l- IMJts. GIORNALE ARCADICO DI SCIENZE, LETTERE, ED ARTI TOMO XXIL APRILE, MAGGIO, E GIUGNO MDCGCXXIV. ROMA NELLA STAMPERIA. DEL GIORNALE PRESSO AXTOXIO BOVLZALSIt Con licenza de* Superiori' 1824, SIGNORI COLLABORATORI DEL GIORNALE ARCADICO. AiRENTi monsignor Giuseppe , de' predicatori , i^esco^o di Savona. De-Awgelis ab. Luigi , professore e bibliotecario , a Siena. Antaldi marchese Antaldo , a Tesar a. Antinori marchese Giuseppe, professore , a Perugia. AaiviAROLr conte Leopoldo, a Macerata. Balbo conte Pietro , presidente della JR. accademia di Torino. Barlocci Saverio , professore , in Roma. Bbllewghi don Albertino , abate camaldolese , in Roma. Berni degli ANTON j cav. riucenzo, ex-professore, a Bolo -ita. Betti avv. Teofilo , in Roma. ** Sorelli dott. Ippolito , a Lucca. BosELLrwi rti-i'. Carlo , a Modena. Brighenti Maurizio , ingegnere , a Rimino. Brignoli di Brun.yhoff Giovanni , professore , a Modena, Brocchi Giovanni, membro dcW I R. inslituto , a Milano'. Calandrelli ab. Giuseppe , professore d' astronomia e di'- rettore delia specola gregoriana , in Roma. Canali Luigi , professore e bibliotecario , a Perugia. Cancellieri ab. Francesco , soprintendente della tipogra^ fia di propaganda , in Roma. Cardinali Luigi , in Roma. Cassi conte Francesco , cancelliere deW accademia , a Pchvo. Cecilia Gio, Francesco , in Roma. Cesari Antonio , dell'oratorio , a Verona. Conti ab. Andrea , professore e direttore della specola gre^ goriajia , in Roma. Corderò di s. Quintino cav, Giulio , a Torino. Costa Paolo , ex-professore , a Bologna. Ferri di s. Costante conte Giovanni , a Fano. Ferruzzi avv. Luigi Crisostomo , a Lago. Ferruzzi Michele , professore , a Macerala. Fiorini Elisabetta , a Tcrracina. Galea.m NAFiONi conte Gio. Francesco , a Tonno, '1 GiJitAGXl Francearo . giureconsulto , in Rome. L\Bus dolt, Gloi'anni , a Milnno. Dfi-LA.MA Pietro , prefetto del I. R. museo d'antichità , a Panna . LiìfOTTB cav. Lodovico , ingegnere ispettore d'acque e stra- de , direttore deHai>ori idraulici nazionali , in Roma. Mai monsignor angelo , prefetto della vaticana , in Roma. Mecenate Raffaele , giureconsulto , in Roma. Monti caf. f^incenzo , membro dell' I, R. inslituto , « Milano. Mori CHINI Domenico , professore , in Roma. MoschijS'i ab. Gianantonio , a f^enezia- MusTOiiDi cav. Andrea , a Milano. Nardi ab. Luigi , bibliotecario , a Rimino, Paoli conte Domenico » prefetto del museo di storia natu^ rale , a Pesaro, Paradisi conte Giovanni , mentirò deW [ R. instituto , tt Modena. ?£ RUZZI ab. Agostino , professore , a Ferrara. PoLETTi Luigi , architetto , in Roma. Puccixom dott. Francesco , a Urbino. De-Rossi cai". Gio. Gherardo , direttore della R. accademia di Portogallo , in Roma. Del Bosso Giuseppe , professore , a Firenze, Roverella conte Gio. Antonio , a Cesena. ScLOPis conte Federico , a Torino. Staccoli Leopoldo , a Urbino. Thieesch Federico , consigliere di S. M. il re di Baviera , e professore , a Monaco. Valeriani ab. Orazio , professore , a Civitavecchia. Venturoli Giacomo , professore , presidente del consigliai d'arte peHavori idraulici dello stalo , membro dell' I. R. inslituto , in Roma. VERniiGLiOLi Glanibatista , professore e direllore del museo d'antichità , a Perugia.. Vescovali JLwi'gi , in Roma, Viola Sante » a Tivoli' >■ ■■ SCIENZE Ricerche fisiologiche intorno alPassorhimenfo , fatitf in Bologna negli anni 182 1- 1822 dal dottor Leo* nardo Franchini di Sarzana. Bologna , dalla ti- pografia Felsinea di Romano Turchi Battarra 1^2^ ( voi. in 4'° di pag. 90 ) 3- ria di venire al racconto de'siioi esperiménti , fi- corda l'egregio A. le opinioni degli anatomici e fisio* logi de'tempi andati intorno l'assorbimento del chilo e degli umori nel corpo animale; come avanti la sco- perta de'vasi bianchi fatta dall' Asellio nel 1622, se- guita da quella del condotto toracico di Pecquet , si attribuisse questa funzione alle vene; rammenta lo sco- primento di altri rasi cliiamati sierosi per opera di Bartolino e di Rudbeck; i travagli su lo stesso sog- getto di Ruysch , di Nuck, di Monroo , di Hewson, e di Meckel ; come dopo Hewson, il quale mostrò la somiglianza di struttura dei vasi sierosi di altre parti del corpo con quelli degli intestini fu per ana- logia esclusivamente riconosciuta nei linfatici la fa- colta di assorbire, e come Giovanni Hunter riduces- se l'analogia al fatto , avendo creduto di osservare nei linfatici del mesenterio alcuni umori injettati negli in- testini , o infusi nelle grandi cavita ; come in forza di alcuni fatti si desse ai linfatici della cute la me- desima potenza di assorbire ; come infine a stabilire G.A.T.XXII. i 'i| Scienze cotesta creclenia conili buisscro gl'ingegnosi ed estesi lavori del Cruikshank, del Fontana, del Mascagni, e del Rezia. Rammenta pure l'A. come a questa dottri- na abbracciata dalla maggior parte deTisiologi facessero valida opposizione il AValter, il Caldani, il Lupi, quali e quanti fatti adducessero "in contrario il Flandrin , il Magendie , l'Home , il Mayer ; ma ad onta di tutto questo quanta venerazione e adesione restasse ancora nelle scuole alle dottrine de'sommi uomini mentovati, e segnatamente alle osservazioni dell'Hunter. Per le quali ragioni si decise l'A. di esaminare la cosa da ■per se stesso , e per via di esperimenti , essendo per- suaso che nelle cose naturali dee prestarsi fede solo a quello , die con i proprj occhi si vede, e da ite- rata esperienza viene confermato. In compagnia pertanto del eh. P. Mondini e del eh. P. Alessandrini si diede prima di tutto a verificare nei conigli l'esperimento dell'Hunter, quindi in un tratta intestinale compreso fra due allacciature injeltato in al- cuni il latte, in altri l'infusione di zafferano, vuotale le vene e legate le arterie trovò vuoti e trasparenti i vasi del mesenterio, e la quantità del liquido introdotto sensibilmente la stessa ; come di color naturale trovò la faccia del peritoneo, quando fece rinjezione nella cavita di questo. Volendo meglio imitare respcrimenlo Hunteriano operò sopra i carnivori , e scelse i cani; ma l'esito fu il mc malleva ancora il sospetto che intanto il latte e il zafferano non fossero stati assorbiti dai linfatici , per- chè non assimilati precedentemente dallo stomaco : introdusse perciò nello stomaco di sei cani , di due gatti , e altrettanti conigli il decotto di rabarbaro par mezzo di una cannula elastica, a quattro cani il decotto di robbia : dopo mezz'ora o tre quarti fu ciascuno di essi animali sparato e in ninna si osservò nei linfatici del mesenterio traccia della ma- teria amministrata , quantunque in alcuni la mate- ria percorso avesse gli intestini tenui , e giunta fos- se al principio de'crassi. Fu tentato altro espediente, quello cioè di meschiare la materia colorante all'ali- manto , e fu dopo cinque Ore sparato un cane nu- trito con pane cotto nel brodo e nel decotto di robbia con mescolanza di robbia in polvere : nulla fu osservato nei linfatici del mesenterio che indicasse l'assorbimento della materia colorante : lo stesso di- casi di altri cani, i quali furono aperti dopo otto, o nove oue dal cibo preso ; se non che in un cane sezionato dopo dieci ore fu trovata la cisterna del Pecquet , e il condotto toracico turgidi di un liqui- do rossastro , il quale a prima giunta fece credere che la sostanza colorante della robbia fosse stata sia Ik trasportata per mezzo dei linfatici; fu facile però il disinganno , essendo stato osservato simile color rosso in un cane , nel quale mezz' ora innanzi era stata injettata una discreta dose di latte senza me- scolanza di materia colorante ; essendosi presentato altre volte nella linfa un color roseo più o meno intenso indipendente da cagione estrinseca, ed avendo, già avvertito il Magendie che spessa si offre la linfa colorata in rosso sanguigno in quegli animali , che sono stati tenuti lungo tempo digiuni. 6 S e 1 S N 2 E Ognun vede inlanlo Hai risultati di cotesti espc- ip^rimenti yariati in più modi che l'osservazione fon- damentale di Hunter non fu assolutamsnte verificata dal nostro A., e che già egli era in diritto di du- bitare della facoltà attribuita ai linfatici del meseu- terio di succhiare alcune sostanze. Hallcr , Lister, e Musgrave avean detto di aver veduto l'assorbimento per i linfatici meseraici della soluzione di laccamuffa e dell' indaco sia data per boc- ca, sia injettata nel duodeno e digiuno di cani dopo la mancanza di cibo per alcune ore. Fu adunque dal nostro A. ripetuto l'esperimento di Haller d'insinviare il decotto d'indaco nello stomaco di un cane , e uc- ciso l'animale dopo un'ora » nulla vide di quanto avea annunciato il nominato Fisiologo. Fu dato al cane il cibo cotto nella soluzione d'indaco , e fatta la sezione dopo cinque ore , nulla parimente ei vide Lo stesso avvenne nel ripetere l'esperimento di Li- ster per due volte , consistente nell'alimentare il cane, nell'introdurre dopo cinque ore la materia colorante nel duodeno , e dopo un altro intervallo di tre ore esplorare i vasi bianchi del mesenterio. E da notarsi però la seguente circostanza. Quando si prepararono due cani col digiuno di quaranta ore , e s'injettò poi la decozione d'indaco in uno nello stomaco, nell'al- tro nel duodeno , furono veduti i vasi lattei tinti in blu , il qual colore per altro era più visibile nei lattei di diametro minore : ove il loro diametro era maggiore, e nei condotto toracico il detto co- lore era languido o nullo. Ma e da notarsi insieme che tinti in turchino furono veduti i lattei tutte le volte che gli animali erano stati preparati con lun- go digiuno , e il medesimo colore in essi appari- va sia che s' injetlasse il decotto d' indaco , 5ia quello di robbia , oppure allie materie colorali- ! Franchi?»! dell' assorbimcnto 7 ti , come quella di laccamufFa , di curcuma , di fi- toUcca ec. Per lo che si conchiuse che il color tur- chino apparso sotto la divisata circostanza di un lungo digiuno era veramente un'ottica illusione , tanto più ch'egli dileguavasi sotto il microscopio , o quan- do sotto il mesenterio si poneva una carta bianca. In ultimo fu tentata rinjezione di sostanze chimi^ che per ricercarle ed iscoprirle con i chimici rea- genti , come del prussiato di potassa ; ma estratta la linfa dal condotto toracico dopo mezz'ora dalla morte dell'animale non si osservò mutamento veruno con la soluzione di solfato di ferro. Dopo la esposizione di questa serie di esperi- menti di confronto si fa l'A. a confutare quelle de- boli e conosciutissime prove che si adducono nelle scuole in sostegno dell' assorbimento de linfatici cu- tanei ; dimostra col fatto insussistenti le esperienze del Mascagni su l'assorbimento de liquidi colorati nel cadavere per mezzo de' linfatici dopo un certo inter- vallo dalla morte ; ribatte alcuni altri argomenti da lui addotti in favore della sua teorica , fra gli altri quello desunto dall'aspetto rosso de' vasi linfatici ia occasione di stravasi sanguigni nelle grandi cavita^ avendo il nostro A. osservati rossi i linfatici , quando non v'era affatto effusione di sangue dentro le ca- vita , e di arspetto naturale , quando vi era lo stra- vaso ; e pone fine alla prima parte con le seguenti parole v Per le esposte cose io stimo U dottrina dell* assorbimento fin qui sostenuta e difesa stare su di mal ferme basi , ed essere ufficio di chiunque ami la verità il richiamarla a diligente considerazione an- ziché proseguire a divulgare come dimostrata una tea?- Tica , che si dilunga gran tratto da quella certezr za , a cui tutti la credevano pervenuta » e più sot- to » Imperocché io tengo non improbabile che i vaiii 8 S e 1 r. N r. K Li anelli tlegli intestini come quelli clie assorbono il chilo , possano in qualche circostanza assorliiie altri fluidi , e che i linfatici di altre parti che hanno strut- tura somigliante a quella dei linfatici degli intesti- ni possano godere di una particolare facoltà assor- bente. Solo voglio conchiudcre che tale facoltà non è dimostrata da quelle esperienze, e da quelle osser- vazioni che nello scorso tempo si vollero come cer- tissime , e che se i linfatici hanno qualche parte nell' assorbimento de' fluidi (anche oltre il chilo , del quale non si potrebbe aver dubbio ) altre vie debbano es- servi per le quali s'inoltrino nell'animale economia alcune sostanze v Viene l'A. alla parte II. , nella quale, siccome fatto avea nella prima incomincia dal riportare gli argomenti dei fautori dell'assorbimento venoso , se- gnatamente le esperienze di Haller , di Kaw Boer- haave , e di Meckel : non tace al tempo stesso le ob- Liezioniloro fatte dal Mascagni nella sua grand'Ope- ra , e le risposte del Caldani , e del nostro [egregio Prof. Lupi. l'A. medesimo fa su le obbiezioni del Mascagni alcune riflessioni , e concedendogli che i tronchetti venosi sieno continuati con quelli arterio- si , non vede ragione perchè alcuni rametti venosi non possano esser liberi , ed assorbire dalle cavita , ed accordando all'Anatomico Toscano l'esalazione dai pori inorganici delle arterie , non sa ricusare l'assor- bimento ai pori inorganici delle vene. Passa quindi ad esporre sempre in rapporto all'assorbimento ve- noso le esperienze del Magendie su i rapidi effetti dell'upas nella macchina animale, i quali si manifo stano tuttoché allacciato sia il condotto toracico , come si manifestano egualmente , quando il veléno sia introdotto in un tratto d'intestino, e si recidano i lattei corrispondenti , e si Usci la comunicazione fra FrA^TCHINI D2LL' ASSORBIlWEDrTÓ <) la sola arteria e vena , ovvero quando il veleno viene insinuato nella zampa deiranimale , la quale comu- nichi con la parte superiore mediante la sola arte- ria e vena. Il nostro A. non trova queste osserva- zioni di quel valore , che loro attribuisce il Fisio- logo francese , poiché i pronti effetti dell'upas polreb- Lero in sua sentenza spiegarsi nel primo caso per l'impressione fatta dal veleno nel solido vivo , nel se- condo caso sopra i vasi del pezzo intestinale assog- gettato all'esperimento , nel terzo può essere il ve- leno penetrato immediatamente nel sangue , essendo stata cruentata la zampa del cane. Maggior peso egli da ad altri esperimenti dello stesso Magendie , dai quali risulta che alcune sostanze introdotte nello sto- maco come l'alcoole allungato sono state ritrovate con le loro qualità sensibili poco tempo dopo lamor- te dell'animale nel sangue venoso , e non già nella linfa tratta dal condotto toracico. Fa parola di espe- rimenti analoghi di Flandrin instituiti nel cavallo , quantunque non li creda molto concludenti , perchè ricercata la sostanza nel' sangue sedici ore dopo la mor- te dell' animale , dopo il qual tempo rimane il dubbio che abbia ella potuto tenere la via de' linfatici; ed a tutti questi aggiunge per ultimo gli esperimenti di Home , Mayer, Tyedmann , e Gmelin. Sempre però ferma l' A. nel suo proposito di non stare alle altrui ricerche , ima di rintracciare da per se stésso la verità , egli passa a narrare la serie de'tentativi diretti a conoscere se le estremità del sistema venoso godano della facoltà, di assorbire diverse sostanze , siccome abbiam ve- duto essere stata opinione dei Medici delle scorse età , e di molti della età presente. Gol mezzo della sciringa elastica furono intro- dotto (piattro once di decotto di rabarbaro nello sto- maco di un cane scarsamente alimentato : dopo mezz* IO S 0 I B N Z E ora fu tratto del sangue dalla vena porta , e il sie- ro di esso presentava una tinta più carica dell' or- dinario. Questo non era che un semplice indizio del- la presenza del rabarbaro ; ma sapendosi die gli al- cali han la proprietà di arrossare il decotto di que- sta droga , fu ripetuto l'esperimento in altro cane, e difatto la soluzione di potassa fece rosso il siero del sangue cavato dalla vena porta, e non cangiò affatto il colore della linfa presa dal condotto to- racico , come non cangiò il colore ne del siero , uè della linfa in altro cane, al quale non era stato mi- nistrato rabarbaro. L'esito dell'esperimento replicalo altre volte e stato sempre identico , anche quando il decotto di rabarbaro fu intromesso nelle intestina. Incettate nel duodeno di un cane vivente quat- tro once di prussiato di potassa , e riposto l'intesti- no con le pareti cucite , dopo venti o venticinque minuti fu estratto il sangue dalla vena porta : tanto il cruore che il siero di esso si colorarono con la soluzione di solfato di ferro , questo in verde tur- chino , il primo in turchino più cupo . La linfa del canale toracico saggiata nello stesso modo non oll'er- se cangiamento di colore, come non lo offerse il san- gue di altro animale , nel quale non era stato intro- dotto il sale. Questo esperimento ripetuto altre vol- te diede sempre il medesimo risultato (a). Injettate due dramme di canfora sciolta prima in un poco di alcool , e poi in quattro once di acqua nello stomaco di un cane: dopo un quarto di ora si ebbero certissimi indizj della presenza di quella sor- (a) Una sola volta mi occorse ( dice l'autore ) di rinve- nir questo sale nel condotto toracico. E' da notare che lu- dugglumnio assai tempo ad aprire il nostro animale. Franchini dbll" assorbimento ii stanca nel sangue della vena porta; ninno se n'eL- be nella linfa del condotto. Lo stesso in altro simi- le cimento. Injettate quattro once di emulsione, dove erano sciolti quattro grani di muschio nello stomaco di un cane : un quarto di ora dopo parte del sangue trat- to dalla vena porta , e parte della linfa del condotto toracico furono poste in due vasetti distinti. A giu- dizio di persone che non aveano toccato il muschio, il sangue ne tramandava l'odore, non affatto la linfa. Insinuate nello stomaco di un cane tre once di aceto dilungato con due di acqua, dopo una mezz'ora furono saggiati con la carta tinta di laccamuffa il sangue della vena porta , e il di lui siero separato , non che la linfa del condotto toracico : ninno di questi liquidi cangiò il colore della carta. Avendo però il prof. Mazzacur ati presente a questo esperimento in- fuso nel sangue , e nella linfa disseccati alcune goc- ce di acido solforico , ebbe solamente dal primo , cioè a dire dal sangue i vapori di acido muriati- co misti a quelli abbastanza sensibili di acido ace- tico. Fu quindi congetturato che l'acido acetico insi- nuato nel sangue per le estremità venose combina- to si fosse alla soda : difatto l'acido solforico infu- so nel sangue di altro animale nel lo stato natura- le non sviluppava i suddetti vapori , mentre il me* desimo acido minerale li sviluppava da una porzio- ne di sangue , cui era stato aggiunto un poca di ace- tato di soda . Fu ripetuto resperimenlo incettando l'acido acetico allungato nel duodeno del cane: il san- gue estratto dopo mezz' ora dalla vena porta nQn mutava similmente il colore della laccamuffa. Fu al- lora per suggerimento del sig. Coli sciolto il sangue stesso a caldo nell' alcoole : filtrata ed evaporata a siccità la soluzione alcoolica si ottenne una materia 12 Scienze salina , la quale trattata con l'acido solforico diede la solita acetica emanazione. Rivolgendo l'A. le sue ricerche dalla cavit'^ de- gli intestini a quella del peritonèo, si convinse con l'esperienza che anche in questa ha luogo l'assor- bimento per le vene , poiché introdotti nel cavo addominale o la soluzione di prussiato di potassa, o l'acido acetico allungato , n'ebbe con i noti re- agenti , indizj manifesti nel sangue estratto dalla cava , e dalla vena porta. Sì convinse in ultimo che le ramificazioni ve- nose del polmone godono della medesima facoltà , dacché il prussiato di potassa sciolto in suflìciente veicolo , e spinto nella trachea di un cane , si è appalesato per mezzo del solfato di ferro nel san- gue dell' orecchietta sinistra dopo tre minuti dalla operazione. Si è servito l'A. ne' suoi esperimenti non solo' dalle sostanze sinora mentovate , ma di altre an- cora, come del nitro, della robbia de' tintori, del zaf- ferano, del solfato di rame, dell'allume, del cre- mor di tartaro , e del muriate di barite; ma niu- na di queste ha potuto rinvenire nel sangue, ©fos- se di ostacolo al loro ritrovamento la natura mol- to composta di questo umore animale, oppure sie- no state assorbite in picciolissima, e irreperibile quan- tità , o non sieno state assorbite per nulla . Ciò per altro non osta alle osservazioni antecedenti , dalle quali , come si e veduto , risulta fuori di ogni dub- bio, che varie sostanze poste a contatto di superfi- cie assorbenti del corpo animale danno dopo breve tempo non equivoci segni di loro presenza nel san- gue venoso , e non si mostrano all'atto nella linfa . Ma che direl)besi, se fra i linfatici e le vene vi fos- *e una comunicazione , talché una sostanza assorbita ' Friìtchini dell* assorbimento i3 ^a quelli potesse farsi strada a queste, e in queste mostrarsi all' occhio dell'osservatore? Riflette savia- mente sii tale difFicolta l'A. che ad ammettere un pas- saggio delle sostanze assorbite dai linfatici alle vene osta la brevità somma del tempo , dopo il quale so- no state ritrovate nel sangue venoso , e molto più si oppone quella specie di affinità o di gusto che han- no i vasi per quella sorta di liquido , che sono so- liti succhiare e trasmettere ; di maniera che come sarebbe incoerente all' economia animale che il chilo entrato nei vasi lattei non progredisse per essi , e pas- sasse subito in altro genere di vasi , cosi all' econo- mia medesima non sarebbe consentaneo un passaggio simile di altra qualunque sostanza. Del resto oltre le prove di fatto non trascura l'A. anco l'argomento di analogia per comprovare sempre più che una so- stanza sciolta in conveniente liquido può bènissimo insinuarsi nei rametti venosi, sia per le loro estre- mità aperte , sia per i pori inorganici , oppure per gli interstizi delle tonache; e qui ricorda l'esperimen- to di WoUaston , per il quale ha veduto questo fi- sico separarsi la soda dall' acido muriatico in forza di un apparecchio voltaico a due elementi , e trapelare attraverso un pezzo di vescica bagnata , che cuopri- va il tubo contenente la soluzione salina; ricorda il mutamento nelle qualità, che offre il sangue di una vena , cui sia stata tolta la pelle e la cellulare , o che sia rinchiuso entro una vescica ; ricorda infine il can- giamento che solile il sangue per parte dell' aria nei vasi venosi del polmone, per il quale egli diviene ar- terioso. Dopo le quali cose passa l'A. a fare un' ap- plicazione della dottrina dell' assorbimento venoso a varj fenomeni fisiologici, e patologici del corpo uma- no , che noi per non trascendere i limiti di un estrat- to epilogheremo iu pochi cenni. Spiega il passaggio del sangue dalla placenta ute- rina al feto per mezzo della forza assorbente dei ra- mi della vena, che prende origijie dal tessuto spu- gnoso di quella. Spiega il ritorno in circolazione del sangue sof- fermato per qualche tempo nei tessuti, e T ingresso, stesso del sangue dai capillari arteriosi nelle radichet- te venose, che altrimenti non si spiegherebbe col so- lo impulso del cuore e delle arterie. Rende ragione della capacita maggiore del siste- ma venoso , della quale , se le vene non godessero della facoltà assorbente , non vi sarebbe bisogno, de- ponendo le arterie molti materiali del sangue nell^e separazioni degli umori. Mostra come sarebbe difficile a spiegarsi il rapi- do passaggio ai reni di molta copia di bevanda , e come il condotto toracico potesse dar ricetto a tutti gli umori assorbiti dalla superficie , e dalle cavita del ^corpo , dalla cellulare ec. Posto che i raraicelli della vena porta assor- bano non solo dagli intestini, ma anche dalla ca- vita addominale, meglio s'intende come alle ostru- zioni del fegato e della milza tenga dietro l'idropi- sia, e in particolare l'ascite. L'assorbimento in alcune parti del corpo, nelle quali non si sono scoperti ancora vasi linfatici , pa- trcblje avere una spiegazione dal principio fisiologi- co , di cui stiamo parlando. Questo stesso principio servirebbe di illustrazio- ne , e di conferma alle osservazioni di alcuni re- centi sperimentatori , dalle quali risulta essere l'as- sqr)3Ìme;ito tanto più energico, quanto più dovizio- sa è la copia de' vasi sanguigni, che putranp- luill^ pomposizione dei diversi organi. pRAWCrtlNl dell' ASfORBIMKNTO I5 L'infarcimerilo delle glandule linfatiche non por- ta seco il più delle volte alcun spandimento siero- so , il quale succede bensì alla ritardata circolazio- ne del sangue nelle vene , corae appunto nelle don- ne gravide, nelle quali le varici delle estremità in- feriori sono accompagnate da edema , e nei cada- veri di esse non si osservano i linfatici ingrossa- ti per effetto della pressione dell' utero , giusta la testimonianza di Walter. In tre casi di flebite pre- sentatisi all'A. , uno de' principali fenomeni fu l'ede- ma dell' arto , ov' era la condizione morbosa delle vene; e in questo luogo egli narra per esteso uno dei casi osservato nello spedale maggiore di Bolo- gna , nel quale per la sezione del cadavere appar- ve la cava inferiore con le sue diramazioni sino al piede affetta da flogosì. Chiude l'A. la dissertazione traendo dalle cose dette alcuni corollarii , che a noi piace riferire con le stesse sue parole n E qui non insisterò di più su questo argomento , sembrandomi che i fatti e le con- siderazioni che abbiamo esposto, siano tali da per- suadere abbastanza . Prima però di por termine al mio ragionare , epilogando ciò che ne' varii tratti della mia dissertazione sostenni passo a conchiude- re: t. i vasi bianchi o linfatici degli intestini esse- re quelli che veramente assorbono il chilo : 3. non essere dimostrato che assorbano altri fluidi dalla ca- vità dogli intestini : 3. non esservi alcun solido ar- gomento per cai sia provato che i linfatici delle al- tre parti siano assorbenti : 4* assorbire certamente le vene dalla cavita degli intestini , da quella dell'ad- dome, e da quella de' bronchi: 5. non essere dimo- strato per via di esperienza se i linfatici o le vene assorbano gli umori dalle minime cavita del tessuto celluioso , e dagli interslizii dei varii tessuti : C. da i6 Scienze non pochi fatti dedotti dallo stato sano e morboso essere mostrato siccome probabilissimo che anche nel- le anzidette cavita si operi l'assorbimento de' fluidi , per gran parte almeno , da vasi sanguigni » . Quest'Opera si raccomanda da per se stessa al Pubblico , e però non ha bisogno de' nostri encomii. Il sig. Franchini ha saputo in questo saggio felicis- simo di sua abilita evitare il rimprovero , che forse con ragione si va facendo a qualche rinomato fisio- logo italiano di esercitare tutto l'ingegno nel co- struire ipotetiche teorie, e di non occuparsi per nul- la neir arte di sperimentare. Per noi romani poi è di grande compiacenza il vedere che gli argomenti del prof. Lupi splendore chiarissimo della nostra uni- versità , il quale non ha dubitato affrontare presso- ché solo in Italia la cieca venerazione delle scuole per gli Hunter ed i Mascagni , e sostenere a tutto petto la dottrina da loro impugnata, ora in grazia dei travagli del Franchini vanno a ricevere nuovo lustro e vigore. FoLCUi Osservazioni sopra il celebre stahilimento tV Aver sa nel regno di Napoli-, e sopra molti altri spedali d* Italia destinati alla reclusione e cura de^ pazzi ec. , Opera del dottor Domenico Gualandi., me- dico direttore de* dementi nello spedale di s. Or~ sola in Bologna ec- con due tavole in foglio . Bologna 182 3. E S T R A T s o. R .ecatosi il sig. Gualandi in Avcrsa nel genna- jo del iSaS per accompagnarvi iu qualità di me- dico un individuo qualificato all'etto da demenza , potè ivi procurarsi delle notizie all'uopo relative, ed altre raccoglierne nel suo ritorno mercè la visi- ta di parecchie altre case destinate alla reclusione ed alla cura dei dementi , e compilarne l'attuale lavoro . Divide egli la sua opera in cinque capitoli. Nel primo di essi presenta la descrizione ( con l'aggiun- ta di una tavola) dello stabilimento di Aversar nel- la sua parte materiale. Stabilimento situato a sette miglia di distanza da Napoli , e die offre la maggior parte dei vantaggi fisici che dalla posizione geogra- fica potevano attendersi : stabilimento , che a brevis- smia lontananza dalla citta di Aversa è stato dopo il 181 3 riservato a questa nuova destinazione , es- sendo stato per le innanzi un convento di france- scani riformati : stabilimento ohe non contiene per di- letto di capacita il pieno numero , giacché entro Aver- sa evvi altro locale riservato ad accogliere il rima- nente dei maschi. Di quest' ullinio , come anche dell' l5 S e I E » Z E ospizio delle femmine non può offrirci PA. alcuna de- scrizione , essendo ad ognuno gelosamente vietato di conoscerli. Abbiamo nel secondo capitolo alcune nozioni in- torno al regolamento di questo edifìcio'^ intorno al numero de^ pazzi che contiene ; ed a parecchie altre cose ehe lo riguardano' Ci presenta il N. A. nel ter- 10 molte riflessioni sopra le cose precedenti -, ed un giudizio imparziale intorno allo stabilimento di Aver- sa , ed al genere di cura che vi s'impiega. Il com- plesso però delle cose rappresentateci dal sig. Gua- landi ne guida a menomare la fama grande , che go- de in Europa lo stabilimento di Aversa , e sì real- mente vi riesce l'A , che non vi è scampo a dis- sentirne. E basato il di lui gixidizio nei fatti ; è [de- sunto da una descrizione veritiera di osservazioni ; e viene per fine sanzionato dalla deposizione di va- lenti viaggiatori, cosicché ci sembra che meritar ne possa la più cieca credenza. In comprova di che ne darem qualche cenno delle principali cose, onde far comprendere secondo le orme delPA. ai filosofi ed alle persone dell'arte , che lo spedale di Aversa è forse ancor lontano dal meritare la grande celebrità che sul di lui conto si è divulgata. A tre essenzialissimi punti sembra che ridurre si possano tutt'i rilievi dell' A. a carico dello stabili- mento di cui si parla , cioè ad imperfezioni , incoe" renze , e nocevolezze. Ascriver si debbono nel no- vero delle prime la ristrettezza del locale , che ob- bliga ad una riunione di molti folli in una istessa camera; la deficienza di lumi perfino nei cortili, du- rante l'oscurità della notte; la mancanza di un ora- rio , essendo la sola distribuzione dei pasti impropria- mente legata in ogni tempo alla varia durazione dei giorni ; l'ozio e l'inattività la più completa che vi i Osservazioni di Guàlawoi i<^ si scorge regnare. Troppo imperfette pur sono alcu- ne di quelle macchine destinate a portar qualche utile» come quella in cui racchiudesi l'alienato per rice- vere la doccia fissa sul capo , il quale riraan tutto bagnato per l'ingresso dell'acqua entro la scattola ; e le altre relative all'artificio dei bagni generali , del bagno per sorpreia , e della macchina rotatoria , la quale ultima non contiene il miglior metodo d'ap- plicare il moto di rotazione tanto raccommandato da Macon Cox alla cura ed alla repressione dei pazzi, L'invezione della camera oscura e sembrata al iV. A. infinitamente più lodevole , ma allo scopo cui e di- retta potrebbe forse energicamente corrispondere ove fosse meno rozza e meglio costrutta secondo le re- gole dell'arte. JNè sono meno sorprendenti per l'occhio avve- duto dei veri osservatori le incoerenze che in quello stabilimento riscontransi ; incoerenze, che destramente occultate agl'inesperti non han potuto infringere nell' animo degli stranieri quella celebrila di cui quello spedale risuona. Ed invero chi mai oserebbe imma- ginare , che non fosse a convalescenti destinato il cor- ridoio dalla iscrizione di coni>alesce?za contrase^na- to , mentre , a riserva di un convalescente mascliio ed una femmina , sono le altre c:imere riservate ad «i^o di oggetti stranieri , come dell' appartamento e libreria del direttore, ec : ? Inutilmente altresì di- manderebbe il forastiere di essere introdotto alla falsa camera , ov^ è scritto che hanno residenza i medici e cliirurgi con quel cartello di beile lettere ma- juscole : f^igilanzn ed wnnnit \ : Guardia nttha da'' medici , ec : , poiché non hanno i Medici verun dominio in alcuna camera , nemmeno per riposar- vi e per trattare gli affari di loro professione. Co- si anche se v' ha una mostra di spezieria , nou G.A.T.XXII. % ^o Scienze v'hanno però medicamenti , ne farmacista. Che anzi manca pur frequentemente al bisogno l'assistenza del cappellano , perchè non abita egli nello stabilimen- to. Incoerenti altresì dovran dirsi alcune altre iscri- zioni , come quella clie in alto leggesi sopra l'uscio del corridoio : convalescenza : in quelle parole del sulmonese : guae nitnc ratio est , impetus ante fuit : incoerenti certi ritratti , ed alcune ingraie reminiscen- ze capaci a richiamare alla mente degl'infelici abi- tatori ddlo stabilimento il misero loro stato. Incoe- rente finalmente , per tacere di altre cose , la me- schina apparenza del teatro ad onta del magnifico linffuaCTffio con cui ne hanno favellato le mazzette. Giacche , prescindendo dalle varia menzogne con le quali siffatto articolo è stato tlal giornale del regno delle due Sicilie decorato , l'analisi rigorosa dell'as- serto vieta l'immaginare che si serbasse il buon or- dine dai molti folli destinati a prender parte allo spettacolo , specialmente ove l'indole istessa di que- sto non riuscisse confacente con molte specie di de- menza , o allorquando donne ed uomini pazzi do- vevano necessariamente essere mescolali sul palco sce- nico. Ripugna eziandio il credere , che pericoloso non riesca lo spettacolo teatrale per l'applicazione dei ca-« ratteri , poiché nei pazzi incaricati di rappresentare personaggi di carattere opposto, a quello della lo- ro demenza possono anzi tali sforzi contro natura tendere ad irritarli ed a produrre in essi un affetto morale ben diverso da quello che si aspetta. E poi qual profitto dalle comiche rappresentazioni desumer potranno i folli spettatori , essendo noto m che molte specie di passioni ne'pazzi sono così forti e così im- per iose e così Jisicamente radicate nelle patologiche condizioni del sensorio, che innanzi a loro tace ogni altra voce interiore , ogni altro sentimento v ? OssEUvAziONi DI GuALArfDi ir Considerevoli poi ridondano nel prelodato sta- bilimento le nocevolezze a carico dei miseri aliena- ti. Primeggia fra esse la troppo scarsa autorità del- le persone dell'arte , die limitate ivi sono nella pre- scrizione dei rimedj e circoscritte nella dietetica sen- za poter migliorare la cura fisica e morale o la di* lezione di essa. Che anzi non vengono per sistema assoggettati i folli ad un regolare metodo di cura tendente a ripristinar k loro salute. Non si usa ri- m^.Ho propriiin3 Ite datto , che nei casi di malattie sopravvegnenti o di forti fenomeni morbosi ; e se la infermila sopravvenuta è grave , o tale almeno da esigere una lunga cura , Y alienato e allora ritenu- to nel proprio letto , trascurato da' medici e da'pre- fetti , e ( ciò che più ammonta ) senza verun pensiero di personale nettezza degl'individui , molti dei quali ( non visibili ) presentano evidentemente il più schifoso aspetto. Ne si è men da riprovare la deficienza di un regolare registro sul vario andamen- to delle malattie , sulle varietà delle alienazioni men- tali , sulle proporzioni di queste , sugli effetti com- parativi dei farmachi , e simili. E le ottime dottrine teoretiche del cav. Linquiti , che n'è il direttore , re- lative alle quattro parti di cura morale da esso lui decantate non sono in realta ridotte alla pratica ; l'oc- cupazione cioè , la distrazione , la repressione , ed il particolar trattamento , come il N. A. ci fa conosce- re. Sono i mezzi di ripressione assai maggiori di ciò che un buon regolamento sembrerebbe esigere : tali sono specialmente la macchina che porta il nome di letto orizzontale di forza , e l'altra del verticale. E se ninno si sottopone giammai per sistema ad uso regolare di rimedj , neppur vi sono gli artifici di cufa morale , ne vengono individualmente modificati a se- conda delle particolari condizioni morbose di eia-» a* ^a $ e I K N X s senno il vitto, l'eserczio, la compagnia, e tutte le altre cose che li risguardano. Dei quali esposti in- • convenienti non sono già minori quelli clie risulta- no dalla più o meno grande sudiceria delle camere, dalla imperfetta circolazione di aria e di luce , dal mefitismo delle feccie accumulate in comune perfino nei mastelli, da non pochi paglioni Lene spesso in- fradiciati e verminoii , dalla poca vigilanza verso i furenti ( uno dei quali o astretto dalla fame o ceata- mente da uu accesso di furia cavò gli occhi dalle orbite di un suo compagno, e divorò pure i polpa- strelli delle proprie dita in arabe le mani ) , e final- mente dalla ninna cautela in rimuovere molti evi- denti perigli, come feneslroni senza ferrate, accesso quasi libero a vasche o pozzi o scavi , e tanti altri mezzi che ivi non mancano a' folli per precipitarsi ed uccidersi. Si e per verità usata molta industria negli ornati, decorazioni , ed in altre semplici appa- renze : M si sono abbelliti i corridoi , mentre le fer- rate intanto delle camere sono legni rozzamente in- crociati'^ mentre rozzissimo e fetidissimo è V inter- no dei dormitoi'. mentre tutto è negletto nella pan- te la quale da forastieri non puh essere visitata»»- E per non rendere soverchiamente prolisso il presen- te articolo , ci asterremo dal contemplare il nocu- mento che per varie imperfezioni può ridondarne ai folli dall'uso , della macchina rotatoria dello stabi- limento di Aversa , e dalla incauta costruzione di quel- la camera oscura. Il complesso delle finquì esposte cognizioni , e di altre , che conviene per brevità om- mettere , ci assicura l'A. averlo in parte ocularmen- te d'jsunto , ed in parte appreso da persone benis- simo istrutte ed incapaci di mentire; fra le quali me- rita special menzione il sig. dottor Francesco Ra- molini , che a spese dell'Augusta Sovrana di Parma Ossfe&Àzioifi DI Gualandi %S sì trattenne per sette mesi circa in Aversa. A con- ferma altresì delle riferite narrazioni trascrive il N. A. in appsndice una lettera di quattro celebri profes- sori della P. V. di Bologna (i) , i quali avenda dopo il sig. Gualandi visitato lo stabilimento di cui favelliamo , hanno analogamente emesso il loro pa- rere. A tali autentiche testimonianze dall'A. prodot- te aggiungeremo noi quella di altri due valenti pro- fessori della università della nostra Roma , che re- caronsi , nel loro viaggio a Napoli , al celebre spe- dale de'pazzi di Aversa (2). Potrera dunque conchiu- dere con il sig. Gualandi , che » Vospedale di quella città mentre gode in recdtà presso lo straniero una fama non abbastanza meritata^ è uno degli spedali d'Italia^ per la cura e detenz'wne de" pazzi ^ che per a\>ventura men bene di alcuni altri assai meno lo- dati ^ corrisponde al suo nobile scopo. « Varie sono, a parere del N. A. le cagioni acces- sorie, che hanno contribuito ad accordare il primato al famoso stabilimento À'\ Aversa. Non deve fra quel- le tacersi la moltitudine degF inesperti stranieri , che con somma ed apposita destrezza guidati nella visita di quello stabilimento, non furono al caso di formar- sene un retto giudizio, 0 per la brevità, del tempo, o psr deficienza di capacita onde fare le debite consi- derazioni , o perche molti di essi non medici tra- scurarono di ■>•> penetrare al di là della corteccia neir esame di cose che non sono di lor competen- za^» e cosi , r> tornati alle Ioì-v patrie riferirono del- (1) I Chiarissimi sigg. doUori Midiele Medici , France- •ce Orioli, Giambatista Lapì , e Fulvio Gozzi. (») I ChIarlisiBu sigg. doltnri Giacomo Folcbr , e Pi*. tra Carpr, 34 Scienze la casa di Aversa cose non ^ere e non giuste. ìì Ad una di queste classe di uomini si potrà far apparte- nere lo scrittor francese dottor Valentin, il quale La buonamente notato nel suo tacuino tutte le favo- le narrategli da quei ciceroni che il conducevano; fa- vole , dalle quali probabilmente derivano le di lui in- congrue asserzioni. (2) Noverati cosi dall' A. i grandissimi inconvenien- ti che regnano nella casa de' pazzi di Aversa , s'in- tertiene il sig. Gualandi nel quarto capitolo in pre- sentare un brevissimo ragguaglio di alcuni altri spe- dali italiani da esso lui visitati , come di quello di Napoli denominato Cnsorio ; di quello di Roma al- la Lonsnra annesso allo stabilimento di s. Spirito ; dell' altro in Siena diretto dal sig. cav. prof. Lodoli; dell'ospitale Bonifacio di Firenze; e della Fregic" nnjn di Lucca, ai quali aggiunge un cenno di quel- lo di s. Orsola in Bologna, ove egli stesso presie- de qual medico direttore. Sembra fra questi conce- dersi dal N. A. la preminenza a quello di Siena per la perfetta ventilazione e buon' aria , per l'eleganza anche interna dello stabilimento , per le maggiori cau- tele neir osservanza del buon ordine, per il buon vitto, e per un ben diretto piano di cura fisico -mo- (3) Voyagc medicai eiiv Italie , Nancy ce. Le inesal- tczze però delle relazioni di questo Inclito viaggiatore, mentre hanno sorprciO il sig. Gualandi , conlcrmaTio vieppiii il mo- do superficiale con cui il Dot. Valentin si occupava in os- servare , credere , e riferire , donde poi hanno avuto ori- gine i moliiplicl errori drlle sue relazioni medeiime. Ed in- fatti basta riandare nel riputai isslmo Giornale del sig. prof. Omodei Tiìstiatio inseritovi dal valente sig. Ccrioli , per ^conoscere la somma delle asserzioni erronee e delle incsaU Uzze biasimevoli dello scrilior Iriujccse , ( Il compii. ) Osservazioni di G ialàmdi aS rale . Dello stabilimento di Bologna riferisce il sig. Gualandi una veritiera descrizione senza tacere quei pochi inconvenienti che pur vi sono , e che non è possibile lìnqui intieramente rimuovere per l'ostacolo presentato dalle piccole risorse dello stabilimento . Appartati camerini non mancano pei pazzi meno sicuri , e pei convalescenti : si usa giornalmente un medico- chirurgico trattamento apposito a ciascuno dei dementi suscettibili di cura; e se non vi si accop- pia in un modo molto perfetto il trattamento medi- co-chirurgico al morale, egli è per la mancanza di molti mezzi che si ricliieggono per quest' ultima par- te di cura. Si tiene esatto registro delle individuali cartelle , ed in varie stabilite epoche si notano i ge- nerali risultamenti. Vi presiede una commissione am- ministrativa formata da dieci individui scelti dalla classe de'patrizj e de' cittadini . Ma la mancanza dei necessarj fondi fa tenere indietro qualsiasi migliora- mento un pò costoso , e fa essere lo stabilimento mol- to al di sotto di altri simili nel genere dei mezzi di divagamento , e di distrazione , ed in altri che in- genuamente confessa il N. A. Vengono nell' ultimo capitolo con maestrevole industria enumerate dal valente ,sig. Gualandi le pe- culiari " Considerazioni sopra quello che dovrebbe essere un buono spedale di pazzi , affinchè accon- ciamente servisse allo scopo , al quale è destinato. » Questa si è per verità la più utile e commendevole parte dell' opera , nella quale leggiamo assegnata la miglior situazione, pii^i congrua a siffatto genere di sta- bilimenti; l'avvertimento della poca a^ipiezza , della separazione dei furenti dai più tranquilli, del modo di costruzione delle camere ad uso dei medesimi , e simili altri oggetti. Nella necessità ch'egli riconosce della classificazione , propone alcune; divisioni da di- 'aC S e I I ?< 2 X stinguersi in effetto per mezzo dei varj caratteri dei dementi ; stabilisce rapposizione tlelle storie relative alle malattie degli alienati fine al puntò di conoscer- ne il serie dei risultamenti sotto ogni aspetto ; e do- po aver distinto m fisico ed in morale il trattamen- to di cura , si mostra molto sagace nell' accennare (sebbene di volo ) le ricerche p?r l'etiologia della forma morbosa. Con ottimo divisamento imprenc?e Tesarne di alcuni presidi generali dimostrati utili dall' esperienza nella maggior parto dei casi , come le va- rie foggie di bagni e di docciature, l'applicazione del moto rotatorio, Tuìo opportuno dei mezzi di re- pre;;ion3, e simili, reridsndo vieppiù interessante qin;ti pirl3 del su3 lavoro con apposte figure in tavola separata, ed additando le perfezioni della mac- china rotatoria e della camera oscura. Chiude poi il predente capitolo discorrendo dei varj pissalcinpi, ed occupazioni acconcie pei dementi relativamente al vario grado e genere di pazzia, e proporzionate con sagace intendimento al rango e condizione dpgli alie- nati , con la cauteli però costante di evitare mai sempre la rinnuovazione d'ingrate reminiscenze e di pericolose allusioni. Vogliamo sperare , che il sig. cav. Linquiti, cui non mancano prodiglie beneficenze per lo stabilimen- to di A versa , acceso di santo sdegno per le critiche osservazioni del sig. Gualandi , voglia cjn fervore consecrarsi a migliorare il suo rinomatissimo stabili- mento , cui con tanta eloquenza presiede ; e profit- tando delle correzioni nel presente lavoro del N. A* ejposte, s'impegni eoa assidna bontà di sentimenti a provvedere essenzialmente ai bisogni dello stato de- plorabile di questa misera classe d'individui, che re- clamano in pari grado di ogni altro le cure le più fUaatropiche da un religioso zelo non mai disgiunte. ToMiLM »7 Osservazione sui coefficienti del binomio di New- ton^ di Nicola MuziO' J- * elio sifiluppo neutoninno delle due potenze m » ed n = !nf i , se M , M ^ M ^ M , ec. indichino 2345 rispettivamente i coefficienti del 2.°, 3.®, 4'''7 S-**» ^<^' termine della prima\ saranno quei della seconda t nello stesso ordine, i^-M ,MfM, AlfiM , 3IfM, ec 2 23344^ Dimostrazione . Questi coefìicienti , nella prima aelle due potenze, sono m m(m-i) m (m-i) (m-2") m (m-i) (m-a) (m-3),ec.| y 7 ' II.2 1.2 .3 1.2 .3.4 e nella seconda n n(a-i) n(n-i) (n-2) n(n-i) (n-2)(n-3) 11.2 1.2.3 1.2.3.4 Sostituendo negli ultimi mf i in luogo di n, equi- valente secondo l'ipotesi , v^erra successivamente n == I f m, III n (n-l)=(I■^m) m=m:^m (m-i+i)=mfm (m-i)-fms» f.3 1.3 21.3 ai. 3 a (I «\ mfm (m-i)=mfm (m-i) 33/ I . a I I . 3 (m-2)=/' I I \ m (m-i) (m-2) "fra ~4 \ 3 . 4*^ 2 .3.4 y 7 :ì$ Sciente n (n-i) (n-a) /m m(m-i)^(m-i)=m(m-i) ni(m-i) 1.2 . 3 ~ \ I i.ay 3 i .3 1.2. (m-i-ifi)^m(m-i) m(m-i)(m-2) m(m-i)-/i 1 \ ^~3 I . 3 1.2.3 r7T~ \J "^^3/ m (m-i)4*m (m-O (111-2) = ni (m-i)>jim (ra-i) (m-2), 1.2.3 1.2 1.2.3 n (n-i) (n-2) (n-3) = / m (m-i) , ra (m-i) (m-2) \ 1.2.3.4 \l.2 1.2.3 / (m-2)=m (m-i) (m-2) m (m-i) (m-2) (m-2- 1 .1.1) = 4 1.2.4 1.2.3. 4 = m (m-i) (m-a) 4. m (ra-i) (m-2) (m-3) ra (m-i) . , ■ ^ , 1.2.4 1.2.3.4 2.3 \ 2 . 4*^ 2.3.4 / (ra-i) (m-2) (m-3) = m (m-i) (m-2)^ra(m-i) (m-2) . 2.3.4 1.2.3 1.2.3 (m-3), . 4 ec. Per meglio convincersi della costanza di questa legge, si ponga n(n-i)w (n-s>j«2)(n-sfi) = 1.2 (s-i) • s (ni (m-i ) (m-s>^3) m (m-i ) (m-s ►J.a) \ 1.2 (s-2) 1.2 (s-i) / (m-s>^2) ; equazione che, per l'eguaglianza evidente degli ul- timi fattori de' suoi due membri, e per il già dimo- strato, non può mettersi in dubbio fino ad s=5, e in cui il secondo dei membri stessi è suscettibile del- ia seguente forma: OSSER. SUL BINOMIO DI NewTON SQ ra (ra-i) (ra-sHpS) (m-s442) in (ra-i) I . 2 (s-3) . S 1.3 ^. . (m-s>j.2) (m-s^ì^2-l•ì^l) =m(m-i) (m-s^3) . . . (s-i) . s 1.2 s-a . ( m-s4.2 ) m (m-i) (m-sfa) (m-s4«0 - V j I II ►Jl S 1.3 (s-l) . S m (m-i) (m-s^2) = 1^ — 3.3 s f ^___JL__ \ \ 1 . 2 . . . . (s-l) . S l . 2 . . . . (s-l).S/* • m (m-i) .... (m-s>ì«3) (m-s>j(2) m (m-0 . . . i . 2 . . . . (m-s^2) (m-s>ì.i)=m (m-i) (m-s.j«3) (s-i) . s 1.2 (s-») m (ni-i) (m-s^-»i); >j, 1.2 s onde essa si verifica ancora per s==6; e la forma che prende il suo secondo membro ci conduce, col- le riduzioni di prima , a vederla giusta anclie per s='7 , ec. Perciò , dividendo il primo membro della stessa equazione generalmente vera per ~ * s secondo per _Z_Z_' è anche vero generalmente ciò s che ne resta. Di pili , potendosi intendere il primo termine di una potenza qualunque preceduto da un altro il di cui coefficiente sia 0 , ed. essendo esso stesso = i , s'in- dichino rispettivamente questi coefficienti , nella po- tenza m, con M, M , ed il 1.° , 3.° , 3.*' , 4°t ec, CI i3è '"^ S e I B M z > della n eon N , N , N , N , ec. ; e potrà ora , con 13 3 4 sicurezza , e in tutta l'estensione , esprimersi la no- stra legge colle equazioni qui sotto: MtM = N, MtM = N, MtM = N, Mf M=N, ec. 01 1 I 2,233 3344 Cosa facile, e breve or saveLLe, passando suc- cessivamente colle stesse equazioni dai coefficienti del- la potenza prima a quei delle altre intere, anche ele- vate assai, il costruirne delle tavole, comode perse stesse, e dalle quali con poco calcolo, ed artificio si ricaverebbero altri vantaggi di qualche considerazio- ne. Poiché, i.** per esser 2', supposto i numero in tero,== (i-|-i)i= somma dei coefficienti della potenza i, si avrebbero facilissimamente tutte le potenze intere di 2, fino al più alto grado contenuto nelle tavole (i); 2.** potendosi un numero intero qualunque I ridurre evidentemente alla forraola 2 '' f h , h rappresentando ciò che resta togliendo da quello la sua massima po- tenza intera di 2, =2 ''che dia (3'')' compreso nelle tavole , e che con facile discrezione potrebbe arguir- si da queste, e quindi venendo I'= (2''-|-h)', si ot- terrebbe visibilmente una nuova facilitazione, rimar- chevole specialmente se h = i , o ad un numero po- co considerabile , per Tinnalzamento a potenza di moltissimi numeri. Dico moltissimi , e non tutti; giac- che potrebbe talvolta 2 '' esser si piccolo in confron- to di 11 che , spezzando il numero I in due par- ti eguali , o pili vicine fra loro , la formazione soli- M I ■ — — » (l) N«lle quali perciò i gruppi dei coefficileuti di cia- scuna poieuia 'dovrebbero esser disposti per la soirima , \l cbe farìliler<»bbA ancora ti calcelo nel formarle . £ qui si «aieiTÌ bene quatti» n^è «enplica , • spedita la cosiruzloua» OssER. SUL Biwolwio DI Nbwto» 3r ta delle potenze di ambedue riuscisse meno incomo- da che quella delle sole potenze di li. Io intendo che le facilitazioni da me esposte ven- gano , in pirtc, riguardate vantaggiose a fronte del metodo ordinario del binomio. Uso questa restrizio- ne, aggiungendovi, /// parici mentre esse divengono utili assolutamente nel calcolo delle probabilità ove necessita servirsi dello sviluppo di Newton, e negli altri casi c!ie loro appartengono in cui non si pos- sa far uso delle tavole logaritmiche (2). Del resto la scoperta di una verità dev' essere sempre enunciata ; mentre può col tempo servire ad applicazioni che jion si prevedevano, e svegliarne essa stessa le idee. (2) Colle tavole proposte però si avrebbero anche le p:)lcnzr. intere di ti auleilori al grado sediceòimo , in cui cessano inclusivamcntc le date dai logiirltmi che si ««ten- dono fino al numero 100,000 , più speditaDQCulc che cui lo» gut-iiuù Slessi. Pensieri sui mezzi di sostenere Vagrijoltura ifalin." na, ed a riparo delV avvilimento delle granaglie ^ e dei prodotti della sua industria. I 1 celebre conte Vincenzo Dandolo in un' opera po- stuma fatta di pubblica ragione nel 1820 in Mila- no trattò delle cagioni dell' avvilimento delle grana- glie e de' prodotti agrari in Italia , e dei mezzi clie potevano riparare un tanto danno. Egli fa conosce- re fino dall' anno 1804» e i8o(>. aver indicata la si- nistra influenza che dovevano esercitare a discapito dell' italica agricoltura l'aprimento del mar Nero , e la conseguente esportazione da quelle contrade d'im- mensa quantità di granaglie pei porti dell' Adriatico e del Mediterraneo , a cui aggiungasi quella che la Gre- cia, l'Egitto, il Baltico, e la costa d'Affrica qui spe- discono, oltre l'immensa copia delle farine mandate in Europa, ed anclie in Italia dagli stati dell'Ame- rica, siccome anche di quantità di agrari prodotti esteri che vengono coi nostri in concorrenza. Nelle memorie storiche sulla vita del Dandolo che precedono Tenunziata opera , il cav. Compagno- ni (i) fa conoscere che in questa ?> trattasi di nulla- ?5 meno che di assicurare la fortuna della nazione con- 3> tro i danni gik incominciatisi ad avverare a ruina » dell' agricoltura , e a sconvolgimento intero della w generale economia >» : e prosegue v : I sagaci uomini >j che in questi ultimi tempi hanno confermato l'an- « nunzio tredici anni addietro dato a noi dal Dan- « dolo , non hanno ancor detto che in termini gene- (I) Prcf. pag. LXXII. PkNSIERI SULL' ASRICOLtURA 33 » rali qual rimedio possiamo procacciarci in tanto in- « fortunio » : e nel discorso preliminare all' opera (2) » soggiunge: » Come potremo noi, popolo agricola, » sostenere la concorrenza delie nostre granaglie sui » mercati d'Europa, quando su migliaja di navi giun- jj gonvi quelle che prodotte di popoli frugali , e da » fondi ubertosissimi , poco costano , e nulla paga- M no di pubblici tributi , e possono essere vendute M a tanto meno del prezzo che a noi costano prò- » ducendole? ■>■> Il dottissimo cavaliere poco conta sul riparo dei dazj d'importazione, ne in altre operazio- ni della finanza, e crede esso un tanto riparo poter unicamente dipendere dai miglioramenti da farsi dai produttori , sia nella coltivazione dei grani , sia in quelle delle industrie agrarie, come suggerisce il lo- dato conte. Quantunque il nome del Dandolo debba recare la maggior confidenza riguardo ai miglioramenti da lui proposti sulla seta , coltura dei gelsi , dei cerea- li , delle viti , del vino , de' suoi avvicendamenti , e sulla miglior coltivazione degli animali bovini, delle pecore , de' maiali , non che delle api , e su quella del lino , della canapa, delle piante oleifere, e sulla cura più attenta dei semenzai , vivai , ed anche nella tanto utile divisione de' beni comunali ; nulladimeno io reputo che tutti questi mezzi , giovevoli bensì per un qualche aumento di produzioni agrarie, non pos- sono però giammai rendersi sufficienti al riparo del- la minacciata decadenza dell' italica agricoltura , giac- che anche quando questi miglioramenti portassero l'ac- cennato aumento di produzioni, ciò invece di essere in generale un rimedio all' avvilimento del prezzo delle granaglie, e degli annui prodotti d'industrie agra- (2) Pag. LXXXIIf. 34 S e t K N z t rie, simile maggior abbondanza avrebbe anzi un ef- fetto opposto di accrescere l'accennato avvilimento , e quindi si renderebbe piuttosto in perdita l'impiego del travaglio, dell' industria, dei capitali rivolti a tali colture, e alle indicate industrie, a discapito ancora del profitto dei possodimculi. Per evitare teli discapiti avreblie almeno dovu- to indicare nuovi e più estesi mezzi di circolazione di tali granaglie e prodotti agravj , e soprattutto un nuovo, più sicuro, e più proficuo spaccio all' estero di queste produzioni , quando all' opposto per una malintesa rivalità , o pel predominio de' principi esclusivi, e nei rispetiivi alti bisogni delle finanze, pare clie tutto tenda al restringimento delle commer- ciali relazioni interne, ed esterne. Sembra inoltre com- provarsi dall' esperienza degli anni successivi sino al presente in cui nelle italiche coltivazioni furono da molti proprietari, anzi dai più ricebi, tentati miglio- ramenti i più ampii ed importanti , nulla ostante l'av- vilimento enunziato prosegui , e quindi i generosi sa- crifizi di questi non ebbero lo sperato esito. Il sistema mercantile fu ritrovato e posto in pra- tica da alcuni governi per incoraggiare le arti, fab- briche e manifatture nazionali. Multi scrittori di eco- nomia , siccome lo Smith in Inghilterra, in Italia il consigliere Mengotti, in Francia il Say , e molti al- tri scrittori di ogni paese, e tutti gli economisti con- futarono le massime del medesimo. Nella mia opera «opra la ricchezza mostrai io pure che il sistema mer- cantile porto bensì qualche miglioramento in alcune fabbriche e manifatture, ma in generale essere riesci- lo di danno ai progressi della più gran parte delle arti e delle industrie nazionali, sia nel togliere ogni •ccitameato agli intraprenditori , sia nel cagionare la perdita dei più grandi risparmi, da cui dipende il pEifsiEni .sut.l' acricoi^tura 35 più esteso impiego dei capitali in ogni staT)iIimf»iito ; e la ragione e l'esperienza mostrano che tutti i siste- mi proibitivi sono una vera ostilità che le nazioni si fanno le une contro le altre, tendente ad impoverir ciascuna , e in opposizione ai piani stessi del benefi- co autore della natura, che sembra aver ordinato il nostro globo per universale comraanicazione dei po- poli , e pel cambio dei loro reciproci prodotti di ter- ra e d'industria qualunque siano; communicazione ap- poggiata ancora ai principi della morale, di non fa- re agli altri eiò che non si vorrebbe a se fatto , o di fare agli altri ciò clie si vorrebbe a proprio fa- vore. Avverti nello stesso tempo non doversi però escludere le imposizioni sui prodotti del suolo, e dell' industria stranieri, siano grezzi, siano merci che si trasportano nello stato per uso e cojisumazione, par- ticolarmente quando i prodotti delle terre, delle arti fabbriche , e manifatture nazionali andassero sottopo- sti a tributi, siccome succede in quasi tutti i paesi, e regni, e come si hanno esempj i piii estesi di si- mili multiplici tributi nell' Inghilterra e nell' Olanda. Fu universale un tempo l'entusiasmo degli scrit- tori a favore dell' agricoltura , pretendendo trovarsi in questa l'unica sorgente di riccliezza ed ogni fonte di felicità , e quindi fu generale il reclamo verso i go- verni di dover essi specialmente incoraggiarla , pro- teggerla , beneficarla : benché poi alcuni scrittori che si dichiaravano i più decisi fautori di questa , cioè gli economisti, nel volerla proteggere, l'avesse- ro piuttosto oppressa. E rimangono anclie al presen- te traccie profonde dei loro fallaci e funesti principi. Ma se il sistema che vuole incoraggiare le arti , e le manifatture si rese ingiusto e dannoso alle arti e ma- nifatture stesse , e ad ogni prosperità dello stato : so- stengo che un parziale incoraggiamento d-U' agricol- G.-.i,T.XXII. 3 3G S e I E K « E tura e conforme a' principi esclusivi e proibititi « cioè qualora fossero questi appropriati alla niedosi- ma e alle sue produzioni, diverrebbe egualmente in- giusto e dannoso alla generale prosperità. Si dira : come abl)andonare ogni protezione ^ Ogni incoraggiamento dell' agricoltuia ? Si , qualora questi favori siano speciali. Si proseguirà : e quale sarà dunque il sostegno di uno stabilimento presso ai- alcuni regni cos'i esteso, cosi importante alla popo- lazione, al suo lavoro, alla sua sussistenza ? La giu- stizia, risponderò io. Per bene delle nazioni questa giustizia addita appo tutte un sistemi di contribuzio- ni più equo, e più conforme alla utilità sociale, ed in cui ofiVonsi a tutti i popoli mezzi di attività, e di produzione per conseguire conservazione , bene essere, ricchezza, senza aver d'uopo di enormi tri- buti, di esclusioni, di proibizioni , in somma di ag- gravj. Sistema die disdegna ogni spirito di gelosia , di rivalità , di fraudolenza fra le nazioni ; cl;e por- gerebbe a ciascuna ne' pubblici bisogni il mezzo di formare le più potenti finanze senza tali giusti ap- poggi , distribuendo i tributi con saggie precauzio- ni su tutta intiera la popolazione , e sullo scopo di colpire la sola ricchezza che serve al bene essere , cioè quella che yien tolta spontaneamente dai cittadi- ni stessi alla riproduzione, ricchezza che io ho cliia- mata hc/ii; e che può estendersi quasi su tutti gli oggetti di uso immediato, e di giornaliera consuma- zione di innocente attuale godimento, siano poi que- sti oggetti nazionali od esteri senza veruna d ineren- za, esigendo solo la giustizia che non si alteri pel tri- buto il naturai prezzo di tali oggetti, cosicché il so- lo aumento nel prezzo delle cose a cagione del me- desimo sia eguale, o simile tanto negli esteri, che nei nazionali . benché di differente valore qnàe si otten- Pensieri sull* agriccìotuaa 3? ga un proporzionato compenso al suo accidente dai produttori anche esteri sopra i veri suoi contril)uen- ti, che d'^ggiono ritenersi i consumatori nazionali. IC per- ciiS questo sistema e Toppo ;to del ollìertismo che vor- re])be aggravare di tri])uto le merci estere, e lanciar im- mune l'uso e consumazione delle mercanzie nazionali. per cui si pretese erigere la pubMica fortuna approprian- dosi le ricchezze delle altre nazioni, e privandosi così realmente di una provvida connnunicazione di cose, e d'ogni vantaggio deh-isparmj,e di una energica gara, ten- tando in fine con la violenza delle leggi di dare un valore od un prezzo il più alto e sproporzionato e sup'iriore al giunto, alle nazionali produzioni contro l'ordine istesso della natura; in somma favorire le in- dustrie nazionali con altissimi sacrifizi dello stato, con gravissimi discapiti degli agricoltori , e con la perdi- ta la più Citerà di risparmi, di accumulamenti, e del loro più utile impiego. iVJa passiamo ad osservare i risultameuli delle im- poste sopra l'agricoltura. Nel generale sistema di Eu- ropa l'istituzione dell' imposta prediale ebbe bensì per base di cnlpire il valore, e la rendita delle terre, ma questa uniformandosi generalmente alle produzioni sia di granaglie , sia di prodotti agrari , sembra diret- ta , benché con inefficacia , a distribuire il tributo sopra i consumatori. Dico senza efficacia, perche real- m:^:ite snnile imposizione tende piuttosto a sottrarre, una proporzionata parte di valore dei terreni, e del- la loro rendita. Ma , o si voglia che questo tributo cicla sui proprietarj o produttori nazionali di tali gra- naglie e prodotti agrari, o sopra i nazionali consu- matori dei medesimi : io reputo ninno poter cre- dere di far cadere tali tributi sovra gli esteri produt- tori o consumatori , polendo sempre questi schermir- si da tal peso , liberi ridurre la loro produzione o 3* 3ià S e I E N Z K consumazione, favoriti sempre in ciò dai loro governi, o dal potere di rivolgersi ad altre nazioni per pi^ buon mercato, e sostenuti dalla maggiore propria ab- bondanza di consimili prodotti. Ma se tale e lo scopo dell'imposta prediale di col- pire o i produttori , o i consumatori nazionali dei grani e prodotti propri , pprchò mai ne dovranno ri- manere immuni le granaglie, ed anche lo materie pri- me che s'introducono nello stato dagli esteri? Perchè nuocere con tale esenzione a' propri cittadini più labo- riosi , quali sono i produttori nazionali a vantaggio de'produltori stranieri, od a prò de'nazionali consu- matori delle granaglie e dei prodotti esteri ? Poiclib questi, invece di favorire i proprj concittadini: dan- no la preferenza nella loro consumazione agli esteri prodotti , quando questi hanno inoltre il vantaggio del naturale buon mercato in simile introduzione , e cosi si fanno esenti dal dare allo stato con equi tri-t buli un giusto compenso per siffatta preferenza , e pe' conseguiti benefizi. Certamente non può che far sor- presa il vedere generalmente negli stati aggravar di tributi , e non indifferenti , i produttori o consuma- tori delle granaglie e dei prodotti agrari nazionali e nello stesso tempo per eccesso d'inesplicabile indul- genza lasciar li])eri ed immuni o i produttori esteri, o i consumatori delle cose estere , siano grani, siano materie grezze. Ma quali debbono essere i risuUamenti di que- sti tributi, e di siffatte esenzioni? Di restringere per una parte la vendita dei prodotti agrari nazionali, e la produzione con avvilirne il prezzo , e quindi- scoraggiare l'agricoltura patria, e^l ogni nuovo im- piego di travaglio, di industria, di capitali nella me- desima; e di favorire dall'altra una consumazione tutta % vantaggio dell' estera agricoltura , calpestando o^nv Pensieri svliu ì.gmcol'tl'ra 3<^ rigwardo di giustizia verso i pioprj piiì utili concit-' tadini, quasi debbano essere scopo dell'odio pubbli- co le loro pene e sagri/ìz). Ma questa immunita si trova in egual modo dan- nosa allo stato , togliendo al medesimo un'estesa an- nua pubblica ricchezza che avrebbe ricavato con si- mili giusti tributi , e che deve poi ritrarre dai pro- pri sudditi , e con sopraggravio dei medesimi, e ge- neralmente, come si disse, dei più attivi, laboriosi , ed industriosi : oppure scemando i sostegni della co- mune conservazione , e della pubblica difesa. Qual vantaggio poi con tali giusti tributi non ne trarreb- be inoltre ogni stato nell'esteso alleviamento, e dimi- nuzione del tributo delle terre a favore dei posses- sori , e di tutte le classi che s'impiegano nell'agricol- tura f in un aumento il più ragionevole del prez- zo de'grani propri , e dei prodotti d'ogni agraria ita- lica industria? Conservandosi poi l'equità nel tribu- to , contenuto ne' suoi veri limiti , e come accen- nai , non alterandosi giammai per tale accidente it naturai prezzo d'ogni produzione nazionale e stranie- ra , come mai potrebbesi dar luogo a censura o per parte dei sudditi , o pef parte de' governi : qualora ciò sia ad Oggetto della: giustizia , a per ripartire con più eguaglianza sui primi lè contribuzioni, sollevan- do gli aggravati , e richiamando a sostenere questo peso tutti coloro che godono di eguali vantaggi , ed anche maggio'ri nella: iriaggior bontà degli esteri pro- dotti, e talvolta nel soddisfare una capricciosa pre- ferenza j infine distribuendo a ciascuno i pesi pubbli- ci a proporzione' dei benefizi , quando poi gli stessi governi si aprirebbono più estese fonti di pubblica ricchezza anche ne'più straordinarj bisogni , e perciò una più estesa potènza di finanze? Ossei-verò ancora ad appoggio di un" ifiAile sistema, che il medesimo 4o S e t r. n z s servirebbe di strumento il più benefico in mano di illuminati governi per mantenere del continuo un più gin ito equilibrio nel prezzo delle derrate, e de'pro- dotti più neceìsarj psr una più costante ed eguab sussistenza del popolo , e per sollevarlo ne' tempi di calamita o di carestìa ; sempre però clie si aveisero gli stessi riguardi per i prodotti nazionali in consi- mili infelici circostanze, togliendo , o scremando in egual misura tanto i tributi sulle terre proprie, clie sopra gli esteri prodotti agrari. Nò si deve opporre, particolarmente pf^r le ma- terie grezze, che in molti stati non solo si è lanciata immune da tributo la loro introduzione; ma talvolta favorita con premj e gratificazioni . E perchè , do- manderò io, se tale esenzione fosse giusta, se tali pre- mi fossero ragionevoli, perchè non si dovrebbero eli stessi riguardi alle materie prime prodotte nello sta- to? E quando pure si voglia mediante un saggio si- stema favorire i prodotti delle arti, delle manifatture proprie, perchè, gettato un tributo sopra le materie grezze estere o nazionali, non reìtiluirlo nella riaspar- tazione loro sia in istato grezzo, sia in istato di ma- nifatture , o supplire con le cauzioni alle anticipa- zioni del tributo , usando sempre gli stessi riguardi verso le une, e le altre ? Ed io ho altrove indicata le precauzioni onde non iscoraggiare veruna forza d'industria. Né si creda di dover per simili tributi incontrare molte difficolta , giacché si esigerebbero i medesimi sopra una ricchezza tutta propria di un tal peso, e perche potrebbero conseguirsi colla maggiore facilita per la natura delle cose a questi soggette, aventi cioè naturalmente sotto un gran volume o grande massa un discreto o piccolo valore; onde facilmente si pos- sono prevenire le fraudolenze. Aggiungaci ancora , che Pensibm sull' agricoltura 4* nell'interesse die avrebbero i proprietari delle terre, i produttori nazionali , e molti proprj consumatori nell'esecuzione di questi tributi , cesserebbero vieppiù le accennate difficolta. Si domanderà quale ne debba essere la misura. La medesima giustizia l'addita. Quella stessa misura che Jia servito di base all'impresta sulle rendite, sia nel de- trarre le spese, sia nel fare gli abbonamenti per ri- levare questa: ed appoggiandosi i prezzi dei grani, e delle materie piime ai prezzi plateali annui , ed ai prezzi med) ragguagliali, o se la base fossero le annue produzioni , la misura delle altre imposte : insom- ma quella misura clie la stessa equità indica nel ge- nerale sistema di contribuzioni sia riguardo ai nazio- nali prodotti , sia anclie riguardo ai prodotti , ed alle mercanzie die s'introducono dall'estero. Forse un qual- che giorno si riggetter'a nell'imposta sulle terre la base delle rendite come troppo arbitraria, incerta, onero- sa, qualle la mostrano l'esperienza e le stesse tanto variate massime date presso le differenti nazioni nella costruzioni dei catasti, o nella loro riforma (^). Come mai chiarissimi scrittori di economia e particolarmente Say (**), che riprodusse l'esempio dello stabilimento di siffatta imposta sopra le rendite de terreni fatto nel i/[Gc). in Toscana , indicando i suoi naturali fu- nesti danni, non ne vollero trarre i necessarj risul- tamenti contro i loro principi , di ricavare cioè la pubblica riccliezza dalle rendite dei cittadini ? Possa una volta venir sostituito per base del tributo anche su le terre la spesa , e regolarsi questo pure su la nor- ma delle imposte indirette, e certamente si scorger'a, premesse saggie cautele, essere scevro dalla supposta (*) BibJlot. univ. An. iS-Jij. Mois .... Impoi foncic. (**> Trait dUcoa. 5. edìt. lom. II. pag. aSg. 36o. 4^ fi e i X v r. % ineguaglianza , e da iiiLitri , da oppressione de'oopo- li , e più profittevole per gli stati. Per tali tributi inoltre niun estero governo po- trà giammai chiamarsi olTeso, siccome seguiva all'op- posto nel sistema del colbertismo , in cui gli altri po- poli non potevano se non se ravvisarvi cupidigia ed ostilità. In questo nulla, alterandosi i benefiz} dolla natura fatti a ciascuna nazione , per nulla violentan- dosi i principj della morale , della giustizia , né gli ordini eterni del creatore , e ciascun governo facen- do contribuire una ricchezza tutta propria del triliu- to , ed a proporzione dei propri bisogni , e distri- buendo questo sopra quelli a cui si appartiene di so- stenere un tal peso , esistere non può ombra di mo- tivo a veruna odiosità. L'Italia poi fornita di un felice clima , di un variato e fertile territorio adattato a multiplici e di- verse produzioni della terra, alcune delle quali può essa esigere in manifatture, neiringegno attivo dc'suoi popoli , in una generale comunicazione , e mediante l'efficacissimo sostegno di siffatti tributi , nulla avreb- be allora da temere nell'introduzione delle granaglie, e dei prodotti esteri di sopra accennati , introduzio- ne, che senza tributi minaccia irreparabilmente la sua agricoltura. Sollevati in tal modo i nostri produttovi delle granaglie, e dei prodotti agrari, quando ancìie il prezzo dei nazionali prodotti rimanesse minore de- gli esteri , ciò non potrebbe essere che di picciola en- tità e durata , giacche sempre gli stranieri avrebbero oltre il nostro tributo a loro carico le spese non in- difierenti de'viaggi , de'trasporti de'Ioro prodotti. Non sarebbe allora giammai arrestata la nazionale produ- zione de' grani , e degli oggetti propri per una mag- gior sicurezza di conseguirla dalla diretta coltura , non andando (juesta esposta alle incertezze per lontananze, }ier ostacoli, ed alle vicende e rivoluzioni delle altre nazioni ; e sempre potrebbero gl'italiani nello stesso Jial cielo ed ubertoso suolo estendere anche le arti « manifatture a nuovi e più proficui prodotti sempre sperabili presso ogni popolo nella provvida liberta d'industria e di commercio ; e forse allora si cono- scerebbe come gli uomini e le nazioni , quando si adattano alla natura, e sanno secondarla, non mai ri- mangano abbandonati, e come veggonsi talvolta risor- gere,in mezzo ai cimenti ed alle perdite, piiÀ av- venturati e ricchi* Il secondo mezzo di riparo all' avvilimento del- le granaglie e delle industrie agrarie italicìie si è, a mio avviso , di favorire il più possibile la loro espor- tazione all'estero, e ciò col mezzo dell'immunità, coi fa- vori, coi premj, e colle stesse gratificazioni. E sebbene io mi sia mostrato contrario a simili mezzi come eccessivi e troppo parziali eccitamenti; si rendono questi neCes- sarj, utili, ragionevoli nella circostanza in cui non fosse possibile di far seguire la restituzione dei tributi pa- gati dai produttori nazionali sulle medesime . Allora i favori , i premj , le gratificazioni si rendono un com- penso , se non sufficiente , almeno tale che aprireb- be vasto campo all' accennata esportazione. Credo però che potesse essere anche più utile" la restituzione dei tributi pagati nell* imposta delle terre sopra i grani, e sugli altri prodotti agrarj che si esportano dallo stato.Nèaciò deve opporsi la impra- ticabilità , giacche l'Inghilterra ne mostra moltiplici esempi ' come si può rilevare dall' opera del tedesco M. De Raumer, che ha per titolo ,, Esposizione del suo sistema di contribuzioni » (*). Anzi una tale re-* (,*) Paris iJii^. pag i4i.-i47- 44 Scienze stituzione clnamasi in inglese (ìrnwhnck , e por cui air esportazione viene restituita la più gran piite del valore, in nodo che se fosse stato pagato nella im** p^rtazione, "om^ siicc?.'le in alcun prodotto, un 27 -J- per 100 dr' valor diclnarato, alla esportazione vie- ne ordinariamente restituito un 26 per 100. Ciò che avvi di dispiacevole anche presso questa nazione si e, che del beneficio di simile restituzione , di cui godono quasi tutti i prodotti delle arti , fabbriche , e manifatture inglesi , ne restò sempre priva la po- vera agricoltora , e si credette un portento anche neir [ngliilterra per aver dato nel 1742 una estesa gratificazione all'esportazione dell'^ granaglie inglesi: la quale gratificazione se fovse stata riguardata e sta- bilita come una giusta restituzione del tributo paga- to sall> terre, se ne sarebbe/o tratti i più utili ri- suUamonti, onde uniformarsi meglio ai rapporti di giuslfzia anche nella finanza , e si sarebbero evitati, per parte dei più celebri autori di economia e nel- le pubbliche amministrazioni , molti errori ed una dannosa inc^^rtezza , particola! mente riguardo alle ac- cr^nnate gratificazioni , ed a' premi o prime . Che se giaminai le imposte sopra i grani e sui prodotti agra- ri grezzi stranieri , e la loro restituzione nell'espor- tazione dei grani , e prodotti grezzi nazionali si re- sero ragionevoli , e giuste, ora poi , a mio avviso , si rendono in questi tempi di necessità, onde impe- dire ìa minacciata decadenza dell' agricoltuia italia- na, dannosa all'estremo non solo a' suoi popoli, ma anche ai governi ed alle loro finanze , siccome an- che alle altre nazioni d'Europa che tractjono le macf- glori loro ricchiezze dai prodotti delle terre. So che questi mezzi di riparo non mai proposti, e non conosciuti moveranno le meraviglie , e forse per del tempo si temerà di prevalersene . Ma quali Pensieri sull' agricoltura 4^ altri mai possono essere più utilmente diretti e pra- ticibili ppr impRclive tanti danni? I proposti miglio- ramenti del Dandolo , e di altri , mi sia lecito il dir- lo , furono sogni di uomini da bene , di dottissimi agronomi, d'impareggiabili filantropi; ma non po- tranno giammai conseguire il suffragio della verità; perche incerti , insudicienti , o divergenti , ne mai proporzionati all'urgenza delle circostanze: solo po- tendo la finanza conseguire un più sicuro scopo , perchè contro abusi dipendenti generalmente da am- ministrative imprevidenze . Ne perciò sarebbe uopo togliere le franciiigie dei transiti , il favore ai depo- siti di granaglie e dei prodotti agrari esteri ne'por- ti , e sulla linea delle frontiere, e fino a tanto clie (juejti si conservano in tale condizione e nella sem- plice circolazione , ma sottoposti però a' tributi al- lorc^ic passano alla consumazione nello slato, o quan- do dessero luogo nobile frontiere ad una consumazio- ne qualunque non contemplala : la quale sempre de- ve ritenersi sottoposta ai pubblici equi pesi. Alcuni forse potranno opporre che nel togliere il buon mercato particolarmente delle granaglie ne soffrirebbe il popolo , ed io risentirei vergogna, an- zi avrei ribrezzo se avessi dettata alcuna cosa clie diminuisse i riguardi che si deggiono alle classi po- vere . Ma sarebbe un tradire la verità , ed il popo- lo stesso , anzi un cospirare alla sua perdita : giac- che mancando ai produttori , nelT accennalo avvili- mento di prezzo , i loro equi e giusti compensi , ed ai possessori ogni profilto delle loro terre e dei ca- pitali impiegati , mancherebbero perciò i sostegni per alti salar] , e più profìcue mercedi al popolo nella sua attiviti , e ne sarebbe necessaria conseguenza la perdita de' suoi mezzi diretti onde trar sussistenza , ed' ogni fonte di sua fortuna . JÈ noto che Augusto .■il^"" S Ò 1 K W 7. K appunto cori un'improvvida abbondanza blandi il po- polo , e come avverte Tacito „ ubi .... populum annona .... pellexit „ divenne ciò caj2[ìone nel se- guito de' tanti mali dell' impero , e delle marggiori sciagure sofferte dallo stesso popolo romano. Osser- verò die in questo popolo vi è , particolarmente presso le nazioni agricole , la più estesa quantità del- le elassi inferiori : e giova sempre favorire piutto- sto le classi che producono , die quelle c'ne consu- mano , cioè proferire in eguali circostanze piuttosto quelli che afTaticansi per conservar le ricchezze , che quelli che le consumano , o le distruggono . Che se si volesse non esistessero poveri e ricdii, e per con- seguenza si dirigessero le operazioni governative a to- gliere ogni ineguaglianza di forLuna; effetto del mag- gior lavoro e della maggior industria ed econo- nomia e de' più importanti servigi sociali , eccitan- te in tutti un' utile e proficua attività , da cui si forma o deriva ogni incivilimento , l'ordine , la pa- ca , e le virtù sociali; se miancassero i riguardi che si dcggiono alla giustizia: verrebbe distrutta non so- lo o-gni proprietà , ma seco verrebbe tolto ogni so- stentitìncnto alle nazioni , gettale tosto in preda alla miseria , alla fame , alla distruzione , abbandonata la terra intera a poche orde barbare miserabili e feroci. La giustizia poi non è utile soltanto alle classi ricche , ma inoltre alle povere; per cui convic^ne al loro interesse di pagare con qualche alzamento di prezzo le proprie derrate, anche perchè la niaggiore nazionale epùlenza rende vieppiù sicura la loro con- servazione ed il loro sostentamento , e perche apre al- le medesime le più abbandonati fonti di beneficenza privata e pubblica , ed eccita rislituzrbtie di prov- vidi e ijjiù ci'rli conforti ni'' bcmjii di loro disgrazi<*. PeNSIFM SÌLL' ACRICOLTLlLi 4? e sciagure , particolarmente a riparo delle carestie , e di altre simili calamità. Con tali norme, riguardo al costituire così giusti tributi , ne' suoi naturali vantaggi potrà l'Italia al pari d'ogni altra nazione doviziosa conservare tutti i mezzi di epulenza. Accresciutosi per questi al som- mo il valore di tutti i fondi , e di tutti i terreni , e la commerciale comunicazione interna ed esterna; ar- disco dire, ccsserq]:)be presto il ristagno dei capitali , si vedrebbe anzi il Ipro più esteso impiego ravviva- re Qgni sorgente, ogni stabilimento, agni privata e pubblica prosperità. Si : quest' Italia che lia potu- to sostenersi in tante invasioni di barbari , in tanti spogliamenti , e tanti mali; potrà sotto governi che fondano il loro reggimento sopra la religione , la giustizia, e le leggi, sempre più prosperare. Potesse pure non opporsi alla generale comunicazione , alla comune prosperità un'assurda multiplicità, un'improv- vida e cpstante volubilità di prir^cipj e di massime, favorite da prevenzioni , e dall' appoggio di fastoso apparato di erudizione e di dottrine, che nella lo- ro contrarietà possono farsi sostegno alle più oppot ste e dannose sentenze , e che hanno potuto render celebri ne' moderni tempi alcune opere di economia, i di cui autori sembra che non abbiano avuto altro per iscopo , se non se di promuovere uno spirito di cupidigia , di discordia , di ostilità , tentando di ri-* gettare nelle tenebre le più certe, utili, e luminose verità , dagli stessi autori riconosciute avanti , e in altre epoche altamente proclamate; ed arrestando per tal guisa i progressi di cosi importanti scienze al bene sociale, quali sono l'economia, e la finanza. 48 LETTERATURA luris ci vili s anteiusfininnei reliquiae ineditne ex codice rescripto Rildiothecae poutificiae Vatica- nne ^ curante Angelo Maio Bihliot/iecae eiusdem Praefccto. Q. Jurelii SymmacJii P'. C noveni orationum par- tes cani adiwtationibus. C» lilla Victoris ars rhetorica. Z. Caecilii Minutiani Apuleii grammatici de orfc- ^raphia trium librorum frammenta, liomne in col- legio Urbano apnd Biirliaeiim MDCCCXXllL In 8 gr. (li pagine in tutto 333. , oltre 8o. di pre- fazione. G Continua con assiduo zelo l'indefesso monsig. Mai ad arricc'iire la ropuLl)lica letteraria dei novelli te- sori, che con tanta felicita va disotlerrando nell' ine- sausta miniera della Biblioteca Vaticana. Dopo aver- ci dato non ha guari due volumi di prezioiissimi scritti degli oratori di Arpino e di Cirta, i due più grandi uomini del loro tempo, eccolo sollecito a re- galarcene un terzo, die se cinle ai fratelli nell'eli e nella fama degli autori, li vinc:; ptnò forse nella co- pia e nella novità delle notizie clic ci somministra . Quattro oper2 di quattro diversi scrittori in lui si rinchiudono, oltre il saggio di una quinta, ed ol- \\^ utilissime varianti di altre già conosciute. E par- Nuovo DIGESTO Mai ^q lancio per ora della prima, dirò cVella si compone di un nobilissimo frammento di antico digesto di gius civile, del quale si sono salvale cinquantasei pagi- ne, perche un monaco di Bobbio del serolo ottavo se ne giovò insieme con altri fogli staccali da un esem- plare del codice teodosiano, e della legge cosi det- ta dei Borgognoni, per riscrivervi sopra le collazio- ni dei santi pidri di Cassiano. Rassomiglia questo di- gesto nella forma al Giustinianeo, se non che nel primo si meschiano indifferentemente le dottrine dei giurisconsulfci, e le leggi de' principi, mentre nel se- cando furono sollanto ricevute le risposte dei sapien- ti, essendosi riserbati i rescritti imperiali all'altro li- bro del codice. £ si osserva pure quest'altra diffe- renza fra loro, che nell' Amalfitano le costituzioni spettanti a ciascun titolo sono disposte per ordine cronologico, mentre nel Vaticano non si è serbata alcuna ragione di tempo. Convien confessare che di questa nuova collezione giuridica non si aveva per Taddietro alcun sentore; e in fatti la maggior par- te delle leggi in essa radunate è apparsa affatto igno- ta, sebbene non poche ancora vi s'incontrino che so- no ripetute nelle pandette o nei codici di Teodosio e di Giustiniano; con questo vantaggio non di meno che qui si veggono quasi sempre più ampie , ed in- tere. Il più anticj degl'imperadori che vi sia ricor- dalo e Tra) ano, come il pii!i recente è Valentiniano seniore, dal c!ie trae motivo di giudicare l'egregio editore nella sua dotta prefazione, che questo lavoro sia anteriore in eia al codice di Teodosio , e poste- riore a quelli) di Gregorio e di Ermogene. Più dub- bioso rimane sulla questione se sia stafo compilato di privata autorità; ma propende peraltro a credere che l'autore seguisse la religione pagana. Premesse queste notizie generali , io ne verrò piluccando le cose più So L I T T K n À t f R 1 importanti , clie di mano iti mano mi si offriranno , relative alla storia ed ed airenidizione, lasciando in- teramente ai giuristi la cura di mostrare quale sia il vantaggio clie da lui ne proviene alla scienza legale. Sette sono i titoli , che ci sono rimasti in que-» sto frammento, il primo de'quali si denomina ex empto ft vendita » e contiene un responso d'incerto giuris- consulto, molti di Papiniano, e ventitré rescritti im- periali da Alessandro Severo a Costantino Magno « molti de'quali sono disgraziatamente mutilati. Di uno di essi (pag. 5), che porta la dsitsi Aureliano et Basso Conss. spettante all'anno 27 1 , giustamente si preva- le l'erudito annotatore per confermare che quello fu il primo consolato dell'imperatore Aureliano, contro la maggior parte de' moderni collettori di fasti, che ingannati da due falsissime iscrizioni ligoriane, una data dal Reinesio ci. v. n.** ^8. , l'altra dal Gudio pag. 24. I., l'avevano reputato il secondo. Per altro raddoppiandosi a Basso quest' onore dai fasti greci Eracliani sostenuti dal marmo di Secenara collazio- nato dal Gudio p. 1^1, 9, eh' è l'unico sincero di quest'anno , che finora si conosca , se qui non vi è stata negligenza per parte del copista, converrà di- re, o che la cancelleria impea'iale seguisse in questi tempi il coslum? di coloro che non tenevano conto dei consolati suOTctti conseguiti prima degli ordinar] , o più probabilmente che Basso non avesse avuto in precedenza clie i soli ornamenti consolari , i quali da alcuni si computavano, b-mcliè impropriamente, per nn vero consolato, dietro il primo esempio datone sotto Settimio Severo da Foilvio Plauziano , secondo che avverte Dione l. 4^. e. /^6. E lo stesso conver- rà pur credere riguardo al rescritto di Gallirnadel 260. dato SnecAilarì IL et Ikmato conss. pag. 5, nel quale \.\\ rniisenso di tutti gli antichi fasti si, vi fiuta al se- Nuovo DIGESTO Mai 5i concio il geminato onore, che però gli viene concesso nelle due tavole eli bronzo già del museo Vettori , pubblicate dal possessore nella dissertazione glittogra- fica. Erasi in dubbio se Sesto Catio console nel 33o avesse avuto il cognome di Clemenziano o di Cle- mentino : ma ora dovrà preferirsi il secondo pel no- vo esempio che ne porge la pag. 5, con cui confron- ta fra le altre la bella lapide del museo Palatino di Manheim riferita dal Donati p. 470* 5. Fra le per- sone mentovate in questo titolo non so bene se la Rutilia Prima della pag. y, vivente ai tempi di Co- stantino nel 3 1 5, sia la medesima eh' è nominata nel seguente marmo del Muratori i55(). i5 , parendomi anzi che la di lui semplicità debba consigliare a ri- portarlo a tempi più antichi. RVTILIA FORTVNATA RVTILIAE . PRIMAR LIB' . VIX . A . VII Bensì di nobile stirpe dirò essere stata la Flavia April- la ricordata due anni prima nella stessa pagina, im- perocché i suoi nomi l'accusano discesa da una fa- miglia resa illustre da M. Flavio Apro senatore ai tem- pi di Tra] ano , e ricordato da Plinio giuniore 1. 5 ep. i4 1 e n^sl dialogo de corr. etoqu. cap. 3 ; non che da due altri a lui omonimi, che conseguirono i fasci nel i3o e nel i-yG. Che peccato però che siasi omraesso il nome del correttore del Piceno, a cui è imlirizzata mia bellissima ed intera costituzione ài Costantino del 3i3 pag. 7, ch'esser doveva un'uomo di grande importanza , veggendosi che l' imperadore lo chiama Parens Karissime atque amantissime, ìX (piai ti lido iioR. so se si abbia esempio che sia stato G.A.T.X.X.II. 4 mai dato a persone di minor condizione dei prefetti del pretorio e delle due capitali. Certo che Valen- tino il quale era consolare della stessa provincia nel 305 dicesi semplicemente F'alentine Karissime nel- la legge 5 del libro 2 del codice Teodosiano tit. 9 ; per lo che vi sarebbe mai pericolo che in quel P. K. che giusta il solito l'erudito monsignore ha interpre- tato Parens Karissime , dovesse questa volta pren- dersi P per riniziale del nome del preside, che con- tro l'uso vedesi preterito ? Merita poi speciale osser- vazione la data di questa legge, per la memoria che vi si fa della citta di Alba , che sarà la Fucente an- noverata fra le Picene anche nel libro di Balbo pres- so Frontino de coluniis , e perchè ci assicura che ai 39. di agosto di quell' anno Costantino trovavasi in Aquileja. Dat. UH. Kal. Sept. ap. FF. ad cor' reciorem Piceni Aquileja, Accepta XIIIL Kal. Oct. Alhae y Constantino Aug, III. conss. Per lo che sa- remmo obbligati a. ritardare il suo viaggio nelle Gal- lie, che sulla fede del suo panegirista e di Zosirao si credeva aver intrapreso nella primavera per re??^ primere i Franchi , che violando la data fede minac- ciavano un'irruzione ; onde sappiamo da altre leggi che nel novembre e nel dccembre soggiornava a Tre- veri. Ma vi è modo di conciliare questo nuovo do- cumento cogli storici, dicendo che quell* Aquileja non sia già l'italiana ; ma sibbene l'altra situata nelle vi- cinanze di Ehingen sul Danubio, di cui ha recentemente parlato il dottissimo Amati nel fascicolo di gennajo . £ per verità qualche cosa di non comune deve na- scondersi in quella sottoscrizione, attesa la stranissi- ma novità di portare doppia data di luogo Aquileja., ed ap, FF^ non sembrando qui niente opportuna l'in- terpretazione apud Fiscum Frumen tari uni , clie suol ijarsi a quelle due sigle, Se la presente costituzione Nuovo DIGESTO Mai 53 fu manciata dalla Germania, come par certo dal mese in cui fu scritta, e dall'intervallo di 3i. giorni cor- so fra la spedizione e la ricevuta, nen può a meno elle quelle lettere significhino alcuna cosa che preve- nisse il lettore a non correre tosto col pensiere in- Italia al veder nominata la celebratissima Aquileja. Potrebbe quindi cadere in mente di supplire apuA Francos , raddoppiata all'uso di quei tempi la pri- ma lettera a denotare il plurale , o apud Francorum fines^ o altra consimile, con che il senso correrebbe egregiamente : ma prima di azzardare alcuna con- gettura, farebbe mestieri di conoscere il luogo pre- ciso, ov'era posta l'Aquileja Danuviana , e segnata- mente s'ella sorgeva sulla ripa romana , o sulla ripa dei Franchi , il che io mi confesso d'ignorare del tutto. Sara dunque meglio desistere da ogni vaneg- giamento, e di abbandonare l'illustrazione di questo diffiéile luogo agli eruditi alemanni, che ajutati dal- le cognizioni topografiche sono al caso di vedere tan- to più rettamente di noi. Il Basso cui è indirizzato il susseguente rescritto del medesimo Costantino , nel quale si tratta di una querela fra Esuperanzio uomo chiarissimo e suo nipote Valentino, sarà jenza meno un Prefetto di Roma , essendo questi i giudici ordinar) dei senatori , e però non si avrà timore di equivoco nel reputarlo Settimio Basso che fu pre- fetto dai i5 maggio del Si'y fino al primo settem- bre del 319, siccome ci assicura l'Anonimo. Ad una lacera costituzione di Valentiniano seniore , datata da Treveri li io novembre del 869 , ove già sape- vamo che a quei tempi dimorava, ne succede un'altra parimenti mutila diretta PR . PV . LVG . PRIM . che il preclaro editore ha spiegato PHaesidì ProVinciae LVGdunensis PRIMae , sull' esempio della legge di Costantino che si trova nel codice Teo» 4 * 54 Letteratura (losiaao inviala ad Aulonio Marcollino altro presi- de di quella provincia. Ma so è vero , come egli stes- so annunzia , clic la prima lettera P abbia piutto- sto la sembianza di un' altra R , io amerei meglio di supplire (7oRR , e d' interpretare Correctori ; non opponendo ostacolo il citato Marcellino die si ap- pella Preside , atteso che non è nuova la variazio- ne del titolo nei governanti una medesima provin- cia , onde sappiamo che la Campania per esempio fu amministrata da proconsoli , da consolari , da cor- rettori , da rettori , e da presidi. Il nome poi di que- sto personaggio che si è perduto nell'intestatura , tro- vasi md corpo della lege , in cui se gli dice iuiiisle Karissìnie ; ond'ella sarà pregevole per averci palo saio un ignoto preside della provincia Lionese , e per la novità, di aver contro il solito da principia la data dell' anno S'^?.. Il qual Fausto non dubito es^ser quel medesimo che dalla If'gge i. lit. 4o. lib. 4 del codice Giustinianeo conosciamo (essere stalo poi conte delle sacre largizioni, non sappiamo bene in qual anno perche manca la data , ma certamente in- nanzi il 363., in cui fu asso.ciato all'impero Arcadio» il cui nome non trovasi fra quello degli ajtri Augu- sti in fronte di quell'epistola. Il secondo titolo, tratta, de lusiifructn^ e non con- tiene die quattro, spli rescritti imperiali con altrettan- ti consolati. Importante è il primo Fausto W et Gal- lo , appartenerne al 298^ perchè accresce fede all' ano- nimo JN^orisiano , all' indiqe, dei: pi;efetti di Roma , al supposto Idazio , ai fasti greci m,in,ori , al frammento Bucheriana , e alla legge 2 1 del codice Giustinianeo de pactis ,. che a.d Anicio Fausto concedono, i doppj fasci negatigli da tulli gli altri , ed andie da tre mar- mi , che peraltro essendo cimiteiiali non sono per que- sta parte di grande aulorili. Ha molto merito fiues- Nuovo DIGESTO M u 55 lo rosciitto , pnrcliè ci soniniiiiislra un ignoto pro- console dell'Africi , da aggiungersi alla serie datane dal MorcclU nella sua Africa cristiana , che appunto in questi tempi si querelava d'ignorarlo. Egli è Elio Dionisio , avanti cui Timperator Diocleziano ordina a Tannonia Giulia di presentarsi ; e quantunque non di- rasi apertamente proconsole , per tale però si palesa dal titolo vir clartssimus amicus noster , e dal no- tarsi clic la legge ixxproposita Cartilagini. Wt Acw- no potrebbe sospettare che invece di proconsole egli fosse vicario del prefetto del pretorio , primieramen- te perchè il titolo che in questo caso gli conveniva sarebbe vir spectahilis , dippoi perchè dagli atti di s. Marcello centurione della legione irajana presso il Ruinart p. 265, siamo assicurati che quell' ufficio era quest'anno occupato da Aurelio Agricolano. È noto questo Dionigi jjer parecchie iscrizioni , fra le quali trasceglierò la sequente, che ci da maggiori notizie di lui , publicata due volte dal Fabretti pag. 209. n. 517. e pag. yoo. n. 2ii5. e veduta in Roma dal Doni ci. V. n. 60. L . AELIO . HELVIO DIONYSIO . C V IVDICI . SACRARVM . COG NITIONVM . TOTIUS . ORIEN. PRAESIDI . SYRIAE . COELE CORRECTORI . VTRIVSQ . ITALI AE . CVRATORl . AQ ET . MINICI AE . GVRAt" ori locorwn et OPERVM PVBLICORVM PONTIFICI . DEI .SOL 56 XiKTTlRATWaA COLLEGIVM FABRORVM . TIGNVARI MVLTIS . IN . SE . PATROCmiIS . CO Della cura delle acque da lui sostenuta sotto Timpe- rator Diocleziano parla pure un'iscrizione gruteria- na p. 178. G, e della cura delle opere puLLliche avu- ta sotto lo stesso iinpero , si ha memoria in due al- tri marmi uno del Grutero pag. iii. 6, l'altro del Fabretti p. G83. n. 71. Intanto questo rescritto ci mostrerà presso a poco il tempo in cui esercitò que- sti ufficj, che saranno tutti anteriori all'anno del suo proconsolato non mentovato nella sovraposta iscrizio- ne , perchè incisa anteriormente mentr' era curatore delle opere pubbliche, onde va bene che fosse ono- rato dai fabbricatori dei legnami occorrenti alla co- struzione degli edifizj. Ed è ugualmente di tutta re- golarità , che queste due curazioni gli fossero di sca- la per ottenere il proconsolato dell' Africa ; veggen- dosi anni dopo che quella dell' acque lo fu del pari air altro proconsole Postumio Tiziano , secondo una lapide del Fabretti pag. 208. n. 5i6. Come il suo pre- decessore Cassio Dione che da quella provincia pas- sò alla prefettura urbana nel 196, cosi egli pure con- seguì questo nuovo onore nel 3oi. per quanto ci fa sapere l'anonimo. E degna di attenzione anche la sus- seguente legge del 298, perchè ci conferma che l'im- peratore Diocleziano agli 8 di febbrajo trovavasi al Sirmio , ove nel giorno precedente ce lo annunziava un'altra legge del codice di Giustiniano. Converrà pe- rò dire che nella data di quella che vien dopo subscri- pta 1 1 1 1 kal. oct. Viniinaci Caess. Conss. sia sta- ta per negligenza dimenticata la nota iu,eche per- ciò dall' anno 294 debba trasferirsi al 3oo. Imperoo- Nuovo Di/iF„sTo Mai 67 elle da altre leggi emendate dal Tillemont dei 19 set- tembre, dei 3, dei 17, dei 20, e dei 3o di ottobre sappiamo che Diocleziano nel primo di quegli anni stanziava al Sirmio, lontano da Viminacio i52 mi- glia, mentre altre dei 26 e 27 settembre del 3oo ci fanno manifesto , che in quel tempo egli appunto ri- siedeva nella seconda di quelle citta. Ma se poche sono le leggi contenute in questo titolo , in com- penso molte sono le risposte dei giuristi , cioè di Giulio Paulo , d'Ulpiano , di Papiniano , di Salvio Giuliano , di Nerazio e di Giuvenzio Celso , parec- chie delle quali sono ripetute nell' antico digesto. Di due altri giureconsulti è perito nel codice il no-'- me, che non dev' essere impossibile di ristaurare, es- sendosi salvata la citazione dei loro libri. Si attri- buisce al primo nella pag. i3. lib. 11 R. Aur. JFè- lici\ e il eh. editore dopo aver rettamente interpre- tato libro 1 1 Responsorum , tituba in dichiarare se il di lui autore sia Papiniano o Nerazio , ognuno dei quali scrisse libri di responsi. Veda peraltro, se forse si avesse a preferire Cervidio Scevola , a cui pure sex libri responsorum si aggiudicano dall' in- dice fiorentino delle pandette , e ciò perchè quest' Au- relio Felice da lui nuovamente si commemora nell* inforziate 1. 34 tit. 3 1. 29. L'altro ignoto, di cui si citano sino a quattro libri r/emfó/'J/cf/i'p. 28, sarà poi sicuramente Venuleio Saturnino, c\\e. compose sei li- bri sopra questa materia per confessione dell' indice su mentovato. Nò è da tacersi che a pag. 28 si ha di che correggere il nome del giurisperito comune- mente chiamato Vinidio Vero, e che ivi appellasi f^iU" dius, essendo che la lezione del codice Vaticano vie- ne gagliardamente appoggiata da una tavola di one- sta missione pubblicata dal Weszpreno e ripetuta dal Vernazza nel suo diploma d'Adriano , dalla quale s'im- 58 Lettkratuha. para clie questo Marco Vindio Vero tu console suf- fetto nel giugno del i38 in compagnia dell'altro giu- risconsulto Pactumeio Glemonte. Trapasso di volo sul terzo titolo de re uxoria et dotihus , tutto contesto di squarci di Paulo , di Ulpiano e di Papiniano , ove non ho da notare se non che nell' unica legge degl' impeiatori Severo e Caracalla , riferita dal secondo di quei giurisperiti pag. 36 , il mutilo nome del personaggio Jiilio Ju . . . cui ella è diretta , dovrà restitniisi JuHo Juliano , per autorità di un'altra legge degli stessi principi, indi- rizzata al medesimo , che si trova nel digesto 1, 48 tit. 2 1 1. s. La materia di cui in essa si tratta , cioè dei beni di coloro che accusati muojono innanzi la sentenza, gik per se stessa faceva conoscere che il personaggio a cui si rispondeva , era un giudice o pretore , il che sarà ora maggiormente comprovato dal vedersi a lui inviati due rescritti di un argomento affatto diverso ; onde non ponno essere due brani di vma medesima costituzione. Per lo che me ne verrà buon lume per fissare alquanto meglio l'età di un con- sole mentovato nella seguente lapide, di cui altro non si sapeva, se non che doveva essere posteriore a Mi Aurelio, il quale a detto il Capitolino di Marco e. 8. pel primo curatores inultis civitatibus , quo latius te?iatorias tenderei di^niiatea , e senatu dedit. Nuovo DIGESTO Mai 5g L . IVLIO . L . F . PAL IVLIANO PRAETORI . GVRATORI CIVITATIS . INTERAMNA TIVM . NARTIVM . PRAEF MINICI A . PROCONSVLI PROVINGIAE . ACHAIAE LEG . LEGIONIS . SEGVND AVGVST . LEGATO . AVG PRO . PR . PROVINGI AE . AQVITANIAE . CON SVLI . OFFICIALES EIVS . PROVINGIAE . AQVITA NIAE . OPTIMO . PRAESIDI HOMINI . BONO La concordanza dei nomi e deirufficio pretorio, non che il tutto assieme della lapide che sa più del terzo secolo che del secondo , mi fanno credere age- volmente che il personaggio onoratovi non sia diver- so dal mentovato nei rescritti superiori. Per lo che s'egli fu pretore sotto Severo , e se innanzi di giun- gere al consolato gli toccò a sorte la provincia dell' Acaja , che secondo le leggi non potè avere se non dopo un quinquennio dalla pretoria magistratura, con- verrà per conseguenza ritardare altresì la susseguente legazione aquitanica , cui succedettero i fasci , e fis- sarla sotto l'impero di Garacalla o di Eliogahalo ; onde stara bene che si dica Legatus augusti , non Augu- ^torwm. Questa iscrizione trovasi ripetuta in diie mar- mi , uno de' quali dal Grutero p. 422. 7 malamente si disse esistente a Roma , quando per attestato del Passeri in un'opera inedita nella biblioteca Oliveriana, è stato sempre a Terni prima presso il medico Giaz- zi, poi nei carmelitani , finalmente in casa Manassei, 6o Letteeatua ove Io vide il Marini. L'altro fu poi travato nel 1^83 negli scavi di Otricpli (Guattani mon. ant. ined. per l'a. 1788 p. 55), onde conosceremo che gli officia- li della provincia di Giuliano , per onorare il suo consolato gli dedicarono una di queste basi nella cit- ta di cui era curatore, l'altra in quella di cui era nativo. Imperocché non dubito di crederlo figlio di queir altro Giuliano , cui spettano questi due cippr ptricolani anch' essi , entrambo editi dal Grutera pag. 422 8 e 9. L. IVLIO. L. F. PAL IVLUB . LVCILLAK IVLIANO L. JVLI . IVLIAWI . FIL llll. VIR . AED PATRONI . MVNICIlI mi. YIR. I. D CVIVS . PATER UH. VIR . QVINQ THIÌRMaS . OCRICOLA QVlJfQ . II. DBST KIS. A. SOLO . EXTRVCTAS PATRONO SVA . PECVNIA . DONA ;>{VNICIpI VIT PLBPS . GB . MERITA DECVR . AVG . FLEPS L. D. O. D. L. a. D. O. E del padre eziandio si parla in uno d i questi due litoletti , provenuti ossi pure dagli spavi di Otricpli , die ora si vedono nel museo vaticano. . . . IVLIO . L. r. PALAT . . . VLIO . L. r. PAI. LVCILIANO IVHANO . . . ÌTRONO • MVNICI . » . ATRONO . MVNICI pI . IRENAUVSi fi . IRENAEViJ LIB ^IB Il eh. monsig^ Mirini Fr. Arv. p. i5^ nota 35 riferì lutti questi cinque marmi ad un istesso soggetto, ch'egli chiamò L. Giulip Giuliano Lucilianu; ma pai-mi evi- Nuovo DIGESTO MjLI Gì dente che il console debba distinguersi dal patrono del municipio , giacche nella seconda pietra in cui si annoverano tutti i suoi ofiicj municipali ^ parmi im- possibile che con un COS, o almeno con un C . V non si fosse dato un cenno delle magistrature tanto maggiori da lui occupate. E s'era vero che fosse fi- glia di un senatore e di un consolare, non sarebbe- si poi risparmiato il titolo di chiarissima femina a Giulia Lucilla memorata pure in questo sasso del Donati pag. 319 i. D. M. FEC IVLIA . L. F LVCILLA DIADVMENO L. PEDAGOGO B. M Egualmente non veggo come possano ad una stessa persona attribuirsi le due lapidi vaticane ambedue della stessa forma e della stessa dimensione, che a mio parere parlano di due fratelli ; lo che essendo resterà molto probabile che la figlia prendesse il no- me di Lucilla da Luciliano suo zio , e per tal mo- do da tutte queste iscrizioni non solo avremo un console suffetto, ma ben anche suo padre, suo zio, e sua sorella. Un tesoro di pellegrine notizie rinchiudesi nel quarto titolo de excusatione , ma occorrerebbe un intero libro per tutte svilupparle e metterle in chia- ra mostra. Cominciando tuttavolta , come ho intra- preso , dai consolati , dirò che abbiamo subito un no- vo collegio in quelle parole di Ulpiano pag. 5o; idque et divus Marcus Pertinaci et Aeliano Conss. rescripsit. Vedo che il eh. annotatore ha pensato du» 6a LtTTlRATWRA bitatiramente all' anno iG3, e m'immagino che ciò at- bia fatto perchè prestando fede ai fasti dello Stam- pa e di altri ha trovato console ordinario in quell' anno un'Eliano , ch'esser poteva quel medesimo ch'era qui mentovato. Ma il fatto sta che il console, il qua- le in compagnia di Pastore aperse quell' anno , non fu già Eliano , ma Leliano , come scrive la maggior parte degli antichi fastografl, e come non ci lascia- no dubitare quattro iscrizioni , delle quali basterà solo citare l'insigne tavola gruteriana, pag. 12G, ri- conosciuta suir originale dal diligentissimo Metello nel codice vaticano ii499 P- '^' Laonde venendo a mancare ogni fondamento a quPUa opinione, conver- rà cercare altri argomenti per trovare a questi con- soli la loro sede. Non credo che alcuno potrà so- spettare che col rarissimo cognome di Pertinace al- tri si denoti fuori dell' imperadore di questo nome , che appunto sappiamo aver conseguito il sxio primo consolato su (Tetto nel)' impero di M. Aurei ia. Il Pan- vinio pel primo lo fissò all' anno a-^f), in cui Com- modo fu console per la seconda volta , appellando- si a Capitolino che lasciò scritto nella sua vita: post, hcec privfectus urbi fuctits , in qua prcpfecfiiro post f» Polidori. Io posso garantirne l'esat- tezza , avendola fatta di nuovo collazionare sull'ori- ginale ; per assicurarmi del singolare disordine che per colpa del marmorario , vi si scorge sulla fine , CVS in particolare il CANDIDATO che doveva essere unito al TRIB . PL£B o al PRA£T , trovasi stac- cato e non retto da alcuno. Nuovo MGBSTO MaI 76 A . PLATORIO . A . F SERG . NEPOTI APONIO . ITALICO MANLLIANO C . LICINIO . POLLIONI COS . AVGVRI . LEGAT . AVG PRO . PRAET . PROVINC . BRI TANNI A£ . LEG . PRO . PR . PRO VINC . GERMAN . INFERIOR LEG . PRO . PR . PROVINC . TlIRAG LEG . LEGION . I . ADIVTRICIS QVAEST . PROVINC . MACED CVRAT . VIARVVI . CASSIAE CLODIAE . CIMINTAE . NOVAE TRAUNAE . CANDIDATO . DIVI TRAI ANI . TRIB . MIL . LEG . XXII PRIMIGEN . P . F . PRAET . TRIB PLEB . Ili . VIR . CAPITALI PATRONO D . D L'Apollinare clie scrive a Giulio Paulo nella pag. 55 e senza contrasto il giurisconsulto Nasennio Apol- linare, che lo consulta eli nuovo nel digesto Giu- stinianeo lib. 3. tit. 5. 1. 36 , lib. 2'^. tit. I. 1. 35 , liJ). 35. tit. 2. 1. 22 , 1. 42- tit. I. 1. 4i.Il Glandor- pio si accorse clie il di lui nome ivi erroneamente si scriveva Nesennio e Nessennio, gentilizio non mai udito da alcuno ; onde volle correggere Cesennio : ma pare a me die con molto minor guasto si possa re- stituire Nasennio , cli'è una famiglia ben conosciuta per molti marmi. A pag. 50 abbiamo un Pompeiano pretore, a cui dice Ulpiano che imperator noster re- scrìpsit. Potrebbe dubitarsi, qual sia questo princi- pC) atteso che da quel giurisconsulto si suole in tal ^6 L « T T n R A T l> ft A modo denotare tanto Caracalla » quanto Alessandra Severo. Qui però avrà volato inteiulpre il primo ; perclic qu3Sto passo proviene dal suo libro de < fjicio pnefons fufelaris , cli'egli scrisse vivente il figlio di Settimio Severo, come si prova da altri squarci del- la medesima opera eùstenti anche nei novi digejti pag. 49 e 5^ , nei quali si nomina impcrator Jicsfer cnm pnfre, ove per la menzione clie si aggiunge del padre altri esser non può die CaracUaa. Questo Pompeiano adunque saia quel medesimo clie dallo stesso Augusto fu ucciso nel 212 , dopo la morte di Geta , siccome racconta Sparziano nella sua vita : Oscidit etimi Pjmpein'i'iii M irci nep'^teni ev fi- lia ìia^icm et Pompeiano , cui iiiipta f'uerat Lncil' la post morfeni ì^eri imperatori s , queni et con- sulem hisfpcernt , et omiiihiLS bellis prnepoucernt , qune grai^issima tiene J'ncranf, et ita quidem ut vi' iierefur n lafronihus iiiteremptus, A torto però du- bitò il Fahricio nella nota 89. del libro -^jy di Dio- ne , Glie si fosse ingannato lo storico nel dirlo ni- pote di M. Aurelio , essendo il suo detto conferma- to da Erodiano , clie fra gli uccisi in quell occasio- ne nomina Lucillae sororis Commodi Jdium \ onde sarà uno dei giovani che il genero di Marco man- dava nel 192 neiranflteatro a veder combattere Com- modo coi gladiatori, come attesta Dipne l: '■ji e. 20. ClnudiHS Pompeianus iUe senior nunquam inter~ fuit ^ licei JMos suos ad specfandum mitferef. Sapen- dosi adunque cli'egli fu pretore , crescr^ranno le ra- gioni per reputarlo il Pompeiano clie in compagnia di Avito fu console uel 309, a cui nei fasti comuni malamente aggiungesi l'altro cognome di Civica, col solo fondamento di una falsa lapide del Ligorio fat- ta pubblica dal Gudio pag. 52. 2. Per lo cbe ora Ufifi avrebbe for«? più m^tiv^ di querelarsi iji IVI^- Nuovo DicKSTo Mai To- rini clic nei Fr, Ar\y. p. 700 si doleva di non poter ciò dimostrare. Non dirò per altro ciò c-i'ei^li dis-p se nella pagina susseguente , cioè che Carie ili i de- corò questo Pompeiano di due consolati sufFetti , e del coni indo delle trupp? in tutte le guerre , a lui applicmdo insieme col TiUemont ( art. 7 sur Ca- rasilli ) e ci:i tntti gli altri rpnlb pirole del pas- so di Spariiano che lio poco fa riferito, qneni et co'i' siilem his J'ecernt ^ et amuihiis hcllis proiposiierat ^ qnne grn nssima tivìc fuernnf. Iinperoccliò preteren- do che ninna d'elle lapidi . delle leggi , e delle col- lezioni di fasti che nomina il console del 20') gli attriLnisce raddoppiata magistratura , domanderò solo quali furono tutte queste guerre gravissime sotto rim])ero di Caracalli avanti il 212 , in cni Pom- peiano fu tolto di vita , le quali potessero venir commesse al suo valore. Nel breve tratto di po- co più di un anno dalla morte deirimperatore Se- vero a quella di Geta , che diede motivo alla sui occisione , non fuvvene alcuna p^r quanto si sa , e certamente non si ebbe in que>t'intervallo alcuna nuo- va salutazione imperiale. Queste cose adunque deb- Lonsi riferire al padre, a cui solo egregiamente con- vengono , il quale fu realmente due volte console , come attesta Capitolino nella vita di M. Aurf^lio , e come ci conferma un'ara del museo Nani , pubbli- cata dal Conte Guernieri. E veramente egli prese grandissima parte in tutte le guerre che Tauguito suocero ebbe co'Marcomanni e con altri popoli dell' Alemagna ; delle quali fu tanta Timportanza clic da Cipitolino e. 17. vengono rappresentate come le più grandi , di cui si foiìe udito parlare , e da Eutro- pio 1. 8. e. i3. si paragonano alle puniche. Infatti da un'onesta missione riferita dal Vernazza pag. G(). sappiamo che fino dall'anno 1G7. egli era legato della *jQ L«*T«IÌATt;KA Pannonia inferiore ; onde intervenne alla spedizione' del ITO , come si raccoglie da Capitolino nella vita di Pertinace , ed a lui poscia fu affidata quella guer- ra per fede di Dione 1. 71. e. 3- , e dell'epistola di M. Aurelio che si trova dopo la seconda apologia di S.Giustino, in cui memorali veccliio Pompeiano, qicem bello duceni pra'^.fecim'ts. So bene die i cri- tici più severi hanno quell'epistola per un'impostu- ra , ma ognuno almeno acconsentirà ch'ella è un* impostura molto antica. Ed egli continuò poi nell* amministrazione di quella guerra finche durò ; onde Erodiano 1. i. e. G ci narra che nel 180 , dopo la mor- te di M. Aurelio , invano tentò di persuadere Com- modo a ritardare il suo ritorno a Pioina , e a non dare la pace ai nemici prima di averli interamente domati. Sara adunque dimostrato , che il quem con- sulein bis fecerat , con quel che siegue , dipende dal Pompeiano , cui nupta fuerat Lucilla , e die il no- minativo reggente da sottoinlendersi sarà Marcus , ch'c stato nominato poco prima. Che se ciò non ostan- te ad alcuno questa sintassi sembrasse un poco du- ra , si ricordi questi che l'autore di cui si tratta è Sparziano , e torneragli a mente quanti altri imbro- gli di simil fatta s'incontrino ne'suoi scritti. Del re- sto questo secondo Pompeiano dev'essere il padre di un terzo , che fu console ordinario sotto Alessan- dro Severo nel 281 ; ed avremo poi l'intero suo no- me in questa lapide lionese copiata più accurata- mente dallo Spon Mise er, antiq- presso il P£>- leno p. 85y, Muovo DIGESTO Mai ^9 PRO SALVTE DOM N . IMP . L . SEPT . SEVERI AVG . TOTIVSQVE DOMVS EIVS AVFANIS IVI A TRONIS ET MATRIBVS PANNONIORVM ET DELMATARVM TI . CL . POMPEIANVS TRIB . MIL . LEG . I . MIN LOCO EXCVLTO CVM DISCVBITIONE ET TABVLA V, S Il Sulpicio Simile die si presenta poche linee dopo , a cui scrisse l'imperatore Trajano , dalle cose che si narrano ha tutta l'apparenza di essere un pre- fetto dell'annona. Egli è senza meno quel Simile ce^ lebre per la sua virtù , che da semplice centurione arrivò ad essere Prefetto del Pretorio di Trajano e di Adriano ! di cui parlano Sparziano nella vita
  • ero et Paifino Conss. Non lieve difetto sco- privasi pure nel dirsi date da Roma, Io che non po- teva essere , perchè Costantino occupato prima nel- la guerra Coi Goti , poi in quella con Licinio, con- 88 L I T T K R A T r R A sumo tutto quest' anno nell' lUiiico , nella iMacedo- hia e nella Tracia, senza mai venire in Italia. Ora però saia tolta ogni menda , essendosi veduto che in- vece di data , doveva scriversi proposita in foro di- vi Trajani ; e tutto andrà egregiamente , ristauran- do come ha fatto il eh. editore /// nnn. Feì)r. Se- vero et Rufino conss. E così sari aperto che il Mas- simo, a cui in questa costituzione si parla, è il Valerio Massimo Basilio console ordinario nel 327, che dall'ano- nimo sappiamo essere stato prefetto di Roma dal pri- mo settembre del 819 fino ai i3 dello stesso mese del 828, nel qual giorno gli successe Lucerio Verino. Vengono appresso parecchi responsi di Papiniano, in uno de'quali si commemora a pag. Q)Q un Elio Spera- to , ch'esser potrebbe uno di quei due ricordati in mar- mo dal Grutero pag. G'y^ n. 11, e dal Muratori p. i4 80 n. 8. Egualmente il Pomponio Filadelfo clie po- co dopo si presenta, non fu forse diverso da quel- lo che trovasi in un'altra pietra anch' essa del Mu- ratori, riferita due volte a pag. 1491 7, e pag. 1729 5. T. POMPONIVS . T. F. PHILADELPHVS POMPONIA . T. F. DORAS Gratissimo sarà agli studiosi della legale il ti- tolo successivo de donationibus ad legem Cinciam^ perchè di questo celebre plebiscito pochissimo è ciò cli'è rimasto nel gius conosciuto. Nella sottoscrizio- ne della legge di Costantino a pag. 78 data xml hai. noK>. Mediotano Constantio et Licinio Conss. ^ dovrà onninamente rimettersi If^ Conss. ^ e così ri- portarsi al 81 5, perchè ci si fa espressa menzione di Vezzio Rufino prefetto di Roma , il quale ai 5 settembre dello stesso anno ricevè la prima legge del còdice Tcodosiano de matcrnis honis , e che sia- Nuovo DIO «STO Mai 89 tno assicurati dall' anonimo essere stato prefetto dai 20 agosto fino ai 4 dello stesso mese dell' anno seguente. E a questo medesimo tempo dovrà pure trasportarsi I-altra legge della stessa pagina data iclihus augU' stis Romne Constantino et Licinio Augg. Conss.t non potendo spettare al 3 12, in cui questi due prin- cipi furono per la prima volta colleglli nel conso- lato; giaccliè Costantino non divenne padrone di Ro- ma se non dopo la morte di Massenzio, avvenuta in quest'anno ai 28 di ottobre; e nemmeno poten- do fissarsi al 3i3, in cui lo furono per la seconda,, avendo già notato a proposito di un'altra legge del primo titolo esservi grande apparenza die nella pri- mavera se n'andasse nelle Gallio ; donde non ritornò se non nell' anno susseguente. Al contrario vi sarà. perfetta concordanza stabilendole al 3i5, percliè sap- piamo cbc questo principe ai 2 di giugno era al Sir- mio (cod. Teoà.ì. i. de pigJìoribiis), di dove ven- ne ad Aquileja , nella qual citta sottoscrisse ai 18 di luglio la legge sopra citata de maternis bonis. Va bene adunque cli'egli fosse a Roma ai i3 di ago- sto , ove infatti sappiamo che trovavasi tanto ai aS dello stesso mese (cod. Teod. 1. 3 de appellationibus) ., quanto ai i3 di settembre (ideml. i . de jure fisci) ^ e die poi ripartitone capitasse a Milano ai 19 di ot- tobre, finche ai 12 di decembre lo veggiamo già ri- tornato al Sirmio (idem l. un. de frumento Carthag.). Tutto ciò egregiamente si accorda coir epistola 163 di s. Agostino , dalla quale si ricava che Costanti- no Magno nei mesi di agosto e di settembre fece sog- giorno in Roma , di dove chiamò a se Ceciliano e i donatisti, che si erano a lui appellati dal giudizio di Arlès. Ma essendone poscia partito, Ceciliano lo rag- giunse a Milano , ov'essendo venuti pure i donatisti , fu promulgata là finale sentenza che assolveva il ph- '/r)ò L ■ T T e » V T V i\ A ino e condannava i secondi. Anche nella legge de^ la pag. 71 t che dicesi subscripta r kal, maìi Sir- mi Caess. Co7iss.^ converrà credere che siasi neglet- to di aggiungere tertium al consolato , e che per- ciò dal 2(^4 debba riportarsi al 3oo, come ha fatto il Tillemont di un'altra dello stesso giorno nel co- dice Giustinianeo lib. 2 tit. 22 1. G; e ciò perchè nel primo di questi anni Diocleziano ai 2^ di aprile non risiedeva gik al Sirmio , ma ad Eraclea, come ci pro- va la legge xi tit. 19 lib. 4 dello stesso codice. Il consolato di Dioclei^iano e di Massimiano , che in un rescritto della pag. ^5 si scrive AVG . III. ET . II. CONSS, è certamente fallato, tuttoclic in egual mo- do si noti l'anno 290 nella cronaca di Prospero; es- sendo fuori di cnntesa che nel 287, in cui Massimia- no fu console per la prima volta, Diocleziano lo fu per la terza. Di ciò fanno amplìssima f;>de i medaglio- ni coniati pel possesso di quel consolalo , e descritti dall' EcWiel D. n. v. t. 8 pag. 2, coli' epigrafe IMPP . DIOGLETIANO . III. ET\ MAXIMIAiVO . CGSS, non che la base del museo capitolino colla stessa da- ta edita già da gran tempo dal Grutero p. 283 i,e le tre iscrizioni segnate TER . ET . SEMEL . COS, che si trovano presso lo Spon Mise Er. Anf. Sect. ti art. XI ^ il Muratori p. i53. i, ed il Marini vilk Albani p. 49? ^^ quali da taluno erano state erronea- mente assegnate all' anno 202, e cìie debbonsi senza dubbio a questo restituire. Non ci sarebbe adunque altro mezzo per diminuire l'errore , se non quello di supporre che non si fosse compattato il primo con- solato suffetto di Diocleziano ; ma se questa scusa sa« rebbe sufficiente per un ordinatore di fasti come Pro- spero, non lo sarà per una legge; infinite essendo le prove che la cancelleria imperiale costantemente lo conteggiò. Sara dunque da cercarsi s'ella si drbbi Nuovo DiGBSTo Mai " gì assegnare al 287, emendando ^ug^ iw^ i Conss^ o pure al 290, restituendo ^ug. iin et in Conss. La data però ^ non. mart. Nicomedice mi fa pro- pendere a seguire l'erudito editore, scegliendo il pri- mo anno , sul principio del quale sappiamo che Dio- cleziano era veramente in quella citta , ove aveva passato l'inverno , e donde lo troviamo partito solo ai 5 di aprile, in cui ci comparisce a Bizanzio; mentre all' opposto non abbiamo alcuna prova , che ci sia stato nel 290. L'altro rescritto dell' anno susseguen- te 291 pag. 8G, benché meschiato con quelli di Dio- cleziano , dovrà concedersi al suo collega Massimia- no Erculeo , a cagione della sottoscrizione xii kal. mart. Dorocortoro^ la quale ci fa sapere che chi lo rilasciò soggiornava allora a Reims nelle Gallie , il che non può essere di Diocleziano, che a quel tempo ave- va la sua stanza nell' Illirico. Ciò all' opposto ben conviene al collega, che dal panegirico di Eumeni» ci è noto essersi in quell' anno occupato a ripopo- lare i contorni di Gambrai e di Treveri , dandoli da abitare a molti barbari, che si erano sottomessi al dominio romano. Notabile è poi che sebbene le inte- stature delle leggi negli altri titoli rettamente a Dio- cleziano accoppino Massimiano, in questo peraltro co- stantemente air Erculeo si sostituisce Costanzo Clo-^ ro, tuttoché alcuni di questi rescritti siano anche an- teriori alla sua elezione in Cesare, come sarebbero quelli del 285 p. 82, e del 28G p. ^^. Il che non po- trà spiegarsi se non col supporre che le leggi in es- so contenute siano state desunte da una fonte di- versa da quella da cui provennero le altre, e preci- samente da una qualche collezione , in cui si fossero obbediti gli ordini di Costantino , il quale dopo che l'Erculeo si uccise, fece abbatterne le immagini, e cassarne il nome , come impariamo da Lattanzio por- <)a Lkt TIRATURA s9 che l'opera di Ulpiano in LXXXIII libri sopra l'editto, fu scritta negli ultimi tempi del- la sua vita , e particolarmente dopo il aar), veggen- dosi che nel primo libro riferisce un rescritto di quest' anno dell' imperatore Alessandro. Una solenne con- ferma dell' apoteosi dell' imperatore Probo , taciuta dalle lapidi e dalle medaglie, di cui non si aveva che un cenno da Eumenio nel panegirico di Costanzo, e nel calendario natalizio dei Cesari, comparisce a pag. -yS, è dovrà credersi fatta dal suo successore Caro, per escludere il sospetto di essere stato conscio della sua morte. Anche una novella citta detta Suneata, in cui fu affissa uria liagge di Diocleziano dell' anno 285 s'in- contra a pag. 82; e spetterà poi ai geografi il deci- dere ^e mai s'abbia da credere l'istessa di Sjnaos o Su'nàus\ che fu una città veicovile della Frigia liiag- Nuovo DIGESTO Mi.1 J)3 giore sotto il metropolitano di Laodicea , o coni' altri vogliono di Gerapoli , le cui medaglie portano l'epi- grafe CYNAEITQN. Poco frutto però ricavasi dalle per- sone mentovate in questo titolo , clie rimangono per la pii^i parte sconoscinte ; essendo tutte donne o pri- vati spettanti nel maggior numero ai tempi Diocle- ziauei. Tuttavolta il Flavio Menandro ricordato da Alessandro Severo a pag. 6g, potrà dirsi essere sta- to probabilmente della stessa famiglia , da cui prò-, venne il chiarissimo giovine di questa pietra di Ca- pua, edita dal Doni ci. V n. i49- P. FLAVIO . MENANDPO . AFRICANO . C. I mi. VIR . VIARVM . CVRANDARVM FILIO . DVLClSSIMO . ET . INGOMPA RABILI . GAVIA . PROGVLA . G. F. MATER Il nostro editore ha già notato che un Aurelio One- simo, somigliante nel nome a quello che trovasi a p. 84» è ricordato nelle iscrizioni Veliterne recen- temente date in luce dal sig. Cardinali n. ^o ^ ed io aggiungerò che un altro, il quale apparisce di un'età anche inferiore, trovasi nel Grutero pag. 59. 4* Tutto che il soldato cui rescrissero Severo e Caracalla nel 210 p. 62, dicasi yétilius Natilis, io ho gran sospetto che si debba emendare Natalls; e un C. Atilio Natale si ha infatti in un marmo di Alife fra i gruterianip. 460.8. L'Alessandria che ottenne un rescritto di Diocleziano nel 28G, p. 77, n'ebbe pure un altro non molto do- po nel 294, inserito nelle pandette lib. 8 tit. 54 leg. I9« Più d'ogni altro però si attira l'attenzione del letto- re Aurelio Severo Alessandro che viveva nello stes- so anno 286 p. 75, il quale abitava a quel che pare nella Tracia , perchè la legge si dice affissa a Bizan- 2Ìo-, e in essa si fa motto del preside della provin- ^ L 1 T T R R A T « R 1 0-4 ci». Non. può a meno che ferisca lanimo l'idenlita éii questi tre nomi con quelli che portò rimperatoré M. Aurelio Severo Alessandro , e che perciò insorga un sospetto che qui si tratti di alcuno che si glo- riasse di annoverarlo fra i suoi maggiori. Niuno de- gli storici ci fa cenno se dalle tre mogli che con- dusse, abLia o no' procreato figliuoli: ma ancorché si credesse morto senza prole, potrebbe costui pro- venire da sua sorella Teoclia, che Tistesso Alessan- dro aveva in animo di maritare a Massimo figlio del suo uccisore Massimino. Ne farebbo meraviglia che ella, o i figli dell'imperatore se ne ebbe, per salvarsi dall' ira di quel barbaro , si fossero riparati in una lontana provincia, sapendosi da Suida alla A'oce Mxnxs che anche Basilisco figlio dell' imperatore Numeriano Coììstantinopolim migravit , e che i figli di Probo \)el odio invidice , vel timore romanani rem Jltge^ runt , et in Italia circa Veronam . . . larem loca^'e' ruiif, al dire di Vopisco. Dell'ultimo titolo de co{>nitoriinis et procuratori^ hits solo poca parte rimane, e questa ancora malconcia; ne in esso mi si presenta cosa degna di annotazione, all' infuori dell'ignota citt'? àìSerfum^m cui dicesi propo- sta una legge del 293. Un tal nome sem])ra evidente- mente abbreviato; ma io non conosco alcuna citta ch.e cominci con quelle due sillabe. Termina con ciò quest' insigne frammento di dritto romano inaspettatamente tornato alla luce, a cui l'accurato editore fa se^fui- re le varie lezioni che ha rinvenute nei quaderni del codice Teodosiano, di cui insieme si valse il mo- naco Bobbiese , molte delle quali sono importanti perche 0 emendano il testo , o confermano le cor- rezioni fatte dal Gotofredo. Egualmente li a riprodot- to quello squarcio del responso di Papiano che nel- lo stesso risciilto gli è venuto alle mani , e col qua^- Nuoto mght» Mai ()5 le pure si ristauia in parecchi luoghi Tedizione dell' Amaduzzi , e si conferma il sentimento di coloro che tacciano d'interpolata la legge dei Borgognoni. Chiu- de finalmente questa prima parte del suo libro con regalarci gli scoi], o sommar] inediti, di mano an- teriore al secolo decimo, che si veggono in margi- ne del vetustissimo esemplare del codice Teodosiano che fu già del Petavio , e che dall' eredita di Cri- stina di Svezia pervenne alla biblioteca vaticana. Ed io pure chiuderò il mio estratto col congratularmi coir infaticabile prelato della sua nuova ed impor- tante scoperta., col tributargli i ben meritati enco- mj per la sollecitudine, la diligenza, e la dottrina impiegata nel farne partecipe il pubblico, col feli- citare gli eruditi sulle non poclie e pellegrine noti- zie che da questa sono loro provenute , e coli' ec- citare i giurisconsulti a mostrarci qual sia l'aumen- to che da lui ne riceve la storia dell' antico dritto , il che io inesperto di questa scienza severa non so- no stato al caso di fare. 9<^ AlV Italia ; in morte del cavai ier Giuseppe Tarn" brani , terzarima di Caterina Franceschi, o voi elle avete intelletto d'amore Verace e carità del natio loco , Che bella ed alta siede in gentil core , Versate il pianto al mio cantar che fioco Qui suona, impresso dell'interno affetto, E pe'luftghi lamenti è fatto roco. O Italia , o dolce suolo , a me diletto Si caramente , tu pietk m'ispiri E d'immenso dolor m'aggravi il petto : Perche mesta ti veggio, e ne'sospiri L'ore traendo d'allegrezza prive , In fra tombe e ruine il passo aggiri. Ahi 1 quante faci , che fiammelle vive Di quel savet, che più del sol risplende , Spandeano in prò del mondo che mal vive , Giaccion mute di luce , onde s'intende Per ogni proda un compianto , un lamento , Che a lagriraar ne invita é al cor discende. Morte recide senza alcun rattento L? belle piante che surgon maggiori Fra tanto lezzo , simile ad un vento Glie i verdi rami schianta, e porta i fiori , E diserta il giardin , che più non spande Grata soavità di mille odori. Se'spirto ignudo e poca palve , o grande (*) Im morie diel Tambroni 97 Dell' atti oiior , che la mia niente in for^e Metti s'uomo o celeste io te dimande. Tu mar solcasti , clie mai non si corse Fra noi dal tempo della gente argiva ; Onde tua fama subita trascorse Dal ciel d'Ausonia in ogai strania riva , Come baleno tremolando passa JN'el tranquillo seren di notte estiva. Ed or , che un sasso ti racchiude , abbassa L'itala donna il guardo , e all' urna accanto Mesta si posa sclamando : oh me lassa ! Ognor vedova trista in bruno ammanto Starmi degg' io , che reda ornai son fatta Non già di gloria , ma solo di pianto ! Perocché tosto è da morte disfatta Ogn' alta lode , onde a me venne onore , E la mia gioia a dileguarsi è ratta , Qual si dissipa innanzi al sol vapore , O come langue sopra il verde stelo Giglio chinato dall' estivo ardore. Si palla , e in quella agi' occhi tristi un velo Fa della destra , in muto duol sepolta, E pur di lei non ha pietate il cielo. Nuova querela risuonar si ascolta , Che a voi s'inalza il nero angel di morte , ^ Cinto da un nembo d'atra nebbia folta. Batte le fosche pinme, e par che apporte Ove drizza le penne uno spavento , Che il sangue agghiaccia e fa le guancie smorte. Ei vola sì che dardo vien più lento , Poscia i vanni raccoglie al Tebro in riva, La dira spada leva in alto , e spento Cade quel sommo , che securo giva Dietro le poste degli antichi savi , Scorto per man dalla tritonia. diva. g? LETTERATURA Spirto chiudea d'alti pensieri e gravi , Quale ad italo petto si convene ; Dolce parlava con atti soavi. E di Pindo appressò le fresche vene , Quel sacro umor gustando onde letizia Da mille rivi entro dell' alma vene. Ognor del vero a se facea delizia , Con mente al hen de l'intelletto amica Sgombrando il fumo die il suo raggio vizia. 'Ve surgon sterpi, e a far nascer la spica Va la marra girando il villanello L'orme scoverse di Boville antica : Dove colui, che, ingiustamente fello Per cieco sdegno , l'orator sovrano Cacciò dai lari del suo dolce ostello , Giacque ferito , e sanguinando il piano Cadde manco di vita , e si fu tolto Vituperio cotanto al suol romano. Ma tu, spirto immortale; in cui raccolto Fu tanto senno, e di sì chiara face. Hai di subito agli astri il voi rivolto. Fatto ha la tua partita senza pace Lo staci de' cari amici , e i tuoi figliuoli Si stanno in atto di dolor verace. E van gridando : sconsolati e soli Ne lasci, o padre: teco il ciel ne spoglia D'ogni dolcezza; già son pochi soli Che giace entro un avello esangue spoglia Li miserclla, che di noi s'incinse: Deh! accorri, o morte, assai ci fia men doglia Uscir di queste carni , onde ne cinse Per darne pena il ciel: chi ne consola Or che il tuo raggio, o padre, a noi s'estinse? Frenate il pianto, giovinetti; vola Lei padre vostro la memoria eterna; Che fama di saver mai non s'invola. In morti DEt TaMBRo??! qq Ei l'alto calle , dove i'uom s'eterna , A voi fé' mostro ; ognor d'innanzi al ciglio Vi stia la cara immagine paterna. Ben io piango di noi, che in questo esigilo Muoviamo il pie per selva oscura e forte , Manchi d'aita di fedel consiglio. Piango di questa Italia mia, che morte Ha dipinta nel volto , e fuor di spene Invidia porta ad ogni estrema sorte. Perchè son le sue terre intorno piene Di matta gente, che dell' ozio un nume Fassi tra molli coltri ; e s'alcun viene , Che di vincer s'attenti il reo costume Piaggiando in suso , al secolo immortale Tosto lungi da lei volge le piume. Indarno vive chi non spiega l'ale Dal basso vulgo dietro ^ nobil cura, Ne a segno eccelso sa d..'izzar suo strale. Non aurea veste , non ricca cintura Fece i romani al mondo reverendi , Ma Tiotrepido core e l'alma pura. O sommo Giove, che tanto risplendi In tue fatture , e da nullo intelletto Sol da te stesso tua natura intendi, Giuso gli occhi rivolgi , e spira in petto Alla gente , che in tutto ornai traligna, Vivace e sacro ardor di patrio affetto. Per tuo voler fra noi più non alligna Il verde alloro, ne fiammeggia Marte Air italico suol luce sanguigna. Germogli almen d'Ausonia in ogni parte L'arbor di Palla, e di bel fuoco ardente Ognun ^'affìssi sulle dotte «arte. G.AT.XXII. loo Lkttxratvra Raggio di gloria , qual astro lucente , Gli error disgombri dell' usanza ria. Senno fiorisca] e nobiltà di mente. In gravi modi , quale un di s'udia , Aisuoni la dolcissima favella , Onde s'allegri e torni Italia mia , Se non reina, almen gentile e bella. Osservazioni sopra alquanti luoghi della divina Commedia, ^unt bona mixta malis : questo è il giudizio che portano i letterati delle mie nuove osservazioni sui versi del divino poeta : cosi ne penso io medesimo; e cosi è certamente. Ma dovrò io rimauemi per ciò , che la misura del cattivo eccede quella del buono ? o dovrò cader d'animo , quand' anche le mie opi- nioni non facciano che eccitare un leggero sospet- to sulla verità delle antichissime chiose consacrate dall'uso delle scuole , e radicate da principio nelle menti degli studiosi della divina commedia ? Mai no. Chi legge e intende gitti il falso e abbracci il meglio re. Che se di questo sarà scarsa la ricolta , consideri come prima d'ora innumerabili abbiano cor- so questo campo ; e come non sia da chiedersi che un giovine di cinque lustri , povero d'ingegno e di studi, adempia ad un tratto il voto che hanno la- sciato nella spiegazione del divino poema gl'inter- preti da cinqne età. Perciò prendo aniino di pro- porre qui appresso tutto quello che nei canti II , III, e IV dell'Inferno mi è sembrato degno da av- vertirsi per la migliore illustra,zione de'senti delU coramedia» 0»KA. SOPRA DÀ^^TE toì C. II. V. 6- 5> La mente che non erra : cioè , la monte diritta , imparziale del cantore del- la rettitudine , che ne per compassione di tormenti, ne per forza di parte , ne per fama o potenza de' peccatori tradira il suo nobile assunto : mostrando- si generoso e costantissimo amico del vero. V. 7. » O Muse , o alto ingegno., or m'aiutate : alto ingegno : vale alta fantasia , per virtù della quale Dante fu tratto a vedere ciò che poi la men^ te scrisse ( v. 8 ) V. 35. » Temo che la venuta- non sia Jblle ; w temo che il mio andare non sia senza alcun ma- nifesto scopo che valga a farmi lodato ed utile » : siccome fu quello di Enea e di s. Paolo , il primo de'quali venne in inferno per essere stato eletto a fondatore della citta , dove dovevano poi sedere i successori di Pietro, potenti anche nell'inferno per l'autorità delle chiavi : e l'altro sali al terzo cielo per avvalorare coi racconti della indicibile beatitu- dine di quel luogo la credenza de'fedeli. V. 39. » Si che del cominciar tutto si lolle > perchè regga in tutto la similitudine, e concordi con ciò che si dice al v. 4^ converrà interpretare : co- sicché si rimova intieramente . . . non già dair in- cominciar l'azione , come alcuni tennero , ma dall* azione già incominciata- Per entrare poi nello spi- rito degli altri due versi 55 Perchè pensando consumai l'impresa » Che fu nel cominciar cotanto tosta' gioverà considerare , come il poeta al canto i. r. i33 e segg. richiedesse a Virgilio che lo guidasse seco ai tre regni : ciò che costuisce propriamente il co- minciare dell'impresa ; che dice tosta, perchè allora senza fare alcuna opposizione Dante si affidò tosta- mente a Virgilio. Ora asserisce di aver consumata 7* loa Letteratura V impresa pensando : cioè , qnella impresa che era incominciata cosi tosto ( prendendo il principio dall* assenso del poeta ) andò a risolversi in uu sem- plice pensiero , in una fantasia , in nn'idea senz'atto, per la viltà che sopragginnse. ( v. 45- ) V. ,53. M . . Donna vai chiamò beata e bella Talché di commandare io la richiesi: nota la verità dell'espressione , ond'è accennata la riverenza che desta nel cuore dell' uomo Timagine di una naiura superiore , o di una Lellezza immor- tale. Al quale nobilissimo sentire molto si avvicina- no coloro che prendono ad amare nelle femmine le qualità dell'animo meglio che quelle del corpo. V. 76 e segg. »» O donna di virtù , sola per cui » L'umana specie eccede ogni contento » Da quel ciel che ha minor li cerchi sui. Il senso letterale potrebbe dichiararsi cosi : » o M Beatrice , donna , dominatrice , da cui si denorai- « na virti\ tale ( la teologia ) , per cui sola , col soc- » corso della quale sola la specie umana si sol- «) leva sopra le cose sublunari e terrene. v. 108. « Non vedi tu la morte che il combatte » Su la fiumana , ovc'l mar non ha vanto ? vale qui a lato , vicino t cioè non lungi dalla fiu- mana d'Acheronte , oveH mar non ha vanto , la quale non va a tributare le sue acque al mare; che non communica col mare , ma cerchia l'inferno con acque paludose e morte. V. 13 1. e segg. 5>Dnnque che è, perchè? perchè mf a/.'* »» Perchè tanta viltà nel core allete ? j» Perchè ardire e franchezza non hai. ardire è dell'animo : franchezza è del corpo ; ardire si oppone a viltà del v. laa ; ^franchezza al per- che listai del lai. OssKR. «OPRI Dawth io3 V.127 e segg.» Quale i fioretti » Si drizzai! tutti aperti in loro stelo; » Tal mi fsc'io di mia virtute stanca ; M E tanto buono ardire al cor mi corse» 5> Ch'io comìnósiì^ come persona Jranca. tal mi fecio ec : cioè ini aiutai della mia virtìi stan-' ca , abbassata dalle diffFcolta die già mi distolsero dal proseguire l'impresa ( v. io e segg. ) e del buo- no ardire dell'animo parlai , a guisa di persona fran' ca , cioè spedita ad andare. Ed è similitudina tolta dal materiale per aiutare il concetto antecedente dell* efTetto cagionato nel cuor di Dante daU'arffzre che gli si aggiunse. Canto III. V. 9. ■>•) Per me si va ec •>ì Perch'io : maestro , il senso lor ra'è duro. il SENNO lor ni è duro , legge l'Angelico - ma que- sto sennò leggesi forse per errore del copista - sog- giungono gli editori di Padova : ai quali però non sia grave , che noi tentiamo di purgare da questa brutta nota una variante tanto singolare , che a* nostri occhi non cessa di parer bella e verissima. Diffatti , come può dirsi egli , che il senso intero dell'epigrafe riesca duro e spiacente al cantore del- ia rettitudine ? Dispiacerà a lui che questa sia la porta dell'inferno ? ( v. 1 ) Che la giustizia di Dio ne movesse t'ariificio ? ( v. 4* ) Che codesta fosse la prima delle cose create che uscisse coli' eternità a post , come dicono le scuole ? ( v. 7. ) No certamen- te. La conclusione imperativa dell'epigrafe , il vo- lere , il senno di quelle parole : Lasciate ogni spe^ ronza , voi che entrate : questo solo è ciò che puà ragionevolmente disgustar Dante* Perchè se egli e«- trerà , dovrà anche lasciare o^ni speranza , e quin- di quella ancora del ritornare al mondo di sopra. io4 Lettiga TUAA Il che bene intendendo il maestro da persona ac- corta ( V. i3 ) cioè conoscente il sospetto del non ritornare , generato in Dante dalla lettura di quel- le ultime parole , mosse poi quei detti che lo as- sicurarono. V. '2'j. voci alte e fioche t e il tollere w- cem exiguam di Virgilio ( Aen. G. v. 49^ ) rendu- to pel suo valore : ond'è significato lo sforzo di chi grida , e il picciolo effetto che ne segue in inferno. V. f8 '» le genti dolorose « Ch'hanno perduto il ben delV intelletto. Dante nel convito (pag. 87 ed. Pasquali) scrive co- sì: dice il Jilosofo nel sesto dell'etica che*l 'vero et bene delV intelletto. 11 Biagioli , e prima di lui il Landino , notarono a questo luogo , che il concetto era tolto da Aristotile nel 3" dell' anima ove dice ; bonum intellectus est ultima beatitudo. Noi senza decidere , onde piacesse al poeta di attingere que- sto sentimento , stiamo col Venturi ad intendere , che Dio (il quale non è meno la somma beatitudine di quello che sia l'autore della verità , anzi la verità istes- sa ) venga qui indicato siccome primo e solo bene dell* intelletto , dal quale si dilungano coloro che seguo- no false imagini di bene (Purg. e. xxx. v. i3i). Canto IV. V. 34 e segg. »> . . e s'egli hanno mercedi, n Non basta , perdi' e' non ebber battesmo , 5> Ch'è parte della fede che tu credi. La principal ragione che accredita la lezione parte a preferenza di quella degli accademici della crusca {porta ) risiede a mio avviso in quel no7i basta. Non basta, cioè non è il tutto , quantunque sia tutto quel- lo che l'uomo può contribuire di sua elezione alla propria salute; dipendendo poi dalla grazia soprana- turale il rimanente, cioè l'essere sortiti al battesimo, che è la parte integrante della salvazione. OSSBR. SOPRA DàNTS HoS V. 89. » L* altro è Orazio satiro che viene : Orazio satiro i cioè scrittore di satire precettive , maestro di morale ; quale appare non pur nelle sa- tire , ma nella maggior parte ancora delle odi. V. 90. n Perocché ciascun meco si conviene n Nel nome che suonò la voce sola, 5j Fannomi onore, e di ciò parve bene. si conviene ; non solo nel nome di poeta ma nel no- me di altissimo poeta sendo tale ciascheduno di essi nel suo genere : onde poi disse appresso , la scuola di que* signor dell' altissimo canto- I quali fanno bene ad onorare Virgilio col nome, di altissimo poe- ta , perchè con ciò rendono onore a sé medesimi ed al vero ; manifestandosi per compagni di Virgilio , e perciò della schiera de poeti originali altissimi. V. loG. r) Venimmo al pie d'un noLile castello " • • • • ^ • • » • • ?> Disteso intorno d'un bel fiumicello. n Questo passammo , come terra dura. Il Daniello impegnato a dare un senso materiale al- le parole come terra dura , asserisce che ciò sia det- to , per essere il fiumicello piccolo ed esservi den' tro poca acqua. Noi saremmo condotti a sospettare che quel verso fosse meglio spiegato da chi chiosasse co- sì. » Questo fiumicello passammo , come Vultimo trat- ti to , // C07i/ine della terra dura , ingrata e sterile » d'inferno , per entrare ncU' ameno sito della citta V de'sapienti ; dov' erano luoghi di fresca verdura (r. no) con verde smalto (v. 118). Alla quale spie- gazione acquista grazia il concetto chiuso nei versi i49 e i5o M Per altra via mi mena il savio duca » Fuor della queta nell' aura che tremai la quale aria tremante di sospiri e di dolore incon- trarono i poeti al ripassare il fiumicello , rientrando appunto nella dura terra d'inferno, divisa dal pog- I<>6 L K T T E R A T L' R A gio tìe'sapienti, dove ruuru queta alimentava la per- petua verdeMa. Sul Cerbero di Dante {osservazioni al C'Vi. dell" inferno) Quegli antichissimi dominatori de'popoli che aiutava- no alla stabilita della loro potenza non pur coi tor- menti e colle morti de'ribellanti, ma collo spavento di una futura eternila di miserie recarono in mezzo Caronte, Cocito, e le Eumenidi, e Cerbero che veglia eternamente alla custodia del Tartaro. Il quale (se- condochc venne bisogno di accrescere il terrore ne- gli animi de' soggetti) fu detto ora serpente^ ed ora cane augnicrinito di tre, di cinquanta, e perfino di cento teste. A questa tanto varia e tanto vecchia tra- dizione avendo la mente il cantore della rettitudine, sempre inteso a camminare sulle tracce do'latini (fra quali Virgilio nell' eneida (lib. 6 v. 4^7) appellò Cer- bero soltanto trifance\ e Orazio nell' ode xi del lib. iii gli attribuì una testasela ed una bocca con tre lin- gue) diede anch'esso al suo inferno un Cerbero; che tenendo qualità dalle tre fauci, non si mostrasse pe- rò in volto di cane, ne (ciò che si e creduto ferma- mente sin qui) alzasse tre capi. Per meglio stabilire questa nuova, e a quel che io ne sospetto, vera spie- gazione, recitiamo intero il luogo del evi dell' infer- no, dove il poeta ei descrive questo cerbero. >» Cerbero , jiera crudele e diversa , » Con tre gole caninamente l'altra » Sovra la gente che quivi è sommersa. 3> Gli occhi ha vermigli, eja barba unta ed atra, >» E'I ventre largo ^ e unghiate le mani; y» Graffia gli spirti , gli scuoia ed isquatra. QssER. SOPRA Dante #07 » Quando ci scorse Cerbero, il gran vanno ^ m Le bocche {''') ai^Qrse e raostrocci le zanne i »> Non avea membro che tenesse fermo. j* E'I duca mio , distese le sue spanne , » Prese la terra e con ambe le pugna » La gittò dentro alle bramose canne, u Qual è quel cane clie abbaiando agugna, » E si racquela, poichè'l pasto morde, M Che solo a divorarlo intende e pugnai ìì Cotai si fecer quelle y«cce lorde (*) n Dello demonio Cerbero, che introna » L'anime si ch'esser vorrebber sorde » Non impedisca per avventura la nuova interpretazio- ne l'aggiunte di fiera crudele che si appropria a Cer- bero, imperocché nel canto susseguente (v. i5) Fiu- to medesimo , che non è ne cane ne altra bestia , è chiamato fnera crudele al par di Cerbero. Quinci più tosto si muovano alquanti dubbi. Se Cerbero è cane, perche si dice qui che latra a modo di cane? Se ha tre teste, come si può concepire una barba sola at- taccata a tre volti? E se è quadrupede, come gli si può misurare la larghezza del ventre^ e attribuirgli le mani ^ e l'atto del graffiare se non s'intende che sia almeno sedente? Il percliè noi al v. 23 leggendo col cod. vat. la bocca, e al v. 3i ìejoci o le fauci y e non le facce (perrocchè quelle veramente , e non \% facce, furono lordate di terra da Virgilio, che con arabe le pugna la gitto dentro alle bramose canne ) teniamo ehe il Cerbero di Dante sia di forma diver' sa da quella che gli antichi poeti gli assegnarono, cioè un diavolo non molto dissimile nel corpo dai Mala- branche e degli Scarmiglioni , con una testa ed una bocca sola, e tre gole in essa. Arroge che gran vei^ (•) Cod. vat. 1799 ^^ hocco. (*) ¥oci legje U nidob. , fauci la bologn. itìS Lettehatura mo e detto al al v. aa, siccome altrove Lucifero; e al V. 03 e chiamato espressamente Demonio. Un'altra avvertenza potrebbe farsi sopra le ra- gioni di quella ricerca clie i commentatori hanno in- stituita sul consiglio del poeta di fare che Cerbero si acquieti a due pugni di terra , che Virgilio gli gitta. Noi ci avviseremmo di svelare il mistero con due parole , osservando , come Cerbero sia posto a cu- stodia della cerchia de golosi, la dannosa colpa de'qua- li è di divorare quanto sa produrre la terra; e per- ciò gittando Virg^ilio al Cerbero la terra , gitta a lui l'elemento di ogni golosità : atto convenientissimo a sedare la fame di Cerbero, che tiene abito dai go- losi custoditi, siccome l'avaro Pluto da coloro che mal diedero e mal tennero , e l'empio Fleglas dal luo- go dei miscredenti, al quale egli scorge colla sua barca. Cosi al v. 3o n che solo a divorarlo intende e pw gna >y ci piacerebbe annotare, come il verbo pugnare sia ivi adoperato propriamente ad esprimere Tatto de- gli animali, che per dilaniare il pasto lo fermano pri- ma cogli artigli restringendoli in pugno , e poi ficcan- vi dentro le zanne e tirano a se. E noi vedemmo già in Bologna un leone , al quale si gittavano brani di carne , avvalorare mirabilmente col fatto la nostra chiosa. E al V. 9 [ e segg. Gli diritti occhi torse allora in biechi: » Guardommi un poco, e poi chinò la testta ; 55 Cadde con essa a par degli altri ciechi : per corona delle nostre osservazioni a questo canto vi dell' inferno voremmo commentare in tal modo 55 allo- »> ra torse in biechi gli occhi diritti , cioè gli occhi 55 che teneim fìssi in ìioi . . . chinò la testa, e » cadde a par degli altri ciechi^ cioè degli altri, ai J5 quali il fango, la neve e la pioggia di questa cer- ?» chia toglievano il vedere. '» Le iGi Cki«o«to.ito Ffruuzzi, (09 ARTI. BELLE — ARTI. PITTURA Eduardo Spiro di Preshurgo. X aria del signor Eduardo Spiro una bellissima let- tera del conte Giulio Perticari che si legge fralle opere sue (i) : con essa quel celebre uomo lo in- dirizzò al cavalier Guiseppe Tanibroni , raccoman- dandoglielo caldamente , e facendo giusti encomi della sua abilita nell'arte nobilissima della pittura. Que- sti nomi di si chiara memoria sono un ottimo argo- mento del suo valore , sapendosi da ognuno quanto bene il Perticari ed il Tambroni si conoscessero di ogni maniera di arti belle. Ne minore argomento sa- rà , a mio credere , il conoscere che Teccellenza del signor conte Appony , ambasciadore austriaco pres- so la santa sede , lo ha stimato degno della sua ge- nerosità, dandogli con una convenevole pensione i mezzi per attendere senza altre cure a perfezionarsi nell'onorevol carriera , in questa Roma , vera sede delle belle arti italiane. E che lo Spiro non abbia fraudata l'espettazione del suo mecenate , il dimo- (i) E prima in questo giornale fase. XLV. S«Uerabre tgaa. tió Bki. t B - Arti; strano chiariimrnt? i suoi dipinti; intorno t «lue de* quali CI piace ora di fare alcuna parola. Nel primo ci si mostra Agar moglie di Abra- mo , la quale da lui discacciata va errando pei de- serti dell'Asia col picciol figliuolo Ismaele. Ha im- maginato la donna infelice nel punto che , avendo finito quel poco di cibo che aveva seco portato dalle case di Abramo , vede per colmo di sventura venir meno la vita a poco a poco per mancanza d'alimen- to , al tenero fanciullino. Seduta sovra d'un sasso , un verde manto le ricuopre quasi tutta la persona, vestita nel rimanente di una vesta di color rosso oscuro : ed una specie di turbante la circonda il ca- po vagamente, e secondo il costume barbarico. Sul sinistvo ginocchio le sta tutto abbandonato il picco- lo Ismaele, come preso da un deliquio mortale ; ed ella amorosamente il sostiene colla mano sinistra. Fa della desta appoggio al capo tenendo gli occhi pian- genti rivolti al cielo , come lamentandosi della trista sua condizione. Un vaso ed un sacco vuoto , che giacciono a destra fanno segno avere i due peregrini già consumata ogni vettovaglia : e la campagna va- sta e sterilissima , che si vede in fondo del quadro , mostra l'impossibilita in che sono di provvederne in alcuna maniera. Questa pittura, nella quale le figure si vedono per due terzi della persona, è condotta con bello stile , ed ha un ottimo effetto. Il volto della donna è addolorato , ma nel suo dolore fa trasparire una certa nobiltà , degna veramente della moglie di un patriarca. Esprimente e naturale è la giacitura del bambino , ed in tutto il quadro regna buona armo- nia di colorito. Il secondo dipinto rappresenta i ritratti dei due piccoli figliuoli di S. E. il signor conte Appony. Essi fcpuo fanciuUgscameAte appoggiati l'uno tifaltro , pò- BlftTlE - A-RTI III sando il maggiore la mano destra sulla destra spalla del minore , e questo la sinistra sulla destra spalla di quello : ed ambedue tenendo eon molta grazia nell* altra mano una ghirlanda di fiori. L'artista ha sapu- to e meraviglia esprimere la dolce innocenza della, età loro iu quei volti pieni di vaghezza e di sempli- cità : ed ha condotto tutto questo dipinto con bel colorito , e disegno eccellente. Possa dunque l'esempio dell'illustre mecenate, e (del valente signore Spiro muovere i grandi a farsi generosi promotori della coltura della arti ; e porre una nohile emulazione in petto a quei giovani die pur godono del loro favore , onde valgano a corri- spondere degnamente co'fatti alle premure de'pro^ Jettori. LioPOkDO SrAaoQLi TI3 É Francesco Baratta genovese. ,1 celebre nella storia la pace concliiusa in Geno- va nel 1395 fra le due fazioni guelfa e ghibellina, per le assidue cure e lo zelo pietoso del beato ar- civescovo Jacopo da Varagine. E ben si addiceva ad un pio di lui successore di perpetuare la memoria d'un'epoca si famosa , collocandone a vista d'ognuno la pittura nel nostro tempio maggiore^ testimone un tempo di quell' atto memorabile. Ed è per tale si no- bile divi*amento che Teminentissimo cardinale Spina, il cui arcivescovado fra noi sark sempre di cara e dolce rimembranza , volle aggiungere ai tanti un nuo- vo esempio di amore, e di generosità verso di noi : affidando all' esimio nostro giovanetto pittore sig. Francesco Baratta l'esecuzione a dipinto del suindi- cato avvenimento di storia patria , perchè cosi tutto fosse genovese ciò che a questa tavola si appartene- va. Ne l'insigne porporato andò ingannato nella scel- ta a tal uopo , giacche , con universale contento ed ammirazione, vediamo condotto a perfetto fine sì no- bile lavoro in cui l'abile artista restrinse sotto un col- po d'occhio il suo soggetto , ordinandolo tutto con chiarezza ed evidenza . Un angelo raggiante avente in mano l'ulivo pacifico riverbera la sua luce sui vol- ti degli astanti , commossi da soave pietà : e il bea- to prelato in dolce estasi , circondato dai subalterni leviti, sembra che parli col messaggiero celeste, nell* atto di pronunziare l'inno di lode. Egli ha dirimpet- to i due capi delle fazioni, che, giurata la pace sul libro di vangeli, stringonsi le destre in segno di ami- sta ,, circondati dai loro rispettivi minor guerrieri , ÌBbllk - Arti i>3 tutti atteggiati in varie faggie di devota ammirazio- ne : avendo gettate al suolo le armi e le insegne del- la discordia. E bella ne apparisce l'esecuzione, per la regolarità del disegno, per la verità de' caratteri sto- rici , per la vaghezza e forza naturale del colorito , per l'espressione e verità delle diverse passioni , dalle quali sono commossi i differenti personaggi : si che chiaramente si conosce il valor dell' artista , il quale ha conta tanta espressione saputo mostrare questo trionfo della virtù di un santo vescovo , che operò veramente secondo la dignità del suo grado, conci- liando quelle due fazioni che avevano tenuta, per tan- ti anni e con si grave danno, divisa la misera Italia. Questo primo egregio lavoro, che il nostro pit- tore di altissime speranze espone al giudizio del pub- blico, ben ci conforta, ed assicura di vedere tra noi risorgere l'aurea età di que'nostri sommi ingegni nel- le arti belle, che furono di s\ gran lustro alla patria, e di tanta ammirazione allo straniero. {Articolo mandatoci) '•.< VARIETÀ' Godiamo dì ilterire quesl' aurea iscrizlonft si perchè vi si parla d'onori renduli ad un prelato rlspellabillssimo e as- sai Lenemcrllo del nostro giornale , qual' è monsignor Giu« seppe Zacchia , come anche perchè è degna opera del . celebrato professore bolognese Filippo Schiassi. XV: . KAL . CCTOBR . M . D . CCC . XlX ASCVJJ . SODALES . TRVENTIINI . IN . CO^SILIVM VNIVERSI . QVVM . C0AVE:«ISSENT . VERBAQ . FACTA àSSH.NT . AD . OFFiClVM . DECVSQ . COLLEGII PERriNERfi . V r .V.C. JOSEPHO . ZACCHIAE . PRAES TRBIS . PROVINCIAEQVE . ASCVLANAE . H0NOR HABEATVR.SlMVLQVfi.BOxNO.SPLENDORIQ . COLLEGII PROSnClATVK . PfiRROGATlS . SENTiNTIIS . ITA OMJJES . ClìNSVERV^T . QVYIVI .V.C. JOSEPHVS . ZACCH5AS . MARCH DOMO . GENVA .EQVESTRI. NOBILITATE . ADLECTVS iiNTER . PATRICiOS . ASCVLANOS . ANTISTES VRBANVS . PKAESES . VRBIS , PROVINCIAEQ . N PROVlDENTlSSlìlVS.OPTiJVlEQ.DE . REPVB . MERITVS lì A . INGENII . DOCTRINAEQVE . LAVDE . FLOREAT VT . POPVLORVM . REGVNDORVM . RATIONEIVI An^KfME . CALLEAT . DlSCIPLINARVMQVfi . AC V A E I £ T A.' '115 I.TTTERARVM . GLORIA . ENITHIT . EASDEMQVE liXEMPLO . ET . AVCTORITATE , IMPENSISSIME . FOVEAT QVVMQ . IS . COLLEGIVM . N . QVOD . TEMPORVM j^CERBITATE . INTERMORTVVM . FVERAT . INGENI CVRA . STVDIOQVE . PROPE . AB . INTERITV . A» VITAM . REVOCAVERIT ,. INQ . SPEM . PEKENNIS DIG.VITATIS . ERiXERIT . PLAGERE . VNIVERSiS . VX POSTQVAM . TANTO . VIRO . OMNIVM . VOCE ADCLAMATVM . EST .PRAESES . IDEMQVE . PATRO]NVS FERPETVVS . COLLEGIl . NOSTRI . ADSCISCATVR VTIQ . DECRETVM . IlOGGH . QVVM . IN . ACTA RELATVM . FVEKIT . INDE . DESCRIPTVM . ET, MARMORI . INCISVM . CONSPECTiSSIMO . SEDIS . N • LOCO . FIGATVR . QVO . ET . AMPLISSINl . VIRI riOMEN . ET . OFFIGII. NOSTRI . MEMORIA. IN . OMNEM POSTERITATEM . PROROGETVR . CfiNSVERVNT // sig. Clemente Cardinali , nella stia erudita opera delle Iscrizioni veliierne, reca sotto il n° X.XXf^ un bel fram- mento , di cui non dà egli la spiegazione . Ecco quella però che ne ha dato un nostro chiaristituo amico, L. MArio L. FIL .... Manca la tribù. MWimo AYKÌiUano FETlA/i BIS . CO.S ASIac PROC05 VRBS . P ... . Fona Praen. , cioè pr*«ne»lm«, PATRouo. G. A. T. K^IL 8 iiG Varietà* * esllmonl della verllà del supplemento sono la gran base del Muratori pag. Sgy, 4 » e le altre lapidi da lui riferite a pag. 354 5 4 » 2025, 5, e yig , 12 ; non ehe il frammen- to 2020 , 6 , ch'essendo capitalo nelle mani del Llgorlo , costui ne fece co'suoi fallaci e sconci rattoppi le due apo- crife , date dallo stesso Muratori pag. 3545 5 , e 719, i, AI nostro Mario spetta pure una mal copiata iscrizione , che si trova nel Kalosero Aararia roniano-dacica pag. 45. Eg'li rieu nominato da Dione pag. i343 , 49 > e pag. i35o , 32 , e segnatamente , alla prima delle dette dae pagine , ove però e da farsi attenzione , che il velut ae sì idcirco euni pracfectum urbis creasset , con quello che segue , non ri- spetta già a Mario Massimo , che le sue lapidi ci mostrano senatore molto avanti quel tempo , ma ad 0 "latino Adven- to che passò alla prefettura urbana dalla prefettura del pre- torio , ch'era , come si sa , interdetta ai senatori. Egli fu con- sole per la seconda volta nel g-jS ; e le sue iscrizioni ci attestano ch'egli solo comandò resercito contro Bizanzlo ; ondo a lui dovrà riferirsi tutto quanto gli storici narrano del ge- nerale di Severo > che condusse quel celebre ed ostinato as- sedio. Il Valesio nelle note ad Ammlano , lib. 28 e. 4 §• *4 » l'ha creduto , cerne lo credo anch'Io , quel Mario Massimo che scrisse ditfusamenle le vite degl'Imperadori da Trajauo ad Alessandro Severo , memoralo da Voplsco in Firmo cap. 1., dallo scoliaste di Giovenale sat, IV , da Sparziano in Hadria- no e. 2 , da Lampridlo in Commodo , da Vulcazio in Avi- dio , e da altri ; su di che possonsi per chiunque consulta- re il Vossio negli storici latini ^ ed il Tillemonl aj't. aS sur Vempercnr Alexandre . Fra i moderni parlano di lui il Corsini de praefeclis urbis , che malamente lo divise in due V À R I a T a' Iiy persone , facendone due prefetti uno nell' anno 853 l'altro nel 971 ; le novelle letterarie fiorentine del 174S pag. io3 i5Ji , 196 I e le lettere critiche scritte da un accademico fio- rentino ad un accademico etrusco , Lucca 1743. A lui pure spelta l'aliro frammento prodotto dal medesimo sig. Cardi- nali , n" XXXVIIIl , che dev'essere copialo poco diligente- mente , poiché non saprei cosa mai volesso dire quel VD. , •e non iua ivi p«r iVLiei, prò e OS. Asia* PROCo/. AVRlcae. VD . . . Imperocché , fra quasi dugento proconsoli dtll'Affrlca rico- nosciuti finora per chi fatica In quest'ardua materia , non vi è che costui solo , il quale abbia avuto ambedue le Pro- vincie consolari ; in grazia di essere stato console due volte, e di aver lungamente vissuto , giacché il suo primo conso- lato suffelto dee farsi senza dubbio precedei'e l'anno q48 , in cui Io vediamo già legalo della Mesia. Dal trovarsi poi queste sue iscrizioni in Velletri , derivar non si deva gran londamenlo per credere ch'egli ne fosse nativo. L'istessa rac-^ colla del sig. Cardinali è la più chiara dimostrazione del grande numero di lapidi trasportate colà da tutte altre par- li. Sari quindi meglio supporre , che l'uomo nobilissimo , o la sua fi>miglla , tenessero sul veiiterno alcuna vilU * «• vi godessero dlrilli di patronato. fi". il8 V A R I K T A* Torrnosissimcie eanis epUapìiium in cippo ijuadrilalero CATELLA . HIC . lACEO PROMISSIS . CANDIDA . PILIS evi . NOMEN TOTA DELICIVM . ET . AMANS . ADVLATIO . DOMINAE DIFFICILLIMA . PROCIS VNICO . LAETA . FVJ . PVERPERIO A . MILITE . SVRREPTA BELLO . ITALICO . INAVDAX . ADFVI PERENNI . FAVORE . INDIDEM . AGCHPTO . MEDVLLIS SVAVITAThM . NON . AMISI IN . VRBEM . PATRI AM . POST . CXXXVIII . DIES SPONTE . MEA . KEDVX NOVEM . DEINCEPS . ANNIS . FAMILIAM . HILARAVI LAVDATA . EXTREMVM . CQMINAE . LACRIMIS ABIEN9 . E . VITA ILLIS . ANHELO . TREPIDA . FESPONDI . GEMITV fOLEM . PRIMO . VIDI . AVGVSTAE . TAVRINORVM MENSE . NOVEMBRI . MDCCXCVflI YIXl . VNIS . MORIBVS . VERECVNDE . ET . MODICS AMMAM . FINIVI . ALBAE . POIVIPEIAE DIE . Vili . IVLII . MDCtCX V A R I « T 4* Il 9 ET . LEVEM . Rimi . TERRAM . DEDIT . ET . TITVLVM DOMINA VTI . NE . DE . IPSA . MINVS . BELLE . WERVISSE . DICAR QVAM . DE . VETERIBVS . FELIX . CANVM . GREX PRO . QVIBYS ET . CALVSIVS . ET . BOSGHOVICHIVS ET . l'AClAVDlVS . ET . FLAMINI VS ET . AGC0LTV3 . ET . COTTA ET . NAVGERIVS .ET . STARTI A LIS ET . IMPERATOR . CAESAr . HADRIANVS DIVI . FILIVS . DIVI . NEP03 . AVGVSTVS EPITAPHIA . COMPOSVERVNT Epitaffio di una cagnoletla della baronessa yernaxza Famoti dichiarato in prom italiana. TCuI giace la caguoleda dai peli distesi e candidi , che eb- be nome LA TOTA. Fu la delizia della padrona sua , ed amoros^ e carezzevole verso di lei. Di/fioillssini» agli amanti , non partorì che una volta sola. Rapila da un soldato , intervenne timidissima alla guer- ra d'Italia. Sbigottita dalle bavaglie fu invasa nelle midol- le dalla paura dell' armi perenne . Pur ella non perde la soarltù de' suol vezzi. Dopa cento trentotto giorni sponta- nea ritornò alla città sua patria . Per nove anni successivi lece l'allegrezza della famiglia. All' estremo dei giorni , fu lodala dalla padrona con pietose lagrime. Le vide LA TO- TA iieir uscir di sua vita : le vide queste lagrime. Ad e$« •e corrispose con dolenti anelili , e con gemiti atfeltuosi. Era nata in Torino in novembre dell' anno millesette» cento novantotio. Viss» nspaiiìva e parca , spnaa mai nau* I20 V À R 1 I T À* tar costume. Fini l'anima in Alba il dì otto di luglio tlell' anno mille ottocento dieci. La padrona volle che ikx Tota , seppellita a poca pro- fondità di terra , fosse onorata con una iscrizione : acciocché non si possa dire che la cagvioletta sua avesse con lei meri- to di minor convenienza di quello ch'ebbero con gli antichi loro padroni quel fortunati cani , gli epitaffi del quali furo* no composti dall' abate cavalier Tommaso Valperga di Calu- so , da Ruggiero Boschovich , dal padre Paclaudi , da Mar» co Antonio Flaminio , dal cardinale Benedetto Accolti arcl^ vescovo di Ravenna , da Giovanni Cotta v«uonese , dal patri- zio veneto Andrea Navagcro, da Marziale i dall' imperatore Cesare Adrian© Augusto , figliuolo adotiiro di Traiano , che era Jtato figliuolo adottivo INerva. PBL BAROKE VkrNAZZA. Y k % i & r Jl 121 •\" f » ^i Signori Compilatori del giornale arcadico. Signori li gradimento da. toI moslrato della lelLera di Paolo Ma* nuzio, col publlcarla nel fascìcolo 3°: 1823 del vostro gior- nale arcadico, mi ha lusingato che non vi sarebbe dispiaciuto di conoscere una lettera del cel. Giangiorgio Trlssiuo , che trovasi originale col suo sigillo in un codice di lettere si- milmente autografe del nunzio di Francia , del suo segre- tario , del duca di Ferrara e dì alcuni cardinali , le più di esse dirette al cardinal nipote di Paolo III , codice da me posseduto e prezioso per le brighe politiche di que'lempi' Questa del Trissino è indirizzata al suddetto pontefice , col quale si vede ch'egli ebbe molto buona servitù fig-lia pro- babilmente di quella , che I veneti editori della storia let- teraria del eh. Tiraboschi notarono aver avuta col duca di Ferrara. L'ortografia che vi adopera è quella dello nuove lettere che amava d'introdurre nello scrivere italiano vcg- gendovlsi anche l'epsilon , e l'omega. Il eh. Tiraboschi du- bitò se anche la s per lui venisse anteposta alla i seguita da vocale , ma secondo l'autorità di, questo documento può darsi la decisione per il no. A bella posta ne comunico la copia colla stessa sua ortografia , salvo che le greche let- tere per minor imbarazzo. Quanto poi quest'uomo diploma- tico non meno che letterato si occupasse del bene in grande della società potrà ciascuno rilevarlo di per se dal tenore slesso di quel che ragiona al santo padre. Può bensì dispia- cere che il suo progetto dell'unità de'pcsi e misure in tutta Italia , cui sembra riguardare il primo suo soggètto , sia italo sroarriio se pure mal lo scrisse. Poiché stando esso In islreilo rapporto con quello di trovar un campione elementare in- variabile dia ne regoli il giusto mantenimento , chi sa che il Trissino ncn precedesse il cel. nostro Cassini neirindicar- lo sulla misura d'un gran circolo della terra , operazione rettificata ed eseguita in Francia con immense cure à di Bostri ? Sono vostro ctc. Giulio C.an. Mancini Lcltera del Trissino a papa Paolo 111. *o son certo , Beatissimo Padre , che V. B.sl ricorda quan- ,, do per sua humaniià parlai lungamente c^n queJlu in Bo- ,, logna r »i circa il correggere et ordinare le monete , i ',, pesi , e le misure per tutta Italia, cosa che Tu da V, B. «, laudala ci approbata , si eliandlo circa il fare due ligio- a, ni sante per dii'fensione de la Klesia Romana e de la ,, fede di Christo , che alhora fra li altri ragionamenti che „ fece meco sì digno di conferirmi il gran desiderio che ,, hayea di accordare et unire la M. Cesarea con la M, ,, Christianissima , ci io a questo le dissi alcune poche pa- ,, parole , chel mio debole ingegno cosi a l'iniproviso mi ,, porse ; ma dapol venuto al paese , e pjù e più volte ,f sopra lai suo bellissimo desiderio meco medesimo ri- ,, pensando , mi sono soccorse alcune vie , modi , e i-a- ,, gionl li^ quali a me pajono bonissime el agevolissime da ,, poter fare lale accordo ; el unione fermi e durabili, per- ,, ciò che eon la prudentia et aulhorlla di V. B. poiran- 5, no «isere facilmente persuase a le loro M., il che sarà di V À R I E T jL' 123 ir ,, molla gloria a V. S. e di molta utllìla a rimo e Tal- „ Irò de le M, loro , e sopra lui io graie e sommamcnle ,, salubri a tutta la repca. Cl)rii!i;ina. Perdo che la here- ,, sia lutherana sarà per tale Liuioiie rlnluzala , e forse spcn- ,, ta , e la rabbia de Inrclil fla repulsa , e forse superata ; la ,, onde quantunque V- B. sia piena di magnanimità , di ,, sapienlia , e di grandezza , e di bontà .... penso che ,, questa sua sola operationc; accrescerà tanto la fama e 1» ,, grandezza di quella , elici mondo giudicherà , che per ,, essa habLia vinto se medesima di alteza ; Ma perche la- ,, li mio cogilalloni mal si possono commettere a la scrlt- (, tura , si per lo pericolo che non fosseno inleixetle , e ,, fatte poi operatloni contrarie , si etlandlo perche dlcendo- ,, si queste ragioni con la viva voce, a molli dubbii si po- ,1 tra rispondere, e si potranno dikiarare e comprobare mol- ,, te pirtlcularlla , che con Io scrivere non si può fare . ,, E pero quando a V. B. non spiacera di intenderle, »i ,, degnerà di farmene fare un minimo motto , che aihor» „ o con pia lunghe e più diffuse lettere , o preseniialmen- ,, te a bocca , secondo che quella giudicherà esser meglio, ,, mi sforzerò di farijele manifeste . Et in questo mezo bà- ,, so i piedi di V. B. et a quelli mollo e molto mi rac- ,, comando , et hximllmcnle la priego a tenermi per suo ,, servo , come sono , pcnrioche essendomeli una volta de- ,, dicalo e donato , voljo in qualunque loco e stalo , cU'io «, mi sia , esser sempre di V. B , e della sua IllnstrissI- ,, ma e gloriosissima famllja mentre ch'Io viva. Da Marrano il giovedì a IX di febraro del MDXLII D. V. B. ,, HUMILLIMO SIRVO GlOVAWGEOKGIO TlUSSIMQ» il ella bulla canzone del sig. conte Maichetii , pubblicata nel volume passato pag. 582 segg. , è slato tralasciato per eiror tipografico il secondo terso d«lla strofe quarta , Il qua- le è questo : Tal porge ajulo , di' egli alla salita Sono parimente occorsi gli errori : al v. 3 della strofe medesima , del salir Invece dal salir , - al v. io. della me- desima , le voglie , Invece di sue voglie - al v. 7 della quia la, baise e torte , Invece di basse o torte. 123 su nuovi Errori occorsi nelVarticolo del sig. conte Selopis frammenti del codice teodosiano pubblicali del cel. Pejron ERRATA Del volume pacalo Pag. 357. lux. 4 Orlentuliiira ,; « i.m g Plutarco „ 0S9 nella noia — 2. Ammlstrazlono „ 340 •- 1 Goiilfredì ,, -~ — IO Doucat ,, — — 3i Sclerader ,, — — Si lafel „ 34* — 2 Sa^i^ay ,, — — 25 liaubole Il 342 — 26 aecara zzate „ 543 — i3 vi trorana ,, 355 — 02 einistra ,, 54S — 27 eucliilca ,, — ,- 01 omnium ,» 548 -•• xo provveda »» 349 -- -f prudenliam 9j -T — 9 errorum • r ~ *■- 10 palllur „ — — Ti manslrabit 1, 35o — i3 pagale ,, — __ (j6 liberi t> 35 1 v 11 clvltalls CORRIGE Orlentalium Plutarco Amministrazione Goiofredl Domai Schrader Tafel Savlgny Hauhold accozzate vi si trovava sioistra enclitica oraniu provvida prudentium errorem patletur monstrabit pagali libero civltatei ,, — — aS è 1,1 jccoada parte è la seconda ,, — .. ay TJiodosius Theodoslus ,, àùu -» 28 Authenslo Anlhemio ., — — 2^ Scylas Scyras t, — — 00 coninxciani coniunxerant t, 355 -• * 1 corum eorum In lutti i Iriogi dorè si è stampato ScilL deresi leggere Sciri ft 554 — ab' nazionali razionali Tabella dello stato del Tevere^ df sunto dcdl* altezza del pelo d'acqua sulF orizzontale del mare, usservato aW Idrometro di Ripetta , al mezzo giorno. Jprile 183 4- GIORISI. METRI. PALIMI KOMAJMI USùIìRV AZIONI. 1 7' 40 35 1 2 2 8, 28 07 0 54 5 2 Altezza massima 9, 92 3 7. 70 5 4 9' 9^ 44 4 3 6 8, 4^ 57 9 3 6 8, 10 56' 3 0 7 7' 70 34 5 5 Altezza mi 11 ima 6, 73 8 7. 7^ 34 6 1 9 7, 21 32 3 2 IO 7' 17 6", 81 02 t 1 11 5o 5 4 Allciza media 7. 45 12 6, 75 00 2 5 i3 6-, y5 5i 1 a »4 6, 90 5i 0 1 i5 6", 91 So 1£ 0 ID 6, 89 00 10 0 *7 7. 00 Si 3 5 i8 7, 60 SS 6 4 »9 8. o5 4o 0 5 ao 8, 95 36 5 3 21 7, 60 54 0 1 22 7, i5 32 0 0 25 6, 85 So 7 4 24 6, 92 Si 0 0 1 25 7, là 32 0 0 26 7, 65 54 S 2 27 7, 55 02 IO 5 28 7, 00 Si 3 5 29 6, 85 5o 7 4 o« 6, 75 54 7 1 Ostervazioni Meleorologìehe /atte alla Specola del Colleg. Re Aprile i824« MATTINA G10R?^0 SERA 2 G O I 2 3 4 5 6 8 Bar 27 ometro Term- Iq,., Barometro Terra. Igr. Barometro Term. 3 8 7 7 4 5 3,16 0 0 39 I 27 27 5 9 6 1 IO 2 0 20 8 4? 8 27 27 7 9 0 0 4 7 0 2 -7 8 t) 8 3 25 4 27 7 4 12 4 45 5 27 9 I 8 0 ^7 10 8 3 7 5 4o 3 27 IO 9 9 q 5o 7 27 11 3 6 q a;i io i) 0 22 2 27 10 1 6- 8 25 5 27 lo I 4 0 -7 27 10 b b 2 21 2 27 IO 5 8 IO 8 ~3 34 8 27 11 2 6 0 1 1 2 6 6 3i a a? 1 1 0 4o 2 27 11 0 6 2 ^7 II 0 7 3 24 2 27 10 4 IO 6 4. 2 27 11 3 q 0 y 27 1 1 0 6 3 25 2 27 10 0 1 1 fi 4i 4 27 9 8 7 0 1 27 8 7 5 9 19 0 27 8 3 10 4 35 5 27 8 4 7 2 ^7 7 ò 7 2 22 5 27 8 3 IO 5 3i 0 27 8 9 6- 2 ^7 10 0 7 7 25 6 27 IO 3 10 6 3o 4 27 11 8 7 3 i5 28 0 0 7 7 25 6 28 0 6 i3 K .1 8 28 0 5 9 8 28 0 4 9 0 20 2 28 0 4 i3 4 33 1 28 0 0 10 2 27 1 1 3 11 3 23 6' 27 IO 8 1 5 4 43 4 27 10 3 9 q "^ y 9 9 19 2 27 9 I i6' 3 49 9 27 8 6 11 «9 27 8 8 0 10 8 i3 7 27 8 6' 12 q 4o i 27 8 3 8 2 27 _9_ 10 9 7 4 23 0 27 8 9 14 i3 8 ~6 39 2 27 9 8 10 5 27 28 28 28 28 27 lo 2 4 6 5 24 0 27 IO 8 49 8 27 11 5 q 8 7 7 45 0 28 0 9 1 1 6 52 5 28 I 7 7 3 2^ 3 3 1 0 ? 0 9 45 2 46 0 28 28 2 3 9 4 i3 i3 2 8 00 3 28 28 3 3 4 0 9 q 0 2 1 3 7 10 8 0 0.6 0 i4 0 36'8 28 27 27 2 9 lo 8 0 9 i4 IO 9 2 1" 52 I 29 4 28 27 27 1 9 7 5 10 8 0 0 -7 28 10 I 1 1 0 i3 47 5 11 2 II 2 i 2 9 0 37 0 28 1 3 17 0 58 2 28 I 3 12 0 28 28 28 0 2 9 4 8 q 8 2 25 0 3i 5 28 28 1 3 3 I x6 i8 7 0 5'^ 00 7 49 1 33 8 28 28 2 3 3 0 12 12 3 , 3 . 3^ 28 28 3 3 8 1 1 1 1 4 2 24 6 24 1 28 28 3 2 I 7 .5 i5 7 9 28 28 2 9 4 12 II 1 '. ■" '^^"" Osservazioni Meteorologiche falle alla Specola del ColU'^. Homi Aprile 1^2 L\. s.p.u- s.it. s.p. ■2 20 1 5 2 0 2 sS 1 i5 0 5o 0 i5 0 i5 1 0 3 24 1 48 4 1 2 2 2ZÌ 4 0 a 33 3 i6 2 8 3 0 2 3 2 3>'? 3 23 3 1 1 2 28 2 0 2 4 3 3i 3 48 3 4 3 3o 1 4 1 me.lib, irii. p.li, ir. ma. gi-.leiu lei'. tra. ira. m.lìb. ìiiez. po.mu. s,r, ira. m.lih. ir. ma. Uh. m.sir. ira. ira. irli. Uh. mez. ira, j:gr. ir.m. tr.ni. ira. poii. del Cielo ■p.n. s.n. s. p. il. p. II. n. 11. S. II. s.p. s. p. GIORNO Pica Vento 3 ^la^let'.sir. 2 6 oo8 o o4'5 2 007 o 1 2Ó' o o6g o ut) 0 022 1 010 lìKies. pò. ma. ir. ma, lei', pon. gr.lei', m pon. i me. Uh. 1 ni vie.Uh, 1 0 024 ' po.lih. 2 1 068 ir. ma. m 4 i3. 024 me.L'.b. 1 ni me. Uh. ni Uh. ni me, Uh. i Uh. i m me,sir, i lr,m,a. \ m tr.ma. 2 ^'•«. o /wes. o po.Ub. 1 6 io5 po.nia, i m SERA Stato del Cielo Vento p.s. p. fi. . p. s. s. p. il. 11. p. s. . p. u. Il, p. Il, p.n, tra. tra. pon, 1 Uh. i pon, 1 me.lih, 1 2 m 1 m tra, r,lei>, ira. Ira. pon. lei'. ira, tra. Uh, lei'. Uh. mez liti. Uh, 1 me.lih, i po.lih, o lib, 1 po.lih. i ira. 1 tra. tra. ira, pon, ìue2. Ira, 1 m I m tra, pon, pon. poH, pon, poit. Meteore P'og-9.2. piog.i.g. pio». .2, e; iieb. • n.fp. o. "•p2-9ér? Piog.g piog. 9.2. P'og-5- piog.g. neb» IMPRIMATUR. Si videbitur Reverendissimo Patri Sacri Palatii Apostolici Magistro. Jos. della Porta Patr. Constantinop» Vicesaereiis. NIHIL OBSTAT. Petrus Lupi Med. Coli. IMPRIMATUR. Fr. Philippus Anfossi Sac» Palatii Apostolici Magister. ti5ii SCIENZE Suite detonazioni detta isola di Meleda'. lettere del JD. Z. Stalli. Ragusa per Antonio Martecchini iBaS. Estratto. \_Jlie i ragusei abbiano in ogni tempo coltivato con successo le belle lettere e le scienze non v'è alcuno che possa dubitarne ; sono troppo noti i nomi dei Cu- nicli , degli Stay , dei Zamagna , dei Boscovicb , e di tanti altri uomini celebri; ma che vi sia anche og- gidì chi scriva in italiano con eleganza e purità di sti- le e intorno fenomeni naturali , una prova ce ne som- ministrano le lettere che qui annunziamo. Sono que- ste al numero di quattro e si aggirano sulle detona- zioni che si sono udite più volte nell' isola di Me- leda non meno che sopra un forte tremuoto che ha avuta luogo in Ragusa. L'oggetto che ha avuto in mira l'A. nel pubblicarle è stato quello di sommini- strare, mediante la circostanziata narrazione del fat- to , sicura traccia alle investigazioni , ed ai ragiona- menti dei naturalisti. È Meleda una delle isole dell* adriatico lunga ao. miglia da Levante a Ponente e larga 3. nella mag- gior estensione, e giace sotto il grado 43* di latitu- G.A.T.X.XJL 9 t^ S e I S H I K dine settentrionale. Ha nel mezzo un vallone su cui sorge un villaggio detto Babinopoglie , ed il quale è da alte montagne di ogni dove circoscritto , da quel- la parte all' infuori di Maestro tramontana, ove esse in una lunga e stretta gola si fendono , che si apre fino al mare. Nel giorno 30. marzo 1833. verso le ore cinque della mattina cominciarono a sentirsi in Babinopoglie forti colpi che si credettero di cannone, i quali pro- ducevano grandissimo tremore nelle porte ed invetria- te delle case del villaggio: se ne contavano 30. e 3o. per giorno, e durarono per oltre due mesi. Erano più sensibili a Babinopoglie che altrove , e si propagava- no sebbene a gran stento fino all' estremità dell' iso- la. Per quante ricerche fossero fatte non fu possibile di determinare il preciso luogo donde partivano. Nin- na meteora luminosa fu veduta sopra Meleda o nel- le vicinanze di essa; ninna scossa si udì di tremuo- to. Dov' era dunque la sede di queste operazioni ? L'A. e non senza ragione crede che potesse essere nel mare vicino piuttosto che nell' isola. E siccome gli efletti erano simili a quelli dell' accensione della pol- vere da schioppo ; cosi non anderebbe forse lungi dal vero , egli dice , chi altribuisse siffatte detona- zioni ad altrettante eruzioni di sottomare di enormi bolle di qualche fluido gasoso , che svolto nel seno della terra dopo aver attraversato la massa delle acque sovrastanti nel mescolarsi all' aria atmosferica producesse e dilatamento e detonazione. Ammesse le sopraddette eruzioni sul piano del mare al di fuori di quell' isola diventa agevole la spiegazione perclie le conseguenze delle detonazioni fossero da per tutto minori che in Babinopoglie. Le onde aeree eccitate dallo sviluppo subitaneo del gas inalveandosi per dir cosi per quella gola che si apre Isola di Miuda: i5S per Maestro-tramontana , e non incontrando nella lo- ro progressione alcun' ostacolo fino alle montagne che fan cerchio al vallone non è maraviglia se contro ad esse esercitassero la loro finale azione e ne produ- cessero il massimo effetto. E che veramente la loro direzione fosse da quel punto di bussola è mosso l'A. a crederlo dall' osservare che soffiando vento di scilocco , corrente atmosferica totalmente opposta a quella , le detonazioni erano piìi sorde e meno operos?. Passarono trenta giorni senza che tali detona- zioni si facessero sentire in Meleda ; ma ai io. di Ago- sto ricomparvero con uno scoppio straordinariamen- te sonoro che riempi di terrore tutta quella popola- zione : alcune altre se ne udirono ancora in appres- so fino ai i-y. dello stesso mese, scorso il quale la quiete primitiva fu al tutto restituita. Ciò che più sorprende però si è che mentre ave- vano luogo le detonazioni nell' isola di Meleda , un foltissimo tremuoto atterrò la citta di Aleppo, e nuo- vi scogli sursero nel Mediterraneo nelle vicinanze di Cipri. Questi avvenimenti avranno avuto alcuna re- lazione fra loro ? Non mancano altri esempj di si- mili fenomeni accaduti nel medesimo tempo in regio- ni fra loro immensamente distanti , ma non è cosa sì agevole lo spiegarli. Dopo che da più mesi erano cessate le detona- aioni neir isola di Meleda un fortissimo tremuoto si fece sentire in Ragusa stessa nella mattina dei n. ago- sto dell' anno sequente iSaS. alle ore 5. e io. minu- ti. Tre furono le scosse , le quali per essersi succe- dute con istantanee intermissioni furono generalmen- te prese per una sola , e durarono 20. minuti secon- di. L'impulso fu verticale , e non passò quella mat- tina senza che due altre scosse leggere una alle ore 7^ l'altra alle 8 ly^. accrescessero il terrore causato daj- 9* / i34 S e r E jf ? b; la prima. Limpido era l'aere, ed un piacevole vento di tramontana spirò in tutta quella giornata. Nel- le prime ore della sera , la quale benché placidissi- ma era scura più che la serenità del ciclo non 3em- brava patirlo , apparirono piccoli lampi a poca al- tezza dal suolo. Il mare non presentò alcuno di quei fenomeni che sogliono o precedere o accompagnare , o succedere a simili avvenimenti : se non che i pescato- ri che erano in vicinanza del lido in quel mezzo tem- po del tremuoto videro i pesci uscir a galla dall' acqua e taluni lanciarsi fuori, e capitombolare come hanno per uso i cefali , allorché si vedono abbarrato il pas- so d'ogn' intorno da reti. Gran costernazione vi fu nei polla] ; tutti i gatti fuggirono dalle casf , ne alcuni di essi prima della sera di quel giorno , ne altri prima del domani vi ritornarono; fu veduto qualche cane in atto di vol^r correre avvicinar la testa alla coda , e urlando cader per terra. Narrano i sudditi ottomani che i cavalli delle loro caiuvane si sparpagliassero, e che tristi e dimessi non volessero per tutto quel giorno prendere alcun cibo ; narrano inoltre che po- chi momenti dopo il tremuoto quantità di uccelli di ogni maniera prorompesse dai vicini boschi , ed or qua or Va volteggiasse a stormo per l'aria quasi che avesse paura di venire in comunicazione colla ter- ra. Le quattro sorgenti della valle del Gionchetto che confluiscono nell' acquidotlo che mena alle fontane di Ragusa s'intorbidarono: in più luoghi del circo- lo grandi congerie di rottami di pietre precipitaro- no dai monti. Ognuno può formarsi l'idea dello spavento che simili scene dovettero produrre sull' animo di que- gli abitanti avendo ancora sotto gli occhj i tristi avanzi di (juel terribile tremuoto accaduto nel 1GG7. 1 Isola di Mki-eda i35 Altre scosse si fecero seuLire più volle n(?llo stes- so mese di agosto , e nel seUembie , ma più legge- re , ed in tutt' i predetti giorni regnarono impetuo- si venti or di greco-levante , or di maestro-tramon- ta a mal grado de'quali il cielo vedevasi copej'to or qua or la di nuvole procellose , che sembravano sta- zionarie nel luogo della loro apparizione. Dai risultamenti che ne se Sci 8 N Z E Loiiato : come pure si trasforma in acido carbonico ed acqua , trattato a fuoco nudo unitamente ai deutossido di rame; dalle quali cose risulta non en- trare r azoto fra i suoi elementi , ma esser questi bensì l'idrogeno l'ossigeno ed il carbonio. Non presenta in fine veruna azione palese so- pra le tinture bleu vegetali ; ne queste la sua mer- cè ricuperano il color turchino, perduto che l'abia- no per l'azione di un'acido. Veniamo ora alla seconda parte che più da vi- cino interessa il medico pratico : ove pria d'ogn'altro resta snocciolato tutto quello che spetta alla storia medica del pepe in sostanza : e con accuratezza e precisione si enumerano gli autori che l'uso ne pre- conizzarono , e se ne riportano le opinioni. Prendendo ad esame siffatto soggetto metodica- mente , dai tempi pii!i remoti fino ai nostri ; parte il C.** Autore dai Greci cominciando da Ippocrate che raccomandò l'uso del pepe nelle flatulenze , nelle odontalgie , ed in alcune affezioni delle genitali mu- liebri ; e termina con Paolo d'Egina. Fra i latini no- vera A. C. Celso, primo nel suo tempo a valersi di questa sostanza nelle febbri intermittenti : trascrive molti versi cantati in favore del Pepe da Quinto Se- reno Saiumonico; e finisce con le autorità di Ottavio Oraziano , Costantino Africano , e Scribonio Largo. Giungendo agli arabi ne passa a rivista le opere da Avicenna fino a Serapione giuniore , di cui forse il Pepe , non ebbe piìi generoso panegirista. Finalmen- te discorrendo dagli ultimi tre secoli fino al presen- te , mostra che pure in tal'epoca fu tenuto da mol- to sì fatto farmaco ; lo che dimostra con riportare le autorità di non pochi scrittori , cominciando da Ruel- lio che scrisse nel i543 fino a A'^irey ed a Green che scrissero nel i8ao. Del pbfsmno i4^ N^ gik con un nudo elenco d'autori pone ter- mine a questo capo , ma bensì s'impegna con tutto il proposito , nella indicazione degli usi medicinali del pepe nero non solo , ma benanco del Inngo , e del Cubebe; ponendo sempre a contribuzione le mi- gliori opere , massime de'moderni che su tali sostan. ze abbiano impreso a trattare. Dalle quali cose tut- te deduce per corollario , ch'essendosi adoperato per tanti secoli , e da tanti pratici illustri il pepe nero come pure altre specie ; si può avere non equivoco argomento della sua efficacia, e con tanto più di fi- ducia abracciare l'uso del peperino. Da queste generali premesse scende il C" Auto- re pili d'appresso al suo assunto nel capo settimo, presentando nuovi fatti e nuove deduzioni sulla uti- lità del pepe nero nelle febbri intermittenti . Si fa cosi riconoscere per il primo che realmente di pro- posito siasi impiegato nel richiamar dall' obblio il di lui uso, avendone instituito sperienze sopra 200 ma- lati : dalle quali , comechè dirette con la maggiore oculatezza , derivarono non poche conseguenze prati- che , senza la conoscenza delle quali spesso fallireb- be il buon successo del farmaco. Così a cagion d'esem- pio egli conobbe non doversene mai precipitare l'am- ministrazione , convenendo prima purgare od emetiz- zare l'infermo se vi son segni d'imbarazzo gastrico ; senza di clie si esacerberebbero piuttosto i sintomi , e si ravvicinerebbero gli accessi , in vece di alleviarsi e distruggersi. Perchè dunque l'esito ne sia felice , prepara egli anticipatamente l'infermo come convien- si , temporeggia se fa d'uopo , e quindi amministra per due o tre volte nel tempo d'apiressia da 8 a la grana di Pepe intonacate con mucilaggine di gomma arabica ed asperse di polvere di liquirizia, onde far- ne riuscire meno ingrato ringojamento. Aumenta poi l44 S e I > rr z K generosamente la dose nelle febbri di antica data , e la ripete fino al punto di debellarle; come costante- mente gli venne fatto , ancorché fossero accompagna- te da spaventose fisconie , e da cattivissimi tempe- ramenti. Ciò premesso; afTin di vie meglio stabilire l'effi* cacia del nuovo farmaco nelle febbri d'accesso , di- manda a se stesso il G° Autore , se la maniera con cui questo agisce , sia stimolando ovver deprimendo; la qu.ll questione trovandosi di necessita collegata con quella della natura delle febbri , cioè a dire se steniche queste sieno od asteniche ; su di questo ar- gomento puranco presenta un qualche proprio pen- samento. Ne sembrino tali cose fuori di proposito ; che anzi assai giuste, secondo lo stesso Autore, deb- bono riguardarsi sotto quell'aspetto che ricever pon- no dall'odierna dottrina medica d'italia, della quale lo stesso sig. Meli scolaro un tempo ed amico dell' illustre Rasori, dice esse seguace; ma con quella se- vera filosofia che dalla dottrina stessa splende ed emana. Riguardo dunque al primo quesito , sulla natu- Inra cioè del medicamento; assai di dilTicolta s'incon- tra per cogliere il vero spirito dell'Autore, nelle mol- te pagine che v'impiega. Comincia egli col dire che saria stata necessaria cosa ed indispensabile quella di conoscere la natura delle febbri per le quali si ado- pera , lo elle a noi manca : parla quindi da teoi'eti- co , fa mostra di spirito , e termina concludendo con le seguenti parole - Lo stato attuale delle nostre co- gnizioni sulle febbri intermittenti , non ci permette di determinare la maniera di agire cosi del Pepe ne- ro, come di tutti gli altri medicamenti cui si da il no- me generale di febrifugi — Dopo di ciò sembrerebbe J)«n dichiarato il parere del C." Autore ; ma pure Dkl pipemno r^S non è COSI , giacche poco dopo riprende a dire • st un gran numero di scrittori segnatamente antichi ac- cordarono al Pepe nero facoltà eccitante, molti pur ve ne sono e di autorevole nome e moderni, i quali lo riguardano come rifrescativo - Ed in conferma poi dell'azione sua rinfrescativa o deprimente, s'impegna a ragionare in modo, tanto con proprii quanto con altrui raziocinii , che facilmente si scorge molto pro- penso a considerarlo come tale. Tosto peraltro cam- bia argomento , e dice dover'essere noi paghi di scor- gere in questo medicamento una virtù febrifuga , non sapendosi decidere a quale delle due classi di azioni debba riferirsi quella del Pepe , a somiglianza di al- tri non pochi medicamenti. D'indi in poi ragiona mol- to , sulla natura stenica ed astenica delle intermit- tenti, per dar quindi su di questa la sua teoria ba- sata sull'azione specifica dei medicamenti antifebrili. Questa teoria che modestamente come gli altri suoi raziocinii , dice doversi riguardare quali dubbi; in altro non consiste se non nel credere le inter- mittenti il risultato dell' azione specifica del miasma palustre ; per liberarsi dal quale la natura impiega degli sforzi interrotti costituenti gli accessi ; e que- sti sforzi dovendo essere in proporzione della quan- tità, del miasma e dello stato delle forze vitali , ri- sultano le varie specie di febbri ora semplici ora perniciose ec. ; e quindi per troncarle richiedersi uno specifico , che neutralizzi o distrugga il miasma stesso. Se bene tutto ciò che si è detto riguardo alla virtù febrifuga del pepe , si crede dal c° autore ap- plicabile pure a quella del peperino e dell' olio acre ; pure nel capo 8. e 9. viene a infrancare questa opi- nione con una serie di esperimenti , praticati in ter- gane , terzane doppie, e quotidiane, dai quali ere- desi autorizzato a trarre i seguenti corollarii. L'azio- ^t^ S e I « K I K ne del peperino h sicura nel curare le febbri di ac- cesso , ed snergica in modo da superare l'attività del- la clilna e di tutt' altro febrifugo. Il suo uso non e seguito da triste conseguenze , tranne qualche bre- ve e passagglera smania ; un pò di peso e calore di capo ; leggiero brugiore alle fauci e calore allo sto- maco. Questi incomodi si affacciano solo nel momen- to in cui dovrebbe ritornare la febbre , tutte le vol- te che questa resta a dirittura troncata ; e conseguen- temente si posson prendere per annunzio di guari- gione. Si lubrica il ventre e si rende attuosa la se- crezione delle orine. La dose necessaria per ottene- re la guarigione nei casi ordinarli , varia da uno scru- polo ai due e mezzo. Finalmente debbe considerar- si la virtù febrifuga del pepe, come risiedente nel peperino. I citati esperimenti essendo di più convalidati da quelli puranco del dot. Pietro Coatti , e da quel- li del dot. Ignazio Brandolini , parrebbe che dubbio non potesse cadere in mente all' autore sulla enun- ciata conclusione , che al peperino debJìa il pepe l'azio- ne febrifuga. Egli peraltro , perchè esaltissimo nelle sue indagini , piuttosto che incerto delle osservazio- ni, volle pure ricercare qual fosse l'azione febrifuga dell' olio acre. Plporta quindi varii casi di guarigio- ni ottenute con questo alla dose di una dramma , e conclude da questi dovergllsi pure attribuire la vir- tù antifebrlle , se bene in grado minore. Muove dub- bio peraltro se cotal virtù gli sia propria , ovvero gli venga comunicata da quella plcclola dose di pe- perino che sempre vuol rimanervi unita. E cosi fat- to sospetto lo fa poi passare allo stato di quasi cer- tezza ; riportando due sperimenti comparativi tra il peperino e l'olio acre, nei quali 1 malati presero del- le dosi fortissime di quest'olio, giniigcudo fino a /[O scrupoli onde ottenere Teffetto ; mentre uno scrupo- lo e mezzo soltanto di peperino era stato bastante. Esclu- so quindi il di lui uso nelle febbri, passa nel capo so ed ultimo a raccomandarlo piuttosto nella dispepsia neir anoressia , e nelle flatulenze stomacali ; dopo di aver concluso di nuovo sulla facoltà assoluta del pe* perino nelle febbri periodiche , e di averlo conside- rato sotto l'aspetto economico , nel quale fa manife- stamente vedere col calcolo , doversi ancora per tal riflesso preferire alla china ed ai suoi solfati. Ci rincresce non poco che per legge di brevi- tà, non è dato di far conoscere altrettante cose, pur d'attenzione degnissime : per cui pò rremo termine coli' avvertire il lettore del desiderio ardentissimo in cui siamo, che queste sperienze abbiano gli stessi felici ri- sultamenti nelle mani de' pratici sperimentatori -. lo che al dire dello stesso autore nel suo epilogo posto alla fine dell' opera , non dovrà fallire , tosto che s'intra- prenda l'esame da quelli che saran scevri di quaiun- que prevenzione , e saranno penetrati soltanto dall' amore della scienza e della umanità. F. F. Osservazioni siiW osmazoma* AL cu. SIG. PKOFfiSSOR MORICHINI. o. ccupandomi fin dai primi di agosto dell'anno scor^ so della preparazione dell' osmazoma per un perso-» naggio di molto riguardo, ottenni insieme con questo principio animale un' altra sostanza, la quale mi sem» ira non essere stata indicata da alcun altro chimico,^ G.À.T.XXII. IO i^S S e I e 19 2 e e su cui desidero perciò eli' ella mi dia il suo savio parere. Il metodo che io ho seguito per la prepara- zione dell' osmazoma e quello stesso di Thenard ; ne potea abbracciarne alcun altro , sapendo essere sta- to riconosciuto dalla maggior parte de' chimici per il più semplice , e nello stesso tempo per il più esat- to. Presi pertanto della carne fresca di bove , la sepa- rai dalle ossa , dal grasso , e dai tendini , e dopo averla divisa in piccoli pezzi, la misi in infusione nel tri- plo di acqua comune in un vase di terra verniciato per lo spazio di quattr'ore, avendo la cura di spes- so agitarla. Passato questo tempo separai la carne dal liquido, la sottoposi ad una leggiera pressione, eia misi nuovamente in altretanta quantità di acqua, e ripetei ancora per la terza volta la medesima ope- razione . Riunii tutti li liquori ottenuti in un vasc d'argento , e li sottoposi all' ebullizionc. Fu separata tutta l'albumina che si andava coagulando per mez- zo del calore , e fu continuata l'evaporazione del li- quido sino a consistenza di sciroppo ; lo filtrai allora per un pannolino, e dopo raffreddato lo misi in un vase di vetro a digerire nell' alcool puro per 24 ore affine di poter separare V Osmazoma dai sali; filtrai quindi la soluzione alcoolica per carta emporetica, e la rinchiusi in una boccia munita di turacciolo sme- rigliato. Occupato in altre faccende non ripresi l'ope- razione che dopo alcuni giorni, ed allorquando ver- sai il liquido per farlo evaporare onde ottenere VOs" mazoma, osservai che al fondo, ed alle pareti del va- se si erano depositati alcuni cristalli aciculari , i qua- li risvegliarono tutta la mia curiosità ; Li separai per- ciò con diligenza dalla soluzione alcoolica , li feci asciugare , e mi posi ad esaminarli in compagnia dell' Eccmo sig. Dot. Carpi. I caratteri che questi cristalli presentano sono ì seguenti. S(7LL* OSMAXOMICO «^Q Hanno un colore bianco giallastro, ad occhio nudo assomigliano nella forma a tante punte di aghi, ma osservali col microscopio di Amici sono prismi quadrilateri assottigliati in aniLedue l'estremità , e ter- minati in punte acutissime ; alcune delle quali sono tagliate obliquamente in senso contrario. La loro lun- ghezza non è maggior di vina linea, e mezza. Si sciolgono facilmente nell' acqua, nell' alcool, neir acido solforico concentrato , e nell' acido nitrico senza decomporsi. Sciolti neir acqua cambiano in rosso la cart* tinta col tornasole , e si neutralizzano perfettamente coir ammoniaca, colla soda, colla potassa. Col muriato , o idroclorato di calce, col nitrato , ed idroclorato di barite danno un precipitato bianco abbondante; lo stesso ha luogo quando la soluziona acquosa è saturata dall'ammoniaca. Un eguale precipitato si ottiene coli' acetato, e nitrato di piombo, col proto nitrato, e deutoclorato di mercurio ; e col nitromuriato di stagno. La soluzione dal tartaro emetico non viene alterata. Formano un precipitato grigio giallastro col ni- trato d'argento e col protosolfato di ferio. Coir acetato di rame producono de'flocchi di un color giallo verdastro. Il jodo messo a contatto con i cristalli, di cui si tratta, li fa divenire d'un giallo cupo. Riscaldati leggermente in una piccola storta cre- pitano, si rigonfiano, si fondono, sviluppano un odo- re grato di carne arrostita , e lasciano per residuo una sostanza bianco grigiastra solubile nell' acido ni- trico senza effervescenza. Trattati ad un fuoco di una lampada a spirito di vino in un tubo di vetro , e coli* apparato a mercurio, hanno somministrato del carbo- nato d'ammoniaca piroleoso , dell* acqua , del gas aci^ IO» l!)0 S e I K N Z K do carbonico, un olio denso che si vedeva galleg- giare sul mercurio, ed un carbone lucente che restò attaccato alle pareti del vetro. L'odore di carne arrostita , lo sviluppo dell' am- moniaca, dell' olio , ed il residuo carbonioso sembra- no provenire da un poco di osmazoma mescolato ai detti cristalli, mentre se questi vengano prima pu- rificati col carbone animale non somministrano tali pro- dotti. Berzelius ha ammesso l'esistenza di un acido li- bero nella fibra muscolare , e crede che sia l'acido lattico ; ma i caratteri della sostanza acida da me rin- venuta sono ben diversi da quelli dell' acido lattico.. La medesima sembra piuttosto avere qualche analogia coir acido ossalico, ma presenta alcune proprietà che non si accordano neppure con quest' acido. Dovrà dirsi dunque che la fibra muscolare del bove contiene un acido particolare che accompagna, V Osmazoma^ Io non oso tirare ancora una tale con- seguenza, fino a tanto che altri chimici non abbiano ripetuto le mie sperienze. (*) Sono pieno di stima e di rispetto ec. Pietro Perktti. ■ili ■ MI! Ili ■ Il II I 1 111 .1 ■ I , (a) Appena che il si^. i^^retli ebbe la bontà di comuni- carmi i risultamenti delle sue ricerche sopra i distaili acidi da lui rinrcuuii nella soluzione alcoolioa dell' osmazoma , io mi proposi di ripetere le sue sperienze in una lezione sperimentala sopra le sostanze animali , che io do?ca da- re nel laboratorio chimico della università il di 26. Giu- gno di quest' anno commettendo allo sleyso sig, Pcrelti col- laboratore di chimica la. preparazione della sostanza acida , fh« doveva servire alla rlpetirione di queste sperienie , ch'ebbe diflatti luogo questa mattina. La sostanza acida tratta dal sig. Perctli dalla soluzione altoolici^ àfìVosnìazorìLO, era iuanile»tamenl« mcicolata 0 cou^n SULL* OSMIÉOMA i5r binala con una porzione di questo principio che sì rìco- nosccTa chiaramente all'odore suo proprio , quando I cri- stalli grezzi si riscaddarano in un tubo di vetro ; quindi sé ne poteva interire che i colori dei precipitati delle solu- zioni metalliche ne fossero modificati. Consigliai dunque dì depurare col carbone animale i cristalli in questione , e di paragonare i loro effetti chimici con quelli dell'acido ossa- lico puro , del bi-ossalalo di potassa , del bi-ossalalo di so- da , ed il sig. Peretti vi aggiunse anche quello di ammo- niaca. Le apparenze dei precipitati ottenuti con queste so- stanze nelle soluzioni metalliche di piombo , e mercurio , ed in quelle dei sali solubili di calce , e di barite forouo pres- so a poco simili a quelle esibite dalla soluzione acquea dei cri- stalli depurati col carbone animale, ma le soluzioni di proto sol- fato di ferro, e di nitrato di argento presentarono apparenze di- Terse. La prima dette un precipitato di un bel giallo-canario con le soluzioni di acido ossalico , di bi-ossalato di potassa , dì soda , e di ammoniaca , mentre con la soluzione dei cri- stalli acidi del sig. Peretti depurati col carbone animale la soluzione ferruginosa era precipitata in bigio con una leg- gerissima apparenza di giallo , quando II liquido in precipi- tazione si guardava a luce l'ilratta. La soluzione del nitra- lo di argento per lo contrarlo era precipitata in giallo-ca- nario delicato dalla sostanza acida del sig. Peretti > ed in bianco perfetto dalle soluzioni di acido ossalico , e dai bi-ossa- lali alcalini. Dal che si vede che la conclusione del sig, Pe- retti della non perfetta identità dei suoi crls'.alli con l'acido ossalico ( col quale però hanno multe proprietà comuni ) è giu- sta fino ad ora , e che sono necessarie nuove sperienze par conoscere esattameute la natura del nuovo prodotto da luì trovato nella soluzione alcoolica di osmazoma. A queste spe- rienze noi attenderemo Insieme subito che avremo ottenuta una quantità un poco più considerabile della sostanza addai Li aG. Giugno i834- ifa LETTERATURA Parnasso degr italiani aventi volume 5 1 . Poesie di Tommaso Gargallo marchese di Castellentini. Pi' sa presso Nicolò Caparro 1824. I l Parnasso degl* italiani viventi, die incominciò acl imprimersi nel declinare dello scorso secolo , conta già cinquantuno volumi di composizioni poetiche, e a di- spetto dei sarcasmi , e delle aspre critiche dei moder- ni aristarchi , unisce molte pregevoli produzioni , e farà sempre testimonianza che i nostri tempi non so- no stati poveri di belli poetici ingegni. Il volume che annunciamo , e ch'è il cinquante- simo primo, contiene le poesie del marchese Gargal- lo. Questo valoroso traduttore di Orazio ha voluto ri- vedere, e ritoccare le sue giovanili poesie già da mol- ti anni publicate, e sempre più arricchirle di grazia, e di gentilezza. Fra queste fanno bella mostra di lo- ro molte dolcissime anacreonticlie , fra le quali alcu- ne poche sono cosi brevi , che potrebbero chiamar- si piuttosto vezzosi epigrammi. L'a. nello scrivere ana- creontico ha avuto singolarmente in mira di dipin- gere la vivezza delle passioni, e di muovere gli af- fetti con dipinture, che spirano tenerezza, e verità, onde ha voluto, die parlasse più il core, die Tinge- gno. Quindi ha fatto uso moderatissimo della mito- logia, e deir applicazione delle favole ai suoi con- PoBSl» DI PARNA93© l53 cetti, quindi non ha abusato di quei paralelli mito- logici, die troppo frequentemente adoperati diletta- no più l'ingegno , che il core. Tutto spira nei suoi versi semplicità, tutto spira delicata natura. Parrà spes- so al lettore , che siano communi i sentimenti , e si lusingherà , eh' egli stesso in eguali circostanze , avreb- be egualmente cantato. Ma chi conosce le muse sa quan- to costi l'ottenere quest' apparente facilità, senza ca- dere in ordinarie idee, in ignobili modi di dire. Dodici Idillii vengono appresso alle anacreonti- che, sei odi, ed alcune altre poesie di vario genere, alcune delle quali annunciano dall' argomento che so- no state pili recentemente scritte. GÌ' Idillii anch' essi trattano per lo più argomen- ti amorosi, e diversi sono marinareschi. Forse alcu- no vorrà opporre , che negli idillii abbia fatto uso di metri anacreontici , ma tanto vasta e la regione degl'idillii, che quest'obiezione si rende totalmente su- perflua. Gentilissimi sono i quattro idillii sulle quat- tro ore del giorno, e benché abbiano tutti merito gran- de, molto e apprezzabile la facilita con cui nel duo- decimo intitolato Leucippe ha saputo in sestine sdruc- ciole dipingere a Leucippe il torto , che ebbe nel da- re la preferenza alla roraorosa città sopra i boschi quieti e tranquilli. II dare un estratto di una raccolta di disparati componimenti è impossibile , quindi saremo contenti di presentare al lettore un saggio de' varii generi di componimenti , e questo basterà ad invogliarlo di gu- stare inteeamente quanto è contenuto in questo volume. Benché fra le anacreontiche sia dall' autore col- locato, proporremo come un epigramma pieno di gra- zia il presente. l54 ]L « T T K R A T U R A A D A ]tf O & E. Se sdegni che il mio core Per Fillide si accenda , Quando io rincontro, Amore Prestami la tua benda. La seguente anacreontica a Lalage racchiude vaghi pen- sieri espressi con facilita. A Lice IifGSNifA. Virglnea dbmitus sagitta. Horat. ode 4- l« ^^ Tenera verginella, Tu non intendi ancora Quel che la vita abbella Degli anni in sull'aurora. Se il cor non pria tei diccy Dirtelo a me non lice. Que' tuoi scherzi innocenti Parlano a tutti i cori, Di quegU ingenui accenti Sol tu la forza ignori. Solo il tuo core , o Lice Ancora a te noi dicCi Un pargolelto amore Il più gentil di Guido Sta nel tuo picciol core, Qual eolombin nel nido^ Pigola appena o Lice, Ne il core ancor tei dice. Grandeggerà fra poco E scuoterà la face, Divamperà quel foco POESIK DI PARNA.S50 l35 Ch'ora in te chiuso giace; Sola trionfatrice Fia tra le belle Lice. Che acerba or sei mi duole, Ma quando e gesti , e sguardi E lagrime, e parole Saran saette, e dardi, Dirò fui più felice Quand' era ingenua Lice. Nel duodecimo idillio crediamo che gradevole sarà al leggitore il rilevare con quante belle imagini abbia egli espresso la differenza tra la vita semplice , e cam- pestre, e la vita cittadina, e come abbia ai pensie- ri accoppiato leggiadrissimi versi. Idillio XIL Leu CIP P E. O voi cui diede il ciel fra boschi vivere Sola de l'uom primier cura e delizia. Or che, se nega intero fin prescrivere Da pur tregua al mio duol stella propizia; Me pastor nuovo deh! vogliate accogliere Che vengo il canto in queste selve a sciogliere Dove finor men vissi, e qua m'avvolsero Fra cittadino mar tempeste orribili * Me fausti numi al rio periglio tolsero Ne più ne temo i procellosi sibili. Terra beata, ed a malvagi inospite Tuo fedel sarò sempre amico , ed ospite. Qual muta voce, die pur giunge a l'anima Ha del bosco il silenzio! Oh qual imagini Di natura la ^cena avviva, ed animt! «5G LcvTiRArvRA Da qua veggorai fuor cupe voragini! Vane larve sinor a me composero Di voluttà lo spettro , e'I vero ascosero» O diva pace, e fia mai ver ch'io nomini Tuo nume , ove a te sorge ed ara e tempio? Cara felicita sola degli uomini Che fuggi l'orgoglioso , e abborri l'empio , Sì, le sol mira il pastorel sorridere Cui piace teco i giorni suoi dividere. Qui dato è air uom l'arcana fiamma scorgere Clie in ogni luogo spandesi, e s'insinua. Onde poi di perire, e di risorgere L'immortal tutto bee virtù continua. Tu ne se' fonte o sol ; tu raggio etereo Penetra Pale, e Uran, Vulcano, e Nerea» Tu invermigli la rosa , e tu trascorrere Fai la vita ne' fior, che i prati adornano r S'ode per te mormoreggiando scorrere Il rivo , onde più grati i sonni tornano, Ruota per te pura , e feconda l'aria D'innata forza produttrice , e varia. Ma quanto il fai più vivido rispleudere Negli animati petti , ora che domina L'alma stagion, che suol natura accendere Di vital forza e'I pigro ghiaccio abbomina; Ama, concordi gli elementi e^^clamano, E l'uomo, e i bruti odon la legge, ed amano» Ne le verdi del prato erbette tenere , E ne l'acque , che limpide zampillano Or nuovi filtri da la bella Venere I pingui armenti a fecondar s'instillano; E in quel muggito , onde il torello invitano » Sin le giovenclifi il dolce istinto additano. O Leucippe, Leucippe, e quale insania La tua fu mai! pari a balea tralussero Poesie di Parnasso tìj Que' sogni che formar l'infida pania E lusinghieri'! facil cor sedussero , Tu ne abbagliasti 'ncauta , e'I bel ricovero De la pace chiamasti abbietto , e povero. Te qui vedrebbe or meco assisa'l margine Del fresco rio , che i Zeffiri careggiano Cui doppia fan lasciva sponda , ed argine Gridali mirti , che su l'onde ombreggiano , E a noi più cari di temuta reggia Sarebber questi campi , e questa greggia. Fra le campestri amenità s'avvivano I piacer veri , che spuntar tra'l fremito Di superba citta timidi schivano , Ove la gioja è breve, e lungo il gemito; O v'odia il cor mentre le labbra ridono ; Avvelenan le lingue , i baci uccidono. Vegghiar le notti , e mai veder i gemini Spettacoli maggior , che'l mondo adornino, Come di rose il ciel l'Aurora semini , E'primi raggi a sfolgorar ritornino , Viver fra gare , insidie , error , nequizie Favor menfiti ; ecco le tue delizie. Per te dipinti fior prati non smaltano Ne soavi d' Aprii favoni spirano ; Non belan agne , o cervi , e capri saltano Non d'amor vero ingenui cor sospirano. Pur di vani piacer fame ti strazia Tanto cupida piti , quanto più sazia. Volano gli anni, e'I fero duol , che premere Or sento il cor, con gli anni fia che termini» Ma di ben altro duol dovrai tu gemere , Ne sperar che in te brama allor rigermini Di queste selve. A Frine è vano augurio Che da Bauci a morir , scelga un tugurio. Cav. Gjo. Gnjeravbo Pi'Re«ti i58 Sulla educazicnc , e direzione de* grandi conserva- torj^ Lettera della marchesa Ginevra Canonici Facchini. Mia b uo li a a :u i c a. D opo aver fatto un lunghissimo giro , mi è perve- nuta finalmente la vostra lettera, alla quale io rispon- do passate già sei settimane, essendomi trovata fino ad ora nella totale impotenza di scrivere una sola ri- ga, in causa di gravissima malattia: e poi, chi so- no io mai da credermi atta a porgervi consiglio in- torno ad argomento di tanta rilevanza? Se il buon volere, da se solo, potesse operare efiìcacemente , oh vi assicuro, mia dolce amica che non avrei ad in- correre nella taccia di negligente: ma il buon vole- re, in questo caso, disgiunto da utili cognizioni, e da un intelletto atto a determinare un sano giudizio , e appunto come il sole d'inverno , che si mostra sen- za riscaldare. Ad ogni modo , poiché voi lo volete , ed espressameute me lo comandate , eccomi a farvi noti tutti i miei pensamenti; ed essendo io per carattere pochisrimo tenace della mia opinione , lascio al giu- stissimo vostro criterio l'approvarli , o il rigettarli. Voi avete visitate le vostre figlie da voi collo- cate nella casa di educazione di .... ed avete frui- to del dolcissimo conforto di averle seco voi al vo- stro alloggio in tutti i giorni , nei quali vi siete trat- tenuta a .... , quindi esaminando le persone , che sono incaricate della loro istruzione , ed i progressi da esse fatti negli studj , avete trovato , che le istruttri- ci sono tutte o quasi tutte inglesi, francesi, o tede- Educazio^tk hi' coNSKRrATORj 159 sche : ed i maestri di ballo , di musica , di disegno so- no professori della citta: che Giulietta vostra giunta air undecime anno appena , conosce per eccellenza la cosmografia , la geografìa universale , la mitolo- gia, la storia sacra, greca, romana, quella di Fran- cia, di Spagna, e finalmente quella della nostra Ita^ lia: elle ella parla la lingua francese, la tedesca, li spagnuola : carità , balla, suona, disegna , ricama : die a Carolina innoltrata vieppii^i in tutte queste cogni- zioni , ed addestratasi in alcuni elegantissimi lavori di mano , dail' undecimo al sedicesimo anno , nuli' altro resta da imparare; e quindi ne viene il consi- glio delle istruttrici di ritirarla presso di voi. Per rispondere adeguatamente , e con aggiusta- tezza, io dovrò prima stabilire alcune massime, le qua- li saranno dipendenti tutte dalla prima e più essen- ziale ; vale a dire , dal determinare a quale scopo debba servire la nostra educazione : ed eccovi co- me io la penso intorno a questa massima. Senza escludere un genio preponderante alla vi- ta contemplativa , un amore di silenzio e di pace , che inspirato in alcuna di noi dall' autore del tut- to , la guidi a consagrarsi al chiostro; certo egli è, che il voto della natura ci cliiama generalmente tut- te air onore di portare il titolo rispettabile di spo- se di madri , e ad adempirne tutti i doveri. Il celibato però , cotanto adottato dagli uomi- ni a giorni nostri , le guerre , l'avarizia de' parenti , le malattie , e mille iraprevedute circostanze, lascia- no languire una gran parte del nostro sesso privo di un compagno; quindi scema d'ogni gioja, che lo sta- to maritale ne arreca : e spesso l'irreligione , l'immo- ralità , e l'ignoranza lungi dall' offrire nel marito una guida ed un asilo , pone al fianco un oppressore , un distruttore della pace, un obice possente alla buo^ na condotta de' figli, l6o LKrrKRATVRl Perchè una donna possa dirsi perfettamente edu- cata , egli è quindi necessario , ch'ella sia messa ia istato di poter rendere felice tutta la JìnmigUa del- la quale do\>rà far parte , coli' adempimento esatto d'ogni dovere di figlia verso li suoceri, di moglie e d'amica col marito , di tenera e saggia madre coi figli : coir accudire sempre ilare attiva , e bene istrut- ta , al disbrigo dell' amministrazione interna della sua casa , alla prima educazione de' figli maschi , all' edu- cazione intera delle femmine : altrettanto che nel pre- starsi con nobile , ed amaliile contegno ad ogni qua- lunque social dovere : perchè una donna possa dir- si perfettamente educata , bisogna che ella sia posta in istato di poter bastare a se stessa , se la sorte la condanna al celibato , o la morte del marito ad im- matura vedovanza: deve poter servire di conforto a se stessa , di risorsa alla famiglia , s'ella avesse mai t lottare contro le avversità , e la miseria. E la vita nostra, purtroppo , una successione non interrotta di mali ; la fortuna non è stanca mai d'aggirare la sua ruota; chi sta in pii!i alto grado è sovente piiì vicino a cadere , e chi non ha l'animo pre- parato alle avversità , diviene vittima miserabile del suo rigore. Ciò posto , io passerò a parlarvi dei metodi , che io credo i migliori : e primieramente dovrò ralleg^rar- mi seco voi , perchè all' amor vostro siano state ac- cordate le vostre figlie lungi dalla casa nella qua- le stannno esse per esservi educate: voi siete degnis- sima di questa fiducia ; ma questa fiducia che a voi si accorda, non potrà non essere accordata ad ogni altra madre ancora ? . . . . Per quanto si avesse a tacciarmi di soverchia rigidezza , io non cesserei dal dire, che la educazione non dev'essere interrotta , e che un'ora sola e bastante a guastare l'opera di mol- Educazione dk' coitservatorj i6i ti anni. Io so bene , che quelle figlie dovranno tut- te essere finalmente affidate ai loro parenti ; ma oltre cVegU è vano Topporsi alle leggi della necessita , re- sta poi anche molta speranza di risorsa nella educa- zione già perfezionata , la quale consolida le buone massime nella mente e nel cuore della gioventù. A voi è noto , che in tutte le epoche ho biasi- mata la scelta delie istruttrici francesi , inglesi , te- desche , etc. allorquando non siano esse da lungo tempo stanziate in Italia , e non ne conoscano per- fettamente la lingua , l'indole , ed i costumi ; per- chè gli usi delle altre nazioni , sebbene salutari , debbono necessariamente essere addattati al clima , ed al carattere della nostra nazione , per non riu- scire perniciosi ; ricordandoci sapientemente Boezio Severino che quel che appo una nazione è giudica' to degno di lode , appo l'altra si giudica de^'io di gastigo (i) , perchè il coabitare continuo con per- sone , il di cui accento e le di cui frasi non siano puramente italiane, pregiudica alla conoscenza vera ed importantissima della nostra lingua : ma fatte , dirò COSI , connazionali con lungo uso d'abitare in Italia , io stimo opportunissimo l'accoglierle per in- segnarvi le rispettive lingue tedesca , francese , in- glese etc ; come stimerei essenzialmente ottimo lo sce- gliere dalle scuole delle grandi Città delle giovani bene accostumate , e d'illibati costumi , per insegna- re il ballo , il disegno , la musica , la pittura etc. , le quali giovani dovrebbero coabitare nella casa di educazione , e sotto le generali discipline , ottenen- done così due vantaggi importantissimi , primo de' (i) Boezio Screrlno della consolazione della filosofìa Ira- due. del Varchi edlz. del fiassaglia Venes. lyiò 1. a. f. 5o, l03 LsTTIftATUai quali egli è che tutte le persone ohe debbono con- correre all'educare, siano animate dagli stessi prin- cipi : ed il secondo di scemare per quanto si può, la comunicazione coU'esterno , sempre pericolosa , dif- ficilissima sempre da essere sorvegliata. Inoltriamoci ancora , e non dimentichiamo che una donna dev'essere (Vajiito e di risorsa alla fa- miglia ed a se stessa : dev essere di decoro , e d'or- namento alla società. Io dividerò in tre l'epoche della nostra educazione : dal settimo al decimo anno la prima : dal decimo al decimofpiarto la seconda ; dal decimoquarto al decimo ottavo la terza. A formare l'altrui, e la propria felicita sono so* lidissimo fondamento sanità , e virtù : cibi semplici, sani , e ragionevolmente abbondanti , allegria , aria aperta e salubre, spesse passeggiate alla campagna, esercizi adattati alla tenera età , e somma nitidezza , costituiscono felicemente la prima : viene stabilita nell' anima , nel cuore , ed approvata dalla ragione la se- conda , mediante l' insinuazione di buoni [precetti , e col mezzo dello studio. Quanto allo stadio però , io sono di opinione, che pel nostro sesso si debba usare molta parsimo- nia in questo primo stadio della vita, anche per la eccessiva mobilita dei nostri nervi ; e perchè spesso avviene nelle menti delle fanciulle pel soverchio stu- dio , ciò elle nel loro stomaco accader suole pri so- verchio cibo. Quindi io mi adoprerei della prima età felice , nella quale le animette molli siccome cera ricevono facilmente ogni qualunque impressione , a stabilire in esse la virtiì per siffatto modo , da non essere can- cellata più mai : e ad ottenerlo , sarà ottimo avve- dimento di saggia cultrice l'internarsi fino dentro al cuore ed alla mente della sua allieva , lo che fa- EdUCAZIOI^S 6K' CONSKRyiTORJ lG3 cllmente può ottenersi col saperne destramente gua- dagnare la fiducia , col sorvegliarle continuamente , e più allora ch'esse si credono meno sorvegliate » o perdio cercano di nascondersi all'altrui vigilanza, o perchè tutte intente al giuoco , ed ai trastulli : finche pensa a divertirsi , anche la più scaltra fan- ciulla non credendosi osservata , si abbandona alla propria tendenza ; ed è allora che l'ostinazione , li stizza , la prepotenza , la bugia , i vizietti tutti na- scenti vengono in iscena , ne la bontà del cuore , la leata dell'animo , e la pazienza stanno nascoste ; l'ingegno ancora si mostra , e spesso dall' osservato contegno fra' di loro , si ricavano norme utilissime per guidarle a seconda dei diversi caratteri , primo essendo degli errori nella educazione quello di di- struggere r opera della natura : le naturali perverse tendenze vanno piegate al bene , poiché limitandosi a soffocarle soltanto , germoglieranno esse più rigo- gliose nell'età della forza e dei pericoli : quindi mol- tissima destrezza ci vuole , perchè conservando sopj* di tutte quel generale sistema di educazione che ren- de impossente l'invidia e la gelosia , si pervenga * trovare mezzi convenienti al carattere di ciaschedu- na , essendo evidentissimo , che il troppo rigore ado- perato colla timida , la farà pusillanime , e che la somma dolcezza adoperata a prò di un carattere as- pro ed ardito , lo render'a vieppiù intrattabile , ed orgoglioso. Nell'ordine fisico V armonia , ed il bello viene spesso costituito da due principi opposti ; ed il buo- no, anzi l'ottimo nella nostra educazione, vuol esse- ra stabilito da due virtù opposte in apparenza, dico dalla fermezza e forza (T animo , e dalla dolcezza : che àd^H fermezza ne venga la prudenza, la lealla, la fedeltà , la costanza , rinìtancabilita , l'amor deli* G.A.T.XXIL II 1G4 LKTT«RA*t7»A ordine , e del giusto , la intrepidezza : e dalla dol- cezza la pietk verso Dio e verso il prossimo , la mo- destia, Tamor conjugale e materno , la sobrietà , la moderazione , la umiltà : e clie queste tutte siano vir- tù per eccellenza essenziali nel nostro sesso , io me ne appello a quanti padri , a quanti mariti vi sono: pongano gli uni , e gli altri una mano sul cuore , vi troveranno giustificata la mia proposizione , e sa- rà convalidato , che la nostra educazione deve avere per base >» Dolcezza e forza d'animo. Ad insinuare quindi molta yòrztìt congiunta alla soas^ità , giova pur tanto l'infondere nella mente , e nel cuore delle fanciulle la idea di Dio : oltre la co- gnizione del dogma , e de' precetti dell' augusta reli- gion nostra , primo degli studj necessarj. Facile egli e molto il far loro conoscere la grandezza e la bontà, di Dio , che si manifesta in tutti gli oggetti , che ci circondano; e quindi opportunissimi a quella età so- no gli elementi della cosmografia congiunti sempre alla cognizione delle cause d'alcuni effetti fisici , die più cadono sotto gli occhi nostri, quali sono per esempio il giro delle stagioni , le nubi , la pioggia , il gelo , la gragnuola , le brine , la nebbia , la rug- giada , i tuoni , i fulmini , i terremoti , l'eclissi etc. Le quali idee generali debbono essere seguite da quelle degli uomini , e delle cose , come delle cam- pagne , de' monti , dei fiumi , de' boschi , del mare , delle isole, degli animali , dei mestieri , delle mani- fatture , degli utensili etc; ed approfittando di que* momenti , nei quali quelle animette pieghevolissime sono esaltate da un racconto , da una vista che le ricrea , e i sensi loro stanno inebriati in qualch» innocente piacere, ajutandole a sviluppare que'senti- menti d'ammirazione, di fiducia , e di riconoscenza verso Dio , che non ponuo non essersi generali ; dcesi EDtJCAZiO.tE Dk' CONSlllTATOIlJ l65 ìnfallibilmenre infondere netl* anima loro dolcezza e coraggio . Chi onora Iddio perchè lo ammira e lo ama , si appoggia a lui senza riserva , e con quel genere di fede che da vigore alle nostre azioni , e le rende libere, ed imperturbate. Queste idee preliminari degli uomini , e delle co- se, insegnate il più die si può per via di dimostra- zione , ajutano poi anclie grandemente allo studio del- la geografia e della storia , la quale non presentan- do, generalmente , che una serie di vizj e di delitti» sovente non abbastanza puniti , io credo pericolosis- sima alla prima età; ed è quindi che alle indicate pre- liminari istruzioni io non aggiungerei fino al deci- mo anno che le seguenti cose : i.° Le regole gram- maticali della nostra lingua italiana , studio essen- zialissimo, a.° la formazione di un bel carattere to- scano chiaro , a tutti intelligibile : "ò.^ tanta parte del- la scuòla di ballo, quanta giova a comporre in beli* acconcio la persona , ed il passo , ed a presentarsi con graziosa disinvoltura : e finalmente aggiungerei un'adattata istruzione dei primi , e più necessarj la- vori d'ago , omettendo di aggravare più oltre una etk , che abbisogna d' infiniti riguardi per formare una felice costituzione fisica. Egli è circa il decimo anno che si osserva nelle fanciulle un fenomeno generale : la riflessione , lun- gi dal progredire , s'arresta , e sembra alcuna volta decrescere : gli studj , gli esercizj tutti , che esigo- no lunga occupazione , e pazienza , le rende inquie- te ; eppure sopportano senza pena un lungo e gra- ve affaticarsi della memoria; anzi la loro memoria ia quella età opera prodigi , ed è dalla sola memoria , che si deve riconoscere tutto ciò , che esse appren- dono in quella età. Il lG6 tiETTlRATlTRA Havvi una causa essenrialissima di questo fe- nomeno : il sommo orgasmo nel quale trovasi la maccliiai in quel periodo della vita , manifestato nel^ la sproporzione della membra , nella eccedente vi-r vacissima attività , prezioso dono del Cielo per olii sappia accortamente , e prudentemente usarne. Lo scrivere epistolare facile e purgato nella lingua italiana , la cronologia, la storia generale ap- plicata alla geografìa , e dando principio dalla Ita^ lia , la mitologia applicata alla storia , con quella saviezza e sobrietà che e necessaria a non corrom- pere il cuore ed il costume , le quattro prime ope- razioni aritraeticlie , gli elementari principi di quelle lingue vive che sono adottate dall' uso generale , siano quindi le occupazioni nelle quali debbono es- sere impiegati questi quattro anni della vita ; e non saranno perduti. La musica istrumentale , ed il disegno , debbono accordarsi come compenso del molto affaticare della memoria; al disegno farei sem- pre precedere qualche cognizione di geometria , co- me quella , che essendo un complesso di ragiona- menti , ajuta a sviluppare la ragione ; ma perchè forse sarebbe precoce il tentarlo in qu(3Sto periodo turbinoso della vita , mi limiterei almeno alla geo- metria descrittiva. Finché le forme di una fanciulla non siano be- ne consolidate da un felice sviluppo , egli è som- mamente pericoloso l'adoperarla ne' lavori di telajo : in conseguenza ci vuole molta accuratezza nella scel- ta delle macchine utili ai lavori , e sarà sommamente prudente il continuare ancora ad addestrarla nei la- vori d'uso domestico d'ogni sorta , ed in tuttociò , die può eseguirsi sulle ginocchia, e senza appoggio delle braccia, o soverchio abbass.auìeuto piii dalVuaa, 0he dall'altra spalla. Quanto al carattere morale , egli h circ^ il do- dicesimo anno che si comincia a conoscere sovra ogni altra cosa , se una fanciulla inclina a quel ge- nere di spirito orgoglioso o leggiero , che ben lun- gi dal costituire una donna gioj'a , e delizia della famìglia , ornamento ed onore della società ; suol farla spregevole ai buoni , precipizio della casa ma- ritale : la vanita femminile si manifesti sempre sot- to l'una, o l'altra di queste due tendenze ; facili a vincersi, ove all'orgoglio non vada unita aspiezza di cuore, ed alla leggerezza quél certo genere d'apatia, che rende la donna fredda ed insensibile alle altrui sciagure : l' occhio accorto di saggia cultrice deve osservare questo periodo , come il piiì pericoloso nel- la educazione. Giunge frattanto il decimo quarto anno , epoca nella quale da chi accuratamente sorveglia , si può con facilita conoscere a quale classe di studj , di la- vori , e d'esercizi propendano i talenti , il genio , e le forze fisiche e morali di una fanciulla. Ogni buon padre, ogni madre brama che là sua figli'V divenga perfetta in ogni genere di studio, e di lavori , nel ballo , nella pittura , nella musica , ini ogni cosa in fine; ma ogni padre, ed ogni madre che sia dotata di sana ragione , deve confessare t se stessa , che questi esseri enciclopedici sono raris- simi , e che additata la via del sapere , sta precisa- mente nelle mani della providenza l'indirizzare una fanciulla pii!i per questa , che per 1' altra strada : ben egli è certo , che sprezzare ingratamente i dó- ni di natura è un fare onta all' autore supremo , che gli ha accordati : e quindi, se si rinviene in una giovinetta somma attitudine ad imparare le lingue y compiuto che ella abbia lo studio delle lingue vi- ve reso oggimai necessario , può essere ammaestrati r68 L « T T K n a x u a nelle lingue dotte; se inclina tal'altra alle belle let- tere , deve in quelle essere addottrinata ; devono tut- te giunte al quattordicesimo anno essere poste iu istato di estendere nella propria lingua , principal- mente, una narrativa, una domanda ragionata, una risposta, sciogliere delle oLbjezioni, o dei problemi: devono conoscere delle scienze quanto basta a sen- tirne parlare senza sorpresa , e ad apprezzarle : ne si tema di renderle troppo saccenti , poiché questi lu- mi gioveranno anzi mirabilmente a far loro conosce- re, quanto si richiede di dottrina a pervenire inte- ramente al sublime delle scienze , e quindi niun or- goglio concepiranno del proprio limitato sapere. A questa età giunta una fanciulla , può dedicarsi mag- giormente alla pittura , o alla musica , se ad esse sentesi portata dal genio ; ne può temere d' alcun rischio l'amorosa educatrice accordando alle giova- netto dotate di bella voce e sonora V aggiungere alla musica istrumentale la vocale ancora; e di accop- piare a questi ornamenti i lavori elegantissimi d'ogni maniera di ricamo anche al telajo; perchè felicemente superato il corso delle grandi operazioni della na- tura , nulla più resta a temere. Dolce di cuore, ferma di carattere , docile mer- cè l'uso incessante di ubbidire, atteggiata dal ballo leggiadramente la persona , ingentilito ed illuminato lo spirito da utilissimi studj , regolato il famigliare discorso da conoscenza vera della nostra lingua, non ignara delle straniere, ammaestrata nell'esercizio delle due arti sorelle, fatta suscettibile di assaporare ogni genere di sana lettura , e di avere grata la compa- gnia dei dotti , non può una giovanetti non dive- nire delizia della /amiglia , della quale dovrà far parte ; risorsa a se stessa , ornamento alla società. EdUCIZIOXK Dk' COKSIRVATORJ ì6g Qui sembrare potrebbe a taluno perfettamente compita la femminile educazione : al mio sottomesso parere restano però due punti quanto essenziali, al- trettanto , forse , finora non abbastanza tutelati : sono questi , la pratica per ben allevare i fanciul" li , e la solida conoscenza delV interna amministra- zione d* una fami olia . All'uno ed all'altro oggetto mirabilmente si presta la istituzione dei grandi con-* servatorj , ove giunta una giovane al sedicesimo an- no , e compito oramai il corso degl'indicati ammae- stramenti, può quasi esclusivamente dedicarsi a que- ste pratiche : la classe infima delle bambine può essere sorvegliata dalle allieve più anziane ; posso- no ivi essere occupate ne' primi rudimenti affine di avvezzarsi alla materna pazienza; e la vigilanza del- la personale pulizia delle bambine , e la direzione della loro buona condotta, e le minute e delicate cu- re per la loro salute , e l'assistenza nel tempo di non contagiosa malattia , può divenire la piij im- portante loro occupazione; quanto bisogno non han- no le fanciulle nella prima età di un'attenzione qua- si materna ! quanto utile non deriverà egli alle gio- vani allieve , dall'essere per tempo accostumate all' esercizio di s\ importanti materne cure ! . . . . Offre la istituzione dei grandi conservatorj ogni mezzo il più comodo , ed opportuno alla istruzione dell' interna amministrazione d'una famiglia : poiché somministrando ivi tuttocciò che l'annuo mantenimen- to riguarda, ed il vestiario , e l'intero mobiliare, ogni genere di biancherie , e tutto insomma ciò che può abbisognare ad una grande famiglia, si richieggono molte persone impiegate nella contabilita , nella guar- darobba, nella distribuzione delle giornaliere sommi- nistrazioni ; ed in conseguenza possono in ciaschedu- ao , ed in tutti quésti rami essere adoperate come per I^O LlTTlRÀTOJli ajuto, le giovani giunte al sedicesimo anno, non esclu^ dendole dalla sorveglianza delle inservienti, artico- lo importantissimo a bene apprendersi , ed a trattarsi. La nostra famiglia è il nostro regno , ed i pia- ceri domestici , e le occupazioni clie tendono a ren- dere lieta e comoda la vita di quelli che noi amia- mo , sono piaceri durevolissimi , soli veri piaceri!, san- tificati dalli religione, dal dovere, dalla natura : egli è perciò molto importante che viua giovane li pre- ferisca ad ogni altro piacere; che le divengano lo stu- dio il più caro , l'ocaipaiione più imjjortante della vita : il vizio si asside pur troppo spesso presso l'ozio e la ignoranza, ma una giovane per siffatto modo accostumata , non ha a temerlo. Sara dunque savissimo, giunte che siano le alun- ne alla indicata et» , ammaestrarle nelle superiori ope- razioni aritmetiche , della regola del tre , di quella d'in- teresse, e di falsa opinione, e cosi addottrinate occu- parle nel tenere esatti registri delle spese, usandole a giudicare della bontà, e dei prezzi dei diversi ge- neri, della natura ed importanza dei contratti: deesi allora adoperarle nella formazione dei preventivi , e consuntivi , destinandole altresì in certi tali giorni , alle giornaliere somministrazioni . Le distribuzioni dei lavori , e dell' occorrente per eseguirli , la sorveglian- za alla guardarobba , sia per l'annua manutenzione, che pel generale scandaglio de' mobili , delle bian- cherie, del vestiario, d'ogni cosa, sarà un secon- do esercizio; ed un grande conservatorio offrirà sen- za dubbio locali ampi e comodi alle filande di ca- Tiepa, lini, sete, alla fabbrica di tele, di molti ge- neri di drappi di seta e bavella , di lavori in lana od altro; spaziosi cortili atti alle imbiancature ,. como- di recipienti per la formarione dello diverse tinte y e mille altri oggetti opp^rtunissimi tutti a fornire Educakioni de"" conssrvatoej fyi tuttociò che occorre al bisogno , all' utile , al deco- ro. Sara quindi utilissimo il far loro conoscere que* pochi elementi di chimica pratica che sono necessa- ri , come per esempio , dei corpi semplici , degli ef- fetti della luce , degli acidi , delle terre , degli al- cali , dei sali , dei composti vegetabili , come di og- getti dei quali è duopo adoperare con giustissima criterio per le imbiancature , e per la formazione dei colori : dovranno esse conoscer pure le materie in- fiammabili , per trarne utile alla opportunità ; ma piìi ancora per evitare a se stesse , alla propria famiglia , e sovr' ogni altro ai fanciulli mille pericoli. Quanto alla storia naturale , abbisognano esse di qualche utile cognizione riguardo alle sostanze me- talliche , come quelle che servono alla conservazione dei generi necessarj ad una famiglia , ne saranno git- tati alcuni lumi intorno a certe spezie di vegetabi- li, ed al modo di usarne nelle tinte dei diversi drap- pi , e neir uso della medicina domestica , senza dub- bio appartenente ad una buona madre di famiglia •- sarà essa forse disprezzabile la conoscenza delle dro- ghe, del modo di conservarle, e di preparare tutto- ciò che in genere di composti spiritosi, di aeque, di con- serve, di confetture, è tanto utile e grato in una fa- miglia ? L'ornare con eleganza e buon gusto una came- ra, il disporre una tavola per la colazione o pel pran- zo in beli' ordine , il fare gli onori di un invito , non deve essere ignorato da una fanciulla interamente edu- cata; e tutto può farsi senza che le leggi più severe della riservatezza , e della prudenza , nonché restino violate , siano menomamente offese. L'invito di alcu- ni parenti in certi tali giorni , l'intervento de'supe- riori , dei direttori, ed oggi a queste domani ad al- tre accordando il rango di padrone, e direttrici del- 17» JjKTTKKkTtiKk la festa, tutto h combinato: si accostumano per tal mo- do al vivere socievole , con quel genere di modesta disinvoltura che allontana infiniti pericoli: un certo imbarazzo è spesse volte fatalissimo, perchè gli uo- mini per la più parte sanno pur troppo trarne partito. Eccovi il poco che io posso dirvi intorno ad un argomento vastissimo, che dovrebbe essere trattato da una mente di gran lunga più illuminata della mia : infiniti metodi si potrebbero offrire utilissimi , appog- giati a queste idee preliminari , ed addattati alle di- verse circostanze di tempo e di luogo : ma nuli' al- tro m'accorda di dirvi la necessaria brevità d'una let- tera: aggradite il poco, e credetemi. L'affettuosissima vostra GiNKVRA Canonici Facchini. Di due celebri dichiarazioni di quel verso di Dan^^ te n Che alcuna gloria i rei avrebber d'elli ». JL ensa il cav. Monti , che qui alcuna gloria si deb- ba intendere niwia gloria , e che i rei , i dannati rifiutano in inferno la compagnia di coloro , clie vissero senza infamia e senza lode , perchè quindi niun onore ad essi ne nascerebbe. Ma il cav. Dio- nigi Strocchi è d'avviso , che sia l'inferno che ri- fiuta i rei , intesi da lui per coloro che senza lode e senza infamia vissero , perchè non debitamente riceverebbero qualche gloria da elli , cioè da esso inferno. CóMENlO A DaXTK 1^3 Ecco die per l'uno e per Taltro de'chiarissi- mi espositori il principio del comento si appoggia alla voce rei : ond'è che dalla conoscenza di que- sta voce dee quella nascere del vero concetto dell' Alighieri. È dunque da vedere di chi ella sia propria. E primieramente , ciò che riguarda il comento secondo, non sembra ch'ella possa convenire agli uo- mini infingardii che nella intenzione del poeta sono appunto coloro , che senza lode e senza infamia vis- sero. Minosse nel secondo cerchio esamina le colpe , giudica e manda le dannate auims al luogo d'inferno ch'fe da esse. Se gl'infingardi non furono al giudizio, ne si è pronunziato sopra essi il decreto della dan- nazione ; come son rei ? E che in questo giudizio è da porre il vero essere di dannato ne da , fra le al- tre, certissima prova il canto primo del Purgatorio: laddove a quelle parole di Catone : dannati venite ? Virgilio risponde : Minos me non lega. Ma senza que- sto , gl'infingardi fur dal poeta detti cattivi , sciau- ratij non rei. Cattivo e sciaurato per lui non è dunque altro che il vile, il dappoco, il neutrale, l'indifferente. Poiché coloro vissero senza infamia: anzi, vivi non fu- rono mai : e nulla fecero per l'inferno : e giustizia perciò gli sdegna ; potrebbesi chiamarli rei ? Oltr' a ciò il poeta poco dopo soggiunge , che i morienti nell' ira di Dio tutti convengono d'ogni paese alla rivie- ra malvagna d'Acheronte: dove spronandoli la divina vendetta converte in desio la pena di varcar queir acque. Or gl'infingardi ne vi convennero , ne spro- nati furono : non saran quindi morti nell'ira di Dio : ne perciò rei. Disse inoltre il poeta , che le anime triste di coloro che senza lode e senza infamia vissero , sono miscìvate al cattivo coro degli angeli non ribelli, « non fedeli a Dio , e che : 174 LctriKArtfKA 5» Cacciarli i Ciel , per non esser nien belli. Ne lo profondo Inferno gli riceve v. Se rescluse eran Vanirne , perche non mise cacciar^ Icy le riceve ? E questa era sintassi. Cacciare è far mutar di luogo , mandar via , mandar fuori : n^ le anime triste eran dentro. Questo , non diverso , es- sere il significato di simil verbo ^ e ,la espulsione non doversi riferire alle anime , ve n'ha anche un altro certissimo e pur palese segno , dal vedere che i de- monj della citta di Dite son detti cacciati del cielo, nel terribile rabbuffo fatto loro dall'angelo. E i cieli sareb- bero stati veramente men belli , sostenendo spiriti a Dio non fedeli : men belli essere non poteano a ca- gione delle anime triste, che ivi non erano i ne mai vi sarebbero. Or quando la voce cacciarli spetta qui propriamente agli angeli 7ion fedeli , e non agli uo- mini infingardi ; la voce rei non può appartenere c\\\^rihelli angeli , e non alle anime triste , che in questa sentenza , per la buona dottrina grammatica- le , non ponno comprendei'si per niuna guisa. Ond'è che la gloria , di che parla il poeta , non ragguar- derebbe n^ i dannati , ne l'inferno , ragguarderebbe i soli angeli ribelli. E posto ciò per vero , non sarebbe neppur saldo il comento primo : avvegna- ché anch'esso nasca da questo concetto: che i dan- nati e l'Inferno sono capaci di gloria. Ma se per la mente , e pendetti del poeta , ella ragguarda i soli rubelli angeli, e'or da cercare che sia veramente. Se co'due insigni letterati la gloria qui detta dall'Alighieri volesse prendersi per onore ; certo è che pe'dannati e pel luogo che li punisce , gloria non può esser mai. E per vero , questa compagna delle sublimi ed eroiche intraprese non segue , ne seguir può l'enormi sccUeratcx-ze. Le quali ben pon-^ GÒAlENTO A Danti 17$ no accompagnarsi di quella celebrità , che colle pa- role di Tacito si dovria chiamare mala Jenna ; più che splendore , ombra seguace alle azioni , grandi anco per la nequizia : qual fu di colui , che per acquisto di nome mise fuoco con mano sacrilega nel venerato tempio d'Efeso . Di nominanza son certa- mente non pochi de'peccatori cupidi nell'inferno. E fu crudele intendimento quello del poeta di porre questa brama nel cuor de'perduti , per poter cos'i , quasi col far pago un loro altissimo divisamento, coprirli di vitupero sotto colore di celebrità , re^^ candone al mondo di sopra l'esecrabile notizia. Que- sta brama però non è così propria di tutti di lag- giù , die assai buca numero non sentano vergogna e cerchino di celarsi : anzi non restino per divina volontà affatto sconosciuti. Quindi gli avari del quar- to cerchio , in cui pur si contiene gente grandis- sima, vi rimangono cosi oscuri ed ignoti, che Vir- gilio ammonisce il poeta esser vano il pensiero di ravvisarli: per la ragione, che gli fa bruni ad ogni conoscenza la stessa vita sconosceoite che li fé sozzi. E ciò che degli avari , il poeta dice degli usurie- ri : de' quali perdi' egli porga nel viso gli occhi , alcuno non ne conosce. Se non che volendo ad ogni modo figurare certi di costoro , immagina che l'eter- na giustizia abbia posto in lor segno con quelle pendenti tasche : di che ii^oltre pc^scendo gli sguar- di , non pur dimostrino chi sono , ma di continuo rimembrino la infame origine della pena ; stimolo a maggior tormento. Ma Vanni Fucci , nel canto ven- tesimo quarto, ladro de'begli arredi , con parole di cupa rabbia , e di gran confusione , si rammarica d'esser colto nella miseria di quella bolgia piena di mutamenti , di serpi e di paure : e dipingendosi di yergogna , mostra, che men gli duole d'esser mov-i 176 LKTTtRATUnA to , che veduto : nò palesa la sua colpa , che a di- spetto : >♦ Io non posso negar quel che tu chiedi ». Ed Alessio Interminei , tra gli adulatori attuffati nello sterco , si sdegna d'essere pur mirato : v Quei mi sgridò , perchè se fu si'ngordo di riguardar più me che gli altri brutti ? » . E poco innanzi , Venedico Caccianeraico tra i rnlTiani percossi dalle ferze , vedendo il poeta tenere gli occhi affissi a fi- gurarlo , avea bassato il viso per celarsi. Ricono- sciuto però , e ricliiesto della cagione che lo menas- se a salse cosi pungenti , rispose che lo dicea mal volentieri. Quando poi al cominciare del ventesimo sesto canto disse il poeta in quell'apostrofe ama- rissima contra Firenze. n E per l'inferno il nome tuo si sqande : 35 Tra gli ladron trovai cinque cotali n Tuoi cittadini, onde mi vien vergogna »; egli stesso direttamente ci mostrò il suo schietto mo- do di sentire dell' onor de'reprobi, e di quello dell* abisso. E non solo il desiderio di fama non h propria di tutti di laggiù , anzi alcun di loro sa giuslamen- to beffarsi della funesta promissione, che ne fa il poe- ta: qual è quel Bocca del canto trentesimo secondo: il quale con le veraci parole ?? del contrario ho io bra- ma » bruscamente rifiutandola, in un lo garrisce del suo malconsigliato lusingar dell'ombre. Ne i soli fa-, mosi rei sono in quell'abisso: quando è infinito il numero de'morienti nella divina ira: e perdo infiniti i malvagi oscuri , che per la guisa stessa delle loro colpe cercarono il silen.:io e le tenebre , pili che la rinoraan/.a : i ladri , i lascivi, i traditori, i frodolen- ti , e tali altri colpevoli , che si piacquero ed ebber COMINTO A DlIfTl l'j'j ttopo della notte la più profonda pe'loro delitti. E se alle labbra degli arditi facinorosi può con abusato vo- cabolo venir caro quell' onore , ch'è l'ambizione e il vanto delle colpe; questo non è il caso del presen- te passo della divina commedia. Nel quale un tal vo- cabolo non è in bocca di malvagi, ma di quel Vir- gilio , che secondo la religione del poema , narra le cagioni perchè i non ribelli angeli sono posti fuori del cielo, e fuori dell' abisso. Di che procede, che il dire apertamente , che i dannati e \ inferno rifiutano la compagnia degl' infingardi , per cagion di fama , non sembri conforme al vero : ne conveniente alla sa- pienza di chi fondò la citta del dolore: dove non è la scelta vìk il rifiuto de'rei , che fa i compagni , ma la vendetta , che gli assortisce in ragione de' misfat- ti. Ne certamente è opera di sapienza divina e di vendetta cos\ provvedere all' onor de'sommersi, che non sieno con essi altri compagni , che distinti di celebrità. Perlocchè , quantunque alcuni colpevoli ser- bino colaggii^i l'ardente desio della nominanza , la glo- ria detta dal poeta mostra che sia ben diversa da ciò che intesero i due dottissimi commentatori. Taluni opinarono , e Lombardi fra essi , che ono- re verrebbene agl'infami peccatori dall' aver compa- gni , che senza infamia vissero. Veramente onor nes- suno recar può a un famoso reo la compagnia del- lo sciagurato e vile : e sembra ben altro il concet- to del poeta. Stimo che alcuna gloria si debba inten- dere alcuna gloriazione -. e in questa guisa espongo la sentenza. I cieli , per non essere men belli , cac- ciarono gl'indifTerenti angeli , ne il profondo inferno gli riceve , perchè gli angeli rei avrebbero qualche gloriazione da loro ; dal vederli cioè a se compagni 'nella stanza , e nella pena. Di fatti , chi rettamente Considera, ciò die trasse Lucifero co'suoi collegati spiriti a far testa contro l'onnipotente , si fu l'orga- glio. E perciò colui fu chiamato il primo de'super- bi nel canto diciannovesimo del paradiso : e si disse nel ventesimo nono , che appunto il suo maledetto superbire era stato il principio del cader degli an- geli: de'quali la ribellione, nel settimo dell' inferno, fu inoltre con orribile traslato chiamata superbo stu- pro. Or perchè ne venga intera la umiliazione per la vendetta , si toglie a'rei la compagnia de' non ri- belli : cioè lor si toglie potere in mirandoli piacersi dell' enormissimo attentato. Cosi quella gloria de'rei non sarebbe onore , ma cagione a boriare , e inva- nire , e vantarsi della loro prova sacrilega , alla sprez- zata e abborrita vista di quegl' indifTereuti , che nul- la osato avendo , ond' essere consorti della ineffabi- le malvagità , pur nulla meno lo son de' martiri: e cagion quindi a rimbrottare, e a svilire i non rei , e schernendoli con crudel deriso averne un' esca e uno sfogo di superbo compiacimento. Qui dunque Vaver gloria tanto varrebbe che ì\ prender gloria ^ cioè il glorificarsi de' ribelli spiriti dell' avere almeno osato; quando compagni avessero, che niente tentarono per ajutarli contro Dio. E di questa glori azione de'rei , e pur dell' ono- re che può loro appartenersi , se n'abbia un lumi- noso esempio ne'detti di Plutone nell' orrendo infer- nal consiglio della Gerusalemme liberata; e sia Tas- so , che ben la intese , il dichiaratore della mente di Dante , e degV intimi sensi degli angeli dell' abis- so, Plutone , dopo quelle dispettose parole : » jN'ha qui rinchiusi, in questo abisso oscuro, >» Ne vuol ch'ai primo onor per noi s'aspiri: superbamente soggiunge: V Fummo , io noi nego, in quel conflitto vinti, 53 Pur non mancò virtule al gran pensiero; CòMENto A Dante "" j'jg » Ebbero i più felici allor vittoria , M Rimase a noi d'invitto ardir la gloria. Ecco dunque i rubelli angeli dolersi della perdita dell' onor delle stelle , per lor mutato coli' oscurità dell' abisso delle pene: ed eccoli, siccome dritto è, te- ner per virtù e per gran pensiero quella nefanda lor prova, ed ai>er gloria, per l'ardimento «hi amato in- vitto. Or qual saria il cor di costoro , al veder la pena di quegl' indifferenti, se non è una gioja mi- sta con burbanza ? Ma l'evidente argomento sieno le parole stesse della divina commedia , e sia Dante il commentator di se. Egli le anime degl' infingardi chia- ma visse senza lode , visse senza infamia. Ond' è che il contrario , come costituisce Tesser di buono pel pa- radiso , di malvagio per l'inferno ; Vesser visso con lode sarà il grido de' fatti, riputati per la virtù : l'e^- ser i'isso con infamia sarà, la vergogna delle azio- ni , esecrabili per l'enormezza. Se dunque il poeta per distintiva nota de' malvagi pose la infamia; de* dannati , ne del luogo de'martiri , non può essere per ninna guisa la gloria , intesa per onore. E giacche negli angeli rei è la maggiore infamia , che possa tener l'abisso ; la gloria di costoro altro in fine non sarebbe che un ricrescimento d'orgoglio , misto con dispregio e compiacenza feroce sopra i non ribelli , quando accolti fossero nell' inferno profondo. i Clkmsntx MicAiu. G.A.T.XXIL la i8o Letteratura S/lloge inscriptioìium antiquarwn graecarwn et la- tiiiarum , editore Friderico Osami professore Je- ìiensi ( Fasciculi L II. et HI. ) Jcnae , in Libra" ria Croekeria , 1822. In folio di pagg. iGo. JL er gentilezza usataci dairillustre sig. abate Can- cellieri , tengliiamo sott' occhio tre distribuzioni di quest'opera. Non altro lavoro pò tea certamente pre- sentarsi più consentaneo alla indole stessa de' nostri fogli , ed a que'nobili studj , a'quali abbiam sempre mirato ; e vorremmo per ciò godere tanto agio di tempo , ed essere circondati da tal copia di libri , che procurar ci sapesse un accompagnamento meno indegno alle pellegrine rarità. Tuttavolta , come le circostanze impongono , basti per ora , se brevissi- simamente qui attestiamo il contento e la gratitu- dine nostra. Da molti e lunghi viaggi e fatiche il conosciuto sig. Osann si è acquistato la possibilità di una co- tanto ardua e commendevole impresa . IV oi ci la- gnammo altre volte della troppa magnificenza e lus- so , con cui si adornano a'd\ nostri le raccolte de' monumenti del più alto interesse ; non già perche abbiamo in odio la bellezza di ciò ch'c grande , o forse anche utile giusta l'arte , ma pcrcliè siffatti splendidi trofei del secolo ed a rare mani pur giun- gono , e custoditi sono lungi dall'uso di quelle non molte ^ persone , le quali sole trar ne saprebbero il conveniente profitto. Veggiam quindi con piacere , che lo zelante professore di Jena sia riuscito ad as- sicurare il vero vantaggio del maggior numero de' cittadini e delle tante non agiatissiinc comunità , ài. Marmi blginia.ni igr cui si forma la studiosa ed infaticabile sua Ger- mania; e brameremmo ardentemente, che un esempio SI bello ed il fatto stesso propagassero i loro be- nefìci etietti fino alla cittadinanza ed alle comunità, d'Italia. La porzione che abbiam presente della vasta collet- tanea è per lui così precisamente intitolata : Sectio /. Marmora Elginiana e museo hrita?mico^ cum appen- dice alioriim titulorum in variis Britannìae mie-' seis consen'atoruin. Comprende LVII. pezzi piìi o meno lunghi , e come ci sembra , senza [obbligo di classificazione e di provenienza , tutti accompagnati lodevolmente da previa indicazione degli autori e de'libri , ne'quali erano comparsi prima , e seguiti da ampio testo illustrativo , e da note che mostrano una immensa ed a noi invidiabile ricchezza d'ogni sorta di stampe. Sono principalmente que' marmi di Atene , co' quali il celebre conquistatore di materie scientifiche in tempo di pace, lord Elgin , diede co- minciamento ad un museo in Londra , e pei quali , non meno che per le statue , fu cola chiamato il no- stro grand' uomo Ennio Quirino Visconti , che ne pubblicò brevi cenni , ma dotti e fondatissimi da suo pari. Non possiam dire qual sia il merito intrinseco della edizion magnifica Museum hritannicum , nò di tante altre opere che il N. A. segue e cita per tut- to ; poiché queste sfortunatamente o non pervengono a Roma , o se pure vi pervengono , deposte sono in alcun luogo non concesso a trattenervisi. Ne gl'italiani credano , che fra queste greche spo- glie dell' attica , e di altre oltramarine regioni , nul- la 0 almen poco aver vi debba di toccante da pres- so il paese degli etrusci e de'latini. La nostra Gre- cia magna entra sempre di suo diritto nelle cose dell* altra , che per la primitiva denominazione istcssa vie- 12* rie a riconoscersi minore. Cos'i nel primo petzo im- medialo , cir è sicuramente più antico di quello che titubando avvisino gli editori , ed in cui trovansi patti di guerresca società fra gli ateniesi e certi eri- trei , dove gli altri asseriscono Eritre della Ionia , noi porremmo Eritra della Sicilia ; e per forti ragio- ni , lo quali ci duole non potere ora sviluppare. Dal vocabolo èitltrMirot che comparisce su questo marmo in un' epoca sì remota , nasce bella digressione , che meriterebbe di essere trattata più ampiamente. Que- sti episcopi mandati da Atene, oggidì si direbbero ispettori o commessarj di governo misto e militare e civile. Il N. A. va rivolgendo a tal proposito un uf- ficio inquisitoris provinciae presso i romani (pag. '7.) Avvertasi che la citazione del Grutero è doppiamente sbagliata; e che in quel titolo Honcse CCCCXXV, i. nominasi un cittadino sequano , pacifico patrono de' nocchieri del Rodano e dell' Arari ne' tempi imperia- li , ed T_\Q VISITOR GALLIARVM; il che non pre- senta minima relazione co' nostri episcopi . Meglio si sarebbe fatto a recar l'esempio di Cicerone ( ad Att. lib. VII. ep. II.) Ego Jiegotio praesum non turhu' iento. f^ult enim me Ponipejiis esse , queni tota ìiaec Campana et maritimn ora habeat 'EirlaKo-nov, ad quem delectus et swnina negoiii refòralitr : itaipte vagus esse cogitaham. Appaiisce abbastanza ch'egli volle adoperare quel vocabolo , per ^^^"^^ enfasi e vaghez- za di arcaismo , ben conveniente nel commercio con un dotto ; poiché scrivendo poscia di ufficio all' istesso Magno iraperadope (ad Att. lib. vi 11. post ep. II.) vedesi rendere in latino la sua ispezione col if.v\mn('. praepositus '■, il che non sapj)iama essere sta- to finora indicato per alcuno. D'italica pertinetiza si è ugualmente il secmdp pezzo, stfla di alleanza fra' greci regiui ad fietuìn Marmi elginiani ìSi e gii ateniesi, che il Visconti classicamente illustrò con Tucidide ; per cui aiìlgliati si mostrano alla Io- nia i leontini , ed a Galcide i regini lor socj , cori molti altri popoli della penisola. Molto ci piace an- cora, che l'A. N. produce dal museo del defunto sig. De Voigt suo parente due medaglie ellenico-itale ac- conciamente incise in legno ; una delle quali (pag. 48«) com'ei dice , in parte inedita , di Metaponto , luo- go celeberrimo per quel ginnasio del nostro Pita- gora , che precorse di non poco in ogni umana co- gnizione la Grecia di oltremare. Vi si scorge da una parte un uomo stante nudo , con un sottil panno che a festone gli traversa dalle braccia dietro la schie- na : egli porge con la destra forse un disco pale- strico , e con la sinistra regge una canna , papi- ro , o altro giunco maggiore acquatico , formato di panocchia e due foglie lanceolate lunghe ricurve: la di lui figura termina in una fronte bovina. E que- sti certamente un fiume ; e ne terreni conto in tin prossimo articolo ad illustrazione di nobile urna mi- tologica , intorno la quale certuni han valuto pri- ma errar molto , e poi cadere in vane sottigliezze, manomettendo cose che loro non pertengono. Gre- diam più fondato dirlo il Siri , non l' Acalandro , il Casvento o il Bradano , che dal Mazochi dottissimo si accennano in que' contorni. Sul volto ch'è d'uomo ha solo il sinciput con le corna da toro ; e ciò lo rende veramente fiom^xvog , come l'Acheloo di Sofo- cle nelle Trachinie. I moderni leggono 0)Ovir§co^os , il che porterebbe tutta la parte d'avanti, o la faccia, bovina. Fiume ccicA^oir^cc^o^ è piuttosto il bue quadru- pede in mille altre medaglie della Grecia nostra. Gli antichi artefici , per la ragionatissima liberta , e per un certo diritto di creazione , cui godeauo , trala- sciarono quando loro piacque simili non necessari*? l84 LrTTBlVATTJnA mostruosità ; e rappresentarono i fiumi e il'intere for- me umane , e ritti bene in piedi , contradistinti per la detta sola canna a tre punte. Quanto mai sono infelici coloro che attener si vogliono a'miseri e fal- laci dettali de'sistemi ! A molti giungerà pur nuovo , che la famosa co- lonna detta finora di Pompeo in Alessandria d'Egit- to, fosse dedicata almeno all' imperadore Dioclezia- no. Ecco l'epigrafe scopertavi ultimaroente , che il N. A. ci reca da un viaggio erudito pu])blicato iu J-iipsia (pag. i55. ) TONTIMmTATONAYTOKPATOPA TONnOAIOYXONAAEHANAPEIAC ZilOKAHTIANONTONANIKHTON IIOClAIOCEnAPXOCAirYnTOY "Summe honoraiidum imperatorem , qui ceu jiumen Alexandriae civitatem tenete Diocletianwn invictum^ Posidiiis Praefecius Aegypti (veiieratur.) Dimettia- mo questo Posidio al romano conoscitore de'romani d'ogni età, al nostro sig. Borghesi; e ci contentere- mo d'osservare , che gli antichi edifizj e grandi mo- numenti , siccome nel durare per più secoli furono soggetti ad essere accresciuti e variati di capacità e di forma , cos\ pure cangiarono spesso e destino e denominazione , sotto la volontà o il capriccio do- gli uomini , sempre intenti ad esaltare il regnante de' tempi loro. Avvien quindi , che in questa Rinna , e nel suo foro speciabnente , ornai non si trovi spazio bastante per le moltiplicato basiliche, archi e colon- ne , che stivar vi si vorrebbero, seguendo i così det- ti regionari , compilazioni tumultuarie di età bassis- sime , nelle quali tutto era incerto ed oscuro quan- to presso a poco ue'giorni nostri ; e che , se l'oggel- Marmi elginuni i8i> to non sia di trattenere un momento i forastieri con discrepantissime ed assurde ciance, simili studj, ma- lamente appellati topografici , giudicar si debbano di non solida e non diretta utilità. Tra tante belle cose però offerteci dall' opera del sig. Osann , confesseremo ingenuamente , che al- cune pur ve n'hanno cui approvar non possiamo. So- no di questo numero il conchiudere cli'ei fa (pag, 72. e seg.) contro la vecchia marca dello spirito aspro H in mezzo a' vocaboli ; troppo assicurataci se non altro dal dottissimo nostro Erode Attico , che diciam no- stro perchè ora il sappiamo allievo de'Calvisj , e da Dionigi d'Alicarnasso , uomo ugualmente dottissimo e più antico ; e contro l'adesion costante dello stes- so spirito nella P rito , ovunque venga ella colloca- ta , e purché non sia la prima di due. L'amanuen- se delle sue annotazioni ha ivi peccato curiosamen- te; poiché ammonisce tirones, e non discerne le due colonne farnesiane triopee dell' istesso Erode dalle -due stele già borghesiane con gli esametri di Mar- cello Sideta. Su questi noi ben sapremmo ribattere, come per vendetta, le parole che un letterato tede- sco volle spargere a vana molestia del nostro Vi- sconti. Grave imperizia k ancor quella (pag. i43.)» ove si adduce la gruteriana FL . HAGNET . FL . AVG.LIB . ISIDORVS . CONIVGI . FECIT , ap- pellandola mira lapis varietale per l'HAGNET. quan- do non v'ha in antico bagattella piìi ovvia de'no- mi , e precisamente di questo , voltati in varie decli- nazioni ; e poi si soggiunge , quod non possis non Ha interpretari: FLAVIAE HAGNETI FLAVII AU- GUSTI LIBERTI ISIDORUS; quando ciascuno lie- vemente iniziato , non diremo uella scienza , ma nel comune latino , leggera subito , Flaviae Ha^neti Fla- s'ius Augusti Uhcrtus Isidorus* 'l8G LBTtKnATfRA Quanto alla grecita in parecchi luoghi , e ne'sup- plementi alle lapidi mutile, per amore di esser bre- vi , rimetteremo la sentenza a'sigg. Greuzer e Jacobs, due professori , de'quali conosciamo particolarmente la dottrina ed il probo carattere. La scienza del di- scorso intorno le antiche memorie scritte è tutta fon- data e crescente sulle osservazioni , nulla meno che le scienze fisiche. Ella non promuove , uè si perfe- ziona , se coloro i quali hanno la sorte di essere al- quanto innoltrati nella medesima , non riprendono al- la opportunità gli errori di altri che più di recente entrarono in lizza , e che per la superba debolezza dell' umano ingegno pretenderebbero d'aver tosto rag- giunto l'anziano. Replichiamo che l'A. N. per noi si commenda infinitamente di essersi dato a rendere più. trovabili le ultime ricchezze di classica letteratura ve- nute in Europa ; e speriamo dal noto zelo del sig. aba- te Cancellieri , ch'ei ben vorrà comunicarci ed il pro- dromo che manca, e le consecutive distribuzioni del- la raccolta; poiché pervenendo questa un giorno a'ia- tini monumenti , avremo maggior campo a sostener la gloria del nome italiano , unico ardore di cui si ani* intno le nostre carte. GinoiAMO Amati. 187 ARTI BELLE — ARTI. Il fiore ddV arte dell' intaglio nelle stampe con sin- golare studio raccolte dal sig. Luigi Gaudio. Pa- dova 1823. Annotazione. XI eli. sig. D. Antonio Marsand professore della re- pia università di Padova , uomo già boneraerito dell' italiana letteratura per la magnifica edizion padova- na del canzoniere di Francesco Petrarca, mentre ha. preso a descrivere la raccolta di stampe del signor Luigi Gaudio di Padova, per fargli una dimostrazio- ne di letizia nelle nozze di un suo figliuolo ; ha fat- to insieme un leggiadro donativo alle lettere e alle telle arti. E noi che sin dai primordii del nostro gior- nale abbiamo guardato alle arti cou afletto partico-- lare, noi rechiamo a nostra fortuna di poter dare ai leggitori nostri contezza di questa opera del sig. Mar- sand , da che essa è già fatta rarissima , si per k concisione e la eleganza dello stile con che è scrit- ta , sì perchè piacque all' autore restringerne solo a 35o. il numero delle copie. E da prima noteremo il finissimo accorgimento del n. A. il quale perchè nel descrivere le stampe possedute dal Gaudio, e nell' esporre il modo d* i88 Belle - Arti esso li^i usato in raccoglierle , non potesse imputar- si di quella parzialità , clic rade volle sa sfuggirsi (lall' amicizia ; stimò ben fatto di esporre ancora gli altri principali modi che nel comporre raccolte di stam- pe furon tenuti, acciucchè possa , ( sono sue parole ) chi li voglia paragonare fra loro , darne il suo giu- dizio ; ed acciocché per essi vie meglio nianifcstan-- dosi Vutilità e il diletto , cJie ci reca Varte nobilis- sima delV intaglio , siale renduto sempre pia queW onore che le si deve. Incominciando poi a parlare di questi diversF modi , dice saviamente che non gli sembra buon divisamento quello di alcuni , i qua- li , tratti dair ardentissimo desiderio di possedere , se r avessero potuto., tutto ciò che da' maestri dell* ar- te J~u pubblicato., raccolsero , senz" altro Jine che di raccogliere , le stampe tutte indistintamente., che ven- ne lor fatto di acquistare. Pèrche non potendo ba- stare ne la vita ne la ricchezza di un solo uomo per giugnere a perfetto compimento di questa manie- ra di collezione , è chiaro che ad un privato ama- tore di stampe , il quale pongasi a raccoglierne sen- za scelta , debba sempre mancare , malgrado suo , ciò che vorrebbe, o pii^i vorrebbe. Utili bensì e dilet- tevoli (dice il eh. aut.) so7io tutti que' modi di fa- re collezioni di stampe , i quali ^ essendo conformi al genio , adattati allo studio., e proporzionali alle fortune de* raccoglitori , danno da prima a divede' re altrui lo scopo , ch'essi hanno nelle lor collezio- ni , e ne ottengono insieme quelle utilità e quel di- letto che si proponevano. E di questi modi ne no- vera otto. Perchè sono alcuni che con tanta diflicol- ta netl' esecuzione quanta utilità noli' efl'etto , non ri- cercano se non che le sole primizie , o come dicono con greca voce, i cimelj piìi preziosi dell' arte. Al- tri per lo contrario raccolgono le stampe di tutti que- Belle - Arti 189 gV intagli che dalle opere solamente di uno o di un'al- tro pittore furono tratti. Altri non d'un solo pitto- re , ma d'una scuola. Taluno ne raccolgono d'ogni scuo- la le più belle ne' tre generi principali e della sto- ria, e del paese, e de' ritratti. Altri raccolgono tut- to ciò che di meglio produsse l'arte dell' intaglio in servigio dell' architettura , o delle scientifiche facoltà da essi amate , o esercitate. Alcuni non si appiglia- no che a' ritratti ; e chi raccoglie solamente cpelli de' proprii concittadini, e chi circoscrive le sue ricerche a soli ritratti d'uomini di quella scienza ch'egli pro- fessa, e chi a quelli degli uomini italiani più illu- stri. Alcuni raccolgono tutte le opere di un'intaglia- tore, cominciando dalle prime, e continuando la se- rie inflno all' ultima. Finalmente (dice il eh. aut. di cui riportiamo le parole assai volentieri, siccome quel- le in cui l'aggiustatezza è pari alla h^evìik) Jinalmen- te hav^'i di quelli , i quali restri?igono la lor colle' zione a soli capolavori cicali eccellenti maestri nell* arte ^ e pia degli antichi ^ che dei moderui ^ e sce- gliendo delle opere loro , quelle massimamente , che al genere pia sublime delV arte medesima apparten- gono , cioè alla storia. Non vha chi non vegga , che sì fatta collezione non puh essere per natura sua > se non se d'un piccol numero di stampe composta ; e che nondimeno per la rarità loro , e molto . pia volendosejie le prove più squisite , richiede non lie- vi cu/e, molto tempo , e non poca spesa. Le quali cose tutte furono poste in opera dal nostso ben av- veduto signor Luigi Gaudio, la cui splendida raccol- ta di stamp e , comechè egli abbia in animo di ren- dere anche più preziosa , pur divenne oramai s\ ce- lebre, che per essa può dirsi illustrata con novello or- namento la citta nostra medesima. Pensai io quindi di darla a conoscere più particolarmente , desccrivenda ad una ad una le stampe tutte, die la compongono. ># >» E primieramente io ne ho fatta quella divi- sione , che suolsi usare dagli scrittori , sì come la più naturale ; cioè separandone le varie scuole , e collocando da prima nella scuola tedesca , indi nel- la italiana , poscia nella' fiamminga , appresso nel- la francese , e all'ultimo nella iuglese quelle , ohe a ciascheduna appartengono. ?) 7) Ho descritto di tutte il subhietto , eccetto di quelle , le quali rappresentano fatti di storia di- vulgati COSI , die semhravami inutile d'intrattenerne con novello racconto il lettore. Non omisi di far qualche. parola intorno all'ordine della composizione; notai d'ogni stampa il nome del pittore o disegna- tore da cui fu tolta ; e dove di ciò intorno ad alcune io tacqui , volli significare , che il dipinto o il disegno di quelle fu del medesimo artista , da cui sono state intagliate ; notai la maniera dell' in- taglio , con cui furono fatte ; la forma , e quindi la misura precisa , ch'io stimai bene d'indicare col pol- lice e colle linee , essendo questa la comune usan- za di misurare le stampe ; e finalmente di ciasche- duna notai la qualità della prova , li particolari suoi distintivi, e lo stato della conservazione. » « E parendomi, die non fosse per essere discaro a'iettori ; oltre di aver premesso ad ogni scuola un breve cenno storico sopra il cominciamento ed il j)rogresso di quella , diedi altresì di chiaschedun'in- tagliatore le più esatte notizie di'io potei avere , intorno all'anno ed al luogo della sua nascila , e della sua morte ; ed aggiunsi pure , dove potei , qualche particolarità della vita di alcuno , poiché rien de plus interessant , scriveva quel grand' uomo di Salomone Gessner al signor Fuesslin , rien de plus interessant , que de connoitre celui , dont nous admirons les ouvrages. » Bellic - Arti ifft 55 In quanto a'pregj ed a'ineiiti dell'una o dell' altra stampa , sapendo io bene di non dover fidar- mi nel mio giudicio , consultai tutte le volte, clie'l potei fare , ( poiché di alcune stampe , e specialmen- te di quelle de'nostri giorni , niente ancora fu scrit- to , eccetto il titolo, ) consultai, dico, gii scrittori più dotti, e singolarmente il signor Vatelet nella sua bell'opera intitolata ; dictionnaire des arts , clie fu poi continuata dal sig. Levesque , e che fu impres- sa in Parigi l'anno 1797 , in cinque volumi in for- ma di ottavo ; i signori Huber e Rost nell'utilissimo e pazientissimo lavoro , che pubblicarono in Zurigo l'anno 1792, in nove volumi in ottavo , ed intitola- to : manuel des curieux et des amateurs de l' art ; le opere de' signori Ileinecken , Strvtt , Evelin , Baldi- nucci , Vasari , e sopra tutte quella veramente clas- sica , che ha per titolo : Le peintre graveur , stam- pata in Vienna di fresco in ventuno volumi in otta- vo, composta e pubblicata dal chiarissimo , or defun- to, signor Adamo Bartsch, custode di quel gabinet- to imperiale e reale di stampe ; opera , che da' dotti di tutta Europa fu accolta non meno con venerazio- ne verso il sapere di quell'uomo profondo nelle co- gnizioni dell'arte , ed insieme artista eccellente , che con gratitudine alle fatiche gravissime da lui so- stenute. » >j Che se talvolta , ove non trattasi di quistioni teo- riche, io ho ardito di manifestare anche il parer mio, dichiaro che ciò io non ho fatto per contraddire in alcun modo alle sentenze di quelli , che ne sanno , ne per farmene vanamente un pregio mio proprio , ma per sincera schiettezza dell' animo mio. » » E questo è tutto quello, ( egli soggiunge ) che io ho fitto per rendere la mia operetta non discara agli am-iton dell'arte, e sopra tutti, a quello, per ir)3 Belle - Arti cui essa fu fatta. Le quistioni poi ( avvegnacliò d'ogni cosa si può fare cjuistione ) che quelli per avventu- ra muover potessero sopra questa stessa raccolta, eli* io mi pongo a descrivere , com' è a dire , se vera- mente lo scopo di essa sia stato appieno ottenuto ; se di un qualche intagliatore scegliere più opportu- namente si potesse l'una piuttosto , che l'altra stam- pa; se nella scelta delle opere di taluno si avesse dovuto abbondare un pò più; o se aumentar si po- teva , o doveva il numero dc'raaestri medesimi; ognun vede, che qui cosi fatte quistioni non avrebbero luo- go per quello , eh' io di sopra ho detto del nostro illustre raccoglitore, e che a me punto non apparten- gono ; dovendo io essere abbastanza contento , che le stampe raccolte dal sig. Luigi Gaudio dimostrino non essere inconveniente il titolo , eh' io posi a questo li- bro , e che i lettori non abbiano in mal grado le descrizione di quelle. »> Per le quili parole noi desideriamo, che si chia- risca ai leggitori nostri con che singolare modestia ed avvedutezza dal signor Marsand discorrasi delle co- se di belle arti ; e com' ei riferisca le più decise cir- costanze del suo subbietto , e si studii quasi sempre fortificare le sue opinioni dell'autorità de' più gravi scrittori. Perochc veramente ci soHVe l'animo nell'ascol- tare alcuni , i quali quasi dimentichi di mietere in un campo che non è loro , e sentenziando di ogni maniera di quadri , di statue , di edilizi i , e d'inta- gli , pretendono sedere dispensatori del biasimo e della lode con si matta arroganza , e s\ cieca par- zialità, che io non so se più ti muovano il dispet- to o la compassione. Né possiamo perdonar loro di an- dar dietro a certe spiacevoli comparazioni ; per cui non' sa|>rebl)ono dir bello un bassorilievo senza cen' siuare una statua , ne dir magnifica e giudiziosa. Belle-Arti ic)3 la composizione di mi disegno senza AMlipcndere il colorito di un quadro. Ma percliè conoscasi come il n. A. sia mondo da queste macchie, e com'egli re- ligiosamente osservi le sue promesse , porremo fine alla nostra annotazione , recando qui per esteso la descrizione di una delle stampe di questa raccolta , la quale stampa ci piace scegliere tra quelle della scuola italiana. V — La strage degl'innocenti — A. p. io. 1. 3. — L. p. i5. 1. IO. — Carnefici , che strappano dal seno delle madri i lor figliuoletti per ucciderli ; madri , che, quant'è in loro , fanno ogni sforzo per difenderli e salvar- neli ; alcuni di essi già uccisi , e stesi morti a ter- ra ; tale, e non può essere altrimenti , è il suggel- lo di questa stampa. È tratta essa pure da un di- segno di Raffaello , e dee annoverarsi tra i piiì bei capolavori di Marcantonio, il quale la condusse con tanta maestria così rispetto al disegno , come rispet- to all'incisione , che i dotti tutti nell'arte non du- bitano di asserire esser anzi una delle più belle cose , che l'arte stessa dell' intaglio in rame abbia prodotto. Troviamo un'altra stampa somigliantissi- ma nel merito , e nell'esecuzione , e che sembra cer- tamente opera del medesimo intagliatore; anzi ti par- rebbe quella stessa, se non vi fosse una piccola dif- ferenza nella misura , e nella punta di un albero ( detta comunemente la felcetta ) che si alza nel fon- do della stampa a destra del riguardante. Quella , e]} e posseduta dal nostro amatore , freschissima e consecratissima , è senza la felcetta. Grandi quistio- ni insorsero , e non si definirono ancora , intorno a queste due stampe. Sono es.se tutte e due di Mar- cantonio ? E una di esse , cioè quella senza la fel- cetta , una copia dell'altra , ed è forse , secondo il ig4 Belle-Arti Bartscli, incisa da Marco di Ravenna suo discepolo ? Ovveramente è una ripetizione fatta da Marcanto- tonio medesimo , secondocliè ne giudica l'abate Zani ? È pili bella quella , che ha la felcetta , oppur l'al- tra , che n'è senza ? Ella non e cosa di lieve mo- mento il porsi a discutere , e voler definire una tale quistione , che a parer mio , rimarra sempre inde- finita per una ragione ch'è potentissima , ed e que- sta ; che SI l'ima che l'altra delle due stampe sono deene desnissime al tutto di Marcantonio. Sul fon- damento di questa ragione , anzi di questa verità , che non fu ancora , ch'io mi sappia, posta in dub- bio da alcuno , esaminando pur io un poco la co- sa , mi par di vedere , che la quistione abbia for- se avuta origine dagli amatori medesimi. Perciocché non potendo alcuni negare un merito eguale ad am- bedue queste stampe , ne tutti possedendole entram- be , essendo Tuna e l'altra rarissime , ed assai dif- ficile di poterle rinvenire fresche e ben conservate, quegli che possedè soltanto la strage avanti la fel- cetta vuole , che questa sia la vera ed originale stampa di Marcantonio , e l'altra la copia , e cosi pel contrario quegli che non possedè se non che l'altra colla felcetta. In fatti quando io ebbi ad in- contrarmi con qualche amatore , che per fortuna le possedesse tutte due , lo vidi fermo fermissimo nel credere, come io credo , che si l'una che l'altra sie- no veramente originali di Marcantonio . Inoltre io non so vedere il perchè il Raimondi non avesse po- tuto intagliare due volle la stampa medesima. Se i lettori però desiderano di conoscere le ragioni, che si allegano da una parte e dall'altra , consultino le opere de'signori Bartsch , e Zani , e spero , die do- po di averle conosciute, vorranno uniformarsi a quel- io ch'io penso. » wn "vm, I »■ ini ■■'■"■■ '.■ ■ iM.ia. .1. i.iLj ■ y«ii.i i n Intorno la costruzione dei ponti sospesi sulle/ila. di ferro , Memoria di Liciti Potetti. N. on è alcuno oggidì di si scarso ingegno fornito y che possa giudicare di poca importanza la conserva- zione delle strade e dei ponti, ne dubitare della utili- tà delle medesime, perchè questa è verità fermata dal fatto. Pure non manca chi si quereli delle spese che riguardano al loro perfezionamento , e stimi inutile o almeno di poco profitto le tante vie, che pur gio- verebbe di aprire per mettere in comunicazione po- poli che vivono fra loro divisi. A questi tali dirò , che dall' usare tra loro le popolazioni prendono vita l'agricoltura , il commercio , e l'industria che sono le fonti della ricchezza nazionale : che dove non si cu- rino con diligenza le vie e gli edifici a quelle per- tinenti , si fa più grave il dispendio della condotta delle merci, dovendosi accrescere i mezzi di trasporto, diminuire i carichi , e replicare i viaggi. Il qual mag- gior dispendio , come ognuno vede , è valore perdu- to nel prezzo delle robe: ne questo solo è il danno r che il commercio si turba , e s'impaccia , e le cose di poca stima perdono affatto il prezzo , non tor- nando la spesa del porto al valor giusto della merce: onde ne viene minorazione di rendita ai possessori, di sussistenza alla gente minuta, e all' agricoltore si fa maggiore il consumo del bestiame , degli attrezzi e del tempo. Laddove per lo contrario le strade con* dotte per via di ponti attraverso alle valli , ai bur- roni e ai fiumi, non solo dilettano il passaggiero, ma recano un sicuro bene al commercio de' popoli , al trattarsi vicendevole, con che si reiidon comuni i va- G.A.T.XXII. là, ig6 Belle- Arti rii perfezionamenti delle cose umane e gli onesti modi del vivere ; e l'industria s'avanza , e i frutti più tenui e rozzi della terra acquistano quel valore che per se non avrebbero a sostegno delle arti e dei miseri. Per- ciò sarebbe buono che fossero tanto moltiplicate , che alcuno non avesse a desiderarle uè più facili , ne più dirette. Ma questo , oltreché per se stesso tion è si agevole sempre ad ottenersi , sovente si rende anche più arduo per la immensità delle spese che importano simili opere , difficili talvolta ad imprendersi non so- lamente dalle comunità , ma si da' principi e dalle na- zioni. Quindi a mio credere deve sapersi grado a co- loro che pongono l'animo e lo studio a poter supe- rare la gravezza di queste difficili imprese, facilitan- done la costruzione con modi economici. Or le ope- re che più importano di dispendio in questa manie-* ra di lavori, senza alcun dubbio sono i ponti; e so* lo per essi tanto sgomenta l'animo la molta spesa , che sovente si lasciano tronche le vie, ne le nuove si apro- no. Con buona ventura de'tempi nostri , molti hanno più di proposito volta la mente a questa parte impor- taiitissima dell' architettura , e se n'è trovato un mo- do più semplice e più economico , che ben merita d'es- sere alcun poco discorso in questo scritto. Ella è una maniera di ponti di fila di ferro; intorno a'quali ten- terò di recar qui una raccolta di tali regole, che valga ad indirizzar chiunque volga in animo la costruzione di siffatte opere. E da essa risulterà maggiormente quan- ta parte debbano avere negli ordini della società, e di quale risparmio possano essere all' erario degli sta- ti come delle provincie. Chi volesse ora sapere quando fosse che s'in- cominciassero a costruir ponti , converrebbe rimon- tare air origine delle civili socielk ; perchè appena ConoiciutQ lì bisogno di usare insieme , dovettero gli Beli, E- Arti ,^ «omini studiare più die altro il modo di traversa- re i fiumi. Anche oggidì i selvaggi dell' America e dell' Indostan passano i. fiumi e i burroni con funi te- se da una sponda all' altra , a cui accomandano il loro bagaglio e se stessi in una canestra , intanto che I cavalli guadano i fiumi , o si sbrigano come pos- sono nei burroni. E pare che a similitudine di quo- ^ ste SI tendessero le catene di ferro nelle sponde op- poste di un fiume , onde appoggiarvi il piano di que' ponti che pur si videro in alcune parti incivilite d'Eu- ropa. Ma tal foggia di ponti era incomoda e non molto sicura , dovendosi scorrere sopra una super- ficie concava. Con pii\ affinato ingegno, e con mi- glior divisamento si pensò di sospenderli alle stesse catene abbandonate alla loro naturai cnrvatura , ia tal modo però che il piano restasse di sotto , ed i capi delle catene fossero tanto alti che esso venis- se a livellarsi con quello della strada. In tal manie- ra pare che fossero usati la prima volta, sono cir- ca 3o anni , dal sig. Finlay ricco possidente degli Stati-uniti. Dopo questo se ne sono costruiti assai nell America settentrionale, fra' quali se ne dice uno che ha le arcate di 74. m. di corda (333 pai. rom.). Di maggiore estensione se ne sono poscia edificati nell* Inghilterra , e quello che unisce l'isola di Anglesea al- la terra ferma, destinato al passaggio delle vetture, ed alzato quasi 100. piedi sopra le acque basse, ha ini. met. di corda (765. pai. rom.). Quest' opera gigan- tesca, immaginata e diretta da Telford, fu comin- ciata neir anno i8ao, ed ora deve toccare al suo fine. Non sono già questi i primi ponti in cui siasi gio- vato del ferro, perche gì' inglesi sul finire del seco, lo passato , mirando d'inti'odurlo in ogni genere di fabbriche lo applicarono fuso ai ponti, e prima nel 1779 sulla Saverna presso la fonderia di Colebrook-dale , i3^ iq8 Bellb-Arti ron un solo arco di 5ao piedi di diametio. Ad imi- tazione di questo se iie videro poscia sul Wear nel ^Sunderland , eoa arco di 2Ò6 piedi, sul Tamigi di a4o, ed altri. Ma poco appresso dovettero conoscere che tali opere non aveano molto merito d'invenzione , dor vendosi conservare la stessa forma dei ponti di ma^ teriale, e sostituire soltanto alle volte di pietra o di mattoni un sistema arcuato di sbarre e di cunei di lerrQ fusa, E dovettero ancora avvedersi che il dia- metro di questi archi , mentre si poteva far maggiore di quelli di pietra, aveva nondimeno i suoi limiti nel- le dimensioni e nelle spose . Già non si vuole dar qui la storia particolare di tutti i ponti sospesi , ora in gran numero nell' America , neir Inghilterra , nell* JrUnda , nella Scozia, e nella Svizzera: si dira più presto che questo trovamento ha notabilissima supe- riorità non solo sui ponti di legno , ma ben anche sugli arcuati , siano di pietra , siano di ferro fuso. Diremo altresì che tanto, si è esso perfezionato da di-- venire persino un ramo di commercio , e che il sig. Brunel ingegnere di Londra ne ha fatti costruire due che devonsi trasportare all' isola di Bourbon. Ora, volendo entrare più di proposito a tener ragionamento di que^ste costruzioni , dirò che si fan- no di grandi catenoni o fascetti di filo di ferro , abbandonati ad una naturai curvatura , sopra due o più sostegni di ferro o di muro. Dopo aver traver- sato questi fulcri , si conficcano le estremila, nel ter-r reno., accomandando i capi ad alcune sbarre stabil- mente fitte nel suola , e coperte, di grandi scogli . A questi catenoni o fascetti di filo si appendono verti- calmente tante verghe di diverga lunghezza , tali pe? rò che Ì loro, piedi si trovino, in piano oi:izzonlale , e possano, fermar.si a vite con travi o sbarre tra.sver- saj^i , che devoijo reggere le longitudinali, ed il ta.> BkLLE-AKtt ìg^ Tolato del ponte. Tornerà meglio alla solidità del pon+ te , se le catene o fascetti di fila saranno più di due: che il rompersi di una non metterà al peri-* colo di rovinare . I sostegni di legno o di ferro si fanno di travi o sbarre orizontali combinate colle verticali , come si vedono al ponte di Dryburgli , e alla scogliera di Edimburgo. I fulcri di muro sono pilastri od archi a foggia di porte , come si mirano nei ponti di Berwick e di Ginevra , i quali in be- ne ordinati edifici aggiungono comodità alle guardie e ai custodi , solidità alle testate , e bellezza a tut-^ la la fabbrica del ponte. Se in vece dei catenoni si useranno le fila di ferro , si avrà l'avvertenza che siano unite in fascetti , ed esposte innanzi ad una comune tensione, a fine di stenderle, e di togliere ad esse le piegature e le flessioni . In quello stato di tensione si stringeranno di tratto in tratto con le- gature di filo di ferro , e sopra di esse si gireranno in linea spirale altri fili più sottili , che facciano ac- quistare l'apparenza di funi o gomene , benché non abbiano sofferta alcuna torsione . Egli è ben palese che in questo modo non si avrà a dubitare della si- curezza ; perchè non è possibile che tutti si strappi- no ad un tratto , e troncandosene alcuni si troverà il modo di subito riparo , senza che il ponte ne sen- ta danno . Ad impedire poi l'ossidazione del ferro si coprono le diverse parti di questo metallo con den- sa vernice ad olio , che si rinnova ad ogni bisogno . Un' altra avvertenza si vuole avere , ed è sul cam- biare di forma della catenaria , coli' aggravare i ca- tenoni , o i fascetti del peso del ponte . L'esperienza dimostra , come noteremo sul ponte di Driburgh, che' tra il mezzo e gli estremi dell' arco si formano due curvature , alle quali si provvede accorciando conve- nevolmente le sbarre verticali di sospen<;ione. La hìf^ i20© Beli. B- Ann sura di quest* accorciamento dipende dalla grandezza del ponte; e Tarcliitetto ne prenderà esperienza dal caso pratico. I ponti sospesi sono di forma affatto contrari a quelli di materiale. Hanno questi ultimi gli ardii che volgono la concavita al fondo del fiume, e sopra di essi è retto il piano. Vogliono frequenti sostegni , e tanto maggiori quanto più grandi sono le aperture degli archi ; ond'è poi che questi fulcri , e questi archi ingombrano buona parte di fiume , e cagiona- no imbarazzo gravissimo al corso delle acque nelle massime escrescenze. Nella loro costruzione ricerca- no molte condizioni sulla natura delle sezioni , e sfug- gono le sinuosità , e vogliono il ponte normale alle sponde e al filone. Per lo contrario nei ponti so- spesi gli archi piegano la convessità alle acque , e il loro piano vi è sostenuto di sotto : rari si fanno i sostegni, e sempre di piccole dimensioni; anzi sarà strano il casa di un fiume che non possa essere tra- versato da un solo arco , ed oblìliquamente . Ninna difficoltà s'incontra sulla natura delle sezioni , ed il piano del ponte , dovendo esser posto superiore al- le massime piene , non può dare impedimento alcu- no al corso delle acque» La proprietà caratteristica di questi ponti è un sistema flessibile, nel quale l'equilibrio e fermo ad ogni cambiamento di figura , senza che alcuna parte si rompa. Anzi dopo tali cambiamenti, il sistema ab- bandonato a se stesso riprende la sua primiera e na- turai forma. Per lo contrario i ponti di materiale in pietra, mattoni, legno, ed anche in ferro fuso, non hanno questa importante proprietà. Ad ogni mutar- si di figura che avvenga nei medesimi , il sistema si scompone , e ne nasce uno sconcerto di forze , che poi cagiona la rovina del ponte . Perciò ad evitare Belle- Arti aor questo pericolo è di necessità dare agli archi e ai pie- dritti quelle temperale dimensioni , che siano atte a contrastare non solo alle forze della materia , ma si a quelle dei carichi straordinari. L'operare di tali for- ze cresce piiì rapidamente, che non l'apertura degli archi ; intanto che questa , e le difficolta della costru- zione non possono oltrepassare certi limiti . Avviene il contrario nei ponti sospesi , che sembrano i pivi prò* prj a traversare grandi spazi. Le difficoltà scemano a misura che gli archi ingrandiscono, e l'effetto tan- to e più sicuro, quanto piiì l'impresa si fa grande ed ardita ; e cosi i suoi cambiamenti sono tanto meno sensibili , quanto pii^i la sua lunghazza è maggiore . I limiti di questa sono estesissimi, purché proporzio- nate le catene all' apertura degli archi , sia in nostro potere di elevare bastantemente i loro sostegni. Il sig. Navier , esimio ingegnere di Parigi , che fu incarica- to dal governo francese di recarsi in Inghilterra ad esaminare queste nuove costruzioni , assicura che si potrebbe facilmente costruire un ponte di 5oo m. (cir- ca un terzo di miglio) con sostegni di 3o m. di al- tezza , e che un edificio simile non importerebbe gran- di spese. Innanzi di costruire un ponte a questa foggia, è mestieri esaminare il luogo ove si ha a collocare: sul quale , poiché è sì vario in natura , non si può fissare precetto che vaglia per ognuno. Dipende dall' ingegno solerte dell' architetto il sapere accomodare le generali regole di questi edifici ai diversi luoghi, con opportuni e convenevoli ripieghi. I grandi fiu- mi in monte vogliono alle testate artificj diversi che non si richieggono nei larghi torrenti in piano , ove le sponde sono generalmente si poco alte , che re- stano sormontate dalle acque nelle maggiori escrescen- ze. Altre sono poi le viste che dovrà avere l'archi- tetto , se le sponde sono di scoglio vivo , ed altre a« Ui terra forte o paludosa. Cosi nella scelta di un* sezione di fiume, torrente, o burrone, dovrà mira- re a quel luogo dove sia l'alveo rettilineo , e meno soggetto ad alterazioni , non die a tutte quelle av- vertenze che generalmente si prescrivono pei ponti di materiale. Fissato il luogo , è necessario calcola- re il peso del ponte , e il massimo dei carichi di pas- saggio , non che conoscere l'azione indiretta di que^ sti pesi sui fulcri e sui punti di attacco delle cate< ne e dei fili . Tutto questo vana a fissare il piano approssimativo dell' opera da lui ideata. In appres- so dovrà imprendere una numerosa serie di esperien- ze sulla tenacità e resistenza assoluta del ferro ; le quali quante viste debbono avere diremo in seguito^. Assicuratosi della forza dei materiali , passera a precisare le dimensioni delle parti dell' opeia , affin" cliè si facciano sicure da qualunque sinistro evento. E s'egli potrà chiamarsi tranquillo sul conto delle fi- la , dei sostegni , degli attacchi , e del tavolato , po- trà similmente asserire che la solidità del suo ponte non h per mancare. Forse taluno potrebbe chiedere no- tizia sulla durata di essi, per la quale è a credersi che nei ponti di ferro possa per certo contrastare con que^ la dei ponti di legno. Ma non dirò lo stesso dei pon- ti di pietra , molti de'quaH ci restano ancora sopra i venti secoli a dimostrare l'antica potenza romana. Que<- sta. considerazione ci fa subitamente distinguere la so- lidità degli edifici , in cui si vuole osseivare soltan- to il comodo e l'economia , da quella solidità iu cui oltre alle agiatezze si provvede allo splendore di una popolazione , la quale faccia quanto può per lascia- le di sua civiltà ai posteri memoria duratura per mol- ti secoli. Nel primo caso convengono a meraviglia que- sti ponti sospesi , che piw segnano un'arte portata a molta perfe/;ione; nel secoiubi» lurnano meglio, i po«tÌ di pietra , purché siano forniti di grandi dimensioni. La sicurezza di queste costruzioni sta interamen- te sulla tenacità del ferro , di cui si compon- gono i fascetti delle fila , o i catenoni , che altro non sono die verghe di determinata lunghezza , e pro- porzionate al carico che devono sostenere. È dun- que mestieri , come dicemmo , d'istituire una serie d'esperienze , la quale valga a determinarne la for- za assoluta. Ora un tal ordine di esperimenti vuol esser fatto sopra fili di diversa grossezza , e presi da fabbrica diversa, e deve riguardare, i. al loro al- lungamento sotto la tensione di pesi enormi : 2. all' effetto delle piegature e dei legamenti fino al punto della rottura ; 3. a quello delle scosse ; 4» all' influen- za della temperatura. Il sig. Dufour , nella costruzione del ponte so- speso di Ginevra , tolse a fare un bel numero di que- ste esperienze , delle quali è utile che io qui rife- risca le principali conseguenze , per norma di colo- ro che amassero di tentare siffatte costruzioni pres- so di noi. Primieramente misurò egli i diametri del- ie fila con un compasso di particolare invenzione , che dava sino i sesti di un millimetro ; e verificava le misure con un micrometro , fino ad avere i dieci mil- lesimi del pollice inglese. La prima serie di esperi- menti si fece sui numeri 4- i3. 17. 19, di commer-» do ^ ed avea per oggetto la forza assoluta e relati- va delle' fila , i cui diametri rispondevano circa ad tino- , a due , tre , e (piattro millimetri. Sei esperienze fatte sul numero 4- di diamefro o 85 mra. c'insegnano , che la forza è indipendente dalla lunghezza , e che la media assoluta di 48 chil'. ( i4* lib. rom.) è variabile tra i 47' e i So. chil. Il mede- simo dopo èssere stato bollito non reggeva a più di' ai» «liil. , ciòc À meno dclk mela, di ciò eli* portai- ij^V ao4 BELLK.-AnTI allorché la filiera avea rese le sue molecole più co^ Tenti fra loro. Dieci esperienze fatte sul n. i3 di diametro i^QO. mm. diedero 1^6 cliil. (432 lib. rom.) di forza as- soluta variabile fra i 20^. e 180. Lo stesso filo bol- lito fu al momento di rompersi sotto il peso di loi.cliil. Sei esperienze sul n.° l'j dettero 882. cliil., ed il rapporto della tenacità del filo bollito e non bol- lito fu prossimo al precedente. Finalmente il filo n.** 19 del diametro di 3, 70. mm. sostenne 776. cliil, avanti di rompersi , e lo stesso filo bollito portò soltanto 4o3. chil. Le medesime prove furono ripetute sopra fili eli altre fabbriche , e se n'ebbero analoghi risulta- menti. Ora dietro queste ed altre simili esperienze si concluse , che le fila di ferro da uno sino a quat- tro millimetri di grossezza portano Co. chil. (177 lib. rom.) almeno per millimetro quadrato della loro se- zione. E che le verghe di ferro lavorato , la cui se^ zione non oltrepassi sei millimetri quadrati, non por- tano più di 40. in 45. chil. , e quelle che sono più grosse solamente da 25. ai 3o chil. Dal che s'impara che la tenacità del ferro tirato alla filiera è quasi doppia di quello ribollito , e lavorato in verghe. E di ciò si vuol ripetere la ragione da quella fortissima compressione e stringimento che produ- ce la filiera nelle molecole dei fili metallici. Si ha inoltre che la forza nelle fila della medesima quali- tà , ma di diametro crescente di grado in grado , di- minuisce a misura che la loro grossezza aumenta: for- se per lo motivo che più il filo è grosso, meno l'ef- fetto della filiera è immediato ed energico. Il secondo fine a cui debbono mirare queste espe- rienze preliminari è l'allungamenlo delle fila sottomes- se ad una forza che le tiri nel senso della loro lun» BklIe-Arti ao5 ghezza. Ora in questo conviene distinguere lo sten- dimento prodotto dalla semplice rettificazione del- le curvature e sinuosità delle fila , da quello che può cagionare la rottura. Intorno al primo abbia- mo che un fascetto di 12. fila del N. i3. lungo 3o. piedi , e caricato di tre mila chil. , può allungar- 45 si della lunghezza primitiva. Riguardo al se- 1000 or » condo caso dimostra l'esperienza che l'allungamento è accompagnato da una leggiera diminuzione nel dia- metro \ la quale si palesa , allorché la carica arri- va ai due terzi di tutto il peso che può reggere il filo. IQuesta quantità di allungamento varia se- condo i diametri tra li 35. e ì Sj. dieci millesi- mi della lunghezza. L'allungamento nelle fila di ferro ribollito è assai più notabile , e riducesi a per 1 lOO ■^ tutti i numeri provati. Sono lodati da Stevenson nella sua descrizione dei ponti sospesi ( Bibl. Univ. novembre 1822 ) gli apparecchi usati in somiglianti sperimenti dai sigg. Brown e Brunton a Londra , coi quali potevano tirare nel senso della lunghezza delle verghe di ferro fino a 2000 quintali. Dice egli che al peso di 1200 si videro sulla superficie al- cuni segni di separazione nelle malecole di ossido di cui erano ricoperte. Al carico di i5oo si mo- strò uno stringimento e diminuzione di diametro in- torno alla sezione di rottura , ed un leggero svi- luppo di calorico. Finalmente , allorché l'indice dell* apparecchio segnò i84o quintali , la sbarra si rup- pe. Il ferro era della fabbrica di Galles, e non del- la miglior qualità , secondo che poterono giudicare dalla frattura. L'effetto delle piegature , dei nodi , e delle lega- ture quanto sia importante da conoscersi , non i hi* ao5 fi ELLE- Arti «ogno che si dica, vedendosi per esperienza iit tut> te le opere di ferro accader sovente la rottura in- torno alle medesime. Nel ponte diDriburgh sul Tweed, che rovinò , come diremo, per l'impeto dei venti, era- no le piegature delle lunghe catene da una parte sal- date, dall' altra chiuse da un collarino (v. la llg. in b.). Ora si osservò che soltanto le ultime era- no per la maggior parte spezzate. Egli è eerto , e nh facile la ragione, che dovendosi piegare un fdo at- torno ad un anello cosi che torni sopra se stesso , è necessario che il cilindro dell' anello sia della mag- gior grossezza possibile, acciocché la piegatura del filo sia più grande che si può. Cos\ conviene sem- pre evitare che il filo faccia più rivoluzioni inte- re , perchè l'attrito che ne nasce si oppone allo sten- dimento dei fili. Dufour stabilisce , che il cilindro dell* anello non sia meno grosso di quattro centimetri, per- chè una curvatura minore sforza più il filo , e ca- giona rottura. Asserisce altresì , che il miglior modo di attaccare un filo ad un altro è la semplice giu- sta sovraposizione dell' estremità del filo stesso , ser- randola con inviluppo di filo più sottile , e torto a spi- rale, i cui giri siano contigui sopra un estensione di circa cinque centimetri. f)[ Tutte le suddette esperienze furono fatte con pe- si, la cui aviione era in quiete, o, come direbl>esi, morta. Il caso del ponte di Driburgh c'insegna anco- ra quanto sia necessario il valutare l'elTetto delle for- ze in moto , ossia l'azione del loro momento . Le prove fatte sopra vari mazzetti di fila del n.° i3., ca- ricati della meta del peso necessario alla rottura, ci fan- no conoscere che possono reggere ad una quantità di moto espressa da 3ooo, facendo cadere i pesi da di- verse altezze sulla cassa. Suppongasi , per farne un esempio , che il numero 4Boo esprima la forza vi— B £ L 1 1 - A R T I ao7 va , % cui può resistere un dato filo caricato sol- tanto di i/3 del peso necessario alla rottura. Sia il ponte sospeso a sei fascetti, ognuno di loo fila del n.** i3. caricate di i/3 del massimo peso che può por- tare il ponte. Supponiamo ancora che un tal peso addizionale sia disposto sopra tutto il piano del pon- te, e sia di 280 persone, ognuna di '70. chil. Figu- riamo in fine che tutte insieme lo percorrano a pas- so raddoppiato , per cui si possa considerare una ca- duta di IO. cent. Il momento di ogni uomo sarà 9800, e di tutti 2,'j^^^ooo. Ora ogni filo può sopportare per dato una forza df 4800 almeno : onde per 600. fila si avrà 2,880,000, che avanzala forza suddetta di i36,ooa. Dal che si deduce , che sarebbe sufficiente a regge- re le più difficili prove, benché sia prudente il te-r nersi anche maggiormente al sicuro. Resta che si dica sull'influenza della tempera- tura. E opinione da tutti ricevuta che il freddo renda fragili gli assi , e le molle delle vetture. I sigg. Macaire e Dufour fecero passare un filo di ferro attraverso di uu manicotto empito a vicen- da di sostanza frigorifera e di accjua bollente. la dodici esperienze non avvenne alcuna rottura , pas- sando il filo attraverso della sostanza frigida fino a — 22.°^: centig. In due esperienze fatte ad acqua calda fino a 92.° il filo si ruppe una volta fuo- ri , ed altra dentro il cilindro sotto la tensione media di ^S. clùl. e mezzo. In fine fecero passare il filo tra le due sostanze una a — 21° ~ l'altra a "f* 92.*^ ~: , il che fa una differenza di 11 5." di temperatura ; e si ruppe fra i due manicotti sotto la tensione di 4^ ;c chil . Questo fini di mostrare fhe l'influenza della temperatura nei limiti suddetti è rpiasi insensibile. ^o8 Bklli-Art» Questi sperimenti sono tanto necessari quanto bisogna , per prevederne gli effetti nella costruzio- ne di questi ponti. Dalle cose dette pare che si pos- sa star tranquilli interamente sul conto loro , quan- do siano fabbricati in modo , che il massimo peso che avranno a sostenere non sia maggiore di 2/3 di quello che porterebbero naturalmente. Avvertirò una circostanza , che potrebbe credesi per avven- tura di effetto sicuro nei piani dii esecuzione , ed k la considerazione di un peso addizionale cagio- nato da una moltitudine stretta di bestiami , anzi- ché d'uomini. Ma se ben si riguardi dall'architetto ■al dato della esperienza , che una calca d'uomini contigui importa sopra quella delle bestie un rap- porto di nove a sette , non lasciera egli di tener- si per sicurezza all'effetto di una moltitudine stret- ta di popolo più presto che di bestie. Fu ventura che il cap. Brown prevedesse questo caso nel pon- te dell'Unione , perche la folla all'apertura fu tan- ta, che più di 700. persone aggiunsero all'opera un peso addizionale di 940. quintali , senza che ne sof- frisse danno sensibile. Un'altra osservazione giova avvertire sulla re- sistenza assoluta delle fila , la quale a prima vista potrebbe credersi computabile al minimo grado : ed S che tenendosi alla forza media risultante dall'espe- rienze, si può egualmente stare tranquillo sulla si- curezza dell'opera. Perchè sono i mazzetti composti di molte fila , e purdìè un filo sia di forza mino- re , saranno le altre fila di resistenza più grande , tanto che verranno a compensarsi e a comporsi in una media. È vero peraltro che questa riflessione non vale per le fila isolate , nelle quali il minimo» è di 49 chil. ( 145. lib. rom. ) BiLLK-ArtI !209 Si farebbe ora proposito di conoscere qual po- sto meritino tra le moderne costruzioni i ponti so- spesi ; per lo che giova discorrerne tutti i pregi e i difetti , ponendoli a confronto con quelli dei pon- ti di materiale ; al qual fine gli osserveremo nel doppio riguardo dell'arte , e dell'economia. E in quan- to all'arte, fa d'uopo che pongasi mente alla solidi-* tà, al comodo , e al bello. Sulla loro stabilita già molto si è parlato di sopra , e pare che non possa mancare , se tutta si fondi suir esperienze preliminari. Anche della loro durata si è detto qual' ella sia in confronto agli altri ponti di materiale ; e si può congetturare che debba essere lunghissima , benché non si possa an- cora assicurare col fatto. In quanto alle comodità , non vi si potrebbe già, ricercare la distribuzione del ponte di Rialto in Ve- nezia, ma può quest' invenzione sciogliersi dai molti vincoli , e dalle molte pifflcolta che incontra un pon- te di materiale. Può l'architetto con un ponte sospe- so traversare quella sezione che più gli conviene, ed anche obbliquamente alle sponde di un fiume o di un burrone , e in quella direzione render più breve , e più piana la via. Per lo contrario nei ponti di ma- teriali è necessario cercare sovente la sezione più stretta e sicura, e a quella pervenire con deviazio- ni , e piegature di strada. E spesso si sente in que- sti il bisogno di moltiplicare gli archi che in quelli non importa , ed altre si fatte cose. Non pertanto re- stano ai ponti sospesi alcuni leggieri inconvenienti , e questi sono , alcune flessioni dei tavolati sotto il peso delle vetture , ed alcune scosse prodotte dai venti. Le prime scemano coll'aumentare della gran- dezza degli archi, e dicono i periti dell'arte che una ben inteia armatura nei parapetti le rende insen-^ 3 IO Bell E -Arti sibili. Dufoiir , parlando del suo ponte di Ginevra •ilice che un uomo camminandovi di passo accelerato, produce una lieve vibrazione. Se il passo è modera- to conserva una rigidità perfetta. Nondimeno anche nel primo caso le vibrazioni sono t anto insensibi- li , che il popolo che lo traversa non se ne accor- ge , come noi non ci avvisiamo delle piccole oscil- lazioni nei ponti di materiale al passarvi dello vet- ture. Nel ponte di Dryburgh sul Tweed un vento impetuoso spezzò due catene , che non erano sospe- se , ma tirate a maniera di raggi ; ciò che non è mai da imitarsi , perchè resta la loro forza disugua- le. Il moto si comunicava verticalmente; ma nel ri- costruirlo posero riparo all'uno e all'altro difetto , facendo i parapetti di una forte graticcia , e sosti-? tuendo alle catene raggianti le sospese; cosi ora non presenta alcun pericolo. È vero che questo sconcer- to dei venti è più locale che proprio della natura del ponte , dovendosi temere solamente dove fanno impetuose bufere ; nondimeno l'averlo avvertito gio- verà per clii deve imprendere siffatte opere , no- tando intanto che si può togliere e frenare con fu- ni o catene disposte a foggia di saettoui di sotto e ai lati. Il terzo principio che e da considerarsi nelle opere di architettura è la l>ellezza , per cui si han- no grate e piacevoli sensazioni nel mirarle e nel goderle. Appariscono i ponti di ferro di estrema leg- gerezza , la quale benché convenga a questa specie di fabbriche per ragion di economia, non lascia però di mancare alla solidità apparente . Percerto niuno e die non sappia , essere i ponti di materiale atti a qnal si voglia decorazione, e potersene fare dei trion- fali decorati con portici di colonne , come dicono «he fosse già quello di Adriano òggi Ponte ^'. Ari' BEUs-Ann ^u r^o. Sopra rli essi vi si passa anche, e vi si ferm. con fiducia di nmn pericolo. Non però anche i pon- ti sospesi sono meno atti all'ornato colla diversità del lavorio e dei colori del metallo ; e con elegan- za pittoresca si mirano fra i monti , e ovunque si godono le bellezze del paesaggio. Ma poiché il pn, mo pregio die si deve osservare nei ponti è qÌel- lo de la utilità , lasceremo questo riguardo per esa- minarli nel senso dell'economia. In questa foggia di costruzione l'economia è tan- to evidente , che non importerebbe quasi il farne pa- Tola. Ma come è forse la prima considerazione dia cade in mente a coloro che debbono ordinare questi lavori; sarà bene che se ne dica alcuna cosa. La co- struzione di un ponte di materiale esigge che delle masse enormi siano estratte dalla terra , trasportate co* isteuti e fatiche , ed ammassate con moltissime diffi- colta attraverso de'fiumi. Una gran parte delle spe- se SI consuma nella costruzione ddle casse pei fon- damenti, o in deviazioni , o in armature e centinf d archi, ed in siffatte cose accessorie all' edificio. Gli stessi fondamenti sovente importano tanta spesa di ma- teriali, quanta ne importerebbe tutta la fabbrica di un ponte sospeso; il quale di quanta facilità e speditez^ ^a sia non occorre che si dica, se con tali costruzio- ni SI tolgono di mezzo le più forti difficoltà. Or chi ^on vede che debbono perciò scemare di gran lunga a dipendi della mano d'opera, delle assistenze, dei machmamenti , e dei materiali? Adunque, se la ve- xa arte di queste costruzioni consiste nel conseguire al suo fine col minor dispendio possibile, impiegando poca materia e poco tempo, si accorgerà ognuno che a tale importantissima condizione soddisfano meglio i ponti sospesi che quelli di materiale , e vedrà pari^ mcntiin esse un tal perfezionamento eh, vuol essere G.A.T.XXU. ,. 313 Bell T- Arti gi\istam«nl« apprezzato a pubblica ulilitk . M» es- sendo due maniere di ponti sospesi , l'una di cate- ne, l'altra di fila di ferro, si fa qui altro propo- sito di mettile in chiaro a qual delle due dare il primo grado. Or questo dipende da pii^i punti , che hanno fonte nell' economia , nella facilita dell' ese- cuzione , e nella tenacità del metallo a sezioni egua- li. L'economia è abbastanza evidente in favore dei fasc.efti di filo di ferro, paragonati alle verghe, che formano i catenoni ; perchè queste ultime vogliono più lavoro che non occorre alla sovraposizioue del- le fila in fascetti ; e per lo contrario la tenacità del filo a sezioni eguali è tanto superiore a quella del- le sbarre , che per procurarsi la stessa resistenza meno metallo abbisogna nelle fila che nelle verghe. La facilita dell' esecuzione e pure notabilmente mag- giore nei fascetti , che nelle sbarre. I particolari da- ti di sopra sulla maniera di aggiungere le fila , e di fornirle di egual tensione nell' accoppiarle stret- tamente insieme, non lasciano alcun dubbio sul van- taggio dei fascetti per la semplicità e speditezza del lavorio. Sulla tenacità delle fila tirate alla filiera, e delle verghe lavorate , non sarà alcuno che dopo gli esperimenti suddetti non accordi la preferenza alle pri- me; ondo stimo inutile il darne maggiore scliiarimento. Questo sistema di sospensione si è trovato tan- to utile , che non è mancato chi ne abbia fatto del- le ingegnose applicazioni. Tra le più importanti è quel- la fatta alla scogliera degli arrembaggi , destinata a facilitare lo sbarco e l'imbarco delle robe in luoghi più o meno esposti ai grossi colpi di mare. Al por- to di Neuwhaven presso Edimburgo una compagnia d'interessati alla navigazione fece condurre una di queste scogliere coli' opera del cap. Brown , la qua- le riusci felicemente. La sua lungliczza è di 700 p. Bellu-Aiti 3i3 e<^ è di tre archi ugnali. L'altezza del piano sul li- vello delle acque è di io. piedi , e finisce in alto mare con una testa o piattaforma che sta in faccia alla grande apertura del golfo, ed è laiga Go. piedi e 5o lunga. Non sark alcuno , che per poco conside- ri quest' applicazione , il quale non la trovi più uti- le delle scogliere di pietra, non solamente rispetto ali* economia , ma Lenanclie alla sicurezza dei naviganti. Imperocché contro le scogliere di pietra si frangono le onde con tanto impeto , che le navi non vi si pos- sono accostare senza grave pericolo. Per Io contra- rio si rompono e passano attraverso le gabbie della piattaforma siffattamente, che possono i marinai ap- prodarvi sotto qualunque vento. Questa bella pro- prietà ha destato nella mente dell' architetto ingle- se l'idea della costruzione di simili gabbie nelle dune dell' imboccatura del Tamigi , dove il grosso mare rompe sì fortemente , che i più arditi marinari non si attentano a prestar soccorso ai bastimenti senza pericolo della vita. Varie altre applicazioni si legge che siano stato immaginate, come di un ponte canale, e di un tubo so- speso ad una sola catena; e forse non mancherà chi in seguito le estenda agli acquedotti , ai canali d'ir- rigazione , alle forme dei molini e degli opifici, a tra- versar valli , ed altre tali che qui non han proposi- to di più sminuzzate particolarità. Basti l'averle ricor- date perchè non si abbiano a dir nuove in appresso; giovando intanto l'avvertire gl'imprenditori di quest* opere , che l'esperienze date di sopra non sono ge- nerali ad ogni luogo e paese: che ogni architetto in- caricato di simili costruzioni dovrà sempre , come si disse , istituire un beli' ordine di sperimenti , per- chè il ferro è variabile non solamente da luogo a luogo , ma benanche nella stessa fabbrica ; di che ba- 2i4^ Bklle-Aiti sti osservare le differenze che presentano le frattu- re d'una stessa verga ; che i medesimi gradi di cal- do e di freddo possono nelle stesse sbarre e fila di fer- ro esser cagione di contrari efletti di fragilità e di sodezza ; ed altre simili avvertenze che non dovran- no spregiarsi dall' esperto architetto. Dopo ciò non sarà qui fuor di proposito ch'io accenni di volo , come vi saranno alcune località , nelle quali tornerà bene usare una disposizione, che non si è ancor praticata in queste costruzioni , ed è un modo di sospendere il piano dei ponti sopra e non sotto le catene o fila di ferro con una tessitu- ra incrociata di sbarre , che lo sostenga orizzontale; la quale, secondo che io penso , potrebbe farsi co- me segue. Fissate le catene stabilmente ai loro ca,- pi , vi si appoggino sopra tante verghe biforcate negli estremi , e di tali diverse lunghezze da terminare su- periormente in una retta. Si sostenghino in posizio- ne verticale con altre verghe orizzontali tanto per il lungo che per il largo del ponte , e perchè siano frenate negli estremi si unischino fra loro con obbli- que a modo di diagonali. Per ultimo sopra questa tes- situra vi si steiwla il piano del ponte, che ordinato in una delle maniere indicate , riuscirà orizzontale. Può questo modo dispensare dai sostegni di muro, e prestare mezzi più facili di legare con molta stabili- tà i capi delle catene nel suolo ; ma vuole essere usar lo con prudente avvedimento , e non dove le mas- sime piene giungano a bagnare, le stesse catene; perr che restando esse di sotto possano essere spezzate dal- le reste e dagli alberi che sogliono portare i fiumi. Intorno a siffatta nuova disposizione, basti un simile cenno per coloro che la trovassero piiì vantaggiosa in alcuni burroni o fiumi di tali sponde che non siano, mai avauiate dalle acque. Belt. b-Arti 3i5 Ora ci parrebbe che mancasse dell' essenziale que- sto scritto , se non fosse fornito della descrizione e dei disegni di qualcuno di quelli sospesi inferiormen- te , che ora sono con buona riuscita in uso nell* In- ghilterra e nella Svizzera. Noi caveremo il tutto da due fascicoli (nov. 1823, agos. 1823.) della bibliotc ca unievrsale di Ginevra'^ e lo daremo qui con po- * che diversità. Ponte di Driburgh sul Tweed. Dagli architet-» ti lohn , e Smith, a spese del Duca di Bucliam, si costruì sul Tweed fin dal 1817 , un ponte desti- nato ai pedoni , e ai cavalli. Ma non essendosi usa- to il principio della sospensione alle catene , natu- ralmente pendenti da un capo all'altro , non ebbe lunga durata. Perchè le catene a guisa di tanti rag- gi divergevano dai sostegni per attaccarsi in diver- si punti al palco , e facevano parziali e diverse cur- vature fra loro. Alcune restavano tanto pieghevoli ^ lente , che il passaggio accelerato di poche per- sone poteva produrre un movimento vibratorio in tutto il sistema d'alto in basso. E cosi fu che , ad alcuni piacendo di accrescere questi moti, venne a mal fine il loro intendimento, che si schiantò una catena raggiante delle più lunghe al punto di so- spensione. Fu subitamente riparato ; ma in appres- so grossi colpi di vento lo scossero verticalmente, tanto che si ruppero le due maggiori catene , e tutto il ponte si disordinò e scompose. Lord Bucham seaza perdersi d'animo lo fece ricostruire con mi- glior divisamento , ponendo rimedio ai difetti addi- tati da quell'inaspettato avvenimento. Sospese il pia- no del ponte col mezzo di sbarre verticali alle ca-» tene sostenute da una sponda all'altra , ed abban- donate ad una naturale curvatura. Pose alcuni ca- «api lateralmente attaccati al piano del meUesuno » QiG Bblle-Arti" e fece 1 parapetti di una forte graticcia di legno , onde restasse più sicuro dalle vibrazioni verticali. In questo modo vedesi disegnato nella fig. i. , ed è composto di quattro catene maestre similmente di- sposte fra i punti di sospensione , le quali a due a due toccano il sommo della graticcia col vertice della curva. Le catene sono di tante verghe cilin- driche lunghe IO. piedi, del diametro di polli- ci I 5/8 (i), l'estremila sono saldate , e si congiun- gono fra loro per mezzo di anelli. Le sbarre ver- ticali hanno un pollice e mezzo di diametro , e tra- versano a testa ribattuta gli anelli delle catene. Neil* estremità inferiori sono forate, e sostengono per mez- zo di vite le sbarre orizzontali di ferro , che reggo- no il piano del ponte , alto i8 piedi sul livello del- le acque magre ; il quale è formato di tavole di abete unite con traverse immorsate , e coperte di ta- vole trasversali, che lasciano fra loro un piccolo spa- zio di 3/4 di pollice circa per lo scolo delle acque. Ad avere una sicurezza maggiore , sotto il piano del ponte sono tese ed attaccate alle travi altre due catene formate di anelli cilindrici del diametro di un pollice. I sostegni delle catene maestre sono si- milmente di abete, ed alti 28 piedi. I legni sono grossi i4 poi. in quadro, e lasciano fra loro un in- tervallo di 9 piedi per adito al ponte. Sopra que- sti le coppie dei catenoni sono fra loro distanti 12 piedi , ma convergono fino ad attaccarsi al piano del ponte che non è più largo di quattro piedi e mezzo. Questa divergenza contribuisce ad impe- dire le oscillazioni laterali del sistema. Passati i ful- cri, i catenoni si piegano al suolo a modo di saetto- ■ » - ' — ' ' ' ■"■ " "" (i) Il piede ingleic è m. o. 5o5. , alquanto m»no di un palmo e cDezso romauc* , essendo questo in. o. 2a3. ni, e passando a traverso grandi pietre piane dispo- ste in arco , come dimostra la figura , vanno ad at- taccarsi a grosse sbarre di ferro. Questa parte di catene è più sottile dell' altra, non avendo che un pollice di diametro. In tal ponte fu fatta l'osserva- zione che abbiamo ricordata di sopra, ed è sul cam- biamento di forma della catenaria , allorché si ag- grava del peso del ponte. Gli estremi ed il mezzo rimanevano inmiobili ; ma tra questi punti il pia- no del ponte faceva due curve di sette pollici cir- ca di freccia. Si rimediò facilmente a questo difettu, accorciando quanto occorreva, le sbarre di sospen- sione. Il ponte che si vede nella fig. 2. è quello con- dotto dal cap. Brown, parimenti sul Tweed a No- rhamford presso Berwick , ed è largo 18 piedi ingi., lungo 33 1. Il piano è di tavole grosse 3. poi. , e sono guarnite di rotaie di ferro per le ruote dei car- ri. Le travi longitudinali hanno quindici pollici di altezza , e sette di larghezza. All'esterno è ornato di una cornice alta quindici pollici , che fa mostra di maggior solidità. Le sbarre verticali sono del dia- metro di un pollice, e stanno sospese fra gli anelli delle catene , come vedesi in a. Coi loro piedi at- traversano una lastra di ferro- grossa tre pollici , che scorre sotto le travi lungo tutto il ponte , a cui re- stano accomandate per mezzo di viti. Le catene mae- stre sono 12 , disposte parallelamente fra toro, e fat- te di verghe del diametro di due pollici con fori negli estremi per le chiavarde , che sono abbrac- ciate dagli anelli. Le sbarre verticali cinque piedi stanti fra loro , sono attaccate alternativamente alle catene, e fra esse è un parapetto di cinque piedi a maglie quadrate di sei pollici di lato. Le catene sojio lunglìe 43^ piedi da un fulcro all'altro , e pai- ai5 Belli-Arti sano cogli anelli più vicini sopra carrucole fermate nei due sostegni o testate di muro , dopo di che pie- gano al suolo fino alla profondita di 24 piedi, do- ve sono attaccate a grandissime lastre di ferra fuso sovracaricate da un massiccio pesantissimo di pietre. Le testate sono due piloni, l'uno fondato sopra sco- glio di pietra bigia , ed alquanto disgiunto dall'im- boccatura del ponte , l'altro sulla sponda del iiume, è aperto in arco che serve di porta come vede- si in e I ponti disegnati nella fig. 3 sono stati eretti sui fossi della cinta di Ginevra , con opera del col. Dufour. Essi si possono riguardare come un solo di due archi divisi dal puntone, ossia controguardia di fortificazione. Il piano del primo e lungo Sy. m., l'altro 29. m. La testata sinistra è fatta di una fab- brica che serve di porta di citta , fornita di due stan- ze per un portiere , a cui si paga il pedaggio , e per una guardia che impedisce il passo delle derra- te soggette a g-^bella. La testata destra , ed il pi- lone nel mezzo sono similmente forati in due archi. Queste fabbriche sono destinate a sostenere i grossi fili , ciascuno dei quali h un mazzetto di 100. fila . del N. i4' di commercio. In questo sistema si è dun- que lasciato interamente, quello delle catene. Le fila furono assoggettate prima di unirle ad una egual tensione di 100. chil. ( 296. lib. rom. ), affine di sten-- derle , e di levarne le flessioni . Cosi furono unite con legature di altro filo , nel modo che si è inse- gnato di sopra. Il più lungo di questi fascetti h di 40' "1- ( *8o. pai. rom.). Si uniscono i diversi fa-« scetti fra loro per mezzo di un cannello o cilindro cavo , che viene abbracciato dai medesimi , in ma- niera da essere tirato in senso contrario. Questo ci- lindro è più grosso negli estremi , perchè gli occhi Bellb-àrts ai9 àel fascetti non possano uscire. Se si vuol tener dietro all'andamento della figura, ne verrà più chia- ra la descrizione, che si farà solamente sopra di un filo, potendosi ripetere la medesima sugli altri, a b h una sbarra di ferro che si alza verticalmente contro il muro , dopo avere abbracciato inferiormente l'estre- mo curvato di altra robusta sbarra, fissata orizzon- talmente nel muro. Superiormente finisce in anello che s'incatena con quello di un fascette per mezzo di altro anello di ottone , rivestito di piombo , per- chè tutte le curvature delle fila siano addolcite , ed aggrandite. Da è in e il fascetto passa in uno sgu- scio , e attraversando la fabbrica della porta, arri- va in d , dove si trova il primo cannello o cilin- dro cavo di congiunzione. Discende , e poi rimon- ta fino in e , dove si trova un secondo cannello , per mezzo del quale si unisce al fascetto piiì corto efg , che posa in y sulla superficie curva di un so- stegno , e si attacca per via d'altro cilindro cavo al fascetto più largo curvato naturalmente in gh , se- condo la catenaria , hik e l'ultimo fascetto corto ch« si stende in i sulla culata destra , e si con giunge in k ad una sbarra obliqua di ferro fuso km , ferma- ta profondamente nel suolo con robuste lamine di ferro fuso , sovracaricate da un massiccio di gran- di pietre. Vedesi poi chiaramente nella pianta , che la direzione di questi fascetti non è nello stesso pia- no verticale , ma si convergente verso il mezzo del ponte che tende a tirarlo nei lati , e ad impedirne le oscillazioni laterali. Questo effetto si è voluto accre*- scere coU'azione delle briglie a maniera di saettoni in n , le quali si oppongono altresì ai movimenti ver- ticali. Il piano del ponte è sospeso ai fascetti prin- cipali , che diremo anche gomene di ferro , per raez- xo di altri fascetti secondari di dodici fila unite, 9a9 Bitte ^ Arti «he si attaccano agli estremi delle traverse post* secondo la larghezza del ponte. Sopra queste scor- rono altre cinque traverse longitudinali , che s'inca- strano a mezzo a mezzo colle prime ; e sonovi fer- mate con cavicchie a vite. A tale struttura sono sta- bilite alcune verghe verticali , che portano il para- petto, che è di un sol pezzo per tutta la lunghezza del ponte; e sopra alla medesima con chiodi sono fer- mate le tavole , sulle quali si cammina. Da questo composto di legname, e di ferro, n'è venuto un tal sistema rigido da non dar segni di oscillazioni la- terali , ne del piegarsi nella sua lunghezza. Stimo di fare òosa utile alla pratica di quester costruzioni , additando l'artificio che si tenne nell* ese- cuzione di quest' opera. Fissate in L le gomene , fu- Tono strascinate attraverso i fossi , ed alzate e tese convenevolmente, col mezzo di funi attaccate ad un sistema di taglie. A distanze simili a quelle dei fa- scetti verticali , e tagliate secondo la difl'erente lun- ghezza dei medesimi , eransi innanzi sospese delle fu- ni ordinarie , a cui furono poscia accomandate del- le traverse , e dello tavole a farne un ponte a mo- do di provisione come segue. Il falegname stando sul- la porta della citta con uncino tirava a se le due prime , e vi sospendeva una traversa : lo stesso fa- ceva colle seconde. Sulla medesima soglia , e su que- ste traverse disponeva le prime tavole , sulle quali avanzandosi ripeteva la stessa operazione intorno al- le terze e quarte funi , fino a disporvi un second' or- dine di tavole , e cosi di seguito. Stabilito cosi un ponte di ripiego, si poteva facilmente procedere alla costruzione del ponte stabile; dopo il quale era fa- cile lo sbarazzarsi del primo , sciogliendo le funi , e levando le traverse. Ad impedire l'ossidazione del fer- ro , fu data una mano di densa romici^ ad olio. I le- BELLK-ARTr 42 r gnami sono di larice scelto della miglior qualità : • perchè la loro disposizione è fuori del contatto dril- li terra , sono anche lontani dalla putrefazione , cha suole piiì o meno attaccare i ponti di legno ; ed è questo altro non lieve vantaggio sugli ultimi. Que- sto ponte fu fatto in sei mesi ; onde vedesi un altra bella proprietà di queste opere ch'è la brevità del- la loro esecuzione. Le seguenti particolarità dimostre- ranno ancora quali siano state le spese; a norma di coloro , che amassero imprendere simili costruzioni. 7900 In fabbriche alle testate , ai piloni ed al- tro ; ital. L. Ferro lavorato, e grosse ferrature alle porte. • aSoo Filo di ferro, e mano d'opera. 'Qoo Acquisto di legnami, e mano d'opera. aaSo Piombo, rame, cilindri, cavi , vernici ec. 800 Escavazioni, e fondazioni. 160 Spese diverse, ed indennizzi. 5oo In tutto italiane lire i635o Che equivalgono a scudi romani 3o56 circa. Si può dunque concludere , che un ponte di un solo arco, lungo 40. metri (180 pai. rom.), e lar- go 4. metri , costruito cogli stessi principi non im- porterebbe pili di quattro in cinque mila scudi. Terminerò questo scritto coli' osservare, che nella presente urgenza di tanti ponti nello stato pon- tificio, questo bel trovamento potrebbe facilitarne l'im- presa, sovente abbandonata per l'enorme dispendio. E benché siano molti i luoghi ove si farebbe utile tal sistema di sospensione, non istarò io ad accennarli quij •a» Bsi.lx*Arti che non h mio proposito , ma mi limiterò a citare tré opere su tal materia, per comodo di coloro che amas- sero d'istruirsi più largamente in questa parte dell' architettura : opere , clie trovo assai lodate nei gior- nali letterari degli stranieri , e che dicono essere for- nite di tanti particolari, quanti ne possono occorrere in simili costruzioni. Stevenson. Description of bridges of suspensioa ce. Descrizione dei ponti sospesi : giornale filosofica di Edimburgo n. x. e xi. con flg. Navier. Rapport et memoire sur les ponts sus- spendus ec. i. voi. in 4-° con tavole. Parigi i8a3. Dufour. Description du pont suspendu en fil de fer construit a Genève ec. i. voi. in 4'** con tre ta- vole. Parigi e Ginevra i8a3. 33^ Braccio Fortebracci da Perugia signore di Montone ■ in atto di riposo che medita sopra una carta tO" pografica V impresa di Perugia , nelV anno i^iG» Quadro a olio del signor Silvestro Massari jPe- rusino attualmente domiciliato in Roma. M. ropostosi rabilissimo giovane pittore signor Silve- stro Massari di esporre in un suo bel quadro un argomento , che nel tempo medesimo ricordasse gli onori , e le glorie militari dell' Italia , e della sua patria Perugia, da niuna altra storia a dir vero po- tea toglierlo più opportunamente , che da quella del Fortebracci , il quale nel secolo XV.° fu veramente l'onore delle Italiane milizie . Imitando egli pertanto i saggi di Atene , che ogni loro qualunque domesti- ca storia volevano che divenisse nobile argomento del- le arti belle , ricordò così a' suoi concittadini un. epoca per essi loro molto gloriosa. Imperciocché se in un tempo in cui l'Italia era troppo amaramente agi- tata da politiche , e civiche dissavventure , il Forte- bracci divenne il terrore della patria ; ottenuto che ne ebbe il pieno dominio , applaudiva essa medesima alla dolcezza del suo politico , e militare governo. Sembrerà forse , e non impropriamente a taluno, che i poeti e gli artisti , narrando i primi, e gli al- tri mostrando le azioni degli eroi , troppo spesso li facciano trattenere fra lo strepitoso errore delle ar- mi , e le marziali contese , come se eglino non fos- sero stati grandi eziandio anche in mezzo alla quie- te , e ad un tranquillo riposo . Ma l'arte antica da cui la moderna trac sì spesso e lodevolmente istru- »i\ Bll.LK-AtTI lione , ci mostrò ben sovente Ercole e Teseo , Achil- le , ed Ulisse in attitudini di placidissima quiete sen- za cessare dalle loro intraprese. Piace dunque ve- dere , che il sig. Massari con assai buono intendi- mento si è alquanto scostato da una pratica , che talvolta potrebbe sembrare anche troppo comune. Ma la semplicilk dell' idea su di assai buoni esempi tracciata , non polca accompagnarsi che da una semplice , ma nobile , ed intelligentissima ese- cuzione. L'eroe italiano si presenta pertanto assiso , che al capo fa con la sinistra sua sostegno , come chi è assorto in profondissima meditazione , e stan- co dal grave pensare ; mentre applica con la destra le seste su di una carta topografico-militare di Pe- rugia , meditando sopra essa il modo di farne con- quista , esaminandone le distanze , onde ordinare in bxion regolamento l'esercito in quella nuova guer- resca intrapresa. Bella e veramente l'azione di un eroe , cui picciola sembrando ogni conquista , non mai dal conoscere nuove terre e nuove piazze desi- ste , onde renderle oggetto delle sue vittorie , e for- te motivo di suoi nuovi trionfi. E questa bella atti- tudine del Fortobracci nel quadro del sig. Massa- ri ci ricorda in una certa guisa parte delle istorie del magno Alessandro ; imperciocché ai letterali che nel- le spedizioni sue lo accompagnavano sovente ordi- nava geografici, e topografici studi, e ricerche , in- nanzi di arrischiarsi a nuove concjuiste di paesi agli eserciti suoi poco meno che ignoti. E veramente il Fortebracci, come quegli che conquistò J3ologna, la Marca, Roma perfino , e quindi la patria , dovea be- ne spesso prevenirne le imprese con profondissimi studj , e meditazioni. E perchè il sig. Massari sapeva già che il For- tebrarci non giunse a compiere il duodecirrjo lustro, lo rappresentò nelle forme , e nel bel sembiante ro- busto , e pieno di vigore per modo , che tale bea si ravvisa anche nel suo stato di quiete. Se bel- la , e grandemente espressiva è l'attitudine dell' eroe, ne men bello , ne meno ragionevole è il costume con cui l'eroe stesso viene rappresentato. Imperciocché co- me quegli il quale anche nelle ore di pace è sem- pre pronto , e disposto a pugnare , se l'opportuni- tà e le insidie dell' oste il richieggono , è intiera- mente ricoperto dalle sue armi, e di quelle armi di ben temprato acciaro , che anche nel quadro con la magia del colorito ha rendute il pittore risplenden- tissmie. Ne sapremmo bastantemente lodare il bel mo- do, con cui questo giovane artista ha saputo rap- Jjresentare il costume di quella medesima età , del quale Tarte moderna non fa poi sempre gran pre- gio; e ne spiace pertanto di vedere talvolta la mol- ta celebrità in cui è a dì nostri salita , oscurarsi da qualche piccolo difetto di costume , che appena po- trebbe scusarsi con quella molta licenza, che forse con troppa benignità suolsi a' poeti , ed agli arti- sti accordare. £ quando tu vedessi cosi il Fortebrac- ci reppresentato , diresti per avventura , come egli con la pugna precede quelle nuove conquiste, che appena ha meditate nel suo pensiero , e che sem- plicemente va calcolando sopra topograficbe piante. E perchè egli non è nell' orror della mischia, ci pia- ce di vederlo ricoperto in testa , piuttosto che dell' elmo cristato , e che nel capo suo al solo scuotersi risvegliava terrore , di un berretto purpureo orna- to di vagliissima piuma conforme l'uso di quella guer- resca età ; ne molto variamente è rappresentato il ce- lebre Niccolò Piccinino che divenne prode alla mi- litare scuola di Braccio medesimo, nella sua medagli» ben rara opera del celebre artista Vittore: Pisano, ove aaC Bkll«-Aiiti Braccio fanciullo sugge dal grifone, stemma di Pe- rugia , i primi alimenti di quella vita militare , che sì altamente lo distinse , come da una madre , e qua- le fu veramente Perugia che ne' tempi andati di eroi e di militare valore fu fecondissima. Ma il pittore non ha dimenticato quella specie di armi tanto in uso ai giorni del Bracceschi , e nella etk di mezzo , e perchè la rappresentanza fosse meglio decorata , elmo y spade , bandiere , ed alabarde gli ha posto ai piedi , anche per una assai bene immaginata allego- ria , Ciie le armi stesse al semplice suo aspetto si umiliavano. Ma il peritissimo artista , non avrebbe forse ben compita l'opera sua , se a tutti questi pregj della composizione non avesse aggiunto quello del luogo, ove il perugino campione si trattiene , piìi che in riposo , in seria e profonda meditazione. E questa pratica interessantissima fu tenuta in dovere per mo- do neir arte antica , che fra gli artisti medesimi si sta- bilirono perfino delle massime di convenzione , onde non e maraviglia che si ometta rarissime volte , e che in sì bella pratica si serbi una buona parte dell' artistica filosofìa , di cui le opere antiche sono sem- pre ricchissime. Il Fortebracci si trattiene pertanto sotto la sua tenda medesima, ed in tempo di notte, imperciocché sono quelli i momenti , in cui i conqui- statori, riposando dai giornalieri militari travagli, si riducono più facilmente a meditare con profondissi- mo studio le nuove imprese, e conquiste. L'interno sito occupato dalla amplissima tenda è sparso di te- nebre , che riverberano perfino nella figura dell' eroe; ed a noi sembra che il colore di quelle tenebre sia sparso , e fuso nella tela con bel modo, e perizia, e che vi si sieno superate quelle difficolta , che glt artisti anche di prim>o grado provano nella fusiane> Bellr-Akti 337 delle ombre che deljbono indicare la nofte; ed ivi a meglio additarla, splende un lume di candela eoa bellissimo effetto , prossimamente all' eroe nel tavo- liero stesso ove egli è occupato a riordinare nuove intraprese. Gli accessori nelle opere delle arti , ed anche nel- la loro semplicità , sono quelli che talvolta rendo* no tanta celebrità alle opere stesse , e la molta intel- ligenza dell' artista bastantemente proclamano. Noi sappiamo che fra le molte epoche gloriose del For- tebracci , il sig. Massari si è determinato a quella in cui l'eroe meditava rendersi arbitro, e padrone del- la patria , allorché da civiche discordie agitata, e retta dalla fazione dei popolari , la fazione de' no- bili , di cui egli era capo , vivea foruscita. Braccio dovea pertanto ricuperare Perugia alla fazione die si era scacciata, e dovea ricuperarla con l'ajuto di piiì prodi cittadini , che faceano parte dell' esercito suo; e prevedendo taluno di essi come una tale conqui- sta dovesse divenire nuovo motivo alla patria di stra- gi e rovine, mentre l'adirato eroe la medita, ed i preparativi ne disegna e dispone , un militare in di lui compagnia nella tenda , ed a lui di rimpetto, fa- cendo al capo suo con la diritta sostegno , pare che già deplorando ne vada la strage imminente. E que- sta idea nella nobile semplicità sua, ci sembra .mol- to opportunamente marcata nell' intiero della com- posizione , che perciò si rende allo spettatore di as- sai maggiore interesse. Finalmente conforme il mili- tare costume, non doveano omettersi quelle circostan- ze, che nella composizione doveano pronunciare il rispetto all' eroe, e la sicurezza del suo militare al- bergo : laonde al suo ingresso , da cui si osserva co- me in distanza la scenografia di Perugia , l'avvedu- G.A.T.XXIL i5 to pittore ha opportunamente collocata una guardia armata di tutto punto. Auguriamo cosi al peritissimo giovane artista Pe- rugino sig. Massari tutte quelle prosperità, di cui han- no sempre bisogno i coltivatori delle belle arti , le quali non sanno costantemente che di gloria , e di onore nutrirsi ; e da questi sapientissimi saggi dell* arte sua , con i quali già si inoltrò nella tanto splen- dida carriera, dobbiamo sperare che l'artistica scuo- la d'Italia , e la Perugina , che dai giorni del Van- nucci in poi non iscemò di pregio giammai , un nuo- vo , e grandissimo lustro vadano anche merce di lui acquistando ; e noi siamo estremamente paghi di ren- dere questo picciolo , ma sincero omaggio ai nuovi meriti suoi. Gian Battista Ybrmiglioli. A SILVESTRO MASSARI PIRUGINO Sopra un suo quadro rappresentante I riposi di Braccio Fortebracci in accampameùtOv ODE ttSL PKOFESSO&E ANTONIO MEZZANOTTE. Sulla Tebana lira, Pit.tor , l'aura Dircèa per te discende; Il patrio Amor m'ispira Che nobilmente anco il tuo petto accende* £i che in vivi colori Teco dipiase Braccio bellicoso , Che coglier nuovi allori Medita in suo terribile riposo. Alta è la notte ; assiso Entro la tenda militar si giac« L'Eroe, che grave in viso Veglia al chiaror di consapevol fa». Cupo silenzio ingombra Il custodito loco , ove la bruna Divide immobil ombra Furtivo raggio di crescente luna. Ei-ile la manca fassi Air accigliata sua fronte sostegno; Alteramente stassi Com'uom pensoso per oltraggio indegno. Mesto a lui siede appresso Fido guerriero , che pietoso affetto Ha nel sembiante espresso Di nuovi afianni al miserando aspetto. Braccio neir armi avvolto , D'arcane cure la gran mente pieno. Tutta palesa al volto L'anima invitta che racchiude in seno. Esul dal patrio suolo , Donde cacciollo ai buon forza nemica « Fra giusto sdegno e duolo Attende a vendicar l'ingiuria antica. Ei dominar destina Le patrie mura , a punir empie frodi ; Sovra un papiro china Tien la pupilla , e ne disegna i modi. €5* Non eh' egli or vincitore Alla natia citta faccia ritorno Di stragi apportatore , Suon di minaccia ostil spargendo intorno; Ei vien saggio e prudente , Di civil guerra in mezzo ai rei perigli , In sua virtù possente Della patria a frenar gP ingrati figli ; Che, parteggiando audaci , Più volte alla turrita Etrusca madre Fòro iniqui e rapaci Tornar le gote lagrimose ed adre t E COSI ad essi insegna Che mal si compra liberta col sangue , E sol licenza regna Ove concorde amor civico langue. Pittor fedele al vero , Corri , o Silvestro la difficil via , E coir eterno Piero La comun patria in mente ognor ti sia. Di lui segui i securi Passi , e sue leggi destro alunno adempì $ Saldi opponiamci e puri Del secol guasto ai depravati eserapj. Scarsa n'avrai mercede Che rara al merlo l'età nostra imparte : Ma largo a noi concede Premio la gloria , e lo splendor dell' Arte, LLij ■'■' ' — — — I ■ 'Il III, mM NECROLOGIA Ai IO. di questo mese passò a miglior vita il P. Bartolommeo Gandolfi delle scuole Pie, la di cui me- moria sark sempre onorata da quelli che coltivano li studii della Fisica e della Chimica sperimentale in que^ sta citta. Nacque in Torria, terra del principato di One- glia li 24. Febbrajo del lySS. Fece i primi studii in patria , e vestì l'abito religioso delle scuole Pie in Ancona li aS. Febbrajo del 1772 , óve compì il suo noviziato. Passò quindi a Roma nel collegio Na- zareno , e vi attese a perfezionare i suoi studii filo- sofici ed ecclesiastici. Di la passò per breve tempo ad insegnare grammatica in Poli , ed in seguito bel- le lettere in Norcia , in conformità dell'Istituto re- ligioso , cui si era consagrato. Ben presto però ven- ne di cola spedito ad insegnare la filosofia nel col- legio di Ravenna , ove rimase dal 1779. al 1784- In questo stesso anno però fu dai superiori del suo ordine chiamato in Roma a professare la Flosofia , Matematiche, e Teologia nel collegio Nazareno, ove se- guendo le traccie de' suoi confratelli i PP. Cano- vai e del Ricco, introdusse per il primo lo studio delle matematiche per mezzo dell'analisi , e lo fece con tanto successo che si guadagnò la stima e l'ami- cizia di un analista e geometra di prim'ordine , qual* era il celebre Pessuti , allora professore di mate- matiche nella università Romana della Sapienza. La sua riputazione di ottimo istitutore lo fece prescegliere nell'anno 1792 a successore del P. Fon- da parimenti delle scuole Pie , nella cattedra di Fi- sica sperimentale della università anzidetta ; e da queir 33a •poca ed in quel teatro più ampio egli comunicò alla gioventù studiosa delle scienze fìsiche e cliimicìie nn impulso die fece venire iu onore questi studii, allora infelicemente negletti , ed abbujati da un me- todo difettoso d'insegnamento , e dalla tenacità cou cui si ritenevano le oscure teorie di Stalli. DifFatti a quel tempo il fondo delle lezioni di fisica e di chimica era preso dagli elementi di Mu- schenbroeck , e da quelli di Boerhave ; e gli allievi non avevano alcuna contezza delle brillanti scoperte di Priestley, Bergman, e Lavoisier; per le quali eran- si diradate le tenebre della teoria del flogistico , era- si prodotta la correzione della nomenclatura , e fatto adottare per teoria il semplice risultamento dei fatti « delle sperienze. Il nuovo precettore , sebbene sfor- nito di quella eloquenza seducente , che suole at- trarre la gioventù , più che la solidità delle dot- trine , e cattivare la loro attenzione ed il loro amo- re per la scienza , pure con la chiarezza del testo delle sue lezioni , con la novità delle sperienze , e con lo zelo instancabile , seppe talmente colpire gli animi de' suoi uditori , che da quel tempo si ac- cese in tutti la curiosità di conoscere le opere dei fisici e chimici che avevano richiamato la scienza al sentiero della osservazione e della sperienza, che l'ave- vano arricchita con la scoperta di una numerosa classe di corpi aeriformi affatto ignoti agli antichi , svelata la vera composizione dell* acqua , dell' aria, e di molti altri composti, e messa in evidenza la teoria della combustione e della calcinazione de' metalli. Co- sì fu egli il primo il P. Gandolfi a proclamare nel- le sale della nostra Università queste verità , dalle quali tanta luce si è diffusa non solo sopra tutte le scienze naturali , ma benanche sopra tutte le arti che dipendono dalle applicazioni della fisica e della chi- à3$ mica. Fu Egli altresì il primo che fece conoscere le ingegnose viste del conte di Rumford sul calorico e le felici applicazioni delle sue dottrine alla buona co- struzione di ogni sorte di fornaci , fornelli » e foco- lari; e queste dottrine non solo egli dettava dalU sua cattedra , ma applicava con successo a molti sta* bilimenti pubblici e privati , che chiesero a lui di es- sere diretti in queste economiche costruzioni. In tem- pi assai vicini le scuole Pie per opera dei Fasce , Monti , Paziani , e Gagliuffi avevano ravvivato il gu- sto dei classici latini nella gioventù; e quasi contem- poraneamente le scienze naturali , ma soprattutto la mineralogia erano con frutto coltivate ed insegnate dai loro colleghi i P;P. Petrini , Breislack , e Gi- smondi , in guisa che poteva dirsi con verità che le scienze naturali , e le belle lettere avessero i loro piii fervorosi cultori e banditori fra i religiosi di quest' ordine. Alla premura che il P. Gandolfi metteva nell* insegnamento della fisico-chimica , accoppiava altre- sì una irreprensibile condotta morale; ed attendeva ad ispirare ai suoi allievi l'amore della religione , del buon costume , e dello spirito d'ordine. Soleva egli dire che come una diligente preparazione del terreno era necessaria alla prospera vegetazione del- le piante , così era necessario di preparare gli ani- mi dei giovani con una soda religione e probità , per l'acquisto delle scienze. Egli era così rigido nell* esiggere una buona condotta da'suoi , che l'allonta- narsene era il perderne l'amicizia , eh' egli accorda- va poi con effusione a quelli che conosceva mori- gerati""e studiosi. La tarditk dell' ingegno non era per lui un motivo di disperare della buona riusci- ta di un giovane ; poichb la fatica e l'abitudine del- io studio j>oteyano tosto o inai vincerla , come 4« 334 lunga sua sperienza nell' insegnare gli aveva dimo- strato ; ma riguardava come poco curabile quella leg- gerezza ed intolleranza di spirito , da cui deriva che i piovani si appaghino talvolta di una cattiva ra- gione perdio ovvia, piuttostochè assoggettarsi alla fa- tica di pesarne il valore sotto tult'i rapporti. Ed a rilevare il merito del P. Gandolfi come ottimo- isti- tutore della scienza fisico-cliiniica, non è da ommet-^ tersi che i suoi allievi ed amici sono stati quasi tut- ti riputati degni dell' onore della cattedra nella stes- sa università , nella quale egli accese il primo in es- si l'amore deioli studii nelle scienze naturali. Le cat- tedre di fìsica, di chimica, di materia medica, di terapeutica , di clinica , di anatomia comparata , so- no ora occupate da chi prese nelle sue lezioni , e nella sua conversazione , i primi rudimenti della buo- na fisica e chimica. La memoria del P. Gandolfi non è solo da onorarsi perchè fu egli ottimo precettore , ma be- nanche per essere egli stato autore di utili scritti meditati, e pubblicati negl' intervalli che a lui ri- manevano liberi dai doveri dell' insegnamento . Fra le sue produzioni meritano principalmente attenzio- ne la sua opera si^i gli ulivi, che pubblicò in Ro- ma l'anno 1793: la memoria sulla maniera di costrui- re camini, ec. pubblicata in Roma l'anno 1807., se- guita da un'appendice sullo stesso oggetto; ed un analisi delle acque termali di Canino , data alla lu- <:e l'anno 1810. La prima è un'opera completa che abbraccia tutta l'economia della coltura degli uli- vi, dalla scelta delle specie più opportune pei di- versi climi e terreni fino al modo più convenien- te di estrarne l'olio. Tutt' i giornali letlerarii di quel tempo dettero un giudizio favorevole di quest' ope- ra ; e siccome l'autore ebbe campo di applicare i a35 «loi principi sopra gli uliveti del principe Boria in Tivoli ed in Albano, certo è clte cominciò subito a rilevarne il frutto ; e gli olii di queste possessio- ni furono generalmente riconosciuti per migliori, e tali da imitare perfettamente gli olii ricercati di Pro- venza e di Lucca. Nato il P. Gandolfl in un paese ricco in olivi , aveva oltracciò viaggiato espressamen- te in Provenza , nelle riviere del Genovesato , in Lombardia, in Toscana, enei Regno di Napoli, per raccogliere i materiali di questa sua opera, resa og- gidì rara e ricercatissima anche dopo le opere di Pre- sta , Moscliettini , e tanti altri sopra lo stesso ar- gomento. La memoria sulla costruzione dei camini , for- naci ec. è fondata sopra i principi delle costruzioni di simil genere, immaginati dal Conte di fìumford , ed applicati ai nostri materiali , ed ai differenti usi del fuoco per riscaldare bagni , per cucine , per of- ficine di sali , e pei camini domestici. Tutta la citta e piena di questi utili stabilimenti , diretti dal P. Gandolfl. L'analisi infine delle acque termali di Canino è modellata sopra il metodo del cel. Murray , che dopo avere determinato il numero e le proporzioni dei principii mineralizzatori delle acque ne offre i prodotti , distribuendo i principii stessi secondo l'or- dine delle loro affinità e della solubilità dei sali che ne emergono. Così egli non si limitava a -sterili e nudi precetti, ma intendeva a dare ai suoi scolari esempi pratici della loro applicazioue agli usi delle arti e della scienza. La sua maniera franca e leale nel trattare co- gli uomini , sobhene fosse tacciata da taluni di roz- zezza , certo è che tutte le persone distinte del su.o tempo io ebbero in onore ed in amicizia ; ed anche tZ6 i granfi! cìie sogliono essere schivi della conversa- sione degli uomini troppo sinceri e privi del fuo- co di un' affettata gentilezza di tratto , ebbero per il P. Gandolfl considerazione , stima ed anche ami- cizia. La nobilissima famiglia Doria soprattutto la tenne costantemente in conto di uno de'suoi miglio- ri amici e consiglieri. Quindi è che sebbene la gloria rumorosa e brillante delle scoperte non sia stata colta dall'uomo dì cui noi facciamo questo breve elogio, l'altra più modesta si , ma piiì solida ed utile , di ottimo isti- tutore con la voce e con gli scritti , non può certa- mente essergli negata da alcuno. MOKICHINI Elenco delle opere stampate del P. Gandolfi. 4. Memoria «ulla cagione del Tremuolo. Roma t'jSj. 3> Lettera al si;^. Pape Dorla su U faUa ardesia. Ro- ma 1 789. 5. Sopra gli oli?! ,, Roma 1793» 4.» IVCeinoria sulla ntaiiiera di costruire Camini. Roma 1B07 È. Appendice a questa memoria. 6. Acque termali del bagno di Canino. Roma 1810. 7. Dissertazione sopra le condizioni necessarie perchè una macchina elettrica sia capace del massimo efTetto ec. recitata all'accademia dei Lincei l'anno 1802 , e stampata iu un Giornale letterario di Napoli di quel tempo. 8. Lettera al sig. D. Domenico Morichitii ,, snll'ottima ed economica costruzione delle macchine elettriche.,, Àulolo* ^ia Romana del a 797» .$7 VARIETÀ* Breve vita di S. Luì^i Gonzaga scritta novellamente da A, C Prete Veronese B. 0, - 8. Verona iSaò , dalla tipogr. edit. di Paolo Libanti, ( Un voi. di cari. ig^. ) liceo lina nuova operetta dr;! padre Cesari , e forse la pia gentil cosa che sia nsclta dalla sua penna d'oro: perciocché ha qui adoperalo uno stile così soave con una lingua tanto sennpllce e pura , che a noi parve in leggendo d'aver fra le mani a'cuna delle più leggiadre scritture che tanto onorano il divino secolo del trecento. Ohi questa è nel vero, secondo l'avviso nostro , la nobil maniera di scriver vile ed elogi : ma- niera tutta evidenza e schiettezza , e in tulio slmilissima a quella di che ci furono così alti maestri i greci del vecchio tempo. Deh se lutti che prendono a trattar cose di divozione ti facessero con buon senno ad imitare il Cesari? Quanti più avrebbero leggitori , che per isvenlura non hanno ! Or ecco i preziosi vantaggi d'un libro in che l'aulore non si è dimen* licato di sacrificare alk grazie: che ognuno trae subilo a leg- gerlo , anche coloro che più ostinati sentono nella contraria opinione. E perciò stimiamo che non possa abbastanza racco- mandarsi anche a* dotti ecclesiastici questa così bella ed utile condizione di studi: perciocché finalmente > qualche ne dica- no alcuni , la parola è la prima scienza dell'uomo. Qui lutto è oro, e oro del meglio che possa aversi ne' tesori d'Italia • e chi non crede, ponga mente di grazia la semplicità e l'affet- tuosa eloquenza di questo luogo* E'il vecchio padre di S. Lui- gi che parla: il quale presumeva distorre Ìl figlinolo dal rinutt- tiare ìl secolo, e, vestir l'abito della compagnia di Ge^ù» ar38 T A n I E * a' ,, Luigi mio ( cosi a carte 70. ) , se tu hai ben cono-* «J'scTuto luo padre, non mi crederai (sono certo) sì mal cri- t, stiano , cli'lo voglia In vero studio commetter peccalo ed al- ti la volontà di Dio contrastare. Ma tali ragioni e si forti nvl i, conducono a credere , questo tuo proponimento non essere ,, voler di Dio , che al tutto non posso di ciò soddisfarli. Pen- „ sacl bene quale e quanta buona ragione ti sembra avere ), d'uscirmi cosi di casa , e di rinunziare II grado e la signo- ,t ria, la quale Dio medesimo l'ha posto In mano.? Fers» », pericolo che tu ci vegga di non salvarti ? Ovvero Im- „ pcdimentl alla tua santificazione ? Tu mi pari ingannato. „ Tu dei certo ringraziar Dio della buoua e pia indole eh' tt egli t'ha dalo , la quale tu con la tua virtù , ed io e j) tua madre con la crisllana educazione abbiamo pcrlczionaia» i. In questo luo marchesato lu sarai libero pienamente di le » t, e potrai alle lue devozioni attendere senza sturbo , e farti „ santo se lu lo vuoi. Ma e del anche avere riguardo a questi tt vassalli luoi , che Iddio ti pose fino ad or nelle mani. »> Chi potrà o vorrà meglio mantenerli nella pietà e nel timor „ di Dio , di quello che lu potrai ? Se tu gli abbandoni , ben tt vedi di quanta speranza e di quanto bene li privi. H dimmi P, pure , quali altri suddili hanno più aftetlo e riverenza al lo- ,a ro padrone , che s'abbiano a le questi tuoi? I quali tutti (, ti amano ed onorano come pad'e ; e ti aspellano , e dlman- M dana, e pregano d'essere da le governati- Aggiiigni a questo y, che le tue bolle maniere li hanno già messo in amore ed „ in grazia di lutti i principi , che lu conoscesti e seco trai- vi tato ; il che assai li dee ajutare a rendere quieto , felice , ed „ a' tuoi popoli profittevole il luo governo. E dei anche vedere ,, che il luo fratello Ridolfo , come che di buona natura , per t, la troppa sua vivacità , e per l'età non anche matura , non „ è cosi atto al reggimento di queste genti , come per tulli i „ rispetti se' tu. Abbi finalmente riguardo anche a me tuo pa- n dre alla pietà e riverenza che tu mi dei , la quale io non so ft d'avere anco demeritata; pensa aU' amore ardentissimo chs ^, \i porlo perchè tu il meriti, et al dolore che io ne porterei ,, olire ogni credere cocenlissimo , veggendomi diserto di tal fi- ,, gliuolo , e da lui abbandonato in .jaesU tempera di sanità tt Ifibolata da tanti mali , e macera da tante cure fin qui tol- ti lerale. E or quando io mi credeva avermi procurato un p, ajuto ed un sostegno alla mia vecchiezza ed alle noje di g, questo governo , tu pensi lasciarmi solo sotto cosi gran pe- ,, so , e coir affanno della tua dipartita? Potrebbono ancho ,, incogliermi cure maggiori e di più pericolo ; le quali non 3, polendo io reggere così solo , tu saresti cagione clfio ne j, morrei oppresso da tanto carico , e finito da tanto do- ,, lore. Ciò detto , diede in un pianto dirotto che gli troncò la ,, parole. ,, Siifaito artificio e magistero di scrivere noi non io tro- viamo che in pochi libri moderni. E perchè questo? Perchè poco si usa più lo studio de' classici , e pretendesl fare un arte ( ed è arte grande e difficilissima quella di scriver bene > «enza faticarsi punto d'apprenderla. - Osservisi anche cun qual tenerezza di lacrime descrive il nostro Cesari a cart. 187. gU estremi istanti del vivere del sanlisslino giovanetto ; ,, Ma „ Luigi , che sapea restargli omai poco tempo , alle due o- ,, re avanti notte sollecitò la cosa del viatico per opera d'un „ Padre Lambertlni: e così fu latto. Non è a dire con quai sen- „ timenti di tenera e calda pietà ricevesse il sagramento del f, corpo di Cristo , sentendosi dentro sicuro di dover quindi „ a poco vederlo senza alcun velo su nella gloria. Pochi son „ credo io, che possano ben conoscere l'allegrezza che un ,, santo dee provare in tal termine. Ma i fralelll di Luigi che s, erano inlorno al letto , udendo quelle parole : Accipc fra- „ ter, viaticum, eccetera, furono tutti risoluti in lagrime. Rice- ,, vuto il viatico , e rese le grazie , volle Luigi con lieto viso ab- ,, braoclar tutti quelli che erauo quivi presenti , a quel mo- „ do che solevano i padri al dipartirsi alcun di loro per ,, lontani paesi; e in qucU' addio che egli dava a ciau'uuo , |, e ixel domandarsi insieme perdono di ciò iu che tcme«i a4o V A « I « T À* ft no ITuno all' altro dover essere displacciulì , era ima pietà • »t vedere il pianto e' singhiozzi co' quali gli risponderano : e t. Luigi li consolava , promettendo loro , che altresì di là », gli avrebbe amati e ricordatosi sempre di loro , teueramea* „ le dell' amor portatogli ringraziandoli. ,» farsi per le nozze Beccadclli e Sampìeri. ( continuazione e fine. ) XI signor marchese Girolamo Zappi è conosciuto assai fra cultori delle buone lettere nostre : perchè sarà di piacere a laoUi il leggere qui una sua bella canzone anacreontica sul!' irn'en~^ sione dclV orologio , la quale egli mandò in occasione si for» funata alla madre cultissima della sposa , a quel fioie di titt.* %t le virtù più lodate» », Di costumi , di grazia , e dì bel rolto „ Dotala , e d'accortezza e di prudenza. (•) Ecco la Canzone del Signor Zappi. t> Quando ancor nostro intelletto „ Era avvolto In nebbia oscura» t, Ne ben chiaro al suo concetto f, L'ordin era di natuta , ,, Con che spande i raggi intomo „ Il lucente astro del giorno . y, Estimò ch'ei fosse auriga f, Degl' igniferi destrieri » „ Aggiogali alla quadriga „ Per gli azzurri ampi sentieri » t. Mentre il dì e la notte bruna f. Non avean misura alcuna : (•) Ariosto , Odando furioso e* VUi sl| Hj. T 1 A I t t x' s4» it Qiwndo ancor dd tempo ignar* ,, Il paslor dal chiuso fuora ,, Con la greggia usciva al chiaro „ Primo lume dell' aurora » ,, E non uso a terza e a sesta „ Si smarria per la foresta : „ Là ueir alma achiva terra „ D'alti ingegni ognor feconda , ,, Ch* oggi fulmine di guerra ,, Strugge , e pianto e sangue inondla , ,, La've cuna ebbero l'arti „ Fu diviso il giorno in parti. „ Vide il «aggio in valle ingombra ,, Di ramose arbori e fronde „ Indicar la mobil ombra ,, Quando 11 sol nasce est asconda* „ Quasi fida messaggiora ,, Del mattino e della sera ; ,, B dal faggi e dagli abeti ,, Fallo accorto , un segno lnfi«se „ Nelle candide pareli ,, E la legge vi descrisse ,, E il flamutitero viaggio „ Del solar diurno raggia , „ Al servigio allor del sole „ Date fur dodici ancelle , ,, Che lo Invitan con carolo ,, A fugar dal ciel le stelle , ,, E gli danzano d'intorno ,, Fin che a noi dispensa 11 giorno. „ La seguace invida notte ,, Si dolca , venendo fuore ,, Dal silenzi di sue grotte , ,• Che privala era dell' ore : „ E ivegliandosi a quel grido , a'/^3t Varietà* ,5 Calma il duol , disse Cupido. „ Ei che spesso i colpi alterna „ A ibnnar strali e catene » ,, Air incudine paterna ,, Nuovo artefice sen viene ,, Dell'ingegno che può solo ,, Misurar del tempo il volo* ,, Già percorre gli antri etnei ,, Ove son Tarme immortali „ Che Vulcan tempra agli Del, ,, E catene e ruote e strali „ Di rinchiuder si consiglia ,, Entro il sen d'aurea conchiglia. \ „ E composta la mirabile ,, Macchinetta, a quella imprime ,, La potenza e il moto equabile „ Che del tempo il corso espiline , „ E alla notte olire sicura „ Del cammin guida e misura. ,, Che non puole il nume arciero ,, Inventor d illustri co5e ! ,, Trar già medila il nocchiero ,, Fuor dcir onde tempestose » ,5 Con indicio più sicuro „ Clie non fia Jboole e Arturo. „ Ei saprà quando la bella ,. Del mattino messaggiera ,. Spunta in ciel materna stella ■ ,, Quando viede sulla sera ,, Ed accende 1 scintillanti „ Astri fissi e gli astri erranti. „ Ei del mondo arbitro e nume " ,, Condurrà cittadi e ville „ Sotto ugual legge e costumo *i Con eoQiJinti acuie squille , V À R 1 S T V 345 „ Lungo Taeie iulsrroui 9, I tìlenxì deUe noni. 1 I» Alle belle il »uo lavoro „ Pender ( dal pelli cburni , ,, Segneran le treccie d'oro ,, Le' furtivi amor noUurni ,, Le concesse ore , e grinTÌti ,, Alle danze ed ai convili. „ La novella opra ingegnosa „ Piacque d'Erebo alla Bin, „ E del sole invidiosa ,, Gridò in ciel tutta festiva , ,, Che alla freccia intorno Amora „ Posle avea le dodici ore. „ S'ammirar Saturno e Giove, ,, E 1 pianeti circostanti , ,, Alle brune ancelle nuore f. Che dispensano agli amanti „ E ai mortali falicosi ,, Gioje e placidi riposi. p Rise Venere che Adone „ E il suo Dio beò d'un' ora , ,, Rise Cinzia eh' Endimione „ Pria del nascer dell'aurora ,, Consolò d'un' ora amica , „ Benché fosse in ciel pudica. Avendo poi il eh. sig. prolessore Michele Medici ritrovato do- dici sonetti inediti di Bonaventura Baltri , letterato di chiara me- moria ) ha voluto ben cogliere questa bella occasione per pub- blicarli. Sono essi sonetll un' opera giovanile del Daltri : ma buo- no tuttavia è lo stile , e gentile la lingua , come bene dovevamo attenderci in un caldo imitator del Pelrarca e de' grandi del cin- quecento. Il Sonetto VII dice cosi; G.A.T.XXII, 16 f • ;j4| V a » I K t a.* La Face ,, Pace , dicesti ; e il bel labbro vermiglio ,1 Dolce atlegglo&si a innamoralo riso: „ Splravan pace il grazioso ciglio , ,, Gli atti soavi , il porlaniento , il viso. ,, Sdegno elle valse , o di ragion consiglio, „ Se già m'avevi si da me diviso! ,, Face , anch'io dissi : e in questo cieco esigilo ,, A me lutto s'aperse il paradiso, „ Il canto e il suono de' beati regni ,, Fcl tuo labbro ascoltai , per la tua mano , ,, E nel fondo del core ancor non tace. ,, Ire felici e fortunati sdegni , ,j Se già mi feste per la doglia insano, „ Quant' or vi deggio per si cara pace f Finalmente II sig. marchese Sigismondo Luigi Conti Castelli Sì è presentato anch' esso alle nozze col dono di cosa , la quale benché s uà non sìa , può nondimeno stimarsi che in parie gli ap«i partenga per le cure usatevi intorno. Sono le lettere della mar- chesa Elisabetta Uercolani Ratta scritte al conte Algarotli ; lettere in che ci sarebbe fatica il dire se più risplenda una certa schietta cox'dlalilàj ovvero un giudiclo chiaro e sonile in saper ben ragio- nare con tale uomo anche di cose letterate e civili. Non è questa invero la prima volta ch'escono al pubblico, trovandosi tutte stam- pate fra l'opere dell' Algarotli, ma ninno aveva pensalo mai ad una separala edizione , come per utilità comune e per onor grande delle gentili donne bolognesi ha preso a fare il sig, marchese Conti Castelli In un bel volumetto, intitolato con ele- gantissima lettera alla valorosa ed egregia sig. contessa Anna Fe- poli ne' Saropieri. V A R I B T A* 245 Pfolizie isioriche delle chiese di S^ Maria in Mia, di S. Giovanni Calibita iieW isola licuonin , e di S. Tommaso degli spagniioU o della catena detta poi de SS. Gioi>anni e Petronio de'Bolo- gnesi, col rame del quadro del Domenichino, e con un appendi^ ce dì documenti e delle iscrizioni bolognesi ammesse o posterio" ri alla collezione del eh. monsignor Pier Luigi Galletti, raccol- te da Francesco Cancellieri. - 4° Bologna 1823 dalla tipogra- fia JSobili. ( Un volume di carie XXII , 170 ; col ritialto dell' autore. Taceano gli antichi noslrl le meraviglie di Cassio parmense, per- chè tante e si luminose opere avesse composte da empirne quasi le blblioteclie. Noi però stimiamo , che se il eh. Cancellieri l'osse 5talo a quel tempo , ogni maraviglia sarebbe venula meno : non potendo esser vero che il letterato parmense scrivesse mal quanto ha scritto e scrive questo nostro infallcabil romano. Certo che i po« steri ne stupiranno: e crederanno ch'egli abbia vissuto a un di pres- so gliaunl di Nestore; non sapendo, come sappiamo noi, quanto co- sti poco alla sua vastissima erudizione lo scrivere un'opera comec- ché di più e più quaderni. Or ecco quella ch'egli ha novellamente pubblicata ; una cosa cotanto piena di notizie d'ogni maniera, da sgomentare ognuno che volesse così su due pie prenderne a ra- gionare. Quindi vedremo il modo di poterne toccar qualche pa- rola con più bell'agio nel volume avvenire. Recheremo intanto alcuni epigrammi del Cunich sul sepol- cro e sulle opere del pltlor Mengs; epigrammi tutt'oro , e degai veramente di quel gran poeta latino ch'era Kalmondo Cunich; i quali dal sig Cancellieri ci si danno psr Inedili tutti, benché il primo l'avessimo già veduto inciso a bulino sotlo un bel riiraito del Mengs. ,, Mengsius helc sltus est , quo vivo , vivere rursuni ,, Est visus Raphael , quo moriente, mori. 16* 346 V A R 1 B T X* 9 Mengsius heic iacel : heu plorai Pictura , net usqaan* ,, Esse uUum reparet qui sua damna, vldet. 3 Meiigsius heic laudum , Raphael divine , luarum ,, Aemulus , exiguo condllur in tumulo. ,, Fingere quo vivo didicit , quo maxima Rom« „ Extincto rursura pingere dedidicit. t^ 4 „ Mengsius occubnit ; raullos numerare licebit „ Plclorcs tota rursus in Ausonia. „ Sic ubi se occidua clarus sol mersil in umbra , „ Astra polo passim multa ridere licet. 5 », Hoc opus extremum Mengsiì est ; miransque dolensque ,, Roma viro plausum dat simul et lacrymas. Mirum opus hoc Mengài , coeptum quod morte sub i ,, Optavitque omnes esigere ad nuraeros , „ Exegltque allis , at non sibi i tangere metam ,, Nec pulchri, quantum mens vidcrat , valuit. 7 ,, Postreraum eximii defiio lumine Mengsi ,, Contemplans labulam nuper et ingenium , f, Et lacrymis oculos suffudi moestus obortis , ,, Invida quod talem tam cito mors rapuit. „ Sed prope ubi vidi studio quam pinxerat olim ,, Ipse suam ingenti, mirum opus , cffigiem , „ Huic alrox certe , dixi , Libilina pepercit : „ Mengsius heic sua post fuucra vivit adhuc. Varietà* 347 • • 8 'V Quanam animus forma piugalur , quore colore, * ,, Ignoro ■■> plngi scd video , Raphael ; -,*, In que tuis tabuli» cerno spes , vola , metusque 1 ,, Laetaque cum tristi gaudia maestltia. «, Ciincta gerì credo praesenlia ; cuncta movesi „ Attonitus monstro , vivere cuncta puto. \elV insliluzione della vera tragedia greca per opera d'Eschìlo ; ragionamento di Cesare Lucchesini , consi'^lierc di slato di S. M, la duchessa di Lucca , e uffiziale della legio- ne d'onore. 8." Lucca 1S20, dalla tipografìa ducale. ( so- no pag. 54). \nche Intorno questa beli' opera , scritta da uno de' p.à otti italiani del nostro tempo , ci pregleremo iare qualche lon inulil discorso ne' seguenti volumi. Ubiamo fra le mani i tre primi fascicoli degli annali far- maceutico fisici del Regno delle due Sicilie. Noi non possiamo lodare abbastanza il sig. Giuseppe Ricci com- pilatore de'medesimi» Egli in quest'opera si mostra fisico [ e chimico ad un tempo , e le sue opinioni sono inol- ! tre scritte con quello spirito di analisi , che è ver amen f te utile alla scienza della quale egli è applicato. IH', lì giudizio che egli ha portato sulla modificazione del tu- bo di Welter , non può essere né più vero . né meglio di- mostrato. Con piacere noi leggiamo In quest'opera periodica la no- ii«ft delle felici prescrizioni che si fanno in Napoli del fo- 348 V A. K r H T à' »laio di mercurio. Il metodo di cui il compllalore degli an- nali si serve per la preparazione di questo sale metallico, iiou y'è dubbio che può farlo avere di uoa composizione i sempre costante , e perciò di un'azione medicinale non sog-' getta ad alcuna variazione per parie del medicamento. L'artìcolo che riguarda l'acido iodoso è originale. E' Iki cU? il sig- Ricci mostra il suo sapere in chimica. X>a let- tura di questo tratto , può servire come un modello di ana- lisi , guidata da un raziocinio solido e severo. Semplice ed ordinala è la descrizione del doppio ter^ moraetro orizontale. La dottrina di cui si serve il corapi- lailore per isplegare il movimento retrogrado dallo jielo im inerso nell'alcool , persuade pienamente sopra di questo l'e^ DOiueno apparentemente contradlttorio. Il nuovo processo analitico che il sig. Ricci propone per la conoscenza dei terreni arativi , è una dimostrazicne ma- terials che le operazioni stimate le più difficoltose , posso no rendersi anche accessibili alle persone le meno esercita le. Quai vantaggi non risulterebbero alla società , se i chi mici si adattassero una volla all'intelligenza universale ? La critica portata dal sig. Ricci sopra l'analisi dell'acqui Sanfraraondi , è uno scritto la di cui lettura dovrebbe cs sere raccomandata a chiunque si occupa di tali lavori. Fa re che l'autore di quell'analisi sia caduto in tante centra dizioni ; per dare origine ad una così sottile censura. Riguardo alla soda artificiale, noi. avremmo desiderai* che il compilatore ci avesse manifestalo il suo metodo » pe la riduzione del muriate di piombo. L'esame della natura chimica della Panacea del dottor Ton pson è semplice e preciso , e perciò molto ragiouovolmer i« il sig. Ricci dice , che è nn errore il sostituire a qu« «ta l'uso del cinabro. Noi facciamo de'voii perchè egli si occupi presto d particolari della memoria del sig. Lassaigne , «opr* dei Yt leni regalabili. V A R 1 K T A* 349 Per gueUo poi die riguarda le nuore vedale fisiologw che sopra le sensazioni , noi desideriamo la continuazlou» «oUecita della memoria , onde conoscerne le idee precise deil' autore sopra di questo importante soggetto. la somma per concludere sopra di ciò che il sig. RiC'* fli ha fin qui pubblicalo , noi giudichiamo che il suo la- Toro periodico è un opera sommamente utile per liuti co* Joro che si occupano di cose naturali. istruzioni teorico -pratiche di giurisprudenza criminale , eom~ pilazione di Carlo Coniali cancelliere nel tribunale di appello per la quattro Legazioni. Tomo primo. In 4. Bo- logna 1825. , lipoi^rafia governativa Sassi. Intorno quest' opera , della quale sono finora usciti alle stampe i due primi fascicoli , cosi ne'passati giorni scriveva un grarlisimo giureconsulto al nostro collega sig. Salvatore Belli. Mio caro Betti. tioma 4. Giugno 1824. » Anche a me ha rimesso in dono il sig. Contoll i due primi fascicoli del suo dotto lavoro , sul quale mi domani- date cosa io ne pensi. Per verità io non ne ho letto che il primo , giacché il secondo fascicolo mi arrivò nella mia Tilla tusculana presso Macerata , mentre nello scorso feb- brajo mi ponevo in viaggio per venire qui a stringere ài mio seno la infelice orfana famiglia di Tambroni nostro . Io ne palesai già con ingenuità e franchezza il mio qua- lunque siasi giudizio allo stesso sig. Contoli , ed egli favori di gradirlo. Ripeterò ora a voi , che l'opera è sommamen- te lodevole, perchè laboriosa e vasta, e perchè assai uti- le, yasta , perchè U eh. A. discorre con squisliji accurji- 2b0 Varietà' Uzza le leggi di ogni età , i giudizj resi , e Je consuetudi» ni ; accorda il rango di onore alle senlonue de'dotU an- tichi e moderai , senza rifiutarsi di esporre le umili e spes- ili bizzarre opinioni de'forensi prammatici, e luiia con fe- deltà slorica presenta la portentosa mole di ciò che com- pone r attuale nostra ginrepriidenza criminale. Utile , per- chè rnenlre istruisce il principiante nella teorìa e nella pra- tica , e soccorre la memoria del professore , presenta sen- za miuiifeslailo il bisogno di una legislazione positiva , con» forme allo spirilo della nostra eli , ai costumi , alle abilo> dlui , al clima stesso i mediante la quale sleno le leggi , e non gli uomini che ci governino. Io non pongo mai pen» na in carta » né sopra pubblici negozj , né sopra privati aftari , senza invocare questa previdenza gloriosa per il go^ verno i necessaria per Iranqulllizzare la conscienza de'giudi- ci , non meno che per Tonliue pubblico e per la felici- tà de'popoli. Il sig. Contoli con sottile accorgimento ha trat- talo la materia , con ricchezza di proposizioni , con lusso apparentemente soverchio ed incomodo di annotazioni : on- de ne emerga naturalmente il desiderio di un codice pe- nale semplice e preciso , di un codice di procedura sinte-» tlco e regolare. Fortunatamente è questo il bel momento , in cui rivolte a questo prezioso scopo le providc paterne cure del nostro benefico sovrano , giunge più che mai op- portuno il materiale esposto in quest'opera. Non sarà dun- que che bene che lacciaie onorevole menzione della mede- sima nel nostro giornale , e ne incoraggiate il benemerito autore a condurla a termine sollecitamente , con lo stesto impegno I e con la medesima diligeuza. Cura ut jolenf li vostro Abiviabom y A R 1 K T A* 25, JÀtinali d'Italia dal ijSo compilati da A, Coppi. Tomo i' dal lySo al fjgS.-Roma nella stamperia De Ronianis i}{24 in 8. (Sono cari. 457). Avendo Tltalia un' opera così bella come sono gli annali dell' irnmortal Muratori , parca veramenle cosa non degna che dovesse ella restarsi così manca e imperlet'.a, senza esse- re seguitata fino a dì nostri. Il sig. abate Coppi ha voluto a ciò riparare : e ci è molto piaciuto il modo con che lo ha fatto: perchè dovendo il suo lavoro servire strettamente di continuazione a quello del Muratori , non ha egli posto maggiore studio che a seguitare in tutto le poste di lui. H* poi delle C05e nostre trattato non altrimenti che usano i buo- ni istorici ; quelle cioè ricordando , che possono farsi a noi ed agli avvenire d'un utile ammaestramento ; e passando in, un savio silenzio tanti piccioli liatti che siccome non tocca'* rono se non pochi allorché succedettero, ora dopo tanti an- ni che son succeduti non hanno certo che far più con nes- suno. Del resto ha egli avuto a scrivere questo Tolume un» materia assai fertile : perciocché mutamenti grandissimi , « quasi oltre ogni umana memoria , sono stati quelli accaduti in Europa dopo 11 1750, i quali hanno dovuto necessariamen- te Involgere anche i principati italiani ; come a dire la rivo- luzione francese , che impetuosa e terribile , pari ad un gran- ds incendio , corse subitamente tutte le contrade europee. - 11 sig. Coppi mostra costantemente in quest' opera un giu- cti.zio mollo sottile ; e . ciò che più vale , sembra che in tanta luria di parti non abbia voluio stringersi ad altro che a cerca- re secondo II possibile e narrare la verità. - Il secondo vo- lume , che comprende gli anni «797, 1798 e »79y è già «ot- to il lorehio. ^y V A R I K T A.' Ecco il programma uscito questi giorni alle stampe sitW opera del sepolcro da elevarsi meritamente al celebre cay, Giuseppe Ttimbroni di sempre cara e onorala memoria. Una cosa però vi è tralasciala , siccome quella che si è sapula dopo la pubblicazione dello scritto , cioè a dire , che al degno e pietoso lavoro vuole anch'esso concor- rere generosamente col luo scarpello il sì famoso sig. lay. Thorwaldseu. PROGRAMMA ») tviuniti grinlrascrltti cultori ed amatori delle belle arlf «, nel pietoso proposilo di tramandare alla posterità la memoria „ della loro ammirazione amicizia e riconoscenza verso il defon- „ lo lig. cavaliere Giuseppe tambroni» chiarissimo lettera- », lo e caldo promotore dell' Incremento e della gloria delle belle „ arti In Italia, hanno determinalo d'Impiegare la loro opera e •, il loro denaro per erigergli un monumento marmoreo neiratrlo •• del tempio di S. Marco , ove riposano le sue ossa ; ed oite- », nutoue II permesso dal reverendissimo capitolo di della basi- „ llca, e II beneplacito dell' emlnenllssirao titolare sig. cardinal ,> Ercolani , hanno fra loro convenuto ; ,, t Che U grandezza e la magnificenza del monu- i, mento e l'occorrente spesa saranno in ragione de'mczzl „ che »i otterranno dai solloscrl venti, ,, 2 Che del disegno e progetto del medesimo si In- „ carica gratuitamente II sig. Luigi PolettI architetto , non „ che della sua esecuzione , dell'assistenza cioè per farlo erl- „ gere e collocare. ,, 5 Che i signori cavaller Antonio Sola e Adamo Tado- «, Uni scultori oftrono gralultamenie la loro opera pel lavori ,, die occorreranno di scultura figurata. ,, 4 Essendo intercise comune di risvegliare con ge- ,, Bcro»e coutribuzloiil Tautica vlvtù , ricordando ai poitert Varietà* a53 „ con rnonumenll permanenti i meriti dì coloro che si sono „ distinti nelle scienze o nelle arti, esprimerà ciascuno de' „ contribuenti nella sottoscrizione del presente foglio la som- ,, ma che gli piacerà di offerire per l'esecuzione dell'opera»' ,, 5 Quando si conoscerà di essersi raccolto un numero di. ., sottoscrizioni sufficienti per la medesima. Il sig. Poletti ne fari „ r esigenza, e verserà le somme esatte nelle mani del sig, in gè- ,; gnere Gio. Ballista Martinelli ispettore e membro del consi- 5, gllo d'arte , non che della ponlificia accademia di S. Luca di „ Roma , il quale ne disporrà per T occorrente spesa. ,, 6 Si desidera che il monumento sia compito e posto In ,> opera nello spazio almeno di un anno, da incominciure dal „ gennajo del iBaS. ERRATA Tomo XXII. parte i. pagina 29, linea 3 co- minciando di giù , essendo esso si legga essendo in esso. Il lettore è pregato di scrivere la parola mancante in sopra la linea indicata , essendo importante la cor* reziooe. Tabella dello stato del Tevere , desunto dalt altezza del pelo d'acqua suW orizzontale del mare^ osservato air Idrometro di Ripetta , al mezzo giorno. o k 5 6 7 8 9 »o il T2 i3 *4 i5 i6 ^7 i8 »9 20 2l 22 20 24 25 26 27 28 00 3i Maggio 1^2^. GIORNI. MliTRI, PALMI KOMAWI 6, 68 6, 60 6, 58 6, òo 6, 44 6, 61 6, 69 6, 5o 6, 69 6, 64 6, 73 6, òo 6, 69 6, 60 6, 4i 6, 07 6, 32 6, 27 6, 24 6, 18 6, i5 6, i6 6, i4 6, o5 6, 2i 6, 35 6, 26 6, 20 6, i8 6, i3 6, IO 11 6 5 X 9 7 29 29 29 29 29 29 29 11 29 3 2q li 29 8 00 A 29 6 29 11 2c 28 28 28 a8 27 1» *7 8 =^7 6 =^7 6 ^7 ò 27 1 ^7 9 28 4 28 0 27 10 27 8 27 5 27 j OSSERVAZIOM. Altezza massima 6, 70 1 Altezza minima 6, o5 Altezza media 61 09 MHMMIWMMMMMdlaakaMa-*! Osservazioni Melaorológìéhe Jaà^ alla Specola del Colleg . R om. Mag<^io i824' MiiTTINA. GIORNO SERA 1- 1 e Barometro Term- Igr. Barometro Term. Igr. Barometro Teri TI. Igr. I 28 a 1 12 2 3o 0 28 » 9 16 7 4i 9 28 i 0 2 0 i5 -1 2 27 11 8 i4 2 5o 0 27 n 8 16 0 46 8 27 11 6 11 9 16 0 i 27 11 2 li 2 ix 3 27 li 3 i3 9 44 4 28 0 2 12 0 26 0 4 i8 0 3 IO 0 3l 2 28 0 6 16 0 42 3 28 I 0 »4 2 29 2 5 2» 1 t> 12 5 20 0 28 I 9 iS 7 52 1 28 2 0 i4 2 32 3 6 28 a 6 i3 2 73~ 34 3 23 7 -8 2 7 18 3 ài 4 46 6 28 2 6 i5 3 34 7 34 7 7 28 2 4 28 2 0 17 7 28 1 8 i5 0 8 27 11 0 i3 8 25 6' 27 1 1 I i4 2 33 4 27 11 4 i4 0 3o 2 9 18 0 2 .3 61 28 2 :;8 0 6 17 6 48 0 28 , 4 12 5 47 0 1 0 28 1 5 i5 3 45 2 28 1 3 '9 » 57 5 28 i 3 .4 2 45 u 1 1 .8 i 3 i5 0 39 7 28 1 2 19 3 5o 2 28 0 6 i3 2 29 3 1 t 2 28 0 5 i3 0 .4 2 27 2 43 6 28 0 6 18 8 49 « 57 8 28 0 0 x4 9 45 8 65 0 3 27 1 1 9 27 11 8 20 9 27 IO 8 18 6 I 4 27 10 7 .7 « 58 4 27 10 7 21 5 56 7 27 11 0 ib 5 38 2 1 5 a7 II 7 14 0 25 0 27 11 7 19 2 49 5 27 II 6 i5 6 43 0 1 6 28 0 5 12 0 29 0 28 0 'l i5 3 5o 7 28 0 9 '4 0 4o 0 I 7 28 0 q IO 8 29 0 28 0 8 i5 0 41 8 28 1 0 i3 5 39 0 t 8 28 0 4 n 8 28 7 i8 0 3 i5 3 43 3 28 0 2 i3 0 41 2 1 9 28 0 3 9 3 a4 0 28 0 6" iS 0 47 1 28 1 0 i3 1 38 0 0 28 1 5 Il 8 29 3 28 1 9 16 0 43 5 28 1 7 '4 0 38 0 1 28 1 4 II 0 23 0 28 . 1 12 2 46 7 28 0 6 i5 0 49 2 ■2 27 1 1 7 i3 8 47 4 27 11 4 »9 7 55 1 28 0 9 i5 4 27 i 3 27 11 ò ,5 6- 27 2 27 II 8 18 8 38 0 27 II 7 16 0 3o e .^ 27 11 5 i4 3 25 0 29 4 27 11 9 .4 7 17 0 24 2 27 1 1 4 i3 0 35 e -5 18 0 3 1 1 0 28 1 1 52 6 28 1 8 i3 5 42 i :6 28 3 9 11 3 25 6 28 a 8 16 9 54 4 28 3 a i4 0 49 ■- ^7 28 0 4 9 5 29 2 28 4 3 ,7 5 64 0 28 4 6 ■ 4 2 58 : ^8 28 4 5 II 2 37 8 28 4 i 19 0 53 4 28 3 3 i4 8 35 ; -9 28 3 3 i. 3 28 0 28 3 0 19 2 53 2 28 2 3 ■4 9 27 ( 3o 28 1 4 1 1 0 4 0 28 1 6 19 2 58 0 28 1 4 i5 3 54 - 3i 28 1 3 11 0 3i C 28 , I 19 5 55 6 28 0 3 i5 8 |5.) : 1 " --, Ostervazioni Meteorologiche fatlg a\la Specola del Colleg. Som; Alaggio ì 824. MATTINA GIORNO SERA '3 Stato Eva- -^■"■"^^ Stato ■"^ ■^ Stato ^v^^tf--. M eteort o del por. Vento del Pios. 1 Vento 1 del Vento iS Cielo Cielo 1 Cielo ì n.p.s. 2 0 me.lib. 1 S,7l. me.sir. i m s. peli, 0 neh. • S.p.ll' 2 29 we5. I m 71. Tìl-Sl, 2 s. 771, SI, m h s- d 0 7«e. m 11,. lib. 1 m s. 7116, 1 ra 4 S'P.U' 4 4 i/'. 0 7L. 77iez. 1 xu s. P07t. 1 5 s. l 13 U-a- 0 s.p.ti. tra. 0 s. pon, i 6 s. 2 5 (r.-;-. i S,p.7l, ine. 1 s. poli. 1 7 8 S.ìt. 2 . 0 1716' 1 II, 7716. 1 II. p. s. 77 le, 1 neb. • H. 1 0 0-«. 1 fi. 5 042 me.li. 1 It.S. cr,gr. i piog.9.2 9 i.p.n. 1 2 1 i5 ^T.^Cf'. 1 S.ìl. 5 120 tr.gr. 1 S. p. 71. [/•a, 1 1 0 s. 7/iaes. I 1 1 s. 2 4 o-a. 1 i',/1. lib. 1 i. 712 e, 0 neb. t 13 i.p.n. >.p.?i. 2 8 5 36 ;«e. 0 s.p.ii. 77ie. 1 ni s. p. II. 7IIC, l neb. * U\i, 0 S. p. 71. Trie.sir . 3 il. 7116. SI, 1 m »4 li. 8 8 ;?/t'. 2 m 7t, me.si. 2 Il, lib, 3 i5 s.n. 7 0 lesi/; 0 S.p.7l. lib. 1 m s. p. n. po7i. 1 m if) s. 3 4o Li:gr. ni S.p.7l. lib. 1 s. 7116. SI, 0 17 s. 3 0 />.m. 0 S. 71, me.li. 1 m a. p . II. me.lib. 0 ;i8 71. 3 16 77l.Sl7\ ni S. 11. lib. 1 ni s. po.ma, 0 s.p.u. 2 24 ir.gr. ni S.p,7l. pò. 711. 1 s. po.li. m '20 71, S. 2 24 podib, 0 71. 111. li. 1 ra S, p, 71, 7ve, la- r' 71. S. 3 36 i7'«. 0 S.p.7l. 771.SI, 1 ni S. U. me. 1 m n.*p.t9 22 i»pi7(. 6 24 //-.^^r. 0 II. mez. 1 m U. me. SI. 2 23 /*. 7 8 7«e3. 2 II. 0 020 7n,si, 1 ru 71, me.lib. m ' pios;. 9.2 24 25 n. 2 26 ^(i. 0 Il, 0 029 lib. po/i. 1 0 71, 77ie,si. 0 i piog.9 .2 s. 2 9 ira, nx i,ll. S. 77ie. m pio.9.2. 26 s. 3 14 ir. ma, m S, 71, Lib I S. p07l, 0 27 s. 2 28 /'■•gr. 2 S, maes. 1 s. po.m, 1 28 s. 4 4B /Jo«. 0 S, p. 71, i7ie.U. 1 s. in. lib, ni ■^^ s. 3 4o //•«. ni s, p, n. i7ie.Li, I 71, S, m.li, m ■do /l.S, 3 32 ir. ma, m II. p, s. po.li. 0 s, n. lib. m nel. • 3i s. ». 3 T'?. ni 1 V. p. 11. i b. I II, 711. s ir, ni IMPRIMATUR. Sì videbitur Reverendissimo Patri Sacti Paladi Apostolici Magistro. Jos. della Porta Fair. Coiistantinop, Vicesgerens. NIHIL HOBSTAT D. Paulus Pancaldi Abbas Cisterciensis. NIHIL HOBSTAT. Petrus Lupi Med. ColL IMPRIMATUR. Fr. Phìlippus Anfossi Sac, Palatii Apostolici Magister. ^^9 SCIENZE Saggio secondo sopra l'azione sì esterna che in- terna de' corpi sulV organismo umano , e sopra V infiammazione. Del prof, emerito Luigi Sini- bbi di socio del cerei t io medico di Parigi-, ec-.ec: Fuligno , 1823 ; di pag. 2-[ò. Sunto. I 1 eh. sig. prof. Sinibaliii nel suo primo saggio sopra la vita organica e la febbre, pubblicato con i torchj di Macerata nel 1819, si occupò in risol- vere la quistione , se la sede cioè di tutte le ma- lattie debba originariamente ravvisarsi nei solidi. Im- prende ora nel presente secondo saggio ad esami- nare , se r infiammazione sia sempre di un iden- tico carattere , e se in tutto il suo corso richieda un metodo antiflogistico , o sia debilitante. In due parti , siccome dal titolo istesso appa- risce , è diviso questo secondo saggio. Nella prima, che verte sopra l'azione si esterna che interna dei corpi sull'organismo umano , e che viene suddivisa in quattro capitoli , ci fa il dotto A. conoscere pria di ogni altro , guai influenza la chimica abbia so- pra i corpi organizzati , e segnatamente sopra ruma- no composto. Rilevando ivi li progressi giganteschi della chimica , la scorge signoreggiare nelle infinite e graduate composizioni dei corpi spettanti alli tre G.A.T.XX.U. 17 SGO S e « E N Z E regni minerale, vegetabile , ed animale ; la ravvisa presiedere nell'immenso lahoralorio dell'atmosfera alla gencisi dei diversi lluidi elastici che la compongono; la rinviene dividere l'estesissima serie di tutte le ope- razioni della natura, mercè il governo delle due for- ze costantemente agenti, l'attrazione e la ripulsione ; e la trova finalmente farsi imitare nei privati labo- ratorj dei chimici scienziati nei processi di analisi e di sintesi, onde aumentare i comodi della vita, e portare alle arti la perfezione. Applica poi saga- cemente al composto organica animai;? la combina- zione semplice e l'equilibrio delle due opposte po- tenze , dell'alUnita cioè e della forza espansiva del calorico , che a quella dcU'adcsione , coesione , com- posizione, alFinita inccssanlenumte si oppone, distin- guendo tali potenze colle denominazioni di forze animalo-chimiche , e di calorico animalizzato . Da tre oreo , e Vorigine e sede risiede pr itici palm,e7ite nel sistema nervoso e muscolare : quella chimica che si riscontra in tutt'i sistemi, ed organi animali, è posta in attività , e mante- nuta dal calorico animalizzato che si s\■> Sono così le attra- zioni o affinità elettive quelle che diriggono nella formazione dei diversi sistemi , organi , e fluidi la unione delli materiali : mentre non è che il caloiico quella potenza che pone in azione le medesime alU- nita elettive e le mantiene in attività ; è quella po- tenza che nello stato di saturazione con il fluido arterioso imprime con il suo moto irrequieto e colla Sua ingenita forza espandente la vitalità al sangue, e gli concilia la fluidezza ; è quello , la di cui azio- ne eccedente o deficieute la temperatura delle di- verse specie di animali costituisce lo stato morboso. Assume nel secondo cap. l'esame delV azione sì ^interna eli esterna delle sostanze che agiscofio suW organismo animale , considerandola primamente sotto il triplice aspetto di fisica , chimica , e meccanica ; non comprendendo qui la morale , della qual foggia di azione tenne già proposito l'A. nel primo saggio sulla vita organica. E chiamando azion chimica quel- la , nella quale le molecole della fibra stimolata e quelle delle sostanze slimolanti si uniscono ed amal- gamano per formare un nuovo chimico composto , avvalora il suo opinare con l'indagine di varj fe- nomeni fisiologici , dove sempre rileva formarsi un composto chimico merco l'azione di alcuni corpi ester- ni sopra il senso del tatto , dei corpi sapidi sopra l'organo del gusto , di altri sopra quelli dell'udito e dell'odorato. In conferma del suo ragionare osserva qui il n. A., che non poteva nascere l'avvelenamento nelle giovanette , delle quali parla lo SAvieten , al momento dstesso di aver ornato il loro seno di fiori dell'aconito napello , se meccanica semplicemente , e non chimica fosse risultata l'azione dei medesimi. Sic- 2(33 S c I i: N- z- E come però Calleu accordò nello stato fisiologico dell* animale dolersi anche stalDilirc l'azione di un altro stimolo detto d'irritazione ; cosi intraprende il n. A. a rilevare , se realmente l'irritazione sia un modo diverso di azione de'corpi sull'organisrao animale vi- vente , oppure un grado maggiore del consueto sti- molo. E dopo varie ragioni , dopo la contemplazione dei fenomeni presentati dall'azione dei corpi sull'or- ganismo animale , ne stabilisce , che detta azione è sempre di puro stimolo entro quei limiti che la na- tura ha destinati per la vitalità e conservazione dei sistemi ed organi, e per cui li ha forniti dei pecu- liari ed omogenei , fuori della cui tempra sono irri- tativi e morbosi. Cosi le istesse sostanze vencliche sono tali per aumentato stimolo che convertono in, irritativo ; sebbene oltre questo aumentato stimolo debbasi altresì contemplare in esse la morbosa chi- mica alterazione del solido e del iluido. Espone nel terzo cap. le condizioni necessarie allo stato naturale delT organismo animale o sia di sanità z e fermo il n. A. in riporre il principio vi- tale nel calorico posto in contrasto ed equilibrio dalla natura colla forza di coesione della materia bruta , per mezzo delle affinità, da esso chiamate ani- malo-chimichc , e congetturando la perenne circola- zione di un fluido che stimola e produce l'alter- nativa prevalenza or dell'una or dell'altra forza mo- mentaneamente ; stabilisce nella energia , proporzio- ne , ed equilibrio di queste la prima condizione del- lo stato naturale dell'animale o sia di sanità , co- sicché quanto più saranno valide nel loro equilibrio e contrasto le medesime , tanto maggiore sarà il vi- gore del principio dinamico , onde più cnei'gico ed attivo lo stato di salute. Esamina per analogìa in vaij modi ciò che hanno di comune con gli ani- Organismo umano 2G3 mali le sostanze vegetabili , che pur godono della lor vita in grazia del contrasto ed equilibrio delle due divisate forze opposte della materia ; concliiu- de alla pag. 47* ■> ^^^^ essendo il movimento spon- taneo l'unico argomento per dedurre la vitalità de' corpi organizzati , e potendo questa sussistere senza il senso di cui non sia capace la materia , debbasi ripetere il senso , da un'altra sostanza clie non sia materia ; e siccome non vi è mezzo fra questa e la spirituale , così debbasi in una sostanza spirituale per arcano commercio con la materia rinvenire la principal distinzione fra ij. regno animale e vegeta- bile. E dopo lo scrutinio dei fenomeni derivanti dall' azione del sistema muscolare e nervoso , ne fa cono- scere come in quest'ultimo risieda principalmente e direttamente la vita fisica dell' animale ; come per il sistema nervoso ( costituito dal cerebro , cerebello , midolla allungata e spinale e sue diramazioni ) tutti gli altri sistemi ed organi conservino la loro vitalità ed attività alle funzioni lor proprie, o ne presentino uno sconcerto in relazione ai disordini del primo ; co- me per il sistema nervoso risentasi dall'animale l'azione degli oggetti clie sopra di esso esternamente ed in- ternamente agiscono , mentre per mezzo di esso si- stema esercita il principio intelligente le sue fun- zioni finche rimane legato alla materia in questa transitorio soggiorno; e come finalmente l'istesso si- stema nervoso nell'atto , in cui comparte la sua vi- talità e dirigge le funzioni degli altri organi tutti componenti la macchina animale , debba egli mede- simo la sua vitalità al sistema arterioso che lo con- serva e nutrisce. A magaior conferma dell'asserto inol- . trandosi a contemplare altri fenomeni fisiologici , di- mostra sorreggersi cos\ scambievolmente le varie fun- zioni fino a potoisi considerare ciascheduna di queste Ì2G4 Scienze or come causa , ed ora come effetto; giaccli^ senza Viii- flusso del sistema uerTOso si arresta il circolo del sau- pue arterioso , e senza il concorso di questo si paraliz- zano i nervi ; e se il sangue arterioso non ricevesse dal calorico animalizzato nel polmone la prima impronta di vitalità , impotente sarebbe a progredire nel si- stema vascolare e diffondersi in altri sistemi ed or- gani per le funzioni a questi dalla natura commesse. Apparisce dalle premesse , clie le tre sorgenti primarie della vita dell'uomo fuori dell'utero ma- terno consistano nella respirazione, nella circolazio- ne del sangue , e nelle funzioni del sistema nervo- so. La conservazione però delle medesime dipende da altre secondarie fuirzioni , fra le quali la più in- teressante si è la digestione ; e perciò nel cap. quar- to si occupa l'A. con somma erudizione deWanalisi, (Iella infestione umana principalmente , e suoi ri- sultati. Trae il clinico un gran partito dalla co- noscenza di questa funzione specialmente per il buon esito del metodo curativo. Incomincia il n. A. da un accurato esame degli clTetti generali , che nello stomaco* sviluppano le sostanze nutritive in so])ria dose o in esuberanza introdotte , degli efletti che vi spiegano le sostanze contenenti principi velenosi, e degli effetti altresì risultanti da una digestione che si compia sotto il naturale o pervertito stalo delle forze animalo-chimiche del ventricolo. La diversità dei fenomeni , che si presentano nell'uso di sostanze stimolanti e controstimolanti , si rifonde dal mede- simo in una chimica nuova combinazione dei fluidi efiettuata nell'atto dello stimolo che desse esercitano sopra li nervi dello stomaco , con la prevalenza or dell'una or dell'altra forza , del calorico cioè e della coesione, e non già dall'aumentato stimolo per le prime e deficienza per le seconde. Giacche ritiene che tutte le Organismo umano 2G5 sostanze agiscano unicamente per stimolo, il quale Jit- ■ ferisce per gradi , e per leggi di chimica afiìnila dege- nera in stimolo irritativo per parte del nuovo chimico eterogeneo composto, fino a giungere colla sua nociva attività ad alterare ed estinguere le forze vitali. Non pago però egli di avere con l'analisi dei fenomeni presentati dall' organismo animale dedotta la con- gettura , che nella conservazione del composto or- ganico e neir esercizio delle funzioni si ravvisa l'a- zione suprema delle chimiclie affinità , delle affini- tà elettive , dirette e modificate dal principio vita- le; volendo contro l'opinioue di Gullen escludere l'azion pura dello stimolo sul solido, ma riconosce- re bensì un azion combinata sui solidi e sui fluidi ; • s'inoltra a desumerne ulteriori conferme da varie con- siderazioni patologiche , e specialmente dalla classifi- cazione delle malattie desunta in oggi soltanto dall' innormale eccitamento ; non sembrando a lui possi- bile che neir organismo umano disordinato dal so- verchio stimolo o dalla deficienza di questo , river- berandosi semplicemente un tal disordine sopra il flui- do , come i solidisti asseriscono , rimanga impassibile la di lui tempra , e che col solo ricondursi lo stimolo al suo grado normale compier se ne possa la cura. Poggiando così sopra le indicate basi la sua teoria fi- siologica e patologica ancora, avverte li rigorosi solidi- sti l'A. a non esser sì facili a porre in ridicolo e li me- dicamenti dolcificanti, temperanti, ec. e le crisi e le con- cozioni, e le forze medicatrici della natura. Essendo an- zi li solidi ed i fluidi prodotti dall' enunciate forze delle chimiche affinità animali e del calorico poste in reciproca azione, ed essendo presso che innumerabili Il chimici animali composti della macchina umana, vi riconosce egli altrettante possibili alterazioni, alle qua- li può andare essa soggetta per l'azione delle cause ^CìG Scienze nocive , clie possono sopra di essa agire, cosicché ven- gano i varj sconcerti di essa da alcune sostanze me- dicamentose esclusivamente riparati. Parte seconda. Della infiammazione. Cap. pri- mo^ Della natura della infiammazione^ suoi princi- pali fenomeni^ e sua etiologia. Accennato l'unani- me consenso degli antichi nel riconoscere li saluta- ri risultati della natura medicatrice , nel ripetere dal- la di lei principale azione l'espulsione della causa no- civa e degli effetti morbosi di questa nella macchi- Ma animale , manifesta il n. A. la sua ammirazione m riflettere, che ?? Da tutti li celebri autori che han- 5» no scritto sopra V infiammazione negli ultimi se^ n coli pia illuminati , forniti di tutti quei lumi che ?5 hanno così estesa la cognizione dello stato pato^ ■ V logico deir uomo , esatti ed attenti osservatori , j) non abbiano riconosciuta V infiammazione., come il w mezzo unico , salutare , con cui la natura mode- n ra ed insensibilmente adempisce le principali Jim~ V zioni deir animale , nello stato di salute , ed a di- il versi gradi aumentata palesemente risarcisca a cer- ■n ti limiti tutti gli sconcerti che insorgono nelV im- » pasto organico prodotti dalle cause nocive. ?> Ad agevolar quindi l'intelligenza di questo suo trattato sulla infiammazione , premette un compendio di alcu- ne fisiologiche fondamentali nozioni desunte da va- rj altri suoi scritti anteriormente pubblicati ; e la seconda fra queste nozioni non possiamo dispensar- ci dal riferire. Considera egli il calorico animalizza- lo , che con una lenta animai combustione, percetti- bile soltanto nei suoi cllèt ti, eseguisce le funzioni na- turali del corpo umano, ma che palese si rende nell* aziou energica di lui nel superare gli ostacoli pro- dotti dalle cause nocive alle quali soggiacciono se- guatameute li corpi animali 5 e che allora questa mor- Organismo umano ■>.G'] L'jsa energia distinta viene con il nome à^ ììì fiamma' zione. Risguartla quindi le affinità animalo-chiraiclie sjtto l'aspetto delle forze vitali espresse già da Ip- pocrate con il vocabolo natura, calore innato, e da altri spirito, arclieo , anima, spiriti animali, poten- za nervosa , fluido nerveo, eccitabilità, ed in oggi prin- cipio vitale ; e dalle predette forze mantenute in at- tività dall' azione del calorico animale ripete la con- servazione dell' umano individuo , e spiegando con es- se li fenomeni fisiologici del composto umano, le pren« de per guida affai di determinare nella patologia la causa immediata e remota delle malattie onde adat- targli li convenevoli rimedj. Glie anzi rammentando la sua già emessa opinione intorno gli effetti della flogosi , e volendo distinguere la flogosi morbosa os- sia patologica dalla fisiologica , considera eg!i la in- fiammazione non come un operazione che unicamente tenda a distruggei'e , non come un misterioso lavo- ro , ma come il principale evidentissimo mezzo con cui per legge della natura si neutralizza e si espel- le la causa nociva , si risarciscono li morbosi effet- ti da questa prodotti con la sua azione si esterna che interna nel composto animale. A sostegno della quale assertiva prende in disamina le varie opera- zioni salutari che nell' umano individuo riscontransi , e tutte le osserva doversi ripetere dalla infiamma- zione più o meno patente e rilevante; passa in ri- vista le principali funzioni fisiologiche della macchi- na animale, e tutte le scorge eseguite per mezzo di leggiera infiammazione , e lo stesso ravvisa nell' esa- minare la natura della infiammazione per mezzo dei fenomeni che questa presenta nei corpi animali al- lorché eccede i limiti prefissi alla sua fisiologica azio- ne. Ne conchiude perciò , che la flogosi sia un chi- mico risultato animale prodotto dall' azione del ca- lorico , che la conumica alle affinità animali. 268 Scienze Dopo (jueste generali vedute s'inoltra ad esa- minare nel cap. II. V infiammazione nello stato pato- logico e suoi fenomeni. Tre necessarie condizioni as- scorna richiedersi onde si effettui ranimalo-cliimica operazione della natura, espressa col termine infiam- mazione , cioè la presenza della causa nociva sia fi- sica o sia morale, l'irritazione del sistema arterioso e del nervoso, e l'azione delle chimiche aiìl ni tà. Dee quindi l'infiammazione considerarsi un processo vi- tale indipendente e non soggetto all' eccitamento , e che perciò disprezza talora i soccorsi idonei a frena- re la irritazione, e costante giunge a compiere il suo periodo , ed a produrre li suoi ordinar) fenomeni ; giacche le chimiche leggi vitali sono dissimili da quel- le dell'eccitamento. Ma non deve credersi , che il cor- so della infiammazione sia superstite alla causa no- civa che la eccitò , cosicché non essendo stata in- tieramente dissipata la causa nociva con certe acri- si viene nuovamente colla irritazione dì essa richia- mata la flogosi , che giudicatasi estinta si rinnovel- la talora finc]ic l' indomabile causa nociva conduca alla cangrena e disorganizzazione della parte invasa dalla metlesima. Mercè il suo processo vitale chimico si rende la flogosi capace di modificare, cambiare o estinguere la causa nociva che la chian^ò colla sua irri- tazione; di sciogliere gli arresti, gì' ingorghi che l'han- no chiamata; e se la causa nociva l'obbliga a pro- gredire al processo suppuratorio, cambia essa il so- lido ed il fluido eterogeneo in una secondaria so- stanza parimenti eterogenea chiamata marcia, la eli- mina al difuori, e ristabilisce il solido rendendo l'in- dole omogenea al fluido. E se nell' avvivarsi l'ener- gia del sistema linfare per l'assorbimento e nuova ripetizione in circolo degli umori effusi e stagnanti, sembri ciò operarsi senza il dominio della flogosi; Ouganismo umano 2G9 non è d'altronde provato , che dessa non abbia par- te in tal salutare aziond, tanto più die ad imitarla valgonsi i cerusici delle forti compressioni che irri- tano l'estremità dei vasi assorbenti , la qual irrita- zione suole invitare la flogosi. Ad onta per altro di siffatte lodi panegiriche della flogosi che FA. ci ren- de , non possono giudicarsi sanabili tutte le mor- bosità; del che l'A. istesso prevedendo Fobjezione ne avverte, che non pretende attribuire alle forze animalo-chimiche il mezzo unico che la natura ha destinato per formare e conservare il composto ani- male a date condizioni ed a eerti limiti , e con cui espellere e risarcire qualunque disordine de' sistemi ed organi per mezzo della flogosi. Sebbene però di ta- li incontri funesti non debba incolparsene l'inatti- vità di questo mezzo salutare della natura , ma l'im- periosa forza della causa nociva , cui non possono re- sistere quelle vitali , donde lo squilibrio e lo sciogli- mento di esse nella libra animale, la cessazione del- le funzioni tutte , e la morte. Tratta nel terzo cap. della Jlogosi stenìca ed astenica^ la quale distinzione a lui sembra additata dall'azione istessa della causa , dallo stato medesimo dell'individuo , dalla varietà palese dei fenomeni che diversamente accompagnano la flogosi nella sua du- plice classificazione , e dal metodo curativa a cia- scuna di esse più confacente o nocevole. Non si op- pone in riconoscerne sempre identica la natura ; ma intende bensì che un diverso carattere distingua le due flogosi , ed i loro risultati. E se parve in Brovv^n un errore l'ammissione di queste due varie specie di flogosi , il n. A. ne attribuisce la cagione all'es- sersi da Brown riconosciuto soltanto reccitamento, e derivate le malattie da aumentata o diminuita azione dello stimolo , senza essersi da lui posto alcun ri- 2^0 S C 1 E X Z K guardo alle alìliiita chimiche , alla natura delle forze vitali. Opina pertanto il prof. Sinibaldi, che quando la flogosi destasi in una costituzione fisiologicamente debole , ed in cui le cause nocive siano riuscite a snervare l'energia delli sistemi sanguigno e ner- voso , non che li loro peculiari stimoli i in tal caso il carattere e l'andamento della malattia suscitatasi, li suoi sintomi, li suoi prodotti non siano identici a quelli cagionati in una costituzione , della quale li divisati sistemi vitali tro vinsi in una forte ener- gìa e vigore ed in istato da poter riagire con ve- emenza per abbattere la causa nociva. Debilitanti sempre riconosconsi dall'A. le cause remote e pros- sime delle flogosi asteniche ; diminuita la sensibilità, nelle parti attaccate da simile specie di flogosi : ninno o men vivo il dolore ; più cupo e paonazzo il co- lore ; mentre le potenze vitali marcano nell'abbat- timento delle loro funzioni la diminuzione della loro naturale energia. Lentissimo è il corso delle flogosi astcniclie , ed agevolmente degenerano in cangrena; e si appalesano pur novellamente a lieve impulso di nuovo cause nocive nelle diatesi scorbutiche , rachi- tinose , veneree , e slmili. Chiudesi finalmente questo cap. con la esposizione delle moltiplici ragioni com- provanti la necessita di ammettere entro certi limiti la trasmigrazione di diatesi, additata specialmente della jieccssita istossa di cambiamento di regime terapeu- tico con deciso profitto. Prosiegue nel cap. IV. a trattare il medesima argomento delle due flogosi, ed esamina Va/idamen-^ io ed esito patologico di esse. Da tre principali cir- costanze ne ripete l'andamento , dalla costituzione cioè dell' individuo ; dal sistema od organo in cui si desta ; e dalla maggiore o minor violenza della causa nociva. Così , esseiulo. le forxe vitati quelle Organismo umano 271 clie sostengono l'andamento della flogosl e patologi- ca e fisiologica (chiamata eoa tali voci dall' A. ) , deve quello necessariamente corrispondere alla mag- giore o minor energia con cui si oppongono le for- ze vitali a cpiclla della causa nociva , per sortirne o vincitrici o debellate ; e tanto più sarà rilevan- te la flogosi , quanto sarà in proporzione aumen- tata la rispettiva energia delle forze vitali. Cosi li ■yarj sistemi ed organi in proporzione della loro im- portanza modificar possono l'andamento della flogosi, essendo più o meno rilevante l'energia della causa nociva sì morale che fisica , in ragion diretta della importanza di essi ; come può specialmente rilevar- si nelle flogosi che attaccano direttamente o gì' in- volucri o la istessa sostanza del sistema nervoso; e come va FA. istesso comprovando con l'esame det- tagliato delle singole inllamraazioni degli organi e sistemi , nei quali or più mite or più grave ; or più breve , or più a lungo protratta ; or da ri- soluzione , or da altri esiti indomabili seguita ri- scontrasi. Esamina finalmente le alterazioni arrecate ai fluidi dalla infiammazione , e specialmente quelle della linfa , degli umori spettanti alle naturali se- crezioni , e le alterazioni del fluido sanguigno ar- terioso. Dalle premesse teorie ed opinioni discende al metodo di cura delle infiammazioni in generale. Con- sideratasi dal n. A. la infiammazione ( al pari del- la febbre) non già come una essenzial malattia , ma come un mezzo primario con il quale le forze vitali si oppongono alla morbosa azione della causa nociva , e tentano distruggerla ; fa conoscere nel quinto cap. , che il medico nel trattamento di una infiammazione , non deve opporsi al di lei corso , ma bensì a facilitarla ed abbattere la causa noci- 272 S e I E i siccome questo morbosamente depresso per Vesau- w rimento morboso delle forze vitali è ciò che coll- ii stituisce la malattia ipostenica; dunque in talifoe- ?3 queìiti circostanze la sanguigna non altro produ- ci ce che il maggiore abbattimento delle forze vi- 5> tali : e passando la Jlogosi al processo suppura- ci torio per convertire a cozione V eterogeneo , è di » ostacolo ad una lodevole concozione. 35 Dimostra- to COSI, che la natura del metodo antiflogistico dev* essere relativa alla varietà dei casi , assume a far parola dell' azione dei cosi detti controstiraoli ; e ri- tenendo il canone Browniano di non conoscersi fin- qm potenza , la di cui primiera azione sulla fibra animale non sia di stimolo , ne desume , che le so- stanze dette controstimolanti diriggono la loro pri- maria azione sul sistema sanguigno , e le altre di- rettamente sopra il nervoso , come il confermano a suo parere gli effetti diversi da esse prodotti. Dichia- ra però non saper comprendere colla scorta delle sole leggi dinamiche il vantaggio dei così detti con- trostimoli nei morLi iiifiammatorj si acuti che croni- ci , senza ricorrere unitamente alle leggi delle anima- lo-chimiclie affinità elettive , donde formasi un com- posto specifico nello stomaco atto a sciogliere l'irritan- te flus3Ìone , come p. e. la corteccia peruviana nelle febbri di periodo , il mercurio nella lue venerea, ec. Cos'i , se utile nelle lente flogosi si è l'aconito , il giusquiamo, ce. ne rende ragion l'A. con dire, che attrilnicndosi da lui questa lenta flogosi alla spossa- tezza delle forze vitali per ab])attere la cansa nociva. ^74 Scienze un dolce stimolo le avvalora e le attiva allo scia- glimento. Oggetto del sesto ed ultimo cip. si è la caia' delle wjìamniazioni ipostenicìie , lente , delle mali-^ gne j croniche, ec. Dimostrata dall' A. nei capitoli precedenti l'essenza delle due flogosi iperstenica ed ipo- stenica, la varietà dei loro fenomeni, e perciò del lor diverso carattere , la loro trasmigrazione ; e dimostra- ta altresì la convenienza del metodo antiflogistico nel- le flogosi ìpersteniclie , deduce ora , die le secondo abbiano a trattarsi con un regime tonico e nutrien- te , in proporzione però delle circostanze individuali , del sesso , della età , e della costituzione atmosferica. Soggiunge per altro , che se al metodo tonico ed ec- citante cedono le infiammazioni iposteniche più ge- neralmente di quello clie al debilitante ed antiflogi- stico ; si riscontrano pur talvolta alcune complicazio- ni , nelle quali atteso il pervertimento delle aflinit'a animalo -chimi che fa d'uopo valersi di un interno me- todo di cura sanzionato dalla esperienza , come li dol- cificanti , nutrienti , tonici , e specifici ; fra'quali con- tasi il mercurio nella diatesi venerea , il ferro per la rachitinosa, il rauriato di calce per la strumosa, e<-. Estende ancor piii oltre il n. A. le sue teorie , e riguardando la febbre come indivisibil compagna della infiammazione a seconda delle stabilite massi- me , opina associarsi la flogosi non solo alle febbri esantematiche , alle cosi dette infiammatorie si acute che croniche , ma alle febbri altresì distinte un tem- po con le denominazioni di sinoco putrido, di bi- liose , di maligne , lente nervose , tifi , ec. Alli pa- tologici principi dell' A. è coerente la nuova dottri- na medica in riconoscere la causa prossima di tali feb- bri nelle flogosi parziali , e nella preminenza di nu- mero delle malattie di stimolo sopra le opposte. Se Organismo uMAfJo i^S non Cile vi dissente l'A. nell* ammettere come incon- trastabile la. complicazione in alcune malattie acutis- sime , ed un diverso ed opposto fondo morboso in alcune emergenze. E mentre i seguaci della N. D. M. ripetono questa modificazione di caratteri e sintomi dal fondo , ossia orditura morbosa , in cui si mani- festa la infiammazione , per cui è momentanea la dia- tesi di stimolo , e celere il passaggio alla cangrena o sfacelo ; egli e in vece di parere , che depresse al massimo grado nelle così dette febbri maligne ceda- no alla medesima; e le aìTinita chimiche degenerata disciolgano l'unione della forza espandente del calo- rico con quella di coesione nella materia bruta or- ganizzata , e sieguano le leggi chimiche della morta. Ne potendo con il solo stimolo elevato o depresso coiit cepire lo sviluppo delli ferali sintomi |dei tifi e del- la peste , mostrandosi a si^conda delle arcane costi- tuzioni atmosferiche , nelle quali si destano , ora ri- belli ad un metodo trovato salutare in altre epide- mie contagiose , ed ora proficuo quello istesso che si ebbe innanzi nocivo; quindi or giovevole il salasso, ed or nocevole ; ora profìcui i purganti , ed il meto- da antiflogistico , ed ora il tonico e lo stimolante: sem- bra air A. poterne inferire , che le morbose impres- sioni quasi infinite delle cause nocive , cli'eccitano nell* impasto organico , producono altrettanti nuovi mor- bosi chimici prodotti. Riconosciuto cosi ipostenico il carattere di somi- glievoli infiammazioni, esamina l'ili. A. il metodo di cura meno equivoco da tenersi ; ed in tale scrutinio passa partitamente in rivista le varie febbri di qual- siasi specie e classe , e stabilisce in quali epoche o stadj di esse, e sotto la presenza di quali sintomi pos- sa convenire il salasso , quando un metodo antiflogi- stico più blando , e quando un nutritivo, tonico, ed G.A.T.XXU. 1$ 2^6 Scienze anche leggiermente eccitante, ad oggetto di sostenere la flogosi contro la causa nociva. Dal complesso di tutte le teorie e dottrine espo- ste dall' erudito sig. prof. SinibakU nello scritto, di cui abbiamo finqui reso conto , sembra (a dirla in compendio), clie il eli. A. tenga per fermo , che l'uo- mo è governato da un processo di flogosi or fisio- logica or patologica; cioè che per un processo di flo- gosi avviene il concepimento nell' utero ; che l'uomo per un processo di flogosi cresce , respira , digeri- sce, si nutrisce , si conserva , debella le malattie fi- no a certi limiti , e per l'istesso processo di flogosi muore : che oltre la flogosi iperstenica non può im- pugnarsi l'ipostenica ; che ammetter si debbi la tra- smigrazione della prima nella seconda; e che vario regime terapeutico convengasi a ciascheduna di esse. TONKLLI. I ■ i 377 LETTERATURA Memorie istoriche di Cori. Di Sante Viola. ( Continuazione ) Gap. Vili. Rinnovazione da' patti di concordia fra Cori ed il Senato Romano. Questo è reintegrato al pos- sesso di essa città . Il P . Bonifacio da Cori Agostiniano. Suoi meriti. Antichità della Jkmi- i:lia Veralli. Gio • Batista Veralli amico di Pao- a lo III. Girolamo Veralli Referendario della Se- gnatura. Uditor di Piota. Vescovo del Foro Truen- tino ^ di Capaccio^ di Caserta^ Arcivescovo Ros- sanense. Nuncio in Venezia. Libera S. Ignazio Lojola , e suoi Compagni da una persecuzione . Nuncio in Germania. Tratta col duca Ottavio di Parma ; Ambasciadore in Francia . È fatto Cardinale. Sua morte , suo elogio- Paolo Emi- lio Veralli di lui fratello. XJditor di Rota. Arci- vescovo Rossanense. Rinunzia a questa carica. È fatto vescovo di Capaccio. Sua morte. Erminio Veralli Luogotenute del Principe Ghislieri ni- pote di Pio V % nella Guerra contro il Turco» 1. jLJì 'isciolta la citta di Cori nel 14^0 dalla gitt- risdizione del Preside delle due Provincie, confor- me sJL e di sopra accennato , nell'anno i5i2, a di 19 18* 378 Lkttkuatvra del mese di novembre furono rinnovati i patti coli' inclito popolo romano, e nello anno appresso i5i3 dal Papa Leone X fu questo rintegrato al posses- so di tutte le giurisdizioni , e dello immediato do- minio sulla detta citta, ed altri luoghi, nella corre- lativa Bolla dettagliati « Porro civitatem VeUtras , et oppiduni Corae ciiin eoruni Territoriis mero et mixto Imperio , aliisque omnibus Juribus et Juris' dicfioìiibus, prout eorum subditoruin^ lìoniaiii popw li difioni , et potestaii , de consensit quorum inte- rest , libere restituimus et plenarie reintegramus. a. Fra gli altri patti della snllodata concordia vi fu quello eziandio , in forza del quale il Pode- stà dovea nominarsi dal consiglio del po[)()lo loma- no , e rinnovarsi ogni sei mesi ; dovea esser nobile e cittadino romano , e si rivestiva del mero e misto impero. Si convenne inoltre che il Giudice dovesse eleggersi dai Priori , e confermarsi dal pul/blico con- siglio di Cori, colle qualità di dottore ed estero; die dovesse prendere cognizione di tutte le cause sì ci- vili che criminali in prima istanza , e comprare i processi senza intervenzione del Podestà ; e che al medesimo giudice si appartenesse l'arbitrio della pe- na in tutti i casi, dalle circostanze de' quali doves- se misurarsi la maggiore o minore estensione, (i) 3. Estinto il regno della barbarie, e della igno- ranza , Cori in ogni secolo produsse cittadini in pie- tà e in dottrina rinomati e distinti. Infatti nel seco- lo XIII vedemmo fiiorire il poeta Virginio Laurien- ti. Nel secolo XIV il B. F. Sante Laurienti . Nel secolo XV il dottissimo P. Ambrogio Massari , ed in appresso se ne presenterà una serie così nobile , e numerosa , che recherà stupore e meraviglia. ^i) Sialul. cor. lUu i, try. 2. Memorie di CoW ajg 4- Il P« Bonifacio da Cori altro religioso Ago- stiniano fu coatemporaueo al prefato P. Jmbrogio Massari . Dopo essero stato decorato della Lauresi Teologale , e dopo aver dato argomenti di una ve» ra prudenza , e di molta dottrina , nell' anno i5io fu eletto provinciale dell' ordin suo. Era amante ol- tremodo delle scienze, e versato in ogni ramo di let- teratura ; ma il suo zelo , le sue cure ed i suoi pen- sieri furono rivolti alla riforma de' costumi de suoi religiosi , gi£^ con tanto successo incominciata dal suddetto Massari, (i) 5. La Famiglia T'^eralli deve collocarsi fra le più antiche e cospicue famiglie Corane. Fu già accen- nato nel secolo XIV Pietro f^eralli , il quale fu una dei redattori dello statuto. Gio- Batista VeralU vi- vea , mentre il Cardinal Farnese era vescovo di Ostia e Velletri. Egli era uomo letterato , e professore id medicina , e talmente a quel porporato benaffetto che, allorquando , in disimpegno del di lui pastoral mi- nistero , visitava la chiesa Corana , amava di esse- re accolto dalla ospitalità del Veralli , nella casa del quale alloggiava , e si trattenea eziandio se pei* avventura da qualche indisposizion di salute era sorpreso. 6. Nell'anno iSS/j il Farnese, essendo stato elet- to al governo della Navicella di S. Pietro , col no- me di Paolo III , non dimenticò i servigii , uè l'ami- cizia del medico Veralli ; e profuse le sue benefi~ cenze e su di lui e su tutta la famiglia. Lo chiamò subito in Roma , ed usò con esso tale familiarità che , fabbricandosi il famoso Palazzo Farnese; e te- nendone parola col Veralli , questo Io consigliò a dargli in alcune parti la forma del Tempio di Erco» (t) ItUi er. cif, prss. il Laurienli loc^ ci/. a8o Letteratura le in Cori. (i). Gio : Battista avea Ire figlii mascliii , frutto del matrimonio con Giulia Jacovacci nobi- le Romana , cioè Girolamo , Paolo Emilio , e Mat' tea , i quali aveano in Cori sortiti i natali, (a) 7. Le belle doti e i talenti del primogenito Girolamo fissarono l'attenzione del pontefice. Egli nella sua giovinezza in varie citta e castelli , e se- gnatamente in Velletri avea esercitato con plauso la carica di Governatore ; quindi abbracciato avea l'ordine sacerdotale . Paolo perciò non volle lasciar- lo inoperoso , conoscendo qual lustro e splendore potea recare alla curia romana. Fu fatto referenda- rio della una e l'altra Segnatura , uditor di Rota, e successivamente vescovo del Foro Truentino , di Caserta , di Capaccio , Arcivescovo Rossanense , e nel i53G trovavasi in Venezia in qualità di nun- zio della santa Sede. (3) 8. In quella età S. Ignazio di Lojola già in- cominciato avea a gettare i primi fondamenti del suo benefico e meraviglioso Istituto , e nel mese di Gennaro del iòSj egli ed i suoi compagni era- no in detta Città (4). Il Veralli ehhe la consola- >i I i « ■ I ■ Il I II. I III ,1 1,1 iii.i ,1 (i) LnurientL cap. ^i.~Anno autem redempttonis^ no- stfce i5o4 Alexander prccfatus cardinalis Farnesiui fidi ad p Oliti jicalum as suniptus , et vocatus Paulus III, qui Jo. Baptislam (^Veralliy ac Jilios ad Romce inhabilandum traxit ; atqae ejus concilio , dum palatium Farnesianum curabat cedi- ficari , istius ccdificium instar Hcrculis , quod Coree prospi- cìtur , (empii archetipi fabricari jussil -, (2) Idem he. cit. -domina filiorum (Jo, Baptislcc} sunt liceo : Hieronymus , Matthceus , ac Paulus Mmilius , qui omnes Coros nati sunt - (3) Ciaceonio in Vaolo III, (4) Maffei vita div, Ignal. lib, 2, eap. 3. Memorie di Cori 281 zioiie di ricevere la loro professione di poyerta roloiitaria , ma questo avvenimento tanto pel di lui cuore alTettuoso sodisfacente , venne turbato da una di quelle prove , cui , nel decorso della sua carriera apostolica , il Lojola fu sottoposto. g. I nemici della religione di Cristo dal do- minatore delle tenebre attizzati , non si stettero ne- ghittosi nel contemplare clie dai primi germi dello Istituto Lojoleo ne sbucciavano frutti abbondanti , e nel prevedere che in appresso in maggior copia ne sarebbero germogliati. Accozzarono pertanto una serie di Accuse , 0 piuttosto di nere menzogne : in- colparono Ignazio ed i suoi compagni , quali Au- , tori di operazioni riprovate dalle leggi ; ne diffu- sero per tutta Venezia la fama , ed anco il Nun- cio ne fu prevenuto. Questi peraltro di somma pru- denza , e di ingegno fornito non si fé abbacinare da una falsa Politica , dagli umani rispetti , o dal- la superficie apparente dei pretesi delitti contro di quegli uomini santi immaginati. Con tranquilla , e matura riflessione, con savia lentezza esaminò tutto, analizzò i capi delle supposte accuse , e non aven- do riconosciuto in queste che un male ordito la- voro della umana malizia , assolse pubblicamente gli accusati, e ridonò loro la calma e quella pubblica estimazione che invano si era tentato di ccclis- sare. (i) (1) Ciaceonio in Paolo III. Rihadeneira vita di s. Igna- zio Uh. 2. cap. 6. ISlaffei loc. cit. lib. 2. cnp. 2. - Quas cri- minatioìies Ignalius cuvi non modo in vulgiis iniquorum ope- ra sparsa^ , veruni etiam ad legatum aposloliciun Hierony- mum V^erallum etc. delatas inaudisset , non tam de sua quani de sociorunt ceslimatione solliciius , ullro ad legaLiun adiil , ac. acriler instetit ut eoruni eriminutn cjuceslio exercerelur ; ijHod ila factum , et verilale coniperla , honorifice a lega- to est abfolulus - 382 Lkittikatura IO. Intanto gli aflari di Spagna , della Fran« eia , e della Germania teneano occupato altamente la corte Romana , e l'animo di Paolo ITI. Cono- scendo questo pontefice l'abilità , i talenti , e le co- gnizioni del Veralli , lo richiamò dalla nunziatura di Venezia, ed invioUo a quella di Germania, ove oggetti di somma importanza trattar si doveano , relativi alla religione , ed al bene comune dei po- poli. Lunr^o tempo si trattenne il Veralli in quelle contrade , e i suoi maneggi diplomatici ora con Fer- dinando Rè de'Romani , ora collo istesso Imperador Carlo V, ebbero i più vantaggiosi risultati , sicché il Papa , per rimunerarlo de'segnalati servigii pre- stati in una missione cotanto spinosa , nell'anno i549, lo decorò della sagra porpora, (i) li. Ma le grandi operazioni del Veralli non ebber qui fine. Giulio III , successore di Paolo III , trovossi inviluppato negl' istessi imbarazzi politici. Ardea la guerra per la Mirandola , e Parma. Trat- tar si dovea col duca Ottavio uno accomodo , e ne fu incaricato il Veralli. Quindi bramando il Papa di pacificarsi con Evrigo II Re di Francia sulle ver- tenze , e pretensioni per le dette Citta, spedi a quel monarca il medesimo Veralli in qualità di Amba- sciadore ; e se in questa circostanza i suoi lumi e i suoi talenti non sortirono tutto l'eiFetto che si de- siderava , alla intrigata connessione delle cose , ed alla non sincera politica de' gabinetti di Europa di que'terapi attribuir se ne dee la cagione. (l) Pallavicini istor. del conc. di Trento lib. 4. n. 49. e Uh. 9. «. *7. Ciacconio loc. cil. - Romam reversus ab eodem Paulo ad Germaniam ad Verdinandiim ; ac paulo post ad Carolum V . imp. religionis ergo internuncius missus. Tan- tarum virtulum ac susceptoruni lahorum proemium ah eodem Paulo . . . anno 1649 prethytcr cardinalis nominalut est ~ MffMoniE DI Cori ^83 12. Ultimata la legazione di Francia il cardinal Veralh fece in Roma ritorno , ove continuò ad es- sere riputato per uno dei più dotti e illuminati mem- bri del sagro collegio , ed a prestare alla santa sede co'suoi consigli servigi della più grande entità. Fi* naimente, pieno di virtù e di meriti , nell'anno i555, primo del Ponteficato di Paolo IV, successore di Mar- cello II , passò agli eterni riposi, e fu sepolto nella chiesa di s. Agostino, (i) (i) Ciaccoli, in Paulo III, ^ I), O. M. flIERONYMO . VERALLO ROMANO (a) A PAVLO III ROMANA FVRPVRA DONATO QVEM . LOCVM ET MERVIT AD CAROLVM V IMPERATOREM IN GERMANIA NVNCIVS DECRETO IN TVRCAS BELLO AC RELIGIONE STRENV3 PROCVRATA ET SVSTINVIT . AD HENRICVM II GALL . REGEM LEGATVS PARMENSI BELLO FELICITER COMPOSITO ET AMPLIFICA VIT VRBANO VII SOBRINO ALVMNOQVE SVO AD CHRISTIANAE REIP . REGIMEN DOMESTICA INSTITVTIONE PERFECTO "bBIIT AN. DOM. MDLy AETATIS SVAE Vf 284 L E T T E n A T W R A i3. Non può al Veralli negarsi il possesso di grandi qualità. La Francia , la Germania , Roma , e le corti più rispettabili della Europa dovettero in lui riconoscere un genio superiose , e capace a di- strigare li più difllcili , e spinosi interessi. Sostegno della s. sede in què tempi non troppo paciilci , le recò segnalati servigii ne' pontificati di Paolo III, Giu- lio III, e Paolo IV. Allorquando fu spedito in Fran- cia , in qualità di ambasciadore, ebbe per suo se- gretario monsignor Castagni di lui parente per par- te di madre (i); e può dirsi che questo nella scuo- la , e sotto il magistero di quel grand' uomo le vie apprendesse , che quindi lo condussero al soglio pon- tificio , a cui fu inalzato , col nome di Urbano VII, neir anno i58o, dopo la morte di Sisto V. Interven- ne a tre conclavi , in cui seguirono l'elezioni pri- ma di Giulio III, quindi di Marcello II. e succes- (2) Sebbene in questa epigral'e sia chiamato romano , tuuavla i suol natali seguirono in Cori , come sopra si è ac- cennalo , circa Tanno 1497» H Laurienti scrivo cosi - Hieroìiy- mu! Perallius quavwis ronianus ab omnibus liabcatnr , Co- rcv in monte natus est anno Doni, ciiciier li^gj in quadam domo , nane a Jacobatiis nobilihns romanis yossessa , qucc poi tee SigninoT contigua perspicilur, - \\) 11 cardinal Girolamo Vexalli , corno si è deUo nelP art. 5. di cjacsto capit. , fu figlio di Giulia Jacovacci , e jnonsig. Castagni fu figlio di Costanza Jacos^acci sorella di quella. 11 Ciacconio in Urbano KII » narra il modo con cui gii autori di d. Castagni vennero in Roma -Jo. Bai, Casla- neui 4' augusti anno a parla f^irginis i.b'H, gente Casta- nea inter genuenses patritias vetusta , ac pracnohili , e ijua illi parens Cosmus Genua Romani migravil , ibiqiic uxoreni accepit pariì nobilitatis fceminam , Conslantiain indelicct Ju~ Hi Uicci et Clarice Jucobatice , sorori$ Dominici Jacobatii - Memorie di Cori a85 divamente di Paolo IV. Vi sono delle lettere scrit- te al cardinal Veralli dal famoso Pietro Aretino, (i) 14. Sopravvisse al cardinal Girolamo Paolo Emi- lio di lui fratello minore , nato in Cori circa l'an» no i5o2. Educato anch' egli nella capitale dello Impe- ro ecclesiastico , fé stupendi progressi nelle scienze , e specialmente nel diritto civile , e canonico diven- ne dottissimo , di che diede luminosi argomenti lor- (juando , fatto uditor di rota , tale acquistossi me- rito e rinomanza , che per uno di migliori Giuri- consulti della età sua fu riputato. Infatti le di lui decisioni rotali anche al presente son tenute in gran, pregio nel foro romano. (2) i5. Della sagra porpora il di lui fratello Giro- lamo decorato , sendo arcivescovo rossanense , Pao- lo Emilio gli fu sostituito in questo posto sublime , e decoroso ; al quale successivamente avendo rinun- ciato , fu eletto vescovo di Capaccio. Fìù in alto quindi avrebbe potuto sollevarsi , ma di carattere mansueto , amante della quiete e delle letterarie oc- cupazioni , non curò , nfe cercò impieghi maggiori. Af- fezionato alla terra natale, abitò molto tempo in Co- ri , mentre era vescovo , e vi si fabbricò un' abita- zione annessa alla casa paterna. (3) Morì circa l'an- no 1575. iG. Erminio F'eralli , affine dei sopraddetti Gi- rolamo , e Paolo Emilio , nella guerra contro il Tur- co , sotto il regno del papa Pio V, trascorse glorio- (1) Ciaccoli, loc. cit. (2) Dccis. aurete caiis. S. palatiì apost» Romce 1602 , neZ- la slamperiii camerale , a spese di Paolino jirnolflni di Lucca. (3) Laurienli loc. cil, cap. 60. fa di lui lo elogio se- guente - f^ir fiat omni scientia praditus , muUumque ama- tor paivice» aS6 Lkttkratura samente la militare carriera. Luogotenente del prin- cipe Paolo Gliislieri , nipote di quel monarca , tro- vossi in diverse navali battaglie , in cui riportò la fama di guerriero valoroso , ed intrepido. Gessata la guerra , pieno di onorate cicatrici , si ritirò in Co- ri sua patria , ove nel seno del riposo , e della quie- te , il resto de'giorni suoi trascorse fino ad una età. molto avanzata. Si tornerà a parlare di questa fa- miglia in appresso. Gap. IX. Apparizione della f^ergine alla fanciulla Oliva. Al- tri uomini illustri di Cori nel secolo XVL J pp. deir ordine Agostiniano Egidio Mariola, Bo~ nifacio Scaglioni. Cristoforo Militi , o de Bene- detti , Egidio Fantuzzi , Celidonia Giardinelli , Gregorio Militi , o de Benedetti. Loro cariche , meriti^ e virtic Gio. Batista Militi , o de Bene- detti^ sacerdote. Aurelio Alti. Origine della, fa- miglia Bucciarelli. Agostino Bucciarelli. Alarsilio Bucciarelli. Pompeo Bucciarelli. Marzio Buccia- relli. Fulvio Jannuzzi. Manilio Jannuzzi. Pietro Jannuzzi. Gio- Jannuzzi. Gio. Amati. Ulisse Ciuffi, Gio. Antonio Prosperi. Vincenzo Prosperi. Cesa- re Mattei. Stato politico di Cori nel secolo XVL I. Neir anno i52i essendo giovanetti i sullo tlatì Veralli , segui in Gori la prodigiosa apparizio- ne della Vergine Maria alla fanciulla Oliva ; ma che potrà scriversi di vantaggio , quali monumenti più sinceri allegar si potranno su questo celebre e sa- gro avvenimento , dopo quanto ne ha scritto nella sua venusta operetta il chiarissimo D. Giuseppe Mv liano arciprete Marehiafave? Al divoto lavoro di que» Memorie di Corj 287 sto sacertlote Corano io non debbo aggiungere che lo elogio che meritamente gli è dovuto , per aver di- lucidato con criterio , e scelta erudizione un punto di patria istoria , che finora ebbe per garante la sem- plice tradizione. (1) 2. E qui una lunga serie di religiosi Agostinia- ni riferir si potrebbe i quali , nel secolo , di cui si parla , il suolo che loro diede i natali , sì commen- devolmente illustrarono. Fra molti , farò di quelli sol- tanto menzione , le memorie de'quali sono con si- curezza appoggiate. 3. Egidio Mariola nacque in Cori nel i^go. Tra- scorsa la puerizia , e la minore età tutto intento agli sludii, ed allo acquisto delle scienze , fu quindi in- clinato ad una vita solitaria , e monastica , ed ab- bracciò lo istituto agostiniano. I suoi talenti , la sua probità , e dottrina lo fecero distinguere singolarmen- te ; per cui fu impiegato a coprire le più diflìcili e cospicue cariche dell' ordine , non esclusa quella di provinciale della provincia romana : quali con plauso , e decoro disimpegnò e sostenne. 4. Marco Antonio Colonna detto il giuniore , ce- lebre guerriero di quel secolo , avea pel P. Egidio una particolare amicizia. Per disgrazia delle nostre contrade , negli anni i55G, e iSSy, ardea la guerra fra il papa Paolo IV, e Filippo re di Spagna , gP interessi del quale il Colonna seguiva. Scorrendo que- sti la Campagna collo esercito vittorioso , si pre- senta sotto Cori , e forse con sinistra intenzione. Co- sternati gli abitanti teraeano funeste sciagure ; ma (1) Bre^e istoria della chiesa e miracolosa imagine di Maria Snia^ indiolata del Soccorso esiliente in Cori. Roma nella stampei ia Jjatii i.^2i. 388 LETTRAATUtt A tuon per essi che il P. Egidio trovavasì in patria» Accompagnato da un drappello di ragguardevoli cit- tadini , fassi egli incotro allo esercito minacciante , parla , e si fa conoscere dal comandante. Alla vista dell' amico rispettabile depone il Colonna tutto il con- tegno guerriero , e secolui familiarmente discorre , e conversa. Quindi , senza die neppure un soldato del- le nemiche milizie entrasse in Cori , quello diresse altrove le sue marcie devastatrici, portandosi ad espu- gnar Montefortino , a distrugger Colleferro , ad in- cendiare Anagni , e ricuperar Paliano. (i) Morì il P. Egidio nel i563. 5. Fu ad esso contemporaneo il P. Bonifacio Scaglioni , del medesimo ordine agostiniano. Nacque in Cori circa l'anno 1470. Fu uomo fornito di molto sa- pere , e di virtù. Anch' egli , come il lodato P. Egi- dio , disimpegnò con vantaggio le primarie cariche del suo Istituto ; e fu eziandio provinciale. 6. Cristoforo Milita^ 0 de* Benedetti, figlio di una sorella del prefato P. Egidio , nacque nell'anno r55o ; e sullo esempio de'succennati due suoi concittadini , entrò giovanetto nell' ordine di s. Agostino. Dotato dalla natura d'ingegno perspicace , e penetrante , fé nelle scienze meravigliosi progressi ; sicché , divenu- to maestro in teologia, fu eletto reggente nel conven- to di Napoli. Propagatasi quindi la fama della sua dottrina , fu chiamato a coprire la carica di teolo- go e vicario generale dal vescovo Vulturnense. Suc- cessivamente passò a disimpegnare le islesse cariche in Sora presso monsig. Cicerone , e in Tivoli pres- so monsig. Gio. Andrea Croce. "7. Le sue amabili qualità lo fecero avere in gran- dissima stima dai cardinali Salviali e Caetani. Fu (1) Laurienti cap. 55. e 62. Muratori annaL aL* an* i55(7. Memorie di Cori ■aS^ provinciale e reggente della provincia romana, e men- tre questa carica esercitava , recitò diverse concioni nel palazzo apostolico , avanti il papa Clemente Vili, il quale restava sorpreso dalla venusta , e robustezza della di lui facondia . Su di che il Laurienti , narra come siegue. Duin tale exercebat ojjicium , multo- tles corani Clemente Vili orationem hahuit. Qui ponti/ex tantum admirans patrem , ejusque loque- lae eloquentiam ac pulchritudinem^ dixit cardina" li MontalbanO'. Uhi augusfijiiensis religio usque adhuc istum celavit patrem? (i) 8. Di scelta biblioteca il convento agostiniano di Cori arriccili , e scrisse molte opere , dal contesto delle quali si ravvisava essere stato il p. Cristoforo in ogni ramo di letteratura versato. Sono lodati inoltre quattro libri delle sentenze. Tanti meriti, e tanto sape- re alle cariclie più cospicue ed eminenti della corte romana lo avrebbero senza meno innalzato , ma la morte fu troppo sollecita a recidere lo stame de' gior- ni suoi , avendo fatto a miglior vita passaggio nel i5oo, nella età di anni quarantauove. 9. Lo autore della descrizione di Cori manoscrit- ta , indicata nel cap. 7. fa del p. Cristoforo il seguen- te elogio. Ma di Cristoforo , soldato parim-ente di Agostino , orator pontificio , che diremo ? In quale sorta di dottrina lo porremo ? Tra fisici ? Certo af- fermo lui esser nato per penetrare colla mente i se- greti di natura. Ma che specie di mattematica gli fu incognita ? Lui geometra , lui aritmetico , lui astronomo. Nelle quali tutte dottrine , quanto egli fiorisse , la fama , che fino alla età nostra scrive , lo dimostra. (1) Lauriciilc cap. 62, e jò". 10. Egidio Fantuzzi si fé pure seguace dello istituto di s. Agostino. La fama , e la storia ci pre- viene che egli godesse la riputazione di uno de' più valenti predicatori del suo tempo. Fu reggen- te in diversi conventi , e disimpegnò plausibilmente altre cariche dell' ordin suo ; ed ai posti più subli- mi sarebbe senza meno salito , se nella fresca età di anni 33 non aveste cessato di vivere, (i). 11. Celidonio Giardinelli ^ dotato dalla natura di grandi talenti nella poesia , figurò egualmente nell' ordine agostiniano. Fu provinciale della provincia ro- mana, e di quella della Puglia nel regno di Napo- li. Mori in età molto avanzata nel 1G22. 12. Cristoforo della succennata famiglia Militi , o de' Benedetti , detto il giuniore per distinguerlo dal sopraccennato , si distinse del pari nell' ordine agostiniano. Anch' egli , pe'suoi meriti , e per le sue cognizioni , percorse le cariche più cospicue , essen- do stato segretario della provincia romana, reggente del convento di Perugia , e di altri conventi ancora. i3. Il p. Gregorio, altro individuo della fami- glia Militi, o de Benedetti , pure agostiniano, era ani- mato da uno zelo apostolico pel bene spirituale de' suoi simili , e specialmente de'suoi concittadini. L'amo- re del prossimo era la sua virtù predominante , per il che tutti i suoi pensieri , e tutte le sue curo ver- so di esso eran rivolte, e dirette. Amante della pa- tria, ed istruito sulle cose antiche della medesima, com- pose un libro sulla origine e nnticJiità di Cori, scrit- to con fatica ed eleganza di stile. Questa opera , a' tempi dello storico Lauriente , esisteva tuttora. Egli (i) Lanricnie loc. cil. ca(>. jG. Memo&ie di Cori 391 ne da un transunto; ma compianger se ne dee la per- dita , giacche contener dovea memorie e notizie di molta enlila. i4' GiO' Bai. Benedetti, affine de' sopraccenna- ti Cristoforo e Gregorio , percorsa la carriera degli studii nella età giovanile con impegno indefesso , ascese quindi air ordine sacerdotale. La fama de' suoi talen- ti e della sua probità , pervenne all' oreccliio del car- dinal Borromeo , allora arcivescovo di Milano ; lo chia- mò a se, ed impiegollo nella cattedrale di quella fio- rente citta. Successivamente ricercato da monsig. Buc- ciarelli vescovo di Narni , si portò presso di esso , cui prestò rilevanti servigli. i5. Aarelio Alti, fu rornamento della sua fa* miglia e della patria, per la dottrina , e per gli ec- cellenti costumi , donde era fornito. Impiegato ne' go- verni di Anagni , e di altre citta ragguardevoli, ovun- que die saggio di uomo dotto , e prudente . Mag- gior lustro e decoro la patria , e la famiglia aspettar ne dovea senza meno , se la morte si presto non lo avesse dai viventi rapito. Mori nell' anno 44 <^i ^^^^ vita , e nel di ultimo di ottobre del i53a. Il Lau- rienti ne riporta la sepolcrale iscrizione , che assicu- ra aver letta nelle pareti della chiesa di s. Oliva di Cori, (x) (1) Laurienli loc. cu. cap. 71. AVnatlO ALTIO VXaiVSijVS IVRIS DOCTORl NON MEDIOCEt SVjE DOMVS 3T FAMII:.I.« ornamento rVLGEISTISS. AMAGNi.E TVNC POTESTATl OLIIMQVli ALUS CIVITATIBVS MAGISTRATlBVS N0NÌSIVI.LIS PEKFVNCTO. MOliSTISS. GERIVIAN'VS CASTISSQ. VXOK IT SOROR B. IVI. P. p. VIXIT AN. XXXXIHI. OBIIT DIK YiTiniA ocTOBRts i55a. G.A.T.XXII. ' ,9 ao2 Lettkratuua 16. La famiglia Bucciarelli originaria JiPioma, fu anch' essa di uomini preclari producitrice. Si sa da buoni documenti , dal Laurienti allegati, che Fran- cesco Bucciarelli romano fu uno degli olficiali del senato nel 1419» sotto il pontificato di papa Marti- no V. Antonio Bucciarelli figlio di detto Francesco, lasciando il suolo natio, fissò in Cori il suo domici- lio , e formò lo stipite della famiglia Bucciarelli Co- rana, dalla quale ne sortirono quindi un Agostino Buc- ciarelli^ dottore in legge, e nell' anno i543 vica- rio generale della diocesi di Ostia e Velletri. Un Mar- silio Bucciarelli canonico di s. Maria della Plebe, ed anch' esso vicario generale della diocesi suddetta. Un Pompeo Bucciarelli^ laureato in diritto civile , e ca- nonico , e professore di teologia. 17. La nobilissima famiglia Colonna, una delle più potenti e ricche famiglie romane cosi allora , come al presente , in tanta stima tenea questo cittadino di Co- ri, che cliiaraoUo alla di lei corte, destinandolo mae- stro ed ajo a Marc' Antonio Colonna, il di cui no- me divenne in seguito tanto celebre , e temuto. Marc* Antonio fatto adulto, il Bucciarelli occupò presso di lui il posto di primo consigliero , ed uditore , e suc- cessivamente fu dal medesimo impiegato ne' governi di molte citta e castelli. Avendo in fine perduta la consorte, ed essendosi annojato delle mondane distra- zioni, si fé sacerdote, e visse fino alla età di cento e dieci anni. Fu uno de' revisori, dello statuto Cora- no, allorquando si dovette pubblicare colle stampe, (i) HLHEE TVVM LIBVIT BVJMVS , GERMANE, SED INDB ADDERE NON LICVlT PERPETVAS LACHIMAS FARCE, PRECOR> TRISTBS QVESTVS IFFVNDERE, VIX( iSO>I ERAT rN BATIS LOXGIOR HORA IVIEIS (l) L'xurieiiti loc, cil, cap, j2. Memorie di Cori 393 17. Inoltre la stessa famiglia produsse un Mar- zio BucciarelU , decorato della laurea dottorale , sa- cerdote , parroco della chiesa di s. Salvatore , e Vi- cario in Cori dei cardinali Ge5a«/«r//, di Como^ Pi- nelli ^ e Giojosa^ e pel di lui sapere amato ^ e ri- cercato ancora dal card. Bianchetti. Lorenzo Buccia- relU , che disimpegno plausibilmente tutte le cariche della patria magistratura, e fu spedito in qualità di Preside in molte citta , ed altri luoghi ragguardevo- li della Campagna. Finalmente, omettendone degli al- tri per brevità , un Pietro BucciarelU j rispettabile per la integrità de'costumi, amato sommamente da' suoi concittadini , e quasi sempre reggitore de' loro co- munali interessi, (i) 18. Circa Tanno i54o Fabio Giannuzzi occupa- va la carica di vicario generale della diocesi di Ostia e Velletri. Quindi fatto pe' suoi meriti beneficiato della basilica di s. Pietro in Vaticano , ne fu eletto successivamente camerlengo. Nel disimpegno di quest' officio geloso si comportò con tanta avvedutezza, di- sinteresse , e probità , che riscosse gli applausi e l'ap- provazione di quel nobilissimo capitolo , di cui nel decorso del suo esercizio non poco le rendite accreb- be. Mori nonagenario, (a) 19. Mentre Fabio figurava nel vaticano, il di lui fratello minore Manilio'^ per le cognizioni nella giu- risprudenza figurava del pari , ed era tenuto in gran- de estimazione. Pio V, allora pontefice regnante , aven- do conosciuto le belle doti , ed il profondo sapere di Manilio , mentre esercitò in Roma la carica di avvo- cato concistoriale, lo nominò governatore della Cam- (i) Loc. ciu (2) Loc. cit. Ricchi teatro degli uomini illuslrl del re» gno de' Volsci pag. nò. 2^4 liHTTERATfRA pagaa. Ugo Boncompagni fu di lui successose in que- sto impiego , e si strinse con esso in tenera amicizia. Vcp divenuto cardinale , e quindi eletto pontefice nel 1573, col nome di Gregorio XIII, non dimenti- cò i meriti del suddetto Manilio , e su di esso e so- pra i di lui figlii profuse le sue beneficenze. Infatti uno de'figlii di quello chiamato Pietro , dopo essere stato vicario generale di due vescovi di Verdi, Osallni^ e Battisti-^ di monsig. Gigli vescovo di Sora , e final- mente del vescovo di Conversano , fu nominato ve- scovo di Alatri, ove rnoiì nel i58i. (i) Gknmnni Bat' tlsta fratello di questo occupò il posto di maggior tesoriero del lodato pontefice , dopo avere esercita- to decorosamente rolncio di avvocalo in Roma , ed essere stato uditor generale del vescovo di Sora. (2) 20. Giovanni degli Amati ^ o Amati nacque in Cori nel i520 da Amato Amati e Sempronia Ciuffi. Nella sua fanciullexza Giovanni sofirir dovette i ri-, gori della povertà : nulladimeno , applicatosi agli stu- dii con cura indefessa , e sempre nel sentiero della vir- tù camminando , potè ascenderr; all' ordine sacerdo- tale. Quindi emigrando dal patrio suolo , pertossi in Roma in traccia di fortuna migliore; e quella ca- pitale del cattolico impero gli somministrò delle oc- casioni propizie. L'esimie qualità personali , donde era fornito , gli acquistarono il genio , ed il favore del cardinal Gio. Angelo Medici , di cui divenne cap- pellano. Successivamente nel di 2 5 del mese di de- cembre sollevato quel cardinale al soglio pontificio col nome di Pio IV, la fortuna di Gio. Amati sollevos- si egualmente , giaccliè fu eletto canonico della ba- (1) Ughclli hai sac. in Episcop. ySlalr. Ricchi loc. vìi. (2) Lauriciili lue. cit. il Ricchi ioc. eli. dice clic lu Vicaiio dtl Vescovo di, l'iuccuza. Memorie di Cot^t arjS sìlica lialcranense , e ueìl' anno 1 5G5 vescovo Mino- nense , qual dignità ritenne insieme col canonicato , e che rassegnò poi nel iSG^. (i), e se il regno di Pio IV non fosse stato si breve, a posti piiì suLlimi sareL- Le sicuramente salito (a). Il nostro Amati fu di ma- niere dolci ed affabili , e versatissinio nella musica di que' tempi. Mentre era vescovo , spesso portavasi in patria , ove lungo tempo si trattenea , beneficando i suoi concittadini. Da una sepolcrale iscrizione che leg- gcsi tuttora nella basilica Latcrancnse , die e ripor- tata ancora dall' Ugliclli (3), si rileva clie egli mo- ri nel iSqS, e non già uel i587, come suppone il Lauricnti. ai. Contenlporaneo, amico, e parente dell'Ama- ti fu Ulisse Ciuffi. Nato in Cori circa l'anno iSS-a, ebbe dalla natura benefica il dono di uno aspetto av- venente, di una indole severa, e d'ingegno penetran- te e perspicace. Molte citta della Campagna lo pos- sederono colla qualità di Preside, e nello esercizio di questa carica , esente fu da ogni rimprovero ; per- chè il disinteresse e la giustizia giammai si diparti- vano dal suo fianco. Laudemia Gicainiizzi sua mo- (») Ughelli ilal. sag. episc. minoren. (2) Laurienti loc. cil. cap, 6». (3) Loc. cit' lOANNES AMATVS DOMO CORI liPlSGOPVS MINORENSIS HVIVS BASJLiCAE CANOPilCVS LOGVS MONVMENTO QVO IPSli MOIITVVS IiNFERATVR VlVVS SIBI ELEGIT ET SACRIS ANNIVEKSARIIS AETATIS SVAE AN. LX. SAL. MDXGIil L'anniversario accennalo in t{ucsia lapide si celebra la{- tora in ogni Anno li 5. del mese di Maggio. 295 Letteratura glie , donna savia , e delle doti più belle , che di- stinguono il sesso , fornita , morì in età tuttora fio- rente , lasciando al marito dieci flglii superstiti. Que- sta perdita cosi vivamente lo afflisse die , ritiratosi dal vortice delle briglie secolaresche , entrò nel san- tuario , sebbene col pie già dalla età di anni settan- ta af'crravalo. Si narra, per un raro e singolare aned- doto , che allorquando celebrò il primo divin sagri- ficio, due jiuoi Tiglii sacerdoti furongli nella religio- sa funzione assistenti. Visse fino alla ultima vecchiez- za , e gli si attribuiscono diverse opere letterarie , fra le quali una genealagia delle fami glie di Cori , scritta con istilc venusto , e che il lodato Laurien- ti confessa di aver posseduta , come in oggi originali mente si possiede dalla famiglia Marchetti^ scriven- do, «=7l/«//rt et metro et prosa coinposuit opuscu- la , et praesertim. rnanuscriptum de fatniliaruin cO" ranarum genealogiis perpulcìiriim ; tractatum quem post hanc historiam libenter , siciit ipse illuni seri- psit , ad litteram edidissemics , sed hoc praeterm,i' simus , quoniam ohsecjuium amicos , veritas odinm parit = (i) ed altrove soggiunge == Quce de cciitum coranis scripsimus familiis ; partim ex antiquis ma- nuscriptis , partim ex tractatu extraximus Ulixìs Ciujjl^ cui non parum equidem debebunt corani = (2) 32. Fiorirono nel secol medesimo Gio. Antonio, e Vincenijo Prosperi , i quali goderono la fama di valenti giureconsulti. Il Lauriente ne parla cosi = Jo. Antonius et Vincentius Prosperi doctores legum excellentes evasere , et nohilitatis et sapientice gra- dus integerrime conservarunt = (3). Questa famiglia I II I ■ . ■ M. Il I...— — I. p, I ^, (1) Laurieiit. cap. 64, 7*. e 74. (a) Loc: cit. cap. 7^. (3> Loc. cit. cap. 78. Mekiouie di Coni 39-7 collocata nella classe delle più antiche e nobili fa- miglie di Cori , portava prima il cognome di Renzi dal celebre Nicola di Rienzio , o Renzi Tribuno del popolo romano, che tanto fé delle sue avventure di- scorrere nel secolo XIV, e sotto i pontificati di Cle- mente VI, e d'Innocenzo VI. Prese quindi il cogno- me di Prosperi , da Prospero Renzi , circa l'an- no iSaS. (i). Il prelodato Gio. Antonio nel 1577 fu vicario generale della diocesi di Ostia e .Velletri. Si tornerà in appresso a parlare di questa famiglia. 23. Cesare Mattei , detto il Seniore , è chiama- to dagli storici patrii il poeta corano , e sullo estre- mo periodo del secolo XVI era in grande rinoman- za. Promosso all' ordine sacerdotale , i suoi meriti lo chiamarono ad occupare un seggio fra i canonici di s. Maria della Plebe nella sua patria. Quindi la istes- sa onorevol carica occupò nella chiesa A];icina. Tra- sferitosi in seguito in Roma , fu egualmente canoni- co , e rettore in diverse ragguardevoli chiese di. quel- la capitale. Inclinato fin dalla giovinezza allo studio delle belle lettere , vi si applicò con tutto lo impe- gno , e compose molte opere in prosa ed in versi , fra le quali sono lodate dal Lauriente alcune trage- die , che assicura aver lette manoscritte. E qui non posso astenermi dal deplorare la perdita di queste, e di tante altre produzioni letterarie di quc' talenti corani , de'quali si è fatta menzione , e de'quali sì parlerà inappresso. La conservazione ed esistenza di tali produzioni , avrebbe potuto maggior gloria ap- (i) Laurient. loe. ci(, - Haeo Faniilia est f or san de no» lilioribut Coranis. focahantur Prosperi anticjuitus Renzi , ex ISicolao Rienzio romani populi Trillino . Postea Pro- i]ìeri fuenmt appellali a Prospero lo. Anlonii PetrV Ren- zi , sicui ex Instrumenlo de anno i525. oqB Letteratura portare alla patria tlcgli Autori
  • ita. Il cartL Fabrizio Veralli , suoi studii , sue cariche , sua morte, suo elogio. Girolamo Veralli giuniore. Mar^ silio Cataldi , Anastasio , e Flaminio Cataldù P. Gabriele Castaldi Agostiniano. Melchior Bossi poeta , sue opere . Alessandro Pietrilli poeta , sue opere. Antonio Mattei , Cristoforo di lui nipote. Marco Tullio Montagna Pittore. Vin- cenzo Montagna. Salvatore Montagna Giuricon- sulto. Gio • Pietro Montagna. Pietro Prosperi , ascritto alla Cittadv-'anza Romana. Torquato Cov radini. t. Se nel secolo XVI tanti uomini chiari nella carriera delle lettere , della pietà , e degli onori Cori produsse , non ne fu meno feconda nel secolo XVII. Sul principio di questo secolo , e precisamente nell* anno iGoi , essa citta fu illustrata dalla nascita di Pellegrino Laudi Vittori. Parlando il Laurienti di questa famiglia si esprime così » Fuit haec Landio- rum progenies semper hominibus scientia praeditis insignita. 3» (2) Il predetto Pellegrino fu figlio di ■ ■ '■■■ I »— ■— I .11— —i ^— ^« (1) Idem ihid. „ Marciti Sciarrd extorrum dux , tran, siens inde cum exercitu, suo , Coramque perspieiens exli^ midi , et procuL ab illa profugit ; sed Julianum , ac Nor- hain , atque alia delevit oppidulu „ P'edi il Ricchi reg. de Volsci Uh. 2. cap, ly. in fine, (2) /oc» cit. cap. 80. 3,00 Lktteraivua: Gregorio Landi , e di Beaedetta Montagna , sorella di Salvatore Montagna, di cui si parlerà quanto pri- ma. Fin dalla più tenera fanciullezza die segni non equivoci di quelle virtù che nella virile età rendere lo doveano l'ornamento della patria , il decoro della fa- miglia, il 'padre de'poveri, l'uomo Apostolico, l'Uo- mo santo. Tesser si potrebbe della esemplare vita di lui uno splendido elogio , ma prevenuti in ciò dal lodato chiarissimo arciprete Marchiafave , mi astengo di parlarne ulteriormente, rinviando il lettore alla ele- gante operetta di quello, (i) 2. Mentre nella età sua più tenera il predetto Pellegrino trovavasi , Fabrizio Vernili era della pa- tria originaria , della famiglia , e della Corto roma- na l'ornamento e il decoro. Nipote dei suUodati Gi- rolamo . e [Paolo Emilio , procurò di mostrarsi del- le doti esimie di questi imitatore. Unito in paren- tela al Pontefice Urbano VII, presso del quale, men- tre era Cardinale, avea dimorato fin dalla prima fan- ciullezza, ebbe tutto l'agio di ricevere una esatta edu- cazione. Attese allo studio delle belle lettere , e della filosofia nel Collegio Romano, alla cura e sor- veglianza de'Padri Gesuiti allora affidato. Studiò la Giurisprudenza in Perugia , ed ottenne la laurea dottorale. 3. Tornato in Roma celebrò la prima messa nel- la Basilica Vaticana , ove dal predetto Pontefice gli fu conferito un Canonicato. Quindi , proseg^uendo sem- pre a dar saggio di estese cognizioni , e di molto sa- pere , il Papa Clemente Vili , successore d'Innocen- (i) yUa di Pellegrino Landi ViUori, stampata in ap» pendice alla storia della chiesa ed Imagine della Madonna del Soccorso sopra citata. Memorie di Cori 3oi zo X.1 , lo decorò del titolo di Prelato , e fu ascritto fra i giudici referendarii della Segnatura. Nel 160G fu nominato Inquisitore di Malta , e poi Vescovo di s. Severo nel regno di Napoli. Spedito da Paolo V. nella Elvezia a disimpegnare la carica di Nunzio Apo- stolico , si comportò con tale avvedutezza , decoro , e maestà , e fece così bene il suo dovere , che , per ricompensare i vantaggi in tale occasione alla s. Sede arrecati , nel 1608 fu dallo stesso Pontefice del- la sagra Porpora decorato. Era cosi interessante la di lui personale presenza, e tanto contava sulla di lui dottrina esso Pontefice , die lo fé spontanea- mente rinunciare al predetto Vescovado, per aver- lo sempre al suo fianco , e perchè in Roma atten- der potesse al bene della Chiesa universale. Gli fu- ron conferite molte proteltorie , e quella segnatamen- te del regno di Scozia , ed ebbe egualmente un po- sto fra i Padri della congregazione della S. Inqui- sizione, e de' Vescovi e Regolari. Finalmente pie- no di meriti e di virtù nell' anno 1C24 cessò di vivere : le sue spoglie mortali nella Chiesa degli Ago- stiniani in Roma ebbero tomba , e la correlativa epi- grafe sepolcrale ne ricorda tuttavia la gloriosa me- moria, (i) (t) Ciaccon. in Paolo V „ I). O. IVI. FABRITIO VERALLO ROMANO HIERONYMI CARD. VERALLl FRATRIS FILIO A PAVLO V POST NVNCII APOST. MVNYS APVD HELVETIOS IMPIGRE ADMINISTRATVM AD SACRAM PVRPVRAM ADMOTO evi PROM0VE?sDAE VRBAi^I VII 3o2 Letteratcha 4- Non può mettersi in dubbio che le qitalitlt del Cardinal Fabrizio Veralli furon pressoché so- iniglianti a quelle del Cardinal Girolamo suo zio . I suoi talenti , le sue cognizioni profonde, la sua specchiata probità mostraA^ansi in uno aspetto cosi trillante, che i Pontefici Urbano VII, Gregorio XIV , e Paolo V surriferiti il riguardaron sempre per un forte sostegno della Santa Sede, e per uno de' più dotti ed illuminati membri del Sagro Collegio. Tro- vossi presente ne'Gonelavi, in cui i predetti Urba- iano VII , e Gregorio XIV furon del Triregno insigniti. Dopo la morte di questo Papa , ad instanza del Cardinal Ludovisi , voleasi il metodo e l'anti- ca forma variare della pontificia elezione. Il Car- dinal Fabrizio Veralli , il quale conoscea che le no- vità sono sempre pregiudizievoli , recitò nel Con- cistoro una COSI eloquente e robusta concione , che il progetto , e le mire del Cardinal Ludovisi an- darono a vuoto, (i) Alla benefica e caritatevole in- clinazione del Veralli , la chiesa , ed il monastero' CONSANGVINEI SVI APVD QVEM ADOLEVERAT EXEMPLIS INSTRVCTVS OPTIMI PONTIFICIS MORES EXPRESSIT DIGI^VSQ. HABITVS QVI SVBLATVxVI REPENTE PiUiVCIPHM ALIQVANDO REPRAESENTARET OBIIT Ai\. DOM. MDCXXIU. AETATIS SVAE UHI (i) Ciacconi» toc cit. Memo^ib di Coai 3o3 di s. Agnese fuori le mura di Roma dee de' notati- li ristauri ed abbellimenti , che senza risparmio di spese fece eseguire nelFanno iGao , come ne fa te- stimonianza la esistente iscrizione , riportata ancora dal Ciacconio (i), il quale di quest'uomo insigne in poclia parole fa lo elogio seguente = Vir probitatis nntiquae , lìomanamque praeseferens animi ma^ni" tudinem = (a) 5. Vivea ancora in quel tempo altro Girolamo f^eralli detto il giuniore , figlio di Erminio , di cui si è sopra parlato. Fu uomo letterato , ed assai istrut- to nella Giurisprudenza , per cui esercitò lodevol- mente l'ofiìcio di Preside in molte Citta ed in altri luoghi della Campagna , e coprì ancora la ragguar- devole carica di fiscale della Provincia della Umbria. Egli era in molto credito , e tuttavia vivente nelP anno i64o ■> quando scrivea le sue storie il tante vol- te lodato Lauriente. (3) 6* La famiglia Cataldi Corana fu pure in ogni tempo di uomini egregii illustrata . Marsilio Ca- taldi nel secolo XVII godea la stima di valente let- terato. Il dotto autore dell'opera sulla colonna del- lo Imperadore Antonino , mentre riporta la iscrizio- ne relativa al tempio di Castore e Polluce, esistente (i) Ciaccon, loc, cìC. FABRITIVS. S. R. E. GA.RD. VERALLVS vTEMl'LVMDlVAi GOrvSTANTIAEKVliNAE filOPlNQVM RESTAVRAVlf ET ORNAVIT ANNO LiOBilNI MDGXX (2) loc. cit. (5) loc. e II. 3o4 liBXtBnATURA in. Cori , e di cui nel capitolo primo si è parlato , ia di Marsilio onorata menzione nel passo seguente «- JEDEM CASTORI .... Mane Marsilio Ca- taldo Corano dehemus , viro doctrina eruditione- oue ornato , qui nobis ilUus copiam perhumaniter fecit = (i) 7. Anastasio Cataldi , uomo dotto ed erudito, fu Canonico della cliiesa Albana (2) ; e Flaminio Cataldi era cosi celebre e versato nella Giurispru- denza clie gli storici patrii il cliiamano Causidico perfetto. In fatti essendogli state addossate le cari- che più cospicue del Governo Corano , con tutto il plauso disimpegnolle , e si acquistò presso i suoi con- cittadini una estesa riputazione. 8. L'altra famiglia Castaldi produsse il P. Ga- briele , detto il Seniore , Agostiniano. Le patrie me- morie lo han celebrato per un teologo profondo , per uno esimio oratore , e per un non mediocre poeta de'suoi tempi. Fatto avca uno studio particolare sul- le bellezze della lingua italiana, che conoscea a per- fezione. Fra le altre letterarie produzioni, gli si at- tribuisce un dramma sulla' fanciulla Oliva. (3) Q. Melchior Bossi sa non ebbe natali cospicui , fu dalla natura arricchito di talenti particolari nella poesia. Privo di beai di fortuna , si applicò al me- stiere di scarpellino, per potersi procacciare il gior- naliero sostentamento. Si narra che il poeta Accio Plauto si esercitasse a fare il mugnajo , e che nelle ore di riposo attcndca a scriver commedie. Sulle orme di lui marciando il Bossi , nelle ore di ozio nel (i) Vìgnoli de coliun : Antonini pag. iSo. Ediz» di Roma 1705. (2) Lauricnte loc. cil. cap. 6i». (5) Luui tenie loc. cil, cap, 72. Memomb di Com 3o5 comporre versi e commedie egli era tutto applicato. II Laurienti , contemporaneo ed amico del Bossi , ci ha conservato una serie di opere in prosa , ed in ▼ersi di questo cittadino di Cori , alcune delle qua- li furon date alla luce. Dai titoli delle opere istesse si rileva a ciliare note che non solo nella poesia, ma in altre scienze eziandio era quello versato, (i) (i) Laurienti loc^ cit. cap, 66, rlporia le seguenlì opere •ni Bossi aiuibulte : Gl'inganni di ornare , ovverQ i iravesUU Amanli Comedia. La Zingara frustala, Comedia. La Qnaccara „ Comedia. Le insolenze di Passariello Cilrolo. Comedia, L'Osteria nuova. Comedia. La vaga Ersilia. Comedia, La Ermilla. Comedia pastorale. La Bomitilla trionfante nel martirio di molli Santi. Rap- presentanza spirituale. Lo Scartafaqcìo di Oratillo pastor fiorito in lode della bellissima Ninfa Eurilla Bellina perduta , cioè lodi , pianti , e sdegni. Lo scartafaccio delle rime , cioè sonetti , canzoni , madrigali , ottave , e villanelle» Scarlafaecio di diverse lettere familiari in prosa , ed f» terza rima. Raccolta di sentenze di Filosofi antichi , e moderni. 31o do facilissimo d'imparar V Abaco , e di viisurar campi e Case, Contrasto di (Quattro personaggi per amor di Franceschi- na , cantato , ballato , e battuto al Rugero, La definizione di Franceschina, Il giudizio di Paride. Ecloga' La Superbia di Apollo. Ecloga 3oG L E T T E n A T U ft i!t Nacque il Bossi li i8 ottobre iSqS, e mori circa la meli, del secolo XVII. IO. Alessandro Petrilli^ nato in Cori nell'an- no i6o4 » fu del Bossi coetaneo. In patria cominciò ad applicarsi agli studii dell'amena letteratura , ai quali una forte inclinazione il traea , ma non poten- do ivi conoscere il corso delle classi superiori , si portò in Roma , e vi fece mirabili progressi. Si strin- se in amicizia col notissimo cavalier Marini poeta napoletano , e da varii titoli delle sue poesie , die ci sono restati , si conosce ch'egli per sua disavven- tura avea seguito lo stile ed il pensare di quello. Infatti, associatosi agl'Accademia letteraria, i di cui membri riunivansi allora nella casa del marclies* Ai- ciati , pubblicamente il Pietrilli , ora in idioma ita- liano , ed ora latino , recitò delle composizioni ama- torie. Avendo peraltro conosciuto lo errore della sua condotta , si ritirò a detestarlo nel chiostro , e si fé Cappuccino. Lungi dalle cose mondane , e nel seno della Religione , e della solitudine , occupò la sua vena poetica in temi edificanti , ed in sagre rappre- sentazioni. Il Pietrilli fu pure amico , e contempo- raneo del Lauriente , il quale ci ha conservati molti titoli delle di lui prodazioni si sagre che profane, (t) Il cavaligr Cornee. Edoga. La terribilissLìiia , spayeiUosissiina , e tremendissima bra- vura di Pascarcllo Cetrolo ISapoletano. Astrologia , e Pronostico per(ìt'luo deW Eccellensissiino As- trologo , Filosofo , o inaitematico il sig. Dottor Scara-r- beo de'Scaraholtoli, (i) Il Lauriente /oc. cit, cap. 67. cita la seiie seeueulc dei titoli delle opere del Pietrilli ,, Latina Epigrammala. Sonetti , Canzoni , e Madrigali. Memorie di Cori 307 1 1. Antonio Multai , nipote di Cesare , del qua- le si è {)ailato nel precedente capitolo , fin dalla età più tenera si occupò nello studio della Giurispru- denza , e ne fu quindi laureato ; siccliè , spedito al Governo di molte citta , ed altri luoghi della Cam- pagna , se ne disimpegnò con tutto il vantaggio. Asceso successivamente all'ordine sacerdotale, la fama della sua probità , e delle sue cognizioni essendo- si diffusa nelle più remote contrade della Italia, fu chiamato nella cattedrale di Milano, nella quale , cir- ca l'anno iG34j occupava l'onorevole posto di Ca- nonico Decano , mentre Cristoforo Mattei , di lui nipote , in quella nobile e popolosa citta era nel- la milizia impiegato. Il Lauriente chiama il soprad- detto Antonio Mattei dottore in legge, e poeta, (i) 12. Quanti e quali soggetti inoltre degni di rimembranza non produsse la famiglia Montagna ? Le lagrime di Lelia ,, PoemeUo. La Susanna ,, Poema. La dispula di Cristo ,, Sa^ra Rappresentazione. La Smarrita Oliva ,, idem. Liberata, e Faustina ,, idem. La Barbera „ Tragedia sagra in prosa. La f^ed. di Naim , tragico-sagra Rappresentazione in prosa . L'amorose fortune >, Boscareccia. L'avs'isQ funesto al pastor Filandro. Le sagre Corone „ Terza Rima, Il Sagrario „ prima e seconda purte, L'Epistole amorose „ Terza Rima. (1) Lauriente loc. cil. cap . 76. e 68 „ ^ntonius Mat- tcius 1. V. D, et poeta , alquc Ecdesiae Mediolancmis ca~ nonicus Dei:ainis ,, ,G.A.T.XXaL 20 3o8 L E X T E K A T U R A Marco Tullio Montagna valente Pittore, fu impie- gato dal Papa Urbano Vili negli abbellimenti del Palazzo Apostolico. Vincenzo Montagna , buon let- terato , di costumi onesti fornito , fu sommamente amato dalla nobil famiglia Caetani , dalla quale per lo spazio di anni ^o. fu impiegato in qualità di Governatore , e di uditore , ne' feudi di lei. Ritira- tosi finalmente in patria , nella eia di anni 97 mo- rì colla morte de'giusti. •>■> Vincenzo Montagna ( narra « il Laurienti ) predisse il giorno e Fora del suo ?) passaggio alla etarnità , molto prima che questo » seguisse. Nella mattina , ultima della sua carriera ?j mortale , si portò nella chiesa del SSmo Salvato- 5> re, ed in essa , pieno di fede viva, prorompendo iu M lagrime, dalla Religione, e dalla pietà spremute, ?» si cibò dello Eucaristico Pane. Quindi recitando » il divoto Cantico =» mine diniittis servimi tuiwi fi Domine -^ , fé ritorno nella propria abitazione , w e chiamati i sacerdoti che doveano assisterlo , nel jj giorno ed ora ch'egli avea predetta , la dì lui ani- » ma se ne volò al Cielo. » (i) i3. Intanto Salvatore Montagna facea in Roma una luminosa figura. Figlio di Virgilio Montagna , e di Ginevra Veralli , sortì dalla natura il dono di grandi talenti e di specchiata probità , divenuto dot- tore in Giurisprudenza, e Piotonotario Apostolico, fu ricercato da molte ragguardevoli comunità dello stato , e dalle più cospicue famiglie romane per esser assistite , e consigliate ne'loro interessi respettivi. Es- sendosi peraltro disgustato di sifatlc nojose e di- stratti ve occupazioni , e dalla divina previdenza a cose maggiori chiamato, si fé sacerdote. Appena in- (i) La'iricnle Ice. al. cdj). -G. Memorie di Coki oòq SÌgnito di questo sagro ministero , il Cardinal Pie- tro Aldobrandini , che le di lui doti esimie conoscea pienamente , lo fece innalzare alla carica di Avvo- cato de'pupilli , delle Vedove , e di lutti i Poveri di Roma ; nella quale dato avendo per lo spazio di anni otto argomenti non equivoci di probità , di giusti- zia , e disinteresse , dal Papa Urbano Vili fu sosti- tuito a monsig. Scannarola , fatto Vescovo di Si- done , nello impiego di procurator generale sulla visita de' Carcerati , e delle Carceri di Roma , e gli vennero conferiti altri incariclii egualmente delicati e laboriosi. Amante del suolo natale, e zelantissimo delle cose di religione, arricchì diverse chiese di Cori di preziose reliquie , quali ottenne , in vista de'suoi meriti , dal Cardinal Ginnetti , Vicario in quel tem- po del predetto Pontefice , e lasciò altri sagri mo- numenti, che anche oggi richiamano alla memoria la di lui pietà, (i). 14. Gio. Pietro Montagna , fratello di Salsui- tore suddetto , d'illibati costumi , e di buona dot- trina dotato , incontrò il favore del cardinal Madruc- ei arcivescovo di Trento principe del sagro romano impero , al servizio del quale fin dalla giovinezza si ascrisse , e ne fu sommamente beaeficato. Passato quel cardinale agli eterni riposi , Gio. Pietro si ritirò nel- la patria , ed insieme al suUodato Salvatore , fece acquisto di tutti i beni di monsig. Gio. Amati ve- scovo di Minori, di cui si è parlato nel capitolo su- periore. (2) i5. Pietro Prosperi figlio di Bonifacio , discen- dente dai Prosperi , nominati nel capitolo precedente, e riputato dalla fama e dalle patrie memorie per uno (0 loc. cit. cap. 7S. (2) loc, cit. 20 3io Letteratura degli uomini più valenti di cui Cori fu madre nel secolo XVII. Nato nel 1697, ^^^^^ tenera età di an- ni diecinove , i suoi meriti eran già di tanta esten- sione , clic nell'anno 1G16 fu ascritto nella classe de' nobili romani , ed insignito della romana nobiltà con un diploma, clie non solo ad esso, ma a tutti i suoi posteri e discendenti accorda una così cospicua pre- roo"ativa. Esercitò la carica di avvocato nella curia romana con grandissima fama e decoro , ma la mor- te fu troppo sollecita a troncare le belle speranze che la patria e la famiglia avean su di esso meritamen- te concepite , avendo cessato di vivere nel iG33, nel- la età di soli anni trentasei. (i) 16. Finalmente nplla serie degli uomini illustri Corani del secolo XVII occupa un posto eziandio Torquato Corradini. Quc|sta famiglia clic da Roma trae la sua origine primitiva , vanta antica ed in- signe nobiltà. Per lo vicissitudini dei tempi avendo dovuto emigrare da Roma , andò in Cori a stabilir- si , ove nacque il predetto Torquato. Fornito di ec- cellenti qualità , e di una esemplar morigeratezza di costumi , con cura indefessa , e con zelo instancabi- le allo studio della giurisprudenza applicossi , e di- venne un celebre avvocato della curia romana , che fu quindi scelto per uditor suo dal cardinal Bene' detto Panfdi. Successivamente essendosi unito in ma- trimonio con una giov anetta ereditiera della cospicua famiglia Ciambariconi di Sezze , in questa citta fissò il domicilio , e qui divenne padre di Pier Marcel-:- Uno Corradini , dulie preclare gesta del quale nello ultimo capitolo farassi menzione. (2) - ■ — 1 — ~— . (1) Una copia autentica delio acceniiuLo diploma mi fu, corlesein/ftìte esibila dall' odierno si^, cap. Ficlro Pro-^ speri t discendente dal sud. Pielvo figlio di Bonifacio, (2) ISovaa Ivc. ci(. toni, *Xll. pag. io5. Memorie di Cori 3ii Gap. XI. Virginio Colangeli poeta , sue opere , suo elogio. Beatrice Colangeli di lui sorella poetessa^ sue qua" lità. Giulio Picchioni giuniore , sua pietà. Ales- sandro ^ Simeone^ Cesare , e Carlo Picchioni di lui figlii. Flaminio Picchioni , Alessandro di lui fratello. Famiglia Buzi , di lei antichità. Gio. Bu- zi. Piersante Buzi. Adeodato Buzi. Onorato Bu- zi. Piersante Buzi giuniore si stabilisce in Ro- ma. Lorenzo Buzi di lui figlio primo della fami- glia Buzi romana. Varii illustri discendenti di questa. P. F. Sante Lauriente francescano. Suoi studii , sua educazione. Autore della storia co- rana^ altre sue opere in pixtsa , ed in 'versi. ». Mentre i Prosperi , i Montagna, i Mattei , e gli altri uomini insigni Corani testò indicali fioriva- no nel secolo XVII, Virginio Colangeli ^ e Beatri- ce Colangeli di lui sorella, erano il decoro e t'orna- mento di Cori , loro patria natale. Virginio erasi oc- cupato altamente nello studio delle antiche istorie , sulle quali attinto avea estesissime cognizioni. Incli- nato peraltro alla poesia , le opere del poeta di Man- tova , e degli altri poeti dello aureo secolo aveano al di lui genio somministrato lo alimento , e il buon gusto. Infatti sebbene egli scrivesse nel secolo XVII, ed in una epoca in cui la coltura delle lettere bel- le trovavasi in decadenza , nulladimanco si manten- ne, per così dire, illeso dalla vigente depravazione, e corruttela; e le opere che di esso inedite ci sono restate danno chiaramente a conoscere, che non ab- bandonò lo stile e la eleganza del secolo precedente. 2. Un piccolo manoscritto clie , fra le altre car- 3l2 LETtEllATURA te relative alle memorie di Cori , si compiacque di passarmi il sig. Vincenzo Marchetti, da me nominato nella prefazione , e il nome del quale a causa di ono- re ora torno a ripetere , mi ha fatto conoscere di- versi opuscoli di questo poeta Corano, de' quali i ti- toli sono i seguenti. Coracis C at i Ili fili i urbis Corae autor is encomium ■« Cora Fetus=: Cora noi>a. Corani cultus , dotes , et artes. Ad patres , civesque coranos encomium. Exhortatio ad coranos Juvenes. Dcscriptio urbis Corae. Ho creduto di qui trascrivere rultirao di questi opu- scoli poetici, giacche è riportato ancora dal Laurien- tc (i). Esso è del tenore seguente. Descriptio Urbis Corae. Ocia ne faciant nostram vilescere mentem » Musa , Coram dulci placeat percurrere canlu. Quae studia hic , mores quam sit generosa luventus , Inclita Tempia, situni pariter, mea Musa, repande. In duplici posita est gremio dignissima moles Ex ortu subito radians quod Apollo salutai, Flammiferoque loci curru prospectat honores Praerupto non monte sitos , nec valle profunda; Ast ita dispositos rerum ut natura teneret Ingeniosa raodos , nulli culpanda superbo. Uridique praecingunt pcramoeni margine coUes Frugiferi , quales nec Corcyreia rura , Hesperidumque horti spectant, aut Thessala Tempe. Inde quidem Latii terra fertilior omni '" III — ■— o— — >— pi— ^w— ^i*— w«— «— .— ^ (i) loc. cit; cap, 20. Memorie di Cori 3i3 Ora Corae est, quam flava Geres, viridisque Minerva, Piirpureus quam Baccluis amat. Timi fronclea capris Florea raeilidcis apibus , pecorique vicissira Pascua, et irriguis late pulcherima campis, Tum redolens hortis, medica tum fertilis herba, Arboribusque virens , sylvis umbrosa vetustis , Alitibusque, ferisque frequens, venatibus apta Aucupioque placens, nulli bonitate secunda. Parturit almus ager , zepliyrique tepentibus auris Laxant arva sinus, flores variosque ministrai, Temperieque fruens , coelo tranquilla sereno , Semper odoriferis nebulas purgantibus Euris. Templis ampia suis , nec turribus alta tremendis , Consilioque vigens , populo referta benigno , Monte potens, et Valle potens, ut rite supremum Imperium testata situ super omnia Volsca , Moenia sunt prisci manifestum nominis index , Quandoquidem magni monstrant vestigia cordis. Porta triplex. Romana tamen formosior astat , Templaqne bis septem , quibus sublimius illud Succursi, tacito praeest qui degit Eremo, Excelsum , populoque frequens , tum numine divae Tum pietate Patrum , signisque excelsius almae Virginis in miseros late fulgentibus omnes. Hic (decus o magnum) geminas sociare puellas Conjugio castas, festis redeuntibus annis Consuevere tamen patres, quas torquet egestas. Sunt plateae, pulchraequc domus , sunt strila viarura, Sunt putei caelestis aquae , sunt denique fontes. Nititur hic etiam studiis animosa Juventus Carminibus devincta satis, cui ferre laborem A teneris cordi est; molli quae marcida luxu Ocia non sequitur , somnos quoe spernit inertes. Frigora ssdva. pati , gravibus non cedere nimbis , Aestivum tolerare jubar , scit fallere noctes. 3i4 Lettkratwra Sed quo me vertam , quae encomia , docta Beatri.t Inveniam, qu;e vera tui sint indica Laurus? Ipsa una es Sappilo , Leonora , Corinna, Columna. 3. Lo srittore del sopradetto manoscritto fu Fran- cesco Pasquali altro cittadino Corano che , come egli stesso nella pagina prima del manoscritto medesimo ac- cenna , fu laureato in giurisprudenza li 23. aprile dell* anno i632, e, come narra il Lauriente , (i) fu sacer- dote, canonico di s. Maria della Plebe, e riputato per uomo colto , e letterato. 4' Beatrice Colajigeli sorella , come si è detto , del lodato Virginio, non sapea che leggere; tutta- volta la natura le fu prodiga di talenti cosi me- ravigliosi nella poesia , che il nome di lei divenne famoso. Compose molti opuscoli poetici in lingua to- scana , de' quali , come delle opere di tanti altri poe- ti , e letterati Corani , dobbiamo compiangerne ama- ramente la perdita. Nacque circa l'anno 1679, e mo- ri circa l'anno i63o. In tanta estimazione dal popo- lo Corano era tenuta , che la di lei morte cagionò tristezza, e pianto universale. Il Lauriente, che la conobbe , ne parla cosi = Beatrix de Culangelis poe^ tria curana^ nata est anno domini circiter iS-jQ, et fuitjilia Svetonii Culangeli ^ et uxor Laelii Tomauz- zi. Mulier extitit hilaris , aspectus in^eniique ma- turi , et legere tantumodo et non scribere sciens. Etrusca poesi delectata est , nonnullaque composait opuscula etc. Prmteritis annis Cora; , totius cora- ni populi moerore et ploratu oppetiit mortem ^= {"2) 5. Quindi se suppor si potesse che il sullodata Virginio non avesse parlato dallo impulso dell' amo- (i) loc. cil. cap. 'j-j. (2) loc. cit. cap. 6b. e j'S. MsiMoniE m Cori 3i5 ve fraterno sospinto , lo elogio , die In Lrevi paro- le tesse di lei nel (ine del surriferito poemetto, com- prender farebbe che la sua sorella nel valor poetico le poetesse più celebri dell' antichità , e quelle che ne' secoli del buon gusto d'Italia fiorirono , avrebbe «guagliato. Egli infatti in fine di quel poemetto , ri- volgendosi col canto alla sorella, si esprime in que- sti termini. Sed quo me vertam , qiuc encomia , docta Beatrix « Inveniam ^ qiue vera tui sint indica Laitriis ? Ipsa una es Sappho, Leonora, Corinna , Columna. G. Vivendo i due poeti Colangeli, vivea ancora Giulio Picchioni, detto il giuniore. Fu autore del- la cappella consegrata alla Madonna della Pietk , esi- stente nella chiesa di S. Maria della Plebe di Cori , che di pregiati ornamenti abbellì , e le fissò una do- te pel cappellano. I religiosi di s. Francesco della me- desima citta , delle di lui caritatevoli beneficenze an- co essi furono partecipi. Imperciocché essendo spro- visti di suppellettili sagre', alla celebrazione dello in- cruento sagrificio necessarie, la pietà di Giulio accor- se ai loro bisogni , e fornì doviziosamente il conven- to di tutto ciò , di cui su tale articolo era mancante. 7. Narrasi inoltre che , dovendosi da una parte ampliare il predetto convento , facea duopo di occu- pare una porzione di suolo , spettante ai padri ago- stiniani. Ricusarono questi di concederla gratuitamen- te alla povertà de'Minoriti , ma la santa , e genero- sa inclinazione di Giulio tolse all' istante l'ostacolo , pagando del proprio il prezzo di quel suolo anche maggiore dallo intrinseco valore di esso, (i) 8. Quattro fìglii di quest' uomo dabbene , Ales- sandro, Simeone, Cesare, e Carlo imitatori, e segua- (1) Lauriente loc. cil. cap, yiJ. 3i6 Letteratura. ci furono delle virtù paterne , per cui le patrie me- morie ne lian fatto onorevol menzione. Ne derivarou quindi da questi, altri uomini esimii , fra' quali un Flaminio , della laurea dottorai decorato , sacerdo- te, ed arciprete della chiesa di s. Maria della Plebe; ed un Alessandro di lui fratello parimente sacerdo- te , ed arciprete della chiesa medesima , ambedue il- glii di Ostilio Piccliioni , e di Peregrina Monta- g/za. (i) 9. La famiglia Buzi inferiore non fu alle altre famiglie Gorane in uomini valenti. Nel i45o fiori Gio. Buzi Viovcio dotto e laureato in giurisprudenza; nel i490 Pier Sante Bìizi laureato egualmente in giurispru- denza. Nel i555 Adeodato Biizi fu vicario generale della diocesi di Ostia e Velletri. Onorato Buzi fi- glio del suddetto Pier Sante ebbe cinque figlii, de* quali quattro laureati in giurisprudenza, Lorenzo , Pier Sante , Fabio , ed Alessandro. Il secondo , do- po la meta del secolo XVI, essendosi in Roma tra- sferite , acquistossi la fama di celeberrimo avvoca- cato nella curia romana , sposò Prudenzia della no- bil famiglia romana de' Giganti^ e fissò in quella ca- pitale il suo domicilio; per cui Lorenzo Buzi ^ uno de'figlii di lui , ha formato il primo anello genealo- gico della famigli Buzia romana. IO. I discendenti di questa furon tutti sogget- ti ragguardevoli , e di grande rinomanza. Fra gli al- tri , nel secolo XVII, figuravano altro Lorenzo Bu' zi dotto prelato nella curia romana, e quindi pa' suoi meriti dal papa Alessandro Vili nominato vescovo di Carpentrasso; altro Piersante Cavaliere gerosoli- mitano ; Giuliano , e Carlo Conservatori di Roma ; altro Carlo dotto religioso bernabita; e Fabio Bu- ( I ) loc. cii. MeM0ìi!e di Coni 'àtj 7.1 pel suo valor militare , e per la nobiltà de' fia- tali divenne gentiluomo di Cristina regina di Sve«» zia cotanto dalla fama celebrata, (i) 1 1 . Di non minore antichità e nobiltà e riputa- ta l'altra famiglia Corana dei Luzi. Nel secolo XVI un Giuliauo Luzi , per lo spazio di circa trent' an- ni ocèupò l'officio di cancelliere di Gio* Antonio Pro- speri , vicario generale della diocesi di Ostia , e Vel- letri. Quindi Francesco Luzi., entrato nella compa* gnia di Gesù , divenne profondo , e dotto teologo , e celeberrimo predicatore. Inviato nel collegio di Li- sbona , vi si trattenne lungo tempo , e vi occupò il posto di presidente. Morì nel collegio medesimo, non senza opinione di uomo santo. (2) Fulvio di lui ger- mano fu sacerdote, e laureato in giurisprudenza. Da Cori sua patria essendosi portato in Roma, fu anno- verato id quella capitale fra i canonici di s. Maria in Via Lata. Curzio Luzi viaggiò nella Palestina al- la visita del santo sepolcro. Si occupò nell' arte chi- rurgica, nella quale il di lui figlio Antonio diven- ne COSI esperto., e versato che, per le difficili ope- razioni eseguite con prospero successo, fu chiamato eccellentissimo. (3) (i) Laurienle loc. cit, cap. 72. Memorie di Cori ms, (2) Laiirienli loc. cit. cap. 75. » Franciscus Luzi in. lesuitarum Socielatem ingressus , fuit doctor in Theologia, et concionator celcberrinius , et quasi toto tempore vilae suae in conventu Ulysipponensi in Lusilania extilit praesidens , alque cuni aliqua sancLilalis opinione animam expiravit. „ (3) Laurien. loc. cit, „ Coram reversus ( Curzio ) con- ju^alus fuit cum Bruna Januzzi et gannii ex ea Anto- nium , qui excellentissimus in Chirurgia effectus , magnas ■* et memorabilt' medelas et operaliones operatus est ,» 3i8 Lettkratùiva 12. Ed eccoci a quel punto pervenuti, in Cui si da luogo a parlare del P. F^ Sante Laurienie i la di cui istoria corana non pochi mezzi ha fin qui al mio lavoro somministrato. Egli stesso ci previene di essere nato in Cori li 8 aprile iSq^ da Porfirio Laiv- riente^ e Caterina Antonisanti -^ di avere atteso allo studio della grammatica , e della rettorica, sotto il ma- gistero di uomini valenti , e di aver .indossato l'abi- to religioso di s. Francesco nel convento di Orvie- to li 8. giugno i6i4' Aggiunge quindi di aver com- pito il corso della dialettica e della fisica , e cele- brata la prima messa in Monte Flavia, piccolo ca- stello nelle vicinanze di Palombara, li 29. giugno] iGa2. Finalmente , allorché tratta delle famiglie corane , si sforza di provare con buoni documenti, che la pro- sapia di lui da quel Virginio Laicriente poeta co- rano, e dal Beato l". Sante^ vivuti nel secolo XIV la origin prende. i3. Colla lettura della prefata storia corana ba- stevolmente è provato che il P. F. Sante fu uomo dotto , e fornito di estese cognizioni, ma viepiù dob- biamo esserne persuasi collo esame della serie delle opere che scrisse , dai titoli delle quali , che soli ci ha egli conservati , risulta che il di lui genio alla poesia specialmente era inclinato — Opuscida (ei dice) (juoe partim in saeculo , et partim in reti spione com- posui ^ guamuis inculta , et inornato stjlo , ad ami- coritin pefitiones ^ et rogatus scrihere volai, (i) (i) loc. cil. cap. 69. Le opere di cui parla sono le seguenti. L'Avara Filli , Tavola boscareccia. Indovinello arliflcioso- Amor Crocefisso ,, Fayola Pastorale. Sonetci famisUari a diverti. Memorie di Cori 319 i4' Se nella moltipliclta di tante opere fosse so- pravissuto air autore il poema intit olato il Corn- ee , diviso in canti settanta , in ottava rima , e l'al- tro poema il Battista in venti canti , si saria po- tuto conoscere se il poeta Laiiriente nel verseg- giare italiano nel secolo XVII , serbò il buon gu- sto del secolo precedente , come il poeta Colan-» geli , teste riferito , nel verseggiare latino ; e som- ma gloria avrebbe alla patria comune apportata , se quello avesse le orme di questo seguite. E ciò peraltro a presumersi , giacché furono ambedue con- temporanei ed amici. i5. Oltre le opere suddette il Laurienti accen- na di aver tradotto dallo idioma spagnuolo un libro intitolato = Memoriale de'precetti che nella rego- la del serafico P. S. Francesco obbligano a colpa mortale , e sua esposi zioìie , del P. F. Giannettino Nigno = , e di avere incominciati , e non ultimati varii altri opuscoli nella maggior parte poetici — Nec La Stronzeide ,, in stile bernesco. L'' Avaro , ed ingrato Leone, Rime fa^t orali, Rimario. Opera utilissima a chi si diletta in Poesia, Il figlio rubello , e disleale, Tragi-comedia in Prosa» Il Cornee. Poema in ottava Rima in 70. Canti, Litanie Poetiche. La ritrovata Oliva. Sa^ra Rappresentazione, Rime diverse in cincone libri. Franeestto impiagato. Idilio sagro, Exercitium spirituale quotidianuni. Rime diverse spirituali. Il Calvario. Idilio Sa^ro. Lettere familiari Tom. 5. Il Ballista Poema evangelico in ?o. canti in ottava Rima, 'Ò2Q Letteratura non librum inscriptum memoriale etc icliomàte /u.s'~ pano in italum transtuU. Alia nonnulla opuscu- la tantumodo incaepta-, sed non completa., variis in temporibus Incuoravi — ( i ) i6. Quale riconoscenza poi questo benemerito cittadino ha diritto di esiggere dalla patria pel la- voro della suddetta Storia Corana ? Ella ha il ti- tolo seguente = Historia Corana Auctore P. F. San- the Lauriente de Cora Ordinis Minorum de obser- vantia. Ad S» P* Q- Romanum , atque ad Illmos Dnos urbis Conservatores =* E' divisa in settanta capitoli; ed in altri dodici capitoli consecutivi trat- tiensi sulla genealogia delle famiglie Cerane più distinte. Non può negarsi che l'autore sviluppa in questa opera una vasta erudizione , e fa uso di un raziocinio non affatto spoglio di critica ; e se non serba un metodo regolare , e cronologico , e lo sti- le non presenta tutta la venusta ed eleganza latina , ha peraltro il pregio di racchiudere un pregevole ed esteso materiale da potersi rifondere , e formar- sene di Cori una storia completa. (i) loc, ciu le opere Imperfette di cui qui parla , sono le seguenti. hi qnaltro B\>angeUi tradotti in lingua Toscana, L'Orinthia p^alorosa. Poema in versi sciolti. Officio dell" Altare per li Frati Minori. Comedia in versi « senza nome, I Regii d'Israele « Poema sagro. IL Baston medicinale, Comedia in Prosa. ha Maria trionfante. Poema . sagro. ha Beatrice mnrlirizata. Tragedia Sagra. La Vita di Maria Vergine , in Prosa. Vita di Maria Vergine , cavata dal Belloascme. Memorie di Cori 3ai 17. Neiraddossarsi lo incarico di compilare la sua opera , il Lauriente non omise industria , su- dori , e fatiche. Lo accenna egli stesso ; e confessa del pari che da scritture antiche , da vecchi mano- scritti , e dalle relazioni di uomini provetti, le no- tizie ed i monumenti n' estrasse — Sed omnia quae reperire potiti (ei scrive) diligenter scripsi , non sine labore atque industria anno i038 , et quaedam eoe libris auctorum jam formis excasis , quaedam eoe scripturis antiquis^ codicibusque manuscriptis., quae- dam ex seniorwn relationibus extraxi — (i) 18. Mentre il P. F. Sante colle sue letterarie cognizioni , e ricerche, facea onore alla patria , i con- jugi Natale Placidi , ed Angela Cardilli viveano in Cori una vita povera , e pastorale , e dalla loro unione felice ed innocente un fanciullo sortiva, che fu in seguito del suolo natale , della Religione, e dello Istituto Minorità sublime ornamento. Parlo del beato Tommaso da Cori. Nato li 4* giwgi^o i655 , ebbe nel fonte battesimale il nome di Francescantonio. Fin dalla prima aurora de' giorni suoi , con una in- dole tutta inclinata alla pietà , fece egli conoscere che la divina providenza lo destinava a grandi co- se , e che una brillante comparsa far dovea nella chiesa cattolica. 19. Superati -appena gli anni della puerizia , i buoni genitori lo inviarono alla scuola , per appren- dere i primi elementi delle scienze : e qui , pel por- tamento grave , pacillco , modesto , ed umile , desta- va in tutti gli altri giovanetti coetanei amore, e ri- verenza , ed era di edificazione , e di buono esempio ad oguuno. La povertà, di famiglia, approssimandosi (i) loe. cit. 323 Letteratura quello alla etk impubere, non lo potè esentare dalla esercizio della vita boscarcccia e campestre, per cui, affitlatogli dal padre un piccolo armento , fu costret- to a condurlo al pascolo pc'colli , e per dirupi ; ed avido di conversare men che potesse cogli uomini , per conversare con Dio nella orazione , e nella let- tura di libri devoti , spignea la sua povera greggia ne'pascoli più solitari e romiti, (i) 20. Cresciuto negli anni , e nella pietà , restò privo de' geni tori, ma gli restò il peso di alcune so- relle nubili. Bramando di accasarle onestamente , ven- dette li detta sua greggia, e con quel poco altro che ritrarre potfe dalla tenue paterna eredita, costituì ad esse respettivamente una dote alle circostanze della famiglia proporzionata. Con questo collocamento del- le sorelle , egli con sommo piacere allatto spoglio re- stossi di beni di fortuna , pcrciiè bramava di sottrar- si dal mondo , e racchiudersi tutto povero nel seno della povertà , e dello amico silenzio di un chiostro. 21" Infatti in età di anni 22 , e nell'anno iG']'] vesti l'abito religioso nel convento de'Minori osser- vanti di Orvieto , e divenne figlio del patriarca s. Francesco di Assisi , col nome di Tommaso. (2) Ne qui fa duopo la storia , e la serie ritessere delle azio- ni virtuose di lui , cinto delle ruvide lane che som- ministra lo istituto Minorità, poiché tanti scrittori sa- gri ne hanno scritto , e parlato. NuUadimeno mi sia lecito ripetere brevemente che le virtiì del p. Tom- maso , dal primo giorno in cui fece ingresso nella re- (i) Compendio della Vita, Virtù, e miracoli del vcn. Scr~ vo'dl Dio P. F. Tommaw da Cori. Roma i]6ot cnp, i. a. e 3. (2) loc. eie, cap, 4< Memohib di Cori SaS liglone Francescana , lino al termine della sua mor- tale carriera , crebhero sempre fino a giungere allo eroico grado. 22. Amante di una vita contemplativa , e peni- tente , poco dopo entrato nel chiostro , implorò di stanziarsi nel convento di Civitella nell'Abbazia Su- blacense, destinato per uno de' conventi di Ricolle- zione , o di vita più devota. Questo convento , la di cui fondazione è attribuita allo istesso Patriarca S.Francesco, e che rimonta al principio del secolo XIH, è collocato in una valle , cui colli , e monti di an- tiche foreste ricoperti fan cerchio, e corona. Distan- te mille passi dalla succennata terra di Civitella , ispi- ra un sagro orrore, e presenta lo aspetto di un'Ere- mo nella solitudine del deserto. 23. Allorché il p. Tommaso vi giunse, era que- sto luogo povero ed angusto , ma il di lui spirito credette di essere giunto allo scopo desiato , perchè vi trovò nel pieno vigore la più rigida , e forte os- servanza. Dopo essersi qui trattenuto per qualche anno da semplice religioso , e dopo aver dato luminosi ar- gomenti di un*anima predestinata , fu eletto guardia- no , e capo di quella fortunata società di uomini . straordinarii , in esso conveuto dimoranti. 24- Malgrado la rigidezza della regola vigente , il p. Tommaso volle in qualche parte riformarla , ri- ducendola ad un metodo più austero , e più santo. Questa riforma fu riconosciuta cosi plausibile , e co- si utile alla vita contemplativa, che tantosto in altri conventi si diffuse , e vi fu accolta in guisa che il nome del riformatore divenne famoso. Quindi in gran- de copia accorreano nel convento di Civitella quelle anime sante che agognavano di profittare della pre- senza del p. Tommaso , e di perfezionarsi colla nuova santificatrice riforma. G.A.T.XXIL 31 3a4 Letteiiatura 25. Intanto la fama delle morali virtù di quello, slmili a taati astri che da lungi il loro benefico » e vivace fulgore tramandano , non solo ne' vicini ca- stelli , e villaggi , e nelle citta limitrofe, ma in tutta la Italia , e nella Francia eziandio erasi estesamente diffusa , e da per tutto era uomo santo cclebratOè Civitella, la intera Su])lacense Abbazia, Anagni , Cori sua patria , Tivoli , Roma , ed altri luoghi lo vi- dero , lo conobbero , e lo sperimentarono di doni so- pranaturali adorno , de'quali quinci , e qnindi colla moltiplicitì di miracoli vestigia permanenti lasciava. aG. Finalmente li ii gennaro del 1729, nella età di anni ^3 , se ne volò al Cielo , a raccorre il frutto delle sue apostoliche fatiche , ed a riceverne jl guiderdone dalla mano dell'Onnipotente. Dopo la morte continuò il buon servo di Dio ad operare prodigii , cosi che la Chiesa e la santa Sede lo ri- conobbero degno degli onori dell'altare , e del titolo di beato. In di lui onore fu in Cori edillcato un pic- colo tempio , ossia pubblico Oratorio , sopra un di- segno del valente Architetto Nicola Giansimoni , ulti- mamente finito. Fu pure elegante Cappella costrutta nella chiesa principale di essa città , ed un'oratorio privato in casa dalla famiglia Marchetti , in memo- ria dello istantaneo prodioio dilla liberazione dalla cecità di un'occhio, in persona del fu Ortensio Mai^ chetti , padre del sullodito sig. Vinccìizo Marchetti. 11 predetto pubblico oratorio fu fabbricilo presso la casa, rimasta intiera, già spettante al B. Tommaso, e nella stanza , ove egli mise fuori i primi vagiti, , e fu dato alla luce , venae costrutto uu sagro al- tare. Le sue virtù , nel pontilicato del papa Pio VI, furon già riconosciute in grado cosi eminente, che ne fu emanato il primo decreto di santificazione. Sante Viola 3^' Copia di una lettera K>enuta d' India , indirizzata al magnifico M> Coslafifino di Priali , nella quale si leggono cose maravigli ose e varie di quelli pae- si., scritta nel 15^7, ri ce onta nel iSSq, riprodot- ta per le nozze Danese-Buri Giovannelli Van- no 1824. Venezia tipografia di Ahisopoli, (Uii vo lume di pag. 4°) V^uegli uomini coraggiosi che , vinti dal desiderio di veder nuove terre e d'osservar nuovi costumi , non temerono ne asprezza di montagne , ne vastità di mari frapposti , e sprezzando ogni pericolo , solo ad appagai'e questa, santissima brama furono intesi; da tutte le colte nazioni, furono altamente commen- dati , ed innalzati perfino agli onori immortali. Poiché noi siamo d'avviso che quegli Ercoli, quei Bacchi, e quei Giasoni , avuti poscia per divinila dagli an- tichi , altri non fossero realmente che i primi scuo- pritori di nuovi paesi, saliti a tanta altezza di fa- ma e d'onore come per Tardirc che faceva d'uopo per siffatte iirq)rese , cosi maggiormente per la grandis- sima utilità che apportavano a'ior nazionali , accre- scendone la civiltà dopo di essersi per mezzo di ta- li viaggi arricchita la mente di belle e nuove cogni- zioni. E certamente quell' Ulisse, il senno del qua- le noi vediamo tanto commendato dal divino Ome- ro , venne in fama di prudenza ancora maggiormen- te dopo aver visitate molte citta e conosciutine i di- versi costumi. Ora è chiaro perciò quanto ben prov- veda all' utile comune chiunque lasci a' posteri me- morie di ciò che venncgli fatto di osservare in pae- 21^ SaG Lkttbrattira si lontani , e quanta lode debbasi meritare da noi per cotal benefìcio. Sia dunque lode ai nostri italiani, i quali pei primi , almen dopo il risorgimento dell' eu- ropea civiltà, ebbero cuore di condursi a veder ter- re remote e di osservarne con saggia avvedutezza le rarità , commettendo agli scritti queste loro nuove fatiche. Fra siffatti è senza dubbio il maggiore Mar- co Polo veneziano « il quale nel deciraoterzo secolo, cioè allora che le scienze appena avevano fatti i pri- mi tentativi per risorgere a nuova vita, visitò quan- to mondo allor conosceasi , e nuove parti ancora sco- nosciute ne additò agli avveniri : e fu il primo che insegnasse a non temere i pericoli a quanti illustri viaggiatori piìi fortunati di lui ebbero la sorte nei se- coli seguenti di far note alle nazioni d'Europa le ter- re vastissime di ambedue le Indie. E molti altri ve- neziani , parte animati dall' esempio di tanto loro con- cittadino , parte incoraggiti dalla facilita de' tragitti, essendo allora la nazion veneta la regina del com- mercio europeo , seguirono con molta lode le vesti- gia del Polo : fra i quali non sono oscuri i nomi di un Nicolò Conti, di un Ambrogio Contarino, di un Alvise da Cadamosto, di un Catarino Zeno , di un Pietro Quirino, di un Antonio Priuli, e di tanti al- tri SI celebri , de' quali scrisse , con quel sonno e dot- trina che è sua propria , il sapientissimo cardinale Zurla nella famosa opera intorno a Marco Polo e agli altri viaggiatori veneziani. E semina che questo san- tissimo desiderio di visitar terre lontane non sia an- cora spento, anzi arda con moUo calore nei petti ve- neziani, poiché noi abbiamo per A^eneziani tutti quei popoli che componevano una volta la fortissima re- pubblica. Fra' quali un Bolzoni padovano penetrò non ha guari i più deserti regni dell' Affrica, ed in quel- le caldissime regioni fini troppo immaturamente la sua Lbttkra sull' India Z2^ gloriosa carriera , accompagnato ora dal vero dolore di tutti quelli che hanno a cuore la gloria del no- me italiano. Ne sarà da lacere del chiarissimo filo- sofo di Bassano Giovanni Brocchi, il quale ora cer- ca con tanto amore le terre della Siria e della Pa- lestina, per crescere delle sue belle e nuove scoperte il patrimonio vastissimo delle scienze naturali. Era di questa nazione viaggiatrice , e fratello di queir Antonio che abbiamo teste ricordato , MafTio Friuli , il quale dalle Indie orientali scrisse a'suoi di Venezia la lettera che abbiamo annunziata. Essa fu stampata nel secolo decimosesto dal Marcolino : ma di- venuta oggimai rarissima e quasi affatto sconosciuta, viene o];a riprodotta dall'illustre letterato veneziano signor abate Moschini , preceduta da una sua dotta prefazione. Perciò noi accennando le cose principali di questa lettera , mostreremo non essere ingiuste le lodi che vogliam dare al benemerito signor Moschini per tale riproduzione. Addimostra sulle prime il nostro MafTio Priuli il gran desiderio che egli ha di sua patria , de' suoi ed in ispecie della sua madre (la quale, al dire del si- gnor Moschini (*), si chiamava Paola ed era dei Molin); e prega l'altissimo che presto vel riconduca. Ma te- me che la vecchiezza noi sopraggiunga, e non gl'im- pedisca di compiere questo suo desiderio. Pel quale è in tanta angoscia , che tutti i solazzi , che si pren- de in compagnia de' suoi amici portoghesi , gli tor- nano in lacrime. Ed ora maggiormente , che da sei anni ha perduto un amico ed un concittadino in Ales- sandro Veiiier , il quale partitosi dalle Indie alla vol^ ta d'Italia con perle , gioie, ed altre cose preziose , <•) Prcf. alla leUera del Priuli psg. 8. SaS LkttcratxtRì avuteli! gran parte dalPriuli affinchè le portasse a'suoi fratelli a Venezia , fu da alcuni ebrei infelicemente tratliio. Nondimeno gli resta per unica consolatione il piccolo figliuolino di due anni , che vuole condur seco a Venezia, quando Dio gli concederà tanto favore. Dopo questo preambolo , incomincia a dar novel- le de'costumi indiani , e prima della religione : nar- rando le prove stranissime che fanno que'])arbari ad onore delle loro divinità. Alcuni d'essi si stracciano le carni e ne fanno parte agli astanti , i quali con al- tissima venerazione le conservano, riducendole poi in. cenere ed usandone per le loro lustrazioni. Altri , non contenti di tale carneficina, si svelgono una costola, cosa appena credibile : e di questa e d'un nervo della gola fanno una specie di balestra , eolla quale man- dano a'più lontani spettatori i brani di lor carne: ac- compagnando tali orridezze con un certo canto, in mezzo al quale spirano l'anima ferocemente. E tutto ciò fanno que' barbari in riverenza de' loro Dei , che veggonsi rappresentati in medaglie sotto varie fogge d'animali , come di tori , d'elefanti , di biscie , e di altre simili animalesche figure. E ancora costume re- ligioso fra gì' indiani , che le vedove concedano alle ■fiamme i loro corpi sui roghi dei mariti : ed il Friu- li narra di averne molte vedute co' propri occhi get- tarsi animosamente fra le fiamme , ne aver potuto , per proferte grandissime che loro facesse, ritrarle da ta- le inumanità: tanto sono forti ne' petti umani i sen- timenti della religione. Quindi scendendo agli altri usi della vita , dà conto delle loro navi : come elle siano conteste sen- za chiodi , ma sì con corde fatte con quell' all)ero che mena le noci d'India. Del qual albero » Si fan- » no, dice il Prinliy le navi, le vele , le ancore, tut- w te le sarte, l'albero , e il cargo della n*ye, il man-» Lettera sull'India 329 ?> giare e il bere, e finalmente il tutto è ili quello 5) arbore : cosa certo maravigliosa. » Ne si creda de- bole oltremodo questa foggia di navi ; perchè, al di* re del nostro veneziano , in quelle bande sono for- tune di mare più terribili forse clie altrove, e quel- le navi resistono al loro impeto . Anzi gl'indiani fanno le meraviglie quando veg,<^oiio le navi di Portogallo così piene di ferro, e di iìgura tanto diversa dalle lo- ro. Poiché queste sono più larglie che lunghe scoper- te affatto , e? semi^'e vanno in poppe. Tutti gl'indiani fino al re vanno tutti ignudi, co- prendosi sol le vergogne con certa tela di cotone, la- sciandosi crescer le unghie senza mai tagliarsele, iife mii tosandosi i capelli. Ma di la del Gamge sou iuffi rasi , senza barba , tuttavia nudi : e questi son più netti , e le donne son bellissime e bianche. Alcuni per monete spendono mandorle , altri pezzi di lat^ tone rotto a peso, altri porcellette bianche miìiutet chi oro e chi argento : ma le foglie delle monete so- no belle da vedere. Le lingue sono moltissime e tut- te diverse , essendo il Priuli giunto a contarne due cento settantadue. » Circa la condizione delle genti ?> [son parole dello scrittore) vi giuro per mia fé » che sono genti migliori di noi altri cristiani r dico ?) che più verità è in loro che in noi , e manco ma- » lizia . Vanno tutti alla buonissima , così nude le 5» donne come gli uomini,, senza tanti pensamenti cat- » tivi come noi altri ». E qui fa una lunga digres- sione , accennando essere nel Pegù i migliori rubi- ni , i quali , seconda lui , si generano per molto fred- do , non ritrovandosi che in paesi freddissimi, w Io 5) credea , quando venni in quest' India, di trovare »5 i diamanti e i rubini e altre gioie di bando, e po- j) termele torre dove le si trovavano r ma vi dico ed j> accerto che le sono più care e più appregiale in 33o LSTTERATUnA »> questi luoglii che nelle nostro bande; e tutti noi » altri eli Ta siamo molto ingannati di questo ??. Le perle poi sono migliori nello stretto persico, sebbe- ne si peschino in molti altri luoghi. E cento di tali perle egli avea consegnate ad Alessandro Vcnier , mor- to il quale , come dicemmo , egli perde, oltre la spe- sa non piccola di comperarle, l'utile grandissimo che ne avrebbe tratto , quando esse fossero giunte una volta a Venezia. Perchè i guadagni di que'paesi n so- no altri di quel che sono quei di Damasco , di Alep- pò , e di Alessandria : che qua come non si guada- gna cento per cento , da Portogallo e qua e di qua per la , pare che non si guadagni niente, n Fatta questa digressione , e tornando il Priuli sul racconto de' costumi indiani , dice essergli avve- nuto una volta che navigava di ritorno dal Pegù , che scesi i suoi marinai per cercar aequa in un'isola , vi- dero all' improvviso una torma di quegl' isolani far- si loro addosso con archi sassi e bastoni; e parte fu- rono da essi uccisi, parte per la paura saltarono nell* acqua , parte si ascosero in un bosco t e questi vide- ro que'barbari pascersi delle carni de' loro compagni uccisi. E il giorno appresso postisi tutti in arme quei della nave presero alcuni degli isolani , dai quali in- tesero non essere per loro al mondo vivanda miglio- re della carne umana : e che perciò » il figliuolo ven- j5 de il padre quando è vecchio , perchè è pili ono- j3 re esser mangiato che morir di sua morte e puz- « zare ». In qualche luogo si fa pane di risi , in al- tri della scorza di certo albero simile al bosso : wo/- to mala cosa ; dice il Priuli , che dovette farsene ci- bo. Non si stende lo scrittore intorno ai vini, per- chè ei non ne faceva uso; e soggiunge (diranno poi i medici se a ragione ) *- •>■> Certo questo non bevcr vi- n no mi tien sano alli gran caldi che sono in qual- Lettera sull'India 33 i r> clie luogo (li c[uest' India ». Ed è stata in vero gran- de disgrazia per noi che il Friuli non abbia scritti di pijapasito i suoi viaggi : poiché egli in questa let- tera ci. racconta essere andato le quattro mila miglia e molto più al di la del Gange : ed assicura , forse con troppo ardire, che tutti i libri fino allora stam- pati erano pieni di bugie e di falsità. Ma seguitiamolo nella relazione eh' egli continua a dare di quegli strani costumi. Ne avverte dunque , che non vi è cosa schifosa al mondo che gì' indiani non mangino ; e biscie , e rospi , e cani , e gatti. » In un luogo, quando vogliono dare un buon convito, M danno un cane morto pieno di vermi insalato . . 3j e quanto più puzza h migliore ... E certo pen- » sando ei mi si volta lo stomaco , perchè sono sta- si to a questi pasti. E se non era un moro mio ami- ?> co che mi disse questo , per non parere da stra- 7} nio mi metteva in bocca di questi suoi tali man- j> giari : che , dapoi che me lo disse , scampai fuori w di casa; e tutti se ne ridevano perchè io scampava » da si buona cosa ». Non si trattiene però l'A. sì lungamente sopra tali schifosità; ma viene a dimostrare la falsità di quanto dicevasi a'tempi suoi intorno all' abbruciare i coralli neir Indie. Che anzi le donne di que' pae- si se ne ornano le braccia il collo e i piedi , come usavasi anche in Italia a'tempi del Friuli , di fare delle perle e delle altre gioie ; ed alcuni ancora li ten- gono in venerazione come cose sante : e del bruciarli afferma ciò non avvenire che in poca quantità, quan- Ào la vedova di qualche indiano si brucia sul rogo dell' estinto marito. E qui posto fine al racconto delle indiane co- stumanze , tocca alcun poco della cordialità ed ami- cizia dimostratagli dai negozianti portoghesi , che a 832 Letteratura cagion {l(,'l commercio si trovavano in quelle bande r e delle conversioni alla fede cattolica fatte dai loro missionarii con felicissimo successo. Prega perciò i suoi fratelli a voler ricompensare in qualsisia Circostanza i nazionali portoghesi della si rara bontà di que' lo- ro raercadanti. Finalmente, fatte le scuse per la po- ca bellezza del suo modo di scrivere italianamente, che per lungo trattare con portoghesi ed indiani, co- iiosceva essergli andato quasi del tutto in disuso ; chiu- de la sua lettera , commettendo a'suoi i saluti per una lunghissima schiera di parenti ed amici. Da quei tratti che abbiamo di mano in mano ri- portati, si polTi scorgere facilmente, quanta sia il can- dore di verità che traspare in tutta, l'operetta : e dal- la poca ricercatezza dello stile , che altri chiamerebbe fors'anche negligenza, sarà agevole di conoscere, come il Priuli non abbia mai pensato per questa lettera a dar- si il vanto di scrittore delle cose indiane. Solamen- te una cosa ci occorre riflettere ; ed è , che non sap- piamo menargli buona quella taccia di falsità ch'egli appone a Marco Polo e agli altri viaggiatori che l'han- no preceduto. Poiché essendo corsi fra l'uno e Taltro riao-cfiatore intorno a tre secoli , non e gran mera- viglia che in questo tempo molte antiche costumanze siano ite in disuso, nascendone alcune forse opposte ancora alle prime. Perciò vedasi quanto sia bi-utta cosa il dar taccia di mentitori agli antichi storici, con- jfrontando i loro vecchi racconti co'fatti presenti , sen- za punta riilettere al continuo variare degli umani costumi. Leopoldo Staccolu 33: Versi di Paolo Costa - 8" Bologna per Ulisse Ram- poni 1824- (un voi. di cart. 34- ) l prof. Paolo Costa e del bel numero di quegl* italiani, acquali più deve di splendore e di leggia- dria la presente nostra letteratura. Perchè noi vera- mente non conosciamo in Italia filosofo più di lui fondato e sottile , ne scrittore più semplice e polito e soave. Due .cose , coma ognun vede , delle rarissime a potersi trovare in altri di quest' età , nella quale vive una certa generazione di dotti ( altri la chia- mano plebe ) , che parlando pure le gran vanita , gri- da contra ogni fiore di lettere , quasiché Platone a' soli poeti e non anche al severo Senocrate avesse raccomandato il sacrificare alle grazie; ma due cose che furon sempre nell' uso de' sapientissimi nostri vecchi , i quali rettamente intendevano , dice Gerar- do Vossio , che il parlare e lo scrivere ornato so- na di quelle opere che più tengono all' utile e alla f^loria dell' uman genere. Perciò la fama del Costa suona SI bella per tutta Italia, e i suoi scritti si ten- gon preziosi da quanti amano il buon sapere con- giunto coir eleganza. Noi abbiamo parecchie altre vol- te dovuto parlar di lui in questo giornale : sicco- me la dove gli lodammo il trattata delV elocuzione ^ il volgarizzamento della batracomiomaclda , e Velo- gio del Perii cari : ed ora godiamo di poterne qui scrivere qualche altra parola , preso argomento da questo bel volumetto delle sue rime. Oh quanto vi- .gore ha qui , e quanta copia , e quanta evidenza e purità e gentilezza ! E quanta e qual vena di poe- 334 Lktterattìrì: sia ! Noi certo crediamo che alcuna presente divini- tà gli spirasse in mezzo al comporre , e gli passas- se anzi neir anima , e tutta mirabilmente la divam- passe. Dell servano questi versi di esempio a tanti clie vanno pel faticoso cammino che conduce a goder l'al- tezza e l'immortalità de' sommi poeti : onde mai non avvenga che alcun accigliato Quintilio si faccia loro in mezzo la via, e imponga severamente ciò che Ora- zio dice nella poetica-. n , . . . Delere iubebat , 5) Et male tornatos incudi reddere versus. Questo volumetto è dedicato a una dama delle più valorose e gentili che onorino presentemente l'Ita- lia : cioè a dire , alla signora contessa Anna Pepo- li ne'Sampieri: ed è in esso primieramente quell' in- no a Giove , che pubblicato altra volta dall' accade- mia di Savignano nella celebre scelta d'inni agli dei consenti , fece dire a Vincenzo Monti , eh' egli per poco non l'innalzava sopra quello del Cireneo (i)- E certo noi non sappiamo con che verso piiì alto sia- si mai dagli antichi e da'moderni ( eccettuate le sa- cre carte) celebrata la deitk. Ponete mente l'oro del- la favella , e la sublime nobiltà de'concetti ! 55 E dove , o muse , è l'alto ingegno , e dove j) Cosi santo per voi petto s'accende , V Che degnamente dir possa di Giove ? j) Invan nel raggio , che penetra e splende j> Per l'universo , mortai occhio è fiso , n Perocché Giove sol se stesso intende ; (i> Appnrrdir(r al trattato degli scrittori del irecento «ici conte Giulio Feilìcarr. Versi del Costa. 335 » Cli'ei non vagia negli antri , e col sorriso 5) Opi non confortava alle fraterne n Dire minacce , iscolorata il viso. 3j Che misurato ancor da le saperne » Rote il tempo non era , ed era Giove » Che in se chiudeva le bellezze eterne : » Che niun die vita e forma e mente a Giove r » Egli in terra ed in ciel vige diffuso , » E moto e vita d'ogni cosa è Giove. » Da le folte tenebre , ov'era cliiuso , M Ei trasse il lampo che fa bello il sole , » E quanto stava in un misto e confuso. 5» Per lui questa librossi opaca mole , » E incominciar pel voto i tondi balli 5j Le sfere ubbidienti a sue parole. 5> Surser le rupi , giacquero le valli , n Ebbe termini il mar , corser le fonti , )) Par ver de'laghi i limpidi cristalli ; ?) Le querce , i pini , i cerri alzar le fronti ; ' » D'aure soavi e di frondi e di fiori 5» Rallegrò primavera i prati e i monti. » Spiegar , cantando in ciel , mille colori » Gli augei , belaro le vellose torme , « Gioì la terra al suon de'primi amorì. n Strisciaro al suol le serpi orrende forme , 5j Ringhiò il cinghiai , ruggì il lione e l'orso , 5) Nato co i pesci la balena enorme. 5) La tigre maculata inarcò il dorso , 55 Traversò lento la foresta il bue , ?> Sfidò il destrier nitrendo i venti al corso. n Ma l'uom poi la maggior d'ogni opra fue, 55 Nobil creato , poiché ad esso il volto 5) Giove segnò de le sembianze sue ; 55 E gli die spirto che dal corpo sciolto 55 Al ciel poi vola , e perchè al cielo aspiri , » Ritto è l'umano capo e al ciel rivolto ; 330 Letteratura. 5) E perchè i tanti armoniosi giri » Misuri , e in mille mondi e in millg soli » L'alta possanza contemplando ammiri. » 0 luce , die ti mostri e in un t'involi , » E s\ dolce riscaldi il nostro petto , » Che d'ogni mal quaggiù ne racconsoli , » Pcrelie ti levi dal mortai concetto )) Tanto , che a dir di te ogni labbro è fioco , „ O a me non dai valor piri a l'aJfFetto ? E che gentile finezza e soavità in questi altri versi ? » Non desti a noi di posseder gl'immensi » Tesor che l'Indo aduna , e non ci desti n I balsami odorati e i pingui incensi : » A noi d'Italo prole hai dato questi » Vaghi giardini e questi colli adorni , w Che tu fra l'uno e l'altro mar chiudesti. 5? N'hai dato l'arti sante , onde raggiorni n La luce per la qual Grecia fu bella , » E onde fugga ignoranza e piti non torm\ ìì N'hai dato la dolcissima favella , » Che pria cantò i tre regni , e Laura poi » Fé gloriosa ne la terza stella : » Poscia disse gli amor , l'armi e gli eroi ; 5) E s'indi estinse sue prime favilla , » Vuoi che tutti or riprenda i lumi suoi ; n Perocché spiri a tal , che nostre ville » Fa sonar de la tromba al mondo sola „ Ond'è cotanto invidiato Achille. iì Costui SIC gli altri coni aquila vola , jj E del nuovo Alessandro si fa'degno, » Poiché il petto grinfiammi e la parola. Seguono tredici sonetti di vario argomento : fra'quali son questi tre che a noi piace qui di recare. Il pri- mo è fatto colle medesime rime dell' epitaffio che il Ykrsi del Costa 337 Sannazzaro compose a Cesare dittatore : dico colle medesime rime , essendone contrario affatto il pen- siero , e pili secondo la verità. Di che ci scusi non pure il grazioso Aizio Sincero , ma s\ l'eterno Ali- ghieri , il quale in ciò solo stimiamo essersi diparti- to dal cantare la rettitudine. Perchè Cesare con or- ribile fellonia abusò l'arme della sua patria per sot- toporre a servire la patria stessa ; e senz' altra ra- gione, avere d'impero che quella de'selvaggi , la for- za , turbò indegnamente e distrusse tutti gli ordini di sì grande e possente ed antica repubblica. " r''-'go^ ' "^"i^tor : qui di sanguigne foglie „ Cinto la calva fronte orribil erra „ Lo spettro di colui, che in empia guerra „ Superbo andò delle materne spoglie, ,, Entro quest'urna il cenere s'accoglie „ Dell' uom piìi reo di quanti Èrebo serra ; „ Che serva e vii fu la romulea terra . „ Per le costui malnate ingorde voglie. „ Sol per costui di lauri ombrar la chioma „ E Tiberio, e Nerone, e quanti al giogo „ Turpe curvar la maestà di Roma. „ Quanto più chiaro andresti in ogni luogo , „ S'anco queir altro , che da lui si noma , „ Cacciavi, o Bruto, in un medesrao rogo l Gli altri due sono scritti a due donne parimente va- lorose e gentili e lume di questa età: alle contesse Teresa Malvezzi e Costanza Monti ne' Perticari. 33S L«TTltRATliI\A Alla contessa Malvezzi' „ Se ti fur care le dolenti note , „ Cui di tarda pietade ornata il volta „ Udia già Laura dalle eteree rote , „ Poiché morte il bel nodo ebbe disciolto ; „ S'io ti vidi bagnar gli occhi e le gote „ L'auree carte baciando, ond'è ch'or, volto ?> In rude il dolce stil , voci aspre ignote M Al gentil Arno tuo qui sempre ascolto ? « Vola coir ale del pensiero e mira ?j La Gambara , la Stampa e la Colonna ■yì A pie del santo abbandonato alloro, » Con quanta speme a te la casta lira » Fidan dicendo : prendi, inclita donna., n Sorga lo stila antico e torni d'oro. Alla contessa Perticari' » Tempo già fu che perigliosa e dura ?) Vita traean fra sassi alpestri e dumi j) Le vagabonde genti , e senza cura » Di laude , e senza leggi , e senza numi. 7> Venne filosofìa : pose le mura 55 De le citta , frenò l'ire de' fiumi , ?5 Misurò mari e cieli, e feo sicura 5) Ogni terra cui diede arti e costumi. 55 Se poscia alcuna volta il suo ridente 55 Raggio nascose , l'uom deliro e cieco 55 Qual fera rimugghiò miseramente. • Versi del Costa 35j) M E or v'hi chi coatra lei besterainià e pugna ? » O donna forte , i canni appresta , e seco lì L'armi divine a prò del vero impugna. Sono di seguente due odi : la prima è un volgariz- zamento d'un' altra ode di Saffo : la seconda e iu ono- re della beata Vergine. Noi daremo qui solamente la prima : perciocché fu tenuta da' greci per cosa tanto alta e famosa , che Dionigi Longino non dubitò di porla eìempio di perie;sione nel trattalo del subii" ms (a), e Catullo ne voltò in latino gran parte nel carme lii a Lesbia. » lUe mi par esse deo videtur , ?» Ille , si fas est , superare divos , 5j Qui sedens adversus ideratidem te n Spectat, et audit » Dulce ridentem, misero quod omue^ M Eripit sensus mihi V Lingua sed torpet , tennis sub artus w Fiamma diraanat, sonitu suopte ?j Tintinaiit aures , gemina teguntur » Lumina nocte. Ecco la traduzione italiana del Costa. oì Gli dei per fermo uguaglia , ami si gode n Gaudio più che divin quei che sedente 5> Al tuo cospett» te rimira, ed ode li Dolce ridente: (2) Sez. X. CAT.XXU. tJ2 34o Lettkratura » Ma se talvolta a me misera tocca >» Esserti presso , o mio soave amore , » Non io ti guardo ancor, che su la bocca » La voce muore. « Passi inerte la lingua , il pensier tardo , n Un sottil foco va di vena in vena , „ Fiscliian gli orecchi, mi si appanna il guardo, J5 E veggo appena; w Un gelido sudor tutta m'inonda , » Mi trema il cor , rabLrivida ogni membro , jj Mancami il fiato, e pallida qual fronda ?j Morra rassembro. Non ti reca egli stupore (dice Longino) ^(Wìe Saf- fo sopra un medesimo soggetto , V anima , // corpo , r orecchie , la lingua , gli ocelli , // colore , cose in somma come aliene e trapassate e fuggite , vada cercando ; e per via di contrarietadi in un tempo stesso agghiacci e divampi , esca fuor di se o rien- tri ? Perciocché ora teme , ora poco ne manca che noìi muoja : talché sembri essere in lei non una so- la passione , ma un cumulo e un concatenamento di passioni. E di fatto tutti questi accidenti si gene- rano negli innamorati ; ma , come io dissi , la pre- sa e V accozzamento insieme degli estremi produs- se l'eccellenza (3). E cosa tanto sublime non era mai stata tradotta bene nel volgar nostro prima di Pao- lo Costa ! È in ultimo un poeraelto iulltolato XJmor con- iugale-, una cosa cosi piena di grazie , e scritta con tal tenerezza d'affetto e semplicità , che in leggen- do abbiamo più volte dovuto esclamare con Sofocle: (3) yo\'^:yx\xLì d'Anlott Francesco Goii. VsRsT Del Costa 34i >» Oh dei ! Qual mai Cip tigna , w O qual Cupido a questo 3» Lavor pose la mano ! E elle non ci siamo ingannati , prendine da te stesso , o lettore , il certo argomento, se pure , ancor legger- mente e quasi colle prime labbra , gustasti mai U sapore della nostra vaghissima poesia. » O liete piagge , o solitari sassi » D'antica edera ornati , o picciol rivo » Che tra l'erbette e i fior mormori e passi , M O lauro antico , che dal raggio estivo « Protegger suoli il bel corporeo velo j» Ond'ho levati i miei pensieri al cielo : j> O teneri virgulti , o gigli , o rose , » O vaehi ausrelli che laudate amore » Dolcemente cantando , aure odorose « Che a gioia non mortai m'aprite il core , M Voi date al labbro mio si dolci accenti , >5 Che amor ringrazi e narri i miei contenti. ?3 Chi pensa come in amoroso stato j» Sovra il volgo s'innalzi alma gentile , :> Non vorria non averne il sen piagalo ; 5) Che di pigra lascivia e d'ozio vile » Non sempre nasce amor , padre giocondo « Di quanto fa gentile e bello il mondo. » Suo prigionier beato io vivo in gioia , ?5 Son già due lustri , ne sospiri amari 5j Versai dal petto, ne la fredda noia 7) A'non sazi occhi miei rese men cari 55 II riso , il guardo , gli atti e la favella j> Di colei che a me par sempre più bella. « Che se talor (poiché di lutti è piena 3) Nostra vita) m'ingombra atro pensiero, 32* 342 Letteratura. )» De'suoi ocelli un s;irar mi rasserena; » Se piaccio a lei , di cosa altra non cliero » 3} Poco mi cai che volgami le terga « Fortuna, o die m'innalzi o mi sommerga. 5j Quasi noccliier, che dal seciiro lido n Guarda senza timor l'ire del mare, » Vegg' io del mondo le tempeste , e rido n Delle altrui voglie ambiziose avare; » Rido dell* altrui voglie , e sol mi piaee ?) Il mio povero tetto e la mia pace. „ Oh quanto è dolce alla mia parca mensa „ Ciò che meco la mia donna divide , „ E i frutti e i fior che l'orticel dispensa, „ eh' ella raccoglie , e poi m'offre e sorride ! „ Oh quanto « dolce il suon di sue parole , ,, Onde avvien che sì ratto il tempo vole ! n Quanto cara mi sei , notte , che celi „ D'amor le arcane cose, e tu vermiglia „ Aurora che col tuo raggio mi sveli „ La bella guancia che la sua somiglia , „ E le pupille mansuete e pie „ Che move Amore ad incontrar le mie. „ Di suo labbro gentil la fresca rosa , „ E il crin che scherza si leggiadro al vento, „ Distruggerà stagione invidiosa ; „ Ma il foco, ond' ardo, mai non saia spento, „ Ne in questo petto ogni allegrezza muta , „ Che ha suoi diletti ancor l'età canuta. „ Oh quanto giova allor che il crine è bianco, „ Volgendo il guardo alla trascorsa vita 3J Qual pellegrin che del cammino è stanco, w Dire in suo cor: Passò l'età fiorita j> Come dolce mattin di primavera ; x> Senza rimorsi in cor siam iiiuuti a sera. Versi bel Costa 543 w Eatro un'urna confuse insieme avranno » Le nostre ossa riposo , e i pii nipoti " Qi^i gigli 6 rose a piena man daranno, w Qui genuflessi pregheran devoti ; 3> E noi fra le superne anime accolti » Dal ciel lor preci udrem con lieti volti. f> Così al tornar del nuzial suo giorno » Cantò Timete; e quella, che l'udiva, V Tosto le Lelle man movendo intorno » Scelse mille color per l'alta riva, » E , fatta una ghirlanda , al suo diletto »> Lieta la porse, e lo si strinse al petto. » Voi , che sul regal Viti oggi cogliete m Con pura mano d'Imeneo le rose, „ Porgete orecchio del pastor Timete ,, Ai sospir dolci , alle note amorose , ,, E al suon dello sue rime in voi discenda „ Quell'Amor eh' è senz' ali e senza benda. Tale è la musa di Paolo Costa : una giovinetta , com* è a vedere, onestissima, di cui non saprebbe Ita- lia dar cosa o più leggiadra o più cara. Saltatore Betti. V Autore del Giornale che ha per titolo II Novel- latore, o le Fanfaluche, non è il eh. signor Fran- cesco Orioli Viterbese professore di Fisica nella Università di Bologna. 'ò' I 1 mio assunto è contrario alla comune opinione ; ma pei- io ragioni che verrò brevemente sponea^ 34 i Letteratura do , spero di trarre al mio partito chiunque legge- rà con attenzione questo mio foglio. Aspira Filalete alla gloria di erigere una nuova repubblica delle lettere fondata sulla critica di opere immiginarie , onde porsi in grado di scrivere libe- ramente senza tema di essere invidiato , o di con- citare contra se l'odio d'alcuno , ed in tal guisa giovcn^e ai buoni studi (pag. G.) Ila. egli adoperati i mezzi acconci a questo nobilissimo line ? Ci ha egli dato speranza di conseguirlo ? Tutt' altro. Sia pur vero che Glitalbo desse i titoli di stol- ta genia , e di cotanto armento ai soli poeti ser- vili ; ma urI dialogo da Filalete commendato fra lo zio Carlo , ed il nipote Peppino (pag. i3G. ) si chia- mano creneralmente i versi co'vocaboli cicalamentit e vesciche. Poco stante si lasciò la rabbia di ver' seggiare ai soli conti , e cavalieri , per la ragione che meglio vale consumare il tempo grattando la. lira , che sciuparlo in altre occupazioni forse ree. In appresso a due soli ordini di persone si accon- sente l'esercitarsi nella poesia , a que'rarissimi che la natura ha creato per diventare eccellenti neirarte, ed a que'ricchi , dai quali non si può sperar altra cosa più innocente che comporre poesie cattive e mediocri ; che è quanto dire il rifiuto degli dii , degli uomini , delle colonne. ' Nell'articolo — Risposta ad alcune domande (pag. i5i. ) — si fa la seguente interrogazione. » Dacci un secreto per comporre facilmente poesie che piac' ciano ? « alla quale si risponde. » Prendi il libro j) che comincia - Nel mezzo del cammin di nostra ■» vita - ; e V altro - Voi che ascoltate in rime spar- ii se il suono - Fanne strisce a maniera di fdatterie : „ cacciale dentro nn gran Calidoscopio , e mescok, „ bene , gira all'occasione il c«rchietto che è nel bas- Il Novellatore 345 „ so. Scrivi lo schema che ti è presentato alla vista , „ e sarà fatto. „ Inveisce giustamente Filalete contro i composi- tori di epigrammi sconci , e satirici, e li danna alla scopa del bojn , ed alle verghe degli offesi {pag. 20.). Indossatosi egli poscia la divisa di legislatore pro- mulga il Codice Criminale del Parnaso {pag. 4* ) » dove minaccia ai compositori di poesie contro il buon costume, \di J'riista ■> e ai poeti satirici epigrammatici il boja. Io non credo che sia bisogno di andare piii in parole per convincere che l'odio di Filalete con- tro la poesia e aperto , sommo , generale , implaca- bile , a seguo di farsi credere sinceramente pentito di aver dichiarato che Clitalbo non prese ad istra- ziare se non gl'imitatori servili. Bene sta il met- tere in ridicolo i difetti de^oeli 7 e benissimo l'ispi- rare orrore contro i versi mal costumati , e satirici t ma il mezzo a ciò più acconcio è la ragione in bel modo esposta , la quale può negli animi gentili pili assai della forza. Ratione , non vi , vincenda adolescentia est. {Puh. Sjr.) Che se Filalete ha fatto uso de' mezzi opposti ad ot- tenere il suo intento, come mai potrà sperare di con- seguirlo ? Tanto mi basterebbe aver detto in prova del mio assunto , se troppo grande non fosse il mio de- siderio di convincere vie più chiunque , essere fai-, sissima l'opiiuone che al prof. Orioli attribuisce il No- vellatore. Si sarebbe egli mai cotanto professore ser- vito della pjoesia , come di sola medicina a preserva- re i conti , e i cavalieri dalla dissolutezza ? Come se nobili stati non' fossero li Alighieri , i Tassi , gli Ario- sti, i Fortiguerri, i Settani, i Maffei , i Varani, l i^C) Letteratura Savioli ? Poeti di gran nome , e non pertanto occu- pati clii negli affari di stato, chi nelle corti, e clù in ogni maniera di scieuz,e. E ne anche avrebbe il prof. Orioli ristretto a sì gran segno il numero degli stu- diosi della poesia ; non ignorandosi da alcuno che re- golarraenle non si conosce Teccellenza a cui salir pos- sa il giovane in qualsivoglia scienza , ed arte , se molti non siano quelli che nel tempo stesso vi si applichino con emulazione. Tanto più che talora la grandezza della mente si vien mostrando a poco a pocx). Non s\ tosto è uscito il portato dall' utero ma- terno che si conosce s'egli è gobbo , o storpio , o cieco ; ma le forze del suo intelletto , o del suo cor- po non si conoscono se non sono messe a prova. Se Filalete è in sì grande collera contro i poe- ti generalmente, non è da nìaravigliare se divenga furibondo contro i suoi censori. Nel dialogo fra lui, ed un vero amico (pag. i86), dopo di averli chia- mati persone indiscrete , prosegue così. „ Mi sforze- „ rò di serbare la debita tranquillità dell' animo, e „ mi consolerò pensando che non isfuggirono siffat' „ ta peste i più grand' uomini dell* antichità. Que- „ sto e meno che la cicuta di Socrate , o l'esiglio „ di Cicerone. E alla disperata è meglio essere Gi- „ cerone, o Socrate, che Clodia ^ od Anito. „ Fi- latele dovrà scegliere se voglia essere Socrate, o Ci- cerone , come scelse piuttosto di volare al cielo , che di recarsi a Roma, L'eroe che non potea partirsi in dui. Gli rimarra soltanto a scegliere fra il Costa e me quale egli cortesemente destini ad essere Clodia , « qnale ad essere Anito. Intanto sappiamo di essere am- bidue persone indiscrete ; sappiamo di esser peste ; e sappiamo che non ci può mancare quella celebrità a cui salirono i Clodj e gli Aniti. Sono questi bivn al- Il NovEitATORB 347 ivo die scìierzi , e pungoli letterarj. Sono iiigiuvie gravissime; ma delle quali noi non pertanto non pos- s-iamo dolerci contro chi ha protestato di avere scrit- to PER FAR IL MATTO (pag, i58.); nel che es- sendo egli felicemente riescito , si ride a dritta ra- gione di tutti quanti i critici del mondo ; perocché recando egli a propria difesa il solo vocabolo PAZ- ZIA si mette in salvo dall' azione inj'uriarum., e ri- sponde a tutte le censure; come con una sola por- tentosa antichissima medicina spacciata per nuova, iTionsieur le Roy guarisce da tutte le malattie , de- rivino esse da stimolo , o da controstimolo; e rende , a dir breve, al tutto inutili i tanti volumi , che trattano di medicina; e quindi anche (peccato!) le r, Consultazioni mediche di Salomon Curasenno dot- „ tore di filosofia , e medicina , e fondatore di un „ nuovo spedale /;>er guarire i pazzi. Anticira 1824: ■,■, delle quali consultazioni dottissimamente parla Fila- lete alla pag. 99. e seguenti. Al trattamento fatto ai due impugnatori delle sue false dottrine, succede il trattamento particola- re fatto con espressioni villane e di contumelia all' egregio e nobile signor professore Paolo Costa nel- la prolissa lettera, che occupa gran parte del secon- do quaderno delle Fanfaluche {pag. 1G2.) Ne v'han» no termini acconci a rimproverare quanto si dovreb- be Filalete, per aver cercato di mettere discordia fra il signor Costa ed il signor cavalier Monti. Guai se il primo non avesse saputo difendersi ; perocché al rammarico della tradita buona fede, e della perdu- ta amicizia, avrebbe egli dovuto sostenere l'acerbis- sima riprensione di P. Siro. Centra impriuleniem stidtitia est nimia ingenuitas. Non lascia Filalete di dare di quando in quaiv- Jo qualche lode al signor Costa ; ma non è ignota 348 Letteratura l'arte di far un elogio che aon può negarsi, per ac- ereditare il biasimo. Se taluno avvisasse di accusarmi, perchè non alv bia io seguito l'esempio del signor Paolo Costa, il quale alla tanto ingiuriosa maldicenza di Filalete op- pose appena il lamento ; risponderei che quel silen- zio , il quale in lui è stato virtù , in me sarebbe in- gratitudine; perocché io gli sono da piiì e più an- ni unito , non pure col dolce vincolo di amicizia, ma con quello della gratitudine per le molte lette- rarie sue beneficenze. Sara bene però che Filalete in avvenire non perda di vista che Multis minatur^ qui uni fecit injuriam. {Pub. Sjr.) Quantunque nulla io abbia nel mio particolare di che dolermi di Filalete; non è cosi di qualche suo partigiano , a cui è sembrato che la mia cri- tica al primo quaderno fosse troppo severa , singo- larmente contro gli epigrammi di Clitalbo ; la qua- le anzi pfccò di soverchia clemenza : di che do un esempio nel seguente epigramma. Chi comanda<>>a è morto.. Giove per successor cava dal ifaso Un mico senza naso::, O un affricano almen che Vahhia corto^ Inventato per aprirsi la strada a riferire l'altro. // naso che cos' è? Il manico del re. Senza ridire che lungo studia si richiederebbe , e molta fatica a scriveie un epigramma più abjetto, è da considerare che essendo i michi senza naso , Il Novellatori: 349 bastava dire a Giove che cavasse un mico ; ma il povero Filalete fu costretto di fare al mico il do- no di un iiaso^ per servirsene non di manico , ma di rima al naso. - E poi per quanto sia corto il na- so di un affricano, sarà bensì un manico corto ; ma però sempre manico. - E poi se la scelta era affi- data alla sorte , non restava al sommo Giove altro arbitrio , se non quello ( oli sua onnipotenza! ) del fanciullo che estrae dall' urna i numeri del lotto. - E poi Giove si terra- deriso per la impossibilita di esaudire la preghiera; giacche la richiesta grazia di- pende dal puro caso. Chiunque rammenti che nel ce- lebratissimo sonetto Levommi il mio pensier in parte ov era fu chi pretese di scuoprire sette difetti , non istu- pira che cinque io ne abbia rinvenuti nel trascrit- to epigramma. Con questa differenza assai notabile, che tutti i sette insieme nulla detraggono dalla bel- lezza del sonetto , ed ognuno de' cinque è bastan- te a deformare l'epigramma. Pure , sebbene alcuni di questi accusino Clitalbo di mancanza del senso comune ; ciò non ostante Filalete ( chi il credereb- be ? ) loda se stesso in Clitalbo , proclamando i pro- prj epigrammi come bei tratti di spirito , e lampi (Tiìigegjio (pffg' 18. ). Che brutti tratti ! Che lampi spaventosi ! Sara sempre cosa lodevole il darsi vinto a critiche s\ giuste , come sarebbe da vituperarsi chiunque pretendesse di rispondere con un silenzio disprezzatore. Al primo partito si appiglierebbe sen- za meno qualunque ingenuo Filalete ; perocché alla fine ogn'uomo erra ; sebbene pochi assai errar pos- sano tanto in si poche parole : all'altro partito non potrebbe appigliarsi che l'uomo di cui parla P. Siro nel Mimo. Taciturnitas stulto homini prò sapicntia est. 35o LsTTERAtUHA Qual pena a Filalete per le sue beffe, pel suo disprezzo , pc'suoi vituperi contro i poeti , contro i nobili , contro chi palesò i suoi errori ? Quella soltanto che a lui stesso fu detta dal vero amico , e la quale egli approvò , che „ Quando un critico „ scrive con grande ira , perde la meta dalla sua „ ragione , uè può far cosa che valga {pag. 188 ) „ ma Filalete ha scritto con grande ira t dunque ha perduto la meta della ragione , ne può far cosa che valga. Ed avendo io già discorso abbastanza dell'ira eccessiva del novellatore , discorrerò ora della inu- tilità e raelcnsagine di alquanti suoi articoli , co- minciando del considerare che spacciandosi egli per amico della verità , il prof. Orioli non avrebbe mai permesso che un giornale di scienze , lettere , ed arti fosse indifferentemente appellato novellatore , a Fanfaluche , che è quanto dire scrittore di cose va- ne , le quali per ciò non istanno in buona con- cordia colla vórita , Per la contradizion che noi consente' direbbe Dante. Al titolo libri nuovi {pag. i55. ) si legge fra gli altri : // secreto di Democrito svelato , ovvero ^arte di ridere di TUTTO, su TUTTO, r// TUTTO, con TUTTI. Il ridere di tutto è da pazzoi II ri- dere di tutte le deformità senza dolore è necessi- ta. Raltienti dal ridere , se ti da l'animo , quando Filalete dice di aver ossen>aio stando dalla fine- stra , e nella distanza di cinquanta passi Vambigiia- mente bionda lanuggine sul mento di un zerbino azzimato galantissimamente ( pag. I25. ) ^ o quando in Parigi vide con gli occhi proprj per non esse- re ingannato il SONORO soffiar de'nasi ; o quando per ripiego SI FECE MATTO (/m^. i58 ) . Ihvvi Il NoVEtlATORK 35/ ehi pretese di aver scoperto in qualche animale un sesto senso : ma questa è la prima volta che il suono si lasciasse vedere, e che un'organo stesso servisse a due sensi ; il che sarebbe grande avven- tura pe'sordi. Dovrebbe Filalete saper grado a chi volge in riso questa , e simili sciocchezze , per le quali , dove non si ridesse , bisognerebbe con esso lui disdegnarsi. Si dira forse : Filalete scrive in fretta. Ma clii gli vieta di scrivere a suo bell'agio ? Oltracciò : nemmeno in fretta , e direi quasi nemineao deliran- do , è lecito l'errare in tal foggia. Anclie il prof. Orioli protesta di scrivere talvolta in fretta ; ma se per ciò cade egli pure in qualche sbaglio , se- condo che io ho fatto vedere nelle mie osserva- zioni alla sua lettera sopra Catullo , ed alle sue ri- cerche sopra l'intendimento de'bruti , noti mancano però ne'suoi opuscoletti cose degne di lode. Scrisse Orazio di Lucilio. „ Ut flueret lutulentus , erat quod tollere velles, „ Garrulus atque piger scribendi ferre laborera, „ Scribendi recte; nam ut multum nil moror .... (Z. i.^....) // testamento di un uomo di lettere {pag. i 1 8. ) è un aggregato di scempiagini e di satire contro l'av- vilimento della carriera letteraria, e scientifica, con- tro i falsi amici , e contro i librai e stampatori , con- tro // buon Frullone di Firenze a s. Todder Fuor- distile , e che so io. È degna di memoria la defini- zione data dal d. Pasquale, uorno di lettere (png. 122.) della vita dell' uomo. „ La vita è un cattivo dram- ., ma in prosa sparso di accidenti inverisimili , mal „ preparali , mal intrecciati , mal condotti , e che 35à Lettuhatuua „ l'uomo in generale è bestia , e pia che bestia , e „ che il letterato in particolare è l'arcibestione per lì eccellenza ì e clic in fine di tutte le fini quegli ha „ senno il quale s'accorge di buon ora della verità „ di quella gran sentenza - 0/W7^^V;t vanitas. ,, Ne punto è utile ai buoni studii la minuta de- scrizione indecentissima che fa il novellatore intorno ai parigini teatri, in opposizione a ciò che sempre si è detto e creduto in passato da que' moltissimi che hanno i francesi per uno de' più costumati popoli dell' Europa. Ma, checcliesia di ciò; e non volendo io deviare di strada, deduco dalle cose discorse che FA. del viaggio in Francia non è il prof. Orioli. Essen- do egli meritamente in grande estimazione di eccel- lente fisico , e maestro di tutto ciò che alla fìsica ap- partiene , non avrebbe mai dopo molti mesi dal suo ritorno in Italia prescelto , stampando il nuovo gior- nale di scienze ì lettere^ ed arti^ di trattenersi pri- ma di tutto nelle più frivole osservazionf intorno ai disordini de' sopramentovati teatri ; come se gli stes- se a cuore soltanto di publicarne le sconcezze e gli scandali; posposto il giudizioso racconto di quanto ha di maraviglioso quella nobilissima capitale rispet- to alla fisica. Viaggiò non ha guari tempo il eh. sig. professore Giacomo Tommasini per la Francia e per l'Inghilterra. Non sì tosto fu di ritorno a questa uni- versità , che diede conto ai suoi figliuoli (tali sono per lui i suoi scolari) delle sue visite alle celebri universifa, ed agli ospitali di quelle due grandi na- zioni. L'esempio di sì illustre collega imitato avreb- be senza meno il prof. Orioli, se delle cose viste in Parigi avesse voluto ragguagliare il pubblico in istampa. E quale utilità mai dall'articolo Scene? {pag.iic).) Alcuni giovani veronesi amanti delle buone lettere Il NovEiLAToiiE 353 forni. Il) una compagnia intenta a migliorare la com- media Italiana. Si sono intitolati Goldoniani , ed han- no cominciato a comporre alcune scene staccate , le quali dopo di essere state corrette nelle assemblee de' nascenti comici , eglino stessi nel carnevale passato le sono andate recitando in tempo delle maschere per la intera citta , fermandosi nelle piazze davanti i cap- panelli delle persone con gran plauso. Il buon Fi- lalete trascrive nel suo giornale (/J«g-. u3.) una sce- na della commedia intitolata // tempo vecchio-, nel- la quale per la terza volta in questo secondo fasci- colo si fa il confronto del tempo passato col pre- sente, mediante un dialogo fra D. Bartolomeo e D. Prospero , dove i due veoclii brontoloni fanno a ga- ra nel dir male degli studi moderni , e del metodo che si teneva nel coltivarli. L'idea di comporre gran quantità di scene staccate mi sembra da paragonar- si a quella di preparare un abbondante frasario per le iscrizioni lapidarie , onde valersene alle occorren- ze per collocarle nel loro nicchio. La scena manca affatto di naturalezza e di vivacità nel dialogo , ed è nojosa al paro de' queruli due vecchi che la recitano. Cade iTlire di sovente Filalete in freddare : quan- do , a cagion d'esempio , appella 'malamente uomo un musico soprano; o quando, per apparir lepido e gra- zioso , compone una ricetta per acconciare la pel- le a uso d'arte ad un autore novello {pag. i52.); o quando vorrebbe che al sepolcro di Dante si po- nesse una civetta sopra la gruccia , ed un frugnuo- lo da uccellare (ivi). Tanto è vero , che Ut canis a corio numquam ahsterrehitur uncto^ COSI Filalete non può trattenersi dal perseguitare in genere tutti i poeti imitatori. Ne vò in fine passare sotto silenzio , che Fila- lete recando nel suo giornale diversi tratti delle ope- 354 Lette katiTrà re d'immaginali autori , doveva per non peccare con- tro il verisimile adattare lo stile alla svariata condi- zione di ciascuno di loro. Qnal differenza ha egli po- sta tra il filosofo, il poeta, il novellatore, il vec- chio , il giovane, e la fanciulla? Tutti gli scrittori suoi sono di una medesima scuola: tutti hanno io stes- so intelletto , lo stesso male aggraziato stile , anzi pu- re la stessa sua raLbia. In somma egli è tanto certo che il prof. Orioli non è l'autore delle Fanfaluche^ quanto è che egli è ottimo loico , e di ottima morale , ed assai bene educato ; incapace quindi di proporsi un fine, e poi torcere il passo dalla introdotta quistioae: incapacis- simo pure di seminar zizania , e di eccitar odio fra letterati; di trattenersi in un giornale di scienze, let- tere, ed arti in argomenti insulsi e puerili; di te- nere costantemente lo stesso stile malgrado il varia- re degli autori e delle materie ; di prorompere in istrapazzi ; di augurare al prossimo la frusta ed il carnefice ; di dare di se cattivi esempli ; di scrivere per passar la mattana , anzi pure di farsi matto ; di paragonare se stesso a Socrate ed a Cicerone; ed il signor professor Costa e me a Clodio e ad Anito. Se ora fossi richiesto donde io pensi che abbia avuto origine la comune opinione opposta a questa mia; risponderei: dall' avere il novellatore trattata, sebbene con infinita leggerezza , di assaissime cose ; di tal che potrebbe dir egli pure „ Qnidquid ag«nthomines,votum,timor,ira,voluptas, „ Gaudia, discursus, nostri est farrago libelli. {^JuiK Sai. I.) Se non che i molti difetti de'quali e macdiiato il giornale confermano l'antichissmi-a proposizione Irai- Il Novuliatoré 355 ta dalla speiienza cU tutti i secoli , che di rado assai la memoria è all'ingegno congiunta. Beato chi possiede la prima , più beato il possessore del se- condo ; beatissimo il possessore dell'una , e dell'al- tro 1 Uà ingegnoso autore francese paragona leg- giadramente i ricchi di sola memoria agl'indici de' libri. Esorto da ultimo Filalete e ^ego a non cer- car da qui in avanti di venderci lucciole per lan- terne ; ed a persuadersi che i bolognesi non sono una colonia venuta dalla Beozia. Bologna aS Giugno 1824. V1NCSN2O DEGLI AnJi'ONJ Osservazioni sopra alquanti luoghi della disnna commedia. I nferno e. vii. v. i-4« „ Pape Satau , pape Satan aleppe , Cominciò Pluto con la voce chioccia: E quel Savio gentil ^ che tutto seppe , Disse per confortarmi : Atto di cortesia e senza dubbio quello, onde Vir- gilio si mosse a recar conforto a Dante contro le rab- biose voci di Pluto : però non sappiamo vedere il perchè cadesse in mente a talun commentatore di da- re qui all'epiteto gentile altro significato che quel- lo di cortese . Il senso poi di tutto il luogo po- trebbe , a nostro avviso , dichiararsi cosi. ., Ouel sa- G.A.T.XXII. 33 ■5» 9> 91 356 Lettshatura vio . . . che tutto seppe ^ cioè che dal principio co' „ nobhe quale sarebbe stato toffó ^7 r//>e di Plu- „ to , e il suo consiglio cVimpedirci nel viaggio, dis- se parole acconcie a confortarmi. „ V. 53. ,, La sconosce?ite vita che i fé sozzi. „ Sconoscente', cioè tale che a dare e ad accumula- re non conobbe ragione né modo : e però fece lo- 5, ro sozzi f cioè peccatori macchiati del vizio dell' avarizia , e della prodigalità. „ V. 65. „ ... di queste anime stanche „ Non poterebbe farne posar una. Stanco equivale propriamenfe al /essus dei latini , che Prisciano spiega ^eTjatigatus. E qui anime stan- che vuol dire, anime travagliate senza posa dalla cupidigia di avere o di profondere . Così Virgilio disse i trojani Jèssi rerum-, cioè penuria faticati , esurientes , come spiega Servio : e il Petrarca disse stanca mente per mente travagliata senza alcuna in- termissione. In questo senso medesimo il nostro poe- ta usò l'adjettivo lasso ( Inf. e. xvii. v. 78 ). v. 73. e segg. „ Colui lo cui saver tutto trascende „ Fece li cieli , e die lor chi conduce n 1» 9) Similemente agli splendor mondani „ Ordinò general ministra e duce , Che permutasse a tempo li ben vani „ Di gente in gente , e d'uno in altro sangue, ,, Oltre la difension de' senni umani. CoMENfo A Dante 357 „ Vostro saver non ha contrasto a lei : „ Ella provvede , giudica, e persegue ^^■Suo regno, come il loro gli altri Dei. Disse il Poeta clie , come Iddio creò i cieli e die- de loro chi li conducesse , cioè le intelligenze mo- trici che li aggirassero , così assegnò la Fortuna per ministra e duce degli onori e beni mondani. Resta adunque che per suggellare l'intera sentenza dica, che questa Fortuna, come gli altri Dei ( le intelli- genze motrici de' cicli) persegue, cioè seguendo con' duce, aggira il suo regno, la sua ruota. Onde poi soggiunge subito appresso ( v. 88. e segg. ) „ Le sue permutazion non hanno tregue : „ Necessita la fa esser veloce ; „ Sì spesso vien chi vicenda consegue. E più oltre (v. 9G.) dice della medessima Fortuna, che volve sua spera. — Quinci apparirà di leggieri, sq sii appongano al vero quegl' interpreti che spiegano qui perseguire per continuare-, mandare ad esecuzione-, difendere : per sequi suum j'us: factis persequi quod dicimus. V. io4-io5. „ E noi in compagnia dell'onde bige ,, Entrammo giù per una via diversa. Via diversa spiega il Lombardi per via orrida : il Torelli via difficile, malagevole; il Biagioli via di- 'Versa dalle altre, per la quale mal si scendeva : il :Velutello prende diversa per altra da quella che fa- ceva V acqua, sebbene i poeti andassero in compa- gnia di quella. Noi diciamo che via diversa non è qui che la traduzione della voce latina diverticulum. a3^ 358 Letteratura Diverticula sunt semitce transversce , nota Servio. E questa interpretazione sembra confermarsi molto be- ne da ciò che si legge avanti (v. loo) Noi rici dem- mo il cerchio all' altra riva: se ricidere vale qui at' traversare. Canto vili. V. 3. e segg. „ Gli occhi nostri n'andar suso alla cima „ Per due fiamraette ch'i vedemmo porre , „ E un'altra da lungi render cenno ,, Tanto che appena il potea V occhio torre. Le tre fiammette vedute dal poeta in tanto bujo ca- gionarono a'suoi occhi quello che ognuno prova quan- do dopo lunga oscurità gli sia offerto il lume. Di- ce però die l'occhio suo potea appena torre (ferre) sostenere^ tolerare la luce di quelle fiammette, ap- presso air essersi lungamente avvolto nelle folte ca- ligini dell' inferno. V. 69. „ S'appressa la citta ch'ha nome Ditn, „ Coi gravi cittadin , col grande stuolo. Gravi ; pieni di gravità , e di modestia , spiega il Landino : pia aggravati di pena^ il Venturi : più ag- gravati di colpa , direbbero gli editori padovani : e più aggravati di colpa e di pena inten(,le il Poggia- li. Noi diremmo che gravi sia qui usato nel senso del latino gravis, che vale nocente ., infesto : ciò che si argomenta agevolissimamente dal fatto accaduto tra "Virgilio, ed essi cittadini di Dite (V. appresso v. 90 e segg.) y. II 4' ì-> Ma ei non stette la con essi guari. Che ciascun dentro a pruova si ricorse. CoMExTo A Daxte 35n( Spiegò il LomLardi, ricorse a pruova^ cioè ritornò dentro alla citta rt gf^/v?, colla maggior possibile ve locità. Noi cliioseremmo più tosto : ricorse dentro a contrastare^ a difendere V ingresso della città. Que- sto è evidente pei versi appresso, (i22-i33) „ Non „ sbigottir, ch'io vincerò LA PRUOyA''0\!id\. ch'aL „ la difension dentro s'aggiri. „ Canto IX. V. 7-9. „ Pure a noi converrà vincer la punga ; „ Cominciò ei : se non . . . tal NÉ s'offerse : „ Oh quanto tarda a me ch'altri qui giunga! Lasciamo che il Rosa Morando si accapigli col Ven- turi per la retta interpunzione , ed interpretazione di questo luago : clie il Lombardi si travagli per una dichiarazione anche migliore : e che il Biagioli sentenzi essere stato questo passo malamente interpre- tato da tutti , fuorché da lui. Noi poniamo l'accen- to sul ne , e la discorriamo così. Dopo avere Vir- gilio atteso alquanto l'arrivo di TALE , che per lui ne fosse la terra aperta (e viri. v. ult. ) quasi im- paziente esclamò : „ Questo vincere la pugna coi de- „ monj stara dunque a noi. Che se non la vinceremo; o „ torneremo addietro insieme ratto(c.y 11 1.\, 102) {(à\e „ è ciò che Dante dimandò, e Virgilio forse qui in- „ tese): o io entrerò solo (che è ciò che Dante so- ,, spettò , e Virgilio non disse). TALE che vinca per noi NÉ si offerse, non comparve, non si pre- sento per anche. Oh quanto mi tarda , che arrivi qui qualcheduno ! V. 33. . , . . . la citta dolente , U' non potemo entrare ornai senz ira» 3Go LETTERA.TUUA, Senz ira '. cioè senza contrastare coi demon) che. la difendono: ed è metonimia di causa per effetto , es- sendo l'ira che spinge a contrastare. V. 5a -54. M F'enga Medusa^ sì il farem di smalto ?» • „ Mal non vengiammo in Teseo Vassalto. Comunque l'interpretazione che da a questo passo il benemerito P. Lombardi sia detta dagli editori pa- dovani la pia giusta e la più, seguita , noi ardi- remmo di proporne altra meno ricercata e assai più agevole. „ Venga Medusa^ cioè si affacci la Gor- „ gone tutta intera (non rechisi il capo suo) '.per „ tal modo faremo Dante di smalto .... MALE ,, FU che contro Teseo non oprammo altrettanto : „ cioè non pejisammo a fare che Medusa si mostras- „ se ; vendicando col petrificarlo l'onta dell* assalto „ dato al talamo della signora di Dite ,, : perchè al- lora , quand' anche Ercole si fosse mosso a liberarlo , nulla sarebbe stato del tornar mai suso , essendo egli già fatto di smalto per la vista della Gorgone. Il qual concetto si compone assai bene cogli atti di pen- timento che le Furie facevano , fendendosi colle un- ghie il petto e percuotendosi a palme. Canto X,V. iG-3 1. ,, Buon duca, non legno nascosto „ A te mio cor, se non per dicer poco, ,, E tu ni hai non pur ora a ciò disposto. Disposto^ dice il Lombardi , intendi e col parlar tuo , preciso die qui mi fai , e colla precisa maniera che adoperi negli scritti tuoi. Intendi , noi diciamo , rnhai disposto , m'hai insegnato non pur ora a dicer poco. ComENTO a DANTg 3Gf Perchè poco avanti, essendosi Dante volto al mae- stro per dimandargli alcuna cosa sul messo del eie' 10 , questo gli fece segno die stesse cheto (e. ix. V. 8G-87): dal quale atto egli apprese a fare quind* innanzi poche interrogazioni. V. "ÒQ. „ ... le parole tue sien conte, conte -^ chiosa il Daniello ,, manifeste e chiare^ e non „ ambigue o dubbie, perciocché a parlar con ereti- „ ci bisogna essere molto accorto e riguardoso. „ Noi vorremmo spiegare „ nobili e ferme : degne di te e „ de'maggiori tuoi, che Farinata vanterà di aver di- „ spersi per ben due volte, siccome suoi fieri ni- „ mici „ Ne veramente le proposte di Farinata so- no tali, che pongano Dante nel pericolo di rispon- dere ereticalmente : ma per contrario le risposte di lui air altero Farinata sono cosi franche, e le di- mando cosi assennate , che ben può dirsi che Dan- te non falsasse l'avviso del maestro. V. 1 34-1 35. „ Lasciammo il muro , e gimmo in ver lo mezzo 1, Per wi sentier che ad una valle fiede. 11 perspicacissimo cav. Monti (Proposta voi. II. p. I. pag. II 4) inteso a fermare con questo esempio dell* Alighieri un bel significato del verbo federe , spie- ga „ fiede^ cioè va a terminare a quella valle. „ Ot- tima e verissima spiegazione, ma alcun poco inde- terminata ; porcile non manifesta propriamente la po- destà del verbo fiedere cosi usato], che vale porta- re a retta linea , mettere -dirittamente ad un luoh gO' Né ciò apparisce di leggieri dalla chiosa del Mon- ti ; imperocché, se bistorto ancora fosse il sentiero, andrebbe a terminare alla valle. — Sentier che ad una valle fede noi ^.dunque iaterpretiamo „ sentiero che 3G2 IjKTtSUATtJRA „ mette diritto ad una valle ,, : tagliando la campa- gna rettamente. Ed è metafora presa da ciò che fa il coltello adoperato di taglio, che fiede i corpi con sezione rettilinea. Ne Dante fu primo ad usarla : ma l'imitò, anzi la tradusse dal suo autore Virgilio ; il quale in quel vieto latino che a'giorni nostri pochi coltivano e molti disprezzano, cantò: Ille VIAM SECAT ad naves, sociosque revisit. (Aen. VI. V. 899.) E i greci maestri de'latini dicevano tÌ^lvziv cVIòv {se-' care viaìrì) nel senso istesso e per lo stesso trasla- to : secondo che avvertono Budeo e Turnebo , cita- li dal La Cerda. Luigi Crisostomo Ffinuvzzi. 363 ARTI BELLE — ARTI. Seguito delle Osservazioni intorno alla Patria dell* architetto Bramante. D 'opo aver mostrato la vanita del ripiego inventato tlal Macci per conciliare la controversia suscitata a* suoi tempi sulla patria dell' architetto Bramante , e dopo aver fatta chiara in queir occasione la dis- cendenia di esso dai Lazzari-Severucci, passo coll'ani- mo sempre intento alla ricerca del vero , ad esami- nare l'altra a cui appartenne Gian Antonio Lazzari Vescovo di Amelia , del quale il nostro annalista Flaminio Terzi nell' epilogare le gesta ci assicura che: // celebre e famoso Ingegnere ed Architetto Bra- mante fa di detta famiglia , prima denominata dei Serenucci (i), Poiché se mi riuscisse anche in que- sta parte giustificare il di lui asserto , nuovo peso si accrescerebbe alla sua autorità. Nel comporne la £{enealogia mi venne fatto di rilevare, come dalla so- la esposizione di questa potrebbe ravvisarsi l'insus- sistenza della pretensione di coloro che vorrebbero comune a Bramante la patria dell'immorlal Rafiael-. (i) Terzi , annali Vurantinì, 3G4 Belle- Arti lo. E perche dove si ritiuova il vero non può ne deve essere tenuto celato ; mi risolvetti di aggiun- gere alle osservazioni suddette una seconda parte , in elle venendo esposta la comune origine dei Laz- zari Durantini cò'Severucci, e le di loro diramazio- ni, resti con questo mezzo semplicissimo confermato non solo il diritto di Patria a favore d'Urbania , provato nella prima parte , ma distrutto eziandio ogni fondamento alle contrarie opinioni. Monsignor Gian Antonio Lazzari adunque , fat- to Vescovo d'Amelia da Gregorio XIII., nacque da uu Andrea , secondo la memoria che se ne ha in un libro di riformanze Durantine dell' anno i54-3. C. 3., in cui si registra , come Andrea Lazzari con altri tre cittadini prese a rifare il pubblico cata- sto che nelle vicende di quel secolo , per malvagità ed incuria degli uomini , erasi in parte perduto , ed anche mutilato . Disordine , io credo , nato ne! passaggio del dominio di Durante dalla dinastia de* Brancaleoni in quella de'Fcllreschi , decretata da Mar- tino V. con l'investitura datane a Guid' Antonio nel 1426., sotto l'antico titolo di Vicariato^ e rinno- vata nel i429' a terza generazione sotto l'altro di Con" tea\ nella qual'epoca concorse anche la perdita di una parte del pubblico archivio : Concessa fiat auctO" ritas , et facultas quatuor civibiis et prohìs \>iris dictae terrete y videlicet Antonio Merrce ^ Jacoho Ter~ tic , Andreae inaglstri Lazzari , et Ser Benedicto Perusino dictum appassum alibratiim^ et catastrwn de novo faciendo. Alle parole Andreae ma^istri Laz- zari si trova notato in margine di carattere antico Pater Episcopi Amei^inorum. Questo Andrea , di cui si parla , era nato da Lazzaro di maestro Luca in- sieme con Gian-Pietro lodato da Sebastiano Macci nella sua Cursiade al_ lib. 2 , come negli scrini del BELLE-AftTI 365 Papi : Andreas magistri Lucae de Durante ^ nomi- ne^ et] vice magistri Lazzari sui patris etc> ( Pie- trantonio Perusino all'anno i5ii. sotto il dì 27. no- vembre ) . Il matrimonio poi di esso Lazzaro eoa Santina di Lazzaro d'Amatore Gaiba , famiglia nota pel Terzi (2) , non solo ci conferma la notizia del nome di Luca avo , ma ci porge anche il filo per penetrare più innanzi: Lucas Andreuccioli de terra Durantis recipit a Lazzaro Amatoris Gaibae prò dote Dominae Santinae , fdiae dicti Lazzari Gai* hae et uxoris Lazzari fdii ipsius Lucae\ Jlorenos triginta in coniputatione dotis etc ( Rogito An- selmo 5. ottobre i477' ) Di quest' altro Andrea pa- dre di Luca, detto talvolta Andreola 0 Andreuccio- Io , ne daremo altri riscontri. Abbiamo dunque fin qui Andrea padre del Prelato , Lazzaro primo avo, Luca secondo , ed Andreuccio terzo. Passo ora a dimostrare come questo Andreuccio provenisse da un Alessandro, di cui si ha cognizione per varj istro- menti. Sia il primo uno dei 14. settembre 1478: Lazzarus Nicolai Severutii de terra Durantis fuit „ confessus , et contentus hahuisse in dotem , et „ nomine dotis Dominae Matteae ejus uxoris et fdiae 7nagistri Lucae Andreoli sive Alexandri ah ,, ipso magistro dante Jlorenos vigintiquinque etc. Prego chi legge di sospendere il suo giudizio so- pra il presente istromeuto , il quale sembra con- trario al mio asserto che e di provare V identità. (1) Furono Uomini d'arme Cristoforo e Giambatlsta Gaiba sotto Alessandro VilellI nella guerra d'Ungheria, e sono delle aii'.Iehe famiglie di Castello delle Ripe (Terzi press» Colucci, Tomo 27.) Castello delle ripe al IMetauro, disirmio nelle guerre civili > frt riedificalo sotto il nome di Durante. 3(3G Bel li-Arti d'origine fra i Lazzari ed i Severucci. Rifletta in- vece come i veccìij nostri tenessero ad onore , to- stocìiè le leggi più non lo vietavano , stringere con nuove alleanze di maritaggi le antiche parentele al- lontanate dal tèmpo , contrassegno d'antichità di fa- miglia pregiata in ogni grado , ed in ogni tempo. Ciò premesso seguitiamo a mostrare come An- dreuccio nascesse da Alessandro ; e se non si pro- cede per la via piii spedita, ne è colpa la sola scar- sezza de'monumenti : sebbene non sarà senza prò il deviare alquanto , perchè ne riporteremo la notizia di una nuova diramazione de'Lazzari da ninno , eh' io sappia fin qui avvertita. Nel sopradetto istromen- to Luca agì da se solo : vediamolo adesso con al- cuni suoi consanguinei in un affare di famiglia: i/\']3i Die p^igesima niensis Juiucarii. Actum in monaste- rio Sanctce Murice Magdalence . . . propae poHam novani ierrae Durantis . . venerabilis Joanna Mo- nialis . . . ordinis Sancii Benedicti , et f dia oliìti Thomae Joannis Perusini^ et Dominae Joannae siiae Matris , . Jucit quietantiam , refutationem . . Ma- gistro Liicae Andreiiccioli,et Matteo Alexandri prae- sentihus stipulantibus prò eis , et vice et nomine Thomae^ et Simonis Jratrum ipsius Mattei , et prò eorum de florenis qaadragìfitaquinqne . . dotis per dictum Lucani , et Matteum datis. Qui è chiaro che Luca d'Andreuccio e Matteo d'Alessandro co'suoi fra- telli pagano questa dote per un titolo qualunque loro comune dipendente da agnazione Alexandri , sive Andreuccioli. Ne dichiaro il tramite. Matteo ed i di lui fratelli nacquero da Alessandro figlio d'An- dreuccio , che fu similmente padre al nostro Luca. Ne abbiamo la prova dal Perugini sotto li 28. De- cembre 149B., nel nome che ci ha conservato di mi figlio di quel Tommaso Alessandri nominato nella Beh* -Arti 367 quietanza di dote dalla monaca Perugini : Àngelus Thomas Alexandri Andreuccioli de villa Montis San- cii Petri' Provata così la derivazione degli Alessandri da Andreuccio , mi occorre di fare osservare , che se il padre di questo non fosse stato un Alessandro piiì antico e diverso da quello da cui scese la famiglia Alussandri Durantina propagata in Matteo , Tom- maso , e Simone; il nostro Luca Alessandri, ovvero Andreuccioli avrebbe preso il cognome del proprio fratello : il clie non può amraettei'si come cosa del tutto opposta non solo all'universale consuetudine dei popoli colti , ma allo stesso ordine di natura elle ci ammaestra a distinguerci col nome de' geni- tori , e non con quello de' collaterali. Risulta da tut- tociò che gli Alessandri ed i Lazzari riconoscono non solo uno stipite comune , che fu Andreuccio , ina che questo Andreuccio nascesse da un Alessan- dro seniore. Sappiasi inoltre essere dal suddetto An- drea , o Andreuccio , disceso anche un altro Lazzaro , da cui nacque un figlio , il quale portò il nome paterno : Lazzarus magistri Lazzari de Andreoli de Durante (Perugini 3. decemhre i5io. ) Ci sta a cuo- re di non tralasciare veruno degl' individui di que- sta famiglia vissuti all'epoca di Bramante , come il mezzo pii*i sicuro di giovare alla verità. Conosciuti questi due rami subalterni, tornia- mo al nostro assunto , cioè a conchiudere l'iden- tità d'origine de' Lazzari Durantini co'Severucci. Si ò veduto di sopra Luca d'Andrea nel 1478. paga- re la dote di Mattea sua figlia : accrescendo a que- sto numero cinquant'anni , per la durata della vita di Andreolo , e d'Alessandro seniore stipite de' no- stri Lazzari , andwemo a retrocedere all'anno i4o8 : intorno al qua! tempo abbiamo similmente veduto 368 Belle -Ann nella prima parte di questo scritto , Severucclo , lo stipite del ramo di Bramante , aver viisuto sul ca- dere del decimoquarto secolo. Venuti a questo pun- to , per l'irreparabile perdita dell' Archivio saremmo costretti ad arrestarci , se non ci porgesse mano l'antico notaro Antonio d' Ugolino Tani , clic all' anno i383 sotto i giorni io e ii Marzo ci offre un Antonio Luce Se^erutii , ( protocollo V. Pag. 33. ) arbitro ad una questione di dote , e di nuovo pre- sente ad un contratto parimenti dotale di Andrea MassoU Francisci de prilla Stride , in tergo. Oltre la congruenza de'tempi e de'luoglii , abbiamo in que- sto antico tralcio l'altra de'nomi , che si rincontra- no ne' rami de' Lazzari e Sevcrucci. Si trova tre volte in. questo rinnovato quello di Severuccio , in tutte le diramazioni l'altro di Antonio e Luca ne' Lazzari Durantini ; cosicché abbiamo un forte mo- tivo di tenere che dal ramo d'Antonio di Luca di Severuccio siano derivati i Lazzari Durantini , ed i Lazzari Severucci. E tornando sul matrimonio di Mattea di Luca Andreoli con Lazzaro di Niccolò, vedo la Donna discosta quattro gradi da Antonio , e Lazzaro di Niccolò di lei marito avere di già esauriti i quattro gradi anch'esso ; se si supporrà disceso da Luca di Severuccio padre di Antonio . Questo matrimonio , che a prima vista formava un ostacolo, tenendosi per semiprove le difficolta supe- rate , ora serve in qualche modo a provare l'iden- tità d'origine delle due famiglie ; identità che ri- sulta anche da altro documento a cui, sebbene non ge- nealogico, sono astretto ricorrere per l'interrompimen- lo del pubblico Archivio. Prendiamo la divisione fra Niccolò ed i Salvolini,citata nell'altra parte di queste osservazioni; e troveremo che la casa posta in Durante, da Severuccio , lo stipite dei Lazzari Severucci , con- Belle-Arti 36f) finava coli' altra dei Lazzari Durantini, ossieno Ales- sandri : item tertiam partem clomus positce in terra Durantis jaxta feratas puhlicas a duobiis res Luccg Alexandri et nepotum.- Lucce Alexandri ^ cosi det- to percliè nipote di Alessandro per via d'Andreolo ; et nepotum , die furono Matteo , Tommaso , e Simo- ne. Si prosiegua a leggere il detto atto , e si trove- rà che il predio in villa di Stretta confinava simil- mente co' suddetti Alessandri; cosi un altro in voca- Lolo i Fustaneti (Anselmo protoc. A. pag. 120. e 122). Queste laterazioni di fondi si urbani che rustici , che si trovano fra i Lazzari Severucci ed i Lazzari Du- rantini nel loro patrimonio , non sono forse altret- tanti contrassegni di antiche divisioni passate fra i lo- ro autori , le quali mostrano la comune origine , che senza alcuno sforzo, anzi spontanea si v^de concorrere nel tralcio d'Antonio di Luca di Sèveruccio ? Soddisfatto all' intrapreso assunto , vd\. resta di ram- mentare come nella prima parte di queste osserva- zioni vedemmo i Lazzari Severucci con le loro di- ramazioni essere stati riconosciuti per Durantini ; co- me per Durantini vediamo questi del Vescovo di Ame- lia , de' quali fra gli Alessandri trovo sotto li 5 ot- tobre 1477* Toma Alexandri de terra Durantis (Anselmo pag. 149 Prot. B.): Simon Alexandri de terra Durantis (ivi i4 settembre 1478), Matteo lo ricaviamo Durantino anch' e sso dal contesto della quie- tanza della monaca Perugini. Se gl'individui tutti di quest'ampia famiglia, dacché se ne hanno memorie, furono riconosciuti sempre di una patria medesima sino all'anno 1478, quando il celebre architetto na- to nel i444' correva l'anno trigesimo ottavo della sua vita, come potrà, dubitarsi non essere quella stata comune anche a Bramante qual individuo di essa famiglia ? A chi lo vorrà sostenere diverso , 370 B^BLLB - Aatf- converra provarla nato da altra gente, coraecclib la presente sia stata da tutte le bande trovata Ur- baniese: ma provarlo con documenti tali da abbat- tere non solo l'autorità del Terzi e delle altre me- morie , ma abolire anclie l'altra di scrittori che pos- sono chiamarsi contemporanei: il (£ual caso siamo as- sai lontani dal leinjre, essendo nella pressoché co- mune testimonianza concorsi spesso anche quelli che la volevano Urbinate, amiurjttendo che il padre dell* insigne architetto fosse stato Durantino. Forse mi si opporrà , che da Alessandro senio- re potrebbe aver pullulato qualche altro germe ; perchè mancando noi di una prova che ci assicuri che Andreolo fosse figlio unico d'esso Alessandro , h perciò ineiHcace in questa parte il nostro argo- mento , che dalla esclusione di Bramante da ogni altro ramo intende a coartire con nuovo motivo la discendenza di Severuccio di Giovanni. Ma io qui risponderei , Bramante non esser disceso dagli Ales- sandri, ma bensì dai Severucci veri progenitoii deì nostro architetto : e se pur da Alessandro seniore fosse venuta altra diramazione , che non ci costa 5, questa dev'essere stata dal nome di esso detta de- gli \Alessandri , come degli Alessandri si disse talvol- ta Luca d' Andreolo, il quale andcrebbc del pari con quella . Ma che i Severucci non siano derivati da Alessandro, lo mostra anclie il fatto; poiché facen- doci noi a considerare la divertita de' luoghi abitati in villa dai due diversi rami Lazzari e Severucci , troviamo che quelle con gli Alessandri tennero le lo- ro abitazioni rurali in villa di Stretta , ed i Seve- rucci nel Monte s. Pietro. Nel Perugini, sotto il di 3- decembre i5io, evvi un gruppo di tre istromenli » dove due individui degli Alessandri con due ali ri dei Lazzari cambiano fra loro alcune parti delle lu- Bklle-Arti 3^1 ro case, clig gli uni e gii altri hanno in detta vil- la di Stretta , intralciate psr le passate divisioni : air incontro vedemmo nella prima parte di queste osservazioni essere la casa di Severuccio situata nell' altra del Monte , dove era nato Bramante secondo le attestazioni de vecchj ^ e die però non sono da confondersi i Lazzari co' Severucci, distinti fra loro di dimora e di persone. Si etbe dunque ottima ra- gione di affermare , clie dalla esposizione della ge- nealogia de' Lazzari Durantini sarebbe venuta tal lu- ce da far conoscere come erano prive affatto di fon- damento le contrarie opinioni. Provata l'identità d'ori- gine dei Severucci e dei Lazzari , resta intieramen- te giustificata l'autorità di Flaminio Terzi: esamina- te le generazioni tutte di questo secondo ramo , non lasciasi luogo alcuno a dubitare sopra i divisamenti da noi precisati. Dovrassi perciò conservare onnina- mente al Severuccio padre di Bramante il posto che gli fu dapprima assegnato, dopo il Giovanni di Se- veruccio . Chiuderò le presenti osservazioni col riepiloga- re la genealogia d'ambi i rami discendenti dal tral- cio di Antonio di Luca. Neil' uno si vede primeg- giare Severuccio , lo stipite di Bramante , da cui sorsero Niccolò co' suoi discendenti , e Giovanni che ebbe Severuccio secondo , dimostrato padre dell' in- signe architetto. Neil' altro ramo avremo per capo un Alessandro padre d'Andreuccio, da cui nacquero tre figli; Alessandro autore degli Alessandri, Lazzaro, e Luca che generò un altro Lazzaro. Da questo ven- ne un secondo Andrea , che oltre Gian-Antonio ve- scovo ebbe due altri figli , dei quali e della discen- denza loro non sarà inopportuno dare una succinta notizia , come di quelli che per lo studio delle lette- le ascesi in patria ai primi onori, e resi noli al di G.A.T.XXn. 24 37» Bell«-Arti fuori per le cariche sostenute , furono occasione che si mantenesse costante in Urbauia ed altrove la me- moria del loro insigne consanguineo. Andrea dunque summentovato , oltre Gian-Antonio che fu prima udi-^ tore del cardinale Pier-Donato Cesi chiaro per le so- stenute legazioni (3), e poi da Gregorio XIII eletto vescovo di Amelia (4) , ebbe un Leandro ed un Orsi- li® cavaliere de' ss. Maurizio e Lazzaro. Da Leandro , COSI chiamato io stimo in memoria di Alessandro se- niore , nacque un altro Andrea primo proposto della chiesa cattedrale di Urbania, e Pompeo, che seguen- do l'orme dello zio il quale per quindici anni con- tinui aveva esercitata in Roma l'avvocatura (5), fu similmente avvocato della curia romana. Allo zelo di lui dovette in gran parte la terra di Durante l'ere- zione della sua chiesa abbaziale in cattedra vescovi- le, fatta da Urbano ottavo nel iG3f. con la qualifi- ca di citta sotto il nome di Urbania. Da questo Pom- peo ne vennero un secondo Gian-Antonio sacerdote, ed Alessandro Ostilio morto nel 1700, che fu udito- re del gran duca Cosmo III di Toscana (6). La di lui eredita ed il nome di famiglia passò , come si è det- to, in r.n ramo de'sig. Savini, che fino alla sua estin- zione maschile ha sempre al proprio unito il cogno- me Lazzari , cognome reso illustre dall' essere stato sotto questo riconosciuto Bramante, sebbene nato da un Severuccio. Della quale denominazione non tanto è da attribuirsi la causa alla frequenza del nome dei Lazzari in ambedue i colonnelli , quanto all' essere (3) Clacconius in s. Fio V. (4) Cronaca del Terzi presso Colucci lom. 22. p. 4^. (5) Cronaca suddella 1. e. p. 45. (6) Naio di Ferdinando li, e di VìUorJa ddla Rotore^ che visse sino al 1723. Belle-Arti 3«3 stati dal Terzi , nel trattare della famiglia Lazzari , riuniti in un solo articolo i due più illustri so'^'yet- ti che abbia questa prodotto : cioè il pio vescovo Gian- Antonio, e Bramante ristauratore dell' ottima architettura , da cui acceso il triplice genio di Miche- langelo , innalzò il famoso tempio di s. Pietro in una nuova e mirabile forma, ideata pel primo dal nostro celebre architetto. L. F. »4 374 VARIETÀ' Chiese principali d'Europa rappresentale ne'' loro prospetti , piante, spaccali ec. con descrizioni storico ~ critico -pit- toriche. Fot, Milano co'' tipi di Giovanili Deslefanis, \fuesl' opera esce alla luce sotto i grandi auspicj del re* gnante sommo pontefice Leone XII ; o ben crediamo che debba esserne degna. Conterrà essa nna scelta di XX.XVI chiese , il fiore di tutta Europa pei valore dell' arte : come a dire 5 la palriarcala di S, Pietro di Roma , il duomo di Milano , il tempio di Nostra . donna a Parigi , S. Paolo di Londra, le cailedrali di Argentina, di Vienna, di Colonia, e tali altre piii celebri che sono in Italia , in Germania , in Francia , in Inghilterra , ne' Paesi - Bassi , in Ispagna , ed anche in qualche città deirullimo seltentrione. Sicché stimiamo che lavoro piiì caro di questo non possa cscire in luce per gli amatori della bellisfima architettura, i quali ignorar non devono che dopo tornato in vita le ani non è stato edificio , olire alle chiese , dove 5 più nobili professori abbiano fatto maggiori prove della loro abililà ed eccellenza. ,, L'opci-a sarà composta , dice il sig. De-slefanis ,, nel suo manifesto di associazione , di 36 fascicoli da ,, pubblicarsi successivamente in numero di sei ogni anno ; ,, cosicché entro il periodo di sei anni avrà compimento ; ,, periodo breve , ove si considerino le fatiche e le cure ,, eh' essa richiede. ,, Ogni fascicolo in caria velina soprallina , grande in ,, foglio , conterrà una chiesa , e sarà composto di non :, meno di dieci disegni , incisi a contorno colla uias^ I VARIETÀ* 375 ,, sima precisione e nitidezza , pure In foglio , affinchè „ gii oggetti , rappresentati in grande dimensione , ti ,, possano dagli studiosi facilmente osservare. ,, Queste tavole rappresenteranno , la pianta , la tc- „ duta esterna ed interna della chiesa , le elevazioni gco- t, metriche ( ortografie ) della facciata e del fianchi , gli i, spaccali ( sciografie ) pel lungo e pel traverso , i mo- „ numenti e dettagli più importanti ; finalmente vi sarà „ aggiunta la storia e descrizione del tempio stesso e di „ quanto v'ha in esso di rimarchevole. 11 testo verrà stam- f, pato con tipi nuovi i e non solamente in lingua ita- (, liana , ma anche separatamente nella francese ^ tedesca „ ed inglese , per servire al comodo di diverse nazioni. ,, Il primo fascicolo rapresenlanle la insigne basilica di S. Fietro di Roma , vedrà la luce nel prossimo mese di agosto. Il prezzo di associasione è fissato come segue: „ Ogni fascicolo, colle incisioni a semplice contorno , . . fr. iS* ,t Simile t colle vedute esterna ed interna della „ chiesa , ombreggiate all'acqua tinta . . , ,,20. „ Simile , colle suddette vedute diligentemente. ,, miniate ;t ?o ,, Le associazioni si ricevono in Milano , presso Ferdinand» ,, Artaria, negoziante ed editore di stampe e musica» nel- ,, la contrada di S. Margherita al n°iiio ; nelle altre cit- 1% tà d'Italia ed all' estero , dai principali negozianti di ,, stampe e libri distributori del presente maniieslo. „ Il Sig. Ladislao Rapp Architetto di Vienna è ineaiicato del ,, disegno dal i'cro , e della incisione dell' Archiieiiura , e „ dell' ornato. 3'jG y A R I E T a' Fascieuluni inscriplionum adjeclis comnicnlariis ee. anclore Andrea Borda Ticino. - 8. Mediolani 1820. typis Uomo- boni Maninii (un voi. di pag» 240. ) Il sig. abate Borda di Favla , dottissimo com' egli è , ha pur fatto ìu queste iscrizioni una gran pompa del suo sa- pere. Ma non per ciò noi crediamo , eh' egli abbia toc» caio il segno del bello stile epigrafico : il quale esser de-* ve non meno chiarissimo e «empllcìssimo , che nobile e grave e schiettamente latino . Perchè le iscrizioni che si pongono o per religione o tenerezza 0 per onorificenza , sono , come niuno contrasta , un' opera popolare : sic- ché non volendosi scrivere in questa gentil favella italiana (e sa Dio con che buona ragione , essendo state constantemenle •critte da lutti i popoli della terra nel vivente loro idioma ) , si usi almeno un tal modo , clic senza moltissimo indovi- nare possano essere intese anche da quelli , che non ebber tempo né volontà d'andar cercando lutle le più fine stra- nezze in mezzo que' grandi volumi in foglio , che si chia- mano tesori d'auliche lapidi. Vedete esempi bellissimi che. ne hanno dato il Morcelli , il Vernazza , lo Schiassi , l'Ama- ti , il Zannoni , il Boucheron , il Borghesi , il La- bus , e tanti altri nobili letterati di questa clà : a' quali non sarà niuno che voglia contrastare il pregio d'elegan- tissimi , ma di quale eleganza ! Or è ben certo , ch'essi non avrebbero dello mai tetrarcha un marchese , e Son" cinarcha il marchese di Soncino ; Kandidalus principis il gran - cancelliere : delicata Dei una monaca ; valicanum prtetorium il palazzo valicano ; princeps ab dominico sta'- bulo il grande scudiere eie. E neppure sarebber caduti in tanti oscuri ed irti grecismi, e in tante voci o troppo squi- site , 0 troppo barbare : come , per esempio , memoraculum T A R I B T 1* 377 usato solamenle dall* africano ApiUejo t europensis , lopar" ehiurn , queritalibus, expelissens , didila, indi getabunt , henefi- cissimus,singultalus , vitulanies,e virginius per mariio, e conjux oculissima invece dì carissima ; superlativo , come scrive il For- celllni , fictum a Plauto iocidariter. E che poi diremo del barbarlssimo heic cestjuit per heic cjuiescit , e di quello strano cairn aldalensis ! li della miseria di quegli arcaismi posti qui xenza numero , come qaoi , quoius , tibei , preiinus , vixsit , rivom , graecai , suoni , tuoni , peplum , ampliafit , aevom , perpeluoni, coniunxs , antevortundis , solvont , persolvont , j^oZ- ius, prosequontur , ioubemus , palruom ^ adoplivos per adop- tivus , e simili ? Né anche le sue trasposizioni ci sembrano affatto buone ; sapendo elle d"un certo che di scolastico e di poetico , che mal si conviene alla gravità e semplicità delle iscrizioni : e sono , p. e, , qui animis clarus et arniis, pag. 71 , parenlalihus et modis urget flehilihus p. 74» analomicus loto clarissimus orbe pag. 5i. » pLuribus to~- parchils iam longo ah a\toruin ordine cluens p. 83 , singid- tatus a Jastu procid rependunt inferias p. g3 , con al- tre molte. 11 che sia qui scritto senza offender punto il sig. abaie Borda , o molto meno il nostro illustre e cortese sig. dottor Labus a chi l'opera è dedicala. Osservationi bibliografiche letterarie intorno ad un^ope^ retta falsamente ascritta al Petrarca , del professore Cos- tanzo Gazzera assistente alla biblioteca della regia univeV" sitò, 4" Torino, dalla stamperia reale 1825. ( Sono cart. 56 ) vuesi'oporella cosi piena com' è di belle e preziose no- lisie, sarà tenuta in prègio e carissima non solo dagV ita- liani , ma sì da' francesi. Dagl'italiani » perchè vi si par- la d'uno scritto attribuito al Petrarca, e pubblicato nel secolo XVi senza Indizio del luogo del tempo della stampa e del nome delio 3^8 y A T\ I n T A.' siainpalore , con questo titolo ; Liber domini Franrisci Felrar-- che pnnormilani cratoris celeberrimi de ^ita solitaria. Ora il sig, Gazzera con forti argomenti sostiene , ch'esso è la- voro di Leonardo dalla Seta , e non dell' allo filosofo e poeta toscano , del qnale però è un'altra opera diversa affano da questa , sebbene porli il medesslmo titolo De vita solitaria , scritta al vescovo cavalllcense suo grande amico, ^'francesi poi deve piacere per tutto ciò che con rara critica vi si ragiona delle tipografie di Lione , delle quali non sarà piti alcuno che prender voglia a discorrere , senza prima avere ben lette quest'auree osservazioni del dotto e gentile sig. professor Cazzerà. L'iscrizione seguente è lavoro del celebre ab. Amali . E'iodata in essa lu madre di due nostri amatissimi , gio- vani di quel valore nelle scienze e nelle arti belle , eh' è ornai conosciuto da tutta Italia. D A j$f n BOMINICA • lOAWNIS l B • CARETTIA HBIC . SITA . BST MVLIIH . PIA . FaVGI • MODESTA maestro , degno allievo del medesimo nelP arte salutare , e dolalo di quelle slesse qualità morali , che formano il mag- gior* encomio dell' Ippocrale napolitano. Per onorare sempre più la memoria di Coiugno , la scuo- la napolilana di medicina gli ha fallo Imprimere ancora un» medaglia , nella quale all' eccellenza del lavoro si ammira accoppiata U fedele imitazione dell' orlgiuaie. L'aulore è il sig. Catenacci. 38i' INDICE BEGLI A.8.T1C0I-I CONTENUTI ^fEt. TOM. XXU DEL GIORNALE ARCADICO, SCIENZE Franchini. Ricerche fisiologiche in- torno alV assorbimento . . ^ p. 3 — — • Gualandi . Ossen^aziofii sullo spedale ìTA'versa ^ . . . p. ij — > — Mazio . Osservazione sui coefficienti del binomio di Newton . . . /?. 27 — — Bosellini. Pensieri sulVagHcoliara p. Sa — — Stalli. Lettere sulle detonazioni delV isola di Meleda p. — i3i — Meli. Esperienze sul pepe nero e pe- perino p. — i3G — Peretti e Morichini. Osservazioni suW osmazoma . . p. —147 — Sinibaldi. Saggio secondo sulVorganis- mo umano p. — — 259 LETTERATURA Borghesi. Sul codice ante giustinianeo di monsig. Blaj p. é^?) — — Franceschi . Caterina. Terzarima in morte del Tambroni . . . . p. r)\. — — Ferruzzi. Osservazioni sopra Dante, p. 100 — — - Gar gallo. Poesie /;. — iSa — Canonici Facchini. Marchesa. Sulla educazione delle Janciulle. . ' p- — iv>7 — 38a Micara. Clemente. Comento a Dan- te /j- — 172 — Osami. Sjlloge inscriptionum , etc p. — i8o — Viola. Memorie di Cori . . . p. — — 277 Friuli. Lettera sulV India . . . p. — ■ — SaS Costa. Paolo. Versi p. — — 333 Degli Anton}. Sul Novellatore . p. — — 343 Ferruzzi. Osservazioni sopra Dante p. — — 355 ARTI. BELL E-A R T I Pittura . Eduardo Spiro di Presbur^ go p. iO() — — Pittura . Francesco Baratta geno- vese • /?. 112 — — Marsand. Antonio. Il fiore delV arte dell" intaglio /?. — 187 — Paletti. Intorno i ponti di fila di fer- ro ,./?♦— 195 — Pittura. Silvestro Massari perugino p. — 233 — F. L. Seguito sulla patria di Bra- mante . P' — ' — 3(>3 NECROLOGIA Notizie biografiiche sul p. Gandolfi /?» — 23 1 — Tabella dello stato del Tevere^ desunto dall'altezza del pelo d'' acqua suW orizzontale del mare^ osserva- to air Idrometro di Pupetta , al mezzo giorno- Giugno 1824. GIORNI. ME TEI. 1 6, 06 2 6, 14 0 6, i6 k 6, 74 6 6, 82 6 6, 72 7 6, Si: « 6, 76 9 6, 46 10 6', 62 11 6, §5 f2 6, 34 i5 6. 49 i4 6, 7t) i5 6, 60 16 6, 55 *7 6, 5o i8 , 6, 23 »9 6, 19 20 6, 17 21 6, 1 1 22 6, 40 25 6, 60 24 6, 80 25 6, 45 26 6, 29 »7 6, 23 28 6, 19 29 6, 14 0* 6, IO PALMI ROMANI 27 . 27 O 2S 6 So 1 So 6 5o o ?9 ? 00 3 28 10 29 7 9 4 o 3 6 4 2 27 lO 27 8 27 27 29 28 ?S óo ^9 2« 28 28 ^9 3o 28 10 28 1 27 10 3 27 8 2 27 5 4 27 3 3 OSSERVAZIONI. Altezza Biassima 6, 70 Altezza minima 6, 06 Altezza inedia 6» 4o .azioni Meteorolo^ie/te Jane alla Specola del Colleg. Bom. GiugJio 182 4- MATTINA GlORrvO SERA e Barometro Term, Igr. Cirometro Terni. Igr. Barometro Term. Igv. 1 27 II 8 12 2 34 4 27 11 4 14 3 45 I 27 II 2 i5 0 29 0 2 ^7 10 -i i3 3 i4 0 27 9 9 i5 4 21 8 27 10 1 i4 0 21 0 b 27 IO 8 12 8 10 6 27 1 1 »7 3 3G a 28 0 1 '4 8 23 0 4 18 0 i 12 0 i.'J 1 :.8 0 7 17 0 35 ri- 28 0 8 i5 0 33 6 ò 28 0 8 Il 8 5 3 28 0 7 18 0 so 2 28 0 6 i5 0 3S 3 6 28 0 4 i3 6 18 4 28 0 3 18 8 38 0 28 0 2 17 0 5o 0 7 28 0 4 i3 0 a3 0 28 0 6 2o ~7 52 0 28 0 9 iS 6 44 4 8 28 1 1 i3 5 20 4 28 1 4 20 5 53 0 28 1 3 .4 q 25 0 9 28 1 4 16 5 27 0- 28 1 6 16 q 33 8 28 1 3 i4 5 24 2 10 28 0 8 i3 0 IO 0 28 0 8 *9 38 6 28 0 5 16 5 37 0 1 1 -8 0 5 14 5 14 0 28 0 5 20 7 53 5 28 0 4 id 3 33 3 i3 28 0 0 i5 0 i3 0 18 0 27 II 4 18 18 8 0 37 2 27 10 7 i5 0 2& 2 27 IO 8 7 4 27 IO 8 43 8 27 10 7 i5 0 33 0 l 'i 27 10 6 12 0 i5 0 27 IO 7 '9 0 52 3 27 10 7 i5 S 33 0 13 27 10 7 »3 3 20 4 27 10 7 J9 5 39 6 27 10 4 lò- 0 33 0 i6 27 IO 0 i4 0 i3 2 27 10 5 20 4 41 4 27 10 6 «7 0 28 0 '7 27 IO 6 lÒ' 0 it) 0 27 IO 8 »9 5 53 5 27 1 1 I i6' 4 37 2 i8 27 1 1 4 12 6 20 4 27 II 8 20 3 48 3 27 11 5 14 0 23 8 IQ -7 II 0 14 0 23 0 27 II 2 18 8 /i5 5 28 0 2 '4 8 35 2 20 28 0 5 14 s 39 0 28 0 7 18 2 5o 4 28 0 3 '4 0 34 1 ■2 1 27 11 6 Il 0 23 0 27 IO 6- 20 0 48 ó' 27 10 4 »7 0 32. 3 2L 27 10 6 i3 5 23 0 27 li 0 i5 8 37 8 27 II 7 i4 0 34 I ■23 27 1» 8 11 2 24 6- 28 0 1 »9 3 45 1 27 1 1 4 16 5 4» 2 -4 25 27 IO 4 i6 9 43 4 27 10 7 20 5 47 4 27 11 0 *7 0 3o 0 32 3 -7 II 6 16 8 32 4 27 11 8 19 8 44 0 28 0 3 i5 6 ub -8 0 6 12 8 20 I 28 0 7 '9 3 55 4 28 0 9 16 0 48 0 V 28 0 9 i3 0 27 3 28 I I 20 3 5Ò' 6 28 1 4 i^)' 8 42 8 ^8 28 1 4 i4 4 3o 0 28 1 4 21 I 60 Q 28 1 5 i6 7 54 5 :'^ 28 1 4 '7 9 42 ò- 28 , 4 -7 7 53 7 28 1 1 i6- 7 34 8 6o 28 0 7 i3 5 3 4 28 0 9 »9 8 48 3 28 0 6" J7 0 4o4 i Osseri>azioni meteorologiche fatte alla Specola del Colleg- Homi IMPRIMATUR. Si videbitur Reverendissimo Patri Sam Palati! Apostolici Magistro. fos. della Porta Patr. Constantinop. VicesQerens. NIHIL OBSTAT D. Paulus Pancaldi Abbas Cisterciensis. NIHIL OBSTAT. Petrus Lupi Med. Coli. IMPRIMATUR. Fr. Philippus Anfossi Sac.^^J^S^ì^ostoIici Magi s ter.