutta, per cui prese quindi il nome di Cora ; Dome che ha sempre conservato fino ai se- coli più civilizzati dell'impero romano , e che ne' se- coli successivi non sofFri variazione che nella sola ultima lettera del suo vocabolo. (i) Pare che non possa mettersi in dubbio ciò che ne pensa- no alcuni , che Catillo seniore , padre di Tiburlo Cornee e Ca- tillo giuniore ', sia stato il fondatore di Tivoli . Catone , presso So- lino Folyh. 7, scrive : Tihur a Catillo arcade praefecius classis Evandri condltwn . Orazio ode 6 lib. 2 ad un solo greco at- tribuisce la fondazione di Tivoli. Tihur argeno positum colono Sii meae sedes utinain sencctae. 1\ medesimo poeta neir od. 18 lib. i precisa specialmente il nome di questo greco colono : Nullain , Vare , sacra vite prius severis arborem Circa mite solwn Tiburis, et moenia Cai ili. Silio Italico chiama Tivoli la città di Catillo, Z/é. 4 = Quousque sub herculcos taciturno flamine muros Tomifera arva creant Anionicolique Catilli. E cosi ancora nel lib. 7. Hinc Tibur , Catille , iuwn. Lo stesso attesta Marziano Capella lib. 6. Tibur Catillus condidit praejectus classis Evandri. E Stazio lib. 3. Carm. 3. Sylv. Hinc tua tibur.tes faunos chelys , et juvul ipswn Alciden , dictumcjue lyra majore Catìllwn. E finalmente fra i moderni la pensano egualmente cosi il Nicode- mi lib.it il Cluverio lib.St il Kircher Lcd. yct. et noy* lib.3 par.i cap. 2 , ed altri» Memorie DI Cori a5i 6. Oltre la non mai interrotta e costante tra- dizione fra' corani , il quasi uniforme consenso degli scrittori al predetto Gorace dà il vanto di secondo fondatore e di ristauratore della vetustissima città di Bardano . Servio , comentatore di Virgilio , espressamente lo attesta , parlando dei tre figli di Catillo seniore: Coras ,e cujus nomine est civltas in //a/irt (i). Biondo Flavio narra lo stesso: Quinto ab ea milliario ad sinistrarli distat vetustissimi nominis op- pidum Cora , ah uno triumfratrum condita , quorum alius Tibur aedifica'vit (2) . Il Volpi si esprime così: De Corace quidem constans est apud coranos fama , n)eterum quoque testinioniis sufjulta^ Coram ipsum urbem intra veteris Latiifmes , licet volsci quando- que nominis ^fundasse (3) . Gio. Le Glerch nelle note al cap. jG del lib. 1 di Livio dice : /« volscis quo- que fuit Cora . . . Conditam volunt a Corace Tibur- ti et Catilli fratre (4) • Finalmente sieguono la comune opinione Leandro Alberti (5) , il Gatrou (6) , il Ricchi (7) ed altri. ■7. Secondo il contesto di questi scrittori par- rebbe , che il predetto Gorace fosse stato il primo fondatore di Gori ; ma in forza delle autorità sopra allegate , non potendosi di tal gloria Dardano de- fraudare , dovrà quello sempre riguardarsi per se- (1) Sarv. Coin. ad lib. 7. Mneid. varr. 670. (2) Blond. lied, ilhist. lib. i. (3) Volpi .Lai. ve/, prof. lib. 18 cap. 1- (4) Opcr. Llv. cum noi. Jo. Le Clerck ad usum Delfìni lib.2 cap. 16. (5) Descjiz. dell' Hai. pag. 126. (6) Histoir. Roni. toni. 1. lib. -i. (7) Ragg- do" yolsci pag. 368 e 387. aSa Letteratura condo fondatore e ristauratore della città medesima, conforme avverte ancora il Volpi:,, Comunque sia, ^, egli è d'altronde certo per uniforme sentimento „ di quasi tutti gli scrittori , che il greco Gorace „ germano di Catillo e Tiburto fabbricò la città „ di Cori ... Lo che peraltro non deve intendersi „ della prima origine di lei . . . giacché essa ri- „ monta fino ai tempi di Dardano ... Il predetto „ Corace la riedificò sulle sue ruine , la cinse di „ mura e di fortificazioni , sì che dagli abitanti ne „ fu riputato il fondatore , indotti a ciò anche dal- „ la somiglianza del nome(i).,, 8. Di che a prova maggiore non sembra di- spregevole congettura quella che ne risulta dalla uniformità del culto ad Ercole segnatamente pro- fessato da' tiburtini e dai corani . Fu questo cul- to nel Lazio introdotto , dopo V arrivo in Italia del preindicalo Evandro e di Catillo di lui ammira- glio . Lo attesta a chiare note Io storico di Ali- carnasso : Evander . . . primus omnium Herculem, divinis dignatus est honoribus (2) . È noto che pe* rapporti di Evandro con Catillo seniore questo culto in Tivoli stabilissi , e pe' medesimi rappor- ti è presumibile che fosse anco in Cori. 9. Il Corradini pensa del pari così . Dopo aver egli dimostrato , o piuttosto congetturato, che co- me i tiburtini a Tiburto , così a Corace i corani , rendessero onori divini , prosiegue nel modo seguen- te : Sic suspicor coranos festa Coracis sui condì" ioris quottannis concelebrasse . Ji namque suum pa^ rentem Coracem Tiburti fratrem jactabant^ ex Servio (i) Volpi loc. cit. Uh. 7 cciji. 1. (2) JJionys. Ilalic, Ilist. Roin. Ub, 1 pag. 72 edit. Sylhiir^li. Memorie di Cori a53 et aliis superius adductis . . . E^o enim puto cO" ranos Coracem Catilli filium et Amphiarai nepotem eorum conditorem putasse . . . Idque conjicitur ex tempio Herculis , quod nunc etiam visitar . . . Nar- rant plures^ relati apiid Kircher. in Lat. lib. 3 part.i cap 3 , Evandrum , post consecratum Ilerculem , ejdi" xisse sooios suos in locis , quae tura in Latto in~ habitabant , ei deo aras et aedes sacras dicare ; ob quarti rem memorant Tiburnum et fratres Catilli Evandri sodi filios Tiburi , et in aliis oppidis ab iisdem aedijicatis sumptuosissimi operis tempia /fer- culi condidisse . Porro id Herculis delubrum Evan- dri aetate Corae sacraium intelligitur etiam ex ve- tustis lapidibus ( i ) ■ IO. Infatti il Muratori ed il Volpi riportano la seguente iscrizione trovata in Cori entro il por- tico ove si vuole che fosse il detto tempio di Ercole , M . MANLIVS . L . F . L . TVRPILIVS . L . F DVOMVIRES DE . SENATVS . SENTENTIA AEDEM . FACIENDAM . GOERAVERVNT EISDEMQVE . PROBAVERE (2) È riferita eziandio dal Grutero, che accena trovarsi : Corae in Latio in monte ubi olim forte templumHer^ culis . Essa , corae qui sotto è a vedersi , differi- sce in parte da quella del Volpi , il quale per- ciò la chiama scorretta . (i) Conrad. Val. lat. prof. lib. i cap. 27. (2) Volpi toc, cii. lib, 7 cap. 2. , Muratori , Thes. Inscrip. pag, il^-j. a54 Lettera. TURA M . TVRPILIVS . M . F . L .«TVRPILIVS . P . F DVOMVIREI . DE . SENAtVS . SENTENTIA AEDEM . HERGVH FACIENDAM . COERAVERE . IDEMQ PROBAVERE (i) II. Altro marmo trovato pure in Cori fra le ruine del suddetto tempio , e dallo stesso Volpi allegato , fa chiaramente conoscere essere stato ad Ercole dedicato . HERCVLI . SACRVM (2) Finalmente un terzo consimile monumento fra le medesime ruine rinvenuto dimostra ad evidenza , che un Marco Calvio^ probabilmente corano,fece un qual- che ristauro , o accrebbe qualche nuovo abbellimen- to a quel sagro edificio - Questa lapida è riportata dal Volpi , non che dal Grutero . Quella del pri- mo differisce di molto dall' altra. La volpiana per- altro sembra più giusta e corretta . M . CALVIVS . M . F . PAP . PRISCI ADLEGTVS-IN . ORDINEM . SENATORIVM A.TI. CLAVDIO . GAESAKE . AVG . GERMANICO DE . S . P . F . (3) (1) Grut. peto; 43 n. i5. (2) Volpi loc. cU. llb. 7 ccip. 2. (3) Volpi loc. ciU Quella riportata dal Grutero pag. Sgi dice cosi M . CALVI . M . F . FAP . PRISCI FIDE . M . CALVI . PAP . PRISCI PATR . ADLECTI . IN . ORD SENATORIO . A . TI . CLAVDIO CAES . AVG . GERMANICO . GENS INTER . TRIBVNOì ; T . CALVI . M . F 255 la. Oltre la uniformità del culto di Ercole fra i corani e i tiburtini (i), anche Apolline , Escula- pio , e la Fortuna faceano parte della teologia pa- gana degli uni e degli altri . Riguardo ai tiburti- ni si è bastantemente provato (2); e resta del pari costatato riguardo ai corani . Un marmo elegante trovato in Cori , e riferito dal Volpi , fa conosce- re che ivi esisteva un tempio sagro, ad E^culapio, è che dagli abitanti al medesimo rendevasi un culto. HESCVLAPIO , ET . HYGIAE SACRVM G . OPPIVS . G . F . LENAS VI . VIR . ET . AVG HONORATVS . IN . TRIBV GL . PATRVM . ET . LIBERVM GLIENTIVM . ADSCENSVS PATKONIS . SANCTISSIMIS COMMVNICIPIBVS . SVIS QVORVM . DEDICATIONE SINGVLIS . DEGVRIONIBVS XIH . AVGVSTALIBVS ... XII . ET GOLONIS . GOENAM . DEDIT L . D . D . D (3) (1) Tutti gli scrittori delle cose antiche parlano di questo tem- pio di Ercole in Cori. Fra gli altri il lodato Winchelmann toc. cit., il Piranesì loc.cit., e l'autore del compendio della geografia univ. ediz. del Poggioli ì.%0% parlando di detta città si spiega cosi: Cori tinìichissiina città da' volsci e patria di molti antichi celebri ca- pitani . Vi si vedono le mine di un tempio di Ercole , ed altri avanzi di anlichilà. Esistè tuttora intatto Tatrio ed il pronao del tempio medesimo. (_2) Slor. di Tivoli i Disc, prelim. art,^. (3) Volpi toc. cit. aS6 > IiEttehatura Con questi monumenti resta provato il culto in Cori di j4polline e della Fortuna . Il medesimo Volpi riporta le seguenti iscrizioni ivi puro trovate : la prima delle quali è relativa ad AppoUine, e l'al- tra alla Fortuna . I. APOLLINI -. AESGVL ... O ... M PRAE . . : DEORVM . ir. FORTVNAE . OMNIBVS . ANTEPONENDAE COLEN . EX . G . D . PEQ . Q . PLEB . DIGA . MAE (i) . i3. Vivendo ancora Evandro, Gatillo senio- re e i di lui figli , seguì l'eccidio di Troja , e quin- di r arrivo di Enea nelle spiagge di Laurento , nell* anno del mondo 2472 , e circa l'anno 11 74 prima della era volgare . iVella guerra famosa dalla pre- senza e dalle pretensioni di Enea suscitata nel Lazio, Gatillo giuniore e il predetto Corace fecero una luminosa figura, se possiamo attenerci all'autorità del poeta di Mantova . Facendo il novero dei po- poli contro il trojano avventuriere collegati, Vir- gilio così parla degli accennati fratelli: (2) Tum gemini fratres tiburtia moenia linqunt Fratres Tihurti dictam cognomine gentem Catillus , acerque Caras , argiva iuventus . (1) l^olpi loc. cit. (2) Aeneid. Icb. 7 vers. 669. Memorie di Cori aS»? Da questo testo sembra potersi dedurre die du- rante la guerra trojana, Corace non erasi an'^ora se- parato dai fratelli , né avea lasciate le mura ti- burzie; per cui è presumibile , che la riedificazione di Cori , e la intrapresa di lui su questa città, se- guissero ultimata la guerra predetta . ( Sarà continuato ) Elogio del conte Giulio Perticari^ composto dal prof . Paolo Costa , e da lui recitato alP^accademia de" felsinei nelf adunaza de i6 febbrajo iftaS . Bo- logna in 8.** I|uante volte ricordami della vita del mio dol- ce amico e maestro conte Giulio Perticari : e sa il cielo come ciò avvenga continuamente : al- trettante mi ricorre subito alla memoria quel det- to dell' Alighieri s „ Vedi se far si dee Y uomo eccellente , „ Sì eh' altra vita lo prima relinqua , Perchè nel vero se furono grandi , per non dir sin- golari , le virtù sue fra gì' italiani , grandi anche e singolari furono gli onori di che gì' italiani lo meritarono : intanto che una bella schiera di leggiadri scrittori non sembra da lungo tempo essere iu al- tro , che in dar lodi a quest' uno e piangere la sua morte . Né ciò solamente fanno gli amici, o quelli che nelle lettere seguirono la sua parte : ma sì pure con onesta emiUaion ecoloro che o noi conobbero mai fuorché della fama , o fino senti- rono contra le sue opinioni . Raro esempio sopra la terra , e veramente rarissimo in questa Italia : posseder molto, come dicea Senofonte , e niuno G.A.T.XX. 17, 258 LeTT EU ATURA avere invidia di te , niuno volerti nemico . Es- sere virtuoso , e i non virtuosi potertelo perdonare. Il prof. Paolo Cosla fu degli amici più cari del conte Giulio : siccome è certamente de' più dotti e gentili scrittori che onorino a questi giorni l'italiana letteratura . Siccliè ben mi sovviene d'aver sentito dire più volte ai mio morto maestro: che dall* usanza con molti i quali hanno fama di letterati spes- so non ebbe a trarre che noje : ma dal conversa- re col Costa non s'era partito mai senz' averne ca- vato frutto di qualche grave o nuova dottrina. Sin- cero testimonio d'un uomo , che fu vero specchio di generosità e di sapienza : testimonio , che tor- nando in gran lode dell" illustre professor ravignano, non mostra meno la modestia del gran pesarese : il quale essendo in età così giovane potuto perveni- re là dove non pervennero che pochi altri e dopo avere sudato tanti anni , non fu tuttavia che mai levasse l'animo a ninna superbia : mai che si fa- cesse miserabile frodatore de'meriti dovuti altrui. E stata principalmente questa dolce ami- cizia , che ha dettato al Costa l'elogio di lui re- citato ir» Jiologna nelT accademia celebre de' felsinei: intorno al quale sarà pregio di questa poca scrit- tura l'andar toccando qualche parola , senza però dif- fondermi a farne le molte lodi . Perciocché par- mi che valga bene ogni gran lode il solo dire eh ò opera di Paolo Costa . Oh sì veramente; ivi è tutto ciò che vuol Dante perchè uno scritto possa sti- marsi degno : la bontà^ ch'è nella sentenza ; e la bel' lezna , eh' è nelt ornamento delle parole. Due sono le parti nelle quali il Costa divide il suo ragionamento: la prima è sul vero uficio di chi professa le lettere , e sugli attuali bisogni dell' Ita- lia: l'altra è sugli studi , sulle fatiche , e su' pen- Elogio dil Pbrticari aSg sieri dì Giulio. Così, egli dice, sarà facile il co^ nascere se Vetà presente, riguardandole operazioni e il buon volere di lui, abbia giusta cagione di chiamarsi contenta , Per ciò che si appartiene alla prima parte , pone egli assai saviamente , che fine delle lettere sia il perfezionare t umana ragione e il purgare i costumi. Questo dee fare, secondo il Costa , chiun- que nella repubblica desideri aver degnamente per la bontà dell' ingegno un luogo d' onore in mez- ^o tutti gli altri concittadini : questa è vera lode desiderabile , aggiunge egli , per la quale dee tol- lerare l invidia ed anche V ingratitudine de viventi chi ha sentimento della propria dignità , chi bra- ma che il nome suo vada per le bocche de posteri nella lunghezza de' tempi. Dopo le quali , ed an- che altre considerazioni, venendo opportunamente a discorrere i gravi bisogni della nostra letteratu- ra , così coir usata dottrina sua prende a parlare ( cart. 7 ) : „ Ne' primi tre secoli della letteratura „ fra noi risorta i poeti , gli oratori , i filologi „ pongon l'ingegno a far rivivere l'antica sapienza, „ a castigare i vizi, ad ammansare i costumi fe- „ roci : e Ira le discordie e le guerre tanto sale „ nelle lettere e nelle arti l'italico ingegno , che „ forse non potrà mai avere speranza di altezza „ maggiore ; ma nella pace del secolo decimoset- „ timo sembra quasi che perda di sua naturale „ virtù . La poesia e l'eloquenza , prive del vigo- „ re e dell' anima che ricevono dalla Scienza mo- „ rale e dagli alti e liberi pensieri , si perdono in „ vanità di falsi concetti , e pochi scrittori riman- „ gono casti in mezzo alla universal corruttela . I „ filosofi naturali, meno odiosi alla sospettosa po- ., litica di que' dì , scosso il giogo dell' autorità '7* 20o Letterati; K A „ d'Aristotele , trovano molti veri ; ma il costoro „ esempio , con quello di pochi altri , non basta „ a ricondurre nel buon sentiero la smarrita ragio- ,, ne de' letterati. Frattanto nella vicina Francia, ,, alla luce di quella filosofia che trionfò de' peri- ^, patetici , l'eloquenza e la poesia ajutate da Lui- „ gì XIV si mostrano in forme diverse e tutte ,, belle e dalla servile imitazione lontane . Tale è ,, il destino delle lettere : ora sorgono , ora dechi- ,, nano, seguitando o la buona o la rea condizione ,, degl' imperi . La nuova filosofia per le opere leg- ,, giadre de' francesi entra in Italia , e cessa il de- ,, lirare del seicento : ma la lingua , che anche ,, durante la corruzione dello stile si mantenne ,, purgata ed ingenua, si fa licenziosa e bastarda. ,, Pietro Metastasi© commove gli animi a pietà e „ maraviglia : ma i dotti si dolgono che la favel- ,, la nelle opere di questo poeta non sia sempre „ pari agli affetti e all'ingegno . Il Frugoni tenta „ sulla lira ì modi latini : ma dietro a lui si apre „ un' ampia scuola J'innetti rimatori , di trovatori „ di ciance, d' improvvisatori , che ammcr^ano „ Italia . Il Varano , il Gozzi , il Parini , l'Alfie- „ ri ed il Monti si sforzano di ricondurre all'ono- „ re il secolo decimo ottavo : ma tanta è la fre- „ nesia de' novatori , che f italica lingua precipita „ alla barbarie. A che stato era venuto il nostro „ teatro , se ne togli le opere del Goldoni , dell' „ Alfieri e del Monti ? A che la profana eloquen- „ za e la sacra ? Quante opere si videro in prosa „ ed in verso, che avidamente desiderate da ogni „ condizion di persone mettessero negli animi l'a- „ more della sapienza , l'odio dell'errore, ed aju- „ tasserò il nascere della civiltà , che pur si vede- „ va grandissima fra quelle geati , che da taluno ' Eto^io DEI. PauTicARi aGt „ per consuetudine antica si chiamano ihàrbare? La- ,, sciamo di gloriarci degli avi , e guardiamoci ia „ seno . Oh quanti sono i bisogni della nostra let- „ teratura ! Nei passati secoli molti furono gì' in- ,, terpreti e gl'imitatori, ma non pochi ancora quei „ che si gloriarono di belle invenzioni , tuttoché il „ sapere d' allora non altrepassasse i confini fra i „ quali fu lasciata da Platone e da Aristotele . Ma „ oggi , che la ragione ha trapassati que' limiti , „ dovranno forse le lettere rimanersi in angusto „ recinto , e passo passo seguitare l'antichità ! Al- „ tre fatiche i tempi ci domandano : perciocché col „ crescere delle cognizioni crebbero anche i bisogni „ dell'intelletto Giulio Perticari conobbe i suoi tem- „ pi , e a dare alle lettere gli opportuni ajuti tutta „ spese la breve sua vita , siccome ho fede di far „ manifesto . „ Quindi si fa il Costa a narrare la vita lette- raria e civile del Perticari : la quale per questo an- drò io pure toccando con quella maggior brevità di parole che mi sarà possibile . Nacque egli dun- que nella terra diSavignano, una delle più chia- re della Romagna, a* dì i5 del mese d'agosto 1779- Suo padre fu il conte Andrea , il cui avolo per l'eredità Lapi s'era già fatto de* pesaresi : e sua madre la contessa Anna Cassi; un cavaliere e una dama, come tutti sanno, d'egregia bontà: i qua- li vedendo come l'onesto fanciullo dava di se spe- ranze anche maggiori del suo picciol tempo, vol- lero che prendendo gli abiti clericali fosse subito nominato abate di s. Eligio in s. Angelo |e ca- nonico di Savignauo. Nel 1791 andò a fare suoi studi nel collegio di Fano : dove , com' egli so - leva poi dire , non apprese altro che ad amare uit poco le lettere : perciocché tale era la pessima con- sGa Letteratura dizione degj* insegnamenti che a que' giorni v'era- no in uso , ch'egli dovette dopo qualche anno coti sua grave fatica dimenticare tutto ciò che vi ave- va imparato. Uscitone il 1796, visse ora in Pe- saro , ed ora in Savignano: nel qual tempo essen- dosi spogliato la veste ecclesiastica strinse quelle care amicizie , che poi lo legarono costantemente a Girolamo Amati , a Bartolomeo Borghesi , e al conte Francesco Gassi. JNel 1801 venne in Roma la prima volta ad apprendere matematiche sotto il Pessuti ; e così giurisprudenza nell'università. E qui egli, fattosi amico e compagno al cavalie- re Luigi Biondi , incominciò finalmente a bene amare i classici , qui a conoscere le piij ripo- ste eleganze latine, qui a non giurar più cieca- mente sulle parole del Cesarotti e del Bettinelli . Il che sia pur detto a lode di questa Roma . JNiuno creda però , che già il Perticar! fosse sul buon sentiero di scrivere e di pensare ; ma un gran passo sì fa verso il bene quando pur si principia a dubitare del reo. E certo nel Pianeta Piazzi^ poema eh' ei mise fuori nel 1802, trop- po chiara si vede ancora t imitazione di quella mano d'orgogliosissimi , che otteneva gì' incensi su quegli stessi altari, ond' erano slate tolte' le im- magini dì Dante, del Petrarca, del Poliziano, deir Ariosto e di quegli altri del cinquecento. Nel i8o3 volle essere in Napoli : d' onde tornato fra noi dopo tre mesi, qui si trattenne improvvisan- do versi col Biondi e col marchese Di Negro fi- no al novembre del 1802, in che saputa la mor- te del conte Andrea suo genitore dovè ripatiiare e farsi capo della famiglia . Ognun sa come in quel tempo alcuni italiani d' egregio senno, e fra questi principalmente il Ce- Elogio del Perticari a63 sari , il Costa , lo Strocchi , il Giordani e il Mon- trone , slancili di dover più tollerare l' avvilimen- to in che si giaceva la nostra letteratura ; si fe- cero di forza a gridare contro de' novatori e del loro stile e della loro favella : mostrando a tutta Italia, essere oggimai venuto a tanto di corruzione il nuovo latino , come lo chiamò Dante , che tardando una mano adjutrice , non avrebbe più traccia in breve di quelle forme , che lo resero il gentilissimo dell* Europa . Il Perticari stette da prima infra due : dall' un canto tirandolo le leggiadre scritture, che i nuovi restauratori mettevano in luce ; dall' al- tro r autorità di molti uomini di lettere incanu- titi in mezzo l' errore , e la consuetudine che co- gli anni si fa natura. Non poteva egli, come dice- vami un giorno , avvezzare così sul primo le orecchie a questa pace e semplicità delle opere del trecento : le sue orecchie usate fino da giovi- netto al tanto fracasso de* suoni, di che rimbom- bavano i vuoti versi e i periodi di quasi tutti i prosatori e i poeti che vissero sul finire del seco- lo XVIII . Ma finalmente vinse in lui la causa degli ottimi, non che fonore d'Italia, com'era bene a stimarsi dover succedere in quel magnanimo petto: sicché dopo breve andare non fu egli quasi più in altro , che intorno la divina Commedia e gli scrittori de' secoli dell' eleganza r sempre però u- sando il senno di grave filosofo , che sdegna in tut- to i miserabili studj della pedanteria . Forse il suo primo passo sulla vera traccia de' buoni non si vide chiarissimo che l'anno i8i i, quando in una Cantica fatta alia maniera dantesca prese a celebrare la na- scila del figliuolo dell' imperador de' francesi : cosa tutta spiriti e gentilezze, da cui, per così dire, sembra veramente eh' avesse principio la sua vita nuova nel gruu regno della leUeraiura . a64 Letteratura Sposò nel 18 13 ia Costanza Monti , figliuola di quel cavaliere Vincenzo , che siede sì alto fra' poeti italiani : una eulta e vaga donzella , che fu poi in tutta la vita sua il maggior piacere che avesse . Intorno il qual fatto , perchè non sennbri che io mi sia quasi dimenticato del Costa , ecco ciò ch'egli scrive a carte i3 : ,, Gli studj so- „ gliono generalmente la compagnia e Y ajuto di „ più menti desiderare, e massimamente gli spe- „ culativi , ne' quali occupavasi il nostro Giulio; „ laonde al numero eletto degli amici suoi cercò „ di aggiungere il poeta Vincenzo Monti , ed ac- „ quislatane l'amicizia volle rassodarla con stretto „ nodo di parentela, prendendo in moglie Costan- „ za figliuola di lui, fanciulla di belle sembian- „ ze , di alto animo , e di pulite e scelle lettere „ ornata .„ E prendendo poi con bel discorso a par- lare delle principali opere, alle quali il conte Giu- lio pose allora e T ingegno e la mano , così pro- siegue : ,, Considerando egli che un popolo , il „ quale abbia guasta la propria favella, viene a „ mancare dello strumento che unico può dirige- „ re e nobilitare la ragione , lodò sommamente „ coloro che ci esortavano a ritrarre l'idioma no- „ stro all' antica proprietà e semplicità , ed a fug- „ gire la pazza scuola ove il tumido ed il falso „ erano tolti in luogo del nobile e del vero: ma „ veggendo che la già incominciata restaurazione „ poteva guastarsi per alcun vizio novello , soc- „ corse di ottimi consigli l' ingegno de' giovani ^ „ che stavano dubbi fra le disputazionì di due „ sette contrarie . Parlò de' corruttori e de' super- „ stiziosi : i primi de' quali coniando a loro sen- „ no parole e modi si credevano lecito quanto „ loro piaceva ^ Gli altri per troppa religiosità E1.0G10 DBL Perticar! 265 „ scrupolosi e servili non vedevano essere salu- „ te , fuori che nel beato secolo dell' oro ; ed oro „ purissimo agli occhi loro pareva tutto che rin- „ venivano nelle cose de' vecchi scrittori. Il Per- „ tieari fattosi mediatore fra queste- fazioni corn- ai- pose il suo libro intorno gli scrittori del tre- „ cento e i loro imitatori. Ivi ragionò della di- „ visione del parlare illustre dal plebeo per la „ dottrina di Dante fondata nello stesso trecen- „ to , né più da' posteri rammentata , anzi dal vo- ,, cabolario distrutta . Disse prima dello stato del- ,, la grammatica e delia favella in quel secolo , „ seguitando 1' opinione stessa dell' Alighieri , del „ Petrarca e del Boccaccio , la quale nelle opere ,, loro con sottile esame raccolse : poi dello stato „ de' manuscritti e delle stampe e degli errori de' „ copisti , che per alcuni furono credute gentì- „ lezze e care gioje della favella ; e da queste co- „ se dedusse che lo scrivere del secolo dell' oro „ non fu in tutti gli scrittori oro purissimo , e „ che si dee tenere per falsa 1' opinione di quel- „ li che dicono alla lingua del trecento nulla po- „ tersi accrescere e nulla togliere : lodò una schie- „ ra di scrittori forniti di rara semplicità e gra- „ zia , ma avvertì la gioventiì di non imitarli , ciecamente: perciocché cercando il semplice, il „ naturale, il grazioso, facilmente si cade nel vi- „ le, nell'arido, nell'affettato. Avendo per ulti- ,, mo dichiarato il modo di studiare gli antichi, ^y a noi segnato dall' esempio de' classici autori „ che dal secolo decimo quarto fiorirono sino al „ nostro , garrì la stoltezza della setta pedante- ., sca nemica della nostra gloria , che falsando „ la forma del favellare degli antichi vorrebbe „ che mostrassimo in noi 1' ignoranza di quelli . 2GG LETTEftATUftA ., DelestaLile scuola tV insipi'li tessitori di vane „ parolette e dì forme disusate, che insterilisce gli „ ingegni e rende odiose le più lodate scritture „ de' nostri vecchi , ma che pur troppo , al dire „ di Giulio, fu in ogni tempo e in ogni t^mpo „ sussisterà a danno della ragione e del vero . ,, Affinchè agli occhi de' superstiziosi manifesta „ fosse la molta scorrezione delle opere del tre- „ cento , il Perticari si fece ad emendare ed a sana- ,, re alcuni testi di lingua, ed in breve il Convito e „ la Vita nuova di Dante a miglior lezione ridus- „ se e di filosofiche note illustrò . Da queste fati- „ che per consiglio del dotto suocero suo si con- ,, dusse ad una maggiore . Il Ditlamondo di Fa- ,, zio degli Uberti è il primo didascalico poema „ composto in Italia, , e fatto ad imitazione di quel- „ lo di Dante non , è indegno di stargli vicino ; „ perciocché purgato nello stile vanta ricchezza di „ modi, ha molle parti splendidamente ornate ed ,, evidenti , racchiude quanto sapevasi a que' gìor- „ ni e della geografia e della fisica e dell' astro- „ nomia e della storia de' popoli : e molto ne am- ,, maestra intorno gli usi , i costumi , le opinio- „ ni, gli errori de' nostri padri : è libro, a dir bre- ,, ve , che non meriterebbe di starsi fra la pol- „ vere delle librerie sconosciuto agli stranieri , poco „ noto agi' italici . Ma ad obblio somigliante venne „ condannato per gì' infiniti errori dei copisti e „ degli stampatori , che pochi luoghi vi lasciaro- ,, no intelligibili e chiari : nulladimeno esso fu iti ,, tanta venerazione agli accademici fiorentini , che „ inavvedutamente registrarono nel vocabolario co- ,, me genuine forme di bel parlar gentile molti ,, termini e modi , che il Perticari ha dimostra- „ lo essere deformità e scoaciamenti . Ollertasi duu- 3t Elogio del Perticar:i 2G7 que air animo di lui la bella e desiderata impresa „ di restaurare questo poema , in pochi anni con- „ sultò venti manuscritti e le notazioni marginali „ di quelli di Venezia , di Torino , di Modena e „ di Cesena . Insufìicienle materia al suo divisa- ,, mento ! Perciocché essendo quei manuscritti spe's- ,, sissimo nello errare concordi , gli fu bisogno , „ per cavar luce dalle tenebre , di valersi della eru- „ dizione e della filosofia. Con tali presidj perven-r „ ne a porre in luogo delle strane e contratfatte pa- ,, role , e de' falsificati nomi d.gli uomini , delle „ città, é delle cose, i nomi proprii e sinceri e le „ chiare sentenze dell' antico poeta . Così l'imma- „ tura sua morte non gli avesse tolto di compi- „ lare le chiose, che oggi non avremmo , rispetto a „ quel poema , nessuna cosa a desiderare ! Per „ queste fatiche del Perticari fu chiaro che agli an- ,, tichi libri si dee studiare con cautela : che se la ,, lingua illustre vuol esser monda dalle macchie , „ che in esso non veggono i superstiziosi , vuole „ eziandio e5sere guardata dalle profanazioni e dai „ guastaraenti de' libertini ; che il nostro , come „ ogni altro sermone, ha un essere suo , una sua „ particolare fisonomia , che senza gran biasimo npu ,, gli si può togliere : ma che per questo non è vie- „ tato , quando necessità lo richiegga, di arricchirlo „ di nuovi termini e modi , essendo proprio di tutte ,, le favelle il distendersi a misura della sapienza „ del popolo che le parla . Anzi cotal facoltà è di „ tutti gli scrittori d Italia : perciocché italico e „ non toscano dee chiamarsi quell' idioma , che al „ latino fu tra noi sostituito dopo l'invasione de' bar» „ bari , e che da' poeti e da' prosatori d'ogni no- „ slra provincia fu arricchito, nobilitato, e per- „ fezionato . „ aGS LsTTRRATtlRA ' Quindi si accese naovanii^nte ia Italia l'antica- quistione sol nome di questa nostra favella: preten- dendo alcuni che piuttosto abbia a dirsi toscana , aozi fiorentina : ed altri in vece volendola così italiana che, siccome disse Dante, sia di tutte le città no- stre . „ Leggiera quistione per avventura ( soéiglun- ,, gè il Costa ) e di nessuna utilità sembra cotesta: 'ii e tale fu riputata da alcuni stranieri, che delle ,, cose nostre ridono di buona voglia , e da qne- „ gii italiani cui pute ogni cosa che di là da'mon- „ ti nata non sia . Ma se la lingua. Come dissi te- „ sto, è strumento dalla cui perfezione dipenda „ quella della ragione, e dei concetti e delle imma- „ gini che per gli orecchi si fanno strada all' ani- V, mo , manifesta cosa è che sfortunatissimo sareb- „ be quel popolo che mal fornito di sì fatto stru- ,, mento fosse costretto per esprimere i proprii pen- „ sieri a valersi del dialetto d'una sola città . Sfor- „ lunati i filosofi e i letterati , che per le diverse città ,, d'Italia dimorano, che sarebbero obbligati a co- „ stringere l'ingegno entro i limiti del toscano sapere, „ o a mandar prieghi agli accademici fiorentini , „ acciocché fossero contenti di dare spirito e cor- „ pò col labbro loro autorevole ad ogni nuovo con- ,, cetto che in mente toscana non fosse nato . Sia „ lode al Perticari , che la comune ragione degl' „ italiani ha valorosamente difesa e vendicata . „ Per le due maggiori opere di lui , e segnata- „ mente por la seconda , più luminose risplendo- ^, no le dottrine dell' Alighieri , onde la lingua il- 1, lustre dai toscani dialetti è dipartita . Dissi per ,, la seconda , cioè per quella che tratta dell'amor ,, patrio di Dante e del suo libro del volgare elo- ,, quio ; imperciocché in essa dopo aver egli dife- Tt so il poeta, e colle ragioni de' filosofi morali e Elogio DEL Perticaivi 269 „ colle stesse parole della Divina commedia , dalla „ taccia che a lui davano d' uom maligno , ven- ,, dicativo ed odiatore della patria, cercò di sco- „ prire la storia delle voci , delle forme , de co- „ strutti e della grammatica della nostra favella in „ quel sermone romano , che per cinquecento an- „ ni fu di tutti gli abitalori dell' Europa latina. „ Del resto fu il conte Giulio non meno lette- rato grande che virtuosissimo cittadino i e tanto amò questa povera Italia , che ad altro non pose maggiormente V ingegno che a crescere la sua glo- ria . E quale altra gloria più bella e durabile che quella che le proviene dall' altezza della sapienza ? Fu poi di tale integrità nelle magistrature, sia ve- gliando in diversi tempi al governo della sua pa- tria , sia sedendo giudice ; che parve a tutti uno specchio delle virtù degli antichi : e ad esso prin- cipalmente devono i pesaresi il loro rinnovato tea- tro, frutto della sua eloquenza, anzi della sua ca- rità verso i poveri . Imperocché quella nobile fab- brica fu meno innalzata a pompa di spettacoli, che a compassione di chi nell'anno 1817, per la gran carestia che desolò tutta Italia , non aveva altro mezzo] di guadagnare onestamente la vita . Sul quale argomento sono a leggere due orazioni di lui recitate al consiglio di Pesaro : le quali sarebbe pur bene che fossero tra le mani de' giovani an- che più che non sono , reputandole delle cose più gravi ed eloquenti che sieno escite in Italia a que- sti ultimi tempi. Io non so che niun giornale ne abbia parlato mai : pel motivo di non essere an- date attorno che poche copie dell' unica stampa che ne fu fatta in Pesaro a spese di quel comune . ]Sè qui vorrò tesserne un lungo discorso : ma sì, al» le persone che ancora le ignorano , porrò così per S'jo Letteratura piacere a leggere un passo singolarissimo della pri- ma , onde si abbia un saggio della bontà di tutto il nobilissimo scritto. Guardate ( egli vi dice a' signori del consiglio di Pesaro) guardate come guest' opera è a voi glo' riosa . Imperocché sembra che il cielo stesso non ci abbia afflitti della presente calamità nel rinnovato regno pontificale , che per mostrare a popoli quan- to sieno paterne e divine le sollecitudini d'un eccle - si astice governamento : e che la carestia minacciata abbia ancora la città nostra , perei: è possiate far prova della vostra larghezza , del vostro ossequio ni principe , del vostro affetto a questo popolo ge- neroso . Della virtù de patrizi si fa cimento ne* pubblici mali , siccome di quella degli amici nelle private calamità . E non già con vane ciance e con fasto puerile a modo del volgo , ma con opere co- raggiose ^ con sottili provvedimenti ^e con pietà mes- sa in atto , sr onorano i monarchi , e si benefica- no le città . Qui si vuol fare e non dire : che di vento e di voce niun popolo si pasce . Pascetelo dunque : e fra poco vedrete voi come questi buo- ni operai vi rimeriteranno del beneficio , quando a sollevarvi delle cure de pubblici Jaiti v'assiderete in quel novello teatro eretto ed ornato dalle grate lor b ''accia . Una grande una estrema letizia sarà cer- tamente quella^ che allora vi prenderà il cuore : né quivi gusterete già quell ozio solo , per lo quale la virtù quasi svanisce , ma quello per lo quale si ri- conforta ,• quando fra le dolcezze del suono , del canto , e della gioja popolare vi scenderà dentro l anima la licordanza soavissima di questo giorno , e della presente vostra misericordia . Or via de^ cretate . Ne vogliate turbarvi , se alcuni diranno , la gloria di quest" opera esser piccola e profana . Elogio del Perticari 371 Sialo s ma il fine e quello , // quale , hencK ella siasi profana , la solleva sopra la sua stessa natu~ ra . Ne piccola già sarà certamente se la lode ve ne rimarrà finche duri ella e la sua memoria. Che anzi questa onorata fabbrica starà in su gli oc-' chi de posteri ad avvisarli della provvidenza vo- stra , e della necessità d' imitarvi ; onde non so da quale opera pubblica possiate sperare mia tanto lun- ga memoria^ come quella che vi promette la pre- sente deliberazione . Opera solenne^ che non può rimanere ascosta ad alcuno : beneficio costante^ che niuno ins^rato potrà mai disirfingere; nobile monu- mento , che nelle pubbliche calamità sarà segnato dalle dita del popolo , finché ne rimanga V ultimo sasso . E così rinfirescherassi la memoria de vostri nomi congiunta a quella delle vostre virtù : e fa- rà forse miglior fede di voi questo edificio eretto per una cagione sì bella , che non tutte le laudi di quelle bugiarde pietre che vi copriranno il sepol- cro . Non vogliate dunque porger mente a coloro , che nemici di tutti i buoni squarciano sempre la bocca in parlar male delle alte opere ed onorate : imperocché il biasimo de cattivi è un grande ap- provamento della bontà delle cose : ne vi curate pur degli avaria perchè sono elli più degni di pietà che quei poveri stessi , le cui ragioni qui difendiamo : essendoché alla povertà poche cose mancano , e aW avarizia tutte . Voi ben sapete che il patrizio vero non debbe sbigottirsi di cosa alcuna , dove conosca il bene della patria : eli ei pone sua gloria nello arricchirsi non solo d' oro , ma di virtù : anzi di virtù solamente. E già per questa avete ordinato che si rifabbrichino le vie : che il porto sia riparato: che i mendici sieno alimentati : per questa alcuni di voi soccorrono le misere filatrici : altri innalzano 372 Lkttbratiira case : altri prestano grandi somme agli ospizii pie-- tosi : altri a comperare frumento ; e così la santa carità , che mai non torse gli occhi piangenti dal^ la cattedra di Pio , già injiammò di se tutti gli ani' mi per tutte le sue terre , e il lutto della carestia cangiò in un solenne trionfo della pietà . Passati sono i giorni delle guerre e delle fazioni-, ogni parte gode di pdce: è questo il quieto regno, in cui tutte le arti deb- tono rifiorire^ le cose tutte andare riposate ed allegre j e perdersi perfino la memoria de" feroci ordini di guerra distruttori di questo giardino dell' universo y e dis- sipatori di tutte le civiltà degli uomini . Non pia ci spaventa la imagine del futuro '. non una soz- za e mortifera faccia di monarchia pasciuta colle nostre sostanze , briaca del nostro sangue , la qua^ le aneli a dominare per mezzo i mucchi dei cada- veri , e sopra le ruine e fra le ceneri della guasta ed infranta umanità. No : ora non avete a gittare danaro a pie di chi strugga le vostre mura , ma darlo a chi ve le adorni : non ai barbari ed agli strani , ma ai vostri fratelli ed ai miserabili . E il darete in nome di lui , che vi ha riposti neW an- tica paté , ridonata l'agricoltura , la vita civile , la famigliare , i figli , la religione -. che ha profusi a questo popolo tanti beni , alla nostra magistratura tanti onori , che ha ricollocato fra queste mura il principato splendidissimo della provincia . In nenie di lui guardate i vostri fratelli : vedete come in que- sto punto tutti osservano le vostre mani , da cui spe- rano lavoro e pane : e non vi chiedono già né le vostre case , ne i vostri campi : vi chiedono di ven- dervi le loro braccia , e il sudore delle loro fron- ti . Imaginate che avanti le porte di questo pala- gio ^ e nelle piazze che lo circondano^ stia gran tur- ba di artigiani , i quali gemono privi di lavoro : Elogio del Pkivticari 273 che udirono già parlare di questo teatro , e vi fon- darono un ultima speranza alle languenti loro J ami- glie . Essi tutti si stanno là , colla faccia levata colle mani alte ^ tremando in ogni pensiero or di timore or di gioja , e aspettando il fine della pre- sente adunanza . Che farem noi ? Vorremo uscire di questa sala , passare nella piazza dinanzi loro , e dire che negammo di trovar rimedio al loro bi- sognai E dirlo a que miseri che ci giacciono avan- ti ? Che ci stendono la mano nel nome di Dio ì Se dovranno sentire questa dura sentenza , e che fa- ranno allora quegf infelici ? Si guarderanno tun t altro '. giungeranno le mam., girando gli occhi ver- so del cielo , come dicessero a Dio : / nostri fra- telli ci hanno abbandonato . Poi freddi , stupidi^ ri- torneranno alle 'Vuote lor case , e mostreranno nelle mute lacrime la futura fame ai fanciulli ^ alle ma- dri , ai vecchi infermi , alle povere mogli loro . ^h , consiglieri , non già . Voi direte a questi buoni ope- rai , che tutti vi siete alzati al loro soccorso : e che raperà è decretata . Fon fine il professor Gesta all'elogio ricordan- do le virtù del suo Giulio : le quali veramente fu- rono tante e sì belle da innamorarne chiunque eb- be a conversare con lui. Egli benefico, egli inge-» nuo , egli fiore di cortesia : egli ottima figlio fe spo- so e fratello : egli tutto sempre dei suoi amici , e di natura finalmente sì dolce , che ninno fu mai né più schivo della vendetta , ne più pronto al per- dono. Onde un giorno che aveva forte cagione d'es- sere in sullo sdegno conlra un suo vecchio ami- co , entrando io Ira mezzo come pacificatore : Non temere , egli mi disse , che io mi lasci condurre all'ira. Una rotta amicizia^ dice il mio Monti ^ è come un tempio diroccato , sulle cui mura passeggia G.A.T.XX. la ^74 Letteratura eternamente la religione . Fu poi de' maggiori filosofi eh' io m'abbia mai conosciuto : valse cioè grande^ mente in quella scienza difficilissima ^ che, sicco- me ne scrive Seneca, affranca l'uomo e lo tiene fuori delle stolte opinioni del volgo . „ Abborrì finalmente ,f (sono parole del Costa a cart.aS) il costume di co- ,, loro , cui la letteratura sembra quasi un campo „ di battaglia , sicché in quella si affaticano e su- „ dano solo per oscurare la gloria d'altri ; e ricor- „ dando che l'uomo, giusta il detto di Cicerone, „ essendo nato all' onestà , viene dalla cattiva edu- „ cazione e dalle prave opinioni corrotto , tutte le „ forze della mente a bene indirizzare i traviati ado- „ perava : e il solo immaginare i vantaggi che dal- „ le sue scritture sarebbero venuti alle genti, era- „ gli diletto, conforto e premio d'ogni fatica. Tal fu il conte Giulio Perlicari. Felici le no- stre lettere s'egli avesse potuto evitare più a lun- go il comun destino degli uomini ! E la morte non fosse venuta a strapparcelo sul fiore degli anni il dì 36 di giugno 1822 ! Ma benché il tempo di lui sia terminato sì presto : „ Non vi par dunque ( i\- ,, niremo anche noi col nostro Costa ) non vi par „ dunque ch'egli abbia degnamente occupato uno „ de' primi gradi della letteratura ? Che abbia adera- „ piuto il nobilissimo uQzio suo ? Che il suo se- „ colo debba chiamarsi pienamente contento delle „ opere e delle intenzioni di lui? Salvatore Betti. 75 VARIETÀ' In morte del S. P. Pio FU SONETTO. U so al santo de' chiostri ozio soave. Dopo cruda stagion di colpe e guai AI maggior soglio ascesi : alsi e sudai In porto a trar la combattuta nave . Ma nove] nembo di sciagure grave Raddensarsi per ciel fosco mirai : Dal Tebro in bando, lacrimoso i rai. Mi addusser armi ambiziose e prave . Sol me del mondo il vincitor non vinse: Che fermo cor gli opposi: e tornar vane Tai.'te arti, e invano prigionicr mi strinse. Roma aliin m'ebbe trionfante in seno: Al ciel poi salsi . AI successor rimane Il popol mio di far felice appieno . Djjl makchese Giuseppe Antinori. Incisione in rame. Il valente incisore in rami sig. Marchetti romano ha di recente condotto a teraiiue una bellissima incisione rappresentante .juclla tavola di Dante e Beatrice che s'incontrano nel purgatorio, dipin- ta dal nostro sig. Filippo Agricola: della quale noi abbiamo parlato in .jucsto Slesso giornale voi. XXXIX. Duopo è con lessare, che il Marchetti ha trasfuso nel suo lavoro tutta quanta Tanima e la stìa- 18" 376 V A n I K T a' vita e la castigatezza di disegno , non meno che la robustezza di colorito che ammirasi nel!' originale. 11 taglio del suo bulino è opera da maestro : e noi vivamente speriamo vedere eseguiti da lui anche gli altri tre quadri de 'sommi poeti italiani, che, come si dis- se, il medesimo illustre pittore conduce per ordine dell'altezza se- renissima della signora duchessa di Sagan ; alla quale è intitolata questa prima incisione di Dante e Beatrice . Grande anatomia del corpo umano rajjprcsenlaia in 44 tavole dal professore Paolo Mascagni . Fisa presso Niccolò Capurro , co^ caratteri di F. Didot, X atti i più accreditati giornali politici lettcrarii e scientifici non solo di Toscana , ma benatiche dell' alta e della bassa Italia , ave • vano annuiiciata la pubblicazione della tanto desiderata Grande anatomia del celebre prof. Paolo Mascagni , lasciata inedita alla morte di lui nel 181 5 . Già un Prospetto , accompagnato da una bella te^ta incisa, aveva assicurato del modo e del tempo di questa pubblicazione per opera laboriosa e dispendiosa de' chiarissimi pro- fessori dell' università di Pisa cav^- Andrea Vacca Bcrlinghieri, Gia- como Barzellotti , e Giovanni Rosini , Ma qualunque annunzio , qualunque descrizione che far si volesse con aggiustate parole di questo immenso ed unico lavoro anatomico sarebbe certamente as- sai minore del giusto , e dar non potrebbe che la più imperfetta idea del medesimo : non potendosi ciò ottenere che sottoponendo all' occhio una delle figure intere colorite al naturale , come noi con altri valenti professori romani abbiamo avuto la fortunata oc- casione di poter fare in questi giorni , per la molta cortesia del prelodato sig. prof. Barzellotti , osservando la prima per la parte anteriore. Tutto in essa si sceme proporzionato e bene espresso. La sua grandezza d'uomo adulto e di grande statura ; la sua alti- tudine animata , come le belle figure del Vcsalio jdiscgnaic da Ti- ziano ; la sua muscolatura ben marcata , e con varietà di colorito distinta i gli organi esterni tutti bene espressi; i sistemi, die sotto Varietà.' 377 alla cute appariscono , co' naturali colori e nelle più minime parti tracci.iti ; le anastomasi dei vasi con vasi , nervi con nervi, i liga- menti più appariscenti, e quant' altro occorre nel corpo umano sulla faccia anteriore di tutta la figura , fanno dire spontaneamen- te e per puro sentimento del vero e del bello , che questa è la vera struttura umana , tal quale nel cadavere ben preparato si ve- de » e come r autore ritraeva da esso con trent' anni di assidui studi , fatiche e dispendj . Da questa figura cosi interessante , ar- guendo delle altre che gli esimii editori con egual zelo e premura successivamente daranno alla luce, si può esser sicuri di avere co* dettagli e le tavole de' visceri tutta intera V anatomia umana , e tal quale si presenta naturalmente : e se i pubblici stabilimenti d'istruzione sanitaria ne faranno l'acquisto , potranno molto fa- cilitare il conseguimento delle nozioni anatomiche alla gioventù, e tener viva nella memoria degli operatori di chirurgia la posizione e natura delle parti da sottoporsi al taglio . — Il prezzo è fissato a franchi 120 per ogni fascicolo tirato iu nero, più franchi 5 per la materia; dimodoché tutta l'opera costerà 1126 franchi, pari a 97 zecchini circa . Le poche copie che si eseguiranno in miniatu- ra ( cioè stampate a colori , e terminate col pennello ) varranno 280 franchi per fascicolo. Versi del conte Alessandro Cappi di Ravenna . 8. Bologna dalla iipograjla Nobili 1^20. ( Un voL di cari. 45- ) li sig. conte Cappi è un giovinetto poeta « che usa lodevolmen- te i nostri classici . Sicché l' Italia prende di lui una gran- de speranza; singolarmente dopo esser venute in luce queste sue poesie , nelle quali son molte cose scritte con felicissima ispirazio- ne e con favella pura e soave . An«h' egli dev' essere , per quanto pare , del numero di que' beneàuguratì , che hanno avuto in Ra- venna a maestro di belle lettere il chiarissimo professore Farini , uomo d' alto sapere , il quale nell' eleganza di scrivere ha tolto a molti le prime palme» Chi volesse un saggio del verseggiare del sig. Cappi, ecco un bel passo del suo Invito di AniavilU a novella sposa. s'jS Varietà.' „ vieni alle selve , o cara mia latmìnlla : 5, Per te non fanno le città : di pace ,i Hai tu disio , ma povere di pace „ Son le cittadi . Lo dicea Fileta, „ Pastore grave d' anni e più di senno ; „ eli' ei distingue i pianeti , e ben gli è conto „ Quando Orione e quanto Arturo splenda, „ E che sia la dipinta Iri celeste, „ Che le folgori e i venti : ed é di vita „ Intemerata e pura . E lo dicea „ Un giorno, che soletto al sacro fonte „ Il trovai delle ninfe , ove offerendo „ Poveramente un' agnelletta e poco „ Latte con altri pastoiali doni , „ Le pregava a tener da noi divisa „ Ogni ria colpa che a città si apprese . „ Oh con qual core ei le pregava ! Oh come „ Piangendo e sospirando dipingea „ Il fiero odio civile, e le divise ,. Voglie , e lo spento amor dell' opre oneste „ E la ingorda insaziabile dell' oro „ Sfrenata cupidigia ! Ed eccone un' altro della canzone in morte del conte Giulio Perticari: Ah ! se del nostro male ancor ti pesa. Colà d'innanzi a Dio Prega, che il secol torni a noi sereno; Che la tua terra d'ogni buon disio Si nutra, e stiasi intesa Agli studi del vero e a ogni beli' arte ; Che ralligni virtudc in questa parte (*) (*) Di grazia stia bene attento il giovinetto poeta in queste inversioni ; onde non debba mai generarsi equivoco ne' leggitori : perciocché la parola parfe è qui posta cosi , che sembra piuttosto riterirsi£ad essa , che a vlrtude , le cose dette nel verso seguente . V A U I E T a' 279 D'ogT)i felicilà prima radice : Quella terra è infelice Ove la luce del saver non vive , Ma più infelice è ciucila ove vien iiieno Virtude , e rcgnan bràrae empie e lascive . Deh ! ascolta, alma cortese, il mio parlare Per le cose c'hai qui più dolci e care . Perché volendo noi sinceramente lodare il sig. Cappi di ciò che ha scritto, e confortarlo bene delle cose che scriverà in avvenire, useremo le parole di Cicerone a Fabio Gallo : Urge igitur , nec iransversum unguem ( quod aiunt ) a stylo • Is enitn dicendi arti- fax ( eie. epist. ad diversos Vll 26 ) i Bella flo^o4 nelle fehlri inierinltlenìl perniciose, lettera di Fran- cesco Fuccinolli al prof. Giacomo Toininasini ec. 8 Urlino per Vincenzo Guerini 1823 ( Un voi. di cart. 48 ) X arleremo di questa egregia operetta ne' volumi avvenire: come Anche AqW Istoria delle febbri perniciose di Roma negli anni 1819 1820 1821 scritta dal medesima chiarissimo medico, la quale esci- rà fra poco alla luce per associazione in due tomi in 8. Ì)e vita Dominici Coppolae, archiepiscopi myrensium , multis et magnis Roniae honoribus pcrfuncti Piis VI et VII pontificibus muximis , commeniariumi 8. ( Un voi. di cart. 5o. ) IVJLonsignor Domenico Coppola nacque iri Napoli verso la metà del secol passato , e furono suoi genitori il conte Cesare e la Pe- tronilla Giustiniani di Genova . Fece egli i suoi primi studi nella patria università, ov' ebbe a maestro di lettere greche Salvatore Gri- maldi , di nlosofia il padre Cavalli , di giurisprudenza il consigliere Navarro, e di teologia monsignore Giuseppe Rossi che poi fu arci- aSo V A n I E T \ vescovo di Nicosia. Ordi/iaiosi sacenlote , \cnne n Roma nel 1778, seguendo i consigli di n^onsig. Vicentini nunzio apostolico alla corte iiapolitana: e qui fu subito nominato da Pio VI, prima suo came- riere segreto, poi prelato domestico, votante di segnatura, segreta- rio della congregazione de' sacri riti , esaminatore de' vescovi , pre- sidente dell' accademia ecclesiastica . Turbati poscia per grande di- savventura gli antichi ordini dello stato da quella mostruosa l'orma di nuova schiavitù, che prese il gran titolo di romana repubblica, non volle il Coppola rimanersi piià in una città, d'onde era stra- scinato in bando un pontefice non meno per dignità che per an- ni e per virtù venerando; e perciò ritiratosi in Napoli presso de' suoi buoni fratelli , non fece fra noi ritorno se non quando sedate in parte le cose nostre fu Roma liberamente restituita all' autorità del sommo pontefice successore di Pio VI. Grandi si furon gli onori eh' ebbe anche nel nuovo pontificato ; intantochè fu eletto segretario della sacra congregazione di propaganda, in quel medesimo tempo che n'era prefetto il cardinale Gerdil : presidente dell' accademia di religione cattolica , segretario delia teologica , arcivescovo di Mira e vicario della basilica vaticana . Né in mezzo si gravi carichi dimenticava egli le utili scienze e le lettere: anzi avresti detto , che in quell'animo gentilissimo non entrasse altra cosa, oltra la religione, che fosse più il suo piacere . Onde se era fra' primi nelle accade- mie sacre instimite da monsig. Wlaicucci patriarca di Costantinopo- li, e dal padre Cristianopulo domenicano ; non fu certamente fra gli ultimi in quelle degli arcadi , de'quirini, de'forti, e singolarmen- te degli occulti eh' adunavasi nelle camere del principe D. Baldas- sare Odescalchi duca di Ceri . Quindi egli amato da tutti , da tutti desidei'ato : dotto , sincero , cortese , caritatevole , vero esempio d'antica virtù. Ed era oggimai vicino all' onor della porpora: e già tutti , come suole accadere nell'iinialzamento degli ottimi, ne vi- vevano in belle speranze, e allegrezze ; quando la morte ce lo ven- ne a rapire, dopo un lungo stare malato, il dì i3 di dicembre 1818 neir età di soli anni 67. Autore del comentario che qui annunciamo è il maggiore de- gli amici ch'egli si avesse, cioè a dire monsig. Gioaccliino Tosi ve- scovo d'Anngni: un prelato , come tutti sanno, dottissimo , e già se- Varietà* 28* grctario delle lettere latine del sommo pontefice. Né qtti ha egli mancato a se stesso , sia nella gra\'ità delle sentenze, sìa nella bon^ tà dello stile, sia nel cosi necessario lucido ordine delle cose nar- rate. Noi ne potremmo riferir molti esempi: ma non concedendolo gli stretti limiti d'wn giornale , staremo contenti a recarne solamen- te alcuni. Cosi egli, toccando a cart. 12 la somiglianza che la lin- gua italiana ha maggiore colla greca che colla latina: N'am prete' ierquam qiiod ( dice ) eloquentia se/nper una est , qimscunque ad res slve divinas sive hitinanas adinoveatur , ejusque spccies et for- ma ab iis est proinde pctcnda qui eam optime omnium compi'ehew- derunt et expresserunt , italica lingua valde proprior gfaecae quarti latina est . Quod quidein , Me pluribus disputem , omnino ad de- monstrumlum valet , quod si ad verbum graeca in nostrum sermo- nem converteris , purum inquam et incorncptwn , elegantein ac splendidum planeque vernaculum , non inquinatum et obsoletwn ac peregrinitale infiiscaium , certe illa nativum nitorem et venustatem ac Icporem ornutumque sic translata retinent . Cernere id^ exem- pli caussa, licet maxime in libris De sacerdotio s. Joannis Chry* sostami , quos politissime vertit et animadwersionibus reconditiorìs cujusdam doctrinae refertissimis illustravit Michael Angelus da' coinellius archiepiscopus chalccdonensium , vir litleratissimus et cla- rissimus, qui eidem ac nos muneri ìionestissimo conscribendarum pontijicis maximi nomine latinorum epistularum praefuil : ncque in dissimili ac nos fortuna est versai us . At si eodem modo latine verteres , terentianiim illivd merito tibi objiceretur, quod ex grae* cìs bonis latinos facias non bonos . Quare Tullius ipse duas con- irarias Inter se Vemosthenis et Aeschinis orationes projìtetur se convertisse non ut interpretem , sed ut oratorem , verbaque non ad- numcrasse lectori , sed tamquam appendisse . Della lingua latina poi ecco con che tulliana maestà parla a car. 29: Latimi porro lingua, incorriipta utique et ìntegra, quali romani utebantur veteres, quibus bellicosi sùmae orbis terrarwn na- ■oTics et reges potentissimi parebant , ingenio et inoribus congruens pnpidi omnium gravissimi ex imperiosissimi , majestatem et gran- ditatem quondam wia maxime sonat : qua nulla idcirco ad res iractandas divinas et ecclesiasticas optior et opportuniof v'ideatur t si prudenier et perite sciteque ad illas accomodetur . 282 V A n I K T A.' Ci è finalménte dIoTce il poter riferire quest'altro luogo a cart. 24 in che monsignore ragiona del principe D. Baipassare Odescalchi e dell' ■egregio figliuttilo di Itti sig. commendatore D. Pietro nostro amatis- simo direttore : Ac fcana ^ (juac de Dominici Coppola^ éxquisita iloclnina et viriide percrebuercd , dommolus Balthctsmr Odescal- ■cJìuis , Lh'ii Brachianl ditela JiluLS , eaerilum ipsc dux , mci;^nwn tìm,..,..y' Le egloghe pescatone di Azzio Sincero Sannazaro napolitano re- cate in versi italiani dal cav. Luigi Biondi romano . 8 Torino , tipografa Ch'Ho e Mina 1823. ( un voi. di cart. 55. ) N e parleremo ne' volumi avvenire . Tabella dello stato del Tevere , desu kto dalV altezza del pelo d'acqua sult orizzontale del mare^osservato aie idrometro di Ripetta , al mezzo giorno. If 0 V E M B R E 1823. GIORNI. METRI. PALMI ROMANI. OSSERVAZIIONI. 1 8,58 38. 4-. 4 1 2 3. 7,88 8,00 36. 3. 35. 9. 1 3 Altezza massima S,53. 4 7,66 34. 3. 2 5 7, 16 6,60 Sa. 0. 3 6 29. 6. 2 Altezza minima 5,77. 7 6.42 28. 8. 3 « 6, i5 , 27. 6. 3o. 7. 2 ' 9 6,85 4 Altezza media 5,9B> lo 6,60 29. 1. 0 11 6, i5 27. 6. 2 12 6, 00 26. 10- I i3 6, 00 26. IO. 1 '4 6, 00 26, Ì.O. 1 i5 5.99 26. 9. 3 i6 6,96 26. 7. 2 *7 6,95 26. 7. 2 i8 5,95 26. 7. 2 ^9 6,88 26. 0» 4 20 5, 85 26. 2. 1 21 5,81 26. 0. 0 22 5,81 26. 0. 0 23 5^79 25. 11. 0 ^^4 5,78 25. 10. 2 26 5,79 25. It. 0 26. 5, 81 26. 0. 0 27 6,80 25. 11. 3 28 5,79 25. 11. 0 29 5,78 25. 10. 2 3o S. 77 25. 9. 4 3i il Osseri'azioni Meteorologiche fatte alla Specola del CoUeg.Rom. Novembre 1823 0 0 MATTINA C[fVU?itO^ 1 S Baroniet ER A. Igr. Barometro ferm. Igr. Barometro L'erm. ro ' ?erm. Sr- I 27 9 3 I 1 2 25 2 27 9 0 13 I 3' 6 27 8 8 IO u 9 6 2 27 9 4 7 2 10 6 27 9 i lo 9 ì7 8 27 IO 0 99 2; 2 ^ 27 IO 7 7 5 17 0 27 10 8 10 8 32 8 27 11 3 90 20 1 4 28 0 8 6 8 17 7 28; 0 9 11 4 37 8 28 0 8 IO V •4 4 " 28 I 6 4 «^ 14 7 28; I 0 lo 7 39 9 28 I r, ,11 0 ji u 6 7 28 3 3 5 1 IO 2 28 2 2 IO 4 30 2 29 9 28 3 0 1 9 5 3à 1 25 0 28 1 7 5 ol 12 9 28; I 5 IO 0 28 0 9 1 IO 0 8 27 II 5 8 28 4 6 9 «' 21 0 ^-ì 28 4 2 6 2 13 » 23 3 3 12 4 35 •«.■• 0 2 2 s. I o Zra. 0 s. , c'ra» •.! s. poli. 0 2^ s.n. o 36 Zra. 0 n.s. pò.ma.t ■ :!>.'"■ po.lih. 0 nel).*! ! p,4 n. 0 3.'. Ira. 0 s.p.n. s;r./cv. 0 s. tra.ma.o .25 S.p.lL. 0 iS //•a. 0 a. Ir. ma. ^ s. Ira. 0 neh* nel).* •■xt s, 1 0 /ra. ni s.n. /ni. i s. pò. ma. 0 2- II. 0 '1 Ira. I s.p.n. Zra. 1 s. Ira. m nel).* a8 II. o 24 Ir. ma. 1 II. /ra. in s. Ira. 0 neh* 129 II. o 2^ fra. 0 II. 0 79 Ira. 0 a. s. gre. ni P'^SS- lilo s. 0 24 ^r. 0 s. tra, m s. pò. ma. 0 n*p.n.+ 1 IMPRIMATUR^ Si vldebitur Reverendissima Patri Mag. Sacri Palat. Apostolici. J. Della Porta Patriarcha Constantinop.Pro-F'ic^ NIHIL OBSTAT. Petrus Glauda D. C. IMPRIMATUR. lY. Thomas Dominicus Piazza Mag. et Soc, Re- verendissimi iS, P, A. M. 389 SCIENZE ■ • -i Memoria sulla idrqfohia , di Àgo&tino Cappellai* letta neir accademia de" lincei il 3 1 ì luglio 18:23 (continuazione e fine) . u. n divario cotanto solenne fra ingegni cosi elevati per dottrina e per rr.edica scienza non dee recare stupore , se considerarsi voglia , come di sopra accennossi , il densissimo bujo in cui avvol- gesi la misteriosa natura de' morbi contagiosi. Se non che conoscendosi de' medesimi l'istorico anda- mento più o meno analogo, quello della idrofobia tan- to dissimile ci si rappresenta, cbe dalla tessuta sto- ria si rilevarono a chiare note le infinite contraddi- zioni ; le quali , a noi trasmesse , rimontano , se mal non mi avviso, a molliplici svariate sorgenti . Vogliono queste tenersi in somma considerazione, peu conoscere che i risultamenti ottenuti dalle mie poche sperienze, da ripetute osservazioni confermati., conservano quelT impronta di costante uniformità , la quale manca presso scrittori d' altronde celebri di quest' orrendo morbo . Imperocché prima d'inol- ti'arci nel designato sentiero, fa di mestieri riflette- te, I. Che pochi sono slati gli sperimentatovi fedeli, i quali abbiano moltiplicate con esatta diligenza le dovute ricerche nell' indagare la rabbia cani- na. Al contrario non è scarso il numero di quegli, scrittori , i quali spaventati dalla fierezza del ma- le , o dalla sua infrequenza poco addollrinaU ^ G.A.i .XX, 19 3()o Scienze coalribuirono per isolati fatti o per false preTer)"» zioni a stabilire principj assurdi ed inverosimili ; 2. Che la disparità delle opinioni d' uomini ce- lebri neir arte , la nullità dei rimedi da' mede- simi praticati , fecero loro abbandonare il pensie- ro di ulteriori investigazioni . Dall' altro canto la facilità colla quale , per iraprevedute circostanze , si decantarono , da uomini anche illuminati, le vir- tiì dei vari rimedi contro la rabbia , fu causa parimente di conseguenze erronee e fallaci; 3. Alcu- na delle tante proteiformi affezioni nervose somi- gliante in qualche modo ai parosismi della rabbia canina, la idrofobia sintomatica , quella morale , su- scettive ognuna delle trp di guarigione, perloppiiì indistintamente confuse colla rabbia essenziale in- curabile , invilupparono maggiormente l'ordine no- sologico di questo morbo; 4. L'ossequio alle medi- che dominanti teorìe , giammai stabili ma se«ipre va- ganti , come insegna la storia medica , fu non lie- Te cagione di errori in un male sì oscuro e mi- cidiale ; 5. La credulità volgare che in ogni morbo canino sogna di sovente la venuta della vera rab- bia , il di lei empirismo che affastellò favole so- pra favole , diedero finalmente sostegno a un edi- lìzio privo di basi fondamentali . Le quali riflessioni premess», conviene avver- tire che le mie ricerche , da oltre due lustri inco- minciate , più altamente mirando diedero nqlladi- meno non disutili rìsultamenti . L' in allora vigen- te teorìa che Tun contagio distruggesse l'akro spìn- semi a sperimentare , se il pus vaccino e la ro' gna canina bastassero a neutralizzare il virus idra- ybbico , ed a preservare dalla idrofobia. Il qua l ten- tativo riuscito invano, die' impulso ad un secondo , di osservare cioè al primo apparire della rabbia ^11 loiioroBiA api effetti del pia favoreggiato metodo di cura . Ma quello totalmente mancò; perchè ne provenne un terzo prin- cipio per me affatto nuovo , ed inconcusso per le osservazioni ulteriori . Vale a dire : che la rabbia dopo il suo primo passaggio in un altro animale^ non escluse le specie dello stesso genere Canis , pia non conserva la sua forza venefica , ma ri- mane del tutto distrutta , non riproducibile quindi come riproduconsi le malattie contagiose. Lochè vie- ne evidentemente dimostrato dalle seguenti prove di fatto (i) . Un cane da guardia di Luigi Mosti , molinaro in Tivoli in contrada del colle, dopo due giorni di malinconia, nel giorno i3 maggio 1810 incomin- cia verso sera a ricusare il cibo , diventa assai timido , ingoja appena qualche sorso di acqua, ri- tirasi in una grotta . Il padrone , che non lo perde di vista, se ne avvede: con catena al collo lo ri- conduce in una stalla , ed ivi lo lega ad una tra- ve , perchè teme che possa arrabbiarsi, quantun- que abbia ei rilevato che il suo cane non fu mor- so da alcun animale sospetto di rabbia. 11 doma- ni, giorno 14 maggio, sul levare del sole osserva il Mosti che il cibo lasciato al cane è intatto : lo vede tremare , e mandar fuori un lagno profondo e compassionevole . Verso il mezzo giorno il cane abborrisce la luce , freme alla vista dell' acqua , digrigna i denti , colla lingua di fuori , in alcuni intervalli , tenta di slanciarsi contro gli astanti , e la saliva scorre dalla bocca in abbondanza e spumo- sa . Non rimanendo più dubbio che la rabbia sia (t) Deve qui avvertirsi, che quando parlasi nel corso di quest» mcm. di rabbia spontanea e comunicata, ciò è dietro le più mi nute ed esatte indagini . •9* QQ-i Scienze il male attuale , verso le cinque pomeridiane con un* archibugiata il Mosti anticipa al suo caneforr se di pochi rtiomenli la morte. Incontrorai a pas- sare nel punto in cui fu tirato il colpo di schiop- po s ne domando io la cagione : lo slesso Mosti mi si fa innanzi, e mi narra quanto si è detto . Mi venne tosto l'idea di sopra espressa. Entro in una vicina bottega di un fabro , prendo un pezzo di vec- chio tubo di latta, e v'introduco con tutta destrez- za una quantità di bava del cane testé ucciso . In-r volto il tubo in un foglio di carta scritta , mi por- to immediatamente a casa: prendo tre penne, nel- le quali conservavasi del fresco pus vaccino; col- la mia saliva unisco il detto pus alla sj^liva del car- ne rabbioso - Legato un gatto nelle quattro estremi- tà , e copertagli la testa ( tenuto fermo da una vil- lica assistente) , colla punta affinata di un tempe- rino, mediante due incisioni cutanee nell' esterno della coscia sinistra, v'introduco una quantità di que- sto liquido . Sul far della notte era terminata quest' inoculazione. Lasciasi libero il gatto in una soffit- ta , da cui non poteva avere sortita alcuna : ma ■vi feci prima porre nn piccolo tino pieno di acqua, e adattare ad uno sportello della finestra una cor- dicella portata fuori del piccolo sportello della por- ta , onde a piacimento vedere si potesse il gatto , e dare o togliere luce al medesimo. Il giprno vegnente, i5 maggio, circa le ii della mattina m' impossesso di un cane da macel- lo affetto da scabbia inveterata. Rinnovo quanto erasi praticato col gatto : e colla catena al collo lo lego ad un palo di ferro fissato al muro . Vie- ne indi chiusa ia camera; e raettesi a portata dei medesimo un caldajo pieno di acqua . Tre vol- te al gioruo sono da lue visitati ambedue : e Idrofobia apS sommìnistraiii loro regolarmente sufficiente cibo, che consiste in pane , carne , ossa , formaggio ec. Fi- no a che non appajono i primi forieri del male, conservano eglino sempre V abito iSsico naturale . Gh« anelili cane i quantunque incatenato, dopo cinque o sèi giorni sembra più vivace , e ralle- grasi ógni vòlta che mi vede comparire alla porta. Il giorno 2'j maggio, vale a dire dopo i3 gior- ni dall' innesto ^ incomincia il gatto a miagolare fuori déirordinario , stassi ritirato in un angolo del-' là soffila , ricusa apertamente di mangiare, non si vede bere : AÌ tocco di una canna ^ sdegnasi , ma rimaile immobile: lagrima copiosamente. Nel gior- no seguente, i4 dopo linnesto e 2**. del male, in- furiasi air apertura dello sportello della finestra , fremè alla vista di un piccolo specchio . Una pe- nosa angòscia lo tormenta : la bava è abbondantis- sima fuori dalla bocca ; il miagolò è cupo. Toc- cato don un piccolo straccio bagnato involto ià cima della detta canna ^ s' irrita con forte rabbia , salta di qua e di là ^ le convulsioni lo incalzano ^ cade tramortito . Di lì a poco risorge con maggior furore. Sulla mezza notte sembra che sia già tra- passato , ma appena sporgesi il lume entro la sof- fitta , che ritorna tantosto a infuriare ^ come nel passato giorno. Alle 3 pomeridiane, giorno terzo del male, pare avvilitissimo : ma una tetra ferocia pili facile a concepirsi che a descriversi gli si vede di- pinta nel volto. Alle 6 tornasi a tormentare colla solita canna , ed ei la morde con una fierézza che at- terrisce : in molte ore della giornata , meno un con- tinuo treraolamento , sembra rimaner tranquillo neir oscurità . Suscitasi di nuovo il furore alla vista della luce ; la bava piove incessantemente dalla boc- 60;. Alle IO pooicndiane si trova morto . ayif S e I E X X K AlTinfuori del cerveilo , si esaminaroBo; la mat- tina appresso colla maggior precauzione tutte le al»- tre viscere . Le vie della deglutizione e della It)- quela, meno un leggero slavamento , non prescn- larono alterazione di sorta alcuna w' II lobo destro del polmone era leggern:>ente alterato. Luogo il ca- nal digestivo si rinvennero alcune livide strie ^negl' intestini tenui. Tutte le altre viscere, inclusive le parti sessuali , erano nello stalo di natiatà . La sa- liva era assai tenace e viscosa r gli umori gastro- enterici avevano un colorito cenerognolo* La bile epatica e cistica aveva il suo color naturale. L'esa- lazioni gazose delle esaminate cavità non davano alcun fetore straordinario. , Il cane , nel giorno aS dopo Tinnesto, vale a dire il dì 8 giugno , comincia a contristarsi, vedesi svo- gliato, sta sempre coricato in terrai; Verso l'nna po- meridiana mangia qualche piccolo framtnefìto di pa- ne: alle due si disse da una servente dottiestica che bevesse ancora : alle 6 della sera fiottav a di tanto in tanto , e giacevasi tuttora per terra . L' occhio erai spaventato è lagrimoso : grandissimo era 1' abbatti- mento ; il cibo non fu più toccato. In qualunque momento che l'orecchio accostavasi alla porta, udi- vasi un continuo latrar sordamente * e un digri- gnar di denti. Il domani, giorno 2". del male, cioè il g giugno^ i sintomi aumentansi , torvo è lo sguar- do, e diviene assai truce se io rivolge verso il cal- dajo dell' acqua , di cli'ei sempre procura sfuggire la vista . Pili tardi, all'aspetto di una, luce più vi- va, iiifuria e divincolasi con molta forza per inca- tenarsi . I la trati sono più frequenti e profondi . Si separa senza interruzione un copioso flusso saliva- re: questa saliva però non è così viscosa cortie quel- la del gatto . Alle sei pomeridiane veggonsi le cstré- Idiiofobia 395 hìità posteriori in una continua imperfetta paralisi. Alle 9, benché svegliatissirao ^ russa coraé nel son- no alla vista di un cerino acceso, e contofcesi sdegno- samente. All'una del mattino, giorno 3**. del male, e 10 di giugno, la paralisi anzidetta rendesì generale,e le sue forze pajono esaurite . Alle ore 8 trovasi nello stesso stato . All' avvicinamento del suono di un piccolo sonaglio, introdotto per mezzo di una bac- cliettina , dallo stato di sfinimento in cui erat , Coti altrettanto d' ira é di forza si ravviva , che Spezza la catena per metà , e morde più volte eoa rabbioso dispétto quella che gli rimane appesa al collo i Un tremore assai violento lo conduce di re- pente alla morte ^ Non potè istituirsi V autossia , perché il cadavere si cancrenò immediatamente^ man- dando Un ìn9òffribil puzzo ^ Rimale in tal guisa deluse le mie lusinghie- re speranze pel preservativo della rabbia ; pro- seguironsi i tentativi colla semplice saliva del ca- ne testé morto , ad oggetto di vedere al segno pro- dromo deir idrofobia ì risultati del più decantato metodo di curai . A tal Uopo eraisi già destinato un cagnolino da camera ( canis mclitensis L. ) , ed un altro gatto. Ad entrambi dunque, due ore do- po la morte del cane , fu inoculata la saliva rab- biosa , conforme praticossi la prima volta! : ma entrambi non diedero sentore alcuno di rabbia . Dopo un anno di prigionia furono messi in liber- tà . Il gatto dopo tre anni venne derubato . Il Cagnolino, come si dirà in seguito, morì nel i8i3, perchè fu inoculato con saliva rabbiosa di spon- tanea provenienza . Partecipi di questi pericolosi tentativi , oltre varj amici , erano il priore di quelf ospedale de* jfrati fate - bene-fratelli P, Filippo Bosi , ed il si- 2C)6 S e 1 R TT ri E gnor Vincenzo Kegnoni proprietario , appassionati»* Simo della caccia , e conseguentemente de' cani . Anzi non eravi , come tuttora non avyi , malattia canina che non venga il signor Regnoni amiche-^ volmente richiesto a dare il suo sentimento qua- lunque per la cura deHa medesima . Onde ave- va io pregato il detto signor Regnoni , acciò mi rendesse consapevole di tutte le più accurate no- tizie che avvenir potessero sul male in quistio- ne . Difatti il giorno 16 febbrajo 1811 , trovan- domi in Roma per diporto , ricevo una lettera del medesimo in data del giorno precedente , in cui •mi avverte, che desiderando io di continuare le osservazioni sulla rabbia, mi affretti di ritornare •in Tivoli; mentre un cane arrabbiato nella vicina tenuta di Cesarano ha morsicato un ragazzo ed «ti bue . Mi portai m Tivoli sulla fine del sud- detto mese. Il dì i marzo mi condussi a Cesara- no . Verificai che il cane attaccato dalla rabbia spontanea perteneva ad un tal Borsella con\icino vignarolo . Ricercai 1' offeso fahciullò, che era un giovaae campagnuolo abruzzese di anni 24 per nome Domenico Giaco, il quale aveva riportata nella parte esterna della coscia sinistra una super- ticiale ferita che aveva date poche stille di san- gue . La ferita erasi cicatrizzata , e godevasi dall' offeso un'ottima salute . (i\ 011 è sempre costante ^ come altri notarono , che la ferita rimanga aper- ta . ) Avevano il detto Giaco ed un tal Perilli pastore visto mordere dal medesimo cane un bue^ che non seppero individuarmi. Il cane disparve senza che alcuno abbialo più veduto : ma dalle più accurate ricerche rilevossi tìon essere stato morso verun' altro animale . Le più lusinghiere esortazioni , le preghiere IrntoPOBiA 397 niedesirtie non bastarono a persuadere !c|nèirihfelì-' ce a cifrarci per iscliivare , se fosse stato: possibi- le, il pericolo dèlia rabbia .Guari noti andò (87 gior-- ni dopo il morso, cioè il dì 22 marzo ) che i! bue fu assalito dai più fieri sintomi di rabbia . IVon pochi furono gli animali delia sua e delle altre specie brute che riportarono gravi offese e ferite per morsi e percosse ricevute dal bue: fintantoché fu questi nel secondo giorno messo a morte coni replicati colpi di schioppo . Ma niun« dèi morsicati animali è stato affetto d' idrofobia . La catastrofe del bue spaventò soprammodo il Giaco , che Tecòssi tosta da me per farsi curare. Premessa una deplezione sanguigna con dodici mi*-- gnatte sulla parte affetta, ri si- praticarono, secon-iii do Wendelstadt, le lavature di acidtì muriatieo-os- sigenato allungato ( idro-cloro i) ^ ripetute quattro* volte entro la giornata . Fu; indi applicato il cau- stico attuale che allargò: la piaga , la ^aale non; si è più rimarginata . Erano scòrsi già quattro; mesi, ed io era persuaso che il Giaco fosse» al : coperto del disastroso malore. Aveva egli infatti riacquistata una perfetta calma ; ma passati circa' altri quattordici giorni venne il medesimo sot-pre- so dalla più > profonda malinconia , alternata > da dirottissimo pianto j In questo stato si portò da me la mattina dei 28 giugno 181 1 ■ Dieci ottave di olio di ricino con dieci grani di mercurio dol- ce ( protO'cloruro di mercurio) fu la prima me- dela apprestata , che produsse quattro sufficienti scarichi . Dopo il pranzo , che si ridusse ad uii semplice brodo panato , cui tornò con qualche re- pugnanza a prendere verso sera ^ feci applicare quattordici sanguisughe all' ano , e quasi contem^» poraneamente fu cacciata una libbra di sangue dal 298 Scienze braccio ifeinistno» L' afflizione , congiunta al timo-' re il piali 'grave , cresceva rapidamente, A forza si somministrarono, ogrti treòre, due o due gra- ni e mèzzo di radica di belladonna ( Atropa belladonna' L. ) 1, che prosegnirònsi ini tutta la notte^ senza che abbia potuto prender sonno: cosa di oui era privato da tre intere giornate . La mattina del giorno 29 aveva consumati, dodici grani di bella- donna senza alcun sollievo. Fungosi erano dive- nati i, bordi d>ella sn^orta piaga, che fu irritata colla polvere di Cantaridi *. Aumentasi il male coir orrore ai cibi, aila< 'bevanda , ed in qualche intervallò £t qualunc^ué oggetto. In questa infelice situazione si tìonduce all' ospedale , ove vien lega- to al letto perèlié subentra tiri delirio che divie- ne yTeracei^iiaocompagnàtO dalle più forti spasmódi* che contorsioni * La saliva;^i0ne fassi abbondante e spumosa « Noni è più: possibile di fargli ingoja^ re cibo,^ bevanda 4 o medéla di sorta alcuna ;. la un ìmomeddo di tregua gli si fanno tre sarigaigne f locale ima dalle arterie temporali, generali le al- tre due-, una cioè dal piede.^ dal braccio V altra. L* uscita del sangue è (ino ài deliquio . Ma inva- ilo li I sintomi rabbiosi ingigantiscono. I polsi dal printio istante variano incessantemente . Debbonsi raddoppiare i vincoli , perchè un delirio piià furio- so lo investe -di tanto in tanto. Desidera ardente- mente là morte . Delle frizioni di pomata mercu- riale moltiplicate sulla parte morsicata y e pratica- te appena entrò all' ospedale fìno a tutto il 2 lu- glio , ne fu consumata la dose di circa tre once s Tre lavativi di brodo con tre granì d' oppio e altrettanto castoro è stato tutto quello che dopo le emissioni sanguigne ha potuto compiere il me- todo curativa tenuto nell'ospedale suddetto. Que- ' InnoFoBii \ 399 sto nt^ièli(te , in metzo ad uria scena ^^ pHi deso- Unle e' commovente insieme , òesSÒ * di vivere all' trna e mezza pomeridiana dei 3 lù^gHò . i! La sezione patologica,- c^^6 venne fatta alle 6 pom^rindiane della stèssa giórflata ^ p'Péséfltò uti prih* cipió di geoérale «òiPPtfziODre interna ed' esterna' l Delle lividate lài'e-qua osservavàns^^i nell* estérnJÉ superficie del corpo. Tumido-plumbei erano i va- sellini cerebrali. Le vie lari ngo-fafingee di color paonazzo i pugillature gàngréiiose lungo l'esofago^ che ad ogni tratta ritino^vavansi nel siistema ga- stro-enterico , i dai' fluidi erano scEirsissimi i e assai fetetlti . Ingrb^srafto-'era il fegato , b bile fo- sca^ e di un odore graveolente . Rossastro era il ceruleo colore de' lobi polmonari . Vuoto di linfa il pericardio; ed ir <;uore sembrava diitiinùito di volnm*. Lividi d gonfi- erano gli organi della gene- raaÌon ^ Ftf inoculata la saliva del* defunto sd^ bagno- Uno che era da poco rimésso ìtt^ libertà V la quale dopo otto mesi gli fu nuovamente ridonata, e stette benissimo sino àlPanno i8r3< Viene ai 2 di aprile ^i quest' anno prese da rabbia spontanea un Cane di Francesco Picelo > ne bifolco. Crede egli di averlo perduto ^ ma lo trova dopo tre giorni io una sua piccola ed oscu- ra cantina 4 Appena ne abrer la socchiusa porta che il cane, lungi dal festeggiarlo , slanciaglisi ìniipetuo^ siamente ; Sollecito allora il Piccione a richiudere là porta , corre à prendere un lume ^ un pezzo di']f)à- ne , ed una ferrea mazza. Tornato ad aprire con tut- ta accortézza la porta, gitta al cane il pane ; e qUe^to non solo lo sprezza , ma inorridito dalla presenza del lume , lo assalgono epilettiche convulsioni cosi in- ,3oo I S e I R It 1 E teDse die rtésice al Piccione di avTÌcinai;e il icaii« ^d uccii-leHor con due qolpi di mazza in testa . Por- tasi quindi, ^sl me per navrarihi quanto eragli succe* duto,onde regolarsi del. modo con cui avrebbe dovuto lumular^ il can?,* Dopo ,aterae io raccolta una; qvanrr tità di saliva ,,, veRrìe con. ogaÀ icaiitela dallo stes- so Piccione buttato il cane. ,nel; fiume Aniehe»li Colla semplice raccolta saliva innestai il più volte nominato cagnolino ed un gatto : praticando ìii tutto e perfcutto le stesse cautele dell'anno iSio< Incomincia nel (>°/gio^i:no a manifestarsi una ma- lin^nia pel cane ^ «il qita,ii9 cujfa pòco il cibo e la be- vanda ; ^:oii jestead^$i.il,cibia ivi esisten- te vien dopo varj giorni ritrovato morto . Dopo essersi verificato che non era stato esso offeso da alcun' animale rabbioso , feci comprendere al detto signor Rosa, che il suo bel cane sarebbe andato in-, contro alla idrofobia , Difatti in termine di 5 1 gior- ni vìe,")e assalito da tutti i sintomi dì rabbia . Ben- ché tenuto con qualche riguardo , rompe la catena, morde Indonna di servizio, morde il garzone , quin- di per la strada che guida sulla piazza del Gesù morde varie donne che sortivano di chiesa . Dal- la detta piazza s'incammina sena' ordine , minaccio- so e furente , verso quella del palazzo comunale, ore morde fieramente e replicate volte ì cani dì Francesco Giansanti , e dei signori Betti . Passa poi sulla piazza palatina , e si dirige verso s. Valerio : incontrasi col signor Generoso de Angelis , di cui era familiarissimo per esserne stalo questi posses- sore nella prima età ; gli dà un morso sul dorso della mano, producendogli una leggera ferita , e la- sciandovi una quantità di bava. Esce finalmente 3o4 S e l.H.rf z E fuori di porta s. Angelo;:, vi ;offen4e «na dor^n^ ed uaa fanciulla, accattoni * Prende poi la strada della Gascatelle, e sparisce per sempre fra le rujne della vil- la di Quintilio Varo . Nessuno , non eccettuati i due cani , andò sog- getto air idrofobia. Il signor de Angelis era di. con- tinuo in gravissimo pensieto; ma le mie persuasive assicurazioni lo misero in tranquillità. Un cane del sig, Stefano Tani negoziante in- comincia sulla dne dì maggio 1821 a divenir mar linconico e abbattuto ; e trascura la compagnia di Se- rafino Orsini garzone, di cui era indivisibil com- pagno . L'Orsini è quindi obbligato quasi a forzarle^ per portarlo seco . La mattina dpi 29 maggio., sud- detto anno, appena sortito di c^sa , il cane avven- tasi contro un grosso cane di Maddalena Romani. Questo cane, benché grosso, offfSQ e ferito, per nulla reagisce contro l'offensore . 11 garzone lo sgri- da fortemente: ritirasi il cane tutto spaurato in ca- sa. Crede l'Orsini cbe siasi intimidito per le sue gri- dai -Grescono però i forieri di rabbia col maggior ab- Latlimento , e con un' inyincibii pigrizia . Il giorno appresso dà fOrsìni il solito pane al cane, il qua- le non solo fiutando il ricusa , ma aperta la p.or- ta di casa , fugge impensatamente: l'Orsini lo chia- ma, il cane uon ubbidisce: l'Orsini gli corre die- tro, e corre dietro alla su?i rovina. Lo raggiunge sulla piazza del duomo, e lo prende pel collo: il ca- ne rivoltasi, lo morde , e lo ferisce leggermente nella mano destra. Vien tuttavia ricondotto in ca- sa . La rabbia progredisce a gran passi : perocché viene il cane ucciso, e gettato nel fiume. Quando ciò accadeva , era io malato in let- to per varj furuucoli piatti di color nerastro Idrofobia 3o5 nelle estremità inferiori s fui perciò del fatto all' o- scuro fino a che , dopo una quindicina di gior- ni , incominciata la mestizia nell' infelice Orsini , ne fui reso consapevole dal detto Sij^nor Tani , il quale aveva , come disse , tardi risapute le miq sperienze sopra V orribil morbo della rabbia . Ma logli feci comprendere l'irreparabile e cruda sqrte cui andava incontro il sua garzone . Uscii forzatamente di casa , interrogai V Or- sini , il quale mi narrò con maggior dettaglip quanto si è di sopra descritto . Conservava egli at- tualmante una profondissima tristezza con perdita di sonno e di appetito . Il ventre era chiuso da qualche giorno . Un forte purgante di resina di scialappa , bevute d' idro-cloro soventi volte ripsr tute anche a forza , furono gì' interni medicamen- ti apprestati . Fu estesamente scarnificata la par- te morsicata. Pediluvj senapizzati ripetuti per due sera, con due larghi vescicanti alle sure , furono gli usati medicamenti esterni . Né al frenulo della lingua, né in alcuna delle convicine parti , eravi eruzione o alterazione di sorta alcuna . Veduta per altro T inutilità dei detti rimedj , stante T au- mento del male, penso di passare air uso dei più forti stimoli , come oppio e muschio : ma il male infierisce in tal modo , che non solo la degluti- zione de' liquidi e de* solidi si rende impossibi- le , ma il delirio il più furibondo lo assale , che Io fa tramortire e risorger poscia con maggior" gagliardia . Dura il male fino al quinto giorno , in cui con indicibile orrore degli astanti muore r infelice fra le più terribili angoscie . Fu trascu- rata r autossia , perchè dopo tre giorni deli' in- vasione rabbiosa mi convenne guardare nuovamea- G.A.T.XX. 29 3o0 S e I K H » « le il letto ; giaechè il mio male , per V azione dal moto, inasprissi non poco, (i) ■ ' ^ ' ~*'' (i) I furuncolì di color Tier^stro, che per quattro mesi cpn- tinui mi tormentarono in cjuest' anno le estremità inferiori , e che mi obbligarono a guardare quasi sempre il letto, ebbero origine , non solo al mio ma al parere di chiarissinii professori romani, dal caldo ed imprudente zelo, con' cui a'U comparsa nel mese di gennaio 1818 del morbo il più coótagioso e distrattore fra gli ani- mali domestici, l' ani race carbonoso, corsi volonteroso e: con poca precauzione a sezionare i p^imi camalli iporti' di ijuel ma- le . Furono rinrenutc tutte le loro viscere sane , piepo una costante infiammazione carbonosa , circoscritta nell' intestino co- lon, irreparabile cagione di morte. Quest'orribile male svilupppssi all'improvviso nei cavalli del corpo dei carabinieri stazionato in Tivoli. Essendo quei cavalli in comunipne, Rirono tutti pei-idi^ti . La durata del male non estendcvasi al di là delle ore trentaséi e quaranta. L'aniqo ed interessantissipiq provvedimento ora quello di arrestare la diffusione del morbo, Perocché furono da me pre- scritte le misure sanitarie le pia rigprose , Jl contagio infatti fa circoscritto . Venne quindi inviata d» Roma «ina comix^issioRp -sa- nitaria, presieduta dal chiarissimo professor Metaxà ; la quale es- sendo giunta quando i cavalli ndn er^ più, ed era circoscritto il contagio , fece plauso alle suddette ^nisure preservative per V isola- mento del maje. Fatalmente non fa t)ruciata una sella, chQ dopo rarie settimane indossata a uno dei cavalli di detto corpo di re- cente rimpiazzati, tornò a riprodurre il funesto contagio, attaccan- do e traendo a morte tutti i cavalli comunicanti , inclusive un ca- rallo tib-irtino ed una capra. Il male però si limitò alla scude- ria de' carabinieri, ove fu di bel nupvo severamente isolato. Ri- tornata in Tiyjli ia suddetta commissione sanitaria, verificò e con- fermò coll'autossia tutto quello che era stato detto e rigorosa- mente prescritto . Ebbi io in vero . la cpnsolazione di arrestare in questa circojtanza, mercè delle acceonate cautele, un morbo del- la naturala più desolante, dal quale, se non fui assalito , resta. tIdrofobia 807 ! > Il signor Tani colla sua famiglia non poteva- Xi6 Ancora riaversi dulie spavento loro destato dal b«gi<:o fine del garzone , quando tutto ad un trat- to^,'inel traversare la madre del Tani una sua ca- raera ai pian terreno , le sì scaglia addosso un coniglio ohe aveva abbondante bava fuori della jjQcca , e la ferisce con raddoppiato morso nella sura della gamba sinistra . Passa quindi V arrab- biato coniglio nella vicina stalla, e morde ripe- tute volte i piedi posteriori di un. cavallo : na- scondesi poscia, e muore idrofobo . Pensossi al- lora,,, che' il cane teste morto era. solito convive- re nella .camera dello stesso conigJio'V»ìi ^juale a\«é- va' r?j3iortate due fetite , rilevate dopo la sua mor- te . Una delle piedesima non era per anco rimar- ginata. ;Jr, Assicurai il signor Tani di viver tranquillo sì .per Ja sua genitrice^^ come pel cavallo; men- tre Ja rabbia del coniglio essendo di secondo gra- do non. avrebbe prodotto alcun sinistro accidente. Il signor abate Antania Sestili intanto scri- vev^nai di Rom^ replicate volte , inviandomi non però affetto dopo ppphì gigirni da una eruzione di color nerastro, non più per Io innanzi sofTerta, che dalle braccia estcndevasi nella regione toracica . Riunovo^$i questo male più o meno ogni anno , ma nel 1821 mi arreca .maggiprJ sventi^re per avermi attaccate le estremità ioferiori, che erano finora rimase illese . Quest' articolo nel confermare che i contagi degli erbivori si comunicano rapidissimamente non solo fra la loro, ma dall' ujia all'altra spepie (lo che Jtion osservasi nella rabbia ) , sarà riportato dettagliatamente in altra memoria concernente le malattie pili violenti, che svilupparonsi in Tivoli e nell' esteso suo distretto durante la mia dimora di circa tre lustri in quella città . :ao 3o8 S e I « IV z e pochi medici pareri . Trovavasi egli angusliatìssimo per la salute della madre del signor Tani di Ini sorella carnale , offesa , come si è detto . Io ri- spondeva repiicatamentc al detto signor abate > che sgraziatamente per la rabbia non eravi finora antidoto di sorte alcuna. Dovevano peraltro esse*- re a lui noti i miei sperimenti e le mie osservazioni , dalle quali risultava costantemente che la rabbia dopo il primo passaggio perde del tutto la sua ve- nefica azione: perlocchè la sua sorella e il caval- lo del di lui nipote non sariano certamente andafi soggetti alla rabbia pe' morsi ricevuti dal coniglio . Il prognostico si è interamente avverato . Non perdevasi di vista il cane della Madda- lena Romani , che fu il primo ad essere morsica- to » Sviluppossi in esso la rabbia due mesi cir- ca più tardi che nell'Orsini e nel coniglio. Ad- divenne ciò forse per essere stato quel cane offe- so, quando la idrofobia era nel suo nascere. Gli si manifestò finalmente la rabbia col solito cor- redo de' suoi terribili sintomi. Un giorno di buon mattino sorte di casa furibondo , mordendo quan- ti gli si fanno davanti . Varj furono i cani offesi e feriti . Antonio , Generosa , e Chiara Pacifici , Girolamo Leonelii , ed Anna Maria Bruni furono le persone morsicate . Né queste ne quelli sino ai 2 1 dello spirante luglio hanno sofferto traccia di tal crudelissimo morbo . (i) (i) Può dopo tai fatti illustrarsi la sentenza dì Aristotile in principio di questa memoria accennata. Questo profondissimo filo- sofo non incontrossi per accaso ad osservare, che animali del ge- nere canis , spontaneamente arrabbiati , mordessero T uomo ; avrà bensì osserv-ati cani rabbiosi attaccati da rabbia di secondo grado, e altri animali bruti aflfcttì di rabbia comunicata. Gli uni e gli al- Idrofobia 3o9 Sopra i quali esperimenti ed osservazioni vuoisi tener fermo ragionamento per tirarne quel- le giuste deduzioni , a cui ci conducono un bea inteso raziocinio ed i fatti medesimi . Era quasi al termine il 1810, e niun in- dizio di rabbia , come fu visto , manifestavasì ne* due animali inoculati con saliva rabbiosa di secondo grado agi' 1 1 di giugno del detto anno . Questa prolungata delitescenza lungi dal diffidar- mi , confermavami anzi in quella massima , che le malattie contagiose ritardano alle volte nel lo- ro sviluppamento . Ma contavansi già otto mesi , e la delitescenza proseguiva. Insorse quindi il dubbio. tri essendo periti dell* orrido male, egli unì e gli altri avendo morsicato ruomo, questi è rimaso imtnune dai loro morsi. Più: avrà quel filosofo veduto V uomo assalito da nervose aflèzio. ni , che mentissero gì' idrofobici sintomi ; ed essendosene 1' uomo liberato, e riacquistata quindi la perfetta sanità, sia stato ei tratto per queste riunite circostanze in inganno , ed abbia pronunziata quella sentenza: Hydrophobia lethalis omnibus ani/nantibus ^ prae- ier fiominein . Tale è il mio sentimento : quante volte non ro* gliasi ammettere un abbaglio degli amanuvnsi , conforme si disse in principio di questa memoria . L* opinione di Plutarco ivi ripor-> tata , e adottata dal celebre Mercuriale , ripugna ai fatti ne può in alcun modo ammettersi . Con ciò dimostrasi ancora, che questo morbo è stato molto infrequente nei più. vetusti che nei più recenti tempi ; e come in quei, cosi in questi trovasi una totale contraddizione sull'indo- le , sugli effetti , non meno che sulla cura del medesimo . Contrada dizione , la quale dopo i narrati fatti va a dileguarsi : e tale schia- rimento ne viene , che le opinioni le più disparate e le erronee applicazioni di tutti i tempi restano nou solo spiegate , ma ravvi, cinandole «olla scorta de' fatti medesimi rimangono conciliate . 3 IO S e I E \ «' K che mancar p(>lesse 1' individuai disposizione per la suscettività del contagios ma il non osservar quel* la nel cane e ; nel gatto, ispiravami , a dire il vero , qualche sospetto . Laonde .riandando il capitolo Idrofobia déiWa. PoUeta medica di Frank, vedendone le tante discrepanze f> riflettendo che Sel- le era indeciso sul contagio della tabbia umana , non concesso da gravi autori : che lo stesso Frank portava quelL' avviso ; che molti altri autori esclu- dono la contagione degli animali «rblvori , cornin- ciai ad essere perplesso sul contagio idrofobico in generale . Le dubbiezze raddoppiavansi a misura che istituivasi un rigoroso esame sulle fasi dei ma- li contagiosi e della idrofobia. Questo confronto, che parevami giustissimo , metteva in più chiaro aspetto la differenza che passa fra l'andamento del- le malattie contagiose e la rabbia canina . I contagi riproduconsi moltiplicatissirae volte, quasi all'infinito, e in ogni dove. Tuttociò non si verifica nella rabbia. Quelli per un germe laten- te , sotto alcune sconosciute circostanze amosferi- che , si riaffacciano o scompajono a certe deter- minate epoche. Questa si tiaffaccia in ogni tempo. Quelli, sieno universali o affettino soltanto il si- stema dermoideo , producono sempre in questo sì- stema una qualche eruzione o efflorescenza, per mezzo delle quali deducesi la vera forma della malat- tìa contagiosa. La rabbia non presenta eruzione di sor- te alcuna neir organo della pelle. I contagi in ragio- ne delle penuriose vicende e meteorologiche stra- vaganze esercitano intensamente in qualità e quan- tità la loro rea influenza . La rabbia percorre sem- pre nello stesso modo , favorevoli o sfavorevoli che siano la circostanie de' tempi , de' luoghi, dell atmosfera . I contagi dal primitivo loro stampo IdroIfobia 3ii sonosi col tratto successivo talmente indeboliti che alcuni scomparvero dalla superficie terrestre . La rabbia dal primo momento in cui ci fu descritta , ha dopo migliaja di anni conservato sempre quel triste e terribile apparato , col quale la ravvisiamo oggidì. Quelli, aticorchè dominanti con un genio il più melefico, risparmiano dal mortale esterraìnid molti individui che ne sono attaccati . La rabbia esisenziale o comunicata ^ una volte che sviluppasi ili Utl adimalef qualsiasi^ porta con certezza! alla morte (i).ì I contagi finalmente più sono funesti , maggiore è la rapidità con cui diffondonsi noa solo per 1 immediato cotitatto ^ ma eziandio al me- diato tocco - La rabbia ^ benché funestissima , non Seiilbra invaderei sènza la lesione del Continuo. Una differenza di tal natura porgeva amplis- sima argdmeftto dal vieppiù dubitare dell'idrofobi- ca contagione . JNon poteva però, coinè non può negarsi ^ che in alcun carattere uniformisi l'idrofobia al genio de* contagi , precipuamente in quello della delitesccùza . Sarebbe dùnque la rabbia canina quelT anello medio che dividei la catena de' contagi da quella de' veleni proprianlente detti ? Così audava io fantasticando , quando erano percorsi 4o gior- ni 1 che dei varj animali morsicati dal succenna- to bue nel mese dì niurzo 1811 , neppur uno ar- rabbia vasi . Si presentava per verità alla mente la sentenza di coloro , i quali, senza addurre convin- centi ragioni ^ affermano che gli erbivori non co- (j) Classici autori non meno che la propria esperienza mi han confermata questa verità . Vere saranno allora le pretese guarigio- ni dì rabbia già sviluppata, se questa non riconosca l'azione ve- chiama . La vitalità ttrtta riconcentrasi nd centro sensitivo s che fortemente reagisce sull'organo ri** produttore d'ella specie » Né la ragione ne un reli- ■ gioso dovere possono imporre un freno a chi per na- tura ne manca . Che «net quanto più difficile riesce al cane l'accoppi amento , con altrettanto ardore un' ir- resistibile volontà lo sti'ascina al desiderio di quello. Veglie, digiuni , obblio di ogni acquistata abitudine benché domestica e piacevole, divengono indifFe- i rcnti ad un animole , che tutto il suo studio ri- volge al desiato venereo coosegnimento . Quanta Un altro hon ha pres* eh* ao({tìft « «de motto dopo 53 giorni- Fi- nalmente il terze è restato ^5 gionii serica bere e mangiare, ed e morto , WiiliKJ di (Questi nAimAli hsé ptb'fjito i sintomi di rabbia. Orfila tom. "a. p.' 2; pag. i64« •ihdi'-il (i) Non pochi sono i ceni t^e langaiscoMO in un perfèttissimo ozio s6nza andar sogigetii «Ila rabbia t Tutti i giorni i cani da cac- cia-ned colino 'dalU loro fìitic» buitamst nelle "gfetìtìe acqace soppri- mesi il loro traspiro . "DalV bdóenìvh teniperatiirA passano ajla più bassa eontiimvamente ; non per questo i cani vanno incontro alla rabbia 4 Queste nocive potenze d'altronde saranno capaci a pro- darre le ordinarie malattie, vittcifeili il più dell* volte con un appro- priafto metodo. di cura. (2) Liberissimi e di fcruttft presenia sono stati i cani tibur- tini attecti dalla rabbia spontanea . ^l^ S fl l B IT t É debba essere la perturbazione dell* animale ecotlo-» xnia se a vuoto andarono le cure e i patimenti di quest'animale, ognuno chiaramente io vede. tja cenno sulla distìnta sessuale struttura degli animali carnivori, fra i quali vien collocato il gc- bere càftis ^ rafforza l'emessa opinione i. Sono que*- Sti privati dei ricettacoli seminali (i) ^ onde non può separarsi il proUfico umore senza il carnale con- cubito ; ragione per cui la natura fornì , princi- palmente la specie canina ^ di mezzi tendenti alla maggior durata dei loro amori . Gli onnivori all' incontro ( come l'uomo ) essendo forbiti delle ve- scichette sentinali , ricevono ivi Tumore segregato , il quale può essere non solo riassorbito , ma ejacula- to^ anche senza coito, per una qualunque fisica o mo- rale potenza. Il che non succedendo nei carnivori, il latice vitale vien dunque richiamato incessantemen- te negli arricciati vasi spermatici dall' ardente non appagata libidine ^ accresciuta anzi dalla potente istintiva reazione : e nel cane^ per Tolfattoria sensa- zione, raddoppiata oltremodo. In questi perciò, supe- riormente a qualunque specie carnivora i, sì alta- mente salirà la vitalità dell* organo sessuale , che sconcertandosi né potendosi sempre riordinare le funzioni generative, notabile pervertimento ivi pro- durrassi , corrispondente alla violenza delle indica- te cause , da svolgere per un processo di chimica animale un principio sui generis sommamente ve- nefico , che, per l' intima relazione fra le parti geni- tali e i sistemi vocale e deglutorio, esercita in (i) Verheyen. Anat. cofp. hum. cap. 169, Lipsiae 1621 pag-99' Quett' insigne autore parla esclusivamente della soia specie canina . Monrò , Traile d'anatom. compare* pag. 43; Cuvier , Lecons d 'ana- t*n. comparèo tomi. 5 pa(. «1. Idrofobia Si^ questi la siià elettiva azione morbosa . Per la qua-- le insorge tosto ed intensamente vi si mantiene una spasmodica costrizione nervosa , che per la coordinata vitale armonia rendesi poscia universale . Il locale patologico irritamento pertanto richiama gli umori da tutte le parti nelle glandule salivari s sulle quali pe^noti rapporti coli' organa -genera* tore , pe' nervi ehe vengo» loro forniti dal siste-? ma della vita animale , e per Timpedita deglutizio- ne infine, riconcentrasi l'idrofobico veleno («) • E perciò tanto nocivo diviene il fluido salivare, pro- ducendo, in chi per innesto o per morso sorbì l'atomo il più impercellibìle , quell' orribile mor- bo , il quale per meraviglioso ordine di natura si arresta né più si propaga t e ciù per la plausibile ra- gione che non venne esso preceduto da quel cocen- tissimo patema di animo, che squilibrio indusse nei sistemi sensorio e sessuale: mentre vogliono essere inseparabili le innormalità di que due siste- mi per lo sviluppo della spontanea idrofobia nel genere canis . Che se questo mìo ragionare non voglia con- cedersi assai valutabile , bisogna pure uno con- simile accordarne . Perciocché può con asseveran- za pronunciarsi , che per la comparsa di un male sì crudele e mortale potentissime nocive cagio- ni richieggonsi . Né sembra, a mio debole divisa- mente , che possano esse combinarsi più violente del- le anzidette , da storico-notomici non meno che da fisio-patologici schiarimenti convalidate. (() Per queste ragioni appunto la sola salìv^a réndesi venefica» esclusi tutti gli aìt,ri umori, come Io dimostrarono le osservazioni di autori gra\'issim^. Portai op. cit. pag. 63, Rinherand fisiol. per r innocuità del sangue degl'idrofobi tom. i pag. 2^8. 3l6 S e «VA 2 B Inwgpaoi Ja storia die peir Egitto , ed ia al- tre maornetkan^ province, non si ravvisa la, rab- bia per lo carnale commercio , a mio credere , cUe liber^jnente colà esercita la specie, canina. Autori classici ci riferiscono , essere di raro af- fetti dalla. raM>iu i cani castrati (i) . Vuol darsi qualche peso alle suddetta rifleBsionì della idro- fobia tiburtlna per Ift scarsezza della femmine ja paragone de' canjl maschi , Debbesi profonda- jnente meditare la fabbrica delle parti genitali dei carnivori » q I4 scjuiiaita ctz.ione fisiologica dell' o- dorato canino. Inutile qui sarebbe l'intertenersi a vo- ler riferire le varie e tanta simpatie fisio-patologi- cbe fra. gli organi laringo-larjngeo e sessuale a tutti note, e meritevoli egualmente di somma con- fiiderazioflp \^^ , (1) VotranoQ, quiQsti esiiera «ff^tti dfiir idrofobia comunicata. É i^arissimvi apcqirAi l0( SQontro delle- e^gnc arrAlibiftte spontaneamente . Quatido ciò avvenga, sarà per le analoghe ragioni che produssero I4 rabbia spoitt<^iVQt nei maschi t ■ Oa) „ AI)lj*at«Q;crQdi|tto( Richerapd. tpra A pag.jBg ) doK^f situare „ la voce imtn9di«tame?ue qva^U la gepcra«ioflc,afnnc)iè qucst'ordi- „ ne indicasse al prjoio sguardo l{i connessione che esiste ha i loro „ fenomeni,,,, Chi non conosce il cambiamen'*^ '^^ voce, e la compar- sa della barba al primo separarli del prolifico umore? Ignorasi for- se rauioentQ della saliva?;ipn(>, pe]r atto della copula ? Quante volte le malattie} delle glandul? parotidi trasportansi ai testicoli ? L'azione patologica simpatica della sifilide cogli organi vocali e faringeo è troppo nota . Lungo saria a riportare il novero di tutte le relazioni fra questi organi . Non vuoisi ometter però lo smodato priapismo che generalmente ravvisasi nell' idrofobia quasi sempre , e come disorga- nizzate trovansi le parti componenti gli organi riproduttori nelle pa- tologiche sezioni anatomiche . Idrofobia 3 19 Dalle quali esposte circostanze, se fondate fossero , come sembra , e quindi bene avverate , ne risulterebbe un sicuro indiretto metodo cura- tivo . Né questi vorrebbe essere apprestato dalla medica mano , ma bensì da quella di un paterno governo ; il miglior medico in simili disavventure. L' energica mano de' governi adunque , sen- za punto alterare l'erario pubblico, laddove non è rarala ricorrenza di questo disastroso morbo, potrà obbligare i proprieterj de' cani a tenere pa- rità di maschi e di femmine, o prendere altrettali misure, mercè delle quali possano i caoi soddisfa- re all'uopo il venereo appetito (i) . '^ Due o tre lustri di esatte osservazioni o metteranno in chiara luce , come spero , la mìa opinione (2), oppure la ricondurraapo nel nulla. Nel qual caso vorrà perdonarsi il mio ardimento per Tanirno che Ixo avuto di giovare all' afflitta umanità . (1) Ottimo sarebbe che, per quanto fosse possibile , venisse ciò eseguito in luoghi racchiusi . Quante voUe nei pìce.oli paesi servono ì cani dì trastullo, per non dire di scandalo , nei lóro accoppia- menti? Questa forse sarà la ragione , per la quale i russi non la- sciano entrare alcun cane nelle chiese, e se alcuno mai ve ne pene- trasse le tornano a consacrare .'Fr^nk, Poliz. itìed. tom.g pag, 326 nota, (2) Verificato ancoraché quelle 'e' noJi altre fossero le assolu- te cagioni della rabbia , non per quésto scomparirebbe l'idrofobia dalla superficie della terra. Giacche solo sugli animali domestici del genere canisy e non già sulle altre specie di detto genere, potriano riv^olgersi le leggi di medica polizia , Ma siccome il cane e il gatto appartengono a quel genere, e sono domestici animali, e siccome il cane per le le sue qualità psicologiche , e più per l'odorato, vi è il più soggetto: può senza esitanza dirsi , che di ioo arrabbiati spon- taneamente, yo sono cani. Ne emcgerebbc quinili, se non il totale, almeno il quasi totale annientamento del più formidabile morbo che si conosca • 3ao L'editto universale^ dell' avvocato Giuseppe Liver^ iiani romano . Volume I , ordine de giudizj cri- minali • 8* Roma presso Francesco Bourlié 182 3. Si vende nella libreria Gallo , via del corso n." 4*6* D 'imostra f ìliustpe autore in questo primo vo- lume deli* opera sua , che nella criminale e civi- le legiiilazione si procede ora molto capricciosamen- te ed a caso ; ed evidentemente lo prova co* fat- ti . Dice poi che dalla più remota e cognita anti- chità sino ai nostri giorni non solo si son variate le leggi « le forme di porle in esecuzione , ma le leggi contemporaneamente vigenti in una nazione civile si trovano in perfetta contraddizione con quelle dell'altra . Da una sola causa ripete il si- gnor Liverziani tutti questi disordini : cioè dal non esser tratte le leggi dalla logica e dalla sana mo- rale , sole fonti della giustizia . JSon impugna l'autore, ciie i particolari bi- sogni d'ogni stato pos^^n^ esigere particolari san- zioni , che non siano le medesime in ogni popo- lo ; ma contra il parere di più scrittori virilmen- te sostiene, che le diverse forme di governo , la varietà di culto , la maggiore o mioor civiltà , e fì- nalmente i climi , non possano anche richiedere una diversità nelle leggi criminali e civili . Unica è la verità, e perciò unica dev' essere la giustizia ; la data fede si deve mantenere da ognuno; la pena deve attendersi solo dal delinquente ; e siccome il delinquente è un uomo, l'inumanità disconviene alla legge sanzionata per uomini . Gouchiude per^ ciò , che v'è necessità di nuove leggi e di novis- L'editto universali! Sai sirae forme nell' eseguirle ; poiché anche la più giusta legge può travisarsi , e rendersi tiranna ed innetta per una pessima esecuzione . Per base della criminale legislazione pone il signor Liverziani la prevenzione del delitto : e chia^ ma necessità il punirlo . Sembra per verità , che i suggeriti rimedj per rendere men frequenti le col- pe esauriscano totalmente la materia . Ei dice ; In- civilite l'uomo , toglietelo alla tormentosa miseria, rendetegli la dovuta giustizia in ogni, occasione , e vedrete diminuiti i delitti per quattro quinti . Meditando su queste tre proposizioni , ed avendo- le presenti nell' esame di ogni delitto che accade, non è sol certo per argomento , ma per fatto evi- dente , che di cinque delitti , quattro per lo me- no derivano dalla mancanza del concor&o degli sta- biliti precetti . Indicati i modi d'incivilire i popoli, di prov- vederli di quanto esige la necessità, si ferma l'au- tore sulla terza proposizione , sul modo cioè di amministrar la giustizia : e fermandone i canoni , e correggendone i consueti errori, suggerisce le for- me da osservarsi ne' criminali giudizj ; onde non ^i faccia mai più possibile il vedere trionfante il reo , e conquiso o gravato l'innocente . A ninno si rende malagevole l'accostarsi a' tri- bunali ; ninno è soggetto alla minima spesa ; l'idio- ta stesso viene istruito di ciò che deve operare . Sono i giudici in quest' opera del signor Liverziani per la loro età, condizione e dottrina superiori ad ogni eccezzione ; si provvede al loro decente sosten» lamento ; e coli' inviarli in ogni angolo dello stato , sono essi tolti all' occasione di prevaricare , e re- stano sodisfalli gli abitalori delle provincie, chesenj- pre ameranno il vedersi giudicati da que' medesi* G.A.T.X.X. 21 3a3 S e 1 B N Z E mi che nell' anno antecedente rendevano giustizia nelle città capitali . Non son le prigioni , che un luogo di sicurezza ; ninno vi si racchiude nel proces- so di contravenzioni e di lievi delitti . Ne' soli gravi delitti e ne' misfatti può ristringersi nella pri- gione il presunto colpevole . Propone anche l'abo- lizione delle procedure econoniiche , politiche , e segrete : reclanja quelle delle pene pecuniare, umili in se stesse , e sovente ingiuste , perchè percuotono l'innocente, e sempre poi sproporzionate; e così ri- duce ogni pena alla perdita dellq libertà o tempo- ranea o perpetua , alla perdita de' pubblici impie- ghi e delle civiche prerogative , ed alla perdita della vita , senza strazj però e senza eflfusione di sangue. Siegue finalmente l'esposizione del suo pia- no tutto pieno di nuove idee , di cui riportiamo per solo saggio il passo seguente , Così egli dice alla pagina loo . „ Io veggo dissipate le tenebre dalla retta de- „ finizione degl' indizj ; e così li definisco. Sono „ gì' indizj il concorso di una o più circostanze „ aderenti al fatto ed al suo autore , dalle quali „ trae l'uomo pensatore la presunzione , la certez- „ za , che in questo o in quel modo sia accadu- „ to , che questi o quegli o il caso ne sia sta- „ to l'autore. Qualunque sia il volume di simili „ circostanze , quanto più si avvicinano e si ren- „ dono aderenti al fatto , tanto mag^giore si fa la „ verosimiglianza e la presunzione ; tanto decre- ,, sce , quanto gli si ravvisano remote . Se poi ,, talmente gli son vicine, che non possa non ve- ,, dersi da esse soltanto dipendente , dalla presun- „ zione si passa alla certezza nell' animo nostro , „ e nella proposizione, che è appunto la prova le- „ gale indiziaria , spiegata ne' due seguenti canoni . l'editto LN1VKUS\LB SiS „ CafiOfie 7. Se dal concorso delle circostanze si „ conoscerà , che la cosa non potè possihilmeMe „ accadere in diverso modo che per opera delV „ accusato , sarà convinco con la prova legale in.- „ diziaria . Canone 8. Mancando la prova legale., „ tutte le probabilità , le verosimiglianze , le prc- „ sunzioni , ciò che ha detto V accusato , la sua m confessione , tutto ciò che han deposto i testi- ,i monj ed è compreso sotto il nome d'indizj, sar „ ran validi a destar la certezza nelf animo de' giuf „ dici . Seguono gli ultimi due canoni suli' applica- „ zione della pena . Canone 9. Chi agì senza il di- „ scernimento che dà naturalmente Vetà , la con- ,, formazione del fisico, lo stato di salute , e lo „ stato di tranquillità di spirito , non può cadere „ sotto la censura delle leggi . Se fazione fu ac- „ compagnafa da qualche discernimento , qualc/ie „ pena potrà applicarsi : non però quella stabilita „ contro il delinquente intieramente malizioso . Cor „ ìione IO. Chi agì senza discernimento , avendo- „ lo perduto per fatto proprio 0 imprudente 0 ma~ ,, liziosó , o per fatto altrui , sarà giudicato con- „ forme ne diversi casi determina la legge . ,, Nel volume delle leggi criminali dovrà ,, trattarsi della precisione degli addotti canoni , „ e dimostrarsene la sufficienza . Pur qui mi con- „ viene di prendere in esame que' due che spet- „ tano alla prova legale indiziaria , perchè abbrac- ,, ciano la materia della convinzione necessaria ,, per i giudizj . In uno stato non si procedeva „ una volta alla pena decretata dalla legge , det- „ ta ordinaria , ed in ispeqie se era capitale , qua- ,, lunque fosse il valore delle prove, se non vi ,, accedeva la confessione del colpevole . Negaa- ,, do il delitto , veniva posto alla tortura , e jjt ai 3a4 Scienze „ fra i torrnenli 1' impugnava , o non ratificava „ la confessione dopo il tormento , veniva con- „ dannato a pena straordinaria , cioè a pena mi- „ nore di quella minacciata dalla leggo , e non mai „ alla morte. Così si peccò in eccessiva ed inu^ „ tile delicatezza , diminuendo la pena nel con- „ corso di prove legalissime ed indubitate : si „ peccò in barbarie , portando alla tortura ancor „ quelli che venivan gravati da certi indizj chia- „ matl indizj a tortura ; ed ingiustamente si con- „ dannò anche all' ultimo supplizio colui , dal qua- ,, le si era estorta violentemente una confessione. „ In progresso, cioè nel 174^ , volle mode- „ rarsi tanta delicatezza , quando evidenti fosse- „ ro le prove , e si decretò : Che dovesse pro- „ nunciarsi la pena ordinaria , se 1' accusato fos- „ se restato convinto da indubitati indizj e tal- „ mente concludenti, che togliessero dall'animo „ del giudice ogni ragionevole esitazione che la „ cosa diversamente fosse accaduta . Oscuro è il decreto , poiché non si comprende se siasi contemplata o no la possibilità in contrario , di cui trattai nel canone 7 . E' certo però, che non venne eseguito per lungo tempo , e che si „ ripristinò la tortura e la pena straordinaria „ regolata dalla misura degl' indizj . Finalmente „ nel i8o5 abolita la tortura, in luogo dì richìa- „ mare in vita il savio citato decreto e di me- „ glio spiegarlo , sì prescrisse il giudìzio per con- „ viuzione derivante dalla certezza morale , che „ nasce nell' animo del giudice dal complesso di „ tutti gr indizj. Cosi dopo tante e tante discus- „ sioui , dopo qualche ragionevole sanzione, si „ scelse a nostri giorni il più deplorabile com- „ penso , il più ripugnante alla ragiono , lorse „ perchè si era introdotto in altri paesi* l'editto l'NIVERSALE 3a5 „ Quali e quanti esser dovranno gì' indizj , ,^ perchè indubitati sì possan giudicare , quale la „ regola per decidere che diversamente non potè ,i accadere la cosa , secondo il canone y ? Ne qua- ,f lità né quantità deve cercasi negl' indizj: debbo- ,^ no solamente opporsi alla possibilità in contra- ,) rio. Perciò ogn' uomo a se stesso domandi: Tut- ,) to questo dimostra che l'accusato fu autore del „ delitto? È fra i possibili , che altri sia stato il ,) delinquente , o dal caso sia stato prodotto il „ successo ? " Se troverà questa possibilità anche „ remotissima, il canone 7 non sarà applicabile; „ se non la troverà , non dovrà dubitare della „ prova legale indiziaria . A me par facile di co- ,» sì ragionare : eppur vedo deluso in questo ca- „ none il Filangeri . Scrisse egli : Nel petto del ,» cadavere di un ucciso si è trovato il coltello „ micidiale . Due testimonj , trovatisi 'vicini al luo- „ go deir eccidio , 'videro , nel momento in cui ac- „ cadde , /' accusato die sbigottito fuggiva . Due „ altri lo videro intriso di sangue . Altri due gli ,f 'videro fare acquisto del coltello . Perfetta ri- ,, puLÒ questa prova indiziaria , perchè diversa- ,, mente il fatto non potè accadere . Io non tro- ,t vo questa prova , e trovo all' opposto che al- ,f tri potè commettere 1' omicidio . Non si trova ), alcuna cosa d' inimicizia proporzionata fra l'uc- 1, cisore e r ucciso ; non costa di un torto da ,, questi sofferto per opera del primo . D' altron- , „ de r accusato ha il genitore vivente, ed inimi" ,1 co dell'ucciso: è dunque possibile, che dal „ genitore fosse incaricato di comprargli un col- „ tello , e non istruito del motivo della compra . „ E' possibile, che procedendo un giorno col «, medesimo genitore s' inicoatrasse con 1' ucciso , 3 26 5 e j E w z E „ e che dal genitore venisse questi as^jalilo etl „ estinto . E' possibile , che volendo impedire il „ delitto, restasse intriso di sangue, e che fuggi- „ ^o da una parte il genitore senza esser veduto „ da" alcuno , dall' altra fuggisse il figlio sbigottito „ per r improvviso funesto accidente . E' possi- „ bilissimo finalmente, che non volendo palesare f, la colpa del padre , altro non risponda agi' in- „ dizj , siccome Arbace , che di essere innoceu- „ te . E' o no possibile, che le cose potessero ^, accadere come le ho immaginate? Negarlo sem- „ brami temerità . JDunque non è indubitato , che ,., r accusato fosse autore dell' eccidio a forma del „ canone 7. „ Resterà forse stupefatto qualcuno , se non „ vedrà subitamente condannato alla minacciata „ pena l'accusato, di cui abbiam parlato. Escla- „ mera : E che più si esige per punire i delitti ? „ Come potranno mai piiì evidentemente provarsi? ,, Si tranquillizzi Io stupefatto osservatore: non cer- „ chi vittime : e pensi , che la legge non dona ad „ un solo la sua protezione ; l'estende su tutti , e „ su di lui medesimo che tanto schiamazza . Scrisse ,, Mecenate a Cesare sedente in tribunale: ^/stó', mu" ,, nigoldo ; perchè Io vide fluttuante fra l'assolvere „ ed il condannare . In qualunque dubbio è ingiu- „ sta la condanna . Così non verrà l'accusato su- ,, bitamente immolato alla vendetta degli uomini ,, irragionevoli , ma non verrà posto nella condi- „ zione degli assassini di Nejret : non sarà come ,, quelli restituito alia libertà , all'onore: non sa- „ rà mai a loro similitudine lasciato nella socie- „ tà ad insultarla con la narrazione d'un misfatto, „ dichiarato non piiì punibile da un' improvida „ legge. Egli, a forma del nostro progetto, reste- L'editto universale 3a7 rà custodito per un tempo determinato , non si cesserà di cercare nuove prove del suo reato , non verrà mai assoluto se non costerà della sua innocenza: muterà cielo, se prevederà d'esser conviflto in progresso di tempo ; e riguardato dal pubblico coti diffidenza , non potrà mai giungere al caso di deridere impunemente la legge '1 . Storia de fenomeni del Fesuvio avvenuti negli an- ni 1821 , 1822 , e parte del 1823 , con osserva- zioni e sperimenti di T. Monticelli segretario per- petuo della E- accademia delle scienze ec. eN. Co- velli socio del Pi- istituto d'incoraggiamento e di varie accademie straniere ec. Napoli 1823 , dai torchi del gabinetto bibliografico e tipografico , largo s. Biagio de librài N." 4^' £j guest' opera divisa in tré sezioni . Nella pri- ma sì dà una descrizione dello stato del Vesuvio dall' eruzione degli anni 1820 e 1821 fino ai prìn- cipi di ottobre 18221 si espongono i fenomeni cbe hanno avuto luogo in questo periodo di tempo , le osservazioni e le sperienze istituite particolarmen- te sulla temperatura e sullo stato elettrico della lava del 24 febbrajo dell'anno decorso : finalmen- e si termina con un esame mineralogico e clù- lìco di varj prodotti vesuviani . Le quali cose fu- mo già pubblicate dagli stessi autori in nn opusco- . separato . Noi perciò le tralasceremo , avendo già -to conto di quest' opuscolo fin dal decorso di- mbre 1822 . . i j 1 Comprende la seconda sezione il giornale del- 338 Scienze la eruzione ch'ebbe luogo nell' ollobre 1823 . La nuova buca apertasi fin dal mese di settembre au- mentando sempre i suoi getti sembrava preparare nuovi materiali per una più grandiosa eruzione . Di- fatti nel mezzo dì del giorno 2 1 dopo varie scos- se di terremoto comparve la lava sulla prominenza orientale del cratere , e in due rivoli cominciò a spandersi: uno pendìo del cono massimo in direzio- ne di Resina e Torre del greco, l'altro verso l'ere- mo del Salvatore dirigendosi alla volta de' can- taroni . Nel mattino del 22 , dietro un orribile scoppio, squarciossi il labbro del cratere in quel punto stes- so ove ruppe nel i8i3 : apparve una nuvola di fuo- co che sospesa in aria sopra Bosco tre case si sciol- se in pioggia di sabbia infuocata unita a grosse pomici ed a rottami di lava : la qual piogga fu preceduta ed accompagnata da un odore forte é disgustoso . La nube di fuoco, sebbene più debo- le, comparve ancora in Otlajano. Intanto nuovo vigo- re prendeva il vulcano dalla parte di occidente . La colonna di fuoco seguitava a mostrarsi , ma molto indebolita : quando novelli rivoli di lava si affac- ciarono dal cratere, e cominciarono a scorrere per le falde occidentali e meridionali del gran cono » Come la corrente della lava venne a mancare , le bocche con tanta forza ricominciarono le loro eru- zioni di sabbia e di fumo, che un altissimo e den- so nuvolone senza alcuna forma regolare venne innalzandosi, il quale piegato dal vento N. O. in direzione di Bosco e Pompeja si gettò sui monti più bassi di Sorrento sciogliendosi in una pioggia lapidea , che nascose la costa di Sorrento e di Capri. In questo giorno si portarono gli autori a Re- sina, da dove s'incamminarono verso le correnti di la- Fenomeki del Vesuvio Saj) va , e n'esaminarono le spessezza , l'estensione , la consistenza , la temperatura , ed il fumo ch'esalava dalla superficie . Air una dopo il mezzo giorno tremuoto de- tonazioni e muggiti si fecero sentire , e nello slesso tempo vedevasi innalzare una colonna di fumo, che dilatandosi nella sua sommità aveva la forma di un immenso pino , in mezzo a cui si vedevano scintillare frequentemente dei lampi. Molti torrenti di lava scendevano lungo il pendio del cono , e minacciavano di bruciare e di distruggiere non solo tutte le compagne che giacciono sopra Resina, ma Resina medesima , Portici , e Bosco tre case 4 Verso la sera però rallentarono i loro movimenti , ma nella notte prese di nuovo il vulcano maggior energia . Le scosse e le detonazioni andarono sem- preppiù crescendo , e si fecero tali , che sembrava che tutto il monte dovesse crollare . I getti di materie candenti erano sì copiosi che tutta l'at- mosfera sovrastante al monte appariva infuocata. Verso la mezza notte il parosismo del vulcano sembrava vicino al suo termine: ma nel giorno 33 rinforzarono le detonazioni e le scosse , ricompar- vero le nubi di sabbia , cadde il resto della prominenza orientale del cratere e porzione del lembo corrispondente del cono non che della vol- ta , sotto la quale giacque nascosto l'antico era-* tere dal 1819 in poi. Torre del greco. Resina, Portici , s. Jorio erano minacciati : ma più fune- sti avvenimenti seguivano verso Torre-annunziata, Otta j ano , e Bosco tre case . La scosse frequenti del suolo, la pioggia non interrotta delle pietre roventi, gli scoppii continuati dei fulmini con impe- to scagliati nelle punte più alte delle chiese, del- le case e degli alberi formavano il quadro più 330 S e 1 E IV Z E sorpredente ed insieme più spaventevole pe' vi- cini abitanti . Nello stesso tempo il fiume di fuo- co sgorgato da quella parte durante il giorno ,' e che nuovo vigore aveva preso nella notte, accelera- va il suo cammino . Verso sera una rara pioggia di sabbia bruniccia e grossolana cadde iu Resina , Torre del greco , e nei paesi situati nella parte orien- tale del monte : più fina ed in piccola quantità giunse anche nella capitale . Curiosi gli autori di conoscere se la sabbia avesse qualche elettrici- tà e di quale specie fosse, esposero la boccetta dell' elettrometro col suo condensatore all' aria libera . I fili di paglia si tenevano sempre in uno stato con- tinuo di divergenza . Un disco di vetro forte- mente stropicciato con pelle di gatto bene asciut- ta esposto alla pioggia di sabbia non la riceveva , mentre le bacchette di cera lacca strofinate egual- mente se ne caricavano in abbondanza . Tanto ba- stò per decidere che la sabbia era animata dall' elet- tricità vitrea . Giorno 24. Poco prima dell' aurora una pioggia di finissima sabbia rossigna cominciò a cadere , la quale era sì copiosa ed aveva tanta forza, che fu portata alla distanza di più dì 100 miglia . Per questa sabbia Napoli la maggior parte del giorno fu tenebrosa : ma l'oscurità fu tale in Ottajano , s. Anastasia, Pomigliano d'Arco, Casoria , Barra , Resina ed in tutti ì villaggi situati al nord ed ali* ovest del monte , che si ebbe bisogno di accen- dere i lumi . Giorno 25* Continuò la pioggia di sabbia, fnetio' abbondante però del giorno antecedente , ma del- la stessa natura . Il monte, sebbene interrottamen- Ée , seguitò a detonare. Gioiao 2Q . pioggia dirotta mescolata alla sab^ FewomeSi del Vesuvio 33» bia rossigna , ed accompagnata da continui tuoni e baleni ,si ebbe nel mattino . Verso mezzodì com- parve la prima volta dopo l'eruzione sgombra di nubi la vetta del monte , ma ben diversa era la sua forma da quella che prima aveva. L'orlo del cra- tere si vide abbassato , mentre la sommità detta il Palo era quasi intatta . Il cratere comparisce ora, guardato da Napoli, tagliato a sbieco dal nord ver- so il sud . La pioggia di sabbia rossigna ricomin- ciò verso sera, e continuò mescolata all' acqua pei* tutta la notte . Giorno 27. Pochissima fu la cenere , ma accu- mulandosi sul monte molte nubi si sciolsero in una pioggia dirotta, che si precipitava a torrenti dal medesimo ; cessata la quale ricomparve in varj punti la lava , che minacciava di nuovo i sottoposti paesi. Giorno a8. Pioggia dirotta di acqua fino alle n del mattino : in seguito pioggia minuta di sabbia bruno-rossiccia mescolata all' acqua . Giorno 29. Verso le 8 si ebbe pioggia leggera di acqua e di sabbia . Alle 9 l'acqua divenne più rara e minuta é Ammassi di fumo ricomparvero sul monte • Giorno 3o. Il cratere continuò a vomitare gran quantità di sabbia finissima , la quale spinta dal vento verso il S. E. formava una striscia nell' at- mosfera che si dirigeva sulla strada consolare * Nei giorni 3 1 ottobre e i novembre il cielo fu serenissimo , e comparve la stessa strìscia di sab- bia come nel di precedente . Giorno 2 novembre. Incominciò la pioggia- di sabbia finissima di color biancastro verso le 10 del- la mattina in Napoli, e continuò fino alla notte* Alle IO della sera forti scosse di trerauoto furono intese nelle vicinanze del monte, specialmente ia s. Anastasia . 33a 6 e 1 Eif « 5 Dal giorno 3 al io il vulcano continuò a^ eruttare sabbia finissima e bianchiccia, più o meno rara, che giunse fino a Napoli. Si sentirono di tratto in tratto forti scosse di tremuoto, particolarmente in S.Anastasia, in Resina, ed in Bosco tre case. Giorno ii. Pioggia dirotta sui monti di Som- ma , sul Vesuvio , è sul piano. 1 torrenti di acqua mescolata alla sabbia furono tali , che minacciaro- no di sotterrare i paesi sottoposti . Tutti quevSti fenomeni andarono sempre più minorando dal giorno 12 fino al 16 novembre, e graduale minorazione faceva presagire che il vul- cano era al termine delle sue terribili scene . In- fatti non presentò in seguito alcuna novità, me- no che la caduta di qualche parte dell' orlo del cra- tere avvenuta nei giorni successivi. Nella sezione 3 passano gli autori a descrive- re le osservazioni e le sperienze istituite nell' eru- zione dell' ottobre 1822. Questa sezione è divisa in la articoli . Nel primo fanno rilevare che le eruzioni accadute nel mese indicato hanno avuto dei periodi diversi di accrescimento e di minoramcmto di forza , e eh' essi propongono di. chiamare parosismi . Questi pa- rosismi furono 7,0 durarono il primo ore venti- sette , il 2 dodici, il 3 sette , il 4 cinque , il 5 tredici, il 6 trenta, il j un tempo indefinito . Pa- ragonando fra loro la durata di questi parosismi, il pili breve trovasi in mezzo , e verso gli estremi i più lunghi. lì più breve fu anche il più violento di tutti , e la forza degli altri fu in ragione inversa dalla loro durata . ! Nel secondo capìtolo si dà la descrizione del cratere e del cono massimo come restò nel 16 no- vembre 1822. La prima osservazione fatta dagli Fenomeni del Vesuvio 333 autori avanti di salire il cono si fu quella della Pedamenlina . Circa i tre quarti della sua circon- ferenza , diretti fra l'est il sud e l'oVest , si so- no elevati più di 200 piedi intorno alla base del cono. Giunti sul labbro del cratere attuale, non videro più ne prominenze, né mammelloni, né val- letta: tutto è svanito, e tutta la parte superiore del cono non forma che una sola voragine irre- golare sì per la forma dell' orlo , che per l'aspet- to interno . Con un calcolo approssimativo si può giudicare la circonferenza doppiamente sinuosa del cratere attuale di circa 3 miglia , ma gli screpo- lamenti , che soffre tutto giorno , tendono ad am- pliarla maggiormente . La profondità può valutar- si la metà circa dell'altezza del cono sulla Pe- damentina ( circa 216 metri dalla punta più ele- vata del cratere detta il Palo ) . La parete intor- no di questa voragine non presentava sublimazio- ne alcuna , Di notte tutto il cratere era illumi- nato come da migliaja di fuochi sparsi qua e là , e getti luminosi uscivano anche dal fondo , ma non ollrepassavano mai il labbro del cratere. Due spe- cie di fumajoli riconobbero gli autori nelT orlo esterno del cratere : gli uni di gas acido solloroso, gli altri di acido idroclorico e solfo . Termina ■quest' articolo con le tavole delle altezze del Ve- suvio prese da varìi cel. fisici dal 1749 al iSaa. L'ultima è quella del barone di Humboldt, secon- -. gasose. 5 __ imponderabili . Le prime consistono in massi di lava di sco- rie , di pomici ec. della grandezza di 3 pollici lino a 8 piedi , ed in sabbia più o mepo fina compo- sta di frammenti di pomici , di lava, di scorie , di amfigene , di pirossene , di mica ec. Tutte que- ste sostanze sono state raccolte in varii punti , e a diverse distanze : e dì esse si dà un' analisi meccanica comparativa in un quadro separato . Se- guono quindi i risultati dell'analisi chimica isti- tuita sopra le medesime , e sopra diversi sali su- blimati . I Le sostanze liquide sono divise in liquide permanenti, ed in liquide non permanenti. Le pri- me derivano da quei gas che si cambiano in li- quidi per un abbassamento di temperatura . Le se- conde sono quelle che conservano questo stato ad una temperatura molto elevata , e che si conver- tono in solidi appena questa si abbassa : di tale natura sono le lave . Lo sgorgo di queste ebbe luogo tanto dalla sommità del cratere nella parte occidentale, quanto dalle squarciature del cono mas- simo nella parte orientale. La prima , che gli au- tori chiamano lava occidentale, si diresse verso Por- tici e Resina dividendosi in più rami ; la se- conda , detta lava orientale , sopra Bosco tre case . Esaminata la lava secondo il metodo del sig. Gor- dier, si trovò composta di amfigene , pirossena , mica , e qualche granello di ferro ossidulato • Con- teneva o , 069 di parti solubili composte di Idroclorato di soda di potassa Solfato di calce presso a poco in egual proporzione , Fenomeni del Vesuvio 335 Lo sostanze volatili sono i acqua , 2 solfo , 3 idroclorato di ammoniaca , 4 itlroclorato di am- moniaca e l'erro , 5 protocloruro di ferro , 6 idro- clorato di perossido di rame . Le sostanze gasose sono, i il gas acido idro- clorico , 2 il gas acido solforoso , 3 il gas acido carbonico . I fluidi irapon.4eraMU , la luce ed il calorico t ma a questi si unisce ancora nelle grandi eruzio- ni il fluido elettrico . Forse anche il magnetico vi ha qualche parte, cqme De Buch si avvide nell' eruzione del i8o5 : ma gli autori non hanno po- tuto ciò verificare per mancanza d'istromenti . Due fatti singolari , sebbene non nuovi , si riferiscono negli articoli 4 ^ 5. Il primo Mi una corrente di lava , che gli autori chiamano a rottami incoerenti , composta; cioè di grandi e piccole ^^goUe di lava , e di scorie mescolate ad una sabbia ros- sa senz' alcuna coerenza , che si estese per circa due miglia verso il Mauro ; fenomeno che fu osservato ancora nell' eruzione del iG3i (i) • Il secondo di alcune correnti di una sabbia finissima asciutta , come furono già notati da Gassiodoro col nome di fiumi polverei nell' eruzione del Sia dell'era vol- gare, e dagli scrittori della eruzione del i63i- Le piogge cadute dopo l'eruzione ( art. 6 ), tra- sportando seco le sabbie ed altre materie incoe- renti che incontravano sul loro cammino, dettero origine ancora alle correnti fangose , le quali ar- restandosi poi ne' luoghi più bassi , e consoli- dandosi per l'evapora/ione dell'acqua, formarono al- (1) V. Maiooli , Carafa» Braccini , Giuliani ce. 335 S «S 1 E N a E Quae specie di tufi di una grana pia e meno gros- sa . Gli strati delie sabbie di diversa natura , che componevano quegli aggregati , comparivano come formati da tante zone orizzontali , e si rendevano facilmente divisibili a guisa degli schisti . 11 gas acido carbonico , uno dei prodotti ga- sosi dell' eruzione , come abbiamo veduto , si tro- vò raccolto nelle cantine ed altri sotterranei , e formò una quantità delle così dette mofete ( art. y ) , Furono queste il soggetto di varie osservazioni isti- tuite dagli autori in molti luoghi . Esaminarono i caratteri fisici e chimici del gas che costituiva que- ste mofete : ne intrapresero Tanalisi , dalla quale si rileva eh' era composto di 87 cent, di acido car- bonico , e i3 cent, di aria atmosferica: proporzio- ne però che variava secondo i diversi luoghi . Que- sto gas acido carbonico sì trovava ancora abbon- dante nell'aria atmosferica sovrastante a tali mo- fete ; poiché presa l'aria all' altezza dì 4 piedi sul livello del gas irrespirabile conteneva circa o , 30 di gas acido carbonico . Finalmente osservarono che non tutte le cantine erano occupale da queste mo- fete , ma quelle solamente scavate entro le anti- che lave ; circostanza molto da valutarsi , poiché fa conoscere che la natura del suolo contribuisce in gran parte alla formazione di tali mofete . L'articolo 8 è consecrato interamente ali os- sidiano . Questo prodotto vulcanico, tanto comune nei campi flegrei , di rado si era osservato al Ve- suvio : perciò gli autori hanno voluto istituirne un esame comparativo con quello di Lipari , ed han- no trovato che leggerissime sono le differenze che passano fra l'uno e l'altro, tanto uei caratteri fisi- ci che ne' chimici. Il catalogo dei prodotti dell' ultima eruzione di FENOMBtfl DEL VeSìVIO 33^ ottckbre i8a3 , e l'esposizione dei processi che gli autori hanno seguito per conoscere la chimica com- posizione dei medesimi , formano il soggetto degli articoli 9 e IO. Finalmente termina la sezione con le tavole delle osservazioni meteorologiche ( art. 1 1 ) fatte nei mesi di ottobre e novembre dal sig. Car- lo Brioschi direttore dell' osservatorio dì Napoljì , e con un epilogo ( art. là ) de' fatti più notabili osservati nel corso dell' ultima eruzione e dopo la medesima . Quest' opera è accompagnata da 4 tavole li^ tografiche , La prima rappresenta il Vesuvio vedur to ddUa strada che porta al Salvatore presso il fron- te dell' ultima lava sopra Resina , pochi giorni prima della eruzione di ottobre 1823. Nella secon- da è delineata questa eruzione veduta dallo stes- so luogo alle ore 8 della sera • nella terza il Ve* suvio veduto da Bosco tre case . La quarta fiual-r mente presenta il disegno del cratere preso sul luq» go il dì 16 novembre jS^a. Noi non possiamo che applai^dire allo zelo , con cui questi dotti naturalisti si occupano ad os- servare i fenomeni vesuviani , non risparmiando fa- tica né lasciandosi spaventare dai pericoli che pre- senta questo vulcano quando particolarmente spie^- ga tutta la sua energia. La scienza sarà loro de- bitrice di tanti nuovi fatti, e di tante interessan- ti osservazioni , le quali serviranno a spargere mag- giori lumi sopra i fenomeni vulcanici . G.A.T.XX. 338 Rapporto degli sperimenti istituiti dai sig. Per* kins ed Oersted sulla compressibilità dell' acaiia i del professor Saverio Barlocoi . Iluantunque l'acqu? venisse annoverata dagli an» ^ tichi fisici fra i liquidi incompressibili , per- chè non era loro riuscito di riconoscere in ess^ yari{iziope alcuna di volume assoggettandola alle più forti pressioni ineccaniche , purnondìmeno sem- bra ^1 presente dimostrata con più convincenti pro- ve la sua cpnipressibilità , per cui a somiglianzà dell' ^ri^ e dei fluidi elastici cede essa alla pres- sione , restringendosi tantopiù di volume , quanto più crespe la forza che la comprime . È ben ve- ro , che le esperienze istituite un tempo dagli ac- cademici del ciraentQ mostrarono risultati diversi a quanto in oggi s\ annunzia su quest* oggetto : ^vendq quelli osservato , che l'acqua rinchiusa in sottili sfere di oro trasudava piuttostp dai pori del xnetallQ sotto fortissime compressioni , che per- mettere un restringimento sensibile nel suo volu- ine^ ma conveniva ricorrere a mezzi più esatti e più dilicati di sperimentare , per distinguere , esclusa l'influenza d'ogni causa straniera , quel gra- do di elasticità , benché debole, che permette ai liquidi di condensarsi e di espandersi . J\on pa- reva che potesse dubitarsene anche in quell' epo- ca : poiché si conosceva che i suoni si propagano per mezzo dell* apqua anche spogliata di aria ; il che sompainistrava non equivoco indizio della sua com- pressibilità . Se gli sperimenti istituiti cinquanta anni in- Compressibilità' dell' acqua 3òq dietro dall' inglese Canton non furono sufficienti a dissipare ogni dubbio sulla compressibilità dell' acqua , attese le variazioni di temperatura , o il concorso di altre cause che possono sensibilmen- te alterare i risultati di tali ricerche ; fu tuttociò messo a calcolo nelle sperienze recenti de' sigg. Per- kìns ed Oersted , che in oggi richiamano l'atten- zione de' fisici su tale argomento , Ricorse pripiie» ramente il sig. Perkins alle pressioni artificiali, pio- curate per mezzo di una tromba premente nell' acqua contenuta nella capacità di un cannone, dentro cut collocava un cilindro metallico fornito di stantuf- fo , denominato piezometro : per mezzo del quale potè accertarsi , che sotto ^ina lorza comprimen- te, equivalente a cepto atmosfere , l'acqua soffriva una condensazione di circa l'uno per cento . Quin- di considerando le ^cque del mare , come gli stra- li dell'atmosfera, di densità ineguale e crescente verso il fondo , vpUe accertarsene colle prove di fatto, abbassando nel mare delle bottiglie hen so- lide , ed alte a sostenere il vuoto , a diverse pro- fondità ; ed ecco i risultati principali delie sue ri- cerche (i) , Una bottiglia di vetro ben chiusa con turac- ciolo di sughero , ricoperto con sei pezzi di tela di cotone aspersi di una composizione di cera e mastice, e legali al collo per mezzo di spago, im- mersa alla profondità di 2^5 metri, dopo esser- ne stata estratta non mostrò alcun cambiamento sensibile , non essendovi penetrata neppure una goc- cia di acqua . Immersa alla profondità di 4^5 metri , vi pe- (i) ( Ànnales de chimic e i^c phjsiijue tom. XVI. ) 32 34o Scienze netrò piccolissima quantità di acqua equivalente ad un quarto di pinta inglese , senza alcuna altera- zione o spostamento nel turacciolo . Peraltro abbassata la bottiglia, preparata come sopra, alla profondità di 55o metri, e ritirata quin- di dopo avervi soggiornato qualche tempo , pre- sentò un aspetto del tutto diverso ; giacché infran- ta, non vi rimase che una piccola parte del suo collo attaccata alla fune, ed il turacelo di sughe- ro si riconobbe compresso per circa la metà del- la sua lunghezza . La spiegazione che dà l'autore al fenomeno è la seguente : L'acqua del mare, divisa in sottilissime particelle, fu obbligata dalle pres- sioni ambienti a farsi strada attraverso i pori dell' inviluppo che ricopriva il turacciolo , ed a riem- pire r interno della bottiglia , Ivi raccolta , e tro- vandosi ad alto grado di condensazione a quella profondità , ritirandosi la bottiglia cominciò nel- la sua ascensione ad espandersi , ed avendo prima compresso e ristretto dì volume il sughero al collo della bottiglia, ne ruppe quindi le pareti per la sua forza espansiva non più bilanciata all' esterno da equivalente pressione . Ebbe infatti occasione di confermarsi in que- sta congettura con altro sperimento , in cui aven- do più fortemente assicurato il turacciolo della bot- tiglia co' soliti inviluppi , e di più con un pez- zo di cuojo ben legato con funicella intorno al collo di essa , calcata alla profondità di /^qo me- Iri , fu quindi poco dopo ritirata intatta: l'acqua ne riempiva la capacità (Ino alla distanza di un pollice dal sughero , che liberato dai suoi invilup- pi , e versatane 1' acqua , fece essa elfervesc^nza come un' acqua gassosa . Se però la bottiglia si fos- se trattenuta più lungo tempo al fondo, ed aves- Compressibilità' dkll' acqua 34 i se avuto campo di riempirsi , l'acqua espandendosi l'avrebbe probabilmente spezzata come nell' antece- dente esperienza . Dopo questi saggi , essendosi l'autore propo- sto di riformare il suo piezometro da principio ado- perato , per escludere ogn' influenza di temperatu- ra o di altre eause , formò questo stromento piiì semplicemente di un piccolo tubo metallico , impe- netrabile all'acqua , e chiuso alla estremità infe- riore. S'introduce questo liquido nel suo interno dalla sommità per mezzo di una valvola sensibilis- sima che agisce da fuori in dentro . Detto tubo è un poco schiacciato ai lati per resistere meglio al- la pressione . Riempito esso di acqua , ne deter- minò prima esaltamente il peso , e quindi Io col- locò sotto un torchio idraulico, sottoponendolo alla pressione di SaG atmosfere . Ritirato poscia e pesato , mostrò un aumento in peso di un 3 f per cento, essendosi usata la precauzione dì far bol- lire preventivamente l'acqua, e di farla raffred- dare fino al grado 8,9 del termometro centigra- do : temperatura che si mantenne costante durante r esperienza . Ricevono ora questi fatti nuova conferma dal chiarissimo fisico danese signor Oersted (b) , che ideò un nuovo apparato con cui , senza ricorrere a forti pressioni meccaniche , può ben conoscersi e valutarsi la compressibilità dell' acqua . Le parti principali di questo nuovo apparato consistono in una piccola bottiglia, che ha per collo un tubo ca- pillare terminante in piccolo imbuto . Dopo averla riempita di acqua purgata d'aria, s'introduce nel {b) Aiinales de cium, et de phys. tom. XXII, febr. 1823. 342 S e I E N X B tubo capillare una goccia dì mercurio , eh' essen- do sostenuto in alto dalf attrazion capillare delle pareli , serve d' indice e nel tempo stesso di stan- tuffo neir esperienza . Questa bottiglia si colloca in un cilindro di vetro di erte pareti , ripieno pari- menti di acqua , e munito alla sua sommità di una tromba premente con cui si può esercitare una sufficiente pressione suU' acqua del cilindro . Que- sta pressione si comunica al mercurio contenuto nel collo della bottiglia , che la trasmette a vicen- da air acqua racchiusa nel corpo della bottiglia . S'intende facilmente , che ricevendo questa una pres- sione eguale tanto al di fuori che al di dentro , non subirà alcuna variazione nel suo volume ; ma nel tempo stesso la compressione dell' acqua potrà scorgersi sensibilmente , essendo il calibro pel tu- bo capillare, oVe il liquido deve abbassarsi , picco- lissimo in confronto di quello della bottiglia . Per ben conoscere la quantità della compres* sìoné , determinò prima l'autore la capacità del tu- bo capillare e della bottiglia ; e per la misura del- le forze comprimenti collocò nel cilindro presso il tubo capillare un tubo verticale chiuso alla som- mità , ed aperto al basso , ripieno di aria e mu- nito di scala 4 che serve a far conoscere il volu- me di aria ristretto , e l'abbassamento insieme del mercurio nel tubo capillare . Per calcolare accu- ramente , secondo la legge di Mariotte , la forza comprimente impiegata , deve aggiungersi alla pres- sione indicata dal barometro quella prodotta dal- la colonna d' acqua che agisce suU' aria del tubo, e più la pressione della colonna di mercurio rin- chiusa nel tubo capillare . Le variazioni di tempe- ratura hanno una grandissima influenza sui risul- tati delle sperienze , giacché un solo grado del ter- Compressibilità* dell* acqua 343 mornetro centigrado è sufficiente a cambiare il vo- lume dell' acqua di quanto sarebbe capace alterarlo lina pressione equivalente a tre atmosfere: cièche deve render cauto l'osservatore ad usare ogni dili- genza , perchè dopo la compressione la temperatura dell' apparato s'equilibri con quella dell' aria ambien- te prima di decidere sulla quantità della com- pressione . Ora dagli sperimenti ripetuti dal sig. Oersted risulta , che una pressione eguale al peso dell' ' atmosfera produce nell' acqua una diminuzione di Tolume di o, oooo45 . Égli di piìì ha verifica- to , che accrescendo la pressione da '^ fino a 6 at mosfere , la compressione dell' acqua seguiva il rapporto diretto de' pesi comprimenti , come nel- la condensazione dell' aria e de' fluidi elastici i Secondo i risultati di Ganton la condensazione dell* acqua, per una pressione eguale a quella di un' atmosfera, corrisponderebbe a o , oooo44» e se- condo quelli di Parkins a , o , oooo48 \ che presen- tano delle differenze poco apprezzabili. Le accennale sperienze furono ripetute da va- rj fisici italiani , ed in ispecie dal sig. canonico Bellani di Monza , che indusse qualche utile mo- dificazione neir apparato del sig. Oersted , e sin- golarmente nel manometro destinato alla misura del- le pressioni . Consistendo quello adoperato dal sig. Oersted in un semplice tubo verticale ripieno di aria , ch'è in immediato contatto coli' acqua, può subire qualche diminuzione nel suo volume , per- chè sotto forti compressioni l'aria viene assorbita dall' acqua . Perciò il suddetto fisico vi sostituì un tubo ricurvo , interponendo del mercurio fra l'aria e l'acqua , ond' evitare per l'accennata q^usa ogni sorgente di errore • 344 Intorno al solfato di chinina . jdl eh. sig, prof, Giambattista S imo netti ^ lettore di medicina teo- retica nella università di Fano . FREGIÀTISSIDIO AMICO « A. .llòrchè liella mia lettera intorno al solfato di chinina scrittale nel dì 6 ottobre , ed inserita nel fascìcolo di novembre del giornale arcadico del perduto anno , le feci conoscere la natura dei ri- sultamenti da me conseguiti nella cura delle feb- bri periodiche con la esibizione del menzionato sale febbrifugo , non tacqui l'apparenza nocevole in cui si manifestò il medesimo in sei individui , come il prospetto ivi annesso appalesa. Ad ischi- vare la forse riprensibile fretta di giudicare , e vo- lendo però in qualche guisa assolvere da simile denigrazione il solfato accessifugo , mi avvisai do- versi per ora aver riguardo] allo scarso numero di osservazioni che non permettevano pronunciare un decisivo giudizio a carico del medesimo , e mi appigliai a tal effetto ad una spiegazione quan- to dubitativa altrettanto ingenua . Fui pertanto di parere, che di siffatte emergenze ^ le quali pur volli chiamare anomalie , potesse ben manifesta rifon- dersi la cagione nella imperfezione delle mediche cognizioni, ignorandosi tuttavia l'estensione del do- minio di alcune particolari idiosincrasie, l'influen- za modificatrice delle costituzioni , temperamenti , abitudini, maniera di vivere, e simili condizio- ni ; non che nella deficienza di bastevoli lumi per definire la migliore amministrazione in or- dine alle varietà di metodo fbrraola e dose che Solfato di chinina 843> avrebbero potuto decidersi dietro il rigore di ul- teriori osservazioni. Da' riscontri però di quanto mi è avvenuto esaminare nel decorso del cadente anno , mi credo autorizzato ad avvertire la dis- convenienzà in alcune costituzioni individuali , co- me meglio giova rilevare nel contesto della pre- sente lettera , diretta a darle i ragguagli che per sua compiacenza mi richiede • Sono state in quest' anno da me prescritte on- ce dieci di solfato di chinina ed once quattro di chinina pura , o semplice come dir vogliamo . Il solfato è stato intieramente tratto dalla iarmacia del eh. sig. Agostino Manni: la chinina poi fu nel- la maggior parte tolta nell' indicato negozio, e ven- ne in minor parte rimessa dagli altri due ili. chi- mici sigg. Pietro Perelti e Paolo Rolli , il primo professore aggiunto di farmacia nell' università del- la sapienza della nostra Roma , e l'altro coadiu- tore al chimico dimostratore nella indicata uni- versità . Ne conoscerà ella anzi gli eruditi lavori che rendono irrefragabile testimonianza della loro somma abilità e delle vaste cognizioni che hanno nella scien- za non senza lustro e progresso della medesima . Ed era ben di dovere , che la nostra capitale , così doviziosa di chiarissimi e valenti maestri della me- dica e chirurgica professione , mostrasse pur pos- sederli neir altro ramo sanitario , cioè nella chimica farmaceutica . Dall' amministrazione della semplice chinina non ho osservato giammai verun sensibile mole- sto effetto : quantunque alcuni degV infermi fos- sero donne , e fra queste alcune incinte ed altre in epoca inoltrata di puerperio ; e non pochi ragaz- zi , ed alcuni vecchi . Posso anzi deporre , che decisivamente proficua sia essa riuscita in dodici 346 Scienze infermi affetti da peroiciosa Gomitata ; giacché aven- do questi renuilo all' uso della polvere della cor- teccia peruviana , vinsero la mia timidezza in pre- scrivere la chinina in un incontro , in cui non avrei sicuramente ardito per mia elezione valermene ; e trionfarono così felicemente della lor febbre con pronta apiressia e eoa più o meno costante gua- rigione . Per quanto poi spetta al solfato di chinina , non posso avanzar querimonie sulla di lui attivi- tà febbrifuga , avendomi esso più o meno pronta- mente corrisposto , fuorché in varie quartane . Ho- avuto però motivo di osservare diversi effetti men buoni in trentaquattro individui , la costi tn- zione dei quali si era mobile , irritabile , o , come viene comunemente denominata , nervosa , Il lo- ro temperamento appartiene a quella classe, che suole ora distinguersi col nome dì astenico - ec- citabile , il cui quadro abbiamo sì bene delinea- to recentemente nel primo volume de' prolegome- ni clinici del sig. consigliere Brera . Nella mag- gior parte dell' enunciato numero di persone dopo la propinazione del solfato di chinina tornar vedo- vasi la febbre più orgogliosa , ed il suo parosi- smo si protraeva il più delle volte a due o tre intiere giornate ; ma trascorso un tal tempo non mancava succedere l'apiressia o scevra interamen- te da ricadute, o non esente talvolta da recidive a tenor delle cause alle quali esponevansi i pa- zienti . Questo , eh' era il più comune effetto che siasi a me presentato , fu nella pluralità dei casi ben semplice; poiché, meno la cefalalgia e la sete molesta , non v'era altro sintoma che corteggiasse la febbre » Altre volte perù si sono gì" infermi quere- lati di una certa depressione di forze , di tinnita Solfato »i chinina 347 agli orecchi , di sussulto dei tendini , di tremori , di convellimenti ben manifesti : ed in queste ul- time circostanze non era la fisonomia degl* infer- mi molto dissimile da quella che si appalesa nel- le vere febbri nervose . Tacerò sulla istoria di cui ho fatto altrove menzione (1) , non sapendo decider- mi a derivar pienamente i nocevoli effetti ivi de- scritti dair uso del solfato di chinina . A me basta produrne una modesta ed ingenua dubitazione : ma lascio ad altri il ragionarvi . IVon abbiamo pubblici fìnqal i risultamenti conseguiti dai varj clinici nella decorsa estiva sta- gione : e mi auguro sentirli egualmente favorevoli* come già nelf anno scaduto lo furono presso ì chia- rissimi professori De Matthaeis (a) , Tantini (3) , e dottore De Rossi (4) . Or mi conceda che brevemente seco lei m'in- tertenga a discorrerla sulla natura dei fatti da me osservati . Convengo , che il soprasolfato di chi- nina spieghi effetti nocivi sull* economia animale ; ma non consento che non possano altresì produr- si e svilupparsi i medesimi per opera del solfato neutro di chinina . Né mi si dica , che gli effetti sinistri primamente appalesar si dovevano nelle vie della deglutizione e nell* apparato gastrico; poiché (i) annotazioni medico-pratiche sui risultamenti conseguiti dalV uso della pomata stibiata ec. ( not. 9 ) V. Giorn. arcad. fa- scio, dì nov^embre 182X (2) Lettera a S. E. monsig« tesoriere ec. sotto il di 3 settem- bre 1823 , ed inserita nella Biblioteca italiana di Milano fascio, di settembre 1822. (3) V. Giom. arcad. volume di aprile i%t.Z. (4) V. Giorn. arcad. volume di novembre 1822. 348 S Q I B ?r 2 E se niun altra Causa esista a cui rifondere i tremo- ri, i convelUnieiiti ed in fine la febbre più ar- dita con protrazione di parosismo ; se questa se- rie di sconcerti non siasi offerta in altri non sot- toposti air uso del solfato; vi sarà tutta la proba- bilità d'incolparne il farmaco . Ma , dirassi da al- cun altro , i composti chimici si rimangono inal- terabili negli umori animali , come recentemente sappiamo essersi» sostenuto dal sig. Magneven in una sua memoria (') • Or qui poi francamente rispon- do ( ed ella pur meco ne converrà ) , che tal dot- trina è in evidentissima opposizione con la giorna- liera sperienza: e che ad infringere il peso di tan- te osservazioni in contrario non basta qualch' espe- rimento dair autore riferito, quando anche dir si vo- lesse bene osservato e rettamente istituito senza prestigio di prevenzione . Mi si dirà altresì , che in alcune emergenze , nelle quali a frenar V emor- ragie prescrivesi Tuso delle bevande acidulate eoa Tacido solforico , s'ingoja forse maggior dose di questo , che non avviene trangugiarsi nella pro- pinazione del solfato di chinina ; e pur senza no- tevoli eflfetti di nocumento : Io che pur si verifica nella esibizione di altri solfali , come di magnesia, di soda ec. , i quali riescono indifferenti . Alle quali objezioni non riuscirà vano il rispondere , che l'acido viene nei primi casi diluto con abbondan- tissima dose di veicolo acquoso : che diversità som- ma passa fr^ la dose dell' acido per la satu- razione di un sale e per quella di un altro: che le basi , alle quali nei menzionati sali è legato Taci- do , trovinsi in tal modo di azione da modificare (i) V. Aari. uiiivers. del sig. Oinodei ce. fase, di luglio i823. Solfato di chiriRa 349 forse qaella dell'acido : che potendo essere più enèr- gici gli effetti di una combinazione salina in con- fronto di un altra , venga un istesso acido a spie-, gare effetti molto nocevoli quando sia unito ad una base , sebbene per se stessa innocua : mentre irti congiungimento con un' altra gli sviluppa indifferen- ti . Finalmente siccome gli effetti da me enunciali ri- scontransi esclusivamente dopo la prescrizione del sol- fato di chinina , e non già quando venga in di lui ve- ce sostituita la polvere della corteccia peruviana , ne quando si amministri in cambio del solfatola semplice e pura chinina; sembra così che perlor- gica conseguenza discenda , che non alla chinina, cioè non alla base vegetale del solfato , ma sib- bene all' acido istesso del menzionato sale febbrifu- go dovuti sieno i ricordati effetti in grazia di qual- cheduna delle ora esposte ragioni . Sciolga ora chi vuole questa conseguenza , e mi tragga d'inganno, ove pur vi fossi caduto in così pensarla; giacche son pronto ad ariendermi ad una miglior spiegazione che mi si offra . Intanto , nella dubbiezza di poter de- rivare dal solfato di chinina sinistri effetti , tengo parere , amico pregiatissimo , di non prescrivere giammai la indicata preparazione a quegV individui che appalesino , siccome già dissi , gli attributi fisi- ci di una costituzione nervosa , e i tratti principali del carattere spettante ad alcuna delle varietà del temperamento astenico-eccitabile ; e andrò costan- temente a valermi in somiglievoli emergenze della semplice chinina , dopo averla ed esaminata ed as- soggettata ai consueti chimici reattivi innanzi di prescriverne la propinazione. Che se poi favorevoli risultamentì avessi a cogliere dall' uso del peperino , di cui un saggio mi è stato cortesemente trasmes- so dal eh. professor Meli di Ravenna , e con cui an- 35o Scienze drò ad assumere comparativi esperimenti , per es- sere questo nuovo ritrovato e meno dispendioso e forse meno soggetto a frodi ; non lascerò di sosti-> luirlo pur alla chinina, purché alia giusta bilancia dell' esperienza resistano le teorie . Giacché ben si espresse l'espertissimo clinico De Matlhaeis parlan- do della chinina (6), che:,. Se le virtù dei nuovi „ riraedj sono annunziate con argomenti plausibili „ di analogìa e di fatto; s'essi possono sperimentarsi „ senza danno ; se il medico sperimentante osser- „ va quella circospezione e prudenza che non deb- „ bono andar mai disgiunte dai suoi sperimenti , „ l'ostinarsi allora a disprezzare o a temere l'uso „ di simili rimedj sarebbe cosa biasimevole ed in- „ degna di ogni medico . „ Le rinnovo i sentimenti della mia distinta stima, Paliano 30 novembre 1823. TONELLI, 35 1 LETTERATURA Zezioni varianti d*una celebre canzone provenzale di HigaiU de Berherill. I:^<^''y^ "ìì", 1 Perlicarì nel suo libro Dell* amor patrio di Dan- te , alla pag. 202 dell' edizioo milanese , ha ripor- tata la canzone scritta nella LXI delle cento no- velle antiche , emendandola coli' ajuto della sua cri- tica e di due codici provenzali vaticani . La me- desima panzone , monumento bellissimo per le analogie di nostra lingua , era stata trascritta nel secolo XVI dal modanese Giammaria Barbieri neU opera sua DclC origine della poesia rimata , la qua- le non vide la pubblica luce che nel 1790 per cura del celebre cav. Tiraboschi . Il Barbieri ne in j dico l'autore , cioè Rigaut de Berberill , buon cava" lier d'arpie e buon rimatore , introdotto con altro nome nelle suddette novelle; e prepose alla can- zone questo notabile avvertinnento : Ho yolf.Uo qui porla tutta intiera nel modo appunto che fho tro~ vata scritta f ralle altre sue canzoni , per essere la stampata nel libro delle novelle così guasta ed im- perfetta , che non se ne può trarre alcun sentimene to; ma così si dee riformare ^ come segue r L'auto- rità d'un uomo intelligente e maestro dì lingua provenzale , com' era il Barbieri j dà moltissimo valore alla sua emendazione ; perciò mi piace di qui trascrivere fedelmente una tal poesia , accom- pagnandola colla traduzione dell' ab. Pia , e sog- 35a Letteratura gì ugnenda qualche osservazioncella sulle differenze., più rilevanti riscontrate fra la lezione del Barbieri e quella del Perticari ^ , ' S t'^ ci P A I." „ Autresì corti lorifans „ Que con chai nos poi levar (i) „ Troll nutre ab lur eridar „ De lor votz lo levon sua „ Et ieu vueill segra quel us , „ Car mos mesfatz es. tan greus e pesans (3) „ Que si la cori del Puei , el rie bobans „ El veraì pretz deh leials amadors (3) „ ISom relevon , jamais non serai sors. (4) if Quii denherson per me clamar merse , (5) „ Lai on iuiias , ni razo nom vai re. Traduzione, Altresì come l'elefante , Che , quando cade , non si può levare , J^in che gli altri con lor gridare Di lor voci lo levan suso ; Ed io \>oglio seguir quelt uso. Che 7 mio misfatto è tan greve e pesante. Che se la corte di Puy , e i ricchi ( grandi ) burban- ti (burbanzieri), E 7 vero pregio de* leali amanti Non mi rilevan , giammai sarò surto. CK e degnassero per me chieder mercè ( pietà ) Là ove giudici e ragion non mi vai niente. Osservazioni. (i) Il testo della crusca Iia ; AUor gridare di lor voce . Ma qucW allor toglie ogni senso: e il no- me \ cihàÌQ }^ridare si rimane senz'articolo che lo Canz. di Rigaut de Berberili. 353 regga . Cosi nota il Perticari . I^a nostra lezione dissipa l'equivoco e l'oscurità : poiché si vede che il volgarizzamento è stato fatto sopra un testo che pur leggeva ab lur ^ e che si tradusse a lor, scri- vendo però congiuntamente allor , come usava nel- le prime scritture. La lezione del codice vaticano ah lo toglie il pleonasmo della dizione lur , Non toglie per altro intera fede all' altra lezione, per- chè simili maniere non erano infrequenti tra gli antichi . (2) Il Perticari legge: Qe se la cortz del Puoi, e la torbanz ; Che se del Po la corte e la iurbari' za . Egli ha tradotto per equivoco la corte del Pq, seguendo il testo citato dalla crusca. Altri decide- rà qual sia la miglior lezione in fine del verso . Quella del Barbieri dà per lo meno, esatta conso- nanza di rima. (3) Il Perticari legge t Jamais non serai sosi mai non serò suso. L'altra lettera è la vera: lo di- ce il miglior seuso e la corrispondenza rimata eoa amadors . (4) Il Perticari : Ai degnesson . Questa let- tera è più vicina alla maniera italiana; l'altra alla francese . (5) Il Perticari : Là o' preiar ne raison non vai rien . A prima vista sembra lezione più chia- ra ed opportuna ; ma riflettendo al senso , non è buona conseguenza cliieder mercede dove non vai pregare . Bensì quest' umil grido può aver eilica- cia dove non l'hanno giustizia e ragione. Jutiqs è certamente il plurale di giudice : ma nota il Pia che con piccolo divario si potrebbe inteqdere peic giustizia o giudizio . G.A.T.XX. a3 3^4 Letteratuua Strofa 2. „ E sieii per los Jìs amans (1) „ Non pueso mon ioi recobrar (2) „ Par tos tems lais mon chantar , (3) „ Car de mi no ia ren plus , (4) if -^ns vivrai com lo reclus ^ ;, Sol , ses solatz , cai tals cs mos talans , „ Car ma vida mes enueis , et afans (5) „ E gaugz mes dols ^ e plazers mes dolors ^ (G) „ Quieu non soi ges de la maneira dors , (7) ■»» Q"-^ 9"-^ ^^^ ^^^ » ^^' ^^ '^'^ ^^^ merse , (8) „ Adoncx engraisa^ e meillure reve. Taaduzìone. E sio per li fini amanti Non posso mia gioja ricovrare , Per sempre lascio l mio cantare-^ Che di me non ve niente pia , j^nzi vivrò come il racchiuso , Solo , senza solazzo , che tal è il mio taleìito : Perchè la mia vita m'è noja ed affanno^ E 7 gaudio m'è duol , e 7 piacer m'è dolore , Ch'io non son mica ( fatto ) alla maniera dell' orso^ Che chi ben lo batte ^ e lo tien vile senza mercè ( compassione ) uillora ingrassa e migliora e rinviene. Osservazioni. ^i) Il Perticar! legge : Non pose ma joi . Il Castelvetro pone ioi mascolino , quando legge nel verso i44 cant. 2G del purgai, di Danle : Et vei giausen les ioi die sper denan . Forse era usato ueir uno e nelT altro genere . (2) 11 Perticari : Per to-^t temps . Quel tost ò Canz. DI RiGAUT DE Berbrrill 355 per avventura una melatesi del copista invece di tots . (3) Varia lezione del Perticar! : Que de mi non atend plus . - A me più non attendo . (4) Perticari : E vivrai sicom reclus . La le- zion del Barbieri presenta in quolT ans il tipo d'una nostra particella usitatissiraa . Com lo recliis è più determinato e significativo in forza dell' articolo . Vivrò come il prigioniero . (5) Pertic. E gaug . La z sì trova anche nel derivato jaiizen O giauzen , lat. gaudent . (6) Pertic. Car ei non sui de la mainiera dors. (j) Pertic. Que qii il bat e 7 ten vii ses mer^ ce . La voce bel nel lesto del Barbieri non è ozio- sa pel sentimento , e dona al verso la giusta mi- sura . In quel nil si vede la forma dì quella pe- trarchesca locuzione : Se gli oechi suoi ti fur dol- ci né cari . (8) A donc engras e meillur en reve . Così leg- ge il Perticari ; e ne trae una versione , a quel che mi sembra , più acconcia che non è quella del Pia: Allora ingrassa e si rifa migliore . Strofe 3. „ A tot lo mond soi clamans „ De mi e de trop parlar , „ E iien pogues contrafar , (i) „ Fenicx , que non es mes us , „ Que sari , e pueis resorsus , (2),, Marterieu ^ car tan sui mulanaus , (3) „ E mos fols digz inensongier , e truans (4) ,, Resorsera ab sospirs et ah plors (5) „ Lai , on heutat es , e iois , e valor s , „ E que non faill mas un pauc de merse^ (G) „ Que non hi son ajustat tuit li be. a3 • 356 lyETTEnATURA. TRADtZlUiNEf 'A tutto il mondo mi la^no Di me e del mio troppo parlare ^ E s'io potessi contraffare La fenice ( che non è più fuso ) Che s'arde e poi risorge suso , ^Tarderei io ; perchè tanto son disgraziato , E i miei folli detti menzogneri e buffoneschi » JUisorgo ora con sospiri e con pianti Là ove beltade é , e gioja , e valore ; In cui non falla (manca ) più che un poco di mercè ( Pei* ) Ch^ lion vi sia ragunatq tutto il bene. QSSEKYK^IOÌ^I. (i) Al fenix d'on es mas vus . '■ Alla fenice fhe non mai fu vista . Se cjuesta lezione del Per- ticari , più che ad una vivace congettura del cri- tico, è appoggiata all' autorità de' codici , sarà forse più accetta che quella del Barbieri. Per altro par troppo franca l'asserzione del non essersi mai vista , in bocca ad un poeta di quel tempo , in cui Pli- nio esigeva mageior credenza • (2) Pertic. Eu m' arserei , Egli deduce da questa voce il verbo Arsare , e vi trova la radi- ce del nostro arso invece di arduto . Ma la conr iugazione del verbo latino ardeo rende abbastan- za fondata la nostra riflessione, senza ricorrere a que- sto nuovo verbo assai dubbio , Il Perticari am- mette poco sopra la lezione que sart^ la quale sem- bra giustificare la susseguente del Barbieri . (3) Qui è non poca diversità dalla lezione del Perticari : E misfaits dig mensoiner e truans . - l)i- s/atto sì da mensogncri e falsi . Pare che il poe- ta accusasse piuttosto i suoi falli detti , che le meu- zogne altrui . Canz. di Rigaut deBeuberill 33j (4) Pertic. E sorserai . Poi sorgerai . Questo senso è più concatenato col desiderativo preceden- te . Forse l'altro testo doveva leggere resorserai ; e la mancanza accidentale dell' i sul fine fece legge- re al Pia resors'era. (5) Il Perticari, in vece di iois, legge jovenz , giovinezza . (6) In vece d' ajustat , assemlat. - Questa ter- za strofa dal Perlicari è posposta alla susseguente. Strofa 4* „ Ben sai camors es tan grans ,f Qua leu mi pot perdonar , „ Sieu failli per sohramar , (i) „ iV/ renhei coni le magus , „ Que ditz quel era Jesus (a) „ E volc volar al del otracuidans ^ (3) „ E Dieus baiset lergueil e lo sohrans ; „ Mas mos orgueills non es ren mai amors ^ (4) •,, Perque merses mi deu faire secors ; (5) „ Quen maint luec es on razos vens merse , (6) „ E luec on razo , ni dreit prò non te . Traduzione. Ben so che amor è tan grande Che lieve mi può perdonare , Se io fallai per sovramare E regnai come il mago Che disse cK egli era Gesù , E volle volar al del oltracotante (arrogante), E Dio abbassò l'orgoglio e la soverchia » Ma il mio orgoglio non è altro che amore ^ Per il che mercè mi dee far , e soccorso ; Che in manti ( molti ) luoghi accade che ragion» ( in mercè viene , E ( v'è) luogo ove ragione e dritto prò non tiene. à58 L L T T »i B A X it K 4. O S « E K V A Z i O INM. (i) Ecco nella lezione del Perticarì due ver- si differentissirni : Ni regnei corri Dedalus , Que dis qu el era joios . - E r-egnai come Dedalo , Cui di- cono giojoso ■' Manca la giusta rima e la ragio- ne del senso : poiché al misero Dedalo fuggitivo non si confanno i due versi susseguenti , che per l'oppostosi ben convengono al superbo Simone. Pare che la lezione sia stata variata per non pro- fanare fra queste inezie il nome adorabile del Sal- vatore . (2) II Perticari . E volè. E voleva. Rende il verso dodecasillabo, e forse troppo s'aHontaìià dal provenzale . (3) In vece di sohrans , soiWichianza , super- hia, altura, il Perticarì legge bobanz , burbanza. (4) Prendendo qui mercè per pietà, non veg- go perchè non sì possa intendere : Per la guai co- sa pietà mi deve dar soccorso . Questa versione si discosta dal Pia e concorda col Perticarì . (5) Qui pure il Perticarì mostra d'avere inte- so più speditamente il testo , Iraducendo : Molti ha luoghi u ragion vince mercede . (C) 111 vece di prò non te , il Perticarì leg- ge : non savè-non sì avviene . Strofa 5. „ Ma chansons mer dragomans „ Lai , on ieu non aus anar ; „ Ni ab dreitz hueills esgarar; (i) „ Tant soi forfuitz et aclus; (2) „ Ni ia hom nomen escus (3) „ Meills de dornpna , que Jugit ai dos ans . „ ^v torn a vos doloros e plorans Cani, di Rioaut di: Berberill Sjq „ Aissi col sers , que cant a fait Ione cors „ Toma murir al briiit deh cassadors , „ Jissi torn leu donipnen vostra merse ; (4) 1» Mais vos 71011 cai , que clamor nous sove . Traduzione. La mia canzon mi è dragomanno ( turcimanno ) , Là ov' io non oso andare JVè con dritti occhi sguardare j Tanto son f or/atto ( malfattore ) ed acchiuso ; E già non me ne scusa Meglio di donna ( o miglior donna ) che fuggito ho ( due annij Or torno a voi doloroso e piangente Siccome il cervo » che quando ha fatto lunga corsa ^ Torna a morir allo strepito de cacciatori ; Così torno io, donna , alla vostra mercede ( pietade ) ; Ma a voi non cai , che clamor non vi sovviene . OsflERVAZIOiri. (i) Il Perticari le^ge acus , e traduce /Idlentef conformandosi ancora ad una citazion dflla crusca . (a) Pertic. E ju om non men descus. La le- zione pare alterata; ma la traduzione può benissi- mo convenire anche alla lettera dell'altro testo s Che già uomo non è che mi discusi . Sembra che il dottissimo Pia abbia qui smarrito il filo del sen- timento , credendo di doverlo annodare col verso che segue . Il Perticari fa punto . (5) Pertic. Miells de dompna don son fugitz dos ans . - 0 miglior d'ogni donna , onde io fuggii due anni . (4) Pertic. Mas vos non cai si d'amor no us sovè . - Ma a voi non cai se non sovvien d'amore.- Queste cinque strofe della canzone si trovano ma- lamente divise in dieci negli altri testi . Prof. Marc' Antonio Parenti. 36o Sacrario gentilesco , illustrato da S» E, il sig. conte GALZANI NAPIONE 01 COCCOLATO Lettera II. Marita de vasi sacri gentileschi di argento . Quelli trovati in Tarahtasia nel 1777 formano un com- DÌto sacrario. Quali /ossero i turiboli presso gli antichi . Descrizione dell intero sacrario . à3e in Roma è stata scoperta una preziosa sup- pellettile muliebre di argento, appartenente ad una matrona cristiana del quarto o quinto secolo ; un intéro sacrario gentilesco di questo stesso nobile metallo , e probabilmente molto più antico , venne diàsotlerrato nella Tarantasia sin dall' anno 1777 « giusta le notizie che ne ho potuto raccogliere . Il sig. abate cav* Tarino direttore del museo della tegia università nostra , che sta al presente viag- giando per Italia , mi pare , se me ne sovvengo be- lle , che mi dicesse essere stato scavato lungo il fiu- me Isera . Da un colto gentiluomo della contra- da venni poscia assicurato , che il ritrovamento seguì nel feudo detto propriamente la Valle dise- rà ^ posto alle sorgenti di quel fiume , alle radici dell' altissimo monte Iserano, e ne' fondi stessi appar- tenenti al signore di quel luogo. Per buona sorte il re nostro sovrano ordinò tosto che se ne facesse acqui- sto ; che del rimanente la setta peggiore della Fran- cia , che in un colla propria patria devastò sinora eziandio V invasa Savoja , e tanti monumenti di* Sacrahio gentilesco 3Gi trasse appartenenti alle belle arti , non avrebbe mancato di far guerra a quell' antica pregiata for- ma , per prevalersi della materia . Né i moderni druidi altronde , che nuovamente la religion de' gentili tentarono di stabilire colla violenza in quel- la sventurata contrada , del pari sanguinar] de- gli antichi, per Tìdolatrico loro culto e per li loro templi abbisognano di vasi d'argento. Ad ogni modo avendo io avuto agio di esa- minare minutamemente questi vetusti argenti , mer- cè la gentilezza del sig. abate Barucchi assistente del mentovato museo , due pregi a prima fronte mi sembrò di poter ravvisare in essi ; la moltipU- cità de' peEzi destinati ad un solo oggetto, che si è il pregio appunto da lei rilevato , e che singola- lari rende rari oltremodo gli arredi degli Aste- rj ; ed il comporre che fanno tra tutti la supellet- tile sacra di un tempio pagano . Se rari sono i pezzi di argento di vetusto lavoro, rarissimi sono quelli che al culto della religion de' pagani appar- tennero direttamente . Il Marangoni (i) coli' au- torità di Eusebio cesariense , mostra come l'impe- rador Costantino spedì fedelissimi ministri , i quali obbligavano i sacerdoti pagani a consegnar loro i simulacri d'oro e di argento, i quali venivano quin- di fussi o riserbati ad altri usi ; affinchè la prezio" sita del metallo non servisse d'inciampo a'gentili per venerarli. Firmico Materno poi zelante scrittore» indirizzando il ragionar suo agi' iraperadori figliuoli di esso Costantino , indegni di sì gran padre , e più proprj a scandolezzare i gentili colle crudeltà (i) Marang. delle cose gentiles. che ad uso delle chiese , cap.YII p. ad , ed ivi Euseb. lib. Ili cap* XLII. 36i Letteratura e colle rapine che ad edificarli colle cristiane vir- tù , non solamente gli anima a spogliare i templi del paganesimo degli ornamenti loro, ed a farse- ne padroni essi , ma specialmente a convertire in moneta od in usuali opere di metallo le effigie degli dei (i) : virtuoso atto , che ogni ragion vuo- le che debbasi credere da essi e da molti dei succes- sori loro esser stato spesse volte diligentemente pra- ticato . Non è meraviglia pertanto , se ne da lei, sig. abate stiràatissimo , né da verun altro anti- quario , che io sappia , di vasi di argento , e se- gnatamente di patere , si fa menzione , che abbia- no servito a sagrificj gentileschi . E che ciò sia vero , di bronzo è quella patera , prezioso avanzo delle arti italiche, com'ella ne la chiama, che dalla domestica sua passò nella vasta collezione borgia- na in Velletri , da lei con tanta copia disquisita erudizione illustrata (2) : e di bronzi soltanto ra- giona il Winckelmann nella storia delle arti del di- segno ; né in tutta la medesima tratta di proposi- to di lavori di argento tuttora esistenti ^3) . (1) „ ToUite, tollite securi,sacratìssimi imperatores , orhameii- „ ta tcmplorum . Dcos istos dui monefae ignis ^ Uut mciullorum co- „ <^uat Jlainina . Bonaria universa ad utilitatem vestram dominium- „ que transferte . Post excidia templorum,in majus Dei cstisvirtu- „ te provccti :=: /z Grande stima fecero di esso l'Heinsio, ed il Gronovio 3^4 Lettkkatijra /Icitavones , nome da tutti tenuto per iscorretto . Che Gentrones vi si debba leggere , con ingegnose considerazioni, e con dotte ricerche geografiche, vie- ne confermato dal mio amicissimo « e negli studj dell'antica geografia del Piemonte, come di tutte le antichità patrie versatissimo , il sig. collaterale Jacopo Durandi (i) . Che poi de' tempi romani sieno i monumenti nostri , me lo persuadono non tanto le altre divini- tà proprie de' greci e de' romani , che si veggono sopra dì essi effigiate, come il non dispregevole artificio delle figure ; poiché in alcuna , qualunque siane l'esecuzione , ben traluce lo stile delle opere greche, di cui furono probabilmente in gran par- te copie. Non avendo modo d'inviarlene qui ac- chiusi i disegni , per darne un' idea mi basterà ac- cennare , che la patera dove l'artefice ha espres- so Mercurio , che vezzeggia Bacco fanciullo , posto Sopra una colonna , ha molta conformità colla bel- la gemma intagliata già del museo del re di Fran- cia, dove un pargoletto sorride ad una matrona , che con tenerezza materna lo Sta rimirando ; gem- ma che nella edizione di Virgilio del Sandby che lio qui innanzi agli occhi (3) , bella del pari che instruttiva pel museo a dir così virgiliano che in èssa trovasi inciso , si è inserita per fare allusione. padre ed anche Io stesso Pi Arduino , quantunque alquanto avverSo al Dalecampio ; ed il Gronovio dice che ab ilio non facile recederv- du/n » V. Disquisitiones Plinianae comitis a Turre Rezzonici • II senatore Lodovico della Chiesa nella sua storia del Piemonte , pub* blicata nel 1608, legge pure Ccntroncs. (1) Durandi Piemonte cispadano, pag. 4o- (2) Londra 1760 Virgil. Bue* Ecloga IV r. 60. Sacrario gentilesco 3^5 a quel verso affettuosissimo: Incìpe, parve puer, ri- sii cognoscere xnatrem . Crederò bensì che alcuna delle divinità indigene , e più agevolmente la prin- cipale della contrada soggiogata trasformato abbia- no i romani in un nume proprio del loro sistema mitologico , e 4^\.o nome noto alla sconosciuta di- vinità di que' popoli , tratto da alcuna conformità forse accidentale; vedendo come è cosa consueta, massime presso le nazioni orgogliose , anche uelle straniere contrade introdurre i loro Dei , i loro co- stumi, il culto e la religion loro (i). Allo stesso modo , che Svetonio parla di templi nelle Gallie spogliati da Cesare de' loro doni , benché prima del- le sue vittorie boschi sacri vi fossero soltanto tra i galli ripieni di ricchezze, e di spoglie tolte ai nemici , Tacito ricorda pure presso i germani , e gli soevi non solamente Mercurio , ma Ercole ezian- dio. Marte, Iside, Castore e Polluce; sebben si raccolga dalle sue parole medesime , che erano di- vinità diverse , e con affatto diverso nome appel- late . Tanto è difficile anche agli uomini più av- veduti , qual era Tacito , il guardarsi da preven- zione ! In oltre veneravano bensì i romani i vinti numi , come si esprime uo interlocutore pagano presso Minuzio Felice (:»), per sistema politico e religioso ; ma li trasformavano ne' proprj . Che no- mi loro proprj somministrassero i romani non po- che volte agli stranieri popoli per esprimere divini- tà diverse, già venne pure congetturato dal suc- cennato sig. collaterale Durandi (3) ; e sebbene gV in- (i) V. Eanier mitolog. tom. II. (2) Minucius Felix , in Octavio . (3) Durandi, dei collegio degli antichi cacciat. Pollentini 1773 ^nQ L E T T E It A 1 U R A di geni, anclie soggetti ed uniti a' romani ^ conser- vassero care le loro antiche divinità minori , sem- pre romani erano , o con romani nomi distinti , i numi principali venerati nella provincia da' roma- ni . Quindi è che siccome divinila ignote da' mar- mi raccolti venne l'atto di scoprire , tra' suoi ve* ronesi antichi, e tra' bresciani al dotto marchese Maffei, la Dea Udisna , il Dio Cuslano , d'origi- ne orientale , secondo che sembra che egli insi- nuar voglia ; ed in su quel di Brescia il Dio 13er- gimo , divinità de' Galli Cenomani (i), così il no- stro valoroso antiquario piemontese un Dio Cornun- no venerato da un cacciatore trovò in lapida singo- lare (2) , che esisteva ne' confini dell' antica città liostra di PoUenza . E sebbene in essa città e col- legio di cacciatori, e culto speciale di Diana fos- se stabilito, egli argomenta ciò non pertanto da quella pregevolissima iscrizione , che il Dìo Cer- nunno s'invocasse dagli antichi nostri cacciatori (1) Maffei MUsi Veron. pag. LXXXlX Verona illustr. storia di Ver. lib. I. (2) Il Dio Silamio è ricordato in una iscrizione del museo di Vienna, presso il medesimo Mafffei ( musi Veron. p. CCXXXIX ) ^ dove per dimostrare contro l'Hagenbuchio come fosse grande il nu- mero delle divinità ignote , reca quelle parole di Arnoblo a" pagani (lib. IV) Natii quod nobis cateivas ignoiorum alias inducUis Veo- rum . Durandi de' cacciat. Pollent. loo. cit. Uno de' proprj Lei del- la caccia che i Galli veneravano, era il Dio Cernunno , che figu- ravano (juande colle corna di bue, quando con quelle di alce» DEO . CERNUNNO SERVATORI FOVSCIVS . VENAT. V. S. L. M. Sacrario gentilesoo 377 Pollentlni , nelle perigliose caccia de' feroci anima- li , in vece che Diana a quelle presiedeva comune- mente de' mansueti . Può anche da ciò inferirsi , come fa il mentovato marchese Maffei , che il co- mune degli uomini , ed il volgo maggior fiducia avesse in questi peculiari e provinciali suoi dei , e con più special culto li venerasse, che non gli Dei maggiori più notié Ma tutte queste varie specie di culto riferi - vansi alla religione municipale , a quella , che già era in vigore prima che le vinte nazioni venissero ascritte alla cittadinanza romana ; secondo che ac- cenna Festo allegato dallo stesso Maffei , Dei de- curioni li chiama da scherzo Tertulliano ; poiché l'onore , che loro si reudea non estendevasi al di là delle mura del proprio municipio (i). Né so-; lamente le colonie ed i municipj , ma i pagì^ o villaggi e cantoni diremmo ora noi , aveano il pe- culiar loro culto, e rito , e divinità peculiari, co- me venne avvertito dal barone della Bastie Giu- seppe Bimard. (2) . Diversa da queste divinità mi- nori io penso che fosse quella che i romani im- maginavansi di rendersi propizia , nel muover guer- ra alle straniere nazioni , col loro rito della evo- cazione , e quasi ascritta alla cittadinanza loro an- noveravano tra' proprj Dei , dandole nome roma- no; secondo che più la trovavano conforme ad al- (1) Maffei , mus. Veron. p. LXXXVIII e p. LXXXIX: Mm- „ nicipulia sacra ( ex Festo ) quae ab initio habuerunt ante civì" „ iatum roinanam acceplarn . TertulL lib. II ad naliones . Deos „ dccuriones ciijusqua municipu, quihus honor intra viuros suos rt dctcrminalur . (2) Bimard* diss. I presso Murat, nov« thes. inscript.. tt I col.2>« 378 Lettkratura cuna delle divinità note ; e più facilmente quello di Giove , quando in Giove trasformar si potea. Tanto a me pare di poter raccogliere dalla for- inola stessa della evocazione presso Macrobio (i) ; dappoiché invocavano in essa primieramente Giove, riserbandosi di rettificarne il nome quando giunto fosse a cognizion loro, o di trasformarlo in esso. JYon più divinità straniera , ma propria diventava allora della religion de' romani . Il complesso di queste religiose cerimonie veniva chiamato SAGRA KOMANlENSIA,per contrapposto alla religione de' municipii , municipalia sacra ; come fistesso mar- chese Maffei raccoglie da una iscrizione da lui re- cata , servendosi per illustrarla di quel luogo di Gellio dove parla delle supplicazioni , che si face- vano agli Dei con rito romano , esposte nei libri de' sacerdoti del popolo romano , ed in parecchie an- tiche formole di preghiere descritte (2) . Ora ciò posto io mi do a credere, che non vi debba rimaner dubbio nessuno , che al rito ro- mano , e non al municipale appartenga la suppel- lettile de' vasi sacri del nostro museo ; essendo ivi effigiate divinità notissime tra quelle specialmen- te venerate da' romani ; anzi forse secondo che io stimo , e come dirò in appresso , alcuna eziandio appartenente al più sacro speciale , e recondito cul- to di Roma stessa . Ma con tutto ciò nel Giove rappresentato nella prima delle patere nostre io noa (1) DIS . PATER . VEIOVIS . MANES . SIVE , VOS . QVO. ALIO . NOMINE . FAS . EST . NOMINARE . Macrob, Saturn»!. lib. Ili cap. IX pag. 4o6 ediz, del Gronovio, 1670. (2) Museum Veron. pag. LXXXVIII Gellius, noct. atti», lib. XIH oap. XXI. Sàcraiiio gentilesco 3y9 crederei di andar lungi dal vero , se vi ricono- scessi appunto ; . , b Non mica un Dio „ Selvaggio , o della plebe degli Dei ; „ Ma tra grandi celesti il più possente (i) . in una parola il nume principale della nazione , dove furono ritrovati gli argenti di cui parliamo, trasformato in Giove . Luogo insigne di Tito Li- vio (2) , avvertito , forse per la prima volta da un nostro scrittor piemontese fornito di erudizione , e di critica eziandio non volgare per li suoi tempi, alla cui fama recò grandissimo pregiudizio il di- fetto d'ordine e di stile , voglio dire dal vescovo di Saluzzo Francesco Agostino della Gliiesa , (3) quindi riferito dallo Spon , e per ultimo dal Maf- fei , c'insegna che i Veragri popoli dell' antico Val- lese che abitavano le falde dei più alti gioghi del- la gran catena delle alpi, vale a dire delle Alpi Penine , dal nome del Dio Penino aveano deriva- to quello delle loro montagne , e non già dall' aver mai tragittato per essi né Annibale , né altri poe" ni , o sìa cartaginesi . Il qual Dio altro non era che la più alta vetta venerata con culto religioso (i) Tasso Aminta nel prologo . (2) T. lÀv. lib. XXI cap. 38 „ Ncque hercule montibus hls . . . .' i, ab transita poenoruni ullo Veragri incolae jugi ejns norunt no- t, man inditum ; sed ab eo ( il marchese Mc0ei corregge oppor-' „ tunamenfe A DEO ) , quera in summo sacratum vertice peninum (, montani appellant . (3) Chiesa, corona reale di Savoja, stampata la prima volta nel i655 tom. I pag. 65 ediz. del 1777 . Spon misceli, antiq. apud Graevium suppl. Poleni , t. IV p. 817-818 n. XKX . Maffei mu$. Veron. p. LXXXi 38o Letteratura da quegli alpigiani . Che pen in lingua celtica s3« gnifìcasse punta e sommità di qualunque, cosa, e che da questa radice derivata sia la voce jdlpen in tedesco , ed il nome dell' Apenino , vale a di- re della montagna che divide Tltalia , ingegnosa- mente venne osservato dal predetto Spon (i) pri- tnA del Maffei (2) , il quale è d'opinione che Pen , o Pin significasse cosa altissima nella lingua degl' itali primitivi , e che quinci il nome succennato di Apennino , e rimaste sieno alla lingua latina le voci ài pinna e di pinnaculum . Non fa d'uopo , che io rammemori a lei , sig. abate stimatissimo , come proprio fosse de' più an- tichi popoli , e di quelli in cui la semplicità de* costumi e la difficoltà de' commercj avea servito di preservativo contro le innovazioni de' greci , il cul- to e la venerazione de' più alti boschi , e delle più eccelse cime de' monti , che il Checozzi (3) chiama la più recondita , la primissima idolatria . Ella po- trà bensì giudicare se le ragioni che sono per addur-* ne , sieno valevoli e sufficienti a dimostrare , che questo Dio Penino fu trasmutato in Giove da' ro- mani . Non addurrò già per argomento la statua medesima di quella divinità degli antichi nostri al- pigiani, fatta buonamente disegnare dal Guiche- non (4) sopra una colonna , eh' ei dice che esiste- (1) Spon , loc. cit. (a) Maffei mus. Veron. loc. cit. e Verona illustr. lib. Vili Storia di Ver. p. mihi i3. (3) Checozzi , dissert. sopra l'antica idolatria da' boschi. Saggi dell' accad. di Cortona, t. II p. gS. (4) Guichenon, Hist. genaraL de la maison de Savoye. T. I p. 45 46. SACnARIO GENTILESCO 38l ira in cima alla montagna detta al presente del gran s. Bernardo, con supporre quindi, che, atterrato quel simulacro venisse surrogato al medesimo da Terenzio Varrone quello di G^ove . Sarebbe curio- so, a buona ragione risapersi da qual disegnato- re Terenzio Varrone abbia fatto tiar copia del si- mulacro del Dio Penino, prima di distruggerlo. Ma lasciando questi sogni del poco critico fran- cese scrittore delle cose nostre , non v'ha dubbio che a queste mal fondate asserzioni abbiano dato origine le due iscrizioni di Varrone e di Lucilio, che il Guichenon assegnò e fece scolpire per [base delle statue erette dalla sua fantasia; iscrizioni, ch'egli non addita se a' suoi tempi esistessero tuttora , o da qual codice o documento le abbia ricavate. Ma di que- ste iscrizioni troppo maggior conto tener si dee,che non de'simulacri; attesoché in antiche memorie inedite,an- terioii di secoli al Guichenon, le ritrovò riferite il prelodato sig. collaterale Durandi , secondo che mi venne da lui medesimo non ha guari ^ffer^nato (i). Nella valle di Aosta , antica regione del salassi , dopo domati qne' popoli , venne eretta liscrizione di Terenzio Varrone, il quale secondo l'uso de' ro- (i) Durandi , delle antiche città di Pedona, Caburro, Germa- nicia, e dell'Augusta deVagienni 1769 p. 127. Se quest'opera fos- si? stata nota all' autore della bella iscrizione in lode del nostro ce- lebre tipografo saluzzese Bodoni , non lo avrebbe detto domo Au- gusta fag'ieimorwn. ( Antologia rom. 1795 genn.) . Si dimostra in quella dissertazione, che l'antica Augnsta de'Vagienni e la moderna città di Eeqc, e non già quella di Saluzzo . Vedi pure Pieinonia pispadano , p. 1^0 , e deW antica condizione del Vercellese, p. 24» Pel resto sbagli di tal natura sono troppo facili a seguire , volpn- dosi stendere in lingua antica cosfe tutte moderno . Z8m Lbtteaatvka roani di rendersi propizia la divinità principale della contrada , la invoca sotto il nome generico di genio del luogo , non avendone ancora speciale no- tizia (i). Lunghe furono le guerre, che ebbero i romani co' salassi , al fine soggiogati da Varrone Dell' anno settimo di Augusto . Che dubbia e pe- rigliosa sia stata quella impresa , oltre alle autori- tà di Strabene e di Dione Cassio , allegate del medesimo sig. Durandi , il comprova eziandio que- sto monumento medesimo dedicato al massimo de- gli dei , alla Fortuna mostratasi di nuovo favore- vole , il che fa supporre , che contraria fosse stala da prima , e che qualche grave sconfitta in principio toccata avessero le armi romane da que valorosi nostri alpigiani (3) . Posteriore a me pare (1) lOVi . o . M GENIO . LOa FORTVNAE REDVCI TERENTIVS . VARRÒ DEDIC . (2) Credcsi comunemente , che Domiziano sia stato il primo ad innalzare uà tempio alla Fortuna reduce in Roma . Pilìscus in lex. Ciò non toglie però che molto prima possa essere stata venerata . Poiché, oltre alle iscri;^ioni e medaglie dall' istesso Pitisco allegate, una tal voce fu adoperata non che da Cicerone e da Ovidio , ma già da Plauto . Forcell. lex. in redux . Ella è dunque molto più antica della lingua latina del secolo dì Augusto; e può essere stata usata come aggiunto della Fortuna assai prima della fondazione del tempio . V ha di più . Dion Cassio , lib. LIV, narra che circa l'an- no 735, tornando Augusto dall' Asia, 0 da Samo a Roma , molti onorifici decreti gli furono offerti dal senato ; ed egli li ricusò tut- ti, fuorché quello che ordinava ergersi un'ara A\\à Forluna reduce, e col nome di f«rie augustali dichiarava l'estivo quel giorno • Vcggasi Sacrario gentilesco 383 che dir si debba Taltra iscrizione di Lucio Lucilio^ riferita pure come l'antecedente dallo Spon , dal Muratori , e dal MafFei (i), perciocché in essa noa troviamo più soltanto genericamente sotto il nome di genio adombrato il dio principale venerato da que* popoli , ma bensì designato col suo proprio e spe- cial nome ; vaie a dire con quello stesso di dio Penino . Il succennato MafFei ebbe in sulle prime per sospetta questa lapida , perciocché al solo Gio- ve si aspettano gli aggiunti di ottimo massimo (2) . Ma appunto da questa obbiezione è agevole il de- durne , che il dio Penino si confuse da' romani vincitori con Giove ; facendo Lucilio uno sola e medesima divinità del Giove romano , e del dio tutelare patrio degli abitatori delle alpi , distinta- mente e separatamente venerati da Varrone . Lo stesso MafFei in appresso si liberò da' suoi scrupoli; e nel nostro dio Penino ottimo massimo riconob- be il Giove de' romani , chiamando unico ed esi- mio un monumento ricevuto in dono da Marcella Franciarini di Gubbio , dove nelle prime linee campeggia JOVI . A.PENINO . Per illustrarlo , ol- tre il luogo di Livio ei reca pure la lapida no- ilValchio nell'operetta, che scrisse a proposito su questa Fortuna. Un edituo o sagrestano del tempio della Fortuna reduce troviamo fra ì titoli sepolcrsili de' servi e liberti della famiglia augustca • BUii> fihini cap. V- }>• €B x» (1) LVCIVS . LVClWVS DEO . PENINO OPTIMO MAXIMO DONVM . DEDIT (2) Mafteì osservazioni lettor, tom. V. p. 209. 384 Letteratura stra di Lucilio del Guichenon , da lui detta spo- niana , e ritrovata sulla montagna del gran s. Ber- nardo; senza più muovere ^intorno alla legittimità di essa difficoltà nessuna , anzi servendosene a tut- ta prova (i) . 11 dire Giove Penino pertanto è da credere , che non fosse diverso presso i roma- ni dal dir Giove montano e nemorense, come Dia- na montana e nemorense adoravano i cacciatori pollentini , secondo che risulta dalla iscrizione po- sta a quella divinità , che diede soggetto alla eru- dita dissertazione succennata del sìg. Durandi (2), Il culto 5poi primario di questo Giove sembrami che suppor si possa fondatamente fosse stabilito nel piii alto passo della gran catena delle alpi, sulla mon- tagna detta poscia ne' tempi più a noi vicini mon- tagna del gran san Bernardo, per cui dalla valle di Aosta si passa nel Vallese . Questa chiamavasi perciò anticamente montagna di Giove , nome che conservava tuttora nel secolo X , come si ricava dall' unico storico italiano di quella età , vale a dire da Luitprando (3) ► (1) Mus. Veron. p. LXXX. Ei crede , che leggasi scorrettaincn- te Jovis Pcnninus nel segmento III della tavola peutingeriana . yipa- nino scrivesi di fatto nella lapida di Gubbio , senza doppia e senza dittongo; e cosi nella legge romana presso il Grutero 2o4 dell' an- ijO 638. Come in Gubbio , par certo che ri saranno stati tempj , edicole , o almeno statue di questo nume ne' più alti passaggi di quella catena, che ottener dovette il nome da' viaggiatori , dicen- dosi cui Jovain Peninum, e quindi abbreviatamente ad Pcninum e Apcninurn . (■>) Veggasi l'opera dell'illustre Marini su' monumenti de' fratelli arvali . dove legge con (jualche diversità la detta epigrafe di Diana. (3) Luitpraiid. Histor. lib. I li sig, Durandi più volfe mi accertò , che lo, spedale col- Iioc^to nel luogo stesso dell' antica st^s^ioife in cflpq graja, di cui {;? Itinerari, viene anco^ detto, in più carte d^ lui vedute: hospitct- le columnae Jovis ^ e doinus monlis colwnmte Jovis , Il Eesson in documento del 1186 ha prior hospUalis oolwnnae Jpyis. Bui soyra lodato nostro geografo antiquario , che fa sul luogo , riseppi di più, che il sito preciso detto accora Colonne Jqux , ò più in là dello spedale , scendendo verso la Taraptasia , dove ne' bassi tempi si piantarono i termini fra quella provincia e il ducato d'Aosti\; e che la valle di Monljoye, la cui SQ;,:nmità oonlìna colla Tarantasia, aprendosi verso il Faucigni , è detta pur essa, ne' vecchi istrumentì vallis inontis Jovis, ovq fucon gi^ trovate medaglie ed altre antichità. a5* 388 Letteratura da persona, eli' ebbe per parorclii anni a sostener ragguardevole impiego in Tarantusia , visitò non po- che carte riguardanti le parochie di que' contorni, e più di una volta passò la montagna del piccolo s. Bernardo . Ghe se poi sino a Gubbio si estese il culto di Giove Penino , od Apenino , che \Of gliam dire , chi dubitar vorrà , che il Giove ado- ralo nel paese de' Gen troni a' tempi romani non fos- se il medesimo di questo? Che non fosse un mi- sto del Giove tonante del Campidoglio , e di quel Dio , che col nome di Penino signoreggiava tutt^ la soggetta Italia da' più alti e scoscesi suoi gioghi? Un argomento di più a dimostrare tal cosa , se non m'inganno , ci fornisce la nostra patera de- dicata a Giove , e trovata nel territorio de' Gen-. troni , nella quale, come ho sopra avvertito , non solamente si veggono espressi l'aquila ed il fulmi- ne , soliti attributi del nume che fa tremare eoa un suo cenno l'Olimpo, ma eziandio un cono di pi- no , o sia pigna . Tra le diverse voci latine che credonsi derivate dall' antichissimo vocabolo della lingua de' Celti , o secondo altri degl' itali primi- tivi , Pcn o Pin , che tutte sommità e punta di qualunque cosa dinotano, non trovo che alcuno abbia accennato la più nota , vale a dire Pinus , albero che non solamente sorge sulle più alte mon- tagne , ma che inoltre è tra' più alti che sì ab- biano , e termina in forma più osservabile da lon- tano . Siccome le foreste delle più alte piante , che spargevano ombra più cupa, deipari che i più ele- vali monti , formavano gli oggetti della idolatria de' più antichi gentili, perciò l'albero presso di es- si più sacro dovea essere il pino. Di talli il Che- cozzi nella sua dissertazione intorno al cullo de' boschi , lolla d'erudizione recondita orientale e gre- Sacrario gentilesco 389 ca , ed aspra e forte come la selva selvaggia di Dante, nota che il pino fu in somma venerazio- ne neir ordine de' boschi , che la pigna è simbo- lo di bosco , e che le pigne sul tirso sacro a Bac- co , ed i tirsi di pino , erano memorie dei piiieti di Frigia, sacri alla dea Cibele . Contutto ciò an- tiquario nessuno che io sappia reca monumento al- cuno, iu cui si trovi espresso chiaramente il cono di pino per caratteristico di Giove , quasi simbolo egualmente proprio di lui , come l'aquila ed il ful- mine . Ella potrà pertanto , sig. abate stimatissimo, recare giudizio, se non sia la mia una di quelle congetture , per cui ih questo secolo filosofico sì mala voce venne data da taluno alla antiquaria, l'inferire, che questo raro, e per quanto io sappia unico esempio di assegnare per uno dei distintivi di Giove la pigna , indicar debba uà culto spe- ciale , una speciale denominazione di quel nume; e se, dappoichà non si può mettere in dubbio, che dagli antichi abitatori delle più alte nostre al- pi si venerasse Giove Penino, troppo arrischiato indovinamento non sia il ravvisarlo appunto in quel- lo che si vede effigiato nella prima delle patere argentee trovate ne' confini de' Centroni , . Torino, a' 5 di novembre 1794* ( Saranno continuate ) 390 Memorie istoriche di Cori ^ di S ernie f^iola, ( coatifìtidzione) GAP* lì. Colonia albana in Cori . Tulio Ostilio pretende, usuh- parne il dominio . CoTifederazionediCorL^'eal'- tre città contro Roma . Anco Publicio jcorano comandante dell^ esercito' confederato i Espulsione de 2hrquinj . Cori^ ed altre città a favore di ^ue^ iti collegate . Battaglia al lago Regillo * Conse^ suenze di cfuesta battaglia. I volsci danno in ostag^ gio 3oo giovanetti presi dalle famiglie pia nobili di Cori é di Pomezia * Cori colonia latina. Si unisce cogli Arunci contro Roma , Sono questi disfatti . Pestilenza frai volsci i Ne sono af/lit^ ti specialmente yelletri\e Cori è Avvenimento di Coriolano . Guerra contro i romani *CoriM t»n^ dea Coriolanoé '1 hq D'.IOfl -.OJ! ivenuto pacìèci) ipoesessore del regno. de* latini , Enea non gustò lunga stagione il frutto del- le sue fatiche e delle sue vittorie. Asoenio, figlio e successore di lui , procacciò a' suoi novelli sudditi pace e riposo. E siccome la pace forma de' regni la prosperità, e ne moltiplica la popolazione , cosi Lanuvio, sede e capitale del regno latino , essendoci resa incapace a contenere il soverchio numero degli abitanti ^ Ascanio fabbricò la città di Alba . a. Cori in quel tempo già figurava fra le pri- me città dell'antico Lazio, in quella parte com- presa nel paese volsco . Silvio « successore di Asca- Memorie DI Coni 391 hìo , per attaccarla agì' interessi della sua dinastia, vi spedì una colonia : Igitur ( narra Vittore ) re- gnante Latino Silvio , coloniae deductae sunt Prue' neste , Tibur , Gahii , Tusculum , Cora (i) . 3. Alba , distrutta da Tulio Ostilio terzo re di Roma, infiammò l' ambizione dì questo monar- ca per ottenere il dominio e la soggezione ezian- dio delle città comprese sotto V impero di quella . „ Due sono i modi di acquistare il dominio , o „ colla foTza , o con una volontaria cessione (diceva „ il re di Roma agli abitanti di Cori , e alle al- „ tre albane colonie ) . Alba , da cui voi dipendete, „ vinta e conquistata , appartiene al popolo romano : „ la stessa sorte adunque delle armi vi ha sotto- „ posto alle leggi ed ali* impero di questo * Gli „ abitanti di Alba , divenuti membri dello stato „ romano , ci hanno seco recati tutti i diritti „ che eglino avevano sopra di voi : sicché in for- „ za di una giusta conquista , e di una libera ces* „ sione , anche voi siete divenuti romani (2) . ,« 4' Questo discorso e questa politica non piac- que né ai magistrati di Cori^nèalle altre albane coionie. Per la qual cosa , convocatosi un gene- rale congresso al bosco di Ferentino , decisero di difendere la loro indipendenza colla forza delle armi , e scelsero a tal effetto due comandanti dell esercito . Sia che Cori avesse una preponderanza sui deputati della confederazione latina , sia che fosse in quella età abbondante d'uomini esperti nel me- stiere della guerra , sia finalmente che godesse una estesa riputazione , per uno dei detti comandanti (i) Sex. Aur. Victor, de orìgi geni. rom. cup. if. (2) Dionys. Halicar. lib. 3 edil. Sylburgii. 392 T.< E T T K R A T W K A fu nominato Anco Publicio ragguardevole cittadind corano , unitamente a Spurio f^ecilio laviniese , e furono rivestiti de' pieni poteri sulla pace e sul- la guerra . Ast latinorum civitates ( narra Dionigi ) nihil responderunt legatis , sed Consilio totius gen'- tis ad Ferentinum indiato , romanis imperio non cc" dere decreverunt; et confestim duos imperatores crea- runt i, penes quos esset pacis bellique arbitrium t Ancum Puhlicium coranum , et Spurium P^ecilium laviniensem (i) . Questa guerra durò per lo spa- zio di cinque anni ; le città confederate sostennero la loro indipendenza , e i generali corano , e la- viniese fecero così bene il loro dovere , che nelT an- no 109 di Roma le differenze furono ultimate con un trattato di pace (2) . - 5. La espulsione di Tarquinio superbo , e l'abo- lizione della regia autorità seguita , secondo Livio , nell'anno 244(2)» eccitò contro il governo de' consoli nemìcizie e guerre , e spinse Porsena re degli etrusci presso le mura di Roma , donde ne fu quindi al- lontanato dalle ardite imprese dei romani divenuti repubblicani. In questi primi movimenti i vo Isci non ebbero parte : e pare che non prima dell' an- no 255 cominciassero delle ostilità contro il su- detto governo dei consoli. 6. JVeir indicato anno la fazione degli espulsi Tarquini , sperando di ricuperare l'autorità perdu- ta, si procurò una confederazione di varie città vol- sclie e latine , e mosse guerra ai romani . Seb- bene i volsci sulle prime mostrassero della irritolu- (1) Bionys. loc. cit. (2) JDionys. loc. cifi (3) Liv. Uh. 2 cup* 60J Memorib di Coni 393 tezza , tuttavia avendo saputo , che la repubblica erasi impadronita di Fidene , deposero ogni loro' perplessità, ed accedettero difìnitivamente alla le'- ga, tìella quale anche Cori concorse . „ Pervenuta „ ai latini la notizia della presa di Fidene (narra' ,. Dionigi ) tutte le città furono comprese da tur- „ bamento e terrore 4 «'i^^. Essendosi riuniti per- ,, tanto nuovamente i deputati presso Ferentino , „ fecero sì che fu giuratala guerra con Roma. Pre- „ starono questo giuramento i deputati delle città „ di Ardea ^i dell' Aricìa, di Cori, di Bovilla. „ (i) «7. Alla vista di questa procella i romani hoa is tetterò neghittosi , e fecero tutti gli sforzi onde evitarne gli effetti funesti, mandando degl' émis- sarj in Cori e nelle città che si erano apertamen- te dichiarate . I volsci si maravigliavano che i ro- mani ardissero di ricercare la loro amicizia , do- po che questi aveano pocanzi ad essi tolta una del- le migliori contrade del territorio, al dire del Io- dato Dionigi : P^olsci demirari se dicebant romano- rum imprudentiam , qui , et aliarum offensarum si'- hi conscii et novissime ahlati agri partis optimae , nihilominus auderent ab inimicis auxilia peiere. Irent^ et agrum prius restituer^nt ^ ac tum demum ab a- micis quod aequum essét peterent (2) . Non si co- nosce il motivo e la circostanza in cui i roma- ni decimassero il territorio de' volsci ; ma siccome lo storico fa uso della parola novissime ^ potrebbe sospettarsi che tale usurpazione seguisse nell' anno ' precedente alla lega predetta, e prima della espa- gnazione di Fidene;. (1) Dionys lib. 4- pag> 3a6. (2) Dionys. loe, ciL pug. 32 3£l4 L E T T JE n A T U R A 6. Conijjtnque ciò sìa , le brighe dei romani non furono totalmente infruttuose ., giaccliè riuscì loro di spefjuere quelf entusiasmo , che sul prin- cipio fra i confederati si efa manifestato . Infatti nella prima campagna dell' anno aSG poco si ope- rò da una parte e dall' altra , ed in ristretto na- xnero furpUrO le truppe della lega , delle quali i Tar- quiqj poterono profittare .Nella seguente campa- gfta ipQi:;^ dell' a^flio aSy! ^avendo saputo i romani che, 4Ì';!g^0s^Q 4eU' armata .volsca marciava per riu-. nirsi.^aU' jésercito ,de' latini , che si era portato piie^sp il,.l«gp Regillo, ne prevennero i movimenti, attarQcaf pqo ; con furore il nemico, di cui fecero or- ribile st?i'age », e riportarono una completa Vitto- rini • JU* esercito volsco « sopraggiunto il giorno ap- presso >lla predetta battaglia , fu spettatore della graud^ perdita degli alleati, e, spaventato dal con- tegno de roiosani , durante la notte , se ne tornò al suo |)$kese (i) ♦ {).. Superbi i consoU ed il sellato per la det- ta. vittorÒA . al Iago Regillo , e memori del soccor- so dai popoli volsci recato ai latini, nell'anno appresso a 5i8> Spinsero un' >armata nelle campagne dii, quelli,, f, Sorpresi 4 ma vuon sconcertati dall' as- salto impi'tìviso , poiché, si trovavano di forze spro- vjBtij,, propttrì^ròno i volati di calmare il nemico, esibeado in. ostaggio trecènto giovanetti delle pri- mide famiglie di Bomezia e di Cori. Questo fat- to ditìf^óstra in modo evidente qUa;nto era rispet- tabile, doviziosa, e popolata questa ultima città, a cui sono censecrate le presenti miemorie , Tito Livio narra espressamente, che in siffatta circostan- ti) Dionys* loc. cit. lib. 5. pag. 383.- Memorie^ di Cqri ; 3j)5 za Cori sotnminìstrò parte di detti ^staggi^ e che furono tutti figli de' più ragguardevoli cittadini « llac ira cousules in volscum agrum legiones du-ve- re. yolsGos consilii poenam metuentes ^ nec opina" te res perculit ; oh&ides dant trecentos prificipum a xCora et Pometia diheros (i,). 10. Que&t' atto ipieno di sommissione/ece ri- tirare l'esercito roTnano 49^- territQtiip volsco; .ma ciò s^guitPt i volaci .^i riscossero dal pijimo stu- pore, e volendo vendicare l'onta testé ricevuta , pto- cupafono segretaniente delle alleanze co' popoli cpiVfv fìaanti,, per invadere gli &tati romani . ^ ^.v,. 11. Fa duopo ; conJfessare , che il loro risenti- mento non avesse alcut^ limite., giacché non fece loro i^iflettere che , dichiarandosi novamente nemi-" ci della Tqpubblica,, andavanp ad essere > esposti ad un sagrili ciò inevitabile ì trecento giovanetti di Cori e JPomezia consegnati 4n ostaggfip .. Kiuna cooisid^razione però iratiteqne in questa circostanza, l'ira de' yolsci, GomìnpiaiififlO ia guerra con accani- mento ; e., confidando ;&uUe intestine discordie da ci]ti lei^à in qucd ^empp Hpma vessata, stimavano il icolpo Biduro.: ma res,t.^ono njelle Iqro speranze delusi . li consolo Sqrvilio attaccò con tale ordi- jie e intrepidezza l' esercito nemico , che fu rot- io, e [fUigato , )e nel giojrno susseguejite le legioni ivincitt'ÌQÌ si preseqtarooo. sotto l'indicatìi città di f oraéaìa , che venendoi jprega e saccheggiata ^ fitirono passati a fil di spada tutti gli abitanti giunti all' età pubere* ^ i2r Questo sinis,tro avvenimento decise ezian- dio della sorte de' trecento giovanetti dati in ostag- (i) Ltv. Uh. 2, cap, »2. 3<)6 XiKtTBRATUftA gio i che' trovavans» in Roma , Appio Claudia , rfl^ tro consolo , restato in questa cilli , imitando la barbarie del suo collega, li fece tradurre nella pub- blica piazza ; e dopo essere stati crudelmente bat- tuti con Verghe, furono tutti nel luogo medesimo decapitati. Tito Livio accenna semplicemente la di- sumana risoluzione di Appio , ma lo storico di Ali- carnasso ne parla in dettaglio : Capto oppido ( Poi meiìdi) et iiàterfectis omnibus qui pubertatis art- nos' attigìssent , . . . alter consul Appius Claudius in forum trecentos eorum obsides , . . . . virgis cae-^ SOS ^ in conspectu omnium ricco Ilari Jussit (i). ' ' i3 E' ben facile ad imrnaginarsi la costerna- lione ed il lutto cagionato alle primarie famiglie di Cori dalla crudele carneficina di tante vittime jfmòcenti . Né qui sì arrestò l'odio di que' due con- sóli brutali » Essi ridussero a colonie latine le due predette ditta Cori- e Pomezia , spogliandole della loro indipendenza , La storia non lo. narra éspre's-' samente, ma lo dimostrano if^tli seguenti. ' '- i4 Gli arunci , popoli bellicosi e feroci della Gartipania , confinanti co' volsci e loro amici , nello stesso alino aSS iiiossero guerra ai roinani , perchè qiieàti ricusarono di restituire a quelli por- ziohe dì territorio che loro aveano usurpato, e per- chè non vollero ritirare i presidii collocati in di- verse città de' m^edesimi . Gli arunci , secondo il lodato Dionigi , erano una qualità di gente straordi- Kafia , che egli descrive così s Bellicosa enim aruncor rum gens erat , statura , et valore , trucique òris aspectu ^ praeseferens feruta tjiiidduam et terribile {o.) , " (i) Dionysrfii. 6 ^f/^. 764: (»ì Dionys. lib. 6 pag. 3G6 e oS']., Memorie di Cori 897 i5 I corani e i pometini , irritali giustamen- te per le ricevute sevizie , in questa circostanza speculando dì potersene vendicare , disertarono dai romani e si unirono agli arunci. Tito Livio lo attesta chiaramente, e chiama in questo luogo Pomezia e Co- ri, colonie latine; Eodem anno duae coloniae latinae, Pomeila et Cora ad aruncos deficiunt {i) . Ma né que- sto, ne altro storico antico ci dice quando e per qual motivo divenissero colonie latine . Sembra peraltro, non senza fondamento, che ciò seguisse dopo la presa di Pomezia e l'eccidio dei trecento ostaggi j come testé si è accennato. Il Volpi colloca il cambia- mento di Cori in polonia latina nell' anno aSi , che corrisponde qua^i alla età da noi indicata ; ed in ciò egli siegue la cronologia dello storico par dovano , che in questo luogo pare aiquapto ne fatti confusa , né combiqa con quella dello storir co greco, iCt Gli arunci colle truppe corane e pome* line invasero il territorio romano , penetrando fi- no all'Aricia. Malgrado però il numero , la robu- stezza , e il terribile aspetto de' medesimi , furono qui completamente battuti , e costretti ad una ri- tirata precipitosa , dopo aver perduto gli accampa- menti e il bagaglio (2) . Quindi i romani mar- ciarono sopra Pomezia , che distrutta fu , e gli al- tri coloni venduti all' incanto . Tito Livio si espri- me così j Pometiae arma illata de- ditio est facta . Ceteruni nihilomìnus fiede , dedita urbe , quam si capta foret . Jurunci passim prin- cipes securi percussi ; sub corona venierunt coloni (1) L/i'. Uh. R. cap. 16. (2} Dcoiiys. l'i, 6. pcii^, 36-j. 31^8* L « T T E R A T U R A aia « oppìdum dìriitum , ager veniit (i) . Se in quel- le parole del testo di Livio , sub corona venie" runt colorii olii, furono compresi anche gli abi- tanti di Cori , altra colonia , non fu mite la pena a cui furono sottoposti, giacché sarebbero slati venduti all'incanto, conforme spiega il Dujat nella nota al detto luogo di Livio: Sub corona venie- ruM , auctione in servitutem venditi sunt . Etenim captivi coronati venire solehant , Festa auctore , ideoque sub coronis venire dicebantur . Su questa maniera di vendere i prigionieri di guerra parla altre volte lo storico medesimo (2) , non meno che Quinto Curzio (3), Tacito (4), ed Aulo Gellio (5). in Negli anni 359 e a6o continuò la guer- ra fra i volsci ed i romani . Nel primo di que- sti anni fu espuguatji Velletri (6) ; e nel secondo fu presa Corioli , città sotto le di cui mura il famoso Marcio Coriolano diede argomenti di unsi rara intrepideMa. Alla guerra successe nell'an- no 291 urna fiera pestilenza , dalla quale le vol- sce contrade furono percosse . Ne fa testimonianza lo storico di AUcarnasso : Tanta enim pestilentia repente volscos invasit , quanta nullihi nec apud graecos fuisse memoratur (7) . Ma quella , su cui siffatta sciagura scaricò più fortemente i suoi in- flussi maligni, fu la citta di Velletri', ove la deci-» (») Z9 ma parte degli abitanti restò solamente superstite s Hujus cladis magnitudo saiis liquere potest ex no- bili ejus gentis urbe f^elitris , quae magna prius et populosa , sic twn exhausta est , ut decima tan- tum pars incolarum reliqua pianserit , ceterfS om- nibus epctinctis (i) , 18 Se tanta strage cagionò in Velletri la pe- ste , Cori , così ad essa vicina , non può non es- sere stata a minore infortunio sottoposta . Pocanzi aveva perduto quel numeroso drappello di giova- netti illustri , fatti massacrare dal consolo Appio , come si è narrato ; avea successivamente sofl'erto gli effetti funesti delle vittorie dai romani sopra gli arunci riportate , e finalmente il contagio dovet- te recare il colmo alle di lei amarezze . JjO stori- co aggiunge, che in tale occasione Velletri fu co- stretta a divenire colonia romana , per supplire al gran vuoto lasciato dagli abitanti distrutti (2) . 19 Nell'anno 265, quando Cori e Velletri ap- pena cominciavano a risorgere dalle sofferte cala- mità , il sovraindicato Marcio Coriolano fu dalla ingrata patria bandito . Accolto dalla ospitalità de* volsci , portò infra questi gli elementi di nuova guerra p di nuove ruine . Divenuto capitano di un esercito volsco , marcia Coriolano alla volta di Homa , diffondendo per tutto Io spavento e la morte ; e pare che anche Cori restasse in questa invasione compresa . Ma la prudenza de' suoi ma- gistrati seppe disimpegnarsi dal pericoloso frangen- te con una onesta capitolazione . Itaque albio" lanos et mugilanos yi expugnavit , Coranos verQ (1) hoc, cit. lib. 7 pagf 427» (2) Dionys. loc. cit. J^oo Letteratura per deditionem in fidem recepii (i) t così lo sto- rico alicarnassense , secondo la versione di Subur- bio . Secondo quella di Errico Stefano in vece di coranos leggasi coriolanos . Malgrado ciò , tanto il Silburgio che il Cluverio ed altri critici sono di avviso , che debba leggersi coranos , e così cre- de ancora il Catrou : Si è già rimarcato ( scrive egli ) che Corioli si era sottomessa a Coriolano t dunque bisogna dire che questa città si sottraesse dal giogo appena conquistata , oppure bisogna at- tenersi alla congettura del Silburgio , del Gelenio^ e del Cluverio , i quali opinano , che debba leg" gersi Cora in luo^o di Corioli (a) . GAP. 1 1 L Leggi delle dodici tavole . I romani ne prendo- no alcune dai corani . I volsci conquistati da Camillo . Culto dei corani a Castore e Pollu- ce , a Giano , a Cerere , a Proserpina , ad Escu- lapio , ad Igia , al Sole . Loro templi . // cul- to a Castore e Polluce , ad E sculo pio ed Igia , esistente in Cori prima di Boma . Vitruvio Plac- co priv&rnate devasta il territorio di Cori . Guer- ra di Annibale. I corani uniti ai romani. I co- rani quindi ricusano a questi nuovi soccorsi . Cori colonia romana , quindi municipio . I. Dopo il fatto di Coriolano ci troviamo per qualche len:ipo senza notizie politiche e militari di Cori . Può presumersi peraltro che, risorta dalle pas- (») Dion. Hctlic. lib. 8 pag. Bog. (2) loc. oit. ■ MEiMoniE DI Cori 4^^ $ate sciasjure , fosse trattata dal senato romano con ispeciale considerazione .per la saviezza delle di lei antiche leggi, e pel rango rispettabile che aveva final- lora occupato . 2. La repubblica , sul principio del secolo IV , formò il codice della sua giurisprudenza , compre- so nelle famose dodici tavole : dieci di queste , pubblicate nelf anno 3o3 (i) , abbracciavano leggi di Licurgo e Solone riportate dalla Grecia . Le altre due tavole furono formate colla scelta delle parti- colari istituzioni delle città italiane a Roma pia vicine , fra le quali si annovera Cori : conforme il Volpi dichiara risultare da un monumento delia vaticana , accennato dal Nardini . Declaniatumqii<ì est ah universa multitudine ( scrive il Volpi ) duas tahulas desiderari , quasi addi oporteret , ut duo- decim tahulis universa romanarum legum continere- tur. . . A vicinis civitatibus , prout unaquaeque ju- stitiae , aequitatis , severaeqae discliplinae fama Ce- lebris esset , supplementum legum accipere placuit . . A fnliscis itaque acceptae nonnullae, multae a co- ranis . In vista di che , pieno di ammirazione escla^- ma quindi il medesimo autore : Tanta coranorum, aequitatis ac justitiae fama apud ronpanos aliquan- do tenuit (2). 3. Le città volsche tuttora indipendenti , o di- ventate colonie romane , cercarono di tanto in tan- to , dopo la succennata epoca, di rinnovare le osti- lità contro Roma : ma finalmente nell' anno 30^ , conquistate dal dittatore Furio Camillo, il loro pae- se fu ridotto a guisa di provincia romana (3) . (1) Lif. lib. ccip. Si. (2) folpL loc. cit. cap. 4 • (3) Be Matlhiils , Sug^ slor. di Frosinom cap. 1. G.A.T.XX. 2G 4o2 Letteratura 4. Oltre il CJiIto ad Ercole , alla Fortuna^ a(| cipolline ^ e ad Esculapio reso dai corani, di cui si è fatta menzione nel cap. i , Castore e Polluce era- no pur' anco da essi idolatrati , come dalla seg^uente iscrizione risulta trovata in Cori, la quale si ri- porta dal Volpi (i) , dal Muratori (2), e dal Vi- gnoli (3) . AEDEM . CASTORI . POLLVCr . GEL . S FACIENDAM . DEQ . SACR . GOER M . CALVIVS . M . F . P . N Il Gudio riferisce altro marmo trovato Kella stessa città, nel contesto del quale si ravvisa che Tiberio Claudio Filanto soldato veterano offre ai numi ge- melli un monumento . D . D . AVSP CASTORI . ET . POLLVCI SACR . TI . CLAVDIVS . PHILANTVS VETERANVS S . P . SIG . DD . 5. E inoltre fama costante , che la statua di JRoma antica in porfido , che vedesi tuttora nella piazza del campidoglio , fosse trovata in Cori fra le reliquie del tempio de' numi suddetti , giusta l'av- viso del Volpi (4) t *1 quale di questo tempio parla così : ,, Ed inverò fu in Cori un tempio sagro a Ca- (i) Volpi loC. Cit. lib. 7 CUD. 2. (2) Muratori Ihcs. iiiscr, pag. i42. (3) Vignali apiid. Muratori loc- cit. (4) Volpi to2. cit. tab XV. Roinaa antique statun ex purpureo jnan'norc , ijund porplureticun appellant , rjuam Cnrac in tempio Cn si grande , q si pronta che mai la mag- ^ÌOrìB in àlciin altra scrittura. Se è vero, se è cosa della più alta importanza , che i giovanetti fin dal bel principio de' loro studj abbiado innanzi de' modelli per ogni buon rispetto sicuri, questo di citi pattiamo sarà in ogni tempo presso chiunque abbia fior di gìisto letteràrio comendato • proposto loro . Né alcuno si lasciasse giammai indurre a condannare il nostro parere guardando al suono jnodesto onde parla il Segneri . Se vi baderà attento , ben vedrà phe qUQit! passeggia però maestro sicui-o per tutti i tuoni dal più ^asso al più alto senz' arte di sorta che vi si mostri ^ e questo è scrivere I Dappoiché i p,iovanetti avranno sentito e rilevato con attento lettura tutte le bellezze che vi sono per entro , e quindi eonoSniy ** 27 1^26 V A R ,1 E r a' to quale si.l rimiòle della nostra farella , potranpo allova senza ttv- ma di declinare dal retto sentiero, passare a leggere qvialuncjup al- tro scrittore. Imbevuti ben bene del vero bello della nostra lingua, potranno ben seguire gli altri autori fin colà presso al' pericolo , ma non più avanti . .' Oltre alle dette cose utilissime , pensiamo noi, pel fatto clella lingua , ve ne ha pure un' altra da doversi indicare per. inaggiprè avvantaggio ai giovanetti. Essi , se abbianp tanta f^rnieisza d'animo da reprimere L'impaziente vagamento giovanile, e si facciano a pon- derare questo Segneri, vedranno con quaiita forza, e con ,(juanta vivacità d'ingegno , diretto sempre d^ gran giudizio , disviluppi le massime da lui proposte; con quanta felicità ravvicini: le cose pia disparate i come applichi di colpo le teorie , le sentenze eco. ac- conce ^1 suo soggetto. Ciò ancora riuscirà a loro di tanta utilità , quanta suol derivare dal meditare profondo a quelli che, attendo^jo a ben dirigere il proprio intelletto , ad assottigliarlo , ad illustrarlo. La materia stessa di questo libro é tale , che nessuna beli' anima avrà giammai da. doyerspne.clìisgnstare - Essa è morale si soda, e si disiavoita, che ti desta in cuore ,i più giocondi affetti, i più nobi- li, i più' generosi , che mai si prosassero in prima vessa disvela ail* uomo e gli fa pregustare soavemente quanto vi ha di più sentito ne' suoi interessi . ... Awengna che noi ci mostriamo assai teneri di questa nobile scrittura del Segneri, non siamo però insensitivi alle si belle di altri autori appiaudiiissimi . Ma chi non sa che , geiiCralmenie, , negli scrittori ancora canonizzati per classici, ha pure in ;qual più in qual meno delle taccherelle o di una maniera o di un' àltra,^ delle quali i giudiziosi e purgati scrittori si offendono? Sicché noi j^roponiamo in tanto questo ai giovanetti , perchè egli è caso assai raro, che di loro vi abbia alcuno tlotato dalla natura di. tautOibuoo gusto, di tanto giudi/Jo , di tanto asienimcnto, cho da.ogpi l^^tura egli si trascelga il buoiio sen/a che contragga alcun difetto ,, da cui non si iberi poscia che a duro stento. roichè adunque , come ci siamo ingegnati di dimostrare , in questo libro non è cosa da buttar via, anzi non e nulla che ngn V A R 1 età' r.4^7 sia a qualunque ordine tli persone utilissimo, noi ci facciamo a pregare e gli editori e Io siampatorc insieme di darlo próntamen- te al pubblico desiderio, alla pubblica utilità . Voglia Iddio che -quindi innanzi ancora, mentre la fiorente età degli editori supera ed appiana ogni più difficile ostacolo , si dieno ad altri lavori di simil fatta ! Non è piccolo bene , non è piccola gloria tal sorta di occu- pazioni. Se non fosse cosi, que' prestantissimi nostri JVIanuzii , Sai ' viati, Settari ecc. , per una partCj e gli accuratissimi Cornino, Tar- tini e Franchi , Dalla volpe , ?d i siffatti per un' altra , non avreb- bero durato si lunghe fatiche, né. tante diligenze- I nomi lord chiari e riveriti mai sempre devono essere altrui d' vivo eccitamen- to ad entrare nella loro schiera. Deh! awegna che la egregia e cara gioventù, alla quale noi auguriamo di cuor sincero ogni più gran be^e ed ogni più grande onore, vegga ed accolga di molto buon animo, questi nostri senti- menti. Oh quanto anderemo consolati di averli espjiessi, perchè la vedremo iricamminarrj a passi sicuri e gagliacfli al vero ristauramcn- to, ed al vero splendore della repubblica letteraria, (italiana . Si, s'a- dempia nella Italia ancora questo arde ntissimo suo .voto, sospirato pur troppo indarno da si gran tempo ; ed essa, repubblica letteraria rimonti finalmente all'antico suo grado sopra le altre, là insieme con quelle del Lazio e della Grecia. -, .,,,,.. N'è già pubblicato il volume terzo . Prezzo ^ei tre volumi per gli associati lir. 3, 70. Coloro che vorranno quindinnanzi soscrivere pa- gheranno in ragione di cent. 12 per ciascun fpgjio di stampa in carta comune . Perciò i tre volumi già stampati,^ essendo tvitt' iu- sieme di fogli 4S -7 » importeranno franoh^ 5,;gentes. 55. In morie di Anna Bontadosi Silvestri inerd. 4"° Faenza^ per Montanari, e Marabuù: 182 3 - N. .-"•'■ . on è questa le prima volta, che il sig. conte GiQ,yanni GuCci fa- entino si mostra con bella lode fra' poeti italiani. I suoi versi, che qui annunciamo , sono tutti piuità di lingua e buona filosofia . Ben si vede che anch' egli è di quella j;,ì;uu1c scuola la quale imitan- .4i^ y A R I E T a' òH I clàssici scfilfa tfclHe Ivi nteòvé sloltezitì de' catMlWH : sfcvWfa che tATìtÓ «nota prestttìlcmfertte la Mi.-c Rjiha^ri;l - Forse fìóts-ebbeSi (^jii dèsideniré una inaggiot chiarézza : perchè bello è véi-amehte lo stdàihre nelle nostre eleganze, ma bellissima tìttglf sbtltti è poi iWl- dtenzà ; allii «Juale stittjiamo che ogni altta cosà debbasi ^ncHiìb^re . B che si che noi c'inganniamo? Certo Iq segtìéiiti tetziné nbft s*^ no menò eleganti bhfe chiare : „ O sabro, 0 d'pghi riv^firénzii degno „ Italico Sctmon, prfrriò ta fosti ,, Al (iésiò di costei libefc) sc'^nò - „ 5ot qnelle carte 4 inbditar si ai-rista „ Dove ogni umat» desio t-ibolle e frcmfc „ Come fortuna in mar, turbò in fbresia» „ Vede l'opre di Marte, e vede insieme ,, |j'cmpià futia civil j le rotte leggi : ,, Vede il tristo eh' esulta , b il buon che gteme - „ Vé4e tiranni sUi geminati seggi „ R^plr gli ^v^eH , fe tr4r *fetiti alle sciiii , „ Qxikii ìjàtì ài macello artriénti e greggi. „ Semprt; costor non ridono Sicui:!: „ P^r chte t^K^olta il popolo ne senta „ 5uoi gr^vi danni i e par che all'onte induri : *, Disperalo nel duòlo alfìn si attentai „ Levar ^Itp la fronte , e quindi a piena „ Vendetta il freno orribilmente allenta. „ iCàs\ taàStItt che tuppè la citiferiS "i '■^' ' ■'''> „ Scagliasi a cM il percòsse , e tìcM g6U „ Striflgendòlo co' denti a moirte jl mclU1 . „ Ma lo spirto Licoride consola Varietà* 4^9 „ Dove son ferme leggi, e dove fassi „ Del popolo e del rege un'alma sola . Ivi sempre a buon fine i pronti passi „ Volgon de' molti: ne di frode carca „ La bilancia d'Àstresi piegando vassi. Ivi il fabbro non piange , o si rammarca „ Il duro agricoltor che al caldo al gelo „ Sulle zolle ritrose il dòrso inarcai. Da per tutto una festa un moto un zelo „ Del comun bene , e di chi in alto asceso „ D'oro s'ammanta e di purpureo velo . Intorno l'ultima nota della Memòria del sig. dottor Cappello suU' idrofobia, inserita in questo stesso volume, ci scrive cosi l'autore: Il gatto forma un genere d'werso dal cane. È carnli'oro òcnsi , e privo di ricettacoli seminali . Sotto questo rapporto vuoisi contem- plare in quest'ultima nota ^ dov'ho per epivoCo annoverato nel gene- re canls é NECROLOGIA iJagnacavallo , molto antica e nobile terra in Emilia, si duole di per- dita che tocca in parte anche l'Italia . Essa ha perduto la notte del 6 novembre di questo anno l'avvocato Onofrio Taglioni , che levò grido di se in Bologna , ove studiò tre anni , e principal- mente in Milano , ove per qviasi undici anni esercitò l'avvocatura , e pubblicò due opere, cioè il Comentario al codice civ Uè universa' le austriaco nel 1816, che rimase incompleto, ed il Codice civile di Tfapoleone col confronto delle leggi romàne nel 1809 ; per cui me- ritò di essere nominato con vicereale decreto alle cattedra d'insti- tuzioni nel liceo di Sondrio j se non che egli preferi di rimanersi a Milano fra le cure forensi . Si può dire di lui quello , che di Gui- do Cavalcanti leggiamo nel Boccaccio : che speculando molto astrat- to dagli uomini diveniva ; ma questo speculare sorerchio fu cagione. 43o Varietà' che le facoltà dell' animo al Taglioni vennero mancando , mentre egli era tutto nel proseguire quel suo comentario. Lasciò allora im- provisamente Milano, e venne a Bologna , donde la pietà del fra- tello Girolamo Io condusse in patria per tentarne la guarigione . Vane furono tutte le cure ; e crescendo dì giorno in giorno il suo umor malinconico fa gioco forza il collocarlo nel i8rg nell' ospita- le di Faenza, ove a poco a poco ricuperò le forze delio spirito tan- to da compor libri interi della prediletta sua opera , e da scrivere con senno di controversie legali . Venuto a sanità , come parve , volò a Roma, donde di nuova a Bagnacavallo, poi a Milano, ed in fine a Bologna. Quivi ricaduto nella primiera infermità d'animo fa collocato neir ospitale di s. Orsola , dove la carità de' concittadini lo tenne 17 mesi; a capo de' quali in età di anni 4* m. 3 g. 16 mi- seramente mancò. Tatti quelli che ebbero con lui comuni gli stu- dj , comune la patria , conforteranno la sua memoria di lodi e di lagrime . Domenico Vaccolini . ìli mancato ai vivi nel novembre p." p.° in Viterbo uno di que' giovanetti, i quali possono dirsi le più care speranze delle lettere. Perchè ella è cosa difficile il trovare chi nella fresca età ardita- mente calchi le vie de' sommi ingegni , e felicemente gl'imiti , e la- sci dietro a se gran folla di provetti. La qual cosa fa mostra della straordinaria dispostezza delle menti , ed è segno certo della fatnra grandezza di colui al quale toccò in sorte un tanto beneficio. Ed infatti, a chi ben guarda, coloro ch'ebbero nome di grandissimi , tutti, tranne pochi csempj , sino dalla prima età s'alzarono sopra il volgo degli uomini e manifestarono quella gran luce che dovea rischia- rare gì' intelletti . Se non che addivenne sovente eh' essi tuttora gioveni perdettero la vita , quasi la natura non valesse a durare in tanta altezza. E per tacer di molti, basta citare Pico' della Miran- dola e Raffaello, i quali, appena adulti, valsero i più principali mae- stri: ma poi anzi tempo passarono di questa vita. Orazio Caruevalini di Viterbo è il giovinetto di che ora ragio- Variet>^' 4^t iiiamo , e sulla toml)a del quale spargiamo qualche fiore . Nato egli nel 1801 , fu dagli amorosi genitori educato alle lettere edalle scienze sotto la disciplina de' PP. Gesuiti. Di sedici anni dava già opera al diritto civile ed al criminale: ed in questo fece rapidi progressi, si che anche imberbe difese innanzi la congregazione governativa due che sostenuti erano per accuse di gravi reati, e li liberò . Ma il suo spirito ardente si rivolse agli studj della poesia , e di e notte stu- diando ne' classici latini e italiani fece tanta strada , da lasciare die- tro a se molto numero di gente . Lo stile della sua prosa era sem- plice , terso e rubusto , e ripieno di forti concetti . Quindi avcTido nel 1818 udito recitare più volte il Filippo dell' Alfieri si senti na- scere in mente l'idea di esercitare il suo ingegno nella tragedia . Wè andò molto di tempo che scritto aveva per primo saggio la mor- te della -moglie d'Alessandro, in cinque atti; il terzo de' quali tutto passione ed alte sentenze mostrò che egli assai varrebbe in cosi difhcile carriera. Indi nel 1820 scrisse in meno di via mese l'Ari- stogitone, che abbiamo Ietto col BioTidi , col Betti , col Cecilia e con altri , e trovato degno d' un uomo già consumato in que- sto genere di letteratura . Da ultimo nel 1822 , e in brevis- simo tempo , scrisse la terza tragedia sulla morte di Pier Lui- gi Farnese , nella quale mettendo a profitto l'esperienza acquistata e il consiglio de'savj s'innalzò d'assai, e per grandezza di stile, e per castigatezza di lingua, e per regolarità di condotta , suUe prece- denti . Ma qui le infermità lo arrestarono in mezzo le più belle speranze, che nel 1820 agli 11 di novembre furono recise da len- ta morte . Il suo aspetto fu grave e malinconico , ma tutta onestà e cortesia : e le sue canzoni e i sonetti spirano un' altezza di con- cetti da maravigliare chi legge . L'amore verso la patria uguagliava in lui quello che grandissimo nudriva pe' genitori e pel fratello , nel petto de' quali, siccome in quello degli amici , vivrà carissima la memoria di un giovinetto , il quale in fresca età prometteva tanto onore all' Italia . Tambrojji- 433 INDICE DEGLI ARTICOLI CONTENUTI NEL TOM. XX DEL GIORNALE ARCADICO. OTTOBRE NOVEMBRE DICEMBRE 182 3. se IEN2E Balbo^ di un antica misura egiziaca o. 3 — . — Bosellini^ osservazioni sopra alcune massime del Sismondi n. q __ Puccinotti , della sapienza d Ippocra- te ( discorso 3 ) p. 25 — — Tonelli , riflessioni sulla storia d'al- cune rackialgiti .... ^ ... ^. 58 »— ^rmaroU , metodo particolare di fa- re il vino yrj. 80 i — De Crollis, considerazioni mediche ps — i^S — Cappello , memoria sult idrofobia p, — > 162 289 Tonelli , uso della pomata stibiata p. — 1 83 — - Liverziani, editto universale . . . p. — — 320 Monticelli e Covelli , storia de feno- meni del Vesuvio ..■...., p. — — 327 Barlocci^ esperimenti sulla compres- sibilità delV acqua p, — — 338 Toìielli^intorno il solfato di chinina p, — — 344 LETTERATURA Mecenate^ de Thrasea Paeto ejus- que genero Hdvidio p. 87 •— — i 433 Galeani Napione , sacrario gentilesco {lettera 1,2, 3 ) p. 106 — 36o Micara , nuova dichiarazione della di- vina commedia p. 1^3 — — » Monti, versi p^ — 235 — . Ferruzzi , dichiarazione d alcuni pas- si della divina commedia . . , p. — 288 — < Viola , memorie di Cori p. — 2^5 Sgo Costa, elogio del conte Giulio Per- ticari p. «~ 257 -«* Parenti , varianti d'una celebre can- zone di Rigaut de Berherill . p, — . — 35 1 Qhersa , -v^^Jì /ai/rej •.•«.••^. — •— .409 3 '^y"'" ^.m 11ÌÌ, • DeGembre i 8a3 • MATTINA GIORNO SERA o Barometro Term. Igr. Barometro Term. Igr. Barometro Terni. Igv. I 28 3 ^ 5 0 6 0 28 3 8 IO 4 3» 1 28 3 7 0 2 32 0 2 28 3 0 3 0 7 4 28 3 6 8 K 36 I 28 0 0 0 2 19 2 ì 28 2 6 3 0 S 3 28 a 5 IO 0 30 9 28 a 5 9 0 21 4 /) 28 3 ■^ 7 0 5 6 28 3 3 9 4 9 2 28 3 0 9 0 8 I 6 28 a 3 8 8 4 2 23 a I II 0 19 2 28 I 4 1 1 2 i5 o 6 -7 28 0 8 I I a 21 2 a3 0 I '3 a 32 1 28 0 3 lo 3 14 2 la a 28 0 6" 7 é^ 12 1 23 0 6 li 4 20 I 28 I '3" Q 6 8 0 28 „ 8 3 8 4 2 4 27 i 3' 2 u8 28 3 0 a 6 I I 8 0 2 42 3 31- 7 28 a8 3 I S ,3 8 7 6 2 ■| I a lo i 28 3 IO 28 I 0 't 0 25 4 28 I 1 8 3 37 2 28 a ^ 5 5 38 I II 28 3 9 2 « 31 ^ 28 3 9 7 6 40 3 33 3 9 7 0 ^i 5 13 li) 28 3 7 3 2 22 I 2^ 3 i 8 (, J.-Ì i 28 I 8 7 5 24 2 24 2 27 9 8 IO 0 22 /, 27 9 6 II :i ■11 3 27 6 I 5 ,s H 27 9 6 3 8 30 e 27 9 7 ò 4 43 2 27 1 1 3 3 5 |0 2 'S 28 j 4 1 0 3' 2 28 a I 6 2 46 2 28 3 0 2 2 ■^'^ 3 i6 28 > 0 0 P 3S <' 28 2 9 3 2 41 2 28 2 5 I 8 J'-' 2 17 28 2 3 I r, 35 2 28 • 4 6 2 46 8 23 I 4 2 6 ■i4 0 (8 '9 28 » 0 0 2 28 3 28 0 y 2 8 3^ i 28 0 3 5 0 3^ 3 27 II 4 6 5 ai 2 27 II 3 0 0 24 2 27 10 4 7 7 1 , i 20 27 9 3 7 8 2> 2 27 9 5 8 0 09 4 27 IO 4 4 3 27 y 21 27 IO 3 3 0 14 2 27 9 » 6 7 l8 G 27 8 4 6 0 ' T "^ 2 8 27 8 4 3 9 a 4 27 7 9 8 2 IO 3 27 8 2 6 0 '.-' 2 as 27 9 S 4 2 6 2 27 lo 0 9 3 32 a 27 lo 5 5 8 17 a 2.S 37 IO 3 2 5 18 e 27 10 6 8 3 39 9 27 IO 8 6 2 4; 3 à' 3 27 IO 8 I 8 32 3 27 10 9 S 3 51 2 27 11 4 4 0 26 27 IO 5 3 4 41 2 27 IO 8 7 6 53 5 27 IO 9 6 0 51 8 27 27 IO 4 0 8 ^0 2 27 IO 3 6 3 39 0 37 9 8 6 0 '4 3 28 27 a 4 ? 2 19 3 ■ 27 8 5 8 I 16 3 27 IO 7 7 0 2y 1 2Q 28 i 0 2 8 15 6 28 I 4 8 3 2S 2 28 0 9 i 4 21 2 óo 28 0 4 6 0 14 I 28 0 0 6 9 24 7 27 lo 5 9 5 I() ? 3' 27 8 8 8 0 9 2 27 8 4 9 0J2I 9 27 9 8 5 9 28 2 Ossen'dztoni Melereohgicha falla alla Specola del Colica^. B.'>i. Decembre 182 3. ■^ MATTINA GIORNO SERA ^. ^_a„ ^. — , .^.^^^_ Meteorel Stato Kv;i- Stato Stato n del por. Vo nto del P i"SK- Vento -lei Vento I Cielo Cielo Cielo ^. s. tra. I s. tra. m neb. 1 0 48 gre. m 2 J. I C tra. I s. tra. 1 s. lìiaes ni ^ n.p.s. 0 44 ira. I II. tra . m II. ira. m 4 IL' 0 2( tra. ni II. 0 92 lev. 0 n.s. tra. 0 p.ug.n.*! s II.- » 24I /ra. I II. 0 Co me. Uh. I a. IILCZ. 0 neh.* 1 6 II. I 4 Ilici.. I II. inez, I s p.n. mcz. I neh. 4 n.p.s. I ijO Ira gì . 0 s.n. mcz. I , s. tra. 0 ne. Jiriu 8 s.n. a 0 tra.qr . I n.p.s. gr. I s.n. tra. I Piog-S-t