"%.: Adii-^^... GIORNALE ARCADICO DI SCIENZE, LETTERE, ED ARTI TOMO XXVIIL OTTOBRE, NOVEMBRE, E DECEMBRE MDCCCXXV. Il O M. A NKLLA STAMPERIA Uti. GIOiCMALt; PRESSO A >i T O N 1 O B O U L 5i A LU R Con licenza cA'' Saparìori» Sopra alcuni giudizj medici' Rijlessioìii di Carlo Maggiorani. X otra giustamente parere cosa stolta che taluno st affatichi in confutare errori andati in dimenticanza , o in dimostrare verità che già. misero radici in tutte le menti. Ma questa che per se stessa è vana impre- sa, può talora divenir necessaria ove trattisi di gio- varsene a jjrivata difesa contro non meritate censu- re. Ed è questo appunto il caso del presente scrit- to ; al quale ha data occasione una sentenza (i) di alcuni medici che a me sembrò troppo ingiusta per- chè dovessi sopportarla e tacermi. Tanto più che mi disdiceva l'onore di una carici, della quale fu tanta cortesia e liberalità verso gli altri. Ricuperatomi adun- que dalla maraviglia che suole generare l'avvenimen- to impensato, mi posi ad investigare i giudizj onde mosse quella decisione; e sembratomi indegno che li coprisse la stessa notte che ne occulta tanti altri , disposi farne partecipe il publico , aggiungendovi al- cune riflessioni. Le quali sono destinate, e ad iscaltri- re taluni che non è da misurare l'intendimento de- gli nomini dal resultato di certi sperimenti; e a mo- strare ad altri che vuoisi andare più cauti nel giu- dicare. I giudizj che discorrerò in queste carte furono pronunziati solennemente da un triumvirato medico invitato a sentenziare della capacita di alcuni giova- ni. Oggetto di quei giudizj era la conferenza di una carica; mezzi a giudicare furo io due sperìmeuti. L'wna di antica consuetudine; gi^ pii^ volta Qeei\3!on«» dMn* giusto ripulse (a) : voglio dip^ k riiolu^iong 41 ua 4 S e l K N Z E raso tolto alla iiiiso!al)ile raccolta di storie eli ma Ut- tic, cho va sotto il nome
  • Sia la seéondà storia quella di un anonimo. „ Il „ signor Carlo N. d'anni a5, di gracile costituzione, „ di temperamento assai eccitabile, studente, in cau- ,i sa di trascurate blennorragie , fu preso da ulceri» „ buboni , dolori osteocopi , con notabile dimagra- „ mento , sudori , tosse , sputi marciasi , strisciati „ ancora di isangue , voce bassa, spossatezza ecce- „' dente, e" febbre vespertina, per cui a ragióne si ,i temeva dalli]^ sua vita. Sembrando per certo mi- ,5 nàcéiato da una tisi; tanto più che i tentativi „ medici èrano riusciti tutti inutili; appena entra*' „''to àel inio ospedale cominciai a trattarlo 'col' de- ,', cotto del Settalio di china-china, e con altri re* „ nutrienti è corroboranti, ciò chd riuscì a mio gra- „ do , minorando gli sputi e là tosse , contro la „ quale si fece ancora uso d'opportuni espettoran- „ ti. Allora pensai di sottoporlo 'ad Un qualche ba- „ gno di acqua, che fti sufficièntemente soffèrto. Ciò I Malattie artritichb ec, 3a „ mi diede corao^gio a prescriverne altri a vapore, „ che giunsero ad una ventina, impiegando inter- „ polatamenle da quattro oncia d'unguento mercu- „ naie; e tale fu il vantaggio che da questa cu- „ ra , per altro lunga e con mano quasi sempre „ sospesa diretta , che potè uscire sano dallo spe- „ dale; ed a caso avendolo veduto non è molto „ per istrada lo trovai ritornato in ottimo stato di „ salute, e per nulla piiì riconoscibile. „ Sia la terza storia quella di Gaetano Belluzzi. „ Per ulceri, blennorree , e buboni retrocessi, da „ più mesi trovavasi in letto Belluzzi Gaetano d'an- „ ni 28, e di fisica non eccellente costituzione. Ciò „ che più lo travagliava erano doglie pertinaci. Per- „ ciò portato nell' ospedale di S. Orsola , quivi „ giaceva immobile ed attratto, con la bocca qua- „ SI chiusa, impossibibtato ad aprirla: laonde era in „ necessita per vivere di deglutire bevande sempli- „ cissime per mezzo di un cannellino , o siringa. Fe- „ ce alla prima stentatamente alcune inmersioni , po- » scia^ sei bagni in acqua , e dieciotto a vapore , „ coir interpolata amministrazione di oncie cinque ,, d'unguento mercuriale; internamente prese poca dc- „ se dell'ossido del Moscati, unitamente al nostro de- „ cotto semplice antivenereo; e in meno di otto set- „ timane si riebbe in modo da nutrirsi assai bene , „ e ^restituirsi in seno alla sua famiglia oo'proprj pie- ,r di perfettamente ristabilito. „ Ogni uomo, nonché il modico,, ben vede che al- la guarigione delle malattie tre cose richieggonsi ad- un tempo : la disposizione dell'infermo, l'efficacia dei nmedj , e la saggia loro applicazione. Dove manchi quest' ultima a nulla montano le altre due, le quali^ non servono che ad accertale che la vita fu tolta ali infelice maUto da chi prese a ristituirgli la sa- y|© Scienze nita. Delle guarigioni pertanto avvenute nell' ospi- tale di S. Orsola ed uniti nel corso di anni cinque, tutta la lode è dovuta all' A., il quale grande osser- vatore de'sintomi indicati dalla infermità ora prose- guì la cura come la intraprese, ora la sospese, ora la troncò, ed ora varioUa, secondo che richiedeva lo stato dell' infermo. IV. Storie di quegV infermi, che ricuperarono la salute quantunque sce^>eri da lue venerea- Può la reumatalgia e T artritide contrarsi 'Sh-- che da chi non pose' il piede giammai in Pafo ed in Guido : ma allora le infermità si curano co' semplici Isagni di vapore , i quali non bastano mai a vin^- cere la sifilide. L'A. ci da quattro storie d'infermi , de'quali resta provata l'innocenza da ciò appunto cher il blando vapore restituì loro la salute. V. Di quegV infermi ì che 'fui^no curati »? co' &^/g^«/ j'ecc/iiiJfi i'yii'i'' Di questi bagni, assai commendati massimamen- te nelle malattie cutanee, ha fatto liso con profitto anche l'A. precèduto dagli esempj di Moberger in Iscozia, di Galles in Francia, e dell' Assalì ni e del Me- landi in Italia. Questo metodo, di cui l'A. da quat- tro storie felici, esclude per lo più la unzione del mercurio : la quale se qualche volta si adopera , non è che per acconciarcela cura. Malattie artritiche ec. /^ì VI. Di q uè gV Infermi t che sebbene attaccati da lite ve-- nerea , curar non si possono per mezzo da' bagni a vapore. Avviene, Lenchè di rado, che la sifilide curar non si possa per mezzo della idrargirosi :; siccome r dimostra l'A. con tré storie; delle quali trascrivo qui la prima di un individuo che militò coraggio- samente né' campi di Marte e di Venere: la quale? storia a me sembra che fgrse piii d'ogni altra ma-« nifesti fin dove giunga l'arte e l'indtistria' dell'A.r „ Il brigadiere de'caràbinien Gomucci Antonio, uor „ mo di fresca età , dalU natura dotato di robur „ sto temperamento ^ quantunque avesse nella sui: ,j primissima gio venta trafciarato alci^we affezioni re- „ neree, pure se la passava nsufflcientehfiente bene si- „ no al punto che per fatalità cadde da cavallo, „ sono ora alcuni mesi, percuotendo' colle reni sul „ terreno. Dopo questa disgrazia non passò guari,- ,, che si accorse di urt certo intorpidimento alla ,) gamba destra, che lo rnéòmodava di' raolto' nel sa': „ lire a cavallo , ciò non> ostante nessuna 'cura celi „ se ne prese; ma a poco a poco s'accrebbe il sen- „ so di debolezTia all'artov e si fece sentire anche „ un impedimento deciso ad articolare il ginocchio: „ in somma si presentò il corredo tutto , che ac- „ compagna la seraiparalisi , e di piiì non poteva „ reggersi per conto alcuno sulla parte malata, la „ quale di tratto in tratto era sollevata da forti „ contrazioni muscolari,' che di molto - Ìo inèomo- „ davano. Fu in quésto stato di cose che egli ri- „ corse ai presidj della medic'artc: venne curato nel- 4» Scienze „ lo spedale di Forlì colla reiterata applicazione del- „ la moxa , e colle frizioni di lenimento volatile al- „ la regione del sacro ; ma peggiorò invece di rai- „ gliorare , perchè allo indebolimento ed alle con- „ trazioni della gamba s' aggiunse una oscillazione „ quasi continua al piede . Trasportato alle terme ,, porrettane , non fece più di trenta bagni genera- ,< hi, e fu sottoposto per altrettante volte alla doc- ,y.ciatUra:ti,m* tutto fu senza effetto alcuno ^ ciò „ che diede: ancora adito à certuni di dubitare y per la ,y, pertinacia del male », che associato pure noh ivi ^rfosser^ual^hj? r;avvivamento delle sofferte afFezio- „ ni veneree: però consigliato venne di trasportarsi „;n$l imioi ospedale, dove appena esaminato credetti rtf per.-iqwtP, idaójfiose le Unzióni mercuriali , massime „ piar lèi coptinue pontrazioni ed oscillazioni che „ soffriva, alle quali pensai di dover porgere ri- „ pairo con bagni oleosi per. alcuni giorni aramini- „;strati. Portata qualche ì; calma alla parte, ma per „ ritilla toko il torpore e l'indebolimento ,'mi ven- ,i, ne in p!$nsierò, d'usare la stricnina a due grani „ divisa in otto bocconi da prendersi in ventiquat- ,j tro ore» ::Ja cui.dose fu a poco a poco aumenta- „t ta fino i;aii: quattro grani da. prendersi pure nelle „; ventiqiia/ttro ore. All'uso, di questo rimedio venne „ aggiunto' esternamente una frizione fatta colla po- y, mata d*: estratto d' aconito alla parte affetta. Ma „ dòpo Un mese e mezio circa di questo metodo „. l'amtaal^to i non ne risenti un notabile migliora- ^, mento ,: tf arine che era scemata l'oscillazione del „ piede.' In questo stato inconcludente di cose, cre- „ delti, bene tentare, l'elettricità. S'incominciarono a „. dare ;, colla .cooperaziane del mio bravo ed inge- „ gnoso assistente signor dottor Davveri , sei scos- „ se elettriche ^1 giorno, colla bottiglia di Leyden Malattie autritichk kc. 4^ „ (non avendo creduto la nostra pila di Volta al „ caso) facendo un arco ara dal sacro al ginocchio, ed „ ora dal sacro al maleolo esterno , lungo l'andata „ del nervo ischiatico; s'aumentarono a poco a'po- „-st;o le scosse sino al numero di dodici , come pu- „ re se ne aumentò l'intensità, e fu sotto a questo „ metodo che si osservò un reale miglioramento. Di- „ minuì gradatamente il' séùso^'^i debolezza alFarto, „ al segno che l'iiifèrmo cominciò- a poggiarvi so-'. „ pra, ed a caminpre senza bastone: e si-^diminuirò- „ no le contrazioni milsòòi'ari *i séiltiVa Maggior „ forza 'neirarto m^là# *èhie ' ii'^l sanò. Di 'tale straor- „ dinariò' fenomeno amai' che l'ottimo mio amico „ signor Orioli , profesSòtié->bhiàriSsinaio di fisica in: „' quésta 'titìi-térsita , ed 'lift 'altre sbiettze ^éSp'ertisSi^- „ mo ,' 'ne fosse giuditìè' h^ testimoniio.i IP'ePminUta „ la cura, che fu spinta al di la delli cinquanta gior- „ ni, il giovine militare l'C^mminava fp^ncd-^ é > sen- „ za bastoiie ;' e sulla fiductia ragionevole d' acqui- „ stare poi a buona stagióne fermezzfti^'e robustez- „ za totale nella parte gik' affetta ed* indebolita, „ trovasi allegro e quasi del', passato * dimentico ^ és- „ sendosi già alla fine dello scorso carnevale por- ,y tato alla sua patria, ed al suo posto ,? in, seno „ de' parenti e degli amici*- >, • '- • '■ ^^Ji^r;-;;'. ,- E fenomeno nel Ve^o -' singolare che il miento- vato brigadiere maggior; foi'za' sentisse 'dopo la cu- ra nell'arto infermo , che' nel ■ Sano ; mai' giai'l'A'. . sino- dalla prefawòne ci assicurò^ òhe talora l'aciwi' ren- de ai malato piìi férma 'é"ìsi{ìura tóbUstéziitti' Vi sa- rebbe mai» dùbbio, che si trovasse «omo si pazzo - ad un tempo' € vizioso / il quale al fine di 'miglib- rare. di 'salute prendesse per raediciM la ' sifilide ? 44 , S CI ENEE • U..I,;.: vii- ■ OT!!TIl! Di quegli .infermi che. rimasero vittima della sijl^ . ilide.i, coniip pure di quegli a quali iiiun giovjt^, nmentOi.reeftrono i bagni a Vapóre. f-iur.Ttn rs:*. '^'i fj ( La sincerità,, di :;clie ogni uomo cV onore iSi pre- gia , e;sige dall' A- cIiq egli riferisca anche la storia, di quegli sventurati, iftfe^nii, ai quali tornò affatto iijutile; il su,o metodo, ;sebbene accaggionare non se ne' possa il' njietodo stesso ,, .come egli dimostra al «priipiere del, presente qapitQlp, discorrendo cosi: „ Da ,^-^iinij[i ap^tpmici risultati .delle accennate storie, e „ -daV cortiples:?p elei rispettivi, sintomi , nulla appa- „ re che tali, perdite debbansi al nostro metodo at- „, tril^uirft; giacche nelle M'itime due abbiamo infuna itjppr;: ?aU'sa.rinanifesta // tifo , nella seconda una. niisconipansa. di migliare^ sempre micidiale, e nelle „i,altre, due;,prirae, quantunque qualche poco più os- „^icujrja; l'eslàli. A dir vero, là. causa> della lor morte , „.pure in 'Una abbiamo, una yòr^m/z/za scorbutica ,^ affezioU^\ ej nell'altea \d. pertinace neurosi ed atro- ^^fia de,lVm!so ibmchialei BaL.-.cio adunque possiamo. „ iragÌQfievQlmante,;;gonclu4er<;, che in questo corso di „. tempo» , j non essendo, njortalitk accaduta , in con- „ seguenza dei bagni vaporosi e delle mercuriali. „ unzioni, non siamo per,,Qerto noi riprovevoli del „ nostro sistema, , Tuttavia, per rapporto alli bagni „ ! vaporosi , . colla solita ingenuità confessare dob- „,biamO(, chle sono pur essi soggetti (come qualun- „f,que altro metodo) a qualche eccezione, come i „ -pochi fatti seguenti ce lo hanno fatto conoscere. „ -Cinque individui, de'quàli accenniamo i nomi» di „ robusta cpHituzione , sono quelli che lo compro- Malattie artritiche ec. ^5 „ vano : Fabri cioè Serafino, carabiniere, d'anni 2G ; „ Ravasini Domenico , gargiolaro , d'anni 3o ; Gam- „ berilli Giovanni, canepino cord aro , d'anni 29; „ Monari Francesca d'anni 27, e Bartolini Teresa „ d'anni 34- Questi , a fronte di più tentativi, non „ hanno potuto sostenere il bagno vaporoso; però „ quello solo si è sostituito ad acqua , ma col pro- „ lungarsi certamente tanto più la cura. Da tal nu- „ mero cosi ristretto, in proporzione de'so^tretti da „ cinque anni nell' ospedale raccolti ed ammessi , „ e con esito favorevole usciti , parmi potere fran- „ caraente concludere essere di niuna entità e di „ pochissimo rimarco una tale eccezione, per tener- „ si conseguentemente per escluso o per sospetto „ il nostro metodo. ,, Vili. Z?e* corollari che derivano dalle premesse storie per ciò che riguarda l'uso del mercurio^ de" ha^ni a vapore , de" suffumigi , e degli altri rimedj. Lasciando io di riferire que' corollarj che si de- ducono dalle premesse storie per regolare con pru- denza l'uso del mercurio , il quale male amministra- to può nuocere ( il che è comune per egual modo all' antico metodo , che al nuovo ) esporrò soltanto que' corollarj , che derivano dall' uso dei bagni a vapore e da'bagni secchi; e sono; 1." Che la sifilide non si guarisce mai coi soli bagni a vapore , essen- do necessario l'uso del mercurio , al quale chi ha ripugnanza pensar dovrebbe essere più assai della medicina turpe il mezzo per cui si contrae il morbo: ^G S e I E N a K Nis igitur totum oblinere atque obducere corpus , Ne obscaenum ne turpe puta. Per talia morbus Tollitur , et nihil esse potest obscaenius ipso. (Fracast. Syphilidis l, 2, v. 430.) 2." Che i bagni a vapore voglionsi preferire ai ba- gni d'acqua , perchè rendono la cura più breve e pii!i sicura; 3." Che i bagni secchi, ed i bagni medi- cati a vapore sono di grandissimo vantaggio ne' ma- li cutanei; 4** Che i decotti del Salvatori^ del Set- talio ,. del Pollini , del Rasori , del nostro antive- nereo , e di altri , vengono in ajuto del mercurio e de' bagni a vapore; 5.° Che il metodo usato dall' A. mette quasi sempre a buon fine. A questi cinque co- rollari non dispiacerà all' A. si aggiunga il 6.° Che la lue venerea, curata col suo metodo , non lascia alcuna di quelle funeste reliquie , che palesano la sofferta viziosa infermità , come il fieno frapposto al- le corna del toro palesa la sua fierezza , e come la K impressa nella fonte del calunniatore palesa il suo delitto. Per assicurarsi vie più che i bagni a vapore ac- celerino la guarigione , potrebbe farsi la seguente sperienza. Scelgansi due infermi , ne' quali siano ugua- li le circostanze : ed uno si curi col bagno d'acqua, l'altro con quello a vapore. Il termine delle due cu- re svelerà la verità ; senza che l'affrettata guarigio- ne del secondo possa attribuirsi a qualche parlico- lar cagione. Ha la Raccolta il corredo di alquante note di non lieve importanza , quali a cagion d'esempio so- no; i.° Che le crisi di miglior effetto sono le sali- vazioni , le urine, il sudore sopra tutto; 2.° Che pri- ma d'intraprendere le unzioni mercuriali si usano al- cuni bagni , a fine di preparare la cute all' assor- MALATTIE ARTniTICHE 4? Limento del mercurio; 3.° Che il grado ordinario del calore dei bagni sì di acqua, come di vapore e dai 29 gradi ai 3i del termometro di Reaumur , dovendo air ingresso essere di 2 5, o 36; 4'° Glie se dopo una cura non si ottiene perfetta guarigione, non bisogna per ciò abbandonarsi alla disperazione, perchè si suo- le ottenere rinnovandola; 5.° Che oltre le frizioni mer- curiali si usano quelle di amnjòniuro di mercurio del Brugnatelli , e qualche rara volta si adopera anche la pomata del Cirillo per togliere le gomme ed eso- stosi le più ostinate; 6.** Che malagevole è la cura delle sifilide quando ha la trista compagnia delle scro- fe e dello scorbuto , morbi spesso ereditar); 7.° Che nelle affezioni erpetiche veneree , grandi vantaggi ha prodotto il muriato d'oro; come indicano le gua- rigioni di cinque individui alla nota in fine della pa- gina 43; i quali però non si riebbero dalla lue ve- nerea se non per mezzo de' bagni a vapore , e del- le mercuriali unzioni. Il perchè meritano di salire eglino pure al seggio de' risanati sifilitici, ed accre- scerne il numero ai G-y. Di questi 18 soltanto so- no femmine. Tenendo conto dei due numeri per più e più anni , formando una specie di effemeridi ve- neree si potrà giungere un giorno a sapere in qual ragione stieno fra loro i sifilitici e le sifilitiche; le quali però non potranno mai riputarsi meno vizio- se , per quanto minore sia il loro numero. Abbiamo la storia non meno degli uomini , che delle donne celebri nelle scienze , nelle arti , nella guerra, nel governo dei popoli. Questa 7?acco/^tìf, do- ve si nominano gì' infermi , ci somministra la storia degli uomini e delle donne celebri per ferite rice- vute ne' giardini di Ciprigna. Il leggiadrissimo Sa- violi, dopo di aver detto di Amore: 48 Scienze Egli discese ai talami Di cento belle il nume , E i carmi nostri stettero Sulle vietate piume. Per lui le man più timide Scrivean gli ardor secreti; Ei mi offeriva immagini , Favori , ed amuleti ; provide al decoro delle sue belle nascondendone ri- gorosamente i nomi; Dolce onesta, che moderi L'alme col santo impero , Tu vela i nomi incogniti Con rigido mistero. Perchè mai l'A., il quale pel dovuto riguardo tacque il nome di alcuno degli infermi , non lo tacque di tutti ? Fece egli forse il torto a se stes- so di dubitare che si presterebbe minor fede a lui , che agli eroi venerei, privi il più delle volte di educazione, e poveri? (*) Io penso che non re- cherà punto piacere nemmeno all' A. , se taluno veg- gendo in casa sua la bellissima Lucia Dondi , ne' sappia la celebrità. Sia di qualche conforto alle per- sone qui mentovate, che talvolta la sifilide è ere- ditaria; che tal altra il conjuge reo la comunica (•) Terminate che io MA queste mie critiche osservazioni l'A. mi assicurò che gl'infermi da lui nominati, di buon grado ac- consentirono di esserlo. Io non ne dubito , perchè egli merita tut* ta la feda: e non è ove pretese riportar entro ciocche pensarono gli E e O N O M r e H E 5l scrittori , sancirono i governi , costumarono i popo- li , erigendo le sue cognizioni economiche in un edi- ilzio , eh' egli chiama sublime e maestoso. Esagera- te pretensioni che furono designate da quelli stes- si che il lodarono siccome temerità , tantopiù che Tesi- to non vi ha in verun modo corrisposto . Dimo- strai in un opuscolo stampato nel Giornale Ar- cadico del 1822 e 1823 la manifesta erroneità, de' suoi agenti , e la frivolita de' suoi appoggi : cioè •degli animali d'ogni sorta, escludendo senza motivo quasi sempre l'uomo e la sua azione. Lo stesso di- casi delle sue immaginarie combinazion) binarie e ter- iiarie . Nel secondo tomo egli si propone di scio- gliere molte quistioni riguardo all' agricoltura , sui vantaggi dei piccioli e grandi poderi , su quelli della coltivazione col mezzo de' bovi o de' cavalli , e su quella dei campi e dei prati . Riguardo alle arti , sulla situazione più favorevole alle manifattu- re delle citta o delle campagne , sulle picciole o grandi fabbriche ; riguardo al commercio, se siano più utili i piccioli o i grandi commercianti, se pel van- taggio debbano preferirsi le citta piccole o le gran- di ; nelle quali quistioni egli forma una serie di mo- tivi per il si e per il no , e tante affettate enume- razioni , tratte dai più lievi accidenti o inconvenien- ti , senza poi bilanciarne i vantaggi ed i danni ; cosicché egli stesso è costretto a convenire pag. «7 f. 2.° dell* inutilità di simili quistioni rapporto all' economia pubblica e privata , specialmente ncll'asse- rire ivi pag. 7 al §, II. „ Si travede in generale che il suolo , il clima , la popolazione , i capitali , il consumo , lo smercio possono richiedere diversi sistemi di coltivazione, ed essere or favorevoli or contrarii all' estensione dei poderi. „ E ciò eh' egli dice delle diverse coltivazioni e deU' estensione liiag- 4* 52 Scienze giore o minore de' poderi , lo estende anclie alle sue quistioni sulle arti e sul commercio , accen- nando più volte essere le medesime dipendenti dal- le circostanze de' paesi , delle popolazioni , del- le famiglie , degl' individui , e delle stesse loro abi- tudini ; e in altro luogo simili problemi vengono da lui stesso dichiarati insolubili , onde non pos- sono nella loro assoluta trattativa avanzare ne l'eco- nomia pubblica nfe la privata. Nel terzo tomo pu- re pretende di dare elementi al valore e al prezzo del- le cose. IVIa ciò imprende in un modo affatto inin- telligibile e strano. Neil' accennato mio opuscolo di- mostrai , che nel suo primo tomo egli si contrad- dice riguardo alla vera causa del valore , ora am- mettendo l'utilità ora escludendola , senza distingue- re utilità assoluta, e senza valore da utilità specia- le e formante solo valore. Pareva che dovesse rin- venire i veri elementi di valore no' suoi agenti e nelle sue combinazioni binarie, ternarie ec, ma egli nello stesso tomo esclude del tutto o quasi del tut- to i medesimi da un tale onore , proponendo altri diversi elementi , siccome travagli primitivi , ante- riori ec. ; ora chimici elementi , germe intiero , ter- ra smossa ec. ; ora parlando di una serie di azio- ni e di sforzi , vi aggiunge la pena , il travaglio , il sagrifizio ; e in altro luogo , e particolarmente nel 5.° tomo pag. CXXVII, parla di agenti natu- rali, terra, aria, acqua, luce, calore, animali, mi- nerali , che somministrano la materia prima , in mo- do che sembra che da tali agenti venga questa of- ferta «poiitaneamente. Ed aggiunge ♦che la medesi- ma diventa ricchezza quando succedono combinazio- ni utili air nomo atte a far cessare dolore, e produr- re piacere; che con queste combinazioni, quando sce- mano o spariscono , decresce e s'estingue la ricchez- Economiche 35 za ; elle tali combinazioni succedono talora senza tra- vaglio , o minimo , dell'uomo , per lo piiì con trava- glio maggiore o minore ; e che il travaglio risulta vagamente dall' azione di tre forze primarie , pote- re , cognizione , volontà , che si suddividono in va- rie forze elementari. Insomma la ricchezza , stando al Gioja , si forma come una fantasmagoria od una meteora da immaginarii agenti , o da animali sa- payous , marmotte , corvi e simili , in cui l'uo- mo , secondo lo stesso , non entra o vi entra in minima parte e come in istato di passività. E tutta questa confusione per censurare lo Smith, che so- lo ha commesso qualche inesattezza nel noverare le sorgenti della ricchezza ! Eppure ha il coraggio l'au- tore con questo garbuglio, con tante e tante enu- merazioni accumulate le une sopra le altre, con ta- vole tristissime e confusissime , e con imbarazzanti divisioni , suddivisioni e ripetizioni , con colonne , note , osservazioni, numeri arabi e romani, e A B ec. dire che il suo lettore ne sa attualmente più dello Smith sopra il fenomeno della produzione ! Strava- gante sua economia , in cui vi figurano fino i prò-, venti dei ladri! Nel quarto tomo si rende veramen- te singolare rapporto alla sua azione governativa , in cui si fa dei nemici da combattere , pretenden- do che gli scrittori abbiano del tutto abbando- nato ogni azione governativa sopra la produzione; e ciò perchè esso non ha riconosciuto la differenza che passa fra la protezione dovuta a tutte le sor- genti e a tutti gli stabilimenti , onde ciascuno pos- sa agire pel suo interesse senza far danno agli al- tri , togliendo soverchierie , frodi , violenze , disor- dini ; protezione che tutti gli scrittori accordano ai governi , ma del tutto diversa dalla direzione r che alcuni scrittori di economia vollero in special 54 S e 1 E ff 2 E modo riservata ai medesimi onde portare i citta^ dini a certe determinate coltivazioni , all' esercizio di alcune arti , fabbriche , manifatture , o ad alcuni speciali traffici secondo che i medesimi ritenevano di più general vantaggio o profitto. E di più pre' tende il signor Gioja in questo prospetto e net discorso popolare adottare i principj esclusivi e proi- bitivi nel modo il più arbitrario ed esagerato , e formare un proprio sistema del tutto fantastico , per cui r amministrazione dovrebbe agire simile ad un termometro, cambiando ad ogni istante di prin- cipj , di massime, di viste per ogni minimo accidente, e talvolta nello stesso tempo ordinare e proibire , fare e non fare, insomma imprender l'impossibile. Ciò che e particolare ancora per parte del signor Gioja si è che volendo per tutto vincoli ed intralci , la- scia poi la più illimitata licenza negl'interessi, qua- si assuma la clientela e difesa degli usurai . Nel to- mo quarto vuole fino con un esteso trattato porre limiti ai consumi e forzarne alcuni: e ciò a favo- re delle sue manifatture cotonificio, lanificio, setifi- cio, quasi si possa togliere ai popoli ogni più in- nocente libero nao delle loro ricchezze , e costrin- gere i medesimi a una consumazione la più dispen- diosa, inutile," violenta e ridicola, cangiando i popo- li in tante mascherate coi più fantastici abbiglia- menti. Veri sogni e divisamenti, ad evidenza confutati dalla commissione economica di Milano, a cui erano sta- ti presentati per averne una ben ragionata e grave rela- zione dai ministri del cessato regno d'Italia. Nel 5.** to- mo aggiunse unp speciale trattato sotto il titolo Sfa- to delle scienze , segnsito a numeri romani, in cui sem- bra aver' egli voluto farsi una difesa per T incostanza volubilta versatilità de'suoi principj , anzi delle costan- ti sue contraddizioni , accusando di queste i più dislin- E e O: N O M I 0^ H E 55 ti scrittori. Io potrei dimostrare Térronéita di molte pretese contraddizioni de'più chiari scrittori, alcune del- le quali non provengono che da apparenze, da inav- vertenze', da qualclie inesattezza di paròla: e si può dire cihe generalmente queste sono per parte del si- gnor Gioja puri pretesti per isctiermirsi dalla taccia di contraddittore di se stesso, facendo torto anche alla scienza nel dar luogo alle calunnie contro la medesima. Osservai quante e quante contraddizioni si è permesso il signor Gioja sin dal suo primo tomo del Prospetto. Per non istancare ne scieglierò alcuiie altre^ Ina della massima importanza. Egli nei volumi quarto, quinto e sesto, e per tutto lodò i censimenti o l'imposta sopra le rendite delle terre , che qualifica per sag- gissima istituzione. Censura nel t.'' iv pag- 240 l'Inghilterra per aver'amnlesso l'immohitita di qiiest' imposta, fatale, dic'egli , agli lini, troppo proficua agli altri , e ciò per non seguire il corso delle ren- dite , cioè per non essere proporzionata. Ivi pure suppone un tributo della stessi natura sopra le arti e sopra i commercianti, e aggiunge in altro luogcf doversi sollevare i proprietari, nella circostanza del- la diminuzione de' prezzi de' grani, con tassa in ra- gione de'guadagrii de'coramercianti ; e nel tomo se- sto fa un esteso trattato per dirigere l& stime de'fon- di riguardo aW imposta sulle loro rendite. Ma nel V volume - imitato^ Stato- della scienza - pag. CXI, co- lonna osservazioni', nota A., afferma: „ L' idea chi- ìnerica che le imposte debhario èssere proporz'ìonaté alla rendita porterebbe un'incessante e rigorósa inda- gine distruggi trice della liberta civile e fors' anche del credito personale; non otterrebbe altronde queU* eguaglianza che ha in vista lasciando sussistere l'in^J- guaglianza de'bisogni. „ Aggiunge: „ Sé non è impos- fcibile tassare un proprietario in ragione del valore 56 S«iKKkc de'suoi fondi , e quasi impossibile tassai-e un intra- prenditore in ragione de'suoi guadagni, in mezzo al movimento delle ricchezze sociali. E supponendo la co- sa possibile, la stess' imposta come dieci riuscirà leg- giera ad un celibe, e gravosissima ad un padre di nu- merosa famiglia. „ Ristringiamoci alle contraddizio- ni. Di sopra dunque, secondo il N. A., deve sussiste- re un'imposta sulla rendita delle terre e sui guada- gni dell'industria e del commercio, e proporziona- le. In questo luogo all' opposto deve ritenersi qual cosa chimerica il far ciò , cioè il voler adattarsi al- le accennate rendite e ai guadagni , anche nelle arti e nel commercio, ed il volerla proporzionata. Questa imposizione del censimento , che aveva di sopra vantata come saggissima, qui la dichiara sot- toposta all'ineguaglianza, ingiustizia, e impraticabili- tà. E come intenderlo ? Mi è d'uopo pure far conoscere un' altra rile- vantissima sua contraddizione. Si è di sopra accen- nato com' egli trattando dell' influenza governativa impone ai governi la piij estesa direzione in ogni ramo d'industrra , di commercio, ed anche nell'agri- coltura , eccettuando da questa le sole usure. Nel to- mo 4''' P^g* 243 confuta Beccaria e Verri per aver ammesso la libertà d'industria e di commercio, e perchè solo que'celebrati uomini esigono che s'impediscano i disordini, cioè i mali. In altro luogo afferma, che l'azio- ne governativa è supplimento alla mancanza, correzio- ne agli errori, stimolo alla lentezza delle forze private; pretendendo inoltre poter mancare la cognizione, la vo- lontà, il potere. Sembra scopo di tutto il suo Prospet- to di stabilire ne'modi più potenti l'influenza governa- tiva , togliendo del tutto ai privati sino la sorve- glianza nell'industria , ogni cura ai produttori e ai venditori, imponendo limiti ancora al modo di prò- Economiche 57 durre, alla qualità elei prodotti , al modo di ven- dere, e fino alla consumazione: il che vieppiù di- chiara nel t. 4 3^1't' 3.° pag. 240 al 258, e fino fa- cendo un esteso trattato anche, come si è detto, sui consumi limitati o forzati. Parimenti il suo discor- so popolare fu fatto espressamente per accrescere l'in- fluenza governativa contro ogni liberta d'industria e di commercio, volendo comprovare che i principj esclusivi e proibitivi applicati alle sue favorite arti od alle sue manifatture setificio , lanificio , cotonifi- cio, accrescono le rendite dei proprietari, gl'interes- si dei capitalisti , i proventi dei dotti , i profitti degl' intraprenditori, i guadagni promiscui di tutte le clas- si produttrici. Osserviamo ora come nell' istesso tempo egli si faccia fautore, sostengo e propagatore dei principj piiì liberali sopra ogni sorta d' industria e di commercio anche per le estere manifatture. Nello stesso tomo 4 a pag. 242 dice , che tra le cause che concorrono alla prosperità dell'Inghilterra si annovera principalmen- te la liberta d' industria e di commercio interno ed esterno , giacche sotto l'influenza della libertà gua- dagnano i produttori che nessuna forza lasciano iner- te , nessun capitale senza moto : i consumatori veggono abbassarsi i prezzi a misura che cresce la somma delle produzioni , il governo nella ric- chezza della popolazione trova i mezzi per promuo- vere il pubblico bene ed il proprio. Ma per meglio dimostrare come il signor Gio- ja sia nello stesso tempo fautore di tal liberta ed in piena contraddizione con se stesso , mi sia per- messo di qui trascrivere alcuni suoi testi , che com- provano il bisogno 0 la necessita e l'utilit'a della illimitata liberta d'industria o di commercio , vo- lendo egli dar di ciò lezione ad alcuni presi- 58 Scienze denti degli Stati-uniti d'America , Adams , lefteiv son , e Madisson. A pag. iGo del detto discorso di- ce: „ Non doversi rendere le nazioni, come si è pre- teso da alcuni, indipendenti le une dalle altre .... Rinunziando a tutti i piaceri della vita si può di- venire indipendente come il selvaggio .... Se la Francia non volesse dipendere dalla Danimarca , Svezia , Russia , ed altri paesi del nord per l'acqui- sto di materiali ec. e per la vendita de' suoi vini ^ la Plancia dai 28 millioni circa d'abitanti scende- rebbe forse ai dieciotto.,, A pag. 174 ibid. „ Pei* non privarci di piaceri e di comodi , che o non possiamo produrre noi stessi, o potendolo ci ca-- clonerebbero una spesa superiore al i>antaggiq r il che , soggiunge , equivalcrebbe ad altre priva- zioni. „ A che dunque sostenere con principi esclu- sivi e proibitivi manifatture perdenti^ e darci nel suo setificio, cotonificio, lanificio ad intendere tan- ti vantaggi a favore dei proprietari , capitalisti i dotti , intraprenditori , ed alla finanza , giacche ta- le ed identico è generalmente il caso delle sue stes- se favorite arti e manifatture? Ivi aggiunge: „ Per la felicita e conservazione delle popolazioni unite in corpo sociale esistere una ripartizione di bene-- fizj di natura e di arte , che non si possono ot- tenere se non se col cambio, e perciò col commer- ino esterno: ,, commercio che, a suo sentimento, ibid* pag. 167 , non porta vantaggio ad un solo , ma ad entrambi i contraenti , e perciò ad ogni nazio- ne : dal quale cessando , a suo dire , si danneg- gia non solo l'avversario , ma anche se stesso. Pa- rimente a pag. 176: „ I prodotti esteri concovrendo coi nazionali possono divenire stimoli di perfezio- ne a causa di basso prezzo „ A che dùn- que voler impedire la concorrenza delle merci pste- E e O ?t 0 M I e H E ^9 r-e con le nazionali, se quelle sono stimolo alla per- fezione di queste? A pag., 17G: „ Bisogna considera- re , die' egli , i prodotti esteri come forze che pos- sono attiv^are la produzione nazionale , in quanto che la voglia di possederli diviene stimolo a pro- curarsi i mezzi per comprarli. „ A che dunque tan- te invettive contro le estere manifatture , e perchè prendersela tanto e contro le scarpe parigine e con- tro le signore milanesi che ne fanno uso ? Egli termina poi con dire : „ Non devesi proibire se non se quando avvi maggior vantaggio nel produrre éhe nel comprare.,, Il che è Io stesso che dire, proi- Lire quando la proibizione sia inutile. Osserverò che per imbarazzare vieppiù le pubbliche ammi- nistrazioni avendo riunito tutti i pregiudizi, e le pervenzioni dei colbertisti e dei commerciali , egli stesso poi si fa a schernire l' uno e l' altro siste- ma, asserendo tom. Il pag. i, che la preferenza che danno i primi alle arti, i secondi al commer- cio , è dire che il governo deve far selciare le stra- de al sud o al nord , invece di dire che il go- verno deve farle selciare ove sono più difettose ; quando poi il pretendere all'influenza di moltipli- ci principi è lo stesso che il non averne alcuno , o per meglio dire è lo stesso chie abbandonare il tutto all'arbitrio ed al capriccio. Potrei aggiungere maltissime altre sue contraddizioni, ed i suoi arti- fizi per coprirle, giacche appena proposto un prin- cipio ed una massima, tosto rovescia tutto, con tan- te eccezioni , modificazioni , limitazioni intreccian- dole ed avviluppandole , che ben presto si scorge aver' esso avuto altro scopo che i progressi della scienza. Mi riservo però in opera apposita a dare un seguito di osservazioni critiche sopra i principj e le massime degli altri tomi del suo Prospetto , e Co S e 1 E N I S particolarmente sopra il suo discorso sopra indi- cato. Non negherò mai la somma estensione delle cognizioni del signor Gioja , alcune sue sagacissi- me osservazioni, l'aver proposto fatti importanti, e fat- to mostra di una erudizione la più variata e imponen- te per quelli che poco si curano di approfondire le scienze o dì applicarvisi con tutta l'attenzione, ben pa- ghi de'suoi tratti satirici e piccanti racconti. Ma quale prò se tutto ciò resta senza scopo di scuoprire il vero : se manca sempre ogni fondamentale principio, ogni necessario legame d' idee , ed ogni sviluppo del- le economiche cognizioni ? Se anzi confonde egli il tutto nella volubilità e versatilità di massime , sostenendo i più contrarii sistemi o facendo sfoggio di opposti motivi del sì e del no in ogni quistio- ne a guisa degli antichi sofisti ? Nel i8i5 un illustre scrittore di Russia, Enri- co Stork, pubblicò un esteso corso delle scienze eco- nomiche in sei tomi , ridotto di presente in quat- tro in una nuova edizione fatta nel iSaS forni- ta di note dal celebre G. B. Say. Questo corso, fatto pei principi imperiali di Russia » mise in maggior luce e con più scelte dottrine i principj di Smith , di G. B. Say, di Turgot , Boucanam , Garnier , Sismondi. Nell'introduzione offre un cen- no storico degli scrittori di economia e di vari si- stemi; accenna in parte le sorgenti, deducendole dal- la natura deiruomo ; offre una teoria della produ- zione , dell' accumulamento , dalla ricchezza e dei fondi , ed un trattato sulP origine dei metalli e del numerario ; fa conoscere lo stato generale delle mi- niere di metalli preziosi nelle diverse parti della terra, secondo anche le osservazioni di Humbolt ne* suoi viaggi d'America ; porge speciali lumi sui prò»* grassi naturali delle ricchezze e delia civilizzazione. Economiche (5i lutto dirigendo al Lenessere delle nazioni e alla pro- speritk degli stali; dimostra i vantaggi che hanno i popoli moderni sopra gli antichi nei minori mali del- la schiavitù e della guerra , e nei maggiori comodi della vita ; espone una dotta confutazione dei siste- mi agricola e mercantile , e modifica quello di Smith, comprendendovi nella ricchezza anche l'immateriale o la scientifica ; e per sua somma lode eccita sem- pre i governi a seguire i principi di liberta d'indu- stria e di commercio , e ad alleviare il più possibi- le i mali dell'umanità. Riconobbe egli la fallacia della prelesa bilancia commerciale , e degli stati d'impor- tazione e di esportazione rapporto all' acquisto esclu- sivo dei metalli preziosi: e mostrando i sommi van- taggi dell'universale comunicazione, comprovò i dan- ni delle consumazioni non limitate da utilità socia- le , e aggiunse una storia ragionata delle banche presso dilFereriti nazioni, applicando le sue dottrine particolarmente all' impero di Russia. Vero si è che non avendo ben determinato la natura della ricchezza e delle sorgenti, ne quella de- gli stabilimenli, non riconobbe la diversa indole del- la ricchezza di riproduzione e di consumazione, non i vei'i elementi del valore e prezzo delle cose: talché confonde esso pure i i-eddili delle sorgenti con le rendite degli stabilimenti. A dimostrar ciò mi sia lecito di qui riportare quanto indica nel tomo primo pag. 4^2, edizione seconda, nel suo esempio del filo e della tela, nel quale non discerne le sorgenti e mol- to meno gli stabilimenti. „ Osserverò che l'uomo do- vette aver fatto scelta di un oggetto suscettibile di utilità speciale; che il medesimo per ottenere il filo ebbe uopo del possesso della terra per agire e tra- vagliare; fu d'uopo pure ch'egli vi aggiungesse fati- ca, ossia travaglio, per disporre e smuovere la terra ; C2 Scienze aggiungervi una certa intelligenza per meglio semi- nare la canopa e lavorarla e raccoglierla, e perciò dell'industria; ebbe inoltre uopo di sementi, di ara- tri, vanghe, e perciò di un capitale, e quindi il pri- mario valore del filo fu composto di utilità relativa, di reddito, di possesso , di salari, di benefizi, d'in- teressi. Per formare poscia la tela fu d'uopo del composto delle stesse sorgenti onde veniss^ero pre- parati locali per stipendiar lavoro o travaglia ; vi sì richiese direzione o nuova azione d'industria e nuovi capitali, e perciò nuova forza delle sorgenti per agire o per fissarsi onde formare l'accennata to- ta. „ Ecco come si costituiscono sul filo e sulla tela i redditi di sorgenti , ed una rendita di stabilimen- to. Potrei estendere le mie osservazioni suU' aria , acqua, luce, quando e come possono divenire ogget- to di valore e di ricchezza ; potrei indicare altre sue massime peccanti d'inesattezza- Manca poi in questo corso l'esposizione dei principi delle contri- buzioni , argomento troppo importante di queste scien- ze. Fu poi con ragione censurato da G. B. Say per una proposizione (t. 3 p. 33o e 342) contro i pro- gressi dell' industria e dell' accrescimento della na- zionale ricchezza, aflfermando esso erroneamente che i progressi della società in popolazione , industria e lumi vengono acquistati a carico della gran massa del popolo, come se tutti non potessero o doves- sero aver parte ai vantaggi della produzione ed alla ricchezza; come se anzi i progressi delle arti e delle scienze non portassero, oltre Taumento della ricchezza, un'abbondanza di cose di assoluta utilità e di vero benessere , cioè maggiori ao-i e comodi della vita senz' aumento di spesa a comune utilità ; e come se non vi dovessero essere giusti limiti alla popola- zione appunto per procurare a tulli una pubblica feli- Economiche Ca cita. Lo stesso Say dimostra contro l'autore l'utilità, anzi di queste scienze, e che i mali che s'intromet- tono nella ricchezza provengono piuttosto da mezzi ingiusti e violenti, cioè dalla violazione della giu- stizia. Finalfoente osservo col medesimo Say essere del tutto inesatta la sua distinzione di beni interni ed esterni portante ad oscurità e confusione. ( Sarà continuato ) C. BOSELLINI 64 LETTERATURA Osservazioni numismatiche di Bartolomeo Borghesi. DECADE XIV. OsSEUVAaiONE I. T, re medaglie di rame coniate in Efeso sotto il pro- consolato di Acilio Aviola, portanti la testa di Ne- voue ora sola, ora accoppiata a quella di Poppea sua moglie , trovansi raccolte nella tavola 1 1 della gente Acilia presso il Morelli; se non che ia una di esse (n. 5) T iscrizione del rovescio , eh' è alquanto mutila, dovrà restituirsi AIXMOKAH. AOYIOAA. AN0r- IIAT^ . E*E . PflMHN , Come ha fatto il eh. Sestini nel suo inedito generale catalogo, il quale avverte pure che alcune volte in vece del semplice p^mhn s'incontra 0EAN . PJ2MHN . Questa medaglia esisteva pure nel museo Tiepolo , dal cui editore fu erro- neamente classificata fra le alessandrine; ma un tale equivoco fu poi rilevato e corretto dal Zoega pag. 3i not. 12. Alle tre sopra indicata monete se ne ha da aggiungere una quarta di terzo bronzo divulga- ta dall' Haym t. 3 pag. 244 t^^. 29 fig. 5 dell' edizione viennese, e dal Wis C N. B. pag. 71 tav. i4 fig- »o: ^a quale mostra nel diritto la te- sta di Statilia Messalina coli' epigrate MECCA.jVl- IsA e nel rovescio Roma in piedi coro- OsSKRVAZÉOXl !^UWtSMVnCHE Go Hata di torri , coli' asta nella destra, e una statuet- ta di Diana Efesia, nella sinistra , e coli' iscrizione AOYIOAA. «l/^y-TT . ^UMH . AIXMOKAH . E*E . L'Eckhef da CUI fu nserita nel T. VI p. 287 , ottimamen- te avverti che 1 nomi del proconsole Aviola , e del magistrato efesina Echmocle , ripetuti nelle altre ■medaglie sopracitate, mettevano, fuori di dubbio die quest'era la Messalina di Nerone, non l'altra clic fu la sposa di Claudio. Ma egli pi-eterV di osser- vare che dal confronto di questi nummi, alami dei quali presentano l'elBgie di Poppea, altri quella di Messalina , ncavava.si l'anno preciso dell' asiatico proconsolato d'Aviola ignoto agli storici, il quale di sua naitura essendo annuo dovè necessariamente cadere nell' 8t8, nel quale la gravida Poppea mo- ri per un aborto , e Mes.salina rapita allo sposo Vestino le fu sostituita nel talamo di Nerone. Sa- ra egli dunque indubitatamente il console ordinario del 807 , che Manio Acilio dicesi da Tacito A.h i-> e. 04 e Aciho Aviola da Svetonio nella vita di Claudio, e da Seneca nell' Apocolocintesi ; e dal sa- persi l'anno certo di questa sua dignità trarremo il profitto di conoscere che ai tempi di Nerone conservavasi tuttavia il costume di TiWio di non permettere che si sortissero le provincie se non do- po un decennio dair amministrazione del consolato. A quest Aviola parmi di poter con molto fonda- mento assegnare il misero avvanz.> di una gran ba- se onoraria esistente una volta in Roma nella chie- sa di s. Clemente , che io mi ricopiai dal codice vaticano 53o3 pag. ,9, , ov' è trascritto con mag- gior diligenza. ^ M. ACILIO C. F QVAESTOllI . DIVI GL . . . G.A.T.XXVIU. 5 66 LETTKnATUaA PROVINGIAE . ASTYR . . . SODALI Il Doni ci. V n. 54, e il Muratori pag. 666 6, che compiendo le parole GLAVDI e ASTYRIAE lo diedero come intero , senza avvedersene avevano fat- to nascere mille dubbj su questo nobilissimo fram- mento. Imperocché , preterendo che la mancanza del cognome in lapidi posteriori ad Augusto è cosa af- fatto insolita , se Acilio era stato questore di Clau- dio , come poteva esserlo dell' Asturia , quando si sa che i questori candidati non andavano nelle Pro- vincie? E di nuovo i come nell' Asturia poteva tro- varsi un questore , s'ella fu sempre di tutta di- pendenza dei cesari , e quindi dovette in cambio di quel magistrato senatorio avere il procuratore augustale, come in fatti lo ebbe ai tempi di Tra- jano nella persona di Q. Petronio Modesto per fede della gruteriana pag, ip3 3? Ma saputo che sia- si, essere questa lapide dimezzata, svaniranno tut- te le difiicoita, perché allora sarà lecito di supplir» la presso a poco nel seguente modo. M . ACILIO , C. F. AL N. Jvìolai. Cos QVAESTORL DIVI. CLaudiL Tr.Pl.Pr.Leg PROVINGIAE. ASTYRiVe * et . Gallaeciae SODALI ec. E sarà questa la più antica memoria che avre- mo fin ora della provincia dell' Asturia, che per al- tre lapidi posteriori riferite dal Muratori pag. 716 5 e pag. 365 i, dal Grutero p. io63 9, dal Marini Fr. Arr. pag. Z^i , e dal De Lama nelle iscrizioni della scala FarnesQ n. 33i conosciamo essere stata stacca- Ossr:RVA.ZIONI NUMISMATICHE '67 la dalla Spagna citeriore, ed aver in seguito fatto una provincia da se. Però incerti come siamo, se in questa pietra fosse scritto semplicemente LEG. PROVINGUE,o vero LEG. AVG. PRO VINCI AE non potremo conoscere se questo suo distacco dalla provincia madre fosse gik avvenuto ai tempi di Acilio; perchè colla prima formola egli non sareb- be che un vicario del preside della Spagna in quel- la parte della sua giurisdizione , siccome C. Giunio Flaviano fu VROCurator. HISPANIAE. CITEPIO- RIS. PER. ASTVRIGAM. ET. GALLAECIAM (Grut. p. 4^0 5), mentre colla seconda diverrebbe anch' egli un preside direttamente dipendente dall' impe- radore. Inchino tuttavolta alla prima opinione, per- chè osservo che Petronio Modesto nell' enunciata iscri- zione sentitola PRoc. DIVI. NEP.VAE. ET. IMP. CAES. NERVAE. TRAIANI. AVG. GERM. Pl\0- VIN. HISPANIAE. CITER. ASTVRIAE. ET GAL- LAEGIARVM; dal che si ha buon indizio , clie ai tempi di Nerva e di Trajano quelle provi ncie se- guitassero ancora ad essere congiunte. Intanto sussi- stendo, come ho per fermo, la mia congettura, non potendo costui essere Acilio Strabone , eh' è l'altro Acilio memorato in questi tempi da Tacito, perchè colui resse non l'Asturia, ma la Cirenaica, noi avre- mo qui le minori magistrature d'Aviola , che gli spianarono la strada al consolato : stando bene che .se egli fu console l'ultimo anno di Claudio , che ne imperò quasi quattofdici , sia anche stato suo que- store: ciò ben corrispondendo ai costumi di quel secolo in cui tra la questura ed il consolato non solevano interporsi che otto anni , domandandosi per la prima carica venticinque di età, trentatrè per la Seconda. Questo Aviola visse lungamente , perchè nove anni dopa il suo procon:>olato , cioè nell' an- ^ 5 68 Letteratura no 827, successe ad Ampio Plagiano nella cura dell' acque , ulFicio solito a darsi per l'ordinario ai vec- clii consolari , e eh' egli esercitò fino all' 85o in cui vi è opinione che morisse, essendo stato rimpiaz- zalo da Giulio Frontino, siccome egli scrive nel- la sua opera D3 aqitce ductibus § 102. Sara egli adunque probabilmente il padre dell' altro Acilio Aviola console nel 873 , e viceversa il figlio dell* Aviola console suiTetto sotto Tiberio , di cui par- lerò neir osservazione seguente. Ebbe in moglie una Servilia fiu^lia verosimilmente di M. Servilio console nel 788 , siccome ci da motivo di credere la se- guente iscrizione di un liberto di lei incisa l'an- no 804 : nota al Grutero e ad altri , e riprodot- ta ora dal sig. Cardinali nelle sue Iscrizioni Veliter- ne ci. I n. v. TI . GLAVDIO^ . CAESARE AVG. GERMANICO . V SER . CORNELIO . ORFITO . COS ISIDl . INVICTAI . ET . SERA?/ MAIDIVS . SER^ILIAI . k^lOhai LIB. AMERIMNVS EX . ^ISV Osservazione II. Dal Morelli nella tav. 1 1 della G. Acilia n.* i 2 3 furono pubblicate tre medaglie di un più antico Avio- la proconsole anch' esso dell' Asia , e padre , come abbiamo creduto di sopra , del console del 807, tut- te spettanti a Smirne, coU'immagine di Caligola: cui altre quattro se ne debbono aggiungere , una della Osservazioni numismatiche 6g stessa citta, le rimanenti di Pergamo ; di ognuna del* le quali sottopongo la descrizione. 1 rAiON . KAiSAPA . SOI . AOYIOAA . Testa lau- reata di Caligola. 2MYPNAIQN . MYfìNOS . Vittoria a sinistra colla lau- rea nella destra , e la palma nella mancina. JE. 3- Vaillant Gr. pag. 1 1 dal museo Faucault , leggendo malamente EllI . AOY . 0AA , corretto perciò dall' Eckhel t. 2 p. 35o. Arduino op. sei. p. i58, Trista- no I. p. i4i, Morelli in Calig. tav. G n. 39. 2 TAION . KAISAPA . TEPMANIKON . EDI . AO- YIOAA. Testa laureata di Caligola a sinistra. nEPFAM . MHNO*ANH2 . APOY2. Drusilla Sedente a destra cogli attributi di Cerere , cioè con un mazzo di spighe nella destra , e l'asta nella sinistra. /E. 2. Nel museo di Gotha veduta dal eh. Sestini. Vaillant Gr. p. II, J\/IorelIi in Calig. tav. 7 n. 19, Eckhel D. N. V. t. 2 p. 555 3 TAIOS . KAI2AP . TEPMANIKOr . Caligola in piedi tenendo in mano un volume rotondo. Lo stes— so rovescio di sopra. /E. 2. Vaillant Gr. p. u, Mo- relli in Calig. tav. 7 n. 20, Mionnet t. i pag. SqG ». 55o. 4 TAIOS . KAISAP . rEPMANIKOS. Caligola to- gato in piedi, che porge la mano ad una dunna co- ronata di torri , e genuflessa. MHNO*ANHr . APOYS . EHI . AOYIOAA . DEP- TAM. La stessa figura di Drusilla. /E. 3. Nel museo Hedervariano t. 1 n.° 7394, ove fn mal descritta , e nel museo reale di Danimarca. Sestini, Lettera cri- tica air autore del Catalogus musei regis Danue p. 19. Paragonando FEckhel la seconda di que.ste col- la seconda parimenti delle pubblicate nel tesoro mo- relliano non potè a meno di notare Festrema loro somiglianza , in guisa tate che si avrebbero da di- re le medesime , se non variasse il nome della cit- , ^ò LettkrAtura t"a; onde restò stupefatto rome i nummi di due pae- si non vicini potessero cotanto convenire nel tipo , nella leggenda , e perfino nel nome del magistrato municipale. Sospettò quindi di errore nella lezione di quella di Pergamo : il qual dubbio dovrà ora sva-^ nire s\ per l'autorità del Sestini che ha veduta que- sta medaglia , s\ per la conferma che a lei ne pro- Tiene dalle due altre che se ne sono accresciute. Sog- giunse poi , che se veramente esistevano questi due nummi sarebbe non solo da cercarsi la ragione di tanta concordanza , ma ben' anche da considerarsi se sia per caso o per certo motivo che ambedue i luò- ghi avessero per magistrato un Monogene. Per me propendo all' opinione che tutte queste monete pro- vengano da una zecca sola , e che Menogene fosse il magistrato del sito , in cui furono impresse : e spiego poi il come portino ora il nome di Smirne ora di Pergamo con un' onionia ^ o concordia , di cui si hanno tanti esempi nelle medaglie greche. Im- perocché se cosi spesso per cagione di tali omonie , che ancora non sappiamo bene in che cosa consi- stessero, incontriamo sopra uno stesso nummo me- morati due pepali coi nome di un unico magistra- to , non vedo cosa impedisca di credere , che una qualche volta in vece di coniare tutte le monete col nome unito delle due citta collegate , se ne impron- tasse una parte con quello di una, e l'altra parte con quello dell' altra. Così la numismatica romana ci offre esempj di medaglie contemporanee , come sa- rebbero quelle di Grepusio , Limetano , e Gensori- no, parte impresse coll'indicazione complessiva di tut- ti e tre i monetieri , parte colla particolare di ciascu- no di loro. Certo è poi che frequet^tissima e la ri- cordanza della concordia fra Pergamo e Smirne , e che nell' ultima zecca non è questo l'unico esempio OsSKIlVAglONI NUMISMlTICMi: «JI di una tale novità ripetuta egualmente in un* altra medaglia che le h comune con Filadelfia della Lidia. Ma che che sia di ciò , i' anno in cui furono co- niate queste medaglie non è punto dubbioso . Sono esse per la maggior parte dirette ad onorare Dru- silla , la sorella prediletta di Caligola, mancata di vi- ta circa la fine del luglio del 791, come s'impara dù conti che si fanno sulla sedizione d'Alessandria nar- rata da Filone, ed accaduta nel tempo in cui egli dice che le botteghe erano chiuse pel lutto della sua morte. Fu essa tantosto ascritta fra le dive ; ond'ecco la ragione per cui se le vedono dati gli at- tributi di Cerere. Spettano adunque queste meda- glie al secondo semestre di queir anno , nel quale il proconsolato di Aviola sarà con ciò fondatamente, stabilito. Egli è pertanto senza meno Iquél legato di Visellio Varrone governatore della Germania in- feriore , che nel 774 fu il primo ad opporsi alla ribellione suscitata nelle Gallie da Floro e da Sa- croviro, di cui parla Tacito, Annal. l. 3 e. ^u Haud ferme ulta civitas intacta seminibus eius motus fuit : sed erupere prius andecavi ac turonii. Quo- rum andecavos Acilius Aviola legatusy excita cahor- te quce Luguduni priesidium agitabat , coercuiu Turonii legionario milite j quem Fisellius Varrò in- feriorìs Germanias legatus miserai^ oppressi^ eodem Aviola duce. Il proconsolato dell'Asia, uno dei due che secondo l'anzianità davasi a sorte ai consolari unicamente, ci fa certi che ad Aviola non mancò quel supremo onore, benché i fasti non conoscano il suo nome. Però di poco si può errare nello sta- tuire il tempo presso a poco, nel quale annove- rar sì debbe fra i sufFetti . Sappiamo da Dione l. 69 e. 29 che l'Asia nel 79$ era governata da Cassio liongino, console dieci anni prima: onde il procon- Ai Ij E T T E R A T R € A Solato d'A'vio'la esseado stato anteriore al suo go-' verno, dovranno per conseguenza esserlo stato an- clie i suoi fasci, i quali anzi converrà trasportare prima del 782 , perclie dai fasti nolani apprendia- mo, che i surrogati di queir anno furono A. P!au- zio e L. Asprenate. Dall' altra parte, se nel 774 ("gli era legato del preside di una delle due Germanie,' non era dunque stato console ancorat essendo qrtel-» lo un ufficio questorio o tutto al più pretorio. Quin- di osservando che l'interstizio fra il consolato e [il proconsolato di Longino, uno dei prossimi suoi suc- cessori, fu di un decennio , non andremo molto lun- gi dal vero , se supponendo altrettanto in Aviola stabiliremo la sua sede consolare circa l'anno 780: e a lui poi daremo il prenome di Cajo , «'egli e vero che sia stato il padre del console del 807 , e se a qnest' ultimo spetta il frammento marmoreo che abbiamo riferito qui sopra. U Lipsio nelle note ali* allegato passo di Tacito credè che fosse quell'^ Aviola, di cui Plinio fece motto nel 1. 7 e- 53 ,' quando ci narrò: Aviola considaris in rogo revixit^ . et quoniani suhveniri non potiierat prcevalente Jlanx' ma, vivus crematus est. 11 qual accidente viene pu- re ricordato da Valerio Massimo l. i e. 8. § la: Ali- (juid admirationis civitati nostrce Acilii etiam Avio- Ice rogus attulit , qui et a medicis et a domesticis . niortuus creditus^ cum aliquandiu hiimi iacuisset elatus ^ posfqiiant ignis corpus ejus corripuit vi-' vere se proclamavit, auxiliumque poidagogi sui, nam is solas ibi remanserat , invocami, Sed iam flammis circumdatus fato snbtrahi non potuit. Ma le nostre medaglie dimostrano che il Lipsio si è ingannato, perchè esse insegnano che il nostro Avio- ia continuava a vivere sotto il reffno di Caligola : onde non potè narrarsi la sua morte da Valerio OsStì'RVAZIONI KOMIS^MiVTICHE ^3 Massimo , che scrisse la sua opera imperando Tibe- rio. Alle prove che se ne sono addotte, desunte dal libro XI III e. XI ext. iv , in cui allude chiaramente a Sciano, e dal 1. ii e. ix § vi , dal quale ap- parisce che il principe, sotto il quale componeva il suo libro, era un discendente di Claudio Nero- ne \ incitore di Asdrubale , console nel 547 ' ^° ^^®' aggiungerò un' altra più convincente tolta dalla pre-» fazione, in cui parlando al suo Cesare gli dice: Nam si prisci oratores ab Iodg opt. max. bene orsi sant ,, si excellentissimi vates a numine aliqito princi- pia traxeruni : niea parvitas eo iiUsdics ' ad favo- rem tuum decuciirrit quo' cetera divini fas opinione coUigitur., tua prcesenti ftch PATÈRNO AVITO- QUE SIDERE par videtitr*^' qtiorunv ^eJoimio fulgo- re miiltum cceremoniis nostris inclytce claritatis ao-- cessit . I comentatori si sono contentati di dire ili' genere che qui si allude all'apoteosi dell' avo e del' padre dell* imperadore ; ma i numismatici osserve-' ranno che la seconda di queste stelle è' manifesta^ mente il celebre luliuni sidiis, che Angusto, al dire di Servio (egloga ix v. 47)» Aniniàm patris sui ess& 'voluit^ eique in Capitolio statunm super caput aurearìi stellam habenteni posuit:, e che la prima è l'altra meno nota dello stesso Augusto, nella quale Nu- merio Attico giurò di aver veduto la sua anima salire al cielo (Dione 1. 5G e. ^Q). Ad ambedue le quali allude Lucano l. vi i v» 4^7= Bella pares superi s faciant civilia divos^ -^'i Falminibus manes., radiisque ornabit et ASTRIS^^ Inque deum templis curabit Roma per umor as. '-"! In fatti tanto Giulio Cesare , quanto Augusto veggonsi comunemente sulle medaglie, coniate dopo ^4 Letteratura la loro morte, con una stella sulla fronte ; anzi la testa di Augusto in quelle di Caligola comparisce in mezzo a due stelle, cioè fra la paterna e la pro- pria. Ora siccome Giulio ed Augusto sono i soli dei Cesari divinizzati, ai quali questa particolarità della stella sia stata attribuita, così ne verrà per legittima ed esclusiva conseguenza, che il loro figlio e nipote della casa dei Claudj non può essere che Tiberio. Per lo che se Valerio scriveva queste cose nella lettera dedicatoria , sarà anche dimostrato che non solo compose la sua opera vivendo quel prin- cipe, ma che anche sotto di lui fu compita e pub- blicata. L'accusa adunque di anacronismo, che il Lipsio aveva data al Panvinio , perche aveva riferito il passo sopracitatQ di Valerio Massima all' Aviola con- sole del 807, ricadera egualmente sopra di lui : e quindi resterà sempre più probabile l'opinione di coloro che l'attribuirono al Manio AciUo console del 720. Il che essendo, queir Aviola dilBcilmente potrà essere il padre, ma piìi presto, il nonno del nostro proconsole: imperocdnè se quando morì era ancor vivo il suo pedagogo, dovè mancare in età. ancor florida, e quindi la distanza del tempo fra que- sti due Acilj diviene soverchia. Osservazione. IIL Neil' osservazione i della decade vi , trattando del- le medaglie di Q. Pomponio Musa rappresentanti nel rovescio le singole camene, lasciai sospeso il mio giu- dizio suir immagine che costantemente viene effigiata sul loro diritto, e che ci mostra una faccia giovanile coronata d'alloro senza mitella r senis: monile, e senza alcun altro ornamento decisamente femminile , ma coi «apelli raccolti in uà boccolo intorno l'occipite. La più. OSSEUVAZIONI NUMISMATICHE 7» parte degli antiquari vi aveva ravvisata una delle muse, llnchè l'Ecliliel D. N. V. t. y p. 385 amò meglio di ritrovarvi la loro madre , la quale sebbene da molti mitologi sia detta Mnemosine , pure da Igi- no e da altri si afferma che fosse la dea Moneta ; onde il suo ritratto potè con assai chiara allusio- ne incidersi sulle monete con cui si onoravano le sue figlie. La ragione per cui si è da tutti giudi- cato esser quella la testa di una donna è prove- nuta dall' aver creduto ch'ella fosse ornata d'orec- chini ; ne per distorsi da questa opinione bastò ali* Avercampio di aver accuratamente notato , che quei COSI delti pendenti non sono già attaccati all'imo delle orecchie, ma sono posti sul confine della guan- cia innanzi l'orecchio medesimo. Per la qual cosa suppose che fossero appesi alla testa , da cui di- scendessero al di sotto della chioma : e stimò d'ave- re in loro trovato le fiorgiihet, che Polluce nell'Ono- mastico 1, v cap. xvii § 97 annovera fra simili or- namenti del mondo muliebre ♦ Ma ne alcun libro ne alcun monumento ha mai dato sentore di una tal foggia stranissima di portare i pendenti ? e le ^0T§ò9tx di Polluce altro non sono anch'esse se non orecchini solo diversi dagli altri nella forma che assomigliavasi al fioTfVS , o sia ad un grappolo di uva , com' egli medesimo attesta : Sed liquet quod a forma ipsorum nomina illis indiderint^ Però ri- serbandomi a parlare piii a basso di essi » ricor- derò intanto che fino d' allora feci avvertire che una testa egqalissima cogli stessi pendenti al me- desimo luogo vedesi nella prima medaglia morel- liana della gente Considia creduta dal Vaillant e dall' A.vercampio della dea Liberta , e dall' Eckhel reputata Venere , la quale però nelle altre medaglie dello stesso Considio , in cui è certamente effigiata» nO L E T T E P. A T U R A non vecìesi mai priva della sua favorita mitella^ Ed aggiuug(!rò poi, che un'altra testa con tutto il medesimo ornamento osservasi ancora nella prima medaglia delia tavola 3 della gente Glandia , se noa che ha di più due ciocche di capelli , che le fla- gellano il collo e gli omeri , e che porta per sim- bolo dietro la nuca una lira. Il Vaillant e l'Aver- campio l'aggiudicarono ad Apollo : ma la loro sen- tenza fu comhatlnla dall' Kckhel , il quale scrisse ( pag„ 172 ): In mimo ir certicm est caput mii- liebre , quoti credere iubent crines niullehrein in inoduin dispositi , et manifestae , iiiaures , quas osteiitat C(tìn pictura morelliana^ tum dennrius in- tes,errinius musei ccesarei. Lyra adstituta persiia- dfft esse musam , nisi caput est allegaricum . Fer- mo adunque pel paragone istituitone , che tutte le citate, medaglie della Pomponia , della Gonsidia , e della Claudia rappresenl^àó ini mede. imo soggetto, per. co:nciliai;e una vplta cos\ discordi opinioni dei iuimi$ni(atici, sarà d'uopo di procedere ad ulteriori coniVoLiti. Opportunissima sond a questo scopo alcu- ne piccole medaglie di rame dell'imperator Domizia- no ,. le quali mostrano ,n?l rovescio un corvo che stringe fra de unghie Un ^amo di alloro ,' o pure un serpente attortigliato ad un tvipode, senx'altra iscri- zipne che S. C , e che presentano nel diritto 1' epi- grafe IMP. DOMIT. AVG, GERM. GOS. XI vel XV, con, una testa come la nostra coronata di lau- ro, di cui un altro ramo se le vede alle volte collo- cato innanzi al mento , e coi crini raccolti pure in un boccolo, dal quale in altre ripetizioni di questo tipo scendono alcune ciocche di capelli sul dorso. E Yfìù acconci eziandio sono i nummi autonomi di, Apollonia nell' Illirico , e segnatamente quelli di ar- genlo colle tre ninfe dauiunli intorno un vulcano , OssEIl^^^.ZI0^■I numismatiche 77 i quali offrono nel diritto una testa consimile. Impe- rocché in un di essi del gabinetto Rolli n, edito dal sig. cav. Mionnet nel suo supplemento t. '3 p. 5i3 fl. 43 ■) osservò egli distintamente i pendenti , ed io pure gli ho veduti in un altro serbato nella collezio- ne del sig. Antonio Bianchi di Rimini , nel quale posso dire che appariscono di contro all' orecchio , -come nelle medaglie familiari di cui tango discorso. Ora il ramo d'alloro non lascia dubbio che nelle me- dagliuccie di Domiziano siasi voluto rappresentare Apollo , cui solo convengono il corvo augurale e il tripode del rovescio ; e del pari ninno discorda, che la testa effigiata sulle monete di Apollonia sia quel- la dell' iddio , a cui andò debitrice del suo nome quella citta. E veramente per aggiudicare al figlio ài Latona le teste di cui favelliamo, niuna difficolta deve opporre la pettinatura femminile , avendo già notato il Winchelman ( t. i p. 296 , edizione del Fea ) , che questa era appunto l'acconciatura che dai greci se gli attribuiva, e che ben competeva ad uno dei due numi , che a differenza di tutti gli al- tri nudrivano la chioma ; onde cantava Tibullo 1. > el. 4 V. 35: Solis (eterna est Phcebo Bacchoque inventa , Et decet infonsus cri ni s lUrumque dewn. ' Infatti lo stesso Winchelman osservò che la pet- tinatura dell'Apollo di Belvedere, nel quale la chio- ma è tirata su intorno il capo e legata in cima la testa, era la chiamata K^^jSyAo? , corrispondente a quel- la delle fanciulle , nelle quali appellarasi Ko^vyifios ; ed avverti poi, che le donzelle altre volte racco- glievano i loro capelli sulla nuca avvolgendoli in- torno una specie di spillone , che assai di rado ap- ^S Letteratura parisce nella loro figure rimanendo coperto dai cri-- hi , ma che pure in alcune statue fu lasciato visi- Lile. Egli e questo adunque Tacconciamento , che le nostre medaglie hanno dato ad Apollo e che ve-^ desi ancora in molte delle sue sculture , delle qua- li mi basterà citare il basso riliero del museo Ghia* ramonti tav. xviii , e le statue edite nella galleria granducale di Firenze serie tv voi. 3 tav. i55 > nei monumenti matteiani t. i tav. iv e seguenti » nel museo capitolino t. 3 tav. i4 » in alcuna del- le quali, siccome nel denaro citato della gente Glau» dia t scendono altresì due lunghi ricci fra il collo te le spalle , appunto come glieli attribuisce Ovidio De arte ainùndi 1. 3 v. i^ii Alterius crines humero iactentur titroqiie t Talis es assumpta^ Phcehe canore^ Ijrra» E generalmente poi coi crini avvolti intorno la nuca viene rappresentato Apollo Azziaco o Pala- tino, come può vedersi nelle medaglie di Antistio Vetere, di Augusto, e di molti principi suoi suc- cessori. Ed anzi non si contentò egli d'imitare le donne nella disposizione della chioma, ma indossò eziandio la loro veste, comparendo sempre coperto della stola o palla muliebre. Per la qual cosa se tutto l'ornato femminile fu qualche volta ad Apol- lo attribuito, e se di più egli stesso se ne com- piaceva ( onde leggiamo che domandò ad Alcmeone 1' ó/ifidy Xf"*^" ^^ ^^^ madre Erifile , e il nòr/yi^va-cm KÒa-fiov di Elena a Menelao) , poco pensiero mi darei di spiegare come anche se gli fossero potuti con- cedere gli orecchini, se il luogo in cui sono posti non ci costringesse onninamente a conchiudere, che gli elTigiati sui nostri nummi devono essere una cosa Osservazioni numismatichb 79 totalmente dirersa. Quindi , dòpo aver diìlgentemente esaminato qualche decitta di qtìéstè medaglie , oso di affermare, che essi non sono gik Un giojeUo di cin- que o sei gemme, come gli hanno reputati TEcltliel e rAvércàìn^io,, ma si bene un gruppo rotondo di ciàquè 0 sei ricòioliàii i quali non h chi non veg- ga qSiàtìto bene si addìttino a Un dio , die i poeti e gli scultori ci mostrano aver adoperato il cdt/a- mistro per inanellare i suoi capelli. É ehe fosse ve- ramente in moda presso i giovanetti il portare que- sto numero di ricci innanzi l'orecchio , ci viene as- sicurato da "Varrone, il quale lasciò scritto pres- so Nonio ò. i5 n. 43 • Ante aures modo ex suboll- bus pàrvulis intorti dimiituntiir sex cincitìnuìi. In- tanto riconosèendo sulle nostre monete la testa di Apollo, ognuno si accorgerà quanto acconciamente in quella della Claudia gli sia stata data per simbolo la iiifa, e con quanta giustizia Pomponio abbialo associato alle sue muse. Però osservando che que- sta pettinatura gli e ignota sulle più antiche me- daglie romane , e che il più vecchio esempio di questi ricci sttlla guancia proviene dalla zecca d'Apol- lonia, nutro ferma opinione, che questo sia un Apol- lo non Ialino ma greco; il che mi viene anche per- suaso dal considerare che i capelli raccolti intorno la nuca sono l'ordinaria sUa acconciatura nelle me- daglie di quel paese, e che l'Apollo Palatino, che costantemente così li porta, fu anch'esso di origine ellenica. Ed in vero dopo che l'Eckhel ha acuta- mente osservato , che le muse incise da Pomponio so- no quelle stesse che d'AmbraCia furono trasportale a Roma da Fulvio Nobiliore, resterà molto credibile, ch'egli per rappresentare il loro condottiero sceglies- se l'immagine di quel dio, che loro nella stessa cit- ta presiedeva. Al che da non piccolo argomento il 8o L, K T T E R A T U R A sapere che V Apollo d' Arabiacia dilettavasi ap![jiin^- to dei ricci puerili; onde il medesimo Varroiie ci narra presso Nonio e. 2 n. 19G: Itaque Amhraciie pri- miim capellicm pacrilem demptum , item cirros ad ÀpolUnem ponere solent. Ne osta che lo stesso Pom- ponio neir altra medaglia col rovescio di Ercole Mu- sagete rappresentasse il figlio di Latona secondo il -costume latino : perchè potè egli Lenissimo offrire ne' suoi nummi tanto l'Apollo , che aveva prima gui- date le sue muse in Ambracia, quanto quello sot- to la cui tutela erano poscia passate in Roma. Pe- rò si troverà più facilmente la ragione, per cui pò-, tè egli donare a questo dio l'abbigliamento dei gre- ci, supponendo che queste medaglie fossero appunto coniate nel loro paese : il clie si rende verisimile tan- to dal tipo delle muse ambraciensi da lui prescel- to , quanto dal ripostiglio di Cadriano il quale ci ]ia mostrato, che questi nummi furono posteriori al principio della guerra civile di Pompeo , dopo la qual epoca molte delle monete delle famiglie furono certamente battute fuori di Roma. Osservazione IV. Il denaro della Considia, citato nell'osservazione supcriore, presentante l'immagine che abbiamo ri- conosciuta d'Apollo senza leggenda, mostra nel ro- vescio una sedia curule coli' epigrafe ora in casa retto C. CONSIDIVS. PAETVS , ora nel genitivo C. CONSIDI. PAETI. Talora ha l'orlo del diritto circondato da una corona d'alloro, mentre altre vol- te oilre un A dietro la nuca della testa; le quali dilFerenze ponno vedersi nella tavola morelliana u." i lett. A e B. Il Vaillant , persuaso che questi nummi fossero stati coniati nell' Africa per ordine di C. Con- Osservazioni nvmjsmatiche 8i sidio propretore di quella provincia, opinò che qucll' A fosse l'iniziale della zecca , in cui erano stati bat- tuti ; onde interpretò Adrwnetiim , senza badare che i romani solevano premettere a quel nome l'aspi- razione, siccome ci provano le medaglie di quella citta. Per lo che non un A ma un H sarebbesi do- vuta incidere , se tale fosse stato il significato di quella lettera. Quindi l'Avercampio ricorse al con- sueto ripiego di giudicarla una delle solite note mo- netali : ma anch' egli sbagliò certamente , perchè o queste medaglie non hanno lettera affatto , o han- no questa sola. Nell'osservazione Vili della deca- de Vili riferii altri esempj eli simili sigle isolate, messe in uso da qualche zecchiere per agevolare l'in- telligenza del tipo : e notai segnatamente che in una medaglia della gente Codia vedesi un S per indi- care la testa del sole , e che in un'altra della Mar- cia il greco 0 ci fa conoscere , che quello è il ri- tratto del re Filippo di Macedonia. Procedendo adun- que dietro tali scorte io non esito a ravvisare in quest'A l'iniziale del nume rappresentato , cioè Apollo; ne sarà stata superflua questa previdenza di alcuno degl'incisori, essendosi data a quel nume un'acconciatu- ra straniera , non ancora divenutagli familiare sulle monete latine. Niuiia delle molte medaglie di questo Considio fu trovata nel ripostiglio di Gadriano; dal che si ha buon' indizio che siano posteriori al passag- gio del Rubicone fatto da Cesare. Alla qual cre- denza somministra nuovo argomento il suo sester- zo , ch'io posseggo : imperocché ho altre volte av- vertito, e ne parlerò più dilFusamente fra poco, che simili monetuccie quando portano il nome del zec- chiere spettano tutte o agli ultimi tempi della li- l)erta, o al principio deUa susseguente tirannide. E del pari da questo medesimo sesterzo ne trarrò fon- G.A.T.XXYIII. 0 83 Letteratura damento per credere die Considio fosse allora tri- umviro monetale : tali in parte confessandosi , o ta- li almeno apparendo tutti gli autori degli altri se- sterzi : nel che coincide Tiscriiione in genitivo , che osservo più volte adoperata dai triumviri , ma non mai dai magistrali maggiori, o dai presidi delle prò-' vincìe , il cui nome vedesi sempre o nel primo o nel sesto caso. Ciò anteposto , venendo ora ad indagare chi possa essere stato colui che fece imprimere que- ste monete , dirò che non pochi sono i Considj , dei quali in questi tempi si ritrova memoria. Pe- rò cominceremo dal lasciare in disparte il Consi- dio pubblicano , db' ebbe una causa con L. Gras- so console del 659 » memorato da Valerio Massimo 1. 9 e. I §. I , e il Q. Conciàio /henerntor forse suo figlio , vivente ai tempi della congiura di Gatilina , noto presso il medesimo autore 1. 4 e 8 §. 3 , e presso Cicerone 1. i ad Àltic. ep. 12 ; i quali cer \ tamenle non hanno da fare cosa alcuna col nostro. Preteriremo egualmente , per la sua età e per la differenza del prenome , il senatore Q. Considio uno dei giudici rigettati da Verre nel 689 ( Act. 3 ^' ^ ^' 7 ) grandemente lodato nell' orazione prò Cluentio §. 38 , e cbe per la sua veccliiaja si rise della potenza di Cesare nel 693 , conio può veder- si in Plutarco (Cpès. 5 29 ) e in Gict^rone ( ad Àt* fico l. 2 ep. 24 ) • Anzi per la seconda delle sovra esposte ragioni non terremo conto altresì di Q. Con- sidio Gallo raccomandato dall' arpinate a Cornifi^ ciò l'anno 710 (ad fam 1. ii ep. 3(J) ; uè di P. Con- sidio che dopo aver militato sotto Siila e Crasso Continuava a combattere con Cesare contro i galli, come c'insegna il primo libro dei commentar] e. 21. All'incontro per le diversità del cognome non po- tfemo pensare alla famiglia dei Noniani , della qua- Osservazioni NUivirsMATicHE *83 le ci è noto M. Considio pretore nel. 702 , presso cui fu accusato M. Saufeio , secondo che ci avvisa Asco- nio nelle note alla miloniana , destinato successore di Cesare nel governo della Gallia citeriore , e che ,trovossi con Cicerone a Capua al tempo della fu- ga di Pompeo ( ad Attic. 1. iG ep. ra ) : di cui saf- ra stato figlio o fratello il C. Considio Noniano rir- cordato da una medaglia , e alla cui casa attri- buisco pure un altro M. Considio vivente ai terai- pi di L. Cesare figlio di Augusto , che apparisce da -un titoletto del Grutero p. 58?- G. Il Vaillant e J'Avercampio hanno concordemente attribuito que- sto nummo a C. Considio propretore dell' Africa , da cui, secondo che ricavasi dalla ligariana cap. i , fu affidata l'amminstrazione di quella provincia al suo legato Q. Ligario quando sulla fine del 704 1 o sul cominciare del 705 , andossene a Roma per domandare il consolalo , siccome aggiunge il vec- chio scoliaste di quell'orazione ( edit. Grrev. p. iGi ) . Scoppiata intanto la guerra civile egli tornossene neir Africa , che trovò gik occupata da C Azzio Varo , che vi era stato suo predecessore , al qua- le si uni per difederla dagli attacchi dei cesaria- ni ; dove in fatti coraggiosamente pugnò , finche fuggendo da Tisdra dopo la battaglia di Tapso fu ucciso dai getuli , che aveva sotto i suoi ordini . avidi d'impadronirsi delle ricchezze che seco por- lava. Ma centra l'opinione di quei numismatici in- sorge la gravissima diiTicoltk , che quel pretore non chiamossi già C. Considio Peto, ma C. Considio Lon- go , siccome apertamente lo chiamano tanto Giulio Cesare ( De bello ci\>' 1. 2 e. 23 ) , quanto l'autore De bello africano e. 33 , per tacere che in lui non potrebbe a quel tempo avverarsi l'uflìcio triumvi- rale , che non senza fondamento abbiamo ciedulò 6* d^ Letteratura di scoprire nell'autore delle nostre medaglie. Per la qual cosa fra le peisone conosciute di questa fa- milia non ritrovo opportuno se non un altro C. Gon- sidio , figlio del precedente, che militava col padre nel "708 , e che fatto prigioniero da Cesare dopo la conquista di Adrumeto ottenne in dono la vi- ta , secondo che narra lo stesso scrittore De bel- lo nfric. e. 89: Q. Lignrio , C. Considio filio ^ qui tum ibi fiierant ^ -vitnin conoessit. Imperocché nien- te vieta elle costui possa avere avuto il cognome di Peto : e la sua eia giovanile lo rende assai pro- prio al conseguimento in questi tempi della prefet- tura della zecca , cli'era , com'è noto , uno dei pri- mi gradini per salire alle magistrature. Intanto il greco abbigliamento della testa di Apollo che ve- desi nel suo nummo, e la corona che talora ne cir- conda Torlo, mi da gran sospetto che questa me- daglia sia stata battuta in Grecia, avendo già no- tato l'Eckhel t. a p. iGr : Mos corona numi oram claadendi , gmieratim in Epiri urbibus valuit , pro- pagatus efiam in adsitum illrricum. E la corrispon- denza poi anche dei ricci delle guancie colle me- daglie di Apollonia mi fa ricordare che appunto in quella stagione , cioè dopo la venuta di Pompeo nella Grecia, fu aperta in quella citta una zecca ro- mana, narrando Tullio ( 1. i3 ad fam. ep. 29) di T. Antistio allora questore della Macedonia: Cum si- gnaretur argentum Jpollonice non possimi diedre eiim pnefaisse , neqiie possimi negare adfuisse., sed non plics duobus aut tribns mensibus. Se Antistio non pnefuit^ quest'argento non fu dunque battuto col suo nome , e di fatti non abbiamo alcuna sua medaglia ; e se adjuit , cioè se ebbe quella sorve- glianza che avevano i questori in Roma sui mone- tieri , le medaglie di cui parla Tullio non saranno OsSERVAZIOM NUMISMATICHE 85 quelle improntate da Q. Nerio uao dei questori ur- Laiii di queiranno. Tutto adunque considerato, par- mi assai verisimile che Considio fosse uno dei tri- umviri monetali del 705 , e che avendo seguito Pom- peo, le cui parti siamo certi aver egli sposate, eser- citasse il suo ufficio in Apollonia : con che sareb- be resa una chiara ragione del perchè facesse ripete- re sul diritto del suo tipo l'Apollo delle medaglie apolloniati, aggiungendovi poi nel rovescio la sedia curule in contrasegno che quella moneta era stata impressa in servigio del partito dei consoli. Di fatti pel medesimo motivo Diana i:fesia fu rappresen- tata nel denaro contemporaneamente stampato in Efe- so , di cui ho parlato nell'osservazione IX della de- cade Vili ; ed è poi certo che i triumviri di quell* anno , benché esuli, fecero coniare monete , avendo- sene un manifesto argomento in quelle di Q. Si- cinio , che fu certamente uno di loro , dal quale furono fatte stampare in qualche citta raccomanda- ta alla difesa del pretore C. Oopouio. OSSERVAZIGNE V. La gente Gorainia fu aggiunta alle fami^die nu- mismatiche dal Morelli coU'autorita di una medaglia di secondo bronzo , che porta nel diritto la testa nuda dell' imperator Claudio, a sinistra coli' epigrafe TI. CLAVDIVS. GAESAR. AVG. P. M. TR. P. P. p, benché questi tre ultimi titoli manchino in quella descritta dal cav.. Mionnet t. Ili p. G71 n. 7. Il rovescio è privo di tipo, leggendosi in giro Eni KOMINIOY . nPOKAOY . ANQYnA , o vero ASQY- IlATOY, e venendo l'area occupata dalla voce KYHPiQN divisa in due righe. Questa moneta fu primieramente divulgata fra le sue imperiali dal Patino con leg- 86 LuTTFRATUnA gettda sconfìtta: il ciie portò che neirinterprctarla cadelsse in errori, che furono poi emendati dallo Spa'* neniio nella seconda edizione p. n pag. 589; ed a proposito di lei alcune cose intorno la gente Co- winia furono raccolte dall' Avercarapio , alle quali molte altre se ne potrebbero aggiungere. Niuna no- tizia però seppe darci del proconsole Ai Cipro auto- re di questo nummo, tutto che fra le lapidi che. parlano della sua casa citasse anche la seguente ro- mana edita prima dal Malvasia V. 3, e quindi dal- Muratori p. 713 n. 2 , la quale gli è passata sott* occhio senza accorgersi che apparteneva a quel per- sonaggio. LARTIDIAE . SEK . F . GOMINIAE VXORI T. COMINIVS. T. F. PO . . . PROGVLVS . PROCOS Essa ci fa sapere , che portò il prenome di Tito , eh' ebbe in moglie Lartidia Gorainia , e che fu ascritto alla tribù Pollia; cosi sembrando dover- si ristaurare la terza linea mutilata , giacche consta che in quella tribù fu appunto censita la sua fa- miglia , siccome appare da una gran base di tra- vertino con quest'iscrizione, ch'esisteva una volta presso il card, da Carpi , e che fu edita dal Gru- tero p. 8o3 n. 9. DIS . MANIBVS P. COMMINI. L. F. POL. BASSI SACRVM - ... E se non vi è fallo di lezione sia nel testo di Frontino, sia nel primo marmo che Io dice figlio Osservazioni numismatichb 87 di Tito, ci sarà pure dimostrato, ch'equivocò l'Aver- campio quando lo credè nato da quel L. Gominio senatore pedario , che ai tempi di Augusto fu dato per aiutante nell' uflTicio di curatore delle acque a Messalla Corvino , siccome quell'autore racconta nel suo libro De acquee ductlhiis. Prese poi certamente molto maggiore sbaglio quando stimò che questo ma- gistrato, per essere stato proconsole di Cipro, aves- se anche dovuto partecipare dei fasci, e quindi si avesse da aggiungere ai suffetti dei tempi di Cali- gola e di Claudio : cssendo.si egli dimenticato che dopo la celebre costituzione di Augusto del 727 tutti ì presidi delle provincie senatorie presero il titolo di proconsoli , quantunque due sole di loro , cioè l'Asia e l'Africa , fossero date ai consolari , tutte le altre essendo riserbate in sorte a coloro , che cin- que anni prima erano stali prelori. Del resto, io pen- so, );h© di questo Gominio ci abbia dato un cenno anche Tacito , senza però nominarlo espressamente , quando scrisse net libro iv degli Annali e. 3i , clie nel '7'7'7 : His tani adsiduis tamque moestis modica Icc- titia interiicitar 3 qicod C. Coininiiim y, equitein ro- manum , prohros:i in se carminis convictum , Ck- sar precihus fratris ^ qui senafor erat y concessiti Imperocché se Gominio Procolo fu proconsole di Cipro sotto rimpero di Claudio , era senza meno Senatore fino dai tempi di Tiberio : ond' è di tutta verosimiglianza eh' egli sia appunto il fratello del G. Gominio assoluto da quel principe.. {^Saranno continuate), 88 LETTERA Del conte Luigi Biondi al sig. S alatore Betti , nella quale si dimostra che alcune delle favole di Esopo, 'volgarizzate nel buon secolo della lin- gua , erano scritte in 'verso. AL SUO SALVATORE BETTI LUIGI BJONDL iVxolte volte, mio caro Betti, i nostri ragionamenti sono caduti sugli antichi copiatori de' codici; ed ab- biamo considerato, come la più parte di loro, sì per ignoranza di storia e di geografia , e si per difetto di buon giudicio , facesse miserabile stor- pio di nomi proprii, e desse guasto ad ogni altra maniera di voci si fattamente, che se fossero tor- nati a rivivere gli autori delle opere così mala* mente conce e svisate , a grande fatica avrebbero potuto riconoscere per proprie quelle scritture. N^ sono trascorsi molti giorni da che essendo noi nella biblioteca vaticana, io roffrontando insieme alcuni codici delle egloghe di Calpurnio , e tu facendo esame di un codice bellissimo del convito di Dan- te , spesso interrompevamo il nostro lavoro , cosi per le risa a che ci movevano gli errori che ci si fa- cevano manifesti , come pel desiderio che nasceva in noi di renderci scambievolmente partecipi di quel- le cose, che ci erano cagione al riso. Perchè io leg- geva nella egloga IV di Calpurnio mutali i pascoli Favole di Esopo 89 dì Gerioìie ne* pascoli del germano , e il fiume Beti nel Battro , e i versi decorihanti in versi correnti per le selve , e Titiro in madonna Tironia. Poi nella egloga IV tribuita a Nemesiano, là dove di- ce il poeta che i pastori Ida ed Alcone dolorosi della noncuranza di Donace disfogarono il dolore can- tando. Et sua desertis nudarunt vulnera syhis ; non senza molto riso vedeva sustituita la voce vel' lera alla voce andnera , si che que' pastori nuda' hant veliera', nudamento sconcio e vituperevole: ed altrove cangiavano le erbe di Sardegna in erbe sas- sose'^ e de' leoni mar/narici facevan leoni di marmo» I quali errori ed altri moltissimi deturpano la pri- ma edizione delle egloghe fatta in Roma in ^47'* imperocché V editore si riposò sconsigliatamente sul- la fede di que' manoscritti. Tu per lo contrario , essendoti per buona ventura abbattuto in un co- dice del Convito meno scorretto che gli altri , no- tavi, che dove tutti gli altri copiatori avevano scritto le pupille del polpastrello ■> era a leggere le pupil- le del vipistrello : non avendo mai i polpastrelli , cioè le anteriori sommità delle dita , avute pupil- le : onde lodavi a cielo il nostro cav. Monti , il qua- le non aiutato da verun codice, ma guidato dalla virtiì che ragiona, aveva già tolte le pupille alla estremità delle dita, e avevale ridonate al volator ve- spertino. Ne men bella mi parve l'altra varia lezione che trovasti in sul finire del libro , allorché il co- dice ti ammaestrò , che dove ne'libri a stampa leg- geri della guerra che Atene ebbe con certi ^ era da leggere della guerra che Atene ebbe con Creti. E mi ricorda che nel ritornare dal colle vaticano alle case nostre venivamo scherzando intorno a ciò : e di una cosa vagando in altra andavamo osservando, che quo' mali, copiatori non rare volte scambiavano le gò Letteratura parole e le frasi a bello^, o per meglio dire a brutto studio, introducendo a lor modo correzioni al testo: il che pili di frequente che in altri è avvenuta ne' codici italiani: dove i copiatori fiorentini spesso al linguaggio comune susti tuirono i loro fiorenti- nismi; e vollero i sanesi che gli autoriparlass ero sanesemente e romanescamente i romani. Ma se altri fosse venuto ad interzarsi nel nostro ragionamento , e ci avesse detto che i copiatori qualche volta fa- cevano di prosa verso , e di verso prosa ; noi gli avremmo contraddetto , che ciò era un voler trarre la cosa troppo oltre a scherno de' miseri copiatori. Eppure la colui asserzione non sarebbe stata fuori di verità : perciocché nel pormi a rileggere novel- lamente le favole di Esopo volgarizzate nel buon trecento , mi sono avveduto che alcune di esse era- no state scritte in verso , comecché tutte ora sem- • brino dettate in prosa. Ne h da dire su qu,ante voci e su quante frasi bisognasse fare man bassa , o, ri- legandole fuori di luogo, o lacerandole, o distrug- gendole, a volere che quella metamorfosi si operasse. Onde qui cade acconcio il ripetere, che se tornas- se al mondo il buon uomo che le favole volga- rizzò , avrebbe bene a durar fatica per riconoscere l'opera sua. Io ho voluto tra le dette favole fare eletta di due , la trentunesima e la cinquantesi- ma: le quali, meno svisate che le altre, facilmen- te possono racquistare le perdute sembianze : ed ho raffrontate le due edizioni fatte in 1-778 e in i8oi per opera quella del Manni, questa del Berti. Tu vedrai come queste due edizioni si aiutino fra lo- ro a ridonare il metro poetico alle due favole , che ho tolte ad esempio. E cominciando dalla fa- vola 3i , prima la riferirò tutta intiera, quale es- sa giace nella edizione del 1778: poi la ripeterò FaVoìe di Esopo 91 come giace nella edizione del 1801: e finalmente, alcune poche parole o lettere aggiungendo o mu- tando , la darò ridonata al primiero metro poetico. E perchè ciascuno conosca ad una occhiata ciò che alla prima o alla secoada edizione pertenga , e ciò che io abbia aggiunto o mutato seguendo i dettati dell' arte critica; mi è piaciuto di tenere il seguente ordine: che il tutto, o il fondo che vogliam dire^ della favola sia [tolto dalla men guasta edizione del i8oi: che le parole corsive indichino le varianze prese dal- la antecedente edizione fatta dal Manni : che le let- tere maiuscole dinotino le poche correzioni od ag- giunte ch'io vi ho introdotte. La favola XXXI ^t Del villano e del serpente ^^ trat-* ta dalla edizione fatta dal Manni in 1778. ,.M< -ovendo il villano di gennaio, ch*era gran fred- ,j do e neve e terribili venti , con un suo miccie- „ rello andò al bosco per legne, enei tornare a ca- „ sa trovò un gran serpente che stava sopra la ne- „ ve quasi come morto, e recandoselo il notricava. „ Ed essendo il villano in og-ni sua operazione o „ traffico molto sventurato, divenne avventurato, e „ guadagnava di ciò che s'impacciava o mercatava. „ Essendo alla gente manifesto che il villano arric- „ chiva, e avea il serpente, fuggiva ogni uomo „ la sua conversazione, siccome indovino e uomo „ di mala fama. E vedendo il villano eh' era av- „ vilito , proposesi d'ammazzare quel serpente, e „ diegli con una scure un gran colpo nel capo. „ Vedendosi il serpente cosi ferito , tornossi al bo- „ sco con animo dolente e sdegnoso. Or comincia „ il villano impoverire, e smontare come era mon- 92 Letteratura „ tato, e cognoscere che ciò gli avveniva per quel „ serpente, ch'egli avea ferito, e fattogli villania. „ E infra se dolente e vergognoso con grande umil- „ t'a fu andato al serpente alla selva, e chiedegU „ perdonanza di tanto fallo , e con non poca instan- „ za, premettendogli fede e securta , acciocché a lui „ tornasse. Ma non gustava il serpente sue parole , e ,, rispondea al villano molto cortese e piano : Men- „ tre avrai la mala scure, colla quale mi fedisti, niu- ,, na sicurtà dare mi potrai, perocché la fedita di tale „ lato, e il duolo ch'io sostenni, non leggermente „ nel cuore m'è improntato : e se ti rincresce di ta- „ le fellonia , perdonoti il peccato , ma non eh' io „ voglia più tua compaonia. „ Ora ti ammaestra l'autore che ti sappi guar- „ dare da chi t'ha prima ingannato, e debbi sti- „ mare il mal veleno del traditore con sottile arte „ temperato. La favola „ Del villano e del serpante „ tratta dal- la edizione fatta dal Berti in 1 8 1 1 . „ Movendosi il. villano di gennaio, quand'era „ grande freddo, ed abbondanza di neve e di terribi- „ li venti, andò per le legne, e nel tornare gli „ venne di trovare un grande serpente, che stava „ sopra la neve quasi come morto, e recatolosi a „ casa sì lo nutricava. E la manca ventura del vii- „ lano se gli fu dirizzata, e guadagnava di ciò che „ procacciava. Ed essendo alla gente manifesto che „ lo villano arricchiva e nutricava il serpente, fug- ,j giva ogni uomo la sua conversazione, siccome d'uno. ,; indovino e uomo di mala fama. E vedendo il „ villano ch'era tanto avvilito propose d'ammazza-- „ re quello serpente: e tolse una grande scura, ed Fa-volb di Esopo 93 n liagli dato un gran colpo nel capo. Vedendosi il „ serpente cosi fedito, lornossi al bosco con animo „ dolente ed isdegnato. Ora comincia il villano a „ impoverire, ed a smontare siccome era montato, „ ed a conoscere che ciò gli avveniva , perche a quel „ serpente, rompendo fede, fece villania. Ed in fra „ se dolente e vergognato alla selva se n'è andato, „ e truova il serpente, chiedegli perdonanza di tan- „ to fallo, e non con poca stanzia, promettendogli „ fede e sicurtà. Ma nell' animo al serpente non ca- „ pe, ma risponde al villano molto cortesemente, „ e dice : Mentre che tu arai la mala scura , con che ,, tu mi fedisti , ninna sicurtà dare mi potrai , per- „ ciocche la fedita di tale lato , e il duolo cb' io „ sostenni non leggiermente nel cuore ra'è impron- „ tato ; e se ti rincresce di tale fellonia , perdo- „ noti il peccato, ma non eh' io voglia piiì tua „ compagnia. „ Ora t'ammaestra l'autore che ti sappi guar- „ re da colui che prima t'ara ingannato , e che deb- „ hi stimare il mele del traditore veleno con sottili „ arti temperato. La stessa favola ridonata al metro poetico^ „ Movendosi '1 villano di gennaio, ,, di' era gran freddo e neve „ E terribili venti ^ „ Con un suo miccierello „ Judo al bosco per legne., e nel tornare „ Gli venne di trovare „ Uno grande serpente che SI stava „ Sopra la neve quasi come morto; „ E rccatolsi a casa, // nutricava. „ E la manca ventura del villano j)4 Letteratura t; ; „ Se gli fu dirizzata, e guadagnava „ Di ciò che procacciava. „ Ed essendo a la gente manifesto „ Che il villano arricchiva , e avea il serpente , „ Fuggiva ogni uom la sua conversazione „ Come d'uno indovino „ E uom di mala fama E CONDIZIONE. „ E vedendo il villano „ Cli^ era tanto avvilito , „ Propose d' ammazzar quello serpente. „ Tolse una grande scura; ed hagli dato „ Un gran colpo nel capo. „ Vedendosi il serpente si fedito „ Tornossi al bosco USATO „ Con animo dolente ed isdegnato. „ Or comincia il villano a impoverire. „ Ed a smontar si come era montato , „ Ed a conoscer che ciò gli avvenia „ Perchè a quello serpente, „ Rompendo fede, fece villania. „ Ed , infra se dolente e vergognato , „ A la selva fu, andato : „ Trova il serpente, e con grande umiltate „ ChiedegU perdouanza „ Di tanto fallo, e non con poca instanza, „ Promettendogli fede e sicurtaNZA. „ Ma non gusta il serpente sue parole-. „ E risponde al villano „ Molto cortese è piano : „ Mentre che tu arai la mala scura „ Con che tu mi fedisti „ Niuna sicurtà dar mi potrai : „ Perciocché la ferita di tal lato, „ E il duolo ch'io sostenni „ Non leggermente nel cor m'c improntalo. Favole di Esopo gS „ E se t'incresce di tal fellonia , „ Perdonoti il peccato, „ Ma non ch'io voglia piiì tua compagnia. „ T'ammaestra l'autore ,, Che ti sappi guardare „ Da colui che t'ara prima ingannato : ;, E che debbi stimare „ Il mei del traditore „ Veleno con sottili arti temprato. In tutta questa favola io non ho emendati che quattro versi, il 7 , il l'j , il 24 ? ^ il 36. E sono tea piccole emendazioni. Nel v. 7: ,,, Uno grande serpente che SI stava ho solamente posta la particella riempitiva SI. E se questa emendazione non ti piacesse , potresti pur dire ì, Un gran serpe che stava» Nel V. 17^ „ E «om di mala fama E CONDIZIONE ho con questa ultima parola condizione adempiuto il difetto sì del numero de' piedi s\ della rima. Ed ho per fermo che la bella voce da me intro- dotta non mancasse nell' antichissimo autografo delle favole. Dico bella voce , perchè spiega bellamente il concetto dell' autore; essendo che uomo di mala condizione tanto suoni quanto uomo di mal' alTa- ìre: il perchè scrisse il Boccacci (nov. i, 5): Uomiìii qQ LttTTEK ATURA riottosi, e di inala condizione , e misleali. Egnaì- mente nel v. ^4: „ Tornossi al bosco USATO ho posto l'aggettivo usato per adempiere il difetto non che del numero delle sillabe, ma della rima ezian- dio. Dove non mi avrebbe coatraddittore chi opinas- se doversi il detto verso mutar cosi: „ Tornossi allo imboscato: perchè come la lingua nostra ha il sustantivo hoscn- to che significa luogo boscoso , cosi potrebbe avere la equivalente voce imboscato ; a quella guisa che diciamo promessa e impromessa, basto e imbasto, tessuto e intessuto. Del v. 36 non dovrei far pa- rola: che ivi non è niuna emendazione, ma solo ri- tornamento della mal troncata parola sicurtà alla integrità sua , che è sicurtanza ; antichissima desi- nenza, e giusta la maniera usata dai provenzali. Ne fa che il vocabolario non abbia esempio di sicurtan- za- perchè posta la voce sic.urth viene di per se stes- sa la sicurtanza, la quale altro non è che la si- curtà stessa prolungata di una sillaba, e fatta pia- na di tronca. Imperocché i provenzali , i siciliani , e tutti gli antichi furono usati di ò^xq sicurtanza , ami- stanza, come i meno antichi dissero e come noi diciamo sicurtade e sicurta.te, amistade e amistate. Che se quegli schivi, a cui diamo nome di pedanti, e ne' qua- li non è studio di lingua ma di parole, volessero mo- ver guerra alla voce sicurtanza, io li manderò pre- gando che si piacciano d^ toglier via la sola lettera i, e di leggere sicuranza'. della qual voce troveran- no ne' trecentisti tanti eiiempi , quanti saranno più FAvor.E DI Esopo gj die atti a porre in calma le dilicate anime loro» che potrebbero farsi coscienza di quella lettera t , come altri si farebbe di una rapina o di un adulterio. Ma gli è tempo ormai di procedere all'altra favola, la quale darò subito in versi; perchè cor- rezioni in essa son poche. Eccola dunque siccome giace nella edizione del 1811. Le parole scritte in caratteri corsivi sono tolte dalla edizione del 1778. Io non ho aggiunta che una lettera A nel y. i4> Favola L ,, Della femmina cKera p. , . , e del giovane. „ Sendo in una contrada „ Una malvagia femmina mondana, „ Traeva a se i giovani con arti „ Di sue dolci parole e di sembianti. „ E , mostrando d'amare , a se traeva „ Ciò che al mondo poteva. „ E Jra m,olti altri se n elesse uno' „ Cui meglio crede potere ispennare t „ Dicendogli t Più t'amo che niuno; „ Onde ti piaccia di volermi amare, „ E non vò da te dono altro, che amore. „ Ma il giovane sa ben quel ch'ella ha in core. „ E dice con parole fregiate : ^, Amica dolce, e cor del corpo MIA , „ A dir la ventate „ Io t'amo più che nuli' altra che sia: „ Ma ho sospetto d'essere ingannato „ Come più volte mi so» ritrovato. „ E prendo assempro a quella savia uccella „ Che vide l'erba teneretta e bella : „ E quando gustò il suo forte sapore , „ Di dar di becco più non ebbe in core. G.A.T.XXVm. 7 qS Letteratura „ Dice l'autor : Chi ama la p . . . . ,j Non creda essere amato : „ Che la p . . . . mai noa può amare ; „ Ma ama l'uomo quando ne può trare. Ho detto di non aver aggiunta in questa fa- vola che una sola lettera A nel v. i4 : e ho do- vuto ciò fare non in grazia del verso , ma si in. grazia della rima: perchè al verso „ Amica dolce, e cor del corpo mia , corrisponde l'altro „ Io t'amo pili che nuli' altra che sia. D'altronde quel corpo mia era nel 3oo così de' sanesi come de'fìorentini ; ed anche a'd\ nostri e gli uni e gli altri lo succhiano col latte dalle nutrici e ma i cittadini crescendo lo rifiutano come ignobile; i villani lo ritengono , e dicono i polli mia , il ciu- co mia. Tanto è vero che lingua nobile non è quel- la che ci viene dalle nutrici; nfe quella che parla- si ne' mercati. Se non credessi, mio caro Betti, averti già da- ta soverchia noia, riunirei qui molti altri luoghi del- le favole, dove i versi si manifestano per se stes- si. Ma ragion vuole che io me ne rimanga. E so- lo citerò sei versi, due pertinenti alla favola qua- rantesima quarta , e quattro alla favola cinquante- sima quinta. Nei primi avrai una sentenza bella Cora' oro t ne' secondi, alcuni modi di dire fiorenti- neschi , brutti come rame arruginito. Dalla favola 44* „ Confessa essere quello che tu se', „ E non infinger quello che non è. Favole di Esopo 99 Dalla favola 55. „ E tanto gli par dolce il goliare „ Che non ne sa fuori '1 becco sfangare. ,, E per lo lupo ciascun poverello ,t Che non cura di pane a buratello. Sta sano , ed ama Di casa a dì XVIII di settembre M DCCGXXV. Il tuo BIONDI. «e Medea ^ dramma tragico di Gio. Batista Nicco- lini'-S'^ Firenze dalla stamperia Piatti i825. *^e nella tragedia à* Edipo nel bosco delle Eume- nidi ha il sig. Niccolini seguito le grandi poste di Sofocle, in questo dramma tragico della Medea ha, secondo ch'io stimo , voluto farsi libero imitatore di Seneca anziché di Euripide. E niuno vorrà far- gliene accusa : perchè la Medea di Seneca mi par cosa veramente nobile ed alta si per la gravita delle sentenze , si per l'eloquenza delle passioni : ne for- se andarono errati coloro , che giudicarono di soprap- porla lino alla stessa greca Medea , la quale chi vo- lesse reputar opera di Neufrone piuttosto che d'Euri- pide potrebbe usare in suo prò il solenne testimonio di Laerzio e di Snida. Anche Pier Cornelio nella tra- ^(^dia che scrisse con questo titolo si feca seguitatore 100 Lsttkratura del cordovese : ma se egli allora cessò , come tutti dicono, di parere quel sommo che degnamente ot- tenne la riverenza dell' Europa civile, il sig. Nicco- lini non ha cessato perciò di essere quel valentis- simo che ci diede l'Edipo e la Polissena. L'epitesi e la catastrofe di questo suo dram- ma tragico (anzi di questa vera e perfetta tragedia) sono quali possiamo considerarle nelle due altre Medee che la fortuna delle lettere ci ha conserva- te : ne forse sopra più fiero argomento dovevano versarsi le Medee perdute di Filisco , di Demolo- eo , d'EriUo , d'Ennio , di Pacuvio e d'Accio , di che abbiamo memoria presso gli antichi scrittori. Trat- tasi cioè del ripudio che Giasone fa di Medea per contrarre maritaggio con Glauce (altri la chiaman (i) Creusa) nata di Creonte re di Corinto. La gelosa rabbia della donna di Colchide , e la terribile ven- detta ch'ella ne compie sopra ia rivale e sopra i proprii figliuoli , sono dunque i due punti princi- paUssimi su' quali si fonda tutta la favola. Quindi c'ie è quello che ho inteso dire ad alcuni , che cioè questa tragedia ha gran difetto d'azione ? Gran difetto di azione nella Medea del Niccolini ? Cer- to non sono qui abbattimenti , non trasformazio- ni , non fuglie, non prigionie, non morti ad ogni atto non tutte una sull' altra le cose die ren- dono cosi romorosi i tragici mostri de' romantici di qua e di là da' monti e da' mari : ma c'è uu dialo'T^o pieno sempre di maestà e d'efficacia , c'è un vivo e continuo crescere di passioni, c'è odio. (i) Bene nolafit Burmanuus , Cieusani uoìi esse nomen prO' pr'Uin , sed Jiliain re^is notare , Giiiig , in 0\i Fisica di Dante 129 so placare alle belle siraililudini del sovrano poeta, die sono veramente originali per la più parte; e, se- condo che tengono i savi , molte vincono ezian- dio quelle d'Omero, dal quale poi forse più che da natura tolsero quegli altri, che oggidì hanno nome di classici; quando all'incontro h gloria dell'Alighie- ri, che dalle catene di una servile imitazione scio- gliesse la poesia , le ali aggiungendole a salire cola dove e pura luce» „ Luce intellettual p iena d'amore , „ Amor di vero ben pien di letizia , „ Letizia che trascende ogni dolzore. (Par. XXX) Qual meraviglia di poi se scorrere la veggiamo si- cura per tutto il creato, e le bellezze ritrarcene s\ fattamente , che meglio di noi non vede chi vede il vero ? E per toccare alcuna di cosi vive pitture, ecco come ci descrive la sera da disgradarne, non che altri, il nostro Bassi, che tra', paesisti già tie- ne il campo (Purg. G. Vili): „ Era già l'ora , che volge il desio „ Ai naviganti , e intenerisce il core „ Lo di che liaa detto ai dolci amici ^(14'^? » «a „ E che lo novo peregria d'amor? „ Punge, se ode squilla da Icaitano, „ Che paia il giorno pianger die si more. Ecco pure non meno bello ne meno caro il mattino t. (Purg. C. IX.) „ Neir ora che comincia i tristi lai „ La rondinella presso alla mattina, „ Forse a memoria de' suoi primi guai, „ E che la mente nostra pellegrina, „ Più dalla carne e men da pcnsier presa, „ Alle sue vision quasi è divjna. G.A.T.XXVIII. o j3o Letteratura Kd ecco vaghissima dipintura di Beatrice, clie all' ap^ parire di Gesiì Cristo, splendente a guisa di sole, così starasi eretta ed attenta (Par. XX.ÌII): ,, Come l'augello intra l'amate fronde „ Posato al nido de' suoi dolci nati „ La notte , che le cose ci nasconde, ,, Che per veder gli aspetti desiati „ E per trovar lo cibo onde li pasca „ Fa che i gravi labor gli sono aggrati : ,. Previeiìe il tempo in su l'aperta frasca, „ E con ardente affetto il sole aspetta „ Fiso guardando pur che l'alba nasca. Dove h a vedere cert' aria di novità : „ Per la quale ,, ti sorprende e ti raddoppia il diletto , aramiran- ,, do come ogni suo più lieve atto, ogni suo più ,, coperto secreto disvelò natura al depositario de' suoi „ misteri, ch'essa ebbe più caro. „ Cosi il Biagioli. Tutta graZfia e verità sono altresì le similitudini ap-. presso notate ; quella presa dai colombi alla pastura (Purg, II) , e dalle pecorelle che escono dal chiu- so (Purg, III), e dall' affollarsi del popolo a mes- saggierQ di pace ( Purg. II), e quella detta maravi- gliosa dal Magalotti di chi campato a fatica dal raa-i re(Inf. I) „ Si volge alP acqua perigliosa, e guata, E questa bellissima del II dell' inferno, dove a si-. gnificare come egli, il poeta, si confortasse alle pa-^ role di Virgilio , dice: ,, Qual i fioretti dal notturno gelo „ Chinati e chiusi, poiché '1 sol gì' imbianca, „ Si drizizan tutti aperti in loro stelo. Ne so poeta che dipingesse così al vivo in pochi tratti l'età dell' oro , come si vede in questi tre jetxsÀ del XX,II del purgaitqrio : Fisica di Daivte i3i „ Lq secol primo quant' oro fu bello, „ Fe'savorose con farne le ghiande, ,, E nettare per sete ogni ruscello. E quella veramente aurea semplicità xlelle anticlie don- ne fiorentine chi non ammira nel XV del paradiso? „ L'una vegghiava a studio della culla, „ E consolando usava l'idioma, „ Che pria li padri e le madri trastulla : „ L'altra , traendo alla rocca la chioma , „ Favoleggiava con la sua famiglia ,, De'troiani e di Fiesole e di Roma. Ma dove il nostro poeta por grazia e semplicità sem- brami vincere se stesso egli è alla selva del terrea paradiso, di cui vago essendo di cercare dentro e din- torno ogni bellezza , come fu proceduto alquanto per quella, trovò il fiume Lete, e all'altra riva vide quel- la bellissima (Matilde), la quale se n'andava su per la fiorita campagna „ Cantando come donna innamorata , e scegliendo l'uno dall' altro i fiori , che aveva rac- colti. Fatevi a leggere tutto il XS.VIII del purga- torio , e ne avrete all' animo tanta dolcezza , che vi parrà quasi una beatitudine. Io sarei infinito , se tutte volessi riferire le belle cose di Dante : e non bisogna , io mi penso , a voi che già siete preso a così vera dolcezza, e vi prepa- rate a ringraziar me , che vi ho dato occasione d'in- naraorarvene. Se non che io leggo addentro ne' vostri pensieri; una cosa vi turba, e già volete più. presto rimproverarmi, che sono uscito del seminato: ed io non ho scusa al fallo , salvo che rendermi in col- pa, e chiederne e sperarne perdono in grazia del som- mo poeta, che già vi è caro quanto la nostra antica 9^ i32 Lbttehatura amicizia. E per emenda verrò additandovi ciò che del fulmine è dettò nel XXIII del paradiso : „ Come fuoco di nnbe si disserra „ Per dilatarsi s\ che non vi cape, ,, E fuor di sua natura in giii s'atterra; la quale comparazione ditemi, per fede vostra, se me- glio in versi saprebbe darla oggidì il primo de' fisici viventi Alessandro Volta, o se meglio l'avrebbe data l'americano Franklin, di cui si direbbe che strappò il fulmine di mano a Giove con più verità, che gli an- ticlii non dissero di Prometeo , aver rapito il fuoco dal cielo . Ma dove la gloria del poeta vince il no- stro immaginare si h nell' avere egli dell' attrazione universale dato cenno assai prima , che il Newton aiutato dalle scoperte del Galilei ne desse il gran si- istema del mondo. E, per ciò che è dell'attrazione ce- leste:,, Italia nostra può andare con ragione super- ,5 ba , che Dante sia stato altresì il pfimo a disco- „ prire e pubblicare il sistema intorno all' attrazio- '„ ne, sviluppato poi ed illustrato dall'inglese Isacco „ Newton. Il poeta chiaramente l'espfesse in quel ter- „ ietto (Par. C. XXVIII v. 137 e seg. ) : „ Questi ordini di su twtti si ammirano , „ E di già vincon si che verso Iddio „ Tutti tirati sono, e tutti tirano. Così l'editore romano; e il diligentissimo Portirel- li ne fa accorti, che non altrimenti notò Giuseppe Baretti, cui piacque di leggere Di su tutti rimira' no ^ allegando una dissertazione del matematico Ta- gliazucchi, sopra la quale i critici più severi sen- tenziando, questo non sanno negare al postutto , che nel V. 129 è quasi un germe poetico „ ed una per- „ figurazione della grande idea di Newton. „ Quan- to poi air attrazione terrestre , ecco parole di Fisica di Dante i53 Guido Guinlcelli e di Giulio Perticar!, interlocti- lori nel piiì gran Dialogo della Proposta ^ di che ha fatto dono all' Italia il cav. Monti. „ Guid. Egli ( Dante ) invece di dire : Tu „ passasti il centro della terra , ecco che ti presen- „ ta al pensiero una delle più alte verità della fi» „ sica, la principale delle sue leggi, dicendo: „ Tu passasti il punto „ Al qual si traggon d'ogni parte i pesi. „ In questa sublime imagi ne non ti par egli pro- ,. prio di vedere da tutta la terrestre circonferen- „ za i corpi tutti a linea retta potentemente tirati „ verso quel punto ? „ Pert. Se questo passo di Dante per avven- „ tura fosse venuto sotto gli occhi di Newton , mi ,, avviso che a concepire il sistema dell' attrassione „ questo solo verso gliene avrebbe desiato il pen- „ siero, meglio che l'accidentale caduta di un po- „ mo a un bel raggio di luna nel suo giardino. E se avesse considerato chiamarsi il sole (Par. V:) ,, Lo ministro maggior della natura, „ Che del valor del cielo il mondo imprenta , „ E col suo lume il tempo ne misura; sarebbe stato condotto ( io dico ) senz' altro impul- so a quel gran passo , che , speculando , fece dalla luna al sole , e quivi fermatosi, non molto lungi ne avrebbe riconosciuto il centro del nostso sistema; e sarebbesi pure senz' altro incorato d'internarsi] ne' segreti della luce , che dal sole appunto emana perpetuamente : e dietro le poste di Keplero , di Cartesio , di Galilei , e degli altri di quella schie- ra sarebbe forse più prestamente vennto a emacila cima di gloria , in cui della fìsica fu salutato jue- l'itamente principe. Che se io volessi venire faiita- i34 Letteratura sticando , direi che la divina Commedia all' ingle- se filosofo non fosse ignota , come al Milton noi furono ed essa ed il Goffredo e le Sette giornate^ ed altra cosa forse più vicina ancora al Paradiso perduto. Ma voi a questi sogni mi fate il viso deir arme; ed io lascio a più sicuro giudizio il dar- ne sentenza vera. Questo non voglio lasciare , di ve- nir confrontando l'addotto luogo di Dante (Par. X) con quello di Tullio nel Sogno di Scipione ^ dove chiamasi il sole Dux et princeps et moderator lu- minum reliqiioriim , mens mundi et temperatio , tanta magnitudine ut cuncta sua luce illustret et compleat. Anzi m'è bello di dare a voi la pena di tale confronto : e sono certo che meco sarete in que- sta sentenza : filosofare il poeta meglio che l'ora- tore , pur tutto pieno delle greche dottrine , e l'ita- liano cantore tanto dividersi da quegli antichi , che lo diresti educato alla scuola de' savi, che tre secoli dopo s\ Leila luce diffusero sulla già tene- Lrosa fdosofia . A voi pure io lascerei) di esamina- re , con quel vostro occliio di lince , la fabbrica dell' inferno immaginata dalla fantasia dell' Alighie- ri , e tutto l'edifìzio del meraviglioso poema : e mi confido che voi non solo consentirete al Tiraboschi che „ Dante è stato detto a ragione profondo teo- „ logo non meno che filosofo ingegnoso , poiché „ egli mostra di avere appreso quanto in quelle „ scienze poteasi allora apparare: „ ma vi farete eziandio a concedere a me, che in molte e gran- di cose della natura egli vide forse quanto gli oc- chi de'fisici più prestanti videro di poi : e lodere- te quel sottile accorgimento del principe de' poeti viventi, che V Apologia di Dante intitolò al gran- de astronomo dell' Italia , a Barnaba Oriani, noa . Fisica di Dante i35 meno amico per certo di quel divino che il Ma- galotti ed il Redi lo fossero un tempo : dell'ultimò de' quali intendendo , e Dante apostrofando ^ così cantò il Salvlnii „ Che stupor^ se chi tutto osserva e intende, „ Francesco , eh' e il dcstr' occhio di natura , „ Tanto diletto ne' tuoi versi prende? Ne più parole bisognerebbero a voi che siete sa- vio, e intendete meglio che io non ragiono; se qua- si per giunta sopra la derrata io non volessi addi- tarvi, come bene degli antipodi ( già tanto oscuri alle menti degli uomini prima che il lume dell' ita- liano Colombo li rischiarasse) non meno che della gravitazione presentisse l'altissimo poeta , laddove per uscire del baratro infernale avvinghióssi egli al Corpo dì Lucifero, che tiene ( nel suo concetto ) il centro della terra : girò attorno a quel centro , a cui tendono tutti i gi'avi t ed allora rovesciatosi sopra se medesimo, ivi sorse dove sembrato età. che fosse disceso. Che se non foste Contento a que- sto , ponete sulla bilancia della critica quello che! detto è fra gli altri luoghi nel I del paradisot „ Fatto avea di Ta mane , e di qua sera „ Tal foce quasi: e verrete, ne sono certo, nella mia opinióne; nV s'avrà a dire di noi ( Hor* Ep. X Uh. 1 ) ; line in rè sciticet Una Midtmn dissimites i, quando gik siamo Ad ccGterd pcene gemelli- Frateniis nniinis , cjitidqilid négat alte»^ et alter^ Januinias pariter: velati noiique culuinhi. Più altre cose avrei da dirvi intorno a Dante; ma e' mi sembra clic non userei con essovoi da quell arai- i36 Letteratura co che vi sono, se vi togliessi il piacere di osser- vare da voi medesimo l'ingegno creatore del poeta „ Cui le muse lattar piìi eh' altro mai; ciò che 10 stimo doversi dire dell' Alighieri meglio che non di Omero egli stesso cantò ( Purg. XXII ) • E so che voi , il quale di mirare nel cielo tanto vi piacete , seguendo il \olo del poeta consentirete a quello che nel II del paradiso dice di se: „ L'acqua eh* io prendo giammai non si corse: „ Minerva spira e conducemi Apollo , „ E nove muse mi dimostran l'Orse. E riderete le battaglie degl' interpreti su quelle «oce muse, solamente pensando che nove furono appun- to nella greca sapienza le figlie di Giove e di Mne- mosine, delle quali quando l'una quando l'altra ar- rise ai poeti ; ne mai tutte insieme arrisero ad uno , come al nostro Alighieri , cui quella Urania ( la celeste ) , tanto difficile agli altri , fece buon viso non meno che le sorelle e tutto quanto il conci- lio di esse ( per le quali le scienze e le arti ven- gono simboleggiate ) ; onde poi ne nacque cosi mira- bil poema, in cui si vede quantunque può l'umano ingegno quando sollevasi al Creatore. Ma a questa tiritera, che negli ozii autunnali ho dettata, sia fine una volta: e voi tenetemi fra i vo- stri cari pensieri. Addio. DOMHNICO VacCOLIKI l?!'] ARTI BELL E-A R T I PITTURA Vincenzo Ha sor i bolognese. V_>i è caro di parlare in questi fogli di alcune ope- re del sig. Vincenzo Rasori , valente pittore che noi conoscevamo da qualche tempo per molti suoi lavori. Nella sua officina (a) vedesi ora esposto alla puLblica vista una tela di sette palmi per otto , sicché le figure vi sono oltre la meta del vero. Bel- lo, e , per quanto noi sappiamo , nuoTO n*è l'argo- mento intorno la fuga di Nerone. Narrano gl'isto- rici che Nerone nell'ultimo anno del suo impero per le molte ribalderie ed atrocità, e per gli scellerati pensieri fosse universalmente venuto tanto in odio, che le pro- vincie e Roma desiderassero Hintamento di principe, e r-> che Virginio Rufo movesse 1' esercito contro di lui. Aggiungono che da' suoi scherani fatto consapevole di ciò desse in pazzi furori , e fuggisse agli orti de' Servilii che pongono fuori di porta Flaminia : e che pensasse quivi di darsi alla fuga o ai parti o a Galha nelle Spagne , o meglio alla viltà del piangere e del supplicare il popolo di lasciarlo almeno al go- verno di Egitto. Scrivono ancora che intanto Ninfidio ■— — ^—^^ ■'— I ■ ■■■II—.» ■! »^ I I ■■^■■wmi — — — — — aw— —t. (a) Via di Ripetu Wuiu. 2io, uliiiiio piano i30 BklI,e-Arti Sabino prefetto delle milizie lo accusasse di fuga alle guardie pretoriane, che proclamarono subitamente Gal- ba imperatore; che Faonte suo liberto il sottraesse a più duri casi , e il ricoverassse in una sua villa quattro miglia da Roma, a cui si riducesse di notte per vie di- susate con corteggio di pochi . Fu quella notte tut- ta burrascosa e piena di prestigi; e dicono che il ca- vallo , spaurato da un cadavere steso sul suolo, desse in istrani movimenti, sì che nel tirarlo a freno fuggisse all'atterrito imperadore dalla mano un lembo del man- to, e si sudasse per tal modo ad alcuni soldati che lo ac- cennavano di nome: intanto fulminasse il senato contro di lui, secondo le antiche leggi, la condanna de' rei di stato, ch'era di esser tratto ignudo per le strade e get- tato dal Tarpeo e nel Tevere. Ricordano per ultimo che udita egli da Faonte la sentenza, disperasse della vita e si desse talmente con un pugnale nella gola che spirasse in que' momenti che il centurione si pre- sentava ad arrestarlo : le ceneri nondimeno , per quan- to s'ba da Suetonio , fossero seppellite assai onore- volmente nel sepolcro della famiglia Doraizia. Dalla lettura di siffatte narrazioni il sig. Ra- sori ha preso ingegnosamente quegli istanti in cui Nerone fugge dagli orti serviliani alla villa di Faon- te. E dilettandosi di tutti i casi di quella notte , gli ha mirabilmente ritratti in dipinto. Perchè la figura di Nerone è la principale , ed è tutta grande, e fe- dele a quanto di sua imagine ne lasciarono memo- ria gli antichi : e sta sopra un cavallo baio mo- rato , pezzato di bianco , con coperta di pelle di leo- pardo : tutto fatto con vivacità e con maestrevole artificio. Egli è avvolto in manto giallo, e non di porpora: e in ciò vedi bell'antiveggenza dell'arti- sta , che a meglio occultarsi è ben naturale che Na* rene deponesse l'imperiale per vestirsi del grossolano Belle- Arti i3() di alcuno schiavo. Il cavallo è atterrito da un ca- davere , e s'alza davanti quasi tenti di slanciarsi e superare il pericolo. Difficile movimento, ma pur espres- so con molto vigore e assai naturalezza , e ricorda ciocche dicemmo di sopra. Sfugge intanto dalle mani dell' augusto un lembo del manto , e scopresi il volto a due uomini d'armi che lo accennano di nome. Ne- rone a tal ventura si mostra timido come quei che fugge , tendendo le orecchie alle voci de' soldati : e adirato e fiero vorrebbe pur mirare chi lo nomina , e ben si ritiene per tema di essere conosciuto. E benché ne'vili sia sempre color di tristezza, l'arti- sta gli ha nondimeno fatte le carni di tinta vivace perchè splendesse maggiormente il suo protagonista. Lo seguono quattro de' suoi adulatori , che per lo impensato accidente mossi da maraviglia e da sde- gno , come apparisce ne' loro occhi , non sanno a qual fine dirigere i loro cavalli. Col primo alludesi forse a Faonte, mentre fra i due vecchi probabil- mente ha voluto distinguere la faccia giovanile di Sporo. É questo gruppo assai bene intrecciato , e di- sposto con molta naturalezza. Nel lontano e nel fondo è bene immaginata una catena di monti ; e nel campo un acquedotto , un tratto di Tevere ed una colonna milliaria ben dichiarano con molta pro- prietà la scena nei contorni di Roma. Il cielo e tempestoso , e coperto di nubi che si tingono della luce dell'alba. E qui pure merita lode l'artefice , di aver lasciato di ritrarvi e notte e lampi di tristo presagio, sebben ciò rammenti l'istoria, come cose che agevolmente distruggono l'effetto dei dipinti. Se ora vorremo discorrere i pregi di questo lavoro , diremo che la composizione vi e sopra ogni altra cosa ben intesa e felice. Bello e il cavallo del Nerone e tutto pieno di fuoco. Il disegno ne l4o BELLE-Antl puro , e condotto nelle forme di maniera larga con un panneggiare ricco e ben accomodato. L'espres- sione vi è molto forte e secondo il carattere delle persone dipinte. Il colorito è per tutto robusto, spar- so con franchezza ed ardire. Per le quali cose ci pare di poter affermare giustamente che il compo- sto e l'effetto di tutta l'opera è si bello e gran- dioso da meritarsi le maggiori lodi. Che se la cri- tica o l'invidia vorrà pur trovarvi qualche peeca , dalla quale non va mai esente opera umana , aggiun- geremo ch'ella sarà forse si piccola in confronto del- le bellezze da non doversene tener conto. Nello stesso studio osservasi un quadretto fatto con arte gentile : Rappresenta Candaule regnatore di Lidia ne' momenti di mostrar la moglie come prodigio di bellezza al suo amico Gige. L'artefice l'ha posta, non ignuda nel bagno come narra la favola , ma con piiì verecondia sopra morbide coltrici sì che par che dorma. Candaule è in atto di scoprirla a Gige , e sembra compiacersi di additargli la pii!i bella delle donne : strana compiacenza che gli valse la vita . Belle ne sono le figure, e naturali principalmente Candaule e la bellissima moglie. Vedesi anche il ritratto di una festosa bambinet- ta operato con molta robustezza di tinte , con gra- zia e facilita di esecuzione. Mirasi per ultimo un al» tro quadretto cavato da un'istoria delle crociate; il quale è di stile molto diverso dai precedenti. E ci presenta un cavalier francese in atto d'inforcar la lan- cia nelle fauci d'un leone che s'era furiosamente av- ventato al suo cavallo. Il luogo è una spaziosa selva in che da lontano vedasi un drappello d'altri cava- lieri e cacciatori -. ed e trattato con bella maestria di paese , sicché mostra anclie ciò quanto sia va- lente l'artista. .il VARIETÀ' Sopra un nuovo metodo di preparare il bi-carbonato di potassa, la una lezione della scuola di farmacia pratica il professore Pie- tro Faretti dovendo trattare delle combinazioni della potassa coli' acido carbonico e coli' asido acetico , ha annunziato che si può preparare contemporaneaiuente il bi-carbonato e l'acetato di po- tassa. Il metodo eh' egli ha seguito consiste nel prendere del sot- to-carbonato di potassa , scioglierlo in egual peso d'acqua stil- lata , e sopra il liquido filtrato versarvi a poco a poco l' acido acetico fino che sia saturato l'eccesso della potassa: avvertendo di non giungere a produrre erTorvcscenza, M.eltendo la soluzione ad un calore di stufa affine di promuovere la lenta evaporazione dell'acqua, ha ottenuto il bi-carbonato di potassa cristallizzato , e 1' acetato di potassa in liquore." La sperienza gli ha fatto co- noscere che per avere maggior quantità di bi-carbanato di po- tassa è indispensabile di far subire al liquido una lenta evapo- razione , mentre con un' evaporazione troppo rapida una gran parte del bi-carbonato si decompone. Lo stesso professore si riserva di pubblicare in. appresso le proporzioni dei priiicipj componenti del bi-carbonato di potas- sa contenuto nel sotto-carbonato del coiumercio , e di quello cristallizzato di cui parla il Fabroni, e ch'era già conosciuto dal nostro professore. 142 Varietà* Elegia quinta del libro secondo d' Tibullo recala in terza rìma dalla, tipografia del seminario 1825. ( Sono cart. 5i . } V isse il Vannoz^o nei dì del Petrarca : al quale fu str«lto di singolare amicizia. Chi lo vuol veronese, e chi trivigiano. Il cer- to è però che queste due canzoni , tratte da un codice del se- ininario di Padova , potevano giacere ignote anche per altri 5oo e più anni , senza che le nostre lettere ne ricevessero il mi- nimo pregiudicio : tanto ci sembrano povere di senieuze e di sti- le, anche in mezzo una grande pedanteria di note scritte da' quel- lo stesso sig. N. T, che fattosi anch'egli campione dell'ignoranza su- perba Ila ultimamente osato pubblicare un libricciuolo col titolo. Il Perticari confatalo da Dante, Elogio funehrc del padre T>, Ranieri Bini , monaco cassi nese^ pro~. fessore nella università di Perugia , letto dal marchese Giusep- pe Anlinori , professore della stessa w/iiVer^ùà ec. 4* Perugia presso Garbinesi e Santucci iSìS: (Sono cart. iB.) Oe alcuno volesse ancor sostenere , essere il sig. marchese -An- linori della scuola de' moderai couompitori dell' italiana favcl- l44 V A IV 1 K T a' la, legga questo suo elogio , e ceno ne arrossirà: perchè l'egre- gio serittore lia usalo in esso una semplicità di stile ed una purità di lingua, che veramente innamorano chi La ixitelletto di queste gentilezze italiane : 1» quali ha poi da buon maestro congiunte colle più nobili e virtuose sentenze» Oh seguiti egli ad illustrare così come fa la memoria degli uomini , che gran- demente meritarono questo titolo: si renda esempio gravissimo a' suoi scolari: giovi, come vuol cortesia, Is causa della restau- razione delle nostre lettere così guasto da" pedanti e da' liber- tini: ed accresca per lai modo la riputazione del nome suo già fatto chiaro in Italia , e la gloria dell' inclita patria » Pel dìo Fauno t rfe' suoi seguaci. Osseri^azioni indirizzate alVor- natissimo signore />. Gtcspare Sehniggi , membro della reat società borbonica , da Odoardo Gerhard, - 8» Napoli dalla stamperia reale 1826. ( Sono pag, 54 ) '■*! sig. professor Gerhard , giovane letterato prussiano , h cono- sciuto per altre dott« opere cosi nella sua patria , come iti Ita- lia dove da lungo tempo dimora. Anche il giornale arcadico ha dovuto parecchie volte favellare di questo erudito e cortese stra- niero colla debita lode : ed ora si compiace di congratularsi sin- ceramente con etsolui delle presenti Osservazioni sul dio Fauno pie- ne di sagacissimi avvisi «uU' antica mitologia , e di belle e gra- vi etimologie traile dalla lingua greca , n«lla quale il sig, Gerhard mostrasi valentissimo. {Tabella dello stato del Tevere , desunto dalf altézza del pelo adacqua sidV orizzontale del mare ^osservar to alV Idrometro di Ripetta^ al mezzo giorno- Ottobre 182 5. GIORNI. METRI PALMI ROMANI OSSERVAZIONI. • «. 48 24 6 0 3 3 5, 60 5, 5i «4 7» 24 7 4 •Altezza massima met. 8, 98 4 5, 49 34 6 3 5 5, 47 a4 5 » 6 5. 4» a4 6 0 7 8 5, 47 5, 4t3 24 5 a 24 6 0 -Altezza minima mct. 5, 43 9 5, 48 24 6 0 " 10 5, 49 a4 6 3 tt 5, 47 24 5 « 13 5, 46 34 ^ ■ Altezza raodia met. 5, 84 i3 5, 44 34 4 0 i4 5, 43 34 3 3 i5 5, 43 «4 a 3 iS 5, 43 «4 3 8 t7 5. 43 24 3 3 i8 5. 43 24 3 3 *9 5,43 24 3 3 80 5, 43 24 3 3 s> 5. 44 24 4 0 32 5, 55 24 9 4 33 e, 90 3o »o 3 24 8» 98 4o 2 I 35 6, 71 3o 0 a 36 6, 65 39 9 i 27 6. 06 27 I 0 23 6, 80 3o 5 0 ?» 6, i4 27 5 4 So 6, 08 27 3 3 Si 6, 80 30 5 0 Osservazioni Meteorologiche. Collega Rem» Oiiohhré iSaS. ] In questo mese , e ne'seguciili , si darà l'altezza dell' acqua caduta , in linee 'e centesimi di linea: per averla ne' 9 mesi precedenti, bisognerà dividere il nu- Inifio (!i!Ì i)olli-.;i cubici per 4- Baroniet. a 8 p. ali.; ,4 28 ■yà le ni. Terni, mt. est. '4 7 5 8" 0 ì6 0 »i _7_ 0 5 10 5 il 11 7 0 16 0 1' 0 n 0 15 0 0 8 5 16 i4 7 11 ,, 0 12 1' 5 i5 II IO 2 18 i3 '1 ^5 0 5 0 3 6 i4 Vento N.N.E.d. N.E. Pi, 42 6 v.N 0. li. i5 Ev., pnr, 2 7 St.dcl Ciel.i nu.leg.spar. ' 7 5_j_.l5 !i". ìé Oj u _ me ì6 fft. srr in. s. e Baromet, Te.int. Tc.esi. l£;ro. Vento N. 0. S.O. N. Pioggia Evapor * 7 4 6 . St.del Cielo ,. 1, 3 . « 2 0 14 3 6 tS 0 9 i5 0 8 »9 12 5 IO 35 1 1 chiaro 28 2 ti 1 « 2 6- 14 5 9 ., 6 9 « «7 0 xo 0 16 49 33 1» in. x8 g. s. in. ,s. in. •3* /n. 21 „ .■. i" L 1 /«. »4 ... ni. '«. ?. ni. ''- in. ni. -9 i'- in. 3o .. $. in. 3* 1) ti ! J iS 8 , 14" 0 ' ,, „ 7 16 2, 12 21 43 3o N..\.E. iV.O. s. ti.O. mo. O.S.O. 0. deb. sro.i;7. variabile 4 ' 27 11 e " 9 < ». 3 i5 0 i3 0 i6 0 14 0 i5 II «4 7 3 8 — ~ coperto ., 5 - 1 1 •4 'ì in te. 7 idem 9 1 I 7 este. I 0 7 I I 23 5 00 li. 3 5o lin. 12 00 li. 5 5o 7 8 1» „ 9 S V 4 i5 0 ,5 6 >» 0 '» ?> " ?» '4 0 •7 5 „ 3 t3 8 "4 0 x3-; Il 3 i :: 0 li 5 i'> (.) ., 3 x5 5 18 X2 XI IO 12 IO i4 7 5 14 5 .3 3 xo j4 8 12 1 1 X2 8 10 ■^•gasila. S-E. cad. N. "~~ N.E. 6 4 „ 10 / » 8 :- •" 7 ' .8 ?, l 1 t 0 8 pioggia 6. S.O. 4. nullo N-dehol. S S.O. s. N.N.E. E.N.E. E. 2 8 coperto 11 1 b ;-. « ') „ 0 6' M „ 5 7 5 22 4 ;3 ' 9 idem 9 ::x 9 li. 2 » 5 pioggia nuvoloso i;7 il. , '. 9 4 ,. y ., ,1 8 <' „ Il ; -:8 0 r il I < ,' 1 12 22 in te. -^ i.'lfììi ^ 1 •4 26 2 este. 1 J4 ' 12 SS.O. S.O. f. variai. /. IV. N.V.O. .. à. !ì J5.E ^. N. N.N.O. V. 3. 3 coperio j 5 3 li 1 1 0 fi il nuvoloso 3 5 chiaro ■ mez. caper- cliiaro )5 2 „ 3 , M 2 Ò' " » ■: lì •)■> " „ „ 3 ,, 0 n 3 ,0 6 3 0 i-j. 5 • 3 i3 5 8 3 • 9 chiaro „ 0 »» •> ., 8 5 22 * IO ' V. 1 5 nuvol. Il 0 9 «4 7 9 20 7 ^ i.S.E. V. t coperto NIHIL OBSTAT Fr. Antonius Franciscus Orioli Censor Tlieol. NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. GoUeg. NIHIL OBSTAT Lauretus Santucci Cenis. Philolog. IMPRIMATUR Fr. Thomas Dominicus Piazza Ord. Prxd. S. P. A. Pro-Magister. IMPRIMATUR Joseph Della Porta Patriarchi Constantinop* Ficesgerem ., My. S C I E N Z Lettera del dottor Giuseppe Maitliey intorno alla risposta data da un accademico filarmonico di Bologna amico della verità alle sue Riflessioni Cliniche contro la medicina cuvativcr di Le Roy^ diretta al signor dottor Giuseppe Tonelli auto- re del santo delle medesime Riflessioni , inse- rito nel giornale arcadico , tom. XXP^II , quad. di luglio 1825 , pag' 3. „ Nocqnero già a non pochi ; mx prima di cade- „ re in discredito avranno purtroppo ma^^or nu- „ mero di vittime quelle stesse decantate cqinpo-^ „ sizioni , per le quali combatte oggi T opinione. „. della moltitudine ritrosa ai con,sig!i dell' osscr- „ vazione vera e della 'vcra esperienza. = Tom- , „ MyfSiN/ , Della influenza delC opinione in me- „ dicina , pdg- ^9-" É. . ^ . ,,^ v-^ • ben degno di noverarsi tra i canoni più rcve- j ?ndi di religiosa morale quel dettato auilico , fuont oì'opone, Dio dispone. Direttamente ip- per» attacco ptnsoiiale e scoperto, indirettamente, voi , signor Toaelli chiarissimo., per adesione a'niiei principi , up facciamo oggi lo sperimento , nella guerra, .jolì'ensivjf e diiensiya, ornai giunta al ^uo lormiiie^ cbo <;i tieu « .* . \ i ■ \ \ t ( i 1 . TO' i5o S e I K N 7; i: campo contro , e per la medicuia curativa di Le Ed in fatti , quand' io, son pochi mesi , mosso da sdegno a prò della umc^nitk minacciata per lei d'inevitabili scialbare, mi aluai censore de'suoi dogmi e delle sue pratiche, ed espressi codesti niiei sensi nelle Riflessioni critiche a tal'uopo pubblicate , fu mio intendimento di togliere quelle dissonanze d'in-, lelletto , men fatali all' udito che alla sanità , cui noi sentimmo romoreggiar non ha guari in molte teste non mediche sul proposito della novella pur- gazione, e di fare armonizzare una volta quei capi stonati con gli accordi della ragione e del ])uori senso. Ma ecco all' impensata sollevarsi dal grembo della musica , a pormi barricate attraverso alla stra- da fdantropica, un avversario terribile mascherato col titolo specioso di accademico fdannanico di Bo- logna amico della 'verità , il quale all'ombra pro- pizia di codarda anonimia presume di sperdere al vento o^ni mia ragione teorica e pratica con una Risposta air opuscolo che porta in fronte = Dell' ahu-. so dei purganti e della medicina curatila ossia della purgazione di Le Roy , riflessioni critiche- recitate nella adunanza pubblica delV accademia di scienze ed arti desili Ardenti di Viterbo li 1 1 febbrajo 18,2 5 dal dottor Giuseppe Matthej se- irretario s^enerale della medesima, membro di al- tre, società letterarie , medico primario e profes- sore di medicina teorica e di clinica medica nel- lo spedale di detta città. ^= Bologna 1825. Presso Ri ce ardo Ma si . Sta in mente di questo velato, censore, e dei molti che teneri com' egli per la picrgazione. han data la mossa al suo intraprendimento critico, ch'io ilon ho arrivata la mela pietìssami nelle Rif/essio-. Riflessioni critiche j5r ni critiche. DuiKjiie fu uno lo scopo, altra la riu- scita. Dunque in un modo si propose, in altro venne disposto. E voi, signore, che in questo gior- nale meritamente acclamato vi siete fatto apolo- gista de' sentimenti di quella mia opovlcciuola po- lemica , partecipate eziandio della sventura die l'ha colpita, come del biasimo che n'è toccalo a me. Ma se havvi un qualche vero in quella trita sentenza che solatimn est iniseris socios habere p e- nantes ^ avete ben d'onde rincorarvi ampiamente al pensiero dello spartire cotanta disgrazia con l'egre- gio letterato signor professore Antonio Mezzanot- te, il quale anc'i'egli innanzi al tribunal della pur- ^azione ha conìmesso il reato di un estratto apo- logetico del mio opuscolo nell' accreditato Reper-^ torio medico — -chirurgico di Perugia. An. iSaS. Trim. III. Fot. IF. Fascic. FU pag. i/jG. Siccome peraltro l'invasione ostile non fu da tanto d' insignorirsi compiutamente della vittoria , soffrirà in pace il mio armonico nemico che io scenda nell' aringo a contrastargliela con un colpo d'occhio rapido e sommario sopra la sua confuta- zione. Ma pria di gettarvelo ei s'abbia la mia dop- pia pro-testa , primieramente che qualunque esser possa il destino venturo della presente contesa, io non risponderò mai più a scritti anonimi, perchè di- lettami il terzonare in campo aperto: é d'altronde non voglio essere rassembrato all' eroe di Cervan- tes , il quale pugnava con mulini a vento in ve- ce di debellar giganti; in secondo luogo, che se mi dispenserò verso di lui da quella pienezza di cortesìa che pur si costuma scambievole fra non ignorati nemici , egli non avrà alcun dritto d'incol- parne la mia inurbanità , ma piuttosto dovrà ac- cagionarne qnel suo sconvenevole precnlimeul-o di IO* i5a S e I E N z K ravvolgere il proprio nome fra lo tenebre deir in- cognito. Gli' ei sia per davvero cultore dell' arte divina de^U accordi, non so persuadermelo: per- V elle il suo parlar ncn è da uomo iu'ospite d>;l tut- to in quella di guarire. Piuttosto eh' ei sia medi- co, e di quelli i cjnali per un avanzo encomia- bile di pudore arrossiscono di patrocinare una causa disperata, e di farsi puntelli alla ciurmerla. ed al ciarlatanismo, vendendo opera e penna ai banditori di quei due vituperj della scienza medi- ca , io inclino fortemente a crederlo.- Pure, posso prendere erro. Comunque sia, mi giova coirsiderar- lo per quello di' ei si spaccia: cosicclic non gli reclieia maraviglia, se salendo al suo livello quan- to per me si può , io imprenderò seco lui a discor- rerla in musica. Sin dai primordj della guerra il illarmonico da prova di grande accorgimento. Per evitare il pri- mo urto della battaglia, sempre formidabile agli as- salitori pusillanimi , ei lascia che accordino l'or- chestra , e che faccian preludio alla suonata gli Editori bolognesi della medicina C!trati\>a con una •epistola garbatissima a me. Con istupore io veggo in essa elio dei tanti puuti della mia censura quell' unico da loro allo stomaca , ove cedendo alla sma- nia che tormenta noi medici di prognosticare, io arrischio un augurio men fausto sullo smercio fu- turo della loro terza edizione di Le Roy. Non avessi mai stuzzicato questo vespajo ! Ponendo in ridicolo il mio vaticinio, Cd app(!l!aiidosi ai fatti che lo hanno smentito; i tipografi della purgazio- ne esortano i miei malati a far cuore ogni volta eh' io setiteazierò sinistramente del loro stato , as- sicurandoli per (piesto appunto che ^camperanno senza fallo dai presagiti disastri, bravissimi! Il friz- \ Riflessioni critiche ì53 zo e epigrammatico , od ha anche sapore di sale attico. Ma lo invilisce la bassezza del motivo che gli die vita. Quid non mnrtalia pectora cogis ^ nari sacra fnm.es: esclamo io qui col mio Virgilio! Fra non molto mostrerò forse loro che non son poi augure cosi fallace com' essi milantano. Intanto il dispenso da quei misericordiosi lai, con che si strug- gono di compianto sulla sorte pecuniaria del mio libricciuolo , recata a confronto del destino splen- dido e ricco dei fogli della purgazione-^ imperoc- ché se per mia buona ventura le di lui pagine saranno riuscite a raddrizzare il capo storto di un solo fanatico della purga esagerata , ed a trattener- lo sull'orlo dell' abisso evacuaiite, io mi chiamerò magnificamente guiderdonalo delle scarse veglie impie- gate in iscriverlo, e de' pocìii scudi spesi a divul- garlo per le stampe. Ma poi qual maraviglia che i libri della Medicina curativa escano a torme dalla bottega del librajo , e che all' incontro dor- mano in pace sovra i di lei scafiTali le censure àc\- Ì3i purgazione] Quelli promettono, con un solo prin- cipio e con due rimedj gemelli, risorgimento sicu- curo da ogni più perversa o cronica od acuta ma- lattia , e poco meno che l'immortalità : queste av- vertono gì' incauti della fallacia di promesse trop- po larghe , e li mettono in guardia contro l'ado- zione di un metodo esclusivo e pericoloso. Da qual parte stara l' umana inclinazione ? E facile 1' in- dovinarlo : «hi ama un ingaiino lusinghiero studia- si di allontanare un salutare disinganno , come chi bevve sino alla feccia la coppa avvelenata" delle passioni , di rado va in cerca , se pare non e su- periormente chiamalo , di soccorsi che lo risanilo de' suoi traviamenti» l54 S 0 I R N » E •yl*''osoguoiio i ìììio.ì coiisori tipografi , e mi di- cono civilmente clie il mio opuscolo non e altro che un marcivi gtio so sonni fero \ Mi vieta la mode- stia di ribattere una sill'atta accusa , ad intentar la quale non so peraltro se siano eglino giudici quan- to basta competenti. Forse taluno malizioso ne ad- debiterà il poco intendere di questa classe di cri- tici ; giaccbè le motte volte valgono ugualmente a conciliarci il sonno e le cose nojose per se me- desime, e quelle alla cui comprensione non giun- ge la da])pocliezza di nostra intelligenza. Sul chiudere la loro lettera i signori editori, che dalla contenteza non capono pii*! nella pelle, perchè lo- ro è fatto di mordermi un'altra volta come malaccorta indovino, mi annunziano in aria di trionfo che non Le Roji come ho malamente supposto nelle Ri- Jlessioni criticlie , ma bensì un degnissimo eccle- siastico^ di cui ■i\. farà conoscere il nome ^ e Taii- tore del Ciarlatanismo smascherato. Sia pure così. Ma io clie sono geloso assai del decoro e del buon nome delle persone di chiesa , consiglio a questa caldamente, qualunque ella si sia, di serbare tut- tavia Tanonimo , perchè mal s'addice al suo carat- tere di pace il rompere in ingiurie , come si è fatto in quel libello atiabiliario contro un ceto rispettabile d' uomini , qual si è quello dei pro- fessori dell' arte salutare. E giacché siamo sul pro- posito del ciarlatanismo smascherato , prego i si- gnori editori a dirmi se un ecclesiastico parimen- ti è l'autore della elegante e dotta Memoria so" pra le febbri della Sologna uscita anch* essa dai loro torchj nel 1824 ; e ne li prego per la gran ragione, che quest' altro atleta della purgazione s'intitola egli pure sul frontispizio Autore del ciar- latanismo smascherato. Se è cosi , non si può ab- RiFLESSIOM CRITIOIE I 55 bastanza commendare lo zelo di questi due vene- randi ministri dell' alLàre, i quali oltre la cura delle anime intraprendono anche quella dei corpi, e ne richiamano al pensiero qtie' prischi sacerdoti di Egitto , i quali ai tempi della medicina mito- logica ne seppero amalgamare i misteri con quelli del politeismo , renderla esclusiva come farsi vor- rebbe della purgazione , e coltivare con pari impe- gno gli studj sacri ed i sanitarj. Sarebbe a bramar- si soltanto che alla premura lodevole dei nòstri non difettasse una scelta migliore di precetti medici, ed un impiego pratico dei medesimi più intelligente j meglio basato, quindi più profittevole all'umanità. I latrati di questi speculatori tipografi , a cui sembra che stia più a cuore la tema del irienomatò fruttar de' torchj che la sollecitudine della salute umana, mi hanno fatto perdere per un istante di vista il mio còneentoso avversario. Faccio dunque ritorno a lui, e subito gli condono l'amarezza iro- nica che ne' suoi primi paragrafi ei nasconde sotto la vernice di simulata considerazione , in favore della conferma eh' io vi scerno di quella verità, per me incontrovertibile, essere la frale umana na- tura un impasto ridevole d' incoerenze è di con- traddizioni. Gli dispiace, è sen duole assai, che nel mio opuscolo si scopra un certo tale spirito di partito non troppo degno del vero dòtto; per c'on- segiienza io sono uh falso dotto ^ e giustizia vuole che gli passi questa civilissima verità ; spera pe- raltro che quantunque sembri un tantin riscaldato non seguirò simili orme ^ cioè di certo signor dot- tor Gatti medico chirurgo piemontese , irnpugna- tor gagliardo della dottrina purgativa, il quale mo- vendo l'aimi contro di essa non si diportò con tut- to il rispetto? versò' i siìòi accalorati propugnatori .• 1^)0 Set K N 7 K III llac si mostra piu-.suaso dover' io sapere che le personalità riescono sempre odiose, e sul particolare ci regala una volata di compassione per' Le Roy mar- tire magnanimo delle medesime. Il qual martirio i)l certo non si cou.'uma dal sistr^malico francese? nclh mie ÌUJlessioni crìliche^ ammenoché non piaccia a! suo difensore melodico di dare il nome di persona- lità a pochi rilievi giustificati d' ignoranza in fisio- logia in anatomia ed in fisica del Cliirurgo con- sulente di Parigi, ovvero ad alcuni frizzi di cir- costanza lasci-ati cader dalla penna addosso alle pre- tensioni quanto strane , alti cLtarito insostenibili della sua dottrina stravagantissima. E quand'anche fosse- ro vere queste personalità, e non mentite dalla ipo- crisia letteraria del musico censore, qual diritto avrebLe egli di rimproverarle a me, che faccio par- te della facoltà medica europea, per non dire del mondo intero, universalnieate insultata, schernita, vilipesa da Le V^-Oy ne' libri della Medicina cura- tiva ^ e più ancora nella diatriba insolente che si vuole non essere di lui, ma che *e d*^gna di lui, // ciarlatanismo smascherato ? Con qual fronte mai ha coraggio questo nascosto oppositore dei die- sis e delie semicrome di rampognar me di perso- nalità , egli che infedele alla propria bellissima mas- sima di combattere l'errore senza mai discostarsi da quella decorosa decenza tanto necessaria in tali lot- te ^ mi ha fatto bersaglio ai continui sarcasmi, di cui per darle sapore si è ingegnato di lardellare la sua insipida scrittura ? Qui si che giova lavo- rar di proverbj , e lasciata all' equo lettore la bri- ga di farne l'^ipplicazioiie , tra i molti che si adat- terebbero alla circostanza, ricordare al censore fjuell' unico del bue che dice cornuto cdV asinO' Riflessioni cRiTicni-: i^j Ma poi , perchè tutto questo impegno fervoro- sissimo di patrocinio e \\ì difesa? Per un uomo sinora ignoto uf'^li annali dcila salute ; astuto peraltro , e conoscitor perfetto quant' altri mai della fiducia :dcl Tolgo in pgiii promessa lusingliiera , quantunque inat- t-endibile ; il quale s'impadronisce di poche idee gros- solane SI, ma pure in qualche parte originali del suocero Pelgas ; loro getta addosso le vestimenta sdruscite e lacere della patologia umorale ; queste vesti per lui redivive, sebben defunte nell' opinar de' savj della scienza, riassetta, ricompone, ricuce in foggia novella soltanto pei non intelligenti delle cose mediche; di quel vieto teorizzare sparso in libri innumerevoli di medicina da Ippocrate e Galeno si- no a Stoll e De Haen , scorda il giovevole, che è controstimolare ove occorra la fibra morbosamente esaltata , e ritiene il nocivo , che è tormentarla con privativa di metodo, con violenza di mezzi, con per- petuità di azione ; e all' aura del favor popolare, guadagnato con impostura cos'i solenne, si slancia ani- mosa ai destini per lui ornai non dubl)j della cele- brità e del lucro. Questi h l'uomo di Francia di niun merito ricco fuorché di accorgimento e di fran- chezza , pel quale tanta smania di favore si e ac- cesa e bolle nelle italiane menti. Di cotanto trascor- rere a scapito della gloria nazionale io mi rattri- sto per decoro e per carità di patria. Amo credere che diversamente da me non sentano gli assennati fra noi. Può forse non increscer loro che in mezzo alla lu- ce vivissima che splende oggi giorno sovra ogni concetto, sovra ogni atto della iiuoivi dottrina me- dica italiana, vi siano disertori scimuniti della cau- sa patria , che chinino riverenti la fronte innanzi zW empirico francese , e tributino scioccamente omag- gio di credenza al suo teorizzare antiquato e non i58 Scienze vero, al suo praticare inaudito e rischioso? Pazieri- -za almeno se ad onestare il loro delirio nemico alla rinomanza nostra nelle cose di medicina , e quasi direi al primato cui abbiamo dritto di pretendere pel carattere filosofico e per réfficacia sperimentale delle nostre discipline sanitarie , avessero costoro trascelli a tema della loro idolatria i molti lumi- nari di quel regno , i quali per talenti vasti , per cognizioni peregrine, per opere insigni e degne di eterna lode si hanno meritato nel tempio di Epi- daiiró alto ed onorato sèggio ! Ma no , questi sen- si di osservanza e di stima eglino gli han dedi- cati intieramente a colui , che di quei luminari stes- si , quantunque suoi connazionali interessati a di- fenderlo , provocò non ha molto in Parigi, per la stranezza sperimentata fatale: de' suoi metodi, degli atti clamorosi di disapprovazione , e delle misure forti di cautela e di prèservamentò. È qui appunto egli e dove trovi acconcia- mérlté luogo contro gli editori bolognesi della me- dicina curativa^ e contro V accademico fdàimoiiico di Bologna amico della ^>erità , la niia giustifica- zione piena ed intiera dell' accusa scherzevole di vaticinator poco felice. Dissi nelle Riflessioni cri- tiche^ che una dottrina insulsa nella teoria y te- meraria nella pratica , avrebbe in pari tempo e cui- la e tomba; e di questa predizione ride a mie spal- le l'antagonista armonioso, e me la rinfaccia iro- nicamente, ed a mio disinganno mi fa sicuro che essa va ogni giorno diramandosi . Verissimo per parte mia l'annunzio profetico del di lei quasi con- temporaneo nascere e morire : falsissimo per parte dell' avversario quello della sua propagazione. Quel-, la medicina curativa tutta ideale sotto il rapporto' dei trionfi che non otleniie giammai ; tutta reale Riflessioni critiche iSq riguardo ai disastri che mai non cessò di cagionare ; per causa di quei disastri medesimi , onde alta- mente si duole l'umanità , in Francia ove nacque è morta recentemente , fulminata da un decreto se- Tero di proscrizione ! Dunque lia avuto in pari tempo e culla e tomba , perchè in materia di dot- trine e di sistemi il durar pochi anni equivale ad un contatto di epoche che confonde la nascita eoa la morte , ed accomuna questi estremi eoa la si- multaneitki Spiacemi molto di non possedere e di non tro- vare fra noi il libro intitolato Archives des scien- ces medicates ^ nel cui terzo volume , alla pa- gina 3o5j e inserito il Rapport de l'academie rqyate de méde<^ine sur le remede du sieur Leroy ^ onde far conoscere nel testo originale le cagioni che de^ terminaroho la facoltà medica di Parigi, e presse* il di lei invito il governo francese, a questo pas- so memorando e decisivo. Al quale difetto piio sup- plire sino ad un certo segno il giornale ecclesia- stico politico e letterario che circola in Francia ed altrove sotto il titolo à^Ami de la religion et du roi , net quale al tòmo quarantessimo quin- to , alla pagina i4a {N° nSy septembre 1825 ) si legge il seguente squarcio : il/, le ministre de Vinterieur , informe què de nouveaux accidenS avoiefnt eu lieu par Vemploi du remede connu sous te 7iom de purgatif du sieur le Roy , vient de prescrire des mesiires trés se'i'ères pour arréter la distribution de ce remede i qiC il est defendu aux pharmaciens de lenir en de'pót. Gli accidenti nuo- vi succeduti ne suppongono de' passati : è dunque evidente che contingenza primitiva , replica susse- guente, e moltiplicazione non interrotta di avveni- menti sinistri per causa della benefica medicina cu* iGo Scienze rath'a , lian finalmente cliiamata sovra di essa la vigilanza ed il rigore delle leggi sanitarie. Del che abbiamo pure la conferma nella prima annotazione apposta alla magistrale prolusione del chiarissimo professor Tommasini Della influenza deW opinione in medicina^ ove si legge che nel citato rappor- to dell' accademia medica di Parigi: Sono indicati i danni cagionati dalV elesirre purgativo di Le- roy in Ufi considerabile numero d'informi^ che ne ave\>a?io continuato Fuso per qualche tempo : le voli che , per es.i le infiammazioni croniche degli in- testini , le dissenterie , i disordini delle /unzioni riparatrici^ le emaciàzioni, le Jehhri lente , o pre- sto succedute alV uso deW elesirre , o sviluppa- tesi qualche tempo dopo , ecc. Convien credere che uguali benefizi siansi ottenuti fra gli abitanti del Piemonte dall'uso dei rimedj di Le Roy, giacche l'amministrazione piemontese , non so so prevenen- do od imitando 1' esempio della Francia , li ha essa pure proibiti in tutta l'estensione de' suoi do- minj. Possa il nostro illuminato governo, che tan- to si distingue tra gli altri d'Italia pel vivo in- teressamento che prende alla prosperità delle popo- lazioni soggette, seguir ben presto si generose ti'ac- cie, e ai due passi che forse egli fece primiero nella nobil carriera con la notificazione della commis- sione provinciale di sanità di Bologna dei a3 lu- glio 1824 , e quella dell' emo camerlengo dei 12 aprile iSiìj, aggiungere il terzo ed anco il più uti- le della interdizione assoluta della doppia panacea di Le Roy ! Dalla vista e dalla mano degli alie- nati si toglie e si rimuove ogni cosa di che po- trebbero abusare a danneggiare se slessi . E dalli vista e dalla mano e dal pensiero degli amatori inconsiderati della purgazione soverchia non alloit- Riflessioni critigiih ifn, taneremo Telissire ed il vomì - purgativo di Le Roy? Insinuazioni salutevoli di taata necessita non può essere che non le secondi il reggimento pub- blico. Ed appartiene infatti al governo, tutore del- la pubblica sanità, ripeto io qui col mio sommo, precettore Tommasini nella nota teste citata, il to- gliere di mano al popolo tutti quei mezzi che ma- le applicati possono riuscir perniciosi. Notisi che appunto si parla qui dei rimedj di Le Roy , ossia degl' istromenti duih medicina curati\>a, a togliere o scemare il danno deVjuali non è bastato il precet- to contenuto fra parentesi nel corpo della preceden- te ci.ta;zione , cioè dello assoggettarli per lo meno a quelle discipline^ alle quali è sottoposto qualunque medicamento: lo che si è tentato saviamente di fare tra noi per mezzo delle due precitate leggi, ma con poco frutto, limale va levato dalla radicele quan- do suoni l'ora del disinpaiiao , ec])e<''<^Loranno eli ev- viva anco de'piiVpreveiniti in ringraziamento di que- sta .'.aiutale violenza. Quanto quadra al nostro pro- posito il savio avvertimento di Hebenstreit ai gover- ni nella ;;ua Antiicopolog. forens. sect. I cap. 11^ § 3i: N(m sufficit^ esclama questo filantropo tedesco, ex- hibuisse ea qucc presunta et in quorum sincero Jisic sanitatis tutela consistita sed opus e^tiam est , ut e medio tollaiitur' varia sanitatis offendicula , sya- riacque iniuriae , ex quibus mofhorum ipsLUs<}ue morlis causa nasci possunt. E malgrado delle decla- mazioni aeree dei partitanti àeWd^ purgaziorie , i qua- li s'ostinano a riporre in essa il sanatore universale son certamente offeadicoli ed. ingiurie della salute tan- to i precetti quanto i medicamenti della medicina curativa, di cui l'esperienza e 'I tempo, maestri di ogni cosa, han)io proclamati favolosi i triond, come istorici hanno dimostrati i piegiudicj. iGa S e 1 E N z B A questi fatti petrificatori deìla purgazione, co« me degV incanti risguardanti lo era la testa di Me- dusa , in qual chiave accorda la, sua risposta il mio musicale antagonista ? Eccola. Ricovera egli subito entro il baluardo delle massime solite spacciarsi in congiunture analoghe , e che per dir vero i setta- tori della medicina curati<^>a non hanno trascurato di ripetere sino alla nausea ; essere cioè la perse- cuzione appanaggio delle grandi verità e delle sco- perte utili ; non mancar mai il verme dcU' invidia di rodere la fama degli scopritori benemeriti ; agi- tarsi per ogni verso rorgoglio avvilito dei compe- titori , onde abbassino nell' opinione degli uomini questi benefattori dell' umanità ; non iscordare egli aléun mezzo , ed anco adoperare i più nefandi , per- chè vadano in dimenticanza le invenzioni e gì' in- ventori , e si perdano i fruiti sudati delle loro fa- fiche ; giungere perfino la malizia de' contrarj ad invocare la potestà delle leggi e l'autorità de' ma- gistrati contro abusi chimerici , o danni sognati dal maltalento; e non desistere costoro mai da codesti rituperevoli maneggi , sinché non abbiano annichi- lita la gloria dei perseguitati , e paralizzata l'induen- za beneiìca de' loro ritrovamenti . Concludono col mostrarci nella persona di Le Roy il prototipo di questi meriti , come la vittima di queste odiosità. Al che io replico ciò. che già dissi nelle Riflessio- ni critiche. Un siniil quadro potrebbe avere le tin- te del vero se fossimo ne' secoli di barbarie e d'igno- ranz^.. Ma ai nostri illuminati tempi , che veggono levarsi in sublime di perfezione l'invilimpnto delle nazioni , ed in cui il rispetto ad ogni opinione non sovvertitrice dell' ordine fisico e morale della società è gran parte della politica dei governi non che una prova della loro profonda, sapienza , un parlar co- Riflessioni cniriciiE |63 siffatto non ha di reale che la prevenzione di chi l'usa a farsi campione di perniciose assurdità. Ne il governo di Francia , uh quello di Piemonte , rjb il nostro si sarebbero mossi , qual più qual meno , con decreti e prorvidenze contro la medicina cu- rativa , che è quanto dire , mai non avrebbero sposata quella che gli avversar] c^iiamano odiosamente là causa dei medici , se per essi non fosse dimostra- zione geometrica la nocevolezza della dottrina di Le Roy, Ma se anco per impossibile si giungesse a di- mostrare esser reali le cure raaravigliose della piir- gazione, od aver solide fondamenta'! trioriil porten- tosi di lei , per me s-trebbe eternamente vero , che gli stromenti operatori di siffatti prodigj , appunto perchè nocquero in molti incontri ( ed in confer- ma me ne appello alla stessa Medicina curativa pro- vata e giustificata dai fatti ) dovrebbero bandirsi per sempre dalle ofTicine de' farmacisti , e dalla pra- tica de' medici. Se\era , ma necessaria condanna dell' elissire e del vomi-^puigativo. Imperocché non può mai esiger lecito sotto qualunque pretesto di espor- si al cimento di cagionare un male con la speran- za di ottenere un bene. Una massima contraria a questi principi , qualora si ammettesse in medicina, potrebbe esser feconda delle più luttuose conseguen- ze. Aurea sentenza è al proposito , e degna dei lu- mi e della probità di quel sommo medico , quella che alla pagina G7 della più volte citata prolusio- ne Della influenza della opinione in medicina prò-, ferisce il mio gran maestro Tommasini. Ei discor- re ivi l'obbligo che corre al medico ben educato di essere compiacente coli' infermo che gli chiede con, vira brama il rimedio di moda , ognivolta che ne sappia gì' ingredienti , e conosca non poterà il di i(>^ Scienza lui uso recargli nocumento di sorta. Illu ckwe o ai" canci,' ne sia la composi iione , soggiunge il clinico di Bologna ,. o nuocer possa , a metter solo Vinfer- ilioin qualche pericolo , non avv>i alcuna via di mezzo ^ non awi composizione in tale materia. Il Tìf^clico vero non transige tra il proprio do<^>ere e^ hi credulità dell' infermo , tra il proprio onore e Vopinione. E come potrei io non pensar così, non. adoperar così , dopo i casi frequenti che ho vedu- ti io stesso , o sentiti narrare in questa citta, di do- lori gagliardi allo stomaco e agli intestini , di diar- ree torminose spossanti ed interminabili , di dissen- terie artificiali , di febbri lente , di eraaciazioni , di svenimenti poco meno che sincopali , e d'altri malo- ri causati dall' azione tutt' altro che salutare dei fimedj di Le Roy ? I quali inconvenienti sono per avventura tanto piti temibili adesso, eh' essendo di- venuto raro in commercio il turbit vegetabile , a ca- gion dell' enorme consumo che se n'è fatto e che se ne va facendo per la composizione dell' elissire purgativo , non si fa scrupolo l'avidità di taluni spe- ziali di sostituire in sua vece la tapsia bianca o tur- bita garganium. di Tpurnefort. Imperocché se del turbit vegetabile come di drastico veemente ha det- to Valmont.de Bomare nel Dizionario ragionato uni- versale di storia naturale^ alla parola turbiti che malgrado della precauzione di associarlo ad altri pur- ganti il di lui uso eccita spesse volte la colica e pregiudica allo stomaco , ha scritto pure della ta- psia biaqca il chiarissimo Favre nel suo lavoro Sul- le falsificazioni delle sostanze medicinali e de mez- zi di scoprirle , che questa radice è d\in sapore co- sì acre e caustico che ii fiamma la bocca quando venga assaggiata. E se così ostilmente opera questo rimedio a danno delltj nicmbraiifì della lingua , del RlFLESSIOICI CRITICHE l65 palato e delle fauci , cosa oca farà egli mai sulla tonaca vellutata dello stomaco e degli intestini ? Vi desterà sicuramente, a seconda della varia suscetti- vità organica dei soggetti , se si usa a lungo e a dismisura come prescrive Le Roy , i fenomeni tri- stissimi or di precipitosa , or di lenta gastrite od enterite. Può l'avversario filarmonico quanto a lui piace beffarsi, come f», di questi timori, e tacciarli di chimerici e d'immaginar). Altamente depongono contro di lui i decreti proibitivi di Francia e di Pie- monte , i quali non v'ha dubbio furon la necessa- ria conseguenza dello spesso e funesto realizzarsi di questi timori medesimi* Fanno testimonianza contro di lui , e provano evidentemente doversi temere quel- le lamentevoli risultanze dall' azione più, caustica o chimica che dinamica od eccitamentale degli stro-» menti della purgazione leroyana^ parecchie delle os- servazioni apologetiche consegnate nella Medicina cu' rntiva pro^'ata e giustificata dai fatti , la quale per me, come per ogni medico che medico sia, ^ piuttosto provante e giustificante coi fattile dìusìom fatali del novator parigino e de' suoi sconsigliati fautori. , L' ascendente irresistibile della verità , come già si h rivelato nelle RiJIessioni critiche , loro fa nar- rare tra le pagine di quel codice ributtante di fol- lia empirico - sistematica i molti casi di sangue get- tato per di sopra e per di sotto ', abrasioni cru- enti della membrana mucosa degli intestini, di te- nesmi spasmodici , di dissenterie artificiali , di vo- miti irrefrenabili , di diarree senza termine , di ra- pimenti dai sensi , di ansietà precordiali affaniio- sissime , di lipotimie e di sincopi poco raen che mortali , di dolorose intumescenze timpanitiche ,, e di altre consimili turbe imponenti , le quali non so con qual coraggio si rappresentano agli occhi della G. A. T. XXVIU. il ■iGG S e I K N Z K raoltitiidine (ed in simili affari assai mondo è mol- titudine) sotto r aspetto di operazioni necessaria- mente precorritrici ai beneficj futuri ed immanca- bili del purgare e del vomipurgare alla Le Rqy, Ma noi , che quella fenomenologia allarmante To- gliamo saggiata entro il crogiuolo della critica me- dica e dell'analisi, per altro non la sappiamo con- siderare fuorchb per quel che realmente è : vale a dire per una serie di combinazioni morbose crea- te artificialmente nella macchina, quindi per altret- tante spinte pericolose ad irritamenti esofagei , ad accensioni flogistiche gastro - enteriche , a gravi con- vellimenti nervosi consensuali ed a rischiose parte- cipazioni simpatiche della totalità del sistema , di cui non fe dato poter misurare al giusto l' influenza pa- tologica gl'ingrandimenti o le limitazioni , e dal- le quali se in più incontri uscirono illesi / purga- ti ed i vomi -purgati^ fu prodigio di natura buona che li salvò, non di arte incauta che tentò di ro- vinarli Dopo di ciò come mai sul finire del suo opu- scolo ha cnore l'armonico oppositore di suonare di bel nuovo a gloria sui trionfi della purgazione , Tolendo pure che siano favorevoli al suo sistema i fatti teste imputati e convinti di nocevolezza , e facendo il possibile per giustificarli; invitando i refrattari, come siam noi, ad operare la loro con- versione colla lettura della Raccolta di dociiTnen- ti che tendono a giustificare la medicina curativa, ove figura anonimo anch' esso, e forse unico tra i ■ professori della scienza salutare, un celebre medico di Strasburgo , che ottenne un numero infinito di guarigioni mediante i purgativi di Le Roy ! ! ! ed as- sicurandoci che la meditazione di quelle carte mì- racoloiie tlileguera i dubbj della nostra mente ed Riflessioni critiche jCy avrà possa di trionfare appieno della nostra incre- dulità; prevenendoci in fine che delle lettere, end' è composta quella congerie di prove salutari, pochis- sime sono anonime: e che se mai dal signor pro- fessore , che sono io , si dubitasse anche delV au- tenticità di queste , potrà egli a suo heW agio rac- comandare V ispezione delle medesime ad un suo collega o commilitone o processore , al quale sa- ranno esibiti tosto gli originali delle medesime dagli editori della medicina curativa. Mille grazie di tanta cortesia. Io già conosco questi documenti, e li vefffifo coniati come quella della Medicina cu- rativa provata e giustificata dai fatti sovra ugua- le stampo d' incapacita e d' incompetenza . Possibi- le che il nostro avversario, cosi versato nella mu- sica, voglia sempre fare la sorda orecchia a quel perpetuo ritornello con cui gli gridiamo , che non autenticità di firme , ma autenticità di medici , noi vogliamo e pretendiamo con pienezza di diritto; e che essendone assolutamente mancanti, noi non pre- steremo mai alcuna fede a quelle rapsodie infe- lici di relazioni inconcludenti ! Cosa si esige da una osservazione di medicina pratica , perchè rechi fon- dati motivi di credibilità ? Naturalmente che la sto- ria ne sia tessuta con le regole dell'arte, che ge- nuina sia la narrazione de'sintomi , esatta la espo- sizione delle cause, colpita la quiddità della ma- lattia i che è quanto dire, sia ben fatta la diagno- si del morbo sotto il triplice rapporto semiologico Gtiologico e diatesico. I casi registrati ne' fasti del- la medicina curati\Hi tanto principali quanto acces- sori , tanto primarj quanto secondar) , posseggono egli- no questi necessari attributi ? Le Riflessioni criti- che hanno già provato il no; ed ora replichiamo in conferma, sfidando a smentirci qualunque alan- ti* i68 S e r E jf X K no della purgazione , che nella esposizione della gran pluralità dei fatti regna una ignoranza crassa del linguaggio medico e del modo di stendere una re- lazione ; che sono omessi i sintomi più salienti , ignorate o non espresse le cagioni essenziali, e sba- gliati i caratteri della malattia, scambiata la nomencla- tura di un morbo con quella di un altro , supposte non di rado malattie chimeriche e non esistenti , e segnate da per tutto le impronte di una confusione quasi babi- lonica , dalla quale em.erge una litania di equivoci di errori e d'illusioni , sopra cui si appoggia co- me sopra salda base la dottrina nobilissima della purgazione. Pensi e giudichi chi ha fior di senno , se gli addetti alle odierne discipline mediche, seve- ramente logiche a priori., luminosamente esatte a pO' steriori ^ e dimostrate per ogni verso felicemente ap- plicabili alla pratica con immenso profitto dell'uma- nità inferma, possano accomodarsi alle visioni della medicina curativa., al suo linguaggio poco meno clie gotico pei nostri illuminati tempi, alle sue teo- rie antiquate gik da molt'anni fatte preda di me- ritato obblio; e per dir tutto in una parola, se è mai pili sperabile che si abbandoni il solidismo sensato e ragionevole del secolo per arruolarsi sot- to le bandiere di una medicina, che ardisce ripro- dursi sulla scena del mondo coperta de' cenci mal rattoppati dell' umorale patologia. Che se mai l' avversario , renitente ad entrare nella convinzione dei caratteri erronei della sua protetta dottrina purgativa , abbisognasse e di au- torevoli sentimenti e di fatti clamorosi per decider- si ad abiurarlo con salutare apostasia , io lo invito a leggere negli Annali universali di medicina del chiarissimo Omodei (fascicolo di giugno 1825) chec- cliè siasi scritto nel sunto dell' opera di Le-Roy, RlFLESSlOìVI CRITICHK j6o chiamandosi ora da capo a fondo una stoltezza, ora la quintessenza della pia sfrontata asinesca ciarla- taneria, diclnarancìosi il suo metodo micidiale e non curatwo. Ammira ivi il dotto compilatore di queir articolo, come siasi lasciato stampare in Bologna un libro contenente l'eresia di essere stato posto da Dio, nel creare il primiero degli uomini, in un col principio di vita un principio altresì di cor- ruzione. E sul merito del metodo purgativo ne con- chiude , che Vindurre il „ol^o con pia volgari ra-. gwni a credere che sia quello il solo da impiegarsi sempre , è questa una micidiale dottrina da repri- mersi e castigarsi anche severamente, massime se Il seduttore non fosse di buonafede , e non i^no^ rantissimo com* è senza dubbio il parigino consu^ lente. Non dissimili maniere usa il redattore erudi- to dell'Osservatore medico napoletano nel render conto all' articolo = Ciarlatanismo = della medi<:i- na curativa del sig. Le-Roy. Egli, dopo avere su questo rimedio d'ogni male emesso un sinistro giu- dizio per le tante strane contraddizioni , soggiunge che le dottrine di Le-Roy non valgono la carta sulla quale sono scritte. Rammentando fra le fan- faluche del cap. IV la proscrizione del Lagno, del salasso , del mercurio , della china , e vedendo così contraddetti i fatti pii\ ovvj e più ben pro- vati si ristringe a dire che // poveretto è un pazzo. Ma di gran peso è senza duLhio la riflessione che quel giornalista vi aggiunge nel seguente dilemma , e che 10 qui ripropongo all'anonimo perchè sen- za indugio ricredasi.,, Tutt' i mali si guariscono w colla purga , o la purga sola di Le Roy è il ri- « medio di tutt' i mali ? Ammettendo la pi-ima pro- « posizione , che sarebLe facilissima a dimostrarsi » se non ci si opponessero i fatti, si toglierebbe qua^ 170 S e I K N Z K n limque preminenza al suo rimedio ; ma se non è » la purga di Le Roj che guarisce , bisogna con- « cedere a questa una virtiì specifica. E come si » accorda rimedio universale e virtù specifica, cioè v, proprietà di guarire una tal malattia ? ìi La sola osservazione ( così poi ne concliiude ) , w che noi troviamo giusta , è : se questo metodo » ha potuto tanto generalizzarsi , bisogna che ciò ?> dipenda da grandi pregj. Senza dubbio : ed i M principali sono la snia grande assurdità , mentre J5 non si è mai tanto sicuro d'incontrare il genio »» ed il favore della moltitudine, che facendosi so- „ stenitore delle idee piiì assurde e paradossali ; la » lusinghiera promessa di viver sano almeno gli 5j anni di Noè ; il tuono di sicurezza, o meglio la n sfrontatezza, colla quale ciò si è assicurato; i mi- » racoli che ne hanno raccontato i furbi e gì' il- » lusi , e qualche reale guarigione , che se n'è ot- » tenuta quando l'azzardo ha fatto ch'esso venisse 3i praticato in quei casi e su persone , che ne han- >i no potuto sopportare l'attività ! ,, Ma oh quan- to è grande ( io qui ripiglio ) il numero di coloro che non avendo potuto tollerarne l'attività venefica ne rimasero vittime, o almeno incontrarono croniche ed insuperabili morbosità ! In conferma di che po- trei qui riferire uno stuolo di fatali osservazioni ; ma neir ometterne le molte per amore di brevità, non voglio tacere ciocché riferisce De-Moulon ( Intor- no air uso di alcune nuove sostanze in medicina ec: ec: Padova iSaS ) : „ Se col vendere questo » suo purgante il sig. Le-Roy non recasse danni ìì sommi air umanità , si potrebbe trasandare riden- n do su questo suo nuovo metodo di arricchirsi : nta » sfortunatamente il medico filosofo non può che ri- n manere inorridito nell' osservare gli effetti di que- Riflessioni critiche I71 » sta tintura micidiale. Nella clinica di Padova » abbiamo veduti quattro individui tormentati da » scirri di stomaco in conseguenza della medicina M di Le-Roy : ed ultimamente fu inviato al ga- » binetto patologico il ventricolo di un individuo, 5> il quale mori vittima della fede eh* egli aveva 3» prestato a quella medicina universale. Questo ven- n tricolo presenta la sua parte interna affatto pri- » va della villosa, la quale fu distrutta in conse- » quenza di generale esulcerazione ! „ E tali scon» certi saran poi di fievole entità per non seppellire neirobblìo lo specifico di Le-Roy ! Almeno il filarmonico oppositore, così poco for- tunato nel proteggere contro le critiche giustamen- te mosse la parte attiva e pratica del suo favori- to sistema , lo fosse stato di più nell' abbattere le obbiezioni indirizzate ai fondamenti razionali e spe- culativi del medesimo. Invano io cerco nella sua scrit- tura delle risposte solide alle mie difficolta: non ne trovo che delle erronee , od evasive o ripetitrici delle proposizioni già distrutte, non senza condire tratto tratto il suo discorso di motteggi e di de- risioni in cui gareggiano fra di loro V ingiustizia e la sciocchezza. E prima di tutto , dove mai quel germe di corruzione che io concedo, e che per la via del dis- facimento putrefattivo risolve i cadaveri animali e vegetabili ne' loro primitivi elementi , rassomiglia sotto alcun aspetto alla corruttibilità ed alla^^Mj^- sione di Le Roy? Esiste una piccola differenza tra queste due corruzioni , che è sfuggita all' acume penetrante del censore filarmonico. La mia non ac- quista dominio che dalla morte: la sua tiranneggia anco la vita. Io sostengo e provo che essa ripu- gna essenzialmente al principio di vitalità, e che que- «7^ Scienze sto la tien frenata e doma siaché anima la maccliina umana. Le Roy al contrario pretende, e non dimo- stra, che coesiste con la vita, e che questa lungi dal poterle resistere resta in ultimo da lei soggiogata e vinta. La corruzione che nel senso di natura s'impa- dronisce in morte di ogni tessuto animale è un fat- to noto lippis et tonsoribits \ la corruzione che nel senso d'ipotesi presiede in vita ad ogni infermità, ed i suoi ajutanti di campo la sierosità e ìdijlussione^ sono sogni trovati da Pelgas e da Le Roy sotto i loro berretti della notte. Di ciò non potendosi dubi- tare nello stato attuale delle nostre cognizioni me- diche , è inezia per parte del critico il dirmisi che ' io debba abbondare nel senso delV autore , e che sono caduto in contraddizione manifesta. Questi van- ti gloriosi io li lascio all' inventore della purgazio- ne , ed ag li acuti glossatori di quella dottrina su- blime. Da questo giuoco di parole conseguita per par- te del critico, nemico delle personalità, una perso- nalità solenne . A proposito della genesi della flus- sione , e del non sapersi da Le Roy assegnare le di lei vere sorgenti fisiologiche , ho detto nelle RiJlessio~ ni critiche^ esser mio sentimento che organo secre- tare e Jluido separato non esistano che nel concavo della luna o nel cervello del sistematico. Ne trae la bella conseguenza il mio avversario , che io nego l'esistenza di ogni apparato secernente nella macchi- na animale , e che debbo confessare essere in suo arbitrio il notarvi uno sproposito di anatomia e di fisiologia. Per suo disinganno lo rimando al passo del- le Riflessioni critiche ove dico , che quanto pia son perfetti nella loro materiale struttura , normali nel- la^ laro attività elaboratrice , gagliardi nel loro in- citamento dinamico gli organi secretar} del corpo RifLKSSIONI CRITICHlfe- I73 umano , tanto pia sono sani e adatti ai loro uffi" cj i fluidi ch^ eglino succhiano e separano dal san' glie , col mirabile artifizio del loro macchinamento. Ed afTinch^, se mai gli ripiglia in avvenire il disgrazia- to prurito di fare il confutatore, ei non iscriva più si- mili stolidezze , lo consiglio seriamente a ricomincia- re presso gì' ignorantelli i suoi rudimenti di lettura. Invece di riconvenire mal a proposito me di er- rori di fisiologia e di anatomia , avrebbe piii seria- mente adoperato il filarmonico amico della verità , se si fosse ingegnato a meglio giustificar di quel che ha fatto le sviste inescusabili , e giustamente rinfac- ciate a Le Roy in quelle due discipline fondamenta- li della scienza medica. Ne possiamo sapergli gra- do di averlo tentato : perchè il dire che la bile si forma di porzione della seconda parte della massa alimentare senza passare per la trafila separatrice del fegato ; il pretendere che abbiansi a chiamare tubo intestinale lo stomaco e gì' intestini : il voler che siaa formate le prime vie dal petto , dal collo , dalla go- la, dal gozzo, dalla testa , dalla faccia ec, ed il so- stenere altre consimili inesattezze , egli è un farsi de- linquente di certi peccati d'arte , de' quali non me- rita assoluzione chi li ha commessi , per quanti sfor- zi si facciano onde procurargliela dalla indulgenza di lettori creduli è superficiali. Altra personalità di pari valore mi si favorisce subito dopo dal panegirista della medicina curativa contrario per sistema , in chiacchiere però, ad ogni proposizione che abbia sentore di frizzo persona- le. Ei si lusinga di cogliere in fallo il signor professore , e di porgere una prova che il signor professore , che sono sempre io , non ha studia- to la fisiologia', perchè ho scritto nelle Riflessio- ni critiche che il sangue sen va per le arterie epa- 174 Scienze tiche , e più ancora pel gran sistema venoso delle porte, a deporre nel fegato i materiali occorrenti alla elaborazione e separazione della bile. Eia pro- va della mia ignoranza fisiologica si appoggia alla autorità di flaller , il quale alla sola vena delie por- te addossa l'incarico di recar sangue nel fegato per la secrezione della bile. Si vede bene che gli Elemen-- ta physiologice del sommo bernese non sono una car- ta di musica, giacche V accademico fdarmonico non ha saputo leggere sovr' essi. Che Haller inclini a cre- dere la vena porta conduttrice principale del sangue destinato alla formazione della bile , è vero t che da questo uffizio egli escluda assolutamente l'arteria epatica , è falso. In prova di ciò ecco il testo aik- riano , al tomo sesto , al libro ventesimo terzo , alla sezione terza , al paragrafo vigesirao ottavo della grand' opera citata : Cum porro advehentia vasa sau" guinca in hepate tria sint , vena umbilicalis ^ vena portaruni et hepatica arteria , quadri opportet , mini ex arteria potius , niim ex venis bilis decedat. Ex arteriis bilem nasci analogia suadere possit , cum ubique ex eo vasorum genere proprii cuique parti humores in vasa secretoria secedant. Addi licei , ex arteria in ductus biliarios apertam viam esse , et cerumen , qui succus bilis est simillimus , ex ar- teriis omnium carotide parari. Ma avesse pure il gran fisiologo dell' Elvezia parlato e scritto esclu- sivamente nel particolare di che si tratta a favore della vena porta, nan credo poi che la sua autori- tà sia infallibile , e che d'ogni suo detto o scritto sia delitto il dubitare. Avrebbe meglio indovinato l'av- versario , se in vece di Haller egli citava uno de' piiì illustri seguaci della sua dottrina, Leopoldo Caldani, il quale nel tomo secondo delle sue Institutiones phy- siologica^t al capitolo vigesirao sesto, al paragrar RiFLKSSIONI CRITICHE 17^ fo 4^g., dice positivamente de' vasi arteriosi del fe- gato , che illa sanguinem suppeditant ad visceris nutritionem comparatiim ; e della secrezione della bile , che ramis vence portarum dehetur. Lo che non impedisce peraltro che varj fisiologi di rinomanza , fra i quali piacemi nominare il celebre Bichat , non tengano la contraria sentenza , come può vedersi nei recentissimi Elementa physiologice dell' egregio pro- fessor Martini di Torino, al capitolo un decimo , al paragrafo 353 : perchè , jiulla chemica analjsis com~ probavit sanguinem vence portarum bilis secretio" ni magis esse opportunum^ quam quem arteria he- patica dei>ehit ; perchè, arterice hepaticce diametrus bilinriis ductibus respondet ; e perchè , ex adverso verue portarum lumen nullam exhibet cum, biliariis ductibus proportionem. Che direbbe ora il filarmoni- co oppositore, se ritorcendo contro di lui l'argomento, io lo invitassi a studiar per lo meno la parte erudi- ta della fisiologia , anziché dettarne precetti a chi l'ha imparata da sommi maestri , e da vent' anni in qua l'insegna da questa pubblica cattedra di me- dicina ? Una terza personalità del mio moderatissimo antagonista , ma stravagante al di la di ogni cre- dere , la quale io deggio respingere per tutela del mio decoro , è l'incolpazione da lui datami di beffeg- giare . . . i geometri, una delle classi pia rispet- tabili della società', perchè nelle Riflessioni critiche^ di certo geometra amico della purgazione , il quale ci narra che gli umori gli si portarono agli inte- stini al fegato alla milza alle coste e allo stoma»* co , ho detto scherzevolmente che bisogna creder- gli per la ragione che questi signori conoscono be' ne terreni e strade. Sappia dunque lo zelante ac- cusatore , che io rispetto e stimo al par di lui i 17^ S e I R ir z E geometri, appunto perchè professano una scienza uti- le esatta e positiva ; ma che non per questo mi credo tenuto a far plauso ai loro spropositi di me- dicina , se mai avvenga che ne fuggan loro dalla penna o dalla bocca. E se ella e cosa sempre de- gna di laude e di commendazione l'imitare i gran- di modelli , io presenterò per ultima replica allo scrupoloso oppositore la bella riflessione del mio il- lustre maestro professor Tommasini, il quale nella nota seconda apposta alla sua pili volte encomiata prolusione Della injluenza àeW opinione in medi- cina , alla pagina i55 ribattendo le palla a certi detrattori indiscreti della Nuova dottrina medica italiana^ chiede giustamente se doveva rispondere a coloro che con facezie prese in prestito da Mnliere •volevan fare della patologia una commedia , secon- dati (ciò che è più difficile ad intendersi) da UO' mini rispettabili, grandi bensì nelle lettere, ma che in medicina ed in patologia non sono obbligati ad intendere pia di ciò che il volgo ne intende ? Di queste succose parole , e cosi adatte alla cir- costanza, lascio che ne faccia l'applicazione il cen- sore acuto. Intelligenti panca. Due soli articoli della confutazione filarmonica rimangono a ventilarsi, quei che scorrono dalla pa- gina decima quinta alla ventesima ottava , spazio pro- lisso di scrittura impiegato oziosamente e senza frut. to a sorreggere un pajo di assurdi, che pur formano la pietra angolare di tutto il sistema purgativo ; scossa o svelta la quale, crolla da fondamenti l'edi- sizio intiero della medicina curativa. Il primo ver- te sulla contraddizione rimproverata a Le Roy , e nient' affatto distrutta dal suo canoro encomiatore, essere il sangue il fluido purgato dalla stessa na- tura t non collegarsi esso con altra sostanza ini" RlFLESSIOJfl CRITICHE inn pura\ mentre poi il sistematico, costrettovi da in- superabile necessità , lo fa divenire feltro veicolo e conduttore della flussione o sierosità. Concerne il secondo al primeggiar supposto , ma non vero , dei fluidi sopra i solidi , per cui questi sono su- bordinati a quelli essendo ad essi debitori della yòr- mazione , sostanza e svìlupp amento. Ambo questi errori fondamentali della dottrina di Le Roy , di- mostrati per tali nelle Rijlessioni critiche, tali ri- mangono nella confutazione musicale delle medesime, ove non le ragioni , ma le ciarle in loro difesa , se si serrino entro lo strettojo della critica, nuli' altro succo esprimono fuorché il vox vox ^ prcete- reaque nihil. Anzi ardirò dire in relazione al pri- mo sbaglio, che la difesa del filarmonico non to- glie, ma aggrava piuttosto la reità del sistematico contro le leggi della buona patologia , chiamando egli in ajuto il celebre fisiologo Richerand,ed as- sicurandoci con la di lui autorità alla mano , che il chilo ed il sangue . . . sono carichi di parti ete- rogenee ed escrementizie. Ciò concesso, dov' è il depuramento del sangue dalla stessa natura^ dove il non suo collegarsi con altra sostanza impura ? Un ragionare anco piiì strambo presiede ai com- pensi poco logici con cui si vorrebbe giustificare il secondo errore. Nelle Rijlessioni critiche ho di- mostrato, che vita e corruzione sono ripugnanti fra loro; che la reazione vitale dei solidi si oppone essenzialmente al guastarsi dei fluidi ; che questi , e specialmente il sangue, tentati coi reagenti della chi- mica mai non si mostrarono alterati da qualunque com- binazione morbosa ; che queste verità furon lumi- nosamente dimostrate dai ragionamenti e dalle espe- rienze di Milraan, di Lind, di Bouppe, di Deyeux e di Parmeutier; per conseguenza che sono chimeriche 178 Scienze la corruzione^ la sierosità^ e tutta la medicina cu- rativa. A ciò cosa si risponde dall' avversario, so- nante e cantante fuori di concerto? Che dopo mor- te i tessuti animali spogliati di fluidi si manten- gono illesi dall' imputridimento ; quindi , clie causa potentissima di corruzione, scaturigine inesausta di Jlussione e di sierosità, sono i fluidi corrompitori e corrotti. E ad esempio dimostrativo cita le mum- mie d'Egitto ; cioè l'emblema proverbiale della stu- pidità. Non si può risponder meglio. Finalmente a dimostrare l'esistenza aerea del principio unico della patologia di Le Roy, la flus- sione, contro l'esistenza reale dei due principj della patologia d'Ippocrate e dei moderni , la forza e la. debolezza morbose , il critico non trova migliore argomento dello assicurare arditamente, che l'ecces- so di debolezza , quel secondo principio de* morbi che costituisce V altra meta del sistema , o è an- dato inforno a mano a mano , o non si ra^nnsa più nella nostra macchina. Menzogna potentissima , ma facile a dileguarsi. Consulti l'avversario la seconda nota della tante volte citata prolusione del professor Tommasini Della influenza dell'opinione in medici- na alla pagina i58, e vedrà ivi che lo stesso cele- bratissimo autore della dottrina del controstimolo , il dottor Rasori , ha curate varie cospicue malate con l'oppio , col vino ed altri stimolanti : prova eviden- tissima che i seguaci della nuova dottrina medica italiana riconoscono diatesi ipostenica , malattie ipo- steniche, ed il principio ippocratico della debolezza patologica. Se credono meno frequenti i morbi ipo- stenici di quel che suppose la scuola browniana , ciò è succeduto perchè osservazioni meglio fatte e meto- di più felici li hanno naturalmente guidati a questa necessaria deduzione. Riflessioni critiche tincia detrahere de tua fama unquam cogitasseni^ non ad generum tuuni Lentulum^ neque ad libertum tuuni Brundusii ^ ne- que adprafectumfabrum Corcjrce., quem in locum me venire velles^ retulissem. Il qual passo ha da- to inutilmente molto da pensare a tutti i com- mentatori , ed a ragione ? perchè io pure par- tecipo air avviso , che sia corrotto. Proviamo- ci pertanto se ci è possibile di sanarlo. Cicerone, ch'era gik in viaggio per succedere ad Appio nel- la Cilicia, vuol provargli di aver usato con lui tutti i riguardi: e ne cita in prova, che eamin facendo ave- va domandato a tutte le persone eh' erano in re- lazione con lui ove avesse bramato eh' egU fosse OsSEnYAZIONl NUMISMATICHE 2i5 approdalo. Consta di fatti dall' ep. Cy dello stesso libro, che ne av^va tenuto ragionamento con Fahia liberto di Appio a Brindisi , e con Sesto Clodio suo • prefetto dei fabbri a Gorfù. Per verità • ci manCa' un'altra cgual confessione del discorso avuto col g(i?*'' nero : ma però dall' ordine della sentenza si cono- sce, che anch' esso fu tenuto per via innanzi di ar- rivare a Brindisi, e per la corrispoadenza delle co- se seguenti tutto porta a credere che invece di quél Lentulum debba esservi il nome di un luogo. E adun- que da vedersi s'egli per istrada siasi incontrilo '■',' '?■' Si Ila nel Morelli tav. II n. IV un denaro dell* ìstessa gente Claudia colla solita testa femminile nel dii'itto difesa dall' elmo alato , ed ornata del mo- nile e degli orecchini, senza leggenda, e colla Vit- toria nel rovescio la quale con ambedue le man^ guida una biga, coli' epigrafe C. PVLGHER nell' esergo . Cinque personaggi nella famiglia dei Ful- cri hanno portato il prenome di Cajo , dopo che P., Pulcio console nel 5o5 ed uno dei figli del ce- lel)re Appio Cieco diede cominciamento a questo nobilissimo ramo dei Claudj. Sono èssi il bisnonno del famoso P. Clodio tribuno della plebe , console «el 577, che. trionfò degli istriani e dei liguri: il console del 624 eh' è poco conosciuto, e eh' è per me il prozio del medesimo Clodio : suo zio con- sole nel 662 : suo fratello pretore nel G98, e quin- di proconsole d'Asia : e suo nipote , figlio di quest* ultimo, che visse ai tempi di Augusto. L'Orsino ag- giudicò questa medaglia al console del 624, men- tre, al contrario il Vaillaat e l'Avercampio prefe- Osskivv:az>ioni numismatiche aanr l'irono il più antico , che come ho detto ebbe i fasci nel 577. Il tipo ha veramente tutta la sem- plicità dei vetusti tempi : ma però è da osservar-' si che manca della nota del valore, che quasi mai non si desidera sulle monete del sesto secolo di Roma: che questo conio ha qualche cosa di maggior ele- ganza di quelli : e che il presente triumviro non fece battere medaglie di ra!rne, contro il solito dei zec- chieri di queir età. Ma un più aperto e più formi- dabile ostacolo per non concorrere nell'opinione dei lodati antiquari fu proposto dall' Eckhel, il quale lo desunse dall' ortografia del cognome PVLCHER, no- tando che Cicerone nell' Oratore eap. 48 ci dice: Quin ego ipse cum scirem ita major e s locutos esse ut nusquam , nisi in vocali , aspiratione uterentur , loquebar sic ut pulcros ^ Cetegos, triumpos, Car- taginem dicerem : aliquando ^ idque sero , convi- cio aurium cum extorta mihi veritas esset , usuht loquendi populo concessi, scientiam mihi reservaui. Fra i maggiori adunque di Tullio nato nel 648 , i quali nel presente caso nunquam aspiravano , do- vendo certamente contarsi il console del 624, e mol- to più quello del 677, non potrà, più loro asse- gnarsi questa medaglia , che converrà ritirare verso la metà del settimo secolo di Roma, in cui quest* uso era già cominciato : onde, per esempio, AGA- THOCLES ed AHENOBARBUS s'incontrano nella bel- la lapide muratoriana dell' anno G60, corretta sull'ori- ginale dal Daniele nella numismatica capuana pag. 95» E quest'usanza prese poi fra breve si fatto piede, che sul finire di quel secolo aspiravasi ancora fuori di luogo : onde Catullo derideva quell' Arrio il quale Cliommodu dicehat , si quando commoda vellet Dicere « et liinsidias Arrius insidias. 2a8 L K T T E IV A T tf H'A" Per le quali cose vietando le leggi nitmtsm*-' tiche che medàglie con questi tipi si procrastinino^ fino agli ultimi tempi della repubblica , io l'agfiriu-. dichetò con molta fidanaa al C. Pillerò console nel Oifia;: col qual termine medio le difficoka ittsr>rgenti dai due lati opposti saranno egualmente soddisfatte. È,. ques la fidanza in me -^tanto piiì cresce,) quanto chc; posso i mostrare £lie quel Fulcro fu vorafnente?'trmm-' viro nio ne tale, ciò insegnandomi un nobilissimo fram- mento marmoreo veduto in Roma da monsignor Sua-' yes, ripubblicato e difeso contro le accuse del Maf- fei dal eh. Marini Fr. Arv. p. i86; il qual fram- mento quantunque abbia perduto il nome di quel!» a cui fu dedicalo , vi^ne però assicurato al nostra Qonsole dal nome del suo collega M. Per penna. e. Claadius. Jp. F. C N. Pulcher Q. III. VIR. A. A. A. F. F. AED. CVR. IVDEX^ VENEFICIS. PR REPETVNDIS.GVRATOR.VIS.STERNVNDIS.COS CVM. M. PERPENA È vero che per una strana combinazione , che non ha forse altro esempio nei fasti , anche il C. Claudio console nel G24 ebbe per compagno un^ altro M. Perpenna ; ma oltre che la nostra medaglia comprovante l'esercizio del triumvirato non può per le allegate ragioni donarsi a quel Claudio più an- tico , io trovo un altro motivo per aggiudicare la lapide al più moderno nel titolo PRc/o/- REPETVN- DIS ch'egli vi prende. Attesta Cicerone nel Bru- tus cap. 27 , che nel 6o3 L. Pi so irihunus plehis legein primus de pecuniis repetandìs Censorlno et Manilio consulihus tiilit . Ma quantunque non si sappia bene l'anno preciso in cui le questioni per- OsSERViJUO.M NUMlSMATlCtlr 229 petue furono distribuite ai singuli pretori , anno che dal Piglilo fu creduto il Gio , sì dimostra nondime- no che in quei primi tempi la questione de re- P^timdis non fu una di quelle assegnate a quei magistrati. Imperoccìiò sappiamo dallo stesso Tullio De finibiis \. i e. 7 , da Valerio Massimo 1. v e 3 § 3 , e dall'epitome del libro LXIV di Livio , che in un anno che non è ben chiaro , ma postei'iore certa- mente al 613 , essendo venuti a Roma i legati del- la Macedonia per querelai'si dell' estorsioni del loro preside D. Silano Torquato, non l'accusarono già in- nanzi al pretore, come avrebbero dovuto se vi fos- se stato un giudice apposta per sentenziare di que- sti delitti , ma bensì in faccia al senato , il quale apparecchiavasi a conoscere di questa causa . Il che essendo , il console del 6^4, il quale dovette amministrare la pretura poco lontano da quei tem- pi , non potrà essere stato probabilmente V^cetor REPETVNDIS . Al contrario il console del m% fu veramente edile curule nel 655 come attesta la lapide , scrivendo Plinio seniore nel 1, 8 e. 7.. Eie- phciìitem . . . jRoiìue pugnasse tradii Fenestella pri- ìniim omnium in circo Claudii Pulchri (edilitate curuliy M. Antonio et Postumio Cos., anno urbis sexcentesimo quinquagesimo quinto ; il qual Pli- nio torna a lodare la magnificenza dell' apparato di quei giochi nel 1. 34 e. 4 » ^ che pur fa Va- lerio Massimo La e. 4 § 6 , e Cicerone in varj luoghi, e segnatamente nel libro IV dell' azione se- conda contro Vene § 3 ; d' onde consta eziandio ch'egli fu patrono dei mamertini nella Sicilia. -L'an- no precedente 654 ^^^^^ orazione Pro Rahirio per- duell. e. 7 viene memorato fra i più illustri sena- tori, che presero le armi contro la «edizione del tribuno della plebe Apulejo Saturnino . Fu preto- CA.TXXvrrr. w a3o LSTTERATTIRA re nel CSq , attestando Tullio nel libro 1 1 dell' azione 1 1 contro Vene , che gli alesini, agitati da alcune domestiche controversie intorno reiezione del loro consiglio municipale, avendo richiesto al sena- to che ne stabilisse le norme, questo nel consolato di L. Licinio e di Q* Muzio: Decrevit honorifìco se- ntttus consulto ut his C. Claudius Appii filius Pul- cJier prcetor de senatu cooptando leges conscriberet* Lo stesso Cicerone nel Brutus cap. 45 lo conta fra coloro , che non erano affatto senza eloquenza: Eo- deni tempore C. Clodius et si propter summani no- bilitatem et singularem potentiam magnus erat^ ta- men etiam eloquentice quamdam medìocritatem af- ferehat. Ed io poi lo credo il padre di quel!' Appio Claudio tribuno dei soldati , che nel G67 introdus- se Mario in Roma, al dire di Appiano CiV. 1. i e. 68; e che da Plutarco (Sylla n. -yS) vien det- to uomo generoso e strenuo , quando ci racconta ch'eì cadde combattendo contro Siila nella battaglia di por- ta Collina l'anno G72. Non può negarsi che il no- stro G. Clodio non fosse zio paterno del tribuno della plèbe P. Clodio , attestandolo chiaramente Tullio nell' orazione De haruspicum responsis e. 12, nella qua- le indirizzando il discorso al suo nemico gli dice : Jstiusmodl Megalesia fecit pater tuusì istiusmodl patruus ? Is mihi enim generis sui mentionem fa- cit^ cwn Jthenionis aut S partaci exemplo ludos facere maluerit quam Caii aut Appii Claudiorum ? Per lo che si consente che fosse fratello di Appio Claudio console nel G75, il quale fu padre tanto di P. tribuno della plebe , quanto di Appio conso- le del C98, e delle due Clodie, come si è mostrato Hell'osservazione superiore. Le reliquie dei fasti ca- pitolini ci assicurano che fu nipote di un Cajo : ma vi e graa dissenso fra gli eruditi intorno il padre j Osservazioni numismatiche a3i la qual contesa sark il prezzo dell' opera in cer- car di scliiarire , da lei dipendendo la retta intelli- genza di molti passi di Tullio , e giovando anche al nostro assunto per la giusta attribuzione di al- tre medaglie. E prima d'ogni altra cosa convien ri- cliiamare alla mente che l'oratore di Arpino, parlan- do degli antenati della moglie di Q. Metello Cele- re una delle due Clodie poco fa ricordate , le do- manda nell'orazione prò Cwlio cap. i^: Non patrem tuùin videris ? non patruum , non aviiìu , non proa- 'vum^ atavum audieras consules fnisse? La corren- te dei fastograli fino all'ultimo Tiranesi , dai quali non dissentono i migliori commentatori di Cicero- ne, sono d'avviso che quest'avo di Clodia, e quin- di padre rispettivamente del nostro Gajo console nel GG2 , e di Appio console nel 0^5, fosse G. Clo- dio console nel 624, accordandosi poi tutti nel di- re che il proavus fu C. Claudio console nel 677, Vabavus, preterito da Cicerone , Appio Claudio con- sole nel 538, e finalmente Vatai'iis P. Claudio con- sole nel 5o5 e primo autore dei Fulcri . Il fonda- mento per far nascere il nostro Cajo dal console del 624 ^ tolto dal cap. ai della Planciana, in cui si dice a Giuvenzio Laterense: f^idit enim pater tuus Appium Claudium nohilissimum hominem^ vivo patre suo potentissimo et clarissimo cive C. Claudio, ce-- dilem non esse factum , et eumdem sine repulsa Ju' cium esse consulem : vidit hominem sihi maxime coniunctum L. Volcatium , vidit M. Pisonem in ista (edilitate offensiuncula accepta summos a po~ pulo romano esse honores adepfos. Volcazio è il con- sole del 688, Pisone quello del Gf)3; e si aggiun- ge poi che r avo dello stesso Laterense vide nega- ta r edilità anche a P. Nasica console nel G43 , a C. Mario console la prima volta nel 647, a L. Ce- l5^ ^33 LETT.KRATtfRA sare console nel 664, a Gn. Ottavio console nel GGj^ e a M. Tullio console nel G'yS. Per 1' età adunque degli altri fin qui commemorati rimane incontrasta- hile, che l'Appio di questo passo di Tullio è il con- sole del 675; onde dicendosi schiettamente eh' egli fu figlio di un Cajo, e da altri luoghi sopra citati apparendo ch'egli fu fratello del nostro C. Claudio, se ne conchiuse con Luona apparenza di verità che ambedue dovessero la loro nascita al C. Claudio Fulcro del 034. AlFòpposto il Golzio ed il Pighio, ai quali si accostò il Garattoni nel suo Cicerone t. 2 p. 493» hanno creduto che il Cajo di cui ra- gioniamo fosse stato generato da Appio Fulcro con- sole nel Gir; ed essi pure a ciò si mossero con for^ te ragione, giacche il medesimo Tullio nel citato capitolo 49 «Isir azione 11 contro Verre , e nel lib. 11 De offìciis e. i(5 lo cliiama ripetutamente Appìi fi" lius. Per lo che lo reputarono non fratello ma cu- gino dell' Appio del 6^5. Ma in questo caso co- me sarebbe stato patruus di P. Clodio , siccome pili volte ci afferma il lodato oratore ? E dun- que evidente che v' è contraddizione fra gli adot- ti passi dell'arpinate, alcnno dei quali dev'esser cor- rotto, ed a mio senno lo è quello della Planciana ; perchè posso provare con altri argomenti che anche il console del 67? fu figlio dell'Appio del 611. La dimostrazione di questa verità mi viene somministra- ta dal celebre e magnifico vaso di alabastro già del principe Borghese, in cui furono rinchiuse le ceneri dello svergognato figlio di I*. Clodio tribuno della plebe, di cui favella Valerio Massimo 1. 3 cap. 5 § 1, e Asconio Pediano nell' argomento della miloniana 5 sul qua! vaso è scolpita la presente iscrizioues OsSERVAZIOMI NUMISMlTICHÉ a33 P . CLAVDIVS . P . F AP . N . AP . PRON PVLGHER . Q . QVAESITOR PR . AVGVR Se costui fu pronipote di un Appio , è dunque aper- to che il suo avo console del 67 5 non nacque da un Cajo, ma da un altro Appio. E che quecti poi fos- se il console del 611 si prova da un passo della nuova orazione Pro Scaltro^ in cui parlandosi del console del 700, si dice: Quid eniin habet turpitw- dinis ^ppium Claudìwn M* Scauro esse inimicunif Quid? Avo Appiits Africano non filiti Ov'è manife- sto che deve correggersi avus invece di «co, che sa- rebbe un solenne sproposito ì perchè il secondo Afri- cano non potè mai essere il nonno di M. Sdauro, essendo questi nato da Emilio Scauro principe del senato , e da Cecilia Metella figlia di L. Delma- tico . Celebri sono infatti le inimicizie che per motivo delle leggi agrarie l'Africano minore ebbe col partito dei Gracchi : al maggior dei quali quell'Ap- pio aveva data una sua figlia per moglie. Onde dal genero fu chiamato ad essere seco uno dei triumvi- ri a^ris dividundis , fra i quali realmente 1' anno- vera la bella iscrizione di Pesaro edita pii*i corret- tamente dall' Olivieri nelle memorie di Novilara. Ne si trovi difficile che dall' Appio console nel 611, morto poco prima del 6a5 come sapevasi da Ap- piano (civ. I e. i8 19) , e come ci ha ora confer- mato l'opera De Repuhlica 1. 1 e. 18, nella quale opportunamente si chiama obtrectator et irundus Sci- pionis , possa esser nato chi non arrivò al supre- mo onore dei fasci se non clnquaiit' anni dopo la morte paterna. Imperocché nou è ignoto che questi, 334 Lbtteratura attraversato sempre dai mariani nel conseguimento delle magistrature, non arrivò ad ottenere la supre- ma dignità se non dopo che Siila si fu impadroni- to della repubblica. E veramente doveva essere al- lora in età avanzata , affermandoci Tullio Pro da- ino sua e. 3i e 3a, eli' egli era zio di L. Filippo console nel 663 ; onde sappiamo poi da Eutropio , che non molto dopo il consolato peri di morte natura- le nella sua provincia di Macedonia l'anno 678. Non dubito adunque che nella Planciana , ove si legge vivo patre suo potentissimo et durissimo cive C* Claudio , quel patre sia un fallo dei copisti da cor- reggersi onninamente fratre ^ atteso che il padre era a quel tempo già morto da un pezzo , e bea con- venendo il titolo di potentissimo al fratello , di cui abbiamo visto averci detto lo stesso Tullio nel BrU' tus , che propter singularem potentiani magnus erat. E acconciamente si sarà accennato eh' egli era an-« cora vivo , quando Appio ricevè la repulsa nell' edilità , essendovi ogni apparenza che non molto do- po passasse fra i più : onde sua nipote, moglie di Q. Celere, non l'aveva veduto, ma solo aveva sentito parlare di lui ^ come ci annunzia l'altro passo dell* orazione Pro Ccelio, Infine ad intorbidare nuovamen- te le cose fin qui schiarite non si opponga che quest* Appio fu rispinto dall' edilità , e che al contrario il fratello del nostro Cajo fu edile , per fede dell* enunciata orazione De haruspicum responsis : aven- do già soddisfatto a questa difficolta il Pighio , mo- strando eh' egli dopo il rifiuto avutone tornò a do- mandare queir ufficio , e l'ottenne. OSSERVAZIONB X. AJ numero 3 della tavola 1 1 riferisce il Mo- relli un altro denaro della medesima gente Claudia, OsslRVAZIONl NUMISMA.TICHS ^35 rappresentante da un lato la testa di Flora inglùr- landata con un fiore alle spalle ^ e l'epigrafe G. GLO- DIVS. C. F , e dall' altro una sacerdotessa velata e stolata sedente sopra uno scanno , col simpulo nella destra , e l'iscrizione VESTÀLIS. L' Orsino l'aggiur- dicò allo stesso G. Claudio console nel 624,' a cui ave*- va data la medaglia di cui si parlò nell'osservazia- ne precedente: alla qual opinione si sottoscrisse il Vaillant. Ma l'Avercarapio , persuaso che la testa di Flora indicasse che la presente medaglia fosse sta- ta battuta da un'edile curule, amò meglio di tra- sferirla all'altro C Glaudio del 662 , per la ragione che la di lui edilità era non solo (comprovata ma famosa. Però posteriormente pentitosi di far conia- re moneta da un edile curule, l'aggiudicò ad un trium- viro monetale suo figlio , che avrebbe celebrato gli onori paterni , ma della cui esistenza "non si ha in tutta la storia il menomo indizio. Sono io pure d'av- viso che il console del 624 sia stato un fratello dell' Appio ch'ebbe i fasci dell'anno 6n , e quindi nasces- se come esso dal Gajo che occupò il consolato nel Sy^ ; il che nell'opinione dell'Orsino egregiamente conver- rebbe colla leggenda del diritto. Ma , prescindendo che la qualità del tipo ci richiama a tempi molto pii^i bassi, una gravissima difficolta contro questo parere si promove dal trovarsi questa medaglia in. oro presso alquanti musei, ed anche presso di me, e dall'essere il di lei peso uniforme a quelle di Ce- sare, di Bruto , e dei triumviri * il che è a dire quasi di un quarto minore degli aurei battuti nel dittatorato di Siila. Oltre di ciò, dopo che il sig. cav. Mionnet ( De la raritè et da prix des medail-^ les romaiiies pcig> a5 3a ) ci ha fatto avvertiti del- la falsità degli aurei di Gn. Blasione e della gente Fufia, e che falsi parimente si sono saputi quello di "i^i., Ij E T T E R A T U R A M. Metello ed alcnni altri del museo Vandamme , pare ornai dimostrato che non si hanno medaglie d'oro di famiglie romane anteriori ai tempi sillani, re- stando sola a far eccezione a questa regola quella di Furio Filo , che però non va esente pur essa dai sospetti del Mionnet. Se a tutto questo si ag- giunga che questo tipo fu trovato mancare al te- soro di Gadriano , vedrassi quante ragioni tutte for- tissime si colleghino ad abbattere del tutto la sen- tenza orsiniana. Militano queste pure contro ambe- due le opinioni dell' Avercampio, che , come ho detto » volle dare questa medaglia al console del 6G2 o ad un ignoto suo figlio : e sono anzi per riguardo alle pyime capitaniate dall'altra di più , che quel Clau- Àìo non fu già figlio di un Gajo, ma di un Appio come si è provato superiormente. Dovendosi adun- que onninamente cercare un altro autore di questo nummo, e posto per fermo che il tipo della vestale non ci permette di uscire dalla'casa dei Glaudj Pul- £ri , il predicato di figlio di Gajo non ci lascerà pensare al Gajo pretore del G98 , e fratello di P. Glo- dio tri]>uno della plebe, essendo manifesto che an- ch'egli riacque da un Appio. Resterà adunque uni- camente che si dia ad un figlio : con che saremo discesi ai tempi di Gesare o dei triumviri , come per le cose fin qui dette richiedevasi . £ due figli vera- mente si attribuiscono a quel pretore da Asconio Pediano nell' argomento della miloniana, quando scri- ve che dopo la morte di P. Glodio nel 702: Postw laverunt apiid Pompeiiim familiam Milonis^ item Faustce iixoris eius^ exhihendnm duo adolescentuU , qui Appii Claudii ambo appellabantur , qui erant C. Claudii fdii , qui frater fuerat Clodii , et oh id illi patrui .mi mortem , nclut auctore Jratre^ per-> sequehantur. Essendo contro l'uso di quc'tempi che OSSJCRVAKIONI NUMISMATICHE 237 a due fratolU s'imponesse il medesimo prenome, gli eruditi per ispiegare come Asconio potesse dire clie ambedue quei ragazzi si cliiaraavano Appio, hanno creduto molto plausibilmente, che tutti e due fossero «tati addottati da Appio Fulcro loro zio console nel 700, il quale non ebbe prole maschile; onde lo scrittore in questo luogo abbia dato loro non l'ap- pellativo proprio , ma quello dell' addottante. Uno per altro di essi nominossi veramente Appio, e fu il console del 716 , che acconciamente Cali filius dicesi in alcune iscrizioni trovate ad Ercolino. Sara dunque toccato all' altro di conservare il prenome paterno : e sarà questi il zecchiere della nostra me- daglia , a cui pure spetta 1' iscrizione di un vaso cinerario di alabastro pubblicato dal Fabretti p. 3o num. i38. CLODIAE . VIR . VEST APP . CLODI . F . PIISS C . CLODIVS . G . F Provenne questo vaso assai probabilmente dal* lo stesso ipogeo da cui si ebbe l'altro del figlio di P. Clodio riportato nell'osservazione precedente: on- de esser dovendo della stessa età , molto acconcia- mente a questo Clodio sarà attribuito , il quale avrk reso gli estremi ufficii ad una figlia da cui era sta- to addottalo, o ad una propria nipote nata dal con- sole del 716, non potendo essere alcuna delle due zie, niuna delle quali fu certamente vestale. Tro- vandosi neir epist. 22 del libro i » delle familia- ri che suo fratello Appio nel 711 aveva già mili- tato con M. Antonio , e sapendosi anzi da Plutarco in Pomp. e. a3 , che nel 704 condusse a Pompeo le legioni cedutegli da Cesare, sarà egli il maggio- 238 Letteratura re di età : onde il nostro saia 1' Jppiiis minor , che nel 708, essendo stato suo padre condotto in giudizio , e come pare condannato per estorsioni nel proconsolato dell'Asia, accusò M. Servilio di prevari- cazione per aver ricevuto dal padre LXXXI mila se- sterzi ; ond'è che viene tacciato di stoltezza da Ce- lio Rufo neir ep. 8 del libro 6. Pii^i probabilmen- te per altro parmi che al fratello maggiore debba riferirsi ciò che scrive Tullio nell'ep. 1-7 del lib. 3 ad Attico , nella quale si dice , che il figlio di G. Glo- dio voleva accusare nel 696 Q. Cicerone reduce dall' asiatico proconsolato. Bensì credo di non in- gannarmi nel tenere che il nostro monetiere si quela C. Clodio che militava nell' esercito di Bruto Tan- no 711, da cui gli fu affidato nella- Macedonia la custodia di C. Antonio fratello del triumviro , e ch'egli fece uccidere per timore che gli scappasse di mano, siccome narra Dion» L 47 e. 34. Egli» al di- re di Appiano Bel. Civ. 1. 5 e. a , fu poi mandato da Bruto con tredici navi a Rodi: ma avendo in- tesa la sconfitta di Filippi , ne asportò tre mila le- gionari ch'erano di presidio, e andò ad unirsi a Cas- sio Parmense e ad altre reliquie dell'esercito dei congiurati , le quali poi si divisero , essendone una parte rimasa con Domizio Enobaibo , F altra avendo navigato a Sesto Pompeo nella Sicilia. Quest' ultimo partito credo io che prendesse il nostro Clo- dio, non essendovi a chi meglio di lui possa ri- ferirsi ciò che di un Appio proscritto dai trium- viri racconta Io stesso Appiano 1. 4 cap. 5 1 , non potendo ciò spettare a suo fratello , che abbiamo veduto aver seguito le parti di M. Antonio, e che fu poi uno dei legati di Ottaviano contro lo stes- so Pompeo (Appiano, civ. 1. 5 e. 98) . E veramen- te lo storico unisce il suo caso a quello di Gice- OsSBBVAZIOKl NUMISMATICHE ìSq rone giuniore e di Sestio questore di Bruto , i quali pure fecero parte degli avvanzi dell'esercito sbara- gliato a Filippi. Narrasi adunque che quest' Ap- pio proscritto , avendo distribuito i suoi beni ai suoi domestici , fece vela con essi per la Sicilia, e che essendo stato sorpreso da grave burrasca , i servi che anelavano alle sue ricchezze , sotto colore di mag- gior salvamento, lo calarono in un battello; ma la fortuna portò , che così egli contro l'aspettazione afferrasse il porto, ed essi perissero di naufragio. Ne vi è poi dubbio eh' egli infine superasse ogni pericolo , e ottenuto il perdono in occasione della pace fatta dai triumviri con Pompeo, avesse facol- tà di ripatriare , annoverandolo Appiano fra coloro che sopravissero donec pncatiorà redierunt tempora» Il che pure ei persuade il vaso cinerario che lo memora, il quale essendosi trovato in Roma, ci da tutta la ragione di argomentare che vi tornasse. Da queste sparse notizie della sua vita che ho potu- te raccozzare sembra che si abbia gran fondamento per credere , ch'egli facesse coniare questa medaglia in tempo ch'era seguace di Bruto, e forse legato o questore di Ortensio proconsole della Macedonia , al quale Plutarco attribuisce la morte di G. Antonio , che al nostro Clodio l'imputa Dione. E veramente tut- te le ragioni provenienti dalle regole numismatiche, che abbiamo esposte di sopra, egregiamente si accor- dano in questi tempi. Ne a questa opinione fa con- trasto la testa della dea Flora , che i vecchi an- tiquaij facevano alludere ai giuochi , che in di lei onore avesse celebrato nell* edilità chi fece imprime- re questo nummo ; molio piti probabilmente l'Eckhel avendo giudicato , ch'essa risguardi l'istituzione dei giuochi floreali fatto dai consoli Sempronio Tuditano e Claudio Centone l'anno 5i4j l'ultimo dei quali era j4<* Letteratura uno degli antenati del nostro Claudio , essendo Sta- to zio del suo bisarcavolo. Vi è disparere fra i nu-" mismatici, se la vestale del rovescio sia la figlia di Appio console nel 6ii , che impedì ai tribuni della plebe di strappare il padre dal coccliio trionfale , a •p'm presto Quinta Claudia nipote di Appio cieco , che l'anno 549 *^^1 ^"^ cinto tirò su pel Tevere la nave che portava, il simulacro della madre degli dei vena- to da Pessinunte. Io osservando che questa figura « benché col simpulo nelle mani, si rappresenta sedu- ta , positura che non è quella in cui sacrificavasi , parmi di poter sospettare, che qui piuttosto che una persona siasi voluta effigiare una statua. Il che es- sendo , si avrobbe una ragione di più per vedervi la statua di Q. Claudia , che :y In vestibulo templi ma- tris deum posita , bis ea cede incendio consumpta « prius Pé Nasica Scipione et Z. Bestia , item M. Set'- vilio et L. Lamia coss. , in sua basi flammis intacta seda ; come avvisa Valerio Massimo 1. i e. 8 §. 1 1 , con cui si accorda Tacito An. 1. 4 e. 64* E per verità questa Claudia più antica , oltre all' aver avuto maggior fama dell' altra, giunse ancora ad aver cul- to in Roma congiuntamente a Gibcle sotto il no- me di Navisalvia , ossia di salvatrice della nave ; come ci ha mostrato l'erudito bassorilievo romano edito dal Maffei , Mus. Ver. pag. 362 4> al quale |non avendo posto mente il Muratori nelle iscrizionipag. 98 i, errò tra foltissime tenebre per indagare chi fosse questa dea sconosciuta è vero , ma famosa per al- quante lapidi. E dal vedersi Claudia in quel basso rilievo velata, se ne avrà un novo argomento per crederla una vestale, malgrado del dissenso degli an- tichi scrittori, alcuni de' quali la chiamarono sem- plicemente matrona ; onde fra i moderni il Dukero nelle note al libro XXVIIH di Livio e. j4 ) e OsSERVAllONI NUMISMATICHE 34* il Garattoiii uell' orazione di Tullio De haruspi- cum responsis cap. i3, negaroao che fosse una sa- cerdotessa di Vesta, sebbene fra gli storici che tale apertamente l'affermarono sia da aggiungersi la noa disprezzabile autorità dello scrittore De viris illu- stribus. Del rapimento d: Elena di Coluto Teheo - Nuova versione italiana - Pisa presso Niccolò Capar- ro i8:j5 ( Sono pag. ^o ). „ hjA ella, il sai, ( la fanciulla Eliconina ) poiché il concento argivo „ Cesse, e il latino numero si spense, ," L'idioma parlò che in su la riva „ D'Arno si nacque , e sempre l'ama , e volle „ Di tale incanto aspergerne le voci „ Da far che queti dentro noi la cura Molesta , e sia conforto alla sventura , " Che dal giogo dell' alpe a noi discese. Tali parole nell'epistola ad un amico giovinetto scri- veva il volgarizzatore : e a lui più presto che ad ogni altro si addiceva il ripetere questa bella ve- rità . a lui , che nel volgarizzare il Rapimento di Elena di Coluto Tebeo certamente ebbe a ispira- trici de' suoi versi tutte le grazie e tutte le muse greche e italiane. Che che ne dica lo Scodi , questo meco poemetto non ha nulla di che invidiare a quanto di più dolce e di più leggiadro ha sapu^ to dettare ai suoi alunni la musa d«lla Grecia in ^42 li S T T E R A T U R A que' giorni beatissimi , che solo alle greche mentì el-a dato di sorprendere tutta nuda la natura, e di ritrarla e dipingerla con la pienezza di quel sua bello , di che poi la Grecia fu maestra ,, A noi fervide ardite itale menti „ D'ogni altra cosa insegnatrici altrui. „ Io certamente ( scrive il traduttore nella sua ele- „ gante prefazione ) , ove fossi stato della opinione „ dello Scoell , non mi sarei avvisato di dare ita- „ lica veste al Rapimento d Elena , e chiuso tut- „ torà conserverei V intelletto a ciò , che parvemi „ leggiadria nella favola di Giacinto , e finissimo ac- „ corgimento in quella menzione cosi delicata della „ tomba di Fillide ; per nulla toccare de' lamenti „ d'Ermione, che mi spirano ancora schietta sempli- „ cita e patetica dolcezza : ed a tale che qualunque „ più sommo a me sembra che forse di volontà si „ farebbe ad appropriarseli.,, Ed a me infatti la let- tura di Coluto Tebeo , abbenchè piiì volte ripetuta^ sempre tornava cosi piacente , che davami al cuore una tal dolcezza , di cui direbbe l'Alighieri , Che intender non la può chi non la prova : per lo che forte mi adirava con gl'italiani, che in tanta ma- nia di volgarizzamenti niun pietoso si facesse a da- re italica veste alle care bellezze di questo poemet- to. L'Aglio , il Salvini , e il Villa lo tradussero , h vero , nel nostro parnaso : ma per quanto que' va- lenti uomini si conoscessero del greco idioma , è d' altra parte vero che scrivevano sempre in ira alle grazie e ad amore. Il traduttore , siccome egli dice, ha interrogato nel porsi all'opera il nume di amore ^ e questi gli fu sì cortese di sua amicizia, che il volgarizzamento ha tutto quel modesto e dol- Rapimento di EL^^fA 2/^3 ce immaginare , clic muove dal vero , tutta la schiet- ta semplicità , tutti i vezzi poetici , e tutto il bel- lo insomma, di che Coluto Tebeo arricchì il suo poemetto. Io non dirò con che tonta e purezza di lin- gua e di stile italiano il traduttore ha dettato i suoi versi : ma dirò che egli solo vale a mostrare , non essere ora piiì vero , che gli scrittori napoletani an- cora non istudlano di dar grazia alla lingua e allo stile. Non si scrive con tanto sapore de'huoni clas- sici senza averli a lungo studiati e meditati : e que- sto studio , e questo meditare è quello solamente che forma i buoni autori. Invano si vorrebbe ricac- ciare nel fango la nostra povera Italia. Ella ha vi- sto riilascere l'aureo trecento , e da questo piìi noa torcerà V animo la meschina : infurino pure e be- stemmino e parteggino a lor pravo talento quegli stol- ti foasennati, che maledicono alla luce perchè i loro occhi non si aprono che nelle tenebre. Intorno poi la fedeltà e il merito del volga- rizzamento non sarà discaro 1' udire dal volgariz- zatore medesimo ciò che modestamente ne dice ; le ingenue sue parole valendo a rinfrancare ogni animo piiì schivo . „ Ove poi ( cosi sta scritto „ nella prefazione ) qualche pregio si trovi pu- „ re nella mia traduzione , io schiettamente dichia- „ ro che i leggitori di nulla mi vanno tenuti , vo- „ lendosene dare intera la lode a chi, essendo chia- „ ro per moltissime altre , crederà, secondo è ve- „ ramente , assai umile quella che gli verrebbe da „ me. Il cav. Mustoxidi , cui non so se amino più „ le muse di Grecia o quelle della nostra Italia , „ consentì riscontrare sul testo la mia versioncina, .i e mi presentò di non poche opporlunissime sue 344 Lktteratura „ osservazioni, le quali io conserverò sempre come „ prezioso tesoro. „ A levare un saggio delle bellezze di questo j)oeraetto , non concedendomi la impostane brevità di trascriverlo tutto, riporterò l'episodio di Ermio- ne , la desolata figliuola della rapita Elena , con che ha fine il carme. „ Paride intanto sulle alate navi „ Elena trasmettea dalle ospitali „ Stanze di Menelao , superbo tutto „ Della promessa d'Afrodite : e , tanto „ Pondo di guerra conducendo, ad Ilio ,. Il passaggio di corsa accelerava. „ Ma , del capo il bel vel cedendo all'aria , „ Ermi'one , di lagrime sufTusa , „ All'alba sospirava : e tosto il talamo „ Abbandonato , alle accorrenti ancelle „ Con altissime sgrida si rivolse : „ Donzelle , ove ne andò la trista madre „ Me qui sola lasciando e derelitta? ,. Pur , tolte ier del talamo le chiavi , ,; Con me dormia, con me , nel letto istesso. - „ Disse: ed al pianger suo piangean le donne; „ Ma , tutte accorse nel vestibol , modi „ Cercan da consolar la sospirante. „ Oh ! le diceano , al singhiozzar pon freno , „ Figlia dolente: è ver, parli la madre ; „ Ma tornerà sol che il tuo duolo intenda. ,,, Non vedi ? Già dechinano le afilitte f, Gotej che ognor le floride sembianze „ Dicrescouo a colei , che viva in pianto. „ E la tua genitrice o delle ninfe '> Si aggiunse al coro , e poi , la via smarrita , „ Sostò dolente , ed al giarctin dcU'^Ore Rapimento di Elena 245 ,, Andata , siede in rugiadoso piano ; " „ O , sa recando al patrio fiume in riva , „ DeirEurota ai lavacri ella dimora. „ Ma le interrompe la fanciulla, il pianto „ E i singulti iterando. A che lusinghe , „ O donne? La montagna e la riviera, „ E del rosaio e del giardin conosce ,, Ogni sentier la madre, ogni tragetto. ,, Dorme il sole , e tra scogli ella pernotta ; ,, Spunta il sole , e non sorge il suo ritorno . . . „ Oh, madre mia, dove tu sei? qual piano „ Qual monte è che ti toglie alla figliuola? ■ „ Ahi, te smarrita avran le fiere uccisa! „ Ma e non lian pur sacra una tema anch'esse. „ Della progenie dell' olimpio Giove? „ Ahi, forse da una cima alta cadesti „ Su polverosa terra , abbandonando „ Alle querce solinghe il nobil corpo ! „ Ma la densa boscaglia e le sue macchie ,, Tutte ho spiate, e gli alberi e le frondi, „ E il tuo corpo non vidi: onde a che biasmo „ La selva? Ahi, forse del fecondo Eurota „ Lungo le sante rive , ahi forse un' onda „ Te ricopri, sommersa nuotatrice! ,, Pur le najadi in fiume, o in alto mare „ Salvan ma non uccidono le donne* „ Cos\ plorava; ma , chinato il capo , „ A lei , .compagno del morir , 'discese „ Il sonno: ed è ragion che questi imite, „ Come fratello , del maggior germano ,, L*opre, se tutto ebbe con lui comune. '„ Quindi sovente, ove sventura opprima • „ Le lor pupille, cadono le donne ■>',, Lagrimanti in un subito sopore. --i„ Alla delusa un frodolcnto sogno G.A.T.XXVin. lO ♦)46 Letteratura „ Ripresentò la madre : e la fanciulla, „ Commossa, attrita dal dolor com'era, „ Sclamò : ler me lasciasti al mio cordoglio , „ ( E lo potevi?) in preda! eppur con teca „ Io mi giacea nel talamo del padre. „ Qual montagna o qual poggio io non trascorsi ? „ E' tu, Vener seguendo e i nodi suoi, „ Ne abbandonavi. - Ed Elena a rincontro: „ Oh! me non incolpar, figlia dolente: „ Troppo misera io son. Quello straniero, „ Che nelle nostre case ieri accogliemmo, „ Ospite fraudolento, ahi, mi rapia ! „ Tacque: e l'altra assorgea: ma, non miranda „ La genitrice, con più acute strida „ Sclamò: D'aerea stirpe alati figli, „ Dite, giugnendo in Greti, a Menelao; „ Ditegli, augei, che, ier venuto a Sparta, „ Schiantò tutto l'onor delle mie case „ Il perfido stranier. - L'aria accogliea „ Della piàngente le querele : e invano „ Ella invocava della madre il nome. „ Ma di Ciconia alle citta venendo „ E dell'eolia figlia Elle allo stretto , „ Menò l'amante ne' dardanei porti „ L'amanza : e intanto il crine e l'aureo velo „ Lacerava la vergine Cassandra , „ Dalla, rocca mirando il reo navile ; „ E Troia, schiuse le sublimi porte, „ Rimpatriante il cittadino accolse , „ Autor primiero d'ogni sua sciagura. - Amico sempi:e non timido al vero , alla debi- ta lode mi piace di aggiugnere anche la debita cen- sura J e per questo io non mi terrò dal notare che il verseggiare del nostro traduttore è alcune voi- R^pniENTo DI Elena a47 te di troppo monotono , e poco variato, aLhenchè sempre armonioso : difetto , in che sogliono oflfende- re d'ordinario coloro che scrivono nel difficilissimo metro dei versi sciolti . Dirò pure che molti tro- veranno di che riprendere , ne forse a torto , i due versi ,, Ma e non han pur sacra una tema aneli esse. „ Che nelle nostre case ieri accogliemmo 5 e così anche qualche rara parola non del tutto in uso presao i più gentili scrittori. Ma le poche macchie non gittano ombra di oscurità fra tanta luce ; di cui bellamente risplendono andie gli altri versi di que* sto buon giovine , quali sono l'inno ad Apollo , e le due epistole , una all'amica l'altra al fratello , che sono a leggersi nell'istesso libretto dopo il volga- rizzamento. E di questi versi originali forse pii\ che della versione io mi piaccio , poiché per essi mi è dato di scorgere nel volgarizzatore un'anima non solo amante della sacra arte de' carmi ,. ma calda ancora , ciò che più monta , di amor patrio , di santa amicizia , e di fraterna afFezioue : rari, pregi ne' letterati della nostra Italia : dove , al dire del- lo stesso N. A. „ e' si pare che invano sieno in „ sullo spegnersi quelle malnate gelosie, che ci frut- „ tarono si amare lacrime , ond' è che la famiglia „ italiana ne andò miseramente tribolata e divisa» f, Altre ire a' dì nostri si accendono, e coloro rai- „ nacciano , che seggono sacerdoti del bello : il „ quale pur dovrebbe indur gli animi a concordia „ e ad amore „ . Oh ! facessero senno una volta que- sti maestri del vero ! ed intendessero finalmente che e delitto ogni pensiero ed ogni parola , che al bene non miri della prima nosti'a madre natrice e si- a 48 Lettera TUR gnora , la patria. Intendessero finalinenlo die , nata con la società per insegnare all'uomo la virtù , non e che vile druda e spergiura la poesia , se a virtù solamente non si ammoglia e a caste aìTezioiii. Il linguaggio dell'errore e della menzogna , dell'igno- ranza e del vizio, folleggi pure ne'lupanari e nel- le sale oziose : ma la parola de' numi e del vero non si mariti che al retto e all' onesto , e rinfiam- mando i cuori alle opere generose sia ella solamente il conforto della patria e dei buoni. E appunto a questo pare che saggiamente intenda l'inno ad Apol- lo del N. A. Eccone alcuni ternarj. „ Novello «aeerdote io nell'eletto „ Stuolo mi aggiungo; le votive bende ■„ Commetto al crine , e nel profondo petto „ La poetica fiamma in me s'accende „ Di dolce caritade al sacro spiro, „ Di caritk, che al natio loco intende. ,. Ahi? per le. terre dell'Italia i'miro „ Quasi notte novella, e voci ascolto „ Aspre, assordanti, come d'uom deliro. ■ ''j ì„iTtij :dio di Cirra , di disdegno il volto „ Bellissimo incolori, e le immortali „ Frecce già contro la rea turba hai vAlto , „ Ne scampo trovcrien ; poiché fatali „ Piomban quell'armi, che han più volte infranti „ Gli usberghi, in cui si affidano i mortali . „ Deh , più non si scolori il ciel natio ! „ Deh, le losche riviere e le pendici „ Non copra I dolor muto e tristo oblio! ,j Rìfu^giyia, se gli oziosi „ Studi fugando, serbi vivo il foco „ D'ogni maschio valor ne'generosi : „ Bella a chi piange: ed a chi nulla o poco „ Risplende l'avvenir , giova che in alto „ Gli occhi a te volga „ Cosi la patria mia, poiché le sante „ Vergini obbedienti al tuo divino „ Cenno volgcan ver lei le care piante, „ Animosa assorgeva, ed il ferino „ Suo viver cieco abbandonava „ Ciascuno a tua divinitade intento „ Contro all'error correa , cui lunga notte „ Sicurava i riposi e l'ardimento „ In un riso d'amore , ed apparièno „ Due caste dive in vago abito adorno : „ Bellezza e verità, ch'ove non sièno „ Discompagnata mai nella lor via „ Stringo n pietose della vita il freno. 25o IÌetteratura Le due epistole , una scritta da Napoli , Tal- tra da Tivoli, sono in versi sciolti , piene di dolci immagini e di care affezioni: bellamente dipinejono qualcuno dei luoghi, da cui sono scritte, e talo- ra ricordano le antiche nostre glorie. Bisogna pe- rò leggerle tutte per sentire qual dolcezza inespri- mibile ti mettono nell' animo. Queste poche parole , che del volgarizzatore abbiam detto , possano inco- raggiarlo sempre più a bene scrivere e utilmente; poiché è ugualmente reo chi fornito di buon in- gegno poltrisce nell'ozio e nel silenzio , e chi aven- do posto mano all'opra la interrompe sullo stesso suo nascere , e torna stanco dalla prima fatica. Se il sudore non oltrevarca la prima fronte, e non pio- ve giù per le guance e pel seno a bagnare le zol- le istesse, che fende il tuo vomere; il campo non risponderà alle tne speranze, poiché mai non germo- gliò il seme inaridito. G. S. M. Al sìg. O . . . autore delV articolo inserito nelV An- tologia di Firenze^ ottobre 1825 oìoL xx pag. 61. Risposta di Vincenzo Campanari. SIGNORE. ^-/ebbene sembri importuno il cercar le persone la. dove la disputa è sulle cose , concedetemi per que- sta volta eh* io cerchi di definire il vostro rispet- tabil nome ; poiché avremo in breve occasione di vedere che ciò importa non tanto s^lU curiosità mia , Urna ETftuscA aSt . quanto airinteresse della cosa stessa , di clié si trat- / ta. Ne voglio che in ciò spendiamo assai parole. Ver- tono fra di noi quistioni di etrusca erudizione : nel qual genere è si scarso il numero degli scrittori vi- venti , che li noveriamo colle dita. D'altronde egli è si celebre in quello per antica fama di scritti dot^ tissimi il eh. Francesco Orioli professore della univer- sità di Bologna , che Ta dove in tali materie si ve- da Tautore annunciarsi colla iniziale O . . . (pur^ che lo scritto non sia giudicato indegno di quel dot- to ) le menti degli uomini per legittima presunzio- ne debbono a lui ricorrere. E se alcun ignoto scrit* tore a quel modo si contrasegnasse in opere di ta-" le argomento , egli piuttosto che occultar se stes-* so , crederebbesi che abbia voluto i suoi pensamenti trasferire a quel famoso , e giovarsi dell'autorità del di lui nome . Consueto e degno frutto si è questo di una chiara opinione acquistata co'saggi della pro- pria dottrina , che quanto è spontaneo , tanto deve riuscir più grato a chi lo raccoglie. Posto adunque che per argomento somministra- tomi da vai medesimo io debba a voi rivolgermi , siami lecito di appellarvi svelatamente. E giacche ve- do di aver che fare con uomo non solo dottissimo, ma da gran tempo amico , dopo di essermi con me rallegrato per l'una e per l'altra causa , lasciate che Usi con voi quella ingenuità che ai dotti ed agli amici è dovuta; e dapprima mi dolga de' modi che avete adoperato nel dare l'estratto della mia ope- retta. Bene avrei comportato in pace quel vostro to- no ora di autorità , ora di compassione , con che i severi pedagoghi sogliono ammonire i più impron- ti discepoli ; perciocché molto vuole concedersi da- gli umili scrittori ai sommi in qualche momento che questi sien presi da mal umore . Che voi peraltro a Sa LETTERATURA aveste a rapportare non veracemente i principi da me professati e crearmi invidia d'arroganza , dalla qua- le fui alienissimo , non era ne dell' amicizia nostra , ne della vostra buona fede, nò della mia iiidiflerenza. E qui prima che io esamini i vostri, riandiamo per un momento i modi da me tenuti con voi. Men- tre io trattava pag. aG della etrusca voce Sicthi , ebbi occasione di riferire il motto Eca suthines dei grandi sepolcri d'Axia da voi illustrati nella Bibl. Italiana, maggio 1817. Dopo avervi nominato a cau- sa di onore , ed essermi giovato della vostra autori- tà ed esempio in prova della grecita dell' etrusco , parlai della vostra , e diedi la mia versione di quel motto. Voi deduceste eca dalla greca preposizione 8K ovvero 6^ , corrispondente a quella dei latini e ovv. ex. Prendeste suthines per lo stesso sostan- tivo suthi ^ che il Lanzi trasse da r^Tw^ìac, e tra- -duceste quel motto e salute , o sia post salutem , che a parer vostro equivaleva a post mortein. Io dissi che , poiché a rostro giudizio ancora doveva l'etrusco tradursi coli' ajuto della greca lin- gua, non era d'uopo di trarre eca da en ne da 6^, mentre i greci avevano lo stesso avverbio Dita in significato òì placide ^ moli iter j suhinisse ^ cum si- lenfio , opportunissimo ad un motto sepolcrale. Ri- conoscendo poi in suthines la inflessione di un deri- vato da suthi , rendeva codesta voce aggettiva , e la spiegava salvi, incolumes- e cosi l'etrusco motto divenivami in pace salvi, placida pace incolumes , bella e gentile sentenza da scriversi sopra le tom- be , e tanto vicina quanto ognun vede al nostro re- quiescant in pace , che forse di colk è nato , e che a modo di altri usi de' pagani fu santificato dalla chiesa cattolica. Urna xtrusca 253 Poteva aggiungere, e forse il doveva, che quel vostro e salute o post salutem non era ne di gre- co ne di latino gusto : che neppure tratto per ar- gani poteva significare /JOi'i mortem: che quando pu- re il significasse , non era luogo a tal formola nei sepolcri d'Axia. Imperciocché o voleva con quel mot- to indicarsi che il defonto non si era edificato quel sepolcro in vita, e che invece eragli stato posto da- gli eredi dopo la morte di lui , e ciò era falso ne convenir poteva a quegli ipogei destinati per le in- tiere famiglie e per molte loro generazioni secondo l'uso dei toscani , la dove per conseguenza si ripo- nevano assai defonti , ai quali il sepolcro preesiste- va e quando morirono , e quando nacquero. O vo- leva con quelle voci avvertirsi che ivi sotto giace- vano i morti ; ne di ciò potrebbe idearsi cosa più inetta e ridicola : quasi che quella evidenza d' ipo- gei abbisognasse di altra dichiarazione , o fra i to- scani si dubitasse che nei sepolcreti abitassero i vi- vi e non i morti. Per grande rispetto che io meri- tamente vi professava , mi tacqui di tali osservazio- ni , abbandonandole piuttosto alla sagacita del leg- gitore. Veggiamo adesso in che modo , di me scriven- do, trattaste meco. Prima di por mano alla ver- sione della mia epigrafe , io esposi con lungo ar- ticolo il sistema che avrei seguito dietro la scor- ta di Lanzi , quello cioè d* interpretare 1* etrusco medianti i sussidj del greco e del latino. Discorsi la difiìcoltk ed i pericoli di tale studio, 1' abuso fattone ai tempi andati , le restrizioni che avrei posto a me stesso per bene usarne , e soggiunsi: ■>■> Io non vedo con quanto profitto di tali studj , 5) noi per timore di non mettere alcuna volta il 5i piede in fallo (e chi è che possa aspiravo ixlla 254 Letteratura » infallibilità?) ci asterremmo dallo interpretare le 35 toscane epigrafi che di mano in mano vengono « al giorno , e staremmo oziosamente aspettando che « comparisca alcuna antica grammatica etrusca, o n alcun monumento bilingue di tanta lunghezza che « ne fornisca il vocabolario di c^uella lingua. « Fi- niva col pregare i miei lettori acciò mi avessero coadiuvato nella versione della epigrafe colla loro discretezza. Parevaml in tal modo d' aver ben dimostrato quanto io stimava arduo il tradurre l'etrusco ; e quanto era io lontano da ogni presunzione di au- torità; non tenendo in altro conto la mia qualun- que opera che di un tentativo t il quale sebbene credessi utile alla scienza ( poiclie vidi sempre le scien- ze crescere con si fatte prove , coli' ozio e col si- lenzio non mai) lo credeva insieme capace di er- rore. Con quale diritto adunque, e con quale cor- tesia voi dopo aver rapportato in un fascio alcune mie opinioni, senza indicar pur una delle ragioni in che io le fondava , avete scritto di me quelle pa- role? n Certo chi ponesse mente alla sicurezza con n che queste cose ed altre somiglianti in tutta la M operetta si affermano , dovrebbe giudicare che il ») dare spiegazione dell'epigrafi etrusche fosse al tut- « to spedita e facile impresa. » Il che appena sareb- be detto senza durezza di chi avesse dichiarato prin- cipj affatto diversi da' miei. Voi aggiungete severamente, che avendo io let- ta presso di Lanzi e di altri la epigrafe detta del- la torre di S. Manno presso Perugia , la tradussi egualmente stans pede in uno. Ed era pur da ram- mentare che il vero illustratore di quella epigrafe fu il Lanzi, da me riportato t. 2 p. 5 14» Egli ne de- terminò l'argomento, egli ne tradusse la più part< Urka htrusca. !ì55 (àeVocalyoli, egli su quelli che tralasciò, sparse ^ve- Va utilissime congetture. Io non altro feci che spi- golare fra le poche voci da lui non tradotte, e ri- lenendo il valore da lui dato ad alcune, volgerle ad un senso che più mi sembrò ragionevole. Laon- de con pace di Lanzi, quel vostro stans pede in uno va necessariamente a ferire piiì lui , che me. Frattanto per commentare quelle poche voci io mi allargai per i3 pagine di confronti tolti dall'etrusco dal greco e dal latino. Voi con minor mole di scrit- ture vi siete spedito di riferire la mia operetta, di confutarla tutta intiera, di proporre nuova lezione, e nuovo argomento della scultura ; e mi persuado che vi stimerete le mille miglia lontanò da quella taccia di leggerezza, che mi avete si opportunamen- te compartita. Io non vi richiamerò da questa cre- denza, se i lettori ve la menan buona. Citando alcune voci della grande iscrizìon pe- rugina scoperta nel 1822 io promisi le mie osserva- lioni su quel monumento. Voi di ciò parlando vi esprimete così: n E quasi tutto ciò poco fosse, pro- n mette di tradurre quando che sia tutta intiera da « un capo all'altro l'altra grande iscrizione trovata a » Perugia recentemente ec. ?> Su di che pregherò i lettori di osservare che quelle paiole tradurre da un capo alV altro tutta intiera^ le quali ognun ve- de di che mole sieno , non sono già. nel mio scrit- to, ma nella calda vostra fantasia, che vi fa tra- vedere a tal segno, per conciliarmi la opinione della pili impudente leggerezza. Ma cessi ormai questo disgustoso esame; e veg- giamo se siete più forte contraddittore che non ve- ridico relatore delle mie opinioni. La prima vostra objezione cade sopra i prineipj ed il sistema di Lan- zi da me seguito , di tradurre ciog l'etrusco mediaa- a5G Letteratura te il greco. Intorno a che mi notificale che 0£>"gi cominciasi a dubitare della grecita dell'etrusco. Non ne adducete già. una ragione : che questo è raro bisogno per voi ; bastandovi che si argomenti dal vostro dire esser anche voi nel numero di quei du- bitanti. Che risponderò a questo dubbio? Che quan- do avevate in animo di proporlo, era miglior con- siglio per voi di non isnervarne antecedentemente l'autorità cogli esempj contrarj che ci avete dati in addietro. Si è veduto poc' anzi come ricorreste ai greci per dar la ragione di eoa : molto più poi gre- cizzaste , e grecizzò per voi la lingua volsca , al- lorché vi deste ad interpretare la celebre lamina del museo Borgia. (Bologna presso il Nobili 18 iG.) Ne credo che negar vogliate l'analogia del vol- sco con la lingua di Etruria e delle altre nazioni deirantica Italia; ed ancor qui rispettar dovete l'au- torità vostra. Ora se a voi piace di cangiar sen- tenza, incominciate prima a distruggere quel che ave- te fatto in addietro: poscia adducete le ragioni de* dubbj vostri ; ed allora vi sarà data risposta, che oggi dar non vi posso ; mentre non mi è ancora ab- bastanza chiaro se allora o adesso abbiate parlato da senno. Opponete in secondo luogo due diverse lezio- ni della nostra epigrafe di Arunte ; l'una dal eh. Inghirami , l'altra da voi trascritta. Quella dell'In- ghirami è come segue: \. Linea. Arnth Larisa ... il ... . cheilisc .... pesli .... ura . . . apithasa 3. Linea, eisnuuc. eprlhneuc. ppacstreuc .... s . . . più . . . exnchualc. tamera. xelarusu. ivi xi. vas. avils. xxxAi. Lupu. La vostra è la seguente: I. Linea. Arnth. Larisa . . il . ... clieilisc .... pesli . . . 1 . . . uva . . . apithasa eisneve. eprthneve. pnacstreve . . . s . . . più . . . extichualc. tasiera. xelarusitlivixiva. s avils xxxAi.LupM. E qui vi studiate di provare che queste due lezioni non differiscono fra loro che in apparen- za. Imperciocché , voi dite , nella prima linea sia- mo ambedue d'accordo , meno ' un L misero avan- zo di voce perduta. Nella seconda è vero che' io leggo EISNEVE dove 1' Inghifami ha ET5>NVVC; ma chi bene osservi, rultima C deirTnghipà'mi ha un picciol taglio in mezzo che' fa divenirla una E.- Cosi a quel primo ^ dell'Inghirami nella stessa pa- rola vi e la forma d'una =| etritsca, dìla quale rftart- chi il taglio di mezzo forse trascurato ò' non visto dal copiatore: Il suo PnACSTEVC ha «n Pr di questa forma, cioè n, vicinissimo alla N da ' me vedutavi. Il di lui TAMERA diviene tosto il mio TASIERA, se dividasi alquanto l'appendice della gamba sinistra della y\/\ etrusca , e si sciolga in que- sta forma IM, che in quella scrittura vale SI. Fi-r nalmente il suo XELARVSV differisce solo dal mio XELARVSITL, perchè la parola è appunto sul- la fine sommamente ambigua e di difficile lettura. Ora, di grazia , che vi giova che Tlnghiranii segni un taglio nella C finale di Eisnuvc ^ quan- do egli legge C , e voi leggete E ? E se nel pri- mo V di quella voce il di lui copiatore O' non ha ben visto , ovvero ha trascurato , come voi dite, il taglio di mezzo , per cui voi vi leggete un E, a che studiarvi tanto di mostrar la, cohforraità del- la vostra lezione con quella di un copiatore o po- co veggente o trascurato ? E che importa, a chi legge se rjnghirami in ppacstreuc ha prqso^ pejp. n aSS Letteratura la vostra N, attesa la vicinanza di quelle due for- me ? Si quistiona forse tra noi delle cause della vostra discrepanza medesima? Io so , e tutti san- uo , che sciolta la etrusca lettera ^ in que- ste due IM , di tornerà si fa tasiera ; ma tutti sap- piamo ugualmente che tamera non è tasiera. Al modo stesso la voce Xelariisit dell' Inghirami non è il vostra Xelarusitl , e siane pur cagione quel guasto che dite delle lettere per cui n'è si ambigua la lezione, ovvero qualunque altra. Nelle quali dif- ferenze non apparenti, ma vere, chi poi vi accerta che l'errore sia dal canto dell' Inghirami o del suo copiatore, e non dal vostro? -l'i Noto che voi stesso confessate i danni soffer- ti dalla epigrafe e 1-a dilTicolta di leggerla in alcu- na sua parte. Ora vedete: io che aveva il monu- mento in mio potere , che poteva farlo situare a mio agio nella luce piiì opportuna, che poteva ri- confrontar la mia copia sul sasso le cento volte ; mi astenni dal trascrivere le dubbie parole , e solo mi restrinsi alle certe. Voi che lo vedeste una o due volte di passaggio, ed il copiatore dell'Inghi- rami che non piiì di voi potè studiarlo , con mi- rabile confidenza avete posto mano a quello , di che io non mi fidai. Ne ciò vi basta. Pubblicatasi la mia copia , voi come se le cose stessero precisa- mente al contrario di quel che stanno, ed io fos- si il passaggiero che rapidamente trascorre le dan- laeggiate lettere , come se voi ne foste i domestici osservatori , avete il coraggio ancor più strano di d'edere che debba la mia copia cedere alla vostra come a piiì diligente e fedele. 'Ben mi duole che standomi di presente in Roma non mi è dato di esi- liirvi , come vorrei tosto , il fac simile di quella •epigrafe : voi però non avrete a desiderarlo da me UlV^A KTRLSCA a5() lungamente. Intanto lasciate pure eli' io vi tolga di capo codesta malinconia, e vi denunci che la lezio- ne vostra e dello Inglnrami sono errate, e che la vera è quella ch'io diedi. Quindi diviene superfluo ch'io tenga ragione di quelle difficolta da voi pro- poste, che hanno per fondamento la falsa lezione. Vengo invece alle vostre osservazioni paleografiche, ed alle altre eccezioni che opponete al mio com- mento. E quanto alla paleografia trovo che mi accusa- te di tre licenze , per vostro avviso un po' forti , che mi son prese; quella di leggere la "^ finale per sigma lunato ; quella di usare il vau , o digamma, ora per consonante ora per vocale ; quella di pren- dere il semplice T per il T aspirato, o viceversa. Circa il *] finale di molte voci, che in queste parti di Etruria dissi tener luogo di S, prima che definirlo una mia licenza , v'incombeva di esclude- re con esempj ed argomenti opposti il ragionamento col quale provai la mia sentenza; ne voi il face- ste, n^, credo, il farete giammai. Quanto all'uso del digamma ^ ora per consonante, ora per vocale, giac- che mi rimandate al Lanzi , quasi che egli favorisca voi, non me, udiamo le parole di questo critico, t. i pag. 214. „ Il Passeri sospettò eh' egli equivalesse ancora ,, ad V vocale, come in Capu 311^3 medaglia osca, „ che leggesi CAPV, Capua. Il sospetto prende ve- „ rosimiglianza maggiore , se risalgasi ai primi fon- „ ti di tal lettera , come fa Rheinold. Dopo aver egli „ premesso che il Vau "2 tenne luogo di V voca- „ le presso gli ebrei , e che (a stessa vece prestò ai „ fenici ed ai cartaginesi , che con esso scrissero la „ quarta lettera nel nome Azruhal ^ conchiiule elio „ ucir antichissimo alfabeto pelasgico ed eolico pò- aCo Letteratura „ tesse avere la medesima potestà. Lo stesso verisi- ,, milmente accadde nell' etrusco ed in altri linguag- „ gi d'Italia Inoltre osservo che lo scam- „ biamento di V in ^ potè ancora nascere da varie- „ ta di pronuncia. Come per l'Italia certi popoli pro- „ feriscono oggidì lauro , altri lavro , cosi autica- „ metile si potè proferire diversamente uno stesso no- „ me , e quindi anche scriversi or LA VCINA , or ,, LAFCINA , come vedesi in epitafi etruschi. „ ^ tale ragionamento del Lanzi aggiungete gli esempi di CFELNE, CAFLA, LAFTNI , TANCFIL che abbiamo in toscane lapidi , per Cuelne , Caula , Lautni , Tancuil; e poi quegli altri di RAFNTHVS , LAVTNIT . RFVS , per Raunthus , Lautnit. rus ; e quello di un titolo inedito sepolcrale nella mia pa- tria che scrive la nota voce OVER cosi ^^^l*! ^ ^ negatemi , se la ragione il vi consente , che il di- gamipa servisse ugualmente per TV vocale. Della T e TH usale promiscuamente una per l'al- tra , ne parla lo stesso Lanzi t. i. p. 267, ove ci- ta l'esempio di ATA e di ATHA per Atfia -. cosi nel- la grande lapida recente di Perugia abbiamo TANNA che finora trovossi scritta THANA. Dopo queste minute diiricoila , ne .avrei atteso , SI dir vero , dalla molta dottrina vostra delle più se- rie , e mi sarei pensato ch'entrando più addentro nel- la materia mi aveste dimostrato che la tale o tale al- tra parola etrusca da me determinata sorger non po- teva da quegli elementi di lettere : ovvero che fal- sa era la derivazione dal greco tema , che io le as- segnai : o ancor meg'liio , che v'era un tema più le- gittimo , da cui derivarla:, a modo di esempio , co- me io feci nella parola eoa . Si fatte osservazioni son quelle che danno causa a schiarire le dubbie co- se , ed a propagare i confini della scienza ; special- Uk\a etrtsca a6i monto trattandosi con persona che si è dicliiarata , come udiste , ben capace di errore , e perciò pron- ta ad emendarlo. In luogo di questo utile esame , voi proponete altre vaghe eccezioni. Vi jjare arduo il credere , che altri faccia nei- dere sul proprio sepolcro quel singoiar elogio^tli se EXIMIUS , r^STATOR , O D.EPOPULATOR : foSSe pur egli della nazione de"" lestrigoni e di quei ferri- bili telchini più presto , che della civilissima Etruria. Ora chi vi ha detto , sig. professore, che Arun- te fece incidere a se quel!' epitafllo ? Io no cer- tamente ; che anzi stimai che forse fu ucciso in bat- taglia : ne quello era il tempo per lui di ordinare la propria sepoltura e di coni porsi Tepitafio . Che se gli fu posto dalla gratitudine de' suoi , non è del saper vostro il maravigliarvene. E non veggia- mo noi nei titoli mortuarj di tutti i tempi e di tut- te le eulte nazioni come la pietà de' superstiti si la- scia trasportare a lodi anche esagerate e superlati- ve dei loro virtuosi defunti ? Non è egli questo il più dolce sfogo del nostro dolore nella perdita de* nostri domestici , e più ancora de'^ personaggi bene- meriti della patria ? E che è finalmente un eximius , ed un i'asta- tor appropriato ad un guerriero , come io tengo , trion- fatore ? Non potrebbe egli concedersi , salva ancora la modestia , ad un bravo guerriero di minor con- dizione? T)i quale Lestrigonia crederete voi che fos- se Cu. Pompeo Magno , il quale nel delubro di Mi- nerva scrisse di se vivo quel magnifico titolo con- servatoci da Plinio , hist. nat. lib. Vili? G,A.TI.XXVH. 17 a.G^s Letteratura. Cn. Pompeius. Cn. F. Maguus. Imp Bello. XXX. Annorura. Gonfecto Fusis. Fugatis. Occisis. In. Deditionem Acceptis. Hominura, Geaties, Vicies Semel. Genties. LXXXIII. M. Depressis. Aut. Caplis. Navibus. DGGXLVI Oppidis. Castellis. MDXXXVIil In, Fidem. Receptis • Terris. A. Moeoti. Lacu. Ad. Rubrum Mare. Subactis Yotum. Merito. Minervae ìSon era men civile Roma ai tempi di Pompeo di quel che lo fosse stata l'antica Etiuria ; così se la romana civiltà permise a quel grande un si gran vanto, io non so perchè la civiltà d'Etruria ne avreb- be negato ad Arunte uno eh' è tanto minore , e quasi direi tanto comune ad ogni capitano- Infina a che voi concederete che l'Etruria usò i trionfi , ed usò le arti e le lettere , dovrete anche ad essa concedere i costumi de' popoli trionfatori , i quali ebbero insieme l'uso delle arti e delle lettere. Ora io non trovo altro di più solenne fra di essi, quan- to il celebrare con magnifiche opere ed illustre elo- gio i loro eroi militari e vivi e morti. Parvi poi duro che la voce exnchualc vaglia intecfectus ; ned io so che replicarvi fino a che non me ne assegnate le ragioni. Parvi ancora duro che la lingua etrusca, già tanto greca da possedere upi- thasa senza mutazione, un momento dopo sia tanto latina da posseder vipci nello slesso valore che ha presso i latini. Ma è forse questa la cosa unica che gli etruschi hanno di comune col Lazio ? Non vedete ivi pressa Up.xa etrusco 263 le clfi-e numericlie che son quelle de' latini, e per ta- li voi ancora le riconosceste ne' sepolcri di Axia ? Quando mi citate Lanzi per prova che avils va inteso aggettivamente, voi Io citate a meta; imper- ciocché egli t. 2 p. 322 ammette ancora in quella voce un sostantivo , di cui mi dite in ogni caso è leviim . La presente lapida pare a me che sostenga piuttosto la sostantiva significazione attribuita da Lanzi a quella voce , che l'aggettiva. E , se io non erro, quel lyixi (etntem ^ ovvero a!i?iùs ^ e molto più 'vi.xi vitce annos 1 è una dizione si propria e si ben collocata in fine d'un titolo morluale , che il ripu- diarla mi pare una vera durezza; tanto più che non avete nulla che opporre al significato da me attri])ui- to presso i greci alla voce ersità ci sono of- ferte dai hassoriUe'>>i di questo genere.. Io ben veggio quale ampia porta oggidì si è spa- lancata a dicifrare i bassorilievi delle urne etrusche presso che tutti, quella cioè della pagana teologia cir- ca i passaggi delle anime de* trapassati, e le loro vi- cende ne' regni della luce e delle tenebre. Ne io con- trasterò che laddove si scorgono socjgetli ed emblemi manifestamente allegorici, siccome furie o genj alati, figure mostruose d'uomini o di animali , quivi si ri- cerchino quei punti dello zodiaco , quelle celesti re- gioni , que' fenomeni che abbisognano a disvelare i mister] a quel modo delineati. Volere peraltro che gli artefici toscani avessero ristretto l' esercizio della >7* iG4 L i: T T E n A T li R A scarpello alla sola allegoria , ne mai rasassero per la storia , die dell' allegoria è più semplice , parmi cosa che ripagai al costume di tutti i popoli ch'eb- bero l'arte di scolpire. Il bello si è che i più fervi- di fautori di queste allegoriche rappresentazioni am- mettono, a ciò costretti dall'evidenza, che in più ur- ne toscaniche sono scolpiti alcuni fatti della Gre- cia. Comunque vogliasi appiccare anche a queste scul- ture un doppio senso , ed i personaggi delle mede- sime riconoscere come eroi solari , e come tipi dell' arcana scienza allegorica, contuttociò non si nega al- le medesime l'ovvio e naturale significato istorico che di per se manifestano. Quale importunità si è quel- la dunque di negare ai toscani l'uso delle storie patrie , quando lor si concede quello delle stranie- re ? E s'eglino mettevano l'allegorìa pur nello scol- pire gli eroi della Grecia come oggi si dice , n^ con- tuttociò quelle sculture restavano di rappresentare veri ed istorici avvenimenti , dicasi ugualmente , se cosi si vuole , che han ficcato dentro alle sculture delle storie patrie un altro senso allegorico ; ma non per questo si tolga alle medesime il vero e naturale significato della storia che ci presentano. Che se an- cor questo ai toscani si neghi , io non saprei co- me i fautori di tante allegorie si abbiano a con- ciliar con se stessi. Diceva poc' anzi che fu general costume di tutti i colti popoli trionfatori quello di trasmettere per mezzo delle arti e delle lettere la fama de' loro trionfi alla memoria della posterità. Dunque deve del pari attribuirsi ai toscani. Ora io non so dove meglio lo avrebbero usato che sulla tomba de' guerrieri medesimi , i quali meritato ave- vano l'onore del trionfo. Che questo monumento sia di tal genere, oltre che il consigliano le domeitiche foggio ed il pretto Urna et^usci aG5 costume nazionale sfornito di ogni emLlema allego- rico , vie meglio il persuade la epigiafe eh' h delle pili lunghe che si conoscano. Che volete di grazia che fosse scritto in quelle due linee di fitti caratte- ri ? La genealogia del defunto? Trovatemi un solo esempio di genealogia sì lunga fra i toscani che usa- vano di limitarsi al padre ed alla madre, o al più air avo paterno e materno. Volete che vi sia una preghiera pel defunto ? Una morale sentenza o av- vertimento al popolo? Una disposizione testamenta- ria ? Indicatemi prima per quale ragione si argo- menti della preghiera, della disposizione testamen- taria. Ingegnatevi poscia di piegare a tale argomen- to alcuna delle voci di non dubbia lezione, come so- no V. gr. eperthneuc, macstreuc, d'onde io trassi tir^xSveos e ji^jc^ofTe^eo? , e vedete quali risultamenti potrete ottenere di maggiore conformità alla indole del monumento. Altrimenti cominciate a dubitare che quest'urna ( cosi avesse la sorte di capitare fra mani a molto migliore illustratore che io non so- no ! ) sia comparsa alla luce per dar di fronte a certi canoni stabiliti in addietro , ed a certe opi- nioni troppo francamente asserite a danno dell'an- tica Etruria per la sola mancanza degli esempj in contrario. Opponendomi finalmente, clic in tale scoltura non si riscontra quella durezza di stile che Strabone e Quintiliano attribuiscono alle prime opere de' tosca- ni , e che nel secondo secolo di Roma , al quale io la riferisco , le arti neppure in Grecia erano giun- te a quella morbidezza che poscia ottennero , mi fa- te conoscere di non aver bene intesa la mia opi- nione. Io aggiudicai , h vero , Fepoca dell' urna al secondo secolo di Roma; non mi sognai però di chia- marla delle prime e più antiche opere dei toscani . 266 L K T T E R A T U ft .1 Alle quali siccome voloiitieri concedo i caratteri , clie da que' classici autori sono ad esse attribuiti, cosi io credo che debba assegnarsi una epoca molto an- teriore al secondo secolo di Roma. Ed è questa ne- cessaria illazione della opinion mia , la quale por- tando che quest' urna fu fabbricata nel secolo sud- detto , porta in conseguenza che le arti fossero già perfette in Toscana , ;corae ciascuno che V esamini dovrà convenire. E se in Grecia le arti non era- no a quel tempo cos\ innoltrate, no'l vi contraste- rò ; ma non clie ciò neccia alla mia opinione , la quale vuole di più che le arti d'Italia sieno nate neir italico suolo , prima che in Grecia nascessero , o che di là vi pervenissero. Non è de'confini di que- sta mia risposta , già di soverchio lunga , il tratta- re questi SI ampj argomenti : vi basti che altri dottissimi gli han sostenuti con fondamenta per nul- la inferiori a quelle della contraria sentenza. Così , come di cosa di grave dubbio , lasciate che io segua quella parte che più mi par conforme ai generali re- sultamenti dell' antica storia , siccome dichiarai nel- la mia operetta. Quello che mi duole si è, che dal voler tanto abbassare l'epoca delle arti toscanicìie ve» do oggimai trarsi troppo dure conclusioni. E chi po- trà tollerare che l'anfiteatro sutrino , scavato nella solida rupe a mille palmi di circonferenza , e che si evidenti porta le vestigie della libera Etruria e dell' ardito genio di lei, si dica fabbricato ai tempi d'Au- gusto da quello Statilio Tauro che il primo anfitea- tro di sasso aveva fabbricato in Roma nel cam- po Marzio , siccome il eh Pietro Ruga opinò in una sua lettera al cav. Arditi, Roma presso Salviucci i8?. i? Se non fu ancor più, che il chiarissimo Inghirami tan- to benemerito dei toscani monumenti ascrivesse ai tem- pi degli Antonini quell' altra regalo opera degl' ipo- Urna, etrusca .aO'^ gei dipinti dell' antica Tarquinia. Io gli auguro di visitarli solo una volta; elle altro non bisognerebbe ad uomo di s\ fino gusto e di si grande perizia , per cangiar di opinione. Certo, che se andremo innanzi di questo passo, noi tradurremo in breve i tempi e le opere dei tqscani ai secoli della cronaca di Farfa. Dissertazione, in cui si stabilisce per ipotesi che Civita Castellana è V antico f^ejo^ si cerca quat fu la sede de' f alisci , dove parte di questi si sta" bill dopo la presa di f^ejo- Terni iSaS, dalla ti"^ po^rafia Saluzj. 8° di pagine 288* E d a che non persuade mai l'innato e dolcissinió amor di patria? Può ben dirsi , che solo esso in- forma ed esalta gli uomini, quanto piiì d'ingegno e di cognizioni dotati sieno: che solo esso ne li ac- cende e francheggia ad incontrare le più improbe, ed altramente non sostenibili fatiche. Sull' esempio di una successione di letterati che già costituì l'ono- re d'Italia , il sig. canonico Francesco Morelli , au- tore di questa dissertazione, tutto infiammato de'pre- gi della sua Civita Castellana , paese grafico e for- te, a cui iixi dal primo risorgimento de'nobili stu- dj , cioè dal secolo deciraoquinto ^ fu attribuito il vanto di essere l'antico famosissimo Vejo ^ scende ora in arena contro i partitami del già noto Mu- nicipio Vejente , confermatosi per gli ultimi scavi nell'Isola Farnese ^ contro gli altri del Vejo auto- nomo in Monte Lupoli ^ contro quelli che pongono in Civita i falerii o falisci « e che richiamano al- le recenti scoperte fatte nella vicina S. Maria di 2G8 Letteratura Falleri di lapidi con chiare note attestanti la Colo- nia Junonia Faliscorum . In tale bisogna il no- stro sig. canonico si diporta certamente con som>- ma bravura ; e gli argomenti suoi sono s\ gagliar- di , moltiplicati ed ingegnosi , che non poco sudar dovrebbe chiunque accinger si volesse a vittoriosa- mente ribatterli. Se alcuni ciò non credessero , con- sultino essi ( pag. 95 ) , Ik dove stringe sulla probabilità , fondata certo per altri esempj , che i romani mandassero i debellati cittadini di Vejo ad abitare in una parte dell' agro vejentano anche al- quanto discosta; e che quindi origine avesse il ram- mentato Municipium Vejens. Consultino essi dalla pagina 126 , dove incomincia il discorso intorno il cammino dell'esercito di Camillo , sì positivamente se- gnato e descritto da Tito Livio. Mille altre cose in quest'opera meritano ponderate riflessioni, come a cagion d'esempio le eccezioni che vi si danno di bassa età e scorrezione agl'itinerarj , e la possibilità, di alterazione per amanuensi ne'testi dell' alicarnas- sese , trattandosi specialmente di note numeriche. Osservabile ancora si è il rilievo e conteggio che fa VA. N. (dalla pag. (S(S) per provare che le an- tiche miglia fossero uguali di lunghezza alle moder- ne , contro la comune sentenza che tien quelle per pili corte. Noi rimetteremo questa importante dis- cussione all'egregio collega nostro sig. Potetti, la cui conosciutissima eccellenza negli studj esatti e politecnici , tanto delle passate età quanto della pre- sente , saprà ben togliere di mezzo qualsivoglia dubbio. Commendevole ancora è la modestia e la ur- banità del N. A. , che avendo inteso da' letterati romani credersi più che dimostrata 1' esistenza del Vejo etrusco nell'Isola Farnese , ha voluto emette- SULL* ARTICO VeJO ^Gq re questo suo lavoro sotto le proteste di mera ipo- tesi , o disputa esercitativa. Mentre dunque diamo lode a lui, veggiamo bene, che converrebbe si de- stinasse una compagnia d' uomini veramente capaci ed esperti , la quale accedendo sulla faccia de'luo- glii vedesse spassionatamente in quale de' tre paesi competitori , l'Isola cioè , Monte Lupoli , e Civita Castellana, s'incontrassero meglio le due condizioni descrittive principali diVejo, dateci da Dionigi, ^e- trce asperce et prcecipites, e civitas aquis circum- flua ; e se in Monte Lupoli esistano realmente i cunicoli ascendenti dell'assedio ed espugnazione fat- ta per Camillo , cunicoli che affermati ci vennero dallo Zanchi. L' opera frattanto , che può prestar guida e motivo a sì belle e fruttuose ricerche, tro- vasi vendibile presso i sigg. De Romanis. Amati 270 VARI E T A' Epigramma improvviso del cav. Monti in onore fVuri certo Tìionias sordo e muto. Madrigna , è ver , ti fa hatura , 0 caro Spirto gentil , negando A te l'udire ed il parlar \ Ma quando Fiso contempla là mia monte i] raro Tuo veloce intelletto , E l'alto coi-e che ti scalda il petto , Dico : Giusta è natura , e per mia fede Pili di quel che ti tolse ella ti diede. Saggio sulla wta e sulle opere di Antonio Canova. 8.° Pisa presso Niccolò Capur ro , co''caraticri di F. Di" dot , 1825. ( Un voi. di cart. 112 , L. ) Intorno la vita e le opere del Canova avevano scrit- to già egregiamente il Cicognara , il Tambroni , il Qua- ti^mere , il Missirini , l'Albrizzi ed altri valenti. Or ecco aggiungersi alla gentile schiera anche il sig. Giovanni Rosini cliiarlssimo professore di Pisa : il cui libro per franchezza di locuzione , e per isquisito giudicio di bel- le arti ci pare veramente degno di quell'immortale ita- liano , che in questa età nostra rinnovò potentemente i miracoli del greco scai-pello. Potremmo riferire qui molti Varietà' ^71 esempi /'a ^Tomprovai- questo vero : ma l'amore del caro nido ci fa piuttosto scegliere questi due , ne' quali il sig. Re- sini ha preso a combattere , come la virtù sua e la giustizia esigevano , pel santo onore italiano. Così egli a cart. 4' • 75 Avvenivano intanto in Europa le pivi strane ,, vicissitudini , che alla meditazione de'popoli offrir pos- ,, sano le storie di venti secoli. Una rivoluzione , che „ avea da prima minacciato tutte le monarchie , e che „ volgevasi a poco a poco alla distruzione di tutte le „ repubbliche , vedeva sorgere dal suo seno un uomo che „ sotto le già poco modeste insegne di console , annun- „ ziava di voler invadere ogni potere : far disparire ,, ogn'ombra d'antiche foi'me civili : e spegnere ogni avan- „ zo di libertà ( per servirmi d' un'espressione ardita ma ,, vera ) in un mare di gloria. Ma siccome egli tende- „ va alla rinomanza , per qualunque via ; benché già „ eternato lo avesse con gli squisiti suol pennelli l'Ap- „ plani , a pochissimi in Europa secondo ; e benché già „ lo ammirasse la Francia nella tela di David, quair- „ do suir animoso cavallo s'avvia sulle vette del gran ,, San' Bernardo : esser volle scolpito in grandi forme , „ e fece invitare il Canova a Parigi onde modellar- „ ne la testa . - Splacque ( né giova il dissimularlo ) „ si chiara ed insigne preferenza ai francesi : e sino „ d' allora cominciò sordamente a formarsi ad alimen- „ tarsi ed estendersi un' opinione a lui contrarla t che , „ quantunque ristretta da prima ne'pochi e mediocri, si ,, inantenne ferma ed animosa , e degenerò finalmente in „ manifesta ingiustizia (i). - Giunto colà , crebbe a di- fi),, Essa ora già cfiminciata fia da quando fu esposto il gruppo „ di Psiche ed Amore Riportarono i giornali, cht erasi destata iiefrcui- 5, cesi uii'eniula insidia , e all'erano siale giudicale (quelle statue) ,. co/i inaudilu seferitù. Quando parlarono de'pugillatori , disre- ,, sera ad odiosi paragoni (Misjiiiui, pag. i8i j, e quando jjiiui- 2^2 Varietà* „ smisiira rinvidìa , quando lo videro accolto sì familìal*-' „ mente dal console: e con tanta grazia ed onore dall'egre- „ già sposa di lui. Tenera , dolce , alFettuosa , prolet- „ trice delle arti e più degl' infelici , prossima a salire „ sopra un trono eh' ella non aveva ambito giammai , ,, si mostrava semplice e schietta ; come cortese , gen- „ tile e pietosa vi si mantenne dipoi. Trovò in essa il „ Canova un'anima che somigliava alla sua t ella nel Ca- „ nova un amico. Posseder non potendo la persona , cer- „ co di possedere la Giuseppina quante più. potè delle „ sue opere (i).-In soli cinque giorni modellò a Sa- „ int-Cloud la testa del console ; e siccome vedeasl ono- „ rato e favorito , non ristette l'artefice , operando , di „ parlargli della distruzione della veneta repubblica , e „ dell'ingiusto spoglio di Roma e d' Italia, Quantunque „ dell'una e dell'altra egli fosse principalmente colpe- „ vele , ed ogni parola di lui sembrar potesse im rim- ,) provero ; non si adirò dell'onesta schiettezza dell'ar- „ tefice , ma poco rispose al proposito. - Intanto visitò „ il Canova , e fu visitato dai piìi insigni ai'tisti della ca- „ pitale della Francia. Da essi a temer non aveva né „ indegne gare né invidia, David seco lo volle sovente : „ Gerard lo dipinse : Girodet lo ritrasse in matita. E , „ giusto ed integro come egli era , non lodava David , „ perchè fra gli uguali è sottintesa la lode ; ma mol- „ te celebrò il Gerard pel suo Belisario , il Girodet per „ la scena del diluvio , il Guerin , assai giovane allo- „ ra , pel suo bell'Ippolito con Fedra , non meno che ,1 s« il colosso di Napoleone , non solo grillarono che queWera „ il torso di un gladiatore , e non iCun gntrriero , ma scrissffi-o ,1 aver de(to Napoleone stesso, dopo aver »ei!uto il colos«n, Cu- «, nova crede che faccia le mie eonquisie a furia di pugni. „ (t) Amore e PsicJie in piedi, KL* , Paride, 1a Danzatrice col- le mani sui fianchi , • la Grazie. Varietà' 2^3 „ pe'siioi primi dipinti il Le-Gros. Glorioso era il D:i- „ vid , come esser doveva , di sì bella scuola : ma non „ poteva immaginarsi il Canova , che molti di quei fran- ,, cesi medesimi i quali ammiravano nudi gli eroi nel- „ le famose tele delle Sabine (i) e di Leonida , con una „ contraddizione manifesta , che non può spiegarsi se „ non dalle più basse passioni , dovessero poi gridar tan- „ te alto perchè il colosso del console guei'riero non ,, aveva cinti i calzoni. Difendesi nell'altro luogo la italiana ragione sui di- versi monumenti di arte rapitici miseramente quando una gran rabbia francese calata giù dalle alpi , sotto pre- testo di chiamar noi , non chiedenti , ad una libertà san- guinosa , corse queste innocenti contrade portando per ogni parte il terrore e la distruzione. Né ossequio al- cuno di religione o di civiltà la ritenne : né 1' an- tico aspetto di Roma , le cui pietre , diceva lo stesso ghibellino Dante (2) , sono degne di riverenza , non me- no che il suolo dov'ella siede. E questa era pure la pa- tria del celebrato Lagrangia ! Qui allora in una fida cit- tadinanza vivevano alla venerazione di tutta Europa un Canova , un Alfieri , un Visconti , un Volta , un Piaz- zi , un Orlani , un Mascagni, uno Scarpa, un Gotu£;no, un Pagano , un Monti , un Parini , e tanti altri di gran nominanza ! E non erano ancora calde le cenei-i del Bec- caria ? Basse e vane considerazioni la virtù e la sapien- za in que' nuovi vantatori di gentilezza ! Fummo quindi forzati , inermi e pacifici , a sottoscrivere durissimi patti quasi col pugnale sul cuore : perchè coloro eh' erano (1) „ Sono esse , tutto considerato, le opere pi» perfette «lei „ David. Egli stesso aveva puLbIitalo , quando espose le SaLiii* , ,, un opuscol© per j^iustificarc l.t nudità de'suoi eroi. Di più, i „ nudi nei quadri di David :>ouo tra laolu volititi» ,, (3) Nel convito. 274 Varietà' qua venuti scalzi e col tozzo in nlano , volevano ripar- tirne carichi d'oro e di spoglie e con una gran pom- pa di nome. Ma era ben giusto che ciò che le armi avevano fatto , le armi medesime disfacessero. Cosi ne scrive il sig. Rosini a cari. 74 : „ Ritoi-nata in armi l'Eu- „ ropa sotto le mura di Parigi nell' anno 181 5 , giusto „ parve ai vincitori che rendati venissero alle nazioni „ spogliate i monumenti delle arti. Il Canova fu dal pon- ,, tefice invitato a recarsi colà per dimandarne la re- „ stituzione : e ne accettava tosto l'incarico. Sapeva già „ che molte opposizioni, scherni, rifiuti (1) e nimistà ,, novelle iacontrate egli avrebbe ; ma guidavalo il santo „ amor della patria , la giustizia della causa , la fidan- „ za in se stesso. Quando anco stati fossero per la più „ parte quei monumenti ( che non lo erano ) spoglie di ,^ popoli combattenti e soggiogati ; la punta della spa- ,, da ripigliava quel che la punta della spada avea tol- „ to . - Se di ciò dolenti furono ed esacerbati i frari- „ cesi , non è da dirsi : ed ingiusto sarebbe di farne „ loro gran colpa. La riunione de'monumcnti delle ar- ,, ti nell'imperial m^useo destava un tal sentimento di stra- „ ordinaria maraviglia per le forze morali dell' uomo , „ che sorpassava ogni immaginazione. Il poter coutem- „ piare a belF agio quanto, , dalle goffe e pesanti for- „ me di Cimabue , prodotto avea di straordinario l'uma- „ no ingegno fino a Raffaello : il vedere nn discepolo „ de'Garacci elevarsi per l'espressione (2) al par di Ti- „ ziano e Corcggio : scòrgere i portenti di tutte le na- „ zioni lottar coi portenti italiani , senza poterli raggiun- „ gere : tutto ciò potrà leggersi dai nostri nepotl ne'li- (1) „ Son tropp» noti, perchè ci sia bisogno «li ripeterli, (a) „ La comunione di S. Girolamo del Dumenicliino era nel -, museo presso il S, Pietro martire di Tiziano , e il S. Girolama „ del Ccreggio. V \ n 1 E T a' 2'jS ,, })i;i , scji7,a che ik" f^iiingauo a coinprendev l'efietto. - „ Ma se dolorosa ne fu pei francesi la perdita , dopo- ,, elle provocata si erano l'ira di tante nazioni , debel- „ late colle armi ; se chi reggeva i loro destini scor- „ dato si era di quella sentenza di Sallustio , che gli „ antichi romani non alti'o che il poter nuocere ai viii- „ ti toglie\^ano : pensino , se giusti sono , qiianto più „ amai-o ne dovè parere lo spoglio , quando quei mo- „ numenti si toglievano a popoli innocenti ed inermi , „ e quando anche alla rapina si aggiunsjeva lo schei'no ; ,, poiché predavasi la Venere Medicea (i) per la sola „ ragione che si era voluta salvai-.! ! E quando le ce- „ ne di Paolo , i portenti di Giorglone , di Tiziano , di „ Leonardo e del Goreggio in lunga e lenta fila tra- „ versavano la Lombardia , quasi funebri convogli , pen- „ sino come tratto avevano dietro di loro , benché dis- „ simulati o repressi , il pianto , il cordoglio , e la pena ! „ Nò giova il recar l'esempio degli ultimi romani del- „ la repubblica. La civiltà de'costumi , che abolito ave- „ va la schiavitìi , aveva ugualmente fatto perdere la me- „ moria , o detestare almeno l'esempio delle rapine di „ Flaminio e di Verre, - Nulla dunque pareva più giù- „ sto i e pur molte cagioni si opponevano alia dimau- „ data restituzione : anzi questo grande atto dì pubbli- „ ca giustìzia accompagnato fu da costanti e sempre cre- „ scenti difficoltà , che ne geme l'animo in veder l'ar- ,, ledce sommo ravvolto nelle sottigliezze diplomatiche „ Invocare il favore quando era chiarissimo il dritto. Non (i) „ La Venere Medicea, con altre 4 statue a molti quadri „ • caininci , fu trasportal.i nel »8i>o a Palermo per salvarla dal- ,, la nuova invasione che si minacciava. Di la comandò il console ,, cLie fosse iuviala a Parigi , in pena d'aver cercato un asilo fuo- ,j ri del continente: o fu obbedito al toniaudo. Cuiilò il conva-» 3, glio il cav, Puccinit 2']6 V A 11 I E T a' „ contrastavasi questo alle maggiori potenze ; sicché usai' „ volendo di un bilancia differente per le minori , altro ,, non era in sostanza che il richiamar di nuovo in cam- „ pò la forza e la violenza , che si volevano escluder „ per sempre. - E perchè mai quegl' italiani , che sce- „ vri da spirito di parte e da rivalità nazionale ama- ,, no e stimano veracemente gl'ingegni francesi , e che „ apprezzar sanno quanto essi vagliano in ogni arte scien- „ za o disciplina , debbono sì spesso rammaricarsi leg- „ gendo nei loro libri memorie e giornali prodigati gli „ scherni ed i motti contro coloro , i quali onestamen- „ te richiedevano il tolto (i) ? E chi aveva piìi dirit- „ to del Canova nel chiederlo ? Egli che a viso aperto „ aveva più volte fatto risuonare il vero alle orecchie „ poco sofferenti del console, e fatto così eco alle ono- „ rate voci dell'onoratissimo Quatremere di Quincy , il „ quale solo in tutta Francia ardito aveva di ripetere „ che l'oltraggiare non è reggere (a) ? „ Ma quando il tempo farà calmar le passioni , quei „ francesi medesimi, i quali più amano l'onor na/àona- „ le , saranno i primi a dar lode alle oneste cure del „ Canova , che lietissimo fu di rinviare a Roma quei „ monumenti , che primi gli avevano additato ed aper- „ to la difficil via del grande e del bello. „ S. B. (i) „ V, la Biografia dt'moclerni , all'artioolo Cariei>a, (2) „ Sallustio. V A R I i: T A* 277 lilirstrazìone al codice autografo di messer Francesco Pe^ trarca stato occulto alla repubblica letteraria fin dall* anno i5oi , epoca in cui fu posseduto dal chiaris- simo messer Pietro Bembo. 8." 5. Pietroburgo , ne/- la stamperia del dipartimento dell' istruzione pubbli- hlica 1825. ( Sono cart. i5) Nell'edizione veneta delle i'ìme del Petrarca fatta il i5oi nelle case di Aldo dìcesi che Messer Pietro Bembo des- se un completo manoscritto originale del Petrarca agli editori ^ su del quale fu sanzionata diligentemente V in- tera edizione. Questo codice non si è più ritrovato do- po la morte del card. Bembo , non potendo già esser quello cosi povero ed incompleto che può vedersi al n.° 3195 della vaticana , e che fu pubblicato nel 1642, co- me ognun sa, da Federico Ubaldlni. Or dunque sap- piamo per questa Illustrazione^ che il preziosissimo ma- noscritto è stato ultimamente trovato dal sig. cav. Ar- righi , il quale promette di giovarne quanto prima i cul- tori della italiana poesia. Noi non vogliamo qui giudicare se esso veramente sia quello che possedevasi dal Bem- bo , e che tutto era scritto di mano del Petrarca : perchè sarebbe mestieri il far prima i più accurati confronti . Solo avvertiremo che il sonetto Non daW Ispano Ibero alVindo Idaspc ^ da molti riputati commentatori creduto indegno del can- tore di Laura, non è nel codice dell'Arrighi: come non v'è pur l'altro Qui giaccion, quelle caste e felici ossa, V'è però il capitolo rifiutato da alcmii, G.A.T.XXYin. 18 378 Varietà' Nel cor pien d^amarissima dolcezza i non meno che il madrigale Or vedi , Amor^ che giovinetta donna ; Come anclie nel Trionfo della Castità trovasi un' in- tera terzina tralasciata in tutte le stampe che si conoscono. Sovra il teatro tragico italiano ^ considerazioni di G. U. Pagani Cesa. 8." Firenze presso il Magheri 1825. (Un voi. di pag, 288) Si vuol dar lode al sig. cav. Pagani - Cesa d'avere in quest' opera virilmente difesa la tragedia classica dalle follie de'romantici , e dal loro antesignano Schlegel. Ciò ch'ecrli dice della splendida mostruosità delle opere tea- trali di Calderon e di Shakespeare, e delle Fiabe di Car- lo Gozzi, è perfettamente secondo il nostro giudicio: co- me secondo il nostro giudicio è l'alta stima in ch'egli tiene i tragici della Francia : perchè noi pure a lato delle tragedie di Eschilo di Sofocle di Euripide venere- remo sempre i capo - lavori di Corneille di Racine di Crebillon e di Voltaire. La sua ammirazione pel gran Metastasio sarà cara a tutti gli europei , i quali han- no que' soavissimi drammi per vere e perfette tragedie di lieto fine. Del Maftei, dell' Alfieri, del Goldoni, im- mortale gloria del teatro italiano , parla pure con buon magistero. Ma ninno saprà con esso lui ritrovare immorale V Aristodemo del cav. Monti : e pensiamo eh' egli debba su questo particolare a se medesimo dire ciò che tan- to saviamente ed opportunamente ha detto al sig. Sche- doni di Modena , che stimò parimente immorale la Cle- Varietà* sjq menza di Tito , cioè il mordlissimo del drammi del Metastasio. Non vi sarà poi chi voglia lodarlo dell' avere ingiuriato , anche per merito di buona critica , il som- mo Gravina , il sapientissimo dell'Italia moderna; e propo- sto di buona fede agl'italiani presenti , siccome modelli di tragica elocuzione , i volgarizzamenti del Maometto e del- la Semiramide di Voltaire fatti dal Cesarotti , e il Po- libete del Forciroli. Oh in mezzo a qual brutta fogna di lingua andrebbero i nostri poeti ad attingere la sem- plicità e l'eleganza! quell'eleganza di cui mostrasi co- sì schivo ( e di grazia ce lo perdoni ) il sig, cav. Paga- ni - Cesa in questa sua opera, nella quale molti anche de- sidererebbero pili ordine e meno ripetizioni. Scherzo. Dimandata in una conversazione ad un nostro ami- co perchè il pipistrello è un animale che non piace a uessuno , rispose egli improvvisamente : „ Guardate il pipistrello? „ Non è sorcio né uccello. „ Mai non avvien che piaccia „ Chi ha dubbia e doppia faccia ! Saggi economici del sig. Francesco Fuoco. In 8." Stanno stampandosi in Pisa presso Sebastiano Nl- stri , e quanto prima esciranno al pi^bblico. Noi , che di persona conosciamo il dottissimo autore , non temiamo eh' essi non sieao de. 0 y '* '» 1' -7 " 'lerni. int. la 8 13 4 M 8 " 9 „ » ■4 o i3 & Terni, esl. 8 5 14 o II 0 6 0 '4 0 18 u 10 8 8 0 .9 0 7 lÓ 5 9 II 0 5 7 »» 7 i5 5 9 i3 5 10 11 6 8 i5 5 «4 i 1 7 7 13 n 8 •4 5 33 10 3 IO <4 9 & la 5 «4 4 „ IO 8 8. 6 »4 0 i3 0 Igro. a cap, 6"5e «5 o IO o 4 o 13 O 8 o .7 1 1 5 II »<' 0 i6- 0 '4 0 1.) 5 .6 a 9 0 51 12 0 1 a 8 6 38 5 3 Vento N.O. deb S.S.E. „ s.o. N. S..S.E. s..r. Si.S.H. s. s.o. S.E. o o E.d, S. S>.E. S. S.S.E. s'.E. deb, S.O. ., V. d. Pioggia li. I 025 2 35 o 75 2 8u 5 00 o »b li. o 6a Evapor, li. d, O ;7 li. d. 2 3 4 3 • 7 2 8 . 4 3 3 3 7 3 3 2 6 3 6 St.del Ciel. nuvoloso pioscgia risthiaralo nuvoloso chiaro nuvoloso chiaro piove chiaro uiiv. oriz. go. di pio. nuvoloso nuvoloso pioggia idem nuvoloso chiaro nuvoloso chiaro piove chiaro cDf'erlo piog, dirol. coperuo ma, scr. '7 i8 »9 m. 33 H 25 i6 27 29 3o BaromcU 37 IO 8 ,. „ 6 1> 11 5 1» 11 il a 7 28 11 0 A 11 0 1. 11 4 J> I 0 71 0 3 11 11 0 11 u 5 11 11 0 0 4 11 I 1 11 0 4 27 ti 9 11 li 2 11 IO 9 11 11 4 28 0 6 11 1 8 il 2 5 11 11 11 11 11 2 I 1> 11 „ 38 1 9 11 2 5 >1 2 9 1» 1 1» 8 3 11 1 3 11 0 e 1' 11 5 aa 0 0 11 1 3 M 0 8 V II 7 11 10 b 11 8 6 Te.int. 11 4 11 0 9 5 5» 6" 1» 5 9 0 11 5» 1» 1» ^ fi 9 ^ 9 2 9 0 4 11 0 >» 51 » 7 9 o 8 8 8 5 !» 11 ;i »i 11 „ 9 0 1' " 51 „ 1 1 « IO 0 Te. est. 6 5 u o 8 o 8 7 , 7 0 13 0 5 0 4 3 9 0 8 9 8 0 11 9 6 0 7 3 12 0 IO 0 9 9 i3 0 li 0 Igro. 10 0 2l 0 est. »9 int. i5 o est •16 o iS 7 5 »9 20 5 32 o 11 o Vento $.E. S. N.E. NE. . N. f. ' Pwggia Evapor. Sf.del Cielo o ^5 N. N.N.E. SE. „ a 4 1 8 li. 3 o « 7 o 9 li. 8 y5 o 5 o 9 3 8 coperto sereno 11 chiaro o 6 » 9 o 6 o 6 2 2 chiarissimo 5» thiaro coperto pioi'oso è aperto chiaro coperto nuvoloso •> chiaro chiaro Hovoloso cop erto nebbia coperto coperto pic.piog. chiaro Tabella dello stato del Tevere , desunto dall'altezza del pelo d'acqua suW orizzontale del mare ^osserva- to alV Idrometro di Ripetta^ al mezzo giorno. Novembre 1825. GIORNI. ME TEI PALMI ROMANI 1 OSSERVAZÌONI. ( 5. 8o 2& kl 3 s 5, 7. 5. 64 15 6 3 3 5:5 2 3 Altezza massima tueU 6, 71 4 5, 6i 35 • 0 5 5, 66 25 3 4 ( • 6 \6y 25 4 3 ; 7 !» 74 25 8 i Altezza niintiua mpl. 5, 61 8 5. 74 25 8 > S 5.^5 25 8 4 1° 5, 85 36 2 ft 1» 5, y5 25 8 4 la 5, ^, 35 6 3 Altezza media m«t. 5, 87 i3 5 74 35 8 • >4 5.75 35 8 4 t5 5, 74 35 8 I *S 6.56 39 4 • ■7 6, 6» 29 7 3 i8 6, 71 3o 0 3 »9 6, 3, 28 a 4 . «0 6, IO 27 3 3 Si 5» Qo a6 4 4 33 5, 87 26 3 1 33 5. 77 25 9 4 1 a4 5. 95 26 7 • 25 5, gS 26 8 0 ' 36 5, 94 a6 7 1 37 5, 78 25 1" 3 28 5, 70 25 ^ 0 ;9 5,69 25 5 a So 5, 7* 25 7 I _ NIHIL OBSTAT Fr. Antonius Franciscus Orioli Censor Theol. NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. CoUeg. NIHIL OBSTAT Lauretus Santucci Gens. Pliilolog. IMPRIMATUR Fr. Thomas Dorainicus Piazza Ord. Pr^d. S. P. A. Pro-Magister. IMPRIMATUR Joseph Della Porta Patriarch. Constantinop* yicesgerem . aSg SCIENZE Osservazioni geologiche onde riparare agli avval- lamenti del territorio di Accumoli in Abruzzo ul- tra e de* luoghi convicini , e memorie di questa città, (i) veva io in animo di esporvi in quest'anno , o Lincei , essere maggiori i danni die i vantaggi arrecati dai novelli sistemi in medicina alla me- dica gioventù: quando ne sospesi il lavoro per le premure dell'ottimo 171Ì0 genitore, il quale ricorda- vami sovente di mandare alla luce la patria storia da me, oltre già un lustro , spontaneamente promes- sa (2). Aveva io un bel dirgli che le mie cure paterne rese gravi oltremodo da svariate sciagure non mi davano quella tranquillità di spirito , ne quella paziente attitudine per iscrivere una storia qualunque. Tornavami però alla mente quel gra- vissimo concetto di Platone : Non sibi soli se na- tum homo meminerit , sed patrice sed suis (3). Pe- (i) La parte geologica che doveva leggersi all'acca- demia dei Lincei il giorno 4 agosto fu letta nella ses- sione del giorno i settembre 189.5. (:>.) Giurn. arcaci. Tom. 5 pag. 3o 87. Ci) Cicer. de fìnib. bonor. et malor. paq. ?^Q. G.A.T.XXVIU. uj ago S e I E N a F; rocchb non potendo , coin(3 io vorrei , illustiaie le memorie di Accuinoli mia patria natia , per isde- Litarmi alla meglio, faro di puLblica ragione mol- te notizie storiche alla medesima spettanti. Nel far la qual cosa , importantissimo objetto, credo io, sia (luello di premetterne un geognostico esame da nes- suno pensato nò conosciuto , dal rjuale risulte- ranno osservazioni geologiche talmente interessanti che potrassi in appresso riparare in qualche modo ai disastri , ivi dai non infrequenti avvallamenti prodotti. I quali disastri avvenendo eziandio nei li- mitrolì suoli dell' Umbria (i) e del Piceno , e in tutti quei territori che a un dipresso conservano la medesima geognosia, possono richiamare l'atten-" 2Ìonc di ogni ben regolato governo, ^u queste geo^ logiche osservazioni dunque aggirerassi 1' odierno mio ragionamento. Quella concatenazione di montagne die per cir-- ca 700 miglia italiane dalla Liguria fino a Reggio di Calabria divide per mezzo e longitudinalmente la pe^ jiisola, viene col uome di appennini distinta; ne sqi (i) Vorrebbero eccettuarsi in tal caso gli scosccn-. dimenti avvenuti, e elio forse avverranno nella cittÈi di Todi. Siamo noi stati assicurati da perdona degna di lede clic sotto X invasione francese una compagnia di ingcgiicrl percbè non rovinasse del tutto quella città opinò che si fabbricasse altrove. Abbiamo testò noi ve- duto un pezzo geologico di quel terreno argilloso, e fra ì strati di argilla vi sono frapposti quei di litantrace che va in isfacimonto. Più diligenti disquisì/ioni locali poti^inno riscbiarare questa geologica veduta: verificata la quale sembrerebbe c!ie qualunque ripajo non pò ireb- be csbcvc che iiuullc , e di poca durala. O.S.SF.avA/,10 VI GF.oI.OCICIIE 301 coRtlo alcuni sembia inveiosiniile la congettura degli antichi, avvalorala dalla rassomiglianza delle rocce, che quelle montage formassero un tempo una con- tinuazione coi monti di Sicilia disgiunta forse per la violenta azione dei vulcani da un angusto spa- zio di mare. Si diramano gli appennini dalle loro pii\ alte punte in snhappennini , colli, vallate, e pianure per indi risalire ora a gradi, ora a sal- ti, riproducendo fino al loro termine la stessa ma sempre variata scena. È notabile che il loro ab- bassamento è pili breve, e piiì declive verso il mar tir- reno che verso il mare adriatico. La costante mutabilità della catena appennina è cagione della varietà di tem- peratura, e elimi anche a piccole distanze; osservan- dosi altrettanto riguardo ai prodotti vegetali che pel tratto di qualche miglio gli uni sono diflerenti dagli al- tri. Vuol per altro valutarsi che ad onta della pili al- ta elevazione appennina , tranne le sterili balze delle più alte cime , per ogni dove apparisce la vegetazione che oilre sempre ottimi pascolari. Di cosiffatta natura sono gli appennini de- gli Abbruzzi , la cui figura per la costante loro ineguaglianza vien rassomigiata ad un trapezio. Si concentrano gli appennini fra queste provincie , l'Umbria e l'alta Sabina. Quivi ancora vien esat- tamente stabilito il centro d'Italia , e quivi in ol- tre torreggiano soprattutto le vette appennine. Que- sto duplice fenomeno di centralità del suolo ita- liano, e della più alta elevazione appennina, in- dica al naturalista che come di la diramansi per tutta Italia le rocce per la formazione dei subaj> pennini , dei colli , e delle pianure italiche , cos.i ricordano allo storico che di la egualmente parti- vano forse i primi italiani per popolare le itali a- liane contrade. L'istoria in fatti e' insegna che i 3f>a Scienze COSI delti aborigeni indi sabini furono i primoge- niti d'Italia (i) : Circa scaturì gines P^ellni et Traen- ti Jueriint Aborigiìies. Quello spazio inoltre di secon- do Ahhrazzo ulteriore da Civitaducale ad Accu- moli , dall'Acjuila a Lionessa , era compreso sotto l'alta Sabina. Questa d'altronde per geologica di- mostrazione fu la prima atta , sopra ogni altra re- gione sabina , a contenere abitanti. Il ritiro in ve- ro delle acque marine principiava laddove il ter- reno mostravasi piiì montuoso. La storia quindi con- validata dal geologico ragionare ci rende probabi- le che i primogeniti italiani furono sabini , e che questi primi sabini per fisico - storica probabilità fu- rono gli abbruzzesi ne'suindicati territorii compresi senza escluderne i loro limitrofi vicini, ai quali rasso- migli ano- per la lealtà e docilità di carattere , per l'amore alla fatica, per la buona indole, e pe' costu- mi, di cui, malgrado de'reissimi tempi, sono ge- neralmente parlando anche al presente dotati. Del che vuoisi ragionare nella parte che riguarda la storia. La costituzione fisica degli Abbruzzi , della qua- le si è in generale presentato l'abbozzo , è presso a poco la medesima nel territorio di Accumoli , di cui debbo io qui favellare. La posizione di questo tro- vasi alla distanza occidentale di 43 miglia dalla me- ridiana di Napoli, e ir3 miglia di distanza setten- trionale alla di lei perpendicolare; 90 miglia lon- tana da Roma suU' antica via salaria , confinante col territorio del -vico Falacrino , e per così dire sul- le rovine del -vico Badia , ultimi pagi sabini degli antichi romani , de'quali si dira, nelle memorie sto- (1) StvttL, Uh, V, e Dion. alicaru, lib. x. Osservazioni gkologiciie 393 rlcìie. I SUOI conQni sono dall' O. verso il S. e dall' O. verso il N. per lo spazio di circa i3 miglia coli* Umliria , per 8 ia 10 miglia a N. col Piceno , per 4 in S. all' E. coi Pretuzi provincia di Teramo i° Ab- bruzzo ulteriore, al S. E. ed al S. per circa i4 mi- glia colla provincia di Aquila 1^ Abbruzzo allerio- i-e , di cui fa parte . Giace questa piccola cit- ta (i) sopra di una collina che elevandosi in- (i) Col nome di Oppidmn fìi edificatat nobile Op" pidum cliiamolla Flav. Biond. pag. 34 ••Ottavio Beltra- no neir opera Bre%>e descrizione del regno di Napoli pag. 286 , pai-lando delle città e terre di demanio dell' Abruzzo ulteriore (nel cui tempo formava tutta una pro- vincia divisa posteriormente in due) , dopo avere no- minata V Aquila annovera tosto ÀccinnoU, Lo stesso tro- vasi nell'opera De Àntefato , ohservationes jurisdictiona-' les di Domenico Tassane alla pag. ^'>.o. Il regno di Napoli diviso in ir^ provincie dal Bacco pag. 87 dice il medesimo. Lorenzo Giustiniani nel suo Dizionario geogra- fico ràgioìiato del regno di Napoli pag. ai, 23 l'iporla che Ferdinando d'Aragona desse ad Accumoll l'onore di città . Due sono i Ferdinandi di Aragona re di Na- poli , entrambi benefattori di Accumoli , come vedre- mo : ma niuno di essi sembra avergli conceduto quel!' onore , poiché nelle memorie di quel tempo la ve- diamo chiamata sempre terra demaniale o regia. Nel dizionario universale di M . Gorneille de V accademia francese , e di quella delle inscrizioni e medaglie T, I pag, i3 ediz. di Parigi 1708 troviamo Jcumo- moli en latin Acuniulwn T'ille du Rojauine de Na^ ples. Elle est dans CAbruzze ultérieure sur la risie- re du Trenso (iuvece di Tronto) au pied Appennin cntre Norcia^ et Ascoli. C* est une asscz bunija \ùlle^ J294 Scienze sensibilmente all' O. per circa 4 miglia costitui- sce la montagna d' Accumoli propriamente det- ta rivestita di superbe praterie in mezzo a foreste generalmente sgombre di frùtici , ma ricclie di al- beri di alto fusto , fra i quali primeggia il fagus sil\>atica ; i suoi lati sono più elevali , e nascosti alla detta citta , ma il loro inalzamento è più sensibile al S. che al N. dove forma dei dirupi ab- bassandosi alquanto , per indi farsi montuosa al N. in vista di 5 in 6 miglia da Accumoli: ed alia stes- sa distanza abbassarsi di repente producendo un'av- vallamento ove scorrono le acque del Tronto : al di Ta del quale si osserva un semi pia no di alcune miglia risalendo gradatamente al N. E. per elevarsi seoipreppiiì ; e poco lungi dal patrio territorio con- vertirsi fra S. E. in un altissima ed aguzza vetta conosciuta sotto il nome di Pizzo di Sevo , il qua- le continuando coi maggiori appennini va a con- giungersi col gran sasso d'Italia. Se questo padre degli appennini non è visibile in Accnmoli, e ne rimane distante buone 3o miglia, visibilissimo è queir altro appennino del suolo umbro-piceno col no- et fori peuplèe etc. Questa descrizione di Accumoli è esagerata, precipuameute nel tempo in cui è stato com- pilato questo dizionario. Il Colucci finalmente , per ta- cere degli altri, nelle sue Antichità picene T. i.^ pag. 241, pretende essere stata elevata all' onore di città da Fer- dinando IV. Questo sovrano beneficò anch' esso Accu- moli , ma nel di lui innalzamento al trono era già in inolti atti officiali chiamala col titolo di città. E noi a suo luogo vedremo che Accumoli fu onorato di questo titelo quando era in grande decadimento. OSSEUVAZIOM GÌLOT.Or.tCilS 29^ me di Sibilla chiamato , il qmle (i) rivaleggia coi prioii appennini elevandosi -^^oo jnedi pai-igiiii so- pra al mare (2), rimanendo in distanza diretta 12 miglia italiane al N. di x\ccumoli. Da questa descri- zione chiaramente risulta che le propagini sulla sini- stra del Tronto sono figlie della SihiUa che prose- guono air O. ed al N. 0. nel!' Umbria , nella To- scana , e itrhinate ; le ramificazioni poi che si rav- visano sulla destra derivano mediatamente dal gran sasso d'Italia per riunirsi Tune colle altre , sepa- rate solamente da un avvallamento per le acque del Tronto. Finalmente dalla parte del S. la finora de- scritta catena appennina finisce in alti colli , 0. stret- tissime valli , Una delle quali meno angusta è quel- la dove scorrono le acque del detto fiume. I Venti boreali non infrequentemente vi soOlano « e se i tetti delle case esposte al N. non sono ben fissi ne rimangono alle volte smantellati . Li questo cenno vuoisi notare che fan corona ad Accumoli due picciolissimi sobborghi , ed ora die- cisette soli villaggi , i cui abitanti colla loro la- boriosa industria interna ed esterna unitamente ai non iscai'si prodotti del suolo, coli' aere purissi- mo che vi respirano , concorrono in qualche modo alla ricchezza di quel comune ; delle quali cose ne sarà meglio discorso nella parte storica. Da tre la- (■>.) È dc^tio cK osservazione il suo antro originario clic ha ciato luogo a discorso in un cattivo romanzo co- nosciuto sotto il nomo del Mn.szhino , iu cui parlasi di uua fata che abitava nel medesimo antro detta ancora grolla della Sibilla. (■>.) Nuova carta degli stati poutificj meridionali del conte AiUonio Litta. 2()G Scie n tu ti adunque vicn V accumulese territorio contorna- ta dagli appenniai , i quali per la natura delle rocce , ma più per li maggiori appennini che gli sono vicini, vogliono chiamarsi subappennini: molto più che le nevi assai di raro si scorgono nelle più alte vette accumulesi nei mesi di aprile e di novem- bre. Questi subappennini decrescendo formano qui- vi numerosi colli, colline, valli, e poche pianure, la maggiore delle quali di poche miglia sta imme- diatamente sotto Accumoli intersecata soltanto dal- le acque del Tronto. Questo fiume che in tutto il suo corso nelle due provincie di Abbruzzo ulterio- re ha l'unico ponte di materiali alle falde del col- le di detta citta , ne bagna le medesime all' E., men- tre al S. sono bagnate dalle acque del llumicello Pesc^ara , e non sempre al N. da un ruscello chia- mato Rio-scuro. Nel confronto che in altro mio la- voro (i) feci delle rocce voline con quello doli' Anio- ne rilevai che 8 miglia al S. di Accumoli alle radi- ci di un colle si osservano due ruscelli pochi pas- si l'uno dall' altro distanti , l'uno che prende il S. dando origine ad una delle più lontane sorgenti del Velino , l'altro che guadagna il N. verso Accumoli per arricchirne il Tronto. La sorgente più lontana di questo h la miglia circa al S. E. di detta citta in un villaggio chiamato Preta. Continui confluenti ac- crescono la copia delle sue acque. Discorre quindi neir odierno suo territorio dal S. E. al N. ingros- sandosi sempreppiù , come può rilevarsi dall' annes- sa pianta topografica. Discorre poscia per molte mi- glia nel Piceno , ricevendo in Acquasanta le sue celebri acque termali-sulfuree sotto Ascoli torna di. (i) Topografia fisica del suolo di Tivoli pag. 3o. Osservazioni geològiche 297 bei nuovo nel territorio napolitano , serpeggia in sotto Controguerra e Colonnella comuni presso Ci- ritella del Tronto in provincia di Teramo , e rac- cogliendo sempre nuovi influenti , mette foce nell' Adriatico presso la torre di Martin Seguro accanto alla suddetta via Salaria. Quivi per breve tratto rsn- de.) Quest' ilUistre autore ne'siioì viaggi della Toscana fra le utili cose incorda che il macisno dei toscani è o tutta luia sostanza la quale subisce vari gradi di durez- za , per cui distinguesi generalmente col nome di pietra serena , e pietra bigia , che è piii dura della serena. Lo sfarinarsi poi e cadere a pezzi i pietrami di ediflzj bel- lissimi lo ripete l'aut. dalla negligenza degli architetti di non scegliere le pietre così dette forti e ruspe , e per dir meglio la pietra bigia. Targioni Tom. i pag. 17. (3) Topograi. fisica di Tivoli pag. 17. 1 0.s.sT;RVAS!:io:fi geoiogichc: 3o3 stra arenaria di transizione diminuisce di compat- tezza a misura che scendesi dalla montagna. Qui- vi parimenti si scorge una pietr' arenaria dello stesso colore, ma meno solida e più chiaramente Stratificata : perocché potrebbe dirsi un'arenaria di seconda foivmzione ^ o almeno di so\>raposizione. Un'altra pielr'aronaria piiì secondaria che terziaria parmi possa chiamarsi quella che è composta di finissimi straterelli orizzontali di un colore bian- co - giallognolo , e assai meno dura non solo delle prime varietà , ma eziandio di quella di so- praposizione. La credo secondaria , perchè si vede che formossi con ordine in una pacifica deposizio- ne di ac([ua. I suoi materiali primi saranno facil- mente venuti dalla sopraddetta montagna, i quali pel mestruo acquoso furono sopraccaricati dalla marna , nel cui non angusto letto dall' alto al basso dovettero insensibilmente percorrere prima di depositarsi nei suddetti strati. Scorgesi questa roc- cia qua e la alle falde delle montagne, ed in tut- te le colline ove non estendesi la roccia calcaria. Il saggio che si presenta è raccolto all'È, alle ra- dici del colle dove è basato Accumoli , immediata- mente sopra il menzionato ponte , accanto alla via cosi delta romana sostituita all'antica via salaria che dall'interno conduce nel Piceno. Terziaria arenaria è quell' ammasso argilloso cor» mica e poca calce carbonata ( questa trovasi ezian- dio nelle altre varietà, scemandone la dose in ra- gione che SI sale all'arenaria di transizione). Pare che per eiìetto di alluvioni , ed altri scoscendimenti in diverse epoche avvenuti siansi formati numero- si e difFerenti banchi di quelita roccia, che abbon- da più delle altre, e porge ancora maggiori dif- f^Monze. Dallo stalo più o meno polverulento pas» 30+ S e J K N Z E sa la medesima itisensibilmente ad un grado di dii- r3z,za , il quale e superiore alla secondaria , e se non uguaglia il macigno dei toscani , perviene a quel grado di compattezza , per cui , general- te parlando , ne sono costruite tutte le nostre fab- briche, il suo colore è un grigio- giallastro, ma piiì chiaro della secondaria: è singolare per altro che questa arenaria per V azione forse dell' umidita, o per altra de me ignorata cagione , presenta sotter- ra un color cilcstre ; serve allora per uso di fab- briche interne ; giacche all' esterno non regge , e volgarmente dicesi che se la mangia la serena. E friabilissima di fatto alle vicende atmosferiche , e se vi rimanesse esposta avrebbe una cortissima du- rata, conforme l' esperienza ha quivi dimostrato. E notissimo però che tutte le pietre arenarie assorbo- no più o meno il gas acqueo , e vanno più o me- no in isfacimenlo. Le nostre maestose mura castel- lane , le non picciole abitazioni dei nostri avi , che non rimontano le più vetuste al di Ta del secolo dei mo terzo , e che avrebbero dovuto sfi- dare ancora molti secoli, vanno ogni d\ crollando contestandoci quanto sia dannoso il servirsi di que- sta roccia. L'ignoranza però delle cose Usiche , la facilita colla quale prestasi al lavoro dello scar- pello, ed i grandi e vicini massi presi dalle pro- prie terre, sono circostanze perdonabili alla memo- ria de' nostri buoni vecchi , dei quali non aven- do più noi le onorate dovizie dobbiamo procu- rarci tutti i mezzi economici , che i lumi scienti- fici , dalla sperienza avvalorati , ci somministrano.- Perciocché torno a ricordare ai miei concittadini , non meno che a tutti quei che ignorassero questi fatti, e che si trovassero nella medesima posizione geognostica, di guardarsi dal fabbricare con detta roc- Osservazioni GcoLOGicun 3o5 eia ( i). Bon io comprendo che maggior tìispenclit) ri- chiede l'uso del macigno calcareo, e dei mattoni fatti mediante la cottura dell' argilla , terra soprabhon- danto in quel territorio ; ma queste maggiori spese sono un nulla rispetto alla lunga durata che ne verrebbe. Tutte le descritte arenarie sono in que- sto luogo , e nei luoghi convicini chiamate col vol- gar nome di tufo (a) , ad eccezione dell' arenaria terziaria che trovasi nello stato di polvere. Questa distinguesi coli' esatto nome di arena, o rena, e ser- ve di cemento in luogo della pozzolana. Viene impro- priamente dato questo nome ad un sedimentoso ara- masso che trovasi depositalo all' O. fra il territorio di Accumoli e quello di Norcia . I caratteri fisici di quest' ammasso sono un color giallastro con una grana finissima , ma aspra , e molto aderente alla lingua , riducendosi in polvere con somma facilita : perocché sembravami probabile pertenere esso ad una specie di Tripoli ■, la quale, senza avere sofferta l'azio- ne termantile, locchè poteva pur essere accaduto , mentre l'umbro suolo è ricco di depositi di carbon fossile , fosse formata di arenaria e silice riamassata dalle acque, e quindi per sedimento depositata. Pe- raltro mi son ricreduto dall' opinione che fosse un Tripoli, dopo esser stato esaminato dall' ottimo pro- fessore di mineralogia il nostro chiariss. Carpi , il quale giudicò non esser altro che una terra argil- losa-silicea. Era io portalo a quella credenza non solo (i) DI molta durata sarebbero le fabbi-iche costrui- te colla sopraddetta roccia di transizione : la difficoltà del trasporto fece forse non usare la jnedeslma che a noi sembra pivi dura della pietra bigia dei toscani. (■>) h\ Siena usasi lo stesso nome. G.A.T.XXVIII. ao 3o6 Scienze per le circostanze locali ma eziandio per l'utilissimo profitto che se ne tragge, poiché adoprasi per cemento in quelle fabbriche che debbono appunto risentire l'a- zione dell'acqua, come i raolini , i pozzi ec. i quali han- no per quest'effetto una lunga durata: e breve al contrario sarebbe se si adoperasse il comune cemen- to sopra ricordato , cioè 1' arena. Per la maggior durata non si risparmia la spesa del trasporto: e forse per la stessa cagione fu dato a quest' am- masso il volgar nome di pozzolana , La sabbia del fiume Tronto finalmente è uu miscuglio polveru- lento di argilla, carbonato di calce , e silice tra- sportato dalle acque di ogni banda : quivi ancora smussati veggonsi ciottoli arenarii, calcarei, e sili- cei trascinati parimenti dai torrenti. Detta sabbia non serve ad alcun uso. (i) Esposte le quali cose , vuoisi toner discorso di quei terreni marnosi terziarii , dalla cui presenza, mercè dell'azione delle copiose acque, provengono i suindicati disastrosi avvallamenti. L'argilla che qua- si pura vedesi in alcuni luoghi , e specialmente do- ve è basato Accumoli, è la terra oltremodo abbon- dante in quel territorio. Onde se il suolo d'Abbruz- zo è calcareo siliceo-argilloso, questa sua piccola por- zione è apparentemente argillosa calcarea-silicea, da- poichè la calcarea nel suddetto arenario suolo pun- to non si adocchia come pietra , ma si ritro- va sempre in miscela pivi o meno abbondante. Per (i) Sembra che le acque del Tronto non solo pel breve spazio clie hanno percorso fino al nostro territo- rio , ma più per li maggiori influenti che vi si scarica- no , e provenienti dal suolo arenario , non depositino quei sedimenti tofacei di carbonato calcareo , come altrove si osser>a. OSSKUVAZIO.XI GEOLOGICHE SoT assicurarmi meglio di questa verità ho profittato dell' amicizia e dell' esimia perizia del nostro col- lega r egregio professore Alessandro Conti (i) , il quale in piìi o meno copia ve la rinvenne. Da que- sto miscuglio argilloso-calcareo-siliceo risultando dun- que gli accennati depositi terziarii , ne viene che _per questa specie di marna il patrio territorio aju- tato dalla mano dell' uomo e dai naturali Ingras- si vegetali non è sterile. Ma in alcuni punti dal- la test^ detta topografìa , dalle pioggie dirotte , e più dallo scioglimento di copiose nevi vuoisi al- le volte ripetere la rovina non solo delle terre , ma il pericolo di vita degli abitanti che vi sono sottoposti. Per maggiore schiarimento di un fenome- no cotanto interessante , fa d'uopo narrare la sto- ria dei funesti avvenimenti recentemente successi . Per la qual cosa dopo aver io riferite le parole del- lo stesso mio genitore, scrittemi nell'aprile del i8i() epoca degli ultimi disasti'i , metterò sotto il vostro giudizio , o dotti lincei , le riflessioni che vennero al mio pensiero tre anni dopo sulla faccia del luo- go . Dalle quali riflessioni trassi una conseguen- za, che, se mal non mi appongo , presenta dei fat- ti quanto facili e sicuri , altrettanto solidi e van- taggiosi. „ Accumoli 21 aprile i8iG = F. C. == Le „ nostre disgrazie non hanno mai fine. Si è rinno- „ vata la catastrofe della Fiorenzola. La villa Tufo „ è un miracolo che non sia stata tutta subissata (3). (i) Passò testò nel numero de'plù con vero dolore de- gli amici suoi, con dispiacimento di Roma, e di chi ama le naturali scienze, nelle quali era il Conti profondamen- te versato. (?) Per tradizione dicevasi fosse stato con maccior danno^soggctlo a simil disastro. Infatti ciò avvenne l'an- 3o8 S e i K N a E „ Lo stesso è accaduto ai Mazzancolli . Nella not- „ te i4 corrente, meno di un terzo di miglio sopra „ detta villa , cominciò a distaccarsi la montagna , „ ed il distacco fu terribile per larghezza ed altez-^ „ za , ma non per profondità , poiché se questa fos-< „ se stata in paragone di un terzo di miglio di „ diametro che occupa l'intiero distacco avrebbe riem- „ pita- la piccola e stretta valle, che alla villa ac- „ costa colla rovina non solo di sette case che ri^ „ raasero per essa sepolte , ma di tutte le altre an- „ Cora, Ciò che ha stupito è stato il cammino len- „ tissimo di tre giorni di quella montagna alla ve- „ duta di tutti. Mezzo Accumoli vi accorse : nel se- „ condo giorno vi fui anch' io. Da tutti si esclama^ „ va che a' tempi nostri vanno in fumo i prover- „ bj più antichi , poiché la montagna non solo in „ parte spariva, ma camminava. Questo cammino pe- „ rò è stato fortunato per gli abitanti che non han^ „ no avuta la disgrazia di quegli infelici di caste! „ Trusino , ma hanno potuto ancora , come hanno „ fatto, portar via fino i coppi ed i mattoni dalle ca,^ ^, se. Un vecchio contadino aveva preveduto qual- „ che cosa di sinistro , ma non l'aveva comunicata „ a persona intelligente. Questa previdenza era na-^ „ ta dall' aver vedute molte crepacce (i) fino dal np 1477. Le storie ascolane per iscambio riferiscono il fatto al convicino villaggio di Capodacqua , di cui qui sotto diremo. Saggio delle cose ascolane pag. 348, (i) Deve avvertirsi che sottilissime erano tali fenditu- re , mentre potrebbe supporsi che essendo molto larghe, ricevessero gran copia di neve , la quale passata in gè-? lo , al disgelarsi, fosse cagione degli avvallamenti. Questo fenoincno jiunto nqn si osserva nel nostro territorio. OssERVAaioKi cKiticiii; 309 ^^ passato estate nel sito del distacco della lama. ^, La copiosa acqua per lo scioglimento della gran. ), neve che abbiam avuta in quest'anno , e che ha i,f cominciato sul fine di marzo, si h fatta strada in >,■•, quelle Crepacce , ed ha prodotta questa sveuturai i, I vari ruscelli di acqua, che da prima usciva-' i, no a pie della detta montagna , hanno canlbia- <)>, ta direzione , e sono comparsi in poca distanza* ,, Il danno è stato delle case >, ma piti quello del f) vitame che era a piedi della montagna nella sot- ij toposta Valle ; e ci vorrà molto tempo prima 1, di potersi rimettere a coltura. Anche a me po" ^, ver Uomo ha ricoperto un alberetello. Quasi nel ■j, momento che accadeva questa disgrazia ne veni* ^, va un'altra, che se per miracolo del Signore non „ si arrestava, sarebbe stata a comune sentimeuto più, „ terribile della prima 4 Questa lama si è formata i^ ai Mazzancolli : nel punto che cadeva la lama » ^, sentivasi un gran remore a guisa di grandi èdifi-' „ zj che cadono. In lontananza di circsL ^ò passi dal ,, suo orifizio s'inchinarono a terra delle annose quer-* „ eie ed altri robusti alberi , nel punto che quella „ raovevasi , e minacciava la rovina della valle del ,j Tronto , giacché se proseguiva si sarebbe riunita ^, con Rapino, e Dio sa dove finiva il Tronto. Que- ), sta lama , benché più piccola in circonferenza, fu ^, assai più profonda della prima : ma perchè il de-* ^, clivio era meno sensibile di quella del tufo , per-» it ciò vogliono alcuni che siasi arrestata. Altri di- 4, cono che a piedi dei Mazzancolli vi era un Tuscel- 4, lo di abbondante acqua sparito da varii anni , ,) e che nel momento della lamazione è ricomparso; „ da questa circostanza ripetono clie si fermasse la „ medesima .... 3 IO SciENZK La pretesa Fiorenzola^ di cui si fa motto in que- sta lettera, fu un castello , o per dir meglio un vil- laggio (i) sotterrato fra le ville s. Giovanni e la rimpiazzatagli Villanova sulla fine del secolo duode- cimo da una montagna che la sovrastava al N. e di cui vedesi ancora il sito del distaccamento , le cagioni del quale furono le medesime che produs- sero gli ultimi disastri. Non sarà perciò disutile l'in- lertenervisi per poco , onde porre in chiaro quanto sia facile di prevenire gli effetti di avvenimenti co- tanto sinistri. Due sono lo cause essenziali dalle qua- li essi derivano : un marnoso suolo terziario è la prima ; la seconda causa è la copia strabocchevole delle acque , prodotta o da dirotta continuata piog- gia, ma più dallo j-traordinario soprannotato sciogli- mento delle nevi delle montagne sovrastanti i luo- ghi dove succedono que' dirupamenti ; i quali so- no eziandio funesti in ragione del maggior declivio de' medesimi luoghi . Quella specie di marna dun- que , di cui piccoli saggi sono sotto i vostri squar- di , o lincei , è appunto , che imbevendosi per na- tura delle acque alla sua superficie e nell' interno, si ammollisce a gradi a gradi. Il terreno quindi per leg- gi ancora di gravita dirupa, producendo in gene- rale leggeri scoscendimenti con danno ora maggio- re ora minore della publica economia rurale , al- le volte per le teste menzionate cagioni succedo- no avvallamenti di siffatta natura che nello spa- vento e nel terrore arrecano rovine e morte. Sembra abbastanza chiaro , clie intanto giornaliero e lento fu il cammino di detta montagna del Tufo perchè non profonde furono le radici di quell' avvallamen- (i) Vedasi la pianta topogr. OSSERYAZIOXI GEOLOGICHB 3lt to , ne ebbero la loro origine dal vertice della mon- tagna , ma bensì verso le falde nell' estensione ap- pena di un terzo di miglio dalle sue radici. A mi- sura poscia che ammoUivasi la terra per la copia del- le acque , e per l'incessante loro aumento, andava poco a poco cedendo , fino a che dal principio del suo distaccamento interamente avvallava . Violento d' altronde fu lo scoscendimento dei Mazzancolli , mentre dalle circostanze in detta lettera espresse ri- levasi essersi formato una specie di profondo vuor to in varli anni per la scomparsa di un ruscello di abbondante acqua. La copiosa venuta poi delle acque recenti, trovando una tale disposizione, pro- dusse un istantaneo e precipitoso dirupamento con violentissimo scroscio per lo sprigionamento deiraria4 ISe punto può dubitarsi del profondo vuoto , giac- che profonde furono le raditi ove incorainciossi il distaccamento , riconosciuto dalla profonda melma che il ristagno delle sparite acque aveva formato. Incompleto pertanto fu quest'avvallamento , per- chè la posizione era poco declive; ma sembra inol- tre che essendo stato profondo l'accumulamento acquo- so non fu questo bastante a spingere si grossa mo- le di terra : oltrecchè al momento che incomincia- va r avvallamento , la ristagnante acqua riaprivasi tosto r antica strada , poiché lo sparito ruscello fu veduto ricomparire nello stesso tempo. Finalmente po- trebbe ancor supporsi che quella melma scorrendo nei solidi strati servisse come di cemento . Ri- man certo però che il piccol pendio del monte, la poca forza dell'accumulamento acquoso per la pro- fondila dell'avvallamento , malgrado la presente for. za delle recenti acque , e la strada riapertasi dallo sparito ruscello , furono le principali cagioni perchè questo avvallamento fosse incompleto. Nò mal si ajj- 3 1 a Scienze pone l'I mio genitore , clie se fosse stato compie-' to sariasi riunito col monte di Rapino al di là del Tronto , formando in tal caso un altissimo monte, ed avrebbe quindi con immenso danno chiuso il cor- so ad un fiume superiore che rapidamente discorre. Da quanto si è fin qui detto rimane indubi- tato , che l'avvenimento di tali fenomeni ha luogo più per un' azione fisico - meccanica , che per una chimica decomposizione. Perocché non posso io con- venire col dotto naturalista Antonio Orsini di Asco- li , il quale essendone stato non ha guari da me pre- gato , mi favori una relazione dell'accennato avval- lamento di Castel Trosino distante tre miglia dalla citta di Ascoli . Ripete egli quel sinistro dallo spri- gionamento dei gas mercè dell'azione chimica delle co- piose acque sopra i sulfuri metallici, che si ravvisa- no nei penetrali dell'avvallato terreno. Ninna piri- te esiste nei luoghi avvallati che io teste descris- si , no la presenza di questi sulfuri trovasi in niun villaggio dell' Umbria limitrofo al patrio suolo, in che avvengono più o meno le stesse Sventure. D' aJtronde il prelodato naturalista narra che tre giorni continui di copiosa pioggia precedette l'asco- lano disastro accaduto il giorno :24 settembre 1810. Dall'altro canto il terreno, meno quegl'interni sul- furi, è marnoso^ e la stessa è la posizione grafica ;; nelle fenditure inoltre di questo suolo marnoso scor- rono con placidezza continuamente le acque , con- forme nella stessa relazione ho rilevato ; perciocché lo sviluppo dei gas di frequente avrebbe dovuto produrre qualche frana. Forz'è dunque dire che la straordinaria violenza delle copiose acque fu quella che per la qualità del terreno produsse quel di- sastro colla rovina del territorio , di sette case , e di 12 persone che vi perirono. Osservazioni gscvlogiche 3i3 Non appena io vidi nel iQiQ i descritti av- vallamenti che tosto avvisai che dando lo scolo al- le acque mercè di calcolate leggi idrauliche , con tenuissima spesa sarebbesi riparato a tanti sconcerti. Minori sono difatto gli annuali scoscendimenti, quan- do quelle terre hanno dei solchi verticali fatti coU'ara- iro. Un solo sguardo che diasi all' annessa pianta topografica convincerà voii" o dotti lincei, della giu- stezza della mia proposta onde prevenire ulteriori disavventure. La natura 'medesima ci additò un si facile ed util riparo. Api'iss'i ella la strada nelle parti laterali di quelle montagne ' scaricando le copiose acque nei fossi che ivi' sii osservano.' •' Quindi non solo ogni governo , ma -qualunque municipal reggimento potrà con somma agevolezza riparare cosi infausti accidenti col dare lo scolo alle acque. Ottimo divisàmento eziandio sarà quello di; un assoluto divieto di fabbricare, o ricostruire abi-- tazioni qnalsivogliano nelle marnose terre, o aUe,Ea-l dici dei monti intersecati da dette terrea iv ììWo Ne dee recarci maraviglia se invano quivi si ricer- ca ogni prezioso avvanzo di antichità sabino-romana ; mentre per la propria geognosia andò il detto terri- torio soggetto quasi incessantemente a cambiamenti. Appena qualclie traccia dell'antica via salaria osser- vasi nella parte quasi la più montuosa del mede- simo (i). Una tanta perdita delle vetuste cose coi danni da noi riferiti ci rammenta ancora che la loro rinnovazione farebbe torto gravissimo dopo' le indubbie ed evidenti proposte riparazioni. Ne fia a voi discaro, o valorosi accademici , se nel porre termine a quest' odierno mio lavoro vi narrerò un più recente e più luttuoso disastro da dif- ferente cagione prodotto nella villa di Capodacqua (i) Vedasi la pianta topograf. 3i4 S e I E N Z S il dì i4 roarzo iSaS sulle ore i3 italiane. Fin da quando io leggeva le notizie di Accumoli notai che quel suo villaggio era stato soggetto alla rinnovata sventura oltre la metk del secolo iG". Neil' udirne la rinnovazione rimasi sorpreso , come i miei concit- tadini fossero stati così smemorati a permettere a quegli abitanti di fabbricare nuovamente a pie del- la montagna. Dapoichè non inanca territorio di qua dal fiumicello, chiamato anch'ivi Pescara , per fab- bricare al sicuro , come io fortemente inculcai do- po l'ultima rovina . La villa Gapodacqua, chiama- ta anche Castello nel medio evo, prende questo no- me dalla quantità di acqua , la quale non solo scende dalla montagna di Accumoli , ma eziandio a nostro giudizio dalla summenzionata montagna della Sibilla. Difatti al S. O. di questa montagna sotto- sta una racchiusa pianura di molte miglia distinta col nome di piano del Gastelluccio , dal vicino vil- laggio di questo nome . Quivi non si ravvisa al- cun visibile canale o scolo che riceva non solo l'in- cessante acqua che viene dalla detta montagna, ma neppure quella prodotta dall' immensa quantità di neve ivi nella fredda stagione raccolta. Quest' acqua nella sua maggior parie dee farsi strada pe'sotter- ranei meati , molti de'quali vanno a terminare nella montagna di Accumoli, portando copiosa acqua al- la radici della medesima, ove si trova una valle piuttosto angusta nella quale e situato il detto vil- laggio. Non sono rari i danni prodotti dalla straor- dinaria abbondanza delle acque a quegli abitanti disgraziati; e benché più rari, di gran lunga mag- giori sono i danni prodotti dalle così dette valan- ghe di neve. Neil' anzidetta epoca dunque cadendo- forse per propria gravita un qualche volume di ne- ve da alcuna delle più alte balze, ingrossavasi quel volume per l'enorme quantità di neve raccolta pel Osservazioni geològiche 3i5 tratto di circa un miglio nel montuoso terreno ; ma per Tertissimo pendio della montagna (da me sopran- notato col nome di dirupparaento ) in ragione e della massa e della velocita tanta forza acquistava che schiacciava tutto ciò che gli si parava davan- ti. Molte furono le case schiacciate , dodici furono i morti , ventitré furono gì' individui feriti. Piiì giorni continuossi a travagliare dagli 0}>erai per ritrar fuori gl'infelici capodacquesi. Dopo due gior- ni sana e salva fu tratta fuori una vecchia di 82 anni , perchè trovavasi dentro una camera a vol- ta che non rimase schiacciata. La perdita poi (dei bestiami piccoli , ma più de' grossi , fu relativamente molto grande dapoichè vuoisi conoscere esser questo non piccolo villaggio soprattutto dedito alla pastori- zia dei secondi. I giornali del regno delle due Sici- lie accennarono questo fatto , ma nell' onorare Ca- podacqua col nome di comune , la collocarono sot- to la provincia di Teramo: colla quale neppure è a contatto , conforme può vedersi nell' annessa pianta topografica. .j Tuy.i'uKo! Prefissomi di pubblicare le osservazioni geolo- giche, ed avendo io risaputo che il suddetto Or- sini botanico assai distinto, aveva fatta un'escursio- ne nel territorio di Accumoli , ho profittato dell'ot- timo mio amico l'egregio D. Talianini medico pri- mario di Ascoli perchè a mio nome pregasse quel- lo scienziato a fornirmi quelle notizie botaniche che maggiormente potessero interessare la scienza. Quel chiarissimo, a chi mai sempre grandissima sarà la mia riconoscenza, dopo avermi notiziato sopra l'avvenimento citato di Castel Trosino , portossi due volte in Accumoli scorrendo 1' odierno suo ter- ritorio , e compilò il seguente catalogo % me te- ste inviato , soggiungendo che la fertile regione 3i6 Sciènze di Accumoli vorrebbe esaminarsi in molti e divei'sl tempi , non già di volo come egli ha fatto : scarso soprattutto ei dice , troverassi detto catalogo per ciò che riguarda i funghi, dei quali anche a mia certa notizia soprabbondano alcuni de' varii colli boscherecci del patrio suolo. CATALOGO alfabetico delle piante fanerogame. fi. Acer campestre „ monspessulanum ,) platanoìdes ,, psettdo-platanus Achillea millefolium „ punctata. Tenore neafp.'' „ tenacetifolia „ tomentosa Aconitum pyrenaicum. De- candoU fi. Fr. Actcea spicata AcynDs vulgaris Persoon syn. pi. Adoni s autumnalis „ oestivalis Aegylops ovata Aethusa Gynapium Ageratrum graveolens Agrimonia Agrimonioides „ eupatoria Agrostemma glttiago Aira capillaris ,, cespitosa „ caryophyllea „ flexuosa Alchemilla Alpina „ Aphanes „ vulgaris Alnus glutinosa AUium ericetorum Tenore fi. Neap. „ Illyricum „ magicum „ roseum Bertoloni a- moen. Ital. Amaranthus blitum „ prostratus „ spicatus Antoiria vulgaris - Raddi Jung. Etrusca Anemone alpina jS Decand. fi. Fr. ,, hortensis „ narcissiflora „ nemorosa „ ranunculoides Anthemis alpina B O T Anthemis arvensis „ Barellieri Ten. fi. Neap. „ cota „ catula ,, mucronulata Bertoloni „ tinctoria Anthyllis montana „ vulneraria Antirrliinura Gymbalaria „ elatine „ majus „ minus „ purpureum „ spurium Alsine media Animi majus Anagallis arvensis ,1 coerulea Ancliusa Barrelieri Androsace villosa Angelica silvestris Antlioxantum odoratum Apargia auturanalis Willd, „ liispida id. Aquilegia vulgaris Arabis Alpina „ thaliana ,, turrita Arctium Lappa Aristolocliia clematitis „ rotunda Arnica bellidiastrum W. „ lanigera. Ten. ti. Neap. floscuosa Bert. Lucu^r. Ar»opogon Dalecampi AMICA Sij Artemisia Abrotanuni „ Absyntliium „ vulgaris Arum italicura „ maculatum Arundo phragmites Asclepias vinceloxicura Asarum europaeum Asparagus acutifolius Asperula cynanchica „ odorata „ taurina Aspliodelus albus Astragalus monspessula- num Athamanta libanotis Astrantia major „ pauciflora Bert. Am. Ital. Atropa belladonna Avena fatua „ flavescens Aster alpinus Ballotta nigra Bellis annua „ perennis Bellinicinia montana Rad- di Jung. Etrusca Betonica alopecurus „ ofTicinalis Biscutella loevigata Brassica gravinae Ten. fl. Neapolit. Briza maxima „ media 3i8 S G 1 B Bromns arren^is „ erectus „ mollis ,, pinnatiis „ squarrosus „ sterilis Bupleurum cernuura. Ten. fi. Neapol. „ odontites Lin. Bryoaia dioica Bunias erucastrum Cacalia alpina Calendula arvensis Cavdamiue lùrsuta „ impatiens Carduus aclianthoides ,, crispus „ uiarianus „ lycopifolius „ pycnoceplialus Carex arenaria „ digitata „ ferruginea „ flava „ Drymeja Lin. Fil. „ mariolepis Decandoll, fl. Fr. „ recurva Carlina acaulis „ acanthifolia „ caulescens „ corymbosa ,, vulgaris Carpinus betulus „ oslria N r K Centaurea calcitrapa „ Cyanus „ disseota-Ten fl, Nea- politana ,, galattites „ montana „ nigra „ scabiosa „ solstitialis „ splendens Cheirantus Cheiri Chelidonium majus Chondrilla juncea Cineraria cordifolia Circaea lutastiana Colchicum autumnale Coniura maculatum Convallaria multiflora „ polygonatum. Convolvulus arvensis „ Cantabrica „ sgepium Coriandrum testicula- tum Cornus mascula „ sanguinea Clematis erecta „ vitalba Colutea arborescens Conyza squarrosa Coronilla emerus „ minima „ securidaca „ varia Corylus avellana Bota Crocus vernus „ „ var. FI. albi Cuscuta europsea Cyclanieii hederoefolium Cynosurus echinatus Cyperus flavescens „ fuscus „ longhus „ olivaris Targ. Cytisus Capitatus. „ hirsutus „ Laburnura „ sessilifolium. Dactjiis glomerata Daucus carota Delpliiniuni Consolida „ velutinum Bert. Op. Scient. di Bologna Dentaria bulbifera Dentaria enneaphylla „ pinnata Dianthus Cartusianorura ,, Caryopbyllus „ deltoides ,, monspessulanum ,, prolifer Digitalis ferruginea „ lutea Dipsacus sylvestris Doronicuni Columnce Ten. FI. Neap. „ pardalianclies Dorychnium raonspelien- se Dryas octopetala N I e A 3 19 Drypis spinosa Echium Italicuin „ violaceum Echinops spherocepbalus Epilobium angustifoliuni „ montanum „ roseum Epipactis nidus — avis Willd. Erygeron acre „ alpinum „ canadense „ graveolens Erodi um cicutariura „ laciniatum Erysiraura barbarea „ sylvaticura Eryngium Campestre Eupatorium cannabinum Euphrasia odontites „ Jatifolia „ lutea „ ofiìcinalis „ „ fi. Bert. amoea. Ital. Euphorbia Cyparissias „ esula „ exigna „ lathyris „ helioscopia „ palustris „ peplis „ peplus Evonymus euvopaeus „ latifolius 3ao Sci Fagiis castanea „ sylvatica Festuca Halleri „ loliacea Fragarìa collina „ sterilis „ vesca Fraxinus excelfior „ Ornus Fritillaria meleagris Fumaria capreolata ,, officinali» „ parviflora Willd. Galeobdolon vulgarePers. Galeopsis Ladanum Galliuni Aparine „ luciduin „ moUugo ,f palustre „ purpureum „ veruin Genista cordata „ ovata „ tinctofia Genti ana acaulis „ havaricft ,, cruciata „ campestris „ germanica ,, lutea ,, nivalis „ verna „ „ /5 pumila ,, ,, Jc Bert. Am. Ital. Gladiolus comunis GloLularia cordifolia E N z E " Globularia vulgaris Geranium molle „ pratense ,, pyrenaicura ,. phasum ,, reflex uni Geum urbanum Gleclioma hederacea Gnaphalium leonthopodi- ura Willd „ dioicum „ erectum „ stoechas Hedera Helix Hedysarum album „ cristagalli „ montanum Heliotropium europaaura „ tinctorium Helleborus foetidus „ hiemalis „ viridis Helraintliia echioides Hesperis inodora Holcus lanatus Humulus lupulus Hyacintlms comosus ,, racemosus „ roraanus Hypericum Androsoe- mura. „ perfolialum „ zicherii „ quadrangulare Hyosciamus nigcr Iberis rolundifolia Bota Ilex aquifoliura Illecebrum capitatum Impatiens noli me tangere Inula dissenterica ,, saligna Iris Germanica „ Fiorentina „ fcetida „ tuberosa Isatis tinctoria luniperiis cdmunis Lactuca virosa Laminm Garganicum B Ten. fi. Neap. „ maculatura „ purpureum Leserpitium Libanotis „ Siler Lapsana comunis Lathyrus Aphaca „ Latifolius Leontodon taraxacum Lepidium gramineum „ martagou Ligustrum vulgare Lithospermum arvense „ officinale „ purpureo-coerulleum Loliura perenne Lonicera caprifolium „ etrusea Lotus corniculatus „ hirsutus „ rectus Lunaria annua G.A.T.XXVHI. N I e A Sai Lychnis dioica „ flos cuculi Lylimacliia nummularia Malva alnoides Tea. fl. Neapol. „ Hedivigi „ moscata „ rotundifolia „ sylvestris Marrubi uni vulgare Medicago falcata „ fusca „ lupulina ,, orbicularis Melampyrum arvense Melilotus officinalis Melissa officinalis „ „ i8 hirsuta Melittis melissophyllum Mentila hirsuta „ pulegium „ rotundifolia „ sylvestris Mercurielis annua „ perennis Melica cibata „ minuta- Momordica elateriura Myagrum sativum „ saxatile Myosotis Alpestre „ lappacea „ scorpioides Narcissus unicolor Ten. fl. Neap. 21 5 ~2 O C I Nardus strida Neottia spyralis fi;)^ <-^'''- - Nigella saliva "■'•• ^" ■ Oenauthe crocata „ pimpinelloides Ononis arvense „ Columnae Ali. „ viscosa Onosma ecliioides Ophrys arachnites Host Syn. „ aranifera Huds. „ apifera id. ,, speculum Bertol. Orcliis bifolia „ coripliora „ fusca „ mascula „ nigra „ morio „ maculata „ militaris „ pyramidalis „ sambucina „ teplirosanthos Ornitbogalura excapum Ten. fi. Neap. „ narbonense „ umbettatum Origanum vulgare Drobanche caryophyllacea „ cruenta Bert. rar. Ital. pi. dee. 3. „ major „ minor E N Z E Orobancbe racemosa Oxalis acetosella „ corninulata Paeonia officinali^ '^ '■1"" Panicum viride Ali. „ glaucum „ Crus galli '^ tf Papaver bybridura „ rhoeas ' Parietaria judaica „ officinalis Paris quadriglia Pastinaca sativa Pedicularis foliosa „ tuberosa ' • „ verticillata Phalaris arundinacea Phyllirrea angustifolia „ media Phleum alpinura „ Gerard! Phytlieuma orbicularis Pimpinella dioica „ magna Plantago Alpina „ Cynops „ major „ media „ lanceolata „ subulata „ victorialis Per. Poa alpina „ annua „ rigida „ violacea B O T A Polygala amara „ grandiflora „ vulgaris Polygonum bistorta „ convolvulus „ aviculare „ hydropiper „ persicaria „ viviparum Populus alba "^V *« „ niera gr „ tremula Portulaca oleracea Potentina apennina Teno- re FI. Neap. „ aurea „ adscendens ,, reptans „ sabauda „ verna Poteriura sanguisorba. Prenanthes muralis ,, purpurea Primula acaulis „ Suaveolens Bert. am. Ital. Pulmonaria officialis Pjrola minor „ secunda Pyrus malus Quercus cerrus il ilex „ pubescens „ robur Ranunculus acoaitifolius N I e A „ arvensis „ bulbosus ,, illyricus „ montanus „ repens Reseda alba 5, luteola „ phytbeuma Rhagadiolus stellatus Ribes rubrum Rinanthus crista-galli Rubus coesius „ idaeus „ fruticosus „ tomentosus Rosa alpina ,, collina „ canina „ serapervirens Rubla peregrina ,, tinctoria Rumex alpinus „ pulclier Sambucus ebulus „ nigra Salix alba „ acuminata Host „ caprea ,, elix „ retusa „ riparia ,j triandra Saponaria ofllcinalis Satyrium liircinuiu Saxifraga Aizoon 3^ 3a3 ■ KX?. 3^4 Sci Saxifraga Aizoides „ Scingulata Bellardi „ Muscoides Murray ^ granulata „ rotundifolia „ tridactylites Scabiosa arvensis „ columbaria „ crenata CirilU „ gramuntia Ali. Scilla bifolia Scropliularia bicolor Sib- tops. FI. Graec. „ canina „ aquatica „ grandidentata Tea. FI. Weap. „ lucida „ netnorosa Scutellaria Golumnse Ali. „ peregrina Sclileranthus annuus Seseli prolifer - Brocchi Flexuosum Ten. Sesleria coerulea - „ nitida „ junua Stoss Scherardia arvensis Sempervivuni tectorura „ arachaoideum Senecio Jacobseus „ laciniatus „ vulgaris Sprapias grandiflora „ easifoUa E N Z E Serapius rubra Serratula tinctoria Silenoe polyphylla „ quadridentata „ Saxifraga ,. baccifera Sinapis alba. Allioni Sisymbrium ampbibium „ nasturtium „ sylvestre Siura nodiflorum Sison amomum Smilax aspera Solanum Dulcamara „ nigrum Stellaria Holostea „ nemosa „ saxifraga Bert. Stellerà passerina Sympbytum tuberosum Taxus baccalà Teucrium chamasdrys „ flavum „ scordium „ scorodonia Tlialictrum Aquilegioe fo- liuin Thlaspi bursa pastori» „ perfoliatum „ saxatile Thesium montanum ;, IntermediumBert.Am, Ital. Thymus lanuginosus „ MarinosciTen.fl.Neap. Bota „ Serpillum „ Spinulosus Tormentilla erecta Tragopogon porrifolium „ pratense Trifolium agrarium „ Ladium „ montanum „ pratense „ spadiceum Trollius europaeus Turritis sagittata Bert. am. Ital. Tussilago Farfara „ petassites Typlia Latifolia „ minor Ulraus campestris Unica dioica „ urens Vacciniura myrtillus Valeriana montana A Bert. Ap. Se. Boi. „ Officinalis „ tripteris „ tuberosa Verbena officinalis N ICA. 33$ Yerbascnm blattaria „ floccosum „ longifolium Ton. FI. Neap. „ Micrautìium Moretti „ pulverulentum „ Tapsus „ sinuatum Veronica Anagallis „ beccabunga „ agrestis „ arvensis „ charaaedrys ,, montana „ officinalis „ praecox Ali. „ serpillifolia „ urticefolia Viburnura lantana Vici a cracca „ angustifolia Allioni „ sativa Vinca major ,, minor Viscum Album Xanthium spinosum „ strumarium 3a6 Scienze CATALOGO alfabetico delle piaiite crittogame Agaricus alliaceus „ carapestris ,, androsaceus „ alneus „ prunulus Aspidium aculentum Swartz „ . . . . /5. Bert. ani. It. Smith. „ lonchitis „ Filix mas „ rigidum Asplenium tnchomanes „ adiantum nigrum Sp, pi. „ ruta muraria , Anto ir a vulgaris Rad. Aecidium crassum Dee. F. F. „ cucuLali id. „ tussillagiris „ convolvuli „ ilosculesorum Pers. s. m. fune. Borrera ciliaris Ach. CandoUea asplenoides Rad. Jung, etrusca „ complanata id.^ ;[n{j;;.r']o r.v.'-lvi'. Cenomyce rangiferina Acli. lidi, univers. ,, pyxidata id. „ furcata Cyathea fragilis Smith „ Felix foemina Swartz Cetraria Islandica Ach. lich. un. Dicranum glaucum Hedw. „ pulvinatura Smith Botanica 32,7 Dlcranura scoparium id. Didimon capillaceuni Sclireder Endocarpon. miniatum Adi. lidi. univ. Euernia prunastri Adi. Lic. Univ. Erineura acerinum Pers. syii. Fung. „ populinuni id. „ vitis id , f-^ r.ìi-,\\' ; '• „ ilicinuni Dee. FI. Fr. „ nervisequum Ilolni , et Sdimidt „ quercinurn sp. ?ioi'a mihi FruUania major Rad. „ minor id. Grimmia apocarpa Hed. , Gjmnostomum aquaticum „ lanuginosuni Hepatica triloLa Hjpnum capillare ,, splendens „ cupressiforme Smith „ molluscura Hedw „ purum „ riparioides lungermannìa brevicaulis Rad. „ turbinata id. „ dentata id. „ triloba Weber Fr. „ adianthoides L. Lemna monorliiza „ trisulca Lecidca candida Adi. „ erytlirocarpa id. „ Wulfenii id. „ atrovirens id. „ parasema, id. Lecanora glaucoma Adi. 33(5 S e I B Pf i E Lecanora Smithii id. „ circiunata id.- „ saxicola id. Leskea servicea Hedw. Marcliantia polymorpha „ sphaerica Metzeria glabra Rad. Neckera crispa Hedw. „ viticulosa id. Parmelia eaperata Acli. „ parietina id. „ glomulifera id. Peziza aurantia Pers. Polypodium dryopteris sp. pi. Pteris aquilina L. Polytricum alpinura Hedw. „ urnigerum id. Porina pertusa Adi. Puccinia globularia Pers. syn. Fung. „ umbelliferarunj id. „ veronicarum id. „ rosse id. „ graminis id. Pelila Fabroniana Rad. Pellincinia montana id. Rebouillia hemispherica Radd. Dee. p. 9 Sy ntricliia ruralis „ muralis Sciorina pertusa Ach. Sphaeria herbarum „ punctiformis Tuber cibarium Pers. Lycoperdon tuber L.( i ) (i) Essendo a me noto die i contadini di Accu- moli ( ed_io credo ciò praticarsi ancora da alcuni della Botanica 339 Usnea barbata Acli. „ clial)' beata id. ,, florida id. ,, hirta id. Uredo candida Pers. syn. Fung. ,, tìosculesorum „ gentianae •^— i^i^ Il , . I limitrofa Umbria ) nò del cane né del porco si ser- vono per Iscavare quest' ottimo fungo , ma bensì , alla qualità dello sterile terreno in cui non alligna pianta al- cuna , serve loro di certissimo indizio la presenza di una mosca posata in detto terreno , nel cui interno trovasi il tartufo. Per rischiarar meglio questo fenomeno mi son rivolto al cliiai'iss. autore di questo catalogo per sape- re la di lui opinione. Risponde egli nel modo seguente. E cosa ben certa che nelle giornate asciutte e con sole una gran folla di moscherini molto più piccoli di quelli si vedono nelle cantine sopra le botti in ebullizione , po- sano sopra il suolo arenoso che tiene nel suo interno dei tartufi , e ciò per ossen^azione ceita nel solo suo- lo di Accumoli , non conoscendo io che altri scauato- ì'i dì tal fungo ne facciano ricerca in altre parti pu- re tanto abbondanti di questi. I moscherini accennati dall' aut. sono insetti assai diversi dalla così detta mo- sca : essi inoltre trovansi solamente nel tempi asciutti , e sotto r azione dei cocenti raggi solari. D' altronde la mosca , quando è pronto 11 ricolto del tarttrfo , trovasi non meno colla direi quasi totale privazione della luce solare che colla pioggia , e col massimo abbassamento termometrico , e se i moscherini vedonsi nel suolo areno- so , vuoisi avvertire , che nel nostro territorio molto ra- ri sono i tartufi in questo suolo , abbondando essi nel suolo calcarlo , e sopra ogni altro nei banchi della su de- scritta litomarga : perciocché nel nostro territorio dagli abi- 33^0 S e I K N Z K tJredo populi „ salicis „ graminis „ menthas ,, fahae „ piri tanti de'vlUaggi sulla destra del Tronto scavansi nell'op- portuna stagione abbondantemente i tartufi. Sebbene io non abbia mai visto detto insetto , sono stato assicura- to , clie la cosi detta mosca è piuttosto lunga e di co- lor gi^ìllo rosso. Pare quindi che l' insetto vada sopra quel fungo per rincbiudervìsi , e svolgersi poi nel tem- po dalli natura stabilito. Stante questo pensiero , ho po- sti varii tartufi deatro una scatola piena di terra , e coperta con cristallo per verificarne la metamorfosi. Se l'insetto verrà fuori farassi da me esaminare dal sig. Rol- li entomologo assai valente: ed in ogni modo se in quest'an- no per incidenza , o per negligenza de miei , non ho po- tuto avere l'insetto in quistioae , l'avrò certamente nell'an- no futuro per renderne conto al pubblico. Nò sarà spre- gevole notare che 1 nostri contadini sul fine di settem- bre prendono le così dette tartufare in affitto il cui tenuissimo prodotto non è versato nella cassa comuna- le , ma vien destinato per le loro chiese. L'affitto luol- ti-e sta in ragione della pioggia di agosto , giaccliè se non piove in detto mese , il ricolto dei tartufi è nul- lo , 0 scarsissimo. Finalmente i tartufi sono voluminosi se trovansi piìi alla superficie della terra, sono piccio- li se stanno molto sotterra: in tal caso alcune volte co- stumasi dai suddetti contadini prendere detti tartufi , por- tarli presso le loro abitazioni , e con una quantità del- la terra medesima sotterrarvili per indi averli piìi gros- si. Ciò praticasi specialmente allor quando è scarsa la detta ricolta etc. Botanica 33 i Ureclo quercis sp. nov» mihi (2) „ rumicis f, suaveolens „ tussilaginis „ miniata „ hirta „ florida Variolaria amara „ clorina „ lactea Xyloma acerinum. (2) Tanto V Erineum quercinum^ quanto VUredo QneT- cis non si sono ancora pubblicate dall'autore. Esso pe- raltro mi avverte che la prima sembragli certamente una specie intermedia fra la Lecìdea , e la Lecanora , la se- conda è un fungo epifillo , proprio delle foglie del Co- rjlus avellana , o nocchia come volgarmente si chiama, DoTT. Agostino Cappkllo. ( Sarà continuato. ) 332 Sulle principali cagioni che portano aW abuso del salasso. Rijlessioni indiritte in forma dì lettera al eh. sig. cav. doti. Luigi Angeli dal cav. dott. Domenico Meli P. prof, d'ostetricia in Raven- na^ e socio ec. ec. Lette nel chiudersi la scuo- la clinico -medica delV I. R. università di Pa- dova diretta dal sig. consigl. e prof. y. L. Bre- ra ^ ed inserite nella nuova edizione del Medico giovane del sullodato sig. cav. dott. Angeli. Pa- dova % i8a5. S u w T o N. el quaderno di novembre 1824 del nostro gior- nale a facce 248 fu reso conto di una lettera del dotto e meritamente applaudito prof. Meli indiritta al cav. Angeli d'Imola intorno al presente abuso del salasso . A reprimere la pratica dissennata di dissanguar gl'infermi all'infinito sènza serbar modo e dar tempo, impegnossi specialmente l'A. in far co- noscere col mezzo di alcuni fatti i micidiali ef- fetti dell' anemia . Ad istanza ora del celebrato imo- lese Nestore dei medici italiani , e del sommo elini- co di Padova (a cui dobbiamo 1' attuale ristampa della tanto giustamente apprezzata opera del prof. Angeli = // medico giovane al letto dell' ammalato = ornata di varie interressanti appendici) ha assunto nella presente lettera il sig. Meli a ragionare sul- le principali cagioni che portano all'abuso del sa- lasso. Risguardando il N. A. la odierna pratica di pertinacemente dissanguare nelle malattie flogistiche Abus© itr.ì. «CLASSO 333 jflncliè cotenna si veda , e finché i polsi Lattone fre- quenti vibrati e tesi, imprende a dimostrare quan- to ingannevole sia il modo col quale prendonsi in oggi a valutare siffatti criterii , e come per essi si vada a fare del più salutifero il più fatale rimedio. Premette, die a tali errori conducono le tan- te discrepanze che da lungo regnano , ed ora stra- namente si riproducono, suU' essenza della flogosi ; poiché dalla inconcussa dottrina di certe solide ba- si si avrebbe più ferma l'analisi dei fatti che soc- correr ci deve nel segnare i confini pratici del retto uso del salasso. Premette altresì (per non tutto ta- cere), che qual regola generale ei ritiene (ed a giustissimo diritto) del ragionevole uso del salasso, nella cura delle flogosi attive e delle passive, il non fidarsi intieramente dei menzionati criterii , ma uni- camente il potersi continuare nell'uso delle flebotomie „ quando già la quantità dello stesso sangue stia in „ proporzione della gravezza dei sintomi che dichia- „ rano non soltanto lo sviluppo , ma benanco il „ grado di gagliardia cui monta la flogosi che si ,, prende a curare. „ Discende dopo tali premesse ad esaminare il valore del primo criterio , e con robusti e convincenti raziocinii fa conoscere la fal- lacia dei polsi frequenti vibrati e tesi nel sempre dinotare un persistente stato di flogosi. Dimostra con somma perspicacia, come per molte varietà di nevro- si , per effetti dell' assorbimento di viziati fluidi , e specialmente come in seguito a smodate missioni di sangue senza fine reiterate per ispegnere flogosi che più non vigono , possano illusoriamente presen- tarsi polsi tesi frequenti e concitati. Del che trae avvaloramento dallo stato che identico offre il mo- vimento delle arterie nella economia animale esina- nita da emorragie , mentre dall' analogia di morbo- 334 S 6 1 S N Z K si fenomeni istrutto addita la convenienza di efil- cace riparazione e non già di ulteriori perdite on- de sedare siffatta specie di movimento arterioso. De- scrive con accuratezza gli effetti sinistri che dalle precipitose e soverchie missioni di sangue derivano contemplandoli in singoiar modo nell'alterata funzio- ne dell'assorLimento , nella turbata salutifera ripa- razione , e nella serie pressoché infinita di organi- che tui'bazioni che scomponendo i tessuti o recan- do altre croniche susseguenze sospingono gli sven- turati inferrai al sepolcro. E siccome, a dispetto di uno stuòlo di morbosi fenomeni oppostamente par- lanti, si giudica sovente autorizzato il salasso da un qualche processo di lenta angioite, e di questo immaginato processo angiotico si crede rinvenirse- ne lesioni nelle necroscopiche indagini ; così non omette l'A. di svelare il modo onde trarsi d'inganno. A maoffior conferma poi della fallace dimostrazione di tai polsi per autorizzare la celebrazione del sa- lasso , s* intertiene con molta sagacita in dinotale la illusoria proprietà dei polsi , rammentando nascon- dersi sotto l'aspetto di polsi profondissimi, oscuri, e talvolta esili le piiì gagliarde e diffuse infiamma- zioni dei visceri addominali a parenchima e pur dei polmoni , mentre inoperosi si stanno alcuni medici in tali combinazioni , e trepidanti al più ricorro- no a qualche missioncella di sangue. Dopo aver quindi discorso dell'abuso , che si- fznorepjjia , d'istituire un soverchio numero di san- guigne entro un giorno , passa a trattare della co- tenna , eh' è l'altro criterio ritenuto infallibile per la certezza della flogosi- Favellando qui alcun po- co intorno al vario colore della cotenna; intorno al- la diversità del sangue nei varj individui, età e con- dizioni di salute 5 intorno alle differenze di questo Abuso del salasso 335 fluido manifestissime nell' istesso individuo da una provincia venosa all' altra; intorno alle tante va- riate proporzioni negli elementi del sangue ricono- sciuti dalle ricerche di tanti chimici ivi pur men- zionati ; intorno alle infinite cagioni atte a minui- re od accrescere o rendere inerte ciascuno dei suoi principj ; e finalmente intorno alle innumerevoli com- binazioni idonee perfino a privare quel fluido or di uno or di un altro principio; guidato da tante e SI assennate ragioni, non vede che la sola con- dizione della flogosi possa costantemente per cosi dir preparare i materiali della cotenna. Aggiunge, che se il sangue (indivisibile nello stato di vita) è ca- Face di alterarsi per condizione morbosa , non dee indole di questa dedursi dai fenomeni che ci ap- presenta il sangue scomposto ed abbandonato alle leggi che la chimica esercita sui corpi morti. Sif- fatta stravaganza (ei dice) sorpassa ogni torto pen- sare , e troppo fa onta al luminoso stato a cui è giunta la medicina nel secolo' decimonano. Col sostegno poi di replicati esperimenti da es- so con somma solerzia istituiti sulla cotenna e co- agulo del sangue , si trova il sig. Meli autorizza- to ad inferire , che la produzione della cotenna sia un fenomeno di fisico -chimica spettanza, deri- vante cioè dall'azione di alcune sin qui indetermina- te fisico -chimiclie potenze sul sangue abbandonato dal principio che nella nostra macchina lo verifica , e posto in condizione di decomponimento. Del quai giudizio egli vieppiù si persuade e pel completo organizzarsi della cotenna dopo il rafFreddamen- to del sangue , e per la costante posizione di es- sa alla superficie di cotal liquido che trovasi in con- 336 S e r E N z E latto diretto con 1' atmosfera. Non impugna , che sol dietro una particolare modificazione dei mate- riali componimenti il sangue, agir possano le poten- ze esterne per formare la cotenna; apertamente ne- ga bensì, elle questa particolar modificazione venga- gli unicamente partecipata dai processi infiammatorii, e trova pur dementita quest'assertiva da fatti in- contrastabili. Che di vero non vi è stalo di più o men ferma salute. : non soggetto fievole o robusto di costituzione; non varietà di temperamento, di età, di sesso , di modo di vivere , a cui traendosi sangue non se ne possa separar la cotenna. Quante vol- te d'altronde non mancò questa nel sangue estrat- to a malati della più accertata irffiammazione ! quan- te mai non sono le vicende di questa cotenna, sic- come le si leggono registrate all' articolo Cotenna nel dizionario delle scienze mediche, ed in parte qui trascritte dall'A. ! Innanzi finalmente di chiuder la sua lettera non risparmia il sig. Meli di rampognare la smania in- cessante di Irar sangue in qualunque epoca e tem- po della malattia , fino ad obliarsi che al declinar delle acute flogosi niun conto più dee farsi della cotenna per rispetto alle ulteriori indicazioni delle sanguigne. Vien da ciò l'egregio A. sospinto ad es- clamare contro gli errori dei sistemi , e si duole specialmente , come in questo secolo , che ben può dirsi secolo della medicina, abbiasi ad „ udire e leg- „ gere , che l'esercizio della vita e delle organiche „ funzioni è opera di fisiologica flogosi ; il germe „ dell' uomo vien concepito , si sviluppa , cresce e „ giunge a maturezza nell'utero materno ; che indi „ in forza dello stesso processo respira, si nutrica, Abuso del salasso ^^j ,, digerisce , e corre tutto il periodo della uma- „ jia vita? „ (i) Da questi rapidi cenni è agevole il conoscere quanto sia commendevole questo prezioso lavoro del sig. Meli. Nel sentimento profondo della veracità o sodezza delle ragioni non ha chi lo sovrasti: quin- di e che a spegnere o raffrenare almeno V incauto abuso del salasso , ed a penetrare altresì con since- ra convinzione le regole di rettamente usarne, ed il nocumento sommo emergente dalla profusione del flui- do sanguigno , si rende, a parer nostro, indispensa- bile la originai lettura della presente lettera, a cui non manca pur il pregio di venusta e dignità di stile. TONELLI (i) Saggio secondo sopra razione sì esterna come in- terna dei corpi siiir organismo umano, e sopra f infiam- mazione, del prof, emerito Luigi Sinibaldi. Foligno iSaS. Non è egli un tale squarcio apertamente tessuto con le stesse identiche espressioni , con le quali, presentato nel sunto dell' opera del prof. Sinibaldi nel nostro giorna- le , fé montare il medesimo in collera fino a reclamar- ne la rinunzia e dichiarai'lo .contraddittorio allo spirito delle sue intenzioni ? Buon per noi , che l'autorità di un letterato viene a sancire il nostro rapporto. (Il compii.) G.A.T.XXVIII. aa 33a Della medicina pratica in generale scevra da tan- ti sistemi^ guidata dalla economia animale e dal- la teoria de^ segni : in particolare delle febbri es- senziali ed eruttive^ con un saggio analogo di materia medica ; del dottor fisico Giuseppe Pie- cerilli ec. Roma 1824. Estratto. Ci li dovrà saper buon grado il sig, Piccerilli, se a prò di lui imploriamo indulgenza da chiunque sarà per leggere il presente articolo. Egli ha pub- blicato quest'opera nella sicurezza che le cose si stes- sero in medicina nello stato in cui trovavansi al prin- cipiar del secolo decimonono; ma per buona ven- tura ancor molte delle nostre monete di quell'epo- ca non sono in oggi piiÀ in corso. Destatosi ora dal suo sonno medico di quasi cinque lustri , ci fa il N. A. un grazioso regalo del presente suo lavo- ro. In una prefazione al saggio lettore^ dopo aver dato la definizione della malattia, avverte i doveri del medico nel seguire le vestigie d'Ippocrate , e nelle obligazioni di prceterita dicere ( sarà forse ciò un error di stampa, poiché avrebbe dovuto legger- si discere) ^ prassentia nascere^ futura prcedicare-, di conoscere appieno le funzioni tutte dell' uomo nello stato sano ; e di abbandonare i sistemi , e studiar solamente con gli antichi l'uomo nell'uomo istesso. Consiglia cosi l'assoluta necessita dello stu- dio dell'anatomia , della fisiologia , della igiene , e della patologia, soggiungendo: „ Tali cose vengono „ da pratici riunite in un trattato detto terapeu- Medicina pivatica 339 ,f tica ; che vai lo stesso che la perfetta scienza „ della diagnostica , de'prognostici, e cura di cia- „ scun morbo acuto o pur cronico.,, Per verità una tale asserzione avrebbe già da per se sola obbli- gato chiunque a desistere dalla ulterior lettura del libro , facendo dalle condizioni di essa argomentare il pregio di tutte le dottrine sparse in un* opera , qhe si proclamava aver l'oggetto di ritrarre i me- dici dalle futilità dei sistemi al sentiero della ve- rità . Che di vero nel trascritto periodo ognun com- prende l'erroneità del primo inciso, non abbraccian- dosi nella terapeutica lo studio dell'anatomia , del- la fisiologia, della igiene, e della patologia; e più agevole riesce altresì il conoscere la falsità del se- condo inciso , non impegnandosi la terapeutica di far conoscere la diagnosi e la prognosi dei morbi. Nulla poi diremo della incoerenza evidentissima del- la proposizione, sembrando quasi che due distinte figure impartir si volessero al vocabolo terapeutica , rammenteremo bensì ( in ossequio della verità, e non già con animo d'istruire il sig. Piccerilli ), che la voce terapeutica (o terapia secondo alcuni) trae la sua etimologia dal greco verbo therapeyo , che cor- risponde al latino curo et sano^ Uno scrittore adunque che si proponga istruire . . . riporre in sentiero . . . , e poi si mostri infedele nel definire ciocche tratta, potrebbe per avventura venire da alcuni eccitato a profittare il primo dell'applicazione di somiglie- voli suggerimenti. Ne arduo sarebbe il rinvenire do- cumenti : a scanso però di dividere col lettore la noja dell'intero sunto del libro, di cui abbiam so- stenuto con pazienza la lettura, diremo alcun che di qualche articolo. In undici articoli dividesi questo volume : nel primo dei quali si parla „ Dell' origine , progressi , 33* 34o S e 1 E N s K „ e deviamento della medicina ragionevole. „ Que- sta medica istoria sovèrchiamente laconica vien chin- sa dal nome di Brow'n : il che guiderebbe a con- chìudere ( ma non vogliamo crederlo , per non fargli ingiuria come scrittore) che foss' egli digiuno della nozione dei tanti altri sistemi succeduti a quello di Browii , e dei quali pur gli correva 1* obbligo di fare almeno ricordanza. Nel secondo articolo si prò^ pone r „ Esame delle «agioni produttrici le malattie „ in generale. „ Si chiama infermo l'uomo, allorthè le funzioni vitali, animali, e razionali non si ese-* i^uiscono secondo l'ordine naturale. Pària delle va- rie cause dei morbi, ed avverte come i morbi ven- gano caratterizzati dalla concorrenza di alcuni segni, polso cioè, aspetto, respirazione, escrementi, sonno, veglia ec. A queste nozioni non troppo ( per dir "Vero ) coerenti al rigore del titolo posto in fronte all'articolo , aggiunge , che la „ unione di tanti se- „ gni caratteristici delle malattie furon detti dia-^ „ gnostici, e da alcuni pratici sjndrome. „ Or qui il sig. Piccerilli, quasiché fosse affatto digiuno del- le materie che tratta, nuovamente inciampa ed as- sai più della niula di Galeazzo Florimonte, della quale disse il Berni : Dal più profondo e cavernoso centro Ove ha Dante albergati i Bruti e i Gassi Fa, Florimonte mio, nascere i sassi La vostra mula per urtarvi dentro; giacche dir dovea in vece, che sjndrome si appel- la là unione dei segni caratteristici delle malattie detti diagnostici ; non suonando la voce diagnò- stico lo stesso che syndrorne . Dopo aver quindi anticipate le definizioni de' segni anamnestici , prò- Medicina PRAtiri 34 1 gnostici ., e critici^ degl' indicanti p controindicanti non che della cura eradicativa^ della palliativa^ della profilattica , e à^ analepticn , s'inoltra al ter- ap articolo intitolato „ Indagine particolare sulle „ cause producenti le malattie. „ Vengono ivi in. quattj'o capitoli contemplate le sei cose dette dagli antichi non naturali , e da lui chiamate ausiliarie alla vita . Per amor di brevità noteremo soltanto, che ne! primo capitolo (ove discutonsi le cause pro- dotte dalla cattiva qualità dell'aria) rileva, che l'aria impregnata di particelle umide sopprime la traspi- razione, e che essendo questo escremento di acida ^atura rende acrimonioso il sangue (poveri sudo- ri dei chimici e patologi d'oggidì!), nel quale perciò si produce la crusta infiammatoria. Questa crusta può anche nascere .dalla perdita che la parte fibro- sa del sangue faccia della sua parte linfatica ; poiché la parte fibrosa intrinsecata resta colla rossa, e le carni vanno a poco a poco a perdere il convene- vflle umido radicale . A maggior intelligenza di questa genesi dei morbi infiammatorii arreca il pa- ragone „ dei corpi aridi {risiim teneatis amici\) che „ facilmente si accendono, ed alcune fiate senza co- „ municare col fuoco , come avviene alle ruote dei „ carri , accalorite tanto dallo strofinio cbe soffro- „ no, per cui li carettieri intromettono sempre tra „ Tasse ed il baril delle ruote, delle sostan/.e che „ possan sempre mantenere un certo umido . . . „ Crederemmo di urtaie il buon senno del lettore, ove gli errori additassimo di simil foggia di ra- gionare. Non sono di miglior tempra i rimanenti ca- pitoli che omettiamo di proseguire. .. 'j L'articolo dei segni è il migliore che conten- gasi nel libro. Racchiude esso vario pregevoli nozio- ni , ma che a tutti i buoni medici denno esser note: 34^ S e I E N l E poiché conosciamo esser desunte quasi interamente da Prospero Alpino , meno quella dei polsi, a cui ha dato altro sviluppo non senza frammischiare erró- ri teoretici nelle varie spiegazioni. Ha poi qui il N. A. omesso onorata ricordanza di Sachero . Sie- gue l'articolo della differenza delle malattie in ge- nerale, ch'egli divide in malattie dei fluidi, in mor- bi composti , ed in malattie organiche: facendo a ciascheduna di tali divisioni succedere un relativo capitolo per additarvi la classe dei rimedj opportu^ ni a combattere ora le acrimonie , ora le irritazio- ni, ora la causa putrida, ora la pituita, ora altri viziosi umori che impregnano il sangue nello stato di cacochiraia , ora . . . Passando all' articolo con- sagrato al trattato delle febbri , osserveremo ch'egli la ripete dal deposito di uu' acrimoniosa e lenta so- stanza nell'estremità delle arterie. Parlasi ivi della febbre effimera , della febbre reumatica, o meglio pu- trido - inflaramatoria , della febbre putrido - biliosa , del tifo, ossia febbre maligna, delle febbri intermit- tenti maligne, della terzana e della quartana. Non avendo in animo di qui tutto riferire , diremo al- cun che sul conto della febbre putrido-biliosa, perchè l'A. riconosce in questa ( pag. i64) n un vizio di „ degenerazione o sia corruzione, tanto delle sostan- „ ze alimentizie , quanto della bile ; dal qual com- „ plesso n'esala un alito di cattivo odore sempre „ infesto alla vita , e che alle volte è simile a '„ quello dei cadaveri , al quale grado vanno ta- „ li infermi approssimandosi „ E poi mi- rabile il modo con cui spiega alla pag. 167 la in- troduzione della bile nello stomaco. „ E nota dall' „ anatomia la situazion naturale del ventricolo e l'in- „ serzione del dutto coledoco sotto la curvatura „ del duodeno , per cui nello stato sano si rende Medicina pratica 345 „ impossibile l'entrata dell' umor bilioso dentro del „ ventricolo suddetto. Caduto in debolezza esso ven- „ tricolo nello stato morboso ; chi non comprende „ che per legittima conseguenza ne deve succedere «, il rovesciamento , insegnato ancora dalla sezione „ de'cadaveri? Perciò (juella parte ch'era superio- „ re diviene inferiore, e viceversa. Ciò posto, si ca- „ pisce bene , che non potendosi nello stato sano „ insinuar la bile nel ventricolo; perchè situato su- „ periormente alla inserzione del coledoco, essendo „ caduto in debolezza , li offre il comodo declivio „ affine possa insinuarsi; ofTerendo in oltre detto „ rovesciamento una piega sotto l'inserzione del co- „ ledoco suddetto che ne facilita il rigurgito den- „ tre del ventricolo , che ne rimane riempito. Ki- „ pieno lo stomaco di tanta bile . . . „ Ed in- nanzi di abbandonare questo capitolo della febbre putrido -biliosa uno squarcio riferiremo del suo me- todo curativo per far conoscere ai nostri lettori la terapia del sig. Piccerilli. „ Se la febbre non cagio- „ na estuante calore , se non vi e indizio d'infiam- „ matoria disposizione, ed altri segni controindican- „ ti , r uso della corteccia peruviana riesce molto ,, vantaggioso ; e se vi è necessario raccoppiaraeu- „ to di altro rimedio che accrescer ne })uò l'effica- „ eia, deve frammischiarvisi. L'uso da tanto in tan- „ to del mercurio calomelano si stima utile, per de- „ cimare la causa che va concuocendosi , e per la „ sua attenuante virtù non sono aliene dal recar „ del vantaggio le preparazioni dello stesso mercu- „ rio vivo estinto col mele ed iiidi mescolato con „ tanta corallina o seme santonico polverizzato, li- „ no alla riduzione di una massa pillolare facen- « do praticare tre 0 quattro pillole ogni due o tre ), ore. In oltre si conosce molto profittevole l'uso 344 S e I R N E E „ del cinabro misto col succino , anche per elimi- „ nare de'lumbrici quali sovente ai'recano fastidi o- „ sissirai sintomi. - Il massimo de'rimedj è il bagno „ freddo per immersione, e piìi volte il giorno re- „ plicato , in particolare se la testa si grava , se „ l'addome si gonfia, vi è sussulto ne' tendini, che „ minaccian le convulsioni indicate da'polsi piccoli e iy ristretti. Non deve tralasciarsi 1' applicazione dei „ vescicanti, raddoppiati agli arti inferiori, cioè co- „' sce e gambe, alle braccia, alla nuca, ed anche ,■, l'applicazione dell'erapiastro di tapsia in testa se ^,'vi è coma sonnolento o vigile, e quanto più pre- „ sto si procurano tali piaghe , tanto facilmente si „■ evitano le pericolose metastasi nelle parti inter- ■„ ne, specialmente giacche la cagion maligna galleg- „ giante in circolazione , o non ben fissata in quel- ,, la parte , che aveva preso di mira , vien dallo „ stimolo delle cantarelle richiamata al sito dell'ap- „ plicazione, ed a guisa di un umor cancrenoso vi „ mortifica la cute , che pure merita di essere me- „ dicala, come fosse una cancrena. „ Ecco le immagini, colle quali il Piccerilli va in- gemmando la sua produzione. Arrestiamo qui il cor- so del nostro estratto per non oltraggiare la sofferenza dei lettori: molti de'quali avran forse paragonato il N. A. a quelle meschinelle femmine che sudano talvolta d'assai nel partorire aborti. Ninna osservazione perciò faremo Su gli altri articoli che conseguono, i quali ne condurrebbero a dare all' A. istesso una lezione piiì proficua e piiì necessaria forse di quella ch'egli ab- bia tentato di dare ai medici; se già non ci sem- brasse di esserci troppo iiilertenliti intorno a così misera cosa. Torelli 345 r fif LETTERATURA Iscrizioni antiche scoperte da non molta' tempo ^ , e meritevoli di esser poste a notizia dedotti. M . a T X rovata sulla via Valeria tra Tivoli e Varia, o Vico varo. Comuni cataci la prima volta dal eh.** sig. professore Thiersch , e poscia assicurataci in alcune cose dall'egregio collega nostro sig. Potetti. G . MAENIO . G . F . CAM Bisso AEDILl . fui . VIRO . MAG ,,.. j,. HERGVLANEO . ET . AVGVSTALl,.. , PRAEFECTO . FABRVM M . SILANl . M ,,F . SJE;X,'J:P ,j;;, ^-^ GARTHAGINIS : .ui;!..;— r TR . MIL . LEG . Ili . AYGVSTAE QVINQVENNA//... 9/fu;n l;,fi ..>ij Sapevamo da altri monun9enti,che i Pi-efettèide'fabr bri, ora diremmo direttori generali delle macchine guerresche , come gli altri militari ed ottenevano congedo , e più volte tornavano a'ioro laboriosi uf- ficj. Non sarà quindi più difficile a concepirsi:, che il nostro tiburte robustissimo Menio. Basso richia- 346 Letteratura mato fosse cinque volte al grave incarico di pri- mo ingegnere ; la sesta volta almeno in provincia si lontana come la cartaginese ; e ciò prima che ar- rivasse ftd^ essere tribuno di una legione ; posto che qujgl; glar^^inastro di Orazio dovette forse al dis- ordine delle politiche vicende. Notata pel primo e trascritta in Marino dall'istes- so sig» Poletti. D . M CLAVDIAE ;PRISCAE CONIVGI . PIISSIMAE EVTYCHES . CAES . N SER . TRYPHONIANVS DISP . VILL MAMVRRANAE Del grande Mamurra ugualmente Prefetto de' fabbri si sa, essere egli stato uomo ricchissimo; e con tut- ta Tamicizia di Giulio Cesare , anzi per essa sola , va benissimo, che fosse poscia detto da Catullo de' coctor Formianus ; e che ora vediamo una sua gran- de villa incorporata al patrimonio de' Cesari , ed amministrata per 'un servo di essi. Non avendoci a nostra notizia derivazione alcuna sicura dall' an- tico del nome di Marino , sembra verisimile , che mentre la villa diceasi Mamurrana, il popolo dices- se Maraurreno e Mamurrino il fondo ; e cosi per troncamento venisse il nome moderno di Marino. 3. Dagli scavi suU'AppIa del benemerito sig. Ammendo - la- Copiata con vera esattezza dal sig. Luigi Ve- E f i G Jé K t t t à,': 347 scovali. Confrontisi con ciò che~ ne diedero e scris- sero gli autori di un foglio intitolato effemeridi. 1. . SERVAEVS . LONgInVS Q . APPVI.EIVS . PHILADESBOTVS . :^ . - . 'ó . l . .j. . X L . I.VCAWV3 . RVFIO ^LIV.J j:i:!;orO li . AEMILIVS . HERMO MC. VOLVlVimVS . FRIAMVS ' "■ J- • -'iOT',i.:^ I. . MANLIVS . SILO '' . 9 . . iS7( A . GRANI VS , iPHItiOIvrvSvS C . VEIENIVS . sTaBILIO riJiV J M . FLAMINIVS . MBNOPHILVS :0!r;T?/r . y. C . POMPE ivs . BROS Nome riscritto. 0 . AppvtEivs . urrnvckW - '■'^ 'i' ' Koi e . PLOTIVS . PEtilXS : i' • ' ' ''P 'li OC'ÌM AWVtENA . PILORIS -^0^ 31^^ VitlOifcOq OiId 1 T . vETTivs . T . I. . PHÀKNAèis "Nòmc Hscritto. X. . LICINIVS . EVCRATHS M. TVHIVS . CAtI.lSTIIl»BS APPVI.BIA . CLARA SEX . lIvivs . FAVsTvs. Colonna seconda Q . vARivs . thbogIto ' ■ -.(i e ^ ;■•',_ '. VERGUNTNEIA . Z; . L . IRENA Kdmfvlì^ClnttO. LTCANA . ZOSIMA , ,. . ' ijjnf» ] .h.]- ... L . COCCEIVS . RVFIO ; , <>fn JggilUfsIo?, J)U0Ì3J*.ìf;'itJi (,j 1. . GAVlLlilVS . SECVNDVS ■" 7 . ' . pjj jfj (. ; P . APPVLEIVS . FELIXS i /)0in Ili SEX . qvInTilivs . APHttODisiyl iiaJjij iJ ..,' SPEDIA . CHRESTB " FABIA . HELENA I. . FVRIVS . PKILOTbCKVS fi . VITELLI VS . HILAaVS 548 Lf S Tj T B R A T U ft A .-,T .iìrAKNLYS :. À^BXAWDKa xmfiA .' .^UQ^A.: . :,,;;:,,, ,,, _. SBX . QvInTiTS . Q . » . POI,. t . VXTXrvS . TilÀLlAKCVS I.Q.S.S.S.H.M. PBRPECER. Colonna terza. M . ETT1I.IVS . SP . » . COL . NIGfiR XMPTOR . ASISCTIS . PARTIBVS ITEIS . Q . APPVI.EI . EVTyCHI C . APPVLBIVS . D . V . DOLICVS . IN . PARTZ IVRIS P . APPVLBI ..FILJCIS Bx . cAsTaicivs . mYsticvs : ■ CJ <£•!:>•'•' -^i; ' •■" Non v'ha cosa più conosciuta a coloro che si eser- citano in questi gravi studj , quanto quella di se- polcri che possonsi dire polidespotì , poiché eretti e posseduti da molti e yarj padroni in fratellevo- le società, ingenui fossero e distinti, come alcuni di questi, o libertini e di schiatta servile. Tutta- via gli accennati effemeridisti vollero trovare con moltissimo fastidio un contratto , che nominar non poterono , a cui fossero segnati testimoni almeno trentasei, fra'quali sette femmine.; Qual .campagiiuolo pili rozzo non riderebbe a ciò? Era forse difficile il leggere a pie della seconda colonna: li -qui saprà scripii sun^^'hóc monumentum perfecerunt'? Essen- do stati i detti signori avvertiti urbana-raente del- lo strafalcione solennissimo , uno di essi ha poi mo- strato di travedere la verità dell' ammonizione; ma non in modo di persuadere ne se stesso , ne gli al- tri. Li attenderemo adunque all'altra gran parte lo- ro, quella de' consoli ambigui. Frattanto noteremo che qui si vedono tre volte nomi riscritti, deleto quello che v'ara stato posto in origine: il che av- veniva o per vendita poste»iore, o per cessione o E P I G II A F I C A*' 34<> donazione ; casi tutti de' quali abbondano a' dotti le prove ed i più irrefragabili documenti: due de* quali saltano appunto negli occhi aU4ijGolQnfta;;V?rw • .bf.v li '.Ih oioloq-}?. olì 4' ,f,l';n!t^^ 'iSìJ OMi Presso il sig. Rufìni, dalla Via Nomentana«i!t)i)o'l a L . VENELIVS L . F . CAM . SVPER AVG . BAGIENNOR VIXIT . AN . XXXV T . P . I, IN . FR . P . V • IN . AG . P . y. T1Y?.0S 5. Trovata in Ceccano, e comunicataci dal sig. Fran- cesco Gizzi. ' ■ '■* CVLTORES . HERCVLIS FABRATERNI . VETERES CVR . C . VETTIO CLEMENTE . P LOG . D . AB . C . TITIO . DECIMO . P 6 Presso i sigg. Ves covali. D M LEPIDO . REGIO NICEPHORO y: ifs^.a REGIA . PHOEBE PATRONO BENE MERENTI.F. 356 Lkti bràtora Iw Albano ^tìo lungi dalla porta romana, gran- de sepolcro di pietra vulcanica del paese. Il vedem- mo per generoso invito ài S. E. il sig. conte Ap- pony. Giudicammo poter servire a conoscere 1' età e l'origine' di que'famosi vasi. AVR . CRYSO . MALLVS . QVI NTANESIS LEG . QVIVIX ANN7 OR TVS C . APAM lA SE BIRO POSVIT V I -iì*i'« .jji?-. SKAFILIAE QVA TIX .... N . IX M . X . . . XX CONIVGI . SED G Ostiense di quelle dovute al sig: Cartoni. Conferma il gentilizio di ^jpatria OSTIENSiyS, che avevamo già da u n'aliti. " ,' ÈPIGRAPieÀ 8 L , OSTENSIO . HILARO 2o« SÀMANNARIONI QVI VIXIT AN . VI . M . Vlìt COiNVARISIA VIGTORI. NA ALVMNO BENE uo FECIT >ijj Non v'Iia dubbio, che quel snmannarioni non si* Vocabolo di mestiere o professione. Le derivazioni grecaniche però ci sorgevano varie ed incerte t tì (juindi mossi da un tal suono d'orientale ed eso-^ lieo, abbiam Voluto Consultarne il dottissimo nostro sig. Emiliano Sarti. Questi ci ha bene assicurati, clid la porzione tematica della parola è in lingua siriaca < da cui molto tiene la rabbinica ^ e significa i colori particolarmente rossi come il minioi.La lingua siria* ca influì certo grandemente sull'Italia nostra , ne'tem" pi più colti della repubblica romani e dell' impéroj In qUeir«f/(i)V troviamo solo la terminazióne di und de'tanto graziosi diminutivi j Comunicati dalla ma- dre greca alla figlia latina* Era il nostro piccolo Os- tiensio nn mercantino di colorii, e nel porto pfiriéif- pale della signora del mondo non poteavi avere bot^ teguola pii!i necessaria della sua; se le navi fin di Omero furon vedute Tinte le guance d aggràite^ot minio i, e se rinvergar" sapremo attentamente in Esichio , Pol- luce, Snida, tesori della lingua nostra più antica j intorno le navi S amene ^ Samie in ispeciie^ o ne*cks^ sici scrittori delle vecchie materie mediche ed àf tlstiche, intorno V 'à\L[Lm ef[aivaleate del iilhfò§. Ali 36o Letteratura eon tutte le bravure chimiche moderne noi ]cono- sciamo solamente una serie lunghissima di nomi di sostanze metalliche, terree o minerali, che gli an- tichi scavavano, fabbricavano , adoperavano per tut- to l'universo; e nulla sappiamo della natura , del- le proprietà , de' luoghi , degli artifizj , ne' quali e co'quali quelle materie produceansi. Da questo leg- giero saggio ciascuno può comprendere, quanto sia a desiderarsi, che l'esimio sig. Sarti voglia e pos- sa un giorno dare alla luce le lapidi che va rac- jcOgliendo; accompagnandole con quelle magistrali e vere illustrazioni , delle quali egli è si altamente capace. Agli egregi avvocati romani i sigg. Pio e Carlo Ar- mellini siamo .grati debitori per la seguente. Essa fu trovata non ha guari in Ravenna : e godiamo che dalla nobilissima capitale di si dotta provincia vengano porti novelli sussidj a questi fogli della miglior dottrina. Colk dunque scavaronsi ultimamen- te due arche da alcune camere ornate di marmi ed •al solito di pavimenti in musaico vaghissimi. Nella prima leggeasi : D . M Q . SOGCONII . AELIANI . GALLI La bellezza delle lettere fece credere , che fossero onninamente de'terapi di Augus,to. Nella seconda me- moria, in bellissimi caratteri anch'essa, sorprese tut- ti l'originalitk di questa epigrafe. Epigrafica 3Gi C . IVL . MYGDONIVS GENERE. PARTHVS NATVS . INGENVVS . CAPT. PVBIS . AETAT E . DAT . IN . TERRA ROMANA . QVI . DVM . FACTVS CIVES . R . IVVENTE . FATO . CO LOCAVI . ARKAM . DVM . ESSE ANNOR . L PETI . VSQ . A . PVB ERTATE . SENECTAE . MEAE . PERVENI RE . NVNC . RECIPE . ME . SAXE . LIBENS TECVM . CVRA . SOLVTVS - ERO Crediamo doversi appianare e rendere più vivace in questa guisa: Ego Cajus Iiilius Mygdonius ge- nere Parthus , natus ingenuus , captus piibis cetai- te , datus ( come se fosse delatus sum in terram romanam ) in terra romana ; qui dum ( cioè et ego ìpse interea) factus civis romanus^ jubeute fato collocavi arcam^ dum essem ann.orum L- Petii (me- glio et tamen petieram^ optaveram) usque a pu- hertate seneclce mece pervenire. (I grammatici co- mandano pervenire ad senectam^ o ut pervenirem.) Nane recipe me., o sajce\ Libens tecum cura so- lutus ero ! Tutti gli arcliivj deirantichita, intorno acqua- li lavoriamo , ci attestano sovrabbondantemente , eli' era permesso a ciascun uomo del popolo, agl'infi- niti oriundi stranieri, a'militari particolarmente com- porsi repilalTio a suo talento e modo possibile, o commetterlo a'parenti ed amici , per lo più di ugual peso e vaglia in letteratura; disgrazia che avvenir suole anche a' giorni nostri. Già vedemmo sotto il ^.^ 7. , quanto ingenuamente ,un graduato della le- gione Quintanese Aurelio 'Crisomallo nativo di Apa- 3()2 LKtTERATt!Ì\A. mea dettasse , o facesse scrivere latino , come ap- punto si parlava. L' ottimo Parto fattosi ravennate mostra più di spirito , ma in proj)rieta grammati- cali si battérk del pari. Cives per civis è un nul- la; esse ^év .essem ., è approvato da maestri anti" cliissimi della lingua ; Vitti, o ttt con l'infinito l'ab- biamo al N." 2Ò. nella seconda parte di un decre- to decnrionale. dopo Adriano, a tempi vale a dire ancora buotii». Tutto, il resto sono inezie per un popolo che parla come sa • parlare. Sono anzi gem- me quelle del nostro Parto; poicli' egli con quel Cajus Julius 'pone ad esse un suggello di età ve^ rierandissima. Mru;donias è nome di tal eleganza e proprietà, che Un'accademia la più erudita de' nostri ■ dì non saprebbe- trovarne altro più bello per un uomo nato sotto il sole nascente. Ravenna fu gran* de centro di quartieri e scuole militari , fin dalle prime agitazioni e mosse gigantesche de'famosi tri- umviri. L^ sua flotta, su cui lasceremo ad altri d' intendersela col bravo baron Vernazza Se fosse o no sempre detta pretoria , ,era veramente imperato- ria, e poneva cfiiell'angolo bellissimo dell'Italia in contatto formidabile insieme e fortunato a tutto il inondo. I filosofi di cose non di parole osservino, che un barbaro Parto preso colle armi alla mano , come fa credere quel /3 7/^/.y (etate, nella spedizione di Ventidio , o iti altre sotto gli auspicj, del non ancor mite Ottaviano, vien fatto cittadino romano, gode il sommo de'civili diritti , non e avvilito dal- la schiavitù :di gnortai. Ed egli era pare di una nazione atrocissima pe'romarii ; contro la quale que conquistatori egualmente feroci die avventurosi , se- condo l'erroneo pensare di: alcuni, aver doveano un risentiraetitb ed una rabbia immensa. Osservino , che itii giovafìfr- nato sotto il clima, più ridente della Epigrafica 363 terra non dovette restare innamorato del cielo di Ravenna ; ma bensì della ornatezza de' costumi e della lealtà che trovò ne* cittadini. Possa la nostra discendenza da tali , comprovata per tanti secoli di splendore , pel risorger che fecero gli umani lami solo fra noi , pel giudicio continuo e libera scelta a favor nostro deg^li stranieri tutti di ménte e di cuo- re ben fatto , chiudere la bocca ad altri pochi stra- nieri perversi ! Fogli letterarj creduti fra essi di gran conto attentano in guise indegne all'onor no- stro. Che gli autori non incontrino giammai ne per le vie, ne sulle carte un italiana che seco loro' esser voglia umano e gentile tfuaiìló- !\in anticfo classiario ravennatéJ •';■ e ' -. '.-'ij/q;.i: ? ::i 28. ^ Pressò "il benemerito sig- Baseggio. . -: .;-:: CTYLA'TAn.IM!C.ni3KO/i !y-i:A>.T. Z'i.iVfON' SA:^;. W-ilTA-. NEIKOMAJfOS . MIAHTÓ2 ; e. .1 . 0 U.. .^ i. / KA . AiriAAQ , Tf2'. 0PEnTi>; LCiVrCT . KATESKErASE . TO :, MNHMEIOlJ.TMCifKi i MNEIA2 . XAPIN . ORZANTI . ET . It !" M . . . ANONTI . Erri . ETE*ANH*OPÒY ri Oì/.. / or , TA0YOY . AAKS^N02 . MHAÉlOYl • • Tiherius Clandius Niàomachus Milef/iì^ h. e. Milesius , Claudio Aegialò '■ aiumno suo paravit mo' numentuin memorine caussa: qui vixit annos XIII. ^ decessit sub Stephanephoro ( i. e. Sacerdote prassi»- de, ut ita dicam , eponymo et chronologico con- legii cujusdam gymnici vel thymelici) fórtasse Eu- stathio Lacone ■, seu Lacedcemonio , mensi's dii de" 364 L E T T E R A T U n A • . ,.! ; > • 29. A molta ragione scerrerao questa greca fra le altre che somministrate ci furono dallo scavo interessan- tissimo fatto air antica Ficuìea da' benemeriti no- stri i sigg. Ignazio Vescovali e Gregorio Castel- lani. È bene da desiderarsi , che un giorno sia lo-- ro permesso proseguir le ricerche in un fondo vi- cino ! THNS THAHNnAPO AEI TA AlEA ©fjNFNQSHI KAinSÌSMOI BE BIQTAIKAI nQSANEA YSA MA0H2 . . ESnEIPAN MErONEIS nAPAirYHTOIOAAPOYPAIS ENKQMHI.EPAnEN0EBYAEIH ..NOMOS HSOI2 AAESANAPI EnATPASSIN KAI EN2 TPATIAI . . . . .: NHMEPIf? METEni TAQEAHSAS KAIKOSMONKEK .... EYKASXEAONEinoiMI DAPAYTO OY nOAE'MÓNnóf E EfAI2N OY XEIPA*ONOISIMiANAS . P0NI02 OKAIAPTEMIAQP02EYOAI 02EN©AAEKEIMAI ESHKONTAETH2rYNAIKArEMHAAMOY rHMA2 MHTEAIKHNEinA2MHTOPKONAOY2nOTOMOlS? EYTYXIHNAE BIOY TAYTHNN0MI20N IIAPOAEITA 2EPAMMQNEN0AA EKEIMAIAAESAN APEY2 nOAAAMO rH2A2 EN BI0TS2 nEPiQNAHQHnAANH EADIAI AIQKJ2N - .Ul .VyliS^-. . . TOYTO r ENQMAI O BAEni2 „ O passaggiero, tu scorrendo con gli ocelli questa colonna, stela o lapida, conoscerai chi mi fossi io, Ed in qual modo io abbia vissuto; ed apprenderai come venni a scioglimento della vita. I genitori mi procrearono presso i campi dell'Egitto, E P I G R A F I r A 365 Nel villaggio . . ., allorché arrivi " a quel nomo , o distretto. Alessandria E fui in milizia quotidiana: dopo di ciò per mia voglia Trascorsi il mondo, direi quasi fino agli stessi con- fini del medesimo; Non avendo mai veduto guerra o battaglia, e non avendo mai sporcato la mia mano in uccisioni : Io Cronio , detto anche Artemiduro Evodio , qui giaccio Di sessant' anni , non avendo mai sposato donna ; Ne avendo mossa lite o parlato avanti la giustizia, ne avendo mai dato giuramento al mio simile o prossimo. Tu , 0 passaggiero , stima questa la felicita della vita. Serammone qui giaccio alessandrino, che ho sofferto molti travagli Nella vita andando in giro, perseguitato , o io stès- so perseguitando l'obblivione , Terrore e la spe- ranza. ,, In sapore nativo di greco popolare poche altre ag- guagliano questa. Così ella non fosse venuta dal- le campagne tutta in frantumi , e come apparisce mancante di una intiera lastra con alcuni versi do- po il quinto ! Nel nome di quel villaggio noi ve- diamo pure alcuna cosa : ma fia meglio che pre- ghiamo i eh. letterati, da' quali ora s'incombe sul- le maraviglie moltiplicatissime dell'Egitto, a voler manifestarci le riflessioni loro. V'avrebbe forse al- cun clie di recondito ne' quattro nomi di costui ? Essendo l'egiziano e primitivo suo quello di Seram- nionc, (piale de' tre altri contiene la traduzione ó SOG Letteratura corrispondenza consueta ? Cronio, che aLbiam Ietto, egli è forse piuttosto npj^NlOS? Per una sufTic^iente esperienza che abbiamo e sulla tessitura e submar- ini e sulle lettere delle iscrizioni , ardiremo sola- mente di avvertirli a non voler giudicare questo curioso ed interessante componimento di bassa età. 3o Dalla raccolta sempre insigne de'sigg. Vescovali. In- torno ad un piedistalluccio rotondo , che sembra aver servito a macchina di astronomia, o ad ar- nese^ . già temati co. I ;•»': ■!.. AMPLIOPA . FACIAS . MELIORA . DEDICES . FELICITER A tutta questa laboriosa, ma per parte nostra poco erudita serie, non poteasi rinvenire una chiusa più conveniente. Ci sia dato tornare ogni ' tanto tempo ad altre collettanee anche migliori! La terra che abi- tiamo è certamente fecondissima di preziose produ- zioni ; e noi non cessiamo ancora di andarne in traccia. Girolamo Amati DelV amicizia , breve trattato del P. Matteo Ricci della compagnia di Gesù , pubblicato per cura di Michele Ferruzzi ec Pesaro - Tipogr. di Ja~ ne sia Nobili i8a5. N. elle nozze del marchese Domenico Ricci colla con- lesigik Elisa. Oraziani aon si. è fatto solo un bel do- Dkll' Amicìtak 3G7 no alla patria d'entrambi Macerata, die vedrà ve- nir fuori una progenie tutta virtuosa e gentile e magnifica come i genitori ; ma si è voluto che ne venisse un bene anche alle italiane lettere e al- la filosofìa » mandando in luce , come in epitalamio , una operetta morale inedita, tanto familiare alla cir- costanza quanto lo sono fra loro Imene e Amicizia. Autore di questa operetta fu il padre Matteo Ric-^ ci , che meritò di essere salutato pel secondo Con- fucio della Cina; uomo mirabile per valore e dottri- na straordinaria , le cui sorprendenti operazioni andrebbero oggi più spesso ricordate , come quelle che attestano i vantaggi grandissimi che le scienze somministrano a diflondere cristianità, e a mutarne in seguaci i eontrarj, Le matematiche , la geografia fì^ sica , l'astronomia , e tra le arti belle la pittura e la musica erano le chiavi di che il Ricci si va- le i^a per dare entrata alle massime evangeliche ne' cuori di que' cinesi , del loro rito e d'ogni altra co- sa loro superbissimi. Ma appena ne ebbe i cuori fu allora che il padre Matteo imprese a rettificarne i prnicipj di morale : e saggianaente avvisò di comin- ciare dall' amicizia , virtù che a chi bene la stima è scala a tutte le altre. Ne scrisse quindi un bre- ve trattato in tanti apotegmi , e lo indirizzò ad un re di quel vastissimo impero che ebbe nome Chien- gaix Chienzai. Scrisselo in lingua cinese , nella qua- le era peritissimo , cosicché i nazionali lo ebbero co- me un esemplare perfetto di eleganza e di gusto (i). Volle poi egli stesso il padre Matteo voltarlo in italiana favella : in che ci sembra cosi terso ed in- sieme vibrato, che diremmo aversi egli tolto ad esem- (1) Vedi l'elogio, dì Matteo Ricci scrìtto dal marche- se Giovaimi Accovetli. Macerala poi Cortesi 1819 pag. j6. pio gì» a«nmaestramenti di Bartolorameo da s. Coti- covdio , ed avere nella forza e nettezza della di- zione pareggiato quasi il trecentista. Questo prezio- so libretto conservatasi dal cavaliere Amico Ricci, gentiluomo di fioritissime lettere , nel quale alla no- biltà dei natali trovi congiunte la probità , la ca- rità , e la modestia. Egli volle che nella benaugura- ta occasione delle sponsalizie del fratello fosse da- to a stampa per cura dell' egregio professore in eloquenza Michele Ferruzzi , il quale con una epi- stola che adornò di tutte le grazie della nostra fa- vella dedieollo agli sposi. Del che certamente con noi gli sapranno buon grado tutti quelli che gli animi ammaestrano nell' antica sapienza; mentre nel trattato del Ricci chiudonsi in poche carte tutti i più sani precetti che da Plutarco e da Cicerone si dettarono intorno all' amicizia. Laonde ci pare ben fatto di qui trascriverne alcuni , onde sia manifesto a' lettori se i nostri giudizi su questa opericciuola si riducono al vero. „ 6 L'uomo che fece nel mondo fatti eroici , „ o ebbe qualche grande inimico che lo fece star „ molto sopra di se , ovvero al certo ebbe qual- „ che buono amico che lo ajutasse. ,, IO L'amicizia è simile all' armonia e conso- ,, nanza nella musica ; e dove non è concordia e „ consonanza , vi è dissonanza contenzione ed ini- „ raicizia ; perciocché con la concordia le cose pic- „ cole crescono , e con la discordia le grandi si , disfanno. „ 12 E pili potente l'odio del nemico per far „ male all' inimico che non e l'amor dell' amico per ,, giovar all' altro amico. Di qua si raccoglie esse- „ re il mondo fiacco al bene , e molto gagliardo al „ male. Dì:ll' Amicizia 3Gg „ 29 Quanto si debba sopportar raraico tiene il ,,-suo termine e misura; perciocché per piccoli pec- „ cati non si deve lasciar l'amicizia ; ma s'egli fos- „ se affatto malo , e direttamente andasse contro ra- „ gione, allora totalmente bisogna rompere l'amicizia. „ 33 Al nome di amico , tanto stimato e avu- „ to in tanta venerazione appresso gli antichi, è „ già posto il prezzo e si vende : ed è certo da „ dolersi che sia comparato a cose vili. „ 65 Se alcuno non ben penetra ancora la ve- „ rità , certo è che il proposito di costui di se- if guir la virti^i sta in pericolo : essendo ancora con „ l'animo irresoluto ora seguirà il bene ed ora il „ male. Dunque per togliere ogni dubbio a costui „ che sta per perdersi , e fortificarlo nella virtù , „ non vi è il migliore rimedio che dargli un buon „ amico ,• perciocché quel eh' io sovente veggo ed „ odo , a poco a poco s'instilla nell' animo e mi „ fa tornar in me stesso. L'amico è come una re- „ gola o legge viva , che di continovo mi sta di- „ nanzi agli occhi. Grande, grande è la forza del- ,, le virtù : questo uomo non mi ha anco parlato , „ non s' è anco meco adirato ; e pure coli' auto- „ rita sua mi ritiene e raffrena del mal fare. Per tali poche sentenze già si conosce co- me dobbiamo esser grati al pensiero del cavaliere Amico Ricci di dare all' onore della stampa que- sta operetta bellissima del padre Matteo. Del qua- le sappiamo eh' ei serba altri preziosi manoscritti , .ed in ispecie una collezione di epistole familiari scrit- te con aurea semplicità e pulitezza di stile; e l'esem- pio lodevole della pubblicazione del, trattato intor- no air amicizia , ci fa spedare che il sig. Ricci vor-' ra essere alle italiane lettere generoso di qualche altra inedita produzione del suo famoso antenato. G.A.T.XXVIir. 24 370 Commedie del cavaliere avvocato Vincenzo Bar- ili tiegli Anton], Bologna , presso Turchi, Ve- Toli e comp. iSaS. ( Un volume di pagine 376) I 1 non por mente a quell' aureo precetto di sce- gliere argumento pari alle forze, lunga pexza me- ditando (jual peso possano gli omeri portare e qua- le ricusino di sostenere, parmi la vera cagione, per cui tutto giorno vedonsi molti buoni ingegni indar- no affaticati a scrivere varie opere , che per nul- la rispondono alle speranze che di loro eransi cou- cepute , e al bisogno della repubblica letteraria : non bastando certamente V esser forniti di buona volontà e lo aver consumato la giovinezza e gli an- ni pili maturi nello studio continuo delle scienze e della bella letteratura , a uscir fuori lodato scritto- re in un subito per ogni occasione che si presen- ta, e per ogni desiderio che nasca di trattare qual- che argumento, che piiÀ del suo bello prenda il no- stro animo. Il cavalier avvocato Vincenzo Berni de- gli Antonj , avvegnaché sia uomo di beli' ingegno e di molte lettere, mi sembra che abbia offeso ap- punto in tale inconsideratezza ponendosi a scriver commedie. Ne per questo vogliamo , eh' egli cada punto dalla stima dei dotti , avendosela di già pro- cacciata con molti leggiadri scritti , per cui Bolo- gna si onora di averlo fra i suoi nobili letterati e il nostro giornale fra i «noi egregi collaborato- ri: anzi intendiamo con la nostra leale censura di fargli animo a volgersi ad argumenti più atti al suo ingegno ed a' gravi suoi stadi, onde giungere al COMMSDIE DEGLI x\wTO?fJ. S^I conseguimento di quella gloria , a cui forse invano aspirò con le sue commedie , e , ciò che più mon- ta , a recare ai suoi concittadini quell'utilità che era del soggetto, e che dee avere in animo prima di tutto ogni onesto letterato! poiché ad onta de' lo- ro difetti queste commedie tengono sempre un non so che di piacevole , che ti annunzia esser l'auto- re un uomo d' ingegno e di lettere , di modo che se non valse a render fruttevole questo campo po- trà trovare altro terreno meno ingrato , dove ba- gnata da' suoi sudori cresca quando che sia lieta la messe. Sei sono le commedie del cav. degli Antonj : il sospettoso j V adulatore t e // tartuffo in tre at- ti : in due atti le tre sorelle : in un solo atto /Vr- resoluto , e la magie sans le secours clic diable. Di quest'ultima non faremo parola; poiché non essen- do che una traduzione francese di quella scritta in italiano dal N. A., vogliamo aspettare che ripren- da le belle forme con che nacque, e torni dalla Francia sul nostro teatro ; non conservando mai le traduzioni lo spirito dell'originale, e soventi vol- te contraffacendolo e guastandolo. Tutte, meno la magie ^ son precedute da gra- zioso prologo , con che 1' autore , ottimamente se- guendo le orme venerabili degli antichi maestri, cer- ca di cattivarsi 1' animo di chi legge, esponendo il carattere delle commedie, le ragioni che lo in- dussero a tenere quella strada più presto che un' altra , e prevenendo le accuse de'maligni , le criti- che de' benevoli , sempre con vivacità e con -ele- ganza di modi e di parole, che rendono piacente anzi che no il suo stile. Facendo parola di commedie ini è piaciuto sem- pre di adagiarmi nel parere di quel critico , che a4* 372 Letteratura stimò non doversi mai fare un estratto di quei componimenti , i quali talvolta perdono tutto il loro IdcUo , se della più piccola parte vengano menoma- ti , siccome è a dirsi delle azioni drammatiche : il perche lasciando agli studiosi che di per se legga- no nel suo originale i drammi del N. A., noi bre- vemente li recheremo a disamina , solo toccando le qualità principali , di che nasce e si forma la commedia. E per incominciare dal primo scopo di essa , rammentei'emo esser cosa apertissima , che è tan- to possibile di disgiungere // ridicolo dalla com- media , quanto e possibile a tutt' uomo di saltare la propria ombra: dovendo il comico con quest' arme soltanto correggere le improprietà , le paz- zie , e i pili leggeri vizi degli uomini , quella parte insomma de' loro costumi , che rompe i mo- di della convenienza , e che gli rende importu- ni nel vivere civile e sociale : mentre che la pie- tà e il terrore della tragedia trattando solo le for- ti passioni compiange alla sciagura delle grandi vir- .ti^i, e ritrae inorridita la mente dalle grandi scelle- ratezze. Sembrami che il sig. degli Anton] siasi le più volte allontanato da questi essenziali precetti, se ne togli una leggera tinta nella commedia le tre sorelle-, ove un vecchio tutore è preso fortemente della bella persona di una sua pupilla: non essen- do certamente a mio credere da considerarsi come vero ridicolo comico lo sconcio insolentiere e le stolte buffonerie di Calandrino servitore nel tartuf- fo : le cui parole , se pur movessero a riso , non ingenerano quel ridicolo ^ che nascer dee dall'impro- prio costume, e dall'eccesso o dal difetto di qual- „qbe virtù. E questa mancanza di ridicolo riesce an- che più danuevole al degli Antouj, che di per se COMMRDJE DEGLI AntONJ. 373 Stesso aggravandosi di maggiori difficolta , ha vo- luto insieme unire e confondere i due generi della Commedia , sicché le sue sieno a un tempo e di carattere e cV intreccio : non avvedendosi che per tal mischiamento perdevasi la Unitk di azione, i carata teri erano falsati e non sostenuti , e il protagoni- sta era quegli , die meno ha parte nell' azione e nello scioglimento del dramma : e mai non toccav.a- si il vero scopo : poiché in commedie di tal genere l'attenzione degli spettatori, invece di esser diretta alla vera cognizione dei caratteri , alla pittura de' costumi, e alla correzione de'vizj, è tutta fissata agli strani ravvolgimenti deir intreccio , ed è cambiata la commedia, per usare le parole di dottissimo cri- tico , m una mera canta-favola> 11 sospettoso è un ricco banchiere, a cui sono sta- ti ruLati dalla cassa trentamila scudi. 11 solo cas- siere ne avea la schiave ; ad onta della sua onesta era naturale , che il sospetto cadesse sopra di lui : è arrestato : il fisco , senza esser mosso da alcua sospetto del banchiere , esamina gli altri officiali del banco : ne perquisisce le carte e la casa : le cedole sono trovate presso il computista : egli confessa , l'onorato cassiere è assoluto : e la figlia del sospet- toso sposa il figlio del cassiere innocente ; e i so- spetti di Ottavio nulla hanno che fare con lo in- treccio e lo sciogliersi del dramma. ISadulatore è un' ipocrita traflatore insigne , che cattivatosi l'animo del barone , a cui presta servigio in qualità di segretario , intercetta delle lettere ; li- cenzia uno antico servitore di casa ; compra una stol- ta cameriera ; e maltratta il cognato del padrone , affinchè la figlia di questo , piangente la morte del suo amante, vada in moglie ad un ricco signore, che a tale oggetto gli ha pattuito una grossa som- 374 Lktteratura ma di denaro. La commedia procede a forza d'in- congruenze; ma finalmente arriva l'antico sposo ; le trufferie di don Melanzio si scuoprono ; e la giovi- netta da la mano al riamato amante . Il perchè se alla commedia invece dell' adulatore si ponesse- ro i titoli del padre di famiglia imbecille : del se- gretario truffatore : della lettera perduta : del ri- torno opportuno : la commedia rimarrebbe l'istessa , e nulla perderebbe del suo buono ; poiché non è l'adulazione di don Melanzio , ma il suo intercettar le lettere , e la nobile imbecillita del barone che pone tutto in iscompiglio. Neir irresoluto la irresolutezza di Pandolfo non lia relazione alcuna , per ciò che ci sembra , con la commedia . Il figlio di Pandolfo è stato a Cadi- ce ad apprendere l'arte di ben trattare i nego- zi commerciali : quivi sposò una povera e onesta fanciulla : torna alla casa paterna con essa , che men- tisce spoglie e trasmutasi in cameriere, fatta gover- nante del vedovo Pandolfo la madre della giovinet- ta , che avea seguito nel viaggio i nuovi conjugi. Air ultimo dell' atto Anselmo , che da quindici an- ni era institore del banco di Pandolfo , si fa ve- liere per la prima volta alla governante, la quale lo riconosce per suo marito , e gli manifesta il già. contratto matrimonio fra la loro figlia e il figliuolo di Pandolfo : e nella comune allegrezza Pandolfo di buon grado acconsente che si rinnovino gli spon- sali fra la figlia dell' onesto e disgraziato Anselmo eoi suo amatissimo Silvio. E tutta la irresolutezza
  • e , avendo il N. A. rappresentalo il suo tartuffo non mezzanamen- te collerico. Lo scioglimento della commedia al so- lito delle altre è un matrimonio, e Vintreccio per ottenere queste nozze poteva benissimo sussistere senza il tartuffo^ e la commedia con poche corre- zioni sarebbe bene intitolata // matrimonio per equivoco. Troppo lungo sarebbe il fermarsi su tutti i particolari di ciascuna commedia , bastando al no- stro proposito l'aver toccato lo scopo di esse, il genere a che appartengono , e la unita dell' azio- ne : potendosi di leggieri concludere da questo po- co che abbiamo osservato, che le commedie del cav. degli Anton] devono certamente mancare di verità e poco o nulla tenere alla correzione del vizio : pili per colpa del soggetto , e de' mezzi scelti dall' autore , che per difetto d' ingegno e di cognizio- ni, di che certamente è abbondevolmente fornito il sig. cavaliere, il quale a lode del vero ha sparso qua e Va. nelle sue commedie molte scene ben condotte e di forza, ed ha mostrato d'intendere molto addentro in che consiste quel bello , che dai ci itici viou detto punto scenico o teatrale. G. S. M. 377 Discorso intorno a s. Luigi Gonzaga^ del signor abaie Pellegrino Fari ni . Imola in 8. ( Sono pag. 35.) F ra quelli che vanno per la maggiore nelle co- se del volgare eloquio l'Italia annovera meritamen- te il professore Farini, rettore del collegio in Ra- venna , le cui prose raccolte a gran ventura usci- rono in Bologna nel 1822. Tra i varj argomenti, ne' quali ha fatto felice sperimento delle sue forze, ci gode il cuore che egli abbia preso pur questo sopra di se; perocché ci pare che con si nobile esem- pio giunto a quelli del P. Cesari e degli altri di co- si eletta schiera, la sacra eloquenza voglia oggimai farsi più bella nell'oro del beato trec&nto. E di ve- ro mentre ne' licei , nelle accademie , nelle case de' civili uomini sono in onore le carte del Passavanti, di quel da Rivalla, del Cavalca, del Catignano , e di quel famoso da S. Concordie che vale solo per molti: egli e ben tempo , che quella casta favella, non guasta da estrani abbigliamenti, ma coirtenta al- la nativa purezza , si mostri dall'alto, e colla for- za del vero e colla sua maravigliosa dolcezza a se tragga tutti gli animi e tutti i cuori. Non vogliamo però che altri creda dannarsi da noi ogni maniera di ornamenti in orazione panegirica, quale si è que- sta. Sappiamo , che piii di coltura per Quintiliano {Lib. I cap. XI) permettesi ai panegirici , che non agli altri ragionamenti : al che consente il S. P. Ago- stino in guisa però , che il profitto si cerchi singt^- larmente degli uditori ( De DocU Cr. L. IV C. XV ). 378 Letteratura A questo santo fine mirò senza dubbio il Farini , il quale delle virtù del Gonzaga parlò di guisa da innamorarne i suoi giovani allievi col mostrare : „ che „ la maraviglia più grande nella santità di Luigi „ si è il dono dell' innocenza , che Iddio gli fece , „ fornito di una singoiar grazia di purità; e la sol- „ lecitudine , colla quale Luigi questo singoiar do- „ no custodì. „ L'orazione procede placidamente quasi rivo di chiare fresche e dolci acque -^ ma dove fa d'uopo s'innalza quasi torrente cìialta vena preme. Di che ne siano prova le calde parole , con cui all'umile giovinetto , chiedente di entrare alla compagnia di Gesù , r irato genitore si volse dicendo : „ Ben „ mi pensava io , che in buon ora tu mi fossi na- „ to , quando a' miei desiderj crescere ti vedeva. „ Baon ingegno , cuor franco , nobili spiriti tu mi ,, mostravi , e quindi io sperava che avresti segui- „ tate le generose cose , alle quali ti allevava. E f, al certo cosi fare ti conveniva mentre un giorno ,, doveva scadere a te per retaggio questo mio do- „ minio ; a te spettava di governare questa gente , „ e di continuare l'onore e il nome della nostra ca- „ sa. Tutte queste cose mi prometteva io da te. Rin- „ graziava il cielo che il mio popolo e me aves- „ se fortunato di un figliuolo, quale tu mi pare- „ vi , e molto nel cuor mio ne godeva. Ma ora „ tu mi vieni innanzi con tale risoluzione , che in „ un momento mi tronchi tutte le mie speranze , „ e mi porti via tutte le contentezze della vita. In- „ gral;o , sleale figliuolo ! Vuoi tu servire a Dio ? „ Chi te lo contrasta,? Anzi questo pur voglio io. „ Ma non credi tu di servire a Dio facendo in y, cose onorate il volere di tuo padre ? E disubbi- „ dendo a tuo padre, e rendendolo cruccioso mise- Discorso intorno a s. Luigi 079 „ ro infelice , dov'è la pietà di figliuolo, dove la „ bontà? Ne voglio già da te cose, nelle quali tu „ non possa farti merito dinanzi a Dio. Il gover- „ nar gente con giustizia , con equità , il condurla „ con esempi al Lene , non ti pare che sia cosa di „ tanto merito , che non potresti farne altra rai- „ gliore in un chiostro? Mai non mi sarei aspetta- „ to tanto dolore da te. Lascia questa risoluzione: „ tuo padre tei comanda. Guai se ti ostinassi di- „ subbidieute. Ti farei aspramente provare tutto il „ rigor del mio sdegno , e con tuo gran male te „ ne farei pentire „. E qui taceremo , che a voler tutte riferire le belle cose del panegirico saremmo costretti darnelo intero. Questo non taceremo , che mentre nella terra , dove hanno pace le ceneri dell* Alighieri , il Farini intende a ristorare le lettere e la morale , è uscita ivi stesso non so quale leggen- da Sul pillerò 'Volgare eloquio , dove , per ciò che ne dicono i savj , con parlar coperto sono fatti se- gno di amara ironia non solo i cruschevolissimi pedanti , ma eziandio quanti studiano con amore nel- le carte de'nostri padri. Se a questo intende quell' accigliato censore qualunque siasi , che suo nome non ha svelato , non risponderemo già noi; che so- no vive le opere del Perticari, il quale nelle cose della favella ha mostrato Quid deceat, quid \non , quo i'irtus ., quo ferat error. Risponderà quel fiore di gentilezza Paolo Costa in quell'aureo trattato dell' elocuzione , dove sono „ consigliati i giovanetti a „ studiare prima nelle opere de'trecentisti , ne'qua- „ li è dovizia di vocaboli proprj e di forme gen- „ tili, e chiarezza, e semplicità , e Urbanità, e me- „ ravigliosa dolcezza : ed a riserbare negli anni loro „ pili maturi lo studio de'cinquecentisli , che scris- sero eloqueatemente di cose gravi e njag^nifiche „., t) 38o Lettisratiira Glie' se forza di autorità non valesse; valga l'esem- pio di tanti nobili giovani formati a tali scuole , ciascuno de'quali per avventura: Non fumum ex fulgore^ sed ex fumo dare luceni coi^itat. (Hor* de Art. Poet.) D. Vagcolini '^'Intorno alle poesie di Giovanni Fantoni , ■' ' detto Labindo. ^^itfi'i i R A Gì 0 N AMENTO. I n quel tempo che le opinioni di Aristotile te- nevano il luogo della esperienza e del ragionamen- to, Hift ipse dixit era bastevole a decidere ogni Controvèrsia, a stabilire qualsivoglia sentenza, a dar faccia di errore alla verità, e di verità all'erro- re ; ma a questi giorni , la Dio merce , fosse pilr l'uomo di grande esperienza e di sommo intelletto fornito , egli non avrebbe autorità che bastasse a vincere la testimonianza de' sensi, e la forza de' ra- gionamenti . NuHadiraeno , chi il crederebbe ? una generazione d' uomini si ritrova , che scrivono pei giortiali (tolgo da questa schiera il Zaiotti, il Bion- di , il Betti , ed altri pochi simili a questi critici valorosi ) i quali avvisano di far credere o discre- dere altrui secondo il loro senno , recando in pi'ova di quanto affermano la sola autorità. E l'autorità di quali uomini ? Di un Platone forse? di un Ari- stotile, di un Ciceróne,' di un Longino, di un Ga- lileo ? Mai no : l'autorità, loro propria. Giudici su- Poesie pi Labindo 38 i premi in ogni materia , dall' alto tripode di Apol- lo con impeto di parole danno i responsi , e senza persuasione di argomenti solvono tutte le pia dif- ficili controversie. Qua con una sentenza innalzano alcuna riputazione, la ne atterrano un'altra, arbi- tri della repubblica letteraria , e dispensatori e ru- batori di fama. Ne si contentano già di signoreg- giare i viventi , ma estendono la tirannide loro ai trapassati : e con faccia pronta si fanno incontro agl'ingegni pii'i eminenti che a' buoni tempi fiori- rono, sperando forse con questa malizia di stabi- lire a se stessi il regno fra gli uomini esimii, do- po averne cacciati i giusti possessori. Chi non vede quanta superbia, quanto mal talento, quanto odio . del vero e del bene sia in questo detestabile costume ? E come esso intenda ad avvilire gli studiosi , ed a far perdere l'inclinazione che ha l'animo nostro ad ama- re la veritk ed a produrre opere di utile e comune diletto ? Uffizio di chi scrive fogli letterari sareb- be il mostrare ad ogni maniera di lettori, che il pregio delle prose e delle poesie vuol essere mi- surato con sicura norma, acciocché tutti conoscano che la bellezza non è opera dell'umano capriccio, ma unita convenevolezza e proporzione di parti ben divisate fra loro e col tutto e col fine dell' arte. In questa forma procederò nell' investigare, poiché ne sono richiesto , i pregi e i difetti delle odi di . Giovanni F anioni, che per alcuni è chiamato l'Ora- zio Fiacco de' tempi nostri. Dirò primieramente dei subbietti , che ejjli scel- se al poetare: poi della forma, che diede alla ma- teria: per ultimo del modo, col quale espresse gli alletti e rappresentò le cose. Sono oggi in Italia alcuni spiriti tan,lo ^uste- ri, che vorrebbero bandire ogni poesia, che non 38a Letteratura abbia per suo fine rinsegnamento. Non bene ricor- dano costoro che il principe de' lirici latini ha mol- te odi bellissime e lodatissime che non parlano al- tro che d'amore: che Anacreonte, Tibullo, Catul- lo, il Petrarca, Dante ed altri molti, sovente espri- mendo solo gli afFetli loro e gli scherzi innocenti , ci empiono l'animo di maraviglioso diletto. Strabo- ne nel primo della sua geografia dice: „ La prin- „ cipale intenzione del poeta non è l'insegnare, ma ,, il dilettare solamente. „ E il gran filosofo cardi' „ naie Pallavicini : „ Il fine intrinseco e prossimo ,, del poeta non è il giovamento , come alcun ten- „ ne, ma la dilettazione degli intelletti comunali. „ E certamente , secondo che a me pare, si è meri- tevole di grandissima lode colui , che con le soa- vissime arti l'animo ci rallegra, e che trasportan- doci , quasi per incanto , in un mondo ideale ri toglie ad ogni vulgar pensiero e bassa voglia, al- leviando le molte noje, i fastidi e le infermità di que- sta vita mortale. Benedetta sopra tutte le arti sia pure la poesia , incàntatrice divina , che vero il finto ci fa parere, e ci inebria l'anima di celestiale dol- cezza ! Questo solo Jjuo pregio è più che bastevo- le a tènderla altamente a tutti laudabile e cara. Ma Se de' suoi allettamenti ella si giova per ingen- tilire i costumi, per rendere odiosi gli errori ed i vizj , per sollevare l'autoritk delle leggi , per ina- nimire r oppressa e scoraggita virtù , per vilipen- dere il fasto e l'orgoglio , per insegnare come si freni 'it furore dei mali appetiti : ella diviene co- sa, direi quasi, più che divina. Perciocché impa- dronendosi del cuore umano , a poco a poco ci in- spira la probità e la beneficenza , la carità della patirla 'e l'umanità, per la quale siamo condotti Poesie di Labi*do 383 a fare volentieri e con diletto ciò che i più fan- no solamente per timore de' castighi. Molte odi compose il Fantoni a solo diletto , e moltissime ai sopra detti nobili fini ; e di ciò Italia tutta deve essergli gratissima. Ma non bastava lo sciegliere materia acconcia alla poesia, e materia utile: conveniva darle arti- ficiosa forma, e significarla con locuzione mirabile. Se queste due parti , sì necessarie , abbia sempre bene adempiute il lirico nostro ho fede di far co- noscere per le cose che dirò. Fra le odi più lodate prendo a considerarne due sole : poiché il parlare di tutte sarebbe opera troppo lunga e nojosa a chi legge. Se quello che dirò sarà valevole a guidare il giudizio de' giovani che hanno vaghezza d' imitare il lirico latino , mi rendo certo che contenterò il desiderio di coloro, che mi mossero a discorrere questa materia. Scielgo primieramente 1' ode XIV indirizzata nel 1790 a Melchior Cesarotti, la quale è ad imi- tazione della XI del libro III di Orazio. Il lirico latino si propone lo stesso fine che il suo imitatore , cioè di vincere il cuore di una fanciulla ostinata nell' essergli nemica. Pongasi men- te come l'uno abbia a questo fine ordinati i suoi pensieri , per vedere poscia se arte pari siasi ado- perata dall' altro. Perchè questo si vegga chiaro ver- rò notando i pensieri che le parole di Orazio avran- no mossi nella mente della sua Lide. Ecco l'ode. Mercuri , nam te docilis magisiro Movit Ampliion lapicles canendo'. Tuqiie testudo resonare septem. Callida /lorvis, Nec loquax olim , ncque grata , fiunc et Divitir.n mensis , et amica templi^j ; 384 L 4. 4. T K K A T U n A L'apostrofe a Mercurio ed alla cetra, e il modo magnifico di esaltare ' la nobiltà di questa , partili che desti nell'animo della fanciulla la curiosità di as- coltare cose simili a quelle, che su nel cielo odono gli dei: e che ella già intenda l'orecchio e l'animo avido d'inebriarsi del dolce suono: Die modos , Lfde quihiis obstmatas Appllcet aureis. Quce velut latis equa trima campis Ludit cjcultini , nìetuitqae tangi Naptiarwn expers , et adiate protervo Cruda marito» Punta dalla rampogna dolcemente acerba, par- mi che Lide cominci a sentire alcuna vergogna del- ,la sua semplicità e degli aspri suoi modi. Tu potes tigreis ^ comitesque sihas Ducere^ et rivos celereis morari. Cesslt immanis tibi blandieiiti lanitor aulce Cerherus : quanwis furiale centum ■ :. Muniant angnes caput ej'us: atque Spiritus teter , saniesque manet Ore trilingui. ■ Quiu et Ixioii TitjQsque vultu Misit invito', stetit 'urna pauluni Sicca, dum grato Danai puellas Carmine mulces. Udendo Lide questi miracoli della poesia, di- ce fra se : Quasi un dio debbo essere costui , che signor della cetra la tocca si soavemente. Se i tron- chi !&, i rivi furono dalla cctera commossi, se fu com- PoESiK DI Labindo 385 mosso per fino il serpentoso Cerbero, io solo non mi commoverò ? sarò più crudele delle insensate cose « e delle orride furie? sarò più inesorabile del fato , che ruppe le dure leggi dell'Efebo ? Aiuliat Lide scelus , atqiie notas yirginiim pceiias , et inane Ijmpha Dolium f Lindo pereuntis imo , Ssraque fafa^ QucB manent culpas edam sub Orco. Qui Lide, rapita in prima e commossa dalla for- za del canto , ora h presa da spavento nell' udire quali suplicii sieno preparati alle crudeli nell'inferno. Jmpice ( nam quid potuere majus ? ) Impice sponsos potuere duro Perdere ferro. Una de multi s face nuptiali D/gna^ periurum fuit in parentem Splendide mendax , et in omne virgo Nobilis cevum.. L'esclamazione sdegnosa e terribile , e il rac- conto di quello che operarono le spietate Danaidi, fanno che un subito gelo stringa il cuore di Li- de, ond'ella dica fra se: La mia durezza sarà dun- que cagione della morte di cotanto amante ? Già rifugge da così orrendo pensiero 1' anima di lei ; quando le viene posta dinanzi la pietà di quella fedele, che splendidamente mendace verso il padre suo, e famosa nella lunghezza de' tempi avvenire., accelerò la fuga al suo giovine marito. G.A.T.XXVIIL a5 386 Letteratura Surge , gu(e dixit jiweni marito : Surge : ne longus tihi somnus , unde Non tiineSf detur: socerum et scelestas Falle sorores i Quce , 'velut nactce vitulos leasnoe , Sirigulos eheu lacerant . Ego illis Mollior X nec te feriam , nec intra Claustra teneho% Licle, alle parole che dalla bocca di quella pie- tosa le vengono al cuore , si sente mossa alla me- desima pietà , e alla medesima avversione contra i crudeli. Me pater scevis oneret catenis Quod viro clemens misero peperei : Me vel extremos numidarwii in agros Classe releget. All'esempio di tanta fortezza Lide vuol essere forte: e gik per dar vita al suo amatore si dispo- ne a vincere ogni più duro ostacolo, ad incontra- re ogni pericolo. /, pedes quo te rapiunt et auree i Dum favet nox et Venus : i secundo Online, et nostri memorem sepulcro Scalpa querelanu Già fatta compassionevole, amante, e forte neir amor suo , ora piange al pianto della pietosa fi- gliuola di Danao : e l'amatore poeta ha in questo pianto il pieno trionfo . Vedete arte mirabilissi- ma di questi versi ! Altri avrebbe empiute le carie Po;:siB DI L\BiivDo 887 di sospiii e di lamenti ; ma Orazio con poche im- magini avlificiosamcnte collocate , ed espresse con locuzione mirabile , fa nascere nel cuore della fan- ciulla que'sentimenti , che a poco a poco la con- ducono alla pietk. Veggiamo ora se di quest' arte siasi giovato il suo imitatore, anzi se 1' abbia pur conosciuta. Egli indirizzando l'ode sua a Melchior Cesarotti così incomincia. „ Figlio del canto , che degli anni ad onta „ Ridesti i vati dalla tomba , e il prode , ,, Cui ride intorno meritata e pronta „ L'itala lode; „ L'arpa deponi dall'antica fama, ■ ■ ,, Premio dei forti e refrigerio ai vinti, „ Del cieco bardo, che dolente chiama ,, Gli amici estinti. „ La tromba appendi, che all'indocil ira „ Sacrò d'Achille lo smirneo cantore, ,j E prendi l'aurea ceteray che spira 5, Fiamme d'amore.' Orazio, lodando il potere del dìo Mercurio e quel- lo della lira , venne accortamente a magnificare i pregi suoi propij' ed a mostrarsi agli occhi della sua donna degnissimo di ammirazione e di amore. Il Fantoni lodando il Cesarotti, delle cui lodi egli punto non partecipa , nulla fece per mettere sé ìxi grazia della bella giovane romana , la quale per qu'esti versi non ha occasione ne di ammirare il suo amatóre, ne di porgere intenta gli orecchi al canto; poiché troppa h la distanza dal Cesarotti al facón- do nipote di Atlante. Vedi adunque, o lettore, che tutto che si dice in queste tre prime strofe è inu- tile al fine che si propone il poeta, a5* 388 LETTi;nATURA „ Di vaga figlia dell'altera Roma „ Col suon possente dell'eterna voce ,, Frangi l'orgoglio imperioso, e doma „ L'alma feroce. „ Ride al mio pianto ed al suo riso applaude, „ Di se cotanto il cieco amor l'inganna, „ Sempre di scherno prodiga e di fraude, „ Sempre tiranna. Poni mente alle parole colle quali Orazio rimpro- vera alla sua donna l'ostinazione , e vedrai quanto sia in esse di urbanità » di delicatezza, di grazia. Dal Fantoni all'incontro troverai usate queste as- pre e villane parole : orgoglio imperioso : alma fe- roce ^ prodiga di fraude otc^ non atte certo a di- sporre una fanciulla ad amare, ma piuttosto ad in- dispettire la stessa milensaggine, „ Lidia le addita, che del crudo scempio „ D'Alceste rea pende da un antro, e s'ange „ Cinta dal fumo, e alle superbe esempio „ Timida piange. Le immagini che Orazio prendeva da quello errore che a' tempi suoi tenne luogo di religione, avevano grande forza , e segnatamente nell'animo delle don- ne ; ma qual terrore può mettere nella bella ro- mana il favoloso esempio dell'affumicata Lidia ? I concetti che seguono sono della citata ode di Ora- zio; ma in questa del Fantoni , non solamente per- chè furono tolti dalla favola non creduta a' dì no- stri , ma perchè vi sono mal preparati dalle cose antecedenti , riescono freddi e di nessuna virtìi. A renderli anche piiÀ freddi concorre sovente la pocat Poesie dì Labinìùo 38i) precisione , e la poca forza dello stile. Ciò verrò ora dimostrando per compiere la terza parte del mio ragionamento. Tralascio» per brevità, di parlare dello stile di quelle strofe , delle quali ho osservati pur ora i con- cetti e la forma, e quelle che seguono. ^, Fa che di poche oda il delitto orrendo ), Ed il supplizio , e men proterva e fiera ,^ 'L'alta paventi del destin tremendo „ Legge severa. •), Star le Danaidi con punita mano „ Miri sul fiume che pietà non sente» „ Empiendo il vaglio , e riempiendo invano „ D*onda fuggente. Questi concetti sono di pòca efficacia perchè non hau* no significazione determinata. La fanciulla romana non potrà così tosto intendere di qual defitto or- rendo qui si favelli. Orazio disse : Audiat Lide sce^ lus atque notas f^irginiim pcenast, dopo avere fis- sata la mente della sua donna nella spietata figlia di Danao cogli antecedenti versi. Il Fahtoni dicci Men pH)ten>a e fiera L'alta paventi etc. E Orazio Oda Lide la scelleranza delle figliuole di Danao » e qual supplicio si prepari loro neir inferno. Non dice Lide pascenti , poiché a svegliare il timore ba- stano le imagini delle cose terribili. Nella strofa che segue dichiara, ma troppo tardi, chi siano quel- le poche di sopra accennate, e qual sia la legge severa di che dovrà temere la ritrosa giovane ro- mana. ,, Empie ! poterò in ferita maestre ), Servir del padre ai tradimenti ascosi. Sgo Letteratura. „ Empie! poterò con le infide destre „ Svenar gli sposi. ,, Una fra molte al genitor crudele „ Splendida seppe preparar menzogna; . „ L'amante a morte , e ^e rapir fedele „ Alla vergogna. Quanta sia la forza nella parentesi di Orazio Nam quid potuere majus? qui tsalasciata, ognu- no sei vede. Servir del padre ai tradimenti , par- mi espressione molto Lassa. Infide destre : mal suo- nano insieme le due sillabe de de. Con le infide destre svenar gli sposi vale egli quanto Impim spon- so potuere duro perdere J^erro? Orazio: Perjurum fuit in parenlem splendide mendax. Il Fantoni, Spleìidida seppe preparar menzogna L' aggiunto splendida^ a cagione del posto che tiene fra le ai- tile parole , può anclie riferirsi alla donna. Seppe preparar è modo duro e basso. Z' amante a morte e se rapir fedele alla menzogna vale egli quanto. ■Et in omne virgo nobilis ceuum ? „ Sorgi, ella disse, dal fatai riposo „ Pria che le cure del mio cor sian vane; „ Sorgi , e deludi inaugurato sposo ' „ L'empie germane. Ne longus libi somnus, unde Non times detur^ e Len altro che il fatai riposo del Fantoni. Nota che fatai significa voluto Ad\ fato ^ e che per ciò noa SI può dire usato con molta proprietà, iu signifi- cazione di pericoloso o simile, comecché esso aLLia al- cun esempio non antico. Pria che le cure del mio cor sien 'V«« La virtù è agli uomini necessaria. GÌ' iniqui » sono costretti a temere sempre le pene sebbene lon- « tane. Mira di quale timore è compreso l'uomo la- » scivo tosto che è libero dal suo furore! Mira co- j) me l'avaro irrequieto palpita sopra gli accumulati M tesori ! L'empio vide il nembo , udì lo scrosciare M de' tuoni. Neil' ammanto delle tenebre notturne so- 5) pra un carro di fuoco egli giunge! . . . Egli giun- « gè! Ecco il signore dell'universo. Fra' lampi ar- 5j denti mostra l'irata sua faccia. Scendete, o re, dal M soglio, prostratevi, o genti; che sei tu dinanzi a »ì lui , o uomo, tanto superbo della tua ragione? un n verme della terra. China la fronte, o Etruria, lava » le tue colpe nel pianto: il di della vendetta non » è ancor giunto. Iddio ti avvisa , e passa. 11 nero » spirito delle procelle e il turbine fragoroso spiana- » no il sentiero agli ampj suoi passi : alla voce di » lui l'onda invade le spiagge, si squarciano le nu- » bi,ed il Mincio ed il Pò sdegnano la sponda. Ve- >j di come il flutto vincitore si eslolle, e come rapi- n do e sonante tragge nella sua rapina armenti, ar- M bori , e biade ! Sono inondate le case , e qua e Ik » fuggono gli agricoltori, e co' pargoletti al collo le » misere madri. Grida di vecchi, di donne, e di fan- » ciulli assordano il cielo. Il mug^ghiar dell' armen- » to , il lamentare de' sacri bronzi fanno risonare le « valli. La invano gli agricoltori e gli armenti cer- » cano salvezza; qua, percosse da fulmine, ardono 5) le quercie , e avvampano i poveri abituri. Gran » Dio ! perchè vibri su i tugurj le tue saette , e per- „ doni alle alte torri albergo della colpa ? Tu serbi „ all' empio esaltato più giusti ed orrendi gastiglii ; „ e forse è vicino il tempo del tuo ritorno , e forse „ pronta è a scoppiare la tremenda ira tua. Trema- „ te, o regni: guerra lacrimosa devasterà l'Europa, 394 Letteratura „ e coi palllcli morbi verrà dagli abissi la smunta fa- „ me a desolare la terra.,, Non fa bisogno di estendersi in parole per mo- strare come quest' ode abbia di quella grandezza , che tanto nelle sacre carte si ammira. Il venire di Dio ^è qià dipinto in modo , che induce terrore. Terrore similmente ti mettono nelF animo gli effet- ti dell' ira sua. Vedi quanto è bolla , quanto è pas- sionata l'apostrofe allo stesso Dio ! La profezia espres- sa con facili e robusti versi nell' ultima quartina lascia sentimento di compunzione nell' atterrito let- tore ; e questo era il fine che il poeta si propo- neva. Ho lodato , e forse non abbastanza , questa poesia e rispetto ai concetti e rispetto al modo , onde essi sono ordinati. Potrò io lodarla moltissi- mo se pongo mente allo stile ? ,, No, non è ver che sia vlrtude un vano „ Nome: è un bisogno dei mortali. Pavé „ Chi altrui fé danno , e palpita „ Solo al pensier di un punitor lontano. I primi due versi mi pajano espressi in modo pro- saico, y^l pensier di un punitor lontano non vale precisamente al pensare che vi è un punitore co- mecché eoli sia lontano. Il pensiero del, punitore è pensiero di esso punitore e non d'altri. Cosi la grammatica vuole che s'intenda. „ Mira queir empio timido ed ansante „ Destarsi, o padre, dall' oscena ebbrezza; „ Mira suir oro gemere „ L'irrequieto avaro palpitante. Poesie di Labindo SgS Non mi pare clie , qui sia con evidenza espresso il timore di che è sopraffatto l'uomo lascivo dopo la colpa. Ansante è aggiunto che indica la sofferta fatica, e non il xìxnov&cx. Gemere V irrequieto ascaro palpitante. Quel gemere non potrebbe parere so- verchio? Non bastava forse il dire palpita f irre- quieto avaro ? „ Videro il nembo, e il rotolar da Ittnge ,, Udir del tuono. Neil' anmmanto avvolto „ Delle notturne tenebre ,, Sopra un carro di fuoco ei giunge . . ei giunge! Rotolare vale spingere una cosa per terra per far- la girare. Qui è usato per metafora, e molto im- propriamente. Avrebbe forse il poeta avuto in ani- mo, per esprimere vivamente il fragor de' tuoni, di ricordare il romore che fanno le cose rotolate? Que- sta fanciullesca similitudine farebbe sovvenire il let-j tore di quello che il volgo suol dii'e quando tuo- na, cioè che il diavolo s>a in carrozza. ', ^ f „ Ecco il signor dell' universo ! Ardenti „ Svelan la faccia sua lampi striscianti ; „ Scendete, o re, dal soglio; ,, Temete , o grandi , e vi prostrate , o genti. Il dire che i lampi svelano la faccia ,di Dio fa pensare che ella sia tenebrosa. Lampi ardenti stri- scianti: questi due epiteti fanno la descrizione trop- po minuta. La minutezza è contraria al sublime. „ Che sei dinanzi a lui , schiatta superba „ Di tua ragion , che della terra un verme ? 396 Letteratura „ Che sei , del fango figlia , „ Che fragii messe di falciabil erba ? Pare che a fine di chiarezza avesse dovuto dire j se non che della terra un verme ? L'ultimo verso è Stemperato in troppe parole. Falciahile e fragile presentano quasi l'istessa idea: così erba e messe* ), Piega la fronte, Etruria, il guardo abbassa, „ Lava nel pianto la stoltezza , e spera.' „ Ancor non giunse il vindice „ Giorno del suo furor ; t'avvisa e passa. Piega la fronte ^ il guardo abbassa^ sono due azio- ni che dicono meno di quello che se fosse detto : il guardo atterra. La^a la stoltezza. La stoltezza si può sanare Coli' elleboro , non si lava : si dice lavar le colpe , poiché si riguardano quali mac- chie dell' animaé „ Altrove scende : lo precede il nero „ Spirto devastator delle procelle, „ E il fragoroso turbine „ Agli ampi passi suoi spiana il sentiero. Questa quartina , è a Creder mio , assai bella e scritturale; ma parmi che l'aggiunto devastator ^ collocato a cagione d'armonia dopo il sostantivo , non produca buon effetto , per quel genitivo che lo segue. L'ordine delle idee richiederebbe che si dicesse spirito delle procelle^ non devastator delle procelle. Bello è l'aggiunto ampi , che mostra la rapidità dei passi di Dio , e ricorda un bellissimo luogo d'Omero nell' Iliade. ì rOKSIK DI LABINDO $97 „ Ei parla : e all' urto di sua voce l'onda „ Del mar si slancia ad inghiottir la spiaggia, „ Le pregne nubi squarci ansi, „ Ed il Mincio ed il Po sdegnan la sponda. Qui forse le troppe parole tolgono la rapidità e la sublimità ai concetti. „ Ve come il flutto viucitor si estolle , „ E per i campi predator si stende, „ Come sonante e rapido „ Nei vortici trasporta alberi e zolle ! I primi due versi sono di uno stessissimo suono per quelle due parole vincitor , e predator , sopra le quali ciascuno di essi con noja degli orecchi si posa. Arbori e zolle : perchè non arbori e biade ? Le zolle rapite dall' acqua vanno in fondo : gli arbori e le messi stanno a galla. Ut pictura poeiis ! „ I vicini abituri inonda, e scaccia „ Lo sbigottito agricoltor piangente , ,, La paurosa greggia, „ E la sposa che i figli ha tra le braccia. Forse l'ordine delle immagini sarebbe stato più na- turale se prima si fosse detto della greggia , poi dell' agricoltore, poi della donna sua. „ Rimbomba il piano allo stridor del vento , „ Alle grida dei vecchi e dei fanciulli, „ Dei sacri bronzi al gemito, „ Ed al mugghiar dello smarrito armento. ^gS L li *" T E R A T U R A „ L\ pe\ salvarsi invan nuota e s'ailaima - „ Coi stanchi tori il misero bifolcQ , -,,f Qua percosse dal f»I mine - „ Ardon le quercie, e avvampa ima capanna^ In tanta mina l'ardere di una capanna sola è for- se troppo minuta osservazione. i „ Gran Dio, perchè le tue saette accendi „ Contro i rozzi tugurj , e su le torri ,, Ove riniquo domina' ,, Il tuo vendicator braccio sospendi? „ Lo sb, tu serbi a wia -più giusta e orrenda „ Pena l'empio esaltalo^ e forse il tempo )n^^'Deitftuo ritorno è prossimo, -.(|,'FQrs'è pronta a .scoppiar l'ira tremenda. ':■■ i . ..•..■ . XoVfó'^è'j modo .basso. ,^ una e superfluo, ed il ^ersohcTÌk^htitou^ Esaltalo e voce poco poetica. - „ Tremate , o regni : lacrimosa guerra „ Devasterà l'Europi, e dall'abisso ,, Verrà coi morbi pallidi < ,» La smunta fame a des&lar la terra. • ■: '.": ' ■ r.\ U^^i i v:.: . Bellissima , a parer mio , è questa ultima strofa , che lascia, neir animo del lettore quel terror salutare , che, come ilistii di sopra ^ è il fine di questa ode. Dopo di aver notati que' diversi difetti , che il giudizioso lettore troverà in tutte le altre odi del Fautpni meno lodate delle due chic ho qui discor- se, parmi di poter concludere, senzfa essere' tacciato d' arroganza, che qiiesto poeta non merita di essere àellO: l'Orazio moderno i come lo dissero i prodighi suoi ammiratori. Ma da. che avviene dunque, si di- Poesie di Labindo Sqq ra, che le poesie di costui sono lette per tutta Ita- lia, e da molti tenute a memoria: mentre tante al- tre composte de'modi eletti nel Petrarca ed in Dan- te , ed ornate con tutto il oro del trecento , ven- gono obbliate appena uscite alla luce? Perchè le parolette, i versetti soavi, torniti , forbiti, delizie de' pedanti, sono vano tiato che va per le orecchie e non giunge nel vivo dell'animo; e gli alti concetti , comecché rozzamente espressi, illaminano alcun po- co la mente e sono perciò letti da molti. Ma dura poi lungamente la vita loro? Mai no : viene per es- si assai presto quell'ora che // veochio scote 11 lem-' io pieno , e nella torbida onda Tutta lascia ca-» der le impresse note. Paolo Costa. 4oo VARIETÀ' Saggio di versione di alcuni salmi ^ di Giamhatista Spi- na. Seconda edizione aumentata e corretta daW au- tore. Bologna dalla tipografia Marsigli 1826 - ( Un volume di pag. 96 ) \ Un buon critico ha scritto di questa versione , che lo Spina si fa singolare dalla folla degli altri tradut- tori e verseggiatoi'i per la correzione dello stile, e per la for- za e l'armonia del metro , eh' egli ha scelto : e giusta sa- rebbe la lode , se lo stile fosse originale , e non tolto ad imprestito a Dante al Monti al Costa, copiandone e storpiandone interi versi , emistichii e frasi , come è sta- ta sempre mala usanza di questo culto e studioso gio- vine , che privo affatto di ogni estro poetico, a forza di schiena e di vegliate notti vuol penetrare di soppiatto fra la bella schiera di quelle anime eccelse , a cui na- tura diede di sormontare la perigliosa cima di Plndo. Questo rubacchiare qua e là le frasi poetiche e i ver- si ha dato sempre , come era cosa naturale , ai pochi scritti dello Spina un non so che di stentato , di oscu- ro , e d'intralciato che ti par di vederlo sul bicipi- te Parnaso or brancolare con le pastoie , ed ora in queir atteggiamento , in che Famiano Strada vi pose Sta- zio , aggrappato ad una delle due cime con le mani e coi piedi suir orlo di un pi-ecipizio , riguardato dagli astanti con maraviglia mista a terrore come un balle- rino che penda dalla corda. V A R I F. T a' 4^1 Questa seconda edizione non difl'erisce dalla pi-ima , che nel maggior numero dei salmi tradotti , in una pic- cola prefazione , con che l'autore sotto il finto nome di un tal Francesco Cardinali loda se stesso a cielo , e in un mal sensato confronto che egli in fine dell' opu- scolo istituisce fra i suoi salmi e quelli di altri due scrit- toio , i quali ne hanno pubblicato sì poco numero , che non bastano a dirli traduttori , né a dar materia di fare un pieno confronto fra essi e chi verameute pose ogni cura per tradurre il Salterio : specialmente poi avendo scelto lo Spina a bella posta un solo salmo , e il peg- giore fra i pochi di questi due scrittori , e nulla cu- rando gli altri quattro buoni ingegni italiani , che oltre que' due dopo lo Spina si son fatti a volgarizzare gì' inni davidici. Non parleremo della fedeltà della versione : poiché non è da attendersi questa dallo Spina , che ignaro del- la lingua ebraica e della greca si è pur anche di gran lunga discostato dalla Volgata ; sicché i suoi salmi po- co ritengono del testo , e possono considerarsi come un buon mosaico di pensiei-i e d'immagini orientali vesti- te con parole italiane. Non ostante noi consigliamo l'au- tore a compir l'opera : che piacerà sempre , non po- tendo egli pubblicare cose sue , il vedere che inteso al- lo studio della buona lingua e del buono stile volga- rizza le altrui bellezze , e non consuma del tutto in- vano la sua vita. Anche la volontà è di assai nell'ar- due cose , se però non vada disgiunta dalla modestia. FlLALETE EUTRKSIO G.A.TXXVIII. atì 4oa Varietà' Opuscoli di Gio. Battista f^erniiglioli ora insieme rac-* colti , con quattro decadi di lettere inedite di alcu- ni celebri letterati italiani defonti nel secolo XIX. - Voi, /. - 8.° Perugia , tipografia Baduel presso Bar- gelli e Costantini 1826. ( Sono png. 2o5 ) „ Dai piccoli libri , anche di mediocrissimi ingegni , „ può trarsi talvolta non lieve vantaggio per ogni ra- „ gione di studi. Il dotto cav. Morelli già amico no- „ stro , e che fu stimato a buon diritto il principe de'bi- „ bliografi, avea conosciuta per modo questa verità , che ,, dopo le sue sollecite cure di raccoglierne immensa- ,, mente , e di tenerli a caro , come può anche dedursl „ dalla copiosa sua collezione , già assicurata nella Mar- ,, ciana cui presiedeva quell' uomo dottissimo , era bra- „ moso di trattare a parte con qualche scritto : Della „ grande utilità che da libri piccioli soventemente si „ trae. ,, Così scrive l'egregio autore nella prefazione di questi Opuscoli : e noi affermiamo il medesimo , e di- ciamo anzi che se vantaggio non lieve si ritrae da' pic- coli libri anche di mediocrissimi ingegni , grande cer- to se ne ritrarrà da quelli d'un uomo così versato in ogni genere d'erudizione , com'è il sìg. professore Vermiglio- li. Grazie dunque se gli rendano sincerissime dell' averli riuniti insieme , e incominciati già a pubblicare. In questo pinmo volume sono le operette seguenti : I. Lettera al P, abate Di-Gostanzo sopra un'antica iscri^ zione italica del museo Oddi di Perugia ; 2. Lettera al conte Alessandro Baglioni Oddi sopra ima così dett* pa- tera etrusca; 3. Saggio di ossei'vazioni sulle prime origini di Perugia ; 4- Elogio storico di Baldassare Ansidei biblio- tecario della vaticana nel secolo XVI i 5. Estratto della sto- ria della basilica di S. Paolo scritta da monsignor Niccol.t Niccolai ; 6. Sigillo di Bartolomeo di Ermanno degli Er- mauwi jilustv^lo ; '^. Decade i di Icllcrc inedite di al- Varietà' ' 4^^ cuni celebri letterati italiani ec. ( Qui sono quelle dì monsig. Gaetano Marini ) S. B. Dafne in alloro , stanze di Giuseppe Ignazio Mon- tanari. ( Sono cart. l'j , senza luogo di stampa. ) Belli di soavità e d' eleganza sono questi versi del giovane sig. Montanari di Bagnacavallo : sicché vo- gliamo con essolai rallegrarci dell'egregio studio che pone intoi'no a'classici di nostra gentile favella , e smgolar- mente intorno al Poliziano e all'Ariosto. Oh quella bea- ta scuola della Romagna è pur continua in dare be'frut- ti alle italiane lettere , grazie immortali alle cure e agli esempi di que'leggiadri spiriti dello Strocchi del Fari- ni e del Costa ! Ecco la descrizione che il Montanari ci fa di Dafne. „ Splendea in Tessaglia una leggiadra figlia „ Di Pene'o nata , per bellezze sola : „ Di Citerei piìi nere avea le ciglia , „ E pili che neve il sen bianco e la gola : „ Pinta in rosa la guancia : amor s'appiglia „ A quale ascolta sua dolce parola , „ O mira come altera e umile incede ; „ Ma se t'apre un sorriso il cor ti fiede, „ La chioma d'oro pai-te in nodo stretta „"'Parte 'discìolta sulle spalle scende , „ Entro le scherza la gentile auretta , „ Che il bel viso baciar diletto prende : „ Cinge corta al ginoccliio gonnelletta , „ Licia faretra agli omeri le pende : 4^4 * V A R I 1£ T a' „ Arco sottil d' avorio porta al fianco , „ E chiude in bei calzari il piede bianco, „ Gara a Diana per selvaggi monti , „ Armata d'arco e di saette , in caccia „ Dietro alle fiere di'izza i piedi pronti „ Nuda il candido sen , nuda le braccia : „ Né lei ponno arrestar o fiumi o fonti , „ Ed or un orso , or na lion minaccia , „ Contro ai cervi veloci or tende l'arco , „ Or le timide damme aspetta al varco. ,, Sen già talvolta sola con Diana „ Che di lei più che d'altra si piacea , „ E bagnarsi le membra alla fontana „ O con lei mescer danze si godea : „ Febo , che pastorello ia forma umana „ Del re Admeto le greggi allor pascea , „ La rimirò che al bosco della diva „ Lietamente cantando si veniva, S. B, Istruzione a chi volesse scj'i^^ere una tragedia romantica. Primieramente è bisogno che tu di buonissima fe- de , malgrado che la ragione ti gridi il contrario , re- puti l'arte tragica ancor bambina in Europa : nulla aven- do potuto fare per essa , filosofando inutilmente sul cuo- re umano , que' barbogi d'Eschilo , di Sofocle , d'Euripi- de , con tutti gl'italiani e i francesi che ne hanno ba- lordamente seguite le orme. Prendi poi a tua scelta venti o piìi fatti d'un qualche gran barbassoro de' bassi tem- pi , e così tutta d'un fiato scrivine una tragedia. Guar- V il a I E T A.' 4o5 dati pevò che nlun fatto sia mai legato coll'altro : per- ete ciò darebbe unità d'azione alla tua tragedia , e qua- lunque unità è creduta da'romautici contrarissima al buon effetto teatrale , alla semplicità ed alla cbiarezia. Fu già tempo che gli eccellenti poeti ebbero diverso consiglio: ma , figliuol caro , altre cose vuole un secolo , ed altre ne vuole un altro ! E la ragione umana , checché ne di- cano certi accigliati pedanti , è simile anch' essa iu qual- che modo alle vesti , le quali perpetuamente si mutano. Oh vorrai tu andar oggi colla berretta a tagliere e colle brache alla martingalla, siccome usava messere Uguccio- ue ? Attendi poscia che fra ciascuno degli atti suppon- gasi esser corso il tempo almeno di dieci anni : e se passerai spesso da un paese all'altro , anzi se traversando le mille miglia di mare volerai dall' Europa all' Asia o all' America, farai cosa veramente bella e solenne. I personag- gi sieao pia 0 meno 4? • 6 quando n'avrai introdotto uno a parlare , non curarti piii nulla de'fatti suoi, I ver- si sorpassino' i 12000 ; scrìtti a un di presso con lo sti- le d'Alessandro Manzoni , affinchè non sieno poesia , e di più abbiano degnamente bisogno delle cure pazienti del Landino e del Vellutello. Un beccamoi-to , un ciabatti- no , un pescatore , e tre 0 quattro crestaie sono di estre- ma necessità : se no , la tragedia non avrebbe la nobil- tà e l'eccellenza di Calderon e di Sliakespeare. I tra- gici dell'ultimo settentrione , veri esempi dell'ottimo ro- manticismo ( anzi dell'ottima poesia , la quale per cer- .10 suo naturale diletto non ama dimostrarsi in tutte le sue divine bellezze , fuorché in mezzo i perpetui ghiac- ci e i venti e le nelibie ) usano anche introdurre un ve- scovo , un monistero di monache , ed una processione * ma noi che ci pregiamo di buoni ed ossequiosi cattoli- ci non dobbiamo cosi mischiare le cose anguste della re- ligione con queste- profanità. Fingerai nel primo atto un castello , che però sia di architettura gotica., in )uez.AO ad 4oG Varietà' un boschetto di tigli : nel second'atto una orrenda ca- verna , dove fra perpetue tenebre abbiano la loro di- mora molti ladri e farinelli, e con essi veg£;asi una giovane donna tutta scapigliata che piange. E così via discoi-rendo hegli altri atti. Indispensabile è però un cimiterio ; nel qua- le sarà bene che tu spesso conduca , cosi per diporto , le re- gine e i gi'an re, che vi potranno anclie a grandissimo onore tener consulte e ricevere ambasciatori. Un travestimento da morto sarà piire opportuno : e già nobilmente , secondo il suo solito , né usò lo Schiller nell'ultima scena del suo pie- toso D. Carlo. Degli spettri poi mettine proprio a biz- zeff(< : che la gentile poesia romantica senza spettri non è più romautica , e non vale un zero. Se porrai che i ciabattini ed i beccamorti discorrano fra loro un po- co alla comica , e si proverbino , questo non potrà es- sere che un egregio e fino artificio perchè debba ralle- jgrarsi alquanto la serietà tragica : ed oltre a ciò avrai con bellissima lode imitato Shakespeare. Ma sentenze per carità : e soprattutto sieno sentenziose e sottili , al modo inglese , le persone dell'infima plebe. Finalmente non per- donerai a ninna umana stranezza , affinchè le fantesche e i fanciulli ti battano costantemente le mani. Fas'ole russe di Kriloff". Abbiamo discorso di cpieste favole ne'volumi d'apri- le e di maggio : e detto che degne generalmente di lò- de ne sono le imitazioni poetiche fatte da parecchi va- ' lorosi italiani. I sigg. Bartelli e Costantini , stampatori e librai dèlia città di Perugia , ne hanno impresa per as- sociazione una ristampa : avendo però unicamente i-iguar- do alla parte italiana , cioè a dire alle l'iferite imitazioni ecl alla prefazione del dottissimo Salfi. i '' » Varietà* 4®7 Teatro di Luigi Leoni di Firenze. Il primo tomo , cli'è omai sul pubblicarsi per as-» sociazione iti Firenze colle stampe di Luigi Pezzati , con- terrà il Gela , la Tessalonica e la lìossane , tragedie ; il Buon ministro e la Nuova scuola de'' mariti , com- medie ,• e la traduzione della Zaira del sig. di Voltaire. Sarà inoltre arricchito di varii discorsi critici sul tea- tro tragico degli anticbi , degl'inglesi , de*tedeschi , de'fran- cesi , e degl'italiani , e insieme da un giudizio sopra Ict precedenza. Il sig. cav. Ciampi ci ha mandato questo sito epicedio scritto per la morte di S. M. Vimperadore Ale s san* dro di Russia. ^, Magnus Alexander bello péi'terruit orbem * „ Noster Alexander . pacis in orbe parens. ^, Magnus Alexander raultis infensus amicis : „ Inque ipsos liostes at fait iste pius. • — jj Magnus Alex.ander paucis lacryniabilis,: pmnis „ Subdita gens nostri funera collacrymaat. „ Non igitur magnujn vere , quis , dixprit illunpi,! „ At noster magnus nomine reqpie fuit. e ,1 J INDICE DEGLI ARTICOLI CONTENUTI NEL TOIM. XXVIII DEL GIORNALE ARCADICO. SCIENZE Maggiorarli ^ sopra alcuni giudizi me- dici P' 3 — — Meli ^ febbri biliose p- 21 — — Vacca , nuovo metodo di curare la trichiasis p. 3o — — Palazzi 1 malattie artritiche reuma- tiche ec p. 33 — — H o sellili i ^ progressi delle scienze eco- nomiche p. 5o 183 — Matthej , lettera in risposta ad un ac- cademico fdarmonico sulla medicina del Le-Roy p. — i49 — Dissertazioni in medicina e chirurgia di varii allievi delV università di Padova yo. — 197 — Pepina , preparazione della barite cri- stdllizzata p. — 206 — Cappello , osservazioni geologiche del territorio di Accumoli p. — — 289 Meli ^cagioni dell'abuso del salasso, p. — — 332 Piccerilli , della medicina pratica in generale p. — — 338 LETTERATURA Borghesi , osservazioni numismatiche {decade XIF) p. Cj 208 — . 4o9 Biondi , sull'antico volgarizzamento di Esopo ^. 88 . •"• — Niccolini , Medea tragedia . . , , . p. 99 — — Vaccolini\ alcune cose di Dante toc- canti la fisica ,../?. 120 ^^^-^f! -^; ; Coluto , il rapimento d' Elena tradotto ' T '^- • < ^ in italiano l . \ . p. ~'a'4r" ^^^'^ Campanari^ risposta al sig. O. intor- .. ' ', '. no ad un urna etrusca ». •-— 260 '—r'" Morelli, dell'antico /^e/p:^-,, ... vj^'Crnv^ ^^7 "~"u Amati ^ iscrizioni antiche nuovamenrr'w t • ?3r r fó scoperte .:!;... jo.i]'>i^ VJ— 345-: i Ricci ^'trattato éelV amicìzia .'\ < »'-j9..fi*ii-'iXl^-i.i. 366 Degli Anton]' ^ commedie' :'l . . . p. **• ^-^ 3'^a" - Farini^ panegirico a s. Luigi Gon^ "*C^ ^«S'^ • •_ P' — — hT:\ Costa , ragionamento intorno alle poe^ , sie di Giovanni Fantoni ' detto La- hindo . t*i j'.'. . . p» i' — — 38o ART I-B Etti E ARTI Pittura* Vincenzo Rasori di Bplogna p* f,^7 f^ -7»^1 . uox; ,i.L,\ 4 IO Giornale areadico rqiiad- LXXXflt- novembrs 1 8a5 dalla pag. f49 alta pag. 181 lettera del dottor Giuseppe Matlh'ef ec\ '_[''' ' \' '/ */"'''". Pag. Lin. ERRATA. i4^- ult-km. flhe .ci tiet^ . i5i 37 terzoiiare - CORRIGE. «he tieii tenzonare ideni. u^bim-.^recedimetito procedimento i53 idem idem" i56 idem i5y id^m i58- 169 idem 160 i6a idem idem 176 «77 181 G 3a i4- 23 Intanto di .^ • ad abjurarlo ' checche Intanto li Se pure • èontentez^a rompere ad ingiurie dai diesis dalle semicrome m^ poi , per chi si slancia animoso schernevole che mai cessò quarantesimo coliche in sublime grado di f)grfe?;ion.e .l'incivi- i mento delle turl|it r^avganicum si e rilevato di abrasioni ad abiurarla che avrebbe piìi seriamente avrebbe piìi savia- mente 26 29 3o 3r i. 2. creduli e superficiali in chiacchere però redisilizio mai non si mostrarono fra i quali sganarelle , che per vendetta ma- liziosa della moglie ò creduli e superficiali a chiacche però l'ediflzio mai si mostrarono fra i quali sganarel- le , per vendetta maliziosa della mo- glie e iV". B. L'autoi-e ha creduto dovere e mandare questi errori di stampa , perchè alcuni intcrressano rintelligen- za del senso , altri deturpano la purezza della lingua. Tabella dello siato del Tevere , desunto dall'altezza del pelo d'acqua sull'orizzontale del mare^osserva- to air Idrometro di Ripetta^ al mezzo giorno. Novembre 182 5. GIORNI. METRI I 5. 2 5, 3 6» 4 ^, 5 e. 6 < 7 e. 8 6. 9 9, 10 8, li 9. 12 9. i3 7. i4 7» i5 7» iS J7. 17 ;'» i8 7, 19 6, 30 6. SI 6. 22, 6, a3 ff. 24 ff. 25 7. 26 7. 27 7, 28 7, 39 6. 3» 7. 3i 6, 70 92 32 a« 7^, 34 o3 ài 44 80 1 1 85 '9 ì5 2» 29 23 76 85 1: 65 08 35 6i 90 »o 60 OSSERVAZIONI. Altezza massima ^et« 9, 70 Idem media ' ntet, 7, i3 Idem miaiiua «net. ^^^0 'L'altezza niassima nell'an- no 1825 è (limet. Q yo Idem minima idem „ 5 4^ Idem medi« idem ,, 5 ga, Osservationi Meieorologii'he. Colleggìo fiumano Dei embre 1825. In questo mese, e ne'seguenli , si darà l'allezza dell' au'qua radTTla . Tn linee! centesimi di iuipa ; per averla ne' 9 mesi precedenti, bisognerà dividere il nu- mero dei pollici cibici per 4- S Ore e ma. 1 ifi. ■icr. Ili, s. m. 3 .,. 3 S. in. s. in. 6 g. s. ;«. ^ S' s. m. ' s. ni. 8 g., s. III. 9 g. ni. 10 ^., s. m. «J S- s. 111. 12 g. s. ìli. i3 S- s. ni. ■4 5-- s. ni. Sarompt. Terni, int. Terni, esl. Igro. a cap, Vento Pioggia ìvapor. 1 .S(..-kl Ciel.! * i 2;7p.9li.6 „ IO 5 „ II 0 -11 11 9 8 IO 0 8° 0 11 3 i3 12 15' II 4 est. IO 2 N.N.O. d. s.s.o. ., s. „ lin. 5 00 lin., 2 0 1 3 nui^oloso pioggia llUvuLnsu 1, 'I :r 1, s 3 5 3 2 4 •S.S.E. „ b": ò"3 0 62 „ gor.p,o. coperta 28 1 0 1 1 0 1' , Il 1 1 12 'i 6 '4 ' ' -1 5 3 5 1 1 6 N.O 1 8 pio. La iiotLe^. inez- coper 1 chi arissiiiin' '.'1 ?, 6 11 •. 3. 11 15 1 1 1, d. S. p. f. ' 7 cliiaro iiui'oloso chiaro 11 4 12 0 " 11 11 4 i4 2 12 5 >'■; P„ 14 8 12 5 12 0 i5 i3 Ì3 6 IO 2 i3 22 1(7 S.E. „ S. f. S.E. „ S. „ s!È, . . Il ■ „ vici. s. ,, . ., 5 3 liUi'oLoso chitiro IV « 3 1, 0 8 „ „ b 11 8 i3 0 1 2 2 12 0 ■ 3 0 12 y 1, 5 '7 20 8 3 75 iiu. 8 60 9 « nui>oloso j ì ì f ri Li7 1 0 (1 11 9 q ,,82 II 9 5 ;: 6- ^ „ 6 5 6 in. 6 S.E. „ ii. d." »>' 1» S.ti. gagl. ■K, d. X."^ d. N.«.0. . 0 0 0 0 0 0 0 0 S. deb. S.E. „ 0 0 pioggia \ 11 •» 4 '1 7 " 1, „ 3 12 8 11 5 15 11 », 2 • 11- -ir" 9 3 12 2 IO 5 5 „ 2 es, 6' in. 3 4 TlUl'oloSO pioggia 11 9 ^ 1, ><> 3 ■ „ „ 6 1 0 0 12 8 .M 5 in. 4 ,, 7 2 e». 8 „ 7 "i 3 00 5 9 ! coperto ! 11- i 11 11 4 11 'i - „ -, 4 I a u 11 11 11 11 11 i> II 8 M 5 12 0 lì 11 Il 5 1, B » 11 5 9 l Il 3 9 5 2 00 1 50 1 3 ,, gol .dipi J coperto \ 1 ! 1 i 1 „ 1 1 ti ,1 .1 6 28 0 0 9 , 12 5 IO 8 6 3 0 G - p.la nol'Co. pioggia cop. ,1 0 5 11 ' ' 9 5 3 5 3 0 ^ 5i. 0 5 i I 1, » 5 11 2 1 , „ « « 7 0" 12 5 IO 8 es. 4 5 3 0 0 0 s.S.E.d. S. ,, nebbia pio fé cop. 11 51 / 11 11 7 :, „ 3 11 9 ol „ 0" 8 1 2 1 9 3 9 •s. „ s.o. „ s. „ I 2 mez. cop, go.fii piog. iiu.'ulnso .1 !0i Baromct, I 'ì'e.iiit. Te.esi. 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Pro-Magister. IMPRIMATUR Joseph Della Porta Patriarchi Constantinopm Vicesgerens . jiì»:a ^'^^9m*