^•'*li: GIORNALE DI SCIENZE MJTTERE ED ARTI T O M O L. APRILE , MAGGIO , E GIUGNO 1851 ROMA NELLA. STAMPERIA DEL GIORNALE PRESSO ANTONIO BOULZALER 1851 =.H>?1,'. ^'-'tAL i\. IH DIRETTORE DEL GIORNALE ARCADICO S. E. il sig. principe D. PIETRO ODESCALCHI, membro del collegio filologico dell'università roma- na, socio ordinario della pontificia accademia di ar- cheologia , censore di Arcadia ec. AMATI AB. GIROLAMO , scrittor greco alla biblio- teca vaticana , membro del collegio filologico dell* università di Roma , censore della pontificia acca- demia di archeologia e dell' Arcadia. BETTI SALVATORE , professore e segretario per- petuo dell' insigne e pontificia accademia di S. Lu- ca , socio ordinario della pontificia accademia di archeologia. BIONDI MARCHESE cAv. LUIGI , censore della pon- tificia accademia di archeologia e dell'Arcadia, so- printendente generale degli studi di belle arti io Roma per S. M. il re di Sardegna. BORGHESI CAV. BARTOLOMEO. CARPI PIETRO , professore di mineralogia e mem- bro del collegio medico dell' università romana. DE-CROLLIS DOMENICO , dottore in medicina. FOLCHI GIACOMO , professore d'igiene , di tera- peutica generale e di materia medica, e membro dei collegio medico dell' università romana. GERARDI FILIPPO. POLETTI LUIGI , consigliere dell' insigne e pon- tificia accademia di S. Luca nella classe dell'ar- chitettura , professore onorario della R. accademia delle belle arti di Modena , profe ssore ordinario di geometria e di meccanica nell' ospizio apostolico di S. Michele. TONELLI GIUSEPPE , dottore in medicina. IO Otit; oiiBKjMvt oi'jHr'.'^lo'K] , jrfii;!}'jlitlr> Ue-ANGELIS ab. Luigi, professore e bibliotecario, a Siena. AINTALDI marchese Arnaldo, a Pesaro. ANTINORI marchese Giuseppe, professore, a Perugia. ARMARGLI conte Leopoldo, giureconsulto, a Macerata. BALBO conte Prospero, presidente della R. accademia delle scienze , a Torino. BARLOCCI Saverio, professore e membro del collegio filoso- fico, segretario del consiglio amministrativo degli acq^ue- dotti » in Roma. BELLENGHI monsìg. don Albettino, camaldolese, arcivescovo di Nicosia , socio ordinario della pontifìcia accademia di archeologia , in Roma; BIANCHINI Antonia, in Roma. BRIGHENTI Maurizio, ingegnere, a Rimino. BRIGNOLI di Brunoff Giovanni, professore , a Modena. CAMILLI Stefano, a Viterbo. CAMPANARI Vincenzo, in Roma. CANALI Luigi, professore e bibliotecario, a Perugia. CANONICI FACHINI marchesa Ginevra , a Ferrara. CAPPELLO doli. Agostino, medico, in Roma. CARDINALI cay. Luigi, censore della pontificia accademia di archeologia, in Roma. CASSI conte Francesco, a Pesaro. CECILIA Gio, Francesco, tenente-colonnello, in Roma. CIAMPI cav. Sebastiano, a Firenze. CONTI ab. Andrea, presidente del collegio filosofico dell'uni- versità , in Roma. COPPI Antonio, in Roma. CORDERÒ DI S. QUINTINO cav. Giulio, conservatore del museo egiziano, membro della R. accademia delle scienze, a Torino. COSTA Paolo , professore , a Corfà. DIONIGI ORFEI Enrichetta, in Roma. DUMOUCHEL padre Stefano, della compagnia di Gesù, astro- nomo del collegio romano, in Roma. FERRUCCI avv. Luigi Crisostomo, professore, a Pesaro. FERRUCCI Michele, membro del collegio filologico dell'uni- versità , a Bologna. PIORINI MAZZANTl Elisabetta, a Terracina. VI FOLCHI cav. Clemente,- consigliere e censore dell' insigne e pontificia accademia di S. Luca, ingegnere sott-ispettore, membro del consiglio d'arte, ingegnere della S. G. delle acque, in Roma. FRANCESCHI FERRUCCI Caterina , a Bologna. GUADAGNI avY. Francesco, membro del collegio filologico, in Roma. LABUS dott. Giovanni, a Milano. LAMPREDI ab. Urbano, a Napoli. MAI raonsig. Angelo , prefetto della bibliotetra vaticana e de- gli studi del collegio urbano di Propaganda Fide, segre- tario della sacra congregazione sopra la correzione de' libri della cbiesa orientale, protonotario apostolico, consulto- re dell'indice , membro del collegio filologico e della pon- tificia accademia di archeologia , in Roma. MALVICA barone Ferdinando , a Palermo. MAMIANI DELLA ROVERE conte Giuseppe, e Pesaro. MARCOTULLI doli. Luigi, a Sezze. MONTANARI Giuseppe Ignazio, professore, a Savignano. '" MORICHINI ab. Carlo Luigi, in Roma. MORIGHINI cav. Domenico, professore, membro del collegio medico , in Roma. MUZZARELLI monsig. Carlo Emmanuele , uditore della sa- cra romana rota , in Roma. NARDI ab. Luigi , bibliotecario , a Rimino. ODDI Giuseppe , professore , membro del collegio filosofico , in Roma. PAOLI conte Domenico , a Pesaro. PERETTI Pietro , professore, in Roma. PERUZZI ab. Agostmo, a Ferrara. PIANCIANI padre Gio. Battista , della compagnia di Gesù , professore al collegio romano, membro del collegio filoso- fico , in Roma. PUCCINOTTI dott. Francesco , medico , a Civitanova. PUNGILEONI padre maestro Luigi , minor conv., consultore de' sacri riti, in Roma. RICCARDI dott. Gregorio, medico, in Roma. RICCI marchese cav. Amico , a Macerata. DEL-ROSSO cav. Giuseppe , a Firenze. ROVERELLA conte Gio. Antonio , a Cesena. SALVI cav. Gaspare , consigliere e professore di architettura teoretica nell' insigne e pontificia accademia di S. Luca , architetto de' sacri palazzi apostolici, ia Roma. VII SANTUCCI ab. Loreto , custode generale emerito dell' Arca- dia , membro del collegio filologico , in Roma. SCLOPIS di Salerano conte Federico , membro della R. ac- cademia delle scienze , a Torino. THIERSCH Federico, consigliere e presidente della regia uni- versità , a Monaco. VACCOLTNI Domenico , professore, a Bagnacavallo. VALDRIGHI conte Ilario , a Modena. VENTDRQLI Giacomo, presidente del consiglio d'arte pei la- vori idiaulici, membro del collegio filosofico, in Roma. VERMIGLIGLI Giambatista^ professore, direttore del museo di antichità , a Perugia. VESC OVALI Luigi , in Roma. VIOLA Sante, segretario del comune, a Tivoli. VOLPICELLI dolt. Paolo , in Roma. SCIENZE SuppUmento agli elementi di prospettiva lineare di Giuseppe Maria Mazzetti carmelitano^ in cui si dà, la risoluzione di due quesiti a lui proposti» QUESITO PRIMO Come operare nel quadro inclinato colla regola della direttrice. RISOLUZIONE. N. egli elementi si è considerato il quadro in qua- lunque posizione , ma che peraltro la linea di distan- za fosse ad esso perpendicolare (n, 4). Quello poi che ora si chiede , è di operare nel quadro da ve- dersi non di fronte , ma obliquamente ; cosicché ac- cidentale la posizione del medesimo divenga per lo spettatore. Un esempio di questi quadri hassi nei mu- ri dipinti delle stanze vedute per angolo , nelle sce- ne di alcuni teatri , dove sono oblique , e non pa- rallele alla fronte del palco , come anche in alcune soffitte inclinate. In qualunque di questi casi il me- todo da impiegarsi , onde projettare nel quadro obli- quo , è quello stesso , che si è indicato negli elemen- ti , ne devesi far altro di pliì , che determinare la linea di distanza , ed il punto di vista. A tal efietto si concepisca una scena obliqua da disegnarsi senz' G.A.T.L. 1 5 Scienze attendere alla inclinazione del palco. Or dovendo là linea di distanza del teatro partire dal luogo piti no- hile , che è nel mèzzo j e cadere perpendicolarmente al prospetto del palco , non può temiinare alla s(Je- na , ma nel suo prolungàtriènto : peitiiò distendendo- si , e i'tmà e l'altra s'incontreranno in un pUnto. Que- isto sarà il puntò di vista della scena , che può dir- isi accidentale^ e l'intervallo che passa dal medesimo air òcchio , ne sarà la linea di distanza. Quando poi si volesse supporre una soffitta in- clinala , o un quadro obliquo posto a guisa di spec- chio , allora egualmente converrebbe attendere dove trovasi l'occhio dello spettatore^ e dove perpendicolar- mente getterebbe lo sguardo, giacche il plinto d'intìon- tro di esso col detto quadro ne sarebbe il pUnto di vista accidentale , e l'intervallo tra questo e l'occhiò ne sarebbe la linea di distanza accidentale. Ora se proverò che la linea di distanza acci- dentale , cioè che fa angolo obliquò colla linea oriz- zontale , del quadro inclinato , possa senz' alterazione di rapporto divenire perpendicolare alla detta linea orizzontale , avrò provato quanto asserii di sopra , cioè che il metodo di pròjettare nei quadri obliqui è lo stesso che quello di pròjettare nei quadri di fronte. Fermiamoci all' esempio di una scena obliqua ^ e pa- ragoniamola con un quadro di fronte ideale -, che re- sti davanti alla scena , e che sia unito ad angolo Con essa. Sia perciò QR ( fig. 54 ) la linea orizzontale del quadl'o ideale , ST la linea d'intersezione , AB la li- nea di distanza , ed A il punto di vista. Parimenti isia FH la lìnea orizzontale della scena ;, la quale deve esistere hello stesso piano orizzontale del quadro di trònle secondò le leggi della visione , OP he sia là linea d'ihterSezioné , che si concepisce trovarsi nello 5l.<éfifiO pi'àm fjeonielrico del quadro di frpale >, ed t»Q Prospettiva lineare 3 la comune sezione de' detti due quadri. Ognun vede che la linea di distanza AB prolungandosi finisce nella linea orizzontale accidentale FH nel punto C, che è il punto di vista accidentale , e che BAG, cioè AB B AG ( prolungamento di AB tra i due punti di vista di am- bedue i quadri ) è la linea di distanza accidentale. Or se intorno alla sezione LO si fa rivolgere la sce- na , finche si adatti al quadro di fronte , la linea d'intersezione GOP passera in gOT , la linea origi- nale NM distesa in G passera in nmg ; la linea orizzon- tale LF passera sulla linea orizzontale QR , il punto di vista G cadera in V , e la linea di distanza BAG passerà in VD, rendendosi perpendicolare ad HF pas- sato in QR : si perchè devesi conservare perpendi- colare , come prima alla linea QR , si perchè col ri- volgersi la linea orizzontale LF , l'angolo LGA nel triangolo rettangolo LAG si avvicina all' angolo retto in ragione che si diminuisce l'angolo d'inclinazione FLR , il quale divenuto zero , l'angolo LGA diviene retto. Perciò la linea di distanza BAG passando ia DV diviene perpendicolare alla linea orizzontale ac- cidentale. Il che dovea provarsi. Quindi volendosi di- segnare nel quadro obliquo basta fissare nel punto di vista accidentale G perpendicolarmente alla sua linea orizzontale LF la linea di distanza accidentale BA J« AG, che sarebbe CE. Gió posto , se si volesse pro- iettare la retta originale MN parallela alla linea d'in- tersezione ST del quadro ideale di fronte, la prospet- tiva della detta originale sarebbe 1 2 ( nura. 27 ) nel quadro di fronte ; XY nella scena obliqua, e 5 6 nella stessa scena messa di fronte , e non già KZ , per- chè MN passa in mn. ì* h Scienze QUESITO SECONDO. Coftie disegnare le scene parallele alla fronte del palco col metodo della direttrice. RISOLUZIONE* La cUfTicolta che presenta la projczìone nelle scene parallele alla fronte del palco , proviene dalla incli- nazione del medesimo ; poiché il modo di disegnare in tali scene non differisce da quello , il quale si h stabilito negli elementi : sol devesi aver riguardo alla detta inclinazione del palco ; perchè attesa l'in- clinazione del palco, le linee d'intersezione delle scene diverse sono in diversi piani. Qui dunque non si tratta in particolare , che di determinare soltanto la linea d'intersezione di ciascuna scena ; avvertendosi che le linee orizzontali delle singole scene sono nello stesso piano orizzontale , dove riposa la linea di distanza del teatro ; che la linea di distanza di ogni scena e la stessa linea di distanza del teatro distesa fino al piano di ognuna delle medesime , e che il punto di vista è quello che vien notato dalla linea di di- stanza in ognuno de' medesimi piani. Guidati dalle co- gnizioni più ovvie della geometria , possiamo mecca- nicamente ritrovare in ciascuna scena la sua linea di distanza col punto di vista , e la linea d'intersezione , come facilmente sì conosce. Colla scorta di quanto si e detto in questi due problemi , facilmente si ritrova il modo di sciogliere un terzo problema : cioè = come disegnare nei telari obliqui , ossia non paralleli alla fronte del palco = giacché nel primo problema si e considerato l'obli- quità della scena, e nel secondo l'inclinazione del pal- eo ^ nel lesto si proceda come negli clementi. Prospettiva lineark 5 Badi il prospettico che disegnando una scena , Toggetto deve concepirsi situato nel piano orizzonta- le , che fa angolo col palco , ed essere a tale distan- za dal telajo della scena, che i raggi lucidi , i quali partono dai punti della pianta del medesimo , e van- no air occhio dello spettatore principale, passino per il lato inferiore del telajo , ossia per la linea d'inter- sezione ; altrimenti l'oggetto in prospettiva , o non si vedrebbe intero , o si vedrebbe sospeso in aria , quan- do che realmente poggia in terra. S'intende ciò per quanto h possibile ; perchè l'esattezza matematica si verificherebbe solo quanto la pianta consistesse in un punto o in una retta parallela alla linea d'intersezio- ne ; il che non accade mai , o rarissime volte. Continuazione e fine del 1 ragionamento del cholera morbus f ossia della febbre pestilenziale colerica^ di agostino Cappello (1). n 'alle meteorologiche stravaganze adunque, dai luo- ghi palustri , dai cattivi alimenti , e dalle nocevoli be- vande , dalla guerra , dalla carestia , dalla putrefazione di organiche sostanze; finalmente da una stretta reclu-i (i) A tenore di quanto fu annunziato nelle notizie del giorno di Roma (28 luglio i83i) avrei io dovuto intitolare que- sto mio lavoro , Del Cholera morbus , dei Contagi , e della Febbre pestilenziale colerica. Ho adottato solamente l'ultimo titolo nella considerazione che, oltre la correlazione dei duo precedenti col morbo in quistione , l'articolo dei contagi richie» deva più- -volumi per essere esaurito. 6 Scienze sione di molte persone ponno insorgere le epidemie. L' estendersi di queste ad una determinata distanza , e determinato tempo , anche senza contagio , fu opi- nione antica avvalorata dalla esperienza . Differisce l'epidemia dal contagio , perchè questo desta morbi di forma analoga alla sua natura , e con carattere pro- prio e distinto , propagandosi eguale a se stesso da uno all' altro individuo fintantoché non nascano circo- stanze straordinarie, talvolta affatto sconosciute, che ne modifichino , o ne' sospendano la sua primitiva natu- ra ; chiunque ha veduto due o tre volte la ricorren- za del vajuolo, del morbillo, del tifo ce, rimane con- vinto di questo fatto. Il che non osservasi nei mali epidemici, i quali d'ordinario, benché affettino piiì per- sone , non si dilatano al di la di un paese , conforme l'esperienza giornaliera insegna. Che se talora compren- dano un esteso territorio, ciò accade quando consimili si rincontrino alcune circostanze per lo -gìii topografi- che, mercè delle quali domina il genio epidemico. Ne abbiamo noi un esempio nelle nostre febbri di periodo, che endemiche nel nostro suolo , rivestono di tempo in tempo il carattere epidemico. Il quale si arresta , e punto non si osserva laddove gli svariati non so- lo , ma gli eccedenti gradi di temperatura e d'igrome- tria non si rincontrino , ne' modi a un dipresso , co' quali appo noi avviene: Sarebbe cosa ben singolare il rinvenire non solo epidemicamente , ma neppure spo- radicamente lo svolgimento di una febbre di periodo nei luoghi dove la temperatura media annuale non ol- trepassa il decimo grado. Noi difatto osserviamo estin- guersi l'epidemico genio di dette febbri in una ma- niera sempre costante allo avvicinarsi dell' inverno. I contagi, come ognuno sa, sono quasi sempre indipen- denti da siffilte atmosferiche vicende , e se talvolta amraansiscono per poco, risorgono poscia con maggior Cholera morbus T furore , e non di rado ammazzano subilamente , e con ingannevole apparenza. I morbi d'altronde cagionali dalle epidemie , se vi sia la disposizione , non è in potere dell' uomo di schifarli: come, per quello che diremo, può esso evitare i contagi, benché vi sia disposto , e dominanti sieno con epidemico genio. Questo fatto ignorato dagli antichi fu cagione di grande confusione, perchè i me- desimi estiniarono identici i morbi epidemici , ed i morbi contagiosi. Che se neppure e concesso ai mo- derni , e non lo sarà mai , di conoscere la misterio- sa essenza dei contagi , ne sono loro palesi gli effet- ti , mercè de' quali ogni savio e perito medico distin- gue il morbo epidemico da quello che racchiude il contagio. Non solo dunque dall' ignorare l'intima na- tura del contagio , ma dalla non conoscenza de' loro efìètti , nacquesi per lunga serie di secoli l'accennata confusione , d'onde ne derivarono quelle immense stra- gi , di cui son colme le istorie. Perciocché fino dalla pii!i remota antichità la comparsa di cosiffatte calami- ta ripetevasi dallo sdegno dei numi ; perciò disse Cel- so : Morbi quorum caiisae non evidentes sunt homi- nibus , ut facinorwn quae adniiseraìit paenas, a dlis iratis procedunt. Oggidì medesinio i seguaci del Co- rano , non esclusi gli ebrei che fra quelli dimora- no, reputano la peste bubonica un dono di Dio a' suoi favoriti. Eppure malgrado di tanti funestissimi esempi per secoli rinnovellati , dopo l'attuale incivi- limento dovuto ai rapidi progressi delle scienze , e, per l'aigomeiUo in quislione, dopo l'acquisto grandis- simo fatto nella parte preservativa contro i contagi, è assai sconfortante per Tumanita , che fra gli svariati delirii della moderna medicina , di che noi largamen- te ragionammo (1) , siavi pur quello eli negare l'esi- (i) Giorn. are. tora. 43 pag. 160. 8 Scienze stenza de' contagi. Fu scritto difatto non contagioso, essere il tifo , la febbre gialla , la stessa peste bu- Lonica , la dominante colerica peste ! ! ! (1) Guai, e guai irreparabili furono , e lo saranno ancora , se gli illuminati e severi magistrali dessero ascolto alle se- ducenti massime di cosifFattl traviatori. Noi crediamo per- dita di tempo il confutare l'erronee opinioni: che ognu- no , che abbiasi senso comune , tali le troverà nelle memorie stravagantemente pubblicate. Riandando poi la prima sorgente di questi flagelli , non cade dub- bio , che se all' oriente va l'uomo debitore della culla sua , e di altri preziosi doni , dolorosamente gli deve i più distruttivi contagi ; poiché di là ne provennero a noi per le guerre, pe' viaggi, pel commercio (2). La penisola nostra prima sempre , in spezie un tem- po , a mostrare quanto profondi ed ingegnosi sieno i figli suoi , fu il luogo , dove nel secolo sestodeci- mo per opera dell' immortai Fracastoro trionfalmente provossi l'esistenza de' contagi. Grave questione insorse ancora fra' medici sulla genesi de' medesimi: materiale la dicono alcuni, i più la pretendono animale ; e uomini insigni dichiararonsi partigiani per l'una e per l'altra opinione. Per la qual cosa , se non progredì da questo lato la patogenia de* contagi , certo non ne avvenne detrimento di sorta ; che anzi a nostro giudizio ne vantaggiò tal fiata la par- (i) Lassis, ìVebsner , Mitchill , Assalini e tanti altri. Pel non contagio del Cholera morbus ci furono i medici di Astra- kan , quei di Mosca , alcuni medici francesi , ed altri. (2) Kol comporterebbe la natura di un giornale di fare un trattato sopra i contagi, ma ne diremo soltanto quelle cose, che ci sembrano più a proposito per la pubblica Igiene. Né si mancherà di rischiararle co'fatti i più rimarchevoli , special- msQte con quelli , che ci occorsero nel nostro clinico esercizio. Cholera morbus 9 te curativa. Per avvalorare le dette opinioni , i fau- tori del materialismo dicono osservarsi nei contagi la preparazione e lo svolgimento de' materiali elementi, d'onde ne vengono gli stadj d'invasione , di eruzione, e di suppurazione proprj di ogni contagioso morbo , svanendo conseguentemente gli animali effluvj. Ne pro- vasi , essi proseguono , l'insettologica presenza collo stadio di delitescenza per il lento e successivo svi- luppo degli animaletti immaginati dai loro sostenitori: mentre la lentezza , colla quale sviluppansi alcuni mali , è proprietà non solo delle malattie contagiose, ma eziandio de' morbi , in cui non sognasi affatto l'esistenza di enti organici morbiferi. I contagi deb- bon quindi ripetersi da una materia sottile ( virus) sem- pre identica , che gli uomini , o gli altri animali gli uni agli altri trasmetlonsi. Glie se la rogna trae origine dagli acari , essa e di abito cronico , ed api- retico , ne percorre stadj determinati , come fanno i contagiosi morbi febbrili. Da quest' ultimo fatto sor- gono primamente le analogiche induzioni di chi so- stiene la genesi animale. Nessuno per verità può ne- gare la presenza dell' acarits humanus nella vera ro- gna , osservato la prima volta dall' italiano Bonomo che lo descrisse in una lettera al cel. Redi. Questa lettera , sebben ricordata da Lanzoni e da Mead , ri- mase quasi ignota , finche il grande Linneo , che chia- mò il detto insetto acarus exulcerans , non la fece nuovamente di pubblica ragione (1 ). Giacinto Cestoni, yalisnieri^ e più ampiamente fVichmann hanno poscia confermato l'italiana scoperta (2). Vasani nel dedurre (i) Nuovo Giorn. della più recente letteratura medico chirurgica di Europa tom. 4- pag- 5. (3) Id. Ibid. ÌQ Scienze l'origine dell' oftalmia di Ancona da quella dell'Egit-i to importata dall' armata francese, pretese di osser-» varvi gl'insetti I più gravi fautori dell' insettologica opinione reputano gli animaletti del genere degl' infu- sorj f che annidansi , come Vacarus humanus , nel sistema dermoideo , svilnpp^nsi , crescono , si molti- plicano , fìssansi sopra certi dati corpi , e dagli uni agli altri trasmettendosi , rinnovano all' opportunità la stessa metamorfosi. Clii avesse vaghezza di consulta- re l'opera sulla febbre petecchiale dell' illustre Enri- co Acerbi^ immaturamente mancato alla scienza ed alla nazione , troverà nelle sue consitlerqzioni un con- fronto fra la genesi dei contagi, e quella degl' insetti. L'autore con molto ingegno ne paragona, e ravvicina le rispettive fasi, K guisa degli scolastici, disputa non mai piiì finita suscitossi fra chi ammise , e chi negò la spontaneità de' contagi. Autori gravissimi credono i contagi coevi all' uomo , 0 almeno rimontar essi all' unione dell' umana società, Perciò dicono , che se noi stessi ve- diamo insorgere alcuni contagiosi rnorbi , provenga ciò da quel sottilissimo virus inerte e latente , finche fa- vorevoli non si dieno le circostanze, mercè delle quali attiva ritorni la sua niorbosa natura, GÌ' insettologi- sti, che negano il contagio spontaneo, asseriscono la costante esistenza degli animaletti privati di vita i che all' opportunità risvegliansi , conie per modo di esem- pio avviene nel rotifero , che orbato di moto e di vita , anzi interamente disseccato , la suq pellicina ria- cquista l'uno e l'altra , dacché n^ettasi , o rincontrasi nell'acqua. Che se Vanswieten scrisse: Contagium na- scitur in corpore ilio tempore dam morbus adest etiam sine contagio natus , et per hoc contagium semel na- tum ^ lalissime dis seminari potè st : doversi al più ri- ferire quest' opinione a quell' epidemie capaci di di- Cholera morbus 11 latarsi in una data regione per una propria atmosfe- rica costituzione. Soggiungono quindi assai diversa es- sere la maniera dei contagi pe' loro distintivi carat- teri differenti da quelli delle accennate epidemie, con- forme fu di sopra notato. D'altronde i fautori degli spon- tanei contagi ripetono osservarsi di continuo endemico e spontaneo lo sviluppo del tifo non solo , ma an- cora della febbre gialla , e della peste medesima , i quali morbi per la maggior intensità soltanto assu- mono talora il carattere epidemico e contagioso. Gli avversar] rispondono starsi certo il carattere ende- mico della peste specialmente, e della febbre gialla (come lo è del cholera indica ) , ma negano la spon- taneità, asseverando con validi esempj conservar sempre que' morbi la proprietà contagiosa ; la quale diffon-^ desi solo in quelle epocbe , in cui concorrino le necessarie cagioni costituzionali e individuali , con- forme l'esperienza ammaestra. Indispensabili circostanze perciò ricliieggonsi per risentire l'azione de' contagi, che dietro positivi fatti sogliono distinguersi in tre ge- neri. Diremo comprendersi nel primo genere quell* attitudine , o suscettività , a motivo della quale un individuo avendo sofferto una volta una febbrile ma- lattia contagiosa , d'ordinario la detta attitudine pel ritorno della medesima malattia si distrugge: se non- ché osservasi non di rado qualche eccezione. Diffatto vi sono mediche osservazioni del ritorno della peste me- desima in uno stesso individuo. Della massima impor- tanza si e il secondo genere di attitudine , dipendente cioè dalla dominante atmosferica costituzione , merce della quale un morbo di contagiosa natura , osservato per lo innanzi endemico , ed anche isolato , ispiega il contagioso carattere con epidemico genio. In co- tanto emergente somma si è la utilità , che ne trae l'energico e sagace osservatore, giacche al momento che 12 Scienze vede il detto genio epidemico associarsi al contagio, tosto tronca colf isolamento la propagazione del me- desimo. Il terzo genere consiste nella suscettività di temperamento , senza la quale schifasi talora il con- tagio, benché l'individuo vi si sottoponga. E vero bensì, che quest'attitudine individuale, per lung^a pezza man- cata , vedesi poscia in molti casi sviluppare. In forza dunque della suscettività di temperamento , un indi- viduo anche sanissimo diventa capace di ricevere il principio morboso. Come ciò avvenga, e per noi un mistero : ed ignoriamo eziandio in che consista quest' attitudine a risentire l'impressione del contagio , e se materiali, o organiche ne sieno le condizioni, che la me- desima costituiscono. Rimane chiaro però , che un in- dividuo qualunque non possa essere affetto da un con- tagioso morbo senza una previa disposizione : circo- stanza indispensabile , perchè il contagio si. comuni- chi direttamente dal malato al sano , oppure questo lo contragga per robe da quello mediatamente o im- mediatamente toccate. Un esempio comprovante quan- to si è detto sopra , e che i non medici richiame- ranno alla mente, può desumersi da quei contagi, che fatalmente ci sono familiari. In un tempo vedesi ali* improvviso comparire per es. il morbillo , e restarsi isolato. In un' altr' epoca affacciasi questo contagioso male , che per una singolare condizione atmosferica prende il carattere epidemico, propagandosi dall'uno all' altro individuo , in ispecie in chi non fu mai colto dal detto contagio. Nulla tuttavia osservasi qualche volta l'epidemica-contagiosa azione sua in persona, che non sia disposta a risentirne l'impressione morbosa. Ognuno avrà tal fiata veduto , di sei comunicanti fan- ciulli , quattro esser attaccati dal morbillo , e due rimanerne immuni per l'attuale mancante suscettività individuale , la quale rinvenendosi in un' altra epoca , Cholkra MonBUs 13 i due fanciulli sono assaliti dal morbilloso contagio. Questo d'altronde potrebbe sempre schifarsi, se i due in- divìdui fossero al caso d'isolarsi in diretti ed in indi- retti modi. Da quello che si è dianzi discorso rilevasi an- cora , che i contagi percorrono epidemicamecte con un certo periodo. Ogni 4, 5, o 6 anni, o più tardi, vediamo tornare la scarlattina , il morbillo ec. ; così accadeva del vajuolo innanzi la divina scoperta della pustola vaccina. Non da lunga pezza, ma precipuamente dall' anno 1799 annidossi in Italia la contagiosa feb- bre petecchiale , e l'abbiam veduta in più tempi , ed in più luoghi risorgere , e devastare. Di tanto in tanto qua e la risorgeva un tempo la peste bubonica in Europa : nel Levante è un' osservazione immancabilei Il cholera indica endemico nelle Indie orientali, fu creduto solamente epidemico , e non contagioso ; ma a giudizio di alcuno, e secondo il nostro divisamento, fu quivi dotato sempre eziandio di contagio , il quale per istraordinarie vicissitudini atmosferiche più intenso essendo divenuto , si sparse per contatto nei limitrofi luoghi , dai quali per la trascuranza delle rigorose sa- nitarie leggi si diffuse in Europa. Quindi dalle cose dette di sopra emerge , che se nella peste bubonica i nostri antenati non avessero usate tutte quelle precauzioni , energicamente rinnovate con grandissima lode e in- dicibile utilità dai nostri contemporanei nella febbre gialla di Livorno , e nella peste di Noja^ sarebbonsi fra di noi appiattati i suoi germi , conforme lo è stato del morbillo , del vajuolo ec. Ognuno perciò vede quanta debba essere la cura dei presenti magistrati di Europa . Imperciocché se fortunatamente ancora sparisse l'attuale flagello della febbre pestilenziale co- lerica, debbonsi nullostante tutte le più rigide sani- tarie misure adoperare nei luoghi dove fece stragi , ÌU Scienze ed in quelli eziandio semplicemente sospettii Ne eia è bastevole , poiché infiniti essendo i passivi condut- tori de' contagi, ponno quelli per moltiplici circostan- ze esser a quest' ora dispersi , ed appiattati in dispa- rati luoghi, onde per qualche lustro debbono i gover- ni adoprar gli occhi di Argo , affinchè all' opportu- nità noH torni a manifestarsi lo sterminante contagio colerico , del quale più chiaramente si dira in ap- presso. E che possa il detto morbo temporaneamen- te cessare , in onta che di tutta altra espettazione sieno gli ultimi racconti , è comprovato dalla espe- rienza. Questa e' insegna che i più intensi e distrut- tivi contagi vìdersi del tutto cessare improvvisamente , talora per atmosferiche vicende , come dopo continuate pioggìe , dopo elettrico equilibrio , conforme fu so- pra accennato sulle epidemia del cholera morbus nell* India , tal altra volta però per circostanze affatto igno- rate. Non più di 5 mesi durava la morte nera, che fin dal secolo 14 desolò più volte l'Europa. Non più di due mesi durano l'epidemie di Poros di sopra ri- cordate. Quando la peste domina in Egitto, scompare del tutto all' epoca della innondazione del Nilo. La peste bubonica di Noja durò otto mesi. Ciò che è notevole , che questa andava in cedenza a misura che avanzavasi l'estiva stagione : per il che , se in alcun caso fu reputato il freddo capace , o di diminuire l'in- tensità ) o di far cessare il contagio ; più comune- mente osservossi infierire nella più bassa tempera- tura. Nel massimo del freddo apparve la peste che desolò la Transilvania nelF anno 1 788. La suddetta pe- ste di Noja , isviluppata nel novembre 1815 , ispiegò la maggior ferocia nel gennajo e febbrajo 1816, di- minuendo di grado in grado, finche nel vegnente giugno fion solo dileguossi, ma per le sanitarie misure sevcramen- le praticate , rimase ancora del lutto distrutta. Noi slessi CnOLERA MORBUS 45 àiamo stati testlmonj di pestilenzial contagio, nel col» rao dell' inverno improvvisamente sviluppato , e mai sempre con immenso dolore abbiamo rammentato , e rammentiamo questo fatto , poiché ci fu cagione d'in^ finiti mali , e di ogni soi'ta (1). Ne sarà disutile per l'argomento in cui isìiamo riportarne brevemente la isto- ria , già in altro nostro lavoro accennata (2). Nel gennajo dell' anno 1818 il signor tenente co- lonnello Ronconi > in iallora capitano de'carabinieri pontificj, provenendo da Palesttlnà , rinchiude un suo cavallo nella scuderia de' carabinieri stanziati nella città di Tivoli. Dopo poche ore muore airimprovviso il cavallo. Non passa guari che quanti sono in detta scuderia i cavalli , tanti muojono di morbo , che non oltrepassava le ore 36 , ed in un solo pervenne alle ore 40. Per un' irresistibile volontà noi andiamo, senza alcun obbligo , ne invito ialcuno j per vedere , Se col- la necrolòmìa potesse rintracciarsi la cagione di co- tanto male (3). Sezionate le tre Cavità , troviamo le viscere perJtettiamente sane j meno l' intestino colon. Imperocché un' infiammazione carbonosa , più o meno estesa^ costantemente scorgevasi hel colon diffusa nel mesocolon , d'onde ne Veniva un' irreparabile mor- te. Tosto pronunciavasi il nostro giudizio , che il micidial morbo era l'antrace pestilenziale j che nei climi caldi per moltiplicate osservazioni comunicasi an* che all' uomo. Sebbene i comunicanti cavalli fossero (i) MemoHa sali' idrofobia pag. 4o , e 4i nota, e Giorn. are. torn. XX^ parte seconda, Opusc. scelli scientifici pag. 293. (2) Id. ib. (3) Tutti conoscono, per non essere stato subito troncato il contagio , quanto f'uncsli furono gli epidemici contagiosi inorbi de'bovi iu Italia nel decorso secolo. I medesimi sono stali 'i'CsciiUi da llaniaaziui , da Lancisi , fe da LauEoiii, ^16 S e I K N Z E tutti periti , fu per noi manifestata l'importantissi- ma necessita delle rigorose misure sanitarie , acciò il contagio non risorgesse. A tale effetto venne com- pilata una triplice e spaventevole relazione , due di- rette alle autorità locali, la terza alla S. Consulta come tribunale supremo di sanità : nello stesso tempo fu da noi prescritto il profondo sotterramento dei cavalli con calce viva sopra i medesimi : fu col massimo rigo- re inculcato l'abbruciaraento delle selle , e di tutti gli utensili non solo de' cavalli , ma anche della scude- ria. Non fu trascurato il rimbiancaraento delle pare- ti, ed il nettamento del pavimento con isvariate lav^a- ture. Le fumicazioni di acidi mioerali furono pili gior- ni poste in uso. I carabinieri , le persone che aveva- no comunicato insiem colle loro robe , furono parimen- te sottomesse più volte alle dette fumicazioni , le qua- li sopra noi medesimi furono praticate , sebbene senza precauzione , e con imperdonabile imprudenza avessi- mo eseguite le cadaveriche sezioni. L'autorità governa- tiva del distretto, che aveva per supremo comando in molti rincontri sperimentato giovevole il nostro zelo, e la nostra opera , accompagnati sempre da nobile di- sinteresse , secondò colla massima efEcacia gì' inces- santi e fervidi nostri consigli. I supremi dicasteri di Roma approvarono con lode le praticate misure; indi in- viarono in Tivoli una commissione sanitaria , la quale giunta , quando i cavalli non eran più , e conseguite le prescritte cautele, fece molto plauso alle medesime, tenendo insiem con noi sicuro , che non solo circo- scritto , ma fosse del tutto annientato il forraidabil contagio. Per una di quelle impreviste circostanze , in cui la mala fede , e l'ingorda avarizia troncano la strada ai più sani provvedimenti , una sella non fu bruciata. Quattro mesi dopo rinnovasi in detta citta la consueta brigata dei cavalli di detto corpo militare CiioLERA Monntjs 17 non mal più rimpiazzati. Sono questi subito colti dal violentissimo morbo , die l'uno dopo l'altro uccide], insiera con un cavallo tiburtino , ed una capra , en- trata momentaneamente in scuderia ad oggetto d'esser munta. Conobbesi tosto , che l'appestata nascosa sella era stata indossata ad uno di questi rimpiazzati cavalli. Per la nota indole del male esarainossi leggermente elevata l'esterna regione , in cui sottostava l'infiamma- to viscere , pel quale oltremodo esaltato era il siste- ma irrigatore. Il metodo antiflogistico venne adopera- to nella massima estensione , ma invano. Ritornata da Roma la suddetta commissione, verificò coli' autossia quanto si è di sopra narrato ;; e rigidissime furono rinnovate le cautele sanitarie , che per nostra cura erano state eseguite eziandio nel luogo dove era stata isolata , ed in cui era morta la capra. Lo stesso car- bonoso infiammamento fu rinvenuto nel colon di que- sto didattilo (1), (i) Uà maresciallo di detto corpo (carabinieri) pel forsen- nato amore ad un suo cavallo da poche ore malato, infrange le sanitarie leggi , e conduce il medesimo dopo la mezza notte nella cosi detta osteria grande di Tivoli. Non appena fatto gior- no , ne fu informala dalla polizia Taulorità civile , che me ne diede subito avviso : perlocchò il cavallo fu ricondotto immanti- nente nella scuderia , dove si erano isolali tutti i comunicanti cavalli, inclusive quello di Tivoli pertinente al fornitore di det- to corpo. Nella stalla della grande osteria furono messe in uso tutte le più necessarie ed utili cautele. Un solo cavallo di un banderaio aquilano era quivi poche ore dimorato in quella notte , e ad una data distanza. Siccome il banderajo era par- tito sul far del giorno , inviossi da me tosto al sindaco più vi- cino del regno (Orìcola) una lettera con incluso foglio all' intendente del a.» Abruzzo ulteriore. Pregava io caldamente il sindaco , perchè inviasse immediatamente la mia relazione all' G.A.T.L. 2 ^8 S e I K N 2 E Ma tornando al proposito , è cosa certa , che Isvi- luppato un contagio , se non venga subito troncato , apporta stragi e rovine immense , precipuamente se vi concorrano quelle favorevoli condizioni talvolta a noi note , tal altra ignorate , come fu di sopra ri- cordato. Imperocché fa duopo ripeterlo, esser eziandio un mistero il perchè i contagi di tanto in tanto seco congiungano l'epidemico genio. Tre diconsi le strade, per le quali può introdursi il contagio. Esse sono ispirazione, alimenti o bevanda, assorbimento. Dalle più esatte osservazioni risulta essere certissima quella dell' assorbimento , mentre da non pochi sapienti clinici sono messe in dubbio con sode ragioni le altre strade. Alcuni contagi non febbrili , o generalmente parlando non aventi que' determinati stadj , che osservansi nei contagi febbrili , per essere assorbiti , richiedono la soluzione del continuo , o Tap- plicazione sulla cute , come sulle labbra ec. Sono di questa natura la lue venerea , il benefico pus vacci- no , e qualche malattia della pelle (1). Taluni pon- gono in questo novero la rabbia. Noi con replicate prove dirette , e con costanti osservazioni continuate insino a questo momento , abbiamo con tutta ragione escluso , ed escludiamo questo crudelissimo morbo dai intendente , da cui fu puntualmente ricevuta due ore innanzi che giungesse il banderajo. Il cavallo fu tostamente aramazza- to, e ne fu pagato il valore. (i) Se in questi morbi vi è la presenza febbrile , essa non si osserva mai prima dello sviluppato contagioso male, mentre nei contagi febrili , cbe banno d' altronde determinati stadj , purché la vitalità non sia tosto distrutta dal contagio (come talora avviene ) , vi è la febbre d' invasione , dopo la quale mauifeslasi la contagiosa forma delk maiatiia. Cholera morbus 19 contagi (1). Alcuni altri contagiosi morbi non febbrili colla visibile applicazione del contagio sulla pelle, e eoa un dato grado di calore, rimangono assorbiti. Tali sono la rogna , la tigna , ed altre malattie della pelle. Emi- nentemente contagiosi sono la febbre petecchiale , la miliare, il morbillo, la scarlattina ec, il vajuolo soprat- tutto , la febbre gialla , la peste bubonica , il domi- nante colerico morbo. Piotatile , e perciò invisibile ancora esercitasi la loro contagiosa azione. Tutti que- sti contagiosi morbi in ragione della loro intensità , e delle favorevoli opportunità, trasmettonsi dall' uno all' altro individuo, ed anche a lontanissime distanze, e per isvariatissimi climi mercè delle robe immediatamen- te o mediatamente dagl' infermi toccate^ Appellasi mezzo immediato di contagiosa propa- gazione , quando un infermo di contagio tocca un individuo sano che ne rimane affetto. Mezzo mediato si è quello di persona , che avendo comunicato con un ammalato di contagio, comunica questo ad un altra, o più persone sane, benché lontane dal fomite contagioso^ Ne è maraviglia, che quella persona, che comunicò il ri- tenuto contagio, sia nello stato di salute, la quale può (i) Non ha guari l'egregio farmacista signor Langeli di- resse in casa mia una donna , che per morale sicurezza era stata morsicata da un idrofobo , tale divenuto per morso di cane spontaneamente arrabbiato. Nella massima costernazione viveva questa donna , che per le mie persuasive esortazioni tornò tranquilla in casa sua, e di presente gode ottima salu- te, conforme la godono quegli ancora , di cui si parlò nelle nostre aggiunte ai due lavori sulla idrofobia , nei quali co- stantemente rilevasi non estendersi la medesima al di là del Secondo grado. Ivi ancora si riporta un' eccezione , e soprat- tutto vi si scorge manifestamente l'inganno dei fautori del con- tagio. Opuscoli scelti scientifici, Roma i83o. 2* 20 SciENXE sempre conservarsi per la mancante suscettività, di cui si è parlato. Mezzo mediato dicesi ancor quello, pel quale propagasi la contagione anche a remotissime distanze , e per opposti climi con robe toccate dai malati di con- tagio , oppure con robe toccate da persone che eb- bero diretta , o indiretta comunione co' detti infermi. L'aria stessa, benché per reiterate e sicurissime prove sia un decomponente il contagio , diviene suo con- duttore in vicinanza dell' infermo ; giacche l'atmosfera che lo investe , saturasi col tatto del volatile princi- pio contagioso , dal quale può infettarsi , se vi sia disposto , chi troppo gli si avvicina , sebbene sfugga qualunque contatto. I contagi tutti hanno Una forza contagiosa più o meno intensa : i pestilenziali sono quelli che la serbano piìi a lungo , e con maggior intensione. I corpi conduttori de' contagi sono numerosi : preci- puamente distinguonsi le lane , i cotoni , la seta , la tela , il lino , le pelli , ed altre sostanze ; ne esclu- donsi gli stessi metalli , e le stesse muraglie delle abitazioni , e le sostanze legnose dei bastimenti (1). Fra le cause che ponno disporre a risentire l'azio- ne contagiosa , se ne contano diverse. Tali sono gli eccessi di ogni genere , e i patemi di animo depri- menti. La miseria , il sudiciume , l'afFoUamento , un suolo umido e palustre , le circostanze della guerra (i) Anche gli animali bruti diconsi conduUori de' contagi, soprattutto i majali, i bovi, le pecore, le capre, i cavalli, e gli stessi volatili. Dentro una data circonferenza, noi ne con- veaiatno , in ìspecie della facoltà dei primi: ma riguardo ai volatili, che possano da lontano trasportare un cantagio, è una chimera , perchè l'aria , più che in qualunque altro corpo , «iislruggerebbe negli uccelli qualunque contagio. Cholera morbus 2t maggiormente vi dispongono. Per altro abbiam di so- pra veduto , che malgrado di qualunque disposizione , senza l'iraraediato o mediato contatto , l'uomo è im- mune da qualunque contagioso morbo. Senza ricor- dare innumerevoli esempj , che verrebboao la accon- cio , basta dare uno sguardo ai fatti che ci porgono le recenti contagioni di Livorno e di Noja per es- serne pienamente persuasi (1) E vero bensì che do- vettero superarsi grandissimi ostacoli , e adoperarsi se- verissime misure per ottenere l'intento. Il quale in al- tri luoghi videsi talora mancare , in onta di rigo- rose leggi sanitarie, per complicate circostanze, che a giudizio nostro provengono da una sola sorgente, vale a dire dalla cieca ignoranza. Il volgo, nome esteso assai più di quello che im- maginarsi possa , in ispecie l'infima plebe, frappone sempre ostacoli , e rilutta ogni salutare provvedi- mento. Con rossore rammentiamo noi quegli untori , e tanti altri compassionevoli pregiudicj nelle pesti di Milano e di Napoli in principio di questo nostro ra- gionamento ricordate. Ne vuoisi omettere , che, pro- pagatosi il funesto contagio in questi floridi stati, vi si trasandassero ancora quelle misure , colle quali mino- rar potessero i suoi micidiali effetti. Perlochè nella peste di Napoli , oltre gli spregiati avvisi del filanlro- pò ed incarcerato medico, un altro filantropo (il card, Gastaldi ) assai benemerito per le provvidenze usate nella peste importata in Roma , scriveva in questi ter- mini : Ch'itati fLormitissimae minus obfuit pestilen" tia , quam negligentia (2). Ma nei tempi nostri me- (i) Marea, storia della peste di Noja. Napoli 1817, e Pai' Ioni, sulla febbre gialla di Lh'orno. Livorao 1804. (2) Traci, de av«rtenda et proHiganda peste, pag. uS. 22 Scienze desimi si ricordi chi legge dell' archimandrita di Mo- sca . che per eseguire alcuni sanitarj precetti fu mas- sacrato dalla plebe in occasione della peste , che nel decorso secolo desolò quella capitale. Si rifletta di gra- zia il recentissimo ammutinamento di Pietroburgo. Si ^ contempli come teste fu colla forza raffrenato il po- polo , che conculcava le sanitarie leggi presso Pest in Ungheria- Si rammenti come la plebe della pic- cola citta di Noja più volte ammutinossi , ma con sa- gace prevvedimento fu sempre repressa subito dal nu- meroso esercito , che era ivi a bella posta stanziato. Nel pestilenziale antrace per noi più fiate troncato, come si è di sopra narrato , tre volte furono infrante le salutevoli misure. Ci si conceda finalmente di ac- cennare , come nella febbre petecchiale nel 181T-18, in adempimento ancora degli ordini superiori , furono neir ospedale di Tivoli per noi collocati in sala sepa- rata i malati di questo contagio. Dovendosi in questo tempo da noi percorrere sovente l'esteso suo distretto per supremo comandamento pel tifo dominante , che in alcuni comuni regnava assai intenso , e con stra- ge , tornati in Tivoli , con somma sorpresa vedemmo chiusa la sala de' tifici , e commisti questi con gli al- tri malati. Procurammo con pazienza che si compren- desse l'inesecuzione de' supremi ordini , e il delitto di lesa umanità: venne quindi novaraente praticata la sepa- razione. Ma che! Obbligati noi di seguire novelli incari- chi nel distretto pel contagioso morbo, di nuovo gì' infer- mi di detto ospedale furono tutti alla rinfusa mescolati (1). (i) Non maucava io per questa circostanza di profittarmi particolarmente dell' ottimo amico nostro il chiar. cav. Mori- chini , che fin d'allora stava al timone del consiglio sanitario. Questo dottissimo professorq rispoadevami di aver iusistiio Cholera. morbus 23 Quanto fosse rinclignazione nostra, ognuno lo intende; fortunatamente in Tivoli e nel suo ospedale il con- tagio petecchiale ne fu si intenso , ne cotanto epide- mico , quanto lo fu in molti comuni del distretto (1). Dopo questi , ed infiniti fatti di simil natura, sem- bra a noi non istarvi altro rimedio certo per ripararvi se non quello di educare il volgo in tuttociò che spe- cialmente concerne i più disastrosi contagi. Una volta che la gente volgare addentrasse l'importanza delle ri- gide regole sanitarie per allontanare , e per circoscri- vere codesti flagelli , potrebbero dette regole non solo ■ ■ I I I ■ I I fc presso il supremo tribunale di sanità per la rinnovazione de- gli ordini , onde eseguirsi le prescritte regole sanitarie : ma i rinnovati ordini , non vennero mai eseguiti ! (i) n contagio petecchiale non essendo di quella inten- sione , che si ravvisa nella febbre gialla , nel vajuolo , e nella peste si bubonica , come colerica , ne vien più facilmente de- composta l'azione contagiosa dall'aria atmosferica. Ora la città di Tivoli è assai ventilata ; perciò ivi non ispiegò il tifo nò per quantità, nò per qualità la venefica sua potenza. Il che fu nelle nostre relazioni più volte espresso questo fatto al su- premo tribunale di sanità. La stessa ragione milita pel piccolo ospedale di Tivoli. Ha esso quattro grandi porte , due in mezzo laterali, e due altre , l'una da capo, da piedi la secon- da : ciò che più vale , sono esse al paro del piano della sa- la; e ponno considerarsi come 4 ventilatori, In questo ospe- dale sebben vi sieno le così dette carriole, non si soffre mai quel disgustoso odore di mefite , di cui più, o meno abbon- dano gli spedali. Difatto per circa 3 lustri, che quivi abbiamo medicato, non ci fu dato di scorgere una febbre nosocoiuiale , che osservammo talvolta nella piccolissima sala delle donno non aereata come l'ospedale de'maschì. E per la stessa ven- tilazione , che i malati precipuamente collocati da capo , e in faccia ai monti di Tivoli , entrati con lieve febbre , sono non di rado attaccati da angine e da pleuriti. 24 Scienze con facilita eseguirsi , ma il volgo nietlesirao ne an- drebbe sollecitamente in cerca per la sicurezza sua. Imperocché mercè di detta educazione l'istessa infima plebe apprenderebbe esser in maggior pericolo la sua salute che quella delle agiate ed illuminate persone. Ponno queste in qualche modo guarentirsi dal con- tacio tanto per l'isolamento , e per le misure preser- vative , quanto per le minori cause predisponenti in confronto di quelle , che trae seco , specialmente la povertà. Potrassi per verità riguardo alla plebe affac- ciare un luminoso (esempio , che cadendo giornalmente sotto l'occhio suo, vedesi colla massima indiflerenza dalla medesima trascurato ; inutile quindi , pel desiderato sco- po, riuscirebbe qualunque pubblica educazione. L'esem- pio di cui intendiamo discorrere è quello della vac- cinazione , mercè della quale illesi sono dal flagello del vajuolo asiatico quei che la praticano, e morti. Storpiati , e deformati veggonsi pel contagio vajuoloso non pochi fra le persone della plebe , o di altra idio- ta gente , che trascura il saluberrimo ritrovato. Noi in altro nostro lavoro per fortuito caso ab- biamo notato (1) , che nella nostra dimora nella sud- detta citta di Tivoli , e precisamente insino al gen- najo 1822, fu in ogni anno replicatamente praticata in qualunque ceto di persone la vaccinazione, di modo che nessuno in detta epoca morì di vajuolo. Eppure stando noi cola per salute nell' estate dell' anno 1 828 , rilevammo con grave rammarico , che fra il numero de fanciulli nati dentro lo spazio di T anni ne diminuì in detta stagione per morte di ricorrente vajuolo circa il centinajo, senza contare gli storpj e i deformati. Or (t) Discorso sopra un nuovo fenomeno geologico al gran sasso dlulia. Opuscoli scelti scienlifici pag. òuS. CHOLERA MORBUS 25 dunque il disuso , e la negligenza delle buone cose non è per l'indocilita della plebe , ma per quella tal connivenza e fatalismo suo prodotto , e talora alimen- tato eziandio dalla più stolta ignoranza , in opposi- zione co' precetti inculcati nelle sacre carte , le quali c'insegnano di usare i medicamenti, che Dio ha sparsi sopra la terra. Da quanto si è detto ne consegue , che un medico il più filantropo potrk alcuna volta riuscire coir attività , colle persuasioni , e co' piccoli doni ia qualche pratica salutare , ma non e certo in poter suo di troncare i contagi , dacché infiniti sono i veicoli, come abbiara sopra narrato , pe' quali i medesimi dif- fondonsi. I veri medici in cosiffatte disavventure sono i governi , conforme in altre circostanze ancora ab- biam divisato. (!) Il preloclato cardinal Gastaldi a que- sto proposito scrive : Numquam beatiores sunt respu- hlicae^ quam cum principes amantes popul'i^ et si- iniles ministros nanciscuntur. (2) Furono difatto i gover- ni che a' dì nostri liberarono l'Italia da due pestilen- ze. Forz' è dunque conchiudere che la ignoranza e i delirj de' medici , la negligenza e la ignoranza de' magistrati , e meno assai delle precedenti , l'indocili- tk e la ignoranza del volgo furono la cagione , per cui l'Europa fu un tempo, e di presente ancora è de- solata da micidiale contagio. Dopo tuttociò nessuno può mettere in dubbio l'in- calcolabile vantaggio di un codice sanitario , se non uni- Versale , almeno europeo (3). Noi crediamo vana opera. (i) Opus. cit. pag. 63. (2) Id. ib. pag. Ilo. (3j Noi pensiamo , che se universale si potesse effettuare un codice sanitario; in onta dell'ignorata natura de' contagi febbrili , sarebbero i medesimi a poco a poco distrutti. 26 S e I E N I E ed usciremmo ancora fuori di strada, il dire sopra quali fondamenti dovrebbe essere il medesimo basato. Le vi- genti sanitarie leggi per la peste bubonica, i felici risul- tamenti ottenuti nei repressi contagi a Livorno, a Noja, e in altri Inoghi, e fatti di pubblica ragione, ponno som- ministrare eccellenti materiali pel suo edificio. Poco o nulla però sosterrebbesi, se una costante europea armo- nia non vi concorresse. Che se per caso nel sospetto o comparsa di un disastroso contagio si trovasse la me- desima fatalmente turbata , tacesse tosto qualunque ri- sentimento e rancore , acciò da ogni banda volti fos- sero i pensieri a rimovere la contagione. La qualco- sa tostamente non praticata , quanti sono governi in Europa , tanti solleciti accorressero con ogni mezzo pel pronto e salutare conseguimento. Queste , a no- stro avviso , dovrebbero formare le prime basi della più alta educazione , acciocché nella comparsa o ri- correnza de' contagiosi flagelli mantenuto fosse la san- tità delle leggi di pubblica salute. Salus populi su- prema lex esto , dice il nostro Tullio. Nessun regolamento farebbe duopo pe' medici colti ed illuminati. Qualunque opinione poi potessero alcu- ni professare intoruo i contagi , in virtià delle rigide leggi nel sanitario codice contemplate, dovessero su- bitamente manifestare un sospetto morbo attaccaticcio a' rispettivi magistrati. Questi in vigore della gelosa custodia della pubblica sanità loro affidata sotto la più alta responsabilità, in accordo co' medici, eseguis- sero immantinente le salutevoli prescrizioni nel det- to codice stabilite. Che se anche il sospetto morbo non racchiudesse talvolta il contagio , non mai disu- tile sarebbe l'abbaglio : ognuno anzi chiaramente scor- ge esser assai meglio il passaggero disagio di un pae- se , di una provincia eziandio , che il disturbo della generale tranquilliti. ClIOLERA. MORBUS 2T Finalmente per la educazione del volgo , e della plebe più infima trarsi potrebbero dal gran libro della salute pubblica le più limpide istruzioni , mercè delle quali convinta fosse , e persuasa della necessaria im- portanza delle leggi sanitarie. In conseguenza tutti i modi vi si contenessero assai chiari , onde la volgar mente percepisse cosa sia morbo contagioso, come av- venga la sua comunicazione , quale ne sia il micidia- le propagamento , ed in quali persone soprattutto eser- citi la malefica sua potenza. Iddio per altro avendo dato all' uomo la facoltà, di raffrenarla e di spegner- la , otterrebbonsi sempre efTetti tanto più salutevoli , quantopiù solleciti si adoprassero i regolamenti sani- tarj. Con opportuno linguaggio dovrebbe quindi im- primersi nelle volgari teste, che per raggiungere la desiderata meta , e indispensabile la necessita di mol- te privazioni, di sofferenze anche diuturne, se il contagio si fosse fatalmente propagato. Se le apposite istruzioni fin dall'infanzia venissero di tanto in tanto al volgo inse- gnate , o ricordate dalle persone più influenti , prin- cipalmente dai sacri ministri della religione , noi opi- niamo , che non solo con rassegnazione , e cieca ub- bidienza la plebe la più idiota , e in quei paesi an- cora dove professasse svariate religioni, si sottomette- rebbe ai rigori delle leggi sanitarie , ma si farebbe uno scrupoloso dovere di render noto ai medici ed ai magistrati alcun caso, che potesse occasionare un clan- destino contagio. Nel dar fine a questo non mai abbastanza lungo articolo igienico sopra i contagi , fa di mestieri dire i mezzi preservativi durante la loro ricorrenza, e la cura generale dei medesimi. Quando per ignoranza , o per caso fortuito non si riesce di troncare un con- tagio febbrile , conviene in primo luogo allontanare tutte le possibili cagioni , che dispongono a risentire 28 Scienze la morbosa sua azione-. Più volte abbiam discorso , che le cause predisponenti, come di ogni morbo, cosi lo sono del contagio gli eccessi di ogni genere, non esclu- si i patemi di animo deprimenti, difficili per verità, a rimoversi nel dominio di uno sterminante contagio- Abbianio ancora rilevato , che maggiormente vi di- spongono l'affollamento di persone rinchiuse, il sucidume, la miseria, un suolo umido, o palustre, la carestia, la guer- ra. Molte di queste cause ponno allontanarsi anche dall' uomo privato, che con un sobrio e ringoiar metodo di vita scansa al certo molte predisponenti cagioni a qua- lunque malattia. La guerra e la carestia solo dalla su- prema autorità ponno rimoversi, la prima con darle ter- mine o sospenderla , la seconda con opportuna an- nona. Alcune altre infine pertengono al reggimento municipale. Spetta ad esso la polizia delle strade , delle chiaviche, delle latrine, dei ristagni di acque , e dello sfollamento di persone in anguste abitazioni. L'auto- rità municipale dee inoltre nei contagi i più desolanti concorrere coli' autorità governativa e sanitaria pel mantenimento non solo del buon ordine , ma ancora per la sorveglianza esatta delle più interessanti mi- sure preservative , che in secondo luogo noi chiame- remo generali e speciali. Coniprendonsi le generali misure preservative nell' assoluto divieto di ogni specie di popolare riunio- ne , nello stabilimdjnto di un lazzaretto appositamente ripartito , in cui tutti i malati di pestilenziale conta- gio sieno indistintamente trasportati. Ne debbono omet- tersi le case di osservazione per le sospette persone, ne la quarantena per quelle che comunicarono coi ma- lati di contagio. Necessario inoltre si è uno o più spe- dali per le ordinarie malattie, e indespensabile divie- ne, qualora non vi sia, uno o più acconcj cemeterj. Ognuno vede però , che per l'esecuzione delle mede- GlIOLERA MORBUS 29 sirae misure , e di ogni altro necessario provvedimento esigesi una giornaliera sessione di una o più apposite commissioni medico-politiche, i cui ordini (facili a con- seguirsi in un popolo educato , come si è detto so- pra ) sieno senza dilazione , e con energia eseguiti dalla forza armata. E cosa a non credersi l'infinito nu- mero di famiglie , e di rioni eziandio salvati con tali mezzi dal più feroce e dominante contagio . Furono presso a poco queste misure mercè delle quali Roma, per la peste importata da una donna di Nettuno^ dove era pervenuta da quella di Napoli di sopra accenna- ta , sofFri assai meno in confronto di Napoli. Soli 72 mila furono gl'infetti di peste, e 14501 i morti. (1) Finalmente speciali misure preservative diconsi quelle della somma nettezza delle abitazioni, e delle proprie persone. Inoltre l'uso d'intridere le stesse vet- tovaglie negli acidi vegetali , e quello di lavarsi colla posca le mani ed il volto più volte nella giornata , sono assai commendevoli. Efficaci riescono le giorna- liere fumicazioni di acido acetico, ed efficacissime sono quelle praticate cogli acidi minerali. Queste deve so- pra ogni altro praticare chi per officio avvicina , o tocca i malati di febbrile contagio. Fa duopo inol- tre in questo caso vestirsi di una tonaca incerata , che per esperienze replicate fu trovata non conduttrice del contagio, e che ricuopra da capo insino a piedi, i quali , invece di scarpe di cuo;o , sieno calzati di zoc- coli inverniciati , e di incatramati coturni. Ne mai a stomaco digiuno si avvicinino , o tocchino gì' in- fermi. Ne solo innanzi , ma più ancora dopo averli avvicinati e toccati , debbonsi rinnovare le raddop- piate lavature di posca nel volto, nel collo, nelle ma- (i) Gastaldi op. cit. pag. ii6. 30 Scienze ni; e per un buon quarto d'ora ripetansi le fumica- zioni di acidi minerali, in ispecie di cloro, indi spo- gliati i piedi , tuffinsi in un bagno di posca , e sem- pre rinnovati sieno gli abiti. Questi, sebben furono altra volta indossati, debbon essere stati fumicati per molte ore con gli acidi anzidetti, e quindi per intera giornata almeno tenuti all' aria libera. Nelle pesti di Tangeri^ e specialmente di Noja, fu molto vantaggiosa l'unzio- ne dell' olio di olive nel volto , nel collo , nei ca- pelli , e nelle mani. I medici ed i chirurgi di quest' ultima citta rimasero del tutto immuni dalla peste bu- bonica con siffatte pratiche diligentemente e costan- mente osservate (1). Se l'antrace per noi troncato , conforme si disse , non ci si manifestò colla morbosa mortai sua forma , ne a noi ne a varj avveduti cli- nici ( per la nessuna cautela usata nelle accennate ne- crotomie ) fu dato, se non da questa negligenza ri- petere un' eruzione nerastra , che ci affettò dopo pochi dì tutto il corpo , non mai più per lo innanzi sof- ferta , e che di tempo in tempo or qua or la rin- novossi con indicibile nostro danno (2). Non furono per altro da noi trascurate molte diligenze nel visi- tare gì' infermi di febbre petecchiale. Regolato e so- brio fu il nostro modo di vivere : quasi sempre fu- rono praticate le suddette fumicazioni , ne mai si tra- lasciò lavarsi e rilavarsi le mani ed il volto con posca prima e dopo la visita degl' infermi. Fu anzi nostro costume nel visitare i tifici di tenere in mano una caraffina di aceto , col quale , osservato ed esplo- rato appena l'infermo , bagnavansi le dita che servono (i) Op. cit. j e bibl. ital. tom. ii. pag. g4 , e seg. (a) Per verità storditamente io non pensai affatto al mor- tale e contagioso morbo coU'aulossia riuveuulo. Gholera morbus 31 air esplorazione de' polsi ; e talora tutta la mano , se era occorso di esplorare alcuna parte del corpo. Per questa precauzione, nell' ospedale di Tivoli sorrideva taluno del volgo. Dee inoltre avvertirsi che il supre- mo incarico addossatoci , come si disse , di sorvegliare e visitare gì' infermi del distretto , durò circa tre anni : fu in ogni stagione , ed in isvariati comuni , in al- cuni de' quali intensissimo dominava il petecchiale con- tagio. Ne pochi eran talvolta i povei-elU malati, che stavano collocati in ospedali provvisorj , che per mu- nificenza del governo erano stati da noi stabiliti. Ciò nulla ostante la nostra macchina, sia perchè non fosse disposta al contagio petecchiale , sia per le usate di- ligenze , rimase illesa dal contagio morboso ; in onta ancora che in tre diverse volte , ma con ogni cau- tela , si praticasse la necrotomia. Dovendosi distintamente parlare del dominante con- tagio colerico , riporteremo i suoi sintomi , che do- vremo talvolta confrontare con alcuni degli altri con- tagi. Perciocché non c'iuterterremo a dare la sintomato- logia di questi , la quale , chi ne ha vaghezza , può rincontrare negl' illustri autori , che trattarono de' medesimi. Diremo però che i contagi anche i più in- tensi rassomigliano più o meno nella fenomenologia : tutti poi nel misterioso loro morboso processo , sotto le più lusinghiere apparenze, insidiano sovente la sa- lute e la vita. A proposito quindi disse Morgagìii nostro , ascondersi cioè del tutto , quello che nelle febbri contagiose arreca la morte. Di che potrebbonsi addurre numerosi esempj non solo dei pestilenziali con- tagi , ma ancora dello stesso contagio peteccliiale. Da ciò ne segue essere spesso dubbiosa la prognosi de'mor- bi contagiosi : quindi se prudente non sia il medico, con disdoro riesce fallace l'augurio suo. L'autossia an- cora se rischiarò , e talora a noi slessi scuopri l'in- 32 Scienze dole contagiosa della malattia, nessun frutto ci arreco» la medesima nel tifo petecchiale. Nessuno parimente ne ricavarono molte volte accorti ed arditi osservato- ri , e nulla valse nella peste bulDonica di Noja (1). La cura la più ragionevole nei più desolanti con- tagi riuscì spesso infruttuosa , ne fìa ciò maraviglia. ALbiarao osservato , clie tutti i contagi febbrili con simulata e seducente apparenza tal fiata uccidono ; tal altra sì feroce è il loro apparato , e sì violento e il corso , che tardi , o indarno giugne il medico ajuto. Nulla ostante in ogni contagiosa ricorrenza epidemica non tutti gì' infermi sono con egual ferocia e violenza attaccati. Quindi se il medico prontamente chiamato con clinico ed attento sguardo esamini le fasi della malattia , l'epidemico suo genio , quello della stagio- ne , la costituzione del malato , e la natura del suo- lo , ne desumera tanti lumi quanti sono bastevoli per giovare l'infermo. Che se il medico si facesse illu- dere dalla idea degli specifici (2), e dai prestigi si- stematici , guai irreparabili ne verrebbono anche a que- £[!' informi , che forse naturalmente , o sotto un sa- vio medico avrebbero scampata la morte. Allorché noi ci proponemmo (3), e ragionammo poscia (4) contro gì' esclusivi sistemi , non fu certa- (x) Op. cJt. (2) Noi non discrediamo , che ogni morbo possa avere il suo specifico rimedio. Ma dopo tanti secoli non conosciamo per sicuri specifici che la china-china pelle febbri intermitten- ti , ed il mercurio nella lue celtica. La vaccina , come è nolo, è un sicuro preservativo: ma praticala la vaccinazione, quan- do il vajuolo asiatico ha invaso l'aniinalc organismo , nulla se- condo la nostra esperienza riesce, e secondo alcuni ^talvolta nuoce. (3) Giorn. arcad. tom. 28 pag. 289. (4) Id. tom. 45 pag- 160. Cholera morbus 33 mente per ispirilo di parte , ma per essere stati nu- merose volte , e in disparati luoghi testimonj certis- simi degl' irrimediabili danni dalla pratica dei mede- simi cagionati. In comprova dell' asserto nostro , e per l'argomento in cui siamo , riporteremo un solo fatto generale. Nei suddetti due anni del ricorrente tifico contagio , la mortalità non si estese al di Va. dei sei e sette per ogni cento malati nei comuni alla nostra sorvegliante direzione aflidati. Ma in due comuni , i prospetti nosologici furono assai diversi : in uno con- tavansi il 25 e 30 per cento di morti , i 40 e 45 neir altro. Nel primo luogo abusavasi del salasso; ado peravansi inoltre rimedj da poco invalsi nella tera- pia : nel secondo comune pruticavasi interamente l'in- cendiario metodo curativo di Brown. Ne valsero dap- prima gli esempi , e i dolci rimproveri : fu duopo bensì ammonire bruscamente , perchè si abbandonasse la torta strada. Ne credasi , che in quei due soli co- muni con maggior pericolo ed intensità dominasse il contagio. Possiamo anzi assicurare , che , per la sua topografia , il comune in cui sviluppossi colla mag- giore imponenza , e con sommo pericolo , fu il pic- colo comune di Casape. Consiste esso in una sola angusta strada , perciò con gran forza vi spiegò il contagio la potenza sua ; talché nessuno de' suoi cin- quecento abitanti scampò l'intenso contagioso morbo. Ciò che è mirabile si è , che una sola persona , af- fetta già di cronico male , rimase vittima della con- tagione. Docilissimo ai salutari avvisi era stato il me- dico di Casape. Imperocché in vedendo esso , che il costante e predominante sintoma del contagio era il gastricismo, praticò quasi ogni dì, qualche volta l'eme- tico , sovente i purganti , e spesso i purganti antel- mintici per l'abbondante verminazione. Questa pratica salutare andò, insiao alla seconda settimana del male, G.A.T.L. 3 34 Scienze e non di rado taluna volta alla terza settimana* Non mai si fece illudere dalle flogìstiche , e dalle ner-^ vose apparenze, che osservavansi giornalmente , ed era* no veri risultamenti della gastrica presenza. Solo nel più grave sopore , e nel gran rossore del volto usò le mignatte alle terapie ; le usò ancora all'ano , quando assai dolente era l'addome per l'esteso meteorismo. Pra- ticò sovente nella seconda e nella terza settimana i ri- vellenti , i vescicanti soprattutto , allorché con disagio dell' infermo o squallide divenivano, o sparivano le pe- tecchie ; ed applicò i senapismi alle piante de' piedi nel feroce delirio. Le copiose bevute furono sempre diluenti la mattina , leggiermente acidulate la serar La dieta fu fluida ; e sempre rigorosissima , finche non disparve la febbre. In fine del male semplici deco- zioni d'indigene piante amare coronarono del più fe- lice successo le cure di un medico , che fortunata- mente ignorava le fantastiche teorie. Chiaro quindi apparisce , che il medico nell' igno- ranza della misteriosa natura de' contagj , dee curar- ne le morbose complicanze. Attento deve principal- mente volgersi lo sguardo suo sopra quelle , che più da vicino minacciano la vita dell' infermo. Perciò la così detta cura mista riesce generalmente la più gio- vevole nei morbi contagiosi , in ispezie in quelli , che o perla propria indole, o pel genio epidemico presen- tano un imponente treno di fenomeni. Taluni vantarono quali specifici contro i contagi gli acidi minerali, ed il mercurio. Nessuno può ne- gare l'utilità dì questi rimedi nella maggiorità de' con- tagj eziandìo febbrili. Grandissima poi si e sopra ve- duta l'azione distruttiva per gli acidi minerali non so- lo dei mofetìci gas, ma ancora dei contagiosi princi- pj siano animali , siano materiali , che annidati sono nei passivi corpi conduttori. La quale proprietà la gode Cholera morbus 35" in minor gradò la stessa aria atmosferica; Ma dacché poi il contagioso elemento invase l'animale econo- mia , l'azione specifica degli acidi minerali è un vero sogno (1). Del nostro cholera morbus e dei cofitagi lun- gamente discorso , vuoisi venire alla peste colerica , di cui , dopo aver noi dato in iscorcio il grafico suo andamento da officiali relazioni improntato , diremo quanto concernesi intorno questo terribile flagello. Ne ometteremo qualche confronto e riflessione , desunta per lo pili dagli stessi fatti. Un prospetto compi- lato sopra il giornale politico e letterario di Pietro^ burgo con opportune osservazioni chiuderà questo nostro primo ragionamento* Imperocché il lettore con un secondo ragionamento sarà fatto consapevole degli ulte- riori progressi (probabilissimi), della sospensione, o del dileguo di questo contagioso morbo. Quindi tutto ciò che di maggior interesse abbiano operato e veduto i cultori della medicina , sarà nel medesimo contenuto. Abbiamo narrato in principio di questo nostro lavoro , che nelle tropiche regioni assai frequente si osserva il febbrile cholera morbus , il quale si è mai sempre dai medici reputato come malattia en- demica, e talora epidemica delle medesime, perlo- chè fu ancora distinto col nome di cholera indica (2). (i) Se la genesi de' contagi sia animale , come vi ha la massima probabilità , sembra che l'azione dell' aria atmosfe- rica, e più degli acidi minerali atta a distruggese gl'insetti contagiosi nello stato d'inerzia e latenti, non sia bastevole ad annientarli nello stalo di vita. (a) Nessun europeo sembra che abbiane data una distinta istoria prima di Dellonio medico francese , che per lungo spa- zio di tempo soggiornò nelle Indie. Nel citato volume 5"] de- 3* 36 Scienze Ma nel 181T dopo isvariata ed eccessiva temperatu- ra , dopo una eccedente igrometria , dopo idrogra- fiche alterazioni del Gange , e finalmente dopo altre straordinarie vicende meteoriche-, sviluppasi questo mor- bo con un carattere non mai più per lo innanzi os- servato. Imperciocché propagasi rapidamente nelle due Indie , diffondasi quasi contemporaneamente nei vastissi- mi dominj della Cina , della Persia , dell' Arabia , di Sumatra , di Borneo , del Giappone , e nelle più lontane isole dell' Arcipelago indiano , rimontaado po- scia il continente insino alla Siria. Dopo incredibili stragi e devastazioni, il Cholera contagioso perviene ■nel 1824 in Europa-^ poiché sormontato il Caucaso, penetra lungo le sponde del FTolga. Non è quindi spregevole riandare distintamente questa dolorosissima istoria , come i nostri giornali scientifici la raccolsero dalle diverse monografie inglesi (1). Sul fiume Gange in Siila Dschissor mostrasi nel 1817 il cholera morbus coi caratteri pestilenziali. Non solo ne è attaccata Calcutta in distanza di 100 miglia inglesi da' detto luogo , ma ancora tutto il re- gno del Bengala^ diffondendosi il contagio nel ter- ritorio di ambe le rive di detto fiume con siffatta in- tensità , che vi esercita orribili stragi. Con non mi- nore rovina propagasi nella presidenza di Madras lun- go la costa del Coromandel , d'onde giunge alla ric- chissima isola di Ceylan , dalla quale trasfondesi nell* gli annali universali di medicina in nota alla pag. 697 scrlvesi l'opera del Dellonio pubblicata nel 1629: il che è riprodotto in un opuscolo leste stampato in Ancona. Neil' edizione na- politana di Sauvages dicesi pubbhcata quell' opera nel 1689. Questa stessa data è riportata nel su citato fàscic. della Bibl. italiana. (tj Bibl ital. id. ìb. Cholbka morbus 37 isola di s. Maurizio , dove fra 8 mila abitanti , che sono nel Porto Luigi , ne muojono 50 in ogni dì. Nel novembre dello slesso anno (1817) presso Bschob^ balpura contrae il pestilenzial morbo l'esercito brit- tannico capitanato dal marchese à'Hastings, e dentro il brevissimo spazio di 12 dì si perdono circa 9000 uomini. Nel 1818-19 ne è eziandio attaccato con vio- lenza l'esercito che comanda il colonnello u4dams , che ascendeva le coste del Malabar a Bombay. Qui il morbo serpeggia insino al 1821, in cui cresce la strage. L'imano di Maskate calcola in poco tempo là perdita di 60,000 sudditi. Infierisce simultaneamen- te il contagio nel Golfo Persico. Bassora citta di 4 50,000 anime perde in due settimane 14,000 indi- vidui. Penetra indi nella Persia. A Kosrum ed a Schiras nell'ottobre 1821 in capo a 5 dì muoiono di peste colerica 16,000 persone. In questo tempo dif- fondesi la medesima da un lato nell' ^sia anteriore per V Anatolia^ e giunge insino a Laodicea e ad Alep^ pò , dall' altro lato nel 1822 attacca Ispahan , Te~ heran , e l'intero Kurdistan , portando per tutto la- grimevoli calamita. Nel settembre dello stesso anno com- parisce il colerico contagio nella Tauride , e nel mese di luglio 1823, dopo aver mietuto ne' sei anni pre- cedenti varii milioni di uomini , mostrasi improvvi- samente sulle frontiere dell' impero russo , e precisa- mente nel distretto di Salian presso il mare Caspio. Il general Jermeloff, comandante in capo l'armata di Georgia, spedisce all' istante un corriere a Pietrohur" go coir infausta novella : nello stesso tempo prende tutte le precauzioni che sono in suo potere per im- pedirne l'ingresso (1). Ciò nulla ostante nel dì 22 (i)Il signor iJiTtwaremcz, incaricato d'affari della Russia alla corte di PersÌBj avvertiva già (juesto generale sulla qualità del male. 38 ' SciKNXE settembre di detto anno manifestasi il desolante mor- bo air ospedale di Astrakan. II magistrato di sanità di questo comune , mentre pare cNe se ne occupi se- riamente, dichiara con pubblica notificazione nel dì 29 settembre non essere la malattia contagiosa ! ! ! Intan- to giunto appena il dispaccio di Jeri.ierloff a Pietro- burgo , radunasi un consiglio medico per deliberare. Questo risolve di pubblicare in lingua russa il mo- do di curare il cholera morbus^ tolto dalle osserva- zioni dei medici inglesi stabiliti nelle Indie : sospen- de la decisione , se sia o nò contagioso ! conviene tuttavia neir adottare tutte e singole le misure sani- tarie , come se fosse provata la contagione : in fine pubblica un opuscolo popolare per preservarsi dal cho- lera morbus- Non sono per cosi dire stabilite queste disposizioni , quando perviene la notizia del suo svi- luppo in Astrakan. Radunasi immediatamente l'acca- demia medico-chirurgica , e risolve d'inviare subito parecchi medici sulla faccia del luogo : praticasi la stessa misura dai governatori delle convicine provin- cie. Il supremo governo ordina i cordoni sanitari ai con- fini de' rispettivi governi subalterni, qualora i medici an- dati in Astrakan dichiarino il male contagioso ! ! ! Inol- tre comanda il medesimo che tutti quelli che voglia- no per mare recarsi da Astrakan a Saratow sieno sog- getti alla visita di un membro del magistrato di sa- nità. Con un decreto imperiale si forma un comitato pel cholera morbus composto dai signori Rehmann , Leighton , e Heirot , i quali hanno tutti i mezzi per eseguire i salutevoli loro divisamenti. In Astrakan dal di \ 2 settembre fino al dì 9 ottobre muoiono due ter- zi delle persone attaccate dal cholera morbus; e den- tro lo stesso ottobre si conosce in Pietroburgo esser ivi ceduta la malattia (1). ('} la Astrakan , dicesi , essersi dissecati i cadaveri iafetti Gholera morbus 39 Dalla parte della Cina eziandio il funesto conta- gio minaccia la Russia. Imperocché vuoisi dire , che nella sua origine non solo verso V Occidente, ma il me- desimo propagavasi ancora alla direzione del Levante. Di fatto sulla fine di settembre del 1819 esplode fu- riosamente a Siam. In Bancoko soltanto muojono 40,000 persone , e innumerevoli sono le stragi negl' iraperj di Arrakan., di Malacca, e nell'isola di Sumatra, Neil* aprile di detto anno (1819) manifestasi il suddetto mor- bo a Java, dove nel 1822 vi giunge al colmo; il solo Amboine perde 102 mila abitanti. Batavia e Japara sono contemporaneamente assalite da questa peste. Nel 1 820 ne è attaccata la Cocinchina , e Vimpero cinese. In Pekino nel 1822-23 diviene il cholera tal- mente micidiale, che il popolo mancando di mezzi di sepoltura , vi supplisce l'imperiale tesoro. Ne il mor- bo rispetta la gran muraglia , perlochè manifestasi a Kukuchoton , e vi continua le stragi. Il governatore della dogana imperiale russa sulla frontiera cinese con esatta relazione da Kiackta (1827) (1) ; prima ancora che il cholera passi la gran muraglia , ne avverte col- la massima cura , ed attività il governatore generale della Siberia orientale. Ne sembra che da questa par- dei contagio; vi si nega dai medici con impudente sfacciata- gine la natura contagifl^a del male, in onta che due medici ne periscano, uno dei cjuali aveva nel i8o8 resistito al conta- gio bubonico. (ij Questo filantropo già aveva procurato un colloquio col convicino comandante cinese colla lusinghevole speranza d'in- durlo a premiere le misure sanitarie per respingere il vicino morbo, ma invano. Dopo avere il cinese messe fuori balorde, ridevoli, e superstiziose proposizioni, finiva col dire , chele- sterminio di gente che farà il cholera nell'impero cinese, vi renderà molti impieghi vacanti. A'O S e 1 E N / E te sia il morbo peuelialo nella Russia; laonde non vi ha dubbio , che rimportazione contagiosa le sia ve- nuta dalla Persia , e pare ancora da più punti , se- condo che rilevasi nel prospetto, che segue questo no- stro lavoro. Nel dì 8 agosto 1 830 il contagio manifestasi a Tif- flis con ferocia (1) : perciocché con un imperiale de- creto si statuisce una commissione pel cholera presie- duta dal conte Sakriwski ministro dell' interno : si pro- pone inoltre un premio all'autore del miglior trattato intorno il desolante morbo. Con un altro ukase (1830) S. M. I. ripete di essere persuasa della contagiosa na- tura del cholera morbus che desola i suoi stati : co- manda perciò di prendersi tutte le sanitarie misure (2). Nel settembre 1830 appare il morbo in Mosca, e pas- sa una settimana prima di credersi alla sua presenza (3) ! ! Più di 50 mila persone partono da Mosca per luoghi sani per timore del contagio (4). (i) Varii suol abitanti dopo il dominante contagio rifug- gonsi nelle più elevate regioni per Io innanzi sanissime, nelle quali vi diffondono il contagio, clie vi produce la desolazione e la morte. (a) Nel ritorno da Mosca (in cui dominava il contagio) a Pietroburgo , l'imperatore stesso si sottomette a Twer alla quarantena prescritta dalle leggi sanitarie. Bibl. ital. id. ib. (^) Un nostro italiano e distinto medico, il dott. All>ini, fu vittima del contagio. „ Abbiamo perduto (bullettino officiale) ,, il più bravo ed il migliore degli uomini , consacrato alla „ umanità ed alla patria. Energico , infaticabile , pochi mo- „ menti gli restavano di riposo alla notte. Egli era la conso- ,, lazione degli abitanti di Mosca , e dava a tutti l'esempio „ del coraggio ec „ (4) Noi preghiamo il lettore di consultare gli annali uni- versali di medicina , e la detta biblioteca per vedere le com- passionevoli e contraddittorie ragioni dei medici di Mosca in- torao il presente morbo. Cholera morbus 41. Pel riassunto della lagrlraevolissima istoria non sarà disutile di riferire ciò che leggesi in un giorna- le officiale. ,, Il cholera morbus nello spazio di 44 „ anni (181T-30) si è propagato in un' area che dal ,, settentrione al mezzodì comprende 2250 leghe, e pili „ di 2000 da oriente ad occidente^ ^oW Indo stari ha „ invaso un territorio di 74,000 leghe quadrate. In „ Russia (1830) si è il cholera diffuso in 29 governi, „ e sopra 128,000 leghe quadrate, che fanno quattro ,, volte e mezzo l'estensione della Francia. Si conta- ^, no 656 irruzioni del morbo in quistione nelle prin- „ cipali citta di que' paesi , ed ha attaccato più di 1 300 „ citta delle regioni d'Asia e di Europa. La mor- „ talita si computa come segue : Neil' Indostan al „ sesto della popolazione ; w^ Arabia al terzo ; nella „ Persia al sesto ; nella Mesopotamia al terzo ; nell* ,, Armenia al quinto ; nella Siria al decimo ; nella „ Russia al ventesimo. In 14 anni sono morti nell' „ Indostan 18 milioni d'individui, e due o tre volte „ altrettanto ( il che sembra esagerato , ma pur trop- „ pò è vero ) quanto si comprende fra Pekino e P^ar- „ savia. „ Le fatali invasioni del contagio choìerico posterior- mente avvenute , ognuno le conosce dai pubblici fo- gli politici , e nel secondo nostro ragionamento ver- ranno esse distintamente narrate. Venendo alla morbosa istoria fa duopo avvertire che oltre lo aver noi in principio di volo accennato il cholera morbus epidemico ; vuoisi al presente ag- giungere , che la descrizione del cholera indica di Sauvages, tolta dall' opera di Dellonio, è assai ste- rile in confronto della descrizione del Cholera mor- bus di Europa veduto da S/denham, e da altri (1). Per (i) Ci è stato impossibile rinvenire l'opera di Dellonio , poiché sarebboasi ^uivi forse riacgatrati i sintomi nervosi pa- 42 Scienze noa dilungarci, riportiamo soltanto queste due defini- zioni , di Sauvages cioè , e di Sydenham , per indi descrivere il dominante colerico contagio. Sauvages nella citata opera così ne descrive i sintomi. Sitis ardens^ cephalagia , ìnquietudo , febris, delirium^ ahi fluxus et vornitus, pulsas fortis , et inaequalis , urinae rit^ brae et albae , sed semper limpidae. Sjdenham cosi scrive : jìdsunt 'vomitus enormes, ac pravorwn humo- rum ciim maxima difficultate et angustia per alvuin dejectio ; ventris ac intestinorum dolor vehemens , inflatio et distentio ; cardialgia , sitis , pulsus celer ac frequens, parvus et inequalis: aestus et anxietas^ nausea molestissima ; sudor ; crurum et brachiorum contractura -^ animi deliquium, partium extremarum frigiditas , et similia , quae aegrum in XXI f^ ho~ rarum spatio interimunt „ Prosegue in una lettera al dottor Bradj : „ Exeunte aestate cholera morbus epidemice jam saeviebat , et insueto tempestatis ca- lore evectus atrociora convulsionum sjmptomata, eaque diuturniora secum trahebat , quam mihi prius un- quam videre contingerat, Neque enim solum abdo- men , ut alias in hoc malo , sed universi jam corpo- ris muscuH, brachiorum crurumque prae reliquis, spa- smis tendebantur dirissimis ; ita ut aeger e ledo su- binde exiliret , si forte exstenso quaquaversum cor- pore , eorum vim posset eludere. Noi passiamo ora a scrivere le fasi del colerico dominante morbo, formanti il complesso della sua fe- nomenologia, la quale varia per intensità, e per altre anomalìe a seconda cioè dei temperamenti , delle sta- gioni, dei climi, della cura ec. Allorché il morbo tognomonici di ogni cholera, che d'altronde mancano nella descrizione di Sauvages. Cholera morbus 43 non è cotanto intenso, ne si celere è il suo corso, come spesso accade, i sintomi prodromi del medesimo sono i seguenti. Improvvisa prostrazione delle forze , vertigine <;ontinuata od intercorrente, leggieri brividi, cui d'ordi- nario non siegue calore, un doloroso stiramento lieve e periodico , contrazioni specialmente ai piedi : si sente inoltre un gorgogliamento di ventre , e benché non si scorga nausea, si soffre una sensibile angoscia nel ven- tricolo , il quale sembra all' infermo ripieno, e con propensione al vomito. Umida e pulita si vede la lin- gua : la respirazione è piuttosto difficile : U fisono- raia si presenta angustiata più per fìsica che per mo- rale alterazione : le evacuazioni alvine non hanno quel carattere che poscia assumono ; nelle vie delle orine talvolta si accresce lo stimolo di orinare.. A Tifflis fu quasi sempre l'intenso morbo preceduto da lipo- timia (deliquio). Questi prodromi sintomi, laddove a un dipresso cosi sviluppasi il morbo, ponno servire di molto lume al medico, onde eseguire quel detto del sulmonese poela principiis ohsta ec. cotanto raccomandato dai medi- ci tutti che hanno osservato il cholera contagioso, I suoi concoraitaiti sintomi sono inquietezza generale accre- sciuta , ed incessanti i brividi , d'onde i diminuito calore esteri.o , che nemmeno appare nelle parti do- lenti, ne queste col tatto soffrono maggior dolore, seb- ben talora sia vivissimo. I polsi alcuna volta manife- stansi febbrili , risentiti e duretti dando 1 20 pulsa- zioni in un minuto primo , sovente però si osservano deboli e senza reazione che anzi in progresso del male sono filiformi , e vacillanti. Il cuore or tremu- lo e leggiero , ora impetuoso e disordinato. Il san- gue cavato è talora glutinoso , e di colore turchino nerastro. I dolorosi crampj non sono qualche volta permanenti , ne tali ravvisansi i dolori intestinali, che tal fiata mancano , e collo stropicciamento anziché ere- 44 Scienze scere , diminuiscono. D'ordinario dopo la durata di va- rie ore di questi sintomi coli' oppressione , o col do- lore di stomaco , cresce la indicata ripienezza, cui spes- so con violenza segue il vomito e la diarrea. Vo- mitato il cibo, vedesi appresso un fluido liquido coti fiocchi , o coaguli di mucosità cretacee , e misto di color giallastro e rossiccio , rade volte verdastro , as- sai poco nauseante e disgustoso , spesso acido , talu- na volta amaro ; ne può darsene una precisa descri- zione. Gli scarichi alvini, dopo i consueti escrementi, sembrano da principio vantaggiosi all' infermo , ma ri- petuti quasi all' infinito , quantunque non arrechino do- lore , sono accompagnati con gran forza ed ansietà : talvolta pero lasciano all' ano un bruciore consimile all' acqua bollente. I medesimi consistono in un flui- do liquido giallastro , sono poco fetidi , e simili ali* acqua tiepida ; qualche volta vomiti e dejezioni alvine sono amilacee , o come un'acqua di riso. Altre volte i detti scarichi sono accompagnati da tenesmo. Am- be le evacuazioni sono sì fattamente abbondanti , che e difficile l'immaginarlo. Ciò nulla ostante non poche volte esse mancano (cosa notabilissima) , in onta che altri sintomi spieghino la loro forza colla stessa inten- sità e pericolo. A misura che il male progredisce s'accresce il freddo della cute , che perde la sua vi- talità in ispecie alle estremità superiori ; diviene anche rugosa , pallida , arida , e talora assume un color li- vido tendente al rossiccio; cospargasi inoltre di vischio- si sudori gelidi , o freddi , e dispiacenti al tatto : tal fiata si osserva la medesima sudicia, particolarmente alle estremità , nelle quali più intense si fanno le convul- sioni , che stendonsi ai lombi , al ventre , ed alle par- ti inferiori del torace. L'estremità medesime veggonsi livide o di un giallo turchino: livide parimenti o tur-^ Cholera morbus -45 cliiniccie sono le unghie e la punta del naso (1). Ca- ratteristica è la fisonomia {facies colerica ) , il vol- to coir indicato sudore presenta il pallore della mor- te , le labbra sono paonazze , gli occhi lagriman- ti , incavati nelle orbite , e circondati da cerchj ver- do-turchini, o nerastri : la pupilla è dilatata, rossiccia è l'albuginea, injettati di sangue sono i vasi delle congiun- tive ; trasparente è la cornea, fisso è per lo più lo sguar- do additando un profondo ad angustioso patimento. Il mal di capo , lo sbalordimento si accrescono , e lagnasi il malato della vista indebolita , del poco udito , nel cui organo soffre un molesto tinnito. L'infermo è pe- rò sempre conscio a se medesimo , e solo poc' avanti la morte si assopisce. La respirazione fassi sempre più difficile e quasi soffocante : è interrotta da frequenti sospiri , spesso è protratta la inspirazione , e quando è profonda , soffre l'infermo un leggiero , ma pun- gente dolore laterale sinistro, e l'aria respirata sembra- gli fresca : la sua voce ha un suono debole , cupo, e quasi strano. La lingua d'ordinario non è sporca , ma bianca , livida , bruna talora ai lati , e di rado presenta una patina giallastra , ma per lo più umi- da , qualche volta però vedesi secca , screpolata , e crostosa. Pallide sono le gingive , e i denti coperti sovente di rauco nerastro: non soffre disgusto il pa- lato , ne sentesi dall' infermo quella nausea che è pro- pria del gastricismo*, Poca e tenace è la saliva , la quale manca talvolta del tutto, ne si separa affatto : lo stesso funestissimo sinistro accade delle orine (2). Il malato col (r) Non pochi di questi sintorai sono stati da alcuni dotti confrontati con quei della morte nera sopra da noi ricordata. [i) Il prelodalo nostro prof. Monchini a questo propo- sito ci comuaica, nel momento che è sotto i torchj il nostro 46 Scienze bruciore al ventricolo, e coli' incessante vomito, sof- fre un' ardente sete , è avidissimo di bevande fredde acide, di cui non è mai sazio, dimodoché per quanto la voce lo assiste , manda fuori acute grida per sod- disfare l'inesauribile desiderio : ed intanto più si beve, più si vomita. Il bassoventre è per lo più molle , e rimpicciolito , qualche volta è tumescente : nell' in- tensa nevrosi incavato appare rumbilljco. Che se un periodico dolore gastro-enterico soffre l'inferiuo , ne è affatto orbato ogni altro viscere dell' addonte. Vuoisi inoltre ripetere che non tutti, ne sempre per numero ed intensità osservansi i descritti sintomi. Sono peraltro costanti le nervose affezioni che dalle estremità esteu- lavoro , la seguente dotta sua opi?>lone. ,, Alcune analogie che passano fra i sintomi di avvelenamento coW acido prussico y l'acqua distillata di lauro-ceraso , e Volio di questa pianta co' sintomi del cholera-morbus : rossen'aziona fatta dal doti. Kòstler dell' apparenza del colore azzurro nel sangue estratto dai colerici : l'altra osservazione fatta dallo = osso autore che le orine sono scolafite , scarseggiano e mane no affatto quan- do la malattia tende ad un fine funesto ; e che per lo con- trario ripigliano il loro corso e riacquistano il loro colore e odore (che vien dall'urea) quando la malattia si scioglie in salute : finalmente che l'urea è un cianato d'ammoniaca , e che per conseguenza ritenuta nel sangue potrebbe dar luogo ai feno- meni descritti: in seguito di tutte queste considerazioni, alle quali si potrebbe dare uno sviluppo maggiore, mi è venuto la pensiero che istituendo delle sperienze sul sangue, sulle orine, sulla materia del vomito e del sudore dei colerici , si potrebbero acquistare idee più precise sulla natura e sull'andamento di questa terribile malattia, e quindi fissarne un trattamento ra- gionevole , che si attende invano dagli specifici applicati ester- namente ed internamente. ,, ClIOLERA MORBUS 4T donsi a tutto il corpo , pervenendo alla massima vio- lenza . Perlocliè l' infermo muore esausto di forze , che mancano infine anche per vomitare , e per de- porre le dejezioni alvine , le quali escono involonta- rie : che se dalla bocca rigurgitasi in questi estre- mi alcun liquido , devesi all' incessante moto convul- sivo dei muscoli dell' addome . Laonde indifferente omai l'infermo a qualunque sensazione , or delirante ora soporoso, chiude l'infausta scena nel breve spazio di 14, 12, 6, 4- ore. Uomini dinnanzi robusti e sanissimi anche più sollecitamente veggonsi tal fiata spirare eoa violenti spasimi. Ne mancano eserapj, che colla celerità del fulmine il contagio tofjlie di vita l'individuo (1). Se il male oltrepassa le ore 24, 48, ed oltre, se il polso risentesi, se calda diviene la pelle, e critico diventa il sudore , se tornino a fluire le orine, si con- cepisce la speranza della guarigione. Questa fassi più certa , se , invece delle descritte evacuazioni , appa- riscan esse biliose e consistenti, e poscia abbian quel- le fine insiem colla nevrosi. In alcuni casi dopo il tempestoso conquasso prende il morbo il carattere di una febbre gastrica biliosa, dalla quale se scampa l'in- fermo , conforme in tal circostanza non e cosa diffi- cile , gli rimangono morbose reliquie di dolori di te- sta , di indebolimento generale , e specialmente di vi- sta e di udito. Rimarchevole è la desquamazione , che (i) Kiscontrìnsì di grazia ì casi di peste , e vedrassi talo- ra Io stesso fenomeno.,, Spaventevole a vedersi uomini in ap- ), parenza sani , affaccendali nelle loro case , e per le pub- „ bliche strade stramazzare in terra moribondi come fossero „ colpiti dai fulmini. ,, Morea op. cit. Lo stesso fenomeno vi- desi talvolta nella peste di Roma. Galsl. id. pag. 643. 48 Scienze vedesi talora nella convalescenza : il che dinota uno dei distintivi caratteri delle contagiose malattie (1). Nel tempo di questa desquamazione opinano i medici lo svolgersi de' contagiosi principi . Svariata non meno è l'autossia degl' infelici morti di peste colerica. Espresso ancora vedesi nel cadavere il dolore , che intensamente sofferse l'infermo. Quello si rimane sovente flessibile : difalto molli sono i suoi muscoli , eccetto negl' individui robusti e giovani , ne* quali le membra rimangono intirizzite , contratte , ed inflessibili (2). La cute è livida o giallo turchiniccia, (i) Sembrerebbe quindi esservi stato una qualche eruzio- ne.Noi siamo in curiosità di conoscere, se per caso questa de- squamazione accadde solo in que' malati , che propriamente non soffrono il cholerico sintoma. Imperciocché non è per noi di alcuna maraviglia la mancanza nella peste colerica di esan- tematiche eruzioni (uno de'caratteri de' contagi); mentre dall' insieme de' fenomeni del morbo colerico , sembra chiaro che l'azione elettiva del contagio esercitisi sopra i doviziosissimi nervi del tubo gastro enterico con siffatta violenza ed inten- sità che quivi vedesi un afflusso tale di materie, quale è in- credibile ad immaginarsi: onde avviene che non solo per l'a- zione simpatica del canal digestivo coli' organo della pelle ri- mane soppresso il traspiro , ma la cute soffre ancora il massi- mo alterkmento perdendo la sua vitalità; cosicché è fisica- mente impossibile il manifestarvisi una condizione patologica , ma soltanto il principio di necrosi come dal livido colore , e dal costante gelo apertamente rilevasi. (2) Neil' intensa nevrosi più che in ogni altro male av- viene non di rado cadere in asfissia gì' infermi, che estimansi trapassati. E' nell' istesso morbo colerico, in cui il contagio at- taccando soprammodo il sistema de nervi , è presentato il fe- nomeno in discorso. ,, Racconta il dott. Marskall nel rappor- ,, to ufficiale di Calcutta, di due corpi (l'uno de' quali già Cholera morbus 49 h anche rugosa in ispecie alle estremità, le cui dita per l'intensa nevrosi rimasero contorte. Aperta la suprema cavita , spandevi con forza l'Encefalo, molle e pasto- sa è ordinariamente la sua sostanza, talora è tenace: turgide osservansi le picciole vene ed i seni venosi; che anzi di frequente i vasi in genere rigurgitano di un sangue pivi denso, più cupo, e spesso di un color ne- ro turchiniccio. Ora un versamento sieroso rimarcasi fra le meningi , alla base del cranio , e nei ventricoli , ora ( pili spesso in Europa ) il versamento è sangui- nolento. Injettati appajono i vasi delle sue membrane; d'onde sono anche più rossiccie , trasparisce però l'a- racnoidea , e fortemente aderisce colle altre membra- ne. Nella spinale midolla ravvisansi punti di un san- gue cupo , e i vasi suoi ripieni sono di sangue , me- no però di quei del cervello : alcuna fiata per altro non vi si osserva alcuna morbosità. Nei più grandi „ portato alla camera delle sezioni anatomiche) che comincia- ,, rono prima a scuotersi convulsivamente, poi a stendere po- ,, co a poco le dita delle mani e de' piedi , e finalmente a „ gestire. Morirono ciò non di meno, malgrado dei soccorsi pre- ;, stati , l'uno dopo venti minuti , e l'altro dopo quasi tre „ quarti d'ora,,. Nel iSio in Tivoli ho io curato una donna ottuagenaria , che mori di pleurite. Venti anni prima nell' ospedale di detta città per febbre nervosa , reputata morta nel diciottesimo di , venne portata al campo santo : sulla mezza notte e nel colmo dell' inverno questa donna si riebbe , e ricoperta col solo lenzuolo , che non toglievasi , se non quando seppellivansi i morti , bussò la porta interna dell' ospedale, talmentechè innanzi che vi fosse ricevuta, passò una buona mezz' ora : poiché si misero in iscompigllo gì* informi, e le guardie, che tenevano per certo essere l'anima della creduta morta , che con quanta voce poteva , ripeteva sempre ; aprilemi che muoj'o di freddo. G.A.T.L. 4 oO Scienze rami nervosi , e nello stesso plesso solare sparsi sonò neri punti di sangue , e dello stesso colore ne sono colmi i loro vasellini. Neil' esofago riraarcansi macchie rossìgne ; e nell' aperto torace manifestasi un colore rosso-cupo , e con- simile vedesi nella parte carnosa del diaframma. Cu- po parimenti è il colore dei polmoni , che rinvengonsi or flaccidi , ora rimpiccioliti , e pieni di sangue. Una spuma rossiccia vedesi frequentemente nella trachea , e di sangue abbondano i suoi vasi. Il cuore, dicesi, vedersi sempre nello stato normale , tranne di essere floscio : liquido però è talvolta il suo sangue , e tal altra scorgesi denso e spumoso. I grandi vasi sono sem- pre turgidi di sangue , che è spesso misto di molt' aria , e coagulato : inoltre nel decorso dei medesimi trovansi qualche volta le secrezioni linfatico-sanguigne. Neil' aprire il bassoventre ( piuttosto gonfio ) ema- nasi un vapore d'ingrato odore , e diverso dall' ordi- nario odore dei cadaveri. L'omento scorgesi tratto in su dallo stomaco , il quale sembra sano all' esterno , e assai di rado leggiermente infiammato : spesso an- cora lo stesso è contratto : piiì molli sono le sue mem- brane , e con facilita si separa la membrana mucosa, che osservasi internamente cospersa da muco a vicen- da biancastro , bruno , nerastro , e di rado da linfa coagulabile. Macchie e striscie rossìgne si veggono an- cora nella medesima , e nei loro interstizi vi si notano vasi varicosi. Per lo più livido si vede l'orificio del piloro. Lo stomaco dentro la sua cavita contiene sp so ciò che si è ingojato dianzi la morte , talfiala vi si contiene una sottile materia simile al latte coagula- to. Nel tubo enterico eziandio si osservano i punti rossastri e lividi ; che anzi gì' intestini tenui quanto all' esterno , tanto all' interno hanno un colore rossic- cio : quk e la ancora vedonsi ingrossate le sue mera- Cholkra. morbus 51 brane , racchiudono inoltre molt' aria , spesso i ver- mi ; e le materie sono ora putride e sciolte , ora al- buminose, ora picee. Gl'intestini crassi che alle volte non scostansi d'ordinario dalla norraalilk , hanno talo- ra gli stessi punti lividi o rossastri , che sembrano effusioni di sangue venoso ; e qualche volta scarica- no evacuazioni. In alcuni casi però niente si rinviene di straordinario nel sistema gastro-enterico. Il che co- stante sembra in alcuni luoghi delle Indie. Benoit che curò 8000 colerici , dice ,, Finche io fui nel teatro „ della strage non mi passò neppure in pensiero che „ il colera potesse avere la sua sede primitivamente „ ed esclusivamente nella mucosa gastro-enterica , co- ,, me ho trovato che pensano in Francia molti che „ non hanno osservato il colera come si mostra nelle „ filippine (1). La nessuna, o piccola alterazione tro- ,, vata in queste parti , avuto specialmente riguardo „ alla mortale intensità del male , hanno indotto l'au- „ tore a credere essere la sua sede nel sistema ner- „ vose , senza potere ciò non ostante dire qual è la ,, natura di quest^ affezione , ovvero che il colera , i •„ cui sintomi sono analoghi a quelli dell' attossicamen- „ to, consista in un avvelenamento miasmatico della ,, massa del sangue (2). ,, Il fegato spesso non offre alterazione di sorta: ta- lora però è zeppo di sangue e dilatato, ora poi è rim- picciolito, friabile, o macchiato di rosso. La vesci- chetta del fiele alcuna volta è vota dei medesimo , al- (i) Il detto medico risiedeva a Maniglia capitale dell' isole lìlippioe. Ivi godevasi da lunga pezza perfetta salute , quando un vascello inglese proveniente da Madras, dove face- va strage il contagio colerico , vi recò il desolante infortunio. (2) Osservatore medico napolitano n. 16 agosto i83i. 4* 52 Scienze tra volla abbonda di bile picea più o meno liquida. La milza ed i reni nulla presentano di notabile. Vuo- ta vedesi la vescica , e rimpicciolita. Intorno la cura di questo desolante flagello vi so- no eziandio non poche discrepanze, ed ecco qnello che di maggior interesse abbiamo noi raccolto : solo somma- mente ci duole, che generalmente, qualunque siasi sta- to il metodo curativo , la meta almeno degl'individui aiFetti del colerico contagio rimane vittima dell'azione sua. Conforme si disse sopra l'uso del salasso nel cho- lera epidemico , cosi reputasi quello efficacissimo nel cholera contagioso, precipuamente se vi concorrino flo- gistici sintomi , e robusto temperamento , onde tal fiata fa di mestieri ancora ripeterlo ; se non che prontissi- mamente in principio debb' eseguirsi la generale sot- trazione sanguigna. Imperocché manifestatasi la ne- vrosi, e strabocchevoli essendo divenute le evacuazio- ni , diviene sempre nociva, ed affermasi riuscir letale il salasso, quando il freddo abbia invaso l'esterno corpo, soprattutto le estremità superiori ed inferiori. Pel gravati- vo dolore di capo vantaggiose parimenti sono le san- guisughe applicate alle tempie. Taluno le raccoman- da ancora nella forte cardialgia alla regione stomatica, e di pari utilità estimasi l'applicazione delle coppette scarificate lungo la colonna vertebrale. Benché poi quasi da tutti commendasi sulle prime la cacciata di sangue , pure vi sono frequenti eccezioni , specialmente presso gl'indiani. Difatto ai tempi del lodato Dellonio aste- nevasi dall' uso di cacciar sangue , il che sembra aver praticato il citato Benoit nelle isole filippine. Ne ciò recar dee meraviglia, mentre ( prescindendo dallo spi- rito di esclusivi sistemi , che ogni vero medico abbor- re ) quello che conviene in un' epoca , in una stagio- ne, in un clima, in un individuo , sovente disconvie- ne sotto altre circoslauze individuali , e generali. Il qua! Cholera morbus 53 divario conferma , che l'organismo animale non reagisce sempre in egnal modo alle potenze irritanti, sieno morbo- se, o medicatrici , ne sempre analoghi sono i prodotti della sua reazione. Ma tornando in sentiero , lo sbalor- dimento, e le vertigini ripetonsi, per la nervosa affezio- ne, dall' affluenza di umori sierosi , e sanguigni alla testa , conforme la necrotomia chiarisce , onde si è dimostrato indispensabile tener quella sempre fredda, e se fìa duopo , anche artificialmente (1). Per contrario è del massimo interessamento riscaldare l'esterno cor- po , in ispecie mani e piedi , perciò adopransi cal- da fanella , o fina lana attorno al corpo , le stro- finazioni di panni caldi , le frizioni calde di aroma- tiche erbe , quelle di spirito di vino semplice , o can- forato , di alkali volatile fluore ec. Lodasi ancora l'uso de'mattoni caldi alle piante dei piedi , delle ceneri calde intorno il corpo, delle medesime si riempiono sacchi , dentro i quali mettonsi i piedi infin sopra le ginocchia. Assai commendasi il bagno universale sem- pre caldo ora semplice, ora di posca, e tal altra a vapore: eccettochè mai sempre freddo rimaner deve il capo ; per la qualcosa , nel bagno a vapore , che taluno disapprova, si sono immaginate macchine, mer- cè delle quali fuori di esse libera ne rimanga la te- sta-. Molto vigilante dev' essere l'attenzione , che tanto i fluidi delle fomentazioni , de' cataplasmi , e delle stesse spiritose frizioni , quanto quei de' bagni non si raffreddino sul corpo, lochè puote facilmente accade- re pel morboso gelo , che incessantemente soffre l'ia- (i) Io più volte mi sono giovato del berretto di neve nel furente delirio si nel tifo , come nella febbre nervosa propria- mente detta ; avanti però la gelida applicazione ho fatto sem- pre radere la testa. .r)'^ Scienze fermo ; a tal effetto conviene sempre con caldi pan- nolini strofinare la superficie del corpo. Gli stessi un- guenti composti di olii essenziali , come di cantaridi, di menta , di canfora ec. sono usati per frizione , che OAL DI 7 GIIG\0 V. s. ) ' ClIOLEnA MORBUS Ci una cleploraLile ricorrenza della febbre pestilenziale colerica, dalla quale, quegl' insensati che dubitarono , e ne proclamarono la non contagiosa natura, ne coglie- rebbero nella nuova ricorrenza con somma probabilità, gli amari frutti. Che se un tempo per la barbarie , e per la ignoranza si annidarono in Europa contagiosi morbi, da cui di tempo in tempo risultarono, e risulta- no lagriraevoli conseguenze , di presente malgrado dell' incivilimento, vuoisi confessare, più facili essere le co- municazioni pel commercio , pe' viaggi , pel contrab*- bando , soprattutto per le guerre di gran lunga mag- giori di quelle dei prossimi passati secoli. Per le quali cose tutte insiememente congiunte , e seriamente con- template rinnoviamo noi i jdìù fervidi voti pel con- seguimento del su proposiO codice sanitario, onde estir- pato venga qualunque contagio. Facciamo voti, per- chè dal seno di detto codice traggansi tutte quelle elementari nozioni per l'educazione del volgo , mercè della quale conscio esso fondatamente della gravissima loro importanza, docile non solo, ma vigilissimo ancora si mostri al semplice sospetto , o comparsa di un qua- lunque contagio , acciocché troncato questo nel suo nascere , la tribolata razza umana viva almeno per que- sto lato più tranquilli i giorni suoi (1). Fine del primo ragionamento (2). (i) In tal modo non avrebbe più luogo quel rimprovero dal Giannini ricordato, (delle febbri t. i pag. 421 ) che i pro- getti per l'estirpazione dei contagi approvati in teoria furono co- stantemente dimenticali in pratica; ma a seconda del nostro ra- gionamento conseguirebbesi l'estirpazione di ogni contagio nel solo caso, che precedesse l'educazione da noi proposta. (2) Se il seguente prospetto da noi compilato sopra il gior- nale di Pietroburgo per varii titoli è difettoso, ciò deriva dall' aadamcato , con cui sou <|uivi riportali i fatti. 62 Esame del prof. Giuseppe Oddi alle osservazioni fat' te dal sig. dottor Paolo f^olpicelli sopra un arti- colo della fisica meccanica di E. G. Fischer co- mentalo da Biot, ed inserite nel giornale arcadi- co ( F'olume de" mesi di gennajo , febbrajo e mar- zo 1831, /D. 103.) P 1 M- er quanto io stimi il sig. dottor Paolo Volpi- celli , ed il suo amico sig. dottor Gio. Batt. Liberati, giovani ambedue di raro e penetrante ingegno , come mi fu dato di scorgere nel corso che seguirono delie mie lezioni in Sapienza, ai nomi di Fischer e di Biot, ì quali mi parve impossibile fosser potuti cader in errore nella facile dementar teoria delle pressioni , non potei far a meno di esaminare con attenzione le dette osservazioni, affine di scoprire se veramente avesser preso un equivoco, o se questo fosse stato loro a tor- to attribuito. A me è parso di aver trovato molte ra- gioni in loro favore , le quali sottopongo al giudizio del pubblico, ed in ispecie dei detti giovani , che se le troveranno giuste , son sicuro che le adotteranno, e me ne sapranno buon grado. 2. Dalla dimostrazione di Biot, e dalla costruzione della figura chiaramente si vede che Fischer cerca sol- tanto la somma delle pressioni orizzontali esercitate dal fluido sulla superficie di un rettangolo, il cui pro- ilio è AB ( fig. 1 ) . Una tal somma esiste o no .'* Fisica meccanica di Fiscìieu 63 Esiste sicuramente , perchè ciascuna fluida particella preme ed è pemuta secondo tutte le possibili dire- zioni. Se per conseguenza Fischer e Biot avesser vo- luto considerare ancora la somma delle pressioni di- rette in un altro senso qualunque, purché avessero de- terminato tal somma geometricamente come quella delle orizzontali, che cosa avremmo ad opporre loro? E se tra le infinite somme di pressioni hanno scelto quelle di- rette orizzontalmente , chi poteva loro impedirlo ? Il sostenere che questi celebri matematici non dovessero dare la misura che della somma delle pressioni normali alla data superficie , la qual somma non può al certo combinare con quella delle orizzontali riguardo all' effetto , come vedremo , è un volerli sorprendere gra- tuitamente in errore. E possibile che Fischer e Biot ignorino il general teorema della pressione noto an- cora, per così dire, agli scolari di elementi ? Non lo possono al certo ignorare ; ma è tanto vero che col teorema loro non hanno inteso parlare che della som- ma di quelle obblique pressioni , che asseriscon tal somma costante , qualunque sia l'inclinaz^ìone della su- perficie , purché l'altezza sia sempre BF; perchè in- fatti in tal caso tutti i triangoli che la rappresen- tano, formati colla costruzion di Biot avendo basi eguali ed altezza comune , sono eguali. Di più dicendo Fi- scher che la pression totale è la stessa sopra una pa- rete verticale od obbliqua , fa vedere che la somma delle pressioni orizzontali sopra una superficie incli- nata comunque alla BF eguaglia la somma delle nor- mali alla stessa BF. E come può essei'e altrimenti ? Difatti qualunque sia l'inclinazione della parete, la vera pressione va a terminare sulla sua proiezione BF, ed appunto per questo è che la somma delle pressioni oblique alla superficie AB non può essere uguale alla somma delle pressioni normali sulla stessa AB, ma la 64 Scienze somma delle oLbllque deve stare alla somma delle nor- mali come BF ad AB ~ sen.

ysione sulla superficie verticale BF , sulla quale quelle orizzon- tali pressioni terminano il loro pieno effetto : e non e già costante la somma delle pressioni normali so- pra i piani diversamente inclinati , come si voleva far dire ai detti fisici , giacche i triangoli AMB van- no crescendo a misura della maggiore inclinazione de* piani AB. 7. Per insister sempre il sig. Volpicelli contro i teoremi di que'matematici, ci dice in seguito nel suo opuscolo, che per trovar la pressione orizzontale HG si deve prima stabilire la normale NG, e risolver que- sta neir orizzontale , ed in una diretta secondo GB. Ma in primo luogo , volendo risolver la forza GN in due , una delle quali sia orizzontale e l'altra diretta lungo GB, risulterà la forza orizzontale maggiore di GN , o di GH , come può vedersi colla grafica decomposizione , ed il punto G soffrirebbe una pres- sione maggiore di quella dovuta alla sua profondita sotto il livello , il che è assurdo. In secondo luogo rappresentando per NG la forza premente il solo pun- to G, non la possa chiamare ne normale ne obbliqua ad alcuna retta, giacche il punto G è premuto egual- mente per tutti i versi. Per parlar dunque rigorosa- mente , e per introdurre nel calcolo l'obbliquita della superficie , se vorremo rappresentare per NG una pres- sione normale , intenderemo che questa linea abbia il 6S Scienze valore del corrispondente trapezio infinitesimo normale ad AB , a seconda di ciò die si è dimostrato (3) , ed in tal caso le componenti della forza normale saranno i trapezj orizzontale e verticale corrispondenti all' as- sunto latercolo che passa pel punto G : e fatta la risoluzion della forza normale in tal modo , torna il rapporto già dimostrato (4) tra la forza normale , oriz- zontale , e verticale. 8. In questo stesso rapporto cadremo , se fare- mo a dovere, seguendo il sig. Venturoli, la decom- posizione della normale pressione. Questo chiarissimo professore parlando della stabilita degli argini nella sua Idraulica , per risolvere il problema enunciato ( par. 556 ) stabilisce prima , secondo la regola più volte detta , il valore della pressione normale , o il valor della somma di tutte le pressioni normali alla CB ( Vent. Idr. fig. 34 ) , il qual valore è è GB. ex. Concepisce questa forza applicata al centro P di pressione , e la rappresentata colla retta PR nor- male a CB , e risolve questa nelle due PQ , e QR Tuna orizzontale , e l'altra verticale. Come dunque PR in- dica la somma delle pressioni normali sopra CB , così esprimerà PQ la somma delle orizzontali , ed RQ delle normali. Saranno dunque tali, somme tra loro come PR : PQ : QR — 1 : sen.

e dissi , fa chia- ro ? Di questo appoggio non abbiamo mestieri. Peroc- ché lo stesso Grevio nel suo libro , che alla medesi- ma regia accademia presentò, te autore di tanti tro- vati candidamente confessa : e , nulla togliendoti, tutti gli arcani da te intorno alle piante chiariti , piena- mente adotta , dichiara , conferma. Che se taluno dei più recenti con poca accuratezza asserisce , che Fon- tanesio discoperto abbia ai nostri tempi l'anatomia di quelle piante , che dotate sono di un solo cotiledone; l'errore e la fallacia di costui tostamente appariran- no , ove leggasi quel tuo libro , in cui le parti an- che menome di quella anatomia sviluppasti , sia che tu tratti delle palme, sia dello stelo delle erbe, e ben' anche del fusto delle felci. E oh indegnità, che tut^ ta mi accende la bile! Lo stesso Funtanesio , chi il crederia ? mentre si sforza di presentare questa noto- mia , le medesime dottrine , che intorno alle palme , alle erbe , alle felci esposte di già aveva il Malpighi, senza farne neppur menzione , trascrive. Rimane ora , che io del plauso quasi infinito fa- velli , con cui dagli scienziati accolto, venne tuttociò, che intorno \q piante scoperto aveva il Malpighi , pre- cìpuamente dall'illustre accademia di Londra, la qua- 88 Scienze le air aulorc dil- iucJciissiino testimonio della sua ap- provazione, stabilito avendo, che con caratteri ed im- magini nitidissime il lavoro di lui si pubblicasse, e la quale a lui stesso per lettere sommamente onorevoli annunziò quanto altamente de' suoi trovati sentisse. Ascoltate di grazia Oldemburgo , che di quella ac- cademia era allora il segretario , e che per commis- sione di lei COSI al Malpighi scriveva : ,, Temperare io appena poteva la mia allegrezza , quando dopo avere atteso cinque mesi , e dopo le più grandi ansietà per le vicende dell' infido elemento , il prezioso tuo dono fu a me sano e salvo recato. Nello stesso giorno, in cui il mercatante di Londra a me il recò , alla regia socicfa , che in quel di appunto celebrava una pubblica adunanza, il presentai. Sentito da socii il va- lore del tuo tesoro , reso ancor più pregievole da tante e si egregie figure , concordemente statuirono « che a lor nome infinite grazie io ti rendessi, e che del tuo lavoro pubblicato con caralteri , per quanto lo si potea , elegantissimi , si facesse dono al più presto a tutto il filosofico mondo. A ciò aggiunsero voti ardentisslrai , onde la tua salute a te conceda di condurre a fine l'altro lavoro intorno la vegetazione, cui si è gik rivolto il tuo felicissimo ingegno. Avrei in vero voluto , che ad altri afildato fosse il carico di esser tuo lodatore , poiché con più chiara penna tessuto avria un elogio di te degno, e più vivo fuoco avria destato, onde vieppiù animar la virtù. Ma poi- ché cosi voller coloro, ai quali io contrastar non po- tea , ciò soltanto dirò, che ninno degli stranieri, che io sappia, raostrossi di te più degno alunno delia re-» gal società , e con più felice ingegno e con mag- giore industria provvede alla immortalità del suo no- me. Splenderà di vivissima luce il tuo lavoro ; a te certamente sarà d'immortal fama cagione , e ricchis- simo accrescimento recherà a tutta la filosofica messe. „ Elogio del Maipighi 89 Mentre tali cose intervenivamo, il triennio compi- vasi , per cui il Malpighi promesso avea dì sostenere l'ufficio di pubblico insegnatore in Messina: quando la carità della patria nuovamente il toccò e a riveder la sua Bologna lo spinse, non però in guisa che egli me- ditasse di farvi lunga dimora ; ma anzi con animo di far ritorno a Messina , bene acconciate le cose sue ; perocché il messinese senato , cui grandemente era in animo il Malpighi , con ogni cura nel suo ufficio con- fermato lo, avea. Ma il senato di Bologna , il quale pili che non era mestieri , avea sentito quanto valesse avere nel patrio archiginnasio un tant* uomo , appena il suo ritorno conobbe, fece di tutto onde ritenerlo, propostigli eziandio stipendj maggiori di quello che dar si solessero per lo avanti, Ne tuttavia pria ottenne lo intento , che il senato di Messina ai premurosi e ri- petuti officj dei padri di Bologna, quantunque suo mal- grado, annuisse. Perocché tanto onesto e tanto inte-»; grò erasi il Malpighi, che giammai assunto non avria un nuovo officio , ove i messinesi non vi avessero ac- condisceso. Posto pertanto in Bologna ad espor filosofiche dot- trine dalla pubblica cattedra , con pari diligenza che pria diessi a far novelle ricerche intorno alla natura delle cose ; e avendo già osservato l'ovo delle piante dopo la seguita generazione , tolse particolarmente ad investigare ciò che nel fecondato ovo del pulcino na- scondesi, e come a poco a poco per via del covamen- to vieu fuori: e scoperse, che in quest' ovo eziandio evvi il germe della prole futura, che di doppio am- manto si cinge , ed il quale per via de' vasi umbi- licali colla nutriente sostanza congiugnesi , e va nuo- tando in un liquido appunto come il germe delle piante entro un doppio sacco si chiude, e per mezzo dei vasi mamillari ai cotiledoni , che alla pianticella 90 S e I K H Z K porgono il primo alimento, si collega, e più sovente nel chiaro dell' ovo si cela. Dopo ciò accuratamente ricercando quelle cose, che d'ora in ora , e di giorno in giorno avvengono nell'ovo, dallo stesso esordio fino al terminar del covaniento tutti gli svolgimenti delle parti ^ che nel pulcino facevansi , apertamente dimo- strò. Per tutte le quali còse solennemente concluse pree- sister neir òvo gli stami del pulcino , ed avere essi una più profonda origine per egual modo , che ne- gli ovi delle piante. A siffatte osservazioni pertanto affidato, due lodatissime dissertazioni dettò sulla for- mazione del pulcino héll* ovo , e intorno all' ovo co- vato : le quali, come delle altre sue cose avea già fat- to , alla regia accademia di Londra mandò , la qua- le , come lo stesso Oldemburgo riferisce , non solo con ambo le palme, come suol dirsi, ma col più in- timo dell' animo le accolse , come apertamente mostra- roio i concordi plausi di quei colleghi. Che anzi al Malpighi rOldèmburgo rispondendo: ,, Di tanta dottri-. na , di tanto ingegno , di tanta accuratezza , ne di minor modestia, dicea , ornasti queste tue scritture , come d'ogni tua cosa hai per costume , che pajon ri- chiedere il torchio , onde esser note a tutto il filo- sofico mondo. ,, E di fatti l'accademia tosto ordinò, che questi scritti eziandio a sue spese, e colla maggiore splendidezza, vedessero la pubblica luce. Ardentemente avrebbe in vero bramato il Malpighi, che le osserva- zioni sue si estendessero agli ovi degli animali vivi- pari ; ma noi potè , mentre lo stabilire una succes- siva serie di osservazioni negli ovi di già fecondati per mezzo di molti quadrupedi in un determinato tem- po uccisi , quasi regali spese richìedea i ciò che ad Arvejo e ad altri pochi fu sol conceduto. - Si ristet- te pertanto a quelle osservazioni , le quali fan ma- nifesta la natura dei corpi, che denominati son lutei ^ Elogio del Malpighi 91' £:(Ch^ nelle ovaje degli auimali vivipari ritrovansi - e epa esse dimostrò esser tai corpi assegnati a cuslodire il picciol ovo , e a farlo cacciar fuori , e contribuir forse eziandio alla generazione di lui, quasiché per questo glanduloso e luteo filtro appareccbiala e se-r parata venga la materia , la qual trasmessa quindi pei rami del vasellino umhilicale , finalmente si cangi nel picciol Dvo e neir antecedente cicatrice contenuta liei sangue. Era allora in vero volgar proverbio nelle scuole, ingenerarsi alcuni animali dalla putrefazione « niua ovo in essi ravvisato, che il feto precedesse, siccome il poeta cantò : Vari animali di diverse forme ' Produsse il suol , poiché l'antico umore Fu dai raggi del sol percosso , e il fango E Tumide paludi fermentarow Ma il Malpighi , che in tutta la schiera de' vegeta- bili rinvenuto avea preesister l'ovo , anche quando ap- pena credessi che ciò esser potesse , e che egual compagine ravvisato avea nell' evo- del pulcino, sic-p come in quello delle piante , ben ponderato altresì tutto ciò che intorno all' ovo dei vivipari discoperto ave-r va l'Arvejo , piiì dirittamente pensò, di fermare, esf sere in tutti i corpi organici univoca siccome dicono la generazione , e non equivoca , come le scuole pri- ve del lume degli sperimenti aveano fino allora fal- samente insegnato, ■ Ed era ornai tempo , che il Malpighi dopo tanti e si grandi travagli si riposasse. Ma noi fece, mentre la gloria che già erasi acquistala, ad ottenerne una maggiore vieppiù lo spronava. Per lo che costairte- mente inteso all'anatomica scienza, da uno straordi- nario corno di un bove di ricercare la origine , l'au- 92 Scienze mento ^ la struttura e l'indole delle corna trasse 'àr'-i gorhonto. Indagò altresì in molti animali la struttura dell' Utero, e .parimente dimostrò non formarsi il fe- gato di una eontiiiuata sostanza, ne in esso scorrer la bile della cistifelia , siccome le scuole voleano i ma avei* lo stesso fegato una gianduia tutta composta di. vasi sanguiferi a guisa di globetti , onde i canali delia bile derivànsi per introdurla per un comune con* dotto neir intestino duodeno : la qual bile, allora sol-^ tanto che sovrabbonda , entro le cistifelle si scarica. Rinvenne del pari di glandulosa natura i reni e la milza, la quale fui d'allora previde esser da natura stabi- lita a condurre il suo sangne per la splenica vena, e a giovare io tal guisa alle secrezioni del fegato. - E qual- che cosa di glatidulosò riconobbe eziandio nel cere- bro , nel poligone , nell' 'omento, nel pericardio, nel ventricolo e negli altri organi. Che piiì ì Nelle istesse glandule acutamente guardò , e la loro struttura se non con certezza, tuttavoila con ingegno, fu ben egli il primo a spiegare. . Dalle cose organiche passando poi a quelle che tali non sono , avendo già fatto chiara nel regno ve- getabile la natura delle galle , le quali dimostrò es- sere morbosi tumori , che ovi d'insetti racchiudono , si propose poscia ad investigare le mostruose escrescenze degli animali che polipi chiamansi , e quelle denomi- nò lavoro di natura , che scherza , o che aberra per forza di morbo : e quante instituì egli osservazioni in- torno a tai cose , tante ne rivolse a comodo e van- taggio della medicina, perocché gran luce ei sempre giudicò che trar si potesse dal conoscere il metodo ed il genuino modo , onde compie i suoi lavori na- tura. - Pertanto diessi a ricercare la indole dei po- lipi del cuore , e la struttura delle lor fibre , e la for- mar e il colore , quindi le cagioni delle lor dilTeren- ELOGIO DEL Malpigmi 93 ze > Ci perche più tosto nel destro che nel sinistro ventricolo si rinvengano , onde acquistino si «^asta mo- le , perchè più spesso si svolgano negli uomini afflitti dal morbo venereo, negli apoletici, nei pleuritici, ne- gli asmatici : e tanto oltre si spinse , che le osser- vazioni da lui dettate fino alle più minute cose si este- sero. Dopo tanti e si gravi libri da lui dati in luce , finalmente la sua vita egli stesso dettò , nella quale non solo die contezza del suo tempo trascorso , che tutto impiegato avea nell' investigare le naturali dot- trine , ma eziandio con facondia trattò delle contro- versie dalle invenzioni sue derivate, e quelle felice- mente troncò : cosicché quest' ultimo e prezioso la- voro del Malpighi in compendio dimostra quanto ei facesse per condurre all' altezza della perfezione la notomia de' vegetabili e degli animali , tutta la fisio- logia che alle cose e alla ragione è conforme , l'arte medica che alle osservazioni , non alle parole si ap- poggia : alla quale altezza prima di lui mai non era- no pervenute , e dalla quale uscito egli di vita noti declinaron giammai. Tutte le cose poi , che il Mal- pighi nel ccrso di sua vita ingegnossi di svihippare, sempre le appoggiò ad osservazioni diligentissirae , e dirittamente istituite: perocché conosciuto avendo, che la veritk delle naturali cose consiste negli esperimen- ti , colle mani , come egli stesso diceva , fui d'avvi- so dovermi sforzare a prender le cose , mosso dall' antico avvertimento di Anassagora. Sembrare appunto sapientissimo l'uomo per esser di mani dotato: le quali ancora ministre della ragione e della sapienza gli an- tichi dichiararono. Che se io finalmente favellar volessi della peri- zia sua neir esercitar la medicina , e della grande ce- lebrit'j^ che con felicissimo metodo di medicare acqui- 94 Scienze stossi , oh ! quanto ampia messe ora a me sì offri- rebbe. Ma bastivi il sapere , che il Mal pigili non solo e in patria e fuori venne da chiarissimi uomini ado- perato a prestar medici soccorsi ; ma fu eziandio da Innocenzo XII pontefice massimo a Roma chiamato , onde fosse non a cagion d'onore , ma di fatto, suo privato medico: nel qual nobilissimo ufficio persistette, sino a che dalla vecchiezza , dai grandi travai^li , e dagli studi consunto non venne a morte , lasciando di se una siffatta celebrità , che perita non sarebbe giammai. O uomo d'essere immortale veramente degno ! O lume splendidissimo delle naturali dottrine ! O me^ dico e felicissimo e nobilissimo ! Questi questi è ben quegli , o giovani ornatis- simi , poiché è ornai tempo di por fine al nostro ra- gionamento, questi è quegli , che a voi con tutto l'ani- mo io propongo , quando vogliate dar opera a con-- seguire le scienze. Perocché o voi rìsguardiate agli sludi della sua adolescenza , o a quelle cose che sino alla vecchiezza ei trattò, sempre in esso rinverrete la medesima diligenza , la medesima alacrità , lo stesso sforzo di mente, in guisa che nulla dal coltivare gli studi il richiamò, il divertì, lo allontanò. Quanto di tempo , il dirò con Tullio , agli altri concedesi per trattare i propri negozi , quanto a celebrare i giorni festivi, quanto alle altre voluttà, e allo stesso riposo dell' animo e del corpo , quanto altri ne danno ai* conviti , ai giuochi , ai solazzi , tanto il Malpighi a proseguire gli studi suoi ne adoperava. E già. com- prendete abbastanza , che ei tuttociò compiere lion avrebbe potuto , se di tutte le virtiì non si fosse fatto sostegno, le quali nel sopportare gli studiosi trava- gli il confortassero , e nel tener dietro alla gloria saldamente il ritenessero . L' animo adunque e la mente al pensiero di tanto uomo rivolgendo , entrale ' Elogio del Malpighi 95 nel tempio della sapienza, che Pio Vili pontefice mas- simo ed ottimo principe a voi benignamente dischiu- de , ed in cui ampia messe vi somministra di ottime dottrine , donde esse da noi a' posteri si tramandino, e di quei perpetui vantaggi sieno agli uomini cagio- ne , i quali dalle scienze a virtiì congiunte derivan- do , in ogni tempo di nostra vita ci rendono e buoni e beati. Ponete il pie in quel tempio della sapienza, in cui l'eminentissimo arcivescovo che ne governa , e che qui di sua presenza noi conforta ed onora , a guisa di amorosissimo padre vi accoglie , e a voi ac- cenna non solo , ma somministra eziandio il modo di operare con rettitudine e con sapienza : egli , che mentre alle cose de' nostri studi con ogni cura ri- sguarda , mentre tutto consacrasi , onde ogni cosa a voi felicemente o piacevolmente riesca , nulla piiì altamente ha fisso nell' animo , se |ion che l'antica ce- lebrità dell' archiginnasio di Bologna intatta si serbi, anzi tutto giorno si accresca. 96 Sulla costruzione della nuova chiusa delV Aniene in Tivoli per la rotta eseguita li 16 novembre 1826. Relazione di Niccola Maria Nicolai commissario apostolico,, con numero nove tavole incise risguar- danti piante ^ spaccati e profili. 4. Roma nella stam- peria della R. C. A. 1829. (Un voi. di pag. 268.) Memorie e documenti da servire alla storia della chiusa deW Aniene in Tivoli , con le quali si di- mostra ciò che si è fatto dopo la costruzione della nuova chiusa e ciò che si progetta di fare per pre- servare da ulteriori disastri la città di Tivoli , // tempio di Presta e la grotta di Nettuno , fino alla risoluzione presa dalla congregazione particolare deputata degli eminentissimi signori cardinali G. Albani, E. D andini, A. Rivarola. Coti numero VII tavole incise risguardanti piante , sezioni e profili. A, Roma dalla tipografia Ajani 1831. (Un voi. di pag. 124. ) J \ JLi illustre monsig. Nicolai già felice compilatore di altre opere a prò degli architetti , ingegneri e agri- coltori della campagna romana , ci dk in questa un bello esempio di pubblico rispetto , perchè al pub- blico rende conto della sua commissione pe' lavori dell' Aniene, corredando la relazione di tutti quei do- cumenti che riguardano direttamente la parte econo- mica , non che di quelli che interessare possano l'arte deir ingegnere per siffatte operazioni. Divide egli il volume in due parti : nella prima espone quanto si Sulla costruzionk dell' Aniene 97 e potuto rinvenire delle cose antecenti alla rotta cieli* Aniene dei 16 novembre 1826, e quindi delle con- secutive da essa epoca sino ai 25 maggio 1827 , in cui la congregazione deputata dal sommo pontefice pre- scelse il progetto del consiglio d'arte per lo stabile riparo dei fiume : nella seconda riferisce i modi , con cui si recarono ad effetto le deliberazioni della congregazione deputata fino alla totale esecuzione del progetto del consiglio d'arte. Ogni parte e composta di sei capitoli. Nel pri- mo della 1 parte si da qualche notizia dell' antica geologia e storia delle vicende e de'lavori eseguiti nell* Aniene.. Poco si è trovato , ma quel poco è stato della più difficile indagine. Bisogna dire che l' Anie- ne o non ha avuto antichi scrittori di se , o le ope- re di questi siensi perdute. Per induzione è a cre- dersi che il fiume anticamente precipitasse da un' al- ta rupe alla destra, presso a poco ov' è l'attuale stipa o cava della salnitriera, ed è a ritenersi che il cele- bre straripamento descritto da Plinio fosse appunto nel 105, dopo del quale fino al 1432 tutto è restato in profondo oblio. Dal 1489 incomincia la storia della chiusa, epo- ca in cui fu costrutta per la prima volta. Nel 1530, 1564,1576,1589 seguirono rotture del muraglìone, i restauri, l'apertura della stipa e del condotto denominato ora leonino , e quindi nel 1 669, 1 680 e seguenti fino al 1822 occorsero nuovi restauri e perizie, a modo che sebbene la nuova chiusa si riconosca d'una solidità tripla della passata, ciò non ostante, sia perchè le ope- re umane sono soggette a perire , sia perchè quella opera in particolare ha elementi certi di degradazio- ne continua , si conchiude esservi sempre bisogno di sorveglianza e di risarcimento. Nel secondo capitolo si fa manifesto come fosse sistemata l'amministrazione G.A.T.L. 7 98 Scienze di tutta l'azienda , e quali lavori fossero intrapresi in via di provvisione, coU'assicurare quanto più fu pos- sibile la riva sinistra del fiume ed il superiore abitato della citta , col ripristinare la comunicazione della via Valeria con Tivoli ; col soddisfare al voto de' ti- volesi attivando una parte degli opificj mediante l'aper- tura del canale, a cui dal pontificato fu dato il nome di Leonino, e coll'occupare una notabile quantità di operaj in quelle lavorazioni massime nell'abbassamen- to della stipa. In questo si accennano pure gì' infruttuosi ten- tativi fatti dagl' ingegneri ispettori Gozzi e Brando- lini per contenere l'impeto di quel fiume , e lo scon- certo prodotto nei piani adottati , per cui dovettero pili volte riunirsi ai due ispettori suddetti gli altri due professori Venturoli e ispettore Scaccia, onde as- sumere mezzi più robusti ed efficaci a frenare tanto orgoglio di quelle acque. Trovansi quivi varii rapporti storici e suU' attivazione del condotto leonino e sullo stato e compimento dei lavori provvisori , non che la dimostrazione delle spese sostenute. Al cap. Ili si discorre delle misure preparatorie adottate per age- volare il restauro stabile dell' Aniene. La principale osservazione fu quella di raccogliere tutti i progetti che dagl' ingegneri si fossero fatti pel fine suddetto air uopo invitati nei pubblici giornali. Al cap. IV si trova che ventitré furono i progetti di diversa na- tura che furono sottoposti all' esame del consiglio d'ar- te , e che più o meno furono tutti esclusi : della quale esclusione fu data ragione separatamente a ciascuno; In fine il consiglio d'arte medesimo a ciò invitato pre- sentò il progetto che viene descritto , come progetto ventiquattresimo , e che in sostanza è la ricostruzione della chiusa variata nelle dimensioni e corroborata ai lati con due piloni da servire per uu gran ponte di SuLL\ COSTRUZIONE DELI.'AnienE 09 passaggio. Il cap. V si dilìbnde sul riparto della spe- sa , ed il cap. VI riporta la determinazione della con- gregazione deputata dei 25 maggio 1827, nella quale venne preferito il progetto del consiglio d'arte , per- chè in questo si trovarono riunite le condizioni delia solidità dell'opera, della utilità della medesima e della economia della spesa. Nel cap. 1 parte II si ripete per esteso il det- taglio del progetto del consiglio d'arte , come fu già descritto all'alleg. 2S nella scrittura tiburtina Repa- rationis Anienis del 1827, e piace il vedere n. 2 note sulle portate dell' Aniene e suoi diversivi ; altra Suir interrimento del letto dell' Aniene dopo ristabilita la chiusa ; ed altra sulle dimensioni con tutte le dimo- strazioni che costituiscono un completo progetto, fe- lice prodotto di valenti professori. Non tardarono pe- rò le opposizioni: e per primi surscro i tiburtini che richiedevano la costruzione di una gran cinta di mu- ro a difesa della ripa sinistra dell' Aniene e del su- periore fabbricato, proposto già dall'architetto Fontana nel 1 590, a cui fece petto una robusta memoria del me- desimo consiglio d'arte riportata al cap. II. Il cap. Ili si raggira sui lavori a salva ripa per sostegno della ripa sinistra già avvallata e minata. Interessantissimo poi si è il cap. IV, nel quale a guisa dei belli giornali fatti dal Perronet, sul me- todo da esso tenuto nella costruzione de' suoi celebri ponti, si espongono i modi, coi quali è stato eseguito il progetto del consiglio d'arte e la susseguente aggiunta di opera dal cominciaraento dei lavori stabiliti sino ali intera sistemazione del fiume e delle sue adiacenze. E sommamente curioso il leggere in questo ar- tistico capitolo l'avvenimento di uno sgorgo di acqua non curato nella lavorazione , e lascialo aperto a pie del muraj^lioac della gran chiusa : la qual cosa su- 100 Scienze scitò vive apprensioni che furono tlileguate , almeno per gl'intelligenti, con un rapporto del consiglio d'ar- te riportato alla pag. 461 ; ma che non ha lasciato mai di essere un appoggio ai timori e alle dicerie poste- riori. Ne degno di minore osservazione si ritrova es- sere quanto si dice sopra il ponte vecchio di legno esistente fino dal 1808, che poi crollò la notte dei 4 aprile 1829: caduta quasi presagita dal consiglio d'ar- te , come si vede nel rapporto annesso alla pag. 1 71 . Esposto il processo della operazione per la co- struzione eseguita del gran muraglione , si estende il relatore a mostrare il progetto fatto pel nuovo pon- te , le cui pile vedonsi preparate ai fianchi della chiu- sa, e il cui importo venne scandagliato a se. 30 mila circa. Finalmente gradevolissimo riesce il sentire le di- sposizioni date , i preparativi fatti , le operazioni ese- guite per ricoprire d'acqna la celebre caduta e grotta di Nettuno: il che avvenne la sera del 1 5 settembre 1 828: e quel movimento con cui è qui scritta la relazione ne colorisce il fatto a modo, che vi si ritrova quel ravvivamento di forze che suole alla fine d'ogni opera faticosa e difficile manifestarsi. E chi sa intendere qnali momenti siano quelli, in cui vanno ad esperiraen- tarsi i resultati dei sudori e delle vigilie dell' artista , non può non leggere con interesse il seguito di que- sto capitolo accresciuto col dettaglio de' lavori ese- guiti nelle sue dimensioni e qualità con opportunis- simo corredo di piante, profili, sezioni e scandagli, onde nulla mancasse al pubblico discarico. E perchè questo articolo qual nucleo di que- sta raccolta non manchi di tutta la sua estensione, il chi autore , in attestato della buona riuscita ed a collaudo dell'opera, ha creduto di aggiungervi un rap- porto della commissione speciale nominata dal supe- Sulla costruzione dell*Anibne 101 riore governo, e composta dei sig. professori Oddi e Car- pi , cav. Folcili e Diamilla segretario , nell* agosto del 1829 , col quale si dichiara l'opera di una so- lidità tale da resistere all' impeto di qualunque pie- na , e degna delle persone che ne hanno ordinato ed eseguito il lavoro. Il cap. V da conto dell' ammi- nistrazione de' fondi con un esatto stato dimostrativo compilato diligentemente dal computista della R. C. A. sig. Galli , e nel cap. VI si da compimento alla ge- stione del commissariato coli' esporre il progetto di uno stabile ordine di manutenzione dei lavori , al- veo , ripe ed adjacenze dell' Aniene. In conclusione in questo volume si conoscono le cause che produs- sero la rotta del 1826 , gli effetti calamitosi di es- sa , l'energia con cui il governo accorse per arre- starli e ripararli , i diversi progetti fatti , le diverse operazioni intraprese , le discussioni , le risoluzioni , la prontezza della esecuzione dei grandi lavori , gli abili soggetti prescelti alla direzione , le somme im- piegate , l'amministrazione tenuta ed il collaudo fat- tone dalla commissione speciale. Se non che avendo questa nel suo sopra citato rapporto manifestata opi- nione, essere necessaria la diversione del fiume per sicu- rezza della città e dei monumenti , non vi si scorge inclinazione per parte dell' ex-commissario, proponen- do egli invece di trasportare altrove i rari monu- menti che illustrano le sponde delV Aniene, Ne contento di ciò, a coronamento dell' opera e a conferma della sua opinione , il relatore ha dato luce ad un bellissimo rapporto del chiarissimo pro- fessore sig. Giuseppe Venturoli intorno alcuni nuovi progetti di divergenza e riparo dell' Aniene. La forza degli argomenti , l'ingegno e la chia- rezza di cui è fornito il lodato sig. professore, si vedono riuniti in questo rapporto diretto a combattere il prò- 102 Scienze getto dèi diversivo pel monte Catillo, proposto e pre- scelto dalla commissione speciale. E vero che potrebbe opporsi a difetto la man- canza del progetto presentato dalla commissione coi motivi che ve l'hanno determinata : ma si scusa mon- signor Nicolai col ritenere per sufficienti i cenni dati dal sig. professore in principio del suo rapporto, e cosi da fine a quanto egli si era proposto in questo vo- lume , a cui non può non tributarsi lode somma e ringraziamenti molti , perchè rende di pubblica ra- gione ogni utile e difficile operazione che meritamente gli viene affidata dal governo e dal sovrano. Ed a questa lode , e con altrettanto plauso ci conviene ora associare il fatto dell' attuale congrega» zione deputata per l'Aniene degli emi sig. cardinali Albani , Dandini e Rivarola : poiché visto quanto man- cava a completamento della relazione Nicolai, volle che si rendesse ben anche di pubblica ragione ciò che si è operato dalla medesima, e ciò che si è risoluto d'intraprendere a preservazione della citta , de' monu- menti e degli opiflcj di Tivoli dopo la costruzione della nuova chiusa- Così avendo nel primo volume tutto ciò che si è fatto , abbiamo in questo secondo quanto si opina di fare per togliere d'un colpo decisivo tante appren- sioni ed angustie sempre crescenti per la sicurezza di quella citta e per la esistenza de' suoi opifìcj e della sua celebrità. In questo volume in sostanza si trova sviluppato il progetto di allontanare dalla citta il fiume Anienc divertendolo dall' attuale corso e caduta , e rivolgen- dolo a destra sotto il monte Catillo alla vigna Lol- li a m: 51 sopra il diversivo della stipa. Gli si pre- para un alveo sottewaneo nelle viscere del monte Ca- tillo lungo met. 294 a due coniceli , a guisa della galleria ^ttcrranea del Tamigi. Sulla costruzione dell'Aniene 103 Ciascuno dei due coniceli ha nell' imbocco (po- sto col ciglio air altezza dell' attuale chiusa ) la lar- ghezza di met. 10. La sua sezione è costituita da un rettangolo alto due metri, sormontato da un arco gotico formato di due archi circolari del raggio di met. H 4. Si vanno poi questi conicoli gradatamente restringendo e in larghezza ed in altezza in propor- zione della cadente attribuita loro di 2 met. ogni 100 met. Dopo met : 214 i due conicoli si riuniscono in un solo largo met : 14, colla solila sezione rettan- gola sormontata da un arco semicircolare, e ciò per la lunghezza di met. 60, e finalmente negli ultimi 20 met. sino allo sbocco si profonda e si allarga viep- piìi il taglio formato quivi con un arco semicircolare del raggio di met. Ili' e colle sponde in raggua- glio di met : Aq. Così per un largo e declive sboc- co si emette il fiume nell' opposto fianco del monte sotto l'Icona del Salvatore nella strada di Quintilio- lo , donde precipita nell' alveo inferiore al di là della grotta delle sirene. Questo posto, per ove scaturire dovrà dal ventre della montagna un tanto sgorgo d'acqua con caduta simile a quella delle Marmore alta met. 100 circa, è tale che dal punto ove incominciano ad ammirarsi le tanto celebri cascatelle si vedrà questa ancora : onde la parte pittorica vi acquisterà composizione e no- vità, unendo cascata, cascatelle e vista della citta di Tivoli. Le dimensioni , il metodo di esecuzione , le di- mostrazioni de' calcoli e scandagli sono analizzati e ri- cercati a modo, che lo stesso illustre oppositore sig. professor Venturoli ne ha tributato i dovuti encomii. Ed in vero quando il bisogno lo esiga , e quando in arte sia eseguibile il progetto della commissione, come ce lo assicura il sig. professore medesimo , noi non 104 Scienze possiamo che insuperbirci di vedere fra noi viventi ri- prodursi una di quelle opere romane , che tanta ma- raviglia destano ancora nell' universo , col traforare un monte di calcare secondaria simile al Salviano , en- tro il quale Claudio fece cavare il celebre emissario del lago di Fucino- Le opposizioni del sig. professore hanno peso spe- cialmente in ciò che riguarda la necessita della di- versione dell' Aniene: ma la commissione, espressamente a ciò comandata, ha risposto con non meno validi ar- gomenti : cosicché la decisione emanata dagli eminen- tissimi cardinali componenti la congregazione deputata, la quale vedesi in fine di questa seconda raccolta , proviene da perfetta cognizione di cose , e così tutto il volume da materia a ciascuno di farne le più ana- litiche considerazioni. Terminiamo questo articolo col voto incessante, che di tutte le opere grandi se ne facciano simili pub- bliche manifestazioni , onde gli studenti, i dilettanti, gli scienziati abbiano documenti e basi a formare il cri- terio de' loro giudizj, sia di quanto si progetta dai pro- fessori , sia di quanto si è eseguito per condurre a fine le opere progettate^ 105 Esame fisico-chimico delle acque potabili di Roma, del dottor Pietro Carpi p. professore di minera- logia nelV archiginnasio romano , di fisico-chimi- ca nel seminario romano , membro del collegio me- dico-chirurgico di Roma e socio di varie acca- demie ec. ec. Niliil esse praeler aeris puritatem pertinens ad sanitatem quam aquarum salubritatem (a). B-^ acqua forma la bevanda più naturale e più sa- lubre deiruomo. Essa non solo calma il senso sì im- portuno della sete , ma unendosi agli alimenti ne fa- cilita la loro divisione , e contribuisce alla formazio- ne del chimo e del chilo. Concorre ancora alla nu- trizione , ed allo sviluppo delle diverse parti del cor-: pò , alle secrezioni ed esecrezioni , in una parola a tutte le nostre funzioni. L'acqua dunque è un agente necessario per mantenere l'economia animale nello stato naturale e sano , e non e meno propria a ristabilirla allorché è alterata dalle malattie. Per questa ragio- ne, dice l'immortale Pietro Frank (b), tutte le umane società prima di fissare il loro domicilio solevano esa- minare se vi fossero abbondanti e perenni sorgenti di acqua bevibile : ne alcuna , se costretta non fu dal concorso di particolari circostanze, fissò mai la sua se- de , dove temer potesse di averne a provare difetto. E appunto in vista degl' importanti servigj che l'acqua (a) Rhasis lib. I. de Reg. Prin. e. 2. (b) Sistema completo di polizia medica Tom. 6. paj. 9. 406 Scienze presta all' uomo, che grindiani rendono onori divini al Gange , il quale trasparente come un cristallo La- gna le loro campagne , ed i greci ed i romani ono- rarono in ogni fiume ed in ogni sorgente una qual- che particolare divinità. Così gli egizj adorarono il Nilo per Iddio sia per la purità delle sue acque che servivano a dissetarli , sia per la fertilità maraviglio- sa che imprimeva alle loro terre. Ma quanto l'acqua pura contribuisce al benessere della vita , altrettanto e nociva , e diviene causa di malattie allorché rac- chiude sostanze straniere. lìien ne contribue plus à la conservation de la sante ^ dice Tourtelle (a) , qne Vusa- ge des bonnes eaux^ cornine rien nest plus capa- ble de Valterer que celles qui possedent de mauvai- ses qualités. Ippocrale ben notò gli effetti nocivi che le acque impure esercitano suU' economia animale : Ex mulieribus vero primuin quidem multae sterdes fiunt propter aquas , quae durae sunt oc crudae et fri- gidae : purgationes enini mensium non contingunt com- modae , sed paucae ac pravae. Deinde pariunt diffi' culter , et non valde abortiunt. Ubi vero pepere- rint, pueros nutrire non possunt : lac enim ab aqua- rum duritia ac cruditate extinguitur» Et tabes fre~ quentes a partu fiunt : prae violentia enim ruptiones ac vulsuras habent. Pueris autem hjdropes in testi- bus fiunt quamdiu parvi fiierint, deinde aetatis pre- gressa evanescunt (b). Ma non sono queste le sole raalatti • che si osser- vano prodotte dalle acque di cattiva qualità. Il dott. He- berden confessa essere le particelle terrose contenute nell'acqua, che comunemente usasi a Londra frequente cagione, per cui ben molti di quegli abitanti accu- (a) Eleraens d'hygiène, Tom. 2. pag. 226. Paris iSao. (b) De aer. aquis et locis. Acque di Roma 407 sano varii incomodi nello stomaco e nelle intestini , ed ora stitichezza, ed ora diarrea, secondo che varia la proporzione e la natura di questi principj ( Me- dicai transactions voi. 1 pag. 1 ). Il citato Frank nei due anni ( 1TG7-1T68) ch'esercitò la medicina nella citta da Baden osservò un niunero eecessivo di vi- ziose conformazioni delle ossa , che ad altro non potè attribuire se non all' uso continuo delle acque cariche di selenite, le ijuali inducendo nei visceri del basso ventre diverse ostruzioni, sviluppavano in appresso la rachitide (Op. citat. tom. 6 pag. 27). Fu creduto per lungo tempo che l'acqua proveniente dalla fusione della neve fosse la causa delle malattie glandolari , ed in specie del gozzo , cui vanno soggetti gli abitanti di certi cantoni dei Pirenei , delle Alpi , della Svizzera , del Tirolo ec; ma secondo le osservazioni di medici distinti tali malattie provengono dalle grandi quantità di solfato e di carbonato di calce che racchiudono le acque che bevono gli abitanti di quelle cotitrade. Ed infatti riflette giustamente Sinclair (a) che nell' isola di Sumatra non si è veduto mai ne ghiaccio ne ne- ve , ed il gozzo è comunissimo in quegli abitanti , men- tre è affatto ignota questa deformità al Chili ed al Thibet ove tutte le riviere sono alimentate dallo scio- glimento delle nevi, che ricoprono costantemente le al- te montagne di quelle regioni. Lo stesso ci viene con- fermato dal citato Frank (b): „ Io porto opinione, egli „ dice , che l'origine dei gozzi anziché all' acqua di „ neve squagliata di fresco si debba in diversi luo- „ ghi ascrivere con maggior diritto a quella de' poz- „ zi ; e l'esempio della citta di Rheims sembra ap- (a) Codice di sanità e di lunga vita, tradotto dal Gatte- schi. Pisa presso Ranieri Prosperi 1811. (b) Loco cit. pag. 45- 108 SeiBNZK »» poggiare questa mia opinione.,, DifFatti fu riferito ad esso da un dotto medico , che fin dal momento in cui gii abitanti di quella citta abbandonarono l'uso delle acque dei pozzi , ed incominciarono a bere quelle del fiume, diminuirono notabilmente le artritidi, i gozzi , e le scrofole. Tali malattie regnavano anche tra quelli che abitano i monti di Sudet nella Slesia , nei con- torni di Schmiedeberg , nel villag-gio di Stemseifea , ed in diversi altri. Alcuni sospettato avendo che es- ser ne potessero la cagione le acque di certi pozzi, lasciarono di farne uso , ed osservarono che i gozzi si resero molto più rari. I calcoli renali e vescicali , che sono tanto frequenti a Chalon sur Saóne, sono at- tribuiti da De Loisy alle cattive qualità delle acque dei pozzi che si bevono in quella citta. Renaudin ha osservato ancora che gli abitanti della citta di Stra- sburgo, a cagione delle cattive acque di cui essi fanno uso , vanno continuamente soggetti a indigestioni, co- liche di stomaco e intestinali , a flatulenze , a diar- ree , e ad ingorgamenti linfatici. L'acqua adunque con ragione ha formato uno degli oggetti piìi importanti dell' igiene pubblica e privata , attesa la grande in- fluenza che ha suir economia animale , come l'eser- citano egualmente l'aria , i venti , i cibi , la quali- tà e la esposizione del suolo. Il trattato d'Ippocrate de aere, aquis, et locis ci fa conoscere quanta atten- zione i medici debbano prestare a queste circostanze, dalle quali dipende la prosperità d'intere popolazioni. Non isfuggì questo importante oggetto all' occhio vi- gilante di Luigi XIV , il quale volendo conoscere que- ste cause particolari che tanto influiscono sulla salute pubblica, ordinò con savio discernimento che i medi- ci ed i chirurgi degli ospedali militari del suo re- gno istituissero le loro osservazioni sulla qualità dell* aria , delle acque , e del suolo delle diverse città della Acque di Roma 109 Francia. Fu in conseguenza di questo provvedimento che comparvero alla luce le interessanti memorie di Fournier, di De Loisy, di De la Berthonye, di Lan- deutte, di Renaudin , di Bonafos , di Daignan , e di Menuret sopra la qnalitk dell' aria , delle acque , e del suolo delle città di Montpellier , di Challon sur Saóne , di Tolone , di Bitehe , di Strasburgo di Per- pignano , di Calais , e di Montelimart (a). Ma niuno forse conobbe meglio l'importanza di queste ricerche quanto il nostro Lancisi. Mea etenim ( così si espri- me) immo Hippocratis sententia, nemo clinicoritm ali- cubi esse potp.st vai mediocri fama celebratics qiiin ante omnia locorum^ in qidbits se velie exercere, cum positiones ac ventos , tum aquas et caeteras aeris et alimentorwn qualitates ( quae iirbiiim caelum con- stituere videntur ) probe cognoverit (b). Perciò eser- citando egli la medicina in Roma volle occuparsi delle qualità proprie del clima e del suolo romano , e con quanta sagacita ed ingegno il facesse lo prova abba- stanza il suo trattato De iiativis deqite adventitiis ro- mani caeli qiialitatibus. Fra gli oggetti ch'egli prese ad esaminare, le acque potabili di Roma furono quelle che risvegliarono particolarmente la sua attenzione, ed una istoria esatta ne presentò di tutte le loro proprietà fisiche e chimiche. AH' epoca peraltro , in cui fu- rono dal Lancisi analizzate le acque di Roma, la chi- mica non possedeva mezzi tali, che fossero capaci di far conoscere tutti quei principj che possono trovarsi disciolti nelle acque. Infatti non fu che verso la fine del secolo passato , e precisamente dopo la disserta- (a) Recueil d'observations de medicine des hópitaux mi- litaires fait et redige par M. Richard de Hautesierck. Paris de l'imprimerie royale 1766 e 177»- (b) Oper. citat. 110 Scienze zione dell' ili. Bergmann pubblicata nel 1778, che i metodi di analizzare le acque incominciarono a ren- dersi più esatti. Quindi giunsero a quel grado di per- fezionamento, in cui si trovano oggidì mercè de'lavori di Gioannetti, Black, Klaproth , Westrumb, Fourcroy, Brezé , Kirwan , ed ultimamente per quelli di Murray, Davy , Berzelius e di molti altri chimici distinti. L'idea d'istituire nuovamente l'analisi delle acque potabili di Roma con quei mezzi piiì perfetti che possiede la chimi- ca moderna, si presentò al mio amico e collega Alessan- dro Conti. Egli nel comunicarmi questa sua idea volle che mi associassi a lui in questo lavoro. Fu infatti intrapreso fin dal 1821, ed all' epoca della sua morte due delle acque di Roma, cioè la Paola e la F'ergine^ erano state già analizzate : delle quali analisi fu da- to conto da esso in una memoria letta all' accade- mia dei Lincèi. Mancato il mio amico e collaboratore, mi determinai a proseguire da me solo il lavoro in- cominciato : ma nel ripetere alcune spcrienze sulle due acque nominate, osservai delle differenze troppo mar- cate fra i risultati ottenuti nella prima , e quelli avuti nella seconda volta , differenze che non potei attri- buire se non alla diversità degli apparati impiegati nelle sperienze. Questa circostanza m'indusse a riprendere per intiero il lavoro, nel quale ho voluto seguire uno stesso metodo di analisi per tutte le acque: ciò che mi pre- sentava il vantaggio di poterle meglio paragonare fra loro. Ncir istituire queste mie sperienze mi sono gio- vato di tutt' i mezzi che possiede oggidì il laboratorio chimico dell' archiginnasio romano , ed i quali furono messi a mia disposizione per la bontà de' miei amici e colleghi i prof. Morichini e Peretti. Io prendo per- ciò quest' occasione per tributare sì all' uno e sì all' altro un pubblico attcstato della mia riconoscenza. Roma mentre fu bambina non possedeva che le Acque di Roma 1 \ 1 poche fonti, che spontaneamente sorgevano nel palatino o in quelle vicinanze , e le acque del Tevere : e per anni 441 furono queste acque sufficienti alla sua ristretta popolazione. Ab urbe condita per annos CCCCXXXXl contenti fuerunt romani usii aqiiarum, quas aut ex Tiberi , aut ex puteis , aut ex fontibus haurie~ bant , dice Frontino ( pag. 10 ) . Ma allorché in- cominciò ad ingrandirsi mercè delle sue conquiste, e divenne la prima citta del mondo, volle far vedere che anche nell' abbondanza e nella purezza delle acque non cedeva il primato ad alcun' altra. Infatti furono successivamente introdotte in Roma tante acque, da servire non solo ai bisogni della sua numerosa po- polazione, ma ai bagni pubblici e privati , e perfino agli spettacoli delle naumachie. Plinio infatti parlando delle acque di Roma così si esprime: Si quis dili- gentius aestimaverit aquarum abundantiam in publi- co , balneis , piscinis , domibus , euripis , hortis su- burbanis, villis, spatioque advenientes, extructos ar- cus , montes perfossos , convalles aequatas , fatebitur nihil magis mirandum fuisse in tato orbe terrarum (a). Galeno, allorché fu in Roma, restò maravigliato della moltiplicita ed eleganza delie fontane di Roma, non meno che della bontà delle acque: ^omae, sicut et mul- ta alia in ea urbe ^ sunt eximia ita et fontium ele~ gantia-t et multitudo est admirabilis eorum nullo fae- tidain aut medicatami aut turbidam, asperam , cru- damque effondente (b). Nove erano le acque intro- dotte in Roma dalT anno 97 sotto l'impero di Nerva fino a quello di Trajano, delle quali parla Frontino, cioè la Marcia , l'Appia, le due Aniene vecchia e nuo- (a) Lib. XXXVI cap. XV. (b) Op. tom. seu. class. 3. iu Hipp. de morb. vulg. coni. 4» p m. 182 acl. iu 4) et 6 Epld. com. 1l2 Scienze va, la Tepula, la Giulia, la Vergine, la Claudia, e l'Alseatina. Dopo l'epoca di Frontino il numero delle acque trasportate in Roma si accrebbe ; alcuni infatti lo portano a 14, ed altri fino a 19 e 20 : ma su ciò non abbiamo dati sicuri, come saviamente nota il Fa- bretti. De numero eariim post Augusti tempora usque ad Frontinum m,inime duhium est , quia ipse novem recenset^ eorumque originem, capacitatemi et rivi in longum mensuram distincte atque ordinate describit. Posterioribus vero a Frontino saeculis^ uti novae in veteres specus aquae corrivatae fuerunt, ita et uovo- rum ductuum urbi^ eisque aedificiis^ quae urbi con- tinentia sunt ^ accessio facta fuit. Quot vero ductus ultra veteres accreverint, neminem adhuc scripsisse reperimus, frustraque apud Pubi. J^ictorem et ISoti- tiam imperii requirimus , quia ne dum hi auctores notabiliter se variant , sed eodem pacto de princi- palibus ductibus , et de aquis quaruni plures aliqui admittebant loculi sunt ; unde mira apud recentes scriptores suborta fuit confusio (a). Ma non è mio scopo di trattare delle acque dell' antica Roma ; l'og- getto di questa memoiia è di parlare di quelle di Ro- ma moderna sotto il rapporto delle loro fisiche e chi- miche qualità. Le acque che si bevono in Roma, pre- scindendo da quelle dei pozzi e delle cisterne, sono 1 0, delle quali 3 sono trasportate per mezzo di acquedot- ti , e 7 provengono da sorgenti eh' esistono nell' in- terno della citta. Le prime sono la Paola, la Vergi- ne, e la Felice, le altre sono l'acqua del Grillo, quel- la di S, Felice, la Lancisiana, quella della fontana del porto Leonino, l'Innocenziana , l'acqua di S. Daraaso, e quella delle Api. (a) Fabretli pag. i47 et seg. AcQUK DI Roma 1 13 ir metodo da me adottato per analizzare queste acque h stato il seguente. Portatomi alla fonte dell' acqua, che mi proponeva di esaminare, incominciava dal determinarne le qualità sensibili nello stesso tem- po che con un termometro ne prendeva la tempera- tura, mentre con un altro simile istromento posto all' ombra osservava quella dell' aria. Attinta una quantità di quest' acqua, ne destinava una porzione alla deter- minazione del peso specifico col mezzo dell' areometro di Nicholson , ed un' altra veniva sottoposta all' azio' ne dei reagenti per conoscere la natura dei principi costitutivi. Tornando di nuovo alla fonte medesima attingeva altra quantità di acqua per separarne i flui- di elastici e per sottoporla all'evaporazione onde rac- coglierne i principi fissi. Per eseguire la prima di queste operazioni introduceva l'acqua in un piccio- lo matraccio di vetro sottile , di cui aveva anteceden- temente misurato la capacita con tutta la diligenza pos- sibile. Applicava ad esso un tubo ricurvo, che riem- piva della stess' acqua , e la cui estremità faceva capo in uà cilindro graduato di cristallo , il qua- le era disposto nell' apparato pneumato-chimico a mer- curio. Sottoponendo al matraccio una lampada a spi- rito di vino, riscaldava l'acqua fino a tanto che si svi- luppavano da essa bollicine di gas. Raffreddato l'ap- parecchio , e portati i gas raccolti alla temperatura a cui si trovavano prima nell'acqua, ne misurava il loro volume , e quindi procedeva alla loro separazio- nCi Questi fluidi elastici consistevano in gas acido carbonico e aria atmosferica. Per separare il primo introduceva nell' interno del cilindro un pezzo di po- tassa caustica , e chiudendo con un dito l'apertura del cilindro lo agitava fortemente , onde facilitare l'as- sorbimento del gas acido carbonico. Dalla diminuzio- ne di volume che aveva luogo nel miscuglio gasoso G.A.TX. 8 114 ^ Scienze ne deduceva la proporzione di questo fluido elastico. Per conoscere poi la quantità di ossigeno e di azoto, che formavano l'aria atmosferica residua, poneva nel cilindro un pezzo di fosforo sospeso ad un filo di ot- tone. Osservando dopo 48 ore di tempo la diminu- zione di volume prodotta dal fosforo conosceva la pro- porzione dell' ossigeno consumai > per la di lui com- Lustione , ed il residuo era l'azoto. Dopo aver sepa- rato i fluidi elastici , e di averne misurato la quan- tità di ciascuno, passava alla ricerca dei principj fìs- si. In un vase evaporatorio di argento poneva un pe- so determinato di acqua ( ordinariamente 10 libbre medicinali ) che faceva evaporare fino a ridurla ad 1/^0 circa del suo volume. Quest^ acqua cosi concentrata veniva tolta dal vase di argento con tutto ciò che poteva esservi restato aderente , e versata in una ca- psola di porcellana si proseguiva in questa l'evapora- zione fino a perfetta siccità. Il residuo ottenuto era separato dalla capsola e pesato , ed in questo modo aveva la quantità totale dei principj fissi. I sali < o- sì ottenuti erano sottoposti prima all' azione dell' al- cool rettificato , e quindi all' azione dell' acqua stil- lata. Evaporate l'una e l'altra di queste soluzioni, do- po averne separata la parte indisciolta, i residui era- no diligentemente raccolti e pesati , e quindi disciol- ti di nuovo separatamente nell' acqua stillata (a). Que- ste soluzioni poi erano trattate in diverso modo se- condo i sali che racchiudevano. Nella maggior parte delle acque potabili di Roma da me esaminate i sali (a) Con tali evaporazioni, essendo inevitabile la perdita di una parte di questi sali, conveniva ripetere più volte l'opera- zione, per cui questa era la parte più lunga, e più imbaraz- zaute dell' analisi. Acque di Ro:wa. 1 1 5 solubili neir acqua e ncU' alcool erano il carbo- nato di soda , Vidroclorato di soda , ed il solfato di soda : in due solamente , cioè nella lancisiana e nella innocenziana^ questi sali solubili nei due sol- venti indicati erano Vidroclorato di soda e di ma- gnesia^ ed il solfato di magnesia. Le soluzioni che racchiudevano i primi sali venivano trattate primie- ramente coir acetato di barite , e con questo mezzo otteneva i due acidi carbonico o solforico , che si pre- cipitavano colla barite. Trattando questo precipitato, dopo essere stato asciugato e pesato , coli' acido idro- clorico conosceva quanto carbonato , e quanto solfa- to di barite racchiudeva , da cui ne deduceva poi la proporzione degli acidi carbonico e solforico, ed in conseguenza dei carbonati , e dei solfati di soda. Ver- sando in secondo luogo o l'acetato , o il nitrato di di argento, dal cloruro di questo metallo che ottene- va, ne calcolava la proporzione dell'acido idroclorico, che formava l'idroclorato di soda. Le soluzioni che racchiudevano Vidroclorato , ed il solfato di magne- sia, erano trattate prima coli* acetato , o col nitrato di argento per avere dal precipitato la proporzione dell' acido idroclorico , e quindi dopo aver versato in esse un poc > di acido idroclorico per togliere qua- lunque eccesso del sale di argento che potesse essere rimasto nella soluzione, si facevano bollire ciascuna reparataraente col sotto-carbonato di potassa per ot- tenere tutta la magnesia. Dalla quantità di questa ter- ra, che otteneva dalla soluzione acoolica, ne deduceva la proporzione dell' idroclorato , e quella che sepa- rava dalla soluzione acquosa mi dava a conoscere la proporzione del solfato di mag-nesia. I sali non attaccati ne dall'alcool, ne dall'ac- qua asciugati e pesati, erano sottoposti all'azione dell* acido idroclorico molto allungato. Il residuo che re- 8* 416 Scienze stava indisciolto era separato , e nel liquido versava l'araraoniaca caustica , la quale precipitava il ferro ia forma di leggerissimi fiocchi talvolta con qualche trac- cia di alumina. Separato e pesato questo precipitato, aggiungeva al liquido altro acido idroclorico , ed af- fondendovi del carbonato di ammoniaca otteneva il car- bonato di calce. Finalmente il residuo dei sali inso- lubili neir alcool , nell' acqua , e nell' acido idroclo- rico fatto bollire col sotto-carbonaio di potassa, mi fa- ceva conoscere la quantità di solfato di calce , e ciò che rimaneva altro non era che della silice unita quasi sempre ad un poco di ferro sotto forma di silicato. DELL' ACQUA PAOLA. L'acqua Paola, così chiamata dal pontefice Pao- lo V, è la stessa acqua Trajana che viene unita con una parte delle acque del lago Sabatino, o di Brac- ciano , a cui in questi ultimi tempi si è aggiunta por- zione delle acque dei laghi di Martignano e di Strac-, ciacappe. Fra gli oggetti , di cui l'imperatore Tra- jano prese cura speciale, uno fu quello che riguardava le acque di Roma. Egli meglio le distribuì nelle di- verse regioni della citta , affinchè tutta la popolazio- ne ne potesse godere; moltiplicò le fontane, e le ornò di statue e di colonne. Restituì l'acqua Marcia ai monti Celio ed Aventino , e soffrir non volle che quest' acqua limpidissima e pura fosse impiegata ad inaffiar ter- reni , ne che servisse ai bagni ed agli opificii , ma al solo uso di bere la destinò. Dispose che le acque superstiti ai bisogni della popolazione non andassero senza vantaggio , e le impiegò allo spurgo delle cloa- che e delle pubbliche vie : per cui togliendo in que- sto modo le immondezze, produsse un miglioramento neir aria della citta, particolarmente nei tre mesi di Acque di Roma. 1 1T estate. Finalmente vedendo una sensibile diminuzione nelle acque che venivano in Roma, si determinò ad in- trodurne una nuova che prese da lui il nome , la quale fu destinata particolarmente per la regione tran- stiberina. Fece egli riunire molte sorgenti che erano nei territori delle Manziana, Bassano , e Vicarello , le restrinse in ampio rivo nel castello o botte dirimpetto a Trevignano , e per mezzo di un lungo e sontuoso acquedotto le trasportò in Roma nelF anno 112 dell' era volgare. Grande fu il vantaggio che la popola- zione ritrasse da qucst' acqua Trajana , la quale fra le altre si distìngueva per la sua quantità. , e per la sua purezza. In questo modo Roma divenne sempreppiiì ric- ca in acque potabili. Ma nelle critiche vicende, che questa citta in appresso soffri, molte delle sue acque si dispersero , gli acquedotti si guastarono , fra i quali anche quello dell'acqua Trajana. I pontefici Simmaco, Onorio I , Adriano I , Leone III , Gregorio IV , e Niccolò I risarcirono in varie epoche questo condotto per avere l'acqua Trajana particolarmente pe' biso- gni del vaticano: ma pe' grandi sconvolgimenti suc- ceduti nella chiesa romana, le cure e le spese di que- sti sommi pontefici andarono nuovamente a vuoto , e non più risarcito il condotto cessò l'acqua Trajana di venire in Roma. Fu nel 1609 che il pontefice Pao- lo V concepì la grandiosa idea , degna veramente del suo genio, di ristabilire nuovamente il condotto trajano per ridonare l'acqua di questo nome alla citta. Da quell' epoca piese quest' acqua la denominazione dj, Paola dal pontefice restauratore. Introdotta nuovamente in Roma, egli la distribuì in varii luoghi della regione transti- berina , ne arricchì i giardini , la piazza , ed il pa- lazzo del vaticano , e tutta la cittk Leonina. Ne tra- sportò 282 once oltre il Tevere, facendole passare so- pra gli archi del ponte gianicolense, ora Sisto, e eoa 118 Scienze quest* acqua fece erìgere nel 1612 la fontana famo- sa che tutt' ora si ammira. Neil' anno seguente , pro- fittando della stess' acqua, fece innalzare la magnifica fontana nel lato destro della gran piazza di S. Pie- tro. Con la medesima acqua nell'anno 1614 furono formate due altre fontane, quella cioè della piazza di S- Giacomo Scossacavalli e l'altra in principio di Lor- go incontro Castel S. Angelo. Non solo per provve- dere i religiosi riformati francescani del convento di S. Pietro in Montorio , ma per abbellire l'area di quel tempio, condiscese la munificenza di Paolo V che dall' emissario innalzato sul vicino monte Gianicolo si di- ramasse un sufficiente tubo della sua acqua. Degnossi finalmente lo stesso pontefice , che dalla conserva di ponte Sisto ne derivasse un tubo per distribuire quest' acqua con piiì fonti al ghetto , che scarseggiava di acqua, non potendo almeno in tutte le ore trasportarla dalle fontane esteriori. Tale era l'abbon danza di quest' acqua Paola , che i successori di Paolo V ed alcuni cardinali, volendo seguire l'esempio di questo insigne pontefice, si servi- rono della stess' acqua per innalzare molte altre fon- tane le quali servissero per comodo degli abitanti , e per ornamento della citta. Gregorio XV infatti apri molti piccioli fonti in varii siti per gli abitanti del borgo , e fra questi la fontana accanto alla porta An- gelica , dove si vede lo stemma Ludovisi. Il cardinale Alessandro Orsini eresse quella nel palazzo in oggi Ga- brielli a monte Giordano. Il cardinal Odoardo Farnese le due sulla piazza di questo nome. Diminuita l'acqua alla fontana di S. Maria in Tra- stevere alimentata dalla Felice, Alessandro VII (nel 1 655) l'accrebbe con l'acqua Paola, ed una quantità non infe- riore condusse alla zecca per servizio di quello stabili- mento. Clemente X neiranno 1 675, servendosi della me- Acque di Roma. 119 deslma acqua, fece innalzare l'altra magnifica fontana nel lato sinistro della piazza di s. Pietro la quale facesse sim- metria con quella di Paolo V. Ed affinchè con questa nuo- va fontana non si diminuisse l'acqua agli altri stabilimen- ti, fu data la facoltà al card. Virginio Orsini padrone del lago Sabatino di poter introdurre nell' acquedotto Pao- lo 1 1 00 once di acqua del detto lago a vantaggio ancora degli opifici del Gianicolo. Non dobbiamo ancora ta- cere che Innocenzo XI potè rinnovare le mole nel 1 682 , ed il successore di lui Alessando Vili fece spurgare lo speco dell'acquedotto, allacciò nuove vene, e nel 1691 ornò la fontana ed il castello di S. Pietro in Mon- torio. Finalmente nell'anno 1828, dopo una straordina- ria siccità di varii anni essendo notabilmente diminuita la portata dell' acqua del lago Sabatino , per cui le mole che erano mosse da quest' acqua non potevano agire, la presidenza delle acque~ adottò il partito d'in- trodurre per mezzo di un nuovo cunicolo sotterraneo una parte delle acque del lago Alseatino, in oggi detto di Martignano , ed ora con altro nuovo cunicolo sot- terraneo alle acque alseatine si è riunita ancora por- zione di quelle del lago Stracciacappe : e tutto que- sto in soccorso del condotto paolino. RISULTATI DELL'ANALISI DELL'ACQUA PAOLA PRESA AL FONTANONE DI PONTE SISTO. CARATTERI FISICI. Limpidezza non perfetta : sapore nullo : odore nullo: lerap. dell'acqua Ilo, 5 r. . temp. dell'aria 12o, 5 R. : peso specifico — 1, 00015 alla temp. di 22» R. '120 e I E N Z E CARATTERI CHIMICI. Con la tintura di curcuma : niun cambiamento* Con lar tintura di tornasole : idem. Coir idroclorato di barite: intorbidamento. Col nitrato di argento : imbianchimento. Coir ammoniaca caustica : leggerissimo annebbiamento. Coir idrocianato di ferro e di potassa: niun cambiamento- Da 656 centimetri cubici di quest'acqua, pari in peso a once 23 denari 3 e grani 1 6, si sono ottenu- ti 1 0 centimetri cubici di gas pari a pollici cubici 0,5041 - Questa quantità di gas corrisponde a 1,5243 per 100, e a 0,2612 di pollice cub. per ogni libbra medici- nale. Li 1 0 centimetri cubici di gas erano composti di 1 di gas acido carbonico pari a poi. cub. 0,05041 . 3 di gas ossigeno. ....... 0,15120. 6 di gas azoto . . -. . -. i . . 0,30240. L'aria atmosferica racchiusa in quest' acqua era for- mata, secondo questi risultati, di 33, 33 di gas os- sigeno , e 66 , 67 di gas azoto. Libbre 1 0 di quest' acqua evaporate fino a sic- cità hanno somministrato grani 20,5 di sali , che erano formati di Carbonato di soda . . . . . -. gr. 7,5767. Idroclorato di soda . . . » . . gr. 3,4678. Solfato di soda . -. . . • • - gr- 2,9047. Ossido di ferro .... . . . gr. 0,2000. Carbonato di calce . . . • . -• gr. 2,9000. Solfato di calce . . . . . -. . gr. 2,2000. Silicato di ferro .... -. . . gr. 0,5000. gr- 19,7492. Perdita 0,7508. gr. 20,5000. Acque di Roma. 421 DELL' ACQUA VERGINE DETTA OGGIDÌ' DI TREVI. L'acqua vergine è una delle più antiche acque di Roma. Secondo quello che rilevasi da Frontino fu la medesima introdotta in questa citta da Agrippa l'an- no 735 , o come altri vogliono nel 734 dalla fonda- zione di Roma. Fu chiamata col nome di vergine , co- me ci narra il citato Frontino, per essere stata indi- cata la sua sorgente da una vergine ad alcuni soldati che cercavano acqua. P^irgo appellata est, egli dice, quod quaerentibiis aquam militibus piiella virgun" cula venas quasdam monstraverit , quas secati qui foderarli ^ ingentem aquae modiim invenerunt (a). Sorge presso l'antica via Collazia all' VIII miglio da Roma nella tenuta chiamata oggidì Salone. Plinio dice che la sua sorgente era nella via Prenestina , ma riflette Alberto Cassio che tanto Frontino quanto Plinio hanno ragione, poiché la via Prenestina è prossima alla Col- lazia , e la sorgente rimane in mezzo alle due vie. L'acqua vergine soffri le stesse vicende dell' acqua trajana. Circa il 784 era quasi dispersa , o più noa correva, poiché si sa che Adriano I la introdusse nuo- vamente in Roma: il che rilevasi da Anastasio: Hic eninij egli dice , almificus praesul divina inspiratione re~ pietas forma, qaae virginis appellatur, dum per anno- rum spatia demolita atque ruinìs piena existebat vix modica in arbem Romam ingrediente prospiciens , no- viter eam restauravit , et tanta abundantia aquam effudit ut pene totam civitatem satiavit. (b) Ignorasi (a) Oper. cit. (li) Ginn not. Blanch, tom. i n. 332. 122 Scienze chi dei pontefici dopo Adriano nello spazio di sei se- coli risarcisse l'acquedotto dell' acqua vergine. Sem- bra che al tempo di Nicolò V mancasse novamente quest' acqua in Roma , poiché rilevasi da una lapide che nel 1453 questo pontefice la fece ritornare den- tro la citta introducendola per la porta Pinciana , e portandola fino al Trivio per poterla distribuire verso la piazza colonna. Questo Lonificamento di Niccolò V durò quasi 30 anni , ed ignorasi la cagione per cui si presto cessasse. Sisto IV in appresso si trovò nella necessità di risarcire l'acquedotto , il quale lavoro gio- vò quasi per lo spazio di 70 anni , poiché si crede che cominciasse a mancare di nuovo l'acqua fin dal anno 1548. Egli è certo infatti che circa l'anno 1559 pili non correva l'acqua vergine in Roma : perlocchè convenne a Pio IV di risai-cire il condotto fin da capo alla sorgente dell' acqua , il quale lavoro fu compito dal pontefice Pio V : ed in questa occasione furono unite alla vergine altre vene di acqua della tenuta di Salone, il che avvenne nel 1570. Lo stesso papa Pio V e Sisto V concedettero quest' acqua a molti opificj della citta, e Gregorio XIII la distribuì a varie fontane, co- me a quella della piazza del popolo, all'altra della piazza detta Giudìa, ed a quella della piazza delle tar- taruche , a cui fu in appresso sostituita la Felice. Tutto questo viene confermato da ciò che si legge in Ales- sandro Petronio: Cum aquae Trivii altera accesserit sa- Ionica, ad Trmi locum erumpit tribus peramplis ostiis. Ut in urbem ducer etur Piits If^ maj'orem huic die ctum ad virginis fontem inchoavit, Pius T^ ahsoU vit, Gregorius XIII per urbem fistulis dividi , et in loca tum pubblica tum privata per fontes scaturire curavit siinul atque omnia perfecit. Lo stesso pontefice Gregorio XIII, profittando dell' abbondanza dell' acqua vergine, fece erigere la fontana Acque di Roma. 423 detta del Babuino , quella della Scrofa , l'altra detta del Barile presso la chiesa di S. Maria in via lata , e le tre vaste fontane di piazza Navona. Ad esso si devono ancora le fontanelle di Banchi , e l'altra di S, Lucia sopra la chiavica, le fontane di Campo de' fiori , di ]jiazza Colonna , della Rotonda ^ le due di Ripetta , la fontanella detta di Borghese, quella pres- so il monastero di S. Silvestro in capite , e l'altra ia via delle convertite. Opera del medesimo pontefice fu- rono ancora la copiosa fontana presso la chiavica del Bufalo , la fontanella nella via de' pastini , quella della piazza di Venezia formate con un' urna sepolcrale an- tica di bellissimo granito ec. ec. In appresso Clemente Vili concesse una porzione dell' acqua vergine ai sacerdoti della R. chiesa di S. Luigi de' fiancesi , i quali ne formarono una ontana neir atrio della casa, che per essere luogo di passag- gio può dirsi di uso pubblico. Urbano Vili con la medesima acqua eresse nella piazza di Spagna la fon-* tana detta la Barcaccia, opera del Bernini , del quale architetto e scultore si servì Innocenzo X per abbel- lire quella situata nel. mezzo della piazza Navona. Fi- nalmente il castello della fontana dell' acqua vergine al Trivio per piiì secoli disadorno fu incominciato ad essere abbellito nel 1735 da Clemente XII e portato a compimento nel 1744 da Benedetto XIV: la quale fontana e per la copia delle sue acque , e per la ma- gnificenza e perfezione del lavoro forma uno dei più belli ornamenti di Roma moderna. i24 Scienze RISULTATI DELL' ANALISI DELL'ACQUA DI TREVL CARATTERI FISICI. Limpidità perfetta : odore nessuno : sapore idem, Temp. dell'acqua ll.o R. Terap. dell' aria l3.o R- Peso specifico: 1,0001 preso alla Terap. di 20. o R. CARATTERI CHIMICI. Con la tintura di tornasole : niun cambiamento Con la tintura di curcuma : idem Coir idroclorato di barite : leggero intorbidamento. Coir o^salato di ammoniaca : intorbidamento sensibile. Col nitrato di argento : leggero precipitato. Coir ammoniaca caustica : niun cambiamento. Coir idrocianato di potassa ferruginoso : idem. Da 656 centimetri cubici di acqua, pari in peso a oncie 23 denari 3 gr. 16, si sono ottenuti 19 cen- timetri cubici di gas pari a poli, cubici 0,9577. Que- sta quantità di gas corrisponde a 2,8968 centim cub. per 100; e.à a 0,4964 poli. cub. per ogni libbra di acqua. I 19 centim. cub. di gas erano composti di 6, 5 di gas acido carbonico pari a poli. cub. 0,3276. di 3, 5 di gas ossigeno pari a poli. cub. 0,1764. di 9 di gas azoto pari a poli, cub 0;4537. L'aria atmosferica tenuta in soluzione in qucst' acqua conteneva 28 per 100 di ossigeno : ciò clie co- munemente si trova nella maggior parte delle acque potabili. Dall' evaporazione di 1 0 libbre di quest' acqua si sono ottenuti gr. 22 di sali, i quali sottoposti al Acque di Roma 125 trattamento indicato di sopra sono stati trovati com- posti di Carbonato di soda . . . Solfato di soda . . . . Idroclorato di soda . . . Solfato di calce .... Carbonato di calce . . . Protossido di ferro .... Silicato di ferro .... . . . . gr. 5,6626. . . . . gr. 3,0429. . . . . gr. 2,2025. , , . . gr. 2,6000. . .' . . gr. 6,3518. - . . . gr. 0,4000. . . . . gr. 0,4000. gr. : 20,6598. perdita 1,3402. gr. 22,0000 DELL' ACQUA FELICE. Fu qiiest' acqua allacciata , e condotta in Roma per ordine di Sisto V nel 1587. Essa sorge con più vene presso il castello della Colonna nella tenuta detta di Pantano , e fu chiamata felice dal nome che aveva il pontefice Sisto V. Egli volendo unire al pubblico vantaggio l'abbellimento della citta, fece costruire avanti il castello , o conserva nella quale si raccoglieva tutta l'acqua, la famosa fontana del Mosè sulla piazza di S. Susanna alle Terme , e distribuì una parte di quest' acqua agli abitanti del Quirinale , dell' Esquilino , e del Celio , i quali ne erano privi da 800 anni. Ne dette porzione alle ville Giustiniani , Altieri , Medici , ed agli orti palatini , o farnesiani. Quindi fece eri- gere la fontana del campidoglio , su cui furono per ornamento situate le statue rappresentanti i due fiumi Tevere e Nilo , e nel mezzo quella di Roma trion- fante che fu rinvenuta in Cori. Al medesimo ponte- fice si devono le due fontane poste al clivo setten- 426 Scienze trionale del campidoglio , l'altra sulla piazza di Ara- caeli , la quale fu poi risarcita sotto il pontificato di Alessandro VII , e quella sulla piazza di S. Maria in Campitelli. Ne qui si arrestò la magnificenza del pon- tefice Sisto. Per opera sua furono erette la fontana sulla piazza di S. Gio. in Laterano , le quattro sul quadrivio del Quirinale, che dettero il nome a quella regione , e l'altra sulla piazza della madonna de' monti. Distribuì porzione della medesima acqua al Quirina- le , al palazzo Rospigliosi , alla Dateria , al convento di S. Susanna , a quello di SS. Apostoli , e con essa furono alimentate la fontana detta delle 3 cannelle che ho dato il nome a quella via , e l'altra al campo vaccino , la cui bellissima tazza fu poi trasportata ai Quirinale. I Altri pontefici profittando dell* acqua felice vol- lero erigere altre fonti per comodo della popolazione e per abbellimento della citta. Gregorio XIV infatti nel 1591 concedette 15 once di quest'acqua per ri- stabilire la fontana sulla piazza di S. Maria in Tra- stevere essendosi perduta l'acqua trajana , e da Pao- lo V fu eretta la fontana sotto la colonna di S. Ma- ria maggiorci. Urbano Vili, avendo accresciuta la quantità di quest' acqua mercè della riunione di altre sorgenti, pro- fittò di questo aumento per moltiplicare le fontane di Roma : e questo pontefice fu quello che fece costruire la fontana detta del Tritone sulla piazza Barberini , e l'altra sul cantone della via Felice nell' anno 1644. Innocenzo XII con la stessa acqua eresse nel 1696 la fontana nel cortile del palazzo della curia inno- cenziana , e Clemente XI nel 1719 quella sulla piazza della chiesa detta della bocca della verità. Finalmente fu nel 1818 che il pontefice Pio VII volle che si tra- sportasse al Quirinale la bellissima tazza di granito che Acque di Roma. 12? giaceva negletta nel campo vaccino, per formarne una fontana sotto l'obelisco , ed in mezzo ai due celebri cavalli, la quale fosse alimentata anch' essa dall'acqua felice. RISULTATI DELL' ANALISI DEL L' ACQUA FELICE DEI FONTANONI DI TERMINI. CARATTERI FISICI Limpidezza non perfetta : sapore nullo : odore nullo : Temp. dell'acqua 12.o R. (li 10 luglio 1827 alle ore 8 della mattina. ) Temp. dell' aria 1 8.o R. : Peso specifico = 1,001 alla Temp. di IS.o R. CARATTERI CHIMICI Con la tintura di tornasole ) • ■,. ^ 1 .. ^ T < niun cambiamento. Con la tmtura di curcuma ) Coir idroclorato di barite : leggero intorbidamento. Col nitrato di argento : precipitato a coagulo. Coir ossalato di ammoniaca : intorbidamento. Coir ammoniaca caustica : leggero appannamento. Coir idroferrocianato di potassa : niun cambiamento. Da 656 centimetri cubici di acqua, pari in peso a oncie 23, denari 3, e grani 10, si sono sviluppa- ti 1 6 centimetri cubici di gas pari a poli, cubi 0,80G6, i quali corrispondono a 2,4390 centim cub. per 100, ed a 0,41805 poi. cub. per ogni libbra. Questi 16 centim. cubici di gas erano formati di 4 di gas acido carbonico pari a poli. cub. : 0,20165. 128 Sciènze 4 di gas ossigeno pari a poi. cub . . . . . 0,20165. 8 di gas agosto pari a poi: cub. . . , . . 0,40330. L'aria atmosferica, tenuta in soluzione da quest' acqua, era composta di 33, 33 di ossigeno, e di 66, 67 di azoto. Da libbre 10 di acqua evaporate a siccità si sono ottenuti gr. 26 di sostanze fisse , le quali sono stale trovate composte di Carbonato di soda . ■. gr. 1,3828. Idroclorato di soda . -. gr. 2,2836. gr. 1,2828. . ; . . . gr. 3,0000. gr. 16,0000'. ..... gr. 0,6000. . . . • . gr. 0,4000. ...... gr. 0,1000. Solfato di soda . Solfato di calce . Carbonato di calce Ossido di ferro . Silicato di ferro . Materia estrattiva gr. 25,0492. Perdita 00,9508. 26,0000. DELL' ACQUA DETTA DEL GRILLO. Quest' acqua è così chiamata perchè sgorga nei sotterranei del palazzo dei fu marchesi del Grillo. For- ma una fontana situata nel cortile di questo palazzo, da cui si attinge continuamente dagli abitanti vicini. Alcuni pretendono che nasca da sorgenti eh' esistono in questo lato del Quirinale, ed altri sono di avviso che provenga da un pozzo o cisterna più di 10 can- ne profondo che sta nel principio del vicolo Maz- zarini incontro la chiesa di S. Silvestro a monte ca- vallo , e che sia quella medesima che passa nelle grotte Acque di Roma. 129 de! collegio degribernesi. Racconta Alberto Cassio, che essendosi gettati molti grani di miglio nella detta ci- sterna si sono veduti comparire nella conca del Grillo. O si voglia dunque supporre che nasca nei sotterra- nei del palazzo detto del Grillo , o che provenga dalla cisterna posta incontro la chiesa di S. Silvestro, e sem- pre vero eh* essa proviene da una o -pm sorgenti del Quirinale. RISULTATI DELL'ANALISI DELL' ACQUA DEL GRILLO. CARATTERI FISICI. Limpiditk perfetta : odore nullo : sapore nullo. Temp. dell'acqua 11.» : Temp, dell'aria 12° ,5 R. Peso specifico =-- 0,9997 alla Temp. di 20.o R. Idem ..... 1,0003 alla Temp. di 17o R. CARATTERI CHIMICI. Con la tintura di tornasole : niun cambiamento. Con la tiniura di curcuma : idem. Col nitrato di argento : intorbidamento sensibile. Coir idroclorato di barite : idem. Coir ammoniaca caustica: niun cambiamento. Coir ossalato di ammoniaca : leggero intorbidamento. Coir idrocianato di potassa e ferro : niun cambiamcuto. Da 656 centimetri cubici di acqua, pari in peso a oncie 23 denari 3 e grani 16, si sono ottenuti 15 centimetri cubici di gas pari a poli. cub. 0,7561 , i quali corrispondono a 2,2860 centim. cub. per 100 ed a 0,3919 poli, cubici per ogni libbra medicinale. Questi gas erano composti di G.A.T.L. 9 130 Scienze 2, 5 cent. cub. di gas acido carliouico pari a poL cub 0,1260. 3, 5 cent cub. di gas ossigeno pari a poi. cub. 0,1764, 9 di gas azoto pari a poi. cub. .... 0,4537. L'aria atmosferica contenuta in quest' acqua con-*- teneva 28 per 100 di ossigeno. . : r '■■''.:' ) Da libbre 1 0 di quest' acqna si sono separati gr. 22 di sostanze fisse , le quali erano composte di Carbonato di soda » - gr. 3,0249! Solfato di soda gr. 3,5959. Idroclorato di soda . . . ..i àììà..:- . gr. 3,8757. Carbonato di calce ...*.... gr. 8,8000, Solfato di calce . . o!Ìh. /....,.? ..^ ^t'il^rogr. 2,0000. Silicato di ferro • ttif|:)9e gr. 0,4000. gr. 21,7965. perdita gr. 00,2035. .' Hma.. f ib «1. 22,0000. DELL' ACQUA DI S. FELICE.)1'i'm. : Sorge anche quest'acqua nel colle Quirinale, ma hella falda occidentale. Trapela attraverso la volta e le pareti di una grotta , e raccogliesi in un botti- no , da cui parte per formare una fontana eh' è si- tuata nel cortile detto di S. Felice, perchè una volta occupato dai religiosi cappuccini. Da ciò ha avuto ori- gine il aoitte dato a quest' acqua. Acque di Roma y 131 RISULTATI DELL'ANALISI DELL'ACQUA DI S. FELICE. CARATTERI FISICI. Limpidità perfetta : odore nullo : sapore nullo. Temp. dell' acqua 14.0 R. (nei giorni 31 luglio e 4 agosto 1827) . Peso specifico = 1 ,00025 alla temp. di 22o : R. CARATTERI CHIMICL Con la tintura di tornasole : niun cambiamento. Con la tintura di curcuma : idem. Col nitrato di argento : intorbidamento. , Coir idroclorato di barite : idem. Coir ammoniaca caustica : idem appena visibile. Coir ossalato di ammoniaca : idem. Coir idroferrocianato di palassa : niun cambiamento. Da 656 centimetri cubici, pari in peso a oncie 23, denari 3, e grani 16, si sono sviluppati 14,5 cen- tim. cubici pari a poi. cub. 0,7309 , i quali corri- spondono a 2,2103 per 100 , ed a 0,37882 poli. cub. per ogni libbra medicinale. Questi gas erano composti di 2, 5 di gas acido carbonico pari a poli. cub. 0,1200. 3, 5 di gas ossigeno pari a poi. cub. . . . 0,1 'ì 64. 8, 5 di gas azoto pari a poi. cub 0,4285.. Quest' aria conteneva dunque 29 per 100 di gas ossigeno. Libbre 10 di qnest' acqua evaporate fino a sic- cità hanno dato grani 30 di sostanze fisse , le quali consistevano in 9^ 432 Carbonato eli soda Idroclorato di soda Solfato di soda Carbonato di calce Ossido di ferro . Solfato di calce . Silicato di ferro . Scie N z E gr. 6,3405. gr. G,3236. gr. 5,5312. gr. 8,5000. gr. 0,1000. gr. 1,6000. gr. 0,6000. gr. 28,9953. Perdita gr. 1,0047. gr. 30,0000. DELL' ACQUA LANCISIANA. Dal Giannicolo sorge quest* acqua appiè della salita di s. Onofrio , ed ha avuto un tal nome dal Gel. medico Lancisi che fu il primo a commendarne l'uso. Clemente XI la fece condurre nell' ospedale di s. Spirito , e ne fece innalzare una fontana sulla ri- va del Tevere, come si rileva da una iscrizione dell' anno 1720. Essendosi però in questi ultimi tempi in- grandita la fabbrica del detto ospedale, questa fonte divenne inaccessibile. Pio Vili di felice memoria, vo- lendo che il pubblico tornasse a godere del benefi- zio di quest' acqua , ordinò che con la medesima si erigesse una nuova fonte nel lato sinistro del porto Leonino. Il che fu eseguito nell'anno 1 830 mercè dello zelo e delle cuie di monsignor Lancellotti presidente delle acque e strade , e di monsignor Cioja commen- datore di s. Spirito (a). {») Rlvum aqune cui caput in vaticano monte bonitate cae- teris ìu urbe pfaccellcateni a Clemente XI P. M. ripara iisque Acque di Roma '133 RISULTATI DELL'ANALISI DELL' ACQUA LANGISIANA. CARATTERI FISICI. Limpidezza perfetta : odore nullo : sapore nullo. Temp. dell'acqua 12.0 R. ... ^^ . .^^^ „ v Terap. dell' ada 19.o R. (li 28 giugno 1828 ore S.ant.) Temp. dell' acqua 12.0 R. ,. ^ , T ^ j IP • /ic -. D (h 28 agosto 1828 ore 9 aut.) lemp. deli aria 1b,o R. ^ ° ' Peso specifico: 1,0007 alla temp. di I8.0 R. CARATTERI CHIMICI. Gon la tintura di tornasole : niun cambiamento. Con la tintura di curcuma : idem. Coir ossalato di ammoniaca : leggero annebbiamento. Coir idioclorato di barite : sensibile intorbidamento. Col nitrato di argento ; precipitato sensibile. Coir ammoniaca caustica : leggero intorbidamento. Coir idroferrocianato di potassa : niun cambiamento. Da 656 centimetri cubici di acqua, pari in peso a on- de 23 denari 3 gr. 1G, si sono sviluppati 20 centim. cubici pari a poi. cubici ...... 1,0082, i quali corrispondono a centim. cub. 3,0487 per 100 ed a 0,5757 poi. cub. per ogni libbra medicinale. Questi 20 centim. cub. di gas erano formati di 8,5 di gas acido carbonico pari a poi. cub. . 0,4285* Tiberìs primum dediictum Plus Vili. P. M. ob prolatas no- socoraiì aedes aditu intercluso firmiori ductu et ampliorì mo- dulo usui Traastiberinae regionis extructo fonte restiluit an- no i83o Antonio Cioja raagistro s. Spirlt. Aloysìo Lancellotto cur. viar. et aquar. 134 Scienze 3,5 di gas ossigeno pari a poi. cub. . -. 0,1764. 8, di gas azoto pari a poi. cub. . . . 0,4033. L'aria racchiusa in quest' acqua, secondo queste proporzioni, sarebbe formata di 30,4 di ossigeno, e 69,6 di azoto. Libbre 10 di acqua evaporate fino a siccità han- no somministrato grani 41 di sostanze fìsse , le qua- li sono state trovate composte di Idroclorato di soda • g^* 6,1197. Idroclorato di magnesia ..... gr. 5,1588. Solfato di magnesia gr. 6,3633. Carbonato di calce ...... gr. 17,5000. Ossido di ferro con qualche traccia di alumina gr. 1 ,5000. Solfato di calce ........ gr^ 3,0000. Silicato di ferro . -. . . . . . . gr. 0,5000. gr. 40,1418. Perdita gr. 00,8582. gr. 41,0000. DELL' ACQUA DELLA FONTANA DEL PORTO LEONINO. Quest' acqua h una derivazione di quella della fontana che è situata al di fuori ed al lato destro della porta Cavalleggeri. Sorge a picciola distanza dalle radici del prossimo Gianicolo sotto la villa Ter- roni oggi Marescotti , e precisamente nella vigna Ca- stiglioni ora spettante, come dicesi, all' avv. Tofanellii tu per la prima volta allacciata quest' acqua per or- dine di Pio mi; ma essendosi perduta per le viceu- Acque m Roma 133 de del tempi, fa ridonata al pubblico da Clemente XI, come rilevasi dalle lapidi che ivi esistono (a). Smar- ritasi, di nuovo fa rintracciato , spurgato e risarcito tutto il condotto sotto Pio VII, e nel 1827 ne fu derivata una porzione per la fontana che venne innal- zata per ornare il nuovo porto sul Tevere avanti il palazzo Salviati, costruito per ordine di Leone XH di felice me- moria , ed altra porziona ne fu destinata e condot- tata al braccio nuovo dell' ospedale di s. Spirito, ';^'c ' 0 RISULTATI DELL'ANALISI DELL' ACQUA DELLA FONTANA DEL PORTO LEONINO, CARATTERI FISICI, Limpidézza perfetta : odore nullo : sapore nullo, Temp. dell'acqua 16° 5 R. •( li 28 agosto 1828 ore 9 è Temp, dell'aria IG.» R* ( antim. Peso specifico = 1,0005 alla Temp. di 18» , 5 R, CARATTERI CHIMICI Con la tintura di tornasole : niun cambiamento. Con la tintura di curcuma : idem. Coir ossalato di ammoniaca: annebbiamento sensibile. Coir idi-odorato di barite : idem. Col nitrato di argento : precipitato abbondante. (a) Pius UH Pont. Max. ulilitatì publicae et commodita- ti aequitutn custodiae. Pont, anno sai, M.D.LXV. Aquam utilitati publicaQ et comn^oditatì aecjuitum custo- diae quara Pius IV. Pont. Max, perducendàm curaverat, quae- que in usa esse desìerat, Clemens XI. Pont. Ma*, restituii an-> * no sai. MDGGXIII. Pont. XIII. 136 Scienze Coli' ammoniaca caustica : intorbidamento. Coir idroferrocianato di potassa : niuu cambiamento. » Da 656 centimetri cubici di acqua, pari in peso a oncia 23, denari 3 , e gr. 16, si sono ottenuti 24 centimetri eubici di gas pari a poi. cub. 1,2099. Que- sta quantità, di gas corrisponde a 3, 6585 cent. cub. per 100; ed a poi. cub. 0,62708 per ogni libbra medicinale. I 24 centim. cub. di gas erano composti, di 13 cen. cub. di gas acido carbonico pari a poi. cub. 0,6553. di 1 di gas ossigeno pari a poi. cub. . 0,05041. di 10 di gas azoto pari a poi. cub. . 0,5041. Quest' aria atmosferica era perciò composta di 9,09 di ossigeno e 90 , 91 di azoto. Libbre 10 di acqua hannp somministrato coli' eva- porazione gr. 30 di sali , i quali erano formati di Carbonato di soda . . - ^o*: fiiló'ko'tg''- 1»4525. Solfato di soda . ... l o.oO> - gr- 1,2135. Idroclorato di soda . . ,ji .o.;i. . gr. 6,32659. Carbonato di calce . . , £000,^ > gr. 16,0000. Ossido di ferro con allumina. . . . gr. 1,0000. Solfato di calce . . . ., . . . . gr. 2,2000. Silicato di ferro ........ gr. 0,8000. gr. 28,9919. Perdita gr. 1,0081- gr. 30,0000. DELL'ACQUA INNOCENZIANA. Dal Gianicolo ha origine ancora l'acqua inno- cenziana, che forma una fonte al principio della sa- lita che va a S. Pietro Montorio. Fu quest'acqua ria- Acque di Roma 437 venuta in occasione che Innocenzo XI fece di nuovo costruire le mole al Gianicolo^ che mise in azione coli' acqua Paola. Assicuratosi il pontefice che quest* acqua proveniva da una sorgente di quel colle, e non da una filtrazione dell' acqua Paola , come si era credulo in principio , ordinò che si allacciasse , e se ne formasse una fontana che prese da lui il nome. .; ... oJj/)OÌ')0'iÌ)L RISULTATI DELL'ANALISI ^ ^j^OIoa DELL' ACQUA . INNOCENZIANA:. lolooiLI ' .laiili ib ohheO CARATTERI FISICL mirtwìn oiprod'if') Limpidissima: sapore nullo: odore nullo. Temp. dell'acqua 12.o R. (li 3 settembre 18129 ore 5 Temp. dell'aria 18.» R. ( poraerid. Peso specifico = 1,0005 : alla Temp. di 16o R. CARATTERI CHIMICI. Con la tintura di tornasole : niun cambiamento. Con la tintura di curcuma : idem,/ 'JvTi'li * Coir idroclorato di barite : intorbidamento sensibile. Col nitrato di argento : precipitato a coaguo. Coir ossalato di ammoniaca: intorbidamento sensibile. Coir ammoniaca caustica : leggero appannamento. Coir idroferrocianato di potassa : niun camiiamento. Da 620 centimetri cubici di acqua, pai in peso a onde 21, denari 21, gr. 4, si sono sviluppai 12 cen- timetri cubici di gas pasi a poi. cub. 0,i049. Questa quantità di gas corrisponde a ^9354 pe' 400, ed a 0,3317 poi. cub per ogni lilbra mcd- cinale. ,;■',. -, [ Li 42 centim. cub. di gas erano forniti di ,,, , 2 di gas acido carbonico pari a poi cu). 0,1^08. 138 Sii CV'I E N ? E 3 di gas ossigeno . pari a poi. cub. i i 'i3o .ii!0,1512. 7 di gas azoto pari a poi. cub. . . . . 0,3528. Secondo questa proporzione l'aria atmosferica era formata di 30 di ossigeno , e 70 di azoto. Da libbre 10 di acqua evaporata fino a siccità si sono ottenuti grani 25 di sostanze fisse , le quali si trovarono composte di Idroclorato di magnesia * . . . . gr. 4,0615. Solfato di magnesia gr. 5,3035. Idroclorato di soda • gr- 2,4185. Ossido di ferro con qualche traccia di alumina gr. 1,0000. Carbonato di calce . ^ gr. 9,7000. Solfato di calce ......... gr* 1,2000. Silicato di ferro . . gr. 0,3000. gr. 23,9895. Perdila gr. 1,0105. laaiT _ __ gr. 25,0000. -. 'uOi-.j.-ini) ; ; . . ., DELL'ACQUA DI S. DAMASO. ■ « (O Ha Dreso quest' acqua un tal nome dal pontefice S. Damas) , il quale circa l'anno 3&'7 ne fece rintrac- ciare congrandi scavi la sorgente : e rinvenuta, la strin- se in un condotto, come si rileva da un' iscrizione che fu riposta nelle grotte sotto alla tribuna di S. Pietro. Prudenzio parla di questo fonte ne' suoi inni sacri ' hymn. 12), ed ha origine a circa 3 quarti di mi- ^io dalla lasilica vaticana fuori di porta Cavallcggieri nd sito letto S. Antonino. Innocenzo X nel 1649 la diramò, e la distribuì in varii luoghi vicini , e ne conlusse orzione nel primo cortile del palazzo Vati- cano conti[uo alla scala per cui si va alla bibliote- ca e\ al nuseo. Acque di RomX. 139 RISULTATI DELL'ANALISI ib oJaiio?; DELL'ACQUA DI S. DAMASO. ' CARATTERI FISICL'"i3Ì kh « Limpidezza non perfetta : sapore leggermente terroso t odore nullo. Terap. dell'acqua I6.0 R. ) li 16 luglio 1829 alle ore T Temp. dell' aria 20. 0 R. ) pomerid. Peso specifico =« 1 ,0004. alla temp. di 18.° R^ CARATTERI CHIMICL Con la tintura di tornasole : niun cambiamento. Con la tintura di curcuma : idem. Coir idroclorato di barite : annebbiamento sensibilei'- Col nitrato di argento : precipitato a 5,fi. I „,. ,,,0,5. I gr. S.oj.Q. | gr, o,4ooo. | gr. 6,35iS. j gr. .,6„o„. | gr. .,,4n„o. r.i.l.l. = gr. l.34ua — Totale de produlli fissi uv -io. ~" QUADRO GENERALE DEI PRODOTTI OTTENUTI DALL' ANALISI CHIMICA DELL' ACQUA FELICE. Tav. ih. CARATTERI FISICI Temperatura 12.0 R. Limpidill 1 Sapore , 1 non perfetta. | „„1|„ j Odore 1 Peso sp nullo ( alla Te ecilico = 1,001. 1 mp- di 18.» R. 1 CARATTERI CHIMICI 1 Conia di curcuma cambiamen tintura 0, Cor di tor la tintura asole: niun mento. Coir idroclorato Col miralo di di larile : leggero argento ; precipita- C bida ir ossalato di aca ; intor- ito. Coir ammoniaca caustica : leggero appannamento. Coir idroterro- cianato di potassa 1 niun cambiamento Prodotti elastici oltenu ti da 656 centimetri cubici di acqua pari in peso a »nc e a3 denari 3. e grani 16 (p eso medicinale). Gas a Gas 0 Gas a ido car sigeno bonico — centimetri cullici — 4- = P^ii ^ pollici cubici II 20 fr l Totale de'prodotti eia .5,=; i; cubici - .6, pari a poi siici centimetri cub. o,.Sol)6o. — — S. = Prodotti fissi ollenuli da libbre io. (peso medici ual G) di acqua Felice. IJroclorato grani 1 di sod. 3836 ICarbo 1 g nato di sodai Solfalo di soda ICarbonalo di calcel S . i,3Sa8 1 gr. I,s.8i,3 | gr. 16,0000 | 11. Si- lo di calce ll'rotossido di ferro 5,0000 1 gr. 0,6000 1 Silicato di ferro 1 gr. 0,4000. Malpi a cralliva - cr. o.inoo _ Perdita - sr o,.,5nS - ro ile do' pindolli fissi grani ifi. Tav. IV- QUADRO GENERALE DEI PRODOTTI OTTENUTI DALL' ANALISI CHIMICA DELL ACQUA DEL GRILLO. CARATTEIU FISICI i Temperatura 1 .1.0 B. j Limpidità 1 Sapore 1 perfetta | nullo | Odore 1 Peso specifico = i ,ooo5. nullo 1 alla Temp. di .7.0 R. tlARATTERI CIH.MICI Con la tintura Con di curcuma : niun di torna cambiamento. cambiai la tintura sole : niun nenlo. Coir idrocloraln Col nitrato dil Coli' 0 di barite : intorbi- argento ; intorbi- ammonia damento sensibile, damento sensibile. 'ro inlorb salato di a ; legge- danicnlo. Coir ammoniaca j CoU' idroferro- 1 caustica : niun^iani-'cianato di potassa' 1 biamento. niun canibìaniente™ Prodotti clastici otten ti da 656 ccutimelri cubici di acqua pari in peso a once ■i3. denari 3. e gr. 16. (peso medicinale). |l Gas acido carbonico - Gas ossigeno Gas azolo — centimetri cubici = 2,5. pari a pollici cubici =o,ia6o. -3,5 -0,1764. f Totale de'prodotti elaslìci cenliin. cub. f i5. pari a poli. cub. 0,7561. 1 1 Prodotti fissi ollenuli da libbre io. (peso medicinale) 1 1 acqua del Grillo. 1 ;Carbonato di sodalldroclo 1 qrani 3,.,r',<, ( gr. alo di sodai Solfalo di soda IProlossido di fcrrol Carbona 3,875- 1 gr. 3,5959 1 gr o.iooo | sr odi calcel Solfato di calce Silicato d, ferro j 1 Peidlta _ grani_o,.o;,5. - Tol.le il,- (.n^;,!.!. "^' "'■ '"■ ■ DEI FRODO tnperatura i4<' R. a tintura Tia : niun nto. C di to carni tti elastici ott acido carbonic ossigeno azoto di soda ),34o5. Idi QUADRO GENERALE Tav. vii. DEI PRODOTTI OTTENUTI DALL' ANALISI CJIIiMICA DELL' ACQUA DELLA FONTANI DEL PORTO LEONINO. CARATTERI FISICI lomperatera , L,mp,d,la , Sapore | Odore 1 Peso specil.co = l,oou5. "'-'•K- ' P'^'l'^"» 1 nullo 1 nullo | alla Temp. di ,8." 5. R. CARATTERI CHIMICI 1 Con la tintura Ji curcuma : niuD csn.l.l;wneiito. Con la tintura! Coli' idrocloralo di tornasole: niun'di barite : anucbia- oambianicnto. inento sensibile. Col nitrato di argento ; precipita- to abbondante. C.dP ossalato di blaniento sensibile. caustica ; iotorbi- damcuto. Coir idrofcrro- niun cambiamento. Prodotti elastici ottenuti da 056 centimetri cubici di acqua pari in peso a once 23, denari 3, grani i6 (peso medicinale). G« acido carbomco — centimetri cubici = IJ. = pan a pollici cubici = o,6553. j ^ ,..,•, ■■ C.as ossigeno — = I. = -oo'^n' \ Totale deprodotli elastici centimetri i;« nzoTo. _ = IO. = ...;::: I lf°C,'. S ">'"" = ^4, pari a poli, cub, .,.093. 1 Prodotti fissi ottenuti da libbre lo. (peso medicinale) di acqua del Porto Leonino. L.,rl,-m,ito di sodai Solfato di soda lldroclor.t.. di soda ICarbonalo di calce! Solfato di calce lOs.di ferro con alu. 1 Silicato di ferro 1 Bi.1.11 i,,:,jj 1 gr. .,^i.:.> | gr. G,3..5,, | gr. ,6,oooo ) gr. 2,:!ooo | gr. i.oooo | gr. o.Sooo. 1 l'.r.lm, — gr I on,Si — T. Itale de' prodotti fis^i — grani 3n. QUADRO GENERALE Tav. VIII. DEI PRODOTTI OTTENUTI DALL' ANALISI CHIMICA DELL' ACQUA IN.NOCENZIANA. CARATTERI FISICI Teoq.cratur, Limpolilà pelfuia Peso speciUco= i.ooo! alla Teiiip. di iti.oR. CARATTERI CHIMICI Con la tintura! Con la tintura! Coli' idroclorato curcuma : niun di tornasole : niun di barite : intorbi- mbiamonto. Icambiamento. |damento sensibile. Col nitrato di! Coli' ossalato di | Coli' ammoniaca | Coli' idroferro argento: precipita-! ammoniaca:intorbi-lcau5lica : leggero [cianato di potassa:, to a coagulo. Idaniento sensibile, appannamento. niun cambiamento Prodotti elastici ottenuti da 6.... cenliuietri cubici di acqua pari in peso a once .,, denari .., grani 4. (peso medicinale). r.as acido carbonico — centimetri cubici =: ■ ■ pan a pollici cubici = o. i cubici = o,too8. 3 T, , , , , - o i5i2 S Totale de Prodotti fissi ottenuti da libbre io. (peso medicloale) di acqua li "".rlT*," ^'Jf' Nroclora.o di raag.jSolfato di magnesia ICarbonato di calcelOss. di fer. con alu. 1 Solfato di calce Silicato d, ferro grani ...jlSS | gr. 4.0675 | gr. 5,.^.,35 | gr. 3.7000 | g,. , ,o.,„„ | ^,. , ,„,o„ ^,, „,-„,„„ :^ ''■■'■l"» = Sr i.on,5-T„i.lcde- ncdolli fissi gr. -K,. QUADRO GENERALE Tav. V. DEI PRODOTTI OTTENUTI DALL' ANALISI CHIMICA DELL' ACQUA DI S: FELICE. CARATTERI FISICI Temperatura 1 ■^ R. 1 Limpidi,! j Sapore | perfetta ( nullo | Odore 1 nullo 1 Peso spcc alla Te, fico = 1,00025. p. di 11.' R. C.Ul.U'TERI Cm.MICI Con la tintura di curcuma : niun camliiamento. Coi di toro cambia la tintura asole : niuii mento. Coli' idroclorato di barite : intorbi- damento. Col nitrato di argento: intorbida- mento. Coli' ossalato di aniniouiaca : intor- liidaincoto. Coli' caustica appena : intorbid. visibile. Coir idrofeno- cianato di potassa ; niun cambiamento Prodotti elastici otten li da 656 centimetri cubici di acqua pari in peso a once q3. denari 3, g ani 16. (pe so medicinale). Gas acido carbonico Gis azoto — centimetri cullici — i,d — - pari a pollici cubici = "'"1°- ) Totale de' prodott pari a pò elastici cent, cub. o.;5o9. Prodotti fissi ottenuti da libbre to. (peso medicini !c) di acqua di S. Felic Carbonato di sodalldrocli. gr»ni 6,3io5. 1 gr. rato di sodai Solfato di soda IPiotossido di ferrolCa G,3«n, 1 gr. 5,53,,. | gr. 0,1000. | ■ lionato di calce! Solfalo gr. 8,5ooo. 1 gr. di calce I,6ooo. Ptidlta — gr. i,oiiJ7 — Totale de' prod< ni fissi gr. 3o. Tav. vi. QUADRO GENERALE DEI PRODOTTI OTTENUTI DALL' ANALISI CHIMICA DELL ACQUA LANCISIANA. CARATTERI FISICI Limpidil perfetti alla Temp. di iS.» R. CARATTERI CHIMICI Con la tiutura Con la tintura Coli' idroclorato Col nitrato di Col!' ossalato di Coli' i di tornasole : niun di barite : intorbi- argento : precipi- amniuuiaca : legge- caustica : legg biamento. damento sensibile, lato sensibile. ro anni to. intorbidamento. Coir idiofi:rro- anato di potassa : un camliiamentii. Prodotti clastici ottenuti da 656 centimetri cubici di acqua pari in peso a once 23, denari 3, gr. 16. (peso medicinale). Gas acido carbonico - centimetri cubici = 8,3. pari a pollici cubici = o4„s5. } .j,^,,,^ de' prodoti! elastici centi,,,, cub. Gas ossigeno - =3,5 = "•;;i'W m. pari a poli. cub. ,,oo8a. Gas azoto — = 8,0 = u.i.oi. S ^ ' Prodotti fissi olleoul! da libbre io. (peso medicinidi'! ''■ acqua Lai Idrocloralo di sodalldrocl. di magnesialSoIfato di magnesia lOs. di fer.conalum.l Car!ionalo di calce] Solfato di calce | Silicato di fen granl6,,,c,j I gr. S,i583 | gr. 6,3653 | gr. I,5ooo | cr i:,5oo„ | gr. ".oom, | gr. o.Sooo, ■ Totale de- i.n.auH, li- i::illoc "j.l(i-)rfp (,,-->•( QUADRO GENERALE DEI PRODOTTI OTTENUTI DALL' ANALISI CHIMICA DELL' ACQUA DI S. DAMASO. Tav. IX. C.UIATTERI FISICI Temperatura 1 Limpidità 1 Sapore 1 Odore 1 non perietta | leggermente terroso ( nullo 1 Peso spe 1 alla Te cirico= 1,0004 np. di 18.0 R. CARATTERI CHIMICI Con la tintura Co ]| curcuma : niun di tor camhiamcnto. cambi n la tintura Coli' idroclorato aasole : niun di barite : annebia- jmento. mento sensibile. Col nitrato di argento : precipita- to a coagulo. Coir ossalato di | namento sensibile, a Coir ammoniaca Coli' idroferro. nlu°ncambiamcmo. Prodotti elastici otte luti da 620. centimetri cubici di acqua pari in peso a once 11, denar 21, grani 4. (pes 0 medicinale). Gas acido carbonico Gas ossigeno Gas azoto - centimetri cubici = 0, 5 - pari a pollici cubici = o,o25, 2 ^^^ = :::.:: =6:25= ;:::;: : S ^"'>- 9- le de' prodotti e pari a pollici ci astici centlm. bici o,453tì. Prodotti fissi otteauii da libbre io. (peso medicinale) di acqua dì S Damaso. Carbonato di sodai Solfa grani 1,8442 | g to di soda .Idroclorato di soda jCarbouato di calcelProlossìdo di ferro! . 2,^656 1 gr. 6,0788 1 gr. 6,2000 ( gr. o,4ooo | Solfato di calce gr. 1,1000 Silicato di ferro gr. o,5ooo Perdita = gr. 0,3ii4 — Totale de' prodotti fissi gr. 19. QUADRO GENERALE Tav. X. DEI PRODOTTI OTTENUTI DALL' ANALISI CHIMICA DELL' ACQUA DELLE API. caratteri FISICI Temperatura I Limpidità 1 Sapore 1 12.0 It. 1 perfetta | nullo | Odore nullo 1 Peso specinco = 1,0004. I alla Tcmp. di 18.° R. CARATTERI CHIMICI Con la tintura di curcuma : niun cambiamento. Con la tintura di tornasole : niun Coir idroclorato di barite ; intorbi- damento sensibile. Col nitrato di Coli' 0 argento : precipi- ammoniac tato a coagulo. pitato sen salato d Coir ammoniaca] Coir idroferro- caustica ;lcggerissi- cianato di potassa ; mo anuebiainento. niun cambiamento Prodotti elastici ottenuti da 620 centimetri cubici di acqua pari in peso a once 21, den ari 11, gr. 4- (peso medicinale]. Gas acido cat Gas ossigeno bonico - centimetri cubici = 2,5. pari a pollici cubici = o,.2fio. l Tota e de'prodotli elastici cenlim. cub. pari a polL cub. o,63oi. — -"5 . .= 0,3781. Prodotti fissi ottenuti da libbre 10. (peso medicinale) di acqua delle Api, r,.,rbon.ilo di sodai Solfalo di soda [Idroclorato di soda ICarbonato di calcel Os.di fer. gr.,ni ,,,;:.S | gr. 2,Slfi39 1 gr. 4,3,44 | gr. 9,0000 | gr. 0 7000"'" 1 SullMo di calce j Silicato di ferro 1 gr. l.7or,o 1 gr. o,8 - > Versione di Vid.ì^ . • ib7 bisognosi , fu d'uopo che abbiamo una guida sicura, per non cadere e smarrirsi , battendo il cammino delle lettere cotanto difficile ed aspro ; io allora , se vedes- si che le sue parole a ciò solo intendessero , più cau- to sarei nel biasimarlo : ne affatto parlerei , se scor- gersi ch'ei, come vogliono taluni, ragionando dei furti, intenda dei soli modi della elocuzione. Imperciocché egli intende altresì d?lle cose , ed in questa idea si arresta e grida .- ,, Volendo che i giovani rubino qua e Ik , si adornino dei pensamenti degli antic i , si val- gano dei loro esiraii ritrovati , e mutando cauti l'or- dine delle cose rubate , onde non sia riconosciuta la loro preda, ingannino il lettore. „ Le quali idee fo- mentano a dismisura la ignavia de' giovani , e teu" dono a distruggere non a formare poeti : ed io al som- mo mi maraviglio , come dall' ingegno del Vida , pie- no di dottrina e di giudicio , possano uscire opinioni SI false , e sì contrarie al vero scopo di un maestro filosofo. Io perciò , mio buono amico , soggiungo li- beramente , che non posso leggere senza dolore tutti .quei passi , in cui parrai che il poeta deliri. Chi non freme , per esempio , leggendo i seguenti versi ? Aspice , ut exuvlas veterumque inslgnla nobis Aptemus. Rerum accipimus nunc clara reperta , Nunc seriera,atque animum verborum,verba quoque ipsa, Nec pudet interdura alterius nos ore loquutos. Cum vero cultis moliris furta poetis Cautius ingredere , et raptus raemor occule versis Verborum indiciis , atque ordine falle legentes Mutato. Chi è colui che non si accorge dell' immenso pe- ricolo che chiudono "? E chi è mai quegli che possa leggere i seguenti senza stupirsi di maraviglia ? 158 • Lkttbratuha Ergo agite o mecum securi accingite furtis Una omnes , pueri , passimque avertite praedam; Infelìx autem ( quidam iiain saepe reperti ) Viribus ipse suis temere qui fisus et arti , Externae quasi opis nihil indigus , abnegai andax Fida segui veterum vestigia, dum sibi praeda Temperat heu nimium , atque alienis parcere crevit : Vana superstitio. Ma checché sia di tali cose, le si lascino pure : Ubi pliira nitent . . . non ego paiicis offendar maculis. Le produzioni dell' uomo non sono mai senza pecche , ed il Vida pagò un tributo alla debolezza dell* uma- na natura. Mi rivolgo a voi, egregio amico mio. L'opera, su cui attendeste il pensiero, è tradotta con fedeltà ac- coppiata a forza e ad eleganza : non rare volte vi ho veduto emulo, non traduttore del Vida : spesso mi siete apparso con propria veste , ed ho creduto che leggessi un' opera concepita in italiana favella. Con mi- rabile forza sono da voi ritratti gli avvenimenti prin- cipali degli omerici e virgiliani poemi , che fan tanto sfoggio sotto la penna del poeta cremonese : con ma- gnifica pompa sono ritratte le laudi di Virgilio tes- sute da lui con tanta verità ed eloquenza : il vostro stile b italiano , ed è quello eh' era mestieri adope- rare , traducendo un' opera di simil fatto. E se il Vi- da , da valoroso maestro , insegna coi precetti e coli' esempio medesimo de' suoi versi , a rendere evidente il pensiero per mezzo de' suoni e de' ritmi corrispon- denti , che vuol dire coli' armonia imitativa ; voi avete con tanto accorgimento volgarizzato quei passi , in cui si richiedea che la parola imitasse col suono l'espres- sione del concetto , che non puossi ottenere da chic- Versione di Vida 159 cliesia più felice risaltamento. Insomma voi senza al- lontanarvi dal testo vi siete imbevuto delle idee del poeta , e le avete distese , secondo dettava la vostra mente , così bene nutrita delle classiche bellezze dei nostri grandi scrittori. E cosi facendo, avete solen- nemente manifestato di sentire tutta la filosofia del tradurre. Imperciocché a me sembra fuor di dubbio, che chi voglia bene ritrarre nel proprio idioma uno scrittore è forza che si penetri del sentimento di esso, infiammi il suo spirito del medesimo fuoco , e si met- ta , per COSI dire , nella sua stessa posizione : poten- do in cotal modo solamente rendere nel proprio lin- guaggio tutte le qualità che costituiscono l'indole dell* opera che si traduce. E siccome lo stile è la carat- teristica principale di uno scrittore , cosi fa d'uopo studiarlo attentamente , non essendo sempre lo stes- so, ma variando al variar delle idee e del subietto. Cornelio Bentivoglio volgarizzò la Tebaide di Sta- zio con grandissimo senno : poiché fu fedele al testo , e non privo di dignità e di castigatezza nel verso e nella lingua : e se il suo stile degenera talvolta nei gonfio, non è da imputarglielo a colpa, che gonfis- simo è quello del latino poeta ; anzi io credo che colpa di questo volgarizzamento sia quella che com- mise il Bentivoglio allorché volle temperare, più che la ragione del tradurre dimandasse , la natura dello stile del poema che traducea. Perlocchè io son di pa- rere die se lo stile di un' opera è dolce ed armo- nioso, si dee nella traduzione cercar di conservare la dolcezza e l'armonia originale ; se è forte ed energi- co , l'energia e la forza ; se è aspro o gonfio , l'a- sprezza 0 la gonfiezza. Cosi mal farebbe chi tradu- cesse in francese Metastasi© collo stile del Crebillon, ed Alfieri con quello di Racine : ovvero chi volga- rizzasse Cicerone collo stile , con cui saetta il segre- ?160 Letteratura .tàrio fiorentino. Del che mi lusingo esser ichiara la ragione : le traduziotii servono per far conoscere gli stranieri scrittori a coloro, che ignorano le lingue , in cui eglino scrissero. E come si potran mai conoscere se non conservano le principali qualità , che carat- terizzano l'opera che si ritrae ? Io dunque credo che ciò non si potrà mai ottenere , se non si colpisce , come voi operaste , nella mente dello scrittore , tra-r slatando non le sue voci , ma le sue idee , e dan-^ doci poesia per poesia , e Bellezza per bellezza. Di- fatti il Salvini , il Pastore , e il Rolli , senza par- lare del Dacier , del Maucroix , del La Motte , del Segrais , perchè stettero alla parola , e furono schiar vi di essa, ne diedero versioni fredde stentate ed oscure. E pure il Salvini e il Dacier , essendo dottissimi uo- mini , dovevano considerare , che l'idea di uno scrit»- .tore mal si trasporta in altra lingua colle meder sime voci del testo ; perocché tutte le voci non suo- nano l'istesso in tutte le favelle. E senza ricordare Ora-- zio che avvertiva i Pisoni , e cop esso loro gli uo- mini di tutti i secoli , a non tradurre mai un' opera parola per parola , mi è qui bello ornare le mie carte della sentenza di M. Tullio : Converti ex atticis^iiec converti ut interpres , sed ut orator sententiis iisdem et eariim formis tanquam fìguris , verhis ad nostram consuetudinem aptis : in quibus non verhinn prò ver- bo necesse , sed genus omnium verhorum vimque ser- vavi. ]\on enim ea me annumerare lectori piUan)i opor- t,ere , sed tamquam appendere» Le quali filosofiche ve- rità furono pienamente conosciute da quel sovrano in- telletto di Annibal Caro , che facendosi dà esse con- durre ci diede l'Eneide volgarizzata nel moplo forse che si potea migliore da umano ingegno ; di guisa, che verrà sempre letta con entusiasmo dalle varie gé- uerazioni , che saran per succedere, e sarà in ogni. Versione Di Vida 461 tempo dai sapienti riputata uno dei più preziosi gioiel- li , clie fosse comparso nel secolo deciraosesto ad ar- riccliire l'italiana letteratura. Il glorioso volgarizzamento di Annibale mi ri- corda quello delle Metamorfosi di Ovidio , fatto dall* Ang-uillara cogli stessi principj inconcussi, e che deesi valutare di gran momento , posto pensiero alle immense difficolta che dovette vincere il traduttore. Impercioc- ché le infinita dc'connubii , e le innumerevoli trasfor- mazioni , a cui soggiacquero gli dei d'Esiodo , fareb- bero cadere in bassezze ed in perpetua monotonia qualunque traduttore , die non avesse ereditato graa parte della fantasia di Ovidio : e non è possibile che tutte quelle varie vicende si possano ritrarre in un lin- guaggio moderno , senza che il poeta si spazii , ed a modo suo le presenti. Io pure convengo che l'Anguil- lara si è talvolta scostato dal testo, stemperando i con- cetti del sulmonese : ma se ciò non avesse fatto in un'opera bizzarrissima , come le Metamorfosi sono, sa- rebbe caduto nel secco , mostrando lo stento in ogni parte , e rendendosi noioso ed inin'elligibile. L'An- guillara però è maraviglioso nella felicità dell' espres- sione , maraviglioso nella copia del dire , e nella va- ghezza delle immagini e dello stile , che si potente- mente si manifestano nell'originale: quindi io non m'in- ganno dicendo , che una mente feconda al pari di quella del latino poeta poteva solo tradurre con tanto va- lore il più bizzarro e più difficile poema, che ci abbia tramandato l'antichità. Ne questi frutti squisiti della mente umana si sarebbero potuti ottenere coi principj che guidarono e il Salvini e il Pastore e il Rolli. Perlochè fa d'uo- po conoscere la filosofia dell' arte dillicile di tradur- re , onde tenersi a quella via di mezzo , che sola può condurre a buon porto , come a buon porlo lau- G.A.T.L. 11 f62 Letteratura ti valorosi uomini condusse. E qui cade in acconcio riferire le parole di Luigi di Caluisac , che si cal- zano al nostro bisogno : Rieri de plus difficile^ egli scrivea , et rien de plus . rare en effet que de gar~ der un juste milieu entre la licence du commentai- re , et la servitude de la lettre. Un attachement trop scrupuleux à la lettre dètruit V esprit , et e est Vesprit qui donne la vie : trop de Uberto dètruit les traites caracteriques de Voriginal , ou en fait une copie infidelle. Le quali sentenze vengono appieno con- solidate dagli esempi di due uomini famosi , che spin- gendo agli estremi l'uno la rigidezza , l'altro la li- cenza, tradirono le speranze italiane, e buttarono le loro lunghe fatiche, senza rendere alcun servigio alle lettere. Bernardo Davanzati volgarizzò la consolare storia di Cornelio Tacito , cercando di pareggiar l'o- riginale nella quantità delle voci , e facendo enorme abuso di vocaboli plebei, e di tutti i modi piiì bassi del fiorentino dialetto: dimodoché sacrificò spesso l'ele- ganza e la chiarezza , e sempre la storica forza di quel profondo pensatore. Colpa non picciola, che fé manifesta la mente ingegnosa del traduttore , e mo- strò neir istesso tempo che la favella di un dialetto può forse convenire alla commedia pei sali cittadine- schi di che abbonda , ma non potrà mai essere con- facente alle opere grandi e filosofiche, che richieggo- no un linguaggio nobile ricco e maestoso. Dall'altra parte poi Melchior Cesarotti , dottissimo uomo e som- mo conoscitore della greca favella , ritrasse in nostro linguaggio il maggior poema che avesse la terra, mu- tilandovi, con inaudita audacia , delle parti , sostituen- dovene delle altre , e facendo dire sovente ad Ome- ro ciò ch'egli non pensò mai : diguisachè guastò del tutto il gigantesco edifizio , che avea fondato qucU' immenso ingegno , che cozza coi secoli , ed e desti- Versione di Vida 163 nato a vivere quanto vive il sole. E che modo h adun- qua questo di tradurre ? E come si può portare la mano ardita sulle opere degli alti ingegni , senza sen- tirsi mordere la coscienza per la colpa che si com- mette ? Le opere dei grandi debbonsi rispettare qua- lunque elle sieno ; i loro stessi errori ci sono di lume e di ammaestramento : e quanto h più vetusto uno scrittore , tanto più merita la riverenza delle genti. Dalle quali cose tutte possiam quindi liberamente con- chiudere, che la difficolta del ben tradurre consiste nel sapersi allontanare del pari dalla schiavitù e dal- la licenza , conservando tutte le idee dell' opera che si traduce , e l'indole dello stile in essa adoperato. Io però credo, che a fin di conseguire cosi im- portante obbietto h mestieri che il traduttore abbia in certa maniera i medesimi principj dell' autore che imprende a traslatare. Imperciocché allora potrebbe agevolmente penetrarne lo spirito più recondito , e con forza, verità ed energia, che in se medesimo sente , tradurne i più difficili concetti^ Quindi, a parer mio, un uomo inclinato alla tirannide malissimo tradurreb- be l'opera di uno sqrittor liberale; malvagiamente un' opera di teologiche dottrine sarebbe volgarizzata da chi in Dio non crede ; e i precetti di un uomo vir- tuoso non potrebbero essere mai ben tradotti da chi non ha altro idolo che il vizio. Perlochè bene a ra- gione il conte di Roscomon , seguendo il sagace con- siglio del d'Alembert, volea , che chi traduce doves- se scegliere l'autore , come farebbe di un amico , ac- ciocché fosse non tanto un interprete di lui , quanto un altro lui stesso. Difatti se l'Alfieri , volgarizzando l'Eneide , non apparve quel grande che fu sempre , se ne dee riconoscere la causa dall' indole forte del suo stile , e dall' energia del suo carattere , che mal si conformavano alla delicatezza e all'armonia , ch'erau 11* 164 LsTTERATUnA l'anima del mantovano. E<^'li però si accinse a vol- garìzzai-e le storie di Sallustio : ed avendo in se stesso aicmi che di simigliante col latino storico , riuscì si fattamente in questo lavoro , che mise in dubbio, se più l'originale o il suo volgarizzamento valesse. Finalmente, perchè si raccolga in un sol punto la somma di queste idee , io , riepilogando me stesso , dirò che un traduttore è in obbligo di conservare tutto quel bello che dall' invenzione e disposizion delle parti deriva. Così non dee alterare in verun modo il fondo, de' pensieri , i quali costituiscono il nerbo principale dell' opera , e son quelli che la rendono buona o cat- tiva : non dee invertere l'ordine delle idee , che spesso a quest' ordine è congiunto lo scopo che l'autore si prefisse : non dee finalmente cangiare l'elocuzione qua- lunque ella sia. Le quali cose , se il mio giudicio non erra , nel vostro lavoro , mio buono amico , ri rin- vengono a maraviglia : ed io vorrei che ognor si te- nessero presenti da quelli che si accingono alla no- tile fatica di volgarizzare gli scritti altrui. Ora qui dovrei confutare le non poche regole , emanate dai preceltisti in fatto di traduzioni, che mi sembrano o inutili o dannose : ma non farei che ad- dossarmi carico grave non che duro e molesto. Non- dimeno per l'obbietto del mio ragionare credo neces- sario il dire , che vi sono alcune regole che deb- bonsi sprezzare affatto , che creano de' legami , che ci guidano ad una traduzione pedantesca , ed accre- scono a dismisura le difficoltà di bea tradurre. Cosi reputo di nessun peso non solo , ma nocivo ezian- dio quel precetto , in cui si stabilisce doversi con- servare la medesima estensione de' periodi dell' origi- nale , per quanto lunghi e' sieno : poiché porto opi- nione , che tal catena ferrea distrugga qualunque for- xa I che si trovi nella mente del volgarizzatore, co- Versione dì Vida 1G5 stringendolo a stiracchiare , o a troncare il pensiero. Similmente il conservare , come vorrebbero i precet- tisti, tutte le congiunzioni che trovansi nell* opera che si traduce , sarebbe cagione di grandissimo inciampo; perchè il t^-aduttore si vedrebbe costretto a ristarsi alla lettera , non potendo spiegar piià a modo suo le idee del testo. Difatto s'egli in cotal foggia operasse, in- vece di traslatare nella propria favella i concepimenti di un autore straniero con tutte le sue bellezze, non farebbe che traduzioni senza flsonomia e senza vita , siccome fecero il Salvini il Pastore il Rolli , e mol- tissimi altri che vano tornerebbe il nominare. E pure questi assiderati scrittori , che non ebbero il filosofico ardire di dar movimento ed anima alle loro fatiche , dovean sapere che il traduttore dee pesare , siccome disse M. Tullio , non numerare le bellezze del suo originale : quindi non credere che lo star legato alla lettera e alle congiunzioni che i membri uniscono dei periodi , e lo ritenere quella medesima estensioni di parole che trovasi nel testo, possano far conseguire quel bello primitivo a cui dobbiamo aspirare, e che dee formare l'argomento del nostro studio. Ed io cre- do che fra tutti i precetti, che han dato coloro che hanno scritt i dell' arte di tradurre, non ve ne sia al- cuno più grave ne più retto di quello che assegna il Batteux , autorizzandoci a poter presentare le idee sotto forme differenti , e a com porle , o a scioglierle nei vocaboli , di cui ci serviamo per esprimerle ; il che porta che possonsi presentare o in verbo o in ad- diettivo o in sostantivo o in avverbio , secondo che ne parrà più agevole , o migliore. Laonde questo sano consiglio che distrugge gli altri da noi gagliardamente ripresi , e dal Formey e dallo stesso Batteux procla- mati , ne spiana la via , e ne fa pervenire a quella filosofica meta , cui pervennero fra gli stranieri il Po- t6G Letteratura pe , il Dry dell , il Gredn , il Coiman , il Delille , il Gresset , l'Arayot , l'Olivet ; e fra gV italiani il Caro , il Bentivoglio , il Marchetti , il Gozzi, il Pagnini, il Monti , l'Alfieri , il Pompei , il Pindemonte , il Lam- berti, senza parlare di tanti illustri viventi che hanno arricchito il patrimonio dell'italiana letteratura di vol- garizzamenti , che non saran mai per obliarsi. Ora permettetemi , valoroso amico , che io di- scenda a ragionare più particolarmente del vostro bel lavoro, e per saggio ricordi almeno pochi versi, tratti primieramente da quegli squarci bellissimi , che ri- sguardano l'educazione de* fanciulli : Ned amo io pur che in una età precoce Sia poeta un fanciuL Tutto a suo tempo Vuol esser sempre- Le odorose poma Pria non maturin che l'autunno rieda Carco d'uve di gemino colore , E la vendemmia in pieni vasi spumi ; Che pria del tempo cascheranno a terra , E distaccate da' materni rami Il viator le calcherà passandoi Del pari io credo essere stato tradotto con som- ma felicita ciò che il Vida , pieno di poetico fuoco, asserisce intorno al Dio che siede in petto de' poeti , e le ispirate menti agita e scalda. ' Mirabil cosa dagli dei concessa Del pari all' uomo , e a le celesti sfere ! L'umana stirpe il tuo poter già sente , O certo Dio , chiunque sci , che in petto De' vati siedi , e le ispirate menti Agili , scaldi e le trasporti ali' etra. Senza te nulla è a noi giocondo , nulla Versione di Vida 1G7 D'amabil ride. Anche ogni augello istesso Col vario canto il tuo gran nume attesta , E le belve selvagge e i muti pesci Corrono pronti alla tua voce. Muovi Tu i duri sassi , te le selve tratte Di qua di là seguon sommesse ovunque. Te pure un tempo le tartaree sedi Videro, e istupidir le pallid' ombre ; Cerbero tacque , e le tremende erinni Acchetar tosto il furibondo sdegno. Tu ne concedi alle odorose mense Seder di Giove , ed a'superni dei Così ne agguagli. Colla tua presenza Tu lieve rendi ogni fatica , e appresti Dolce conforto alla penosa vita. Salve , o quiete o voluttade amica D'uomini e numi. Ecco già audace imprendo • L'eccelso onor delle tue laudi io vate , Io sacerdote degl' iddii superni , E cinto ornai di giovanetti alunni A te devoto sacri doni io reco. Il Vida, Ik dove parla dei pregi dell'Eneide, de- scrive in pochi versi l'Etna nel punto delle sue eru- zioni. E da notarsi che dopo la famosa descrizione che ne fa Pindaro , nell' ode prima delle sue Pitie , in cui si vede il monte dar fiamme e fumo e pietre , qualunque cosa che si scriva sul medesimo argomento difficilmente può toccare quell' arco di verith , che SI bene strinse il tebano poeta. Di fatti ciò mostra ap- pieno il grande ingegno di Lucrezio, il quale descriven- do l'Etna nel momento del suo furore , si smarrisce e cade : diguisachè Tommaso Crechio , eh' ebbe a no- tare i pregi e le colpe dell' opera di quel filosofo , allorquando toccò di questo luogo , disse con mollo 468 L E T T E Jl A T U R A senno : j4etna nobile est argumentum , s'ecl difficile ; et in hoc deficit poeta. Ma non fu solamente Lucre- zio che andò giù languendo nel descrivere il vulca- nico incendio : il mantovano medesimo , a cui tanto ferveva l'altissima fantasia , volle imitare la pindarica descrizione , e poscia si avvide aver fatto cosa tanto a quella inferiore , che , quando pervenne al termine di sua vita , dicea dolente agli amici che lo circon- davano , eh' egli desiderava di bruciare l'Eneide , per- chè molte cose in essa doveano ritrattarsi e correg- gersi , massime quel luogo , in cui si parlava dell' etnèa montagna. Il Vida si vale ne' suoi versi delle idee e delle parole stesse di Virgilio : ma quanto sia ri- masto dietro al greco poeta e ai latini , non è me- stieri che si dica. Voi però traducendo quel passo mi siete sembrato al Vida superiore : e ciò sarà forse av- venuto , perchè le vostre parole , essendo italiche , non ini ricordavano quelle di Virgilio , e quindi mi al- lontanavano il pensiere di una pedestre imitazione : O dir dovrassi un' improvvisa peste , Onde morti cader veggonsi i corpi D'uomini e fiere : o qual dell' Etna s'ode Lo strido e il tuon nella sicania terra , Che sino al ciel dall' ampia bocca innalza Un' atra nube in vortici ravvolta , E di bitume e di faville mista. Io qui dovrei adesso ricordare molti altri passi da voi ti adotti mirabilmente , e che vo colla memoria riandando sovente : ma gli taccio, per non accrescere la mole di questa lettera ; ed inoltre desidero che rie- scano nuovi quando si leggera per intero il vostro vol- garizzamento. Per le quali cose tutte mi congratulo di cuore con esso voi : e se credete che io senta air Veàsione di 'Vida 1 69 •cun che in fatto di nostre lettere, vi prego ad esSer sicuro ( ed in questo certamente il mio giudicio non m'inganna ) che la vostra fatica vi tornerà a molto onore : ed io desidero , per udire verificato il mio va- ticinio , vederla tosto di ragion pubblica. E poiché essa mi è cotanto piaciuta, vi prego che vogliate leg- gere alcune considerazioni che vi ho fatte , e che sot- tometto alla vostra saviezza, perchè ne facciate quel Conto che crederete migliore. " ' ''■'■ pag. 42. ^d età ferma perverrai già adulto. Mi pare che il dir di pervenire già adulto ad età ferma sia dir due cose , che racchiudano la stessa idea. II testo dice r Cum firma annis accesserit aetas : ed io credo che diverso ne sia lo spirito : poiché l'etk ferma che si accosta cogli anni e t'incalza, è un concetto nobilissimo , che non si dee in nulla cangiare. pag. 15. . . ....... tra i nostri ^ Prenci chi briga pur di versi prenda. Questo verso non mi sembra molto felice. Nel testo trovasi scritto talla , che io spiegherei non versi , come voi avete fatto, ma in vario modo , avendo quella voce una significazione più ampia , ed abbracciando tutto ciò che il poela ha di sopra ragionato. i pag. 16. Che se per poco sfuggiran i' giammai Per richiamate riederanno affatto. Qui vi fo riflettere , che manca la particella neg^ati- ÌJ(0 Letteratura va , perche gli avverbi mai o giammai soli non por- tano negazione. pag. 17. E dal fanciullo qual durar fatica. Io sono contrario ai versi , in cui l'aggiunto è di- viso dal sostantivo per verbi interraedii : poiché tai modi sono cesarottiani , che han corrotto la primiti- va purezza dell' italiana poesia , e si possono perdo- nare solamente al poeta tragico , quando nel calore del dialogo abbisogna di spezzare il verso , per esprime- re una passione con movimento e con forza. pag. 21. Lui tutti gli altri venerar tu vedi : Questo verso non ispiega con chiarezza l'idea del te- sto : e l'oscurità proviene dalla collocazione di tutti gli altri. pag. 25* vvw,o.. ^ .■*,!« ■.,..♦*. che Varti Serhasser greche .....*.. Questo modo non mi sembra bello , per la ragione di sopra accennata. t^Yis iov pag. 26. ,,, . . ', ^ ^ . un buon maestro Tal che neir arte e negli studi insigne Sia delle muse Desidererei che l'idea racchiusa nei suddetti versi fosse spiegata con maggior chiarezza : l'oscurità , a quel che Versione di Vida ili mi sembra , deriva dalla collocazione delle parole in- signe sia delle muse: e perchè tosto si comprenda quel che si vuol dire , cioè che un maestro sia insigne , neir arte e negli studi delle muse^ fa d'uopo col- locar quelle voci diversamente. pag. 20. Se dunque alcun la degna gloria brama Di formar chiaro vate^ ei parla sempre Al caro alunno ec. Io crederei , sottomettendomi ognora al vostro sano giudicio , che non il modo indicativo , sibbene l'im- perativo dovesse reggere tutto questo sentimento : quin- di non parla , ma parli , e così preghi , desti, pag. 86. . . . . . » che non ha ciascuno Uistesso ingegno ^ Avendo voi collocato la parola genio sopra quel- la ^ingegno , siete rimaso incerto quale delle due vi convenisse adottare : io per me lascerei ingegno. pag. 38. w . . ; . . w autor senza contrasto ' D^ogni eloquenza. ....... L'espressione senza contrasto mi sembra un po' bas- sa : il testo ha certissimus , parola eh' esprime il con- cetto del poeta con una forza inarrivabile. pag. 40. Che i versi stessi a misurar sapranno Egli insegnar . ' ^172 Letteratura Io vi pregherei a considerare che queste due ultime voci fanno un brutto suono , rendono oscura l'idea , e diminuiscono l'eleganza di tutto il periodo. Sareb- be d'uopo collocarle anche diversamente. pag. 46. . . Parlare almen e il vidi non degnar co' vati Benché nel testo si dica saltem , che vale alme- no , pure , perlomeno ; io credo tuttavia , che , nella guisa in cui avete tradotto quel passo , debba alla voce almeno sostituirsi tampoco , o ne anche , o cosa simile , ovvero togliersi affatto. Vi prego di rileg- gere per intero questi versi , e sentenziare sulla mia opinione : ........ Vidi chi alzato Per favor delle muse a sommi onori , Empio ed ingrato poi le stesse muse Spregiava, e il vidi non degnar co' vati Parlare almen. pag. 51 i Facili a me V aprite e nuovi calli. Voi avevate scritto cortesi invece di facili. A me pare la vostra prima lezione più della seconda confacentc ai volere del poeta ; perocché la voce praesentes , eh' è quella adoperata da lui , vale favorevoli , pro- pizii , e la voce facili non esprime perfettamente que- sta idea. pag. 86. . . . , * . . ed alla pugna sfida Il dardanio nemico Versioìse di Vida 173 Mi sembra che vogliate a dardanio nemico sostituire trojan faggitwo-. Avendo però il testo hostem deser- torem Asiae , io lascerei dardanio nemico , perchè non si può levare hostem senza trascurare un concet- to particolare del Vida. pag. 93. Che la nemica la spietata sorte Uonor latino invidio .... Il testo non ha altro che le seguenti parole : Invidit laudi sors laeva latinae. Io credo che bisognerà to- gliere la voce spietata che non è nel testo , e che in italiano diventa un epiteto ozioso dopo quello di ne^ mica. pag* 101. . • . . . . Tra lor contrasto Fan gli aquiloni furibondi irati Gli opposti flutti sollevando al cielo. Il poeta non ha voluto dare agli aquiloni che il solò epiteto di animosi: voi però ne avete lor dato due , cioè di furibondi e dìirati : non so se ve ne possiate compiacere. In questo luogo altresì vi è piaciuto tra- durre l'espressione pugnantque adversis molibus nu- dae nel verso Gli opposti flutti sollevando al cielo ^ Ve- ramente lo spirito del poeta non mi par che sia que- sto : ciò non pertanto credo che nel modo in cui ave- te scritto non possiate trovare censori. pag. 108. Troppa tu già non dei mostrar vaghezza : Se mal non mi appongo , credo pure che tal verso non possa piacere a lutti ; e siccome voi nel corso 1T4 Letteratura del volgarizzamento avete fatto uso di uno stile assai purgato , così desidererei che lo cangiastes pag. 113. / ritrovati delle cose egregi. Questo verso ancora oltre di sentire la maniera cesa- rottiana , riprovata da* giudiziosi critici , parrai difet- toso per la dissonanza delle due parole cose egregi. Mi prendo , mio buono amico , la liberta di farvi anche considerare che nei due versi che lo sieguono, cioè , Ed or la serie delle voci , ed ora Vidole , ed or le stesse proprie voci , le due parole voci cosi vicine l'una all' altra fanno un brutto suono, e diminuiscono l'armonia degli stes- si versi. pag. 117. Pur che produrre qualche nuova e ancora Voce non detta Io sottoporrei ad un vostro novello esame questo ver- so e mezzo , che non mi sembra felicissimo. pag. 125. Non basta lor chiuder comunque il verso. Questo mi pare eziandio molto stentato , ed io non esiterei a migliorarlo. pag. 132. temendo Già l'imminente suo periglio , aspetta : Versione di Vida 175 credo che debba diro aspetti , come dice accheti , estingua» pag. 132. . . . . ; Di se frattanto incerto A' fidi amici e volentier s'accosta ec. Io crederei che il modo imperatiro dovesse qui reg- gere il sentimento : quindi non s accosta , ma s'ac^ costi : e cosi li preghi e li ripreghi , li ringrazi , e le sue colpe confessi. pag. 133, Indi ben tosto al suo lavor ritoma , E dopo lunga obblivion comincia A riandarlo qua e là sol egli. Mi pare che anche qui si debba dire ritorni e cominci. pag. 141. Qualunque sia cKè in noi poter qualunque. Questo verso a me suona duro e contorto : ed io lo sottopongo ad un vostro novello esame , perchè , se crediate che non mi sia ingannato , lo rendiate dol- ce ed armonioso. Le note che voi avevate apposte al vostro lavoro sono tutte sensate e belle. Mi prendo la liberta di ricordarvi , che non S. Ambrogio , ma S. Girolamo fu quegli che disperato di potere intendere Persio, lo gittò nelle fiamme esclamando : Si non ^8G Letteratura ci della scuola cesarottiana e frugoniana. Onde si mu- ti il mio verso in questo : E qual fatica abbia a durar l'alunno. I versi notati nelle seguenti pagine si mutino così : pag. 21. Lui sommo onoran tutti gli altri ; in petto Ciascun de' vati da' suoi carmi sente , ec. X^àg. 25. i ..... V . che l'arti Greche serbando , ben potesser quefi Amar l'ozio e le muse .... pag. 26. un precettore Che per lo studio delle muse , e l'arte eCi Nelle note si sostituisca san Girolamo a sant' Ambro- gio. Nella nota (11) al lib. Ili il periodo, che co- mincia : Noi possiamo aggiungere , sino alle parole c/i egli ammira, si muti nel seguente ; Noi possiamo ora aggiungere l'Ariosto e lo stesso Tasso , i quali ne' loro stupendi poemi continui esempj ci porgono da mo- strare eh' eglino son degni di sedere accanto a'tr* sopradetti grandi poeti. Basterebbe del primo citare la stanza 56 del C. XVI che comincia : L'alto romor delle sonore trombe , De' timpani , e de' barbari strumenti , ec. e del Tasso la st. 3 del C. IV. Chiama gli abitator dell' ombre eterne , ec : 490 Letteratura Noa mi resta che a rendervi siacerissime grazie, se è possibile potervi mai ringraziare a tenore degli obblighi eh' io vi sento- Amatemi , siccome io v'amo , e v'ammiro ; state sano , e vivete alle lettere ed agli amici. " '1 Osservazioni sul bello , secondo le opinioni di alcuni moderni. Ne ella citta regina delle belle arti torneranno utili più che altrove alcune disquisizioni sul bello. Vera- mente da uno squisito giudizio de' nostri giorni , G. Droz , fu pronunciato : Il filosofo che vuol definire il bello somigliar molto al fanciullo, che sfoglia la rosa. Ma egli è appunto per via di analisi , che l'umano intelletto viene a conoscere molte cose , che prima ignorava. I viaggiatori , la cui mercè tanta parte di mondo si è discoperta , non sono giunti ancora così innanzi nelle regioni glaciali da toccare precisamente il polo ; ma più e più si sono a quello accostati , e forse un giorno lo toccheranno. Non diremo altrettan- to del bello : la sua natura ci sarà forse ignota , fin- che . ci aggiriamo nel breve cerchio della vita morta- le. Ma chi dirà per questo , che sia male studiarlo? Quante cose furono occulte agli antichi , che ai mo- derni sonosi fatte palesi al prezzo di più diligenti os- servazioni ? quante cose noi ignoriamo , che faranno- si aperte agli avvenire ? E quando pure guardando il Lello al di fuori , non fosse possibile all' uomo di conoscerlo dentro : sarà egli mai chi stimi perduta opera l'occupare l'intelletto nella ricerca del vero ? Dio e la natura hanno fatto l'uomo a speculare : se- guitiamo siflbtta inclinazione , dalla quale quando i;l- Osservazioni sul Bello 191 tre Bene non fosse per derivarne, questo non manche- rà , di farci accorti che la immensità dello scibile noa può essere abbracciata dallo spirito umano, finche è ristretto fra i lacci della materia ; ma che un' altra vita dee a questa succedere : e chi lo avrà meritato, farà pieno colà quel desiderio insaziabile di sapere , con cui nasciamo e moriamo in questo quasi teatro di preparazione e di prova. E parlando del bello non vogliamo già risusci- tare le opinioni degli antichi ; ma quelle di alcuni moderni verremo toccando di mano in mano col fine di aprire , se fia possibile , ai nuovi ingegni la stra- da di farsi più innanzi in questa sempre antica e sem- pre nuova ricerca. Adolfo Garnier (*) non vede nella natura , che il mondo fisico ed il razionale : il bello per lui è la ragione che assoggetta la materia , il brutto è la ma- teria in lotta colla ragione. Ma giova esporre le os- servazioni , che condussero l'autore istesso a queste conclusioni ; onde ciascuno che sa facciasi dopo a giu- dicarle maturamente. ,, Lo spirito umano coli' aiuto de' sensi conosce gli oggetti materiali. Percepisce per esempio un odo- re ; ma come concepisce che quest' odore ha una cau- sa , e che senza causa non può un effetto comincia- re ad esistere ? Concepisce una forma, che chiama al- bero ; ma come concepisce sotto questa forma una so- stanza , e che una modificazione non può esistere sen- za soggetto .'' Oltre la sensibilità vi ha dunque in noi la ragione ^ per cui abbiamo le idee di sostanza e di causa. Un povero restituisce un deposito : lo spirito ra- gionando conosce ciò esser giusto : cogli occhi non (*) Riv. Enclclopcd. Giugno 1826. pag. 6or. i92 Letteratura aveva veduto , che due uomini e una cassetta. Un li- bro di matematica dice : Due quantica uguali, una po- sitiva , l'altra negativa, si distruggono. Per l'organi- smo veggo un enunciato , per la regione una verità st io giudico vero l'enunciato. Così sostanza , causa , giustizia , eroismo , ve" rità sono nuove idee dovute alla ragione. Sonovi adun- que idee sensibili , idee intellettuali o razionali. Agli oggetti fisici possiamo non piegarci , a certe verità razionali non mai : qnindi l'idea di moralità. E due generi di cognizioni : interesse , egoismo , variabilità : obbligazione morale , disinteresse , immutabilità. Il bello appartiene alla ragione. Cosi l'azione di Regolo desta in noi l'idea del bello : ma quale si è l'elemento , che ce la fa parer bella ? Forse il fatto materiale della partenza , od il razionale dell' eroismo? Certo il razionale. L'azione del povero , che restituì • sce il doppio , l'esecuzione del dovere , la giustizia qui h bella ; non la materialità della restituzione. In- fatti se ad un assassino , che ha in mano ancora la vittima , rendasi il ferro , sarà questa restituzione ; ma non bella , perchè non giusta. Un assioma è bello , non come enunciato , ma come verità : un orrore po- trebb' essere enunciato come assioma ; ne per questo sarebbe bello. Ma sempre bello e l'elemento della ra- gione, eroismo, giustizia, verità. Dunque il bello è ra- zionale. Vi ha chi distingue il bello morale dal fisico; ma quest' ultimo e un espressione almeno elittica , e si- gnifica idea razionale espressa da un oggetto fisico. Seguendo la catena degli esseri , da quelli che sono meno implicati nella materia sino agi' inorganici , ove sembra trionfare , si rileva che ciò che in essi è bel- lo è puramente razionale. Dunque non vi ha che uà ger*ere di bello : espresso ora per una azione morale , Osservazioni sul Bklio 193 ora per una forma fisica • ma se l'espressione ne è di- versa , l'essenza n'è una. „ Ora dimostreremo , che non solo il bello è ra- zionale ; ma che tutto ciò che è razionale e bello. ,, Infatti il vero non è egli bello per ciò solo che è vero .'* E non e egli buono moralmente ? Non è des- so che fonda la legittimità di tulli i doveri e di tulli i diritti , i quali non esistono se non in quanto sono veri ? D'altronde il bello non è forse per sua parie vero ? Se fosse falso , potrebbe forse conservare il suo nome ? Non è forse buono moralmente , perchè ci di- scioglie dalla materia , da cui V egoismo ? Ed il bene morale potrebbe mai non essere vero e bello ad un tempo .'' Pertanto si vede , che la ragione forma un tutto identico ed uno , che e insieme vero bello e buono : e se tutto che è razionale è buono , possia- mo conchiudere , che il be lo è tutto ciò che è ra-~ zionale. ,, Passiamo ad esaminare il bello ne'suoi rapporti colla materia , donde le quistioni secondarie al no- stro argomento. ,, Quando nelle scene della natura, nella situazione di un albero, nelle linee di una figura, lo spirito di- scopre l'idea razionale espressa prende nome dìimma- ginnzione : facoltà che possediamo più o meno, se- condo che siamo più o meno liberi dalla materia , più o meno liberi dall' organismo. Abbandonati a' pia- ceri de'sensi , non usi a coltivar la ragione, stentiamo a penetrare nelle idee razionali. Cos'i mentre gli uni ammirano una sinfonia , gli altri nulla vi compren- dono ; mentre gli uni sono estatici dinanzi ad un qua- dro , gli altri non vedono che personaggi gradevoli ; mentre in una campagna gli uni van meditando , gli altri sbadigliano. Adunque è l'immaginazione, che scorge il legame G.A.T.L. 13 194 Letteratura Ira l'idea e la materia partendo dall' espressione e ve- nendo air idea , o viceversa. Se non che in cpiesto ultimo caso il lavoro è più difficile : poniamo che vogliasi esprimere l'idea di maestà .- il pittore nel di- segno , l'architetto nell'unione delle linee , il musico neir armonia degli accordi e delle modulazioni cer- cano e trovano la forma , che meglio renda l'idea pro- posta. Chi va dall' espressione all' idea non fa che leg- gere : chi va dall' idea all' espressione, compone, E comporre non è copiare : l'immaginazione, nelle forme diverse che natura le presta o la memoria le serba, sceglie i tratti più rispondenti all' idea , rigetta i con- trarj od estranei , modifica ancora quei che conserva sempre nel senso delV idea che vuol rendere (*), Il risultato ne è Videale , cioè la materia sottomessa all' idea. Questa operazione è una delle parti dell' arte : intanto adunque possiamo definire l'arte il pro- ducente dell' ideale. Della quale è difficile toccare la precisione : inclinate d'una linea la testa dell'Apollo, e ne alterate la maestà : fate piegare un pò il suo gionocchio, e dipingete la fatica : tendetelo dippiù, ed esprimete più di sforzo, meno di divinità : abbassa- tegli il braccio o fate che posi il tallone, ed avrà l'aria di un vinto. Vedete intanto , che io non ho messo mano nella figura , dove il minimo tratto alterato può cangiare la fisonomia. Cosi nella musica ; volete espri- mere la calma , mutate qualche accordo e producete la cosa : un mezzo tono più basso , ecco la tristez- za ; un mezzo più alto, ecco l'allegrezza. ,, Se l'artista colpisce rapidamente la forma che l'en- de la sua idea , dicesi per metafora che ha dell' ispi" razione ; e significa percezione istantanea del rapporto della materia all' idea. * ■ - - ■■ ■ — - ■ - (*') Gesaer, lettera sul paesaggio. Osservazioni sul Bello 195 ,, Ne già ammettiamo due generi di bello , ideale e reale , quando già abbiamo mostrato non avervene che uno. Spieghiamoci : l'idea che colpisce la ragio- ne nelle opere della natura è involta di materia: uno o due tratti riferibili all' idea bastarono a farla sco- prire, gli altri se ne allontanano o vi si oppongono. L'arte ali' incontro, partendo dall' idea che vuol ren- dere, impiega solo i tratti materiali , che sono in rap- porto con lei. Il razionale o il bello è dunque in ambi i casi il medesimo : la differenza sta nel modo dell' esecuzione. Ciò che da vantaggio alla forma dell' arte si è che in lei l'idea è più chiara , perocché la materia le è in tutto soggetta. La forma della na- tura essendo meno vicina all' unita dell' idea , neces- sariamente è inferiore. Voi vi arrampicate per una mon- tagna , sapendo che vi cela una bella situazione: in- tanto la vostra immaginazione compone il quadro con- forme all' idea che sa esservi espressa , ordina le mac- chie , dispone le foreste , sospende le montagne , ap^- piana o turba le acque , disperde o raduna le nu- vole. Voi toccate la cima : la realtà si discopre , e talvolta vi appare fredda : esaminate , e riconoscete che tutte le parti della scena non si accordano coli' idea. Il reale è dunque rimasto al di sotto dell' idea- le , cioè di quanto voi avevate composto relativamen- te all' idea. Non vi ha forse nella Svizzera punto di vista, che l'immaginazione non sapesse rifare, qualora potessimo ri movere le alpi. Le isole Borromee , e fra esse l'Isola Bella , occupano il primo posto nella mente de' viaggiatori , e l'Isola Bella è quasi opera dell' arte. Adunque l'arte può esprimere meglio che la natura : nel qual senso la diciamo creatrice. Ma badate , che deve so- lo appurar la materia, cioè ridurla all' unita d'idea, non torturarla. Volete pingerc il grazioso abbandono di Venere in braccio al dio della guerra ; ma per- 13* 196 Letteratura che troppo ligio alle regole jittineiiti al concorso del- le linee contornate il corpo della dea , le date una situazione non naturale : invece della grazia esprimete la noia. Tale si è dunque il singolare rapporto dell' arte colla natura : la prima dee rappresentare ciò che la seconda da se avrebbe offerto , senza la divergen- za de' varii elementi che la compongono , dee tocca- re la perfezione , non la menzogna. ,, Fissata l'espressione conveniente all' idea, non re- sta all' artista che di eseguire : ecco il talento od il fare , ecco il bisogno dello studio della pratica , in fine della scienza. Scienza è cosa di memoria : talen- to è cosa di mano : a riscontro di queste facoltà ac- quisite Y immaginazione fu detta genio, facoltà natura- le , ma che deve congiungersi alle acquisite. Il co- pista, il ritrattista con del talento può fare senza imma- ginazione , benché allora non toccando all' ideale non meriterà nome di artista. Ma per quanto abbia d'imma- ginazione, l'artista non può fare senza talento : coli' innetta sua mano guasterà il merito del suo genio. Uno vuole che la sua tela esprima l'eroismo ; ma se non sa dipingere, non offjira che un caos. Un altro vuol cantare in versi l'amore della patria ; ma se non ha il talento dì scrivere, non mostrerà che rozzezza e mal garbo. Questo giogo è imposto all'immaginazione: che il mestiere può fare senza di lei , ella non può fare senza il mestiere- Il talento è l'altra parte dell' arte: giungila al genio, e l'arte è completa. ,, Guardando al fine non vi ha che un' arte, ed è di soggettare la materia all' idea. Notiamo la parte materiale , cioè lo strumento impiegato , e saranno di- stinte le arti. Infatti chi esprime la stessa idea con suoni , chi con colori , chi con contorni , chi con pa- role ; ma l'opera razionale sarà sempre la stessa : la diversiti sta nello strumento. Parigi ricorda ancora le Osservazioni sul Bello 197 belle rappresentazioni tleU' Atalia sulle scene dell' ope- ra. Air atto della profezia , i tratti imponenti dell* attore, la dignità del suo gesto, le solennità della sua voce, la pompa del tempio, i concerti delle arpe misti alle rivelazioni, i versi armoniosi contenenti le sacre pa- role , tutto era segnato della medesima idea : e con- fondevansi in una sola espressione declamazione pittu- ra architettura musica e poesia. Cangiate il carattere della scena, ponetevi uno di quegl' idilj eseguiti a bal- lo sullo stesso teatro : ecco le arti cambiar di forma e piegarsi d'accordo alla nuova idea. La pittura inve- ce di un tempio offrirà dei boschetti : ai concerti gra- vi e religiosi succederà una musica gaia e leggiera , al gesto imponente del gran sacerdote la danza grazio- sa di una giovane ninfa. Che se negate ancora la fra- tellanza delle arti e l'unita d'idea che qui esprimo- no , malgrado de' loro differenti linguaggi , provate a metter Gioad in un boschetto di mirti , e Paride iu im santuario : date al levita le arie della zampogna , ed al pastore la grave musica di Gossec. ,, L'unita d'espressione, cui ponno giungere le arti, è una prova dippiiì , che il bello non è fisico : se lo fosse , cangerebbe colla materia , sarebbe diverso com' essa , ne mai potreste unire due arti cosi diverse , pit- tura e musica , senza discordanza ; dacché nulla e me- no d'accordo, fisicamente parlando, de'colori e de'suoni. ,, Le arti non essendo che facoltà di esprimere il bello , non si ponno paragonare e classificare per la loro essenza ; ma solo coi loro mezzi di esecuzione. Se non che cosiffatta classificazione sarebbe necessa- riamente arbitraria , e terrebbesi alle abitudini ed all' organizzazione di ciascuna ; dacché tali mezzi sono fisici ed una tal arte possiede le forme , che manca- no ad una tal altra , la quale poi e priva ella stessa delle risorse di qucst' ultima. Cosi la pittura può ren- 198 Letteratura dorè i colori ; ma noa presenta che una faccia della figura : la scultura vi oOfre codeste faccie sotto tut- te le forme ; ma non di lontananza e colori. Ne l'u- iia ne l'altra poi pingono il movimento espresso dal- la danza. \^ architettura le vince per più vaste pro- porzioni e per più larghezza di quadro ; ma cede lo- ro in quanto non opera intorno alla figura umana, che è la più chiara delle espressioni. In fine codeste arti non offrono che un punto dello spazio e del tempo: non ponno rendere un'idea , che con un solo atto. La poesia è signora del tempo e dello spazio , percor- re terra e cielo : esprime il suo pensiero per mille fat- ti ed in mille quadri diversi : siegue Achille nel con- siglio , sotto la sua tenda , alle sponde de' negri va- scelli , al campo delle battaglie , nelle acque dello Scamandro , attorno alle mura di Troja , ed alla tom- ba di Patroclo. Percorre cosi un vasto insieme , di cui tutte le parti si riferiscono all' idea una , che ha voluto esprimere. Non vuoisi condannarla all' immo- bilita della pittura, della statuaria : ciò sarebbe con- fondere Vunità razionale e feconda dell' idea coWunità materiale e povera di un fatto fisico. Ciò che nei linguaggio della critica chiamasi unità di tempo e di luogo., non è un punto unico : è un aggregato di pun- ti in estensione e durata : ma non è Vunità metafìsica ( idea una espressa per la materia che è sempre mul- tipla) : questa può ingrandirsi senza nuocere all'uni- tà d'idea. La scultura mi offre per esempio un busto, dov'è ritratto il carattere di Socrate : io ammiro quel misto di dolcezza e di fermezza , quel distacco dalle cose terrene , quella meditazione di uno tutto dedi- to alla morale ed alla verità. Concepisco allora tutto che di nobiltà e di semplicità darebbe quest' anima all'attitudine del corpo : concepisco che meglio risplen- derebbc in un più vasto insieme : concepisco la sta- OsSERVAZIOIfl SUL BeLLO 199 tua. Ma se intorno a quel sublime maestro pongo in folla discepoli , se metto la tazza del veleno in una delle sue mani e fo che alzi l'altra verso il cielo , il carattere dell' eroe meglio riuscirebbe : io fo il qua- dro di David. Ma tutto è immobile , i personaggi soa muti , la tazza non vuotasi , l'anima di Socrate è im- prigionata qui in un sol fatto. Come sarà bello quan- do avrà bevuta la cicuta , quando passeggera colla morte nel seno parlando d'immortalità , e consolerà g^li amici , ed abbraccerà i figli ! Rivoigomi al passato, ricordo ciò che ha dovuto essere avanti a'suoi giu- dici, ciò che fu quando difendeva Teraraene contro 30 tiranni , ribatteva l'ingiuria col perdono , ragionava fa- raigliarmente co'discepoli. Allora io impiego il tem- po e lo spazio , e fo un dramma di Socrate. La mia espressione è piiì ricca di quella del busto , non pe- rò niieno fedele all' unità metafisica. Non rinuncino adunque gli uomini alla potenza e varietà de' loro mezzi materiali : moltiplicateli , cresceteli : assai osta- coli troverete nella materia , non ve ne formate de' chimerici , e tenete per fermo che nulla perdereste se vi si potesse rappresentare degnamente sulla scena un' Iliade. „ La poesia ha pure il vantaggio sopra le altre ar- ti d'impiegare dei s egni , che hanno uno stretto le- game coir intellettuale , e di aggiungere cosi più net- tamente l'idea che vuol rendere. Pronuncia la parola generosità , ed ognun entra nel concetto , senza guar- dare al concetto materiale della parola. All' incontro nelle altre arti siamo sempre arrestati più o meno al- la configurazione materiale. Guardate la statua del gla- diatore moriente, e leggete il gladiator moriente nel Ghilde-Harold : riconoscerete la differenza. ,, Infine la poesia prende parte delle risorse delle al- tre arti, colle parole dipinge, imita l'armonia, disegna '200 Lettkratura i uìoviiiìculi , innalza statue , ediflc). Però è meno precisa nelle sue specie : e deve starsi contenta a pren- dere i tratti essenziali della sua idea. La poesia pu^ raiìiente descritt'wa,, volendo usurparsi ciò che è della pittura, ha mostrato la sua inferiorità : una descrizione, troppo minuta produce la noia , e pone in desiderio di un buon quadro. Così V armonia imitativa troppo prolungata ed affettata sta al di sotto della musica. „ Ecco le distinzioni principali tra le arti : cia- scuna ha il suo linguaggio : lo comprenderete meglio secondo che meglio lo avrete appreso , e secondo i rapporti dell' organismo con quelli ; perchè cotai lin- guaggi sono fisici. „ Ma come mai un seguo materiale può esprime- re un'idea razionale .'* Qual legame p. es. tra la ge- nerosità e tal angolo del volto , tal situazione del cor- po, tal modulazione di voce .'* Questa relazione della materia all' idea , questa unione del corpo e dell' in- telligenza, è l'enigma dell' esistenza. Limitiamoci a ri- teaers , che segni fisici ci rivelano idee che passa- no la portata de' sensi , e che non sono penetrati che dalla ragione. „ Ma queste forme sono legate di una maniera ne- cessaria ali* idea ? L'esperienza mostra che no. L'idea e espressa per via di segni fisici , che sono in re- lazione coir organismo umano. Questo varia iu ogni paese e secolo : dunque i segni devono seguitare le va- riazioni dello stromeuto , col quale sono i relazione. Cosi l'idea di proporzione, che fa parte della ragio- ne , esiste per l' europeo e pel negro ; ma appo l'uno e l'altro si manifestano con segni diversi , ed ceco perchè la testa che esprimeva il bello a Roma, non Io esprimeva a Sego. La ragione e indestruttibi- . le ed immutabile in mezzo a tutti i cangiamenti di forme ; ma il segno è in relazione coli' organismo OssERvAziOis-i SUL Belio 201 Tarìabile : la relazione tra questi due termini dee va- riare. Però una forma può perdere il suo significato, ma l'idea che dessa esprime non è mancata : è sem- pre nella ragione umana : perciò è sempre bella. Cangiate il segno ad appropriatelo a'nuovi nostri bi- segni , in una parola ringiovanite l'espressione : l'idea sark di nuovo compresa e la bellezza ricomparirà. „ Il bello prenderà diverse faccie tra gli uomini, perche stante la sensibilità che varia , stante i nuovi avvenimenti che influiscono suU' uomo o le nuove com- binazioni sociali , il nostro spirito è portato verso tal idea più che verso tal altra , e si dedica cosi ad una porzione esclusiva della ragione pili che al rimanente. Nel XVII secolo in Francia il bello nelle arti era la nobiltà : nel XIX si segue più la verità. E in una medesima cosa e ad un' ora ponno esservi due uomini di secoli diversi , de' quali l'uno sia occupa- to d'un' idea , l'altro d'un'altra. Due filosofi non so- no d'accordo sull' azione di Scevola ; l'uno considera il sacrifizio per la patria , lo vede in quell' azione : l'altro considera la giustizia, ne ce la trova. Essi giudicano diversamente di un' opera drammatica : l'uno guarda alla grandezza, l'altro alla verisimiglianza. La diversità delle opinioni non' prova dunque nulla con- tro l'esistenza del bello , e sarei più imbarazzato a spiegare una stessa opinione fra esseri di organizza- zione e di passioni diverse. ; ,, L'atto per cui lo spirito approva o no una tal forma e stato paragonato ad un atto fisico che lo so- miglia , ed è stato chiamato gusto. Questa parola non significa dunque se non il giudizio , per cui ciascu- no decide se una tal forma esprima o no il bello a'proprj occhi. Abbiamo veduto le cagioni che pon- no traviare tal giudizio. In ogni tempo la maggiorità, orgogliosa pel numero proclamili il suo giudizio co- 202 Letteratura me vero ed infallibile , e lo chiama per eccellenza gusto : e COSI dk a questa parola esprimente la sua opi- nione il senso di giudizio retto : che è cosa contro modestia. Il gusto , di cui si fa tanto romore j non è dunque che il giudizio dei più , soggetti ad errore eotne quello d'un solo, perocché soggetto alle stesse influenze. Non porge adunque regole assolute in pun- to di bello: ed ogni disputa sul gusto rispetto alle arti è tanto stolta, quanto quelle sui gusti rispetto ai cibi ; essendo ambidue variabili e diversi. Il gusto non è che un fatto ; quando si è fissato, contando le vo- ci se è possibile, è fatto tutto : le sue leggi non pon- no essere dimostrate ; e cangia da un momento ali* altro. ,, Noi abbiamo esaminato il bello in se, e ne'suoi rapposti colle forme : ora diciamo di una quistione che può parere principale ed è secondaria : cioè della distinzione del belle., ^el sublime e del grazioso. ,, Il bello, abbiam detto, è il razionale ; ma gli uomini non veggono la ragione nella sua essenza : la scorgono sempre mista ad una forma sia nel reale, sia neir ideale. Cosi il bello , che è in se la ragione pu- ra ed assoluta , non è per l'uomo che la ragione , la quale assoggetta la materia. Indi una distinzione tra i nomi che gli si danno , e ciò secondo che assog- getta alle sue leggi una più o meno gran parte del mondo fisico. Così un uomo ricco , che rispetta un deposito , in morale fa un' azione giusta : un povero , che muore di fame per osservare quello stesso dove- re, non fa similmente che un'azione giusta : la giu- stizia non ha gradi. Una cosa non può essere più o meno giusta, più o meno razionale : essa lo è, o non lo è punto. Intanto l'ultimo ha fatto un sacrifizio più grande; l'organismo e l'interesse vi hanno opposto più resistenza, sono slati vinti in modo più rimarchevole.- Osservazioni sul Bello 203 Fazione ci paria più bella , comechè non sia piii razionale. Se la lotta coW interesse ci pare in pro- porzione colle nostre forze fisiche ; se Aristide ricusa di mentire nemmeno per burla , se antepone la giu- stizia alla ricchezza , se parte per l'esilio senza la- mentarsi : noi diciamo che l'azione è bella, „ Ma se la lotta è al di sopra delle nostre forze ; se corriamo rischio di soccombervi ; se Socrate ricusa di lasciare la sua prigione ; se S. Luigi resta sospeso durante la tempesta in una nave mezzo rotta , perchè non si manchi agli altri passeggieri ; se Desile si pian- ta alla bocca di un cannone per calmare il furor po- polare , noi diciamo l'azione sublime. ,, Passando dal morale al fisico ; l'opera della na- tura o dell' uomo si accorda colle nostre proporzioni. Vediamo un palazzo , la cui struttura ci desta una cheta maraviglia ; sale dove gli sguardi si stendono liberamente senza essere sorpresi da una troppo va- sta estensione ; un insieme armonioso che ci sodisfa senza confonderci : noi diciamo l'opera bella» ,, Ma si raccolgano piìi grandi masse, delle colonne sfuggano quasi alla nostra vista , e sembri a noi di esser confusi colla polvere della lor base ; una ma- no ardita sospenda in aria la cupola del Panteon , o la natura drizzi le cime del Monte Bianco , getti un fiume dall' alto delle montagne , faccia ardere la ci- ma del Vesuvio : noi diciamo l'opera sublime. ,, Se all' incontro l'opera è al disotto delle nostre proporzioni o delle nostre forze ; ma tuttavia esprima qualche idea razionale : se ci si presenti un amore di Chaudet , un' urna elegante , una giovine colomba , in fine tutto che accoppia la fragilità alla grazia : ecco il grazioso. ,, Ma vedesi questa classificazione essere materiale appoggiandosi a'rapporti materiali , in conseguenza ad 204 L E T T E n A. T u n A impressioni sulla parte fìsica e variabile di noi me- desimi : e dipendere in fine dai nostri costumi, dalle nostre abitudini. ~uii> ìì Epilogando, noi scorgiamo due sfere distinte, il móndo fisico e il mondo razionale. Il bello e la ra- gione che assoggetta la materia : il brutto e la mate- ria in lotta colla ragione. ,, Fin qui il Garnier : al quale non negheremo di molto ingegno. Quanto al merito delle sue opinioni, lasceremo a coloro che sentono più innanzi nella me- tafisica delle belle arti il giudicarne. Il cayalier Longhi , tra gì' incisori di questa età celebratissimo , dando precetti sull'arte, e ragionando singolarmente sul bello diceva: doversi dai giovani ar- tefici ,, indagar la natura ne' suoi medesimi difetti e ,, nelle estreme caricature : da questi estremi fra loro ,, opposti segnar essa quel punto medio , in cui sta ,, la bellezza , come la linea retta fra la concava e ,, la convessa ,, . Ed avvisava avere i greci stabilito su questo punto i loro canoni del bello umano. Ma non COSI certamente avvisò Zeusi a Crotone , quando a dipingere una bellissima fecesi venire innanzi tutte le più belle della citta , e dalle scelle fra quelle tol- se a ritrarre quasi il tipo della bellezza. Il quale esem- pio di un sommo pittore non sarà fuori di luogo qui, dove verremo accennando quanto si attiene alla teo- ria del bello secondo i pensamenti del barone Mas- sias. Siccome poi dal contrasto delle opinioni sorge talvolta lo schietto vero ; cosi riferendo alcun che delle dottrine di tal filosofo, crediamo tenerci molto all' esposizione , che dal Garnier oppositore ne fu già fatta (*). (*) Riv. Eaciclop. Luglio 1826. Osservazioni sul Bello 205 5" Il Masslas riguardo al bello non considera il mon- do diviso in due grandi parli , ragione e materia , 1 una bella , l'altra brutta. La materia , egli dice , „ non può essere percepita che dall' intelligenza . - . „ la statua che voi credete vedere nelle sue parti ma- „ teriali, non la vedete che nelle sue forme:,, e così riguarda la forma e le modificazioni come accidenti immateriali. Ma il bello secondo lui non è già ciò che è razionale ; ma solamente ciò che è sottoposto ali* ordine universale : Vicniver salita pare a lui l'unico fondamento del bello. L*ordine universale ha fatto l'uo- mo organico , intelligente , sociale e morale : l'uomo sotto questi quattro aspetti ha l'impronta del bello; a produrre il bello, basta che le arti riproducano l'uo- mo sotto una di queste quattro proprietà universali. ,, Il poeta, egli dice, non ha potuto riuscire a com- ,, moverci che indovinando le leggi eterne , che han- „ no fondato la nostra specie , e che egli trova scol- <,, pitc nel proprio cuore. Tutto ciò che nella sua ,, opera ci tocca profondamente , porta il tipo con- ,, forme al quale è marcata Vumanità, ed ha un'ana- ,, logia necessaria alle nostre facoltà costitutive. ,, Occupandosi della poesia in particolare , l'auto- re ne la dimostra producente il bello solamente quan- do ritrae qualcuna delle quattro proprietà generali del- la nostra specie : e per farcela vedere rappresentan- te l'uomo organico o fisico., egli cerca ,, quali siano ,, i principali sentimenti comuni agli uomini di tutt' ,, i tempi e di tutt' i paesi : ,, e viene citando molti passi poetici , che traggono a suo parere la loro bel- lezza da ciò che hanno espresso tai sentimenti uni- versali. Passando all' uomo intellettuale, porta altri esera- pi , che chiama belli perchè contengono pensieri co- muni a lutti. Viene all' uomo sociale , ed e tutto in 206 Letteratura provare che la poesia ritraendo l'uomo sotto questa aspetto, non fa altresì che riprodurre i sentimenti na- turali ed universali della specie umana. Termina coli' uomo morale , e questa punto di vista gli sa hello ; perchè è il lato ,, che tocca più vivamente e più utii' „ versalmente il cuore umano, ,, Così le quattro proprietà a tutti comuni , orga- nismo intelligenza sociabilità e m.oralità , sono belle perchè tengono all'ordine universale : rappresentate per le arti formano i capolavori. In questo sistema tutto che è comune alla specie è hello ; non vi ha di brut- to che ciò che forma eccezione. In tutti gli oggetti , come nell'uomo, la bellezza sarà il possesso di quel- le qualità comuni , che costituiscono la specie : dicesi Lello il minimo degli oggetti , allorché ,, possedendo ,, tutte le sue qualità costitutive^ rappresenta per co- ,, sì dire la specie , di cui mostra il tipo. La sua ,, picciolezza non esclude la bellezza , perchè ogni „ grandezza materiale non è che relativa , e la più ,, vera si è quella proveniente dal numero e dal com- ,, plesso della proprietà : così si dice , che un tal ,, fiore , un tal frutto , una tal mosca , un tale in- ,, setto sono belli. ,, Esposta così , o piuttosto accennata , la dottri- na del Massias , l'oppositore soggiunge quanto segue. ,, Certamente l'ordine universale è bello , ed un ogget- to sottoposto a questa legge ha bellezza , se si con- sideri ne' suoi rapporti con quella. ÌJ ordine è una porzione dell' immateriale , una particella della ragio- ne che dee dominar la materia. Ma dessa non è che una faccia del razionale , e quando si è contempla- to Y ordine che costituisce ciascuna specie^ non si è veduto tutto ciò che è bello. Così , a cagione di esem- pio , V Apollo di Belvedere vi par egli non avere real- mente , che le qualità comuni a tutti gli uomini , le Osservazioni sul Bello 207 qualità costitutive della specie ? Non è anzi una ma- gnifica eccezione? No, voi direle ; il suo atteggia- mento il suo sguardo le sue forme esprimono idee di proporzione d'armonia di generosità di grandezza co- muni a tutti gli uomini , od almeno alla generalità. Concedo , che sifl'atte idee e virtù esistono nella men- te e nel cuore di tutti; ma converrete voi meco , che l'esprimerle al modo dell' Apollo non è proprietà cO' mime:, talché se è legge costitutiva della nostra spe- cie di concepire tali idee, non è già una l'esprimerle. Cosi Regolo pensa che vuoisi osservare il giuramen- to a fronte delle torture di Cartagine. Questo pen- siero è comune a tutti , lo veggo ; ma Regolo va al supplizio , e compie unazione a ben pochi comu- ne. Cosi Socrate insegna , che vuoisi preferire l'au- sterità ai piaceri : ognuno speculando ne conviene ; ma egli pone in pratica questa morale. Lo fa egli forse per una legge originale ? non già ; poiché ve- diamo , proprietà comune dell' umana specie esser quel- la di correr dietro ai piaceri. ,, L'autore cita come belle opere di pittura ,, Gio- „ ve che fulmina gli audaci giganti , che Giunione gli ,, viene accennando con calma ; la fine del mondo , ,, ed il genere umano chiamato innanzi al suo giudice : „ il figlio di Maria che soccombe sotto il peso della cro- „ ce : il suo corpo divino che illumina un quadro , „ dove si appalesano le passioni della terra ed i ra- „ pimenti del cielo : la pace religiosa dei figli di Bru- „ no : l'anima di s. Cecilia nel suo sguardo estatico : ,, la virtù che sorride in mezzo ai tormenti, ed ai trionfi „ de' tiranni. ,, Ma l'ammiratore vede forse in tutto questo le proprietà costitutive della specie umana ? è quindi condotto a meditare sull' ordine uni^ersale^ che ha costituito la razza umana .'* Tutti codesti quadri rappresentano un pensiero morale che domina la ma- 208 Letteratura teria ; ma, ripetiamolo, ciò che è bello non e solo il pensiero forse a tutti comune ; egli e altresì il ra- ro sacrifizio che lo eseguisce. ,♦, Potrebbe dirsi , che la materia sottoposta alla ragione produce l'ordine , e che per ciò il bello si nella specie e si nell' individuo non è che Yordine stesso ; ma tale non h la tesi dell' autore. Egli non ha veduto il bello che nella conformità di certi esseri gli uni cogli altri , onde risulta una specie^ Il qual rapporto è bensì una sorta di ordine ed ha il suo genere di bellezza ; ma è ben lungi dall' essere il bello intero ( o in altri termini tutto che è immate- riale , ogni ordine , se per questo vocabolo voglia- mo intendere tutto che piega la materia alla ragione si neir individuo e si nella specie. ) „ Il bello è dunque solamente il possesso o la rap- presentazione delle qualità costituenti la specie. Ma ammettendo per vera tale opinione , molto restava all' autore per far pieno il suo sistema. Non doveva con- tentarsi di dire bello un oggetto che possiede tutte le sue qualità costitulive ; onde il tal fiore , il tal frutto , la tal mosca , il tale insetto son belli. Do- vea dimostrare dippiù , che una bella foglia , un bel frutto , una bella mosca , un beli' insetto riuniscono tutte le qualità della specie , ed annovei;are in con- ferma tutte quante le loro proprietà. Il quale trava- glio però non potrebbe appartenere che all'intelligen- za suprema , la quale abbraccia col pensiero l'insie- me e le particolarità di tutti gli esseri creati. Nel sistema dell' autore un libro di storia naturale era almeno l'unico monumento di bellezze da potere of- frire a' nostri occhi. Ivi avremmo ammirato proprie- tà comuni. Ma egli ha trascurato un tale appoggio , e ninno degli esempj che ha riferiti contiene il genere di bellezza da lui creduto il solo ncll' universo , cioè il j)osscsso di tutte le qualità comuni. Osservazioni sul Bello 209 „ Dicemmo già, che in pittura l'autore aveva cre- duto veder rappresentare qualità costitutive della spe- cie , quando all' incontro non si rappresentavano che eccezioni. Il suo errore non è dissimile pel bello nella danza : lo definisce,, il movimento misurato e ritmi- ,, co dell' organizzazione. ,, Ora senza dubbio questo movimento ritmico non è una legge costitutiva della nostra specie , perocché i piiì danzano male o niente. Passando alla musica si dice , essere la lingua del genere umano : e intanto que' che la parlano bene fanno giustamente eccezione. Cosi il Garnier. Ma osserva a proposito quell'acuto giudizio di A. T. che l'autore pare non consideri le azioni sublimi degli uomini virtuosi ed i capi d'opera de' gran maestri come eccezioni'^ ma bensì come esprimenti il tipo di ciò che vi ha di piìc bello nella natura umana : bello che per noi non esiste se non in quanto è espresso per azioni o per opere dell' arte. Ed a noi giova qui riferire , oltre l'esempio di Zeusi soprallegato, un pensiero concorde di Rafaello in una lettera indiritta al Castiglione : ,, Per dipingere una bella ( egli dice ) „ mi bisognaria veder pia belle , con questa condi- „ zione che V. S. si trovasse meco a fare scelta del „ meglio. „ ,, Del resto , prosegue il Garnier , qualunque sia il giudizio da aversi sul sistema del Massias ; non si può che lodare il modo , ond' egli sviluppa il suo sog- getto. Egli ha compresa tutta l'estensione della qui- stione , e l'ha trattata sotto tutti gli aspetti. „ Comincia cercando l'origine del bello e del su- blime. Tuttavia era più secondo la logica esaminarne prima la natura ; non potendosi cercar bene l'origine di un oggetto , che dopo averlo ben definito . . . „ Dopo aver detto che il bello discende da Dio creatore , definisce il bello : cerca distinguerlo dal su- G.A.T.L. U 210 Letteratura Mime : il loro punto di somiglianza si è di „ essere „ Vuno e Valtro ordine insieme e gerarchia di tutti „ i rapporti. „ Ciò che li distingue si è, che il su- ,, Llime è l'ordine assoluto , quello cui soltanto la „ divinità può comprendere , e che sfugge alt ana- ,, lisi. „ Il bello è la porzione dell' ordine percetto dall' uomo , e che si presta all' analisi : distinzione , che si riporta presso a poco a quella che si fa tra la ragione obbiettiva e la subhiettiva. ,, Tre caratteri riconosce nel bello, e sono verità^ utilità , grandezza. Certamente verità e grandezza sono due aspetti del bello , comunque non siano i soli ; ma quanto all' utilità, questa, se non si attiene che all' interesse privato, non può da se aver l'impronta della bellezza. Il quadro che fa Bufìfon dell' utilità, degli elementi è bello , perchè ce lo presenta come osservante l'interesse generale , come esprimente la be- nevolenza e provvidenza di Dio. Ciò che ha di bello neir utilità, non è dunque il profitto ; ma il bene- fìzio. Ora la beneficenza, come azione e come atto, rien- tra nel dominio della ragione, ,, Indi l'autore si occupa dell'essere suscettibile di percepire , dimostra che sia intelligenza : e la suddi- vìde in sensibilità , riflessione , coscienza ed immagi- nazione. Faremo al proposito nostro osservare , che l'autore non avendo veduto nel bello che l'ordine uni- versale , costituente ciascuna specie , non ha potuto vedere nell' immaginazione che la facoltà di aggruppare gli oggetti somministrati dalla vista. I procedimenti che le tribuisce sono l'analisi e la sintesi , cioè quelli dell' osservazione. Ella attinge alla natura , all' uo- mo , ed ai loro rapporti : ed il bello ideale in que- sto sistema è Vinsieme delle perfezioni sparse sopra gV individui. Quindi l'arte non avrà che a raccogliere le diverse proprietà costituenti ciascuna specie. Non Osservazioni sul Bello 211 ci vorranno che degli occhi : e come dunque gli ar- tisti sono si pochi ? ,, L'autore, dopo uno schizzo delle arti belle, ne mo- stra il rapporto: da ciò che elle sono l'espressione del nostro essere , deduce che sono sorelle. Passa alla letteratura , cui egli svolge in ogni sua parte. Ter- mina sviluppando egregiamente Yio umano dalla più oscura delle affezioni sino alla percezione ed alla pro- duzione del sublime. ,, Fin qui il Garnier. Ma a noi giova por fine con una osservazione giu- diziosissima di A. T. Il Massias dice , che il bello in ogni oggetto è il possesso di tutti i suoi rap- porti. Secondo la dottrina di lui, dal filo d'erba e dall' insetto sino all' uomo, ogni essere, che ha sviluppate le proprie facoltà nella loro pienezza , che tocca per ciò la perfezione di tutti i suo rapporti ( o ciò che e della propria natura) è giustamente chiamato bello. Secondo l'autore i rapporti dell'uomo sono organici o fisici, intellettuali , sociali e morali : la bellezza per l'uomo consiste nel riunirli in perfetta armonia. Questa divisione sembra formare tanto meglio la base di un completo sistema di filosofia generale ; in quanto che tutte le scienze, che sono ad un tempo il pro- dotto dell' umana intelligenza , e vengono così a ri- ferirsi all' uomo ed ai mezzi di migliorarne la pro- pria natura o condizione , entrano direttamente o in- direttamente in questi quattro rami e li abbracciano necessariamente. Ma tutto questo si può accennare , non si può svolgere tra i limili, che sono prescritti ad un articolo come il presente ; dove non si fa che presentare quasi un germe alle considerazioni de' sa- vj, i quali promuovono coli' opera o col consiglio le dolci arti sorelle. ( Sarà continuato ) D. V. 14* 212 Joannis Damasceni Bragaldii comentariolus. Ut eadem purpura homines delectat, et ad gaudiuin provocai, tauros offendit et irritai; sic eadem veritas et -virtus inlelligentes capita laedit improbos , et imperitos. Lipsius in Epist. Memoriae Dominici Contali archipreshjteri ad Petronii Castri Bononiensisy Joseph Egnatius Montanarius. VJoraentariolura eie Joannis Damasceni Bragaldii ne- cessarii tui , hominisque nostrum amantissimi vita tibi dicaveram , Contole mi , ex quo tu mihi auctor fui- sti , ut de ilio nonnulla latino sermone perstringe- rem. Verum cura tu praepropero fato raortalibus ere- ptus nos nos oranes ad luctum reliquisses , vix mihi animi tantum superfuit , ut susceptum opus confice- rem. Confeci tamen , et quod vivo donaveram , de- functo volens libensque dico , atque hoc qualecum- que est mei munusculi ad tumulum , ve luti ad infe- rias , non sine lacrymis pono. Tu bonus accipe , et in perpetuum ave atque vale. Sabiniani in Aemilia nonis septembris MDGGGXXXI. COMENTARIOLUS. Cura optimum semper reipublicaeque percommo- dum duxissem , Contole mi , praestantissimorum ci- vium exempla litteris consignare , tum praesertim bis temporibus quibus nil viituti , praeter nomea , reli- Bragaldii vita 213 quum est , pauca de Joannis Damasceni Bragaldii , hominis aetate nostra praeclarissirai, vita attingere consti- tui, eaque exarare, ut quibus raodis possem tuae raul- torumque satis cupiditati facerem , et amicissimo mi- Iiique karissirao seni debita persolverem. Sed cum ani- madverterem consensu multorum rem eo pervenisse , ut vel summorum virorum praeconia suspicione carere non possint , diu immoratus sum in liac inhaerens cogi- tatione , anne ab incaepto desistere , an desiderium , vel pene dicam amicorum vota compiere , tibique in- dulgere praestaret; Quae cura in animo saepissime ver- sarer , ea potior sententia visa est , ut cunctis deme- Ter , si vera aperte nuUisque laenociniis describere , eaque loqui , de quibus multi integritatis fideique no- strae testes adessent , aggrederer. Quo capto Consilio operae praeciura visum est , si tibi qui ab unguicu- lis Comes et familiaris Bragaldio fuisti , et vita in omni conjunctissimus , quaeque de eo exponerem dona- Tem et commendarem. Si enim in tuam fideni reci- pias quidquid est mei libelli , omnibus non solum ac- ceptura , veruni etiara exploratjssimum fore confido. Nam omnes iategritatem humanitatemque tuara norunt, ingenium laudesque , ita ut optimum dicendi scriben- dique magistrum , nemo non te nesciat ac colat. Tu quidera flectentes litterulas nostras non modo , ita vi- vam, sustinuisti, verura virtute doctrinaque tua recreasti et exornasti. Sed de bis hactenus : ne videar verbis meis, quod de te omnes uno ore praedicant, vendi- ta re , oleumque , ut ajunt, et operara nullo' Consilio perdere. Nunc ad hominem venio. 1. Bragaldia gens inter omnes Castri Bononien- sis in Aemilia , non tara antiquitate praestans , quam propriis laudibus floreas primo loco habita est. Ex ea enim ortus est Joannes Damascenus ille francisca- nae familiae decus , Clementi XIV pontifici maximo 214 LETTERATUnA apprirae karus , qui multos suam in pairiara honores contulit , raagnisque muneribus in ordine functus , ad summos dignitatis gradus pervenisset nisi optinius ille prlnceps immatura morte concessisset. Hic nepotem ìiabuit Vincentium Bragaldium virum probatissimum, iurisque peritissiraum , qui Tiresiara Foggiani foemi- nam primariam matrimonio habuit : quae mature illi pcperit filiura , cui ex patruo Joannis Damasceni no- mea inditum. Sed cura vis tertium aetatis annum age- ret parentcra amisit , ejusque tutela testamento patris matri patruoque Karolo sacerdoti concessa est. Nc- que ita diu res se habuere : cum enim mater nupsis- set Vincentio Bertolazzio , patruusque suum diem obiis- set , ex tabulis ejus tutores designati sunt Franciscus Contolus sacerdos , Aemilìae nostrae magister et co- lumea , ex Alexander Gymnasius comes , nobilitate ge- neris propriaque spectatissimus , qui cum praeclarara ingenii indolem in puero elucere perspexissent , inter faventinae ecclesiae alumnos studiorum caussa mittea- dum judicarunL 2. Hic Fi-anciscum Maccabellium latini serraonis, ita dicam , altorera in primis audivit , postea inter discipulos Dominici Contoli adlectus , multam ope- rani humanioribus literis , quibus natura propensior erat, navavit. Quo factum est ut acceptissimus ante omnes Contolo esset : nara praeter caetera filii loco habebat : accedebat patriae caritatis vinculum , quo niliil dulcius , niliil sanctius homini bonesto esse po- test. His confectis , philosophiae se dedit , docto- remque habuit Antonium JBuccium (quem virum, bo- ni superi I ), qui non solum in pbilosophicis , sed ia ornai literarum genere versatus erat. Cui enim tanti norainis gloria non innotuit ? Cui in deliciis non est aureus sane libcr De instituenda regendaqite mente, omnibus latiui serraonis veneribus muuditiisquc con- Buagaldii vita 215 clnnatus ? qui doctrinae asperltatera molllens, Cicero- nis in dicendo et disputando copiam elegantiamque pene exequavit; scriptorum vero aetatis nostrae omnium perspicuitatem longe superavit. Inter tanti viri audi- tores Bragaldiura quoque adnumeramus , qui a sapien- te ilio doctrinis fere omnibus praeditus , raultarum- que rerum scientiam potitus recessit. 3. Ita primo studiorum curriculo absoluto , Fa- veutia discessit , Romamque petiit, ubi reliquum ado- lescentiae tempus Iionestissime exegit. Postea Fiorcn- tiam se contulit , urbemque doctissimam nominis sui fama adimplevit. Cumque Bononiae immorandi consi- lium inisset , ibi se recepii, ibique consuetudine ex- cellcntium virorum utebatur. Quorum honoris caussa nonnuUos nominare audeo Filones, Valerianos, Mon- taltios, Gompagnonios, viros ad omnem doctrinam ele- gantiamque natos et extructos : cumque morum si- niilitudo amicitiam conglutinasset , maximos ex ilio- rum usu familiaritateque fructus accepit. 4. Alpibus patefactis ac supcratis Galliae gcn- tes Italiam armis excurrunt, exagitant, populosque li- bertatis nomine usurpato in belli partem vocant. An- tiquam Italiae dignitatem , vires , irapcrium in ocu- los coniiciunt, improvidasque raentes spe novae felici— tatis occupant. ,, Nil st-rvitio pejus : gallos jugo ex- „ cusso sese in libertatem vindicasse , rauncque ita- „ licara miseratos fortunara manum captivae porrige- „ re , ut ad pristinum dignitatis gradura assurgat. ,, His vocibus , patriaeque imagine decepti, omnes ad illa arma ruebamus. 5. Primo belli motu Bragaldius domum cencessit, ibique decurionum numero adscitus , rem suam otio- se agere , publicae prò parte virili consulcre sluduit. Anno MDGGXCVI cum cura municipii ex decurionum decreto ei demandarelur consulis nomine ( illa enim 216 Letteratura actale omnia speciosis libertatis nominibus praetexe- bantur), venit ad raagiium illum qui tunc Bononiae crat, eique populi Castri Bononiensis vota oLtulit, si- mulque libellum , quo municipii jura , laudes , origo continebantur. Coloniara bononiensem esse, arcem rau- ni':issimani natam ad belluni in finitimos gerendum. Quibus auditis populo et senatui felsineo raunicipiuni restituit , Bragaldiumque etiara atque etiara comraen- davit. In ilio enira duce tura summa liberalitas, tura, quod apprime rairandum,scientia quaedara in animos ho- ininum introspiciendos , ita ut nec fallere , nec falli posse videretur. Quapropter cura Bragaldius valde si- bi placuisset (erat enira et oris et serraonis maxima in eo dignitas ) inter senatores bononienses adlegit , et ad rautinensera conventura legatura raisit. His ta- men honoribus minime elatus , omnia patriae se de- berc duxit. 6. Cisalpina republica constituta, in coUegiura juniorura , quibus Icges statuere jus erat, adscitus , omni ope nitebatur ut bona quaedara patriae conce- deventur , queis xenodochium poneretur , et ita mi- serorum inopiae valetudinique pul)licae consulcretur. Quod accidit supra desiderium : commodius enira aedi- flcium, vel aptius elegantiusque, vix in Aerailiae urbi- bus invenire posses. Praeteream beneficia multa alia quibus patriam omni tempore cumulavit , et sat rai- lii dixisse erit Bragaldium, non sibi, sed patriae vi- xisse. 7. Per baec tempora conveniebant Lugdunum ita- licae 'virtutis viri, ut auribus acciperent servitutis sen- tcntiara. Nam prosperis rebus turaens animo belliger ille Galliae imperator, orbis imperium avida mente exa- gitabat : quodque durissimura fuit, italos convocabat, ut sibi jus dominandi , quod negare armato nequi- bant , libentes darent. Commotì valde indignatique ani- Brigaldii vita. 217 mi, palriam gallica fide frandeque circumventam , et in servitutem corapulsani , vix sine lacryrais reraeare potuerunt. Inter quos Bragaldius , quem cum saepe de hoc loqui audivissera , diem illum imprecatus, vim- que inhonestam , fallaciara , et libidineni praepotentis militis execrabatur. 8. Domum reversus, mnlta sibi in re publica ad- versa liabuit: insolens enira malarura italici regni artium, assentationes (quibus nulla ad rem faciendam et am- plificandara rectior via erat) apprirae aspernabatur. Cum- que legati munere forocorneliensem provinciara pro- bantibus omnibus diu gessisset , reliquum aetatis pro- cul habendum a re publica decrevit , ut animus tantis miseriis periculisqUfe vacuus , aliquantulum conquie- scere, beatoque frui rausarum otio , si per tempora lice- ret, posset. At multa fecerunt ut curam patrii municipii non recusaret ; omnes enim patriae spes in ilio recum- bebant, Neque fefellit , sed susceptas longe raultumque supera t'it. 9. Pace sociorum regura arrais Europae parta , rebusque compositis , Pius VII Romam sedem suam ex gallica captivitate reversus est. Cumque gloriosis- simum iter triumphi instar per populos urbesque gra- tulantes faceret , Castroboniensi brevi immoratus est. Cives omnes in laetitiam effusi sanctissimo principi obviam ivere : Bragaldiusque in conspectum pontificis, tanto numini majestatique devotus, ante omnes se obtu- lit. Ponti fex ea qua solebat benignitate populi gratu- lationes excepit, Bragaldiumqne praecipue amplexatus est : erat enim sibi dum forocorneliensis ecclesiae sacris praeesset familiaris , et ex ilio tempore quam qui ac- ceptimus. Quare et ante alios ad pcdis osculum admi- sit, et cum Forumlivium pervenisset, Dominicum Gy- mnasium V. CI. remisit , qui Bragaldio verbis suis gra- tias quam plurimas ageret , gratique animi sensus ape- riret. 218 Letteratura 10. Anco MDGGGXVil cuni oblectamenti causa Bragaldius Roraam petiisset, ibique se per aliquot men- ses detinuisset, pontificem adivit , humanitateraque pe- rhuraanissimi principis singularem expertus est. Cum- que ab ilio diraissionem humillime efflagitasset : Cur <, inquit , tam propere discedendi nosque relinqiiendi cupido est ? Quibus verbis facile cuique patebit quan- ta benevolentia Bragaldiura prosequeretur, qui, siquid postulasset , vacuas certe raanus non retulisset. Sed ainore dilectissimi filii Viiicentii sui domum revocaba- tur r quare ille, omni spe postliabita, ex urbe subito excessit. 11. Heu curas homin m , quantum est in rebus inane ! Advenit , flliique oscula n?^^ extremura fidissimi senis ore , non filium excepit. Quo casu dolore ingen- ti percitus est , ita ut vitam priusquam nati dulcis- simi desiderium amitteret. Ex liberis enim, quos de An- na Rossetia uxore susceperat , sumraopcre Vincentium adamabat , tum quod mira adolescenti bonitas pro- bitasque , tura quod perspicax ingenium , propeque se- nilis prudentia fervidis etiam pueritiae inerut annis. Ex- tinctum amare flevit, italicisque carminibus Faventiae editis pueri laudes concinnavi! , aegrumque amorem so- latus est. Sacellum in suburbano excitavit , quo filii uxorisque praemortuae ossa cubarent , et sibi suisque quietis aeternae locus esset. Huc saepe veniebat , mor- taleraque meditatus €onditionem, vultum pectusque per- dulci fletu rigabat. 12. Ingravescente aetate, adversa correptus est va- letudine : et cum milii paucis ante mortem diebus lit- teras mitteret , stomachi morbo se graviter laborare querebatur. Senem esse , fatoque sibi cedendum : me- raoriam sui animo servarem , valeque extremum ami- ci pracmorientis ab ore accipcrem. Cura haec perle- gissem non potui me continere , quin literas raul- Bragaldii vita 2i0 tis perfunderem lacryrais. Hominem enim et sapien- tia multa , et pietate summa amittere dolebat : ac- cedebant studia comraunia, quiLus tanto corniti, lite- rarumque raearum socio , durius esset erbari. Quid di- cam de charitate in Deum , ia patriam , in amicos? Quid de liberalitate in egenos ? Haec ante oculos omnium versantur .- monumenta equidem duratura in posteros extant. Maerore autera funeris coraprobatura est, quan- tum civibus populoque esset acceptus. Quis énim un- quani repetere , aut siccis oculis in mentem revocare poterit diem illura, qui fuit XII Kal.Mart.MDCCGXXIX, cum vulgatura est Bragaldium pie sancteque vita con- cessjsse? Boni desiderio maerorequ e angebantur , pau- peres patronum , cives omnes parentem lugebant. Vi- xit annos LXV meiises III. Post obitum ejus , medi- ci de morbo acerrime decertarunt, libellosque per quos animi insolentia arrogautiaque magis, quam artis pe- ritia constai, in lucem prodiderunt. Cur vero tantum injuriarum quaestionuraque Bragaldio mortuo.?Sed quid mortuo.? Vivit seraperque vivet: nec tanti viri memo- riam vetustas ulia obliterabit , dum aliqui lionos apud nos bonis civibus musisque manebit; Za biblioteca ambrosiana epistola deW abate Luigi Polidori. Milano dalla tipografia Poglicmi 1831 in 8.° . ^"^ . ^ . ^"^^^^ ^^ P"™^ ^°^*^ ^'^^ il slg. abate Luigi Polidori si presenta al pubblico come autore : che gfk l'altra di lui epistola in verso sciolto per le nozze della contessa Giovanna Della Somalia col marchese Filippo Patrizi gli meritò bella lode d'illustri lette- 220 IvETTERATUnA rati , e la biblioteca italiana ne parlò a lungo nel to- mo XXV a carte 257 , ove ne istituì un paragone co' nobilissimi versi di Antonio Baccelleni nel di lui poemetto che ha per titolo - Viaggio al Mella , al elisio ec. - Versi essi pure dettati in occasione di nozze. Che se la biblioteca italiana notò nell' epistola del Polidori alcune cose che più tosto alla buona lo- gica che al verso ed allo stile si riferiscono , e quelle osservazioni ci parvero giustissime ; sembra oggi avere il nostro autore evitato qu^' difetti. Il perchè noi ci daremo carico soltanto di ciò che puramente al me- rito poetico ha relazione. Il verso sciolto, che che ne dicano alcuni mo- derni , è tal metro che per essere veramente perfetto ha molte difficolta da superarsi ; e mancando del leno- cinio della rima , bisogna che abbia in se medesi- mo tali e tante bellezze , che anclie privo di quella maggior melodia che hanno i versi rimati , piacer possa ai delicatissimi orecchi degli italiani , i quali fra i popoli moderni parlano senza contrasto la più bella e la più soave delle lingue. Molti scrittori nel secolo scorso hanno dato opera allo sciolto, e fra questi TAlgarotti , il Bettinelli, il Frugoni , il Roberti ed altri molti ; ma chi conosce que* poeti e i loro versi , benché non privi qui e qua di pregi e di poesia e d'armonia, trova in essi però ben rare volte di che essere pienamente soddisfatto. E per tacere de' tre primi , i versi de' quali furono riuniti in un volume , veggasi da un solo esempio tolto dal poemetto del Roberti le Perle , come tali poeti cercassero più tosto di fare molti versi , che de' bei versi : che se la gastigatezza dello stile e la sobrietà degli epiteti furono sempre lodevoli e carat- teristiche di un vero poeta , non so a qual maniera leggitori potranno piacere i seguenti versi di esso Roberti. Epistola del Polidori 221 i, . . . . . Venere che aggioga Le volatrici tenero - gementi Docilissime sue pafie colombe È vero però che se difettoso è questo modo di tes- sere lo sciolto , vantava non molti anni dopo l'Italia de* sommi versificatori in tal metro; e tale è lo Spol- verini nella sua Riseide, poema didascalico che co- stò venti anni di fatica al suo autore , e che alcuni fra i moderni non dubitarono di anteporre alla stessa coltivazione dell'Alamanni: l'uccellagione del Tirabo- sco , il baco da seta del Betti, ed in tempi a noi più vicini la pastorizia , l'ulivo ed il corallo di Ce- sare Arici, e finalmente l'invito a Lesbia Cidonia del celebre Mascheroni , poemetto in cui diremo col Monti che sono le grazie medesime che parlano profonda filoso- fia , nulla ci fanno desiderare di più squisito. Ed in proposito di quest' ultimo , confessiamo ingenuamente di non poterci adagiare nel parere della biblioteca italiana , che annunziando i due sciolti del Buccel- leni e del Polidori , nel riferito tomo XXV a car- te 188, scrisse le seguenti parole: -In uno de' pros- simi numeri noi ci faremo a tessere il confronto fra questi due poemetti, e lasceremo che il leggitore giu- dichi quale dei due autori abbia meglio battute le orme del Mascheroni, e forse ancora quale dei due sia giunto ad emulare quel famoso invito. - Benché i versi del Buccelìeni e del Polidori non manchino di molte doti poetiche , sono però a nostro giudizio cosi lontani da quel sublime che si trova nell' invito , da non potersene costituire verun parogone senza dero- gare alla fama di questo, o mostrar quelli troppo al medesimo inferiori. Siccome però la biblioteca ita- liana ha detto dubitativamente e non assolutamente , àn- 222 Letteratura che EMULARE: cosi noi diciamo con tutta franchezza, che se uno de' poeti può in qualche modo avvici- narsi al Mascheroni , egli e senza dubbia il Buccel- leni per maggior gastigatezza di stile , sobrietà di epiteti , sceltezza di frasi e di modi ; e nell' insieme più assai lampi di vera poesia , e molte diilìcoltà fe- licemente superate. Ma è tempo di venire al Polidori. L'epistola, di cui intendiamo parlare, fu dettata dall* autore in occasione delle nobilissime sponsalizie di An- tonietta de' duchi Litta , e di Carlo conte Castelbar- co. E siccome Lorenzo Mascheroni in quel suo in- vito sì fece guida alla celebre sua concittadina ed amica Paolina contessa Suardi Grismondi , così come ben si conosce dai primi versi di questo sciolto , il nostro poeta si fa condottiero dello sposo onde fargli ammirare nella famosa biblioteca ambrosiana tutto che più merita l'osservazione dei dotti. Il verso di questa epistola è quasi sempre tem- prato al modo de' classici : ne dispiaciono però al- cune parole che o son troppo prosastiche , o risen- tono troppo rorigiiie latina da cui vennero derivate : siccome dii-emo che ci sembrano versi di non bella armonia quelli, in cui alcune voci che hanno la die- resi dovrebbono di loro natura essere allungate di una sillaba. Eccone un esempio : Dove preziose più che gemme ed auro. La scienza che ogni uman concetto vince- Impazicnti del fren vedi i corsieri. Questi però sono piccoli nei in confronto di non poche bellezze. Alcuni versi di questa epistola, che ci piacquero nell' insieme più degli altri , intendiamo di ofi'erire ai nostri leggitori. Il poeta parla della miniatura di un codice che Epistola del Polidòri 223 fu già del Petrarca , come sono d'avviso il Becca- delli , il Tommasini , Gabriel Ferrari , Fulvio Orsi- ni , il Muratori , il Sassi , uomini tutti accuratissimi e di tali materie peritissimi. La miniatura e del sa- nese Simone Memmi : il che attestano i due seguenti versi che si leggono in esso codice scritti con ca- ratteri di quel tempo. Mantua Virgilium , qui talia carmina finxit: Sena tulit Siraonem , digito qui talia plnxit. Intorno a questa miniatura trovasi una assai dotta lettera del Bianconi nel tomo delle Sanesi. Egli però noa rileva , così il sig. Polidòri , sul conto della figura di Enea que'sensi che a me è sembrato di ravvisarvi. Del vate mantovano i dolci carmi , E quel che Servio commentando intese Dan pregio al libro eh' or ti viene al guardo 9 Mirabil opra del sanese Memmi N'adorna il fronte. Oh qual vago concetto Con be' colori il suo pennel vi esprime ! Lo stil sospeso , e al ciel volte le luci Siede in alto Virgilio , e par che attenda Delle muse il favor. Divino è l'estro Che di sublime idea la mente infiamma. Servio gli è spesso , e con la man solleva In segno di sue glosse arcana coltre : Mentre ad Enea vicin coli' altra addita Da chi eterna aspettar debba la fama. ( Che notte oscura nell' oblio travolve Le belle imprese , se di lor non suona Cetra possente a dar vita immortale ). Al largo petto , al portamento altero , Ed alla mano che suU' elsa posa 224 Letterat ura Diresti che di se solo confidi L'eroe troian ; ma gli è ben altro il senso Che appar furtivo sopra gli occhi sui. Que* duo , che sotto stan , l'uno è col ferro A mondar pronto dagl' inutil rami Pianta spoglia di frondi ; e l'altro esprime Da ben pasciuta pecorella il latte. Ambo drizzan lo sguardo al chiaro vate, Quasi mastro coraun ; eh' egli di Titiro Cantò le cure pastorali , e quindi L'arte che pingui rende e colti i campi- Care di Laura all' aretin cantore Fur queste carte. Quante notti e quante Con pensoso desio vegliò sovr' esse , Più colto stil cercando e miglior metro Air epica sua tromba , onde sperava Coglier serto d'onore in Elicona ! Ma lui che amando visse , aver dovea Sol dal fonte d'amor gloria perenne. Vergò di lui la dotta mano i sensi , Cile qui nel margo meditando or leggi , E pur questi di duol caldi e d'affetto , Onde ricorda in lamentosi accenti 11 luogo , il giorno e l'ora in cui moiìo La donna che di lui s'ebbe gran parte. Più volte ahi forse dalle meste note Vinto ristette per lo interno affanno ; Forse v'impresse un bacio sospirando , Forse bagnoUe d'amoroso pianto. Cosi dolente pastorella incide Di lugubre cipresso in sulla scorza L'augusto segno del comun riscatto , E sotto questo il lagrimato nome Del caro sposo suo , che innanzi tempo , Come bufera un fior , morte recise. 9>: Cenni sugli avanzi delt antica Soìunto , per Domenico lo Fuso Pietrasanta , duca di Serradifalco. - Pa- lermo dalla stamperia di Filippo Salii , 1831. Un voi. con rami. v^uel sovrano lume dell' archeologìa , dico Ennio Qui- rino Visconti , volendo descrivere ed illustrare i ga- bini monumenti , prese a ragionare della origine e della fortuna de' Gabii , che nessun nome avendo nella ro- mana istoria , non offerivano che notizie incerte ed oscure. Gos\ del pari Domenico Lo Faso Pietra-Santa , duca di Serradifalco , prima di accingersi a favellare dei resti di Soìunto , di cui poche e scarse sono le memorie , prendo a discorrere , con sapiente consi- glio , delle vicende a cui soggiacque quella vetusta citta. Ella , come Gabi , fu se non chiara e potente nel mondo, almeno magnifica ed opulenta .- il che ma- nifestano solennemente i preziosi avanzi oggi dissot- terrati , e che il nostro autore ha fatto incidere con intendimento ed accuratezza , descrivendoli ed illustran- doli con molta e grave dottrina : dimanierachè i^iven- dicò la memoria della distrutta Soìunto , onorando la Sicilia con un amore degno di generosa invidia. Sorgeva cotesta citta su i gioghi del monte Ca- talfano , che resta verso mezzodì a dodici miglia da Palermo. Fu dessa con tal nome chiamata da Soìunto, famoso ladrone , che in que' luoghi soggiornava , e che venne trucidato da Ercole , quando questi si recò in Sicilia. Il nostro autore ha tali notizie ricavate da Stefano Bizantino , che le asserisce sulT autorità d'Eca- teo. Ma siccome ingombra di tenebre è sempre la ori- G.A.T.L. |.i 226 L E T T E n A T TJ n A gine delie vcluslc citta , cd-A egli .suviamijntc non s'in- tertiene gran fatto su di ciò, e gli basta il sapere, senza bisogno di assegnarne l'epoca precisa , quasi sem- pre mal sicura , che ad elk lontanissima rimonta la fondazione di Solunto. Difatti Tucidide la dove nel sesto libro delle sue istorie parla de' varii popoli , che vennero a fermar sede in Sicilia , ricorda che i fe- nici abitarono quasi per tutta l'isola , e fortificarono ( sono le parole di quel grande ateniese ) i proraon- torii di cs-sa , e furono eziandio in certe isolette che le sono vicino , perchè potessero mercatantare e traf- ficare CO) siciliani. Ma poiché molti greci vi appro- darono , e lasciando da parte il navigare per l'isola si sparsero , quelli girono a stanziare in Moria , So^ lunto , e Palermo. Dal qual passo chi aramente si scor- ge , che sin dai tempi di que' celebri traffìcatori la citta soluntina attirava a se , forse per la sua bel- lezza , gli sguardi dei popoli stranieri. Dunque non si può rivocare in dubbio l'antichità di Solunto : e quantunque non vi sia alcuno scrittore che di essa e de' suoi cittadini ci abbia particolarmente ragiona- lo , pure noi oggidì abbiamo sicuri indizi , per ar- gomentarne la trascorsa magnificenza. Però l'istcsso non possiamo asserire dell' epoca della sua distruzione , eh' è molto incerta. E senza por mente a Pietro Dia- cono', che l'attribuisce ai saracini , noi partecipando interamente la opinione del nostro autore , credia- mo che l'ultimo suo crollo debbasi riferire allo spa- zio compreso fra il quinto secolo ed il decimo ; poi- ché si vede il suo nome registrato negl' itinerari ro- mani , scritti intorno al terzo e quarto secolo , ed all' incontro non trovasi ricordato negli annali normandi, ne' quali sin d'ogni piccolo castello si fa menzione. E che la sua ultima fine dovette avvenire più tosto uel primo che nel secondo ])eriodo di qucU' epoca, si Dell' antica Solunto 227 può con qualche probabilità argomentare dal non iscor- gcre fra le sue tante rovine alcuna cosa , che vaglia a ricordare il culto de' cristiani. Le quali giudiziose osservazioni allontanano del tutto l'opinione di Pie- tro Diacono : tanto piiì che nissuno ignora , ci ser- viamo delle gravi parole dell' autore , che questo scrit- tore , per lo zelo religioso ond' era animato , tanto avverso mostrossi ai maomettani che , cedendo alle pre- venzioni di sua mente , non dubitò d'incolparli dello sterminio di molte città , alcune delle quali erano scom- parse prima del loro arrivo in Sicilia , ed altre ( co- me bassi da gravissimi storici ) in tempi posteriori alla loro venuta , per esistenti son ricordate. Dunque antica e bella fu Solunto; non potente, ma debole , e venne distrutta nei primi secoli della barbarie succeduta alla romana grandezza. Quanto sie- no adunque preziosi gli avanzi di questa citta vetu- stissima , niuno havvi , cred' io , che possa ignorarlo. Quindi sincerissime lodi tributiamo al valente ingegno del duca di Serradifalco , per averne con tanto giu- dicio propagato la rinomanza. Ne ascondiamo il con- tento che prova l'animo nostro, quando gli è dato di onorare la virtù, rarissima a' nostri giorni, di un uo- mo che alla nobiltà de' natali , la quale è nulla sen- za il valore della mente, congiugne affetto pei dotti , e promuove le arti, coltiva le lettere, e rivendica al- la sua patria gli oltraggi del tempo e dell' ignoranza. Or mi si permetta che io dica alcun che intor- no alle illustrazioni , che questi avanzi risguardano. Nel 1825 taluni villici, zappando, trovarono a caso pochi ruderi antichi, che loro fruttarono piccioli guadagni. Onde mossi da speranza di lucri maggiori, divisarono d'imprendere scavamenti per questo obbiet- to : e la fortuna fu loro tanto propizia , che rinven- nero varii capitelli ; alcuni pezzi di cornici ; una sta- 15* 228 LaTTEHATuiiA tua colossale di Giove : due candelabri ; alcuni resti di una fabbrica ; un' Iside ; ed una mensa di sacrifici. Il nostro autore ci fa sapere che la cornici e i capitelli , scolpiti elegantemente su pietra di taglio , tratta dalla vicina cava dell' Aspra, sono di dorico e di corintio stile , ricoperti di finissimo stucco , e la- vorati in modo che ricordano il far de' romani : ma si sono rinvenuti così malconci, da non potersene ri- conoscere ne la forma ne la destinazione. Però essi , avvegnaché sieno in sì misero stato , ci apprestano uu sicuro argomento che di sontuosi edifizi doveva esse- re Solunto adornata. La statua è manchevole del piede sinistro : sta seduta , ed appoggia il destro su d'uno sgabello : ha ella pieno il volto di maestà celeste , e il crine rac- conciato e sulla fronte bipartito. Una lunga tunica la copre, ed un pallio che le scende dalle spalle in lar- ghissime pieghe ne ravvolge la parte inferiore. Colla sinistra mano tiene leggermente un lungo scettro che sino a terra si stende , e posa ; colla destra volta all' insù chiaro si palesa che dovea sostenere un obbietto che manca: tanto maggiormente che in essa scorgonsi tuttavia alcuni buchi , ove doveva essere confitto : per- lochè il Serradifalco avvisa eh' ella dee rappresentare un Giove conservatore. La quale opinione a noi sem- bra verissima , che le gravi caratteristiche di questa statua sono le medesime che distinguono il re dell' Olimpo , e il padre degli dei. E qui l'autore soggiu- gne che la congettura di essere ella un Giove con- servatore tornerebbe assai più probabile ( sono le sue parole) se ci si concedesse aver esso altre volte colla destra impugnato il fulmine sterminatore , come sem- bra che indicar vogliano i buchi , di che si fece ri- cordo. lo non so per qual ragione qui l'autore dimandi Dell* ArrxicA Solunto 229 se gli si voglia concedere tal cosa : mentre è indubi- tato che gli antichi non soleano rappresentare que- sta dinnitk che collo scettro in una mano , ed il ful- mine neir altra : e sia che l'aquila la portasse indos- so , sia che stesse seduta sopra un trono , o sopra uà carro , sia che rimanesse in piedi , ella raramente la- sciava la folgore , ch'era segno di terrore , e ricor- dava al pensiero degli uomini e degli dei la cele- bre favolosa sconfitta , che la rese padrona dell' uni- verso. I due candelabri , che abbiamo di sopra accen- nali , deonsi riputare un vero trionfo , per la memo- ria della citta soluntina ; perchè sono singolari nelle forme , pregevolissimi nel lavoro. In uno veggonsi scul- te tre donzelle vestite di tunica, peplo e pallio ; e messe in atteggiamento quanto gentile altrettanto mode- sto ed affettuoso : che l'una colle mani congiunte si ap- poggia sopra la spalla della compagna, e l'altra, ch'è loro da presso, si volge in atto di favellare, e colla de- stra fa segno. Nel secondo candelabro vedesi scolpito un guerriero armato in mezzo a due donne : l'una ornata di diadema , e nobilmente vestita , drizza gli occhi in alto , e tiene sulle spalle un amorino : Taltra con grandi ali al dorso, tenente una palma nella sinistra, sta in atto di coronare colla destra il guerriero sud- detto. Noi crediamo che molte e varie spiegazioni dar- si possano di questi gruppi , non avendo essi carat- teristiche tali da farci colpire il vero con sicurezza. Ma senza andar per le lunghe, crediamo eziandio che la interpctrazione data dal nostro autore sia savia ed ingegnosa : e difficilmente , secondo noi , puossene da- re un' altra che abbia più attrattive di questa. Ci si permetta che parliamo le stesse parole di lui. ,, Fu general costume , egli dice , non men degli antichi che dei moderai popoli l'oflrirc in volo alle divinità 230 Letteratura protettrici un dono, che l'ottenuto beneficio valesse a rappresentare. Or poiché le sculture dei candelabri soluntìni tal cosa non offrono che dei tempi storici o favolósi ricordino alcun fatto celebre, nulla ci vieta d'interpretarvi effigiato un particolare avvenimento , e riguardarli qual voto d'avventuroso giovane guerriero, che in premio di sue gloriose imprese ottiene dalla vittoria l'alloro ; e dall' amore una tenera sospirata con- sorte , come l'amorino e la modesta attitudine della donzella par vogliano chiaramente indicare. E bene al proposito si affarebbe il gruppo delle tre donne sculte sull'altro candelabro , massimamente ove voglian- si riguardare per le tre grazie scelte a compagne della novella sposa : ancorché, come di frequente le troviamo effigiate , qui nude non iscorgansi , ne voluttuosamen- te atteggiate , ma coverte e modeste sì come a ver- gine donzella e pudica si addice ; cosa a dir vero po- co usilata , ma che nella sempre varia antichità non è priva di esempio. „ , ^ Diflatti l'autore medesimo per consolidare questo suo. pensamento ricorda in una nota che Socrate nei propilei di Atene rappresentò le tre grazie vestite : oUredichè possonsi richiamare alla mente dei leggito- ri due greciie medaglie dal Combe e dal Vaillant pubblicate , in cui le tre grazie veggonsi del pari coperte. Gli avavzi che spettano ad un edifizlo, che do-, vea rimaner,e in mezzo alla citta, si rinvennero cosi informi fra le soluntine macerie , che un uomo non molto versato nelle archeologiche dottrine gli avreb- be riputati di picciolo o di nessun momento : ma il nostro autore con molta perspicacia ne ha saputo trarre non lieve partito, poiché gli sono serviti per rilevare la pianta della, citta , ed argomentarne la di- sposizione> Dell' antica Solunto 231 Finalmente di altro non ci resta a favellare clic di una mensa di sacrifìci , e di un Iside. Quella , tuttavia in pie , è sostenuta da due mensoloni , la- vorata in pietra di taglio , ed intonacata dì stucco- Ognuno conosce il modo com'erano costrutte tali men- se : il sangue delle vittime clie scorreva , ivi mede- simo si riuniva , e quindi si accoglieva in un vaso o di marmo o di pietra o di argilla, posto innanzi la mensa , ove l'ostia era sacrificata. Però in questa di che parliamo , il vaso , ch'è di terra cotta , non si e rinvenuto al suo luogo proprio , ma sibbene inca- strato in un picciolo muro , che sta a diritta della mensa medesima. Onde abbiamo argomento di crede- re che , sendo tal vaso servito all' uso de' sacrifici , gli antichi non in un modo solamente , ma in varii collocassero tutti quelli che vi erano destinati. Si parli dell' Iside. I popoli sono stati comune- mente sedotti dai più astuti , e guidati dai più elo- quenti : la qual verità si è resa manifesta in quasi tutti i secoli , e più negli andati , che nei presenti: il che sarà forse avvenuto per la natura dei reggi- menti popolari , che furon comuni pressò gli antichi: perchè la dove il popolo ha potere nasce il bisogno d'ingannarlo , e di condurlo ove fa mestieri ai più accorti , e ai più facondi. Queste idee svolazzano dinanzi al mio pensiero , ricordando l'Iside in Solunto rinvenuta : imperciocché il nostro autore ci fa noto ch'essa è assisa coperta di una tunica , che in ispesse e regolate pieghe dalle spalle stendesi fino ai malleoli , e copre parte della sedia , nel lato posteriore della quale e tal vano o cavita da ricevere la meta superiore di uu uomo , che forse vi si ascondeva a profferire gli oracoli che po- feano tramandarsi agevolmente ai poslulanli, per mezzo di uù ferro, fatto a guisa di tromba, nel dorso della sla^ 232 Letteratura tua cUe valeva pioLabilmente a rendere più sonoro del- la voce il rimbombo. Certo la superstizione, compagna " indivisibile di uua cieca e stolta credulità, era som- mamente comune presso gli antichi gentili : il che j)iù di ogni altro manifestano gli oracoli , e le con- vulsioni della pitonessa , vergine corrotta e maligna , che stralunando gli occhi, e contorcendo le labbra , fulminava equivoche sentenze , ed atterriva i popoli , che giurando sulle sue parole , emanavano spesso in- giustissime leggi , ed intraprendevano guerre che fini- vano colla distruzione di se stessi , o degli altri. E farà in ogni secolo somma maraviglia il pensare , come gli egiziani , i greci , e i romani , popoli for- ti e magnanimi , non abbiano distrutto superstizioni così stolte e malvage : onde a loro vergogna ridon- derà sempre l'essere stati, per età lunghissime, il giuoco di pochi astuti potenti. Ma ritorniamo al no- stro subbietto. Gli antichi solcano , com'è chiaro ad ognuno , rappresentare l'Iside egiziaca con grandi foglie in te- sta , ovvero con torre , con turbante , con brocca , o con globo : spesso le faceano allattare un bambino: spesso ancora la figuravano con un' infinità di poppe, che la coprivano da ogni banda : e spessissimo era strettamente coperta da un manto , pieno di gerogli- fiche scritture , che partendo dalle spalle si stende- va sino ai piedi : inoltre soleva ella avere nella destra mano un sistro , o una falciuola , o la lettera T sospesa ad un anello. Ci duole però che noi, per la nostra Iride, non possiamo indicar nulla di tutto ciò, poiché è priva del capo , e non sappiamo che cosa vi sia stato : è monca delle braccia , ed ignoriamo che cosa colle mani abbia sostenuto : è coperta del manto , ma il nostro autore non ci dice che vi sieno de' geroglifici. Solo ci avverte che all' amplissima se- Dell' antica Solunto 233 dia , ov' ella stassi , fanno sostegno due sfingi alate t esempio singolare , perchè veggonsi nella parte ante- riore coperte da una veste orlata , che lor discende sino alle zampe. Imperciocché le sfingi vennero dagli antichi rappresentate col volto di donna , e col cor- po di cane , o di lione : ora ebbero le ali , ed ora ne furon senza : talvolta si videro velate , e tal' al- tra con lunghe trecce , e con barba : ma non cono- sciamo alcun monumento , dice il Serradifalco , nel quale si veggan vestite , e quindi ne sembra che si fatta singolarità vaglia non poco ad accrescere il pre- gio del soluntlno- Finalraente eccoci venuti al termine di questo ar- tìcolo ; onde noi, per far cosa grata ai leggitori, la- sciamo il nostro autore , ricordando le parole mede- sime con cui egli ci lascia. ,, I felici risultamenti di questi primi tentativi , e gli oggetti interessanti che se n'erano cavati , avevano destato in cuore ad ognuno lieta speranza , che da scavamenti continuati e me- glio diretti larga messe di preziose anticaglie sarebbe venuta all'archeologia del pari che alle arti. Ma per nostra sventura ci e d'uopo rinunciare a voti si lu- singhieri. Il suolo dell' antica citta , altra volta incol- to e negletto , e oggidì coperto di viti e di alberi, per coltivare i quali i contadini van dissodando di giorno in giorno il terreno , dissestando e tagliando senza riguardo dall' antico lor sito tutte quelle pie- tre che sono d'intoppo ai loro giornalieri lavori. Il perchè fra non guari andran per la mano dell'uomo del tutto perduti quei miseri avanzi invano rispettati da tanti secoli ; né varrà piiì a sottrarli a si grave scia- gura lo strato benefico di terra , onde furono sinora coperti : che la zappa e l'aratro , ricercandone il seno, va tuttodì dissotterrando quei ruderi miserandi , che 234 Le tteratura celati allo sguardo degli uomini ella avea fÌDora pieto- samente custoditi. „ Ferdinando Malvica. n Canepajo di Girolamo Baruffaldl con aggiunte dell' autore. F JL r ra i poeti georgici del secolo XVITI si annovera il Baruffaldi , che in otto libri ne diede il Canepajo, e per ragione di tempo va innanzi allo Spolverini ed al Lorenzi , dai quali il riso ed i monti furono cantati si bellamente. Essendomi a questi giorni ve- nuto in mano un esemplare della prima edizione (Bo- logna 1T40 ) con correzioni ed aggiunte scrittevi di mano dell' autore , ne ho fatto il riscontro con l'e- dizione del Parnaso italiano (Venezia 1790) per ve- dere se questa fosse purgata od accresciuta , come da ultimo fu volontà dell' autore. E visto che no , mi sono deliberato di porre in luce un saggio almeno del- le aggiunte ; scegliendo quelle che servono più ali* utilità del poema , che all' ornamento. E due altri mo- tivi mi hanno indotto : il primo di gratificare ad un savio e cortese C^), che possedendo quell' esemplare con note autografe ne ha fatto dono alla libreria del mio comune : l'altro di sovvenire a chiunque intende- rà in appresso di riprodurre un'opera, la quale per la bontà de' precetti dallo stesso Filippo Re a'nostri giorni fu commendata (**). (") Signor avvocato Gaetano Piacenti. C*) Elemeati di agricoltura. Venezia 1I02, Tomo IH- pag. 65 e 6g. Il Canepajo di Baruffaldi 2S5 Nel lib. IV del Canepajo a pag. 46 lin. 8 (edizio- ne del 1790) va quest'aggiunta, che contiene av- vertimenti a chi semina la canape. „ Cauto però ti voglio a far l'esame, „ Se vento spiri e quanti venti sieno , „ Se impetuoso e da qual parte nati , „ E se contrarj o pur di soffio eguale. n Se lievi sono e di non gran battuta, „ Come di' primavera placid' aura , „ Che ti alletti ed il crin non ti scarmigli , „ Non la curar. Ma se aquilone od ostro „ O qualunque altro sia , che a gonfie gote „ E soffi e sbuffi e rami e piante abbatta, „ Dal seminar t'arresta. E' lieve il seme „ Canapino e può '1 vento trasportarlo , „ Nel buttarlo che fai , dove non vuoisi : „ E facilmente empier i solchi soli : „ E del campo lasciar nuda la cute. „ Onde avvien poi, che, quando nasce, il solco „ Erboso e fatto di ben folti arbusti , ., E il suol , dov' esser dovria verde , è bianco ; „ O se pur verde, pien d'inutil erba. „ Ma se l'aria sia cheta, allegramente „ Apri '1 tuo pugno e la semente spargi , f) Che il nascimento allor vedrassi eguale. Ancora nel lib. IV a pag. 53 lin. 25 va quest' aggiunta , che contiene un altro modo di romper la crosta del terreno in aprile , in vece del rastro. „ Questo lavoro , o per me' dir governo , „ Sarà miglior senza tal rastro ancora , )7 Se abbonderai di pecorino armento ; ,; L'uso di cui più fruttuoso assai 236 LliTTERATURA „ Sara che l'adoprar ferro pungente. „ E qui disponti ad ascoltarmi alquanto ; „ Ne spaventarti già se per quest' uso ,, Dissi miglior l'armento , il qual non mai „ Giova alle piante verdi e tenerelle. „ Se dopo chiusa la sementa sotto ,> Quella coperta , che la marra industre „ Le versò sopra , il ciel piovoso mandi „ Qualche acqua grave con frequenza , e resti „ Lastricato il tuo campo d'una crosta ,, Dura ed egual , cotta dal sole ardente , „ O dal lungo soffiar di vento australe , „ E che tu possa giudicar , che '1 seme ,, Cominci a germogliar col primo abbozzo „ Della seminai foglia , ne uscir possa ,, Del duro cuojo , che la copre e serra , ,, Onde si sforzi inutilmente e manchi : „ Vanne e dischiudi fuori dell' ovile „ Quant' e mai tutto il tuo lanuto armento, „ Capre capretti agnelli e pecorelle „ E '1 caprone e '1 montone e fino i cani , „ E tutti in turma drizzali sul campo ; „ Vo' dir suir indurito canepajo. „ Ne temer già di danno alcun dal dente; „ Rasa è la piazza e tutto '1 campo imberbe , „ Ne che lusinghi '1 dente avvi un' erbuccia. ,, Fermali colla verga o pur col fischio ,, Suir entrar primo , sicché tutti in torma „ Questi animai , che lo perchè non sanno , „ Formino uno squadron come di guerra. ,, Poi a forza di voci , ansi di grida , „ Aizza tutti que' gran piedi al corso , ,, Spaventandoli come s'ivi presso „ Il lupo fosse a minacciarne preda. „ Sai ben qual sia '1 costume dell' armento ' Il canepajo di Baruffaldi 237 „ In questi casi : tutto in un s'addossa , „ E fa un sol corpo : e tu coli' aizzarlo „ Movilo al corso come per paura , ,, Ne cessar mai fino all' estremo solco. „ Allor dagli quel segno che lo arresta , „ E vanne a fronte della squadra, e volgila „ In altro canepajo non battuto , „ Ed ivi l'aizzar sempre rinnova » „ Tanto che non rimanga spazio alcuno „ Senza questa improvvisa scorreria. „ Que' biforcuti piedi , e quelle dure „ Unghie tale han virtù , che rompon sola „ La prima superfìcie della crosta , „ Nò toccando '1 granel , che sotto giace „ Voglioso di buttar le prime foglie , „ La sospirata liberta gli danno „ D'uscire a rinverdire e metter piede. Nel lib. VII a pag. 116 lin. 18 va quest'aggiun- te , che dice del trarre la canape dal maceratojo , e della fame che nasce ne* cavatori. „ Ha però la milizia il suo foraggio „ Anche in questo lavoro. E' da sapersi , „ Che lo star già intanato in quelle buche „ Suramovendo quell' acque puzzolenti „ Alza fuor d'esse un certo sai volatile, „ Che attizza i denti e nel vcntricol move „ Una fame si rabida , che peggio „ Può dirsi della eresittonia fame. „ Chi non e di tal novero, stia lungi , ,, Se non ha voglia d'esser divorato , „ Che 'l ponno far credo con gli occhi ancora. „ Ma per trovar qualche pastura , fermi ,, Non stanno già ; settembre pampinoso , 238 Letteratura ,, Se in. quel contorno a maturar comincia, „ Sente per prova il militar furore, „ Che air agresto immaturo non perdona , „ E ne fa strage ...... „ Se non che la castalda e'I reggitore „ Previdi non saran giunti a quel loco ,, Senza focaccia e con cipolle almeno. „ A questi abbondanzieri tu vedrai ,, Correr come arrabbiati i cavatori , „ Ed avventarsi al pronto dispensiere ,, L'un dalla man dell' altro gherminella ,, Facendo , ed inghiottir per aria il cibo , „ Assaporandol quanto e più se fosse ,, Dolce giuncata , o pur fagiani e starne , „ O cosa altra soave e saporita. Non a tutti gradiranno questi versi , che hanno pure talvolta del prolisso e del trasandato , e certamen- te non sono sempre ugualmente composti a gentilez- za. Ma le discrete persone faranno ad essi buon viso pensando , prima che l'utilità degl' insegnamenti fa ben perdonare qualche menda nella elocuzione : di poi che l'autore medesimo , tutto inteso ad istruire an- che i più rozzi , appose già a' suoi libri quel motto di Manilio , che dice : „ Ornari rcs ipsa negat , contenta doceri. Domenico Vaccolini 239 Continuazione della lettera di G. I. M. intorno Vepigra/la italiana. f ' M i ortografia , mio caro Gommi , a chi bene la con- sideri è parte sostanziale della favella, perocché ella sola segna i confini delle sentenze , le unisce , le se- para. E nata col linguaggio, e fors' anco era questo rozzo , quando quella era avanzata d'assai. I segni or- tografici in fatto che altro sono, se non le diverse mo- dulazioni della voce e le pause di chi parla , le qua- li perchè non si possono portare in iscrittura sono rappresentate in quegli accenti, in que* punti, in quelle virgolette, che noi vi poniamo ? Ne sappiavi dello stra- no se io dico che l'ortografia avanzasse nel suo pro- gresso il linguaggio stesso , poiché appunto quanto pili ristretta di termini e di modi era la favella, tanto mag- gior bisogno vi aveva di dare diverse significazioni ad una parola sola : ne ciò potevasi senza moltiplicare e variare gli accenti. Ora se è cosi, non è ella follia il pretendere che l'epigrafia stia senza segni ortografici in una linguf, qual è la nostra , sogetta facilmente ad anfibologie equi- vocazioni ambiguità ? Che non vale a noi l'esempio de' latini, i quali usavano meno segni assai di noi, o nin- no , come vogliono alcuni , ne adoperavano in anti- co ; perchè quella lingua ha altra foggia dalla no- stra, ed è meno soggetta ai difetti in cui la nostra de- cade. E udite in grazia ciò che il padre Bartoli dice a proposito dell' ortografia ; che parlando di tai cose fiavi men grave ascoltar lui , sotto le cui mani ogni cosa divicu gradevole , che me , il quale di sovente 240 Letteratura rendo per l'insufficienza mia le piacevoli stesse aspre e nojose : ,, Or primieramente a discorrerne {deW ap- puntare) facendo capo della sua cagion finale , che tutto insieme è dimostrarne la necessita : siccome è verissimo che la prima infra tutte le doti del parla- re è la chiarezza , perocché ella più di verun altra conferisce al fine del parlare eh' è l'essere inteso : vero è altresì dello scrivere , in quanto questa qua- lità può competere al parlare eh' egli è , tutto in si- lenzio , perocché parla agli occhi : e la chiarezza sua pi'opria consiste tutta nella distinzione i cioè in far sì che come l'una cosa non è infatti l'altra , cosi ne an- che il paja , e porrebbelo se non vi fosse alcun se- gno che fra loro le divisasse. Come adunque il poe- ta Ovidio , parlando con quel suo Dio di pietra che si poneva per termine e confine fisso ai campì, gli dis- se: Oinnis erit sine te litigiosus ager r altresì non po- nendo nella scrittura le distinzioni a' lor luoghi , ne avverrà quel che Aristotile allegò per una delle ca- gioni onde i libri d'Eraclito riescivano a* lor lettori intollerabilmente oscuri , cioè il non essere appunta- ti ; e ne ricorda per esempio un sempre^ il quale tra- mezzando due voci , non si sa a ^ual di loro appar- tenga , e dato all' una compone un sentimento di gran maniera diverso da quello, che proviene dandolo alla susseguente ... L'appuntar dunque viene ordinato al distinguere , e il distinguere a render chiaro ; il ren- der chiaro a far primieramente che leggendo non si prenda errore , perocché questo è il principale in- tendimento : l'altro che non si cada in ragionevole am- biguità e dubbiezza, onde abbia mestieri d'interprete, e che perciò l'autore stia dietro alla carta, come Apel- le post tabulam : il terzo che leggendo non si duri fatica; ciò che di necessita avverrebbe se tutto insieme si avesse a leggere la scrittura , e divisarne da se me- Epigrafia italiana 24f desimo i sensi : iti quanto rocchio non viene &jntato, da ninna visibile distinzione , la quale unendo fra se ]e tali parole , che separa e disunisce dalle altre vi- cine, fa cli'elle abbiano determinatamente un tal dire, non un tal altro. „ E poco appresso segue a dire deli' uso de' diversi segni co* quali si appunta , e la ragio- na COSI : „ Abbiamo necessita di due maniere di se- gni , con che distinguere in iscrittura. L'una è tra periodo e periodo , cioè tra il fine d'un sentimento intero e il principio dell' altro , e questa prima e mas- sima distinzione fassi col plinto fermo. L'altra è tra membro e membro ; e perciocché le membra possono essere fra se più o meno diverse , ragion vorrà che siano altresì piiì o meno distinte ; e segnerassi il più, con due punti , il meno con punto e coma : i qua' due segni, nati per libera istituzione degli scrittori , yoglionsi avere per legittimi e proprj , perocché ri- cevuti nella forza che loro si è data. Finalmente per- ciocché le membra ancor esse possono aver particelle, l'una delle quali non è l'altra , non dico in ragion di materia ( che a ciò non si bada ) ma di significa- zione ; ancor queste si dovran fra se dividere coli* ultimo, e perciò menomo segno della distinzione, che eh iamiam w'r^o/(2 o coma. ,, Sia qui ilBartoli: e par- mi che nulla aggiungere vi si possa : tanta è l'evi- denza del suo ragionare. Degli apostrofi poi e degli accenti , gli uni nati ad indicare che la parola è sce- ma di qualche lettera , gli altri a fare che ora si alzi ora si abassi la voce dando diversa modulazione alla pronunzia della parola, non mette bene qui par- lare a lungo, perchè e' mi pare soperchio , avendone tenuto discorso uomini gravissimi e savissimi , le pa- role de' quali ben mi so che avete tutte impresse e suggellate nella memoria. Solo io aggiungerò che se ogni ragione di scrivere ha per necessari questi se- G.A.T.L. 16 242 Letteratura gni ortografici , tanto più l'avrà per necessarissimi l'epigrafia , come quella che molte cose dee dire in breve , molti e svariati sentimenti su un solo sasso esprimere. E che la mancanza generi confusione e difetto , vedetevelo nelle seguenti iscrizioni. „ Alle ceneri di Ferdinando Malvini giovane stu- dioso la cui modestia e bontà fu d'esempio a quanti lo conobbero morto nel fior degli anni. „ „ Claudio Bizzari ebbe nobile ingegno salda me- moria e naturale disposizione alle belle arti con pa- zienza infinita sofferto un lungo e doloroso morbo ec.,, Se una virgola nella piìma epigrafe fosse innanzi alla parola morto, si impedirebbe il fraintendere lo conobbero morto, ec. Un punto collocato dopo le belle arti, farebbe che la pazienza si riferisce alla malat- tia , non alle arti. E come dal mancare i segni ortografici nascono questi piccoli sconci, maggiori ancora derivare ne pos- sono , che troppo lungo sarebbe qui vedere ad uno ad uno. L'introdurre poi il punto interrogativo e l'ammi- rativo , sarà giusta conseguenza del potere introdursi l'interrogazione e l'esclamazione. Laonde ammesso che quelle due figure rettoriche vi abbiamo decentemente luogo , non si possono escludere i segni che neces- sariamente le accompagnano e distinguono. Ne vi ta- cerò una mia opinione (giacche di siffatte cose è il nostro ragionare ) intorno al modo de' caratteri epi- grafici, lo vorrei che in nulla differissero dai nostri caratteri comunali : vorrei che le lettere majuscole si ponessero solo a'nomi proprj , e tutto il contesto fosse in minuscole , come appunto veggiamo ne' libri : non si andasse a capo lasciando dimezzate le linee a ca- priccio , ma solo si andasse a capo al principio di ogni sentenza. Concederei che fosse bene che ogni pa- rola che termina la linea fosse intera , e a questo avesse Epigrafia italiana 243 occhio e lo scrittore e l'incisore , per ragione di una esterna eleganza che diletta la vista , e invita a leg- gere più facilmente : perchè, come avviene ne'libri, mal s'induce l'uomo a leggere in tali, la stampa de' qua- li, anzi che dilettare, mostra di dare fatica agli oc- chi. Fu certo matta invenzione quella che portò ca- ratteri ombrati^ rabescati^ gotici^ tedeschi nelle nostre scritture, i quali non ad altro servono che a mo- strare che noi lasciamo la nitidezza tipografica bodo- niana , che è nostra nazionale , per seguire le fog- ge straniere , e dichiararci barbari ne' frontispizi de* libri. Ed io ho dispetto del vedere che in alcune epi- grafi pur si voglia usare di tali caratteri , e mi pare che a' posteri saranno monumento d'infamia per noi. Una epigrafe incisa in marmo deve, per esser bella, dar quella vista che darebbe, se fosse uscita dai tor- chi dell'immortale Bodoni. E ove pure si vogliano usare le majuscole sole , si faccia con senno , e serbando sempre quelle norme che ho sopra notate. Ne più si adoperino i numeri romani : che per vero di mille volgari un solo li sa leggere : ma si usino quelle ci- fre numeriche che tutti sanno leggere , e che servono a noi. Ne mai più si parli di calende, di ìdì^ di none^ misura di tempo non conosciuta più fra noi e solo cara ai pedanti , ma si dica il dì tale del mese tale. Vi fu ancora chi o per amore di brevità, e per troppo brama d'imita'c i latini , tentò troncare le parale e dimezzarle , specialmente ne' nomi proprj ; supponen- do che tutti l'interpreterebbero per bene : ma ogni uomo di buon senso ha trovato che questa è cosa contraria alla retta intelligenza , e che non deve farsi per conto alcuno. Farmi ancora che si debba scan- sare di porre nuove sighe, cui non sia dato dal consen- so dei dotti una ferma interpretazione. Chi vorrà mai dire lodevole lo scrivere invece di a ^^ S2. A CTO Z ? 16^ 244 LETTETIVAUtlÀ." Conosco che è buona e convcncvul cosa che le epi- grafi italiane non portino a capo le sigle greche ; ma non trovo conveniente poi usarne delle italiane, che per loro novità non risveglino l'idea che vuoisi, e non valgano più che una cifra arabica, o un ge- roglifico egiziano. Forse i primi cristiani adottarono quelle sigle , perchè in tempi si fieri anche le tom- be sarebbero state perseguitate se una croce le avesse distinte. Noi non siamo in queste circostanze , e però una croce potrebbe valere quanto le sigle A CTO Zi Sembrami, o caro Gommi, avere soddisfatto alla me- glio alle vostre domande ; e se ciò non mi è avve- nuto, scusatene, più che la mia mala volontà, l'in- sufficienza e la pochezza dell'ingegno. Sorgerà alcuno che, riordinando e restringendo in un solo volume le molte opinioni che sono state da chiarissimi uomini esposte intorno a questo nuovo genere di scrittura ita- liana, edempira meglio a' vostri ed accomuni deslderj. So che il chiarissimo abate Manuzzi ha per le mani alcun bellissimo lavoro sulla epigrafia italiana : so che il Rambelli e il Contrucci e il Silvestri, uomini pru- deiitissirai , e assai profondi conoscitori dell' arte , ed hanno scritto e scrivono; ne ignoro che il barone Fer- dinando Malvica, nobilissimo ingegno, ne sta dettando precetti. Quando vedranno la luce i parti di questi elevati intelletti , allora voi vi disseterete affatto. Ora vi sarà avvenuto come a colui che, non bastando più all' ardor della sete, si bagna le labbra in quanlun- que po' d'acqua ritrovi, senza badare se fangosa sia , o di reo sapore al palato : giunto poi ove una pol- la d'acqua viva si spinge fuori di una montagna , e 7.anq)illando delle sue pure onde fa un pelaghetto nella valle sottoposta , ivi corre e si bagna, tutto si tuffa, si rinfresca le fauci , e spegne affatto la sete. Oh voglia Iddio che non solo sorga chi levi alla Epigrafia italiana 245 perfezìon sua possibile l'epigrafia (se già il Giordani e il Gontrucci non ve l'hanno levata ) e sorga pure chi meriti iscrizioni ! Io il dico piangendo , e con estremo dolore, che tanta non è la penuria di buone iscrizioni italiane , quanto la penuria d' uomini do- tati di una vera virtù. Non bastano no a dar nome glorioso ad un secolo nella posterità le lunghe ed iper- boliche cantafere, di che l'ingombrano i sassi bugiar- di. Pensiamo noi forse che i posteri vi crederan- no ? E Se pure vi vorranno credere , non troveran- no forse le cifre sepolcrali in contraddizione colle sto- rie .? Oltre alle altre colpe, di che andremo carichi ne' secoli avvenire, io temo non si aggiunga pur que- sta, la taccia di menzogneri, d'adulatori; e però prego che le iscrizioni siano dettate con giusta severità, e per onòr nostro, e per ottenere il gran fine di am- maestrare il popolo. Addio. Statevi sano ed amate sempre Di Savignano 30 maggio 1830. Il tutto vro afF. amico Gius. I. Montanari. Lettera di Giuseppe Ignazio Montanari. AL chiarissimo SIGNOR ANTONIO BIANCHINI Aja vostra lettera stampata per le nozze del signor marchese Adauto Diotalevi è cosi filosofica e gentile, che io non posso a meno di non congratularmene con voi. Perocché voi saviamente avvisando che il costumo 246 Letteratura. d'intitolar versi è ornai frivolo e vieto , e di niuna utilità , avete ben augurato alle nozze di un amico con precetti utili alla vita. E chiaro si vede anche da questo piccolo lavoro come voi siete allevato alla scuola de' greci : perchè in leggendo quella lettera non può a meno che non corra alla mente Plutarco , e non ti paja avere sott' occhio alcuno di que' suoi mo* rali trattatelli con tanta bontà recati nel volgar nostro da Marcello Adriani. Io vorrei che tutti coloro, i quali sogliono donare d'alcun letterario rounuscolo i novelli sposi, seguitassero l'esempio vostro, e finissero una volta quelle scempie adulazioni poetiche che niun uomo di buon senso sosterrà giammai. E sono pure con voi nel disapprovare l'usanza nascente di stampar a caratteri arcimajuscoli una epigrafe non meno il più delle volte bugiarda ed iperbolica di una bugiardissima poesia , e lapidar dirò quasi coloro ai quali si vuole congra- tulare. Che strana fantasia è mai quella di costoro! Le lapidi fatte a serbare la memoria de' grandi fat- ti , de' sommi avvenimenti , convertono così malamente, per dir cos'i, in un vigliettino da visita! Costoro al certo mirano solo al presente volgo letterario che ap- plaude, e non vedono i posteri più savi , che di tali scempiezze si vergogneranno per parte nostra, e si sde- gneranno. Nulla dirò qui della saviezza de' precetti che date , poiché sarebbe cosa assai lunga , ne me- glio si potrebbe , che recando intera la lettera vo- stra stessa : il che farei volentieri se la brevità mei consentisse , e non mi talentasse meglio passare ad altro. Che io ho da farvi grazie sincere delle emen- dazioni che proponete alla versione mia de' frammenti di Rabirio (Gior, Are. fase, di sett. 1830 pag. 333), le quali come ragionevoli in gran parte volentieri ac- cetto. Anzi eccovi la correzione alla quarta colonna, ove voi osservaste mancare nel volgarizzamento quel qua fugitur lux erro. Lettera del Montanari 247 Io vengo in parte, ove non è che luca, Sovente a favellar dei danni antichi Onde ho l'alma trafitta : e tra la morte E la vita ondeggiando, ancora nuove Cercar cagioni e breve indugio porre Air estrema partita il cor si piace. Ragionevole è l'osservare che fate alla sesta co- lonna, che dopo aver detto questi dal ferro ec. con- veniva dir quegli e non quello : ma però potevate entrare in dubbio se mio , dello stampatore o dell'ama- nuense fosse l'errore. A voi non pare ben reso il trai- tur libidine mortis , ed ecco che io ho cangiato così dietro alle vostre osservazioni. infonde Un sonno ingrato, che nel bujo eterno Gli occhi aggravati con desio suggella. Una sola cosa mi spiacque nel vostro articolo, e fu il vedere che trattate questi frammenti come fra- staglie , ed anticaglie oscure : del che non convengo affatto. Convengo che il mio lavoro sia tenue , quanto faticoso , e però vi apposi l'epigrafe in tenui labor : convengo che sia meglio porre lo studio a qualche poema non tradotto (che niuno ne vedo io, per quanto mi guardi ): ma non so indurmi a credere che l'il- lustrare i frammenti di un poema de' tempi di Au- gusto sia poi opera si bassa e si spregevole. E se dell* averli tradotti m'incolpate , ve ne dirò la ragione. La mia dissertazione è fondata dirò quasi sopra ciascun verso del testo , e chi non sa di latino , non può nò intenderla ne giudicarne : e però per accrescere il nu- mero de* lettori e de'giudici, mi indussi a volgarizzare 248 Letteratura que' brani. Pare anche vi spiaccia la licenza da me usata nel tradurre , e dite : versi lodevoUssimi se si lasci da parte quella licenza che vuole menarsi buona ai traduttori di opere intere e piacevoli , più che ai raccoglitori di oscure e minute anticaglie. Ma, caro mìo, ove sono lagune , ove il senso non è aperto , non avrà egli diritto il traduttore di allargarsi un poco , e di ristorare alla meglio il testo che traduce ? Io dico che la licenza, tollerata ne' traduttori d'opere intere , e necessaria a traduttori d'opere spezzate. Se poi si stimano degni di lode coloro che sopra un solo verso, o piccolissimo altro avanzo di antica letteratura, sper- tera^ „ Dione, LV. 31 , e LVI. 23. conferma tutto ciò. I più dotti e recenti annotatori , che ho potuto vedere , per la ignoranza di questi castri , nulla han- no compreso. Il castrense con lutto ciò chiamavasi per eccellenza census , ed in mancanza di maschi , rica- deva alle femmine. Vellejo aveaci avvertiti prima di questa interessante erudizione , L. IL 8, „ Nam cen- „ sus Metellorura , patruelium , non germanorum fra- „ trum fuit : quod solis contigerat Scipionibus. ,, Ed il Ruhnkenio ivi approva malamente una mutazione as- surda della edizione basileese, censura , che può ara-- mettersi solo dfi chi nulla intende l Gli stessi marmi più editi e conosciuti ci avvi-" savano del facile adito allo stato civile , aperto a' li- bertini per la militar carriera. Esiste ancora in No- mento , ora Mentana , dove scrivo queste cose , nella consolante ospitalità dell' incomparabile amico il eh. 17^ 260 Letteratura sig. abate Loreto Santucci , una grande pietra con iscol- tura di tre protomi , o mezze figure. Quella che to- gata tiene la destra è certamente il padre : L . AP- PVLEIVS . L . L . ASGLEPIADES. Questi fu ser- vo , e poi liberto di un signore nomentano Lucio Appulejo. Quella di mezzo è il figlio : L . APPV- LEIVS . L . F . TR . MIL. Alla sinistra v'ha la ma- dre : APPVLEIA . L . L . SOPHANVBA . DE . SVO . FECIT. Il ben graduato militare TRibunus MlLitum mostra il petto nudo « e solamente sulla spalla , e sul braccio sinistro, le pieghe di un panno, o sagulo git- tato air indietro. Con la mano sinistra egli strigne avanti il suo petto il capulo posto orizzontalmente di un parazonio , o gladio , di cui la lama entro il fo- dero discende poi perpendicolarmente. Vogliam dire , che questa sia l'armatura differente , assegnata a co- storo da Ottaviano, per distinguerli dagl'ingenui .'* Os- servisi frattanto, essere la sua nomenclatura L . AP- PVLEIVS . L . F . TR . MIL , tutta d'ingenuo , se non avesse gì' ìaàh] servili a lato : il che ci farà con- fessare , nella nostra serie de' Volusii , non saper noi discernere gV ingenui da' libertini. Se Orazio adoperò all' antica , parlando di suo padre , il vocabolo li- bertinus per libertiis , o già servo , egli fu della isles- sa graduazione con Lucio Appulejo. Se poi egl' in- tese per libertino il figlio di un liberto , come ora adoperiamo quel vocabolo per distinzione , allora L. Appulejo superò di vantaggio il bravo fugace di Mar- co Bruto. Da tutte le iscrizioni edite finora di questo istes- so sepolcreto volusiano , che certamente fu scoperto e spogliato in parte nel secolo XVI (veggasi la rac- colta del Muratori , MGDLIII. 7 , etc. l'Oderici , Diss. Sylloge , pag. 211. XXXVIII , il Marini , Monum. Al- bani pag. 153) , e multai più da quelle che ora prò- Iscrizioni de' volusii 261 duco , rilevasi chiaramente essere stato il censo castren- se de' Volusii lungo tempo sotto il dominio contem- poraneo di due padroni , Lucio e Quinto , ambedue Volusii Saturnini. Questi suU' esempio somministratoci da Vellejo , de' Metelli e degli Scipioni , saranno stati due fratelli, o due cugini- Ad essi apparteneva un tal dominio , perchè erano i soli della famiglia , a' quali allora fosse aperta la strada delle grandi magistrature, delle spedizioni militari , e de' governi delle provin- cie. A provare dei compadroni basta per se stessa la frase nuova , recata nella prima : LOG , DAT . A . DOMINIS . Non dicasi adunque , dalla gruteriana DCCGGLXXXVL 4- , che fu posta la memoria sepol- crale ad un servo di Lucio , col permesso del nuovo padrone Quinto. Fra le mie ne trovo due sole , nelle quali la permissione , o luogo dato , proviene in una dal solo Quinto , e nell' altra dal solo Lucio. Ma ciò potè accadere o per assenza , o per morte di uno de' due. 6. Q . VOLVSIO . ANTIGONO VOLVSIVS . ANTIGONVS F . PATRI . SVO . B . M . FEO L . D . A . Q . N ITEM . Q . VOLVSIVS . Q . F . VEL ANTIGONVS . PATRI . S . S SANGTISSIMO . ET . IVLIAE TRYPHE . MATRI PIISSIMAE ET . SERVILIAE . SEVERAE CONIVGI . SANGTISSIMAE 262 L E T T ÌE R A T U R .1 7. DIS . MANIBVS L . VOLVSIO ;, PARIDI . AGVBIGVLO ET . PROCVRATORI . L . N CLAVDIA . HELPIS . CVM VOLVSIA . HAMILLA . ET VOLVSIO . PARIDE FILIS . SVIS . CONIVGI . SVO BENE MERENTI PERMISSV . L . N I liberti, o libertiai , omettono generalmente il L. L. o Q. L., e discernonsi da' servi pel solo prenome e gentilizio. Nella sesta quel Q. F'olusius Q. fdius Ve- lina Jlntigonus , per chi non abbia tanta perizia di valutare il terzo nome grecanico , sarebbe ingenuis- simo. Perchè in lui la tribù Velina , sì propria della nostra Sabina ? 8. D. M. ANTIOCHO . Q VOLVSIVS POEBHVS . FECIT FILIO . SVO . PIISSI MO . BEN . MER ET . SIBl ET , SVIS . PERMISSVM .L . ET - Q . NOSTRI Questa è la formola piiji consueta e solenne di li- \ ISCRIZIOKI DE.' VOLUStl ' 263 cenzi? ottenuta nel nostro sepolcreto. Quanto mal è speciosa, e dimostrativa di aurei costumi resppessio- •ne di ^Qster in servi a' padroni ; e più quella degli schiavi dell' imperadore AYGnstus Noster, aggiunto che ora non daremmo in pubblica scrittura ad un fratello , e strettissimo parente ! Ma sì , ch'cran trat- tati simili rifiuti della umàhita e nella educazione , e negli agi della vita , e perfino nella sepoltura , co- me veri parenti ! Se mai fossi invitato a mostrare dalle grandi rac- colte d'iscrizioni un altro esempio di un collegio si nuovo ed inaudito , io son pronto. Accenno la bella gruteriana GGCXXXL 2 , già in villa Giulia sulla via Flaminia. Ghiedo il permesso di aggiungere una sola D sul principio , che i dotti uomini , da' quali ci venne trascritta , o non videro per rottura del mar- mo , o se videro , giudicar, dovettero un errore del quadratario : essendo essi remotissimi dal conoscere de- curioni di liberti , ed in conseguenza dal saper leg- gere ed intendere l'epigrafe. Ottenuta la grazia della D , cosi spiego la prima sorella delle nostre castren- si. Decreto DEGVRIONVM COCGEII hibertoruni , GVRATo/vZ'^^^STRATONE GOMOEDO IBYGO PSAL- TE GHRESTO SVMPTVAR/o , TARENTINO SVM- PTVAR/o . IN FRonte V^des XL. IN AGR. P. XL. Il Pighio , acciecato da quel comoedus , ch'è poi la professione del solo primo de' curatori del collegio , definì l'altro ufficio di sumptucadus „ eujus erat siim- „ ptiis ad scenam necessarios. erogare. ,, Ma qui nul- la v'ha di teatrale. Trattasi della fondazione di am- pio sepolcreto por domestici castrensi , che l'umanità di Goccejo , pare , avea resi tutti liberti. A mio pa- rere il sumptuariits , venuto dal castrense al palazzo de' padroni , era il cassiere , o l'intendente delle signo- rili e straordinarie spese. Sentiremo dal sig. Borghc- 264 Letteratura si , se questo Coccejo esser possa uno de*nimicl, po- scia divenuti intimae admissionis di Augusto , e fat- tisi più potenti di Mecenate ; de' quali Seneca, De cle- mentia , L 10. Proseguasi la serie de* nostri Volusii. 9. D . M IVLIAE . NEBRIDI VOLVSIVS ANTIGONVS . GENER ET . IVLIA . TRYPHE . F MATRI PIENTISSIMAE . F 10. L . VOLVSIVS MYRINVS VOLVSIAE . EVTYCHIDl CONIVGI . DE . SE . BENE MERENTI . VIX . ANN . XXI H. dIs . MANIBVS VOLVSIAE . FORTVNATAE Q . VOLVSIVS DIADVMENVS riLIVS . MATRI . B . M . F 12. DIS MANIB 6EMPR0NIAE Iscrizioni de' volusii 2C5 GLYCERAE L VOLVSIVS VALENS CONIVGI KARISSIMAE BENEMERENTI FECIT 13. DIS . MANIBVS TIBVRTIAE ANYTES BOTRYS . Q . K . SPECVLAR CONTVBERNALI BENE MERENTI . ET . SIBI u. DIS . MANIB VITALIS PRIMVS . Q » N . ACT RHODISMIANVS CONIVGI KARISSIM Con somma erudizione il sig. Borghesi aveaci no- tato , dia Plinio lib. VII. 5 , che una Cornelia de- gli Scipioni , maritata con an L. Volusio Saturnino prefetto di Roma , avea dato il raro esempio d'ave- re , nella sua età d'anni sessantadue , partorito un fi- glio , il quale poscia fu console. Ecco mentovata in tre marmi una sì robusta , sebben nobilissima doaaa< 26l6 L b t t e n a t V r a 15. .'.-D'./.U'. /-ai ELATE . QRNATRIX CORNELIAE . VOLVSIAE V ..A . XX - F HELLANICVS , COftlVGI B », M Qui Corneliae P^olusiae mn. sono già due gentilìz] , ma un modo popolare , in vece del più ricercato ed elegante : Corneliae L. f^olusii iuxoris). • 16i p . icsinryi - . - dIs, . .MANIE ;i.T lANVARlAE CORNELIAE L . VOLVsI EVTYCnES - COSIVGI BENE . JWERENTI '-•J.\ . ET.. . SIBI . L L . D . D . D In questa sottintender si dee lanuariae {servae) ; e v'ha il modo elegante. ^ 17. dIs . manibv ^' FELICIS w V . M i vii *'•• ' VOLVSSIAE . CHEONE -. CORNELIAE .■ - i POSVIT . FILIO . CARISSIMO StQVIS . nviIIC . AMMVERIT . lENPER DOLOREM . EXPERISCATVR . QVEMECO PXPEftTA SVM 5 . Iscrizioni de' volusii <2^ Recai già questa sul nostro giornale , a provare , che il volgo tll. tutte le età àvea parlato e scritto pessi- mamente. Certo che fanno torto a' cristiani coloro che attribuiscono ad essi ogni barbarie di stile. La nostra Cheone , ©piuttosto Chione (neve, o nivea ) , xlal gentilizio, che andava posto in nominativo, si mostra essere stata liberta de' Volusii , promossa dalla signora Cornelia. Le due ultime righe spieganti in tal guiisa : Si quis hunc {titidurn) amoverit^ semper dolorem ex- periscatur {experiatur) , quem ego experta sum. Il rozzo scarpellino , eh' esser dovca anch' esso uno schia- vo castrense , avvedutosi d'aver fatto una I per S in lENPER, semper^ sottopose una brutta S, che pare un 5. 18. PANCARPO EXAGT V . AN . XXXIIII AVCTA . VICARIA FECIT ■ T /. 9, SABINA . PANCAR . F » V . A . XII VOLVSIA . AVCTA . V . A . XXXI 19. NICÈPHOR LECTICAR L . VOLVSIVS PHILOCAL DE . SVO . FECIT 268 Letteratura 'jjb , o'ir. . !j?.on io2 sàponp jBJg ieoo L . VOLVSIVS SEPTIMINVS PON FONIE PRISCILLE CONIVGI SVAE BENEMERENTI FECIT CVM QVA VIX w AN . Vili . MENS VII DIEB VII IPSA . AN . VIX . NXVIMVIH D . VII 21. NINVS . SACERDOS PENATIVM VITALI VICARIO VIXA . , . 22. SABINO . SACER DEVM . PENAT . , . VIX . AN . XXXIII NINVS . FRATRI BENE . MERENTI 23. EVTYCHO INSVLAR 24. HEBENO i Q . N CVBIGVLAR COLLEGAE . D . S . Iscrizioni de' volusii 269 m L . VOLVSIO . PHAEDRO TI . CLAVDIVS . SVAVIS ET . CLAVDIA . AGLAVRE SOROR ET HERMA AMANV FECERVNT P . . G . D . D . I Claudi! , come anche le Giulie ed i Giulii , colle- gati co' nostri , ci rammentano forse , o il matrimo- nio di un Volusio Saturnino , accennato dall' istesso sig. Borghesi , seguendo il Glandorpio , con una zia di Tiberio , ovvero un altro simile parentado con l'ira- perador Claudio. 26. v.o4\oc>'\!(i<;\ •:■) • ijlio I* CINERES VESTALIS hs csr ^ lìti ^ijgi'itiiì sliB ognuf»^;»./- Niuno s'immagini qui una delle famóse vérgini. 'ITa tal nome adoperavasi anche dagli uomini ; e benché alquanto corrotto idioticamente, comparisce in un ti- toletto del Marini , Arvali pag. 505 ; L . CATIVS ■,! SP . F . VESTALLES . :.! 27. NICEROTI . Q . N AMANV .... E CONTVBERNALl ET . SIRI 2t0 L K T 1' E R A t tJ R a 28. lUA ... . * M . PRIMIGENIVS . L . VOL VSi SATVRNINI , SER. - AB , ROSPI TIS ET PAEDAGOG . PVEROR . CHARIDI , CONT . S . B . M T . lYLIvis . ANTIGONVS - GENER . ElVS SPVRINNIAE . NICENI . TORQVATIANAE KVTRICr * SVXK ..BENE - ÌMERENTI SANCTAK - PIAR . AMANTISSIMAE -oUffSCEà^NT^ , isiBIì V AP V «VIS • POSTERISQ e EOK ! -ornì'!lr>ta ii o , n^'iot ùncAiiAiWun h , iilfcoii 'oo iJf.^ Non li'óvd ^ negl' indici - del Grùterò d 3él Muratori Vùfllcio' ab, hmpitiis . Ma se vedemmo da' piombi loriéisii cine i nobili i"oraani teneano nelle ville loa^ tane de* praehitores , i quali a noi sembrano coloro^ che Orazio , astretto dal metro , disse con greca vo- ce parochos , essi molto piiì collocar doveano nel pa- lagio di citta un ministro adatto , che attendesse all' accoglienza ed al trattamento de' grandi ospiti. Aggiungo alle famiglie alleate con la nostra , la gerite Ulpia , di cui le memorie sono rare nelT alta età. NiiUa monta, che sia di essa un ramo liberti- nJò ,'n;come apparisce da' nomi grecanici. Sara casp=y se vi si trova di più una Ulpia Giunia , o di Giù- nia che ci rammenta le Torqaatae ? . . ' 29. D M VLPIO . THREPTIONI • MARITO ET . VLPIAE . IVNIAE . FIL . PIENTISSI MAE . ET . SANCTrSSlMAE . QVAE VIXIT . ANNIS . VIII - M . XI . DIEBVS ' IsCttlZIONI de' VOLUSII > 2T1 VII . VLPIA . MENOTHE A : FECIT . BM SIBI . ET . VLPIO . CALLISTO . COIVGI SVO' . ET LIBERIS . LIBERTIS . LIBERT ABVS . QVE : POSTERIS - QVE . E ORVM . VTRIVSQVE . KOMINIS La hivìra Menotea , avendo avuto dal primo marito figli , che qui non nomina , ed avendone , o speran- done dal secondo , provveder volle persino alla suc- cessione sepolcrale comune delle due linee. La prima sarebbe stata quella degli Ulpii Threptìones , la se- conda degli Ulpii Callisti , eh' ella comprese retta- mente sotto la frase utriusque nominis. Ed in tal sen- so , non già del gentilizio , ma del nome di famiglia, corrispondente a' cognomi che oggidì adoperiamo , in- tender èi debbono tante lapidi , nelle quali troviamo lo sicongiuro e le minacce di castighi e di .multe , SI che il sepolcro non si alieni , e non si venda , ne de nomine exeai. 30. > D . M . S •vÓLVSIAE . NEBRIDI'- >-0 J Q . VOLVSIVS . ALQIMVS . ET VOLVSIA . COLCHIS . FILI . MATRI BENE . MERENTI . FECERVNT . ET CRESCENTI . PATRI . ET . CHRESIMO . L PERMISSV . DECVRIONVM . LOCVS . DAT 31. '^.; ■ LOGO L VOLVSI 272 Letteratura irn VIX . ANN . XX . . jn CERIALIS . FRATER T AGATHOPYS . VIGARIVS J2. QÌviRM omiiq , VOLVSIAE -iir,'i3q?. o .- EROTIDI ^302 Biffi < SYRILLIO . LIBRAR Kfhhq ! — ■-' ::*'" 33. VERECVNDVS AGTOR . ET -1 : VOLVSIA . LYRINE FECERVNT . VERECVNDO . FILIO SVO . y . ANNO . I . MENSIB , VI . EJ . SIBI 34. GERBONI . L , VOLVSI SATVRNINI . TOPIAR VOLVSIA . AVGTA CONTVBERNALI . B . M . 35. ' ZOSIMVS . HYMNI MEDICVS . AMPELIONI COGNATAE . ET . VICARIAR SVAE . GONIVGI . TYRANNI DAPHNI . VIX . ANN . XIIX Riuscirà inintelligibile ai non esperti questo curioso Iscrizioni de' volusii 273 titoletto. Eccolo pertanto spiegato , con la costrnzio- ne del senso che ne dk la scienza. „ Zosimo medi- „ co , servo d'Inno liberto do' Volusii , pose questa „ memoria ad Ampeliona sua congiunta e vicaria , o ,, sostituta neir uffizio di medica chirurga , moglie di „ Tiranno servo di Dafno liberto , la quale visse an- „ ni XVIII. „ Veggasi Dafno liberto de' Volusii nel- la iscrizione terza , e nell' annessa del Grutero. Espongo qui disposte in alfabeto tutte le appel- lazioni di uffici servili , o libertini , contenute in que- sta scrittura : il che sarà di comodo a coloro , che avendo alla mano i molti libri necessari , potranno determinare quali di esse sieno inedite. A cubiculo. A manu. A paedagogiis pueronim. A speculum. Cioè : A speculo^ Era la camerierina più giovane , che fra le ornatrices tenea lo specchio av^- li la padrona , mentre questa si acconciava. Ab ho- spitiis. Actor , bis. Adiutor tahularii fisci castrensis. Cellarius. Cantiniere , e dispensiere di altri ge- neri. Citharoedus. Comoedus. Cubicularius. Curatores, Decurio. Decuriones conlegii castrensis. Decu- riones libertorum Cocceii. Dispensator fìsci castren- sis. Qui dispensavit. Quegli eh' è stato Dispensator. Exactor. Fullo. L'imbiancatore de' panni di lana non tinti, co' quali faceansi le toghe , vesti solenni de' romani , anche sotto gì' imperadori. So , che moderni vantati editori di un celebre museo traducono i fuUones per tintori. Ma con ciò essi dimostrano di non essere in- telligenti nelle antichità, nemmeno nelle cose più ov- vie e conosciute. Jnsularius. Forse colui che presiedeva , o riscuo- teva le pigioni dalle insulae , o da' gruppi di case , che i signori locavano a' cittadini poveri. Lecticarius. Librarius. G.A.T.L. 18 274 Letteratura Medicai. Servo , coti falcarla medica chirurga. Nutrix, Ornatrix. Paedagogiis. O piuttosto : A paedngogiis pue" roritm , come sopra. Pedisseqiuis castrensis. Pedisse- quus numeri castrensis, Pedissequiis rationis kastren- sis. Pedissequus stationis castrensis. Procurator ca- strensis. Pròcurator fisci Castrensis. Procurator L, N. sembra ministro generale. Procurator numerumì de- gli spettacoli gladiatorj e circensi , che l'imperadore dava spesso, Procurator patrimonii. Procurator the- saurorum. Uno de' foglicttisti primi editori sostenne , con la solita sua erronea franchezza , e per mancan- za d'ogni criterio , essere stato il Prosene cosi quali- ficato prefetto de' tesori del senato e popolo romano. Ma quanto mai egli sbaglia orrendamente ! Un liberto augusteo non potea essere che ministro de' tesori par- ticolari dell' imperadore ; il che vien dimostrato dal passaggio che fece all' amministrazione del patrimonio proprio dell' istesso imperadore, Procurator vinorum. Psaltes, Sacerdos Penatium. Sacerdos deum Penai, Spe^ cnlarìus. Il vetrajo. Sumptuarius, Topiarius, Il giardiniere , particolarmente delle areole di fiori , e de' boschetti artefatti. Vicaria. Serva che facea le veci di un altro ser- vo anche medico chirurgo. Ficarius, Il sostituto di altro servo. Da lungo tempo esercitato l'esimio sig. Borghesi nelle pii^ alte ed intralciate discussioni di antica ro- mana dottrina e cronologia , mentre vede intimamene te f cosicché non altri mai , le generazioni , le ma- gistrature , i fatti de' personaggi più nobili della re- pubblica e dell' impero , trascura involontariamente Iscrizioni de* volusii 275 alóuné minuzie {*). Io , che ho passato il meglio della mia età ( com' egli e tutti sanno ) in istucli e lavori della paleografia greca e latina , e della diplomatica de' tempi di mezzo , mi sono tenuto più al materiale e grossolano della epigrafica scienza. Prego Fumanis- sirao signore a voler boni consulere quanto ho qui do- vuto scrivere in fretta , e sempre più senza libri; per fare il mio dovere con la venerata società dell* Arca- dico ; e per mostrare la vastità e didicolta della scien- za ad alcuni giovani , non che ad un vecchio , i quali credonsi antiquarj , ed incominciarono , e proseguono ancora nelle cieche vie dell' impostura , o del più brutto e vergognoso ligorianismo. Prego il dolcissimo amico a correggermi liberamente in tutti gli errori , ne' quali sarò caduto. In questa guisa solamente ven- (*) Il dotto uomo non dovea condiscendere al PRAEFE- CTO . VRB . IVRIDICVND di un apografo d'iscrizioni spa- gnuole , e posseduto dal fu dottor Puertas . L'apografo, che il bravo e gentile numismatico ibero volle comunicarmi , era un lavoro calligrafico , tratto da varj originali , e male schede. Io ne trascrissi quelle che credetti degne , o men guaste , in un libretto , che ora non ho alle mani. Ma ben mi ricordo , che la epìgrafe di Paolo Emilio Regillo v'era scritta , due o tre vol- te in modo, che il IVRIDICVND , senz,* alcuna dislrinzione o lacuna , veniva congiunto nella stessa riga col PRAEFECTO VRB . Un'altra volta però compariva tirata una liuea al fian- co del principio delle righe, linea che indicava il marmo ivi rotto e segato , ed il IVRIDIGVND restava nella riga po- steriore a quella di PRAEFECTO VRB. Per questa sola ri- flessione , si doyuta e facile su carte di tal natura , il sig. Bor- ghesi ora vedrà meglio di me quale altra magistratura sia il IVREDICVND. - Egli nemmeno dovea prendersi pena di un supposto Appio Annio Riarso Volusio Saturnino. Nelle prime mie ricerche , io sentii subito il mal odore della magagna 18* 276 Letteratura gonsi ad estendere da' veri dotti le giurisdizioni ed i limiti del solido sapere. Se le mie nuove congetture sul castrense incontreranno Tapprovazion sua , saranno ben elleno fortunate ! Lo prego a degnarsi di prendere ad illustrare quelle che a lui piaceranno fra queste iscrizioni Volusie ; co- me ha già fatto gentilmente di alcune del colomba- rio augusteo , scoperto quest' anno nel recinto degli Scipioni , vicino a Porta Latina : delle quali illustra- zioni , comunicatemi per amorevol sua lettera , mo- strerò pure di sapergli buon grado per le stampe 5 quantunque sarò costretto (salvo sempre tutto il ri- spetto dovuto ad un sì grande maestro) a dissentire dal giudizio eh' egli ha dato sulla OGTAVIA CAE- SARIS AVGVSTI Yilia. Girolamo Amati, ( Murat. CDLXX. 7 ) • Il monumento è un tubo aquario di piombo, già borghesiano. II piombo screpola molto, e salta via in pezzetti, onde la lettura n'è difficile a'non espertissi- mi. Compatiremo per ciò il padre Bianchini. La dottrina di nostra esperienza (ed il eh. sig. Borghesi la conosce più di me) vuole, che v'abbiano in simili tubi primieramente in ca- so retto i nomi delle acque che andavano alla villa , e dopo in genitivo il nome del padrone della villa. Leggo adunque APPIA . ANNIe^w , MARCIA. Lacqua ANNIe^w, in altri ANIE- SIS, o ANIENSIS, era forse la stessa con l'Anien, o Aniene, che fu poi vecchio e nuovo. Il Volusio Saturnino padrone della villa può essere stato quello che il J/arini nota nelle tavole Arvall mai sempre senza prenome. Erede costui di tanti Luci e Quinti , avrebbe potuto per le leggi adoperare qualunque di essi prenomi; ma non avendovi allora in Ro- ma altro personaggio decorato degli altri due illustrissimi no- mi Volusio Saturnino , col quale potersi confondere , egli pre- ferì di non usare alcun prenome. 27T Della vita e degli studi di D. Francesco Maria Ric- ci , volgarizzatore delV Antilucrezio. LETTERA VI. Del prof. Domenico f^accolini. k SUA ECCELLENZA REV. MOINS. CARLO EMMANUELE DE' CONTI MUZZARELLI. A nelle a lei, monsignore, duole adunque moltissimo, che nella biografia universale , che si stampa a Vene- zia , manchino de* nomi illustri e cari all' Italia , co- me sono fra gli altri quelli del Minzoni , del Rondi- netti , del Rondi, di Cosmo Betti? Anche a lei duo- le , che di alcuni troppo poco vi si dica rispetto al merito , come colk dove toccasi di quell' egregio Da- niele Bartoli e di quell' ottimo Alfonso Muzzarelli ? Anche a lei pare , che sia opera degna e pietosa ri- vendicare pubblicamente la lode debita a que' generosi, che avendo ben meritato de' nostri studi vivono ciba- ri nella memoria de' buoni ? E crede che io sia da tanto di ben fornire siffatto uffizio ? Questo pure in quanto al volere credo io ; benché in quanto al po- tere non solo dubiti , ma sia conscio a me del con- trario. Come che sia però , i conforti di lei e degli altri miei amorevoli potranno giovarmi : e già ne ho fatto esperimento. (*) Ora vo' provarmi a rinfrescare (*) Vedi singolarmente alcune lettere ^inserite nel rolumi iSy-SS-Sg del giornale «rcadico. 278 Letteratura la memoria di tale , di cui se cerco purtroppo inva- no nella biografia , abbastanza mi ha dato ella , mon- signore , di quel suo tesorelto di erudizieni , al quale aggiunta dottrina e cortesia, ambe proprie di lei, noa so che possa mancare oggimai a far contente molte bra- me de' letterati. Intendo toccare della vita e degli stu- di di don Francesco Maria Ricci tanto che basti ; perchè gli estrani, così larghi a lodare i loro, non ne accusino d'ingratitudine , ed i nostri si movano a ricor- darsi di quel degnissimo. Ricci Giuseppe ( che fu poi nella religione be- nedettina cassinese Francesco Maria) nacque in Roma a'24 marzo 1 697 circa le ore T di notte , e fu bat- tezzato nella collegiale e parrocchiale chiesa di S. Ma- ria ad Martires , detta la Rotonda. Il padre di lui , Giovanni Batista , avvocato di chiaro nome , la ma- dre Antonia Fontana a tener viva la nobiltà de' mag- giori furono solleciti di bene educare il caro figliuo- lo- A così tenera cura egli rispose di guisa, che toc- cando a pena il decimo anno di età era già innanzi nella grammatica , e di far versi più che molto si dilettava. Neil' undecirao ( che per la morte avvenu- ta del padre gli tornò acerbo ) entrò nel collegio Na- zareno , ed in capo a sei anni ebbe corso con lode lo studio delle umane lettere e della filosofia ; talché avanzando del tempo ivi assegnato agli allievi, potè air esempio del padre dar opera allo studio del gius civile sotto la disciplina del dottor Garpani , che a lui andava ogni giorno per istruirlo. Uscito di col- legio frequentò lo studio del curiale Moiraga : ed era per prendere l'avvocheria, quando fu inspirato di far- si religioso benedettino cassinese; tanto più che in quel- la congregazione aveva avuto uno zio paterno col no- me di D. Francesco Maria j il quale dopo varie ca- lìthe fu cellerario in Roma, e morì priore in Raven- Lettere del Vaccolini 279 nia elèi 1710. Ecco pertanto il nostro Giuseppe ia Compagnia di Lodovico, suo fratello minore , alla fine di ottobre del 1715 vestire l'abito nel monastero di S. Maria in Badia a Firenze, rinnovando in memoria dello zio il nome dì Francesco Maria ; mentre il fra- tello prendeva quello di Fortunato. Fatta in capo air- anno la professione nel monastero di S. Paolo di Ro- ma , ed ivi recatosi, studiò in divinità sotto celebri professori , Porcia e Tamburini , poi cardinali , e sot- to il p. Finardi , che fu abate in S. Giorgio mag- giore a Venezia- Mancato di vita al quarto lustro di età il fratello di lui , non si rimase in quanto a se dair operarsi negli studi , e venne così adden- tro ne' sacri canoni, che giovine di anni parve maturo di dottrina. Però avuta la dispensa dell' età, prese il sacerdozio, e fu mandato a Mantova a leggere sacri ca- noni in quel monastero ragguardevolissimo , dove re- stò dodici anni : e quell' ufucio fu a lui cagione di lode , ai giovani di profitto. Passato a Brescia lesse due corsi di gius pontificio in quel seminario, e ne mi- se in istampa il ristretto sotto monsignor Morosini ve^ scovo , che introdusse le studio di tal facoltà ; poi sotto il card. Querini, che successe nel vescovato. Fat- to priore di quel monastero nel 1740, compiè degna- mente varie funzioni : nel 1 747 recitò le orazioni la- tine , che sono di uso all' aprirsi ed al dividersi del capitolo. Indi fatto priore a Cesena, a Ferrara, a Su- Liaco, potè ricrearsi cogli studi della sua giovinezza non senza morale utilità ; dacché in versi italiani re- cò TAntilucrezio del cardinale di Polignac : ed i li- beri di Scipione Capece e di S. Prospero Aquitano : traslatò ancora l'Eneide di Virgilio ; ma questa sua fa- tica non vide la luce. Meritò ed ebbe lodi dal Vol- pi , dal Tiraboschi , e da altri uomini di quella stam- pa : fu ammesso fuori a molte accademie ; in Roma 280 Letteratura neir Arcadia , nei Quirini , ed in S. Luca. Neil* an- no 1760 fu cancelliere della sua congregazione , e l'anno appresso venne priore in S. Benedetto a Fer- rara. Nel 1754 fu eletto visitatore delle provincie ve-^ neta lombarda e ligustica. Compito il sessennio an- dò abate in s. Pietro d'Assisi, finalmente nel capitolo tenuto in S. Pietro di Perugia fu eletto abate di S. Paolo in Roma : nella quale abazia, dopo 20 anni di governo , pieno di meriti volò al cielo il dì 13 mar- zo 1T65 ; lasciando di se desiderio ne' buoni e savi che lo stimarono quanto si meritava. Gradisca, monsignore , queste poche righe pel buo- no spirito t onde sono dettate ; e molto pm per te- stimonio di queir ossequiosa stima , onde mi pregio di rassegnarmi ec. Suo Devrao Obbmo Servitore Domenico Vaccolini Della vita e degli studi di Michel angelo Monsa-' grati abate della cofig. renana de'canonici regola- ri , e di D. Giacomo Antonio Bacai rettore del seminario di Lucca, LETTERA VII Del prof. Domenico yaccolini* A SUA ECCELLENZA REV. MONS. CARLO EMMANUELE DE' CONTI MDZZARELLI. Eccellenza Reverendissima, V^ucsta lettera sarà tutta nelle lodi di due beneme- riti , de' quali uà motto poteva pur dire la Biografia Lettera del Vaccolini 281 universale"; poiché di entrambi si onbifa, non pure Luc- ca loro patria, ma Italia tutta. Il primo, D. Michel- Angelo Monsagrati , nacque di nobili genitori il 2T settembre 1719 , e tra' canonici regolari vesti l'abito il 30 novembre 1734 in s. Salvatore a Bologna , e professò l'anno appresso. Desideroso di sapere, ed aiu- tato da ingegno pronto e da memoria non comune, avan- zò prestamente nelle filosofiche e teologiche discipli- ne , e più riuscì in cose bibliche e d'istoria eccle- siastica ; di che diede saggio fra le altre volte nel 1742 avanti il card. Giulio Alberoni legato. Passò allo studio di Roma in S. Pietro in Vincoli , donde tornò a Bo- logna alla cattedra teologica in S. Salvatore : tre anni la tenne, e n'ebbe in premio del 1748 l'abazia ti- tolare di S. Michele in colie di Lucca, e la prima cat- tedra di teologia in S. Pietro in Vincoli. Benedet- to XIV allora regnante ebbe il Monsagrati come uu gioiello , e ne arricchì l'accademia di storia ecclesia- stica e la congregazione dell' indice. Il sovrano fa- vore t che è stimolo potentisìssimo ai buoni ingegni , fu cagione che il Monsagrati s'incuorasse a por fuori una dissertazione latina sulle catene di S. Pietro. apos- tolo : che fu lodata nel Giornale de letterati del 1 750 stampato in Roma pag. 48 , nella Storia letteraria d'Italia del Zaccaria t. III pag. 382, nelle Novelle letterarie di Firenze del 1751 pag. 650, e ricordata in altri giornali ancora d'oltremonte. Fatto sempre piiì caro al dotto pontefice (che volgendo nell'animo de- gni pensieri, a maturarli sapeva scegliere aiutatori ) dovette a' conforti di lui operarsi a tutt' uomo nella riforma del breviario romano. Ma ne queste ne l'al- tre cure gli tolsero di ragionare in accademia di as- sai alte cose , singolarmente sul principio delle set- timane di Daniello , sul testimonio di Flavio Giusep- pe riguardo a G. C. , sul patrimonio delle Alpi Co- .282 L E T t'di cui . mi sono propostò parlare , si fe «n insigne per pietà e per dottrina, Giacomo Anto- nio Bacci , che fu rettore del seminario di Lucca , e mancò ai vivi a'24 luglio 1758 nell' anno di sua vi- ta 56. Non chiarezza di sangue , che è dono di for- tuna ; ma lume di virtù e di sapere , che è proprio merito , lo fece a tutti caro e commendato^ Ma ob- bligo infinito egli professava a Giuseppe Rocco Vol- pi della compagnia di Gesù , ed aGiovanni Domeni- co Mansi della congregazione della madre di Dio ; perocché il primo in Livorno lo pose e guidò negli sludi della grammatica e delle umane lettere, non sen- za cognizione di greco : il secondo in Lucca lo infor- mò alla filosofia ed alla teologia tanto bene , da far- lo riuscire maestro. Ma il Bacci volle ancora istruir- si nel gius pontificio : per questo frequentò le lezio- ni di Enrico Liinardi prefetto della biblioteca nel se- minario : e ben meritando pel profitto e pe' costumi, ottenne per lui la cattedra di filosofia nel seminario , l'ufficio stesso di prefetto della biblioteca , e di essere eletto a scrivere ciò che fosse da leggersi in occas- sione del sinodo, sendo arcivescovo monsig. Fabio di Gol- loredo. Questo esegui il Bacci in guisa da esserne commendato. Nella scuola poi si accostò non agi' ispidi peripatetici , ma ai moderni filosofanti : il per- chè trovò de' nemici in coloro , che usi a giurare nel- la parola de' lor maestri non vogliono pensare più in là ; ma colle armi della ragione a poco a poco li per- suase , ed ebbeli infine amici e seguitatori. Passò ad insegnare teologia , e frattanto non lasciava digiuni gli allievi di ciò che riguarda le civili e canoniche insti- tuzioni , ed il dogma : e quasi a ricreamento dell* animo venivali istruendo ne' rudimenti della greca lin- gua , e dettava loro a quando a quando i suoi libri di morale filosofica che postumi uscirono con questo Lettera del Vaccolini 285 titolo : Ethicorum libri quinque in trés tomos di- stributi .... Lucae 1760 ex typ. Jacobi Justi. Del- la quale fatica di quasi trent' anni, ancora più pre- gevole di una orazione uscita in luee col titolo De jtLCunditate litterarum^ quel liore di giudizio del Man- si scriveva : „ Novi in co ( opere ) praecepta omnia ethicae pliilosophiae luce plurima illustrari , atque selecta or- nari eruditione , eloquio nitido puroque latino blande fluere , ut juvet et delcctet. Quidquid in variis pe- neque innumeris dispersum est voluminibus , omnia liic collecta reperi , ut unus iste liber prò mille va- leat. Fateor equidem abstrusas illas de hoc argumen- to scriptorum meditationes , quas magis dixeris metaphi- sicas , liic deesse , cura auctor quod utile sit quaesie- rit , atque prodesse aliis potius , quam gloriolam acu- ti philosophi : liabebat enim ingenium a vanis his pror- sus abliorrens. Solida sunt hic omnia , et ad mores pliilosophico - christianos componendos aptisslma. Ad hanc normam si quis se conformaverit , philosophus erit sed christianus : agere discet potius quam phi- losophari. „ Ne il Baccì fu maestro di costumi soltanto in parole ; ma in opere : delle quali sarebbe lungo di dire . Basti , che si porse esempio ai giovani nel se- minario, di cui fu rettore vig^ilantissimo j specchio agli ecclesiastici , de' cui ofilcj fu osservatore religiosissi- mo : lume a tutti di carità cristiana : e questo non solo in Lucca , ma in Roma stessa , dove fu tre an- ni nella grazia di sommi e dotti uomini. La morte di tale fu come pubblico infortunio alla sua patria, che volle eretto in marmo un monumento col busto di lui e coir epigrafe di latino dettato. Ne il caro estinto andò senza lodi dell' accademia di storia ec- clesiastica. Ed un suo allievo ed amico e successore 286 Letteratura nella cura del seminario , Filippo Landi , dettò un commentario della vita di lui con quel sapore di schiet- ta latinità , di cui il lodato aveagli messo innanzi l'esempio. A quella fonte ho attinto io per isparge- re qualche stilla pietosa sulla memoria dì un beneme- rito : a quella potrà attingere ancora chi vorrà empi- re una lacuna della biografia universale. Mai io (non deggio ne voglio abusare la bontà. dall' E. V- R. Però fo fine , ed alla grazia di lei cal- damente mi raccomando Di Bagnacavallo il 15 del 1831. Devotissimo Domenico Vaccolini 28 T .'.fyl onl ART I BELLE-ARTI Alcune notizie intorno a Gentile e Giovanni Bellini. E di quel lieto aprii furon l'aurora Un Gentile e un Giovanni arabi fratelli Bellini di cognome e d'opra ancora. Cav. Federico Zuccaro. Il Lamento della pittura. I due fratelli Bellini gareggiarono di valore e di fa- ma co' primi di quel secolo, che precorse il secolo d'oro della pittura italiana. Tenevan eglino numerosi alunni in Venezia, tra i quali il rinomato Tiziano : sebbene questi da se assai più che in forza del loro magiste- ro aprì gli occhi nella difllcil arte del pitturare. L'e- legante autore (1) del libro che ha scritto in fronte,, An- ton Chichiama „ rimprovera il cav-. Giosuè Reynolds per aver egli omesso di parlare di questi due anti- chi maestri, e lo taccia di presunzione pe' giudizj da lui pronunciati sul merito della veneta scuola. Su di Gentile (2) non ho che dire. Bensì emmi dato il por- (i) Quattro discorsi di Auton Chichiama. Venezia 1783. (2J Buoa testimonio della vcuerasiouc che si aveva per 288 Bell k-A r t i re in luce due lettere che noa di poco onorano la memoria di Giovanni , sconosciute a tutti i biografi che hanno parlato di lui e delle cose sue. Oltre del- le succitate , un' altra n'ebbi sott'occhi nel grande ar- chivio di governo in Mantova della magnanima Isabella figlia d'Ercole Estense e moglie di Francesco Gonza- ga, in che ringrazia Giovanni del fattole ritratto e gra- ziosamente aggiugne, spiacerle solo che il ritratto sia molto più bello dell' originale. Simone Fornari l'ag- guaglia al sole. Io non mi so bene se il quidlibet audendi , di che si ritengono iti possesso i pittori ed i poeti , abbia qui luogo , e molto meno se ve lo ab- bia per li prosatori. Questo solo m'è noto, esser lecito il far paragoni, purché non sieno tratti fuori dai con- fini del vero per invaghire gli animi della virtiì. Il sole, cosi egli (1), col suo splendore sgombra la neb- bia del lago, e costei con la luce d^lle sue castissime bellezze farà fuggir da lunge di quel paese ogni at- to vile et basso.,, I dominatori di Mantova e di Fer- rara trasmettevano di padre in figlio l'amore delle arti e degli artisti, e questo amore, per cosi dire, eredita- rio divampò piiì che mai ne' cuori delli due coniugi ameadue x fratelli Bellial è fra Iacopo da Bergamo nel libro decimo delle sue istorie con dirneli,, pictores nobilissimi. „ Nicolò Doglioni, Cose notabili di Venetia. Yen. 1692, tem- pera le lodi con un po' di biasino affermando cbe „ era la maniera loro molto diligente e quasi miniavano, ma peccava- no piuttosto nella troppa diligenza, perchè le figure nella loro qualità venivano a esser non morbide et di non molto rilievo. ,, (i) Simone Fornari calabrese. La sposiiione sopra l'Or- lando furioso di M. Lodovico Ariosto. In Fiorenza appresso Lorenzo Torrentino l549. Canto terzodccirao pag. 258. Bell e-A r r ì 289 Francesco ed Isabella. In prova di ciò , oltre il già detto ia più luoghi , posso aggitignere le seguentii^iul „ Dno Ioanni Bellino pictori. ,, Ms. Ioanne. Quanto sia il desiderio nostro de bar vere uno quadro dipinto ad ; historia de man vtra da metter nel nostro studio presso quelli del Mantinea vostro cognato facilmente potete bavere inteso li tempi passati eli ve ne habbiamo facla istantia , ma per le molte occupationi non havete potuto et contentandosi del voler vostro acceptassimo il presepio in cambio dell historia che prima ne havete promesso di fare , il quale molto ne piacque tenendolo cosi caro come pictura che habbiamo : ma essendo stato qua li mesi passati il mag. M. Pietro Bembo et inteso lo sumo flér siderio nostro nel quale continuaniente siamo ne dette animo et speranza de poterlo conseguir allegando eli' eravate expedito da alcune opere che vi tenevano oc- cupato et che cognoseendo la dolce natura vostri^ de servire og^nuno maxime le pei-sone di autorità fie po- teva promettere di farne soddisfatti. Da' l'hora eh fa-^ cessirao questi ragionamenti in suma sin qui siamo stati vexati da febre eh non havemo potuto attendere a si- mili cose : bora che siamo in miglior termine ne e parso scrivervi questa nostra con pregarvi che voliate disponervi a dipingere uno quadro che lasceremo a voi -il carico di far la inventiva poetica quando non vi contentaste che noi ve la dessimo eh ultra il cortese et bonorevole pagamento ve ne sentiressimo obbligo imortale ; quando vi contentaste di farlo la misura del telano et dinari per capara ec. Mantuae xlx ott. mdv^ B. Capilnpus. ,, Io. Bellino pictori. ^ '.I „ M. Io. restarno troppo satisfacti che voi siate'di- sposto di farne il quadro del quale vi habbiamo nuo- G.A.T.L. ' ' 19 290 B E L L E-A R t I vamente scripto continuando in lo inteiisò' desiderio de haveiio di mano vostra et cosa più grata non potres- simo di presente havere. Faremmo adunque metter le misure ali ordine secondo il loco dove andava 1 ope- ra et in questo maggio aspetteremo il M.o M. Pietro Bembo che ritorni da Venezia acciock iui eh ha vi- ste le altre invention che sono nello studio vostro possi ritrovar la inventione di quella eh haverete a far et allora ve manderemo al convenerole. Interim conservatevi. M. 6 nov. 1505. B- Capilupus. „ Da queste lettere scritte dal Capilupi per ordine de' principi suUodati si apprende, che Giovanni Bel- lini godeva fama d*uno de' migliori pittori che vives- sero al suo tempo , e che a ragione Pietro Brandole- se ebbe a dirlo „ principe della prima etk della pittur ra veneziana ,, (1). oluipo F'm volte ad in pii!i luoghi ho parlato delle doti dell' Estense Isabella Gonzaga , e del genio suo per la pittura. Fo qui ora un cenno del trasporto ch'ella ebbe per la poesia in grazia dello stretto legame che annoda queste due arti gentili. Araendue si beano nella contemplazione delle parti più belle della natura ; ma chi mai può darsi il vanto d'averne acquistata una co- noscenza esatta ! Nulla dirò della stima che di lei avevano i due Tassi e l'Ariosto, per non ripetere il già detto. Dirò bene che gli era carissimo (2) Niccolò da (i) Guida di Padova- (2) Fra le opere di Celio Calcagnini , die veggonsì a stam- pa pel Frobenio di Basilea i544* ^^'* taccia 497 sonovi degli endecasillabi dedicati ,, ad illustrissimuni et excellenlissiniura principem Nicolaum Corrigium ec. ,, P. Fioridus Ambrosio ... De operibus Baptistae Mauluaui. B K L L E- A R T I 291 Correggio e come coltivatore della muse e come parente suo* Questi si era reso celebre in Italia per militare in- gegno e amena letteratura, aveva al suo servigio uo- mini dotti, tra i quali Iacopo Angelico e Bernardo Bel- lincioni : l'elogio suo può vedersi nella storia lettera- ria d'Italia del chiarissimo Tirabosclii e più stesamen- te nella biblioteca modenese. Nel piiì fiate memorato archivio di Mantova, esistono non poche lettere di lui ai signori di Mantova e ad istanza loro scrisse diver- si componimenti poetici : un capitolo in lode del duca di Ferrara ; un altro sopra la ninfa Calipso , come si ha in due lettere sue al marchese Francesco in che gli dice : ,, Volendo v. ex. che io mi provi di sati- sfarla circha al mutar questo capitulo che conteneva la fabula de Calipso bisogna eh mi avvisi dopo quale comedia lo volle far recitar o in mezzo o in che mo- do accio io sappia rimetterle qualche cosa o propo- sito ec. „ „ Per satisfare nel ex. v. ho composto questi due capitoli quali li mando perche mal si poteva mutar quello di Calipso mi sono messo a farne uno differrente „ Fabbrico (contado di Correggio) feb. 4501. La marchesa Isabella dedita allo studio delle me- daglie , monumenti d'imprese degne d'essere trasmesse alla posterità , pregavalo a darlene un accercato giu- Taurini 1784 pag. pag. Sa „ Francisci II Mantuae marchionis uxori inscrjpsit de morte el dedicatioue poeiuatum Nicolaii Corregii ec. „ ArìoBto Canto 4^ st. 92. „ Un signor di Correggio di costei ,, Con alto stil par che cantando scriva : Cioè di Beatrice moglie di Lodovico il Moro, della (|u.dc Niccolò era affine. 19* 202 B E LI E-A R T^I dizio. Niccolò aveva lei pure in concetto di valorò-» sa per eccellenza, sì che scrivendo a certo soprannomato il Prete : „ Prete mio, gli dice, chiunque apra bocca a laudare la mia illma. marchesana mantuana può dire di non saper parlare; piglia questo concetto mio espres- so nel sonetto ec. „ Metto qui in luce un brano di let- tera dal prete suddetto indirizzata ,, a madonna Mar- chesana de Mantua. ,, Madonna mia illma. io giunsi a salvamento et fui ben visto dal sig. mio (Niccolò ) al quale a questi giorni passati che io era a Manto- va scripsi che Tebaldeo haveva fatto un sonetto. Sua signoria ne fece uno ancora , che sebben non segui la fantasia del Tebaldeo a me par bellissimo. L'al- tro sonetto lo fece sua signoria per un giovane fer- rarese che mori in questa terra al servizio del sig. Borso suo cugino, e finge che l'anima parli all'ina- morata del defunto giovanetto, mi ha parso così af- fettuoso eh anche lo mando insieme con questo capi- tolo che la mi disse bavere perso. L'altro sonetto eh e il terzo la fatto un nostro cancellerò eh non e man- co servitor di la prefata ex. v. di quello che sono io. Mandò anche il Dante eh mi diede e interim in sua gratia mi raccomando. Correggio xxi sept. servitor il Prete ,, ,, Vista, scrivevale Niccolò nel 1502. 5 giugno, vi- sta la lettera eh v. s. mi scrive ricordandomi 'che la mente del defunto Pistoja era d'intitolar la cose sue a lei e che io prenda cura dunirle rispondo che non solamente io desidero eh abbia queste del Pistoja ma di quanti poeti ha il mondo ec. ,, Nel 1404 riscri- veva! e, per ringraziarla del dono fatto alla di lui nuo- ra Ginevra Rangoni d'un clavicordio bellissimo, e per mandarle una canzone da lui composta ad imitazio- ne del Petrarca. Chi fosse il menzinato Pistoja s'impa- ra dalla seguente. ,, Illma et ex madonna Isabella ec. Belle-Arti 293 con quel poco e puerile ingegno che io ho ntì sona sforzato di mostrare l'amore afFectione et fedelissima ser- vitù eli io ho a V. ex in questi versi che io le man- do li quali sono le primizie del mio studio havendo sempre nel core l'amore eh lei per sua humanita si de- gno di portare al Pistoja qdam mio padre ec. .^i;8^ .. Corregio 27 marzo 1505. -o :i I 'Marcus Antonius Viucius et Immilis servitor. ,^ -! Le muse furono larghe de' lor favori a Niccol» anche in tempo della vecchiezza: ond' egli nel partire di quaggiù lasciò Luon numero di poetici componimen- ti da lui offerti in dono alla virtuo'^a Isabella , ver- so di cui fu egli mai sempre pieno, di ossequio a di affezione. Bramò ella d'averli qual cosa di sua proprie- tà, scrivendo a Giangaleazzo , principe carissimo a Leon decimo (1) perchè le fossero trasmesse.'Eccone le identiche parole- ,r Ejcpectiamo che la ne mandi il li- bro che mi era stato intitulato per il detto sig. q. suo padre com v, s. ha visto et confessato che da lei ha- veremo gratissimo ec. „ Dal sovr' indicato fonte trassi parimente una let- tera d'Isotta figlia di Niccolò alla encomiata Isabella per istile semplice ed affettuoso commendevole. Eccola. ,, Illraa et exma sig. hono. a v. s. quanto più posso mi raccomando eoa tutto il cuore e la ringra- tio di quanto ha facto per la dulcissiraa sorella per il che mi chiamo obbligata fino alla terra eh calca v. s. recordandole come sono restata radice infima del suo tanto amato parente fidele servitore Niccolò de Corrigia* Non prego v. s. se ricordi delli defun- ti nostri tenendo certo come amava li corpi se re- fi) Petri Bembi epist. Leonis X pont. max, nomine script. Lugciuni MDXL. pag. 77. 294 Bell E -Arti corderà tleir anima loro. A v. s. et sigg: filioli mi raccomando et offerisco con servitù perpetua bacian-» dole la mano con perfecto corde. Di Correggio 7 sett. 1 523 ex monasteri© Corpo- ris Xti servitrix sor Barbara Corrigia Afflicta. „ È dessa celebrata dal Tirabosclii e dalia sig. Ginevra Cano- nici Facilini : delle italiane illustri- Venez. 1824. pag. 1 08. Fu con la di lei madre fondatrice del mo- nastero di s. Antonio nel sobborghi di Correggio cir- ca il 1496 ed ivi assunse il nome di suor Barbaraj Il silenzio del chiostro non scemò la vivacità del poetico suo immaginare. Fu improvisatrice insigne. Nuovo diz. storico. Bassano 1 796. Sorella d'Isotta era Eleonora detta per vezzo, mam- ma , di cui l'Ariosto. Cant. 46 n. 3. „ Mamma e Ginevra e l'altra da Correggio „ Veggo . . . DEL P. Luigi Pungileoni. 295 VARIETÀ' Per la faustissima esaltazione al trono pontificale della santità di N. S. Gregorio PP. XVI. L'augurio campestre , idil- lio di Angelo Maria Ricci cavaliere del S O. G, Xj'esàltazione al trono di N. S. , oltre all' essere di somma allegrezza a tuCto il mondo cattolico , Segna un' epoca assai im- portante nella storia delle umane vicende. Ella sarà illustre e chiara ne' secoli avrenire e per le virtù e per la sapienza di qaesto santissimo pontefice , e perchè da lui solo sperano i suoi popoli condegno ristauro. Parleranno le età future de' grandi fat- ti e delle famose imprese de' passati pontefici , e ne maraviglie- ranno: ma quando colle colpe dell' età presente vedranno la grandezza d'animo e la clemenza somma di Gregorio XVI, converranno tutte d'accordo che questo augusto padre e prin- cipe fu dato da Dio per mostrare al mondo sulla sedia augu- sta di Pietro la vera immagine della bontà superna. E mentre t popoli esalteranno le lodi di lui, verranno a modo d'inno can- tando i bei versi che il cavalier Ricci dettò nel fausto esalta- mento al trono di tanto principe: versi belli, perchè pieni di quella spontaneità che è indizio del cuore che parla: ver- si nobili perchè traenti dignità dall'alto loro subietto: versi de- gni di cedro , perchè presagi delle opere grandi che la clemen- za di Gregorio XVI è sul mostrare al mondo. Ci gode poi l'a- nimo in vedere che il cav. Ricci dona il titolo di questo suo lavoro poetico a monsignor Carlo' Emmanfuele de' comi Muzza- relli , la fama dèi quale è si glorios* ùélla letteraria repubbli- ca, che ci dispensa dal farne un elogio, il quale riuscirebbe sem- pre minore al confi-onto del vero. Noi invitiamo il signor ca- valier Ricci a preadere l'epica tiomba , e a tessere un canns 296 Varietà' degno della maestà del vicario di Cristo, levando a cielo quel- le virtù le quali ora pii fo a venerare profondamente con os- sequioso silenzio. Giuseppe Igi^azio Montanari Sulle delizie della vita campestre, versi giocosi di Domenico Ghinassi. Luglio i83i. v^uesti versi scritti con molta fsicilità , e talvòlta 'eoii salì mol- to faceti , mostrono l'ingegno del giovane poeta , il quale se vorrà con diligènza studiai^e i classici giocósi, ne trarrà cer* to buon frutto. Il Berni, il delicatissimo Berni, solo noi voi^ remmo clie egli pigliasse ad esempio, è per poco lasciasse da parte 'Coloro che in luogo dèlio stile ridevole , hanno i tolto il buffonesco. Un uomo che con gentili motti e con urbani saliort|- crea le società di costumate persone, ha lode da tutti, ed è^ tenuto in onore : ma colui che con strafalcioni e con n>ot- teggi si fa soggetto. altrui di riso , è meritamente come giul- lare deriso e «ioq apprexzjato. Ecco un saggio. dell' acceuB^ta; poesia, ..,, ,^ .,,,,:; , -vi M .■.-., , .•.HI,') ■ilvi.', (;!li/si oijtiofii h; o';..;-i(ii -l'^q oiU bIj OJ/ef» uì aqir» Che :beWa cosa ..èlil i;TÌv«i"e in campagna -■'■^v il mtbVl ib i.j? .(, Sento sclamar da alcun) che bella vitaif/rrinjliBi'j iloqoq .,; ; 'Ef quasi che ivi fosse la cuccagna • j,!:) leiay io<; i oòni:! ■|,i .E ogni misèria ne fosse sbandita , i ; i^ cii i I». . It uft ,.,■ Sembra, volendo stare al detto loro, : 1, Che in, campagna vi sia l'età del l'oro. , ■ h Bel pi.aycec lù il mirare allor che il sole ..,:'j iComincia;. a correr sulla sua car^'etta , , , E l'ore intorno,' a Jui teS^ob carole, (,, toiiu Che, son use a seguirlo in tanta fretta, q cjovj;! Bello è sentir gji Jiugelli al primo albore , ,„^^, fi ^ wy,^ „,,E- ^li.afiu»! cajit^r ,,yersi d'amore. ,^ ,,^_,,,;,-,Ij ;, .,:., ,., CanUale^ranp,,! capitanali iqqagliotti, ojno-jOnoo lu cv Cau,taiip, i grilli, cant^n le cicale. V A R I K T a' 297 Gorghegglan dolcemente i passerotti ; Mentre un'oca coiTvpoile un tnadrigale , E una civetta cogli occhiali al naso Fa certi Tèrsi da stordir parnaso'.'..'' ' ' '" ' Qui zeffiro con ì^le di farfalla >' ■'""• ''^ «^"2 Sta sempre a gote gonfie tulto giórno, "'viy /liq ^ Ed è più lesto assai d'una cavalla J«Iuflj3 Che fug^e ' shigottita a suon di corno. ' ^^ 9iiD E soffia tanto , benché soffi piano, Che setóbra un manticello da magnano. Già già la notte se ne andava in fretta Tutta coperta di un zenzado bruno , E l'aurora sorgea colla scopetta Cinta di rose e senza velo alcuno, A, fugar ^li astri, e a ripulir la via Al sole che dìppoi se ne venia. Quando sorgendo dal mio caro letto , Già risoluto di mutar fortuna , Di casa io> me ne VO tutto Coletto Senza dire agli amici cosa alcuna: E avanti di partir col mio fardello Va a cercar chi mi presti un asinelio'.'^* a"w>si^«\ jvjUvosx. im'ijiv .u\\ 4\w\mVj'.'ì ••^^•••■\ i^- j4 Clemente Alberi che ha ritratto in tela il cavaliere Dionigi Stracchi novello volgarizzatore della georgica virgiliana. .1 •■ ' SONETTO O felice cultór dell' arti dive, .'■i<.i. 'J E più della gentil , per cui di Atene, --- j , Di Coo, di Eraclea, d'Efeso viene ; ■,, ^ Eterna fama alle palestre argive: [ ,(,or) Ve' come di tua man qui spira e vive ' «iiJv'f L'immago del càntor , che alle camene •" '■* '-^ 298 Varietà,' Gli arsi lidi; Mfcw ; fé* di Cirenie , ì , , : E abitar la, ridei^ti ausonie rive,! .> uj/ vihni/i Per te vive l'amico integro e saggio, , unvia r.u.'i ZI Cui schietto cor largì Natura, e inspira ij^g-, e^ ^ Sofia di luce non fallace un RgiP^QJ i.ua oiHias h. E più vivrà pel nuovo italo cantpa- r. oiqinaa ei<ì Emulator della campestre lira, i ;,,f| ó l:T Che il divino temprò cigno di Marito f^]ii\ oiil^ ,M.i ciriog II TRADUZIONE LATINA.. .jvjqoD, kjjuX O qui daedaleas inter Jefìffibv^ ^rie/W^a n aaoi Alitibus colis egregiafìii qm Cous,_Athenae Heraclea, Ephesusque, ingenti splendida fatnp. ; Actemum extulerunt fitr^yae inventa pqlestpafi.yc.., Aspice , uti piota vates ab imagine viviti ii'i n / ^ Qui sitientem olim apricis mutare cmopwno'i «acy i . Finibus Ausoniae y conatus grandia , jussiitaùU n.vui '- Rite locuturas italo sermone, c4moerUiS.^ 'n luir/.^ '' Te vivit pectore bonus , sapiensque ^odq,lis,ì • i ,- Cui niveum natura animum , cui conscia veri Afjlavit Sophie, pulsa caligine , lucem ; At mage victurum thusco sibi Carmine nomea Mox struet, assurgens latiis haud yersibus impary Rara quibus dio quondam modulata Marpni. Cesare montalti. Tanta è la bellezza di questi due componimenti, che noi pensiamo non potersene dire parola che ne adegui il valore. (i) Polignoto ed altri pittori nacquero in Atene :Apelle era di Coo, Parrasio di Eraclea, Zeusi di Ef«o. Cirene in Egitto fu patria di Callimaco, gl'inni del quale trasportò maestrevolmen- te dalla greca nell' italiana favella il eh. cav. Stocchi. Varietà' 299 Solo ci basti l'affermare che quel sommo maestro dello Stroc- chi non potea sortire più degni lodatori. ^ . J. G. M. Alcune poesie di Francesco Capozzi. Lago pei tipi Melandri in 8.0 di pag. i6. ly ulla si fa meglio di quello cui c'induce la stessa natura i efficace è la consuetudine, effiaace la dottrina ^ ma più efficace, la natura, ed efficacissime tutte queste cose , s^ insieme si con- giungano. Così notava il sommo Petrarca scrivendo a France- sco dì Carrara sulle virtù di ottimo principe: cosi notei^emo noi pure in argomento di bella letteratura ; essendo vero il princìpio, comecbè tratto a diversa applicazione. E loderemo nel giovine scrittore l'ir^egno ben disposto da natura , benej aiutato dall'uso: più lo loderemo, se come ha cominciato gi conforti mai sempre di squisita dottrina. Né vogliamo , lasciar! l'occasione di porgere un saggio de' versi di lui, perchè in parte si vegga quali buone speranze ne dia di felice riusci-r mento quando attinge alla vena de' classici , veri maestri di gentilezza. Taga donzella , che piangendo vai Per questi campi senza compagnia , Meco ne vien , se cara è a te la mia , Che alternamente farem nostri lai. ; Ma tu la pace presto troverai , Che la tua doglia par che lieve sia: ' Si non sarà della mia sorte ria , Che mi fa piagner sempre, e sperar mai, ,. Privo son io di tutto ch'è di bene, ;; Onde solingo e grave nel pensiero ,,, Vo' misurando i campi e le mie pene. Vita non curo , anzi desio la morte ; Ma quel signor c'ha in me sommo potere yuol ch'io misero viva a la sua corte. SOO^ Varietà- ■ ■iìH o\l^ì ortìtanm 01! ih atr.iti'v'AWl U?rcf io olof! Delle delizie tarentiné, libri quattro di Totnmaso ì^iccolò t)'lÀ-' qiiino , patrizio di Taranto , dal testo latino recati in versi sciolti italiani da Filippo De Iorio laureato in ambedue i dritti , ed arcade romano, Napoli dalla tipografia del Fi- liatre Sebezio i83i. vjuido Secondo d'illustre prosopìa , e Marglierita Capitlgna- ni furono i geuitori di Tommaso Niccolò d'Aquino , nato iu Taranto il di a4 novembre dell'anno i665. Educato alla re- ligione ed àgli stùdi , fu in processo di tempo ottimo citta- dttt6>, ^ atst?tìto letterato. Morto il giói?no 2 di aprile del 17 2.1, ebbe aiiè fr»6^'lì, cioè Teresa Carducci , spenta sopra parto, ed Ippolita' T^furi. Giovanetto diede opera alle discipline legali, e' ftt versatissirrio in ogni inaniera di storie de' concilii e della chiesa. L^ojiera però, di che intendiamo parlare, e per la qua- le Venne ih grido di valoroso poeta latino, fu il poema, che ha per titolo ,, Le delizie tar'entine. ,, Fa meraviglia , che nou là biografia universale, e non' il Tiraboschi nella sua storia d^llà ' lefttQraturà italiana ab)>iaQO parlato di questo illustre. II perchè ilói abbiamo creduto non del tutto inutili queste po- che parole irttorno la di lui vita , p rima di venire ai partico- lari del suo nobilissimo lavoro. . '" 1 Il poema appartiene al genere didascalico , ed è diviso in quattro libri. L'amenità de' contorni di Taranto , e le sue vicende politiche , la ricca pesca che vi offre il mare , le di- verse cacce , ed infine i prodotti naturali ed industriali , e le deliiie che da esdi ne provenivano , con alctini bene imma- ginati e saggiamente disposti episodj , formano l'insieme del poema. Delle delizie di Taranto lasciavano memoria* né' lóro scrit- ti divini Cicerone, Plinio, Columella, e dell' ubertà de' pas- soli più specialmente parla il mantovano nel libro 2 delle jeorgiche : ed eccone i versi volgarizzati dal Vincenzi : ,, Ma se gli armenti, se i vitelli o gli agni ,, 0 le capre più curi a'colti infeste, V A R 1 E T a' 30t „ A'paschi vatìue, e alle rluiole plaggie, . :.f\^ ;"5nv ,•■%-, , .;' 'v» 'Di Taranto ubertosa. E il vénòsino, nell'ode 6 del secondo libro a Settimio^ siagu- ra di passar la vecchiaja nelle ville di Tivoli o di Taranto: e parlando di quest'ultima città, cosi canta: 5^'" °' iibsinoi; -■"'' ■ »j Qwel suol più ch'altro emmi ridente e 'caro; „ Il mei non cede al mei d'Imetto quivi ; „ E a que' del verde ognor Vanafro a paro „ Sorgon gli ulivi. „ Qua lunghe primavere , e miti verni „ Dispensa il ciel ; né il grato al dio de' nappi „ ^Fertile Aulon de'palmiti falerni „ Invidia i grappi. VlNCERZJ Intorno al merito dell' originale trascriviamo letteralmente ciò che si trova in fine delle brevissime notizie del d'Aquino, pre- messe al volgarizzamento. „ Chiunque abbia gusto pel vero bello, ed abbia ami- che le muse, converrà con noi su di ciò , checché qualche giu- dice severo possa dirne in contrario. Sopra i versi del cantor mantovano formò il d'Aquino il suo stile sempre nobile, sem- pre ridente, e che spesso co' più vivi e gentili colorì anima le bellezze della schietta natura. I boschi , i fonti , le valli in- vitano piacevolmente le muse: ma nelle delizie del nostro d' Aquino hanno un incanto che rapisce, hanno delle attrattive po- tentemente felici. Desso è il genio che si abbandona alla sen- sibilità del suo cuore; desso è il genio che lo ispira, e ren- de cosi la sua patria più rinomata , più bella. Ma non all' in- tutto questi canti dell' Aquino vanno esenti da macchie : il so- verchio lussureggiare di poetiche fra^I, e le ripetizioni delle istesse immagini son principalmente da notarsi , e debbonsi evi- tare da coloro, che amano la semplicità dello stile, e le na- turali bellezze. Del resto questi son difetti del secolo , in cui 302 Varietà' egli visse; che anzi gli sia lode per essersi mantenuto lontana dalla corrotta schiera de'Mennlni, degli Andrea , de' Battista , e per aver seguito in vece gli Acquaviva , i Giannatasj , e gli Strozzi , i quali conservando la purità della lingua del Lazio , arricchirono l'Italia di poemi , che si leggono ancora con me- raviglia e diletto. ,, II nome del sig. Filippo de Jorio non è nuovo alle muse italiane, avendo egli già ottenuto un posto distinto fra i tra- duttori per la sua versione delle odi di Anacreonte, Parlando del presente volgarizzamento diciamo con verità , che se non tutti i versi ci sembrano egualmente belli ed armoniosi , e temprati alla maniera de' classici, e se non sempre la fase è poetica , e la purità della favella e lo splendor della locuzione lasciano talvolta alcuna cosa a desiderare , vi ha però di tante bellezze , ed una certa difficoltà superata , da poter renderne contenti anche i più rigidi Aristarchi. C. E. Mozzarella Dì sua maestà Lodovico re di Baviera , elegie di siciliano argomento , recate di tedesco in italiano da Tommaso Gar- gallo, Napoli , dalla stamperia reale i83i. U n poeta scettrato non può non desiare l'interesse e la cu- riosità d'ogni maniera di persone: il perchè non dispiacerà ti nostri leggitori, che diciamo due parole delle elegie di si- ciliano argomento scritte in tedesco dalla maestà di Lodovico re di Baviera, e fatte italiane per Tommaso Gargallo di Si- cilia , celebre non meno per la sua nobilissima versione di Orazio, che per molti altri componimenti sì di Ve^o, sì di prosa, ond' egli tiene senza contrasto uno de*primì luoghi fra i letterati viventi della nostra Italia. Le elegie volgarizzate so- no sei , ed eccone gli argomenti ; Segesta , Sellnunte , Agri- gento , Siracusa , Taormina , Palermo , e più un sonetto alle donne siciliane sulla bellezza de' loro occhi. Varie t a' 303 Le elegie sono assai brevi, giacché la più lunga di esse, ed è quella su Palermo , non oltrepassa i diciassette terzetti. Del pre- gio dell' originale ne parlarono con lode vari giornali d'Italia : ed è tanto più da credersi essa lode sincera, in quanto che non appartenendo il reale elegiaco alla nostra penisola né per nascita , né per altri vincoli qualunque , è certo che fu spon- tanea; ed è pure indubitato, che dove que' versi non aves- sero piaciuto, i letterati che ne parlarono avrebbono più pre- sto guardato il silenzio, del quale niuno avrebbe loro volu- to saper male. La versione del Gargallo npn come tale, che d'uopo sarebbe tutte conoscere le bellezze della lingua tede- sca, ma come poesia italiana ci sembra degna del suo auto- re: né dubitiamo affermare, che queste elegie anche nel nuo- vo abbigliamento piacer debbano al reale poeta , che amantis- simo d'Italia , dove puramente per elezione fermò più anni stanza, tutte conosce le più recondite bellezze del più soave degli idiomi viventi. Noi offriamo ai nostri leggitori la elegia su Palermo , non perchè la più bella : che non vogliamo in- stituire confronti ; ma perchè parlasi di una città moder- na , che non v'ha colto italiano che non conosca , e perchè quelle cose, che vengono immediatamente sotto i sensi sono quelle, che più ci scuotono e ci commovono. Cosi non du- bitiamo della maggiore impressione , che far dee sugli animi gentili la vaga e fedele descrizione dell' alemanno poeta , ab- bellita delle più care eleganze di nostra lingua dal siculo vol- garizzatore , il quale soprattutto riesce mirabilmente nel libero andamento de' versi, nell' artificiosa giacitura delle parole, nel- la sempre nuovamente e nobilmente armoniosa allocazione de- gli accenti , e nella difficile varietà delle pose e delle spez- zature. Pochi pongono mente alla tessitura del verso, e si è gran parte del bello poetico: ne per quanto siano concet- tosi i pensieri, potrà mai piacere quell' autore, il cui ver- so ora è troppo uniforme e cadente , ed ora troppo lussu- reggiante ed. ampolloso. C. E. MuZZARELLI. 304 V,A R I S T a' PALERMO. Elegia VI. J-J aria di foco avvampa, almo serpeggia Divo foco tra '1 prato e la verzura , E '1 mar , lo stesso mare arde e lampeggia, ■ --"1 *Tult' arde prediletto a la natura "i ^'''•''^■ E al ciel , che '1 copre amando, il sican lito>" ' ' Su cui rota sua volta argentea e pura. -tiI..iCome il futuro, il mar fugge infinito; -fjii/-. 1 E solo argin ne' monti, ove rimbalza. Ha il guardo che vorria spandersi ardito. ■ '''Là in quella, ch'erta su l'eterne s'alza Onde frementi, solitaria diva s.'i. .;> Lunga pace già visse, in quella balza. , nxnujg '" ' 'Tra '1 debil verde di pallente uliva ''f ìN^*)!» -•:'. . . g '1 cupo di sue frondi, oh come altero y'»:*! uz •i " ■ Aureggia il frutto de l'esperia riva! asra siiwJija r' '• 'De' gioghi nel pendio petroso e nero, '• ^^ ' ■ ■■•">' Il : i Cui meta è Morreal , tra doppia sponda -p'i f : Ghirlandato di fior poggia il sentiero. iHiIutìQùel che l'arte e '1 caler nutre e feconda -i!f! ,• Sotto la pigra e fredda Orsa del Norte, ' iùjriig -]"•> ' Qui sotto Iperion prospera e abbonda. ' ■' ' ' i'- 'Deh fossi tu meu bella, o almen più forte Terra infelice? Il ciel ti die beltade (Quanta beltà!) sol per tuo danno e morte. Alterna pi-eda a peregrine spade, .. >)ì; ' Ahi quante, serva ognor, vinta e ripresa, i' ■■■., < Barbare lingue udir le tue contrade! ■• iNon poter né a' pirati opppr difesa? . . . "' I ' Qtial eri un di, fertil Sicilia! ed ora ■ La scarna fame ne' tuoi campi è scesa. (") {*) Questo e i seguenti versi alludono alla Sicilia , che do- po conquistata da' romani , sotto le seguenti dominazioni si- no a' saraceni , degradando sempre nella popolazione e nel commercio, dovette degradar pai-imenlc nell'agricoltura. Varietà' 305 Natura è pur la stessa , e solo iiuplora , De l'uomo implora l'operosa mano Al pingue suol , eh' ella spontanea infiora. I Ma il ricco premio, che promette, è vano: Dal suo regno natio Cerere sgombra , Con sospir lungo richiamata invano. Negro ampio vel le prische glorie ingombra. Ma de' popoli l'opre a' figli vane Non son giammai : sta del gran nome l'ombra. Vive ne l'orma che del fu rimane ; Vive ne l' oggidì , che piega a sera , E che ben tosto non avrà dimane. Qua il mio sguardo , e i sospir per la leggiera , Dove il montano Cefalèdo imbruna, Perdonsi vaporando azzurra spera; Colà magica forza a l'Erra bruna Di Rosalia l'ebbra pupilla errante A sé tragga ognor paga , e ognor digiuna. Qual dolce affanno l'alma e '1 petto ansante M'agita, e scuote! Ah! no, doglia più trista Non sente il cor di sventurato amante Quando si parte da l'amata vista. Osservazioni del cav, F. M. Avellino sopra una epigrafe del museo borbonico , nella quale si fa menzione di Eprio Mar- cello console ed oratore. Napoli dalla stamperia reale i83i. U. 'na epigrafe, che si conserva nel R. museo borbonico, nel- la quale si parla di Eprio Marcello , che fu console ed orato- re , epigrafe ad esso museo pervenuta con molli altn insigni monumenti di tal genere raccolti da quel sommo letterato , che fu Francesco Daniele , ha dato occasione ad una eru- ditissima dissertazione dell' Avellino , da lui Iella all' acca- demia ercolanese fin dal giorno 6 giugno 1826, ma solo in quest* anno resa di pubblico diritto colle stampe. G.A.T.L. 20 306 Varietà' n eh: autore divide questa sua fatica in due parti : nel- la prima parla di ciò , che ha puramente riguardo alla vita d'Eprio ; nella seconda prende ad esame l'epigrafe , che di lui fa menzione t ed in tal proposito ci avverte come que- sto marmo fu trovato nell* atrio della chiesa di S. Prisco pres- so l'antica Capua. E siccome questa città fu la patria di Eprio, cosi pretende congetturando aver esso marmo appartenuto, ed essere stato la base di una statua eretta a di lui onore. Da questa epigrafe, che ci è grato trascrivere, rileva il nostro ar- cheologo , che Eprio oltre il cognome di Marcello portò il prenome di Tito, ed all'ignobilissimo di Eprio premise il no- bilissimo di Clodio. Questi altri due nomi erano fin qui ri- masti ignoti agli eruiiiii. Si rileva ancora da questa iscrizione come Eprio fosse ascritto alla tribù fallerina> e due volte console. Due lettere del eh. Bartolommeo Borghesi, riportate fra. le note, servono di conferma alle opinioni dell' illustre archeo- logo napoletano. Le Sobrie, ed erudite annotazioni » apposte dall'autore a questo suo lavoro, mostravo aperto la varia sua erudizione, e la moita e sana critica. T . CLODIO V M . F . PAL EPRIO . MARCELLO COS . II . AVGVRI CVRIONI . MAXIMO SODALI . AVGVSTALI PR . PER . PROCOS ASIAE . ITI PROVINCIA . CYPROS Chiuderemo il presente articolo col riportare un' altra breve epigrafe) esìstente un tempo in Capua, e riferita dal Pelle- grini y, il quale porta opinione potersi attribuire a persona della famiglia del nostro oratore : DIS MANIE EPRIA Varietà' 30T MARCIA VIXIT ANNIS . VII DIEBVS . VII A Marianna* Sensirdy versi. Róma dalia tipografìa Salvìucci i83i. Un voi. in 8» di pag. 69. Olendlda edizione di buoni versi: ve n'ha del Tasso (Tor- quato), del Manfredi, del Melastasio, del Parini,del Varano, del Monti, del Minzoni, del Vittorelli, del Mnzzarelli (Alfonso) e di altri pur degni di venire in ischiera con que' famosi. E tanto basti a fare che il picciol libretto trovi grazia appo le gen- tili persone. Ma non taceremo, che il titolo ne è donato da Pietro Manni ad una sua parente , che in Terni veste abito di penitenza fra le vergini del Carmelo. E loderemo quel cor- tesissimo, che in questa occasione ebbe cura di raunare tante belle cose de' nostri vecchi; anzi che troppo affannarsi a cer- carne di nuove sopra un tema si ricantato. Pel quale se si aves- se a dare la palma a chi meglio riusciva cantando, ci pare, che ( dove vogliasi lasciar contento Torquato dell'epico alloro ) ad altri meglio non si convenisse che ad Eustachio Manfredi. Di lui pertanto abbiamo letto e riletto con molto amore il sonet- to-/^erg^mj che pensose a tenti passi-: nel quale al verso 3.o ci sarebbe piaciuta la variante , che trovasi non solo nella edi- zione di Bologna del 1821 procurata dall' avvocato degli An- ton] e dal Costa; ma ed in quella del 1713, che Gianpaolo Ballirani col favore dì Gianpiero Zanotti ne diede vivente l'au- tore medesimo: la qual variante è più conforme all'indole della lingua nostra e dice -."Dipinta avendo in volto la pietate-. An- cora nella canzone maravigliosa-Down^ negli occhi vostri- ab- biamo notato delle varianti, e sono queste: nella edizione del 1713 «1 verso i3 stanza I. „ Ciò, che dicean quel duo bei lumi accesi : „ ed al verso I stanza V: ,, Qual io mi lessi al- 20* 308 Varietà' lora. „ All' incontro nell' edizione recente , di che parliamo , si legge santi , e Jbssi a'iuoghi loro : e per verità buone ra- gioni raccomandano questa lezione. Tali ragioni non esporre- mo, perocché saltano agli occhi d'ognuno. Bensi a liberare il Manfredi dal biasimo, che diedegli il Muratori nella perfetta poesia (*) circa il commiato della canzone , ci è bello riferire quanto il primo scriveva al secondo in data degli ii giu- gno 1704» secondo la stampa che l'ottimo D. Celestino Cave- doni indirizzava nel i8a3 al suo amico avvocato Luigi Ferruc- ci. Ecco il passo accennato. (**) „ La licenza alla mia canzone dee intendersi , o piuttosto „ è stata fatta con intenzione che s'intenda, che la gente ven- „ ga a vedere costei prima che si dilegui tra i lampi; e seb- „ bene è detto prima eh' ella è dileguata, di quello che sia ,, detto che la gente venga a vederla, ciò però dee inten- ,, dersi come per vision poetica e presaga; quasi dicesse: io ,, prevedo che costei si dileguerà, però fate a mio modo, ve- „ nite a vederla fin che è tempo. „ Fin qui il Manfredi: e prosegue il Cavedoni: ,, Ma se il Muratori non si arrese a „ cosi forti ragioni , anche il Manfredi , benché raodestissi- „ mo , non sostenne di mutare per niente la canzone ia quella „ raccolta delle sue rime che lui vivente si fece. „ Ma non più; che il già detto è pure assai, e davantaggio. D. Vaccolijti, NOTA Dopo scritte quevte brevi parole ci è venuta sott' occhio l'edizione delle rime degli arcadi ( Venezia 1^4' ) e qualche altra: dove si legge bensi sa?iti; ma rimane il^eMi; e dubi- tando prudentemente di noi , abbiamo ripigliate ad esame la stanza V della canzone , e salvo che il fessi non potesse ca- C) Tom. II. pag. 542 (**) Lettera ec. Modena per gli credi Soliani. Varietà* 309 dere in sospetto di un giuoco di parole a motivo del festi^ che vien poco dopo , ci siamo quasi disposti a riconoscere per migliore la lezione, che à!\CQ fessi: se non che trattandosi di un argomento così sublime , come quello della canzone , siamo ancora rimasti in dubbio a quale delle due lezioni da- re la preferenza. Ne giudichino adunque i savj nostri lettori; che noi non vogliamo darne sentenza. Alsigprofessore Luigi Valeriana Molinari. Amico incomparabile Di casa S agosto iSio. JLx'soli ricchi si addicono la liberalità e la profusione. Perciò voi, che siete doviziosissimo di meriti letterari e scientifici d'ogni maniera, non avete esitato a regalarne anche a me, che ne sono povero grandemente. La lettera , onde vi è pia- ciuto Intitolarmi l'aureo vostro discorso della speranta e del ti- more , prova sempre più che gli uomini i più dotti sono i più indulgenti verso i mediocri. Io riguardo le vostre gene- rose espressioni come un pegno cospicuo d'amicizia somma; giacché bisogna che questa sia molto energica ed efficace , se giunge ad attribuir tanto a chi nulla possiede, fuor solamente del buon volere. E nient' altro che questo io posso ora offe- rirvi per testimonianza della mia gratitudine , la quale é vi- vissima e sarà tale in eterno. Voi avete voluto condurmi ali* immortalità portandomi sulle mostre spalle , come Enea An- chise inabile a far cammino. Senza ciò a me non era dato mo- vere nemmeno un passo a quella volta. Vedete adunque, mio dolce amico « che io vi sono debitore di altra e maggiormente preziosa e nobile vita. Inoltre vi rendo mille ringraziamenti per l'incomodo , cui l'esimia vostra gentilezza ti è voluta ad- dossare , di recarmi a casa parecchi esemplari della stessa vo- stra dissertazione. Il conte Ugolino porgeva , secondo Dante, per quattro visi il suo aspetto raedeiimo : ed io per dodici il 310 Varietà' vostro ingegno e dottrina. Amatemi, e credetemi sempre con pari altissima stima che sincerissimo affetto. Tutto vostro Pompilio Pozzetti. Discordi sopra varii oggetti di pubblica utilità composti da Igna- zio De-Contreras socio dell' accademia del Buon- Gusto. - Palermo dalla tipografia degli eredi Gajfeo i83o : un voi. di pag. 3io in 8.« JL^a' discorsi annunziati si scorge che l'autore è animato da sen- timenti di filantropia e di un amor nazionale non molto co- mune a' nostri tempL Imperciocché si aggirano sopra argomen- ti importantissimi: il primo tratta della necessità di provvede- re alla sussistenza dei poveri in Sicilia, e dei mezzi come estirpare la mendicità; il secondo volge su i mezzi che ab- bisognano per migliorare la R. università degli studi di Pa- lermo, la comunal biblioteca, e l'accademia del Buon-Gusto: il terzo ha per oggetto la natura dei pubblici concorsi, e i requisiti necessari perchè riescano utili ; il quarto finalmente tratta della necessità e del modo di mantenere negli uomini i naturali sentimenti di umanità e di giustizia. La penna del De-Contreras è spinta dall'amore del vero: e in tutu questi subbietti , oltre della volontà di giovare , si fa in lui energicamente sentire il suo molto giudici» , e la moltissima carità di patria che gli agita il petto. Prerogative di non picciol rilievo, che teneramente all' autore il leggitore afEezìonano E noi portiamo avviso che se le cose proposte da /questo sano e prudente ingegno venissero accolte favorevol- mente da chi presiede alla cosa pubblica, se ne potrebbero ritrarre non pochi semi di utilità. Perciocché si vede che egli ha esaminati attentamente i bisogni dei pubblici stabilimenti di che parla, e le circostanze peculiari della Sicilia: e per prov- vedere alla sussistenza dei poveri , e per estìpare la mendicità, jioa Uà proposto cose malagevoli , ma facili ad eseguirsi. Varietà* 31 1 Questi discorsi vengono corredati da molte annotazioni clic l'autore , con savio consiglio , ha collocato alla fine , per non essere interrotto il filo delle idee. Da queste medesime annotazioni si deduce eh' egli , oltre di avere un sentimento gentile del vero e del giusto , si è arricchito lo spirito della lettura di opere riputate , che cita spesso per consolidare le sue opinioni coli' autorità dei sapienti, - Nella prima nota all' introduzione di tutta l'opera l'autore si fa strada a parlare dei proprii studi , e della vita che ha condotto sino al pre- sente, manifestando, con animo ingenuo, il suo non prospero Stato, e le necessità in cui si trova di dover provvedere a' suoi bisogni con un impiego , che gli assicuri la sussistenza; onde non esser più a peso della sua , egli dice, non opulen- ta famiglia in un'età in cui avrebbe dovuto piuttosto esserle di sollievo. Il che, sono le sue parole , gli ha renduto in al- cuni momenti nojosa la vita , e lo ha immerso in un certo sta- to d'ipocondria, da cui non è risorto, che rimirando i più miseri e ì più trascurati , in quella guisa che praticava nello sue avversità il Fontenelle. Le quali cose dette con sommo can- dore strappano le lagrime dagli occhi , e fan porgere caldis- simi voti pel ben essere e per la prosperità di questo giovane degnissimo di meritar la consìderasione di coloro che reggono la fortuna degli stati ; vivendo noi, per colmo di miseria, in tempi ne' quali infinito è il numero di quelli che non hanno ; Uro idolo che le piume e il ventre , e dimentichi di sé stessi e dei doveri che ognuno nascendo contrae verso gli uomini, si giacciono sepolti nell'ozio più turpe, o scherniscono impu- dentemente que' prediletti dal cielo, che han coltivato con so- lerzia il loro ingegno , e sprezzando i beni futili della società si son dati a meditare nel silenzio del loro gabinetto, onde ac- crescere il patrimonio delle umane conoscenze, e rendere gli uomini migliori e più forti. Essendo indubitato che in tal mo- do solamente potranno questi resistere alle tempeste della for- tuna , che li bersaglia anche nei posti più elevati , ed avvele- na i loro stessi piaceri; mostrando con solenne esempio che tutto cede a'suoi colpi , e che altro non havvi in questa terra che la sapienza che vive sublime ed eterna , e si ride delle 342 Varietà' cimane follie. Mirabile sentenza della giustizia suprema, che ren- dendo in tal modo superiori ai più grandi i più piccioli , ab- bassa l'insano orgoglio di quelli , e compensa a ribocco l'inequa- lità degli uomini. F. Mal vie A. Acqua minerale di città di Penne, nel i Abruzzo ultra. (REGNO DI NAPOLI.) È giunto a notizia del dott. Gentili , commisarìo dell' acqua medicinale di città di Penne, che molte persone, sia dello stato ponsificio , sia degli altri stati d'Italia e dell' estero , i quali trovansi in determinazione di recarsi a Penne per intra- prendere di curarsi della podagra con acqua-ventina^ perchè ignorano se la suddetta città, come posta ben in dentro della pe- nisola alle falde orientali degli appennìui , abbia o no com- pita la così detta traversa che imbocca a la via consolare , sono in dubbiezza se si possa o no andare a Penne affatto in carrozza , e vivono in perplessità nella scelta dei punti , su cui converrebbe meglio dirigersi , nell' entrare nel regno , onde non vagare, pria di pervenire a la sorgente minerale; dai quali suggettì di esitazione avviene, che i desideri di quel- le persone rimangono malauguratamente paralizzati a danno di loro salute. Premuroso il dott. Gentili che siano ognor più diffusi , a prò della umanità inferma, i beneficj àeW acqua-ventina y e ài veder migliorata segnatamente la sorte dei podagrosi , si fa sollecito, al rincontro, rimuovere ogni difficoltà, con lo av- vertire, che si può andare a Penna plausibilmente bene in carrozza, nell' attuale stagione [state del i83i): ma eh' è per ciò conveniente dirigersi, come a punti centrali, verso talu- ne città degli Abruzzi, meglio note ai viaggiatori, dalle quali poi vassi più comodamente e più prestamente a Penne : cosi egli accenna, come punti centrali di direzione, Varietà' 31S Per gli abitanti della inarca di Ancona , della Romagna, J» Giulia-nova. del bolognese, a, L Giul . della campagna di Roma , del patrimonio di s. Pietro , del perugino , ^ Aquila. di Toscana , . .... dell' alta Italia , di Sicilia , di Corsica . :ilia , ^ . di"sa"degna; C Gaeta, indi Napoli, della Dalmazia, j Pesca 2ara Il dott. Gentili profitta di questa opportunità per rammen- tare {F. Esculap. napolit. voi. III. /». 5), che, con l'analisi quantitativa AeW acqua-ventina, eseguita dal fu prof. Covelli sopra luogo (V. Rapporto intorno i lavori analitici eseguiti su l'acqua minerale di Penne. Napoli, 1828), restò esplicita- mente assodato , che questa contiene i principii seguenti , cioè. Ossigeno , Azoto , Acido carbonico, libero e combinato, . . . . solforico , • . . . idro-clorico , • . . . nitrico , • • ■ . silico, Calce , Magnesia, ' Ferro , Soda , Jodio (vestigia). Frattanto il dott. Gentili argomenta opportuno mettere sott' occhio, tanto ai medici forestieri, quanto ai podagrosi di ogni età, che i successi dell' acqua-ventina (adoperata in bevanda ed in bagno; sono incessantemente ognor più moltiplicati e brillanti, ove particolarmente la podagra sia genuina, cioè 314 Varietà' senza complicazione di altri vizi , senza effettiva anchilosi , enormi deposizioni calcaree a le articolazioni, e mostruose gon- fiezze edematose: bastano, relativamente, due settimane di cu- ra, perchè sia condotta a miglioramenio; che tale miglioramen- to è altrettanto più pronto e significante, per quanto più sol- lecita mostrasi la coinparsa delle pustole su vari punti peri- ferici del corpo, più pronunziata l'encorema (dico encorema albuminosa) e più abbondante il sedimento delle orine, ma se- gnatamente anche assai più se, col profluvio orinoso , mani- festisi la cosi detta blenorragia-artritica ; che , dopo ciò , i got- tosi di rado tardano a ricuperare il movimento di membra , che successivi rovinosi parosismi di molti anni pareva aver condannate a perpetua inerzia; che dalle conclusioni generali, dedotte nelle numerose osservazioni , da lui sin qui fatte in- torno le proprietà medicinali dell' acqua-ventina , e i differen- ti morbi da questa curate , emergono i seguenti corollari, dai quali la pratica potrà aver la opportunità di derivare i suoi canoni : 1. L'acqua medicinale di città di Penne agisce su l'orga- nismo animale per ragion dinamica e chimico-meccanica : 2. U acqua-ventina, bevuta nella sua sorgente, coi propri principii volatili, e col complesso degl'imponderabili ch'essa conduce, dee ritenersi come agente riparatore cjellc efficienze innervative, come mestruo degli elementi predominanti nel san- gue, in malattie diverse, e come temperante di questo l'ec- cessivo grado di animalizzazione : 5. U acqua-ventina, lungi dal doversi riguardare qual mezzo terapeutico esclusivamente stimolante o risolvente ec, può ve- nir perentoriamente indicata come rimedio risolvente-ristoratore. 4- lù acqua-ventina , per essere rimedio risohente-ristora- tore, riempie adeguatamente la doppia indicazione dei volga- ri due metodi di cura [diretto ed indiretto). Finalmente il dolt. Gentili pensa non doversi lasciare sfug- gire questa occasione per far rimarcare , che il velo del vo- luto mistero , il quale forma argomento di maraviglia per talu- ni , di satira per altri , in vedere Y acqua-ventina designata co- me egualmente utile in infermi di diverso temperamento , ed Varietà' 315 in malattie di diversa ed opposta diatesi, resta affatto squar- ciato colla sola enunciazione della verità , che l'acqua mine- ?*le suddetta, avvedutamente adoperata, ha la importante pro- prietà di giovare i due lati del morbo: avverte egli quindi, oh' è per la indicata proprietà che avviene che l'acqua mi- nerale di Penna riesce egualmente proficua, non solo in casi differenti di gotta, ma benanche in casi differenti di reuma- talgie croniche» di affezioni erpetiche, calcolose, ipocondria- che, di soppressione del flusso mestruo ed emorroidario , d'it- terizia cronica, ostruzioni dei visceri del basso-ventre, di sto- maco , mancanza di appetito, e digestioni difficoltose, di co- stipazione di corpo, ed in altri differenti casi di affezioni cro- niche, in cui però, con le coudizioni patologiche, non coesi- sta attualità di effettiva flogosi, o la estrema reazione del si- stema irrigatore; poiché con ciò facendosi chiaramente pale- se il più alto grado di enervazione, e la più marcata esaustio- ne di dinamìa vitale, l'uso dell'acqua suddetta potrebbe pro- vocar le querele di persone che ad esso incongruamente si as- soggettassero, non tanto pei rischi o pei nocumenti, che ne potrebbero per avventura derivare, quanto per vederlo risul- tare di utilità nessuna. N. B. // tempo opportuno a curarsi con acqua-ventina sì estende anche a tutto l'autunno. 316 .Ì21)iittifi NECROLOGIE T ' a. É italiana letteratura si duole di aver perduto un filologo riputatissimo , Nicola Biagioli , che studiò Con molto amore ne' classici , e fece più e più gustare ol- tremonte „ L'idioma gentil sonante e puro. Nato a Vezzàno, piccolo luogo nel genovese presso Sar- zana, ebbe amica la natura più che la fortuna ; ma nelle doti dell' ingegno e del cuore trovò buon com- penso ai danni della scortese. In Roma debbe alle fon- ti de' latini e greci scrittori tanto , che di soli 17 an- ni l'università di Urbino lo ebbe insegnatore di umane lettere. Dalla fiumana de' tempi tratto a Parigi, vi stet- te saldo per isvelare in faccia agli stranieri tutta quan- ta la nobiltà e la dolcezza della lingua nativa. Pose fuori la Grammatica italiana , che sciolta per lui dai lacci della pedanteria si mostrò bella del lume della ragione , e innamorò ogni gentile persona : approvolla il Gingue'ne e l'istituto in Francia , il Lanzi e l'ac- cademia della Crusca in Italia. Ma il Biagioli non si arrestò ; si mise dentro alle segrete bellezze di Dan- te , e ne diede sulla Dimia Commedia un cemento , che meritò gli elogj dello stesso cavalier Monti (*), C) Il Monti nella sua lettera al Bettinelli (Milano 1807) erasi innanzi mostrato offeso dal Biagioli per un articolo pun- geDt<^ QQO perù S9nlt<3 dal Biagioli, ma forge in sua ca$a. Necrologie 3'1T il quale aaguravasi di averlo veduto prima per infio- rarne da capo a fondo Topera della Proposta. Ne die- de ancora un comento sul Petrarca , ed uno sul Buonarroti : nei quali lavori mostrò bensì finezza di giudizio ; ma parve che quello suU' Alighieri vinces- se gli altri due, quanto il divino poema vince „ Versi d'amore e prose di romanzi. Tutta la vita del Biagioli fu negli studi ^ si che vo- gliamo perdonargli ancora se per forte amore del ve- ro fecesi aspro talvolta agl'interpreti , che lo prece- dettero. Ora ci piagne il cuore , che sia mancato ai vìvi il 23 dicembre passato : pur ci conforta il sen- tire (*), che lasciò inedite cose degne di lui, qua|i so- no: 1. un Comentario storico e letterario sul Deca- merone del Boccaccio ^ 2. una nuova opera del Com- mentario della divina Commedia 3. un esame criti" co di tutto ciò che fu pubblicato su Dante dopo il 1813; 4. un nuovo dizionario italiano e francese e francese italiano-. E più ci conforta il pensare , che la^schiettezza, l'afFabilita, la modestia e l'altre care virtù , che gli fiorirono la vita , raccomandano la sua memoria all' età presente ed alle avvenire. D. Vaccolini. Conte Gìo. Francesco Napione di Cocconato. JLia morte di questo valoroso letterato avvenuta iH5 luglio del 1830 è stata di dolore a tutti gli amatori (*J Bibl. Ital Giugno i85i pag. 4s5. 318 Necrologie de* buoni studi , e a questo giornale specialmente , che ha perduto in lui un degno collaboratore. Quindi e che noi crediamo nostro debito il dare in ristretto veraci notizie e della sua vita e delle sue opere. Nel 1 748 al 1 di novembre egli nacque in Torino di antica famiglia e nobile originaria della citta di Pinerolo , e avviato negli studi, dovette abbracciar quelli della legge per compiacere a'suoi, ma non lasciò mai da parte le amene lettere , delle quali sin da prim' anni volle dar saggi. Imperocché nel 1767 die fuori un poemetto su la morte di Cleopatra, e nel 1773 un ragionamento sopra la durata de re di Roma, e un saggio sopra larte storica. Entrò poscia al ministero di alcuni impieghi per volontà de'sovrani suoi; e nel 1779 fu creato intendente regio nelle due provincIe di Su- sa e di Saluzzo , e nel 1787 fu soprintendente all' ufficio della peregrinazione ; poi nel 96 consigliere di stato di S. M. applicato ai regii archivii di corte, e finalmente generale delle regie finanze nel 1797. In mezzo però a siffatte cariche egli non abbandono già gli studi suoi cari ; ma se li facea sua ricreazione ne* ritagli di tempo. Infatti nell'SS stampò la Griselda trage- dia, e nel 91 l'opera che più d'ogni altra sua gli alzò la fama, e fu DeWuso e dei pregi della lingua italiana. Sotto la dominazione de' francesi non ebbe impiego, anzi rifiutò costantemente gli offertigli , e continuò a cercar sollievo dalle cure private e pubbliche negli studi di varia letteratura. Quindi nel 1805 fece impri- mere in Firenze la versione sua delle tusculane di Ci- cerone , le quali se sono affatto abbandonate d'ogni bellezza di stile , tengono però grande chiarezza e fa- cilita. Voltò pure nel 1806 la vita d'Agricola di Ta- cito , e fece chiaramente vedere che se non valse ad ^g8^"g'^6''6 ^'le meravigliose bellezze del Davanzati, po- tè agevolmente salvarsene da' pochi vizii che l'imbrat- Necrologie .31^ tano. Dopo il iltonio clericali sovrani in Piemonte nell* anno 1814 venne nominato primo presidente capo e so- vrintendente dei regi archivi di corte , riformatore de- gli studii nella regia università, e nell' anno 1815 cavaliere gran croce dell' ordine de ss. Maurizio e Laz- zaro. Ebbe due mogli ; l'uua sposò nel 1786 ; e mor- tagli questa, tornò nel 1792 allo stato del matrimo- nio. Esistono oltre alle nominate opere, anche altre di minor momento già stampate, e molte altre inedite, che versano specialmente sugli impieghi da lui sostenuti. Appartenne a varie accademie , alla reale delle scien- ze di Torino, a quella della Crusca, ed a più altre. Gì Giuseppe Grassi. Giuseppe Grassi , la cui morte è una delle perdi- te pili gravi di che debba dolersi la nostra Italia , cui fu tolto il di 22 del corrente anno , ebbe i na« tali in Torino da poveri genitori il 30 novembre del 1779. Nodrito ai fonti della classica letteratura nostrale e straniera , seppe dalla prima giovinezza me- ritar bene delle lettere italiane , e V Elogio stori- co del conte Saluzzo , da lui pubblicato nel 1812 e che fu il primo saggio del suo ingegno , gli ac- quistò le lodi dell* universale : e di questo solea egli compiacersi anche agli estremi della sua vita, per una certa sua ìndole , siccome dicea , che sotto straniera dominazione ritrae un non so che di generoso e di fran- co. Mandava appresso alle stampe V Abbozzo statistico delV antico Piemonte , dettato in lingua francese, della quale era peritissimo. Sul cadere del 1816 fece di pubblica ragione il Dizionario militare^ opera di gra- ve raoraenlo e che fu accolla con meritati elogi , sic- 320 Necrologia come può rilevarsi dai varii giornali letterarii di que' giorni. Nel terzo volume della Proposta del ce- lebre cav. Monti trovasi inserito il Pamllello dei tre vocaholarii italiano , inglese , e spagnuolo ; si tacque però allora il nome dell' autore, e ciò per espres- so di lui divieto. Il libro de' sinonimi e le disserta- zioni e le note intorno gli aforismi militari del Mon- tecuccoli vedevano quindi la luce , quelli nel \ 820, questi nell'anno successivo 1821. Perdeva egli intan- to il dono della vista, che piìi mai non riacquistò, sul principio del 1823 : e vi si piegava con ogni segno di filosofica e cristiana rassegnazione. Rimangono tuttora inedite dello scrittore torinese tre satire di A. Persio tradotte in verso sciolto , e corredate di note critiche ed archeologiche, e si egual- mente varie lettere filologiche intese a mostrare le ve- re fonti della lingua italiana , anzi delle lingue mo- derne dell' Europa latina. Fu il Grassi membro di varie società letterarie, e fra queste socio ordinario residente della R. acca- demia delle scienze di Torino, quindi segretario della medesima per la classe delle scienze morali storiche e filologiche. Anche l'imp. e reale accademia della cru- sca il volle nel 1828 suo socio corrispondente , e finalmente l'arcadia , da cui prende il nome questo nostro giornale , lo annoverò fra' suoi pastori col no- me di Archidamo Teleboicù. O generoso , eh' all'aprii degli anni Saggio sdegnando di Citerà i mirti , Infra i più chiari e più laudati spirti Spiegasti air etra arditamente i vanni ; Da quelli ove ti godi eterni scanni Deh ! fa ch'io possa anche una volta udirti, E me da un mar, pieno di scogli e sirti. Scorgi al gran premio de' durati all'anni. N E e R O L O G*I E 321 Se allór che tolta la virtù visiva Ti fu lunga stagiou , de* studii bei Crebbe la brama in te sempre più viva : Or che sarà , che puoi senza alcun velo D'ogni saver mirar la fonte , e in lei Goder la pace di che ride il cielo ? C. E. MuZZARELLl Marchese Gian^iacomo Trivulzio. „ Xiade volte risurge per li rami „ L'umana probitade ...-.*. così cantava (*) il poeta della rettitudine, ed ancora {*''): „ O poca nostra nobiltà di sangue „ Ben se* tu manto che tosto raccorce , „ Sicché , se non s'appon di die in die , „ Lo tempo va dintorno con le force. Questo esordio non sarà vano ne intempestivo volen- do noi entrare alquanto nelle lodi di un chiaro ita- liano , che posto dalla fortuna in altezza di condizio- ne e circondato poi sempre dal lume e dalle me- morie di avoli illustri, anzi che invilire (come pur troppo sogliono i più), crebbe collo studio e colla (*) Nel C. VII del Purgatorio. D Nel XVI del Paradiso. G.A.T.L. 21 322 N*K e R O L O G 1 A virtù la domestica gloria , e lasciò ai posteri esemplo degnissimo d'imitazione* Siccome fra le stelle minori si mostra splenden- te una di prima grandezza ; cosi tra gli specchiati uomini di casa Trivulzio rifulge quel Magno , il qua- le illustrò due secoli ( il XV e XVI ) mostrando a tutti che l'antico valore negl'italici non può morire. Ma non è sempre fra l'ardore delle battaglie , che la virtù si fa bella e gloriosa : anche all' ombra del- la pace risplende : e quivi trovolla assai chiara e di più luce la cinse a* nostri giorni il marchese Gian- giacomo Trivulzio. Nato in Milano il 22 luglio 1774 dal marchese Giorgio e dalla contessa Cristina Cicogna, presto si mostrò degno di una famiglia e di una citta, entram- be nobilissime. E nelle lingue latina italiana e fran- cese, e nelle lettere ebbe maestro principalmente l'ab. Portai , che noi lasciava digiuno del nutrimento ezian- dio delle scienze. Ma un cibo più eletto si apprestò egli da se , quello squisito giudizio attingendo alle fonti sempre vive de' clàssici , e conversando con fe- licissimi ingegni ; tra i quali ci è bello ricordare il Parini ed il Biaraonti , senza tacere del Rovelli che istruivalo nel greco idioma, e che fatto vescovo nel i 793 fu salutato pubblicamente dal giovine allievo con dol- ci versi, ne' quali ben parve non so quale mi dica più se il cuore o l'ingegno dello scrittore. Peccato che non si piacesse sacrificare più di frequente alle muse! Di che poi querelavasi per gentile maniera quel chia- ro spirito del cav. Giuseppe Bossi, donandogli il ti- tolo de' sermoni dello Zanoja. Gomecchò la faccia delle cose mutasse, egli non mutò l'animo : ne mai cessò l'amore alle lettere ed al letterati. Fatto sposo alla gentilissima contessa Bea- trice Serbelloni , n'ebbe consolazione di cari figliuoli. Necrologìa 323 E già il poeta del secolo cantò le nozze òì dae tra le figliuole di lui. A chi è ignoto oggimai il Ce- spuglio delle quattro rose ? a chi il Ritomo d'Amore a quel cespuglio ? Nel 1810 fatto già conte, caralìere della coro- na ferrea, ciamberlano del regno italico, fu a Parigi : tornovvi nel 1814-, ed allora visitò anche l'Olanda, percorse in seguito le più belle contrade di questa nostra penisola ricca non meno d' uomini che di co- se nostre: per ogni dove gustò que' frutti preziosi, che i savj cercano viaggiando : strinse elette amicizie, raccolse codici e stampe e mille rarità archeologiche. „ Cos'i la biblioteca trivulziana ( sono parole del „ suo elogista C^) ) divenne una delle più riguardevo- „ li pel numero e per là^ rarità de' manoscritti , prin- „ cipalmente di classici autori italiani : pei bellissi- „ mi esemplari di edizioni del secolo XV , di al- „ dine , di cominiane ; per la collezione di quanto „ V* ha di più squisito in materia di opere greche , „ latine ed italiane; per la copia in somma de' volumi „ nobilissimi , per la materia , per la particolarità „ dell'origine, per le postille di mano d'uomini celebri „ di cui sono fregiati , o per altri pregi d'ogni na- „ tura. E Così pure il museo della sua famiglia , do- „ vuto principalmente alle cure del suo dotto pro- „ zio don Carlo, venne da Giangiacorao accresciuto di „ assai cimelj , fra' quali moltissimi dovrebbero enu- „ merarsi : ma ci limiteremo a rammentare più ritrat- „ ti a smalto del celebre Petitot , due dittici d'avo- „ rio non conosciuti dal Gori, e la bellissima Pace „ colla crocifissione , la quale il commendator Cico- 9, gnara credeva smarrita, e non esitò, poiché il Tri- (*) Vedi la biblioteca italiana N. i83 pag. Spy. 21* •324 Necrologia „ vulzio glie l'ebbe mostrata, a riconsscere per quella „ intagliata e niellata per mano di Maso Finiguerra ,. sul disegno di Antonio del Pollajolo , di cui fa „ menzione il Cellini. ,, Ed i raccolti tesori volle aperti liberalmente a coloro , che sono tutti nel giovare gli studi. Cosi pel Rosmini avemmo nel 1808 la Vita di Francesco Fi- lelfo^ e nel 4815 quella Istoria del Magno Trividzio tanto cara e gloriosa al nome italiano. Così avemmo il coinento del Magalotti ai cinque canti della Divi- na Commedia. Così pel Mazzucchelli , degno custode della biblioteca e del museo trivulzìano , avemmo nel 1820 il poema di Cresconio Corippo sulla guer- ra contro i mauri fatta da quel Giovanni , cui Pro- copio e Paolo Diacono ricordano; e nel 1825 la rac- colta di lettere e di altre prose del Tasso : poi due volumi di Lettere inedite del Caro, desiderandosi il terzo, che' per morte dell' editore mancò. Ma oltre i favori, chi direbbe a mezzo le cure prestate dallo stes- so Giangiacorao a'ietterati ? Dicalo fra gli altri il Ciam- pi nelle rime di Gino , il Viviani nel Dante Barto- liniano , il Vannucci nel volgarizzamento di Catone sui costumi , il Moschini nelle sentenze morali di greci filosofi : dicalo il nostro Monti nella Proposta , dica- lo nel saggio sul convito di Dante. Dicalo l'opera istes- sa del Convito uscita in luce si nobilmente prima in Milano e poscia in Padova (*). Dicalo la Vita Nuova fatta ancora più bella mercè del Trivulzio. Che se a lui fosse durata la vita lo direbbero le rime del som- ma poeta , le quali già non isperano trovar così pre- sto altro cortese spirito , che sappia a voglia giovarle di tanto che possano parer fra la gente in tutta la na- (•) Vedi il Gioruale Arcadico Tomo XXXIX pag. 5o5, Necrologia 325 tiva bellezza. Ma con voce , che mai non fia muta, lo dira l'accademia della Crusca , alla quale meritò essere scritto; lo dira l'ateneo di Venezia, l'accademia romana di archeologia , la pontificia di s. Luca , e l'altre cui appartenne. Dirannolo i più dotti e leg- giadri ingegni del Lei paese, che lo conobbero e l'o- norarono. Ed il presente secolo dira agli avvenire quan- to si gloriasse innanzi di possedere , quanto si do- lesse il 30 marzo 1831 di perdere quella gemma di cavaliere . Tali uomini per verità non dovrebbero morire giammai; ma buon per noi, che tra il loro nascere ed il cadere ( che e per essi un risorgere a miglior vita ) lasciano segni durevoli, e mettono gli uomini in più desiderio di gloria e di dottrina. Il quale desiderio si fa più acceso per le lodi al Tri- vulzio impartite fra gli altri dal Maggi , che della vita e degli studi di lui toccò quanto basta a ride- starne la fama, e per le epigrafi che il Labus dettò a farne più bella o meno fugace la pompa de' fune- rali (*). Cosi i doni della fortuna , che per se stessi non valgono, aggiunti a virtù e a dottrina valsero al mar- chese Trivulzio quel più che l'uomo può sperare quag- giù appresso la morte del corpo , di vivere tra i savj nella memoria de' secoli in continua benedizione. D. V. C) Vedi la Blbliot. Ital. loc. cit. 326 INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL TOMO L DEL GIORNALE ARCADICO. SCIENZE Mazzetti, supplimento agli elementi di prospettiva lineare p» 1 Cappello , Continuazione e fine del ragionamen- to I sul cholera morbus p. 5 Oddi , Esame sopra un articolo del sig. P^olpicel- li sulla fìsica meccanica di Fischer . . '/j. 62 Bertoloni, Elogio di M. Malpighi tradotto da Nic- cola Severi ., ... w .... ^. T4 Nicolai , Lavori suW Aniene in Tivoli ec. p. 96 Carpi, Esame fisico-chimico delle acque potabili di Roma ..».*;?; 105 LETTERATURA Vida, Poetica tradotta da Baldassare Romano, p. 1 47 Romano , Lettera a F, Mahica sulla sua tradu- zione della poetica del Vida. . -. . . p. MI Vaccolini , Osservazioni sul bello. . . . /3. 190 Montanari, Io. Damasceni Bragaldii comentario- lus : p. 2\2 Polidori , La biblioteca ambrosiana , epistola, p. 219 Duca di Serradifalco , Avanzi delV antica So- lunto .....-,..-.... p. 225 Baruffaldi , Aggiunte al Canepajo . . . /?. 234 G. I. M. , Epigrafia italiana (coìitinuazioné) p. 239 Montanari , Lettera ad A. Bianchini . . /?. 245 Amati, Scelta d^ iscrizioni rinvenute nel sepolcre- to de" servi e de* liberti della gente Volusia. p. 250 327 Faccolini, notizie di Francesco Maria Ricci, iC Angelo Monsagrati e di Giacomo Bacci. p. 277 ARTI BELLE -ARTI Pungileoni, Notizie intorno a Gentile e a Giovan- ni Bellini .... „ OQ1 r^ . , p. ZOf yarieta Necrologie di Niccola Biagioli , Gio. Francesco Napione, Giuseppe Grassi, Gio. Giacomo Tri^ vulzio. Tavole meterologiche. ERRATA CORRIGE pag. lia. 23 12 nota quattro cinque id. 13 id, due altre tre altre id. id. ib- Funa da capo due da capo id. id. ib. la seconda la terza 48 4 ib. soffrono soffrirono pag. 109 lin. 7 Bitehe Biche pag. 114 lin. 7 consumat consumato pag. 115 lin. 24 poc poco pag* 123 lin. 16 ontana fontana pag. 1 43 lin. 28 loro acque potabili acque potabili pag, 146 nota lin. 3 Truignano Trevignano NIHIL OBSTAT AJj. D. Paulug Delsignore Gens. TUol. NIHIL OBsTAT Petrus Lupi Med. CoUeg. NIHIL OBSTAT Petrus OJescalchi Gens. Philolog. IMPRIMATUR Fr. Dom, Butiaonl O. P. M. S. P. A. S. I M P R I M A T U R Joseph Della Porta P. Conti. Vie. ..^^ ^ggf ^^^^^ __^_ »».! ^^_ Osttrvaùont Mtleorologich: )( Collegio Romano )( Aprile i83i. 3 Ore Baromet. Terni, esterno Terra Max. omelro Min. Igrora. a capii. Vento Pioggia Evapor. Sialo del Cielo O ma. ajp.llli.G 9" S*' E. moJ. li. coperto 1 fft- » ., 0 la 6 ma. 13 8 »7 NE. deb. 0 40 0 8 „ „ ser. .. M 3 II 0 mi. 9 5 » „ rischiarato ma. „ 1» >i 9 5 „ „ 1 lì Scren.iiuv. sparse 3 §'■ „ 9* 1 i5 li 6 8 a »9 N. a. 1 8 sere n.nuv. sparse ser. " « 1 10 6 4 0 0 1 10 uuvoloso ma. w „ „ 8 N. d. riselilaralo 3 ser. 1» „ a i5 IO 8 i5 74 14 3 SO. m. 0 0 0 76 1 4 nUToloso ma. „ IO o IO 3 4 )» 4 8'- n 9 1 12 i3 7 10 4 S. d. 0 7 „ ser. " „ 0 10 a SE £ 11 a5 coperto ina. » 8 7 „ i4 4 0 0 „ ò S£r. „ 9 8 '4 10 •4 8 5 la 4 SE. q. 0 sso. a. 0 35 0 8 " ma. „ „ „ 8 5 4 N. a. „ 6 S*- „ 10 0 i4 5 i4 6 7 la SE. „ 1 a „ ser. II » 3 10 0 6 „ q. 0 3 80 " ma. „ „ 6 9 5 i 0 0 chiarissimo 7 8'- ser. 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Vento Pioggia wwKawE" o BaromeU Tt Terni Mai. i 17 16 3i)ietro Min Igrom a capii livapor. Suto del Cielo ma. „ ,. 4 » „ 7 0 11 16 5 9 10 3 7 16 JNE. d. SSO. „ N. „ ]i. 4 00 li. 1 5 ser. nciv. sparse nuvoloso chinrissimo ma. ' ser. „ 10 0 r, 9 8 6 itì 1 0 5 6 5 u 13 SSE."i ti 3 27 11 8 j, 10 2 » 9 8 „ „ 5 10 i5 II j 0 i3 10 5 9 5 iS 6 0 0 SO. m. 0 0 1 5 velalo ma. ser. 1 _ 14 0 9 8 4 12 10 i\. 4. 0 „ de]). „ q. 0 2 5o grandine 0 5o 1 0 coperto ma. a 7 S'- ser. ). ,. 2 „ 8 7 10 14 10 14 7 8 5 14 4 0 0 OiVO. m. ] 20 1 5 ser. nuvol. sparse nuvoloso diiarissimo ma. ser. t» « « » 9 0 ,, „ 5 7 i5 11 2 i5 6 4 i5 6 N. C£. 0 0 0 nebbia 1 a sereno nuvoloso ma. ìser. ma. 3o ^''• ser. „ 10 4 .. « 8 », 11 0 l'j 16 12 4 2 16 5 10 8 7 5 S. f. „ m. 2 8 sere, nouv .sparse coperto >1 !» 2 j. «0 4 ,,11 1 14 >9 i5 ao 10 11 29 11 SSE. for. S. f. 5 4 nuvoloso Osiervazioni Meteorologiche. )( Collegio Romano )( Maggio i83i. '3 o Baromet, Term. 1 XermomeUc 1 Max. 1 Min . 1— — Igroni e capii Veoto Pioggia Evapop, SUto d«l Citlo ma. <:r. i-]p.i\li.Q 28 0 o » » 8 .4° 18 '4 >9 la 3 i5 5 NE. d. 0?10. m. 0 0 ale. goc. 1 i. 8 nuvoloso ma. IT Si- ' ser. „ 1 0 M f» 5 » ,, 8 '4 '9 12 19 5 ! !ia 8 10 24 24 JN. d. 0. n,. N. „ 5 8 ser. nuv. sparse ma, j^^ ser. « „ 9 » j» )) „ 3 0 10 17 12 a 3 17 8 25 40 22 „ a. *> 11 3 3 ma. ^ ser. » >> Il „ 1 6 „ „ 5 11 18 i3 5 jx8 8 8 »7 25 aa SO. ", 0 0 4 I 1) chiarissimo ma. gi- ^0 ser. .. 17 0 i# 0 7 11 1» 0 iO 18 1 5 ao 1 8 10 58 5 iN. d, S. m. „ «1. li. 0 So 4 7 sere. nuv. sparse coperto ma. " t. 27 li a „ 10 5 „ 1 1 0 11 i3 10 »7 to 4 4 6 ìN. d, S. „ 0 0 7 a5 19 75 0 7 " ma. „ Si- ser. 1» » )» » 10 8 )» »> )i 10 14 la i5 3 10 ù l 0. m. SSE. d, S. (j. 0 8 ao i 0 ti ma. ser. ., „ 9 „ 11 4 i3 la 16 II ■ 7 6 5 0 0 3 »5 0 55 I 0 ctiiarissimo ma. ^ ser. .. » 9 28 0 0 „ 1 3 la 17 1 a 17 a 8 0 10 5 i\. 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S'- ter. mat. mat. si- ser. mal. S'- ser. mat. e''- ter. mal. si- ter. mal. ter. mat. 28 p.oli.i 37 11 5 a8 38 <• » 5 » II 8 •7 1 1 0 - 10 7 •> 1) 0 » 9 5 n u » Terra, esterno Termo Mai. i5° aa 16 a3 90 'i 16 »9 16 19 14 6 i9 i3 ao i4 19 »4 19 5 14 5 »9 i5 ao 17 ao 14 ao »4 »9 14 »9 14 ao »4 ao 16 ao 5 14 4 i5 5 ai »4 16 3 ai 5 i5 ai ai aa - 16 aa 7 »7 a3 2 •7 >4 »7 17 i2 5 16 5 a4 aj 5 3 Uin. i3 i3 Il l i3 i4 Vento N. q. • S. m. .. d. sso. oso » m. f. S. m. sso. SSE. ■• N.q. SSO. so. 0 m. d. alc.goc. N. q.o NO. d, N._„_ 0 o SO. m. SSO. „ S. d. so. m .. d. N. „ O. m. NO. q. N. „ 50. ra. o o nneT^ SO. m. .. d. so. m. „q. o so. N. q. O SO. m. NO. d. N. q. o sso. m. N. q. o so. in. Pioggia 7, li. 80 li. 6 5 3 8 Stato del Cielo nuvoloso ieren.nUT.sparse »» » nuvoloso velalo nuvoloso coperto 1 Beren.nuv.sparse a o nuvoloso 'Chiarissimo a 7 l ierem.muv.sparst 'chiarissimo I velalo S 8 nuvoloso velato 3 7 sercn.nuv.spar3e 'chiarissimo 5 O ser.nuv.sparse „ vaporoso 4 '^ )5 "uv. sp. 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