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GIORNALE
ARCADICO
DI SCIENZE , LETTERE , ED ARTI
TOMO XXX X.
OTTOBRE , NOVEMBRE , E DICEMBRE ,
MDCGCXXVIII.
ROMA
KELLA STAMPERIA DEL GIORNALE PRESSO ANTONIO BOULZALER
Con licenza de' Superiori. 1828.
SCIENZE
Della elettricità eccitata dal contatto. Memoria
di G. B. Pian ciani della Compagnia di Gesù
Prof, nel Coli. Romano.
A,
Uorchè l'evidenza de' fatti , e in particolare Fim- mortal ritrovato della pila , ebbe persuaso a' fisici che l'elettricità, era il solo agente ne' cosi detti ef- fetti galvanici , una nuova specie di opposizioni e di oppositori insorse contro fa teorica del Volta , e si pretese che gli effetti chimici , ed in ispecie l'os- sidazione de* metalli , fossero la vera causa de'feno- meni galvanici , ossia che quelli e non il semplice contatto de' conduttori eterogenei , svolgessero l'elet- tricità. Questa dottrina del Fabroni , di Salvatore dei-Negro , del Vassalli , del Wollaston e di altri fu confutata da esso Volta 7 e posteriormente da due sommi chimici Davj e Berzelius. Di questa ha pre- so recentemente la difesa il eh. sig. prof. A. de La Rive in una Memoria inserita negli armali di C/timi- ca e Fisica di Parigi (a).
Io non voglio negare che l'ossidazione o altre sintesi chimiche producano elettricità , e che perciò possano influire sulla intensità e anche sulla dire-
(a) T. XXXVII. p. 2^5 Mars tBi».
4 Scienze
done della corrente elettrica. Invero non sembra gran- de questo influsso ne' fenomeni elettrostatici o di tensione. L' inventor della pila vide a. un dipresso gli stessi segni nell' elettrometro o poca fosse o mol- ta l'ossidazione dello zinco , e Singer attesta di averli veduti maggiori , allorché armava la pila con acqua pura : il che mi pare potersi spiegare in parte pel contatto delle sostanze che si generano , mentre la pila è in azione , e forse in parte coli' ajnto del principio (scoperto dall'egregio sig. prof. Maria- nini (a) ) che la tensione dell' elettro-motore va sce- mando , a eguali circostanze , tanto più quanto più deferente è il condnttor liquido , e ciò non pure se il circolo voltaico è stato chiuso alcun tempo , ma ancora alcun poco, se è stalo sempre aperto. Nel caso però del circolo chiuso, o vogliam dire ne' fenomeni elettro-dinamici dell' elettromotore , sembra che l'aziou chimica debba pure aver la sua parte» Se gli eiFetti elettrici soltanto crescessero in ragio- ne delle azioni chimiche , potrebbe ciò spiegarsi col dire che quelli debbono crescere colla facoltà de- ferente del liquore interposto tra i metalli , e che tal facoltà suol esser maggiore ne' liquori ossidan- ti , e inoltre che dee tenersi in conto la facoltà conduttrice relativa , giacché meglio passa 1' elet- tricità da un conduttore di prima classe a uno di seconda classe, e reciprocamente , se fra l'uno e l'al- tro v'ha azione chimica , o almeno non debole af- finità : cosa che il Volta avea da gran tempo so- spettata , e che poi hanno dimostralo le sperien- xe dello stesso de La Rive, e de'celebri Davy e Bec- querel, Ma allorché si vede , invertendosi tla dire-
fa) Gion:, di Fi.u ce. Pavia. 1827. p. 299.
Elettricità' .r>
zione della corrente, passare l'elettricità dall' alca- li , o dal metallo all'acido , se v'ha combinazione , (a) mentre l'opposto avviene se v'ha solo contatto , sem- bra difficile non riconoscere l'effetto elettrico dei- la combinazione. Inoltre le già vecchie sperienze del Saussure e del Volta , e specialmente le più recen- ti del sig. Pouillet, sembrano insegnarci che l'e- lettricità si svolge per le chimiche azioni ( benché l'ultimo de'iodati fisici abbia a parer mio troppo esteso le conseguenze (b) ) ; onde pare che possa Stabilirsi in certo modo a priori l'influenza di ta- li azioni nella elettricità dell'elettromotore. Ma da tnttociò non discende , che il solo contatto di cor- pi eterogenei non sia motore dell'elettricità , astra- zion fatta da qualunque chimica azione.
Il sig. De La Rive fa gran conto della cor- rente elettrica che si osserva , se si immergono in uno stesso liquore due porzioni d'uno stesso me- tallo capace di essere da quello alterato: ma se egli parla d'una immersion successiva , il metallo im- merso il primo non è più lo stesso dell'altro , mi la sua superfìcie è trasformata in solfuro , a cagion d'esempio , o in ossido , come il sig. Davy ha bene osservato. Se poi i pezzi di metallo sono immer- si a un tempo , ma la superficie dell'uno è più am- pia , può darsi che , se si svolge elettricità , sia questa da ripetersi in tal cn'so unicamente dalia mag- giore azion chimica : un altri potrebbe forse aggiu- dicarla al più ampio contatto del metallo col con- duttore di seconda classe
Le inversioni della direzione della corrente elet- trica, allorché due metalli , per esempio rame e piom-
(a) dnn. de Ch. et Phys. T. XXX. p. u3. ecc. {b) Giorn. arcnd. ?'. XXX-f^l. p. ò'òj.
G Scienze
bo , sono immersi a vicenda in due diversi liquo- ri, come sarebbero l'acqua salata e l'ammoniaca, <> anche in uno stesso acido ora allungato , ora con- centrato , sono le armi che usa principalmente il sig. de La Rive. Simili inversioni sono stale osservate da gran tempo dal sig. Davy (a): non le ha però egli tribuite all' azion chimica. Ma quando queste inver- sioni sieno dovute a tale azione , ne consegue forse che alla stessa debbano tribuirsi lutti gli elìelti , an- co i più semplici , anco quelli che hanno luogo ser- vendosi di acqua pura? Se un sistema di due lami- ne , l'una di ferro , l'altra di rame o di argento , si immerge in certi liquori, il ferro riceve dall'alt!') metallo ossia fa officio di elettromotore negativo , al contrario di ciò che ha luogo in un' acqua salata o acidula : prima però dell' immersione il ferro era po- sitivo , e lo era , mi pare, pel contatto, ossia per la natura relativa, dedite metalli, considerata as- solutamente , astrazion fatta dal liquido benché l'A. creda di non dovere ciò ammettere.
„ Un fatto, dice il sig. de La Rive , che dimo- ,, stra esser l'azion chimica quella che determina nel ,, metallo il più alterato l'elettricità positiva , si è „ che immergendo ferro e piombo nelf acido ( ni- „ trico) concentrato, il ferro è nel primo momento „ negativo , perchè non v'ha ancora azion chimica ; „ ma se l'azione energica incomincia , il ferro che „ era negativo , diviene fortemente positivo. Cosi il „ rame è negativo nel primo istante nell' acido ni- „ trico concentrato rapporto al piombo, e, tostochè „ Vazion chimica comincia , diviene fortemente po- „ sitivo. ,, Se il piombo è positivo , ne' due casi ,
{aftBibl. lìrìi. T. XIX. p. 272. ( 1S02)
Elettricità' 7
prima che l'azion chimica cominci , a questa non può tribuirsi tal suo stato elettrico.
Possono ancora tali inversioni da altri spiegar- si o almeno molte tra esse, non dirò pel calore e per l'evaporazione , ma sì pel contatto dell' un de' metalli con qualche nuova sostanza generata per mez- zo o della sintesi o dell' analisi , o veramente col liquore frapposto. Il sig. de La Rive crede che que- sto caso non possa spiegare le inversioni , che os- servò , cambiando l'acido nitrico o solforico concen- trato nello stesso allungato, perciocché, dice, il li- quore è lo stesso né" due casi. Ma giacché gli effet- ti chimici d'uno stesso acido concentrato e allun- gato sono differenti , onde l'acido nitrico allungalo esercita più forte azione sul piombo che sul rame o sul ferro , e l'opposto fa l'acido stesso concentra- to , convien pur dire die l'un liquore non è lo stes- so dell' altro; e si sa die piccole differenze chimi- che e anco soltanto fisiche ne producono delle non piccole ne' fenomeni elettrici.
Ma per istabilire che nulla al solo contatto, ma tutto si dee alle azioni chimiche , converrebbe alme- no far vedere come a questa ipotesi si adattino qne' fatti , ne' quali l'elettricità sembra eccitarsi senza il soccorso dell' azion chimica, o ancora , per così di- re , a dispetto di essa. Ciò è che mi sembra ben dif- fìcile , per non dire impossibile. Come spiegare , a cagion d'esempio, l'elettricità che manifestasi fra due corpi a contatto , prima che v'abbia tra essi azion chimica, e la quale al momento della combinazione o svanisce, come osservò il sig. Davy col mezzo dell' elettometro condensatore , o si inverte , come vide il Sig. Becquerel coll'ajuto del moltiplicatore galva- nico ? come spiegare le contrazioni delle rane pro- dotte dal contatto di due metalli nobili ? La va-
§ Scienze
na , ha scritto il sig. Michelotti (a) ,, manifesta le „ solite contrazioni , quando si pone debitamente „ a contatto coll'oro, col platino, coll'argento : i qua- „ li metalli dall' altro canto non comunichino che „ con acqua o solnzioni saline. „ Più volte ho ve- duto eccitarsi le contrazioni nella rana toccando i nervi e i muscoli con oro e platino , o eziandio stringendo fra questi due metalli non più che una porzioncella di nervo ; e per tor via il più lieve sospetto che tali contrazioni procedessero da mec- canica irritazione , parecchie volte fu posta la ra- na sur una moneta d'oro e un pezzo di platino, i quali metalli si adducevano poi a mediato conta- to , toccandoli ambedue con altra moneta d'oro. Fino da' primi giorni , in cui si ebbe in Berlino noti- zia delle sperienze del Galvani e del Valli , fu os- servato dall' A.chard prodursi contrazioni fortissime in una coscia di rana, se l'armatura era di oro o di argento e X eccitatore di platino ; forti anco- ra , se l 'armatura era di platino e V eccitatore di argento o d'oro (b).
Riporto qui una bella sperienza del celebre Berzelius , che sembra decisiva e che non vedo ci- tata ne' più recenti scritti su questo argomento : e pure dovrebbe essere nota, avendola dagli atti dell' accademia di Stokolm trasferita G. Singer ne' suoi Elementi di Elettricità, che sono stati dall'idioma inglese tradotti nel francese e nell'italiane „ Pre- „ si dodici tubi di vetro e chiusa perfettamente una „ delle loro estremità , li empii per meta di una for- „ te soluzione di sottomuri a to di calce : sopra qne-
(a) Accetti: di Torino T. XXVll. p. 21. (A) AL it. d- Vacaci: R. Berlin ( Ì790-179ÌÌ
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•„ sta foci cadere dell'acido nitrico allungato , aven- „ do diligente cura che i liquori non si mescolas- „ sere. Presi dodici fili di rame , alle cui estre- „ mita aderiva un globettino di zinco ; li posi „ ne'tubi in modo che l'estremità, ove era lo zinco, „ pescasse nel sottomuriato , e l'altra estremità toc- ,, casse soltanto l'acido del tubo vicino : cosi ot- „ tenni questa serie , rame , zinco , sottomuriato „ di calce , acido nitrico , rame , zinco ec. E ma- „ nifesto che all'ordinaria temperatura il solo ra- „ me immerso nell'acido poteva ossidarsi , e se l'os- „ sidazione fosse stata la prima causa dell' elettri- „ cita nell'apparato, il polo rame avrebbe mostra- „ ta quella elettricità che il zinco mostra nella pi- „ la comune , cioè la positiva. Finché non si sta- „ bili comunicazione tra i poli , il rame si sciol- ,, se nell'acido , il quale prese un color ceruleo , „ e il zinco serbò lo splendore metallico. Feci co- „ inimicare i due poli per mezzo di fili di argen- „ to , le cui estremità pescavano in un tubo con- „ tenente del muriato di soda. Non senza grande „ ammirazione vidi un effetto al tutto contrario al- ,, la teorica che attribuisce all'ossidazione Pelettri- ,, cita della pila. Il rame cessò dallo sciogliersi , „ ed il zinco cuoprissi di ossido bianco. Sul filo „ che comunicava col rame si accumulò , secondo „ il consueto , il gas idrogeue , e sull' altro una ,, buona quantità di muriato d'argento. Lo stato „ dunque dell'apparato generò due effetti , eccitò „ un' affinità che alla temperatura ordinaria dell'at- „ mosfera è inerte, e sospese una forza chimica , „ che era si forte , primache il circolo fosse chiu- „ so. Questi effetti ad altra causa non ponno attri- „ buirsi, se non alla elettricità di contatto, dal qua- „ le quella viene eccitata e caricata la pila ec. „
io Scienze
II sig. do La Rive dico clic il metallo alte- rato dal liquore ( o il più alterato ) si mostra sem- pre positivo. In primo luogo l'A. stesso ci avver- te , che allorché dice , il metallo più alterato pren- dere sempre l'elettricità positiva , e il meno alte- rato la negativa , questa non è che una ipotesi ■ perciocché cosa pub farci giudicare esattamente del- la intensità d'una azion chimica ? Del resto egli è di fatto che la regola il più delle volte si tro- va vera , perocché i corpi più atti a venire al- terati dall'ossigene e dagli acidi sono appunto i più disposti a mostrar pel contatto elettricità positiva , anche allorché non si osserva vestigio di chimica operazione : ciò che ottimamente si spiega nella te- orica elettro-chimica. Dipoi nel riportato esperimen- to del Berzelius è positivo il metallo che si ossi- da in virtù della corrente elettrica , ma non quel- lo che prima della circolazione di questa si ossi- clava e che solo avria dovuto ossidarsi , secondo le ordinarie leggi chimiche : e una ossidazione che è prodotta da una corrente elettrica , certamente non è la causa di quella. Se poi suole rinvenirsi po- sitivo il metallo più alterato , allorché l'alterazio- ne consiste nell'ossidazione , avviene egli sempre lo stesso quando l'azion chimica è d'altro genere ? Il sig. Davy osservò che se immergonsi successivamen- la in una soluzione d'idrosulfuro di potassa due porzioni di uno stesso metallo capace di esser da quella alterato , la parte che dopo l'altra s' immer- ge ( e meno essendo stata alterata , più lo é attu- almente) si mostra positiva, se il metallo é rame, piombo ecc. ma se é argento o palladio , sui quali imballi la soluzione opera validamente , l'effetto è
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l'opposto , cioè la parte immersa dopo l'altra è ne- gativa (a).
Esplorando col mezzo del moltiplicatore l'effet- to del contatto di piccoli pezzi di rame e zinco , e servendomi di acqua pura o di una soluzione sa- lina , vidi tale effetto ( ossia la direzione dell' ago calamitato ) esser sempre lo stesso , quantunque al- cune volte si facesse cadere nel rame qualche goc- cia d'acido nitrico- Cos'i il sapore acido 7 che si sen- te toccando l'apice della lingua con un pezzo di sta- gno o zinco e la inferiore col rame in contatto con quello , resta lo stesso , se il rame è stato toc- cato dal detto acido nella superficie che non toc- ca la lingua.
Il Volta vide divenire negativi argento , otto- ne , stagno e zinco pel contatto della carta , del cuojo , del legno , del panno , dell' avorio ec. : pu- re se ir; tale operazione si ossidava qualche corpo, quello era il metallo. Può pensarsi tali effetti es- ser dovuti ad una abbastanza forte pressione , che equivale alle percosse e all' attrito : ma assicura il Volta che , se que' corpi erano bastantemente umi- di per esser buoni deferenti , una forte pressione , la percossa , o l'attrito appena facevano effetto mag- giore del solo contatto , o d'una dolce pressione , spesso necessaria , onde i deferenti di seconda clas- se si applichino bene a'metalli : se poi erano più secchi , il metallo riceveva da essi elettricità per attrito , e talora anco ( in ispecie, se il metallo era zinco) per forte pressione o percossa, al contrario di ciò che avveniva pel contatto (b). Egli avea cura
(a) Ann. de Chini, et Phys. T. XXXIII. p. 291.
(b) Opere T. II. part. II. p. 63-68. 71.
12 Scienze
che le superficie de' metalli fossero asciuttissime , e
più facilmente vedeva gli effetti , se l'aria era secca.
Sembra al sig. de La Rive che possa spiegarsi coli' azione dell' ossigene o de' vapori spaisi per l'atmosfe- ra la tensione elettrica, che si manifesta nel contat- to di due metalli ( o altri corpi ) eterogenei; ma su questo punto importante ei si propone di ritornare, quando abbia raccolto un numero di fatti sufficien- te a decidere in u,n modo o nell' altro la questione. Questi fatti saranno senza fallo importanti , special- mente venendo dalle mani di sì abile sperimentatore. I fatti però che conosciamo finora mi pare che con- fermino egregiamente la teorica del Volta , cioè che il solo contatto basti senz' altro a produrre sensi- bile elettricità. JNon ricorderò di nuovo le sperien- ze di questo fisico , che pur ora ho mentovate.
Ho fatto cadere alcune gocce di acido nitrico sul piattello di rame che si cimentava collo zinco , e que- sto ha seguitato a dare all' elettrometro-condensatore elettricità positiva. Se lo zinco da tale elettricità or- dinariamente , perchè si ossida più ; in questo caso dovea dare elettricità negativa , perchè si ossidava meno.
Qual chimica azione si esercita allorché il pla- tino , l'oro , il rodio o l'iridio toccano un acido e divengono positivi ? o un alcali e si mostrano nega- tivi? come vide il sig. Davy coll'ajuto dell' elettro- metro-condensatore. Lo stesso osservò la calce sec- ca divenir positivamente elettrica toccata da cristalli di acido ossalico (a). G. Singera nche esso vide non solo il rame ma eziandio l'argento divenire elettrico
(a) Eleni, dì Jllos. clùmìca-Ann. de eh. et phys. T. XXXlll. P. -><fj.
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pel contatlo delle polveri secche degli alcali fissi. Lo stesso attesta il rame divenir negativo al contatto di una terra alcalina , del carbonato di potassa o so- da ecc. minutissimamente triti (si noti che non allu- do alle spericnzo nelle quali questo fisico faceva pas- sare le sostanze polverizzate per un crivello , poten- dosi allora l'effetto attribuire ad attrito). Come spie- gare lutti questi fatti, ponendo che i segni elettro- metrici che osservatisi ad occasione del contatto sien dovuti sempre all' azion chimica , come già opinò il dal-Negro citato dal Poli , che sembra adagiarsi nel- la sua sentenza ?
Al più volte nominato prof, de la Rive non è paruto impossibile che le correnti termo-elettriche sie- no cagionate dall'ossidazione de'metalli. Il dott. d'Ye- lin e il cav. Nobili (a) hanno veduto deviar l'ago ca- lamitato in un circolo termo-elettrico composto di solo oro o di solo platino. Il sig. Becquerel osser- vò (b) lo slesso ne' circoli termo-elettrici composti di platino e oro , platino e argento , platino e pal- ladio ecc. e ciò alla temperatura di 1200, 8o° e an- che 4°° del termometro centigrado.
Il mentovato cav. Nobili applicò alle estremità del galvanometro due lamine di platino , che collo- cò negli opposti lati d'uno stesso vaso vuoto : ra- sente un lato versò dell'acqua fredda, e rasente l'al- tro acqua bollente , e l'ago indicò una corrente che andava da questa acqua a quella. Lo stesso vide im- mergendo in un vaso pieno di acqua fredda due la- mine di platino, una delle quali era stala nell'acqua bollente.,, Dopo queste esperienze, dice l'A. , le la-
to) Btbl. univ. T. XXIF. P. ifà-XXXFlL p. 120. [b] Ann. de eh, et phys. T. XXXI. p. 383.
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„ mine restano omogenee come per Io innanzi: que- ,, sta circostanza sembra escludere ogni azion chimi- „ ca tra il metallo e il liquore; giacché per tale azio- „ ne le lamine divengono meno omogenee e scam- „ bievolmcnte elettro-motrici. „
Se il circolo è d'un sol metallo, di cui una par- te soltanto è scaldata , si osservano effetti maggiori nel platino, che nel rame o nell'ottone, se crediamo ai dolt. d'Yelin. Lo slesso fisico e il lodato sig. No- tili hanno osservato maggiori effetti nell' oro e nel platino , che nello stagno e nel piombo. Niuno dira che la differenza di ossidazione tra le parti calde e le fredde del platino sia maggiore che tra le parti fredde e calde del piombo o dello stagno. Non sem- bra dunque che le correnti termo-elettriche o le altre correnti elettriche possano universalmente ed esclu- sivamente tribuirsi a chimiche operazioni.
Aggiungo per ultimo una riflessione riguardante le correnti degli ordinar] elettromotori o semplici o composti. Niuno essendo o appena sensibile l'inflns- so dell* azion chimica sulla natura e intensità de' se- gni elettrometrici , che si osservano , allorché non è chiuso il circolo voltaico , se questo influsso diviene notabile , allorquando il circolo è chiuso t ciò dee tribuirsi alle chimiche operazioni eccitate o aumen- tate dalla corrente voltaica : dunque tali operazioni non sono vera causa di essa corrente , ma si bene effetto , effetto però che reagisce sulla sua causa , l'aumenta o la modifica.
Vedo ora nella Bibl. Univ. , aoust 1828, che il sig. A. de La Rive ha osservato , che l'azione della pila cessa affatto , se è collocata nel vuoto o in un mezzo che non ha azion chimica sopra i suoi elementi. Ciò fu opposto al Volta gran tempo fa , ed egli rispose nella Bibliot. Britann. T. XIX. p. 348
jC L E T T K I C I T A* 1^
( mars 1802). Egli avea prevenuta questa obie- zione descrivendo ( insieme- colla prima descrizione del suo apparato ) delle sperienze, che consisteva- no in coprire d'olio o di cera tutta la pila, che continuava ad agir bravamente per più settimane. Il dott. Van-Marum provò ancora che la pila agi- sce nel vuoto boileano. E che diremo delle pile zam- boniane , le quale mantengono le loro attività per parecchi anni , comechè involte in grosso strato di pece o d'altra sostanza coibente ? Io non oso spie- gare queste ultime sperienze , ignorandone i parti- colari : ma dirò che la pila può operare senza il contatto dell' aria esterna , perchè è un fatto che in tal caso ha agito ed agisce.
Un valente fisico ha proposto l'ipotesi che tut- te le correnti elettriche sieno termo-elettriche , cioè sieno dovute alla diversità di temperatura , e che per avventura alla cagione medesima debbano attribuirsi tutti gli altri fenomeni elettrici (a). Mi ristringo ad esaminar questa ipotesi riguardo alle correnti voltai- che, e a'rispondenti fenomeni elettrometrici. Qual di- versità di temperatura può immaginarsi, allorché ven- gono a contatto due metalli, come rame e zinco, oro e platino? quale ne' sopraccitati cimenti elettrometri- ci del sig. Davy e di altri ? E pure divenendo in queste sperienze un corpo positivo, l'altro negativo, è manifesto che , se vengono uniti per mezzo di un conduttore, vi avrà una corrente elettrica : onde ret- tamente non posson dirsi i segni elettrometrici non avere relazione cogli effetti del circolo elettrico. Qual calore si svolge, allorché corre l'elettricità per l'oro, il platino e il corpo della rana? o allorquando que-
(a) Bibl. unw. T. XXXV U. p. 118. Fèvr. 1828,
iG Scienze
sta si scuote per contatto di due estremità di un filo di ferro , delle quali una soltanto sia stata temprata? fatto osservato ne'primi tempi dal Volta. V'ha calore, allorché chiudesi il circolo colle sole membra della rana ? o quando , come ha sperimentato il cav. No- bili (a) , pescando in due vaselli pieni di acqua o piuttosto d'una soluzione salina, nell'uno i piedi del- la rana , nell' altro il midollo spinale, si genera una corrente , se i vaselli congiungonsi per mezzo de' fili metallici del moltiplicatore, o anche solo con amian- to o cotone inzuppati ? Nella pila voltaica si eccita il calore dalle chimiche operazioni ; ma se il calore fosse la causa sola della sua elettricità , sarebbe o maggiore o certamente non minore che altrove a'due poli ove è maggiore la tensione : e pure il sig. Murray , che ha fatte su questo punto delle di- ligenti indagini , attesta averlo trovato per [lo più maggiore nelle parti centrali della pila , comechè più dappresso al polo positivo (b).
Spesso nelle correnti elettriche il calore è as- sai piccolo o insensibile , e minore è la diversità di temperatura , dalla quale soltanto con qualche apparenza di probabilità può ripetersi la corrente elettrica. Possono servire d'esempio le pile a secco del prof. ab. Zamboni, nelle quali la covrente, ben- ché interrotta , dura per più anni ; la pila del Vol- ta armata di acqua pura; un semplice e piccolo ele- mento voltaico , che immerso nell' acqua pura fa de- viare l'ago calamitato del moltiplicatore; due lastre a contatto , per esempio di rame e di zinco , che amendue tocchino la rana, o la lingua dell'uomo,
(a) Ivi p. 12. Janv. 1828. (6) Ivi T. XXXll p. 186.
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o una la li tigna e l'altra un occhio ovvero siano tenute in mano da due persone , le qnali coli' altra mano sostengano, la rana ; gli elettromotori semplici o composti formati di sostanze animali o vegeta- bili ecc.
Ma , si dice , il calore non solo aumenta le correnti , ma sembra determinarne eziandio la dire- zione : perciocché sempre la corrente passa dal cor- po più caldo al meno caldo , se si eccettui il ca- so di alcuni metalli , co' quali se formisi il circo- lo termo-elettrico semplice ( d'un sol metallo ) la corrente segue opposta direzione. Pare dunque che tutte le correnti debbano attribuirsi al calore. Nel comune elettromotore lo zinco è più caldo del ra- me ( come ha provato con dirette sperienze il ci- tato sig. Nobili (a) ) , e lo zinco da elettricità al li- quore. Così sempre avviene nelle correnti di secon- da classe , nelle correnti cioè che passano per con- duttori di seconda classe.
Più cose son qui da osservare : 1. Se fosse leg- ge universale , che il corpo più caldo dia al meno caldo , ossia se il calore facesse passale l'elettricil dal primo corpo al secondo , ciò si osserverebbe i : tutti i circoli termo-elettrici semplici , e non si ve- drebbe in alcuni metalli il contrario; 2. Essendo neli' ordinario elettromotore il liquore più caldo del rame (come ha sperimentato il nominato fisico) ed essen- do il rame assai miglior conduttore del liquore , non è agevole intendere perche 1' elettricità vada dallo zinco piuttosto al liquore che al rame ; 3 la molli de'casi sopraccitati è impossibile definire qual corpo sia più caldo , anzi niun sensibil calore si osserva ,
{a) Ivi T. XXX ni. /> G.A.T.XX.XX.
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almeno prima che svolgasi l'elettricità; 4* Nel trascrit- to esperimento del Berzelius il rame doveva esser più caldo , in virtù dell'ossidazione , allorché il cir- colo si chiuse : nondimeno fu lo zinco , .secondo il consueto , questo che diede elettricità al liquore , e da questa corrente fu prodotta l'ossidazione di questo metallo , e certamente coli* ossidazione il ca- lore. 11 eh. sig. prof. Marianini riscaldando alter- namente il rame e lo zinco , o l'ottone e l'argento , vide sempre crescer l'effetto nel galvanometro , ma non mai rovesciarsi la corrente , come sembra che dovesse accadere scaldandosi il rame nel primo ca- so , l'argento nel secondo. Si vede dunque la espo- sta legge soggetta ad eccezioni eziandio nelle cor- i-enti di seconda classe. Aggiungo che i Lei cimen- ti del lodato prof, di Venezia provano che il ca- lore influisce spesso nelle correnti elettriche , piut- tosto facendo circolare più rapidamente l'elettricità che alterando V eletlromot i icità relativa de'metalli (a); talché senza le sperienze fatte col circolo termo-elet- trico d'un sol metallo , potrebbe dubitarsi se il ca- lore abbia mai prodotte correnti elettriche.
Sperimentando il sapore che si prova, chiuden- do la lingua fra due pezzi di zinco , e l'altro di argento o di oro , e adducendo i due metalli a con- tatto , non mi è riuscito accorgermi di mutazione di sapore , ( che esser doveva immancabile indizio della mutata direzione della corrente ) allorché l'oro o l'argento erano più riscaldati dello zinco per più lunga dimora nella bocca , o erano questi stati scal- dati col fuoco.
Non intendo io già d'impugnare la dottrina , che da un sol fluido imponderabile o etere deduce tan-
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(«) Saggio di esperienze clettrornetriche* art* 2 sez. 4*
Elettricità' iq
to i fenomeni del calore quanto gli elettrici , ma da tal dottrina non discende doversi questi tribù- ire tutti al calorico , alle vibrazioni calorifiche , al- la temperatura. Questo conseguente dovrebbe appog- giarsi ad una accurata analisi delle circostanze che accompagnano i fenomeni elettrici , e questa non pare che ci conduca finora a tal conseguenza.
Possiamo dunque concludere , che qualunque fia l'influsso delle chimiche operazioni e del calore ne' fenomeni detti galvanici , resta ancora intatta la bel- la scoperta del grande ìnventor della pila , cioè che prescidendo da ogni altra causa , il solo contatto di due corpi eterogenei , specialmente conduttori di pri- ma classe , eccita l'elettricità e la fa passare da uno in altro corpo.
Intorno ad un passo di Euclide sulla teorica delle parallele.
Al ch. sig. Salvator Betti
U. Lampredi , Salute.
N.
on è molto tempo passato , mio gentilissimo ami- co , eh' io vi minacciai un articoletto intorno ad un mio lavoro sugli elementi d'Euclide , cui per- ciò ho apposto l'epigrafe virgiliana -in tenui labor. Mi risolvo , per quanto le mie forze il comporte- ranno , a tenervi la parola. Si tratta di togliere in essi un difetto , o imperfezione generalmente ri- conosciuta nella teorica delle parallele. Il lamento de' più riputati geometri è antichissimo , e non mai interrotto fino ai nostri tempi.
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Il celebre P. Clavio ne' suoi elementi l'Euclide dopo aver riportato quel postulato , o , com' ci lo chiama , assioma , sul quale il geometra greco ap- poggia la sua dimostrazione delle principali pro- prietà delle parallele (a) , appone uno scolio , che in italiano suona cosi:,, Ma poiché questo assioma vuol comparire alquanto oscuro ai principianti , per- ciò vien rigettato dal numero dei principii del geo- metra Gemino, da Proclo , e da altri. Il perchè non facilmente ognuno gli presterà il suo assenso ; mas- simamente perche s'incontrano certe altre linee , le quali benché lo spazio fra esse interposto vada con- tinuamente divenendo più augusto pel loro avvici- namento , pure non si uniscono mai o s' incontra- no verso una parte , benchà si prolunghino all' in- finito , come consta dagli elementi conici d'Apollonio Pergèo , e dalla concoide di Nicomede. Per la qual cosa io differisco una più piena spiegazione di quest* assioma per lo .scolio alla propos. 28, dove lo di- mostrerò geometricamente secondo il metodo e la mente di Proclo , acciocché possa francamente e senza alcuna dubitazione ammettersi primieramente per la dimostrazione della 2().ma di questo libro , do- ve il bisoguo d'usarne comincia ad apparire , e po- scia per la dimostrazione d'altre proposizioni, tal- mentechè ogni dubbiela venga dissipata. „ Ed infatti egli spiega si , anzi dimostra il principio di Proclo : ma questa dimostrazione include pure l'idea dell'
(a) Il postulato è il seguente : Si in duas rectas li- neas altera recto, incid&ns internos ad easdemqne par- te* angui» s /luobus rccti>i minnres faciat , Iute duae li- none in infhiìLum productae , sibi mutuo incident ad eas partesy ubi sunt anguli duolnis rectis uiinores.
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infinito , che negli elementi si vuole evitare , e por- ciò non è stata abbracciata ne dal D' Alembert , uè dal Le Gondre , ne da altri per quanto mi è noto.
E , quanto al primo , ecco ciò eh' egli propo- ne ne' suoi preziosi Eclaircissenicns sur la grktme- trie per migliorare la teorica delle parallele. „ Se „ io volessi descrivere le parallele , ecco , parmi , „ come dovrei regolarmi per non inchiudere in qué- „ sta definizione se non ciò eh' ella deve assoluta- „ mente contenere. Io supporrò primieramente una ,, retta qualunque : su questa retta alzerò due per- „ pellicolari , che supporrò uguali , e per l'estre- „ mita di queste perpendicolari immaginerò una li- „ nea retta, eh1 io chiamerò parallela alla linea sup- „ posta. Bisognerà poi dedurre da questa supposi- ,, zione (o costruzione) tutte le proprietà delle pa- „ rallele. Esse vi sono essenzialmente contenute. Bi- „ sognerà fra le altre cose dimostrare , che la pa- ,, rallela alla linea supposta, e che n'è ugualmen- „ te distante in due de' suoi punti, ha tutti gli al- „ tri suoi punti ugualmente distanti da questa li- ,, nea , cioè che le perpendicolari elevale da un qual- „ sivoglia punto dalla parallela alla linea supposta „ sono uguali alle due prime. Supporre questa ve- „ rità senza dimostrarla è un supporre ciò che la „ definizione non include , e non deve includere se „ non implicitamente. Perocché ec. ec. „ Finalmen- te conchiude con la seguente gravissima sentenza.
„ La definizione e le proprietà della linea ret- „ ta , come ancora delle linee parallele , sono lo sco- „ glio , e per così dire lo scandalo degli elemen- „ ti di geometria. Io non temo che i matematici filo- „ sofi sieno per riguardare come puerili queste mie „ riflessioni , perocché essi hanno per iscopo non s >- ,, lamenle d'indurre la massima precisione in una
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„ scienza , di cui la precisione è l'anima , ma di di- „ mostrare ancora con chiarissimi esempi la neces- „ sita e la rarità delle buone definizioni. ,,
Quanto poi all' altro insigne geometra de' no- stri tempi , il sig. La Gendre , reca certamente qual- che maraviglia , che essendosi egli accinto a com- pilare un corso elementare di geometria per l'uso del- le scuole e de' lincei di Francia , e propostosi di to- gliere dagli elementi quello che il D'Alembert ap- pellò scoglio, e quasi scandalo dei medesimi, non ricor- resse non solo al principio di Proclo , illustrato dal Glavio , ma neppure alla definizione e costruzione proposta dal D'Alembert , che qui sopra abbiamo ri- portata. Egli preferì un' altra via , che più diretta sembrava e magistrale . Imprese cioè a dimostrare senza il soccorso delle parallele la aoma d'Euclide , cioè che i tre angoli d'un triangolo qualunque for- mano una somma equivalente a due retti , e con que- sto teorema alla mano si tolse d'ogn' impaccio , e dimostrò benissimo e rigorosamente le loro proprie- tà. Dimostrò dunque in un teorema , che i tre an- goli non possono esser minori di due retti , in un altro che non possono esser maggiori , e quindi ne concluse l'eguaglianza. Ma comparvero appena ver- so il principio del corrente secolo questi suoi ele- menti , che si levò fra i geometri francesi un grido una- nime , che queste due dimostrazioni erano soggette a molte difficolta assai complicate , che non erano ab- bastanza semplici ed elementari pe* giovani alun- ni , e che s'appoggiavano anch' esse all' idea dell' infinito , la quale deve escludersi da un corso ele- mentare. Malgrado per altro di questi richiami ( for- se de' più rigidi geometri , e forse anche invidio- si) , il magistrato della pubblica istruzione di quel governo dichiarò quel corso il solo , che si spiegas-
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se e s'insegnasse nelle pubbliche scuole <li rfuel re- gno : e adottato essendo per conseguenza anche dal- le private , ne furono fatte in venti e più anni quasi altrettante edizioni , le quali è fama che abbiano procacciato ali1 autore un vistosissimo interesse, coni' è verosimile. Certo , se l'illustre autore avesse pub- blicato il suo lavoro in un altro paese, dove i pro- dotti dell'ingegno si nelle scienze come nelle lettere, non sono proprietà inalienabile dell' autore , o avreb- be dovuto cercarsi un mecenate che facesse la spe- sa della prima edizione , o avrebbe dovuto farle egli stesso , e i varii stampatori poi delle diverse pro- vincie si sarebbero diviso il risultante profitto. Io , che mi trovava in quel torno di tempo professore di geomatria nella celebre e numerosa scuola di Son- ze in Linguadoca, dovei per alcuni anni condurre mol- ti giovani ne1 campi dt-lla geometria pel sentiero trac- ciato dal sig. Le Gendre ; e per vero dire, non tro- vai che quelli , dotati anche di mediocre talento , non giungessero a comprenderle , ed a convincersi della verità del teorema ; ma faceva per altro lo- ro osservare, che nella costruzione della figura era- no mascherate o velate le parallele , cioè certe loro proprietà , che poi per mezzo del teorema mede- simo egli dimostrava , come ognun può vedere di per se stesso , e molti altri avranno pur veduto. Co- munque ciò sia , per quanto felice fosse per più an- ni la voga del menzionato corso , i clamori e i la- menti dei professori francesi non cessarono : e dopo un certo numero d'edizioni il sig. Le Gendre fu costretto a togliere que' due teoremi , ed a cambia- re strada , tornando a quella d'Euclide. Infatti mi capitò anni sono fra le mani la rr."'a edizione, e lessi con mia maraviglia nell' Avant-propos queste pa- role del sig. Le Gendre : „ La proposition 20 du 1 li-
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vie n'est qu' un cas particulier du postulatimi, sul- le quel Euclide a etabli la tlieorie des parallelcs, Stinsi que le theorcme de la somme des trois àrigles du trian- gle. Ce postulatimi n'a ete point demontrè d'une ma- niere entierement geometrique , et independanle ép rinfittì : ce quii faut sans doute attribuer a l'imperfe- ction de la difinilion de la ligne droite, qui sert de base aux éléments. „ Dopo queste parole propone un suo ra- gionamento analitico per dimostrar la proposizione de' tre angoli, ed aggiunge: „ D'après l'avis de plusicurs professeurs distinguès on s' est determinè a rcbellir dans cette nouvelle edition la theorie des paralleles a peu près sur la mème base qu' Euclide. Il en re- sulterà plus de facilitò pour les ètudians , et ceti»: raison a para preponderante d'autant que les obje- ctions aux quelles est encore asujeltie la theorie dei parallelcs ne pufettt ótre entierement resolues que par des considerations analytiques etc. „
Questa sentenza d'un' insigne geometria , avva- lorata da quanto ho discorso qui sopra da' geome- tri antichi , e da un d'Alembert, dovrebbe distorna- re i geometri minori dall' affrontare il difficilissimo problema. Io però , l'ultimo ancor di questi , nella te- muta delle mie forze ho avuto l'audacia d'affrontar- lo : a se l'amor proprio non m'inganna , credo d'aver trovato qualche cosa, che possa condurre a buon risultamento.
Né crediate già , che malgrado degli sforzi già fatti da sommi geometri , e dall' importanza che han- no data alla soluzione di questo problema , io sia d'opinione , essere un sifatto lavoro d'indispensabile necessita per lo studio della geometria , e pel pro- fitto che i giovani studenti debbono ricavarne. Si fa una felice navigazione in un mare dove s'incontra uuo scoglio , purché si riconosca e si sappia evita-
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re , anzi questo medesimo aguzza l'ingegno , e lo prefeziona. Ho fatto dunque negli anni addietro , quando gogedeva d'una intera sanità, una specie d'ana- lisi , non con idee astratte , né con quella dell'infinito , o con simboli algebrici , ma con idee puramente geo- metriche ed elementari senza cercar di trovare la vera e la più rigorosa definizione della linea ret- ta. Così son risalito a un principio o canone gene- rale , dalla modificazione del quale dipende , al cre- der mio , la primitiva definizione e costruzione non solo delie linee parallele , ma delle perpendicolari e delle oblique, dalle quali bisogna pur comincia- re. Ed in questo lavoro ho preso massimamente co- raggio , perchè ho veduto chiaramente dalla sopra- indicata costruzione delle parallele, proposta dal D'Alembert , che non è se non un caso particolare di quella , a cui conduce il principio generale da me stabilito : ed inoltre questo mi conduce a tal de- finizione e costruzione delle perpendicolari e del- le oblique , che ho potuto stabilire una semplicis- sima elementare dimostrazione del postulato d'Eu- clide senza ricorrere all'idea dell' infinito. Io vi espor- rò, se lo gradirete, questo mio principio in altra mia , della quale questa non è che il proemio : e poi passerei ancora ad ordinar molti materiali che ho raccolti in differenti tempi per esporre la teorica del- le perpendicolari , delle oblique e delle parallele di- pendente da un medesimo principio generale. Ma per quest'ultimo lavoro mi fa d'uopo ritornare all'an- tica sanila (i), o che almeno una persona intelligente e
(i) Preghiamo il cielo affinchè il chiarissimo mate- matico riacquisti presto la preziosa sua sanità , onde non debba ritardarci più un dono così gradito.
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perita della scienza eseguisca ciò che mi gira per la mente , e che potrei accennare con sufficiente chia- rezza. Basti dunque ciò per adesso , ed aggradite intanto le sincere proteste della mia stima ed ami- cizia , poiché sono
Il V. affmo e demo ser. ed amico Ab. Urbano Lampreda
Sulla infiammazione. Trattato diviso in .tre parti del dott. Antonio Goldoni prof, di materia medica nella lì. università di Modena. Parte I. - Mo- dena , 1825.
N,
el render conto delle lettere polemiche del chiar. prof. Meli nel fascicolo di ottobre del perduto anno, facemmo promessa di favellare di un sì celebre trat- tato sulla infiammazione. Egli è questo lavoro una di quelle poche opere , che intorno ad un cotanto discusso oggetto abbiano veduto la luce con aspet- to di soddisfacenza. Ma ciò non è tutto ; egli è que- sto un lavoro , che sovra gli altri distinguesi pel complesso dei pregi , che lo adornano. L'argomen- to infatti vi è trattato maestrevolmente ; vi sono di- scusse importanti quistioni ; vi si rimarcano novità apprezzabilissime sullo sviluppo della malattia , sul- la genesi ed etiologia di essa. Distinto e chiaro n'è il linguaggio , fermi i raziocini , robuste le argomen- tazioni , ingenuità vi figura nelle conghietture ; ma sovra ogni altro è da ravvisarvisi quella norma as- sidua di verace spirito analitico , che dichiara aMì nostri assai prezioso questo sublime trattato , il qua-
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le si ha di già meritato i giusti elogi dei dotti. Fra questi ancor l'esimio Bufalini nella sua risposta al- la ottava delle lettere polemiche del cav. Meli enco- miò le gloriose fatiche del Goldoni intorno alla flo- gosi. N' esporremo un rapido cenno , ma non cessia- mo di raccomandarne la originale lettura ai cultori dell' arte.
Si avvisa il prof. Goldoni di esaminare nella dottrina delle flogosi tre punti , che formano altret- tante parti , nelle quali intende l'À. dividere il suo lavoro . „ Prima parte. Come si formi la infiam- ,, inazione, quale sia la sua natura , e quali le cause „ che la producono ; ossia patogenia , essenza ed etio- ,, logia della flogosi. Seconda parte. Andamento del „ la flogosi e sue terminazioni. Cura si della loca- „ lita inferma , si della universalità. Terza parte. Per- „ che si vincano generalmente più infiammazioni acu- „ te che lente ? perchè la sanazione di queste sia „ quasi insperabile dall' arte ? e nel caso pure che „ sieno sanabili , quando e come lo possano essere? „
Parte prima. — Patogenia , natura , ed etiolo' già dell' infiammazione.
Capo 1. — Patogenia dell' infiammazione. — In- cominciamento prende il N. A. dalla definizione ; ma la difficolta di definirla per la sua essenza , non che per quei caratteri ed attributi che le sono propri al- lorché attacca parti esterne , conduce alla bisogna di prevalersi dell' ultimo mezzo avvertito dai logici per definire una cosa , cioè dell' insieme degli at- tributi o caratteri che le competono , e la cui mer- cè circoscritto viene il suo modo speciale di esse- re. A ritroso quindi di quei progressi molti che nel- la scienza si vantano , continua pure oggidì per ar-
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fomentare la infiammazione a valersi di quei carat- teri che dopo gì' insegnamenti d'Ippocrate consen- tirono quasi tutte le scuole mediche in riconoscere, quali sono il calore accresciuto più dell' usato , il turgore, rossore, dolore, pulsazione, ed i! più del- le volte il leso esercizio della funzione della parte aggredita. In questa definizione per altro si ravvisa vieppiù l'imperfezione della scienza, poiché oltre al- cune obiezioni , che muover le si possono , havvi pur l'inconveniente di non costantemente rimarcarla al suo fine corrispondere , a dare cioè fedelmente una idea chiara e distinta della malattia in proposito. Vi si oppone pur la presenza di alcune flogosi , che a sen- tenza di Stoll , Morgagni , ed altri sommi pratici , si ordiscono all' insaputa dell* individuo e senza l'ap- parizione degli enunciati fenomeni esprimenti la in- fiammazione ; non che l'assoluta deficienza della flo- gosi talvolta, abbenchè molti ve n'esistano tlegl' in- dicati caratteri Per lo che meditazioni varie con ca- lore si fecero , e si pervenne a credere , che i feno- meni della flogosi , allorché ingannevoli sieno , di- stinguer si possano dai veri fenomeni della malattia con la scorta di certi attributi propri di questi e non di quelli. Ne surse cosi il criterio di ritenere come subdoli fenomeni quegli effetti immediati del- le cause estrinseche, quei che con esso loro serbas- sero un certo rapporto di aumento sussistenza de- cremento e cessazione, senza lasciare dietro di se nel- le fibre alcun vestigio almeno sensibile. Laddove genui- ni fenomeni si dissero esprimenti la flogosi quei che im- mediatamente risultano da un intrinseco lavorio , or- ganico , vitale nella fibra , senza relazione alle cause operose estrinseche ; quei che ragion sufficiente dello sviluppo loro, aumento, e terminazione includono nel segreto dell' organismo; quei che con terapia autillo
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«astica convenevolmente investili o assolutamente sce- mano o con quella violenza non progrediscono , né a quel grado giungono , cui perverrebbero abbando- nati a se stessi ; quei che cessando lasciano quasi costantemente dietro di se alterazioni quasi indele- bili nella fibra con disposizione a recidire in gra- zia pur di cagioni di lievissimo momento. Tali es- sendo le proprietà e le condizioni che addiconsi agli attributi genuini della infiammazione , emerge che non potrà una parte giammai ritenersi infiammata , ove in essa o manchino i fenomeni esprimenti la ma- lattia in proposito , o le condizioni manchino di que- sti fenomeni teste contemplate.
Questo per altro , sebbene men difficile diagno- stico della infiammazione , riesce pur talvolta mala- gevole assai , e quasi impossibile a potersi rettamen- te instituire , ove specialmente si tratti di certe infiam- mazioni. E qui con somma perspicacia rispinge il divisamento di moderno scrittore (celandone il nome) che avvisò con progressione di aumento mantenersi la infiammazione ; e con sode riflessioni fa conosce- re quanto ingannevole sia il criterio di potersi col progressivo aumento dei sintomi flogistici esatta- mente distinguere la infiammazione dalle altre mor- bose affezioni che la somigliano.
La dipendenza di cotali caratteri da un intrin- seco processo indusse i medici a rivolgere le loro cure allo scuoprimento della natura , della qualità , del genio di questo lavorio , del modo con cui si eseguisce ; e ciò o per apprendere la causa pros- sima di tali fenomeni esprimenti la in fermila , o per avvicinarsi a conoscere la essenza medesima della in- fiammazione. A due riducendo il N. A. le princi- pali opinioni in proposito , eh' ebbero miglior ven- tura , rammenta essersi nella prima stabilito , che
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l'afflusso di umori alla parte comunque avveuuto co- stituisca per alcuni la essenza della infiammazione , per altri la causa prossima di essa , per altri infine la sola cagione dei mentovati fenomeni , annoveran- do appartenere a questa classe le opinioni del som- mo Ippocrate , di Gelso , Galeno , Aezio , Paolo Egi- neta , Tralliano , Riverio , Silvio , Boeraave, Swieten, Hoffmann , e molti altri fra' quali l'erudito Pistelli. Nella seconda opinione viene precipuamente consi- derata T alterazione del movimento , la quale per alcuni costituisce l'essenza della flogosi , per altri ne forma la causa prossima , e per altri in fine la sola cagione dei fenomeni esprimenti la malattia. Com- prendonsi nel novero di questi Etmullero , Senac , De-Gorter , Whytt , Bordeu , Fabre , Richter , Fio- rani , Cullen , Thompson, Marandel , e Tomraasini. Di tali sentenze in varie epoche emesse non pago il N. A., rimprovera ai primi l'aver data soverchia importanza all' alterazione del circolo nella genesi della flogosi contro V alterazione del movimento , e rampogna ai secondi il troppo valore accordato a quest' ultima a scapito di quella. Se non che rende meritamente lode alla penetrazione del rispettabilis- simo Bufalini , che nella sua Patologia considerò la infiammazione come malattia composta di flussio- ne e d'irritazione. Ritiene in vece però , che i fenomeni e le prime condizioni della flogosi sia- no ,, effetti? dell' alterazione combinata della vi- „ tal ita e della materia , ossia del movimento e ,, delio strumento , effetti cioè di quel lavorio in- „ terno organico dinamico che ha luogo nella flo- „ gosi , la quale prossimamente si compone di due ,, elementi o fattori , che io chiamo dinamico l'uno , „ idraulico l'altro. „ Squittinar poi volendo , se l'al- terazione della vitalità sia causa od effetto dell'ai-
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terazione materiale , è condotto ad indagare „ se la „ proprietà eccitabile , e quindi il prodotto degli „ stimoli su di essolei , ossia I* eccitamento , deb- „ ba essere l'ultimo termine delle nostre investiga- „ zioni intorno ai corpi vivi , siccome comandò ,, Brown senza provarlo ; oppure se nella fina or- „ ganizzazione abbiano ad esser portate le nostre „ ricerche analitiche. „ Intorno alla qual disquisizione altamente commendando la perspicacia di quel chiaro ingegno italiano il patologo di Cesena , fa eco alle vittoriose argomentazioni del medesimo , che dimo- star seppe dipendere sustanzialmente le malattie da alterazione di materia , e tante quindi poter essere quanti sono i cambiamenti ai quali può andar sog- getta la materia animale e viva. Ed a quelli già ben convincenti del celebratissìmo Bufalini altro ra- ziocinio aggiugne il prof. Goldoni a maggior con- ferma , che nella organizzazione cercar dobbiamo la ragione come della salute cosi della malattia , pren- dendo argomento da quegli stessi , che la vitalità vogliono unica ed indipendente dalla organizzazio- ne. Pon egli mente alla riparazione dei nuovi ma- teriali che rimpiazzo formano a quelli che la nostra ma- china perde ad ogni istante ; e mirando al compiersi di questa funzione importantissima mercè della sangui- gna irrigazione , che in se fusi tenendo gli elementi proprj alla nutrizione di ciascuna parte lascia ovun- que quelle nutritive particelle , che alla rispettiva natura di ogni viscere e di ogni parte si addicono colla ripulsa delle altre non proprie , ne desume esercitarsi la forza di affinità o che che altro di simile in ogni parte del nostro corpo su di una mo- lecola specialmente modificata dalla propria organiz- zazione , ma non esercitarsi su di un1 altra , e cosi esservi azione ed inazione. Ma l'agire ed il non agi-
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re ( soggiugne ) non costituiscono già differenza di grado o quantità , ma sibbene differenza di natura o essenziale ; e siccome per gì' insegnamenti di Ba- cone effetti essenzialmente diversi suppongono cause sustanzialmente diverse : così ( conchiude ) la causa di tale diversità non è già imputabile alla vitalità per se, ma sibbene alla vitalità temprata variamente nella organizzazione. In questa dunque sta nascosta la causa di si diversi effetti ; gli organi tutti dun- que e le parti della nostra macchina hanno la ra- gion sufficiente del proprio essere in quel partico- lare e forse specifico aggregamento di particelle ma- teriali e loro forze primitive , che noi diciamo sta- to di organizzazione. Cosi essendo, aver denno in que- sto stato medesimo la ragione della propria salute e malattia ; stati , i quali in somma non sono che modi diversi di esistere dei corpi vivi. Dovrem quin- di in questa organizzazione rintracciare la causa co- me della salute di ogni parte , così della malattia. Spingendo però il medico i suoi pensieri non più allo stato della eccitabilità, ma sibbene allo sta- to della organizzazione, deve avvisarsi, che i varj cambiamenti materiali della macchina possono mol- tiplicarsi secondo la lunga serie delle combinazioni di cui sono suscettibili gli elementi , dai quali pro- cedono siffatte materiali mutazioni , senza che ven- gano agli occhi del medico espresse o rappresen- tate rispetto all'energia vitale che sotto due forme, di accresciuto cioè o di scemato momento della vita- lità. Ma di siffatta illusione resi accorti in oggi i particolaristi , rivolgonsi nella pratica non solo a que- sta parte visibile della infermità t ma sibbene alla natura delle alterazioni nell' impasto organico. A questa pur mirarono nei loro dettati ( siccome il Goldoni lo esamina ) e Ippocrate , e Celso , e Galeno ,
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ed i meccanici ed i metodici : al dottissimo Bufali- ni però era riservato il rischiararne con tanta saga- ci la e penetrazione le tenebre. Alle quali specifiche alterazioni materiali , che propriamente costituiscono la malattia , avverte il Goldoni dirigersi ogni più attenta cura dal medico , il quale dovrà eziandio te- ner di mira in pari tempo l'effetto di esse, cioè l'ec- citamento morboso.
E qui, dopo esaminato le opinioni del Tomma- sini sul conto delle dottrine del Bufalini , fa chia- ramente conoscere , che il primo ha posto già la san- zione alle dottrine del secondo , e che non a sola differenza di linguaggio riduconsi le discrepanze eh' esistevano tra i principii professati dai medesimi. Quantunque infatti nella massima parte dei morbi agi' intimi ad invisibili cambiamenti che li costitui- scono congiunti vadano effetti visibili comuni , non sono questi però l'espressione sempre fedele di quei reconditi e specifici cambiamenti materiali , dai qua- li provengono , né quindi ritener si possono sempre idonei a mostrarci l'indole della malattia. Coloro quin- di , che a curare intendano la parte visibile e co- mune della infermità senza occuparsi della parte se- greta, e colla sola intenzione di occuparsene, cura- no razionalmente la parte meno importante , ed all' azzardo espongono la parte più essenziale dei mor- bi; laddove chi a curare assuma le alterazioni del mi- sto qual causa della parte visibile della malattia , ben intende a trattare razionalmente e l'una parte e laltra dell'affezione. Né giovi l'opporre, che essendo affatto ascose ai purtroppo ristretti poteri del medi- co siffatte materiali alterazioni, torna inutile l'andarne in traccia ; siccome ridicolo egli è il pretendere di curare le incoguite con mezzi che sotto tale aspetto sono essi pure altrettanto incogniti. Giacché se le G-A.T.XL. 3
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intime alterazioni meccaniche della materia animale inferma sventuratamente sfuggono alle più acute len- ti ed alla portata dei nostri mezzi analitici , non può già tenersi egual linguaggio delle chimiche altera- zioni , dalle quali tene spesso manifeste traggon- si le curative indicazioni molto più utili di quelle dedotte dal comune regolatore. Tali sono , a mò di esempio , le acidita delle prime vie, le litiasi, le ra- chitidi , gli scirri , il gozzo , e tante altre morbosità sanabili con potenze dirette a rimuovere le altera- zioni del misto organico , anziché cogl' indici dell* eccitamento. Non è dunque la parte visibile del mor- bo l'espression fedele della parte occulta ; non cor- rispondono dunque alle condizioni manifeste dei ma- li le condizioni segrete di questi , sebbene chi pre- stigio abbia di prevenzione ^)er favoreggiata teoria s'immagina piegare a questa l'azione del farmaco , ed intenderne il modo di azione.
Riconosciute per tal modo come materiali le ma- lattie , si propone il N. A. d'investigare, se le altera- zioni sieno degli strumenti ed organi dei quali si compone la macchina , oppure delle molecole finis- sime che formano i tessuti. E distinti in tale incon- tro col sommo Bufalini i tre ordini di tessuti or- ganici , e segnati altresì tre relativi ordini di orga- niche combinazioni , dopo varie riflessioni desume es- sere tult' i morbi non solo materiali , ma eziandio strumentali , né potersi chiamare dinamiche alterazio- ni che quei semplici scostamenti dalla normalità , i quali assolutamente non costituiscono la malattia. Differiscono perciò i morbi giusta il modo di nasci- mento loro , conchiude il. Goldoni , traendo alcuni im- mediata origine da alterazione dello strumento , la quale poi eccita il cambiamento nello stato del mU sto ; ed altri primitivamente movendo dalla modi-
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fìcazionc del misto , la quale poi concentrandosi in una parte arriva ad offendere lo strumento , e quin- di a costituirlo in malattia.
Discende dopo tali premesse a discorrerla , se- condo il suo modo di pensare , intorno alla infiam- mazione più davvicino , risguardandola essenzialmen- te comporsi fin dal suo primo nascere di due fat- tori, come di due elementi prossimi , da esso deno- minati fattore dinamico il primo , e fattore idrauli- co il secondo. „ Il fattore dinamico , primo elemen- „ to prossimo dell'infiammazione, consiste in un dato „ incremento di eccitamento , o sia in una tale mo- „ dificazione delle particelle organiche , per cui in „ esse aumentasi il momento della energia della vi- „ ta. Concorre alla formazione del morbo in discor- „ so perciò che riguarda l'alterazione del movimen- „ to vitale , e quindi entro certi limiti porta dei „ sintomi esprimenti appunto eccitamento accresciu- „ to.-§. ai. L'elemento idraulico, i attor prossimo del- ,, la infiammazione , consiste in un preternaturale , „ durevole , e rilevante accumulamento di sangue ,, e di umori ad una parte , per cui formasi un „ vero turgore vascolare. Concorre alla forma- „ zione della flogosi perciò che riguarda il turba- „ mento idraulico , e quindi porta dei sintomi espri- „ menti appunto quest* alterazione. „ Onde poi si risguardino come ben distinti fra loro questi fat- tori, né si ritengano l'uno come necessario effetto dell' altro , fiancheggia la sua affermazione con ri- flettere , che la flogosi or per l'uno or per l'altro fat- tore incomincia ; che tale non è finché insieme asso- ciati non siausi nello stesso tempo e nella medesi- ma parte del corpo gì' indicali fattori ; che survon- si l'uu l'altro di scambievole incitamento ; che vi- ceadevole alimento entro certi confini si prestano j
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che or Fun or l'altro eccede , non essendo sempre ed in ogn' infiammazione in eguai quantità i fat- tori ; che da cause diverse promanano e l'idraulico ed il dinamico.
A dimostrare paratamente le verità di tali pro- posizioni , varie maniere impiega e di raziocini e di esempi , «he in chiarissima luce pongono le origi- nali idee del N. A., e perducono a contemplare il lavorìo della flogosi nella parte , non che a svolge- re l'appariscente quadro fenomenologico , che l'ac- compagna e le tien dietro. Al qual uopo appale- sando l'insufficienza delle precedute teorie di colo- ro che nella insolita azione di una stimolante po- tenza riponevano la infiammazione , e di coloro che al semplice afflusso di umori ad una parte l'adde- bitavano , si dichiara altresì non pago delle idee del rinomato Fiorani , delle opinioni di Wilson, Philip ed Hastings , che iti fondo poi son quelle del sig. Pi- stelli preceduto nel suo pensamento dal cel. Vacca. Rinunziando però a questa non molto felice ricchez- za d'ipotesi , a lui sembra , che come per lo stimo- lo havvi sufficiente ragione dell' afflusso di umori , così nella peculiare organizzazione delle arterie non eguale a quella delle vene , nella varia capacita di questi due sistemi al movimento , e nella diversità che passa tra il sangue arterioso ed il venoso ab- biasi bastevole argomento per dimostrare che le ar- terie , le quali eccedono di movimento vitale , deb- bono richiamare al luogo solleticato dallo stimolo una quantità di sangue maggiore di quella che aspor- tar possano le vene , avvalorandolo e con la scor- ta dell' anatomia , e con la somma delle belle os- servazioni dello stesso Hastings. Agendo pertanto uno stimolo egualmente su di una parte qualunque , ac- crescerà l'energia delle arterie del doppio di quello
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aumenterà l'energia delle vene; siccome varia l'ope- rosità dello stimolo su questi due ordini di vasi , per essere il sangue arterioso più stimolante del venoso t quindi ne viene, che l'incremento dell' azione vitale delle vene non potrà seguire con pari rapporto quel- la delle arterie. ,, Soperchiate pertanto le prime dall' ,, energia delle seconde , ragion vuole che asportar ,, non possano tutto quell' umore di che ridondano „ le arterie sotto la condizione di stimolo : ma sic- ,, come le prime sono per loro particolare struttu- ,, ra assai più dilatabili delle seconde , così ai pri~ „ mi assalti della piena esse convenientemente accre- „ sceranno la loro capacità, e quindi si mostreran- „ no pronte a ricevere quel sangue che loro arriva „ dalle arterie. E questa è una delle ragioni per le „ quali non sempre l'aumento dello stimolo chiama ,, in iscena il turgore idraulico : proseguendo però il „ concorso perenne di umori alla parte , i canali „ venosi giugneranno a quel punto di distensio- ,, ne , oltre cui non è permesso l'andare. Onde resi „ cos'i sempre più inetti a liberarsi di quel sangue „ che gli opprime, alla perfine gonferanno a riboc- „ co di umore , non prestandosi in pari tempo ad „ ammettere nuovo liquido ; e così in grazia del di- ,, sequilibrio di azione tra le arterie e le vene, si „ stabilirà pur anche il disequilibrio nelle condizio- „ ni idrauliche. Quindi i vasi arteriosi minimi spe- „ cialmente comincieranno a dilatarsi , costretti dall' „ alìlusso dell' umore medesimo , il quale non tro- „ vando sufficiente sfogo per le vene, si farà stra- „ da e pei capillari sierosi , e pei canali secernen- „ ti ed esalanti . . . Per tal modo si stabilirà grado „ grado un vero ingorgo e turgore nelle vene e nelle ,, arterie, specialmente capillari; secondo e neces- „ sario elemeuto della ilogosi , da cui poi . . . muo-
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„ vono per la più parte le condizioni ed i fenome-
„ ni esprimenti la infiammazione medesima. ;,
Intorno alla infiammazione di questo idraulico disequilibrio muover si possono delle obiezioni ; ma il prof, modenese prevenendole con somma felicità le rispinge , e si conferma in ripetere , che le arte- rie abbiano ad inviare alla parte stimolata quella quantità di sangue , che dalle vene non possa es- sere corrispondentemente asportata. Pari accuratezza egli adopera in dilucidare con esempio , come re- ciprocamente possa dall' elemento idraulico eccitarsi lo sviluppo del dinamico ; come per la maggior ce- devolezza delle vene ad espandersi per ricevere vie meglio il perenne concorso di umori , vadano quin- di a manifestarsi quei fenomeni , i quali esprimono il turgor vascolare , e stabiliscasi cosi l'altro ele- mento prossimo della fiogosi , l'idraulico cioè , il qua- le però per se solo non costituisce infiammazione. Può bensì questo primitivamente formarsi ed in- dipendentemente dall' azione dello slimolo ; e può avere una certa durazione senza eccitare il dinami- co , almeno in quel grado opportuno allo sviluppo della malattia : lo che pur conferma che questo non è necessaria e costante conseguenza di quello. In qual modo poi accendasi in tale incontro il pro- cesso flogistico , sentiamolo dall' A. istesso. „ Ab- „ biam detto , che l'eccitamento si accresce sotto „ l'azione nello stimolo. Ora quale stimolo vi ha „ più efficace e più operoso del sangue , ove spe- „ cialmente trascenda misura ? Ma allora appunto ,, questo umore trascende misura e nelle vene e nel- „ le arterie , quando per la pressione del laccio , „ o per altra simil causa, la parte non può vuo- „ tarsi di quel liquido che ad ogni istante le ar- „ riva: dunque ivi aumento di eccitamento. Ma i
Sulla infiammazione 3q
„ minimi vaserelli arteriosi , che nello stato norma- ,, le non danno passaggio che al solo siero od al- „ tro simile umore, in grazia dell' ingorgo vasco- ,, lare vengono visitali pur anco dalla fibrina e dal- „ la parte rossa del sangue , principii i quali sono ,, più stimolanti del siero : dunque aumento di ec- „ citamento nei minimi vaserelli. Ma in grazia dell' „ afflusso sanguigno e per altre ragioni ancora , la „ temperatura locale si aumenta : dunque ancora au- ,, mento di eccitamento. Insomma ... il turgore idrau- ,t lieo , ove durevole ei sia per certo tempo , può „ far passare la parte alla condizione di stimolo. Au- „ mentato cosi l'eccitamento vitale del membro , e ,, congiunto al preesistente turgore idraulico , si le- „ vi pure per quanto presto si vuole il laccio , ma „ non per questo si eviterà la infiammazione , in ,, quanto l'eccitamento accresciuto , siccome fu da „ principio effetto dell' idraulica alterazione , ora ve- ,, ste l'abito di causa , e serve anzi per eonferma- ,, re e vie maggiormente accrescere il turgore va- „ scolare ; e cosi reciprocamente . . . ,,
Cap. IL • — Natura della infiammazione. — Av- vegnaché per altro la flogosi promossa venga dai due più volte nominati fattori , ed avvegnaché sen- za il loro intervento non possa né cominciare uè crescere , l'essenza però di lei non è in essi risposta, e considerar quei si debbono quali circostanze in- dispensabili sine quibus non, , o tutt' al più quali cause prossime della flogosi. Questa essenza per al- tro della infiammazione , su di cui già praticaronsi meditazioni assaissime nel lungo corso di 23 seco- li , è pur coperta dal velo il più tenebroso. Ad es- sa dirige ora il N. A. le sue ricerche , se non per istrappare alla natura un tanto segreto , almcn per investigare cosa è , e cosa si operi nell' impasto or-
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ganico durante il processo flogistico. Dai lavori di cotal processo alterate ravvisa le condizioni mecca- niche e vitali non solo del misto organico sempli- cissimo , ma eziandio dei tessuti ; e queste altera- zioni cospirando a reciprocamente sorreggersi ed aumentarsi , appalesano il reciproco alimento de' fattori della flogosi. Bello si è in tale incontro il sentire coni' ei la pensa intorno alla maniera con cui avviene siffatto pervertimento di condizioni. Bel- lo si è il conoscere la ingegnosa maniera con cui egli ne svolge il meccanismo. Alla rappresentanza eh' egli ne offre , diresti quasi , che l'A. fornito di occhio linceo abbia saputo penetrare in quei recon- dili e conoscervi segnatamente ciocché vi si opera- va. Tanta è la precisione del linguaggio : tanta è pur la verisimiglianza della conghiettura , che non esiteresti a dargli titolo di verità dimostrata. Che direm poi della coordinazione delle idee sì retta, e dei mezzi orato ri i che usa per abbellire il suo discorso ed ornare i conati della sua ingegnosa immaginazio- ne? Vede infatti affollarsi il sangue nella parte in- fiammata , chiamato ivi dall' accresciuta arteriosita o altra cagione , ed ivi trattenuto dalla veuosita non operante in proporzione di essa. Lo vede agitato da insoliti movimenti alla imboccatura delle vene e nei minimi vaserelli sì per l'impulso meccanico esercitato dalle molecole sanguigne , come per lo sti- molo insolido che su di essi porta l'ospite stranie- ro ; sicché alla fin fine il contenuto determini sul continente una serie di perturbati ed insoliti moti siccome il continente se ne rivendichi sul contenu- to. E così , e per lo distendimento cui soggiaccio- no le pareti dei vasi in grazia dell' ingorgo san- guigno , e pel preternaturale strofinìo avente luo- go fra le molecole del sangue non che fra queste
Sulla infiammazione 4l
e le pareti vascolari , e pe' bruschi movimen- ti ai quali queste van soggette , è d'uopo conve- nire di oscurissima non solo ma pur di visibile al- terazione delle condizioni meccaniche dei tessuti or- ganici per la operazione del flogistico processo. Sot- to la influenza imperiosa di questo vede egli tra- lignare il sangue dalla normale sua composizione per un immenso numero di cagioni , fra le quali contemplare è merito i tumultuari e disgustosi mo- vimenti or menzionati , l'aumento di temperatura , la introduzione in esso di particelle innanzi tempo invo- late ai solidi in virtù dell'aumentato soffregamento , il pervertimento delle secrezioni, la sanguificazione inor- male per mezzo della febbre. Da queste e da tante al- tre alterazioni sorgendo nuove affinila , non può negarsi sproporzione di elementi , e soggiorno di stranieri principii nel sangue , il quale vieppiù tra- lignerà pe' nuovi prodotti della nutrizione figli spu- ri, a foggia di esprimersi, di una creazione ille- gittima , e per la preparazione d' impropri mate- riali ad uso dei solidi e degli umori tutti della macchina. E dal pervertimento di queste moleco- lari e chimiche condizioni chi non si avvede do- verne conseguitare il pervertimento delle vitali del misto semplice non solo , ma dei tessuti organici eziandio , donde i rapporti strumentali delle par- ti , anche di primo grado flogosate , vengono alte- rati e modificati ?
Ne si creda , che in questo caso le leggi dell* abitudine , o quelle dell' esaustione browniana del- la eccitabilità , opporre si possano al perenne pro- gresso della malattia. Poiché il fatto giornaliero di- mostra , che la proprietà eccitabile viene sorretta da quegl' istessi atti di vita , che servono a soste- nere la materia medesima : lo che con vari razio-
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cini comprova. Frattanto , in questo gran circolo di operazioni , ognuna delle quali puossi conside- rare in certo modo come causa ed effetto di se me- desima, consisterebbe egli per avventura la essen- za della infiammazione legittima ? Sarebbe esili nel- le anzidette alterazioni chimiche e meccaniche , e nei prodotti di essoloro , che dovessimo rintrac- ciare ciò eh' è infiammazione non solo , ma il per- che ella è ? Tali sono i pensieri , tali sono le mo- deste conghietture , che il perspicace N. A. propo- ne all' altrui considerazione- Ma comunque intorno a questi pensamenti corra la bisogna , fatto è che dall' unione dei due fattori della flogosi , e quin- di da quel!' interno lavorio che ne conseguita , na- scono i sintomi esprimenti la infiammazione mede- sima.
Con la scorta di tali principii sviluppata la ori- gine dei sintomi locali della flogosi , rimane a ve- dersi , se mentre una porzione del tutto organico travaglisi di tale e tanta maniera , sia l'universale un indifferente spettatore ; se l'incendio vitale cioè , che si apprese ad una parte, per legge affatto nuo- va rispetti quei confini , ai quali si limitò nei pri- mi momenti , senza comunicarsi al restante della mac- china. Argomento ben degno di essere sottoposto ad imparziale e severo esame , poiché stabilitosi che la flogosi sia locale ovvero universale , ne siegue , che nella cura di essa o il locale soltanto o anche l'univer- sale abbiasi con mezzi curativi ad investire. Non ve- drebbe l'A. difficolta in ammettere universale la flogosi, ove da un solo elemento , dal dinamico cioè, risultasse; poiché in ogni punto della macchina può morbo- samente elevarsi l'eccitamento della macchina , e se non all' istesso grado, almen prossi inamente ad esso siccome il fatto giornaliero ci mostra. Componendo-
Sulla infiamma ziok e 43
si però la flogosi pur del fattore idraulico , e non potendo questo giammai essere nel vero senso uni- versale (lo che viene dall' A. con raziocini confer- mato ) , nemmeno universale potrà essere la infiam- mazione. Ai ragionamenti fa subentrare il fatto t il quale ci dice apertamente non trovarsi giammai nell' universale insieme riuniti quei sintomi dinami- ci ed idraulici co' loro attributi propri della flo- gosi , né a verun medico essere avvenuto di vede- re una macchina costituita per intiero in istato più o meno di flemmone. Di tal maniera , e con tali ar- gomenti , che consentanei nella maggior parte sem- brano alla buona ragione ed al fatto , puossi sta- bilire per principio non essere giammai la flogosi malattia universale. Amò un recente scrittore fian- cheggiare la natura locale della flogosi con ragio- ni tratte dalla qualità delle cause che P infiamma- zione producono , dai rimedi in ogni tempo usati ed alla località diretti , dai sintomi morbosi , e dai ritrovamenti necroscopici. Partitamente però esami- nando l'A. siffatti argomenti, non li ritrova di pe- so onde incontrar possano il suffragio dei dotti , chiara emergendo per altri inconcussi argomenti e considerazioni la natura locale delia flogosi.
Non credasi per altro , che sempre e costan- temente locale sia questa. È anzi proprietà della flo- gosi il diffondersi e propagarsi ad un' area più o men grande fino \ad occupare talvolta per intiero uno di quei sistemi , die sparsi trovansi più o me- no in ogni parte della macchina ; ed in allora può essere riguardata come malattia universalmente lo- cale. E quand'anche dalla flogosi si rispettino i din- torni del luogo primitivamente attaccato , propagasi però molte volte all' universale un fattore di lei , il dinamico cioè , il quale merita di essere molto
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bene avvertito dal medico per varie opportune ra- gioni. Prestano a questa proposizione sostegno i fat- ti con brevità enumerati dall' A. , il quale volendo addimostrare come presumibilmente accader possa la diffusione di cotal malattia , si appiglia all'esempio della combustione di un rogo di varie legna com- posto. Al pari di quanto in questo addiviene, sem- bra che la flogosi accesa appena in qualche punto della macchina stabilisca ivi un centro di emana- zioni, le quali spargendosi tutt' attorno formano un atmosfera più o meno estesa e più o meno mor- bosa , in ragione della intensità del fuoco flogisti- co e conforme l'area da esso occupata. Presenteremo in parte la descrizione di cotal meccanismo , di cui sì preziosamente FA. favella.
Declinano dallo stato normale le molecole del misto organico , tostochè alterazioni subiscono nelle proporzioni loro, principi , forma, gravita, e tosto- chè turbata venga la ordinaria relazione loro colle vicine. Ma se l'alterazione delle une sia tale , che in essoloro cresciuto sia il momento della vitali- tà, per siffatta influenza e per la ragione dei simili deve pur aver luogo nelle altre simile incremento sino a propagarsi ai più lontani strati le primiti- ve alterazioni delle prime molecole. Alla diffusione del flogistico eccitamento , al di la del luogo affetto vi concorre pure il calorico , il quale accrescendosi nella parte malata , e per leggi di equilibrio spar- gendosi all'intorno, aumenterà progressivamente la temperatura delle parti sane ; vi concorre altresì quel!' incremento di azione che ha luogo nella par- te infiammata , movimento il quale può e deve co- municarsi alle contigue fibre. Ai quali avvenimenti conseguita l'invito dell'altro elemento della infiam- mazione , donde l'estensione di questa oltre i con-
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fini del centro ; e vi conseguita la condizione nor- male del sangue , ma grandemente alterata e ca- pace di eccitare primitivamente e per se il turgore non solo , ma anche il fattore dinamico , e quindi di servire di mezzo potissimo all'ingrandimento ed alla diffusione della flogosi. Né volendo lasciare al- cun asserto senza prove , allin di dimostrare , che la qualità del sangue , reso per cosi dire morboso nel luogo flogisticato , serva di mezzo efficace pel diffondimento del processo flogistico locale , dopo aver dimostrato la natura di siffatti cambiamenti , ai quali va il sangue soggetto , si appoggia non solo al dettato del Morgagni : Sanguis est ad faciendas injlaniinationes valde idoneus ; ma pur anco agli insegnamenti del Gallini , ed ad alcune riflessioni sulla propagabilità di questa malattia , che argini non trova a diffondersi ove continuo sia il sistema angiologico; laddove a ritroso della irradiazione per dir così virtuale , la flogosi si arresta il più delle volte prontamente, ove appunto il circolo non offre questo passaggio , e rispetta i confini di quelle par- ti , che irrorate non sono da quello stesso sangue , da cui è bagnato il luogo infermo.
Ancorché per altro la infiammazione compia il corso in quel luogo che primitivamente attaccò , iso- landosi così in un solo organo o parte qualunque , non per questo si potrà tenere assolutamente lo- cale , cosicché esiga unicamente quel governo , eh' è bastevole per vincere le affezioni locali. Poiché , se un elemento della flogosi , qual è il fattor dinami- co , diffondesi all' universale , tanto più se nel si- stema irrigatore accolgasi un sangue già reso mor- boso dal processo infiammatorio , è chiaro come posv sa il momento della vitalità aumentarsi nell'univer- sale della macchina. Con impegno perciò nella cura,
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raccomanda , che il, fattoi' dinamico anche nella sua parte visibile venga considerato e nella pato- genia e nella cura dei morbi , allineile , se permesso non ci è d'investire direttamente la flogosi con far- machi atti a rimuovere quelle materiali alterazioni che la parte propria ne formano , d'investire almeno si cerchi la parte comune per inibire l'aumento della prima- Propagato cosi il fattore dinamico all' univer- sale , e resa per tal modo più operosa l'azione del sistema nervoso ed angiologico ; si aumenta pur l'esercizio di altre funzioni, donde sorgono poi quei fenomeni dell'universale che le infiammazioni di qual- che momento accompagnano. Tali sono a mo' di esem- pio l'accresciuto circolo al polmone , l'azione pol- monale più energica e profittevole , ossigenazione e sanguificazione più pronta ed abbondante , sangue più elaborato e maggiormente animalizzato , secre- zioni ed escrezioni diminuite , aumento di attività degli assorbenti. Con questi fenomeni , elio recipro- co alimento si prestano , e che incominciati si au- mentano , cade perfine la intiera macchina in quel- lo stato morboso che dicesi febbre ; e lutto così viene a confermare il comporsi la flogosi dai due più volte nominati fattori , ed il prestarsi ambidue vicendevole nutrimento. Se non che non sono sem- pre essi nella flogosi in egual proporzione , ma sibbene in alcuni casi tenta l'elemento idraulico di soperchiare il dinamico , ed ora da questi vien so- perchiato il primo ; di sorta che sembra all' A. , che le flogosi risipelatose di genio tanto volubile costi- no, per la massima parte dell'elemento dinamico e di pochissimo elemento idraulico , siccome con va- rie riflessioni il dimostra. „ Di egual tempra non „ pare che abbiano ad essere le volubili miositi 7
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„ le quali, come a tutti è noto, incrudeliscono quan- „ to mai dir si può all' un'ora , per infralire all'|al- „ tra , ed attaccano a capriccio quando l'ima par- „ te del corpo , quando l'altra ? Le pretese ed in- „ sieme famose flogosi intermittenti . . . non potreb- „ bero per avventura constare di un solo elemen- „ to , e quindi non esser vere flogosi, oppure esser „ di quelle a lievissimo sconcerto idraulico? Che per „ fermo, ove questo consentisse col vero, né rie- „ scirebbe tanto misteriosa la subita loro scompar- ,, sa col terminar della febbre, né fuor d'ogni spie- ,, gamento sarebbe il ricomparire a dati intervalli.,, Laddove ravvisa probabile , che le flemmonose in- fiammazioni e varie altre riconoscano specialmente nei primordj un fondo idraulico cospicuo assai e maggiore del dinamico , sebben questo col lungo andar del tempo cresce altresì , e fassi orgoglioso in grazia del perenne alimento che l'un fattore presta all' altro.
Cap. III. — Etiologia della infiammazione. — Maggior fondamento intende il prof. Goldoni di som- ministrare ai suoi pensamenti intorno al costituirsi la flogosi dei due fattori , contemplando il duplice genere di cause , quali atte a produrre primitiva- mente il fattore dinamico , e quali l'idraulico. Ma quanto è ardua la dottrina delle cause , special- mente in fatto di fisica animale ! A conoscere pie- namente ed a calcolare quella pressoché immensa moltiplicita di efFetti e la ragione di essi , uopo sa- rebbe conoscere intrinsecamente la natura delle cau- se operanti ed i poteri diversi eh' elleno esercitar possono o chimici o meccanici sulla materia ani- male ; uopo sarebbe aver di esse disvelata per in- tiero l'anatomia , e conoscere non solo tutte le pro- prietà, chimiche e meccaniche che ad essa compe-
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tono , ma pur anco la natura delle conseguenti pro- prietà vitali e loro gradi ; uopo sarebbe penetrare nelP intima natura delle cose per rilevare che ne possa accadere per la combinazione di si svariati clementi . Qual mente umana può di tanto lusin- garsi ? Prendiamone per esempio col N. A. il ca- lorico. Mille fatti si uniscono a persuaderci, ch'esso rianimi la natura , e che parimenti stimoli la mac- china animale , la riconforti , ed accresca la lati- tudine di sua esistenza. Se vero è però , che il ca- lorico produci per primo suo effetto nella missio- ne organica quel tale cambiamento onde si accre- sce nella fibra l'energia vitale ; ragion vuole altre- sì , che per quella proprietà che hanno gli stimoli di consumare la vitalità nel mentre che la eserci- tano , producasi ancor dal calorico un effetto con- trario al primo. Ma in questo mentre , prendendo aumento le funzioni , perchè cresciuto un fattore di essoloro , sembra pure aversi ad aumentare 1' assi- milazione organica , la quale rimetterà la vitalità dispersa dal calorico ; ecco dunque un altro effet- to contrario al secondo. Siccome poi coli' accresci- mento delle funzioni viene pur favoreggiata la tra- spirazione , cosi deve questa portare infallibilmente un effetto opposto al precedente. La materia frat- tanto del calore intromettendosi fra molecola e mo- lecola del corpo animale , le allontana , le disgiun- ge , ne scema la forza di coesione ; ed ecco anche per questo lato prodursi dal calorico un effetto con- trario al primo^ Quindi è chiaro esercitarsi dal ca- lorico nella macchina varie azioni , alcune di ^ra- gione della meccanica , altre della chimica , altre della vitalità ; le quali azioni , o tutte si bilancia- no e si equilibrano , ed allora la macchina per ri- guardo alla vitalità rimane imperlurbata ed in quel-
SuTXA INFIAMMAZIONE 4')
lo stato medesimo nel quale dianzi trovavasi : op- pure l'una soperchia l'altra , ed allora abbiamo dai calorico o gli eiìetti di stimolo , o quelli di con- trostimolo : siccome lungamente 1\\. con varie ri- flessioni avvalora. Il freddo altresì porta colla sua prima azione quel tale cambiamento nella missione organica , onde scemata venga nella fibra il mo- mento della proprietà vitale: ma non manca in pari tempo lo svilupparsi (siccome rispetto al calorico no- tammo) una serie di azioni e di effetti , l'uno dei quali si oppone all'altro. Allorché questi si bilan- ciano, il momento della vitalità rimane inalterato; ed ove poi gli uni agli altri prevalgano , o mo- strasi il freddo sotto l'aspetto di stimolo , ovver sotto quello di deprimente.
Da tali premesse discende a contemplare in qual modo la sottrazione del calorico concorrer possa alla formazione della flogosi , e ne couchiude non de- rivare dal freddo la flogosi o l'elemento di essa , ma sibbene dal sopravvegnente stimolo calorico. E quand' anche il freddo , in vece di convellere la fibra , la rilassasse , e servisse così di causa alla formazione del turgore idraulico , dal quale poi na- scer può la infiammazione ; nemmeno in tal caso bassi a dire , che questa .surta sia per l'azione del freddo. Da queste e molle altre squittinate ragioni chiaramente scorgesi quanto difìicil riesca non solo il conoscere la verace azione delle potenze sulla mi- stione organica , ma diilicile eziandio il penetrarne l'azione dinamica , quella che cade sì agevolmente sotto ai sensi di tutti ; lo che più apertamente ap-r palesa la malagevolezza somma di ragionare dalle cause agli effetti , e così da questi a quelle. Coll'ap- poggio però dell'enunciate riflessioni si da qualche plausibile ragione del non avvenuto nocumento ed G.A.T.XL. 4
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anzi dello sperimentato profitto por opera di alcu- ne potenze stimolanti in alcuni mali flogistici ; ap- punto perche cogli efletti loro secondi riuscirono a diminuire il fatlor dinamico, il quale , siccome si disse, anclie nella sua parte visibile dev'essere te- nuto a conto nella cura dei morbi. Nò. v'ha biso- gno con ciò d'intrudere nella scienza cotanto perni- ciosi errori , quali ne promanano dall' incongrua- mente negare alle potenze eccitanti la virtù loro di stimolo , o dal dichiarare ipostenica una malattia per- chè in essa giovarono potenze stimolanti. Quindi la utilità dei riferiti dettati, e perciò che risguarda le cause morbose , e perciò che risguarda i mezzi cu- rativi , e quindi per dirittamente giovarsi del cri- terio invocato da ciò che giova o nuoce.
Discussa per tal modo la etiologia del fattore dinamico , s'inoltra a quella dell'idraulico , richiaman- do la idea della formazione del turgore flogistico, il quale può nella macchina primitivamente ordir- si , ed indipendentemente dal fattore dinamico del- la flogosi. Tre generi di cause vengono dall' A. esa- minati come atti a creare primieramente l'elemento idraulico della flogosi ; cioè ostacoli meccanici, co- stringimento spasmodico dei capillari o di porzio- ne di essi , ed atonia o depotenziamento vascolare di una parte , talché il sangue ad essa corra e vi si fermi quasi come in una spugna. Questo tripli- ce ordine di cagioni è dal N. A. sagacissimamente contemplato in tutta la sua estensione , conceden- do fra quelle della prima maniera il posto a quei vizi del sangue troppo negletti da alcuni maderni nella etiologia dei mali , a quelle presso che innu- merevoli cagioni per le quali può rimaner com- presso un vase arterioso o in una porzione del si- stema venoso diminuirsi la portata del sangue. Di-
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scorrendola delle cause della seconda maniera di tur- gore , a lui sembra che in seguito di alcune azio- ni sulla macchina insorga uno spasmodico costrin- gimento dei vaserelli minimi specialmente , per cui perdendo essi quasi del tutto la sezione loro , co- stretto viene il sangue a portarsi ai tronchi se non anche al centro : donde poi il turgore. In grazia co- si del terrore può accendersi l'angioitide, non già perchè al terrore abbiasi ad accordar posto tra i frigidi o tra i rilassanti o gli astringenti e simili ; ma sibbene perchè l'angioitide muove primitivamen- te dal turgor vascolare ; perchè il turgore riconosce per cagione efficiente il disequilibrio idraulico che si forma tra la periferia ed il centro ; e perchè in- fine il disequilibrio riconosce per causa il patema. Con molte prove dimostra la verità di questa pro- posizione , conoscer facendo in qual modo all' ele- mento idraulico della infiammazione conseguitar pos- sa il secondo , cioè il dinamico , fino allo scoppio della flogosfr, confutando insieme il dettato di ce- lebrato scrittore , che l'angioite per terrore sia ma- lattia di stimolo , dal che si trasse conferma per ri- tenere che la flogosi ingenerarsi possa ancora die- tro manifesta azione controstimolante e senza inter- media azione di stimolo alcuno. Da ultimo , per non tutto tacere , rammenteremo col N. A. , potersi del pari da alcuni patimenti nervosi , che mal si addi- cono alle finora conosciute affezioni , muover talvol- ta la flogosi , inducendo appunto uno spasmodico co- stringimento nei capillari , per cui rendendosi im- pervie le loro vie il sangue va ad aggravio di al- tre parti.
Accennando finalmente all' atonia o depotenzia- mento dei vasi come causa del turgore idraulico , spie- ga ivi l'A. vieppiù belle vedute, e con fermi «**io-
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5a S e 1 t n » e
cini dilucida il .subietto. Ne istruisce ivi singoiar* mente come insorga per atonia , per una certa qua- si paralisi dei minimi vaserelli , per un depotenzia- mento avvenuto nelle pareti vascolari, l'elemento idrau- lico della flogosi senza essere effetto o dello stimo- lo o di cause meccaniche alteranti il lume delle ar- terie o delle vene , o del costringimento dei capil- lari. Risponder volendo alla inchiesta in che debba farsi consistere siffatta atonìa , siffatto stato r che dir si volle impropriamente dai moderni ipostenie© o di controstimolo , avverte precipuamente a quella forza insita nella fibra animale e vivente , detta di ria- zione da Testa , conati delia natura da Gallini , e resistenza organica dal patologo cesellate. Questa for- za „ originariamente dipende da una data natura '} „ proporzione , e forma delle molecole animali , e „ forse più di tutto da quella forza di coesione col* ,, la anale le molecole medesime si trovano vicen- ,, devolmente congiunte : perchè generalmente le per- „ sone di fibra lassa , molle , floscia e che presto av- ,, vizzisce , sono quelle appunto che più presto ce- „ dono alle cause morbose ed infermano. Né si cre- ,, da questa forza , eh' è una delle più essenziali ,, proprietà della vita .potersi confondere colla sem- „ plice eccitabilità ; giacché abbiamo talvolta iperste- ,, nia ossia aumento di vitalità nelle indicate per- „ sone , nelle quali certamente trovasi difettiva o man- „ chevole l'organica resistenza. Egli è però a ere- „ dersi , che come l'assimilazione organica serve per „ riparare la vitalità , cosi serva egualmente per ri- „ mettere ed accrescere ezianzio l'indicato potere di „ riazione. Ciò posto , parmi che la vera -atonia si „ componga principalmente o risulti da scarsezza di „ questa forza , alla quale poi si unisca o la ipo- VI stenu browniana , il difetto cioè di movimento ,
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„ o il difetto di assimilazione organico~vitale , o ,, l'uno e l'altro ad un tempo ; nel qual caso l'ato- „ nìa patrassi dire completa. ,,
Dichiarate di tal maniera le cose , sembra all' A.., che formandosi l'elemento idraulico per atonìa del- le fibre conseguitar possa taluno dei seguenti av- venimenti. Se l'ingorgo accade in parti , nelle qua- li l'atonìa sia completa , il sangue non potrà ge- neralmente operar tanto da ingenerare il fattor di- namico della flogosi ; e perciò il turgore continue- rà nello stato di atonìa. Siffatte affezioni manche- voli dei sintomi dell' altro fattore, e manchevoli de- gli attributi delle flogosi , delle quali costituiscono soltanto una parte , non possono essere considera- te assolutamente (logistiche ; debellate esse vengono coli' esterno ed interno uso dei tonici e corroboran- ti , lo che fece credere talvolta essersi espugnate del- le flogosi cogli stimoli. Il sangue altresì radunalo in copia maggiore nel luogo in istato di atonìa , usando del poter suo , può coli' andar del tempo rialzare l'eccitamento vitale di quello , e può coli' accrescere a poco a poco il processo di assimilazione cooperare eziandio sì che le condizioni molecolari e chimiche della fibra allo stato naturale ritornino. Ciò avvenir può , dove trattisi di una sola porzione del- la macchina caduta in atonìa , o quando sia questa incompleta e di poca rilevanzì , siccome nella boz- za che si eleva nel cavo della ventosa lasciata a lun- ga dimora sulla cute d'uomo sano. Ma -e (ed ecco il terzo dei casi, che l'A. contempla ne! turgore idrau- lico per atonìa delle fibre) lo stimolo sia soperchio ai bisogni almeno locali della fibra , l'eccitamento si può accrescere tanto da costituire l'elemento dina- mico , e quindi unendosi al preesistente idraulico da- re sviluppo alla infiammazione. Si avvera tuttociò
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nelle infermità dette dagli antichi infiammazioni spu- rie, note, passive, illegittime, cangrenose , mali- gne , ec. che aggrediscono macchine costituite in ista- to di atonìa , che invadono individui di cattivo im- pasto organico o congenito o acquisito ; che attac- cano chi soggiacque a lunghe privazione, ad enormi perdite ec. , o chi evase appena da morbo che per la sua qualità i>tcssa o per l'intemperanza del cu- rativo regime esaurì gran parte della vita. Cotali flogosi (da dirsi pur passive a scanzo di creazio- ne di novelli vocaboli) sebben composte d'ambo i fattori e quindi considerale in loro stesse siano egua- li alle altre , non lo sono né considerate nelle fibre che attaccano e meno poi in relazione alla univer- salità : in esse si effettuano lavorìi non totalmente eguali a quelli delle flogosi legittime od attive che nascono su fibra sana o robusta : e richieggono un piano di cura per molti lati diverso da quello che alle attive infiammazioni conviensi. Intorno a que- sto interessante argomento diffonde viva luce il N. A., e ragionandovi col suo solito spirito di pretta ana- lisi rimuover tenta quella esitazione negli animi , e discrepanza di opinioni che vi ha lungamente im- perato , massime per quanto concerne la terapìa di simili flogosi. A dirla in brevi linee ; dopo le tan- te sagaci riflessioni è guidato a conchiudere giusta- mente che non debbano in tutt' i casi proscriversi le cure miste , né condannarsi mai sempre l'inope- rosità di alcuni medici antichi in alcuni momenti della infiammazione.
Che anzi dalle cose per esso con tanta aggiu- statezza discorse ne discende, che l'oziare coi tem- peranti, rinfrescanti, o deprimenti in date epoche del morbo , o l'agire in vece in senso affatto opposto , guardando però le più grandi cautele , appunto per
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soddisfare quando ai bisogni dell' un i vessale , quan- do a quei del locale ( secondo che l'uno o l'altro più davviciuo minaccia la vita), torni assai ragio- nevole e consentaneo alla sana pratica. Delle qua- li asserzioni per addurre qualche argomento di pro- va , recheremo l'utile avvertenza che il prof. Goldo- ni invita farsi per certe fatali complicazioni di mor- bi opposti , che pur talvolta scorgonsi non solo nel caso di flogosi accese in macchine deboli , ma ezian- dio in flogosi attive, come sembra addimostrarlo il nitro, il kermes, la digitale cotanto richiesti dai bi- sogni del polmone nel corso di acuta ed indomita flogosi attiva di questo viscere , ma pur non sop- portati dal ventricolo : come sembra addimostrarlo specialmente nelle croniche infermità quel si frequen- te non prestarsi dello stomaco agli antimoniali, ai mer- curiali, all' idroclorato di barila o di calce, alla ci- cuta ec, avvegnaché comandati dalla località offe- sa , e quelli voluti dalle affezioni cutanee , questi dalla sifilide, tali dalle ostruzioni ed ingorghi glan- dulari , quelli dalla lenta flogosi epatica o spleni- ca ec. Nò manca di avvalorare cotali dettati con richiamare a memoria il pregio delle felici osserva- zioni tratte dalle cure miste tenute dal gran Sytle- nham , gli aurei precetti del Cotunnio , ed i memo- randi insegnamenti del Testa. E ciò con buon sen- no , onde rendere utilmente avvertiti ,, i giovani in- „ chinevoli pur troppo ad ogni maniera di novità , „ che le mentovate isole flogistiche le quali divam- „ pano in un mare di ghiaccio , e tutte quelle al- „ tre infermità nelle quali il locale trovasi in op- „ posizione all'universale, meritano le più grandi „ cautele ; sia perchè la cura del locale va a gran- „ de aggravio dell' universale ; sia perchè torna ol- „ tre modo difficile lo scuoprire non solo l'esistente
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„ dissidio tra il tutto e la parte , ma ben anche „ e più scabroso ancora il soddisfare per rata , di- „ rò cosi , ed in giusta proporzione i bisogni dell' „ uno e quelli dell' altro ; sia perchè le anzidette „ località flogistiche correndo sugli stadi passano fa- „ cilmente alla cancrena , e molte volte quasi air „ insaputa del medico , appunto perchè subdole e „ mascherate ; sia infine perchè questa tendenza del- „ la fibra a sciogliersi dalla vita , non può essere „ che accresciuta da quelle intemperanti sottrazioni „ sanguigne , che il locale pare dimandi , e che con- „ verrebbero ove la flogosi avesse iscoppiato in parli „ di buona tempra provvedute. Nel qual proposito „ tacer non posso. . . . che questo fatale dissidio, „ questi fuochi parziali in seno dell' atonia , questo ,, pericolosissimo stato di cose , in cui il locale non „ può essere soccorso che a discapito dell' universa- „ le, ancorché non esista da principio, può essere „ però di leggieri promosso da quella operosità con- „ trostimolante , che oggigiorno salutata viene da al- „ cuoi qual ancora sacra ed unica per gì' infermi „ d'infiammazione. „ Ove però queste flogosi siano di non molta importanza , e si apprendano a mac- china , in cui l'atonia si limiti ad una parte o non sia completa o non ragguardevole , né da molto pree- sistente , sogliono in breve aver terminazione , e tan- te volte senza soccorsi dell' arte. Da questi parziali e lievi morbi avvisa il N. A., che la macchina ritrae un salutevole effetto , perciò che , mentre il difetto dell' universale serve in certo modo per trattenere entro certi limiti l'incendio locale , e per determi- narne presto la estinzione ; l'eccesso di questo gio- va al difetto di quello , siccome con ben numerosi esempi si studia comprovare.
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Usando della qual maniera nello investigare la genesi la natura e la etiologia della infiammazione risguarda il Goldoni circoscritte entro i loro giusti confini sì l'opinione di quelli che tengono ingene- rarsi mai sempre la flogosi per difetto di contratti- lità o di azione di vasi , come l'altra che pone l'esi- stenza di flogosi asteniche. Fidando anzi sulla so- lidita degli esposti principii lusingasi potersi meglio con essi intendere , come in seguito di cause con- trostimolanti ordiscasi alla muta una flogosi senza aver ricorso a quel quid , che in difetto di espres- sione migliore , disse il prof. Tommasini , siano so- liti chiamare movimento di reazione , e senz' aver ri- corso a (pie' famosi risalti flogistici. Togliesi pur con gli esposti principii l'abbaglio di accomunare la in- fermità in discorso colla irritazione dei moderni ben distinta dal senso in cui era presso gli antichi ri- cevuta. Singolare industria e sagacita poi usa in av- vertire , che dalla sola natura all'insaputa dell'ar- te si conduce a salvamento la massima parte di co- tali infermi , aggiugnendo che la flogosi pervenuta ad un certo estremo (che fino ad ora non è dell' uomo il potere con sicurezza a ogni caso determi- nare) non più sia di nuovo stimolo creatrice, ma che anzi nella parte flogosata s'ingenerino delle con- dizioni ed abbiano luogo dei lavori diametralmente opposti ai primi. Non ripugnerebbe infatti a tutte quante le leggi dell' animale economia , che il pro- cesso flogistico dopo i sette , nove , undici , o più giorni voltasse in bene , se ivi non si operasse un lavoro interamente contrario a quello la cui mer- cè egli nacque , crebbe , e giunse al massimo rela- tivo della violenza ? Che se desioso fosse taluno di penetrare quali mai esser possano le cagioni di un tanto cambiamento , ingenuamente risponde , cha ir
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medico sapere si smarrisce non venendo soccorso dal- la rapion fisiologica né dalla patologica , e eh' è giuo- co-forza proporre delle conghielture. Opina egli quin- di , che „ arrivata la malattia ad un certo punto , „ cominci nella parte (infiammata a venir meno la „ nutrizione, e con questa la riproduzione del prin- „ cipio vitale. Pertanto scemato da una parte il mo- „ mento della vitalità , e per l'altra diminuita l'azio- „ ne stimolante del sangue ... ne deve risultare ,, il difetto dell' eccitamento vitale; e perciò da que- ,T sto momento la flogosi non potrà più essere ec- „ citatrice di nuovo stimolo. Minorato cosi o tolto „ ben anche l'elemento dinamico della infermità, necon- ,, segue che scemi pure l'idraulico , e che perciò gra- „ datamente vengano meno quei fenomeni che la in- „ fiammazione accompagnavano, e che finalmente po- ,, co a poco la parte rieda alla salute. „
Quantunque poi a centinaja di flogosi tra loro diverse per sede, per forma, per sintomi convenir pos- sa lo stesso regime, come salassi, nitro, freddo, non per questo hassi a credere, che a tutte competa uno stesso cambiamento di organica miscella , siccome il prof. Tommasini pretese. E così lungi dal credersi , che vinconsi col mezzo dei controstimoli le in- fiammazioni attive, opina giustamente il N. A., che vuoisi coi controstimoli giovare e nulla più. Giac- ché il medico anziché nulla operare , non potendo specificamente agire , si accontenta di giovarsi della parte visibile e comune delle flogosi onde entro cer- ti limiti circoscriverle ; memore mai sempre , che trattenute per tal modo dall'arte vengono poi dalla natura rimosse e dissipate.
Riassumendo finalmente il valente sig. Goldoni i principj da esso lui in queste pagine svolti e di- lucidati , vede dimostrato il perche più che da qual-
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siasi altra venga da cotale infermità bersagliato l'uman genere. Se non che giustamente rivendica i vene- randi padri della medicina dalle mende oggidì im- putate loro di non aver conosciuto la importanza e la prevalenza di questo morbo , e di non averla trat- tata con efficacia di metodo e necessaria costanza a prevenirne le infauste terminazioni. Con zelo quin- di fa conoscere , con quale aggiustatezza ne abbia- no scritto Ippocrate , Galeno , Aezio , Alessandro Tralliano, Paolo d'Egina, Biolano, Mercuriale, Ba- glivi, e mille altri; e quanto pochi fosser quelli che seguirono un Grisippo , un Erasistrato , un Elmon- zio , un Silvio , un Brown , ed i pochi altri. „ Ma „ accordato pure , che gli antichi meno di noi ve- ,, dessero nei morbi accesa la flogosi , sappiasi ad „ onore del vero che oggi giorno l'uomo soggiace „ a maggiori cause di essa non solo, ma che a que- „ ste è più cedevole. „ A dimostrazione di cotale asserto con sagace accuratezza e con robusta elo- quenza chiama a rassegna le cause tutte possibili , • per opera delle quali un tal morbo primariamente o secondariamente spesseggia più tra noi che nelle passate età. Rimira l'enorme abuso dei liquori e del vino ; Io sciupo degli americani liquori ; l'introdu- zione di mordenti aromi nella cucina italiana ; l'in- temperanza dell'uomo nella perigliosa età delle pas- sioni immaturo ancora dell'essere suo ; l'ardimento nell'uso di certi mezzi con che forse si violenta la natura ad appagare quegli sfrenati desiderj, la soddi- sfazione dei quali tanto fa costar cara all'uomo la età serotina ; l'imprudenza di lieve vestiario o la bizzarra sua forma ; i tanti e si varj patemi che più d'altra fiata crucciarono gli uomini. Quindi,, la „ stirpe umana e per le innumerevoli vicissitudini „ cui soggiacque , e per la mollezza cui sta sven-
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„ turatamente io preda (triste ma pur troppo ve-, „ ro effetto eli civilizzazione pregiudicata ) , e per „ infinite altre cause che qui nou leva il rammeu- ,, tare , perchè di troppo dolorosa ricordanza , va „ mano mano perdendo di sua natia robustezza ; ,, onde riesce cedevole all'assalto delle cause mor- „ bose anche di lieve momento , e di quelle stesse , „ diciamolo pure a nostro grave cordoglio , che un ,, giorno disprezzava e prendeva a giuoco. „
Qui ha compimento la prima parte di questo celeberrimo trattato del prof. Goldoni sulla infiam- mazione. Cotanto utili dettati intorno a sì interes- sante argomento meritavano essere estesamante co- nosciuti a lode del eh. autore che ha saputo con tanta distinzione occuparsene ; ad avanzamento della terapia di cosi imponente morbosità , ed a conferma giustissima di quei pregj che il verace metodo ana- litico accompagnano sotto la penna degli scrittori usi a rettamente valersene. Siffatta verità c'impegnò già altrove a rendere i ben dovuti elogi al prof. Goldoni , allorché negli Annali di medicina del chiar. Omodei dovemmo render conto (a) degli Elementi di medicina analitica del pr. Lanza di Napoli , di cui le mal ferme e contraddittorie teoriche trovammo in opposizione col retto spirito di analisi dal prof, na- poletano negletta e non osservata ; e cola rimandia- mo i nostri leggitori avidi di conoscere gli erramen- ti , nei quali ci parve , che fosse quest'ultimo in- corso. A sostegno poi dell' avanzamento , che dietro le analitiche vedute del Goldoni far può la tera- pia della flogosi , basti imprimere nella mente l'im- portanza di distinguere la infiammazione dai suoi
{a) Fascio, di maggio e giugno 1828.
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fattori , l'ina portanza di sapere per quale dei due fattoli incominci la malattia, e quale di essi pre- valga ; T importanza di non negligere la cura cau- sale ; l'importanza di vegliare sui bisogni dell'uni- versale e del locale anche nel dissidio di questi; l'im- portanza di differenziare le flogosi legittime dalle spu- rie o passive ; e simiti altre non poche circostanze che fin porle del subjetto , di cui fin qui abbiamo tenuto discorso.
ToNELLI.
Elementi di corichi filologi a Unneana dei sig. E. P. Burrow A. M. Opera volgarizzata sulla secon- da edizione inglese dal nobile sig. marchese Fran- cesco Baidassini di Pesaro, còli" aggiunta di co- piose ed erudite note. Milano presso G. Pietro
dealer 1828. labium, uno in ottavo con XXVllI
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tavole incise in rame.
\_jionvengono i savi d'Europa in questo nobilissime sentenze : essere la scienza il patrimonio di tutte le nazioni; avervi perciò diritto ciascheduna di loro; non darsi differenza alcuna di suolo , o privilegio di proprietà; doversi ogni ramo dello scibile esten- dere e dilatarsi su la terra , perchè a tutti comu- ne sia per ricscire il beneficio delle lettere e del- le arti. Resi a cotali divisamenti più franchi e più liberali i dotti de' nostri giorni, non isdegnano di ac- cogliere le utili cognizioni da qualunque paese ne vengano ; e ciascuno trasportando nell' idioma nati-
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vo le opere più belle ch'escono in luce , forniscono i loro concittadini di ogni più sana istituzione scien- tifica. La nostra Italia (che pur vorrebbesi da ta- luno in fatto di moderno sapere denigrare) non si è ristata a così nobile impresa : ha risentiti gli ef- fetti di una civiltà sempre crescente ; ha visti gì' immensi passi fatti a'nostri giorni nella carriera de- gli studi , e dove non ha potuto per se medesima contribuire all' utile progresso dei medesimi ? ha col- to il più bel fiore de' lavori stranieri , ora volgariz- zandoli alla distesa , ora compendiandoli con istu- dio , sempre migliorandoli sia col far uso di quella critica severa che è propria dell' ingegno italiano , sia corredando le opere altrui di quelle giunte e di quei commenti , che appianano la via , e menano spe- cialmente i giovani con facil modo a percorrerla. Cer- to che se dobbiamo lodarci dei tanti volgarizzamen- ti che ai nostri giorni appariscono , con più ragio- ne ci debbono partorir gioia que* tali che sono at- ti a diffondere le scienze esatte , o naturali , e che valgono ad empire per dir cosi qualche vuoto del- la nostra letteratura. E sono del numero tutti i li- bri che ad una primaria elementare istruzione con- secrati forniscono il mezzo più facile per introdur- ci in quelle tali discipline che riescono specialmen- te giovevoli alla umana società , o che sembrano ve- ramente proprie del bellissimo suolo nel quale abi- tiamo. E fra queste quale più utile , quale più bel- la , quale più adattata agli abitatori istruiti di una penisola , della scienza conchigliologica ? Dove sono due mari così vicini e fra loro così diversi ; dove è una serie di monti tanto ricca di fossili marini ; dove sono tanti mezzi di confronto e di studio per questo ramo di storie naturali ? Se havvi popolo che debba studiare le proprietà , gli usi e le infinite spe-
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eie de' molluschi , egli è sicuramente quello d'Italia. E tale ei mostrossi : che, per tacere de' sommi no- stri conchigliografi antichi , basterai nominare le ulti- me classiche fatiche di un Poli e di un Brocchi , perchè si abbia a decidere che noi non siamo a nessun' altro popolo secondi. Pur tuttavia man- cavano ( e mancano forse a qualche altra dot- ta nazione ) elementi chiari , facili , compendiosi di codesta scienza ; e tra per la dura occupazione di scrivere cose già bea intese e minute ; tra per la ignavia o la cupidigia degli editori su quelle opere che vogliono corredo di molti e dilicati ra- mi ; tra per la invalsa erronea opinione , che alcu- ni studi non giovino , e alcuni non prosperino fra noi ; certo è che non avevamo di sorta elementi con- chigliograflci. È dunque da rendersi molte , anzi in- finite grazie al sig. marchese Baldassini di Pesaro , il quale volto l'animo ai nostri scientifici interes- si , piucchè alla sua prospera fortuna , ha voluto con bello esempio di zelo e di paziente assiduita re- galarci di questo aureo libretto , che già vede in Londra per una terza volta la luce , e che ha fat- to benedire il nome del dottissimo autore sig. Bur- row membro della società linneana , e di molte al- tre illustri accademie. Il volgarizzamento del Bal- dassini ha sortito bellissima edizione, si pei caratte- ri come per le copiose e lucidissime tavole , in Mi- lano ; dove agli eredi Giegler non è spiaciuto d'in- contrare una vistosissima spesa per assecondare gli sforzi del nobile traduttore e per procacciare alla nazione il bene di un' opera che non avea : del che siamo ad essi oltre ogni dire tenuti , e vogliamo qui rendere pubblica testimonianza di lode e di gra- titudine. D'altronde essendo il sig. marchese Baldas- sini uno dei più colti ingegni di Pesaro , e però van-
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tandoci di possedere nello stato pontificio anime co- si gentili ed operose che intendono al profitto del- la studiosa gioventù , abbiamo creduto di dar con- to nel nostro giornale di questa classica operetta, ac- cennando da prima tutto ciò che riguarda il lavo- ro originale, e favellando dappoi di quello che spet- ta al nobile ed erudito volgarizzatore.
Il sig. Burrow , coni' egli stesso ne accenna nel- la sua prefazione, ha creduto d'offrire al pubblico una introduzione elementare che serva , come suol dirsi , di chiave per l'intelligenza del catalogo lin- neano delle conchiglie , e come di manuale ad un tempo, e di epitome abbastanza esatta di quella parte dello scibile chiamata testaceologia. E qui al- tri farebbe un lungo discorso sul perchè siasi ti ali* autore trascelto il sistema linneano , e non piutto- sto quello de' moderni francesi generalmente abbrac- ciato e seguito . Noi non ardiremo tanto : sap- piamo che nella Inghilterra è tuttora vivo il desi- derio di seguir passo passo nelle scienze naturali quel genio della Svezia: pensiamo che i suoi metodi sem- plici e precisi sono e saranno sempre da adottarsi per coloro che s'introducono nello studio della na- tura , e specialmente in quello dei testacei : cono- sciamo che que' metodi possono ora utilmente modi- ficarsi sia nel!' uso de' vocaboli , sia nel numero del- le suddivisioni de' generi , sia nelle descrizioni del- le specie, e che a tutto ciò provvide il chiarissi- mo autore. Rispettiamo adunque la sua scelta , e la lodiamo pur' anco; tanto più che per opera del no- stro volgarizzatore si è supplito bastantemente a qua- lunque difetto si volesse per questa parte addossa- re al Burrow , come vedremo in appresso.
In una bellissima introduzione l'autore spiega chiaramente l'oggetto della scienza; l'ordine naturale a
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cui si riferiscono i testacei e la loro differenza essenzia- le coi crostacei ; la mirabile formazione dell'involucro nata di quella progressiva juxta-apposizione di ma- teria calcarea ; e quindi l'uso veramente stupendo delle glandole , de' pori del colletto , de' palpi o de' tentacoli , che ogni specie distingue nella classe de' molluschi costruttori. Poscia fassi a prevenir gli stu- diosi della tanto diversa maniera in che rinvengou- si le adulte dalle giovani conchiglie ; e la quasi niu- na rassomiglianza che le prime hanno con le secon- de (per alcuni casi), tanto risguardo a'colori, quan- to alla distribuzione delle parti. Le differenze essen- ziali proprie delle cipree , de' buccini , degli strom- bi e de' murici ; i caratteri precisi coi quali l'esper- to conchigliologo deve dar giudizio del loro più pro- babile avanzamento , sono argomenti di si fatta im- portanza perchè non dovessero dal chiarissimo au- tore lasciarsi dimenticati. Sieguono i nomi dei ge- neri pei molluschi costruttori delle conchiglie ; e sulle prime a lato dei Doris linneano figura il Lo- phyrus dell' italiano Poli 7 accennandosi poscia la og- gimai trista e risoluta quistione sul vero costrut- tore dell' Argonauta Argo.
Trapassa il Burrow ad una esattissima nomen- clatura de' termini destinati ad esprimere le forme e i caratteri delle conchiglie univalvi e bivalvi , giovandosi per le prime dell'ordine adottato dall'au- tore delle Fundamenta testaceologiae nelle Amoenita- tes academicae di Linneo. Quindi ci regala di un distinto raguaglio del sistema generico , e delle ra- gioni per le quali al Linneo sembrò confacente l'in- cominciare dalle mollivalvi; non che dei caratteri ge- nerici di tutte e tre le divisioni , e di quelli che al- le specie o alle varietà sono propri. Distingue le mol- tivalvi in libere ed in aderenti j quelle ( ad esem- G.A.T.XL. 5
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pio) clie pertengono al genere Lepade , o al gene- re Folade ; le bivalvi fornite di denti inseriti o non inseriti , come ne' cardi , nelle mattre , nelle veneri , negli spondili , nelle carne , nelle arche per le prime; nelle m/e , ne' solerli , nelle telline , nelle donaci ce. per le seconde ; ovvero le bivalvi sdentate quali so- no le ostriche , le anomie , i mitili , le pinne ; fi- nalmente le univalvi a spira regolare o irregolare, co- me sarebbero per le une i coni , le cipree , le bulle ec. e per le ultime le patelle , i dentali , le serpule e le sabelle. Offre poscia l'autore in un bel quadro di- sposti i trentasei generi linneani con a fronte il numero delle specie conosciute che ammontano al riguarde- vole novero di 244^, delle quali il regno britanno conta 55o.
Vengono in appresso le definizioni e le descri- zioni de' generi , dove è da ammirarsi il lucidissimo ordine , la precisione de' termini , la nitidezza delle figure che accompagnano ciascuna descrizione con indicarci e l'esempio e la vera fisonomia del gene- re. Da prima vedi il nome linneano ; quindi la rap- presentazione in figura tratta sempre dal vero , poi i caratteri precisi del genere e del testaceo ; in se- guito quelli di alcuna specie più rimarchevoli ; fi- nalmente i costumi e gli usi di quelle. A.d ogni ge- nere scorgi nitidamente tribuite le peculiari proprie- tà , distinte le qualità più rimarchevoli , reso aper- to il meccanismo de' loro accrescimenti e del loro muoversi , fissate le norme per non confondere mai un genere coli* altro ; ma tutto ciò facilmente , con poche parole , con tutta chiarezza , con amore veris- simo della scienza e degli Studiosi. In appendice, e per avvertenza generale circa le specie de' testacei , fa mostra di un buon numero di quelle dichiarando al- la distesa il significato delle ventotto tavole figu-*
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rate , due delle quali sono destinate a imprimere be- ne in mente le parti che compongono le conchi- glie univalve , bivalve , moltivalve ; e le altre tutte a rappresentare le specie particolari trascelte fra le più belle e meglio caratterizzate , contrasegnandone e figurandone sopra cento quattordici individui. Tut- ti de' più chiari , in gran parte tratti dal Listerò , classificati per caratteri esterni e per quelli di do- micilio , di abitudini ; delineati poi a contorno tan- to bellamente e nitidamente , che ti pare averli fra ma- ni, e colle dita insinuarti nella lor cavita , palpa- re le loro protuberanze , cogli occhi ammirarne la ra- ra disposizione delle parti , e la svariata forma di que' loro solidissimi involucri. Sono le ultime tavo- le date a questi importantissimi uffici, i.° di far di- stinguere le conchiglie giovani dalle adulte, 2.° rap- presentare lo spaccato o il taglio in diversi generi di univalve , 3.° descrivere alcune specie non descrit- te fino ad ora , o per circostanze particolari rese dif- formi dai tipi generali. Dottissimo e stupendo mo- do d'insegnare quello di colpire i nostri sensi , e far eh' essi soli siano i giudici della realla nelle scienze tutte d'osservazione. In ciò veramente il Burrow ha riportata lode grandissima , sicché anzi furono supe- rate le speranze destate all' aspetto di un' opera pu- ramente elementare , e gli editori italiani hanno se non vinto, certamente rivalizzato coli' originale. Fi- nalmente il chiarissimo autore ha creduto di corre- dar l'operetta di un lungo catalogo sistematico di conchiglie disposte per generi e per ispecie co' loro nomi linneani , a fronte de' quali sono posti i cor- rispondenti nomi vernacoli inglesi. Catalogo niente meno confacente allo scopo propostosi dall' autore , cioè di volere agli studiosi del suo paese rendere più facile l'acquisto e il conoscimento delle conchi-
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glie ; catalogo saviamente redatto da un inglese per gl'inglesi , e che si poteva tralasciare nel volgariz- zamento ogni qualvolta la nostra lingua e sempre e giustamente non avesse somministrato i nomi trivia- li corrispondenti. E a questo catalogo tien dietro l'al- tro copiosissimo di quasi tutti gli scrittori in con- chigliologia , i quali si distinguono per undici clas- si , cioè di coloro che scrissero genericamente del- la scienza o di un solo genere e famiglia o delle conchiglie appartenenti ad alcune parli del globo ; di quelli che parlarono de'musei e delle collezioni con- chigliologiche ; degli individui microscopici ; de1 mi- steri della scienza ; dell' anatomia de' molluschi ; del- la loro fisiologia ; infine di coloro che inventarono nuove distribuzioni , che commentarono opere ori- ginali , che pubblicarono tavole, disegni e figure spet- tanti a generi , specie o individui particolari alla scienza.
Questo fece il Burrow; ed era appena venuta al- le mani del nostro Baldassini tale opera bellissi- ma , che già la si diede a meditare ed a tradurre. Parevagli che ne più dotta , né più utile, né più ne- cessaria potesse esisterne per noi : sapeva non es- sere che poco o quasi niente conosciuta : ardeva di diffonderla presso i giovani italiani ; e però la sot- topose al giudizio di un Ratizani e di un Broc- chi. Ambidue ne furono presi ; ambidue lodaronla a cielo; l'ultimo volle tutto scorrerne il volgarizzamento, e di suo pugno corredarlo d'alcune emendazioni lie- vissime. E tuttora si leggono dal Baldassini lagri- mando quelle cifre, che pur rammentano l'uomo in- signe non ha guari perduto ! Datosi dunque a pro- curarne l'edizione, gli venne fatto di statuirla: ed ec- co a nuova luce italiana per sua amorosa cura quest' opera eccellente. Dalle mani del Burrow ricevendo-
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la , egli non volle nulla mutare al testo , all' ordi- ne , ed alla frase dell' autore ; però tutto lasciando al suo posto, ebbe in cura di voltarne ( per quanto potevasi il meglio) ad italiana guisa la dicitura; e lasciò libero il corso alle idee originali , facendovi poi proemio note e giunte giudiziosissime. Breve- mente diremo di tutte e tre queste cose , onde ven- ga al nostro illustre sig. marchese quell'onore che gli è dovuto, e che la nazione è tenuta di riferire a chiun- que si studia di farla nelle scienze avanzare.
Era necessario d'innamorare gl'italiani allo stu- dio della conchigliologia : dovevasi dunque farne pa- lese l'importanza ; e ciò viene da lui diffusamente con- testato nel proemio col dimostrare di quanto aju- to ella sia alla scienza geologica, ed allo studio de' corpi fossili , sicché valga a dar ragione col La- marcie della prodigiosa quantità di calcarea marina , e coli' Ulloa , coli' Domboy , coli' Humboldt de' fossili corpi trovati sull'altissima Cordiglicra, e del- la roccia libica , onde furono e sono le famose pi- ramidi d'Egitto. E qui riporta gli usi che delle con- chiglie fanno gli olandesi in Harlem , e gli abita- tori delle Ebridi alle Antille per la costruzione de- gli edificj ; non che i popoli tutti del globo pel co- sì detto terriccio de* campi. Rammemora altresì le in- finite specie de' molluschi che a nutrimento sono con- versi, e quelle che somministrano alla pittura ed alle arti tintòrie i colori , agli uomini di Sicilia va- ri oggetti di lusso , a quelli della China e delle Fi- lippine riparo alle intemperie della stagione . Che se altra utilità non partorisse lo studio conchigliologi- co , quella sempre ne verrebbe di far conoscere una immensità di esseri bellissimi ed ammirabili , che formano poi quell' anello di continuità nella scala progressiva e stupenda dd regno animale. Quindi il
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Baldassini si diede a ricercare la vera origine della coacliigliologia come scienza; e lasciando quello che al- la spicciolata ne scrissero Plinio e Aristotele , venne ai tempi di Gessner , di Johston , d' Aldrovandi , di Wormio per vedere in qualche modo abbozzato un sistema , che meglio si organizzò con l'opera di Giovanni Daniele Maggiore , del Listerò , del Klein, del D'Argenville , ma che a maggior perfezione si addusse per quella dell' immortale Linneo. Né dove- va in lui solo arrestarsi : però le illustri fatiche so- no accennate di Adanson , primo a mostrare i som- mi viaggi ehe la scienza potea ritrarre dallo stu- dio interno de' molluschi medesimi ; e quegli altri lavori di Geoffroy , di Muller , di Martini , di Ghem- nitz e finalmente del Brughiere , del Lamark e del Cuvier , nomi troppo celebri perchè non fossero da- gli studiosi e conosciuti ed ammirati. Non sono tac- ciutc le opere quanto illustri , altrettanto utili dei Poli, dei Megerle, dei Ferussac, dei Blainville, ul- timi scrittori di siffatta materia , celebrando in spe- cial guisa il Blainville pel nobilissimo trattato di Ma- lacologia pubblicato nel i8"25. Parlando agli studiosi italiani dovevansi le glorie proporre de' nostri som- mi ; e cosi dal Baldassini non sono preteriti i no- mi degli Aldrovandi , de' Marsigli , di Fabio Colon- na, d'un Donati, di un Bonanni , o veramente quel- li di Soliani , d'Olivi , di Cavolini , di Jano Plan- co , de' Ginanni , del Soli, del Renieri e del Broc- chi . Bellissimo stuolo di nazionali conchigliografi da contrapporre a quanti altri mai dalle estere na- zioni venissero allacciati. Quindi animata la studio- sa gioventù a mantenere viva la gloria di questi scien- tifici esercizi , è dichiarato perdio venga in lingua nostra pubblicato questo egregio lavoro boi Burrow,
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e quali note e quali giunte siansi credute opportu- ne a migliore intendimento del testo e della materia. Passando alle note dirò, che esse sono piene di erudizione nou solo , ma con somma perspicacia e con sanissimo intendimento distese ; cioè per rende- re il testo più acconcio all' istruzione moderna , e meglio proporzionato alla sfera delle cognizioni in proposito successivamente acquistate. Così oltre al- le prime dieci , che vertono sulla vera etimologia del- la parola scientifica, sull' esatta analisi fatta dal Vau- quelin dell' involucro dei testacei , sulle conchiglie fossili nei loro diversi stati , e nelle varie epoche de' loro depositi , sulla varietà dei colori derivante da quella de' climi , del nutrimento ec. , sullo svilup- po progressivo e sull' accrescimento dei testacei , sulla quistione del vero costruttore dell' Argonau- ta Argo , e sopra varie denominazioni delle parti re- lative a codesti viventi ; il nobile volgarizzatore ha voluto che ogni genere descritto dall' autore fosse rischiarato ed ampliato da una nota ora più , ed ora meno ricca di bellissime cose , tutte desunte dai migliori fonti che a' nostri giorni menino acque co- piose e limpidissime. Sopra le altre a me sembra- no distinguersi quelle, che trattano della maniera con cui i diversi molluschi o venni litofagi riesco- no a bucare le pietre; del bisso e delle perle; de' nautili , e delle loro celebri concamerazioni ; delle eli- ci , delle aliotidi , delle patelle: sebbene in tutte ab- bia fatto uso di vero criterio scientifico , ed abbia saputo unire alla curiosa ricerca la facile e più com- pleta illustrazione del genere. In somma se debbo- no annotarsi gli autori di storie naturali , certa co- sa ella è che come fece il Baldassini deviassi al leg- gitore appianare la via non solo , ma porlo a co- gnizione de' progressi scientifici , e risparmiargli la
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cura di riscontrare altre voluminose onere, le qua- li mancano per lo più , e sono d'altronde oppor- tune a dichiarare i sensi dell' autor principale.
Per dire poi alcun che sulle giunte fatte al Bur- row dal sig. marchese Baldassini, aggiungeremo che a noi sembrano libere da ogni sospetto di presunzione , fornite anzi d'ogni pregio più bello e più lodevole. So- no difFatti aumenti alla terminologia , che si volevano per la chiarezza, e per non lasciare inesplicati quei tan- ti vocaboli che i moderni sistematori adoperano e che il giovane studente deve prendere nel proprio e giusto loro significato. E qui il Baldassini si è giovato delle stesse opere loro , che con molta di- ligenza ha svolte e poste a contributo ; talché la nomenclatura cosi ridotta (come vedesi in fronte all' edizione italiana) potrebbe ad altri sembrare un ve- ro dizionario terminologico della scienza. Onde poi ne raccomandiamo caldamente ai giovani lo stu- dio; mentre è base e fondamento di tutte le descri- zioni tecniche di testaceologia , ed essi vedranno che una volta apparato, sarà facile di comprendere gli autori meno concisi , e forse Ulora per copia di si- nonimi o di difinizioni soverchiamente prolisse. Ol- tre a ciò ha il Baldassini arricchita la letteratura conchigliologica dei nomi di vari autori, che il Bur- row forse per inavvertenza ommise , non senza di- scapito dell'altrui rinomanza, e specialmente della Ita- lia nostra. Egli è perciò che dal volgarizzatore si è sup- plito al difetto, annettendovi specialmente quelle ope- re che furono e sono originariamente nostre , e che pur troppo si veggono dagli esteri (per poca no- stra cura in diffonderle) dimenticate.
Ma quello che fa più onore in merito d'aggiun- te a questo aureo libro dell' inglese egli è l'iiidustie fatica del nobile traduttore per dare in poche pagi-
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ne l'idea succinta del sistema di Lamarck. Bellissi- mo accorgimento fu questo . Se il metodo seguito dal Burrow si potesse o si volesse risguardare co- me non bastantemente idoneo a portare le menti dei giovani a livello delle moderne distribuzioni con- chigliografiche, ecco dal traduttore a tale mancanza fatto riparo coi Cenni generali sulla storia natura- le desìi animali invertebrati di Lamarck , e coli' ar- ticolo de' conchiferi e de' molluschi magistralmente desunto dalle opere estesissime di quel sommo natu- ralista. Perchè poi alla memoria degli studiosi fos- se ognora presente la metodica classificazione adot- tata quasi come in una reale ben acconcia dipin- tura , volle il Lamarck fornire la sua opera degli in- vertebrati di alcuni quadri sinotticci , che il Baldas- sini ha fedelmente riportati colle viste medesime del francese zoologo. Ecco dunque per questa parte com- pletati gli elementi del Burrow , ed eccoli accomo- dati ad ambidue i sistemi ; talché se pei giovani co- minciatiti sarà sempre più. facile e più proficuo lo stu- diare col Linneo reso piano dal Burrow , sarà per loro facilissimo il conoscere le idee novelle de' con- chigliologisti , imparando il metodo di Lamarck bel- lamente compendiato dal Baldassini.
Dopo il fin qui detto , ogni lode che per noi si volesse tributare al chiarissimo volgarizzatore sareb- be a mio parere inutile. Il suffragio dei dotti , la gratitudine della nazione , ed il profitto dei giova- ni saranno per lui i soli e degni guiderdoni. In- tanto siagli caro l'averci per ogni titolo obbligati a questi pubblici e leali ringraziamenti , con la dol- ce speranza che un' opera tanto lodevole verrà pre- sto diffusa ed istudiata per le scuole di tutta la pe- nisola.
M.
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Osservazioni medico-pratiche sulle febbri periodiche ',
del dottor angelo Sorgoni.
u,
no do' fenomeni più sorprendenti della natura è certamente la periodicità. Quel costante riproduci- mento d'un effetto e quella sua costante cessazione con certi dati intervalli formano ora, e forse lo for- meran sempre , un oggetto incomprensibile per .quan- te meditazioni e per quante ricerche siansi rivolte sopra a questo ammirabile fenomeno da' cultori del- la natura. Si contemplò la periodicità nello stalo fi- siologico dell' uomo , e credè taluno aver data plau- sibile spiegazione , se non della periodicità in ge- nere, almeno di qualche funzione del nostro fisico avente il suo ritorno ed il cessar periodico : ma a Len considerare siffatta spiegazione altro non trova- si che l'espressione del solo fatto, cioè in altri ter- mini si dice „ che la funzion periodica è la funzion periodica. ,, Non solo il fisiologo tentò di spie- gare la periodicità , ma anche il patologo cercò di trovare il perchè ancora in istato patologico avven- gono de' fenomeni con periodo deciso. Le febbri pe- riodiche specialmente furono oggetto di molte indagi- ni , onde scoprire il come del loro periodo : e lo stes- so svilupparsi della febbre periodica ne' luoghi , ove le acque sono stagnanti , pareva esser un dato rile- vantissimo per venire in cognizione della causa d'un si sorprendente fenomeno. Ma con tutto ciò ben lun- gi è da noi il conoscimento della periodicità : fin qui si sono resi inutili gli sforzi de' fisiologi e de' patologi su tal materia: la periodicità è per noi ora
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un mistero, nei modo stesso che lo fu quando tirò a se per la prima volta l'attenzione del filosofo. Per la qual cosa io credo , che considerando la periodicità come oggetto medico , possa qui limitarmi a calco- lar questo fenomeno come un fatto ; ad esaminarlo ne' suoi veri rapporti ; distinguerlo esaltamente dal- le affezioni con cui si associa ; e dare il giusto va- lore al periodo ed alla affezione associata. Colle qua- li idee penso, che sebbene non s'intendala causa del- la periodicità , pure possano essere analizzate le feb- bri periodiche , e restare giustificata la loro cura. Si considererà perciò il periodo, sia o no febbrile, distin- to dalla condizione patologica (*) e dalla causa irri-
(*) Intorno la nominata condizione patologica nelle febbri periodiche è a notare in modo particolare quan- to si trova di essenziale nelle mediche dottrine , che in questi tempi sono in grande reputazione. Due , a mio avviso , sono i complessi di dottrine oggi predominan- ti ; uno è quello che vien seguito dai diatesisti , V altro è quello che si sostiene da' seguaci del particolarismo . Nel sistema dei diatesisti trattandosi di febbri perio- diche si rinviene i.° che la periodicità e sempre con- seguenza d'un certo stato delV organismo prodotto da potenze morbose esterne. 2° Che il periodo morboso si presenta ora con sintomi febbrili , ed ora senza di que- sti con particolare periodica affezione. 3.° Che la feb- bre periodica , od il periodo morboso non febbrile , si presenta talvolta semplice , e talvolta associata a cau- se irritanti , o ad un altra alterazione dell' organismo detta diatesica : la quale può essere di diversa Tintura , cioè o di stimolo o di controstimolo. 4-° Che iìi conse- guenza di tale divisione il metodo di cura diversifico secondo che il periodo morboso non febbrile , o la feb-
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tante , con cui le molte volte si associa : si vedrà else la cura diretta a troncare la morbosa periodi- cità è diversa da quella , che deve farsi per vince- re la suddetta coedizione , o per espellere la causa irritante congiunta talora alia febbre periodica. Con tal divisamente intrapresi la cura delle febbri perio- diche , che in gran numero ed in varie forme mi si son presentate nel mio clinico esercizio fatto in Roma ed in vari luoghi delle Marche.
bre periodica si presenta semplice od associata ad al- tra affezione. Ed è perciò, die se il periodo morboso , o la febbre periodica , è semplice , si cura essenzialmen- te colla eluna : se tali affezioni sono associate a cause irritanti , si fa uso di que" rimedi capaci ad espellere siffatte cagioni, e quindi si passa alV uso della china : se il periodo morboso e la febbre periodica si con giun- gono ad affezion diatesica , si unisce alla china il sa- lasso o i 'oppio , secondo che la diatesi è di stimolo o di conlrostimolo : e secondo che la condizione diatesica af- fetta un sistema piuttosto che un altro , uno piuttosto che un altro viscere , si uniscono alla china que" rimedi , che hanno azione elettiva sulle parti affette dalla stes- sa condizion diatesica.
I seguaci del particolarismo trovano nelV opera sul- le perniciose del celebre dott. Puccinotti una perfetta applicazione delle dottrine da loro sostenute ; in con- seguenza accennandoci i principii del dott. Puccinotti si verrà in cognizione della dottrina , che nel partico- larismo si riscontra relativamente alle febbri periodiche. Egli stabilisce 1 ° nelle febbri periodiche due sorti di affezioni, una da lui detta protopatia , V altra omopatia: la prima è quel processo specifico da cause particolari prodotto , che forma la condizione essenziale di tutte le
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Nella mia pratica osservai in primo luogo , che la febbre periodica sviluppatasi in molti soggetti d'al- tronde sani , non mai affetti da considerabile altera- zione ne' loro tessuti od organi , si presentava co'so- li propri sintomi caratteristici ; ne si osservava sot- to l'accesso impegnato particolarmente il capo od altra cavila , e né addolorato in modo particolare si presentava qualche tratto del sistema nervoso. In que- sti soggetti trovava una certa proporzione tra la durata e l'intensità del fredddo col caldo e col su-
periodiche , e che ha per immediato effetto la periodici- tà : la seconda è quella condizione accessoria o conco- mitante il periodo morboso , che rende la febbre inter- mittente d'una natura composta. 2.0 Afferma esser quat~ tro le omopatie , e sotto la flogistica , la biliosa , l ato- nica , e la scorbutica , così distinte per le qualità diver- se delle cause , pey sintomi co" quali si presentano , e per la diversità de1 mezzi curativi, co? quali si combat- tono. 3." Stabilisce doversi considerare la cura delle feb- bri periodiche sotto due aspetti , uno in relazione alla pro- topatia , V altro relativamente alla omopatia : pel pri- mo si esige la china ; pel secondo sono necessari que mezzi , che si riconoscono efficaci nel vincere quelle al- terazioni , alle quali si è dato il nome di omopatia.
Tali in succinto sono i principii essenziali , che re- lativamente alle febbri periodiche trovatisi nelle mediche dottrine oggi predominanti. Intorno acquali principii è a desiderare , che i dotti medici imparziali , amanti so- lo del vero , giudichino se ambidue i suddetti metodi com- prendano ugualmente tutti que'' fatti , da" quali si credo- no desunti; se non vi sia tra loro altra differenza che quella risultante dal\ linguaggio , e se ugualmente sieno. vantaggiosi alla pratica medicina «
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dorè , e sino ad un certo segno regolari erano i periodi. Questi erano i casi , ne' quali il soggetto era veramente apirettico nell' intervallo degli acces- si. In tali individui io mi serviva generalmente del solo solfato di chinina , e mediante questo rimedio otteneva la perfetta cessazione di qualunque sinto- mo morboso. Però non sono questi i casi di febbre periodica , in cui necessariamente si richieda la chi- na od il solfato di chinina per vincerli : cedono es- si anche ad altri aiuti : ed in generale tutto quel- lo , che è capace di produrre nella macchina anima* le una considerevole impressione , di qualunque na- tura ella sia , ho veduto riuscir vantaggioso ed at- to a dissipare siffatte febbri periodiche. Ed è per- ciò che in tali casi più volte ho veduto troncarsi gli accessi febbrili coli' emetico. Quando per esisten- za di gastricismo ordinava l'emetico , osservava che in seguito del vomito non si presentava più il pe- riodo morboso, in que' soggetti però sopraccennati , ed allorché la febbre compariva colle sole proprie qualità essenziali. Cosi la genziana , ed altri suc- cedanei alla china, ho trovato in questi casi pro- durre vantaggioso effetto.
Siccome però non sempre si trovano soggetti abbastanza docili da sottomettersi ad una cura ra- gionevole ; anzi vi sono di quelli , che interamente si ricusano di prendere qualunque sostanza medica- mentosa ; perciò ho cercato ancora di calcolare que- gli effetti , che risultano dal ripetersi il periodico febbrile accesso senza essere dall' arte troncato.
Ho veduto in alcuni soggetti troncarsi spenta- mente gli accessi febbrili dopo essersi ripetuti le tre, le cinque, le sette volte, senza che la costituzione dell' individuo ne sìa rimasta di molto alterata. E dilat- ti un esani'; accurato fatto sullo stato de' visceri
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e sulle loro funzioni, non mi fece scoprire alcuna al- terazione ne' tessuti componenti i visceri medesimi. In questi casi la febbre si presentava co' propri se- gni caratteristici, senza essere accompagnata da par- ticolare impegno in alcuna cavità od in altra par- te : e rimarchevolmente osservavasi , che il secondo accesso era più mite del primo , il terzo del secon- do , e via discorrendo : infine dissipata naturalmen- te dopo un dato corso quella qualunque condizio- ne od alterazione dell' organismo atta a produrre sin- tomi con deciso e determinato intervallo , il sogget- to rimaneva libero.
Ma non sempre ho trovato così fortunati quegl* individui , che non si vollero sottomettere ad una cu- ra : gli accessi febbrili si troncarono è vero le mol- te volte naturalmente dopo un certo corso anche in questi ; ma una decisa alterazione in qualche vi- scere , specialmente al fegato ed alla milza, si pro- dusse in seguito de' ripetuti febbrili accessi. In ta- li casi la febbre non progrediva sempre, diminuen- do in intensità come negl' individui sopranominati , ma anzi talora progrediva con maggior forza , e ta- lora in modo irregolare. Gli accessi ancora non era- no sì limitati come negli anzidetti individui , ma a maggior numero si estendevano. Per la quale esten- sione nel numero degli accessi , e per la loro inten- sità, trovo ragionevole il pensare , che la fibra deb- ba rimanerne necessariamente alterata. Potrà esser nel principio limitata l'alterazione a' soli movimenti ani- mali ; ma la ripetizione a lungo protratta d'un ac« censione febbrile, oltreché è corrispondente al fatto, è pure ragionevolissimo che debba produrre un' al* terazione dello stato della funzione assimilatrice , e quindi nella disposizione meccanica e chimica com- posizione di qualche tessuto od organo. Perchè pai
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siffatta alterazione il più delle volte trovasi al fe- gato ed alla milza , non altra ragion sufficiente cre- do potersi addurre se non l'azione elettiva in que- sti visceri di quella esterna causa , da cui vuoisi ri- petere il fenomeno della periodicità ; o l'attitudine maggiore che hanno il fegato e la milza a preferen- za degli altri visceri a risentire in un coli' azione della nominata causa quella de' febbrili accessi.
In secondo luogo osservai , che la febbre perio- dica non si presentava semplicemente co' propri se- gni caratteristici in que' soggetti , che i.° o già fu- rono affetti da vari accessi febbrili e ne rimase al- terato qualche loro viscere , o soggiacquero ad altre malattie : a.° o che per particolare disposizione ave- vano suscettivo qualche viscere ad essere più degli altri particolarmente affetto da' febbrili accessi.
Rilevai in molti casi , che la febbre periodica prendeva varie forme a tenore dell' alterazione già accaduta piuttosto in uno che in altro viscere, in una piuttosto che in altra parte. Così osservai , che in quegl' individui per lo innanzi affetti da pneu- monite , il febbrile accesso si presentava con difficol- ta di respiro , con dolore o gravativo o puntorio al petto , con tosse : e perciò avevasi in questi casi la febbre periodica detta pneumonica. In que' sogget- ti , che già soffersero gastrodinie e coliche , osservai gli accessi febbrili essere accompagnati da dolore al ventricolo , o particolarmente da vomito , o da do- lore in qualche tratto del tubo intestinale ; e così mi si presentarono le febbri periodiche nominate eme- tiche, cardialgiche , enteriche. Rilevai in un conta- dino , che per lo innanzi soffrì più volte dolori ischia- tici nella sola destra inferiore estremità , presentar- si l'accesso febbrile accompagnato appunto da sif-
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fatto ischiatico dolore: e perciò vidi in questo caso la febbre periodica detta ischiatica.
Trovata in casi molti questa corrispondenza di forma morbosa della febbre periodica coli' alterazio- ne una o più volte accaduta in un qualche viscere, di grave conseguenza io riputava l'aceesso febbrile in que' soggetti , che soffrirono alterazione ne' visce- ri più importanti al mantenimento della vita. Per la qual cosa molto temetti quando vidi preso da febbrile accesso il sig. Serafino Fedeli di Petritoli , già da più anni emiplegico. Dopo la più volte os- servata corrispondenza della suddetta forma morbo- sa colle qualità dell' individuo , si poteva facilmente determinare , che sarebbe stata di grave entità la ri- petizione degli accessi febbrili in questo soggetto. E già il primo accesso lo indicava. Un continuo tacito delirio ; un continuo e forte torpore nella par- te affetta , un' alterazione notabile nello stato della respirazione , accompagnarono sempre 1' accensione ■febbrile. Non perdei questo soggetto : però troncai prontamente il periodo morboso col solfato di chini- na , feci eseguire sanguigne deplezioni , ed ammini- strare purganti ed acqua di lauro ceraso.
Gì' individui , che soffrirono alterazione al capo , mi fecero sempre temere quando venivano presi da' febbrili accessi. E sebbene quando si tratta di per- sone già affette da alterazione al capo non si pos- sa determinare quale delle tante forme morbose aven- ti per base una condizione in qualche parte dell' en- cefalo possa svilupparsi , e credo che né intender si saprebbe come e per quale influenza una data alte- razione nella nominata parte abbia a produrre piut- tosto alcuni che altri sintomi ; pure non vidi mai es- ser di poco momento quel febbrile accesso , che si associava a' sintomi cefalici. E se non sarà, di gran- G.A.T.XL. 6
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de imponenza il primo accesso febbrile , lo sono cer- tamente quelli , che al primo od al secondo succe- dono. In proposito di ciò ben sovvienimi di Dome- nica Sannini di Petritoli sin da molti anni affetta da dolore al capo , la quale per impotenza soffri la ri- petizione degli accessi febbrili , dopo alcuni de'qua- li divenne durante l'accesso assolutamente letargica. Ed in modo particolare notai un altro caso terribi- le osservato nella persona di Rosa Mandolesi di Pe- tritoli, Questa donna, di gracile costituzione , di an- ni quarantacinque , sin dalla sua fanciullezza sog- getta a dolore di capo più volte accompagnato da febbre, e curata perciò con metodo deprimente , nel- la stagione estiva del 1825 si ammalò di dolore al capo con febbre continua. La curai con deplezioni sanguigne generali e locali , con purganti , e con al- tri rimedi antiflogistici : con tutto ciò seguitava tut- tavia la febbre col dolore al capo, specialmente all'oc- cipite. Insistei nella cura deprimente , che sempre trovai ragionevole ; ma non potei impedire lo svi- luppo di sintomi terribili , che dopo otto giorni di febbre continua comparvero con determinati interval- li , voglio dire l'esser divenuta questa donna le- targica nel primo aecesso periodico , e quindi teta- nica con decisa contrazione in tutti i muscoli sog- getti alla volontà. Appena marcato il periodo , som- ministrai all' inferma il solfato di chinina ; ma solo non fu sufficiente a prevenire un nuovo accesso , quan- tunque per lo innanzi avessi tenuto in questo sog- getto un metodo di cura in qualunque senso depri- mente. Per la qual cosa considerando l'indole della malattia anteriore al periodo morboso , consideran- do lo stato dell* inferma , la molta frequenza e la vibrazion de' polsi, unii al solfato di chinina rime- di deprimenti. Feci iniettare de' clisteri antiflogisti-
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ci , feci fare delle bagnature fredde al capo , ed or- dinai il bagno tiepido negli accessi : uell' intervallo de' cjuali , in cui potevasi introdurre anche per boc- ca qualche sostanza medicamentosa , le feci da- re per bevanda un' acqua cremorizzata , e sommi- nistrare di quando in quando qualche cucchiaio di una breve soluzione di pochi grani di tartaro sti- llato. Coli' aiuto de' quali mezzi si troncò il morbo- so periodo , e quindi gradatamente restò dissipato il tetano.
Ma l'associarsi alla febbre periodica sintomi o cefalini , o pneumonici , o gastrici ec. non rilevai aver sempre per causa un' alterazione già per lo in- nanzi avvenuta in un dato viscere ; e né vidi po- tersi dedurre questa causa da' ripetuti febbrili ac- cessi capaci ad alterare l'organica composizione di qualche tessuto. Imperocché in certi casi colla feb- bre periodica si manifestavano sintomi pneumonici , gastrici ec. in soggetti , che mai non furono aflel- li da malattie di petto , o di basso ventre ec , ed in certi altri casi comparivano questi sintomi anco- ra nel primo accesso febbrile. In conseguenza se è vero , come è verissimo , che la febbre periodica prende varie forme a tenore dell' alterazione acca- duta piuttosto in uno che in altro viscere , in una piuttosto che in altra parte , è altrettanto vero , che anche senza questa alterazione si ha la febbre pe- riodica cefalagica , pneumonica ec. Di che potei an- cora vieraaggiormente assicurarmi osservando la dif- ferenza , che si nota tra le stesse febbri intermit- tenti manifestantisi con sintomi per esempio pneu- monici. E difatti in alcuni casi osservai non dile- guarsi unitamente al febbrile accesso i sintomi ri- feribili all' alterazione di un dato viscere, ma per- sistere questi stessi sintomi , sebbene con minore in-
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lensitk , anche nell' intervallo degli accessi : al con- trario in altri casi osservai cessare l'accesso febbrile unitamente a' particolari sintomi. E di vero mi so- no incontrato in vari casi , in cui potei verificare la nominata differenza : tra i quali la febbre perio- dica pneumonica con tipo di terzana , da cui fu af- fetto Felice Monaldi di Petritoli , e quella pur ter- zana pneumonica , che soffri Domenico Jervicelli pa- rimenti di Petritoli , mostrarono tra loro decisa di- versificazione. Felice Monaldi, che mai non soggiacque a malattia di petto , venne preso da febbre perio- dica accompagnata da tosse, da dolore puntorio al petto , e da affanno di respiro : il quale affanno nel secondo accesso , e pròpriamente nell' acume del ca- lor febbrile, giunse a tal segno , che presentò vera orlopnea. Mentre l'infermo si trovava in questo sta- to, fui chiamato a visitarlo : e trovato indicato il sa- lasso , gli feci cavare dieci once di sangue dal brac- cio , e consolante cosa era il vedere a tenore che usciva il sangue andarsi diminuendo la difficolta di respiro. Quindi col cessare dell' accesso febbrile non più si marcava alcun sintomo pneumonico. Al con- trario in Domenico Jervicelli , che più volte aveva sofferto malattie di petto , e che senza aiuto dell' arte fecesi ripetere più volte il febbrile accesso, rin- venni affanno di respiro , tosse non molto molesta , dolore gravativo al petto nell' intervallo degli ac- cessi , in cui fui chiamato. Seppi poi , ed era ragio- nevolissimo il pensarlo , che i sintomi pneumonici con maggiore intensità si presentarono sotto gli ac- cessi febbrili. Nel primo caso io non so supporre un' alterazione nell' organica composizione della sostan- za polmonale ; poiché alterazioni di tale indole , d: t- te diatesiche, non possono essere che costanti: in con- seguenza non possono render ragione di sintomi »
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che si manifestano ad intervalli. Nel secondo caso poi , in cui i sintomi pneumonici si presentarono an- che nell' intervallo degli accessi febbrili , è ragione- vole l'ammettere nel polmone la nominata alterazio- ne. Quel che dicesi della febbre periodica pneumo- nica può riferirsi alla febbre periodica di qualunque forma; in conseguenza non v'ha dubbio alcuno, che si diano febbri periodiche cefalalgiche , pneumoni- che ec tanto associate ad un'alterazione costante, che chiamerò congiunte ad affezion diatesica , quan- to senza di questa , e che nominerò febbri periodi- che non associate a diatesi , o adiatesiche.
La differenza sopranuominata , cioè la diver- sità che passa tra la febbre periodica congiunta a diatesi e la adiatesica , ambedue manifestantisi con sintomi per esempio pneumonici , non solo la rin- venni tra que' soggetti , alcuni -de' quali già ebbero alterato un qualche viscere, ed altri che non soffri- rono alcuna alterazione; ma la vidi ancora tra que- gli stessi , che furono affetti da processi diatesici già vinti. E veramente ho trovato febbre periodica in individui, quali già affetti da pneumonite , quali da febbre tifoidea , quali da febbre gastrica così det- ta ec. , ed ho notato in molti di questi casi è vero la febbre periodica pneurnonica , cefalalgica, cardial- gia ; ma non sempre ho veduto la costanza de' sin- tomi relativi al viscere già affetto nell' intervallo de' febbrili accessi. Gostanza è questa , che credo so- la poter esser criterio della stabilita diatesi ; sen- za di cui tu invano cerchi trovare un fondamento per giudicar diatesica una data alterazione.
Ai risultati generali fin qui espressi , dall' os- servazione desunti, aggiungerò pur anche i seguenti. Vidi casi molti di febbre periodica venuta in segui- to d'un' affezione continua, e per contrario ad una
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febbre periodica vidi più volte succedere una con- tinua affezione. E veramente in seguito d'una pneu- monite , nel tempo in cui si avevano tutti gì' irr- dizj della risoluzione della flogosi , si manifestava- no accessi febbrili con marcato e deciso periodo : il primo accesso de' qnali l'avresti detto una riaccen- sione di quella flogosi , da cui fu affetto il polmo- ne ; e credo che questo giudizio allora soltanto po- teva correggersi , quando si manifestava l'intervallo anche di un giorno tra il primo ed il secondo ac- cesso. Imperocché si potrà concepire , che un tur- gore vascolare sia periodico , e quindi causa di sin- tomi manifestantisi ad intervallo ; ma non s'inten- derà certamente come una flogosi , un' alterazione per sua natura costante, sia causa , e possa render ragione di sintomi che intermettono per conside- revoli e determinati spazj di tempo. Oltre di che ho trovato soggetti molti presi da febbre , che si sarebbe detta pe' sintomi , con cui si manifesta- va , in alcuni catarrale , in altri reumatica ; e che durava i cinque o i sette giorni fino a tanto che con sanguigne deplezioni , e con rimedj deprimenti non si dissipava quel che di continuo si unisce so- vente ad una periodica affezione. In seguito di ciò si manifestava decisamente la febbre periodica , che non con altro mezzo polevasi vincere con prontez- za se non colla china o col solfato di chinina.
In proposito della febbre periodica, che le mol- te volte succede ad una continua affezione , stimo opportuno il riferire qui un caso di febbre inter- mittente perniciosa emiplegie! presentatasi in segui- to d'una febbre continua. Un tal caso avvenne nel- la persona di Anna Mazzarini di Castelplanio. Que- sta donna di anni 3o, contadina , di robusta costi- tuzione , si ammalò di febbre gastrica con forte do-
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lore al capo , all' epigastrio ; e fu curata perciò col salasso , con varj purganti , con clisterj , e con be- vande diluenti. Nel corso della qual febbre non si marcava quella regolarità di remissioni e di esaeer- bazioni , che la maggior parte delle volte si riscon- tra in febbri di tal carattere ; ma si presentava nel corso febbrile un andamento irregolarissimo. Poiché l'esacerbazione, non sempre preceduta da brividi, ol- tre non esser costante avveniva in qualche giorno nelle ore della sera , ed in qualche altro in quel- le del mattino : di pari passo succedevano le remis- sioni , che solamente qualche volta venivano pre- cedute da sudore. Si notava ancora varietà nell'an- damento febbrile col variar de'giorni medesimi ; poi- ché v'era una giornata , nella quale si aveva pic- colissima esacerbazione febbrile , ed in un' altra la esacerbazione era assai forte : tutto ciò però acca- deva sempre in un modo irregolare. Finalmente nel duodecimo giorno di malattia dissipati i sintomi di gastricismo , come potè rilevarsi dalla cessazione del dolore all'epigastrio , dall' esser divenuta pulita la lingua , dalle evacuazioni naturali , dall' esser na- turalissimo il basso ventre , si presentò la febbre con decisa intermittenza. Nel primo accesso di que- sta febbre si manifestò impegno particolare al ca- po , mentre un certo grado di stupidità si manten- ne costante durante l'intero accesso febbrile. Nel se- condo si ebbe a marcare una serie di sintomi sin- golarissimi : poiché nello sviluppo medesimo della febbre tutto ad un tratto l'inferma soffri dolore e semi paralisi nell' inferiore e superiore estremità si- nistra , ed in pari tempo vien presa da moti con- vulsivi ne' muscoli della faccia , specialmente dalla sinistra parte, in modo da rendere l'angolo sinistro della bocca declive verso la parte semiparalizzata :
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anche la lingua era presa da semiparalisi , per cui l'inferma, oltre il soffrire impedimento al moto nel- le sinistre estremità , non poteva proferire ancora che con sommo stento un qualche vocabolo. La qual serie di sintomi si mostrava con forza nelF acume del calor febbrile , e quindi a poco a poco si dis- sipava. Nel terzo accesso febbrile ricomparvero i sin- tomi medesimi, che si presentarono nel secondo. Per siffatta ricomparsa di sintomi non si potè dubita- re che si trattasse di una periodica perniciosa emi- plegia; per cui si amministrò il solfato di chinina, e con questo rimedio restò dissipata la febbre pe- riodica con qualche sintomo emiplegico , e fu re- stituita perfettamente la salute all' inferma.
Varj pure furono que' casi , ne' quali vidi suc- cedere un' affezion continua alla febbre periodica. Ciò accadde in que' soggetti , che o d'altronde sani non vollero sottomettersi ad una cura , e permet- teano che i febbrili accessi di molto si replicas- sero per modo tale, che da siffatta ripetizione alte- rato nella sua organica composizione rimase qual- che viscere : oppure accadeva in quegl' individui , che già per altre sofferte malattie soggiacquero me- diante i febbrili accessi alla recidiva di quell' alte- razione medesima, che già si sviluppò in un dato viscere, e che pur si vinse. Si vedeva in questi ca- si il periodo non esser più decisamente marcato , allorché l'alterazione in quel parlicolar viscere an- davasi stabilendo : e quindi questa stessa alterazio- ne giunta ad un certo punto , che l'arte , credo , non arriva a dimostrare , non si scorgeva allatto il morboso periodo. La flogosi del fegato e della mil- za in modo particolare mi fece rilevare esempj del- la nominata successione: e tra i molti casi osservai in un contadino la successione di una febbre perio-
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dica in una fortissima epatite , che ad onta del più rigoroso metodo antiflogistico passò fatalmente a can- crena , come potè esser ciò confermato colla sezion cadaverica. Questo succeder d'affezion continua al periodo morboso minutamente ed in tutti i suoi pas- si si scorgeva in quegl' individui , che si ricusavano di assoggettarsi all'uso delle sostanze medicamentose : non così però esattamente si osservava in quelli , ne' quali l'arte poteva disturbare i passi dell'alte- razione d'un dato viscere , e ne'quali pure riusci- va di vincere mediante opportuno metodo di cura quella condizione associata alla febbre periodica , e causa prossima dell' affezion continua. In seguito di che 7 cioè dopo vinta la nominata condizione , vidi pur più volte tornar di nuovo a presentarsi marca- tamente e con varj tipi i febbrili accessi , i quali cedevano allora alla sola china ed al solfato di chinina.
La continua affezione succeduta alla febbre pe- riodica si presentava talora anche senza alterazion febbrile : e veramente in alcuni soggetti in seguito di febbre periodica rimase costante dolore al capo , che cede all'applicazione delle sanguisughe nelle tem- pie : in altri rimase costante dolore allo stomaco , che si vinse co' purganti e colle frizioni di pomata stibiata fatte nella regione epigastrica : in altri suc- cedeva alla febbre periodica dolore costante in qual- che tratto della spina dorsale , che si dissipava coli' applicazione delle sanguisughe , ed anche colle fri- zioni di pomata stibiata fatte nel luogo dolente : infine molti erano i casi di fisconie , che succede- vano alle febbri periodiche senza essere accompa- gnate da febbre , e che cedevano a' cosi detti rime- dj insolventi.
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Alle citate distinzioni osservate nelle febbri pe- riodiche credo essere opportuna cosa qui aggiun- gere il predominio di alcune di loro , che osservai costantemente nel mio clinico esercizio. Un tal pre- dominio venne presentato da quelle febbri periodi- che , che sono congiunte a condizion diatesica. Il che facilmente poteva rilevarsi ; imperoechè nella maggior parte de' casi si scorgevano le fisionomiche impronte dell' alterazione di un dato viscere anche nell' intervallo degli accessi febbrili. Esattamente si rilevavano in questo tempo la tinta subitterica , la tensione , il dolore sebbene non molto forte all' ipo- condrio destro in que' soggetti , che furon presi da febbre periodica associata a condizion diatesica nel fegato. Nella periodica tetanica , che sopra ho nar- rato , distinto marcatissimamente era l'uno dall'altro accesso , ma non era libero il soggetto nell' inter- vallo di essi febbrili accessi : nel primo de' quali certo grado di sopore distintamente si notava ; ed in seguito negli altri intervalli la nominata donna era ancor tetanica, sebbene in un grado assai mite a confronto di quello , in cui si trovava nell'acces- so medesimo. In molti casi di febbre periodica car- dialgia ho notato il dolore nella regione epigastri- ca , un senso d'interno ardore proseguire, non con molta forza però, anche tra l'uno e l'altro accesso febbrile. Ancora quegl' individui , che furono affetti da febbre periodica cefalalgica , seguitavano ad ac- cusare dolore al capo anche nell' intervallo degli ac- cessi. Ne' quali casi tutti mai non rinvenni il polso nor- male fra un accesso e l'altro di febbre periodica ma- nifestantesi con qualunque tipo ; e neppure trovava proporzione tra lo stato del freddo e quello del cal- do e del sudore. In somma nella maggior parte de'ca- si si manifestavano que* sintomi , pe' quali si rileva
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che un' alterazioni diatesica è associata alla febbre periodica.
Riassumendo ora le osservazioni fatte sulle feb- bri periodiche , che si presentarono nel mio clinico esercizio in Roma ed in varj luoghi delle Marche , affermo: i° Che ebbi a notare febbri periodiche sem- plici , manifestantisi cioè co' soli proprj segni ca- ratteristici : 20 Che mi si dettero febbri periodiche , le quali, oltre i proprj segni caratteristici, mi si pre- sentarono con altri sintomi riferibili all' alterazione di qualche viscere , o di qualche altra parte. In- torno a queste ultime notai in primo luogo , che le febbri periodiche prendono sovente una data forma a tenor dell'alterazione già accaduta in un qualche viscere. In secondo luogo osservai , che negl' indi- vidui per lo innanzi affetti da alterazione diatesica la febbre periodica della forma relativa alla detta alterazione sì associa in alcuni casi a quest'affezion diatesica , ed in altri casi è della stessa forma sen- za essere associata a diatesica affezione. In terzo luogo rimarcai , che si ha la febbre di una data forma senza essere associata ad una diatesi in sog- getti, che mai non soggiacquero a diatesica alterazione. Oltre di che osservai , che succede febbre periodi- ca ad affezion continua, e per contrario da una feb- bre periodica avviene una continua affezione , la quale talvolta si presenta anche senza alterazion feb- brile. Per ultimo ho notato, che tra le febbri perio- diche predominano quelle , che sono congiunte a con- dizione diatesica.
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Sopra un nuovo fenomeno geologico al gran sasso d'Italia. Discorso di agostino Cappello letto alV accademia de lincei nel dì 29 settembre 1828.
I
1 di 11 agosto nell'anno 1808, spinto più da sem- plice curiosità che da scientifico zelo , mi condussi dall'Aquila al gran sasso d'Italia. Ma se più fiate ed in più punti io vidi da lungi questa montagna, questa volta giunto appena alla cima delle sue fore- ste , ingombre di vapori , vie più addensati sulla su- blime sua vetta , dovetti tosto partirne : dappoiché , ad un andirivieni di lampi e di saette, sciolsersi le medesime in dirotta e durevole pioggia. Neil' aprile dell' anno 182G il nostro laborioso ascolano Anto- nio Orsini diemmi notizia di uno sfaldamento acca- duto nell' anno 1821 al N. E. di questa montagna dalla parte di Teramo , sopra il bosco chiamato di s. Niccola. Perlocchè a pie di quello sfaldamento nel luglio 1825 aveva esso raccolta una roccia non mai più veduta cola da' precedenti naturalisti.
Nel luglio di quell' anno (1826), dopo due me- si di pericoloso morbo febbrile , andai io in Abruz- zo per respirarvi l'aere natio ; e nacquemi desi- derio vivissimo di portarmi a Monte Corno , tosto- chè le mie abbattute forze fossero restaurate. Ma al- la febbril malattia successe topico , crudo , e pro- teiforme malore , che a tutt' altro , che a montani- stiche peregrinazioni , fece volgere i miei tristissimi
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pensieri (i). Tutlavolta , innanzi di tornare in Ro- ma , scrissi al Nestore degl' illustri abruzzesi , Mel- chiorre Delfico , come a colui , che io divisava , do- vesse più d'ogni altro conoscere questo geognostico avvenimento. Ma egli con gentil cortesia risposemi , che ogni dì dalla sua fenestra salutava con venera- zione questa montagna non mai da esso avvicinata. Aggiungeva che il Delfico scrittore della medesima era Orazio suo nipote , ora dimorante in Napoli : esortavano in fine di rivolgermi per l'obbietto al sul- lodato ascolano , il quale appunto in fra quel tem- po regalavami il piccolo saggio della desiderata roc- cia , che io sottopongo oggi ai vostri sguardi lincei.
Nessuno avendo fatto di pubblica ragione quest' interessante fenomeno geologico , ho io creduto, mal- grado della non perfetta conoscenza di quella località , di congiungere le mie colle altrui notizie qua e la sparse ; onde coordinarne un insieme, che degno fos- se della vostra e della pubblica attenzione ; corre- dandolo , in tanta copia di geologici lumi , di tutti quegli schiarimenti e riflessioni , che le mie poche cognizioni mi hanno somministrato (2).
Dal Col di Tenda fino a Capo delV Armi per 6/{o miglia italiane estendesi dal N. O. al S. E. la cate-
(1) La cagione essenziale de1 miei inali fu da me ri- ferita in una nota nella mia prima mem. sull" idrofo- bìa pag. 4°? 4r> e §i°rn- arcad. torà. XX pag. 3o5, 307.
(2) // eh. Tenore nel cenno sulla geografia fisica e botanica del regno di Napoli testé pubblicata al cap. I pag. 8 scrive : „ In un solo luogo del gran sasso , e pre- „ cisamente a Fano di corno sopra s. Nicola , il signor „ Orsini dotto naturalista di Ascoli , ha trovato uno stia.* „ lo ertissimo di gneiss „ .
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na degli appennini , dividendo per lungo l'Italia Lei- la. E quasi nel di lei centro , che sopratutti gli ap- pennini erge nell' Abruzzo Ulteriore sublime la sua cresta Monte Corno , appositamente distinto col no- me di Gran Sasso a" Italia. Da un' istessa base , in cui prende origine una giogaia di alti monti , in- nalzasi il gran sasso , diviso dai medesimi per ope- ra de' secoli , delle acque , e delle meteore. Percioc- ché vi si veggono frapposte grandi e profonde val- li , ritenendo ogni montagna il parziale suo nome , derivato generalmente dai sottostanti castelli e vil- laggi (r). La identità delle rocce , l'altezza e la giu- stezza di livello , in che corrispondono i loro stra- ti , confermano l'origine comune di questi monti , che or quasi eguagliano , or umile corona fanno al padre degli appennini.
Né io discredo , ma tengo certo , che più nu- merosi di oggidì fossero un tempo gli abitatori del- le falde di questa montagna ; e che un oggetto di culto da loro si prestasse alla medesima (2). In al- tro mio discorso sugli appennini provai con istori-
ti) / nomi più distinti delle medesime sono, monta- gna di Fano Adriano , montagna «Tlntermesoli , Corno piccolo , o montagna della Pietra , Corno grande , o Mon- tecorno (gra?i sasso d'Italia) , montagna delle Tre tor- ri , montagna di Vado , montagna di Pagliari , monta' gna dai Castelli , montagna della Portella , montagna dì Cefalone etc.
(2) Il chiar. cav. Fossombroni , per tacere di tanti altri , scrive : La population de l'antique Italie ne demeu- roit pas dans les plaines , mais sur les montagnes ainsi que 1' attestent les ruiues et l\histoire. Bibl. u/iiv. art. agric. toni. 2.0 pag. 7.
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ci documenti , dimostrati da geologico ragionamen- to , die ivi stanziarono i primi italiani (i). Al che arroge la maggior coltivazione ne1 primitivi tempi del- le terre , trascinate poscia incessantemente dalle al- luvioni alle più inferiori pianure. In onta però che queste a spese de' montani terreni ogni di arricchi- scano , tuttavia , stante le estese foreste, formansi di continuo gì' ingrassi vegetali , in ispecie dalle foglie macerate e decomposte dalle acque superiori , e da- gli scoli perenni delle nevi , che in un colle scioltevi particelle terrose , inaffiano le tasi de' più alti ap- pennini. Vigorosa difatto osservasi la vegetazione al- le falde de' medesimi. Ed è cosa veramente vaga e sorprendente il vedere , come fra l'asprezza de' mon- ti in discorso , rigogliose mostrinsi le piante cerea- li di ogni specie , e la vite carica de' suoi doni. Suc- cedon indi amene praterie , cui soprastano folti bo- schi di alto fusto , dopo i quali nudo presentasi il gran sasso , e spoglio di ogni vegetazione. Risveglia nullostante la sna presenza stupendo spettacolo , mi- sto insieme di orrore e di ammirazione. Lacerati pro- fondamente veggonsi i suoi fianchi , tagliate sono a perpendicolo , od a picco, non poco delle sue parti : e tuttociò per opera delle alluvioni , delle meteore e di tanti altri elettrici fenomeni nella moltiplicità de' secoli avvenuti . PiccioJ piano inclinato forma l'estremo suo vertice , che innalzasi sopra il livel- lo del mare 9377 piedi parigini (2). D'ordinario è
(0 Osservai, geolog. , e memor. stor. di Accumuli pag. 5«, giom. are. toni. 28. pag. 292.
(2) Osservazioni di Orazio Delfico su di una pie* ciola parte degli appennini 1796. Il signor Schouw di Coppenaglien lo trovò alto 9000. piedi insieme coli" Or»
qQ S c i e z n e
desso coperto di neve , la quale rimane perpetua nelle cupe valli. In una di queste offresi allo sguar- do una maestosa conca circondata da aite rocce , e sulla congelata neve limpido e perenne discorre un ruscelletto decantato dal cel. Fontano (i).
Se la cima del G. S. sgombra sia dalle nubi , che per lo più la circondano , ne gode sommamen- te l'animo. Imperocché guardansi da cola i due ma- ri che bagnano l'Italia , e le sponde della Dalma- zia ; e tutto quello insomma vi si ammira che oc- chio , precipuamente armato , possa mai vagheggiare in sito cotanto montano. Né l'occhio né la mente è quivi mai sazia in contemplare questi e tanti altri maravigliosi fenomeni.
Qua sorge il Vomano , chiamato inumano per le vittime che divora (2) ; la il rinomato fiume Ater-
si ni , il quale in 4 anni consecutivi lo ha trovato sem- pre neW altezza di 9494 piedi. Il sig. Reuss dice in- nalzarsi non più di 8255 piedi ( bibl, ital. toni. XIV pag. 363 ) . G. Bernardino Delfico nella prefaz. di una sua opera , in cui è annesso il lavoro del suddetto Ora- zio suo figlio , rivendica V errore del Reuss , il quale né visitò , né pur da lungi mai vide il G. S. Era ciò ne- cessario di avvertire , poiché la sua tavola metrica delV altezza delle montagne fu inserita ancora dal cel. Breislak nel 1° voi. della sua geologia.
(1) De fontibus et fluminibus pag. i3 - Più sorpren- dente è il fenomeno registrato nei viaggi di Kotzbue di una montagna di ghiaccio sopra cui vegetava V erba. Bibl. univ. tom. ic\. pag. 186.
(2) Il chiar. Ab. Fortis scrive :
Si dileguaro al/in l'orride brume , E diffidò l'oscuro vaio il sole.
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no (1). Qnìt improvvisamente spiccia un fìumicello dal monte : in quella parte un torrente precipita iu profonda voragine , formando scherzevoli , e vagan- tissime cascate di acqua. Romantico e venerando è l'aspetto di una cascata , che spiccandosi dalla ru- pe , a guisa di trasparente ventaglio cuopre l'ingres- so di cupo antro. Più profonda è una voragine in altra parte , e più rilevante è lo squarcio del mon- te fatto dalla violenza delle acque : sì celere poi è la caduta de' loro getti , che alcuno di essi , in ve- ce di giugnere al suolo , disperdesi in minutissimi spruzzi per l'aere. In questa voragine , distinta col nome d'inferno di s. Colomba , odesi ed osservasi all' opportunità altro spettacolo orrendo. Valanghe di neve ivi preci pi tansi di repente , ingrossan per via; e cotanto è l'empito loro, che schiantano e de- vastano con orribile fragore , non solo le sottostan- ti foreste , ma spingendo le colonne d'aria con tan-
Io varcai i monti , e di Voraano il Jiume , Che i peregria sovente ingojar suole , E poggiai del vetusto Atri al cacume Per vie voraginose , alpestri e sole. -
Dopo Somiglia di corso , in cui mettono foce nume- rosi \nfluenti , tra Monte Pagano e Mutignano sit get- ta il Vomano nelV Adriatico .
(1) Questo fiume bagna le rovine di Amiterno , in- grossa presso V Aquila , dopo aver percorse i5 miglia. Discorre presso Vantico Corfinio , e quindi a Popoli , do- po il camino di circa 4<> miglia , prende V A terno il no- me di fiume Pescara. Ha questo un letto più largo e più profondo , e dopo ?4 miglia tra i fiumi Salino e Lenta gettasi nelV Adriatico.
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ta forza nell' opposta parte , vi producono lo stes- so devastamento. Questo fenomeno , chiamato grava- re dagli abitanti convicini , è stato osservato anco- ra da Saussurre nelle Alpi (i).
Se piuttosto piacevole sembra finora quest'escur- sione , vuoisi dire che al diletto congiungesi la tri- stizia , che diviene talora spavento , onde rimovere pericolosi ed indispensabili ostacoli. E fa duopo in- vero , per incontrarli e superarli , di essere domina- ti o da un' eccessiva curiosità, o da forte passio- ne per la scienza , ovvero dall' ardente sete di rin- venirvi nobili sognati metalli. Imperciocché balze al- pestri, scoscese ed inaccessibili; ripide rocce, spaven- tevoli dirupi , cupe voragini ; sdrucciolevoli frane ren- dono ad ogni passo straripevole e pericoloso il cam- mino a misura che giungersi voglia alla sublime sua vetta. Ne minori di quei della montata , sono i pe- ricoli della discesa»
Questa breve-grafica descrizione premessa , lad- dove il prefisso scopo più mi chiama , vuoisi ora discorrere.
Ed in primo luogo considerarsi dee , che negli appennini , dopo avere l' universale oceano soper- chiate le sue vette , e succedute per ogni dove pre- cipitazioni chimiche di carbonato calcareo , nel ri- tiro delle acque marine , e nelle loro dimore a pie de' medesimi , furono ammassati i materiali delle col- line , o col sedimento delle acque fluenti , o col me- teorico disfacimento delle montagne. I ciottoli are-
(i) Assai di rado , ma più terribile per le conse- guenze , è consimile il fenomeno da me descritto. Osserv. geolog. cit. pag. 27 , 2g , 29, e qiurn. arcaci, toni, id, pag, 3i4 ? 3iS.
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narii , calcarei e silicei , la ghiaia calcarea , e tutte le terziarie formazioni comprovano queste , or assai minorate, ma incessanti verità: rimanendo manife- stissime le accennate precipitazioni di calce carbo- nata (i).
Di tal natura fu, a un dipresso , considerato il suolo , di cui si discorre , dal sig. marchese Delfico* Di tal natura lo rinvenne nell' anno 1819 un gran- de italiano , un nostro linceo, l'ottimo amico nostro, il defonto Brocchi , vittima non ha guari delle natu- rali scienze in clima inospitale e deserto , e perdi- ta lagrimevole per l'Italia (2). Ma lo sfaldamento
(1) Quando Brocchi pubblicava la sua dottissima Con- chiologia fossile subappennina , la geologia era poco meri che bambina • pure intorno all' argomento in quìslione dice ... „ Si può francamente asserire , che la scienza ,, geologica non vanta finora che una sola ed unica ve- „ rità dimostrata , oltre alla quale tutto è dubbio , in- ,, certezza e problema. Questa verità è , che fuvvi un „ tempo , in cui il mare tutta allagava la superficie ,, della terra , e giungeva a tanta altezza da sover- „ chiare la cima delle montagne. „ Tom. 1 pag. io , ir.
(2) Una compagnia di circa 20 persone note in Bo- ntà per fama e dottrina , a sollievo delle fatiche del gior- no , si riunisce in un pubblico cnjfè dalle ore i\ in- sino alle due della notte. Dotti viaggiatori stranieri e nazionali intervengono di sovente al loro piacevole , one- sto , e d'ordinario scientifico inlertenimento. Il Brocchi , cotanto benemerito di Boma , nelle sue lunghe dimore in questa capitale , era la delizia di questa compagnia. Formando io l'ultimo numero della medesima , ben mi rammento , non esservi stata settimana , per non dir giorno , in che non si ricordasse onorevolmente ed ajfct-
ioo Scienze
del 1821, di sopra accennato, avendo messo allo sco- perto una roccia assai ben differente da quelle dian- zi ivi note , ha palesato di diversa indole la base di questa montagna, ricoperta poscia da chimiche pre- cipitazioni di carbonato di calce dalle acque mari- ne deposto.
Esaminate di grazia il picciolo saggio, che visi presenta. Quella lucentezza propria delle rocce primor- diali proveniente dalla gran copia di mica , i suoi strati di fogliosa tessitura dalla stessa mica prodotti , la pre- senza del quarzo riconosciuta per le vive scintille che ne da l'acciarino , la nessuna effervescenza cogli acidi i più concentrati, l'odore argilloso inline , sono caratteri che cel suppongono per uno gneiss. Volgete ora il pen- siero al giacimento , in cui fu dal nostro Orsini trova- to. Alle radici del monte ; buoni tre mila piedi al di sotto del suo vertice pervenne il detto sfalda- mento : a pie di questo vide egli uno strato di que- sta roccia dell' altezza circa di un piede , che pro- seguiva internantesi sotterra , e soggiacente imme- diatamente alla roccia calcarea.
Ciò posto , prima di definire , se il nostro sag- gio sia parte integrante di primitiva roccia, o possa
tuosamente il nome del Brocchi. Né questi dalla Nubia dimenticava gli amici suoi, lndiriite erano le sue lette- re al nostro chiar. De Mattheis. Assai di rado , per la lontananza , esse giungevano : ma il gioi'no , in cui ciò avveniva , era per tutti un giorno di festa , e di viva gioia. Anelava il Brocchi il momento di tornare fra noi. Quanto dolente dunque sia stata per lutti la notizia della sua morte , ognuno sei vede.
Chi desidera conoscere un succinto ragguaglio degli ultimi dì di guest' illustre italiano 'vegga la hibl. ital> 18^.8.
Fenomeno geologico ioi
essere d'intermediaria o secondaria natura , ovvero nel luogo , di cui si parla , siavi stato trasporta- to, è duopo porre in seria discussione siffatte con- siderazioni, onde vedere alla meglio il posto, in che debb' essere collocato , per trarne poscia quelle de- duzioni , che rischiarino io qualche modo la geo- gnosia del padre degli appennini.
Gli odierni progressi nelle geologiche discipline hanno certamente resi cauti i più oculati geologi nello spacciare alcune rocce credute finora primi- tive , e che sottili indagini fecero riconoscere di seconda e di terza formazione.
Fin dall'anno 1772 Ferber aveva beli' Trnpru- neta osservato ofiolitici terreni sovrapposti al cal- care alpino: ma la culla , in che stava allora la scienza , non permise di ritrarne profittevole giova- mento. Un consimile giacimento fu osservato da Pa- lassoic nei pirenei. De BucJi è stato il primo che ha messo in chiaro un fatto di cotanta importanza per la scienza , dopo le sue osservazioni fatte in Norve- gia nell'anno i8iG. Ei vide, che rocce reputate fino a quest' epoca primitive , erano sopravvenute dopo l'esistenza di corpi organizzali ; laonde furono da esso annoverate fra le rocce di seconda formazio- ne (1). Dopo De Buch vari illustri stranieri confer- marono in altri luoghi le medesime osservazioni (2).
(1) Bibl. ital. tom. XXIV pag. 3~c).
(?.) Brochant ( lourn. des mìnes t. v>3 ) nella Ta- rèntasia in Savoja osservò due sistemi di terreni , luno di Jillade pudinghe , e schisto antracìloso con impres- sioni di piante , /' altro calcarlo , in cui s* è trovata qualche conchiglia. Questi sistemi alternano col gneis benché scarso , collo schisto micaceo contenente un poco di fclspato , col quarzo , e altre rocce.
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In Italia vietarsi chiarite dal cel. Brongniart , che confermò ampiamente quanto aveva isolatamente avan- zato Ferber. Nel 'vicentino suolo il defunto e dot- to abate Maraschini rinvenne rocce , credute pri- mitive, soprastare alla calce carbonata (i). Di mag- gior peso , e più distesamente sono le scoperte fat- te nel Tirolo dal consigliere montanistico signor con- te Marzari- Pencati (2). Ragion vuole , che deliba- si dare un cenno di queste interessanti scoperte per farne mi giusto confronto colla nostra roccia, onde vedere , se , consimili a quei de' celebrati autori , ne siano i geologici risultamene.
Per non dilungarmi , delle rocce dell' italiano suolo farò io brevemente parola. Sul genovesato , e sulla Toscana cadono le osservazioni del geologo francese. Estendonsi esse in tre località, l'ima 100 miglia distante dall' altra. Nel genovese , ed assai meglio in Toscana, rinvenne egli ofiolilici terreni so- prapposti a rocce di sedimento inferiore , con lenen- ti corpi organizzati. Dopo diligenti perlustrazioni , ofiolitici filoni vide il Maraschini sovrapposti al cal- care del Jura.
Io ignoro ciò che fu detto da qualche stranie- ro intorno alle scoperte del Marzari : sembrami ben- sì , che isviluppate abbastanza siano state dal pro- fessor Malacarne.
Nel Tirolo presso VJvisìo osservò il Marzari un porfido euritico di transizione , cui soggiaceva lo gneiss ; nello stesso modo , col quale in altri punti era questo ricoperto dal grawake. Al porfi- do transitorio soprastava un grès ( arenaria ) 7 che
(1) Bill. hai. id. ib. , e tom. XII. pag. a53.
(2) Id. Ioni, XXI pag. 370.
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esso con buone ragioni ripete dallo stritolamento . dello stesso porfido , dandogli perciò il nome di por- fido ricomposto , che distingue eziandio col nome di transizione moderna. A questi precipitati mec- canici successelo i noti e grandi precipitati chi- mici di calcare alpino fatti dalle acque marine , le quali poscia ritirate , mercè delle erosioni meteori- che , precipuamente fluviatili , scavossi fino a 900 piedi parigini il suolo calcareo , e mercè di esse vi si accumularono grandi massi di quo' materiali componenti le rocce , eh' ei considera come terzia- rie (ma di origine, come ei dice, plutonica). Que- ste contengono varie rocce augitiche ( pirosseniche) cristallizzate , porfiriche o granitoidee , supposte co- munemente primitive , e che il Marzari ha giudi- ziosamente collocate nel novero delle rocce terzia- rie. E di vero , il trovarsi le medesime sovrapposte immediatamente ai fianchi , ed al fondo delle pre- esistenti valli calcaree ; Tamigdaloide agatifera an- zi , che in varii punti , a guisa di cunei colossali , colle sue punte conficcate nel calcare suddetto , lo attraversa per intero , penetrando fino al grès , os- sia alla moderna transizione , sanziona solennemente le scoperte del nostro autore (1).
Diasi ora un' occhiata alla nostra montagna , innanzichè vi si discoprisse la nuova roccia ; volgasi eziandio lo sguardo sui principali appennini , che rivalizzano colla medesima. Scorgerassi subito che, eccetto la pietra serena dei toscani , qual interme- diaria roccia riputata, grandi massi di calcarla stra- tificata ed attraversata da strati di quarzo piro- maco , costituiscono il Gran Sasso , non meno che il Felino , la Sibilla , e la Majella , montagne , che
(1) LI. ibid.
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sopra tutte in Italia lo ravvicinano. Ne viene quin- di la giusta conseguenza , che la intera formazione di queste montagne pertenga alle rocce di seconda formazione.
La nuova roccia per altro di presente trova- ta in Monte conio , ne varia Yinterna sua geognos/a. Ho io di sopra appositamente riferite le circo- stanze essenziali su di quelle rocce secondarie , che non ha guari erano collocate nel rango primitivo , onde qui confrontarle colle circostanze , colle quali fu di- scoperta la roccia in quistione.
Dacché i cultori delle scienze naturali si vol- sero allo studio della geologia , abbiam veduto , che le suddette rocce, del Tiralo cioè, del genovesato , e della Toscana ec. furono credute primitive , fino a che un accurato esame di accorti geologi fece re- centemente riporle fra le rocce secondarie. Ora niu- na roccia primitiva , né di quelle primitive per lo avanti riputate , e riportate poscia fra le seconda- rie , fu nel Gran Sasso rinvenuta , innanzi lo sco- primento dello gneiss. Gli anzidetti geologi per lo giacimento delle credute rocce primitive sopra quel- le di sedimento inferiore , e sopra altre rocce di aggregazione , ne ripeterono soprattutto la loro secondaria formazione. Il giacimento d'altronde della nostra roccia , si è veduto sotto il carbonato cal- careo. I caratteri fisico-chimici , de'quali abbiam pro- vato costare la medesima , ce la fanno credere una roccia primitiva ; il che sarebbe indubbiamente con- fermato , se si fosse fin qui potuto osservare che il terreno sottostante alla medesima fosse primordia- le (i). Nessun dubbio avvi peraltro , che il nostro
1 Hill! III»! I I '
(i) // titolo dato a questo mio tenue lavoro , mo~ isra che ognuno può scegliere , dopo l'istituito esame , ciò
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gneiss non sia stato ivi trasportato in qualche gran cataclismo del globo. Obiettarsi forse potrebbe che avendo io in principio provato , che la giogaja di alti monti circostanti il Gran Sasso , ha mia base comune col medesimo , sarebbesi dovuto rinvenire la nostra roccia in quelle cupe valli , che interse- cano le dette montagne. Puossi però a mio giudi- zio francamente rispondere , che quelle cupe valli secondarie soprastanno al luogo , in che ebbe fine il noto sfaldamento. Aggiungersi potrebbe che non ovunque estendonsi i depositi , o filoni di una roc- cia qualunque. In fine calcolarsi debbono le ter- ziarie formazioni sopravvenute alle meteoriche ero- sioni, come meglio si dirà in appresso. Al eh. mon- signor Bellenghi. venne obbjettato l'originale loca- lità di alcuni pezzi di gneiss e di graniti arro- tonditi e mescolati con rocce di terza formazione da esso trovati nelle falde del monte Catria nell'ur-
ea più gli aggrada , voglia o no crederla una roccia primitiva , al che propende la mia opinione , quella dell'Orsini, e del Tenore. Ma sia pure la nostra roc- cia uno gn.eis della terza varietà descritta da D* Au- buisson ( Geognosie t. 2 pag- 66 ) , o sia ancora secon- do il sullodato De Buch ( Voyage en Norvege t. \ pag. 178) uno schisto micaceo per la presenza della mica con super- fice continuata , sarà sempre vero il dire , quanto seri - verni su questo proposito il dotto professore P. Pian" ciani : „ Che in ogni caso il fatto di imo gneiss , o „ schisto micaceo ( primitivo o no ) negli apj>cnnini ,7 d Ahhruzzo è nuovo e importante ; forse anche è più „ curioso e inaspettato , se è secondario , o di tran- Il sizione. ,,
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binate (i). Quest' obbjezione non ha luogo nel caso nostro, poiché né smussata, ne arrotondila, ma re- golarmente stratificata fu trovata la nostra roccia ; e ciò che più monta, dopo considerevole sfaldamen- to , prima del quale non più veduta ; soggiacente inoltre immediatamente alla calce carbonata , e pri- va si fisicamente , come chimicamente , di ogni so- stanza estranea alla sua natura ; ne segue perciò non essere di trasporto, ma locale la derivazione sua.
Dal complesso quindi delle narrate cose, ognu- no vede l'importanza del fatto per la nuova luce , in che appare l'interna geognostica base del più alto degli appennini , bastevolmente rischiarala do- po il geologico fenomeno finora discusso , e pel qua- le ho io amalo d'intitolare l'odierno mio ragiona- mento . Nessuno /però , io penso , malgrado che primitiva fosse la roccia suddetta , vorrebbe nove- rare il Gran Sasso fra le montagne primordiali. Im- perocché è apertamente dimostrato la secondaria na- tura sua pel gigantesco masso di calcarla stratifi- cata , dalla quale vien formato.
Di questa secondaria roccia dunque , e delle altre diverse , e di differente formazione , che in questa montagna e ne' circonvicini luoghi rincon- transi , mi rimane ora di ragionare.
Onde procedere con geologico ordinamento , è duopo , che , inuanzi della calcaria , io dica breve- mente del suolo arenario.
L'argilla , cemento essenziale dei terreni psam- mitici , e terra soprammodo abbondante nella To-
(i) Fossili del Catria , e monti adj'a centi ,pag> Q - Artìcolo su di alcuni oggetti mineralogici rinvenuti al Catria , pag. 5.
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scana , nell' Umbria , e negli Abruzzi , comincia a manifestarsi ampiamente in qualità di cemento nelle radici di Monte Corno. Osservasi quivi la pietra serena dei toscani generalmente considerata qual roc- cia intermediaria. Vedesi questa sottoposta alla cal- ce carbonata , ed accompagnata da lucidi e nera- stri schisti argillosi. Non iscorgesi peraltro nel luo- go , ove si raccolse lo gneiss su descritto. Abbon- dante si trova in altri punti dei più alti dintorni di questa montagna , alternando cogli strati di cal- ce carbonata, come a Pietra camela , ove in un vi- cino torrente , che spiccia da Corno piccolo , vi si veggono da un lato gli strati calcarei , dall' altro quelli di arenaria. Le erosioni meteoriche , sembra- mi certo, co' principi costitutivi la delta arenaria di transizione , diedero luogo alla formazione delle diverse nostre arenarie. In altro mio lavoro , do- po accurate indagini locali sopra queste rocce , io distinsi le medesime in arenaria sovrapposta , in se- condaria , e nelle note e differenti varietà terzia- rie (1). Se non che la mia varietà secondaria rien- trerebbe fra le rocce terziarie , qualora la psammite calcareo-micacea ( pietra serena ) pertenesse alle roc- ce d'inferiore sedimento ( secondaria ) , come pensa il dottissimo Brongniart. E veramente se rocce in- termediarie , con certezza riputate, trovatisi vicino ad orittognostiche sostanze differenti da quelle che accompagnano la nostra pietra serena ; e più se in quelle manca interamente la presenza della calce , che in picciola quantità trovasi nella nostra roccia di transizione , ne consegue che la nostra intermedia- ria roccia dovrebbe riporsi fra le rocce secondarie
(1) Osservaz. geol. cit. , e giom. arcad. id. ih.
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di sedimento inferiore. Qual roccia intermediaria tut- tavia io terrò sempre la nostra psammite micacea , non solamente pei l'autorità de' dotti , ma perchè poggiata nelle seguenti ragioni , superiori per mio avviso a quelle del geologo francese.
Opposta è la direzione degli strati arenarti a quelli della calcaria secondaria. Eccetto picciola do- se di calce , differenti , come è noto , sono gli ele- menti clie costituiscono l'ammasso arenario : sono i detti elementi , che concorrono integralmente alla for- mazione delle rocce primitive , dallo stritolamento delle quali affermasi provernirne la nostra grawa- ke. Certo poi si è , che quest' intermediaria roccia nel Gran Sasso è sottoposta al calcare : il che déh- be assai valutarsi a seconda ancora de' principi del su lodato geologo. Finalmente chiudo quest' artico- lo con una riflessione da me localmente fatta , che le nostre psammiti transitorie de' monti simbruini , dell' Umbria , e dell' Abruzzo , oltre la medesima natura , corrispondono presso a poco in altezza con quelle del Gran Sasso , e come sue diramazioni deb- bon esse considerarsi.
Siccome di cosa notissima, più brevemente dirò della calcaria , sebbene da questa sia formata qua- si interamente la nostra montagna.
Superiormente vedemmo comune l'origine dei circostanti monti calcarei col gran sasso , ed eceet- to leggera modificazione , comune parimenti è la lo- ro stratificazione. I più bassi strati di calce carbo- nata di Monte Corno sono inclinati all' orizzonte cir- ca 45 gradi , seguono strati perfettamente orizzon- tali , ai quali .soprastano i perpendicolari , tornano poi quasi orizzontali per indi terminare in un pia- no inclinato , che fu sopra veduto formare l'estre- mo vertice di questa montagna. Un cotanto aranns-
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.so di carbonato calcarlo , che per le meteoriche ero- sioni presenta e geometriche ed informi svariate for- me, conserva per tutto un candido colore : compat- ta ed omogenea è la sua massa , ma di grana roz- za , né suscettiva di pulimento : nicchi fossili mari- ni vi si osservano in varii punti : molti globi sili- cei contiene innoltre èssa rinchiusi , che per le det- te erosioni meteoriche si fanno manifesti. Nello sfal- damento , a pie del quale fu raccolto lo gneiss , vi- de l'Orsini essere in questo luogo attraversata la mas- sa calcaria da vari strati di quarzo piromaco di co- lori diversi , prevalente il fulvo , che in alcuni pun- ti mentiva l'aspetto di bella calcedonia. Dopo inu- tili sforzi non fu ad esso dato , per la difficile e pe- ricolosa situazione, di raccoglierne un qualche saggio. Quantunque assai note , ho io in animo d'inter- tenermi più a lungo sulle terziarie formazioni. Sono desse che molti e maggiori vantaggi somministrar ponno all' uomo coli' industre attività sua : è mer- ce di questa che può esso schivare ora i lievi , e talora i funesti effetti dalle medesime cagionati nei soggiacenti luoghi della nostra montagna , ed in tut- ti quelli che presso a poco conservano la medesi- ma geognosia , e la stessa grafica posizione. In prin- cipio di questo discorso ho io accennato che dal mo- mento , in cui il mare ritirossi, successero tosto le suddette formazioni , le quali, minorate bensì, con- tinuano e continueranno incessantemente. Percioc- ché non potendosi in questa parte stabilire la pre- cisa determinazione geologica , incomincerò io a par- lare di quelle terziarie rocce , che trovansi nella maggiore altura della montagna , per indi scendere nelle più umili falde, facendone talvolta gli oppor- tuni confronti.
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Laddove Je acque dolci più energicamente eser- citarono la fisicochimica influenza , ivi più chiari sen veggono i risultati. Gli antri e le spelonche , i di- rupamenti e le voragini furono già accennate. È appunto in tali luoghi , che quasi sulle maggiori al- ture del monte incominciano ad osservarsi i terzia- ri! depositi. Nella montagna Nf/itermesoli , clic più avvicinasi nell' altezza a Monte Corno , da cui ri- mane divisa per la picciola acuminata montagna det- ta Como piccolo , le acque , più che iu ogni altro punto di queste alture , spiegarono la loro forza. Maggiori difatto vi appariscono gli sfasciamenti , le rovine , e le frane. Qui ancora doviziosamente si trovano sulfuri metallici dovuti a chimiche combina- zioni de' loro principii constituenti , che così in ab- bondanza (soprattutto il ferro) trovatisi sparsi sulla superficie terrestre. Il lucido giallo , e risplendente colore de' medesimi inganna il volgo , che vi crede la presenza dell' oro : e col nome di grotta della ve- na d'oro vien questo luogo distinto.
È l'acqua ancora , che scolando dall' alto , e contenendo chimicamente disciolte le particelle cal- caree , depone queste piuttosto celeremente s onde è, che i deposisi calcarii non vi si veggono compatti ; e celeremente , io credo , isviluppasi in tale formazio- ne il gas acido carbonico , che teneva in dissoluzio- ne la calce : essendo dovuto, a mio avviso , alle bol- le di questo gas le cavita globulose , delle quali ri- sulta una pietra tartarosa , che trovasi in alcuni an- tri della nostra montagna. In istrali concentrici si mostrano alcune stalattitiche , stalammitiche , e bion- de alabastrine concrezioni, che qua e la veggonsi in alcuni fori di quelle voragini e serbatoi. Proven- gono esse da' medesimi principii , senonchè , per un processo chimico diverso , l'acqua a misura che
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lentamente evaporasi, più compatte e più o]meno pu- re ne risultano le dette concrezioni. Per lo stesso lentissimo processo , benché risultanti di varie so- stanze , si formano piccioli e limpidissimi cristalli di monte che vi si raccolgano (i). Se scendesi al- le falde di queste montagne insino alle più umili pianure , copiosi e svariati vi sono i terziarii de- positi ; cliè anzi , se mal non mi appongo , alcuni reputati secondari! pertengono a rocce di terza for- mazione. L'immortale Brocchi fu sorpreso di vede- re , in mezzo al gruppo di dette montagne , i ter- reni saLbionosi e marnosi sì frequenti alle basi de' più bassi appennini (2). Presso le sorgenti del Ve- lino e del Tronto , corrispondenti più o meno al livello dei luoghi di cui si parla , vi furono da me notate ristesse deposizioni (3). Nella vasta pia- nura aquilana , a Civita dì Bagni (F/irconium) , vide il Brocchi quelle colline vestine formate di marna turchiniccia si abbondante in Toscana; vide altresì nelle convicine eminenze mi sabbione giallo- gnolo calcareo-siliceo soprapposto d'ordinario alla marna. Nessun nicchio fossile marino fu ad esso da- to di scorgervi : verificò bensì gli annunciati ossami di giganteschi quadrupedi , in ispecie alle Paglia- re vetusto suolo sabino , tre miglia distanti dall' Aquila sulla strada d'Introdoco , e vicino l'antico Amiterno (4)- Comuni sono i detti terziarii depo-
(1) ha compattezza ed il limpido cristallino deb- bono forse eziandio ripetersi dall' oscurità , nella qua- le formaronsi questi cristalli , e dalla compressione del- le acque.
(2) Bibl. ital. toni. XIV. pqg. ^i , 3?5.
(3) Qsserv. geolog. id. ib. , e giom. arcad. id. ib.
(4) Bibl. ital. id. ib.
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siti nel Teramano : più copiosi ravvisarci alla sinistra del fiume Magone ; variano però nel colorito , men- tre cenerognola è qui la marna , e sudicio-bianco il sabbione. Ricche sono queste terre di spoglie or- ganiche marine, che abbiam dianzi detto non adoc- chiarsi punto neir aquilano , e che neppure fu da- to a me di scorgerle nell' accumulese territorio (i). Altre varietà terziarie di arenaria , che io qui no- tai , trovansi abbondantemente per tutto , ed isti— mo superfluo descriverle nuovamente. Vuoisi però dire , che in molti subappennini , fra gli strati di argilla e di arenaria vi si intersecano quei di car- bon fossile , e talora quella terra e inzuppata di pe- trolio. In Abruzzo osservatisi abbondevolrnente que- sti materiali, e in abbondanza trovansi presso Te- ramo. Il signor Delfico ne descrive un grosso filo- ne vicino al torrente Vizola (a). E siccome il Te- ramano abbonda di terre selenitose , così nelle fen- diture vi si trovano sovente regolari cristalli lim- pidi di calce solfata.
Avanti di por fine ai terziarii depositi , deve- si attentamente riflettere , che se nel Tirolo , mer-
(i) Osserv. geo log. cir. , o giom. id. (a) Delfico op. cit. - II signor De Saussurre è giun- to con chimico processo a spogliare il petrolio dell' odo- re nauseante. Mescola egli col petrolio l'acido solfori- co agitato all' aria , e quindi una soluzione di potassa. L' autore avendo accompagnato il suo lavoro con due assaggi di petrolio , prosegue a dire : „ L" un tei qu on „ Vextrait de la distillatiou de Vasphalte , et dont Vodeur „ est tres- dèsagrèable ; Vautre parifiè ( col detto prò- „ cesso ) : Vodeur faible de celui-ci est plutot agréable , . „ et a quelque analogie avcc celle des éthers. Bibl. uni- vers. toni. 6 pag. 118.
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re delle meteoriche erosioni , precipuamente fluvia- tili , scavossi 900 piedi il calcareo suolo , su cui si deposero terziarie rocce più o meno compatte , a me sembra essere le istesse geologiche fasi accadu- te fra i nostri monti. Né con altra ragione puossi spiegarne il fenomeno dopo il confronto già fatto della giustezza e medesimezza di livello , e della stratificazione , e delle nostre intermediarie psam- miti , e delle calcarie secondarie. Se non che più violenta esercitassi nelle nostre montagne l'azione fluviatile, perchè più alla rinfusa veggonsi depositati i nostri terreni terziarii. Friabilissima generalmente è la loro natura , e se orizzontalmente veggonsi stra- tificati nella pianura , verticale è la loro posizione nelle subappennine vette.
Ma per tornare in sentiero, nelle vicinanze di Te- ramo, mercè dei chimici reagenti, vi si trova in copia il muriato di soda : frequente manifestasi il solfato di soda in forma di lanugine o di polvere bianca. Nei colli superiori di questa citta soprabbondante è il sol- fato di calce , che alcuni pretendono estendersene la continuazione sino ad Ancona. Esso però non è puro , tenendo in miscela l'argilla, e cenerino è il suo colore. Assai candido è il gesso di Bussi, nel distretto aquila- no. Ve ne ha una cava ricchissima , e divengono bianche al par della neve le muraglie che ne sono intonacate. Candidissimi parimenti e di friabile frat- tura raccolgonsi abbondevolmente in poca distanza dall'Aquila piccioli framenti di calce carbonata, che stante la località e di descritti fisici caratteri , dif- ferenti dalla calcaria secondaria, io li reputo di ter- ziaria formazione. Questi frammenti passati per cri- vello , e mescolati colla calce spenta, formano uno smalto , che lisciato , e bene strofinato , acquista la lucentezza del marmo. Di alluvione io credo au- G.A.T.XL. 8
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cora alcune calcaree brecce , che si trovano negli aquilani contorni di un colore nerocupo di fuligi- ne , sparse di bianche venature , e capaci di un superbo lustro (i).
La quantità delle acque, ed i perenni scoli del- le nevi , e discorrenti all'aperto , e filtranti ne'sot- terranei meati , in mezzo alle descritte sostanze mi- neralogiche , producono soprattutto nel teramano ric- che scaturigini , e fonti di acque minerali , preci- puamente sulfuree. La gran copia della calce sol- fata , della quale si è parlato , da il color di cal- ce al fiume Viziala (antica albula) , col quale con- fluisce il Tronfino, ossia il Botino di Plinio. Pel det- to colore fu per avventura scritto da Livio ,, Nun- „ ciatum est Interamniae lac fluxisse ,, (2). A Ci- vitella del Tronto , a Civita s. Angelo , presso Te- ramo , iti Germigniano, in Calvano, ed in altri luo- ghi vi sono più o meno copiose sorgenti di dette acque minerali. Celebrata fu un tempo l'acqua ven- tina presso citta di Penna , e nella stessa celebri- la è di guari tornata. Nel prossimo passato luglio ne è stata istituita accurata analisi chimica dai va- lenti Covelli ed Orsini suddetto (3).
(i ) ///. Lucoli vicino F donila vi e un gran masso cal- careo suscettivo di pulimento , come il così detto mar- mo luniachella.
(2) Decad. IV lib. XXXIV cap. 46 pag. 188,
(3) Un opuscolo recente del signor dottor Gentili, aln ttzze.se dimorante il Napoli , parla dei salutevoli effet- ti di qrtest' acqua , riportando ancora due analisi , isti- tuite per altro fuori del luogo , e la seconda per com- missione del governo neW istessa Napoli. In breve sarà pubblicato il lavoro del Coltelli e dell' Orsini. 1 sc~
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Un più diligente e reiterato esame locale avreb- be senza dubbio somministrato maggiori materiali a questa mia tenue fatica. Ma se le dolorose circo- stanze mie a voi ben note , o Lincei , non mi han- no ciò conceduto, sarebbe per me assai gradevole, se potesse la medesima destare qualche scintilla ne'pet- ti degli arditi viaggiatori, onde co' lumi della scien-
guenti sono stali i principii costitutivi , che questi dotti naturalisti vi hanno trovati ed a me teste comunicati. L'aci- cido carbonico libero , e combinato , l'acido solforico , Y acido nitrico , 1' acido idroclorico , è Y acido silicico : il gasazoto , l'ossigeno (vestigia) , lo jodio (id) , la cal- ce , la magnesia , il ferro , la soda , la materia orga- nica etc. Torno io a fare fervidi voti perchè siano ri- pristinate i bagni di Cutilia assai più rinomati in tem- po dei Valentiniani. Oso anzi dire non esservi località in Italia più sacra ad Igea , quanto le rovine di Cu- tilia , ove dentro il raggio di un mìglio si vedono acque abbondanti , e di cinque differenti qualità. Sa- lubre ne è la posizione , e nel centro d" Italia , detta perciò Italiae umbilicum . Quattro grandi strade inol- tre vi mettono , dal Piceno Vuna ( antica salaria ) da Roma V altra ( la detta strada ) ; la terza dalV Umbria , che da Terni per la caduta delle marmore va a Rie' ti lontano cinque in sei miglia da Cutilia. La quarta finalmente dall' interno del regno che va a comunicare colla salaria in Introdoco, quattro miglia distante dalle rovine emiliane . E vuoisi qui ricordare, che in Introdo- doco esistono ancora antiche terme , e vi son anche oggi praticati utilmente i bagni , ma di gran lunga inferiori agli abbandonati bagni di Cutilia. Ved. osservaz. geol. e meni. stor. cit. parte I pag. 54, 5.{ , e giorn. arcad. toni. XXIX pag. gii , 93.
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za tutlo dì incessantemente crescenti , mercè delle loro dotte investigazioni , fosse meglio chiarita la geognosia del nostro appennino (i). Io pertanto nel dar fine a questo lavoro , m'interterrò ancora so- pra alcune utilità che ritraggonsi , e ritrarsi pon- ilo dal suolo, di cui vi ho discorso: ne ometterò di farne talora alcun confronto.
Se nella fine del prossimo-passato secolo, e nel presente, a bellissime parole scelleratissimi per ogni verso corrisposero i fatti , è di grandissimo confor- to il vedere , che rapidissimi e sommamente im- portanti essendo stati gli avanzamenti in ogni scien- za , ne refluirono dall'una all'altra parte del mon- do infiniti vantaggi alla società.
Nella scienza economica vanta l'Italia , sopra ogni altra nazione , celehratissirai nomi. Perspicaci ed utilissime furono le applicazioni fatte dagli stra- nieri colle dottrine di quelli : di sovente però nes- suna onorevole menzione fecero essi de' nostri , ri- vendicati quindi a buon diritto dal sommo degli eco- nomisti viventi Melchiorre Gìoja.
La patria dei Genovesi , de' Filati geri ec. atten- der doveva con ragione un qualche sviluppo dal- le loro immortali opere. Gli abruzzesi non sono stati gli ultimi a profittarne. Il lodevolissimo uso di conservare ora i boschi , l'alternamento dei diversi generi di sementi i più confacenti alla natura del suolo , ed al temporaneo stato commerciale , il ri- poso talvolta di alcune terre, i nuovi strumenti ru- rali , gì' ingrassi ed appositi concimi dalla sperien-
(i) Ciò avverrebbe, se acccuratc indagini locali mo- strassero , dove posa la nuova roccia , di cui abbiamo ra* gioitalo.
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za , e da' principii di chimica agraria i più pro- fìcui ritrovati , la coltura de1 prati artificiali cotan- to giovevole , non mai più per lo innanzi prati- cata , l'uso opportuno delle abbondanti acque , so- no i frutti delle società economiche quivi stabilite. È mercè di siffatta istituzione, e delle veglianti leg- gi , che represse le usurpazioni , e prevenuti i di- sordini , la natura per secoli avvilita ed oppres- sa riprende il suo vigore , e l'agricoltura sorge , slontanandosi gradatamente dallo stato di rozzezza , in cui per lungo tempo si giiojue.
Uno scrittore, in parlando delle arti e mani- fatture degli Abruzzi , dopo aver fatta la rassegna delle varie , utili , ed ingegnose ivi praticate , disse tuttavia , che le belle disposizioni della natura non erano pienamente secondate dagli abitanti. Risposi io a quest' autore ciò elio a un dipresso non isti— mo inutile di ripetere (1). È una chimera , a mio credere, che un popolo qualunque, senza l'interven- to del potere sociale, divenga artista e manifattu- riere (cosa la più difficile della legislazione econo- mica); molto più è chimera per un popolo, come l'abruzzese , che oltre i prodotti del proprio sudo , colla laboriosa industria sua , esercita al di fuori in isvariati modi un commercio , ora più ora meno , ma sempre attivo. Fintantoché dunque la nostra Ro- ma non sarà popolosa , e diserta sarà la sua cam- pagna , fintantoché il genio di qualche sommo re- girante pontefice , per gì' accennati scientifici progres- si , senza ledere le altrui proprietà , non giunga con apposite leggi a suddividere i grandi averi , riducen- doli , a poco a poco , dalla periferia al centro del
(1) Gioiti, arcad . toni. Fr. pag. 42, 4&
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suolo romano , in picciole colonie ; giammai le arti e manifatture non prenderanno energico vigore , pre- cipuamente nel secondo Abruzzo ulteriore. Non mai gli abitanti di questa provincia vi si volgeranno di cuore , avendo essi una strada aperta per satisfare le più urgenti bisogne , accumulandone talora ezian- dio ricchezze. Non è piccolo quindi il profitto che ne risente il regno napolitano , nel quale uon si ad- dolteranno conseguentemente misure tali da promo- vere cola le manifatture e le arti. Oltreché gene- ralmente parlando , le campagne italiane offrono so- prattutto , ed offriranno mai sempre , le sicure ed inesauribili sorgenti di ricchezza, in ispezialita quan- do , sradicati a gradi a gradi i volgari pregiudizi , messi siano a profitto con saggie e ben dirette isti- tuzioni i lumi, che le scienze copiosamente ci por- gono (i).
(r) // nostro supremo governo , intento a rialzare e promovere viemaggiormente V industria dello stalo pontificio , nel novembre 1827 con suo venerato dispac- cio ordinò , che dal seno della nostra accademia ( lin- cei ) fosse formata un apposita commissione. Ebbi io r onore di esservi incluso. Due sole volte ho potuto star presente alle dotte sue discussioni ; e due sole relazio- ni , all' uopo , sono state da me udite in tale circostan- za. Nella prima , se io mal non veggio , seguì vansi dal dotto relatore , in certa maniera , le massime del cel. Si- smoudi , appoggiandole con una risposta di rinomatissimo ministro di Francia (Chaptal) : 11 faut laisser faire.
- Dove è passività , come succede presso di noi , non solo deve lasciarsi Jare , ma diventar dee il go- verno energico promotore. Se non che , da alcune pa- role del rispettabile Linceo, mi è partito, che ciò in-
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Ma per tornare laddove mi sono per poco di- partito , oltre quanto si è qua e la superiormente accennato sull' argomento in quislione , senza ricor- rere al difficilissimo , per non dire chimerico cana- le naviglio di recente progettato (bibl. itil. totn. 4/)i» assicura il signor marchese Delfico , che il fiume Inu- mano può rendersi navigabile , dal che profitto non poco si trarrebbe. Minori sarebbero le annuali ro- vine dal medesimo fiume cagionate. La comunica- zione , renduta più facile al presente negli Abruz- zi per le nuove strade ivi aperte, sarebbe vieppiù
tendersi doveva per non poter noi sì tosto ( come sa- rebbe stato il desiderio e lo scopo del governo ) equi- librarci coi giganteschi progressi , che nelle manifattu- re ed arti {eccetto le arti belle che sono nostro patrimonio esclusivo ) si fecero oltremonte ed oltremare in questi ultimi tempi. A me d 'altronde par certo , che i nostri ^relativamente) si livellerebbero e sorpasserebbero^ in quel- lo di cui si parla , i forestieri. Ma forz è confessa- re , che può ciò conseguirsi soltanto a gradi a gradi , e dappoiché ne siano stabilite solide basi. Fondare nuo- vi , e migliorare gli attuali stabilimenti , attivare ed ac- crescere la popolazione , conservare ed accrescere i bo- schi , formare nuove, e facilitare le attuali comunicazio- ni, fondare scuole per le arti e mestieri , aprire le mi- niere di carbon fossile , adoperare il vapore , continua- re ed accrescete con imponente apparato le premiazio- ni ec. Una statistica comparata dei paesi stranieri sarà ottima , onde vedere i bisogni de* lontani , quei de vicini per confrontarli coi' nostri. Una statistica nostra, più mi- nutamente comparata , per iscerre questa o quella pro- vincia , questa o quella porzione di suolo , che più rie- sca ai disegni del legislatore economico ( rimanendo
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migliorata. Il commercio passivo , che sperimentasi pel mancamento de' legnami di costruzione nei can- tieri del regno , diverrebbe attivissimo per l'este- se e folle foreste delle suddette montagne. Se il si- gnor Delfico nel 1796 riputava come un ricco teso- ro la scoperta delle abbondevoli miniere di car- bon fossile ivi esistenti , ognun vede di quanta utilità diverrebbero le medesime ora che il vapo- re die nuovo ed incredibile impulso al commer- cio. E per siffatte circostanze , che vuoisi conve- nire , che in onta de* profitti che ritraggonsi dall' agricoltura e dalla pastorizia nelle falde della de- scritta montagna , di gran lunga maggiori compen- si trarrebbonsi , se promosse vi fossero le manifat-
Jisso per me , quanto si è detto sopra sulla ricchezza delle terre). È con siffatte , o consimili istituzioni , che sì eguaglieranno a poco a poco le straniere produzioni ; e quando ciò sia avvenuto , ognun vede , cader queste ne IV ohblio senza bisogno di assoluti divieti, (falgane in Roma il luminoso esempio della manifattura dei cap- pelli , il cui commercio di guari passivo , è ora attivis- simo ) . Il die nella seconda relazione sostenevasi da altro rispettabile Linceo. Non è mio scopo , né della capa- cità mia cVisviluppare in una nota ornai troppo lunga que- sto , che par sì facile , ma difficilissimo e paradossico ar- gomento. Mi farò lecito però di dire , che nello stato in cui siamo, oltre i generi coloniali , avrem. noi sempre bisogno di aleniti esteri prodotti: maggiori però , e di maggiore mo- mento sono i bisogni , che i forestieri hanno delle cose nostre. Ciò che in fine mi sembra si è , che coi divieti assoluti si moltiplicheranno i monopolisti, e veri/icheras- si quella sentenza del gran Genovesi , che per arricchi- re il mercante rovinasi lo stato.
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Fenomeno geologico iai
ture e le arti. Imperocché , se eccellenti manifattu- rieri sono gli abitanti dell' alpestre Elvezia , a buo- na ragione lo diverrebbero i nostri montanari con tutti gli altri d'Italia , presso de' quali concorresse la stessa geognostica e idro-grafica posizione (i) . Ma giova qui ripeterlo , che laddove le terre sono fecondissime , ivi più all' agricoltura ed alla pasto- rizia debbono à mio avviso volgersi le mire legi- slative , onde trarne i prodotti più confacenti all' indole de' tempi per concambiarli poi calle manifat- ture de' Luoghi montuosi, e vendere il superfluo agli stranieri , in cambio di quelle merci , che l'incivili- mento e l'abitudine han rendute necessarie.
Se le acque e foreste per la locale geognosia co- siffatti vantaggi arrecherebbero , più giovevoli van- taggi , di qnelli che or sono , si ritrarrebbero anco- ra da quell' abbondante argilla , di cui abbiamo di sopra parlato. Questa riesce oltremodo eccellente ai lavori del vasaio : ma picciolo è il profitto che sen tragge. A perfezione potrebbero certamente ridursi le nostre maioliche , se abbelliti i loro contorni , mi- gliorati fossero i modelli, e di buona qualità le ver- nici. Plinio, nel parlare dei vasi di creta, dice: Cois laus maxima, Hadrianis firmitas (2): è colla stes- sa argilla che dovrebbonsi moltiplicare le fabbriche de' mattoni , onde non volendo fabbricare colla pie- tra calcarea , perchè generalmente poco si presta al
(r) Popò tose, come un tempo, diverrebbero le mon- tuose contrade , e se in allora per la vita pastorale po- chissime erano le loro bisogne , arricchite ora per l'in- dustria , satisfar potrebbero a quanto è mancante per la natura del suolo.
(a) Lib. 35 cap. $6.
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migliorata. Il commercio passivo , che sperimentasi pel mancamento eie' legnami di costruzione nei can- tieri del regno , diverrebbe attivissimo per Teste* se e folle foreste delle suddette montagne. Se il si- gnor Delfico nel 1796 riputava come un ricco teso- ro la scoperta delle abbondevoli miniere di car- bon fossile ivi esistenti , ognun vede di quanta utilità diverrebbero le medesime ora che il vapo- re die nuovo ed incredibile impulso al commer- cio. E per siffatte circostanze , che vuoisi conve- nire , che in onta de* profitti che ritraggonsi dall' agricoltura e dalla pastorizia nelle falde della de- scritta montagna , di gran lunga maggiori compen- si trarrebbonsi , se promosse vi fossero le manifat-
Jisso per me , quanto si è detto sopra sulla, ricchezza delle, terre). È con siffatte , o consimili istituzioni , che si eguaglieranno a poco a poco le straniere produzioni ; e quando ciò sia avvenuto , ognun vede , cader queste nelV obblio senza bisogno di assoluti divieti. {Valgane in Roma il luminoso esempio della manifattura dei cap- pelli , il cui commercio di guari passivo , è ora attivis- simo ) . Il die nella seconda relazione sostenevasi da altro rispettabile Linceo. Non è mio scopo, né della capa- cità mia d'isviluppare in una nota ornai troppo lunga que- sto , che par sì facile , ma difficilissimo e paradossico ar- gomento. Mi farò lecito però di dire , che nello stato in cui siamo, oltre i generi coloniali , avrem noi sempre bisogno di alcuni esteri prodotti: maggiori però , e di maggiore mo- mento sono i bisogni , che i forestieri hanno delle cose nostre. Ciò che in fine mi sembra si è , che coi divieti assoluti si moltiplicheranno i monopolisti, e veri/icheras- si quella sentenza del gran Genovesi , che per arricchi- re il mercante rovinasi lo stato.
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ture e le arti. Imperocché, se eccellenti manifattu- rieri sono gli abitanti dell' alpestre Elvezia , a buo- na ragione lo diverrebbero i nostri montanari con tutti gli altri d'Italia , presso de' quali concorresse la stessa geognostica e idro-grafica posizione (1) . Ma giova qui ripeterlo , che laddove le terre sono fecondissime , ivi più all' agricoltura ed alla pasto- rizia debbono a mio avviso volgersi le mire legi- slative , onde trarne i prodotti più confacenti all' indole de' tempi per concambiarli poi colle manifat- ture de' luoghi montuosi, e vendere il superfluo agli stranieri , in cambio di quelle merci , che l'incivili- mento e l'abitudine han rendute necessarie.
Se le acque e foreste per la locale geognosia co- siffatti vantaggi arrecherebbero , più giovevoli van- taggi , di qnelli che or sono , si ritrarrebbero anco- ra da quell' abbondante argilla , di cui abbiamo di sopra parlato. Questa riesce oltremodo eccellente ai lavori del vasaio : ma picciolo è il profitto che sen tragge. A perfezione potrebbero certamente ridursi le nostre maioliche , se abbelliti i loro contorni , mi- gliorati fossero i modelli, e di buona qualità le ver- nici. Plinio, nel parlare dei vasi di creta, dice: Cois laus maxima , Hadrianis Jirmitas (2): è colla stes- sa argilla che dovrebbonsi moltiplicare le fabbriche de' mattoni , onde non volendo fabbricare colla pie- tra calcarea , perchè generalmente poco si presta al
(1) Popolose, come un tempo, diverrebbero le mon- tuose contrade , e se in allora per la vita pastorale po- chissime erano le loro bisogne, arricchite ora per l'in- dustria , satisfar potrebbero a quanto è mancante per la natura del suolo.
(a) Lib. 35 cap. fò.
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lavoro dello scalpello , con quelli soltanto si co- struisse. Di che furono da me addotte in altro luo- go le più evidenti fisico-chimiche ragioni ( osserv. geolog. cit., e giorn. arcad. tom. 28). Ottimo quin- di sarebbe un senatusconsulto , che vietasse di fab- bricare colle nostre diverse arenarie, conforme in To- scana , nell' Umbria , nell' Abruzzo ec. comunemen- te si pratica.
È quest' istessa argilla , che mescolata colla cal- ce , forma le marnose terre di sopra descritte. Per- ciocché verticale essendo la loro posizione nelle su- bappennine vette , ne avvengono que' disastri , pe' quali , o illustri accademici , io vi tenni , sono già tre anni, apposito ragionamento (1). Sotto differen- ti cagioni fu da me riandato si triste argomento nell' anno decorso in occasione della rotta del fiume Ame- ne (2). Or dunque, se col lodevole uso di conserva- re i boschi , si desse scolo alle montane acque mer- cè di calcolate leggi idrauliche : e meglio , se s'im- pedisse severamente di fabbricare , o di ricostrui- re abitazioni qualsivogliano nelle dette terre , o al- le radici de' monti intersecati dalle medesime ; oltre i vantaggi , che ne trarrebbe la rurale economia , non vedrebbonsi più seppelliti castelli e villaggi non so- lo negli Abruzzi , ma in tanti altri lnoghi , che tro- vansi nella stessa fisica posizione (3).
(1) Osserv. geol. cit., e giorn. are. id. 16.
(2) Riflessioni geologiche sugli avvenimenti recentemen- te accaduti nel corso dell' Aniene; e giorn. arcad. tom. 35. Il nostro infaticabile naturalista signor Riccioli ha ora riunite doppie collezioni dei pezzi geologici di Tivoli e de'suoi dintorni.
(3) Nelle più volte citate osservaz. geolog., e mem. stor., dietro l'esame di alcuni pezzi geologici , io opinai ,
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Assai più in lungo potrei ragionare intorno a quest' importantissimo subbietto ; ma bastami , colla geognosia del padre degli appennini e suoi dintor- ni, di avervi accennate, o lincei, alcAine utilità che traggonsi , e trar si potrebbero dal suo suolo.
Stor>'n di singolari vicende morbose, nelle quali fu necessaria ed utile una profusione di sangue , coti alcune considerazioni suW abuso del salasso; del dottor Francesco de Rossi, socio corrispon- dente dell'accademia de' lincei di Roma e me- dico condotto della città di Velletri, letta nella medesima accademia nell'adunanza del giorno 18 agosto 1828.
u,
na signora appartenente ad un ragguardevole impiegato della citta di Velletri , legata ad estesi rapporti , cui nelF ordinario periodo di sua gravi- danza furono estratte oltre libbre trenta di sangue t ed a cui immediatamente dopo il parto nel corso di una gravissima malattia furono tolte più di venti libbre dell'umor vitale , dovea necessariamente destar
che gli sfraceli della città di Todi erano cagionali dal- la presenza del carbon fossile , che andava in isfaci- mento. Potrebbe quindi accadere che alcune delle con- tinue frane , che hanno luogo nelle italiane subappenni- ne vette , in ispecie in Abruzzo , provenissero dalla stes- sa cagione. Perlochè , se inutili sarebbero le riparazio- ni , giovevole certamente riuscirebbe , se con sovrano or' dinamento se ne slontanassero gli abitanti.
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maraviglia ed attirare l'attenzione degli uomini illu- minati , e dar nel tempo istesso origine a censure ed a sospetto d'inconsiderata adesione a' sistemi. In un'epoca, in cui le gravi discordie in medicina prin- cipalmente sull'uso della flebotomia sonosi rese pub- bliche e clamorose anco fra il volgo , facile era l'opinare , che tanta profusione di sangue fosse la conseguenza di troppo stretta osservanza o d' ine- satta interpretazione di alcune dottrine mediche, le quali dominano specialmente in Italia , ed il pro- dotto di quel fanatismo , con cui tali dottrine ven- gono da alcune fervide menti ricevute. Avvenne in- fatti (e ciò appunto avvenir doveva in un tempo , in cui la divina arte del guarire per l'imprudenza e pel continuo garrire degl' istessi cultori di quella è di- venuta il bersaglio dell'altrui maldicenza) avvenne, dissi, che voci allarmanti s'innalzarono contro il me- dico curante e si diffusero presso le varie classi di persone. Io , che ne diressi appunto la cura , allie- vo della scuola medica di Roma , in cui , a gloria dell'università , rinunciandosi costantemente ai siste- mi vacillanti , si è sempre professata e si professa tuttora l'ippocratica salutare dottrina mista al più savio e ben ponderato ecleticismo ; io, che nello spa- zio di circa venti anni , nel quale incessantemente ho esercitata , siccome esercito attualmente, la me- dica arte , ho sempre procurato di evitare la tac- cia di medico sistematico , mi vidi in quella circo- stanza in pericolo di esser tale considerato , e di essere annoverato nella classe de' medici sitibondi del sangue umano. La perfetta guarigione dell' in- ferma , che seguì in meno di un mese dopo il par- to , impose silenzio , come accader suole , alle sa- tiriche dicerie ; ma io non dovea per ciò rimanermi tranquillo , ne credermi assoluto dal tribunale della
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severa critica. La sana ragione e la sperienza ne insegnano , che la guarigione del malato non può sola essere una sicura prova del retto operare del medico , né può stabilirsi per un criterio infallibi- le: dappoiché la natura può talora resistere e trion- fare sopra i colpi vibrati contro di essa e dal mor- bo e dal medico istesso. Mal potendo tollerare una imputazione, anche al semplice grado di sospetto , la quale è ripugnante al mio intimo senso , conob- bi essere della più alta importanza di redigere e rendere manifesta la storia di una gravidanza e di una malattia a quella succeduta , in cui non fu amor di sistema , non cieco entusiasmo , ma neces- sita , che indusse a profondere il latice vitale : ed è appunto quella , che oggi , o dotti accademici , presento al vostro alto intendimento , e che forse potrà meritare una qualche vostra attenzione ; sto- ria che mi ha dato occasione di accennare alcune considerazioni siili' abuso del salasso.
Una signora di circa anni 32 , già madre di numerosi figli , di forte costituzione e di tempera- mento al sommo grado eccitabile , nel principio di sua gravidanza , ch'ebbe luogo nel mese di marzo del cessato anno 1827, mentre godeva la più perfet- ta salute, venne improvvisamente assalita da veemen- te asma , del grado di ortopnèa. I polsi turgidi ed il rubore intenso della faccia e del petto , che si estendeva fino alla estremità della mano , furono sufficienti senz' altro esame a farmi evidentemente conoscere , che quell'asma soffocativo era il prodot- to di un'impulsione di sangue al polmone; sconcer- to patologico , che può o lentamente o repentina- mente accadere no n solo ne' visceri toracici , ma an- co in altre parti esterne ed interne del corpo , cui il eh. dottor Brofferio pose il nome di emormèsi e
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che l'ili, prof. Tomraasini più. generalmente nominò angioidèsi sanguigna. Un pronto ed abbondante sa- lasso , il quale dovè ripetersi nell'istesso giorno, fe- ce immediatamente cessare l'ortopnèa , e la paziente ritornò nella sua perfetta calma. Tale angioidèsi san- guigna polmonale molte volte si riprodusse nel pe- riodo della gravidanza , cioè non senza mia gran- de sorpresa due e tre volte in ciascun mese , e sem- pre si manifestò coi medesimi sintomi di sopra no- tati , ai quali qualche volta si associò la febbre. Fu d'uopo per conseguenza due e tre volte in cia- scun mese ricorrere ad un sollecito salasso , talora ripetuto , mentre il ritardo di questo soccorso ren- dea più violento il parosismo , e la inferma veniva minacciata da soffocamento. Una quasi istantanea cessazione degli assalti ortopnoici succedeva costan- temente alle sottrazioni sanguigne , e la donna tor- nava alle sue domestiche occupazioni senza punto sperimentare sensibile debolezza per le grandi per- dite di sangue. Nel fine della gravidanza erano sta- te estratte oltre libbre trenta del fluido vitale , ed intanto godeva la medesima uno stato di salute com- patibile cogli ordinarj incomodi di una gravidanza eli' era giunta al suo termine.
Siffatta enorme quantità di sangue, sottratta nell' ordinario periodo di una gravidanza, non dee certa- mente riputarsi eccedente, ne credersi per conseguen- za che siasi fatto abuso del salasso , se si consideri in rapporto alle vicende morbose , che in quella si svilupparono, ed a tutte le altre circostanze indivi- duali favorevoli alla flebotomia. I pronti effetti van- taggiosi, che da questa derivarono, la inalterata ener- gia costituzionale dopo tanta perdita di sangue , il parto felice poco dopo accaduto , e la prospera vi- ta del neonato 4 il quale tuttora è ben costituito e
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gode perfetta salute , concorrono a sanzionare la con- venienza di sì abbondanti emissioni sanguigne , ed a liberarmi dalla taccia di medico ematomanìaco.
Progredendo nella storia , guari non andò , che un naturale e facile parto fu il termine di una gra- vidanza tanto perturbata da vicende morbose, e die principio ad altra serie di maggiori avvenimenti pa- tologici. Il nonimestre bambino era ben nutrito e sce- vro da ogni infermità. Non cosi fu dell'infelice puer- pera , la quale appena liberata dal malaugurato pon- do del feto, venne sorpresa da improvvisa e crudele malattia. Clùamato per prestarle soccorso , la trovai già assalita da acuta pneumonitide , il cui sinto- mo più grave era la dispnea soffocativa. Ne potea ingannarmi sulla natura e grado della malattia, men- tre gli sputi cruenti espulsi da tosse veemente , un senso di grave peso nel torace , la dispnèa , il co- lor rosso della faccia , la violenta febbre , i polsi duri e pieni, e l'alta e densa cotenna, che costante- mente formava gran parte del sangue estratto, chia- ramente la manifestavano. Intanto con maraviglia os- servavo , che turgide di latte erano le mammelle , e con maggior maraviglia vedea che lochj sangui- gni fluivano copiosamente. Niun' alterazione appa- riva nell'utero o in altri visceri contigui , in guisa che potea decidersi essere il polmone la sede esclu- siva del morbo , perche scevro fino a quel momen- to da sensibile complicazione. Eseguiti senza dimora in breve spazio di tempo quatro eopiosi salassi , i quali furono necessari per frenare prontamente la violenza dell'infiammazione, che minacciava rovina, cederono , mercè ancora dell'azione di altri mezzi te- rapeutici, i gravissimi sintomi flogistici. Ma essen- dosi questi nuovamente riprodotti ne' giorni seguen- ti , altri salassi forono praticati e nelle braccia e
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nei piedi e negl' inguini, e per mezzo di lancetta e per mezzo di mignatte, seguendo la varietà delle indicazioni. Nel giorno settimo apparvero chiari se- gni di risoluzione della infiammazione, mentre alla progressiva diminuzione de' fenomeni patologici si uni una facile separazione dall'organo póìmonico di quelle materie , che il clinico esercitato sa ricono- scere per critiche. Da tutto ciò sembrava manife- sto esser la malattia ridotta al suo termine, ed es- ser soddisfatti i voti del medico e della natura. Ma che ? Neil' ottavo giorno apparve nuovo apparato fenomenologico , il quale portò a stabilire l'idea di una febbre gastrico - biliosa , le cui cause eran forse di già latenti nell' inferma. Questa nuova ma- lattia, se è lecito tah; considerarla, pose nuovamen- te in pericolo la puerpera. Ma ciò che costituì il massimo del morbo, e formò un' insigne irregolarità nel suo andamento , fu l'intercorrenza di alcuni vio- lenti parosismi asmatici, i quali improvvisamente l'as- salirono con minaccia di soffocazione , e (la ridus- sero all'estremo pericolo. Siffatti parosismi erano ac- compagnati da quei sintomi , che caratterizzano l'an- gioidèsi sanguigna polmonale , specie di malattia , che , siccome vedemmo , fu causa di tanta profusio- ne di sangue fatta nella di lei gravidanza , e che intromettendosi nel corso di una più grave malat- tia doveva indurre lo spavento della morte. Il fisi- co considerabile abbattimento dell' inferma , percos- sa si crudelmente da ostinati malori ; l'esaurimento delle sue forze ; il di lei marcato emaciamento ; il lurido suo volto , che presentava un pallore mor- tale ; e l'idea della quantità di sangue a larga co- pia di già versato, mi tennero in un bivio il più penoso sulla prescrizione di nuova flebotomia. Ma il crescente asma , che sempre più minacciava jof-
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focamento e ch'era riluttante ad altri medici sussi- sidj ; il naturale coraggio, che non era ancora spen- to nell'animosa donna , nel sostenere le perdite di sangue ; gli esempj di cure eseguite , e di ottenute guarigioni per mezzo di strabocchevoli emissioni san- guigne in ostinate malattie , furono circostanze irn- pouentissime, che mi derisero a rinnovare le sangui- gne evacuazioni , dalle quali ottenne i più manife- sti vantaggi. Ed infatti eseguito in ciascun paro- sismo un salasso, e non molto tempo dopo il secon- do per l'insufficienza del primo, tutti costantemen- te cessavano gli assalti soffocativi, e la malattia de- clinò nel vigesimo giorno , previe alcune critiche eva- cuazioni. Se gV immediati favorevoli risultamene ot- tenuti dalla nuova effusione di sangue indussero maraviglia , maggiore stupore arrecò la qualità del sangue estratto in quest'ultimo cimento ; mentre pre- sentò sempre una profonda e vasta cotenna con pic- cola proporzione di siero.
Ma non erano ancor compiute tutte le vicende patologiche. Quando l'infelice puerpera credeasi giun- ta al termine di tanti variati insulti morbosi , ven- ne dopo l'intervallo di poche ore, previo un inten- so rigore di freddo , di repente assalita da violen- tissima febbre , la quale si manifestò d'indole acces- sionale. Questa però fu completamente distrutta dalla prodigiosa attività della chinina. A tanta e si lunga malattia, sostenuta sempre da gravissimi sintomi, suc- cesse una breve convalescenza , in fine della quale si riprodusse la secrezione del latte, e la malata ri- acquistò il perfetto stato di salute.
Dopo un calcolo per approssimazione della quan- tità di sangue estratta nella malattia dopo il parto sviluppata , vidi aver quella superata il peso di li- bre venti , senza tener conto della quantità di san- G.A.T.XL. 9
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gue , die fluì in gran copia u"lF epoca del par- to e nei primi giorni del puerperio. All' idea di siffatta abbondanza di sangue sottratta immediatamen- te dopo l'altra maggiore di libbre trenta , che fu tolta nel periodo della gravidanza, non può certa- mente non inoi ridire l'umana natura. Ma questa nuo- va profusione dì sangue cesserà dall' arrecare sorpre- sa , se si riguardi sotto tutti i punti di vista , che sono stati , seppur mal non mi avviso , beantemen- te precisati nella storia. Io nell' ordinazione de' sa- lassi non feci che seguire fedelmente la generale in- dicazione di quelli. Desunsi principalmente l'indica- zione dall' essenza delle affezioni patologiche, dal tem- peramento dell' inferma, e dalla sua somma tolleran- za del salasso sperimentata costantemente tale in tan- te altre malattie dalla medesima in varie altre epo- che sofferte. Fui poi incoraggiato ad insistere nella profusione del sangue in mezzo ad un bivio perico- loso , ed anco nell' apparente controindicazione del- la flebotomia , dai numerosi esempi , come di sopra accennai , di strabocchevoli perdite sanguigne e na- turali ed artificiali , senza die ne sia seguita la morte , o siasi veduto superstite un considerabi- le e ben provato nocumento all' economia ani- male. Il eh. dottor Palazzini nel secondo discor- ro sulP abuso del salasso, inserito nel voi. IV degli opuscoli della società medico-chirurgica di Bologna, riporta molti casi di eccessive effusioni di sangue riferiti da sommi scrittori e degni di tutta la fe- de, fra' quali annovera un Lancisi, un Lieutaud , un Brera ed altri illustri autori. Ancor io sono sta- to più volte spettatore di casi orrendi relativi a perdite sanguigne naturali , principalmente in donne sorprese da impetuose emorragie uterine , nei qua- li casi il sangue uscito a larghi rivi in breve tera-
Singolari vicende morbosi: i3i
pò superava il peso di venti libbre. Da tali enor- mi jatture di sangue non solo non accadde la mor- te degl' individui , che ne furono lo scempio , ma iti seguito riacquistarono queste il perfetto stato di salute senz' alcun sensibile incomodo. Dopo tutti questi fatti, e tanti altri simili che trovansi regi- strati nelle opere di medicina, sembra che si possa essere in diritto di concludere che molti individui (mentre non tutti godono di tanto estesa capacita di tollerare le perdite di sangue strabocchevoli , sic- come risulta da funesti esempi di vittime di tali perdite prodigiose) molti individui, dissi, possono sostenere abbondantissime effusioni sanguigne, e che per conseguenza può la flebotomia nei casi urgen- ti , come si esprime il eh. Palazzi ni , essere spinta a termini molto più alti di quanto comunemente si vuole e si crede : e sembra ancora restar conferma- ta la sentenza d' insigni patologi , che la riprodu- zione del sangue (almeno in molti individui per va- rie favorevoli circostanze anco indeterminate ed in- cognite) è facile , abbondevole e prestissima. Ritor- nando ora alla mia inferma , a me pare , che l'esi- to felice ottenuto , e la breve convalescenza, siano una conferma della convenienza del sistema di cu- ra in lei praticato. Pare dunque che resti piena- mente provata la necessita ed insieme l'utilità del- le enormi sottrazioni sanguigne fatte in una gravi- danza ed in una malattia a quella succeduta , che furono distinte pei frequenti e pericolosi esaltamen- te vitali del viscere importante della respirazione : sembrami per conseguenza essere in tutta l'estensio- ne giustificato il metodo curativo eseguito nelle de- scritte singolari vicende morbose. Prima di dar ter- mine a questo mio tenue lavoro permettetemi , o dot- ti e benigni accademici , che per altro breve tempo
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v'iutertenga in qualche considerazione suli' abuso del salasso , contro cai giustamente sonosi a' dì nostri innalzati alti clamori da medici celebratissimi.
Ponendo mente in primo luogo sul significato della voce abuso, e conoscendosi che questo vocabo- lo vuole esprimere mal* uso , uso contrario , uso im- proprio, uso non conveniente, si rileva all'istante, che sotto l'espressione di abuso di salasso dee intendersi un uso del medesimo contrario all' oggetto , per cui si dee impiegare. Si comprende altresì, che quest'abu- so può essere assoluto e relativo : assoluto , quando venga usato il salasso in un caso , in cui affatto non convenga ; relativo poi , se pel salasso , in- dicato d'altronde dall' indole della malattia , venga estratta una quantità di sangue, la quale non sia proporzionale a' veri bisogni della natura. Dunque l'abuso relativo del salasso può consistere tanto nclP eccesso, quanto nel difetto del sangue estratto. Se, a ca- gion d'esempio , in una grave pleuritide venga tol- ta una copia di sangue , la quale non sia stata suf- ficiente a frenare l'impeto dell' infiammazione , onde condurla ad una felice risoluzione , vi sarà stato al- lora abuso relativo di salasso per difetto , o più bre- vemente abuso tiagativo di salasso. Avrà avuto luo- go abuso relativo di salasso per eccesso , o in più brevi parole abuso positivo di salasso , se la quan- tità di sangue sottratta avrà indotto nel malato un grado tale di debolezza , per la quale non possa- no affettuarsi, o vengano sensibilmente ritardati i tanto salutari critici movimenti , per mezzo de' qua- li vuole risolversi l'infiammazione. A me pare , che simili distinzioni siano giuste ed importanti , e che non bebbano essere disprezzate anche per l'esattez- za del linguaggio medico , e per evitare qualunque equivoco che sotto questo rapporto potrebbe nasce-
Singolari vicende morbose i33
re nelle questioni di medicina. Debbono 'dunque es- servi dei limiti per la retta pratica del salasso. Se a questi limiti non si giunga, o vengano essi trasce- si , ne verrà tosto abuso di salasso. Non dee per al- tro omettersi di riflettere , che siffatti limiti godono di una latitudine maggiore o minore , entro la qua- le o non vi sarà abuso di salasso ì o sarà questo in- -sensibile. Quanto più. poi questo mezzo terapeutico si allontanerà da tali limiti , tanto maggiore ne sarà l'abuso ; e tanto maggiori 1 danni che sovrasteranno all' infermo. Dee dippiù considerarsi die quel termi- ne più o meno esteso , fino al quale dee giugnere il medico nella giusta ordinazione del salasso , ossia la necessaria quantità di sangue da estrarsi in una da- ta malattia, dipende da una serie di circostanze, die debbano valutarsi quali elementi di calcolo , i qua- li sarebbe difficile di poter tutti conoscere e sotto- porre a severo esame. Dalla maggiore o minore co- gnizione di questi elementi , e dalla maggiore o mi- nore esattezza del calcolo, deriva il più o meno ret- to uso del salasso. Se dunque il numero de' salassi , la quantità di sangue da estrarsi in ciascuno , e lo spazio di tempo da interporsi fra l'uno e l'altro sa- lasso debbono avere limiti determinati , questi non potranno fissarsi se non colla contemplazione di mol- ti dati che si presentano nelle malattie , nelle quali si esigono sottrazioni sanguigne. Neil' enumerare questi dati, che sono suscettibili di esame , e che deb- bono aversi in vista per istabilire un limite ai sa- lassi principalmente nelle malattie infiammatorie , io non intendo introdurre per elemento la questione recentemente riprodotta sul!' essenza dell' infiamma- zione , ritenendo per ferma , giusta il parere di tan- ti insigni scrittori f consistere la medesima in un pro- cesso di accresciuto eccitamento indotto da stimo-
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lo eccessivo. Tali dati pertanto , o principali elemen- ti di calcolo, sono l'importanza maggiore o minore della parte affetta , l'età, il sesso , il temperamento e l'individuale costituzione, il clima, la stagione, e l'atmosferica costituzione, le cause pregresse , il me- todo di vita praticato , il grado della malattia , la sua semplicità o unione ad altri principi! morbosi , la fisica tolleranza assoluta e relativa de' salassi di- versissima nei diversi individui , finalmente la con- dizione diversa dei sistema generale , che dal mas- simo fino al minimo grado può partecipare della con- dizione della parte infiammata , ed essare anche di quella in opposizione. Queste essenziali ricerche deb- bono applicarsi a qualunque altro oggetto tera- peutico , nel cui uso debbono prendersi a calcolo quegli elementi , che sono ad esso relativi. Il cel. prof. Alibert ne' suoi — Nuovi elementi di terapeu* tica e di materia medica — ha posto nel più chia- ro aspetto simili interessanti vedute, che debbono essere la scorta fedele di un clinico pel retto eser- cizio della medicina. Da ciò nasce una delle massi- me difficoltà di quest' arte salutale. Quindi la ne- cessità di una lunga pratica non mai interrotta; men- tre questa può sola rendere facile al medico il cal- colo di tanti diversi elementi da instituirsi al letto del malato. Nel lungo , continuo ed attento esame di quelli formasi nel medico un'abitudine, e viene ad acquistare il così detto occhio e tatto medico, che lo rendono pronto a decidere nei casi i più ardui e pe- ricolosi. Il giovine medico , benché fornito di molta dottrina e d'ingegno sublime , allorché comincia ad osservare le malattie, come si presentano in natura, non può non restare altamente sorpreso alla vista di tanti ostacoli , eh' egli necessariamente dee incontra- re nell' applicazione delle mediche dottrine , e nel
Singolari vicende morbose i3>
vedére spesso elusa nella cura de' morbi l'azione dei più energici rimedi. Ma torniamo dopo questa di- gressione a ragionare stili' abuso del salasso. Se av- verrà che in una malattia infiammatoria tutti i da- ti concorrano a reclamare sollecite e copiose emissio- ni sanguigne, abbondante dovrà essere la quantità di sangue da estrarsi , e dopo brevi intervalli dovran- no succedersi i salassi. Se lente e scarse saranno in questo caso le sottrazioni di sangue, si cadrà dell abuso negativo di salasso , il quale è più funesto pel- le luttuose conseguenze , che molto più facilmente possono derivarne, in ispecie quando uno o più vi- sceri sono da infiammazione assaliti. Se viceversa in una medesima malattia infiammatoria le circostanze che l'accompagnano saranno contrarie al salasso , piccole dovranno essere le sottrazioni di sangue ed a lunghi intervalli ripetute, per non incorrere nell' abuso positivo del salasso. Sembra dunqne potersi stabilire , che l'abuso positivo del salasso , contro cui appunto hanno giustamente declamato sapienti medici, non consiste nel numero più o meno ecce- dente delle sanguigne , e nel breve spazio interpo- sto fra l'una e l'altra sanguigna: ma consiste bensì nell' inconvenienza di questa operazione , ossia nel- la sua impropria o superflua applicazione , e con- siste in quel di più di sangue che si estrae oltre i limiti che debbono ben determinarsi , e che di- pendono da molteplici combinazioni: in quel di più di sangue cioè , ebe portato troppo oltre, ed oppo- nendosi perciò ai benefici conati della natura inten- ta a liberarsi dalle potenze morbose , può talora de- cidere la morte dell' infermo. Quindi si comprende , che i quindici , i venti e i trenta salassi pratica- ti in una malattia , e la ripetizione del salasso per quattro e cinque volte in ore ventiquattro, non por-
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teranno abuso del medesimo , se l'essenza della ma- lattia e le individuali circostanze hanno richiesto un' abbondante e sellecita sottrazione di sangue : al con- trario pochi salassi , ed eseguiti anco a lunghi in- tervalli, potranno costituirne un abuso positivo , se nella malattia indicante le sanguigne sottrazioni il controindicante sia di tanta importanza , che appe- na una sanguigna permetteva. Cosi dall' applicazione di un solo salasso, qualora questo non convenga nella malattia , potrà emergerne un abuso. Da queste po- che considerazioni può dedursi quanto ingiustamente il eh. cav. Angeli , scrivendo contro l'abuso del sa- lasso , dichiari senz'alcuna riserva barbaro il costu- me di cavar sangue le quattro e le cinque volte nel giro di ventiquattr' ore , senz' attendere , come egli dice , di vedere il risultato della prima e della se- conda emissione. Io non intendo di ledere nella mi- nima parte la gloria , che quel dotto e venerando Nestore de' medici col suo magnanimo zelo ha avuto diritto di acquistare presso la sofferente umanità : lo prego soltanto a riflettere per un momento , che un tal costume non potrà mai chiamarsi barbaro , allorché tenda a frenare una violentissima infiam- mazione , che ha invaso un viscere importante e delicato , e che ne minaccia la rovina. Ni un cli- nico provetto vi sarà , il quale spinto da urgenti indicazioni , benché nemico de' sistemi , e cauto e moderato nella prescrizione delle sanguigne, non sia stato obbligato in casi non rari di fare estrar san- gue le quattro e le cinque volte nello spazio di ore ventiquattro, per liberare i malati dalle orrende con- seguenze di rapide ed estese infiammazioni. L'in- glese Thomas , non controstimolista e non prodigo di sangue, nella sua egregia opera delle malattie di varj climi e paesi si dichiara soddisfatto e conten-
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to in siffatte urgenze di fare estrar sangue agi' in- fermi ogni tre o quattr'ore d'intervallo. Io posso in- genuamente asserire , che nel mio esercizio medico , in cui pe' climi ne' quali mi sono trovato ho avu- to occasione di curare delle centinaja di acute in- fiammazioni principalmente di visceri toracici in in- dividui per lo più giovani e robusti , ho costan- temente osservato , che la maggior parte di tali gravissime malattie curate nel loro principio ed incremento con pronti ed abbondanti salassi, ripe- tuti le quattro e le cinque volte in ore ventiquattro, terminò colla felice risoluzione ; mentre all'opposto ho sempre sperimentato che le stesse violenti ma- lattie , accompagnate da simili circostanze , trattale o per colpa di malati , o per oscitanza degli assi- stenti con iscarsi salassi , e ripetuti a lunghi interval- li , e perciò insufficienti anche per la tarda loro ap- plicazione a moderare il furore delle celeri infiam- mazioni , o sono terminate colla morte, o hanno con- dotto i malati all'estremo pericolo , o qualche sen- sibile alterazione organica hanno lasciata nei visce- ri attaccati da infiammazione : e sono state per con- seguenza seguite da miserando cronicismo per lo più letale , pel quale gì' infelici malati hanuo condot- to una vita, che avrebbero voluto scambiare colla morte.
Riepilogando ora le poche idee emesse suil'ab li- so del salasso , sembra che possa stabilirsi , seppur non erro ,
i° Che l'abuso del salasso consiste nell'uso di questo non concorde coi bisogni della natura , os- sia nella sua mal' applicazione;
3° Che tanto il difetto, quanto l'eccesso di san- gue estratto in malattie, nelle quali convengono emis- sioni sanguigne, possono costituire abuso di salasso;
1 38 Scienze
3° Che l'abuso negativo del salasso può essere più funesto e micidiale all' infermo , di quello clic possa esserlo l'abuso positivo ;
4° Che i danni, che possono sovrastare per l'ima o l'altra specie di abuso del salasso, saranno in un medesimo individuo tanto maggiori quanto più la quantità di sangue estratto si allontanerà dai limi- ti , ai quali dovea giugnere relativamente all'essen- za della malattia e a tanti altri dati accessorj ;
5° Che questi limiti possono essere tanto varia- bili e di tanto varia estensione , quanto diverse nei diversi malati possono essere le circostanze che ac- compagnano una medesima malattia, non che gì' istos- si infermi ;
6° Che l'abuso positivo o negativo del salasso consiste solo nel di più o di meno di sangue estrat- to in relazione di quella quantità di sangue, che la essenza della malattia e tante altre combinazioni esigevano che si estraesse per ottenere un felice risultato ;
7° Che la cifra rappresentante quel più o quel meno di sangue estratto in una malattia, potrà sola dare idea del grado, a cui è giunto l'abuso del sa- lasso , e non mai l'assoluta quantità di sangue sot- tratta , per quanto quella apparisca eccedente o di- fettiva.
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Sinossi delle varie specie di difficoltà del parto , con osservazioni pratiche sul trattamento dei par- ti, del prof. Samuele Mer ri man ec. (Continuazio- ne , e fine. Ved. il voi. CU di questo giornale a facce 3o())
i 1 ella seconda parte di questo eccellente lavoro del dott. Merrimari si parla , siccome accennammo , dell' uso degli strumenti in ostetricia , e perciò nel primo articolo si fa menzione dell' uso del laccio escluso nella moderna pratica , e ben se ne rimar- cano gì' inconvenienti : si discorre quindi dei casi che ammettono l'applicazione del forcipe o della le- va , e da ultimo dei casi che l'uso addimandano del perforatore. Interessanti annotazioni e precotti vi si aggiungono per parte dell' egregio traduttore : il che accresce di gran lunga il pregio dell' opera. Nel secondo articolo , in cui si tien ragionamento della operazione cesarea , mostrasi il prof. Merriman a tor- to mal pago degli esili di cotale operazione in In- ghilterra , e dichiara pur inesatte le relazioni in pro- posito degli scrittori del continente : ma il traduttor Grottanelli giustamente oppone luminosi ragionamen- ti e fatti , che il divisamento infringono dello scritto- re inglese.
Lo spaventevole sagrifizio ( prosiegue Merriman ) delle vite , che necessariamente porta l'uso del per- foratore , o l'operazione cesarea , ha dato luogo a molte lodevoli ricerche per trovare un qualche mez- zo , onde impedire la frequenza di queste operazio- ni nei casi di deformità della pelvi. Vennero perciò
i4o Scienze
suggeriti in diversi tempi tre altri metodi , onde in- vitare gli ostetrici a determinarsi a qualcuno dei me- desimi, dietro matura considerazione delle circostan- ze che le indicassero. Tali sono, i.° la divisione del- la sinfisi del pube , per rendere maggiore la capa- cita della pelvi; 2.0 l'impedire il pieno sviluppo del feto nell' utero , mediante l'astinenza , e con qualun- que altro mezzo depletorio ; 3.° il procurare il par- to prematuro. Parla di siffatti metodi con molto sen- no l'A. , e con più fino criterio ne ragiona il tra- duttore modificando alcune espressoni del primo , ed ampliandone altre con somma aggiustatezza. Sani e morali precetti singolarmente abbiamo intorno al tem- po , al modo , e alle cautele relative alla proposi- zione del terzo metodo.
La terza parte dell' opera di Merriman abbrac- cia 35 appendici , nelle quali una doviziosa serie ri- marcasi di casi illustrativi la precedente sinossi con pregevoli annotazioni dell' eruditissimo traduttore . Lungi dal referire quanto in esse discorresi , alcun che accenneremo delle più notevoli cose. Discutonsi nella terza appendice gli effetti prodigiosi della se- gala cornuta, rimedio di deciso effetto per eccitare ed avvalorare l'azione dell' utero durante il parto. Sul qual proposito , non essendosi finqui giammai fa- vellato di tal farmaco nel nostro giornale ad istru- zione di alcuno che altre nozioni non possedesse di questo vegetabile, abbiam creduto qui riferire l'annotazione del prof. Grottanelli. „ Le osservazio- „ ni . . . hanno arricciato l'arte di fatti abbastanza „ convincenti per provare, che l'uso prudente ed op- „ portuno della segala cornuta è utilissimo. Il dott. „ Bigeschi , ostetrico nell' ospizio di maternità di Fi- ,, renze , poco dopo comparsa la memoria del sig. Bor- ,, dot, e le osservazioni di Villeneuve e Serrurier ,
Difficoltà.' de' pakti ec. i/^i
„ ha pubblicato sedici casi , dai quali risulta non „ solo la utilità dell' amministazione di questo ri- „ medio : ma ancora le rarità dei casi nei quali si „ sia trovato inefficace o dannoso, tutte le volte che ,, sia stato amministrato con le dovute cautele (Fi- „ renze , 1822). Il vomito che talvolta è occorso , „ come fa rilevare il sig. Merriman , è stato osser- „ vato ancora da Bordot : ma in quelle donne sol- ,, tanto che hanno lo stomaco molto irritabile, e che „ sono state soggette al vomito durante la gravi- „ danza.
„ 11 modo di amministrare la segala cornuta è „ non solamente quello d'infusione , ma ancora in „ estratto acquoso , alcoolico ; sotto la forma di si- „ roppo, di tintura; e finalmente in polvere, il quale „ ultimo sembra preferibile ai due precedenti , onde „ poter meglio calcolare la dose che si fa prendere. „ La polvere involta in una cialda è ancora più „ comoda per chi dee trangugiarla , e , secondo al- ,, cuni pratici , di una più pronta e sicura attivi— ,, ta. Dice Bigeschi , eh' esso ha portalo le prime „ dosi della segala cornuta a trenta grani e più , „ perchè ebbe luogo di assicurarsi , che le piccole „ dosi defatigavano l'autore inutilmente ; pure io mi „ sono trovato presente all' amministrazione di so- „ li otto grani di segala fatta dal sig. Angeloni ad „ una signora , di pelvi ottimamente conformata , „ sopra parto da tre giorni, e che a capo di tre quar- „ ti d'ora messe alla luce il figlio , il quale gode „ perfetta salute al pari della madre. Potendosi adun- ,. que ripetere la dose ogni dieci o quindici minu- „ ti , ed accrescerla sucessivamente , non sarà il par- „ tito il più sicuro quello di cominciare da forti „ dosi ; né prudenziale sarà il ripeterla così per fret- „ ta, quando datane circa mezza dramma in prin-
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,, cipio , non se ne veda alcun effetto : poiché vi „ è qualche esempio della inefficacia del detto ri- ,, medio , indipendentemente dagli ostacoli che può „ presentare la durezza dei collo dell' utero , il par- ,, to poco avanzato , e qualunque altra di quelle ,, circostanze che ne contraddicano l'uso , e ne tol- ,, gono l'efficacia ; nei quali casi sarebbe pericolo- „ so l'insistere.
„ É nell'ordine della Provvidenza che questo ri- „ medio non abbia alcun effetto , se non quando „ il parto è avanzato , e che sia un' arme inutile ,, per la malizia di chi potrebbe abusarne. La se- „ gala cornuta è conosciuta in commercio ancora col ,, nome di grano sprone , grano ghiotto, chiodo, ec. ., e consiste in una malattia (seme imbozzacchito) „ per la quale diviene il seme talvolta lungo più ,, di un pollice , e di un colore violaceo fosco. A ,, questa segala , allorché è panizzata , sono state at- ,, tribuite da alcuni varie affezioni nervose e la „ gangrena. „
Moltissime sono ancora le pratiche osservazio- ni , che nelle menzionate appendici figurano , rela- tive a certe anomalie , a mostruose conformazioni del feto , a morbosità delle parti genitali esterne ed interne, fra le quali è riflessibile la callosità o du- rezza insuperabile intorno ali y orifizio dell'utero , di cui si trascrive l'osservazione singolare del eh. pr. Dongiovanni registrata già nel voi. XVI degli An- nali di medicina del sig. Omodei. Istorie non si om- mettono di esempj di retroversione dell'utero , di ernia ventrale formata dall'utero gravido , di utero fuori di sito per lacerazione dei legamenti , e di azione violenta o impetuosa dell'utero. Nell'appen- dice XX , in cui sì fa menzione di nascite di pili feti ad un parto , troviamo , che lo scrittore ingle-
Di FFICOLT.V' DE' PAUTI EC. 1^3
so intende presentare un caso autentico della nasci- la di tre li <»li che fossero suscettibili di essere al- levati. „ E stato calcolato , che una donna soltan- ,, to in settemila abbia tre feti ad un parto , e che „ non vi sia un caso tra settantamila nascite di tre ,, figli ad un parto , che sieno cresciuti tutti , for- „ ti e robusti sino alla età di venti anni. Un caso „ rimarcabile nuovo in ambidue i rapporti è quel- „ lo recentemente comunicato. Maria, moglie di Ro- „ berto Baker vetturale a Streatham nella contea ,, di Surrey , partorì nell'i i dicembre 179G nello ,, stesso tempo un bambino e due bambine. Questi „ figli crebbero assai bene , hanno acquistato for- ,, za e vigore , e sono attualmente tutti viventi , ,, avendo nello scorso giovedì compito il ventesi- „ mo primo anno. Il padre e la madre sono egual- „ mente viventi ed in ottimo stato di salute. „ (Mor- ning Clironicle , december i3 , 1817 ) A cotale au- tentica notizia altri casi aggiugne il Merriman di straordinaria fecondità umana, estratti da alcuni gior- nali : casi però , che, a somiglianza di quello di 365 figli registrato nelle opere di Mauriceau , non es- sendo persuasivi valgono a divertire il lettore , sic- come l'istesso Merriman si esprime. Un solo ne of- friremo qui in rimembranza , cioè quello di un mi- rabile russo, Foeder Wassilief , contadino in età di anni ^5 , che scrivesi aver avuto dalla prima mo- glie quattro volte quattro figli ad un parto , set- te volte tre , sedici volte due , cosicché in venti- sette nascite ebbe sessantanove figliuoli ; dalla se- conda moglie sei volte due , e due volte tre , cioè diciotto figli in otto parti. Dunque 87 figli iu 35 nascite. Di questi ( ecco il mirabile della relazio- ne) 84 sono viventi, e tre soli nella tomba. „ La so- ,, praesposta relazione , quantunque capace di sba-
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„ lordire , venne rimessa ancora da un mercante ,, inglese dimorante in Pietroburgo ai suoi paren- „ ti in Inghilterra , aggiungendo che il contadino „ era stato presentato all' imperatrice , e la lettera ,, è del i3 agosto 1-782 , epoca in cui il contadino ,, viveva nel governo di Mosca. „
Soglionsi talvolta incautamente amministrare gli oppiati nell'emorragie uterine delle donne in par- to o in puerperio : ma contro questa il più delle volte mal augurata pratica rappresenta il N. A. gli eiFetti nocivi delle oppiate preparazioni , fiancheg- giandoli con la istoria di qualche caso ivi trascrit- to. Accennando poi alle deformità del bacino , esi- bisce in compendiato quadro le sette specie , alle quali secondo Stein e Plenk possono ridursi le va- rietà delle dimensioni del corto diametro della pel- vi, distinguendo così quali siano gl'incontri che un soccorso esigano ovvero un altro dell' ostetricante. La serie altresì ben numerosa di casi pratici , che in queste diverse appendici rimarcasi , fornisce pur degli esempj relativi all' astinenza nelle pregnanti. Desume da siffatti esempj il N. A. , che la par- chissima dieta non sempre giunge a prevenire il pie- no sviluppo del feto , e dietro alcuni istorici av- venimenti ritiene assurda la volgare opinione , che le pregnanti debbono essere secondate nei loro ca- pricciosi appetiti , perchè se alcuni possono venire senza pericolo appagati , non mancano altri di tor- nar molto dannosi o alla madre o al feto.
Avendo il prof. Merriman parlato nella sua ope- ra come per incidenza delle gravidanze estrauteri- ne , e come di cosa poco probabile di quelle spe- cialmente ventrali , ha creduto l'egregio traduttore prof. Grottanelli aggiugnere qui un lungo appen- dice in proposilo , riportando singolarmente la isto-
Difficoltà' de' parti ec. i4^>
ria pregevolissima di due casi da esso osservali. Il primo di questi venne già pubblicato ih Pisa nel 1818 ( Storia ragionata di una gravidanza della tuba falloppiana destra ) ; è l'altro formò il soggetto di una memoria da esso presentata all' accademia dei fìsiocritici di Siena, in cui trattasi di un feto , che ha dimorato nel ventre della madre circa cinque anni , durante il guai tempo questa fu nuovamen- te gravida , e le ossa di quello furono finalmente espulse in frammenti per Vano. Gotesta appendice può riguardarsi come un breve ma compiuto trat- tato delle gravidanze estrauterine. Premessa infatti la definizione di essa , non che l'interesse dell'arte e della umanità per la medesima , si parla delle va- rie specie, cause, e frequenza delle gravidanze estra- uterine , come della gravidanza tubale , della estra- uterina ventrale, di quella dell' ovaja , della gra- vidanza estrauterina simultanea alla gravidanza dell' utero , non che delia gravidanza estrauterina com- plicata all'ascite. E sebbene la gravidanza ordinaria come la estrauterina corteggiate sieno da fenomeni o forme comuni , il che rende assai malagevole il congetturare la esistenza di questa ultima e molto più la sua sede, innanzi almeno il quarantesimo gior- no ; pur non si omette di stabilire fino ad un cer- to punto quali sieno i segni più comuni ad ogni gravidanza estrauterina ; e per quali sintomi venga annunziata più specialmente ìa gravidanza tubale , o la ventrale, o quella dell'ovajo. La dovizia di sif- fatte cognizioni', per quanto estesamente esposte, non manca pur di essere da certi limiti circoscritta ed oscurata , cosicché difficolta ben possono incontrar- si sia nello stabilirne la diagnosi come nel fissarne la curativa indicazione ed il tempo conveniente del- la medesima. Ad onta però di si malagevoli oppo- G.A.T.XL. 10
1^6 S C E N 7. E
sizioni nde la pespicacia ed accuratezza del prof. Grol lelli nel rescrivere quel tanto che far dovrebbe 1 somiglieoli emergenze per la salvez- za della e e del fo insieme. E perchè l'esito di queste un ili gravlajize estrauterine suol esse- io deplora] , essendone in ciascuna specie di que- sti casi si moltissim da temere sotto qualunque punto di ta ed in ualunque epoca si prendano a consid perciò ca la più riservata prudenza ne concilimi»* s:lSS,<:) atore „ che la natura non dà „ alcun i a sperre per la salvezza del feto ; „ che attornici con sufficiente fondamento „ qualche uzo della medesima per salvare la ma- „ dio, mi averela confidenza nel rc- „ sulta! del niedùmo; che l'intervallo dell' ar- „ te è inteniente indispensabile per salvare il „ foto; e ho senza d questa, la natura spesso al- „ tro noi avrebbe faD, fuorché prolungare l'atro- „ ce mai t -io delle nulri . „ >iel proporre poi il trattameli in somiglinoli circostanze richiesto, spar- ge abbon vole la su erudizione e fino criterio in richiamar ad esame checche è stato da varj au- tori pi >, ed ii avvalorare i suoi savj cousi- gli con la posiziom non solo d»*lle sue pregevo- lissime iioni, ra pur anco con quella di mol- ti casi | estratt dalle opere di varj scrittori , che con rifa nd' aigomeuto si distinsero.
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Curii ' suucquee.
1 lago di Bolsena , di iglia litichi naturalisti forni già tanti fenomeni di ravvia , è pure ai di no- stri soggetto di studi e i ammirazione ai geo- logi , che ravvisano in so ,come nel prossimo lago di Vico, le vesligie p ani e le cavita di due vul- cani estinti in esso ed itemi alla storia. Uua cu- curiosita però di nuo\ si è V esistenza d'una croce subactjuea impian ta il fondo del lago , cioè alla profondita di cip seio sette metri, ed alla distanza di circa metri >o all' isola Bisentioa verso la sponda di Capo-di- ont< Questa croce scorgesi assai bene , attesa la li pietéza delle acque, quando esse sono tranquille, < il celo è sereno; ma i rei- terati tentativi per isv llerl nulla più ottennero , che il distacco della S] ang orizzontale. Alcuni vi han creduto discerner. an< due tronchi di più piccole croci laterali. 1 psiziouc della grande è alquanto obliqua , e 1 sosmza durissima sebbene legnosa.
Varie e vaghe soi le congetture sulP origi- ne di questa croce , poi iè piano ed il suolo dell' emissario del lago , che costuisce il fiume Marta , non può facilmente indù e credere , che le acque siano giammai state sì I s da lasciar all'asciutto la superficie ove è imp :a la croce. Meno ve-
rosimile si è l'immaginar locare stabilmente nel b Ne' passati tempi hanno sotto le acque del lago Bolsena , esistessero i ri
ìe essa siasi voluta col-
» coperto dalle acque.
ero alcuni creduto che
Ila parte che riguarda
d'una citta de' tempi
io*
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sizioni risplende la perspicacia ed accuratezza del prof. Grottanelli nel prescrivere quel tanto che far dovrebbesi in somiglievoli emergenze per la salvez- za della madre e del feto insieme. E perchè l'esito di queste miserabili gravidanze estrauterine suol esse- re deplorabile, essendoché in ciascuna specie di que- sti casi siavi moltissimo da temere sotto qualunque punto di vista ed in qualunque epoca si prendano a considerare: perciò con la più riservata prudenza ne conchiude il saggio autore „ che la natura non da „ alcuna cosa a sperare per la salvezza del feto ; „ che si può attendere con sufficiente fondamento „ qualche sforzo della medesima per salvare la ma- „ dre , ma non avere la stessa confidenza nel re- „ sultamento del medesimo; che l'intervallo dell' ar- „ te è costantemente indispensabile per salvare il „ feto; e cbe senza di questa , la natura spesso al- „ tro non avrebbe fatto, fuorché prolungare l'atro- „ ce martirio delle madri . ,, Nel proporre poi il trattamento in somiglievoli circostanze richiesto, spar- ge abbondevole la sua erudizione e fino criterio in richiamare ad esame checché è stato da varj au- tori prescritto , ed in avvalorare i suoi savj consi- gli con la esposizione non solo delle sue pregevo- lissime osservazioni, ma pur anco con quella di mol- ti casi pratici estratti dalle opere di varj scrittori , che con celebrità nell' argomento si distinsero.
Tonelli.
'•17
I
Curiosità subacquee.
lago di Bolsena , che agli antichi naturalisti forni già tanti fenomeni di maraviglia , è pure ai di no- stri soggetto di studio e di ammirazione ai geo- logi , che ravvisano in esso , come nel prossimo lago di Vico, le vestigie parlanti e le cavita di due vul- cani estinti in esso ed anteriori alla storia. Una cu- curiosita però di nuovo genere si è i' esistenza d'una croce subacquea impiantata nel fondo del lago , cioè alla profondita di circa sei o sette metri , ed alla distanza di circa metri 4°° dall' isola Bisentina verso la sponda di Capo-di-monte. Questa croce scorgesi assai bene , attesa la limpidezza delle acque, quando esse sono tranquille , ed il cielo è sereno ; ma i rei- terati tentativi per isvellerla nulla più ottennero , che il distacco della spranga orizzontale. Alcuni vi han creduto discernere ancor due tronchi di più piccole croci laterali. La posizione della grande è alquanto obliqua , e la sostanza durissima sebbene legnosa.
Varie e vaghe sono le congetture sulP origi- ne di questa croce , poiché il piano ed il suolo dell' emissario del lago , che costituisce il fiume Marta , non può facilmente indurre a credere , che le acque siano giammai state sì basse da lasciar all'asciutto la superficie ove è impiantata la croce. Meno ve- rosimile si è l'immaginare , che essa siasi voluta col- locare stabilmente nel bacino coperto dalle acque. Ne' passati tempi hanno in vero alcuni credulo che sotto le acque del lago , dalla parte che riguarda Bolsena, esistessero i ruderi d'una città de' tempi
io*
1 4S Scienze
cristiani designata col nome di Tiro : ma in oggi saria inutile fatica l'imprendere a confutare tal cre- denza , che non ha ormai più sostenitori ragionevoli. Il lago di Vico fra i monti cimini , il qua- le può dirsi germano del bolsenese , presenta un'ana- loga ma forse più sorprendente curiosità. Poco lun- gi dal centro del lago , ossia circa un miglio lungi dalla sponda meridionale, in un punto in cui l'ac- qua ha circa i/j. metri di profondita, sorgono dal fondo del bacino a poca distanza fra loro tre gran- di alberi di cerro ( quercus cerris L. ) , le cui sommità giungono appunto a fior d'acqua , onde i battellieri sono cauti nell'evitarli per prevenire ogni infortunio. Il sig. Domenico Molajoni , che trovasi a poche miglia lontano dal luogo a respirare l'a- ria salubre de'cimini, ha impegnato alcuni barcaio- li a troncare un brano di quegli alberi : lo che ha potuto ottenere come un più autentico testimonio del fatto. Il frammento presenta un legno durissi- mo, rivestito di alga, ed ostenta l'età di più se- coli. Ora in qual mai epoca può supporsi che si- ano nati e vissuti quegli alberi , mentre il lago esi- ste ab immemorabili , rammentando lo stesso Virgilio
Et Cimini cum monte lacus ec. ?
O qual circostanza mai può supporsi aver esposta all'asciutto una parte così bassa del cratere cimi- no , che altronde ha sì poca profondita in riguar- do all' imo lago bolsenese ? Si sa , è vero , che al- lorché la casa Farnese dominava in Ronciglione, cioè nei secoli XVI e XVII, fu stabilito l'emissario del lago di Vico coll'apposizionc della soglia di pietra che tuttora vi esiste : ma ciò non alterò , che di qualche palmo al più, il livello del lago stesso.
Curiosità' subacquee ìfy)
Ma questi problemi non si propongono per soci- disfare la curiosità degli intelligenti , sibbene per eccitarla a rinnovare più minute ed accessorie os- servazioni , ed a somministrare una ragionata e perentoria spiegazione delle origini e cause di ta- li fatti.
2 K
Sull'applicabilità del vapore delle acque termali al movimento di macelline opificiarie.
Jl in dall' anno 1825 in cui difFondevasi ampia- mente fra noi la celebrità degli effetti e dell' uso estesissimo degli steam - engines , o macchine a va- pore degli inglesi Watt e Woolf , già poste in uso da circa 35 anni indietro , riconobbi che ma- lagevole sarebbe riuscito allo stato pontificio par- tecipare a que'tanti vantaggi, specialmente attesa la scarsezza del carbon fossile, che nella combustione sviluppa una quantità di calorico ben più inten- so e permanente della legna , nostro abituale com- bustibile. Questo suolo in ispecie della provincia del Patrimonio, costituito in massima parte da so- stanze vulcaniche, non somministrava neppur lusin- ga di potervi rivenire il litantrace inglese ; ma al- tronde mi sembrò, che pur potesse la stessa natu- ra geologica del terreno compensarci di tale priva- zione colle copiose sue acque termali. Queste in fat- ti sviluppano costantemente un vapore senza che 1 opera umana in alcuna guisa vi concorra , e sen- za che si esiga perciò alcun dispendio di combu- stibili : e quindi si presentano pronte ad imprime-
i5o Scienze
re economico movimento ad ogni meccanismo , che congruamente vi si apponga. In tal guisa sempre più conosciamo , che quell' ammirabile provvidenza , di cui mai non giungeremo a comprendere tutti i beneficj , ha profuso in ogni luogo stupende risor- se e compensi al genio filosofico che sappia pro- fittarne. Che anzi quegli stessi vulcani, la cui poten- za formidabile cangia la superficie della terra e le posizioni de'mari , e comprende di terrore l'ani- ma umana, quegli slessi vulcani esibiscono una fon- te incalcolabile di forza motrice superiore d'ordina- rio ad ogni artificiale conlegno. Furono gli oceani barriera di divisione fra nazione e nazione , ed in oggi sono resi di più agevole comunicazione. Che se possibile pur fosse alle ignivome foci applica- re in qualche guisa moli idonee , potremmo per av- ventura conseguirne effetti immensamente più ener- gici di quelli prodotti nelle nostre macchine dal peso delle acque , dall'impulso de'venti, e dall'azio- ne degli animali. Cosi quegli oggetti che in oggi inspirano spavento , potrebbero esser interpretati per beneficj , e convertirsi in sussidio ,ai bisogni dell'uo- mo. Ma tali idee sono ora trascendentali , e può appena supporsi nella età futura il sublime con- cetto di determinarne il fondamento co'fatti. Le sca- tebre delle termali però , che pur si annoverano nella categoria de' vulcani , si mostrano più doci- li a subire il dominio e la direzione dell' uomo , ed a secondare il volere di lui ; ma anch'esse so- no immuni da tale servitù , addette solo a quel- la che loro impose la medicina.
Le fonti termali pullulano numerose noli' eslesa pianura del viterbese , ma fra esse primeggiano per la copia il cosi (letto Naviso , o Bagnacelo , che con molti altri eruditi il nostro Orioli profes. in I3o-
Del vapore i5i
legna sostenne esser l'antico Lacus Vadimoìds degli etrusci (bibL ital. T. II p. 189, e T. XIV p. 35), e quelle del Bollicarne celebrate fin dagli antichi tempi da Dante , da Fazio degli Uberti ec. , ed an- che ai di nostri dai naturalisti. Le acque del Na- viso sebbene siano più copiose , pure essendo poco accessibili sul loro margine flaltuante e compres- sibile sotto i piedi , non sembrano opportune co- me le seconde all'oggetto di trarne profitto dal va- pore. Rivolto pertanto il pensiero all' utilità , che sotto tal rapporto potrebbe trarsi dal Bollicarne, ri- marcai , che la superficie alla sorgente può calco- larsi a circa 25 metri quadrati , e che la fonte som- ministri circa 17 barili , ossia un kilolitro di li- quido per minuto. Il grado normale della tempera- tura dell' acqua alla superficie verso la sponda è di gr. 49 Reaura. , e molto gas in ispecie solfo- roso si sviluppa misto al vapore.
La temperatura dell* acqua in vero , comeche di molto inferiore all' ebullizione che impiegasi nelle macchine a vapore , non sembra a prima vista atta a produrre un effetto analogo a quelle. Ma due compensi si presentano per esser calcolati alla cir- costanza : l'uno esibito già dalla natura, l'altro da prodursi coli' arte. Il primo sono i gas elastici , che svolgendosi unitamente al vapore debbono pro- durre un aumento di forza espansile. La teoria deli' esplosione della polvere da cannone mi dimostra che la portentosa potenza di essa devesi in massima parte alla gassificazione dello zolfo , o gas solforoso ana- logo a quello delle nostre termali. Su tal proposito scrissi alcun che al prefato prof. Orioli , il quale fu di avviso , che enormi vantaggi si avrebbero dall' applicazione del calore dell' acqua termali; al gas con- densalo col metodo di Faraday: d<jl che crasi già oecu-
i5a Scienze
pato il sig. Brunel inventore ed architetto della famo- sa galleria sotto il Tamigi. Ma niuna più precisa no- tizia ho potuto ottenere sulP oggetto : e forse lo stes- so Brunel, distratto dalle successive sventure della sua impresa, ha dovuto tralasciare le osservazioni , che erano ad essa estranee.
Altro compenso artificiale poi si è quello di cir- coscrivere la superficie dell'acqua del bacino della sor- gente riducendola ad area molto minore: col qual mez- zo deve naturalmente accumularsi , e concentrarsi il vapore che elevasi da tutta l'attuale superfìcie. For- se anche indipendentemente o cumulativamente a que- ste misure potrebbesi concentrare il vapore colla di- minuzione dello spazio, ossia coli' apposizione d'una volta , o duomo a forma di cono-tronco di maggio- re o minore convergenza , basato su i margini del cratere. Alla minore apertura, ossia alla superior par- te del cono, potrebbe applicarsi la calotta , e l'intero meccanismo delle macchine a vapore modificato oppor- tunamente, ed in guisa che allo schiudersi fosse infe- riormente procurato altresì l'efflusso dell' acqua sor- gente. Il margine del cratere è formato di concrezio- ne calcare solidissima, resultante dai principii mine- ralizzanti dell'acqua: atta perciò a resistere alla pres- sione di moltissime atmosfere, non che al peso dell' in- tero duomo, che pur dovria formarsi solidissimo.
Su questi principi lessi una mia memoria a que- sta accademia viterbese nell' adunanza della classe ar- ti ed industria il giorno i3 giuguo i8a5, e coeren- temente agli iuviti ricevuti ne somministrai qualche cenno al governo. Io non riporterò qui le difficolta che accennai, ed i mezzi che proposi a superarle, né ripeterò i calcoli in allora formati : poiché erano essi in gran parte approssimativi , anzi ipotetici , per- chè non fondati su resultati di sperienze perentorie
Del vapore i53
ed esatte. Neppur posteriormente potei impegnarmi ad intraprenderle in questo paese, in cui naturalmen- te mancano a tal uopo apparati e mezzi , ed è altron- de ben noto quanti tentativi , spese, e costanza co- stasse a Watt il perfezionamento delle sue macchine. Ciò però che mi sembra potersi almeno dedur- re da quelle mie osservazioni si è, che ridotta e cal- colata la superficie del bacino del Bollicarne a dieci metri quadrati di liquido alla temperatura di gra- di 80 Reaum. , potrebbe ottenersi, analogamente alle osservazioni teorico-pratiche pubblicate dal Prediti negli annali dell'instituto politecnico di Vienna, potreb- be ottenersi, dissi, un'azione motrice eguale alla forza di circa 600 cavalli, ovvero 36oo operaj ! Di più, in tale somma non è in alcun modo compresa la forza addizionale de' gas elastici che dall' acqua stessa si sviluppano, forza di cui non si può che indetermina- tamente menzionare e supporre la quantità d'energia. Che se troppo esteso si credesse il vigore dell' intera superficie, potrebbe profittarsi soltanto di por- zione di essa. Anzi sorgenti analoghe, sebbene molto meno copiose , si osservano diffuse in moltissimi pun- ti di questo territorio e dello stato pontificio , e sopra queste più in piccolo potrebbero imprendersi esperimerenti, e costruire opilìcj. Una favorevole cir- costanza accessoria da non trascurarsi nel calcolo sa- rebbe l'ubicazione delle termali d'ordinario lungi dal- le citta, e perciò sommamente preferibile nello stabi- limento di manifatture, di lavori ec. a quelle degli opi- ficj posti nel seno di grandi popolazioni dedite agli agi ed al lusso civico. In fine , se da alcuni econo- misti venne condannata in Inghilterra la moltiplicazio- ne delle macchine , le quali rendono inoperosi fino a due milioni d'operaj , è ben chiaro , che siffatti sus- sidj sarebbero sommamente proficui alla meridionale
1 54' Scienze v
parte dello stato pontificio ove si deplora universal- mente la scarsezza delle braccia.
Questi riflessi però altro scopo non hanno , che indicare i vantaggi dell'applicazione meccanica del va- pore delle termali , e determinare qualche volontà effi- cace a sperimentarlo , e a trarne profitto. Dubito però che sia per esser questa una lusinga , poiché oggimai è dimostrato lo spirito di associazione esser langui- dissimo in questi paesi , e nullo poi , allorché den- tasi dirigere a speculazioni straordinarie e nuove , e che siffatte associazioni sono il sistema più certo per le vaste imprese.
È riserbato alla ricca ed intraprendente In- ghilterra con tali mezzi tentare ed eseguire In im- mense vie rotaje di ferro , le imponenti illumi na- zioni a gas , l'escavazioni di canali , l'immenso com- mercio delle Indie , e le macchine grandiose ed inge- gnose d'ogni sorta , mentre
„ A noi fervide ardite itale menti „ D'ogni dottrina insegnatori altrui ,
resta la facoltà di somministrare sovente agli este- ri i lumi ond' eglino ci si mostrino più grandi , e d'indicar loro i mezzi ed i luoghi a conseguir glo- ria e vantaggi , de' quali qualche brano appena ci si ridona in compenso ! Il vapore delle nostre ter- mali pertanto , non sorgendo in un suolo in cui si voglia o si possa procurarne il vantaggio , prose- guirà , come sempre in addietro , a disperdersi li- li eramente per 1' atmosfera.
S. Camilli.
[55
=se
Slato del commercio di Canton colle nazioni este- re . ( Vedi anche giornale arcadico tomo 38 ann. 1828).
Commercio inglese con Canton nella stagione fra Vanno 181 7 e 1818.
A,
ammontare delle mercanzie d'importazione a Can- ton per conto della compagnia delle Indie orienta- li inglese , in 16 bastimenti , la portata de' quali fu di 21000 tonnellate (1):
147,090 Pezze di panni di lana 16,042 Dette di cammellotti 16,778 Cantara cinesi (2) di piombo
77.35 Dette di stagno \r=% 5,o45,ioo
5o2 2 Dette di ferro
1227 Dette di legno sandalo 32449 Balle di cottoni sodi delie Indie
Ammontare delle mercanzie d'importazione a Can- ton , per conto del commercio privato inglese delle Indie orientali (3), in 3q bastimenti la portata de* quali fu di 2/4000 tonnellate.
(1) Una tonnellata inglese , di peso , contiene 20 can- tara , ognuna di 112 libre, o libre i-xfo di 16 onde la tonnellata. La tonnellata di misura estensiva contiene ^1 piedi cubici.
(■>) Un cantaro cinese chiamato Picul corrisponde a libre 178 di Roma.
(3) Questo è il commercio diretto fra le Indie orien- tali e la Cina , che la compagnia inglese permette
i56 Scienze
i55,434 Balle di cottoni sodi delle Indie]"
6,oG8 Cantava cinesi di stagno f
ao,5Go Dette di pepe t
G, 184 Dette di giunchi d'India I
11,340 Dette di Betelnut (1)
agli abitanti delle Indie suoi sudditi, ed agV inglesi sta- biliti in India , sotto certe restrizioni , e con bastimenti chiamati Countrag Ships , vale a dire costruiti in India. (1) Betelnut. Questa è una denominazione abusiva in commercio , composta dalle voci inglesi betel nut. Betel foglia d' una pianta rassomigliante quella del pesca , e cresce rampante come l' edera , avviticchiandosi in- torno agli alberi ; e nut noce. Ma per betelnut non se deve intendere che la noce o il frutto delV areca , ge- nere di palma della classe palma monoecia enneandria : la qual noce 0 frutto , in grandezza ed in apparenza in- teriore ed esteriore , si prenderebbe per una noce mo- scata. Questo è l'articolo d'importazione a Cantori , il quale , a chiamarlo propriamente pel suo vero nome , si dovrebbe dire areca , ed in inglese areca nut , cioè no- ce di areca , e non betelnut , perchè betel è una pianta che non produce noce , ed areca una palma : e mag- gior differenza non saprebbe esistere fra un albero c'.i palma , ed una pianta rampante.
Gì inglesi , americani , o altre nazioni nel loro viaggio per la Cina , passando gli stretti della Sonda , ove la noce areca si produce , ne fanno acquisto , e la ven- don poi sul mercato a Cantori.
La foglia betel, la quale ha qualche rassomiglianza colla foglia dell'edera , ma più allungata , morbida , polpu- ta , e piena d' un sugo color di rosa , ha la virtù , credo-
Note in.tou.xo la. Cina
107
3,121
1,296
»»974
3,977
3,945
369
7,892 63 1
3,795 1,913
'79 i35
2,435
Dette di pinne di pesce cane .
Dette di ventri di pesce
Dette di mirra
Dette d'incenso
Dette d'ebano
Dette di legno sandalo
Dette d'avorio
Dette di nitro
Dette d'argentovivo
Dette di piombo
Dette di chiodi di ferro
Dette di bleu di Prussia
Dette di smalti
Casse d'oppio (1) delle Indie
orientali Perle orientali Manifatture di cottone
11,081,600
Totale „ 16,126,700
no gV indiani ed i cinesi , di fortificare i denti , e di rendere V alito odoroso : per cui fra i medesimi e la fo- glia betel generalmente in uso , masticandola come fra gli europei ed americani il tabacco. Ma dentro alla Joglia quasi sempre s* involge della' calcina viva , e pezzetti della noce areca : e questo boccone allora , oltre che fortifica i denti e le gengie , rende Z1 alito fra- grante. È creduto parimenti efficace per confortare i ner- vi o il cervello ; per espellere la bile ; e per preservar dall' asma.
(1) L'oppio entra in Cina tutto in contrabbando , es- sendone dalle leggi di quel paese rigorosamente proi- bita la introduzione . L 'ammontare dell 'oppio , che procede dalle Indie orientali , è di sei a otte milioni di scudi air anno , come in altra occasione ho notato. Oltre di quest'' op- pio , che è prodotto dall'Indie orientali , ve né circa una
I 58 S C I K N Z £
Ammontare delle mercanzie d'esportazione da Canton , per conto della compagnia inglese.
i2 4?484 Cantara cinesi di tè nero 36,ìo8 Dette di tè verde 417 Balle di seta grezza aio,ooo Pezze di nankin p?Oi'$'»479
Diversi altri articoli di lungo dettaglio.
Spese in Canton.
Per sondare il mar della Ci- na (1)
Ancoraggio di Canton , pi- lotaggio , ed altre spese
Sbarco, e spese della fattoria S „ 4o3,i2i
Provvisioni pel viaggio di ritorno in Europa
Disborsi dei comandanti de' bastimenti
„ G,534,6oo
metà del suddetto quantitativo , il quale gli americani e gl'inglesi annualmente portano dalla Turchia in Cina , essendo questo prodotto delV Asia minore. Questa droga , come già fu detto , sì vende in Cina a pronti contanti , dove poi si fuma , e questo vizio trascina molta gerite a prematura morte. \
(1) La compagnia , a quelV epoca , aveva mandati dalle Indie orientali due suoi bastimenti fra il Giappo- ne , la Cina , e le isole della Sonda espressamente per sondare quei mari ; e le mercanzie della Cina ne dove- vano pagare le spese.
Note intorno la Cina i5<j
Ammontare delle mercanzie d' esportazione da Canton , per conto di commercio privato inglese delle Indie orientali.
55o,ooo Cantara cinesi di zingo (i) ?
1,700 Dette di seta grezza ^
7q4 Casse di manifatture di seta
433,ooo Pezze di nankin
ao,a5o Cantara cinesi di zucchero
candito 1 3,ooo Dette di zucchero in polvere io, 148 Dette di tè nero 8,548 Dette di tè verde 5,ooo Dette di cassia lignea 1,810 Dette di canfora i2,5oo Dette eli allume
726 Dette di anisi stellato 200 Dette di ottone in foglio 100 Dette di fior di cassia 92 Dette di gommagutta 3„45 Dette di muschio i,5 00 Dette di contane 3,4oo Dette di radice cina 2,600 Dette di gallangal 128 Dette di vermiglione, 720 Dette bi rabarbaro
Porcellana, tartaruga, madre- perla , ed altro.
„ 3,C42,ioo
Spese in Canton.
Ancoraggio di Canton , pilo- taggio , ed altro
(i) È proibita V 'esportazione d'ogni sorte di metallo dalla Cina ; il zingo dunque tutto ciò eli è metallo esce dalla Cina in contrabbando.
160 Scienze
Sbarco , e spese d'alloggio
Provvisioni pel viaggio di ri- à ,\ 3 18,000
torno in India Disborsi de' comandanti de'
bastimenti.
Totale „ io,494'700 Bilancio a favore degl' inglesi „ 5,632,oo<>
•7^ 16,126,700
Questa passività di 77 5,632,ooo dei cinesi col commercio che fanno cogl' inglesi , non origina dal commercio diretto colla compagnia inglese , ma è il risultato del commercio privato inglese , o l'impor- tazione principalmente di cottoni sodi , e di oppio delle Indie orientali, di recente accresciuta ad una quantità immensa.
Il commercio cogli americani e coli' Inghilterra proprio , ossia colla compagnia delle Indie orientali inglese , è tuttavia attivo per la Cina : ma quello cogli abitanti delle Indie orientali , cioè il commercio privato inglese, è divenuto d'un enorme annuale sbi- lancio per la Cina a favore della Gran Brettagna , essendo gli abitanti delle Indie orientali sudditi del- la compagnia o sudditi inglesi , che in questo caso è l'istessa cosa.
Commercio coli' Inghilterra proprio , ossia col- la compagnia inglese :
Importazione a Canton 77 5,o45,ioo Esportazione da Canton „ 6,1 3 1,479
Attività a favore de' cinesi v? 1,086,379 Il commercio cogli americani è proporzionata- mente più attivo per la Cina , come si vedrà qui appresso , di quello coll'Inghilterra proprio , ossia
Note intorbo la Cina iGi
colla compagnia inglese. Come parimenti lo è il minor commercio che i cinesi fanno coi portoghesi , olandesi , spagnuoli , francesi , e danesi.
la complesso si può calcolare che fin ad ora l'ammontare delle mercanzie T che i cinesi comprano in Canton dalle nazioni estere , eguagli quello del- le mercanzie che essi alle medesime vendono. Ma la Cina ha deviato considerala] mente dal suo sen- tiere , e si è di già resa troppo dipendente da uà commercio, che più non può arrestare senza cau- sare la ruma di circa una terza parte della sua popolazione , e che provera se'iza dubbio d'essergli fatale un giorno.
Il previlegio che la compagnia delle Indie orien- tali inglese ha di fare il monopolio esclusivo colle In- die e colla Cina, cesserà nell' anno 1 834* Se il con-» tratto di questo privilegio non si rinnova , in se- guito, dopo l'anno 1 834? ogni suddito inglese sa- rà libero di commerciare a sua volontà colle In- die e colla Cina. Quando 1' intera nazione ingle- se potrà liberamente trafficare col porto di Canton , non passera molto tempo senza che la Cina s'im- brogli coli' Inghilterra , perchè il capitano e V e- quipaggio d'una nave inglese non più così come ora , a torto o a ragione , tanto obbligati e vi- gilati da' sopraccarichi della compagnia nel porto di Canton a tenere , verso de'cinesi , quell' istessa con- dotta che ora la compagnia impone a' suoi basti- menti ed impiegati , per tema di qualche svan- taggioso interrompimento al suo lucrativo commer- cio con (pie! paese ; allora , ogni qual volta avrà luogo una di quelle dispute di facile occorrenza fra marinaj inglesi e cinesi , gì' inglesi credendosi più liberi a reprimere un' ingiuria , o un vero o supposto affronto nazionale , la romperanno coi ci- G.A.T.XL. ii
1G2 Scienze
nesi ; e coli' andar del tempo , servendo ciò di pre- testo all' insana avidità di conquista , potrà , quell' istessa sorte che attese le Indie orientali o 70 mi- lioni d'individui , attendere le provincie meridionali della Cina.
Lo scrittore di queste righe nell' anno i8f9 era uno de' convitati al pranzo che la fattoria in- glese in Cantori da all'apertura del commercio, il qua- le ha luogo tutti gli anni nel mese di settembre. La stagione essendo ancor calda , la mensa fu ap- parecchiata nella bellissima loggia della fattoria. I cinesi , mentre si desinava , dalla strada tirarono varie sassate alla comitiva. Il capitano Thomas La- rhinges, comandante d'una delle navi della compa- gnia inglese , nominata il Marchese Camdem , ricevè una sassata nelle spalle ; ed a Onurato Martucci, che riferisce il fatto , glie ne toccò una di sbalzo al- la fronte della gamba dritta.
Nel susseguente anno 1820 , otto o nove dei scritturali o sopracarichi della compagnia , passeg- giando in campagna a piccola distanza dalla citta di Cantori , furono presi a sassate da' cinesi , e qual- cuno della compagnia ritornò alla fattoria colla te- sta rotta.
Neil' istess' anno , giù a Macao, il segretario ed il credenziere della fattoria inglese furono , nella propria residenza , attaccati da'cinesi , ed il creden- ziere ne rimase ferito da un' arme da taglio.
Questi avvenimenti , e la maniera inoltre col- la quale fu rimandata indietro l'ultima ambasciata inglese da Pekin , in altre circostanze sarebbero sta- ti più. che sufficienti e plausibili molivi per doman- darne ragione e risarcimento.
NoTK INTORNO LA ClNA
iG3
Commercio degli americani con Cantori nella stagione fra Vanno 1818 e 18 19.
.Ammontare delle mercanzie d'esportazione da Can- ton , in 4(3 bastimenti americani , la portata de'qua- li fu di 16022 tonnellate.
i5i,of)7 Cassa di tè di digerenti qua- % Illa 5,o38 Cantara cinesi di cassia li- gnea 3,^47 Dette di porcellana 999 Dette di sluoje 483 Dette di rabarbaro 5G9 Dette di canfora l 7=7 9,041, 755
437 Dette di vermiglione 4 i,j)53 Dette di zucchero in polvere 709 Dette di zucchero candito 1,076 Dette di gallangal 823 Dette di seta da cucire 291,396 Pezze di manifatture di seta 2,290,400 Dette di nankin
Ammontare delle mercanzie d'importazione a Can« loti , co' medesimi 4^ bastimenti americani.
i,4 1 4 Cantara cinesi di ginseng (1) ? 818 Dette di oppio di Turchia §
(1) Ginseng , parola cinese composta da Gin uomo , e Song figura. Quest* è una pianta , i cui rami colla ra- dice ai cinesi sembra die rassomigli alla figura dell' uomo. La radice è una delle principali medicine dei cinesi e tartari , la quale cura tutti i mali , e come fra gli europei alcuni altri ingredienti , è fra i cinesi e i tar-
II*
i64 Scienze
9,345 Dette di argento viyo
1 3,248 Dette di piombo
8,596 Dette di ferro
i4,402 Dette di rame
3,954 Dette di stagno
8,391 Dette di betelnut
84 Dette di cocciniglia It^ 2,8o3,i5i
Ci 1 4 Dette di ebano
114 Dette di garofani
10,02 Dette di legno sandalo
84 Dette di corallo l36, 188 Pelli per pelliccerie
1,788 Pezze di cammellotto
Colonnati di Spagna, bilancio a
favor de'cinesi „ 6,"a38,Go4
oT 9'04'»755
tari la loro panacea. Cresce questa pianta presso a poco fra il 4o"J0 e 5owo grado di latitudine settentrionale , e fra il io»»" e ao'»o grado di longitudine orientale dal meridiano di Pekin. Nel principio del i^mo secolo si scoprì crescere questa pianta anche neW America set- tentrionale , in Virginia , Pensilvania , e Canada. E gli americani la portano ora a vendere ai cinesi. Il Gin- seng della Cina , o Tarlarla Cinese , considerato da cinesi di qualità soprafinissima , si vende in Cina al minuto a peso d'oro , e ad assai più caro prezzo quel- lo più scelto. Ma il Ginseng americano , riputato di qua- lità assai inferiore , si vende proporzionatamente mollo più a buon mercato.
Il nome botanico di questa pianta è Pinax Quin- quefolium , famiglia delle Amilacee.- Pedi Giornale Ar- cadico nella - jSota seconda spettante la Cina - Tradu- zione dalla gazzetta di Pckin , i^ aprila 1819 , ove si J'a intuizione di queòla pianta.
Note intorno la Cina iG5
L'ammontare del commercio che Cantori fa ogni stagiona, ossia ogni anno , coile altre nazioni estere , si può calcolare approssimativamente a circa io mi- lioni di scudi: ciò che unito ai milioni dogli ameri- cani, e a' i0 milioni degl'inglesi, fa ascendere l'annua! commercio che il porto di Canto n fa colle nazioni estere, non includendovi il Giappone, le isole Fi- lippine, le isole della Sonda, Siam, Camboja, Coc- cincìna, Tonchio, ed altri convirini stati, dove i ci- nesi slessi , colla licenza dell' imperatore , vanno a trafficare coi proprj bastimenti , alla somma di 3:> milioni di scudi. Tutto questo commercio si maneg- gia in Canton con un tal buon metodo ed ordine , e con una facilita che fa ben conoscere essere i ci- nesi molto più avanzati di qualunque altro popò lo della terra nel modo di far affari coi forestieri in Canton o nel loro paese. Perchè i cinesi giustamen- te supponendo i forestieri poco o punto esperti o istruiti dei loro usi, costumi , lingua del paese, e soprattutto dei loro regolamenti e diritti di do- gana , i mercanti o negozianti cinesi sono dalle lo- ro leggi obbligati a pagare i ci a z j tanto delle merci d'importazione, quanto di quelle d'esportazione. Co- me altresì sono obbligati a pagare , e far tutt' al- tro che riguardar possa lo scaricare ed il rica- ricare delle navi forestiere . Solamente i battelli ci- nesi che scaricano le merci d'importnzione seno ne- gati dal forestiere, a nolo fìsso e stabilito dall'* l"g- gi , e nulla più. Di maniera che a un forestiere in Cina , dopo di avere stabiliti i prezzi della vendita del suo carico d'andata , ed i prezzi della compra del suo carico di ritorno , sull'altro rimane a fare, mandato che gli hanno i cinesi tutte le sue mer- canzie a bordo , franche d'ogni sorte di spese , che
iG6 S e i e n z r.
di ritornarsene via tranquillamente dalla Gina pè' fat- ti suoi.
Ha dato più da fare allo scrittore di questo righe lo scaricare una sola cassa di mercanzie a Londra , o di caricarla per l'estero , di quel che gli diede da fare in Cina lo scaricare e ricari- care la sua nave che portava i4oo tonnellate di pe- so , corrispondenti a libre 4t*8i,333 di Roma.
Onorato Martucci
ìG'j
LETTERATURA
Piaggi di Marco Polo illustrati e commentati dal conte Gio. Battista Baldelli Boni, preceduti dal- la storia delle relazioni vicendevoli dell' Euro- pa e dell' Asia. Firenze da torchi di Giuseppe Pagani 1827. Voi. quattro in 4-° con un atlan- te di due carte geografiche.
Oul declinare del secolo XIII , allorquando la re- pubblica di Venezia aveva grande potenza ed un commercio vastissimo , Marco Polo d'illustre famiglia veneziana viaggiò per ventiquattro anni in Asia. Vi- de la Palestina , l'Armenia , la Persia , la Tartarìa , e specialmente il Catajo , la Gina , e l'India. Co- nobbe varie corti , e fu in grande onore presso di- versi sovrani. Ritornò in patria nel 1295 ricco di gioje e di cognizioni , e fu eletto membro del gran- consiglio. Raccontando le cose vedute, e specialmente quelle del gran can del Catajo , nominava spesse volte le migliaja e i milioni , e cosi acquistò a se stesso il soprannome di Milione.
Nel 1298 i genovesi avendo spedito Lampa Bo- ria con settanta galere nell'Adriatico per danneggiare i veneziani , questi gli mandarono incontro Andrea Dandolo con novanta galere , una delle quali era capitanala dall'animoso viaggiatore Marco Polo. A dì 8 settembre si venne a battaglia presso Ciuzola : i
iGS Letteratura
veneziani furono disfatti , e Marco Polo fu fallo
prigioniero.
Condotto a Genova, concorsero tanti per cono- scere un uomo cos'i celebre e per udire le cose raaravi- gliose da lui vedute, che ne fu in breve tempo anno- iato. Da ciò ne venne, che da un nobile genovese suo amico fu consigliato a porre in iscritto la relazione del suo viaggio ; ed avuto agio di far venire da Vene- zia i suoi memoriali e le sue scritture , la dettò in fran- cese ad un pisano detto Rustichello suo compagno d'in- fortunio. Liberato poco dopo dalla prigionia per la pace seguita fra le due repubbliche , ritoccò ed am- pliò ( forse in dialetto veneziano ) il suo libro , il quale dal soprannome dell'autore fu di poi denomi- nato Milione. In breve tempo il medesimo si di- vulgò , e ne fu di copie tutta Italia ripiena.
Gioverà intanto accennare che il Boccaccio tras- se da quest'opera la novella del Veglio della Mon- tagna (a) : e che nel beato Catajo finse il cantore dell'Orlando Innamorato che avesse cuna quella va- ghissima Angelica che diede al ferrarese Omero ar- gomento di magnifici episodj.
Ma ciò che più interessa è , che la relazione del Polo somministrò molti lumi al celebre cosmogra- fo fra Mauro , ed ebbe molta influenza nelle gran- di scoperte geografiche del Capo di buona speran- za e dell'America.
Sappiamo di fatti dal Ramusio , che l'infante D. Pietro di Portogallo venuto a Venezia nel 14.28 portò all'infante D. Enrico suo fratello molti li- bri , e fra gli altri ,, quello del magnifico messer „ Marco Polo viniziano , che da lui fu portato a
(a) Mann, lllustr. del Decani, p. :i3o.
Viaggi del Polo i(x)
„ Lisbona , che gli fu donato come un singoiar pre- „ sente , e il detto di poi tradotto nella loro lin- „ gua fu gran causa che tutti quelli serenissimi s'in- „ rianimassero a voler far scoprire l'India , e so- ,, prattutto il re D. Giovanni (a). „
A questo racconto del Ramusio soggiunge il nostro A. „ D. Enrico dava stipendio a Patrizio , de'Conti , console di Venezia in Portogallo , uo- , rao celebre per lo suo valore in geografia. E que- , sto Conti rendè un segnalalo servigio a D. En- , rico, fattosi mediatore di porre ai suoi stipen- , dj il celebre Alvise da Ca da Mosto , che tan- , to inoltrò congiuntamente ad Antonietto Uso di , Mare genovese gli scuoprimenti affricani dei por- , toghesi. Morto l'infante D. Enrico, nel re Alfon- , so si trasfuse il genio delle scoperte , ed esso , per mezzo di Stefano Trevisan mantenevasi in re- , lazione con Venezia. Giunta alle orecchie del re , la voce della celebrila del cosmografo fra Ma- , uro , commessegli un mappamondo , che egli ese- , guì , ove notò tutti gli scuoprimenti fatti sino a , quei tempi , ed anche vi espresse la possibilità , di fare per mare il giro dell' Affrica , e di giun- , gere all'India per quella via. Di quel celebre , lavoro ebbero copia il Coviglian ed il Pavia, che , furono inviati nel i4^7 ad esplorare le cose in- , diche ed abissiniche. Finalmente Vasco di Gama , condusse a termine il sospirato passaggio alle In- , die (b). „
Ed a proposito di queste scoperte de' portoghesi il N. A. pubblica una interessante lettera inedita scritta
{a) Barn. nov. voi. /, pag. 194 A.
{b) Storia del Milione $. LXV e LITI.
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sotto li 4 giugno i5ot dall'isola di Capo Verde da Ame- rigo Vespucci a Lorenzo di Pier Francesco de'Medici. Essa è tratta da un celebre manoscritto di Pier Voglienti , che conservasi nella biblioteca riccardia- na niirn. 19 io pag. /\8 , e contiene notizie interessan- tissime (a).
In quanto allo scuoprimento dell'America av- verte l'A. , die nel secolo XV fioriva in Firenze un uo- mo insigne detto Paolo Toscanelli ,il quale era astrono- mo, medico, e geografo. Egli pensava che a risultamen- ti utilissimi si potessero -rivolgere gli scuoprimenli del Polo ; e che stante la forma sferica della ter- ra , non solo per oriente e mezzogiorno si potes- se giungere alle felici regioni ove nascono le spe- zierie , ma anche per occidente : cammino eh' egli stimava più breve.
Contemporaneamente al Toscanelli Cristofano Colombo volgeva nell' animo di tentare quella via per giungere alla terra delle spezierie : e come ac- cadesse ch'ei concepì tale disegno è da udirlo dal- lo storico Giovanni di Barros : „ Vedendo ( il Co- „ lombo ) che il re D. Giovanni ordinariamente man- ,, dava a scuoprire la costa d'Affrica coll'intenzio- „ ne d'andare per questa via all'India , perciocché ,, era letterato, e sapeva nelle cose della geogra- „ fìa , e leggeva Marco Polo che modernamente fa- „ vellava delle cose orientali del regno del Cata- ,, jo , e parimente della grande isola di [Cipango „ (cioè del Giappone) , venne a fantasticare che per „ questo mare Oceano occidentale si poteva navi- „ gare tanto , infin che si andasse a quest' isola di „ Cipango e ad altre terre incognite (b) . „
(a) lbid. S. LXFI. not. 2. {b) Asia. dee. I pag. 55.
Viaggi del Polo 171
Sentendo il Colombo celebrare la dottrina del Toscauelli , lo interrogò intorno alla possibilità del viaggio dell'India per la via occidentale , e n' eb- be in risposta , che non solo era possibile , ma ve- ro e certo , e che sarebbe di fama , di onore , e di guadagno inestimabile. Il Toscanelli gli mandò eziandio una carta nautica , nella quale disegnò da una parte le coste dall'Irlanda alla Guinea , e dall'al- tra il principio delle Indie , il Catajo , e Cipan- go (a). Allora il Colombo ad altro più non pen- sò che ad eseguire la sua impresa , sebbene , al di- re del citato storico Barros „ tutti stimavano scioc- „ chezze la di lui parola di giungere all'India per „ ponente, per essere tutta ' fondata sulle immagina- „ zioni e cose dell'isola di J^ipango di Marco Po- ,, lo (b) . „ L' efletto dimostrò che il Polo ed il Colombo non erano punto ne sciocchi ne fantastici. Le grandi scoperte geografiche del Gama e del Colombo avendo accresciuto la fama del Polo , il Ramusio segretario della signoria di Venezia inco- minciò a pubblicare e ad illustrare il Milione : e quest'opera insigne fu di poi tradotta in tutte le lingue dell'Europa. Ultimamente la illustrarono in Italia il chiarissimo Zurla ( ora eminentissimo cardi- nale ) (e) , ed in Inghilterra il Marsden. E men- tre queste due opere uscivano alla luce , incomin- ciava appunto a stampare la sua l'ili, sig. Baldclli.
(a) Ferri. Coloinb. L. C. p. 55.
(b) Asia L. C.
(e) Di Marco Polo , e degli altri viaggiatori più il- lustri. Dissertazioni del P. ab. D. Placido Zurla con ap- pendice sulle antiche mappe idro-geografiche , lavorate in re ne zia; 2 voi. in 4.0 Venezia Picotli 18 18.
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Il Milione del Polo sul principio del secolo XVI , cioè pochi anni dopo che era stato compo- sto , fu voltato in volgar fiorentino: ed un testo a penna del medesimo ebbe l'alto pregio di esse- re una delle pure sorgenti , alla quale attinsero i compilatori del vocabolario della crusca non poche voci che si cercherebbero vanamente in altro scrit- tore del secol d'oro della favella. Il legislatore del- la medesima , il Salviati , pose come trigesimaprima in grado di tempo questa prosa. Ma non solo per antichità , all'avviso dello stesso Salviati , merita lo- de grandissima il Milione del Polo, ma eziandio pei pre- gi della favella. „ Accanto alle pistole di messer „ Pietro delle Vigne ( ei dice ) per antichità di fa- „ velia , e per purità e bellezza di parole e di „ modi, il Milione di messer Marco Polo dettato l'an- „ no 1298 per nostro avviso si conviene allogare, „ e havvene una copia che fu già dello Stradino an- „ tica e corretta oltremodo (a). „
Il Baldelli , accademico della crusca , maraviglia- vasi non poco nel riflettere che avevano veduto la luce alcuni lesti di lingua di poco o niun con- to , e che tuttora restasse inedito il Milione , quel testo appunto dagli accademici della crusca citato. Parvegli pertanto di recare un servigio alle lette- re ed alla lingua coli' addossarsi un tale lavoro.
,, Per condurre a termine il mio disegno (scri- „ ve l'A.) faceva d'uopo imbattersi nel testo che „ rammenta il Salviati , ossivvero in copia di pre- ,; gio a quella non inferiore. E i benemeriti compi- „ latori dell' ultima ristampa del vocabolario furonmi „ in tale inchiesta utilissimi. Notarono quei dot-
fi?) Salv.arivert. della ling. Napoli 17 f2 v. IT p. r <{.
Viaggi del Polo i^3
„ ti uomini di essersi valuti di un testo a penna ,, che fu già di Pietro del Nero , passato poscia ,, fra' manoscritti Guadagni , indi dell' accademia , „ scritto da Michele Ormarmi morto nel i3o<), co- „ me ve lo aveva notato Pietro del Riccio. Dietro „ cotali indicazioni feci ricerca di questo prezioso ,, codice , che avventurosamente trovai fra* mano- „ scritti della doviziosa biblioteca magliabecchiana , „ ove passarono quelli dell' accademia (a). „
Nel pubblicare il testo di lingua , volle an- che il Baldelli giovare alla storia ed alia geogra- fìa. Quindi incominciò dal premettere una „ Storia ,, delle relazioni vicendevoli dell' Europa e dell* ,, Asia dalla decadenza di Roma fino alla distra- „ zione del califato : „ cioè sino al 1258. È que- sta divisa due parti , ed in sedici libri , ed occu- pa 974 pagine in 4-° Siegue un copioso indice del- le materie in pagine 27. Incomincia l'A. dall' os- servare che „ la storia dell' Asia , o della più ii- „ lustre parte del mondo , è per ogni rispetto de- „ gna di studio. Ivi fa d' uopo cercare i' origine „ della legislazione , delle scienze , delle lettere , del- „ le arti. L'Asia ora dominatrice, ora serva, in tan- „ te vicende ebbe la più grande influenza sulle li- „ mitrofe parti del mondo (pag. 4)-« Prosiegue quin- di il suo lavoro indicando sempre i fonti dai qua- li trasse le cose che narra. Eccone alcuni tratti : „ Regnando Giustiniano e Giustino II (cioè nella „ meta del secolo VI) nuove barbare genti si ap- „ pressarono ai confini dell' imperio. I bulgari e „ gli ugri , dalle rive orientali del Volga e dai mon- „ ti urali che abitavano , si accostarono al Danubio,
(a) Storia del Milione §. Ili,
I74 LETTERATURA
„ assaltarono le terre dei greci , e riuscirono a sta-
„ bilirsi lungo il fiume Si renderono noti
„ anche a quei tempi gli abari ed i turchi , po- ,, poli di unnica origine. Dopo l'avanzamento ver- „ so l'occidente degli unni , le genti che abitava- „ no la parte boreale dell' Asia , nell' infortunio del- ,, la guerra si volgevano a quella parte ... I tur- „ chi furono vassalli degli abari . . . Tu-muen lo- „ ro capo si ribellò , e riportate alcune vittorie rie- „ sci ad insignorirsi del paese , che è a settentrio- „ ne e ad oriente della catena dell' Imaus. Il pae- „ se da loro abitato fu detto dagli orientali Tur- „ kestan , e dai viaggiatori europei la gran Tur- „ chia . . . Furono i turchi di gran travaglio ai lo- „ ro vicini, i persiani ed i cinesi, e s'impadronirono „ della Transossiana e della Sogdiana . . . Erano i „ sogdiani i vettori delle merci cinesi nell' occiden- „ te ... Il can de turchi trattò (nel 58o) con Giu- „ stino per fermare pace seco lui , e gli ofìrì di far „ con esso il diritto traffico della seta. Da indi in „ poi frequenti furono le relazioni del greco impe- „ rio col turco ( pag. 96 98). Decac , uno dei va- „ lenti condottieri di quella feroce nazione, fecesi mao- „ mettano , e i suoi ne seguiron l'esempio , e diven- ,, nero austeri e saldi osservatori del Corano. Esso „ ebbe un figlio detto Selguk , che giunse ai primi ,, uffizi della corte di Bega can della gran Turchia ; „ ma per ignote cagioni abbandonato il suo signo- „ re , colle sue genti si riparò nel territorio di Boc- „ cara : e quegli avventizi , per distinguerli dai tur- „ chi , furono dai persiani turco-manni appellati
» (Pag- 493 499)- »
„ Gengiscan", gran can dei tartari e dei mogol- „ li , fu (sul principio del secolo XIII) il terrore dell' „ Asia. Tutte le popolazioni fuggivano all' appres-
Vjaggi del Polo 170
„ sarsi dei mogolli. Allora avveane che una tribù tui- „ co-manna detta di Cayi Klianli , composta di quat- ., trocento quaranta famiglie , risolse di abbandona- „ re il territorio di Mahon per cercare asilo nell' „ Armenia vicino a Kelat. Anche ivi perseguitato „ dai mogolli , otto anni dopo guidata da Ertogul ,, passò nell' Asia minore : ivi quel condottiero ot- „ tenne , col titolo di capitan di confine , un lerrito- „ rio vicino ad Angora dal sultano d'Iconio , ove „ si fermò colle sue genti. Giovandosi della debo- „ lezza de' greci in Asia , si usurpò varie terre , e „ l'ingrandita signoria trapassò ad Ottomano suo „ figlio. Distrutti nel mille trecento i selgiudichi di „ Rum , il feudo permutassi in assoluta sovranità , ,, che passò ai discendenti di Ottomano, i quali s'in- „ titolarono sultani : e così ebbe vita a nome la for- „ midabile potenza dei turchi ottomani (p.488, 4^9)' » Premessi questi due volumi sulla storia delle relazioni vicendevoli dell' Europa e dell' Asia , si accosta l'A. a Marco Polo. In altro volume , che è il tomo primo dell'opera, narra la vita del viaggia- tore in 3a pagine, e fra le altre cose scrive: „ Di- „ rimpetto alle peregrinazioni del Polo fauciullesche „ sono quelle dei celebrati argonauti. Ei solo ar- „ ricchi di più lumi l'Europa , che la dotta Grecia , ,, la potente Roma : ed i posteri hanno allogato il ,. Polo fra' più rari ed illustri figli della nostra pe- „ nisola. Ed a mio avviso merita di essere l'Ero- „ doto italiano appellato . . . Narrarono ambedue ,, cose non più vedute , né udite , e n'ebbero fama ,, di menzogneri ; quantunque dichiarassero di nar- „ rare non solo ciò che videro , ma ciò cho udi- „ rono , in etadi nelle quali non era argomento di ,, vanita il non credere , anzi gli uomini per natu- „ ral lealtà erano creduli di soverchio ; per le fa-
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,, vole udite e narrate molti gli biasimarono , al- „ tri più accorti gli escusarono , e perciò furono ,, ambedue acremente assaliti e difesi ( pag. XXII „ XXIII). „
Alla vita del Polo succede la Storia del Milio- jie in CXXXII pagine. L'A. descrive i pregi di quest* opera , le illustrazioni della stessa , ed in quanto al suo lavoro ci avverte : „ Se per molti lati il testo „ che vede la luce è pregievole , deve considerarsi „ come l'abbozzo d'una dipintura. Credei perciò che „ la piena trattazione dell' argomento chiedesse la ri- „ stampa del testo rarausiano , e che questo con i ,, nuovi lumi tratti da altri codici convenisse cor- „ reggere. La copia delle materie mi mosse a divi— „ dere in due volumi l'illustrazione del Milione. Gon- „ tiene il primo il testo della crusca , con le va- „ rianti di sei pregievoli manoscritti. Mi sono aste- „ nuto dal registrarvi le errate o inutili varianti , „ ed ho solo prescelte quelle spettanti a nomi geo- „ grafici o storici , o alle date cronologiche , o che „ raddrizzano o che schiariscono l'intelligenza del „ testo , e vi ho dichiarato ciò che spetta alla fa- „ velia ; e , quanto comportacela mia tenuità , ho il- ,, lustrale le cose relative alla storia naturale ed ,> alla botanica. Non intesi giovare agli scienziati t „ ma ai leggitori che non si volsero allo studio di „ quelle discipline. Gli ultimi capi del testo della ,, crusca, che non leggonsi nel Ramusio, ho per lo „ intiero commentali. Il volume secondo comprende „ le illustrazioni storiche , le geografiche e di vario „ argomento. Alcune note hanno sembianza piutto- „ sto di dissertazioni ; ma per istudio di brevità non „ volli lasciar dubbie o intatte molte questioni re- „ lative al Milione, che dierono occasione a inter- „ minabili controversie. D' altronde chi non vuole
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„ in tali studj internarsi , scelga a sua posta ciò „ che gli aggrada. La carta geografica , ove sono „ segnati gì* itinerari dei Poli , e le dichiarazioni „ che corredano il testo ramusiano , ammaestrano ,, bastantemente , perchè ivi siano delineati quali „ vi si vedono. Quelle dichiarazioni dilucidano an- „ che i viaggi che fece Marco per servigio del can: „ nuovo argomento finora intatto (pag. XGVIII). „
Siegue l'elenco delle Voci del Milione di Mar- co Polo citate dal vocabolario della crusca ; e queste sono 68.
Aggiunge quindi l'A. Le voci tratte dal testo del Polo da citarsi dal vocabolario della crusca, e sono ii4« Fra queste vi è carriera per cassa di fossili , voce usata nel dialetto siciliano , e quine per qui , vocabolo del volgo di Roma.
Dopo incomincia il testo citato dalla Crusca , ed occupa 228 pagine comprese le annotazioni. Co- si termina il primo tomo.
Il secondo tomo , che contiene il testo ramu- siano colle annotazioni , è di pagine 480. Seguono alcune aggiunte e correzioni , ed in fine è un indice delle materie contenute nei due volumi del Milione.
Sembra che in niun altro modo si possa me- glio dare ai nostri lettori un'idea del testo del Mi- lione e delle annotazioni del Baldclli , che col tra- scriverne alcuni tratti. Eccone uno venutoci a caso sotto gli occhi all'apertura del libro ( tom. 1 pag. 89).- Della moneta del gran cane.-,, Egli è vero, che „ in questa citta di Camblau è la tavola del grau „ sire, e è ordinata in tal maniera che l'uomo „ puote ben dire che il gran sire hae l'archimia... „ Fa fare carte come di bambagia .... e tutte que- ,, ste carte sono sugicllale col sugiello del gran si- G.A.T.XL. 13
Letteratura „ re , e lianne fatte tante che tutto il suo tesoro „ ne pagherebbe. E quando queste carte sono fat- »> te , egli ne fa fare tutti gli pagamenti , e fagli „ ispandere per tutte le provincie , e regni , e ter- „ re , dove egli hae signoria , e nessuno gli osa „ rifiutare a pena della vita .... Ancora sappiate „ che se alcuno vuol fare vasellamenta d' ariento , „ o cinture , egli va alla tavola del gran sire , ed „ egli dato per queste carte ariento per quant' e' „ ne vuole, contandosi le carte secondo che s'ispen- ,, dono. „ A questo testo il Baldelli fa la seguen- te annotazione : „ Magaellanes ( p. 1G8 ) all'erma „ non esservi memoria che i cinesi usasser moneta „ di carta. Ma siccome ei reputa il Polo scrittore „ degno di fede , suppone che lo inducesse in er- „ rore una consuetudine dei cinesi , i quali usano „ d'imitare in carta la moneta , e sovrattutto quel- „ la di rame che abbruciano ai funerali per uso „ del defunto. Ma questo per tanti capi rispetta- „ bile scrittore cade ei stesso in abbaglio intorno ,, a ciò. Non havvi fatto meglio accertato che i cine- „ si usarono ai tempi del Polo moneta di carta. „ Ciò affermano tutti i viaggiatori del secolo XIV, „ Rubriques , Aitone armeno , il B. Otlorico da Por- „ denone , il Balducci che chiama detta moneta ba- „ lisci. Gli ambasciatori di schah Rokh parlano di „ balisci d' drgento. Continuava 1' uso della mone- „ ta di carta anche verso la meta del secolo XVI. „ Narra Giasafa Barbaro nel suo viaggio alla Ta- „ na , che anche ai suoi tempi i cataini facevano „ uso di moneta di carta ( Ram. Nav. tom n pag. „ 107, A. ); talché la Cina toglie al secolo passato „ la gloria di questa memorabile scoperta. „
Alla pagina 91 dello stesso tomo, nel testo si legge : - Come da Cambiati si pai tono molti mes-
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saggi , per andare in molle parti. - „ Sappiate che ,, quando si partono da Cambiali questi messaggi , „ per tutte le vie, ov'egli vanno , di capo delle ven< „ ticinque miglia ch'egli trovano una posta , ove in ,, ciascuna hae un grandissimo palagio e hello , ove „ albergano i messaggi .... e sappiate che a que- „ ste poste trovano gli messaggi del gran sire be- „ ne quattrocento cavalli , che il gran sire ha 01- „ dinato che tuttavia dimorino quivi , e sieno ap- „ parecchiati per li messaggi. ,, L'annotazione che il Baldelli fa a questo testo è la seguente : ,, Dell' „ esistenza delle poste nella Cina parla la seconda „ relazione pubblicata dal Renaudot ( p. 111 ). Il „ musulmano viaggiatore narra che i dispacci im- „ periali erano recati nelle provincie da cavalli di „ posta con coda tagliata e disposti nel modo stesso „ d'Arabia. L'uso delle poste è un ritrovato asiati- „ co antichissimo , rammentato da Senofonte nella ,, Ciropedia. Erano riservate per l'uso solo del mo- „ narca. Augusto le introdusse nell'impero , e Adri- ,, ano migliorò lo stabilimento col renderlo d'uso „ pubblico. Decadde e fu abolito in occidente in ,, occasione delle incursioni dei barbari. Pare che tl facesse rivivere questa utilissima istituzione ap- „ pò noi Omodeo Tassi , uno degli antenati dello ,, sfortunato e celebre cantore della Gerusalemme „ Liberata. Esso fioriva sul declinare del secolo XIII „ ( Serass. vit. del Tasso tom I pag. 8. ) : talché ,, non è congettura inverisimile , che ne traesse l'i- ,, dea dalla relazione del Polo suo contemporaneo , ,, ch'era allora nelle mani di tutti. Le case posta- ,, li per albergare gl'impiegati sono nella Cina, se- ,, condo il padre Martini, disposte a ottanta li di „ distanza l'una dall'altra , ossiano a venliquatlm
12*
i8o Letteratura
„ miglia d'Italia. E detta distanza corrisponde a quel-
„ la già accennata dal Polo. „
G.
Osservazioni numismatiche di Bartolomeo Borghesi.
DECADE XVI.
Osservazione I.
\_i ogni rissimo è un tetradramma della Macedonia Romana rappresentante una testa giovanile nuda con lunga e sparsa capigliatura , e colla leggenda MA- KEAONQN, cui spesso aggiungesi un'altra lettera die- tro la nuca , la quale è più frequentemente un 0 t più rare volte un B. Nel rovescio entro una coro- na d'alloro coli' epigrafe AESILLAS. Quaestor scor- gasi una clava fra due arnesi, che sonosi delti fino- ra una cesta , ed una mensa quadrata. Crini egual- mente lunghi e disciolti veggonsi pure attribuiti alla testa del celebre T. Quinzio Flaminino nell' insigne medaglia d'oro edita dal cav. Mionuet , e battuta anch' essa senza alcun dubbio nella Grecia , la qua- le sembrerebbe provarci , che non fu senza esem- pio in quei paesi l'incidere sullo monete i ritratti dei proconsoli Romani , e il mostrarli eziandio con capelli alquanto più prolissi di quello , che costu- mavasi a Roma. Per la qual cosa potrebbe taluno sospettare , che questa fosse l'immagine o del pre- side della Macedonia , sotto cui fu impressa la mo- neta , o pure dt Q. Cecilio Metello , che debellato
Osservazioni NtwisiwA.TiciiE 18 f
il Psendofilippo ricuperò quella provincia , onde ne acquistò il sopranome di Macedonico. E una tale sen- tenza troverebbe un appoggio nelP iscrizione CAE . PR , che alle volte vi comparisce d'appresso , co- me in altra osservazione vedremo. Ma il primo sup- posto , già per se stesso troppo avverso agli usi ed alle leaai Romane , è contradetto da un novello te- tradramma colla medesima testa fatto coniare da Sti- ra Pro-Questore , il quale non ebbe certamente in Proconsole o in Pretore un Cecilio ; ed anche i! se- condo viene escluso da un terzo di loro , su cui in luogo di GAE . PR leggesi SI. Ad alcun'altro è sem- brata questa l'effigie di Alessandro Magno , ma dis- se l'Eckhel T. 2 p. Gì , ch'era difficile l'affermarlo non avendosene alcun certo indizio. Tuttavolta saia da osservarsi , che colla medesima chioma prolissa ed agitata viene scolpito il medesimo eroe in altre medaglie , fra le quali basterà citare le due ripor- tate dal Visconti nell'iconografia Greca, cioè la IV e la VII della tavola II. B. Nò fa difficoltà se que- sta testa vedesi priva del diadema , perdìo ne va senza anche nella prima delle citate medaglie , e nelP erma trovato a Tivoli riferito dal lodato Vi- sconti : oltre di che si conosce bene che quel re- gio ornamento non era molto acconcio per essere rappresentato sui nummi dei liberi Romani. Felice è poi la spiegazione data dal eh. sig. Sestini al 0 solitario , che ho detto trovarsi fréquert temente su questo diritto , e eh' egli ha creduto indicare la cit- ta di Tessalonica; in cui fu stampata la moneta. Lo che essendo il B, che alle volte vi è sostituito, vor- rà significare Bottiaea , che fu il nome di una re- gione di quella provincia , la quale anche sotto il dominio Romano godè il diritto della zecca , sicco- ma ci provano le medaglie dell'altro questore Caio
i$2 Letteratura
Poblilio ( Mioutiet T. i p. 4'5 , e Suppl. T. 3 p. 5l)i. La clava del rovescio è il solito tipo dei teledram- mi Macedonici , dopo che quel regno fu diviso dai Romani in quattro porzioni , e quel simbolo d'Er- cole troppo Lene competerà ad un paese illustrato da una monarchia fondata da Garano , discendente in sedicesimo grado. da quel Dio. L'Eckhel nell' illu- strare questa medaglia niente disse della mensa qua- drata , che se le vede d'appresso ; ma ne intese be- ne il significato nel T. V pag. 3«^, in cui si accor- se ch'ella era il subsellio dei minori magistrati, ot- timamente conveniente al questore Esilia. E disse poi che la cesta indicava il culto di Bacco , che si co- nosce essere stato molto diffuso nella Macedonia , nel che certamente s'ingannò , perchè quella non è cesta mistica , ma lo scrinium definito da Isidoro arcula , si ve capsa , in qua libri , scriptaque alia secreta reponuntur , come si fa manifesto dal ma- nico assai apparente , di cui è provveduto ad uso di portarlo. Per non dubitarne basta istituirne il confronto colle rappresentazioni dello scrigno , che furono date dal Marini nell'opera dei papiri , e dal Montfaucon T. 3 tav. 3 n. 3, 5, e 6; colle pitture Ercolanesi , in cui vedesi a piedi della Musa Clio ; e cogli altri antichi monumenti delineati dallo Spon nella sezione VI e IX. della sua miscellanea eru- ditae antiquitatis alla voce scriniarius , ove eru- ditamente ne ragiona. Si sa ch'egli era propio dei magistrati , siccome soggetti più degli altri a ri- cevere libelli e memoriali , onde sono notissimi i quattro scrigni libcllui uni , memoriae 1dispositionum , epislolarum , oltre i quali anche lo scrinium priva- larum , lo scrinium sacrarurn largitiouum , ed al- tri sono celebri nelle leggi. E scriniarius si disse poi colui , che ne aveva cura , come spiega il vec-
Osservazioni numismatiche i 83
chio glossario : scriniarius chartularius praefecti , qui tvllit et suscipit scrini uni. In cosa cosi cono- sciuta ini limiterò a ricordare soltanto , che non è raro il vederlo vicino alle antiche statue togate , per denotare appunto che rappresentavano magistrati , e quindi egregiamente sarà qui unito al subsellio , onde indicasse la questura di Esilia ; al quale in- tendimento lo troveremo altre volte ripetuto sulle medaglie dei Questori , siccome in appresso non mi mancheranno occasioni di nuovamente avvertire.
Osservazione II*
Siamo debitori al sig. Sestini d'averci nella de- scr. N(im. vet. p.85 n. 12 fatto conoscere il tetradram- ma di Sura qui sopra citato , che conserva vasi nel museo Ainslie , coniato anch'esso in Tessalomca, come dimostra l'iniziale @ , e somigliantissimo in tutto a quello di Esilia , se non che nel luogo , in cui nell'altro leggesi AESILLAS . Q , trovasi in questo SVVRA . LEG . PROQ . Ognuno vede che SVVRA non è che un'antica ortografia invece di SVRA , imparandosi da Quintiliano 1. i.c 8 : se~ mivocales non geminare din futi usitatissimi mo- ris , atque e contrario usque ad Accium et ultra porrectas syllabas geminis , ut diri , <vocalibus scripsere. Ed anzi il grammatico Scauro ci fa sa- pere nell'ortografìa , che l'uso di raddoppiare le vo- cali nelle! sillabe lunghe fu insegnato da Accio ; e infatti questo costume non vedesi ancora introdot- to nelle iscrizioni del sesto secolo di Roma , come sarebbe il senatusconsulto dei Baccanali , ed alcu- na delle iscrizioni dei Scipioni ; mentre al contra- rio trovasi frequentemente seguito in quelle del set- timo , cioè nella tavola della così detta legge To-
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ria , nell'altra legge pubblicata dal Marini Fr. Arv. p. 56() , nel marmo di Betilieno Varo , ed in al- tri citati dal Reinesio Synt. laser, p. aG5. E du- rò poi questa costumanza presso alcuni fino al ca- dere della repubblica , onde FEEL1X vedesi ne- gl'impronti di Fausto figlio di Siila , e VAALA in quelli di Numonio Vaia. Per la concordanza adunque dei tempi non cadrà dubbio che il magi- strato di questa medaglia sia Biuzzio Sura Lega- to di Senzio Saturnino Proconsole per l'appunto della Macedonia , del quale fa menzione Plutarco nella vita di Siila. Narra egli che nel GG7 , cioè nel se- cond'anno della guerra di Mitridate , Archelao uno dei suoi generali avendo avuto l'incarico d'invade- re la Grecia , circa Chaeroneam paulum quiddam est nactus obstaculì . Hic namque Bruttius Sura Sentii praetoris Macedoniae legatus se se tulit ad- <versum , <t)ir Jortitudine et sapientia singulari . Ille Archelao torrentis instar per Boeotiam ruen- ti vehementius occurrens , tribus apud Chaerone- am praeliis decertans eum repulit , et ad mare de- nuo repressiti L. deinde Lucullo imperante ut adventanti Sjllae cederet , et decretimi dli bellum permitteret , statini ad Sentium relieta Boeotia co- pias reduxit , quanquam res UH super vota secun- dae Jluerent , et Graecia propter hominis bonita- tem ac modestiam Jamiliarius se se ad permuta- tionem haberet. Hae quidem res a Brut fio prae- clarissime gestae sunt. Alquanto diversamente que- sti suoi fatti vengono raccontati da Appiano bel. mi- thr. e. 39. Eodem tempore Metrophanes submissus a Mithridate cum alia manie militum , Euboeam et agros Demetriadis Magnesiaeque , quae ciwitates a factione regia abherrebant , populabatur. Quem Bruttius e Macedonia cum exiguis copiis ad ve-
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n iens , pugna navali adgressus est; demersaque una navi magna, et una hemiolia , omnes socios na- vale.? , qui in eis fuerant , inspectante Metropha- ne interfecit. Ille territus fugit : et B rutti us , quia secundo vento na-vigantem consequi non poterat , Sciathum expugnavit , quae praedonum barbaro- rum erat receptaculum : quos in potestatem redac- tos , servos in crucem egit , liberos mutilavit manibus. Inde Boeotiam petiit , auctusque aliis mil- le equitibus , pedilibusque ex Macedonia , circa Chaeroneam cum Aristione et Archelao per con* tintinni triduum dubio marte conjlictatus est. Sed postquam ad hostès supervenerunt Lacedaemoniorum et Achaeorum auxilia , Bruttius , imparem se iam ratus simul omnibus , castra movit ad Piraeum : quem et ipsum paulo post Archelaus classe adve- ctus occupavit. Di questo Bruzzio Sura non so che rimangano altre notizie , ma le poche fin qui ri- portate bastano a farci conoscere il tempo in cui fu coniata la nostra medaglia , che non potrà esse- re posteriore al 667 , perchè nell'anno appresso la Ma- cedonia fu interamente occupata dalle armi di Mitridate. Al contrario scrive Orosio 1. V. e. 18: Iisdem tem- poribus rex Sothimus cum magnis Thracurn au- xiliis , Graeciam ingressus cunctos Macedoniae fines depopulatus est ; tandemque a C. Sentio Praetore superatus redire in regnum coactus est. E ciò po- ne immediatamente avanti l'anno ab urbe condita sexcentesimo sexagesimo secundo , in cui dice es- sere incomineiata la guerra Mitridatica sotto il con- solato di Siila , ond' è evidente che qui il suo com- puto corrisponde all'anno Varroniano 666. Nel tri- ennio adunque della propretura di C. Senzio Sa- turnino dal 665 al 667 sarà stato impresso questo nummo, dal quale impariamo che Sura fu non solo
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Legato, ma anche Pro-Questore di quel preside. Egli gioverà altresì a darci qualche lume sull'età di al- tre simili monete , e accrescerà poi alla serie nu- mismatica delle famiglie una nuova gente, che quan- tunque poco nota nei secoli della liberta , venne po- scia in molta onoranza , fino a dare al soglio im- periale una principessa nella persona di Crispina moglie dell'Augusto Commodo , e figlia del console C. Bruzzio Presente.
Osservazione III.
Il secondo tetradramma di Esiila , di cui si è fatto cenno poco fa, fu pubblicato dal Pellerin (Re- cueil T. i , tav. 29 n. 3 ) , e diversifica da quello che abbiamo descritto in questo solo , che dietro la testa di Alessandro aggiunge l'epigrafe GAE . PR. colle due ultime lettere della prima sillaba unite in monogramma. Facile fu all'editore d'intendere, che le iniziali della seconda parola significavano PR/ir— tor , e quindi notò che quelle della prima dove- vano indicare il nome del Pretore della Macedonia, di cui Esilia fu Questore. Ma egli non si curò d'in- dagare chi fosse , ed anche l'Eckhel non se ne die- de pensiero , tuttoché le avesse interpretate CAE- cilius. Nella mia seconda dissertazione sui fram- menti Capitolini pag. 5o m'immaginai di trovarvi mentovato il celebre Q. Cecilio Metello , che andò pretore di quella provincia l'anno 60G per vendi- care l'uccisione del suo antecessore P. Giuvenzio , e la rotta data ai Romani dal Pseudofilippo , onde avendolo debellato e fatto prigioniero meritò poi il sopranome di Macedonico , e gli onori del trion- fo da lui conseguito, per quanto si crede, nel 608. Ma contro questa sentenza viene ora ad elevare un
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gravissimo ostacolo la medaglia di Bruzzio Sura , potendo ognuno agevolmente conoscere che la trop- pa loro somiglianza richiede che siano state battu- te quasi contemporaneamente; per lo che se una di esse fu impressa circa Tanno G67 , non potè l'altra improntarsi sessant' anni prima. Minor difficolta s'in- contrebbe per questa parte attribuendola a C. Ce- cilio Metello Caprario console nei 641 , che venne nello stesso anno in Macedonia per guerreggiare coi Traci ; e che ne ritornò trionfante nel 6/\ò , siccome abbiamo imparato dai nuovi frammenti trionfali Ca- pitolini. Ma con tale opinione si urterebbe nell'al- tro scoglio , che quella fu la sua provincia conso- lare, onde non poteva chiamarsi VRaetor , ma Con- sul , 0 Proconsul. Fuori di questi due la serie dei presidi fin qui conosciuti di quel paese non som- ministra alcun' altro , il cui nome o cognome si pre- sti a compiere la prima sillaba della nostra meda- glia. Ma per buona sorte il silenzio della storia vie- ne questa volta abbastanza compensato dalla seguen- te lapide riferita prima dall' Apiano, e dallo Smezio , e ripetuta poscia dal Grutero p. 377. 5, dai quali tutti si colloca apud Argos in campis Macedoni- czr, ed alla cui fede tentò indarno di detrarre il Fre- insemio Suppl. Liv. 1. 73 e. 65, quando volle cam- biarci il prenome di Quinto in quello di Cajo.
q . caicilio c . f . metello
imperatori
Italici . qvei
argeis . negoci
ANTVR
Appiano nel libro de rebus Sjriacis e. 03 avendo motivo di ricordare tutte le città , che portavano
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il nome di Argo , ne numera quattro : Pclnpoiine- siacum Argos , et Amphilochicum , et illud quod in Orcstea est , unde Argeadae Macedones , et quod ad Jonium mare condidit prqf'ugus Diomedes. Ma il primo e l'ultimo non ponno movere pretese sopra questa iscrizione , perchè quello fu mediterraneo , e quindi mal proprio ad attirarsi un copioso nu- mero di negozianti stranieri , e perchè questo chia- mato anche Argyripa, e più comunemente Arpi\, ap- partenne alla Puglia , onde sarebbe stato ridicolo il dire , che gì1 Italiani negoziavano in Italia. Ri- mangono'gli altri due entrambo opportuni al com- mercio colla sponda opposta dell'Adriatico, cioè l'Am- fìlochio vantaggiosamente situato nel golfo d' Am- bracia sull'estremo confine dell'Acarnania , e l'Ore- stino posto sulla costa occidentale della Macedonia, non molto lungi da Apollonia , memorato da Stra- tone L. Vili p. 326, e da Stefano Bizantino vi A'^709, il cui passo corrotto è stato l'istaurato dallo Schwei- ghaeuser nelle note al citato luogo di Appiano. A quest' ultimo dunque sembra assicurata la preferen- za del possesso , in cui era del marmo, secondo l'ubi- cazione datane dagli editori , quantunque la scelta fra questi due poco importi al nostro intendimen- to, attesoché tanto l'Argo AmPilochio, quanto l'Ore- stino erano compresi entro i limiti del proconso- lato della Macedonia. Ciò premesso farò osservare , che la nostra lapide spetta senza meno ai tempi re- pubblicani , primieramente perchè i ripetuti suoi ar- caismi ce ne danno buon' indizio ; dipoi perchè la nobilissima famiglia dei Metelli nelle turbolenze ci- vili , che precedettero la fondazione della monar- chia venne declinando , finché si estinse in colui , che addotto Q. Metello Gretico Silano console nel 7G0; e finalmente per la qualificazione d'imperadore , che
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da lei si attribuisce ad un semplice magistrato. Im- perocché dopo eh' ella fu conceduta con un senso molto più esteso ad Augusto , e dopo che tutte le guerre furono fatte cogli auspici del prencipe, niun generale quantunque vittorioso e trionfale ebbe più diritto di cosi denominarsi. E questo titolo ci di- mostra di più , che quel Metello ebbe infallantemen- te una provincia o consolare o pretoria, non poten- dosi essere salutato imperadore se non da un' esercito , di cui si avesse il supremo comando in testa pro- pria ; per lo che dai fasti non essendo egli annove- rato fra i consoli , resterà unicamente che fosse un pretore. Ne reca alcuna difficolta se nel marmo non si fa memoria di questa sua dignità ; essendo d'or- dinario stile , che al sopra venire della più gloriosa appellazione d'nnperadore, si cessasse dal far uso del- le altre di pretore , di proconsole , di propretore , che venivano sottointese, attesoché senza alcuna del- le seconde non si sarebbe potuto conseguire la pri- ma. E cosi vediamo difatti praticato tanto da Cice- rone nelle sue lettere scritte dalla Cilicia , quanto nelle medaglie di Bruto , di Cassio , e di Munazio Planco , nei cistofori di Appio Pulcro , ed in altri monumenti. Che se adunque questo Metello fu sicu- ramente il pretore di una proviuci.i, tutte le proba- bilità si uniranno per far credere , eh'ei lo fosse di quel paese , ove stanziavano i negozianti , che l'onorarono , ed ove esisteva l'epigrafe , che gli fu dedicata. Rinvenuto per tal modo un'altro Cecilio Pretore della Macedonia , nulla vi sarà di più ac- concio per conchiuderne la sua identità con quello della medaglia , quanto l'investigare l'età , che al pri- mo può giustamente assegnarsi. Egli dicesi Caii Fi- lius , onde nacque per certo da uno di quei due soli , che usarono il prenome di Cajo nella cogui-
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tissiraa casa dei Metelli, e che sono il già ricordato C. Cecilio Metello Caprario console nel 64 1 , e suo figlio C. Metello detto giuniore da Plutarco nella vita di Siila , che fu Pretore della Gal Ha Narbone- se nel 664» ove vinse i Salvj , o Salluvj , secondo l'epi- tome Liviana del 1. "73. Ora se si giudicasse nato da quest' ultimo saremmo sommamente imbarazzati a ri- trovargli nella serie pretoria una nicchia , die cor- rispondesse ad un vacuo in quella dei rettori della Macedonia , la quale da Siila fino alla battaglia di Filippi può quasi dirsi completa , mentre all'oppo- sto ci si presenta una comodissima stanza ove al- loggiarlo , reputandolo generato dal primo. Per lo che il tempo , in cui fiorì il Pretore della Gallia ci mostrerà come l'età di questo suo fratello egregia- mente corrisponde a quella che si richiede dalla me- daglia. E veramente i figli del Caprario trovatisi ri- cordati da Cicerone nell'orazione post redilum in sen. cap. i5, ove ci dice che nel 654 supplicavano anch'essi pel richiamo dall' esiglio di Metello Nu- midico. Non , ut prò Q. Metello summo et duris- simo viro , spedata iam adolescentia filius , non Z,. et C Metelli consulares , non eorum LIBERI, non Q. Metellus Nepos , qui funi consitlatum pe- tebat , non Luculli , Servila , Scipiones Meteltarwn Jilii flentes ac sordidati populo Romano supplica- vcrunt ? Però non vi è alcuno che ci abbia lasciato memoria del governo della Macedonia sostenuto dal nostro Quinto , e della ragione per cui acquistovvi il titolo d'imperadore , del che non sarà da prendersi meraviglia, non essendosi salvato alcun frammento del libro di Appiano De rebus Macedonicis , che a questo tempo si riferisca. Tuttavolta quella provincia fu cosi opportuna a conseguire vittoria, che sarebbe piuttosto da stupirsi, come ciò non fossegli riuscito. Imperocché
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scrive Tullio nella pisoniana e. iG: Tantam vero pro- vinciam cum tanto exercitu , Macedonìam praescr- tlm , quae tantis barbarorum gentibus attingitur , ut semper Macedonicis imperatoribus iidem /Ines provinciae fuerint , qui gladi orimi atque pilorum : ex quo aliquot praetorio imperio , consularium qui- dam nemo rediit , qui incolumi s fuerit , qui non triumpharit. E di nuovo nel cap. a5: ex qua provin- cia T> Flamininus , Z. Paulus , Q. Metellus , T> Di- dius , innumerabiles alii levi cupiditate commoti , triumpharunt. Ma venendo ad indagare più da pres- so il tempo preciso , in cui avrà amministrato que- sta regione , ricorderò essersi detto di sopra , che stante la quasi identità delle loro medaglie Sura ed Esilia debbono essere stati due questori consecuti- vi, il che porta di conseguenza, che lo siano sta- ti anche i loro pretori Senzio Saturnino e Gecilio Pdetelio. Ora il secondo non può essere succeduto al primo , perchè nell' osservazione precedente ve- demmo intimato al Questore di Senzio , ut adven- tanti Sj llae cederei , et decretimi UH bellum per- muterete Il successore di Senzio fu dunque Corne- lio Siila , che arrivò in Grecia sulla fine dell' esta- te del G67; che dopo la battaglia di Orcomeno nel GG8 ricuperò la Macedonia , eh' era stata invasa dalle ar- mi di Mitridate , e che non ritornò in Italia se non nel 671. Resta pertanto che Metello Io precedesse; il che essendo avvertilo , che dall'epitome del L. 70 di Tito Livio si racconta, che il Pretore della Ma- cedonia G. Gemi ilio contra Thraces infeliciter pu- gnavit , e che ciò avvenne avanti che M. Livio Dru- so portasse la celebre legge , che trasferì i giudizi dai cavalieri al senato , il che è noto essere succes- so nel 6G3. L'infelice guerra di Geminio va dunque stabilita nell' anno superiore , nel quale infatti si no-
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ta da Obsequente e. n3: Me do rum in Macedonia gens provinciam cruente vastavit . Ignoravasi chi l'avesse rimpiazzato ; onde questa lacuna sarà mol- to bene riempiuta dal nostro Metello , che si avrà da aggiungere al collegio dei pretori del 662 man- cante interamente presso il Pigino di certe autori- tà , e il di cui governo secondo queste congettu- re dovrà fissarsi al 663, ed anche al 664 se 'a pro- vincia gli fu prorogata, essendosi veduto che nel 665 il di lui posto era già occupato da Senzio Saturni- no. E da ciò conosceremo del pari qual fu la ca- gione , che gli partorì il titolo d'imperatore , e sarà quella di aver cacciato dalla Macedonia i Medi , che dopo la sconfitta di Geminio la devastavano , il che può aver dato un giusto motivo ai negozianti Ita- liani d'ergergli una statua in benemerenza della si- curezza restituita al loro commercio.
Osservazione IV.
Al tetradramma di cui si è discorso fin qui , il medesimo Pellerin lece nella stessa tavola succeder- ne un' altro, che ho parimenti accennato , con iden- tico rovescio , colla stessa testa di Alessandro , col- la stessa epigrafe MAKEAONfìN , e collo stesso 0 nel diritto, ma colla differenza che dove' quello mostra- va scritto dietro la nuca CAE . PR, questo vicever- sa offre sotto il mento le due lettere SI. Il numi- smatico francese avendo rettamente veduto , che le prime iniziali apparteneveno ad un Pretore , giudicò che ancora le seconde c'indicassero il nome di un consimile magistrato , e conchiuse esservi luogo a cre- dere , che l'uno e l'altro avesse retta la Macedonia durante la questura di Esilia. Il che se fosse, non converrebbe già tenere, come si è detto di sopra,
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che Cecilio Metello avesse governato quel paese nei due anni consecutivi (5(53 e G<54, ma bisognerebbe assegnare quest' ultimo al novo preside da interpola- si fra lo stesso Metello e Senzio Saturnino. Peraltro dalle medesime medaglie si trae bastevole argomen- to per mostrare l'insussistenza dell' opinione di quel!' antiquario. Taccio che essendo stato aggiunto nell' altro nummo il titolo di Praetor a Cecilio , non si vedrebbe la ragione, per cui ne fosse stato priva- to il suo successore; ed osserverò solo che se Esil- ia improntò le sue medaglie col nome di due Pre- tori , sarebbe di tutta evidenza , che avesse fatto co- niarle in due anni diversi. Ma se ciò fosse, in una delle due monete dovrebbe dirsi Questore, nell' al- tra Pro-Questore, perchè come ognun sa la Que- stura sia urbana , sia peregrina , era magistratura di un* anno solo , e quando veniva protratta cam- biavasi denominazione , e assumevasi quella di Pro- Questore. La cosa è notissima a tutti i conoscitori delle forme del governo romano : tuttavolta non om- metterò di recarne due esempi , l'uno risguardanle la questura urbana , l'altro la provinciale. P. Sestio fu il questore urbano di C. Antonio console nel Gqi, e nell' anno appresso lo seguì nella Macedonia , che! fu la di lui provincia consolare per cessione fatta- gliene da Cicerone , cui era toccata. Ciò chiaramen- te apparisce dalle testimonianze dello stesso Tullio , che nell' orazione in sua difesa scrive al cap. 3. Quae- stur hic C. Antonii collegae mei , judices , fuit sor- te , sed societate consiliorum , meus ; e non molto dopo : Hunc igitur animum ad tribunatum attuiti P. Sextius , ut quaesturam Macedoniae relinquam. Questo Sest.o desiderò che gli fosse prolungato l'of- ficio questono anche nel terzo anno , e fece pregar- ne Cicerone, il quale gli risponde coli' ep. G del li- O.A.l.XL. l3
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bro V ad fnm. scrittagli sulla fine del 693, come si prova dal chiamarvisi tribuno della plebe Q. Fufio , che aveva assunta quella carica ai i4 di decerabre , e dal dirsi che res tota iti rnensem januarium reje- cta erat. Ora Tullio indirizza quella lettera P. Se- xtio L. F. non Quaestori , ma Pro-Quaestori- Simil- mente tutti gli storici convengono che C. Cassio , il quale congiurò contro Cesare, fu nel 700 il Que- store provinciale di Crasso , a cui era stata decre- tata la Siria per un quinquennio , ed ognuno sa co- me essendo stato sconfitto ed ucciso dai Parti il suo proconsole , egli subentrò per tutto il resto del tem- po assegnato nell' amministrazione della provincia , che valorosamente difese dalle incursioni del ne- mico. Però scrivendogli Cicerone nel 704? quando era già in procinto di ritornarsene a Roma ,' intito- la la lettera eh' è la XIV del libro XV ad Fani. C. Cassio Pro Quaestori. Se dunque Esilia in ambedue i tetradrammi chiamasi egualmente Questore, è chia- ro che furono coniati entrambe entro l'anno mede- simo ; e se per l'autorità del primo il suo Pretore era allora Cecilio , non resterà luogo in quel tempo a poterne sostituire alcun* altro. Lo die essendo sa- rà dimostrata la falsità della sentenza del Pellerin , ed il bisogno di cercare un' altra interpretazione a quelle iniziali. Intanto è da osservarsi che la leggen- da di questi nummi è bilingue , e che tutto ciò che appartiene alla loro patria è scritto in greco , on- de queste lettere latine non possono spettare se non che ai magistrati romani che fecero improntarli. La (]ual cosa osservando, vengo volentieri nell'opinione, che indichino il nome gentilizio di Esilia. E vero che più frequentemente nelle medaglie Ialine il nome tro- vasi nel rovescio , e il cognome nel dritto; ma è ve- ro egualmente che altre volte vedesi praticato il con-
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trario , del che ci sono testimoni il denaro di M. Ai- rio Secondo da me illustrato, e quelli di L. Roscio Fabato , di M. Furio Filo , di M. Aurelio Scauro ; mentre dall' altra parte la medagliuccia di Pupio Ru- fof Questore della Cirenaica*, pubblicata fra gli altri dal Morelli nella gente Pupia n. Ili, ci farà fede, che quest' uso non fu incognito ai greci. Avendo io im- parato da Cicerone nell' Oratore cap. 45 che dall' antico cognome Axilla col progresso del tempo fe- cesi Ahala e poi Ala , per l'affinità di questa voce con Aesillas sospettai nella mia seconda dissertazio- ne sui frammenti capitolini pag. 5o, che fosse que- sta la prima alterazione subila da Axilla , nel qua! caso il nostro Questore avrebbe appartenuto alla gente Servilia. Nò mi oppose difficoltà la differenza della terminazione in S , perche sapeva da Piscia- no apud Putsch, p. G£i. Propria apud latinos in A terminantia apud graecos assumimi S, ut Ca- ldina , Sfila , Fimbria , Aquila , KotTitfvxs , ZvAAflt? , Qipfifiots , Aki/A<xj , onde mi accorsi che il greco in- cisore aveva per verità scolpito il nome di Esilia con lettere latine , ma nel modo peraltro , con cui usava di pronunziarlo. La presente medaglia venen- do adunque ad insegnarmi , che il nome gentilizio del Questore , di cui si parla , incominciava per SI, mi obbliga a ritrattare il mio sospetto , e ve- ramente doveva fare maggior caso del dittongo che si trova alla testa di Aesillas, e che manca in Axil- la , il quale era più che bastevole per mostrare , che quelle due voci provenivano da radici diver- se. Intanto per quante ricerche abbie fatte, non mi è riuscito di trovare alcun' altra memoria degli Esil- ia , nò sulle lapidi , né presso gli scrittori ; onde col solo piccol lume che da questo nummo si sommi- nistra, sarebbe cosa troppo temeraria il voler de-
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terminare quale fu la gente cui essi appartennero, fra la Sicinia , la Sitia , la Silia , la Sicilia , e la Sisinnia, tutte conosciute ai tempi di Roma libera, e tutte principianti egualmente colle stesse iniziali*
Osservazione V.
Le tavole morelliane ci mettono avanti al n. I e II della gente Vipsania due medaglie d'argento , che si trovano anche in oro , uniformi nel rovescio , nel quale apparisce ia semplice leggenda M. AGRIPPA . COS . DESIG . scritta in mezzo del campo , ma di- verse dall' altro lato , perchè la prima ci mostra la testa laureata di Giulio Cesare a fronte di quella nuda di Ottaviano, coli' epigrafe a sinistra DIVOS . IVLIVS, a destra DIVI . F, mentre al contrario la seconda si contenta del ritratto del solo Ottaviano con corta barba , e colle lettere intorno IMP, CAE- SAR . DIVI . F. A questa se ne debbono aggiun- gere due altre , ma del più. nobile metallo , dissimi- li anch' esse nel solo diritto , sul quale quella che fu pubblicata dal Baldini nelle giunte al secondo to- mo delle nwnismata praestantiora del Vaillant p. a offre l'immagine laureata del dittatore coli1 astro Giu- lio dietro la nuca , e l'iscrizione DIVOS . IVLIVS. Neil* altra poi si rappresenta una faccia giovanile , inghirlandata anch' essa di alloro , col medesimo astro incontro la fronte, e coli' epigrafe IMP . DIVI . IVLI . F. ITER . Ili VIR . R. P. C, ov' e da avvertire , che i due primi caratteri della voce ITER sono con- giunti in nesso. Quantunque quest* ultima sia sfug- gita a tutti i grandi illustratori della serie consola- re , ciò non dimeno è cognita da un pezzo , citan- dola l'Arduino nel t. i di Plinio p. 2a5, il quale ingannato dal monogramma lesse PER invece di ITER*
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dandone al suo solito una stranissima spiegazione , ed avendola eziandio trovata il MontfaiU.on sappi, p, 137 e seg. nel ripostiglio scoperto a Brescello. Tre ri- petizioni di lei furono quindi incise o descritte nei cataloghi dei musei Tiepolo t. 1 p. 106, Pembroch p. I tav. XIII* Hedervanano t. 2 p. 54, tal. sup* pieni, aur, n. 3, e una quarta serbata ora nel ga- binetto estense fu con una lettera tratta in luce dal Caronni. Io ne feci alquante parole nella disserta- zione sulla gente Arria p. h8> onde appoggiare il mio avviso , che l'immagine rappresentatavi non fos- se già di Ottaviano, ma sibbene di Giulio Cesare già divinizzato , e quindi fatto partecipe dall' eter- na gioventù degli dei» L'argomento che trattava non mi permise allora di dirne di più , e mi tacqui per conseguenza sul precipuo merito di questa medaglia, eh' è quello d'impor line ad Una questione cn nolo- gica non ben decisa dall' Eckhel. Il che si ottiene paragonando l'iscrizione del suo rovescio con quel- la del diritto , in cui abbiamo detto scorgersi IM- Verator . DIVI > IVLI ♦ Yilius . ITERwm . IIIVIR . IW ♦ Vublicae . Constìtnendae. Quest' epigrafe cor- risponde all' IMP . CAESAR , DIVI . F . IIIVIR . ITER , R. p, C, che osservasi in altri nummi dello stesso Ottaviano , e specialmente nei due colla sedia curule e col tempio tetrastilo , delineati nel tesoro Mo- relliano G. Giulia t. VII n. VI e B, in un terzo co- gli strumenti pontificali ed augurali descritto dall' Eckhel D. N. V. t. VI p. 75, e in un quarto col tripode disegnato dal Begero Thes. Brand, t. 2 p. GoO. Tutti e* insegnano , che quando furono impressi il giovine Cesare aveva già preso il secondo triumvi- rato , di cui fecero pure menzione le tavole trion- fali capitoline , allorché registrarono la sua seconda ovazione dopo la vittoria sopra Sesto Pompeo.
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IMP.CAESAR.DIYl . F .C .N • II • IUVIR . R . P . C . II . A . DCCXVII OVANS . EX . .SICILIA IDIBVS . NOVEMFR
Ognuno sa clic nel 711 venuti ad accordo M. An- tonio , Lepido ed Ottaviano, arrogaronsi per cinque anni il supremo reggimento della repubblica sotto la modesta denominazione di Triumviri Reipublicae constituendae consiliari potè state , il cominciamento e la durata del quale officio sono determinati dalla ce- lebre tavola Coloziaua EX. Ante Y)iem V. KALétz- das . DÌLCembres . AD . PR/<7/e . Kalendas IANw- arias . $EX.tas , cioè a dire dai 27 Novembre del 711 fino ai 3r Decembre del 71G. Si sa egualmen- te che in seguito si prorogarono quella straordina- ria magistratura per un'altro quinquennio ; onde Sve- tonio ci narra di Augusto nella sua vita , trium- vìratum reipublicae constituendae per decem annos àdministravit ; dopo la qual prorogazione cambiarono il titolo in HIV IR . ITERmw . R<?* . P ' ubitene . Con- stituendae , che abbiamo fin qui veduto usarsi più volte da Ottaviano , senza che sulle monete dei suoi colleghi sia comparso finora. Ma vi è gran discre- panza sul tempo , in cui fu assunto da loro que- sto secondo triumvirato. Appiano bel. cu>. 1. v, e. 95 attesta chiaramente , che ciò fu nella congiun- tura della riconciliazione di Taranto fra M. Anto- nio e il giovane Cesare, seguita nel 717, ineunte ve- re , siccome ha dimostrato il Sanclemente de vulg. aerae emend. p. 35(5. Et quoniam triumviratus tem- pus senatus consulto praescriptum exierat , proro- garunt sibi ipsi potestatem in aliud quinquennium , nihil morati plebis suffragio. D'altro avviso peral- tro sembra mostrarsi Appiano nel libro de rebus llly
OsSEHVAZIONI NUMISMATICHE IflQ
r/'cis cap. 27 e 28. nel quale scrive : Caesar Ro- mani reversus est, consulatum collega Vulcatio T'iti- lo gesturus . . . Calendis jaimariis consulatum in~ gressus , eodem die Autronium Paetnm sibi in magi- strata suffècit , in Dalmatiamque recurrit , triumvi- ratum etiam tane constituendae reipublicae gerens. Duo enim anni deerant de altero quinquennio hujus imperii , quod in idem tempus post expletum pri- us quinquenni uni ipsi triumviri sibi prorogaverant , populusque conjirmaverat. Imperocché le calende di Gennaro, delle quali in questo luogo si parla, sono in- dubitatamente quelle del 721 ; onde se a quel tem- po rimanevano ancora ad Ottaviano due anni del secondo quinquennio, è indubitato , che ne desu- meva il principio dalle calende del 718. Ma è fa- cile il conciliare quest' apparente differenza , seguen- do le traccie che ne addita il medesimo storico , e dicendo che nel primo luogo ha favellato chi tem- po , in cui i triumviri di propria autorità , nihil morati plebi s suffragia , protrassero la loro carica; e che nel secondo ha avuto di vista i termini cer- ti e legali , che ne furono stabiliti dal popolo nel suo decreto di conferma , populusque eonjìrmave- rat. Alla prima sua testimonianza si conforma egre- giamente Dione, il quale forse non ha qui fatt' al- tro che ricopiarlo , e da cui si racconta nel 1. ^S. e. 54 che nella pace Tareutina ha.ee ita pacti sunt ; ac praeterea Sexto Pompeio consulatum et sac< rdot'iu.m quae ci adsignata fuerant , ademerunt , silique in alimi quinquenmum , cum prius illud eoepirasset. , principatum prorogarunt. Infatti sta Jbepe ciò che da ambedue si dice , cioè che nella primavera del 717 fosse gta terminato il primo quinquennio del- la podestà triumvirale , avendoci di sopra insegna- to la tavola Coloziaua , ch'egli spirava coi 3i De-
200 LET TIRATURA.
cambre del 71G. Ma questa concorde loro lestimo- niauza incontra uu gravissimo avversario nelle ta- vole Capitoline , le quali quantunque mutile in que- sto luogo , pure apertamente premettono i nomi dei secondi triumviri al consolalo di M. Agrippa , che aperse l'anno 717 , con che danno abbastanza a divedere , ch'essi appartengono all'anno precedente. E veramente non poteva cagionare se non che meravi- glia , come i triumviri avessero lasciato decorrere il termine della loro magistratura senza farsela con- fermare , dando con ciò tanta ragione al loro ne- mico Sesto Pompeo di accusarli d'usurpatori. Que- sta discordanza fra gli storici , e un monumento co- sì insigne di cronologia, ha recato non lieve imba- razzo ai fastografi , molti de'quali , e fra questi il Sigouio e il Panvinio , hanno creduto di toglier- la , opinando che i triumviri , e i consoli spettas- sero allo stesso anno 717 , e che i primi fossero poi anteposti ai secondi a motivo non della pre- cedenza nell'elezione , ma della maggioranza nella dignità , secondo l'esempio che diedero in appresso le stesse tavole , quando preselo ad incominciar l'an- no colla tribunizia podestà degl' imperadori , e ad essa sottoposero la memoria del consolato. Ma giu- stamente si risponde, che gli usi imperiali mal si ap- plicano a' tempi nei quali il principato non era an- cora bene stabilito , e quando almeno nell' apparen- za serbavansi tuttora le forme del governo repub- blicano , talché le tavole medesime continuarono a premettere pochi anni prima il consolato eponimo alle dittature di Giulio Cesare, che niuno affermerà essere state inferiori in lustro ed in potenza al trium- virato. Laonde il Pigino coi più moderni rigettan- do quest' infelice concordanza, non ha potuto a me- no di confessare la realtà del dissenso. Ora la no-
OsSSriVAZIONI NUMISMATICHE 201
stia medaglia , come ha ben veduto il citato Sancle- mentc p. 9 non solo viene a pienamente confermar- lo , ma ci fa chiaro eziandio che tutta la ragione sta, coro' era presumibile , in favore del marmo. Imperoc- ché M. Agrippa da lei appellasi nel rovescio con- sole designato , titolo che non poteva più convenir- gli dopo che al primo gennaio del 717 era proce- duto console effettivamente ; per lo che rimane fuo- ri di questione , eh' ella fu coniata avanti quel gior- no. E se ciò è , sarà egualmente dimostrato , che da un' epoca anteriore al medesimo giorno prese ori- gine altresì il secondo triumvirato , eh' ella dall' al- tra parte attribuisce ad Ottaviano. Né si opponga seguendo le dottrine dell' Eckhel , eli' ei non dovè entrarne in possesso , finche ai 3 1 di decembre del 71G non fu spirato il primo quinquennio , non essendo nuovo a questi tempi di veder messa in conto la nuova dignità prima che fosse terminata l'antica ; on- de Giulio Cesare , quantunque creato Dictator III. per un decennio nel secondo semestre del 70B, ciò non ostante principiò a denominarsi Dictator IV to- sto che nel settembre dell' anno successivo questo medesimo onore gli fu decretato a vita. Ma se per la concordia di questi due pubblici monumenti non potrà più dubitarsi che il cardine cronologico del se- condo triumvirato sia da fissarsi al di la delle ca- lende del 717, resterà ora a vedersi quanto si abbia da portare più oltre. Sappiamo da Appiano 1. 4 cap. 2, che fino dagli esordi del loro potere nel 711 trium- viri in quinquennium urbanos magistratus annuos designarunt , e impariamo poi da Dione 1. 48 e* 35, che nel 71$ innanzi la pace di Pozzuoli con Sesto Pompeo , il che è a dire sul cominciare di quell' an- no, consules in ipsos odo annos ordinaverunt. A grip- pa adunque eh' esercitò i fasci nel 717 fu uno dei
203 Letteratura
compresi nella seconda elezione , e per conseguenza fino dal principio del -yi5 potè chiamarsi console de- signato. Egli però circa quel tempo fu mandato a guerreggiare nell' Aquitania , di dove ritornò l'anno appresso richiamato da Ottaviano , onde presiedesse alla ricostruzione delle navi , quas duplici naufra- gio , et quidein per aestatem ami se rat , come rac- conta Svetonio e. iG. Le nostre medaglie hanno tut- ti gì' indizi di fabbrica romana , e quindi saranno sla- te impresse in autunno dopo il suo ritorno, per sod- disfare alle gravi spese marittime che gli erano com- messe. Non vi è dunque per parte loro alcuna ra- gione , per cui l'origine del titolo che ricerchiamo abbia molto a scostarsi dalla fine del 716, secondo ciò che dall' altro lato chiaramente richiedesi dal fram- mento capitolino. Imperocché da lui emerge aperta- mente , che la memoria del triumvirato non solo era posteriore a quella dei consoli ordinari Claudio Ful- cro , e Norbano Fiacco , ma ben' anche ai suffetti Cornelio Scipione e Marcio Filippo , che in grazia unicamente di un brano marmoreo di fasti possedu- to dal mio chiarissimo amico marchese Biondi, si co- nosce aver occupato una parte di quelF anno. Stan- do all' uso più comune , dovrebbero essi procedere alle calende di luglio ; per lo che il secondo trium- virato ricadendo nell' ultimo semestre sarà assai pro- babile che datasse dallo stesso giorno V^. Kalendas decembris , da cui aveva avuto la nascita il primo. E per riguardo poi alla discorde opinione di Ap- piano e del suo seguace Dione, io ho gran sospetto eh' ella non derivi se non da un' equivoco preso dal- lo storico Alessandrino, di aver tenuto per un' effet- to del posteriore rappacificamento di Taranto ciò che piuttosto fu concordato nell' anteriore di Brindisi, av- venuto innanzi la fine del 714* Si sa che in seque-
Osservazioni numismatiche 2o3
la di esso ambedue i triumviri vennero a Roma , nel qual tempo ausimi multitudini eorum , qui in senatum allegerentur , ectpeditio Anton iì , quam in Parthos parabat , praebuit\ un de et magistratus alias in plures annos , et consules ipsos in octo annos tunc ordinaverunt : siccome ci avverte il già enun- ciato passo di Dione 1. 49 c> 35. Chi potrà crede- re che M. Antonio , il quale preparavasi ad una lunga lontananza , si prendesse tutta la cura onde assicurare per tanto tempo ai suoi fidi la porzione che gli era riserbata dei pubblici uffizi , e ommettes- se poi di provvedere a se stesso , onde non gli ve- nisse a mancare nel fervore della guerra l'autori- tà necessaria , della quale gli restavano appena due anni ? E che vi pensasse veramente lo dimostra un' articolo della pace di Pozzuoli , avvenuta di lì a poco, innanzi che si mettesse in cammino verso l'Orien- te , con cui si stipulò secondo Appiano 1. V e. j2. Ut idem Pompeius imperlimi Siclllae , Sardlniae , Corsicae . . . in tot annos teneret t in quot Antonio Caesarique prorogatum fuerlt imperium ; e secondo Dione 1. 48 e. 36: quinquennale ei esse imperium in Siciliani , Sardiniam , et Achaiam. Se dunque i trium- viri , i quali erano allora nel quarto anno della ca- rica , promisero a Sesto Pompeo un' impero di cin- que anni , quanto sarebbe stato il loro , è manife- sto , che se non prima , con questo trattato alme- no essi se lo prolungarono per un' altro quinquen- nio. Né importa poi se le tavole capitoline non lo registrarono se non verso la fine dell' anno seguen- te , o ciò fosse perchè si tardasse a domandarne la conferma del popolo , come sembra ricavarsi da Ap- piano ; o piuttosto perchè secondo il loro istituto es- se non dovevano aver riguardo alla data , qualun-
204 Letteratura
que fosse , del plebiscito , ma solo all' epoca eh' era
da lui statuita al principio della nova magistratura.
(Sarà continuata)
Borghesi
SS. episcoporum Nicetae et Paidini scripta ex va- ticanis codicibus edita. Accedit ejusdem s. JVi- cetae opusculum aliud chisiani codicis ope emen- datimi. Item episcopologii aquileiensis antiqui un fragmentum ex codice vaticano editum. 4« Romae tjpis vaticani s 1828.
G,
li scritti che abbiamo a stampa di s. Niceta pa- triarca di Aquilea , contemporaneo e corrispondente per lettere con s. Leone i° papa , sono tutti do- vuti ai codici dell'eterna Roma. Perocché ili quat- tro soli che esistono , il primo intitolato Explana-' tio symboli , fu scoperto nella biblioteca romana dei sigg. principi Chigi , e divolgatane la notizia l'anno 1790 dal chiarissimo Fea nelle Miscellanee p. 7; ben- ché poi l'onore della prima stampa sia toccato a stra- nieri tipi , atteso che il card. Borgia trovandosi in Padova ne accordò ivi il mss. per l'impressione. Gli altri tre scritti , cioè uno De ratione /idei ; l'altro De Spiritus Sancti potentia ; il terzo De diversis appellationibus D. N. lesa Christo convenientibus , furono scoperti in un codice della biblioteca vati- cana dal celebratissimo monsig. Angelo Mai prefet- to della medesima , e pubblicati poc'anzi in Roma
Opere inedite di s. Niceta ec. ao5
a fine di presentarli alla santità di N. S. Papa Leo- ne XII nel quarto felicissimo compleanno del suo glorioso pontificato. La verità di questi tre opu- scoli è dimostrata con piena evidenza dall' editore nella sua prefazione; i. perchè Cassiodoro li lesse, e ci disse che solevano unirsi agli scritti di s. Am- brogio. Ora gli opuscoli vaticani ed il loro ti- tolo consentono con la materia e col titolo ricor- dati da Cassiodoro , e trovansi appunto uniti da un solo codice con le opere di s. Ambrogio, a. Il chie- rico Enrico , come intendiamo dal diario italico del Montfaucon , descrivendo nell'undecimo secolo la li- breria del monastero della Pomposa , riferisce i ti- toli di questi stessi ti e opuscoli , come esistenti in un codice d'essa libreria. ò° Un antico catalogo mss. de' libri del celebre monastero di s. Nazario in Lau- rescham dimostra parimenti che ivi esistevano que- sti opuscoli. 4° Finalmente conferma le anzidette testimonianze, e, ciò che più importa, fa dono alla ecclesiastica letteratura di questi tre scritti di s. Niceta.
Nel primo di essi scritti si combatte la be- stemmia degli ariani , i quali con varie sottigliez- ze , e con falsa interpretazione de' testi evangelici, volevano togliere alla seconda persona dell'augusta Triade l'eterna natività dal Padre , la sua ugua- glianza e consustanzialità con esso , e finalmente la sua vera divinità. Questi pestiferi errori serpeggia- vano tuttavia in Italia e altrove ai tempi di s. Ni- ceta , il quale li confuta con passi evidenti della divina scrittura , con l'autorità del concilio nice- no , con la sacra tradizione , e col raziocinio.
Il secondo opuscolo è in difesa e onore del s. Spirito , la cui divinità era parimenti negata non solo dagli ariani , ma più precisamente dai macedo-»
2o6 Letteratura
niani. S. Niceta chiama potentia ( secondo l'uso di qualche altro padre , e secondo la greca dizione c/luWft/? ) la salatissima persona dello Spirito Sau- to : ed il suo trattalo in difesa e prova di que- sto domma è cosi convincente, che Eugenio prima- te di Cartagine , vivendo ancora come pare s. Ni- ceta , volle farne uso nella confessione di fede, che la chiesa affricana presentò all' ariano persecutore Unerico. Di questo scritto adunque di s. Niceta un buono squarcio leggevasi presso Eugenio , che n'e- ra falsamente creduto autore ; ed ora finalmente si rende all' aquilejese ciò che è suo proprio , e si acquista ancora la rimanente parte di cui non si era servito Eugenio. Amendue questi scritti in di- fesa della seconda e terza persona appajono vera- mente degni dell' elogio di Cassiodoro che li pro- pone a modello di breve insieme e di plenaria spo- sizione della cattolica fede.
Del terzo opuscolo , di cui abbiamo già reci- tato il titolo , non faremo quasi parola , non tan- to per la sua brevità : quanto perchè a fine di gu- starne l'eleganza , e la cristiana unzione , è d'uopo anzi leggerlo che udirne la relazione. Lo stile di s. Niceta è puro , chiaro , robusto , e degno del- la età di s. Leone. La cattolica dottrina vi si espo- ne con libera semplicità , con precisione, e con l'au- torità di un pastore che istruisce il suo gregge spiegando le scritture sacre a norma dell'apostolica tradizione.
E stato poi buon consiglio del eh. editore l'uni- re in questa edizione romana anche l'altro opuscolo di s. Niceta, stampato bensì tre volte in Padova, in Venezia , e in Udine , ma sempre sulla unica fe- de del borgiano apografo , che non era scevro da mende. Monsiguor Mai, secondalo dal favore del dot-
Opere inkditk di s. Niceta ec. 207
to bibliotecario cbigiano sig. avv. Carlo Fea , ba collazionato novellamente quell'unico codice onde fu tratto , e ne ha riportate belle e importanti emen- dazioni. Cosi tutti gli scritti superstiti di s. Niceta (non esclusi nemmeno certi pochi frammenti pubbli- cati in Vienna dal Bonis) , compresi sono nei volu- metto romano di monsig. Mai, che non ha tralascia- to di corredarlo d'idonea prefazione e di dottissime note.
Le ricerche intorno alla vita di s. Niceta pra- ticate dall' insigne editore, lo portarono all' esame di una preziosa cronaca inedita aquilejese, conservata in antico codice , della quale esso ci da un saggio di cinque pagine contenente un largo brano di episco- pologio aquilejese ; la notizia di una legazione del- le isole venete a papa Benedetto I ; di un concilio romano incognito ; di un Paolo ordinato dal papa, e patriarca cattolico , che altri confondeva con uno scismatico ; di un Mauro , che il De Rubeis a torto escluse dal ruolo de' patria! chi ; di una epoca diver- sa dello scisma di Aquilea ; della ^istituzione di se- dici episcopati veneti ; di un testamento scritto nel sesto secolo con legato di messe perpetue pe' defun- ti ; e finalmente d'una lettera, ora smarrita, di papa Bonifazio IV.
INon abbiamo ancora esaurita la descrizione del volume di cui trattiamo ; perocché l'editore , oltre le dette cose aquilejesi , ha in esso pubblicati due ine- diti poemetti elegiaci di s. Paolino vescovo di Nola , tratti anch'essi per la prima volta da un codice va- ticano. Cosi veggiamo ricalcate le orme del Mura- tori, che da un codice milanese divulgò diversi poe- metti del medesimo santo padre; e del Mingarelli , che cinquanta altri versi rinvenne in un codice bo- lognese. Gli argomenti che confermano a s. Paolino
2o8 Letteratura
la proprietà di questi due poemetti , sono, i° Che esistono iti un codice in cui altro non si contiene che opere di s. Paolino, a0 Che s. Paolino ricorda in una di queste elegie la sua conversione e battesimo in adulta età, ed anche il suo consolato; nell'altra poi discorre di un suo fratello e di una sorella , noti amendue da altri scritti di s. Paolino , e d'altre co- gnite circostanze della famiglia sua. 3° Lo stile e i sentimenti sono affatto conformi alle altre produzio- ni di s. Paolino. L'editore, nel suo breve prolego- meno a s. Paolino, coarguisce un errore del dotto Becchetti , che negli Annedoti dell'Amaduzzi divulgò come inedita una lettera di s. Paolino , la quale già leggevasi in tutte le edizioni di questo s. padre, ed anzi più corretta che non la diede il Becchetti. Da lutto ciò sempre più si comprende di qual giovamento alle lettere, non pur profane ma eziandio ecclesiastiche , sia stata la scelta che Pio VII d'im- mortale memoria fece di monsig. Mai in prefetto della vaticana. Perciocché lutti questi ed altri preziosi tesori sarebbero senza lui rimasi tuttavia nascosti alle buone dottrine : e i letterati avrebbero ancor creduto ciò che il celebre Noris , il quale prima di essere cardinale fu prefetto della vaticana , scriveva al Magliabechi : Vi sono nella biblioteca molti fram- menti greci da supplire varii autori : ma de' lati- ni non vi è cosa rara, e che non sia di già stam- pata (a). Ed ecco il Mai che con quo' suoi acutissi- mi occhi trova a gran dovizia ciò che riè il gran Noris , ne gli altri suoi famosi antecessori sepper tro- vare : meritevole ognor più del titolo di Colombo della letteratura, con cui fu egli chiamato da un leg- giadro ingegno di questi tempi.
(a) V» il libro Clarorum venetorum ad Aat. Maglia- ia **hium nonnollosque alios epistolae ctc. T. I pag. 1 56.
20f)
Le Georgiche di Virgilio in ottava rima tradotte dalV autore dell' Iliade Italiana.
n
V>on questo titolo in fronte comparve giorni sono un libro nitidamente stampato in Firenze dall'accu- rato tipografo Molini all'insegna di Dante. Or tro- vandosi qui un culto giovane straniero , perito ab- bastanza della nostra lingua , fu egli il primo a legger questo titolo , e voltosi a me disse: Chi è questo autore dell' Iliade italiana ? che cosa vuol dire Iliade italiana , e perchè si contenta a questa indicazione della sua persona ? Io sorrisi a queste parole , e gli risposi : L'autore di quest'opera è un gentiluomo fiorentino appellato Lorenzo Mancini , non mediocre letterato , il quale ha tradotto ancora in ottava rima italiana l'Iliade. Bene, replicò egli , ma è forse egli il solo che abbia tradotto l'Iliade in italiana favella ? Mi pare che un certo appellato Vincenzo Monti ... E non solo il Monti , io l'interruppi ; molti altri hanno fatta la copia di quel magnifico qua- dro dell'Iliade ; ma il Mancini pretende che la sua sia superiore a tutte le altre , e debba dirsi italiana per eccellenza , o per antonomasia , perch'egli ha usato per copiarla la forma o il metro dell' ot- tava rima , di modo che sono maravigliato , che non abbia dato anche a questo suo lavoro il ti- tolo di Geogica italiana. E va bene ancor questo , mi soggiuns'egli ; ma tutti i letterati d'Italia so- no eglino convenuti nel concedere questa preten- sione del sig. Mancini ? Non ancora , cred'io , . . . Ma converranno un giorno ? . . . Non lo credo . . . G.A.T.XL. a
2 io Letteratura
E perchè ? . . . Perchè la più parte de'fiorenti let- terati d'Italia non lo crede , e non lo credo nep- pnr io , perchè trovo giuste le ragioni che addu- cono . . . Quali sono ? . . . Multe , ma tutte qua- si derivanti da una sola . . . Cioè ? . . . Dalla ri- ma . . . Ma i francesi ancora e gì' inglesi e i te- deschi traducono con rima ... Sì , ma con rime a due a due , e gl'italiani a due e a tre a tre nel giro d'otto versi in grazia dei siciliani primi no- stri rimatori : e quest'obbligo che un poeta s'impo- ne , oltre al travagliarlo penosamente , fa sì che il lavoro riesca più, imperfetto di quello , che non s'impone quest'obbligo . . Ma perchè se lo impon'egli ? Quando in tal guisa soffre un doppio incomodo , cioè dura maggior fatica d'un altro, e fa un la- voro inferiore di pregio ? ... Perchè egli giudica che il lenocinlo della rima alletterà di più i leggitori , e perciò lo preferiranno anche a quelli , che scel- gono il metro eroico del verso sciolto per quan- to sia ben lavorato e condotto ... A me pare che giudichi rettamente , e con buon successo ... Sì se intendete del comune dei leggitori , dei giova- netti ec. ec. , ma i più provetti o segnalali nell'ar- te , che amano passionatamente i classici , e spe- cialmente Omero , gustano sì del suono della rima ; ma non restano perciò meno offesi dai moltiplici difetti assoluti , o relativi , nei quali ella forza l'autore di cadere . . . Ma come ciò ? . . . Ho di- chiarato questa mia opinione in un altro scritto per mero accidente (a) ; ma per compiacervi m'in- gegnerò ripeterle . Supponete che un pittore si
(a) V. Lett. d"U. Latnpredi a V. Monti intorno alla sua traduzione dell' Ilìade. Milano pel Silvestri ec.
Georgica di Virgilio tradotta. ali
proponesse di fare una copia della trasfigurazione di Raffaello o del giudizio di Buonarroti , e clie perciò prendesse una tavola o tela aspra e bi- tozzoluta di superficie in modo , che quasi ad ogni punto delle diverse linee che deve tirare incontri un bitozzolo o prominenza di base più o meno gran- de ; ditemi un poco, nel condurre i piccoli tratti quan- ta attenzione dovrà egli usare per condurli con tut- ta la precisione, come sarebbe se la superficie fosse piana e levigata? Non si troverà egli ad ogni momen- to imbarazzato , e tratto fuori dalla sua vera dire- zione? Inoltre fatto un pezzetto di lavoro, la luce ri- flessa da quei tratti ora saglienti ora scendenti , e perciò riflessa per angoli diversi, non dev'essa gene- rare nell'occhio diversa sensazione secondo la teoria newtoniana ? Cioè non rifletteranno essi una diver- sa specie di luce diversa d'un grado per quanto pic- colo volete , ma nella totalità di sensibile differenza? E quei tratti piccolissimi medesimi , che per certi loro precisi gradi di curvatura formavano insieme un grazioso contorno d'occhio , o d'altra parte delle fi- gure , avranno eglino o potranno mai avere lo stes- so andamento , per quanto abbiavi fissato attentamen- te l'occhio e l'ingegno il malaccorto pittore ? In som- ma finita l'opera le faranno plauso coloro che guar- dano coll'occhio del corpo , ma non coloro certamen- te die la guarderanno con l'occhio dell' arte. Questi cioè ammireranno l'ingegno e la pazienza del pitto- re , ma non il sno lavoro in quanto che si è propo- sto di dare una copia , e non un originale : benché anche in questo avrebbe incontrate le stesse difficol- ta : ma allora sarebbe stato in suo potere il cangia- re il tratto , il colore, e la figura ancora della par- te elio voleva dipingere , e così rimediare a tutto ; ma . . . Intendo bene , credo , ripigliò il mio giù-
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312 Letteratura
vane straniero : quei bitozzoli sono le rime. Ma cre- dete voi che il vostro pittore non possa trarre una copia abbastanza fedele dalla sua superficie? ... Tutto dipende, risposi, dall'idea che vi formate dalla sua scabrosità o rozzezza, se v'immaginate che in certi punti il pittore non possa passar sopra col pennello, o passandovi non possa applicarvi o nessuno o un certo colore , ma si un diverso: allora avrete aggiun- te di pensieri, che non sono nell'originale, e sottrazio- ne di altri che vi sono , o cambiamenti inconvene- voli ec. ec. . . . E così credeie che sia nell'Iliade italiana? ... Così credo, anzi l'ho in parte dimostrato, ed altri ancora ... E cosi dunque sarà in questa traduzione delle Georgiche ?... Senza dubbio; anzi il male qui sarà maggiore , perchè come poema dida- scalico vi hanno pensieri e modi più propri della lingua latina , e più comuni o sia meno elevati fra' primi , e più ordinarli fra i secondi. Or quauto più le figure sono grandi , e i tratti più grossolani , tan- to più si scorgono i difetti dell'une e degli altri. Per esempio osservate, dagli undici primi versi e con mez- zo poi il traduttore ha fatto tre ottave , cioè i^ ver- si. Che conseguenza dedurrete da ciò ? . . . O che vi ha incastrati molti eie' suoi tratti e pensieri , o che ha fatto della materia virgiliana ciò che fa un ar- tefice quando lavora il cuojo ... Si, ma voi ben sapete che il cuojo s'indebolisce nella consistenza delle sue par- ti . . Se adunque è cosi, bisognerà concludere che questi lavóri del sig. Mancini sieno detestabili in lettera- tura . . . No, non tirate, vi prego, questa conclu- sione , ma una tutta contraria. Questi lavori del sig. Mancini sono anzi utili e pregevoli. Perocché ha egli molto ing-gno, calda abbastanza e vivace ima- ginazione per un poeta , inoltre egli è ben nudrilo non solo nel pai-colo dei nostri classici , ma i;
Georgica. di Virgilio tradotta 2i3
quello ancora della letteratura inglese e francese : in somma egli è del Lei numer uno de' molti genti- luomini e cittadini di Firenze , i quali con l'ingegno e con l'opera onorano ai nostri tempi quella mia fe- lice patria , che tanti sommi uomini illustrarono nei trapassati ... Io nel mio ritorno voglio passar per Firenze , e fermarmivi per qualche tempo , ed allo- ra .. . Ben volentieri , signore. Io vi darò una no- ta di alcuni eh' io conosco e stimo particolarmente. Ed anche senza questa posso dirvi che cerchiate de- gli accademici georgofili , di quelli che presiedono al- le scuole di mutuo insegnamento : e poi se , com' è probabile , vi recherete nel gabinetto letterario del sig. Vieusseux, molti fra i migliori ne incontrerete . . . In tal caso non v'incomodate a far la nota. Piutto- sto se devo recapitare una vostra lettera a taluno di essi . . . No , perdonate , ia nota è necessaria , per- chè in un caffè o altrove potreste incontrarvi con uno di quei gentiluomini , che si darà forse, le gran- di arie, e potreste ingannarvi : perchè malgrado dell' apparenza egli non ha in sostanza la mente , e molto meno il cuore di quelli dei quali parlo : ed io più ch'altri mei so. Ma in tempo più opportuno faremo i conti insieme , spero ; perchè come deve onorarsi con fatti e con grate parole la bontà e li generosità del vero amico , così deve manifestarsi con vera rampogna la durezza e la crudele inse isibilita del falso che abbandona l'altro nell' infortunio , o nelle disgrazie ordinarie della vita ... E chi è que- sti ? ... Lo vedrete nella nota con una croce appo- sta accanto ; ma in Firenze non comunicate con al- cuno queste mie parole , perchè non ho che un te- stimonio solo del fatto di cui parlo , benché questo solo valga per cento. Ma non voglio mettere il cam- po a romore senza necessita , e senza i debiti svilup-
-2 1 4 Letteratura
pi del fatto ... A' queste mie parole , alle quali non parve , ne doveva molto interessarsi il mio giovane straniero , riprese egli il libro in mano , e mi dis- se : Dunque voi dite che questa è buona poesia? Cer- tamente tale io la. reputo , risposi , perchè le ottave sono sostenute con buono stile , e ben condotte ; an- zi vi dirò di più , che la leggo con maggior piacere di quello che provai un giorno leggendo certe otta- ve originali d'un poema del Monti , e che io per una certa allusione appellai poesia sbandellata. Ma , come sapete, si può riuscire perfetto in un genere di poesia , ed imperfetto in un altro. Monti era sommo nella lirica , e in generale nel colorito de' suoi qua- dri. Io soleva in Milano peragonarlo al pittore Ap- piani , del quale potrete vedere gli a freschi nel palazzo regio , e altrove. Quegli a freschi saranno eter- ni e inarrivabili come certe odi liriche di Monti , la sua versione dell'Iliade . . . Ora capisco quale sia la vostra quistione col sig. Mancini . . . Sì. Io sosten- go che la copia dell'Iliade del Monti è più fedele , perchè non era tiranneggiato dalla rima , e sostengo ancora , che il suo colorito è generalmente più fran- co , vivace , e naturale : il che non prova che quello del sig. Mancini sia cattivo e debba dispiacere , e molto meno a chi non guarda tanto del sottile. Pe- rocché noi altri italiani siamo non poco schifiltosi e difficili quando si tratta di traduzioni di classici , e specialmente d'Omero. Mi dicono che lo stesso Man- cini abbia tradotto ( forse in ottava ) anche il Sag- gio dell'uomo del vostro Pope. Leggetelo , e confron- tateli insieme. Se lo legffo io e mi metto a notare
no
le diffesenze fra la copia e l'originale , non ne farò gran caso : ma quando si tratta d'Omero , e veggo tanti peccados e peccadlllos d'infedeltà per aggiun-
Geokgica i>i Virgilio tradotta 21 5
te , sottrazioni ec. in grazia della rima , allora gri- do col nostro Menzini :
Su queste del Parnaso alpestri cime Chi ti forza a salir ? forse il Parnaso Andra in rovina senza le tue rime ? . . .
Da tutto questo , dissemi finalmente il mio stra- niero , io concludo che il sig. Mancini è un uomo di merito , e passando per Firenze procurerò di co- noscerlo ... E bene , io conclusi , salutatelo da par- te mia, e ditegli pure , che ho da fare ancora quattro parole con lui sopra certe sue rappresaglie sull'Iliade del Monti ch'io ve^po espresse ne'suoi versi sciolti della lettera indiritta a Virgilio. Io lo farò con Lei garbo : ma s'egli si ostina nella sua opinione, al- zerò la voce , e forse . . . Insomma sappia ch'io so- no irascibile alquanto per natura , ed ora più per que- sta disgustosa più che dolorosa agitazione del mio si- stema nervoso. -Così ci separammo, ed io me ne an- dai a scrivere un articoletto , e lo invierò a suo tempo.
Ab. Urbano Lampredi.
Lettere di etnisca erudizione , pubblicate dal cav. Francesco Inghirami. Poligrafìa Fiesolana , 1828. 8° di pagine 47 » con tre tavole in rame.
otto questo frontispizio recate ci vengono in vago presente due lettere del eh. sig. cavaliere Zanno- ni , tutte fiorite di quella solida e nou comune
2i<3 Letteratura
dottrina , che tratta in luce da' principali letterati dTtalia , formò sempre la delizia nostra. Per più bello incontro , vediamo essere promotore delle me- desime l'altro uomo celeberrimo in questi istudj , il eh. sig. conte Vermiglioli ; cosicché convien dire clie i monumenti novelli non poteano capitare in mani migliori.
Tiene il primo luogo una delle già cosi dette pa- tere di bronzo ; delle quali ora per alcuno che ne abbia vedute parecchie , o sappia le circostanze del- le rinvenute in questi paesi a'tempi de1 maestri no- stri , dubitar non si può mai , che non sieno puri usuali specchj. Nella faccia lavorata , opposta sem- pre alla brunita , rappresenta essa alla sinistra di chi guarda , Ercole che trae il can cerbero , ed ha scritto accanto il suo nome HERGLE. In mezzo havvi bella donna diademata , con torque o collana , tutta nuda nella parte superiore del corpo , e coperta da basso con peplo , o mauto solo , rigettato sul brac- cio sinistro. Con la mano destra ella pone una co- rona sul capo di Ercole ; e tiene un' altra corona nella manca. La sua leggenda è MIEAN , o MV- EAN. Le sta al fianco un'altra persona , che sembra donna , con diadema e torque anch'essa , ma tutta vestita, o stolata , e di più col braccio destro en- tro il peplo. Accanto è il suo nome LEIN0.
Entrando il sig. cav. Zannoni a chiarire que- sta mitografla , ci regala di una bellissima osser- vazione da un luogo di Apollodoro , in cui , dando- si al Cerbero tre teste di cane t e sulla schiena altre teste di ogni generazione di serpenti , vengo- no tolte le contraddizioni apparenti di Esiodo , che il disse di cinquanta teste , e di Orazio , che dopo averlo nomato bellua centiceps , ritorna in altra ode a dirlo trilingue , perche di tre sole teste ca-
Lingua etrusco 317
nine , com'è qui rappresentato. Passa quindi a trat- tare con tutta maestria de'misteri Eleusinii , e di antiche rappresentazioni credule falsamente appar- tenere a' detti misteri. Ci avverte autorevolmente del- la H aspirazione , formata come un parallelogram- mo tagliato per mezzo , ch'è lettera e forma tan- to fenicia , quanto greca propria.
Toccata la consuetudine , che faceva le donne iniziatrici degli Eleusinii ( al che basta la famosa iscrizione di colei ch'iniziò l'imperadore Adriano; Sclww , Papyr. Borgiana pag. 78 ) , dubita se la femmina incoronatrice del nostro bronzo sia Giu- none o Venere ; mostra che queste due dee in an- tichissima mitologia teneansi per una sola ; e per ciò con belle ragioni di scienza sostiene^, essere la detta femmina onninamente Giunone , placata , ed anzi espiatrice con l'eroe.
Né osta il nome allatto nuovo MVEAN , quan- tunque sappiamo Giunone essere stata detta da' tir- reni , e dagli umbri certamente , CVPRÀ ; poiché abbiam pure , in tanta scarsezza di documenti , Ve- nere ora detta TVRAN , ora ©ALNA. Deduce il no- me MVEAN dal verbo uva , ed anche dal suo figu- ralo yivist ; il primo importante claudo , ed il secon- do initio sacris. Nota la N finale in un caso ret- to , come in MVRAN , Mofya , la Parca ; lettera ri- dondante al certo , se in que'tempi non confondeasi talora il nominativo con l'accusativo.
Sul nome dell'altra figura LEIN© , osserva eru- ditamente , che 1' EI , per E lunga , o per H , età , era usitatissimo dagli eoli , o greci primitivi dell' Italia nostra ; che data alla © l'ausiliare A , come porta l'indole della etrusca lingua, leggesi Leintha; tolta la N di mezzo , che spesso ridonda in etrusco , il nome verrebbe dal verbo Kn'ia ,pe lasciatavela, verreb-
3 1 8 Letteratura
he meglio dal verbo ?>.oìv8xw ; e quindi Letha, o Ze- intha sarebbe certamente la greca Av8t> , la dea del- la oblivione. Gli antichi autori aveano rammentato questa dimenticanza , o riconciliazione di Giunone con Ercole ; ma non iscrissero che appartenesse agli arcani di Elcusi ; né che avvenuta fosse più in ter- ra che su l'Olimpo. La figura della nostra Latha , come diceano i dori , ha un non so che di singola- re. Mostra una dea o ninfa non lieta. Ella tiensi tut- ta appoggiata , o aderente alla figura di Giunone ; contro l'uso di queste incisioni etrusche a contorni , le quali voglion le figure alquanto distanti fra loro. Inclina essa il capo a sinistra ; alza verso il capo l'in- dice della mano destra : e questi sono contrassegni di pensiero , e di profondo pensiero. In somma , una tale eloquentissima invenzione delle felici fantasie greco-italiche , resta uguagliata solamente dalla na- turalezza e dall'acume della spiegazione datane dal nostro autore , che non possiamo non ammirare.
Nella seconda lettera il sig. Zannoni si fa da principio a descriverci un erma con leggenda etni- sca , discoperto l'anno scorso su' confini dell' Elru- ria co' liguri , vicino alla Macra. Somma è la roz- zezza di questo monumento ; non consistendo esso che in un cippo , o stola sottile alquanto rastre- mata da basso , e terminata sull* alto in semicer- chio piano , sotto il quale è stato operato un in- cavo rettilineo , come a denotare il collo , e sovra il piano semicerchio è stato ancora inciso un volto umano , quale delineare il saprebbe il più grosso- lano bifolco. Nei corpo della stela , o cippo , scor- gesi la seguente iscrizione , in bellissimi caratteri etruschi , o ciò eh' è lo stesso , greco-italici pri- mitivi , collocati perpendicolarmente , non già l'uno dopo l'altro in piedi , come in alcuni cimeli noti ,
Lingua etruscà 319
ma in linea seguita da destra a sinistra , per leg- ger la quale convien volgere l'occhio , e prender principio dall' alto : MEXVNE MVNIVS. Con gra- vi autorità qui parla il sig. Zannoni de' termini , o cippi finali agrari , e di altre forme di numi an- tichissimi , si mal fatti , che non aveano di umana figura altro presso a poco se non la intenzione ; e tuttavia da' superstiziosi gentili erano abbelliti a colori , unti , incoronati , adorati. Di simili ermi con la testa formata a cono più o meno acuto e ritondato , fra le rovine di Roma noi ne abbiamo veduto parecchi , ne' quali rendevasi ancora visibi- le il colore sul cono , reso più fisso per le tinture;
Divide la leggenda in ME XVNE MVNIVS; e provata con esempi di altissima età l'usanza d'incomin- ciare col ME , come se la pietra stessa favellasse , deriva XVNE , perfetto certissimo per le analogie che abbiamo , dal verbo %vvóto , %yv£ ; onde spiega- si : me consociavit {aliis) Mi.uiius. Munio adunque, splendido uomo di remotissimi tempi , pose quest' erma in serie con altri somiglianti. Non ignoto in marmi latini è il gentilizio MVNIVS ; e della ter- minazione in VS fra gli etruschi , abbiamo esempio di APP1VS in gemma nobilissima , ed altri in V, rilevati dal dottissimo Lanzi , per l'aferesi della S finale.
Alcuno forse potrebbe proporre , che lo XVNE si derivasse piuttosto dal verbo £1/0 , scalpo ; co- sicché , per quella N, una delle lettere epentetiche , proprie di siffatti abnormi dialetti, le quali Lan- zi appellò non benissimo epilettiche , XVNE fosse in vece di £u's , o £u<rs , che per ciò, con senso na- turalissimo ed ovvio f dovesse tradursi ; me sculpsit Munius. Ma questa minuzia sia tramandata solamen- te per un dubbio nostro passaggiero.
220 L E T T E R A T U E. A
Imprende poscia il sig. Zannoni l'illustrazione di un altro specchio di bronzo, esistente in un mu- seo di Arezzo. È questo molto inferiore al primo in merito di arte , ossia in disegno ; ma ugualmen- te prezioso per un nome ignoto, e per notizie nuo- ve. Rappresenta un guerriero nudo , con semplice clamide gettata sul braccio sinistro , con cui impu-7 gna Tasta. Dalla di lui mano destra sporge un non so che , forse ;il capulo del gladio , nascosto alla vista dal braccio. Il nome apposto è ACVN, AVVN , o AFVN. Gli si rivolge contra , come avventando- si , una donna diademata f tutta nuda , che appog- gia sull' anca la mano ed il braccio sinistro in an- golo , e con la destra dirige , a ciò che ne sembra , un arnese , o ferro di due barre decussate , verso il guerriero. Il nome di costei è TVRAN.
L'autor nostro confessando , che per essere in quella parte il bronzo un po' consunto , non si può definir bene che mai faccia la detta donna con la destra ; inclina a credere , eh' ella stringa il nastro , da cui si suppone legata in alto la ghirlanda di mir- to , la quale al solito ricorre per tutta la perife- ria del disco. Anche per questo indizio del mirto , la donna è frattanto certissimamente la dea Vene- re. Non v'ha quindi ad esitare in riconoscer Mar- te Dell' opposto guerriero. Dell' inaudito nome suo AVVN , o AFVN, trovasi tosto la derivazione dal verbo àuto , clamo , reboo- La seconda lettera fatta sul bronzo come unjsigma greco a due angoli ret- ti , la quale per altri , e certo in altri dialetti gre- canici d'Italia , sarebbe una C, o un K, dimostrasi pel nostro autore essere aspirazione, o digamma det- to eolico , tal quale in AFIAS per AIAS , Ajax , ed in altri vocaboli. Bellissimo è il discorso , che continua sovra un luogo del grande Alicarnassese
Lingua etrusca 221
( Antiqua. Rom. lib. 1. i4)> ia cui questo digara- ma vendicasi proprio degli antichissimi greci d'Ita- lia , quanti mai furono , anche indipendentemente dagli eoli ; sentenza ch'c stata mai sempre la nostra.
Addita eruditissimamente , per Omero , e per altri classici , quanto mai un appellativo dal cla- more e dall'urlo sia proprio e conveniente al nu- me della guerra. Corregge l'errore degl'interpreti di Sofocle , i quali nell'Edipo Goloneo resero l'epite- to , divenuto nome proprio di Marte , yjx.hv.o^ooLV per armis aereis strepentem , o per ferristrepum , quan- doché doveano esprimere colui di voce pia rintruo- n tinte che quella di un ampio e duro vaso di me- tallo : qual si fu appunto la voce di Stentore ; o come dette furono yjx.Kv.à 'ttos/Iss le cerve dalla gagliar- dia di lor gambe , il che Ausonio spiegò ottima- mente per aeripedes. Confessiamo , che ignorandosi finora qual fosse il nome di Marte presso gli etru- schi , e sapendo noi bene che tutta l'antichità creò molti e molti appellativi de'numi dagli epiteti lo- ro , le dotte induzioni dell'autor nostro sono invin- cibili , e felicemente dimostrative di particolari sco- nosciute verità.
Frattanto ci giova osservare , che questo se- condo specchio non ha la menoma relazione con mi- steri , o congreghe di arcani riti. Nella prima lette- ra il sig. Zannoni confutò vittoriosamente il Millin , ed altri visionar] di occulte rappresentanze ; facen- do chiaro , che ramuscelli di mirto , donne che pre. sentino vitte , o corone sciolte , e somiglianti arnesi della vita comune , nulla importano di misterj. A tal proposito riferir dobbiamo ciò ch'è stato frappo- sto nell' opuscolo presente dal sig. Inghirami. Egli scrive = che 1' opera sua de' Monumenti Etruschi „ era stata encomiata sovra ogni propria aspettativa
232 Letteratura
„ dal sig. Orioli. *s Leggete l'estratto ; e troverete „ in un tal paragrafo , aver egli dichiarata per sua ,, l'opinione , che le nostre lamine debban tenersi per ,, una parte come rappresentative di specchi , per „ l'altra come un genere particolare di patere ne'ri- „ ti sepolcrali. Dunque fu pur bello ed opportuno , „ che il sangue , il latte , le sacre mole si ponesse- „ ro sui nostri dischi ; facendo con ciò quasi diret- „ ta oblazione all'ombra che v' abitava dentro , ed „ all'anima che dall'altra faccia v'era simboleggiata. ,, Le anime beono sangue e latte , che loro si offre „ nei sagrifizj. Ora in tutto ciò (soggiunge il sig. In- „ giurami) , chi potrà contraddire al dotto Orioli ? Io „ stesso l'ammetto nella mia opera , ove dico , par- „ landò di uno specchio mistico. = I recipienti , coi „ quali versavasi latte sui depositi sepolcrali , per- „ che le anime ne fosser nutrite , avean figura di „ quelle barche , dette cimbe ; onde rammentare , „ cred'io , che le anime tornavano in esse a varca- ,, re i cieli fra gli astri , secondando il corso del „ sole ; da dove eran partite quando scesero a ci- „ baisene , venendo sulla terra a vestirsi di corpi „ umani : né il nostro bronzo sembra in tutto alie- „ no dalla forma di navicella. — Se l'Orioli avesse „ fissata la mente in questa mia opinione , non di- „ stratto da mille altre , che in quell'opera s'incon- „ trano , forse poteva esprimersi diversamente. „
Ma , per abbassare al cospetto di tante e sì alte cose una o due coserelle sole ; ardiremmo d'in- vitare que'signori ad una esperienza , per vedere se i dischi sieno alti a contenere e porgere , non dire- mo latte , o altri liquidi , ma solo granellini di sa- le , d'incenso , od anche frutta. Siamo sicuri , che tenendo i dischi pel manubrio verso l'estremità , la superficie piana del disco barcollerebbe fuori dell'
Lingua etrusca aa3
orizzontale livello , piegherebbe da un lato , ed i granellila , le frutta cadrebbero. Ma conoscendo noi tante arche da morti , tutte adorne di emblemi o simboli bacchici , vorremo per ciò chiamarle sepol- ture mistiche ? Ma il eh. sig. Vermiglioli , gran- de maestro certamente in siffatte materie , ha pu- re scritto nella lettera prefissa a quest' opuscolo , che voi dovreste appellare gli arnesi , de'quali trat- tiamo , = non sempre specchi mistici , piuttosto „ almeno sempre specchi usuali e domestici. „
Esortiamo i signori Orioli ed Inghirami a vo- ler volgere di nuovo i passi loro verso la maesto- sa regia via del positivo e tutto dimostrabile sa- pere. Non veggono forse , che dopo avere speso una infinita di parole, accumulando congetture , specu- lazioni , allegorie , le une sopra le altre , non giun- gono a trovar puro e schietto il vero ? La veri- tà è una sola ; e se questa v'ha pure fra le mol- te proposizioni loro , le altre proposizioni non pos- sono mai essere verità. Su quella regia via eglino s'incontreranno , ed oh ! l'incontro fortunato , co'pri- mi che vider chiaro in una scienza tutta propria degl'italiani ; s'incontreranno con un Gori , un La- mi , un Annibale Olivieri, un Lanzi , e con cen- to altri valentuomini.
Sentiamo col più vivo piacere , che il eh. sig. cavaliere Zannoni , nel secondo volume delle gem- me della real Galleria per lui illustrate , produr- ra con suo commentario le etnische epigrafi , sco- perte anni sono in Chiusi. Ad estendere sempre più le cognizioni nostre sulla lingua de'tirreni , non al- tro certamente richiedesi , se non che il novero de'ma- numenti si accresca , e questi assoggettati venga- no alio studio di dotti , possessori dell'unico vero metodo , da noi cotanto encomiato. Attenderemo
2a4 Letteratura
adunque di vedere fra non molto assicurato ma»- giormente all'Italia l'onore di essere stata la mag- giore delle due Grecie : cosa che ad alcuni pochi , non sappiamo perchè , dispiace quale ignominia , ed è pure dell'Italia nostra il più bello e principalis- simo vanto.
Girolamo Amati.
Di alcuni scritti inediti di Lodovico Carbone fer- rarese. A S. E. Riha monsig. Carlo Emmanuele Muzzarelli , lettera di Gio. Battista Vermigliali.
0
uanto in ogni ragione cfi studio si distinse ed in ciascun tempo l'illustre sua patria Ferrara , la quale anche oggi la stessa Eccellenza Sua fa gran- demente risplendere, basta a ben conoscerlo i fa- sti delle italiane lettere. Mentre codesta di lei pa- tria pertanto diede il nascimento e la cuna al pro- digioso Ariosto , e mentre prestava ora dolce ed ora funesto ospizio al gran Torquato , alimentava noli' ubertoso suo seno ed all'ombra lietissima! del- la estense protezione molti altri letterati valorosis- simi.
Fra questi non vuole dimenticarsi Lodovico Car- bone filosofo , oratore , e poeta chiarissimo del se- colo XV, siccome il disse Antonio Tibaldeo suo con- cittadino ed amico nell' elogio funebre che ne- fe- ce (i). Di Lodovico e delle opere sue pertanto ,
(i) Barotti : Memorie isteriche di letterati ferraresi I. pag. 62. E poiché mi cade in acconcio rammentare il Ti-
Scritti inediti di L. C.ìubone 225
siccome ella conosce , ci diede buone notizie Gian
baldeo , illustre poeta del secolo XV e XVI , giovi far co* noscere alcune sue poesie latine , nelle quali valse as- sai più che nelle italiane , e forse , se non tutte y pei la maggior parte inedite. Si leggono le medesime in un. codice cartaceo in foglio , cha a me donò nel 1820 il mio chiaro e dottissimo amico conte Perticari ; presso cui avendolo osservato , mi sorse desiderio ardentissimo di possederlo : imperciocché , oltrecchè ivi si serbano va- rie poesie latine inedite di Francesco Maturanzio dot- tissimo letterato perugino de* secoli XV e XVI , e di cui io stesso pubblicai una vita nel 1 806 , lo riconobbi certamente di sua mano. Il Maturanzio potè forse tra- scrivere quella Miscellanea copiosissima in Ferrara , ove io mostrai che si tratteneva nel j^S^pag. i3. Le varif poesie latine del Tebaldeo sono le seguenti , che porta no in fronte il suo nome , potendovene essere altre r che anonime si leggono nel codice frammischiate a quelle del suo nome medesimo segnate. Intanto io ebbi agio di confrontarle con le poche poesie del Tebaldeo , che si leggono edite nelle raccolte dell' Ubaldini , del Fosca- ri , del Grillerò , ed in altri libri , senza che di queste sne poesie latine se ne pubblicasse una separata colle zìone , siccome delle volgari si fece , che forse meno i, meritavano :
1. Fabula aesopica a Gallio recitata sic per Autonium The
baldeum carmiuibus mandata, a. Ad venetos. 3. Ad Herculem Estensem. 4- rimo cardinali Francisco Gonragae.
5. Alphonso duci Galabriae.
6. Io. Pirro protbonotario mirandulensi.
7. Ad Io. Rufluru forlivensem.
G.A.T.XL. i5
22Q Letteratura
Andrea Barotti fra gli scrittori ferraresi (i), e sag- giamente mostrò , come altri per errore lo disse da Reggio f e come altri il confuse eoa Lodovico Car- bone dell' Umbria , che similmente ai buoni studi fiori nel secolo posteriore XVI, in cui fu anche pro- fessore di umane lettere in Perugia (2). Il Barotti , ed il Mazzucchelli prima di lui , che pure un buon articolo del Carbone distese ne* suoi scrittori italia- ni , e quanti altri scrissero di lui , sembra che non conoscessero alcuni suoi scritti italiani , de' quali so- no per darle contezza , i soli quasi che rimangono del Carbone in questo idioma ; imperciocché gli al- tri , ricordatici da' suoi biografi , non sono che nell* idioma del Lazio (3) ed interamente inediti.
Io gli ho discoperti nel codice cartaceo in 8.° segnato XCV della pubblica biblioteca di Perugia,
Segue un altro carme allo stesso Alfonso d' Ara- gona duca di Calabria , preceduto da una lettera delV au- tore , nella quale r come ne" versi , il Tebaldeo gli espo- ne le molte calamità dell'Italia , e l'indolenza de' prìn- cipi e popoli suoi di non prestarle soccorso. A questi suoi versi latini il Tebaldeo fa seguire su lo stesso ar- gomento un sonetto inedito , che non si trova nelle va-
7 • • •
rie edizioni delle sue rime , e che incomincia :
Che fai ! Che parli ! A che stai pigra e lenta !
(1) P'oL II pag. 5o.
(a) Biografia dagli scrittori perugini 1 pag. 222, (3) Pare che gli stessi suoi biografi ignorassero la versione italiana , die il Carbone fece di una orazione del cardinal Bessarione : A tutti gli signori d'Italia con- fortandogli a pigliar guerra contro il turco 1471; 4 varissimo.
Scritti inediti di L. Carbone 297
e sembra certamente codice del secolo XV , e coevo dell' autore.
Viene in primo luogo : Traduzione di Sallustio historiograplio per Ludovico Carbone allo illustre e grazioso signore M. Alberto da Este. Et prima il proemio* In questo proemio cosi Lodovico espone il motivo , che lo ha condotto a tradurre Sallu- stio (1) : Ragionando pochi dì innanzi cum Nico* lo Bene de Dio vostro fedel servitore t et mio ca- ro discipolo , lui mebbe a dire quanto volentiere la S. V. leggeva la bistorta : e quanto piacere pren* deva in sapere la vita e costumi di quegli anti- chi romani , che in ogTii laude , et gentilezza for- no tanto gloriosi etc, ... e sopratutto intesi che molto vi gustava il parlar di Crispo Sallustio cum quella sua gravissima brevitate : et anche in que- sto havetti buon judicio , perciocché ninno altro ali- dore latino fu mai , che in sì poche parole com- prendesse tante altre , et profonde sentenze , in modo che ognuno ha che dire , e stupire di que- sta divina brevitate sallustiana. E veramente que- sto è il giudizio , che in ogni qualunque tempo si pronunciò delle istorie di quel classico.
Il sig. Barotti , da un epitalamio inedito del Car- bone , estrasse la semplice notizia che Lodovico orò ne' funerali di Bertoldo da Este generale de' vene- ziani , morto in battaglia sotto Corinto nel i4G3; ma da questo proemio suo a Sallustio ne veniamo in
(1) Questa versione inedita è certamente la 'prima che si facesse ài quel classico romano , e dovè prece- dere quella di Agostino Ortica dalla Porta genovese , la prima die si conoscesse fin qui , e che si pubblicò fino dal i5i8. Per Zorzi di Rusconi milanese.
i5*
.228 Letteratura
miglior modo accertati. Imperocché ivi soggiugne ad Alberto : Maxime dapoichè retornassemo da Este , do- ve dal sapientissimo nostro duca fosti mandato , e io insieme cum viri, a celebrare , et onorare i'exc- quie di Bertoldo vostro morto nella Morea in ser- vizio de* signori venetiani in sì laudabile spedizio- ne per la fede Christiana ; et io feci quella orazio- ne funebre di che ancora tutti quegli montanari ne parlano.
Segue la versione di Sallustio , che ha un fo- glio lacero nel mezzo del codice , e che sembran- domi condotta con non ispiacevole maniera , a buon seggio di essa, le soggiungo questo principio del pro- logo sallustiano.
Qualunque homo desidera essere avantaggiato sopra gli altri animali , con tutte le forze conden- si adoperare di non trapassare la vita sua con si- lenzio , e senza fama , come le pecore , che natu- ralmente sono inclinate alla terra , e formate a obe- dire il ventre- Ma ogni nostra possanza parte nel corpo , parte nell'animo è riposta, l'animo a coman- dare , il corpo a servire dovemo usare : l'uno con le bestie abbiamo comune : nel altro cum epso Idio partecipamo : onde mi par megli» , e più dritto con t aiuto de l'ingegno , che della forza corporale cer- care fama , et acquistare gloria. E perchè la vi- ta istessa che goderemo è molto breve , lasciar di noi memòria long/rissima. Perochè l'honore della ricchez- za , e della bellezza è debole e fallace : e presto ci abbandona ; la virtù de l'animo chiara e forte ri- mane.
Ma il dotto Carbone avea già prevenuto il suo Alberto siccome era egli già occupato in tradurre dw opere pellegrine composte da due greci : l'uria co- me debba esser fatto il buon capotatilo ; l'alt/ a u
SCMTTI INEDITI DI L. CAI\BONE 23Q
tutte le fanne e modi di ordinare le schiera in campo ; proponendosi ó" inviarlo ad Ercole I da Est»* fratello di Alberto , e secondo duca di Ferrara. Ercole essendo invaghito pertanto di meglio conoscere le anti- che istorie, e particolarmente quelle degli illustri capi- tani, perciò il sig. Barotti (i) ci ricordò le italiane ver- sioni , che dal greco e dal latino intrapresero al- cuni letterati italiani , ora per ordine di quel prin- cipe , ora per soddisfare al suo altissimo genio ; ma fra quelle versioni medesime non si noverano he la sallustiana , ne le altre due , che a questa suc- cedono. E la prima di esse :
Traduzione di Onoxandro greco de Voflicio del capitanio fatta per Ludovico Carbone. Allo ili. sig. miser Hercole da Este.
Dal breve proemio , che Lodovico vi antepone , sappiamo come egli av<;a già scritto e scriveva in- torno all' arte militare, onde compiacere Ercole suo signore , a cui quanto Lodovico fosse stretto di amo- re e di stima lo avea già manifestato nel suo proe- mio a Sallustio. Sembra certo frattanto, che questa versione di Lodovico precedesse l'altra di Fabio Cot- ta pubblicata in Venezia pe* Gioliti , gli anni i54G e i548.
Più interessante per l' istoria dell' illustre sua patria potrebbe sembrarle , chiarissimo monsignore , ciò che immediatamente segue all'operetta di Ono- sandro ; imperciocché ivi si ha :
Dialogo de Ludovico Carbone , dove se intro- duce a parlare Ferrara e Bologna dela partita soa et dasse materia de vari ragionamenti. E per- chè ivi dandosi molte lodi a Borso Estense, e anche
(i) Op. cit. pag. io5.
a3o Letteratura
detto duca], bisogna credere che quel dialogo si scri- vesse da Lodovico nel i4? i, nel quale anno Borso fu salutato duca da Pio II, e morì (i).
Il sig. Barotti muove qualche dubbio che il Car- bone abbandonasse la cattedra ferrarese per recarsi a cuoprirne altra in Bologna , come scrivono il Bor- setti e il Guarini nelle storie della ferrarese uni- versità , e l'Àlidosi ; ma il presente dialogo n'è una conferma maggiore; imperciocché ivi Ferrara dolce- mente querelasi con l'amica e vicina Bologna t che le avea rapito il suo Lodovico |, onde renderlo bello ornamento della bolognese accademia . Que- sto dialogo divien pure interessante , e piacevole eziandio , non tanto per qualche annedoto della vita di Lodovico , ma per le amichevoli sue eru- dite questioni instituite fra quelle due illustri citta t che scambievolmente interloquiscono ciascuna intor- no a' meriti propri , sulla miglior qualità de* due governi : perchè mentre Ferrara dai propri duchi reggevasi t Bologna si governava a comune sotto i Bentivogli , de' quali molti encomi si leggono , non meno che amare invettive contro gli uccisori di An- nibale Bentivogli. Vi si leggono pure le lodi di Virgilio Malvezzi , di Galeazzo Marescotti , di Ja- copo Grato , di Alberto Parisi , e di Benedetto Mo- rando bolognesi. Bologna pon fine al dialogo , ed unitamente a Ferrara , per accrescere lode al Car- bone , si auguravano di averlo ciascuna a proprio pastore , quante volte poteasi egli dimenticare la sua bella Fontanina , o Francesca Fontana giovane fer- rarese , che egli amava teneramente (2).
(1) Op. cit. pag. 49.
(2) Op. cit. pag. 47.
Scritti inediti di L. Carbone a3i
A più liete e piacevoli trattazioni si avanza- no gli inediti scritti del Carbone nel codice stes- so , ove a quei dialogo stesso succedono (i) :
Cento trenta novelle o facezie de Ludovico Car- bone allo illustrissimo principe et excellentissimo du- ca Borso . E così nel proemio adduce il motivo , che lo indusse a trattare questo nuovo e piacevo- le modo di scrivere : Molti vedendomi ne le Orazio- ne mie tanto volentieri piacevole zzi are , si danno a intendere , che io abbia una natura tutta zoiosu et iùcunda, onde cum sui preghi et persuasioni me han- no indutto a questo che debba componere qualche libro de1 facezie. Ve ne ha pertanto , che tengono luogo fra le geste di gravissimi ed illustri sogget- ti ; siccome sarebbero , a modo di esempio , Nicco- lò V, Eugenio IV , Pio II, Borso , Ercole, e Ni- colò Estensi ; Sigismondo Malatesta , Tito Vespasia- no Strozzi, Biagio Pelacani da Parma, Guarino ve- ronese , il cardinale Bessarione , Bernabò Visconti , Cosmo de' Medici , Franco Foscari principe di Ve- nezia, Francesco Sforza , e Dante Alighieri. Tre no- vellette riguardano le geste di quel sommo italiano: e per render cosa grata all' Eccellenza Vostra , vo- glio farle conoscere , riferendole tutte tre , in qual modo vengano esposte da Lodovico.
Danti Aldigieri poeta fiorentino fo molto prom- pto a rispondere t siando molto speculativo e con- templativo un dì udendo la messa, o che l facesse per esser troppo abstracto a qualche sottil fantasia : s forsi a studio per delegiare gli nemici suoi : non si ingenochiò né si levò il capuzzo levandosi el cor"
(i) Nel codice non sono che io5 per mancanza dì alcuni fogli , forse tolti.
a3a Letteratura
pò de Christo. Gli emuli die molti avea , perche era valenthuomo , subito corsero al vescovo accusando Danti che era heretico et non avea facto reveren- tia al sacramento. Il vescovo fece chiamare mes- ser Danti riprendendolo de lacto suo e dimandan- dolo che avea facto quando si levava Vhostia. Lui rispose : In verità io havea la mente mia si a Dio , che non mi ricordo che acto facesse col corpo : ma questi cativi homini che aveano Vanimo e gli oc- chi più a mi cita Dio vel saper ieno dire : e se lo- ro avessero avuta la mente a Dio non sariano sta- ti a guardare quel che mi facesse. Il vescovo ac- ceptb la scusa , e conoscettc Danti per savio huomo scorgendo questi invidiosi per bestioni.
Siando anche a mensa con messer Cane da la Scala che fo un graziosissimo signore, e volendo lui trescare un pocho cum Danti (i) et incitarlo a qual- che motto , ordinò cum gli servitori che adunassero tutte le osse e occultamente le ponessero all'i pie- di di Danti. Levate le tavole vedendo la brigata tante osse così adunate agli piedi di Danti, comin- cia/o a ridere domandandolo se fosse maestro de . . . Lui subito rispose: non è meraviglia se gli cani han- no mangiato le o»se soe : ma io non son cane , pe-
(i) La dimestichezza che Dante tenne con Cari Gran- de può meglio confermarsi da una lettera dal poeta a quel principe , recentemente pubblicata dal sig. Carlo TVitte , Padova 1827 ; rimanendo sorpreso il dotto editore come tanti laboriosi commentatori di Dante non i ab- biano osservata , aggiungendo come eglino avrebbe- ro trovata la chiave per meglio interpretare , e con maggior sicurezza ,più luoghi difficili della Divina Com- media.
Scritti Inediti di L. Carbone a33
rò non li ho potuti mangiare. E questo disse per- chè quel signore havea nome messer Cane.
Un altro buffine per istigarlo gli disse (i) : Che vuol dire questo , messer Danti , che vui si gran va- lenthuomo e savie setti cusì povero*;, et io matto et igno- rante son sta fatto richo da questo mio signore ? Danti rispose degnamente : Se tu sé" richo non me meraviglio , perchè hai trovato un signore simile a te : quando io ancora troverò un signore simile a me , lui me farà richo.
Il sig. Barotti inoltre recò due documenti fri cui si favella di una certa Lucia promessa sposa di Lodovico ; ma da tre di queste novellette assai ben si comprende che divenne sua sposa , come egli la chiama.
Nel proemio * Sallustio aveaci già prevenuto il Carbone , come egli era occupato in due versioni dal greco. Una di esse l'abbiamo già vista in Ono- sandro ; l'altra fu :
Tradutione di Heliano greco del modo di or- dinar le schiere volgarizzato per Ludovico Carbo- ne allo illustrissimo e magnanimo signore e valo- roso capitanio M. Hercule da Este. Ella s' incontra subito dopo quelle facezie. L'inedita versione di quel greco procurataci da Lodovico fu forse la prima che si intraprendesse , e fu certamente anteriore a quella di Francesco Ferrosi già pubblicata in Ve- nezia nel i55i. Anche qui il traduttore fa pre- cedere un alquanto erudito proemio , rendendoci av- vertiti come già dal testo greco l'avea nel latino ri- dotto il celebre ellenista Teodoro Gaza di Lodo-
(i) È forse quel medesimo fatto riferito dal Petrar- ca , Mirabil. lib. IF.
a34 Letteratura
vico medesimo precettore (i). Ma il codice manca in tilt imo di qualche foglio , e questo mancamen- to ci privò forse di qualche bibliografica nota ; che potea divenire anche interessante per la storia del codice stesso.
Se piccola e lieve è l'offerta , che[ devotamen- te le umilio , anche minore le sembrerà se venga paragonata alla immensità de' suoi favori ; ma la bontà e generosità sua sapranno accoglierla , come se fosse ben proporzionata alla gratitudine che le debbo , ed ai grandi meriti suoi. Pieno di stima le bacio le mani , e mi offro ai suoi preziosi e rive- riti comandi.
Perugia 3o novembre 1828.
Seguita Pesame critico di alcune recenti poesie ita' liane. Vedi i volumi CXII, CXIII, CXIV.
Oono caduto in errore, né so io come, attribuen- do al sig. Missiroli la canzonettina — - O gazza silve- stre;— perchè altri mi disse essere stata da lui im- provvisata in juna conversazione di questo mondo. Fatto sta che la è del sig. prof. Grilli, e già stam- pata molt' anni sono passati. Confesso adunque que- sto inganno mio , perchè altri non pensi aver io a bella posta cosi adoperato. Dirà taluno : Perchè in- serirla , se non era stampata col nome del Missiro- li ? Perchè tanto era in me il desiderio di mostra-
ci) Federici, degli scrittori greci pag. 264.
Esame chitico bc. a35
re che io non ho amarezza alcuna con lui , che a confermazione voleva dargli un pò di lode in fine ; sicché parendomi garbata assai quella canzoncina, ten- ni che mi servisse a maraviglia. Or se non è sua , converrà che io consigli francamente questo dotto riminese a darsi tutto a Giustiniano , poiché le mu- se noi vogliono a mano per conto alcuno. E se ne mancassero prove maggiori , basti vedere la canzo- netta — L'abbigliamento pastorale — che ha stampa- ta non ha guari : alla quale , perchè nulla mancas- se a far ridere le brigate , ha posta innanzi una letteruzza francese nelle sole parole , se pure è sem- pre vero , e italiana in tutto il resto. Sicché si può dire che ov'egli ha voluto essere italiano è riuscito fran- cese , e ove voleva farla da francese si è rimasto italiano. È una grande follia quella che va pel ca- po a taluni di scriverci le cose nostre in francese. Peggiore è poi quella di darci versi alla maniera d'oltremonte. PofFar Bacco ! Non siam noi abbastan- za stranieri alle foggie del vestire , che il dobbiamo pur essere alle foggie del favellare e dello scrivere ? Né mi pare poi lecito lo stancarci le orecchie perpetua- mente con cantafere d'amore, che poca s'addicono a' giovani : degli altri non dico nulla. Dopo il Meta- stasio , il Rolli, il Savioli , per tacer degli antichi, sembra impossibile che pur vi sia chi voglia darci versi erotici. E poi de' vecchi innamorati non si leg- ge volentieri , che Anacreonte ; e quelli che senza la gentilezza di colui vogliono fare i galanti , oh la sbagliano davvero. Dirò ancora che a nulla giovano queste ciance amorose. Ma senza avvedermene sono escito di seminato : e però e 1* error mio e questa digressione mi perdonino i cortesi miei leggitori , a* quali me e le cos$ mie senza fine raccomando.
a36 Letteratura
Vengo ora a dire tli alcuni sonetti ilei conto Carlo Pepoli stampati in Bologna in occasione di nozze.
Pare che questo coltissimo giovane abbia ora- mai attinta quella bella semplicità che noi ammiria- mo ne' padri della lingua nostra. Imperciocché l'an- damento de* sonetti è sempre facile e piano , e una lo- devole nitidezza fa bello accordo cogli ingenui pen- sieri. Non voglio però dissimulare ciò che mi è av- venuto di osservare leggendo que' sonetti , cioè una non so qual negligenza di verso che spiace. Anche i pensieri mi parvero qualche volta un pò troppo di- stemperati ; ho talora desiderato novità di concetti; quantunque in tali argomenti sia molto difficile. Tut- \/\. questi piccoli difetti non fanno che parecchie poe- sie di lui non sieno degne di commendazione. A pro- va del vero ecco un sonetto che a me pare bello sopra gli altri per molti conti , come potrà di leg- gieri conoscere chi si farà a leggere queste cose.
Deh voi , che andate dove amor v'invita Bramosi in traccia di fidato core , Tenete i pie ! se no , follia e dolore Governeranno il fren di vostra vita.
Amor dal cor di donne fé' partita :
E il parlar dolce e il sospirar d'amore , E gli atti onesti son fallace fiore , Che frutta pena orribile , infinita.
Chi è preso e vinto , e lor fedel s'atterra , Premon col pie , clan mano in forma nova Cui le inganna, o le abborre, o non vuol guerra.
Deh , se pace da voi mai non sia in bando , Tenete i pie ! vel dice un che per prova Miseramente vive lacrimando !
Esame cmrico ec ^37
Io credo clic tranne quel governare il freno , che tjon mi pare bel modo a cagione delle due metafore troppo disparate fra loro e qui unite ,< nulla pos- sa dirsi in contrario ; e quolla stessa espressione po- trebbe cangiarsi di leggieri dicendo — Correggeranno il fren di vostra vita. — Mi si potrà per avventura portare innanzi un esempio classico a difesa del go~ v erti ara il freno : ma io risponderò che quando i clas- sici hanno dette cose contra la ragione stessa della parola , 0 contra le leggi stesse di analogia ( che pure ha luogo , se non sempre , il più delle volte , anco in fatto di lingua), essi non fanno punto au- torità , 0 a meglio dire non iscusano bastantemen- te. Ed io certa per autorità di classici non m' in- durrei a dire — che il figliuol di Dio vesti spoglia mortale — poiché è aperta contraddizione tra l'idea del vestirsi e quella dello spogliarsi , e spoglia e la veste di cui altri si è dispogliato. Né per dire — un brano del poema del Tasso — direi col Magalotti — 11 mio signor principe ebbe la bontà di farmi sen- tire alcuni squarci del poema del Tasso ; — poiché ista bene dir brano , sendoclié chi sbrana se ne porta una parte della cosa sbranata , non cosi chi squarcia , che non fa altro che lacerare , e chi la- cera o squarcia divide violentemente l'ima parte dall' altra senza portarne via alcuna. E se io dirò — vedi questo squarcio della mia veste — l'uomo si affisse- rà alla fenditura della veste ; ma se io dirò in- vece brano, egli intenderà solo di quel pezzo che è stato staccato dalla mia vesta. Sicché in fatto d'esem- pj si conviene andar cauti , perché la prima auto- rità é quella della sana critica, la seconda è quella degli scrittori i quali per grandi che siano posso- no avere i loro difetti , se egli é vero che — ali- quando buuus dormi tat Homerus. —
a38 Letteratura
Abbiamo anche dello stesso conte Pepoli un'ode e una canzone in morte della gentilissima donzella Livia Strocchi faentina. Nell'ode molto mi piace la stanza ove si dice che quella benedetta :
Chiuse le Inci e volò in grembo a Dio.
4
Volava : e a l'alme che le deano via t La. dimandando dell' antiqua soglia Ove lasciò la vesta , La fanciulletta pia ,
Poiché non cape in ciel Voce di doglia , Tacitamente dechinò la testa.
Felice mi pare anche la chiusa della canzone :
Canzon', tu nata in solitaria parte
Da un' alma chiusamente afflitta ed egra La qual tra selve di spirar disia , Non ti maravigliar s'orba d'ogni arte Disfatta scapigliata e in veste negra T'è concesso l'andare in tua balìa. Sol fuggi per la via Gli spirti sordi e di pietà digiuni : E al venerando degl' iddii cantore E a sua donna in dolore Mostra tue luci e i vestimenti bruni ; Poi di : Largite venia all' umil canto , E mirate a quest' occhi s' hanno pianto.
Avvertirò in generale sull' ode , che ella mi sa alquanto povera di concetti , né i modi mi sem- brano sempre degni di quel genere di poesia , che
Esame critico kc» i3q
vuole stil franco ed energico , maniere evidenti ed ardite. Troppo diffuse mi pajono le similitudini dello stanco pellegrino r e della colomba innamorata , che riempiono le due prime stanze , e troppa fredda la strofa che chiude l'ode. |
Osserverò di più, che non mi piace il dire — un peregrino incede. — Incedere ( loco non cedere ) e il peregrinati ( progredì , pergere , ultra ire ) non fanno bell'accordo. Aggiungasi che l'incedere è pro- prio degli dei o di tali persone che loro si av- vicinino , valendo non solo andare con maestà , ma quasi andare senza moversi o scomporsi. |Ed Elio- doro insegna che gli dei non carainano movendosi , e mettendo l'un pie innanzi l'altro , ma sono por- tati dall'aria stessa senza che facciano passo. E però gli egizi facevano i loro iddìi retti a pie pari ed uniti. E Teocrito nell'iddio 17 li chiama nepodi : A* Sàvocroi c/le ncthevvTxt Seoi ve7ro«/!es y&yxcbTts - Immortales vero dii sine pedum usufacti. JDifFatti abbiamo in Omero al libro i3 , die Nettuno è riconosciuto da Ajace all' incesso :
Agevolmente Si riconosce un nume , ed io da tergo Lui conobbi all' incesso.
(Trad. del Monti.)
E in Virgilio abbiamo che Venere si manifesta dea al modo d'incedere (Eneide lib. I ) ; '
Incessu patuit dea*
E Giunone dice (nel lib. I dell'En.) 1
Ast ego que divutn incedo regina , Iovisque Et soror et coii[ux.
^4° Lettkràturà
M'è poi parso di vedere ne* classici che l'incesso si dia solo agli dei quando vengono amici , e quan- do vengono irati vadano a gran passi , e prendano forma smisurata. Cosi Apolline presso Omero :
Mettean le frecce Sugli omeri all' irato un tintinnio Al mutar de' gran passi.
E Nettuno in tre passi giunge a dar soccorso a* gre- ci. Stazio dice :
Tamen aspera protlunt Ora deam nimìique gradus.
E Callimaco nell'inno a Cerere :
Nemesi registrò l'empio parlare , Arse la diva e Cerere mostrossi t E dalla terra al ciel parve arrivare.
(Trad. dello Strocchi)
Ma per tornare all' incedere , egli significa ancora an- dare con pompa e fasto. Cosi Virgilio nel lib. IV dell' Eneide s
Regina ad templum fgrma pulcherrima Dido Incessit.
E Sallustio ha il laurea coronatus incessiti II toro che — incede colle corna alte e superbe — del Sa- nazzaro , spiega ottimamente il concetto , e confer- ma la sentenza , per cui disapprovo il peregrino che incede.
Nella canzone non mi piace il dire , che l'arco di morte incenerisce e fa in polve :
Esame critico ec. a4f
Se mai non posi da quel tuo trar d'arco Che i tuoi più cari subito fa polve :
perchè prima del diventar polvere molte altre idee vi sono. Così pure non mi pare lodevole :
Il poco e il peggio è in fossa , Il meglio no , che mai non tocca riva :
poiché non vi è relazione alcuna tra il toccar riva e l'essere in fossa , che qui vale quanto tomba. Ve- stire in duolo il pensiero , mi sa d'arditezza : e quan- to questo modo mi avrebbe avuto bellezza nell'ode, tanto mi disgrada in questa canzone petrarchesca. La frase poi usata per dire fuggi la vita ,
Cacciò dal labbro il nappo della vita ,
mi sembra al tutto orientale , e non acconcia per veruna guisa alla nostra poesia. E vero che abbia- mo— bere il calice delle amarezze — ma questo non iscusa punto , perchè le amarezze possono bene con- tenersi nel calice , ma la vita no. Si aggiunga che più sconcia diviene la metafora per la parola lab- bro ; perchè l'idea di cacciare dal labbro un nap- po fa si , che io sia costretto ad intendere l'atto e il nappo quali sono , non quali si vogliano mostra- re sotto il velo della metafora. Così è bello il dire — le assetate erbette , — ma brutto sarebbe il ripe- tere col Marini :
L'assetata erbetta Apre l'avido labbro alla rugiada 9
G.A.T.XL. 16
242 LiETT I R A T U R A.
poiché fintantoché consideriamo nell' erba l'arsura eguale a quella d'uomo che asseta , non raffiguria- mo alla mente alcuna forma sensibile di oggetto de- terminato : ma quando aggiungiamo il labbro, le pre- sentiamo una forma sensibile che deturpa l'immagi- ne principale, e ne forma un mostro, come è ap- punto l'erba che ha le labbra. Né so approvare il verso :
Se la membranza di quaggiù ti Meda :
essendo il Jiedere alto troppo doloroso, sconveniente a persona che è in luogo ove non si sente dolore e non si piange , ma solo si sente compassione del- le miserie altrui. E forse non troveremo scrittore che usi il modo pietà mi fiede , anziché mi punge , mi tocca , mi stringe.
Vengo ora al poemetto V Eremo , che il conte Pepoli indirizza al chiarissimo conte Giacomo Leo- pardi : e prima di entrare a parlare della poesia , dirò alcuna cosa sul soggetto di que' versi.
- — L'Eremo (dice l'autore) è una montagnuola piena di fontane, di giardini, e di riposte vallet- te , talché ti pare ora lieta , ora dolcemente me- sta, e sempre bellissima. — Quivi si presenta la Ma- linconia in apparenza* di dea al poeta che coglie fiori e gì' inserta , e gli dice che voglia seguitar- la : e lo condurrà in luogo ove appenderà le ghirlan- de , e spargerà i fiori raccolti sopra la tomba d'una verginella che passò poc'anzi di vita. Alle parole oneste della donna il poeta si reca a'desiderj di lei , onde termina il primo canto col verso dell'Alighieri :
Colei si mosse , ed io le tenni dietro.
Esame critico ec. 3/3 Al cominciare del secondo canto si parte da Bo- logna a notte avanzata e si pone per la via Emi- lia , seguendo la sua fida scorta. Passano le terre , le castella, e le città, die s'incontrano per quella via sino a Faenza: e di mano in mano che in quel- le ferma lo sguardo, gli tornano a mente mille care memorie. Ricorda i vanti di ciascuna , e gli uomini perche fu distinta nelle armi e nelle lettere. Indi se- guitando giunge a Faenza : che è la meta del suo cammino. Narra , e canta le antiche lodi di quella ; poi si conduce — al venerando degli dei cantore — che piange ancora la morte della figliuola sua. Il poeta gli fa onore , descrive la mestizia in cui quel- la famiglia è posta per la perdita di si cara vita , e pon fine al secondo canto. All' albeggiare si reca alla chiesa di s. Francesco in Faenza , ov'è la tom- ba della morta giovinetta. Qui appende la corona, e sparge fiori e lacrime. Descrive la pompa fune- bre , i sacri cantici , e il modo con cui quella for- tunata salì al cielo. Pervenuto a questo passo , ca- de esterrefatto fuor de' sensi , e allo svegliarsi si ritrova nel luogo ove era quando gli apparve la Malinconia. Chiude il terzo canto volgendosi al con- te Giacomo Leopardi , e lo prega a cantare e a pian- gere egli pure la bella angioletti — Che ne fé' sce- mi di sua dolce vista
Questo poemetto, come ognun vede, è abbastan- za ben concepito : e se non è nuovo il pensiero , nulladimeno piace. Vaghi sono gli episodj , e lode- voli que' luoghi , ove il poeta , posta la tenuità del soggetto , sorge a dire di forti cose : se non che forse, a chi giudica secondo le regole d'Aristotile , po- trebbe sembrare che il poema non bene rispondes- se al titolo , perchè troppo poco si parla dell'Ere- mo ; e potrebbe facilmente affermarsi , che il poema
iG*
^44 Letteratura
ha il titolo più presto da un episodio , che dal sog- getto principale. Anche questi episodj potrebbero parer troppi. Noi però, che non vogliamo farla da severi , lasceremo ad altri discorrere queste cose. Osserveremo solo che quantunque la frase ci suoni sempre italiana , pure alle volte potrebbe essere più trascelta. È questo e quello ove mancano il più delle scritture : credo io , perchè si confondono in- sieme due cose ben separate , quali sono la bontà dello stile , e la bontà della lingua. Conciossiacchè , se io non erro , parli bene colui che espone i suoi concetti in acconce parole , approvate dall' autori- tà e dall'uso : adopera buono stile colui , il quale mostra i suoi concetti in quel modo , che richiede il carattere della scrittura. Sicché potrà avvenire che uno scrittore non dia mai pie in fallo in quanto alla lingua , manchi poi nelle qualità necessarie allo stile. Sono italiani , a cagion d' esempio , al- cuni modi usati dal Davanzati nel volgarizzamen- to degli annali di Tacito ( i più però sono pretti iìorentini), ma non è italiano lo stile, perchè que'mo- di per la bassezza loro tolgono alla scrittura quel carattere di dignità che è proprio della storia. E lo stesso maraviglioso e tremendissimo Bartoli , del quale tanto a ragione noi lodiamo le scritture , è infallibile in fatto di lingua , non così in fatto di stile , spezialmente nelle opere minori. E se al- cun difetto ( che tutte le umane cose per proprietà «.Iella natura loro debbono essere notate di qualche macchia ) può trovarsi nelle istorie del Bartoli , egli mi par questo , che non vi sia sempre il vero ca- rattere dello stile istorico , il quale rigetta i fioret- ti e le soverchie descrizioni. E coloro i quali più vanno dietro alle parole che alle cose , si trovano spesso caduti in questo errore. Non vuò dire io che
Esame critico ec. a{">
nel poemetto del conte Pepoli manchi la decenza , a cui si riducono tutte quante le virtù dello stile , se egli è vero che — caput artis est decere , — ma so- lo che ella alcune volte si fa desiderare più Leila. Ma lasciate queste cose , ecco alcuni luoghi del poemetto che io do come un saggio : e da questi il discreto lettore potrà conoscere quale e quanta lode debba darsi a questo novello poeta.
CANTO I.
Un monticel si specchia al picciol Reno, E il vago monticel eh' Ermo s'appella , Bellissimo fiorito erge '1 suo dorso Alteramente umil. — Sul dorso aprico Ov' è più l'aer sano e dilettoso , E l'acqua salutifera trascorre, Ridon lieti verzieri , opimi colti , Verdeggian prati pianamente ameni Cui fan bella corona in ordinanza Schietti indiani filari d'arborelli Odoriferi in fiore, e allegri in ombra; Meraviglie a veder ! Quivi tu assiso , Mentre vaporerà soavemente Moltissima fragranza degli aranci , Tu potrai , quanto ha l'occhio il suo trar d'ale , Libero spaziar ec.
CANTO IL
Cosi giungemmo al pian dell* ampia via A cui die nome il condottici- romano , Posciachè terzo tra que' due famosi Partì l'imperio universal del mondo.
i,\C) Letteratura
Qui il poeta attribuisce la fondazione della via Emilia ad Emilio il triumviro : ma io sono costret- to a far osservare essere egli caduto in errore. Im* perciocché lasciando a parte Strabone , che ne par- la al libro I, se osserviamo in Livio lib. 3q cap. 2 , troveremo che egli nell' anno varroniano 567 posi scrive : M. Aemilius alter consul .... pacatis Ifgù' ribus in agrum gallicum exercitum duxit , vìam- que ab Placentia , ut Flaminiae committeret , Arl- minum per duxit. La quale testimonianza se non ba- stasse , quantunque basti oltra il bisogno , veggan- si le colonne migliari , che furono allora poste in su questa via medesima , alcune delle quali esisto- no ancora dopo 207$ anni , conservandosene due nel museo dell' università di Bologna , e trovandosene di più una terza a suo luogo , come può vedere chiunque passi per Castel s. Pietro , e guardi all' angolo dell' ultima casa a destra verso Bologna. Le prime due furono pubblicate dal chiarissimo profes- sore sig. canonico Schiassi nella sua guida del fo- restiere pag. 38, e la più integra porta questa iscri- zione :
M . AEMILIVS . M . F .
LEPID . COS .
CCXCVI
Quella di Castel s. Pietro mostra il numero CCLX1I, ed è insegna che era discosta da Roma 262 miglia. Questo M. Emilio Lepido poi era bisavolo del collega di M. Antonio e di Ottaviano nel trium- virato , siccome attesta anche Cicerone nella Filip- pica XIII. È anche questo Emilio celebratissimo nel- le istorie , essendo stato console due volte nel 5G7 e nel 679 , pontefice massimo , censore , tutore del
Esame critico ec. 247
re d'Egitto , e sei volte principe del senato. Ne que- sto Emilio va confuso con Emilio Scauro , che fe- ce un' altra via pur nominata Emilia dal suo no- me , la quale per Pisa e Luni conduceva a Tor- tona , come Livio e Vittore affermano. Conviensi dunque correggere levando i versi — Poscia che ter- zo ec — ,e l'altro — Partia lo scettro universal del mondo — ec. Ma seguitiamo il poemetto del con- te Pepoli :
Oh Emilia Emilia , o via di gloria e lutto E di pianto e di sangue ! Oh qual sovente Ti calco in mio pensier ! ( qui , sospirando Forte , la mesta donna a parlar prese ) Oh quante volte e quante io ti fei segno Al meditar ! non ha ventura umana Che tu vista non aggia ! A quante genti Latine e strane , e amicamente e in guerra Tu desti passo ! Quanti casi orrendi , E quanta mai barbarica ruina Tu a noi nascondi di che fama suona !
Sallo Cliterna ben , che qui si giace
Strutta e sepulta , e che a dar fede intera Di sua vetusta nominanza , spesso Vome de le profonde orbe latebre De la madre comune e marmi e bronzi , Onde a mezzo lo solco inciampa '1 vomere E s'empie l'arator di meraviglia , Che mira ad occhi spalancati e stupidi Colonne, cippi, magni scudi, ed elmi, E armille , e i simulacri di quegl' idoli In che si mal Cliterna ebbe fidanza , Poiché non fur valenti alla meschina Da la destruz'ion farla secura.
248 Letteratura
Cosi parlava : e tutta sospirosa
Novellamente , chiusa in suo silenzio , Studiava il passo ec.
CANTO III.
S'è tutta umil la stanza ove si schiude Queir angioletta : intorno de l'avello Innocenza piangendo non s'aggira Co le palme velandosi le gote Rosse di pentimento e di vergogna.
Qui non dimanda l'orfano infelice
L'avito censo , e impreca all' ombra perfida Del rio tutor congiunto. E qui non giace Svergognato garzon rotto a lussuria , Ai ludi , a l'ire , e brutto d'ogni vizio , Cui lo compagno reo fendea le schiene Co l'affilato traditor coltello , Scemando la caterva disbrigliata Ch' e vile a fronte e coraggiosa a tergo; Ne madre scarmigliata lacerando Le negre vesti in furibondi pianti Dimanda sul sepolcro al garzon spento I figli i figli che dal dritto calle Per lui torceano '1 pie. Qui non l'avaro Tien le sue membra, che nel freddo avello Hanno quel sonno alfin che le fuggia , Vivo il loro signor ; nò il poverello , Né la vedova attrita dal digiuno , Ne il veglio affranto pallido cadente , Qui a l'avarizia invocano vendetta.
Qui non è il sasso che protegga il cenere Di colui che tenea lance di Temi , E ponea da l'un lato il giusto e il dritto, Da l'altro l'auro ; e l'auro avea vittoria.
Esame critico ec. a4o
Ma pei tenere il modo consueto farò qui alcune os- servazioncelle , le quali presso l'autore mi saranno in luogo d'ogni altro argomento della stima che ho per lui e per le cose sue.
Avvertirò adunque in prima che i versi del poe- metto sono alquanto monotoni , ne hanno quella for- za e quella varietà d' armonia che all' uopo si ri- chiede. Ho trovato nel fine del secondo canto i5 ver- si che hanno la stessa accentatura , meno due , e qua e la i cinque i sei e più. Ho sovente deside- rato quella spezzatura di verso che fa sì grave il verseggiare del Caro , si piacevole quello del Parini , si animoso quello del Monti-, si delicato quello dell' Arici. In alcuni luoghi ho traveduto un pò di negli- genza di superfluità , ed ho notato qualche soprabbon- danza d'epiteti. Non ho potuto lodare l'uso delle paro- le plaga, verbo , responso , dimando come latinismi senza garbo , e che a nulla giovano. Avrei voluto più parcamente si usassero le metafore prese dal verbo frenare, giacché abbiamo — Guidare a stretto freno — Disfrenare le saette — Grondar lacrime sfrenatamen- te— Infrenare il talento lacrimoso — Son la dea che ha il tuo freno — . Cosi pure troppo frequente è l'uso del verbo roteare : — Il pieno rotear d'un sole intero — Il roteare delle cose umane — Il rotear de' secoli — . E ripetuto più del debito mi pare il mo« do — Vaporar fragranza — li giglio che gode vapo- rar l'aure — L'aer beatamente si vapora — I vapori eterei di paradiso. — Né approverei l'espressione — Un oceano immenso di verzura — che mi pare metafo- ra non bene appropriata , poiché non si mostra fa- cile relazione tra un campo verde , e un mare in calma. Ferecunda debet esse translatio, osserva Tul- lio , ut deducta in alienimi locum non irrnisse , al- que voluntarie non vi venisse videatur. Un «Vi-
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scello che rimbalza di Sasso in sasso per la via mon- tana , è modo che e non bene mi suona ; e vorrei si dicesse per via scoscesa , perchè la parola montana mi desta più presto idea di salita che di discesa. — Il pino non dà crollo e ride i venti. Qui se ben miro è troppa arditezza , e troppo è scoperto lo studio della parola : sicché quel ride mi tiene un poco del leccato, tanto più che è ripetuto poco presso, quan- tunque in altro significato — Da valle a monte ride la foresta. —
Con riverenza de'molti esempj classici che ab- biamo , non approverò mai la metafora tolta dalla lucerna a significare il sole , la difenda pur anche il Monti. Qui poi molto meno che è troppo innan- zi portata , perchè non solo è lucerna astrattamen- te detta , come il Phoebeae lampadis instar di Vir- gilio ; ma è lucerna — che disfavilla V ultima favil- la— , sicché questa circostanza allontana la mente mia dall' idea principale che è il sole che tramon- ta , e la porta ad una lucerna che si spegne , per- chè le viene meno l'alimento. E il Casa con finis- simo giudizio rimproverò a Dante l'uso di questa metafora , perchè, dic'egli , rappresenta altrui il puz- zo dell'olio e della cucina; quantunque Dante l'ab- bia collocata in modo , che , secondo mi pare , non si può certamente quella sua lucerna confondere col- le comuni , avendola detta lucerna del mondo :
Sorge a' mortali per diverse foci La lucerna del mondo.
E si potrebbe anche dire a difesa dell' Ali- ghieri*, che la parola lucerna dapprima non ha si- gnificato solo la lucerna da olio , ma si bene tut- to ciò che ha o porta luce : la quale scusa non
Esame critico ec. a5i
vale per noi, perchè la parola ha ristretto la sua si- gnificazione . A me varrebbe meglio imitar Dante nelle altre sue belle descrizioni della notte, dell'au- rora, della sera, e la bellissima del Petrarca, in cui si dice, che il sole parte da noi per portare il gior- no — A gente che di la forse l'aspetta. —
Un circonfuso lame di mestizia — La men- te ombrata di tetra mestizia — Bever V assenzio del dolore — Rombar col vento delle ciance — JSevigare un nuvolo di rose — mi sembrano tutte guise di parlare non lodevoli e che assai putono di romantico ; e forse il difetto è nella metafora , che ora esce troppo dei confini , ora è troppo spie- gata , ora troppo lontana. Vi è anche un' altra ragio- ne , perchè certe guise di parlare ed ardimentose non suonino bene nelle orecchie nostre : ed è , al di- re del cav. Pindemonte , che gì' italiani non accostu- marono per avventura a tanta animosità poetica la lingua loro. Ho per errore di stampa il — presi di pianto — parendomi che debba dire pregni di pian- to. Mi è oscura poi la sentenza di questi due versi — Piange ogni spirto che la vide viva — • Chi non la vide non l'aver mai vista ; — e ciò perchè nel pri- mo luogo il verbo piangere è usato intransitivamen- te in senso di lacrimare, dolersi, nel secondo è usa- to transitivamente in senso di lamentare. Non so lo- dare il modo — testor d'armonia — poiché non mi pa- re che il suono si possa concepire come una tela di armonie concordanti. Testor di carmi sì , perchè le parole unite insieme formano dirò quasi un tessuto; onde i latini chiamavano exordium , cioè orditura , il principio del discorso. Oscuro pure è il verso — For- se lungi non è nostra veduta — , per dire forse pre- sto ci rivedremo , e l'oscurità nasce dai varj sensi della parola veduta.
a52 Letteratura.,
. . . Ed ora non resta — Sasso di te che estolla la sua cima — Pungendo il cor del peregria — • • Tutto al più la punta d'un sasso pungerà lo scalzo piede dal passaggiero , non mai il core ; e questo mo- do sa troppo di raffinato , e un pò del seicento. Il Filicaja espresse un concetto smagliante nel seguen- te sonetto , sopra i tremuoti di Sicilia.
Qui pur foste , o citta : né in voi qui resta Testinion di voi stesse un sasso solo , In cui si scriva : Qui s'aperse il suolo , Qui fu Catania , e Siracusa è questa.
In sull' arena solitaria e mesta
Voi sovente in voi cerco , e trovo solo Un silenzio , un orror , che d'alto duolo M'empie, e gli occhi mi bagna, e il pie m'arresta :
E dico : Oh formidabile , oh tremendo Divin giudizio ! pur ti veggio e sento , E non ti temo ancor , né ancor t' intendo ?
Deh sorgete a mostrar l'alto portento, Subissate cittadi , e fia l'orrendo Scheletro vostro a i secoli spavento.
Devo io qui rendere grazie infinite alla gentilezza del conte Carlo Pepoli che con lode citandomi ab- bia ricordata la vita del conte Alessando Biancoli da me scritta, sono già passati alcuni anni: ma non posso né scusare ne nascondere (che non mei consen- te l'amore della dolce mia terra natale) l'errore in cui egli è caduto facendo il Biancoli faentino , quan- do io l'ho detto bagnacavallese. E se egli volesse di- re che in Faenza — Dava italica veste all'immortale — Cantico per lo qual Maro si parve — Ammaestrando l'opre rusticane; — vuò che sappia, che il Biancoli scrisse quella traduzione in una sua villa che è nel
Esamk Giunco lic. a53
contado di Bagnacavallo a poche miglie dalla citta , nella parocchia di Villanova. Forse avrà preso ab- baglio leggendo nel Mittarelli De. litter attira /aventi- norum che lo dice — patriciusfaventinus: — ma questo significa, come ognun vede, che egli era ascritto alla nobiltà faentina. Non so anche dissimulare che non mi par bella la maniera con cui ha descritto il ba- rometro chiamandolo — La fiumana — D'argenteo liquor entro ad esile — -Lunghissimo cristallo. — E come una fiumana , se è un filo sottilissimo ? E poi non fa egli brutto contrastro il descrivere una fiumana in un ca- naletto di cristallo ?
Nel canto terzo trovo usato due volte il verbo distringere, l'uria in senso di costringere , l'altra di legare intorno: — Nostra nequizia — Lo distringe a partir; — Il cinghio che ne^lombi li distringe. — L'uso del primo luogo non mi sa buono, e quantunque la Crusca e il vocabolario di Bologna facciano corri- spondere al distrili gere italiano il costringere de' la- tini , mi si permetta non acquietarmi all'autorità lo- ro , e dichiarare apertamente che al distringere ita- liano corrispende il distringere latino, che vale, come ben deffinisce il Gesnero, — stringere strettamente , le- gare intorno , o in diverse parti — ; e il distringere negotiis vaie quanto essere stretto da tutte le parti dagli affari. E molto meno vorrei affermare che il distringere abbia significazione di premere, allegan- done col vocabolario di Bologna l'esempio del Vil- lani:— Tuttavia dalla grande paura, che comunal- mente le dislringea, non usavano di motto sonare; — poi- ché qui vale stringere strettamente , e ne' classici è comune il modo — essere stretto da paura. — In sen- so poi di costringere ho' perj fermo che non se ne ab- biano esempi, se non si prende per esempio l'accen- nato errore del vocabolario. E lo stesso conte P*j-
^54 Letteratura.
poli poteva avvedersene , quando ho usato distrin- gere per legare intorno nel citato verso — Il cin- ghio che ne' lombi li distringe. —
Parlate queste cose del poemetto , resterebbe ora a dire di alcuni versi — La Miosotide Palustre — ; ma mi si conceda di passarmene , conciossiacchè non mi sembrino troppo lodevoli tenendo essi più. del romantico 'che del classico , ed essendo cosi sprezzati da accostarsi più presto ad una semplice prosa che ad una elegante poesia. E se alcuno volesse dire che il Pepoli ha tenuta sì fatta guisa per servire ad un tempo a' classici ed a' romantici , noi di questo anziché lode gli faremmo rimprovero , ri- cordandogli che in fatto di lettere non si può ser- vire a due padroni . E come vediamo che dall' unione di animali di specie diversa nascono brut- tissimi mostri , così dall' unione de' classici e de' romantici deve nascere uno stile con tutte le defor- mità de' romantici , e senza alcuna bellezza de' clas- sici. E possa io ingannarmi ; ma se non si combat- te a pie fermo quest' idra , noi torneremo presto a stravaganze peggiori di quelle che ^deridiamo ne' se- centisti.
( Sarà continuato )
G. I. Montanari
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Delle lodi di Giuseppe Doma dottore in fisica e in matematica. Discorso letto dal prof. Domenico Vaccolini nella solenne distribuzione de premj agli scolari del ginnasio di Bagnacavallo il{ 21 settembre 1828.
J_-Jegno subbietto di canto nelle vittorie d'Olimpia parvero un tempo a quel senno de' greci le lodi de- gli eroi e delle citta. Più degno subbietto di ra- gionare nella letizia di questo giorno parranno a voi, o signori, le lodi di un savio e cortese , già no- stra gloria e confronto ne' buoni studi , ora desi- derio. Qui a vincere l'ingnavia , quell' eterna nemica dell'umano sapere, fece ancora fanciullo i primi pas- si : qui meglio che trionfali corone, use donarsi alla forza od alla fortuna , ebbesi più volte que* premj , che la sapienza del magistrato oggi stesso concede all' ingegno ed alla virtù : qui più che altrove po- ;e il suo amore : qui le sue cure : qui la sua vita medesima. Che se di questa né d'altro fosse stato a noi liberale, vorrebbesi pure sapergliene grado; vor- rebbesi in qualche modo lodarlo. Ma agli provvide eziandio , che i suoi beneficj al suo mancare non ci mancassero : bellissimi documenti fra le altre co- se ei ne lasciò , che dureranno finche il ginnasio , finché la patria stara. Ed il ginnasio e la patria ri- corderanno mai sempre con compiacenza tutto che fecero per lui , e più quel moltissimo che in ri- compensa ne ricevettero. Se non che come pubblici furono i beneficj , pubblica conviene che sia la lau- dazione : ed oggi singolarmente che di quelli uà
250 Letteratura
dolce frutto si ammira in questa gioventù genero- sa , che le comuni speranze viene adempiendo feli- cemente. Di questo mi duole , che l'ufficio non men pietoso che giusto di parlare pubicamente di queir egregio sia imposto a me , che lui amai tanto ; a me , che pensando come dianzi ci fu rapito , più sa- rei atto a piagnerlo, che a commendarlo. Ma poi che tanto si vuole da chi ben può volerlo , io farò forza al mio cuore si che non esca in lamenti; e di- rò semplice e schietto ciò che sovente ( assai meglio che io non saprei ) di quel savio e cortese Giusep- pe Doma già detto m'hanno quanti qui si conosco- no di gentilezza. E sì la loro presenza mi sarà di conforto : che potrò leggere in ciascun volto i pen« sieri , che al solo ripetere quel caro nome in ogni anima già si ridestano. Così a me fosse dato tdi esprimerli degnamente !
Di Trento, dond' era natio , e propriamente di Pergiue , dov'era stanziato , sen venne in Romagna sul finire del secolo trapassato l'onoratissimo signor Luigi Doma. Stato sei anni in Ravenna , passò a Russi ragioniere di quel comune : né quivi si fer- mò lungo tempo, preferendo condursi nel i8o3 all'uf- ficio sì d'ingegnere , sì di computista del nostro pub- blico. Accolto assai lietamente fra noi , volle presto aver seco la benamata consorte signora Marianna Leporini , ed i figliuoli carissimi Giuseppe , di cui parliamo, e Teresa. Il primo, perocché natogli in Per- gine gli zi ottobre 1793 , sendo allora molto più in- nanzi coli' ingegno che coli' età dava non lievi spe- ranze di riuscire negli studi del padre, ai quali mo- stravasi apertamente inclinato. Così bella propensio- ne non volevasi contrariare ; ma né pur tanto da prima fu secondata , che mancasse al fanciullo e mo- do e tempo di frequentare il ginnasio. Vi fu teuu-
Lodi del Dorna. 257
to qualche anno , e corsa rapidamente quella prima palestra del nuovo e del vecchio latino, e riportati con molta lode i premi annuali , fu messo per la ret- torica sotto quel valentissimo don Vincenzo Fabbri , che mi glorio pur io di avere avuto maestro di uma- ne lettere. Qui non è a dire, come l'uno dell'altro, l'institutore e il discepolo , si fossero contenti : ba- sti , che ingegno e bontà fu pari in entrambi ; nell' uno a dare , nell' altro a ricevere gì' insegnamenti. Non era giunto qucst' ultimo a pubertà , e sapeva già tanto di quelle cose che ad istoria a geografia e ad eloquenza pertengono , che parve maturo alla filosofia ed alle arti compagne. Perlocchè restituito al ginnasio , nella scuola del disegno apparò i prin- cipj di ornato e di architettura: nelle filosofiche poi, oltre la logica la metafìsica e l'etica , conobbe l'alge- bra la geometria e la fisica : e tutte queste cose in poco più di due anni : con quanto profitto , videsi allora e poi. Il pronto ingegno , massime in ciò che era di matematica , la docilità , la soavità , la mo- destia facevanlo a tutti raccomandato : corto ninna virtù di quelle che adornano la giovinezza a lui non mancò ; molte n' ebbe di quelle , onde ha pre- gio l'età matura. Di che io posso rendere buon te- stimonio , che fui tra quelli i quali allora giudica- vano degli studiosi , e co' professori e cogl' illustri colleghi mi piacqui assai di quell'esempio di bon- tà e di sapere. Né tanta eccellenza di meriti fu sen- za premio : ebbelo in questo luogo medesimo , eb- belo distinto più che mai fosse , ebbelo dalle mani del magistrato. Il quale rivolto al giovinetto par- mi così gli dicesse: Ecco alle belle fatiche il gui- derdone: vi sia sempre neW animo perchè e dove lo riceveste , e qual debito indi abbiate con voi e coi vostri e colla patria , che è ben vostra per elezio- G.A.T.XL, i7
a58 Letteratura
ne. Queste parole non furono indarno : elle posero in cuore al giovinetto più calda brama di farsi ad- dentro nelle matematiche pure non meno che nelle miste : ed essendo già tanto innanzi negli elementi di quelle , e per soprappiù avendone continuo la pratica in casa , gli bastò di venire pei più su- blimi misteri della teorica al bolognese archiginna- sio. Tre anni di seguito frequentò quelle scuole ri- putatissime , e degne di esserlo , tornando poi sem- pre a casa nelle vacanze maggiori ; tanto che pa- reva , lui non potersi slaccare dalla novella sua pa- tria: e si ei l'amava di molto amore, perocché ci tro- vava e quella pace che tanto giova allo studio , e copia bastante di buoni libri nella pubblica bi- blioteca: né gli ajuti del padre, né i conforti de'raae- stri ( che ben presto lo ebbero per amico e colle- ga) non gli mancavano. Passò con onore pe' gradi accademici della università in fìsica e in matematica, e dall' unanime collegio ai 4 di giugno i8i5 fu salutato con lode dottore ; anzi ( perchè fosse chiaro a tutti codesta lode esser data non ad altro che all' inge- gno ed alla virtù ) fu con ispeciali ulficj raccoman- dato al governo. E mi è bello notare , che scriven- do di lui qual chiaro spirito del professor Ventu- roli , non dubitò designarlo pel migliore degli allie- vi non pure della sua scuola , ma della università ; e quel fiore di giudizio del professor Magistrini e gli altri di quella schiera , che io ( comunque l'ultimo degli allievi ) venero siccome è debito , non senti- vano altramente del nostro Doma : uè] altramente quante mai sono le savie e gentili persone che lui conobbero , e molte furono che di conoscerlo si pro- cacciarono, Tra le quali siami conceduto di ricor- dare quel mio e suo carissimo , che della scien- za del calcolo e della natun? gli ivea qui di-
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Lodi del Dokna 25q
scoperte le prime Illa : né uopo mi è nominarlo ; che voi tutti sapete chi sia quel nostro , che noi bolognese archiginnasio viene dappresso agli ottimi con tanta lode. Ma seguitiamo del Doma : eccolo di nuovo col padre molto Lene giovarsi della teorica per avanzare nella pratica , e non istaccarsi dal fian- co di lui se non due mesi per gire a Forlì da quel lume chiarissimo del Brandolini , che alle cose di acque e di strade sopiaintondeva nella provincia. E sendo già bene addentro così nell' arte come nella scienza degl'ingegneri; non varcò molto tempo, che dato di se Jmon saggio in Ferrara dinanzi a giudici di queste cose maestri , ebbesi facoltà si d'insegnare la teorica , sì di esercitare la pratica liberamente. In questo mezzo fu il concorso alla cattedra di fisica in Lugo : ed egli, comechè avesse fermato di non divider- si dalla famiglia, tuttavia pensando la gran vicinan- za sì che avrebbe potuto il più del tempo esser qui, si mosse a cercarla, ed a fronte di valentissimi il 6 ài settembre 1-81-7 la conseguì co' pieni suffragj di quel consiglio. Tre anni la tenne: nei quarto spontanea- mente la rinunziò ; se non che ripigliarla dovette poi qualche mese, sretto dalle istanze di que'signo- 11. E fu sua gloria principalmente di aver formato alle scienze, che diconsi esalte , ben molli giovani: tra i quali voglio mi basti di nominare il Gherar- di,clie di meccanica e idraulica è da due anni pro- fessore in Bologna , e il Dal Vecchio , che nelle co- se di astronomia in Padova viene sì presso ai più lodati. Essi diranno a tutti quale si. fosse il maestro, che posi loro nel cuore le prime faville di quel no- bile fuoco , di che oggi accesi risplendono. Ma co- me, si chiederà, come si consigliò di lasciare la cat- tedra quel sì fortunato di tai discepoli ? Il moltis- simo , che egli diceva dovere a questa sua pallia ,
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360 Letteratura.
lo tolse di là , dove a ritenerlo non valsero ne /e grandi proferte , né le preghiere. Gli parve meglio tornarsi qui , dove era non men caldamente desi- derato : e vi rimase ben sette anni , per l'appunto insino che visse, ingegnere della congregazione, che ha cura del torrente Fosso Vecchio e de' suoi influenti den-
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tro quel tratto di — e più edometri quadrati , il m
quale si giace tra i fiumi Senio ed Anione e la via Emilia. Nel quale ufficio difficilissimo come si di- portasse , lo sanno tutti : lo giudicò , coiti' era da lei, l'eccelsa commissione del Reno, la quale nel 1823 scriveva : lui avere meritato molta lode perocché il solo , che avesse bene studiate e comprese le massime adottate per la formazione de nitori cam- pioni di contribuenza -. e l'anno appresso, coni' eb- be visto al prudente consiglio seguire l'effetto , del- la gravissima operazione si ben condotta da lui pie- mente si dichiarò soddisfatta. Di che senza manca- re a modestia egli si piacque , e più di aver colta quella occasione di giovare in qualche modo la pa- tria: alla quale per verità diede tutto se stesso con amore e con fede più che di figliuolo. Che se al- cnn'ozio gli rimaneva dall' uflìcio , a cui era obbli- gato , spendevalo nella lettura de' più degni clas- sici ed italiani e latini , onde più e più avanzava in eloquenza ; spendevalo intorno alle opere di fisi- ca e di matematica , che vanno per la maggiore , on- de più e più guadagnava in iscieuza : e il frutto di tali studi metteva a prò del ginnasio , dove pre- siedendo gli piacque l' insegnamento veliere ordi- nato cosi , che in tutte le scuole dal nolo all' igno- to, dal facile al difficile si procedesse: e che la fiac- cola della vera filosofìa illuminasse tutta la strada , che di nudi precetti ( quasi di s p i uè .senza mai cou-
Lodi del ]);,n\A. sTn
forto di roso) era già in qualche tratto ingombra* ta. Ed ebbe moltissima cura , che non solo quelli che studiano alle lettere , ma <|uelli altresì che in- tendono alle arti, ai mestieri ( e sono forse la mag- gior parte) potessero apprendere col perchè delle cose ciò che nella propria condizione di vita esser dovesse a ciascuno di uso continuo e di profitto. Con questo divisamente s'era fatto a dettare gli ele- menti di geometria pratica : e già ne avea condot- ta a termine la prima parte , che tratta delle linee , o preparati assai materiali per la seconda, che trat- tar dovea delle superficie: era poi suo costumo di fare mai sempre da cosa nascer cosa con si bell'or- dine, e con tanto di chiarezza e di precisione da disgradarne quel sì rinomato Carlo Dnpin non che gli altri , i quali lasciano generalmente desiderare maggior uso di buona logica , quasi gli artisti non sieno uomini , e come tali non abbiano almeno pra- tica di ragionare. Cosi o modestia o diffidenza di so o l'una e l'altra cosa ad un tempo non lo avessero tenuto di porro in luce le sue degne fatiche ! E sì lo incoravano gii amici ; e più lo incorava l'ot- timo magistrato, che ben poteva aspettarne non me- no lode di quella elio si acquistò confortando , sic- come fece assai nobilmente, quel maestro degl' in- gegneri , Giuseppe Antonio Alberti , il quale trovati' dosi agli stipeiidj del nostro pubblico potè dar fuori nel 17J7 il Trattato della misura delle fabbriche. Ed esso il Doma poteva al certo aver lode singo- larmente di un ingegnoso trovato per la grafica tri- sezione dell' angolo , e di una forinola circa le volte piane o piattabande , alla quale si avvenne stud. an- dò a pio degli artisti in quell'aureo libro della JA c- canica del Ventinoli: dal quale come ria ricca mi- niera ben molte gemme veniva traendo anche pn-
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ma che la terza e più compila edizione apparisse , e prima che l'Oddi e il Masotti diligentissimi das- sero fuori tutte le loro fatiche. Ma iti quanto a noi , che non potevamo aspettarci da tale , in cui la mente era qui tutta intesa agli studi , il cuore tutto rivolto alla patria ? Certo se gli durava la vita tanto da porre ad effetto quello che avea pen- sato più caramente , noi avremmo avuto da lui un corso di fisica che fosse compiuto ed a tutti ac- cessibile, senza mancare ne in ciò che è di chimica, né in ciò che è di matematica. E già egli aveva or- dinato con buon giudizio un quadro sistematico delle scienze naturali , un prospetto di chimica , le teorie dinamiche della composizione e risoluzione delle for- ze e dell' urto e delle macchine , ed un compendio di astronomia ; per tacere di molte e belle illustra- zioni sull' ottica e su varj punti de' più difficili sin- golarmente di fisica generale. E perchè teneva , la matematica essere meglio che il filo d'Arianna nel labeiinto della natura ; aveva già in pronto un trat- tato Aanalitico delle ragioni e proporzioni, ed era in sul dettare gli elementi di aritmetica , imitando colui che a ben condurre un edificio fassi dai fon- damenti , e di quelli prima di ogni altra cosa ben si assicura. E sapendo come il far presto è nemico al far bene , egli senza mai perder tempo guaida- vasi assai dalla fretta : e voleva che non solo il pensiero all' opera dello scrivere precedesse ; ma di quello che aveva nell' animo far voleva esperimen- to ne' suoi allievi, istruendo i quali con amore più che di padre vie meglio istruiva se slesso. Felice chiunque potò vantarsi di tal maestro ! E voi fe- lici , o giovani , che cosi spesso lui giudice aveste del vostro profitto ! Più felici d'assai , se aveste potuto udirlo venire svolgendo , com' era disposto
Lodi del Dorna. 2<"'3
di fare , le verità della fisica ! Se non che felicità di quaggiù quando è durevole ? Ponetevi in mon- te quel giorno dell' ultimo di febbrajo allorché insie- me co' suoi illustri col leghi , che curano sì degna- mente le cose degli studi , egli era tutu» in cono- scere di quello che in tre mesi aveste appreso de- gli elementi di Euclide : quale e quanto vi par- ve ! Ma il giorno appresso a pena sedutosi per vo- ler continuare gì' incominciati esercizj , ahi ! lo ve- deste d' improviso mancare , e a terra come morto cadere. Quello in vero non fu che breve deliquio , ed egli , quasi niente si fosse , tornava tranquillo ad occuparsi di voi e per voi, che ebbe cari più della vita; ma quello slesso fu quasi l'annunzio della vi- cina sua morte , e pur troppo fu vero. Inferma- tosi gravemente, non gli pesava di se , che sul fio- rire cadeva : pesavagli de* genitori , e degli amici , e della patria carissima , che lo piangevano ; pur nel volere di Dio sé e gli altri acquietava. E quan- to penasse insino all' agonia studiavasi che fosse a tutti celato , perchè troppo grande do|ore non ne prendesse : solo da ultimo si confidò nella, sorella amatissima, la quale mai noi lasciava , e tra i so- spiri le disse : sé esser venuto al fermine 'del suo patire ì ella guardasse di conservarsi alla povera madre , al padre infelice , ai quali non rimaneva che lei. Disse, e tutto vólto al Signore d'ogni con- forto , nel sabato dopo le ceneri ( che fu a' iZ di febbrajo ) rese in pace lo spirito. Ma chi di noi tenne allora le lagrime ? Chi può tenerle oggi stes- so , rammemorando ciò che in lui abbiamo perduto ? Ahi cruda morte, di quanto bene tu ci privasti, to- gliendone sì cara vita ! E fosse giunta al termine , che da natura comunemente è prescritti/ agli urna-
2&\ Lette» a tura
ih ! Ma no ; clic nel Lei mezzo del suo cammino la sorprendevi , tante e tanto dolci speranze troncati- ci© in erba. Oh ! la ingorda : oh ! la invidiosa che sei: e noi lassi , e noi sconsolati, cui non resta quag- giù che piangere col desiderio di quel cortese ! Ben- ché il pianto non cel racquista , e i savi e buoni vogliono essere meglio imitati che pianti. E vera- mente che varrebbe a noi miseri mortali , che la virtù, quel caro dono del cielo, bellissima al mondo si dimostrasse in taluno a guisa di fuoco che splen- de e passa , se non ci studiassimo a tutto potere di raccorne e conservarne in noi stessi l'esempio ? Guardiamo come fu buono , come prudente , come studioso il nostro Doma : come non a se , ma agli altri ed al cielo visse continuo : come fu la gio- ja de' suoi , 1' onore detla patria , l'amore di tutti. E voi singolarmente , o giovani , per cui già tanto fece , abbiatelo mai sempre nel cuore sicco- me specchio e conforto al bene operare. Cosi vi parrà di averlo ancora vivo e presente , né di altri stimoli vi sari d'uopo per farvi sempre più innanzi nella bella carriera , in cui dietro la scorta di lui medesimo poneste già il piede. Di che non so dirvi quanta consolazione vi verrà all' animo. Quella che oggi gustate per questi premi non è che un prin- cipio : ora pensate che sarà poi quella che avrete un giorno , se all' ottimo esempio di lui componen- do tutta la vita render potrete anche voi ai pa- renti e alla patria degno compenso di tanti e tanto grandi beneficii , che tutto dì ricevete. E quando vena pei- voi, che tardi pur sia, il giorno di do- vervi partire di questa vita mortale , oh ! come vi troverete contenti di avere seguito esempio degnis- simo d'imitazione. No che allora non vi parrà di
Lodi del Dorna 3^5
morire : certo vivrete ancora in futuro nella me- moria delle buone opere , che mancare non può „ Se l'universo pria non si dissolve. „ Anzi per quel- le salir potrete a mercede colà , dove mai non si muore : che Dio Ottimo Massimo lo vi conceda.
Orazione funebre detta da Pericle nel primo anno della guerra del Peloponneso in lode di colo- ro cK erano morti in battaglia. Tradotta dal cav. Pietro Manzi (*).
M.
.olti di coloro , le cui voci furono già in que- sto luogo ascoltate , levarono a cielo colui che fe- ce legge di questa spezie di lodi : parendo no-
(*) Questa orazione , una delle più famose, dell'an- tichità , è qui posta per saggio del volgarizzamento che il sig. cav. Manzi ci darà di Tucidide , il quale la ri- ferisce nel libro secondo della sua storia. Ritornato in Atene ( dice Plutarco nella vita dì Pericle) fece Pericle solenni esequie a coloro ch'erano morti nell'arme : e re- citò a loro lode ( come si usa pur anche ) una orazio- ne funerale, per cui fu sommamente ammirato: perchè, sceso lui dalla ringhiera , le donne gli furono intorno , e gli fecero festa stringendolo per mano , e incoronan- dolo di ghirlande e di bende , siccome ad atleta che tornasse dalla vittoria. JYoi stimiamo dover dunque riu- scire a tutti carissima , e perche opera , sia di Pericle sia di Tucidide , di un grande ateniese : e perchè vol- garizzamento di uno scrittore già reso illustre nella re- pubblica delle lettere per altri suoi lodali lavori.
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bilissimo , che quelli i quali caddero in guerra , sieno in siffatta guisa encomiati. Ma i valorosi , io così giudico , i valorosi hanno la lode loro nei fat- ti , dei quali questi monumenti del pubblico cor- doglio farebbero da se soli assai ampia testimonianza. E perchè porre a rischio la lode di tanti nella boc- ca di un solo , che potrebbe o non aver fede , o non dirle con la dignità che richiedesi ! Impe- rocché qual si terrebbe modo nel ragionare di co- se , le quali soggiacciono a pareri assai tra loro di- scordi ? Chi conosce i fatti , ed ama chi gli operò , affermerà che men si disse di ciò che fu e eh' es- so vorrebbe; chi no, nell'udir quello a cui egli non aggiungerebbe , griderà per invidia , che si so- vrabbondò ; perchè viltà di cuore ritrae altrui dal credere quelle sovrane virtù che mai non potè con- seguire. Ma poiché gli avi nostri giudicarono che questo sia ottimo instituto , io non debbo tacere , e mi apparecchio a ritrarne effetti corrispondenti all' opinione di ciascuno. E gli avi stessi daranno a questa mia orazione principio , perchè giusta co- sa e decorosa è che si tragga tosto il pensiero al- la onorevole memoria di coloro , che abitando que- sta nobile patria , elevaronla con le loro virtù a quella libertà, che è fino a noi pervenuta. Ma se di pregio eterno a lei sono gli avi , con quali parole encomieremo noi i padri nostri , i qua- li all' avito retaggio aggiunsero con più possenti virtù quell' imperio , i cui freni oggi reggiamo ? E noi , noi pure demmo mano ad ampliarlo , noi in ispecie che nell' età provetta siamo più che gli altri inoltrati. Noi lo fornimmo di quelle cose tut- te , che o alla guerra o alla pace abbisognano : e sì fattamente , che di ogni cosa sovrabbondando , non ha duopo agli altrui aiuti ricorrere. Ma e le
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nobili imprese della guerra , e le vittorie che noi e gli avi nostri ai barbari ed ai greci vincem- mo , io tacerolle ; che un piccol cenno per chi le conosce è grande rimembranza. Dirò sì , e il di- rò per nobilitare la mia orazione , e per renderla utile ed ai cittadini ed agli stranieri , dirò per quali pro- dezze e per quali discipline a tale grandezza sa- limmo : e indi passerò alle lodi di coloro che io debbo celebrare. Le nostra repubblica non imita le altrui leggi , ma gli altri imitano quelle di lei ; lo stato nostro detto è popolare , perchè non ha per fine 1' util di pochi , ma quello di tutti. In esso non è cittadino che all'altro cittadino non si pa- reggi : ma chi giunge ai magistrati , vi giunge per la vera e sola eccellenza della mano e del senno ; che la povertà non si attraversa fra gli onori e l'uomo , e non vieta ad alcuno il giovare di se la patria. E quella stessa liberta , con che reggiamo lo stato , ci fa lieti nella vita privata , da cui ban- dimmo i sospetti in modo, che ognuno fa come più. gli è in grado , senza sofferire i biasimi di quell'au- stera virtù , che , se non nuoce , si fa sempre mo- lesta. E non è già la tema che ci ritragga dal violare le leggi : ma noi le obbediamo perchè son leggi , e leggi aiutatrici dell'uomo : e se ve ne ha di tali che non sieno scritte , chi di noi non si terrebbe a vergogna il violarle ? Molte cose poi ritrovammo per ricreare gli animi nostri , e giuochi e sagrificii che tutto empiono l'anno : i quali cele- brati da cittadini con pompe belle e decorose , re- cano a noi gioia e sollievo. E qui , per esser que- sta patria nostra e grande e doviziosa , qui tutto il mondo concorre ; e qui rimanendo noi , ci beamo di quanto e qui ed altrove può trovarsi di più ec- cellente. La città uostra non è chiusa ad alcuno, an-
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zi e comune ed aperta ad ogni generazione di gen- ti anche mimiche : e queste pure, se il vogliono (che noi non temiamo di chichessia ) possono esamina- re le nostre discipline , o far di quelle tesoro. Clio Atene non confida già nei grandi alloggiamenti , e nelle segrete pratiche e nelle (insidie , ma solo nella grandezza e nella forza degli animi e delle brac- cia. La in Isparta cresce la gioventù nella virile fortezza , qui tra noi a più miti discipline : ma tu n eguale audacia e con maggiore affronta i pericoli. E bastò mai il cuore agli spartani di assalir soli un' Atene ! Gli ateniesi si , e soli e senza altri com- pagni , gli ateniesi si stesero ai piedi coloro , clip difendevansi nel chiuso delle proprie case. Ne In tra i nostri nemici chi potesse far petto alle no- stre forze congiunte, perchè, invigorite di cittadini e di sudditi , e in mare e in terra elle si allargano. E perciò se accade loro di vincere un pugno di noi , levan grida di vittoria : se perdono , tutta Atene li vinse. Ma benché noi anteponiamo la pace alla guer- ra, e seguitiamo più il valor delle leggi, che quel- lo delle spade , mai non avvenne die paventassi- mo pericoli : ed allorché ci trovammo fra essi , sa- pemmo affrontarli al par di coloro , che tutta la vi- ta vi hanno spesa. Altre cose ancora dirò , che ren- dono maravigliosa questa nobile patria. Splendida- mente vivendo usiamo continenza , e saggi siamo sen- za ostentazione : spendiamo le ricchezze ne' bisogni e non per ventoso animo e per vile : e niuno ha in onta povertà , si colui che non è atto a schivarla. Ciascuno ha cura dei negozi comuni e privati , e quegli che intende alle bisogne domestiche, non per questo perde la scienza del governare le pubbliche. Imperocché c'è avviso che colui, il quale non ne ha cognizione , reputarsi debba uomo infingardo ed imi-
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tile. Sempre rotli sono inoltre i nostri giudizii , e mai non ci demmo a credere che il ragionare noccia alle cose : piuttosto l'eseguirle senza averle prima ben ponderate. Imperocché noi abbiamo questo di singo- lare , che l'ardir nostro è un ardir ben pesato , un ardire che ai nemici nostri nocerebbe, perchè l'igno- ranza li fa temerari , la ponderazione vigliacchi. For- tissimi sì son coloro, che ritraendo nella mente loro ciò che porge la vita di dolce o di acerbo , non si astengon perciò dell'affrontare i maggiori pericoli. Ma in quelle cose ancora che danno pregio di cortesia noi ci dipartiamo dagli usi comuni ; perchè a noi sa più buono rendere altrui i benefìcii , che rimaner- ne obbl'g iti : con che rendiamo eterna, se può dirsi cosi , l'amicizia. Conciossiachè chi die di buon animo , si guarda dal far cosa che gli rapisca il grato cuore di colui che egli heneficò; mentre quegli che fu benefica- lo, intorpidisce, sapendo che non fa cortesia, ma la rende. Noi soli , senza che a ciò ne tragga una vii cupidigia , per solo fine di porre in opera la virtù di un animo liberale, noi soli gioviamo altrui magni- iìcamente, E per conchiudere dirò, che Atene è nor- ma di tutta' Grecia , e che i suoi cittadini hanno gli animi disposti ad ogni spezie di discipline , e le perso- ne loro piene sono di bel garbo e di leggiadria. Che poi queste lodi non derivino da gloria vana ma da solo vero , il dimostra la potenza sua per tali modi ac- quistata. Imperocché ella andò assai innanzi alla fa- ina che suona di lei. Atene sola può dire, che i ne- mici cui vinse , non abbiano onta di essere stati vin- ti da lei , perchè vinti furono da tal citta , che le citta tutte primeggia e per possanza e per nobiltà ; ed Atene sola può dire, che i popoli a lei soggetti non si adontano di obbedirla , perchè essi non ignorano quaulo degna sia di signoreggiarli. Laonde non le
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fauno bisogno , per muovere maraviglia ai presenti e ai futuri , i versi del cantore di Troia o d'altro poe- ta piaggiatore , che allettando gli animi tolga fede alla verità t ma le basta il suo valore ; che già si è aperta una via per ogni mare e per ogni terra , e vi ha lasciato la stampa dei beni resi agli amici, e dei inali fatti ai nemici: sicché il popolo che non l'ama, già la paventa. Per cotale citta combattendo adunque costoro sono morti da generosi : per cotale città : e il fecero perchè ella non gisse in ruina : e per tal fine ognuno di voi dee sudare e perire. E la ragione per cui spesi tante parole a encomiarla, è quella di dimostrarvi che noi, echi tai pregi non ha, non corriamo egua- le arringo nei combattimenti : e per iscolpire in un tempo nelle menti nostre una indelebile memoria di quelle lodi , che io ho già in gran parte rammenta- te. Imperocché queste encomiate virtù , e quelle di chi si fece degno d'imitarle, rendettero più che altra mai questa nobil patria gloriosa : e fra quanti vi ha greci , un solo non solo non si rinverrebbe , che a tanta gloria potesse emulare. E qual cosa più che tal morte avrebbe potuto far chiari costoro ! Nobil mor- te che fa prima palese la virtù dei prodi , e poi la sug- gella. Certo quella morte che s' incontrò per la patria dilegua ogni macchia che possa adombrare la virtù : perchè ella assai più le giova , che non le nocciano offese private. Ma fra costoro non fu neppur uno che non anteponesse a ogni cosa la virtù , perchè uè cu- pidigia di ricchezze li fece codardi, ne timore di po- vertà cupidi di migliorar condizione ; ma un nobi- le desiderio di vendetta li sospinse ad affrontare 1 nemici : ed avendo per fermo , che questa fosse la più bella di tutte le prove ed il rischio più glorioso, vollero essi subirlo , onde ottenere una sì nobi- le palma. E beuchè dubbio parer potesse l'evento ,
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rivolsero ogni loro speranza nelle proprie destre ; ed essendo loro stato avviso , che fosse più onorevo- le il morir combattendo , che V avere in dono da' nemici la vita , amarono meglio di dare i corpi lo- ro alla morte per non incorrer tal biasimo : e co- si nei pochi istanti che contra loro inchinò fortu- na , ebbero il vanto di cadere nobilissimamente. Co- storo dunque sono stati quali loro si conveniva essere secondo la dignità di una patria sì grande ; «li maniera che si vorrebbe sì che voi foste più cau- ti , ma che non meno di loro affrontar doveste da geuerosi la morte. E che varrebbero le lusinghiere parole di un oratore a muover virtù negli animi vostri , i quali non ignorano che bella cosa sia la vittoria , se non vi stessero innanzi gli occhi le for- ti imprese della repubblica che tanto innamoran di lei? Di lei che fatta fu grande da uomini prodi, i quali mai non allettarono nel loro cuore viltà , e tanto furou modesti , che sempre con fronte ver- gognosa alle più belle opere si accinsero : e se for- tuna contra loro volgevasi , assai più animosi sor- gevano a sagrificare lietamente per la patria loro una vita , che tante virtù avevano sì grandemen- te nobilitata. E così hanno essi acquistato una lun- ghissima gloria e questi onorati sepolcri. Né già so- lo questi in che si pongono le ceneri e le ossa loro , ma quelli onde il loro nome si farà lonta- no , finche durerà l' imitazione e la ricordanza dei buoni. Perchè ogni terra è buon sepolcro agli eroi. Né la virtù loro si dimostra dai titoli delle dime- stiche pietre , ma dalla memoria che ne rimane per ogni luogo senza essere scritta : e meglio si scol- pisce ella negli animi che ne' sassi. Voi tutti dun- que proponetevi un sì nobile esempio : ed avendo per fermo che felicita e liberta non possono and a-
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re disgiunte , e che son retaggio de' cuori nobili e generosi , non isgomentate mai all'infierir dei ne- mici. Anche ogni agiato cittadino, che potrebbe pa- ventare i grandi rovesci della fortuna , esponendo se stesso debbe al pari di chi nulla teme avere in ispregio la vita : perchè il sofferir per villa è assai più acerbo a un cuor magnanimo di una morte , la qual non duole perchè gloriosa ed utile alla pa- tria. E qui mi volgerò ai padri degli estinti , per- chè voglio che non si dolgano ma si rallegrino ; po- nendo mente per quale tempestoso pelago correr deb- ba la umana natura , e quanto beato sia colui a cui dato è dal cielo di cadere gloriosamente , e di finir fe- lice in mezzo al conforto del pubblico pianto ; e beato anche più per aver soggiagiuto a una morte , che ha posto, se può dirsi, il suggello a quelle virtù le quali ne avevano nobilitato la via! Io so bene però quan- to sia malagevole il confortarci , quando le altrui già godute felicita fanno sovvenir delle proprie: per- chè non duole già la perdita di non mai gustata bea- titudine, si bene la perdita di quella che già ti rendette dolce la vita. Comunque sia e gli atti alla prole , e quei che noi sono , tutti , si tutti debbono confor- tarsi : gli atti alla prole , nella speranza che i nuovi figli faranno loro dimenticare gli estinti coli' invigo- rire la patria di cittadini e di difensori , e col por- re essi in istato di aiutarla di quei provvidi consigli che non potrebbe ritrarre da coloro che non pos- ilo a lei offerire questi nobili pegni. Coloro poi che più noi sono , si faccian lieti degli anni ridenti e felici che hanno vissuto per essa: e conoscendo quan- to di giorno in giorno si abbrevino quelli che ri- marranno loro da vivere , temperino il dolor che li preme col por mente alla gloria che coronò queste tombe. Imperocché la sola magnanimità non si fa
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vecdiia giammai : e ne' tardi anni da minor gioia il guadagno , che non ne~ da la vita magnifica dell* onore. Ma grande io ben veggo e difficile è l'esem- pio che gli estinti propongono ai fratelli loro ed ai figli : perchè i fatti trascorsi hanno sempre fama d'impareggiabili , e per quanto costoro anelino di farsi emulatori di tanta gloria, reputeranno sempre gran pregio , se stimali saranno non indegni di lei. E quando mai tacque invidia ai viventi ? Ella è la sola morte , la morte sola che pone in luce e nobilita la virtù. E qui con brevi parole loderò la virtù di quelle donne che durano la vedovanza per la patria loro , e che non mettendo vani lamenti , si coronano sul loro sesso. Ma già io sono al fine della mia orazione : obbedii alla legge , ragionan- do in quel più nobil modo che ho potuto dei tra- passati : ed ora debbo manifestare che la patria ri- conoscente non da solo agli eroi l'onore di questi sepolcri , ma vuole che i figli loro si nodriscauo a sue spese in premio della virtù de' padri ej in vantaggio di tutto il popolo: perchè la ove sono po- sti grandi premi alla virtù , ivi sono i valorosi. Ora cui piace, segua pure a piangere sui sepolcri de' tra- passati : e quindi volendo potrà ciascuno partirsi.
G.A.T.XL. iS
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Descrizione di un piccolo viaggio a Frascati,
LETTERA
AL SIC CONTE FRANCESCO CASSI
V,
oi mi avete , Cassi mio , domandato cosi pre- murosamente le nuove della sanità del nostro Bion- di , che io avrei creduto mancare non solamente ad una dimostrazione di verace amicizia , ma dirò qua- si ad un certo sentimento di umanità , se non mi fossi dato cura di contentarvi quanto più poteva sollecita- mente. Or leggendo la vostra lettera mi tornò subito più vivo alla mente un pensiero, che già da prima vi si era intromesso , quello cioè di visitar di persona nella real villa della Rufiìnella il dolcissimo amico nostro. Non volli quindi frapporre più indugi ; ed ecco che mi propóngo narrarvi distesamente ogni particolare , tanto della mia corsa al colle Tusculano , quanto del- la infermità e della guarigione del Biondi : ed ho fer- ma speranza , che troverete di che poter ben sod- disfare le vostre brame , e forse forse alcuna cosa più in la di ciò che potreste attendervi.
Io noli volli esser solo nel piccol viaggio da Roma a Frascati : ma per fare che il mio giunger cola improvviso fosse più gradevole all'amico (dico più gradevole, perchè non e mai a pensare che uno giunga importuno a'suoi veri amici) risolsi di con- dur meco D. Loreto Santucci , Salvator Betti , e quel solenne filosofo pratico di Girolamo Amati : tre vere coppe d'oro , come gli avrebbe nominati il buon Ce»
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sari ; e tutti e tre a me carissimi , ed al nostro Bion- di non meno che a voi amicissimi.
Fui da essi per aprir loro il mio pensiero ; non mi diedero però campo di farne intiera la proffer- ta , perchè ad una voce per esultanza gridaron tut- ti , che sarebbero venuti meco vie più che volen- tieri. Anzi furono presi per modo del mio divisa- merito , fino a volere da me un giuramento solen- ne, che quando si fosse Ira noi convenuto del giorno, non avevasi a mancar dal partire , nò a ristare o per pioggia , o per vento , o per qualunque più grande tempesta.
Il dì 24 elei passato settembre fu il giorno posto alla nostra corsa. Il cielo arrise graziosamen- te alla nostra deliberazione, e ci consolò di una gior» nata tutta serena e ridente , e di uno fresco tem- peratissimo; e ciò fu certamente uno di quelli che si di- con miracoli , perche la pioggia dirottissima che cad- de la sera innanzi purtroppo davaci a credere che avremmo avuto ben altro , che uno splendentissimo sole ! 1
Nella mia casa radunatisi dunque i miei com- pagni , ne partimmo in sul far dell'alba pieni tutti dell'idea di quel caro pellegrinaggio dell' amicizia. I nostri ragionamenti , cammin facendo , come potete bene immaginarvi , non furono che de'nostri studii e del gran diletto che avremmo provato nel riab- bracciarci col nostro Biondi, uscito salvo da una in- fermità , la quale così crudelmente avevalo afflitto non senza qualche giusto timore de'giomi suoi. Ma il Betti ed io non lasciammo passar queir incontro sen- za stimolare fortemente il Santucci , affinchè s' induces- se pure una volta a pubblicare la sua bella traduzio- ne delle odi di Orazio , della quale a quando a quan- do , vinto dalle nostre istanze , ci venne per via di-
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cencio alcun saggio , che veramente ci parve in tut- to degno del cedro ; e fra esse ci recitò principal- mente la ode sesta del libro terzo , la quale il Belli volle poi stampare con suo proemio nel volume del pas- sato trimestre di questo Giornale Arcadico. Oh sì Cassi mio , che se un giorno quelF egregio amico , vincendo la sua troppa e ritrosìa e modestia, si piegherà a render pubblico un tal suo poetico vol- garizzamento , oh sì , vi dico io , che l'Italia avrà Qualmente una tale versione di Orazio da non dover- ne più desiderare una seconda ! Questi lieti tratte- nimenti ci erano anche di tempo in tempo interrot- ti dalle gravi e spesso astruse sentenze del nostro Amati , il quale ama traile da1 più reconditi pene- trali della greca erudizione , di cui non so (piai maggiore maestro vanti non dirò Italia , ma Euro- pa. E così di un discorso in un altro passando , facemmo allegramente quasi senza avvedercene le quattordici miglia che corrono da Roma alla villa della liullinella.
Con grandissimo nostro compiacimento giungem- mo all'amico senza ch'egli affatto ci aspettasse: il qua- le trovammo che allora appunto tutto solo usciva della sua camera di studio per andarne a diporto nel contiguo giardino , a tale invitandolo la dolce aria di quel bel mattino di autunno. Appena udissi egli chiamar da noi dal fondo del corridoio , il qual conduce ad esso giardino , e rivoltosi ci ebbe da lungi riconosciuti , tornossene indietro a grandi pas- si e venneci a braccia aperte a incontrare , stringen- doci affettuosamente l'un dopo l'altro ni suo petto con quella schiettezza d'animo che è tutta propria di lui. Reiterate tre e quattro volte le liete acco- glienze e gli amichevoli abbracciamenti , ci facemmo quasi tutti ad un tempo a chiedergli della sua sani-
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ti. Egli disseci subito , come solo da due o tre giorni chiamavasi contento di se; perchè incomin- ciava a gustare il cibo con qualche piacere , nnn provava più dolori allo stomaco nelle ore della di- gestione, ed aveva riacquistato il sonno. E quin- di restringendosi alle nostre persone , assai graziosa- mente ci disse : che quella nostra venuta sarebbe stata più giovevole farmaco al suo malore , di quanti al^ri gliene avesse mai potuti fino allora ap- prestare tutta la scienza del gran vecchio di Coo. A dirvi tutto aperto , io Io trovai essere del cor- po assai dimagrito , e coti voce debole e alquanto (loca ; ma gli occhi che aveva vivacissimi e da uo- mo sano , e qualche poco d'incarnato che scorgeva- si sulle sue gote , davano una chiara dimostrazio- ne ch'egli era venuto già innanzi nella convalescen- za, e che trovavasi perciò molto prossimo ad una intie- ra guarigione. Con amichevole e premurosa urbanità egli ci proierse rinfreschi di ogni maniera ; ma noi di tutto lo ringraziammo , perciocché di nuli' altro calevaci in que' momenti , che di godere senza veru- no interrompimento la cara e desiderata sua con- versazione.
Cosi passo passo accompagnatici con lui entram- mo al giardino ; dove giunti , sedutici tutti alla fresca ombra di pochi alberi , invitammo 1' ami- co a narrarci ristoria tutta della sua infermità. Ed egli por soddisfare a' desiderii nostri così prese a di- re : Oli miei buoni amici , sapendo io (pianto voi naturalmente siate pietosi , son certo che prende- rete somma compassione di me udendo la narrazio- ne de'mali miei. Deh Dio qual tenibile malattia ho io sofferto per ben quattro mesi ! Ella a tal termi- ne mi aveva posto , che per me poco più era la morte. Ebbe principio il mio male da uno nule-
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bolimento di stomaco , il quale vietavamo quasi af- fatto di prendere alcun nutrimento : ed in poco tem- po cominciò cosi fieramente ed in cosi strana ma- niera a dimostrare i suoi dolorosi effetti , che non solamente non poteva esso stomaco patire alcun cibo , ancorché preso in piccolissima quantità , ma per fino il veder le vivande , ed il sentirne l'odo- re mi travagliava con noia fastidiosissima. Il bat- ter de'polsi erasi fatto tardo e debolissimo, come- chè non vi apparisse mai segno di febbre : la men- te era al tutto svanita , sebbene non fossi io tormen- tato dai dolori del capo : il sonno aveva fatto inte- ra partenza dagli occhi miei : e passava io le not- ti o a contare le lunghe sue ore , o in mezzo all' ambascia che mi causavano i dolorosi conati dello stomaco . La voce poi erasi illanguidita per modo , che più spesso co'segni , che colla favella mi faceva intendere da coloro , che pietosamente mi erano in- torno . In fine tutte le spirituali qualità , come po- tete ben credere , erano afflitte da malinconia e da gravezza tale , che non poteva trovar modo di aleg- giarle o di passarle. Ed oh quante volte, quando era chiuso solo nella mia cameretta , in su quel letto di veglia , oh quante volte chiamava a nome or 1' uno or l'altro di voi , miei cari , e con tutta la effusio- ne dell'anima vi desiderava a me d'appresso ! Perchè ciascuno di voi , siccome tutti voi amo ugualmente , sarebbe stato di dolcissimo conforto all'abbattuto e languente mio spirito. Ecco a quali termini era giun- ta* la mia infermità ! I moltiplici e svariati medicamen- ti , che mi apprestavano chiarissimi professori , non producevano alcun buon efietto ; tantoché io teneva per fermo di dover chiudere fra non molto i miei giorni per totale isfinimento. E , quasi più non do- vessi vivere , aveva già me e le mie cose messe in
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abbandono. I poveri medici , per noti sapere che me- glio dirsi , mi consigliarono di andare a respirar l'a- ria d'Albano. Mi vi portarono all' istante : ma ini fu forza partirne dopo pochissimi giorni: tanto il mio male aveva cresciuto la sua violenza Allora, -segui- tando piuttosto un interno mio movimento che il consiglio di alcuna persona dell'arte , mi feci , com com'era quasi all'estremo d'ogni forza vitale , tra- sportare in quest' amenissima villa. Credereste voi mai? O fosse virtù di quest'aria , la quale altre vol- te aveva io sperimentata giovevolissima alla mia complessione ( ne sia benedetta sempre la benignila del mio clementissimo re Carlo Felice , che degnò eleggermi a quest* amministrazione ! ) , o fosse il male che avesse già esaurita tutta la forza sua , e che per questo da se medesimo tendesse a dimi- nuire : o fosse , ed è ciò che più facilmente cre- do, che scritto era negl'immutabili decreti della Prov- videnza , non dovere io ai presente partire di que- sta vita ; sentii che se la mia infermità non dava subito una chiara remissione, non procedeva però più oltre di quello che già avesse fatto in Alba- no. Infastidito ed annoiato di tutti i medicamenti apprestatimi , tutti gli abbandonai, e mi posi sola- mente ad usare queVibi che l'indebolito mio sto- maco non solo poteva sopportare , ma appetiva : e vidi con grande maraviglia che appetendo le uova, io le reggeva anche assai bene , e elle quei cona- ti , che tanto mi straziavano in sul formarsi la di- gestione , mi si calmavano prendendo a quando a quando pochi cannellini di confettura. Vedete da quanto semplici cose si può ricevere il più d felle volte la sanila ! Ma io nondimeno ho per fermo che in quest'oggi del tutto mi guarirò mercè della gra- ziosa visita , che voi , miei buoni amici , avete vo-
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luto farmi ; perchè niente è più capace di ricrear- ci e di ristorarci da ogni male , che sia il piace- vole conversare con persone che ci sono carissime per affetto , ed a cui ci leghi una uguale conformità di pensare, ed un ugual genere di virtuose abitudini. Qui l'Amati , che stato era attentissimo al fa- vellare del Biondi , interrompendolo all'improvviso]: Or come diascolo , gli disse , si nominerà dunque que- sto tuo male ? E il Biondi : Già tu vorrai , rispo- se] , che io tei dica alla maniera de' greci : altri- menti tu, più greco di Calcondila e di Bessarione, non sapresti darti pace , e quasi non presteresti creden- za all' infermità mia. Sappi adunque , mio buon Gi- rolamo , che questo mio male è chiamato da al- cuni barbassori di Esculapio , i quali eruditissima- mente ci ammazzano in lingua greca , è chiamato dissi una debolezza per anoresìa. Ti va bene cosi ? Oh sì , ora intendo bene , rispose l'Amali nostro :
„ Non comincia fortuna mai per poco
„ Quando un mortai si piglia a scherno e a gioco !
E , carezzandosi il mento , com' egli usa fare , si tacque.
Ma io stimo , o amici , riprese il Biondi , che da ben'altra cagione che non dalle semplici uova e dai cannellini sia proceduto il mio migliora- mento. E da quale ? interruppe subitamente il Santucci. Dalle lettere , rispose il Biondi . E co- me dalle lettere ? soggiunse il Betti. Sì dalle let- tere , continuò il ragionare 1' amico nostro. La fiera malinconìa , che , come vi ho narrato , tutto mi ave? va vinto, era venuta in me non tanto forse dalla in- fermità , la quale così orribilmente mi tormentava , quanto dal sentirmi la mente non reggere al medi-
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tarp. E vi fo fede che positiv.imente mi lacerava den- tro dal dispetto ogni qual volta all'aprire un libro mi avvedeva che, scorse poche righe, subito inco- minciava il capo ad aggravarmisi , la vista illangui- divasi e mi si oscurava , e le forze a poco a poco venivano mancando ; sicché doveva abbandonare ogni occupazione , se non voleva lasciarmi cadere in un to- tale svenimento. Certo è verissimo che un filosofo dee con pazienza passare la grandezza de'mali ; ma questo del non poter vacare liberamente a' miei studi era co- sa troppo maggiore delle mie forze, anzi tale che a sop- portarla non poteva bastarmi ogni virtù dell'animo. Ed infatti , ditemi di grazia , che mai noi siamo al- lorché nella vita ci vieti meno la graziosa compa- gnia di que' dolcissimi studi , ai quali fin dalla pri- ma età ci siam consecrati ! Noi più non siamo , duo- po è confessarlo , che una meta di noi stessi, riè più riteniamo che la men nobile parte. Mentre che tro- vavano in questi termini , e che il vivere mi si era fatto di molto peso , qual fu mai la maraviglia e la gioia mia una mattina , nella quale essendomi leva- to dal letto , immerso al solito nella mia tristezza , e messomi, più per una certa naturai consuetudine che per volontà o proponimento di studiare , a leggere il mio caro Virgilio (autore che voi tutti sapete quan- to io mai abbia in amore), qual fu , dissi , la mia gio- ia e maraviglia in vedere la lunga lettura di quel sommo classico non pure non mi avere punto stan- cato , ma in contrario avermi e rallegrato lo spi- rito , ed infuso nell'animo una bella quiete e una pace , cose da gran tempo non più gustate ? Oh si che io ricorderò quel giorno , sempre eh' io viva , con vero trasporto di allegrezza ! Se il mio male ave- va incominciato fin allora a dare alcun segno di vo- ler cessare , non mi aveva fitto però travedere che
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ben da lungi il suo fine ; ma il convincimento di potere con alcuna regola riprendere i cari miei stu- di , fu per me come un tenermi sano del tutto. Mi proposi allora , per non affaticar di soverchio la mia debole mente, di ritornar sopra la traduzione della Buccolica virgiliana , che già da varii mesi aveva io condotta a compimento : e con questa intenzione scrissi a te, mio Betti, affinchè al più presto mi fi- cessi tenere il volgarizzamento , che di quelle egl >- glie ci ha lasciato Prospero Manara , essendo io ve- nuto in pensiero di affrontarlo al mio. Or meni; e cha io stava in aspettazione di quel libro più per di- letto di vedere l'altrui lavoro , che per voglia che avessi di pormi ad una novella fatica , mi feci a ri- leggere attentamente la Georgica del divin mantova- no ; poiché in questa campagna , e cosi infermo coni' era , non pensai a portar meco altri libri che il mìo Virgilio, il quale dovunque io vada mi è sempre fido compagno. Preso da maraviglioso e nuovo piacere a quella lettura , ebbi subito gran desiderio di provar- mi a vestire di veste italiana tutto il poema ; la qual fantasia venutami in capo , dirò , in un attimo , vi si fermò dentro cosi fortemente , che non mi pone- va a leggere e della lettura non mi rimaneva , che continuo ed in ogni luogo non mi accompagnasse. Standomi pertanto una notte tutto in questo pensa- mento , incominciai fra me a meditare quale sareb- be stata la maniera più convenevole di tradurre li' Georgiche: e dopo avere or in una or in altra idea vagato , mi determinai fra tutti i metri a scegliere la terza rima. Fermato questo proponimento , sorgeva dall'altra parte il timore non troppo tedioso dovesse ciò tornare nel rendere in italiano cosi lunghi libri. Fissandomi però ognor più in quella conside- razione, vidi che se avessi potuto con certa ragio-
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ne dividere ciascun libro in tanti canti , della lun- ghezza ciascuno per se più o meno de' canti dell'Ali- ghieri , la mia opera sarebbe riuscita senza peso e con giusti e convenienti riposi. Non era appena com- parso il nuovo sole , che io corsi al mio Virgilio , e tutto considerandolo, osservai con mio grande con- tento tanti essere gli episodii , tante le varie cose delle quali è cantato in quegli aurei versi , che il poema si lasciava dividere facilissimamente , e che cia- scun libro sarebbe stato giustamente partito in ven- ti o al più in ventiquattro canti. Fu la mattina dei sette di questo mese che posi mano all' opera : e già |son pervenuto al fine del secondo libro. La mia fatica ( se il giudicio mio non è avuto dà voi troppo in sospetto ) parmi esser venuta meno in- felicemente che io dubitassi ; e fin qui non ho io trovato in che dovermi arrestare. E sì, che quando poco fa vidi giungervi , mi sentii subito confor- tare, poiché dissi fra me: Oh ecco coloro a' quali potrò leggere liberamente alcuna parte di questa mia traduzione : ecco coloro nella sentenza de' quali po- trò interamente quietarmi ! È la serenità del mat- tino che io consacro al mio Virgilio , con lui io mi sto allora parecchie ore, e a lui più che ad altri è infine eh' io debbo la mia guarigione. Ora neghi- mi, se alcuno il può, neghimi che le lettere non sie- no a chi le coltiva un farmaco salutare a procac- ciare la sanità ?
Lascio a voi l'immaginare , o mio Cassi , le grandi feste che noi tutti facemmo al Biondi per una così chiara dimostrazione che davaci del suo be- ne stare : e le congratulazioni altresì che interna- mente facemmo e con noi medesimi e con l'Italia , udendo quale volgarizzamento preparavasi alla let- teratura. Ma la carità nostra verso l'amico ci mos-
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se a consigliarlo e a pregarlo con molto affetto , per- chè tenesse modo allo studio , onde non dovesse ac- cadere (in quello stato di debolezza in cni trova- vasi pur tuttavia ) che ciò che a principio eraglt venuto in bene, avesse poi in processo di tempo, col troppo durare intensamente nel travaglio, a con- vertitegli in nocumento. Conciossiachè ci dimostri troppo chiaramente la esperienza , che niuna cosa con maggior forza e più facilmente abbatte il no- stro fisico ( massime se usciti siamo d'alcuna infor- mità), quanto la soverchia attenzion dello spirito. Ala egli più volte ci assicurò non dover noi stare <li ciò in timore, poiché ordinava per modo il suo stu- dio da non potergliene venire sicuramente niuu dan- no; che se per caso durando in quella fatica , comi- che a lui carissima e di sommo diletto, sentivasi pur menomamente ed alla lontana o aggravare il capo o affaticare la mente , levavasene subito, e distrae- vasi in qualche altra più leggera occupazione.
Appresso queste parole del nostro Biondi , poco più ci rimanemmo nel delizioso giardino ; e soddi- sfattissimi tutti di tal ragionare , ci riducemmo al pa- lagio : dove entrati nella camera dello studio , egli ci si fece cortesemente a recitare alcuni canti della Georgica : e questi furono i principali , che io al presente ricordi : // proemio : La descrizione della vita campestre: I lavori campagnuoli nelV autunno: Il travaglio ed il governo delle api : e finalmente quel maraviglioso episodio della morte di Cesare. E qui , caro Cassi , vorrei saper trovare parole convenevoli a meritamente lodare questa bellissima e nobilissima versione. Ma voi che ben conoscete , siccome oggimai tutta Italia conosce , quanto sia il valor di Luigi Biondi nelle cose poetiche, saprete assai meglio da voi stesso pensarlo , che, io possa riuscire
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a* clirvene alcun che nei termini di una lettera. Noi tutti ne restammo in guisa presi d'ammirazione e di piacere , che se non fosse stata una cara attenzione per la mal ferma sanità del celebre traduttore ed ami- co ( la quale attenzione ci consigliava di non la- sciarlo troppo lungamente stancare nella recitazio- ne di quegli altissimi canti ) , avremmo voluto tut- to ascoltare ciò ch'egli fino a tal giorno avea fat- to di quel virgiliano volgarizzamento. Oh certo bellis- simo volgarizzamento , e quale già Italia da lungo tempo desidera ! Fedeltà somma al testo latino : pu- ra, facile e magnifica locuzione: un verseggiare sem- pre nobile , e numeroso : una lingua tutta grazie e tutt' oro : e le più difficili cose vi sono traslatate in maniera nella nostra favella , che ti sembrano anzi crea- le che tradotte. E chi non vede che questa poesia è pro- priamente venuta giù dalla penna del Biondi tutta spon- tanea e come di getto ? E dovete considerare , o amico , che i canti ch'egli ci lesse non sono, dirò cosi, che la prima bozza : una bozza però della mano del Bion- di ; cioè un quadro che per molti altri già sarebbe per- fetto. Or pensate quanto grandi e quanto vere fos- sero le congratulazioni , che noi ne facemmo all' amico ; e quanto calde altresì le istanze affinchè non si rimanesse dal- condurre sì bel lavoro al suo termi- ne , tanto per onor suo , quanto per onore dell' ita- liana poesia.
Lo credereste? Mentre che il Biondi ci recitava quo' versi , tornavami sempre alla memoria la infermi- la della quale usciva ; e come eravamo in villa , cosi paragonava fra me la mente dell'amico nostro a una pianta , che per molti rami cresciuti senza cer- ta disposizione ed attraversantisi per ogni lato , sia- si a poco a poco fatta sterile , né quasi più dia spe- ranza alcuna di frullo. Ma venuta essa sotlo le ma-
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ni del provvido agricoltore, che prendala a dispoglia- re e di quelle inutili foglie , e di quo' troppi ramu- scelli che le impedivano il fruttificare , si rende gra- do grado più bella : sicché alla debita stagione tor- na nuovamente a vestirsi di fiori , per rendere poi al suo tempo copiosissime frutta. Pensate , che il so- migliante è stato del Biondi appresso il male che ha sofferto : tanto ho io trovato di freschezza nella sua mente, tanto di bontà nella sua poesia: e quando voi leggerete il suo volgarizzamento della Georgica , voi stesso non mi negherete ragione di ciò eh' io dico.
In mezzo a tali piaceri dell' amicizia , delle let- tere e della villa , giunse l'ora del desinare. Laonde ci sedemmo tutti all' abbondantissima e dilicatissima mensa ,
„ Dove il manco piacer fur le vivande „
tanto lietissimi e pieni di amichevoli sollazzi furono i ra- gionamenti che s'intromisero per ognuno; specialmente vedendo con quanto piacere e buono appetito gustasse del cibo l'amico nostro. E la sig. Marianna , affettuo- sa sorella sua , donna gentile e di amorevoli manie- re , ne maravigliava in guisa , che a noi rivolta assai cortesemente prese a dirci : In verità io non debbo che a voi il gran contento che provo nel ve- dere questa mattina il fratel mio gustare cosi sapo- ritamente d'ogni vivanda. Alle quali parole il Bion- di rispose , che non vi ha miglior salsa ne' cibi ; che l'esser presi nella dolce compagnia de' buoni amici E da questo giorno (sono suoi proprii delti) da que- sto giorno e non da altro io voglio assolutamente contare il mio intero ritorno a guarigione. A tanto graziose e cordiali espressioni noi rispondemmo col
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bere a inviti per la felicita dell'amico nostro di un vino , che Orazio avrebbe anteposto al suo dolce Falerno , ma che l'Amati rassomigliò ingegnosamente a quello che Ulisse ebbe in dono dai buon Marone sacerdote d'Apollo : recitando cosi tutto quel bel pas- so del lib. IX dell'Odissea. Levate le mense, e cre- sciute le risa e le allegre parole , costringemmo lo stesso Amati , caldo cos'i coni' era di quel lieto con- vito , ad improvvisarci alcun verso sulla sanità del Biondi. Egli , che è di quella cortesia la quale più mostrasi cou le belle opere che con le belle parole , non si negò al nostro invito : e sians pede in uno , colle rime dategli da'circostanti , schiccherò tre so- netti alla maniera ch'egli schernevolmente suol chia- mar ciclopea , che, vi giuro io, ci apparvero ispirati da un verissimo furor poetico: i quali poi l'un dopo l'altro ci recitò, trattosi in mezzo, con una voce co- sì sonora e direi quasi tremenda , che potevasi mol- to bene rassomigliare al terribil suono che usciva dal fatato corno d'Astolfo.
Ci trattenemmo ancora piccolo spazio di tempo, che venne trascorso nell'udir pure uno o due altri canti del volgarizzamento delle Georgiche , i quali ci parvero in tutto rispondere alla bellezza de'pri- mi ; e fatta intanto l'ora della partenza , ci sepa- rammo dal dolcissimo amico nostro in mezzo gli ab- bracciamenti e le significazioni le più sincere di giubilo e per la sua miglior sanità , e pel nobile « veramente classico lavoro ch'egli prepara all' Ita- lia. Così , pieni tutti di una cara soddisfazione , be- nedicendo l'amicizia e le muse ci riducemmo a Ro- ma, dove io non senza rammarico mi divisi dal mio Amati , dal mio Betti, dal mio Santucci , che tanta parte sono dell' anima mia.
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Eccovi date le novelle della sanità del Biondi , che voi attendevate con sì gran desiderio. Troverete forse che io mi sia troppo allargato nello scriver- vi : ma dovete scusarmene per questa ragione , che quando io ho a parlare degli amici miei, ed in ispe- zialtà del mio Biondi ( il quale amo di un amor sì parziale che non cesserà se non per la morte ) non so facilmente ridurmi a depor la penna. Inoltre ho voluto anziché indirizzarvi una semplice lettera, dar- vi tutta per disteso la descrizione di un piccolo viag- gio fatto in compagnia di persone , che anche voi ed amate e pregiate secondo il gran merito loro ; riè lieve compenso alla noia , che potrebbe arrecar- vi la lunga mia diceria , deve esservi infine l'inten- dere , oltre al bene stare dell'amico , le novelle dell' insigne lavoro ch'egli ha per mano. Ed ora poiché siamo su questo discorso , tornami bene a mente (il vostro Lucano. E quanto mai , Cassi amatissimo , ne compirete la traduzione ? Pensate che ogni libro che n'esce in luce ci mette nelle vere smanie di aver l'altro che seguita : tanto troviamo tutti elegantissi- ma e nobilissima quell'opera vostra. E poi, mio buon amico , io non posso aver pace finché non vegga le ceneri del vostro impareggiabil cugino, e maestro mio dilettissimo Giulio Perticari , riposte in un mo- mento degno dell' alto suo nome e della nazione : fine generosissimo , a cui sa tutta Italia , la quale ve ne rimenta colle lodi più schiette, essere consecrato il letterario vostro lavoro. Or su dunque , non vi ar- restate di un punto , procedete pur francamente ; né più del dovere vi distraggano da questa pietosa e magnani- ma impresa le cure che vi apporta il reggere con tan- to decoro e con tanta pubblica utilità, come fate, il gonfalone di codesta vostra nobile Pesaro.
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A Dio , mio caro ed illustro amico ; amatemi sempre, e come a vostra cosa ogni vostro piacere imponete sicuramente.
Di Roma l'ottobre del 1828.
Pietro Odescalchi.
Properzia de Rossi, rappresentazione tragica. 4.0 Bo- logna, tipografia Cardinali e Frulli 1828. (Sono P<*g- 59 , col ritratto di Properzia de* Rossi. )
icevami un giorno il divino Canova , che fra le più gravi disavventure , le quali toccato abbiano in Italia le belle arti, deve assolutamente porsi la mor- te sì acerba di Properzia de' Rossi : tanto fu egli preso all'eccellenza che mirò nelle poche scultu- re , che tuttora ci rimangono di quell' alto spirito bolognese. Ed oh con che affettuosa sollecitudine egli ora leggerebbe quest' opera del celebre prof. Paolo Costa, nella quale è rappresentato come quella gran donna giacque vittima volontaria d'una troppo' ae- cesa passione d'amore ! Egli cerio , che aveva bel- lissimo il cuore come la mente , non terrebbesi di spargere quelle lacrime , che noi pure in larga co- pia abbiamo versate in mezzo una onesta brigata di giovani e di donne gentili a cui la leggemmo.
L'opera non è di assoluta invenzione italiana , ma sì di tedesca : intorno a che giovi qui riferire un bel passo della prefazione dell' autore : „ Uno „ de' più chiari poeti della Francia nella prefazio- „ ne alla Sofonisba di Mairel , opera da lui cor- G.A.T.XT 1;>
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,, retta, consiglia gli uomini di lettere a riforma- ., re quelle tragedie che , adorne di molte bellezze, „ o sono in qualche parte difettose , o hanno qua- „ lita sconvenienti ai costumi e alle opinioni no- ,, velie ; e rispetto diverse tragedie di Cornelio af- „ ferma , che se taluno si facesse a correggerle , ,, non solo renderebbe servigio alla memoria di quel ,, poeta e al teatro francese , ma si farebbe degno „ della prolezione de' principi. Animato io da sì au- ,, torevole consiglio, mi sono posto in cuore di ri- „ fare , secondo le regole del nostro teatro , ma iti ,, una maniera liberissima, alcune pregevoli rappre- „ sentazioni tedesche. Ho ristretto in picciolo nu- ,, mero i molti personaggi , semplificata e ridotta „ a tempo più breve l'azione , posposto o antepo- „ ste alcune scene , aggiuntene altre , tralasciatene „ molte ; ho mutati in parte i caratteri e la cata- „ strofe , ho aggiunto notizie storiche acconce ad ,, illuminare l'evento : e finalmente , secondo il gè- „ nio di nostra lingua , ho vestita di altre forme, „ e adornata di altre sentenze relocuzione. Per co- „ tal modo le mie poesie vengono a rassomigliare ,, alle tedesche forse poco più di quello che la Me- ,, dea di Racine rassomigli alla Medea di Seneca, „ e le Mero pi del Voltaire e dell' Alfieri rassomi- „ glino a quella di Scipione Maffei. Come io sia ,, riuscito in questa impresa sei vedranno coloro , „ cui piacerà di leggere la tragedia che ha per ti- „ tolo D. Carlo di Filippo TI, quando mi sarà con- „ ceduto di pubblicarla. Ora do fuori la Proper- „ zia de' Rossi , la l'avola della quale, tolta dalla „ Stella di Goethe , è a questa assai meno simile „ che non sono le due seconde Mcropi a quella del „ poeta veronese , perciocché gli eventi per la mag- ,, gior parte sono di mia invenzione, e di mia in-
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„ venzione i dialoghi tulti , le sentenze , le espres- „ sioni d'alletto, il costume de' personaggi e lo scio- „ glimento del nodo : per la qual cosa se la Pro- ,, perzia non riesce a buon fine , tornerà in mio ,, biasimo solamente. Queste cose ho voluto dire per „ coloro , che liberalmente dispensano il titolo di ,, plagiario a chi toglie da altri le favole de' poemi. „ Virgilio , l'Ariosto , il Tasso , La-Fontaine , Ra- „ cine e moltissimi altri e in Ilalia e fuori tolsero „ spesso dagli altrui poemi a materia de' loro versi „ le narrazioni intere e gli eventi , e ne andarono „ lodati. ,,
Fin qui il prof. Costa : il quale troverà certo molti seguaci, ed eziandio molti contraddittori ne' let- terati italiani , secondo che essi tengono 0 no ne- cessario di seguitare l'istoria in una rappresentazio- ne drammatica : cioè a dire , secondo che concedono o no al poeta il privilegio d'esser poeta. In quanto a me , che stimo non chiedere il popolo in alcun dramma se il fatto è vero, si bene se è verosimile: non chiedere d'imparare , si bene di essere illuso e commosso ; sono pienamente dell'avviso suo. Il qua- le avviso , se egli ne avesse mestieri , potrà ezian- dio confortare coli' approvazione solenne del Goethe, principe de' romantici d'Allemagna, che malgrado di tutti gl'insegnamenti della sua scuola (tanto la for- za della ragione è potente ) ebbe a dire , parlan- do della divisione che al sig. conte Manzoni piacque fare di personaggi istorici ed ideali nel suo Carma- gnola : // n y a poìnt , à propremefìt parler , de persomiage historique en poesie; séulement , quand le poète •veni reprcsenter le monde inorai qu il a cohcu, il fait à certains indiindus , qu il recontre dam Vhistoire , Vhonneur de leur emprunter leurs ìioms , pour Ics appliquer aux ctres de sa crea-
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aga Lette k a tura
ti ori (i). Attenderò che a questa sentenza si compiac- ciano i sottili nostri romantici di dare a lor como- do una qualche buona risposta.
La Properzia de'Kossi recitata in una delle più dotte e popoloso nostre città , in quella Bologna che ora tien cos'i vivo l'onore d'Italia, fu accolta con singolarissimi applausi ; e l'autore fu chiamato due volte a mostrarsi sul palco scenico dalle vive , una- nimi, ed iterate acclamazioni degli spettatori. E a dir v*vq questo dramma ha una sì cara semplicità , una e tastrofe cosi verosimile e pietosa , una concatena- zione di scene cosi facile e naturale , una scelta in- fine di personaggi òi tale generosità e gentilezza , c'ie ad ogni tratto ti senti soavemente toccar il cuore , uè puoi non compiangere i casi dell'infelice donzel- la. Quanta similitudine tra la persona che patisce e noi che la vediamo patire ! In che un gran segre- to è riposto , segreto infallibile , dell' ottimo effetto di qualsiasi dramma. Lungi perciò dal libro del Co- sta chi no a è cotmnto (come oggimai lo sono tut- ti e doro i quali ben si conoscono della filosofia dell'arte) , che un troppo complicato intreccio non lascia alle pus 'ioni il tempo convenevole a svilup- parsi. Sentenza d'oro lasciataci da Voltaire, e pur troppo mal conosciuta da certi nostri dottori , che oggimai hanno fatto bordello dell'italiano teatro.
Nobilissimo n'è poi lo stile , e quasi lo pro- porrei ad esempio di quel perfetto che adoperar si deve ne'drammi: comedi è alcuni, nati e cresciuti in una gran rustichezza di lettere , abbiano trovato di che mordere tanta italiana semplicità e gentilezza. Ma il
(i) Goethe , E sanie della tragedia del conte Man- zoni \\ coutu di Carmagnola.
PiiOPF.nziA ce1 Rossi 293
Costa , uomo di alto animo e di prò volta riputa- zione, non muovasi alle ciance de'novelli Patitili : e scrittore com'egli è de'più solenni e benemeriti che ci fioriscono , guardi costoro , e sorrida , e passi ol- tre. Ch'egli è nato a guerreggiar grandi guerre , e ad essere cavaliere in illustri contese , non ad usa- re una nobile spada in miserabili zuffe dove il vin- cere è senza gloria. Vestasi adunque d'una onore- voi superbia, superhiam quaesitam meritisi ed ascol- ti all'uopo il suo Petrarca che sdegnosamente gli grida di seguitare i pochi e non la gente del vol- go. Ma intorno alle ragioni del proprio stile odasi il Costa medesimo ragionare magistralmente ,, Stet- „ ti ( die' egli ) da prima dubitando se questo dram- ,, ma fosse da mettere in versi : ma avendo p<>s ia ,, considerato , che la troppa armonia gli avrebbe ,, dato quella nobiltà, che pare conveniente alla sola „ tragedia , mi deliberai di scriverlo in prosa ; e „ in una prosa , la quale tenesse il mezzo fra lo sli- „ le grandioso della tragedia ed il rimesso della com- ,, media. Ma d'onde trarne l'esempio ? Le commedie ,7 antiche sono dettate in imo stile , che non so- ,, lo ha molti modi fuor d' uso , ma è ordinaria- „ mente di tale bassezza che solo alla gente dell' ,, l'infima condizione pare che si convenga. Le mo- ,, dome poi usano il linguaggio che fra noi è spes- ,, so in bocca alla moltitudine : la quale , sforz-.n- „ dosi di parlar bene , traduce in parole ire& tron- ,, che le frasi de'noslri dialetti , -ed a q nelle mesce ,, equivoci e sollecismi. In questo barbaro parlare „ scrissero (tranne il Gigli ed altri potili) i co- „ mici moderni , i quali così adoperando avvisarono „ di trovare scrupolosamente la verità : e non no ,, sero mente che il poeta , non essendo co j > i s r 1 , ,, ma giudizioso imitatore della natura e maestro del
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„ popolo , non solo e tenuto a far sì che il vero , „ che è det'ornie , non apparisca , ma ad insegna- „ re a Lene e correttamente parlare. Ne dalle com- „ medie antiche né dalle moderne erami dunque da- ,, lo di togliere un buono esempio dello stile dram- „ matico ; laonde mi fu duopo cercarne l'idea nel- „ la mia mente. Se quella che scelsi troverà gra- „ zia appo coloro , che hanno vera 1' intelligenza ,, nelP arte , io non mi darò cura o pensiero del „ gracchiare di coloro che confondendo il parlar „ plebeo coll'illustre , il decoro tragico e il lirico , „ fanno di tutti gli stili uno stile , e la sfrenata „ licenza chiamano libertà. „
Il libro è intitolato ad uno de'personaggi che più onorano lo stato e la chiesa, a S. Em. il sig. card. Giuseppe Albani , segretario de'brevi di Sua Santità , e legalo di Bologna.
Salvatore Betti
Le prime quattro odi di Orazio volgarizzate daW ab. D. Loreto Santucci.
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L-Josi a tutti grazioso giunse il volgarizzamento dell' ode IV del libro III di Orazio , del quale il chiarissimo sig. ab. D. Loreto Santucci ci permise di ornare l'antecedente volume , che abbiamo nuova- mente dovuto fargli istanza , perchè gli piacesse ezian- dio concederci di pubblicarne alcun' altra. Avrebbe egli voluto per la sua molta modestia non condisceu- re a tal desiderio ; ma , vinto in line dalle nostre diremo quasi importunità, non ha saputo anche que-
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sta volta rifiutarsi di essere eou cssonoi cortesissimo. Non dubitiamo che i dotti associati di questo gior- nale non debbano sapercene grado : parendoci chi» le cose, le quali già notammo intorno al riferito vol- garizzamento dell* .ode VI del lib. Ili, si verifichino strettamente anche nel volgarizzamento di queste quat- tro : e che perciò possa dirsi senza tema di errare, aver colto il sig. ab. Santucci nel nostro Parnaso un alloro , a cui molti Cui qui stesero inutilmen- te la mano. E di grazia sei portino in pace coloro , benché uomini di egregia dotti ina, i quali finora han- no posto il loro nobile ingegno a tradurre Orazio. Noi non faremo niun odioso confronto fra' tra- duttori viventi : ben sapendo qual vespaio stuzzi- cheremmo , e forse di quale discortpsia saremmo da molti , né del tutto a torto , accusati : ma sì para- goneremo il novello traduttore con due de'princi- pali che più non vivono , cioè con St fano Palla- vicini e col conte Giovanni Paradisi. Chi non li tie- ne ambidue per letterati e poeti di chiarissimo no- me ? Eppure si pongano le loro traduzioni a con- fronto con queste delle quali parliamo ; e apparirà mirabile differenza in tutte le parti che fanno bel- la la poesia |, e bellissima poi la poesia del gran venosino. Ecco , per esempio , la prima ode del li- bro primo.
O D E I.
Maecenas atm'is edite resibus*
Del Pallavicini.
D' atavi re degna progenie , e mio Dolce sostegno , Mecenate , e pregio ,
i()6 Letteratura
Pei olimpica lizza e chi coperto Andar gode di polvere , e schivata Colle fervide rote aver , la mela , E lo solleva al ciel la nobil palma. CJom dall' aura del popolo leggera A gara assunto ai più sublimi onori , Né chi dentro a' granai riposta ha quauto Yagliar l'aie affricane , o i patrii campi Vago è di coltivar , per un tesoro Non oUerrai che s'avventuri al mare. Quel nocchier , che smarrito Affrico vide Lottar coi flutti , e sospiroso udissi Lodar il dolce nido , e di sua villa Gli ozi che abbandonò , non resta poi , ( Tanto è di povertà ribrezzo e sdegno ! ) Di risarcir la conquassata nave. Altri d' un vino , a cui concilian grido Patria ed età , coline le tazze al labbro Accostar non abborre : altri del giorno
o
Ruba gran parte alle f reseli' ombre steso D' un ameno boschetto , e presso un fonte Che gorgogliando i molli sonni alletti.
A molti giova il trar lor vita in campo , E '1 fragor delle trombe , e detestato Dalle madri amorose il fero Marte. Irto di brine il cacciatore oblia La cara sposa , o cerva il cati levata , O rotte abbia il cignal le debol maglie.
Belle conteste d' edera ghirlande ,
Ond' han premio ed onor le dotte fronti ,
Te appagan sì , che non invidii i numi ;
Io cantando le selve , e delle ninfe
E de' leggieri satiri le danze ,
Non pavento col volgo irne confuso.
Traduzione d'Orazio 397
Basta , clic i flauti suoi ritrosa Euterpe A tacer non condanni , e non ricusi Pulitini a a me temprar di Lesbo cetra : Che se tu poscia all' onorata schiera De' lirici cantor m' ascrivi , andranne Il vanto mio fino alle stelle altero.
Del Paradisi.
Prole d'antichi re , decoro amabile E mio presidio , o Mecenate , godono Alcuni di raccor la polve olimpica , Che per la meta dalle rote fervide Schivata , e il fregio della palma nobile , Splendon come gli dei che all'orbe imperano.
Per tutto il prezzo de' tesori attalici
Non otterresti mai , che i gorghi solchino Di Mirto paurosi in cipria zattera Né costui rigonfiato all' aura mobile Del volgo de' quiriti , che parteggiano Per sollevarlo all' onoranza triplice , Né l'altro cui talenta i patrii iugeri Fender col sarchio , ancor eh' ei già ricoveri Più biada ne' granai che non s'accumula Da tutte l'aie della Libia fertile.
Si sbigottisce se la furia d'Affrico Sorge a contrasto cogl' icarii vortici Il merendante , e invoca gli ozii placidi Del suo rustico borgo , e poscia indocile Di povertade la sdrucita gondola Ristora , e parte. Altri di vecchio Massico Pregia le tazze ; ed ora d'un corbezzolo S'adagia all' ombra , or dove ha sacra origine Un ruscel molle , e sonneggiando menoma L'interezza de' giorni. A molti piacciono
29S L e t t f. NATURA
Campi di Marte , e frammischiato fremere Di litui e tube , e pugne detestabili Da' cor materni. Dorme sotto gelido Sereno il cacciatoi' , renduto immemore Della tenera sposa, se latrarono Alla cerva i segugi , ovver se l'apulo Cinghiai campossi dalle reti lacere. Premio di dotte fronti un serto d'ellera
Te mesce a' sommi idii : me fuor del popolo Tengon l'aure de' boschi , e ninfe, e satiri Snelli alla1 danza , or che alle tibie facile Suono Euterpe mi spira , e a tender mostrami Polinnia i nervi della lesbia cetera. Che se tu fra' dircei vati m'annumeri , Sublime gli astri ferirò col vertice.
Del Santucci.
Mecena , o d'atavi - regi progenie , O mio presidio - delizia e gloria , V'ha chi su rapido - carro dilettasi Di polve olimpica - fra un nembo avvolgersi , E con le fervide - ruote trascorrere) La meta , e cogliere - palma che nobile A' divi innalzalo - de le terre arbitri. Quegli compiacesi , - se de' romulidi La turba mobile - gareggi a sceglierlo A gli onor triplici ; - quei , se nel proprio Granaio accumuli - quanto da libiche Aie raccogliesi : - tal , eh' ami i fertili Paterni iugeri - col sarchio fendere , Non cura attaliche - ricchezze , e inutile Fai sforzo a moverlo - sì eh' egli valichi Nocchiero pavido - su nave cipria Di Mirto il pelago. - Chi dassi al traffico ,
Traduzione d' Orazio Se Garbili d'Icaro - l'onde rimescola , Richiama il rustico - borgo pacifico , Che il vide nascere;- ma tosto il lacero Legno redintegra , - d' inopia indocile. Altri vuol calici - di vecchio Massico , E parte separa - del giorno a spenderla O a l'ombra corico - di verde arbuscolo , O dove ha un rivolo - la sacra origine. A molti piacciono - schierati eserciti , E misto a' litui - di trombe strepito i E pugne , eh' animo - di madre abhomiua. Chi a cacce è dedito , - sotto ciel frigido Giace , e la tenera - sposa dimentica , O se i can vigili - cervetta occhiarono , O s'apro marsico - poteo le fragili Maglie dirompere. - Te un serto d'edera , Che a' dotti in premio - la fronte intornia , Fa pari a' superi ; - me un bosco gelido , E carole agili - di ninfe e satiri Dal vulgo scevrano , - se né le tibie Euterpe affienami , - né Poliinnia Recusa tendermi - le corde lesbiche. Che se fra' lirici - vati m'annumeri, Ferirò l'ardue - stelle col vertice.
ODE II.
Iam satis terris nivis ec.
Del Pallavicini.
Con portentose grandini abbastanza Minacciata la terra Ha il padre Giove, e con fiammante destra
309
3oo Letteratura
Le sacre torri ardendo
Di spavento ripieni ha Roma e '1 mondo Quasi che fosse a ritornar vicino
Di Pirra inorridita
Il secolo funesto , allor che tratta
Su pe' gioghi de* monti
Di Proteo si mirò l'umida greggia: Ed usurpando alle colombe il nido ,
Ai verdi faggi in vetta
Posaro i pasci ; e per la piena immensa ,
Ov'era il suolo assorto f
I daini erraron paurosi a nuoto. E già torcendo il biondo Tebro a forza
Dal tosco lito il corno
Correr vedemmo , onde crollar la reggia
Venerabil di Numa ,
Ed al piano adeguar di Vesta i templi. Mentre guasto marito il lutto acerbo
D' Ilia sua crucciosa
Di vendicar si vanta , e delle leggi
Non curante di Giove
Tutto trabocca dalla manca riva. Come aguzzaro i cittadin le spade ,
Che volte in miglior uso
Aprir doveano ai persi infesti il seno ,
Udranno , udran le stragi
Radi per colpa nostra i discendenti. Or qual de'numi fia che Roma invochi,
Per cui sostegno impetri
Al vacillante impero ? E con quai preci
Le vergini di Vesta
Assordoran la mal placabil diva ! A chi commetterà Giove la cura
D'espiar la gran colpa ?
Deh , vieni alfin di bianca nube avvolto ,
Traduzione d' Orazio ^ 3oi
Vaticinante Apollo ;
O tu , cui scherza intorno Amore e '1 Riso ; O tu , se cura de' nipoti alcuna
Ti resta , Marte , e sazio
Se' della tresca , ahi ! troppo lunga » in cui
Le grida , e i lucid' elmi
Piacciono , e atroci i fanti marsi in volto. O d' augusto garzon sotto i sembianti
Se per sorte nascoso ,
Almo vivi di Maia alato figlio ,
Né t' è grave che il volgo
Vendicator di Cesare ti nomi ; Di cosi tosto riveder il Olimpo
Non sia che amor ti prenda ,
Sì che sdegni di te far lieto un tempo
Il popol di Quirino ;
Nò il fallir nostro il tuo sparire affretti. Anzi godi qua giù di nobil fronda
Cingerti in bel trioufo ,
Ed udirti acclamar principe e padre;
Ne soffrir , mentre imperi ,
Che scorra impune i confiti nostri il parto.
Del Paiudisi.
Assai versò di nevi , assai di dura
Grandine il padre , assai di templi scosse Colla fulminea destra , e a gran paura Roma commosse ,
E minacciò di ricondur le genti
Al secol grave , in cui Pirra si dolse Di nuovi mostri , e Proteo i salsi armenti Sull' alpi accolse ;
E ai rami , che fur già noto ricetto
D' argentee piume , si strisciar le squame «
302 L 15 TTEH ATURA
Ed oppresse dal flutto in gran sospetto Nuotar le dame. Vedemmo il biondo Tevere , travolte Dal Tirren 1' ire , colla gonfia spuma Di Vesta il tempio abbattere , e le volte Del prisco Numa ; Mentre ligio marito agita 1' onda , E troppo d' Ilia vendicando il lutto t In onta a Giove dalla manca sponda Rovescia il flutto. Rari pel fallir nostro i figli udranno Gli odi fraterni , e contra noi conversi Da noi gli acciari da brandirsi a danno De' gravi persi. Qual nume invocheran nelle procelle
Dell' impero i quiriti ? E di quai preghi Te , Vesta , stancheran le tue donzelle , Se d' udir neghi? A cui Giove espiar darà l'orrendo
Parricidio ? Deh scendi ornai dal cielo , Di nube i candid' omeri vestendo t Vate di Delo. O vieni tu se '1 vuoi , Cipri , che insieme Seguon battendo l'ali Amore e il Gioco. Ma se ai nepoti e allo scaduto seme Riguardi un poco , Padre , cui giovan la feroce mostra
Del mauro in campo , e il suon clie i forti chiama , E i lucid' elmi , di più lunga giostra Poni la brama. Cillenio , e tu , s' è ver che nelle membra D'un garzone quaggiù soggiorni avvinto , Né di te indegno il vendicar ti sembra Cesare estinto j
Traduzione d' Orazio 3o3
Tardo ritorna al ciel : facil t'arresta A lunga aita de' quiriti tuoi , Né subii' aura a' vizi nostri infesta Ti tolga a noi. Padre piuttosto e prence esser nomato Qui godi , e trionfar di palme onusto ; INè più cavalchi il modo invendicato Te duce , o Augusto.
Del Santucci.
Già il sommo Padre riversò gran soma Di neve e grandin su la terra , e tocche' Con la rovente man le sacre rocche Tremar fé' Roma : Tremar fé' il mondo , che temeo vicini Di Pirra i giorni mostruósi , quando Proteo su i monti ricovrò , guidando Orche e delfini ; E i pesci , tolto a le colombe il nido ,
Strisciaro in cima a' verdi olmi la squamma , E sul trasceso mar notò la damma Con pie mal fido. Vedemmo il Tebro con la bionda spuma Retrogradar dal lido etrusco , e urtare Con fero guasto i monumenti e l'are Di Vesta e Nun.a ; Mentre di Rea , eh' alto lamento scioglie , Ultor si vanta , e da la manca sponda , Non curando di Giove , incalza l'onda Ligio a la moglie. Colpa de' padri , i pochi figli udranno Pugne pugnate per domestich' ire Col ferro , eh' anzi si dovea brandire De' persi a danno.
3o4 Letteratura
Qual de' superni invocherà la mesta Citta che crolla ? E le vergini pure Con qual pio carme stancherai! le dure Soglie di Vesta ? A cui dark Giove espiar la greve Scelleratezza ? Augure dio di Delo , Deh ! alfìu ne vieni , avvolto in sottil velo L'omer di neve ; O tu , Ciprigna , intorno a cui ridente Vola il Gioco e l'Amore; o tu, Mavorte , Se pur riguardi a la scaduta sorte De la tua gente , Sazio una volta del fìer ludo , ahi ! tante Volte ripreso, in cui t'è grato il lampo De gli elmi , e l'urlo , e la ferocia in campo Del mauro fante; O tu , se in terra de le membra il fiore Muti col giovin prode , araldo alato , E consenti di Giulio esser nomato Vendicatore ; Tardi risali a le stellanti chiostre ,
Sta lunga etade al ben di Roma inteso , Né repentina aura t' involi offeso Da colpe nostre. Anzi qui gir d'alti trionfi carco ,
Qui gradisci esser detto e prence e padre , JNè inulte , duce te , le mede squadre Escan del varco.
Dopo questo saggio non è a dire se noi sem- pre più prendiamo animo a confortare il sig. abate Santucci , perchè ponga fine all' opera sua , la qua- le darà certo all' Italia ciò eh' ella invano da tan- ti anni desidera.
Traduzione d'Orazio 3o5
Ecco le altre due odi volgarizzate , alle quali stimiamo inutile il contrapporre verun confronto.
ODE III.
Sic te diva potens Cypri ec
Se scoria al tuo viaggio Sia la possente Cipride, E de' ledei gemelli il vivo raggio ; S'Eolo ogni altr' aura incarceri, Iapige sol lasciando in liberta ;
Nave , eh' hai tanto debito E che altera puoi dir : Porto un Virgilio ; Deh ! salvo , o nave , portalo Ai confini de l'Attica , E serba di me stesso una meta.
Rovere dura al petto Certo ebbe e bronzo triplice Colui , che sovra fragil battelletto Al forni idabil pelago La cara vita osò primo affidar :
Né paventò la furia Ch' Affrico ed Aquilon lottando sfrenano , Non l'i'adi minaccevoli , E non l'Austro che d'Adria A voglia sua turba e raccheta il mar.
Qual mai temè periglio Chi natar mostri , e turgide L'onde alzarsi mirò con fermo ciglio , E de gli acrocerauui Infami sassi ebbe ogni rischio a vii ?
Invan pose Dio provvido Fra terra e terra un mar non valicabile , Se poi nocchiero cupido G.A.T.XL. ao
3o6 Letteratura.
Oltra i prefissi limiti Con temeraria man spigne il navil.
Audace a tutte prove L'uora non misura ostacoli E incontro al mal precipitando move. Fiamma mal tolta a l'etere Di Prometeo l'ardir quaggiù recò :
E allor coorte squallida Di morbi , e felibri d'ignorata origine Piombò le terre a opprimere , E il fato inevitabile , Ch' era lontano in pria , morte affrettò,
Pe' campi aerei impresse Solco intentato Dedalo
Con penne che non furo a l'uom concesse ; E rovesciò da' cardini La porta acherontea d'Ercol la man.
Nulla ornai di tropp' arduo Resta al mortai : tenta con rea stoltizia. Scalar anco d'Empireo; E di Giove le folgori Solo per colpa sua posa non han.
ODE IV.
Solvitur acris hiems etc.
Già la molle aura d'aprile Dolce tempra al verno apporta , Già il forzoso argan riporta Le carene aride in mar:
Più il villan non gode al foco , Ne l'armento a lo steccato ; E non più si vede il prato Di pruine biancheggiar.
Traduzione r>' Orazio So^
Con le ninfe Vener bella Le decenti Grazie aduna : E al bel raggio de la luna Alternando i balli van :
Mentre il nume ignipotente Infra mantici ed incudi Le officine accende , e ai nudi Fabbri etnei stanca la man.
Ora è bello al crin lucente Serto far d'idalio mirto , O dei fior , che il lieto spirto Di Favonio suscitò :
Or su l'ara a Fauno sacra In ombrifero boschetto Svenar vuoisi agna o capretto , Come al dio grato fia più.
Sparsa tutta di pallore Con egual piede la Morte Dei re batte a l'auree porte , E a'tugurii de' pastor.
La stagion , che or sì ne alletta , Passa anch' ella, o Sestio, e dice: Lunga speme ordir non lice : Corto è il filo de l'età.
Te fra i mani decantati , Presto fatto ombra leggera , Coprirà perpetua sera , Stanza angusta premera :
Cola sceso , un' altra volta Non rivarchi i neri guadi , Né potrai , gittando i dadi , Esser più de' vini il re.
* ?
20*
3o3
ARTI
BELLE-ARTI
Intorno ad una tavola rappresentante la sacra fami*
glia , dipinta da Filippo Agricola consigliere
delV insigne accademia di s. JLuca ec*
benedetto Varchi e l'abate Lanzi fra le cose fatte da Michel Agnolo nella prima giovinezza in Firenze segnano due tondi di basso rilievo in marmo , uno de'quali ce lo dicono abbozzato per Taddeo Taddei , e Tallio per Bartolomeo Pitti. In amendue gli abbozzi evvi ellìgiata una Nostra Donna con questo divario, che in quello fatio per la famiglia Pitti la Madonna è se- duta su di uno scanno col bambino, che per istare in piedi appoggia il gomito destro al libro che ella tie- ne in su le ginocchia apertp. J)ì questo basti qui un cenno. Sull' altro si veggioqo scolpite tre amabili fi- gure , cioè la Madonna , il suo bambolo , ed il gar- zoncello Battista. Anni sono era qui , ora di qua è passato a Londra. Della ragiona di questi suoi viag- gi nou ista a me il favellare. Dirò bensì che per mol- tissimi gradi di probabilità , se non di certezza , ho motivo di crederlo quello identico che fu già in ma- no di Taddeo Taddei. Ecco ciò che addur posso in sostegno di questa mia asserzione, Fra i disegni ori-
B li L L E - A ft f I 3oQ
ginali di Michel Angiolo esistenti , a detta del sig. Pel- li (a) , nella reale galleria di Firenze evvi uno stu- dio tratto dal vero del s. Giovannino, di cui il sig. Fi- lippo Agricola , noto abbastanza pel sito valore in dipingere , si procurò non ha guari un Incido , co- me dicono i pittori , che in tutto è simile allo in- taglio dell'incisore Stefano Mulinari. Questi, dacché la morte v^nne nel 177 t ad islrappare di mano di Andrea Alciati il bulino , assunse sopra di se l'inca- rico di proseguire a pubblicarne i disegni con piena ras- somiglianza nelle stampe agli originali Così nella gran- dezza , come nella esecuzione» Mi riconferma in tal pen- siero il sapere esservene copia in disegno originalis- simo di Raffaello, che io inclino a credere eseguito da lui allorquando sull' Arno godeva in casa Taddei di una benevola ospitai. fa. Di questa preziosa notizia l'Agricola, di animo schietto a riconoscente, se ne pro- testa debitore al rinomato cav. Wicar , cui pure deb- ile una carta da lui stesso lucidata sopra l'originale del sommo urbinate. Mi resta a dire che nel tondo suddetto per non essere totalmente finito , forse a di- fetto del marmo , l'atteggiamento delle braccia del s. Giovannino ne può piacere, ne corrisponde alla grandiosa maniera di Michel Angiolo nel disegnare; perciò , credo io , Raffaello si limitò a copiare sol- tanto la Madonna e il Bambino. Ammirasi in tal gruppo , cosi come è mancante degli ultimi tocchi , un'eleganza, ed una espressione si naturale, che ba- sterebbe di per se sola a dare una solenne mentila a chi scrisse V Arte di vedere con le traveggole agli occhi , trasformando in ridicola foggia i capi d'ope-
(a) Pelli , Saggio storico della real galleria di Firenze voi. 1 pag. 327.
3 1 o ellk-Arti
ra del Buonarroti. Ora il sig. Agricola, afferrandone l'idea coli' averne sott' occhio un calco di gesso, si è fatto a rappresentare lo stesso soggetto , contrasse- gnato però da molte varietà, come è proprio dissoni- mi, nel quadro commessogli da S. A. Caterina Gugliel- mina duchessa di Saghan nata principessa di Guilandia. Il dipinto è un quadrato perfetto. Entro di esso contiensi un cerchio che sottopone al senso della vista una camera, ove sono a maraviglia espres- se le tre figure che Michel Angiolo scolpì nel mar- mo. Nel colorito delle carni diversificano alquanto , essendo proprio in tutte e tre del loro rispettivo ca- rattere ideale. Quello del Bambino sul labbro di un poeta direbbesi impastato di gigli e di rose. Più for- ti sono le tinte del volto della Vergine , e meno de- licate nel Battista, per essersi egli, sebbene sulla pri- missima adoloscenza , alimentato di locuste e di fa- vi stillanti gocce di mele , nulla curante il morder dell' aria , e la sferza del sole. Ricciuta ed incolta è la di lui capellatura di colore castagnolo scuro , e bionda quella del Bambino. La chioma della Vergine viene coperta da un pannolino finissimo di colore cangiante , da cui scappa fuori una ciocca di capelli di colore castagno più chiaro. Il detto panno con bel garbo le cinge la fronte, passa al disopra dell' orec- chio , e scende su gli omeri , con una negligenza in che l'arte è ascosa , e piace. Il tono , per servirmi de' termini adottati dagli artisti , declina al verde chiaro : i lumi delle pieghe si approssimano al co- lore carnicino , e le mezze tinte sono di colore lo- cale , eh' è quanto dire modificato da cause estrin- seche. Gli scuri danno risalto al lume , di guisa che vengono a legare bellamente col tono generale del quadro. Ogni minina parte del volto di lei è delineata stupendamente. Il sopracciglio è castagno-
Belle-Arti 3 i i
lo, il na?o ha le narici parcamente ristrette, l'oc- chio è di persona che ama. Traluce in esso quella vivacità che dona vaghezza alla morbida gota tin- ta a vermiglio colore. Dalla faccia ingenua -e grazio- sa traspira quella tenerezza maggiore , di cui non so- lo è capace ogni madre bennata , ma è tutta propria della madre dell' uomo-Dio. 11 labbro , le mani , le braccia presentano castigatezza di disegno , e colori- to armonioso. Il bel tornito collo è privo di quegli ornamenti , co' quali gì' ingegni mediocri si studiano di far risaltare una mezzana bellezza. Ora mi fo a dire in qual vaga maniera sia ella vestita. Ricco man- to azzurro se le rannoda sopra la spalla sinistra , se le adatta all' andamento della vita , si stende sin a terra , e le copre amendue le piante de' piedi. Ella sta in atto di raccoglierne un lembo colla sinistra. Le tunica, o vogliam dire sotto - veste , è di quel colore rosso lacca rilucente che si appella di por- pora. Spaziose souo le pieghe , e tutte varie , e gentili. Il pargoletto Gesù è di una venusta che ferma e diletta. Panie scosso da leggiero sonno , rivolta la faccia tra placido e corrucciato al so- prav vegnente Kattista , e fa mostra di volersi riz- zare sul momento. Già posa il piede sinistro nel piano , tiene la destra gambuccia elevata nel grem- bo della madre , allunga le ben contornate brac- cia , colla destra striglie il braccio di lei sinistro, ed apre a poco a poco le dita della manca. È ve- stito di un panno che se gli ravvolge intorno alla coscia sinistra , e il copre sin dove ama il pudore di stendere un velo. La scelta delle sue forme è esatta, e, per dir tutto in breve, di un'avvenenza di origine celeste.
Diamo uno sguardo al garzoncello che vie- ne dal deserto. È ritto in piedi e piega indentro
3 « 3 B E L L E - A. R T I
ìc dita perchè non gii abbia ad isfuggire di ma- no un cardello , voglioso che il Bambino lo veg- ga , e se ne trastulli. Ma dolcemente respinto dalla Madonna con mettergli una mano al seno , che in linguaggio poetico direbbesi con fargli delia pal- raa puntello , viene impedito dal farsi più oltre. Un ruvidetto panno, avente attaccato una ciotola di le- gno , gli copre una parte del corpo , lasciando l'al- tra interamente nuda. Così dice il critico Ayala nella sua opera che ha scritto in fronte - Christìa- nus pictor eruditus - lib. VI cap. 12 , - debbesi dipingere il Battista con veste di peli di camel- lo : essendo errore , segue a dire , il porgli in dos- so una pelle di agnello in sì verde età a lato del Bambino. Il fondo del quadro di lati uguali , della grandezza di cinque palmi e mezzo di passetto ro- mano , il cui lume viene dalla parte destra , è di un verde scuro qua e la più o meno caricato per dar lustro agli oggetti , onde quello che i pit- tori chiamano assieme venga a formare una giusta armonia. La semplicità di questa rappresentanza toc- ca i! cuore , e compone l'animo a divozione con fargli vedere assai più di quello che gli mostri il di- pinto. Per non lasciare voti i quattro angoli , che necessariamente restano fuori del circolo, vi ha il bravo artista lavorato de* fregi sul gusto del buon secolo. Fo qui fine con dire , che del modesto sapere di lui fanno aperta fede Giuseppe Garpani di chiaris- sima fama , e Ferdinando Malvica. Chi può tace- re , così scriveva il primo , del surgente Agricola che del gran Raffaello ci rimena lo stile ? L' al- tro il pone nel breve numero di coloro che man- tengono dentro e fuori d' Italia V onore del nome italiano.
Belle- Arti 3 1 3
Proverbio antico , piotava muta poesis : ma il sig. Agricola , dietro a' sommi , ha l'arte di far parla- re lo sue figure. A ine non pittore non debbesi fe- de ; ma non può negarsi a quei dotti che ne in- tendono il linguaggio, e che nel far menzione de' ritrat- ti de' quattro poeti classici italiani, inventati e di- pinti da lui , cel dissero sperassimo osservatore sì del gusto antico come della ingentilita natura. E con quanta ragione ciò dissero nel danno a dive- dere tre degli accennati ritratti , che presentamente in Vienna d' Austria a se attraggono il guardo degl' intelligenti , e formano la delizia e 1' amore della sullodata magnanima principessa che glieli aveva or- dinati. Sia primo di età , e non secondo ad alcu- no di merito , Dante avente accanto quella Bice che gli fu tolta iunanzi sera. Dal suo volto tra-;pira quell' ingegno bollente , per cui siede signore dell'altissimo canto. Questo bel dipinto è stato con penna elegante esattamente descritto dal chiariss. sig. Salvatore Betti, dando ad esso per cosi dire un' altra specie di vita , come può vedersi nel tomo XIII p. Ili del giornale arcadico.
Frodar non si deve della debita lode il sig. ab. Melchior Misurini che ha saputo in pochi tratti de- scrivere il quadro , sopra la superfìcie del quale si am- mira effigiato il Petrarca e madonna Laura , sul cui tumulo il sensitivo poeta sino allo estremo dì sparse lacrime e fiori. Il di lui articolo è inserito nel dia- rio di Roma dell* anno 1817 mese di settembre. Il ri- tratto di Laura è copiato da quello in miniatura , esistente su di un codice della Laurenziana in Firenze di mano di Simone Memmi sanese. Questi è quel des- so alla cui memoria consecrò il Petrarca due famosi so- netti e un distico latino, che ancora sussiste a pie di pagina del Virgilio manoscritto in pergamena , che si
3i4 Belle-Arti
conserva nell'Ambrosiana in Milano con dipintura del sullodato dipintore sanese. Un allro di lei ritratto , che vuoisi attribuire allo stesso Simone , possiede S. A. il sig. principe Stanislao Poniatowschi grande favoreggiatore delle arti imitatrici.
Con quel calore che anima le descrizioni li anno ragionato del quadro , su cui sono impresse le im- magini di Lodovico Ariosto e della sua donna Ales- sandra Benucci, i chiarissimi sigg. marchese Luigi Bion- di (*) e cav. Luigi Cardinali versati amendue in ogni maniera di buona letteratura.
Il sullodato sig. Cardinali è di parere che l'Ario- sto desse in luce il Furioso dopo di avere riveduta in Firenze Alessandra Benucci nel i5i3 in maggio. Ciò concorda appieno con la seguente notizia da me trat- ta nell' archivio di governo in Mantova dal libro delle indicazioni degli ordini ducali.- Ariosto Ludovico. De- creto del marchese Francesco Gongaga i5 mag. i5i0 proibitivo di stampare vivente il suddetto l'opera in- titolata Orlando furioso. N. B. , si enunzia nobilissi- mo e dottissimo gentiluomo ferrarese. - È però noto cbe la prima edizione del Furioso venne in luce nel i5 r 5 in Ferrara pe' torchi del Mazzocco. Il ci- tato chirografo è del tenore seguente.
„ Franciscus II Marchio Mantuae.
„ Havendo lo nobilissimo et doctissimo ms. Lu- ,, dovico Ariosto ferrarese famigliar del Rino et Illmo „ cardinale da Este nostro cog. et fratello honoran- „ dissimo novamente fatto imprimer una elegantissima „ opera volgar di battaglia composta per lui intito- ,, lata Orlaudo furioso. Amando noi esso ms. ludo- „ vico singolarmente per le sue rare virtù et per
O Giornale Arcadico , febbraio 1827.
B E L L E-A 11 T I 3 » 5
„ la observantia sua verso noi et per l'honor chene in „ li suoi nobilissimi scritti, disposti sempre a gra- „ tiflcarlo in molto magior cose per la parte nostra „ gli. concederao che in tutto il tempo di sua vita „ niuna persona possa imprimere la soprascripta opera „ ne in la città ne in lo dominio nostro di Man- „ tova et questo acciocché lui più comodamente pos- ,, si far vender gli volumi che a fatto imprimere. „ Comandiamo adunque in virtù dela presente nostra „ a qualunque nostro offitiale cosi in la citta di „ Mantova che nel resto del dominio nostro a cui „ la presente sera mostrata ad instantia del p. ras. Lu- „ dovico faciano observar quanto in essa se ne con- „ tiene prohibendo ad ognuno lo cominciar ad im- „ primere la ditta opera et a perficerla quando che „ 1 havessero incominciata ad imprimere che cosi e „ di nostra volontà et intentione.
„ Dat. Mantuae sub fide nostri majoris sigilli die XXV. MDXVI.
Non è però mio scopo il tener dietro alle edi- zioni anteriori all' anno i53a , ma di produrre una lettera parimenti .inedita da me in detto luogo tra- scritta , che farebbe molto onore al nome di Lo- dovico se men alta di lui sonasse la fama. Eccola.
„ Federico Gonzaga primo duca di Mantova „ al magnifico Ludovico Ariosto. Magri. L. non have- ,, rei potuto havere da voi cosa che mi fosse stata „ più grata di quella che è stato il vostro Orlando „ furioso , che mi avete mandato ristampato di nuovo „ con le additioni che gli havete fate , il quale mi ., è stato gratissimo si perchè leggendolo come farò „ spero trovarvi cose che mi riabbiano a dilettar , ,, si per esser uno de' primi che habbiato dato fuori „ però ve ne ringrazio infinitamente ca dove pos- „ so farvi piacere son sempre per farlo volentieri co-
3*6 Belle-Arti
„ me ricercano le virtù vostre et l'amititia che tetìe- „ te meco benché non vi possa compiacer in la rac- „ comandation fata dal portator del dito libro per „ che ricercava un offitio che già alcuni di havevo dato „ a un mio servitor anticho di casa et benemerito pe- ,, rò vi prego che in questo me habbiate per scu- „ salo tenendo per fermo di havermi sempre paratis- „ simo alli piaceri vostri , et cosi me vi offero.
„ Da Manttia a li XVII octobris MDXXXII.
Non colse egli è vero questo gran poeta il frut- to che a si squisito lavoro convenivasi : non fu pe- rò senza premio , come è slato detto e ridetto senza fine. Da lettera latina di Paolo Manuzio , con data di Venezia i557 primo febbraio , inedita , dal profes- sore Sante Fattori comunicata agli autori del Poli- grafo , viensi a sapere , che il suddetto cardinale donò all' Ariosto una collana d'oro del valore di cinque- cento scudi.
Il ritratto del cantor di Goffredo e di una ma- trona di alto lignaggio, e non anco si e messo in viag- gio. Non è adubitarsi che giunto al suo destino , pareggiando gli altri in vaghezza , non abbia ad es- sere cola lodatissimo. Per dir molto in breve ripe- terò l'elogio che in una canzone fa dell' Agricola Vincenzo Monti d" immortai nome, nel dirgli : Spi- rito gentile, che ravvivi dell' Angelo di Urbino. . . il pennello divino.
P. Luigi Pungileoni Min. Con.
B S L U-All T I
PITTURA A FRESCO.
Pietro Pauletti
A
vendo 1* egregio Paoletti condotti a fine gli al- tri tre quadri , che mancavano a compire il coro della cattedrale di Rieti , ci affrettiamo a pubblica- re anche di questi l'esatta descrizione , che solo di per se stessa significherà, che valente artista sia que- sto giovine , e che nove bellezze abbia per lui acqui- stato l'illustre e antica capitale della Sabina.
Esprime il terzo quadro la presentazione della Vergine al tempio. Nove figure vi son collocate. Sor- ge con maestosa architettura l'edifizio sorretto da gran- diose colonne scannellate ( come si vede ne' fabbri- cati di più sublime decorazione). Lungo una di que- ste si eleva un nugolo sottile di fumo procedente dall' altare de' sagriflcj ( supposto indietro ) , e che fa vaghissimo contrasto coli' azzurro lontano del cie- lo in cui si perde. Presso a questa colouna sta in piedi il sommo sacerdote coli' efod al petto , vesti- to secondo il costume , con maestria di panni e di pieghe ben intese. Ha sul volto arridente e presago la luce della speranza ; muove alquanto elevata e tutta sporgente dal quadro la sinistra verso il cielo, cui chiama in testimonio al grande atto ; stende la destra paternamente alla fanciulla che si presenta. El- la è in piedi con le braccia incrocicchiate al petto , inchinando con soave modestia il volto angelico , e la cara sembianza , in cui nulla traspare d' uma- no, fuorché il pensiero del distacco dai genitori : dal che risulta un misto che li compunge e li tocca di un patetico religioso e sublime. Ed infatti Gioacchi- no , che tiene rivolta la faccia verso il sacerdote a pronunciare la generosa offerta al signore ( in modo
3i8 Belle- Arti
che quasi la parola ne ascolti ) , spinge nel tempo istesso e rincora con beli' atto la figlia ; passionata movenza a cui s'accorda l'atteggiamento di s. An- na , la quale divotamente genuflessa , e ascoltando e annuendo alle parole dello sposo , ed animando la figlia , tien sulle spalle di lei con affettuosa ma- niera la falange delle sue dita per modo, che non saprei , se più l'affretti al generoso distacco , o la richiami , o l'accarezzi , o la conforti in quel tene- ro momento. Dietro a lei in lontananza si veggono tre figure muliebri, una in ginocchio orante di lon- tano ; due ritte in piedi , ed una con un fanciul- lo al petto , che fra loro ragionano tocche di te- nerezza ( per quanto da' lor sembianti appare ) per l'atto generoso della fanciulla , e de' fortunati suoi genitori : dalla parte opposta ed alle spalle del sa- cerdote v'ha un ministro minore del tempio che gli regge la tiara , ed una persona ben disegnata , e con bei panni vestita che viene al tempio recando alcuna offerta , e nel misterioso momento , atteggia- ta anch' ella di presaga maraviglia , s'imbatte.
Nel quarto di questi dipinti siegue l'annunzia- zione della Vergine , soggetto , che sembra non po- tersi dilungare dal tipo ricevuto. In sito men fre- quentato e più adattato a devoto raccoglimento si da luogo al gran mistero. Maestosa e nuda n'è l'ar- chitettura , e come ne' grandi edifici de' primi tem- pi : spaziosa tenda ne forma il compartimento ap- partato , la quale però nulla impedisce che al di sopra si scorga quasi amplissima nicchia ( che di- resti incavata nel masso della parete ) rimpetto a grande apertura , d'onde s'immette la luce del cie- lo aperto. Si presenta l'angiolo bellissimo della per- sona celeste , non già sospeso a volo e quasi fug- gente ( come altri han fatto ) nel recare messaggio
Bell e-A r t i 3i()
di tanto momento , cui la maturità de' secoli e delle speranze de' padri ha condotto al termine prefisso della divina misericordia ; non già come lento mes- saggiero di novella cui si rimanga indifferente , ma co- me nunzio sollecito, o pur sicuro e contento dell' al- tissima novella che reca. Egli è nell' atto , che fìgge appena a terra le divine sue piante , all' aspetto , al volto, al gesto sereno , tranquillo e posalo qual con- viensi alla gioia de'celesti. Le sue ali si tingono deco- lori deli' iride della pace , come usò con fino accor- gimento il Sanzio : colla destra accenna imperiosamen- te il cielo , levando un dito in alto; il suo volto sfa- villa dell' eterna giovinezza ( come Virgilio dipinse il messapgiero di Giove), il suo corpo di luce è cinto d'un panno sottilissimo e quasi aeieo, che nulla cela d 4le belle forme, e che in quella calma dell' univer- so non sembra d'alcuna aura agitato, come nel secen- to si sarebbe avvisato in que' panni , ed in quelle fi- gure sempre tormentate dal vento , qual nella bolgia di Dante. Così Gabriello sotto umane forme, che ten- gono però ben più del divino, presenta il giglio nel- la destra alla donzella santissima ; e tanta riverenza, tanto decaro , tanta ammirazione gì* irradia il volto T gli muove il labbro , che già ti pare intendere YAve, come Dante il dipinse nel X del Purgatorio. La Ver- gine atteggiata d'altissima umiltà, con le mani giunte divotamente al petto , sembra in profonda riflessione raccolta pria di pronunziar l'assenso ammirabile , su cui pende e cielo e terra stupefatta in quel riposo che campeggia nella luce e nel colorito di tutto il qua- dro. Ella è genuflessa , come era in profonda orazio- ne concentrata , senza manto e della semplice tunica ornata ( quale a donzella si convenia ) , che in lie- vissime , ma più consistenti pieghe in paragone dell' angelica veste , posatamente la circonda. Poco distan-
3ìo Belle-Arti
te da lei empie lo spazio per non inutile accessorio ( a distinzione d'altri pittori , che domestici attrezzi , e stoviglie , e stromenti di femmineo lavoro per capric- cio d'arte v'aggiunsero ) un sopporto ben disegnato , su cui si vede un bel vase di freschissimi fiori , qua- si che annunzino già concetto , al proferir della pa- rola desiderata, nel sen di quella vergine il fiore aspettato di Jesse.
Nel quinto quadro rappresentante la Visitazione a me sembra rivedere un quadro poco in Italia co- nosciuto sullo stesso soggetto , e che condotto con amore singolare dal massimo Raffaello , fu da lui dipinto pel suo mecenate Gio. Battista dell' Aquila ( della famiglia Branconi ) , ed a lui donato ; poscia venduto dagli eredi Branconi alla maestà di Carlo III re delle Spagne, ed infine dalla maestà di Ferdinan- do VII donato al duca di V^ ellington. Il Paoletti non ha veduto certamente questo capo lavoro di Raf- faello , di cui pur tacciano molti scrittori della vita del Sanzio : ma taluni ingegni si rincontrano nel pen- siero , e direm quasi s'indovinano fra loro anche a traverso la distanza de' secoli. Tale è la somiglianza che io scorgo nelle figure della Vergine e di s. Eli- sabetta , tanto nelle celesti fisonomie , una piena di dolcezza e di carila , e l'altra di tripudio e di spe- me ; quanto nell' atto del soavissimo amplesso, ne'par- titi delle pieghe del loro manto , nella forza e nella luce de' colori. Vi sono di più in questo quadro le due distinte figure di Giuseppe e di Zaccaria , che gioiscono di vicendevole consolazione, come due ani- me per lungo tempo affannate, e giunte iti porto nell' abbondanza e nel riposo della pace , che prende un lume diverso nel carattere posato dell'età loro matu- ra. In tutti i volti è l'impronta della gioja tranquil- la : ma in quelle balena d'una luce angelica, in que-
Belle-Arti 3ai
sii si compone ad mi soave riflesso. Uà incontro cos'i fortunato in che la grazia previene la natura , che per lei si sublima al prodigio, è circoscritto nell' atrio di una semplice e modesta casa, ove i coniugi santi si veggon discesi ad accogliere gli ospiti portatori dell' altissimo mistero. Fa pur maraviglioso contrasto all' idee sublimi che sorgono a tal vista ( affaticando in certo modo l'acume d'ogni umano intelletto) la sem- plice e pur bella verità de'compartimenti interni del cortile con archivolti e scale , per le quali ascende leggiadramente una donna portante sul capo un vase d'acqua , come al giunger de' viandanti soleasi tosto praticare per la lavanda de' piedi. Un pilastro qua- drato di buona architettura , e che lutto è rilevato dal quadro , ne termina vagamente il prospetto. Col quadro , che rappresenta la purificazione della Ver- gine , compie il Paoletti il suo lavoro. Una tenda ric- ca di belle e scelte pieghe circoscrive il sito ove si compie il mistero. Scorgesi dall' alto da un lato l'ar- chitettura del tempio per molte colonne di semplice e maestosa struttura , quali ai tempi d'Hyram sa- natisi disegnati , e dall' altro un bello archivolto , che offre uno sfondo assai marcato , ed una colon- na di que' marmi , che secondo la descrizione de- gli antichi aver doveano l'apparenza d'una pasta ve- trosa , come le colonne di Menfi. Innanzi alla me- desima vedesi pendente una specie di lampada a più braccioli. Sporge sulla tela il fronte dell' arca nella forma descritta ne' libri santi , e il candelabro , quale il veggiamo espresso ne' monumenti di Tito. Pare che il sacerdote al giungere della Vergine fosse noli' atto di offrire un olocausto : onde è presso ad un'ara che sorge dal lato sinistro. Egli è velato , secon- do la circostanza, d'un candissimo lino da capo a G.A.T.XL. 21
->^2 Belle-Arti
piede con sottoveste , che accenna maestrevolmente 1 movimenti della persona ; tien sulle braccia il fan- ciullo aspettato, il desiderio de' secoli , bello, co- me la natura suol fare di rado , in tanta elegan- za di forme infantili , tranquillamente arridente e con la tenera manina quasi sporta verso il popolo , sia in atto di benedirlo , sia di chiamarlo ad impa- rar da lui mansuetudine ed umiltà. Il sacerdote, cui folta barba scende dal mento , erge in atto di tenera gratitudine le luci al cielo , e tal che ne sembra quasi ascoltare dalle sue labbra parole di benedi- zione e di riconoscimento. A destra s. Giuseppe vestito in rozzi panni , come lo attesta la diver- sità delle pieghe , offre il dono de' poveri in due colombe che sembrano anch' esse sentir l'influsso del gì an momento : ed egli atteggiato tra speranza e stu- pore si sta ... Dietro a lui biondo giovinetto, che fa gradazione piacevole alla canizie del sacerdote , alla matura età di Giuseppe , con .un ginocchio a terra leggiadramente atteggialo , e che modestamente presenta in alcune parti della persona un bel nu- do , tiene un vase assai ben disegnalo , e nel qua- le è forse riposto l'olio per le libazioni sulP ara. , che arder ti sembra di vivacissima fiamma. Due per- sone del carattere raffaellesco, vestite in maniera as- sai semplice e vaga , con fisouomie giovanili assai pronunziate, figurano due servienti al tempio, che, fra loro modestamante favellando , alcuna cosa ar- gomentano del celeste fanciullo , e poco addietro si stanno alla sinistra del sacerdote. La Vergine in- nanzi a lui con un ginocchio a terra , ricoperta di bellissimo manto azzurro , le cui grandiose pieghe fan conoscere men rozzo drappo di quello che in- dossa lo sposo , ha le mani e la faccia divotamente
UELLE-ÀKTI 323
rivolta tra il sacerdote ed il figlio , e par che tutto .siili' angelico volto erri il pensiero presago in quel misto di soave amarezza ( come i greci diceano ) che divinizza il dolore e la gioia.
Cosi il bravo Paoletti ci fa sentire fino all' anima coli' eloquenza de' colori la profonda emozio- ne che egli ha certamente sentita. Non mancheran- no critiche sinistre sul suo lavoro , perche nelle arti del bello tutti giudicano secondo le disposizio- ni de' propri organi: giacche ognun vede e sente a suo grado , né sarebbe possibile indovinare e ser- vire il gusto di tutti. Ebbe Raffaello , ebbe Do- menichino , ha avuti Canova i suoi detrattori. Noi ci appelleremo alla sentenza de' più , nella quale è riposto il giudizio della natura : tanto maggiormen- te , che i suddetti quadri saranno incisi e pubbli- cati in bei contorni dallo stesso sig. Paoletti , che ad imitazione de' Garacci può con egual felicita ri- produrre col bulino , e far di pubblico diritto i suoi dipinti. Ciò basterà a far distinguere qual sia in essi unita di composizione , purità di disegno , espressione e dignità nelle figure , elegante ordine negli scorci , avvedutezza e maestà nel partito dei panni e delle pieghe. In fine ognuno potrà rilevare co' propri occhi quanto merito sia nel colorito per certo tuono , per certo riposo , per una tal forza che prossimo ci annunzia , per opera del sig. Pao- letti , il ritorno di quel genere nobilissimo di pit- tura , di storia , e d'ogni maniera , denominato a buon fresco , che tanto piacque a Raffaello ed agli altri sommi, i quali ne arricchirono il Vaticano, dove tentò di richiamarlo in tempi, che per altro genere dir si potrebbero antichi, l'immortale pontefice Pio VII protettore insigne delle belle arti. Così dalla nie-
22*
334 B E L L E- A. il T I
daglia coniata dai Grechetto argomentava Michelan- gelo la vicina perfezione delle arti : e noi vorrem- mo con pari auspicj ( benché distanti per lunghis- simo intervallo da quel sommo ) vaticinar lo stesso delle pitture dell' egregio Paoletti , a cui ne rendia- mo giusto tributo di lode.
A. M. R.
3a5
VARIETÀ'
Canzone di Gabriele Chìabrera in lode di Urbano f'IU^ tratta da un mss. originale ed ora la prima volta pubblicata per le stampe con brevi annotazioni , nella fausta occorrenza della promozione al cardinalato di S. R. C. di Sua EiTia reverendissima il sig. card, benedetto Barberini , da Luigi Maria Rezzi consul- tore delle SS. CC. de"" riti e dell' ìndice de"1 libri proi- biti , professore di eloquenza latina e italiana e storia romana nella università di Roma , e bibliotecario della. Barberiniana. L\.° Roma presso Vincenzo Poggioli 1828. ( Sono pao. XV. )
V/uesta bella canzone del principi' rie* nostri lirici fu scrit- ta al sommo pontefice Urbano Vili nel!* anno ifv>9 , sic- come crede il chiarissimo sig. prof. Rezzi : nel qua l an- no ( son sue parole l e sì celebrarono le nozze, di D. Tad- deo Barberini con D. Anna Colonna , e per lo trat- tato di Susa fu tolto V assedio di Casale ]>osto sul Po , cessò la guerra, tra Francia e Savoia , ed apparve spe- ranza che i principi d Italia , di Spagna , di Francie e d1 Allemagna. potessero indursi a posare pacificamente le armi ', impugnate j>er la contraddetta successione de' Goti- zaghi ai ducati di Mantova e del Monferrato. Nel che crasi adoperato e adoperatasi tuttavìa lo zelo paterno e rav\'edimento d'Urbano Vili per opera de' suoi le- gali , e massime di quel destrissimo Giulio Mazza/ini ,
3u6 Varietà'
il (/itale s'aperse indivia a salire tant' alto , da diven- tare , non molti anni dappoi , cardinale e poco meno che supremo disponitore della Francia.
Noi qui la riferiremo intera : perciocché preziose e classiche sono sempre le poesie di quel gran concorrente di Pindaro : intorno al quale, se talora non ci facesse paura qualche ardir del secento, per poco non ripeteremmo ciò che il cardinale Pallavicino diceva a Stefano Pignatelli: Che pei- iicorgere se uno ha buon ingegno , bisogna veder se gli piace il Chiabrera. Tralasceremo però in parte le note , comechè eruditissime , delle quali l'illustre bibliotecario barberiniano con molta sagaeità d'ingegno ed eleganza di stile ha stimato bene qua e là di adornarla.
CANZONE.
Al cheto suon de la soave fonte ,
Che '1 Qnirinal riversa
Disfidando di Tempe ogni rivera ;
Ovver del Vatican sul verde monte ,
11 cui fresco ricrea
Gli acerbi ardor de l'erigouia fera ,
Per qual dolce disio
Fia commosso , cantando , oggi il cor mio ? Altra certo con me non è vaghezza ,
Salvo tesser ghirlanda
Di non caduche rose a'ior pastori ;
Ma solo a quei che d'iimnorlal ricchezza
Crebber l'inclita sposa (i)
A ciò fra noi più forte ella s'adori :
Che qualunque possanza
S'estolle , ove per oro ella s'avanza.
(i) L<i santa Chiesa
V À n 1 E T a' 3.T
Or, bella Urania, che ne l'aureo lume
Del fiammeggiante Olimpo
Hai fra l'alme sorelle alta corona,
Deh con celerà d'or spiega le piume ;
E fervida discendi
A dirne il grande de l'umil Savona (i).
Egli altero e sublime
Tra' nostri canti aggia le glorie prime. Lieta Perugia il costui nome impenna ,
Perchè lungi da Stige
Sorvoli, oltra salendo , in bel sereno;
Né men lieta di lei gode Piavenna ;
E par che per Bologna
Sì chiara alma tacer non possa il Reno ;
Né che obbliar seri debbia ,
Singrata esser non ama, e Parma e Trebbia. Al sacro regno ascese indi Clemente (■>), Quasi aerea cipresso (5)
(i) Giulio II, primh Giuliano della Rovere , nato non in Savona , ma in Albizola , piccola industre terra vicina a quella città. Fu ponte/ice d'alti pensieri e d'ani- mo grande , il quale e co' trattati e colle armi da lui condotte seppe ricoverare allo stato della chiesa gran parte della Romagna , e le ricche e popolate città di Perugia , di Bologna , di Parma e di Piacenza. {L'editore)
(a) Clemente Vili , prima Ippolito Aldobrandini , di fiorentina origine , ma nato in Fano : il quale , ve- nuta meno per la morte di Alfonso li , la. discenden- za legittima degli Estensi , ricongiunse e incorporò al dominio pontificio la città e il ducalo di Ferrala. ( Il medesimo )
(3) Aerea cipresso, di genere femminile alla latina , unico esempio usato da classico autore , se la memoria
3*8 Varietà'
Che di Sion sul monte alza le chiome :
A cosa di quaggiù non pose mente ,
Ma giunse al santo impero
La città che dal ferro oggi si noma;
Né le belle orme invano ,
O fra noi grande, rimirasti , Urbano (i); Anzi movesti , e per sì bel cammino
Sterpo non fu né bronco
Presuntuoso ad arrestarti il piede;
Onde vedrassi di buon grado Urbino
Tributario piegarsi
A lo splendor de la romana sedr ,
E stimarsi beato ,
Dando baci dimessi al pie sacrato. Così virtute , a vilipendersi usa ,
Per la tua man raccolta ,
Alza la fronte e fa vedersi altiera.
Deh che tentiamo ? E dove sferzi , o musa ?
Correr d'Urbano i merli ,
Se dritto guardi , 'é troppo gran carriera:
Verranuo i destrier meno :
Bionda Talia , togli lor tosto il freno.
non e inganni (Nota comunicataci posteiùormente all' edi- zione dallo stesso eli. Piezzi. )
(i ) Urbano FUI, prima Mejfeo Barberini, nato in Firenze , il quale battendo le orme .segnate da Giu- lio li e da Clemeute Vili , suoi antecessori : e ver- gendo che andava a spegnersi per difetto di prole la famiglia dei duchi d? Urbino ; provvide fin dal princi- pio del suo pontificato , e con sagace accorgimento ot- tenne , che quella signoria venisse per amichevole trat- tato restituita alla chiesa , anche avanti alla morte dell' ultimo duca Francesco II della Rovere. (Il medesimo)
Varietà' 3?.t)
Ma se dir giuste lodi anco t'invogli
A l'adorato nome ,
Su l'auree corde fa l'amabil arte ;
Racconta lungo il Po gli aspri cordogli ,
Mentre da la rapina
Dianzi il trascorse accompagnato Marte;
E , scacciando le cetre ,
in regno ivi poneva archi e faretre. Quinci spargeano scapigliate spose
Ognor vedovi gridi ,
Battendo i petti e lacerando i visi t
E canutezze si vedean , dogliose
Dietro funesta bara ,
Dar l'ultimo saluto ai figli ancisi,
E fra miseri pianti
A brun vestirsi abbandonati infanti. Ahi lassi ! ahi lassi noi ! ciascun dicea ;
Onde chiamare aita ?
Da qual parte conforto ornai sì spera ?
Ma quando più dolente altri piangea ,
Rettor sommo del Tebro ,
Pesti co' grandi altissima preghiera ;
E con l'antico stile
Ecco al nostro anno ti ci rendi aprile. Qual vien manco gioir nei nostri cori ?
I seminati solchi ,
Nemica del diginn , Cerere indora ;
E , posti in bando i condannati amori ,
Disiato Imeneo ,
Schermendone da' guai , l'alme innamora ,
E seco Atropo impara
A. non del caro stame esserne avara. E ben dunque ragion , che per tuoi pregi
Unque non taccia lira
Maestra di dolcissima armonia.
33o Varietà'
Or mentre cigni d'Elicona egregi Sciolgono aeree voci , Nov' arte apprende di cantar la mia; E se rassembro lento , Colosso non s'innalza in un momento.
S. B.
11 sig. Federico Quillier francese mise alle stampe, non ha molto tempo , un' opera col titolo : Le arti italiane in lspagna ; della quale la pontificia accademia di s. Luca accettò di buon grado la dedica , ed il giornale arcadi- co pur di buon grado fece l'elogio. Ora il sig. don Gioac- chino Mugnoz ci fa saper da Firenze , essere quelF ope- ra un intero plagio di un' altra opera spagnuola del chia- rissimo Bermudez , pubblicata in Madrid per cura della reale accademia di s. Ferdinando nel 1800 col titolo : Dizionario istorico de1 più illustri professori di belle arti in lspagna. Noi non entreremo giudici in si dilicata qui- stione fra i signori Quillier e Mugnoz, che ugualmente pregia- mo: benché assai gravi ed importanti ci sembrino forse gli ar- gomenti che dal secondo ci sono recati ; e solo diremo , clic non essendo il libro del Bermudez conosciuto aueora in Ita- lia, non dee farsi accusa all' accadamia di s. Luca se ha cor- tesemente accettato la dedica di quella del sig- Quillier, la quale trattando di cose italiane doveva esserle molto cara ; e neppure deve accusarsi il collaboratore del giornale ar- cadico , se non pensando all' ignoto libro di esso Bermu- dez , lodò un' opera , di chiunque ella siasi , piena di bel- le notizie per le arti nostre, e, quel eh' è più , col no- me dell' accademia di s. Luca in fronte. Dovevamo que ste parole sincere non pure al prelodato sig. Mugnoz , ma eziandio alla eulta nazione spagnuola , la quale non
Varietà' 33 r
crede il giornale arcadico d'avere minimamente offesa nell' articolo sull' opera stampata dal sig. Quillier.
Esame della questione: Se i latini avessero veri poeti im- provvisatori . Lezione del marchese Cesare Lucchesi ni detta ai »5 di dicembre 1827 ( nella R. accademia luc- chese ) . 8.° Lucca presso Francesco Bertini i8a8. ( So- no carte 3o. )
Il sig. Raoul-Rochette, dell' instituto di Francia, nella sue Rscherclies sur l'improvisation poetique chez les 10- mains , ha preteso provare che Roma ed il Lazio in tutti i tempi , fino da'principii di Romolo , ehbe poeti improv- visatori. La qual sentenza , non del tutto nuova ne' let- terati di là dall' alpe , ha trovato subito un oppositore gravissimo nel marchese Cesare Lucchesini : il quale po- nendo acutamente ad esame tutte le testimonianze degli antichi scrittori qua e là recate, e talvolta a suo modo, dal francese accademico, ha con piena evidenza mostrato, che il pregio del poetare improvviso è tutto ed esclusivamen- te proprio di chi parla il nuovo latino , cioè a dire la lingua italiana : se egli è vero , com* è verissimo , che improvvisatore , secondo il prelodato sig. Lucchesini , è colui che sopra determinati argomenti , scelti da altri , dice parecchi versi alV improvviso , cioè senz' esser pri- ma apparecchiato , ne aver tempo da pensarvi , se non quanto basti per raccoglier la mente.
Qual tesoro dì giudizio e d' erudizione in uno scrit- to di sì piccola mole ! E sì che niuno quind'inuanzi pre- tenderà più concedere gratuitamente agli antichi, già ric- chi di tante glorie , un merito che non ebbero : quello cioè di dire all'improvviso i lor versi.
S. B.
33a Varietà'
Elogio di Giuseppe Calandre Hi matematico ed astrono- mo , dettato da Melchiorre Missirini. 8." Roma, tipo- grafia virgiliana 1828. ( Sono carte a3. )
T '
JLi elogio del prof. Calandrelli da doversi recitare in Ar- cadia si sta ora scrivendo con grande amore dal cele- bre sig. principe D. Pietro Odescalchi : e i nostri as- sociati lo leggeranno a suo tempo distesamente iu que- sto giornale . Giovi intanto annunciar questo , che il sig. ab. Melchior Missirini disse all'accademia de'tiberini. Mai non si lodano abbastanza gli uomini dotti e dabbene : e dotto veramente e dabbene fu il Calandrelli , e de- gnissimo d" esser dato in esempio a tutti coloro che cor- rer vogliono la carriera delle lettere. Il sig. Missirini ha con molta erudizione ed eziandio con affetto discorse le opere e la vita del chiarissimo matematico : e noi ^li da- remmo qui una lode anche maggiore , s'egli si fosse aste- nuto dell' usare parecchie frasi e parole , che tengono del- lo strano e dell" affettato piuttosto che della semplicità e leggiadria del buono scrivere italico.
Il libretto è intitolato ad uno de' più illustri prelati che per senno e per virtù onorino presentemente la roma- na magistratura , a monsig. Pietro Marini uditore della sacra rota.
E. P.
Della natura degli dei , libri tre di Marco Tullio Cice- rone , volgarizzati da Teresa Carniani Malvezzi. 8° Bologna 182H presso Riccardo Masi. (Un voi. di pag. ijo)
M
-i-Tlancava ali italiana letteratura un volgarizzamento di questo eccellente trattato : ed eccolo da quella stessa pen-
V x n i e t a' 333
na , che ci diede ultimamente tradotta la repubblica di Cicerone. Tal nuovo lavoro è ben degno del nome ce- lebre della sig. contessa Malvezzi : imperocché veramen- te d'oro n'è la favella , numeroso n'è il periodo , e un incom parabil giudizio vi si ravvisa nell' adottare qua e là le varianti lezioni , che di questo difficilissimo libro abbondano in tutti i codici. Il che ben mostra di quale acume sia dotato 1' ingegno della chiarissima donna , e qual pratica altresì ella abbia di tutte le più astruse dot- trine che toccano la Glosofia degli antichi. Certo ITtalia e le lettere di questa egregia opera sommamente la rin- grazieranno.
Il libro , ornato pure di una dottissima prefazione, è dedicato dalla sig. Malvezzi all' insigne amico suo , e generoso emulo nel volgarizzamento della repubblica di Cicerone , sig. principe D. Pietro Odescalchi.
S. B.
Chefs d'oeuvre du thbatre indiai , traduit de l'originai sanscrit en avglais par M. H. II. Wilson secretaire de la societè asiatique du Bengale ec. , et de Uanglais en francais par M. A. Langlois memore de la societè asiatique de Paris ec. - Paris 1828, Dondey - Duprè pere et fds ; a. voi. in 8.° de LXXF1I ', 776 e 4§o pages.
X anto diversi sono i nostri costumi , le nostre idee re- ligiose , gli ordini nostri sociali da quelli de' popoli delle Indie , che possiamo quasi esser certi non dover questi drammi riescire all'Europa se non di semplice curiosità let-
334 V A R 1 ii T A*
teraria. Noi non ne abbiamo ancor cognizione , se non in quanto ne parla la Revue Encyclopcdique del mese di novembre p. 485, 48*\ Il loro stile , come ben può suppor- si, è affatto romantico, cioè gonfio, esagerato, strano, e fuor di tutta natura : imperocché disse spiritosamente Voltaire : En general le bon goùt ria gite re èie le partage des orientaux : leurs ouvrages ressemblent aux titrcs de leurs souverains , dans lesqnels il est som>ent question du so- ldi et de la lune (*). Gli atti sono quattro , cinque , set- te , e talor dieci : nondimeno le unità di tempo e di luogo vi si scorgono, in generale, fedelmente osservate: tanto sono elle sembrate sempre in tutte le età e in tutti i paesi del mondo necessarissime, solo che non si rifiuti il puro lume della ragione,
E. P.
Nella Biblioteca Italiana , fascicolo di agosto 1827 è riportata questa iscrizione.
C . IVLIO
INGENVO
C . I
TRIB . LEG . III. ITAL
TIB . CL . VICTOR . VE
INFANTI . BENIG
PLVRA . DE . SE
MERENTI
(*) Essai des moeurs ec. tom. IF cap. 82.
V A 11 1 E T A.' 335
Z' interpretazione die ivi le si dà è la seguente :
CAIO . IVLfO
INGENVO
CLARISSIMO . IVVENI
TRIBVNO . LEGIONIS . Ili . ITALICAE
TlBERf VS.GL A VDIVS. VICTOR. VIR.EGREGIVS
INFANTI . BENIGNO
PLVRA . DE . SE . MERENTI
v/uest' epigrafe , del genere delle onorarie , non è del buon secolo , ma ci pare certamente anteriore ai tempi de'Gor- dìani , non essendo aggiunto alla terza legione italica il (itolo di - Fìdelis - di cui quelli le furono cortesi. Se non che la interpi'etazione , che le ha data il eh. sig. dott. La- bus ( e questo intendiamo dire con tutto quel rispetto 7 che si addice a tanto nome) non ci pare legittima. E abbiamo detto - non ci pare - dacché siamo lontani dall' essere certi di aver noi sciolto il nodo , e ne trattiamo solo per avviso. Oltre a che non esiste , per quanto è a nostra cognizione, alcuna autorità di classico latino per cui apparisca che promiscuamente fossero state usate le parole - Infans - e - Juvenis , per denotare una stessa età. L'ingenuo e l'infanti , aggiùnti di Caio lidio, non sola- mente fan supporre , ma ne rendono sicuri , che qui si tratti di fanciullo : dal che viene , che non può conve- nirgli il Clarissimo Inverti ( e meno il grado di tribuno ) appiccatogli dalla interpretazione data alle, lettere G. I. Senza che vi ha altra ragione per cui non vuoisi credere che queste due lettere rechino il - Clarissimo luveni - , ed
33G Varietà'
è che nelle antiche epigrafi W-luvenis - non mai col solo / ma è sempre scritto con le tre prime lettere di questo nome.
E procediamo. 11 fanciullo, a cui è intitolata quella iscri- zione, doveva essere in alcun modo distinto da ogni altro, che avesse potuto avere lo stesso nome e prenome. Que- sto è quello che dobbiamo cercare se siasi fatto nella due lettere G. I. Il padre del ragazzo , fatto di recente libero , doveva essere uomo oscuro. Voleasi dunque dal nome del patrono farlo conoscere , da quello che aveva messo in libertà il padre , da quello presso il quale egli dimorava in qualità d' ingenuo , da quello finalmente che aveagli costituito il nome di famiglia. E questi dove- va essere un Caius Julius , il quale appunto negli antichi monumenti non altrimenti si sarebbe scritto , che con 1» lettere G« I : e tanto più Caius Iulius, quanto che V Ingenuo, che il nome suo ebbe da lui , è Caius Julius : e così non l'Ingenuo , ma questo suo patrono è il tribuno della ter- za legione italiana.
Sonerebbe pertanto fin qui 1' iscrizione - Caio-Iu- lio-Ingenuo-Cai - lulii • tribuni -legionis -tertiae - italicae . Ora chi è che pone quest' epigrafe ? E Tiberius Claudius Victor. Ma egli al certo , parlando di se, non si avvisò di chiamarsi Vir egregius , come vorrebbe l'interpretazione data alle lettere VE , e non fece ; che altrimenti queste due lettere , nello stile delle iscrizioni , sarebbero disgiunte da un punto t non unite come sono : ed unite esseudo , e l'iscrizione essendo posta in onore di un ingenuo di un tribuno di legione , e però da persona addetta a questo tribuno , e per abbreviazione nelle antiche lapidi ri- trovandosi scritto Veteranus colle due lettere VE ; ne par chiaro essere stato un veterano quell' epigrafista , e cosi doversi leggere - Tiberius . Claudius. Victor. Ve- teranus.
Varietà' 337
Ma come questo fanciullo , che nella iscrizione è detto Infante, potè così infante rendersi benemerito di questo vete- rnno ? Se questo vocabolo potesse suonare il - Sordo mu- to - potremmo forse senza difficoltà solvere la questione. Ma pur troviamo che anche - infante -potè giovargli. Amo- revole il veterano di questo fanciullo , prestandogli la sua opera, la sua cura ( come pur ora vediamo fare da' gre- garj ai Ggli de* lor capi), potè egli aver perciò ricevuto dal tribuno e rimunerazioni e grazie , e gradi e favori spe- ciali : ed egli di tali cose riconoscersi appunto bebitoro verso l'infante , siccome quegli la cui mercè gli era venuto fatto di ottenerle. E pare anche averle ottenute cogli uf- fizj del fanciullo medesimo , il quale intanto fosse detto infante, in quanto che non avesse anche valicato il 7 an- no , nel quale , siccome c'insegna Ulpiano Dig. 26. 7. r, terminava quella età dell' uomo , che dagli antichi era det- ta - infantia.
Io leggo pertanto.
GAIO . IVLIO
INGENVO
CAII . IVLII
TRIBVNI . LEGIONIS . Ili . ITALIGAE
TIBERIVS . CLAVDI VS . VICTOR . VETERAN VS
INFANTI . BENIGNO
PLVRA . DE . SE
MERENTI
Biagio Stulli.
G.A.T.XL. aa
338 Varie t a.'
Alla figlia della sig. duchessa Lomellini Litta era stata regalata nella villeggiatura del conte Lomellini una gabbietta con un passero. Fuggì il passero , ed alla do- lente bambina così rivolse improvviso il canto il cele- bre professore Gagliuffi.
JT lebat parva Nice , suaeque raatri
Monstrabat caveam , unde passer , eheu ! Dura secura fero propinat escarn , Oblata subitus fuga evolarat. Cui raater placide: Tibi id molestum estf At gaudet profugus suam repente , Cui raptus fuerat , videre matrem. Quid tu , cara Nice , mihi dolenti Si qui* te raperet , quid ipsa velles ? Risit parva Nice , immemorque damni Materno gremio tcnax adhaeret t Maternis cupit osculis beari.
TRADUZIONE
Piangea la bambola Nice vrzosa ; E all' amorosa Madre segnava il carcere, Dove il passere all' esca richiamato Dallo mal chiuso ostel s'era involato. Ne' detti affabile
La madre allora :
So , che t*accoi;a Vederlo errar per l'aere ;
Ma pure ei gode in riveder colei ,
Cui desso è caro , come a me tu sei.
V a a 1 E T A' 33()
Da mano barbara
Tolto al suo nido ,
Materno grido
Fa eh' egli il volo acceleri.
Eli ! tu , se fosti a me rapita , 0 Nice ,
Che faresti per me madre infelice ? Rise; ed immemore
Del largo pianto ,
Le gote accanto
Del sen materno appoggia ,
Aspettando da lei , che de' suoi duoli
Qualche bacio gentil più la consoli.
Cohte Alessandro Sclopis di Salerano
Cenni intorno alla vita ed alle opere del cav. Vincen- zo Monti , scritti da Giovanni Antonio Maggi. 8." Mi- lano presso Antonio Fortunato Stella e figli i8a3. (So- no cart. 32. )
Al Maggi fiorì molto , come ognun sa, nell' amicizia del Monti : il quale , preso alla rara dottrina e cortesia di lui, se lo aggiunse compagno negli ultimi lavori intorno al Convito di Dante ed alla Proposta. Sicché questi Cen- ni , venutici da tal uomo , vogliono aversi per preziosis- simi. Altre notizie, non meno importanti sulla vita del gran poeta , abbiamo pur lette nella Biblioteca Italiana , scrit- te , come chiaramente mostra il nobile e leggiadro sti- le , dall'illustre sig. Zaiotti : ed altre pure nell'Antolo- gia di Firenze, segnate con le lettere K. Y. Z. Non resta ora, se non che il Giordani , il Coita , il Biondi , il Niccolini , il Botta , ne* quali principalmente vive oggidì l'italiana elo- quenza , scrivano per comune specchio la vita di un
22+
34<5 V A. R I E T A'
uomo , che onorò tanto l'Italia , le lettere , e 1' umano ingegno.
E qui , poiché me ne cade il destro , giovimi l'av- vertire uno sbaglio in che io sono incorso nella breve necrologia del Monti , la quale pubblicai nell' antecedente volume : sbaglio , di cui tanto più mi accuso , quanto che me ne viene l'avviso da una dama , che io som- mamente e giustamente venero per le alte sue doti della mente e del cuore , cioè dalla signora marchesa Ginevra Canonici Facilini di Ferrara. Lo sbaglio è d'aver detto che Vincenzo Monti , nato alle Alionsine , fu ravignano anziché ferrarese : quando è certo ( così mi scrive la chia- rissima donna ) che le Alfonsitie , dov ebbe i natali il Monti , erano sottoposte a doppio reggimento , siccome lo è oggi la villa di Casumaro : ed il Monti venne alla luce in una casa sottoposta alla provincia ferrarese : il Monti si tenne sempre ferrarese : il Monti si dichia- rò sempre ferrarese. E perchè si vorrà contraddirlo , offendendo nel più vivo dell' anima gli amati suoi con- cittadini , a gran diritto fastosi di poterlo annoverare fra loro ? lo me ne appello all' animo vostro , a chiun- que me ne appello che abbia vero amore di patria. Betti mio , l'errore non è vostro : abbiate il generoso orgo- glio di emendarlo pubblicamente , dandone la colpa a chi è di ragione. Ma io non ne darò colpa a nessuno : bastandomi solo il dire , che non fu giammai mio pen- siero il togliere a veruna città o provincia le glorie che lor si convengono.
S. Betti.
Varietà.' 3;{i
Sonetto di Urbano Lampredi alla gentilissima donzella
Irene Ricciardi , che lo invita ad assidersi
per fargli il ritratto.
N
o , non saria questo mio volto deguo Del tuo pennello industre , o bella Irene ; Ma il tuo desio far pago or si conviene Perchè più splenda il tuo felice ingegno.
A te dotta nel canto e nel disegno E in rime d'ogni leggiadria ripiene Preparar liete l'itale camene Triplice serto nel castalio regno.
Oh potess* io del par con carmi eletti
Pingere un culto spirto e un nobil core , Quel sacro all'arti, e questo ai dolci affetti!
Giunse il cantor di Laura all' alta meta ; Ed io subietto avrei d'ugual valore 7 Ma non lo stile del divin poeta.
Volgarizzamento del trattato della coscienza di s. Ber' nardo ; testo di lingua delV aureo secolo , tratto la pri- ma volta da ottimi mss . - Verona presso Giuseppe Bos- si i8a8. ( Un voi. di cart. Vili , igi. )
V^Juest* operetta , che s. Bernardo intitolò De interiori domo sive de conscientia , è tradotta da scrittore ano- nimo colla lingua più gentile e soave del bel trecen- to : talché può veramente dirsi oro in oro. Gli accade- mici della crusca ne trasser voci pel loro vocabolario ,
342 Varietà'
giovandosi di un testo a penna che fu di monsig. Pie- tro Dini. // che mi fa credere ( dice il eh. editore sig. al). Paolo Zanotti ) , che la vecchia stampa di Bologna pel Rubiera senz anno , rammentata dall' Haim , contenente questo trattato in volgare , o sia altro volgarizzamen- to , ovvero se è questo , che debba essere molto maltrat - tato e guasto , quali esser óogliano le stampe di que' tem- pi; poiché gli accademici non ne hanno fatto alcun conto. Il testo del Dini non si ritrova più : ed intanto il sig. Za- notti si è servito per questa diligentissima stampa di due antichi codici, l'uno copiato da lui in non so qual luo- go , l'altro della ricca libreria Gianfilippi di Verona.
S. B.
Dell' acquedotto e della fontana maggiore di Perugia , onnta delle sculture di Niccola e Giovanni Pisani e di -Inzolfo fiorentino , ragionamento accademico con no- te , illustrazioni ed un appendice di documento inedi- ti ec. di Gio. Battista Vermigliali. 4." Perugia, tipo- grafia di Francesco Baduel 1827. (Sono pag. 62.)
Hi un ragionamento pieno tutto di notizie d'arti e d'ar- tisti , il quale onora del pari e la gentile Perugia e il ce- lebre Vermiglioli, che non lascia niuu bel monumento della sua patria , com' è veramente questa splendidissima fonte maggiore , senza il pregio delle sue dotti illustrazioni.
S. B.
Variòta* 343
Per Lodovico ÌJpparini pittore bolognese , stanze del dott. Ignazio Barzaghi. Seconda edizione con aggiunte dell' autore. 4-° Bologna, tipografìa di Emidio dell' Olmo 1828. (Sono pag. 14.)
Ì3i è colla debita lode parlato altra volta del sig. Bor- zaglii nel nostro giornale. Ora di queste stanze non diremo altro , se non eh' elle pienamente confermano quel nostro favorevol giudizio : ed una prova ne sia la descrizione del quadro del combattimento degli Orazi e de' Curiazi dipinto dal Lipparini.
Ve' qui di Roma i tre forti germani ,
A cui traluce da l'acceso sguardo
L'impaziente ardor di por le mani
Su i nemici fratelli , e lor pir tardo
Di render fede a'suoi , non che agli albani ,
Come si prostri il fior d'ogni gagliardo ,
Quando per lor si deano far sicuri
Gli alti destin di Roma e de' futuri. Vien seco (*) il padre , e in vista aggiunge sprone
Con magnanimi accenti a l'alta impresa ,
Come dicesse : In voi la patria pone
Ogni speme, ogni vanto, ogni difesa.
Ite, o figli, e mostrate al paragone
Che il forte in suo valor non teme offesa ,
E innanzi a l'ara, ove Quirino ha gloria,
Giurate di voler morte o vittoria. Son dardo e fiamma i detti ai generosi t
A cui l'indugio è pena più che morte.
(*) Non sappiamo se tutti potranno approvar qui que- sto seco invece di con essoloro.
344 Varietà'
Già stan col ferro in alto , e baldanzosi Quasi gli odi gridar : Vittoria o morte. Come lion magnanimi e sdegnosi , Da' torvi occhi spirando e strage e morte , Rugghian , scuotono i velli e spiegan l'ugna , Se belva di gran cor gli sfida a pugna.
Quinci la madre in atto di dolente ,
Giunte le palme , e le ginocchia inchine , Manda dall' imo cor prece fervente Che la pugna temuta esca a buon fine. Gradivo invoca , e lui che primamente Fondò le eccelse rocche tiberine (*) ; Che s'ei die vita e nome a tanto impero , Serbi l'onor de la sua gente intero.
Presso, in pie stante e il guardo in se raccolto , De' guerrier valorosi è la sorella ; Qual chi smarrito e in gran dubbiezza avvolto E manco di consiglio e di favella. in essa è il fior di giovinezza accolto , Via diffusa ha di duol la guancia bella : Mille affetti le danno acerba guerra , E per mille pensier si sparge ed erra.
Qual cor , meschina , è in te \ qual sentimento ! E Curiazio il tuo amor : se i fratelli hanno Di lui vittoria , e eh' ei rimanga spento , Come durar potrai sì crudo affanno ? Se fortuna è lor contra nel cimento , Scorno t'avanza e disperato danno. Sorella , amante , cittadina , figlia , Infelice che far ! chi ti consiglia !
(*) E fors" anche pochi approveranno queste rocche del Tevere , invece di rocche di Roma.
Varietà' 3{'
Sì ferocia ed ardir , sdegno ed onore , Maternale pietà , tema , speranza , Incertezza affannosa , aspro dolore Si paiono a ciascun ne la sembianza. Tanto può l'arte nel suo dolce errore , Ch' ogni favella immaginando avanza , E spira audacemente ai muti obbietti Col forte colorar voce ed affetti !
Collezione di poesie sacre per la maggior parte inedita di rinomati autori. 8." Roma presso Vincenzo Poggio- li 1828. (Un voi. di pag. 254. )
Oi vuole dar lode all' egregio sig. conte Luigi Easpi di Ferrara , perchè abbia in un sol volume riunite queste poesie sacre , le quali in parte erano inedite , in parte andavano qua e là disperse in piccole raccolte ed in fo- gli volanti. Noi diremmo cosa non vera annunciandole per tutt' oro : no , v'è ancora di molto orpello , e fors' anche alcun poco di scoria. Ma un libro di rime è -ià da se stesso bastantemente raccomandalo ad ogni buono italia- no quando vi si trovino , siccome in questo , i nomi del Monti, del Perticari, del Costa, del Biondi , del Mar- chetti , del Bagnoli , del Tambroni , del Santucci , del Vit- torelli , del Salvagnoli , del Muzzarelli , dell' Antinori , del Ricci, del Zappi , del Pepoli , della Orfei e di tali altri che vanno giustamente lodati fra noi sia come maestri , sia come valorosi seguitatori de' maestri della nostra poesia.
346 Varietà'
Parafrasi del salmo Coeli enarrant gloiiam dei, e dei set- te penitenziali. 8." Napoli , tipografia nella Pietà de' tur- chini , 1828. ( Sono pag. 5i , col tato latino a fronte. )
JL/i questo bel saggio di sacra poesia non sapremmo di- scorrere meglio , che ha fatto il sig. abate Urbano Lam- predi in una lettera a S. E. il sig. principe D. Pietro Ode- scalchi nostro amatissimo direttore. Non dispiacerà certo al celebre e cortese letterato toscano t che noi qui la re- chiamo a giovarne e a dilettarne i lettori di questo gior- nale.
„ Eccellenza. ,, Io non dubito , stimatissimo signor D. Pietro , che ,, ella non sia per sapermi buon grado dell' averle io in- „ viato con questa mia lettera la traduzione in versi li- „ rici italiani de* sette salmi detti Penitenziali , cui è „ premessa pur quella del bellissimo inno Coeli enarrant. ,, Il modesto autore non ha voluto apporvi il suo nome. „ Quando ella però fosse vago di saperlo , le dirò in con- „ fidenza esser egli il sig. cav. D. Giuseppe de-Thoma- „ sis , noto a tutti i suoi compatrioti non già sotto l'aspetto „ 0 fama di poeta , ma di solerte ed illuminato ammi- „ nistratore , di profondo giurisperito , e d'integerrimo ma- „ gistrato. Egli appella tenue questo suo lavoro intrapre- „ so per procurargli una qualche gradevole distrazione „ in mezzo agi' incomodi che circonvengono pur troppo ,, l'età che si avanza, e per un altro ancor più sacro „ motivo eh' egli adduce nella sua breve prefazione (*).
(*) Quello cioè ( dice il sig. cai'. De-Thomasis ) di lasciare una memoria di me alla mia dilettissima mo- glie che lo ha voluto , e cui lo consacro come monumen- to del mio amore e della mia stima. (Nota del compii.)
V a a i e l i.' S47
„ Ancor noi , quanto almeno alla mole , diremo tenue ,, il suo lavoro, ma non tenue la gloria che a lui ne de- „ riva, se si abbia riguardo al grado di perfezione, a cui „ mi sembra che sia giunto quanto allo stile in ciò che „ s'appartiene al colorito de* pensieri e delle sentenze „ davidiche , e alla poetica dizione italiana. Sono parec- „ chi anni che si grida da per tutto doversi ritornare la „ lingua alle primitive e naturali sue forme , viziate e cor- „ rotte per diverse cause dalle straniere. A questo sco- „ pò si vanno disotterrando e pubblicando scritture in ,1 prosa e in verso di trecentisti , quattrocentisti ec. , che ,, si propongono per modelli alla studiosa gioventù. Lode- „ vole certamente ne è il divisamento : ma in questo ea- „ so specialmente può ripetersi la notissima sentenza del ,, buon venosino : In vìtium ducit ; e 1* altro ancora : „ Dum vitant stiliti vitia. Questo scoglio , in cui molti van- „ no ad urtare , parmi che sia stato evitato maestrevol- „ mente dal sig. De-Tliomasis , e che il suo stile sia chia- ,, ro , limpido, e naturale, senza cader mai in bassezza ,, o affettazione. Si scorge non rare volte essere egli na- ti drito del buon latte de' nostri classici : ma quelle an- „ tiche e semplici forme si mostrano così naturali , e „ spontaneamente applicate , che sembrano avere tutta la „ freschezza del culto stile moderno. La perspicuità par- „ mi il suo principale carattere , e parmi ancora che egli „ siasi primamente fatto un' idea chiara e precisa dello „ spirito dominante nel corso di un salmo , e clie poi con „ franco pennello siasi posto a delinearne le forme e i „ pensieri principali, quali all' avveduta sua mente si so- „ no presentati dopo matura riflessione. Altro non ag- „ giungo a questi tratti generali dell' opera , lasciando a „ lei o ad alcuno de' suoi degni e valenti collaboratoli „ la cura di rilevarne i pregi 0 meriti particolari , spe-
348 Varietà'
„ cialmente quelli che possono risultare dal confronto di „ questo saggio con altri di siffatti lavori. „ Sono ec. ec.
,, Urbano Lampredi
Perchè ora si conoscano con un esempio i modi che il sig. cav. De-Thomasis ha tenuti nel verseggiare, e sl aggiunga questa nuova autorità alle parole già per se stes- se autorevolissime del sig. Lampredi , ecco la parafrasi del salmo De profundis.
Signor, dal fondo del mio cor partìo
La dolorosa voce
Che infino a te levossi , e pietà chiede :
Deh se alcuna mercede
Dovuta è al pianto , al mio pregar t'inchina \
E la pietà d'un Dio
Infine a me discenda , e al dolor mio. Se a riguardar tu avessi ai falli miei
Come , come , o Signore ,
D'un Dio lo sdegno io sostener potrei ?
Ma una legge d'amore
E la tua legge , e in lei
Veggo a un tempo il mio schermo e la mia guida ,
Ed ogni mia speranza in lei si affida. Né solo io già , ma d'Israello intero
Stan le speranze in sulle tue promesse ;
E o sia che spunti o sia che muoia il sole ,
Le divine parole
A te ripete , e dice ,
Che d'ogni merto , al par che d'ogni errore ,
È tua bontà maggiore;
E lieto va della superba spene
Che un giorno infrangerai le sue catene.
Varietà' 3^9
Oi parla molto in Pietroburgo di due nuove tradu- zioni russe della Gerusalemme Liberata , clie già sono sotto il torchio. Una è del sig. S. E. Raitch 7 l'altra del sig. A. Merzliakof.
N.
el Repertorio di Beck si annuncia un' opera che moverà molto la curiosità de' letterati italiani. Ella è del sig. Odofredo Muller , e tratterà degli etruschi- Sarà di- visa in due volumi , e dicesi che debba esser cosa dot- tissima ed importantissima.
Opere di Giorgio Washington.
Il celebre Washington (secondo che ci dice la Revue Encyclopedique ) fino dall' età sua di venti anni usò tener copia di tutto ciò eh' egli scriveva , anche delle semplici lettere che trattavano de' suoi domestici altari. Questo carteggio forma una collezione di ben 60 volumi , ne' quali non è n dire quante cose si trovino della più, alta im- portanza e curiosità. E chi oserebbe metterlo in dub- bio , riguardando essi la persona ed i fatti di uno de'più grandi uomini di che si onori l'umana specie ? Ora il sig. [ared Sparks , giudice della corte suprema degli Sta- ti-Uniti , è sul punto di pubblicare parecchi di questi scrit- ti preziosi , i quali divide in sei parti , cioè : 1* Lettere e car- te spettanti alle sue prime campagne nella guerra di Fran- cia, e al suo comando degli eserciti della Virginia ; 2* Let- tere ed altre carte sulla rivoluzione d'America ; 3° Carteg-
>55o Varietà'
gio privato sugli affari pubblici : 4° Messaggi e indirizza;
5" Lettere particolari ; 6* Carte sull' agricoltura.
Aja mano destra del gran Canova, che tagliata al ca- davere rimasa era in deposito presso il signor dott. Paolo Zannini di Venezia, è stata data in dono da monsig. Ca- nova vescovo di Mindo all' I. e R. accademia delle belle arti di Venezia, ponendo nell'atto solenne che ne fu di- steso questa sola condizione : Che qualora l accademia ve- nisse soppressa o traslocata , la mano destra del fratel- lo s'abbia a consegnare all' arciprete di Possagno , ac- ciò la riunisca ai resti mortali del Canova , i quali fra non molto dall' antica chiesa di quella terra passeran- no a ricoverarsi sotto l'augusta volta del tempio. - Il cuore dell' immortale scultore , ch'era conservato nella sala delle sedute di essa I. e R. accademia , fu traspor- tato nel gran monumento erettogli col denaro di tutta Europa nella chiesa de' Frari.
Dubbj intorno ad alcune voci che sono usate nella la- pidaria iscrizione eretta in Paliano , e riferita nel se- condo trimestre del Giornale Arcadico i8a8 a fac- ce 368. Lettera responsiva del dott. Giuseppe Tonelli compilatore ad un anonimo.
Lì on sono per mia fé di lieve momento gli oggetti delle inchieste , che tu mi avanzi intorno alla iscrizione lapi- daria qui eretta : mi accingo a risponderti , tacendo , per- chè me lo imponi , il tuo nome. Alcune di quelle dub- bietà , che promover vorresti , son quelle stesse , eh' eran«
Va r i e t a' 35i
si già presentate al mio corto intendimento , siccome ram- menterai averti io scritto nella mia ultima lettera : ma non osava , ti scrissi, in allora permettermi di pubblicamen- te pronunziarle per tema di equivoco Mi avvisavo d'altron- de , che non potesse essere soggetto ad erra mento l'eru- dito personaggio che autore dicesi della composizione. Con la tua lettera per altro mi hai tu ispirato qualche co- raggio a cinguettarne , poiché colla tua cortesia mi ob- blighi a brevemente discorrerla teco sul proposito. Onta ( mi lusingo ) in ciò non faremo né tu né io al dotto au- tore , i meriti scientifici del quale tu veneri al par di me con rispettosa sincerità ; ma nel caso sinistro , ab- biasi egli in pace l'ossequiosa avvertenza di queste mende.
Voglio però dirti pria d'ogni altro , che non amo , o mio buon amico ì entrare a discutere se la qualifica di - Divinarum Litleruruin Intevprelis - convenga al così detto canonico teologo , incaricato semplicemente delle scritturali lezioni al popolo , e della maestrevole risolu- zione dei casi morali nelle adunanze mensili del clero. So che multi multa dicunl : siccome per altro membri non siamo della gerarchia ecclesiastica , ignoro cosi al par di te la convenienza di quella qualifica , non essen- do cotesto un subietto della mia sfera.
La voce simulacrum , per cui mi addimandi schia- rimento , è dessa veracemente una ben oscura espressio- ne ; e rifletti a senno 7 che alla pretta lettura della iscri- zione comprender non puossi qual sia precisamente la forma del simulacrum , di cui si favella. Poiché , se ri- corso facciamo alla etimologia della voce , scorgeremo derivarsi essa dal verbo simulo : imperò intender vuoisi per simulacrum una immagine , una effigie , una forma , che finga , che rappresenti il subjetto che bassi in mira. Vedi adunque , che alludendosi albi rappresentanza di un corpo umano , varia esser può cotesta immagine , effigie , o forma , potendo fra le altre di] vario genere ,
35a Varietà.'
precisamente simulare o una intiera statua naturale , o una statua colossale , o un bassorilievo scolpito su di uà campo di qualsiasi materia ; ovvero rappresentar può la figura sola di una testa col principio del tronco , siccome passa appunto la cosa nel nostro caso. Quindi alla idea di questa ultima forma piacciati , nella oscurità tenuta dal compositore, riferire il simulacrum della nota iscrizione. Ad altri poi lasciamo il pensiero di liberamente decide- re , se ad oggetti dei nostri santuarj adattar si possa una voce , che in tanta stima presso i gentili suonava.
Ignoro qual valore possedesse la preziosa moneta di oro denominata Philippeus nummus da Filippo re dei macedoni ; nulla quindi posso dirti , salvo che la lar- gizione del defunto testatore si precisò nella somma di scudi 5oo romani per l' aumento della decorazione del santuario ( e qui avverti , che ti dico aumento , per in- dicarti , che già porzion ?' era di altri apparati , dei quali il vocabolo veslìendos sembrerebbe escludere l'esi- stenza ) . Volentieri pertanto a te cedo la cura di co- noscere se la nostra pontificia moneta dello scudo roma- no , che il subjetto costituisce dell' atto gratuito nella iscri- zione contemplato , equivalga in valore alla moneta di oro , che' si disse Philippeus nummus in quei tempi vetusti.
Accusi finalmente l'autore di soverchia prolissità , che non conviensi al buon gusto delle lapidarie iscrizioni ; ed intorno a questa menda ti farei pur eco. Eh , mio buon amico , non possono già tutti livellarsi col celebratis- simo Schiassi 1 Rammenta per altro, che in cotesta dif- fusa leggenda pure studiossi il compositore di esser bre- ve , fino ad omettere il verbo nella esposizione , che nar- rasi del legato della S. Messa quotidiana alle linee i5 , a 17- Multos praeterea alios unde sacrum quotidie fieret animabus mortuorum piandis. -Del che poi non^potrem- mo con cristiana carità scusare il compositore , imma-
Var 1 E T A.' 353
ginando , che a tal uffizio dì sorreggere questo periodo possa chiamarsi in vicario soccorso il precedente verbo Adtribuit. Giacché né sembrami conveniente d'incastrar nel mezzo di un periodo un verbo , imponendogli sotto pena di reato , che serva di fulcro e d'intelligenza in- sieme per le precedenti e per le susseguenti espressio- ni del periodo ; ne vedo che quel periodo di - Multo s praeterea alios linde sacrimi quotidie Jieret animabus mortuorum piandis - possa dirsi un inciso riunito col precedente. Che anzi lo mi sembra un periodo intera- mente diviso per mezzo dell' avverbio praeterea : il quale avverbio parrebbe meglio destinato ( se non erro ) a di- chiarare aperto un altro ben distinto ed isolato periodo dal primo. Tornando poi all' asiaticismo della iscrizione ( che più breve e pili soda avrebbe meglio figurato ) di cui tenevamo non ha guari discorso , ti aggiungo , che nella osservata prolissità , nella quale si mirò a render conto di tutte le maggiori generosità del defunto , si om- mise menzione di un dono di altri scudi cento in favo- re della medesima collegiata ( se mal non mi appongo ) da erogarsi nell* acquisto di vasi sagri di argento per uso della celebrazione del sagrifizio incruento : legato già adempiuto dal sollecito e riconoscente erede nella più vaga e dignitosa forma.
Ecco quanto io ti doveva in replica alla tua lette- ra : sta sano , e riama
Di Paliano il 20 settembre 1828.
Il Tuo V««0 Amico Towittr
G.A.TX.L. *3
354 V A R I E T A'
Di alcune voci replicate in rima. Lettera ad un amico.
li on per ragione d'identità ma di somiglianza, poesia fa comparata a pittura dal Venosino : e già tra l'una e l'altra è pur questa differenza , che pittura propriamente ci rap- presenta gli oggetti nello spazio , poesia nel tempo. E se non potrebbe il pittore in un quadro replicare la me- desima figura senza mancare sovente al principio di con- taddizione ; può bene replicarla il poeta , anzi lo deve, ogni qual volta bisogni far più e più campeggiare l'idea principale : e lungi dall' offendere il buon senso , avrà lo- de di evidenza quanto più si accosti al vero imitando. Così , a cagione d'esempio , potè bene il Petrarca al primo e al nono verso di ogni strofa replicare la voce Vergine , laddove appunto della Vergine madre cantava le glorie : e chiudere quella magnifica canzone all' Italia così :
„ 1' vo gridando : pace , pace , pace. Potè il Tasso nel Goffredo (Vili. 71 ) cantare:
„ Arme arme freme il forsennato , e insieme „ La gioventù superba arme arme freme.
Potè il Poliiiaoo ( I. 69 ) invocare la musa con questi
versi
„ Or canta meco un pò del dolce regno , „ Erato bella , che il nome hai d'amore. .,, Tu sola, benché casta , puoi nel regno „ Sicura entrar di Venere e d'Amore. „ Tu de' versi amorosi hai sola il regno ; ,, Teco sovente a cantar viensi Amore . . ,
Varietà' 355
Dove però se lodi la stessa voce Amore ripetuta tre vol- te , noti puoi in tutto lodare la voce regno ripetuta essa pure ; ma in due sensi. E giuoco di parole più che al- tro ti parrà quello del Poliziano medesimo (II. 4 ) dove Lucrezia e Lauro ti tornano in rima tre volte , e due la voce ocelli, ciò non convenendosi a grave poesia ; come conviensi alla scherzevole in quel sonetto assai noto del Berni , dove la Corte e ser Cecco vengono alternativa- mente alla fine d'ogni verso. Che se a rappresentare il Caos lodasi dai più quella stanza dell' Anguillaia , dove Foco , Mare , Cielo sono le rime , e per entro vi è Terra , quarto elemento cogli altri rimescolato , ciò non rileva ; perocché ivi si tratta di pingere estrema con- fusione e disordine senza esempio , e le parole bene ri- spondono al concetto. Si potrà dunque , mi chiedi , o non si potrà usare in rima le stesse voci ? Qualche rara volta , rispondo . e non sempre , sarà permes- so. Vedi Dante ben replicare la voce Cristo nel paradi- so (XII 71, XIV 104, XIX 104, XXXII 83), e be- ne ancora la voce vidi ( XXX ()5 ) : e bene anche , per certa amarissima satira che vi si appalesa , la voce am- menda nel purgatorio ( XX 55 ) . E tra i moderni vedi lo Strocchi nell' inno a Giove replicare a proposito la voce Neda , e meglio assai la voce Gior'P nell' inno a Pallade : ed a proposito ancora la voce regi nell' eglo- ga IV di Virgilio , almeno pel fine a cui mirò rendendo in volgare quel genetliaco. E questo li basti , o caris- simo , a farti accorto per via di esempli antichi e nuovi del come e del quando usare le medesime parole rimate in un componimento. Del resto abbi sempre l'occhio a natura e porgi orecchio a ragione , nò porrai piede iti fallo. Né altro vo' dirti ; che a lo , fior di giudizio , au- dio il già detto è soverchio. Addio.
I). Vaccolini, 23*
356 V A li I E T A'
T
Ih un codice della biblioteca di Monte -Cassino , ove
stanno per intero le opere di Virgilio, si sono trovati com- piti i versi 66, 6i5 , 6^0 , e 767 del libro secondo dell' Eneide , ebe in tutti gli altri codici ed edizioni sari monelli. A noi pare , ebe queste giunte non siano di grau peso , e ebe non debbano punto recarsi a Virgilio , tran- ne quella del verso 66 , che ci sembra la migliore , per- chè più conviene e risponde al compimento dell' idea da Virgilio innanzi espressa. Comunque sia , noi trascriviamo qui questi versi a titolo di semplice notizia. Le parole in carattere corsivo son quelle del codice cassinense.
V. 66 : Disce onmes quam sint animis verbisque do- losi.
V. 61 S : Ferro accincta vocat , saevasque acccndit ad iras.
V. Q>\o : Vos agitate fugam , et rebus sensale se- cundis.
V. ^67 : Stant cijcum , et tacitis iivplent mugitibus
aras.
G. S.
Oopra un monte , ebe siede a specchio del Turano pres- so il paese di Belmonte vicino di Rieti circa dieci miglia all' ovest , è stato scoperto un lungo muro ciclopeo Con sua porta. Secondo che hanno lasciato scritto gli autiebi , pare che sieno queste le mura della città detta Trebu- l 1 SiifTetinst e l'essere a io miglia da Monte Leone, che da tutti gli antiquari è riconosciuto come il sito di Tre- buia munisca , conforta e avvalora questa opinione del chiarissimo inglese signor Dodwel , che amantissimo fino
V A II I E r a' 3~7
anche all' eccesso delle antichità , e dei muri petaxghi , ha scoperto questo muro ed altre cose importantissime nei contorni di Rieti.
G. S.
Lettere del prof. Maurizio Brigbenti al conte Francesco Cassi gonfaloniere , intorno al Belvedere di s. Bene- detto in Pesaro. Pesaro 1828 dai tipi d' Vanesio Nobili.
J 1 Brigbenti è uno di quei pochi , che han saputo sa - criticare alle grazie soli' ara stessa di Minerva ; sicché ad un tempo gli è dato di cogliere maturi frutti nel cam- po delle scienze esatte , e bellissimi fiori in quello dell* amena letteratura. Ahhiamo voluto rendergli questa pub- blica testimonianza di onore e di lode , ben dovuta ad ogni suo scritto , e perchè almeno in qualche piccola par- te per noi sia sciolto l'obbligo gravissimo che avea il nostro giornale di far parola della sua opera intorno l'arco di Augusto in Rimino. Davvero che in quel lavoro non so che debba più. lodarsi 0 la scienza architettoni- ca del Brighenti , o la sua perizia nell'antiquaria, o il suo gusto in fatto di belle arti. Possano i suoi desideri e i suoi progetti esser pienamente condotti ad elFetlo , e quel superbo monumento sia reso una volta alla sua prima bellezza!
La lettera , che abbiamo annunziato , è una grazio- sissima descrizione del Baluardo già del Carmine , oggi Belvedere di s. Benedetto , che domina la città e le campagne di Pesaro : luogo una volta dirupato ed incolto , e che ora per cura del conte Cassi gonfaloniere e di altri cittadini è tornato in luogo di 'delizie e amenissimo. La
358 Varietà'
descrizione è veramente pittorica: e se sapesti dipign^ - re , io penso che al solo leggere le parole del Brunen- ti potresti ritrarre con vivi colori il Belvedere di s. Bene- detto. Con buono accorgimento il Brighenti ha saputo uni- re alla pittura del luogo molte piacevoli notizie e lette- rarie e istoriche , che tengono in gran parte alla gloria di Pesaro , città non meno delle altre italiche celebre negli antichi tempi e a' dì nostri : e così questa lettera riesce più. grave , e più gradita di qu-llo , che il sog- getto addimandasse. La lingua con cui e scritta è (pu- rissima, e ancora lo stile sarebbe perfetto se non lasciasse trasparire un non so che di non troppo facile , che ti an- nunzia lasciare il Brighenti per lungo tempo in ozio la sua penna. Ti è però di assai doluto che fra tanta pu- rezza d'idee e di parole abbia detto il Brighenti con modo tutto strano e romantico : La chiara tromba do me- riti. Lasciamo lasciamo ai soli romantici queste stram- palate metafore.
G. S.
Le tre descrizioni del terremoto di Ragusa del \6fc , di Gradi, Rogacci , Stay , versione dal latino. Vene- zia 1828 tipografia di Giuseppe si Mone Ili , Simone Ocelli ec.
T
lo non saprei come meglio riferire le debite grazie al chiarissimo dottor Luca Stulli di Ragusa per la corte- sia usatemi di mandarmi questo leggiadro libretto , che col farne una qualche parola in questo giornale , il qua- le tante volte si è recato a bene di esaminare e lodare gli scritti dei dotti ragusei , non solo mosso dall' amore del vero, ma anche dal desiderio di far conoscere, che
Varietà.' 35q
i suoi collaboratori non sono animati da sdegni e gare municipali , e che lodano quel bello ancora , il quale dagli stranieri ne move , purché sia di quella tinta italiana , che ci han lasciato gli antichi nostri maestri. Il dottor Luca Stulli è del bel numero di coloro , che nella dotta Ragusa tengono ancor viva la gloria degli Stay , dei Bo- scovich , e dei Gunich , avendo con sano accorgimento , come ce ne fa avvertiti nella erudita prefazione, sacri- ficato ad Jpollo quadrumano, che si venerava presso gli spartani. „ Sotto questo simbolo la sapienza di quelle ge- „ nerazioni adombrava il gemino ufizio del nume , che „ adoperava in solido le quattro mani sì per applicare „ i salutiferi succhi alle inferme membra dei mortali , „ sì per trattare la lira , del cui suono non andavano mai „ disgiunti gl'inni, ch'egli innalzava al suo gran genito- „ re. „ E Apollo quadrumano davvero ha avuto in buon grado i sacrifici dello Stulli : che la scienza di questo nell' arte medica è pari al valor suo nella bella lette- ratura, sicché già egli va per la maggiore anche qui in Italia presso coloro , che non disgustati delle classiche nostre bellezze non hanno torto le loro cure ai gelidi or- rori del nord. Tre belle descrizioni del terremoto , che de- solò Ragusa nel i6( 7 , scritte in ottimo latino dai valenti ragusei Gradi, Kogacri , e Stay, escono ora per opera dello Stulli con quella veste italiana , che a si ottima latinità convenivasi. Eleganza di parole e di stile italia- no , variato a norma dei pensieri e delle parole che do- vea ritrarre , e buona struttura , e non unisona armonia di versi , sono i pregi di questi volgarizzamenti dello Stul- li ; il quale farà assai meglio se vorrà usare del suo in- gegno , della sua immaginazione e della sua dottrina a scriver cose da lui medesimo pensate : che in generale la fatica di volgarizzare le Mirili cose dee si lasciare a coloro , cui natura non diede ali \i^orose d' alzarsi .fi per se da terra , e lasciare le alimi orme. E quanto
3Go Varietà'
egli valga nello scrivere egregiamente in versi i suoi pen- sieri , ce ne ha data un' ultima e non equivoca testimo- nianza lo Stulli nel carme che va unito a queste tre de- scrizioni in morte di quella cara e bella gioia di Tom- maso Chersa. Io non so ben dire se in questo carme più sia la forza e l'espressione dell' affetto , che la bel- lezza della poesia : so che è bellissimo , e degno dei migliori nostri poeti. E col più rivo piacere abbiamo ve- duto , che in questo e nelle tre descrizioni lo Stulli non ha usato quella troppo affettata ricercatezza di modi , che un poco ti spiace nella prefazione , e di che certa- mente si correggerà , valente come egli è , se vuole an- che scrivendo in prosa ottenere quella lode di puro ma elegante , che gli hanno acquistata i suoi versi.
G. S.
Di'glì illusiti toscani stali in diversi tempi a Ragusa , commentario di Tommaso Chersa. In Padova coi tipi della Minerva iHafl.
il. me , che sempre in questo giornale ho parlato del chiarissimo letlerato raguseo Tommaso Chersa , e degli egregi suoi scritti , a me , cui fu cuna il bel suolo tosca- no , spettava il far parola di un' operetta del Chersa scrit- ta in lode di tanti illustri toscani stati a Ragusa , e de- dicata a uu celebre toscano , l'abate; Lainpredi. Con tutta alacrità di animo adempio questo mio debito , e vedranno i ragusei , che se essi „ coltivando , come fauno , le lettere , „ sono in grado di onorare coloro , che per esse sono ec- ,, celienti : „ anche i toscani sanno esser grati e ventrare la memoria di coloro, da' quali ebbero generosa lode e onoranza. Questo comentario, siccome gli altri scritti del
V A R 1 8 L A' 36 1
valentissimo Tommaso Chersa , che tutti i buoni ancor piangono , è scritto con bontà di lingua e di stile italia- no , con somma diligenza , con accurata erudizione , e con sana critica. Con questo il Chersa ha voluto onorare la memoria degli illustri toscani stati in diversi tempi in B.agusa% e de' quali non pochi „ siccome questa scrittura „ dimostra ( dice l' autore ) dopo il risorgimento degli „ studi in Italia , vennero tra noi ad insegnare le ar- „ ti , per le quali i popoli culti distinguonsi dai barbari , „ e che traggon Tuoni dal sepolcro , e il fanno eterno.,, I nomi di tali illustri toscani son questi :
Filippo de Diversi de' Quartigiani , che ha lasciato mol- ti scritti latini intorno Ragusa.
Francesco Serdonati ,noto principalmente per la tradu- zione italiana della storia delle Indie del p. MafFei , citata dagli accademici della crusca siccome testo di lingua.
Domenico Tatti , che succedette al Serdonati nell' in- segnar belle lettere in Ragusa.
Pier Filippo Assillili , segretario di un ambasciatore del gran duca di Toscana al gran signore nel 1578.
Camillo Camilli, noto per molti scritti, e sopra tutto per l'icario ardimento , che ebbe di continuare di cinque canti alla materia della divina Gerusalemme.
Serafino Razzi, superiore della congregazione domeni- cana in Ragusa.
Gio. Batista Tolomei gesuita professò lettere in Ragu- sa , e nel 1712 fu creato cardinale da Clem. XI.
Pietro Lazeri gesuita , uomo profondamente versato nel- la cognizione delle lingue greca e latina e nella storia ec- clesiastica.
Piero Soderini celebre gonfaloniere di Firenze , che deposto dal suo ufficio , in Ragusa ebbe ozio e tran- quillità.
Lorenzino de Medici, l'uccisore del duca Alessandro suo cugino.
362 Varietà'
Dopo questi annovera il Chersa cinque illustri to- scani arcivescovi di Ragusa , e chiude un si bel novero col nome del chiarissimo Urbano Lampredi , nome caio all' Italia ed ai veraci amatori delle lettere e delle scienze.
G. S.
Nuova biblioteca di componimenti drammatici d 'origina- le italiano , ovvero tradotti ec. ec. ec. follane / 1. Roma 1828 presso Antonio Boulzaler.
.Tarlammo nel tomo 37 pag. 384 del nostro giornale di questa Nuova Biblioteca , e lodammo di assai le molte cure e le gravi sollecitudini dell' editore , perchè 1* intrapresa uscisse a utile delle lettere : ma non ci facemmo a giu- dicare il inerito dei componimenti , contentandoci di far osservare , che uno dei più sicuri giudizi de* teatrali com- ponimenti è quello, che si pronuncia dopo la loro rap- presentanza. Vediamo in questo VI volume con gran pia- cere accettato il nostro consiglio : ma ci duole , che fra le tante commedie rappresentate siasi scelta ad essere in- serita per prima in questa raccolta la Malvina del signor barone Cosenza, la quale non ha di commedia , che l'es- ser commedia intitolata ,per quanto ne dica il sig. G. S- M. nelle sue critiche osservazioni. A questo proposito dob- biamo prevenire i nostri lettori , e quelli della Nuova Biblioteca , che questo signor G. S. M. non è punto il collaboratore del giornale arcadico , che così firma i suoi articoli , e che questi non ha alcuna parte in quella Nuova Biblioteca , che non vi ha scritto , e non vi scriverà mai alcuna critica osservazione 0 giudizio : e ciò diciamo per- chè l'identità delle iniziali non tragga alcuno in . inganno.
G. S. M.
Varie t a' 3G3
JVcl connubio felice del nobil uomo signor conte Tomma- so Gnoli ferrarese , in Roma avvocato concistoriale , coli" egregia donzella signora Maddalena Dini di Pe- rugia , canzone. Ferrara per Gaetano Bresciani 1828.
A ropriamente scapperebbe la"'pazienza anche a Giob , dissi l'altro giorno tutto arrabbiato nel vedermi portare venticinque o trenta libri , libretti , libriccini , e libric- ciuoli di sonetti , di odi , di canzoni e di simili sciocchezze in occasione di nozze : e dato loro di piglio , era per get- tarli tutti nel fuoco , quando per caso a tergo di una pagina vidi il nome dello Sgricci* Per bacco ! Una canzone di Tommaso Sgricci ! Procul esto ^profane ! Vediamo un poco? Apro , leggo , rileggo , e tutto considerato trovo una canzone scritta davvero sullo stile degli antichi nostri mae- stri , piena di care immagini , tutta armoniosa per dol- cissimi versi , in una parola degna dello Sgricci e della sua fama. Ma non mi sapea persuadere , come nello Sgric- ci tutto dovesse esser classico , e nulla vi fosse di ro- mantico. Leggo per la terza volta la canzone , e final- mente mi avvedo , che se classiche son le parole e i versi , romantico è l'ordine della canzone , e romantici i pensieri tanto da restar dubbio ancora , anzi un' enim- ma , chi sia quella donna , che allo Sgricci apparve , e di cui parla tutta la canzone. E romantica stranezza veramente trovai in quel dire all' apparizione* di una donna :
„ Stava, com' uom, cui nuova vista offende,,
Quasiché lo Sgriccì , o il vero poeta , non abbia mai veduto , o non debba mai vedere una donna in viso , e lui debba soltanto cacciare in corpo la fatidica ispirazione il biondo Apollo , e non il riso delle pudiche verginelle del bicipite Parnaso. Ma aliquando bonus dormitat Ho-
364 Varietà.'
mérus , e tatti dobbiam pagare una piceni a tassa al gu- sto del tempo , e alle nostre inclinazioni. Questi pero sono piccolissimi nei , e la canzone è bellissima.
G. S. M.
Versione nelV italiana favella delle orazioni di Marco Tallio Cicerone fatta dalV avvocato Spiridionc Sicuro con insieme l'analisi ec. ec. ec. Tolume 2. Bologna ples- so Romano Turchi e compagno 1828. %
A
nnunziammo con la debita lode il primo volume di questa dotta versione , e ne dicemmo ebe le analisi , le note , e le dissertazioni del signor avvocato Sicuro intorno a ciascuna orazione di Cicerone , erano veramen- te commendabilissime per dottrina , per erudizione , e per sana critica. Lo stesso diremo di questo secondo vo- lume , ebe contiene le orazioni prò Lucio Cornelio Bal- bo , e prò Archici poeta. Se il chiarissimo autore avesse saputo bene volgarizzare , e bene scrivere la nostra lin- gua , come bene ha saputo chiosare e commentare , cer- to la sua versione avrebbe tenuto il primo luogo fra le tante traduzioni che si hanno di Cicerone , e il nome del Sicuro sarebbe stato annoverato fra i classici traduttori. Tuttavia ogni amatore di Cicerone e delle antiche, cose romane , e ogni studioso e cultore ideile scienze legali farà cosa a se utilissima, se questa versione vorrà acqui- stare.
G. S. M.
V A K l E T A* 3(33
Caino cantica di Iacopo Crescinì. Padova per talentino Crescinì.
Q
Ufi non fossimo stanchi di leggere versi , che a ninna
utilità del popolo riescono , mi sarebbe forte piaciuto di porre a severo e lungo esame questa cantica in terza ri- ma , a in tre canti divisa. Ma propriamente siam pieni d'inu- tili parole dalla punta de* pie sino a' capelli! e l'Italia ab- bisogna di cose e di pensieri. Non ostante a lode del vero dirò] essere in questa cantica assai di buono e di bello. Il Crescini , a ciò che ne pare , dee esser un giovine tutto caldo d'immaginazione , e tutto imbevuto della buona scuo- la italiana , ma non di un gusto ancor fermo , né di un giudizio così fino da scerner sempre dalle buone spighe le ree. Per mezzo una quantità innumerabile di belle e sem- plici imagini e di leggiadre parole e di dolci versi , ti sen- ti strappar L'anima e gli orecchi da non poche stranezze ossianesche e romantiche : ora ascolti i venti che stupidi mugghiano , ora che urlano pei deserti dei cieli; ora ascol- ti il suono delle onde rabbuffate , ora ascolli la natura mandare un verso , a cui risponda Vun polo e V altro : e vedi che la colpa gigante J'r a l'abisso e l'Olimpo s'interpose; come nell' inno // cinque maggio , fra due secoli armati Vini contro V altro un tale arbitro s'asside in mezzo : or leggi , che la soglia del paradiso terrestre dopo il peccato di Adamo è il limitar del pentimento ; or che il pollice dell' Eterno è il cardine su cui il mondo si aggira ; e si- mili altre strampalatagini , a noi venule dal nord , e avute come care gioie da que' poveretti italiani , che si son fitti in testa di trovare un nuovo bello , e un nuovo vero , e di supplire ai bisogni della società dicendo , che il ven- to urla ; che il bosco mareggia ; la gioia trepida ; il gior- no inerte ; il bianco aspetto rorido di morte , quasi che la morte fosse la rugiada dell' aurora ; la caccia affac-
36ti Varietà'
cenciata; e uà infinità di tali errori madornali, e di tali strane parole , che non sono intese da chi le scrive , né da chi le legge. Segua dunque il Crescini a scrivere , ma si formi pria un buon gusto e stabile con la lettura di Dante , di Poliziano , e di Ariosto : volga a più utili ar- gomenti i suoi pensieri , e le sue parole ; e lasci ai ro- mantici il battere una strada dagli antichi nostri padri non conosciuta , e lo scrivere in poesia con quell' effica- cia e con quella bellezza con cui rifanno e correggono in romanzi moderni le storie antiche.
G. S. M.
I
1 chiarissimo signor Giuseppe Manuzzi , uno dei po- chi , che senza affettazione di parole e contorcimenti di periodi han mostrato , che si può anche nella nostra lin- gua eternare con iscrizioni e il nostro dolore e la me- moria degli uomini grandi , ci mandò l'altro giorno al- cune iscrizioni , le quali stimiamo bene di pubblicare , e perchè ne sembrano assai belle , semplici , ed af- fettuose T è perchè furono dettate in lode del P. Cesari , a cui pur dee molto la italica letteratura.
G. S. M.
Per V arrivo del P. Cesari in Faenza.
AD ANTONIO CESARI
PRETE VERONESE
POETA ORATORE FILOLOGO
E SCRITTORE PRUfClTALISSlMO DI QVESTA ETÀ'
MAESTRO E SPECCHIO DI OGNI VIllTv'
V A 11 I 12 T A' 3G7
ORNAMENTO ED AMMIRAZIONE d' ITALIA
PEL DI FAVSTO FELICE
DI SVA VENVTA IN FAENZA
QVESTA MEMORIA
COME AD AMICO OTTIMO CARISSIMO
OFFRE CONSACRA AFFETT VOSAMENTE
GIVSEPPE MANVZZI
MDccexxvm
In morte del P. Cesari.
Sulla porta della chiesa.
ENTRATE
O POPOLANI CITTADINI FORESTIERI
CHE LA PERDITA E COMVjVTE :
NOI AMICI ED AMMIRATORI MESTISSIMI
DIAMO CON VFIZIO DEL DI* TRIGESIMO
PVBBLICA DIMOSTRAZIONE DI PIETÀ' V DI RIVERENZA
AL PRIMO SCRITTORE E FILOLOGO CHE VANTI A Di' NOSTRI
LA LINGVA ITALIANA
ANTONIO CESARI:
VOI CON PREGHIERE VOTI E VITTIME
RENDETEGLI VOLENTEROSI IL CAMBIO
DI SVE SFOLGORATE BENEMERENZE
Intorno al catafalco.
1.
L ITALIA
ALLA QVALE FV VIVO SPECCHIO
DELLE PIV' AMABILI VIRTV*
308 Varietà'
BENEDIRÀ* CON AMMIRAZIONE E RICONOSCENZA
PER OGNI SECOLO
II. POTENTE E FELICB SVO INGEGNO
K LE GLORIOSE SVB FATICHE
IX RELIGIONE Ne' SVOI BASTI
TERRA' MAI SEMPRE VIVO COI» AFFETTO
L'ONORANDO E FAMOSO TVO NOME
O CVSTODE 0 ACERRIMO SVO PROPVGNATORB
3.
GLI AMICI CHE GLI DVRARoNO FEDELI
RAMMEMORERANNO SPESSO LE LODI SVE
E PORTERANNO CoNTINVO ACCESA E VIVA
LA MEMORIA DI LVI
CHB TANTO OflORE ACCREBBI ALLE BVONB LETTERE
4-
VIVI BK.NB
O OTTIMO ANTONIO
SPECCHIO INCOMPABABILE DI MANSVETCDINl
O RENDVTO CELESTE VIVI OMAI
IMMORTAL VITA CON DIO
DILLA CVI BENEFICENZA VBHSO TVTTI
FOSTI CON KOI ESEMPIO RARISSIMO
Varietà* 36$
O DOLCISSIMO DEGLI AMICtl ANTONIO GESARI
VISSVTO'cOX ISPECHIATE E RARE VIRTv'
68 ANNI E 8 MESI E MEZZO
BINO ALLA NOTTE INNANZI AL PRIMO DI OTTOBRE l8a{
ABBITI QVESTA MEMORIA
DEL TVO AMATISSIMO GIVSBPPE MANUZZI
CHE NON SA DARSI PACE DI TVA PERDITA
O ANIMA GRANDE
O RISTORATORE GLORIOSO DELl/lTALICO IDIOMA
O DECORO O AMMIRAZIONE DEL SECOL N0STR0.
Giuseppe Ignazio Montanari agli amatori delle lettere.
ì^i usa nelle nostre scuole , non so per qual mala ven- tura , un libro De viris illustribus urbis Romae scritto dal Lhomond , quasicchè non avessimo noi dovizia di miglio- ri scritture latine che ci parlino degli antichi prodi ro- mani , senza ricorrere ad uno straniero , a un fraucese. E questo non sarebbe il peggior male del mondo , se quel- la scrittura tenesse veramente abito di buona latinità , e non fosse piuttosto un centone, un accozzamento di frasi senza bellezza e decenza dì stile. L'uomo in fatto che si farà a considerare quel libro , vi troverà dentro questo [e quel brano or di Livio or di Sallustio or di Cor- nelio , sicché lì pare udire un discorso a mille voci isva- riate , e talora discordanti fra loro. Aggiungasi che per quanto lo scrittore s'ingegni di spogliare fraseggiando i latini , non sa mentire l'indole della favella nativa , e dir sì può con verità , eli' egli ha fatto latino un libro fran- cese. Ciò nulla meno si usa per non avere ( come sem-
G.A.T.XL. a4
3^o Varietà'
bra a coloro cui pare bello soltanto ciò che vieti d'ol- tremente ) un compendio migliore di storia romana adat- tato all' intelligenza de' giovinetti , che colla forza del pro- prio ingegno non possono in sulle prime andar molto in- nanzi.
Per cessare adunque un poco il lamento di costoro che si trovano poveri in mezzo le casalinghe ricchezze, ho divisato di ristampare le vite degli uomini illustri di Ro- ma attribuite ora a Plinio , ora a Cornelio , quando ad Aurelio Vittore , quando ad altri : le quali se debbesi giu- dicare dalla bontà dello stile in che sono dettate , sono certo degli ultimi tempi d'Augusto , o di non molto dopo, come giudicarono molti chiari e dottissimi uomini , l'au- torità de' quali assai mi conforta a pubblicarle. E per- chè la gioventù, che poco o nulla sa di latino , ne abbia il buon prò , io le ho volgarizzate tenendo modo assai semplice e piano , e quale mi pareva convenirsi e alla scrittura , e a coloro per conforto de* quali io mi aveva presa questa fatica, E se le savie e discrete persone vor- ranno darmi alcuna lode dell' intendimento che io m'eb- bi di giovare agli studi della prima età , io sarò pago abbastanza : mi stimerò poi oltremodo soddisfatto se i pubblici professori di latinità vorranno porre questo li- bro in mano a' giovinetti , in luogo del Lhomond-
Ecco intanto il modo che terrò nella stampa. Il te- sto latino con a fronte il volgarizzamento : qualche no- terella che serva principalmente alla cronologia : un* ag- giunta di alcune vite tratte da aurei monumenti antichi : buona carta , buoni caratteri ; e correzione la più accu- rata che si possa. La forma del libro manesca , il prez- zo tre paoli. Le associazioni finalmente si riceveranno dallo stampatore e librajo Costantino Bisazia a Cesena , e da' principali libraj di Romagna,
Varietà' 371
sfjace tragedia di Ugo Foscolo con osservazioni critiche
dell' ab. Urbano Lampredi. Napoli presso
Borei e compagni i8»3.
JL/ la tragedia e le osservazioni erano da lungo tempo cono- sciute nella repubblica delle lettere italiane; e da lungo tem- po tutt' uomo sapea , ebe non ispirito di parte né invi- dia , ma verità e sana critica dettarono al chiarissi- mo Lampredi quelle argute osserv'azioni , e ebe tutto l'ingegno e il nome di Ugo Foscolo non erano stati ba- stanti a difender Ydjace , ed a far si ebe la meschi- na tragedia non morisse prima dello scrittore. Sembrerà, pertanto a taluno , ebe fosse ora inutile opera il pub- blicare nuovamente questi due scritti , e ebe più sano consiglio sarebbe stato il fare scrivere al dotto Lampredi altre osservazioni intorno altre tragedie , le quali forse valgono di assai meno dell' Jjace , e più romore di se han levato. Ma per disgrazia delle nostre lettere , le quali certo non potino avere una miglior sorte delle al- tre umane cose , soventi volte non è dato agli scrittori di esaminare le opere e le opinioni letterarie ; e le pic- cole gare municipali , e l'amore di parte , e il fanati- smo , e la ignoranza , e altre simili potenti cagioni , tol- gono a quei pochi , nel cui animo e nel cui petto è ancora rettitudine di pensieri e di afFetti , di dire a viso aperto il vero , e d'insegnarlo utilmente a chi per mala isti- tuzione ha abitudine e necessità il pensare con la te- sta altrui in fatto di letteratura. Senza dubbio era as- sai meglio , che 1' ab. Lampredi , siccome colui che a bontà d'ingegno e di volere unisce bontà di scienza e di giudizio , ci avesse mostrato in che depravatone di gusto , e in che puerilità sono caduti anche i più belli ingégni in fatto di tragedie , e in che vile fanatismo e misera ce- cità i nostri se dicenti letterati : ma poiché ciò non ci è da-
A*
373 V R 1 E T A'
to , ringraziamo l'editore napoletano , che ha voluto com- pensarci con la ristampa dell' Ajace , e delle osservazioni dottissime e verissime dell' ab. Lampredi : che anche que- ste basteranno per chi non é del tutto cieco della mente
a distinguere il vero dal falso bene.
G. S.
Annali d'Italia dal x'jZo compilati da A. Coppi- Roma 1828 presso la libreria moderna , via del corso n." 3o8 incontro al palazzo Bonaccorsi.
U tile opera è stata la ristampa di questi Annali si pre- gevoli per la verità e per l'imparzialità con cui sono scritti : sicché un giorno saranno la più. sicura guida per chi avrà buon ingegno e buon volere da scrivere una ve- race storia delle cose d'Italia , cessate le ire , gli odi , i pregiudizi , i partiti. L'edizione è bellissima per niti- dezza di carta e di caratteri , e per somma correzione.
G. S.
l_i uscita in Vienna un' opera postuma del celebre Eckel intitolata Addenda ad doctrinam nummomm veterani : opera, come ognun vede, importantissima , specialmente j er quelli che già possiedono l'altra famosa dell' Eckel me- desimo De doclrina nummorum veterum. Essa è g'à per- venuta in Roma al negozio librario de' sigg. Giuseppe e Niccola de Bomanis , dove si trovano pure vendibili al prezzo di 46 scudi romani alcune copie complete dell*
Varietà' 3^3
opera suddetta De doclrina nummorum , divenuta raris- sima in tutta Europa ; avendone egregiamente il sig. Fe- derico Volke di Vienna ristampati più volumi affatto eguali per carta , per caratteri e per formato a quelli dell' edi- zione in corso.
Dimostrazione geometrica della distanza del sole dalla terra.
JL/a terra, nel compiere in 24 ore il giro intorno al pro- prio asse , fa comparire a noi , che il sole nello stesso spazio di tempo formi un circolo intorno di essa. Ora ri- levandosi il numero di quanti deschi solari , accostati l'un l'altro , come alla figura lett. // , riempirebbero il circolo suddetto, si avrebhe il numero di quanti deschi so- lari è discosta la terra dal sole. Dapoichè la terza parte di un circolo formando all' incirca il diametro del circolo stesso , ne verrà , che la terza parte dei deschi del cir- colo riempiono il di lui diametro ; in mezzo del quale essendo situata la terra , come alla detta fig. lett. A. n. 1, metà dei deschi del diametro sarà la distanza della terra dal sole : e se sussiste il numero de' migli , che si attri- buisce al diametro del sole' , si potrà calcolare a migli anche la distanza della terra.
Sarà cosa facile di rilevare quanti deschi entrino nel divisato circolo , tsmdo la scala segnata lett- lì. , i cui vani siano perfettamente eguali fra loro , e adattati alla grandezza apparente a occhio nudo del desco solare , ve- duto , con ordigno , spoglialo da" raggi , che potrà es- sere di circa un' oncia di passetto ; mentre con orologio alla mano, contando quanti vani di essa scala vengono tra- scorsi dal sole in una mezz' ora , «i calcolerà quanti ne trapasserebbe nell' intero spazio delle 24 ort* ì e voni-
3^4 Varietà*
spondendo ogni spazio ad un desco , accostato all' altro ,
si avrà il numero di essi , che riempie tutto il circolo.
Questa scala deve essere formata con piccola tavola ben piana , e larga circa il palmo , nel cui mezzo siano piantati due pezzi di bacchette da ombrello , ed in que- sti fisse le bollette a eguale perfetta distanza , ove si fer- meranno i cordoncini negri , che devono formare i vani della scala. Venendosi all'operazione, va questa situata a giusta distanza dall' occhio , accostandola , o allonta- nandola finché il desco del sole ne riempia esattamente ciascun vano. Il sole va osservato esente dalle esalazioni dell' atmosfera.
Deve traguardarsi il livello della tavola della scala, finché apparisca come un cordoncino ; e questa forma la base ed il punto dell' operazione ; cosicché movendosi l'osservatore, non potrà riconoscerei vani trascorsi, se non tornando col traguardo a riprendere questo pun- to ; tanto se 1' operazione s' incominci dal primo vano , quanto se s' incominci dagli altri superiori.
Non avendosi pratica dell' ordigno , che spoglia il sole de' raggi, si duhita , che questo possa impedire la veduta della scala suddetta, e se nel caso possa rimediarsi , mettendo la scala avanti di esso ; ovvero usarsi altro mez- zo , che diminuendo i raggi , lasci visibile l'aspetto del desco a occhio socchiuso.
Se qualche professore si degnerà di venire all' espe- rimento, potrà presciegliere il modo.
N. B. Essendo noi lontani dall' equatore e dai tropici , per cui vediamo il sole di fianco , ne deve nascere che la di lui elevazione formerà nella scala non una linea retta ma obliqua, ed i vani così trascorsi possono corrispon- dere alla grandezza del desco solare» 11 rimedio sarà di prendere un* esatta misura di delta linea obliqua , e ponendola in linea retta contare i vani che occuperà in questa forma.
Domenico Calandieiii.
Varietà' 875
Supplimento alV articolo sulle longitudini inserito nel tomo antecedente di questo giornale , pag. 3.
N«
011 sarà forse inutile il notare che la formola data nell' articolo precedente concorda perfettamente con quella consegnata nel supplimento alle Effeme- ridi astronomiche di Parigi (Gonnaissance des teras ) per l'anno i8a5 , p. 345. Ma» in questa , la diffe- renza di longitudine si trova espressa in tempo so- lare , e in quella in tempo sidereo. E in fatti nella nostra formola :
i-ii£zs
Se si moltiplichi la differenza de' passaggi d , otte- nuta dall'osservazione in tempo sidereo, per il rap- porto 7' del tempo solare al sidereo , si otterrà la medesima in tempo solare, =*dr : poi , in vece del moto orario del meridiano terrestre ,= r5°, intra 1 ora siderea, se pongasi i5°f h , valore del mede- simo intra 1 ora solare ( designando per h il moto orario della terra nella sua orluta annua intorno al sole ) , avremo :
. i5fh — m
dr ,
m
Finalmente , siccome le quantità che noi designate abbiamo per t , d , m , h , sono nella Comi, des tems rappresentante per d, a, h, m, respetti vamen- te , dopo questa ultima trasformazione , sarà :
3^G Varietà*
i 5 f m — h
d = ar. : .
Formola dell' articolo citato (Connaissance des tems , 182 5 , p. 345).
Adesso , per formare un giusto giudizio sopra l'accuratezza di questo metodo , vediamo pure qual errore At introdurrebbono nella longitudine relati- va t alcune piccole inesattezze commesse sì nella de- terminazione della differenza de' passaggi ci come nel calcolo del moto orario m , le quali designeremo per Ad , -ini.
Dalla formola :
i5 — m , „ d
t= d=i5. d ,
m m
o anche
df t= i5. — , m
pigliando soltanto le prime potenze delle picciole quantità Ad . At , Ani , si ricava :
H / m Ad — ci Ara \ Aclf At= i5| 1
=^(Ad_i^y
m \ m /
Già si vede che Ad avrà molto più d'influenza
Varietà.' 377
che aiti sull' errore At : e questo verrà ancor più sensibile, se diamo a d , m , de' valori particolari. Ora , tra Roma e Parigi la differenza de' passaggi d è circa oh \ 3o" : tra Roma e Milano 3o\
Sia dunque d= oh t' e prendiamo m~oQ 3o*= — ."
i5° p i° 2
Avremo allora: — = i5° : -- = 30
m 2
e: Adf At = 3o(Ad — o]l 1' -, J
\ o 3o /
O: At=»29Acl — Airi.
(n.a Adesso , anche Ani è tempo sidereo , come Acl e Atl)
Noi contrasteremo , alla prima vista di questo ultimo risultato , si potrebbe giudicare la formola proposta niente vantaggiosa per determinare t con accuratezza , giacche un errore soltanto di 2", sulla differenza osservata d , produrra subito un errore di circa i\ per la differenza t delle longitudini. Ora l'incertezza sulle nostre longitudini respettive , già a poco presso determinate , non eccede alcuni mi- nuti secondi ; sicché questo metodo non ci giove- rebbe nulla.
Ma molto a proposito accade che , con questo metodo più che con verun altro si può determinare la differenza de' passaggi d (cioè l'elemento critico) con una stupenda precisione , e insieme con altret- tanta facilita e sicurezza.
Imperocché l'istante del passaggio al meridiano non solo è iudepeudente dalla reflazione , dalla pa- rallassi , dalla forza del cannocchiale , come anche dalla vista dell' osservatore , e dalla maggiore o mi- nore purità dell' aria ; ma eziandio , si ricava per un mezzo termine da cinque o sette passaggi , il
3^8 Varietà'
cui errore singolare e certamente minore di — ; e
2
la loro regolarità può assicurare contra ogni sba- glio o distrazione.
Già si è notato di sopra ; che spariscono dalla differenza d sì l'ascensione retta delle stelle da com- pararsi colla luna , come Terrore del pendolo , e , quel che sopra lutto giova , una qualche piccola deviazione del cannocchiale meridiamo , sempre dif- fìcile , e spesso ancora impossibile , a schivare o a determinare con sicurezza ; giacché non di rado ac- cade , che poco prima e poco dopo il passaggio della luna , lo stato del cielo non permette l'osser- vazione delle stelle convenienti per questa deter- minazione ; e , mentre si aspetta , già il difetto da determinarsi non è più il medesimo. In questo me- todo però , con una buona e giudiziosa scelta di stelle, poco differenti dalla luna in declinazione principalmente , basta che '1 cannocchiale sia stato regolato da poco tempo sulla mira, e colla livella; i piccoli difetti sopraggiunli poi possono sicuramen- te trascurarsi.
Dopo lutto questo si vede che potrà bene ot- tenersi ogni valore particolare di d scevro di o", i d'errore; e se siansi osservate 4 stelle colla luna , gli errori di segno contrario distruggendosi in par- te , e nel resto essendo ancora attenuati dalla di- visione , non sarà esaggerazione il dire che l'errore
del medio termine sia per riuscire minore di — di
3o
minuto secondo. Dunque il valore di At che si ri- cavava dalla forinola precedente : At=2rjAd — Arci, non sarà maggiore di iu di tempo , e potrà essere molto minore , poiché Arci , attesa l'odierna perfe-
V A R I B T A' 379
zione delle tavole lunari , deve essere anch' essa pic- colissima*
E siccome questa medesima operazione , facen- dosi nell' interiore della specola , da uno solo os- servatore, ec. . . . ec. . . . si può facilmente ripetere io volte ogni mese , e per conseguenza , ogni anno più di 100 volte, quanta precisione e sicurezza pro- durra alla fine un lavoro così facile , e già per se stesso utile a determinare con maggiore esattezza la posizione della luna e delle stelle pigliate per com- parazione, e di molte altre che, nel medesimo tem- po possano offerirsi?
33o
NECROLOGIA
Luigi Valerianì Mulinavi.
.I.inigi Valeriani nacque in Imola il 2 agosto 1758. Suo padre Domenico fu imolese , sua madre Fran- cesca Molinari bagnacavallese : ambi di assai civile condizione. Mancatogli il padre , rimase nella pri- ma fanciullezza in cura alla madre , la quale pe- rocché ereditato avea da' suoi maggiori pingui sostan- ze in Bagnacavallo, ivi stimò ridursi , siccome fece, coli' unico figliuolo. Egli poi mostrando ingegno vi- vace sopra l'età , presto fu messo alle scuole del pubblico , dove studiò la grammatica : indi fu man- dato al collegio de' nobili di Ravenna , né molto dopo al seminario di Faenza , dove studiò assai bene la rettorica : da ultimo a Roma , dove fon- datosi prima nelle matematiche applicò al gius ci- vile e canonico, ed ebbe laurea nella Sapienza. In- tanto non tralasciò di erudirsi nelle cose di anti- chità, e massime nelle lingue greca ed ebraica. Tor- nato a casa pei richiami della madre , che già si sentiva mancare , prestò al comune di Bagnacavallo l'opera sua presiedendo più volte agli esami annuali de' giovani del ginnasio , i quali colle parole e più coli' esempio incuorava ad ornarsi di belle virtù e di dottrina. Ed essendo già io fama di savio, ai i3 di dicembre 1797 ^u cniaraato a Milano nel corpo le-
Necrologia 38 i
gislativo per rappresentarvi il comune medesimo : ivi fatto del numero degli oratori procurò, per quanu to potevasi in tanta difficolta di tempi , di giovare alla patria carissima ; che tale soleva chiamare Ba- gnacavallo , avendo per fino voluto aggiugnere il cognome della madre a quello dei padre. Fu anche a Lione per que' comizj ; ma più che ad altro , parve fatto alla quiete degli studi : laonde con de- creto dei a5 di dicembre 1802 fu eletto professore di economia pubblica nell' università di Bologna : indi ascritto al collegio elettorale dei dotti pel dipar- timento del Reno. Ma sopra lutto ebbe a cuore la cattedra , la quale egli sostenne con molto onore cinque e più lustri : né volle lasciare Bologna co- mecché invitato a Roma più volte dallo stesso pon- tefice Pio VII di gloriosa memoria. Le opere da lui poste in luce , per quanto è a nostra notizia , sono le seguenti :
1 Opuscolo di Plutar-
co sul vero amico, in 8° Roma 1796.
2 Avvertimenti a De-
monico d'Isocrate, in 8° Bologna i8o4«
3 Lezione inaugurale
di pubblica eco- nomia .... in 8° ivi jSozJ.
4 Del prezzo delle co-
se tutte mercata- bili
5 Delle misure d'ogni
sorta ....
6 Discorsi di pubbli-
ca economia . .
7 Discorsi degli ora-
tori consiglieri di
in 8° |
ivi |
1806. |
in iG° |
ivi |
1807. |
in 8° |
ivi |
1809. |
38a Necrologia
stato sul codice di commercio . . ♦ in 8° ivi 1810.
8 Dell' indole della
speranza e del ti- more in 8° ivi 1810.
9 Operette concernen-
ti la pubblica eco- nomia , Tomo I. . in 8° ivi i8i5. io Apologia della for- mula p=- — . . in 8° ivi 1816. o
1 1 Discorso apologeti-
co ec. ec. . . . in 8° ivi 18 17.
12 Ragionamento sul-
la giustizia distri- butiva e sulla com- mutativa ... in 8° Firenze 18 17.
i3 Sull* agostaro di Fe- derico II ec. ec. Voi. 3 in 4° Bologna 1819-21-22.
14 Dei cambi. Trattato, in 8° ivi 1823.
j5 Operette. Tomo II. in 8° ivi 1824.
16 Saggio di erotemi su quella parte del gius delle genti e pubblico che dice- si pubblica econo- mia ec. Parte I, II, e III in 8° ivi 1825-2G-27.
La parenesi d'Isocrate a Demonico fu ristampata in Lugo , non ha molti anni , per cura dell' egregio avvocato Luigi Ferrucci , che ai costumati giovani raccomandandola la disse „ renduta in italiano non „ men proprio che elegante da uno de' più chiari
Necrologia 383
„ spiriti non pur di Romagna , ma d'Italia e del ,, mondo. „ Como nell'edizione di Bologna, che ab- biamo citata , vi è posto innanzi l'avvertimento cri- tico del traduttore , dove si tocca per incidenza , ma con fino giudizio, del miglior metodo d'istru- zione nelle prime scuole. Negli erotemi poi, cioè in que' dialoghi , dove il dotto professore veniva svol- gendo a' suoi uditori le lezioni di pubblica econo- mia , e prima nel tomo II delle operette , è bello vedere tradotti da lui alcuni salmi col fine „ di far ,, gustare i ritmi degli stessi originali , tessuti di „ versi affatto consimili a' nostri ritmici , e di tan- ,, te altre nazioni non che moderne , ma antichissi- „ me, fra i quali (egli dice) avvi per fino il verso ,, politico de' greci , l'alessandrino francese od ingle- „ se , e martellano nostro ; che anzi questo , che „ qualunque altro minore endecasillabo , decasi Ila- „ bo , novenario , ottonario , settenario ec. che per „ lo più servono di versi epodici allo stesso mag- ,, giore ,, (Erot. P. I pag. 63). Cosi lo studio de' sal- mi fu tra i più cari ricreamenli di quel grad"' uomo; ma nelle cose di pubblica economia potè giovare singolarmente l'universale. La Biblioteca Italiana ben diretta dall'Acerbi toccò già l'apologia della formu- la p =5 — . sostenuta dal Valeriani Molinari contro o
gli attacchi del Gioja : e non sapendo come deci- dersi a favore di quest'ultimo, stimò di lasciare la questione indecisa. Anche il Giornale Arcadico toccò alcuna cosa del Valeriani Molinari verso il fine del Prospetto delle scienze economiche offerto dal Bo- sellini. Ma mentre di tante cose di minore impor- tanza parlano tutto giorno i fogli letterarj e scien- tifici , di molte e gravissime del Valeriani Molinari si tacquero : di che le ragioni sono due principale
384 Necrologia.
mente : la prima , che il degno autore facendo delle sue produzioni tirar solo poche copie per suo con- to, e pochissime dispensandone, alle mani de' gior- nalisti o non venivano o venivano troppo tardi : la seconda , che se qualcuno giungeva pure alla luce di pieno giorno , niuno stimava si da tanto di fis- sarvi per entro sicuramente lo sguardo. Cosi al Va- leriani Molinari toccò finora la sorte del Vico , pro- fondo ingegno , che nelle cose di metafisica noi ita- liani dimentichiamo per correr dietro a' sistemi di ollremonte forse più speciosi che solidi , i quali a guisa di fuochi fatui sorgono e sono spenti. Del resto le cose edite del Valeri ani Molinari tratte dal seno si delle matematiche si della giurisprudenza , e piene in tutto di quella filosofia , che per varia- re di tempi o di opinioni non cade, dureranno; an- zi cogli anni più e più splenderanno , e certamente quando delle scienze economiche vorrà fermarsi la lingua , e venire di esse non alla scorza , al mi- dollo. Quanto alle inedite si può sperare , che non saranno defraudate della luce della stampa. Ad ogni modo la memoria dell' uomo egregio nella schiera degli economisti in Italia e fuori vivrà: e, più che in altre citta , in Imola in Bagnacavallo e nella dot- ta Bologna. Le due prime ricorderanno egualmente il beneficio di mille e più scudi disposti dall'ottimo cittadino per la scuola comunale di aritmetica di algebra e geometria : l'ultima ricorderà dippiù il titolo di erede universale , di che fu onorata ; e quindi la scuola del disegno in quanto serve più dappresso alle arti meccaniche arricchita di un fon- do di quattro mila e più scudi ; e cosi nuovi archi nella via della Certosa mediante un altro fondo di diecimila e più scudi : ricorderà poi sempre i consi- gli di un savio , che sedette assai degnamente per
Necrologia 3 85
tanti anni nel suo senato, Quanto agli altri molti beneficati da lui , non sarà mai che lo dimentichi- no; certo lo avrà sempre in mente ed in cuore quel giovine di buono ingegno e di belle speranze, Giam- matteo Annidimi di Bagnacavallo , suo congiunto , al quale sotto vincolo di fideicommisso il lodato pro- fessore legò tutto che in fondi teneva di materno retaggio in quel comune. Quanto ai degnissimi col- leghi ed amici di lui ( tra i quali quel chiaro spi- rito del professor Magistrini merita la prima lode ) avranno sempre Cara ed onorata la memoria di un uomo | che con dolore videro mancare alla univer- sità di Bologua , anzi ali* Italia , il giorno 27 set- tembre di quest*anno 1828: in cui, ricevuti tutti i conforti della cattolica religione ,] nel bacio del Si- gnore spirò. E quell'ottimo cuore dell* avvocato Fi- lippo Leone de' conti Ercolani di Bagnacavallo , il quale in quegli estremi e dopo fu tanto pietoso all' illustre concittadino e maestro , avrà sempre pre- sente 1' immagine di lui , e nel petto a' suoi degni figliuoli depositandola la manderà ai futuri per ac- cendere il freddo secolo nelF amore della verace sa- pienza.
Domenico Vaccolini.
G.A.T.X.L.
Errata Corrige del tomo XXXIX. NelV articolo del Lainpredi.
pag. a5y. lin. 32. prestò presti.
a58. lin. 8. Pozzo di Borgo ..... Pozza Sorgo.
NeW articolo del Betti.
pag. 268. lin. 24- abbreviatare .... abbreviature
268. lin. 8. grand' ella quand' ella.
272. lin. 14. questa altra .... quest' altra
2j4« lin- i5. da assai ..... d'assai.
IVeir articolo del Vaccolìni.
pag. 3 1 a. lin. 12. i3. in ciascuno numero . in ciascuno.
317. lin. 25. 26, aggiungeremo .... aggiungeremmo.
lin. 26. già ...... già.
3«8. lin. 17. suole scuole.
Errata Corrige del tomo XL.
Neil'' articolo del dott. Cappelli
pag. rij^nota lin. 8. ripristinate ripristinati
id. id. in un
id. 9. Valentiniani Ventiniani
387
INDICE
DEGLI ARTICOLI CONTENUTI NEL TOM. XL DEL GIORNALE ARCADICO.
SCIENZE
Pian ci ani , Della elettricità eccitata dal con"
tatto p. 3
Lampredi , Teorica delle parallele d'Euclide, p* 19 Goldoni , $«//' infiammazione » • • . 9 p. 2G Burrow , Elementi di conchigliologia volga- rizzati dal Baldassini . . . . . . ^?. 61
Sorgoni , Osservazioni sulle febbri periodiche, p. 74 Cappello , Nuovo fenomeno geologico al Gran
Sasso d'Italia P- 92
De-Rossì , Vicende morbose nelle quali fu necessaria ed utile una profusione di san- gue ec p. 123
Merriman •, Varie specie di difficoltà del par- to ec p. i39
Curiosità subacquee • . . p. i47
Camilli , applicabilità del vapore delle acque termali al movimento di macchine opifi-
ciarie p. ifa
Martucci , Stato del commercio di Cantori col- le nazioni estere. p. i55
LETTERATURA
Balde Ili , Viaggi di Marco Polo illustrati, p. 1G7 Borghesi , Osservazioni numismatiche ( deca- de XVI.) p. 180
3B8
SS. Niceta et Paulinus , seri pia ex vaticani s
codicibus edita ab A. Mano ec> . . p. 204
Mancini , Georgiche di Virgilio tradotte, p. 209
Inghirami , Lettere di etnisca erudizione» p. 21 5
Vermiglioli , /?*' alcuni scritti inediti di Lo- dovico Carbone ferrarese p. 224
Montanari , Esame critico di alcune recenti
poesie italiane {continuazione) .../;. 234
Vaccolini , Delle lodi di Giuseppe Doma. p. 255
Manzi , Volgarizzamento dell* orazione di Pe- ricle recata da Tucidide />. 265
Odescalchi , Descrizione di un piccolo viag-
gio a Frascati p. 274
Costa , Properzia de* Rossi rappresentazione
tragica p» 280
Santucci , Le prime quattro odi di Orazio tra- dotte p. ag4
ARTI. BELLE ARTI
Pingileoni, /ritorno una sacra Jami glia dipin- ta da Filippo Agricola p. 3o8
Pittura a fresco - Pietro Paolotti * . . . p. 3 17
Varietà.
Necrologia di Luigi Valeriani Molinari . p> 38o
l'avole meteorologiche.
NIHIL OBSTAT Abb. D. Paulus Delsignore Cens. Theol.
NIHIL OBSTAT
Petrus Lupi Med. Golleg.
NIHIL OBSTAT Lauretus Santucci Cens. Philolog.
IMPRIMATUR Fr. Dom. Buttaoni Orci. Prasd. Rev. Mag. S. P- A. Socius.
IMPRIMATUR
Joseph Della Porta Patr. Constantinop» Vicesgerens.
Osservazioni |
Meteorologiche |
. ){ Collegio Romano Ottobi |
•e 1828. |
|||||
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