ff. ìlQk- GIORNALE * ARCADICO DI SCIENZE \ LETTERE , ED ARTI TOMO XLIF. OTTOBRE, NOVEMBRE, E DICEMBRE MDGCCXXIX. IJZ7 ROMA NELLA STAMPERIA DEL GIORNALE P IV E S S O ANTONIO E O V L Z A L K R Con licenza de Superiori. 1829. SCIENZE Relazione dello sperimento della, scala , ossia del nuovo metodo per misurare la disturna del sole dalla terra. solo oggetto di dar compimento all' opera , es- sendo io venuto allo sperimento del nuovo metodo da me inventato per rilevare' la distanza del sole dalla terra , già inserito nel Giornale Arcadico dello scorso anno, ne ho avuto il seguente risultalo. Impiegata l'oc- corrente scala, formata con due piccoli regoli fissati in una tavoletta , alla distanza fra loro di un palmo , e altrettanto d'altezza; ove siano conficcate piccole bollette , in egualissima distanza fra loro , e questa alquanto minore di due minuti di passetto romano , nelle quali bollette si devono avvolgere i fili di ot- tone , ossia corde da cembalo , destinali a forma- re i vani di detta scala ; accostato il micrometro al di dietro di essa , alquanto elevato dalla tavo- la , acciò resti libero il traguardo della medesima , il cui livello è necessario osservare per ritrovare il punto , ove si è principiata l'operazione : disco- stata quindi dall' occhio , finche i di lei vani si adat- tino esattamente alla grandezza del disco solare , che potrà essere la distanza di circa sei palmi ; e ret- tificala la linea obbliqua , che forma il sole nel tra- 1* 4 SclENKE scorrere la scala ; ho osservato , che in una mezz' ora d'orologio lia egli sormontato vani quattordici , che moltiplicati per le intiere ventiquattro ore , in cui il sole compisce il suo circolo apparente intor- no la terra , fanno la somma di vani seicento set- tantadue. Cosicché al diametro di detto circolo com- peterebbero vani duecento ventiquattro ; nella cui meta essendo situata la terra , e corrispondendo ogni vano ad un disco solare , ne risulta , che la terra è discosta dal sole cento dodici dei diametri di lui , messi in linea. Gli astronomi attribuiscono all' altezza di detto metro miglia romane ottocento settantamila ; onde i detti centododici diametri faranno la somma di no- rantasette milioni, quattro cento quaranta mila mi- glia : che è la distanza, che secondo il presente, me- todo si frappone fra il sole e la terra. Le distanze fin qui ricavate col mezzo della paratassi varia- no molto fra loro ; il che fa conoscere , che quel metodo , oltre essere scomodissimo , è insieme assai complicato. Stando però al calcolo del sig. Biot , questi conta la distanza suddetta in trentacinque milioni di leghe , che formano circa centocinque mi- lioni di miglia romane r il che supera la recente somma in sette milioni , e cinque cento sessanta mi- la miglia. Trattandosi però di calcoli di mera apros- simazione, ed ammettendo qualche divario sia d'oro- logio , sia del computo delle tante mezze ore com- prese nell'operazione, la differenza non è molto no- tabile. Qui potrebbe aversi l'objezione , che dicesi ri- sultare da varie osservazioni, cioè che il disco sola- re neir inverno apparisca più grande , di quello che sia «eli' estate: dal che si deduce, che la terra in ta- le stagione sia al sole più vicina : e per consegue,» MlSunA DELLA DISTANZA DEL SOLE 5 %& il di lei giro annuo intorno al detto pianeta non sia sferico, ma ovale, ed dittico, cosicché non possa fissarsene la distanza sempre la stessa. Per rilevare la sussistenza di questo fatto , basterebbe applicare la scala soprindicata ; poiché se il disco in estate apparisce più piccolo , per adattarlo ai di lei vani occorrerà ex. gr. discostarla dall'occhio palmi sei; ed il sole sormonterà nella mezz' ora vani quattordici ; e se è più grande nelF inverno , basterà la distanza di soli palmi cinque ; ed il sole in vece di vani quat- tordici , ne sormonterà solamente dodici ; e questo divario indicherà , se veramente la cosa sussiste. Ma anche lo sia : occorre poi esaminare , se questa mag- gior grandezza nasca da un reale avvicinamento dei due pianeti fra loro , ovvero se sia meramente appa- rente , e causata da qualche circostanza. Por ricusa- re il primo caso si possono addurre delle buone ra» gioni ; ed altrettante più forti per ammettere il se- condo. E rapporto alle prime , esclusive del detto av- vicinamento , potrà dirsi , che volendosi spiegare il maraviglioso ordine di tutte le cose create con ra- gioni filosofiche, ed a ciascuna attribuire una cau- sa seconda che la diriga , dovremo ammettere , che la nota forza di atrazione ed espulsione sia quella ? che muova , diriga, e contenga i pianeti e loro sa- telliti nelle loro respetti ve sfere. Ciò posto , e non sarebbe inconveniente il credere , che la sola terra non ne sia regolata ? e che questa forza per essa or sia maggiore , or minore , onde ora si accosti , ora si allontani dal sole ? Se quando e la fredda stagio- ne , lo fosse per l'intiero globo , potremmo imma- ginare , che la divina misericordia avesse fatto una eccezione per diminuire ai viventi l'annesso incomo- do; ma mentre alcune regioni hanno il verno, avendo le altre l'estate , e quel che gioverebbe alle une , d Scienze nuocerebbe alle altre , questa immaginativa non può aver più luogo ; e dovremo conchiuderc , die am^ messa la forza d'espulsione fra' pianeti , questa operi. in tutti con lo stesso grado , per cui la terra resti allontanata dal sole sempre nell' istessa distanza. Ovvero , ristringendo l'opera delle cause secoli* de ai soli oggetti inerenti al nostro globo , voglia- mo in tutto il restante delle maraviglie celesti rico- noscere il solo ordine stabilito, e retto dall'onnipo- tenza della prima causa ; ed ancora in questo caso non sarà inconveniente il supporre destinalo dalla di- vina sapienza alla terra un giro intorno al sole ir- regolare , invece dello sferico perfetto ? Noi vedia- mo quanto essa in tutti i corpi celesti abbia usato di questa figura. Sferica è la mole del sole ; di figu- ra sferica le stelle , i pianeti , la luna ; e ben co- nosciamo , che detta figura include tutte le perfez- zioni ; onde anche sferico dobbiamo supporre il cir- colo che scorre la terra e gli altri pianeti intorno al sole; cosicché, se nell'inverno il sole apparisce più grande , dobbiam dire, che ciò non proceda da un av- vicinamento cagionato da irregolarità di sfera, ma da altre cause , di cui in appresso. Ed in fatti evi- denti sono le ragioni , per cui , se sussiste quanto si è detto , dobbiam dire , che tale grandezza non è vera e reale , ma solamente alterata. Queste ragioni si riducono alla maggiore umidita di cui è imbevuto il nostro atmosfera nella stagione d'inverno , e ad una più gran quantità di detto atmosfera, che i rag- gi solari devono trapassare in detta stagione prima di giungere a noi. Quanto influiscano queste due cause ad alterare l'aspetto del sole , lo vediamo nel di lui tramontare in alcune serate chiare, ma umide, an- che in estate , in cni , spogliato de' raggi , apparendo di mole stragrande , si tuffa nel mare. ^ scanso di Misura, della distanza del sole j questo inconveniente , l'operazione della scala deve farsi ne' mesi estivi, e quando il sole è sufficiente- mente elevato. Alcuni mesi dopo publicato il Giornale Arca- dico dello scorso anno , in cui era inserito il mio ritrovato di cui si tratta , si lesse ne' fogli di Pa- rigi che una persona si era presentata alla camera di quella citta , chiedendo un premio per aver ri- trovato il modo di misurare la distanza del sole dalla terra , e che si deputasse una commissione per esa- minarlo. Sarebbe mai questa una terza invenzione in una scienza, nella quale per tanti secoli appena se n'era ritrovata una , cos'i scabrosa e complicata ; ovvero sarebbe questa slessa , della quale avendo quel francese avuto notizia , volesse profittare per godere il premio ? Certamente , che olire il tempo più che sufficiente a poter leggersi in Parigi il detto giornale , io da molti anni indietro aveva comuni- cato la mia invenzione ad un concittadino, che sta- va in Bologna, acciò o ivi o in Parigi, ove sapevo che aveva delle relazioni , la facesse provare : men- tre non volevo pubblicarla se non esaminata, e non 'sapevo a chi dirigermi. Può dunque essere, che es- sa sia girata in più mani, e finalmente capitala an- che in quelle del francese. Comunque siasi , se mai fosse questa stessa, ecco , che senza richiesta di pre- mi , che o non mai o difficilmente s'ottengono , io l'ho resa nota ; protestandomi bensì , che qlial sem- plice dilettante la sottopongo al più sano giudizio (de1 professoii. Domenico Calakdrelli-. «or Osservazioni medico-pratiche siili* angina, del dott. Anselo Sorsoni medico condotto nella città d'Ar- ti o cevia- LI analisi de' fatti, che tanta perfezione ha prodot- to in ogni ramo scientifico , oggi si ritiene ancora nelle cose mediche qual mezzo sicuro , onde ricono- scere la moltitudine estesa de' tanti diversi sintomi morbosi in relazione alle loro immediate cagioni. Fu l'analisi, che fece rilevare a' medici come in tante malattie le stesse forme morbose possono essere gli effetti di vari morbosi processi dipendenti in ori- gine dalle medesime remote cagioni ; e per con- trario come dalle medesime cagioni remote le tante volte si sviluppano processi della stessa natura , che si esprimono con forme diverse di malattia. Quindi come conseguenza di ciò si conobbe quale e quanto vantaggio consegui l'amministrazione di que' mezzi , che l'arte ci dimostra atti a vincere le alterazioni dell'organismo. Questa medesima analisi fece pure ri- levare a me nel mio clinico esercizio la verità delle suddette massime in molte malattie , ed attualmente nella forma anginosa , che non sempre mi è sembrata riferibile al medesimo processo di alterata organica mistione, quantunque dipendente in origine dalle stes- se cause remote , e per conseguenza non sempre cu- rabile collo stesso metodo curativo , come si potrà rilevare dalle osservazioni , che sono per esporre. Ne' mesi di aprile, maggio , e giugno di quest' an- no 1839, mentre l'atmosfera è stata incostantissima , presso Castelplanio di Jesi e paesi limitrofi si è svi- OaSEttVAZIONI suil' angina 9 hippata l'angina in un gran numero Si soggetti. Que- sto morbo sebbene si manifestasse con que' sintomi , ohe indicano un impegno deciso nella gola o nelle vicine parti , pure in tutto il tempo che si è pre- sentato ha mostrato tale modificazione da non poter- si ritenere per siffatta modificazione come malattia unica riferibile alla varia organizzazione delle parti , nelle quali il morbo si sviluppava, mentre nel mo- do stesso egli era a notarsi ancora quando faceva sede in un solo punto. E veramente all'eccezione del dolore nella gola o sulle vicine parti, che era costan- te in tutti casi , gli altri sintomi erano incostantis- simi. Il rossore alla gola in qualche soggetto si ri- scontrava unito a tutti gli altri segni di decisa flo- gosi , in molti altri però non appariva di sorte al- cuna : la tumefazione ora si presentava con rossore , . ma nella maggior parte delle volte senza di que- sto. Cosi la diincolta della loquela , o di respirare e di deglutire , che certe volte percorreva quel perio- do di alterazione relativo all' andamento di una flo- gosi , molte altre volte non aveva affatto un periodo determinato , ma in un giorno era massima , ed in altro giorno era totalmente dissipata , quindi o ri- compariva con più o meno forza , o mai più non mole- stava l'infermo: così pure la febbre in alcuni casi era continua continente , in molti però non aveva al- cun determinato periodo , tanto le remissioni quanto le esacerbazioni erano irregolari. Era pure a notarsi lo stato generale dell' infermo : mentre in varj casi l'affezione alla gola o nelle vicine parti si presenta- va immediatamente all'azione delle cause morbose, ma nella maggior parte de' casi si sviluppava dopo essere stato vessato il paziente da dolore di capo o di altre parti. Questo morbo ne' vai j soggetti svi- luppato non in tutti aveva la medesima terni inazio- 10 S C I K N 7, K ne : qualche volta dopo un periodo ili sei o sette giorni risolveva con abbondante secrezione linfare, oppure passava all'esito di suppurazione; quasi sem- pre poi dopo un periodo maggior dell' indicato si risolveva con abbondante sudore , secondo o le cir- costanze atmosferiche , o la varia suscettività indivi- duale , con molta secrezione orinarla , o con profuse alvine evacuazioni- Pi i assume n do e dando un ordine a tutti gì' in- dicati sintomi, essi si possono ridurre a dolore, ros- sore , tumefazione nella gola o nelle vicine parti con difiìcolta di loquela , o di rispirare , e di deglutire , e con febbre : sintorni lutti in qualche caso d'un pe- riodo costante e determinato , in molti casi incostan- te ed indeterminato , ed aventi fine con esito diverso. 11 qual complesso di sintomi sembra sufficiente a ca- ratterizzare l'angina , quando per questo morbo Vo- glia intendersi quell' alterazione nelle fauci , che vien definita da' nosologi , e specialmente da Gullen , nei seguente modo : ,, Pyrexia aliquando typhodes , ru- „ bor et dolor faucium , deglutilio et spiratio dif- „ iìcilis , cum augustìae in faucibus sensu. „ Ma quantunque riconosciuto questo complesso di sintomi per l'espressione d'un' alterazione alle fauci , perchè riferibile alla organizzazione di tali parli, pure non si ha con ciò tutto quel che si esige onde aver cognizione dell' indole e natura della malattia , da cui emerga come conseguenza il di lei metodo curati- vo. Considerare isolatamente i suddetti sintomi non e altro che considerare un effetto , che tante volte e il risultato di varie cagioni : valutar quest' effetto senza quella relazione ebe ha colle cause , da cui è pf ed otto, è lo stes-o che valutar un fenomeno in una parte sola. In conseguenza per conoscere l'indole dell1 OSSERVÀX/OWS SUL!/ ANGÌÌvA U indicata alterazione conviene esaminarla nel rapporto che ha colle cause morbose. Per esaminar nel detto senso l'alterazione no- minata è di necessita l'indagar le cause morbose, che la produssero. Siiiatte cagioni a me sembra di rinvenirle ne' continui e rapidi cambiamenti atmosfe- rici , che successero ne' mesi di aprile , maggio , e giugno di quest' anno 1829 ne' luoghi sopraccitati congiunti ad una individuale e locale suscettività atta a risentire l'azione morbosa delle atmosferiche tìcìs- situdini. È un fatto generalmente riconosciuto , che queste cause perturbino la funzione esalante della cute e delle membrane mucose: ed è pure un fatto, che da questo perturbamento derivino i dolori va- ganti in varj punti del sistema membranoso , ed il predominio di essi in quelle parti , che più sono su- scettive a risentire l'azione morbosa delle sunnomi- nate cagioni. A ciò succedono la tumefazione della parte dolente molte volte non accompagnata da ros- sore, l'incostanza di questa tumefazione e degli altri Sintomi , l'irregolarità del movimento febbrile, e dopo un certo periodo la risoluzione del ptocesso mor- boso o con abbondante sudore , o con molta secre- zione orinarla , o con alvine evacuazioni. Ora tutti questi sintomi si riscontrarono nella maggior parte de' soggetti , sul cui morbo io parlo , col solo pre- dominio di essi nelle fauci, perchè ivi il dolore par- ticolarmente aveva origine , ivi pure aveva sede la non costante tumefazione, da cui conseguiva la dif- ficolta della loquela, o di deglutire, o di respirare: predominio -, a dir vero , non intelligibile se non si ammette nella membrana mucosa delle fauci de'me- desimi soggetti una suscettività maggiore di quella , che esiste nella stessa membrana delle altre parli , a risentire l'azione morbosa de' continui e rapidi caia- 12 S C I E N « E biaraenti atmosferici. Siccome poi il complesso di lutti questi medesimi sintomi in corrispondenza alle no- minate cagioni costituisce l'affezione reumatica, cosi parmi di poter asserire con qualche fondamento , che nella maggior parte degli anginosi a me presentati nel tempo sopra menzionato si trattasse d'angina reuma- tica. Il qual giudizio venne confermato dal metodo curativo tenuto in questi casi, perchè quello trovai efficace , che si è riconosciuto atto a vincere l'affe- zione reumatica. Il metodo di cura nell' accennata malattia , per quanto a me è sembrato , desumeva la sua indica- zione da quel movimento , o naturale funzione , per cui ristabilivasi l'equilibrio nella funzione esa- lante delle membrane mucose. Cosi quando questo naturai movimento consisteva nel traspiro, io ho tro- vato vantaggiosa l'amministrazione di que' rimedj , che credonsi atti a promuovere la cutanea traspira- zione: per lo che mi sono riuscite efficaci le infusioni teiformi di viole , di sambuco , gli antimoniali ec. Quando invece del traspiro io trovava più copiosa dello stato normale la secrezione delle orine, cercava di secondare questo movimento naturale con quelle sostanze medicamentose, che si riconoscono attive nel promuovere appunto siffatta secrezione ; e perciò tro- vavo vantaggioso il nitro , il carbonato di potassa , ec. Quando invece del traspiro , e della secrezione dell' orina riscontravo le evacuazioni alvine maggiori di quelle che si hanno nello stato di salute , io am- ministrava le sostanze purgative , dalle quali mi pa- reva che risultasse non lieve vantaggio. Quando per la forza del male , o per qnalunque altra causa non abbastanza nota, restava, dirò così, intorpidita cia- scuna delle tre indicate funzioni, per cui non rima- neva palese l'indicazion curativa , io era nella ne- Osservazioni sull'angina i3 cessiti di esplorare nel soggetto, che prendevo a cu- rare, quale delle tre indicate funzioni predominava nello slato sano in forza o di particolare costituzio- ne , o di clima ec. , e quindi dietro siffatto ricono- sciuto predominio io amministrava o sostanze purga- tive , o diuretiche, o diaforetiche; e parvemi un tal metodo curativo riescire efficace. Intorno il qual metodo curativo è a notare, che considerando i rimedj secondo tutt'altro rapporto di- verso da quello , che è in corrispondenza colle tre funzioni sopra nominate, cioè col traspiro, secrezione orinaria , ed alvine evacuazioni , danno succederebbe dall'amministrazione simultanea di quelle sostanze me- dicamentose , alcune delle quali fossero diuretiche, altre purgative, ed altre diaforetiche; poiché cosi ope- rando altro non si farebbe , che turbare quel salu- tar movimento naturale , che tende alla risoluzione del processo morboso. In conseguenza mentre si rin- vile , che la natura tende alla risoluzione della ma- lattia coli' abbondante traspirazione, male si farebbe se si amministrassero sostanze purgative , o diureti- che. Dicasi ciò stesso quando si volesse far uso di rimedj diaforetici nel tempo che la natura tende a risolvere il male o con molta secrezione orinarla, o con abbondanti alvine evacuazioni. E a notar pure , che a questo medesimo meto- do curativo ho dovuto associare il salasso , che nei casi fin qui contemplati se non direttamente , indi- rettamente certo le tante volte riuscì efficacissimo. L'in- dicazione per tal medico presidio io l'ho desunta dal temperamento dell'infermo, dal suo stato pletorico, o da un urtò ne' polsi talvolta conseguente allo slesso processo morboso : il quale stato pletorico od urto ne' polsi in qualche caso impediva il pieno sviluppo di quella funzione , per mezzo della quale la natura i<4 Scienze tendeva alla risoluzione del male; ed iti allora il sa-- lasso facilitava il traspiro, od altra funzione ; e cosV questo mezzo secondava eificacemcnte i naturali mo- vimenti. Ma prudenza somma si esige nell'uso di un tal rimedio nel morbo in discorso , poiché può av- venire , che la deplezione sanguigna portala più ol- tre del bisogno, invece di secondare i movimenti na- turali , perturbi i medesimi, serva cosi d'impedimento alla crisi salutare , ed inasprisca lo stesso morbo. (*) E'applicazione ancora de'vessicanti parvemi di ri- scontrare utile nel morbo in discorso: bisognava però approfittare del momento favorevole , in cui si do- vevano applicare , e riconoscerne esattamente l'indi- cazione. Quando per una causa qualunque si vede- vano torpide le naturali tendenze, e si scorgeva poco o nullo l'effetto di que' rimedj agenti sul generale dell' organismo atti a ristabilir l'equilibrio nel pro- cesso esalante delle membrane mucose col promuovere la diaforesi , o la diuresi , o le alvine evacuazioni , (*) Per antica osse tv azione erasi conosciuto guanto interessante sia al medico il calcolare le naturali ten- denze per- poterle secondare : per cui Ippocrate ebbe a dire : „ Quae ducere oportet , quo maxime natura vergit „ per loca conferentia , eo ducere convenite „ Quindi si rilevò quanto opposte erano a queste massime quelle mo- diche dottrine , che facendo vedere nelle sostanze mo-> dicamentose rapporti diversi da quelli, che sono stati sopraccennati , venivano ad accordare per questi diver- si rapporti f amministrazione simultanea di rimedj dia- foretici , diuretici ec. Insomma lo spirito sistematico avea fatto porre in dimenticanza gV insegnamenti della natii* ra , ed aveva reso il medico seguace dcW opinione e non. più ministro della natura medesima. Osservazioni .suix' angina. ta e quindi si riconosceva tender la malattia ad inte- ramente localizzarsi , ed al cronicismo , allora l'ap- plicazione de'vessicanti riusciva utile , polendosi ri- stabilire anche col loro mezzo l'equilibrio della fun- zione esalante nella parte affetta dal morboso processo. Ma qualunque sia la via , che natura presceglie onde risolvere il processo morboso, e qualunque su il mezzo da tentarsi che secondi le naturali ten- denze , il medico osservatore deve avere sempre in vista quel limite , sorpassato il quale danno s'incon- tra tanto in quegli effetti , che risultano dalle na- turali tendenze, quanto in quelli , che derivano dai medici presidj. Sì questi come quelle devono essere- regolati a tenor di quel principio vitale , per^ cui mantengono le funzioni tutte dell'organismo. (*) Il rapporto de' sintomi colle vicissitudini atmo- sferiche , già accennato relativamente ali' alterazione della funzione esalante della membrana mucosa delie fauci, non sempre parvemi di riscontrare. Qualche caso mi sembrò sottrarsi da siffatto rapporto, avuta con- siderazione tanto a certe qualità de' sintomi medesi- (*) Le tante cure con esito felice fatte da molti pra- tici co" purganti drastici , o cogli antimoniali , o col sa- lasso onde vincere l'affezione reumatica , sembrano ra- gionevoli ed intelligibili dietro le idee emesse sulle na- turati tendenze. Il solo difetto rimarchevole , a cui sog- giacquero i fautori de' drastici e dev salassi , è stato Quello di voler generalizzare troppo un fatto , che ha i suoi limitati confini. Per lo che ì fautori de" drastici hanno erralo , quando hanno stabilito per massima gene- rale il poter curar sempre colle sostanze purgative Vaf- fezion reumatica , perchè molte volte riuscì loro il vin- cerla con siffatti rimedj ; e ndlo stesso errore caddero, quelli, che sostennero di sempre curarla cui salasso* i6 Scienze mi e al loro periodico andamento , quanto al modo loro di risoluzione : quantunque le cause remote co- nosciute fossero a dedursi per le medesime sì in que- sti casi come in quelli sopraccennati. E veramente in alcuni casi il dolore , sempre congiunto alla tume- fazione e rossore della parte affetta , era costante nell* andamento della malattia , ed unitamente agli altri sintomi era proporzionato a'gradi della malattia me- desima. La febbre era continua continente: e quindi dopo il corso di sei o sette giorni il morbo o si ri- solveva con abbondante secrezione linfare , o pas- sava all'esito di suppurazione. In conseguenza di che si manifestarono in questi casi tutti i caratteri d'un processo flogistico. Forse i continui e rapidi cambia- menti atmosferici , specialmente se l'individuo si tro- vasse in istalo di riscaldamento, ed avesse nelle fauci una parlicolar suscettività all' infiammazione , forse i continui e rapidi cambiamenti atmosferici, dissi, potranno aver prodotto nelle fauci tal congestione sanguigna da generar la flogosi. In qualunque modo il fatto si è , che in seguilo delle nominate cagioni tanto per la qualità de' sintomi e per il loro perio- dico andamento , quanto pel modo della loro riso- luzione , si manifestarono in questi casi tutti i se- gni d'un deciso processo flogistico: e per conseguen* za io ritenni , che si dovesse trattare di angina in- fiammatoria. Il qual giudizio mi sembrò esser con- fermato dal trattamento curativo , perchè riuscì van- taggioso quello interamente antiflogistico. E difatti il salasso replicato secondo il biso- gno , l'applicazione delle mignatte al collo , gli era- piastri emollienti , i blandi purgativi , le larghe be- vande acquose , ed una rigorosa dieta , furono i mez- zi curativi impiegati ne' sopraddetti casi: da' quali mezzi si ebbe non dubbio vantaggio. Osservazioni sult/ angina 17 Per le cose fi a qui discorse sembrami potersi con- fermare la distinzione ammessa da molti patologi tra i due processi morbosi reuma ed infiammazione, il primo de' quali costituì , come vedemmo , l'angina reumatica , il secondo la flogistica. Si vide come in seguito alle cause morbose ciascuno di siffatti pro- cessi sia caratterizzato da sintomi particolari , e di un particolar andamento , e da esito diverso in cia- scuno di essi ; si rinvenne che esigevano uri tratta- mento curativo non uguale in ambidue : in conse- guenza parmi , che quivi si avessero que' dati es- senziali , pet- cui si giunge allo scoprimento d'una diversità di processo nelle forme morbose della mol- titudine immensa delle malattie. Parmi pure , che le esposte osservazioni sieno confermate da'sublimi pen- sieri de' celebri Puccinotti , Hildebrand , Hufleland , e di altri molti intorno il reuma; 0 quindi sembrami non andar lungi dal vero il concludere, che la for- ma anginosa non sempre sia riferibile ad un mede- simo processo di alterata organica mistione , quan- tunque dipendente in origine dalle stesse cause re- mote , e per conseguenza non sempre curabile con lo stesso metodo curativo. Della epidemia , che ka dominato in Rimini dati* estate del 1827 air autunno del 1828. Storia ra- gionata del dutt. Luca Frioli. Milano 1829. P ossono senza tema di erràmento dirsi le epidemi- che costituzioni il campo di onore dei valenti me- dici , che sanno renderle prezioso tesoro della scien- za. Si tenne non ha guari discorso della storia del G.A.T .XLIV. 2 i8 Scienze morbo epidemico di Reggio compilata daìP ili. Ber- gonzi : imprendiamo ora a tener ragionamento di un* altra sensatissima scrittura , che per ogni lato non ci sembra inferiore alla medesima. Raffrontando infatti queste due produzioni eccpllenti , veggi amo con pia- cere, che la presente scrittura del Frioli offre in bel- la gara con quella del Bergonzi un modello accura- to , su cui prendere norma e regolamento per imitare gli antichi nella contemplazione ingenua dei morbi epidemici , nel modo di sapere a questi porgere un retto sussidio terapeutico , e nel contegno da tener- si nello scrivere di medici subietti. Che di vero sa«a- ce il Frioli nello investigare le origini del morbo , paziente nel seguirne i successivi augumenti , attento nel rimarcare gli effetti dei farmaci', accorto nel ca- varne le illazioni , felice nella parte istruttiva dimo- strasi per modo , che da tutte queste condizioni emer- ge nel suo opuscolo una congerie di speculazioni utilissime e necessarie ad ogni pratico , che andar non voglia digiuno di quanto costituisce un maggior pregio alle sue facoltà. Esaminiamolo con quella bre« vita, che l'interesse dell' argomento sarà per promet- tere , senza obliare le ragioni del nostro instituto, A scopo di una migliore intelligenza delle cau- se che suscitarono l'epidemia , si fa precedere dal nostro Frioli una maestrevole descrizione topografi- ca della citta di Rimini , dimostrandosi singolarmen- te per essa , che per cagione del periodico soffio «Mio scirocco signoreggiano ivi facilmente le cefa- lee, le anoressie, le reumatalgie, le febbri reuma- tiche , le remittenti , o anche le vere periodiche ; che per essere quella citta marittima esposta ad al- terne mutazioni dei venti del nord e del sud anche più volte nella istessa giornata , vengono i corpi vi- ve» lì a soffrire gli effetti di perturbata regolarità Epidemia^ di Rimini ij> di atmosferica pressione, tanto necessaria ali1 azione normale degl' imponderabili sulla fina organizzazio- ne ; che l'atmosfera di quella città è ordinariamen- te umida , e nella state trovasi pure inquinata di effluvj di mal odore; che insomma per colali indi- gene cagioni nel predominio del nervoso linfatico , o sanguigno linfatico fra i temperamenti , havvi in generale la predisposizione alle malattie provenienti da difettiva organica riparazione , debole pur essen- do nella maggior parte la resistenza vitale. Alla pos- sanza di queste cause indigene, che meritano di es- sere valutate come predisponenti alle malattie atas- siche , conviene aggiugnere i! rilievo di quelle even- tuali cagioni , che vi concorsero ad operare nella macchina animale la diminuzione del giornaliero ri- storo delle sue perdite; aria meno ossigenata, meno elettrica , meno vitale ; cibi meno nutrienti ; vino meno corroborante , azione rilassante dell' umidita , e sudori profusi. Il complesso poi dì cotali esterne circostanze , lo che più ammonta a rimarcarsi , pro- seguì almeno in parte a sussistere sotto il corso della epidemica affezione. Erasi lo sviluppo di questa ri- ferito dal N. A. a quella magistratura sotto il nome di una febbre epidemica con petecchie : e tutti i medici della citta congregati dinanzi a quel patrio consesso f, concordemente deponevano , che già la „ invasa epidemia non aveva risparmiata quasi nem- „ meno una famiglia , ed offrivasi sotto aspetto di ,, febbri (F accesso associate a gravissime complica* „ zioni di nervosa depressione , più terribili nei „, temperamenti cachetici e scorbutici. „ I prodromi sintomi di cotesta morbosità nel 1827, benché varj, ridur si possono „ a pizzicori , torpo- „ ri ai membri , enfiori , e punture alla pelle ed „ alla fronte, interni agitamenti ed ardori:,, colli- 30 S C I E K Z E ■> pativa la febbre per lo più con senso di freddo ai collo dei piedi , ovvero con brividi , quasi venisse strisciato un largo e freddo pannolino sulla pelle. Pre- sentavasi però la febbre nelP anno seguente ora sen- za freddo alcuno , ed ora con un freddo il più in- tenso : ed oltre ai detti pizzicori , punture , torpo- ri ec, , si andava osservando una proteiforme eru- zione , in iscambio della quale , ove non si fosse appalesata, ne tenevano il luogo le nevralgie, gli edemi. „ I malati ( eccone il quadro fenomenologico „ secondo le parole dell' A. ) presi dalla febbre, e „ gettati in letto principalmente per la somma pro- „ strazione di forze , conservavano la posizione supi- „ na , ma con capo e colio grandemente irrequieto. „ Interrogati sui loro in«omodi , si trovavano poco ,, pronti a rispondere , avevano per lo più tumi- „ da e rossa la fronte , gli occhi abbattuti , nuvo- „ losi e , nella maggior parte dei casi , injettati di „ sangue. La lingua , nei casi non molto gravi , era „ coperta di pania biancastra . . . ma nei casi gra- „ vi si faceva ruvida, dura, e di un rosso-scuro „ sui lati , nera sul dorso , ora si rendeva tremola t „ solcata , e si copriva di afte ... La pelle si pre- • „ sentava turgida , arida , ruvida , di colore in qual- „ che caso tendente al plumbeo od al flavo: le estre- „ mita inferiori costantemente si mantenevano al di „ sotto della temperatura del rimanente del corpo , „ con deficienza di senso , ed in qualche caso ri* „ manevano pure più giorni rigide ed immobili. Non „ soleva spiegarsi molto risentita febbre , e seguiva „ ora il tipo di quotidiana doppia intermittente o „ di terzana doppia , ora di quotidiana remittente : „ ma per lo più nei casi gravi la prima febbre an- „ dava a terminare soltanto nella terza giornata dal „ suo ingresso ... I polsi erauo voti , ma la tona- Epidemia di Rimimi 21 „ ca arteriosa non lassa, come d'ordinario nelle pe- ,, riodiche; onde quelli avevano un non so che di „ tensione e resistenza , in vece di offrirsi molli e „ cedevoli ; maniera di ritmo , alla quale credo c!i« t, i medici debbano prestare grandissima attenzione. „ Battevano poi maggiormente le arterie del capii „ che dei carpi. Declinata , o cessata la febbre , 1 „ polsi rimanevano deboli ed umili ... La declina- „ zione della febbre ora si faceva con copioso acqueo „ sudore , ed ora con sudori scarsi , viscosi, e fred- „ dicci : in generale i sudori non si facevano per ,, tutto il corpo caldi e spessi , che dopo aver da- ,, ta al malato sufficiente dose di china . Qualche „ fiata i sudori sono stati fetentissimi , ed in que- „ sta circostanza invischiavano di fosche macchie i „ pannolini. Le orine erano qualche volta pallide , „ ma il generale loro carattere era di avere con- „ sistenza di miele allungato Dell' acqua , di un co- „ lore di rosso di rame , o simile a quello del mie- „ le: in qualche caso sono state fuliginose e feten- „ tissime : giammai io le osservai con sedimento la- „ terizio , ma bensì con nubecola al terzo giorno, „ specialmente se il malato aveva presa la china t or- „ diariamente davano un pò di prudore. La suddet- „ ta densità delle orine fu tanto propria di questa „ malattia, che io la riguardava come segno pato- „ gnomonico: e sovente esso bastonimi a scoprire la „ natura larvata di tale infermità. Terminata la pri- „ ma febbre flaccidissime e consunte rimanevano le ,, carni , per cui ben chiaro appariva succedere sot- „ to alla febbre una sollecita vistosa perdita di ani- „ male sostanzia. Ho avuto moltissimi malati , nei quali ,. venivano presi particolarmente alcuni visceri da sin- „ tomi di flogosi . . . Frequenti poi sono state le ,, flussioni alle parti esterne. Frequentissimamente ho $2 Scienze „ veduto le petecchie , specialmente nei febbricitanti „ dell' anno 1827 . . . Nei febbricitanti poi del cor^ „ rente anno si andò vedendo più di frequente in „ primavera la migliare , la scarlattina , l'orticaria , „ o si videro circoscritte rossastre suffusioni edema- ,, tose . . . Coli' avvicinarsi dalle state sonosi di nuo- ,, vo fatte vedere le petecchie , o sole od unite a ,, dette efflorescenze; ma tanto le petecchie, quanto „ che scarlattina, la migliare, l'orticaria ec, riscon- „ travansi anche senza febbre , tenendo per altro ,, un tipo periodico , e recidivando egualmente che „ le febbri . . . Ciò poi che in questa malattia mag- „ giormente colpiva la comune attenzione , era la ,, spasmodia , la quale in più malati destava cru- „ ciati tali da occasionare cordogli ed angustie an- 1, che nei parenti ed astanti. Né meno spaventevole ,, fu pure la cancrena e la carie , che in alcuni mi- „ lati formavasi sotto il corso della febbre, e li por- ,, tava a misero fine. ,, Or di quest' ultima foggia di esito favellando l'A. , ne trascrive la istoria di cinque individui , fra' quali un solo scampò la morte, conseguenza de' processi gangrenosi che prestamente si estendevano e rendevansi mortali. Ciocché fuvvi di rimarchevo- le nella necroscopia si è la presenza di molte bol- le gazose nei vasi sanguigni ; carie e necrosi del- le ossa della mandibola superiore o dell' orbita ; di color plumbeo le ossa del cranio , ed infarcite di una straordinaria quantità di siero , e poco di que- sto pur contenevasi nei ventricoli del cervello. Al- quanto indurita sembrò la midolla spinale ; ma ne in questa , né nei suoi involucri apparve alcun ben- ché lieve segno di sofferta infiammazione ; bianche anzi scorgovansi oltre il consueto ; in istato sanis- simo si rinvennero i visceri dell'addome e del petto. EPIDEMIA DI RlMJM 3$ Quasi mai non si notarono tracce di flogosi in al* fctin viscere; sangue piuttosto disciolto 4 e talora an- che rarefatto , per ciò che almeno pareva alla vista. Il trattamento terapeutico tenuto dal N. A con- tro questa epidemica infermità facevasi consistere prin- cipalmente nella sollecita amministrazione della chi- na china , ancorché la febbre presentasse tipo di con- tinua. Divideva egli un' oncia della medesima con- tenente otto grani di solfato di chinina in otto par- ti pei casi leggieri , in sei pe' gravi , ed in quat- tro pei gravissimi , facendone prendere la prima do- se al cadere del calor febbrile. E guai dose venivo, a consumarsene per due o tre giorni , e raro si era il caso in cui vinta non rimanesse la malattia pri- ma del terzo accesso. Andavasi poi diminuendo l'an- tifebbrile in modo , che una sola carlina se ne pro- pinava in ogni terzo giorno onde prevenire la reci- diva» Si evitavano le sanguigne , ed al più possi*» bile le purghe intestinali ; aggiugnevasi al più una discreta dose di rabarbaro o di magnesia calcinata alla china sotto la prima amministrazione , ove in- dispensabile occorreva il caso di liberare il ventre sollecitamente dalle indebite zavorre. La china , e non i sali purganti , rendeva obbediente il ventre : la china toglieva la nausea , il dolore di stomaco , ed anche l'interno ardore : la china e non i salassi scioglieva le flussioni ed i turgori sì esterni si vi- scerali ; e la decozione istessa di china valeva per estinguere la sete. Inibiti erano i vegetabili tutti» la limonata , ed anco il caffè : al vino , alla china ed all' oppio cedevano i vomiti insorti per l'uso dei primi, i dolori addominali, la pirosi , e la diarrea. Né dalla propinazione della china-china astenevasi l'A. o pel tipo subcontinuo della febbre i o perchè questa contasse già l'epoca di più settimane ; se non che per 24 S C I I N ì I UQ pajo di giorni vaniva quel farmaco proscritto iti decozione, e poscia in sostanza. Nò cambiavasi cotal terapia , ove offerto si fosse il morbo senza febbre , ma sotto il semplice aspetto di spasmodia, di flussio- ne , o di cutanea eruzione; e con la china fin anche esibita in minor dose, ed associata al ferro , combat- tevansi i reliquali del morbo. ,, La dieta consisteva „ d'ordinario in cioccolatte mattina e sera', uova sor- ,, bite , zuppe , e a volta a volta qualche crostino „ di pane intriso nel vino. In narrabile poi e l'an- ,, sieta colla quale i bambini chiedevano istantemen- ,, te il vino , dal quale tuli' i malati traevano pron- „ to ristoro , dove che le bevande rinfrescati ve e ,, le soluzioni saline facilmente destavano la nausea ,, ed il vomito. „ Un siffatto metodo di curativo governo videsi Coronato dai più segnalati successi : cosicché fra un migliaio d'infermi per tal modo trat- tati riferisce il N. A. non averne perduti che un- dici. Aggiugne egli per altro , che nei fanciulli nei quali era negletta ogni eura , massime presso quel- li del volgo , avvenne una mortalità uguale a quel- la, che per lo addietro osservavasi prodotta dal vajuo- lo arabo. Tanto era grave il morbo ; ma facile pe- rò nel tempo stesso e pronta n'era la guarigione sotto il riferito metodo di non dubbia utilità , ben- ché talvolta occorresse in varia guisa moderarlo , ove l'affezione men semplice si presentasse varia- mente modificata o complicata. Lungamente dispo- sti a recidive rimanevano gì' individui : ma un tale stato veniva pur combattuto utilmente con oppor- tuno uso della china a maniera di preservativo. L'in* tiero complesso di siffatte terapeutiche dottrine, non che de!P enunciato fenomenologico andamento, viene ampiamente confermato con un dovizioso numero d'istorie , che al num.° di 56 vi si aggiungono a Epidemia &j RiminI ^5 dimostrazione altresì dell' aspetto più generale del morbo e della condizione dal più lieve al più alto grado dell' affezione. Per mezzo di queste esattissi- me narrazioni emerge ad evidenza la natura e la gravezza varia del morbo stesso , sotto la influen- za del quale non fuvvi quasi organo , su cui non si esercitasse la influenza sua : o fenomeno che non valesse a suscitarsi anche nel suo più ordinario an- damento. Cosi sotto forme molteplici e svariate ascon- devasi sempre uno stesso nemico, che bastava co- noscersi perchè si potesse conquidere. Ora infatti , siccome dalle riferite istorie apparisce , manifesta- Vasi sotto forma di più o meno atroci dolori ai lombi, agi" ippocondrii o alle regioni iliache ed epi- gastrica , ora sotto forma di delirio, di convulsioni , di dispnea , di escreato sanguigno , di pleuralgia , ora di anasarca , di tumefazione, d'induramento delle estremità inferiori. E solevano i valetudinarii esser presi con furiosa violenza in quell' organo che in minor tono di salute trovavasi costituito : onde si videro sintomi di apoplessia in quelli che altre voi» te erano a questa soggiaciuti ; quelli di pleuritide in chi avea patito mali di petto ; di nefritide nei cal- colosi , di peritonitide nelle gravide o puerpere. Ca- devano altresì facilmente in quel morbo i salassati , ancorché ciò fosse avvenuto per giusta indicazione , e quelli che abusarono dei purganti ; che anzi il si- lo uso dei vegetabili era sufficiente a far incontrare qualche forma dell' epidemica affezione. Non sempre però il morbo epidemico tracciò un costante andamento ; soggiacque esso bensì a diverse anomalie, e vestì pur varie forme ora di nevrosi, ora di esantemi, ed ora di flussioni; e sotto questo tri- plice aspetto rilioviamone ora col N. A. le sem- bianze. L'aspetto dei morbosi fenomeni , da cui ven- 5G SctEJfZB nero certe nevralgie accompagnate , sembrava quasi non appartenere ad affezione piretica. Era in alcuni inesprimibile la violenza dei colici dolori ; era tale in altri l'ottusità del tatto , che giunse al grado di togliere al malato il senso di se stesso ; talora fuvvi invece difficoltà di reggere i movimenti fino alla più assoluta impossibilità, congiunta pur anche colla de- ficienza della vascolare reazione. Altra presentossi una convulsione tonica in maniera da simulare il tetano: ebbe anche ad osservarsi la costante perfrigerazione degl'infermi poco meno che quella di una vera algida; e rimarcossi specialmente nei bambini uno stato tale di esaltata sensibilità * che perfino recava la intolle- ranza o del tatto o del cambiamento di positura. Pro- ficuo si rinvenne in tali emergenze l'uso degli op- piati , ora cioè del solfato di morfina, ora dell'estrat- to acquoso di oppio, ora del laudano liquido. Equi rifulge precipuamente la sagacia e la perizia del N. A., il quale osservato avendo acutissime nevralgie di- sgiunte da febbre , conghietturò che alla medesima costituzione quelle pure si attenessero : ed infatti la felicità della cura ne giustificò il sospetto* Costituivano le eruzioni cutanee un altro genere di fenomeni singolari, che accompagnarono la descritta febbre epidemica. Per secondario che sia un tal fe- nomeno ( siccome riflette con somma aggiustatezza il sig. Frioli ) , qual lo è in Un morbo febbrile d'in- dole specialmente periodica , e per vario ch'egli sia nelle sue forme, dee pur di necessità esser connesso con molte importanti interne operazioni morbose, delle quali può quindi essere un conveniente indizio. Si videro al comparir dell' epidemia cuoprirsi nella cute gl'infermi di macchie petecchiali di vario colore , e talvolta pure con polso apiretico; qualche rara volta apparvero congiunte con una efflorescenza consimile- Epidemia DS Rimimi 27 alla scarlattina o all'orticaria, ma nondimeno varia di aspetto e di forma. Nella seguente primavera poi si ebbe più spesso sott' occhio la efflorescenza a forma di scarlattina 0 di orticaria , non senza certe minute papole simili alla migliare. Congiunte fossero coteste eruzioni o no con la febbre , serbavano Un certo an- damento periodico, crescendo e decrescendo, o com- parendo o scomparendo quotidianamente, ovvero nei giorni alterni , o anche due volte nel corso di uno stesso giorno. Ma avvicinandosi l'estate venne a ren- dersi così decisa la detta eruzione a forma di scar- lattina o di orticaria , che potè secondo la sua di- versa intensità e forma distinguersi perfino in tre gradi , nell' ultimo dei quali erano altresì urentissi- mi pruriti alla pelle , insoffribile cefalea , delirio , atroce gastrodinia , e febbre ben risentita. La più frequente per altro , e la meno studiata forma con cui presentavasi il morbo epidemico , era quello delle flussioni. Un tale stato comunque for- matosi o per concorso straordinario di sangue o di bianchi umori, o nervoso pur fosse , veniva per mezzo di varj fenomeni annunziato. Intorno a questi feno- meni ed effetti soliti a derivarsi da questo stato , in- tertenendosi con singolare studio a ragionare il N. A. fino a spargervi savia dubitazione, che per esso in- sorger possano e spiegarsi e comprendersi le febbri perniciose , inclina a ritenere , che tutti gli aspetti varj offerti dalla dominante infermità riconoscer po- tessero la origine loro da flussioni 0 sanguigne o linfatiche o nervose che fossero. Flussioni infatti ap- parivano evidentemente alle parti esteriori e con in- dubitati contrassegni nelle parti interne: flussioni ma- nifeste si videro congiunte colle più atroci nevralgie, e talvolta colla stupidita , il più spesso con le effu- sioni sanguigne e sierose.: nelle abbondanti ravvisate 2$ S C I E Hi 7, E separazioni di muco o di guasta bile considerava pur FA. un effetto di flussione ai viseeri secretori di tali umori. Da locali flussioni crede pur giusto di ripe- tere quel sollecito generarsi di certi edemi circoscrit- ti , quel periodico diminuirsi e crescere dei mede- simi : e lascia modestamente ai clinici avveduti il giudi- care , se certi enfisemi tal altra fiata insorti , potes- sero credersi provenienti pur da flussioni , le quali trattenendo alquanto il corso del sangue in uua parte, dessero origine a tali suoi processi chimici , che indi ne seguisse Io svolgimento di qualche principio ga- zoso. E dietro le finqui esposte analitiche riflessioni trova egli foudamento per non escludere l'esistenza delle flussioni in quelle fierissime spasmodìa dagl'in- fermi accusale o nelle interne parti o nelle esterne ; poiché scioglievansi le medesime al comparir sulla cute una qualche eruzione , e scioglievansi o colle cri- tiche evacuazioni o con gli specifici usati , come op- pio e china. Dopo questi analitici ragionamenti, quan- tunque non s'impegni in ciecamente credere , che so- lo per mezzo di una flussione originar si possano i turbamenti della sensibilità e delle funzioni da es.a procedenti; pure con altre robuste considerazioni di- mostra ad evidenza eon quanta ragione dovesse egli in quel morbo epidemico derivare da interne flus- sioni le lesioni varie che si manifestavano nella fun- zione dei visceri : ed a migliore schiarimento vi ag- giunge la narrazione di molta relative istorie. Or tali flussioni non esigevano alcun partico- lare curativo trattamento, e la stessa peruviana cor- teccia dissipando la febbre ne toglieva eziandio que- sto fenomeno secondario. Per due accidenti potea ren- dersi necessaria qualche deplezione sanguigna , come o per essersi resa più permanente e grave la flus- sione in qualche viscere importante , o per incauta Epidemia di Rumini 29 perfrigerazione del corpo nel sopravvenire delle fred- de giornate ; ma in tali casi non v'era a trattarsi che una complicazione , e non già la essenzial ma- lattia. Quindi con molto senno soggiugne il N. A. , che ove non si fosse fatta debita attenzione a queste complicanze, e al loro facile cessare e riprodursi, e non si fosse perciò avuta la diligenza di variare la cura a norma di questi avvenimenti molto atti ad illudere i meno veggenti , non poteva sicuramente spcr rarsi prosperevole successo. Da questa esattissima narrazione istorica di fatti e di osservazioni diligentemente raccolte intorno alla genesi , andamento , e corso del morbo epidemico in quistione , discende il valente sig. Frioli ad esporre quei giudizj e quelle deduzioni , che dai fatti me- desimi ha creduto dover ricavare , e eh' egli giusta- mente ritiene non inutili a stabilire qualche non ispre- gevole massima di patologia. A cotesto deduzioni vor- remmo precipuamente che si prestasse vieppiù accu- rata contemplazione dai nostri lettori affln di rav- visarvi e persuadersi , quanto fecondi di giustissime conseguenze e di validi confronti siansi resi nelle mani deirÀ. quei fatti da esso lui con si fino criterio os- servati. Rimarcheremo in sulle prime con la scorta di lui , qual si fosse veramente la natura del morbo, ed in tale ricerca conosceremo il modo d'istituire l'ana- lisi delle malattie per approfondirne gli elementi, il modo vero e retto di studiare i morbi epidemici , non che d'imitare gli antichi nello scrutinio dei medesi- mi. Ognun rammenta, che per lo scopo di un esatto metodo analitico rimontar conviene alle cagioni pre- gresse , valutare i sintomi delle infermità , ed aver riguardo agli elletti degli usati rimedj giusta l'impor- tantissimo canone dei rapporti delle cause dei sinto- mi e dei rimedj. 3o Scienze Prepararono la epidemia di Rimini una serie nott piccola dì cagioni possentissime ad infrangere l'ener- gia vitale , ed a rendere imperfetta e viziata l'orga- nica assimilazione. Vi concorsero pure ( soggiugne l'A.) i miasmi paludosi , i quali sono a ritenersi come causa veramente specifica delle febbri periodiche. L'in- sieme dei sintomi però (siccome va l'A. disaminando in tale incontro) non aveva i caratteri della genui- na febbre periodica, quantunque corresse con un certo periodo non sempre abbastanza deciso e distinto. Il freddo infatti irregolare, la prostrazione della febbre per poco grave che fosse fino alla terza giornata , i polsi mancanti della ondosa diastole, il sudore o di rado copioso o deficiente fino all'uso della china, il carattere delle orine giammai laterizie o subjugali, la prostrazione somma perfin nelP apiressia , che ap- pena permetteva ai malati di reggersi in piedi ; ar- gomenti son chiari per istabilire una notevole diffe- renza fra L'andamento di questa febbre epidemica e quello delle ordinarie febbri periodiche. D'altronde la molta spossatezza che rimaneva negl'individui ria- vutisi da tale infermità , il ben pronto dimagramene to , gli esantemi che apparivano nella febbre o an- che senza di questa , i molto facili edemi e le facili cangrene , ed anche gli atroci spasimi che interve- nivano a molti infermi , sono fenomeni non certa- mente soliti a congiugnersi colle legittime periodiche. L'esistenza per altro di un occulto processo specifi- co delle febbri periodiche veniva fiancheggiata pe' molti fenomeni proprj delle medesime, tra' quali era pur costante una qualche maniera di andamento pe- riodico , ed esisteva la cagione specificamente alla a generarle : e la corteccia troncavate ad un tratto alla maniera appunto delle periodiche febbri. Avuto bensì riguardo a tutte le pregresse cagioni , al complessa EpiDEMlA DI RiMINI 3l dei sintomi dell'infermità , ed agli effetti degli usati rimedj , sorge tosto l'idea , che la natura del morbo non fosse semplicemente quella che alle vere e sem- plici febbri periodiche appartiene. Altro elemento mor- boso dovea quindi concorrere alla genesi del morbo, siccome la serie di molti altri fenomeni lo addita; e siffatto elemento morboso si fa consistere nella cor- ruzione degli umori , che dal sagace sig. Frioii viene rimarcata con opportuna considerazione di fenomeni e di fatti più acconci ad indicarla : cosicché giusta- mente si reputa essere stato questo elemento il pri- mo a nascere , ed il più immediatamente connesso con tutte le esteriori cagioni , che lungamente operarono con poteri troppo nemici alla buona conservaziune di quegli abitanti. Esaminiamo con brevità le ragio- ni di cotesto morboso elemento , e vi apprendere- mo un confronto utilissimo che l'A. vi ha tessuto co' fatti e con le opinioni dei nostri antichi. Per mezzo degli osservati e superiormente de- scritti fenomeni venne conlraseguato nella materiale costituzione dei corpi l'avvenimento di riflessibili mu- tazioni , le quali dinotavano quanto profondamente lesa si fosse per la cagione morbosa la organica as- similazione dei medesimi. Cosi le facili raccolte di sierosità appalesavano un' assai pronta degenerazione acquosa dei sangue , e le note di questo fluido mo- stravano apertamente alterata la sua crasi : così an- che la elasticità dei tumori edematosi, ed il cambiar di luogo di certe circoscritte enfiagioni , che con un certo senso di esplosione il più delle volte scioglie- vansi , come altresì quell' insopportabil fetore da al- cuni infermi esalato, additavano chiaramente lo svol- gimento di qualche principio gazoso , figlio pur esso necessariamente di chimico lavoro. In conferma di que« st' ultimo asserto , che sotto altra denominatane; fu 3a Sci » w t k già sentenza antichissima , e che ben può dirsi giu- stamente degna di tutta l'attenzione dei clinici, con- corrono le autorità d'Ippocrate, di Galeno , di Sar- cone , di Ilaller , di Testa , e di altri molti ; cosic- ché e per questi divisamene , e per le non dubbie manifestazioni presentate dal morb» di una insolita produzione di gaz entro i vasi 0 nelle parti in istato di flussione, trovasi l'A. in diritto di conchiudere, che insignemente alterati fossero sotto la malattia in quistione i processi chimico-vitali. Cotesta conchiu- sione però , già ferma per se stessa , viene ancor fiancheggiata dal trovarsi in corrispondenza col ca- none analitico la condizione di cui parlasi. Poiché quelle estese necrosi e carie delle ossa , quelle ulceri corrosive , e tanti altri già indicati fenomeni ; l'aria calda ed umida , e tutte le altre cagioni consociate d'immondizie e di corruzione d'insetti; il proficuo uso della china riputato l'antisettico per eccellenza, som- ministrano positivi ed inconcussi argomenti per ri- tenere , che nel morbo epidemico esistevano i segni tutti di una degenerazione di crasi negli umori e d'im- pasto uci solidi: mutazioni, che dovettero sicuramente precedere lo sviluppo del morbo : e sotto di questo estendendosi ancora maggiormente 7 valsero ad inge- nerare molti e gravi e talora anche mortali effetti. Ne credasi, che l'A. intenda con ciò ammettere in istretto senso la putredine dagli umoristi insegna- ta. Mira egli bensì a significare , che per quel mu- tamento del modo di essere degli umori e dei solidi fuori dell* ordine richiesto tlalla sanità e dalla vita , nascano combinazioni insolite, e produzioni d'insoliti principj, quali si ravvisano in quella condizione mor- bosa distinta dagli antichi in troppo stretto senso col vocabolo di putrida. Ed in appoggio precipuamente ne vengono fra i moderni i divisamenti di Reil , le Epidemia di Ricini 33 vedute del Bufalini , e le confessioni del Tommasi- ni , il quale nel secondo voi. sull' infiammazione ha dichiarato „ darsi cattiva tempra nei solidi , esistere „ modificazioni nel sangue e nei solidi, succedere aeri- ti monie nei liquidi . . . „ E quanta potessero nella produzione di questi effetti esercitare influenza le ca- gioni che prepararono e produssero la discorsa alte- razione di chimica vitale nei corpi che all' impero della descritta costituzione soggiacquero , ben può comprendersi con la contemplazione del dominio , che? le istesse cagioni posseggono sulle funzioni della di- gestione , della ematosi, e della projezione circolato- ria. Ha potuto quindi il N. A. meritamente stabilire, che la natura veramente primitiva ed essenziale del morbo epidemico fu la condizione cosi detta putrida degli antichi , alla quale poi si congiunse il proces- so specifico delle febbri periodiche , siccome effetto immediato delle cagioni immediatamente occasionali della malattia. Che anzi ravvisando egli cotesta com- binazione dell' una e dell' altra condizione or men- zionata nella descrizione fatta dal Torti delle febbri periodiche corruttive , inclina ad attribuire al mor- bo epidemico in quistione cotesta medesima deno- minazione bastevole a significarne la vera natura. Agli esposti ragionamenti del sig. Frioli man-* cava l'argomento di eliminazione , che roborasse le maneggiate dottrine sulla verace indole e natura del morbo ; ma pur di quello viene ad usarsi facendo primamente conoscere , che appartener non poteva il morbo ad una febbre eruttiva. La materia in- fatti , per la quale formavasi l'esantema , non era di una natura determinata uniforme e costante ; né formava essa la causa prima di ititi' i fenomeni , non esclusa la febbre istessa : dunque in sì varia eruzione, che colla indicata febbre si congiunge, non G.A.T.XLIV. 3* 34 Scienze dee riporsi il carattere del morbo. Né le ribici , le petecchie, le cancrene, le necrosi, e simili altri rav- visati fenomeni , che dallo stesso Borsieri ritengon- sì proprj della febbre essenziale eruttiva , indur po- trebbero nell'errore di non risguardare nel caso no- stro cotali effetti come fenomeni puramente secon- dar]; che anzi sotto quest'ultimo aspetto fa d'uo- po considerarli com* effetti deli' azione morbosa che si porta alla cute , e della turbata assimilazione or- ganica , e potendo infine appartenere a qualsivoglia infermità che profondamente leda le funzioni della vitale riparazione e quelle dell' organo dermoideo. L'abito di morbo contagioso poteva altresì colla contemplata infermità ascriversi ; ma questa idea pur anche viene dal N. A. ad infràngersi con vari ro- busti raziocinj , conchiudendosi , che „ la diffusione „ manifesta per contatto non si potè ravvisare in „ essa, e d'altronde la mancanza di una forma co- „ stante e determinata nelle eruzioni , l'esistere non „ di rado la malattia senza di esse , o queste senza „ di quella , il non marcare gli stadj soliti delle „ malattie contagiose, e in fine l'efficacia della china „ a troncare ad un tratto la malattia , come av- „ viene appunto nelle febbri periodiche , panni che „ forniscano una tale somma di argomenti , che sieno „ ben sufficienti ad escludere dalla nostra epide- „ mia l'indole essenziale di morbo contagioso. „ Rimarrebbe da ultimo a discorrersi delle ca- gioni e della genesi delle flussioni ; ma per non oltrepassare vieppiù i limiti del nostro istituto, dob- biamo appagarci di rimettere chiunque ami cono- scerne le dottrine in proposito alla originale let- tura del lavoro fìnqui discorso ; ed ivi si trove- ranno congregate ragioni ed argomenti per convin- cersi , che la flussione precipuamente non può de- Epidemia di Rimiihi 35 rivare da un vero accrescimento di azione vasco- lare , ma che essa importa necessariamente uno squi- librio tra l'impulso del sangue contro dei vasi e la reazione di questi , o meglio a dire la neces- sita di prevalenza di quello a questa. Potranno ivi attingersi eziandio aurei precetti , che il sagace A« vi spande con la contemplazione delle necroscopiche indagini per concbiudeme , che non sempre l'indu- ramento delle parti organiche e un effetto o un esi- to dei processo flogistico , potendo aneli' esso inter- venire per un cangiamento di organica assimilazione; che non è la gastro-enteritide la cagion vera d'ogni maniera di febbre ; e die a prodursi quest' ultima non richieggasi costantemente un centro di flogo- si : aurei precetti in conferma della corrispondenza rilevata nel descritto morbo epidemico fra cause sin- tomi e rimedj , ed in conferma delle indicazioni che rettamente trassero l'A. alla stabilita diagnosi non che all'uso della china e dei tonici : aurei precetti finalmente in sostegno delle addotte argomentazioni e della convenienza dell' osservato regime terapeu- tico con le autorevoli testimonianze del Torti , del Borsieri , del Sydenham , e di altri illustri scrittori. Daremo poi compimento con una conchiusione dell' istesso sig. Frioli , ond' eccitare i cultori della scienza medica a ben valersi del retto spirito della medicina analitica. „ Questi fatti mi pajono moltis- „ simo degni dell' attenzione di tutt' i medici, i qua- „ li se vorranno bene considerarli , li troveranno n pure perfettamente conformi all' osservazione di ,,, tutt' i tempi. E vedranno pur essi quanto giovi ,, alla buona pratica della medicina il portare l'at- ,, tenzione ai singoli elementi delle malattie ; né vo- „ lerle sempre risguardare sotto un aspetto di sem- „ plicita -7 nò pretendere che come ammala una par- 3* 36 Scienze „ te , ammalino pur tutte nello stesso modo ; ne ,, credere che una malattia incominciata con un pro- „ cesso debba necessariamente correre e terminare „ con quel medesimo; ne in somma rifuggire dal pen- ,, siero delle malattie composte e delle complicate, „ il quale è pure il fondamento precipuo della me- ,, dicina analitica , della quale io mi compiaccio di „ avere anzi provalo col fatto che solo da essa può „ il medico sperare una certa ed utile guida nell' „ esercizio dell' arte sua. — Conosco tuttavia , clic „ tale medica analisi al letto del malato , ove può „ dirsi che tutto è confusione , costa severissima ri- „ flessione; ma niente dee trascurarsi da chi l'alto in- „ carico si assume di assistere la vita altrui.. .„ Da ultimo nell' avviso in cui siamo di doversi in alto pregio tenere questa interessantissima isto- ria del sig. Frioli, perchè non abbiano le nostre lo- di a tenersi per sospetto e parziali , cosicché urti- no il timpano di qualche dilicato dinamista , rife- riremo le parole , con le quali chiudasi l'estratto di questa medesima istoria nel num. IX. 1829 del Bul- letta des sciences medicales redige par AL De Fer- mati.,, Cet ouvrage, ornè de toutes les fleurs de l'eru- „ dition, sur l'alterations des lmmeurs nous offre cin- „ quante-six observations detaillces , dans toutes les „ particularitès concernant les signes et les indica- „ tions : mais les conseqtiences que l'auteur en dé- „ duit pour le diagnostic , le pronostic et le traite- „ ment , tiennent tellement aux pre'misses, quo nous „ sommes obliges de renvoyer a l'originai ceux qui „ voudront eonnoitre cel iuteressant morceau de la „ medecme itahenue. „ TOMELLl. 37 Sopra il tre munto che ha soffèrto la città di Al' bario coti le sue vicinanze dal giorno ai di inag- gio a tutto il dì 0 di dicembre 1829. Lettera del dottor fisico Luigi Bass anelli alV eccolo sig. dottor Giacomo Folcili pubblico professore di me-* dicina nelV archiginnasio romano. on è per far pompa delle mie scarse cognizioni, ma per aderire alle vostre dimandé, gentilissimo ami- co , che mi accingo a comunicarvi le osservazioni da me fatte sul tremuoto che ha sofferto la citta di Albano dal giorno 21 di maggio a tutto il 6 di dicembre dell'anno 1829. Ho considerato ancora, che in materie fisiche da' fatti poco interessanti si pos- sono trarre ben sovente utili verità , e che deboli tentativi sono talvolta forieri di grandi progressi nel regno delle scienze. Grazie però alla divina Provvidenza non siamo stati tanto malmenati , quanto generalmente si è det- to , ed anche in quella occasione si è avverato che Fama loquax . . . quae veris addere falsa Gaudet , et e minimo sua per mendacia crescit. (1) La maggior parte delle pubbliche gazzette (ec- cettuato il Diario di Roma, che ha parlato di que- sto fenomeno con maggior proprietà di termini ) han- (1) Ovid. Metani. Uhr. IX. 38 S C I K N % E no scritto che noi eravamo colmi di desolazione è di disgrazie , e che tutti eravamo sotto le ruine. Vero si è che gran parte di questi cittadini , non che quelli delle vicine citta e castella , hanno dato motivo a tali alterazioni per la massima agitazio- ne che dimostrarono in quella circostanza : e resta ancora a spiegarsi come tanto si esaltasse la loro fantasia , non essendo mai caduto alcun fabbricato. I doveri della mia rappresentanxa di medico egual- primario mi hanno tenuto sempre fermo iti questa città durante il fenomeno , che sono in grado di descrivervi minutamente : avendo inteso con sorpre- sa la ripetizione delle scosse , e veduto la svilup- pata emozione popolare. Non mi tratterrò , che per semplice congettura de' fatti avvenuti in questa circostanza , sulle cause di questo fenomeno , giacché conoscete bene quan- to sieno varii i pensamenti de' filosofi sopra questa materia. Vi riferirò le semplici cose osservate , e quel- lo che debolmente in alcuni luoghi ne penso : per- suaso che l'estensione delle vostre cognizioni vi farà vedere più addentro che a me non è permesso , e che i vostri lumi Noteranno molto in parvo loco. (Dante) Permettetemi che prima vi dica qualche cosa sulla località di queste parti, che voi e chimica- mente e geologicamente conoscete a fondo , per indi descrivervi il fenomeno in questione. I colli albani formati colle materie di vulca- ni spenti , l'accensione de* quali par che rimonti al- la mitologia, si sollevano dal livello o piano del- la campagna romana. Sono situati circa io miglia distante dal mare , ed elevandosi più o meno for- Sul tremuoto d'Albano 3q mano sopra Albano Tallo monte Laziale , od il mon- te Albano comunemente detto Monte Cavo, che ser- ve loro di centro , ove Giunone parlò alla sorella di Turno (i), ed ove Tarqutnio pose un tempio a Giove (2). Questo monte si solleva, per osservazione di Scliouw, piedi parigini 2f)65, 7, sopra il livello del mare. Neil* estendersi si divide, e forma dalla par- te del nord i colli tusculani , e girando dalla par- te dell' est i monti dell' Algido e dell' Ariano , che progredendo al monte Artemisio verso il sud viene finalmente a Genzano , Ariccia , Albano ec. Sotto il monte Laziale, dalla parte dell' est- est-nord sopra di Albano , evvi il lago di Castel Gandolfo , e dalla parte del sud-est prossimo a Genzano giace il lago di Neini , detto Speculum Dianae dagli antichi. Dalla forma de' suddetti laghi si conosce esser cra- teri di spenti vulcani, come io sono e la vaile Ari- eia al sud circa di Albano , ed il Iago di Giuturna all' ovest, asciugato per ordine di Paolo V nel 161 1 (3), che il Cancellieri chiama lago di Turno (4). È perciò che tutti questi paesi sono edificati sopra una mas- sa di cenere , di vetro , di bitumi , di scorie , e di somiglianti minerali sostanze dal IWco abbrustolite (5) ed in altra forma ridotte , quasi simili a quelle che vedonsi ne' contorni del Vesuvio. Si vede specialmea^ (1) Firg. Aeneid. XI 1. vi i|f. (•j) Illernorie storiche dell' antichissima città di Alba Longa , e del moderno Albano ec. dell' abate Gio. Ai • tonio Iliccy ec. (3) P. Volpi Latium vetus ec. toni. }7l. (4) Vedi lettera sul Tarantismo ec. (5) Giovanni Girolamo Lapi - Intorno l'origine de" due laghi$ Albano e Nemorese ec. ce. 4<3 S C I E N T E te verso Marino e VA riccia il cosi detto peperino , che stratificato esternamente giunge fino alle visce- re del monte, ove più ove meno duro , in unione del Lasalte e di molte altre sostanze , non che della pozzolana. Non dee dunque far maraviglia se que- ste contrade, come tutta l'Italia meridionale, sono tanto soggette alle scosse di tremuoto , che in nu- mero maggiore o minore fannosi quasi annualmente sentire. Vero però è che alcune circostanze atmosferi- che, come le pioggie dirotte e la siccità estiva, pos- sono contribuire a renderle più o meno frequen- ti , benché molte e molte volte ne sieno onninamen- te indipendenti. E bene osservare , che negli antece- denti quattro anni le pioggie sì d'estate e sì d'in- verno erano state scarse , i venti meridionali si fa- cevano sentire con una insolita gagliardia , l'elettri- cismo atmosferico era quasi nullo , e quasi tutte queste contrade da quell' epoca risentivano nella esta- te una penuria di acqua dalle sorgenti , e soffriva- no alcune giornate eccessivamente calde e caligino- se , come anche le notti. Negli anni decorsi le scos- se non erano totalmente in silenzio. In alcuni mano- scritti dello storico dell' Ariccia canonico Lucidi (i) ho trovato , che quasi ogni alino in queste parti vi sono stale più o meno scosse , salvo negli anni 1777, 1778, 1779 ed altri pochi 1 ma devo però far conoscere non aver rinvenuto negli scritti di quell' uomo tanto esatto nolizia de'tremuoti indicati dal Cracas (2): ed è falso perciò quanto esso scrive che^,, Nel 1762 le (1) Esistenti presso quel capitolo , e fattimi osser- vare dalV erudito sig. D. Luigi Fabj canonico di quel- la chiesa. (2) Notizie del giorno ec. Roma 4 giugno N. a3. Sul tubmuoto b' Albano 41 „ scosse di tremuoto si fecero sentire in questi paesi „ per 34 giorni:,, mentre in detto anno dai 13 luglio fino ai 12 agosto , isolatamente in Ariccia ed in un Sol punto di detta terra , s'intesero sotterranee de- tonazioni e concussioni che molto impaurirono quel paese (1), ma non produssero danno: e si nota in queir anno una sola e vera scossa di tremuoto , in- tesa in queste vicinanze ed a Roma nel mese di otto- bre, la quale portò alcun danno alla citta dell'Aqui- la (2). Si accennano bensì delle scosse meno par- ziali nel 1773 dai 18 febbraio fino ai ó ottobre, una delle quali assai forte nel 32 di giugno ; ma in tutti questi otto mesi circa non vi furono che 19 scosse, e queste non vengono indicate dalla gazzet- ta. Nemmeno ho trovato che nel „ 1799 dal gior- ,, no 29 settembre tremò continuamente la terra fino „ al terminare dell' anno „ (continua la citata gaz- zetta ) ; ma solo furono i tremuotì dal 29 settembre fino ai io di ottobre , e non vi fu che un giorno in cui si udirono tre scosse, e dopo il io di ot- tobre poche altre. Nel resto dell' anno poi non vi furono scosse di sorta alcuna. Due anni or sono , che se ne intesero tre ai 12 di maggio , ed una di esse ben forte , ed altre tre o quattro piccole nel restante dell' anno. Neil' anno passato s'udì sensibile nella notte de' 25 dicembre , e poco sensibile altre volte nel cominciare di quest' anno 1829. Venendo ora a parlare più particolarmente di questo anno, eh' è stato l'oggetto delle mie osser- (1) Istoria dell' Arìccia pag. 20, nella nota. In tut' ti questi 34 giorni progressivi non vi furono detonazioni ógni giorno , come il 21 luglio , il 4» 5, 11 agosto ec. (a) L'indicato manoscritto pag. i3o,. la scossa fu li 1 e ottobre alle ore 1 8 intesa in Ariccia ee. H2 S C I K N 7. T. vazioni , vi dirò che la costituzione atmosferica no! principio fu varia , e circa i primi di maggio cad- dero acque dirotte accompagnate sovente da un for- te sud-ovest, e sud-sud-ovest. La sera de' 21 sud- detto , entrando il giorno 22 , nulla si osservò di particolare nell' atmosfera e nel calar del sole. Il cielo era tra nuvolo e sereno , ed il Vento nord ovest. Circa le ore 4 della notte (ore italiane, e mi servirò sempre di queste) s'intese una leggiera scossa , che più sensibile si ripetè alle 5 e 3J?\ nel momento che spirava un furioso vento t e cadeva un' acqui copiosissima. Poco dopo se ne sentirono al- tre due, e verso le ore 8 una forte che fece tutti uscire dall' abitato , destando un generale ma leggie- ro timore. Queste scosse s'intesero più o meno in Genzano , Nemi , e Civita Lavinia , al sud e sud est circa di Albano , in Palazzuola , Monte Civo e Rocca di Papa all' est , in Castel Galdolfo , Ma- rino , Grotta Ferrata , e Frascati al nord , e nien- te al di la di questi paesi. La mattina del vener- dì 22 s'intesero cinque scosse. Alla seconda di que- ste , avvenuta circa le ore i3£, incominciò il pae- se a mettersi in maggior timore i non avendo mai per lo passato sentite in poche ore così frequen- ti ripetizioni di tremuoti. Si disse che questo sco- timento era stato predetto , e che altri dovevano avvenirne nella giornata. Poco dopo cadde acqua dirotta proveniente dal mare dalla parte del sud- sud-ovest, accompagnato da un'odore sensibile di zolfo. Alle ore 18 venne altra scossa che pose qua- si tutti in agitazione. Tutti discorrevano del finire della citta, vociferandosi che essendo una volta sta- li vulcani questi luoghi dovevano tornare ad accen- dersi forse in questi giorni. Circolava una vecchia profezia , che una citta posta fra quattro laghi do- Sul tremuoto d'Albano 43 Vea subissarsi per ripetute scosse di tremuoto , e si conchiudeva che questa citta era Albano. Si dice- va che i quattro laghi che circondano questa cit- ta sono quello di Castel Gandolfo , quello di Ne- mi , la valle Ariccia seccata da tempo immemorabi- le t ed il lago di Giuturna o Turno asciugalo a' no- stri tempi. Si propagavano delle altre somiglianti voci, tendenti tutte ad aumentare la pubblica agita- zione. Si asseriva, e non fu vero, che una immagi- ne di Maria santissima a Genzano aveva aperto gli occhi , e che questo era segno di un terribile ga- stigo già profetizzato pochi giorni prima a questi popoli vicini (i). Era cosa maravigliosa il vedere una commozione cosi generale, e così sollecitamente ingigantita, sen- za che fossero avvenuti fatti tali per cui potesse ra- gionevolmente fomentarsi. In questa giornata del 22 , ed in quella del s3 , cioè prima e seconda del tre- muoto , si destò tanto l'agitazione popolare , quanto sariasi destata per uno de' più forti tremuoti che ci descrive l'istoria. I superiori ecclesiastici , per diver- tire l'animo del popolo richiamandolo alla fiducia ìn Dio , intimarono pubbliche preci e pubbliche pro- cessioni di penitenza (2). Queste processioni segui- ci) Un romito passando per Genzano , e diretto a Napoli , domandò il nome del paese : e saputolo , sospi- rando disse alla presenza di alcuni cittadini : „ Che fra pochi giorni Genzano più non esisterebbe , perchè subis- sato da un continuato tremuoto. „ La polizia procurò di rintracciarlo , ma inutilmente. (2) Il popolo che accorreva a queste processioni era immenso , e quasi tutto a piedi nudi. A ciascuno si leg- geva in fronte il dolore e l" agitazione dell' animo. 44 S C I E k a E tarono fino al fine di agosto in ciascuna giorna- ta (i). Si fecero ancora pubbliche prediche per chia- mare i traviati alla penitenza , ma queste durarono minor tempo. Deve confessarsi per ossequio al ve- ro , che questa sola città si pose tanto presto in paura , mentre gli altri vicini popoli soffrirono per qualche giorno presso che tranquillamente la comu- ne sciagura* Nella notte del 23 , benché non si avesse alcu- na scossa, tutti stettero in guardia; la maggior par- te dormirono per sicurezza fuori dell' abitato , ed avverossi quello che scrive Plinio a Tacito che,, nel „ timore, in luogo di prudenza , credesi più sicuro ,, quello che si vede fare agli altri. „ Il giorno 23 vi furono nove leggiere scosse , tre la mattina , due nel giorno , due la sera , e le altre nella notte. Intanto partirono quasi istantaueamente tutti i fo- restieri che qua erano in velleggiatura , e si tra- sportarono in Roma anche molte famiglie di questa città : circostanza che aumentò il pubblico timore. Le famiglie partite furono circo 3oo , e porzione di esse andò o in Velletri o in campagna nelle pro- prie vigne. Gol continuare delle scosse fecero poi 10 stesso gli abitanti de' vicini castelli e città , e Marino specialmente restò quasi privo di abitatori. 11 generale timore intanto de' cittadini di Albano cre- sceva al massimo per altre accessorie combinazioni , che dirovvi quasi fuori di argomento , affinchè co- fi) L 'erudito sig- arcidiacono Varroni canonico di questa catedralc , al quale devo la conoscenza di un al- tro manoscritto metereologico del nominato Lucidi , con- seri'a il giornale delle processioni e funzioni sacre che si f ucevano ec. Sul tremuoto d'Albano \~> nosciale meglio la verità, e come soffrisse tanto scon- volgimento la pubblica pace. Le monache cappuccine di questa citta custo- discono alcuni attrezzi sacri , ed alcune reliquie ap- partenenti alla chiesa cattedrale. Trovasi fra queste l'argenteo busto di S. Pancrazio protteltore di que- sta citta. Sollevossi una menzognera voce generale che questo busto era divenuto negro , e che però era certo resterminio ed il subissamento del paese. Da ciò provenne una generale costernazione, per cui fu forza adoperare qualche mezzo per sedarla espo- nendo nella cattedrale il busto dell' amato protettore alla loro viva e tenera divozione. Quivi mentre fa- cevasi alle ore 23- del suddetto giorno s3 di mag- gio un discorso al numeroso popolo, al quale era- no presenti tutto il clero e le compagnie di questa citta in abito di penitenza e scalze, s'intese una scossa , che sebbene leggiera , pure bastò per de- stare il più alto tumulto in quegli animi , già in- teneriti e commossi , che nessuno „ Aveva membro che tenesse fermo. ( Dante ) ,, Chi potrebbe descri- vervi con termini convenienti il quadro lugubre e commovente che seguì in quella notte? Tutti si affol- larono per uscir dalla chiesa, ed usciti a stento si fermarono nella gran piazza contigua. Nel mezzo di essa vedevasi il sacerdote che teneva il busto del santo , circondato dal clero e dalle confraternite con ceri accesi t altrove si accostavano due sacri oratori che facevano prediche fervorose. Altro ecclesiastico , con un quadro di Maria Santissima attorniato . da immensa quantità di lumi , andava per le piazze e per le strade eccitando il popolo a penitenza. Da per tutto si udivano pianti , grida , clamorose pre- ghiere. Il popolo intimorito non permise che gli si togliere l'ancora delia sua speranza' ,* il busto del 40 Scienze santo protettore , che si tenne tutta la notte nella gran piazza alla pubblica venerazione. Vedevansi da ogni parte attruppamenti d'uomini , di donne , di giovani, di vecchi, di padri, di figli, di madri co' figli lattanti in braccio, e per mano, e sulle spalle, con lumi , lanterne , e legna accese , tutti piangen- ti e desoliti. Vi accerto che standovi testimonio per- deva molto di me stesso. Crebbe poi anche più la desolazione , quando alle 8- di questa notte memo- randa si udì una scossa forte , e di qualche durata. Allora le strida giunsero alle stelle: e que' pochi che erano rimasti in casa, si affrettarono ad uscirne aneli* essi , e fortemente gridando aumentarono il generale scompiglio. Chi prende il figlio, e fugge, e non si arresta, Avendo più di lui che di se cura , Tanto che solo una camicia vesta. ( Danto. ) Intanto niente facevasi , e niente poteva farsi in quel momento per la pubblica tranquillità. Non si poteva parlare che il loro linguaggio , nò potevano persuadersi sulla naturale spiegatone di un fenome- no che per se stesso nulla aveva fino a quel punto arrecato di danno. Dovrà dirsi che i vapori , che si sentivano sollevare qualche volta nelle scosse , ave- van resi tutti altamente sensibili e vivi nelle facoltà morali ? Ne' successivi giorni del mese di rcnggio vi furo- no scosse più o meno torti. Quasi tutti dormirono fuori dell' abitato , e continuarono fino al terminare di luglio. Era importante vedere come si andassero cercando e pregando l'un l'altro per farsi alternati- vamente compagaia e coraggio. Vi furono in que- Sul tremuoto d'Albano 4? sto mese delle forti scosse: la maggiore fu quella del giorno 3i alle ore i3^ , ma non produsse alcun danno. La mattina del primo giugno alle ore 14 venne la più forte scossa che siasi intesa. Produsse molte e ben larghe fenditure nelle abitazioni: fece cadere alcune sommità di cammini , delle grondaje da' tetti , de' sassi dai muri , e de' grandi pezzi di stabilitura : cagionò rottura di cristalli e di vetri alle fenestre : fece sonare ancora i campanelli nelle porte delle abitazioni, circostanza riprodottasi cinque o sei volle solamente. Questa scossa fu di qualche durata , e fu accompagnata da un sorprendente fragore atmosfe- rico (i). Nel decorso di questo mese si udirono quasi ciascun giorno ripetute scosse. In tutta la giornata del () se ne contarono 17, e due di esse ben furti; ma nei giorni iq j6 3o non ve ne furono. In lu- glio seguitarono , ma con minor veemenza, e vi eb- bero molti giorni tranquilli. In agosto le scosse an- darono molto diminuendo , vieppiù in settembre , ot- tobre , e novembre , infino al 6 dicembre : dopo il (t) In questo giorno 1 giugno si portò la Madonna SSfna della Rotonda in processione dalla sua chiesa al duomo , ed il popolo era sicuro della grazia , tanto più che ricorreva la festa del centenario di questa sacra imma- gine li 7 del mese. V intervenne il clero , e tutte le com- pagnie in abito penitente. Non si può descrivere la fol- la del popolo d1 Albano e dei paesi vicini. Questa in.» magine fu lasciata nella chiesa cattedrale fino al mese di agosto , al terminar del quale fu differita la festa del centenario , che durò con molta maguijiceiiza dai aa ai 3o del mese suddetto. 48 Sciswxk quale non si sono più intese , e saria bene che più non si riproducessero (i). Premessavi come meglio ho potuto l'ingenua nar- rativa del fatto, passerò a farvi alcune fìsiche osser- vazioni. Le scosse di tremuoto, sebbene sempre sen- tite in tutti i paesi del monte Albano , pure mxdte volte erano più sensibili in uno di questi paesi, che in un altro. La scossa del 3 giugno alle 23^ fu più intesa in Genzano , in Galloro , nell* Ariccia , e in Marino, che in Castello, qua, ed in Frascati. Quella del a5 del detto più sensibile nell' Ariccia particolar- mente, e vi fece del danno: e quella del 26 molto sen* sibile isolatamente a Genzano , e da noi non s'intese che piccola cosa. Le scosse del i3 luglio quasi tutte più intese a Nemi. Altre volte sensibilissime da far danno soltanto a Palazzuola , a Rocca di Papa , a Monte Cavo. Anche il canonico Lucidi ne' suoi ma- noscritti ha lasciato memoria di scosse più intese in un luogo , che in un altro di queste contrade, come nel 1 yG3 a' 14 marzo due scosse furono più sensibili ne!P A riccia ; e li 26 aprile del delto anno tre scosse sensibili molto a Marino, a Frascati, e nel 1784 a' 10 maggio due scosse intese a Marino, ed altre ec. Era osservabile ancora che in differenti luoghi dello stesso paese ( qualunque esso fosse ) diversamente sentivasi la scossa , cosicché una parte di Albano , di Ma- rino , di Genzano , e di altri sentiva fortemente sol- levarsi il terreno , nel momento che l'altra parte del (1) // cielo sempre uguale. Il vento impetuoso , e quasi sempre dalla parte del sud, e sud-ovest. Le piog- gie dirotte , con grandine , turbini ec, i quali hanno seguitato dopo il 6 decembre , e pare che vogliano ancora, continuare ec. Sul tr.emuoto d'Albano 4f) medesimo paese poco ne soffriva. Neppure era sem- pre la medesima contrada quella che costantemente soffriva queste concussioni. I diversi scavi sotterra- nei e profondi che trovansi in tutte queste parti , come sono le cosi dette grotte di questa citta e dei vicini paesi , delle quali quasi tutte le abitazioni sono fornite alla profondità di 70 e di 100 piedi o più parigini : la maggiore , o minor consistenza f o porosità degli strati o delle pietre , che costituiscono questi contorni, facendo più o meno resistenza, avran- no più o meno ammesso il passaggio alle oscilla- zioni del tremuoto. È visibile anche, senza fare sca- vi, la diversità di durezza che presenta il colle d'Al- bano , il quale geologicamente osservato , in par- te tiene Ancor del monte e dal macigno : (Dante ) ed in altra parte , ed in altri strati , è meno duro. La stessa diversità ritrovasi negli altri nominati pae- si , ove in vicinanza di un peperino trovasi un ba- salle durissimo , od un tufo più o meno compatto. Ordinariamente le suddette scosse non avevano una direzione fissa. Venivano generalmente da tutte lo parli. A preferenza però dal nord , dal sud, e dal sud-sud-ovest. Sensibilmeute s'intese provenire il tre- muqto della mattina 3i maggio preceduto da un certo muggito dalla parte del nord-est, e convenne allora più che altre volte il - Sub pedlbus mugire solum , et juga ceha moderi. (Virg.) Siccome la diversità della direzione era sensibile a tutti , cosi quando proveniva dalla Solfatara posta G.A.T.XLIV. 4 5o S C I E » Z R alla parie del sud-sud-ovest di Albano dicevasi che la scossa potesse avere origine dallo zolfo , che quivi contieusi, quantunque alla Solfatura il tremuo- t<> inai non si sentisse. Oppure che potesse provenire, ed avere communicazione col Vesuvio di Napoli, dove iti quel tempo era una certa calma , quando il tre- inuolo proveniva da quella parte. Si disse ancora che veniva dal mare, ed indistintamente ora da un luo- go era da un altro. E stato ripetute volte osserva- to da molte persone , che trovavansi nelle campa- gne o nella citta , un certo moto ondulatorio delle piante in distanza, che avvicinandosi si rendeva più visibile e fragoroso. Erano le scosse del tremuoto , e sembrava, per dir cosi, clic scoppiate in uu luogo da noi lontano , si estendessero e propagassero ver- so di noi con oscillazioni progressive. Molti agricol- tori, ammaestrati dalia ripetuta osservazione di que- sto fenomeno, sospendevano il loro lavoro, vedendo da lontano questo tremito , ed attendevano con re- ligiosa rassegnazione la scossa. Dopo qualche giorno che le scosse faceva osi sen- tire ,*cominciaronsi ad ascoltare forti e terribili de- tonazioni nell' atmosfera o nel terreno , come lontani colpi di cannone. Questa detonazione o questo rom- bo s'udì per la prima , tre ripetute volte nei gior- no 29 maggio, e nel giorno 3i di esso mese fu sensi- bilissimo alla Fajola. S'intese ben forte il primo di giugno, accompagnando la scossa delle ore 14 Nel Uì 9 girigno tre detonazioni e quattro tremiti di circa mezz' ora Puno s'intesero distintamente , for- mando un rombo ben forte fra Pratica e la Solfa- tara (i)- Il i5 giugno le detonazioni provenivano (») Por distinguere te scosse che noti e Fatta accolti- jft^gttftfé Un- alcun jt-agote-' r da, quelle in etti questo, seri? Sol TRBMuofo d'Albano 5i dal mare , e la scossa d il nord , e molte volte non se ne conosceva la provenienza («)• l'1 loglio po- che furono le detonazioni, e molte volte furono ascol- tate continuate e sorprendenti nel fondo del lago di Castel Gandolfo, e qualche volta in quello di Nemi , con aumento nelle ondulazioni dell' acqua. Questo rombo o questa detonazione aveva di- verse provenienze , giacché ora senti vasi venire dalla parte dell'est, ora dal sud-est, ora dal sud-ovest, e da altra parte. Era alcune volte così sensibile e cosi forte , che sorprendeva ed arrecava molto ti- more. Siccome questo fenomeno aveva una certa ana- logìa col tremuoto che desolava nelle Spagne Mur- eia (2) e le sue vicinanze cagionando molte mine, cosi si paventava ancora in Albano lo stesso disastro. Alcune volte questo rombo o questa detonazione pre- cedeva , ed altre volte accompagnava le scosse. Ora scntivasi come muggire il terreno sotto de' piedi senza rombo atmosferico e senza scossa , ed alcune volte le scosse erano precedute come da un forte colpo sotterraneo (3), eh1 era sensibile a tutti , e maggioi- tivasi , chiamerò le prime tremori , e le seconde scosse o tremuoto. (i) Ne' giorni i3 , i5 , i'5 , 17, 18 , 20 t 42 ,26 giu- gno vi furono de' rombi o detonazioni , e de' lunghi tre* miti , che in alcuni giorni si ripeterono. In altri giorni furono isolatamente le detonazioni , ed in altri detona- zioni e tremola : osservazione esattamente da? miei col- leghi confermata. (2) Gazzetta di Roma, in maggio e giugno 1829. (3) Questi colpi sotterranei s'intesero anche nel 1 762 nell' ^riccia , e vengono ben descritti nella storia del canonico Lucidi , come già dissi superiormente : e questo è il fenomeno preso per tremuoto dalla Gazzetta di Roma. 4* 5a S e t e v z r. mente Sorprendeva chi in silenzio dimorava assiso nelT abitato. In alcuni punti del paese era sensi- bilissimo, e niente sensibile in altri. Anche questo colpo sotterraneo aveva una diversa provenienza, ed avveniva ancora alcune volte che proveniva da una parte diversa dal treni uoto. Alcune volte si sentiva insieme alla scossa, ma per lo più precedeva: ed al- lora metteva gli abitanti in agitazione , che vieppiù aumentava colla sopravvenienza del tremnoto che in- dispensabilmente seguiva. In qualche giorno di tre- mnoto furono anelici intesi de' tremori, ed in alcuni gior- ni solamente questi ultimi. Furono però molto sen- sibili ne'giorni a» 24 29 maggio, che durarono per molto tempo , e poche volte s'intesero in luglio. Que- sti alcune volte duravano pochi minuti, altre volte un minuto od un secondo, ed altre volte erano per- manenti quasi tutta la giornata , od uaa sua buona porzione. 11 sismografo e i vasi di acqui posti sul terreno dimostravano cinicamente questo tremilo : e sedendo in silenzio senti vasi molto bene sotto doi piedi , ciò clu: dava un certo terrore. In alcune gior- nate si sentiva un senso di ondeggiamento, ch'era osservabilissimo , a qualunque corpo appeso a billico od a perpendicolo. Le scosse, le detonazioni, i rombi, i tremiti, gli ondeggiamenti , e tutti gli annunciati fenomeni , si sof- frivano indistintamente in qualunque fase della lu- na , ed in qualunque stato atmosferico. Se era il ciclo nuvolo o sereno , se con la luce 0 senza , se l'atmo- sfera calda o fredda , non riceveva modificazione al- cuna il tremilo to ; e solo risulta dalla osservazione , che pare a preferenza gradisse l'atmosfera umida-ne- luiìasa ♦ giacché le scosse vennero più frequenti e coi) sicurezza dopo qualche pioggia. Sul TnE.uuoTO d'Albano r>3 Fu osservabile che nel momento del freninolo sempre erari il vento sud-ovest. Alcune volte si predisse da!lo spirare del sud : ma qualunque però fosse il vento che soffiava prima, la banderuola allo istante della scossa si poneva nella direzione del vento sud-ovest, ed indi tornava alla direzione del vento che prima spirava. Questo ora un fenomeno straor- dinario. In alcune giornale nel momento della sco.«a sentivasi un cangiamento sensibile nella temperatura atmosferica. Nella maggior parie de' giorni l'aria fu caliginosa , specialmente in giugno ed in luglio, ed il cielo fu quasi sempre pieno di nuvolette elet- triche in maggiore o minor quantità. Si osservarono ancora ili occasione delle scosse, circa il fine di lu- glio, di notte e a cielo sereno, nuvolette bianche simili nel colore alla via lattea , aggruppate in una certa quantità or più or meno , e queste predice- vano sicuramente il venturo tremuoto nella notte. Molte volte formavano queste nuvolette delle lunghe fascio nel cielo, e per due volte occupandone una sola parte sembrava il cielo essere diviso a mola nel co- lorito. Altra volta eravi nella parte del sud il bel fosco turchino , e nella parte del nord un bianco simile a quello indicato delie nuvolette elettriche not- turne. In alcuni giorni l'aria era cosi densa e ca- liginosa , e così piena di vapori , che il disco solare vedevasi come di un rosso fosco; ma questi vapo- ri o questo colorito del sole non prediceva sem- pre la scossa. In altri il color del cielo era così pallido e cenerino , come se fosse stalo fra nuvolo e nebbioso. Le accensioni elettriche od atmosferiche dalla parte del sud e sud-ovest si fecero vedere per qual- che notte senza aumento o diminuzione delle scos- se indicate , e gli aei;ei fuochi notturni e i lampi 5 \ Scie k v. r. dagli 8 ai i3 di luglio hanno esattamente avuta la direzione del sud-est. Qualche volta comparvero in tanta quantità come una linea di aurora borea- le. In alcune sere ed in alcune notti, si osservaro- no delle colonne di fuoco e de' draghi volanti , e questi fenomeni quasi sempre comparvero dalla par- te del sud (i). Nelle prime settimane fu osservabile un feno- meno ben particolare, che avveniva pochi momenti prima che si sentissero le scosse , oppure qualche mezz' ora prima. Vedovasi formare un addensamen- to di fosche nubi alla direzione dell' ovest -ovest sud del paese , e questo addensamento di color ti- tro era un segno sicuro di scossa. La maggior par- te delle volte (solamente in principio) questo ad- densamento o questa unione di nubi occupava p sl- avamente la direzione sopra la tenuta detta Tor Ca i- celliera , distante circa tre miglia. Appariva in prim i- pio una sola nuvoletta , che bene scorgevasi dal pae- se; e quando erasi formala, produceva (in quel luo- go soio ) istantaneamente come una nebbia caliginosa che dall' alto si estendeva sino in basso. Il prolun- gamento od il contatto di questa nebbia col sotto- stante terreno di Tor Cancellerà prediceva la scossa, che avveniva sicurissima. Io stesso per tre volte, tro- vandomi sul colle de' cappuccini , faceva queste pre- dizioni con certezza. Molle altre volte prima deile (i) Nello specchio meteorologico , sono indicate Is respettivé giornate di questi fenomeni ; ma in nulla coì'- rispon dovano con le scosse. Questo specchio si fece quo- tidianamente con analoghe riflessioni in unione de* miei colleghi sig. dottor Cabonargi medico comprimario , « sig. Erasmo Doangclis chirurgo» Sul t-iewuoto d'Albano 55 scosse si caricava di una densa nebbia la marina, eh* si estendeva e prolungava fino olla campagna , o che altre volte giungeva fino ai soprastanti colli al- bani. Circa il fine di giugno il fenomeno a Tor Can- cellerà più non comparve , benché continuassero le scosse , e gli altri segni della nebbia seguitassero al- ternativamente. Oltre al tutto qui riferito i cittadini si erano an- cora ben avveduti, che un aldo segno per predire il futuro tremuoto era specialmente quello del ragghio degli asini , non che il latrar de' cani , il miagolar de* gatti , il cantare de' galli , e simili altri segni in altri animali , come ne' cavalli ec. In que' giorni che il tremuoto era continuo , e frequenti erano le scosse , re- cava massima inquietezza sentire la smania di queste bestie. 11 ragghio de' somari per generale consenso era divenuto diverso all'atto dal consueto , e sembrava anziché no un grido di dolore. In genere tutti que- sti animali erano mesti , benché il tempo di prima- vera dovesse allora tenerli in brio. Vero e però che circa i primi di luglio si resero non sempre corte le loro predizioni : forse perchè l'abitudine gli avrà resi non tanto sensibili a qualunque atmosferico can- giamento. Il lido del mare, o la così deità marina , fino da* primi di maggio, cioè prima del tempo delle scosse, fu sempre torbida , nuvola , nebbiosa , e caliginosa. Nel tempo delle scosse, ed anche calmate queste frisino al terminale del passato , si e mantenuta cosi tetra , che non ha mai presentato quel bel colore azzurro come negli anni passati , meno pochi giorni di ot- tobre e di novembre. Continua ancora nel corrente dicembre il suo torbido e nebbioso colorito. In generale le scosse, specialmente de' primi gior- ni , haouo dimostrato un deciso periodo sì di notte f>6 Scienze come di giorno. Circa l'approssimarsi delle ore i.{t 16, 20 , 33 tutti si ponevano in salvo per esperien- za sicuri delle scosse diurne ; mentre le notturne si facevano sentire specialmente dopo un* ora , fino alle einque o al!e sette. Per questa ragione, sebbene in appresso non siasi mantenuto esattamente questo pe- riodo , pur tuttavia risulta che le scosse periodiche furono r38, e quelle fuori di periodo 110. Il nu- mero totale delle scosse è a48 , infino ai 6 del ca- dente dicembre. Queste tenute a calcolo, e con esat- tezza registrate ogni giorno , non compresi i tremi- ti e le detonazioni , ho trovato che furono in mag- gio numero 54» in giugno i5o, in luglio 20, in ago- sto 1 1 , in settembre G, in ottobre a, in novem- bre a , e nel corrente 3. Il numero delle scosse for- ti fu 31 » delle detonazioni 4'» e 17 il numero de* tre- miti. Per meglio far conoscere le scosse avvenute in ciascuna ora dal maggio fino all'ottobre, togliendo i minuti, i quali sono però descritti fedelmente nel- le osservazioni o stato meteorologico , sono 3 scos- se quelle accadute alle ore 24 » quattro scosse alle ore 3, cinque alle ore 9, e cinque ancora alle ore 22 , sei alle ore 8, io, e 11 , otto scosse alle ore iG, 21 « e 23, nove scosse alle ore 12 , i5, o 19. Dieci scor- se alle ore io e 4* Tredici scosse alle ore i3, t,{ a 26, quattordici scosse alle ore 17 e 18, sedici scos- se alle ore 6, diciassette alle ore 7, dieciotto alle ore 5 , e 19 scosse alle ore a. Ecco il giro delle 24 ore presentalo come in uno specchio a colpo di oc- chi (1). La qualità delle scosse era varia , cambian- do nel medesimo punto e nella medesima scossa. Ge- (1) Non sono state in questo elenco comprese le scos- se di novembre e dicembre. Sul trktuoto d'Albano ^>7 neràlmente era succussoria , ma eranri ancora «.Ielle ondulatorie. Molte di quelle non folti , ma più lun- ghe, sono slate miste, cominciando ondeggianti, e ter- minando succnssorie , e viceversa. La scossa del pri- mo di giugno in principio fu succussoria , indi crescen- do divenne più forte ed ondulatoria. In genere ,la durata di ciascuna scossa non fu mai minore di un minuto secondo , e non mai maggiore di tre , tre e mezzo o quattro minuti secondi. Ne1 due mesi di maggio e di giugno il baro- metro noti ha mai marcato più di 26 , t\ , 5 , e me- no di 2G, 4 ? 3 ; l'igrometro quasi sempre è stalo fra r 87 ed il 100. Il freddo atmosferico in alcune notti di quei mesi, ed in alcuni giorni di estate, era tanto sensibile , che si vestiva d'inverno spnza molestia. I gradi del termometro in maggio non fu- rono che fra i i3 e i 16, e la mattina del 12 di giugno marcò 4i 3. Il resto de' giorni fino ad og- gi è stato vario come la stagione unitamente al ba- rometro e all' igrometro. Il tremito del terreno in alcuni giorni quasi con- tinuo , e lo sviluppo di un gas sui generis che su- scitavasi djlle scosse, unitamente a quell' insolito fred- do atmosferico in estate, portarono nella macchina del- la maggior parte de' cittadini l'impedimento della tra- spirazione , ed un urto nel sistema nervoso : donde avvi forse avuta origine quella mobilita , quel ti- more nervoso , e quella esaltazione di fantasia che tutto ingigantiva. Che una sostanza qualunque e va- porosa si sollevasse nel momento della scossa , non può mettersi in dubbio; e vi ebbero molti che ri- cevettero nelle gambe una sensazione angustiosa di calore, che portava una certa smania interna , come di oppressione al petto, e da me e da altri sensibil- mente provata, specialmente la prima mattina del tre- 58 S C I E N Z E muoto de'aa maggio. Alili al primo sollevarsi di que- sto gas avevano una forte interna emozione. Queste sensazioni erano quasi generali, e specialmente sen- sibili a quelli dolati di una squisita mobilita , i quali sapevano annunciare impreteribilmente la scossa pochi minuti prima che avvenisse. In coloro che furti ed importi ri iti sentivano le scosse, e ne contemplavano freddamente l'andamento, avveniva qualche volta nel- la scossa una emozione fisica che non sapevano repri- mere a fronte di tulta la loro forza morale, come di una lacrimazione involontaria, o di un forte tre- mare di membra. In molte grotte di questa citta svi- lii ppossi spontaneamente del gas acido carbonico , che rendeva impossibile la respirazione , uccidendo gli animali , e spegnendo i lumi accesi : in altre si sollevava questo gas non respirabile nei momenti delle scosse , ed era per qualche momento permanente. I temporali, se carichi o no di elettricismo, nulla ha ano predetto. Si sono però osservati notabili can- giamenti atmosferici nelle nostre contrade in lutto questo tempo.; Il color del cielo sembrava nella mag- gior part'j di quo' giorni di un cenerino così malinco- nico, che verso sera rassomigliava un addensamento di nebbia caliginosa. In alcune giornate sentivasi dalla maggior parte delle persone una esalazione sulfurea nel P atmosfera , ed a molli pareva che ne sapessero anche i cibi. Il vento quasi sempre sud, e sud -ovest fu in vaivi giorni ben forte , impetuoso, strabocchevo- le, e rinforzato. Cambiamenti istantanei dalla serenità alla pioggia, dalla serenila al temporale. Quasi sempre siamo stati dominati dalla nnbbia , anclie nelle più belle giornate di ostate, o prima o dopo le pioggie, cou una densità sorprendente , e piena di umidita e di acqua. Vi furono il a8 giugno quasi tutto il giorno, e la sera del 29 detto cosi forti e tcrri- Sii, TflEVTVOTO D'ALBANO 5q bili temporali , ch« confermarono decisamente l'at- mosferica estiva mancanza di equilibrio : ed il 2, 5, il cielo nuvolo sereno , il vento sud. Le qua- „ lità fìsiche , o la temperatura alla fonte nel convento ,, de' BH. PP. cappuccini dalla parte del lago gr. 8. 9. ,, Limpidezza grande , sapore nessuno , se non senso di „ fresco , e? nessun odore. Qualità chimiche. Si versa- „ rorao #«? ««a nfofa quantità di acqua delle gocce di ,, tintura di lacca muffa, e non avendo fatto alcun carn- „ biamento , provò non esservi preferenza di un acido „ libero qualunque. Coli" acqua di calce lo stesso , cioè „ nessun cambiamento , pe/1 determinare l'acido carboni- ,, co , owe/'o qualche carbonato terroso od alcalino ; col ,, mirato di argento , leggero intorbidamento per ricono- ,, few? V acido muriatico . Coli' ossalalo di ammonìaca „ cambiamento nessuno : segno che non vi esiste calce „ sotto qualunque combinazione : coir acetato di barile „ lo stesso , onde evidentemente non vi esiste l'acido ,, solforico o libero o combinato ; col miniato di barite „ /o slesso , per lo stesso oggetto : colf ammoniaca lo stes- ,, so , segno che non vi sono sali a base 0 di allumina. ,, o di magnesia : col prussiato di potassa lo stesso , per „ conoscere se vi era la presenza del ferro. ,, Peso del gravimetro . ?, addizionale di sotto t, di sopra #■• ! 30 I . •)•> '44- lì 4;- &'■ i49u. sr- 1492. &•• 1491, 6. ,, Acqua stillata , peso. ,, Acqua da analizzarsi . . Questa è l'acqua potabile della maggior parte della città , c/ie proviene dalle vicinanze di Palazz'iola. Vi è Sul tremOoto d'àlbako (U Lo svilupparsi o del fluido elettrico o di eJtro gas , qualunque sia stato, portò generalmente in que- ste contrade un aumento di vigore , che si fece chia- ramente osservare nella vegetazione e nell' abbon- danza delle frutta , fenomeno altrove in simile cir- costanza accaduto , ed osservato dal dottor Stisheley che vide la vegetazione aumentarsi col tremuoto , e da Nuneberg che ha dimostrato che le piante elet- trizzate germogliano più presto ; per cui malgrado di tutte le disgrazie prodotte dai Iremuoli, al dir di Kant (2), sono essi non ostante utili , e sembrano influire sulla esistenza in generale. Molli alberi islan- taneameute impallidirono , e perdettero ie loro fo- avcora altra acqua che deriva da altra sorgente detta della cento bocche : ma questa si dirama velie abitazio- ni particola/ i. Tiravi ancora, altra sorgente di acqua sotto il convento detto della Stella prossimo alle mine di un tempio dedicato ad Esculapio ( vedi Lucidi loc. cit.) , che pura dal suddetto Conti si analizzò , ed io non riporto per essersi deviata. (1) Polizia medica , toni. 8 art. 4- Tremuoto. (2) „ / bagni caldi , per esempio , e le acque mine- „ rais , lo zolfo , le miniere , ed i metalli probabilmente „ non sussisterebbero senza la fermentazione interna di „ essi. Anche l'atmosfera , consumata continuamente dagli „ uomini e dagli animali , riacquista le sue perdite per „ mezzo di una svaporazione di sali volatili ed altre tt parti fruttifere necessarie per la fermentazione ed ti ,, nutrimento delle piante ce. I vapori sulfurei puriji- ,, cario Varia . . . Il calore della terra , la sua Jrutti/i- ,, cazioue , la pioggia , e la totale temperatura , le sor- ,, genti ed i fiumi sembrano dipendere dalla ferrnen* „ La zio ne interna ec. Kant , tcm. IT* geografia fìsica ,, . 6 3 Scienze gìie , e fin dal mese di giugno molti ne restarouo afùlto nudi. Lo sviluppo però degli insetti in que- sta decorsa estate, paragonato cogli altri anni, non fu maggiore. Fu osservabile bensì , che quasi tutti i vini inacidirono , non esclusi quelli che tenevansi pi:l giornaliero servizio. Niente rilevossi di singolare o nel monte Al- bano , o nelle sue vicinanze , o nelle acque de' vi- cini laghi di Castello e di Nemi , come falsamente si vociferava. Tati errori portarono inj questi luoghi una deputazione di scienziati proveniente da Roma(i) per ordine sovrano , onde osservare ciò che si elice- va e falsamente si scriveva , cioè che le acque del lago di Castello aveauo cambialo colore, diesi era- no abbassate di livello, che bollivano, è che altri rari fenomeni erano avvenuti nel lago di Nemi. Si aggiungeva che nel monte Albano si vedevano dei fuochi e del fumo , indizio di aperto vulcano. Lo stesso si diceva avvenuto nella macchia della Fajola, asserendosi che ardeva in un luogo , e che in altro non potea camminarsi pel bruciore del terreno: il quale bruciore da molti ancora si asseriva sentirsi in quella eminenza vicino al lago di Albano, dalla parie est- est- sud , chiamata Castel di Maledillo per un castello quivi fabbricato nel medio evo, benché non vi manchino indizj di antiche fabbriche romane (2). (1) Gli eccellentissimi signori professori cav. Mori- cluni, dottor Carpi, Barlocci, e cav. Scarpellini. (1) Senza fondamento da alcu li fu creduto Vanti- co podium , o podium de monte Albano. A"1 tempi del padre Volpi niente più esisteva in quel sito. Lat. Vetus tom. Vili. 11. 12. cap. 11. Vedi Lucidi > Istoria delV Aric- eia toc. cit. Sul xn:::uL'0'ro d'Albako 63 Per quel che a me è sembrato, le falli' dèi no- minato monte Albano, e specialmente quella linea rhe si estende dal sud-est al nord, sembra essere stata la sede principale di questo tremuoto. Questa osserva- zione è confermata dall' esperienza , giacche de' luo- ghi della terra ferma nessuno è tanto esposto a fr - quenti scosse di tremuoto , quanto le regioni mon- tuose poco distanti dal mare. „ Fenomeni simili po_? „ trebberò essere spiegati per mezzo di canali sotter- „ ranei , i quali avvicinandosi al mare , e passando „ sotto di esso, si ristringono : perlocchè lo spander- ,, si de' vapori deve operarvi più violentemente. Al- „ tra ragione principale perche le tene del conti- „ nente sono scosse maggiormente, dobbiamo cercar- „ la anche dal peso deli1 acqua marina che comprime „ il suolo confinante: poiché siccome questa enorme „ massa di acqua ritiene la forza del fuoco sotterra- „ raneo che tenta innalzare il suolo , e non le per- „ mette di estendersi, così rivolge tutta la forza con- „ tro la vicina terra asciutta (i). Le scosse avute non si estendevano al di Sa di cinque o sette miglia circa in linea retta, partendo da Albano. I paesi situali sopra de' nostri colli hanno sentito il tremuoto a preferenza de' luoghi di pianu- ra , e ciò conferma l'assertiva di Kant. In Marino, in Rocca di Papa ed in Albano hanno le fabbriche più solferto die negli altri luoghi. Monte Porzio , Mon- te Compatri , la Colonna , Rocca Priora , Velletri , Nettuno , Ardea , Pratica , e Roma intesero qualche leggera scossa per consenso nel finire di maggio e nel primo di giugno , e in appresso qualche scossa insensibile in que' giorni in cui le scosse furono più (0 Kant., opr/ri diala toni, 1F. 6\ Scienze forti in Albano e sue vicinanze , e nulla negli al- tri giorni. Formando una circonferenza dello spazio mal- trattato dal Iremuoto , e cercandone un centro, ri- trovasi in quel tratto di terreno , che è positivamen- te nelle vicinanze del convento di Palazzuola verso il nord-est di Albano prossimo all'antica Alba Lon- ga. La circostanza di questo iremuoto locale , o di- rei idiopatico, aumentava la comune desolazione. Ma perchè dato questo centro non ha dunque il tremuoto avuto sempre una provenienza , e perchè in questo caso ha avuto invece origini tanto diverse ? È cer- to e di fatto , che si sentiva da tutti ora proveni- re dal sud-ovest , ora dal nord , ed ora dal sud. Trovandosi però , come insegna la geografia , degli antri e de1 canali lungo le catene de' monti e dei colli , che percorrono immensi spazj sotto de' nostri piedi , si potrebbe forse congetturare che questi va- cui immensi sotterranei portassero nel nostro caso o il gas elettrico ,o il vapore, o la combustione for- mala sotto quésto centro in altri luoghi distanti, per cui sembrasse che il tremuoto avesse orìgine altro- ve, e lungi dall' accennalo centro. D'altronde l'opi- nione su questo centro è avvalorata dalla osserva- zione, che mentre Albano, Marino, Monte Cavo, Pa- lazzuola , Castello, la Rocca, Grotta Ferrata, Fra- scati , Nemi , Genzano , Civita Lavinia , Galloro ed Ariccia erano tutti travagliati dal tremuoto, han- no più sofferto i G primi che gli altri accennati pae- si: e poco, anzi niente, le Frattocchie , Monte Por- zio , San Gennaro , e la Cecchini (i) verso il mare. (i) Nome di una contrada e fabbrica nel territorio di Albano al sud-ovest. Sul fremuoto d'Albano f>5 La interne masse componenti questi colli , gli strati più o meno duri e compatti f gli antri naturali che accennai cogniti ed incogniti , non che quelli ar- tefatti dagli antichi romani in queste contrade , uni- tamente agli emissarj dei due laghi , molto devono aver contribuito a produrre la disuguaglianza di que- ste scosse» giacché dice l'indicato Kant, che la quan- tità dei vapori, come puro la diversa specie dei gas che per la loro elasticità sono condotti per fessu- re sotterranee , si aprono una escita verso la parte superiore con maggiore o minore strepito, a seconda che sono coperti da strati più o meno compatti, men- tre poi facilmente passano per le aperture antiche , o per altri siti ove non trovino resistenza. Col mezzo appunto di scavi sotterranei gli antichi romani ga- rantirono dal trerauoto il tempio di Giove sul Cam- pidoglio. Quante volte non si voglia ammettere un cen- tro, ove come in una fucina stesse il principio o del- la combustione o dell' elettricismo , bisogna in quel caso convenire che molti sìcno stati i punti dai quali si emanarouo tante diverse scosse , come varie e di- verse erano le loro direzioni. Sarebbe anche curioso indagare, se un tremuoto di così poca estensione ab- bia avuto una origine profonda o superficiale , e se la frequenza delle scosse possa portare un certo e positivo criterio sopra questo argomento. Candida- mente confesso , non avere cognizioni per decider- lo. Credo però che come potrebbe questo tremuo- to essere sostenuto profondo con calcoli e razioci- nj , con altrettanti calcoli e raziocinj si poti eb- be provare il contrario. Diceva superiormente che le scosse vennero più frequenti e con sicurezza do- po qualche pioggia. Ora è certo che le piogge, fil- trando fino ai condotti profondi, producono delle fer- G.A.T.XLIV. 5 66 S e i k n « . k «tentazioni , che si manifestano dapprima in vapori esalanti, ed indi passando queste piog«e nelle ca- verne più profonde , ivi eccitando maggior riscal- damento, cagionano talvolta a seconda di molti tìsi- ci oselle scene terribili , che diconsi tremuoti. Noi avevamo sempre, come vedemmo, il tremuoto poco dopo la pioggia , ed e perciò che non bastava un cos^ breve tempo all' acqua per giungere a grandi profondità. Se i vapori acquosi permanenti, secondo Poli , come il gas idrogeno , il gas ossigeno e si- mili , si possono generare a profondita mezzane , e quindi cagionare per le ragioni addotte de' tremuo- ti di estensione più ristretta , pare che questa cir- costanza favorisca l'opinione di credere il fomite di questo tremuoto poco profondo , e dipendente da una fermentazione. Sarebbe forse stata facile questa scoperta se si fossero potuti o prevedere od av- vertire i colpi sotterranei che precedevano special- mente ne' primi giorni il tremuoto ? Ma si sarebbe potuta dedurre da questi colpi una profondila certa, od approssimativa ? Ma riguardo alle cagioni siili' origine di questo fenomeno, ben sapete quante sieno le opinioni de' fisici. Può essere che sia stato un effetto di un sottilis- simo vapore di zolfo , come ancora un risultato di molta fermentazione nel!' interno della terra. Questa interna fermentazione si proverebbe dal non esservi stata scossa veemente, e nessuna spaccatura nel ter- reno. Potrebbe anche dipendere da sotterranee correnti superiori di forza a quelle che conosciamo sulla su- perficie dalli terra , poiché l'aria sotterranea essen- do più densa , e trovandosi rinchiusa da' canali tra- sversali, si jiirtte in maggior movimento per qualun- que eay*4 subitanea che le si opponga, 't'uò essere che sieiio state lente e profonde combustioni Cu kui \ Sul tremuoto d'Albano 67 stanze fossili a bituminose sottostanti a' nostri piedi, e non conviene rigettare affatto la opinione eh' es- so sia prodotto dall' accensione de' zolfi sotterranei , sebbene agli zolfi come zolfi non si deve, per senti- mento di uno de' più grandi elettricisti che stati sianvi (1), attribuire tutta l'attività rispetto ai gran- di effetti che ne seguono. O sia anche stato lo sri- luppo di un' aria infiammabile suscitatasi per mezzo di una decomposizione prodotta 0 no dall' acqua in unione alle sostanze minerali, che tanto abbondano in queste contrade : oppure che sia stato lo sviluppo di un interno fluido elettrico, io veramente non sa- prei deciderlo. Don Lorenzo Zupo di Cosenza, me- dico e uomo molto versato nella buona fisica , per- suaso che la causa del tremuoto esser dovesse l'elet- ti icita, profondò nella terra una spranga di ferro di 12 palmi , ed osservò nel tempo di molte scosse dalla estremità acuta rimasta fuori della terra innalzarsi un pennello di fuoco elettrico ; e Vivenzio (2), sulla fe- de del celebre Tiberio Cavallo , crede che le deto- nazioni sieno una prova per sostenere l'elettricità. In queste contrade le detonazioni furono frequenti , e perciò si dovrebbe il tremuoto ripetere dal va- pore elettrico che si sprigiona dai corpi original- mente elettrici, specialmente se trovi una sostanza che si opponga al suo passaggio. La resistenza ingigan- tisce l'elettricismo , e più. forte fa tremare tuttociò che gli è dintorno (3), Potrebbe anche pensarsi che (1) Beccaria , dell' elettricismo naturale ed artificiale. (a) Istoria e teoria da tremuoti . . . della Cala- bria . . . del lyS'ò, di Giovanni Vivenzio cavaliere ce. pri- mo medico delle loro maestà. Napoli 1783. (3) Poli , Riflessioni intorno alcuni fenomeni , e loro effetti ; ed il padre della Torre , Scienza della natura. K* 68 Scienze il treruuoto avesse la sua origine nell' atmosfera stes- sa, e che la scossa dovesse ripetersi, come dice Van- uucci (i), dalla violenta scarica dell'elettricità atmo- sferica , che passa a traverso delia terra, o final- mente dal coatatto dell' interno elettricismo terre- stre coli' esterno atmosferico. Pare da quanto si è osservato , che anche questa conghiettura possa es- sere acconcia al nostro caso , e che o la terra o l'atmosfera bisogno aveano di alternativamente ca- ricarsi 7 e spogliarsi del loro soverchio elettricismo , e di mettersi in equilihr o. Il celebre matematico-fisi- co sig. abate Andrea Conti vostro amico , che qui si trattenne assai tempo ne'giorni del tremuoto , confer- mò questa teoria. Non può mettersi in dubbio la mancanza di equilibrio ne' colli Albani e sue vi- cinanze, la quale da tutti si osservava giornalmente, e la formazione più che istantanea de' turbini e temporali ne faceano certissima prova. I moderni fisici hanno dimostralo, che i raetereologici fenomeni dell' atmosfera hanno tale stretta connessione con quelli che nella superficie e nelle viscere della terra ac- cadono , che gli uni e gli altri spesso dipendono d.ìlla stessa causa , e frequentemente si susseguono, ]\e fa feda il fenomeno osservato ne' primi gior- ni dell' addensamento delle nuvole sopra Tor Can- celliera, addensamento veramente elettrico in tutta la sua forma. D. Giovanni Battista Colajanni osservò anch' egli, che prima del tremuoto fermavansi le nu- vole, e quasi pendenti restavano: e che la scossa produceva uno scroscio simile a quello di una for- (i) Giuseppe P'aim'itcci, Dùco/so istorico filosofico sa» pm if tremuQlQ , che nella notte dal a^ venendo il 21 dtastnért i/ttG fi watt in filmina c? una di queste fu reumatica , e 1' altra paraplegiaca perfetta , ambedue da me osser- sate la prima volta , e felicemente curate. Oggi il paese si è posto in una certa calma t e spera terminato il tremuo to, tanto più che gradata- mente è andato diminuendo. Le scosse che si sono intese nei quattro mesi da settembre a dicembre non hanno tanto turbato la loro immaginazione 1 anzi le hanno ascoltate freddamente , e senza punto sgomen- tarsi. La scossa ultima generalmente intesa , benché di notte, lo compruova. Nessuno si mosse dall'abi- tato , e nessuno dette indizio di timore. Tanta è la forza delle abitudini anche nelle più grandi sventure! Dall' andamento progressivo di questo tremuoto pare che nulla più abbia a temersi. Cominciò in mag- gio , e progredì aumentando in giugno con una vio- lenza , come vedemmo , imponente. In luglio ed ago- sto andettero rallentandosi le scosse , e divennero ben rare in settembre , ottobre , novembre , e di- cembre. Potrà dunque dedursi che sia totalmente sva- nito per ora l'agente che le manteneva? Sarebbe una interessante ricerca a farsi se col progresso de' tempi 74 Scienze iu questi luoghi avverrà mai niente di sinistro , e se potrà mai accadere una nuova accensione in que- sti colii , non essendo ragione bastante il dire che il fuoco da tempo immemorabile ha già tutto con- sumato, potendosi queste materie co'secoli riprodurre. Gradite, mio rispettabilissimo collega, questa nar- razione comunque essa sia. Le vostre cognizioni fi- siche , non che la vostra profonda conoscenza della chimica e deila istoria naturale , mi rimproverano con Plauto , che dovea invece di dirvi le mie osser- vazioni consultarvi in ciò che io non capiva. Desi- dero però dalla vostra amicizia e dai vostri lumi una benigna ed opportuna correzione. Vi prego a considerare altresì in questa narrazione, che vi pre- sento, il pia" care che io provo in potervi dimostrare ogni giorno più la mia distinta e rispettosa sti- ma , con la quale mi pregio di essere Albano 3i dicembre 1829. frustro servitore ed amico Luigi Bassanelm. Storia di una mielite , diretta dal dottor Luigi He r colani al eh' sig. professor Folcili. JLJ oggimai provato, non avervi malattia diatesica , che in istretto senso nominar si debba generale : movendo sempre il morboso eccitamento dell' uni- versali» da un viscere , o sistema , o porzione di questo, già prima affetto. Che però se il modo dell' eccitamento sia un solo per la qualità , non altret- Storia di uica mielite T* ." 75 tanto per la quantità addiviene : essendo assai diver- so , a modo di esempio, il grado di quella parie, che brucia nella flogosi , e che costituisce la con- dizione patologica, da quello di tutte le altre, che per solo consenso vi partecipano. La sperienza , che si desume dalla patologia razionale e dalle necro- scopie , mercè di cui si avvisano terribili vegeta- zioni e disorganizzazioni ove la flogosi risiedette , senza che si riscontrino altrove neppur segni di es- sa , apertamente ne conferma in cosi fatta senten- za. Ed invero , se altramente andasse la bisogna , come lo si pensava Brown f cioè uno ed ugual- mente diffuso essere l'eccitamento, noi fortunati! che con un solo farmaco , a diverse dosi moderato , tutte quante sono le malattie potrebbonsi debellare. Si è per questo, che assai valenti pratici posero mol- to studio all' azione elettiva delle medicinali sostan- ze , onde con esse rialzare o deprimere l'eccitamen- to delle parti affette , senza che il dinamismo ge- nerale ne risenta ugnai passione , che vai quanto di- re: Adeguare il meglio possibile alla specifica quan- tità del morboso eccitamento la contropposta spe- cifica quantità dell' azione elettiva del metodo cu- rativo. Il che costituisce l'intera e somma difficol- tà dell' arte di sanare le malattie. Vediamolo con un caso pratico. Pietro Gaieazzi del Massaccio di Jesi , robusto della persona , e stato sempre sano , comechè avesse in uso di darsi troppo al bere ed esercitasse la la- boriosa professione di messaggiere , ammalò nel 34 anno dell' ttk sua , consecutivamente a lungo e pe- noso viaggio pedestre. La infermità , che sviluppò nella sera stessa del suo ritorno in patria , si fece manifesta da un senso di formicolio alle sure , dall' accasciamento del corpo , e dalla perdita de' moti . S'incomincia dalla rotta finale di Antigono , primo re della Siria dopo Alessandro , e si giunge alla pri- CoLLECTIO VATICANA (JJ gionia di Perseo ultimo re di Macedonia. Vi è di- scorso delle diverse guerre dei successori di Alessandro, delle cose di Agatocle re di Sicilia , di Pirro epi- rota , e del grande Antioco ^nereggiante in Egitto contro i due Tolomei fanciulli. Il rimanente , anzi il più , di questa parte di Diodoro, è storia romana. Nella decina ultima , dal libro XX. XI al XL , dei frammenti vaticani inediti di Diodoro si comprende lo spazio di anni 108, cioè dall'anno di Roma 586 sino al Gq4 •> ne^ quale accadde quel si pomposo trionfo di Pompeo, con la grande epigrafe inedita , illustrata dottamente dal Borghesi. Le cose greche in questo tratto contenute alternano sempre con !e asiatiche, egizie, siciliane, cartaginesi, e romane. Tocca la materia da p. 79 sino a p. i3i del volume. Queste parti di Diodoro scoperte da mousig. Mai sono tali e tante , che senza dubbio daranno occa- sione ad una nuova edizione di tutto questo eccel- lentissimo storico; e presumiamo che gli oltramontani ci preverranno nell'onore e vantaggio di questa ti- pografica impresa. E già udiamo che da loro si ristampa il Polibio , appunto per inserirvi le nuove parimenti insigni parti discoperte dal Mai, delle quali or ora diremo; come anche si è già fatto in Germania al Deusippo , all'Eunapio, e al Menandro bizantino, de' quali altresì parleremo , poiché il codice vaticano ha somministralo anche di questi storici novelle parli. Sarà bello , in quanto i limiti di un articolo celo concedono, riferire alcun saggio di questo nuovo Diodoro : ma non potendo copiare i fatti , che ci menerebbono troppo in lungo , ne trascriveremo pa- recchi delti sentenziosi ammirabili ed utilissimi , ser- vendoci della latina traduzione del Mai. 1. „ Nihil interest fortes esse viros , si discordia „ sit; neque rursus prodest tueri coucuidhm tinndis. G.A.T.XUV. 7 98 Letteratura ,, a. Qui pietatem erga Deos non retinent, ii multo mU „ nus officia inter bomines servant. 3. Nihil impensius „ in vita curandum est, quam Dei cultus.4« Invidia de- „ primit eos qui gloria excellunt. 5. Meliori, ut dicitur „ in proverbio, deterior adversatur. 6. Periculose ma- „ gnae vires habentur cum mente exigua. 7. Amicorum ,, benivolentia maximum vitae bonum reputatur. 8. Be- „ neficii numquam paenitere nos debet.9. Homines ple- ,, rumque obtrectationibus magis faciendis quam prae- „ coniis delectantur. io. Maiore in prosperis rebus , „ quam in adversis, cautela opus est. 1 1. Oratio adm> „ rabilis obruere veritatem potest. 12. Firmissimus sa- „ lutis custos est diffidenti.!. i3. Demetrius rex aiebat „ meliorem esse vindictà veniam. 14. Egregii homines „ aut vincere debent, aut victoribus obedire, i5 0mnes „ homines magis solent in calamitatibus memoriam „ nurainis revocare. iG, Homines ita sunt generati, „ ut rebus prosperis plaudant , pereuntium autem „ fortunam ultro praegravent. 17. Cum fortunae con- „ versionibus videre est amicorum quoque benivo- „ lentias commutari. 18. Vir improbus imperio po- „ titus non solet humanitus prosperitatem ferre. 19. „ Neque licet sponte cedentem occidere; ncque lau- „ dabiliter vita spoliantur vieti ; neque non infa- „ miam contrahunt qui publica miserorum asyla tol- „ lunt , human ae infirmitatis immemores. 20 Aequum „ est ut discamus ex alien-is adversitatibus securi- „ tati propriae consulere. 2t. Fotentiae timor facit ut ,, potentes odio sint. 22. Qui aliis imperare volunt , „ eos opus est non tam velie eminere, quam man- „ suetudine et moderatione omnes vincere. a3. Sa- „ pientium est amici tias immortales , inimicitias mor- „ tales habere. 24* Plerumque evenit , ut qui pravis ,, moribus imbuti sunt , ii familiares suos sibi similes „ efficiant. 25. Qui pecunia abundat , paratis ad bel- COLLECTIO VATICANA 9Q „ landum viris non destituitur. 26. Solent poteotes „ per amicorum incommoda semet periculis expe- „ dire. 27. Romani veteres ad conciliandara sibi po- „ pulornm benivolentiam studio praecipuo incubuis- „ se videnlur. 28. Utendum est historiae liberiate „ ad communis vitae emendationem. 29. Romano- „ rum celebrata est adversus resistentes certa vin- „ dieta , erga obsequentes mira clementia. So. Qui- „ cumque fortunam humilem sortitus est, honores et „ commoda optimatibus sponte cedit ; sed idem si „ inclementer tractetur, erga immites dominos inimi- „ cum animum sumit. 3i. Pauci homines suapte virtu- „ te iustitiam sectantur ; plerique autem legitimis ,, poenis et divina vindicia territi, a maleficiis absti- „ nent. 32. Maeroris medicus tempus vini luctus se- „ dat. 33. Malorum novitas priora infortunia homi- „ nibus lenire solet. 34- Quae a mortalibus tantopere „ expetuntur opes , eae saepe amatores suos hauti „ mediocribus infortuniis irretiunt. 35. Barbaros ipsos „ natura erudit ad referendam bene meritis gratiam. ,, A p. 123 e 124 si leggono de' bei giambi greci inediti di contrario argomento, cioè in lode e in vi- tupero dell'oro. Della guerra sociale italica , a fine di ottenere la cittadinanza romana , abbiamo nel nuo- vo Diodoro pezzi importanti. Tra questi è tremenda la forinola di fiero giuramento che un Filippo propose a recitarsi a chiunque entrava a parte della congiu- ra , di cui era alla testa un Druso. Eccola. „ Philippi iusiurandum. Iuro Iovem capitolinum „ et Vestam romanam , et parentem civitatis Mar- „ tem , et auctorem generis solem , et altricem ani- ,, malium arborumque tellurem : praeterea Romae „ conditores semideos , et propagatores imperii eius „ heroas ; me habiturum amicos inimicosque eosdtm „ quos Drusus; et ncque facultatibus nequ^ liberis ne- 1* ioo Lette ha. tura „ que parentibus , neque ulli omnino animae me par- „ surum , nisi iti Druso profuerit, nec non iis qui in „ haec eadem verba iuraverint. Quod si civitatem con- „ sequar ex Drusi lege , patri ani arbitrabor Romani, ,, et benefactorem maximura Drusum. Atque hoc ius- „ iuranclum cura quam plurimis poterò civibus com- „ municabo. Et religiose quidera milii iuranti , bona „ contingant ; peieranti , contraria. „ , Nella conclusione, che ora smaniente conoscia- mo, della sua storia dice Diodoro, che della parte de' suoi profani fasti innanzi la presa di Troja (che fu ottocento anni dopo Abramo) non può farsi gran conto , per difetto d'idonei documenti anteriori a quel- la epoca. E qui riflette zelantemente nelle annota- zioni monsig. Mai , che questa confessione di Diodoro è notevolissima, come fatta da un uomo che conosceva tutta la storia del mondo idolatra, e che l'aveva scritta; ed aggiunge il Mai che l'asserzione di Diodoro è con- fermata dalle indagini e dalle scoperte de' viventi ar- cheologi , i quali presso niuno antichissimo popolo del mondo hanno trovato monumenti profani storici in- nanzi Abramo , che è l'epoca da cui incominciò il gran vescovo Eusebio le sue tavole cronologiche, ap- punto perchè monumenti più antichi presso le estere nazioni non si trovavano , co' quali istituire il con- fronto della sacra storia. Dal che sempre più si co- nosce, che le sacre antichità mosaiche, ignorate dai pagani , sopravanzano immensamente le profane d'ogni nazione ; e che esse sole vanno a congiungersi con la creazione delle cose e col creatore. Segue nel volume del Mai la parte inedita del- le storie romane di Dione Cassio , che è anche al- quanto maggiore di quella del Diodoro ; e compren- de pagine cento quaranta. Ma poiché nel Dione si è trattenuto principalmente e prolissamente il Borghesi, COLLECTIO VATICANA lOt autore de'precitati articoli , noi potremmo passarlo sot- to silenzio, se alcuni notabili, da lui per le più preter- messi , non c'invitassero a nominarli. Tali sono una particella curiosa della prefazione dell' opera; la di- fesa della innocenza di Sp. Cassio ; la censura con- tro la superstizione dei Decii ; il carattere nazio- nale dei Galli , e personale del grande Annibale e di Fabio Massimo ; la lode della politica romana; e varii passi importanti della storia imperiale. Si sapeva che Dione fu valentissimo oratore; ed ora nei vaticani pezzi compariscono nuovi saggi della elo- quenza sua negli avanzi di molte aringhe , cioè del- le donne sabine in tempo di Romolo ; di Q. Cur- zio all' orlo della voragine ; di Agrippa ai sedizio- si; della madre di Coriolano ; di Rullo per lo figliuo- lo ; di Cinea , di Fabrizio , e del re Pirro ; di Len- tulo e di Fabio Massimo nel senato che deliberava intorno alla guerra punica. Vogliamo in fine avvi- sare quegli eruditi , i quali fossero per ristampare tutto il Dione Cassio , a fine d'inserirvi le grandi porzioni scoperte dal Mai , che non ne dimentichino diversi altri frammenti altresì nuovi , che sono com- parsi in un greco glossario stampato recentemente negli annedoti del prussiano Bekker. Passiamo allo storico di Megalopoli. Ninno igno- ra che anche la storia di Polibio comprendeva qua- ranta libri ( come quella di Diodoro ) dalla presa di Roma fatta dai galli , sino alla distruzione di Car- tagine e di Corinto: e niuno parimenti ignora, che soltanto i primi cinque libri ci rimasero intieri ; ed inoltre non iscarsi estratti sino al libro XVII ; ma più. in su sino al quarantesimo , solamente minuti passi qua e la raccolti per opera dei filologi , salvo nondimeno alcune legazioni pubblicate dall' Orsini , 102 Llf IIK1IUU ed alcuni estratti datine dal Valesio , che più larga- mente si estendono. Ora nel codice vaticano sono comparse parli nuove e Frammenti di Polibio , incominciando dall' esordio del libro sesto , e giugnendo sino alla con- clusione del libro trentanovesimo ; con indicazione eziandio eli ciò che formava il soggetto del quaran- tesimo ossia ultimo della storia : e corre la materia da p. 3^9 sino a p. 461 del volume. Sapevamo che Polibio aveva nel sesto libro esposta la civile e mi- litare costituzione dei romani ; e tali appunto qui ci appaiono i nuovi frammenti vaticani. Nei frammenti inediti degli altri libri sino all' XI , sono cose gre- che e romane. Nel libro XII ci somministra il co- dice vaticano una assai lunga invettiva ed acerba critica di Polibio contro la storia di Timeo : ed è questo il pezzo unito più esteso dei polibiani nuovi frammenti , poiché occupa pagine 24* Dal libro XIII. sino al XXI sono cose greche di diverse citta e persone , che brevemente non si potrebbono da noi nominare. Nei frammenti del libro XXII incomincia- no i racconti delle cose macedoniche di Filippo padre di Perseo, e più estesamente di quest' ultimo: ma vi si frammischiano assai altre cose di altri popoli e per- sone sino al libro XXX, in cui cessano i racconti intorno all'infelice re Perseo. Nel predetto libro XXX si riporta un bello squarcio del trattato perduto di Demetrio Falereo , che fu bibliotecario di Tolomeo Filadelfo , intorno alla fortuna. Sapevamo da Laer- zio che Demetrio aveva composto un libro di que- sto titolo , ma niun frammento se ne conosceva in- nanzi la scoperta del Mai , il quale sino a tale an- tichità è risalito con gì' indubitati e classici suoi ri- trovamenti ( cioè a cinquant' anni dopo il grande Alessandro, come si dice nel pezzo del Falereo): COLLECTIO VATICANA Io3 anzi ancora più in su si spinse , quando scoperse una più che mezza orazione d'Iseo, che fu maestro di Demostene. È poi hello a dirsi che Diodoro ne- gli estratti vaticani comparisce sovente plagiario di Polibio (come parimenti lo è T. Livio), da cui to- glie tacitamente -., oltre altri , anche il pezzo del Fa- lereo , con varietà soltanto di alcune parole. Le tragiche fini di Cartagine e degli alleati achei con patetico stile e con sapiente filosofia da Polibio si scri- vono nei vaticani estratti. In fondo al libro XXXIX egli fa un epilogo di tutta la sua storia , e propo- ne l'argomento del quarantesimo , che era di genere cronologico. Ecco per esempio, secondo la traduzione del Mai, un pezzo , in cui Polibio descrive la dedizione del principe cartaginese Asdrubale , quando già Carta- gine era invasa dal vincitore romano , e tutta in preda alle stragi ed alle fiamme. „ Quum Hasdru- ,, bai carthaginiensium princeps ad Scipionis genua „ supplex accidisset , romanus imperator praesentes „ intuens, Videte, inquit, quam valida fortuna sit ad ,, exhibendum in stintissimo quovis mortali exemplum. „ Hic est Hasdrubal , qui multam sibi clementiara „ a nobis nuper oblatam respuit , cum diceiet pul- „ cherrimum esse sepulchrum patriae cineres : nunc „ autem cum supplicibus infulis adest vitae benefi- „ cium postulaturus, spe sua omni in nobis collocata. „ Quo viso spectaculo , quis non cogitet, nihil esse „ superbe dicendum faciendumve ab eo qui homo „ natus sit? Tum et transfugae aliquot , tecto (lem- „ pli ) conscenso , rogabant romanos qui in prima ,, acie proeliabantur , ut parumper impetum inhihe- „ rent : quumque imperator cessare iussisset , coepe- „ runt Hasdrubalem maledictis incessele, partim eum „ periurum appellantes, propterea quod saepe ad arani lOf L E T T E K A T U K A „ iurasset se illos non prodituruni , panini ei igna- „ viam animique immilitatem exprobrantes : atque „ liaee cum irrisione foedoque et acerbo convicio „ faciebant. Per idem tempus uxor quoque Hasdru- „ balis observato viro, quem romanus imperalor sibi „ adsidere iusserat , processi! e transfugarurn globo; „ ipsa quidem liberaliter splendideque ornata, par- „ vulos autem ìiberos in tuniculis ex ulroque la- „ fcère babens, quos raarm lenebat vestibus suis ini-, „ pSicitos. Et primo quidem Hasdrubalem nomine in- „ clama vit; qui cum tacerei terram intuens, illa prin- „ cipio Deos testes invocavit etc. Ma versiamo al quarto storico classico, di cui grandi aggiunte parimenti si devono alle indagini industriose e non comuni del Mai. Venti libri di storia romana scrisse Dionigi di Alicarnasso « dalla fondazione della citta insino al principio della pri- ma guerra coi cartaginesi. Ma uè meno questo au- tore evitò i danni del tempo e della barbarie ; poi- ché dieci soli libri rimasero intieri, con parte deli* Uiulecimo; la rimanente gran parte andò smarrita; disgrazia veramente deplorabile di questi massimi quat- tro storici, Polibio. Diodoro, Dionigi, e Dione ; ca- gionata, come crediamo, in parte almeno dalla pro- lissità loro , che stancò i copisti dei bassi tempi : di modo che essendone divenuti rari gli esemplari intieri , e non copiandosi se non i primi libri , ac- cadde in fine che per io più questi soli si conservas- sero : e questo danno non toccò ne Erodoto né Tu- cidide , quantunque più antichi , poiché la mole efe* loro scritti era minore. Cosi tra i latini perdemmo assai del voluminoso Livio , e tutti i quaranta li- bri di Trogo : mentre si conservò il piccolo Floro , ed il compendio ài Giustino. COLLECTIO VATICANA Io8 Nondimeno nel decimo cristiano secolo l'impe- peratore Costantino porfirogenito anche [dall' ope- ra tuttavia intiera di Dionigi aveva fatto copiosi estratti ; e frutto di queste reali cure sono le lega- zioni , ed i capi delle virtù e de vizi , che pubbli- carono l'Orsino e il Valesio ; ed ora altri non po- chi pezzi, che ha scoperti e pubblicati monsig. Mai: e toccano questi ultimi da p. 4^5 a p. $26 del suo volume; partendo dall' anno di Roma 3 1 5 , e finen- do nel 4^5 , dove appunto avea termine il ventesi- mo ed ultimo libro di Dionigi. Il nostro editore ha distribuito questi ampj estratti in 68 paragrafi , la cui materia appartiene tutta ai posteriori nove perduti libri , cioè dal XII al XX ; incominciando dal di- mezzato discorso del dittatore Cincinnato dopo il sup- plizio di Sp. Melio , e cessando nel racconto della prima moneta d'argento coniata in Roma , appunto innanzi il principio della prima guerra cartaginese. Noi non possiamo bastevolmente diffonderci spo- nendo quest' ampia materia di Dionigi ; la quale per altro dall' estrattisia fu sovente interrotta , benché meno incomodamente , che non avvenne agli altri storici. Ci diletta principalmente la descrizione di una vernata durissima che fu in Roma nell' anno 355 della citta , dove la neve non fu meno alta di set- te piedi , con mortalità grande di animali e di piante fruttifere , e con rovina di case sotto il peso delle nevi. Inoltre la presa di Vejo , le varie vicende del dittatore Camillo , l'occupazione di Roma fat- ta dai galli , non che la bella topografìa delle an- tiche Gallie , e diverse battaglie con questi barba- ri dai romani combattute, la dicerìa militare di Ca- millo , e quella assai più lunga di Fabrizio diret- ta al re Pirro. Sapevamo già la celebre ambascia- ta del romano Fabrizio a Pirro per lo riscatto de' io6 Letteratura prigionieri : e nelle legazioni dall' Orsini divolgaté si era conservato il discorso del re al legato romano per sedurlo à tradire la patria : e seguiva poi la ri- sposta di Fabrizio, ma infelicemente mutilata d'assai: ora essa nelle scoperte del Mai comparisce tutta in- tiera, cioè accresciuta di una nuova prolissa parte; il che è accidente fortunatissimo. Ci piace ricopiare qui , per saggio di queste nuove giunte al Dionigi , due brani; uno che descrive la battaglia devonia- ni co' galli che si erano deliziati lungamente pres- so Albano : e questo daremo tradotto in lingua no- stra dalla penna di Pietro Giordani : l'altro brano conterra le due vicendevoli lettere di Pirro e del console P. Valerio innanzi il cominciamento delle osti- lità; e queste riporteremo tradotte in latino dal Mai. BATTAGLIA PRESSO ALBANO. „ Il combattere de'barbari, avente assai del bestiale „ e del furioso , era senza avvedimento niuno di guer- „ ra. Talora alzati gli spadoni , colpivano fieramen- ,, te ; dietro al colpo gittandosi col corpo , come „ spaccassero legni o scavassero fossi: e talora di ,, qua di la senza mira percotevano , come se ad „ un colpo fossero per trinciare e le coperte e le „ membra degli avversari. Poscia raddrizzavano le „ punte de' ferri curvati. Ma il vigore de' romani „ a quella barbarie contrapponeva arte e disciplina „ con molta sicurezza. Sotterravano alle braccia che „ tenevano alzate le daghe , protendendo in alto i ,, brocchieri ; ed archeggiandosi e raccorciandosi , fa- „ cevano cadere invalidi nell'aria i colpi de' nemici: „ con gli stocchi puntavano nelle anguinaie, squar- „ ciavano i fianchi , e rotta la pancia stracciavano „ le viscere : se vedevano alcuni aver difese queste GOLLECTIO VATICANA IO7 „ membra , tagliavano i nervi delle ginocchia o de' „ talloni , e stramazzavano que' bestioni frementi , „ mugghianti , rugghianti selvaggiamente , mordenti „ le proprie armi. Mancava a molti de' barbari la forza , „ avvizzate dal travaglio le membra : le armi o rìn- „ tuzzate o rotte nulla ferivano : il sangue che usci- ,, va delle ferite , e di tutti i corpi il sudore , non „ lasciava maneggiare le spade, non tenere gli scu» „ di; perocché le dita né di stringere ne di pignere „ aveano virtù. I romani al contrario , assuefatti „ alle fatiche per forti e perpetuali esercizi , soste- „ nevano bravamente ogni travaglio. PYRRHI EPISTOLA AD ROMANUM CONSULEM. „ Rex epirotarum Pyrrhus, regis Aeacidae fllius, „ Publio Valerio romanorum consuli salutem. „ Credo te , uti par est audisse a multis, me culli „ exercitu adesse invocatum a tarentinis reliquisque „ italis auxiliatorem. Rursus te ignorare non arbitror ,, et quorum virorum sim genere ortus , et quas „ ipse res gesserim , quantumque exercitum quam- „ que bello strenuum mecum duxerim. Spero igitur „ te haec reputantem expectare nolle, donec re ipsa „ atque experientia nostrani in bellis virtutem sen- „ tias : verum omissis armis malie te rem verbis tran- „ sigere. Porro sum tibi auctor , ut eorum de qui- „ bus romano populo cum tarentinis , lucanis , aut „ samnitibus , controversia est , cognitionem mihi „ permittas. Gunctas enim contentiones ex aequo bo- ,, noque componam : meosque ipsos amicos omnia „ damna refìcere iubebo , quae ab illis inlata ae- „ stimavero. Recte autem feceritis , si sponsores da- „ bitis eorum , quae i Ili criminantur ; nempe vos quae „ meo indicio deflnientur, rata habituros. Hae condi- io8 Letteratura „ tiones si placuerint, pacem vobis edico , ineque „ amicum et ad quaecumque voluerilis bella socium „ do. Sin alia mens vobis fuerit , ego hercle ditl- „ tius vos non patiar agrum sociorum vastare, grae- ,, cas urbes diripere, libera corpora auctione vendere: „ verum armis compescam; quo finera aliquando fa- „ ciatis totam Italiani vexandi , eiusque incolis ser- „ vilem in modura abutendi. Recipiam autem intra „ decimum diem responsum luum ; etenim nequeo „ expectare diutius. CONSULIS ROMANI RESCRIPTUM. ,, Publius Valerius Laevinus romanorum impe- „ rator et consul regi Pyrrho salutem. ,, Videtur mihi prudentis viri officium litteras mi- „ naces ad subiectos bomiues mittere: verum quorum „ neque vires perpenderis, neque virtutem exploratam „ habeas, eos ut iguavos et futiles aspernari, id insanae „ mentis conslat esse indicium, eiusque hominis pro- „ prium qui adversarium non novit. Verumtamen nos „ haud verbis sed operibus punire liostes solemus. „ Neque igitur te iudicem facinius eorum , de quibus „ nobis controversia est cura tarentinis aut cum „ samnitibus aut cum quibusvis hostibus ; neque „ damni alicuius aestimandi arbitrum : sed nostris „ ipsorum armis causam decernemus , poenasque prò *, libito exigemus. Ita monitus , temet nobis hostem „ para non iudicem. Iam quod ad iniuriam adti- „ net , qua tu ipse nos adficis ; quos quidera sol- „ vendae multae sponsores exhibeas , velim tu po- „ tius consideres , quam tarentinos aliosque hostes „ aequo iure acturos spondeas. Quod si omnino bel- „ lum contra nos suscipere decrevisti , scias tibi id „ eventurum , quod iis omnibus ui ove aire nocesse COLLECTIO VATICANA 1 OJ) „ est , qui certare volunt priusquam noverint quos- „ nara bello adgrediantnr. Haec ubi consideraveris, ., siquid a nobis poslulas , omissis minis regalique „ iactantia deposita , confer te ad renatura , patres- „ que edoce, et ad luam sententiam impelle : neque „ enim eorum vel aequitatem desiderabis vel beni- „ gnitatem. Dopo i quattro più classici e maggiori storici , seguita che diciamo di altri tre d'alquanto più bassa età e merito , di cui nuove parti ci ha date il Mai : e sono essi Deusippo , Eunapio , e Menandro il bizantino. ( Imperocché possiamo ommettere Appiano di cui soli tre frammentelli inediti incontrò nel co- dice vaticano il Mai ; e più si estende una lettera dello stesso Appiano che il Mai parimenti trovò e publicò unita col Frontone. ) Deusippo ateniese , che fiori nel tempo interposto tra i cesari Gallie- no ed Aureliano , aveva scritta una epitome storica , incominciandola dai seGoli favolosi , e conducendola sino a Claudio il gotico. Essa perì ; ma ora alcuni suoi estratti , interrotti da lacune , perchè di lettura difficilissima , ci si ridonano. E sono , i. Una scelta di sentenze tolte da una aringa di un Iperide , che Deusippo introduceva a parlare nella sua storia; i. Un brano di lettera militare scritta a'cittadini asse- diati , confortandoli alla resistenza; 3. Parimenti un brano di militare aringa agli ateniesi , quale vera- mente la pronunciò lo slesso autore Deusippo , che fu loro capitano , e li menò a vittoria navale con- tro i goti. Tanto e non più di Deusippo potè estrarsi dal codice vaticano. Ma poi il nostro editore con somma diligenza ha raccolti nel suo volume tutti gli altri avanzi che si conoscevano di questo autore , cioè le due legazioni divolgate dall' Hoéschel , del- le quali monsig. Mai ha rinnovata totalmente au- no Letteratura che la versione latina : inoltre i pochi frammenti ci- tati da autori greci e latini* In fine ha collocalo tut- te le testimonianze di quegli antichi che parlarono di Deusippo , e principalmente il giudizio che ne ha dato Fozio nella biblioteca. Eunapio di Sardi incominciò la sua storia dove l'aveva conchiusa Deusippo , cioè prese le mosse dal regno di Claudio il gotico , e cessò non nel deci- mo anno di Arcadio , come si credeva , ma sotto Pulcheria , il cui primo anno d'impero cadde appunto nel 68 della vita di Eunapio. Anche di questa isto- ria , che fu distribuita in i4 libri , non ci rima- nevano se non poche legazioni dovute agli estratti del Porfirogenito ; ed un certo numero di minuti passi citati nel lessico di Suida. Ora il Mai col fa- vore del codice vaticano ci presenta altri estratti ve- ramente notabili ed importanti , che si estendono dal principio dell' opera sino al fine sotto Pulcheria, e che si leggono nel suo volume da p. z^j sino a p. 295. Sappiamo da Fozio che due edizioni della propria storia fece Eunapio : nella prima aveva inveito contro i cristiani con tutto il furore di un pagano pertinacissimo; nella seconda aveva soppresse in gran parte quelle invettive. Gli estratti vaticani sono tolti dalla seconda edizione , come dichiara il loro titolo , che si legge nel codice : Dalla nuova edizione della storia di Eunapio sardese , dopo Deusippo» E inol- tre ciò attesta lo stesso Eunapio a p. 2O9. Incominciano gli estratti vaticani di Eunapio col proemio del primo libro , in cui l'autore fa un ristretto importante della storia cronologica di Deu- sippo , cui esso intende di continuare con la sua. Questo ristretto , che ci da Eunapio , vuoisi giu- stamente riguardare come il più bel pezzo che ora abbiamo di Deusippo . Leggiamo poi a p. 254 il COLLECTIO VATICANA l | t proemio del secondo libro eunapiano. Il rimanente è una scelta di fatti illustri e di detti sentenziosi , che noi non dobbiamo individualmente nominare. Non può Eunapio nascondere il suo odio contro Costan- tino e la sua famiglia , contro Graziano , contro Teo- dosio e i suoi figliuoli , tutti cristiani. Per l'oppo- sto si vede , come già aveva osservato Fozio , che la sua opera fu diretta principalmente ad esaltare l'em- pio Giuliano disertore del cristianesimo. Tanto è vero che in ogni tempo si preterito che presente i mal- vagi uomini lodarono i pari loro , e tentarono di denigrare i buoni! La scimia , direbbe Esopo, loda la scimia, ed il corvo fa plauso al corvo: per lo qual fine Eunapio diede talora in tali sciocchezze e pue- rili credulità , da muovere ora le risa ora lo sdegno a chi leggeva: onde un cristiano lettore, uomo di buon senso e intollerante del fanatismo di Eunapio , che favoleggiando narra come Giuliano ancora vivente vedesse spalancato il cielo , e con le spirituali na- ture famigliarmente parlasse , intramezzò all' Euna- pio nel codice vaticano una spiritosa invettiva con- tro l'illuso storico , che noi reciteremo colle parole latine del Mai. INVECTIO IN EUNAPIUM, „ Inepta haec effutire ausus es , stulte revera „ homo et 11 ih il intclligens ? Nara quis vel in pa- „ triis ethnicoruni dogmatibus sic initiari dicitur , „ ut mysteriorum caelestium spectator fiat; atque „ ex hoc terreno incolatu translatus , cum incor- „ poreis naturis versetur ? Quinam vero sunt hi „ incorporei, nisi forte Ganyniedes, et lupiter Ga- „ nymeclis troiani amator ? cuius rei causa Iuno „ quoque soror et coniux exploditur , ut phrygio 1 12 Letteratura „ pusioni locus sii. Sed enim video te Christian?* „ sacrisi has, inquara , incorporeas suflftirari ctirias-. „ Atqui ex luorum clogmatum norma nonne tur- „ pius , quam intemperantissimi in hac vita mor- „ tales , beati lui deprehenclentur in caelo vive- „ re ? quibus Hebe quidem largum nectar propi- „ nat ; ipsi vero ebrii obscena fabulautur , troia- „ nani urbem despectantes. Quemnam porro graeeum „ philosopbum aemulalus est Iulianus e ti ni regimai „ appetivit? num Antisthenem? num Diogenem? At- ,, qui hos scimiis tantopere animalia otii fuisse , ut „ canum quoque vitam amplexi sint , atque horura „ appellatione gloriarentur. Nequaquam igitur ut res „ humauas corrigeret imperium affeetavit; nani ni li il „ omnino ementlavit ; sed primum quidem , prava „ gloriao cupiditate, ingratus adversus benefactorem „ ( Constantiura imp.) filiti deinde dum ducibus suis „ daemonibus sceierata religione se devovet , nesci- „ vit foie ut per cultos ab se daemonas talem exi- „ tum nancisceretur , qui et fraudem simili illorun „ et suam vesaniam deceret. „ Quest' ultimo sentimento della invettiva consen- te con S. Ambrogio, che nella confutazione di Sim- maco dice:,, Nam de Ioliano quid loquar? qui quum „ responsis haruspicum male credulus esset , ademit „ sibi subsidia revertendi „ (s'intende dalla spedizio- ne persiana ). Agli estratti vaticani di Euuapio ha riunito il Mai tutti i frammenti da Suida citati , che in parte egli stesso con diligente cura ha ora per la prima volta raccolti; quindi le legazioni, con no- vella sua traduzione; e finalmente il giudizio di Fo- zio intorno a questa opera di Eunapio. Molto più scarsi frammenti del bizantino Mo- nandro ha somministrati il codice vaticano , i quali per altro riempiono nella edizione pagine qui •-'•'■' COLLECTIO VATICANA I I 3 Questo Menandro , che fiorì sotto l'impero di Mau- rizio , aveva scritti otto ampj libri di storia di un breve tempo, dall'anno cristiano 5Go al 58a.Da questa furono estratte larghissime legazioni pubblicate dall' Hoeschel, e che il Mai ha pretermesse, contentandosi de' suoi nuovi frammenti vaticani, e di alcuni altri passi, che ha preso da Suida, vedendo che non per anco dai filologi erano stati raccolti , e taluni né meno cono- sciuti. Tra i vaticani distinguonsi due passi; uno in cui trattasi di un martire persiano , di nome Isaozita , intorno a cui aver composto altresì una tragedia ( ora perduta ) ci narra lo stesso Menandro. L'altro passo riguarda Pietro il protettole , gran letterato de1 tempi di Giustiniano , di cui or ora annunzieremo una politica opera in altro codice vaticano scoperta, ma riunita nella edizione medesima, da monsig. Mai. Ed ecco che abbiamo finita la sposizione di que- sti sette eccellenti greci storici grandemente aumen- tati dalle cure studiose del Mai , cioè di Polibio , Diodoro , Dionigi , -Dione, Deusippo , Eunapio , Me- nandro , i cui nomi sono paleograficamente incisi in una come trionfale colonna , che sorge in mezzo alle magnificenze di Pioraa antica e moderna in una ingegnosa vignetta, che in faccia al bel ritratto del sommo pontefice Leone XII acconciamente adorna il vaticano volume ; e sono quo' nomi sormontali dall' aquila romana e dai lauri, poiché scrittori tutti bene- meriti della storia del romano popolo ed impero. Ma noi, mirando a questa luminosissima plejade che coro- na il merito del sommo editore , diremo a un dipres- so col gran poeta suo concittadino : Tu, sdegnando al tuo criu caduchi allori, Hai di stelle immortali aurea corona. G.A.T.XL1V. 8 1 1 4 Letteratura Rimane che discorriamo di alcune come appendici del vaticano volume. Fozio nella biblioteca ci dice di aver letto un dialogo Intorno alla scienza politica^ e Suida nel lessico ci racconta che Pietro il pro- tettore scrisse un' opera con questo medesimo titolo. Di più Fozio ci dice che i due dialogizzanti si chia- mavano Menodoro e Tommaso , e che l'opera con- teneva sei libri. Ora nel codice vaticano rescritto, osservato dal Mai , il titolo dell' opera è appunto Della scienza politica , ed i due soli dialogizzanti sono Tommaso e Menna ( compendio di Menodoro , come Alessi è di Alessandro). E deve credersi che questo scritto vaticano abbia contenuto sei libri, poi- ché del quinto vi si legge l'esordio ed il sommario de' capi ; e se il sesto non si ritrova , ciò è difetto del codice malmenato orribilmente dalla rescrizione , e così difettoso , che di si ampia composizione non ri- mangono o non si leggono se non scarse parti , le quali però riempiono nelF impresso volume venti pa- gine di solo greco ; poiché l'editore non ha tradotto questi brani politici , ma invece ne ha fatta una ana- lisi, non senza piena notizia dell'opera e del suo au- tore. È poi cosa degna di ammirazione, che in questo greco scritto si rammenti il trattato De re publica di Cicerone , il quale parimenti ha sei libri : nel che volle imitarlo quel greco autore , tanto amante del romano , che preferisce il sistema di lui a quello di Platone. Monsig. Mai ha congiunto con questo scritto una accurata biblioteca o catalogo, da se com- posto, di antichi scrittori di politica, greci e latini. La medesima circostanza felice di aver Fozio de- scritta una greca opera romanzesca dell' antico filosofo Giamblico, intitolata Le cose babilonesi, con nomina- re le persone che vi dialogizzavano , ha fatto cono- scere al Mai , che nel codice del Porfìrogenito era COLLECTIO VATICANA I I 5 parimenti un brano di questo perduto scritto , il quale esso ha ora pubblicato. Le altre parimenti gre- che appendici , da altri codici prese , sono, i Un pezzo in quattro pagine di Eubulo filosofo ( ricor- dato da Longino) intorno a ciò che Aristotele biasi- mò nella repubblica di Platone ; 2. Tre frammenti di un trattato superstizioso da un Giuliano indirizzato a Marcaurelio irap. 3. Un mediocre frammento, di cui è autore il patriarca bizantino Germano , con cui si compie un trattato , che il Mai pubblicò nel primo volume de1 suoi antichi scrittori ; 4« Una mo- rale parenesi dell' imp. Basilio il macedone al suo figliuolo Leone ; 5. Un ampio tratto del comento gre- co di Gio. Kannabuzio a que' luoghi di Dionigi d'Alt- carnasso , dove è discorso delle cose misteriose di Samotracia e di Troia da Enea in Italia traspor- tate. Questo squarcio è molto onorifico alla nostra Roma ; G. Un capitoletto di Teodoro Metochita sul dialetto greco di Egitto; 7. Un pezzo di panegirico in onore di Michele IX. che mori assunto dal padre Andronico II alla società dell' impero. Un prolisso bellissimo discorso di Niceforo Blemmide intorno agli uffizi del re, scritto da lui in grazia del suo di- scepolo Teodoro II Lascari imp. , e dal nostro edi- tore tradotto in latino , dottamente illustrato ; e po- scia in separata edizione offerto con rispettosa de- dica ali' altezza reale di Ferdinando duca di Ca- labria , gemma de' giovani principi , ed idolo del bel regno che gli è ligio non meno per affetto che per eredita. Abbiamo menzionato più volte il benemerito co- dice vaticano , che ci ha dato fruiti cos'i copiosi ; ma non l'abbiamo ancora descritto come palinsesto; circostanza gravissima, e che per giustizia vuoisi con alquanta larghezza far sentire ai nostri lettori. Biso- 11G Letteratura gna dunque immaginarsi un ampio greco volume di pagine 354 in greca lettera minutissima scritto, aven- te in ciascuna pagina trentadue lunghissime linee. Sot- to una tale scrittura , e propriamente sotto ciascu- na linea , si travede a grave stento un' altra linea di più antico carattere, quasi ugualmente minuto, il quale dal posteriore amanuense , ossia dall' au- tore del palinsesto , fu ivi studiosamente sepolto , con soprapporvi la sua resci izione. Tutti coloro, quan- tunque oculati e sagaci , che hanno veduto un tal palinsesto , dopo la scoperta del Mai , concordemen- te ci asserirono , che ninno, a riserva del precitato dotto, l'avrebbe già mai potuto diciferare , non che francamente copiare, e così hello ed intiero alla pu- blica luce restituire. Ma qui non consiste ne tutta né forse la primaria difficolta. Imperocché si trattava di scoprire qual fosse propriamente l'opera ivi se- polta , già che diversi autori qua e la compariva- no , tutti stranamente sconvolti , confusi insieme , e più fiate rimescolati ; e d'essi alcuni editi totalmen- te , come i pezzi di Senofonte , di Arriano , di Pro- copio , di Agazia , di Teofilalto , che tutti monsig. Mai ha pretermessi : altri poi inediti , come Poli- bio , Diodoro , e gli altri di cui già abbiamo ra- gionato. Come monsig. Mai abbia conosciuta la for- ma precisa di questa opera, come l'abbia felicemente trascritta, e come poscia con artifizio non meno am- mirabile che certissimo abbia riordinata l'orribile con- fusione dei fogli , l'udiremo da lui stesso , che in- genuamente ne ragiona nella sua prefazione. „ Postulabunt, credo, leclores, ut de codice pa- „ linipsesto, qui has nobis historicorum divitias sup- „ peditavit , paulo accuratius dicam. Est hoc volu- „ meri formae prope maximae, cursìin quidem mino- ?J ribus litteris sed tamcn elegantibus saeculo circi- COLLECTIO VATICANI Uj „ ter decimo scriptum. Splendici us sane palmarisque ,, olirti codex ; veruni idem postea alio graeco super- „ imposito scripto obscuratus impeditusque fuit,fo- „ liis perversis omnibus, partini vero etiam aLiectis. „ Equidem simul ac primo ad hoc magnum volumen „ accessi, idque facili intuitu rescriptum cognovi , „ quamquam in hoc taboris genere non sum tiro , „ nihilomimis prosperimi rei exitum , quem postea „ sum nactus , vix speravi. Erat enira , ut dixi , „ minutum scriptum sub alio item minuto sepul- „ tum et obrutum ; quod contra in aliis palimp- ,, pestis est, qui grandioiem multo ac speciosiorern „ scripturam sub minutiore recenti conspicuam exiii- „ bent. Legi tameu vagante oculo ac studio pagi- „ nas aliquot, donec certani notitiam liausi , excerpta „ historicorum inedita Polybii , Diodori , Dionis Cas- „ sii, Eunapii, aliorumque aliquot in codice hoc con- „ tineri. Sed ecce nova tibi nec minima rei difli- „ cultas: etenim parles diversorum auctorum sus de- „ que in palimpsesto permixtae erant : auctorum no- „ mina titulique librorum perraro apparebant; qua- „ teriiionum notae nullae , hiatus orationis innume- „ ri , partim eclogarii instituto, partirti obrutae scri- „ pturae diflìcultate. In hac tanta rescripti pertur- „ batique codicis obscuritate , lux deniqne insignis „ menti meae effulsit , cum hanc esse partem detexi „ eclogarum illarum , quas olim Constantini porphy- „ rogeniti iussu confectas sciebarn; neque id solum ge- „ neratim comperi , verum etiam totum hunc co- „ dicem titulo De sententiis occupari cognovi. Et „ is quidem titulus semel iterumve litteris paulo gran- „ dioribus exaratu«ì emicuit etc. Passa quindi l'editore ad esporre , oltre il titolo , due altri argomenti evidentissimi, che gli fecero co- noscere la qualità di questa sepolta opera ; e fu- iiS Letteratura rouo essi due passi del codice vaticano, i quali do- versi trovare nel titolo inedito delle sentenze, aveva detto precisamente ir Porfirogenito istesso in quegli estratti che ci diede il Valesio. Prosegue poscia il discorso dell' editore. „ His praeiactis labori meo fundamentis , ad de- „ clarationera naviter codicis lectionemque incumbere „ coepi. Et primum quidem chemicis adiumentis diu- „ lurnis atque efficacibus sepulla prorsus atque oculos „ fugiens scriptura suscitanda fuit, ita ut eius apices „ iamdiu deleti atque intermortui colorem aliqueni „ traherent, et sub novi scripti velamine promicarent. „ Cave tamen putes paratum ita codicem facile pro- „ tinus ac ioculariter legi : quin imrao hoc sisyphium, „ saxum conatu prope infinito atque innuraeris vi- „ cibus pervolutandum est : isque labor in hoc diutius „ summeque palimpsesto me torsit , minutis ut dixi „ litteris exarato , tantaeque molis ut trecentas et „ quinquaginta quatuor lati moduli paginas habeat, „ quarum singulae versibus haud minus triginta duo- ,, bus occupantur. Perlecto demum , meridianis prae- „ sertim splendidisque diei horis, exscriptoque codice, „ illud nempe supererai , ut auctores miro cinno et „ errore in palimpsesto confusos distinguerem ; pri- ,, moque omnes inter se , deinde rursus singulorum „ partes , dispositis apte foliis ordinarem ; fascicu- „ losque veteres id est quaterniones denuo compo- „ nerem , quos recentior novi codicis scriptor scopas „ fecerat dissolutas. Atque utinam quaternionum ve- „ terum numerales notae uspiam fuissent ! Verum bis ,, nescio quo casu aut socordia librarii olim omissis, „ universa quaternionum restilulio duce serie ora- „ tionis mentisque meditatione curanda fuit ; huic , „ inquam unico fidens ariadnaeo veluti filo ex ara- „ biguis tortuosisque labyrinthi anfractibus pedem CoLLECTIO VATICANA ì ir) ,„ extuli. Illud quoque augebat ordinandi molestiam „ atque periculum , quod idem aliquando argumen- „ tum , puta punicum bellum , a tribus auctoribus „ narrabatur : quare sedulo cavendura fuit , ne vel „ omnia uni tribuerentur , vel quod magis pronum „ erat , permutatio auctorum materiaeque fìeret , ac „ veluti sobolis suppositio ; ita ut singuli aitctores „ re sua carerent , alienam inviti recipcrent. Fasci- „ culorum itaque veterum instaurata a me feliciter „ ratio fecit apprime , ne res aliquot praesertim Dio- „ dori, v. gr. Pyrrhi bellum, cura Dionis simili historia „ confunderem. lam inventas eclogas qua ratione qui- „ busque indiciis ac momentis impulsus in diversos „ cuiusque auctoris libros tribuerim ( eliamsi raro „ code.x singillatim libros memorabat ) scholia mea „ docebunt: neque enim quicquam temere vel sine „ venia lectoris feci. Non dobbiamo metter termine a questo articolo, senza ragionare almeno in breve delle importanti illustrazioni dell1 editore ; il quale non contento di aver tutti tradotti con nitida latinità questi gran- dissimi tratti storici , li ha accompagnati con per- petua cronografia , notando in margine l'anno di Roma in presso che ogni azione. Ha di più compilato un indice in quaranta colonne disteso, che gli studiosi della romana storia in ogni tempo consulteranno. Inoltre nel copioso corredo delle sue annotazioni , ha emendati i testi , additate le fonti storiche , re- cati i confronti degli altri autori , supplite le lacune, indovinati felicemente i soggetti storici nei passi ambigui , e sparsa qua e la una dovizia della più scelta opportuna ed utile erudizione. Di questo suo filologico gran lavoro parla l'editore nella prefazione modestamente cosi:,, Vaticana» eclogas romana lin- » gua donavi ; festinanter fateor , et properantibus 120 Lette natura ,, lyporum operis; quo maiore indulgentia lectorum ,, dignus sum ; cura praesertim alienum humauis vi- „ ribus sit , ut primus in re quaque labor atque „ couatus emendatone non egeat. Scholiorum autem „ ineorum triplex genus est; primum minoribus formis „ grani ma ti cura , quod in graeci textus demonstrando ,, statu vel castigatone versatur: secundum criticum, ,, in disponendis potissiraum eclogis ordinandoque „ codice occupatum ; tertium denique historicum et „ philoiogicum. „ La prefazione del Mai , benché tratti argomento ampissimo , è nondimeno sugosa e sobria. Dopo la sposizione generale del suo soggetto, parla in ispecie di ciascun autore, dichiarando quanto ognuno è au- mentato dal codice vaticano. Ci fa egli altresì descrizio- ne di un antichissimo prezioso florilegio vaticano, da cui ci recita alcuni inediti versi del comico Filemone, ed un pezzo di lettera scritta a Cleante da quel Zenone che fu principe delia stoica setta. Anche questo flo- rilegio ha somministrato al Mai diversi passi inediti di Dione e di Diodoro. Parimenti dimostra il Mai che questi storici insigni , non solamente ora , in grazia del codice vaticano , sono debitori allo illuminato zelo dei romani pontefici , ma che lo furono già da più secoli: imperocché Polibio, Diodoro, Dionigi, ed Appiano sono stati per la prima volta tradotti in latino per ordine di Nicolò V: e nel Dionigi ebbe distinto merito anche Paolo II: e Dione Cassio deve ugualmente le primizie della sua pubblicazione a Ni- colò Ve ad Eugenio IV; ed alcuni libri di Dione uciro- no propriamente dai codici vaticani , da' quali fu ajutata ancora moltissimo 1' eccellente edizione di Reimar. Finalmente non possiamo tacere la dignitosis- sima dedica di monsig. Mai alla san. mem. di Leo- COLLECTIO VATICANA 121 ne XII, il quale degnò il prelato editore di una par- ticolare benevolenza e gli accrebbe onori. Da essa seguendosi veracemente il corso delle geste di quel sapiente e grazioso pontefice , se ne delinea la sto- ria con robusta e grandiosa latinità , quale appunto si confaceva a tanta, altezza di soggetto. Noi fran- camente affermiamo , che niun elogio fu scritto di papa Leone pari a questo che gli ha tessuto mon- sig. Mai : al quale non tributeremo già lodi no- stre , perciocché sappiamo eh* egli e pago della so- la soddisfazione che gli forniscono gli splendidi suc- cessi de' suoi studiosi travagli. Però non possiamo non far conoscere all' Italia ciò che di lui ha scrit- to quell' alto ingegno , e tanto della romana isto- ria benemerito , il prussiano barone Niebuhr. Im- perocché quanto è proprio de' vili e degl' ignoranti il latrare contro l'altrui sfolgorante merito, che loro offende e crucia l'inferma vista ; altrettanto è costume dei generosi e sapienti animi il dare testimonianza ono- rifica a cui si compete. Nella prefazione adunque allo storico Agazia ( pag. XIX ) stampato in Bonna nel 1828, dopo aver letto i vaticani storici, dice il Niebuhr : Quos nuperrime in luminis oras reduxit ili. Maius ; vir iuvandis litteris divinità s saeculo nostro concessus ; et „ Cui nemo civi neque hoslis quibit prò factis reddere operae pretìum. „ G. R. 122 A Sua Eccellenza il signor D. PIETRO DE' PRINCIPI ODESCALCHI. IL P. BENIGNO ALBERTINI Min- osservante ragusino. JT ervenuti irt mie mani un epigramma ed una ele- gia del sig. Antonio Chersa mio concittadino, quel- lo indiritto al P. Giambattista Rosani delle scuole pie , del quale per le dotte e amorose cure alla gioventù sua prestate con animo grato si ricorda Ragusa , questa predicante le preclare e benefiche virtù , delle quali è adorno monsig. Giovanni Scacoz vescovo di Lesina in Dalmazia , non ho esitato un momento a chi e l'uno e l'altra presentare. E a chi con più ragione di voi , sig. principe , offrir si possono eleganti versi dettati da ragusei , e lo- danti virtuose azioni ? Voi sempre avete fatto buon viso alle cose nostre , e perchè conservate dolce memoria dell'antica servitù, con che alla vostra ri- spettabile casa era astretto il nostro celebre P. Cu- nich , e perchè caldo d'amore per l'aumento delle lettere , senza fine godete che una piccola citta lor sempre dia studiosissima opera. Voi ardente di zelo per le virtù, assaissimo ve ne piacete , dovunque ella vi si presenti; e fornito di tenero cuore, prendete il più vivo interesse a tutto quello che riguarda il sollievo della sofferente umanità. Versi del Chersa ia3 Nulla vi parlo della bellezza de' versi : imper- ciocché e da voi e da tutta l'Italia è pienamente conosciuto il merito del sig. Chersa; nulla della loro verità , perciocché nelle più lontane contrade la fama già da buon tempo risuonar fece le rare doti , che fregiano e lo spirito e il cuore dello Scacoz ; ed io, io medesimo ne fui fortunato spettatore , allorché nell'anno 1828, annunziando la divina parola nella cattedrale di Lesina, ebbi l'onore di essere suo ospi- te, e di conoscere ed ammirare da vicino la pietà , la sapienza , la carità , e le altre egregie prerogative dell' illustre prelato ; e ne rimasi pieno de' più cor- diali sentimenti di venerazione e rispetto , ed anco di gratitudine per le particolari gentilezze , delle quali l'affettuosa sua cortesìa mi ha colmato. Io spero , sig. principe , che Voi riceverete di buon grado i presentati versi , e che eziandio lor darete luogo nel vostro giornale , premuroso , come siete , di accogliervi tuttociò ch'è bello e vero per propagare i lumi , ed eccitare alla virtù , e rendervi perciò benemerito e della società e della religione. Io mi raccomando allavostra bontà, e colgo que- sta occasione por protestarvi la divota mia stima. D'Aracoeli 20 novembre 1829. JOANNI BAPTISTAE ROSANO SCOL. PIAR. VIRO CLAUISSIMO. ANTONIUS CHERSA S. Dulcia non semper sunt esu poma , sodalis Quae charus proprio deferat e nemore ; Àt quia amica manus dederit, mage pulcra videntur , Quam quae hortis veniunt aurea in hespericlum. ia4 Letteratura Sic tibi erunt elegi , caput o mihi dulce , Rosane , Hi licet inculti siut quiilem et illepidi , Quos milto. O utinani quae narro hic videris ipse ! Atque idem , tuscis cui Clarius numeris Et latiis praestare dedit ; coeloque locare Posse virum , docta quem celebres cithara , Sumpseris eXimias Scacozi dicere laudes \ Sic vir, quem memores , non tibi defuerit Apprimè dignus ; non et dignissimus i 11 i Vates , qui sua tot splendida facta canat. liagusae XVI kal. nov. an. 1829. JOANNI SCACOZIO FHAQIAE ET BRACHlAE EPISCOPO , VIRO DOCTBlNA PrETATE BENEFICENT1A CLAF.ISSIM0 ANTONII CHERSAE ELEGIA. Ut pulchrum est memori tua facta revolvere mente, Ut dulce est laudes voce referre tuas , O lux Illyriae , Scacozi magne ; juvandae O Phariae misero in tempore nate tuae ! Nam veluti post tristem liyemem, horreadasque procellas Si nitidum obscura sol caput e nebula Exerat, ille fugans nimbos , zephyrumque reducens, Cuncta replet dulci pectora laetitia ; Ridet ager , campique virent , silet aequoris linda : Sic tuus ut pubi , vir venerande , tuae Affulsit primum vultus , cessere malorum Hinc illinc dirae continuo facies ; Veusi del CnnnsA 125 Atque humiles spes laeta casas , paxque alma revisit. Sed ceu qui Molilen (i) venit in arboream Lignatum , ingentem cernens late undique sylvam Haeret , opus coeptet nescius unde , fabcr : Sic ego quid primum raediumque idemque supreraum Coraraemorera de te , nescio : tot decora Tot tantaeque ornant superùra te munere laudes , Quae non mortali te fore sorte velint. Est animus rerum prudcns atque unice honestis Intentus nisu perpetuo studiis ; Sic ut nil unquam quicquam ausis nilque morere , Quod certuni non fas sanxerit et pietas. Consilii adde ingens robur , nil quo si ne recte Nil potè confieri fortiter : adde malis , Si qua ferat sortis ludus , corda inscia vinci. Quis non te coraera suspicit , et placidum ? Cui non auxilio dudum , non usque fuisti , Non tu sponte , tua si fuit usus ope ? Te patrem caro pueri genitore carentes , Te viduà in parvo nata parente lare , Custodemque suum servatoremque salutant , In Pharia sacris quot regis auspiciis , Passim inopes , trans et Phariara. Vexàrat egestas Et pridera miseros ; non tarnen illa truci Ore adeó , ut nullam possent sperare salutem , Nullum usquam e duris casibus efFugium. Non sat erat victus , non et satis , unde superile Velarent artus , tegminis , horridulos ; At potuere tamen vivendo utcumque , fovere Spem, fore ut in melius vertetet ista Deus , (i) Ilaec est Melila , vel Mettine insula , in. mari Adriatico , propler Ragusani, arborum tignorumque oninis generis feracissima. 126 Letteratura Monstraretque sibi clemens , guatisve , suorum Qua possent rebus consuluis.se via. At qui nunc sperent , late morientibus herbis 7 Cum nulla heu ! tulerit pabula terra viris ; Atque ager , atque nemus longe aruit omne; perirei Ceu grandi rerum magna parens senio ? Qui sperent? .. . Qui non potius, te praesule, sperent? 0 factum , quo non pulcrius et melius , Non erit ut narret seclis venientibus olim Gratius baec aetas , clein alia , atque alia ! Scilicet illa ingens , multas baccliata per oras , Per pagos miserae per juga Daimatiae ; Illa agros populata fames , saeva , horrida , vecors , Non hominum fletu , non satiala malis ; Quam lacrymis suffusi oculos , quam triste gementes Quique colunt illaec nunc loca , quique colent , „ Et nati natorum , et qui nascentur ab illis „ Nunquam non moesto commemorent animo. Illa, inquam, obscaena et Phariam obsedisse caterva Ausa , oram simul ut scandere visa tibi est , Sensit quid possis ; subitaque oppressa ruina , Vieta animi , accisis viribus , Iiinc macie , Hi ne morte , ac turba febrium comitata furentùm , In stygios cessit non redilura lacus ; Non , inquam , reditura , Phari dum tempia tenebis, Proque tua stabis tu Pharia , atque opibus Copia ducta luis e litoribus longinquis Ridebit Phariae in moenibus. Ecquid ego Nunc alias referam laudes , quas vivida mentis Aut vis , aut peperit sedula cura tibi ? Nimirum ut prae.sles doctrina , quam si ne magna Conalu band quisquam repperit et studio ; Candida ut eloquii sparga* tua sensa lepore , Quo subis , et pnlchram Victor agis properè Versi del Chersa i«7 Ad virtutem animos kominum ; tum praemia laudi , Tum statuas doctis foetibus ingenii , Ingenuasque artes , Sophiamque colasque poesira , Idem dulce soplus , vatibus atque decus. Haec sunt magna quidem, laudari et digna ; stupenti Quae similis mirer certe ego, si videam Hisce olim quemquam niti arlibus , ut sibi famam Gomparet. At major gloria parta tibi est , Et potior , multò et melior ; cui nempe pharensi Quidquid in ora auris vescitur aetlieriis Usquam inopum , vitara porro debere fatetur. Hoc propter magnis nomen it in populis Quatuor a ventis Scacozi nobile , cunctis Hoc tu propter eris clarus in kistoriis ; (Quodque tibi in primis placeat, quod tempore in omni Cor recreet , mire et mulceat) ille bonus , Maximus ille ducuin regumque, koc propter, amanter Te celso Austriadùm respicit e solio ; Atque Leopoldi claris insignibus auctum Participem lucis te sinit esse suae. Sic est. Nil restat , quod jam cupiasque petasque , Posse putes majus quod tibi ferie decus; Quem magnus probat Austriades, quem plurima magno Acceptum virtus reddidit Austriadi. Canzone di Giulio Cesare Bagnoli , e notizie relative, 5. igliò errore il Ginguené , e sulla fede di lui i traduttori della biografia universale , nell' edizione di Venezia pel Missiaglia , affermando che a Gre- gorio XVI fu indiritta una canzone di Giulio Ce- sare Bagnoli di Bagaacavallo. Fu invece huliritta 128 Letteratura a Gregorio XIV nella sua elezione, avvenuta, come ognun sa, il 5 dicembre i5<)0: e che sia il vero 7 me ne fa certo il N. U. signor Paolo Folicakli iti due cortesissime lettere scrittemi nel 1828. In una mi dice: „ Dopo aver fatto varie ricerche, e sempre „ invano, sono alfin giunto ad iscoprire alcuna cosa „ del nostro Bagnoli. Questa è una canzone da Ini „ diretta al papa Gregorio XIIII. Nel trascriverla ,, io mi sono tenuto esattamente conforme alla stam- „ pa, che ho trovata nella biblioteca alessandrina „ dell' archiginnasio romano. „ Neil' altra mi dice più a lungo cosi; „ La stampa della canzone fu eseguita „ dal Martinello , e unita si trova ad altre com- „ posizioni e in prosa e in verso di differenti au- „ tori tutte riunite in una miscellanea ... In quanto „ alle poesie, vi sono tre composizioni in versi esa- „ inetri , che hanno per titolo De Christi crucia* ,, tibns et morte piae neniae1 sive meditationes Fa- „ bii Paulìi ù ad Clementein Octavum pontificem „ O- M - . . Come pure avvi una canzone di Nico- „ lo Acquisti intitolata La stella alla sacra capali- „ na , umiliata ai santissimi piedi di Gregorio XI V „ creato neW avvento del i5qo. In Roma per Gio- „ vanni Martinello. Ho trovato ancora un Carmen „ del succennato luibio Pa&liui per Gregorio XIF. „ In Venezia presso Domenico de gV Imberti i5qo. „ Si ha quindi un argomento ancora di probabilità, che come la canzone dell' Acquisti ed il carme del Pao- lini furono ad onore di Gregorio XIV : cosi lo fosse la canzone del nostro Bagnoli , che con quelle ri- trovasi. E senza ciò la stampa del Martinello lo di- ce espressamente; ed è tale da non potersi dubitare della sua veracità. Ma qui molti mi chiederanno no- tizie del Bagnoli , e vorranno vedere la canzone , onde allo stile giudicare se sia opera del 5oo come Canzone del Bagnoli \?.g io sostengo. Piacemi di far contento il desiderio di quei benevoli, che pongono gli ocelli su queste carte. E quanto alle notizie del Bagnoli, onde alcuno noi* creda che essendo mio concittadino io voglia forse ingrandirne il merito oltre i termini delia ragione: mi è bello riferire le testimonianze di chiari auto- ri, che ne parlarono. Il Marchesi ne' Monumenti de- gli uomini illustri della Galliti Togata cosi viene lo- dando il nostro Bagnoli : „ Praestans arislotelicae phi- „ losophiae cultor , in quam perenni studio pene- „ travit ; scripsit egregie super paitera de il} ori bus , „ republica , rethorica , et poetica tractantem. Poe- „ sis etiam facultatem coluit , ut et tragoedia Ara- „ gonensi , et Paridis judicio liquet . ,, Il romano Gian Vittorio de' Rossi, altrimenti detto Nicio Eritreo, così si espresse nella Pinacoteca : ,, In primis prae- „ stantissimum ingenium contulit ad poesim hetru- „ scam, in qua, ut leviter dicam, cuivis aetatis suae „ par fuit ; in eo studio elaboravit ; nimium tamen „ inquirebat in se, ut ipse se se observans nunquam, „ ut Polignotus alter, a tabula marni m dimovebat . . . „ Multa scripsit egregie , sed tragoediam in primis, „ quam Aragonenses nuncupavit, et judicium Paridis, „ in quibus nihil est quod quisquam possit repreheu- „ dere praeter nimis exactam exquisitamque in eis „ excolendis curam ac diligentiam, et, quod mira- „ bilius videatur , praeter nimiam eorum pulchrilu- „ dinem et veiiustatem. „ Trovo poi che il Bagnoli giunse a possedere la grazia di Michele Peretti, ni- pote del pontefice Sisto V e principe di Venafro , di cui fu segretario. Le sue tragedie, divenute ra- rissime, furono stampate (almeno quella intitolata il Giudizio di Paride) in Trepani nel 1G80 per la Bar- bera. Ne ho cercato finora per varie biblioteche d'Ita- lia : e cornicile abbia rinvenuto tali tragedie ac« G.A.T.XLIV. 9 i3o Letteratura cennate espressamente in qualche indice, non ho poi trovato le stampe : il pregio delle quali si può ar- guire anche da ciò, che altri ha voluto levarle di la dove erano depositate. Ma ciò sia detto unicamente a'miel amorevoli , onde se verrà, loro fatto trovare le desiderate tragedie , me ne forniscano se non altro di una copia a mano. Vengo ora alla canzone, che ridotta col lume della critica a migliore lezione , ed alla moderna ortografia , e come appresso. Canzone di Giulio Cesare Bagnoli ALLA SANTITÀ' DI NOSTRO SIGNORE PAPA GREGORIO XIV. O discesa dal ciel ornata e bella Di virtuti celesti ed immortali , Anima , al tuo Signor cara e diletta Perchè tu regga la gran nave , quella Che le più ricche gemme de' mortali Porta , e la merce preziosa eletta Del figliuolo di Dio , e sia diretta Del verace Oriente al lieto porto , Senza temer del mar sdegno e fortuna ; Vedi quant* ella grande in se raduna Alme , di cui tu sei speme e conforto e Di queste tutte accorto Convien che sii tu consigliero e donno , Sia '1 pensiero di lor sopra il tuo sonno. Mostro orribil' è '1 mondo , e move assalto Con mille sue teste superbe , e a morte Sfida chi più di soggiogarlo aspira ; Trema ogni vii , ma di diamante e smalto L'anima armata e '1 petto il saggio e 1 forte Canzone del Bagnoli ,3! Nulla paventa del feroce l'ira : Egli col freu di Pallade l'aggira Come destrier , che ben' avvezzo al freno , Attende appena ad ubbidire il cenno. Or tu , che infin da'tuoi prim'anni , e senno Avesti e cor d'alto valor ripieno , E già '1 domasti , or meno Dei paventar t che già la forza doma Come leone abbassa a te la coma. E tanto più a lo tuo fren consente , Quant' è soave , e le tue strade istesse Conosce per lung' uso , e i passi suoi ; Segui pur tu di vivo zelo ardente Il tuo viaggio , e lascia in terra impresse Vestigie sante a chi verrà di poi. Segui l'esempio di que' primi tuoi , Che furo al mondo allor , quando sol volse Innocenza e umiltade . . . Ahi! cura vana D'ambizion , e d'ostro e d'oro insana Cupidigia, che'l ben nostro ci tolse. Or a quello che volse Al mondo stolto e cieco già le spalle Il guida tu da si profonda valle. Come un sole sei tu , eh' in mezzo al cielo Posto da lui , che l'altro sol già pose , Sei , perchè splenda a tutto '1 mondo intorno; Ogni poco d'ecclisse è oscuro velo , Che offende '1 tuo bel viso , e tiene ascose Le luci tue , che fean si bello '1 giorno. Molto convien per conservarsi adorno Nel chiaro lume essere accorto e saggio • Molte lune '1 gran mondo in se raccoglie Nel suo cammin , che più a l'oneste voglie Fansi all' incontro ad oscurarne '1 raggio. Periglioso è '1 viaggio : i32 Letteratura Ma '1 candor de la mente, e quel che scende Raggio da Dio , vano ogni scontro rende. Ma come specchio , eh' ogni error discopre Quanto più in se medesmo è terso e puro , Che tinto al vero poi non riconduce ; Cosi nelle tue chiare e lucid' opre Scorgendo '1 mondo quant' ha in se d'oscuro, Fia che s'adorni alla tua chiara luce. E ben tempo era ornai di Unto duce Nei falli antichi ond' era cieco '1 mondo , Che lo scorgesse dal mortai periglio E coli' opere insieme e col consiglio ; Onde deposto '1 suo grave e profondo Sonno all' aer giocondo Torni ; e pensando alle sue doglie acerbe, Ringrazi Dio eh' a tanto bene '1 serbe. E ben credersi dee che tante sparse Lagrime e prieghi d'anime devote , E de la sposa sua , moss' abbian Dio ; E che quel cor , che già d'amor tant' arse , Di nuovo amor con lo suo strai percote E fa che avvampi d'immortal desio ; E quello sguardo si soave e pio Volgendo a noi de le sue luci chiare , Manda chi ormai le nostie piaghe sani. Mira tu l'empie e scellerate mani De' figli infidi con che piaghe amare Le belle membra e care De la lor madre hanno trafitte , e come Profanati gli altari e '1 sacro nome. Questa si santa e gloriosa donna, Umida gli occhi , e senza chiome ornate , Ti scopre fuor l'aspra sua doglia acerba , E le ferite e la squarciata gonna Ti porta innanzi ; e poi che tentate Canzone dbl Bagnoli i33 E ostinato voler dura e superba Fa l'empia gente, a te la spada serba Che tronchi le orgogliose inutil piante, Sotto cui de' bei fior l'odor si perde , Onde '1 giardin torni s\ bello e verde Come già pose '1 cultor primo innante. Per le tue mani sante Oh quanti dee produr soavi fiori ! Gli anni tuoi 'I ciel di tanta gloria onori ! E ben lece sperar sotto '1 tuo regno , Che per l'opere tu» sante e divine Ad esser bello l'universo torni , E tornin liete dall' esiglio indegno Le virtudi leggiadre e pellegrine , E di verace onore il mondo s'orni. Sia '1 regno tuo qual di Saturno i giorni , E mai non veggia tramontar di sole , Ma col girar del ciel si giri eterno. Che se fin'or pien di procelle un verno Sofferto abbiamo , è ben ragion che sole E di rose e viole S'ornin le guancie , e che portiam degli empj Vinti tiranni l'alte insegne ai tempj. Sopra il gran Vatican di gemme e d'ostro , Ma ornato più d'alta virtù gentile , L'uomo da Dio al sacro impero eletto Vedrai , canzone : e nel divino aspetto Chi stima sé le mitre e l'ostro vile t E in maestate umile L'anima serba ; a lui t'inchina innanti , E riverente bacia i piedi santi. Domenico Vaccolini. j34 Lettera scritta dall' imperatore della Cina Kien-long, alla repubblica batava , nel ritorno che fece V ambasciata olandese andata in Cina a compli- mentare l'imperatore per aver egli compito , alla sua età di 84 anni , * 60 anni (1) del suo regno. I l tenore di questa lettera fa conoscere quanto l'im- peratore della Cina con la sua nazione si creda al di sopra di tutto il resto dell' uman genere; e mo- stra nel tempo istesso , quanto egli era bene in- formato , che qnell' ambasciata originava e proce- deva dalla compagnia delle Indie orientali olandese in Canton , e che essa era accreditata solamente dai suoi superiori in Batavia, capitale dell'isola di Giava, e non dalla repubblica in Europa (2). Il contenuto (1) 60 anni formano un secolo cinese. (2) AW epoca che Kien-long imperatore della Cina completava un secolo cinese ( 60 anni ) del suo regno , il sopracarico della fattorìa olandese in Canton , sig. Van- Braam , scrisse ai commissari generali della repubblica neir isola di Giava , informandoli , die essendo l'inten- zione delle differenti nazioni, che avevauo le loro fattorie stabilite in Canton , di mandare ambasciatori alla capi- tale per congratularsi coir imperatore in quell'occasione, sti- mava espediente di procedere aneli esso ad una tal mis- sione da parte della repubblica baiava ; e richiese che foss' egli fornito , senza dilazione , delle adattate cre- denziali. A questa domanda ì commissarj generali, i quali erano stati mandati ristessi' anno alV isola di Giava, Notizie della Cina i35 di questa lettera era diretto al consiglio della com- pagnia delle Indie * ma la direzione della soprascritta era al re d'Olanda (Stadtholder). Segue la lettera. Ho ricevuto dal cielo lo scettro di questo vasto impero. Ho regnato per 60 anni , con glo- ria e felicita ; ed ho stabilita la più profonda pace sopra i quattro mari (1) del detto impero, a benefizio delle nazioni, le quali co*medesimi con- finano. La fama della mia maestà , e le prove della mia magnificenza , han trovala la loro strada in ■>•> °gnl Parte del mondo, mentre costituiscono il vanto ,, ed il piacere de' miei vasti dominj. „ Considero il mio felice impero ed altri regni „ come un' istessa famiglia ; i principi ed il popolo così per diminuire le spese della compagnia nei loro stabili- menti delle Indie , come per riformare gli abusi , rispo- sero , che quantunque corte ed inadeguate potessero essere le loro finanze per ammettere straorìdnarie spese , pu- re essi crederono conveniente di non mostrare alcuna negligenza neW adottare misure simili a quelle prese da- gli altri europei trafficanti colla Cina ; e che essi ave- vano , conforme a ciò , nominato il sig. Tissingh come capo , e lui stesso {sig. Van Braam) come secondo amba- sciatore alla corte della Cina. (1) Quest'espressione allude alV antica opinione , che la Cina era circondata dal mare , e che il resto del mondo era composto delle isole. E pure , benché ora 1 cinesi posseggano una tollerabile nozione della geografia, taV'e il loro inveterato aderimento alla opinione antica , eli essi preferiscono di ritenere i più assurdi errori , piut- tosto che cambiarie una sola espressione o sentimento che Confucio abbia scritto. i36 Letteratura „ sono ai miei occhi gli stessi uomini. Io condi- „ scendo a spargere le mie benedizioni sopra tutti , „ tanto forestieri, quanto nativi. E non esiste paese t „ per distante che sia, che non abbia ricevuto marche „ di mia .benevolenza. Cosi tutte le nazioni manda- „ no a prestarmi omaggio, e a congratularsi meco in- ., cessantemente. Nuovi e successivi ambasciatori arri- „ vano ; alcuni condotti sopra cocchi per terra ; ed „ altri traversano ne' loro bastimenti l'immensità de* „ mari. In fatti io non attendo ad altro che alla „ buona amministrazione del mio impero (<). Sono ,, sensibile ad una viva gioja , neil' osservare Tan- „ siet'à colia quale essi ambasciatori si radunano insie- „ me da ogni parte , per contemplare ed ammirare la „ saggia amministrazione del mio governo. Io provo „ là più piacevole soddisfazione , nel partecipare la „ mia felicita con gli slati forestieri. Applaudisce ,, perciò il vostro governo, il quale, benché separato „ dal mio da un immenso oceano , noti ha mancato „ di mandarmi lettere congratulatorie, accompagnate „ da tributarie offerte (2). „ Avendo lette le vostre lettere , osservo che „ non contengono altro , che ciò eh* io considero „ testimonianze autentiche della grande vostra ve- „ nerazione per me ; da che io conchiudo , che voi (f) Una delle più grandi benedizioni che gode l'im- pero della Cina è, che là non si pensa mai a far guerra a nessuno : per cui i pensieri dell" intera nazione, per tulm ta la durata del tempo , sono intenti e rivolti ad ogget- ti di più onesta e sobria natura , per la prosperità e feli- cità del popolo. (2) Così sono considerati in Cina i regali che un am- basciatore porta dal suo sovrano a quell'imperatore.. Notizie della Cina i3^ „ ammirate il mio modo di governare. Iq fatti voi „ avete gran ragione di applaudirmi. Dal momento ,,, che voi incominciaste a commerciare con Canton , „ e ciò è già da molti anni, gli esteri sono sempre stati „ ben trattati nel mio impero ; e sono essi stati „ individualmente gli oggetti del mio amore e del- „ la mia affezione. Io ne potrei chiamare in te- „ stimonianza i portoghesi , gì' italiani , gì* inglesi , „ ed altri dell' istessa sorte di nazioni , i quali sono „ tutti egualmente stimati da me ; tutti mi hanno „ presentati preziosi doni , e tutti sono stati trat- „ tati dalla mia parte in egual maniera , e senza „ parzialità. Io do abbondantemente , anche quando „ quelle cose che da loro ricevo non sono di valore. „ La mia maniera di far queste cose è , senza dubbio, „ conosciuta nel vostro paese (i). (i) I cinesi dal loro orgoglio nazionale e da* loro costumi e leggi sono d' accordo a persuadersi o a credere , che tuttociò che non emana dal loro celeste impero non possa avere che poco pregio : ragion per cui , per pre- zioso che sia un oggetto forestiere dato a loro in dono , vien sempre stimato cosa di poca vaglia. Invece che la più piccola cosa che dalV imperatore venga a chi- chessia regalata , credono essi un pegno d' inestimabile pregio., ed oggetto il più caro che possa mai ottenersi in questo mondo. Egli è per questa ragione f che P im- peratore si permette di dire , eli esso dà sempre abbon- dantemente. Senza conoscer lutto questo non sì saprebbe concepire come è che esso dia sempre più abbondante- mente di quel che riceve , quand' uno sa , che quel che l imperatore della Cina dà agli esteri ed ai suoi proprj nazionali , in ritorno di veramente preziosi doni che da loro riceve , non è comparativamente che una mera ba- f 38 Letteratura „ Rispetto al vostro ambasciatore , egli non è , „ propriamente parlando , mandato dal suo governo; „ ma voi, che siete una compagnia di mercanti , vi „ siete voi stessi supposti autorizzati ad ossequiar- „ mi. Il vostro sovrano però avendovi ordinato di „ scegliere un momento favorevole del mio regno, „ voi avete ora mandato , in conformità , a felici— „ tarmi a nome del vostro detto sovrano. Il Go° anno „ del mio regno era all' incirca per esser completa- „ to ; voi, compagnia troppo distante dal vostro „ sovrano , non potevate annunziarglielo. Interpe- ,, trando esser ciò il suo desiderio , avete intrapreso „ di mandare nel suo nome a prestarmi omaggio ; „ e non dubito che questo principe non sia inspirato „ verso di me da quegl' islessi sentimenti eh* io di- ,, scopro in voi. Ho in conseguenza ricevuto il vo- „ stro ambasciatore come s'egli fosse stato mandato „ immediatamente dal suo sovrano ; e desidero che „ siate informati , eh' io non ho rimarcato nulla nella „ persona del vostro ambasciatore , che non facesse „ testimonianza del suo rispetto per me, e della sua „ buona condotta. „ Ho comandato ai miei grandi ufficiali d'in- „ trodurlo alla mia presenza. Diedi ad esso diver- „ se feste , e gli concessi di vedere il terreno ed i „ palazzi che si racchiudano dentro i miei vasti gattello. ; come per esempio , gualche boi-setta di seta da tabacco ; qualche tazza di porcellana; qualche tabacchiera; un poco di ginseng {pina quinquefolium) della Tartaria (panacea de' cinesi- Fedi giornale arcadico tomo XL 1828) ; qualche pezza di seta , e cose simili. Questo è propria' mente, come dice il proverbio, render pan per focaccia. Notizie della Cina i3$ „ e magnifici giardini di Yuen-min-yuen (i). Ho co- „ sì agito , perchè egli possa esser sensibile agli ef- ,, fetti della mia attenzione , dividendo con esso i „ piaceri, che la profonda pace del mio impero mi „ permette di godere. Ho di più fatto preziosi re- „ gali non solamente adesso, ma anche agli ufficiali, „ interpreti , soldati , e servi del suo seguito; dando „ loro , oltre a quello che è di costume, molti altri „ oggetti come può vedersi dal catalogo (2). „ Essendo il vostro ambasciatore sul momento „ di ritornare alla presenza del suo sovrano , io gli „ ho ordinato di presentare a questo principe varie ,, pezze di seta ed altri preziosi oggetti , a' quali ho „ aggiunto alcuni vasi antichi. „ Possa il vostro sovrano ricevere i miei doni! „ Possa egli governare il suo popolo con saggezza, „ e prestare la sua sola attenzione a questo grande „ oggetto , coli' agire sempre con cuore onesto e „ sincero ! E finalmente possa egli sempre amare la „ rimembranza della mia beneficenza ! Possa questo „ principe attentamente vegliare sopra gli affari del „ suo stato ! Glie lo raccomando fortemente e pre- „ morosamente. (t) Luogo di delizie dell' imperatore , due leghe e mez- za distante da Pekin. (2) Questo catalogo era aggiunto alla lettera delTim- peraore scritta in tre lingue , tartara , cinese , e latina. Gli oggetti di regalo furono diverse pezze di seta , ed alquante onde d'argento adequalamente destinate al ran- go degV individui che componevano V ambasciata , oltre ad alcune pezze di seta , ed alcuni oggetti di pietra dura per lo Stadtholder. i4o Letteratura „ Il ^4° giorno della prima luna del GoQ anno „ del regno di Kien-long. „ ( Corrisponde ai primi di febbrajo 1795.) Distruzione delle bonzerìe , de' bonzi e delle bon- zesse della religione di Fo (1) in tutto V impero cinese , avanti la metà del nono secolo. Quello che segue è un editto che fu pubblicato dall'imperatore Hoei-tciang , o Tsong, della dinastìa di Tang , circa l'anno 834 dell' era cristiana. (iì Bonzi e bonzesse sono nomi sotto de' quali i re- ligiosi e le religiose della setta dì Fo vengono general" mente conosciuti fra gli europei. Ma nella Cina , questi sì distinguono col nome di Ho-Sciang ; di Lama , nella Tarlarla e nel Tibet ; di Talapoin , nel j-egno di Siam e di Pegà ; e solamente nel Giappone si denominano bonzi. Secondo alcuni scrittori cinesi , la religione di Fo inco- minciò per la prima volta ad esser tollerata in Cina durante il regno di Mingte, fra il 63° ed 8i° anno dell' era cristiana. Questi bonzi sono particolarmente i nemici del pro- gresso della religione cristiana nella Cina. Essi, in una circostanza disgraziata , eccitarono vieppiù lo spirito di persecuzione contro i missionarj europei nella Cina. „ Que- „ sti stranieri ( i bonzi dicevano ) si sono introdotti nella „ Cina , coli' intenzione d'invaderla. La nuova dottrina „ che i medesimi predicano , è calcolata a procurar lo- ,, ro seguaci, ed un numero di partigiani sufficiente per „ secondare il loro piano ; e quando abbiano ciò ottenuto , „ le truppe e le flotte europee saranno pronte ad at- „ taccare la Cina „ . Notizie della Cina i/±i „ Sotto le nostre tre famose dinastìe (i) non fu „ mai fatta menzione del nome di Fo: la sua setta, „ la quale introdusse le statue , incominciò a pro- „ pagarsi nella Gina sotto le dinastìe Han e Hoei (3). „ Dopo quel tempo, varii costumi forestieri sono stati „ insensibilmente stabiliti , e ninna efficace precau- „ zione è stata presa per impedirli. L'influenza della „ medesima giornalmente acquista nuovo vigore ; il ìì popolo n'è disgraziatamente infettato; e lo stato . „ ne soffre. In ambe le corti , meridionale e set- „ tentrionale , in tulle le città , ed in ogni di par- „ timento, nuli' altro si vede die Ho-Sciang, o bonzi „ d'ambi i sessi . TI numero e la magnificenza dei „ loro tempj e bonzerie aumenta ogni giorno \ artisti „ senza numero sono impiegati a fare, per loro, „ statue di differenti materiali ; gran quantità d'oro „ è dissipato per ornarle ; e molti del popolo , di- „ menticando quei doveri verso il loro principe e „ verso i loro parenti, si arruolano sotto lo stendardo ,, d'un superiore bonzo. Vi sono fino alcuni scelle- „ rati , i quali abbandonano le proprie mogli ed i „ proprj figli , e contro le leggi cercano un asilo „ fra i bonzi. Può alcuna cosa avere una più per- ,, niciosa tendenza ? I nostri antenati tenevano per „ massima , che se v'era un uomo che non lavorava, „ o una donna che non impiegava il suo tempo a ma- „ nifàtturare la seta , qualcuno nello stato ne avreb- „ he fatte lagnanze. Qual cosa deve dunque farsi al (1) Queste sono le tre dinastìe chiamate Heu , Sciang, e Ciòu : un periodo di tempo di 1899 anni avanti l era cristiana, cioè dagli anni 21^2 avanti la dett" era fino ai a43. (2) Nel secondo e terzo secolo dell' era cristiana. i42 Letteratura „ presente, che un infinito numero di Lonzi, e di gente „ di differente descrizione , maschi e femmine , si nu- „ driscono e si vestono al costo dell'industria degli „ altri ; ed impiegano operaj a costruire edifizj su- „ perbi per ogni dove , adornandoli a grandi spe- „ se ? Dobbiamo noi ricercare alcun' altra causa „ dell' esausto stato nel quale si trovava l'impero „ sotto le quattro dinastie Tsing , Song , Tse , e „ Leang (i), e dell' inganno che in quel tempo pre- „ valeva ? „ Riguardo alla nostra dinastia Tang , i prin- ,, cipi che la fondarono , dopo di aver prospera- „ mente esercitate le forze delle loro armi per re- „ stituire allo stato la sua pristina tranquillità , si „ occuparono di regolarlo con saggi e salutari leggi: „ e per compire questo fine, invece di prendere ,, cosa alcuna ad imprestito da questa corrotta setta f, forestiera , si opposero ad essa dal primo di quegli „ anni chiamati Tcin-Koan, Tai-tsong (2). Tai-tsong „ fu un principe che agì con troppa moderazione; „ ed il male si è sempre più accresciuto. In quanto „ a me, dopo idi aver letta e considerata ogni rap- „ presentanza fatta sopra questo punto ; e dopo di „ aver maturamente deliberato con saggi e prudenti „ uomini , la mia risoluzione è fissata. È questo un (1) Queste quattro dinastìe regnarono un periodo di tempo di »6S anni , cioè dal 286 de ir era cristiana fino al 55a. (2) Periodo di tempi i più splendidi nella Cina\ quan- do regnava l 'imperatore Tai-Tsong , circa 760 A. D; e quando gli uomini morivano con invidiabile aderimento alla retta condotta - Dalla cinese denominazione onore- vole , Szc-lseè. Notizie della Cina i43 „ male? Bisogna dunque rimediarvi. I più intelligenti „ de' miei ufficiali delle provincie mi fanno serie „ premure per incominciare l'opera della riforma. Se- „ concio loro , ciò assorbirà la sorgente di quegli „ errori che hanno innondato l'impero ; sarà egli il ,, mezzo di ristabilire il governo dei nostri antenati; „ di apportar pubblico beneficio ; e di salvare la vita „ degli uomini. Dopo tanto , come poss' io trascurar „ ciò ? „ Io dunque ordino e comando in primo luogo , ,, che quelle 4600 bonzerie, le quali esistono per ogni „ dove nell'impero , siano assolutamente distrutte , „ ed i bonzi e le bonzesse, le quali le abitano e che t, ammontano, dall'enumerazione fattane, a 26 ouan (1), „ ritornino alla società, e paghino la loro porzione ,, contingente delle tasse ordinarie. „ Secondariamente , che 4° mila altre inferiori „ e piccole bonzerie , o ritiri di bonzi e bonzesse „ sparsi qua e la per l'impero , siano parimenti di- „ strutte ; che la loro entrata , la quale ammonta a „ immense ouan di tsing (2) , sia annessa al nostro „ dominio ; e che i5 ouan (3) di schiavi , i quali „ da' bonzi tengonsi in suggezicme , siano arrotati ,, dai magistrati , e considerati gente libera. Riguardo „ a' bonzi forestieri , i quali sono qua venuti a pro- „ pagare i principj religiosi osservati nei loro rispet- (1) Un ouan è 10 mila; dunque 260 mila fra bonzi e bonzesse. (a) Un tsing è la decima parte d' uri oncia d'ar- gento cinese ; dunque immense decine di migliaja di decime parti d'oncia d'argento cinese. Lo stesso che dire alla nostra maniera , immense migliaia d'onde d'argento. (j) i5o mila. »44 Letteratura „ tivi paesi , e i quali ammontano a circa tre mila r „ il mio comando è , che essi ritornino ai loro do— „ veri come membri della società , di modo che le „ maniere ed i costumi del nostro impero non siano „ contaminati. Ohimè ! Noi abbiamo lungamante ri- „ tardato di mettere le cose nel loro antico piede. „ E perchè dovremo noi più a lungo differire ? „ Noi siamo , su di ciò , fermamente fìssi e deler- „ minati. Alla vista dunque di questa ordinanza, le „ nostre risoluzioni siano immediatamente eseguite. „ Tal' è il nostro volere (r). „ Onorato Martucci (i) Questo volere ebbe il suo effetto. Pochi ritiri reli- giosi , o bonze rie , furono lasciate in tutta l'estensione della Cina. Solamente due delle grandi furono conser- vate , una alla corte settentrionale , e l'altra alla corte meridionale , ed una delle piccole in ogni governo o provìncia. E fu permesso , che 3o bonzi dovessero risie- dere in ognuna delle bonze rie grandi , ed uri numero minore in quelle piccole. Ma al presente , le bonzerie ed i bonzi e le bonzesse in Cina sono forse in maggior numero di quello eli erano quando il presente editto im- periale fu emanato. ' I I > Elegie di Properzio recate in terza rima da Mario Pieri corei rese. Firenze 1828. Un voi. in 8 di pag. XX FUI 224. Bue elegie di Tibullo e Properzio novellamente tra- dotte. Ferrara 1829 in 8.° di pag. 16. Lettera di Sesto Aurelio Properzio al signor O. Z. K Ferrara 1829 in 8-° di pag. 22. IT U na lunga prefazione è posta innanzi alla ver- sione del Pieri, il quale naturalmente non dice trop- po bene de' traduttori che lo precedettero in questa dura fatica : e fino del Peruzzi e del Vismara, ge- neralmente lodati, parla di tale maniera , quale al certo ei non vorrebbe che alcun altro tenesse par- lando di lui , e quale noi non vorremmo giammai tra i letterati , maestri al mondo di gentilezza. E viene in campo con opinioni , che tutti non sapran- no lodare : a cagione di esempio dice alla pag. X.XI tassando gli altri volgarizzatori : „ Non panni che sia „ stato ragionevole pensamento il vestire di vario me- „ tro le composizioni di v.n autore in un sol nie- „ tro dettate:,, al che taluno potrebbe rispondere; la poesia italiana distinguersi dalla latina eziandio pel- varietà di metri elegaci , dal sonetto agli sciolti ( tT. Eleni, di poesia del Gherar d'ini , e Rag. Poet. del Gravina): non essere da farsi coscienza di rendere in vario metro le elegie de' latini ; potendo pure co- tal varietà contribuire al diletto , a cui si oppone talvolta quella monotonia delle terze rime intrec- ciate, eh' ei pif-i'erisce. Dice poi alla pag. XXII': „ Né io chiamo terze rime quel vezzo ti ovato, non G.A.T.XL1V- l0 il\Q Letteratura „ saprei dire se dalla poltroneria o dal cattivo gu- -, sto , che rima il r.° al 3.° verso , e lascia libero ,, il a.° senza rimarlo al susseguente terzetto , e che „ neppure la lumi nosa e ben giusta fama del Pompei „ valse a far salire in credito. ,, Al che taluno po- trebbe rispondere : In tatita difficoltà , quanta è in Properzio per confessione dello stesso Pieri , perchè rifiutare questa più facile marnerà di rime ? Non è meglio tenersi a questa, che sacrificare bene spesso il concetto dell' autore per renderlo fra tanti impe- dimenti ? e non sono assai forti le ragioni e l'esem- pio dell'immortale Pompei? Ragioni, che parvero buo- ne a molti pur sacri : esempio , che fu seguito da queir Eschilo Acanzio , che volgarizzò nel 1791 i rimedi d'amore del Sulmonese ; dal nostro celebre mar- chese Luigi Biondi , che nel i8a3 tradusse egregia- mente le egloghe pescatone del Sannazaro ; e da quel flore di giudizio del professore G. I. Montanari, che nel 1828 ha recato in volgare un' epistola latina del Castiglione ; per tacere del Vismara e del Peruzzi, che talora seguirono quella maniera del Pompei nelle ver- sioni pur di Properzio. Gerto noi vorremmo esser lenti a condannare ciò che tali uomini degnissimi di ri- verenza approvarono e seguirono apertamente; ma né col Pieri vorremmo contendere men nobilmente , an- che quando non possiamo essere affatto con lui e co- me in quella sentenza di volere resa ogni cosa dei poeti latini. Chi può comportare oggimai , che ven- ga offeso il costume : quella gemma che adombrasi ad ogni soffio , ed è pur la più cara che noi ci abbiamo ? Per amor della quale lodiamo il Peruz- zi , che tutto non vuol già rendere di Properzio : non possiamo lodare quell' altro , che tutto vuol ren- dere con una fedeltà, che tradisce talvolta, e ce ne duole , la ragion del pudore. Del resto a giudicate Elegie di Properzio 147 di questo servigio reso dal Pieri alle lettere ita- liane con la sua versione di Properzio , inviteremo i savi e discreti : ai quali porremo sott* occhio alcun saggio con poche e brevi osservazioni ; onde tra lui e gli altri due chiari volgarizzatori dell'umbro poeta mettendosi, e tutto poscia leggendo e pensando , sen- tenzino a chi convengasi la preminenza. Properzio lib. III. 22. Omnia romanae cedent miracula terrae: Natura hic posuit quidquid ubique fuit. Armis apta magis tellus, quara commoda noxae : Famam , Roma , tuae uon pudet historiae. Nam quantum ferro , tantum pietate potenles Stamus ; victrices temperat illa manus. V I S M A R A Tutti i prodigi a queste eccelse mura Cedon di Roma : quanto sparse altrove , Tutto qui strinse liberal natura. Terra nata dell1 armi all' alta gloria , Non al crudo terror : Fama , non hai Di che arrossir nella romana istoria. Di pietade e di ferro al par siam cinti : E questa è legge al buon valor romano , Domar gli alteri e perdonare ai vinti. P e r u z z 1 Tutte coteste si mirabil cose Cedano al suol romano , ove natura Tutto , eh1 è al mondo di miglior , ben pose. O nata all' armi , assai più che agi' inganni , Roma, senz' arrossir , la fama puote Di te le imprese noverar e gli anni. Splende Dell' armi al par la nostra gloria , Che di piela nell' opre ; e se possenti Siamo , umani siam pur nella vittoria. io* i48 Letteratura ì • Pieri Rimpetto a Roma , merta nome appena Ogni altra maraviglia. Qui natura Raccolse il meglio onde la tetra è piena. Region che dell' armi si assecura , Non della colpa; la tua fama , o Roma , Della storia e del ver non ha paura. Che quai dell' armi siam sotto la soma , Tanto io pietà possenti : ella la destra Vittrice frena su la gente doma. Properzio Haec tibi. Tulle, parens : haec èst pulcherrima sedes, Hic tibi prò digna gente petendus honos. Hic tibi ad eloquium cives, hic ampia nepotura Spes , et venturae conjugis aptus amor. V 1 s M A R A Questa ti è madre ; questa a figli suoi £ cara stanza , o Tulio • avrai qui solo Onor degni di te, degli avi tuoi. Qui l'ampio foro la tua lingua attende , Qui di nepoti l'onorata speme , E degna sposa già la man ti stende. P E R U Z Z I Questa è pur patria tua : seggio più caro D'ogni altro per bellezza ; e qui ti chiama A sommi onori il sangue , onde se' chiaro. Qui alla facondia tua gran campo addita De' cittadini il plauso ; ampia si sorge Qui speme di nipoti ; e qui gradita Sposa, in pegno d'amor, la man ti porge, P i e ut i Questa ti è madre , o Tulio , e dolce stanza Qui secondo alla tua schiatta s'addice 9 Cercar tu devi onore e nominanza. Elegie di Properzio i4<; Qui a prò de' tuoi la tua lingua vittrice , Qui de' nipoti fiorirà la speme , Qui ti darà un amor degno e felice Con casta donna ogni dolcezza insieme. E qui si vede come alla nobiltà del latino male ri- sponda talvolta il volgare del Pieri , che per essersi assogettato al tormento della rima , e per certa non curanza , ha dovuto dire, che Roma della storia e del ver non ha paura : e parlando a Tulio : cer- car tic devi onori e nominanza • ed usare tali al- tri modi men degni alla nobile italiana poesia, che meglio intender parve il Peruzzi diligentissimo. Ma il valore di quest' ultimo apparirà più chiaro a chi verrà considerando come sottilmente sia entrato nello spirito del suo concittadino Properzio: e molta lode si avrà per ciò , che lasciando stampare a rincontro la versione del Pieri e la sua dell' elegia IV del lib. IV (Tarpeia) col testo a piedi, ha offerto a tutti un bel saggio delle cure , che egli si prende per migliorare o rinnovare la sua antica versione, si che l'Italia debba sapergliene grado. Eccone alquanti ver- si , ai quali susseguiranno alcune notevoli parole di una lettera , che appare scritta dal mondo di la a nome dello stesso Properzio. Properzio Vidit arenosis Tatiura proludere campis, Pictaque per flavas arma levare jubas. Obstupuit regis facie , et regalibus armis ; Interque oblitas excidit urna manus. Saepe ili a immeritae caussala est omina lunae, Et sibi tingendas finxit in amne comas. Saepe tulit blandis argentea liba nymphis, Romula ne faciem laederet basta Tati. i5o Letteratura Dumque subit primo Capitolia nubili fumo , Rettuìit hirsutis brachia serta rubis. Et sua Tarpeja residens ita flevit ab arce Vulnera, vicino non patiencla Iovi. V I S M A R A Per le sabbie armeggiar vide di Roma Tazio , ed in alto squassar Tasta e il dardo Tra l'ondeggiar della dorata chioma. A Tarmi, al volto del regal guerriero Attonita ristette, e Turila in uno E le immemori mani le cadero. Spesso colpar soìea d'annunzio rio L'innocua luna : e , Queste chiome e i sogni Scendo a terger, diceva, al sacro rio. Spesso la porse a l'alme ninfe omaggio D'argentei gigli , onde a l'amato viso T)t Romolo Tacciar non rechi oltraggio. E mentre avvolta nel prim' aer bruno Risale al colle , a le tornite braccia Le offese non curò dell' aspro pruno. Bla le piaghe del cor cosi col pianto Sfogava assisa del Tarpeo sui sassi , E il vicia Giove ne fremeva intanto • P E R U X Z I Visto le venne Tazio , che armeggiando Sur un bajo destrier già per lo piano Or la spada or la pinta asta vibrando. Al regal volto , all' armi del sovrano Guerrier si di ragion smarrissi il lume , Che la piena urna le sfuggi di mano. D'allor Tinnocua luna ebbe in costume Colpar di rei presagi; e che l'aurate Chiome bagnar dovea , disse , nel fiume. E argentei gigli offria spesso alle grate Ninfe , onde a Tazio roman fero alcuno Non offendesse le sembianze amate. Elegie di Properzio i5i Poi fatto a sera il Campidoglio bruno , Al primo fummo ne reddia , ferita Le molli braccia dall' irsuto pruno. E assisa sulla rupe , le ferite Piangea del cor con lagrime sì rie , Che lasciar non dovea Giove impunite. Pieri Tazio ella vede dall' infausto colle Lungo i campi armeggiar, quando lucenti L'arme in sul crine fiammeggiante estolle. Al regio aspetto e ai regii adornamenti Attoruita restò: l'urna lasciaro Andar le man dimentiche e indolenti. Da lei spesso i presagi s'incolparo Dell' innocente luna: e stima bene Di bagnar le sue chiome al fiume chiaro. Spesso alle ninfe grate a recar viene Argentei gigli , onde romulea spada Non fenda il viso del suo caro bene. E mentre al primo albore avvien che vada Su pel nebbioso Campidoglio , e (*) offese Le man riporta per l'alpestre strada. Così d'in sul Tarpeo le doglie prese Ella a sfogar del core, ed il vicino Giove con grave indegnazion la intese. Fara senso a taluno, che il Pieri abbia reso il flavas jubas del cavallo pel crine fiammeggiante di Tazio: certo né la chioma d'uomo corrisponde al ju- ba de' latini, né il fiammeggiante consuona col fla- (*) Questo e dovrebbe essere qui venuto per errore di stampa; ma ci fa senso , che noi troviamo notato in fine tra gli errori da correggersi nella versione del Pieri. i5a Letteratura vus. Anche \\ jinxit non è ben reso con quello sti- ma bene\z che d'altronde non sappiamo quanto ab- bia di poetico. E male al primo albore, dove il lati- no dice primo fumo; con cui è chiaro da Properzio accennarsi rimbrunire della sera, come fece anche Vir- gilio quando disse : „ Et jam summa procul villarum culmina fumant. E già tutto quello che leggesi ne1 versi seguenti dell' elegia accenna la sera , e poi la notte : ma queste ed altre cose lasciamo al giudizio de1 leggitori; ci ba- sta aver dato occasione di dubitare. Ppoperzio A duce Tarpeja mons est cognomen adepius. O vigil, injustae praemia sortis habes. V I S M A R A Così , Tarpeja, dal tuo fato al colle Il nome venne : e di te vive ancora Fama, che dar cieco destin ti volle. P E R V Z Z I Da lei duce , la rupe ebbesi in sorte Il nome di Tarpea. Tu che vegliasti , O Giove, a vendicar la ingiusta sorte, Cotesto aggiungi onor nuovo a' tuoi fasti. Pieri Tu , Tarpea , cosi oprando ai monte desti Per ogni etade il tuo nome fatale. Ve' , guardiana , or quali bai tu funesti Premi» , e fama nefanda ed immortale ! Avranno notato i leggitori come la versione del Pe- ruzzi si diparta dalle altre : di che non sapremmo reuder ragione meglio, che colle parole della lettera, Elegie di Properzio i53 eli cui facemmo più sopra menzione: le quali in bocca di Properzio medesimo sono del seguente tenore. „ Di- „ co , che meglio d'ogni altro , anco del diligentis- „ simo Kuinoel , egli (// Peruzzi) ha letto a duce „ Tarpeja. Che questa fu la duce del tradimento da „ me descritto. E ben lo aveva io indicato con quello „ altro mio verso , poco più su : „ Pacta ligat , pactis ipsa futura comes. „ Ed aggiungo , che meglio pure d'ogni altro ha 7, egli colto il significato dell'ultimo verso , rappor- ,, tando quel vigil , non a Tarpea , ma sì a Giove, „ che io aveva già detto in questa stessa elegia, es- „ sersi proposto, mentre tutti dormivano, di veglia- „ re egli medesimo alla punizione di quella malvagia ; „ Omnia praebebant somnos ; sed Jupiter unus „ Decrevit poenis invigilare suis. ., E queir injustae sortis egli Io ha riferito, secondo „ mia mente, all'attentato sacrilego di Tarpeia, per „ cui fu rapito il soglio a Giove, antiqui , io aveva ,, detto , antiqui limino, capta Jovis. Di che nuovo „ onor gliene venne, alle altre sue appellazioni quella ,, essendosi aggiunta di Giove Tarpeo , come io me- „ dèsimo lo aveva chiamato (Lib. ìVi EU I 7 ). ,, Tarpejusque pater nuda de rupe tonabat. „ Vero è che per due miei versi latini ha egli do- „ vuto spenderne quatto italiani. Ma è vero ancora, ,, che non richiedevasi meno per cessare l'oscurità di „ quel luogo. „ E ciò vogliamo che basti intorno a queste versioni ; senza però lasciarci sfuggire l'oc- i54 Letteratura casione di crescere conforti al Peruzzi , perchè ci dia volgarizzali di nuovo i tre poeti elegiaci , come desidera e può aspettarsi da lui ogni gentile pesona(*). Domenico Vaccolini. Memorie istoriche di Accumuli, di Agostino Cappello. CAPITOLO V. L'Italia centrale minacciata dai musulmani che son domi dalle armi di S. Marco. Infierisce la catala- na rivolta aizzata dal gabinetto di Francia. I dazi e le concussioni nel regno sono tali , che vedesi imminente la disperazione né1 popoli. Inviasi per- ciò una deputazione a Madrid , ma nessun frut- to riportasi dalla Spagna. ; i cui mali ingiganti- scono smisuratamente. Congiura scoperta in Na- poli* Muore Richeiieu ; rimpiazzalo V abruzzese Maz- zarino. Insorge nuova guerra civile fra Accumo- li e Norcia. Cade l'odiato ministro di Spagna Oli- vares. Il regno ritrovasi in un incredibile stato lagrimcvole. Il suo viceré opponesi agV intempe- rantissimi ordini di Spagna : vien dimesso. Ten- tativo frustraneo di Mazzarino per V impresa di Napoli. Rivolta di Palermo sedata tantosto. Cre- scono le napolitane turbolenze. Rivoluzione di Na- poli e del regno sotto Massaniello. La insorta di- scordia , per opera del duca di Guisa , è cagione {*) Vedasi il voi. \i\ di questo giornale alla pag. n3 e seguenti. Memorie di Accumou i55 principale della tornata obbedienza alla Spagna. Infortunio gravissimo sovrasta gli accumolesi pel sospetto , e sicurezza poscia di esser venduti alla casa Medici' NelV immenso desolamento e dolore inviano una deputazione a Napoli. Speranze lu- singhiere che ne ricevono- Segue la cessione ai Medici con molte restrizioni. Geloso silenzio de- gli accumolesi intorno a quest1 avvenimento, /sto- rica discussione sul medesimo. Critiche circostan- ze degli uomini del quarto di S. Lorenzo. La pe- ste desola Napoli e la maggior parte delV Ita- lia meridionale. Pace di Spagna col Portogallo. Pace di Aquisgrana. Rivoluzione di Messina z funestissime sue conseguenze. Elogio del mar- chese del Carpio viceré di Napoli. Morte di Car- lo IL Trattato di Loo. Filippo V re delle Spa- gne e di Napoli. Orribili terremoti , da quali soffre Accumoli , ma pia i convicini. Carlo III austriaco , tornato già re di Napoli , è elevato al trono imperiale. Sapienza e valore di alcuni ita- liani in mezzo ai loro infortunj. Convenzioni fra le corti di Spagna e di Austria. Il terremoto tor- na a subissare la città di Norcia , e non poco ne soffre il suolo accumolzse. L'infante D. Car- lo accolto negli stati di Firenze e di Parma. Si rinnova la guerra •■ marcia dello stesso infante alla volta di Napoli : è dichiarato re delle due Sicilie. Tripudio delle popolazioni per tale avve- nimento. Si conchiude la pace. Nel trattato vieti Accumoli , come stato mediceo , dichiarato allo- diale della corona. N. ori si cessava in Italia di spargere molto sangue. I turchi vi proseguivano le solite devastazioni. I tu- i5G Letteratura nisini e gli algerini miravano di saccheggiare le con- vicine adriatiche terre , in ispezie la S. Casa di Lo- reto. Marino Cappello ammiraglio di Venezia li di- strugge. I tempi per la Spagna divengono grossissi- mi , infaustissime conseguenze ne risentono i suoi ita- liani dominj. I catalani persistono nella ribellione , rendono a patti alcune piazze ai regi, ma soldati ed uffiaiali sono da essi uccisi (t). Quest'atto lungi dallo sminuire, invigorisce la rivolta. 11 Richelieu non man- ca di aizzarla gagliardemente, e accoglie le offerte dei ribelli , die colma di onori e di doni. Il genero dell' Olivares, duca di Medina, succe- deva viceré in Napoli al Monterey. Ivi crescono i dazj, infra i quali il bollo della caria. 1 luoghi più sacri nel regno vengono espilati; ed incessanti sono le con- cussioni. Altre terre demaniali dalla liberta passano alla servitù. La somma delle napolitane faccende e tale, che gli abitanti del regno sono al colmo della disperazione. Di accordo col viceré inviasi a Madrid una deputazione presieduta da EttoreCapecelat.ro con- sigliere collaterale (2). Implorasi pietà, misericordia, ma invano : dappoiché le Fiandre stavan per perdersi, e dentro due anni furon perdute. La catalana rivo- luzione richiedeva molto oro e sangue non poco. In Italia imperversava la guerra a danno degli spagnuoli. Succedeva ora la guerra portoghese per la rivolta del Portogallo, che acclamando il duca diBraganza, vi s'incoronava re col nome di Giovanni IV, assi- curando i novelli sudditi nei loro antichi statuti e privilegi. S'aggiugne per maggiore sciagura una nuo- va congiura nel regno , che scoperta , è causa di ver- (1) Miant. id, (a) Sto/-, civile toni. \c ?)5o-5a- Memorie di Accumou 157 samento tìi sangue umano. Il Richelieu, indefesso pro- motore di questi antisociali intraprendimenti, secon- dava i congiurati con una grossa flotta, che respinta da Gaeta , mostra vasi inutilmente nel golfo di Na- poli, in onta che pochissimi fossero i colpevoli , ser- ve la congiura di pretesto onde accrescere nuovi dazi, e togliere altri privilegi (1). In cosiffatte rovine il conte duca fa prendere al re il titolo di grande, che vieti motteggiato da suoi nemici (-2). Giovamento gran- dissimo avrebbe recata la morte del Richelieu nel 1642 avvenuta : ma in suo luogo subentrava colle stesse mire Giulio Mazzarino : divenuto cardinale e l'arbi- tro delle cose di Francia. Nulla diremo delle ma- ligne voci sparse a carico del Mazzarino , né tocca a noi di fare il suo elogio (3). Diremo però che pel rinomato secolo di Luigi XIV, la Francia dee moltissimo all' abruzzese porporato. Nella nostra patria tornava fiera guerra civile contro i norcini nel iG/^o. Noi non conosciamo pre- cisamente il modo come avvenisse. Tommasi ci rac- conta che molli e molti furono i morti norcini, lai- che si venne definitivamente a nuovi patti , e pace solenne si conchiuse nel io4' (4)« È cosa certa che i nostri Gio. Giuseppe Colonna e Gio. Antonio Pa- luzzo, sindici del quarto di S. Lorenzo nel 1G40, mo- rivano in questo civile trambusto (5). L'odiatissimo ministro di Spagna (Olivares) cade finalmente nel iG|3, e muore in deportazione di li- (1) Murat. id. stor. civ. ìd. (b) Stor. cii>. id. pag. 355. (3) Murat. toni. XI. pag. 169. ($) Op. cit. pag. XIV. (5) Meni, dei quarto di S. Lorenzo , e meni- cit. i58 Letteratura vore e di rabbia (i). La troppo tarda caduta1 non migliorava punto la tristissima condizione , in cui stavan le cose. Cadeva parimenti il viceré di Na- poli suo genero , e l'almirante di Castiglia ne rim- piazzava il posto. Trovava egli s\ rovinate le na- politano faccende, che di di in dì andavano in mag- gior precipizio. Ne poche erano le angustie provate dagli abitanti di Calabria e di Puglia per le prede e pe' guasti immensi fatti dai turchi nel iG45 (2). Alle strabocchevoli imposte altre incomportevolissime proponevansi al presente dal gabinetto di Madrid, ove quel viceré solo estimavasi , che maggiore spie- gasse i talenti suoi per estorcerle dalle sfortunate popolazioni del regno . L'almirante opponesi vali- damente agl'intemperantissimi ordini, pelicene vieti dimesso e rimpiazzato dal duca d'Arcos (3). Procura questo di scambiare i modi , onde ritrarre le, vo- (r) Stor. civ. torti. 4- pag- 36i. Marat, toni. Xl.pag. 196. (2) Stor. civ. id. pag. 367 -Ci sia lecito accennar di volo , come i cavalieri di Malta, dopo molti anni di pace, assaltavano nel i644 improvvisamente il navilio del gran Sultano facendo ricchissima preda. 1 turchi inaspriti, non potendo volgersi con Jrutto contro l'indomabile scoglio, piombavano con grandissimo apparato dì guerra contro la isola di Candia. La discordia nata fra il generale ed il veneto ammiraglio (il valoroso Cornaro , ed il sud- detto Marino Cappello), la poca militare scienza spiegala poscia da Giovanni Cappello generale di Venezia , fece sì , che , in onta che più volte ed in più luoghi molti trionfi riportassero i guerrieri di S. Marco , i musulmani s" impadronissero alla fine , dopo un assedio di a4 anntì deW isola opulentissima. Murat. id. (3) Stor. civ. toni. \. pag. 36j-;o. Memorie di Acciaioli j 5q Iute sommo esorbitanti: nessun alleviamento però ne risentono i popoli , presso i quali il nome del re , per lo innanzi cotanto venerato, degenera in odio (i). La Francia vie meglio lo fomenta. Appare il suo navilio avanti Napoli, ma i nobili di Partenope con generosa fedeltà vanno tosto sulle loro navi , e for- zano la flotta francese a ritirarsi. Mirava il Maz- zarino di dare un re italiano alla sua patria nativa nella persona del principe Tommaso di Savoja; ma il suo progetto, che egli teneva sicurissimo per le po- polari commozioni, riusciva vano. Ciò poi che non aveva fatto l'inimico , producevalo o il caso o la umana nequizia (a). La nave ammiraglia di Napoli incendiavasi con orribile esplosione , che nello spa- ventare la capitale, uccideva 400 soldati, ufficiali, ed altri danni non pochi recava. I francesi pertanto volgeansi contro i presidj di Toscana : s'impadroni- vano di Portolongone : in Oibetello trionfavano i napolitani. Queste nuove mosse di guerra accrescono i mali umori. In aperta rivolta stava Palermo ; era poscia sedata per cura studiatissima del nuovo vi- ceré il cardinal Trivulzio (3). In nota di questi scon- volgimenti , e delle pessime disposizioni, proseguivasi a vessare la popolazione. Genovesi compratori pronti erari sempre a sborsare oro al governo per ritrarlo a buona usura nelle smodatissime gabelle; talché il popolo tumultuava ogni dì , ed ora passava a com- mettere eccessi pel dazio sopra i frutti. Veniva in questo tempo D. Giovanni d'Austria , cui il viceré cede il comando onde meglio ridurre il popolo alla (») ld. id. (:>) Marat, id. pag. 208 eie. Sto/-, civ. id. pog. ò'j^. i3) Murai, id. pag. ìi§. iGo Letteratura quiete ed all'ordine. Crescono invece le turbolenze, che per le sevizie da' gabellieri usate contro una po- vera donna per poca farina trovatale in contrabban- do, passano in manifesta ribellione. Giovanni d'An- nese d'Amalfi, noto sotto il nome di Masaniello, ma- rito della donna , chiama e provoca il popolo alla vendetta. Li ribellione è tale , che (Napoli assume ii nome di repubblica, e la fiaccola rivoluzionaria spau- desi per tutte le provincie del regno. La Francia ne profitta, manda ivi il duca di Guisa, ch'è accolto dai ribelli. Nasce poi gelosìa fra Masaniello divenuto generale in capo, ed il Guisa, che mena una scan- dalosa ed impolitica condotta. Ne coglie opportuna occasione Giovanni d'Austria . Masaniello , con sita inala ventura , si riconcilia coli' austriaco , che sot- tomette i ribelli; il Guisa dassi alla fuga, ed è rag- giunto e fatto prigioniero in Abruzzo. Il conte di Ognatte nuovo viceré giunge in Napoli nel 1648 : promette un generai perdono alle sommosse popola- zioni , e cerca di riordinare il regno (r). Ai talenti militari accoppia il nuovo viceré finissime vedute po- litiche , progetta quindi la impresa contro i presidj di Toscana , onde torre dal regno le agguerrite mi- lizie , che con fortunata guerra vengono spinte nei maggiori pericoli. Disse perciò avvedutamente il Mu- . latori „ che questa guerra intavolata a bella posta „ era per condurre a macello il fiore de' cavalieri „ e soldati napolitani „ (2). Severissimo fu il governo dell' Ognatte, talmentechè il prelodato autore aggiu- gne vedersi in esso risorto il crudel duca di Alva , il flagello delle Fiandre. Dee peraltro lodarsi dei fin- ti) Stor. civ. toni. 4- Pag- ÒJU-&J. (a) annali toni. AI. pag. i<\.*>. Memorie di Accuìwqm ifir nevati studj , che per le turbolenze erano rimasi so- spesi (i). Incombe a noi di entrare in una lunga e tri- stissima narrazione delle cadente patria nostra. Più volte siamo stati tentati di chiudere queste memorie col precedente capitolo , sia per l'avvenimento che stiamo per descrivere , sia per le notizie , dnrante quasi un secolo, sterilissime. Ma siccome nella prima parte di queste memorie ci obbligammo discorrerle insino al 1807, perciò diremo le poche a noi tra- mandate. Se non che ispireranno per avventura qual- che interesse le notizie oltre la meta del secolo 18.0 fino all' epoca da noi stabilita. La nostra patria , o unica nella storia del re- gno per la costantissima fedeltà verso i suoi re , o certamente a nessuna seconda, è finalmente venduta. Noi abbiam sopra veduto che , dopo l'esauri- mento di tutti i fondi , vennesi in diverse circostanze alla vendita de'luoghi demaniali. Abbiam veduto la resistenza mostrata ai nuovi baroni dai cittadini di Amantea e di Taverna, che dopo contenzioso litigio furono di diritta conservati nel demanio regale con isborsare vistosa somma di denaro (a). Accumoli, per quanto raccogliamo dalle napoli- tane istorie, fu l'ultimo luogo demaniale venduto con (1) Stor. civile ìd. (2) Se si rifletta l'orìgine di nostra patria : se si con.' siderino le vertenze col conte di Ascoli allorché diessi alla corona di Napoli , ed i privilegi distintissimi ac- cordati dagli angioini , aragonesi , e conformati da Car- lo V ', ognuno potrà vedere che di gran lunga maggiore di Amantea e Taverna sono gli accumolesi privilegi. G.AT.XLIV. n i6a Letteratura tali restrizioni, che i nostri, per quello che si dira, credono come non avesse luogo l'atto di vendita: o fingono poscia di non conoscerlo , ed in seguito realmente lo ignorano : che anzi negli atti ufficiali, come vedrassi, dicesi sempre luogo demaniale, e non mai feudale; soltanto nelle poche pagine di recente scrittore che seguono all'anonimo più volte citato e scritto quanto segue:,, Nel temporale anticamente per „ dominio diretto era sotto il dominio regio , e per „ l'utile per poco tempo sotto il gran duca di To- „ scaria „ (i). I Medici di Firenze , che dall' attuale dinastia di Spagna ripetevano l'assoluto impero della patria loro , possedevan già molti feudi nel regno di Napoli, e di presente andavano creditori della suddetta di mol- te somme (3). Nel di 3 luglio i643 stipulavasi a Na- poli l'atto di vendita colla medicea famiglia di Accu- moli culle sue ville (3). Per verità il momento , in cui accadeva il contratto , era il più critico in cui siasi trovata la corona di Spagna. Invece di Na- poli , di Roma scrivesi la funesta notizia a Domi- ziano Pasqualoni giureconsnlto chiarissimo in que- sta capitale , che stavasi in patria a respirare l'aere (t) Questa è la sola notizia relativa a questo atto trovata in tutte le nostre memorie mss. (») Galanti , Nuova descrizione delle Sicilie tom. 1. (3) Giustiniani, Geogr. ragion, pag. a4- E l" quest'anno medesimo che V Abruzzo ulteriore dividesi in due pro- viride. E noi crediamo aver avuto fine in quest' epoca il governo delle terre montane , già divise primamente dalla regina Giovanna prima dal governo di Aquda , conforme a suo luogo notammo. {Stor. eiv. ul.pag. 365.) Memomi; ni Accumuli iu3 natio (i). Spargasi subito la triste novelli. Un Pre- ferito misto a ir;:, o a lagrime , suscitasi dal primo all'ultimo dell' acoumolese famiglia; di bocca in bocca ripetesi di morire piuttosto che di portare l'abbor- rito nome di vassallo. Alessio Diotiguardi , prudeu- tissimo e grave giureconsulto , capo della magistra- tura aduna tosto il general parlamento, in cui dopo infinite discussioni (2) , risolvesi inviare in Napoli una deputazione di quattro savj giureconsulti. Essi sono il lodato Domiziano, Corinchio Cappello ,. Fi- lippo Pasqualoni , e Gregorio Paluzzi (3). (1) Moriva in Roma nel 1648, come vedesi nella soh* tuosa e ricca cappella da esso fondata in $. Lorenzo in Lucina di questa capitale. Mein. cit. (2) In una di queste si disse ragunare la somma /is- sata per la detta vendita. Noìi era partita la deputa- zione per Napoli , che si provarono tutti i modi onde riunire la desiderata somma ; ma dopo i più generosi sforzi non si promisero per sicure sottoscrizioni che 1 2 mila ducati. Più volte ed ora nelle nostre memorie sto- riche ripetesi , che le brutture e gli orgogliosi costumi dei tempi avevano ridotte la maggior parte delle famiglie nel massimo decadimento- Scrivesi ancora che una forte, non precisata somma di denaro risultante da volontarie offerte era stata messa a disposizione dei deputati , i quali, a causa di onorevole memoria , viaggiarono e dimorarono in Napoli a proprie spese. Id. ( J) Nelle memorie del quarto di S- Lorenzo sono re- gistrati sindici del medesimo nel i6^g i due Pasqualoni , ed il Domiziano colla croce e Corinchio Cappello pari- menti morto in quest" anno. Il detto Diotiguardi vi è re- gistrato ranno precedente : e Gregorio Palazzo lo tro- viamo segnato nel itjj^ sindaco dì detto quarto. iC>\ Le t t e r a t u k a Amplissimo era il loro mandato. Giungevano in Napoli nel d'i io agosto di detto anno. Quante siano state le cure e le diligenze da essi ivi praticate , ognuno il può concepire. Nel di 18 settembre pero- ravano l'accuaiolese causa avanti il viceré ed il re- gio collaterale consiglio. Rappresentavano umilmente la sinistra ed iugratissima impressione , ciie l'impre- visto caso aveva fatto in ogni accumolese abitante. Ricordavano gli antichi loro privilegi. 1 danni gra- gravissimi sofferti per la fedeltà costante verso i re, principalmente verso la dinastìa regnante, rammen- tavano. Ponevano sott' occhio il quadro delle esor- bitanti somme verste nel regio tesoro, malgrado degli stipulaci patti, da lunga pezza più non serbar. Ora- vano infine che si rispettasse l'ombra di Carlo V grande avo di Filippo re, che con ispeciale privilegio aveva decretato che non venderebbesi mai la fedelissima Ac- cumoli, i cui abitanti con caldissime lagrime implo- ravano dal supremo governo la conservazione nel re- gale demanio. Rispondeva il viceré, che tranquilli stessero gli accumolesi: che alla M. di Filippo IV sarebbero rac- comandati : clie nella sua bontà e clemenza ripones- sero le loro speranze ^ e che in ogni modo non por- terebbero il da loro odiato nome di vassalli. Se non pienamente satisfatti , contenti partivano nel dì 3 ottobre alia volta di Roma gli accumolesi deputati : ivi restava Domiziano 5 gli altri tornavano in patria , ove eran già pervenute le alquanto con- fortanti notizie (1). Ciò nullostante dopo pochi anni i Medici han goduto l'utile dominio sopraccennato. Gelosissima ve- (1) Meni. vii. , e frammenti dimani, di Nicolò Pu- stjuuloiii. . . . Memorie di AcormoLt i65 Jesi però la cura dei nostri vecchi , perchè neppur cfuest' alto apparisca, sia nei municipali documenti, sia in quelli al supremo potere umiliati ; non dee quindi sorprendere , che nitin motto di feudalismo , nessuno stemma, né insegna medicea di sorta trovisi nel!1 accumolese territorio. La testimonianza però di molti istorici nazio- nali (i), il trattato di Carlo [TI, come a suo luogo, l'esser inai sempre stato compreso Accumuli fra i Leni allodiali medicei della corona , ci confermano nella sii indicala notizia positivamente: negativamente il silenzio dei nostri dopo l'accennata deputazione, la non curanza della patria storia, le castellane mura da quest'epoca non più restaurate: la perdita di qual- che privilegio , come per es. quello di ave; e per giu- dice un proprio cittadino , la trascurata , per lo in- nanzi cotanto gelosa, conservazione di alcuni usi pro- venienti dall' accumolese statuto , come abbiamo per lo innanzi osservato, e non più troviamo nell'avvenire, il non più usato termine di università demaniale, ma il semplice nome di terra o di comunità, ci con- vincono della verità del fatto. Cbe la vendita sud- detta stabilita fosse nel 1 64 3 , come asserisce il Giu- stiniani , è convalidato dall'atto dell' accumolese de- putazione inviata a Napoli. Che posteriore sia il do- minio utile percepito dai Medici , è provato tacita- mente per l'atto medesimo ; chiaramente per l'auto- rità di scrittore contemporaneo che colloca Accumoli nel i644 nel novero delle università demaniali (a); (1) Galanti Op. rit. tom. 3. Giustiniani id. Pramm. toni. 111. (2) Beltrano , Breve descrizione del regno di Napoli', iW> Letteratura « per tutti gli atti officiali , ne' quali fino al. i648 è con Io stesso nome distinta, titolo, che non vediam più riassunto , se non nel 173G , quello di allodia- le , come si dira. Abbenchè noi ignoriamo il preciso momento, in cui accadde la perdita di questo titolo , dalla quale epoca i pesi fiscali sono stati dai Medici percepiti , mentre quegli straordinarj , dalla morte di Carlo V incominciati a pagarsi , furon sempre nel regio te- soro versati, pure con fondamento opiniamo che per le suddette turbolenze, sotto Massaniello avvenute, gli accumolesi , 0 per l'avvilimento nel quale eran caduti, o per altra da noi sconosciuta cagione, tran- quilli ed indifferenti spettatori mostraronsi in quella rivolta , che più fiera , che in ogni altra provin- cia, scoppiò negli Abruzzi. Appena un cenno fassi della medesima nelle nostre memorie , ed a volo di penna vi si ricorda la mostrata indifferanza ; per la quale l'università fu dal conte d'Ognatte per qual- che anno multata dell' usufrutto del territorio co- munale. Noi crediamo fermamente , che privati an- cora ne fossero gli uomini del nostro quarto di S. Lo- renzo , e che da quel punto (1649) incominciassero i Medici a percepire l'utile dominio suddetto. Abbiara sopra notato la cruda severità dell' Ognatte : perlochè confiscati i beni di molti signori , furon essi aspra- mente esiliati. È notissimo che nel iG53 il duca di Guisa , malgrado della pessima condotta dinanzi te- nuta , sprigionatosi dalla Spagna, tornava colle armi per impadronirsi del regno , facile credendone la conquista , sia pe' mali umori , sia per le insinuan- ti cure a lui fatte dagli emigrati. Ma il viceré , finissimo conoscitore de' tempi suoi , appena seppe le mosse, e le tentate pratiche degli esuli col Guisa, tosto richiaraolli dall'esilio, e li rimise nel possesso Memorie di Accumoli 167 dei loro tondi. Mercè di questi e di altri valevoli mezzi vano tornava il tentativo del capitano di Fran- cia. Conchiudiamo perciò che in questo tempo eziandio furon restituiti i rimasi fondi comunali di Accumoli , e quegli del quarto di S. Lorenzo, fermo peraltro restando l'utile mediceo dominio. Né crediamo che la perdita fatta per quattro anni dell'usufrutto e delle consuete multe sia derivata dalla negligenza degli uo- mini di detto quarto, e dei sindaci del 1649, come dicesi dai nostri : mentre sappiam per certo che ge- losissimi sempre ed ambiziosi furono gli avi nostri di questo , benché assai diminuito , diritto, come quello che ricordava l'epoca gloriosa della accumolese fon- dazione. D'altronde de' sei sindaci in quell'anno nove- rati , quattro eran morti lasciando gli eredi, i quali, come era di costume, non vi si veggono ai lati della scrittura segnati : Infine con semplicissime parole facevasi l'attuale ripartizione- Dall'anno i6/\g sino all'anno iG53 non vi furono sindici , ma fu trascu- rato per negligenza debutti del quarto , ed in par- ticolare dell' ultimi sindici dell anno 1649, quali era solito doveano richiamare e raddunare gli uomini del quarto di S. Lorenzo suddetto. Dal detto anno i653 al 1668 estendesi l'attuale ripartimento , sommando gli uomini del quarto di S. Loreuzo il numero 79. Fu dunque , a nostro av- viso, politica prudenza ripetere dall'incuria l'accen- nata perdita dei quattro anni suddetti. Questa ne- gligenza , comechè impudente mostrarebbesi , si tace del tutto dal 1668 al 1688: imperocché in questi quat- tro interi lustri punto non parlasi di detto quarto: e nulla , come ora vedremo , dicesi del perchè siasi conservato questo silenzio , e consequentemente del come siasi fatta perdita del medesimo per sì nota- bile tempo. Ci confermiamo perciò in quanto in gè- i6S Letteratura librale si è sopra detto, e sovente ripetesi dai nostri, dalla costante tradizione convalidato , che le avanie, sotto gli spagnuoli sofferte, sono così incredibili, che fora impossibile lo immaginarle (i). Se non che potreb- be sospettarsi che di presente gli accumolesi , o gli uomini del quarto di S. Lorenzo dessero qualche ca- gione al governo di multarli. E rimarchevole ancora che a' piedi della ripartizione del i5G8 vi è la non mai usata pa.vo\& finis: nell1 accennato anno i638 fassi poi il nuovo ripartimento ; e per la prima volta si adunano gli uomini del quarto di s. Lorenzo dentro Ja chiesa di S. Lorenzo, e divisi veggonsi i fondi di detto quarto. In Dei nomine amen. Die 17 /unii 1688. In ecclesia S. Laurentii congregatis hominibus de quarterie) S. Laurentii detto di Sassa , corani D* gubernatore fuerunt adjunctae infrascriptae capi- tulationes , et per easdem unanimiter conclusimi ut infra. In primis che a quelli della decina de1 Pan- tani che le toccarà , debbono reconoscere li confini del quarto tanto delli confinanti della villa di S. Gio- vanni quanto li confini con Paolo Acquistucci , e così quelli della chiesa di S. Francesco pervenutili dai Moscati , quanto altre persone che confinano in detta decina , quanto altre decine con li confinanti in esse , acciò ognuno resti appagato nel suo pro- prio , e riconosciuto terminarlo e farlo terminare. 2. Che morendo , o mancando qualcheduno del quarto senza figli maschi] in dette decine durante (1) Trojano Boccalini nella sua Pietra di paragone con motteggi assai spiritosi mostra un quadro assai par- lante delle ispane vessazioni nel regno di Napoli. MlOIOlllE DI A«CUIWOLi l($9 detti io anni,vadi e cadi in beneficio della decina, che accaderà , e crescendo vadi in beneficio di quello che viene a crescere nelle divisioni che sogliono farsi. 3. Che si confermano li capitoli fatti con la pena in essi ne IV anno i633 convenuta , che con questi si intendano quelli confermati ad unguem. 4. Che risolvendosi da tutti del quarto ritrovar V acqua nella montagna di esso, ogri uno del quarto sia tenuto ed obbligato ad un opera per ciascuno, decina per decina , ed il capo della decina ne tenga del pensiero delle opere. 5. Che la cosa si ponga nelV istessa decina di sopra la strada , e quella di sotto nella decina delle parti bone. , Joseph Vincentinus Gubernator P. Celentani R. Di 56 è il descritto numero degli uomini del quarto di S. Lorenzo nel giro di un decennio, in cui è fra loro ripartito il territorio di detto quarto coi respettivi vocaboli (i). Invece di sei , di otto , col nome sempre di sindaci, componesi questa divisione. IVè nella semplice , che ha preceduta questa risolu- zione, ne in tutte le seguenti parlasi mai dei Medici ', e della parola dominio. Nessun cenno, come dicem- mo , scorgesi negli atti al supremo potere indiritti t ciò che è più notevole , neppure i supremi gover- nanti ne fanno menzione, in onta che noi tenghiam (1) Sono i seguenti. Sopra la strada. A capo del val- lone. Pantani. Il vallone di civitella. Sotto la strada. La carbonera. Il lago di Tino. L'entrata del quarto, * le parti bone. fJO LlTTKRiiTVRA quell' atto, conforme abbiaru provato, sicuramente av- venuto. In asserto del serbato silenzio dai nostri, e dall'autorità superiore, ci piace, infra tanti, riporta- re questi due atti officiali in diversa epoca compilati. Illmo Signore - Die i4 mensis julii 1663. L'università e popolo della terra di accumuli espone a V. S. Illma , come è solito antico di detta terra non ammettere altre persone per officiali e governatori, che dottori approvati, servata la forma della regia prammatica , e perchè D. Tullio Fai- conj al presente reggente il governo in detta terra al tempo che venne al governo predetto, gli fu dif- ficoltà il possesso di esso , per non essere dottore approvato ; per il che si obbligò penes acta cancel- lariae dì tenere un assessore già approvato, come si potrà riconoscere dall' inclusa nota , seu copia dell' obligo predetto che si esibisce. E perchè il detto governatore è stato pia e pia volte amichevolmente richiesto dalla medesima università , e particolari di essa a tenere detto assessore , ed osservare l'ob- bligo da lui fatto , e sempre ha ricusato, ed al pre- sente ricusa di tenerlo in danno evidentissimo dei poveri litiganti, che oltre se gli immortalano le lati, son forzati andar fuori di patria a loro spese per il viaggio a trovare il consultore per il decretare. Pertanto si supplica V. S. Illma restar servita or* dinare al medesimo che debba tenere il consultore forastiero (i) , servata la J orma della regia pram- matica, ut supra , ed osservare puntualmente quanto dal medesimo è stato promesso nell' obligo che il tutto si avrà a grazia ut Deus etc. (i) Si conferma quanto di sopra abbiam detto, della perdita cioè del privdeeio di un giudice del proprio 4uogo. Mkmorii ni Ar.cuMOti 171 Philippus Dei Gratta Jlex Letto il retroscritto memoriale nel consiglio della regia audienza è stato per quello provisto ordinarsi, siccome con il presente si ordina al retroscritto ma- gnifico D. Tullio Falconj capitano della terra di Accumoli, che servata la forma del menzionato obligo da esso fatta debba tenere il consultore approbbato , e con voto di quello procedere in tutte le cause cosi civili come criminali , conforme è di ragione, né faccia il contrario sotto pena di onze di oro venti- cinque fìsco regio e te, Aquila lì 17 luglio 1C62 etc Manvilla etc» Baronus etc. V. Passalacqua etc. D. Mortonus actuarius etc. Solvit jus sigilli et re- gistri etc. De Petro eie. {vi è il regio sigillo) or- dine ut supra etc. Carolus Dei grafia Rex etc. Spectabili et magnifico lì. D. dilectissimo. A noi è slato presentato memoriale videlicet. Eccellentis- simo signore. L'università della terra di Accumoli della provincia dell' Aquila espone a V. E. , come per regal carta di S. M. Cattolica, che Dio guardi, per disgravio delli pesi che la supplicante tiene , le fu conceduta grazia , che V officio di governatore e giudice si dovesse esercitare da una sola persona che fosse dottore , ed abile al mestiere Per difetto di chi ha tenuto cura del governo di detta terra si è in alcune volte trascurata l'osservanza di detti reali ordini, perlochè per lo più sono state persone poco esperte in quello che al loro officio si appar- teneva. Onde desiderando al presente, che per l'av- venire sia detta regia carta ad unguem et omnino osservata , ne ricorre a V. E. e la supplica dar perciò ordine che da oggi avanti sempre le persone che eserciteranno officio di governatore e giudice di detta terra debbiano essere dottori approbati , e IJ1 L E T l' £ a A X 13 R A abbiano tutti li requisiti necessarj ricercati dal Iti regia prammatica , con imponer pfva a tutti li sin- dici , o capo priori , che in futurum terranno cura di detto governo che così osservino e faccino osser- vare , né debbiano dar possesso alcuno agli gover- natori che non averanno detti requisiti, che lo ri- ceverà a grazia ut Deus etc. Ed inteso da noi detto memoriale ci è sparso far la presente ; con la quale vi dicemo ed ordinamo , che dobbiate dare tutti gli ordini necessarii ed opportuni acciò il governatore e giudice di detta terra di Accumoli da oggi avanti sia dottore approvato , e che abbia tutti i requisiti in esecuzione anche degli ordini di S- M. ottenuti dalla medesima per detto effetto» Che tale e nostra volontà. Datimi Neap. die 28 mensis februarii 1687. D. G aspero de Haroy Gub. et e. f. Al ole s R. Fed. Cavalepius JReg. vid. Comiraballus , Proven- zalis lì. (vi è il sigillo reale) - Ducatos duos Sa- nuarez etc, In part. Ififol. 70 - Alla regia audienza d'Apruzzo ultra , che dia tutti gli ordini necessarj ed opportuni , acciò il governatore e giudice da oggi in avanti sia in detta terra persona che abbia i ne- cessarj requisiti , e dottore approbato in esecuzione anche degli ordini di S. M. ottenuti dalla mede- sima per detto effètto ut supra (1). Colle seguenti parole estratte dalla relazione pag. 85 del noto processo, ordinato nel 1771 dalia maestà di Ferdinando IV , comprovasi finalmente quanto si è per noi detto (2) : (1) Quando ottennesi questo privilegio , come Vedem- mo , il conte di Miranda malgrado dei reiterati ordini di Filippo II non lo mise in esecuzione : cento anni ap- presso lo vedi imo eseguito. (a) U oggetto di questo proeeiso lo vedremo intere <• santissimo # suo luogo, Memorie i>i àccumoli 170 Per parte dell' università di Accumoli , oltre la nobiltà accordatale dai passati sovrani di que- sto regno, si è provato, che essa è stata sempre corpo demaniale , e itoti giammai feudale ec-, Ci sarà perdonato , se con lunghissima dicerìa abbiain noi dovuto discutere e rischiarare l'avveni- mento il più doloroso per la povera nostra patria natia. Di qui innanzi più brevemente accenneremo le generali notizie che non cessano di essere lagrime- voli. Il funestissimo quadro istorico , or da noi rap- presentato , mancava solo di un flagello t ma eccolo pronto. Alla incessante guerra fuori e dentro Italia, aggiugnesi nel i65G, proveniente da Sardegna sopra nave carica di soldatesche, pestilenzial morbo che di di in di crescendo d'intensità e di numero, ammazza dentro le ore 2^. Fu nelle passate, e sarà sempre nelle future ge- nerazioni scolpita a caratteri indelebili l'esecrata ed. esecranda memoria del conte di Castrillo succeduto viceré al conte di Ognatte. Non solo furon per lui trascurate le sanitarie cautele nelle sospette appro- date navi , ma con sua infamia eterna, ed a gloria pererme dell'arte salutare, fu imprigionato il medico, di cui siamo dolentissimi ignorare il nome , che de- ci ' scriveva la malattìa come più desolante della peste medesima. Livide eruzioni, capogiri , intense affezioni nervose concomitanti una febbre che in si breve spazio di tempo portava a morte presso che tutte le persone vissute in comunione anche mediata, gridava il me- dico di Partenope , meritare l'attenzione massima del governo , l'isolamento soprattutto predicava egli alta- mente. Invece il Castrillo lui imprigionava, ed a tutti i tìgli di Esculapio intimava il carcere , se avessero osato pronunziare altrettanto. I malati per contrario di suo ordine concentra van.sj; e con più sicura e presta 174 Letteratura morte attendeva!! quel sepolcro , che d'ora in avanti incapace di contenerne il moltiplicante numero , era a gittati in balia delle onde marine. La .sola Napoli re- stò priva di 400 m^a abitanti. - Darern noi laude grandissima ai presidi di Otranto e della Calabria ulteriore , provincie uniche nella meridionale Italia preservate mercè delle prontissime ed energiche mi- sure da essi praticate (i). Darem lode ai nostri con- cittadini , ed ai convicini umbri e piceni che si di- spersero nelle maggiori alture delle nostre montagne in isolate capanne , e minore divenne il micidialissi- mo e violento morbo (2). Riconfortavansi alquanto le angustiate popola- zioni , dacché per la morte di Filippo IV nel iGGj avvenuta , pacificavasi la reggenza di Spagna per la fanciullezza di Carlo II col Portogallo. Nel 1CG8 con- chindevasi la pace di Aquisgrana : perciocché mino- ravansi le immense sciagure , che non cessavano di mancare nel regno. I masnadieri, che nel tempo del contagio precipuamente avevan commessi gravissimi eccessi, proseguivano nelle depredazioni e rapine. Il cardinale Innico Caracciolo arcivescovo di Napoli nel portarsi io Roma pel conclave , in cui fu eletto Cle- mente X, era da essi arrestato , e fu gli duopo per ri- scattarsi pagare i5o doble. Terribilissimo avvenimen- to preparavasi ad una delle più floride , belle, e po- polose città d'Italia, a Messina. Una forte sedizione nel 1G71 ivi scoppiata, erasi sedata. Con maggior violenza risorgeva nel 1674» Dopo 4 anni di ostina- tissima e sanguinosa guerra fu ridotta Messina a di- screzione del vincitore: ne solo furono i messinesi cru- (r) Giannone tom. IV. pa$. 3o^-foo. (j.) Jlem. cit. Tommasi op. cit. pag. XFIll, XIX. Memorie »i àccumom '7$ delineate abbandonati da' francesi che tutta avevan fomentata e sostenuta la ribellione , ma dopo la pace di Nimega quelli rifugiati in Francia , furon caccia- ti dal suolo francese; e con morte inumana data loro dall'inflessibile ispano dominatore , troncarono il cor- so di straziato e penosissimo vivere. Messina di 60 mila anime, si ridusse ad 11 mila: e lunga pezza ras- sembrò uno spaventoso scheletro. Questa lagrimevole guerra civile, denaro e gente non poca costò al regno di Napoli. In luogo del marchese de los Velcz succedeva ivi viceré il marchese del Carpio nel i683. Se di sovente dovemmo noi più biasimare che laudare i regoli invia- ti da Madrid a governarci , ragion vuole che grandis- sima lode diasi a questo viceré. Malgrado della risorta guerra, nullostante la pace di Nimega violata da' fran- cesi , perlochè con legge prammatica furon espulsi dal regno, sapiente, prudentissimo , ed energico fu il go- verno suo. I masnadieri che da più di cento anni contavano l'infame loro esistenza, interamente estir- pavansi , raffrenavansi i prepotenti , i popoli a tran- quillità ristituivansi, i costumi miglioravansi, la sva- riatissima vecchia moneta tosata, o falsa , ritiravasi, la nuova decimale con inestimabil vantaggio sosti- tuivasi. Se sobrio e parco era il privato vivere del viceré, grandiosi spettacoli che rammentavano la gran- dezza de nostri antichi maggiori , all'uopo splendida- mente da esso praticavansi. Tale fu il breve governo del marchese del Carpio , che dopo 4 anni moriva , lasciando grandissimo desiderio di se. Per cosiffatti modi Napoli , benché orbata fosse del regal seggio , ristoravasi dopo infinite sciagure al- quanto ; e nel cadere del secolo distinguevasi col suo teatro di S. Bartolomeo sopra la stessa Vinegia, che per fama superava i teatri più stimati che fossero in Europa. 176 Letteratura Sempre valetudinario era stato il re Cirio II , ed in onta che sorpreso , e protestato poscia avesse contro il famoso trattato di Loo, in cui per arte di Lui- gi XIV parlivansi gì' ispani dominj , pe' finissimi in- trighi del medesimo istituiva nel momento di sua morte (1700) erede del trono Filippo duca d'Angiò, ehe il titolo assunse di Filippo V. Con questo replicalo colpo di stato sbalordiva Luigi non meno l'austriaca casa (erede presuntiva), che gli stessi suoi collegati. Tranquillissimamente era nel regno di Napoli ricono- sciuto Filippo: ciò nulla ostante cougiuravasi nel 1701 a favore dell'Austria, ma colla vita pagavano il fio i principali cospiratori. Con plauso grandissimo era nell'anno seguente accolto il re nella citta di Napoli. Per lo strepitosissimo avvenimento della successione di un Borbone al trono di Spagna, assai fiera risorgeva la guerra. La Catalogna alzava bendiera austriaca , e Barcellona diventava la reale sede , ove incorona- vasi re Carlo III di Austria. Precipitavan le cose di Francia in Italia ed in Ispagna , ma colla battaglia di Almanza combattuta nel 1707 ristorava Filippo la novella sua monarchia , mandando a vuoto i disegni de' suoi numerosi nemici. Eran però i francesi cac- ciati d'Italia in detto anno, e con una mano di austriaci tornava il regno nel loro impero. Nessuna , eccetto una leggerissima in Abruzzo , fu la resistenza loro mostrata. Innanzi di proseguire nel rapidissimo cenno sto- rico , dobbiam ricordare un fatto assai lagrimevole della patria nostra , e più delle convicine contrade. I tremuot» che ne' precedenti anni avevan recati danni gravissimi precipuamente in ambe le Sicilie, con ga- gliardissima violenza nel i6o3 scuotevauo il limitrofo umbro, e l'abbruzzese suolo , crollando paesi interi con infinita mortalità ed incredibili infortunii. Norcia Memorie di Acciaioli 177 e Civita Ducale fu roti interamente rovesciate al suolo. Sofferse assai Spoleto , e più l'Aquila. Tutti i ora- tomi patirono grandemente. Un terzo delle abitazioni di nostra patria , quelle in ispezie esposte al N. E., furon per l'orribile flagello a poco a poco crollate. X più antichi palazzi, quello del comune, il convento dei minori conventuali , la casa del convento degli agostiniani convertito da pochi lustri in abbadia, ro- vesciavano quasi per intero. Dovrem noi brevemente riandare a suo luogo sì triste ricordo. Il conte Dmn, viceré di Napoli, per la risorta guerra era richiamato nelP alta Italia ; vi si sosti- tuiva il cardinal dimani , per la cui morte succe- deva viceré nel 17 io Carlo Borromeo. Moriva l'imperator Giuseppe I, e Carlo li! in- titolato re di Spagna, e regnante di Napoli, destina- vasi all'imperiai seggio col nome di Carlo VI. Quanto più in questo torno sembrava declinare l'immenso po- tere di Francia , tantopiù riluceva il finissimo genio politico dell'allievo di Mazzarino, Luigi XIV; talché con istupore universale guadagnava egli il gabinetto d'Inghilterra con chi stabilivasi la pace. Nel trattato stipolavasi la Sicilia per la casa di Savoja. Abbandu- navansi per questo inopinato fatto dagli austriaci i catalani , che lunga pezza ostinaronsi a non ricono- scere il borbonico re. Pacifìcavasi perciò nel 17 1\ Carlo VI: ricouoscevasi re di Napoli , e con altre condizioni erasi posto fine alla guerra , che fierissima poi diveniva per parte austriaca contro i turchi. Ma nel momento che l'imperiai esercito, da un invincibile italiano eroe guidato, combatteva gloriosamente con- tro i musulmani (1) , un altro irrequieto genio ita- fi) // nome del principe Francesco Eugenio di Sa\ jet, rimarrà sempre immortale nei fasti del/ gloria militare. G.A.T.XLIV. 12 178 Letteratura liano (il cardinale Alberom), rjual nuovo Mazzarino, raa più violento e meno prudente, divenuto l'arbitro della Spagna , metteva a soqquadro l'Europa intera. Infra le tante faceva militarmente occupare la Sar- degna perteneote a Cesare, assaltava la Sicilia , e mi- nacciava il regno di Napoli, mostrando apertamente che l'avvilita Spagna con un illuminato ministro era capace eli risorgere più vigorosa e potente. Mercè della influenza della corte di Parma nei reali di Spagna , cadeva l'Alberoni, e la sospirata pace tornava solen- nemente nel 1724. Rinunziava Filippo V alle preten- sioni su gli stati di Napoli, di Sicilia, del milanese, e di Fiandra. Riconosceva la prammatica sanzione austriaca, colla quale istituì v asi erede la linea femminile, daccliè la maschile spegnerebbesi colla morte del regnante im- peratore e re. Dall'altra parte Cesare riconosceva Filippo re di Spagna ec, che inoltre D. Carlo suo figlio succederebbe negli stati di Firenze e di Parma e Piacenza , i quali però sarebbonsi risguardati sem- pre come feudi imperiali, e svizzera sarebbe stata ivi la guarnigione. Col trattato di Siviglia 1729 fra i Bor- boni di Spagna e di Francia , videsi introdurre negli stati suddetti guarnigione spaguuola; talché imminente sembrava una nuova rottura; ma Carlo VI acquie- tossi , onde non rinnovare per cosa non di gran ri- lievo la guerra. Nel 1730 il tremuoto subissava di nuovo la citta di Norcia , e nel seguente anno desolantissime stragi produsse in varie provincia del regno : non poco soffrivano la patria nostra, che per tante calamita di dì in di diveniva un vero scheletro. L'infante don Carlo giugneva in Toscana nell' anno 1732. Gentili e grate accoglienze al destinato loro successore erau fatte dal gran duca di Toscana, e dal duca di Parma e Piacenza. Improvvisa guerra Memorie di \< ci' .noi- 1 tj rinnovasi a Cesare nell'anno seguente dai galloispani, che impadronisconsi del milanese. L'infante suddetto vien dichiarato generalissimo dell' armata d'Italia : marcia alla volta del regno di Napoli : nessuna op- posizione incontra nel regno , acclamatissimo anzi è festeggiato nella capitale nel dì io maggio in 3$. Nel di i5 per decreto di Filippo V suo padre è D. Carlo proclamato re delle due Sicilie. Tripudio-;- si a buon diritto per si fausto avvéniménto dall'uso all' altro punto del regno , che da più di 200 an li era stato orbato con proditori! modi del regal seg- gio. Quali e quanti sieno stati g!' infortunii quivi provati per questa deficienza, lo abbiamo rapidamen- te mostrato in queste nostre memorie storiche. Ne andava guari che dal conte di Montemar geuei •■!.; di Spagna occupavasi la Sicilia, ed inclusive i pre- sid] di Toscana, tutti i due regni stavano nel i^33 ad intera divozione di Carlo HI. La mira di Francia sopra la Lorena , la rapida conquista del regno di Napoli e Sicilia, invita da una parte ed ingelosisce dall'altra il gabinetto francese in modo, che si stabilisce in quest* anno secretamente la pace fra l'Austria e la Francia. Francese diventa la Lorena , al cui duca destinasi la Toscana dopo la morte di Gio. Gastone de' Medici. Si garantisce dalla Francia la prammatica sanzione austriaca. Vien ri- conosciuto il re novello delle due Sicilie da Cesare , che infine obbligasi dare due citta nèil' alta Italia al duca di Savoja per la perdita di Sicilia. Di mala voglia accordasi in questa pace Filippo V pei tolti stati di Toscana , e di Parma e Pia- cenza destinati al novello re delle due Sicilie; ma, dopo non lievi discrepanze, nel i^36 accede questi al trattato ; dichiarando però che nella libera ces- ia4 j8o Letteratura sione di quegli stati, riserbava per se e suoi , lutti gli allodiali della casa de' Medici e Farnese (i). Noi ignoriamo le allegrie e feste grandissime , che hanno al certo avuto luogo nella nostra patria , e nelle convicitie popolazioni , dappoiché o erano al- lodiali, o feudali della casa Medici e Farnese. Neil' indicato trattato, speciale menzione fassi di Accumo!i (2); ed il Giustiniani a questo proposito scrive: „ Si possiede ora la città di Accumuli come patri- ,, monio allodiale mediceo di S. M. Ferdinando IV ,, re di Napoli e Sicilia per la dichiarazione del di 4 „ agosto del 1708 soscritta in Conipiegne dal ba- ,, rune di Snietiig plenipotenziario dell'imperatore „ presso la corte di Francia , rinnovata nell' atto „ di rinunzia fatta dal re Carlo Borbone per se , suoi „ figli, e successoli nell'anno 1739 del gran ducato ,, di Toscana , e del ducato di Panna e Piacenza ,, a benefìcio della casa di Lorena e dell' impera- „ tore , e per la sussecutiva cessione di tutti i beni ,, che possedeva in Italia fatta dal surriferito re Carlo „ nel 1759 al suo figlio Ferdinando IV all' occasione „ che esso re Carlo passò al Irono di Spagna ((3). Se Accnmoli non riacquistò l'antico splendore , certo non lieve fu la sua restaurazione. Immortale passera il nome di Carlo III nella più tarda pos- terità per le cose da esso fatte nel regno di Napoli e nelle Spagne : singolare vuoisi da noi ricordare (1) Murat. ami. toni. XII pag. 2^2 , e seg. Nel ij'SS , quanto sì è discorso intorno a questo memorando av- venimento ,fu solennemente ratificato dalle rispettive cor- ti. Id. ib. (2) Prammat. toni. III. pag. 722. (3) Geografia ragionata , tom. 1. pag. a4-a5. Memorie ni ÀcnnioLi jgf l'affetto suo pei suoi allodiali dominj medicei, e mag- giore mostrollo verso la nostra patria , come nel se- guente capitolo chiaramente vedrassi. ( sarà continuato» ) Varcheo grafo triestino , raccolta di opuscoli e no- tizie per Trieste e per l'Istria. Volume I. Trie- ste, Giovanni Marenigh , 1829. 8.° di pagine 3oo, con due tavole in litografia. •1-rfcco una di quelle imprese patrie, per le quali fin dal primo risorgimento de' buoni studj onorasi cotan- to l'Italia nostra. La mercantile Trieste, che al dire del dottissimo Giacoma Filippo Tomassini , era una scala di ricchi vascelli fra l'Austria e la Marca di Romagna , ora ne attesta la sua floridezza ben an- che in letteratura. Dal sig. avvocato de Rossetti pro- venne il consiglio di raccogliere e pubblicare in al- cuni volumetti le memorie antiche e le scientifiche di quella citta , e de' vicini paesi. Incomincia egli con elementi di statistica , o sia con positive notazioni territoriali e geografiche. Se- gue .un eruditissimo lavoro del sig. dottore Ioele Ko- hen , sull' origine di Trieste. Con ottimo criterio que- sti allontana le favole di tempi non buoni, e de- termina tutto secondo l'autorità degli scrittori greci e latini. Attribuisce a'Carni , popolo celtico aremori- co , la fondazione ed il nome del villaggio primi- tivo. Se trova l'etimologia di Tergeste , emporium , nella lingua slava , è verosimile che fossevi stata gran- de comunicazione fra i Carni suddetti e gli Slavi. 182 Letterati) r. a Noi vegliamo di più i vocaboli di Cari e di Ocra, dati agli aspri monti di quelle contrade , solenni e notissimi nelle nostre interne ; come in Ocr'cuhim , Interocrea, Carseolis, Carsuli nell'Umbria, di cui scrivemmo alcuna cosa ultimamente. Il sig. dottore vorrebbe i famosi Veneti venuti dalla Illiria ; ed al- lora la comunicazione slavica e greca sarebbe più eerta. Innegabile grecismo abbiamo ne' nomi delle citta de' prossimi Japidi , o Japodi, e de' navigatori Labur- ni, ch'egli opportunamente reca da Plinio (III. 25. 21). Tarsatica , ora Fiume, Senio. , Segna, Lopsica, Lo- pur , Ortopula, Strarigrad , Vegium Obrovaz, Ar- gyruntum, Novigrad. De' Liburni annota pure da Pli- nio (III. 18. 19), che costoro, insieme co' Siceli , o Siculi , aveano occupato la maggior parte della costiera nostra che fu poi Gallia togata , da Ancona in su ; donde li discacciarono gli Umbri; e che a' tem- pi stessi di Plinio v'avea ancora sul Tronto una co- lonia loro ; e che Livorno , Liburnunt , trasse forse da essi l'origin sua. Cosi nel Metulum, capitale mon- tuosa de' Japodi , espugnata da Augusto, noi tro- viamo nome simile al Castrum Mutilum de' Galli , ora Meldola nella Romagna, luogo già illustrato dal celebre dottore Amati , nostro genitore. Con ugualmente nuove e belle vedute discorre il sig. Kohen su tutti i popoli del seno veneto , car- nico , ed illirico , su' fiumi e sulle diramazioni delle Alpi ; stendendosi fino a'iimiti barbarici sulSavo e sull' Islro , e verso la Mesia superiore alla interna Dalma- zia , in cui giova notare una parte che vi possederono i Siculotae. Questo nome di forma derivativa ci ram- menta i Siculi, che sappiamo essere stati signori an- tichissimi d'Italia nostra , e poscia cacciati , o fug- giti. Non comprendiamo quindi, come per alcuni as- serir .si possa , che gì' It-li ed i Siculi erano un so- L' A r. e nt n <; u r o i83 lo popolo, e che i nomi loro significassero lo stesso. Fra le tante diverse nazioni, che occuparono, ten- nero , scorsero predando quest' ambita penisola , ac- cennasi dal N. A. anche quella degli Ardiei dal— matini o illirici , detta poscia de' Varala ; della qua- le con picciola inflessione scrisse Plinio : populato- res quondam ltaliae forànei. Giunto a'tempi della grandezza romana, ei trova onde arguire, che Trieste fosse fatta colonia pro- babilmente da Giulio Cesare, ch'ebbe particolare af- fetto e podestà su quelle contrade. Seguendo la di- scendenza e divisione dell'impero, tratta molto bene de' Prefetti del Pretorio assegnati a governo di cia- scuna delle grandi provincie , non che de' consolari succeduti; sotto i quali Trieste appartenne all' Istria. Dal museo di Aquileja produce a questo proposito una interessante iscrizione inedita finora , e mancan- te della prima riga , la quale però si restituisce fa- cilmente. /Ar . noNonnm SANCTORVM . APOSTOLOR PAREGORIVS . APOLLINARE CONSVL . VENET . ET . HISTRfAE V . G . FECIT . La dotta scrittura e accompagnata da una ta- vola geografica , in cui dobbiamo lodare per l'effetto di bulino in pietra l'incisore sig. Antonio Magna- ron , triestino anch' esso. Seguono in terzo luogo , una lettera del sig. de Rossetti , con molte iscrizioni di Trieste ; la rispo- sta del eh. sig. dottore Labus al medesimo intorno particolarmente un Lucio Apisio duumviro di quel- la citta, ch'egli congettura essere l'istesso, o un iP,\ "Letteratura fratello (non converremo ) ti i un Lucio Apisio, noto da marmo di Amiterno in Sabina; ed alcune anno- tazioni del sig. dottore Pietro Kandler , ben ricche di lapidi e di archeologico sapere. Ci raccomandere- mo a questi signori , acciocché vogliano darci esat- tamente, come promettono'^ un decreto decurionale, scolpito a L. FABIO. L.F.PVP. SEVERO . QVAE- STOiU • VRBANO • Dagli squarci che ne recano si può giudicare uno de'più belli, e molto interessante per l'istoria politica dell'impero. STATVAM . AVRA- TAM. EQVESTREM. IN. CELEBERRIMA. FORI. NOSTRI . PARTE . PONI . ET . IN . BASI . EIVS . HANC . NOSTRAM . CONSENSIONEM . ATQVE • HOC . DECRETVM . INSCR1BI FAB1VS . SEVERVS . VIR . AMPLISSIMVS . ATQVE . CLA- RTSS1MVS SENATORIALI . DIGNITATEM . HAC . MAXIME . EX . CAVSSA . CONCVPIVIS- SE . VTI . PATRI AM . SVAM . TVTAM . DE- FENSAMQVE . SERVARET ET AERA- ÌUVM . NOSTRVM . DITAVIT MVLTAS . ET . M AGNIFICAS . C A VS AS . PVBLICAS . APVD . OPTIMVM . PRINCIPEM ì ANTONINVM . AVG . PIVM . ADSERVISSE . EGISSE . VICISSE . SI- NE . VLLO AERARII . NOSTRI . IMPENDIO VT . CARNI . CATALIOVE . IN . CVRIAM . NO- STRAM . ADMITTERENTVR . AD . HONORVM . COMMVNIONEM . ET . VSVRPATIONEM . RO- MANAE . CIVITATIS . L'istesso sig. Kandler ci presenta una sua la- Loriosa descrizione del duomo di Trieste. Le pri- me chiese de' Cristiani sono sempre monumenti di duplicato interesse per gli uomini assennati, e de- diti alla gravita dell' istoria. Esse congiungono il profano, da studiarsi per l'erudizione e per le arti, ed il sagro più venerando , poiché antico anch' es- L' ARCHEOCRAFO l85 so. Nel duomo di Trieste hannovi bellissime cose in musaici ad in romani lavori , e di più la singola- rità di due basiliche almeno, poscia unite insieme. Tutto ciò vien posto in chiara luce dal N. A. , e per le sue parole, e per la tavola in litografia. Egli tratta delle basiliche Cristiane assai meglio di quel- lo che sia stato fatto da certuni recentemente. Vuoisi però non attribuire a tutte le chiese madri dell'Ita- lia tutte le parti o membri che conosciamo delle basiliche romane, e delle greche proprie. Abbiam sempre osservato nell'Italia media, che la chiesa adat- tavasi , come in Boma, alla basilica civile; ed es- sendo questa ne* municipi di forma per lo più as- sai semplice , con un'apside sola , o calcidico solo, cosi la chiesa veniva ad essere senza i pastoforj la- terali , e senza i recinti anteriori. Ma che aspettar non ci dobbiamo da questo gio- vane autore pieno di dottrina e di zelo ! Egli leg- ge ne' musaici del duomo epigrafi non conosciute fino- ra: egli tesse la serie de' vescovi : ei trascrive le iscrizioni tutte che rinvenne in que' sagri depositi. Fra queste molto ci piacque , pel sapore antico e per la forza in brevità , un epigramma sepolcrale del i58(), che dimostra qual sorgente di sapere fosse l'Italia al mondo in quel secolo. „ Falcus eram. Iaceo servili fraude peremptus. „ A famulis caveas qui mea fata legis. „ Furta parans dominum telo confixit acuto ,, Impius. Aes fallax , tu mihi causa necis ! „ Havvi ancora, ciò che ad alcuni sarà di contento, un epigramma sepolcrale in italiano , e del iC5i . „ Sotto sassosa e tenebrosa tomba , „ La poca polve de' Bajardi giac«. i86 Letteratura „ Sorgerà teeo al suon d'ultima tromba. M Lettor, pensando ciò vattene in pace. „ I buoni Baiardi vennero a questo passo per l'amo- re di novità che in quel secolo avea preso parec- chi , facendoli varcare al di la del vero bello. Ma eglino sottoposero alla quartina i loro nomi , SIBl . ET . HAEREDIBVS , ed il millesimo in latino. Non pensarono adunque alla ragione filosofica de' moder- ni , che tutto debb' essere di piena intelligenza al volgo , il quale però intende quanto basta un lati- no facile , com'è quello. Tiene il quinto luogo in questo volume una let- tera del eh. sig. Labus intorno un picciolo epitaf- fio greco, a noi già noto , e scoperto in Trieste an- ni sono. Veggonsi scolpite in esso , Ira le due righe dello scritto , due braccia che sorgono dal suolo , ten- dendo al cielo le due palme delle mani. Sopra AOV- KI*epa, e sotto oei« KAI AIKAIQ. Cioè LVCIFERA . SANCTO . ET . IVSTO . È questa una memoria non già votiva , ma sepolcrale , da cui sappiamo che la gentil donzella Lucifera incontrò morte o violenta o tramata per veleni e fattucchierie; cosicché gli af- flitti parenti vollero attestase con quell' espressivo se- gno d'implorarne la vendetta dal san*o e giusto Id- dio. Ben si annoverano qui dal N. A. le altre lapi- di che hanno simil simbolo, ovvero frasi equivalenti; le quali sono poche ; e per ciò la steluccia triestina è di molto pregio. Le più famose di siffatte impre- catone della punizione dal Cielo sono quella d^llo Smezio , Grutero DCCCKX. i, ora Vaticana , PRO- COPE . MANVS . LEBO . CONTRA . DEVM . QVI . ME . INNOCENTEM . SVSTVLI T . e le tre del Ficoroni (Bolla d'oro, pag. 38), replicate ma- glio dal Vigaoli (Ad col- Antonini Pii, Inscriptt. seb L' a. r e ii e o <ì R A r o 187 pagg. 337. et 380 ) , Callisto e Severa , uniti in un sol marmo, QVISQVIS . EI . LAES1T . AVT . NOCV1T . SEVERAE . IMMERENTI . DOMINE . SOL . T1BI . COMMENDO . TV . INDICES . EIVS . MORTEM; e Timotea , SOL . T1BI , COMMEN- DO . QVL MANVS INTVLIT EI. Da altra iscrizio- ne dell' istesso Vignoli , pag. 208, conosciamo i ge- nitori de' fanciulletti Callisto e Severa , e l'età che aveano. Nelle epigrafi loro s'invoca il Sole , più per esser egli dipinto radiato su grande quadriga, in quella cambra de' colombarj mirabili di vigna Moroni sull' Appia , che per essere il palesatore solenne de' mi- sfatti e de'rei. Capitolide greca del Grutero MCX.XIX. 1, non ben restituita dal Paciaudi (Gr. Anaglyph.) , vuole 0EON che invigili , e la compensi della vita perduta. Procope alza le mani CONTRA DEVM , ciò è a dire idioticamente verso Dio. V'ebbe chi congetturò doversi leggere CONTRA EVM QUI ME INNOCENTE»! SUSTULIT : ma questi non considerò, che le mani supplichevoli ten- donsi soltanto al Cielo; e che la maggior parte delle antiche iscrizioni, come dettate da volgari e non gram- maticanti persone , abbondano oltremodo d'incostru- zioni e di ellissi , le quali veggiamo anche oggidì nelle scritture de' nostri popolani. Qui dunque in- tender si debbe : manus levo cantra Deutn , ut pu- nire velit illuni qui ine innocentem interjecit ; e nella terza : Sol tibi commendo , ut illuni punì' re velis qui manus intulit ei Tmiotheae. Il Cielo punisce i delitti atroci, con iscuoprirne gli autori che meno sei pensano. In quella di Callisto e Severa sarà però falsa la correzione che si propone dal sig. La- bus, di VINDICES per INDICES, e la più marcata del Paciaudi nell'opuscolo citato di UT VINDICES. La vera lezione TU INDICES, sottintendendo reum, i88 Letteratura quo ejus mortem viderc possimus, è troppo assi- curata e dall' exscripsi del Vignoli , e da ogni ra- gione , per cui basta che il Nume sveli, scuopra l'occulto colpevole , e costui cade immantinenti a pu- nizione , sotto la vendetta degli uomini e delle leg- gi. Né poi codesti morti o di ferro proditoriamente, o di veleno , o di malia , creder si debbono tutti fanciulli, o in fresca età; posciaccbè la detta Ca- pitolide greca era già madre di Fenippo , di Capi- tone, e di Marcello. I buoni antichi teneano sola- mente, con opinione non isradicata del tutto dal po- polo nostro , che i teneri corpicciuoli andassero più soggetti al fascino mal occhio delle maliarde; e giovi per ciò rammentare un epigramma del secolo Augu- steo, epigramma bello e grazioso, sebbene non della vena sublime degli altissimi poeti (Maffei, Mus. Ve- ron. pag* CLXX. i ). JVCVNDVS LIVIAE DRVST CAESARIS F. GRYPHI ET VITALIS. „ In quartum surgens comprensus deprimor annum , „ Cum possem matri , dulcis et esse patri. „ Eripuit me saga manus , crudelis ubique , „ Cum manet in terris et nocet arte sua. ,, Vos vestros natos concustodite parentes , „ Ne dolor in toto pectore fìxus eat. „ Quindi nella triestinuccia nostra, eh' e la regina delle laconiche , ed ammetter potremo a quell'ozio XAI AIKAIQ il sustantivo sottinteso @E&, ed assai più ragionevolmente prenderemo l'OSIJi e il AIKAIft quali sustantivi assoluti, pel SANTO, e pel GIUSTO kxt' e£o- .XJiì. Lucifera, di religione idolatra, dai contrisse- gui tutti del suo monumento, debbe aver vissuto uè' 1/ ARCHKOGRArO iSf) primi secoli della Chiesa ; in que' tempi eternamente memorandi, che convertirono le menti degli uomini, cangiarono la faccia dell' universo. I filosofi neopla- tonici, eccitati dalle virtù veramente celesti de' Cri- stiani , le quali non sapeano imitare che in immagi- ne , ribatteano eglino stessi l'assurdo politeismo. Ad indicar comunque un Dio perfettissimo e solo, da essi però non ancora ben conosciuto, formavano de' nuovi astratti sustantivà-ti dagli epiteti delle qualità più sublimi che attribuir si possano a 0EO2 ; e di ta- le specie sono sicuramente TO OSION , e to MKAION; come il celebratissimo TO KAAON , e somigliatiti. Susseguono nell' Archeografo tre inedili diplomi, tratti dalle pergamene autentiche dell'archivio Ca- pitolare di Trieste, il primo dato dal vescovo Vcr- nardo nel 1171 , gli altri due da Papa Gregorio IX. nel 1233. e nel 1235. Recansi poscia alcuni fram- menti di un commentario inedito , scritto con molta grazia su Trieste ed i triestini dal celebre monsig. Tomassini , circa il iG5o. Dalle annotazioni che vi fa il sig. de Rossetti , produrremo un bel documento della salubrità ed amenità di que' paesi , quantunque subalpini ; e dell'essere stati i sommi padri di nostra favella veri antiquai j , persino nello studio degli an- tichi luoghi , primo ardore che si accende in tutti gli animi ben fatti. Da Venezia il Petrarca scrivea dunque al Boccaccio. ,, Ibimus bine: erisque tu mihi ,, secessionis, follasse utili s , at profecto delectabilis, ,, auctor et Comes. Commigrabimus Justinopolim ac „ Tergestum , unde mihi fidelibus litteris votiva tem- „ peries nunciatur. Ad postremum boni hoc salteni „ habiturus est reditus tuus , ut quoti jamdudum co- „ gito Timavi fontem valibus celebrem , multis vero „ vel doctoribus ignoratum ubi est , non ubi quae- ,1 ritur , hoc est non patavinis in fmibus vestige* 190 LETTERATURA. „ mus : qucm errorem peperit Lucani versiculus , „ quo Apono illuni junxit Euganeo ; sed in agro po- „ tius aquilejensi , ubi illuni cosmographi certiores „ locant : „ Unde per ora novem, vasto cura murmure niontis „ It mare praeruptura, et pelago premit arva sonanti,,. ,, Vir^il. Aeneid. 1. a 47- « Se alcuno mai fra' letterati più illustri del se- colo decorso meritò l'ammirazione , la gratitudine, il compianto di due intere nazioni , l'alemanna e l'ita- liana , questi si fu certamente il Winckelmann , che nato alemanno , fattosi romano , produr seppe ine- stimabili tesori dalla scienza degli Albani , aprì un linguaggio fino ad allora sconosciuto sulle Arti del nostro bello , e cadde imprevedutamente sotto bar- bara e vii mano in Trieste. Un italiano , zelantissimo del sapere e dell' onor della patria, il sig. de Ros- setti , eccitò con somma sua lode gl'italiani ad ergere cola al valentuomo un monumento, come ad espia- zione del misfatto: uu alemanno (il sig. A. I. Bussel) pubblica un dramma , in cui l'esauritore de' più lun- ghi e severi studj viene rappresentato un imbecille, un ridicolo, un uomo abbrutito. Con un'analisi ra- gionata di quel dramma, ch'è un romanzo plebeo sce- neggiato, e non mai nobile tragedia, il sig. de Ros- setti manifesta il giusto suo sdegno ; ma serba nello stesso tempo molta dignità e moderazione. Noi vo- gliamo imitarlo ; e diremo soltanto, che simili sconcj aborti di esotica e sfrenata poesia , d'inopportuni e perduti principj , distolgono pur troppo dal buon sentiero e letterario e morale una parte della gio- ventù nostra , e la precipitano in delirii di grande ignominia e danno. L' ARCHEÒftRAFO l$l Dobbiamo lusingarci e sperare, che la dotta so- cietà triestina possa pubblicare quanto prima un se- condo , ed altri volumi eli cose d'eguale bontà ; co- sicché gl'italiani rivolti alle care de' maggiori trovino conforto, e gli stranieri che valicano i mari ed i monti onde vedere il bel paese , non altrove riconoscano una Grecia vera ed ereditaria da antico , se non se cominciando di' sommi ciglioni de' Carni e de' Liguri, lino agli estremi promontorj della Japigia e della Sicilia. Girolamo Amati // libro de* costumi attribuito a Dionisio Catone , •volgarizzato nel buon secolo della lingua italiana , e il Manuale di Epitteto tradotto dal greco da Anton Maria Salvini, Bologna pel ISobili 1827. egregia sjg. contessa Anna Pepoli Sampieri scelse questo presente di onor nuziale non fra rime 0 prose vote di senno, e zeppe di languidori rancidi 6Ì110 alla nausea, ma come libro di bei costumi steso nella pu- litissima favella del miglior secolo. E uno volgariz- zamento de' IV libri de' distici latini attribuiti a non so quale de' Catoni, degli Ausonj etc. Appare per altro un centone scolastico impastalo di ritagli della più infima e arida latinità dopo Boezio , e forse di un Dionigi soprannominato Cato , quasi cauto e av- veduto moralista. Vero è, che il libricciuo continuò per le scuole sino ai primi tempi della lingua ita- liana insieme coi Fiori di virtù, coi Giosafatti, e si- mili, sì che nel volgo è radicato il proverbio : „ Rumo- „ les fuge; dicea Catone „ Il Manni, che pubblicollo iQ2 Letteratura nel 1734, fu ben poco paziente quando dichiarò il volgarizzamento a fronte dei latino essere oltremoàu acavallato e ammatassato , poiché collazionato colla Collez. Pesar, de' poeti tom. 4 pag. 355 si mostra let- teralmente conforme al latino , eccetto la positura , che agevolmente si può riordinare, occupando la pri- ma faccia e mezza il preambolerò, la pag. i3 il pri- mo libro , la ?o il secondo, la il\ il teizo , e la 17 l'ultimo. Pochissime biblioteche però hanno il Mau- ra: ciò che ci obbliga ringraziare la provida signora, che ha saputo riporre in onore gioiello tanto prezioso. Soggetti oltramontani di alto grido , e di noti minore invidia , non cessano di giudicare la nostra lingua oltremodo lussureggiante e intemperata , stante forse i tirati periodi del Decamerone, e le molto in- frascate parole degli scrittori del secolo XVI; ma che essa di propria natura sia didascala, succinta, e so- bria , meglio dello stentato Davanzati ne da certo e vieppiù, antico saggio questo traltatello , dove non trovasi non dico un minimo epitelo inutile e da sbarbare , ma né per ombra alcuno di que' molti veg- zeggiativi e diminutivi italiani cotanto biasimati dal celebre oratore P. Bouhours , i quali però quanto abbelliscono concetti oratorj e comici , sconvengom altrettanto, e sono troppo spessi nelle istorie del me- ritevolmente risuscitato gesuita Bartoli. Questo tut- tavolta non è die il solo diletto di cosi cara prosa, che di gran lunga avvanza l'originale latino. Ella è altresì un continuo tessuto di precetti e di cauteh morali sì provate , si necessarie , sì chiare , che neli: sperata riforma del vocabolario della Crusca ai prò- prj luoghi starebbono assai meglio di quanti passi vi sono ora mezzi, ora insignificanti, sovente vili. Oltre a ciò le parole di morale nel vocabolario presente- rebbono quelle spiegazioni o difinizioni, di cui scar- VoLGARlZZAMEMTO DI Cvi'M I f)3 seggiano , difetto de' tempi , non de' benemeriti com- pilatori. I pochi esempli qin sotto trascelti uniti allo immenso numero disperso per gli Ammaestramenti degli antichi , pel Fior di virtù', pei Prov^rb) etc. alcerto renderebbono il vocabolario non utile alle sole let- tere , ma anche ai buoni costumi, sostegno precipuo della felicità pubblica. Ma tornando al nostro bel vez- zo, è egli offuscato da una picciola macchiuzza quanto superficiale, tanto facile a forbirsi. Un male apposto asterisco a pag. 22. battezza per assurda la verità tutta evangelica , che - è pazzia nella morte degli ani- mali sperare d'aver salute. - La generosa dama non paga del breve regaluccio ha voluto aggiungervi il Manuale d'Epitelio tosca- nizzato dal Salvini. Possano tutte le nobili nozze bo- lognesi essere coronate da nostrali gemme di tanto splend ore Arti, pag. 23. Appara arte, perocché quando subito la ventura si parte da te , Varte si rimane , e non abbandona mai la vita delV uomo. I vocabolari se non sanno quali sieno le arti mute, le apprendano dall' infelice Gerus. Conq. i4- 92. „ Caro alle muse ancor; ma si compiacque -Nella „ gloria minor dell' arti mute. Avaro, pag. 21. Lo infermo ricco e avaro hae i danari , e non Ita se medesimo. Beffe, pag. i5. Non fare beffe di detto o di fatto altrui, perciocché in simile assemplo altri noti ti scherni. Briga , pag. 2 5. avverso il tuo conoscente non. contendere di parole, perocché alcuna volta grande briga viene di parole piccole. Convenire , pag. i3. Con nullo converrà chi seco staso non sa convenire. Convito pag. 12. Nel convito fi velia poco. G.A.T.X.LIV. i3 iq4 Letteratura Darsi al sonno, bel detto mancante alla Crusca, pag. la. Sempre vegghia molto, e non ti dare al sonno , perocché 7 troppo riposo a vizj dà accre- scimento. Dire d'inganno per ingannare pur manca alla Crusca, pag. 18. J quegli, che dice d'inganno , e non è di cuore fedele amico , tu in verità Jai il si- mile , e fie così per arte schernita l'arte. Unica massima riprovata dalla candidezza cristiana. DiSEiiviRE , fare mal servizio, pag. 19. Perchè alcuna volta tu potessi vincere il tuo compagno , noi diservire , ma servilo , e in questo mot/o i dolci amici si ritengono* Fra Giordano chiamò questo di- servire somma offesa tra gli amici. Dottrina pag. 14. La vita nostra senza dottrina è una immagine quasi dì morte. La citata Collezione Pesarese per iscorso di stampa nel primo verso di que.to lib. 3 ha tqrnem in luogo di Carmen. Fede pag. i4- Pocajede è in coloro, che molto favellano. Femmina pag. i3. Il pia delle volte colui, che 'l marito ama , la femmina ha in odio- Frodare per tralasciare , omettere etc non ab- biamo esempio del buon secolo, pag. i5. Sii semplice nella verità , e di buona fama ; e froda il doppio favellare. Giuoco pag. 12. Fuggi i giuochi delle tavole, e giuoca al paleo. Tavole in plurale è antica denominazione delle stampe effigiate , o carte da giuoco : cosa non avver- tita dalla Cru ca , la quale perdonerà pure , che al significato ài paleo aggiungiamo quello di pallamaglio, ossia di trucco da terra, esercizio ginnico, non giuo- colino da senno fanciullesco. Volgati) z'/. amento di Cànone i^5 Lodare pag. a5< Non ti lodare, e non l'u ovi- pare , perciocché questo fanno gli stolti pitia di vanagloria. Parimenti Dante nel Convito disse: Anc ora la pro- pria lode e lo proprio sbiasimo è da fuggire. La voce sbiasimo però manca alla Crusca , quantunque conservata in una edizione di detto Convito , e vi- vente nella Romagna. Moglie pag. i5. Moglie non voler torre svito nome di dota , che adirata quella ti comincerà a molestare. Il sub nomine dotis del distico è pure dal Pas- savano spiegato per nome di dota. Morte pag. 17. Fa che la morte non tenti , av- vegnacchè ella non sia buona , ina ella è fine dei rei mali. Più sotto : In altrui morte speranza non porre. Parlare pag. 23. // parlare dell' uomo i costu- mi cela, e anche gli manifesta. A pag. i3 dice: // sermone è dato a tutti , ma V sapere dell' animo è dato a pochi. Animi sapientia doveva dire il latino, di cui servissi il volgamzatore ; ma correggi patien- tia , come l'edizione sopra accennata. Peccato pag. i5. Quantunque tu puoi il peccato dell' amico celalo. Promessa pag. 18. Quello che puoi prestare ad altrùi non glielo promettere due volte , acciocché non sia tenuto vento di promesse tu , il quale vuogli essere riputato buono. Quel vento di promesse di quanta enfasi è ? Rapportatore in buon senso, paciere , pag. 12. Sii rapportatore d'amore e dì concordia. Ricchezza pag. i3. Alla ricchezza l'utilità vuol essere proposta. i3* if)6 Let'p-eratcra Sehno pag. i5. Il senno di niuna persona non avere mai in dispregio. Sollecitudine pag. i5. Alle tue sollecitudi in- terponi alcuna volta allegrezza. Tacito pag. 2^. Uomini taciti abbi a mente di non usare con loro ; uno fiume che sia cheto , ve forse pia alta acqua. Ufiziale per officioso è senza esempj , pag. 38. Sii grazioso negli ufficj , acciocché nome non abbi d'ajìziale perduto. Così traduce il bimembre Offici- perda di sapore plautino. Basilio Amati. AL SUO SALVATORE BETTI FERDINANDO MALVIGA JLia vostra lettera, mio caro e dolce amico, datata dei 3o dicembre del passato anno m'immerse nel più acerbo dolore dell' anima mia. Salvagnoli, voi mi dite, non è forse più : egli sparve per sempre, e m'invitate ad onorare con quel solo che noi possiamo, cioè con le segrete nostre lagrime , la memoria dell' egregio amico perduto. Io non posso ancor credere alla di- sgrazia che ci ha colpiti, e parmi che ancora mi sia concesso di sperare , e che un' altra nuova venga a distrugger la prima. Oh dolce mio Betti, quanto è du- ra la vita , allorché dobbiam valicarla senza coloro che amammo, e ch'ebbero soave parte nelle affezioni Lettera del J&ylvica 197 del nostro cuore! Marco Tullio, richiamatelo al pen- siero, metteva l'amicizia innanzi a tutti gli umani ac- cidenti , e dicea che , dalla sapienza in fuori , nulla di meglio all' uomo era stato dagli dei compartito. Bellissima sentenza ! E che cosa vi può essere al mondo più dolce e più cara dell' amicizia ? Ella ci dona uomini che ci somigliano, e coi quali possiamo spandere l'animo nostro, e ragionare, sia a voce sia in iscritto , delle avverse e prospere cose della no- stra vita. Qual disgrazia dunque non è mai quella , che ci priva di tanto bene, togliendoci questi esseri preziosi, che ci appartengono, e che fan parte di noi stessi! Ond'è certo, che qualora periscono sentiamo perire noi medesimi : e se la vita ne regge ancora , l'animo abbattuto ne avvisa ad ogni istante che l'ami- co nostro non è più. In pochi anni quante perdite dolorose non abbiam noi fatte! E senza parlare delle nostre private, che ci han tanto l'animo travagliato, io vo'dire di que' valorosi, che mentre sono mancati all'amore e al desiderio nostro hanno eccitato pubbli- ca mestizia, perciocché aveano colle loro opere accre- sciuto il patrimonio dell'italiano sapere. Il Canova, il Volta, il Piazzi, il Monti, il Pindemonte, il Gioja non sono mancanti alla vita : che inoltrati erano gli anni loro , e per l'uso che ne fecero a prò d^lle scienze delle lettere e delle arti può dirsi eh' erano giunti a decrepitezza: ma il Belzoni , il Perticali , il Tambroni fiorivano nel mezzo della età e della gloria : e voi , amico mio , eravate co' due ultimi legato in si dol- ce nodo di amicizia , che la loro immatura caduta fu il maggior colpo che avesse ricevuto in tutti i tempi l'anima vostra. Ma il Penticari , il Belzoni , ed anche il Tambroni , avvegnaché fossero nel più bello della loro virilità , e potessero dilatare ancor di molto i confini della nostra sapienza , si erano i<)8 Letteratura pure acquistali grandissima riputazione : e poco vi- vendo alla vita , molto vissero alla fama. Che dire- mo però del Benedetti e del Lovery , giovani va- lentissimi , che di sommo lustso poteano essere alla nostra misera patria , e breve tempo vissuti lascia- ron di se largo desiderio ? Che dirò del mio po- vero fratello, spento ( sono ornai due lustri ) di an- ni 23, ed in questa sì giovine età dotto divenu- to , e per tutta Sicilia proclamato ? Che dirò di un' altra perdita illustre avvenuta nel mese scorso, e di cui forse la triste nuova non vi è ancora giunta? Niccola Covelfi, ch'era amico mio carissimo, ed uno de' più bravi uomini che avesse al presente la pa- tria del Vico e del Filangieri , spari in tre gior* ni : ed era pure nel vigore degli anni e della sa- nila ! Egli aveva dato all' Italia la tradazione di Biot, aveva pubblicato una laboriosa fatica sovra i prodotti vulcanici insieme col Monticelli; avea fat- to molte sottili analisi di acque minerali : egli in- somma era chimico e mineralogo valentissimo. Oh quanto dolorosa, mio buono amico, non mi è stata la sua morte ! Egli, tutto compreso del nobile pen- siero di far progredire le scienze naturali, si dispo- neva ad intraprendere un viaggio nel settentrione , onde conoscere il famoso Berzelius , e poter comu- nicare ad uomo si grande le sue vaste vedute» ma i suoi progetti mancarono t egli non è più. Una gra- ve perdita ha fatto l'Italia, sì, una grave perdita in lui. Onde mi pare che sempre più si verifichi quello che Plinio a Massimo scriveva , cioè che la morte di quegli uomini che dedicano 'le lor vigilie all' immortalità sia sempre crudele , e sempre ven- ga con piede troppo sollecito. Imperciocché coloro che ubriachi de' piaceri vivono giorno per gior- no , finiscono di vivere ciascun giorno. Ma quelli LsTTKRA T)EL MALVICA igg che si occupano a servir la posterità , e che coli' ajuto de' loro scritti tentano di trasmetterle il loro nome , son sempre colti improvvisamente dalla mor- te , la quale in ciascun tempo ch'ella venga, sem- pre impedisce loro di finir qualche opera incomincia- ta. Ma che dirò ora , amico mio , dell' ultimo colpo fierissimo , che ha immerso e voi e me , e l'Ode- scalchi, e il Biondi, e l'Amati in tanta desolazione? Che dirò del Salvagnoli , di quel gagliardo intel- letto , eh' era già divenuto valido sostegno della ita- liana letteratura ? Egli , poverello , gridava che in- tatta si conservasse : animava i giovani a battere il sentiero dagli autori classici battuto , e a sprezzare le romantiche frenesie , che scemano la nostra glo- ria , e vituperano il nostro secolo. Oh quante fiate non fece plauso al mio ragionare , e non mi dis- se : Stiamo , amico mio , uniti , per opporci a que' traviati intelletti, che ci vogliono far perdere l'unico nostro patrimonio ! Che s'egli si lasciò alcuna volta trasportare agi' impeti del suo sdegno generoso , e sorpassò il limite che la ragione richiedeva, si fu per sola carità di patria, e per nobile zelo dei gran- di nostri scrittori : si fu per caldo amore della no- stra letteratura , che voleva intatta custodire , com? l'unico retaggio italiano. S'egli dunque talfiata er- rò , i suoi errori sono degni di perdono , avuto ri- guardo alla nobile cagione che lo movea ! ed es- sendo il fallire proprio degli uomini , e la sola per- fezione de* numi, son certo che il Manzoni mede- simo , che fu da questo coraggioso censore cotanto sottilmente bersagliato, dirà pace all' anima sua: che nei cuori generosi i rancori non durano oltre la tomba. E noi italiani tutti siamo : che una stessa famiglia è la nostra : e ciò che sta rinchiuso fra le Al^i e l'Etna ci è patria. Quindi porto ferma opi- 200 Letteratura «ione , che i classici e i romantici si uniranno per deplorare la morte del Salvagnoli , essendo stato rapito nel fiore degli anni , nel vigore dell' inge- gno , nel mezzo delle italiane speranze. Oh voglia il cielo che si verifichi quello eh' ei desiderò tante fiale , cioè pace fra i due partiti , e pace perpe- tua : né più si odano le querele degli uni e degli altri , che tanto danno apportano all' avanzamento della nostra civiltà. Imperciocché questa non è che l'effetto della sapienza di una nazione : e quando gl'ingegni si perdono in vane contese, buttano, senza alcun prò, il tempo prezioso , che potrebbero impie- gare nei varj rami del sapere , che accresce la nostra possanza morale; Tunica cosa che ci rende figli non degeneri dagli antichi abitatori di questa classica terra. Molto si è ornai discussa la quistione dei classici e dei romantici: gl'italiani bau conosciuto finalmente, che i più bravi uomini han combattuto per conser- vare alla patria tutto lo splendore della sua gloria passata : e voi , amico dolcissimo , che avete scritto con tanta dottrina, voi che siete stato validissimo so- stegno delle cose nostre , fate generoso eco al mio voto , onde tutti gì' italiani , cioè tutti i figli di questa bellissima patria, si accordano, e dieno ban- do perpetuo alle letterarie dissensioni , che li divi- dono e gli avviliscono. Voglia quindi il cielo che si pervenga a conoscere e ad amare la verità ; e che niuno sia più costretto ad impiegare le vigo- rose forze dell'ingegno per l'odiosa quistione, che ci ha cotanto agitati. Si concilino dunque i par- titi , e si concilino sulla tomba del valente gio- vane che piangiamo, e che ha sostenuto con tanta energia gli antichi dritti dell' Italia manomessi. Oh mio caro Betti , o dolce amico mio , come sento spandere la mia anima per sovrabbondante piena Lettera del Malvica 201 di affetti ! Come sento scuotermi pensando alla glo- ria di questa bellissima Italia , cui noi apparlen- ghiamo ! Ed io non posso esprimervi con parole il mio cordoglio, quando veggo appassire nel più bel fiore quelle piante generose, che fan fede agli stra- nieri della perenne fertilità del nostro suolo. La mor- te del Salvagnoli mi ha penetrato nel più vivo del cuore , e mi ha oppresso d'una somma passione : ella mi ha fatto ricorrere al pensiero la morte di Giulio Avito da Cajo Plinio pianta con parole che noi adoperar possiamo per l'amico nostro 1 percioc- ché qua! rammarico , egli dicea , di veder morire nel fiore dell'età un uomo di cosi bella speranza, e cui le sue virtù avrebbero innalzato al più alto grado , se avessero avuto il tempo di maturare ? Qua- le amore non aveva egli per le belle lettere? Che cosa egli non ha letto? Che cosa non ha scritto? Quanti vantaggi perde con lui la posterità? Ond' io salve salve dirò sempre a questo caro ingegno, che mi sta ognora innanzi , e sembra che mi ripeta le vive e liete accoglienze che mi fece , quando in co- testa citta ritornai. Io dunque non saprei onorare la sua memoria , che dentro di me stesso conser- vandola , e parlandone e scrivendone agli amici , e ricordando sovente la franchezza del suo carattere , la nobiltà dell' animo suo. Un' altra parola solamente , o mio caro Betti. Io ho già messo sotto il torchio un' opera che mi costa lunga fatica , consistente nelle mie iscrizioni italiane precedute da un discorso, in due capitoli diviso , intorno ai sepolcri e alle epigrafi. Io spe- ro che il mio lavoro non debba dispiacere: che l'ho meditato per lunga pezza , e l'ho scritto con tutte le forze del mio tenue ingegno. Vi confesso che me- glio di quello che ho fatto non so fare. Voi, mio 202 LeTTKU ATURA dolce amico, vi troverete iscrizioni onorarie, per molti dei più grandi italiani trapassati e viventi : vi leggerete eziandio , fra le sepolcrali , quelle pei nostri amici , che ci sono mancati nel corso di si breve tempo ; e l'epigrafe per Salvagnoli l'ho scritta a nome vostro, e a nome mio, e a nome di quelle tre auree e dottissime persone dell' Odescalchi, del Biondi, dell'Amati. Io l'ho concepita in modo, che noi tutti fossimo riconcentrati innanzi la tomba del perduto amico , e gli dicessimo pace pace, scriven- dovi su a indelebili caratteri l'eterno vale. Disamina sul senso del tatto. x ì;:a eccellenza reverendissima MONS. ALESSANDRO DE' PRINCIPI SPADA Decano della sacra romana rota, presidente delV accademia tiberina ec B IL P. LUIGI PUNGILEONI. c'ilo è il far servire le fantasia alla ragione, non già questa a quella. Chiunque si metta ad analiz- zare di proposito la formazione delle idee non darà mai ad esseri fantastici altra realtà fuori di quella che suol darsi ordinariamente ai sogni : ed aver deb- bo per sogno l'immaginare un uomo privo affatto de' sensi. Ciò premesso, non reputo inutile una breve disamina intorno a ciò che dobbiamo al senso del tatto , e sino a qual punto ci dobbiamo fidare del suo magistero. A preseutare questo mio qualunque Sul senso del tatto ao5^ siasi scritto all'Eccellenza Vostra m'incoraggia il pen- sare , eh' ella a finezza di giudizio accoppia singola- re benignità , tanto più da commendarsi in chi per dono di Dio ha sortito nobilissimi natali. Coloro che a prestare le armi al materialismo tutto derivano, o più presto vorrebbono derivare, dal tatto, ne dicano come il bambino sia istrutto da questo senso al subito tocco dell' aria che gli morde la sottilissima pelle , o della luce che gli penetra furtiva negli occhi. Ne facciano sapere, s'è quel desso il tatto che poco dopo la di lui nascita gli fa sug- gere, applicato al seno materno, il primo suo alimen- to. Sarebbono in inganno se ripetessero quest' azio- ne dal senso, eh' eglino appellano misuratore, istrut- tore e guida nelF acquisto delle cognizioni. L'azio- ne suddetta è dovuta all' istinto. Io mi so bene, che per taluni l'istinto è oggetto di controversia. Due cose però a mio avviso si debbono distinguere nell' uomo, cioè l'intrinseco principio tendente alla con- servazione d'ogni essere animato, ed il rifuggire ch'egli fa da tutto quello che può distruggergliela. Egli deb- be all' educazione ed all' esperienza il conoscimento di molti pericoli , come veggiamo avvenire ne* bam- bini e nelle molteplici specie degli animali : ma dell' intrinseco succitato principio è debitore all' istinto , che ancora nel bambino si effettua con movimento avente tutto il carattere di volontario. Egli è vero che le impressioni se gli fanno sentire per mezzo del tatto : onde parne che il risentirsi della luce e dell' aria non sia nel bambino che movimento macchina- le: ma l'atto istesso, se bene si considera, ci si ma- nifesta sottoposto alla volontà. Il cav. Michele Araldi, di chiarissima fama, nella memoria sopra la causa del sonno estende l'impero della volontà fin sopra il pri- mo respiro , non potendosi , die' egli , ritenere per 304 Letteratura libera quella funzione nel corso della vita , ove tale non fosse nella origine sua. Tale si è pure l'irrequie- to desiderio nel bambino di sprigionare le braccia strette tra le fasce , e dopo d'averle sprigionate , il sorriso , indizio del suo interno godere. Fascialo sen- tiva impeditegli l'esercizio delle braccia senza co- noscerne la causa. Bramava di liberarsene : ne poten- dolo fare, avea ricorso al pianto. Non è in poter suo il conoscere ed il giudicare delle impressioni che se gli fanno sentire : perciò incomincia la sua car- riera col pianto , e senza saperlo appalesa la triste condizione in sulla terra dell' uom degradato. Non possiamo fissare i limiti delle sue primitive impres- sioni : possiamo ben>ì affermare, essere il sentimento di volere un atto dell' anima , non già un prodotto di semplice meccanismo. Grado per grado si allarga nel bambino al' moltiplicarsegli delle impressioni. Igna- ro com'è, toccar vorrebbe tutto quello che vede, se non gli fosse disdetto. A vie meglio vedere come in lui nasca e si dilati il sentimento dell' estensione, osserviamolo giunto a quel periodo della vita in che gli manca rna non viengli meno l'eia dell' infanzia. Incapace di tal sentimento la statua condilaccliiana, qual maraviglia se toccando se stessa pensar dovesse d'esser sola entro di un punto? Si finsero, è noto, ai tempi eroici degli esseri che non esistono in na- tura : ma si supposero animati , e in virtù di tale animazione moventisi per l'universo. Tali finzioni ri- creano , ma non istruiscono. Più circospetta la mi- tologia finse Dedalo fabbro di statue al gesto e al moto apparentine come vive : ma non ammise in es- se che la forza d'elesticita proveniente dalla sempliee affezione della sostanza acciajo producitrice dei loro diversi movimenti. Quello che non azzardò pronun- ciare l'inventrice delle favole era riserbato a' dì no- Sui. senso del tatto 20 > siri , in cui al sentenziare ardimentoso , per non dire di più , dell' italiano comentatore del Tracy , le ve- dute ideologiche si sono portate sino all' estrema li- nea a cui possono giungere. È ùcile il dirlo a chi travia dal retto sentiero : il provarlo non già , sendo tale asserzione assolutamente contraria all' idea che abbiamo di noi stessi e del nostro fine. - Tonte pro- positions (De Maistre, Soirees de Saint - Petersbouig toni. 11 ) de metaphysique , qui ne sort pas comme d'elle-meme d'un doline chretieu , u'e^t et uè peut étie qui une coupabie extravagancc. - To marcio al fanciullo , scompagnato , come giova supporlo , star- sene al rezzo d'arbore frondoso. Ivi fingiamo ch'egli venga inavvedutamente ferito in una mano dal pun- giglione d'una vespa. Gira il guardo all' intorno , s' accorge d'essere vicino ad un vespajo, e se ne al- lontana. Frattanto 0 sente egli quella puntura in una parte sola della sua mano , ovvero in più parli. Se in una sola parte, per quanto minimissima cre- dere si voglia la detta puntura, è sempre divisibile; ma la divisibilità suppone estensione. Dunque il dolore cagionatogli dalla puntura di una vespa da lui si giudica estesa , sendo estesa la parte addo- lorata che colla sua impressione eccita nell' ani- ma un senso di dolore. Lo stesso dire a più ragione si debbe se venga egli punto in parti diverse. Nel dilungarsi eh' ei fa dal vespajo eseguisce un' azioue voluta dall' anima che, senza comunicare al corpo un movimento proprio , lo stimola a dipartirsi di la do- ve hanno il lor nido le vespe. Cangiamo scena, e figu- riamcelo travagliato dalla sete. A sedarla s' appressa al rivo , la cui onda gli è speglio : s'incurva, pren- de un pò d'acqua nel cavo della mano , si ristora , e nel ristorarsi gli è cagione di piacere. Queste due diverge sensazioni non si possono trovai che nell 2o6 Lette n atura anima, e l'intima nostra coscienza n'è testimonio ve- race. Allorquando mercè dell'azione del corpo acqui- sta qualche idea, o a meglio dire qualche conoscimen- to, non è già che il suo corpo sia dotato di tale cono- scimento e glie \p comunichi, ma non fa che esegui- re un'azione capace di produrlo in essa, ch'è la ve- ra senziente , di cui è proprio il riflettere ed il ra- gionare, com'è proprio degli occhi il vedere. Alcuue nozioni però, che dalle scuole si appellano a priori, non sono dall'anima ricevute per mezzo de'sensi, co- me , a cagione di esempio, di causa e di effetto , di giusto e d' ingiusto , di vero e di falso e più altre che a lei servono per dimostrare la verità. Edifica sopra l'arena chi per ispiegare certe verità, che non dipendono dai sensi , perde di vista quel lume che Dio segnò sopra di noi (i). Claudiano Mamerto, nel (i) Claudiani Marnarti viennensis. De anima libri tres. ,, Anima et tota per corpus videt , et tota visorum reco- lit , et tota audit1 et tota sonorum reminiscitur, et tota odoratur , et tota odorum meminit, et tota per Un guani atque, ut volunt alii., per palatimi saporem sentit . . . et tota tangit ec. „ Florebat (Eccl. hist. breviarium auctore Jo. Lau- renzio Berti augustiniano) circa annum {fio,carmine vanos poetas persti inxit , himnosque Ecclesiae, cui erat addi- ctus , concinne digessit. ,, S- Tommaso soprannomato V angiolo delle scuole. Con- tra genies lib. i cap. 66- - J^eritas est quaedam bonitas intellectus - - Verilas intellectus est adequatio intellectus et rei secundum quod intellectus dicit esse quod est , vel non Sul ssnso del tatto 507 libro primo della natura dell'anima, assai chiaramen- te addimostra che l'anima è dessa che sente , e che arbitra de'suoi movimenti, mercè d'una facoltà tutta sua propria, ad alcuni resiste e ad alcuni si arrende. È di moda il parlare col riso a fiore di labbro per raffinata malizia della filosofia dell'età che i sofisti chiamano della rozzezza e del barbarismo. Verrà un tempo , anzi è venuto , in che più d'uno solenne maestro in filosofia , squarciando il velo dell' illu- sione entro cui si davano il vanto d'avere spar- so gran luce sopra la terra, gli tara apparire mi- seri dettatori de' precetti di Epicuro , apologisti del piacer fisico del momento. Non essendo questo il luogo di parlare dei traviamenti dello spirito li- mano , fo punto e torno al fanciullo. L'avere egli sentito sul margine di un ruscello ed il più non sentire il dolore cagionatogli dalla puntura della ve- spa , l'avere provato e il non provare attualmente gli stimoli della sete, con la succession loro gli dan- no , per quanto può egli essere capace di appren- derla , l'idea del tempo e dello spazio , di cui è .^misura il moto. Egli fa un passo , sente di muover- si , distingue il tempo di moto da quello di quiete, s'incurva , per non isdrucciolare s'appiglia con una mano a un tronco, enei cavo dell'altra accoglie un pò d'acqua : e in far ciò prova Ire successive impres- sioni. La prima di movimento, la seconda di resistenza riguardo al tronco che gli serve di punto d'appoggio, esse quod non est. Cap. 50,. - Appropriar si potrebbe ad alcuni ideologisti ciò che disse le-Clerck di Locke. Lochius huinanae pitigens penetralia mentis Ingemum solus pinnerat ipse suum. 2o8 Letteratura la terza eli semi-resistenza rispetto al fluido : perchè la fluidità , sia essa prodotta dal calorico o da ai Lia. causa elio per virtù propria vi s'interna, col diminui- re le rende poco aderenti fra loro e per conseguenza sottoposte al tocco della mano. Cessano queste im- pressioni allorché egli cessa d'agire , restando però di due cose avertilo , cioè d'averle avute e di pote- re, se gli torna a grado, farle rivivere. Se libero non fosse, non potrebbe né resistere alle impressioni, ne procurarsene il rinnovellamento. Glie tale egli sia è verità di fatto, arbitro sii de' movimenti suoi, sì della scelta di uno anziché di un altro movimento. Difatti move la mano , sente di muoverla a seconda della sua volontà : impedito da qualche ostacolo si arresta, ma la volontà di muoversi sussiste in lui , tolto di mezzo ciò che ad essa si oppone. Prende un sasso e lo slan- cia dove gli è a grado , si azzarda di fare Io stesso di un macigno , ma non ha forza che gli basti ad ismoverlo. L'esperienza il convince esservi dei corpi che possono contrariare la sua volontà, ed altri che non le fanno opposizione. Rileva di più non essere il suo corpo coesteso coli' universo , ed esservi de' corpi da lui stesso onninamente diversi. Ne gli basta il solo movimento od il solo toccare : convienili rivolgers ai corpi che si arrendono al suo volere, lasciar quelli che gli fauno resistenza. Può egli prendere abbaglio giudicando un corpo arrendevole che in se noi sia o non lo sia per lui : e in tal caso non la realtà, ma l'apparenza è l'oggetto del suo volere. Così avvien a chi tra due vasi, uno d'oro, l'altro d'orpello, pre- ferisce questo a quello, o perchè s'inganna nel sup- porli amendue dello stesso metallo , o perchè l'at- traente preziosità, del lavoro di quello d'oro falso il fa cadere in errore. Tal forza attrattiva però non le necessita alla scelta , mentre all' immaginazione più Sul senso del tatto 2 iq sempre resistere la sua volontà, al cui dominio ninno atto può in piena veglia sottrarsi , tranne quelli che accadono o per convulsione o per paralisi: venta il- lustrata da un gran sostenitore del cristianesimo , Clemente Alessandrino (1). Oltre quella degli atti volontari , altra non meo. grande proprietà evvi in lui, la ragione che a Dio som- messa e dal suo lume irraggiata rende l'uomo padrone di se, con avvertirlo insieme che il sentimento (2) oel tatto non è bastante a farne conoscere l'esistenza de' corpi esterni. Può bensì rivelarne le varietà , ma noti giugnere a superare la finezza della proposeide degli elefanti , dotata , a giudizio de1 naturalisti, di somma flessibilità e di un tatto dilicatissimo. Anche i ragni, le mosche e le formiche, per quanto narrano gli scrittoli di storia naturale, hanno il senso del latto di maggior perfezione di quello dell'uomo. L'accortezza de' primi è singolare. Vegliano essi ad ogni movimento delle loro tele, per indi trarre a morte le mosche che den- tro v'inciampano. Bello è il vedere il ragno slanciarsi sopra la mosca, che invano procura di svilupparsi col dibattere delle ali , afferrarla nelle branche , traspor- tarla al nido per ivi suggei le il cervello. Ora se mi- nuti insetti hanno molti vantaggi sopra la nostra mano, con qual colore di vero da certi filosofi d'oggidì può dirsi il tatto quel ponte che da campo all' anima di passare fuori di se ? Fra i delirj filosofici evvi questo (.) Clementis Alexandrini , Stromatum liher IV. ,, Prìncìpalis autem animae Jacultas habet libertini eligendi facultatein, in qua existit inquisitio, disciplina, et cognitio ,, ('.>.) Si Deo ratio ipsa non servii, nullo modo èorporl viliisque recte imperai. S. Agostino de Civ. Dei lib. XIX Cap. XXV. G.A.T.LX1V. 14 aio Letteratura ancora d'assegnare all' anima il passaggio d'un ponte men largo d'assai di quello de' rettili pedati, il labbro de' quali fors' anco vince in finezza di tatto l'elefante e l'uomo. Ma l'uomo ha un dono che supplisce ad ogni difetto dell' organo del tatto , con cui giugne a domare le fiere ed a farsi servire dalle medesime: da sì bel dono è condotto con una data serie d'opera- zioni intellettuali a ben distinguere se stesso dai corpi che lo circondano. Né di questi corpi giudicherà ret- tamente, finché non avrà bene appreso a non confon- dere le impressioni tattili coli' operazione del toccare, sendo quelle non di rado involontarie , e questa un atto della volontà determinato a fargli discernere i rapporti interposti fra la mano che tocca ed il corpo toccato. Gli altri sensi abbisognano d'essere corretti dal tatto , il tatto dalla ragione , di cui è proprio , come il giudizioso Lattanzio Firmiano(i) osservò, l'isti- tuire confronti , il discernere , il riflettere , il giu- dicare, qualità che il saggio metafisico non accomuna all' azion materiale del tatto. Non è desso che render possa accorto il fanciullo di non essere coesteso col mondo materiale. E la coscienza del movimento che trasmette all' anima un' impressione. Dunque l'anima, prima dell'impressione ricevuta per mezzo del corpo, cui ella è qui unita per mezzo d'inesplicabili legami , sente il movimento necessario al corpo per essere ec- citata alla sensazione. Tanto chi ha abbracciato il per-« (i) Manifestimi est non esse fai so s sensus ; qui aut non falluntur , si sunt puri et integri , aut si falluntur , niens tamen non fallitur , quae illorum noviL errorem . . , nikil potuit homini majus ac melius a Deo (lari. Ludi Caecilii Firmiani Lactantii op. omnia toni. 2. Lutetiac Pa-? riiioruin 1748 pag. yo et 79, Sul senso del tatto air petuo idealismo , quanto chi lo ha ristretto allo stato ipotetico della privazione del tatto ( ipotesi impossi- bile) , non ha osservato che il movimento è anteriore alla sensazione, e che il supporre impressione causata da movimento su d'uomo assolutamente privo di tatto è un supporre ciò che non è , né può essere in na- tura. Scorsi gli anni della puerilità , allorché le fa- colta intellettuali hanno spiegato il loro carattere , comincia il fanciullo a procacciarsi delle cognizioni intorno ai corpi che più lusingano la sua curiosità. Se avesse egli sempre dinanzi agli occhi Io stesso stes- sissimo oggetto, non sarebbe eccitata la di lui curio- sita a fissarvi sopra l'attenzione per trarne utile e di- letto. Quello che dicesi della vista può dirsi degli altri sensi. Ristretto tra sì angusti limiti il tatto, gli apporterebbe noja o almeno non gli sarebbe di alcun vantaggio. Il suono ed il canto, allorché fosse incapace della minima variazione, cesserebbe d'essere dilettoso all' udito , recherebbe nausea al gusto un* esca non mai variata, e sarebbe spiacevole all' olfatto l'olezzare di un corpo cui fosse impedito il più piccolo grado di mutamento. Qui fo punto, sendo aperta l'inutilità, del fermarsi sopra proposizioni che per noi sono fuori della sfera de' possibili. Mi fo piuttosto ad osservare che degrada l'anima chi osò affermare, essere il tatto quel solo che veglia all' istruzione degli altri sensi , attribuendone la pretesa scoperta all' autore del trat- tato delle sensazioni. Che il tatto sia il senso più perfetto degli altri, passi: ma che al di lui magistero si debba il retto uso che di lui stesso e degli altri sensi far si può, ciò non è vero. No certamente. Que- sto dipende da un atto libero dell'anima, al voler della quale il tatto non meno degli altri sensi è soggetto. A norma del volere di lei eseguiscono essi i movi- menti , finché trovansi in istato d'integrità. ij* ai2 Letteratura Torniamo per un momento a risguardare il fanciullo presso a un rio, per vedere come a grado a grado se gli sviluppino e se gli rischiarino le idee stante il confronto che può egli fare delle provate sensazioni. Preme l'onda che passa sopra di un sasso. Nel premerla ha il moto prodotto dalla sua volontà , e due impressioni diverse nella mano a cagione della diversa resistenza oppo- stagli dalla impenetrabilità del sasso , e dalla compe- netrabilità dell'acqua. Può iterare quest'azione a sua voglia, ed iscoprire per via dell'esperienza il diverso modo d'esistere de' fluidi e de' solidi: non dirò di ren- derne ragione, il che è proprio dei dotti nella scienza della natura. Parlo di quella osservazione, di cui può egli essere capace prestando ad essa più o meno at- tenzione , trasportandola ora su le impressioni che se e\i fanno su gli organi dagli oggetti esterni , ed ora sulle qualità e configurazione de' medesimi oggetti. Ciò malamente si ristringe alla facoltà di sentire propria del tatto da chi ha confuso le operazioni dell'anima colle proprietà, della materia. Né gli abbisogna di pas- sare di riflessione in riflessione per misurare le pro- prie forze coli' inerzia e con la mobilità de' corpi ; gli è bensì necessario che al potere di muoversi unisca quello di agire , ed al potere di agire rannodi av- vertimento e coscienza degli atti suoi. Non gli basta il sentire , poiché non sempre quando si sente si ri- flette e si ragiona : bisogna che di un dato sentire abbia l'anima una coscienza netta e perspicua : men- tre se in profondi pensieri è tutta occupata, il sen- tire attuale non ha sempre forza di richiamare a se la di lei attenzione. Diasi che un villanzone, nell'atto in che pensa alle sue faccende, ascolti il suono d'una cetra tocca da mano maestra. Insensibile alla dilica- tezza dell'armonia, punto non vi riflette; ma se si ar- riva in pessimo ma nerboralo suonato! di violino, si Sul sxkso del tatto 3t3 scuate , fa festa e lascia ogni altro pensiero da parte. Ciò prova che la mente può comprendere quanto ha rapporto ai sensi, secondo sono questi più o meno eser- citati. Ella appartiene al mondo intelligente. Il cir- coscriverne l'intelligenza entro il mondo sensibile è l'ultimo estratto della malizia per trarre gli uomini a piegare il ginocchio agli idoli dell' incredulità. Ma di questi monumenti che disonorano l'umana ragione non è a trattarsi con brevi tocchi di penna , giacché più d'uno con nettezza di pensare e con forza di raziocinio ha saputo descriverli in modo atto a renderli oggetto di pubblica esecrazione. Il ripetere i detti loro , sarebbe un abusarmi della di lei soffe- renza. Fo qui fine, e le presento questo mio scritto su la fiducia che l'Eccellenza Vostra abbia ad acco- glierlo con quella bontà , che vieppiù si ammira in chi allo splendore ereditato dagli avi fa rispondere i lumi attinti alle fonti della cristiana morale e del sa- pere. Accolga insieme i sentimenti dell' alta conside- razione, che mi fanno essere ec. 2i4 ARTI. BELLE-ARTI. Elogio storico di Pietro Novelli da Monreale , fa* moso dipintore, architetto ed incisore, scritto da agostino Gallo socio di varie accademie stra- niere , e segretario della classe di letteratura e belle arti di quella di Palermo. Palermo reale tipografia 1829. (Un volume in 8.° di pag. i58 con ritratto del Novelli. ) Gì "li scrittori delle cose di Sicilia han fatto sempre solenne menzione di Pietro Novelli , chiamato dal cav. Conca e dal Riedesel (erudito straniero) il Raf- feallo siciliano , senza dire dell' Henseleer , bravo inglese pittore , che rimanea sì estatico innanzi le tele del nostro artefice, che per sovrabbondante pie- na di maraviglia esclamava : Oh tu sei il Vandych novello ! Alcune dipinture di questo famoso ingegno sono state in varii tempi descritte ; e non è guari usci in Sicilia un dotto e gentile opuscolo dell'egregio letterato Saverio Scrofani , in cui s'illustra il miglior quadro del Novelli con tanto senno e con tanto leg- giadro stile, che io non saprei con che parole enco- miarlo. Nessuno però avea mai scritto ei-professo di lui , e delle cose sue : onde dobbiamo esser grati al Belle- Arti 21!) signor Gallo , che ha supplito a questo difetto, det- tando il presente elogio con artistico gusto , e con carità di patria. Il suddetto signor Gallo era già conosciuto per altre produzioni del suo ingegno , e precipuamente pel bello elogio di Antonio Gagini , valoroso scultore palermitano. Quindi non potea egli certamente concepire miglior pensiero che quello d'illustrare i due più bravi artefici, che avesse avuto mai la Sicilia , dacché le arti sorsero ad estendere il patrimonio della gloria italiana. E volendo oggi par- lare del Novelli, eh1 è segno al nostro discorso, se- guiremo l'autore , che cel presenta e come solenne pittore , e come bravo architetto ed incisore. Ed in verità egli non potea dividere con miglior giudizio le cose del suo scritto - noverando ed iscrivendo a parte a parte le opere dell'artefice siciliano nelle tre varie arti , in cui fu celebrato , e seguendo i pro- gressi che fece nella pittura , e parlando dei tre va- rj stili, che in essa lo distinguono. -Imperciocché la prima maniera del suo dipingere è diversa dalla se- conda , e questa dalla terza , che fu la migliore , e che introdusse ne' suoi quadri dopo il suo ritorno da Roma, ove l'autore crede che sia stato per alcun picciol tempo. E questa terza maniera di dipingere è quella veramente , che lo rese ottimo dipintore , e che gli attirò l'universale ammirazione : essendo stata distinta per la grazia, la simplicità, la correzione del disegno , ed il giudizio di far primeggiare i perso- naggi principali , non che pel partito delle pieghe , in cui non si scorgono più quelle ondosità del suo primo e secondo stile. Le quali cose vengono dall' autore stabilite , per un accurato e diligente esame della più gran parte de' suoi quadri. A noi però sem- bra eh' egli si sia molto in ciò dilungato , e tutte quelle descrizioni delle pitture dell' artefice fan ca- 2iG Belle-Arti dere alquanto questa parte del suo lavoro ; quindi ci parrebbe , se pur non c'inganniamo , eh' egli le dovesse variare sostenendole con filosofia , siccome in tali casi ha fatto quel sommo scrittore, che siede principe salutato delle cose artistiche, Leopoldo Ci- cognara. Accetti egli qui il nostro ingenuo favella- re, e col suo svegliato ingegno ne faccia quel conto che più crede. Passando poscia a parlare dei meriti del Novelli, come architetto e come incisore , il Gallo fa prece- der sempre , con ottimo divisamento , alcuni rapidi cenni intorno all' origine di queste arti , e dello stato in cui si ritrovavano, e in Italia, e particolarmente in Sicilia, al tempo in cui fioriva il monrealese, cavan- do le sue dottrine dai migliori autori che scrissero di queste materie. E qui mostrando di essere stato que- gli valente nella civile e militare architettura , ri- corda che il Demarchi, non che il S am micheli , colla sua grand' opera sull'architettura militare , ove descrisse i varj modi di ogni [fortificazione , portò al suo pieno splendore un' arte , che i francesi han voluto attribuire al Vauban , che fiorì un secolo dopo quei due illustri italiani. Ed a questo proposito fa rilevare altresì , che in Sicilia l'arte delle militari costruzioni giunse a cospicua meta , per le vicende politiche , alle quali in tutti i tempi è stata soggetta quell' isola celebratissima : e si e osservato , per la distruzione di alcuni baluardi di Palermo innalzati a' tempi del Novelli , e forse da lui stesso , che ivi erasi inventato il modo di fabbricare i bastioni con due ordini interni di lamie , una più alta e 1' altra più bassa , acciocché s'impedisse , con molto giudi: ciò , il rovesciamento delle terre dopo la breccia- dei qual ritrovato , già posto in pratica dagl' inge- gneri siciliani fin dal secolo XVII , si è menato a' BeLLE-ArTI 31 7 «ostri giorni dai francesi grandissimo vanto , attri- buendone T invenzione al loro concittadino Garnot. Ma questa fu sempre la misera condizione dell'Italia, che videsi in ogni tempo involare dagli stranieri le più belle scoperte , che in fatto di scienze facesse , e che onorano 1' umano spirito. Quindi santa opera fan coloro , che la rivendicano da questa ingiuria vergognosa , onde venir pagando (come fece glorio- samente V. Monti) alcun debito di gratitudine alle ombre di quei valenti italiani, che il postero incam- minarono sulla via delle scoperte più luminose , e che iniquamente dimenticati dimandano di esser fatti partecipi di una gloria , da cui gli espulse ora Tin- gi iti tudine , ora 1' impostura , ora l'invidia, e a cui nondimeno sono altamente chiamati dalla critica e dalla ragione. Or dopo di avere il nostro autore presentato l'artefice siciliano come pittore valentissimo, e come architetto ed incisore , discende a narrare la fatai cagione , che lo tolse a' viventi. Il suo racconto è tratto dall' opera del canonico Pollugrafi intorno le tumultuazioni di Palermo del 1647 ' eP0Ca ìn CUI il Novelli nell' età ài 44 ànnl trapassò di questa vita. I siciliani di sottile ingegno e di natura ardente, come ardente è il cielo che li copre , han mal sof- ferto i duri legami che gli han talvolta avvincolati e stretti ; e quindi han colto sin le più lievi occa- sioni per rompere in sedizioni e in ire cittadine. Ma per colino di sciagura i migliori e i più onesti son rimasti sempre vittima della plebe , che in quel paese è stata ed è tutti via ferocissima. Così la sedi- zione che scoppiò in Palermo nel «647 ci tolse nel fiore degli anni e della gloria il più celebrato arti- sta della Sicilia. Non saia forse discaro ai miei let- tori , che io accenni in brevi parole quel caso mi- serando. ai8 Belle-Arti Pietro Branciforte, antico magnate e capitan giu- stiziere di qtie' tempi, per sedare la plebe commossa, postosi a cavallo , ed accompagnalo da parecchi gen- tiluomini , fra' quali dal Novelli , correva la citta , e con miti parole tutti pregava, perchè alla pace e alla concordia tornassero : ma veggendo che inutili riu- scivano le sue cure , e che il popolo sempre più in- solentiva e lo minacciava , indirizzandogli aspri ed ingiuriosi detti, preso da rabbia (cieca ed imprudente per certo) scaricò un colpo di pistola sulla molti- tudine. Questo però fu il segnale della propria ruina : imperciocché il popolo furibondo fece fuoco sopra il Branciforte e i cavalieri che lo seguivano, dimanie- rachè alcuni ne perirono , ed altri ne furono grave- mente feriti : fra' quali Pietro Novelli , che ricevette un colpo nel braccio destro. Laonde portato subito a casa, ed ivi chiamati i professori dell'arte chirur- gica, fu deciso, che per salvare la vita al famoso di- pintore era di mestieri che gli si troncasse il brac- cio : ma egli acconsentir non volle al consiglio chi- rurgico , e stabili in suo pensiero di perire, anziché di perdere quel braccio , che lo avea ricolmo di tanta gloria. Difatti dopo pochi giorni , correndo il dì 27 di agosto del 1G47, egli finì di vivere, riempiendo ogni luogo dell' isola , già ricca della sua fama , di pianto e di cordoglio , secondo si esprime VAuria nel suo teatro de' letterati palermitani. Or finalmente quello di che noi con tutto l'a- nimo vogliam lodare il signor Gallo si è lo zelo ch'ei manifesta per tutte le cose patrie. Oh volesse pure il cielo, che i giovani siciliani seguissero il suo in- tendimento ! che non r.i vedrebbero appo loro le let- tere in tanta perdizione : poiché pare che il gusto della classica letteratura sia affatto bandito dalla loro isola, e chela vergogna romantica abbiavi messo prò- Belle-Arti 219 fonde radici. Difatti i giovani cola si vantano di sa- pere sinanco a memoria la più gran parte de' canti ossianeschi , e , grattando tutti la cetra , canticchia- mo baje strane e miserissime. La qual vergogna va sempre più consolidandosi : che ivi si ristampano a furore le opere dei romantici più sfrenati, e con pazzo entusiasmo si leggono e s'innalzano ; mentre niuno havvi , che con fermo ingegno sappia far fronte a quel vitupero. Ma siccome è certo , per legge di na- tura, che le piante non han lunga vita sotto un clima non proprio , così il romanticismo , che sarà forse buono per gli abitanti del settentrione ove nacque , ma non mai per gì' italiani , cadrà qual pianta non alimentata dalla terra, né vivificata dal sole: e tanto più certi siamo di questa caduta , quanto che i più grandi ingegni, che vanti la italiana penisola, gli fanno guerra , onde ridurre la nostra letteratura a quei principj fondamentali del bello , per cui abbiam noi un Dante , un Tasso , ed un Alfieri. E qui per iscuo- tere dal loro furore i giovani , che smarriscon la di- ritta via per foga di novità , vò riferire , ad onta loro perpetua , le gravi parole che mi scrisse quel sommo uomo di Carlo Botta , confortandomi nel di- visamente di difendere la gloria italiana dagli attacchi stolti e violenti dei pazzi romantici : Io ho in odio peggiormente che le serpi la peste che certi ragaz- zacci^ vili schiavi delle idee forestiere^ vanno via via seminando nella letteratura italiana- lo gli chiamo traditori delV Italia , e veramente sono» Ma ciò pro- cede parte da superbia , parte da giudizio corrotto j superbia in servita di Caledonia ed Ercinia, giu- dizio corrotto con impertinenza e sfacciataggine. Spe- ro che mercè delle fatiche dei giovani italiani forti... questa infame contaminazione sfumerà , e che ancora vedremo nel debito onore Pi r gii io , il Tasio , e VAI- 220 Belle-Arti fieri* Così quel sommo. Oh potessero le parole di un uomo si famoso far breccia sulla ragione smarrita dei giovani , che si fan cotanto trascinare dalle smodate immaginazioni d'oltramonti ! Intanto mi si perdoni questa disgressione , che l'amore della mia patria , perduta fra le romantiehe frenesie, mi ha fatto uscire dalla penna. E ritornando al signor Gallo, io voglio veramente lodarlo pel generoso zelo , che manifesta in favore delle cose patrie , e perchè non lascia né cure né fatiche , onde onorare la memoria dei grandi uo- mini , mettendo in bella luce tutte le cose che ten- dono a lustro della Sicilia, e rivendicando l'ingiuria che la prepotenza, o l'ignoranza le fece. Così nell'elo- gio storico del Gagini , di che sopra parlammo , si dolse amaramente , perchè le sue ossa stessero ne- glette e confuse con quelle dei morti plebei, e fece voti , perchè una pietra almeno manifestasse al pe- regrino , che ivi giace colui che tanto splendore recò alla nostra isola nel secolo XVI. Oggi però , tutto occupato della gloria del più grande artista siciliano, veggendo che la sua spoglia mortale giace anch'essa negletta nel cimitero di S. Domenico , senza che alcun segno indichi al passeggiero quell' uomo , che accrebbe il patrimonio dell' arte pittorica , pieno il petto di amor di patria , ha già fatto eseguire dal bravo scul- tore palermitano Valerio Villareale un busto del No- velli , che dee collocarsi la dove egli è sepolto con una italiana iscrizione in onore dell1 immortale mon- realese. Ferdinando Malvica. 221 VARIETÀ' Versi di Jacepo Scipione Za nel li ce. Lugo presso Melandri. (Un voi. in 16 di pag. 14 ) J_j autore mandando questi versi al cugino suo Francesco de" conti Borea Buzzacarini , il giorno che questi maritossi alla nobil donzella Elisabetta Manzoni , ricorda un altro bel giorno passato con lui sette anni sono in Napoli e nei dintorni. Chi ama la poesia descrittiva godrà di leggere questi sciolti , in cui con buono stile italiano sono dipinte le più vaghe e vare cose di quella insigne metropoli. Domenico Vaccouni. La vita di Cola di Rienzo ctc. i8a8 Forlì , pel Bordandini , voi. 2 in i\ ° Iloti è poi vero, che all' umore letterario dominante non altro rimanga , che spigolare fra le ricede de" droghieri del sècolo iò° e i4-° Questa vita pregevolissima giaceva però, quasi cosa plebea e inamena, in due neglette e brutte edizi mi. Ella altronde è fuori di dubbio imparziale e con- temporanea , ed è ritratto di quello irrequieto spirito ro- mano , che primo e più. operativo di -ogni altro verso la ■metà del iv secolo vivificò la patria decaduta beli' ultima oppiessiohe , e la rimise sulla via dello splendore politico 222 Varietà* e letterario , che da mille e più anni interamente aveva perduto. Oratore capace della più penetrante attrattiva t e spinto da zelo cittadino infiammato con le istorie latine , quantunque di basso volgo ardi , e lo insegnò ai legati della corte d'Avignone , fiaccare quegl' iniqui potenti , che in ogni città pontificia malmenavano tirannescamente la le- gittima podestà. Laonde agli studiosi sarà lungamente grata l'impresa del cesenate sig. Z. Re, che riproduce monu- mento sì memorabile netto da quegli spessi idiotismi, che ne rendevano la lezione quanto scabra altrettanto goffa , e splendido di opportune osservazioni storiche e critiche , ma di più adorno del busto del protagonista , e di nitore topografico onorevole alla città provinciale , da cui esce la stampa. Se il giudiziosissimo editore ha saputo far buon capitale di quanto interloquirono sul soggetto i celeberrimi Muratori , De Sade , Tiraboschi , Baldelli , Cavriani , e altri , con maggiore sapere e con magistrale esamina ha intitolata di nuovo al tribuno la canzone più pindarica del Petrarca - Spirto gentil ec. - e ha rigettata la pretesa coambasceria dei due immortali amici a Clemente VI. Lo- devole eziandio è la di lui dubbiezza intorno al vero au- tore della vita , mentre lo scribasenato Fortifiocca, della prima edizione, a noi anzi suona per soprannome della ribaldaglia trasteverina dal gettar pietre , poiché questo verbo fioccare dallo scrittore parecchie volte è usato per iscagliare con gagliàrdia. Lib. 2 cap. 4 - Più pietre e sassi li fioccano sopra - e cap. 24. In modo particolare però questa ristampa deve di- lettare i romagnuoli , giacché mostra al vivo le sevizie e violenze de' tirannetti di quella provincia. Gli Ordelaffi ed i Malatesta vi sono sì ingegnosamente ritratti, che nulla più. Quelle rotture di favella e di senno de' Malatesta , lib. 2. 6, non risovyengono tosto la dolorosa storia della loro Francesca , e l'origine del loro cognome ( non mai tedesco) di teste matte? Anche la strage dell'intemperato Varietà' 223 tribuno , benché riuscito assolto dall' incolpamento di fellonia, non c'instruisce , che la plebaglia fu sempre un precipitoso baratro per li suoi adulatori ? Scempio però ben meritato per avere mandato al patibolo, lib. 3. 24, quel Pandolfuccio di Guido di Pandolfo de' Franchi , che era stato di lui bene affetto ambasciadore nel dì 2 lu- glio i3^7 al grau consiglio di Firenze , Band. Gatal. Bib. Laur. t. s. Possa il coltissimo sig. Re fruire di maggiore ozio , onde occuparsi tanto lodevolmente per se stesso , quanto per le lettere utilmente ! Basilio Amati. Avvertimenti morali ad un giovine di spirito , dal greco d? Isocrate con una serie a" ammaestramenti adattati al tempo presente. Pesaro i83o, tipografia di Annesio Ina- bili in 8.° di pag. 26. Ili fama , che gli ateniesi mandassero a Delfo a consul- tare Apollo del come far lieta e fiorente la loro città. E dicesi , che avutane dall'oracolo la risposta,, doversi por- re nelle orecchie de' giovanetti ciò che ha nel mondo di più prezioso ,, incontanente si diedero i padri a fornire le orecchie de' piccoli figli , al modo degli asiatici , di aurei adornamenti ,* l'oro stimando la preziossima di tutte cose. Nel che quanto andassero errati , non è alcuno di buon giudizio che non conosca : e già ci viene osser- vando quel di Venosa , che più dell' oro è pregevole la virtù. Questo intese del pari quell' alto ingegno di M. Tul- lio , che pieno la mente delle greche dottrine i tre li- bri degli utici dettò, e al figlio Marco studiante in Ate- no , come di cosa sopra ogni altra utilissima, ne fece dono. E parve bene ad Isocrate, amico d'Ipponico , non 324 Varietà' poter meglio appo la morte di quel magnanimo porgersi tenero al giovine figliuolo di Ini , Demonico , che indi- rizzandogli un discorso tutto pieno di morali avvertimen- ti : i quali meglio che i più preziosi gioielli valgono a far lieta e chiara la vita : e già ricorrono spesso nelle sentenze di P. Siro , ne' distici catoniani , nelle favole di Fedro , e con pura verità ne' sacri libri dell' Ecclesiaste e de* Proverbj. Grazie adunque siano rese a quel nobi- lissimo spirito del professore Valeriani Molinari , che la Parenesi d'Isocrate bellamente volgarizzata pose fuori in Bologna nel 1804 : grazie a quelP ottimo avvocato Fer- rucci , che prima in Lugo ne procurò una ristampa, ed ora in Pesaro ne ha procurato quest' altra coti notabili migliorameuli. Ancora egli ha cresciuto pregio al libret- to donandone il titolo alla signora marchesa Agnese Au- taldi Belluzzi , e ponendo in fine alcune massime di sa- pienza profittevoli ai giovani nella condizione de' tempi , in cui ci viviamo. Poiché il suo ingegno è da tanto, non resti egli mai , lo preghiamo , di venir confortando coli' antica sapienza , quanto è bisogno , i costumi e gli studi della crescente generazione ! D. Vaccolini. Ad Bartholomaeum Pacca virwn eminentìs ■simum, antì- stitem portuensem, de autumnali eius rusticatione apud Fabriciwn Sceberras Testaferrata virarti eminentìssi- murn , antistitem senogallienseni , amicuni suum. HEXAMETRI. Jl acca pater , quo nil dederunt bona numina tetris Cultius aut gravius , tandem exsneetate revisis Fabki-ciuai , cui sacra eadem de murice vestis V A R I K T A' 225 Atque eadem inmla : Fabricium tibi vinculo amoris Iugenioque simul coniunctum et pectore sancto. Quautum vere novogaudet per granulia pastor , Quantum imbre aestivo sitiens exultat agellus ; Tantum , Pacca , tuo adventu laetatur amicus. Nunc dulci il 1 e tuo satiatur lumina vultu , Et facilis tecum vario sermone receuset Quae sunt, quae fuerunt , quae posterà deferet aetas , Nec sinit abrumpi , caro aut se di'iiovet ore. Sed magis ut recrees animum dulceline ruris , Te vacuum rapit in sedem Vacarilis amoeni. (a) Quae pulcha hospitio , puro et pulcherrima coelo Prospectat late agros , atque ampia oppida circum Caeruleosque procul quos abluit Adria fines , Pascit opima greges , saturatili* frugibus anni?, Laeta avium cantu , et zepbyrif motantibus aura» , Pancliaiae qnalis regio , vel tbessala Tempe. Liquisti sapiens d rniinae fastidia Romae : Hic igitur curis , nimio hic requiesce labore, Hìc animum et corpus renova , nam rure salubrem Scis bene posse homines , tranquillam et vivere vitarn. At quando utriqua una est mens , concorsque voluntas ; Jucundis vicibus multos hic condite soles , Tardior et coelo lux illa orìatur ab alto Qua , dulcem gremio rursus complexus amicum Te longo auspicio , pedibusque , oculisque sequeutem , Conscendes currum invite , mannisque citatis Per fora, perque vias recta properabis ad aulam Summus ubi Pius , aeternì almum pignus amoris, Utiliumque sagax rerum quaesitor et auctor (a) Vacarile , a vacando , melius dictum putavcrim quarti Faccarde , vulgate nomea daluin loco ruslwatioius. G.A.T.LXIV. i5 326 Varietà' Multiplici officio vigilem te detinet , atque Ma^na negotia tecum urbis partitur et orbis. Laubetus Saktvccius. la morte di Adelaide Tvevisan. - Padova dalla tipografia Crescita 1839. I versi in mori? di questa leggiadra e virtuosa giovi- netta , rlie noi già conoscemmo di persona , ci paiono assai affettuosi e pieni di molte bellezze. Fra i nomi ce- lebri , che vi s'incontrano , basti il citar quelli del Bar- bieri , del Gicognara, del Parenti, del Pedemonte, del Ricci , e del Vittorelli. Crediamo di far cosa grata ai nostri leggitori nel trascrivere una brevissima ode di quest" ultimo, tutta bella di quella semplicità, e di quelle care eleganze , ond' egli è meritamente chiamato l'Anacreonte italiano del nostro secolo. Siili' ottantesim' anno Con dubbio , e lento passo Movo , o Adelaide , al sasso , Che chiude il tuo bel fral. Mei segna una scolpita Angelica sembianza , Mei segna la fragranza D'un giglio virginal. O nata al pianto , 0 cara , Ad onorarti io vegno ; Ma il non so.pitO ingegno , E il facil carme ov' è ? Ancor che i lagni miei Che i miei desiri intende , V A n I E T a' Subito l'aer fende E reca un don per te. Ecco in vasel gemmato Le stille , che ^bagnavo Nel tuo disastro amaro Il ciglio al genitor. Prendile in man da forte , Né scolorare il viso , E tienle in paradiso Sempre vicine al cor. C. E M. Inno a S. iWìchele Arcangelo - Del conte Paolo Fulicaldì. Lugo 1829. B agnacavallo è una delle più illustri terre di Romagna , levata dalla munificenza di Leone XII all' onore di città. Sempre in fiore di gentilézza e di cortesia , sempre fe- race di buoni ingegni. Fino dal principio del secolo de- cimo sesto le lettere le scienze le arti in lei crescevano a belle lodi. E come nncquero in lei i lodati studi , si mantennero, e col procedere degli anni si accrebbero. E ciò principalmente per le molte premure che i magistrati si prendono rìdila pubblica istruzione. Egli è certo pres- so die ammirabile, che ivi sia un ginnasio nobilissimo e di molti professori , i quali pure sono tutti nativi del luo- go , e che mentre le altre terre cercano al di fuori buoni maestri, Bagnacavallo altrui ne mandi de' suoi, ne degli stra- ni abbisogni. Ma più degnò di lodo è il vedere i prov- vedimenti dati dal pubblico a que' giovani, che avendo buono l'animo e l'ingegno , hanno cattiva la fortuna. Molti sono mantenuti alle prime università dello stato , molti anche iuuri. Di qui poi deriva che i buoni ingegni non i5* 228 V a n I E T a' vengono ivi mai meno , che si stende onorato il nome di questa piccola città per tutta l'Italia , ed oltre le alpi ancora. Né ultima cura è quella di rendere onore alle virtù degl' illustri trapassati che ben meritarono della pa- tria. Vedemmo, ed oh con qual dolore! esequi a re con pompa solenne Stefano Longanesi filosofo chiarissimo , ed abbiamo pur non ha molto veduto con quinta carità cit- tadinesca l'ottimo sig. conte Filippo Folicaldi gonfalo- niere abbia onorata e compianta la morte del nostro professor Valeriani Molinari mancatoci è appunto un anno. E montre la uatria dolente era intesa ad udire le lodi di quel sommo (lodi tanto più belle perchè dette dal va- lentissimo prof. Vaccolini, che tanto onora la Romagna) veniva dolcemente a ridestarle in cuore le morte spe- ranze la soave armonia degli animosi versi , dettati con estro felice dal chiarissimo conte Paolo Folicaldi. Inteso egli a rammentare le glorie dell' arcangelo Michele, pro- tettore del luogo , con forti concetti , con sublimi im- magini , veniva rappresentando le lodi della terra uatale , e poneva a cielo la valentezza del sig. conte Ignazio Azalli sperassimo maestro di musica , alla scuola del quale la gioventù bagnacavallese impara le più belle armonie. Per- locchè mentre colla patria nostra di tanto bene ci ralle- griamo , vogliamo pure congratularci col giovine poeta , e pregarlo a seguitare nell* intrapresa carriera, sicuro di uscirne a buon fine. E perchè si abbia un saggio di si bella poesia, porremo qui due strofe sole di quell' inno. Narra il poeta come il duce delle schiere celesti donasse pace all'Italia, e a Roma il suo giusto signore : e dice così : Alfio di pace l'Iride Ri fluì se, e fu tuo dono, Quando i vessilli apparvero Di lui cjbe siede in Irono Custode dell' !'V V a n i r. t A* 229 /ui ricovrar 1« ani alti li Arti sorelle , e man© A miti studj posero, Onde l'ingegno umani» A' voti arditi ed ardui Le piume rivestì. Giuseppe Ignazio Montanari. Li M. R. P. Antonio Aghich raguseo , de' minori osser- vanti, giaceva in letto con una frattura del collo del fe- nore. Il chirurgo sig. dottor Angelo cav. Belli per non au- mentargli tristezza dicea, che presto sarebbe guarito : ma la malattìa seguo quel lungo periodo che doveva. Il P. Aghich, amichevolmente irritato , gli mandò i seguenti en- decasillabi scritti con sapore catulliano. Di questo dotto religioso vivente ora in Assisi fa molti encomj S. E. il sig. cav. G. B. Niebhur insigne filosofo , già ministro ed inviato straordinario di Prussia presso la corte di Roma, nella sua opera intitolata : Al. Tullii Ciceronis orationum prò M. Fonteio etc. Bomae 1820 8° de-Romanis. AD ANDREAM «ELL1UM CH1RURGUM. Die , sodes , sibi quidnam , acute Belli , Vellent munera , queis identidem me Suevisti cumulare ? An exprobranlis Blande sunt ea , deque me querentis Argumenta animi; nihil tibi cum Ingratus dederim hoc ad usque tempii* , Quod pensare queas tuos labores (Immanes equidem diutinosque ) a3o Varietà.' Fractum. dum solidas feniur , genuque Immotum satagis mihi expedire ? Certe (ut praeteream priùs quae opima Largus munera saepe contulisti ) Nuper nobile , splendidura , eruditum , Optatumque diu volumen ultrò Donasti; innumerasque*, verùm iueptas (Non aptas mihi nempe) muneri aureo Laudes prodigus addidisti. Ego autem , Aunis utpote jam gravis , proinde Dives consitii , etsi egenus auri , Mi Beili , herclè habeo , remunerar! Qua mercede queam tuos labores , Quantumvis nimios diutinosque , Ut posthac tibi debeam nec hilum. Scis, doctis monitum sagax piumque Omni anro utilius viris haberi ? Ergo jam docilem mihi arrige aurem , Atque inclina: etenim , absque teste , in imam Opto aurem monitum levi sussurro Insidiare tibi sagax piumque , Quod fixum memori stet usque corde. „ Exiu tu cave , mentiaris uuquam , „ Oblectare animos vel iude possis „ Majestate graves ; bonam vel in spem „ Erexisse alios humi cadentes , „ Fortunamve tibi parare ditem „ . Nam fortuna mala arte comparata Vanescit citò: nec, licèt superbis Assentatio grata sit , periude Assentator erit. Quis autem inani Spe lusus queat infidelem amare? Quare tu cave , mentiaris uuquam ; Et fixum memori stet usque corde Quod trado monitum sagax piumque , Varietà' a3i Quodque est uttlius pecunia omni ; Et quo te satis , ac tuos labores , Tuoi supra meritum, remuneravi, Ut posthac tibi debeam nec hilura. Haec ludibundus , per quam familiariter et currenti prope calamo , fr. Antonius Aghich scribebat Bellio , ho- mini humanissimo. Porro occasionem scribendi praebuit insigne opus , quod vir egregius Garolus Fea pridem typis vulgavit , et quo probare praecipuè contendit , corpus nu- per inventum sub ara maxima templi assisinatis , vera esse lipsana sanctissimi miuorum patriarchae Fraucisci , quod- que opus idem Bellius ipsimet fratri Antonio dono dedit post pleraque alia ia eura collata beneficia ; praesertinv vero post assiduam prope novera mensium , et prorsus gra- tuitam , operam in fracti femoris curatione adhibitam. Men- daciorum autem arguitur Bellius , eo quod in levameu de- cumbentis saepiuscule affirmaverit , eum brevi convalitu- rum ; semidigitali tantum claudicatione (quae tameti arte corri gì possit) deinceps incessurum: aliaque his similia iden- tidem ingesserit , officiosa potiùs commenta , quàm vera mendacia. At si baec aliquatenus excusari queunt; haud certe culpa vacant verba , honorificentissima illa quidem , sed quae hujus epigrammalis scriptori minime aptarì pos- sunt ; quae tamen Bellius suapte manu in ejusdem scri- ptoris commendationem fronti operis dono dati apposuit. Poesie galanti dell' avvocato Missiroli. Pesaro 1829. G. B. Montanari ad un suo carissimo amico. XXo ricevuto il librettino di poesie galanti che vi siete compiaciuto mandarmi in dono , e ve ne ringrazio. L'ho letto con piacere , e vi ho ritrovato de' buoni versi. L'a- a32 Varietà' nacreontica il mazzolino di fiori mi pare bella. Tutte sanno di delicato , e dal soggetto loro tengouo abito di genti- lezza , e sono leggiadre nella loro semplicità. Lo stile è ornatamente facile , e umilemente adorno. Il titolo poi di poesie galanti scusa l'autore di qualche leggiera menda che altri vi potesse incontrare. E per dir vero , se io non sapessi , uon crederei che le fossero uscite di mano all'au- tore dell' Abigliatnento pastorale, di cui io ebbi a parlare, forse troppo agramente , ma con verità. Voi mi dite che non vorreste che questi scherzi poe- tici avessero a provare il furore della mia censura ; e mostrate al modo di esprimervi temere voi che ad irri- tarmi basti il nome dell' autore. Potevate però pensare che io non sono censore sì ingiusto da volgermi piutto- sto contro gli scrittori, che contro le scritture : né credo io che alcun uomo possa pretendere che le opere sue vadano esenti da critica. La perfezione non si consegne mai nelle opere umane ; ad ogni uomo avviene di fare ora bene ora male , e Aliquando bonus dormitat Home- rus : onde il censore onorato riprenderà del male , e loderà del bene. Io ho sempre stimato l'avvocato Missiroli , quan- tunque pur noi conosca di persona ; l'ho sempre avuto in conto di buon cultore delle lettere. E verissimo che ho detto ch'ei non è stato sempre felice poeta ; ma chi può vantarsi di questo ? e che male è qui? Lo stesso sig. avvocato, gentile com'è, sarebbe il primo a convenir meco, che le cose che gli sono uscite della penna non sono tutte lodevoli. E se io gli ho detto che non mi sa bene vederlo perdere il tempo in versi d'amore , non è per questo che ove egli estimi ciò convenirgli , e giovarli ad alleggiare la vita , io voglia più oltre fargliene coscienza. Sua cuique libido est. Anzi se la mia censura l'ha po- tuto fare un pò più ritenuto ed accurato , io ne sono mollo contento. Così la luce della giusta critica rischiarasse la vista a coloro che , essendo ciechi , amano di rimanersi Varietà' a3^> nella loro cecità. Io per me con quella stessa schiettezza con cui affermai che que' Tersi del Missiroli , che allor mi vennero fra le mani , non mi sembravano di buona maniera , così ora asserisco che in queste «anzoucine amo- rose è molta grazia , naturalezza , e sapore di poesia ana- creontica. Questo è il parer mio ; abbiatevelo in buona parte f e staterai sano. Memoriale di frate Giovanni di Niccolò da Camerino ^francescano. Fascicolo 1° Ancona pel Balufjì 182S in 8" di pag, 3i. L\ on la sola Toscana , che è quasi giardino nel bel mezzo d'Italia , ma l'intera Italia , che è quasi giardino di tutto il mondo , accolse e nutrì largamente la prima semenza t onde poi nacquero i fiori di quel parlare gentile t che dall' Alpe al Lilibeo non fu mai straniero dovunque ebbe albergo la gentilezza. Di che nell' Apologia di Dante , anzi dell' italico idioma , recò mille argomenti irrepugna- bili quel chiaro spirito del Perticar?. E noi vogliamo ag- giugner quest' uno , che ci viene innanzi nel Memoriale di frate Giovanni da Camerino. Questo egli scrisse in Recanati nel 1 3j 1 : e il codice sta presso il signor conte Monaldo Leopardi , che ne ha pubblicato un saggio con- tenente le vite de* santi Gerio fianzese , Juliano belgico, Vito Modesto et Crescenzia siculi: la lezione di Ruth: ed alcuni Ammonimenti de uno sapiente uomo. A noi piace recare in queste carte almeno il primo di quegli ammonimenti: che è il seguente: Loda lo meglio , ed accontentati dello bene. „ Uno pescatore se accorgeva essere la sua rete grave, „ e la traeva dall' acqua ; ma veggendo che ancora no» a34 V a a i e t a' „ era piena, ]a ricalava per pigliare altro pochette» rie ,, pesce. De recapo la cavava , e poi la tornava a ca- ,, lare. Per ultimo la rete se scipò , e fuggissene tutto „ lo pesce „. E della lezione di Ruth daremo uno ed un altro periodo , in cui si vedrà pure assai di quella cara ingenuità , che raccomanda cotanto le italiane scritture del beato trecento. „ Adunque Ruth impalmata da Booz gli partoriva uno iì pai'g°I° i e le donne con molti festeggiari dicevano a ,, Noemi : Laudiamo Iddio che t'ha dato uno postero , e lo conserva'ore della tua stirpe fra le casate d'isdraello. „ E benediciamo Iddio, che t'ha largito esto mammolo „ per consolatorio dell' anima tua e per susteotazione della ,, tua canutezza : imperciocché t'è nato dalla nuora che ,, vuoiti bene abbandonatamente , e questo è migliore per ,, te assaissimo dello avere sette figliuoli „ . E faremo voti , che il rimanente del codice di q iel frate Giovanni sia fatto di pubblica ragione , come bramano gli ama- tori del parlare gentile , e come conviensi all'istoria della lingua nativa del bel paese , „ Ch' Apennin parte e '1 mar circonda t l'alpe. Domenico Vaccomwi. a35 INDICE. SCIENZE Calandrelle, Sperimento della scala per misura- re la distanza del sole dalla terra . p. 3 Sorgotii , Osservazioni mediche snir angina, p. 8 Frioli, Epidemia di Rimini p. 17 Bassanelli , Sopra il tremuoto di Albano ec p. 3-j Herchiiii , Storia di una mielite. . . . . /?. 74 Tonelii, Confronto critico fra varie opinioni dei dottori Santini e Lanza. ...... p. 80 LETTERATURA J5/a* , Tomo secondo degli scrittori antichi da lui pubblicati. p. Q$ Versi latini di Antonio Chersa . . . . p- 122 Bagnoli, Canzona e sue notizie. . . . . p. 127 Martuccio Notizie della Cina {continuazione), p. 1 34- Properzio , Elegie tradotte da Mario Pieri e da Agostino Penassi: . ... • • . p. ì^S Cappello, Memoria istoriche di Accumuli (con- tinuazioni) p. 1 54 Archeografo Triestino. . . . • • • . p> 88 f Volgarizzamento antico di Dionisio Catone , e del Manuale di Epitteto per A. M. Salvini, p. 291 Malvica, Lettera a Salvatore Betti. . . . £>• 196 Pungi leoni , Disamina sul senso det tatto, p. 202 BELLE ARTI. Gallo, Elogio i storico di Pietro Novelli pittore, p. 214 Varietà. Tavole ec. NIHIL OBSTAT Abb. D. Paulus Delsignore Cens. Theol. NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Colleg. NIHIL OBSTAT Petrus Odescalchi Cens. Philoloe. o IMPRIMATUR Fr. Dom. Buttaoni Ord. Prted. Rev. Mag. S. P- A. Socius. IMPRIMATUR Joseph Della Porta Patr. Constantinop. Vicesgerens. Osservazioni Meteorologiche. )( Collegio Romano Ottobre 1829.J 3 6 igro. a cap. Venti IVor. deb ni n. • a! \J II 2 » 9 8 » <, 4 ,, „ 0 5 , 8 0 » 7 3 » S) 2 »! 8 2 1.5 (5 J5 ,. d. à.S.O. d. h5 32 36' 1 »7~dV~ 38 21 ~4 So- ia „ d. »j BZa 9» 1» 3 ,. rf. 4° ,, /«. 20 „ :., „ d. a 6 O. d. 0 0 0 0 * 1 i> <4 »» »i 1 51 »1 0 N. 7. 0 1 G -y.5.0. rf. 4 «S\ r/. 0 0 si -y.-y.o. d. 3 0 0 Pioggia Evapor. li. 4, d 3, 2 =» 4 2 00 •» 7 ì 00 1, 5 _ — , — poc.goc. 2. 9 St.Jcl Cielo ser nW.spa mi foioso ser.mn'.spa 75 4. - a, 6 liti t'alo roperto caperlo 2, ?? 3 „ 0 9 ^3 i 5 M „ « 6 8 ?i 3 1 5 „ ,, :, ». „ r ., ,, ■2 ''9 2 1 0 ,, 0 0 27 IO 1 1 8 5 s8 0 4 1 1 5 4 ! " »i s " » 0 8 1 , « 6 i * -, *9 8 16 5 7 5 '7 i3 i3 8 ',' 28 -/; 3o 27 1 » 4 3 4 18 5 12 5 "5 èT 17 5 4 5 IgrOé a cap. Venfo 'Pioggia I JSyappr. j St.del Ciela 18 S.O. ,,. o 0 i) E. d. y. a. o O o o o N7d~ O. d. U. 7 75 1 », q. o IV. d. S.O./.O /V. d. s. d. E. d. ri n N. (j. o E. d~ W.E. (j. o ri o A\£". rfT~~ 1, 6 «, 4 £.-£'. 771. -V. rf. 1» o o o tV~~d7 o o IV. rf. 9 oopcrto spa ser.uu.'.spa. chiarissimo nuvoloso chiarissimo >, 8 nuvoloso ir?;-, vaporo 4 5o 1 ti 00 iV ig .ff 5 w.,f; | o o o 5o l- 9 1, 6 ., 6 opcr.o ris hiar filo nuvoloso c perto rischiarato ser>uuv.spa hi (ir issimi ser. luttr. scr.n.sp. chiarissimi coperto nuvoloso < In urlisi ili mimméimtiiimtmriSkmmfì ■ mttm Osservazioni Meteorologiche. )( Collegio Romano Novembre 1820. ma. ma. ffi ■ „ i 6 ,.22 .1 3 o US ma.\ » V "1 „ 0 O -7 ! 1 5 ,. ., 8 :8 O r ». 1 3 »i 91 5" 11 O 12 4 .9 5 7 I 2 4 II 6 9 7 28 3 4 3 0 0 ». y. 0 0 0 2 ». HUv.sua, nuvoloso o, 5 I cuperio nuvolóso o o S. d. sei: vaporo, nuvoloso 1, porto ■3 0 Ov« Baromct. Terra. Igro. a cap, Vento Pioggia Kva por. St.del Cielo ,6 'y 18 ».? 20 -il 22 .3 -4 .5 _6 27 28 £«• ser. IH. &' s. in. 3' s. in. §• s. in. 3' s. in. 3- s. m. §• s. in. §• s. in. 3- s. in. §• s. ni. &• s. in. 3- s. m. 3- s. ìli. 1 * 1 s. I/I, •■>'■ p. 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" 7- " iV. „ 0 0 51 15" 2 5o 05 8 5, IO 15 5 • 9 8 10 9 3 6 5 25 0, 2 ., 1 n 0 5 n 1 1 i3 IO 3 8 3 ■S. ni. 0 0 11 15 3 ;5 0, 4 11 KaBR-- -,XJ 24 1 SCIENZE Jfi aggio per diverse parti (V Italia , Svizzera , Fran- cia, Inghilterra, e Germania. Napoli, 1828 e 1829. Tomi 4-° fa 8«°» di fogli lai. L lo scopo , cui mirano le relazioni di un viag- gio, consiste in onorare la patria ed in favorire i cittadini. Viene infatti la prima per le itinerazioni arricchita di un qualche codice di utili costumanze straniere da doversi abbracciare, o di nocevoli abi- tudini da inibirsi: i secondi vengono per tal modo o istrutti a più agevolmente rintracciarne le cose più degne di singolare contemplazione ove propongansi una simigliaate impresa ; o vengono a trarne di- letto ed erudizione, ove da peculiari circostanze vie- tato lor sia imitare i primi. Egli è per tali ragioni che avido ognun si mostra d'aver colloquio fermo e non breve con un cittadino, che ne torni da lun- go viaggio , perchè ama udire di tali asseveranze il quadro. Siccome però non a tutti è concessa tal sorte di avvicinar personalmente chi abbia cotali in- traprese eseguito, necessita ne sorge di pubblicamen- te conoscere i risultati della laboriosa peregrinazio- ne dello scienziato. Riconoscenti perciò dobbiamo es- sere al cel. prof. Tenore di Napoli, al quale appar- tiene la relazione del viaggio, di cui andiamo a ren- G.A.T.XLIV. i6 s\i Scienze dere uti breve cenno; relazione, nella quale non man- ca accuratezza nelF aver osservato , chiarezza nell' aver riferito, e spirito di erudizione con cui mostra aver viaggiato l'A. Ometteremo d'intcrtencrei in ri- marcare le notizie sparse sui tanti subjetti , e solo ci restringeremo ad un rapido sguardo sa quanto spet- ta alle scienze fisiche, a'progressi loro, e agli stabi- limenti rispettivi nelle piò cospicue citta delle varie regioni dal N. A. percorse. Roma è fra queste la prima che ci si offre , in cui il collegio della Sapienza è il nome della uni- versità pontificia romana , celebre in ogni tempo pe* sorami uomini che vi hanno fiorito. Benché le scien- ze morali ed archeologiche vi si professino a pre- ferenza , con egual successo vi si coltivano le scienze fisiche , che in questi ultimi tempi non poco lustro han ricevuto dal Gismondi , dal Sebastiani, dal Mo- li hini, dal De Maltheis, dal Mauri, dal Lupi, e da altri. Si fa dal N. A. particolar menzione dell' ospedale di s. Spirito, del gabinetto di notomia ivi annesso, e della clinica medica in quello eretta , e che può presentarsi come modello di uno stabilimento di simil genere. La descrizione pur si offre dei regola- menti e del metodo della istruzione pubblica nelle uni- versità primarie e secondarie dello stato pontificio , noverandosi fra le ultime quella di Ferrara , di Pe- rugia, di Camerino, di Macerata , e di Fermo : lad- dove due soltanto sono le primarie, quella cioè detta della Sapienza in Roma, e quella di Bologna , le quali tutte godono dei corrispondenti musei e gabinetti. L'attuale orto botanico in Roma è ora in accordo con la magnificenza della rapitale, e collo stato odier- no della scienza : magnifiche stufe veggonsi in esso costrutte , sale pel pubblico insegnamento , decenti abitazioni pe' custodi , e non dispregevoli collezio- Viaggio per l'Italia a43 ni di piante. Ma singolarmente si fa in questa ca- pitale ammirare la celeberrima biblioteca t"*licana , che è il prezioso deposito di circa i5 mila mina- scritti , d,ii quali il ccleberimo monsig. Mai va coti sì gran merito dissotterrando tanti preziosi resti di aulica letteratura. Non v'ha scienziato che noti cono- sca i lavori di quello scrittore indefesso , che co' suoi ingegnosi ritrovati è pervenuto a leggere i co- sì detti palinsesti ; i quali altro non so w che co- dici antichissimi cancellati nei mezzi tempi per im- piegarne le pergamene in altre meno antiche scrit- ture. Il facile meccanismo , di cui egli a tale scopo si vale , consiste nell' avvivar i caratteri cancellati per mezzo dell' acido gallico. La famosa università di Bologna , in cui fio dalla meta del secolo XII sfolgorava la luce delle scienze e delle lettere , ha riscosso debitamente tributi di gloria non che dalla Italia, ma dalla stessa Europa. Trovò l'.A. una piena soddisfazione in questo illu- stre ateneo nel contemplare l'osservatorio, uno dei più antichi d'Italia, nel visitarvi di gabinetto fisi- co , nel passeggiare l'orto botanico e l'agrario, Beli' osservare la magnifica pinacoteca nell' edifizio dell accademia di belle arti. Vasto infatti , per tacere de- gli altri , e ben distribuito si è il locale del fisico gabinetto, in cui entro eleganti armadii si accolgono le serie interessantissime di quante sono macchine fisi- che di ogni genere e di tutte le diverse costruzio- ni , inventate dai primi tempi della scienza fino ai nostri giorni. Vide ivi per la prima volta il N. A. l'elettromotore perpetuo del Zamboni , la pila ele- mentare di Vollaston , la sua semplificazione operata cogli anelli del cel. Larive di Ginevra , la macchia di Dollond , che riunisce la dimostrazione di Unte le macchine meccaniche , tutt' i modelli di macchine iti* a 4 11 Scienze a vapore, e gli apparati per l' illumminazione a gas idrogeno , la bilancia di Pascal , quella del Cou- lon , l'apparato d'Ingenhous per misurare la condu- cibilità dei metalli pel calorico, un esattissimo ago d'inclinazione in cobalto; tutta la serie di macchine pneumatiche fino all' ultimi elegantissima del Diksou ; ed altre moltissime di cui troppo lunga sarebbe l'enu- merazione. La patria del Muratori , del Ramazzi ni , del Val- lisnieii , e del Tiraboschi divenne la tomba dell' in- signe agronomo Filippo Re , quando era ivi tutto dedito alla piantagione di un nuovo orto botani- co-agrario , diretto in oggi dal prof. Biroli. 11 pic- colo orto botanico di Parma è ora diretto dal prof, ìan ; più ricco di piante però è l'orto botanico di Colorilo, che fa parte di una villa della imperiai corte. Una scelta collezione di fossili della vicine col- line del monte Zugo è d'ammirarsi in Piacenza, ove e stata con grandi cure riunita dal sig. Cortesi. Vi si osservano tra gli altri alcune vertebre di animale cetaceo , che credesi abbia potuto essere un cachalot. Le scuole cliniche dell' ospedal maggiore di Mi- lano si resero celebri pe' lavori intorno ad esse pub- blicati da Moscati, Frank, Rasori, Strambio, Acer- bi, Spallanzani, ed altri. Nel palazzo di Brera, ser- vito altra volta di collegio de' padri gesuiti, riuni- sconsi l'orto botanico, la biblioteca, l'osservatorio, e l'accademia di belle arti. Grandioso è il lavoro geo- grafico , al quale danno opera i prof, dell1 osserva- torio nella biblioteca , per farlo servire alla costru- zione di un nuovo mappamondo di straordinarie di- mensioni. Ammirasi nel medesimo osservatorio la bella collezione di macchine , tra le quali sono da notarsi un gran telescopio di Herschel , ed un quadrante murale di Ramsden. Grande splendore ha tratto la Viaggio prin l'Itali* a45 biblioteca Ambrosiani per le importanti scoperte fat- tevi dal sommo monsi^. Mai, che lungamente ivi so- stenne la carica di bibliotecario , e che il primo il- lustrò e pubblicò il celebre manoscritto di Omero , per tacere degli altri lavori di quel dotto filologo. In grazia delle cure del eh. prof. Configlia- chi trovasi il gabinetto fisico di Pavia provveduto di ricche collezioni di macchine e di apparati di ogni ge- nere. Due aghi di cobalto sono ivi di singoiar pre- gio per l'esperienze elettro-dinanrche. Il gabinetto di notomia umana , e l'altro della patologi:!, è affi- dato al cel. Hildebrand prof, di clinica medica e di terapia speciale. Nel darsi ivi uno sguardo ai varii pezzi patologici di questa collezione, un senso di tri- stezza misto di dolorosa umiliazione invade Io spetta- tore, allorché osserva nello stesso scaffale, tra i pezzi patologici di oscure persone , il ventricolo dell' ili. Brugnatelli roso da una cangrenosa ulcera che gli troncò i giorni , l'uretra dello Spallanzani col carci- nomatoso tumore che lo involò ai viventi , e l'enor- me aneurisma dell' aorta che fu al Brunacci fatale. Aveva in Milano in N. A. ricevuta una con- fusa notizia di una pianta posseduta da S. A. I. il principe viceré in Monza , che dicesi vegetare col solo concorso dell'aria, senza bisogno né di acqua, ne di terra , né di altro mezzo artificiale ; e que- sta pianta venne dal medesimo al N. A. mostrata sospesa per un filo in una piccola gabbia , in cui vegeta e fiorisce. Cotal pianta, di origine brasiliana, credesi dall' augusto possessore potersi riferire alla Tillandsia monostacìija. Anche nell' orto botanico di Torino non mancano buone e rare piante- La biblioteca di quest' ultima citta é ricca di preziosi manoscritti: nel gabinetto del gran Giobert trovasi riunito quanto nel più esteso senso può abbracciare 2/JG S C I E N Z K l'applicazione della chimica all'agricoltura, alla far- macia , ed alle arti : nel museo di antichità conten- gono i preziosi monumenti egizii raccolti dal cel. viaggiatore Drovetti , ed una riguardevole collezione di molti altri che già possedeva quello stabilimen- to : ed il museo di storia naturale è degno di sin- goiar menzione. La serie de' cocodrilli è forse la più considerevole tra le antiche ; seguono quelle dei quadrupedi, degli uccelli e de' pesci, che sono delle più ricche ; ma niente può uguagliare l'importanza della serie degli animali invertebrati raccoltivi per le cure del sig. Bonelli. La collezione degl' insetti, quella dei molluschi , quella dei vermi non hanno forse le compagne negli altri simili stabilimenti d'Italia. La collezione de' minerali non è meno ricca ed im- portante di quella degli animali. Tra quelli proprii de! Piemonte, e più degni di singolare attenzione, ivi si offrono bellissimi pezzi di pirosseno , di allalite, d'idrocraso verde , di granato giallo ossia topazia- lite , di corindone amofano di Biella. E finalmente si degno di particolare attenzione lo stato delle scienze e delle lettere nella capitale del Piemonte , che po- che accademie ed università di Europa si sono rese celebri in sì corto periodo quanto quella di Torino. Il sig. Moricand in Ginevra è quel dotto na- turalista , che ha arricchito la botanica di un ap- plaudita Flora Veneta. Pochi botanici mettono tanta eleganza nel conservare le piante loro , quanta ve ne impiega il medesimo : il suo erbario ascende a circa i3, ooo specie. Oltre alle Flore quasi com- plete della Svizzera , della Francia , dell' Italia , e della Germania , questo erbario è ricco di piante de' pirenei , della Martinica , della nuova Olanda , e di altre diverse regioni dei due continenti. Alla direzione dello stesso Moricand sono affidate le col- Viaggio ptn l'Italia. 247 le/ioni zoologica e mineralogica: e malgrado della re- cente loro epoca, ricchissime si osservano di uccel- li , di pesci, e di minerali. Proseguendo quinci il prof. Tenore il suo viag- gio perviene alla cima del Montevert , le falde del quale trova egli ricoperte di ricercate piante. Ci de- scrive in tale incontro l'estensione del mare di ghiac- cio , la ordinata successione delle cime di quei mon- ti ; ci narra la smisurata conformazione delle immen- se ghiacciaie; ci dimostra il procedere e l'apparente retrocessione di queste , e nelle ricerche sulla spie- gazione di questi fenomeni emette il suo lodevole divisamento , dimostrando, che questa pretesa retro- cessione non debbe intendersi per un movimento re- trogrado della intiera ghiacciaja , ma bensì per una diminuzione dei suoi estremi lembi , e pel leggiero raddrizzamento delle masse dei geli eterni , dal peso delle annuali nevi liberale. Nel viaggio fatto a Pregny per visitare la casa di campagna del sig. De Saussure , merita essere qui riferito , che fra la bella serie di macchine fìsiche e chimiche nel suo laboratorio riunite, e fra quelle di particolare invenzione del medesimo , venne dal suo figlio mostrato il grazioso fotometro , di cui quell' intrepido viaggiatore si valse nella sua peregrina- zione al monte Bianco per misurare la forza della luce nelle più elevate regioni , e dippiù l'altra mac- chinetta diretta ad accrescere la forza calorifica dei raggi solari mercè delle loro ripetute rifrazioni. Il museo di storia naturale di Parigi, detto in oggi giardino del re , riunisce le scuole e le col- lezioni destinate agli insegnamenti di tutt' i tre regni della natura. I grandi viaggi degli scienziati hanno grandemente concorso ad arricchire per ogni lato questo maraviglioso stabilimento. Il sig. Leschenault $48 Scienze de la Tour , che fece parte della spedizione del cap. Baudin , ha lungamente soggiornato a Giava, ha per- corsa l'India , e fermossi a Ceylan. Immenso è stato il numero di animali vivi e preparati , di piante , di frutti , di semi, di oggetti diversi, di cui questo instancabile viaggiatore ha arricchito il real museo. Milbert e le Sueur , in un lungo soggiorno fatto alla Nuova- Yorch ed in altri luoghi degli stati uni- ti , hanno inviato un gran numero di animali vivi, tra' quali il bisone maschio e femmina , che hanno prolificato nel giardino del re, Velari d'America , i grandi cervi del Canada , ed un indefinito numero di uccelli, rettili, e pesci. Lo stesso hanno eseguito S. Hilaire nel percorrere il Brasile, Diard e Vaucel nelle indie orientali, Augusto Elee alla Martinica, Savigny al Senegal , e Bory de S. Vincent in altri luoghi di Affrica. Nella descrizione , che l'autore ci offre del men- zionato stabilimento (il giardino del re), conosciamo essere ivi annessa la scuola di botanica, nella quale ci si narrano l'estensione , il metodo d'insegnamento, le immense cure di quei professori , il grave dispendio del governo nell' alimentarla ; il gabinetto degli er- barii e delle collezioni botaniche di frutti, semi e legni, non che delle droghe medicinali , le quali ultime vi sono distribuite secondo le diverse parti della pianta che le somministrano. Nel serraglio degli animali (me- nacene) , che fa parte dell' anzidetto museo , e che o ' . . .... a vero dire e un vasto ed importantissimo ricin- to, la rotonda dell' elefante e degli altri grandi qua- drupedi, e le logge delle beU>e , costruite dal 1817 al 182 1, fissano la principale attenzione degli spet- tatori. Osservatisi nella rotonda l'elefante inviato al museo dal sig. Leschenault nel 1820 , due drome- dari! maschio e femmina e tre loro figli parigini j \ Viaggio peh l'Italia 249 il bisonte di America maschio e femmina, il tajacu ( Dicotyles labiatns ) , il pecari ( Dicotyles torqua- tus ), ed altri piccoli animali. Nelle logge delle bel- ve, divise in 12 scompartimenti , alloggiano due leo- ni africani maschio e femmina , che più volte han prolificato, ma i cui figli non hanno sopravvissu- to alla dentizione ; duo specie di chacal ( canis au- reus ) ; il jaguar dell' America meridionale (felis anca); gli orsi bruni di Europa ed il nero di Ame- rica , la lena listata ( canis liyaena ) di Affrica ; diver i lupi e volpi compiono poi la serie di que- sta importantissima collezione. Tutto il resto del ter- reno è diviso in io parchi, ossiano piccoli boschetti chiusi in particolari recinti , e destinati agli anima- li , che possono vivere in liberta. Ogni parco ha la sua capanna fabbricata nello stile corrispondente al paese cui l'animale istesso appartiene , come l'alpaca delle Cordellieres ( camelus alpaca , animale rimar- chevole per la lunghezza e finezza della sua lana ); le capre della Tartaria, e quelle delle Indie, che somministrano la preziosa lana degli scialli di Cache- mire ; le capre venute dall' Asia minore e dal Tibet, che sotto al lungo loro vello nascondono finissima lana , che con quelle delle Indie gareggia. Vi si veg- gono pur anco il parco delle zebre , i montoni di Astracan, i cervi del Bengala, il guepard delle In- die , ed altri non pochi animali che troppo lungo sarebbe il noverare. Altri recinti vi si rimarcano per gli uccelli , gabbie per quei di rapina, per le sci- mie e per li pappagalli ; in uccelliere particolari e non accessibili al pubblico si conservano i fagiani dorati ed altri preziosi uccelli della Cina ; e final- mente un elegante e polito bacino è destinato per gli uccelli acquatici. Gran soggetto di studio e di dotte osservazioni somraiuistrano queste collezioni ai na- 25o Scienze turalisti , e grandi materiali han fornito al museo di storia naturale, ove si ripongono preparati quel- li che ne periscono di mano in mano. Ad esse dob- biamo infatti le importantissime opere pubblicale da Lacepede, Cu,vier , Geoffroy , e GeofFroy S. Hilai- re. Ma , non potendosi per brevità tener dietro a tutte le dovizie che cotanto adornano il menzionato museo, diremo in compendio, che ivi racchi udònsi interessantissime collezioni di mineralogia , di diversi ossami di animali fra i fossili , di vegetabili ed ani- mali invertebrati fossili; istruttive collazioni di zoolo- gia, fra le quali quella dei pesci è una delle più ricche di Europa , ed è stata di recente messa in ordine secondo il metodo di Cuvier, che ne ha in- trapresa una generale descrizione, e che tanto di glo- ria si è meritato col rinomatissimo gabinetto di ne- tomia comparata ivi annesso. Una ricca biblioteca è unita, a questo importante stabilimento. Fra le altre cose degne di singolare osservazio- ne, oltre l'istituto reale, l'accademia delle scienze, l'università di Francia , la scuola di medicina co' suoi diversi gabinetti , ci parla il N. A. del ma- gnifico giardino del duca d'Orleans a Neuilly diretto dal sig. Iacques , per tacere degli altri giardini di ricchi commercianti o di appassionati cultori della botanica nella stessa Parigi : e quindi s'intertiene a riferire le ricchezze della biblioteca reale, la quale non solo sorpassa le altre e del giardino delle pian- te , e della scuola di medicina , e di quella di giu- risprudenza , e delle altre che posseggonsi dal col- legio di Enrico IV, dall' albergo degl' invalidi, dall' arsenale , dalla scuola politecnica , dal conservato- rio di arti e mestieri, ma ben anche dirsi può ve- ramente unica nel mondo. Sono ad essa riuniti il gabinetto delle medaglie e degli oggetti antichi , quel- Viaggio per l'Italia afii Io delle stampe e de' disegni , e l'archivio musica- le ; ma queste tre collezioni non occupano che la menoma parte dell' edifizio. Il catalogo , che per la conoscenza dei libri ne fu stampato nel 1^50 in io grossi volumi in foglio , e nel quale si trovano inseriti al di la degli 800 mila articoli , non con- tiene la meta dei libri di cui questa immensa bi- blioteca è provveduta. Fra i più preziosi articoli dei quali venne fatta ostensione al N. A., rammenta egli,, Les fait& de Iason , imprime par Gaxton „ uno dei primi libri stampati in Francia , anche prima che l'arie tipografica avesse passato la Manica , e che vien valutalo io mila franchi ; e varj altri articoli. Le poche cose finqui discorse intorno a cotesto interessante viaggio del eh. prof. Tenore additano abbastanza con quanto filosofico sguardo abbia egli sapulo osservare nella sua peregrinazione. Accurato egli neir esaminare , animoso nell' incontrar disastri, cauto nel credere senza documenti di fatto , sagace nel rimuovere le illusioni , modesto nell' aggiungervi qualche sua dubitazione o pensamento, si die la pre- gevolissima cura di tutto elegantemente esprimere. Con questi meriti di eleganza e di studio ha trion- fato degli ostacoli , che talvolta offre la sterilita della cosa in materia non sempre aggradevole , ed ha tro- vato il segreto di farsi leggere con tanto di pia- cere , quanto di frutto. ( Sarà continuato. ) Torèlli. a53 Nuovo desideratimi di chine vere e di specie affini , di Valeiiano Luigi Brera JÌJ. Z?., consigliere di governo di S. M. I. B. J., professo) e P, O. di terapia speciale e di clinica medica , direttore deir istituto clinico-medico, e membro della fa- coltà medica dell' I. /?. università di Padova ; pro- fessore emerito di medicina della P. università di Bologna ; membro del cesareo regio istituto Lombardo- veneto; uno de' XL della sorietì ita- liana delle scienze residente in Modena ec. -Lia scoperta degli alcali organici nella corteccia delle Cine/ione , e de' sali medicamentosi, che con quelli si compongono ( fra i quali non saranno abbastanza a preferenza lodati i chinati di chinina e di cinconina per le ragioni e pe' corrispondenti felici successi , che altrove si esporranno), avendo comprovato, come a ma- raviglia si concentri sotto piccolissima mole la virtù febbrifuga , di cui sono eminentemente dotate le vere "bine, rese quasi universale l'opinione, che la medi- cina possa oramai fare senza delle corteccie peruviane in sostanza, e degli già usati loro preparati farmaceu- tici. Si reputò quindi inutile lo studio ulteriore di- retto ad indagare le numerose specie di cinchone , dalle quali ci sono fornite. Una tale opinione è al certo di gran peso , quan- do solo si ponga mente all'incalcolabile avvantaggio conseguitosi dalla scoperta de' nuovi sali chinici , di poter determinare senza angustie le dosi d'un sicuro rimedio , onde estirpare il più delle volte le febbri accessionali eziandio di carattere pernicioso, quiìuci- NliOVO DES1DERATUM 2$3 que sia per essere lo stato diatesico dell' infermo (che già s'intende occorre combattere con altri indi- cati sussidj tosto che lo discopre il non comune ac- corgimento dell* osservatore clinico), e di giugnere così a superare le difficolta spesso frapposte al buon successo della cura dall' uso accidentale di differenti specie di cine/ione, di cosmibuene , di esostemmi , di portlandìe e di altre piante affini , le cui corteccie ci pervengono promiscuamente in commercio sotto della generica denominazione di corteccie peruviane, per effetto sia dell' originaria loro mescolanza, oppu- re delle frodi ordite dalla bassa cupidigia di lucro. Ma quivi solo non sono limitati gli effetti terapeutici delle cine/ione, dacché nò la chinina, nò la cinconina, nò i loro sali possono supplire alle portentose azioni medicamentose concesse dall'onnipotenza del supremo Creatore alle singole cinchone, non che alle altre stir- pi affini alle mede-urne. L'enumerazioDe delle speciali loro virtù salutifere forma argomento d'uno de' più, estesi lavori, clic si possono concepire: eperciò non è questo nò il luogo nò il momento di farne detta- gliato cenno. Solo si ricorderà , che nelle violenti feb- bri accessionali complicate a decisi vizj di dinamismo vitale, e di mistione organica de' tessuti, inefficaci si appalesano non di rado la chinina e la cinconina iso- late, e invece si sono impiegate con successo questa e quella deile migliori corteccie peruviane genuine, pel niolivo che contengono altri principii medicamen- tosi, invano ricercati in altre sostanze. JVfll' angustura, nell' oppio, e nell'ipecacuana scopri Duncan la presenza della cinconina : eppure nessun pratico si ò avvisato di sostituire queste so- stanze alla perfetta china per debellare una febbre ac- cessionàle perniciosa (i) ! Si avrà inoltre presente, come felicemente riesce', a preferenza d'ogn' altra, la 234 Scienze corteccia della e. ovali/olia , Humboldt et Bonpland, (conosciuta in commercio sotto il nome di china pe- luda,e distinta dalle altre per la proprietà aromati- ca, e per la mancanza di stitticità), per vincere le febbri intermittenti semplici e perniciose, che assal- gono individui delicati ed irritabilissimi, e perciò per lo più complicate ad imponenti spasmi di stomaco e di intestini, per effetto d'una per così dire esagerata impressionabilità del sistema nervoso della vita or- ganica ; la quale complicazione patologica si sublima per lo più fino al grado di atroce esaltamento cere- brale dietro l'esibizione di qualsiasi sale cliinico iso- Iato , o combinato eziandio alla morfina, oppure vie- ne susseguita da rapido ed insuperabile esaurimento delle forze vitali , se il sospetto di associazione di co- perta gastro-enteritide faccia al mal accorto pratico adottare la contemporanea prescrizione delle sottrazio- ni sanguigne, {/esperienza ci ba pure additato quali esclusivi effetti si ottengono dall' uso della corteccia della C cadaci fior a , Bonpland, in forza dello spe- cifico grado di stitticità , di cui fra le altre proprietà è fornita, per curare le febbri accessionali , che scop- piano in occasione di gangrena nosocomiale, castren- se, de' lazzaretti ec.,o negli individui affetti da fun- go ematode,e per frenare i prolassi delle membrane mucose prodotti da sensibilità ottusa. Noto egli è ab- bastanza , che la C. Condaminea, e le affini C scro- biculata , micrantha , dìchotoma , hirsuta , tennis , purpurea, non che la corteccia Winterana, esercitano un particolare potere sull* economia animale mediante energico sviluppo di calorifica/ione, e di azione car- diaco-arteriosa. Nessuna corteccia peruviana combat- te con successo cotanto mirabile le febbri perniciose, quanto quella che si ottiene dalla C. lanci/olia, per cui Mutis ed Alibert la ritennero di effetto presso- NlJÓVUM DnsiDER4TUM 355 che infallibile. L'estratto liquido della C. scrobiculata e più della C. purpurea è a giusta ragione preconiz- zato quale specifico por la cura dei fiori bianchi cro- nici, ossia della leucorrea utero-vaginale atonica. Questo saggio de' tanti fatti, che si faranno a suo tempo conoscere , chiaramente dimostra di quale e quanta utilità sia per essere la conoscenza possibil- mente accurata di tulte quelle singole specie, dalle quali sono tratte le corteccie delle chine; de* risulta- menti delle chimiche speciali loro analisi; e de' casi pratici, ne' quali le indicazioni curative , o le contro indicazioni stanno per questa o per quella corteccia. Grandissime e talvolta quasi insuperabili sono le difficoltà, che si incontrano, per determinare le spe- cie, dalle quali sono tolte le chine. Si tratta di pian- te proprie particolarmente dell' America meridionale, ove tali corteccie sono staccate da differenti parti di alberi di varia eia da ignoranti contadini sieno creo- li o nazionali, che ne confondono gli stessi nomi ver- nacoli , o li alterano con desinenze spaglinole o por- toghesi. Non sarà quindi tenuta abbastanza in pregio una relativa osservazione fatta all' autore di questo scritto dal celebratissimo signor barone A. de Hum- boldt in una sua lettera del 17 aprile i8a5, cioè, che bisogna diffidare de nomi botanici di specie dati alle differenti corteccie di china , atteso che se queste corteeeie sono di differente età, essiccata più o meno rapidamente , se V albero e stato es/x>s?o variamente nelle valli , o sulla sommità delle <7o— diliere , // loro aspetto non è punto lo stesso. Cosi essendo , non v'ha che il concorso de' lumi e della buona volontà de'cukori delle scienze naturali e della medicina, che possa condurci a felice meta in simili ricerche ! s5G Scienze Una tale convinzione fa quella, che fino dal 3.5 maggio 1825 dettò un primo invito nelP argomento intitolato Desiderata , all'oggetto di interessare que- sto rispettabile ceto di studiosi nazionali ed esteri , perchè concorressero col suo autore a gettare i ru- dimenti d'una nuova chinològìa , la quale avesse per primo pregio il requisito di ridurre al giusto suo va- lore l'oscurissima ed intricata nomenclatura delle chine. A questo invito fu corrisposto con una generosità e con interessamento veramente sorprendenti da gran numero di fisici, di naturalisti, di medici e di far- macisti delle più colte nazioni, i cui nomi si faran- no conoscere in seguito unitamente a quelli degli altri, che in avvenire si compiaceranno di concorrer- vi colla pienezza della loro coóperazione. la simil guisa si diede vita ad una di già considerevole e for- se unica raccolta di queste preziose piante e delle loro corteccie, e si potè unire una somma non pic- cola di sicure notizie costituenti un voluminoso mss. onde illustrare la storia commerciale, fisica , chimica e medica delle cinchone e delle specie affini. A tal effetto sono a quest' ora di già allestiti i3o disegni coloriti in altrettante tavole con verità ed eleganza superiori ad ogni elogio, per testimonianza di quanti intelligenti si compiacquero di contemplarli , e quali sono specificati nell'unito Elenco scientifico delle chi- ne e de* loro surrogati esotici (2). Ma il di già conseguilo dimostra, che molto re- sta ancora da conseguirsi ;.e la favorita cooperazio- ne fa sperare sempre più felici cooperazioui ! Con pie- na fiducia del migliore successo si indirizzano quin- di col presente desideratimi nuove istanze ai fisici , ai chimici e farmacisti , ai naturalisti ed ai medici d'ogni colta nazione, perchè prendendo in considera- zione l'unito Elenco scientifico delle chine e decloro NUOVO DESIDERA.TUM -}4jn surrogati esotici si compiacciano di l ranniditele in Padova all' autore dì questo nuovo invito. i. Quelle piante effettive, o in esatto disegno a colori, di cui si scorgerà tuttavia mancante l'elenco, oppure di suggerire il modo e le occasioni per otte- nerle. 2. Le corteccie di chine o di surrogati esotici , delle quali lo si vedrà privo , non che le loro va- rietà, gradazioni , ed i licheni che sogliono cuoprii le. 3. Ogni e qualunque altra pianta o corteccia >p- partenente alle chine, o ai loro surrogati esotici , di cui non si facesse parola in detto elenco scientifico: 4- Le risultanze delle loro investigazioni nella di- samina delle diverse partite delle chine , che si com- merciano dietro Velenco commerciale delle medesime quivi pure specificato, per determinare quali altre spe- cie , oltre le quivi accennate , vi si sogliono in- contrare. 5. Le analisi chimiche delle differenti chine vere o corteccie affini non pur anco pubblicate, perchè si possano istituire utili confronti. 6. L'esposizione possib'ilmente dettagliata de' casi medico-chirurgici , ne'quali l'osservazione e l'esperien- za raecomandano l'uso di questa piuttosto che di quelP altra specie di china, unitamente a qualunque noti- zia botanico-medica relativa alle chine , ed ai loro surrogati esotici particolarmente. L'autore di questo invito rimborserà le occorrenti spese, che i benevoli suoi cooperatori fossero per in- contrare all'oggetto di favorirlo; e richiesto non man- cherà di prestarsi al cambio eziandio di quelle cor- teccie, che fosse per possedere iti vistosa partita, e qua- li sono segnate nel!' elenco scientifico. Si prega finalmente di unire alle spedizioni un cenno relativo alla precisa provenienza d'ogni specie G.À.T.&LIV. 17 a58 Scienze o varietà di dette piante e corteccie , giacché un tal mezzo si è trovato sommamente vantaggioso. Ogni corrispondente o cooperatore estero potrà trasmettere scritte nella propria lingua le notizie, che si compiacerà di favorire. ELENCO SCIENTIFICO DELLE CHINE, E DE'LORO SURROGATI ESOTICI. N. B. Un * significa , che si possiede picciola quan- tità della corteccia cui è apposto. Due ** indicano essere conveniente la quantità posseduta. E quando se ne abbia una partita vistosa , dessa è segnata con tre V- ACHRAS SAPOTA - Corteccia usata qual febbri- fugo nelle Indie occidentali , e spesso mista in commercio alle vere chine. * ACUMINATA , cinhona , Poiret ; cosmibuena acuminata , Ruiz et Pavon. - China capricor- nuta del commercio. - BRERA Mss. tav. I della pianta; II della corteccia favorita dal sig. dott. Gio. ROSA archiatro di S. A, I. il serenissi-^ mo arciduca vice-re del regno Lombardo - Ve- neto ec. ACUMINATA, Portandia , Willdenow Herb, mss. - China di Caracca. ACUTIFOLIA, cinchona , Ruiz et Pavon. - Chi- na a foglie acute, Ruiz Suppl. a la Quinol* p. 8. - BRERA Mss, tavola della pianta. AFRO-INDA, cinchona? Willemet. - China del Madagascar. È incerto, se sia una cinchona , o piuttosto una danais ! ANGUSTIFOLIA , cinchona , Ruiz. - Si suole considerarla identica colla C lanci/olia M> Ma NUOVO DESIDERATI^ 2$9 tanto la pianta quanto la corteccia offrono ca- ratteri distinti e meritevoli d'ulteriori indagni. - BRERA. Mss. tavola della pianta. ANGUSTI FOLI UM , exostemma , Willdenow herb. mss.; cinchona angusti folla, Swart, Vabl, Lambert, Lamark, Poiret. - BRERA Mss. ta- vola della pianta. AUSTRALE , exostemma , St. Hilaire. - China brasiliana ; china blcolorata ? - BRERA Mss- tavola della pianta. V BICOLOR-CHINA , Brera. China blcolorata, - BRERA Mss. tavole due di questa corteccia favorita dal sig. ZANETTI farmacista in Tre- viso ec. Fed. AUSTRALE ; CUSPIDATUM Exostemma.- Ved. PITOYA-CHINA. * BONPLANDIATRIFOLIATA, Willdenow: cw- sparla febrifuga, Humboldt et Bonpland. - An- gustila vera ; china amaro-aromatica. Cortec- cia spesso mescolata alle chine vere. -BRERA Mss. tav. I della pianta; II dell' angustura vera e falsa favorite dai signori dott. BIASOLETTO e RUSCONI farmacisti in Trieste. BRACHYCARPON, exostemma, Romer et Schul- tes; cinchona brachycarpa, Swartz, Vahl, Wil- ldenow, Wright, Lambert. - BRERA Mss. ta- vola della pianta. ** BRASILIENSIS, c/«c/b™, Hoffmanusegg. - Chi- na del Brasile; Comparetti. - Pare che questa pianta non sia abbastanza precisata , e meriti ulteriori ricerche. È forse la china rossa del laboratorio di Lisbona descritta da Gomez?- BRERA Mss. tavola della corteccia favorita dai signori dott. DECOL, e farmacista ZENI dì Padova. 17* 260 S C t É N Z E * CADUCIFLORA, cinchona, Bonplarul. - China rossa de peruviani. - BRERA. Mss. tav. I della pianta ; II della corteccia favorita dal suddet- to sig. dolt. ROSA archialro ec. CAR0L1NIAIVA , chichona , Poiret ; Pinkneya pubens, Michaux; P. pubescens, Persoon; mus- saenda brachteolata. Bartram. - BRERA Mss. tav. della pianta. CKVIT ATUM, exostemma, Sprengel.- China dell* America australe. ¥ CARYBAEUM, exostemma, Willdenow; cincho- na caribaea, Jacquin, Swartz, Vahl, Muray, Lambert; cinchona jatnaicensis, Wrigbt.- BRE- RA Mss. tav. I della pianta; li della cortec- cia favorita dal sig. dott. MARTIUS farma- cista in Erlangen. * CEDRELA FEBRIFUGA, Blume, cedrela toc- na, Roxburg. - China di Giava; chinachina delle Indie orientali. - BRERA Mss. tav. I della pianta : II della corteccia favorita dai sig. dott. B. GRENVILLE di Londra , pro- fessore HARLES di Bonn nella Prussia Re- nana, e professore NEES D'ESENBECK attual- mente in Breslavia. COGCINE A, pnrtlandia, Swartz.- P.Jloribus pen- tandris,foliis ovatis coriaceis. Romer e Scbultes. V CONDAMINEA , cinchona , Humboldt et Bon- pland. - China loxa fina ; eh. di Uritusinga ; eh. della regina. BRERA Mss. tav. I della pian- ta; lì III della corteccia nelle differenti sue gradazioni favorita dal sig. dott. BIASOLET- TO farmacista in Trieste; IV della detta cor- teccia quale veniva trasmessa da Madrid alla farmacia di corte del già infante Dn. Ferdi- nando duca di Parma , favorita dal sig. cava- liere GASAPINO di Parma. NUOVO DES1DERATUM 36 1 CONOCAKPUS ERECTA. Corteccia di uà al- bero, che cresce nelle Indie occidentali e nel Brasile, e spesso mista alle chine vere. ** COPALCHE o copalchi. Corteccia di provenien- za incerta. Il sig. PELLETIER di Parigi , che ne favori un saggio , lo accompagnò con una nota, nella quale scrisse, che probabilmente ap- parteneva ad uno Strychnos , sebbene coli' ana- lisi non vi avesse scoperta la benché minima traccia di stricnina , di brucina, di chinina. Un altro saggio fu acquistato in Cadice sotto il nome di china cop alche , di china amara. Il sig. Orsini di Ascoli considera questa corteccia propria d'una varietà del Croton-cascarilla ; ed il sig. barone de Humboldt opina, che se non appartiene al Croton suberosus, Humb. et jBonpl. è al certo da ripetersi da una pianta affine. Diffatto i risultamene dell'analisi recen- temente istituitane dal sig. dott. Brandes l'ap- palesano per una corteccia probabilmente pro- pria d'una specie di croton. - BRERA Mss. ta- vola della corteccia dalle accennate prove- nienze. V CORDIFOLIA, cinchona, Mutis. - China gialla vera di Cartagena. - BRERA Mss. tav. I della pianta; II III IV delle corteccìe Jibro sa, du- ra o soda piatta , dura o soda rotolata , e re- gia maccacuna ossia argentina , favorite dai sig. cav. Giuseppe FRANK consigliere di sta- to di S. M. l'imperatore delle Russie ec, dott. FOLCHI professore di materia medica nell' ar- chiginnasio romano, P. Ottavio FERRARI di- rettore della farmacia dello spedale di S. Gio. di Dio in Milano, e dott. BIASOLETTO far- macista in Trieste. 262 Scienze CORIACEUM , exostemma, Romer et Schultes ; cinchona coriacea Poiret. - China dì S. Do- mingo. - Si suole confondere colla cinch. niti- da , colla quale conviene in apparenza. CORNUS SERICEA. Corteccia proveniente dalla Virginia , e spesso mescolata alle chine vere. CORYMBIFERUM, exostemma, Romer et Schul- tes; cinchona corymbifera, Forster, Linnaei fil., Vabl, Willdenow, Lambert.- China di Tonga- tahu {nel mare pacifico) . - BRERA Mss. ta- vola della pianta. CORYMBOSUM , exostemma , Sprengel ; portlan- dia corymbosa, Ruiz et Pavon. - BRERA Mss. tavola della pianta. CUSCO, cinchona? nuova china or'ora descrit- ta dal sig. dott. Brandes. CUSPIDATUM; exostemma, St. Hilaire. - Chi- na brasiliana de maio; china bicolorata? BRE- RA Mss. tav. della pianta. - Si hanno grandi argomenti per sospettare , che la china bico- lorata, Brera, sia la corteccia degli esostemmi australe e cuspidato. Si attendono dal Brasile definitivi schiarimenti, constando di certo es- sere di provenienza brasiliana la china bico- lorata giunta in Trieste, e quindi sparsa per ogni dove. -BRERA Mss. tavola III della eh. bi- colorata favorita dai sig. DE BERGEN di Am- burgo , BATKA di Praga, cav. barone JA- CQUIN professore di botanica ec. in Vienna, cavai, e profess. MARTIUS di Monaco, defun- to cav. dott. PALLONI di Livorno, e ZANET- TI farmacista in Treviso. * DICHOTOMA, cinchona, Ruiz et Pavon. - Bre- ra Mss. tav. I della pianta; II della corteccia favorita dal sig. dott. BI ASOLETTO di Trieste. NUOVO DESIDERATI'!)* tì(33 DISSIMIL1FLORUM , exoslemma » Romei- et Schultes ; cinchona dissimili/lora, Mutis. EVODIA FEBRIFUGA, St. Hilaire. Corteccia d'una stirpe brasiliana eminentemente febbrifu* ga, che si assomiglia a\Y angu stura , ed è forse quella, che in Rio Janeiro si chiama casca de larangeira da terra , nella quale Gomez di Li- sbona asserì d'avere scoperta la cinconina. - BRERA Mss. tav. d. pianta. EXGELSA, cinchona, Roxburg. - China banda- roo delle Indie orientali - BRERA Mss. tavola della pianta. FERRUGINEA, cinchona, St. Hilaire,- China huamalis; Guanucco di prima sorta. - B ME- RA Mss. tav. I della C. ferruginea; II e III delle cinchona remijana e cinchona vellozzi , St. Hilaire , affini alla prima ; IV e V della corteccia della prima , e probabilmente anco delle altre due , conosciuta sotto i nomi di sopra esposti , e favorita dai sudd. sig. consi- gliere e cav. G. FRANK, archiatro dott. RO- SA, e sig. CAPPELLETTO farmacista in Ve- nezia. FLORIBUNDUM , exostemma Willdenow ; cin- chona floribunda Swartz, Vahl, Poiret, Lam- bert ; cinchona montana Badier; cinch. S. Lw ciae , Dawidson ; cinch. luziana , Banks. - China di St. Lucia; china piloti. BRERA Mss. tav. I della pianta ; II e III della corteccia nelle differenti sue gradazioni favorita dai si- gnori PELLETIER e VIREY di Parigi, MO- RETTI professore di botanica e d'agraria nell' I. R. università di Pavia, e ORSINI beneme* merito naturalista in Ascoli» 2G4 S C I E N Z E * FUSCA , cinchona, Ruiz et Pavon. - China bi- gia de farmacisti \ china bigia rotolata de dro- ghieri. - Tale corteccia si pretese identica colla ci neh. lanci folia, ma offre caratteri proprj e distinti.- BRERA Mss. tavola della corteccia favorita dal sudd. sig. cav. e consigl. di stato G. FRANK , e dal sig. Dr. BIASOLETTO farmacista in Trieste. * GLABRA, cinchona, Ruiz.- Anche questa cor- teccia ha caratteri distinti da quelli della cine lanci/olia , colla quale si pretese pure identi- ca. - BRERA Mss. tavola della corteccia favo- rita dal sudd. sig. dott. BIASOLETTO. V GLANDULIFERA, cinchona, Ruiz et Pavon. - Cascarilla negrilla ; guanucco grigio-bruno ; guanucco nerastro; guanucco vero ; china gna- jaco.- BRERA Mss. tav. I della pianta ; II del- la corteccia favorita dai sudd. sig. archiatro dott. ROSA, professore FOLCHI di Roma, e dott. BIASOLETTO di Trieste. GRANDIFLORA, cinchona, Ruiz et Pavon. - China pseudo-bianca. V GRANDIFLORA, portlandia, Swartz. - Citinone ; china della nova selva ; china surinamense. - BRERA Mss. tav. I della pianta ; II della corteccia f avorita dai sudd. signori archiatro dott. ROSA, e dott. BIASOLETTO di Trieste. V HEKANDRA buena, Pohlii. - China di Rio Ja- neiro di Gomez; china triangolare del P. Lean- dro du Sacramento. - BRERA Mss. tav. I del- la pianta ; II e III della corteccia nelle dif- ferenti sue gradazioni favorita dal sig. dott. POHL direttore dell' I. R. museo brasiliano in Vienna, dal P. LEANDRO DU SACRAMEN- TO professore di botanica in Rio Janeiro per NUOVO DESIDE1UTUM 2^5 mezzo del defunto professore RADDI di Fi- renze , e dal sig. SCHADELOCK negoziante in Trieste. ** HEXANDRA, Portlandia, Swartz - China gial- la falsa di Cartagena , Virey e Batka ; chi- na gialla senza chinino e senza cinconine- , Gonner.- BRERA Mss. tav. I della pianta; II della corteccia favorita dal sudd. sig. dott. Giov. ROSA archiatro ec. ¥ HIRSUTA, cinchona, Ruiz et Pavon. - Delga- ilo ; Guanucco bruno. Offre questa corteccia caratteri assai particolari , per cui merita d'es- sere tenuta distinta dalla Cinch. cordi/olia , Mutis, e dalla Cinch. lenuis Ruiz et Pavon , delle quali si pretese fosse per essere una varie- tà. - BRERA Mss. tav. I della pianta; II del- la corteccia favorita dal sudd. sig. archiatro dott. ROSA. HORTIA BRASILIANA, St.Hilaire.- China delle miniere di Goyaz nel Brasile. - BRERA Mss. tav. della pianta. HUMBOLDTIANA , cmchona, Lambert. - China villosa , Pavon. IVA FRUTESGENS. - China spuria. Corteccia proveniente dal nord dell' America e dal Pe- rù, e spesso mescolata alle chine vere. KATTUGAMBA , cinchona, Retz. - China di ma- lacca. * LACGIFERA, cinchona, Ruiz et Pavon.- Chi- na rosso-cremesina - BRERA Mss. tavola della corteccia favorita dal sig. dott. MARTIUS far- macista in Erlangen. ** LANCEOLATA, cinchona, Ruiz et Pavon.- Chi- na lampina. Brera Mss. tavola I della pian- ta; II della corteccia favorita dal sig. dott. BIASOLETTO farmacista in Trieste. aGG Scienze \* LANCIFOLIA , cinchona, Mutis. - £%/aa /Wi- ciata ; cA. r soltanto per una svista, i gradi di un paese sono stati barattati con quelli dell' altro , e certamente , almeno il co- dice più antico 49 in grazia della sua tavola , non ostante il suo contrario testo, si ha da valutar per conforme agli altri anche più antichi della Lauren- ziana e della Vaticana in quanto al situar Pitino più meridionale di Tiferno di detti dieci minuti. Tan- to più ciò, perchè la dissonanza del testo dalla car- ta può far presumere , che 1' esemplare venga da un semplice amanuense. Ora in questo caso fa d'uopo ri- flettere che l'attenzione è a mal partito quando co- piando il testo si trascrivano piccoli apici numerici isolati (specialmente se gli uni son sotto degli altri, come quei di Pitino e Tiferno ) , senz' altro appog- gio che quello dell' intelligeiua d'ordinario manoan- Sul Pitino 283 te nell' amanuense , e non di rado sopita dalla noja. Al contrario quando coll'opportuno metodo del gra- ticciare e compassare vien lavorando la copia della geografica tavola , sempre colpito dalle proporzioni relative dei membri col tutto insieme del prospetto, è risvegliata 1' attenzione del copista da più idee as± sociate per esser diligente. Credo perciò , che la ta- vola del codice greco 49 suddetto ci discuopra la genuina lezione che presentar dovea il suo testo, con- forme a quella degli altri due codici più antichi. Dai codici greci della Laurenzi ana passai a visitar quei latini. Tre codici latini osservai nel pluteo XXX, se- gnati r. a. 3. , e due ne sono alla Vaticana , come mi hanno indicato: e tutti e cinque spettano al tra- duttore Angelo, o Jacopo Angelo, come si ha dalla sua dedicatoria ad Alessandro V, nella quale suol vedersi o Angelus soltanto , ovvero Jacobus Ange- lus, indicazione perciò di nome composto, per quanto sembra, e non esprimente il padre, cioè Giacomo d' Angelo come han dubitato i eh. Bandini e Tirabo- sebi. In essi dunque sotto la stessa longitudine Ti- ferno ha latitudine cinque minuti maggior di Piti- no. È da osservare però che posson credersi copie eseguite tardamente , e non prima dell' epoca di Eu- genio IV; poiché le carte di essi segnano Biturgia dove trovasi Borgo S. Sepolcro. I codici greci non han sulle carte questo paese , di cui tace Tolomeo nel testo , e mi sembra difficile che Angelo in qua- lità di semplice traduttore si arbitrasse di alterare le carte contro la fede del greco esemplare. Sotto Eu- genio IV questa terra divenne di moda tra i fio- rentini , quanto in Inghilterra la regina Oberea vi- vente Kook, per averla quel pontefice concessa loro in pegno. Allora piuttosto dovette riprodursi la me- ^84 Letteratura moria dell' antica Biturgia , ed erroneamente cre- dersi d' averla ritrovata al Borgo per porla nelle carte a far conoscere questa loro nuova parte di stato. Copie cosi le une dalle altre propagate vengonsi facilmente ad alterare , né ci rendon sicuri che anche l'autografa traduzione non avesse la seconda frazio- ne del duodecimo di grado, o sia cinque altri minuti più di latitudine in Tiferno, come (barattata o no dal suo posto ) trovasi in tutti i codici greci più anti- chi ed autorevoli , de' quali è più verosimile che si servisse il traduttore. Ad ogni modo poi tutti e cin- que insieme non posson aversi che per un solo co- dice, che mostra qual cosa si contenesse in quel greco codice, che si prese a tradurre. Un altro codice lati- no trovasi nel citato pluteo XXX segnato col N. 4 di cui non appare il traduttore, ed ivi Tiferno si fa non solo più boreale di Pitino per minnti cinque , ma anche più orientale per dieci minuti di longitu- dine maggiore. Sembra tratto da altro codice greco diverso da quel d'Angelo, e forse la traduzione po- trebb' esser del Crisolora , che tradusse il Tolomeo prima d'Angelo, come questi narra nella dedica a pa- pa Alessandro indirizzata. Ma anche qui v'è la Bi- turgia , e può esser copia soggetta alle stesse diffi- colta di quelle di Angelo. Diamo ora un guardo alle edizioni principali più antiche a stampa, che possono presentare i risultati di altri codici greci e latini. V'è un'edizione, la più an- tica, del i475 citata dal eh. pad. Canovai nella sua dissertazione sulle longitudini pubblicata negli atti dell'accademia etrusca ( tcm. 9): ma non mi è venu- to fatto di poter vedere. Ho bensì quella del i486 colle tavole di Reger, che fissa Pitino non solo più meridionale di Tiferno per minuti cinque, ma anche più occidentale di questo per minuti dieci, come il Sul Pitico a85 codice greco da cui nacque la traduzione del citato codice latino laureavano num. 4? la quale può aver servito a quest' edizione. Bernando Silvano nella sua edizione del i5ii sotto una stessa latitudine situa Pitino più occidentale di quindici minuti, con che con- venendo nella massima di non far Pitino più boreale di Tiferno, concorda ancora nell'altra di dar la mag- gior longitudine a Tiferno : come tra le edizioni, in cui si compone anche di longitudine la differente po- sizione di detti due luoghi , abbiam notato farsi in quella più antica di Pieger. ]Nel i525 l'Argentorato riprodusse questa geografìa secondo un greco codice di Venezia tradotto da Girckeymhero, dove questi due paesi nel testo son trattati come in quello del codice 2Q laurenziano. Chi sa , che osservando nel codice originale la carta non sia ugualmente al rove- scio del testo, e che uno non sia copia dell' altro, opera di semplice amanuense? Comunque sia, esso re- sta in isola, a fronte di tutte gli altri eh' abbiam ricor- dati. Il Mattioli, il Ruscelli e il Moleti , che dal i548 al j5(>4 pubblicaron nuova edizione di Tolomeo, fan- no consister tutta la differenza in undici minuti di latitudine maggiore in Tiferno. Or dunque da tutti i detti codici greci e latini, siccome dalle citate più antiche edizioni, risulta il massimo consenso, i.° nel si- tuar Pitino più meridionale di Tiferno, differenza che detti codici greci più antichi ed autorevoli, cui cor- risponde la più parte delle edizioni citate, determina- rono esser di dieci minuti. 2.11 Che dove risulta diffe- renza o composta di latitudine e longitudine, o nata da questa soltanto , una tale longitudine maggiore sem- pre s'attribuisce a Tiferno. 3.° Che la distanza tra Pitino e Tiferno o risulti da sola diversa latitudi- ne 0 longitudine, o dalla composizione d'ambedue, è sempre corta, ciuc dalle otto alle dieci miglia in circa 286 Letteratura di cinque mila piedi regii di Parigi l'uno, come po- trà conoscersi da ciò che si dira in appresso. Queste conclusioni le meno dubbie tratte dalla geografia di Tolomeo sono la quasi stella polare, che]ha da diri- gere i nostri passi per ritrovar la sede del Pitino di queir autore. Veniam dunque colla sua scorta alla proposta ricerca. Primieramente per afferrare il filo , col quale v'è lusinga d'entrare ed uscire dal laberinto , pren- diamo a guida il suo Tiferno. Non è da dubita- re, che Citta di Castello sia il Tiferno Tiberino dell' alta antichità de' romani. Abbiamo lapidi , certo non regalateci dagli estrani, dove si parla di muni- cipio tifernate : abbiamo i dialoghi di S. Gregorio più corretti di quelli consultati dai maurini , che parlano di Florido santo vescovo tifernino , eh' è l'an- tico nostro protettore: abbiamo pergamene, che sin dal secolo XI nominan vescovi tifernati, e Tifernia la citta, dove si dicon rogati gì' istrumenti : abbiamo, che leggiere scavazioni occorse di tre o quattro pie- di han discoperti dei plastici pavimenti , mosaici ce- sellati e vermicolati nelle abitazioni dei signori Pau- selli e Prosperini , siccome altri plastici e strati di marmo presso quella del sig. marchese Bufalini Cen- tofiorini, i quali hanno spettato a fabbriche di cui non v'è alcuna traccia e memoria, e certamente dell' alta antichità : abbiamo d'appresso le civiche mura le vestigie d'un muro reticolato, e nei dintorni sot- terra dei mosaici tesellati, de'quali molta quantità di taselli con rottami di diverse sorti di lastrine di mar- mo, sparse pel coltivato terreno, è stata raccolta dai curiosi , e eh' io stimo a pubblico suntuoso bagno aver apartenuto , si per avervi raccolte delle grosse punte di vasi conici di creta atti a scaldar pronta- mente l'acqua e a star in piedi assestati nelle buche dei Sul Pitino 387 fornelli, si per aver veduto, che il vocabolo di quel luogo negli antichi rogiti è di P iscinale. E finalmen- te abbiamo il Tevere non lungi dalle mura, presa la distanza dal quartiere di Garigliano, antica fronte della citta verso quella parte. Ora chi sa dove s'avrà d'an- dare per trovare il luogo del Tiferno tiberino, se in Citta di Castello non ci fermiamo ? Non so per qual ghiribizzo quel brav' uomo del nostro arciprete Bor- ghi, dopo d'avere nella sua antica Etruria (alti dell' « accad. etrus. tom. 9 ) indicato Città di Castello pel Tifemum dei latini in tuono decisivo , nel suo At- lante poi usasse la frase dubitativa degli estranei- che si crede l'antico Tiferno. -Egli stato lungo tempo no- stro diocesano ben conoscea quanto di sopra ho mo- tivato , che presso ogni giudizioso antiquario basta a toglierne il dubbio. Ciò posto, è dunque Citta di Castello , o sia il Tiferno Tiberino, quello inteso da Tolomeo ? Quest' autore, come gli altri nostri geo- grafi, ha disprezzato il punto, che pur è importan- te come nota il Pincherton , cioè di segnare almeno ne' punti principali corrispondenti alle citta l'anda- mento dei monti e dei fiumi più notabili: e cosi tace affatto nel suo testo sulla situazione dell' apen- nino relativa ai paesi , che l'avvicinano. Per risa- perla non v'è altro che consultar le carte che tro- vansi annesse alla sua geografìa. Si vuole , che To- lomeo non facesse le carte delle regioni descritte nel testo, e che un tal Agatodemone, semplice artefice ales- sandrino ai tempi di Teodosio, imprendesse a lavo- rarle secondo le determinazioni e i precetti di Tolo- meo ( Moreri alla voce Agathus Daemon). Qui per crederlo s'avrà da intender un artefice di qualche arte non volgare, come un architetto , un macchini- sta , un pittore. Con tutto ciò per altro mi si per- metta di non credere ^che costui potesse riuscir plau- a85 Letteratura sibilmente nell' impresa senz' aver avuto sott' occhio degli schizzi quantunque informi , che indicassero la mente di Tolomeo in quel che bisognava indicar sulle carte, senza che il suo testo ne parlasse. Come dirigere, per esempio, il corso del Tevere e degli altri fiumi? Dove le origini segnarne? In che maniera volteggiare tra i paesi adjacenti la principal catena dell' apennino? Dal testo nulla quasi si rileva. Se ciò non ostante questo semplice artefice potè for- mar le tavole del mondo tolemaico, è per me una' dimostrazione, che alla geografia di Tolomeo, o per opera sua o dei suoi discepoli , venner allegati dei disegni, che per quanto fossero informi, pur tutta- via in un modo qualunque comprender faceano Ja niente dell' autore. Diasi perciò ad Agatodemone il solo merito d'aver ridotte le tavole in regolare e no- bil forma, e con tal corredo essere stato causa, che prendesse voga un libro giaciuto polveroso lungo tempo per la non curanza dei greci filosofi, rapiti solo dalle bellezze d'Urania ( Bailly Hist. dell' astr. tom. I ) . Del resto poi io tengo per fermo , che le tavole propagate sino a noi riconoscano l'origine da Tolomeo stesso , e ad esse solo sia stata per mala sorte affidata la tradizione delle relazioni locali tra l'apennino e le citta che lo accostano, e precisamente Pilino e Tiferno secondo che determinate aveale quell' autore. Ma perchè il lungo corso de' secoli , ed il conflitto delle opinioni posson averla alterata , per- ciò a garantirsi al possibile dall'errore convien adot- tare, i.° la tradizione più seguita : 2.0 la più con- forme al teso ed alla presunzione , che può aversi della mente di Tolomeo. Ciò posto, non sembra che questo geografo abbia parlato del Tiferno tiberino. Osta in primo luogo la tradizione più ricevuta: di fatti le tavole di tutti i eodici della Laurenziana gre- Sul Pitino 289 ci e latini pongon Tiferno nel lembo boreale dell' apennino,o involto tra le sue diramazioni, o all'atto traspennino , e così pur anche il pongono quelle dei due codici vaticani di Giacomo d'Angelo da Firenze. Tra quei che ho potuto consultare e far osser- vare, non v'è che il codice greco vaticano che fac- cia girar l'apeunino in modo da metter sulla valle tiberina Pitino e insiem Tiferno. Vidi pur anche un superbo codice in Firenze alla Magliabechiaua aneli' esso di Giacomo d'Angelo, clie s'accorda col greco va- ticano; ma questo è poco da contare, poiché il suo carattere ed ortografia fa crederlo di poco prece- duto all'edizione prima di Tolomeo, e mal corri- sponde a tante copie più antiche di qu Ila tradu- zione» Con tutto ciò io, come tifernate, il pregiai as- sai, sebbene degli ultimi in antichità, perchè presen- ta un maguifico frontespizio a foglio aperto maestre- volmente condotto alla rafaellesca da un Enrico Mar- tello di Germania, intrecciando rabeschi con teste di vitello, trofei da guerra, e cartelli con le iniziali C. M. V. forse indicanti Chiappino (e) marchese Vitelli. Sotto v'è l'arme di questa famiglia con lune, scacchi , e vitello a giacere , arme che la prima volta vedesi usata da monsig. Giulio Vitelli, figlio di Niccolò Pater Patriae, nel finir del secolo XV: per cui m'indussi a credere che tal frontespizio , posto a indicarne il nuovo padrone, fosse aggiunto molto posteriormente all' epoca del testo. Similmente le edizioni più antiche di Reger e di Silvano pongono Tiferno traspen- nino, e non sono che le più moderne edizioni da me vedute , che s'accordino a situarlo cispennino. Sem- bra dunque che la tradizione più autorevolmente a noi pervenuta ponga Tiferno di ia dall' appena inib , ed in consequenza il Tiferno di Tolomeo non e Citta da Castello. Concorre ancora a farmi leu or (gue&la G.A.T.XLIV. 19 20O L E T T E 11 A T U II A opinione l'osservar in secondo luogo, che il collocare Tiferno nella valle tiberina non si confa col testo di Tolomeo. In esso di fatto , per la conclusione più ac- certata già dedotta in primo luogo dai codici ed edi- zioni , Pitino e Tiferno si differenziano per dieci mi- nuti di latitudine , che Pitino ha di meno. Questi dieci minuti, secondo la misura di Tolomeo di stadi cinquecento per grado, ridotta a miglia di mille pas- si di cinque piedi regii di Parigi l'uno , e così con- tando piedi quattromila settecento trentadue e mez- zo per minuto, obbligano a percorrer lungo il Tevere verso Perugia nove miglia e due quinti. Ma il Te- vere, lasciando Tiferno per raggiungere il parallello di tale distanza, sempre diverge insiem colla stret- ta valle dall' occidente longitudine aquistando , indi- rizzato a girar siili' oriente di Perugia , dove per Tolomeo , secondo l'edizione di Reger cui s'unifor- mano Mattioli e Moleti, trovasi a sopra quaranta mi- nuti più di longitudine: e ciò importa che in distanza di nove miglia e mezzo da Tiferno, circa dieci ne abbia già guadagnati, i quali nel parallello tifernate di miglia quarantasei dei greci per un grado di longitudine importano trentasei mila ottocento piedi greci , che danno poco meno di sette miglia di Pa- rigi come sopra (d). Come lusingarsi di trovar la un Pitino , se questo , per l'altra conclusione tratta come sopra, in secondo luogo aver debbe longitudine mi- nore di Tiferno ? Farebbe duopo cercarlo alla destra del Tevere internato nel suolo toscano di dette sette miglia, quando per esser umbro si ha da trovare alla sinistra di detto fiume. Certamente se si unisce la longitudine minore , che Pitino perde secondo alcuni testi , come quello del Silvano , persino di quindici minuti con quella maggiore che ad esso per tal modo acquistar si farebbe, la difformità col testo divien Sul Pìtino 291 troppo marcata. Urtano per certo malamente in questo scoglio tutti coloro che col Ruscelli cercan di Pitino nel territorio perugino a Pietra Mellina. L'autor del greco codice vaticano cercò di scansare l'intoppo col tener Tiferno un poco più scosto dal Tevere, e tener diritto il corso di questo sinché sorpassi Pitino, e quindi piegandolo all'oriente di Perugia. Ma noi pos- siatn presumere di certo , che due punti ben cono- scesse Tolomeo , cioè quello di Tiferno , che da Plinio sapea indubitatamente essere situato non lungi dal Tevere , e quello di Perugia al cui oriente fa girar questo fiume, cioè due estremi di molta diversa longi- tudine. I piccoli dettagli della situazione e modili- cazione della distanza tra questi due punti proba- bilmente non cercolli , o se li cercò dovette cono- scere che tra i due estremi suddetti la stretta valle insiem col Tevere era costantemente inclinata all'o- riente. Non può quindi presumersi il tratto di fiume raddrizzato esser secondo la mente di Tolomeo. Mi sembra dunque da tuttociò poter raccogliere , che la più grave tradizione della mente di Tolomeo con- servataci dalle tavole geografiche dei più autorevoli codici e delle più antiche edizioni, siccome pure la tradizione più conforme al testo di detto autore, ci faccia conoscere, che non è il Tiferno tiberino quello che da lui venne rammentato. Vi fu altro Tiferno, cioè il metaurense , che Plinio novera tra gli umbri. Questo dopo il mille col suo distretto formava una delle tre pievanie , o capitanati , ne' quali era di- stinta la provincia papale di Massa Trabaria. Tanto rilevo da due nobili pergamene dell'archi vio segreto di questo comune, che di tal provincia, posta allora sotto d' un solo podestà o rettore, ci danno l'intera descrizione non rilevabile dagl' istorici , una delle quali perciò da me estratta in copia fluii già ad altri 2f)2 Letteratura documenti riguardanti i sigg. Ubaldiui da me simil- mente estratti , perchè l'avesse monsig. tesorier > che ne aveva fatta richiesta. Oggi col nome di S. An- gelo in Vado più comunemente s'appella , cui una lapide ivi ritrovata assicura l'onore di esser il 77- fernum Metaitrense. Questa citta per appunto è si- tuata presso il lembo boreale dell' appenuiuo, involta nelle sue più basse diramazioni, come sta segnato nelle carte degli otto codici e laurenziani e vaticani. Fac- ciam prova di partir da questo luogo, e del Pitino umbro cominci am la ricerca. Non convieu voltarsi verso il fiume Pesaro , sebben certo sia , che lungo di esso esistette un Pitino. Veggo anch'io che pur questo p#tè Dell' Umbria ritrovarsi , e per tale ri- guardo esser quello di Tolomeo : giacché il detto fiume scende di sopra Sostino , uno dei capitanati della Massa Trabaria nell' Umbria , e quindi proce- dendo in avanti entra nei senoni verso la citta di Pesaro indirizzato. Quanto però sembra che Tolomeo abbia inteso di nominare il Tiferuo Metaurense, altret- tanto fa credere che del Pitino cispennino abbia par- lato, poiché il fiume Pesaro resta sempre più boreale cioè a maggior latitudine del Tiferno Metaurense: e cosi vi sarebbe stato anche il Pitino che detto fiume accostava. Al contrario tutti i testi più autorevoli son d'accordo a segnar in Pitino una latitudine minore. Perciò il Pitino Pisaurense non può esser quello di Tolomeo. Gonvien dunque che dalle sponde del Me- tauro valichiam l'apennino per rientrar nella valle tiberina , dove ha da trovarsi il Pitino cispennino indicatoci da Plinio : e quivi di fatto il pongono le tavole dei citati codici greci e latini. Secondo il testo di Tolomeo , corta è la via tra i due paesi Pitino e Tiferno. Ho già detto che comunque si trovi espressa nei testi una tale distanza o colia sola lati' : VL Piti no 2^3 tudine, o colla sola longitudine, o dell'una e dell'altra composta, riducesi cu coscritta tra le otto e le dieci miglia incirca. Prendo però per iscorta la sola dif- ferenza di dieci minuti minore in Pitino, che in fatto di latitudine è la più autorizzata, come si è mostrato. Vero è che i minuti di Tolomeo nell'Italia sono scarsi di numero per lo spazio che con essi misura. Di fatto gli estremi d'Italia nella carta di Danville in punti comuni a Tolomeo , cioè Trieste e Regio Giulio , comprendono gradi sette , e quarantotto minuti di latitudine : questo spazio in Tolomeo non conta che gradi sei , e quaranta minuti , cioè un grado e mi- nuti quaranta di meno. Vuol dir dunque, che sup- ponendo per un momento questa cattiva tinta ugual- mente diffusa , converrebbe aggiungendo la rata pro- porzionale del di più per ogni minuto , che i suoi dieci minuti si considerassero per undici primi con più quarantadue secondi. Ebbene: dal parallello di Tiferno Metaurense veniam giù per la valle tiberina a trovar l'altro parallello, percorrendo la detta distanza: ecco che ci troviam d'appresso alle mura di Citta di Castello ,, giacché conosciamo dall'esatta carta dello stato pontificio, come Maire e Boscovik la disegna- rono , che il Tiferno Tiberino per minuti dodici e mezzo di latitudine dal Metaurense si discosta. Dunque Pitino debbe trovarsi in un parallello prossimo a Citta di Castello, prendendo per misura esattissima quella che dai più autorevoli testi di Tolomeo si deduce. Ma baslan pochi paragoni per conoscere, che la dif- ferenza tra Tolomeo e Danville rapporto ai citati estremi d'Italia anziché trovarsi proporzionalmente di- stribuita , essa dove si ristringe , dove s'allarga , co- sicché nessun geografo può accigliarsi , se co' detti minuti undici primi e quarantadue secondi di To- lomeo ragionevolmente occorra oltrepassar di qualche 394 Letteratura frazione di minuto il Tiferno Tiberino. Veggo an- ch'io , che la sola latitudine anche di tredici minuti, sebben valutati alla maggior misura di Boscovik, non corrisponde delia distanza di circa miglia diecinove geografici, che corrono tra il Tiferno Metaurense ed il Tiberino ; ma qui non fa di bisogno conoscer la distanza tra queste due citta. Alla nostra ricerca serve che all' incirca conosciamo da Tolomeo sotto qual parallello essa debbasi fare, perchè quanto all'effetto, che può dal comporci la mancante longitudine pro- dursi per giunger alle suddette diecinove miglia , esso non può esser che piccolo assai tra Citta di Castello e Pitino , essendo bastantemente sicuri seuza la scorta di essa longitudine dover questo esser cispennino e situato o nel piano della valle tiberina o in qualche vicin colle di quelli che ad essa fanno corona. Ora nella linea di Tiferno siccome nell'altre che seguon •verso Perugia , questa vaile tra il Tevere e Impen- nino non da luogo, poco più poco meno, che ad una longitudine di due o tre minuti ; e però non è cosa da farci incappar in una ragna. L'omissione nel Ti- ferno Metaurense preso per quel di Tolomeo di mi- nuli undici di longitudine che trovasi nella di lui geografia ( forse originalmente omissione non sua, ed in ogui modo perdonabile in paesi cosi nascosti ai relatori commercianti di mare) imbarazzar potrebbe, se dal Tiferno tiberino si partisse per rintracciare il metaurense che il tempo distrutto avesse. Noi siam fuori di questo caso. Diamo dunque un guardo sul contorno tifernate, dove ci siam condotti guidati da Plinto e Tolomeo. Evvi al sud est della nostra citta , alla distanza geografica di circa mezzo miglio e sotto un parallello circa venti secondi lontano dal tifer- nate, un alto colle, dove la valle tiberina, conver- gendo i monti vicendevolmente dagli opposti lati, già Sul Pitino ag5 forma stretta una gola. Esso ha uno spianato e ben largo dorso , che dolcemente alzandosi conduce all' erto dei non lontani più bassi gioghi dell'alto apen- nino. La sua projezione sulla sottoposta valle resta come tronca, in guisachè presenta un'altiera fronte al basso corso del Tebi o , che poco da lungi domina a sinistra. Ritien tuttora di Pitino il nome, e grotte di Pitino s'appellano i perpendicolari dirupamenti , che lo terminano dalla parte di mezzo di : lavoro del fiumicello, che striscia e corrode il pie dell'alto colle. Qui jè dove una antica tradizione porta, che Kitin pronipote di Noè, se il ciel ci salvi , un paese fon- dasse , che dal suo nome si disse Kitino, e poi cor- rottamente dai discendenti Pitino si nomò. Questa tradizione è stata spregiata in ogni sua parte dai cri- tici tifernati dell'età nostra, per averla veduta da non altro fondamento garantita presso i vecchi cro- nisti, che da quella meschina etimologia sul nome di un uomo antichissimo il cui viaggio h tutto re- gistrato nel vasto codice dei sogni umani. Auguriamo a Kitin eterna pace, e discorriam seriamente del resto. Il detto colle di Pitino non ha di presente abita- zioni, ma rilevo però dal primo protocollo pergameno di questa cattedrale (pag. 160) che questa canonica nel 1196 vi possedeva un piccolo terreno col diritto livellano , che dicesi situato in Burgo de Pitino. È dunque indubitato , che sin nel secolo duodecimo era colassù riunito un popolo , che potè ben esser in antico molto più grande e di molto più frequenti abitazioni fornito. Ora io non difficulto per nulla , che questo colle avesse sopra di se l'antico capo luogo della valle tiberina, che un tempo dette il nome di pitinate alla sua popolazione. E per verità quante volte considero di Citta di Castello la situazione , altrettante mi sembra eh' essa annunzi un progetto 296 Letteratura del tutto ccmmerciale , e incute all'atto militare. Il Tevere, come ora, sia dai tempi di Pliao lo storico lia tenuto sempre il suo corso per lo stretto fondo della valle, tra il monte e la città. Lo stato permanente di quasi dieciotto secoli , e l'ispezione istessa del livello assicurano , che anche nelle più antiche eia precedenti a Plinio, questo fiume all' incirca ha sem- pre corso d'appresso al pie del monte lasciando alla sinistra, sebben poco distante, la citta. Ora con qual consiglio militare potuto avrebbero i primi fondatori piantare una città alla sinistra del Tevere, in un luogo è vero alcun poco vantaggioso in faccia a questo fiume verso l'occidente , ma poi in tutti gli altri punti espo- sto alla spianata della valle , la quale per quanto angusta divenga tra i monti dell' apennino e la città, nondimeno ha pressoché un miglio e mezzo di lar- ghezza ? Progetto militare era il fondarla alla destra del fiume , occupar la piccola spianata , ed allargarla poi su pel monte , per essere cosi fortificati e difesi dalla natura del terreno montuoso e dalle difficoltà del fiume. Certamente però utia città fondata di prima intenzione da popoli bruschi e guerrieri , coni' erari gli timbri, non potè esser diedi progetto militare. Sem- brami perciò , che il Tiferno tiberino non possa esser la prima antica sede capo luogo di questi abitatori. E quando fia duopo cercarla ne'suoi dintorni, qual luogo più opportuno di quello, che lult'ora il nome di Pitioo ritiene , che s'adatta con una quasi esat- tezza alla situazione del municipio pitinate di To- lomeo , e che è tutto conveniente all' indole degli umbri ? Egli è vero che ora non conserva alcuu ve- stigio d'antichità, e tutto vi è interamente distrutto: ma di ciò ùou è da farne le maraviglie. Son persuaso, che quei primi abitatori della valle tiberina nascosti alle granii comuaicazioui , neil' intorno trincerati for- Sul Pitino 297 temente dalla natura con alti e grandiosi monti di folte glandifere boscaglie rivestiti, le quali della vasta e fruttifera pianura fanno quasi spaziosissimo anfi- teatro, come si esprime l'epistolografo Plinio scrivendo ad Apollinare (lib. 5) , restasser lunghi anni più. degli altri popolo intieramente agricoltore, contento della semplicità sabina, e distribuito a borgate per i collii delle quali la principale, dove risiedea il governo centrale, era Pitino, da cui tutti prendean nome di pitinati. Da tali borgate in origine di rozzi abituri composte, difese da palizzate, dalle difficolta locali e molto più dalla maschia virtù e coraggio del po- polo medesimo, saran poi nati que' tali castelli, che sparsi d'intorno la valle sussisteano nell' età del citato Plinio il giovane, rammentandoli nella lettera a Fosco (lib. 9) : e Pitino sarà stato uno di essi. Ma questo , che avrebbe potuto a quell' ora esser dive- nuto tale da mostrare ai secoli lontani qualche avanzo indice della sua preminenza e degno d'un popolo tra cui la civilizzazione fosse giunta al rango de' comodi , ed a qualche grado di lusso, dovette restar come ogni altro poca cosa da non potersene col tratto dei se- coli nemmen ritrovare le antiche ignobili sostruzioni, agevolmente distrutte dall' attico industrioso agri- coltore. Poiché io stimo che appunto la nascita di Citta di Castello quasi pianta parasita soffocasse nella cuna quella dignità, cui Pitino avrebbe potuta con- seguire. Ed ecco come sembra esser ita la faccenda. A questo popolo dunque, come ho già premesso, d'ogni intorno serrato da penosi e difficili accessi il Tevere do- vette servire del più comodo mezzo di far commercio dei suoi raccolti coi popoli vicini. Vi fu un tempo perciò in cui discese a formarsi un opportuno scalo sul fiume, ed un luogo di deposito. Questo , com'è chiaro, do- vette farsi sulla sinistra del Tevere, come il più adatto 295 Letteratura alla situazione di Pitino , che dalla stessa parte l'im- boccatura della valle signoreggiava. Sino a che la semplicità e severità de' costumi influì nella ristret- tezza de'bisogni , e piccolezza del commercio , e sino a che la diffidenza vicinale tra i liberi popoli diversi mantenne in vigore le cautele militari di difesa, il luogo dello scalo non dovett' esser che un ristretto comodo qualunque per iscenderci dalle borgate a commerciare. Ma fattesi tranquille le nazioni umbra e toscana coll'essersi dilatato e fortificato su di esse il dominio soverchiatore della romana repubblica , che nel declinar del secolo quinto di Roma aveale già intieramente sommesse (Fast. Capit. an. 472 47^ ■> Epit. XII XV" di Livio), terminò quasi per esse l'inquieta gelosìa di dominio , soggette a veder conciliate le loro differenze dalla prepotente autorità del senato senza poter più impugnar la spada che per di lui ser- vigio. Credo bene che questa tranquillità, divenuta madre della sicurezza e della reciproca fiducia , abbia potuto produrre che i pitinati, più facoltosi e facili alla seduzione delle comodità , cominciasser poco a poco a discendere dalle natie borgate per formarsi più agiate abitazioni d'appresso allo scalo di commercio, sinché raddolciti maggiormente i costumi, e cresciuta la massa dei concorrenti abitatori, anche il governo municipale si sarà traslocato nella nuova città, e così l'antico Pitino avrà cessato d'essere il capo luogo dei pitinati , i quali dal nome di Tiferno imposto alla citta tutti cominciarono a dirsi tifernati. Avvenne in conseguenza, che Tiferno sorse alla sinistra del Tebro, senza militare disegno, come da commerciale consiglio originato. Per simil guisa dai fiesolani sulla destra dell' Arno , situazione la più debole, la vaga Firenze ebbe principio. Ecco dunque, che la località istessa di Città di Castello a confermar la misura dataci dal Sul Pitino 299 geografo alessandrino mirabilmente concorre, per la quale riconosciamo il Pitino cispennino nel nostro vi- cin colle , che ne ritiene il nome. E che veramente i pitinati sian quegl'istessi che poi si dissero tifernati, ne trovo altro indizio , Tolomeo con Plinio paragonando. Abbiam di fatto mostrato che ambedue s'accordano a darci un Pitino cispennino. Ora si ponga mente che il geografo italiano nomina i due popoli esistenti ti- fernati tiberini, e tifernati metaurensi (lib. 3 cap. i4); ma tace affatto dei pitinati , dei quali (teniam forte il punto) conoscea benissimo l'esistenza di qua dallo apennino. Al contrario Tolomeo , che scrisse forse ses- santanni dopo, rammenta un solo Tiferno, ma in vece nomina Pitino , che secondo le sue misure cade in questa valle tiberina. Potea ignorar Tolomeo, che su di essa fioriva il municipio dei tifernati tiberini? Chi non direbbe , che sotto queste due diverse indicazioni ciascuno inteso avesse di favellare dei municipio istesso? In oltre Plinio distingue l'un Tiferno dall' altro coi rispettivi cognomi. Tolomeo , che dovea conoscerli tutti due da Plinio, volle per ignota ragione nomi- narne un solo senza cognome. O che dunque per Tiferno senz' altro intendeasi , come per antonomasia, il metaurense , o che dovea cognominarlo perchè l'in- dicato non si confondesse col da lui escluso. Ma se si ha da credere stile proveniente dall'alta antichità quello serbalo dal quinto secolo in poi, sembra, che col nome nudo di Tiferno s'intendesse il tiberino, giac- che così l'usarono i concili e gl'storici, dai quali al con- trario l'altro Tiferno è costantemente indicato col suo cognome di Metaurense. Avrebbe dunque bisognato che Tolomeo il cognominasse. Ma egli potè farne di meno se col nome di Pitino, graduato al mezzo giorno del Tiferno Metaurense, ben s'intendea il Tiferno Ti- berino. Sembra perciò , che questo sia il Pitino di 3oo Letteratura Tolomeo. Nò molta specie debbe arrecare, che To- lomeo usasse piuttosto l'antico che il corrente nome, se si farà avvertenza a quel che son per dire. Pro- metto, che le conciliazioni giudiziose dei fatti coi delti degli autori non sono voli di una fantasìa , che si perda isolatamente nel vasto campo dei possibili, dai quali non siegue alcun fondamento di realtà. Vesto u esse il carattere d'una verità tanto reale, quanto im- porta il grado di certezza, con cui il sentimento degli autori vedesi adattamente combinato. Perciò a spiegar le diverse dinominazioni usate, come sopra, da Plinio e da Tolomeo, da quanto è stato sin ora addotto mi cre- do abbastanza autorizzato a ricercarne anche tra i soli possibili, non che tra le probabili ià, la cagione senza tema d'esser riputato sognatore. Dico dunque, salvo ciò che altri sapesse suggerire, che il municipio colla traslocazione de' magistrati non .s'era diviso , e dovea sapersi eli' eran così vicini i due capiluoghi nuovo e vecchio , che il moderno potea facilmente esser cre- duto come appendice dell' altro, per cui, come suole accadere in tali circostanze, chi sa per quanto tempo, massime in luoghi lontani , confusamente si riputò non rilevar nulla chiamar Pitino o Tiferno il capo luogo per indicar il municipio di questa valle tiberina, ed esser cosa indifferente chiamare i popoli e pitinati e tifernati. Quest' annebbiamento dovett' esser più fosco pel geografo alessandrino; e Tiferno era troppo pic- cola cosa per lui, occupato nella descrizione di tutta la terra conosciuta, perchè senz' altra più scrupolosa indagine usasse il nome di Pitino , come vra tro- vato aver fatto Marino , o altri geografi anteriori , che lui serviron di scorta in così vasta impresa. Forse anche dopoché la residenza del governo fu rimossa da Pitino, s'ebber dei riguardi all' ouorota sua pre- minenza d'antichità per evitar discordie tra gli esti- Sul Pìtsno 3oi mator4 di essa, e gli amatori delle nuove comodità, e potè da prima essere stato diviso li tempo dell'anno nelle due residenze , colla riserva legale a Pitino di dar come prima il nome al municipio. Ma come Turile e le opportunità sociali alla perfine la possono sui ri- guardi speculativi , e cangiano le opinioni e gli af- fetti : a poco a poco la residenza si sarà fermamente stabilita in Tiferno , e gli abitatori di esso non meno di quei di Pitino avran tenuto forte per lunghissimi anni nel chiamar ciascuno il municipio e pitinate e tifernate. V'è, per esempio, la legazion pontificia , da chi conosciuta per pesarese da chi per urbinate, cia- scun dei due popoli tenace ad intitolarla dal proprio nome, gli uni per legalità, gli altri per residenza del supremo magistrato. Tolomeo potè attenersi alla com- petenza legale : e Plinio ben informato dal suo nipote Cecilio Plinio , che di questo municipio era patrono (lib. 4 Epist. ) , si sarà attenuto alla nnova maniera , che essendo in «molta pratica non era più di perico- losa invidia presso gli abitatori di Pitino (e). Cosi dunque il popolo stesso, non meno che il suo muni- cipio, sarà stato nominato lungamente e sugli scritti e sui marmi tifernate e pitinate. Che se parago- nando il dir di Plinio con quel di Tolomeo abbiam veduto risultare esser Pitino la cuna dei tiferò ali , vediam ora concludersi la stessa cosa Plinio con Plinio paragonando. Egli dunque sia tra i popoli estinti o dispersi , sia tra gli esistenti, tace affatto dei pitinati del Pesaro ; si osservi peraltro ch'egli non ci da un secondo popolo di nome diverso sostituito nel loro Iuoeto. Di fatto il territorio di essi è da lui , come in antico, detto dei pitinati. Convien dunque sup- pone, che i pitinati vi stessero , e vi stessero con l'antico solito nome; poiché stando egli nell'impegno d'istruire i curiosi naturalisti del luogo dov'era quello 3o2 Letteratura strano torrente, perchè il potesser ritrovare, il di- chiarò certamente col nome del popolo che il possedea, e non di quello, di cui nemen più si sapesse cosa avvenuto fosse. Plinio similmente tace affatto dei pi- tinati cispennini : ma che ? Ecco una diversa con- dotta. Nella stessa regione dove Tolomeo colloca i pilinati umbri cispennini ( che altri non potean esser che quei medesimi noti a Plinio , da cui chiarissima se ne deduce l'esistenza), il geografo naturalista in- troduce un nuovo nome di popolo, i tifernati tiberini. Quando vogliasi questo contegno tenuto da Plinio coi due popoli pitinati credere figlio di saggio di- segno , converrà dedurre che il nuovo nome di tifer- nati tiberini di altri non fosse che degli antichi piti- nati cispennini. Ma il eh. sig. Olivieri nella citata illustrazione propone di far un colpo di mano, che se a lui lo si permettesse, vane renderebbonsi le de- duzioni fatte da Tolomeo , e vano il risultato dei paragoni fatti di Plinio con Tolomeo , e di Plinio con Plinio istesso, e il municipio dei pitinati mergenti, che ho mostrato con tali appoggi esser i tifernati, non avrebbe più con questi alcun rapporto; ed ecco qual'è. Si leggono in Plinio (lib. 3 cap. 5) noverati: pitulani pisuertes , pitulani mergentitii. Detto autore , forse scandalizzato dal vedere omessi da lui i pitinati , tuttoché poi avesse rammentato il terreno pitinate(lib.2 cap. io3), crede che s'abbia da leggere così: pitulani', pitinates pisuertes ; pitinates mergentes. Ecco in tal caso , che nulla hanno che fare coi pitinati i tifer- nati tiberini, perchè nel medesimo capo novera questi separatamente più sotto. Confessa però che questa nuo- va sua lezione a quella è contraria di tutti i codici conosciuti, dove son sempre registrati i due popoli pitulani , e i due nomi pitinati omessi. Non è mica bagattella urtar la fede di tutti i codici conosciuti, Sul Pitinq 3o3 che non son pochi. Bisognano ragioni forti e conclu- denti perchè se n'abbia da convenire. Sentiamole. Egli è a suo parere un motivo perchè facciasi una tale correzione il nominarsi da Plinio in detto testo due popoli pitulani, quando non sembra poterue aver esi- stito che uno. Adduce in prova di ciò che in due lapidi dal Doni pubblicate ( pag. io e 87) si no- mina la repubblica dei pitulani , e l'ordine dei pitulani senza cognome alcuno. Similmente che in due altri lapidi presso il Gudio (pag. 124 e 13^) si legge il municipio pitulano senza cognome. Posto ciò, uno solo, die' egli, dovett' esser il Pitulo, poiché se due fossero stati non ci sarebbe mancato il cognome che li di- stinguesse o di pisuerti o di mergentini, come praticar si solea. Ma con buona pace del eh. Olivieri , questo canone d'antichità non e tanto sicuro quanto si vor- rebbe far credere, e quanto do vrebb' essere, per cre- dersi autorizzati a correggere tutti i codici ch'abbiam di Plinio. Citta di Castello per esempio ha soli cinque titoli marmorei di quelli , che nominan Tiferno o tifernati. Due di questi, che veggonsi anche pubblicati dal Gudio (pag. 4 e 5), non danno ad essi alcun co- gnome. Uno n'esiste a Sestino pubblicato dal Gori (toni. 2 pag. 1G8), e neppur questo a Tiferno aggiunge cognome. Sela combinazione portato avesse che queste tre sole lapidi fosser rimaste non tocche dal tempo distruggitore, e le altre tre insiem con uno dei due Tiferni subita avessero la catastrofe dei Pitali , allora , per conto di quel canone , era spacciata per lo sgra- ziato Tiferno sparito dal globo , e chi sa qual'altro paese avrebbesi voluto intrudere in Plinio per can- cellar uno dei due Tiferni. Osservo in oltreché in Plinio (lib. 3 cap. 4) si noveran : clusini novi , elusiti i ve- teres ■ ma con tutto ciò ne' monumenti di Chiusi il- lustrati dal Gori (lom. I pag. 3j, tona. 2 pag. 399 4o3) 3o4 L E T T E R A T U K A lesesi: orda elusi clusio: elusi senza cognome al- no ° fatto ; e pur hanno tempi accertali dall'anno 81 avanti Cristo sino a Settimio Severo, cioè quelli in cu1 am- bedue i Chiusi esisteano. Trovatisi in Plinio (ivi) anche aretini veteres , aretini fidente 'S , aretini julienses . Ma che& Ti a molti titoli riportati dal citato Gori (tom. 2 pag. ìdì i33 3ot) uno solo presenta l'indica- zione : aretini veteres : e resta pur lutt'ora a dimo- strarsi, che nell'età di quelle iscrizioni non fosser più tra loro divisi i tre popoli aretini. Oh ! se tutte a noi pervenute fossero le centinaja di lapidi de'nostri maggiori , chi sa quanti altri esempi addur si potreb- bero. Certo vi furon talvolta circostanze che potean benissimo dispensare dall' aggiunger ai popoli dello stesso nome i respettivi lor cognomi , come sarebbe perche uno dei due popoli per le proprie preminenze intendersi nominato esclusivamente col semplice nome: come appunto , secondo che ho detto in addietro, i ca- stellani negli atti dei concili , e negli autori delle diverse età diconsi isolatamente : tijernates : quei di S. Angelo in Vado costantemente tifernates metau- renses -. o come sarebbe, perchè le lapidi fatte per re- star nella propria citta, non per esser portate in giro, non abbisognavano di passaporto coi connotati a ri- muovere il dubbio della pertinenza di esse , e che so io. Quando dunque da un canto lutti i codici sono concordi a darci due Pituli; dall'altro poi col leggersi in quattro lapidi un Pitulo senza cognome può star benissimo che un altro ve ne fosse , perchè s'avrebbe da dar di penna in Plinio lasciandovi un solo Pitulo, per sostituirvi i due popoli pitinati ? E se uno di questi due popoli pitinati s'avesse da riconoscere nei tifernati tiberini con altrettanta probabilità con quanta il sig. Olivieri propone la sua emenda; chi potrebbe, senza Vsar di soverchio, cangiar in Pluno l'antica co- Sul Pitino 3o5 stante lezione ? Convien certo rispettarla piuttosto, e contentarsi che siavi luogo a riconoscer il Pitioo dì Tolomeo antica cuna dei tifernati nei vicin loro colle che di quello ritiene il nome , e lasciar Ubero il campo ai fratteggiani di Perugia di credersi i discendenti d'uno dei due popoli pitulam, e permetter ad altri di situar i pituluni pisuertes in Monte Vecchio tra i se- noni ed i pilulani mcrgentini al Mergo d'appresso al fiume Jesi. (Borghi, Etruria antica t. 9 deJi'acc. etr.) Vero è sempre che in Plinio mancherebbero i pilinali pesaresi , de' quali rammenta il solo terreno. Ma ciò alla perfine nulla più conchiuderebbe, se non che Pli- nio mancasse dei pitinati del Pesaro, non mai dei pi- tinati mergenti , che buone ragioni persuadono esservi col nome di tifernati. Ma l'aggiungerli alla lezione, come suggerisce il eh. Olivieri , suppone per cosa certa, che Plinio ne dovesse far mezione nel novero o dei popoli esistenti , o degli estinti e dispersi che in quel capo tutti rammenta. Ma chi ci assicura poi ch'egli davvero li dovesse ricordare ? Ho tanta fiducia nella esattezza di Plinio , e nel conforme contesto di tutti i codici che ci son pervenuti senza que' pitinati , che mi persuado non aver essi dovuto aver posto nel nove- ro di Plinio: ed immaginandone una ragione, la veggo sulla riunione , che potè essere stata fatta dei pitinati al municipio della citta di Pesaro, e verosimilmente perchè già potea a qu 1 Pitino ridotto cadavere po- litico applicarsi l'espressione di Plinio : sunt et mo- rientis Casìlìni reliquiae : e quel che dice di Stabia, luogo distrutto da Siila : quoti mine in villas abiti (lib. 3 cap. 5). Certo è che in questo caso non potea contarli tra i popoli estinti o dispersi , perchè ancora esistenti sul loro antico terreno ; non tra quei che tuttora fiorivano , perchè avean perduta la loro po- litica esistenza indipendente, divenuti parte del popolo G.AT.XLIV. 3o6 Letteratura pesarese: e cosi quando avea nominato i pesaresi, nulla più restavagli a dire dei pitinati. A buon conto anche Tolomeo nomina un solo municipio pitinale, che se- condo le sue indicazioni non è il pesarese. So ben dal sig. Olivieri nel luogo citato , che il cav. di Bi- mard riconobbe che nel marmo pesarese , dove ap- parisce per esistente il municipio pitinate del Pesaro, era stato dal tempo non già ma dall' arte cancel- lato il nome dell' imperator romano , di cui restavi il solo titolo , e so aver egli stimato dover esser un di quelli che precedettero Severo , sotto de'quali fu in pieno vigore la legge papia, a cui nel detto marmo dicesi aver quelli dispensato. Ma sebben io abbia fede alla sua osservazione ed illazione consecutiva , non credo poi sicuro per niente affatto che quelP impera- tor preceduto a Severo, come sopra cancellato, s'abbia da creder con lui essere stato Domiziano , perchè tra gì' imperatori di quell' epoca egli solo ebbe la ver- gogna d'un senatorio decreto diretto a fare che il suo nome si cancellasse dai pubblici luoghi. Certo che se reggesse tale ragione conseguenza sarebbe, che il mu- nicipio pitinate del Pesaro politica esistenza ritenesse in vita di Plinio , mentre questi infelicemente peri sotto di Tito, cui Domiziano successe, e però l'avrebbe dovuto rammentare. Fatto è per altro , che il discorso del cav. Bimard sarebbe d'una forza indeclinabile, se non fosse stata mai fatta ingiuria alle imperiali me- morie senza decreto del senato. Al contrario sappiamo da Svetonio (cap. 75) che morto Tiberio , la tumul- tuante plebe gridava pel suo corpo: uncum et gè- moniasz e trattossi ancora di gettarlo nel Tevere: che ucciso Caligola (cap. Co) fu proposto d'abolir dei Cesari ogni memoria, e per sino di gittarne i tempj a terra : che alla morte di Nerone (cap. 49 ^7) con in- sultante allegrezza il popolo ne fé per Pioma pub- Sul Pitino 307 blica festività , e lo stesso senato avealo già vivente dichiarato nemico della patria e soggetto a subire vi- tuperosa morte ; che la testa di Galba fitta in un' asta (cap. 20) venne in mezzo agli scherni girata in- torno l'accampamento de' romani soldati. Ora in que- ste torbide effervescenze chi sa quante loro me- morie saranno state dai più accaniti ed offesi detur- pate si in Roma , si nelle provincie , dove la nuova morte degl'imperatori propagavasi colla notizia di cosi belle pompe funerali di cui in Roma riputavansi degni? Qual maraviglia , che in una di tali ribollenti som- mosse qualche esacerbato militare , o vilipeso citta- dino, radesse nel marmo pesarese l'odiato nome d'un di costoro? Ecco che allora potè benissimo all'epoca di Plinio , senza offesa di quel che il marmo pesarese testifica , aver già cangiata fortuna il politico stato dei pitinati del Pesaro da non doversene più da quello autore far ricordanza. Sara perciò facile di vedere, che bastevole fondamento non v'è per tacciar Plinio di omissione , e contro la fede di tutti i codici ag- giungervi il Pitino pesarese, come nessuno ve ne ha per aggiungervi i pitinati mergenli che già vi si leg- gono col nome di tifernati tiberini. Con tutte le buone ragioni però , che mi fan creder Pitino la cuna dei tifernati, mi convien confessare, che sin ora non e stata qui mai ritrovata lapide alcuna col nome pili- nate. Le poche che si conoscono far menzionedi questo municipio, il dicon sempre tifernate. Ben vero è che son esse dei tempi auguslali, e non dell'antico tempo repubblicano. Potrà solo riguardarsi spettare a questo popolo il citalo marmo posto a C. Edio che qui , dopo aver avuto onori municipali, era passato ad esser pontefice e patrono. Ma le altre , che qui ritrovate ed esistenti un argomento ci darebbero per la loca- lità del Pitino umbro , e potrebbero spander luce 30 3o8 Letteratura sugli oscuri antichi fasti del popolo lifernale , tutte e poi tutte subiron le vicende del tempo distruggi- tore , degl' indiscreti utili privati , e della sprezza- ta ice ignoranza, Mi ha fatto conoscere il eh. sig. Gio. Battista Vermiglioli riferirsi negli arvali di mons. Marini, di cui son privo , un'epigrafe guasta in cui lesse : ab online Pìtini inargentisi ed ancora veder- visi pubblicato un latercolo militare, ove di uno dei soldati, il cui nomo era perito , conserva vasi la patria: Pitino. Ma quale? Il mergente, o il pesarese ? Ecco un altro esempio d'urbici cognomi negligentati. Im- perocché sebbene in quel-I' epoca un dei due popoli fosse stato ad altro riunito, il nome della terra na- tale era quel di prima pei- indicarla. Ma, come ognun vede, questa sorte di documenti originati tra gli esteri non posson di lor natura dar luce alla ricercata si- tuazione del Pitino cispennino. Il eh. numismatico sig. Sesti ni nelP ultimo suo catalogo tra le antiche umbre monete novera quella dove in etrusco leggesi: Peitliesa : dov'egli trovò modo di legger : Pit inumi recedendo dall'opinione in un anterior catalogo espres- sa che a Vejo appartenesse. La stessa venne un tempo attribuita alla citta di Perugia , ma il eh. sig. Gio. Battista Vermiglioli (Isc. perug. toni, i pag. 101) col sagacissimo suo buon criterio ha ricusato il regalo fattone alla sua illustre patria. Altri , altre applica- zioni ne fecero. Se la nuova opinione di cosi chiaro numismatico, com'è il sig. Sestini, prevaler dovesse, mi sembra che l'onor di tale moneta ai pitinati mergenti , o sia ai tifernati tiberini, appartener possa più che a quei del Pesaro. La località del loro aspro terreno, e probabilmente ristretto per la vicinanza dei pesa- resi , dei sestinati , e dei tifernati metaurensi, non suscita l'idea di molli mezzi di sussistenza per cre- dersi popolo numeroso e forte. Se in oltre già alla Svh PiTINO 30g epoca di Plinio avean perduta l'indipendenza del pro- prio municipio, non rammentato né da lui né da To- lomeo , sempre più può credersi , che non fosse di notabile entità, né perciò annunzia d'essere stato po- polo da zecca , come per le contrarie ragioni può sembrarlo il popolo pitinate del Tebro. Ma come mai tali monete, sebben rare, altrove comparvero, e non qui mai dove pur ne sarebbe stata la zecca ? Po- trebb' esser anche però che appunto di qua un tempo uscisser fuora. La legge vigente sui tesori ne' vecchi tempi, un pochetto vandalicamente garantita nell'ese- cuzione da' fantastici non mcn che burberi discepoli del Farinaccio, fissò il sistema de'nostri coloni. Ca- vano , trovano , spezzano e risotterrano figuline , e trafugano ciò ch'è metallo per le maremme vendendo a' forestieri tutto quanto vi recarono. Cosi le antiche memorie o distruggono o si disperdono, senza che sian realizzate mai le speranze del governo , e senza che n'abbia lustro il popolo , cui originalmente appar- tennero. Questa potrebb' esser la storia di tali mo- nete: ma intanto esse nulla più ci dicono dell' origi- nario luogo d'onde partirono per esser di profitto al mio scopo, e mi convien restar contento solo di quanto ho creduto poter dedurre da Plinio e da Tolomeo. Colla scorta di questi mi son partito dalle sponde del Me- tauro, e fatto viaggio per cercar di Pitino, mi sono arrestato d'appresso a Citta di Castello in un suo colle di tal nome, lusingandomi d'averlo ivi ritrovato. Se il dotto pubblico non ne sarà persuaso, desidero che alcun mi faccia lume per seguitare il viaggio in ul- teriore ricerca : poiché per me si é fatta notte buja, né più. saprei dove iunoltiarnii con lusinga di miglior fortuna. 3io Letteratura NOTE (a) Tra le altre spiegazioni , di cui è suscettibi- | le quest' apparente prodigio , sembra potersi noverar anche la seguente. L'acqua del sotterraneo serbatojo, prima di giungere alla scaturigine , dovea trapelare a traverso di strati , che in qualche punto del monte erano molto esposti a risentir 1' effetto del freddo e del calore, ristringendosi e dilatandosi reciproca- mente colla stagione, restando cosi ostruito il passo nel tempo del molto freddo , che riapri vasi col rin- vigorir del calore. Questo meccanisco sarà poi stato guasto dal movimento, per esempio, dei terremoti, che avrà aperti altri meati più interni nelle viscere del monte , pe' quali avrà 1' acqua potuto in appresso costantemente fluire : ed il prodigio sparì. (lì) Vuol dire taluno che la seconda frazione qual minuzia della prima indichi i minuti secondi. Questo è un solenne sbaglio. Basta ponderare il capo ventitré del primo libro di Tolomeo per esserne con- vinti. Si trovano ne' suoi gradi anche tre frazioni. E che ? si vorrà credere che Tolomeo carico si des- se anche dei minuti terzi , che sprezzano anche i moderni ? Il sistema di questo geografo egli è di rom- pere le quantità aliquante dei secondi al di sopra del grado , o anche del mezzo , in due frazioni aliquote del grado. Per undici secondi pone un decimo ugua- le a sei, e un duodecimo uguale a cinque. Per mi- nuti 4l Vl antipone il mezzo , e forma tre frazioni. Dietro questa osservazione se si scontrano in Tolo- meo due frazioni , che unite formino una quantità a- liquota del grado , può francamente dichiararsi er- ronea , e dagli amanuensi contrafalta. Sul Pitino 3rt (e) Il celebre generale Chiappino Vitelli, gover- natore delle Fiandre sotto il comando di Margherita d'Austria , avea in sua gioventù servito nel milita- re la famiglia Medici , dalla quale venne grati- ficato coli' infeudazione del marchesato di Cetona nel i554- (d) Monsignore Ottavio Antonio Bajardi ( Pro- dromo delle antichità d'Ercolano, parte 1, da pag. 280 nnm. £ot a pag. 43o num. 54) ha trattato con mol- la profondita e scelta erudizione dell' antico piede la- tino, del greco, e dello stadio d'ambedue le nazioni. Quanto al piede latino, secondo quattro antichi pas- setti plicabili di metallo spettati uno a Luca Peto , altro a Fulvio Orsini , altro a monsig. Bianchini, ed altro dall' autore stesso regalalo al regio museo di Napoli , ed inoltre secondo un campione antico del piede in marmo di Gregorio marchese Capponi , e la misura dell' altezza pedale di un congio marcato le- galmente sotto Vespasiano, e d'altro congio simile già spettati a'due cardinali Farnese e Cesi; e finalmente secondo diverse misure di mattoni ed altri antichi ruderi riscontrate da monsig. Fabretti, conclude che essendo tutte queste antichità conformi nella stessa misura del piede , tolgono ogni dubbio ragionevole eh' esso sia l'antico vero piede latino: dovendosi chia- ramente rifiutare altre misure del piede d'altre anti- chità, che coli' esser tutte notabilmente discordi, mo- strano o che vennero alterate dalla malizia commer- ciale, o che non erano destinate a regola del com- mercio , ma ad insegna d'un' arte che ci ha rap- porto, come sono i piedi scolpiti nei marmi ebuzia- no , stagliano ec. Ora detto giusto piede, misurato sui prototipi stessi, contiene i3oq 5/ia punti del piede regio di Parigi , il quale ne contiene, come si sa, i440s Quanto al piede greco , secondo un piede porfiretico 3i3 Letteratura. diligentemente misurato da Filandro e secondo ti confronto d'alcune misure greche con delle latine fat- to colla scorta di più autorità degli scrittori delle due nazioni, mostrò che il piede olimpico usato dai geografi e dagT istorici per le distanze dei paesi, cresce di mezzo pollice romano , o come diceasi di mezz'oncia sopra quello di Roma, e contenea f36328I/288 punti del piede regio di Parigi. Quanto finalmente allo stadio, mostrò eh* era della slessa misura tanto il greco quanto il latino, ed otto di questi faceano lo stesso miglio pe' greci e pe* latini. Il divario era tutto sul numero dei due differenti piedi. Uno sta- dio greco era di cento passi di sei piedi olimpi- ci. Lo stadio romano costava di cento venticinque passi, di piedi cinque l'uno; e così stando il piede greco, cioè once 12^, al piede latino, cioè oncie 12, come 625 numero di piedi dello stadio romano a 600 numero di piede dello stadio greco , risultano ugua- li ambi gli stadi; mentre il maggior numero di piedi in uno compensa la maggior lunghezza dei piedi noli' altro. Su queste basi sono state ragguagliate le mi- sure a piedi regii di Parigi. (e) Plinio veramente fatto patrono dei tifernati qaancT egli era ragazzo - me pene adirne puerum cooptavi* -( ìetL a Fabato lib. 4)» e datosi a trat- tar gli affari nel foro di diecinove anni - undevi- ^esituo aetatis anno dicere in foro caepi - ( lett. a Capitone lib. 5 ) cioè Fanno dopo la morte di Pli- nio suo zio - agebara enim duodevigesimum annum ( lett. a Tacito lib. 7 ) - può sembrar per questa par- te, che bea di poco potesse informarlo sugl'inter- ni politici rapporti di questo popolo. Potè però que- sto suo patronato, che certo dovett' esser assistito da detto suo zio , dar molte occasioni a questo di fai- da lui richiedere ai tifernati le notizie , che potea Sul Pitino 3i3 desiderare. Anche poi senza tal carico potea Plinio Cocilio conoscer le cose nostre , perchè avea nelle vicinanze di Tiferno una buona possidenza di dieci mila scudi di rendita ( lett. a Trajano lib. io) con una bella villa (lett. ad Apollinare lib. 5), che ne- gli argomenti delle sue lettere, pubblicate nella bi- blioteca universale di scelta letteratura, mal confondesi con Tusculano, apellazione non pliniana, e con Fra- scati ; nella qual villa dovette naturalmente anche as- sai giovane aver passato qualche mese dell' anno : ed in tal caso il genio di Plinio ci assicura, eh' egli non avrà mancato d'informarsi delle cose di questo muni- cipio; tanto più che non è senza fondamento affatto, eh' egli in ciò potesse interessarsi assai come luogo d'origine della sua famiglia Cecilia. Di fatto egli ri- chiese ncdla citata lettera a Trajano di potersi condurre cento cinquanta miglia lontano per collocare nel mu- nicipio le statue dei precedenti imperatori, unendovi an- che la sua: le quali statue -«#/' plures successiones traditas - , non erano da Plinio Cecilio state mai col- locate ne dedicate, ma le avea soltanto nelle diverse possessioni custodite - quales acceperam custodiebam ; e ciò vuol dire, che ciascuna era conservata tutt' ora sulle diverse eredita, che lui erano pervenute. Da ciò discende in primo luogo, che il municipio e i terre- ni, centocinquanta miglia lontani da Roma, di cui par- la a Trajano, e ch'in questa occasione avea da riaffit- tare, indicano chiaramente il territorio e municipio tifernate. In secondo luogo discende, che tali possessio- ni con dette statue non erano de lui chiamale molte eredita , perchè molte si contenessero in quella uni- ca e sola, eh' avesse in un tempo conseguita : perchè in tal caso avrebbe certamente usato il linguaggio comune di chiamarla una e non molte: ma sebbene perchè dovean essere il risultato di molte eredita di- 3i4 Letteratura stinte e separatamente ricevute: che allora convien la comune espressione d'aver avute molte eredita. Ora è innegabile , che l'andamento ordinario delle vicende sociali mostra, che nel luogo, dove lungamente tro- vasi incardinata una famiglia, egli è che pel corso delle generazioni vengano ad aprirsi più successioni ed a cumularsi in un solo , col diritto de' maggiori , le possidenze del medesimo territorio, che in varj tem- pi furono di più famiglie locali imparentate. Sembra perciò potersi credere per tale rispetto , che il luo- go d'origine di Plinio Cecilio fosse Tiferno. Né appo- nesi a ciò eli' egli dicasi chiaramente di Como nelle sue lettere : perchè primieramente potè il padre suo trapiantar la famiglia in detta citta per una combi- nazione tra le tante possibili che non giunse a nostra notizia: e così sarebb' egli nato in Como, ed insieme oriundo di Tiferno. Ma poi anche nato in Tiferno, tanto avrebbe dovuto appellarsi di Como come pa- tria di Plinio Secondo eh' avealo adottato , patria che lui sembra oramai dopo tante discussioui assicurata (Tiraboschi toni, a], co. Gio. Batt. Giovio, uomini il- lustri comaschi ) : di che veramente sono stato sempre persuaso , non intendendo come potess' essere Plinio Secondo cittadino originario veronese senza che vi pos- sedesse una zolla di terra. Di fatto le lettere di Pli- nio Cecilio sono chiaramente raccolte, e da lui rese pub- bliche coli' ambizioso piano d'eternare tutti i punti di storia e domestica e letteraria e politica che la sua vita riguardavano, benché forse per certa sua mode- stia vi gettasse come un velo, dandole alla rinfusa, e senza cronologica disposizione. Da esse rilevasi l'an- no della nascita, la nobiltà di sua famiglia, il suo ser- vigio militare, gli onorevoli gradi nella repubblica so- stenuti, l'ampio favore goduto' degi' imperatori, le sue presidenze ed i patronati della citta, i vincoli d'affetto Sul Pitiwo 3i5 che il legavano a molti popoli per cui disse - Tuscos meos dei tifernati , - Veronenses nostros - cioè di lui e di un tal Massimo non veronese , - Tusculanis , ti- burtinis, praenestinisque meis - tra i quali nulla pos- sedea, come ne accerta la sua lettera a Nasone (lib. 4)- Rilevansi le oratorie fatiche , il suo poetare, il tra- dur versi greci , la sua disposizione a scrivere una storia, se Capitone glie ne proponesse il soggetto, par- ticella sfuggita al eh. sig. Bossi (storia universale), il credito letterario che sommo aveasi di lui, la scuo- la e libreria erette in Como ; rilevansi le sue largi- zioni, le compre di terreni, le pervenutegli eredità, le sue ville e terreni in Como, in Laurento , in Ti- ferno , il modo con cui vi passava le ore , e per sin l'assistenza alle sue raccolte; insomma il dettaglio di tutto ciò che potea eternarlo per grand' uomo di to- ga e di lettere, e di molto decoroso patrimonio for- nito. Ora chi di cosi poco avvedimento potrebbe , non dico credere, ma soltanto sognare, che se ville e terreni avesse possedute nella region veronese, una parola , un cenno mai non ne avesse dato ? Eppure non ne fa motto alcuno : segno certissimo che nulla vi possedea. Come dunque può immaginarsi che una famiglia illustre e potente , qual può reputarsi la Pliniana , fosse originaria di Verona senza che censo ereditario, o almen compro, vi godesse nella sua per- sonale dignità e fortuna ? Tutti gli argomenti da me letti in Tiraboschi e Maffei, che altri non vidi, acqui- stala preferenza sui contrari secondo il partito di chi legge; ma questa riflessione mi sembra men di tutte soggetta ad indebolire a fronte d'un contrario affetto. Resta quindi che le possidenze pliniane del padre adottivo e della madre fossero quelle di Como, e che soltanto a quelle pliniane alludesse Plinio Cecilio nella lettera a Fabato ( lib, 7 ) quando disse delle pos- 3iG Letteratura sidenze di Como - exceptis paterni* maternisque - co- me non è punto fuor di ragione che i beni tifer- nati, ingranditi con successive eredità, fossero del suo padre naturale L. Cecilio da Tiferno. Certo sem- bra che senza tali rapporti di famiglia e di pa- rentele si durerebbe fatica ad indovinare come i ti- fernati volgessero gli occhi a Como, paese così di- stante, in mezzo a popoli di vincoli sociali così da' nostri disgiunti , per iscegliervi un ragazzo a patro- no di questo municipio - tanto majore studio , quanto minore judicio - coni' egli si esprime con Fabato : e ragazzo d'una famiglia, che portava all'estero una cospicua rendita, il che non fu mai senza riurto delle citta verso le proprie famiglie eh' abbandonano la patria, ma sempre più di gian lunga verso le pellegrine da ogni cittadinesco vincolo disciolte. Ec- co dunque come per tutte queste circostanze Plinio Cecilio ancor giovinetto potea fornir lo zio delle no- tizie tifernati eh' avesse desiderate ; e quelle per tempo nella sua storia aver avuto luogo. Una tignuo- la letteraria, solita vestirsi della lana degli altrui ve- stiti, udito un lieve e prematuro cenno sul mio so- spetto, che la famiglia di Plinio Cecilio fosse ti- fernate , subito corse a travagliare e a far travagliare per comparir prima d'altri in pubblico con tal adob- bo indosso : ma per quanto si tapinasse, non seppe moltiplicar lana bastante ad imbucarvisi dentro , e la povera tignuola rimase nuda. Forse peggio per me. La disapprovazione, ch'avrò meritata, sarà tutta mia. 3v Ragionamenti del marchese Luigi Biondi intorno la divina commedia* RAGIONAMENTO XI. ( V. il ragionamento X nel tomo XLII p. 34i • ) Ni iuno è che non sappia a quante diverse interpre- tazioni abbia dato luogo il verso trentesimo del can- to I dell' Inferno , che è l'ultimo della seguente ter- zina: „ Poi eh' ebbi riposato il corpo lasso „ Ripresi via per la piaggia diserta, „ Si che '1 pie fermo sempre era il più basso. Jo ho sempre inteso (dice il Cesari ) questo verso deir andar su , e mi parve sempre che d'altro non- si potesse intendere : V andar su fu appunto per Verta che ivfl cominciava. Ma il vero si è che io veggo tante diverse sposizioni di questo luogo, eli io non mi rinvengo pia. Chi V'intende meco delV andar su ( il Landino, il Vellutello, il Daniello, il Lombardi, l'edizione fiorentina del 1 8 19 ) ; chi deW andare in piano ( il Magalotti, lo Scolari, l'edizione padovana dell' 1822); chi fra erto e piano (forse ha qui vo- luto significare il salir dolce annotato dal Costa ), e chi a sghembiscio strisciando il piede (il Biagioli): ed ognuno crede aver buone ragioni da mantener suo parere , sicché io lascio il vero dov" egli sta a casa. A queste opinioni aggiungerò pur quella del 3i8 Letteratura Giusti, seguita dall' editore romano , che scrive co- si: Per dissipare ogni ambiguità cT interpretazione si potrebbe leggere col cod. Caetani , e con molta ra- gionevolezza i ,, Si che '1 pie fermo sempre era al più basso. In questo mio breve ragionamento io mi farò a di- mostrare due cose: I che Dante veramente incomin- ciava a salire: II che, nulla ostante l'andare in su» il piede fermo di lui era sempre il più basso. I.° Il poeta narra coni' egli riprese via per la piaggia. E che significa piaggia nel volgar nostro ? Non al- tro che quella piccola salita, o discesa, la quale fu detta acclivitas, o declivitas dai latini. Perciò piag- gia (giusta la definizione datane dai compilatori del vocabolario ) talora significa lido che scende dolce- mente nel mare ; talora salita di monte poco repente. Del cjual senso ( eh' è il nostro ) diede bella dichia- razione il Boccacci, non citato dagli accademici , la dove scrisse: Le piagge delle quali montagnette co- sì , digradando, già verso il piano discendevano, come né*' teatri veggiamo dalla loro sommità i gra- di insino all' infimo t)cnire successivameate ordinati. Terminata la piaggia, cioè quel piccolo declivio che forma il piede de' monti , incomincia l'erta , che ne forma il dorso, e sta fra la piaggia e V altezza, o vo- gliam aire fronte o sommità. Dante dal piano della valle giunse ove cominciava il declivio : „ E poi che fui (lo dice egli stesso ) al pie d'un colle ( giunto. Divina Commedia 3ij) La ove terminava quella valle , Ripresi via per la piaggia diserta : cioè cominciò a salire: e quando fu al terminare del- la pioggia, e „ Quasi al cominciar dell' erta gli apparvero , prima la lonza , e fu più volte per tornarsene indietro, ma pur noi fece, anzi bene spe- rava di aggiungere alla cima del colle ; appresso il leone, che gli die paura, ma noi ritenne; all' ulti- mo la lupa, per lo incalzar della quale perde la spe- ranza deW altezza ì e rispinto, rovinava già in basso loco, allorché gli si fu offerto agli occhi Virgilio. E chi mai, leggendo queste parole, non conosce , che Dante avea terminata la via piana, era sul terminare della piaggia, che è lieve salita , e trovavasi presso al cominciare dell' erta ? Come avrebbe potuto mai rovinare in basso loco , se nulla avesse salito? Adun- que il poeta non camminava per via piana : era po- co repente il salire, ma pur saliva. II,° Or come può spiegarsi che Dante salisse, e nulla meno il piede fermo fosse sempre il più basso ? Pi agevolmente eh' altri non crede, se il senso allegorie di quel verso sia chiamato a venire in soccorso del senso piano. Dante perduto nella selva degli errori, fuori della via della sapienza e del vero , vide i raggi allegorici del pianeta: „ Che mena dritto altrui per ogni calie: 320 Letteratura e , prendendone conforto , ebbe speranza di pote- re uscire di quella valle , e salire al monte della vera felicità. Ma impedito dalle tenebre i che il circon- davano , e tardato da quel peso , dì cui lo vedia- mo a mano a mano alleggerirsi nel passare da uno ad altro balzo del purgatorio, saliva sì, ma lenta- mente e a gran pena : perocché non avendo forza di liberare il piede dalle catene della servitù , in che era , sofferma vasi a quando a quando , e sem- pre il piede sul quale riposava il suo corpo era ti più basso, cioè quello che era più inverso la valle, non quello che era inverso il monte : come appun- to avviene a coloro che salendo a stento , o pei' istan- chezzi o per difetto di corpo, e prendendo ad ora ad ora riposo , appoggiano appena sulla terra la gam- ba che è innanzi , e tutto il corpo sulla posterio- re gamba abbandonano. Adunque dice il poeta , che egli riprese via per la piaggia , cioè per la lieve sa- lita , ma sì , cioè in tal modo la riprese , che il pie fermo , ciò'? quello sul quale sta la persona , non era già il più alto , come vediamo in coloro che cor- rono frettolosi , i quali ci paiono toccar sempre la ter- ra col piede innanzi , e aver sempre in alto il pie che rimane indietro ; ma bensì era il più basso , co- me il vediamo in chi , a grande stento salendo , va sulla gamba posteriore riposandosi a ciascun passo. Data questa vera interpretazione al verso dell'Ali- ghieri , sta bene insieme eli' egli un poco salisse , e che fermo sul piede posteriore si riposasse. An- zi il prender via per luogo acclive si che la perso- na sul più basso piede si fermi , dinota un' altitu- dine tutta propria non di chi sale senza impedimen- to, ma di chi stenta a salire. Né sia chi mi accagioni di soverchia franchezza per lo aver detto che questa, che io do, è vera interpretazione. Imperocché mi fran- Divina Commedia Sai clieggiano le parole del sauto dottore Basilio , dalle quali il poeta nostro , dottissimo com' egli era nul- le opere de' santi padri , tolse materia a scrivere quel suo verso. Leggasi la omelia Sul distaccamen- to dal mondo , che è la xxi De diversis , e vi si troveranno parole , le quali , non che 1' allegato ver- so, ma tutta V allegoria della divina commedia di- chiarano mirabilmente. Basilio , seguitatole in ciò del re David , e seguitato poi dal popta nostro , fa paragone della vita con una via , de' piaceri mon- dani colle tenebre , del peccato colla morte. Dice pur egli , come poi disse Dante , che qualunque smar- risce la verace via trovasi in selva piena di agua- ti, ed è volto al passo per ove si precipita a mol- te : ma colui per l'opposito che , tenendo la via di- ritta , esce dalle basse tenebre , e si sforza a sali- re in alto laddove risplende il sole , si fa degno di aggiungere alla felicita che sola trovasi in Dio. All'ultimo esorta i fedeli a francamente trascorre- re questa via vera. E dove Dante descrive la fa- tica che dura colui il quale smarrito nella selva , e avvolto fra le tenebre, procaccia a stento di ritrarsi al monte della felicita , e più volte volto per ri- tornare si sofferma sempre sul piede che è inverso la valle , nella quale ricadrebbe se celeste donna non lo sovvenisse d1 aita ; per lo contrario il san- to dottore mostra come la via s' abbia a percorre- re velocemente, si che il piede fermo non sia quel- lo che è verso la valle , ma quello che è verso il monte , cioè verso Idio , datore della vera felici- ta. E qui nota, o lettore , le seguenti parole , quali esse sono nella bella versione italiana fatta dal no- stro graditissimo giovane, Antonio Bianchini , la do- ve il facondo Basilio confortando i fedeli a riguar- dare gli allettamenti m n ciani con gran timore e G.A.T.XLIV. "ai 322 Letteratura sospetto, né riposarvi su il piede, paternamente li consiglia a fare come que' che procacciano a cor- rere lunga strada , i quali tanto si studiano in af- frettare i lor passi , che il pie posto in terra per primo diresti esser sempre Upiù tardo , per la velo- cità con cui V altro ( il testo ha Salvatore Betti pro-segretario del- l' insigne e pontificia accademia di S. Luca. SIGNOR BETTI PREGIATISSIMO. el rivoltare ultimamente alcune carte, mi vennero sotto T occhio varie iscrizioni , copiate da me dopo la pubblicazione dell' opera sui Frammenti capito- lini dei fasti trovali nel 1817 nel Foro Romano , nella quale inseni più altre iscrizioni interessanti i G.A.T.XLIV. 22 33S Letteratura consolati. Credendo pure qneste utili allo stesso og- getto per chi vorrà, occuparsi a migliorare quella se- rie ancora molto imperfetta nelle collezioni di Teo- doro Iansonio , di Pietro Relando , di monsig. Gae- tano Marini nelP opera dei Fratelli Arvali ; ho cre- duto bene di riunirle alla meglio , e pregarvi d' in- serirle nel Giornale Arcadico , che ne ha già date tante in altre materie antiquarie ritrovate in tempi recenti negli scavi di antichità. Ne darò per la prima una scavata da un mss. chi- giano segnato I. V. 167 pag. 17 ; colla notizia del ritrovamento di essa nella villa fabbricata dal card. Giovanni Ricci da Monte" Pulciano verso la meta del seìtodecirao secolo , poi arricchita dal card. Fer- dinando de' Medici , ora Accademia di Francia ; 1. In hortis carditi ali s Morì ti s Pule inni in Mon- te Pincio inde basis mannonea extracta cani hujus- modi inscriplione. D. M. T . FLA . POSTVM1VS VARV.S .Y.C. COS . ORATOR. AVO . XV . Via PRAEF . VRB . V1XI BEATVS DUS AMIC1S L1TE1US MANES COLAIYIVS . NAMQVE OPERTIS MANI» . DIVINI VIS EST AETERKI TEMPORI» Questo console Tito Flavio Postumio Varo , oratore , augure , quindecenviro , prefetto di Ro- ma, è nuovo ed ignoto nelle predette collezioni. Co- me prefetto della citta è riportato dal P. Corsini alla pag. 147 con questa scarsa notizia : An. V. C ioa{, C/ir. 271: Svlus praefeotorum indiculus Po- Iscrizioni consolari 33q stumii Vari, nomea scriptoribus oliis indictum ad annam Chr> 271 memoravi!. La base sepolcrale tro- vata su questa parte del Monte Puicio farebbe cre- dere , che anche allora , nel fine del terzo secolo , il monte l'osse stalo fuori delle mura della citta. Tre frammenti d'iscrizioni copiate da me li 3 1 mag- gio i8a5 nel cortile dell'episcopio di porto , ornalo daH'emitientisùmo signor card. Pacca vescovo , con altri frammenti d' iscruioni e di sculture , trovati in varj scavi d' antichità fatti dall' E. S. negli anni precedenti in quei contorni per lo più sepolcrali : saggio consiglio da imitarsi generalmente , per las- ciare i testimonj delle storie locali sagre e profa- ne con istruzione e piacere di chi ve le ritrova. E IMP CAES COVI PIO FELICE SACRQV MPVLIC. MILITI SENT OSTIA. SVB TI IVSTJ. TR. VIII. D MODO AVO GOS TR . PIÙ SCO Questo consolato dell'augusto Commodo col so^ ciò neppure si ha nelle collezioni. DEDIC . III . NON . AVG . APPIO CL . 1VLIÀNO ET BRVCT . CRISPINO , COS . 22 34° Letteratura È la indicazione della dedica nella base di quai* che statua. Servirà a correggere e supplire i nomi dei consoli dati all' anno di Roma 977, dell'era voi- gare 224» IN PACE DX . KAL . DEC • . . RATIANOjET DAGA E cristiana: In pace depositimi, o deposita , X kalendas decembris. Il primo console è Graziano : ma il secondo non si conosce sotto questo nome. Deve essere Flavio Da- galaifo, segnato da tutti con Flavio Graziano all' anno di Roma 1119; dell'era volgare 36G. Nei do- cumenti citati dal Relando a questo anno Graziano ora è detto augusto , ora nobilissimo cesare. Avv. Carlo Fea commissario DELLE ANTICHITÀ'. De" fatti di Alessandro il grande , opera di Q. Curzio Rufo tradotta da Giuseppe Felice Gio- vanni. Milano per Antonio Fontana 1829. ( Un voi. in 8° di Jac. 4O9 ) uesto è il|'tomop 5$° della ^Biblioteca Storica di tutte le nazioni , che viene uscendo in Milano : e con- tiene una nuova traduzione di Q. Curzio ; opera di un letterato roveretano del secolo trapassato , la qua le giacevasi inedita appo l'illustre signor don An- Q. CuRZIOJ TRADOTTO 34' tonio Mazzetti , a cui meritamente viene intitolata. L* editore dice avere usato diligenza, onde la versione sia non indegna di apparire nella luce presente delle lette- re; come avrebbe usato il traduttore se avesse pubblica- ta egli stesso l'opera sua. Ed è a lodare , se non altro, la buona intenzione; comechè paja ad alcu- no, che intorno a questo parto di un felice inge- gno sarebbe talvolta desiderabile la cura del pro- prio padre. Noi non vogliamo di questo proferire giudizio : lo faranno da sé i savj e cortesi leggen- do quel tanto , che della nuova versione ci è dato di riferire. A noi basterà di venir presentando ai medesimi , come sogliamo , alcuna occasione di du- bitare. Prima daremo l'esortazione di Alessandro ai tre- cento soldati sotto la rupe sogdiana ( Lib. VII. a4 ) • i) Con voi , o giovani e compagni miei , ho „ superato in addietro le fortificazioni di citta in- „ vincibile : ho scorse le cime dei monti coperte „ di perpetuo ghiaccio ; sono entrato nelle strette ,, bocche della Cilicia ; ed ho sofferto senza stancar- „ mi la forza de' freddi dell' India. Io insegnai a ,, voi , e voi a me. Questa montagna, che vedete, ,, ha un solo ingresso occupato da' barbari : il ri- „ manente non è da essi guardato. Non ci sono „ altre guardie che quelle , che rivolte sono al no- „ stro campo. Ritroverete altra via 7 se attentamen- „ te andrete carcando i passi , che portano alla ci- „ ma. La natura non ha stabilito nulla in tanta al- „ tura , cui non si possa colla forza montare. Fa- „ cendo prova di quello , cui gli altri han dispe- „ rato di pervenire , avremo 1' Asia in potere. Sa- „ lite sulla cima , la quale tosto che avrete gua- „ dagnata , me ne darete il segnale con veli bian- „ chi. Io rivoltar farò 1' inimico verso la bocca eoa 3/\2 Letteratura ,, avvicinarvi le truppe. A quello , che primo sa- „ ra salito sulla sommità , datò in premio dieci ta- „ lenti , e colui che vi sarà giunto il secondo ne ,, ricovera uno di meno ; e la stessa proporzione sa- ,, ra riserbata per gli altri , fino a dieci. Io ten- „ go per certo , che voi non avrete considerazio- J, ne maggiormente alla mia liberalità , che al mio „ valore. „ Petra de' latini non è propriamente mon~ trtgna degl'italiani , testimonio il Forcellino. E poi- ché il testo dice „ habemus Asiani in potestatern ,, il volgare doveva dire non avremo , ma abbiamo V Asia in potere. E poiché è secondo F ordine delle idee, doveva tenersi nella versione l'ordine stesso del latino , ove dice ,, Ego copiis admotis , ho Stein in nos a vobis contenta m. „ E Vintueri doveva render- si , siccome pare , non coli' avrete in considerazione , ma con la sola voce guarderete, giacché l'abbiamo, e giacché 1' usare più voci in un luogo di una fa più lungo e meno forte un discorso , che vuole esser bre- ve ed energico quanto altro mai. Indi presenteremo il ritratto del magno conqui- statore (lib. X. ())<. . . A chi vorrà pesare i pregj di ,, questo re con giustizia , apparirà che le sue vir- „ tu furono della sua natura , i vizi della sua for- ,, tuna e dell' età. Incredibile ne fu il valore dell* „ animo : la tolleranza nelle fatiche quasi troppo „ grande : la fortezza eccellente non dirò soltanto tra „ i re , ma tra quelli ancora che sono stati di que- „ sta sola virtù fregiati : la liberalità, che spesso do- „ nò cose maggiori di quelle che agli dei si do- „ mandino : la clemenza verso de' soggiogati : tanti ,, regni o restituiti a coloro , cui gli aveva vinti in „ guerra , o dati in dono: il continuo disprezzo del- ,, la morte , il cui timore esanima gli altri : la bra- „ ma di gloria e di lode, sebben sorpassante il do- Q. CuilZIO TRADOTTO 3:p „ vere , pur condonabile ad un giovane frammezzo „ a cosi grandi imprese : la pietà poi verso de' suoi „ genitori, dèi quali stabilito avea di consacrare alla „ immortalila Olimpiade ; di Filippo {atta avea la „ vendetta : la benignità verso quasi tutti i suoi ,, amici , la benevolenza verso de' soldati , il consi- ,, glio pari alla grandezza d'animo , e l'avvedutezza ,, quanta appena capir potea la sua età , la mori- „ geratezza negli smoderati desideri ... e nessuna vo- „ luttuosita, se non permessa, erano certamente doti „ grandi del suo animo. I vizj , parti della fortu- „ na , furono l'eguagliarsi agli dei , pretendere gli „ onori divini , e credere agli oracoli che tali cose „ davangli ad intendere , adirandosi più di quello „ che conveniva contro di quelli , che sdegnavano ,, di venerarlo : cambiar in moda strani ra l'abito ,, di sua persona : imitare i costumi de' popoli sog- „ giogati , che disprezzava prima di averli vinti s „ l'iracondia e la gola del vino siccome erano sol- „ leticate dall' età giovanile , cosi dalla vecchiezza „ avrebbero potuto essere mitigate. Si dee però con- „ fessare , che se fu debitore moltissimo alla virtù, „ più ne fu alla fortuna , che a lui solo più eh? „ a tutti gli altri mortali fu ubbidiente. Quante vol- „ te non lo ha richiamato da morte ? e quante te- „ merariamente postosi nei pericoli con perpetua fe- ,, licita noi protesse ? Anche il termine della sua „ vita fece che fosse il medesimo che della gloria. „ Lo aspettò il destino sino a tanto che domato d'orien- „ te , e montato sull' oceano , compisse quanto può „ la mortalità abbracciare. „ Dove il testo dice in- gentes vero dotes erant finisce il secondo periodo , che è come un bel mazzo di varj fiori legato da un solo anello : e questo anello e nel volgare era- no certamente doti grandi del suo animo. Ora in 344 Letteratura quel mazzo comprendendosi primieramente vis incre* dibilis animi , lodar non possiamo il traduttore, che quasi un fiore ne ha distaccato, ponendolo da se con iscapito della bellezza; dicendo in somma incredibile ne fu il valore deW animo. Al dempserat del test» è contrapposto il reddita : il traduttore ben rende questo col restituiti, parlandosi di regni; ma pare che avrebbe potuto rendere pur quello con parola più propria, che non usò, dicendo egli aveva vinti» E dove dice il volgare di Filippo fatto avea la ven- detta, vorremmo Filippo avea vendicato, e ciò vor- remmo guardando al giro del costrutto. E dove dice lo ha richiamato da morte, doveva dire lo richiamò ; come dopo giù dice lo protesse , in tempo passato ri- moto. Daremo fine colle parole di Perdicca invi- tante i macedoni a dare un successore ad Alessandro (lib. X io) : „ Voi vedete , che io restituisco a voi ,, l'anello , col quale soleva il re segnare gli ordini „ del regno , e le leggi dell' imperio , consegnato „ a me da lui stesso. Per altro , quantunque nes- „ suna calamita si potesse dagP irati dei inventar „ pari a questa che ci affligge , pure chi riflette „ alla grandezza delle cose che ha fatte , può cre- ,, dere, che gli dei abbiano formato un nome si gran- „ de per le cose umane, e che adempiuta di que- „ sle la sorte , tosto lo abbian ritolto per renderlo „ alla immortale sua schiatta. Perciò giacché rnoU' ,, altro di lui ci rimane , fuorché ciò che sempre , dall' immortalità si sottragge , adempiamo al più „ presto a quanto si deve di onore al suo corpo „ ed al suo nome , non iscordandoci in qual citta ,, e tra qual gente ci ritroviamo, di qual re e pre- „ side siamo spogliati. Si ha , o compagni guerrie- „ ri, a trattare e pensare a mantener la vittoria ri- Q. Curzio Tradotto 345 „ portata tra questi , e da questi popoli. V'è foi- „ sogno di un capo. In vostro potere è se volete „ averne un solo , o più di uno. Abbiate attenzio- „ ne, che una moltitudine di soldati senza capo è „ un corpo senza anima. Sono già sei mesi dacché „ Rossane è incinta: il desiderio è che dia alla luce „ un maschio, cui, se piacerà ai numi, fatto adul- ,, to, apparterrà il regno ; ma frattanto destinate da „ chi volete essere governali.,, Quel recido vobis ec. del latino quanto ha più forza del voi vedete che io restituisco a voi ec. ! Certo poteva tradursi in modo di non mancare a brevità e ad evidenza, ed ai pregi ancora dell' ordine , i quali sono nel testo. Quel repeterent del latino quanto è bello ! Non po- teva egli rendersi col richiamassero , anziché usar più parole, come ha fatto il traduttore, che dice io abbiano ritolto per renderlo ? Il testo poscia dice spogliati , ed il volgare siamo spogliati ; ma quel siamo era da risparmiarsi ; che nel sublime toglier vuoisi pur sempre ogni superfluo. E meglio forse non potea rendersi quello , che dopo è detto nel testo, ut victoriam Inter hos , de quibus parta esl% obtinere possimus ? Ma questa ed ogni altra con- siderazione di simil fatta è da lasciare al giudizio de' leggitori , ai quali appunto dapprima la riser- bammo. D. Vaccolini. 34G Degli scrittori greci e delle italiane versioni delle loro opere. Notizie raccolte dall' ah. fortunato Fe- derici , vice -bibliotecario della 1. li. università di Padova. In Padova pei tipi della Minerva 1828. la greca letteratura è quella fonte limpidissima a cui si dissetarono appieno gli scrittori latini del se- col d'oro , ed a cui si adoperarono , e si adope- rano con ogni studio d'appressare le labbra tutti co- loro , i quali non ebbero e non hanno I' ingegno stravolto, e miseramente sviato dietro il pazzo amore di novità. Gli autori di quel beatissimo paese fu- rono e saranno sempre i più grandi maestri del vero bello accoppiato all' utile , vuoi nella poesia , vuoi nella prosa; per cui tutti che bramino scrivere coi? lode, possono a chiusocela seguitare le orme segnate da Omero, da Anacreonte, da Sofocle, da Demostene, da Tucidide, e dalla infinitissima schiera de' dotti gre- ci, e tenere per fermo, che i loro scritti saranno ogno- ra in istima , e letti da ognuno con piacere. Per altro a valer con profitto studiare nelle opere di que' sommi fa di mestieri , fra le altre cose, consultarne le migliori edizioni , e le più accurate; giacche fa- cilissima cosa è a cagione della scorrettezza degli esemplali intendere malamente , e forse al contrario affatto , il pensiero dell' autore che s'ha fra mani. Per questo appunto accade, che, a mio credere, deli- basi avere in grande stima il libro Degli scrittori greci dettato dal sig. ab. Fortunato Federici, ed es- sergli altamente tenuti per questa sua non piccola Scrittori greci 347 fatica. - Egli ha diviso questo suo lavoro in cinque epoche , nella prima delle quali parla degli scrittori avanti Omero ; nella .seconda di quelli , che fio- rirono da Omero ad Alessandro Magno ; nella terza tien discorso degli scrittori , che furono da Alessan- dro ad Augusto; nella quarta di quelli, che vissero da Augusto a Costantino Magno : e nella quinta fi- nalmente discorre degli scrittori vissuti dal detto Co- stantino al)' anno i433, in cui Costantinopoli cad- de in mano de' turchi. A queste cinque epoche sie- gue una giunta , ed a questa tengono dietro due indici , l'uno degli scrittori e volgarizzatori, l'altro delle opere d'essi scrittori divise per classi , ambe- due ordinati dal sig. Angelo Sicca benemerito di- rettore della tipografia della Minerva in Padova. Il sig. ab. Federici in tutta quest' opera ha tenuto un metodo quanto breve , altrettanto facile e piano, ed una dicitura semplicissima. Egli al nome delio scrittore , di chi prende a trattare , fa succe- dere alcuni cenni intorno la sua vita, più o meno ampli secondo richiede il bisogno : ed in seguito passa a dare esatto conio delle edizioni più accre- ditate delle sue opere, non tralasciando di far motto di quale a parere dei dotti sia la più diligente ed ac- curata, e da porsi avanti a tutte le altre. Ciò fatto passa a parlare delle traduzioni del medesimo au- tore, se ve ne ha, nominando il traduttore, e ri- portandone le varie edizioni che in diversi tempi ven- nero eseguite. -Questo libro del sig. ab. Federici può riuscire di somma utilità tanto a coloro che inten- dono la lingua greca, quanto a quelli, che non la intendono: potendosi i primi giovare delle notizie, che egli cfa intorno le più stimate edizioni del te- sto, e gli altri potendo trarre non piccolo vantaggio 348 L E T T £ R A T ti a A dall' apprendere quali siano i traduttori , e quali i più stimabili, che volsero nella nostra lingua gli scrit- ti di quegli antichi maestri. Per tuttociò si vuo- le dai veri amatori delle belle lettere avergliene in- finita obbligazione, e tributargliene non piccole lo- di , per cosi incoraggiarlo ad arricchire la nostra Italia d'un qualche altro suo lavoro nulla meno di quesio pregevole ed utile. Fujvpo Gehardi- 340 ARTI. BELLE-ARTI Sopra quattro statue rappresentanti le Stagioni., col- locate sopra le quattro estremità de' due semi- cerchi , che sono in piazza del Popolo. volere che le arti belle fioriscano in un pae- se qualunque , fa di mestieri incoraggire quelli che in esse studiano , e specialmente i giovani , fa- cilitando loro I' acquisto della perfezione col sovve- nirli , ed accendere in essi il desiderio di gloria , che ha tanto potere particolarmente sull' animo del- la gioventù. Vero è però , che quanto al dar lo- ro soccorsi di denaro vuoisi andare col piede del piom- bo , giacché non rade volte avviene , che per que- sta cagione le ottime mire d'un mecenate delle ar- ti restino al tutto deluse ; perchè que1 medesimi che in basso stato di fortuna promettevano moltissimo , forniti una volta de' mezzi necessarj allo studio , pol- triscono bruttamente nell' ozio , o si perdono dietro ai piaceri , servendosi di que' mezzi medesimi a tul- t' altro fine , che quello pel quale gli ottennero. Pe- rò piuttostochè dare ad uno o più giovani una qua- lunque provvisione mensuale , ailìnchè diario opera al- la studio di alcuna delle belle arti , è ottima cosa 55o BuLLE-A RT I ordinar loro de' lavori : e questi condotti a Cine , a seconda del merito pagare più o meno largamen- te ; giacché in tal guisa , il premio tenendo dietro alla fatica , si studieranno di guadagnarlo quan- to maggiore vena loro fatto , adoperando tutto V in- gegno , e non trascurando diligenza di sorta per- chè le opere loro riescano di maggior perfezione. Tutto ciò ciò ben conoscendo 1* insigne card. Bel- lisario Cristaldi , allorquando fu stabilito di orna- re le estremità de' due semiserchi che sono in piaz- za del Popolo con quattro statue , egli , a que' tem- pi tesorier generale , volle che il lavoro di queste si affidasse a quattro giovani romani , i quali aves- sero già dato buon saggio di loro perizia nell' ar- te della scultura. Per tanto sceltili ed avutili a se , ad ognuno di essi ordinò, che .«colpisse una statua rap- presentante una delle stagioni ; né andò mollo , che tutti e quattro condussero al termine i loro lavori , che vennero quindi esposti alle pubblica vista nel luogo già des linaio. A voler poi parlare auche un poco di queste statue, per quanto a me ne sembra, dirò , che se non perfettissime si possono chiamare , pur tuttavia i molti pregi d'ognuna , può dirsi franca- mente , superano i difetti: maggiormente poi, se si vorrà considerare esser fattura di giovani artisti. La prima di queste statue rappresenta V Autunno co- ronato di pampini e tenente in una mano un grap- polo d'uva , e coli' altra sostenente il corno dell' ab- bondanza , ed è lavoro del sig. Achille Stocchi. La seconda figura 1' Inverno , ravvolto in ampio man- tello , stendendo la sinistra verso un vaso ripieno di fuoco che sta a' suoi piedi , quasi in atto di riscal- darsi , ed è fattura del sig. Baini. La terza , ope- ra del sig. Alessandro Laboureur , rappresenta la State coronata di spiche , colla falce nell' una ma- BlLLI-AXTl 3.1I no , e nell' altra un fascelto pure di spiche. Nel- T ultima finalmente , lavoro del sig. Gnaccherini , è figurata la Primavera , con un suo bel viso ri» dente, coronata di fiori, ed in atto di spogliarsi le vesti invernali,, per indossarne altre più leggie- re. Certo si è, che l'eminentissimo porporato non è rimaso ingannato nel suo divisamento : giacche co- desti giovani, più che dalla speranza del premio , accesi dal desiderio della gloria, e punti dallo sprone della emulazione , tanto utile alla gioventù , cerca- rono a gara , non che i rivali , ma di superare se stessi ; il perchè sonosi meritati , che loro venisse ordinato dal governo, e che scolpissero quattro altre statue rappresentanti quattro re daci , i quali in se- guito verranno collocati in luogo pubblico. Sia per- tanto tributata dall'eminentissimo Gastaldi quella gran lode che egli merita , si per l'amore che mostra per lo innalzamento delle arti belle , si pei proficui ed utili modi con che lo procura. Fiìmppo Gbiurdi. 35a VARIETÀ' 1/ ACCADEMIA AGRARIA IN PESARO, accademia aveva proposto per l'anno 1829 il seguente PROGRAMMA „ Indicare i prodotti rurali sì nella qualità che nella quantità, almeno approssimativamente, della provincia di Urbino e Pesaro e del distretto di Rimino, desumendone il calcolo da un decennio. Su tal; fondamenti si dovrà com- pilarne una statistica raggionata. „ Niuna memoria essendosi presentata al concorso, ed importando sopra tutto conoscere lo slato attuale dell' agricoltura in quella estensione di paesi a cui sono spe- cialmente rivolte le cure dell' accademia istessa ; nella tor- nata delli io dicembre decretò essa, che il problema is- tesso fosse proposto di nuovo per Tanno i83o, modifican- dolo in questo soltanto : cioè che basterà, onde consegui- re il premio, l'aver preso ad esame la condizione dell' agri- coltura di un solamente de' distretti che compongono la provincia di Urbino e Pesaro , ovvero quello di Rimino. Le memorie dovranno essere trasmesse al segretario con le solite formalità accademiche , ci'jè : corredate di un' epigrafe , la quale sarà ripetuta sul viglietto suggellato contenente il nome ed il domicilio dell' autore. -Verrà aper- to soltanto il viglietto che porta l'epigrafe della memo- Varietà* 353 ria premiata , o di alcun' altra che si trovasse degna sol- tanto dell' accessit , mentre gli altri saranno distrutti. Le memorie debbono essere scritte in lingua italiana. Esse non potranno essere di mano dell' autore. Sono esclusi dal concorso soltanto i censori, come quelli a cui è affidato il giudizio delle medesime. Il termine perentorio alla pre- sentazione delle memorie viene stabilito l'ultimo dicembre del i83o ; ed il premio sarà distribuito nel susseguente mese di gennajo i83i in pubblica adunanza. Il premio con- sisterà nella ^omma di scudi trenta. Non vi sarà distribuzione di premo nel caso che niuna fra le memorie sì trovasse tale da soddisfare al problema proposto. Il Segretario F. Ba LD A S SIN I. Iscrizione da apporre sulla tomba della fu marchesa Marina Negroni nata Balbi, composta dal eh. prof. Gagliuffi. QVISQV1S . ADFVERIT . PIVS ET . VOTA . DVAUVM . SORORVM . BONO . ANIMO . LEGEK1T VTINAM . EA.RVM . MATIU . DESIDEUATIS31M4E VALE . CH1WSTIANVM . DICAT DIE . X . ANTE . CALENDAS . MARTIAJ . MDCGCXXVU RAPTA . NOBIS . EST MARINA FRANC1SCI . BALBI . FIL1A . IOSEPHI . NIGRONI . GONIVX QVAE llGET . ANN. LXV . AGERET ITA . SANO . CORFORE . ET . SANA . MENTE . FtOREBAT G.A.T.XLIV. a3 354 Varietà' UT . VIX . ALIVD . ESSE . POSSET PVLCHRIORIS . SENF.CTVTIS . EXEMPLVM nr.FLETO . CONIVGE . SVO . SVSCEPTOQVE . FAM1LIAE . REGVNDAE MVNERE . NOSTRAM . ILLA . VALF.TVDINEM . ET . DISCIPLINAM . DOMI FOiUSQVE . SVMMOPERE CVRAVIT . ET . QVAMVIS . VNICE . NOBIS VIVERE . NOSTROQVE . VNICE . IN . AMORE . CONQVIESCERE Trr>ERETVR . MIUVM . EST . QVAM . DILIGENTER . SANCTEQVE OFFICIA . OMNtA . DIVINA . ET . HVMANA . PERSOLVERIT T\NTA . ERAT . IN . É*IVS . VVLTV . ET . SERMONE . COMMENDATIO i'T . NEMO . EAM . ADIERIT . QVIN . OBSEQVIO . ET . BENEVOLENTIA IH VNISSIMAM . IVDVCARIT NVLLVM . EX . EIVS . ORE . VERBVM . EXCIDIT . VNDE . QVISQVAM OFFENDERETVP. . QVAH . DICTA . FACTAVE . PROBARI . POTERANT HILAU1S . AVDIEBAT . CETERA . SILENDO . VEL . DVBITANDO . TEL M.ANDE . INTERPRETANDO . PRAETERIBAT PSHPETVA . ILLI ERAT . MANSVBTVDO . PERPETVA . IN . AMICITIIS CONSTANTIA . PERPETVA . IN . OMNE . MISERQRVM . GEXVS }1\ MANITAS QVAM . ACERBA . OP TIMATIB . ET . CIVIB . VtflVERSIS . MORS BIVS . CONTIGERIT . FREQUENTISSIMO . FVNERE . ET . LVCTY PROPE . PVBLICO . INDICATVM . EST HANC . IVSTI . DOM)RIS . CAVSSAM . INSCRIPSIMVS ARTEMISIA . ET . LODOVICA FILIAE DOLENTIBVS . NOBISCVM . VIRIS . NOSTRI* ANTONIO • BRIGNOLE .SALE . ET . IOAKNE . LVCA . DVRAi'IO NVNC . TV . DEVS . MISERICORS ADSIS . QVI . ESSE . VNVS . POTES . CONSOLATOR . NOSTER TV . MATRI . GAVDIVM . INTER . CAELITES FILIABVS . OPEM . LARGIRE VT . A1UBAE . CVM . AD . AETERNA . VOCABIMVR E*M . COMITEM . ITERVM . HABEAMVS . NVNQVAM . DEFVTVRAM QVACVM . GRATIAS . TISI . VNI . AGAMVS . IMMORTALES Varietà' 355 Scelta di prose e di poesie del buon scruto di. nostra Un glia ad uso della gioventù. Modena pei gli eredi So- liani tipografi reali, in fi.' \Jw.i\ gentilissimo spinto del professore M. A Parenti, già benemerito dilla lingua per tante belle fatiche, si fa ora benemerito della gioventù italiana , | r > curando una scelta di prose e di poesie del buon secolo. Da^Ii ultimi anni del ducenty venendo i ri s i ti o ai primi del quattrocento egli 6aprh fornirne, io venti volumi a un di presso, raccol- to i! meglio , di che possano giovarsi i novelli senza sca- pito dei costume. E perchè certe colpe venute ne' clas- sici per causa de' copiatori sono da emendarsi , e certe voci come che sia guaste o proscritte ponno ridursi senza scrupolo a ragionevole modo : egli, quell'acuto giudizio, prende sopra di se l'uria e l'altra fatica : ed è ben cosb da lui. Abbiamo intanto dinanzi il primo volume di que- sta collezione, il quale contiene le cento novelle antiche di bel parlare gentile con alquante di Francesco da Bar- berino. Per le prime si è valso quel prudentissimo dei lesto della edizione di Bologna 1026 a riscontro dell' .li- tro della edizione di Firenze 1 57-4 , e col lume della cri- tica ha preferito talvolta la lezione del secondo , segnan- do le differenze di qualche rimarco : ha posto ancora delle note sue, senza lasciare quelle del Borghini, del Canili, del. Ferrai-io e del Colombo : con che ha inteso di prov- vedere al bisogno de' giovani principalmente. I quali vuo- le che apparino ncll' aureo libro delle cento novelle quella ingenuità , che diremmo nativa , del trecento; e quel modo di ordinare le parole come le idee, seguendo non l'arte , ma la natura. Quanto alle novelle del Barberino , le ha prese dal libro,, Del reggimento e de* costumi delle don- ne ,, aggiungendo in fine le nuove osservazioni dell' ab. Colombo sopra un racconto del Novellino ed uno simile 33* 356 Varietà' del DecEmernne ; onde si fa palese quanto sia da pre- ferirsi la schietta semplicità alla studiata eloquenza. Abbiamo ancora il secondo volume , il quale contie- ne ima cinquantina di capitoli delle vite de' ss. padri volga- rizzate dal Cavalca : e pel diligente, riscontro con antichi manoscritti e coir edizione assai rara del i^yS, la parte, the qui ne viene in luce , è purgata dalle mende , che sono nella impressiene del Manni e nelle altre a quella conformi. Sono poi qua e là delle note sobriamente con- dotte od a riferire le varianti più rimarchevoli , od a far meglio gustare le italiane eleganze, o a non inutile il- lustrazione. Che se alcuno chiedesse notizia della vita ana- coretica e degli eremi antichi per bene intendere quelle vite , la troverà in principio del volume tratto da uno scrit- to di quel sottile giudizio del Morcelli. E se altri volesse sapere dell' autore della versione , e del conto in cui questa deve tenersi rispetto alla lingua , sarà contento leg- gendo la prefazione , dove il Parenti ne parla con la schiet- tezza e gravità tutta sua. Facciamo voti , che presto sia fatto di pubblica ragio- ne il terzo volume, e così avvenga degli altri promessi. E sarà pieno il desiderio de' savj , i quali convengono , nelle scritture del buon secolo esser molt' oro non senza però la sua lega , che nuoce, massime alla morale. E i padri e i maestri potranno quindi a chius' occhi mettere nelle mani de' giovinetti la collezione procurata con isqui- sito giudizio da un filologo riputatissimo de' giorni nostri. E la bellissima delle favelle, così bene raccomandata alla nascente generazione , non temerà più le offese del tempo e dell? fortuna : e ancorché combattuta, starà ,, come torre ferma che non crolla „ Giammai la cima per soffiar de' venti. (*) DOMGNTCO VaCCOLINC (*) Pa'ih^ Purg. /'. V A K I I T v 3r>7 Manuale di Epitteto , traduzione di Lazzaro Papi colla Tavola di Cebete, tradotta dal marchese Cesare Luc- chesini. - 8." Lucca dalla tipografia di Giuseppe Giw sti iSag, 1 nomi del Lucchesini e del Papi sono assai chiari nella nostra letteratura , perchè il presente libretto trovi gra- zia presso tutti coloro , che di cuore intendono alla sa- pienza ed al hello scrivere. Pochi saranno forse che non abbiano letto questi volgarizzamenti , i quali già da piìi anni sono alle stampe: e nondimeno accoglieranno vo- lentieri la nuova edizione che ne ha fatto il tipografo Giu- sti : edizione in varie parti ricorretta dai due celebri let- terati. S. Betti. J'ie cC Agricola par Tacite, traduite par N . L. B. (Na- poleone Luigi Bouaparte ) - 4«° Florence itiA<) chez Guil- laume Piatti. V uoì darsi per prima cosa un' egregia lode all' inclito giovane, che così dottamente e utilmente sa usare il suo tempo e le sue ricchezze. Indi rallegrarsi sinceramente con esso lui della gran pratica che mostra pavere non ■ meno delle cose che della lingua di quel severo ed in- corruttibile dispeasatore di gloria e d'infamia , Cornelio Tacito: lingua si rapirla, come i movimenti dell' anima. Nò senza ricordo sarà la leggiadra vignetta , che adorna il libro , delineata con singolare maestria dalla illustre 7 n sposa del traduttore. S. BiTTt. 3t8 V a * i e r a' Stesichori himcrensis fragmznta. Collegit et illustravil 0t~ tomerus Fridericus Kteine. 8.* Dusseldorpiì 1828. Vipera di gran fatica tedesca, alla quale il sig. Kleine ha consecrato indefessamente più anni. Tal fatica però è stata coronata dal più felice successo , giudiziosissime es- sendo tutte le ricerche dell' autore non solo sulle opere, ma anche sulla vita di quel famoso lirico siciliano , che varii cronologisti hanno fatto fiorire fra la 37 e la 56 olimpiade, e i marmi di Paro nell'olimpiade j[\ , per la patente cagione di essere stato confuso lo Stesicoro d'ime- ra con altri Slesicori. I frammenti delle sue poesie sono stati raccolti con assai cura , posti con lodevole ordine , e interpretati eoa tutta la possihil chiarezza. Il sig. Roux di Ginevra ha pubblicato in Parigi ( presso lo stampatore Bachelier in due volumi ) una traduzione francese degli Elementi di algebra di aritmetica e di geo- metria del sig. Giamboni , illustre professore di matema- tica nella poutiflcia università di Perugia. 11 sig. Gondi- net, nel parlarne nella Revue Encyclopedique {janvier 18J0 p. i?>q), dice con rara giustizia: Ce traile est l'ouvra- ge d'un homme qui ne s'est pas bornè à étudier philo' sophiquement les mathèmatiques , mais qui a suivi avec soia la marche de L'intelligence des èlèves. Eri le tradui- sant, M. Roux de Genève a rendu un service signalè à V enseignement de cette science , instrument aujourd hui in disperi sable dans presque toutes les thèories physiques f astronomiques et mècaniques. Varietà.* %5g fila di Stanislao Mattei scritta da Filippo Canuti av- vocato. 8.° Bologna 18^9, tipografia di Emidio dall' Oi- mo. ( Sono pag. 35 ) Il P. Stanislao Mattei min. conv. , membro del reale instituto di Francia , maestro di cappella di S Petronio , definitore perpetuo dell' accademia filarmonica e professore di musica nel liceo comunale di Bologna , nacque in quel- la città il dì io di febbrajo 1760, e vi morì il dì i-j di maggio i8a5. A cbi non è noto e in Italia e in Eu- ropa il nome di questo gran discepolo del Martiui , ili questo solenne maestro di contrappunto ? Ed il sig. Car- nuti ne ba tessuto l'elogio con assai cognizione dell' ai- te, e con assai affetto altresì ed eleganza: se pure alcu;io noi voglia qua e là rimproverare di qualche modo af- fettato. Michaelis Ferruccii de vita et scriptis Lucae Stullii mdd. ragusini commentarius a Catharina Franceschia Ferrac- cia italice redditus. 4° Bononiae 1829 ex typograpl.eo Annesii JYobilii et soc. ( Sono pag. 4°- ) il on poteva la memoria del dottor Luca Stulli esser me- glio raccomandata alla posterità, che per mezzo di que- ste pagine tutte splendide dell' oro che fa eterne le ope- re classiche degli antichi e de* nuovi latini. Diresti che i coniugi Ferrucci siensi sQdati a prova l'un l'altro a chi più valesse ne' due idiomi , se nel latino il marito o Ja sposa nell'italiano. Quanta dignità, eleganza e chiarez- za. ! E con che facile leggiadria sono costantemente espres- se le più diffìcili cose! Noi ce ne rallegriamo di cuoi- sincero co' due valentissimi; e preghiamo soprattutto l'egre- 36o Varietà' già sposa a trovare più spesso qualche beli' ora di ozio per darci e poesie e prose secondo il noto suo magi- stero, tulio nobile e veramente italiano, per crescere onore al suo sesso , e per porgersi esempio alla troppo facile sapienza di tante donne straniere , pazzamente perdute die- tro a scriver romanzi e tali altre inutilità miserabili. Lo Stulli è stato e medico e chimico e fisico assai chiaro de' nostri tempi : nato in Ragusa il dì 22 di set- tembre 1772, ed alle scienze educato prima in Bologna dove andò per ordine del senato nel 1792, poi in Na- poli alla grande scuola del Cirillo e del Gotngno. Tor- nato in patria per le calamità del 1799, fu fatto subito de' quattro medici della repubblica , poi primo medico de- gli ospedali, e direttore della vaccinazione. Sue opere sono: un trattatello De peste quae in exìtu anni 181 5 in cir- culum ragusinum irrepserat : una Brevis monographia de febre scarlatina quae Ragusii visafuit anno 1823 : le let. tere Sulle sotterranee detonazioni di Meleda, Sul tarta- gliare, Su d'una varietà cutanea : e la Descrizione dell* epizoozia insorta ne' dintorni di Ragusi Vanno i8o3. Fu anche poeta, bene usando la lingua latina e italiana: e scrisse altresì due commedie T che in patria ebbero mol- to grido. Colto finalmente d'appoplesia mancò di questa vita in mezzo il comun desiderio de' buoni ai 12 di set- tembre 1828 , mentre era sul dar l'ultima mano agli elogi del matematico Ghetaldi , e dell' Uttini già suo maestro. Chiudesi l'aureo libretto con due latine poesie , tutte sapor catulliano , l'una dello Schiassi, del Ferrucci l'al- tra. Eccole ; Ad Michaelem Ferrucciurn Philippus Schiassius. O factum bene ! quod tibi sit uni , Ferrucci egregie , haec tributa cura , Varietà' 3Gi Ui stilo qui adeo vales latino ( Nam mi Tullius alter es NcpOsye ) Stullii medica emiuentis arte , Stullii physicam , et poesim, et orane» Docti insigniter eruditiones , Stullii sapieniis , optiraique , Patriae decoris , suorum amoris , Laudes colligeiesque diligenter , Lucido ordine traderesque chartis. Proli ! quanta ex opere hoc tuo eleganti 1 Maguo quod studio , dolensque frater Bonus expetit , expetunt amici , Quanta inquam ex opere hoc tuo eleganti Stullioque tihique fama crescet ! O factum bene ! qaod tibi sit uni , Ferrucci egregie , haec tributa cura. Ad Philìppum Schiassìum Michael Ferruccius. Proli ! quam falleris , auree o Philippe , Tua ipse a nimia benigniate , Me valere stilo putans latino Scriptorem illepidum alque iueleganlem. Te unum, qui merito omnium italorum Fama Tullius alter es Neposque , Te sane decuisset elefanti Tuo isto calamo explicare laude* Stullii sapientis , optimique , Tatriae decoris , suorum amoris. At quando grave onus mihi i-ecept.im Abiecisse nefas , manum admovebo Expetito opere : stilo referre Tua o possim utinam diserlìajjscripta.' Quantum esset preti! meo libello ! 38» V A K 1 t T À* Tu namque egregiu» mihi magister * Unus tu meritò omnium italorum Fama Tullius alter es Neposque. S>tTATOR« Bbtti. x_j stato pubblicato in Madrid il primo volume dell' istoria dell' architettura spagnuola , opera importantissi- ma del sig. Bermudez , il quale ha consecrato tutta la vita sua (egli ha 80 armi) allo studio delle antichità della sua illustre nazione. S. M. il re Ferdinando VII gli ha mandato venti mila franchi per ajutarlo a pagar la stam- pa di essa opera , che sarà divisa in quattro volumi. Desiderio dell' uomo penitente. Liom' esser può , che il duolo mio s' attempre? Come il pianto frenar mi sia concesso ? Forse delle mie colpe il grave eccesso Gagiou giusta non è di pianger sempre ? Ah 1 se in peccar non mai cangiando tempre Fei nov' esca del fallo il fallo istesso , Del duolo esca sia fatto il duolo adesso ; Né con altro alimento si contempre. Spunti il pianto col giorno : in fra I orrore Cresca di buja notte; e cresca tanto, Che il sen mi righi il lagrimoso urapre. £ «e verrà , che refrigerio alquanto Portino gli occhi all' indurato core , Il cor si fenda e si converta iu pianto. Del Coute A '2SSÌ.SDR0 Scioris 363 INDICE &KULI ARTICOLI CONTENU*! WF.L TOMO X.L1V. D T. L GIORNALE ARCAD180. SCIENZE Calandre!!' -, Sperimento della scala per mi- surare la distanza del sole dalla terra, p. 3 — Sorgoni , Osservazioni mediche suW an- gina. p. 8 — Friuli, Epidemia di filmini P' xl — Bassanelù, Sopra il tremuoto di Albano ecp. Zj — llercolani , Storia di una mielite.. . p. ^4 — Tortelli, Confronto critico fra varie opinioni dei dottori Santini e Lanza. . . . p. So - — Piaggio per diverse parti d'Italia, Svizzera, Francia ec. • < p. — a4l Brera, Nuovo desideratimi di china. . p. — a 54 LETTERATURA Mai , Forno secondo degli scrittori antichi da lui pubblicati. p. $5 ■«— Versi latini di Antonio Cìiersa . * . p. 123 — Bagnoli, Canzone e sue notizie. . . . ^.137 — « Martucci , Notizie della Cina (continua- zione') /?. i34 — Properzio , Elegie tradotte da Mario Pie~ ri e da Agostino Peruzzi p. i45 — Cappello , Memorie istoriche di [Accumoli (continuazione} . . . . . . . p. x 54 — drcheograjo triestino . p. 88 1 — 364 Volgarizzamento antico di Dionisio Caio* ne, e del Manuale di Epitteto per À. M. Sabini - p- 291 — * Maidica, Lettera a Saldatore Betti* . . p. 19O — Putigileoni'i Disamina sul senso del tatto* p* 202 — Mancini, Sul Pitino umbro di Tolomeo, p. — 276 Biondi , (ingioi lamento Xl sulla divina Commedia * .... p. — « 017 Montanari, Elogio di Pietro Borghesi, p. — 3i3 Bea , Iscrizioni consolari notamente tro- vate .../?. — 337 Q. Curzio tradotto da Giuseppe Felice Gio- vanni. » . p. — 34<5 Federici, Scrittori greci e italiane versioni delle loro opere, . . . . . . . p* — 346 BELL E-A R T h Gallo* Elogio istorico di Pietro Novelli pit- tore. ............. p. 2 14 — Gerardi, Sulle quattro statue collocate nella piazza del Popolo. ...... p. — 349 Varietà. Tavole ec* %km& ) NIHIL OBSTAT Abb. D. Paulus Delsignore Gens. Theol. NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Collcg. NIHIL OBSTAT Petrus Odescalcbi Cens. Philolog. I M PRIMATUR Fr. Doni. Buttaoni Ord. Prned. Rev. Mag. S. P- A. Socius. IMPRIMATUR Joseph Della Porta Patr. Constantinop, Ficesgerens. Osservazioni Meteorologiche. ){ Collegio Romano Decembre 1829. MBUuui.iuaniii.nl i \^m.% Pioggia ■Evapor. ti. li. 0 _0 0, 7 . °, 5 0, 6 9 <"> '1 i h 2 pie. pio. 0, y », J 3 fin '• J i 5o ., 5 0, 3 5 no rugiada 0, 5 ,» 0, 4 », 0 0, 3 6 5o 0, 6 1 or, St.dcl Cielo! nu doloso chiarissimo ser. vapor. nuvoloso openo er nuv.spa] nuvoloso coperto nuvoloso chiarissimi oper o chiarissimo nuvoloso chiurtisimv nuvoloso coperio :jc^-£ìàÈZì*A iS '7 Ore sur in. Baromett »9 Terra. 6' o SJ 7 5 -7 » io 8 4 3 ?» ,, 4 9 " 9 8 8 ?1 7 - io 5 9? 8 8 IO „ IO 5 7 » " « S 7 »i i i 4 5 i» »i u ì 7 6 •^ 91 9 5 -7 IO 0 o 8 5 lo n » JO 0 7 „ 5 0 '* 1» i 8 7 u 9 f; b 5» 7 s <3 11 ., 5 9 •• »i r 7 3 »» ?1 i „ 6 6 5 ^_ 7 / 3 3 7 8 :8 o 4 fo 5 asmi '■^■ES» ;-; '■••