yia, se gli oziosi
„ Studi fugando, serbi vivo il foco
„ D'ogni maschio valor ne'generosi :
„ Bella a chi piange: ed a chi nulla o poco
„ Risplende l'avvenir , giova che in alto
„ Gli occhi a te volga
„ Cosi la patria mia, poiché le sante
„ Vergini obbedienti al tuo divino
„ Cenno volgcan ver lei le care piante,
„ Animosa assorgeva, ed il ferino
„ Suo viver cieco abbandonava
„ Ciascuno a tua divinitade intento
„ Contro all'error correa , cui lunga notte
„ Sicurava i riposi e l'ardimento
„ In un riso d'amore , ed apparièno
„ Due caste dive in vago abito adorno :
„ Bellezza e verità, ch'ove non sièno
„ Discompagnata mai nella lor via
„ Stringo n pietose della vita il freno.
25o IÌetteratura
Le due epistole , una scritta da Napoli , Tal-
tra da Tivoli, sono in versi sciolti , piene di dolci
immagini e di care affezioni: bellamente dipinejono
qualcuno dei luoghi, da cui sono scritte, e talo-
ra ricordano le antiche nostre glorie. Bisogna pe-
rò leggerle tutte per sentire qual dolcezza inespri-
mibile ti mettono nell' animo. Queste poche parole ,
che del volgarizzatore abbiam detto , possano inco-
raggiarlo sempre più a bene scrivere e utilmente;
poiché è ugualmente reo chi fornito di buon in-
gegno poltrisce nell'ozio e nel silenzio , e chi aven-
do posto mano all'opra la interrompe sullo stesso
suo nascere , e torna stanco dalla prima fatica. Se
il sudore non oltrevarca la prima fronte, e non pio-
ve giù per le guance e pel seno a bagnare le zol-
le istesse, che fende il tuo vomere; il campo non
risponderà alle tne speranze, poiché mai non germo-
gliò il seme inaridito.
G. S. M.
Al sìg. O . . . autore delV articolo inserito nelV An-
tologia di Firenze^ ottobre 1825 oìoL xx pag. 61.
Risposta di Vincenzo Campanari.
SIGNORE.
^-/ebbene sembri importuno il cercar le persone la.
dove la disputa è sulle cose , concedetemi per que-
sta volta eh* io cerchi di definire il vostro rispet-
tabil nome ; poiché avremo in breve occasione di
vedere che ciò importa non tanto s^lU curiosità mia ,
Urna ETftuscA aSt
. quanto airinteresse della cosa stessa , di clié si trat-
/ ta. Ne voglio che in ciò spendiamo assai parole. Ver-
tono fra di noi quistioni di etrusca erudizione : nel
qual genere è si scarso il numero degli scrittori vi-
venti , che li noveriamo colle dita. D'altronde egli
è si celebre in quello per antica fama di scritti dot^
tissimi il eh. Francesco Orioli professore della univer-
sità di Bologna , che Ta dove in tali materie si ve-
da Tautore annunciarsi colla iniziale O . . . (pur^
che lo scritto non sia giudicato indegno di quel dot-
to ) le menti degli uomini per legittima presunzio-
ne debbono a lui ricorrere. E se alcun ignoto scrit*
tore a quel modo si contrasegnasse in opere di ta-"
le argomento , egli piuttosto che occultar se stes-*
so , crederebbesi che abbia voluto i suoi pensamenti
trasferire a quel famoso , e giovarsi dell'autorità del
di lui nome . Consueto e degno frutto si è questo
di una chiara opinione acquistata co'saggi della pro-
pria dottrina , che quanto è spontaneo , tanto deve
riuscir più grato a chi lo raccoglie.
Posto adunque che per argomento somministra-
tomi da vai medesimo io debba a voi rivolgermi ,
siami lecito di appellarvi svelatamente. E giacche ve-
do di aver che fare con uomo non solo dottissimo,
ma da gran tempo amico , dopo di essermi con me
rallegrato per l'una e per l'altra causa , lasciate che
Usi con voi quella ingenuità che ai dotti ed agli
amici è dovuta; e dapprima mi dolga de' modi che
avete adoperato nel dare l'estratto della mia ope-
retta. Bene avrei comportato in pace quel vostro to-
no ora di autorità , ora di compassione , con che
i severi pedagoghi sogliono ammonire i più impron-
ti discepoli ; perciocché molto vuole concedersi da-
gli umili scrittori ai sommi in qualche momento che
questi sien presi da mal umore . Che voi peraltro
a Sa LETTERATURA
aveste a rapportare non veracemente i principi da me
professati e crearmi invidia d'arroganza , dalla qua-
le fui alienissimo , non era ne dell' amicizia nostra ,
ne della vostra buona fede, nò della mia iiidiflerenza.
E qui prima che io esamini i vostri, riandiamo
per un momento i modi da me tenuti con voi. Men-
tre io trattava pag. aG della etrusca voce Sicthi ,
ebbi occasione di riferire il motto Eca suthines dei
grandi sepolcri d'Axia da voi illustrati nella Bibl.
Italiana, maggio 1817. Dopo avervi nominato a cau-
sa di onore , ed essermi giovato della vostra autori-
tà ed esempio in prova della grecita dell' etrusco ,
parlai della vostra , e diedi la mia versione di quel
motto. Voi deduceste eca dalla greca preposizione
8K ovvero 6^ , corrispondente a quella dei latini
e ovv. ex. Prendeste suthines per lo stesso sostan-
tivo suthi ^ che il Lanzi trasse da r^Tw^ìac, e tra-
-duceste quel motto e salute , o sia post salutem ,
che a parer vostro equivaleva a post mortein.
Io dissi che , poiché a rostro giudizio ancora
doveva l'etrusco tradursi coli' ajuto della greca lin-
gua, non era d'uopo di trarre eca da en ne da 6^,
mentre i greci avevano lo stesso avverbio Dita in
significato òì placide ^ moli iter j suhinisse ^ cum si-
lenfio , opportunissimo ad un motto sepolcrale. Ri-
conoscendo poi in suthines la inflessione di un deri-
vato da suthi , rendeva codesta voce aggettiva , e
la spiegava salvi, incolumes- e cosi l'etrusco motto
divenivami in pace salvi, placida pace incolumes ,
bella e gentile sentenza da scriversi sopra le tom-
be , e tanto vicina quanto ognun vede al nostro re-
quiescant in pace , che forse di colk è nato , e che
a modo di altri usi de' pagani fu santificato dalla
chiesa cattolica.
Urna xtrusca 253
Poteva aggiungere, e forse il doveva, che quel
vostro e salute o post salutem non era ne di gre-
co ne di latino gusto : che neppure tratto per ar-
gani poteva significare /JOi'i mortem: che quando pu-
re il significasse , non era luogo a tal formola nei
sepolcri d'Axia. Imperciocché o voleva con quel mot-
to indicarsi che il defonto non si era edificato quel
sepolcro in vita, e che invece eragli stato posto da-
gli eredi dopo la morte di lui , e ciò era falso ne
convenir poteva a quegli ipogei destinati per le in-
tiere famiglie e per molte loro generazioni secondo
l'uso dei toscani , la dove per conseguenza si ripo-
nevano assai defonti , ai quali il sepolcro preesiste-
va e quando morirono , e quando nacquero. O vo-
leva con quelle voci avvertirsi che ivi sotto giace-
vano i morti ; ne di ciò potrebbe idearsi cosa più
inetta e ridicola : quasi che quella evidenza d' ipo-
gei abbisognasse di altra dichiarazione , o fra i to-
scani si dubitasse che nei sepolcreti abitassero i vi-
vi e non i morti. Per grande rispetto che io meri-
tamente vi professava , mi tacqui di tali osservazio-
ni , abbandonandole piuttosto alla sagacita del leg-
gitore.
Veggiamo adesso in che modo , di me scriven-
do, trattaste meco. Prima di por mano alla ver-
sione della mia epigrafe , io esposi con lungo ar-
ticolo il sistema che avrei seguito dietro la scor-
ta di Lanzi , quello cioè d* interpretare 1* etrusco
medianti i sussidj del greco e del latino. Discorsi
la difiìcoltk ed i pericoli di tale studio, 1' abuso
fattone ai tempi andati , le restrizioni che avrei
posto a me stesso per bene usarne , e soggiunsi:
■>■> Io non vedo con quanto profitto di tali studj ,
5) noi per timore di non mettere alcuna volta il
5i piede in fallo (e chi è che possa aspiravo ixlla
254 Letteratura
» infallibilità?) ci asterremmo dallo interpretare le
35 toscane epigrafi che di mano in mano vengono
« al giorno , e staremmo oziosamente aspettando che
« comparisca alcuna antica grammatica etrusca, o
n alcun monumento bilingue di tanta lunghezza che
« ne fornisca il vocabolario di c^uella lingua. « Fi-
niva col pregare i miei lettori acciò mi avessero
coadiuvato nella versione della epigrafe colla loro
discretezza.
Parevaml in tal modo d' aver ben dimostrato
quanto io stimava arduo il tradurre l'etrusco ; e
quanto era io lontano da ogni presunzione di au-
torità; non tenendo in altro conto la mia qualun-
que opera che di un tentativo t il quale sebbene
credessi utile alla scienza ( poiclie vidi sempre le scien-
ze crescere con si fatte prove , coli' ozio e col si-
lenzio non mai) lo credeva insieme capace di er-
rore. Con quale diritto adunque, e con quale cor-
tesia voi dopo aver rapportato in un fascio alcune
mie opinioni, senza indicar pur una delle ragioni in
che io le fondava , avete scritto di me quelle pa-
role? n Certo chi ponesse mente alla sicurezza con
n che queste cose ed altre somiglianti in tutta la
M operetta si affermano , dovrebbe giudicare che il
») dare spiegazione dell'epigrafi etrusche fosse al tut-
« to spedita e facile impresa. » Il che appena sareb-
be detto senza durezza di chi avesse dichiarato prin-
cipj affatto diversi da' miei.
Voi aggiungete severamente, che avendo io let-
ta presso di Lanzi e di altri la epigrafe detta del-
la torre di S. Manno presso Perugia , la tradussi
egualmente stans pede in uno. Ed era pur da ram-
mentare che il vero illustratore di quella epigrafe fu
il Lanzi, da me riportato t. 2 p. 5 14» Egli ne de-
terminò l'argomento, egli ne tradusse la più part<
Urka htrusca. !ì55
(àeVocalyoli, egli su quelli che tralasciò, sparse ^ve-
Va utilissime congetture. Io non altro feci che spi-
golare fra le poche voci da lui non tradotte, e ri-
lenendo il valore da lui dato ad alcune, volgerle
ad un senso che più mi sembrò ragionevole. Laon-
de con pace di Lanzi, quel vostro stans pede in
uno va necessariamente a ferire piiì lui , che me.
Frattanto per commentare quelle poche voci io mi
allargai per i3 pagine di confronti tolti dall'etrusco
dal greco e dal latino. Voi con minor mole di scrit-
ture vi siete spedito di riferire la mia operetta, di
confutarla tutta intiera, di proporre nuova lezione,
e nuovo argomento della scultura ; e mi persuado
che vi stimerete le mille miglia lontanò da quella
taccia di leggerezza, che mi avete si opportunamen-
te compartita. Io non vi richiamerò da questa cre-
denza, se i lettori ve la menan buona.
Citando alcune voci della grande iscrizìon pe-
rugina scoperta nel 1822 io promisi le mie osserva-
lioni su quel monumento. Voi di ciò parlando vi
esprimete così: n E quasi tutto ciò poco fosse, pro-
n mette di tradurre quando che sia tutta intiera da
« un capo all'altro l'altra grande iscrizione trovata a
» Perugia recentemente ec. ?> Su di che pregherò i
lettori di osservare che quelle paiole tradurre da
un capo alV altro tutta intiera^ le quali ognun ve-
de di che mole sieno , non sono già. nel mio scrit-
to, ma nella calda vostra fantasia, che vi fa tra-
vedere a tal segno, per conciliarmi la opinione della
pili impudente leggerezza.
Ma cessi ormai questo disgustoso esame; e veg-
giamo se siete più forte contraddittore che non ve-
ridico relatore delle mie opinioni. La prima vostra
objezione cade sopra i prineipj ed il sistema di Lan-
zi da me seguito , di tradurre ciog l'etrusco mediaa-
a5G Letteratura
te il greco. Intorno a che mi notificale che 0£>"gi
cominciasi a dubitare della grecita dell'etrusco. Non
ne adducete già. una ragione : che questo è raro
bisogno per voi ; bastandovi che si argomenti dal
vostro dire esser anche voi nel numero di quei du-
bitanti. Che risponderò a questo dubbio? Che quan-
do avevate in animo di proporlo, era miglior con-
siglio per voi di non isnervarne antecedentemente
l'autorità cogli esempj contrarj che ci avete dati in
addietro. Si è veduto poc' anzi come ricorreste ai
greci per dar la ragione di eoa : molto più poi gre-
cizzaste , e grecizzò per voi la lingua volsca , al-
lorché vi deste ad interpretare la celebre lamina del
museo Borgia. (Bologna presso il Nobili 18 iG.)
Ne credo che negar vogliate l'analogia del vol-
sco con la lingua di Etruria e delle altre nazioni
deirantica Italia; ed ancor qui rispettar dovete l'au-
torità vostra. Ora se a voi piace di cangiar sen-
tenza, incominciate prima a distruggere quel che ave-
te fatto in addietro: poscia adducete le ragioni de*
dubbj vostri ; ed allora vi sarà data risposta, che
oggi dar non vi posso ; mentre non mi è ancora ab-
bastanza chiaro se allora o adesso abbiate parlato
da senno.
Opponete in secondo luogo due diverse lezio-
ni della nostra epigrafe di Arunte ; l'una dal eh.
Inghirami , l'altra da voi trascritta. Quella dell'In-
ghirami è come segue:
\. Linea. Arnth Larisa ... il ... . cheilisc
.... pesli .... ura . . . apithasa
3. Linea, eisnuuc. eprlhneuc. ppacstreuc ....
s . . . più . . . exnchualc. tamera. xelarusu. ivi xi.
vas. avils. xxxAi. Lupu.
La vostra è la seguente:
I. Linea. Arnth. Larisa . . il . ... clieilisc
.... pesli . . . 1 . . . uva . . . apithasa
eisneve. eprthneve. pnacstreve . . . s . . . più . . .
extichualc. tasiera. xelarusitlivixiva. s avils xxxAi.LupM.
E qui vi studiate di provare che queste due
lezioni non differiscono fra loro che in apparen-
za. Imperciocché , voi dite , nella prima linea sia-
mo ambedue d'accordo , meno ' un L misero avan-
zo di voce perduta. Nella seconda è vero che' io
leggo EISNEVE dove 1' Inghifami ha ET5>NVVC;
ma chi bene osservi, rultima C deirTnghipà'mi ha
un picciol taglio in mezzo che' fa divenirla una E.-
Cosi a quel primo ^ dell'Inghirami nella stessa pa-
rola vi e la forma d'una =| etritsca, dìla quale rftart-
chi il taglio di mezzo forse trascurato ò' non visto
dal copiatore: Il suo PnACSTEVC ha «n Pr di
questa forma, cioè n, vicinissimo alla N da ' me
vedutavi. Il di lui TAMERA diviene tosto il mio
TASIERA, se dividasi alquanto l'appendice della
gamba sinistra della y\/\ etrusca , e si sciolga in que-
sta forma IM, che in quella scrittura vale SI. Fi-r
nalmente il suo XELARVSV differisce solo dal mio
XELARVSITL, perchè la parola è appunto sul-
la fine sommamente ambigua e di difficile lettura.
Ora, di grazia , che vi giova che Tlnghiranii
segni un taglio nella C finale di Eisnuvc ^ quan-
do egli legge C , e voi leggete E ? E se nel pri-
mo V di quella voce il di lui copiatore O' non ha
ben visto , ovvero ha trascurato , come voi dite,
il taglio di mezzo , per cui voi vi leggete un E,
a che studiarvi tanto di mostrar la, cohforraità del-
la vostra lezione con quella di un copiatore o po-
co veggente o trascurato ? E che importa, a chi
legge se rjnghirami in ppacstreuc ha prqso^ pejp. n
aSS Letteratura
la vostra N, attesa la vicinanza di quelle due for-
me ? Si quistiona forse tra noi delle cause della
vostra discrepanza medesima? Io so , e tutti san-
uo , che sciolta la etrusca lettera ^ in que-
ste due IM , di tornerà si fa tasiera ; ma tutti sap-
piamo ugualmente che tamera non è tasiera. Al
modo stesso la voce Xelariisit dell' Inghirami non
è il vostra Xelarusitl , e siane pur cagione quel
guasto che dite delle lettere per cui n'è si ambigua
la lezione, ovvero qualunque altra. Nelle quali dif-
ferenze non apparenti, ma vere, chi poi vi accerta
che l'errore sia dal canto dell' Inghirami o del suo
copiatore, e non dal vostro?
-l'i Noto che voi stesso confessate i danni soffer-
ti dalla epigrafe e 1-a dilTicolta di leggerla in alcu-
na sua parte. Ora vedete: io che aveva il monu-
mento in mio potere , che poteva farlo situare a
mio agio nella luce piiì opportuna, che poteva ri-
confrontar la mia copia sul sasso le cento volte ;
mi astenni dal trascrivere le dubbie parole , e solo
mi restrinsi alle certe. Voi che lo vedeste una o
due volte di passaggio, ed il copiatore dell'Inghi-
rami che non piiì di voi potè studiarlo , con mi-
rabile confidenza avete posto mano a quello , di
che io non mi fidai. Ne ciò vi basta. Pubblicatasi
la mia copia , voi come se le cose stessero precisa-
mente al contrario di quel che stanno, ed io fos-
si il passaggiero che rapidamente trascorre le dan-
laeggiate lettere , come se voi ne foste i domestici
osservatori , avete il coraggio ancor più strano di
d'edere che debba la mia copia cedere alla vostra
come a piiì diligente e fedele. 'Ben mi duole che
standomi di presente in Roma non mi è dato di esi-
liirvi , come vorrei tosto , il fac simile di quella
•epigrafe : voi però non avrete a desiderarlo da me
UlV^A KTRLSCA a5()
lungamente. Intanto lasciate pure eli' io vi tolga di
capo codesta malinconia, e vi denunci che la lezio-
ne vostra e dello Inglnrami sono errate, e che la
vera è quella ch'io diedi. Quindi diviene superfluo
ch'io tenga ragione di quelle difficolta da voi pro-
poste, che hanno per fondamento la falsa lezione.
Vengo invece alle vostre osservazioni paleografiche,
ed alle altre eccezioni che opponete al mio com-
mento.
E quanto alla paleografia trovo che mi accusa-
te di tre licenze , per vostro avviso un po' forti ,
che mi son prese; quella di leggere la "^ finale per
sigma lunato ; quella di usare il vau , o digamma,
ora per consonante ora per vocale ; quella di pren-
dere il semplice T per il T aspirato, o viceversa.
Circa il *] finale di molte voci, che in queste
parti di Etruria dissi tener luogo di S, prima che
definirlo una mia licenza , v'incombeva di esclude-
re con esempj ed argomenti opposti il ragionamento
col quale provai la mia sentenza; ne voi il face-
ste, n^, credo, il farete giammai. Quanto all'uso del
digamma ^ ora per consonante, ora per vocale, giac-
che mi rimandate al Lanzi , quasi che egli favorisca
voi, non me, udiamo le parole di questo critico, t. i
pag. 214.
„ Il Passeri sospettò eh' egli equivalesse ancora
,, ad V vocale, come in Capu 311^3 medaglia osca,
„ che leggesi CAPV, Capua. Il sospetto prende ve-
„ rosimiglianza maggiore , se risalgasi ai primi fon-
„ ti di tal lettera , come fa Rheinold. Dopo aver egli
„ premesso che il Vau "2 tenne luogo di V voca-
„ le presso gli ebrei , e che (a stessa vece prestò ai
„ fenici ed ai cartaginesi , che con esso scrissero la
„ quarta lettera nel nome Azruhal ^ conchiiule elio
„ ucir antichissimo alfabeto pelasgico ed eolico pò-
aCo Letteratura
„ tesse avere la medesima potestà. Lo stesso verisi-
,, milmente accadde nell' etrusco ed in altri linguag-
„ gi d'Italia Inoltre osservo che lo scam-
„ biamento di V in ^ potè ancora nascere da varie-
„ ta di pronuncia. Come per l'Italia certi popoli pro-
„ feriscono oggidì lauro , altri lavro , cosi autica-
„ metile si potè proferire diversamente uno stesso no-
„ me , e quindi anche scriversi or LA VCINA , or
,, LAFCINA , come vedesi in epitafi etruschi. „
^ tale ragionamento del Lanzi aggiungete gli
esempi di CFELNE, CAFLA, LAFTNI , TANCFIL
che abbiamo in toscane lapidi , per Cuelne , Caula ,
Lautni , Tancuil; e poi quegli altri di RAFNTHVS ,
LAVTNIT . RFVS , per Raunthus , Lautnit. rus ; e
quello di un titolo inedito sepolcrale nella mia pa-
tria che scrive la nota voce OVER cosi ^^^l*! ^ ^
negatemi , se la ragione il vi consente , che il di-
gamipa servisse ugualmente per TV vocale.
Della T e TH usale promiscuamente una per l'al-
tra , ne parla lo stesso Lanzi t. i. p. 267, ove ci-
ta l'esempio di ATA e di ATHA per Atfia -. cosi nel-
la grande lapida recente di Perugia abbiamo TANNA
che finora trovossi scritta THANA.
Dopo queste minute diiricoila , ne .avrei atteso ,
SI dir vero , dalla molta dottrina vostra delle più se-
rie , e mi sarei pensato ch'entrando più addentro nel-
la materia mi aveste dimostrato che la tale o tale al-
tra parola etrusca da me determinata sorger non po-
teva da quegli elementi di lettere : ovvero che fal-
sa era la derivazione dal greco tema , che io le as-
segnai : o ancor meg'liio , che v'era un tema più le-
gittimo , da cui derivarla:, a modo di esempio , co-
me io feci nella parola eoa . Si fatte osservazioni
son quelle che danno causa a schiarire le dubbie co-
se , ed a propagare i confini della scienza ; special-
Uk\a etrtsca a6i
monto trattandosi con persona che si è dicliiarata ,
come udiste , ben capace di errore , e perciò pron-
ta ad emendarlo. In luogo di questo utile esame ,
voi proponete altre vaghe eccezioni.
Vi jjare arduo il credere , che altri faccia nei-
dere sul proprio sepolcro quel singoiar elogio^tli se
EXIMIUS , r^STATOR , O D.EPOPULATOR : foSSe pur
egli della nazione de"" lestrigoni e di quei ferri-
bili telchini più presto , che della civilissima
Etruria.
Ora chi vi ha detto , sig. professore, che Arun-
te fece incidere a se quel!' epitafllo ? Io no cer-
tamente ; che anzi stimai che forse fu ucciso in bat-
taglia : ne quello era il tempo per lui di ordinare
la propria sepoltura e di coni porsi Tepitafio . Che
se gli fu posto dalla gratitudine de' suoi , non è
del saper vostro il maravigliarvene. E non veggia-
mo noi nei titoli mortuarj di tutti i tempi e di tut-
te le eulte nazioni come la pietà de' superstiti si la-
scia trasportare a lodi anche esagerate e superlati-
ve dei loro virtuosi defunti ? Non è egli questo il
più dolce sfogo del nostro dolore nella perdita de*
nostri domestici , e più ancora de'^ personaggi bene-
meriti della patria ?
E che è finalmente un eximius , ed un i'asta-
tor appropriato ad un guerriero , come io tengo , trion-
fatore ? Non potrebbe egli concedersi , salva ancora
la modestia , ad un bravo guerriero di minor con-
dizione? T)i quale Lestrigonia crederete voi che fos-
se Cu. Pompeo Magno , il quale nel delubro di Mi-
nerva scrisse di se vivo quel magnifico titolo con-
servatoci da Plinio , hist. nat. lib. Vili?
G,A.TI.XXVH. 17
a.G^s Letteratura.
Cn. Pompeius. Cn. F. Maguus. Imp
Bello. XXX. Annorura. Gonfecto
Fusis. Fugatis. Occisis. In. Deditionem
Acceptis. Hominura, Geaties, Vicies
Semel. Genties. LXXXIII. M.
Depressis. Aut. Caplis. Navibus. DGGXLVI
Oppidis. Castellis. MDXXXVIil
In, Fidem. Receptis
• Terris. A. Moeoti. Lacu. Ad. Rubrum
Mare. Subactis
Yotum. Merito. Minervae
ìSon era men civile Roma ai tempi di Pompeo di
quel che lo fosse stata l'antica Etiuria ; così se la
romana civiltà permise a quel grande un si gran
vanto, io non so perchè la civiltà d'Etruria ne avreb-
be negato ad Arunte uno eh' è tanto minore , e
quasi direi tanto comune ad ogni capitano- Infina
a che voi concederete che l'Etruria usò i trionfi ,
ed usò le arti e le lettere , dovrete anche ad essa
concedere i costumi de' popoli trionfatori , i quali
ebbero insieme l'uso delle arti e delle lettere. Ora
io non trovo altro di più solenne fra di essi, quan-
to il celebrare con magnifiche opere ed illustre elo-
gio i loro eroi militari e vivi e morti.
Parvi poi duro che la voce exnchualc vaglia
intecfectus ; ned io so che replicarvi fino a che non
me ne assegnate le ragioni. Parvi ancora duro che
la lingua etrusca, già tanto greca da possedere upi-
thasa senza mutazione, un momento dopo sia tanto
latina da posseder vipci nello slesso valore che ha
presso i latini.
Ma è forse questa la cosa unica che gli etruschi
hanno di comune col Lazio ? Non vedete ivi pressa
Up.xa etrusco 263
le clfi-e numericlie che son quelle de' latini, e per ta-
li voi ancora le riconosceste ne' sepolcri di Axia ?
Quando mi citate Lanzi per prova che avils va
inteso aggettivamente, voi Io citate a meta; imper-
ciocché egli t. 2 p. 322 ammette ancora in quella
voce un sostantivo , di cui mi dite in ogni caso è
leviim . La presente lapida pare a me che sostenga
piuttosto la sostantiva significazione attribuita da
Lanzi a quella voce , che l'aggettiva. E , se io non
erro, quel lyixi (etntem ^ ovvero a!i?iùs ^ e molto più
'vi.xi vitce annos 1 è una dizione si propria e si ben
collocata in fine d'un titolo morluale , che il ripu-
diarla mi pare una vera durezza; tanto più che non
avete nulla che opporre al significato da me attri])ui-
to presso i greci alla voce ersità ci sono of-
ferte dai hassoriUe'>>i di questo genere..
Io ben veggio quale ampia porta oggidì si è spa-
lancata a dicifrare i bassorilievi delle urne etrusche
presso che tutti, quella cioè della pagana teologia cir-
ca i passaggi delle anime de* trapassati, e le loro vi-
cende ne' regni della luce e delle tenebre. Ne io con-
trasterò che laddove si scorgono socjgetli ed emblemi
manifestamente allegorici, siccome furie o genj alati,
figure mostruose d'uomini o di animali , quivi si ri-
cerchino quei punti dello zodiaco , quelle celesti re-
gioni , que' fenomeni che abbisognano a disvelare i
mister] a quel modo delineati. Volere peraltro che gli
artefici toscani avessero ristretto l' esercizio della
>7*
iG4 L i: T T E n A T li R A
scarpello alla sola allegoria , ne mai rasassero per
la storia , die dell' allegoria è più semplice , parmi
cosa che ripagai al costume di tutti i popoli ch'eb-
bero l'arte di scolpire. Il bello si è che i più fervi-
di fautori di queste allegoriche rappresentazioni am-
mettono, a ciò costretti dall'evidenza, che in più ur-
ne toscaniche sono scolpiti alcuni fatti della Gre-
cia. Comunque vogliasi appiccare anche a queste scul-
ture un doppio senso , ed i personaggi delle mede-
sime riconoscere come eroi solari , e come tipi dell'
arcana scienza allegorica, contuttociò non si nega al-
le medesime l'ovvio e naturale significato istorico che
di per se manifestano. Quale importunità si è quel-
la dunque di negare ai toscani l'uso delle storie
patrie , quando lor si concede quello delle stranie-
re ? E s'eglino mettevano l'allegorìa pur nello scol-
pire gli eroi della Grecia come oggi si dice , n^ con-
tuttociò quelle sculture restavano di rappresentare
veri ed istorici avvenimenti , dicasi ugualmente , se
cosi si vuole , che han ficcato dentro alle sculture
delle storie patrie un altro senso allegorico ; ma non
per questo si tolga alle medesime il vero e naturale
significato della storia che ci presentano. Che se an-
cor questo ai toscani si neghi , io non saprei co-
me i fautori di tante allegorie si abbiano a con-
ciliar con se stessi. Diceva poc' anzi che fu general
costume di tutti i colti popoli trionfatori quello di
trasmettere per mezzo delle arti e delle lettere la
fama de' loro trionfi alla memoria della posterità.
Dunque deve del pari attribuirsi ai toscani. Ora io
non so dove meglio lo avrebbero usato che sulla
tomba de' guerrieri medesimi , i quali meritato ave-
vano l'onore del trionfo.
Che questo monumento sia di tal genere, oltre
che il consigliano le domeitiche foggio ed il pretto
Urna et^usci aG5
costume nazionale sfornito di ogni emLlema allego-
rico , vie meglio il persuade la epigiafe eh' h delle
pili lunghe che si conoscano. Che volete di grazia
che fosse scritto in quelle due linee di fitti caratte-
ri ? La genealogia del defunto? Trovatemi un solo
esempio di genealogia sì lunga fra i toscani che usa-
vano di limitarsi al padre ed alla madre, o al più
air avo paterno e materno. Volete che vi sia una
preghiera pel defunto ? Una morale sentenza o av-
vertimento al popolo? Una disposizione testamenta-
ria ? Indicatemi prima per quale ragione si argo-
menti della preghiera, della disposizione testamen-
taria. Ingegnatevi poscia di piegare a tale argomen-
to alcuna delle voci di non dubbia lezione, come so-
no V. gr. eperthneuc, macstreuc, d'onde io trassi
tir^xSveos e ji^jc^ofTe^eo? , e vedete quali risultamenti
potrete ottenere di maggiore conformità alla indole
del monumento. Altrimenti cominciate a dubitare
che quest'urna ( cosi avesse la sorte di capitare fra
mani a molto migliore illustratore che io non so-
no ! ) sia comparsa alla luce per dar di fronte a
certi canoni stabiliti in addietro , ed a certe opi-
nioni troppo francamente asserite a danno dell'an-
tica Etruria per la sola mancanza degli esempj in
contrario.
Opponendomi finalmente, clic in tale scoltura non
si riscontra quella durezza di stile che Strabone e
Quintiliano attribuiscono alle prime opere de' tosca-
ni , e che nel secondo secolo di Roma , al quale
io la riferisco , le arti neppure in Grecia erano giun-
te a quella morbidezza che poscia ottennero , mi fa-
te conoscere di non aver bene intesa la mia opi-
nione. Io aggiudicai , h vero , Fepoca dell' urna al
secondo secolo di Roma; non mi sognai però di chia-
marla delle prime e più antiche opere dei toscani .
266 L K T T E R A T U ft .1
Alle quali siccome voloiitieri concedo i caratteri , clie
da que' classici autori sono ad esse attribuiti, cosi
io credo che debba assegnarsi una epoca molto an-
teriore al secondo secolo di Roma. Ed è questa ne-
cessaria illazione della opinion mia , la quale por-
tando che quest' urna fu fabbricata nel secolo sud-
detto , porta in conseguenza che le arti fossero già
perfette in Toscana , ;corae ciascuno che V esamini
dovrà convenire. E se in Grecia le arti non era-
no a quel tempo cos\ innoltrate, no'l vi contraste-
rò ; ma non clie ciò neccia alla mia opinione , la
quale vuole di più che le arti d'Italia sieno nate
neir italico suolo , prima che in Grecia nascessero ,
o che di là vi pervenissero. Non è de'confini di que-
sta mia risposta , già di soverchio lunga , il tratta-
re questi SI ampj argomenti : vi basti che altri
dottissimi gli han sostenuti con fondamenta per nul-
la inferiori a quelle della contraria sentenza. Così ,
come di cosa di grave dubbio , lasciate che io segua
quella parte che più mi par conforme ai generali re-
sultamenti dell' antica storia , siccome dichiarai nel-
la mia operetta. Quello che mi duole si è, che dal
voler tanto abbassare l'epoca delle arti toscanicìie ve»
do oggimai trarsi troppo dure conclusioni. E chi po-
trà tollerare che l'anfiteatro sutrino , scavato nella
solida rupe a mille palmi di circonferenza , e che si
evidenti porta le vestigie della libera Etruria e dell'
ardito genio di lei, si dica fabbricato ai tempi d'Au-
gusto da quello Statilio Tauro che il primo anfitea-
tro di sasso aveva fabbricato in Roma nel cam-
po Marzio , siccome il eh Pietro Ruga opinò in una
sua lettera al cav. Arditi, Roma presso Salviucci i8?. i?
Se non fu ancor più, che il chiarissimo Inghirami tan-
to benemerito dei toscani monumenti ascrivesse ai tem-
pi degli Antonini quell' altra regalo opera degl' ipo-
Urna, etrusca .aO'^
gei dipinti dell' antica Tarquinia. Io gli auguro di
visitarli solo una volta; elle altro non bisognerebbe
ad uomo di s\ fino gusto e di si grande perizia , per
cangiar di opinione. Certo, che se andremo innanzi
di questo passo, noi tradurremo in breve i tempi e
le opere dei tqscani ai secoli della cronaca di Farfa.
Dissertazione, in cui si stabilisce per ipotesi che
Civita Castellana è V antico f^ejo^ si cerca quat
fu la sede de' f alisci , dove parte di questi si sta"
bill dopo la presa di f^ejo- Terni iSaS, dalla ti"^
po^rafia Saluzj. 8° di pagine 288*
E
d a che non persuade mai l'innato e dolcissinió
amor di patria? Può ben dirsi , che solo esso in-
forma ed esalta gli uomini, quanto piiì d'ingegno
e di cognizioni dotati sieno: che solo esso ne li ac-
cende e francheggia ad incontrare le più improbe,
ed altramente non sostenibili fatiche. Sull' esempio
di una successione di letterati che già costituì l'ono-
re d'Italia , il sig. canonico Francesco Morelli , au-
tore di questa dissertazione, tutto infiammato de'pre-
gi della sua Civita Castellana , paese grafico e for-
te, a cui iixi dal primo risorgimento de'nobili stu-
dj , cioè dal secolo deciraoquinto ^ fu attribuito il
vanto di essere l'antico famosissimo Vejo ^ scende
ora in arena contro i partitami del già noto Mu-
nicipio Vejente , confermatosi per gli ultimi scavi
nell'Isola Farnese ^ contro gli altri del Vejo auto-
nomo in Monte Lupoli ^ contro quelli che pongono
in Civita i falerii o falisci « e che richiamano al-
le recenti scoperte fatte nella vicina S. Maria di
2G8 Letteratura
Falleri di lapidi con chiare note attestanti la Colo-
nia Junonia Faliscorum . In tale bisogna il no-
stro sig. canonico si diporta certamente con som>-
ma bravura ; e gli argomenti suoi sono s\ gagliar-
di , moltiplicati ed ingegnosi , che non poco sudar
dovrebbe chiunque accinger si volesse a vittoriosa-
mente ribatterli. Se alcuni ciò non credessero , con-
sultino essi ( pag. 95 ) , Ik dove stringe sulla
probabilità , fondata certo per altri esempj , che i
romani mandassero i debellati cittadini di Vejo ad
abitare in una parte dell' agro vejentano anche al-
quanto discosta; e che quindi origine avesse il ram-
mentato Municipium Vejens. Consultino essi dalla
pagina 126 , dove incomincia il discorso intorno il
cammino dell'esercito di Camillo , sì positivamente se-
gnato e descritto da Tito Livio. Mille altre cose
in quest'opera meritano ponderate riflessioni, come
a cagion d'esempio le eccezioni che vi si danno di
bassa età e scorrezione agl'itinerarj , e la possibilità,
di alterazione per amanuensi ne'testi dell' alicarnas-
sese , trattandosi specialmente di note numeriche.
Osservabile ancora si è il rilievo e conteggio che
fa VA. N. (dalla pag. (S(S) per provare che le an-
tiche miglia fossero uguali di lunghezza alle moder-
ne , contro la comune sentenza che tien quelle per
pili corte. Noi rimetteremo questa importante dis-
cussione all'egregio collega nostro sig. Potetti, la
cui conosciutissima eccellenza negli studj esatti e
politecnici , tanto delle passate età quanto della pre-
sente , saprà ben togliere di mezzo qualsivoglia
dubbio.
Commendevole ancora è la modestia e la ur-
banità del N. A. , che avendo inteso da' letterati
romani credersi più che dimostrata 1' esistenza del
Vejo etrusco nell'Isola Farnese , ha voluto emette-
SULL* ARTICO VeJO ^Gq
re questo suo lavoro sotto le proteste di mera ipo-
tesi , o disputa esercitativa. Mentre dunque diamo
lode a lui, veggiamo bene, che converrebbe si de-
stinasse una compagnia d' uomini veramente capaci
ed esperti , la quale accedendo sulla faccia de'luo-
glii vedesse spassionatamente in quale de' tre paesi
competitori , l'Isola cioè , Monte Lupoli , e Civita
Castellana, s'incontrassero meglio le due condizioni
descrittive principali diVejo, dateci da Dionigi, ^e-
trce asperce et prcecipites, e civitas aquis circum-
flua ; e se in Monte Lupoli esistano realmente i
cunicoli ascendenti dell'assedio ed espugnazione fat-
ta per Camillo , cunicoli che affermati ci vennero
dallo Zanchi. L' opera frattanto , che può prestar
guida e motivo a sì belle e fruttuose ricerche, tro-
vasi vendibile presso i sigg. De Romanis.
Amati
270
VARI E T A'
Epigramma improvviso del cav. Monti in onore
fVuri certo Tìionias sordo e muto.
Madrigna , è ver , ti fa hatura , 0 caro
Spirto gentil , negando
A te l'udire ed il parlar \ Ma quando
Fiso contempla là mia monte i] raro
Tuo veloce intelletto ,
E l'alto coi-e che ti scalda il petto ,
Dico : Giusta è natura , e per mia fede
Pili di quel che ti tolse ella ti diede.
Saggio sulla wta e sulle opere di Antonio Canova.
8.° Pisa presso Niccolò Capur ro , co''caraticri di F. Di"
dot , 1825. ( Un voi. di cart. 112 , L. )
Intorno la vita e le opere del Canova avevano scrit-
to già egregiamente il Cicognara , il Tambroni , il Qua-
ti^mere , il Missirini , l'Albrizzi ed altri valenti. Or ecco
aggiungersi alla gentile schiera anche il sig. Giovanni
Rosini cliiarlssimo professore di Pisa : il cui libro per
franchezza di locuzione , e per isquisito giudicio di bel-
le arti ci pare veramente degno di quell'immortale ita-
liano , che in questa età nostra rinnovò potentemente i
miracoli del greco scai-pello. Potremmo riferire qui molti
Varietà' ^71
esempi /'a ^Tomprovai- questo vero : ma l'amore del caro
nido ci fa piuttosto scegliere questi due , ne' quali il sig. Re-
sini ha preso a combattere , come la virtù sua e la
giustizia esigevano , pel santo onore italiano. Così egli a
cart. 4' • 75 Avvenivano intanto in Europa le pivi strane
,, vicissitudini , che alla meditazione de'popoli offrir pos-
,, sano le storie di venti secoli. Una rivoluzione , che
„ avea da prima minacciato tutte le monarchie , e che
„ volgevasi a poco a poco alla distruzione di tutte le
„ repubbliche , vedeva sorgere dal suo seno un uomo che
„ sotto le già poco modeste insegne di console , annun-
„ ziava di voler invadere ogni potere : far disparire
,, ogn'ombra d'antiche foi'me civili : e spegnere ogni avan-
„ zo di libertà ( per servirmi d' un'espressione ardita ma
,, vera ) in un mare di gloria. Ma siccome egli tende-
„ va alla rinomanza , per qualunque via ; benché già
„ eternato lo avesse con gli squisiti suol pennelli l'Ap-
„ plani , a pochissimi in Europa secondo ; e benché già
„ lo ammirasse la Francia nella tela di David, quair-
„ do suir animoso cavallo s'avvia sulle vette del gran
,, San' Bernardo : esser volle scolpito in grandi forme ,
„ e fece invitare il Canova a Parigi onde modellar-
„ ne la testa . - Splacque ( né giova il dissimularlo )
„ si chiara ed insigne preferenza ai francesi : e sino
„ d' allora cominciò sordamente a formarsi ad alimen-
„ tarsi ed estendersi un' opinione a lui contrarla t che ,
„ quantunque ristretta da prima ne'pochi e mediocri, si
,, inantenne ferma ed animosa , e degenerò finalmente in
„ manifesta ingiustizia (i). - Giunto colà , crebbe a di-
fi),, Essa ora già cfiminciata fia da quando fu esposto il gruppo
„ di Psiche ed Amore Riportarono i giornali, cht erasi destata iiefrcui-
5, cesi uii'eniula insidia , e all'erano siale giudicale (quelle statue)
,. co/i inaudilu seferitù. Quando parlarono de'pugillatori , disre-
,, sera ad odiosi paragoni (Misjiiiui, pag. i8i j, e quando jjiiui-
2^2 Varietà*
„ smisiira rinvidìa , quando lo videro accolto sì familìal*-'
„ mente dal console: e con tanta grazia ed onore dall'egre-
„ già sposa di lui. Tenera , dolce , alFettuosa , prolet-
„ trice delle arti e più degl' infelici , prossima a salire
„ sopra un trono eh' ella non aveva ambito giammai ,
,, si mostrava semplice e schietta ; come cortese , gen-
„ tile e pietosa vi si mantenne dipoi. Trovò in essa il
„ Canova un'anima che somigliava alla sua t ella nel Ca-
„ nova un amico. Posseder non potendo la persona , cer-
„ co di possedere la Giuseppina quante più. potè delle
„ sue opere (i).-In soli cinque giorni modellò a Sa-
„ int-Cloud la testa del console ; e siccome vedeasl ono-
„ rato e favorito , non ristette l'artefice , operando , di
„ parlargli della distruzione della veneta repubblica , e
„ dell'ingiusto spoglio di Roma e d' Italia, Quantunque
„ dell'una e dell'altra egli fosse principalmente colpe-
„ vele , ed ogni parola di lui sembrar potesse im rim-
,) provero ; non si adirò dell'onesta schiettezza dell'ar-
„ tefice , ma poco rispose al proposito. - Intanto visitò
„ il Canova , e fu visitato dai piìi insigni ai'tisti della ca-
„ pitale della Francia. Da essi a temer non aveva né
„ indegne gare né invidia, David seco lo volle sovente :
„ Gerard lo dipinse : Girodet lo ritrasse in matita. E ,
„ giusto ed integro come egli era , non lodava David ,
„ perchè fra gli uguali è sottintesa la lode ; ma mol-
„ te celebrò il Gerard pel suo Belisario , il Girodet per
„ la scena del diluvio , il Guerin , assai giovane allo-
„ ra , pel suo bell'Ippolito con Fedra , non meno che
,1 s« il colosso di Napoleone , non solo grillarono che queWera
„ il torso di un gladiatore , e non iCun gntrriero , ma scrissffi-o
,1 aver de(to Napoleone stesso, dopo aver »ei!uto il colos«n, Cu-
«, nova crede che faccia le mie eonquisie a furia di pugni. „
(t) Amore e PsicJie in piedi, KL* , Paride, 1a Danzatrice col-
le mani sui fianchi , • la Grazie.
Varietà' 2^3
„ pe'siioi primi dipinti il Le-Gros. Glorioso era il D:i-
„ vid , come esser doveva , di sì bella scuola : ma non
„ poteva immaginarsi il Canova , che molti di quei fran-
,, cesi medesimi i quali ammiravano nudi gli eroi nel-
„ le famose tele delle Sabine (i) e di Leonida , con una
„ contraddizione manifesta , che non può spiegarsi se
„ non dalle più basse passioni , dovessero poi gridar tan-
„ te alto perchè il colosso del console guei'riero non
,, aveva cinti i calzoni.
Difendesi nell'altro luogo la italiana ragione sui di-
versi monumenti di arte rapitici miseramente quando una
gran rabbia francese calata giù dalle alpi , sotto pre-
testo di chiamar noi , non chiedenti , ad una libertà san-
guinosa , corse queste innocenti contrade portando per
ogni parte il terrore e la distruzione. Né ossequio al-
cuno di religione o di civiltà la ritenne : né 1' an-
tico aspetto di Roma , le cui pietre , diceva lo stesso
ghibellino Dante (2) , sono degne di riverenza , non me-
no che il suolo dov'ella siede. E questa era pure la pa-
tria del celebrato Lagrangia ! Qui allora in una fida cit-
tadinanza vivevano alla venerazione di tutta Europa un
Canova , un Alfieri , un Visconti , un Volta , un Piaz-
zi , un Orlani , un Mascagni, uno Scarpa, un Gotu£;no,
un Pagano , un Monti , un Parini , e tanti altri di gran
nominanza ! E non erano ancora calde le cenei-i del Bec-
caria ? Basse e vane considerazioni la virtù e la sapien-
za in que' nuovi vantatori di gentilezza ! Fummo quindi
forzati , inermi e pacifici , a sottoscrivere durissimi patti
quasi col pugnale sul cuore : perchè coloro eh' erano
(1) „ Sono esse , tutto considerato, le opere pi» perfette «lei
„ David. Egli stesso aveva puLbIitalo , quando espose le SaLiii* ,
,, un opuscol© per j^iustificarc l.t nudità de'suoi eroi. Di più, i
„ nudi nei quadri di David :>ouo tra laolu volititi» ,,
(3) Nel convito.
274 Varietà'
qua venuti scalzi e col tozzo in nlano , volevano ripar-
tirne carichi d'oro e di spoglie e con una gran pom-
pa di nome. Ma era ben giusto che ciò che le armi
avevano fatto , le armi medesime disfacessero. Cosi ne
scrive il sig. Rosini a cari. 74 : „ Ritoi-nata in armi l'Eu-
„ ropa sotto le mura di Parigi nell' anno 181 5 , giusto
„ parve ai vincitori che rendati venissero alle nazioni
„ spogliate i monumenti delle arti. Il Canova fu dal pon-
,, tefice invitato a recarsi colà per dimandarne la re-
„ stituzione : e ne accettava tosto l'incarico. Sapeva già
„ che molte opposizioni, scherni, rifiuti (1) e nimistà
,, novelle iacontrate egli avrebbe ; ma guidavalo il santo
„ amor della patria , la giustizia della causa , la fidan-
„ za in se stesso. Quando anco stati fossero per la più
„ parte quei monumenti ( che non lo erano ) spoglie di
,^ popoli combattenti e soggiogati ; la punta della spa-
,, da ripigliava quel che la punta della spada avea tol-
„ to . - Se di ciò dolenti furono ed esacerbati i frari-
„ cesi , non è da dirsi : ed ingiusto sarebbe di farne
„ loro gran colpa. La riunione de'monumcnti delle ar-
,, ti nell'imperial m^useo destava un tal sentimento di stra-
„ ordinaria maraviglia per le forze morali dell' uomo ,
„ che sorpassava ogni immaginazione. Il poter coutem-
„ piare a belF agio quanto, , dalle goffe e pesanti for-
„ me di Cimabue , prodotto avea di straordinario l'uma-
„ no ingegno fino a Raffaello : il vedere nn discepolo
„ de'Garacci elevarsi per l'espressione (2) al par di Ti-
„ ziano e Corcggio : scòrgere i portenti di tutte le na-
„ zioni lottar coi portenti italiani , senza poterli raggiun-
„ gere : tutto ciò potrà leggersi dai nostri nepotl ne'li-
(1) „ Son tropp» noti, perchè ci sia bisogno «li ripeterli,
(a) „ La comunione di S. Girolamo del Dumenicliino era nel
-, museo presso il S, Pietro martire di Tiziano , e il S. Girolama
„ del Ccreggio.
V \ n 1 E T a' 2'jS
,, })i;i , scji7,a che ik" f^iiingauo a coinprendev l'efietto. -
„ Ma se dolorosa ne fu pei francesi la perdita , dopo-
,, elle provocata si erano l'ira di tante nazioni , debel-
„ late colle armi ; se chi reggeva i loro destini scor-
„ dato si era di quella sentenza di Sallustio , che gli
„ antichi romani non alti'o che il poter nuocere ai viii-
„ ti toglie\^ano : pensino , se giusti sono , qiianto più
„ amai-o ne dovè parere lo spoglio , quando quei mo-
„ numenti si toglievano a popoli innocenti ed inermi ,
„ e quando anche alla rapina si aggiunsjeva lo schei'no ;
,, poiché predavasi la Venere Medicea (i) per la sola
„ ragione che si era voluta salvai-.! ! E quando le ce-
„ ne di Paolo , i portenti di Giorglone , di Tiziano , di
„ Leonardo e del Goreggio in lunga e lenta fila tra-
„ versavano la Lombardia , quasi funebri convogli , pen-
„ sino come tratto avevano dietro di loro , benché dis-
„ simulati o repressi , il pianto , il cordoglio , e la pena !
„ Nò giova il recar l'esempio degli ultimi romani del-
„ la repubblica. La civiltà de'costumi , che abolito ave-
„ va la schiavitìi , aveva ugualmente fatto perdere la me-
„ moria , o detestare almeno l'esempio delle rapine di
„ Flaminio e di Verre, - Nulla dunque pareva più giù-
„ sto i e pur molte cagioni si opponevano alia dimau-
„ data restituzione : anzi questo grande atto dì pubbli-
„ ca giustìzia accompagnato fu da costanti e sempre cre-
„ scenti difficoltà , che ne geme l'animo in veder l'ar-
,, ledce sommo ravvolto nelle sottigliezze diplomatiche
„ Invocare il favore quando era chiarissimo il dritto. Non
(i) „ La Venere Medicea, con altre 4 statue a molti quadri
„ • caininci , fu trasportal.i nel »8i>o a Palermo per salvarla dal-
,, la nuova invasione che si minacciava. Di la comandò il console
,, cLie fosse iuviala a Parigi , in pena d'aver cercato un asilo fuo-
,j ri del continente: o fu obbedito al toniaudo. Cuiilò il conva-»
3, glio il cav, Puccinit
2']6 V A 11 I E T a'
„ contrastavasi questo alle maggiori potenze ; sicché usai'
„ volendo di un bilancia differente per le minori , altro
,, non era in sostanza che il richiamar di nuovo in cam-
„ pò la forza e la violenza , che si volevano escluder
„ per sempre. - E perchè mai quegl' italiani , che sce-
„ vri da spirito di parte e da rivalità nazionale ama-
,, no e stimano veracemente gl'ingegni francesi , e che
„ apprezzar sanno quanto essi vagliano in ogni arte scien-
„ za o disciplina , debbono sì spesso rammaricarsi leg-
„ gendo nei loro libri memorie e giornali prodigati gli
„ scherni ed i motti contro coloro , i quali onestamen-
„ te richiedevano il tolto (i) ? E chi aveva piìi dirit-
„ to del Canova nel chiederlo ? Egli che a viso aperto
„ aveva più volte fatto risuonare il vero alle orecchie
„ poco sofferenti del console, e fatto così eco alle ono-
„ rate voci dell'onoratissimo Quatremere di Quincy , il
„ quale solo in tutta Francia ardito aveva di ripetere
„ che l'oltraggiare non è reggere (a) ?
„ Ma quando il tempo farà calmar le passioni , quei
„ francesi medesimi, i quali più amano l'onor na/àona-
„ le , saranno i primi a dar lode alle oneste cure del
„ Canova , che lietissimo fu di rinviare a Roma quei
„ monumenti , che primi gli avevano additato ed aper-
„ to la difficil via del grande e del bello. „
S. B.
(i) „ V, la Biografia dt'moclerni , all'artioolo Cariei>a,
(2) „ Sallustio.
V A R I i: T A* 277
lilirstrazìone al codice autografo di messer Francesco Pe^
trarca stato occulto alla repubblica letteraria fin dall*
anno i5oi , epoca in cui fu posseduto dal chiaris-
simo messer Pietro Bembo. 8." 5. Pietroburgo , ne/-
la stamperia del dipartimento dell' istruzione pubbli-
hlica 1825. ( Sono cart. i5)
Nell'edizione veneta delle i'ìme del Petrarca fatta il i5oi
nelle case di Aldo dìcesi che Messer Pietro Bembo des-
se un completo manoscritto originale del Petrarca agli
editori ^ su del quale fu sanzionata diligentemente V in-
tera edizione. Questo codice non si è più ritrovato do-
po la morte del card. Bembo , non potendo già esser
quello cosi povero ed incompleto che può vedersi al
n.° 3195 della vaticana , e che fu pubblicato nel 1642, co-
me ognun sa, da Federico Ubaldlni. Or dunque sap-
piamo per questa Illustrazione^ che il preziosissimo ma-
noscritto è stato ultimamente trovato dal sig. cav. Ar-
righi , il quale promette di giovarne quanto prima i cul-
tori della italiana poesia. Noi non vogliamo qui giudicare
se esso veramente sia quello che possedevasi dal Bem-
bo , e che tutto era scritto di mano del Petrarca : perchè
sarebbe mestieri il far prima i più accurati confronti .
Solo avvertiremo che il sonetto
Non daW Ispano Ibero alVindo Idaspc ^
da molti riputati commentatori creduto indegno del can-
tore di Laura, non è nel codice dell'Arrighi: come non
v'è pur l'altro
Qui giaccion, quelle caste e felici ossa,
V'è però il capitolo rifiutato da alcmii,
G.A.T.XXYin. 18
378 Varietà'
Nel cor pien d^amarissima dolcezza i
non meno che il madrigale
Or vedi , Amor^ che giovinetta donna ;
Come anclie nel Trionfo della Castità trovasi un' in-
tera terzina tralasciata in tutte le stampe che si conoscono.
Sovra il teatro tragico italiano ^ considerazioni di G. U.
Pagani Cesa. 8." Firenze presso il Magheri 1825.
(Un voi. di pag, 288)
Si vuol dar lode al sig. cav. Pagani - Cesa d'avere in
quest' opera virilmente difesa la tragedia classica dalle
follie de'romantici , e dal loro antesignano Schlegel. Ciò
ch'ecrli dice della splendida mostruosità delle opere tea-
trali di Calderon e di Shakespeare, e delle Fiabe di Car-
lo Gozzi, è perfettamente secondo il nostro giudicio: co-
me secondo il nostro giudicio è l'alta stima in ch'egli
tiene i tragici della Francia : perchè noi pure a lato
delle tragedie di Eschilo di Sofocle di Euripide venere-
remo sempre i capo - lavori di Corneille di Racine di
Crebillon e di Voltaire. La sua ammirazione pel gran
Metastasio sarà cara a tutti gli europei , i quali han-
no que' soavissimi drammi per vere e perfette tragedie
di lieto fine. Del Maftei, dell' Alfieri, del Goldoni, im-
mortale gloria del teatro italiano , parla pure con buon
magistero. Ma ninno saprà con esso lui ritrovare immorale
V Aristodemo del cav. Monti : e pensiamo eh' egli debba
su questo particolare a se medesimo dire ciò che tan-
to saviamente ed opportunamente ha detto al sig. Sche-
doni di Modena , che stimò parimente immorale la Cle-
Varietà* sjq
menza di Tito , cioè il mordlissimo del drammi del
Metastasio. Non vi sarà poi chi voglia lodarlo dell' avere
ingiuriato , anche per merito di buona critica , il som-
mo Gravina , il sapientissimo dell'Italia moderna; e propo-
sto di buona fede agl'italiani presenti , siccome modelli di
tragica elocuzione , i volgarizzamenti del Maometto e del-
la Semiramide di Voltaire fatti dal Cesarotti , e il Po-
libete del Forciroli. Oh in mezzo a qual brutta fogna
di lingua andrebbero i nostri poeti ad attingere la sem-
plicità e l'eleganza! quell'eleganza di cui mostrasi co-
sì schivo ( e di grazia ce lo perdoni ) il sig, cav. Paga-
ni - Cesa in questa sua opera, nella quale molti anche de-
sidererebbero pili ordine e meno ripetizioni.
Scherzo.
Dimandata in una conversazione ad un nostro ami-
co perchè il pipistrello è un animale che non piace a
uessuno , rispose egli improvvisamente :
„ Guardate il pipistrello?
„ Non è sorcio né uccello.
„ Mai non avvien che piaccia
„ Chi ha dubbia e doppia faccia !
Saggi economici del sig. Francesco Fuoco. In 8."
Stanno stampandosi in Pisa presso Sebastiano Nl-
stri , e quanto prima esciranno al pi^bblico. Noi , che
di persona conosciamo il dottissimo autore , non temiamo
eh' essi non sieao de.
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Tabella dello stato del Tevere , desunto dall'altezza
del pelo d'acqua suW orizzontale del mare ^osserva-
to alV Idrometro di Ripetta^ al mezzo giorno.
Novembre 1825.
GIORNI.
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PALMI ROMANI
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NIHIL OBSTAT
Fr. Antonius Franciscus Orioli Censor Theol.
NIHIL OBSTAT
Petrus Lupi Med. CoUeg.
NIHIL OBSTAT
Lauretus Santucci Gens. Pliilolog.
IMPRIMATUR
Fr. Thomas Dorainicus Piazza Ord. Pr^d. S. P. A.
Pro-Magister.
IMPRIMATUR
Joseph Della Porta Patriarch. Constantinop*
yicesgerem .
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SCIENZE
Osservazioni geologiche onde riparare agli avval-
lamenti del territorio di Accumoli in Abruzzo ul-
tra e de* luoghi convicini , e memorie di questa
città, (i)
veva io in animo di esporvi in quest'anno , o
Lincei , essere maggiori i danni die i vantaggi
arrecati dai novelli sistemi in medicina alla me-
dica gioventù: quando ne sospesi il lavoro per le
premure dell'ottimo 171Ì0 genitore, il quale ricorda-
vami sovente di mandare alla luce la patria storia
da me, oltre già un lustro , spontaneamente promes-
sa (2). Aveva io un bel dirgli che le mie cure
paterne rese gravi oltremodo da svariate sciagure
non mi davano quella tranquillità di spirito , ne
quella paziente attitudine per iscrivere una storia
qualunque. Tornavami però alla mente quel gra-
vissimo concetto di Platone : Non sibi soli se na-
tum homo meminerit , sed patrice sed suis (3). Pe-
(i) La parte geologica che doveva leggersi all'acca-
demia dei Lincei il giorno 4 agosto fu letta nella ses-
sione del giorno i settembre 189.5.
(:>.) Giurn. arcaci. Tom. 5 pag. 3o 87.
Ci) Cicer. de fìnib. bonor. et malor. paq. ?^Q.
G.A.T.XXVIU. uj
ago S e I E N a F;
rocchb non potendo , coin(3 io vorrei , illustiaie le
memorie di Accuinoli mia patria natia , per isde-
Litarmi alla meglio, faro di puLblica ragione mol-
te notizie storiche alla medesima spettanti. Nel far
la qual cosa , importantissimo objetto, credo io, sia
(luello di premetterne un geognostico esame da nes-
suno pensato nò conosciuto , dal rjuale risulte-
ranno osservazioni geologiche talmente interessanti
che potrassi in appresso riparare in qualche modo
ai disastri , ivi dai non infrequenti avvallamenti
prodotti. I quali disastri avvenendo eziandio nei li-
mitrolì suoli dell' Umbria (i) e del Piceno , e in
tutti quei territori che a un dipresso conservano
la medesima geognosia, possono richiamare l'atten-"
2Ìonc di ogni ben regolato governo, ^u queste geo^
logiche osservazioni dunque aggirerassi 1' odierno
mio ragionamento.
Quella concatenazione di montagne die per cir--
ca 700 miglia italiane dalla Liguria fino a Reggio di
Calabria divide per mezzo e longitudinalmente la pe^
jiisola, viene col uome di appennini distinta; ne sqi
(i) Vorrebbero eccettuarsi in tal caso gli scosccn-.
dimenti avvenuti, e elio forse avverranno nella cittÈi di
Todi. Siamo noi stati assicurati da perdona degna di
lede clic sotto X invasione francese una compagnia di
ingcgiicrl percbè non rovinasse del tutto quella città
opinò che si fabbricasse altrove. Abbiamo testò noi ve-
duto un pezzo geologico di quel terreno argilloso, e fra
ì strati di argilla vi sono frapposti quei di litantrace
che va in isfacimonto. Più diligenti disquisì/ioni locali
poti^inno riscbiarare questa geologica veduta: verificata
la quale sembrerebbe c!ie qualunque ripajo non pò ireb-
be csbcvc che iiuullc , e di poca durala.
O.S.SF.avA/,10 VI GF.oI.OCICIIE 301
coRtlo alcuni sembia inveiosiniile la congettura degli
antichi, avvalorala dalla rassomiglianza delle rocce,
che quelle montage formassero un tempo una con-
tinuazione coi monti di Sicilia disgiunta forse per
la violenta azione dei vulcani da un angusto spa-
zio di mare. Si diramano gli appennini dalle loro
pii\ alte punte in snhappennini , colli, vallate, e
pianure per indi risalire ora a gradi, ora a sal-
ti, riproducendo fino al loro termine la stessa ma
sempre variata scena. È notabile che il loro ab-
bassamento è pili breve, e piiì declive verso il mar tir-
reno che verso il mare adriatico. La costante mutabilità
della catena appennina è cagione della varietà di tem-
peratura, e elimi anche a piccole distanze; osservan-
dosi altrettanto riguardo ai prodotti vegetali che pel
tratto di qualche miglio gli uni sono diflerenti dagli al-
tri. Vuol per altro valutarsi che ad onta della pili al-
ta elevazione appennina , tranne le sterili balze
delle più alte cime , per ogni dove apparisce la
vegetazione che oilre sempre ottimi pascolari.
Di cosiffatta natura sono gli appennini de-
gli Abbruzzi , la cui figura per la costante loro
ineguaglianza vien rassomigiata ad un trapezio. Si
concentrano gli appennini fra queste provincie ,
l'Umbria e l'alta Sabina. Quivi ancora vien esat-
tamente stabilito il centro d'Italia , e quivi in ol-
tre torreggiano soprattutto le vette appennine. Que-
sto duplice fenomeno di centralità del suolo ita-
liano, e della più alta elevazione appennina, in-
dica al naturalista che come di la diramansi per
tutta Italia le rocce per la formazione dei subaj>
pennini , dei colli , e delle pianure italiche , cos.i
ricordano allo storico che di la egualmente parti-
vano forse i primi italiani per popolare le itali a-
liane contrade. L'istoria in fatti e' insegna che i
3f>a Scienze
COSI delti aborigeni indi sabini furono i primoge-
niti d'Italia (i) : Circa scaturì gines P^ellni et Traen-
ti Jueriint Aborigiìies. Quello spazio inoltre di secon-
do Ahhrazzo ulteriore da Civitaducale ad Accu-
moli , dall'Acjuila a Lionessa , era compreso sotto
l'alta Sabina. Questa d'altronde per geologica di-
mostrazione fu la prima atta , sopra ogni altra re-
gione sabina , a contenere abitanti. Il ritiro in ve-
ro delle acque marine principiava laddove il ter-
reno mostravasi piiì montuoso. La storia quindi con-
validata dal geologico ragionare ci rende probabi-
le che i primogeniti italiani furono sabini , e che
questi primi sabini per fisico - storica probabilità fu-
rono gli abbruzzesi ne'suindicati territorii compresi
senza escluderne i loro limitrofi vicini, ai quali rasso-
migli ano- per la lealtà e docilità di carattere , per
l'amore alla fatica, per la buona indole, e pe' costu-
mi, di cui, malgrado de'reissimi tempi, sono ge-
neralmente parlando anche al presente dotati. Del
che vuoisi ragionare nella parte che riguarda la
storia.
La costituzione fisica degli Abbruzzi , della qua-
le si è in generale presentato l'abbozzo , è presso a
poco la medesima nel territorio di Accumoli , di cui
debbo io qui favellare. La posizione di questo tro-
vasi alla distanza occidentale di 43 miglia dalla me-
ridiana di Napoli, e ir3 miglia di distanza setten-
trionale alla di lei perpendicolare; 90 miglia lon-
tana da Roma suU' antica via salaria , confinante col
territorio del -vico Falacrino , e per così dire sul-
le rovine del -vico Badia , ultimi pagi sabini degli
antichi romani , de'quali si dira, nelle memorie sto-
(1) StvttL, Uh, V, e Dion. alicaru, lib. x.
Osservazioni gkologiciie 393
rlcìie. I SUOI conQni sono dall' O. verso il S. e dall'
O. verso il N. per lo spazio di circa i3 miglia coli*
Umliria , per 8 ia 10 miglia a N. col Piceno , per 4
in S. all' E. coi Pretuzi provincia di Teramo i° Ab-
bruzzo ulteriore, al S. E. ed al S. per circa i4 mi-
glia colla provincia di Aquila 1^ Abbruzzo allerio-
i-e , di cui fa parte . Giace questa piccola cit-
ta (i) sopra di una collina che elevandosi in-
(i) Col nome di Oppidmn fìi edificatat nobile Op"
pidum cliiamolla Flav. Biond. pag. 34 ••Ottavio Beltra-
no neir opera Bre%>e descrizione del regno di Napoli
pag. 286 , pai-lando delle città e terre di demanio dell'
Abruzzo ulteriore (nel cui tempo formava tutta una pro-
vincia divisa posteriormente in due) , dopo avere no-
minata V Aquila annovera tosto ÀccinnoU, Lo stesso tro-
vasi nell'opera De Àntefato , ohservationes jurisdictiona-'
les di Domenico Tassane alla pag. ^'>.o. Il regno di
Napoli diviso in ir^ provincie dal Bacco pag. 87 dice il
medesimo. Lorenzo Giustiniani nel suo Dizionario geogra-
fico ràgioìiato del regno di Napoli pag. ai, 23 l'iporla
che Ferdinando d'Aragona desse ad Accumoll l'onore di
città . Due sono i Ferdinandi di Aragona re di Na-
poli , entrambi benefattori di Accumoli , come vedre-
mo : ma niuno di essi sembra avergli conceduto quel!'
onore , poiché nelle memorie di quel tempo la ve-
diamo chiamata sempre terra demaniale o regia. Nel
dizionario universale di M . Gorneille de V accademia
francese , e di quella delle inscrizioni e medaglie
T, I pag, i3 ediz. di Parigi 1708 troviamo Jcumo-
moli en latin Acuniulwn T'ille du Rojauine de Na^
ples. Elle est dans CAbruzze ultérieure sur la risie-
re du Trenso (iuvece di Tronto) au pied Appennin
cntre Norcia^ et Ascoli. C* est une asscz bunija \ùlle^
J294 Scienze
sensibilmente all' O. per circa 4 miglia costitui-
sce la montagna d' Accumoli propriamente det-
ta rivestita di superbe praterie in mezzo a foreste
generalmente sgombre di frùtici , ma ricclie di al-
beri di alto fusto , fra i quali primeggia il fagus
sil\>atica ; i suoi lati sono più elevali , e nascosti
alla detta citta , ma il loro inalzamento è più
sensibile al S. che al N. dove forma dei dirupi ab-
bassandosi alquanto , per indi farsi montuosa al N.
in vista di 5 in 6 miglia da Accumoli: ed alia stes-
sa distanza abbassarsi di repente producendo un'av-
vallamento ove scorrono le acque del Tronto : al
di Ta del quale si osserva un semi pia no di alcune
miglia risalendo gradatamente al N. E. per elevarsi
seoipreppiiì ; e poco lungi dal patrio territorio con-
vertirsi fra S. E. in un altissima ed aguzza vetta
conosciuta sotto il nome di Pizzo di Sevo , il qua-
le continuando coi maggiori appennini va a con-
giungersi col gran sasso d'Italia. Se questo padre
degli appennini non è visibile in Accnmoli, e ne
rimane distante buone 3o miglia, visibilissimo è queir
altro appennino del suolo umbro-piceno col no-
et fori peuplèe etc. Questa descrizione di Accumoli è
esagerata, precipuameute nel tempo in cui è stato com-
pilato questo dizionario. Il Colucci finalmente , per ta-
cere degli altri, nelle sue Antichità picene T. i.^ pag. 241,
pretende essere stata elevata all' onore di città da Fer-
dinando IV. Questo sovrano beneficò anch' esso Accu-
moli , ma nel di lui innalzamento al trono era già in
inolti atti officiali chiamala col titolo di città. E noi a
suo luogo vedremo che Accumoli fu onorato di questo
titelo quando era in grande decadimento.
OSSEUVAZIOM GÌLOT.Or.tCilS 29^
me di Sibilla chiamato , il qmle (i) rivaleggia coi
prioii appennini elevandosi -^^oo jnedi pai-igiiii so-
pra al mare (2), rimanendo in distanza diretta 12
miglia italiane al N. di x\ccumoli. Da questa descri-
zione chiaramente risulta che le propagini sulla sini-
stra del Tronto sono figlie della SihiUa che prose-
guono air O. ed al N. 0. nel!' Umbria , nella To-
scana , e itrhinate ; le ramificazioni poi che si rav-
visano sulla destra derivano mediatamente dal gran
sasso d'Italia per riunirsi Tune colle altre , sepa-
rate solamente da un avvallamento per le acque del
Tronto. Finalmente dalla parte del S. la finora de-
scritta catena appennina finisce in alti colli , 0. stret-
tissime valli , Una delle quali meno angusta è quel-
la dove scorrono le acque del detto fiume. I
Venti boreali non infrequentemente vi soOlano «
e se i tetti delle case esposte al N. non sono
ben fissi ne rimangono alle volte smantellati . Li
questo cenno vuoisi notare che fan corona ad
Accumoli due picciolissimi sobborghi , ed ora die-
cisette soli villaggi , i cui abitanti colla loro la-
boriosa industria interna ed esterna unitamente
ai non iscai'si prodotti del suolo, coli' aere purissi-
mo che vi respirano , concorrono in qualche modo
alla ricchezza di quel comune ; delle quali cose ne
sarà meglio discorso nella parte storica. Da tre la-
(■>.) È dc^tio cK osservazione il suo antro originario
clic ha ciato luogo a discorso in un cattivo romanzo co-
nosciuto sotto il nomo del Mn.szhino , iu cui parlasi di
uua fata che abitava nel medesimo antro detta ancora
grolla della Sibilla.
(■>.) Nuova carta degli stati poutificj meridionali del
conte AiUonio Litta.
2()G Scie n tu
ti adunque vicn V accumulese territorio contorna-
ta dagli appenniai , i quali per la natura delle
rocce , ma più per li maggiori appennini che gli
sono vicini, vogliono chiamarsi subappennini: molto
più che le nevi assai di raro si scorgono nelle più
alte vette accumulesi nei mesi di aprile e di novem-
bre. Questi subappennini decrescendo formano qui-
vi numerosi colli, colline, valli, e poche pianure,
la maggiore delle quali di poche miglia sta imme-
diatamente sotto Accumoli intersecata soltanto dal-
le acque del Tronto. Questo fiume che in tutto il
suo corso nelle due provincie di Abbruzzo ulterio-
re ha l'unico ponte di materiali alle falde del col-
le di detta citta , ne bagna le medesime all' E., men-
tre al S. sono bagnate dalle acque del llumicello
Pesc^ara , e non sempre al N. da un ruscello chia-
mato Rio-scuro. Nel confronto che in altro mio la-
voro (i) feci delle rocce voline con quello doli' Anio-
ne rilevai che 8 miglia al S. di Accumoli alle radi-
ci di un colle si osservano due ruscelli pochi pas-
si l'uno dall' altro distanti , l'uno che prende il S.
dando origine ad una delle più lontane sorgenti del
Velino , l'altro che guadagna il N. verso Accumoli
per arricchirne il Tronto. La sorgente più lontana di
questo h la miglia circa al S. E. di detta citta in
un villaggio chiamato Preta. Continui confluenti ac-
crescono la copia delle sue acque. Discorre quindi
neir odierno suo territorio dal S. E. al N. ingros-
sandosi sempreppiù , come può rilevarsi dall' annes-
sa pianta topografica. Discorre poscia per molte mi-
glia nel Piceno , ricevendo in Acquasanta le sue
celebri acque termali-sulfuree sotto Ascoli torna di.
(i) Topografia fisica del suolo di Tivoli pag. 3o.
Osservazioni geològiche 297
bei nuovo nel territorio napolitano , serpeggia in
sotto Controguerra e Colonnella comuni presso Ci-
ritella del Tronto in provincia di Teramo , e rac-
cogliendo sempre nuovi influenti , mette foce nell'
Adriatico presso la torre di Martin Seguro accanto
alla suddetta via Salaria. Quivi per breve tratto rsn-
de.) Quest' ilUistre autore ne'siioì viaggi della Toscana
fra le utili cose incorda che il macisno dei toscani è
o
tutta luia sostanza la quale subisce vari gradi di durez-
za , per cui distinguesi generalmente col nome di pietra
serena , e pietra bigia , che è piii dura della serena. Lo
sfarinarsi poi e cadere a pezzi i pietrami di ediflzj bel-
lissimi lo ripete l'aut. dalla negligenza degli architetti di
non scegliere le pietre così dette forti e ruspe , e per
dir meglio la pietra bigia. Targioni Tom. i pag. 17.
(3) Topograi. fisica di Tivoli pag. 17.
1
0.s.sT;RVAS!:io:fi geoiogichc: 3o3
stra arenaria di transizione diminuisce di compat-
tezza a misura che scendesi dalla montagna. Qui-
vi parimenti si scorge una pietr' arenaria dello
stesso colore, ma meno solida e più chiaramente
Stratificata : perocché potrebbe dirsi un'arenaria di
seconda foivmzione ^ o almeno di so\>raposizione.
Un'altra pielr'aronaria piiì secondaria che terziaria
parmi possa chiamarsi quella che è composta di
finissimi straterelli orizzontali di un colore bian-
co - giallognolo , e assai meno dura non solo
delle prime varietà , ma eziandio di quella di so-
praposizione. La credo secondaria , perchè si vede
che formossi con ordine in una pacifica deposizio-
ne di ac([ua. I suoi materiali primi saranno facil-
mente venuti dalla sopraddetta montagna, i quali
pel mestruo acquoso furono sopraccaricati dalla
marna , nel cui non angusto letto dall' alto al
basso dovettero insensibilmente percorrere prima di
depositarsi nei suddetti strati. Scorgesi questa roc-
cia qua e la alle falde delle montagne, ed in tut-
te le colline ove non estendesi la roccia calcaria.
Il saggio che si presenta è raccolto all'È, alle ra-
dici del colle dove è basato Accumoli , immediata-
mente sopra il menzionato ponte , accanto alla via
cosi delta romana sostituita all'antica via salaria che
dall'interno conduce nel Piceno.
Terziaria arenaria è quell' ammasso argilloso cor»
mica e poca calce carbonata ( questa trovasi ezian-
dio nelle altre varietà, scemandone la dose in ra-
gione che SI sale all'arenaria di transizione). Pare che
per eiìetto di alluvioni , ed altri scoscendimenti
in diverse epoche avvenuti siansi formati numero-
si e difFerenti banchi di quelita roccia, che abbon-
da più delle altre, e porge ancora maggiori dif-
f^Monze. Dallo stalo più o meno polverulento pas»
30+ S e J K N Z E
sa la medesima itisensibilmente ad un grado di dii-
r3z,za , il quale e superiore alla secondaria , e
se non uguaglia il macigno dei toscani , perviene
a quel grado di compattezza , per cui , general-
te parlando , ne sono costruite tutte le nostre fab-
briche, il suo colore è un grigio- giallastro, ma piiì
chiaro della secondaria: è singolare per altro che
questa arenaria per V azione forse dell' umidita, o
per altra de me ignorata cagione , presenta sotter-
ra un color cilcstre ; serve allora per uso di fab-
briche interne ; giacche all' esterno non regge , e
volgarmente dicesi che se la mangia la serena. E
friabilissima di fatto alle vicende atmosferiche , e
se vi rimanesse esposta avrebbe una cortissima du-
rata, conforme l' esperienza ha quivi dimostrato. E
notissimo però che tutte le pietre arenarie assorbo-
no più o meno il gas acqueo , e vanno più o me-
no in isfacimenlo. Le nostre maestose mura castel-
lane , le non picciole abitazioni dei nostri avi ,
che non rimontano le più vetuste al di Ta del
secolo dei mo terzo , e che avrebbero dovuto sfi-
dare ancora molti secoli, vanno ogni d\ crollando
contestandoci quanto sia dannoso il servirsi di que-
sta roccia. L'ignoranza però delle cose Usiche , la
facilita colla quale prestasi al lavoro dello scar-
pello, ed i grandi e vicini massi presi dalle pro-
prie terre, sono circostanze perdonabili alla memo-
ria de' nostri buoni vecchi , dei quali non aven-
do più noi le onorate dovizie dobbiamo procu-
rarci tutti i mezzi economici , che i lumi scienti-
fici , dalla sperienza avvalorati , ci somministrano.-
Perciocché torno a ricordare ai miei concittadini ,
non meno che a tutti quei che ignorassero questi
fatti, e che si trovassero nella medesima posizione
geognostica, di guardarsi dal fabbricare con detta roc-
Osservazioni GcoLOGicun 3o5
eia ( i). Bon io comprendo che maggior tìispenclit) ri-
chiede l'uso del macigno calcareo, e dei mattoni fatti
mediante la cottura dell' argilla , terra soprabhon-
danto in quel territorio ; ma queste maggiori spese
sono un nulla rispetto alla lunga durata che ne
verrebbe. Tutte le descritte arenarie sono in que-
sto luogo , e nei luoghi convicini chiamate col vol-
gar nome di tufo (a) , ad eccezione dell' arenaria
terziaria che trovasi nello stato di polvere. Questa
distinguesi coli' esatto nome di arena, o rena, e ser-
ve di cemento in luogo della pozzolana. Viene impro-
priamente dato questo nome ad un sedimentoso ara-
masso che trovasi depositalo all' O. fra il territorio
di Accumoli e quello di Norcia . I caratteri fisici
di quest' ammasso sono un color giallastro con una
grana finissima , ma aspra , e molto aderente alla
lingua , riducendosi in polvere con somma facilita :
perocché sembravami probabile pertenere esso ad una
specie di Tripoli ■, la quale, senza avere sofferta l'azio-
ne termantile, locchè poteva pur essere accaduto ,
mentre l'umbro suolo è ricco di depositi di carbon
fossile , fosse formata di arenaria e silice riamassata
dalle acque, e quindi per sedimento depositata. Pe-
raltro mi son ricreduto dall' opinione che fosse un
Tripoli, dopo esser stato esaminato dall' ottimo pro-
fessore di mineralogia il nostro chiariss. Carpi , il
quale giudicò non esser altro che una terra argil-
losa-silicea. Era io portalo a quella credenza non solo
(i) DI molta durata sarebbero le fabbi-iche costrui-
te colla sopraddetta roccia di transizione : la difficoltà del
trasporto fece forse non usare la jnedeslma che a noi
sembra pivi dura della pietra bigia dei toscani.
(■>) h\ Siena usasi lo stesso nome.
G.A.T.XXVIII. ao
3o6 Scienze
per le circostanze locali ma eziandio per l'utilissimo
profitto che se ne tragge, poiché adoprasi per cemento
in quelle fabbriche che debbono appunto risentire l'a-
zione dell'acqua, come i raolini , i pozzi ec. i quali han-
no per quest'effetto una lunga durata: e breve al
contrario sarebbe se si adoperasse il comune cemen-
to sopra ricordato , cioè 1' arena. Per la maggior
durata non si risparmia la spesa del trasporto: e
forse per la stessa cagione fu dato a quest' am-
masso il volgar nome di pozzolana , La sabbia del
fiume Tronto finalmente è uu miscuglio polveru-
lento di argilla, carbonato di calce , e silice tra-
sportato dalle acque di ogni banda : quivi ancora
smussati veggonsi ciottoli arenarii, calcarei, e sili-
cei trascinati parimenti dai torrenti. Detta sabbia
non serve ad alcun uso. (i)
Esposte le quali cose , vuoisi toner discorso di
quei terreni marnosi terziarii , dalla cui presenza,
mercè dell'azione delle copiose acque, provengono i
suindicati disastrosi avvallamenti. L'argilla che qua-
si pura vedesi in alcuni luoghi , e specialmente do-
ve è basato Accumoli, è la terra oltremodo abbon-
dante in quel territorio. Onde se il suolo d'Abbruz-
zo è calcareo siliceo-argilloso, questa sua piccola por-
zione è apparentemente argillosa calcarea-silicea, da-
poichè la calcarea nel suddetto arenario suolo pun-
to non si adocchia come pietra , ma si ritro-
va sempre in miscela pivi o meno abbondante. Per
(i) Sembra che le acque del Tronto non solo pel
breve spazio clie hanno percorso fino al nostro territo-
rio , ma più per li maggiori influenti che vi si scarica-
no , e provenienti dal suolo arenario , non depositino quei
sedimenti tofacei di carbonato calcareo , come altrove si
osser>a.
OSSKUVAZIO.XI GEOLOGICHE SoT
assicurarmi meglio di questa verità ho profittato
dell' amicizia e dell' esimia perizia del nostro col-
lega r egregio professore Alessandro Conti (i) , il
quale in piìi o meno copia ve la rinvenne. Da que-
sto miscuglio argilloso-calcareo-siliceo risultando dun-
que gli accennati depositi terziarii , ne viene che
_per questa specie di marna il patrio territorio aju-
tato dalla mano dell' uomo e dai naturali Ingras-
si vegetali non è sterile. Ma in alcuni punti dal-
la test^ detta topografìa , dalle pioggie dirotte , e
più dallo scioglimento di copiose nevi vuoisi al-
le volte ripetere la rovina non solo delle terre ,
ma il pericolo di vita degli abitanti che vi sono
sottoposti. Per maggiore schiarimento di un fenome-
no cotanto interessante , fa d'uopo narrare la sto-
ria dei funesti avvenimenti recentemente successi .
Per la qual cosa dopo aver io riferite le parole del-
lo stesso mio genitore, scrittemi nell'aprile del i8i()
epoca degli ultimi disasti'i , metterò sotto il vostro
giudizio , o dotti lincei , le riflessioni che vennero
al mio pensiero tre anni dopo sulla faccia del luo-
go . Dalle quali riflessioni trassi una conseguen-
za, che, se mal non mi appongo , presenta dei fat-
ti quanto facili e sicuri , altrettanto solidi e van-
taggiosi. „ Accumoli 21 aprile i8iG = F. C. == Le
„ nostre disgrazie non hanno mai fine. Si è rinno-
„ vata la catastrofe della Fiorenzola. La villa Tufo
„ è un miracolo che non sia stata tutta subissata (3).
(i) Passò testò nel numero de'plù con vero dolore de-
gli amici suoi, con dispiacimento di Roma, e di chi ama
le naturali scienze, nelle quali era il Conti profondamen-
te versato.
(?) Per tradizione dicevasi fosse stato con maccior
danno^soggctlo a simil disastro. Infatti ciò avvenne l'an-
3o8 S e i K N a E
„ Lo stesso è accaduto ai Mazzancolli . Nella not-
„ te i4 corrente, meno di un terzo di miglio sopra
„ detta villa , cominciò a distaccarsi la montagna ,
„ ed il distacco fu terribile per larghezza ed altez-^
„ za , ma non per profondità , poiché se questa fos-<
„ se stata in paragone di un terzo di miglio di
„ diametro che occupa l'intiero distacco avrebbe riem-
„ pita- la piccola e stretta valle, che alla villa ac-
„ costa colla rovina non solo di sette case che ri^
„ raasero per essa sepolte , ma di tutte le altre an-
„ Cora, Ciò che ha stupito è stato il cammino len-
„ tissimo di tre giorni di quella montagna alla ve-
„ duta di tutti. Mezzo Accumoli vi accorse : nel se-
„ condo giorno vi fui anch' io. Da tutti si esclama^
„ va che a' tempi nostri vanno in fumo i prover-
„ bj più antichi , poiché la montagna non solo in
„ parte spariva, ma camminava. Questo cammino pe-
„ rò è stato fortunato per gli abitanti che non han^
„ no avuta la disgrazia di quegli infelici di caste!
„ Trusino , ma hanno potuto ancora , come hanno
„ fatto, portar via fino i coppi ed i mattoni dalle ca,^
^, se. Un vecchio contadino aveva preveduto qual-
„ che cosa di sinistro , ma non l'aveva comunicata
„ a persona intelligente. Questa previdenza era na-^
„ ta dall' aver vedute molte crepacce (i) fino dal
np 1477. Le storie ascolane per iscambio riferiscono il
fatto al convicino villaggio di Capodacqua , di cui qui
sotto diremo. Saggio delle cose ascolane pag. 348,
(i) Deve avvertirsi che sottilissime erano tali fenditu-
re , mentre potrebbe supporsi che essendo molto larghe,
ricevessero gran copia di neve , la quale passata in gè-?
lo , al disgelarsi, fosse cagione degli avvallamenti. Questo
fenoincno jiunto nqn si osserva nel nostro territorio.
OssERVAaioKi cKiticiii; 309
^^ passato estate nel sito del distacco della lama.
^, La copiosa acqua per lo scioglimento della gran.
), neve che abbiam avuta in quest'anno , e che ha
i,f cominciato sul fine di marzo, si h fatta strada in
>,■•, quelle Crepacce , ed ha prodotta questa sveuturai
i, I vari ruscelli di acqua, che da prima usciva-'
i, no a pie della detta montagna , hanno canlbia-
<)>, ta direzione , e sono comparsi in poca distanza*
,, Il danno è stato delle case >, ma piti quello del
f) vitame che era a piedi della montagna nella sot-
ij toposta Valle ; e ci vorrà molto tempo prima
1, di potersi rimettere a coltura. Anche a me po"
^, ver Uomo ha ricoperto un alberetello. Quasi nel
■j, momento che accadeva questa disgrazia ne veni*
^, va un'altra, che se per miracolo del Signore non
„ si arrestava, sarebbe stata a comune sentimeuto più,
„ terribile della prima 4 Questa lama si è formata
i^ ai Mazzancolli : nel punto che cadeva la lama »
^, sentivasi un gran remore a guisa di grandi èdifi-'
„ zj che cadono. In lontananza di circsL ^ò passi dal
,, suo orifizio s'inchinarono a terra delle annose quer-*
„ eie ed altri robusti alberi , nel punto che quella
„ raovevasi , e minacciava la rovina della valle del
,j Tronto , giacché se proseguiva si sarebbe riunita
^, con Rapino, e Dio sa dove finiva il Tronto. Que-
), sta lama , benché più piccola in circonferenza, fu
^, assai più profonda della prima : ma perchè il de-*
^, clivio era meno sensibile di quella del tufo , per-»
it ciò vogliono alcuni che siasi arrestata. Altri di-
4, cono che a piedi dei Mazzancolli vi era un Tuscel-
4, lo di abbondante acqua sparito da varii anni ,
,) e che nel momento della lamazione è ricomparso;
„ da questa circostanza ripetono clie si fermasse la
„ medesima ....
3 IO SciENZK
La pretesa Fiorenzola^ di cui si fa motto in que-
sta lettera, fu un castello , o per dir meglio un vil-
laggio (i) sotterrato fra le ville s. Giovanni e la
rimpiazzatagli Villanova sulla fine del secolo duode-
cimo da una montagna che la sovrastava al N. e
di cui vedesi ancora il sito del distaccamento , le
cagioni del quale furono le medesime che produs-
sero gli ultimi disastri. Non sarà perciò disutile l'in-
lertenervisi per poco , onde porre in chiaro quanto
sia facile di prevenire gli effetti di avvenimenti co-
tanto sinistri. Due sono lo cause essenziali dalle qua-
li essi derivano : un marnoso suolo terziario è la
prima ; la seconda causa è la copia strabocchevole
delle acque , prodotta o da dirotta continuata piog-
gia, ma più dallo j-traordinario soprannotato sciogli-
mento delle nevi delle montagne sovrastanti i luo-
ghi dove succedono que' dirupamenti ; i quali so-
no eziandio funesti in ragione del maggior declivio
de' medesimi luoghi . Quella specie di marna dun-
que , di cui piccoli saggi sono sotto i vostri squar-
di , o lincei , è appunto , che imbevendosi per na-
tura delle acque alla sua superficie e nell' interno, si
ammollisce a gradi a gradi. Il terreno quindi per leg-
gi ancora di gravita dirupa, producendo in gene-
rale leggeri scoscendimenti con danno ora maggio-
re ora minore della publica economia rurale , al-
le volte per le teste menzionate cagioni succedo-
no avvallamenti di siffatta natura che nello spa-
vento e nel terrore arrecano rovine e morte. Sembra
abbastanza chiaro , clie intanto giornaliero e lento
fu il cammino di detta montagna del Tufo perchè
non profonde furono le radici di quell' avvallamen-
(i) Vedasi la pianta topogr.
OSSERYAZIOXI GEOLOGICHB 3lt
to , ne ebbero la loro origine dal vertice della mon-
tagna , ma bensì verso le falde nell' estensione ap-
pena di un terzo di miglio dalle sue radici. A mi-
sura poscia che ammoUivasi la terra per la copia del-
le acque , e per l'incessante loro aumento, andava
poco a poco cedendo , fino a che dal principio del
suo distaccamento interamente avvallava . Violento
d' altronde fu lo scoscendimento dei Mazzancolli ,
mentre dalle circostanze in detta lettera espresse ri-
levasi essersi formato una specie di profondo vuor
to in varli anni per la scomparsa di un ruscello
di abbondante acqua. La copiosa venuta poi delle
acque recenti, trovando una tale disposizione, pro-
dusse un istantaneo e precipitoso dirupamento con
violentissimo scroscio per lo sprigionamento deiraria4
ISe punto può dubitarsi del profondo vuoto , giac-
che profonde furono le raditi ove incorainciossi il
distaccamento , riconosciuto dalla profonda melma che
il ristagno delle sparite acque aveva formato.
Incompleto pertanto fu quest'avvallamento , per-
chè la posizione era poco declive; ma sembra inol-
tre che essendo stato profondo l'accumulamento acquo-
so non fu questo bastante a spingere si grossa mo-
le di terra : oltrecchè al momento che incomincia-
va r avvallamento , la ristagnante acqua riaprivasi
tosto r antica strada , poiché lo sparito ruscello fu
veduto ricomparire nello stesso tempo. Finalmente po-
trebbe ancor supporsi che quella melma scorrendo
nei solidi strati servisse come di cemento . Ri-
man certo però che il piccol pendio del monte, la
poca forza dell'accumulamento acquoso per la pro-
fondila dell'avvallamento , malgrado la presente for.
za delle recenti acque , e la strada riapertasi dallo
sparito ruscello , furono le principali cagioni perchè
questo avvallamento fosse incompleto. Nò mal si ajj-
3 1 a Scienze
pone l'I mio genitore , clie se fosse stato compie-'
to sariasi riunito col monte di Rapino al di là del
Tronto , formando in tal caso un altissimo monte,
ed avrebbe quindi con immenso danno chiuso il cor-
so ad un fiume superiore che rapidamente discorre.
Da quanto si è fin qui detto rimane indubi-
tato , che l'avvenimento di tali fenomeni ha luogo
più per un' azione fisico - meccanica , che per una
chimica decomposizione. Perocché non posso io con-
venire col dotto naturalista Antonio Orsini di Asco-
li , il quale essendone stato non ha guari da me pre-
gato , mi favori una relazione dell'accennato avval-
lamento di Castel Trosino distante tre miglia dalla
citta di Ascoli . Ripete egli quel sinistro dallo spri-
gionamento dei gas mercè dell'azione chimica delle co-
piose acque sopra i sulfuri metallici, che si ravvisa-
no nei penetrali dell'avvallato terreno. Ninna piri-
te esiste nei luoghi avvallati che io teste descris-
si , no la presenza di questi sulfuri trovasi in niun
villaggio dell' Umbria limitrofo al patrio suolo,
in che avvengono più o meno le stesse Sventure.
D' aJtronde il prelodato naturalista narra che tre
giorni continui di copiosa pioggia precedette l'asco-
lano disastro accaduto il giorno :24 settembre 1810.
Dall'altro canto il terreno, meno quegl'interni sul-
furi, è marnoso^ e la stessa è la posizione grafica ;;
nelle fenditure inoltre di questo suolo marnoso scor-
rono con placidezza continuamente le acque , con-
forme nella stessa relazione ho rilevato ; perciocché
lo sviluppo dei gas di frequente avrebbe dovuto
produrre qualche frana. Forz'è dunque dire che la
straordinaria violenza delle copiose acque fu quella
che per la qualità del terreno produsse quel di-
sastro colla rovina del territorio , di sette case , e
di 12 persone che vi perirono.
Osservazioni gscvlogiche 3i3
Non appena io vidi nel iQiQ i descritti av-
vallamenti che tosto avvisai che dando lo scolo al-
le acque mercè di calcolate leggi idrauliche , con
tenuissima spesa sarebbesi riparato a tanti sconcerti.
Minori sono difatto gli annuali scoscendimenti, quan-
do quelle terre hanno dei solchi verticali fatti coU'ara-
iro. Un solo sguardo che diasi all' annessa pianta
topografica convincerà voii" o dotti lincei, della giu-
stezza della mia proposta onde prevenire ulteriori
disavventure. La natura 'medesima ci additò un si
facile ed util riparo. Api'iss'i ella la strada nelle parti
laterali di quelle montagne ' scaricando le copiose
acque nei fossi che ivi' sii osservano.' •'
Quindi non solo ogni governo , ma -qualunque
municipal reggimento potrà con somma agevolezza
riparare cosi infausti accidenti col dare lo scolo alle
acque. Ottimo divisàmento eziandio sarà quello di;
un assoluto divieto di fabbricare, o ricostruire abi--
tazioni qnalsivogliano nelle marnose terre, o aUe,Ea-l
dici dei monti intersecati da dette terrea iv ììWo
Ne dee recarci maraviglia se invano quivi si ricer-
ca ogni prezioso avvanzo di antichità sabino-romana ;
mentre per la propria geognosia andò il detto terri-
torio soggetto quasi incessantemente a cambiamenti.
Appena qualclie traccia dell'antica via salaria osser-
vasi nella parte quasi la più montuosa del mede-
simo (i). Una tanta perdita delle vetuste cose coi
danni da noi riferiti ci rammenta ancora che la
loro rinnovazione farebbe torto gravissimo dopo'
le indubbie ed evidenti proposte riparazioni.
Ne fia a voi discaro, o valorosi accademici , se
nel porre termine a quest' odierno mio lavoro vi
narrerò un più recente e più luttuoso disastro da dif-
ferente cagione prodotto nella villa di Capodacqua
(i) Vedasi la pianta topograf.
3i4 S e I E N Z S
il dì i4 roarzo iSaS sulle ore i3 italiane. Fin da
quando io leggeva le notizie di Accumoli notai che
quel suo villaggio era stato soggetto alla rinnovata
sventura oltre la metk del secolo iG". Neil' udirne
la rinnovazione rimasi sorpreso , come i miei concit-
tadini fossero stati così smemorati a permettere a
quegli abitanti di fabbricare nuovamente a pie del-
la montagna. Dapoichè non inanca territorio di qua
dal fiumicello, chiamato anch'ivi Pescara , per fab-
bricare al sicuro , come io fortemente inculcai do-
po l'ultima rovina . La villa Gapodacqua, chiama-
ta anche Castello nel medio evo, prende questo no-
me dalla quantità di acqua , la quale non solo
scende dalla montagna di Accumoli , ma eziandio a
nostro giudizio dalla summenzionata montagna della
Sibilla. Difatti al S. O. di questa montagna sotto-
sta una racchiusa pianura di molte miglia distinta
col nome di piano del Gastelluccio , dal vicino vil-
laggio di questo nome . Quivi non si ravvisa al-
cun visibile canale o scolo che riceva non solo l'in-
cessante acqua che viene dalla detta montagna, ma
neppure quella prodotta dall' immensa quantità di
neve ivi nella fredda stagione raccolta. Quest' acqua
nella sua maggior parie dee farsi strada pe'sotter-
ranei meati , molti de'quali vanno a terminare nella
montagna di Accumoli, portando copiosa acqua al-
la radici della medesima, ove si trova una valle
piuttosto angusta nella quale e situato il detto vil-
laggio. Non sono rari i danni prodotti dalla straor-
dinaria abbondanza delle acque a quegli abitanti
disgraziati; e benché più rari, di gran lunga mag-
giori sono i danni prodotti dalle così dette valan-
ghe di neve. Neil' anzidetta epoca dunque cadendo-
forse per propria gravita un qualche volume di ne-
ve da alcuna delle più alte balze, ingrossavasi quel
volume per l'enorme quantità di neve raccolta pel
Osservazioni geològiche 3i5
tratto di circa un miglio nel montuoso terreno ; ma
per Tertissimo pendio della montagna (da me sopran-
notato col nome di dirupparaento ) in ragione e
della massa e della velocita tanta forza acquistava
che schiacciava tutto ciò che gli si parava davan-
ti. Molte furono le case schiacciate , dodici furono
i morti , ventitré furono gì' individui feriti. Piiì
giorni continuossi a travagliare dagli 0}>erai per
ritrar fuori gl'infelici capodacquesi. Dopo due gior-
ni sana e salva fu tratta fuori una vecchia di 82
anni , perchè trovavasi dentro una camera a vol-
ta che non rimase schiacciata. La perdita poi (dei
bestiami piccoli , ma più de' grossi , fu relativamente
molto grande dapoichè vuoisi conoscere esser questo
non piccolo villaggio soprattutto dedito alla pastori-
zia dei secondi. I giornali del regno delle due Sici-
lie accennarono questo fatto , ma nell' onorare Ca-
podacqua col nome di comune , la collocarono sot-
to la provincia di Teramo: colla quale neppure è a
contatto , conforme può vedersi nell' annessa pianta
topografica. .j Tuy.i'uKo!
Prefissomi di pubblicare le osservazioni geolo-
giche, ed avendo io risaputo che il suddetto Or-
sini botanico assai distinto, aveva fatta un'escursio-
ne nel territorio di Accumoli , ho profittato dell'ot-
timo mio amico l'egregio D. Talianini medico pri-
mario di Ascoli perchè a mio nome pregasse quel-
lo scienziato a fornirmi quelle notizie botaniche
che maggiormente potessero interessare la scienza.
Quel chiarissimo, a chi mai sempre grandissima sarà
la mia riconoscenza, dopo avermi notiziato sopra
l'avvenimento citato di Castel Trosino , portossi due
volte in Accumoli scorrendo 1' odierno suo ter-
ritorio , e compilò il seguente catalogo % me te-
ste inviato , soggiungendo che la fertile regione
3i6 Sciènze
di Accumoli vorrebbe esaminarsi in molti e divei'sl
tempi , non già di volo come egli ha fatto : scarso
soprattutto ei dice , troverassi detto catalogo per
ciò che riguarda i funghi, dei quali anche a mia
certa notizia soprabbondano alcuni de' varii colli
boscherecci del patrio suolo.
CATALOGO
alfabetico delle piante fanerogame.
fi.
Acer campestre
„ monspessulanum
,) platanoìdes
,, psettdo-platanus
Achillea millefolium
„ punctata. Tenore
neafp.''
„ tenacetifolia
„ tomentosa
Aconitum pyrenaicum. De-
candoU fi. Fr.
Actcea spicata
AcynDs vulgaris Persoon
syn. pi.
Adoni s autumnalis
„ oestivalis
Aegylops ovata
Aethusa Gynapium
Ageratrum graveolens
Agrimonia Agrimonioides
„ eupatoria
Agrostemma glttiago
Aira capillaris
,, cespitosa
„ caryophyllea
„ flexuosa
Alchemilla Alpina
„ Aphanes
„ vulgaris
Alnus glutinosa
AUium ericetorum Tenore
fi. Neap.
„ Illyricum
„ magicum
„ roseum Bertoloni a-
moen. Ital.
Amaranthus blitum
„ prostratus
„ spicatus
Antoiria vulgaris - Raddi
Jung. Etrusca
Anemone alpina jS Decand.
fi. Fr.
,, hortensis
„ narcissiflora
„ nemorosa
„ ranunculoides
Anthemis alpina
B O T
Anthemis arvensis
„ Barellieri Ten. fi. Neap.
„ cota
„ catula
,, mucronulata Bertoloni
„ tinctoria
Anthyllis montana
„ vulneraria
Antirrliinura Gymbalaria
„ elatine
„ majus
„ minus
„ purpureum
„ spurium
Alsine media
Animi majus
Anagallis arvensis
,1 coerulea
Ancliusa Barrelieri
Androsace villosa
Angelica silvestris
Antlioxantum odoratum
Apargia auturanalis Willd,
„ liispida id.
Aquilegia vulgaris
Arabis Alpina
„ thaliana
,, turrita
Arctium Lappa
Aristolocliia clematitis
„ rotunda
Arnica bellidiastrum W.
„ lanigera. Ten. ti. Neap.
floscuosa Bert. Lucu^r.
Ar»opogon Dalecampi
AMICA Sij
Artemisia Abrotanuni
„ Absyntliium
„ vulgaris
Arum italicura
„ maculatum
Arundo phragmites
Asclepias vinceloxicura
Asarum europaeum
Asparagus acutifolius
Asperula cynanchica
„ odorata
„ taurina
Aspliodelus albus
Astragalus monspessula-
num
Athamanta libanotis
Astrantia major
„ pauciflora Bert. Am.
Ital.
Atropa belladonna
Avena fatua
„ flavescens
Aster alpinus
Ballotta nigra
Bellis annua
„ perennis
Bellinicinia montana Rad-
di Jung. Etrusca
Betonica alopecurus
„ ofTicinalis
Biscutella loevigata
Brassica gravinae Ten. fl.
Neapolit.
Briza maxima
„ media
3i8 S G 1 B
Bromns arren^is
„ erectus
„ mollis
,, pinnatiis
„ squarrosus
„ sterilis
Bupleurum cernuura. Ten.
fi. Neapol.
„ odontites Lin.
Bryoaia dioica
Bunias erucastrum
Cacalia alpina
Calendula arvensis
Cavdamiue lùrsuta
„ impatiens
Carduus aclianthoides
,, crispus
„ uiarianus
„ lycopifolius
„ pycnoceplialus
Carex arenaria
„ digitata
„ ferruginea
„ flava
„ Drymeja Lin. Fil.
„ mariolepis Decandoll,
fl. Fr.
„ recurva
Carlina acaulis
„ acanthifolia
„ caulescens
„ corymbosa
,, vulgaris
Carpinus betulus
„ oslria
N r K
Centaurea calcitrapa
„ Cyanus
„ disseota-Ten fl, Nea-
politana
,, galattites
„ montana
„ nigra
„ scabiosa
„ solstitialis
„ splendens
Cheirantus Cheiri
Chelidonium majus
Chondrilla juncea
Cineraria cordifolia
Circaea lutastiana
Colchicum autumnale
Coniura maculatum
Convallaria multiflora
„ polygonatum.
Convolvulus arvensis
„ Cantabrica
„ sgepium
Coriandrum testicula-
tum
Cornus mascula
„ sanguinea
Clematis erecta
„ vitalba
Colutea arborescens
Conyza squarrosa
Coronilla emerus
„ minima
„ securidaca
„ varia
Corylus avellana
Bota
Crocus vernus
„ „ var. FI. albi
Cuscuta europsea
Cyclanieii hederoefolium
Cynosurus echinatus
Cyperus flavescens
„ fuscus
„ longhus
„ olivaris Targ.
Cytisus Capitatus.
„ hirsutus
„ Laburnura
„ sessilifolium.
Dactjiis glomerata
Daucus carota
Delpliiniuni Consolida
„ velutinum Bert. Op.
Scient. di Bologna
Dentaria bulbifera
Dentaria enneaphylla
„ pinnata
Dianthus Cartusianorura
,, Caryopbyllus
„ deltoides
,, monspessulanum
,, prolifer
Digitalis ferruginea
„ lutea
Dipsacus sylvestris
Doronicuni Columnce Ten.
FI. Neap.
„ pardalianclies
Dorychnium raonspelien-
se
Dryas octopetala
N I e A 3 19
Drypis spinosa
Echium Italicuin
„ violaceum
Echinops spherocepbalus
Epilobium angustifoliuni
„ montanum
„ roseum
Epipactis nidus — avis
Willd.
Erygeron acre
„ alpinum
„ canadense
„ graveolens
Erodi um cicutariura
„ laciniatum
Erysiraura barbarea
„ sylvaticura
Eryngium Campestre
Eupatorium cannabinum
Euphrasia odontites
„ Jatifolia
„ lutea
„ ofiìcinalis
„ „ fi. Bert. amoea.
Ital.
Euphorbia Cyparissias
„ esula
„ exigna
„ lathyris
„ helioscopia
„ palustris
„ peplis
„ peplus
Evonymus euvopaeus
„ latifolius
3ao Sci
Fagiis castanea
„ sylvatica
Festuca Halleri
„ loliacea
Fragarìa collina
„ sterilis
„ vesca
Fraxinus excelfior
„ Ornus
Fritillaria meleagris
Fumaria capreolata
,, officinali»
„ parviflora Willd.
Galeobdolon vulgarePers.
Galeopsis Ladanum
Galliuni Aparine
„ luciduin
„ moUugo
,f palustre
„ purpureum
„ veruin
Genista cordata
„ ovata
„ tinctofia
Genti ana acaulis
„ havaricft
,, cruciata
„ campestris
„ germanica
,, lutea
,, nivalis
„ verna
„ „ /5 pumila
,, ,, Jc Bert. Am. Ital.
Gladiolus comunis
GloLularia cordifolia
E N z E "
Globularia vulgaris
Geranium molle
„ pratense
,, pyrenaicura
,. phasum
,, reflex uni
Geum urbanum
Gleclioma hederacea
Gnaphalium leonthopodi-
ura Willd
„ dioicum
„ erectum
„ stoechas
Hedera Helix
Hedysarum album
„ cristagalli
„ montanum
Heliotropium europaaura
„ tinctorium
Helleborus foetidus
„ hiemalis
„ viridis
Helraintliia echioides
Hesperis inodora
Holcus lanatus
Humulus lupulus
Hyacintlms comosus
,, racemosus
„ roraanus
Hypericum Androsoe-
mura.
„ perfolialum
„ zicherii
„ quadrangulare
Hyosciamus nigcr
Iberis rolundifolia
Bota
Ilex aquifoliura
Illecebrum capitatum
Impatiens noli me tangere
Inula dissenterica
,, saligna
Iris Germanica
„ Fiorentina
„ fcetida
„ tuberosa
Isatis tinctoria
luniperiis cdmunis
Lactuca virosa
Laminm Garganicum B
Ten. fi. Neap.
„ maculatura
„ purpureum
Leserpitium Libanotis
„ Siler
Lapsana comunis
Lathyrus Aphaca
„ Latifolius
Leontodon taraxacum
Lepidium gramineum
„ martagou
Ligustrum vulgare
Lithospermum arvense
„ officinale
„ purpureo-coerulleum
Loliura perenne
Lonicera caprifolium
„ etrusea
Lotus corniculatus
„ hirsutus
„ rectus
Lunaria annua
G.A.T.XXVHI.
N I e A Sai
Lychnis dioica
„ flos cuculi
Lylimacliia nummularia
Malva alnoides Tea. fl.
Neapol.
„ Hedivigi
„ moscata
„ rotundifolia
„ sylvestris
Marrubi uni vulgare
Medicago falcata
„ fusca
„ lupulina
,, orbicularis
Melampyrum arvense
Melilotus officinalis
Melissa officinalis
„ „ i8 hirsuta
Melittis melissophyllum
Mentila hirsuta
„ pulegium
„ rotundifolia
„ sylvestris
Mercurielis annua
„ perennis
Melica cibata
„ minuta-
Momordica elateriura
Myagrum sativum
„ saxatile
Myosotis Alpestre
„ lappacea
„ scorpioides
Narcissus unicolor Ten.
fl. Neap.
21
5 ~2 O C I
Nardus strida
Neottia spyralis fi;)^ <-^'''- -
Nigella saliva "■'•• ^" ■
Oenauthe crocata
„ pimpinelloides
Ononis arvense
„ Columnae Ali.
„ viscosa
Onosma ecliioides
Ophrys arachnites Host
Syn.
„ aranifera Huds.
„ apifera id.
,, speculum Bertol.
Orcliis bifolia
„ coripliora
„ fusca
„ mascula
„ nigra
„ morio
„ maculata
„ militaris
„ pyramidalis
„ sambucina
„ teplirosanthos
Ornitbogalura excapum
Ten. fi. Neap.
„ narbonense
„ umbettatum
Origanum vulgare
Drobanche caryophyllacea
„ cruenta Bert. rar. Ital.
pi. dee. 3.
„ major
„ minor
E N Z E
Orobancbe racemosa
Oxalis acetosella
„ corninulata
Paeonia officinali^ '^ '■1""
Panicum viride Ali.
„ glaucum
„ Crus galli '^ tf
Papaver bybridura
„ rhoeas '
Parietaria judaica
„ officinalis
Paris quadriglia
Pastinaca sativa
Pedicularis foliosa
„ tuberosa ' •
„ verticillata
Phalaris arundinacea
Phyllirrea angustifolia
„ media
Phleum alpinura
„ Gerard!
Phytlieuma orbicularis
Pimpinella dioica
„ magna
Plantago Alpina
„ Cynops
„ major
„ media
„ lanceolata
„ subulata
„ victorialis Per.
Poa alpina
„ annua
„ rigida
„ violacea
B O T A
Polygala amara
„ grandiflora
„ vulgaris
Polygonum bistorta
„ convolvulus
„ aviculare
„ hydropiper
„ persicaria
„ viviparum
Populus alba "^V *«
„ niera
gr
„ tremula
Portulaca oleracea
Potentina apennina Teno-
re FI. Neap.
„ aurea
„ adscendens
,, reptans
„ sabauda
„ verna
Poteriura sanguisorba.
Prenanthes muralis
,, purpurea
Primula acaulis
„ Suaveolens Bert. am.
Ital.
Pulmonaria officialis
Pjrola minor
„ secunda
Pyrus malus
Quercus cerrus
il ilex
„ pubescens
„ robur
Ranunculus acoaitifolius
N I e A
„ arvensis
„ bulbosus
,, illyricus
„ montanus
„ repens
Reseda alba
5, luteola
„ phytbeuma
Rhagadiolus stellatus
Ribes rubrum
Rinanthus crista-galli
Rubus coesius
„ idaeus
„ fruticosus
„ tomentosus
Rosa alpina
,, collina
„ canina
„ serapervirens
Rubla peregrina
,, tinctoria
Rumex alpinus
„ pulclier
Sambucus ebulus
„ nigra
Salix alba
„ acuminata Host
„ caprea
,, elix
„ retusa
„ riparia
,j triandra
Saponaria ofllcinalis
Satyrium liircinuiu
Saxifraga Aizoon
3^
3a3
■ KX?.
3^4 Sci
Saxifraga Aizoides
„ Scingulata Bellardi
„ Muscoides Murray
^ granulata
„ rotundifolia
„ tridactylites
Scabiosa arvensis
„ columbaria
„ crenata CirilU
„ gramuntia Ali.
Scilla bifolia
Scropliularia bicolor Sib-
tops. FI. Graec.
„ canina
„ aquatica
„ grandidentata Tea. FI.
Weap.
„ lucida
„ netnorosa
Scutellaria Golumnse Ali.
„ peregrina
Sclileranthus annuus
Seseli prolifer - Brocchi
Flexuosum Ten.
Sesleria coerulea -
„ nitida
„ junua Stoss
Scherardia arvensis
Sempervivuni tectorura
„ arachaoideum
Senecio Jacobseus
„ laciniatus
„ vulgaris
Sprapias grandiflora
„ easifoUa
E N Z E
Serapius rubra
Serratula tinctoria
Silenoe polyphylla
„ quadridentata
„ Saxifraga
,. baccifera
Sinapis alba. Allioni
Sisymbrium ampbibium
„ nasturtium
„ sylvestre
Siura nodiflorum
Sison amomum
Smilax aspera
Solanum Dulcamara
„ nigrum
Stellaria Holostea
„ nemosa
„ saxifraga Bert.
Stellerà passerina
Sympbytum tuberosum
Taxus baccalà
Teucrium chamasdrys
„ flavum
„ scordium
„ scorodonia
Tlialictrum Aquilegioe fo-
liuin
Thlaspi bursa pastori»
„ perfoliatum
„ saxatile
Thesium montanum
;, IntermediumBert.Am,
Ital.
Thymus lanuginosus
„ MarinosciTen.fl.Neap.
Bota
„ Serpillum
„ Spinulosus
Tormentilla erecta
Tragopogon porrifolium
„ pratense
Trifolium agrarium
„ Ladium
„ montanum
„ pratense
„ spadiceum
Trollius europaeus
Turritis sagittata Bert.
am. Ital.
Tussilago Farfara
„ petassites
Typlia Latifolia
„ minor
Ulraus campestris
Unica dioica
„ urens
Vacciniura myrtillus
Valeriana montana A Bert.
Ap. Se. Boi.
„ Officinalis
„ tripteris
„ tuberosa
Verbena officinalis
N ICA. 33$
Yerbascnm blattaria
„ floccosum
„ longifolium Ton. FI.
Neap.
„ Micrautìium Moretti
„ pulverulentum
„ Tapsus
„ sinuatum
Veronica Anagallis
„ beccabunga
„ agrestis
„ arvensis
„ charaaedrys
,, montana
„ officinalis
„ praecox Ali.
„ serpillifolia
„ urticefolia
Viburnura lantana
Vici a cracca
„ angustifolia Allioni
„ sativa
Vinca major
,, minor
Viscum Album
Xanthium spinosum
„ strumarium
3a6 Scienze
CATALOGO
alfabetico delle piaiite crittogame
Agaricus
alliaceus
„ carapestris
,, androsaceus
„ alneus
„ prunulus
Aspidium
aculentum Swartz
„ . . . . /5. Bert. ani. It. Smith.
„ lonchitis
„ Filix mas
„ rigidum
Asplenium
tnchomanes
„ adiantum nigrum Sp, pi.
„ ruta muraria
, Anto ir a
vulgaris Rad.
Aecidium
crassum Dee. F. F.
„ cucuLali id.
„ tussillagiris
„ convolvuli
„ ilosculesorum Pers. s. m. fune.
Borrera ciliaris Ach.
CandoUea
asplenoides Rad. Jung, etrusca
„ complanata id.^ ;[n{j;;.r']o r.v.'-lvi'.
Cenomyce
rangiferina Acli. lidi, univers.
,, pyxidata id.
„ furcata
Cyathea
fragilis Smith
„ Felix foemina Swartz
Cetraria
Islandica Ach. lich. un.
Dicranum
glaucum Hedw.
„ pulvinatura Smith
Botanica 32,7
Dlcranura scoparium id.
Didimon capillaceuni Sclireder
Endocarpon. miniatum Adi. lidi. univ.
Euernia prunastri Adi. Lic. Univ.
Erineura acerinum Pers. syii. Fung.
„ populinuni id.
„ vitis id , f-^ r.ìi-,\\' ; '•
„ ilicinuni Dee. FI. Fr.
„ nervisequum Ilolni , et Sdimidt
„ quercinurn sp. ?ioi'a mihi
FruUania major Rad.
„ minor id.
Grimmia apocarpa Hed. ,
Gjmnostomum aquaticum
„ lanuginosuni
Hepatica triloLa
Hjpnum capillare
,, splendens
„ cupressiforme Smith
„ molluscura Hedw
„ purum
„ riparioides
lungermannìa brevicaulis Rad.
„ turbinata id.
„ dentata id.
„ triloba Weber Fr.
„ adianthoides L.
Lemna monorliiza
„ trisulca
Lecidca candida Adi.
„ erytlirocarpa id.
„ Wulfenii id.
„ atrovirens id.
„ parasema, id.
Lecanora glaucoma Adi.
33(5 S e I B Pf i E
Lecanora Smithii id.
„ circiunata id.-
„ saxicola id.
Leskea servicea Hedw.
Marcliantia polymorpha
„ sphaerica
Metzeria glabra Rad.
Neckera crispa Hedw.
„ viticulosa id.
Parmelia eaperata Acli.
„ parietina id.
„ glomulifera id.
Peziza aurantia Pers.
Polypodium dryopteris sp. pi.
Pteris aquilina L.
Polytricum alpinura Hedw.
„ urnigerum id.
Porina pertusa Adi.
Puccinia globularia Pers. syn. Fung.
„ umbelliferarunj id.
„ veronicarum id.
„ rosse id.
„ graminis id.
Pelila Fabroniana Rad.
Pellincinia montana id.
Rebouillia hemispherica Radd. Dee. p. 9
Sy ntricliia ruralis
„ muralis
Sciorina pertusa Ach.
Sphaeria herbarum
„ punctiformis
Tuber cibarium Pers. Lycoperdon tuber L.( i )
(i) Essendo a me noto die i contadini di Accu-
moli ( ed_io credo ciò praticarsi ancora da alcuni della
Botanica 339
Usnea barbata Acli.
„ clial)' beata id.
,, florida id.
,, hirta id.
Uredo candida Pers. syn. Fung.
,, tìosculesorum
„ gentianae
•^— i^i^ Il , . I
limitrofa Umbria ) nò del cane né del porco si ser-
vono per Iscavare quest' ottimo fungo , ma bensì , alla
qualità dello sterile terreno in cui non alligna pianta al-
cuna , serve loro di certissimo indizio la presenza di una
mosca posata in detto terreno , nel cui interno trovasi
il tartufo. Per rischiarar meglio questo fenomeno mi son
rivolto al cliiai'iss. autore di questo catalogo per sape-
re la di lui opinione. Risponde egli nel modo seguente.
E cosa ben certa che nelle giornate asciutte e con sole
una gran folla di moscherini molto più piccoli di quelli
si vedono nelle cantine sopra le botti in ebullizione , po-
sano sopra il suolo arenoso che tiene nel suo interno
dei tartufi , e ciò per ossen^azione ceita nel solo suo-
lo di Accumoli , non conoscendo io che altri scauato-
ì'i dì tal fungo ne facciano ricerca in altre parti pu-
re tanto abbondanti di questi. I moscherini accennati
dall' aut. sono insetti assai diversi dalla così detta mo-
sca : essi inoltre trovansi solamente nel tempi asciutti ,
e sotto r azione dei cocenti raggi solari. D' altronde la
mosca , quando è pronto 11 ricolto del tarttrfo , trovasi
non meno colla direi quasi totale privazione della luce
solare che colla pioggia , e col massimo abbassamento
termometrico , e se i moscherini vedonsi nel suolo areno-
so , vuoisi avvertire , che nel nostro territorio molto ra-
ri sono i tartufi in questo suolo , abbondando essi nel
suolo calcarlo , e sopra ogni altro nei banchi della su de-
scritta litomarga : perciocché nel nostro territorio dagli abi-
33^0 S e I K N Z K
tJredo populi
„ salicis
„ graminis
„ menthas
,, fahae
„ piri
tanti de'vlUaggi sulla destra del Tronto scavansi nell'op-
portuna stagione abbondantemente i tartufi. Sebbene io
non abbia mai visto detto insetto , sono stato assicura-
to , clie la cosi detta mosca è piuttosto lunga e di co-
lor gi^ìllo rosso. Pare quindi che l' insetto vada sopra
quel fungo per rincbiudervìsi , e svolgersi poi nel tem-
po dalli natura stabilito. Stante questo pensiero , ho po-
sti varii tartufi deatro una scatola piena di terra , e
coperta con cristallo per verificarne la metamorfosi. Se
l'insetto verrà fuori farassi da me esaminare dal sig. Rol-
li entomologo assai valente: ed in ogni modo se in quest'an-
no per incidenza , o per negligenza de miei , non ho po-
tuto avere l'insetto in quistioae , l'avrò certamente nell'an-
no futuro per renderne conto al pubblico. Nò sarà spre-
gevole notare che 1 nostri contadini sul fine di settem-
bre prendono le così dette tartufare in affitto il cui
tenuissimo prodotto non è versato nella cassa comuna-
le , ma vien destinato per le loro chiese. L'affitto luol-
ti-e sta in ragione della pioggia di agosto , giaccliè se
non piove in detto mese , il ricolto dei tartufi è nul-
lo , 0 scarsissimo. Finalmente i tartufi sono voluminosi
se trovansi piìi alla superficie della terra, sono piccio-
li se stanno molto sotterra: in tal caso alcune volte co-
stumasi dai suddetti contadini prendere detti tartufi , por-
tarli presso le loro abitazioni , e con una quantità del-
la terra medesima sotterrarvili per indi averli piìi gros-
si. Ciò praticasi specialmente allor quando è scarsa la
detta ricolta etc.
Botanica 33 i
Ureclo quercis sp. nov» mihi (2)
„ rumicis
f, suaveolens
„ tussilaginis
„ miniata
„ hirta
„ florida
Variolaria amara
„ clorina
„ lactea
Xyloma acerinum.
(2) Tanto V Erineum quercinum^ quanto VUredo QneT-
cis non si sono ancora pubblicate dall'autore. Esso pe-
raltro mi avverte che la prima sembragli certamente una
specie intermedia fra la Lecìdea , e la Lecanora , la se-
conda è un fungo epifillo , proprio delle foglie del Co-
rjlus avellana , o nocchia come volgarmente si chiama,
DoTT. Agostino Cappkllo.
( Sarà continuato. )
332
Sulle principali cagioni che portano aW abuso del
salasso. Rijlessioni indiritte in forma dì lettera
al eh. sig. cav. doti. Luigi Angeli dal cav. dott.
Domenico Meli P. prof, d'ostetricia in Raven-
na^ e socio ec. ec. Lette nel chiudersi la scuo-
la clinico -medica delV I. R. università di Pa-
dova diretta dal sig. consigl. e prof. y. L. Bre-
ra ^ ed inserite nella nuova edizione del Medico
giovane del sullodato sig. cav. dott. Angeli. Pa-
dova % i8a5.
S u w T o
N.
el quaderno di novembre 1824 del nostro gior-
nale a facce 248 fu reso conto di una lettera del
dotto e meritamente applaudito prof. Meli indiritta
al cav. Angeli d'Imola intorno al presente abuso
del salasso . A reprimere la pratica dissennata di
dissanguar gl'infermi all'infinito sènza serbar modo
e dar tempo, impegnossi specialmente l'A. in far co-
noscere col mezzo di alcuni fatti i micidiali ef-
fetti dell' anemia . Ad istanza ora del celebrato imo-
lese Nestore dei medici italiani , e del sommo elini-
co di Padova (a cui dobbiamo 1' attuale ristampa
della tanto giustamente apprezzata opera del prof.
Angeli = // medico giovane al letto dell' ammalato =
ornata di varie interressanti appendici) ha assunto
nella presente lettera il sig. Meli a ragionare sul-
le principali cagioni che portano all'abuso del sa-
lasso. Risguardando il N. A. la odierna pratica di
pertinacemente dissanguare nelle malattie flogistiche
Abus© itr.ì. «CLASSO 333
jflncliè cotenna si veda , e finché i polsi Lattone fre-
quenti vibrati e tesi, imprende a dimostrare quan-
to ingannevole sia il modo col quale prendonsi in
oggi a valutare siffatti criterii , e come per essi si
vada a fare del più salutifero il più fatale rimedio.
Premette, die a tali errori conducono le tan-
te discrepanze che da lungo regnano , ed ora stra-
namente si riproducono, suU' essenza della flogosi ;
poiché dalla inconcussa dottrina di certe solide ba-
si si avrebbe più ferma l'analisi dei fatti che soc-
correr ci deve nel segnare i confini pratici del retto
uso del salasso. Premette altresì (per non tutto ta-
cere), che qual regola generale ei ritiene (ed a
giustissimo diritto) del ragionevole uso del salasso,
nella cura delle flogosi attive e delle passive, il non
fidarsi intieramente dei menzionati criterii , ma uni-
camente il potersi continuare nell'uso delle flebotomie
„ quando già la quantità dello stesso sangue stia in
„ proporzione della gravezza dei sintomi che dichia-
„ rano non soltanto lo sviluppo , ma benanco il
„ grado di gagliardia cui monta la flogosi che si
,, prende a curare. „ Discende dopo tali premesse
ad esaminare il valore del primo criterio , e con
robusti e convincenti raziocinii fa conoscere la fal-
lacia dei polsi frequenti vibrati e tesi nel sempre
dinotare un persistente stato di flogosi. Dimostra con
somma perspicacia, come per molte varietà di nevro-
si , per effetti dell' assorbimento di viziati fluidi ,
e specialmente come in seguito a smodate missioni
di sangue senza fine reiterate per ispegnere flogosi
che più non vigono , possano illusoriamente presen-
tarsi polsi tesi frequenti e concitati. Del che trae
avvaloramento dallo stato che identico offre il mo-
vimento delle arterie nella economia animale esina-
nita da emorragie , mentre dall' analogia di morbo-
334 S 6 1 S N Z K
si fenomeni istrutto addita la convenienza di efil-
cace riparazione e non già di ulteriori perdite on-
de sedare siffatta specie di movimento arterioso. De-
scrive con accuratezza gli effetti sinistri che dalle
precipitose e soverchie missioni di sangue derivano
contemplandoli in singoiar modo nell'alterata funzio-
ne dell'assorLimento , nella turbata salutifera ripa-
razione , e nella serie pressoché infinita di organi-
che tui'bazioni che scomponendo i tessuti o recan-
do altre croniche susseguenze sospingono gli sven-
turati inferrai al sepolcro. E siccome, a dispetto di
uno stuòlo di morbosi fenomeni oppostamente par-
lanti, si giudica sovente autorizzato il salasso da
un qualche processo di lenta angioite, e di questo
immaginato processo angiotico si crede rinvenirse-
ne lesioni nelle necroscopiche indagini ; così non
omette l'A. di svelare il modo onde trarsi d'inganno.
A maoffior conferma poi della fallace dimostrazione
di tai polsi per autorizzare la celebrazione del sa-
lasso , s* intertiene con molta sagacita in dinotale
la illusoria proprietà dei polsi , rammentando nascon-
dersi sotto l'aspetto di polsi profondissimi, oscuri,
e talvolta esili le piiì gagliarde e diffuse infiamma-
zioni dei visceri addominali a parenchima e pur dei
polmoni , mentre inoperosi si stanno alcuni medici
in tali combinazioni , e trepidanti al più ricorro-
no a qualche missioncella di sangue.
Dopo aver quindi discorso dell'abuso , che si-
fznorepjjia , d'istituire un soverchio numero di san-
guigne entro un giorno , passa a trattare della co-
tenna , eh' è l'altro criterio ritenuto infallibile per
la certezza della flogosi- Favellando qui alcun po-
co intorno al vario colore della cotenna; intorno al-
la diversità del sangue nei varj individui, età e con-
dizioni di salute 5 intorno alle differenze di questo
Abuso del salasso 335
fluido manifestissime nell' istesso individuo da una
provincia venosa all' altra; intorno alle tante va-
riate proporzioni negli elementi del sangue ricono-
sciuti dalle ricerche di tanti chimici ivi pur men-
zionati ; intorno alle infinite cagioni atte a minui-
re od accrescere o rendere inerte ciascuno dei suoi
principj ; e finalmente intorno alle innumerevoli com-
binazioni idonee perfino a privare quel fluido or
di uno or di un altro principio; guidato da tante
e SI assennate ragioni, non vede che la sola con-
dizione della flogosi possa costantemente per cosi dir
preparare i materiali della cotenna. Aggiunge, che
se il sangue (indivisibile nello stato di vita) è ca-
Face di alterarsi per condizione morbosa , non dee
indole di questa dedursi dai fenomeni che ci ap-
presenta il sangue scomposto ed abbandonato alle
leggi che la chimica esercita sui corpi morti. Sif-
fatta stravaganza (ei dice) sorpassa ogni torto pen-
sare , e troppo fa onta al luminoso stato a cui è
giunta la medicina nel secolo' decimonano.
Col sostegno poi di replicati esperimenti da es-
so con somma solerzia istituiti sulla cotenna e co-
agulo del sangue , si trova il sig. Meli autorizza-
to ad inferire , che la produzione della cotenna
sia un fenomeno di fisico -chimica spettanza, deri-
vante cioè dall'azione di alcune sin qui indetermina-
te fisico -chimiclie potenze sul sangue abbandonato
dal principio che nella nostra macchina lo verifica ,
e posto in condizione di decomponimento. Del quai
giudizio egli vieppiù si persuade e pel completo
organizzarsi della cotenna dopo il rafFreddamen-
to del sangue , e per la costante posizione di es-
sa alla superficie di cotal liquido che trovasi in con-
336 S e r E N z E
latto diretto con 1' atmosfera. Non impugna , che
sol dietro una particolare modificazione dei mate-
riali componimenti il sangue, agir possano le poten-
ze esterne per formare la cotenna; apertamente ne-
ga bensì, elle questa particolar modificazione venga-
gli unicamente partecipata dai processi infiammatorii,
e trova pur dementita quest'assertiva da fatti in-
contrastabili. Che di vero non vi è stalo di più o
men ferma salute. : non soggetto fievole o robusto
di costituzione; non varietà di temperamento, di età,
di sesso , di modo di vivere , a cui traendosi sangue
non se ne possa separar la cotenna. Quante vol-
te d'altronde non mancò questa nel sangue estrat-
to a malati della più accertata irffiammazione ! quan-
te mai non sono le vicende di questa cotenna, sic-
come le si leggono registrate all' articolo Cotenna
nel dizionario delle scienze mediche, ed in parte qui
trascritte dall'A. !
Innanzi finalmente di chiuder la sua lettera non
risparmia il sig. Meli di rampognare la smania in-
cessante di Irar sangue in qualunque epoca e tem-
po della malattia , fino ad obliarsi che al declinar
delle acute flogosi niun conto più dee farsi della
cotenna per rispetto alle ulteriori indicazioni delle
sanguigne. Vien da ciò l'egregio A. sospinto ad es-
clamare contro gli errori dei sistemi , e si duole
specialmente , come in questo secolo , che ben può
dirsi secolo della medicina, abbiasi ad „ udire e leg-
„ gere , che l'esercizio della vita e delle organiche
„ funzioni è opera di fisiologica flogosi ; il germe
„ dell' uomo vien concepito , si sviluppa , cresce e
„ giunge a maturezza nell'utero materno ; che indi
„ in forza dello stesso processo respira, si nutrica,
Abuso del salasso ^^j
,, digerisce , e corre tutto il periodo della uma-
„ jia vita? „ (i)
Da questi rapidi cenni è agevole il conoscere
quanto sia commendevole questo prezioso lavoro del
sig. Meli. Nel sentimento profondo della veracità o
sodezza delle ragioni non ha chi lo sovrasti: quin-
di e che a spegnere o raffrenare almeno V incauto
abuso del salasso , ed a penetrare altresì con since-
ra convinzione le regole di rettamente usarne, ed il
nocumento sommo emergente dalla profusione del flui-
do sanguigno , si rende, a parer nostro, indispensa-
bile la originai lettura della presente lettera, a cui non
manca pur il pregio di venusta e dignità di stile.
TONELLI
(i) Saggio secondo sopra razione sì esterna come in-
terna dei corpi siiir organismo umano, e sopra f infiam-
mazione, del prof, emerito Luigi Sinibaldi. Foligno iSaS.
Non è egli un tale squarcio apertamente tessuto con le
stesse identiche espressioni , con le quali, presentato nel
sunto dell' opera del prof. Sinibaldi nel nostro giorna-
le , fé montare il medesimo in collera fino a reclamar-
ne la rinunzia e dichiarai'lo .contraddittorio allo spirito
delle sue intenzioni ? Buon per noi , che l'autorità di un
letterato viene a sancire il nostro rapporto. (Il compii.)
G.A.T.XXVIII. aa
33a
Della medicina pratica in generale scevra da tan-
ti sistemi^ guidata dalla economia animale e dal-
la teoria de^ segni : in particolare delle febbri es-
senziali ed eruttive^ con un saggio analogo di
materia medica ; del dottor fisico Giuseppe Pie-
cerilli ec. Roma 1824.
Estratto.
Ci
li dovrà saper buon grado il sig, Piccerilli, se
a prò di lui imploriamo indulgenza da chiunque
sarà per leggere il presente articolo. Egli ha pub-
blicato quest'opera nella sicurezza che le cose si stes-
sero in medicina nello stato in cui trovavansi al prin-
cipiar del secolo decimonono; ma per buona ven-
tura ancor molte delle nostre monete di quell'epo-
ca non sono in oggi piiÀ in corso. Destatosi ora
dal suo sonno medico di quasi cinque lustri , ci fa
il N. A. un grazioso regalo del presente suo lavo-
ro. In una prefazione al saggio lettore^ dopo aver
dato la definizione della malattia, avverte i doveri
del medico nel seguire le vestigie d'Ippocrate , e
nelle obligazioni di prceterita dicere ( sarà forse ciò
un error di stampa, poiché avrebbe dovuto legger-
si discere) ^ prassentia nascere^ futura prcedicare-,
di conoscere appieno le funzioni tutte dell' uomo
nello stato sano ; e di abbandonare i sistemi , e
studiar solamente con gli antichi l'uomo nell'uomo
istesso. Consiglia cosi l'assoluta necessita dello stu-
dio dell'anatomia , della fisiologia , della igiene , e
della patologia, soggiungendo: „ Tali cose vengono
„ da pratici riunite in un trattato detto terapeu-
Medicina pivatica 339
,f tica ; che vai lo stesso che la perfetta scienza
„ della diagnostica , de'prognostici, e cura di cia-
„ scun morbo acuto o pur cronico.,, Per verità una
tale asserzione avrebbe già da per se sola obbli-
gato chiunque a desistere dalla ulterior lettura del
libro , facendo dalle condizioni di essa argomentare
il pregio di tutte le dottrine sparse in un* opera ,
qhe si proclamava aver l'oggetto di ritrarre i me-
dici dalle futilità dei sistemi al sentiero della ve-
rità . Che di vero nel trascritto periodo ognun com-
prende l'erroneità del primo inciso, non abbraccian-
dosi nella terapeutica lo studio dell'anatomia , del-
la fisiologia, della igiene, e della patologia; e più
agevole riesce altresì il conoscere la falsità del se-
condo inciso , non impegnandosi la terapeutica di
far conoscere la diagnosi e la prognosi dei morbi.
Nulla poi diremo della incoerenza evidentissima del-
la proposizione, sembrando quasi che due distinte
figure impartir si volessero al vocabolo terapeutica ,
rammenteremo bensì ( in ossequio della verità, e
non già con animo d'istruire il sig. Piccerilli ), che
la voce terapeutica (o terapia secondo alcuni) trae
la sua etimologia dal greco verbo therapeyo , che cor-
risponde al latino curo et sano^ Uno scrittore adunque
che si proponga istruire . . . riporre in sentiero . . . ,
e poi si mostri infedele nel definire ciocche tratta,
potrebbe per avventura venire da alcuni eccitato
a profittare il primo dell'applicazione di somiglie-
voli suggerimenti. Ne arduo sarebbe il rinvenire do-
cumenti : a scanso però di dividere col lettore la
noja dell'intero sunto del libro, di cui abbiam so-
stenuto con pazienza la lettura, diremo alcun che di
qualche articolo.
In undici articoli dividesi questo volume : nel
primo dei quali si parla „ Dell' origine , progressi ,
33*
34o S e 1 E N s K
„ e deviamento della medicina ragionevole. „ Que-
sta medica istoria sovèrchiamente laconica vien chin-
sa dal nome di Brow'n : il che guiderebbe a con-
chìudere ( ma non vogliamo crederlo , per non fargli
ingiuria come scrittore) che foss' egli digiuno della
nozione dei tanti altri sistemi succeduti a quello di
Browii , e dei quali pur gli correva 1* obbligo di
fare almeno ricordanza. Nel secondo articolo si prò^
pone r „ Esame delle «agioni produttrici le malattie
„ in generale. „ Si chiama infermo l'uomo, allorthè
le funzioni vitali, animali, e razionali non si ese-*
i^uiscono secondo l'ordine naturale. Pària delle va-
rie cause dei morbi, ed avverte come i morbi ven-
gano caratterizzati dalla concorrenza di alcuni segni,
polso cioè, aspetto, respirazione, escrementi, sonno,
veglia ec. A queste nozioni non troppo ( per dir
"Vero ) coerenti al rigore del titolo posto in fronte
all'articolo , aggiunge , che la „ unione di tanti se-
„ gni caratteristici delle malattie furon detti dia-^
„ gnostici, e da alcuni pratici sjndrome. „ Or qui
il sig. Piccerilli, quasiché fosse affatto digiuno del-
le materie che tratta, nuovamente inciampa ed as-
sai più della niula di Galeazzo Florimonte, della
quale disse il Berni :
Dal più profondo e cavernoso centro
Ove ha Dante albergati i Bruti e i Gassi
Fa, Florimonte mio, nascere i sassi
La vostra mula per urtarvi dentro;
giacche dir dovea in vece, che sjndrome si appel-
la là unione dei segni caratteristici delle malattie
detti diagnostici ; non suonando la voce diagnò-
stico lo stesso che syndrorne . Dopo aver quindi
anticipate le definizioni de' segni anamnestici , prò-
Medicina PRAtiri 34 1
gnostici ., e critici^ degl' indicanti p controindicanti
non che della cura eradicativa^ della palliativa^
della profilattica , e à^ analepticn , s'inoltra al ter-
ap articolo intitolato „ Indagine particolare sulle
„ cause producenti le malattie. „ Vengono ivi in.
quattj'o capitoli contemplate le sei cose dette dagli
antichi non naturali , e da lui chiamate ausiliarie
alla vita . Per amor di brevità noteremo soltanto,
che ne! primo capitolo (ove discutonsi le cause pro-
dotte dalla cattiva qualità dell'aria) rileva, che l'aria
impregnata di particelle umide sopprime la traspi-
razione, e che essendo questo escremento di acida
^atura rende acrimonioso il sangue (poveri sudo-
ri dei chimici e patologi d'oggidì!), nel quale perciò
si produce la crusta infiammatoria. Questa crusta
può anche nascere .dalla perdita che la parte fibro-
sa del sangue faccia della sua parte linfatica ; poiché
la parte fibrosa intrinsecata resta colla rossa, e le
carni vanno a poco a poco a perdere il convene-
vflle umido radicale . A maggior intelligenza di
questa genesi dei morbi infiammatorii arreca il pa-
ragone „ dei corpi aridi {risiim teneatis amici\) che
„ facilmente si accendono, ed alcune fiate senza co-
„ municare col fuoco , come avviene alle ruote dei
„ carri , accalorite tanto dallo strofinio cbe soffro-
„ no, per cui li carettieri intromettono sempre tra
„ Tasse ed il baril delle ruote, delle sostan/.e che
„ possan sempre mantenere un certo umido . . . „
Crederemmo di urtaie il buon senno del lettore,
ove gli errori additassimo di simil foggia di ra-
gionare. Non sono di miglior tempra i rimanenti ca-
pitoli che omettiamo di proseguire.
.. 'j L'articolo dei segni è il migliore che conten-
gasi nel libro. Racchiude esso vario pregevoli nozio-
ni , ma che a tutti i buoni medici denno esser note:
34^ S e I E N l E
poiché conosciamo esser desunte quasi interamente
da Prospero Alpino , meno quella dei polsi, a cui ha
dato altro sviluppo non senza frammischiare erró-
ri teoretici nelle varie spiegazioni. Ha poi qui il
N. A. omesso onorata ricordanza di Sachero . Sie-
gue l'articolo della differenza delle malattie in ge-
nerale, ch'egli divide in malattie dei fluidi, in mor-
bi composti , ed in malattie organiche: facendo a
ciascheduna di tali divisioni succedere un relativo
capitolo per additarvi la classe dei rimedj opportu^
ni a combattere ora le acrimonie , ora le irritazio-
ni, ora la causa putrida, ora la pituita, ora altri
viziosi umori che impregnano il sangue nello stato
di cacochiraia , ora . . . Passando all' articolo con-
sagrato al trattato delle febbri , osserveremo ch'egli
la ripete dal deposito di uu' acrimoniosa e lenta so-
stanza nell'estremità delle arterie. Parlasi ivi della
febbre effimera , della febbre reumatica, o meglio pu-
trido - inflaramatoria , della febbre putrido - biliosa ,
del tifo, ossia febbre maligna, delle febbri intermit-
tenti maligne, della terzana e della quartana. Non
avendo in animo di qui tutto riferire , diremo al-
cun che sul conto della febbre putrido-biliosa, perchè
l'A. riconosce in questa ( pag. i64) n un vizio di
„ degenerazione o sia corruzione, tanto delle sostan-
„ ze alimentizie , quanto della bile ; dal qual com-
„ plesso n'esala un alito di cattivo odore sempre
„ infesto alla vita , e che alle volte è simile a
'„ quello dei cadaveri , al quale grado vanno ta-
„ li infermi approssimandosi „ E poi mi-
rabile il modo con cui spiega alla pag. 167 la in-
troduzione della bile nello stomaco. „ E nota dall'
„ anatomia la situazion naturale del ventricolo e l'in-
„ serzione del dutto coledoco sotto la curvatura
„ del duodeno , per cui nello stato sano si rende
Medicina pratica 345
„ impossibile l'entrata dell' umor bilioso dentro del
„ ventricolo suddetto. Caduto in debolezza esso ven-
„ tricolo nello stato morboso ; chi non comprende
„ che per legittima conseguenza ne deve succedere
«, il rovesciamento , insegnato ancora dalla sezione
„ de'cadaveri? Perciò (juella parte ch'era superio-
„ re diviene inferiore, e viceversa. Ciò posto, si ca-
„ pisce bene , che non potendosi nello stato sano
„ insinuar la bile nel ventricolo; perchè situato su-
„ periormente alla inserzione del coledoco, essendo
„ caduto in debolezza , li offre il comodo declivio
„ affine possa insinuarsi; ofTerendo in oltre detto
„ rovesciamento una piega sotto l'inserzione del co-
„ ledoco suddetto che ne facilita il rigurgito den-
„ tre del ventricolo , che ne rimane riempito. Ki-
„ pieno lo stomaco di tanta bile . . . „ Ed in-
nanzi di abbandonare questo capitolo della febbre
putrido -biliosa uno squarcio riferiremo del suo me-
todo curativo per far conoscere ai nostri lettori la
terapia del sig. Piccerilli. „ Se la febbre non cagio-
„ na estuante calore , se non vi e indizio d'infiam-
„ matoria disposizione, ed altri segni controindican-
„ ti , r uso della corteccia peruviana riesce molto
,, vantaggioso ; e se vi è necessario raccoppiaraeu-
„ to di altro rimedio che accrescer ne })uò l'effica-
„ eia, deve frammischiarvisi. L'uso da tanto in tan-
„ to del mercurio calomelano si stima utile, per de-
„ cimare la causa che va concuocendosi , e per la
„ sua attenuante virtù non sono aliene dal recar
„ del vantaggio le preparazioni dello stesso mercu-
„ rio vivo estinto col mele ed iiidi mescolato con
„ tanta corallina o seme santonico polverizzato, li-
„ no alla riduzione di una massa pillolare facen-
« do praticare tre 0 quattro pillole ogni due o tre
), ore. In oltre si conosce molto profittevole l'uso
344 S e I R N E E
„ del cinabro misto col succino , anche per elimi-
„ nare de'lumbrici quali sovente ai'recano fastidi o-
„ sissirai sintomi. - Il massimo de'rimedj è il bagno
„ freddo per immersione, e piìi volte il giorno re-
„ plicato , in particolare se la testa si grava , se
„ l'addome si gonfia, vi è sussulto ne' tendini, che
„ minaccian le convulsioni indicate da'polsi piccoli e
iy ristretti. Non deve tralasciarsi 1' applicazione dei
„ vescicanti, raddoppiati agli arti inferiori, cioè co-
„' sce e gambe, alle braccia, alla nuca, ed anche
,■, l'applicazione dell'erapiastro di tapsia in testa se
^,'vi è coma sonnolento o vigile, e quanto più pre-
„ sto si procurano tali piaghe , tanto facilmente si
„■ evitano le pericolose metastasi nelle parti inter-
■„ ne, specialmente giacche la cagion maligna galleg-
„ giante in circolazione , o non ben fissata in quel-
,, la parte , che aveva preso di mira , vien dallo
„ stimolo delle cantarelle richiamata al sito dell'ap-
„ plicazione, ed a guisa di un umor cancrenoso vi
„ mortifica la cute , che pure merita di essere me-
„ dicala, come fosse una cancrena. „
Ecco le immagini, colle quali il Piccerilli va in-
gemmando la sua produzione. Arrestiamo qui il cor-
so del nostro estratto per non oltraggiare la sofferenza
dei lettori: molti de'quali avran forse paragonato il
N. A. a quelle meschinelle femmine che sudano talvolta
d'assai nel partorire aborti. Ninna osservazione perciò
faremo Su gli altri articoli che conseguono, i quali ne
condurrebbero a dare all' A. istesso una lezione piiì
proficua e piiì necessaria forse di quella ch'egli ab-
bia tentato di dare ai medici; se già non ci sem-
brasse di esserci troppo iiilertenliti intorno a così
misera cosa.
Torelli
345
r fif
LETTERATURA
Iscrizioni antiche scoperte da non molta' tempo ^ , e
meritevoli di esser poste a notizia dedotti.
M . a
T
X rovata sulla via Valeria tra Tivoli e Varia, o
Vico varo. Comuni cataci la prima volta dal eh.** sig.
professore Thiersch , e poscia assicurataci in alcune
cose dall'egregio collega nostro sig. Potetti.
G . MAENIO . G . F . CAM
Bisso
AEDILl . fui . VIRO . MAG ,,.. j,.
HERGVLANEO . ET . AVGVSTALl,.. ,
PRAEFECTO . FABRVM
M . SILANl . M ,,F . SJE;X,'J:P ,j;;, ^-^
GARTHAGINIS : .ui;!..;— r
TR . MIL . LEG . Ili . AYGVSTAE
QVINQVENNA//... 9/fu;n l;,fi ..>ij
Sapevamo da altri monun9enti,che i Pi-efettèide'fabr
bri, ora diremmo direttori generali delle macchine
guerresche , come gli altri militari ed ottenevano
congedo , e più volte tornavano a'ioro laboriosi uf-
ficj. Non sarà quindi più difficile a concepirsi:, che
il nostro tiburte robustissimo Menio. Basso richia-
346 Letteratura
mato fosse cinque volte al grave incarico di pri-
mo ingegnere ; la sesta volta almeno in provincia
si lontana come la cartaginese ; e ciò prima che ar-
rivasse ftd^ essere tribuno di una legione ; posto
che qujgl; glar^^inastro di Orazio dovette forse al dis-
ordine delle politiche vicende.
Notata pel primo e trascritta in Marino dall'istes-
so sig» Poletti.
D . M
CLAVDIAE ;PRISCAE
CONIVGI . PIISSIMAE
EVTYCHES . CAES . N
SER . TRYPHONIANVS
DISP . VILL
MAMVRRANAE
Del grande Mamurra ugualmente Prefetto de' fabbri
si sa, essere egli stato uomo ricchissimo; e con tut-
ta Tamicizia di Giulio Cesare , anzi per essa sola ,
va benissimo, che fosse poscia detto da Catullo de'
coctor Formianus ; e che ora vediamo una sua gran-
de villa incorporata al patrimonio de' Cesari , ed
amministrata per 'un servo di essi. Non avendoci
a nostra notizia derivazione alcuna sicura dall' an-
tico del nome di Marino , sembra verisimile , che
mentre la villa diceasi Mamurrana, il popolo dices-
se Maraurreno e Mamurrino il fondo ; e cosi per
troncamento venisse il nome moderno di Marino.
3.
Dagli scavi suU'AppIa del benemerito sig. Ammendo -
la- Copiata con vera esattezza dal sig. Luigi Ve-
E f i G Jé K t t t à,': 347
scovali. Confrontisi con ciò che~ ne diedero e scris-
sero gli autori di un foglio intitolato effemeridi.
1. . SERVAEVS . LONgInVS
Q . APPVI.EIVS . PHILADESBOTVS . :^ . - . 'ó . l . .j. . X
L . I.VCAWV3 . RVFIO ^LIV.J j:i:!;orO
li . AEMILIVS . HERMO
MC. VOLVlVimVS . FRIAMVS ' "■ J- • -'iOT',i.:^
I. . MANLIVS . SILO '' . 9 . . iS7(
A . GRANI VS , iPHItiOIvrvSvS
C . VEIENIVS . sTaBILIO riJiV J
M . FLAMINIVS . MBNOPHILVS :0!r;T?/r . y.
C . POMPE ivs . BROS Nome riscritto.
0 . AppvtEivs . urrnvckW - '■'^ 'i' ' Koi
e . PLOTIVS . PEtilXS : i' • ' ' ''P 'li OC'ÌM
AWVtENA . PILORIS -^0^ 31^^ VitlOifcOq OiId 1
T . vETTivs . T . I. . PHÀKNAèis "Nòmc Hscritto.
X. . LICINIVS . EVCRATHS
M. TVHIVS . CAtI.lSTIIl»BS
APPVI.BIA . CLARA
SEX . lIvivs . FAVsTvs.
Colonna seconda
Q . vARivs . thbogIto ' ■ -.(i e ^ ;■•',_ '.
VERGUNTNEIA . Z; . L . IRENA Kdmfvlì^ClnttO.
LTCANA . ZOSIMA , ,. . ' ijjnf» ] .h.]- ...
L . COCCEIVS . RVFIO ; , <>fn JggilUfsIo?, J)U0Ì3J*.ìf;'itJi (,j
1. . GAVlLlilVS . SECVNDVS ■" 7 . ' . pjj jfj (. ;
P . APPVLEIVS . FELIXS i /)0in Ili
SEX . qvInTilivs . APHttODisiyl iiaJjij iJ ..,'
SPEDIA . CHRESTB "
FABIA . HELENA
I. . FVRIVS . PKILOTbCKVS
fi . VITELLI VS . HILAaVS
548 Lf S Tj T B R A T U ft A
.-,T .iìrAKNLYS :. À^BXAWDKa
xmfiA .' .^UQ^A.: . :,,;;:,,, ,,, _.
SBX . QvInTiTS . Q . » . POI,.
t . VXTXrvS . TilÀLlAKCVS
I.Q.S.S.S.H.M. PBRPECER.
Colonna terza.
M . ETT1I.IVS . SP . » . COL . NIGfiR
XMPTOR . ASISCTIS . PARTIBVS
ITEIS . Q . APPVI.EI . EVTyCHI
C . APPVLBIVS . D . V . DOLICVS . IN . PARTZ
IVRIS P . APPVLBI ..FILJCIS
Bx . cAsTaicivs . mYsticvs :
■ CJ <£•!:>•'•' -^i; ' •■"
Non v'ha cosa più conosciuta a coloro che si eser-
citano in questi gravi studj , quanto quella di se-
polcri che possonsi dire polidespotì , poiché eretti
e posseduti da molti e yarj padroni in fratellevo-
le società, ingenui fossero e distinti, come alcuni
di questi, o libertini e di schiatta servile. Tutta-
via gli accennati effemeridisti vollero trovare con
moltissimo fastidio un contratto , che nominar non
poterono , a cui fossero segnati testimoni almeno
trentasei, fra'quali sette femmine.; Qual .campagiiuolo
pili rozzo non riderebbe a ciò? Era forse difficile il
leggere a pie della seconda colonna: li -qui saprà
scripii sun^^'hóc monumentum perfecerunt'? Essen-
do stati i detti signori avvertiti urbana-raente del-
lo strafalcione solennissimo , uno di essi ha poi mo-
strato di travedere la verità dell' ammonizione; ma
non in modo di persuadere ne se stesso , ne gli al-
tri. Li attenderemo adunque all'altra gran parte lo-
ro, quella de' consoli ambigui. Frattanto noteremo
che qui si vedono tre volte nomi riscritti, deleto
quello che v'ara stato posto in origine: il che av-
veniva o per vendita poste»iore, o per cessione o
E P I G II A F I C A*' 34<>
donazione ; casi tutti de' quali abbondano a' dotti
le prove ed i più irrefragabili documenti: due de*
quali saltano appunto negli occhi aU4ijGolQnfta;;V?rw
• .bf.v li '.Ih oioloq-}?. olì
4' ,f,l';n!t^^ 'iSìJ OMi
Presso il sig. Rufìni, dalla Via Nomentana«i!t)i)o'l a
L . VENELIVS
L . F . CAM . SVPER
AVG . BAGIENNOR
VIXIT . AN . XXXV
T . P . I,
IN . FR . P . V •
IN . AG . P . y.
T1Y?.0S
5.
Trovata in Ceccano, e comunicataci dal sig. Fran-
cesco Gizzi.
' ■ '■*
CVLTORES . HERCVLIS
FABRATERNI . VETERES
CVR . C . VETTIO CLEMENTE . P
LOG . D . AB . C . TITIO . DECIMO . P
6
Presso i sigg. Ves covali.
D M
LEPIDO . REGIO
NICEPHORO y: ifs^.a
REGIA . PHOEBE
PATRONO BENE
MERENTI.F.
356 Lkti bràtora
Iw Albano ^tìo lungi dalla porta romana, gran-
de sepolcro di pietra vulcanica del paese. Il vedem-
mo per generoso invito ài S. E. il sig. conte Ap-
pony. Giudicammo poter servire a conoscere 1' età
e l'origine' di que'famosi vasi.
AVR . CRYSO
. MALLVS . QVI
NTANESIS
LEG . QVIVIX
ANN7 OR
TVS C . APAM
lA SE BIRO
POSVIT
V I
-iì*i'« .jji?-. SKAFILIAE
QVA
TIX .... N . IX
M . X . . . XX
CONIVGI . SED
G
Ostiense di quelle dovute al sig: Cartoni. Conferma
il gentilizio di ^jpatria OSTIENSiyS, che avevamo
già da u n'aliti. " ,'
ÈPIGRAPieÀ 8
L , OSTENSIO . HILARO 2o«
SÀMANNARIONI
QVI VIXIT AN . VI . M . Vlìt
COiNVARISIA VIGTORI.
NA ALVMNO BENE uo
FECIT >ijj
Non v'Iia dubbio, che quel snmannarioni non si*
Vocabolo di mestiere o professione. Le derivazioni
grecaniche però ci sorgevano varie ed incerte t tì
(juindi mossi da un tal suono d'orientale ed eso-^
lieo, abbiam Voluto Consultarne il dottissimo nostro
sig. Emiliano Sarti. Questi ci ha bene assicurati, clid
la porzione tematica della parola è in lingua siriaca <
da cui molto tiene la rabbinica ^ e significa i colori
particolarmente rossi come il minioi.La lingua siria*
ca influì certo grandemente sull'Italia nostra , ne'tem"
pi più colti della repubblica romani e dell' impéroj
In qUeir«f/(i)V troviamo solo la terminazióne di und
de'tanto graziosi diminutivi j Comunicati dalla ma-
dre greca alla figlia latina* Era il nostro piccolo Os-
tiensio nn mercantino di colorii, e nel porto pfiriéif-
pale della signora del mondo non poteavi avere bot^
teguola pii!i necessaria della sua; se le navi fin di
Omero furon vedute
Tinte le guance d aggràite^ot minio i,
e se rinvergar" sapremo attentamente in Esichio , Pol-
luce, Snida, tesori della lingua nostra più antica j
intorno le navi S amene ^ Samie in ispeciie^ o ne*cks^
sici scrittori delle vecchie materie mediche ed àf
tlstiche, intorno V 'à\L[Lm ef[aivaleate del iilhfò§. Ali
36o Letteratura
eon tutte le bravure chimiche moderne noi ]cono-
sciamo solamente una serie lunghissima di nomi di
sostanze metalliche, terree o minerali, che gli an-
tichi scavavano, fabbricavano , adoperavano per tut-
to l'universo; e nulla sappiamo della natura , del-
le proprietà , de' luoghi , degli artifizj , ne' quali e
co'quali quelle materie produceansi. Da questo leg-
giero saggio ciascuno può comprendere, quanto sia
a desiderarsi, che l'esimio sig. Sarti voglia e pos-
sa un giorno dare alla luce le lapidi che va rac-
jcOgliendo; accompagnandole con quelle magistrali e
vere illustrazioni , delle quali egli è si altamente
capace.
Agli egregi avvocati romani i sigg. Pio e Carlo Ar-
mellini siamo .grati debitori per la seguente. Essa
fu trovata non ha guari in Ravenna : e godiamo
che dalla nobilissima capitale di si dotta provincia
vengano porti novelli sussidj a questi fogli della
miglior dottrina. Colk dunque scavaronsi ultimamen-
te due arche da alcune camere ornate di marmi ed
•al solito di pavimenti in musaico vaghissimi. Nella
prima leggeasi :
D . M
Q . SOGCONII . AELIANI . GALLI
La bellezza delle lettere fece credere , che fossero
onninamente de'terapi di Augus,to. Nella seconda me-
moria, in bellissimi caratteri anch'essa, sorprese tut-
ti l'originalitk di questa epigrafe.
Epigrafica 3Gi
C . IVL . MYGDONIVS
GENERE. PARTHVS
NATVS . INGENVVS . CAPT.
PVBIS . AETAT E . DAT . IN . TERRA
ROMANA . QVI . DVM . FACTVS
CIVES . R . IVVENTE . FATO . CO
LOCAVI . ARKAM . DVM . ESSE
ANNOR . L PETI . VSQ . A . PVB
ERTATE . SENECTAE . MEAE . PERVENI
RE . NVNC . RECIPE . ME . SAXE . LIBENS
TECVM . CVRA . SOLVTVS - ERO
Crediamo doversi appianare e rendere più vivace
in questa guisa: Ego Cajus Iiilius Mygdonius ge-
nere Parthus , natus ingenuus , captus piibis cetai-
te , datus ( come se fosse delatus sum in terram
romanam ) in terra romana ; qui dum ( cioè et ego
ìpse interea) factus civis romanus^ jubeute fato
collocavi arcam^ dum essem ann.orum L- Petii (me-
glio et tamen petieram^ optaveram) usque a pu-
hertate seneclce mece pervenire. (I grammatici co-
mandano pervenire ad senectam^ o ut pervenirem.)
Nane recipe me., o sajce\ Libens tecum cura so-
lutus ero !
Tutti gli arcliivj deirantichita, intorno acqua-
li lavoriamo , ci attestano sovrabbondantemente , eli'
era permesso a ciascun uomo del popolo, agl'infi-
niti oriundi stranieri, a'militari particolarmente com-
porsi repilalTio a suo talento e modo possibile, o
commetterlo a'parenti ed amici , per lo più di ugual
peso e vaglia in letteratura; disgrazia che avvenir
suole anche a' giorni nostri. Già vedemmo sotto il
^.^ 7. , quanto ingenuamente ,un graduato della le-
gione Quintanese Aurelio 'Crisomallo nativo di Apa-
3()2 LKtTERATt!Ì\A.
mea dettasse , o facesse scrivere latino , come ap-
punto si parlava. L' ottimo Parto fattosi ravennate
mostra più di spirito , ma in proj)rieta grammati-
cali si battérk del pari. Cives per civis è un nul-
la; esse ^év .essem ., è approvato da maestri anti"
cliissimi della lingua ; Vitti, o ttt con l'infinito l'ab-
biamo al N." 2Ò. nella seconda parte di un decre-
to decnrionale. dopo Adriano, a tempi vale a dire
ancora buotii». Tutto, il resto sono inezie per un
popolo che parla come sa • parlare. Sono anzi gem-
me quelle del nostro Parto; poicli' egli con quel
Cajus Julius 'pone ad esse un suggello di età ve^
rierandissima. Mru;donias è nome di tal eleganza e
proprietà, che Un'accademia la più erudita de' nostri
■ dì non saprebbe- trovarne altro più bello per un
uomo nato sotto il sole nascente. Ravenna fu gran*
de centro di quartieri e scuole militari , fin dalle
prime agitazioni e mosse gigantesche de'famosi tri-
umviri. L^ sua flotta, su cui lasceremo ad altri d'
intendersela col bravo baron Vernazza Se fosse o
no sempre detta pretoria , ,era veramente imperato-
ria, e poneva cfiiell'angolo bellissimo dell'Italia in
contatto formidabile insieme e fortunato a tutto il
inondo. I filosofi di cose non di parole osservino,
che un barbaro Parto preso colle armi alla mano ,
come fa credere quel /3 7/^/.y (etate, nella spedizione
di Ventidio , o iti altre sotto gli auspicj, del non
ancor mite Ottaviano, vien fatto cittadino romano,
gode il sommo de'civili diritti , non e avvilito dal-
la schiavitù :di gnortai. Ed egli era pare di una
nazione atrocissima pe'romarii ; contro la quale que
conquistatori egualmente feroci die avventurosi , se-
condo l'erroneo pensare di: alcuni, aver doveano un
risentiraetitb ed una rabbia immensa. Osservino , che
itii giovafìfr- nato sotto il clima, più ridente della
Epigrafica 363
terra non dovette restare innamorato del cielo di
Ravenna ; ma bensì della ornatezza de' costumi e
della lealtà che trovò ne* cittadini. Possa la nostra
discendenza da tali , comprovata per tanti secoli di
splendore , pel risorger che fecero gli umani lami
solo fra noi , pel giudicio continuo e libera scelta a
favor nostro deg^li stranieri tutti di ménte e di cuo-
re ben fatto , chiudere la bocca ad altri pochi stra-
nieri perversi ! Fogli letterarj creduti fra essi di
gran conto attentano in guise indegne all'onor no-
stro. Che gli autori non incontrino giammai ne per
le vie, ne sulle carte un italiana che seco loro' esser
voglia umano e gentile tfuaiìló- !\in anticfo classiario
ravennatéJ •';■ e ' -. '.-'ij/q;.i: ? ::i
28. ^
Pressò "il benemerito sig- Baseggio. . -: .;-::
CTYLA'TAn.IM!C.ni3KO/i !y-i:A>.T. Z'i.iVfON'
SA:^;. W-ilTA-. NEIKOMAJfOS . MIAHTÓ2 ; e. .1 . 0
U.. .^ i. / KA . AiriAAQ , Tf2'. 0PEnTi>; LCiVrCT .
KATESKErASE . TO :, MNHMEIOlJ.TMCifKi i
MNEIA2 . XAPIN . ORZANTI . ET . It !" M
. . . ANONTI . Erri . ETE*ANH*OPÒY ri
Oì/.. / or , TA0YOY . AAKS^N02 . MHAÉlOYl • •
Tiherius Clandius Niàomachus Milef/iì^ h. e.
Milesius , Claudio Aegialò '■ aiumno suo paravit mo'
numentuin memorine caussa: qui vixit annos XIII. ^
decessit sub Stephanephoro ( i. e. Sacerdote prassi»-
de, ut ita dicam , eponymo et chronologico con-
legii cujusdam gymnici vel thymelici) fórtasse Eu-
stathio Lacone ■, seu Lacedcemonio , mensi's dii de"
364 L E T T E R A T U n A
• . ,.! ; > •
29.
A molta ragione scerrerao questa greca fra le altre
che somministrate ci furono dallo scavo interessan-
tissimo fatto air antica Ficuìea da' benemeriti no-
stri i sigg. Ignazio Vescovali e Gregorio Castel-
lani. È bene da desiderarsi , che un giorno sia lo--
ro permesso proseguir le ricerche in un fondo vi-
cino !
THNS THAHNnAPO AEI TA AlEA ©fjNFNQSHI
KAinSÌSMOI BE BIQTAIKAI nQSANEA YSA MA0H2 . .
ESnEIPAN MErONEIS nAPAirYHTOIOAAPOYPAIS
ENKQMHI.EPAnEN0EBYAEIH ..NOMOS HSOI2
AAESANAPI EnATPASSIN
KAI EN2 TPATIAI . . . . .: NHMEPIf? METEni TAQEAHSAS
KAIKOSMONKEK .... EYKASXEAONEinoiMI DAPAYTO
OY nOAE'MÓNnóf E EfAI2N OY XEIPA*ONOISIMiANAS
. P0NI02 OKAIAPTEMIAQP02EYOAI 02EN©AAEKEIMAI
ESHKONTAETH2rYNAIKArEMHAAMOY rHMA2
MHTEAIKHNEinA2MHTOPKONAOY2nOTOMOlS?
EYTYXIHNAE BIOY TAYTHNN0MI20N IIAPOAEITA
2EPAMMQNEN0AA EKEIMAIAAESAN APEY2 nOAAAMO
rH2A2
EN BI0TS2 nEPiQNAHQHnAANH EADIAI AIQKJ2N
- .Ul .VyliS^-. . . TOYTO r ENQMAI O BAEni2
„ O passaggiero, tu scorrendo con gli ocelli questa
colonna, stela o lapida, conoscerai chi mi fossi io,
Ed in qual modo io abbia vissuto; ed apprenderai
come venni a scioglimento della vita.
I genitori mi procrearono presso i campi dell'Egitto,
E P I G R A F I r A 365
Nel villaggio . . ., allorché arrivi
" a quel nomo , o distretto.
Alessandria
E fui in milizia quotidiana: dopo di ciò per mia
voglia
Trascorsi il mondo, direi quasi fino agli stessi con-
fini del medesimo;
Non avendo mai veduto guerra o battaglia, e non
avendo mai sporcato la mia mano in uccisioni :
Io Cronio , detto anche Artemiduro Evodio , qui
giaccio
Di sessant' anni , non avendo mai sposato donna ;
Ne avendo mossa lite o parlato avanti la giustizia,
ne avendo mai dato giuramento al mio simile o
prossimo.
Tu , 0 passaggiero , stima questa la felicita della
vita.
Serammone qui giaccio alessandrino, che ho sofferto
molti travagli
Nella vita andando in giro, perseguitato , o io stès-
so perseguitando l'obblivione , Terrore e la spe-
ranza. ,,
In sapore nativo di greco popolare poche altre ag-
guagliano questa. Così ella non fosse venuta dal-
le campagne tutta in frantumi , e come apparisce
mancante di una intiera lastra con alcuni versi do-
po il quinto ! Nel nome di quel villaggio noi ve-
diamo pure alcuna cosa : ma fia meglio che pre-
ghiamo i eh. letterati, da' quali ora s'incombe sul-
le maraviglie moltiplicatissime dell'Egitto, a voler
manifestarci le riflessioni loro. V'avrebbe forse al-
cun clie di recondito ne' quattro nomi di costui ?
Essendo l'egiziano e primitivo suo quello di Seram-
nionc, (piale de' tre altri contiene la traduzione ó
SOG Letteratura
corrispondenza consueta ? Cronio, che aLbiam Ietto,
egli è forse piuttosto npj^NlOS? Per una sufTic^iente
esperienza che abbiamo e sulla tessitura e submar-
ini e sulle lettere delle iscrizioni , ardiremo sola-
mente di avvertirli a non voler giudicare questo
curioso ed interessante componimento di bassa età.
3o
Dalla raccolta sempre insigne de'sigg. Vescovali. In-
torno ad un piedistalluccio rotondo , che sembra
aver servito a macchina di astronomia, o ad ar-
nese^ . già temati co.
I ;•»': ■!..
AMPLIOPA . FACIAS . MELIORA . DEDICES . FELICITER
A tutta questa laboriosa, ma per parte nostra poco
erudita serie, non poteasi rinvenire una chiusa più
conveniente. Ci sia dato tornare ogni ' tanto tempo
ad altre collettanee anche migliori! La terra che abi-
tiamo è certamente fecondissima di preziose produ-
zioni ; e noi non cessiamo ancora di andarne in
traccia.
Girolamo Amati
DelV amicizia , breve trattato del P. Matteo Ricci
della compagnia di Gesù , pubblicato per cura
di Michele Ferruzzi ec Pesaro - Tipogr. di Ja~
ne sia Nobili i8a5.
N.
elle nozze del marchese Domenico Ricci colla con-
lesigik Elisa. Oraziani aon si. è fatto solo un bel do-
Dkll' Amicìtak 3G7
no alla patria d'entrambi Macerata, die vedrà ve-
nir fuori una progenie tutta virtuosa e gentile
e magnifica come i genitori ; ma si è voluto che
ne venisse un bene anche alle italiane lettere e al-
la filosofìa » mandando in luce , come in epitalamio ,
una operetta morale inedita, tanto familiare alla cir-
costanza quanto lo sono fra loro Imene e Amicizia.
Autore di questa operetta fu il padre Matteo Ric-^
ci , che meritò di essere salutato pel secondo Con-
fucio della Cina; uomo mirabile per valore e dottri-
na straordinaria , le cui sorprendenti operazioni
andrebbero oggi più spesso ricordate , come quelle
che attestano i vantaggi grandissimi che le scienze
somministrano a diflondere cristianità, e a mutarne in
seguaci i eontrarj, Le matematiche , la geografia fì^
sica , l'astronomia , e tra le arti belle la pittura
e la musica erano le chiavi di che il Ricci si va-
le i^a per dare entrata alle massime evangeliche ne'
cuori di que' cinesi , del loro rito e d'ogni altra co-
sa loro superbissimi. Ma appena ne ebbe i cuori fu
allora che il padre Matteo imprese a rettificarne i
prnicipj di morale : e saggianaente avvisò di comin-
ciare dall' amicizia , virtù che a chi bene la stima
è scala a tutte le altre. Ne scrisse quindi un bre-
ve trattato in tanti apotegmi , e lo indirizzò ad un
re di quel vastissimo impero che ebbe nome Chien-
gaix Chienzai. Scrisselo in lingua cinese , nella qua-
le era peritissimo , cosicché i nazionali lo ebbero co-
me un esemplare perfetto di eleganza e di gusto (i).
Volle poi egli stesso il padre Matteo voltarlo in
italiana favella : in che ci sembra cosi terso ed in-
sieme vibrato, che diremmo aversi egli tolto ad esem-
(1) Vedi l'elogio, dì Matteo Ricci scrìtto dal marche-
se Giovaimi Accovetli. Macerala poi Cortesi 1819 pag. j6.
pio gì» a«nmaestramenti di Bartolorameo da s. Coti-
covdio , ed avere nella forza e nettezza della di-
zione pareggiato quasi il trecentista. Questo prezio-
so libretto conservatasi dal cavaliere Amico Ricci,
gentiluomo di fioritissime lettere , nel quale alla no-
biltà dei natali trovi congiunte la probità , la ca-
rità , e la modestia. Egli volle che nella benaugura-
ta occasione delle sponsalizie del fratello fosse da-
to a stampa per cura dell' egregio professore in
eloquenza Michele Ferruzzi , il quale con una epi-
stola che adornò di tutte le grazie della nostra fa-
vella dedieollo agli sposi. Del che certamente con
noi gli sapranno buon grado tutti quelli che gli
animi ammaestrano nell' antica sapienza; mentre nel
trattato del Ricci chiudonsi in poche carte tutti i
più sani precetti che da Plutarco e da Cicerone si
dettarono intorno all' amicizia. Laonde ci pare ben
fatto di qui trascriverne alcuni , onde sia manifesto
a' lettori se i nostri giudizi su questa opericciuola
si riducono al vero.
„ 6 L'uomo che fece nel mondo fatti eroici ,
„ o ebbe qualche grande inimico che lo fece star
„ molto sopra di se , ovvero al certo ebbe qual-
„ che buono amico che lo ajutasse.
,, IO L'amicizia è simile all' armonia e conso-
,, nanza nella musica ; e dove non è concordia e
„ consonanza , vi è dissonanza contenzione ed ini-
„ raicizia ; perciocché con la concordia le cose pic-
„ cole crescono , e con la discordia le grandi si
, disfanno.
„ 12 E pili potente l'odio del nemico per far
„ male all' inimico che non e l'amor dell' amico per
,, giovar all' altro amico. Di qua si raccoglie esse-
„ re il mondo fiacco al bene , e molto gagliardo al
„ male.
Dì:ll' Amicizia 3Gg
„ 29 Quanto si debba sopportar raraico tiene il
,,-suo termine e misura; perciocché per piccoli pec-
„ cati non si deve lasciar l'amicizia ; ma s'egli fos-
„ se affatto malo , e direttamente andasse contro ra-
„ gione, allora totalmente bisogna rompere l'amicizia.
„ 33 Al nome di amico , tanto stimato e avu-
„ to in tanta venerazione appresso gli antichi, è
„ già posto il prezzo e si vende : ed è certo da
„ dolersi che sia comparato a cose vili.
„ 65 Se alcuno non ben penetra ancora la ve-
„ rità , certo è che il proposito di costui di se-
if guir la virti^i sta in pericolo : essendo ancora con
„ l'animo irresoluto ora seguirà il bene ed ora il
„ male. Dunque per togliere ogni dubbio a costui
„ che sta per perdersi , e fortificarlo nella virtù ,
„ non vi è il migliore rimedio che dargli un buon
„ amico ,• perciocché quel eh' io sovente veggo ed
„ odo , a poco a poco s'instilla nell' animo e mi
„ fa tornar in me stesso. L'amico è come una re-
„ gola o legge viva , che di continovo mi sta di-
„ nanzi agli occhi. Grande, grande è la forza del-
,, le virtù : questo uomo non mi ha anco parlato ,
„ non s' è anco meco adirato ; e pure coli' auto-
„ rita sua mi ritiene e raffrena del mal fare.
Per tali poche sentenze già si conosce co-
me dobbiamo esser grati al pensiero del cavaliere
Amico Ricci di dare all' onore della stampa que-
sta operetta bellissima del padre Matteo. Del qua-
le sappiamo eh' ei serba altri preziosi manoscritti ,
.ed in ispecie una collezione di epistole familiari scrit-
te con aurea semplicità e pulitezza di stile; e l'esem-
pio lodevole della pubblicazione del, trattato intor-
no air amicizia , ci fa spedare che il sig. Ricci vor-'
ra essere alle italiane lettere generoso di qualche
altra inedita produzione del suo famoso antenato.
G.A.T.XXVIir. 24
370
Commedie del cavaliere avvocato Vincenzo Bar-
ili tiegli Anton], Bologna , presso Turchi, Ve-
Toli e comp. iSaS. ( Un volume di pagine 376)
I
1 non por mente a quell' aureo precetto di sce-
gliere argumento pari alle forze, lunga pexza me-
ditando (jual peso possano gli omeri portare e qua-
le ricusino di sostenere, parmi la vera cagione, per
cui tutto giorno vedonsi molti buoni ingegni indar-
no affaticati a scrivere varie opere , che per nul-
la rispondono alle speranze che di loro eransi cou-
cepute , e al bisogno della repubblica letteraria :
non bastando certamente V esser forniti di buona
volontà e lo aver consumato la giovinezza e gli an-
ni pili maturi nello studio continuo delle scienze e
della bella letteratura , a uscir fuori lodato scritto-
re in un subito per ogni occasione che si presen-
ta, e per ogni desiderio che nasca di trattare qual-
che argumento, che piiÀ del suo bello prenda il no-
stro animo. Il cavalier avvocato Vincenzo Berni de-
gli Antonj , avvegnaché sia uomo di beli' ingegno
e di molte lettere, mi sembra che abbia offeso ap-
punto in tale inconsideratezza ponendosi a scriver
commedie. Ne per questo vogliamo , eh' egli cada
punto dalla stima dei dotti , avendosela di già pro-
cacciata con molti leggiadri scritti , per cui Bolo-
gna si onora di averlo fra i suoi nobili letterati
e il nostro giornale fra i «noi egregi collaborato-
ri: anzi intendiamo con la nostra leale censura di
fargli animo a volgersi ad argumenti più atti al suo
ingegno ed a' gravi suoi stadi, onde giungere al
COMMSDIE DEGLI x\wTO?fJ. S^I
conseguimento di quella gloria , a cui forse invano
aspirò con le sue commedie , e , ciò che più mon-
ta , a recare ai suoi concittadini quell'utilità che era
del soggetto, e che dee avere in animo prima di
tutto ogni onesto letterato! poiché ad onta de' lo-
ro difetti queste commedie tengono sempre un non
so che di piacevole , che ti annunzia esser l'auto-
re un uomo d' ingegno e di lettere , di modo che
se non valse a render fruttevole questo campo po-
trà trovare altro terreno meno ingrato , dove ba-
gnata da' suoi sudori cresca quando che sia lieta
la messe.
Sei sono le commedie del cav. degli Antonj :
il sospettoso j V adulatore t e // tartuffo in tre at-
ti : in due atti le tre sorelle : in un solo atto /Vr-
resoluto , e la magie sans le secours clic diable.
Di quest'ultima non faremo parola; poiché non essen-
do che una traduzione francese di quella scritta in
italiano dal N. A., vogliamo aspettare che ripren-
da le belle forme con che nacque, e torni dalla
Francia sul nostro teatro ; non conservando mai le
traduzioni lo spirito dell'originale, e soventi vol-
te contraffacendolo e guastandolo.
Tutte, meno la magie ^ son precedute da gra-
zioso prologo , con che 1' autore , ottimamente se-
guendo le orme venerabili degli antichi maestri, cer-
ca di cattivarsi 1' animo di chi legge, esponendo
il carattere delle commedie, le ragioni che lo in-
dussero a tenere quella strada più presto che un'
altra , e prevenendo le accuse de'maligni , le criti-
che de' benevoli , sempre con vivacità e con -ele-
ganza di modi e di parole, che rendono piacente
anzi che no il suo stile.
Facendo parola di commedie ini è piaciuto sem-
pre di adagiarmi nel parere di quel critico , che
a4*
372 Letteratura
stimò non doversi mai fare un estratto di quei
componimenti , i quali talvolta perdono tutto il loro
IdcUo , se della più piccola parte vengano menoma-
ti , siccome è a dirsi delle azioni drammatiche : il
perche lasciando agli studiosi che di per se legga-
no nel suo originale i drammi del N. A., noi bre-
vemente li recheremo a disamina , solo toccando le
qualità principali , di che nasce e si forma la
commedia.
E per incominciare dal primo scopo di essa ,
rammentei'emo esser cosa apertissima , che è tan-
to possibile di disgiungere // ridicolo dalla com-
media , quanto e possibile a tutt' uomo di saltare
la propria ombra: dovendo il comico con quest'
arme soltanto correggere le improprietà , le paz-
zie , e i pili leggeri vizi degli uomini , quella
parte insomma de' loro costumi , che rompe i mo-
di della convenienza , e che gli rende importu-
ni nel vivere civile e sociale : mentre che la pie-
tà e il terrore della tragedia trattando solo le for-
ti passioni compiange alla sciagura delle grandi vir-
.ti^i, e ritrae inorridita la mente dalle grandi scelle-
ratezze. Sembrami che il sig. degli Anton] siasi le
più volte allontanato da questi essenziali precetti,
se ne togli una leggera tinta nella commedia le tre
sorelle-, ove un vecchio tutore è preso fortemente
della bella persona di una sua pupilla: non essen-
do certamente a mio credere da considerarsi come
vero ridicolo comico lo sconcio insolentiere e le
stolte buffonerie di Calandrino servitore nel tartuf-
fo : le cui parole , se pur movessero a riso , non
ingenerano quel ridicolo ^ che nascer dee dall'impro-
prio costume, e dall'eccesso o dal difetto di qual-
„qbe virtù. E questa mancanza di ridicolo riesce an-
che più danuevole al degli Antouj, che di per se
COMMRDJE DEGLI AntONJ. 373
Stesso aggravandosi di maggiori difficolta , ha vo-
luto insieme unire e confondere i due generi della
Commedia , sicché le sue sieno a un tempo e di
carattere e cV intreccio : non avvedendosi che per tal
mischiamento perdevasi la Unitk di azione, i carata
teri erano falsati e non sostenuti , e il protagoni-
sta era quegli , die meno ha parte nell' azione e
nello scioglimento del dramma : e mai non toccav.a-
si il vero scopo : poiché in commedie di tal genere
l'attenzione degli spettatori, invece di esser diretta
alla vera cognizione dei caratteri , alla pittura de'
costumi, e alla correzione de'vizj, è tutta fissata agli
strani ravvolgimenti deir intreccio , ed è cambiata
la commedia, per usare le parole di dottissimo cri-
tico , m una mera canta-favola>
11 sospettoso è un ricco banchiere, a cui sono sta-
ti ruLati dalla cassa trentamila scudi. 11 solo cas-
siere ne avea la schiave ; ad onta della sua onesta
era naturale , che il sospetto cadesse sopra di lui :
è arrestato : il fisco , senza esser mosso da alcua
sospetto del banchiere , esamina gli altri officiali del
banco : ne perquisisce le carte e la casa : le cedole
sono trovate presso il computista : egli confessa ,
l'onorato cassiere è assoluto : e la figlia del sospet-
toso sposa il figlio del cassiere innocente ; e i so-
spetti di Ottavio nulla hanno che fare con lo in-
treccio e lo sciogliersi del dramma.
ISadulatore è un' ipocrita traflatore insigne , che
cattivatosi l'animo del barone , a cui presta servigio
in qualità di segretario , intercetta delle lettere ; li-
cenzia uno antico servitore di casa ; compra una stol-
ta cameriera ; e maltratta il cognato del padrone ,
affinchè la figlia di questo , piangente la morte del
suo amante, vada in moglie ad un ricco signore,
che a tale oggetto gli ha pattuito una grossa som-
374 Lktteratura
ma di denaro. La commedia procede a forza d'in-
congruenze; ma finalmente arriva l'antico sposo ; le
trufferie di don Melanzio si scuoprono ; e la giovi-
netta da la mano al riamato amante . Il perchè
se alla commedia invece dell' adulatore si ponesse-
ro i titoli del padre di famiglia imbecille : del se-
gretario truffatore : della lettera perduta : del ri-
torno opportuno : la commedia rimarrebbe l'istessa ,
e nulla perderebbe del suo buono ; poiché non è
l'adulazione di don Melanzio , ma il suo intercettar
le lettere , e la nobile imbecillita del barone che
pone tutto in iscompiglio.
Neir irresoluto la irresolutezza di Pandolfo non
lia relazione alcuna , per ciò che ci sembra , con la
commedia . Il figlio di Pandolfo è stato a Cadi-
ce ad apprendere l'arte di ben trattare i nego-
zi commerciali : quivi sposò una povera e onesta
fanciulla : torna alla casa paterna con essa , che men-
tisce spoglie e trasmutasi in cameriere, fatta gover-
nante del vedovo Pandolfo la madre della giovinet-
ta , che avea seguito nel viaggio i nuovi conjugi.
Air ultimo dell' atto Anselmo , che da quindici an-
ni era institore del banco di Pandolfo , si fa ve-
liere per la prima volta alla governante, la quale
lo riconosce per suo marito , e gli manifesta il già.
contratto matrimonio fra la loro figlia e il figliuolo
di Pandolfo : e nella comune allegrezza Pandolfo di
buon grado acconsente che si rinnovino gli spon-
sali fra la figlia dell' onesto e disgraziato Anselmo
eoi suo amatissimo Silvio. E tutta la irresolutezza
e , avendo il
N. A. rappresentalo il suo tartuffo non mezzanamen-
te collerico. Lo scioglimento della commedia al so-
lito delle altre è un matrimonio, e Vintreccio per
ottenere queste nozze poteva benissimo sussistere
senza il tartuffo^ e la commedia con poche corre-
zioni sarebbe bene intitolata // matrimonio per
equivoco.
Troppo lungo sarebbe il fermarsi su tutti i
particolari di ciascuna commedia , bastando al no-
stro proposito l'aver toccato lo scopo di esse, il
genere a che appartengono , e la unita dell' azio-
ne : potendosi di leggieri concludere da questo po-
co che abbiamo osservato, che le commedie del cav.
degli Anton] devono certamente mancare di verità
e poco o nulla tenere alla correzione del vizio :
pili per colpa del soggetto , e de' mezzi scelti dall'
autore , che per difetto d' ingegno e di cognizio-
ni, di che certamente è abbondevolmente fornito il
sig. cavaliere, il quale a lode del vero ha sparso qua
e Va. nelle sue commedie molte scene ben condotte e
di forza, ed ha mostrato d'intendere molto addentro
in che consiste quel bello , che dai ci itici viou
detto punto scenico o teatrale.
G. S. M.
377
Discorso intorno a s. Luigi Gonzaga^ del signor
abaie Pellegrino Fari ni . Imola in 8. ( Sono
pag. 35.)
F
ra quelli che vanno per la maggiore nelle co-
se del volgare eloquio l'Italia annovera meritamen-
te il professore Farini, rettore del collegio in Ra-
venna , le cui prose raccolte a gran ventura usci-
rono in Bologna nel 1822. Tra i varj argomenti,
ne' quali ha fatto felice sperimento delle sue forze,
ci gode il cuore che egli abbia preso pur questo
sopra di se; perocché ci pare che con si nobile esem-
pio giunto a quelli del P. Cesari e degli altri di co-
si eletta schiera, la sacra eloquenza voglia oggimai
farsi più bella nell'oro del beato trec&nto. E di ve-
ro mentre ne' licei , nelle accademie , nelle case de'
civili uomini sono in onore le carte del Passavanti,
di quel da Rivalla, del Cavalca, del Catignano , e
di quel famoso da S. Concordie che vale solo per
molti: egli e ben tempo , che quella casta favella,
non guasta da estrani abbigliamenti, ma coirtenta al-
la nativa purezza , si mostri dall'alto, e colla for-
za del vero e colla sua maravigliosa dolcezza a se
tragga tutti gli animi e tutti i cuori. Non vogliamo
però che altri creda dannarsi da noi ogni maniera
di ornamenti in orazione panegirica, quale si è que-
sta. Sappiamo , che piii di coltura per Quintiliano
{Lib. I cap. XI) permettesi ai panegirici , che non
agli altri ragionamenti : al che consente il S. P. Ago-
stino in guisa però , che il profitto si cerchi singt^-
larmente degli uditori ( De DocU Cr. L. IV C. XV ).
378 Letteratura
A questo santo fine mirò senza dubbio il Farini ,
il quale delle virtù del Gonzaga parlò di guisa da
innamorarne i suoi giovani allievi col mostrare : „ che
„ la maraviglia più grande nella santità di Luigi
„ si è il dono dell' innocenza , che Iddio gli fece ,
„ fornito di una singoiar grazia di purità; e la sol-
„ lecitudine , colla quale Luigi questo singoiar do-
„ no custodì. „
L'orazione procede placidamente quasi rivo di
chiare fresche e dolci acque -^ ma dove fa d'uopo
s'innalza quasi torrente cìialta vena preme. Di che
ne siano prova le calde parole , con cui all'umile
giovinetto , chiedente di entrare alla compagnia di
Gesù , r irato genitore si volse dicendo : „ Ben
„ mi pensava io , che in buon ora tu mi fossi na-
„ to , quando a' miei desiderj crescere ti vedeva.
„ Baon ingegno , cuor franco , nobili spiriti tu mi
,, mostravi , e quindi io sperava che avresti segui-
„ tate le generose cose , alle quali ti allevava. E
f, al certo cosi fare ti conveniva mentre un giorno
,, doveva scadere a te per retaggio questo mio do-
„ minio ; a te spettava di governare questa gente ,
„ e di continuare l'onore e il nome della nostra ca-
„ sa. Tutte queste cose mi prometteva io da te. Rin-
„ graziava il cielo che il mio popolo e me aves-
„ se fortunato di un figliuolo, quale tu mi pare-
„ vi , e molto nel cuor mio ne godeva. Ma ora
„ tu mi vieni innanzi con tale risoluzione , che in
„ un momento mi tronchi tutte le mie speranze ,
„ e mi porti via tutte le contentezze della vita. In-
„ gral;o , sleale figliuolo ! Vuoi tu servire a Dio ?
„ Chi te lo contrasta,? Anzi questo pur voglio io.
„ Ma non credi tu di servire a Dio facendo in
y, cose onorate il volere di tuo padre ? E disubbi-
„ dendo a tuo padre, e rendendolo cruccioso mise-
Discorso intorno a s. Luigi 079
„ ro infelice , dov'è la pietà di figliuolo, dove la
„ bontà? Ne voglio già da te cose, nelle quali tu
„ non possa farti merito dinanzi a Dio. Il gover-
„ nar gente con giustizia , con equità , il condurla
„ con esempi al Lene , non ti pare che sia cosa di
„ tanto merito , che non potresti farne altra rai-
„ gliore in un chiostro? Mai non mi sarei aspetta-
„ to tanto dolore da te. Lascia questa risoluzione:
„ tuo padre tei comanda. Guai se ti ostinassi di-
„ subbidieute. Ti farei aspramente provare tutto il
„ rigor del mio sdegno , e con tuo gran male te
„ ne farei pentire „. E qui taceremo , che a voler
tutte riferire le belle cose del panegirico saremmo
costretti darnelo intero. Questo non taceremo , che
mentre nella terra , dove hanno pace le ceneri dell*
Alighieri , il Farini intende a ristorare le lettere
e la morale , è uscita ivi stesso non so quale leggen-
da Sul pillerò 'Volgare eloquio , dove , per ciò che
ne dicono i savj , con parlar coperto sono fatti se-
gno di amara ironia non solo i cruschevolissimi
pedanti , ma eziandio quanti studiano con amore nel-
le carte de'nostri padri. Se a questo intende quell'
accigliato censore qualunque siasi , che suo nome
non ha svelato , non risponderemo già noi; che so-
no vive le opere del Perticari, il quale nelle cose
della favella ha mostrato Quid deceat, quid \non ,
quo i'irtus ., quo ferat error. Risponderà quel fiore
di gentilezza Paolo Costa in quell'aureo trattato dell'
elocuzione , dove sono „ consigliati i giovanetti a
„ studiare prima nelle opere de'trecentisti , ne'qua-
„ li è dovizia di vocaboli proprj e di forme gen-
„ tili, e chiarezza, e semplicità , e Urbanità, e me-
„ ravigliosa dolcezza : ed a riserbare negli anni loro
„ pili maturi lo studio de'cinquecentisli , che scris-
sero eloqueatemente di cose gravi e njag^nifiche „.,
t)
38o Lettisratiira
Glie' se forza di autorità non valesse; valga l'esem-
pio di tanti nobili giovani formati a tali scuole ,
ciascuno de'quali per avventura: Non fumum ex
fulgore^ sed ex fumo dare luceni coi^itat. (Hor*
de Art. Poet.)
D. Vagcolini
'^'Intorno alle poesie di Giovanni Fantoni ,
■' ' detto Labindo.
^^itfi'i i
R A Gì 0 N AMENTO.
I
n quel tempo che le opinioni di Aristotile te-
nevano il luogo della esperienza e del ragionamen-
to, Hift ipse dixit era bastevole a decidere ogni
Controvèrsia, a stabilire qualsivoglia sentenza, a dar
faccia di errore alla verità, e di verità all'erro-
re ; ma a questi giorni , la Dio merce , fosse pilr
l'uomo di grande esperienza e di sommo intelletto
fornito , egli non avrebbe autorità che bastasse a
vincere la testimonianza de' sensi, e la forza de' ra-
gionamenti . NuHadiraeno , chi il crederebbe ? una
generazione d' uomini si ritrova , che scrivono pei
giortiali (tolgo da questa schiera il Zaiotti, il Bion-
di , il Betti , ed altri pochi simili a questi critici
valorosi ) i quali avvisano di far credere o discre-
dere altrui secondo il loro senno , recando in pi'ova
di quanto affermano la sola autorità. E l'autorità di
quali uomini ? Di un Platone forse? di un Ari-
stotile, di un Ciceróne,' di un Longino, di un Ga-
lileo ? Mai no : l'autorità, loro propria. Giudici su-
Poesie pi Labindo 38 i
premi in ogni materia , dall' alto tripode di Apol-
lo con impeto di parole danno i responsi , e senza
persuasione di argomenti solvono tutte le pia dif-
ficili controversie. Qua con una sentenza innalzano
alcuna riputazione, la ne atterrano un'altra, arbi-
tri della repubblica letteraria , e dispensatori e ru-
batori di fama. Ne si contentano già di signoreg-
giare i viventi , ma estendono la tirannide loro ai
trapassati : e con faccia pronta si fanno incontro
agl'ingegni pii'i eminenti che a' buoni tempi fiori-
rono, sperando forse con questa malizia di stabi-
lire a se stessi il regno fra gli uomini esimii, do-
po averne cacciati i giusti possessori. Chi non vede
quanta superbia, quanto mal talento, quanto odio
. del vero e del bene sia in questo detestabile costume ?
E come esso intenda ad avvilire gli studiosi , ed a
far perdere l'inclinazione che ha l'animo nostro ad ama-
re la veritk ed a produrre opere di utile e comune
diletto ? Uffizio di chi scrive fogli letterari sareb-
be il mostrare ad ogni maniera di lettori, che il
pregio delle prose e delle poesie vuol essere mi-
surato con sicura norma, acciocché tutti conoscano
che la bellezza non è opera dell'umano capriccio,
ma unita convenevolezza e proporzione di parti ben
divisate fra loro e col tutto e col fine dell' arte.
In questa forma procederò nell' investigare, poiché
ne sono richiesto , i pregi e i difetti delle odi di
. Giovanni F anioni, che per alcuni è chiamato l'Ora-
zio Fiacco de' tempi nostri.
Dirò primieramente dei subbietti , che ejjli scel-
se al poetare: poi della forma, che diede alla ma-
teria: per ultimo del modo, col quale espresse gli
alletti e rappresentò le cose.
Sono oggi in Italia alcuni spiriti tan,lo ^uste-
ri, che vorrebbero bandire ogni poesia, che non
38a Letteratura
abbia per suo fine rinsegnamento. Non bene ricor-
dano costoro che il principe de' lirici latini ha mol-
te odi bellissime e lodatissime che non parlano al-
tro che d'amore: che Anacreonte, Tibullo, Catul-
lo, il Petrarca, Dante ed altri molti, sovente espri-
mendo solo gli afFetli loro e gli scherzi innocenti ,
ci empiono l'animo di maraviglioso diletto. Strabo-
ne nel primo della sua geografia dice: „ La prin-
„ cipale intenzione del poeta non è l'insegnare, ma
,, il dilettare solamente. „ E il gran filosofo cardi'
„ naie Pallavicini : „ Il fine intrinseco e prossimo
,, del poeta non è il giovamento , come alcun ten-
„ ne, ma la dilettazione degli intelletti comunali. „
E certamente , secondo che a me pare, si è meri-
tevole di grandissima lode colui , che con le soa-
vissime arti l'animo ci rallegra, e che trasportan-
doci , quasi per incanto , in un mondo ideale ri
toglie ad ogni vulgar pensiero e bassa voglia, al-
leviando le molte noje, i fastidi e le infermità di que-
sta vita mortale. Benedetta sopra tutte le arti sia
pure la poesia , incàntatrice divina , che vero il finto
ci fa parere, e ci inebria l'anima di celestiale dol-
cezza ! Questo solo Jjuo pregio è più che bastevo-
le a tènderla altamente a tutti laudabile e cara.
Ma Se de' suoi allettamenti ella si giova per ingen-
tilire i costumi, per rendere odiosi gli errori ed i
vizj , per sollevare l'autoritk delle leggi , per ina-
nimire r oppressa e scoraggita virtù , per vilipen-
dere il fasto e l'orgoglio , per insegnare come si
freni 'it furore dei mali appetiti : ella diviene co-
sa, direi quasi, più che divina. Perciocché impa-
dronendosi del cuore umano , a poco a poco ci in-
spira la probità e la beneficenza , la carità della
patirla 'e l'umanità, per la quale siamo condotti
Poesie di Labi*do 383
a fare volentieri e con diletto ciò che i più fan-
no solamente per timore de' castighi.
Molte odi compose il Fantoni a solo diletto ,
e moltissime ai sopra detti nobili fini ; e di ciò
Italia tutta deve essergli gratissima.
Ma non bastava lo sciegliere materia acconcia
alla poesia, e materia utile: conveniva darle arti-
ficiosa forma, e significarla con locuzione mirabile.
Se queste due parti , sì necessarie , abbia sempre
bene adempiute il lirico nostro ho fede di far co-
noscere per le cose che dirò.
Fra le odi più lodate prendo a considerarne
due sole : poiché il parlare di tutte sarebbe opera
troppo lunga e nojosa a chi legge. Se quello che
dirò sarà valevole a guidare il giudizio de' giovani
che hanno vaghezza d' imitare il lirico latino , mi
rendo certo che contenterò il desiderio di coloro,
che mi mossero a discorrere questa materia.
Scielgo primieramente 1' ode XIV indirizzata
nel 1790 a Melchior Cesarotti, la quale è ad imi-
tazione della XI del libro III di Orazio.
Il lirico latino si propone lo stesso fine che
il suo imitatore , cioè di vincere il cuore di una
fanciulla ostinata nell' essergli nemica. Pongasi men-
te come l'uno abbia a questo fine ordinati i suoi
pensieri , per vedere poscia se arte pari siasi ado-
perata dall' altro. Perchè questo si vegga chiaro ver-
rò notando i pensieri che le parole di Orazio avran-
no mossi nella mente della sua Lide. Ecco l'ode.
Mercuri , nam te docilis magisiro
Movit Ampliion lapicles canendo'.
Tuqiie testudo resonare septem.
Callida /lorvis,
Nec loquax olim , ncque grata , fiunc et
Divitir.n mensis , et amica templi^j
; 384 L 4. 4. T K K A T U n A
L'apostrofe a Mercurio ed alla cetra, e il modo
magnifico di esaltare ' la nobiltà di questa , partili
che desti nell'animo della fanciulla la curiosità di as-
coltare cose simili a quelle, che su nel cielo odono
gli dei: e che ella già intenda l'orecchio e l'animo
avido d'inebriarsi del dolce suono:
Die modos , Lfde quihiis obstmatas
Appllcet aureis.
Quce velut latis equa trima campis
Ludit cjcultini , nìetuitqae tangi
Naptiarwn expers , et adiate protervo
Cruda marito»
Punta dalla rampogna dolcemente acerba, par-
mi che Lide cominci a sentire alcuna vergogna del-
,la sua semplicità e degli aspri suoi modi.
Tu potes tigreis ^ comitesque sihas
Ducere^ et rivos celereis morari.
Cesslt immanis tibi blandieiiti
lanitor aulce
Cerherus : quanwis furiale centum
■ :. Muniant angnes caput ej'us: atque
Spiritus teter , saniesque manet
Ore trilingui.
■ Quiu et Ixioii TitjQsque vultu
Misit invito', stetit 'urna pauluni
Sicca, dum grato Danai puellas
Carmine mulces.
Udendo Lide questi miracoli della poesia, di-
ce fra se : Quasi un dio debbo essere costui , che
signor della cetra la tocca si soavemente. Se i tron-
chi !&, i rivi furono dalla cctera commossi, se fu com-
PoESiK DI Labindo 385
mosso per fino il serpentoso Cerbero, io solo non mi
commoverò ? sarò più crudele delle insensate cose «
e delle orride furie? sarò più inesorabile del fato ,
che ruppe le dure leggi dell'Efebo ?
Aiuliat Lide scelus , atqiie notas
yirginiim pceiias , et inane Ijmpha
Dolium f Lindo pereuntis imo ,
Ssraque fafa^
QucB manent culpas edam sub Orco.
Qui Lide, rapita in prima e commossa dalla for-
za del canto , ora h presa da spavento nell' udire
quali suplicii sieno preparati alle crudeli nell'inferno.
Jmpice ( nam quid potuere majus ? )
Impice sponsos potuere duro
Perdere ferro.
Una de multi s face nuptiali
D/gna^ periurum fuit in parentem
Splendide mendax , et in omne virgo
Nobilis cevum..
L'esclamazione sdegnosa e terribile , e il rac-
conto di quello che operarono le spietate Danaidi,
fanno che un subito gelo stringa il cuore di Li-
de, ond'ella dica fra se: La mia durezza sarà dun-
que cagione della morte di cotanto amante ? Già
rifugge da così orrendo pensiero 1' anima di lei ;
quando le viene posta dinanzi la pietà di quella
fedele, che splendidamente mendace verso il padre
suo, e famosa nella lunghezza de' tempi avvenire.,
accelerò la fuga al suo giovine marito.
G.A.T.XXVIIL a5
386 Letteratura
Surge , gu(e dixit jiweni marito :
Surge : ne longus tihi somnus , unde
Non tiineSf detur: socerum et scelestas
Falle sorores i
Quce , 'velut nactce vitulos leasnoe ,
Sirigulos eheu lacerant . Ego illis
Mollior X nec te feriam , nec intra
Claustra teneho%
Licle, alle parole che dalla bocca di quella pie-
tosa le vengono al cuore , si sente mossa alla me-
desima pietà , e alla medesima avversione contra i
crudeli.
Me pater scevis oneret catenis
Quod viro clemens misero peperei :
Me vel extremos numidarwii in agros
Classe releget.
All'esempio di tanta fortezza Lide vuol essere
forte: e gik per dar vita al suo amatore si dispo-
ne a vincere ogni più duro ostacolo, ad incontra-
re ogni pericolo.
/, pedes quo te rapiunt et auree i
Dum favet nox et Venus : i secundo
Online, et nostri memorem sepulcro
Scalpa querelanu
Già fatta compassionevole, amante, e forte neir
amor suo , ora piange al pianto della pietosa fi-
gliuola di Danao : e l'amatore poeta ha in questo
pianto il pieno trionfo . Vedete arte mirabilissi-
ma di questi versi ! Altri avrebbe empiute le carie
Po;:siB DI L\BiivDo 887
di sospiii e di lamenti ; ma Orazio con poche im-
magini avlificiosamcnte collocate , ed espresse con
locuzione mirabile , fa nascere nel cuore della fan-
ciulla que'sentimenti , che a poco a poco la con-
ducono alla pietk. Veggiamo ora se di quest' arte
siasi giovato il suo imitatore, anzi se 1' abbia pur
conosciuta. Egli indirizzando l'ode sua a Melchior
Cesarotti così incomincia.
„ Figlio del canto , che degli anni ad onta
„ Ridesti i vati dalla tomba , e il prode ,
,, Cui ride intorno meritata e pronta
„ L'itala lode;
„ L'arpa deponi dall'antica fama,
■ ■ ,, Premio dei forti e refrigerio ai vinti,
„ Del cieco bardo, che dolente chiama
,, Gli amici estinti.
„ La tromba appendi, che all'indocil ira
„ Sacrò d'Achille lo smirneo cantore,
,j E prendi l'aurea ceteray che spira
5, Fiamme d'amore.'
Orazio, lodando il potere del dìo Mercurio e quel-
lo della lira , venne accortamente a magnificare i
pregi suoi propij' ed a mostrarsi agli occhi della
sua donna degnissimo di ammirazione e di amore.
Il Fantoni lodando il Cesarotti, delle cui lodi egli
punto non partecipa , nulla fece per mettere sé ìxi
grazia della bella giovane romana , la quale per
qu'esti versi non ha occasione ne di ammirare il suo
amatóre, ne di porgere intenta gli orecchi al canto;
poiché troppa h la distanza dal Cesarotti al facón-
do nipote di Atlante. Vedi adunque, o lettore, che
tutto che si dice in queste tre prime strofe è inu-
tile al fine che si propone il poeta,
a5*
388 LETTi;nATURA
„ Di vaga figlia dell'altera Roma
„ Col suon possente dell'eterna voce
,, Frangi l'orgoglio imperioso, e doma
„ L'alma feroce.
„ Ride al mio pianto ed al suo riso applaude,
„ Di se cotanto il cieco amor l'inganna,
„ Sempre di scherno prodiga e di fraude,
„ Sempre tiranna.
Poni mente alle parole colle quali Orazio rimpro-
vera alla sua donna l'ostinazione , e vedrai quanto
sia in esse di urbanità » di delicatezza, di grazia.
Dal Fantoni all'incontro troverai usate queste as-
pre e villane parole : orgoglio imperioso : alma fe-
roce ^ prodiga di fraude otc^ non atte certo a di-
sporre una fanciulla ad amare, ma piuttosto ad in-
dispettire la stessa milensaggine,
„ Lidia le addita, che del crudo scempio
„ D'Alceste rea pende da un antro, e s'ange
„ Cinta dal fumo, e alle superbe esempio
„ Timida piange.
Le immagini che Orazio prendeva da quello errore
che a' tempi suoi tenne luogo di religione, avevano
grande forza , e segnatamente nell'animo delle don-
ne ; ma qual terrore può mettere nella bella ro-
mana il favoloso esempio dell'affumicata Lidia ? I
concetti che seguono sono della citata ode di Ora-
zio; ma in questa del Fantoni , non solamente per-
chè furono tolti dalla favola non creduta a' dì no-
stri , ma perchè vi sono mal preparati dalle cose
antecedenti , riescono freddi e di nessuna virtìi. A
renderli anche piiÀ freddi concorre sovente la pocat
Poesie dì Labinìùo 38i)
precisione , e la poca forza dello stile. Ciò verrò
ora dimostrando per compiere la terza parte del mio
ragionamento.
Tralascio» per brevità, di parlare dello stile di
quelle strofe , delle quali ho osservati pur ora i con-
cetti e la forma, e quelle che seguono.
^, Fa che di poche oda il delitto orrendo
), Ed il supplizio , e men proterva e fiera
,^ 'L'alta paventi del destin tremendo
„ Legge severa.
•), Star le Danaidi con punita mano
„ Miri sul fiume che pietà non sente»
„ Empiendo il vaglio , e riempiendo invano
„ D*onda fuggente.
Questi concetti sono di pòca efficacia perchè non hau*
no significazione determinata. La fanciulla romana
non potrà così tosto intendere di qual defitto or-
rendo qui si favelli. Orazio disse : Audiat Lide sce^
lus atque notas f^irginiim pcenast, dopo avere fis-
sata la mente della sua donna nella spietata figlia
di Danao cogli antecedenti versi. Il Fahtoni dicci
Men pH)ten>a e fiera L'alta paventi etc. E Orazio
Oda Lide la scelleranza delle figliuole di Danao »
e qual supplicio si prepari loro neir inferno. Non
dice Lide pascenti , poiché a svegliare il timore ba-
stano le imagini delle cose terribili. Nella strofa
che segue dichiara, ma troppo tardi, chi siano quel-
le poche di sopra accennate, e qual sia la legge
severa di che dovrà temere la ritrosa giovane ro-
mana.
,, Empie ! poterò in ferita maestre
), Servir del padre ai tradimenti ascosi.
Sgo Letteratura.
„ Empie! poterò con le infide destre
„ Svenar gli sposi.
,, Una fra molte al genitor crudele
„ Splendida seppe preparar menzogna;
. „ L'amante a morte , e ^e rapir fedele
„ Alla vergogna.
Quanta sia la forza nella parentesi di Orazio
Nam quid potuere majus? qui tsalasciata, ognu-
no sei vede. Servir del padre ai tradimenti , par-
mi espressione molto Lassa. Infide destre : mal suo-
nano insieme le due sillabe de de. Con le infide
destre svenar gli sposi vale egli quanto Impim spon-
so potuere duro perdere J^erro? Orazio: Perjurum
fuit in parenlem splendide mendax. Il Fantoni,
Spleìidida seppe preparar menzogna L' aggiunto
splendida^ a cagione del posto che tiene fra le ai-
tile parole , può anclie riferirsi alla donna. Seppe
preparar è modo duro e basso. Z' amante a morte
e se rapir fedele alla menzogna vale egli quanto.
■Et in omne virgo nobilis ceuum ?
„ Sorgi, ella disse, dal fatai riposo
„ Pria che le cure del mio cor sian vane;
„ Sorgi , e deludi inaugurato sposo
' „ L'empie germane.
Ne longus libi somnus, unde Non times detur^ e
Len altro che il fatai riposo del Fantoni. Nota che
fatai significa voluto Ad\ fato ^ e che per ciò noa
SI può dire usato con molta proprietà, iu signifi-
cazione di pericoloso o simile, comecché esso aLLia al-
cun esempio non antico. Pria che le cure del mio
cor sien 'V««,,parmi espressione molto fredda. Ju-
veni marito dice Orazio , inaugurato sposo il Fan-
Poesie di Larindo Bqi
toni. Quanta arte sia nel ricordare al proposito del
poeta la gioventù del marito, quelli che amano o
hanno amato , per se medesimi conosceranno.
„ Lorde, ahi le veggo ! di fraterno sangné
„ Sull'alta sponda del tradito letto,
„ Sciolte le chiome, e del marito esangue
„ Curve sul petto.
Questa ipotiposi è cercata dall'ingegno , non e mos-
sa dalla passione. ^Ita e tradito sono due aggiun-
ti che denotano osservazione minuta occorsa all'ani-
mo freddo dello scrittore. La passione trova altre
immagini. Vedi quanto è naturale, passionata, vera»
elTicace la similitudine di Orazio, Quce velut etc- Il
poeta moderno abbandonato quel concetto affettuo-
sissimo di Orazio ; ego illi's mollior ec. , trapassa di
salto a dire della fortezza della figliuola di Danao»
„ Te lunge, e ignoto alle paterne squadre»
„ E ceppi e strazj affronterò più forte;
„ Lieta, se posso te salvare e il padre
,, Con la mia morte.
Il poeta latino disse: Me di dure catene aggra-
vi il padre mio , perchè pietosa perdonai la iuta
al misero marito , e di là dai mari sino agli ul-
timi numidi mi rileghi. Questo si è uno sfidare
con grande animo le sventure: il che non fa con
quella sua fredda affermazione il Fantoni. Orazio
termina la sua ode dicendo: f^a dove te portano
i piedi ed i venti ^ mentre ti sono favorevoli la.
notte e ì^eneret, va con felice augurio i, ed il Fan-
toni:
Sq» Letteratura
„ Vanne , e per l'ombre il casto amor ti guidi,
„ Ove ti reca il piede incerto o il vento;
„ Vanne , e Tisturia sulla tomba incidi
„ Del mio tormento
Per l'ombre il casto amor ti guidi ha egli la forza
del Dumfavet nox et yeniis? Reca vale rapiunt?
La ripetizione vanne senza dire con propizio augu-
rio, non è forse assai fredda ? Sulla tomba incidi del
mio tormento : il genitivo si riferisce a tomba , e
dovrebbe riferirsi, all' istoria. L'istoria del mio tor^
mento non ha il valore del latino Nostri memorem
sepulcro scalpe querelam. O quanta pietà è in que-
ste parole! Meechino chi non ne sente la forza!
Da quanto ho detto mi sembra chiaro che l'ode
italiana sia per immenso intervallo al di sotto [dell'
ode latina; e per ciò mi reca grande maraviglia il
considerare come il Cesarotti scrivendo al Fantoni,
e promettendo di usare con esso lui la pia esatta e
scrupolosa sincerità , siasi espresso cosi : Se quest"
ode si considera come una imitazione di Orazio
ella e felicissima e più bella deW originale, (a)
Tutte le odi del Fantoni sono elleno come que-
sta ? Molte , a parer mio , come questa ; molte altre
mi pajono essere ben composte in quanto la forma,
ed avere pregi di stile, ma non senza gravi difetti.
L'ode che prenderò a considerare, farà prova di quan-
to io dico. Primamente io la recherò qui spogliata
dagli ornamenti delle rime e del metro, acciocché la
sua forma, cosi nuda , appaja più manifesta.
(a) Lett. del Cesarotti. Fantoni, Opere, Ediz, di Lu-
gano 1823 voi. J pag. 4o.
Poesie di Labi^do 3g'^
y> La virtù è agli uomini necessaria. GÌ' iniqui
» sono costretti a temere sempre le pene sebbene lon-
« tane. Mira di quale timore è compreso l'uomo la-
» scivo tosto che è libero dal suo furore! Mira co-
j) me l'avaro irrequieto palpita sopra gli accumulati
M tesori ! L'empio vide il nembo , udì lo scrosciare
M de' tuoni. Neil' ammanto delle tenebre notturne so-
5) pra un carro di fuoco egli giunge! . . . Egli giun-
« gè! Ecco il signore dell'universo. Fra' lampi ar-
5j denti mostra l'irata sua faccia. Scendete, o re, dal
M soglio, prostratevi, o genti; che sei tu dinanzi a
ȓ lui , o uomo, tanto superbo della tua ragione? un
n verme della terra. China la fronte, o Etruria, lava
» le tue colpe nel pianto: il di della vendetta non
» è ancor giunto. Iddio ti avvisa , e passa. 11 nero
» spirito delle procelle e il turbine fragoroso spiana-
» no il sentiero agli ampj suoi passi : alla voce di
» lui l'onda invade le spiagge, si squarciano le nu-
» bi,ed il Mincio ed il Pò sdegnano la sponda. Ve-
>j di come il flutto vincitore si eslolle, e come rapi-
n do e sonante tragge nella sua rapina armenti, ar-
M bori , e biade ! Sono inondate le case , e qua e Ik
» fuggono gli agricoltori, e co' pargoletti al collo le
» misere madri. Grida di vecchi, di donne, e di fan-
» ciulli assordano il cielo. Il mug^ghiar dell' armen-
» to , il lamentare de' sacri bronzi fanno risonare le
« valli. La invano gli agricoltori e gli armenti cer-
» cano salvezza; qua, percosse da fulmine, ardono
5) le quercie , e avvampano i poveri abituri. Gran
» Dio ! perchè vibri su i tugurj le tue saette , e per-
„ doni alle alte torri albergo della colpa ? Tu serbi
„ all' empio esaltato più giusti ed orrendi gastiglii ;
„ e forse è vicino il tempo del tuo ritorno , e forse
„ pronta è a scoppiare la tremenda ira tua. Trema-
„ te, o regni: guerra lacrimosa devasterà l'Europa,
394 Letteratura
„ e coi palllcli morbi verrà dagli abissi la smunta fa-
„ me a desolare la terra.,,
Non fa bisogno di estendersi in parole per mo-
strare come quest' ode abbia di quella grandezza ,
che tanto nelle sacre carte si ammira. Il venire di
Dio ^è qià dipinto in modo , che induce terrore.
Terrore similmente ti mettono nelF animo gli effet-
ti dell' ira sua. Vedi quanto è bolla , quanto è pas-
sionata l'apostrofe allo stesso Dio ! La profezia espres-
sa con facili e robusti versi nell' ultima quartina
lascia sentimento di compunzione nell' atterrito let-
tore ; e questo era il fine che il poeta si propo-
neva. Ho lodato , e forse non abbastanza , questa
poesia e rispetto ai concetti e rispetto al modo ,
onde essi sono ordinati. Potrò io lodarla moltissi-
mo se pongo mente allo stile ?
,, No, non è ver che sia vlrtude un vano
„ Nome: è un bisogno dei mortali. Pavé
„ Chi altrui fé danno , e palpita
„ Solo al pensier di un punitor lontano.
I primi due versi mi pajano espressi in modo pro-
saico, y^l pensier di un punitor lontano non vale
precisamente al pensare che vi è un punitore co-
mecché eoli sia lontano. Il pensiero del, punitore
è pensiero di esso punitore e non d'altri. Cosi la
grammatica vuole che s'intenda.
„ Mira queir empio timido ed ansante
„ Destarsi, o padre, dall' oscena ebbrezza;
„ Mira suir oro gemere
„ L'irrequieto avaro palpitante.
Poesie di Labindo SgS
Non mi pare clie , qui sia con evidenza espresso
il timore di che è sopraffatto l'uomo lascivo dopo
la colpa. Ansante è aggiunto che indica la sofferta
fatica, e non il xìxnov&cx. Gemere V irrequieto ascaro
palpitante. Quel gemere non potrebbe parere so-
verchio? Non bastava forse il dire palpita f irre-
quieto avaro ?
„ Videro il nembo, e il rotolar da Ittnge
,, Udir del tuono. Neil' anmmanto avvolto
„ Delle notturne tenebre
,, Sopra un carro di fuoco ei giunge . . ei giunge!
Rotolare vale spingere una cosa per terra per far-
la girare. Qui è usato per metafora, e molto im-
propriamente. Avrebbe forse il poeta avuto in ani-
mo, per esprimere vivamente il fragor de' tuoni, di
ricordare il romore che fanno le cose rotolate? Que-
sta fanciullesca similitudine farebbe sovvenire il let-j
tore di quello che il volgo suol dii'e quando tuo-
na, cioè che il diavolo s>a in carrozza.
', ^ f
„ Ecco il signor dell' universo ! Ardenti
„ Svelan la faccia sua lampi striscianti ;
„ Scendete, o re, dal soglio;
,, Temete , o grandi , e vi prostrate , o genti.
Il dire che i lampi svelano la faccia ,di Dio fa
pensare che ella sia tenebrosa. Lampi ardenti stri-
scianti: questi due epiteti fanno la descrizione trop-
po minuta. La minutezza è contraria al sublime.
„ Che sei dinanzi a lui , schiatta superba
„ Di tua ragion , che della terra un verme ?
396 Letteratura
„ Che sei , del fango figlia ,
„ Che fragii messe di falciabil erba ?
Pare che a fine di chiarezza avesse dovuto dire j
se non che della terra un verme ? L'ultimo verso è
Stemperato in troppe parole. Falciahile e fragile
presentano quasi l'istessa idea: così erba e messe*
), Piega la fronte, Etruria, il guardo abbassa,
„ Lava nel pianto la stoltezza , e spera.'
„ Ancor non giunse il vindice
„ Giorno del suo furor ; t'avvisa e passa.
Piega la fronte ^ il guardo abbassa^ sono due azio-
ni che dicono meno di quello che se fosse detto :
il guardo atterra. La^a la stoltezza. La stoltezza
si può sanare Coli' elleboro , non si lava : si dice
lavar le colpe , poiché si riguardano quali mac-
chie dell' animaé
„ Altrove scende : lo precede il nero
„ Spirto devastator delle procelle,
„ E il fragoroso turbine
„ Agli ampi passi suoi spiana il sentiero.
Questa quartina , è a Creder mio , assai bella e
scritturale; ma parmi che l'aggiunto devastator ^
collocato a cagione d'armonia dopo il sostantivo ,
non produca buon effetto , per quel genitivo che
lo segue. L'ordine delle idee richiederebbe che si
dicesse spirito delle procelle^ non devastator delle
procelle. Bello è l'aggiunto ampi , che mostra la
rapidità dei passi di Dio , e ricorda un bellissimo
luogo d'Omero nell' Iliade.
ì
rOKSIK DI LABINDO $97
„ Ei parla : e all' urto di sua voce l'onda
„ Del mar si slancia ad inghiottir la spiaggia,
„ Le pregne nubi squarci ansi,
„ Ed il Mincio ed il Po sdegnan la sponda.
Qui forse le troppe parole tolgono la rapidità e la
sublimità ai concetti.
„ Ve come il flutto viucitor si estolle ,
„ E per i campi predator si stende,
„ Come sonante e rapido
„ Nei vortici trasporta alberi e zolle !
I primi due versi sono di uno stessissimo suono
per quelle due parole vincitor , e predator , sopra
le quali ciascuno di essi con noja degli orecchi si
posa. Arbori e zolle : perchè non arbori e biade ?
Le zolle rapite dall' acqua vanno in fondo : gli
arbori e le messi stanno a galla. Ut pictura poeiis !
„ I vicini abituri inonda, e scaccia
„ Lo sbigottito agricoltor piangente ,
,, La paurosa greggia,
„ E la sposa che i figli ha tra le braccia.
Forse l'ordine delle immagini sarebbe stato più na-
turale se prima si fosse detto della greggia , poi
dell' agricoltore, poi della donna sua.
„ Rimbomba il piano allo stridor del vento ,
„ Alle grida dei vecchi e dei fanciulli,
„ Dei sacri bronzi al gemito,
„ Ed al mugghiar dello smarrito armento.
^gS L li *" T E R A T U R A
„ L\ pe\ salvarsi invan nuota e s'ailaima
- „ Coi stanchi tori il misero bifolcQ ,
-,,f Qua percosse dal f»I mine -
„ Ardon le quercie, e avvampa ima capanna^
In tanta mina l'ardere di una capanna sola è for-
se troppo minuta osservazione. i
„ Gran Dio, perchè le tue saette accendi
„ Contro i rozzi tugurj , e su le torri
,, Ove riniquo domina'
,, Il tuo vendicator braccio sospendi?
„ Lo sb, tu serbi a wia -più giusta e orrenda
„ Pena l'empio esaltalo^ e forse il tempo
)n^^'Deitftuo ritorno è prossimo,
-.(|,'FQrs'è pronta a .scoppiar l'ira tremenda.
':■■ i . ..•..■ .
XoVfó'^è'j modo .basso. ,^ una e superfluo, ed il
^ersohcTÌk^htitou^ Esaltalo e voce poco poetica.
- „ Tremate , o regni : lacrimosa guerra
„ Devasterà l'Europi, e dall'abisso
,, Verrà coi morbi pallidi <
,» La smunta fame a des&lar la terra.
• ■: '.": ' ■ r.\ U^^i i v:.: .
Bellissima , a parer mio , è questa ultima strofa , che
lascia, neir animo del lettore quel terror salutare ,
che, come ilistii di sopra ^ è il fine di questa ode.
Dopo di aver notati que' diversi difetti , che
il giudizioso lettore troverà in tutte le altre odi del
Fautpni meno lodate delle due chic ho qui discor-
se, parmi di poter concludere, senzfa essere' tacciato
d' arroganza, che qiiesto poeta non merita di essere
àellO: l'Orazio moderno i come lo dissero i prodighi
suoi ammiratori. Ma da. che avviene dunque, si di-
Poesie di Labindo Sqq
ra, che le poesie di costui sono lette per tutta Ita-
lia, e da molti tenute a memoria: mentre tante al-
tre composte de'modi eletti nel Petrarca ed in Dan-
te , ed ornate con tutto il oro del trecento , ven-
gono obbliate appena uscite alla luce? Perchè le
parolette, i versetti soavi, torniti , forbiti, delizie de'
pedanti, sono vano tiato che va per le orecchie e
non giunge nel vivo dell'animo; e gli alti concetti ,
comecché rozzamente espressi, illaminano alcun po-
co la mente e sono perciò letti da molti. Ma dura
poi lungamente la vita loro? Mai no : viene per es-
si assai presto quell'ora che // veochio scote 11 lem-'
io pieno , e nella torbida onda Tutta lascia ca-»
der le impresse note.
Paolo Costa.
4oo
VARIETÀ'
Saggio di versione di alcuni salmi ^ di Giamhatista Spi-
na. Seconda edizione aumentata e corretta daW au-
tore. Bologna dalla tipografia Marsigli 1826 - ( Un
volume di pag. 96 ) \
Un buon critico ha scritto di questa versione , che
lo Spina si fa singolare dalla folla degli altri tradut-
tori e verseggiatoi'i per la correzione dello stile, e per la for-
za e l'armonia del metro , eh' egli ha scelto : e giusta sa-
rebbe la lode , se lo stile fosse originale , e non tolto
ad imprestito a Dante al Monti al Costa, copiandone e
storpiandone interi versi , emistichii e frasi , come è sta-
ta sempre mala usanza di questo culto e studioso gio-
vine , che privo affatto di ogni estro poetico, a forza di
schiena e di vegliate notti vuol penetrare di soppiatto
fra la bella schiera di quelle anime eccelse , a cui na-
tura diede di sormontare la perigliosa cima di Plndo.
Questo rubacchiare qua e là le frasi poetiche e i ver-
si ha dato sempre , come era cosa naturale , ai pochi
scritti dello Spina un non so che di stentato , di oscu-
ro , e d'intralciato che ti par di vederlo sul bicipi-
te Parnaso or brancolare con le pastoie , ed ora in
queir atteggiamento , in che Famiano Strada vi pose Sta-
zio , aggrappato ad una delle due cime con le mani e
coi piedi suir orlo di un pi-ecipizio , riguardato dagli
astanti con maraviglia mista a terrore come un balle-
rino che penda dalla corda.
V A R I F. T a' 4^1
Questa seconda edizione non difl'erisce dalla pi-ima ,
che nel maggior numero dei salmi tradotti , in una pic-
cola prefazione , con che l'autore sotto il finto nome
di un tal Francesco Cardinali loda se stesso a cielo , e
in un mal sensato confronto che egli in fine dell' opu-
scolo istituisce fra i suoi salmi e quelli di altri due scrit-
toio , i quali ne hanno pubblicato sì poco numero , che
non bastano a dirli traduttori , né a dar materia di fare
un pieno confronto fra essi e chi verameute pose ogni
cura per tradurre il Salterio : specialmente poi avendo
scelto lo Spina a bella posta un solo salmo , e il peg-
giore fra i pochi di questi due scrittori , e nulla cu-
rando gli altri quattro buoni ingegni italiani , che oltre
que' due dopo lo Spina si son fatti a volgarizzare gì' inni
davidici.
Non parleremo della fedeltà della versione : poiché
non è da attendersi questa dallo Spina , che ignaro del-
la lingua ebraica e della greca si è pur anche di gran
lunga discostato dalla Volgata ; sicché i suoi salmi po-
co ritengono del testo , e possono considerarsi come un
buon mosaico di pensiei-i e d'immagini orientali vesti-
te con parole italiane. Non ostante noi consigliamo l'au-
tore a compir l'opera : che piacerà sempre , non po-
tendo egli pubblicare cose sue , il vedere che inteso al-
lo studio della buona lingua e del buono stile volga-
rizza le altrui bellezze , e non consuma del tutto in-
vano la sua vita. Anche la volontà è di assai nell'ar-
due cose , se però non vada disgiunta dalla modestia.
FlLALETE EUTRKSIO
G.A.TXXVIII. atì
4oa Varietà'
Opuscoli di Gio. Battista f^erniiglioli ora insieme rac-*
colti , con quattro decadi di lettere inedite di alcu-
ni celebri letterati italiani defonti nel secolo XIX. -
Voi, /. - 8.° Perugia , tipografia Baduel presso Bar-
gelli e Costantini 1826. ( Sono png. 2o5 )
„ Dai piccoli libri , anche di mediocrissimi ingegni ,
„ può trarsi talvolta non lieve vantaggio per ogni ra-
„ gione di studi. Il dotto cav. Morelli già amico no-
„ stro , e che fu stimato a buon diritto il principe de'bi-
„ bliografi, avea conosciuta per modo questa verità , che
,, dopo le sue sollecite cure di raccoglierne immensa-
,, mente , e di tenerli a caro , come può anche dedursl
„ dalla copiosa sua collezione , già assicurata nella Mar-
,, ciana cui presiedeva quell' uomo dottissimo , era bra-
„ moso di trattare a parte con qualche scritto : Della
„ grande utilità che da libri piccioli soventemente si
„ trae. ,, Così scrive l'egregio autore nella prefazione di
questi Opuscoli : e noi affermiamo il medesimo , e di-
ciamo anzi che se vantaggio non lieve si ritrae da' pic-
coli libri anche di mediocrissimi ingegni , grande cer-
to se ne ritrarrà da quelli d'un uomo così versato in ogni
genere d'erudizione , com'è il sìg. professore Vermiglio-
li. Grazie dunque se gli rendano sincerissime dell' averli
riuniti insieme , e incominciati già a pubblicare.
In questo pinmo volume sono le operette seguenti :
I. Lettera al P, abate Di-Gostanzo sopra un'antica iscri^
zione italica del museo Oddi di Perugia ; 2. Lettera al
conte Alessandro Baglioni Oddi sopra ima così dett* pa-
tera etrusca; 3. Saggio di ossei'vazioni sulle prime origini di
Perugia ; 4- Elogio storico di Baldassare Ansidei biblio-
tecario della vaticana nel secolo XVI i 5. Estratto della sto-
ria della basilica di S. Paolo scritta da monsignor Niccol.t
Niccolai ; 6. Sigillo di Bartolomeo di Ermanno degli Er-
mauwi jilustv^lo ; '^. Decade i di Icllcrc inedite di al-
Varietà' ' 4^^
cuni celebri letterati italiani ec. ( Qui sono quelle dì
monsig. Gaetano Marini )
S. B.
Dafne in alloro , stanze di Giuseppe Ignazio Mon-
tanari. ( Sono cart. l'j , senza luogo di stampa. )
Belli di soavità e d' eleganza sono questi versi
del giovane sig. Montanari di Bagnacavallo : sicché vo-
gliamo con essolai rallegrarci dell'egregio studio che pone
intoi'no a'classici di nostra gentile favella , e smgolar-
mente intorno al Poliziano e all'Ariosto. Oh quella bea-
ta scuola della Romagna è pur continua in dare be'frut-
ti alle italiane lettere , grazie immortali alle cure e agli
esempi di que'leggiadri spiriti dello Strocchi del Fari-
ni e del Costa !
Ecco la descrizione che il Montanari ci fa di Dafne.
„ Splendea in Tessaglia una leggiadra figlia
„ Di Pene'o nata , per bellezze sola :
„ Di Citerei piìi nere avea le ciglia ,
„ E pili che neve il sen bianco e la gola :
„ Pinta in rosa la guancia : amor s'appiglia
„ A quale ascolta sua dolce parola ,
„ O mira come altera e umile incede ;
„ Ma se t'apre un sorriso il cor ti fiede,
„ La chioma d'oro pai-te in nodo stretta
„"'Parte 'discìolta sulle spalle scende ,
„ Entro le scherza la gentile auretta ,
„ Che il bel viso baciar diletto prende :
„ Cinge corta al ginoccliio gonnelletta ,
„ Licia faretra agli omeri le pende :
4^4 * V A R I 1£ T a'
„ Arco sottil d' avorio porta al fianco ,
„ E chiude in bei calzari il piede bianco,
„ Gara a Diana per selvaggi monti ,
„ Armata d'arco e di saette , in caccia
„ Dietro alle fiere di'izza i piedi pronti
„ Nuda il candido sen , nuda le braccia :
„ Né lei ponno arrestar o fiumi o fonti ,
„ Ed or un orso , or na lion minaccia ,
„ Contro ai cervi veloci or tende l'arco ,
„ Or le timide damme aspetta al varco.
,, Sen già talvolta sola con Diana
„ Che di lei più che d'altra si piacea ,
„ E bagnarsi le membra alla fontana
„ O con lei mescer danze si godea :
„ Febo , che pastorello ia forma umana
„ Del re Admeto le greggi allor pascea ,
„ La rimirò che al bosco della diva
„ Lietamente cantando si veniva,
S. B,
Istruzione a chi volesse scj'i^^ere
una tragedia romantica.
Primieramente è bisogno che tu di buonissima fe-
de , malgrado che la ragione ti gridi il contrario , re-
puti l'arte tragica ancor bambina in Europa : nulla aven-
do potuto fare per essa , filosofando inutilmente sul cuo-
re umano , que' barbogi d'Eschilo , di Sofocle , d'Euripi-
de , con tutti gl'italiani e i francesi che ne hanno ba-
lordamente seguite le orme. Prendi poi a tua scelta venti
o piìi fatti d'un qualche gran barbassoro de' bassi tem-
pi , e così tutta d'un fiato scrivine una tragedia. Guar-
V il a I E T A.' 4o5
dati pevò che nlun fatto sia mai legato coll'altro : per-
ete ciò darebbe unità d'azione alla tua tragedia , e qua-
lunque unità è creduta da'romautici contrarissima al buon
effetto teatrale , alla semplicità ed alla cbiarezia. Fu già
tempo che gli eccellenti poeti ebbero diverso consiglio:
ma , figliuol caro , altre cose vuole un secolo , ed altre
ne vuole un altro ! E la ragione umana , checché ne di-
cano certi accigliati pedanti , è simile anch' essa iu qual-
che modo alle vesti , le quali perpetuamente si mutano.
Oh vorrai tu andar oggi colla berretta a tagliere e colle
brache alla martingalla, siccome usava messere Uguccio-
ue ? Attendi poscia che fra ciascuno degli atti suppon-
gasi esser corso il tempo almeno di dieci anni : e se
passerai spesso da un paese all'altro , anzi se traversando le
mille miglia di mare volerai dall' Europa all' Asia o all'
America, farai cosa veramente bella e solenne. I personag-
gi sieao pia 0 meno 4? • 6 quando n'avrai introdotto
uno a parlare , non curarti piii nulla de'fatti suoi, I ver-
si sorpassino' i 12000 ; scrìtti a un di presso con lo sti-
le d'Alessandro Manzoni , affinchè non sieno poesia , e
di più abbiano degnamente bisogno delle cure pazienti del
Landino e del Vellutello. Un beccamoi-to , un ciabatti-
no , un pescatore , e tre 0 quattro crestaie sono di estre-
ma necessità : se no , la tragedia non avrebbe la nobil-
tà e l'eccellenza di Calderon e di Sliakespeare. I tra-
gici dell'ultimo settentrione , veri esempi dell'ottimo ro-
manticismo ( anzi dell'ottima poesia , la quale per cer-
.10 suo naturale diletto non ama dimostrarsi in tutte le
sue divine bellezze , fuorché in mezzo i perpetui ghiac-
ci e i venti e le nelibie ) usano anche introdurre un ve-
scovo , un monistero di monache , ed una processione *
ma noi che ci pregiamo di buoni ed ossequiosi cattoli-
ci non dobbiamo cosi mischiare le cose anguste della re-
ligione con queste- profanità. Fingerai nel primo atto un
castello , che però sia di architettura gotica., in )uez.AO ad
4oG Varietà'
un boschetto di tigli : nel second'atto una orrenda ca-
verna , dove fra perpetue tenebre abbiano la loro di-
mora molti ladri e farinelli, e con essi veg£;asi una giovane
donna tutta scapigliata che piange. E così via discoi-rendo
hegli altri atti. Indispensabile è però un cimiterio ; nel qua-
le sarà bene che tu spesso conduca , cosi per diporto , le re-
gine e i gi'an re, che vi potranno anclie a grandissimo onore
tener consulte e ricevere ambasciatori. Un travestimento da
morto sarà piire opportuno : e già nobilmente , secondo il
suo solito , né usò lo Schiller nell'ultima scena del suo pie-
toso D. Carlo. Degli spettri poi mettine proprio a biz-
zeff(< : che la gentile poesia romantica senza spettri non
è più romautica , e non vale un zero. Se porrai che i
ciabattini ed i beccamorti discorrano fra loro un po-
co alla comica , e si proverbino , questo non potrà es-
sere che un egregio e fino artificio perchè debba ralle-
jgrarsi alquanto la serietà tragica : ed oltre a ciò avrai
con bellissima lode imitato Shakespeare. Ma sentenze per
carità : e soprattutto sieno sentenziose e sottili , al modo
inglese , le persone dell'infima plebe. Finalmente non per-
donerai a ninna umana stranezza , affinchè le fantesche e
i fanciulli ti battano costantemente le mani.
Fas'ole russe di Kriloff".
Abbiamo discorso di cpieste favole ne'volumi d'apri-
le e di maggio : e detto che degne generalmente di lò-
de ne sono le imitazioni poetiche fatte da parecchi va- '
lorosi italiani. I sigg. Bartelli e Costantini , stampatori e
librai dèlia città di Perugia , ne hanno impresa per as-
sociazione una ristampa : avendo però unicamente i-iguar-
do alla parte italiana , cioè a dire alle l'iferite imitazioni
ecl alla prefazione del dottissimo Salfi.
i
'' » Varietà* 4®7
Teatro di Luigi Leoni di Firenze.
Il primo tomo , cli'è omai sul pubblicarsi per as-»
sociazione iti Firenze colle stampe di Luigi Pezzati , con-
terrà il Gela , la Tessalonica e la lìossane , tragedie ;
il Buon ministro e la Nuova scuola de'' mariti , com-
medie ,• e la traduzione della Zaira del sig. di Voltaire.
Sarà inoltre arricchito di varii discorsi critici sul tea-
tro tragico degli anticbi , degl'inglesi , de*tedeschi , de'fran-
cesi , e degl'italiani , e insieme da un giudizio sopra Ict
precedenza.
Il sig. cav. Ciampi ci ha mandato questo sito epicedio
scritto per la morte di S. M. Vimperadore Ale s san*
dro di Russia.
^, Magnus Alexander bello péi'terruit orbem *
„ Noster Alexander . pacis in orbe parens.
^, Magnus Alexander raultis infensus amicis :
„ Inque ipsos liostes at fait iste pius.
• — jj Magnus Alex.ander paucis lacryniabilis,: pmnis
„ Subdita gens nostri funera collacrymaat.
„ Non igitur magnujn vere , quis , dixprit illunpi,!
„ At noster magnus nomine reqpie fuit. e ,1 J
INDICE
DEGLI ARTICOLI CONTENUTI NEL TOIM. XXVIII
DEL GIORNALE ARCADICO.
SCIENZE
Maggiorarli ^ sopra alcuni giudizi me-
dici P' 3 — —
Meli ^ febbri biliose p- 21 — —
Vacca , nuovo metodo di curare la
trichiasis p. 3o — —
Palazzi 1 malattie artritiche reuma-
tiche ec p. 33 — —
H o sellili i ^ progressi delle scienze eco-
nomiche p. 5o 183 —
Matthej , lettera in risposta ad un ac-
cademico fdarmonico sulla medicina
del Le-Roy p. — i49 —
Dissertazioni in medicina e chirurgia
di varii allievi delV università di
Padova yo. — 197 —
Pepina , preparazione della barite cri-
stdllizzata p. — 206 —
Cappello , osservazioni geologiche del
territorio di Accumoli p. — — 289
Meli ^cagioni dell'abuso del salasso, p. — — 332
Piccerilli , della medicina pratica in
generale p. — — 338
LETTERATURA
Borghesi , osservazioni numismatiche
{decade XIF) p. Cj 208 —
. 4o9
Biondi , sull'antico volgarizzamento di
Esopo ^. 88 . •"• —
Niccolini , Medea tragedia . . , , . p. 99 — —
Vaccolini\ alcune cose di Dante toc-
canti la fisica ,../?. 120 ^^^-^f! -^; ;
Coluto , il rapimento d' Elena tradotto ' T '^- • < ^
in italiano l . \ . p. ~'a'4r" ^^^'^
Campanari^ risposta al sig. O. intor- .. ' ', '.
no ad un urna etrusca ». •-— 260 '—r'"
Morelli, dell'antico /^e/p:^-,, ... vj^'Crnv^ ^^7 "~"u
Amati ^ iscrizioni antiche nuovamenrr'w t • ?3r r
fó scoperte .:!;... jo.i]'>i^ VJ— 345-: i
Ricci ^'trattato éelV amicìzia .'\ < »'-j9..fi*ii-'iXl^-i.i. 366
Degli Anton]' ^ commedie' :'l . . . p. **• ^-^ 3'^a" -
Farini^ panegirico a s. Luigi Gon^ "*C^
^«S'^ • •_ P' — — hT:\
Costa , ragionamento intorno alle poe^ ,
sie di Giovanni Fantoni ' detto La-
hindo . t*i j'.'. . . p» i' — — 38o
ART I-B Etti E ARTI
Pittura* Vincenzo Rasori di Bplogna p* f,^7 f^ -7»^1 .
uox; ,i.L,\
4 IO
Giornale areadico rqiiad- LXXXflt- novembrs 1 8a5
dalla pag. f49 alta pag. 181 lettera del dottor
Giuseppe Matlh'ef ec\ '_[''' ' \' '/ */"'''".
Pag. Lin. ERRATA.
i4^- ult-km. flhe .ci tiet^ .
i5i 37 terzoiiare -
CORRIGE.
«he tieii
tenzonare
ideni. u^bim-.^recedimetito procedimento
i53
idem
idem"
i56
idem
i5y
id^m
i58-
169
idem
160
i6a
idem
idem
176
«77
181
G
3a
i4-
23
Intanto di
.^
• ad abjurarlo '
checche
Intanto li
Se pure
• èontentez^a
rompere ad ingiurie
dai diesis
dalle semicrome
m^ poi , per chi
si slancia animoso
schernevole
che mai cessò
quarantesimo
coliche
in sublime grado di
f)grfe?;ion.e .l'incivi-
i mento delle
turl|it r^avganicum
si e rilevato
di abrasioni
ad abiurarla
che
avrebbe piìi seriamente avrebbe piìi savia-
mente
26
29
3o
3r
i. 2.
creduli e superficiali
in chiacchere però
redisilizio
mai non si mostrarono
fra i quali sganarelle ,
che per vendetta ma-
liziosa della moglie ò
creduli e superficiali
a chiacche però
l'ediflzio
mai si mostrarono
fra i quali sganarel-
le , per vendetta
maliziosa della mo-
glie e
iV". B. L'autoi-e ha creduto dovere e mandare questi
errori di stampa , perchè alcuni intcrressano rintelligen-
za del senso , altri deturpano la purezza della lingua.
Tabella dello siato del Tevere , desunto dall'altezza
del pelo d'acqua sull'orizzontale del mare^osserva-
to air Idrometro di Ripetta^ al mezzo giorno.
Novembre 182 5.
GIORNI. METRI
I
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5,
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60
OSSERVAZIONI.
Altezza massima ^et« 9, 70
Idem media ' ntet, 7, i3
Idem miaiiua «net. ^^^0
'L'altezza niassima nell'an-
no 1825 è (limet. Q yo
Idem minima idem „ 5 4^
Idem medi« idem ,, 5 ga,
Osservationi Meieorologii'he. Colleggìo fiumano Dei embre 1825.
In questo mese, e ne'seguenli , si darà l'allezza dell' au'qua radTTla . Tn linee!
centesimi di iuipa ; per averla ne' 9 mesi precedenti, bisognerà dividere il nu-
mero dei pollici cibici per 4-
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Fr. Antonius Franciscus Orioli Ceasor Theel.
INIHIL OBSTAT
D. Albertiaus Bellenghi Revisor deputatus.
NIHIL OBSTAT
Petrus Lupi Med. CoUeg.
NIHIL OBSTAT
Lanretus Santucci Gens. Philolog.
IMPRIMATUR
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Fr. Thomas Dominicus Piazza Ord. Praed. S. P. A.
Pro-Magister.
IMPRIMATUR
Joseph Della Porta Patriarchi Constantinopm
Vicesgerens .
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