DI SGlEnrZEt LETTERE, ED ARTI VOL. 189 e 190. E O AI A NELLA STAMPERIA DEL GIORNALE PRESSO ANTONIO BOULZALER 1835. GIORNALE DI SCIENZE LETTERE ED ARTI TOMO LXIir. APRILE , MAGGIO , E GIUGNO 1834 e 1835, *T' ROMA NELLA STAMPERIA DEL GIORNALE ARCADICO PRESSO ANTONIO BOULZALER Ili DIRETTORE DEL GIORNALE ARCADICO S. E. il Sig. principe D. PIETRO ODESCALCHI , membro dei collegio filologico dell' università ro- mana , socio ordinario della pontificia accademia di archeologia , censore di arcadia ec. COMPILATORI BETTI SALVATORE , professore e segretario per- petuo dell' insigne e pontificia accademia di S. Lu- ca , socio ordinario e censore della pontificia ac- cademia di archeologia. BIONDI marchese commendatore LUIGI , presidente della pontificia accademia romana di archeologia, soprintendente generale degli studi di belle arti iti Boraa per S. M. il re di Sardegna , censore di arcadia. BORGHESI cav. BARTOLOMMEO , accademico del- la crusca. CARPI PIETRO , professore di mineralogia e mem- bro del collegio modico dell' università romana. DE-CROLLIS DOMENICO , dottore in medicina. FOLGHI GIACOMO , professore d'igiene , di tera- peutica generale e di materia medica , e membro del collegio medico dell' università romana. GERARDI FILIPPO , dottore in legge. POLETTI LUIGI , segretario del consiglio e pro- fessore residente dell' insigne e pontificia accademia di S. Luca, professore ordinario nell' ospizio apo- stolico di S, Michele, professore onorario della E. X" ì accademia delle belle arti eli Modena , socio or- dinarlo della pontificia accademia di archeologia. TONELLl GIUSEPPE, dottore in medicina. VISCONTI cav. PIETRO ERCOLE , segretario per- petao e socio ordinario della pontificia accademia romana di archeologia. COLLABORATORI DEL GIORNALE ARCADICO. =»*«i^^4®*« A NT ALDI marchese Antaldo , consigliere della le- gazione, a Pesaro. ANTINORI marchese Giuseppe , professore , a Perugia. ARMARGLI conte Leopoldo, giureconsulto, a Macerata. BALBO S. E. il conte Prospero , ministro di stato , presidente della R. accademia delle scienze , a Torino. BARLOCGI Saverio , professore e membro del colle- gio filosofico dell'università, segretario del consiglio amministrativo degli acquedotti , in Roma. BELLENGHI monsig. D. Albertino , benedettino-Ca- maldolese , arciv. di Nicosia , consultore delle sa- cre concregazioni dell' indice e degli affari ecclesia- stici straordinarii , socio ordinario della pontificia accademia di archeologia , in Roma. BIANCHINI Antonio , segretario della società, degli amici delle belle arti , in Roma. BRIGHENTI Maurizio , ingegnere, a Rimino. BRIGNOLI di Brunotl Giovanni, professore, a Modena. BONAPARTE S. E. D. Carlo , principe di Musigna- no , in Roma. CAMILLl Stefano , a Viterbo. CAMPANARI Vincenzo , in Roma. CANALI Luigi, professore e bibliotecario, a Perugia. CANONICI FACHINI march esa Ginevra , a Ferrara. CAPPELLO dott. Agostino , medico , in Roma. CASSI conte Francesco, a Pesaro. CECILIA Gio. Francesco , in Roma, CIAMPI cav. Sebastiano, a Firenze. TI CONTI ab. Andrea , presidenle del collegio filosofico dell'università, in Roma. COPPI ab. Antonio , socio ordinario della pontificia accademia di archeologia , in Roma. CORDERÒ DI S. QUINTINO cav. Giulio , membro della reale accademia delle scienze , a Torino. COSTA Paolo, a Bologna. DE-LUCA ab. Antonino , in Roma. DIONIGI ORFEI Enrichetta , in Roma. DUMOUCHEL padre Stefano, delia carapagnla di Ge- sù, astronomo del collegio romano, in Roma» FERRUCCI avv. Luigi Crisostomo , a Lugo. TERRUGGI Michele, membro del collegio filologico, a Bologna. FIORINI Mazzanti Elisabetta , a Terni. FOLCHI cav. Clemente, consigliere dell'insigne e pon- tificia accademia di s Luca , ingegnere ispettore mem- bro del consiglio d'arte, ingegnere della s. congre- gazione delle acque, membro della commissione con- sultiva delle belle ar ti , architetto del sacro tribu- nale della consulta , in Roma. FONTANA cav. Pietro, a Spoleto. FRANCESCHI FERRUCCI Caterina , a Bologna. GUADAGNI avv. Francesco, membro del collegio filo- logico dell' università , socio ordinario della ponti- ficia accademia di archeologia , in Roraa- LABUS dott. Giovanni , a Milano. LAMPREDI ab. Urbano , a Napoli. MAI monsig. Angelo , protonotario apostolico , prelato domestico , segretario delle ss. ce. di propaganda -fide e della correzione de' libri della chiesa orienta- le , segretario dell' accademia teologica , consultore delle ss. ce. dell' inquisizione e dell' indice, mem- bro del coHecio filolofico dell' università, e della pontificia accademia di archeologia , in Roma. MALVICA barone Fertllnando , socio ordinario del rea< le instiluto d'iocoraggiomento , a Palermo. MAMIANI DELLA ROVERE conte Giuseppe, a Pesaro. MARCOTULLI dott. Luigi , medico , a Sezze. MORDAiNI Filippo, a Ravenna. MONTANARI Giuseppe Ignazio , professore , a Pesaro, MORICHINI raonsig. Carlo Luigi , referendario dell' una e dell' altra seguatura , ponente del buon go- verno , prelato aggiunto alla s. e. del concilio, ab- breviatore sopranumero del parco maggiore, pro-pre- sidente dell'ospizio apostolico di s. Michele , in Roma. MORICHINI cav. Domenico, professore e membro del collegio medico dell' università , in Roma. MU2ZARELLI nionsig. Carlo Eromanuele , prelato do- mestico , uditore della sacra rota , in Roma. NARDI ab. Luigi , bibliotecario , a Rimino. ODDI Giuseppe , professore e membro del collegio filo- sofico dell'università, in Roma. PAOLI conte Domenico , a Pesaro. PERETTI Pietro, professore, in Roma. PERUZZI ab. Agostino , rettore dell' università , a Ferrara. PIANCIANI padre Gio. Battista , della compagnia di Gesiì , professore nel collegio romano, membro del collegio filosofico dell' università , in Roma. PUCGINOTTI dott. Francesco , medico , in Urbino. PUNGILEONI padre maestro Luigi , min. conv. , con- sultore della sacra congregazione de' riti , in Roma, RAMBELLI Gio. Francesco , a Lugo. RANALLI Ferdinando , a Roma. RICCARDI dott. Gregorio, medico, in Roma. RICCI marchese cav. Amico , consigliere della dele- gazione, a Macerata. ROVERELLA conte Gio. Antonio , a Cesena. SALVI cav. Gaspare , presidente e professore nell' vili insigne e pontificia accademia di s. Laca , ingegnere ispettore membro del consiglio d'arte, membro del collegio filosofico dell' università , architetto de' ss. palazzi Apostolici e del sacro tribunale della con- sulta , in Roma. SANTUCCI ab. Loreto , custode generale emerito di arcadia , membro del collegio filologico dell' uni- versità , in Roma. SCLOPIS di Salerano conte Federico , membro della reale accademia delle scienze , a Torino. SORGONI dott. Angelo , medico comprimario, a Narni. TORTOLINI ab. Barnaba , professore , in Roma. VACCOLINI Domenico , professore , a Bagnacavallo. VALDRIGHI conte Mario , a Modena. VENTCJROLI Giacomo , presidente del consiglio d'ar- te pei lavori di acque e strade , membro del col/, legio filosofico dell'università, in Roma. ;) VERMIGLIGLI cav. Gio. Battista , professore , diret- tore del museo di antichità , a Perugia. VESGOVAH Luigi, socio ordinario della pontificia! accademia di archeologia , in Roma. ! VIOLA Sante , segretario del comune , a Tivoli. VOLPIGELLI dott. Paolo, professore, in Roma. SCIENZE Manuale di fisiologia di Michele Medici M. D. , P. professore nella P. università di Bologna^ medico collegiata ec. ec. Voi. 2 in 8", di pag. 166 , e pag. 326. Bologna 1833. Oerabrera a prima giunta, che le dottrine, già bene spesso eoa meritevole elogio trattate in queste carte, sieno o contraddette , o iufirinate dall' insieme dei concetti , dei quali ci accingiamo a tener proposito. Ma se la fievolezza d'ingegno non ci tradisce , ne sembra in vece , che le medesime acquistino per essi in un certo qual modo alcun che di pregio maggio- re e di forza , non che una vieppiù patente illustra- zione. Ne sembra in vece , ripetiamo , che vengano anzi per i dettati dal valente prof. Medici conciliate alcune contraddizioni , che per le menzionate dottrine non mancavano di emergere. In cosiffatta lusinga, pel solo amor del vero e pel decoro della scienza, non esitiamo [a) ulteriormente ad esporne un breve sun- to, nel quale ci studieremo far conoscere ciocche di (a) Dolentissime vicende ci han trattenuto dalla continua- zione regolare dei soliti rozzi lavori , e dalla satisfazione agli oneri contratti. ( Il compii } G.AT.LXIU. 1 2 S e 1 li N Z E originale ci propone il N. A. con molta sapienza (• raoJestia insieme , e ciocche nella oscurità dei varit fisiologici argomenti che tratta rinveniamo di suo di- visaraento acconcio a spargervi qualche luce. Inten- dendo COSI trovare annodate opinioni forse in appa- renza divergenti , ci protestiamo non andar forse er- rati, e non menomare con ciò per alcuno la nostra pili alta estimazione ; e se nel fatto mal ci appo- nemmo, decider lo sapranno gl'imparziali nostri leg- gitori. Al dotto ed utile compendio di lezioni di fisio- logia , di cui imprendiamo a tener discorso , pre- cedono alcune preliminari notizie ad istruttiva dilu- cidazione dell' opera. Favella in essi singolarmente il N. A. del suhietto della fisiologia ; delle scienze au- siliarie e divisioni ; della chimica composizione e dei caratteri dei solidi organizzati ; e per fine degli umo- ri animali. In due sezioni divide la fisiologia gene- rale addetta a contemplare gli atti vitali , estesi e comuni a lutto il corpo , aggirandosi nella prima se- zione sopra le considerazioni generali della vita , e nella seconda intorno all'esame dei grandi sistemi del corpo umano. Gli atti vitali dei vari organi del corpo sono compresi nella fisiolo;;;ia particolare , ed in questa coerentemente alla triplice divisione delle funzioni ammessa dai moderni espone le funzioni spet- tanti alla propagazione della specie , quelle che ri- sguardano la vegetazione del corpo dette funzioni or- ganiche o assimilatrici , e quelle che pongono l'uà- mo in attenenze dirette colle cose esteriori , funzioni chiamate di relazione o animali. Considerando egli genericamente la vita , due in- terne condizioni vi riconosce , ciob la forza riprodut- tiva e Teccitahilita. A due similmente riduce le azio- ni esterne ( ma interne ancora sono alcune di esse). Ma'Vuai.Iì: di fisiologia. 3 all'azioQe ciob colla quale si prestano all' opera della riproduzione, ed all' azione eccitante o stitnolante. La forza riproduttiva , eli' è intrinsecamente la stessa che quella la quale presiede alla primitiva composizione dei corpi organizzati dopo l'atto generativo , si attie- ne a certe regole o modi di operare , cui dar si può il nome di leggi : le precipue di esse , al pari di quelle della eccitabilità o forza motrice , vengono dall' A. partitamente designate in disgiunti capitoli , ne su di queste molto c'interterrerao. Omettendo di tutta riferirle , ci. limitiamo a presentare la quinta e se- sta lef^ge della forza riproduttiva, per la prima delle quali egli fa stima , che „ si formano per essa parti „ nuove necessarie alla vita ed all' accrescimento „ del corpo .... per semplicissimo effetto di certe „ circostanze naturali o fisiologiche , in che trovasi „ il corpo : „ con che spiegasi l'origine della mem- brana decidua , della placenta uterina, della fetale etc. Per l'altra , cioè per la sesta, la forza riproduttiva ,, pup deviare dallo stato naturale alterando o vi- „ ziando lo stato materiale ed organico dei tessuti. •>•> ^"^SS^ •> <2lie a mio avviso pone fra la fisiologia e ,, la patologia nuove pliì estese e piiì strette atte- „ nenze. Perocché i processi flogistici , e le pseu- „ do-merabrane , e le ostruzioni con incremento di „ mole , e le ossificazioni , gì' indurimenti , e i ram- „ raollimenti dei tessuti , e le vegetazioni polipose „ e cancerose , ed altre organiche trasformazioni si „ spiegano tutte collo stesso principio generale fisio- „ logico col quale si da ragione della naturale ve- „ getazione , o riproduzione del corpo : ajuto , del „ quale sono necessariamente mancanti coloro che non ,, vogliono amm;ittere altra general forza vitale che „ l'eccitabiliti , o forza motrice. „ Lo che impugnarsi uoQ può, tostochè si consideri altro non essere la ec- 1* A S e 1 (i N z li cltabilit'a salvo che la forza o proprietà dei tessuti orffitiici, mercè della quale corrispondono o reagiscono alle cose , onde sono tocchi con un parlicolar mo- vimento ; cosicché può essa risguardarsi come una mobilita della fibra viv^a; proprietà subordinata a certe leggi , comuni in parte alla islessa forza riprodut- tiva , e quali tutte al nura. di sette dal N. A. as- segnate ci asterremo per ragion di brevità dal trascri- vere. Laddove per opera della forza riproduttiva i corpi vivi si rifanno della materia che perdono ; per- dita che li condurrebbe a perire , se non valessero a convertire in pro[)ria sostanza le cosa esteriori in esso loro introdotte e a conservare la loro organizzazione. Forza o attitudine , che , siccome superiormente si disse, h intrinsecamente la medesima, che quoUa la quale presiede alla primitiva composizione de' corpi organizzati dopo l'atto generativo, e che dal BuiTon si appellò forza vegetativa , dal Wolff forza essenzia- le, dal Blumenbach nisus formativus : sebbene con Tunica differenza , che per quest' ultima il corpo or- ganico riceve la forma e la composizione primordia- li , mentre la forza riproduttiva operando nella vita già incominciala e procedente, le conserva, e, per COSI dire, le ripete. Or nella forza riproduttiva e nella eccitabilità COSI conte(nplale si fa dal N. A. consistere la vita- lità , nel senso pero generale da comprendervi an- cor l'attitudine o facoltà del solido organico ad eser- citare gli atti vitali. Fra le multe opinioni invalse per isquittinare la cagione che rende il solido vivo riproducibile ed eccitabile , si adopera il N. A. ia comporre la dottrina degli atomisti con quella dei di- namisti , ravvisando U causa della vitalità e nella organizzazione, e nell* imponderabile valevole ad ope- rare senza sottoporsi alla legge dei contatti ; impou- Manuale di fisiologia 5 cleraMle stabilito per sostegno di moltissime osserva- zioni nella eletlriciti , di cui è provveduta la male- r..i organica. Ma la forza riproduttiva e la eccita- bilità han bisogno di alcune potenze che le rendo- no operative, richiedendosi per la seconda gli sti- moli o potenze eccitanti, e per la prima quelle det- to nnroducenti. Intorno a che ne piace singolarmente vedere, come il N. A. ritenga l'azione degli slimoli come un'azione dinamica d'indole particolare, espo- nendo diverse con^hietlure plausibili intorno all' oscu- iissimo modo di agire dei medesimi. Perocché dichia- ra egli , che il dare il nome di stimolo a ciò che sostiene la energia vitale h lo stesso che confondere due cose distintissime, quali sono il risvegliare un moto nei tessuti , e l'incorporarsi seco loro : confu- sione che nasce eziandio necessariamente dal prendersi la parola eccitamento per sinonimo di vita , laddo- ve quella parola include il concetto di due cose in- trinsecamente di /erse , come Io sono il moto e la ve- getazione delle fibre. „ Gli stimoli ( egli dice ) , dando moto ai solidi „ vivj, pare modifichino lo stato della materia com- „ ponente i solidi stessi , sembrando che un corpo „ patir non possa cangiamento veruno senza che sia „ in qualche grado o mojo mutata la condizione della „ matena onde risulta. - 2. La modificazione indotta „ dallo stimolo può forse accadere alla composizioua „ chimica, ma più probabilmente nella tessitura, la „ quale risulta dalla distribuzione, dalla forma, dalla „ densità, dalla positura, e dai contatti delle par- „ ticelle e delle fibrille. - 3. Per Jal modo riesce rae- „ nodifficde lo intendere come per l'azione degli stl- „ moli , solidi si comraovano , di quello che am- M mettendo un' addizione o sottrazione di qualche eie- „ nientale principio, dell' ossigeno p. e. E quand' an- 6 Scienze „ che cotesto lavoro chimico avvenisse , parnil dovesse „ seguitarne un rautaniento nelT intima tessitura, sen- „ za di che niun moto organico mi sembra conce-pi- ,, bile.- 4. Diversificando nelle varie partili comples- „ so delle condizioni ora dette ( il che fino a un cer- „ to segno è dalle osservazioni fatto palese ) dee il „ moto vitale eseguirsi sotto diverse forme nei di- „ versi tessuti del corpo. - 5. Il motivo , per lo quale ,, gli stimoli inducono la predetta mutazione nella „ tessitura dei solidi, potrebb' essere l'azione dell' im- ,, ponderabile elettrico , il quale si svolga pel con- „ tatto dello stimolo colla parte viva , dell' energia „ del quale imponderabile fosse necessario effetto la „ commozione delle particelle e delle fibrille. - 6. l^o „ svolgersi della elettricità sembra derivare dalla ete- ,, rogeneita, che sempre passa fra la potenza eccl- ,, tante e la parte eccitata , ed anche dal semplice „ toccamento di cose omogenee. - T. Considerata la ,, maniera di agire della elettricità si potrebbe fare ,, alcuna ragione della rapidità dei moti vitali , noa „ che dell' agire degli stiraoli quantunque non toc- „ chino immediatamente i tessuti , cui muovono. - 8. „ Sebbene sia sentenza di alcuni filosofi , anche i fe- „ noraeni presentati dai corpi inorganici nascere dalla „ virli^i degl' imponderabili , nulladimeno la materia . ,, degli esseri organizzati trovandosi in uno stato par- „ llcolare si risguardo alla sua composizione chimi- „ ca , che alla sua disposizione meccanica , o tes- ,, situra , gì' imponderabili non ponno produrre ia fr-qucsti due ordini di corpi effetti simiglianti. - 9. Per ,, le cose ora dette l'azione degli stimoli sembra do- ,, versi considerare come un' azione dinamica d'indole „ particolare. ,, Intender poi volendo sotto il nome di riprodu- centi tutte le cose necessarie alla vita , die si uni- Manuale di fisiologia T srono e s'incorporano colle parti solide e colle flui- de de^;!! esseri ort;anizzati ^ iaciilGa a buon senno di- sliiiguere questa facoltà dalla eccitante nelT azione (Iella potenza istessa , siccome con vari raziocini ed esempi comprova , fra' quali ultimi ne piace riferir- ne uno di patologico argo mento. ,, Sia una flogosi „ nata dall' azione soverchia del calorico. Ma finat- ,, tantoché e in questo e nel sangue, che nella parte ,, infiammata si arresta, io non considero che un'azione ,, stimolante , potrò bene intendere in essa parte l'au- „ mento dei moti vitali, i fenomeni del turgore va- „ scolare o della angiodcsi , ma non potrò alla slessa „ azione tribuire un etTctto diversissimo dai predct- „ ti , quale si è la formazione del processo flogi- ,, stico , il quale consiste in una mutazione organica ,1 o materiale del tessuto che s'infiamma . E pure ,, quando nel calorico oltre l'azione stimolante io am- „ metta la proprietà di cangiare lo stato chimico e „ meccanico della materia , quando nel sangue oltre ,, 1 azione stimolante ravvisi la facoltà d'incorporarsi „ colle fibre e di modificarne l'organizzazione , se f, non ho un* idea chiara della formazione del pro- f, cesso flogistico (e in qualsivoglia dottrina è forse ,, impossibile di averla ) posso almeno trovare la corri- „ spondenza fra gli effcitti e le cagioni , e ricono- j, scere nelT accresciuto dinamismo ,o eccitamento o «. moto vitale delle parti infiammate una conseguenza ,, dell' aumentata azione stimolante del calorico e del ,t sangue , e nella materiale mutazione della organiz- „ zazione vedere un effetto di un altro e partico- „ lar modo di agire del calorico e del sangue. La „ quale ultima azione io chiamo riproducente, rife- ,, rcndola allo stato naturale ed ordinario del cor- „ pò , parendomi eh' esprima il giro dirò così , e la ,, continua pernnilazione o nuova formazione della ma- 8 Scienze „ teria organica. Io per altro sono il primo a con- ,, fessale , che rispetto alle infiammazioni , e ad al- ,, tri particolari consimili, o quella voce non e al- ,, trettanto proporzionata , oppure non bisogna sepa- ,, rare da essa l'idea di una riproduzione alterata „ e pervertita. ,, Nascendo dunque verosimilmente reccitahllita dalla, organizzione « non può quella cangiarsi senza che in questa non avvenga un mutamento corrispondente ; ne questo può affrettarsi se non dalle cose , le quali s'incorporano colle fibre , e ne modificano la compo- sizione. Dal che trovasi l'A. guidalo a conchiudere, esservi delle cose o potenze necessarie alla vita che operino incorporandosi coi solidi e cogli umori ; non esservi serie distinta di cose valevoli a produr- re questo effetto , poiché esso si ottiene da alcune delle istesse potenze eccitanti , nelle quali perciò h a riconoscersi una doppia azione ; meritar quell' azio- ne il nome di riproduttrice , toslochè vale a resti- tuire al corpo i materiali che perde di continuo. Astra- zion fatta qnindi dal nome , vede il N, A. più age- vole la spiegazione di moltissimi fenomeni spettanti alla pratica medicina. Dai concetti del N. A. fin qui rimarcati fluisce la verosimile difinizione della vita per lo stato dei corpi che reggonsi e durano mercè della ripro- da ione e dell' eccitamento ; poiché siccome l'eccita- bilità e gli stimoli riduconsi in una condizione so- la e prossima della vita , cioè nell' eccitamento , cosi dalla forza riproduttiva e dalle potenze riprodu- centi risulta un' altra condizione sola e prossima del- la vita , vale a dire la riproduzione. Necessarie so- no alla vita queste dae condizioni in onta alle va- rie obiezioni facili a prima giunta a promuoversi , e che il N. A. vittoriosamente respinge. Costante é il Manuale di fisiologia 9 lavoro della riproduzione , ed estendesi nelle regioni del corpo al pari dell' eccitamento , sebbene sia quc- st' ultimo in molte parti soggetto a naturali e lun- ghe interruzioni. Dipende l'uno dall' altra scambievol- mente, e possono l'una e l'altro a vicenda mutarsi: le quali cose fiancheggiano le attenenze fra la riprodu- zione e l'eccilameato , siccora' emerge dalle dilucida- zioni , che di tali massime il N. A. ci offre. Dal che potranno i sapienti liberi e sciolti dall' amor di par- te giiulicare , se le cose tutte superiormente discorse contribuir possano a moderare ed a comporre la con- tesa con tanto studio ,, agitata per l'una parte da co- ,, loro, che in niun conto tenuto il dinamismo , tutto ,, concedono al misto organico, e per l'altra da quel- „ li i quali sopra il dinamismo fondano il cardine „ unico del loro sistema. ,, Rivolge quindi il N, A. le sue mire ai contro- stiraoli , e spargendo dubbi con buon senno intorno la verità dei confrostimoli fisiologici , riflette alla in- verisimiglianza dello stato normale dell* economia ani- male , che nei suoi ordinari negozi abbisogni di co- se, le quali applicate al solido vivo non ne risve- gliano la eccitabilità , ossia non ne procacciano il moto. Cresce anzi la difficolta , ove nella idea dello stimolo comunemente ricevuta considerar vogliasi co- me stimolo ciò che sostiene la energia vitale ; nella quale ipotesi dovrebbesi attendere dal controstiraolo che non solo , non generi movimento , ma che si oppon- ga par anche alla riproduzione , o la impedisca. E se è vero , che il controstiraolo in senso terapeutico fa scadere l'energia vitale dal grado in cui ella si trova ; non è applicabile allo stato normale del cor- po il controstimolo così inteso , il quale presuppone uno stato patologico , o una condizione che durante li sanità non vi è, noti vi deve , ne vi può essere. 10 Scienze Giusìi'>sime ridessioui ; come tali Sono pur quelle , che risguarclano i cosi detti deprimenti negativi; per azione (loi quali si vorrebbe che le potenze natural- mente c^ ordinariamente operanti nella vita destina- te fossero ad illanguidire l'energia vitale sottraendo al corpo porzione della materia. In mezzo alle discordi massime dagli scrittori pubblicate sulla vita del sangue , al quale come prin- cipilissirao degli umori il N. A. ristringe il suo di- scorso , ritenendo egli da due condizioni rÌ9ultar pros- simamente la vita , siccome più sopra è detto , dalf eccitamento cioè e dalla riproduzione , avvisa egli con rigore scientifico , che non il primo , ma l'allra deb- be co'i^iderarsi nel sangue. Non è , ne può essere Tec- citamento nel sangue mancante di organizzazione , at- teso il suo liquido slato ; ma la seconda non si può affatto escludere dal saiìgue , il quale fa sempre per- dita della propria materia a motivo delle operazioni istesse del corpo (di cui forma parte), e sempre ne fa nuovi acquisti per conservarsi nella crasi o compo- sizione necessaria a sostenere la vita. Sarebbe quin- di a dedurne , che il sangue ne privo è del tutto di vita , ne gode di una vita eguale a quella dei tes- suti ; lo che equivale alla affermazione , che il san- gue vive una vita per cosi dire piiì semplice , un pri- mo grado o modo di vita , la quale poi diviene com- piuta , intera e perfetta, quando, patiti i dovuti can- giamenti , si trasforma in solido organizzato. Dopo l'esame della vita generale imprende il N. A, a trattare degli atti vitali spettanti ai tessuti cosi detti di media composizione , e nomali ancor sistemi, per quindi discendere alle varie e particolari funzioni eseguite dagli organi. Il sistema nervoso è quello che ha pili dirette e più immediate attenenze colla vita ; in esso considera in sulle prime la dislrib'izioac , la « Manuale di fisiologia U tessitura e la composizioQe chimica delle partì che lo formano; la riproduzione sua ed il suo eccitamento; gli altri atti vitali che per esso vengono eseguiti; ed in fine le attenenze sue coi tre altri sistemi , vasco- lare cioè , muscolare , e celluioso. Somma erudizio- ne veggiarao spiegata nel rendersi conto degl' immensi lavori ed esperienze intorno alla struttura e facoltà del sistema nervoso , ed alle opinioni dei vari scrit- tori su tutte le cose che lo risguardano. Malgrado però di tanti eseguiti lavori siamo pur nel bujo sulla co- noscenza di vari arcani , ne siamo assistiti per modo da conoscere i centri di azione del sistema nervoso. Sembra però molto verosimile al prof. Medici , che debba questo centro di azione venir collocato la dove le parti principali di esso congiungonsi, la dove han- no origine o almeno cominciano ad esser diffusibili le impressioni eccitatrici dei moti volontari , ed ove si uniscono quelle per le quali s'ingenera il senso generico ; cioè nella midolla allungata , la quale aggiu- gae in qualche modo materia alla formazione del cer- velletto e del cervello , ed alla quale si uniscono tutt' i nervi detti cerebrali, ad eccezione degli olfattori, e eoa la quale finalmente trovasi in diretta comu- nicazione la midolla spinale con tutti i nervi che vi appartengono. L'ottavo pajo ed il gran nervo simpatico co- stituiscono pur essi altri centri di azione spettanti ai nervi operativi sopra gli organi interni del corpo. Nien- te pago bensì il N. A. delle esperienze e delle con- chiusioni di Legai lois e di Flourens sul cessare della respirazione e della vita pel taglio o distruzione del luogo della midolla allungata che comprende l'origine o le radici dei nervi dell' ottavo paio ( di che avrà luogo in appresso tener parola ) , dissente dal parer di coloro^ che opinano esser tanti i centri di azio- 12 S e I K rf 2 E ne dell' Intercostale , quanti sono i suoi gangli , ap- poggiandosi non solo alle proprie osservazioni , ma a quelle ancora di Dnpuytren , Magendie , Milne , Edwards , e Vavassenr . Ritiene perciò non potersi ammettere altro centro di azione che in quei nervi , i quali agiscono operando una trasmissione o una ir- radiazione d'impressioni, quali sono (per quanto fi- nora conosciamo ) quelli che servono al senso e al moto volontario , non che quelli dell' ottavo pajo ope- ranti massimamente negli organi respiratori ; e che per le osservazioni le piiì conformi il centro di tutti questi esiste , o almeno comincia a manifestarsi nella midolla allungata , mentre rispetto al gran nervo sim- patico ogni ramo di esso provvede a se medesimo , ed alle parti colle quali è in attenenze independen- temente dal resto di quel nervo. Le condizioni dell' attitudine dei nervi a trasmet- tere le impressioni possono ridursi al come ed al per- chè i nervi operino la trasmissione alle ricevute im- pressioni. Quantunque non sia ben verificato il moto di contrazione delle fibre uervee , pure , risguardan- dolo come probabile , rimarrebbe a conoscersi , se nasca esso dalla semplice loro organizzazione « dalla chimica loro composizione e tessitura cioè , ovvero vi concorra pur anco l'opera 6rsi a distinguere nel la- voro delle secrezioni quelle per le quali le materie uscite dai vasi divengono parti integrali dei tessuti e quelle mercè delle quali le materie separate con' corrono alla composizione degli umori animali ; werst a ritenere le secrezioni non come semplici estrazioni di principii, dal sangue , uè come semplici elaliora- zioni dei principii di tpiello, ma sibbene risultare dall' una e dall'altra operazione : e mentre ignorasi il mo- do, con cui i vasi secernenti si prestano a questi lavori, dimostra poi l'esperieqza che l'opera dei ner- vi potentemente vi concorre , e vale ad alterarli nella quantità e qualità. Progredendo poi all'esame fisiologico del sistema muscolare, tien discorso di questo con le dottrine dei pm sapienti fisiologi, e pur con quelle dei più re- centi , co.ne di Bauer , di Edwards , di Prevost , di Dumas, di Dutrochet; tien discorso della tessitura, composizione chimica e riproduzione delle sue fibre - varia delie investigazioni fatte per ispiegare i kiiò- 14 Scienze meoi dei mutamenti esterni dei muscoli mentre si muo- vono ; discorre della meccanica dei moti muscolaVi , e divisione loro in volontari ed involontari ; riferisce il generarsi dei primi dagli organi cerebrali , dalla midolla spinale unitamente agli apparecchi nervosi che pongono comunicazione fra la spina ed il sistema mu- scolare, e da ultimo dai muscoli; ritiene d'altron- de, che la indipendenza dei moti organici colla vo- lontà o non è spiegabile , o nelle osservazioni del Watzer può trovare qualche modo di spiegazione. IMa nulla significherebbero la primitiva o imperante azio- ne degli organi cerebrali , e la conduttrice della mi- dolla e dei nervi , quando non vi fosse nel muscolo una facoltà o forza , per la quale si risentisse all' azione pervenutagli. Questa forza altro non è che la irritabilità, ossia la eccitabilità propria del sistema mu- scolare ; e di essa ragionando il N. A. è di avviso , che possono i nervi satisfare all' uffizio dei movimenti delle fibre muscolari o incorporandosi i fili nervei colla fibrina delle fibre carnee , modificandone alquanto il composto , o comunicando ( lo che stima egli più verosimile ) i filamenti nervosi alle fibre carnee la elettricità , ovvero in entrambi i modi. Segue da ultimo , e con questo si chiude la se- conda sezione , l'esame fisiologico del sistema cellu- ioso , sistema formato si dalla cellulare che per tale si otFre , come dall' altra , che , patite alcune estrin- seche modificazioni , dà origine ai tendini, alle apò- nevrosi, alle capsule, ai ligamenti, alle cartilagini , a certe parti delle ossa. E qui non possiamo dispensarci dal riferire i dìvisamenti del valente prof. Medici in- torno alla ossificazione. ,, A me pare verosìmile , egli „ dice , che dopo la fecondazione una porzione della ,, materia globulare dell' ovo cominci a modificarsi , „ e ad acquistare insensibilmente alcuni caratteri del Manuale di fisiologia 15 „ tessuto osseo » e che col trapassare del tempo le „ ossa acquistino a poco a poco tutte le qualità che „ possef»goiio quando sono compiute e perfette. Con- „ ciossiachè da esperienze da me fatte risulta, che „ l'orcfanizzazione delle ossa nei primi tempi della vita „ è diversa nelle ossa degli animali cresciuti ed adul- „ ti. Le prime sono in ogni loro parte formate da ,, un semplice tessuto celluioso , o reticolato • tale „ seconde hanno questa tessitura soltanto nelle tu- „ berosita o estremità e nel cavo midollare, mentre „ le pareti risultano da lamine fibrose le une alle ., altre soprapposte, più facilmente ottenibili dalle ,, ossa dei bruti che da quelle dell' uomo. L'ossifi- „ cagione per altro uon consiste unicamente nelle sud- „ dette organiche modificazioni del tessuto primordia- „ le. Vi concorre eziandio un' altra operazione , per „ la quale l'osseo tessuto riceve la sua durezza. Ope- „ razione che consiste in una secrezione operata dalle „ estremità secernenti , che . penetrano le ossa, per „ la quale si forma la terra animale. „ La eccita- bilità propria della cellulare è la espansilita vitale, ossia l'attitudine a gonfiarsi o a inturgidire per l'azio- ne degli stimoli; l'eccitamento è costituito da^li stessi turgori j punto di dottrina egregiamente trattata da Hebenstreit. Ritiene bensì il N. A. , che il tessuto celluioso sia lo stesso che il tessuto da molti fisio- logi moderni chiamato erettile, e la espansllik sia la medesima cosa che la erettilita , non sapendo vedere nel corpo animale un tessuto erettile diverso dal cel* luloso , siccome alcuni scrittori vengono affermando. Delle funzioni appartenenti alla propagazione della specie imprende il N. A. l'esame nella terza sezione per quinci discendere a ragionare delle funzioni della vita organica , e da ultimo di quelle dette della vita animale , che tutte formano il subietto della sua fisio- 16 S e I E N 7, K logia particolare. Rilevar ne piace intorno alle pri- me , che parlando il prof. Medici dei morali feno- meni della pubertà muliebre non teme offendere il vero asserendo , che negli studi gravi e difficili , i quali richieggono lunghe e profonde meditazioni , le intellettuali facoltà della donna non pervengono ge- neralmente alla eccellenza , di cui h capace la mente dell'uomo, il quale si lascia vincere da quella in cose meno ardue ed astruse, in prontezza e vivaci- tà di concetti , ma non in prove di maturi e pru- denti cousigli. E' da incolparne la soverchia sensi- bilità del suo sistema nervoso , che non permette si prestino abbastanza gli organi dei sensi ed il cervello perchè l'anima s'intertenga lungamente nello studio del- le cose e per ogni lato le consideri. Conobbero fra gli antichi Ippocrate , Platone , Elmonzio , e Mori- ceau , cui tennero dietro molti altri , il dominio gran- de dell' utero nel modificare lo stato del corpo della donna. Posero alcuni recentemente la causa fisica della particolarità dell'ingegno della donna negli stessi organi cerebrali , nel minore sviluppo cioè delle parti del cervello situate nella regione antero-superiore della fronte, e considerate come i maleri; li strumenti delle piiì alte e nobili facoltà dell' anima. E' d'avviso per altro il N. A. , che questa dilFerenza idiopatica unir si può coir altra risguardante l'azione dell' utero e da dirsi simpatica , ma che sempre se ne deve rifon- dere nella primitiva organizzazione muliebre la prima causa , non trovando egli fondamento di ragioni per attribuire , siccome alcuni estimano , la inferiorità in- tellettuale della donna alla sola educazione. Fra le ipotesi risguardate più acconcie a render- ci qualche ragione della misteriosa opera della ge- nerazione , il prof. Medici trova più verisimile la epi- genesi : e ritiene , che quella forza detta dal Wolff es- Manuale di nsioLotUA IT senziale , e da Blumenbacli nisiis formatmis , o forza di formazione, sia ragionevolissimo sopra le altre idee avvisarla con Bluraembacli e Frokaska per quella for- za istessa , per la quale si operano la nutrizione e la riproduzione delle parti recise. Parlando dei mu- tamenti principali del feto appena nato , troviamo , che il N. A. agli esperimenti dai tanti autori isti- tuiti a rischiaramento della docimasia polmonare aj»- giugne alcuno dei nroprj : dond' è tratto ad affer- mare in un certo modo , che i feti appena nati co- minciano a vivere come gli adulti , ma che fino ad un certo tempo possono tornare a vivere come feti , per rimettersi poscia interamente e stabilmente nella vita propria degli animali adulti. Che vai quanto di- re ; che le mutazioni , le quali nei feti venuti a luce accadono nel circolo del sangue, non debbono credersi istantanee siccom' erasi da alcuni immaginato , ma ri- chiedere esse bensì un certo spazio di tempo ond' esser compiute : risultando dalle osservazioni , che i feti nati e che hanno incominciato a respirare pro- sieguono a vivere, quantunque sia loro impedito per un certo tempo il respiro. Lo che sembra indicare , continuarsi , anche dopo alcun tempo che si è re- spirato , il circolo del sangue al modo in cui si ese- guiva nel feto racchiuso nell' utero ; essendo per ve- rità quasi impossibile lo intendere come tutto ad un tratto si chiuda il forame ovale , e convertansi to- sto in legamento il dotto venoso e l'arterioso, e le ar- terie orabellicali. Inerendo il N. A. alla dottrina della epigene- si , trova in questa minori difficolta per la spiegazio- ne dei mostri ; e non volendo negare che possano i germi o i feti in qualche guisa alterarsi , intende me- glio con la teoria abbracciala come si alteri la co- sfiuiioìie in un corpo , che a j)0C0 a poco si viene G.A.T.LXlii. 2 ir<, ^ e ì a V i u furraaiido , di quello clie in uno già foniuilo e coih- iMislo e modellato secondo un dctermioalo lipo. Che anzi soggiugne , che nello stesso modo , con cui il niso formativo , ove l'opera della generazione a do- vere proceda , forma e dispone regolarmente le parli del corpo , nel medesimo quella forza irregolarmente operando altera la conformazione e la disposizione delle parti che si vengono componendo. Che vai quan- to a dire , che per una vegetazione abnorme , o aber- razione del niso formativo , le mostruosità non nascono perchè si disfaccia , o si alteri il già fatto , ma per- chè l'alterazione succede uello stesso tempo che la formazione. E' pienissimo di oscurità l'investigamento della cagion prossima di cotest' aberrazione del niso formativo.,, Nulladiraeno poiché è simile al vero, che „ la formazione delle parli del corpo, non che la loro „ conservazione, sia un effetto immediato della secre- „ zione nutritiva operala dalle arteriose estremila , co- „ s\ tiene del ragionevole che le alterazioni mostruose ,, derivino da corrispondenti alterazioni delle arterie , „ e che dirigendosi p. e. ad una parte o un' arteria ,, più grossa, o un numero di rami arteriosi maggioro „ di quello che lo stato ordinario e naturale compor- „ ta , nascano mostruosità per eccesso , e che condi- ,, zioni organiche opposte procaccino i mostri per di- „ fello. Principio fisiologico plausibilissimo , sopra il „ quale il Serres ha fondato una nuova teoria analo- „ mica intorno i mostri: principio, per altro, mol- „ to innanzi stabilito dal WjHF. Mi le arterie, sic- „ come parti del corpo , sono esse medesime elFctti „ del niso formativo. Quali adunque sono le cause delle ,, soprammentovate aberrazioni o deviazioni dei rami „ arteriosi ? Afferma il Geoffroy S. Hilaire , che in „ tutt' i mostri da lui osservali ha veduto certe ndc- ,, rtMize, o briglie fra la placenta e il corpo del feto, ' Mahualk di fisiologia 19 „ e pretende eh' elleno nei punti del feto , ai quali ,, sono attaccate, ne mutino Torganizzazione per modo „ da alterar la conformazione del feto istesso . Ma „ questa dottrina non pare finora abbastanza convali- „ data dalla esperienza. ,, Ov' è a rimarcarsi la mo- destia del N. A. nel non spingere più oltre le sue affermazioni , conchiudendo che ciò è bastevole a far conoscere , che la natura pose un non so che di grande e d'incomprensibile anche nei suoi errori , se pure errori della natura si possono chiamare i mostri. Nella sezione delle funzioni della vita organica rimarchiamo , che il N. A. tratta con molla lode tultociò che risguarda la digestione cibaria , e le azioni meccanica , chimica e vitale che vi si richieggono ; liferisce con brevità , ma con accuratezza , le varie opinioni de' fisiologi , e gli sperimenti a tal uopo istituiti , senza omettere pur quello del Wilson ; ri- tiene , che nello stomaco i cibi patiscono intrinseci mutamenti , ma che tuttavia ignoriamo la serie dei permutamenti chimici che vi avvengono. Consente do- versi ammettere in generale , che i nervi prendono parte alle funzioni degli organi , ai quali apparten- gono ; ma è di avviso , che l'esperimento del Wil- son sarebbe stalo più conchiudente , se si fosse isti- tuita un' analisi comparativa fra il chilo ottenuto dal primo coniglio lasciato a se , e quello del terzo gal- vanizzato, per credere con fondamento, che l'elettricità sia quella che rende operativi i nervi per la dige- stione. Da che può sorgere il dubbio , che nel co- niglio galvanizzato abbia il cibo patito uno scompo- nimento qualunque nel sugo gastrico, seuza che ne sia risultato un chimo reale e genuino. Tenendo discorso della chilificazione, si trattiene con molto senno a dif scuiere le dottrine del Magendie, e di altri che l'opi- nione di questo sapiente favoreggiarono, intorno al vo- 2* 20 S e 1 K « % E mito per cscluclerntì Tazioiie dello stomaco , e triftuir- ne l'oiJera o al diaframma , o ai muscoli addominali. E mentre tiene in .«ommo pregio i talenti loro , gli esperimenti , e la sagacia , dissente dal riconoscere per concludenti le sperienze dei medesimi : avvisan- do in vece che il negare allo stomaco bene orga- nizzalo la facoltà di agire , perchè , ov' egli manchi o sia vizialo , compiasi nulladimeuo l'azione , sem- braffli non convenir di afferrairlo ne di crederlo. La natura infatti affida sovente a piià ingegni l'esecuzio- ne di un' opera , e sovviene o alla mancanza o alla imperfezione dell' uno con accrescere il valore degli altri. L'anione del diaframma e dei muscoli addomi- nali si associa a quella dello stomaco , e per tal mo- do dohbiam credere , che negli esperimenti di Ma- gendie non uno ma due fossero gli operatori del vo- mito. Nel quale avviso si conforta nel riflettere , che lo storaico è fornito di lUf^nibrana raus< o'are ; che^ secondo le osservazioni di Wepfer e di Haller, è di- mo'itrato seguire il vomito, quaiulo le contrazioni dello stomaco si dirigono con certa forza verso il cardias , e passare le materie agi' intestini , quando le con- trazioni teiij;o.io una direzione opposta ; che dalle espe- rienze di Portai risulla accadere il vomito, aperto il bassoventre e lafiliati a traverso i muscoli retti e l'aponevrosi degli obliqui e dei trasversi , come an^ che rimontare all' esofago le materie del solo tempo della espirazione, quando cioè il diaframma è di- scosto dallo stomaco e si alza verso il torace ; che l'esperienze più recenti del Maingault tolgono ogni dubbietà ottenersi il vomito non solo dopo il taglio dei nervi frenici , ma eziandio dopo distrutte le ali del diaframma e tagliati trasversalmente i muscoli ad- dominali. Senza però aver mira di sostenersi , sic- Ounie per queste ultime icslimouianze risulterebbe , Manuale di FKiot.onii 2|l operarsi il vomito per l'azione del solo «toraaco , ri- tiene il N. A. operarsi in concorrenza dei muscoli addominali e del diaframma : nella qual opinione en- trarono già un Haller ed un Portai. Dietro le varie sperienze e pareri dei più accre- ditati fisiologi consente , che il sangue dell' arteria epatica somministri qnalclic cosa necessaria alla se- crezione della bile, cui sembra cooperare. Se non che riflette oiustamente , che rimane pure a conoscer- si , se la bile che continua a separarsi dopo l'allac- ciatura dell' arteria epatica somigli e per la quanti- la e per la indole a quella che formasi ove non ab- bia luogo cotesta operazione , non conoscendo che gli esperimentalori sieno stali solleciti di silfalte ri- cerche , e conghietturando che fra l'uria e l'altra bile sotto le predette circostanze esister debba qualche dif- ferenza. Sul conto poi dei pensamenti dei fisiologi in- torno alle altre funzioni attribuite al fegato oltre alla secrezione della bile , come deflogisticazione del san- gue , perfezionamento del chilo, ematosi , assorbi- mento di porzione delle bevande afiìn d'iraperadirne una irruzione , per cosi dire , nel sangue , conchìu- de non essersi finqui dimostrato operarsi nel fegato altra funzione oltre la secrezione della bile. Medi- tando poi i vari pareri dei fisiologi intorno all' uso della milza, e ponendo mente alle molte comunica- zioni che hanno i vasi della medesima con quelli dello stomaco , del duodeno , del pancreas , e del fegato , sembragli avere un certo grado di probabilità l'opi- nione di coloro che ritengonla , per cosi dire , il re- golatore nel sangue nei visceri chilopoietici. O som- ministrandolo a questi organi in maggior copia ogni volta che ne abbisognai^ , qualmente accade nella digestione e nella chilificazione : nei quali tempi vi e mestieri di maggior quantità e di sughi gastrici , 22 S e I Z i\ K E e di I)ile , e di liquore pancreatico. O togliendone alla opportunità per impedire ingorghi o altro nocu- mento, come sembra p. e. che avvenir potrebbe in un violento corso , e in lungo e smodato riso ; ed è al- lora che ricevendone entro se, ed enfiandosi , si ri- sente alquanto di dolore all' ippocondrio sinistro. Le irrefragabili dimostrazioni del circolo del san- gue precedono in compendio alla breve , ma bensì accurata descrizione di esso : e dopo aver quindi di- scorso dell' azione cooperatrice de' vasi per la circo- lazione medesima , s' inlertiene a favellare dell'azione del sistema nervoso nel moto del cuore , e nel cir- colo istesso del sangue. Rinnovellasi al presente in fisioldtgla la bella e grave quistione già dagli antichi trattata : se cioè al moto del cuore ed al circolo del sangue sia necessaria l'azione del sistema nervoso , o se il movimento del primo ed il circolar del secondo avvenga senza bisogno della estrinseca cooperazione de' nervi. Aggiravansi sempre i fisiologi fra le mede- sime perplessità , quando il Legallois con esperienze nuove , ingegnose e sorprendenti , parve li assicurasse , insegnando loro , che sì negli animali a sangue cal- do, come in quelli a sangue freddo il cuore trae il principio del suo molo dalla midolla spinale. Ma po- co dopo il Wilson , ripetuti e variati gli esperimenti del fisiologo francese , publicò che per quanto dis- truggesse la midolla spinale , non avea mai veduto cessare il moto del cuore , ed il circolo del sangue. Dalla quale opposizione di risultamenti maravigliato il N. A. , e voglioso pure di possibilmente chiarirsi del vero , intraprese coli' assistenza di alcuni suoi dotti colleghi ed amici varie sperienze , le quali sostan- zialmente tennero di accordo con quelle dello scrittore inglese. Simili risultanze si ottennero quindi con nuovi cimenti da altri , restando così evidente non potersi Manuale di fisiolocia Uà entrare nella setitetiza di Legallois , e credere seco Ini, che la se.le del principio vitale necessario al moto del cuore ed al circolo del sangue sia stato dalla na» tura collocato nella midolla spinale. Conconono a fiaiiclioggiare l'asserto due osservazioni di gravissimo nioraiiiito, una delle quali si è l'organogenesi , e l'altra che ne' feti sprovveduti di midulla spinale , e forniti di cuore , la nutrizione di essi e l'accrescimento loro aiiiuinzia avere avuto eifetto nei medesimi la circo- lazione del sangue. Dalle osservazioni pur sostenuto il N. A. esclude ancora la necessità diretta del cervello e dei gangli nervosi : da che nei feti interamente ace- fali, e benissimo conformati in tutte le altre parti del corpo loro , il moto del cuore ed il circolo del san- gue non presuppongono necessaria l'azione cerebrale. E per risguai'do ai gangli nervosi , alle operazioni fatte nelle sue proprie sperienze aggiugne menzione delle ricerche eseguile dal Dupuytren , dal Magendic , dal Milne , dall' Edwards , e dal Vavasseur , per le quali è dimostrato essersi veduti i battiti del cuore regolarmente procedere in onta della recisione o della estirpazione dei gangli cervicali e del primo toracico. Esclusa per tal modo la diretta azione cerebrale della spinai midolla e dei gangli , tribuisce il prof. Medici il movimento del cuore e la circolazione ai nervi car- diaci , i quali somministrano alle fibre carnee del cuore gli argomenti che le rendono irritabili. Ven- gono COSI tolte con tal dottrina dal valente N. A, tutte le difficolta che alle altre opinioni fortemente si oppongono. ,, Imperocché ammettendo la sede dell* „ azione nervea necessaria al cuore nei nervi stessi „ cardiaci , intendiamo dall' una parte perchè abbia „ luogo la circolazione del sangue nei feti acefali , „ negli animali decapitati, in quelli che nascono sprov- „ veduti di midolla spinale , e in quelli essa fu ar- 24 Scienze „ ficialraente distrutta , e perchè il cuore cotitinui per ,, certo spazio a palpitare strappato dal petto: e dall' ,, altra comprendiarao perchè il cuore abbia nervi , ed ,, esperimenti gli effetti delle passioni. Dottrina per ,, altro, che noi esponiamo soltanto come probabile, ,, dichiaran do , che se è molto diffìcile pei moralisti ,, e per gli uomini di stato il conoscere l' indole del ,, cuore umano , e spiarne le inclinazioni e invesfi- ,, game i segreti , è cosa allresi molto malagevole pei ,; fisiologi lo additare tutte le cagioni fisiche , per le ,, quali il cuore si muova , ed il sangue circola en- ,, tro il nos tro corpo ". Nella funzione della respirazione vengono dall' A. esaminati dapprima i fenomeni meccanici, indi i chi- mici, e da ultimo i fenomeni vitali o dinamici di essa con alcune relative considerazioni fisiologiche. Intorno al quale argomento ci ristringeremo a dire, che poneu- do attenzione alle cose ivi con buou senno discorse , non vi è solidità di fondamento per rassomigliare al- la combustione il fenomeno della respirazione. Ed in vero, se si vogliono considerare tutt' i fatti , di che è oggi arricchita la fisiologia , non è die apparente l'ana- )ogia fra quelle due operazioni. ^Selle combustioni in f;itli l'ossigeno consumato carabinasi col carbonio e coli' idrogene del combustibile, formando cosi gas acido car- bonico ed acqua. Xella respirazione all' opposto l'ossi- gene s' identifica per cosi dire col sangue , il gas aci- da carbonico è un effetto di uno speciale processo ope- rato nei vasi sanguiferi , e viene separato dal saague islesso indipendentemente dall'ossigeno inspirato, e l'umo- re acqueo non è che un semplice svaporamento di una materia sierosa. Al quale uftizio della respirazione in mezzo alle varie e discordi dottrine emesse dai fisio- logi , il N. A. è di parere , che non possa negarsi ai nervi una dirotta ed immediata azione nei fenomeni MaNUALK di FISrOLOGIA 25 chimici della medesima. Non è poi qui a dimenti- carsi fra i menzionali fenomeni chimici quello del mutamento di colore del sangue venoso in arterioso-, di cui per render ragione ricorre V A. alla ossige- nazione del sangue. Crede egli probabile , che „ utia „ porzione dell' ossigeno inspirato si combini colla raa- „ teria colorante del sangue venoso ( e dico una por- „ zione , perchè V altra può fissarsi sopra il chilo ) „ e la modifichi riducendola allo stato , in che Iro- „ vasi nel sangue arterioso , e che o consumandosi „ quell'ossigeno, o permutandosi comunque la suddeUa „ materia nel processo di assimilazione operato dal „ sangue arterioso , ritorni la mate ria colorante allo ,, stato in cui era prima di esperimentare l'azione ,, dell' ossigeno nel polmone". Entrando nel campo delle teorie immaginate per la spiegazione del calore animale , sembra al N. A. piti consentaneo allo slato attuale delle nostre cogni- zioni il ritenere, che ne* fenomeni chimici del respiro, non meno che in quelli che accadono nella cute , nel tubo alimentare , negli organi separatori e in luti' i punti del corpo vivo i principii , i quali di continuo tendono a comporsi e scomporsi , abbiano la propria elettricità in uno slato libero ed opposto , vale a dire di negativa e di positiva : che nell'atto del componi* mento o scomponimento coleste due elettricità si neu- tralizzano : e che questo neulralizzamento porli di ne- cessita la manifestazione del calore. Della qual genesi è l'azione dei nervi la principale regolatrice ; con che però venga l'energia vitale sostenuta al debito grado , nel qual caso il calore animale regge anche a fronte di una esterna freddissima temperatura , tranne il caso di una rapidissima ed eccessivamente smisurata sottra- zione del calorico , che superi l'attivila dei mezzi di compensazione posseduti dalla vita. 2(5 S e I E K z E io tenebre foltissime ed impenetrabili avviluppala dichiarasi giustamente dal N- A. la operazione della emalosi o sanguificazione ; ma pur veggiamo die ne discorre c6n molta dottrina da suo pari. Non v' ha dubbio , essere nel chilo un principio o una parte , che per l'azione dell' aria si muta tingendosi in rosso , e che l'aria penetrando il corpo vivo contribuisce al mutamento. Da che , sebbene il sangue si presenti di color rosso in tutta la sua massa , pur di quel colore non è fornito il siero , ne la fibrina , ne la materia crassa, ma soltanto l'emocroina. Or se la massa chi- losa è quella che si converte nella massa sanguigna , è giusto il pensare , che nel chilo esista un princi- pio , il quale corrisponda alla emocroina , un prin- cipio cioè, il quale mercè dell'azione dell'aria divenga la materia colorante del sangue. Provenendo dunque dall' aria il mutamento del chilo . pare che l'aria ese- guisca tale operazione nei polmoni entrandovi ])cr mezzo della inspirazione; e risultando pur dalle os- servazioni che l'aria entra ancor per la cute , sembra che l'aria operi similmente nei vasi cutanei. Mostrando altresì l'esperienza , che il solo ossigeno tinge in rosso il coagulo della linfa , il quale a quello del chilo co- tanto rassomiglia , sembra lecito affermare , che l'aria compia questo uffizio mercè del suo ossigeno , quan- tunque manchiamo di asserzioni dirette e positive per sostenerlo. Viene in tal modo a darsi qualche pro- babilità alla opinione , che il chilo convertasi in san- gue nella generalità dei vasi sanguiferi. Merita poi di esser qui conosciuto il pensamen- to del N. A. sul proposito della indole snnguificabile di altre sostanze introdotte dai vasi , e della ultima loro risultanza ; che opportuno giudichiamo di originalmente trascrivere. ,^ Oltre il chilo poi e sai.- „ guificabile la linfa : lo sono 1' adipe , e 1' umore Manualk di fisiologia 27 ,, albuminoso esistente nella cellulare , e ie particelle „ integrali dei tessuti ove sieno assorbite. In soniraa „ è sanguificabile tutto ciò , che può acquistare un' „ indole conforme al chilo. Nelle quali sanguifica- „ zioni può il corpo avere un certo compenso alla ,, mancanza degli alimenti. Ma alla durata della vita „ la sola materia del corpo vivo non basta. Vuoisi un „ addizione di materia nuova : e questa è soramini- „ strata dal cibo. Tutte le altre sostanze , com.echè „ introdotte nei vasi , e circolanti col sangue , non ,, ponno essere sanguifìcate : e per necessita nasce una „ di queste due cose : o che rimangonsi per un tera- „ pò indeterminato miste col sangue togliendogli della „ sua perfezione , o che dopo certo spazio da quello „ separansì , e depongonsi in qualche parte del corpo. ,, Nel primo caso nascono le cos'i dette discrasie del „ sangue, a grave torto da alcuni sempre negale , e ,, da altri a grave torto vedute in tutte le malattie. „ E dal secondo pare a me scaturisca la spiegazione „ dei singolari fenomeni patologici conosciuti sotto il „ nome di metastasi. L'esperienza alle volte dimostra , „ che un umore esistente in un dato luogo scompare , „ facendo mostra di se in un altro. Il che interviene „ perchè l'umore è assorbito , e trasportato nei vasi „ saguiferi ; e non essendo mutabile in sangne, si ag- ,, gira insieme con questo , finche le propagini de' „ vasi esteriori non gli dieno uscita. So che le raeta- ,, stasi umorali vengono da alcuni negate : so che vo- „ glionsi tutte effetti della diffusione del processo ,, morbifero dei tessuti. Ma siccome convengo circa „ queste ultime , così escludere non saprei le prime , „ SI perchè sono nel corpo tutte le condizioni favo- li reggianti l'assorbimento e il trasporto di un umo- ,} re , tanto piiì che alle volte si è riconosciuta l'iden- „ tita dell'umore trasportato, si perchè non sempre 28 Scienze „ dannosi prove , che l'umore siasi formalo nel luogo „ ove si manifesla ". I^er tal modo veggiarao la savia mira che il N. A. ha avuto di rettilicare le cognizio- ni 1 elle possediamo sul proposito , emettendo i suoi pensamenti , che meritano di essere apprezzati. Appartengono alle funzioni della vita animale , che formano la terza ed ultima sezione , i sensi esterni, i cos'i detti sensi interni , le facoltà intellettuali , i moti volontarj , ed il sonno. Il N. A. ritien per fer- mo , che la sola mutazione avvenuta nei nervi dei sen~ sorj passi alla sede della intelligenza ; e che le diffe- renze fra gli organi dei sensi sembrino riconoscere una specifica sensibilità di ogni organo sensorio. Da che se e indubitato , the i vasi , gli strati celluiosi, le membrane non hanno la proprietà di ricevere le im- pressioni eccitatrici delle sensazioni , e se questa pro- prietà ai soli nervi appartiene , altro che nelle modi- ficazioni della sostanza nervea stessa si può rinvenire il motivo della varia indole e delle varie particola- rità di quella forza. Come avvengano le sensazioni tutte , è un mistero ; e soltanto dir possiamo per l'azione delle cose esteriori, i nervi p. e. cutanei , nella sensazione del tatto ricevere particolari impressioni , trasferirsi elleno per mezzo dei nervi al cervello , na- scere in questo impressioni uguali , e l'anima accor- gersene , ossia sperimentare certe modificazioni che noi chiaminmo sensazioni. Troppo lungo sarebbe il per- correre i titoli tutti in questa sezione compresi , ma per non tutto omettere diremo le più rilevanti cose : e primieramente rammentiamo , che se l'organo del tatto , a modo di esempio , è capace fino ad un certo segno di compensare ia perdita dell' organo visivo , intende il N. A. , che la educazione abbia gran parte nella istruzione dei ciechi. E qui a cagion di onore faremo con esso lui ricordanza di un Giambattista Pu- Ma Ni; ALE DI llilO ,0GIA 20 ingeon t ìi quale, avvegnaché cieco nalo , l- dive- nulo COSI dotto da meiii.are di essere prochunalo [nih- blico professore di inalematiche. E tuttociò mediante l'uso del tatto , usando cioè lettere , numeri , note musicali , carte geof^raficlie , figure geometriche , lutto in rilievo , e ponendo così in attenenze colle mani eli oggetti , dei quali sogliono acquistar cognizione per mezzo degli occhi. Tali avvantaggi per altro bellis- simi e grandissimi intende il prof. Medici non conse- guirsi , perchè il tatto sia nelT uomo più squisito e più fino che negli animali , ma perchè l'uomo e per la superiorità delle sue intellettuali facoltà , e per la parfezione dei suoi organi cerebrali , converte dirò così !<• sensazioni e le perfezioni acquistate per mezzo del tatto , non meno che per mezzo degli altri sensi , ad opere più nobili e sublìmi , corrispondenti all' eccel- lenza della sua natura. Fermalo , che la impressione fatta dalle cose ester- ne sopra il sensorio si diffonde al cervello, dal che l'anima particolarmente modificata ne prova la cor- rispondente sensazione , spiega il N. A. come per la durata o ripetizione di questa si abbia la reminiscen- za ; come per il complesso di sensazioni e di asso- ciate reminiscenze si abbia la percezione; che dal giu- sto ed esalto confronto o fra più sensazioni o fra più idee o percezioni si ha il giudizio , e che da una se- rie di questi si ha il raziocìnio- Le quali facoltà in- tellettuali ne presuppongono altre due , dalle quali r- cevono per così dire alimento e forza , cioè la me- moria e l'attenzione. Nella quale ultima con una esterna manifestazione diamo saggio di occuparci delle sen- sazioni e delle idee , e di studiarne le quantità e lo attenenze. ,, La quale esterna manifestazione ricevo col „ tempo r impronta , din» così , o il colorito dello „ cose che ravvolgonsi iiclia njcnle , e dà alle fiso- ,, notnle un particolare e diverso carattere. Ed altro ,, è la faccia di uno usato a meditare delitti » altra „ quella di uno abitualo a ricercare la soluzione di „ astrusi problemi di matematica. E cosi pure spie- „ gar potrebbesi , perchè i carnefici e gli sgherri , oc- „ cupati ordinariamente di opere e dì pensieri di fe- „ rità e durezza , abbiano il volto truce e protervo ; „ perchè i danzatori e i cantanti vivendo in mezzo ai „ suoni , ai teatri , alle giocondità , sieno lieti e ri- ,, denti : e perchè i letterati e gli scienziati , consu- ,, mando i loro giorni nel tranquillo e beato colti - „ vamento dei buoni studi , abbiano l'aspetto serena- „ mente grave. I quali esterni segni delle interne rao- „ dificazioni dell' anima provengono dai nervi motori „ delle varie parti della faccia ". L'esterior dipintura sul volto dell* uomo di cotali inclinazioni o pendii sembrerebbe che guidar potesse a stabilire altresì una norma esteriore, che additi il grado o enetffia delle interne intelleltuali facoltà dell' ani- mo. Per altro intorno a sì bella ed utile ricerca non trova il N. A. plausibili segni nell'ampiezza del cra- nio , nella misura dell' angolo facciale , o in altre cre- dute differenze della faccia, del collo, o dell'altezza del corpo dell' uomo. Si astiene cos\ dal decidere circa la possibilità di rilevare per tali maniere la forza della intelligenza , lasciando alla sola esperienza la facoltà di conoscere l'ingegno, coll'esame cioè di quanto l'uo- mo o colle parole , o cogli scritti , o colle opere ab- bia saputo manifestare. Neppur trova concludenti gli argomenti di chi fa stima , che il grado delle facoltà intellettuali abbia norma e misura dalla energia degli esterni sensi ; che gli uomini sieno intrinsecamente uguali , e che le differenze dell' ingegno ben derivino dalla educazione e dalla esperienza , ossia dall'uso dei sensi- E facendo eco alle contrarie riflessioni ne con- MaMIJALS di FliJIOLOGIA 3i chiude , che le sensazioni , le idee , e tulle le futi- zioni intellettuali sono, come suol dirsi , in iMgion com- posta e dell' azione degli organi dei sensi , e delle di- sposizioni o attitudini cerebrali, e deiranima ; e che cpiest' ultima cagione può partorire eflfetti insigni e niaravigliosi a malgrado della pochezza o tenui tk dell' altra. Dottrina che tiene un giusto luogo di mezzo fra le idee innate , e l'assoluto ed esclusivo potere accor- dato ai sensi esterni , e scuopre la vera origine del sapere umano. Bichat è quello scrittore , che a senso pure del N. A. sembra aver piìi ingegnosamente degli altri ra- gionalo delle umane passioni. Riduconsi le dottrine di osso a dichiarare ' che,, 1. ° le passioni manifestano i „ loro effetti sopra le parti operanti la vita organi- ,, ca : 2.° che le passioni hanno l'origine loro nelle ,, parti is tesse , che ne provano gli effetti: 3.** che ,, le passioni, avvegnaché appartenenti alla vita organica, „ modificano le operazioni della vita animale : 4.^* che ,, le passioni non hanno alcun centro unico fisso e ,, costante ". Sul qual ultimo punto ne piace rile- vare , che a giudicar con fondamento della sede delle passioni , converrebbe a suo avviso considerare qual' è l'organo , la cui funzione è alterata per effetto delle passioni. Risultando però dalle osservazioni , che l'al- terazione esiste ora in un organo solamente , ed ora in un altro , ne conseguita , che alle passioni asse- gnar non si possa un centro unico e costante. Fa quindi egli stima , che e il cuore e i vasi e i polmoni e la milza e lo stomaco e gli altri visceri della vita orga- nica a quando a quando formino il centro così detto epigastrico, tanto celebrato da'raoderni scrittori. „ Che ,, se per le varie passioni noi proviamo un senso nio- „ lesto allo scrobicolo del cuore , la ragione n' è a ri- „ porre in questo , che a (jucl luogo con qualche palle 32 Scienze ,, di se accostansi ed estendonsi i più cospicui visceri „ della vita organica. La l* apice del cuore , la una „ parte del diaframma , la il cardias parte sensibilis- „ sima dello stomaco , la porzione della milza e del „ fegato , e la corrispondono il pancreas e il plesso „ solare ". Con altra disposizione di parti, che tenuto avesse la natura , sparirebbe il centro epigastrico ; ed il sentimento locale delle passioni cangerebbe a seconda della varietà degli organi , sopra i quali esse produ- cono r effetto loro. Per lo che dalle dottrine del Bichat si raccoglie , che i primi fomiti o le sedi delle pas- sioni nascondonsi uei visceri operatori della vita orga- nica , e sono insiti alla organizzazione loro , sen tor- nano per una specie di riflessione o di circolo ai luo- ghi onde si dipartirono. Così i visceri della vita or- ganica sono delle passioni e la causa e l'effetto , ossia il principio ed il fine. A tali dottrine , per le quali si dichiara aver le passioni la sede loro nei visceri spettanti alla vita or- ganica , si oppongono i giudizi di Gali e di Spurzheim. Ma se Bichat afFermò con ragione , mal giudicarsi del luo«o di una causa producente dolore dal luogo pre- ciso ov' esso dolore si manifesta ; andò egli poi errato in pensando che la sede della causa dovesse essere in vicinanza della sede dell' effetto , quasiché esempi man- cassero di consensi simpatici posti dalla natura fra la vita organica e l'animale. Sembra d'altronde al N. A., che il Gali e lo Spurzheim troppo poco concedano ai visceri della vita organica , quando affermano aver que- sti attenenze colle passioni per quel tanto che operano nella nutrizione del cervello. Alla quale azione mol- tissimo indiretta e remota è di avviso il prof. Medici doversi aggiungere un' altra diretta e vicina , la quale nasce da' conosciuti consensi fra le parti spettanti alla vita organica , e quelle che appartengono alla vita Manuale di fisiologia 33 auimale; pei (juaJi consensi possono le facoltà dell'ani- ma residenti nel cervello essere prontamente modifi- cate dai visceri del torace e dell'addome. Ma le varie facoltà intellettuali godono esse di una par- ticolare o individuai sede in luoghi od organi particolari e distinti della massa cerebrale? Questo è il divisa - mento già favoreggiato da tanti antichi sapienti , da tanti dotti medici , ed in oggi coltivato singolarmente da rao ti dopo le prove anatomiche , fisiologiche e pa- tologiche poste innanzi dal Gali e dallo Spurzheim , 1 quali in conforto pure della pluralità degli organi cerebrali altre prove ne aggiungono desunte da certi tenomeni , che si osservano nel sonno , nei sogni e nel sonnambohsmo : delle quali cose dottamente discorre 1. i\. A chiudendo con esse l'egregia opera sua. lien dietro alla medesima un appendice o saggio di un analisi di alcune dottrine fondamentali ris- guardanti la vita : di cui omettiamo imprender di- scorso , avendone di già con sollecitudine e dottrina reso conto in queste carte, nel volume di ottobre e no- vembre p. p., il valente sig. dottor Cappello , a cui ri- nicttiumo i leggitori. To NELLI. G.A.T.LXIII. m- Sulla rabbia de tintori^ e sul principio colorante del- ia cocciniglia. Memoria inedita del prof. Pietro Pereti i , letta alla R. accademia delle sciónre dì Torino usi mese di novembre deir anno '1833^ l^a rubbia , accademici e colleghi chiarissimi, come ben sapete, ha sia qui occujialo molto i chimici , e ciò non pertanto rimane ancora incerta la vera na- tura della sostanza colorante ch'essa racchiude, ed incerto è ancora il modo d'isolarla dagli altri prin- cipii che r accompagnano . Siccome essa può es- sere di somma utilità s\ per l'arte tintoria , che per la preparazione delle lacche colorate inalterabili per uso della pittura , io dopo avere studiato i lavori gik fatti dai sigg. Kulmau , Gualtier de Glaubry, e Persoz, e dopo aver letta e considerala la lettera del sig. Ro- biquet al sig. Gaylussac , e l'articolo rubbia del sig, Berzelius , mi sono determinato d'intraprendere alcu-^ ne sperienze sopra questa pianta , e sulla di lei par- te colorante. In primo luogo ho voluto ripetere le operazio- ni dei già nominati chimici per conoscere praticam'^n- te l'andamento , e mediante questo poter poi tira- re qualche conseguenza utile alla scienza. Rilevasi dall'analisi fatta dai sig. Kulman conte- nere la rubbia due sostanze coloranti, l'una rossa so- lida, l'altra fulva o rossiccia, un principio legnoso, un acido vegetabile , una materia mucilaginosa , una sostanza vegeto -animale , della gomma , dello zucca- ro , un principio amaro , una resina colorante , e dei sali estrani dalle ceneri. RuBBIA de' TINTOril 35 Le due soslanze coloranti però nou furono dal medesimo perfettamente isolate. I sigg. GauUier de Claubry e Persoz hanno an- eh'essi rinvenuto due sostanze coloranti, l'una rossa, l'altra di color di rosa : ma per poco che uno esa- mini il metodo col quale hanno ottenuto la prima , si vedrà ben presto non essere questa allo stato pu- ro , ma sibbene un miscuglio delle due sostanze co- lorate. Ed infatti essi stessi dicono, che avendo mqs- sa la sostanza rossa in una storta al fuoco, si è de- composta somministrando tracce d'alizarina, sostan- za colorante solida della rubbia cosi chiamata dai sigg. Robiquel; e Colin, e considerata come una so- stanza particolare. Io non farò che presentare i ri- snltamenti ottenuti da differenti operazioni da me ese- guite , da' quali si rileverà che le due sostanze co- loranti esistenti nella rubbia si possono separare mol- to pili facilmente che non è stato fatto finora dai chimici. Seguendo il metodo proposto dal sig. Merimèe , ho fatto bollire una libra di rubbia con acqua che teneva in soluzione due on ce di carbonato di soda, ed ho ottenuto un liquido di un color rosso quasi di sangue , il quale dopo essere stato alquanto con- densato per mezzo dell' evaporazione , col raffredda- mento si rappigliò in forma di una gelatina. Sopra questa ho versato dell' acido solforico allungato , col quale si formò un precipitato a coagulo che montò alla superficie del liquido, ed il fluido da rosso ch'egli era divenne giallo. Ho separato il precipitato a coa- gulo per mezzo di un pannolino , e l'ho alcun po- co lavato • egli aveva un color rosso sporco, era mol- le , si discioglieva nella potassa formando un liquido Colorato rosso. Trattato coli' alcool, ha lasciato discio- gliersi in parte formando un liquido coloralo rosso , ed insolubile è rimasta una sostanza molle colorata 3* 36 S e 1 £ rf z E in rosso scuro. Questa sembra poter esser l'acido pec- lico reso solubile dal carbonato di soda messo a bol- lire colla rubbia , e divenuto insolubile per l'addi- zione dell'acido solforico , e che separandosi ha tra- scinato seco la parte colorante. Ma avendola trattata coir alcool , questo fluido ha disciolto la parte co- lorante, ed insolubile vi è rimasta una specie di gom- ma, che disciolta nell' acqua ha somministralo una ge- latina pressoché uguale a quella che si ottiene dai licheni : perciò non può considerarsi come acido pec- tico. Questa parte colorante, che si è disciolta nelT alcool, sarà quella fulva o rossiccia chiamata dal sig. Kulman , ovvero quella rossa de' signori Gaultier de Claubry e Persoz , od anche quella rosea dei mede- simi ? lo credo che nella soluzione alcoolica sianvi tutte due riunite ; e che il carbonato di soda scio- gliendo la parte rossiccia, siccome inutile secondo Me- rimèe per la formazione delle lacche colorale soli- de , abbia anche attaccata una porzione della parte colorante rossa solida , ovvero quella rosea dei sopra- no ninali chimici. Per verificare questa mia supposizione ho allun- gata con acqua la soluzione alcoolica colorala , ed ho distillato tutto l'alcool : ho aggiunto al fluido re- siduo dell' allume , e l'ho fatto bollire , e caldo l'ho filtrato per carta emporetica. Questo aveva un color rosso giallo carico, s'intorbidò col raffreddamento, e lasciò deporre un precipitato di color rosso bruno. Indisciolta h rimasta una sostanza di color ros- so sporco , la quale si è depositata sopra il filtro di carta. La soluzione alluminosa di color rosso giallo. Coir ammoniaca ha dato una bellissima lacca di un rosso vivo , ed ha tinto solidamente di un color quasi scarlatto un pezzo di panno bianco prima bollito col pci cloruro di slagno : e cosi con questo mezzo RUBBIA de' tintori 31 sì sono separate le due sostanze coloranti contenute nel- la rubbia , l'utia rossiccia rimasta insoluta nell' allu- me e separata sopra il filtro , l'altra rossa solida sta- ta disciolta dair allume. Continuando il mio lavoro farò vedere che in al- tro modo si possono separare le medesime sostanze coloranti. Il metodo del si». Meri m de non ^ dunque quello che si conviene, mentre il carbonato dì soda non solo scloolie la parte rossiccia inutile alla prepara- zione delle lacche colorate , ma attacca anche la par- te colorante solida. La rubbia, già bollita col carbonato di soda, fu ben lavata con acqua comune : e siccome questa di- venne colorata in rosso , ho fatto svaporare il fluido a consistenza di estratto , e l'ho quindi trattato con l'alcool. Il liquido alcoolico divenne colorato , ed in- disciolta è rimasta la gomma come in avanti , e nella tintura alcolica si contenevano ancora le due sostan- ze coloranti , le quali si sono separate nel modo già descritto. Io ho detto di sopra, che avendo allungato con acqua la soluzione alcoolica fatta col principitato a coagulo separato per mezzo dell' acido solforico, ed avendola sottoposta alla distillazione per separare l'alcool il residuo bollito coli' allume ha lasciato de- porre col raffreddamento un precipitato di color ros- «o bruno. Io ho voluto tiatlare anche questo deposito con una soluzione d'allume, ed ho ottenuto egualmente l'alizarina disciolta nel liquido , ed una sostanza co- lorante rossiccia insolubile che restò sopra il filtro. Li signori Gaultier de Claubry e Persoz hanno separato la sostanza colorante solida della rubbia , chiamata dai medesimi sostanza colorante rosea, ver- sando dell' acido solforico o idroclorico sopra una so- 38 Scienze Juzione di allume fatta I)ollire colla rubbia già stilla trattata col carbonato di soda. Questa sostanza si pre- cipita dalla soluzione sotto l'aspetto di una polvere di un bel color rosso leggermente aranciato. Io farò vedere in appresso, che quando una so- luzione d'aihime bollente è satura di questo princi[)io colorante, esso si depone senza l'addizione di un aci- do : e farò conoscere che concentrando una soluzione alluminosa, l'allume cristallizza lasciando tutta la par- te colorante: la quale perchè si ottenga isolata è suf- ficiente, dopo d'aver separati i cristalli d'allume, trat- tare il residuo coli' alcool , il quale tolto colla distil- lazione lascia questa parte colorante solida della rubbia. La rubbia , gih trattata col carbonato di soda e ben lavata, fu fatta bollire coli' allume. La soluzione aveva un bel color d'arancio: col raffreddamento de- pose un precipitato del medesimo colore: furono ri- petute molte ebullizioni coli' allume, sino a tanto che sono rimaste scolorate, e molte quantità di questo sale sono state necessarie per ottenere lo scopo. Tutte le soluzioni furono riunite e fatte svaporare per avere l'allume cristallizzato, come si è detto pocanzi : e trat- talo quindi il residuo coli' alcool, si è avuta la parìe colorante solida , la quale d'ora in avanti chiamerò alizarina col sig. Robiquet. L'allume in questa nostra circonstanza sarà il mezzo capace di disciogliere tutta l'alizarina conte- nuta nella rubbia: ma non potrà servire di morden- te per fissare la medesima sopra i tessuti , mentre si fa bollire della lana nella soluzione alluminosa con- tenente l'alizarina : questa non si combina colla me- desima , ma se la lana è preparata col mordente di percloruro di stagno , essa vi si fissa. Se però l'ali- zarina non forma una combinazione stabile col sol- f;ito d'allumina , non sarà cosi coli' allumina pura , RuBBIA de' Tirj, (■j) Ljilaude {\stvoiioi.nic tvoisiciiie uditiou Paris 171)2, (.ij l:l|iliciu, Modini, au. jjya.., lyfjH, Passaggi di Mercurio f.c. 51 di Mercurio del i832 , ed i risultaraenti avuti dal paragonarla in ispecie colle osservazioni antiche fatte da celebri, e diligenti osservatori. La mattina del 5 maggio del decorso anno 1882 poco prima del tempo dalle tavole indicato , osservai tliligentemente il Sole con un telescopio acromatico di Dollond di due piedi e mezzo di foco , e di ottima terminazione , e vidi con dispiacere , che il suo di- sco era assai tremolo ed incerto. Questo proveniva dall' essere l'atmosfera ingombra da vapori, e da nu- bi , che s'jccedevansi rapidamente. Tal circostanza au- mentò non poco la difficoltà in una osservazione sì delicata , e sì difficile per la lentezza del moto re- lativo de' due astri. Gontuttociò osservando attenta- mente in quel punto del disco ove sapeva dover en- trare Mercurio , notai una minima alterazione , e te- nutone a conto il tempo , vidi dopo molti secondi, che questa aumentava sempre più , onde non dubi- tai che fosse Mercurio ; e data al tempo osservato quella correzzione solita ad ammettersi dagli astrono- mi, fissai neir immersione i seguenti tempi medii 2I'"'. 5o' . Il", 4 • • • contatto esterno 21 .53 . o5 , 4 • • • contatto interno Durante l'intervallo tra l'immersione , e l'emersione, il vento nord-ovest crebbe in modo assai violento , ed aumentò di molto l'addensamento de' vapori , che facevano veder il Sole d'un color rossastro : io pe- rò nel modo che seppi migliore determinai i tempi de' due seguenti contatti ncll' emersione 4". 35' . Il", 3 . . . contatto interno 4 .38 .21 , 3 . . . contatto esterno 52 Scienze Per oltenere da queste osservazioni gli errori del- le tavole sì in longitudine , che in latitudine , e quin- di l'istante della congiunzione di Mercurio col Sole , si avverta, che rappresentando a la somma de' semi- diametri del Sole, e di Mercurio , / Ja latitudine geo- centriva , e tt la parallasse di latitudine , l'elonga- zione apparente a in uno de' contatti , j)er esempio neir esterno dell' immersione , sarà espresso da ^^ ( A^* - ( / + -TT )'^ ) = A , o più esattamente da d A A + J l di essendo d A l + -n di (/"(A^ - (/ + '?:)=') e «T / l'errore in latitudine geocentrica. Quindi se esprimasi per e l'elongazione data dal- le tavole , e per n la parallasse di longitudine , l'er- rore J" g in longitudine geocentrica sarà somministra- to dalla formula dA di ^ Per gli altri tre contatti ossei vati , si otterranno al- tre tre equazioni , che volendo risolverle col nielo« do dt minimi quadrati ^ prenderanno la seguente forma ' d A E ~ co + A + ^ l + <^ g d l Passaggi di Mercurio kc. 53 essendo — fi, == e + n . Per ridurle in numeri ho determinati i seguenti valori NELL' IMMERSIONE Contatto esterno. Long, appar. del Sole dalT equin. med i* . i4''« 49* • ^7", 74 Long, appar. del Sole dall' equin. vero " • i4 • 49 • 4^ > 49 Long, geocen. appar. di Mer- curio dall' equin. racd. . i . i5 . 01 . 54 » 74 Lat. geocen. appar. di Mer- curio Io . 21 » 75 B Parali, orizonl. del Sole ==*/? . 8 , 61 Parali, orizont. dì Mercu- rio = ;j' i5 , 55 Sera. diam. del Sole =^s. . i5 . 48 , 94 Sem. diam» di Mercurio = m. 5,4^' Log. del raggio vettore = log- V o , oo4o597 Log. della distanza accor. dì Mere, dal Sole = log. r. 9 , GSSgSgg Log. della dist. accorci di Mere. dallaTerra= log. R. 9 , 7471 196 Log. della dìst. di Mercurio dalla Terra =^ log. D . . o , 'j^'jxiiS 54 Scienze Contatto interno. Long, appar. del Sole dall' equin. raed i' . 14". 5o' . o4"» 75 Long, appar. del Sole dall' equin. vero i . 14 • 49 • 49 > 5o Long, geocen. appar. di Mer- curio dall' equin. raed, . i . i5 . 01 . 5o , 28 Lat. geocen. appar. di Mer- curio ....... IO . 19 , 66 B NELL' EMERSIONE Contatto interno. Long, appar. del Sole dall' equin, med. . . . .1^. iS**. 06' . 17", 20 Long, appar. del Sole dall' equin. vero i . i5 . 06 . 01 , 96 Long, geocen. appar. di Mer- curio dall' equin. raed- . i . i4 • 5i . 3i , 71 Lat. geocen. appar. di Mer- curio . -. : 5 , 29 , 08 B (*) (*) Gli altri valori si omettono perchè poco o nulla dif- feriscono da quelli dell' altro contatto pAssvaGi DI MkrcuHio kc. 55 Contatto ester no^ Long, appar. del Sole cìall* equin. med i' . i5*'. 06 . 24' 1 ^6 Long, appar. del Sole dall' equin. vero i . i5 . 06 - 09 , 61 Long, geocen. appar. di Mer- curio dall' equin. med. . i . i4 . 5r . 26 , 81 Lat. geocen. appar. dì Mer- curio 5 . 26 , 79 B Parali. orizout. del Sole = ;d. 8 , 61 Parali, orizont. di Mercu- rio = ;o' i5 , 57 Sem. dlam. del Sole ^= j- . i5 . 4^ ? 87 Sera. diam. di Mercurio --= w. 5 , ^"j Log. del raggio vettore == log. V. . * . . . . 0 , 0040877 Log. della dist. accorc. di Mere, dal Sole =- log./'. . 9 , 65475oi Log. della dist. accor. di Mere, dalla Terra =log.R. 9 , 7465357 Log. della dist. di Mercurio dalla Terra — log. D. . 9 , 7465362 5(j Scienze E' d' uopo qui avverlirc , che i luoghi del Sole sono stati tratti dalle tavole di Delarabre (i), e quelli di Mercurio dalle tavole di Lalande (2) : in questi ul- timi però ho introdotte le variazioni deternainate colle formole dell' Oriani (3). Questo illustre astronomo da sei luoghi eliocen- trici , e sei geocentrici osservati deduce che possa ot- tenersi un maggior avvicinamento tra il luogo cal- colato colle tavole di Lalande , e quello che si ri- cava dall'osservazione, se alla longitudine media si applichi la correzzione — 9", 8 + / . 0'', 02622 , es- sendo / il uumero degli anni giuliani trascorsi dal 1700 al tempo dato , se la longitudine dell'afelio si aumenti di 12", I , e l'eccentricità di o, 00006986. Siccome poi quest' ultima correzzione altera l'equazione dell'orbita, ed il raggio vettore , quindi sii tale ipotesi ho deter- minate le corrispondenti variazioni. Inoltre nel dedurre la longitudine vera nell' or- hlta ho avuto riguardo alle perturbazioni , che ho ca- vate dalle tavole dateci dallo stesso Oriani (4). La distanza accorciata di Mercurio dalla Terra è stala dedotta dalla forraola V — r COS. G R = , cos . e nella quale C rappresenta la commutazione, ed e relon- (i) Tables astronom. pub. par le Bouieau des longi'f. Paris 1806. (2) Astronoinie par Lalande troisièine edition. Paris 1792. (3) Epliem. niediol. 1798. pag. 60. (4) F.plieni. mcdiol. 1796. ptig. 63. Passaggi di Mercurio ec ST gazione in quel!' istante. Chiamando inoltre l la lati- tudine geocentrica , il valore della distanza di Mer- curio dalla Terra mi è stato somministrato da V — r cos, G D = T-. cos . e COS. l V aberrazione del Sole , chiamando e l'eccentri- cità , viene espressa da — 20'' ( I — ff . cos . anomalia vera ) , la quale mi dà — 19", 82 , quantità sensibilmente co- stante per tutta la durata del passaggio. L'aberrazione di Mercurio ; usando la formola MDx8'.8' nella quale M rappresenta il movimento orario pro- prio , sia in longitudine, sia in latitudine; si trova di + 6 ', 97 al principio , e di + 6", 99 al fine , in longitudine ; ed in latitudine di + 3", 28 costante per tutto il tempo del passaogio. Dando queste correz- zioni alle longitudini e latitudini vere , ne ho dedotte le apparenti. 11 semidiametro del Sole e stato diminuito di 3', 5 per r inflessione , seguitando in ciò l'opinione più co- mune degli astronomi. Riguardo a quello di Mercurio , ho supposto il diametro alla distanza media dalla Terra di 6", 1 , prendendo un medio tra quello adottato da Oriani (i) , (i) Epliem. mediol, 1797- pag. 5i. o8' , Scienze e l'altro dedotto eh Delarabre (i). Quindi il diametro nel nostro caso sarà espresso da 6", I . cos . l R La parallasse orizontale equatoriale del Sole alla distanza media dalla Terra è stata da me adottata di 8", 7 : quindi chiamando p il rapporto del raggio della Terra , per una latitudine data , al raggio dell' equa- tore , sarà la parallasse orizontale del Sole al tempo dell'osservazione —^9 =-?-. e quella di Mercurio «",7 D P ^P Essendo dato il valore di p da i — seti?' /, si 7 I trova , neir ipotesi dello schiacciamento di 3io P = 0» 998562. Calcolati i valori di jo , e ;? pel momento delle quattro osservazioni , come ancora le respettive longi- tudini ed altezze del nonagesimo ; col sussidio delle note formole , ho determinate per quegl' istanti le se- (i) Delambre astronomie tom. 1. pag. Qo.n, Passa^ggi di Mercurio ec. 59 guenti parallassi tt di latitudine , e n di longitudiae di Mercurio I TT = — 3", 85o n == + r , 654 III (j TT = - 2 , 334 n = - 5 , 8ii IV K: = - 2 , 345 5 , 84o ; ove è da notare che nel dedurre i luoghi del nona- gesirao ho supposta la latitudine della mia specola di 4i.°53'35", 9 (i) la quale ho diminuita dell'angolo della verticale , determinato nell' ipolesi della sferoide terrestre schiacciata di ' , e l'obliquità dell'eclit- 3io tica di 23* . 27' . 34", 54. Col mezzo di questi valori , e degli altri elementi (i) Opuscoli astronoin. Roma 1824. pag. i32. 60 Scienze sopra indicati sono giunto alle quattro seguenti equa- zioni E, = S", 724 + o", 849 <^ / + <^ g- E3 -= 7 , 636 + o , 862 acgì di Mercurio ec. 61 pel tempo intermedio dal principio alla congiunzione Mot. or. di Mercurio in long, geocen. — i' . 82", 26 Mot. or. del Sole + 2 . 26 , 08 Mot. relat -. . + 3 . 67 , 34 Mot. or. di Mercurio in lat. geocen. — o . 43 , 32 se ne deduce Tempo della congiunzione vera di Mercurio col Sole o"' . 46'. i5", io Long, geocen. vera del Sole, e di Mercurio in cong. veia. .. 1*. ii° . 5y'. aS", 67 Lat. geocen. vera di Mer- curio in coug. vera .... 8 . 12 , 73 B Introducendovi poi l'aberrazione , si trova Tempo della congiunz. ap- parente di Mercurio col Sole . 0^'^ . 53 . n", 61 Long, geocen. appar. del Sole e di Mercurio in cong. appar v , i^" . 57'. 20", 23 Lat. geoc. appar. di Mercu- rio in cong. appar, ... 8 . ir , 12 B Gli errori geocentrici trovati si cambiano in elio- centrici , moltiplicandoli per la distanza di Mercurio 62 Scienze dalla Terra , e dividendoli per quella di Mercurio dal Sole. Avremo perciò / g' = + 8" , 53 J^ /' = + I , 85. Quindi sarà Long, eliocen. vera del Sole e di Mere, in cong. vera . . 7' • 14" . Sj'. aS", 67 Lat. elice, vera di Mere, in cong. vera io . 09 , 77 B Passiamo adesso a determinare la minima distan- za de' centri , la quale indicata con d ^ sarà d == lat . in cong . x cos . x , essendo « eguale al rapporto del movimento di lati- tudine al movimento relativo di longitudine. L'elon- gazione poi in queir istante verrà somministrata da B ^= d tang . ^ E^ = 6 , 639 _ 0 , 36i J" l + I , dalla quale si scorge che un errore nell' inclinazio- ne può sensibilmente alterare il valore di A : quin- di si avrà con maggior precisione L = Z + A + J^ I , di essendo d A tang. l d I sen? I COS. A Per un' altra osservazione si avrà egualmente L' = z' + A' + — ^ B. pel valore della latitudine ve- ra geocentrica. Il 2 maggio del 1740 Mercurio fu osservato sul Sole solamente a Cambridge nella nuova Inglùllena da Wintrop (i). Lalande (2) deduce da questa osservazio- ne che la congiunzione vera a Parigi segui a 10"'. 36 . 3;' di tempo medio , e che la latitudine vera geocentrica fu di i4' . Sg , L' osservazione del passaggio che accadde nel 1743 fu fatta in quasi tutta 1' Europa. Lalande prendendo un medio tra diverse osservazioni (3) , stabilisce il tem- po medio della congiunzione vera li 4 novembre a 22°'". 26'. 8" a Parigi , e la latitudine 9'. 7" (4). Nel passaggio del 1753 fu veduto il solo egresso di Mercurio dal disco del Sole. Le piili accurate osser- vazioni furono quelle del Cassini , di Bouguer , e par- ticolarmente di Lalande nel castello di Meudon (5) . L'Oriani ne deduce l' istante della congiunzione vera pel meridiano di Parigi il giorno 5 maggio a 18°'. 25'. 4o'' di tempo vero , e la latitudine vera geocentri- fc~ ca 2'. 23 ', 3 A. Le osservazioni fatte a Parigi il giorno 12 no- vembre del 1782 da' Cassini , Gentil , Méchain , e Da- gelet (6) sul passaggio di Mercurio accaduto in quell' anno , somministrarono all' Oriani il momento della (i) Trans, phil. n. 471 tom. 42. (2) Mémoir. de l'acad. an. 1756. (3) Mémoir. de l'acad. an. 1743. (4) Mémoir. de l'acad. an. 1756. (5) Mdmoir. de l'acad. an. T753 , ty54. (6) Mcmoir. dp l'acad. an. i-Rt:. 76 Scienze congiunzione vera a Parij^i a 3 ". 56'. /^o" di tempo vero, e la latitudine vera geocentrica di i5'. 53", a .13. ^ Il passaggio del iyS6 <, che fa coraplelainenie os- servato il giorno 3 maggio , dette occasione a Lajande di costruire nuove tavole di Mercurio (i). L' Oriani calcolò accuratamente l'osservazione fatta a Pietroburgo da Inochodzow , e Routnowsky , e stabili il tempo vero della congiunzione vera a 17". j5 . 24', 2 pel meri- diano di Parigi , e 1 1'. 38", 8 pel valore della latitu- dine vera geocentrica boreale. Dalla minima distanza de' centri determinata l'an- no 1789 da Flaugergues (2) , e dal contatto interno nell' ingresso osservato da' Mcchain , Cassini , Delambre , e Messier, deduce !' Oriani (3) il momento della con- giunzione vera di Mercurio col Sole per Parigi il 5 no- vembre a S""". 26'. 17", 6 di tempo vero , e la latitu* ludine vera geocentrica 7'. 28", a A. Il passaggio del 1799 fìi osservato da quasi tutti gli astronomi d' Europa , e dette occasione a Delambre di Ie»2cre su tal soggetto una dottissima memoria nelT isti- tuto nazionale (4). l'agli dall' osservazione sua propria, e da quelle accuratissime di altri osservatori , calcola pel giorno 7 Maggio a i"'. 8'. 34" il tempo medio a Pa- rigi della congiunzione vera, e stabilisce 5 . 44, ^45 la latitudine vera goocentricai Le altre osservazioni di Mercurio posteriori deb- bono trascurarsi come troppo prossime a quella del iSSa che dee paragonarsi con tutte le altre. In quanto a (i) Memoir. de l'acad. an. 1786. (2) Astronomisches lahrbuch von Bode ad an. 1794^ (3) Epliem, Mediol. an. 1797. (4) Mómoires de 1' inslitut national mathcin. et pliyS' toni. o. pag. 3gQ. Passaggi di Mercurio ec. 77 qiiest' ultima ho preso un medio fra i risali. Tra enti ot- tenuti dalla mia osservazione , e gli altri dedotti dall' osservazione fatta a Milano : ed ho quindi stabilito , pel momento della congiunzione vera al meridiano di Pa- rigi 0°''. 5'. 02", 16 di tempo medio , e pel valore della latitudine vera geocentrica boreale 8'. 12", 86. Pe' tempi di queste congiunzioni ho primieramente ricavalo dalle recenti tavole del Sole del signor Carli- ni (1) le corrispondenti longitudini eliocentriche , ed i logaritmi del raggio vettore , e dalle tavole di Mer- curio di Lalande ho dedotte le distanze accorciale di Mercurio dal Sole , corrette per la variazione dell' ec- centricità , stabilita poi dall' Oriani. Quindi per mezzo ili queste distanze , e delle latitudini geocentriche os- servate ho ottenuto le latitudini vere eliocentriche di Mercurio iu congiunzione. Questi valori sono disposti nella seguente tavola. [i] Effeui. Aslroiiow. di Milano au. i855 - appendice. 78 S e I lì A' Z E a: 1 o 1 H Meucuaio in congiunzione vera col Sole I Long, vera eliocen. Lat. vera elioc. 1 '66i 7'. i3°. 34'. o5", 1 5' . 3i", 4 B. 1 '677 I . i5 . 44 • 02 , 0 9 . 20 , 4 B. 1 1690 I . 18 . 20 . 35 , 9 26 . 43 , 7 B. 1 1723 I . 16 . 47 . 17 , 2 12 . 57 . 7 B. I 1736 I . I() . 23 . 21 , 4 3o . 42 , 7 B. 1 1740 "7 . 12 . 43 . i3 » I 18 . 35 , 7 B. 1 19 . 32 , 2 A. 2 . 56 , I A. 1 '7^3 ,753 I . 12 . 38 . 00 , 8 7 . i5 . 47 . 4o , 2 1782 I . 30 . 26 . 32 , G 34 . 28 , 0 B. 1 1786 7 . i3 . 49 . 43 , 9 i4 . 26 , I B. 1789 I . i3 . 4o . 37 , 7 iG . 01 , 0 A. 1 1799 7 . 16 . 54 . 23 , 7 7 . 02 , 6 A. 1832 7 . i4 . 57 . 29 , 7 IO . 09 , 9 B. 1 T» ^ 1 _i. . • .1 V : 1 _„: J^ii' va^ Pei" quel che riguarda l' inclinaaione dell' orbita di Mercurio all'eclittica , ho supposto con Laplace l^ASSAGGl DI MeRCURìO KC. 79 pel 1750 , e la variazione annua della med. + o" 1774 (0* Quindi per ciascun epoca ho ottenuto ciò che segue CJ 0 Ph Uì A Z + A i dk. di \ i66i + 0°. 45'. 00", 8 r- i4°. 19'. o5", 9 — 0", io83 1677 — I . 16 i 06 , 8 I i4 . 27 . 55 , 2 + 0 , i832 1690 - 3 . 37 . 55 , 6 I i4 . 42 . 4o , 3 + 0 , 525o 1723 — I . 45 . 36 , I I . i5 . 01 . 4i , I + 0 , 254 1 173G — 4 . IO - 22 , 6 I . i5 . 12 . 58 , 8 + 0 , 6032] 1740 + 2 , 3i . 3o , 3 7 • i5 . i4 . 43 , 4 - 0 , 3646 1743 + 2 . 39 . 1 0 , 7 I . i5 . 17 . Il , 5 — 0 , 383i 1753 - 0 . 23 . 54 , 2 7 • i5 . 23 . 46 , 0 + 0 , 0575 1783 — 4 . 4o . 57 , 9 I . i5 .45. 34, 7 ^" 0 , 6770 1786 + I . 57 . 33 , 4 7 • i5 . 47 . 17 , 3 -0,2827! 1789 + 2 . IO , 26 , 4 I . i5 . 5i . o4 , I — 0 , 3i37 1799 '- 0 . 57 . 20 , 7 7 • i5 . 57 . o3 , 0 + 0 , id'jc) i832 + 1 . 22 . 44 , 8 7 • 16 . 20 . i4, 5— 0 , 1089,1 (i) Laplace - Mccaaitjue còleste - Paris i8oa toni. 3 pag. 65. Se, 80 Scienze Dal paragonar poi V epoca del 1832 con lulte le altre ne sono risultati i seguenti valori llhHiri7'"iT''TT Epoche i833,e i66i 1677 1690 1723 i 1736 1740 1743 1753 1782 1786 ' 1799 2°. 01 . 08", 6 52 . 19 , 3 37 . 34 , 2 iS . 33 , 4 07 . i5 , 7 o5 . 3i , I Coeff. di J' I — 0", 0906 — O y 3821 ! j — o , 7239 — o , 453o — o , 8021 + 0 , 1657 o3 . o3 , 0 ! + o , 1842 1 ! * 0 . 56 . 28 , 5 — o , 2564 I o . 34 . 39 , 8 ' _ o , 8759 0 , 82 . 67 , 2 o . 29 . 10 , 4 0 . 23 . 1 1 , 5 + o , o838 + o , ii48 — 0 , 3368 Questi elementi introdotti uelT (a) mi hanno som- ministrate le dodici seguenti equazioni Passaggi di Mercurio ec. 81 i832 e i66i r, ^ 7268". 6 — o", 0906 / I - ,7,-, 0002 / JV «833 e 1677 E, = 6739 , 3 ._ o , 3821 «TI- ,54 , 4859 ^ N i832 e 1690 E3 = 5854 , 2 - o , 7239 «P I - i4t , 479, ^^ N i832 e 1723 E4 = 47»3 , 4 - o , 453o J^ I - 108 , 4840 «T N i832 e 1736 E5 = 4o35 , 7 - 0 , 8021 s \ ^ 95 , 47;72 cT N i832 e 1740 Ee = 3931 , I + o , ,657 '^ I - 92 , oo43 / N i832 e 1743 Ej = 3783 , ò + 0 , 1842 cT I - 88 ', 4957 J^ N i832 e 1753 Eg = 3388 , 5 - o , 2564 ^ l - 78 , 9958 ^ N i832 e 1782 E9 = 2079 , 8 — o , 8759 o, e< i I coefficienti finiti di ; cioè f (^i ) , f| (.^2 ) sono slati chiamati dal sig. Cauchy ì residui di/'(x) re- lativamente alle radici x, x^ dell' equazione (1), Se (*) Questo Teorema trovasi dimostrato nell' opere di La- grange, La Croix, Paoli, Brunacci , ed in seguito dimostrato più rigorosamente dai sigg. Ampere, e Cauchy, il primo nel XIII Cahier journal politecimiquejied il secondo in due opere sotto il titolo di Resumé desLeconssur le calcul infinilesimalPai'is i823. Leoons sur le calcul infinitesimal . i8'i9. Calcolo dki residui 89 la detta equazione (1) ammetta n radici eguali ad x^ farà d'uopo sostituire alle (2) la seguente (6) {x-x,Y/{x)===[(x) e quindi ponendo x, + e in luogo della x si ha che sviluppata fino alla derivata del grado n da (8) 6 e ' I I f (-"-') (x^ ) f^") (iC, + E 9 ) ^ — — 4" ' ■ 6 i»2.3..(n-i) 1.2.3...» dove 9 è un altro numero diverso dal precedenlp, ma anche esso compreso tra i limiti o , ed i , cioè > o , e < I. Il coeficiente di — sarà in questo caso e il residuo della funzione per le n radici eguali della (1), Neir estrazione di questi coefficienti come abhiam detto si aggira il calcolo dei residui, quale estrazione si deno- terà con il simbolo L avanti ìa^" (x) racchiusa tra due parentesi a guisa di una nuova caratteristica, vale a dire (9) £ ( (/ (•^) ) ) = f (X.) + f. (.rj + f, (x,) + ... Ammettendo la (1) n radici eguali ad x^ bisognerà rimpiazzare quest* ultima con l'altra 90 Sci k n z k ( 1 0) & ((/ w )) = f. W + r (x,) + ... + T^^^J^j^ JNfoi potremo chiamare con il citato sìg. Cauchjr la somma dei residui per tutte le radici della (1) Re- siduo Integrale. Osserviamo intanto , che nell' ipotesi delle n radici eguali la (7) si trasforma ancora in (11) f (.r, + s) ^aVC-^. + 0 quindi differenziando w-i volle , e dividendo per il prodotto i.3.3..(«-i) , avremo (12) 1.3.3... («-i) 1.2.3... (n-i) r/ e" ' purché dopo le differenziazioni pongasi £ -== o. Si po- trà dunque concludere \° Che per ottenere i residui della funzione relativamente alle radici ineguali rea- li, od imnginarle, basterà formare altrettanti prodotti simili alle (2) e quindi fare là ce eguale alle ra- dici corrispondenti. 2.° Che per ottenere il residuo della funzione riguardo alle radici ripetute reali , od iniaginarie basterà formare dei prodòtti siraili alla (6), quindi eseguire un numero di difFerenziazioni di un unita minore del numero delle radici eguali ^ e di- videre il primo , e secondo membro per il prodot- to 1.3.3... («-i), e porre in fine s =^ o od x =tx^» Calcolo dei residui 91 3." Presentandosi la funzione sotto la forma fra- zionaria f (r) se si voglia denotare la sonma dei residui per le ra- dici deir equazione F (j?) = o , noi scriveremo f(-0 ((F(..)) mentre per la somma dei resdui per le radici deirequa- 2ione — - — = 0, dovremo scrivere f(x) (15) siili ^ ^ ^ Fx) e quindi per tutte le rdici della — — >.-=; o avremo Che se inoltre abbiasi (H) F(x)=4>(^)4(^,-) le due notazioni 92 S e i K N ic e esprimeraano le so;niue dei residui per le radici dell' equazioni

o I. 2. 3... li la 4 (Jc) per il valore di x=x, od e = o rimane fi- nita , e precisatcente espressa da (38)' 4,(x,)=-^^i^-f^ I. 2. 3 ... « Ora dalle cose esposte si sa che per una radice x—x^ dalla formola (25) si ha Calcolo dei residui 99 (39) : ^ =-L 1.2. 3... n '^ (((z-.r.)'*+')) quindi facilmente — . -j- < — + — . — - -(- 1 #'>-'^ (x,) + (40) 1.2.3... (n-i) x-Xi (x-x j'^ ^ (( z .X, )) (^-x.)"-' '^(((2-:^.)Q) ; e siccome dalla l'ormola (28) si ricava ^^ ^ ((--.)) ^ (((.--.)'0) perciò avvertendo essere (s-x,)"- + (x-x,) (z-xy-' + . . . + (x-x,)"-' ^ (x-jc,)" - (s-xj" «a7-*/w la (40) si trasforma in iOO S e I K IV Z E (X'X.y '^ lx'X,y-' 1.2. {x-x^-^ ^* ' "^ +1.2.3... (n-i) x-Xi - ^(x-a^.)"(((2-^.)"))' ^'^ Eseguendo le moltiplicazioni indicate nel secondo mem- bro , esso si riduce a .... ^ 5?(2) I ^ (z-^.)" #(z) ^""^^ ^ (x.z)(((z-x.)'0) i^'^ù" "" (^--) (((^-^.)'0) Di più l'espressione rappresenta il residuo di per z=x, e mantenen- . , ^( -^1 ) dosi essa di valore finito cioè sarà nullo il suo x-x^ residuo , ed avremo in fine considerando ancora la for- mola (25) 5?(r,) f(x,) I ^"(x.) [X'X,)"- (x-.rj""' 1.2. {x-x)"'' (x- (46) s 1.2.3... {ti-i) x-Xi d h-l, H^) __ #^2) I x-z ~ (^-2) (((x-..)")j ^ ■|72T3...(«:;) r/z-; Calcolo dei uesidui 101 ponendo dopo le differenziazioni z = a?,. Di più ri- lleltendo essere si otterrà e la formola (37) si trasforma in (Z-.T,) /(s) ; La li (x) mantiene un valore finito per x = x^'^ per fi conseguenza quantunque \a f [x] divenga infinita per A x=x. nondimeno la differenza tra i due termini del primo membro della (48) rimane di valore finito per x=x^ od in altri termini per ottenere dalla f {x) y che diviene infinita per x=x^ , un'altra funzione , la quale rimanga di valore finito nella stessa ipotesi , ba- sterà sottrarre dalla y(x) una somma di termini equi- valenti air espressione ^ (2-X.)/(2) (0 5c {oc) .-= 0 Calcolo dei residui 103 altrimenti X (^) P^r ^=00 acquistcreLbe un valore infìoito ; dunque nel caso di una frazione razionale , nella quale il denominatore sia funzione intera di grado maggiore del numeratore sarà semplicemente od anche f (:c _ f (s) (^^> F(x) -^(x-.)((F(3))) La formola (53) porge il metodo per decomporre l'na frazione in frazioni semplici , ed in tatti i casi pOsSsi- bili. Cosi data la frazione (54) avremo per la formola (53) ed anche della (19) (.r-0^ (.r+ 3) ^ (X-.) (((2-1)^ ( z+ 3 ))) ^^ ] r I I ^ o (■^--) (- + 3) ^ ^ Cr-c)Js-i)- ' (((-)')) " ((= + 3))- Ma per le formole (24) e (25) a04 S e I E N Z E (56) j ^ ■(x-2)(z-l)* _ I ì ((2+3)y ~ (x-z) (s-i)* "" 16 (x +.3) ponendo z = — 3 y (x-s) '(z+3) ^ '(■r-2)(z+3) ^ ponendo s = i (x-i) dunque la frazione (54) si decompone in (55) I ì (56)' (^-i)^ (0:4-3) 4(^-0» (x-i) 16(o:+3) T.'' Moltiplicando l'equazione (52) per x avremo x/{^) = ^ 1 — e chiamato # il valore del prodotto se f {ce) nell' ipo- tesi di X infinita sarà ( a motivo dì i . = i ) (57) #= £((/W)) Annullandosi in un caso particolare la § si ha sem- plicemente (58) £((/(-)))=^ GaICOlo dei residui 105 Quest' ultima forinola sussiste tutte le volte, che la dif- ferenza tra il denominatore , e numeratore viene ad es- sere superiore all' unita. Infatti nel caso più svantag- gioso , che il grado del numeratore sia 11-2 , e quello del denominatore sia w , è evidente che per la molti- plicazione della X la frazione in proposito acquista un valore nullo per x = 00. Rimpiazzata lay(2) per 1 f ( z') l'altra - si ottiene dalla iorniola (58) , e dalla (16) x-z (-)^r-af))=^Pi)^^ x-z od anche setti plicemente ( essendo ^ -^y vr^—yC"^) ) i\x-z)) cioè siamo giunti di nuovo all' equazione (52) L' equazioni (52) (57) e (58) si estendono a casi più generali , che noi considereremo in appresso. Ponendo in un caso particolare C ^"^ + Ax""'^ + B^'"''' + . . . + H X + K (60) ] ( = {x-Xj) {x-x^ (oe-x^) - -. • • sia (61) f{x)==: {X-X,) (X'Xa) {X-X^). . . . lOG S e I E N z ir avrem» (62) xf{x)= ^""^ {X-.X^) {X-X) {X-X.^ dunque per w 4- i < m od ii < m-i il procìolto xfipc) si annulla facendo x = oo , e la formola (58) ci somministrerà 8 (63) ^ - ^^ ^^ + : r-^^ +...= 0' (x.-j^g.... (x,-x«) («r,-^,) ... {x^'X„) Se « + I ^= 7rz od w = ?» — i allora per le for- mole (60) , e (62) (64) xf {x) =^ — ^ ^ J + h . . . e supposta :z? = oo ^ la forraola (57) diviene ed eseguita reslrazione dei residui, si ottiene (66) "^ + ^ . +'...--= I (x.-xj .... (x,-^«) (-^^.--^ j ■-" {x^'X,) Risultato già conosciuto in analisi come la (63) Calcolo dei resiòui 107 Noi potremo dunque concludere , che in una fra- zione razionale rappresentata da 1' (x) nella quale il grado denominatore sia maggiore del grado del numeratore , si ottiene (67) £((/W)) = lira. Jcf(x) ed anche (68) vale a dire il residuo integrale eguaglia il lìmite verso il quale converge il prodotto x J [oc) per :r = co 8."* Abbiasi in fine l'equazione la quale ammetta n radici Xj, x^, Xt, . . . indipendenti dalla y ; è evidente , che per una radice x, della (69) il residuo della f {oc ^j) ^ viene ad essere il limite verso il quale converge il prodotto J 0^) ^ f{pCx + e, j) dove X'X^ — e , nel!' ipotesi di £ = o. e quindi ri|?l. iisnDfjjisoibr ? 108 Scienze tì?.e / (^, + e, r) d.f {x^ + e, y) (71) ^- = e ^ ' djr dy Ma essendo la oc^ indipendente dalla y anciie la de- rivata d y dovrà divenire infinita per x = x^ dunque il limite dm f (x "t* s T^ verso il quale converge il prodotto e ! — dy ^ per e = o esprime un residuo per la radice x^ dell' equazione =0 (72) -^V^ dj e perciò la derivata , relativamente alla y del re- siduo della f ( J? , y ) per una radice x^ della (69) eguaglia il residuo della derivala parziale per la stessa jr* Ritrovandosi nella (69) n radici eguali ad x^ , sarà per la forra ola (42) il residuo espresso da ^ ^ i.2.3...(n-i) tfe»-' ponendo in fioe e = o Ora per T indipendenza della x^ dalla y si ottiene Calcolo dei residui 109 (74) d e"-» '^ dr dy à e"' quindi ragionando ad un dipresso come nel caso ira- mediataraente superiore , potremo in fine conclude- re , che per tutte le radici , disuguali , od eguali della (G9) ma indipendenti dalla y si ha general- mente (75) ^ i,i e sviluppata la (36) fino alle potenze seconde , av- remo in forza di un teorema conosciuto ^ f e' (79) / (X, + e,:r + e.) = ~-+ f + -~ f. ■^ r (a:. + e e, 7^ + e e^) + e, f (x, + A e,7 + ^ ^») + — in (^. +6^,7 + 9 6,) n 2 e dove 9 è come sopra un numero > 0 , e < 1 . Ora e, il coefficiente di — è precisamente I ponendo in fine s = ò , o vale a dire l'espressione (71). Nello stesso modo sviluppando la (77) fino alla derivata ( » + i ) "''""^ avremo dallo sviluppo in serie (*) Anche questo Teorema trovasi dimostrato uell' opere di Lag- range,La Croix, Paoli, Brunacci. Calcolo dei residui HI f f e, f, (80) /(^. + e,j+0 = — + ri^-^-T- I £• S.' f" j L_ f ' 4- , *■ . f + . . . + . . . . + _ + — ! — : + — I — .+... I.2.3...« e. 1.2. 3. (w-l) 26^. I.2.3..(W-2) S.- f(«-i) 6," f(„) + ' ;; — ; r "«* •> e""' x.2.3...(7Z-i) e".i.2.J...w. ef<^"+')(^.+ 9s,J+0 6j f, W(a:, +0£,7 + eJ . + 7. ; ; r — + «i — ^ 1. 2. 5, . . . {n + 1) I. 2. 0. . . n + . . . . s 8 + ..., +-^f(nfi)K+0e,7+ee,) Essendo 9 un akro numero diverso dal precedente ma > o e < I. Qui ancora il coefficiente di — è evi- fi dentemente _ I ' d e"-' I. 2. 3. (/i-i) ' d / 112 S e I E N X E ponendo dopo le differenziazioni s =i o', qual equazione coincide con la (74) di già stabilita. Venga ora rappresentata la funzione dall' inte- grale definito (81) /(^,r)==/^'F(^.r)^r esseodo j„ un valore particolare della J" » e quindi In questo caso la formola (76) ci porge (^^) ^ ■'- =8 (( F ^» r )> ed integrando a partire da ^ = ^„ avremo (84) r £ (( F (^, r))>'r =£ (( F P (^, r) d:r)) Cioè si differenzia , ed integra sotto la caralteristica ^ egualmente , che sotto il segno / Tali sono i principii su i quali si appoggia il calcolo dei Residui. In altra occasione parleremo dei residui relativi a funzioni , le radici delle quali sono com- prese tre dati limiti. Servono essi per stabilire con Teorica generale dell' Integrali definiti. Noi per spe- ciale applicazione sceglieremo nei seguenti numeri l'in- tegrazione dell' equazioni lineari di differenze finite a Calcolo dei residui 113 ' coefficienti costanti , mostrandone in queste ricerche Ja facilita , e generalità superiore ai metodi conosciuti, con cui si arriva all' iutegrali di queste equazioni ; I aggiungendo eziandio la determinazione delle costanti I arbitrarie per condizioni particolari del problema. Jpplicazione del calcolo de residui alt integrazione dell' equazioni lineari di differenze finite a coefficienti costanti. 10.° Il Sig. Caucby fa vedere la facilita del cal- colo dei Residui applicato all' Integrazione dell'equa- zioni lineari differenziali a coefficienti costanti. Noi seguendo un metodo analogo per arrivare all'integrale delle dette equazioni differenziali mostriamo 1' uso del calcolo dei Residui per determinare 1' integrali dell' equazioni lineari di differenze finite a coefficienti costanti. Sia data primieramente l'equazione generale di dif- ferenze finite dell' ordine n tra due variabili x, 7 cioè (1) A"/+«, A"-' Y ■{■ a^ A"'-j-+...+a,;_i Aj + a,y=o Of^az^a^ sono quantità costanti, e costante eziandìo as- sumeremo la differenza h della variabile indipendente x. Essendo la (l)un' equazione lineare vediamo , se possa ad essa soddisfarsi per una serie di esponenziali del- la a;, od in altri termini esprimere la variabile / per una serie di detti esponenziali. Dai principii del calcolo dei Residui , e precisamente per la formola (36) sta- bilita al num. A.° , sark la j espressa per una tal se- rie , se prendasi generalmente ; essendo il numero e k base iperbolica G.A.T.LXUI, 8 Il 4 Sri K N Z E L'estrazione dei residui dovrà, riferirsi a tutte le ra- dici dell' equazione trascendente F (^) =>o indipen- denti dalla X. ^ e da determinarsi convenientemente per soddisfare alla (1 ), Prendendo la differenza fini- ta dell' ordine m della y , sarà in forza delle con- seguenze dedotte al n,** 0° Facendo successivamente m =:i. i, a, 3 . . . n , e sO" stituiti questi valori uella (1) avremo òx oh 6h Jh . , 1 ^'^^ Kn»))) ^ Quest'equazione (forra. 34 n. 4") viene evidentemente soddisfatta se per la F (9) prendasi / 6h Sh , Gh , (5)F(a)==(e -i)"+rt.(e - 1 )"-'+.., +a„_.(e -0+fl„ perciò la formola (2) rappresenterà l'integrale della (1), purché l'estrazione dei residui si eseguisca per le ra- dici dell' equazione trascendente (*h eh Ph (6) (e -ly + a^{e -j)'^"' + ... + a«./e -i) + a. «= o Calcolo dei residui -JIS sarà poi integrale completo, perclib la f(d) si tra- sforma in altrettante costanti , per la sostituzione di ciascuna radice della (6). E' d'avvertirsi che l'in- tegrale rappresentata dalla forraola (2) e generale , e comprende anche il caso che l'equazione (6) ammet- ta radici eguali. L'estrazione dei residui potrà dipen- dere da un equazione algebrica , se pongasi (7) /^-. = . e quindi prendendo i logaritmi iperbolici (8) 6k=l(i+r) , e=/(i+r)\ ed 6x r e ponendo (9) F(9)=»5?(r)=r'^ + a.r"-» + ar^-^r ... ^an.,r^an^o (10) 9(fl) = 9 [/(i +r)^ ] = 4(r) e l'integrale (2) si trasforma in h (11) v = ^Ì(l(i+''> Coii data per esempio l'equazione del terzo ordine 8* H6 Scienze (12) i^y — ^ùry -f Sày -, 2y = o sarà evidentemente (1 3) §{r)=r^ - 4r' + 5r ~ 2 = (r -i)\r - a) e quindi otteniamo dalla (il) od anche per la formola (19) stabilita al n.° 3\ ^ir)(i^rrf ^ 4(r)(i+r)^ (,«3)(((r-O0) C^-OX(^-^)) Ma per le formole (24) e (25) del n.° 3.» si ha (16) < -(i+r) fl^. (i+r) o r— 3 r— 2 ' (((''-OO) ^ ^^^^ ponendo in fine r = i .r ponendo r =^ a CAixor.o DEI nEsiDiji in ilunque facenilo per brevità (17) c--=-(4(i) + ^'(i)), c'- =~-,c"='i;» si ottiene il richiesto integrale completo , cioè (18) ^ = C2^ +C'x.2^ + C"3'' 11." Non s'incontrano difficolta maggiori se il secondo membro della (1) invece di essere nullo sia una funzione della x , cioè data sia da integrarsi l'equazione di differenze finite , (19) òTy + a^ùJ'-y + a^ù^'^y + ... + a.,j- —/(x) Il celebre Lagrange per integrare quest' equazione sup- pone che il valore della y mantenga la stessa for- ma nel caso di /"(x) — o con la diversità , che le costanti arbitrarie sieno rimpiazzate per altrettante fun- zioni della X. Fissa pertanto l'equazione (6) procu- riamo di soddisfare alla (19) con la forraola Sx (20) r^F'^^'''"^- e la questione sarà ridotta alla determinazione del- la rj.(9,x) per tutte le radici della (6). Lo stesso La- grange per determinare queste funzioni suppone di più che le differenze della y fino alia n—\ conser- vino la medesima forma , nel caso di y(.r)=o so- i\S Scienze slituerido però le funzioni della x alle costanti; per- ciò presa la differenza dijr nella equazione (20) avre- mo dalla teoria delle differenze finite (21) Ar-^— (^^^^^j— + ^ ((F(,))) Sara questa differenza della stessa forma nel caso di y(x) «=s 0 , se pongasi ^A4(g,jc).e e __ d'onde evidentemente 6h dx ((F(»))) della quale la differenza finita sarà eh 6x Bk Sk , , Por m^AV c^^ -i)4(3,^)e (e -i)e A4(9,.r).e ^ ^ '= ^ ((FW)) "" ^ '((^^))) Anche qui si dovrà fare per cai si deduce CalcoIiO dei residui 1 10 eh ^ , 9x (e -iYM&,x)e ^""^ '^-^ m) ■ ^ Similmente prendendo la differenza finita di quest'ul- tima P^ , ex ^h fl/i S.r ^ ^ "^ ~ ^ ((FW)) """ ^((FX^))) ■ dove si dovrà fare • wm ° e per conseguenza Seguitando a prendere le differenze finite con queste condizioni fino alla n-i , avremo la differenza dell'or- dine n , 6^ ,„ , , ^ Qx eh ^ 9h ?.r ((FC^)))"" " ^t(F(^))) Dall'esposta teoria ne discende cliiaramente, che per tutti i valori di m <. n — i dovrà essere 120 S e I E N Z E , c/ì e/i ex ^ ' ^ wm — °" Sosliluendo nella (10) i valori di JT » Af , A^j , ... A""y , A"j- , introducendovi sempre per m < w — i la condizione (28) , avremo per la formola (6) ^ ^ " dm)) ""^ T(F«)7 .^-^^ ed essendo ( forni. 34. n." 4. ") ^, 4(8vic)e F(9) = o resterà solamente eh eh ex La questione adunque sarà ridotta a soddisfare nello stesso tempo alle due equazioni (28), e (30). Ma tra- sformando la 0 in r per mezzo delle formole (8), ab- biano per m(r)(i+r)"' = (p(r) vale a dire X * _ r — * (41) ;-=£ !^M£.+r('+'")' '^('+'') '^■^(•'^ ((F(r))) -^^ ((FW))" Calcolo dei residui 123 Ognuno vede ora Tanalogia , che passa tra l'integra- le (41), e l'integrale (11) della (1). Tali sono le di- verse forme , che può subire l'integrale dell' equazio- ne (19). Esse hanno il vantaggio di essere applicate nel caso ancora , che la ^ (r) = o ammetta radici eguali. Così se data sia l'equazione del terzo ordine (42) ù?y — Gay + II ^7 _ 6^ _, 5. avremo evidentemente dalla formola (9) (43) ^(r) = r5-6r^+ iir-6=(r-i)(r-2)(r-3) e l'integrale (4!) , che comprende le costanti arbi- trarie sì muta in (^4)jr-8. ^(r)(i+r)' X {i+rf x(i+r) ^rr ^(((r-i)(r-.)(r-3)))+^ (((r-^i)(r-2)(r-3))) Ma per la formola (10) del n." 3." si ha (45) Ù (p(r) (i+r)' (((r-i)(r-2)(r-3))) ^ ((^Zr^Jj

(((r-i)(r-2)(r-3))) ^ ((r—)) .r -r (l+r) , ~h^ (l+^*) , , ."V^ Ma per la formola (24) del n." ?.° i residui indicati nel secondo membro dell' equazioni (45) , (46j so- no egnali ai respettivi numeratori ponendovi nel 1." termine r ^=: i , nel 2.** r == 2 , è nel 3." r = 3 : dunque otterremo facilmente >,-77- ■ vr = .2 - «/ (x) od anche della simbolica, ( mutate le potenze in dif- ferenze ) (54) (A-rOV=/(^) vale a dire ^ = (< +r/ "|'|r(.+r.)' VW-=^(. +r.)"^/ (x)1 Conia stessa facilita si trova l'integrale della (10) nell' ipotesi delle n radici eguali ad r, , divenendo essa (55) A" ^^nr, A^-'j + — i i r^ l'"^ y _ ... od anche rappresentala simbolicamente per 12S Scienze (56) (^-r.)"r=/(-^) J' onde la forinola (37) si cambia in (") •" =- ^^ (((-.)■•)) e per la formola (25) del nura." 3.° si otterrà l'equa- zione rimarchevole (58) r = I rf'-'Ui+r)^ 'r( I +r) ^ f ix) ) 1.2.3... (^n-i) f/r j»-i ponendo dopo le difFerenziazioni r=r^. Eseguite le«-i differenziazioui indicate , e mettendo per brevità M = t(t-)--(t-'-) I. 2. 3... {n-\) (59) X f X ~h\~h I. 2. 3... («-2) h si arriva ali* integrale cognito (60) y , Calcolo dei residui 120 r+' m (, + r.J /(x) - M, s 1— --(.+ r,) ' y(*) r -» (i+O + M„. , a-) 2.3, :^ +«-2. ) jv^ + 2 (r+0-(^^"-') 2. d. «■ ii + f\)'7^i.r) E' importante di osservare , che nelT equazione (GO) ad ogni integrale finito deve corrispondere una funzione periodica della x . Dall' esposta teoria si scorge la facilita , ed utilità , che presenta il calcolo dei Residui in questo sorta d' integrali ; e noi a que- sto proposito faremo due osservazioni -1.°, Che l'inte- grali della forma (2) (35) (87) , comprendono il caso che r equazione ( i) ) ammetta reali eguali, 2." Che ammettendo la stessa equazione (9) tutte le sue ra- dici eguali , basterà per arrivare all' integrale di ese- guire n-i differenziazioni della quantità indicata nel secondo membro della (58); mentre negli altri me- lodi fa d'uopo decomporre un integrale multiplo del grado n in altrettanti integrali semplici , per la re- gola dell' integrazione per parti. Passiamo ora alla de- lerminaziono delle costanti arbitrarie. 13." Supponiamo infatti, che nell' integrale (11) della (1) acquisti la variabile x un valore partico- lare Xo , ed in forza di questo valore si la y , che le differenze finite fino alla (n-i) '■'''""' si riducono ai dif- ferenti termini dì una progressione geometrica. G.A.T.LXIII. 0 V 130 S e 1 K N Z K (61) D% I»', «% «', ... H"" e evidente , clic prendendo la differenza dell' ordine m , nella y avremo dalla (11) , od anche dalla (3) trasfor-» mata la 9 in r X ,. 4- (r) r"' (ì + r) (02) A'«j = ^^^-'' ^ (cm) fjuindi ( forni. 24. num. 3,°) avvertendo all' equazione identica sarà per tulli i numeri w < n V equazione di, con-< dizione Trasportando tutti i termini nel primo membro , ri-- caveremo (forra. 19 num. 3) (60) ^ (((.-.-)7-(7))) - = " Ora ( A' - » ) oF' (r), è un prodotto del grado n + i per rapporto ad r, d' onde ( forni. 68 num. 9 ) ((( r-u ) ^ ( '• ))) " ' r""-' -f- a, r" + ... per m < k ed ;• =^ ce , perciò la formola (65) non potrà essere verificata , se cliiamando C una quanlitìi costante , o indipendente da r non abl/iasi , ""i Calcolo dei residui 131 X, (67) 4(r)(r-0(i + 0''-^W=-G o per conseguenza (68) 4(.)=^^:^i^c.H-o'^" r — V) La 4 ( '*) '^0'^ può divenir di valor infinito per r == », dunque per questo valore di r dovrà svanire anche il numeratore , ossia (69) ^(:) + G = o, o C = ~,f (») e la 4- ( '* ) sarà in fine 4 (r) = ( I + '^ ) r-ìD Per la sostituzione di questo valore l'integrale (H) diLiene sviluppando > — ~ in una sene secondo le potenze ascendenti della h , ed eseguita l'estrazione dei Residui , arriveremo ad una espressione della forma seguente (71) j ^ P ;,» + Q .,' + R :.a + ... + V «"-' + W »/'-' Onde per X = ^o l'equazione (7I) verifichi le con- dizioni (61) dovrà essere per questo stesso valore 0* -132 Scienze aP = o, aQ = 1, aR = 0, ... aV=o, aW=o (72) ; aT=o , A^Q-o, a'R-1, ... A='V=a, a^W=o ( ■' P=o , A"-' Q=o , A"-' R=o,... A" ' W-= 1 Se in luogo di ridursi ai differeuti termini di una progressione geometrica per x =^Xo , si la 7- , che le difìérenze fino all'ordine ii-l , avessero a ridursi a dei termini qualunque (73) !o, f|» «j» «?,» • • - »^«-T potranno ancora valere l'equazioni (70), e (71), pur- ché agli esponenti si sostituiscano gì' indici della « , ed alla (71) rimpiazzare (74) j = P .„ + Q ^^ + R „, + . . . + V„_, + W„., Cosi per esempio nell' equazione di differenze finite del 3.** ordine (75) A^J — 6 A^ j + I I A j — 6 =0 r Integrale della quale è n«) '■-^(((r-0(r-.Xr-3))) e si voglia per un valor particolare di x =0,7"= j, Aj^ = 2, à'^y = 3, basterà avvertire , che sostituendo gli indici alle potenze , si ha per 5? ( r ) = r"' — 6 r^ + 1 1 r-G (■77) tli lU = ( ,.'^-G r+ I I ) '0 + ( /-6 ) \+ «* Calcolo dei residui 133 e sostituendovi >?o = i, », = a, w^ =.• ;^, diviene (7o; = r — 4 r + 2 e la '1- ( r ) per la forniola (69) diverrà per Xo~^ o (79) 4(,.)= (r^-4r+2) (i+r) = r"* - 4 r + 2 , e r integrale (76) si trasforma in X (80) ^ ^£(^■-4'- + ^) (.+'•/ a:» (((r-,)(r.^2)(r-3))y ed estralli i residui riguardo alle radici 1 , 2 , e 3 , avremo 1 fi h I /' (81) y = 2 +2. 3 /, 2 2 Questo valore verifica evidentemente le condizioni date * prese infatti le differenze si ottiene 1 A /j 3 h A^=. 2 +4. 3 4 2 2 (52) ; A* j = 2 +8.3 4 2 2 e fatto X --=, 0 , le formole (81) ed (82) ci porgano / r= 1 , A ;r ^= 2 , a'/ ^ 3 , come si richiedeva 1 34 P Scienze 'J3, Consideriamo presentemente l'equazione (Ig), r integrale della quale è rappresentato dalla formo- la (41); e vediamo in quali casi si possa fare una de- terminazione generale delle costanti , in un modo ana- logo al precedente. Se noi supporremo , che l' inte- grale finito espresso dal secondo termine della for- mola (41) svanisca per x = a: j,, potrà allora alla va- riazione X sostituirsi un* altra variabile z , compresa tra X , ed Xo , e l'integrale (41 ) verrà trasforma- to in X x-z m> . e *('■) (i+lf ^ o('+r)-^;„( I +r)"/( . ) ^''^ ' = ^ T-mr ^ ^ — (m) — dove il simbolo S^o denota l' integrale finito definito compreso tra x, ed x^ secondo la notazione proposta da Fourier per i' integrali definiti , od in altri termini (84) Y =^u •\- V u^ V essendo due funzioni della x determinate per le formole X (85) „.^<-*W(.+^f *U ((^Cr))) •^gg^""gÌ3wio di più, che la funzione y ridotta adf = u quando y (jc) =r= o , mentre la medesima funzione ridotta Siày = V ^ seguiterà a verificare l'equazione (19) , se si si prenda , ^j (r) = o. Vogliasi ora i valori delle funzioni corrispondenti ad ^ =* Xo far coincidere con f difierenli termini Calcolo dei nEsibin 135 Ì)enotaQJo m un numero intero inferiore ad n , si avrà dove ^'^ ^ ^ ((if«)) ■ Ma e evidente che per .r=Xo il valore ù"' 'jj svanirà sem- pre , dunque per verificare ic richieste condizioni ba^ ster'a prendere (88) *„=*J:^\,„/" sostituendo dopo lo sviluppo gli indici agli esponenti di " , perciò sotto queste condizioni 1' equazione (83) diviene X-Xo X-Z ^ ''^ - ^ ~r.^-p.)))+ S (( .f M )) - oU anche x-z-h :r-L ^ {r)'§{ )^ . . s '^ . ^ -^ . . . ^' .. . 1 * .-„ ('+^) +-°c+'-) '^(^'((^My) (14) Sara bene qui di osservare, come il calcolo dei residui combinato con l'analogia delle potenze con le differenze ci offra un modo speditissimo per arrivare air integrale generico dell'equazione (19), Se abbiasi ia formola ù,il ^=^ l {x) sarà certamente w = 2 f {x) qual integrale si potrà esprimere per l'equazione sim- bolica U = -^ -= S f (X) iSG Scienze Similmente l'equazione lineare del primo ordine a coef- flcienli costanti ila per suo integrale indefinito che può esprimersi simbolicamente per Ciò posto se pongasi per brevità § (r) = r" + «j r"-' + «, r""^ + . . . + ^z„_, /' + «„ L'equazione ( if> ) del nura. ii." si rappresenterà simboli" camente per,ef (a) y =/'(x),c quindi il suo integrale pa- rimenti simbolico è Ora considerando a qual quantità sarà la y una fra- zione razionale , nella quale il grado del denomina- tore è senza dubbio maggiore del grado del numera- tore , perciò chiamata r una variabile ausiliare , po- tremo l'anzidetta frazione risolverla in frazioni sem- plici per la formola (53) del num. 6." vale a dire _/(x) /(-^i.^ /(x) sostituendo in quest' ultima il valore trovato per A-r si l)a immediatamente l' integrale generico (*) Qui suppongo determinato per qualcuno dei noli metocti questo integrale dell' equazione del primo ordine. ** Calcolo dei residui 13T tiove per ciascuna radice della 5^ ( r) = o, dovrà cor- rispondere una funzione periodica della x. La trovata ultima equazione coincide con la (37) del nuni. ii." Un simile processo di operazioni avrebbe a farsi per trovare l'integrali dell' equazioui lineari difFeren- zìali a coefficienti costanti ^ ma ciò riserviamo in altra circostanza. Un' importante riflessione è da farsi sopra l'otte- nuti Integrali finiti. Quando la variabile x cessando di essere un multiplo della differenza h il binomio , i + r^ diviene negativo , devono alle potenze (i + rf , (i+r) ^ , (i + rf sostituirsi altre espressioni, che noi brevemente indichere- mo. A tutti è noto, che denotando per z una quan- tità qualunque reale , ed immaginaria espressa per z =^-p + (j v-i-, ed a un numero qualunque reale , la potenza z ammette un' infinita di valori dipendenti dalle potenze o di 1 o di — 1, quindi racchiudendo con dop- pia parentesi la z per indicare i valori totali noi scri- veremo per p > o (fz))" — s" r^ 1 )) e per (f7 < o ^^s)^"' = ( — z)" (( — ijV. Ora chiamato k un numero intero qualunque si ha ((— i)y=^co^ [(2 /f+ 1 ) a 7r] + !/"- I. se?i. [{2 h + Oot] (2A--fi)rt'7rK-i = e dove fatto k = o , si riduce a rt-TT V-t cos a-TT •{• V -i. sen an: s=:e dunque nel supposto caso, essendo, -i— r, quantità po- sitiva in luogo dei tre indicati binomi converrà sostituire 438 S e I E N Z E ( - 1 -r) e , (-i-r) e ( - 1 +-r) e Osservazioni sulla presente memoria Se nell'equazione -;— — r-=o, la variabile indiperl- dente :; sia funzione di una nuova variabile t , cioè s = f (^) , ed a ciascun valore di z corrispondano uno o più valori di t, benché abbiasi /(z) =/ [ f («) ], pur- tuttavia non sarà lecito di fare il cangiamento della varia- bile indipendente nel i?e«fl(ii sac- charei kaberet. G.A.T.LXIII. 10 l-'lG S e I E W 2 K zarsi. Molti erano grossi come il pugno chiuso : dia- fani air esterno : nocciolo bianco e duro, e lamine al- ternanti : la superfìcie coperta di tubercoli grossi quan- to la punta del dito mignolo e simili alle cristalliz- zazioni calcane dette a dente di porco (a). 3 Neil istoria dell' accad. R. delle scienze di Parigi (a. 'I769 p. 18 ) si legge la relazione fatta da Adanson della grandine ivi caduta il 7 luglio di queir anno. Per mezz' ora mista a forte pioggia pre- cipitava grandine a forma di piramidi a 6 facce, oltusissime, lunghe 6 linee , e larghe 3. Cangiato poi il vento da ponente in fortissimo greco ( N. E ) , per un quarto d'ora incirca scese colla pioggia gran ' copia di grani simiglianti a bottoni ( fails come des Loutons d'habit), di D lince di diametro, cosi tra- sparenti e regolari che ingrandivano gli oggetti sen- za disfigurarli a guisa d'un vetro piano - convesso. 9. Nella grandine di Padova, oltre alle masse a un dipresso globose, altre ne piobbero in forma di lastre : alcune avevano il lato massimo di centim. 20. Talune erano come lenti convesso-convesse , di dia- metro fra 5 e 10 centimetri , parte a contorno an- goloso e irregolarissimo con qualche rudimento di cri- stallo di forma priymatica di 4 facce; parte circolari o elittiche senza spezzarle mostravano cerchi ed elissi di gelo alternamente trasparente e bianco-opaco : il centro bianco-opaco. Altre evàaopezzi di ghiaccio con orlo molto ingrossato, e solo in questo erano gli strali alternanti ( da 3 a 5); il mezzo sottile e trasparen- te e tavella forato per incominciala fusione. Altre erano lastre angolose con islrati alternanti irregolar- mente disposti , ma quasi paralleli d'Iati massimi della lastra : ad una faccia di questa aderivano de* prismi —*»——" H I I II» 11, I. . I . ■ I I- (a) Bibl. Univ. T. XXXI p. 5x gcplcuibrc 1828. Della grandine ^4^ quadrangolari di ghiaccio , lunghi 4 e 5 centiin : con una faccia assai minore delle altre e terminali da pi- ramide a 4 facce : erano fra loro intrecciali, e incli- nati alla superficie della lastra di 45" circa : // lato massimo di tali lastre era compreso fra UO e 1 0 cen- timetri (a). Questo fenomeno delle piastre di ghiaccio altre volte è stalo osservato. Nelle grandini , che afflisse- ro la Francia i giorni 12 e 13 di luglio Tanno 178^ piorabaroiio dalle nuvole de' pezzi di ghiaccio lun- ghi e grossi. Secondo il giornale delle scienze d'Edimburgo, il 9 agosto del 1828 piobhe a Hor- sley del ghiaccio solidissimo: parecchi tra i pezzi raccolti avevano 3 pollici di lunghezza e 2 di lar- ghezza. 11 giorno 30 delio scorso giugno (1S34) de- vastò più campagne della Sabina una grandine stra- ordinaria: i pezzi avevano varie strane forme , e mi viene assicurato che alcuni erano come piastrelle. Un grano posalo si trovò di 11 once. 10. Ma torniamo alla grandine di forma più ordina- ria. Manca in questa talvolta il nocciolo solido. Nel- la più volte già rammentata catastrofe di Padova descritta accuratamente dal dottor Casari e feconda di osservazioni e di sciagure , alcune palle translucide di diametro no:i maggiore di 3 centimetri mancavano e d' ogn' altro strato opaco e d'esso nocciolo , avendo io suo luogo delle bollicine d'aria e inforno a queste quat' che filetto biancastro appena percettibile. Fu narrato al Doloraieu che nelle isole di Li- pan 1 a-itio 1602 caddero pezzi di grandine enormi e bitorzoluli con una bolla aerea nel :nc/zo somigliaule ad un occhio. l'a! Ann. t.PiI.p tr'Tnv^ 3-. t^!T-. r., ^J;. 148 Scienze Il Sig. Michauil (a) osservava una magnifica Iroraba di mare , clie passava avanti a Nizza , quando ecco in- terrompe 1' osservazione 1' improvviso scaricarsi d'una graiidiue copiosissima , bencliè di piccoli grani, con- Ira le sue finestre. Ma alcuni di questi grani essen- do stali aperti , si trovarono nulla più che una sot- tile e coin[)atta corlecciii con entro solo alcuni pic- coli raggi dal centro alla circonferenza: si struggeva- no assai facilmente. Passala dopo alcuni minuti que- sta scarica , che toglieva la vista della Iroraba , la tromba non era più. Forse questa debol gragnuola dee dirsi piuttosto nevischio ( gresil ) che vera grandine ; ma non facilmente direi colf osservatore eh' erano gros- si fiocchi di neve , che il vento avea rotondato raea- tre cadevano. Senebier parla di grandine solida soltanto nella superficie, che racchiudeva acqua liquida. Il eh. cano- nico Bcllani assicura d' avere alcune volte osservato al piiocipio d' un temporale misti a goccioloni d' acqua de' grossi grani , che rompendosi nel cadere mostra- vano un guscio solido pieno d'acqua ancor liquida (!>■. 11. Talora si sonoosservati ì grani di grandine con- tenere verso il centro de' corpicciuoli al tutto diversi dall' acqua. Si lei»ge che in Islanda , dopo una esplo- sione vulcanica , e mentre 1' aria era tuttora ingom- brala d' arena vulcanica , cadde una grandine , ogni cui grano racchiudeva qualche particella di quell' arena. Leggiamo che nel 1821 caddero in Irlanda de* grani di grandine racchiudenti ciascuno un nocciolo (a) Mém. de l'Aiad. R. des scicnccs A. i^si'S-^g Turili. Méin. prdseutds p. S. Ij) Sulla gi-^ndi/ie Vieni- di A. BcIIhuì Milsiii.) iSj\ p. io. DetLA grandine: 14) duro. Uflo di questi corpi , che assi cuiavasl eslratto d' un grano di quella grandine , era solfare di ferro in forma di dodecaedro pentagonale (a). Varii fra i più accreditati giornali scientifici (b) hanno fatto menzione della grandine caduta nel genuajo del 1825 nel circolo di Sterlelamak ( governo d' Oren- bourg ) che conteneva de' corpi minerali. L' analisi chi- mica di questi die 0,70 d'ossido rosso di ferro e inol- tre ossido di manganese , silice, magnesia , allumina e solfo. Il di 11 luglio 1753 caddero a Toul de' grani di grandine, i «juali benché non fossero moltissimi, uccisero o ferirono alcune persone e molti animali do- mestici: un grano aveva circa 3 pollici di diametro in lutti i versi .- nn altro pesato si trovò di G once. Sembra- rono formati dcill'nniono di più grani ( ces grèlons enor- mes e'toient dcs polyédres irre'guliers , armés d'espcces de nervures formees par T assemblage d' autres grè- lons plus pelifs ). Il Conte di Tressan fé struggere in un vaso pulito parecchi di questi grossi grani , che diedero una pinta d' acqua. Fatta svaporar questa , restarono circa due grani e mezzo d' una terra insi- pida , effervescente cogli acidi (e). Varie persone riferirono che alcuni grossi pezzi della gran line di Padova avevano per nocciolo de' i pezzi di metallo , di pietra o d' altro. Il signor Ca- I sari non potè assicnrarsi di ciò , ma dice che coniti- j nissima fa V ossen>azione che nell' interno d'i molli V\ grani v aveano materie eterogenee e sabbiose or pia (a) Blb. Un. T. XVIII. p. 78. (b) Esempigrazia gli Ann. de chini, et de phys. Dèe. iSsS p. 42(>. (e) Hist. de l'Ac. R. des Sciences A. i^S^. p. r\. 150 Scienze or ineuo centrali. Egli osservò in una (grossa palla poca matcìia eterogenea diretta al centro , ii) un' al- tra un nocciolo cinerizio d' un cantini, di diametro. Lasciandola sur un pannolino a struggere , trovò su d' esso una macchia con della polvere , di cui qual- che molecola grìgio-nerastra fu tirata dalla calamita ; osservò con forte letile in alcune particelle un colore giallo-lucido e tutto V aspetto del solfuro di ferro. Nella grandine già rammentata di Tarragona molli grani , secondo la relazione, chiudevano in mezzo de' crini o altra materia leggiera ( un nucleo de pelo u otro cusrpo leve ). Se alcuni de' fatti soprallegati raramen- lauo gli aeroliti , c|nesto mi richiama al pensiero cer- te piogge P'i^i miraljiii di materia somigliante a capelli, Chladni nel suo catalogo di piogge straordinarie ne re- ca due csempj (a). „ 1582, 2 luglio. A Rockausen non lungi da Er- „ fort , caduta in gran copta d' una sostanza fibrosa „ simile a ciinì umani , in seguito d' una orribil tem- „ pesta analoga a quelle che recan seco i tremuoti ( a „ celles qu'ame'aent les tremblemens de terre ). i)//- „ cliel Bapst. ,, 16G5 , 23 marzo. Presso Laucha , non lungi da ,, Nauraburg , cadde in grau quantità una sostanza fi- ,, brosa , come seta azzurra. loh. Praetorius. Chladni veramente premette a questi due racconti il (!') segno di dubitazione. Peraltro queste piogge non sono punto più assurde di quelle del 1548 e del 1557 iimili al sangue coagulato , di quella del 1 686 simile a carta bruciaticela, di quelle del 1811 e del I8I9 di materia gelatinosa , e di altre analoghe, tutte riferite da Chladni senza punto interrog:ativo. Ma di ciò sia che vuole. (a] Ami. de eh. et ph. 1S26. mary. p. 2^9. Della grandine 1^1 Aggiungo un fatto che sembra essere stato Ignoto air erudito fisico or mentovato. Il Bartoli , per rela- zione de' mlssionarj del Giappone , narra come a' 22 di luglio del 1596 in Meaco e in altri luoghi del Giap- pone sopravvenme tutto improviso una sì folta piog- gia di cenere e di rainutissiraa rena , che il sole , co- me in eclissi, scurò. Successe a questa una pia stra- na pioggia di certi come capelli lunghi e grigi , se non che di filo pia sottili , di nerbo men forte , e in tanta copia che gli arbori n erano foltamente la- nuti. Poscia a 15 giorni sopravvenne un orribil tre- muoto , che se ne trasse dietro pili altri. per oltre ad un mese , ed è dal mentovato scrittore vivamente pennel- leggiato (a). 12. Tornando alla grandine , Dechales afferma che si trovano talora ne' suoi grani de' peli, o paglie o altri simili corpi (pili, palese, aliaque hujusraodi ) e sem- bra che al suo tempo non si dubitasse di questo fatto, che esso attribuisce a venti furiosi e turbinosi , che abbian levato del suolo e portato in alto que' corpic- cioli leggieri, ed è questa per lui una delle pruove della mediocre altezza del luogo ove si genera la grandine (b). Ciò mi richiama alla memoria che in una furiosa gran- dine caduta in Orvieto 1' anno 1828 si disse che in qualche grano s' era trovato il guscio d' una lumaca. Kbbi anche in dono non mi sovviene se uno o due di tali gusci di elici di mezzana grandezza , che prelen- devansi entrati per le finestre racchiusi nella grandine- Non potei peraltro assicurarmi del vero. Il Signor Riccioli valente naturalista mi assicura che cadendo alcuni anni addietro qui in Roma una graa- (a) Giappone L. II. p. 368 Ed. Rom. (h) Cursus Mathemat, T. IV ?• 686. 152 S e I S N 2 K dine di mecìiocre grandezza , egli ne raccolse alcuni giani , e gli osservava mentre si struggevano: due fra i più grandicelli lasciarono struggendosi de' pezzetti di pozzolana. 13. Senza cercare per ora in qual' maniera Taltra- zlonc moleculare trionfando della forza contraria del calorico fornii delle masse di acqua saldamente agghiac- ciala ( che poi non altro è la grandine ) e ciò assai spesso nella calda stagione e nell' ore più calde del giorno , non possiamo dubitare che essa congiunga le particelle dell'acqua al modo islesso con cui congiunge quelle delle altre sostanze minerali- Soltanto può du- bitarsi se questa che chiamo attrazione moleculare sia nel caso nostro qualche cosa di più dell' ordinaria at- trazione che porta tal nome , se sia cioè aumentala da qualche straordinaria forza che la r§nda atta ad ope- rare più eQìcacemente e in distanza maggiore. ISon sempre per 1' attrazione moleculare si unisco- no le molecule minerali in cristalli , ma spesso in for- ma o globosa o tale che più o meno a queslasi avvicini. Ksempigrazia il carbonato di calce si trova in globetti ( ooliti ), che spesso hanno attorno a un nocciolo com- patto uno o più strati concentrici; quelli che si tro- vano in uno stesso luogo e appartengono a una mede- sima formazione ; sogliono avere volume a un dipresso eguale. La montagna detta degli uccelli non lungi da Hyóres in Provenza, descritta da Saussure (a) , è tutta comj)osla, almeno nelle parte superiore, di palle calcarie astrati concentrici e formate di raggi convergenti verso il centro: le maggiori hanno 2 o 3 piedi di diametro , le minori 2 o3 pollici. (a) Voyagcs dans Ics Alpcs § il^'jt. Della grandine 1o3 Spesso il carbonato di calce si trova in {^lobelti formati attorno a un noccioletto di materia straniera, che sovente è un grano di sabbia ( pisoliti , confetti di Ti- voli ) sono a strati concentrici , e talora uno stra- le ha apparenza diversa dall' altrp. A Carlsbad in Boe- mia se ne producono nelle sorgenti termali de' grossi come una nocciuola con ìstrati alternamente bianchi e grigi, talvolta con una sfumatura rossiccia. Molte volte racchiudono pezzetti di materia vegetabile e allora sono porlo pii!i allungati. Assai frequenti sono le concrezio- ni formate attorno a minuzie de' vegetabili , di forma irregolare , senza strati concentrici distinti e con super- ficie granellosa. Né punto è rara nelle concrezioni calca- rie la struttura fibrosa. Il quarzo spesso si trova in globetfi pieni e talora in globetti vuoti con entro acqua ed aria ( quarzo ja- liao aereo-idro, quarzo agata anidro ). Nella Contea di Chester si trova il sai gemma in massi poliedri formati di strali concentrici distinti da diversi colori ( Playfair ). Non dì rado certi minerali si presentano in forma di geode ossia di cavità tappezzate di cristalli ovvero con entro de fili o , come dicono, de' cristalli aghiformi e. gi di aragonite. Il solfuro di ferro si trova spesso in forma glo- bosa o ovale colla superfìcie drusica, vale a dire coperta di piramidi or piccole or grandi, cioè di cristalli , de* quali non appare che un angolo solido. La struttura in- terna è fibrosa: male fibre non arrivano al centro r la parte centrale, almeno alcune volte, forse perdiè men du- ra , è assai pili del rimanente disposta _,a trasformarsi in vetriolo. E' assai ovvio nelle masse minerali osservare nelle parti esteme un aspetto più cristallino e trasparente che nell' interne» 154 Sciente Avviene più volte che i minerali che si crislaliizano, forse perchè Y operazione e troppo precipitala , prendo- no, invece di quelle de' perfetti cristalli, delle for- me , che Ilaiiy chiara:ì indeterminabili : e. g. lo sme- raldo ha forma di cilindro in vece di quella di pris- ma esaedro , il carbonato di calce ha forma lentico- lare invece di qnella di romboedro. 14. Ora questi accidenti appunto noi riscontriamo nella formazione della grandine. L'attrazione moleculare unisce le molecule de' vapori vescicolari non in masse di ghiaccio traslucido , ma, come vediamo nella neve e nella nebbia gelata {gh>re de francesi ), in cristal- lini aghiformi , che formano piccole masse bianche ed opaclie. Se quell' attrazione , ajutata per avventura da qualche forza ausiliaria , accumula attorno a que* primi noccioletti delle gocciole , o almeno del vapore vescicolare, che di presente diviene acqua, que- sta penetrando tra quegli aghetti, e ivi aggelando , darà loro consistenza e durezza , e talvolta li rive- stirà d' uno stratarello di ghiaccio. Cosi la neve dei ghiaccia] delle Alpi riceve sufficiente durezza dal sof- ficcarsi e penetrare che fa l'acqua tra le particelle di quella , e quivi aggelare (a). Formati così i grani di nevischio , o di piccola grandine , precipitando su d' essi nuovi vapori , si for- meranno degli stratarelii concentrici opachi se parte del vapore passi immediatamente dallo stato vescico- lare al solido , come nella neve , e trasparente se pre- cipiti ìd istato acquoso , e quindi s' induri in ghiac- cio. Mi pare che , precipitando in istato acquoso , po- trà ancora formarsi del ghiaccio, la cui parte interna aggelandosi più prontamente sarà men cristallina ed (a) V. Saussure Toyag. dans les AIpci S 525. Della onardink 155 opaca , e l'esterna più cristalliiia e trasparente. Men- tre l'acqua s' aggela in un vasello o in una pallina di vetro, non di rado la parte interna del ghiaccio non ap- pare diafana come 1' esterna. Allorché scrissi qualche cosa sulla grandine l' anno 1827 (a) osservai che dun- que il nocciolo opaco non bastava da per se a dimo- strare il successivo formarsi della grandine. Ora il ce- lebre signor canonico Bellani ha posto in piena luce questo formarsi del ghiaccio con nocciolo opaco , ed ha ottenuto , per cosi dire , una grandine artilìzìale , e insieme ha mostrato stesamente ciò che altri fisici , come Cartesio , De Ghalcs e Musschcnbroek , avevano asserito, cioè che a formare la grandine (o almeno le sue parti trasparenti) si richiede non già vapore, ma vera acqua liquida (b). Consegue dalle cose dette che non è necessario ammettere la preesistenza di un grano di nevischio per ispiegare la grandine con nocciolo opaco. Non- dimeno, essendo il nevischio frequente nelle alte re- gioni anche la state, e V acqua trasformandosi vo- lentieri in grandine attorno a un punto d'appoggio , benché di materia al tutto ad essa straniera , come abbiamo veduto , pare probabile che più facilmente e più spesso s'avvolga attorno al nevischio , come pen- sava Saussure. Le gocciole d' acqua , che formansi attorno ai primi grani di grandine, facilmente per la resistenza dell' aria prenderanno forma schiacciata e a un di- presso ellittica (e) ; e 1' attrazione le fa solide in quel- la forma in cui le trova (5). Anche Newton afferma (a) Specimina Meteorologica p. 22. (b) Mem. tit. C. I. (e) V. Yentui-i Commentari otl. p. j( ioC) S e I 1 N i E che spesso 1 grani di grandine sono conij)rcs.si (a) . Se la goccia è alquanto grossa e la resistenza dell* aria maggiore dell' usato, e. g. a cagione d'un vento ascendente , potranno i grani prender forma di lente con centro bianco opaco , e allora le nuove particelle acquee si accumuleranno più facilmente sul confor- no angoloso che attorno attorno a! grano. Cosi se il vento dia alla gocciola una forma irregolare , questa r' indurerà in ghiaccio di simil forma. Un veuto vor- ticoso potrà per ventura giovare a mantenerle la for- ma sferica. La presenza di corpicciuoli soliai di qualunque natura rende più agevole l'accumularsi delle particelle acquee e il loro aggelarsi , come vediamo nella nebbia gelata ( g/f re ) , e que' corpicciuoli verranno cinti at- torno attorno dal gelo , appunto come si osserva ne' pisolili ( 11, 12). JYon pare impossibile che qualche volta le par- ticelle che sono per congiungersi e convertirsi in gelo, prendano per punto d'appoggio alcuni vapori vesci- colari , e formino attorno ad essi una croslicella opa- ca, o una pallina trasparente vuota nel mezzo. Del- l' acqua e dell' aria resterà imprigionata nella parte centrale , analogamente a ciò che assai volte si os- serva non pur negli enidri , raa nel cristallo di mon- te , nel sai gemma ec. Talora le particelle d'acqua racchiuse nella grandine , potranno mantenersi liqui- de , fiuchè arrivino all' occhio e alla mano d' un os- servatore : altre volte geleranno prima di cadere , e aumenteranno la crosta gelala , o si conformeranna ia cristallini aghiformi nella piccola geoda (10) , ovvero, e probabilmente più spesso , chiuderanno questa del {iij Opt. L. I. par. II. i>r.fj. Della crardiks 157 lutto , specialmeute ; s' h restata imprigionala dal ge- Jo una f^occiola d'acqua bella e formala. 15. L'acqua , come le altre sostanze minerali, tende a dispoisi in cristalli regolari , allorcLe le sue particelle si uniscono iii circostanze favorevoli a tale operazione. Clarke nel\ 1821 trovò il ghiaccio in cri- ^ Stalli romboidali cogli angoli di 120.* e CO." Questa .si crede la forma primitiva dell'acqua. Altre volte si . è trovato il ghiaccio in prismi esaedri (a). Le stel- lette a sei raggi della neve spesso hanno nel mezzo una laminetta esaedra : taholta cade la neve in la- rainette esaedre o anche in colonnette esaedre ( w/x co- lumnaris di Becman ): queste furono vedute dal Car- tesio in Amsterdam , e molte ne osservò Hassenfratz nelle montagne dell' Austria. Si dice che si è trovala l' acqtia aggelata in doppia piramide esaedra. Molte possono essere le sue forme derivate o secondarie , ne sarebbe da far meraviglia se tante se ne osservas- sero , quante se ne sono scoperte nel carhonato di cal- ce. La formazione della grandine pare troppo tumul- tuaria , perchè possano Spesso fra essa osservarsi cri- stalli perfetti e grandicelli , e forse piià difficilmente si troveranno cristalli primitivi , che sembrano farsi pili volentieri allorché l'oppraziorie è lenta e tran- .quilla. Se ad occasione della grandine si fanno cji- .stalli regolari di ghiaccio, più facilmente questi a- ^ vranno fo rmc secondarie, e attaccandosi a grossi pezzi di gelo , potranno talora giungere in terra senza strug- .gersi , uè troppo deformarsi , conte è accaduto a quelli osservati in Padova dal sig. Casari (6,9). 1G. Più facilmente s'intende come nella grandina ('al CI:i!tc. Upon the cristallisalion ni', water. La Uad. fran- cese è nolùi Bibl. Ut»; T. XXVHI. p. .j;. 158 S e I E N 2 K si osservino gli effetti d'una cristallizzazione più o meno turbata e confusa. Tale è quella delle palle , che attorno al nocciolo hanno struttura fibrosa e ra- diata , e la superficie coperta di punte cristalline (7). La struttura radiata si prende talora da certe sostanze dopo la lor prima consolidazione, I ghiacci solidi e trasparenti delle fredde regioni , prima di struggersi, passano a stato fibroso ed opaco. E noto che lo zuc- chero d'orzo perde col tempo la trasparenza , e al- lora rompendolo si trova avere acquistato nelle parti sottoposte alla superficie la tessitura fibrosa. Si affer- ma che le incrostazioni silicee delle acque calde di Islanda da prima porose e friabili acquistano col tem- po un tessuto fìl)roso. Wat t assicura che le stalattiti calca rie passano talvolta dallo stato fibroso ad uno stato spatoso irregolare , e finalmente a stato di spato calcarlo perfetto. Non e per avventura impossibile , che nelle palle mentovate di grandine avvenga qual- che simile , ma assai più rapida, mutazione. Divenute fibrose , pare che facilmente possano rompersi , mentre scambievolmente si urtano, agitate e lanciate in tutti i versi dai venti vorticosi : diLitandosi i pori che so- no tra fibra e fibra , si formano fissure sensibili , e queste si propagheranno nella parte interna non fi- brosa , come le fissure hUe in una parte d'una lastra di vetro si stendono nel resto d'essa lastra. Ma però se la parte interna di queste palle si aggela dopo l'esterna, è assai probabile che lo sforzo dell'acqua, che si j dilata aggiaccbiandS , sia quello che le spezza, come pensa il lodato Bellani. Potrà cadere la grandine in cristalli imperfetti , che avranno forma di lenti o di cilindri o di lastre a un dipresso cilindriche. Le lenti di ghiaccio così trasparenti osservate dall' Adansoa (8) , forse non ave- vano nocciulo ditliuto ne solido , ne acreo ; in tal caso DfiLLA GRÀNDINE 159 erano piulloslo cristalli imperfetti che grani ordinar] di grandine. Le lastre di ghiaccio osservate a Padova o al- trove trasparenti nel mezzo (9) , pare che possano essere st^li cristalli imperfetti , a' cui orli si attacca- vano poi nuove particelle acquee che s'aggelavano e formavano gli stiatarclli alternanti trasparenti e bian- co-opachi concentrici , come attorno agl^ ordinar) grani di grandine. E' assai noto come le particelle cristal- line sieno disposte ad aderire agli spigoli , o sia de' cristalli già formati o d'altri corpi. E* possibile che cadano talvolta delle lastre irregolari cogli strati al- ternanti irregolarmente disposti , formati da lastre minori , che si uniscono in varii modi , ma sempre per gli spigoli. Ne è impossibile che una lastra di ghiaccio col centro opaco sia prodotta dalla cristal- lizzazione. Cartesio il di 5 febbrajo del '1635 vedeva piovere in Amsterdam delle larainette di ghiaccio sot- tili e traslucide con sei raggi ottusi a guisa , dice egli , dei denti delle ruote d'orologio. Alcune soltanto fra queste avevano nel centro un punto bianco (a) . I cristalli d'altre sostanze hanno talvolta nella parte centrale apparenza diversa dall' esterna. Quel poi viglio gelato (j) , eh' è frequente sulla piccola grandine , ed è una specie di brina preci- pitatale addosso, mentre traversava l'atmosfera , cuo- pre talora la grandine propriamente detta. Lo stesso intonaco separa , secondo il Bellani , i diversi strali provenienti dalle gocce d'acqua sovrapposte. Gos\ i cri- stalli minerali si veggono in alcune facce coperti di altri minuti cristallini o inquinati da una come pol- vere aderente di materia straniera. In certi cristalli (a) Mcleor. C. YI. f. io, 160 Scienze naturali formali a strali concentrici talora delle par- ticelle straniere si interpongono fra strato e strato e alcuna volta rendono debole e facile a vincersi Tade- sione d' una lamina coli* altra. Non so se alcun cbiraico abbia^trovato nella gran- dine l'acido nitrico o qualcbe nitrato : quando ciò av- venisse , punto non mi sorprenderebbe : dacché Lie- big (a) neir acqua de' temporali trovò sempre dell'aci- do nitrico , in quantità differentissìme , combinato ora colla calce , ora coli' ammoniaca. Egli tiene per certo che il fulmine traversando Varia sia occasione della formazione di molto acido nitrico. E' noto che Ca- vendish e dopo lui Seguin ottennero quest' acido , combinando l'ossigeue e il nitrogene col mezzo della scintilla elettrica. (a) Ann. de eh. et de pliys. T. XXXV. p- 33<>. 161 LETTERATURA Intorno alcuni discorsi di argomento religioso^ ope- ra di monsignor angelo Mai, pubblicata in Ro- ma nel 1835. A, ivrei onorevole occasione di lodare degnamente uno de' più illustri ingegni d'Italia, se monsignor Angelo Mai non fosse abbastanza lodato , e ( che più imporla) dai primi lumi delle nostre lettere. Quin- di a me parve miglior consiglio tacere i molti suoi meriti , che lo fecero caro a tutti quelli , che lo co- nobbero , e de' suoi studi si giovarono. Ne si creda il mio silenzio originarsi dal ribrezzo di parere adula- tore ; chò dove è saldo merito può lodarsi senza viltà, K togliendo io a parlare di questo libro composto di materie diverse , non farò che recar di esse una breve ma sufficiente sposizione , acciocché i lettori veggano la dottrina del Mai, e ne diano quel giudizio, che cia- scuno stimerà confacevole al pensare e sentir suo. Io mi resterò a dare il mio come superfluo e poco de- gno del M:)i ; mi basterà solo dichiarare , che molto gli debba sapor grado di quest' opera il clero come a solerte scopritore di ciò che può onorarlo , le mo- narchie come n caldo riprenditore di quanto può tur- barle : tutti per quella sua costante operosità d'in- gegno. ^J.A.T.LXm. 11 1G2 Letteratura Il presente libro è diviso in tre parti. Discorsi ac- cedemici : Discorsi al popolo ,• Sermoni latini. Nei pri- mi si parla delle sette e società segrete ^ dei meriti di Pio VII e del clero verso la letteratura : dei vi- cendevoli uffizi della religione e delle arti : dell' apo- logia delle feste. o Dei discorsi al popolo due sono in onore del B. Pa- cifico da Cerano , e de' s?. Cosma e Damiano , e gli altri intorno al peccalo, alla morte, alla eucaristia, al pa- radiso. I Sermoni latini hanno il titolo ,, De eligendo pontifice maximo : Augustini Valerli card, de occu- pationibus cardinale diacono dignis. I. Incominciamo dai discorsi accademici , e propria- mente da quello sulle sette e società segrete ; le quali sono distruggitrici d'ogni vincolo sociale, e portano fra gli uomini quella diffenza , onde lo scambievole danneg- giarsi è solo vanto d'indisciplinata barbarie. E lasciare che il popolo non vegga la virtù che a traverso di figu- re, di misteri , e di cifre, è volerlo privare d'ogni si- cura morale. Quindi non sarà durezza di governo te- ner fronte al tenebroso parteggiare di alcuni stolti , che falsando i nomi [Aìi santi lasciano venirci sul capo i pericoli e le onte di barbarica fortuna. Né ai fautori di sette darà mai ragione l'esem- pio di Pitagora , il quale spesso menù la sua ori- gine e i snoi costumi , perchè i suoi precetti si aves- sero come cosa sacra , e fossero norma costante al vivere civile. Perloohè non è da maravigliare se [)re- dicasse e confermasse il viaggiare delle anime pe' corpi , se fingesse di parlare ai buoi , ed averne ri- sposta , se negli apogei degli egizi apparasse molli arcani , se in luoghi sotterranei per alcun tempo Iraes- Argomento religioso "163 se ad abitare , e ne venisse fuori scarno e mace- ralo , facendo credere di essersi intrattenuto coi morti neir inferno , e di aver visto i supplizi , ai quali cia- scuno veniva dannato. Tutte queste cose erano alle grosse menti bastevole argomento perchè lo adoras- sero qual nume , ed ai suoi prestigi ed infinite su- perstizioni s'incurvassero. £ di lutti i suoi precetti fu severissimo quello dell' arcano ; al che disponeva l ani- mo de' suoi discepoli col silenzio di cinque anni \nì- ma di ammetterli fra gì' iniziati. Anzi sappiamo da Diodoro , che fu divieto fidare alle scritture le dot- trine della sua setta , e Giarablico racconta una tal Tirauca essersi con invincibile fermezza sottoposta alla tortura non volendo rivelare un segreto. Cade il Mai accusa Pitagora d'impostura , e si conferma nell' o\n- nione del siciliano Diodoro , che i seguaci di quella setta ( non meno impostori del capo ) venissero iu odio air universale - Dall' Italia il valente monsignore passa nella Gre- cia ; e discorre i famosi misteri eleusini , dove , co- me riferisce Cicerone , dalle ultime terre convenivano le genti ad iniziarsi , e non si celebravano clie a notte ; per la qual cosa il Mai , stando all' autorità di Lattanzio, crede sotto spezie di santità nascondes- sero le più sconce turpitudini ed ingiustizie. Ne può rimanersi di sbeffare la promessa data , come avverte Plutarco , ai soli iniziati e gerofanti , che non si lorderebbero giammai del fango nell' inferno; talché il resto de' mortali , che non partecipava a quella iniziazione , benché fosse santamente vivuto , doveva ravvolgersi nel fango eterno. Povera schiatta umana ! come sempre sei stata segno alla impostura ! Vedi nella Samotracln quanta pompa di superstizioni resa celebre da que' sommi impostori di Dardano , di Trit- tolesuo , di Kubulco e di Bacco , ai quali frutlilìcò 164 Letteratura di essere posti fra i numi, e nelle Gallie la feroce ed oscura religione dei druidi che gli uomini , quasi bestie , macellavano. ftja, secondo afferma il Mai, niun popolo vanta più misteri, più cercmonie, e difTormita religiose dell'Egit- to. Delle quali s'infettò l'Etiopia, la Libia , la Siria, l'Arabia , l'Italia , e perfino il gelido settentrione. E parve a Lattanzio grande obbrobrio alla religione con- traffare in tante strane e turpissime imagiui la di- vinità , e delle dottrine si morali e sì civili formare im raccolto di segni e di figure non meno agli egi- ziani che ai forestieri incomprensibile. Fero mi sia lecito il considerare ( e non intendo contraddire a quanto dottamente avverte il Mai ) che l'Egitto in mez- zo a tante superstizioni ed ambiguità ha dato a gran parte del genere umano quel civile e morale mo- vimento, che non meno del fisico ha prodotto molti beni e molti mali , secondo la diversità dei climi e delle umane vicissitudini. Dopo gli egizi si duole il Mai della supersti- zione degli etruschi e de' romani. Iid allega ( quan- to ai primi ) l'autorità di Clemente Alessandrino ri- prenditore veemente delle loro ceremoriie , riti, e lai- dissime costumanze. E l'arcano indovinare degli aru- spici era appo gli etruschi venerabile segno di re- ligione. Did quale furono eredi e fedeli osservatori i romani ; anzi presso loro germogliò , e mise più lar- ghe radici la etrusca superstizione : e se Numa , come afferma Tertulliano , si valeva di quanto gli etru- schi iraaginarono , per formare del suo popolo fero- cissimo e selvaggio una comunanza civile, e se ra- dicava negli animi di que' barbari la credenza di essere a parlamento cogli dii , e da essi ricevere tutte quelle leggi di religione e di politica , non fa- ceva che maggiormente confermare quel grandissi- AnCOMlENTO RELIGIOSO 155 Wo vero , che gli uomini si lasciano meglio ingan- nare , che persuadere. Ne io dubiterò che a Nuraa si òonvenga la taccia d'impostore , poiché il senato do- po molti anni non avrebbe arsi come pericolosi i suoi libri , trovati nel Gianicolo , ne' quali erano riposte e disvelate le sue misteriose istituzioni. Di queste però f-a sempre schiavo il popolo di Roma , e non so , diceva Cicerone , come due auguri possano incon- trarsi , e non ridere fra loro : ed io aggiungerò ( con licenza del Mai ) che sarebbe slato se incominciava a ridere anche il popolo ? . . . . Finalmente monsignor Mal fa parola delle sette die' cristiani , onde tanto reo tempo si volse per la chiesa ; e tassa principalmente la fanatica intolleran- za del mostruoso giansenismo , e il clandestino pro- getto di Borgo Fontana ; ed osserva pure come i più arrabbiati nemici del cristianesimo furono setlarii. Qui termina di parlare delle sette in ispczie , e comincia a discorrerle in generale , e piti a dilun- go. Nomina le piti famose superstizioni dell' astrologia , magia , demonologia , onirologia , raddomanzia , chi- romanzia , idromanzia ^ e simili. Dice come l'infame arte della magia , della quale fu trovatore Zoroastro, più che ogni altra cosa abbia invasa la umana pro- genie. E i re persiani , attestano Cicerone ed Apu- lejo , dovevano ammaestrarsi nella magia. Cita alcuni fatti di perfida ed inumana snper.^ stizione , della quale fu anche ammorbata la corte dei Cesari ; e lo stesso M. Aurelio, il più filosofo degl' im- peratori, molto si piacque della magia; ed apparò da un tal Giuliano caldeo come far la guerra se- condo il movimento degli astri. E qui il Mai previene le opposizioni di alcuni < che potrebbono accusare la religione di Cristo di se- , gretezza ne' primi secoli , e quanto aver egli par- 1B3 Letteratura lato contro alle allre sette, tornar pure a carico de'cii- stiani. Aiquali peraltro fu necessario il segreto de' loro misteri per non incontrare le risa e le persecuzioni de' gentili. Di poi rompe in una impetuosa diceria contro le sette de' moderni , e massime contro il giacobini- smo ; nella quale monsignor Mai compie l'ufficio di piacere a quel piincipafo, di cui è nobilissima parte. Ne io repugno al suo zelo , che gli uomini godes- sero di una vita tranquilla e ragionevole ; e non fosse loro perpetua calamita il temere sempre nuovi cambiamenti e sempre peggiori. Dalla saviezza de' governi dobbiamo sperarlo. Che dove è bontà di leg- gi , i torbidi intelletti o non sì attentano di nuo- cere alla civile comunanza , o i loro sforzi vengono presto rintuzzati da quella porzione (e sarà moltis- sima) che è amica dell'ordine. Lodo il Mai quando vuol mostrare doversi alle congreghe de' veri male- voli opporre il rigore delle leggi , come fu praticato in tutti i secoli da tutti i governi. Benedico le sue parole , allorché prende a combattere quel pernizio- sissimo errore, uscito dall' antro di Poliferao, la ci- vile società richiedere uomini giusti , non buoni , quasi che potesse darsi giustizia senza bontà , Am- miro, e vorrei messo in pratica il sublime pensa- mento dì Dionigi dì Alìcarnasso , la pubblica feli- cità consistere in queste tre basi , religione , giusti- zia , e valore militare : e sieno grazie al Mai , che ce lo ricorda a dispetto di quelli , che amano rotto ogni vincolo religioso , calcata la giustizia , invilite le città. Ma i loro desiderii perda il cielo , che fu sempre nemico di chi vorrebbe del genere umano for- mare un macellabile armento. Finisce monsignor Mai il suo discorso contro le sette antiche e moderne coli' indicare i diversi li- Argomento religioso 167 tri composti per apologia della religione ile* cristia- ni, e ne reca due sunti da Tertulliano , e da S. Epi- fanio neir opera contro Teresie. II. Il secondo discorso è intorno ai meriti del clero verso la letteratura. Dove il Mai ricordando i raeri- di di Pio VII, discorre le principali cose della vita di lui, e le utili beneficenze perchè gli studi non vol- gessero al basso- Descrive brevemente i magnifici la- vori , onde il suo pontificato potè gloriarsi , e le ope- re di parecchi letterati a lui consecrate. Dal che vuol concludere, che non solo quel papa onori ficasse se stes- so, ma più anche la sua dignità , della quale si gio- varono sempre gli studi : e prende il carico di pur- gare il ceto sacerdotale dell' accusa d'ignorante e di barbaro. Ne al Mai, peritissimo ne' buo^ì studi, dee parere malagevole; e do[)0 aver premesso, la sapienza annodarsi alla religione , descrive le diverse scienze ed arti , delle quali si pregiarono i chierci, massi- me in que' secoli d'infelice grossezza ed universale barbarie; da cui (soli illuminati) camparono preziosi volumi di antica sapienza. E non ma ncarono preti dotti, e soramamente lodati ancor quando, per inaspet- tata benignità de' cieli , fu veduta tornare al mon- do la luce delle scienze. E a tutti sarà caro , e in- timamente venerabile ricordare i nomi di Cavalieri , di Riccioli , di Castelli , di Grimaldi , di Maurolico , di Grandi , di Frisi , di Genovesi , di Biancliini , di Beccaria , di Toaldo , di Riccati , di Spedalieri ^ di «Boscovich, di Oriani , di Piazzi , e nelle lettere di un Poliziano , di un Bembo, di un Sadolelo , di un Casa , di un Vida di un Varchi , di un Pallavicino , di un Bartoii , di un Salvini , di un Muratori , di iS8 Letteratura un Tiraboschi , di un Parini e di altri moltissimi ^ e lutti celebri, che sarebbe lungo e noioso il noverare^ Ne piacerà meno vedere stabilimenti di scientifica e mo- rale utilità , e statue, e piramidi rizzate per ornamento dei templi e delle piazze, massime quando la po- tenza papale teneva il sommo d'ogni splendido lar-^ ghcggiare. Hi. Le£»giamo in terzo luogo il discorso de' vicende- voli uflizi della religione e delle arti, dove il Mai prende con ogni cura a mostrare , come la reli- gione meritasse delle arti , e le arti meritassero della leligione. Quanto al primo pensiero dichiara , che ogni religione come dell'interno cosi abbisogna dell'ester- no culto. Il quale offenderebbe la divinità se man- casse di splendore, ne vale ri memorare il modesto ed umile incominciare della religione di Cristo. Anche Numa, fondatore della religione dei romani, volle un servizio povero e frugalissimo delle cose divine , che i re successori in una splendidissima e rara pompa di templi, di sacrifizi, di sacerdozi cambiarono. Che la brama di piacere alla divinità ha prodotto in ogni tempo sontuosità di culti. Felice occasione per le arti belle, elle servendo magnificamente alla clericale emi- nenza poterono lasciarci quelle tante maraviglie , onde sappiamo di essere invidiabili a tutto il mondo inci- vilito. Ne al sagace ingegno del Mai sfuggi questa filosofica e degna considerazione ; avere nelle pitture e nelle sculture eterno monumento la religione con tenere di continuo prcseati agli occhi de' Fedeli i suoi fasti, le sue ceremonie, e tutta quella serie di ado- razioni e di profferte , onde l'urajma timidezza spesse volte si rassccura. Argomento religioso 109 l*er la qual cosa stimeremo ufficio della eccle- isiastica prudenza favoreggiare ogni possi Iiiie avanza-^ jmento nelle arti : al che si riferisce il secondo punto del discorso del Mai. Dove spone, che le altre religio- ni , o per troppa barbarie ( come gì' Idolatri ) , o per odio ai simulacri ed ai volivi abbigliamenti delle chiese (come i maomettani e gli ebrei) tolgono alle arti ogni possibilità di venire in eccellenza. Ma !a cri- stianità con ogni sforzo di temporale e spirituale po- tenza sostiene a fronte di manifeste contrarietà il bi- sogno delle sacre immagini , e per conseguente l'ono- re delle art' belle: e verrà sempre con riverente giu- ])ilo ricordato il secolo di Leone decimo e di Giù* lio secondo . Finisce il Mai con dare molta lode a'ponlefici de' nostri tempi per quelle opere, che chiun- que non è barbaro vede con ammirazione ne' musei e nelle chiese , e negli avanzi della beata antichità. IV. Il quarto discorso è l'apologia delle feste; eh' ei tiene la principale e pia indubitabile testimonianza del sentimento religioso , che Vitomo nutre verso Id divinitài Onde vuol concludere, non potersi condan^ nare le feste senza rinunziare egualmente ad ogni credenza , e sentimento religioso. E per degnamente provarlo ricorre all' autorità sempre venerabile degli 1 antichi : appo i quali fu sacro l'onore delle festività , come ci avverte Strabene ; ed a qualunque mezzana- mente addottrinato nella storia del genere umano non è ignoto il continuo festeggiare degli ebrei , i quali nel corso di un anno più di cento feste principali contavano : e quello ancor più magnifico degli egizi , ereditato in seguito da'fenicj da'persiani , e finalmente dai greci, come ogni altra religiosa costumanza. E 170 Letteratura quale fosse la divola pompa delle feste egizie, spezial- mente ne' funerali , è maraviglioso racconto in Ero- doto , il quale novera le più celebri di Bumba-» ste, di Busiri, di Eliopoli , di Papremide. Ma ( come spesso interviene ) il costume di festeggiare venuto dagli egizi, crebbe mirabilmente tra* greci, i quali più che altri si piacevano di religiose appariscenze ; ed ebbero dalla repubblica privilegii nel celebrarle ; sic- cliè nei di festivi tacevano i tribunali , cessavano le inimicizie , e perfino si votavano le carceri dei rei di lieve colpa. Nel che più d'ogni altro popolo di Grecia si distinsero, come riferisce Pausania, gli ate- niesi ; tra i quali era somma gara di fregiare i tem- pli , vestire in oro gli altari , disporre a gran fasto le processioni ; e ben disse Massimo Tiro , tutto l'an- no atienese riempirsi di festività. Molti antichi e mo- derni scrissero intorno le feste della Grecia ; fra' quali l'inglese Robison tessè un catalogo di 323 solennissime , come le eleusine di nove giorni , le nemèe , le pizie , le afrodisie, le tesmoforie , e le panatenaiche. Intanto il Mai prega i lettori a volersene erudire in Lisima- chide (1), in Filocoro (2), in Grate (3), in Dionigi (4), in Plutarco (")); e per amor di brevità viene alle fe- ste dei romani ; delle quali trova sapientissimo rac- colto nei fasti di Ovidio. Gran peccato non rimanerci di essi che il primo semestre ! Conosceremmo quale e quanta fosse la religione solenne dei romani ; le cui feste agonali , carmentali , floreali , sementine , /w" I . (i) Sulle feste di Atene di ciascun mese. '' (2) Sui sacrifizii e sulle orqie. (3) Sui sacrifizi! degli Ateniesi. (4) Sulle cose saci'e. {^>) Sulle fcEtivitù Atenrcsi. Argomento religioso 1 li percoli , saturnali , ferali vengono ricordate dagl' isto- rici come celebrat'ssime ; e, se vogliamo credere a Dio- ne, parve necessario a Claudio menomare la quantità delle feste , dei sacrifizi , delle ferie , che tutto l'an- no occupavano. E per dare maggior coro pimento al suo lavoro , tocca il Mai le feste de' maomettani , i quali per aver molte credenze comuni ai cristiani , somigliano in al- cuna parte le loro festività. Quindi festeggiano ogni ve- nerdì, coraeraorando il giorno che Iddio compiè l'uni- versale creazione , e Maometto entrò solennemen- te la Mecca. E' celebre fra loro la festa di Bai- ram preceduta dal digiuno del popolo , quella della nascita di Maometto, e le altre per l'ascensione di lui ne' cieli , per la morte di Adamo , pel sacrifizio di Abramo, per la pace di Maometto cogli arabi, pel martirio de'figliuoli di x\ly, e per la gloria degli an- gioli buoni. Quante feste poi nelle Indie e nell' Affrica? Isoli giapponesi , narra il celebre Barloli , in fra l'anno I vantano molte solennità, delle quali è famosa quella de' loro fedeli defunti , che cade nel decimo quarto gior« no della settima luna. E le due grandi solennità di . ' Confucio presso i cinesi ? E il Pegù festeggiante ogni i lunedi.'^ E le impudiche orgie degl' isolani della For- e ! mosa. E i digiuni , e le osservanze festive dai bra- li j mani, quanto scelerati altrettanto avuti in grande ve- nerazione dal popolo e dai re? Ma di queste cose sa- rebbe superfluo parlare più a lungo ; basta sapere per costante sperienza di tutti i secoli, die dove sono uo- mini è bisogno di religione, la quale perchè si abbar- bichi negli animi veste quelle splendide forme , che tanto piacciono all' universale. Termina il Mai discor- rendo le varie feste dei cristiani e dei cattolici , e mostrando in che i primi sogliono dai secondi dif- '^'72 Lette RATuAA fereiiziare. Però con zelo di ecclesiastico ne raccoman- da la religiosa celebrazione, usando le parole di S. Gre- gorio : Dominicorum die a labore terreno cessandum est , ahtque omni modo orationibiis insistendum. tccoci pervenni! alla meta del libro, di cbe raon-» signor Mai ci lia dato occasione di piacevole ed uti-» Je trattenimento. L' altra meta contiene i discorsi da me accennati in onore del B. Pacifico da Cerano , dei SS. Cosma e Damiano, quelli del peccato , della mor- te , della eucaristia, e del paradiso : e gli altri nel Ialino idioma, della elezione del papa , e di alcune pre- rogative spettanti il cardinale diacono. Di questi ulti- mi avrò facile perdono se mi rimango parlare, sen- do materia, dalla quale dee tenersi lungi chiunque non è iniziato nelle cose degli ecclesiastici. Solo farò qualche breve parola dei primi cinque, non perchè io faccia professione di eloquente, ma per essere oggi l'eloquenza sacra ( mancando la civile ) comune argomento di discorso. Neir elogio del B. Pacifico abbiamo l'idea del perfetto sacerdote, quale si vorrebbe da Dio , dalla chie- sa , dalla patria ; umile, casto, sofferente, benefico, esemplare. Neil' altro de' SS. Cosma e Damiano ci h mostro come la chiesa e i divoti cristiani facessero i più grandi onori ed encomii a que' due santissimi ^ che non dubitarono, sotto il feroce Domiziano, per amor della fede che professavano , dare la vita. Finalmente monsignor Mai , ne' tre discorsi morali che sleguouo , ci dipinge le bruttezze del peccato , é la confusione di che si riempiono i peccatori : ci parla della morte , e non come un male ce la presenta , ma come fine di molti mali , che la nostra vita flagellano^ Argomento religioso 475 Ne alcuno si quereli di essere mortale, se pur non cre- da felicita qua' vani simulacri , che in alto gira la for- tunevole ruota. Ma perchè la umana fralezza non ba- sta agli spaventosi apparecchi del morire , il dotto mon- signore cerca di confortarla della speranza dijun premio eterno. Subbietto dell'ultimo discorso: in cui le de* I lizie del paradiso ritrae da invogliarne i meno cre- denti, che vorrebbono mostrarsi ingrati ai benefi- zi divini . Della quale ingratitudine si duole il Mai I nel discorso dell' eucaristia ( che precede quello del ■ paradiso ) , la quale raffigura nella manna di che gli ì ebrei si cibarono con tanto sapore. Eppure quel po- polo testereccio ebbe a desiderare gli erbaggi vilis- simi dell'Egitto! Tanto la cieca abitudine rende gli i- uomini infelici ed ingrati ! II Se alcuno chiedesse dello stile del Mai , rispon- derò , elle a me par degno delle materie che ha trat- 1 tato. Più. facile , e meno curato ne' primi discorsi di argomento didascalico : più alto , e fiorito negli ul- I tirai di argomento oratorio; sempre però nobile, e convenientemente elegante. Egli non lascia di essere quel nobilissimo inge- , gno , che ha tornato alla luce opere di antica sapien- 1 za : queir italiano che del suo nome ha empiuto TEu- ; ropa : ed io bacio con riverenza la mano dalla quale ì avemmo il gran libro delia repubblica di Cicerone. Ferdinando Ranalli. 174 B^ Cenni biografici di Raimondo Desèze avvocato di Pa- rigi, stesi dal signor avvocato Fabrizio Guzzorù de- gli Ancaraui di Correggio. .ter alcune ragioni vogliamo tener discorso di questo piccolo lavoro, die col modesto titolo di Cenni Biografici venne alla luce in Reggio di Lombardia, è già qualche tempo ; dolenti dinon averne prima d'ora conosciulo il pregio , e di esso fatta onorata menzione in questo nostro giornale. Ma è costume del buono e prudente uomo il volgere la considerazione a quelle cose che dinnanzi inosservate passarono, allora specialmente che per esse può tornarne vantaggio alla civiltà e letteratura italiana: di cui è raaatenitore e custode ogni intelletto che a no- bile e generoso fine ordini la sua potenza. E in prima noi non diremo come gli stranieri va- dano spesso con insano giudizio parlando intorno al merito dei letterati di questa penisola , nella quale per larghezza di cielo è collocato il santuario di ogni sapien- za: imperocché questo è purtroppo manifesto. Ben di- remo come eglino, non contenti al disconfessare il valo- re dei padri nostri , ne scrivano senza lode: che è pure r unica cagione onde questi a tanta altezza si elevarono. Ora in una piccola citta d' Italia ( il cui nome durerà lontano quanto l' amore della pittura ) noi veggiamo un cortese e dotto italiano tributare non dimandato encomio ad un francese , solo perchè fu virtuoso , e degno di asser commendato come uomo ( sono parole dell' illustre autore ) „ che lottando contro l' universale contagio , e „ ncir ultimo eccidio della sua patria , non ebbe alcun D E S È Z E 175 „ timore di avventurare le proprie sostanze e la pro- „ pria vita per la causa di tutti i buoni ; e si fé scudo ,, de]la oppressa innocenza del suo re , con orrore di ,, tutta Europa strascinato al supplizio. E' questi Piai- ,, mondo Desèze, il cui nome associato a«juel!o dell' iu- „ felice Luigi XVI ricordano con venerazione i france- ,, si : ne può patire offese dal tempo , perchè richiama ,, al pensiero un uomo celebre per eloquenza e per ,, eminenti virtù. ,, Ecco con quanto amore in Italia si parla di un virtuoso francese . Possano questi modi e queste parole di alta cortesia fruttare negli stranieri: onde e peri' esempio del nostro buon animo , e per la riverenza del vero , e pel degno compenso di quella stima in che leniamo i loro sapienti , non si sentano più mai i nostri in forestiere terre del dovuto rispetto de- fraudati. Per altra ragione di questo nostro favellare noi di- remo seguitando: che assai misero modo in Italia e fuori si tiene da alcutii anni in qua nello scrivere le memorie degli illustri. Articoli che in poche linee comprendono tutta la vita di chi intendeva i suoi pensieri al manteni- mento delle lettere , e al decoro della patria, non sono argomento bastevole perchè chi ascolta o legge venga nel desiderio di imitarli , e ap») renda per quali vie i sa- pienti dal volgo si dipartano. Qaindi noi vorremmo che le biografie non fossero U!ia igjuda narrazione delle lo- ro virtù, ma che con bella e viva eloquenza si rac- contassero , e con filosofia si svolgessero gli studi , le opere, il tenor della vita, l'andar dei tempi ; per qual modo gì' intelletti progredirono : a quali vicende della fortuna eubero l'animo sottoposto; se l'amor delle lettere fece lor vita beata , e se finalmente alla di- gnità dell'umano sapere condussero conformi i loro co - slumi. Cosi dai fatti si trarrebbero sentenze , ed utili jveii alla istruzione dei superstiti : cho , dopo la gra- 1*76 Letteratura titudine verso gli egregi spiriti, e pure lo scopo delle biografiche opere. Questa saggia maniera di scrivere si ebbe V autore : di che rechiamo innanzi due esempi , i quali acquisteranno fede alle nostre parole : resisten- do al desiderio di trascrivere più cose di questo buono opuscolo , tanto per non passare i confini della bre- vità che è nostro instituto primiero , quanto perchè nei nostri lettori s' ingeneri voglia di leggere ed esaminare r opuscolo intero. ,, Al funesto scoppiare della rivoluzione ( france- „ se ) era Desèze uno di-<[uegU avvocati che, al dire del ,, gran Tullio, per la probità intemerata, perla profon- „ da scienza del diritta sono l'oracolo della citta (I). In „ cosi grave disastro della sua patria si fece il Desèze „ soljtario, e quasi invisibile. Con pochi compagni ,, cominciò a piangere su quel totale sovvertimento del- ,, le cose uniaìie e divine . Previde che la rivoluzione ,, avanzandosi noti avrebbe fatto passo che non fosse se- „ guato dall' errore e dalla disgrazia ; che avrebbe ,, schiacciato quanto incontrava , pervertile le volontà, ,, e tolto air uomo il diritto persino di essere padrone ,, delle proprie inclinazioni. Vide le fantasie perturba- „ le, gli animi inferociti , depravato il costume , la „ religione oltraggiata, i suoi sacri ministri perseguitati „ o cerchi a morte ; e tutto distrutto l' ordine dell' an- ,, tico civil reggimento; e ben presto conobbe che rove- ,, sciata ogni idea salutare, regnerebbero soltanto la for- ,, za brutale , il delitto inipuaito. Queste sue previden- ,, ze furono giustificate da giornalieri spaventevoli casi, ,, fra i quali il piìi lacrimabile si fu la morte di tutte in- ,, distintamente le persone innocenti accusate , o ree , (i) Cicer. de Orai: Domus optimi iurisconsulti est lotius civitatis oraculum- D E S È Z K ITT „ non monta , die languivano nelle carceri delV Jh- „ hadia^ del Carmine^ della Forza, delle Concergerie, „ immolati per tre giorni continui da 300 sicarii arma- „ ti , i quali Iruciclavatio fredtUimcnle , senza rabbia, „ senza rimorso, colla convinzione di un fanatico , col- ,, la obbedienza di un carnefice , e sempre coli' insulto ,, e col sorriso sul volto feroce. Pose il colmo a tanti „ orrori T orrore del giudizio e della condanna di Lui- ,, gi XVI, nel quale furono violate tutte le leggi tutelari ,, del pii\ meschino individuo ; ed a cui per un simula- „ ero di formalità fu concesso di scegliere i proprj di- „ fensori ; e fra essi Raimondo Desèze sostituito al cele- ,, bre Target, che per cadimento di animo rifiutossi a „ così nobile e sacrosanto ministero, e venne redarguito ,, da una illustre e magnanima donzella che chiese „ r onore di essere annoverata fra i difensori medesi- ,, mi (J). Molti energumeni peraltro si opposero a questa „ misera concessione , e fra essi T atroce Danton vo- „ ciferante rendersi inutile ogni processo , ogni difesa ,, per niio che dovcasi non giudicare tua ammazzare{2): ,, cosicché quando Desèze , accompagnato dagli altri „ due de' suoi col leghi Tronchet e Malesherhes , con „ voce energica pronunziò alla convenzione quelle pa^ „ role ,, Credevo presentarmi a giudici , e non tros'o ,, in voi che accusatorie nemici: „ vide nella loro fron- „ te sostituirsi alla ferocia la confusione , e nascere nel (i) Olimpia Degongcs di Parigi. Non possiamo senza coni- ruezione leggere la sua Epistola diretta alla Convenzione ed inserita nel — Moniteur Universel — Tom. XXX. pag. 194, ed alla quale la Convenzione nella sua seduta i5. Xbre 1792: lece il rescritto — ordine del giorno -- (0) INoi leggiamo quel dettfi nella — Biographie de lous les mitiislres — V; Danton p:ig. 188. G. A. T. LXIll. 12 1-8 Letteratura „ loro cuore un involontario e tosto represso vendica- „ torà rimorso. L' arringa pronunziala dal Desèze in ,, COSI funesta e rilevante occasione , oltre V essere un ,, monumento prezioso di fedeltà e di coraggio, offre un ,, modello di quella sedata eloquenza , che non decla- „ ma , ma fortemente ragiona , e discute le più intrica- „ te (}uislioni del gius pubblico, ed impara le intime re- ,, lazioni che passano tra principe e suddito , i vincoli :, e i doveri che assoggettano con tanta sapienza i po- „ poli al supremo potere. Ben è agevole persuadersi che che quella orazione , comechè in somma angustia di „ tempo composta , avrebbe ottennto fortunato l' inten- ,, to, se già non fosse stata fermata in quei petti cru- „ delissimi la ferale sentenza, ed egli evesse a tutt'altri „ parlato che a tigri sitibonde di sangue . E' noto che „ r orazione medesima, tutta estesa e scritta del Desèze, ,, fu da lui prima letta allo sventurato suo monarca in ,, presenza degli altri due difensoii, che altamente la „ commendò; e sopra tutto la perorazione riescila estre- ,, memente calda , e da non potersi sentire senza lagri- ,, me . Ma Luigi XVI , in cui punto spenti non erano ,, o diminuiti gli spiriti generosi, desiderò ed ottenne che ,, venisse soppressa, allegando non volere andar debilo- ,, re della sua assoluzione a sentimenti di pietà , ma al- ;, la sola giustizia della propria causa: e poscia rivolto al „ fidai issinio suo consigliere e ministro: „ Oh Male- „ sìierbes, diceva, qua! pena io proi>o ! Tronchet e De- ,, sèze nulla mi deA'ono e pure mi consacrano il loro ,, tempo , il loro ministero , forse la loro esistenza ; „ come mai in questa situa: ione ricompensare cosi no- „ bile sa gri/icio? - Sire ^ rkpofic. la loro coscienza e la „ posterità s' incaricano di questo dovere ; ma la ma- ,, està vostra puh anche in questo momento accordar ,, loro una ricompensa, che sorpassando ogni loro spe- „ ronza, li colmerebbe digiojn. -Ed è? -Un vostro affet- Desèze 179 ,, tuoso abbraccio: il toro zelo, la loro affezione arrossi- „ rebbero di ogni altro guiderdone. ,, xMlora il monarca ,, strinse al suo seno Tronchet, Malcslierbes, e Desèze, e „ tutti quattro aggruppati insieme j)roruppero ia calde „ lagrime (l) Oli ! lagrime preziose, che più „ dell' ostro e delle gemine onoreranno presso i posteri ,, il sovrano che le sparse , e i sudditi fedeli e comrnos- „ si che le raccolsero ! ( pag. 6. ) E alla pag. 14. si legge : ,, Accusato ( Desèze ) da una di quelle arpie che traf- „ ficavano il sangue e la vita dei più virtuosi ed ama „ ti individui , fu tradotto nelle carceri , ove giacque ,, sepolto in preda alle più dolorose privazioni , agli ,, oltraggi più immeritati per quasi due anni ; e sino „ allo spirare di quelT epoca funesta. Ma sempre ras- „ segnato, sempre impavido, era egli stesso largo di con- ,, solazioni ai suoi numerosi compagni: le cui file erano „ diradate ogni giorno da legali assassinii; ed ai quali ,, bene spe>so ripeteva la bellissima, e gravissima sen- „ tenza di Orazio „ Essere il coraggio eia costanza, ,, uniti ad una coscienra pura e tranquilla , super io- „ ri a tutte le vicende della fortuna, e formare dhionn- „ ni eroi. „ Dischiusa poi la porta orribile , e vedendo ,, rallentiito, ma non spento il furore , e temendo nno- „ ve facili persecuzioni, e nuove e più luttuose scia- „ gure , auij seguire il consiglio del principe dei poe- „ ti (2) e abbandonò una terra fumante di ruine e di „ sangue, ritirandosi alla vicina Albione, in cui vi^se ta- „ cito e sicuro , lincile invocate quelle leggi da più (i) Così leggesi nella Biographie Cronologique de tous l«s souverains. Tom: II pag. g/^S. <^) Hcu fuge crudeles terras , fuge littus avarum. l^irg : Aeneid : Lib : II: V •■ 4i- •12* 180 Letteratura „ mite governo , potè rivedere ed abbracciare i do- „ raestici lari. Quivi consacrossi intieramente all' eser- ,, cizio della sua nobile ed indipendente professione in ,, qualità di consulente. Cliiaraato da quel governo a ca- ,, riche lucrative e luminose , seppe rifiutarvisi, con- „ siderandole giustamente una meteora che in se mede- „ sima racchiudeva la folgore distruggitrice: e perchè „ tenero dell' onore, odiava gli onori, allegandosene in- ,, degno; quantunque la probità la più delicata, la scien- „ za del diritto e dell' amministrazione la più profon- „ da, l'appellassero a distinguersi nella carriera della „ toga e del governo. A lui pertanto grande benché „ privato , Leuefico benché senza fasto ed ostentazio- ,, ne , ricorrevano per direzione e consiglio coloro , „ che avviluppati in serie contestazioni, o percossi da „ sentenze , nella sua sagacita, esperienza, dottrina , e ,, somma eloquenza , alla loro situazione infelice qual- ,, che rimedio o sollievo cercavano ec. ,, Terminiamo augurando a questo nobile scrittore lun- ga vita felice , e attendendo con desiderio la vasta opera che in una sua nota ne promise; cioè la collezione delle cause celeberrime che trattate vennero nei più illustri fori di Europa : lavoro che alla patria e alla giurispru- denza sarà onorevole: non potendo un tale ingegno, atto naturalmente a cose egregie , e degne della età che vi- viamo , mandar fuori prodotti dei quali non debba fre- giarsene la nostra letteratura , e il nome italiano, Qttati© Gigli. 181 Commentario intorno y^ntonio Urceo soprannomato Co' dro^ tratto dal latino del eh. P. Luigi Pungi leoni min. conv. I n Rubleia, sulle sponde delie Secchia nel contado di Reggio, ebbe i suoi natali Antonio Cortesi, cognominato Codio, dell'anno 1446 il I7 di agosto. Il padre suo per nome Antonio Cortese era ascritto alla cittadinanza di Modena , ed era notajo colto e fornito di una mediocre dottrina. La madre ebbe nome Gherardina , e fu della famiglia Mazzoli, clic è delle piìi nobili di leggio , don- na assai lodata, la quale nel partorire Pier Antonio fra- tei di Codro vi lasciò la vita. Poi che ebbe in patria appresi a fior di labbro, per dir così , i primi rudimen- ti della grammatica , il padre si die pensiero di man- darlo a Modena ove apprese umanità e lettere latine alla scuola di Tribaco de'Turrimbrocchi: calla scorta del me- desimo , se può darsi fede al Bianchini , avanzò molto nelle buone discipline. Certissimo poi mi è che Codro, avutone il consenso paterno , si recò a Ferrara ove si ebbe a maestro nelle ottime disciplice e nella lingua greca quel celebralissimo Battista Guarino , che allora ivi menava assai grido. E crescendo nel giovinetto mi- rabilmente 1' ardore dello apprendere , ed essondo do- tato di felicissima memoria , tutto che dal Guarino era insegnato tanto prestamente apprendeva e serbava , che di que' tempi non vi ebbe chi per ciò gli andasse in- nanzi; e lo stesso Guarino , preso da maraviglia , non cornea discepolo, ma come a figliuolo avevagli posto amore. Ne e a stupire se presso gli eruditi e i letterati 182 Letteratura di que' dì non solo in Ferrara ma fuori ancora ebbe fg- ma ed onore, ed avrebbe ancbe presso i posteri mante- nuta la debita rinomanza , se quanto lasciò scritto sa- pesse di alcuna eleganza , e non fosse coperto di barbara ruggine anziché ornato de' fiori di bel favellnre. Bar- tolomeo Bianchini uno de' discepoli più cari del Codro, il quale scrisse e pubblicò la vita del suo maestro , sta in forse ad affermare se compiuta l' adolescenza , egli avesse nell'ateneo di Ferrara pubblico officio di professore : e però non è chiaro abbastanza questo fatto da poterlo dare per cerio. Fuor di dubbio è bene che pe' consigli e per le premure di Luca Riva professore che fu pur egli di belle lettere , e suo. maestro , recossi a Forlì nel vigesimo terzo degli anni suoi non per anco compito, ove Pino degli Ordelaffi signore e padre di quella citta gli ofTerse onorevolissime condizioni, se volesse prendersi incarico di educare e ammaestrar nel- le lettere i! figliuolo suo Sinibaklo, che carissimo gli era. Con lieto animo le proposte condizioni furono accet- tate: e in vero ne l'Ordelaffi poteva trovare al figliuolo miglior maestro , ne Codro a se miglior padrone o mi- glior discepolo. Gonciossiachè Sinibaklo , se si debba credere al Codro, era di que' tali che pensano poco o nulla doversi alla nobiltà del sangue se alla nobiltk delle opere non vada congiunta , e credeva le ricchezze a nuli' altro essergli date dalla provvidenza che a sol- lievo de* poveri e a conforto de' buoni studi -. Questi adunque si ebbe carissimo sopra modo il Codro , e il Codro in mercè di tanta benevolenza non lasciò di raf- forzare r animo di lui, scevro da ogni fasto ed arro- ganza , coi conforti della verace virtij. E' voce che un dì avvenutosi 1' Ordelaffi nell' Urceo gli si raccoman- dasse a calde parole: cui T Urceo rispose: „ Osanti numi, Giove si raccomanda a Cedro! „ E si vuole che da NcTiziE DI Cowvo 183 questo gli derivasse il nome di Codro , onde fu poi dn tutti nominato iu appresso. Nel palazzo del principe fu data al Codro una slan« za così lontana dai raggi del sole, che anche sul fare del mezzo dì non vi si poteva leggere ne scrivere sen- za il lume di una lucerna d' argento , al sommo della quale erano in lettera queste parole: ,, Gli sludi che sanno di lucerna , bene sanno. „ Non so per quale reo fato appiccatosi fuoco a quella stanza, ne andarono in fiamme tutti gli scritti che in quella si racchiudevano, e fra questi era quel libro in cui il Codro aveva mo- strato maggiore forza d' ingegno , e che da lui era sta- to intitolato il Pastore. Ne qui debbo io passare sotto silenzio, o coprire con bel le parole come egli uscito fuor di se per l' ira, e preso da furore, ruppe in orribili ac- centi, e contro il voto dei^li amici se ne fuggì fuor città, e in luoghi selvaggi si i idusse a pascere la mente di acerbissimi pensieri , dei quali solo mostrava prende- re alcun diletto . E quando al cadere del sole il ven- tre digiuno il ricacciava in citta , trovate chiuse Je porte ebbe a farsi Ietto del nudo terreno , e tetto del cielo. Fattosi giorno , si riparò ad una nascosta casuccia di un falegname. Ozioso e fatto selvaggio, visse sei me- si in casa il povero artefice : compiuti i quali , ces- sando un poco il furore e ritornando in se, si ridusse alla società da cui certo ne onta ne danno aveva mai rice- vuto. Di questo avrei parlato copertamente , se non sa- pessi essere officio di storico non dir falso e non tacere il vero. Ma ritorniamo al Codro. Mentre egli si rende- va agli onori che gli erano apprestali in casa gli Orde- laffi , nel anno 1480 avenne 1' acerba e dolorosa morte di Pino; e quello che è più, Sinibaldo stesso in fra breve tenne dietro al padre. E cosi profonda ferita gli recò l'inaspettata morte del suo dicepolo, che non vi fu modo eh' egli potesse rimarginarla in appresso : tanto e l84 L E T T F. R A T U R A v<'Vo clie il tempo allogerisce , non toglie i grandi mali. Versi scritti sulla immatura morte di Sinibal- do fanno fede dell' acerbo suo dolore , e mostrano che anche ne' sogni l'anima sua correva al feretro dell' estinto giovane ; in sogno egli vedeva rinnovarsi le ese- quie dell' amato giovane , e in sogno recitava i versi che egli pe' funerali di lui aveva composti. Alcun le- nimento a tanta doglia portò la liberalità de'Bentivogli, generosi principi che presero ad asciugare le lacrime e calmare i gemiti del Codro : non valsero però a svel- lergli dal cuore l'immagine del suo Sinibaldo, che amo- re vi aveva scolpita. Per cura di Galeazzo ebbe la cat- tedra di eloquenza in Bologna , citta madre in ogni tempo ed aitrice di ogni guisa di scienze di arti e di lo- dati studi. Tanto caro poi era a Galeazzo, che egli volle farlo ritrarre al vivo dal Francia, penello de'più celebra- ti a que' di , per opera di cui rifiorì il buono stile degli antichi nella pittura : del quale beneficio ne iraemore ne ingrato di Godro, soleva sovente ripetere: ,, Se Galeazzo non fosse, io pure non sarei. ,, Dal primo libro delle sue lettere si prova che egli dimorò a Milano gran parte delT anno con Alessandro Bentivoglio padre di Galeazzo: poi tornossene a Bologna , indi recossi a Roma in compa- gnia di VerUinno Zambeccari : ma in appresso dimorò in Bologna per tutta la vita. Correva grido di cotant' uomo per tutta Italia , e molte citth gli facevano invito : cui egli graziosamente rispondeva , avere egli scelta a porlo di quiete l'universilà di Bologna : ivi volere riposare finche gli bastasse la vita. Ma perchè adempiesse con lo- de il suo incarico, perchè fiorisse nella grazia di tutti gli eruditi, i quali si riputavano a ventura grande il con- versare con lui e anche solo il fargli una visita, pure noa era egli della sua sorte felice. Dolevasi che gli fosse asse- gnato tenue e miserabile stipendio : non poterlo riscuote- re, che dopo lunghi indugi. Più dure molestie ancora, se Notizie di Conno 185 la fama non mente, gli davano guerra. Ecco le sue spes- se parole. ,, Misero Codro, clie a cinqnanl'anni non ho che sia mia ne casa, ne donna, ne nn bue che mi ari un campicello. ,, E altrove noi pure noi, o dottori o poeti o maestri che siano, a questa fioritissima repubblica la qua- lecongrui compensi da alle nostre fatiche andiamo debito- ri, e piià VI anderemmo se piiì ci fornisse di danaro: ,, E nell'esordio della nona orazione dice: „ Tutti i miei sforzi a dichiarare lettere greche a niun bene mi tornano:,, e po- co appresso mostra che aveva creduto dover cessare le sue lezioni di lingua greca , s\ per la gravissima malattia che aveva sofferta , che fu una febbre acuta che quasi il tolse di vita , si perchè già da due anni non aveva toc- cato un quattrino del suo stipendio. In tali strettezze ed avversità di molto ajuto gli fu Baldassare Masseri da Forlì medico valoroso , e la beneficieaza e T amore dei nobili bolognesi , e specialmente dei Bentivogli , la benevolenza de' quali si tenne sempre carissima , e col- tivò. Imperocché in più luoghi loda egli la destrezza di Giovanni Uentivogli nel trattare cose difficilissime , la conoscenza profonda, e la carità cittadina. Ebbe anclie ad amico e mecenate Mino Rose io , uomo di senatoria dignità : volonteroso si proferse quante volte gliene ven- ne il destro a Luca Riva, a Battista Palmieri, a Deme- trio Mono , a Marcantonio Sabellico , ad Angiolo Po- liziano , ad Aldo Manunzio , e ad altri chiari per lette- re greche e latine. Quanto poi a que' dì avesse grido il nome del Codio, si può congetturare dal numero e dal inerito di quei molli che si diedero a divulgarne le opere. Risaputa la gravissima malattia di Pico della Mi- randola , scriveva il Codro all' amico suo Palmari, che il solo timore di perdere un tant' uomo gli tirava dagli occhi le lagrime. Scrisse una lettera ad Andrea Magwa- gniuG: „ Si fera magnanimum cogebant fata lacobum; „ ■186 L K T T E R A T U R A nella quale perchè il figlinolo si racconsoli alla perdita del padre, e cessi il pianto, delicatamente dice ,, Exlinctutn lerris coelo reddituna Scrisse ancora vari epigrammi non ispregievoli a lode di uomini illustri, de' quali non potendo io per la brevità propostami parlare distesamente , mi piace citare quello a Pompeo Fossari che comincia così: „ Carmina quae de te nuper mihi missa fuere, „ Visa maroneis versibus aequa mihi ec. Vi ha chi diceche verso i discepoli ilCodro fosse dif- fìcile assai, iroso, specialmente a coloro che non si davano troppo cura o di farsi ad apprendere , o di ritenere l'ap- preso; ma io non saprei dire se questo sia o no vero; Gli fanno anche colpa che fosse troppo acerbo e intol- lerante ripreuditore degli scritti altrui: ma forse questa accusa parte da coloro cui il Codro era inviso. Credo an- cora che esagerino coloro , i quali affermano che andasse così mal concio del capo, dei panni, della persona, che avrebbe anche distolto da se la società dei letterati se troppo prepotente non fosse statai' opinione della sua dottrina. Dicono anche che non fosse quel netto ed ele- gante scrittore di che aveva voce : ed io per verità non negherò che non gli manchi nobiltà nel narrare , ed is- quìsitezza nel poetare. Ma altro è riuscire scrittore ec- cellente , altro è riuscire buono scrittore: quello deve avere eleganza e squisitezza di parole, di frasi, di modi: a questo basta castigatezza e correzione. Al Codro mancò la grazia del dire , non la sceltezza delle parole, come bene osserva il Giraldi uomo di finissimo giudizio,il qua- le parlando dei versi del Codro li chiama senza mac- chie , ma senza veneri , e lui più buon grammatico che Notizie di Codro 187 liDon poeta. Ma per dare del Codro giusto giudizio due cose liannosi a riguardare : il tempo in cui visse, e le opere lui morto stampate. Se guardiamo quel secolo, pochi as- sai vi furono che si dessero pensiero dell' eleganza nello stile e in questi pochi certo non fu ultimo il Co- dro a fare con l'opera e coi consigli clie i classici greci e latini venissero a mano dei giovani. Egli a luft'uorao studiava perchè l'Italia, clie era il primo nido delle ar- ti e delle lettere, non perdesse questo vanto. In antico l'Italia essere stata regina delle altre genti per forza d'ar- mi: or dover esserlo, finche duri il mondo, per le arti e per le lettere. Ma se si guardi che l'arte del dire a que' di era disadorna , o dalle vanità degli aristotelici inceppa- ta : se si pensi clie la morte di lui fu prematura , e che non potè dare le ultime cure a' suoi letterari! lavori ; troveremo due cose verissime , che quanto fu dimesso lo stile ( colpa dell ineleganza del secolo ) tan- to nel Codro fu maravigliosa la scienza delle lingue. Perlochè hen ragione aveva il Poliziano di prendere da' suoi consigli, e sottomettere alla sua correzione i suoi epigrammi greci prima che vedessero la luce : e Aldo Manuzio di consultarlo , e di porre a fronte delle lettere greche , che per cura del Codro vennero a luce , il nome del Codro stesso. Dopo le cose dette , chi non ride all' equivoco del Voltaire narrato dal Tiraboschi e dal Cancellieri , dal quale se altro non si può t rarre , si può vedere qoal fede abbiasi a prestare al Voltaire in fatto di storia .'* Imperoc- ché costui leggendo il sermone in che si tratta della ge- nerazione degli uomini , e tenendo che niuno tranne i frati potesse serraonare , sì l'ebbe di subito incappuc- ciato, incocci lato, e converso di Codro , nel padre reve- rendo Codret. Cosi costui si die cura d^ annebbiare la verità sempre , e di usare 1' ingegno a fini pm rei. Que- sto fatto mi richiama a memoria la malevolenza non meno 188 Letteratura trista di un incerto autore di un epigramma, il quale ol- tre le altre contumelie villane vomitate contro il Codro gli fa rimprovero di non sentir bene delle cose che santa fede propone a credere. Questa macchia non ebhe il Co- dro , o se pure ombra ne ebbe sparve al finire della sua vita. Conciossiachè in quell' estremo passo egli si forti- ficò di tutti i conforti della religione , ercò di riparare agli scandali dati, e di placar l'ira divina con opere pie ed esempi. Sfinito dalla malattia , battevasi il petto con ambe le mani: gridavasi misero peccatore ^ implo- rava r ajuto della Vergine immacolata , e chiamava tutti i santi ad assisterlo in quell' estremo passo. Con volto sereno ed ilare gli alunni e gli amici suoi, che erano in pianto per lui, cercava racconsolare mostrando loro l' u. niana condizione essere mal fida ed incerta. Poi aggiun- gendo nuovi atti agli atti di fede, di speranza, di carità, poneva l'anima sua nelle mani di Dio ; e cosi spirava cristianamente fra le braccia de' relisiosi del monastero a del SS. Salvatore, ov'egli si era fatto trasportare al prin- cipio della malattia. Il cadavere nella stessa chiesa fu por- tato, accompagnato dalla pietà e dal lutto de' discepoli e degli amici. La pompa fu grande: sul sepolcro fu posto un marmo, su cui , cora' egli aveva ordinato, furono incise queste parole ; Codrus eram. Visse cinquanta quattro anni, e movi di violenta febbre nel 1500. Pietro Antonio fratello del Codro ne lesse le Iodi , alle quali quelli che avevano conosciuto il trapassato non tennero il pianto. Il Codro lasciò suoi eredi Pier Antonio suo fratel germano, il quale pur egli ebbe bellissimo ingegno , e Giovanni sacerdote , e Amadio singolarmente versato nello studio delle leg- gi canoniche , e Lodovico dottore in diritto , fratelli suoi uterini. Notizie di Coono 189 Chiurlerò col dire, doversi porre fra le favole ciò che alcuni ciurmatori e cantimbanchi vanno spaccian- do della morte del Codio. E la sbagliò certo di gran lunga il Valeriano nel suo libro (de infelicitate lit- teratorum) dando per certo che egli era stato di notte nella sua stanza sopraffatto e morto da assassini : il quale sogno fu come vera cosa ricevuto dal Bayle , che air usanza francese non si die gran briga di sco- prire il vero. Ne a mio credere merita gran fede chi asserisce di uno spettro visto dal Codro prima di mo- rire , sebbene anche di questo si siano fatti seguaci e divulgatori Bayle e Spizelio. Tale visse, tale morì il Codro : e certissimi monu- menti tratti dagli archivi in cui giacevano nascosti , e la fede di gravi scrittori , e quanto nella morte di lui fu scritto in prosa e in verso, ben mostrano che egli era degno di più lunga vita e di eterna me- moria, I. G, M. 190 Intorno il volgarizzamento deW epitalamio delC Ario- sto stampato per Annessio ISohili in Pesaro nel 1835. AL SUO CARISSIMO AMICO FILIPPO MORDANI, G. IGNAZIO MONTANARI vele voi visto , fra le varietà del marzo 1 834-1 S35 nel giornale arcadico , i rimproveri che mi si fanno di soverchia liberta nel tradurre per quel mio volgariz- zamento dell' epitalamio dell'Ariosto, che a voi pia- cque far pubblicare ? Se non avete per anco letto quelT articolo, leggetelo , perchè lo merita, e vi è da im- parare. Si comincia da un verso della poetica d'Ora- zio a sentenziare, e so dirvi che ci sta molto a propo- silo , ma molto assai : Et quae desperat tractata ni- scere posse reliquit. lE. che si vuole poi concludere? Che se i poeti nella scelta dell'argomento hanno da lasciare ciò che disperano che esca a bene , non de- vono fare cosi i traduttori ; che è a dire , che io ho fatto cosa temeraria a tradurre quell' epitalamio. Que- sta ne sarebbe logica conclusione : ma no , il signor M. ne trae, che traducendo non ha il traduttore eguale liberta. Preparategli buona mercè dì questo novissi- mo precetto. Ma non è tutto qui. // traduttore per dare maggiore risalto alla traduzione può lasciare epi- teti , frasi , allargarlo sentimenti , e porre alcun che del sua-, che cunsuoiu all' originale. Ueuissiiiio : e la Epitalamio dell'Ariosto 191 conseguenza poi è , che io ho fatto male a restrin- gere talvolta , talvolta ad ampliare. Che ve ne pare di questo logico ? Iddio gliela mandi buona : ma se ragiona cosi ia grammatica, sto a vedere le belle cose che ne trarrà. Pover uomo ! Non sa egli che tradur- re non è officio da pedante ; che Orazio insegnava , che Nec verbum verbo ciirabis reddere fidus-Inter- pres ? Avendo egli a capo del suo nobile e sentenzioso dire posto un verso della poetica d'Orazio , pareva si avesse pure a ricordare di questo. Ma forse non sarà ancora arrivato alla pagina ov' è questo verso , o gli avrà dato altra significazione. Vi dirò che m'era quasi saltato il grillo di rispondere in forma, come dicono : ma io ho creduto che non meriti pena piiì che di riderne. Avrei potuto dire che il traduttore poe- ta rende poesia per poesia ; che il linguaggio poe- tico d'una nazione non è mai si vicino a quello d'un* altra, che possa applicarvisi facilmente senza cangia- menti : che la lingua latina è piiì ampia, più poetica, più insieme elittica della nostra , e che recando dal latino convien fare come chi una veste ampia debbe adattare al dosso di persona di piccola statura. Avrei potuto dopo questo mostrare, che due guise di tra- durre vi sono : l'una scolastica , la quale essendo fatta a solo fine d'intendere la forza della lingua che si traduce , deve essere esatta , e fare che parola ri- .sponda a parola, frase a frase ; l'altra poi, avendo per iscopo di moslrare come un poeta latino o francese o tedesco avrebbe scritto in italiano , è libera , non vincolata alle leggi della prima. Avrei potuto recare l'esempio di tutti i classici , del Caro , del Marchet- ti , del Porpora ; In oltre di lutti i grandi poeti mo- derni, del Monti, del Pindemonte , dello Strocchi , del Biondi , dell' Arici , del Cassi , i quali poeti tutti traducciulo poeti hanno cercato rendere lo spirilo piiì 192 Letteratura clie le parole , hanno talvolta ordinato , diviso al- triaienti ; poiché quel costrutto, che è bello e vigo- roso in una lingua, non sempre è bello in un'altra. Avrei potuto raostrare che il Caro ha aggiunto in- tere sicuilituiìni e concetti , e non per questo si è detto che ivi abbia erralo ; che anzi talvolta si è giu- dicato che Virgilio stesso ritornandosi a mano il suo lavoro , che morte gì' impedì limare , avrebbe ag- giunte quelle cose stesse per renderlo perfetto. Il Pin- demonte loda il Caro dell' avere variate figure nella .sua traduzione , e ad alcune di Virgilio averne con- trapposto altre : e atFerma che in tal modo non si sco- stò dall' intenzione del suo Virgilio. Tante altre cose avrei potuto recare : se non che , mio caro , a che prò ? Con chi ha logica, che tanto dalla naturale si diparte , ne leggi ne autorità valgono. Ridiamo adun- que, e ci basti : non sì però che non vediamo i miei tradimenti. Vi ricorda che l'Ariosto comincia l'epi- talamio così .* Surgite , j'am signuni veTiientis tibia mtplae Concinni t procul e che io ho tradotto ; Ornai sorgete , ceco le tibie fauno L'aura da lungi risentire : appressa La sposa. Non pare esatta la traduzione, perchè ho tradotto ti- bia signum concinuit naptae venientis , nella frase le tibie fanno risentir Vaiira. E però egli , il si- gnor maestro , ha sotto segnata la parola risentire , perchè non si sarà mai avvenuto di trovarla ne' suoi libri di logica ; e non ha avuto la pazienza di ve- Epitalamio dell' Ariosto 193 dere che la sentenza non terminava alla mela del se- condo , ma alla mela del terzo verso. Cliè io aveva costruito alla italiana non alla latina : e ciò perche più franco e più vivo fosse il concetto. Ecco il primo peccato. Al secondo : . . . Atqiie Idia hic fronti Componens niveae , hic iinmortales amaranthos Purpureasque rosas malis, mirentur eandem Formam diversas fiorum superare colores. Io trasportai questi versi cos'i : Ed altri in tesson serti Di ligustri, di rose e di amaranti. Cui vince assai la porpora e la neve Della gota gentil. Tradimento orribile ! La poesia ci perde al si- curo, tralasciando nel volgare V immagine del raffronto che i genii fanno di vari colori col volto della vergi" ne. Ma pure io aveva nominati quegl' innamorati spiri- telli : ma pure l'idea del confronto vi è tra le gote e i colori diversi: ma pure que' genii corrono intorno alla sposa! Io, anziché si affannassero studio puerili a pren- der fiori per solo paragonarli col volto della vergi- 1)6, ho fatto che gì' intreccino a serto. Pareva a me egualmente bello il supporre, che prima di porle serti in capo, appressassero i fiori intrecciati al viso per dire poi , tu se^ più bella. Avrò forse rufiìnato il con- cetto , ma tutte le idee ci sono ad una ad una. Forse la logica del signor M. non è arrivata a questo , e però Dio glie lo perdoni. Non ci voleva gran fatto a Tradurre cosi : G.A.T.LXIII. 13 194 Letteratura E mille innamorati spiritelli Battoli l'ale festosi , e a lei da fianco Desiano ventilando ardor celeste , Altri sui biondo capo a piena mano Versano fiori ; questi appressa gigli Alla fronte di neve, e questi il vago Fior d'eterno amaranto , e porporine Buse alla guancia rugiadosa ; e insieme S'amrairan che al fulgor del bel sembiante Perda vaghezza ogni color. Ve' come Si mostra in duol la gioventù latina ec. Io lo confesso peiò, ho creduto pili franco ed egual- mente fedele il tradurre nel primo modo. Mi si fa ap- presso gran colpa di avere nel terzo caso lasciato il nome di Ferrara , che poi è ripetuto in fine della strofa : ed io lasciandolo aveva creduto che più tor- nasse a tener sospeso il lettore , tanto più che Fer- rara si nominava per perifrasi , descrivendone i con- fini. Il nostro filologo non ha avuto riguardo a que- sto : sì doveva nominare. Ma se egli aveva la sma- nia di sofisticare, ben vi era altro da dire ; e mi po- teva rimproverare , perchè io aveva bene descritto le circostanze di quella c:ttk , ma aveva taciuto che di la traeva le povere sue rendite; cosa benissimo es()res- sa dell' Ariosto. Peccato che nuQ sia penetrato a in- tendere il testo , che qui avrebbe potuto largamente sfoggiare ! E però anziché dire : Tutto si cang^ia : angusto e breve giro Di mura , erbose rive e limacciosa Palude ciascr pov^era ciltade ; io ho cambialo , e nelle nuove edizioni che si fa- Epitalamio dell* Ariosto 195 ranno ( e due or ora se ne fanno , : e (jucslo siu a prova e a penitenza de' rei peccali del volgarizzamen- to) si leggera : Tutto si cangia, angusto e breve giro Di mura intorno cinse un d'i Ferrara ^ Cui fur parca dovizia in tenue stato Limacciosa palude e rive erbose. Or eccovi un nuovo tradimento all' Ariosto. Egli ha detto : Maria implenieiu, et nenuis ouine qicerelis : io lio detto : E air onde e ai venti sue vane querele Sparge. Non doveva io dire ai boschi anziché ai venti? Ma il povcr uomo non si è accorto che questo mo- do e una di quelle guise di parlare rettorico , con cui si amplifica , e si porta all' iperbole. A mostrare il disperato dolore, e il lamentarsi senza pace , tanto ^ dire spargere aW onde e ai venti^ quanto all' onde ^ ai boschi. Di più ; l'Ariosto descrive un naufrago che trova sul lido una gemma , della vista della quale mentre si allegra , mano rapace la gli toglie d'innan- zi , s'i che egli si resta qual prima delle miserie del naufragio a lamentare sul lido. Al lido mi pareva rispondesse assai più l'idea delie onde vicine , e de' venti che le combattono , che non de' boschi : e per- ciò non senza ragione ho detto cos\. Ma il nostro valent' uomo forse non arrivava a questo raziocinio , e però non è sua colpa l'avere parlato da suo pari. 13* 196 LfiTTERATURA Per tiare varietà all' intercalare, io, fidato airesempio di molli e buoni poeti , in due strofe non ho chiuso l'intercalare in un verso solo : ma in una l'ho ac^ corciato, in un' altra l'ho allungato di due sillabe. Oh! questo è gran reità , e non ci basta l'acqua lustrale. Eccone però la penitenza. Coro di giovani romani 7, Ne fero scemi del soave lume Di que' begli occhi , e in saldi nodi lei Ad estranio marito ebber ristretta. O Imene, infesto a' tuoi, duro Imeneo, Al coro 9 poi : O Imene , infesto a' tuoi , duro Imeneo ; Cui non fa forza de' parenti il pianto E lor da fianco timida donzella Togli , ed in braccio di garzone ardente La rechi lungi dal natio suo nido: O Imene, infesto a' tuoi, duro Imeneo. Forse vi era maggiore varietà ne' versi di prima : ma ove al nostro filologo piacciano meglio questi , se li abbia. Ecco tutte le colpe mie, che quel co- noscitor delle peccata ha voluto rinfacciarmi , onde non approvare la soverchia mia liherth di tradurre. Quando io lessi quel preambolo , non avendo io mai avuto logica di tal fatta , credeva che ben altro ci fosse. Se ì passi che ho recati sono liberi tanto da far-- sene coscienza quel buon uomo , vedetelo voi , che prima vi aveste innanzi il mio lavoro, e lo degnaste di lodi sopprappiù che non meritava. Termina l'arti- colo con un verso confortatorio , perchè forse io non mi spaventi , e sia docile alla lezioncina del signor M. Ubi plura nitent^ non ego paucis offendar macuUs. EpiTALAlMlO dell' ArIOSTO 197 I Volete voi che vi parli schietto ? Il uostro filologo non ha letto mai la poetica d'Orazio , polche la lo- \ gica d'Orazio non si confarebbe colla sua : ma ha ! ricordato questi due versi , letti su qualche cornpen- i dio di rettorica , o seutiti da qualche scolarello. E j io credo che anche altri si sia avvisto che l'articolo j del slg. M. mancava affatto di logica , poi che ap- presso hanno posto un ben ragionato articolo in- i torno un buon libro di elementi dell' arte logica , rac- j colti da buoni autori ad uso degli studiosi di filoso- ' fia. Chi sa die la smania di criticare senza criterio non gli torni a bene , e non gli metta desiderio di leggere quel libretto che gli gioverebbe assai ; se però ! giunge più a tempo. MI direte voi, Mordanl mio caro: Tu sei una figura assai bizzarra : pretendi tu di non essere mai criticato? Ti adonti tu d'una critica ? No : in fé mia, no. Critiche ragionevoli, da cui lo possa apprendere, amo e pregio più assai di quelle lodi sfac- ciale che alcuna volta mi vengono in faccia , come I fumo per acclecarmi ; e fortuna è che i miei occhi ' sono sofferenti , e non si viziano di leggieri : ma cer- te frivolezze e pedanterie , chi le può sostenere in I pace? Sarebbe ora di fare ammutire questa indiscreta ! razza d'uomini , che Cicerone chiamerebbe percusso- res literarwn , 1 quali non altro sanno che parole e poche , e qualche volta vecchie e rancide ; moneta in somma che non ha corso. Nel se colo della filo- [| sofia non si possono tollerare questi pseudo - filosofa- stri , e meritano di essere messi al deriso di quanti hanno buon senso. Ignoranti, quanto presuntuosi, non istudiano, e credono essere usciti sapienti fuor dell'al- vo materno , come la Minerva delle favole uscì ar- mata dalla testa di Giove. Sclaurati che mai non fur vivi , vogliono attraversarsi al cammino di chi è av- "viato a buona ed onorata via , mettono zizzania ael 198 Lei-teratura grano , anzi clic compone le opinioni , vi comettono maggiore discordia. Nulla è peggio , Mordani mio , che Ja greggia servile de* pedanti e degli scioli. In- censateli colie pili sperticate adulazioni , pareggia- teli ai sommi maestri , n'avrete d'essere tenuti da essi in conio , nominati con un inchino ; aprite loro il vero, n'avrete disprezzo. Dunque? Dunque conviene mo- strarli quale il canoro animai della favola nella pelle del leone , e ridere e rider di cuore della loro stol- tezza. Addio , Mordani mio. Conveniva che vi dessi questa noia , perchè voi rideste con me. Amate sem- pre chi è tutto vostro. Dialogo fra la poesia e la ragione. G 'J^iacevasi in mezzo alla strada una povera donna più morta che viva, in veste lacera e vile da met- tere compassione in quanti passavano , se era in loro senso di umanità. Ma i vagheggini, fumando zigari e giocando co' ciondoli dell' orologio, tenevan l'occhio alle finestre cercandovi belle giovanotte o spose no- velle , e non guardavano la meschina : gli uomini da faccende, tutti ne' calcoli e nel guadagno, non la curavano : gli altri, ciarlando fra loro di guerre e di paci , di libertà e di servitiì , non ne facevano un caso al mondo. Finalmente verso sera una donna mo- destamente vestita e cogli occhi bassi ( era la Ragio- ne ) si avvenne a caso cola : e mossa a pietà, fu tosto a lei , e con amore la soccorse tanto che po- tesse levarsi in piedi , e le dimandò chi fosse , e che Dialogo 109 le bisognasse a ristorarsi. La raescliitia ( era la Poe- sia ) trasse un sospiro , che veniva proprio dal cuo- re : e con voce fievole e bassa disse così : lo quasi non so più chi mi sia , tanto mi hanno cangiata da quella di prima le stranezze degli uomini. Lrauo essi pastori.'' ed io fui con loro a cantare quella vita , che era beata , perchè lontana dai vizi onde mac- chiaronsi le clà susseguenti. Erano essi fondatori di città? ed io fui con loro , e dettai leggi , e rallegrai ie feste e i conviti. Erano essi conquistatori ;^ ed io animai capitani e soldati , inspirando nuovo corag- gio. Erano essi amici de' campi e delle ville? ed io diedi precetti a far piene le voglie de' buoni colti- vatori. Erano essi studiosi delle scienze della natura ? ed io fui con loro tra le cose mortali ^ che sono scala al fattore chi ben le slima. Non fu luogo , non tem- po , che io non porgessi loro conforto nelle avversi- tà , letizia nelle prosperità. Perchè accolla nelle reg- gie de' principi , nelle sale , ne' palagi , ne' templi , onorala ne' teatri e nelle feste.^ onorai io medesima que' che benevoli mi ricevevano : e porsi loro lauta con- solazione , che la pili non può essere quaggiù in ter- ra. Ora lutti dimentichi de' miei benefieii , ecco mi lasciano come vedi derelitta, avvilita.- e quello che più mi accuora si è, che molti ridono del mio male, e di me che sono ( peggio che il cane di guardia , il quale si adagia almeno sulla paglia ) coslrctla a giacermi nella polvere in mezzo alla strada. Oh ! po- verina , disse la Ragione : che sì , che tu sei la Poe- sia : quella che col sommo Alighieri visitò meco i tre regni dell' altra vita , e con Torquato cantò l'ar- mi pietose e il capitano , e con Lodovico le donne i cavalier l'armi e gli amori : quella . . . Sì, rispose 'la Poesia , si io sono quella ; m^ tanto diversa dall' «Uitica , che a stento mi j iconosci. Noi fuvnmo un 200 Letteratura tempo , come sai , compagne ed amiclie : noi fummo in due corpi un'anima: oh ! quanto allora io era gran- de : quanto tu stessa più cara a tutti e riverita! Ben mi ricorda , soggiunse la Ragione, quel dolce terapa di nostra gioventiì , quando gli uomini amavan tutti l'onesto : poi venne quel tempo ancora più dolce , in cui cercavano l'onesto coli' utile. Ma chi l'avreb- be mai detto! la più parte innamorati dell'utile, an- zi di una larva fuggevole , scordarono ahi ! troppo l'onesto , credendo che senza questo possa mai quello trovarsi al mondo. Quanto sono ingannati ! smania- no , sudano , non dormono ne notte ne giorno , cor- rono all' armi , si spogliano , si uccidono per amore di guadagno e di sognata felicita : lasciano intanto gli studi della pace in abbandono , lasciano la ragio- ne. E prire hanno bisogno di me , hanno bisogno di te , sorella dolcissima , e spendono e spandono per passare pochi istanti udendo trilli e gorgheggi , fu- gaci dolcezze , che sono un nulla a tanti desideri , a tante speranze. Oh ! denari gittafi , soggiunse la Poesia. Diedero il nome di opera a zibaldoni senz' anima: dico senz'anima, perchè dove tu ed io non siamo , sorella carissima , ivi è noia e vanita. Ben li sovviene de' lieti giorni, ne' quali fummo insieme alle splendide corti , e con noi era la musica : quella era vita , era consolazione. Ma una matta brama di novità , e quel volere gir dietro ad un fantasma di bene , che va cambiando di nomi e non h mai so- stanza , hanno condotto le cose a termini , che io e la musica e tu stessa non ci riconosciamo nelle città. Io , povera poesia , sono veramente delle tre la piìi disgraziata j e se talvolta mi avviene di comparire tra le persone, veggo più d'uno farmi il viso dell' arme : e poco sta , che a' pugni e' non mi caccino villanamente. Io era una volta l'idolo de' gran signo- Dialogo 201 ri , era la delizia di tutti : e con le mi sedevo alle mense, passeggiavo ne' giardini , signoreggiavo nelle piazze , ne' teatri ; non die nelle ville beate. Fa cuo- re , disse la Ragione : tu vai troppo innanzi colla fan- tasia ; fai di una pulce un elefante! E' stato sempre il tuo vizio : ora io vo' che ti moderi ne' tuoi la- menti : ama gli uomini , e ti ameranno. - Ed ella : Quando fu mai, che io non li amassi ? - Quando molle ti porgevi e piena di frasche , quando incensavi le belle capricciose e i ricchi insolenti: quando ti venne il ruzzo di regnar sola facendo licito di libito. A me ti accompagna e metti le ali. - Quasi mi fai ridere, rispose la meschina : dammi di mutare gli uomini , e voleremo come una volta. - Qui entrarono a parlare insieme cosi sotto voce , che io non potei udire più sillaba. Pure le seguitava coli' occhio ; ma presto ancora si dileguarono. D. V. Jupitev , reclierches sur ce dieu , sur son eulte , et sur les monumens qui le resprésentent. Ouvra- ge prece'dé d'un essai sur l'esprit de la religion grecque. Par T. B. Eméric-David menihre de Vin- stitut royal de France , chevalier de la légion. d^honneur. 8.° Paris , imprime par autorisation du roi a r imprimerle rojale 1833. (Tomi due: il primo di pagine CCXCVI e 349 ; il secondo di pag. Gì 2. Con tre tavole in rame.) I 1 sig. cav. Emcrico David, ben noto per molti suoi illustri lavori di lettere e di belle arti, ba pubblicato 202 Letteratura nel 1833 in Parigi quest' opera doUìssiraa , la quale ci dimostra non meno la j^rande sua erudizione, che il suo fiiio criterio in dar fì;iudizio delle cose più con- troverse ed oscure sia de' greci sia de' latini scrittori. Nobile veterano di una scuola , che sempre più vieri meno in Europa , e singolarmente in Francia , la dove ci sembra esser giunto quasi al sommo il di- sprezzo per tutto ciò clie sa della sapienza e della lingua de' nostri grandi maestri di Atene e di Roma. Le qnistioni però, che egli qui risolve (se non tutte, certo in gran parte, e sempre con bello apparato di dottrina classica ) , sono state, come ognun sa , l'og- getto sul quale archeologi e filosofi chiarissimi hanno in questi tempi esperimentato tutta la profondita degli studi loro. Avevano i greci una propria lor religione ? In che consisteva essa ? E' egli possibile il farsene in men- te un'idea si particolare e precisa, che possa darci lume a spiegare , almeno nella maggior parte , i tanti religiosi enimmi che qua e la ci porge la scienza delle cose antiche ? Tali sono i quesiti che a se stesso pro- pone il sig. cav. David , e che fanno l'argomento di quest' opera sua. In una dissertazione intitolata Introduction à Vetw de de la mytiiologie , ou essai sur V esprit de la re- ligion grecque , e posta siccome esordio del primo volume , si allarga egli in generali principii, i quali nel lupiter sono da lui ingegnosamente applicati al dio supremo Zeus ed a più altre divinità pagane che avevano con Giove alcuna relazione. Quindi sostiene , elle in Grecia era una religione civile e protetta dalle leggi : religione falsissima , senza niun dubbio , ma tuttavia ricevuta generalmente dal popolo , e con so- lenni titoli indicata sulle opere che ci rimangono delle arti. Ella proveniva in gran parte dall' Egitto e dalla J U P I T E R 203 Fenicia , d'onde erano origlnarii Cecrope e Cadmo : e d'onde noi pure italiani avemmo quanto in arti , in lettere e in civiltà ci fece fiorire, innanzi che la luce della greca sapienza più maravigliosamente si dilTon- desse per quella maggior gentilezza con che gì' in- gegni ellenici , nati potentemente al Lello , seppero usare la lingua fenicia , primo e gran fondamento delle lettere greche ed etnische. Sulla natura di questa religione, dalle leggi gre- che difesa , il signor cavaliere ha posto le seguenti proposizioni : ] ." Distinzione fsa le divinità reali e le divinità simboliche. 2." Le divinila reali sono le sostanze elementari ed i corpi celesti : le divinità simboliche non ne sono che una rappresentazione. 3." La religione greca ha i suoi dommi. E qua- li sono essi ? L'esistenza di un dio supremo , di- ce il N. A: l'eternità della materia , e la sua ob- bedienza alla volontà del dio supremo : l'esisteuza di un' anima universale , emanata dal dio supremo , da lui creata, e fatta di una mescolanza di spirito e di materia : la divinità degli elementi e de' corpi cele- sti , inferiore però a quella del dio creatore : l' im- mortalità dell' anima umana , la quale intendevasi co- me una emanazione e una creatura del dio supremo t la liberta dell' uomo : il giudizio dopo la morte : final- mente la metempsicosi. 4." Differenza fra il vero Giove , Zeus ( che è quello di Atene, di Elide , di Eleusi , e di altre greche citta ) , e il falso Giove o Gaimone , dio Sole , che è il Giove di Creta. ^.^ l'rincipio del culto di ylmmone nell'Argo- lide fin dal secolo nono prima dell' era cristiana. Principio del culto di Zeus in Atene, 1600 anni in- nanzi la delta era. r 204 LlìTTERATURA 6/ Confusione generatasi in Grecia fra Zeus ed Ammone : confusione che negli archeologi e ne' poe- ti dura tuttavia. 7." Nuova confusione , a cui hanno dato origine i filosofi delle Avarie sette. 8." Distinzione fra le due suddette divinità fatta costantemente dalle persone erudite nelle cose della loro religione , e dagl' iniziati. 9." Soprannomi diversi dati al dio Ammone ed a Zeus: soprannomi che devono e farceli distinguere l'uno dall' altro , e mostrarci il vero fondamento del culto greco. Tal' è a un di presso l'opera del sig. Emerico Da- vid : della quale se nuovo del tutto non vorremo dire il pensiero, nuova però diremo la maggior parte delle dimostrazioni : novissimo poi l'applicare ch'egli fa qua e la un gran numero di cose a differenti divinità, e lo spiegare moltissimi simboli mitologici. Il perchè noi loderemo assai T illustre letterato francese cosi per queste dottrine, come anche perchè , grave e vero filo- sofo , abbia parlato sempre della religione santissima di Gesù Cristo con quell' alta riverenza che si deve ad opera si divina : ed usato ad onore tante testimo- nianze di santi padri e di scrittori ecclesiastici , non che di quel libro per eccellenza, di cui a buon diritto ebbe a dire ultimamente il chiarissimo principe di Ca- nino (1): Pour percer la nuit de la plus haute an^ tiquitè , pour pe'netrér dans le labyrinthe des siede s voisins de la dispersion , nest-il pas plus raissonable de'prendre pour guide le plus ancien des livres histO' riques , le livre par excellence , la bible , doni les pretentions de la fausse science ne font que conflr^ mer à chaque pas V inestiinable prix ? Una cosa però (i) Museuin etrujqns , falllas de i8'->8 a ì^-ìc^ , pag. i!>. JuPITBR EC. 205 non locheremo: ed è la specie d'irriverenza con che egli parla di nionsig, Francesco Bianchini, del grande au- tore della istoria universale provata con monumenti. Il sig. David chiama quella famosa opera un romanzo mitologico (1). Sa il cielo quanto noi poco stimiamo i romanzi: ma nondimeno ameremmo assai , che spesso le nazioni di Europa ci dessero romanzi eguali all'ope- ra di Francesco Bianchini : nome che l'Italia giusta- mente e gloriosamente pone allato a quello di Giam - batista Vico per altezza e sollilìla di ogni maniera d'investigazioni filosofiche suU' antica sapienza de' no- stri avi. S. Betti. Intorno un opera mss. di Stefano .Antonio Marcelli intitolata Inscriptionum latinarum commentariura : lettera a S. E. Riha monsig. Carlo Emanuele Muz- zarelli uditore della sacra romana rota. Ei ^v^r/jx., Bv^yiyx. Le annunzio una scoperta fatta or' ora da me con mio piacere grandissimo: e a lei 1' annunzio, perchè son certo che ad uu indagatore diligentissirao di lutto ciò che alla storia letteraria dell' Italia nostra si riferisca, non può a meno di giungere inaspettata e gra- dila. V. E. ben sa che il eh. Stefano Antonio Morcelli fu professore di rettorica qui in Fermo nel cpllegio gesu- itico : e rammenterà che nel 1822 io tornai a pubblica - ■"^ (i) Inlioduivuie , pa^ XLV, 20G Letteratura re in occasslone di nozze certe Lellissime iscrizionnì, eli' egli aveva nel 1766 stampate in fine ad un prospetto di esperimento scolastico , o come oggi dicono , di saggio, intitolato ^gon finnauus ; le quali iscrizioni furono in- serite nel giornale arcadico, quad. di dicembre1823. Or bene, infin d'allora mi nacque nell'animo la certezza, eh' egli avesse data qui in Fermo ai suoi scolari le prime is- tituzioni dell' arte epigrafica latina. E come fra gli sco- lari nominati iu ([\XQ.\i^ Jgon v'era ancora un mio zio, cercai diligenteineate fra le carte di lui ; e ne chiesi a quanti altri ancora vivevano di loro : ma non mi venne mai fallo di rinvenire alcuno scritto o dettato del Mor- celli su quella materia. Non sono però molti mesi passati da che il sig. ca- valiere Niccola marchese Morici, gentiluomo mio concit- tadino , e nipote di quel Girolamo Morici che vedesi noverato fra i discepoli del Morcelli, mi disse prima di aver trovato fra le carte di quel defunto suo zio un ms. contenente appunto quel eh' io cercava , e poi con ge- nerosa cortesia a me graditissima me lo dette in dono. Ella, che tanto si fatica in far collezione di autografi , e già ne ha fatta una ricchissima , può ben giudicare qual conlento fosse il mio nell'aver trovato e fatto mio un te- sorelto. Io lo riguardo con quello stesso amore, con cui gli artisti conservano quelli che chiaman bozzetti o pri- mi modelli delle opere eseguite poi e perfezionate dagli eccellenti nelle arti , facendo ragione che in questo ms. sì contenga la primissima idea , e quasi l' archetipo del- la grand' opera da stilo inscriptionum. Lodettava il Morcelli ai suoi scolari nell'anno 176(5 e la intitolava „ Inscriptionum latinarum coramenta- rium. ,, Eccole la breve ma elengantissima prefazione scritta subito dopo il frontespizio , e che mi piace sup- porre , sebbene non ne sìa certo per mancanza ds con- fronti, autografa del Morcelli stesso. „ XnsUtuentitnihiy Iscrizioni del MoRCEtti 207 adolescentes , componere ivscriptiones latinas , ex eìs- que libelhnn vobis non inutilem confìcere optanti , ita semper inopia librorum est achersata , ut diei coì?-^ silium hoc meum ad commodiora tempora esse dìfferen- dum existimarim. Sed tamen quiim et vos singuli cu- pidius insiaretis , et egomet vestrae utilitati , quoquo- modo possente servire vellem ; inalai demum enrum exem- pia vobis nonnulla , quam omnino nulla , exhibere. In- scriptionum autem paucitatcm longior commentarius compensabit: idemque cum ad caeteras antiquas , si libuerit , cognoscendas , tum etiam ad novas , si opus erit, conficiendas aliquani vobis facultatem suppeditabit. Itaque carpite nunc fio sculo s , et delibate istos-, licebit, credo^ aliqaando ex his angustiis excurrere, et in in- genti immensoque campo vagari libere. ,, Analoga al senlinienlo espresso in questa prefazione è l'epigrafe che segue, tolta dalle epistole di Orazio, Non possis oculo quantum contendere Lynceus^ Non tamen iccirco contemnas lippus inungi. Horat. ep. I.lib. 1. v. 28 Tutta r opera è divisa in tre libri . Contiene il pri- mo Inscriptiones deorum : il secondo Inscriptiones ho- minum ; il terzo Inscriptiones manium. Nel primo si contengono 2j iscrizioui; 'i)5 nel secondo ; 45 nel terzo. Esse sono per la massima parte desunte dal Grutero , dal Muratori, dal Lipsio, e da altri antichi e moderni, che o ne hanno fatto raccolta , o nelle opere loro le ri- portarono. Ad ogni iscrizione segue la letterale inter- pretazione o spiegazione; e poi, per richiami di note ap- poste alle iscrizioni , vengono le illustrazioni storiche , critiche , archeologiche , filologiche , che il oh. autore riunisce sempre in uno sotto il titolo di Corollaria. Ella già intende , vencralissirao mio monsignore , 208 Letteratura che la semplicissima dislrìLuzione in iscrizioni deorum, homlnuiu et manium non permise al Morceili di dis- ffgnguere troppo accuratamente i diversi generi delle epi- grafia perchè nella prima classe sono frammiste \q voti- ve a quelle, che pii^i tardi egli i\o\nm^ Monumenta sacro- rum, Dedicationes ec, e nella seconda le onorarie si veggono confuse cogli elogi , colle iscrizioni di opere pubbliche^ coi monumenti de" privati e pidihlici diritti ec. Finalmente nella terza classe non è separazione alcuna fra le iscrizioni funerarie comuni ^ e quelle de maschi, delle femmine e dei fanciulli. Molto meno avvien di tro- vare in questa prima opera del Morceliì distinti in modo alcuno i diversi stili delle iscrizioni , ch'egli poi chiamò dizione semplice ed ornata. Nessun esempio fìnalracnle vi si rinviene ne delle pubbliche costituzioni , ne delle iscrizioni temporarie , uè delle poetiche. Grandi pertanto sono le dilìcrenze fra questo primo sbozzo , o idea originale, e l'opera famosa de Stilo in- scriptionuni. Ma chi quella sola avesse fra mano, dir ben potrebbe ab ungue leonem , e vedervi dentro quasi in germe ed in embrione 1' opera che pochi anni appresso ci donò alla repubblica letteraria : che eruditissime sono le note 0 corollaria apposte a ciascuna epigrafe , e ridon- danti di erudizione greca e latina di ogni maniera. Ai tre libri in cui il MS. è diviso , tengon dietro tre appen- dici. La prima ha per titolo Nonmdla vetustatis eaem- pla , e contiene diversi titoli che non poterono collocarsi dal eh. autore in alcuna delle tre classi in cui aveva diviso il trattato. Tali sono, a cagion d'esempio , For- mula qua olim romani hbertatem devictis bello gen- tibus tradiderunt : Conditiones pacis quas P. Scipio tulit Anthioco Asiae regi. Ciceronis sententia de C. Caesare Octaviano ornando ; Lev de nquaeductis ; alcuni rescritti di principi , alcune formole di giura- menti e di tobtamcnti , di abdica^iotie di figli , di lus- Iscrizioni del Moucelli 200 trazione clelle campagne , un calendario ce, ecl 11 testo delia legge regia. La seconda appendice contiene Monumenta ali- qicot recentiora : e sono iscrizioni moderne anzi ele- ganti che no, fra le quali però se ne veggono alcune che il Morcelli stesso piià tardi avrebbe riprovate o per lo stile o per le idee. Onde si fa chiaro, che sebbene il va- lentuomo fosse già molto innanzi negli studi epigrafici , era ancor lungi dall'aversi formalo quel sicuro criterio, che poi colla opera sua magistrale fece comune a chiun- que avesse ingegno e volontà d acquistarlo. La terza appendice ha per titolo : Qui quotque tibris collecta s veterum inscriptiones in lucem edide- rint ; e presenta un catalogo dei raccoglitori di antiche iscrizioni. Un indice delle iscrizioni per ordine alfabetico , un altro delle cose contenute nei corollari, ed un terzo del- le sigle e note che occorrono ne' titoli antichi, chiudono il commentario. A questo commentario poi è aggiunto un altro MS. mancante del fine , e intitolato ; Antonii Morcelli or a- tionuin liberculus , quarum argumenta veteres sequit- ti ad nostrani aetatern sine orationibus venere. inedite io credo queste orazioni , delle quali non istò a dirle come siano scritte e condotte , poiché a lei basta il sapere che furono dettate dal Morcelli. Quattro sono le orazioni che io posseggo. La prima è Xantip- pi Aripliranis in Miltiadcm prodi tionis reuin ; la seconda Thisagorae prò Miltiade fratre ; la terza Fufii C aleni in Manium Jquilium rep. reum., la quale si chiude colla forniola di un interrogatorio tes- timoniale sulla reità di Manio ; la quarta Spurii Po- sthumii Albini consulis ad quirites : Publium Scipio- nem Aemiliannni consulem non esse renunaiandum ; e questa manca della line per la uian(:an/,a, che sopra le G.A.T.LXUi. 14 210 Letteratura accennai a pie del libro. Ella ben vede , cblarissirao mio naonsig., se a buon diritto io diceva di possedere in questo manoscritto un tesoro. Ma e'non mi basta di pos- sederlo: mi piace che altri Io sappia , e non già ad onor mio ( elle per altrui generosità , e senza merito alcuno ne feci V acquisto ), ma per onore di questa mia patria, elle se vantavasi d'avere avuto un giorno il Morcelli mae- stro di rettorica nelle sue scnole , ben può cred' io andar orgogliosa cbe fra le sue mura nascesse in quel sommo il primo concetto e l' archetipa idea dell' ope- ra che lo ha fatto per tutta Europa immortale. Di questo adunque io la prego che le piaccia far noto ai suoi amici, le prime istituzioni dell'arte epigrafica essersi dal Morcelli dettate in Fermo, e conservarsi tuttora il trattato eh' ei ne insegnava agli scolari. Che se le piacesse al- tresì fU render pubblica questa notizia col mezzo di qual- che giornale , non tanto io , quanto tutti coloro fra i miei concittadini che di vero amore aman la patria , e rammentano con desiderio i tempi ne' quali in essa fiori- vano i buoni studi , le ne saremo oltre ogni dire grati e riconoscenti. Ed io ponendo fine a questa lunghissima cicalata , alla sua buona grazia tutto me stesso devolaineute oflero e raccomando. V. E. stia sana. Di Fermo il 27 marzo 1 835 Suo Devino Obblifio Alìino Servii. Giuseppe Fuacassexti 211 Intorno al cavaliere Cesure Ercolani. 'e vista umana potesse leggere nelle origini lonta- ne delle famiglie , noti sarebbe per avventura senza ca- gione il raramentare sul bel principio l' epigrafe di un marmo antico , trovato in Roma nello scavarsi i fonda- menti del palazzo del cardinal Geù : la ijuaie parla cosi: D. M. LVCIO . SEPTIMIO . BFRENICIANO . HELVIVS VITALI ANVS . ET . AVRELIVS . HERCVLANVS AMICO. INCOMPARABILI. BENEMERENTI (I). Ma per r infermila de' nostri occhi dovendo restar conteali a leggere più da vicino , egli è a dire : clie il primo stipite di qnesla famiglia de' conti Ercolani si fu Arcolano de' Folcatti , altrimenti degli Arculani (*) , che dimoiava nella villa di Traversara , una vol- ta castello , ora contado di Bagnacavallo . E provasi dal testamento di Bittino figlio di lui , rogato a' 2o Inglio l46o da Gio: Battista di Bartolomeo Fichi iiotajo di Bagli >cavallo , dove si legge:,, Bittinus q. Arcolani de' Folcaltis alias de Arcolanis de Traversa- (i.) Dolph. de famil boaoniens. Hercul. pag. 28S. (*) Nel dialetto de'nostri villici è frequente il pronunciare Va in luogo dell' (?. Quelli di Traversara dicono ancora Arco- lani , dove noi pronunziamo e scriviamo Ercolani : i notari del Secolo XV anch' essi seguivano scrivendo le preferenze del coiilado . 1 posteri meglio scrissero e scrivono F.rcolnni^ 14* 212 Letteratura rJa. ,, Arcolano adunque lu padre di Binino : e questi dì Sante Ercolani , il quale da donna Pasquina Mengazzi ebbe cinque fii^li , ed uno fu Cesare (1). Questi nulla ebbe dal padre , fuorché 23 lornalure di terra arativa in luogo di legittima , com' è a vedere nel testamenlo di Sante degli li giugno 1522 a rogito di Domenico Mi- chelazzi nolajo di Bagnacavallo. Ma perchè mai cosi avverso moslravasi il padre a questo figliuolo ? E' chi si argomenta indovinarlo (2) chiamandone incolpa l'e- sercizio dell' armi , al quale di soli dieci anni fino dal 1509 Cesare si dedicava, L'ardor giovanile acceso nel desiderio di bella fama lo trasse ad arrolarsi semplice sol- dato agli stipendi di Carlo V. Ora, si dica, un figlio disub- l)idiente, profugo, avventuriere , e quello che è più ncll' armi dell'imperatore, nemico siccome a Francesco I ro di Francia , cosi allo stesso Alfonso I duca di Ferrara ( eh' era alleato del re, e naturai signore del nostro Ce^ sare ), quanta indignazione trovar, non doveva nell' ani- mo paterno ? Ma vi ha chi replica : Fu egli Cesare ve- ramente figliuolo di Sante? Ne rende fede prima quel te- stamento del 1522; poi l'esser chiamato Cesare fratello a Bernardino ed a Giovanni Maria , figliuoli di Sante , in un rogito dei 23 maggio 1551 del notajo Vincenzo Giacomelli: poi una deposizione di Guido Gajanì in atti del notajo Giovanni di Giangaspare Tigrini bagnacaval- lese dei 9 ge;iaajj 1580 ; la quale fa parte del processo, formato per una lite insorta tra gli eredi di Cesare, 45 anni appresso la morte di lui (3). A questi documenti ( !iè sono i soli ) si acquietano gli storici nostri. Ma che ? 1 forlivesi, teneri della domestica gloria, recano in mezzo. (i) Coleli - Memorie isteriche pag. 6. (2) Coleti pag. 7. (3) Coleti pag. 8. Malpeli liisscrtaz. pag. 172. Doc. LXIX. Intorno al cav. Ercolani 213 le storie loro , e Io etesso marmo sepolcrale: dove for- livese è detto il cavalier Cesare. Egli veramente ebbe stanza in Forlì colla moglie Emilia de'conti diCarpcgna: in Forlì ebbe i parenti di lei: in Forlì miseramente eb- be la molte. Volgeva 1* anno '1534: Cesare ne contava allora 35 e non piìi : cpando ricco di gloria acquistala tra l'armi fu vittima dell'invidia, e guelfa rabbia lo estiiise. Stavasi nella piazza di quella citta in amiclievo- le colloquio con uno Scipione Angcllieri, parente d' E- railia sua (1) ; ed ecco venirgli addosso con quattordici sicariì un Vincenzo Piraccini per ucciderlo , e trarsi cosi dinanzi un chiarissimo ghibellino. Ma il coraggio e la forza, che vinto ebbero a Pavia Francesco I, salvarono il valoroso; se nonché ridottosi io casa di un Antonio Ercolaui e postosi a letto , ecco di nuovo que' traditori ; forzan le porle , lui sorprendono inerme, lo feriscono di molti colpi, e lo lasciano senza vita agli 8 settembre di queir anno infelicissimo. Ma buon per noi , che la vita de' generosi è chiara ed illustre nella memoria de* secoli, ne può mancare ! „ Cesare Ercolani bagnacavallese , cavaliero pro- y de dell'armi , che in età di soli XXVI anni com- „ battè e ruppe Francesco I di Francia : e nella gran ,j giornata di Pavia , dopo avergli ferito il cavallo , lui ,t prigioniero trasse al campo di Carlo V imperadore , ,, farà eterna fede del valore della nobiltìà dell' antica „ Romagna. „ Questa epigrafe donava a Cesare il mio concittadi- no ed amico Giuseppe Ignazio Montanari: ed io ritoc- cando, siccome soglio, le glorie nostre la riferiva (2). Mi è. bello riferirla ancora , perocché mi conforta a dire (i) Bonoli Ist. pag. ")i>. Coleti pag. 20. (ij Giorn. Arcad. Tom. 4*3 pag. 542. 2!4 Letteratura nuovamente di quel famoso che militando ncU' esercilo di Carlo V fu alla battaglia del 2 j febbraro 1525, ed ivi il primo feriva il cavallo a Francesco I, il quale balzato dall' arcione e coperto di ferite, pur difendevasi' con vaior disperato; in fine perduto tutto, fuorché l'ono- re, restò prigione. Ma nel silenzio degli storici , sempre intesi a gratificare ai capi di grandi imprese ( non esclu- so il Robertson ; peiocchè nella storia di Carlo V ha tolto materia dagli altri che lo precedettero) , si chie- deranno ancora documenti di quella azione del nostro Cesare; e documenti non mancano. E prima esiste ori- ginale nel 1' archivio de' nostri conti Ercolani (discen- denti di Bernardino fratello di Cesare ) il diploma impe- riale dato da Granata a' 3 di ottobre 1526, in cui sono a leggersi queste parole , le quali mostrano da una parte i meriti cìel nostro Cesare ; dall' altra la giusta mercede tribuita da Carlo V medesimo a quel fedele (1); „ Aui- „ maclvertentes, qua fronte, qua strenuitafe et fidelitate, V, animo indefesso magnificus Cacsar llerculanus arrai- ,, ger Gdelis noslcr dilectus in conflictu, qui dudum fuit „ iuter feliccm excrcitum nostrum quem tenuimus in ,, Lombardia secuscivitatera Papiae contra exercitum se- „ renissimi rcgisFrancisci,una cum aliis tali vi certavit, ,, quod non solura exercitum predictum regis fran- ,, corum debellatum fuit , veruni enim vero personae di- ,, cti regis francorum aliorumque principura ducura et „ militum illum famulantuira captae ad nosque devecfae »i fuere „ Ancora vi ha memoria del di- plomi di Leopoldo imperadore dato da Vienna a' 26 mar- zo IG')9 al conte Filippo Ercolani , dove sono a legger- si queste parole; ,, Strenue manu in acie navavit Caesar ,, Ilerulanus Caroli V divi nostri praedecessoris dux (i) Grazioui • Notizie della Pieve pag. loi doc. Q. Intorno al cav. Ercoi-ani 215 ♦» cgreguìs, qui ab eodeni Garaaiduae et Aranii ìurìsdi- „ elione fuit insigtiitus , quod ipse priraus praelio ad ,, Ticinura Franciscum priraura Franciae regem, equo a „ se vulnerato dejectum, captivum abduxerit.,, Per così nobile impresa Cesare fu creato cavaliere aurato, come al diploma carolino, e coacesso vennegli lo stemma.- cioè uno scudo partito in quattro di color aureo e ceruleo, in cui una fascia 0 sbarra decussata o trasversale rossa, lecui e stremila sono tenute tra il rostro di due teste d' acquila: e nel mezzo alla sbarra è una corona d' oro tra due pie- tre focaje e suoi bastoncelli di color giallo: nel giro dello scudo , che e pur rosso , sono otto aste ferrate spezzate di color celeste disposte ad uguale distanza, per segno appunto di avere il nostro Cesare in quella balta- glia rollo otto lancie contro i nemici: ,, In dicto con- <„ flictu se tam strenue habuit dlctus Caesar Uerculanus, li qui octo lancearnm prediclarum liastas in hostes cou- ^, trarii exercitus viriliter fregit et rupit, qucmadraodum t, pictoris iugenio in presenti privilegio figurala et pic- », ta raelius scernuntur; ,, Cosi leggesi nel diploma caro- lino, dove è dipinto lo stenimi eleberrima fra le opere di Raffaello è la J5. Vergine del pesce, la quale essendo stata rapila da' francesi al real museo di Madrid, fu poi ad esso restituita dalle armi vittoriose e dalla giustizia de' sovrani alleali. Il sig. Pier-Vincenzo Belloc , piemontese domi- ciliato da venti anni in Francia, intende in questo libro a darne una spiegazione sua propria, non pago di qule de'sigg. Qiatre- 230 Varietà' iii'^ie (le QuincyedEmerico David. Egli crede che il giovinetto, che tiene un pesce legato alla sua mano destra , non sia Tohia, come dopo il Vasari si era costantemente tenuto sin qui , ma sì un neofito col famoso segno degli antichi cristiani ; e che 1' an- gelo , il quale presenta esso giovinetto al bambiìio , non sia san Piaffaele , ma sì V angelo custode. Ingegnosissima spiega- zione. Quanto agli anacronismi però dei pittori eziandio ce- lebralissimi, bisogna non conoscere le opere più insigni di quel- li de' secoli XY e XVI; e di Raffaello stesso , massime nell' Elio- doro , dove Giulio II in sedia gestatoria assiste alle battiture da- te a quel prefetto del re Seleuco. S. 15. Poche rime dell' abate Loreto Santucci già custode generale dì arcadia. 8. Roma ìBTó , tipografia delle belle arti ^ un voi. di pag. 205. ) ITarlcrcmo più a lungo ne' venturi fascicoli intorno a queste ri- me , le quali onorano sommamente e il chiarissimo autore e le romane lettere. In obilu Hieronymi Amati in hiblioiheca vaticana a litteris grae- cis , in archigymnasio romano e corporatis philologorum , Francisci Guadagnii elegia. 8 Romae i835 apud Joannem Ferrctlium. ( Sono pag. 8. ) VJompiange qui il eh. sig. avv. Guadagni, con versi elegan- tissimi com'è il suo uso , la perdita clie abbiamo fatta do- lorosissima di quel gran lume dell' italiana filolologia Giro- lamo Amati di sempre cara memoria a tutti , di carissima a noi che per tanti anni l'avemmo amico e compagno in que- sto giornale. Uomo veramente incomparabile , vuoi per la bontà del cuore , vuoi per 1' eccellenza della dottrina. Varietà' 231 Biografia del ccwaliere ah. Giambalìsta Zannoni scritta da D. Celestino Cavedani. 8. Modena i835 dalla reale ti- pografia degli eredi Soliani. ( Un voi. di pag. g6. ) XI Signor ab. Cavedoni ha intitolato modestamente biografia questo suo scritto: ma noi lo diremo un ampio e dottissimo elogio del sommo antiquario della galleria di Firenze. Tu vi trovi tutta la vita del Zannoni nou solo, ma anche un sunlo assai giudizioso delle varie opere di lui ; nel quale il sig. Ca- vedoni si è mostrato qual egli è , pieno di profonda erudi- zione non meno che di soda critica. S. B. Alla gloriosa santa Filomena vergine e martire , inno di Giu- seppe Ignazio Montanari 8.° Pesaro dalla stamperia Nobili i835. ( Sono pag. 12. ) Uopo averci dato ultimamente il sig. prof. Montanari un bel- lissimo inno a s. Carlo Borromeo , ecco ce ne dà un altro non men degno di lui a s. Filomena. Poesia gentilissima, sia per nobiltà di favella ed armonia di versi , sia per dignità di sen- tenze : la quale ci riconcilia alquanto con un genere di poe- ma , siccome è l'inno, che a questi di è stato ( diremmo quasi quanto la tragedia ) bruttato e guasto dalla scuola romantica , che ci ha dato per inni tali filastrocche da cantarsi meglio da' guerci alle soglie de' cimiteri e delle quaranlore. Né vogliamo escludere chi diceva , e tutta la greggia antipoetica della setta ripeteva col più matto plauso del mondo: E' risorto: il capo santo Più non posa nel sudario : E' risorto: dall' un canto De r avello solitario Sta il coperchio rovesciato. 232 V A R r E T a' Or ecco un saggio del bel verseggiare classico del professor Montanari. Ella fraltaato all' amorosa madre , Che delle Lraccia alla persona intorno Le fea catena : Or su , diletta madre , Lascia ch'io voli alle bramate nozze Del mio Gesù. Pur nel silenzio io stessa Della notte lo vidi , e - Filomena , E' giunto il di che nel mio sen riposo T'abbia e corona : io starò teco quando Barbari sgherri squarccranti il fianco , E batteranno con pungenti e gravi Flagelli il tuo virgìneo corpo. Cessa Ogni timor : se di profani al guardo Tue nude membra saran poste , allora Raramenlerai che nel mio corpo ignudo Gli occhi sbramar le turbe : e se a ferirti li sen si spingerà lancia spieiata , Pensa che il seno del tuo sposo aperto Fu da lancia crudel. Tu al cielo tieni Fiso Io sguardo : io manderò ben cento Per te spirti celesti ; anzi dall'alto Il talamo divino , e le superne Mense , ed il seggio mostrerotli dove Uno con me soggiorna Amore , e il sommo Padre dell' universo. - Or mi concedi Ch'io mi sciolga da (e , madre , e agli amplessi Ivli renda alfin del mio signore. - In pianto Inconsolabil la deserta donna Piiippe a tai detti della figlia , e forte La si recando al petto : - Almen ch'io possa Seguirti , e una sol' ora , un colpo solo Indivise ci tolga a questi frali Nodi terreni ! Se Gesù te chiama, Perchè voi-rai tu disdegnar compagna V A R I E T a' :?35 Alle dolcezze dell' eterna pace La genitrice tua ? Dove me lasci Misera e cieca , poiché a me fia tolta Degli occhi tuoi la cara luce ! O sola Speranza mia, non mi lasciar ! - In questa Entra mezzo fra lor fero littore. La donzelletta afferra , e dai materni Amplessi la strappando , di catene Carca l'eburnee mani. Ella frattanto Quasi a trionfo move , ed innamora L'aure co' suoi sospiri. S. B. In luctu filine Marine, ad Eupkrasiam Solartam Caroli P^al- pergae Masini uxorem. V non. maii ann MDCCCXXXr. Chirio et Mina edid. ( Taurini ). U na delle glorie massime dell' Italia presente è per gene- rale sentenza quel cav. Carlo Boucheron di Torino , il quale non sappiamo qual sia più fra dottissimo ed elegantissimo. Noi abbiamo parlato più volte di quest' uomo celebre : ed ora ci piace di recar qui tre sue iscrizioni latine , le quali slimiamo delie più belle che sieno mai state scritte da che si onorano le ceneri de' curi estinti. 15 ^** 234 Varietà' I. O • EVPHRASIA MA.TRONA . LECTISSIMA EN. MARIA . NVPER . TVA AD . FONTEM . ANIMARVM REGRESSA ALIA . NViNG . IVVENTA . ALIO . AEVO . FRVITVR NE . IMPORTVNO . LVCTO INVIDEAS . FORTVNAE . MELIORI NVLLA . EST . IN . TERRIS LIQVIDA . VOLVPTAS TRISTIOR . DIES . TRISTEM SEQVITVR ET . TENEBRIGOSA . INOX . OMNES . INVOLVIT SAEPE . LACRIMATVS . LAPIS AERVMNIS . FINEM . POSVIT MORS . IMMORTALITATEM . RECLVDIT HVNG . LABORVM . TERMINVM CONSTITVIT . OPTIMVS IVATVRAE . PARENS . DEVS i I. TACITO . GRESSV . IN , SOMNIS ADSVM . MARIA . TVA DOLOREM . LENITVRA . O . MATER FARCE . LACRIMIS . NE . DEFLEAS . BEATAM QVANTVS . VOLATVS . EST . ANIMARVM AD . RIVOS . PERVENI . VNDE . VITAM . HAVSLVI VS IBI . VERA . INTVEOR . VERIS . TANGOR VOS . FALSA . GAVDIA . CARPITIS . NOS . AETERNA QVAE . NE3I0 . REDDAT . VERBIS TV . INTEREA . NVPTIALIA . DONA ALIIS . SERVA . ET . ALIAS . TIBl . FILIAS . QVAERE IN . LAI! E . PAVPERCVLO COELI . IIOSPES . ET . ALVMNA HOC . PRIMVM . DIDICl BENEFACTIS . MORTALRS . AD , DEVM . ENITI Varietà' 235 I l I. MEAS . NON . TVAS . FORTVNAS . QVEROR O . FILIA PER . TE . VOLVPE . MIEI . ERAT . VIVERE NVNG . VACVIS . IN . AEDIBVS INFELIX . SEDEO . NEC . VOX . RESPONDET . VOCI TV . MEVM . SOLATIVM - ERAS . TV . MEA . LVX LVDEBAS . LVDEBAM INSOMNI . VIGIL . ADSTABAM TAEDIA . FALLENS . SERMONE GAVDEBAM . SI . CHOROS . DVCERES IMMIXTA . PVELLIS ET . TIRIA . STAMINA . ACV . PINGERES ANXIA . lACENTEM . FOVI SED . SPES . REDIBAT . ANIMO NVNG . VNA . DIES ET . GAVDIA . ET . SPES . ET . METVS . ABSTVLIT DEPLORATA . OMNIBVS . ME . IPSAM . DEFLEO TE . COELVM . TENET AT . NVLLVS . MORTALIS . OGVLVS SEPTA . COELI . PERVADAT Salvatosi; Bzttx. i?.3C Varietà* L'indole dell' architettura nel secolo XIX, dissertazione deW ar- chitetto Gaspare Semi detta alV accademia tiberina Van- no i853. - La erudizione necessaria ai cultori delle arti belle , lettera del nominato architetto a S. E. il sig. commendatore D. Pietro de' principi Odescalchi. J-lel primo de' soprannunciati opuscoli , nella dissertazione cioè , il sig. Servi viene bellamente mostrando come l'archit- tellura da rozzi principi venne di mano in mano ingentilen- dosi , finché per opera de' greci toccò il sommo della elegan- za e perfezione , e come eziandio presso i romani mantenesse cosi fatti pregi. Passa qaindi a far vedere in qual modo quell' arte cadesse al cadere dell' impero , e divenisse miserabilis- sima ; e dopo avere accennate le vicende a cui sogiacque per le invasioni dei barbari in Italia , giunge a parlare del ri- sorgimento di lei. Entra poscia l'autore a ragionare de' grandi progressi che Parchilettura fece ne' secoli i5 e 16 , e come allora tornas- se in isplendore per molte parti non minore dell' antico. As- segna in seguito \e cagioni per cui essa tolse a restarsi dalle regole del vero , e compiange que' sommi ingegni , che per soverchio amore di novità , e per desiderio di superare chi fu prima di loro, la guastarono, rendendola sconcia, grave, e talvolta ridicola. Al sorgere del Milizia, nel finire del 18 secolo , dice il Servi , devesi il ristoramento dell' arte architettonica , non- ché l'ottimo incaminamento che prese nel secolo seguente: egli dà chiaramente a conoscere , che possiamo sperare a'no- stri giorni di vederla ritornare alla primitiva maestà e bel- lezza. il Servi in tutta la sua dissertazione non manca di ar- recare in mezzo assai opportunamente passi di scrittori gra- vissimi in prova di quanto egli dice , e soprattutto mostrasi caldissimo nell' inculcare agli italiani architetti lo studiare senza posa sopra gH antichi monumenti dell' arte , se voglia- no da dovvero divenire perfetti. Varietà' 237 Nel secondo opuscolo , il quale è scritto con molta sem- plicità e scioltezza di stile, l'autore parla con fondate ragioni agli artisti di ogni genere , acciocché si persuadano , essere loro necessaria la erudizione ^ se bramano divenir sommi. Que- sta verità inconcussa è da lui sostenuta con chiarissimi esem- pi , e bisognerebbe avere rinunziato ai buon senso per non rimanere convinti dal suo discorso. Ed io credo che questo opuscolo si vorrebbe leggere con molta attenzione da moltis- simi , i quali gonfi da una cert' aura di boria , stimano cosa inutile alle arti il soccorso delle lettere. Imperocché da quello che in esso vien detto apprenderebbero di quante cose abbia bisogno un artista per uscire dalla mediocrità , e lasciare di se bella fama : la quale sicuramente non si guadagna con cer- te moderne miserie , per non dirle buffonerie, come parreb- bero darci ad intendere taluni fra gli stranieri , i quali , sia- mi permesso dirlo, s'hanno tanto fervello quanto ne potrebbe avere una zucca. Filippo GERABDt, Breue compendio di grammatica italiana per uso de' giova- netti, compilato da Domenico Chinassi lughese. Lugo dai tipi Melandri i835. Un voi. di pag. Vili e 80. in mezzo a tanto profluvio di grammatiche e di compendii grammatica-li , da che siamo innondati , sembrerà forse strano a qualcuno , che vi sia anche chi pensi a comporre e dare in luce un compendio di grammatica italiana. Questa mara- viglia però cesserà allorquando si voglia considerare alle buo- ne ragioni che hanno determinato l'aittore del compendio , che annunziamo, a comporre questo suo lavoro: le quali ragioni egli espone molto sensatamente in una elagante piefazione scritta con assai forbitezza di lingua , e sodezza di ragio- namento. Noi qui non ci faremo ad esporle, per non uscire dei limiti della prescrittaci brevità. Diremo solo che questo con» pendio contiene in sé tutti quei pregi che distinguono per 238 * Varietà' buono un libro elomentare : va!c a dire , molta cbiarrzza e facilità di espressione, a^sai adatta alla tenera età a cui deve principalmente servire j discernimento nella scelta de' precetti, ordine nella disposizione di essi. L'egregio autore ba voluto raccogliere in questa operetta le regole più necessarie allo studio della nostra lingua , ordinando il suo compendio in maniera che sia utile non solo ai giovani che studiano il la- tino , ma ben ancbe a quelli che si cogliono applicare sol- tanto alla lingua volgare. Molto ci piace che abbia dettato questi precetti a modo di dialogo , essondo questa maniera d'assai espediente ad ajutare la memoria de' fanciulli. Laon- de abbiamo di che rallegrarci col benemerito sig. Gbinassi dell' amore che egli pone nella educazione letteraria della gioventù, consecrando le sue premure a prò di essa. Del che ci ha dato bella prova pubblicando questo libro elementare , l'uti- lità del quale non è da porre in dubbio ; e vogliamo allresi confortarlo a pubblicare altre operette di simil fatta ( sicco- me ne ha promesso nella sua prefazione ) tendenti al lode- vole fine di agevolare l'istruzione della tenera gioventù , la quale abbisogna di buoni libri elementari. Cosi facendo meriterà sempre la riconoscenza di chi am- maestra la gioventù , e la vera lode dei saggi , i quali so- gliono ben più apprezzare ciò che tende alla utilità de' buo- ni studi , che non le canore quisquiglie in che perdono il loro tempo non pochi itallaul d'oggidì. L. M. V A R 1 K T A ■" '"^ 239 Compendio storico delle postei, specialmente romane anticlie . e moderne ec-, dell' avv. D. Carlo Fea commissario delle antichità. 8 Roma i8j5 , nella stamperia della R. C. A. ( un voi. di pag. 127.) XM opere di questo onorando Nestore dell'italiana arclieo- logia sono sempre piene di utili e pellegrine notizie. E tal' è la presente , nella quale , per compimento di materia , tro- vasi pure ristampata la celebre dissertazione de cursu puhlico dell' avvocato concistoriale Giuseppe Bcnettti pubblicata iu Roma neir anno 1778. La flagellazione di S. Andrea , affresco di Domenichino ri- copiato ad olio dal cai>. Sduagni . Descrizione di Fi- lippo Gerardi . 8 Roma i835, tipografia Salviucci. (Sono pag. 8.) Oi è molto In questi giorni parlato, fra professori e fra in- telligenti delle belle arti in Roma , della bellissima copia die per ordine della santità di N. S Gregorio XVI il sig. cav. Giovanni SilvagnI romano , consigliere dell' accademia di S. Lu- ca , ha fatto del famoso afiVesco del S. Andrea di Doraeni- cliino : perciocché il chiaiissimo artefice ha restituito quasi a novella vita un' opera, che sia pe' cattivi restauri , sia per le ingiurie dell' umidità e del tempo , ognun sa trovarsi in tristissimo slato. Quindi meritava sì insigne lavoro che un valente , com' è il sig. Gerardi , prendesse a descriverlo , toc- cando dottamente e dell' eccellenza dell' originale, e delle dif- ficoltà con vero magistero superate dal sig. cav. Silvagni. 240 BIOGRAFIA Di Giandomenico Romagnosi. /jirgomenlo di dolore profondo è per tutti i buoni il vedere come nella nostra Italia vadano di giorno in giorno mancando per morte quegl' ingegni subli- mi e potenti, i quali colle dotte loro fatiche accre- scevano l'onore della patria. E più grave di assai rie- sce la loro perdita , quantochè i giovani , sviati dietro a frivole e false dottrine, poca speranza lascia- no concepire che alcuno abbia a levarsi in raezxo ad essi , il quale basti ad occupare degnamente il luo- go che que' grandi tenevano. Questo io dico ora che , per somma sventura delle scienze e dell' onore ita- liano, ha cessato di vivere anche il celebratissimo gluspubblicista e filosofo Giandomenico Romagnosi. Egli nasceva il giorno 11 novembre 1761 nella terra di Salso Maggiore in quel di Piacenza, a cin- que miglia dal Borgo S. Donnino. I genitori di lui nel novembre dell' anno 1775 , quattordicesimo di sua età , lo mandavano ad istudiare nell' insigne col- legio Alberoni , da dove uscirono in copia uomini chiari per dottrina , e per bontà di costumi. Ivi il giovinetto compì gli studi filosofici e teologici , e quindi passò nella università di Parma per attende- re a quelli della legge. Questi terminali sollecita- mente, era insignito della laurea dottorale in ambi- due i diritti. pome appena il Romaguosi fu giunto all' anno Biografia 241 Tetillseltesimo , molto avendo studiato e meditato , metteva alla luce la Genesi del diritto penale. Quest' opera profondissima ed affatto nuova nel suo genere gli acquistò gran fama: gli stranieri la voltarono nelle ]oro lingue , ed in più luoghi si crearono cattedre a bella posta , da dove insegnavasi pubblicamente. Nel 4791 fu eletto a governare la cillk di Trento , e l'annessa pretura : la (juale carica tenne fino al co- minciare dell' anno 1803, nel qual tempo venne chia- mato in Parma perchè in quella università leggesse diritto pubblico. Due anni dopo, nel 1805 cioè , raan^ clava alle stampe la sua introduzione al diritto pub- blico universale , opera dottissima ed utilissima. Per questi suoi lavori il lìomagnosi era salilo in grande riputazione, tantoché dovendosi ordinare il codi- ce di procedura penale pel regno itali co , il ministro di giustizia che risiedeva in Milano volle che egli si ado- perasse in quella scabrosa faccenda. Il nostro Gian- domenico non solamente si travagliò con lode nell* ordinamento del codice , ma ne sostenne eziandio le tesi innanzi il consiglio di stato , e poscia quello ri- fuse per intero. In premio delle ben durate fatiche ottenne il grado di consultore nello stesso ministero di giustizia , per cui rinunziava alla cattedra di Parma, In seguito ottenne la nomina di professore di codice civile nella università di Pavia. Un anno in- tero ivi rimase insegnando con infinito plauso quella parte principale del diritto : indi fu chiamato di nuo- vo in Milano acciocché occupasse la onorevole cat- tedra di alta legislazione , nella quale sedette per iÌQO a che non venne soppressa : la qual cosa ac- cadde nel 1817, Mentre il lìomagnosi attendeva con tutto Io ze- lo alle bisogne di stato come consultore , ed al pubblico insegnamento come maestro , non lasciava 242 B I 0 e n A r i A eli dettare parecchie opere. Fra questo dcblionsi ari-* noverare il Giornale di giurisprudenza , alcuni opu- scoli sulle donazioni , intorno le prede marittime , ed altri simili. In seguito , dopo aver cessato di essere pubblico professore , scriveva e pubblicava altri mol- ti e dotti lavori. Fra questi voglionsi ricordare come principali : gli opuscoli di diritto fdosoflco ; della ra- gione civile delle acque nella rurale economia ; i pria-' cipii fondamentali di diritto amministrativo ; il tratta- to della condotta delle acque ; Veconomii politica ; la statistica civile , e Vindole e fattori delV incivi- limento ; senza far parola dei molti suoi articoli in- serti negli annali di statistica. A questo modo quelP uomo veramente insigne adoperando di continuo l'ingegno a vantaggio comu- ne , sostenendo molte e gravi traversìe di fortuna si condusse, benché tocco da appoplesia, fino all'anno settantaquattresimo. Quando finalmente nella notte de- gli otto giugno 1335 cessava di vivere, confortato dai soccorsi tutti di nostra religione , fra le braccia di alquanti amici , a cui con viso sereno volgeva pa- role di consolazione , di nuli' altro lagnandosi , fuor- ché del non essergli bastata la vita per compiere l'ope- ra suir incivilimento. La novella della morte di lui fu udita con uni- versale dispiacenza in tutta Italia , e piìi in Mila- no, ove da ciascuno era amato, ed altamente stima*- to. La mattina del giorno 9 furono renduti al suo cadavere solenni onori funerali ; e non si dubita punto che quanto prima nel luogo ove riposano le sue ce- neri non abbia a sorgere un monu mento , che lo ri- cordi onoratamente a quelli che verranno. Giandomenico Romagnosl fu assai ben formato della persona ; ebbe bello e nobile volto , occhi bru- ni vivacissimi, fronte alta, spaziosa, e la calvizie rcn- Biografia ^ 2-^13 (levalo di aspetto a maraviglia venerando. Egli era af- fabile e dolce ne' modi , gentile e manieroso con tutti, e poco parlatore. Fu uomo integro , parco nel vi- vere , risoluto e fermo incontro alle avversità , lar- go di consigli e di soccorsi a chiunque di ciò lo ri- chiedesse , saldo e sincero nelle amicizie. Giovani italiani , che date opera allo studio delle scienze, abbiate sempre ferma la mente in Giandomenico lìomagnosi ; imitatene le virtù, procurate d'emularne il sapere ! Cosi facendo , voi renderete il tributo più bel- lo di gratitudine alla memoria di quel grande , che spese la vita a prò de' suoi simili , e che cogli scritti vi appianava la strada, che mena alla vera sapienza. Filippo Gerarci. ERRORI CORREZZIOiNM pag. 57 lin ult. da Oriani dairOriani 58 14 schiaceiamenlo chiacciamento 61 8 o*"-. 46'. i5", ;o o"'-. 46' . 25", io 62 4 + I , 85 — j , 85 65 3 \dinj \(ImJ 72 7 della trig. dalla tiig. 76 16 latituludine latitudine 1 '.f:f*'i';'V,K■> 8 4 lo 5 5o » f- 5 9 „ ser, mal. " » 6 5 5 7 23 „ furioso j) )> » 2 „ ,. f- » ^i- „ IO 5 12 5 i3 7 65 E. f. 5 q „ ser. mat. » 11 7 8 23 N. „ nuv.sp. » lo 4 chiarissimo k 8'- " 9 7 13 1.5 8 45 „ „ 6 0 nuvoloso ser. mal. „ 10 3 5 9 — 3o 23 ,. f- nuv.sp. 8 3 ,, m. nuv. §i- » 1, 6 12 6 i.ì 8 40 n » 4 0 » icr. .» 11 1 S — i3 23 0 0 N. d. 1 5o cop. mat. 28 o a 6 7 cliiarissìmo 6 S'- » ), 5 i3 5 14 6 5 48 0 0 3 9 ser. nuv. sparse. ser. !) 1 5 7 5 ■ la 24 INE. ni. NNE. „ chiarissimo mat. 3> ?■ 0 7 0 ser.nuv. sparse ■J gi. „ „ » 13 i5 6 49 N. f. 5 0 „ Tap. ser. mat. ,. ,, 2 8 7 5 38 „ ni. chiarissimo lì ). 4 16 0 0 jj h gi- ., 1 7 i4 14 5 42 SO. i 4 a „ ser. li 0 8 8 5 0 0 » mat. 27 II 4 4 5 1 « »» 9 ser. mat. „ 10 4 '4 9 8 i5 5 34 9 15 N. ni. N. q. 0 0 0 . 3 0 ser.nuT.sp. chiar. » -., „ cop. l'I S^- » 9 i> la 2 12 8 21 S. „ pic.piog. 1 8 jj ser. mat. » „ b 4 7 0 N. ra. „ „ 10 4 3 scr.nnv.sp. il S'- " » 7 lo la 5 4 37 0. m. 5 0 ser. mat. M I > ^ 1 6 - 26 9 N. d. :. » G : 3 _ „ il 0 ser.nuv .sp. 8'-- 1> >. n i la 3 Il 45 SO. m. j a i3 ser. mat. „ IO :» 1 5 ' 1 9 7 5 6 12 - 20 4 5S 0 0 3 4 „ 5 5 SO. "ni. 1 1 nuv. 14 ser. mal. si- >. „ 518 1 1 1 25 S. J. pic.piog. 1 „ 5 i> » 9 J 5 5 lo 6 34 N. d. 5 6 " i5 ser. mat. S'- » 1 I 0 6 6 24 34 „ » 5 0 cliiar. " " 3 1 13 „ III. er.nuv.sp. ^ ser. 25 „ 5 ; 7 (j ' • lo cMnr. jj lUauL. ■' ' "1 ' liiii^ii.iini 3 Ore Baromet. Terra. Termometro Max. Min. ' Igrom. a capei. Vento Pioggia Evapor. Stato del Cielo' 16 '7 18 '9 20 21 22 20 24 a5 a6 "7 28 29 3o ma. gi- ser. 28p. 0Z/.8 )> » »» » 1 0 5% 13 8 5 i5 5°3 10° 4o 3 N. d. NO. m. 0 0 1 3 i. 1 chiarissimo » ma. ser. „ 3 0 5 i3 5 9 5 3 25 8 N. q. 0 SO. ra. 0 0 3 0 ser.uuv.sp. nuvoloso scr.nnv.sp. chiarissimo nuvoloso ma. si- ser. 1, « 6 » „ 8 „ 3 0 5 i5 19 i6 «> 1 4i 5 N. d. „ q. 0 E. „ 2 8 ma. §'■ ser. l l " 6 i5 1 0 5 1 46 5 N. d. 0. „ 0 0 5 5 chiarissimo ser.nuv.sp. chiar. ma. 8'- ma. gi- ser. » !! ,',' 7 iS 1 1 " 6 3 42 ■4 SO. m. 0 0 3 6 ser.nuv.sp. nuv. ser.nursu! 5» chiar. nuvoloso chiar. nuv. chiar. " ti i> „ 2 5 „ » 3 9 16 10 6 16 5 8 5 45 6 SO. "m. 0 0 4 0 ma. ser. „ » 5 „ „ 3 „ 0 5 5 16 6 IO 5 i5 lo 17 16 i5 16 5 5 1 6 N. q. 0 0 0 2 6 ma. 8'- ser. 11 11 0 27 n 6 28 0 0 ;6 5 7 SO. f. 0 0 3 5 ma. si- ser. » » 5 „ » 5 « » 1 i3 9 7 1 34 3 N. q. 0 NO. d. 3 a nuv. chiar. ma. Si- scr. )» t» 2 11 1) 0 6 G - 1 6 5 0 01 5 0 0 S. d. 0 0 3 2 uuv. chiar. { ma. si- « i 1 ti t> 0 „ I 1 7 16 1 ■ 16 5 16 7 27 5 OSO." r. 0 0 rugiada 2 5 nuv. chiar. ma. si- ser. ,,06 „ 1 0 it) i 11 5 ! 6 • i3 iS . q . 0 SO. m. S. d. ingialla 3 7 ser.nuv.sp. >» chiar. ina. si- ser. " ò 8 „ 1 e 6 7 i5 5 11 1 16 5 6 5 1 39 6 N. q. 0 SO. d. 0 n 3 a ser.nuv.sp, chiar. ma. si- ser. „ ìfi li T' if T rT~iwnTin-TTii;ìimfni Osservazioni Melereolugiche. )( Collegio Romano J( Maggio l854. Ore- Baiomet. I Terni. jTermoi mai, tslerno j 12 5 max. aS/Jo.oZ ■■9 0 23 ?'■- ). 1 3 31 j.er. )» 3 " i;^ 7 ' mal. „ „ 2 i3 é''- » >, „ .12 23 ser. mal. )> a 0 i6 i5 1 11 I 7 j ' é'- .. j. 5 a3 5 24 \ ser. mat. V 1 2 17 5 ^\ " >, o la 5 è''- J. o 7 20 21 mat. n >. 3 14 5 >i « 0 i3 6''- ,, „ „ i8 5 2y mat. :, „ 5 14 » 1 3 la 0 fi'- ,1 )) 7 19 19 ser. mal. a 2 5 »4 » jj 6 'i3 7 •^''• „ 3 6 ii8 7 32 ser. » 4 0 1^4 mat. >i 3 7 ,i3 8 3 I23 23 ser. „ „ 4 14 mat. „ 2 7 12 q „ „ J 22 )> ; 16 5 ser. " *' i3 r^ ■) si- n .. " 21 5 16 22 13 ser. mat. " „ „ j, 12 5 i M » 4 j5 25 5 ser. mat. .1 2 0 16 5 j4 - 11 5> „ 13 gì- „ a 4 22 G „ ser. » .. ò !>7 mat. ,, ^j o 12 li fi'- „ 1 9 22 5 24 »4 ser. mat. » .. 7 itì Il » 4 i4 ,^'- )) ?» ■»7 7 2 0 5 ser. » 1 1 liG .... ,. mat. li 0 8 14 5 S'- » 1 •;; ■ jf> 21 5 Icrom. la" 4f l32 ,1 — I 6 i3 Uj {27 45 U5 la 5 ■37 4 2 7 l3 iJ , 1 5 53 5 i5 Veulo Pioggia Evapor. N. q. o OSO.m. O d. NO,,, o o so. m. S. d. o O SO. ra. o o SO. d. o o I 9 12 5 42 ij_9_ 12 5146 Ì17 To' " i54 '4^ " '48 l^. 9 8 ENE.m. o o N.(i. o o o N. d. o o [fl, „ N. d. S. m. o O ! NT qT"5' 12 I) 14 5 N. q. O SO. d. 0 o OSO d. S. d, ale. RQC. 4 'G 5 6 Stalo del Ciulo- i\ 5 3 5 o 2 7 pic.plog. 4 ^ 5 4 4 4 7 3 nuvoloso ser.nuv .sparse iiuToloso ser, vap. 4 o cliiarissimo coperto str.uuv .sp. ciiiarissimo scr.nuv. sparse . chiarissimo ser.nuv .sp. \elato chiar. scr.iuiv.sp. cliiarissimo coperto INDICE DELLE MATERIE Contenute nel voi. 189 e 190. Nota de' compilatori e de' collaboratori. SCIENZE. Medici, Manuale di fisiologia. p. Peretti, Sulla rubbia de' tintori ec. p. Massimo , Passaggi di Mercurio sul disco so- lare ec. P" Tortolini, Trattato del calcolo dei residui: p. Pianciani, Memoria sulla grandine (parte I.) p. LETTERATURA. I 34 47 86 Mai, Discorsi. p. i6i Guzzoni, Cenni su Raimondo Desèze, p. 17,4 Pnngileoni, Commentario intorno ad Antonio Urceo. P- 18" Montanari, Intornt^ al suo volgarizzamento di un epitalainio dell'Ariosto. p- ^89 Vaccolini, Dia V 50 fra la poesia e la ragione.p. 198 Emeric-Davi< , Jupiter. p. 201 Fracassetti,l)i un'opera inedita delMorcelli.p. 2o5 "Vaccolini, Intorno al cav. Cesare Ercolani.p. iit Tipaldo, Biografia degl' italiani illustri ec. p. 2i8 Varietà. Biografia di Giandomenico Romagoosi. HF' I" iS^, SCIENZE INTORNO ALLA GRANDINE 249 Memoria di G. B. Pianciani della Camp, di Gesù prof, nel Coli. Romano PARTE SECONDA P. 17. Sl rima di passare a vedere le circostanze , che accompagnano la grandine , lo studio delle quali può farci strada a qualche non improbabile congettura sulla sua oscura e controversa generazione, diamo uno sguar- do alle più recenti opinioni su questo fenomeno. Nello scritto del 1827 licordato di sopra feci men- zione degli autori delle varie ipotesi , e mi parve che se gì' italiani non sono fra i popoli i meno afllitti da questo flagello, non sieno stati ne pure meno degli al- tri solleciti a conoscerlo ed a studiarlo. Gli scritti più importanti sulla generazione della grandine erano allora quei del Volta e del can. Bellani. Il nome glo- rioso dell' invenlor della pila die celebrità alle sue e perchè sue non poco ingegnose speculazioni. Varii il- lustri stranieri abbracciarono l'ipotesi del Volta o al- meno mostrarono di averla per verisimile (a). Il Bei- fa) V. Haliy Phys. HI. Ed. T. I. p. 492. §. 758. Desprelz Phys. p.68.5. Libcs Phys. L. XIV. C. II. a. 4. Baumgarluei Fis. Ed. Ital. L. III. Biot Prccis eleni. T. II. Ed. I. G.A.T.LXIII. 16 250 Scie n z k lani amico elei Volta, ma più della verità , provò ad evidenza che alcuni punti essenziali dell' ipote^ii di quel gran fisico erano al tutto impiobabili : all' abbaltulo sistema ne sostituì un altro meno specioso, ma più sem- plice e non soggetto alle stesse obiezioni (a). Più recentemente varii fisici lianno manifestato i loro pensieri su questo argomento. L'a. 1830 il prof. Denison Olmsted pubblicò nelF American journal of science (b) uno scritto sulle circostanze e le ragioni della grandine , che fu inserito nella Bihliot. unlv. di Ginevra. La grandine a suo credere è prodotta dall' aggelare del vapor acqueo d'una massa d'aria calda ed umida, che rapidamente si mesce a un vento freddis- simo nel!' alle regioni dell' atmosfera. Egli accorda che una porzione dell' atmosfera rarefatta fortemente e ve- locemente dall' elettricità possa produrre il freddo ne- cessario al farsi della grandine, ma gli pare che il concorso di venti contrarj , e la densità e l'oscurltk delle nuvole ci dimostrino al contrario una gran con- densazione dell' aria nella regione del temporale. Il eh. prof- Gius. Belli nel voi. W del suo egregio Corso elementare di fìsica sperimentale §. 790 adotta come almeno molto probabile l'ipotesi di Humboldt e di qualche altro dotto straniero sulla formazione della grandine. Questa in tale ipotesi si attribuisce al sa- lire di masse d'aria calda ed umida sino a tale altez- za, c!)e possano per la loro espansione raffreddarsi sot- to il punto della congelazione dell' acqua. L'accennata dottrina è esposta dal sig. Belli in modo assai se- ducente , e forse verrà da lui esposta più stesamente (u) Sulla fonnnz. della grand. Meni, del C. A. Volta con arile sul medesimo argomento del C. A. HcIIriiì. Milano i8:i4. (b) T. XVIII. Nuni, I, Aviil. -Bi. Un. Aout j85o p. 564- Della cRANomE 25! in altro scritto. Chi non giudicherà di doverla ab- bracciare , dovrà almeno a sua lode dir con Virgilio: Si Pergama dexlra Defendi posse ni , etiam hac defensa fuissent. Il sig. Carlo Malteucci fisico e chi mi co di Forlì , dopo aver toccato in altri suoi scritti questo argo- mento , ha recentemente pubblicato una memoria Sulla formazione della grandine (a). Egli non crede prodot- ta la grandine da venti freddissimi : dice al contrario d'avere osservalo che una lunga calma precede i tem- porali. Pensa poi che se questa cagione o la dila- zione prodotta dall' elettricità aggellasse i vapori , si farebbe neve e non grandine. Senza ricorrere all' elet- tricità o al vento , egli spiega come possa farsi in alto la neve anche nella calda stagione , e crede che la scarica elettrica possa cuoprire i fiocchi di neve di nuovo gelo e convertirli in grandine. Il sig. Fu- sinieri (b) ha creduto che da'fenomeni già esposti della grandine di Padova si potessero trarre valide obiezioni contra l'ipotesi del sig. Matteucci. Il lodato sig. can. Bellani ha dì nuovo esami- nato l'origine della grandine in una dotta memoria stam- pata fra gli OpJtscoli matematici e fisici^ che si pubbli- cano di tempo in tempo in Milano (e). Questo lavoro è forse il migliore o certamente uno de' migliori fra quanti sono stati composti su questo argomento. L'au- tore stabilisce in primo luogo che i vapori non pos- (a) Esercitazioni dell' Acc. Agraria di Pesaro i834. Seme- sire II. p. 5. fh) Ann. delle scienze del R. Lonib. Ven. \^"f\, p. -iS-j. (e) T. U. Fitsc. I e U; prcjso Paolo liiuilio Giusti i83i. ] 16^ 252 Scienze sono formare la grandine , se prima pon sieusi tra- sformati in gocce d'acqua : trova poi la cagione del freddo sufticiente ad aggelare le gocciole nella di- latazione d'una nuvola prodotta dalla ripulsione elet- trica : le gocciole fredde cadenti da una nuvola su- periore , possono nel traversare la nuvola cosi raffred- data divenir grani di grandine , o piccole masse di ghiaccio , sulle quali altre gocce cadendo ed altri vapori gelati riunendovisi ^ avrà tempo sufficiente quella prima grandine di coprirsi di nuovi strati e ingros- sarsi ; 0 di riunirsi pia grani e formare una sola massa. 18. Toccate sol lievemente queste varie e tutte re- centi dottrine intorno al modo con cui sì opera nell* alte officine dell'aria questo lavorìo della grandine, senza farmi a direttamente esaminarle , passo oramai ad esporre i sintomi che accompagnano essa grandi- ne , e le circostanze nelle quali suol cadere pili gran- de , e assai distinta dal nevischio o da semplici goc- cioline gelate: dacché di tal grandine pili vistosta in- tendo principalmente di parlare ed alla spiegazione di questa vedo principalmente intenti gli sforzi dei fisici. Dalle circostanze e da' sintomi , non già da supposi- zioni immaginate a piacere , mi studierò di dedurre , meglio che per me potrà farsi , ciò che parrammi piiì somigliante al vero. La grandine può cadere in qualunque ora del gior- no o della notte. La maggiore cade più spesso nelle ore pili calde , cioè fra l'una e le tre dopo il mezzo- dì. Talora peraltro è caduta anche a notte inoltrata o eziandio ali* aurora. Il Bellani parla di una gran- dine copiosissima caduta prima del levar del sole, ben- ché la sera innanzi non avesse veduto alcun segno di temporale. Ciò pro7A die Talld teraperatuiiii o l'eiieigia de' Deila CRAi^ntNE 253 l'aggi solari non h condizione essenziale ne al farsi uè all'ingrossare della grandine. 19. La grandine cade in tntti i mesi dell' anno. La maggiore suol cadere ne' mesi di maggio , giu- gno, luglio e agostoa E' vero peraltro che nel cuor della state è meno frequente che non allorquando il calore e più moderato. Anche in marzo e in aprile la grandine non è rara. In alcuni luoghi , e anclie in Roma, pare che sia più frequente la gragnuola in marzo e ne' tre mesi invernali precedenti che non in maggio e ne' tre mesi seguenti : ma la invernale suol essere o nevischio o gragnuolelta distinta dalla vera grandine o almeno da quella di cui esponiamo le circostanze. 20. Nelle regioni polari come mancano i tempo- rali , cosi manca la grandine procellosa , eh' è quella di cui trattiamo. Nella zona torrida non suol cadere ne' luoghi bassi , ma bensì a un'altezza di 1500 o 2000 piedi. Così ne dice l'Enciclopedia d'Edimburgo art. geografia fisica. Si vede che il solo freddo non è sufficiente a ge- nerare la grandine. 21. Non vuole perciò negarsi che un abbassamento di temperatura sotto il zero sia condizione necessaria alla formazione della grandine. Pouillet , esplorando due volte la grandine cadente , ne trovò la tempe- ratura fra 3' e 4" C. Il slg. Matteucci in seguilo delle sue osservazioni attesta che la temperatura della gran- dine appena caduta è sempre di qualche grado sotto il zero , e che in generale la grandine più grossa e anche la più fredda. Ma non pare verisimile che la temperatura della grandine o dell' aria ove essa si for- ma , per lo più nella calda stagione e nelT ore più fervide, sia mollo inferiore ai gradi 'indicati. Sembra piuttosto che un freddo eccessivo si opporrebbe , se 254 Scienze non al primo formarsi , almeno al crescere della gran- dine. E in vero , se sui primi noccioli di questa debbo- no precipitare delle gocciole o almeno de' vapori ve- scicolari che divengano acqua liquida prima d'agge- lare (14Ì , e duopo che la temperatura non sia bassa soverchiamente, 22. Questa osservazione può per avventura con- fermare ciò che vedo affermarsi da' molti fisici , cioè che le grosse grandini non si formano nelle parti as- sai elevate dell' atmosfera , o almeno non acquistano il loro volume che negli strati inferiori. Ma la prova più concludente di questa asserzione è la testimo- nianza di illuminati osservatori , che attestano formarsi talora i temporali e versar grandine sotto le cime de' monti , benché non più elevate dal suolo di 3 o 400l) piedi. Invero niuno ha provato che i temporali gran- dinosi si formino più in alto degli altri , i quali è certo che si generano talora sotto i piedi de' viag- giatori. Scrive al contrario il Volta che Cosservazione ne addita esser d" ordinario le nubi grandinose tra le più basse. ,, E non vediamo , dice esso , tullogiorno ,, formarsi , congregarsi le nuvole temporalesche , e sì ,, anche quelle gravide di gragnuola , non che disotto ,, della region gelata , ma fino più basso della som- „ mità de' nostri monti non altissimi .'' Quante volte ,, passeggiando sulle vette di questi monti , fresche ,. SI , ma non a segno che vi geli , ove anzi la tera- „ peratura era di 10, 12 o più gradi sopra il 0 , ,, non è avvenuto a noi e ad altri di vedere ad- „ densarsi giù al basso e nelle gole stesse delle mon- „ tagne altre nubi , e balenare , e guizzar fulmini sotto „ ai piedi , nel tempo che si godea colassij di un „ bel sereno e del sole ? Quante altre volte non ve- „ demmo la grandine percuotere tutto intorno la pia- „ nura e le falde d'una montagna fino alla metà u Della grandine 255 ,, più o meno della sua altezza , intatta rimanendone „ una gran parte verso la cima ? (a) ,, . De Lue , de- scritta una gran massa nuvolosa , che nel giugno del 1757 versò quantità prodigiosa di grandine ne' contorni di Torino, aggiunge.,, La sua parte supe- ,, riore non arrivava ad una regione molto elevata , „ ne ho osservato che ciò avesse luogo in alcuna delle ,, nm'ole procellose , che ho avuto occasione di vedere ,, o sia dall' alto , o ad una distanza conveniente verso ,, l'orizzonte. „ Il barone Hombres de Firraas atte- sta d'aver traversata una nuvola procellosa , aver ve- duto sotto di se i lampi e udito i tuoni , e conchiu- de. „ Era bellissimo tempo sulla sommità, ove giunsi, „ mentre grandinava nel vallone (b). ,, Il sig. Pouil- iet attcsta che spesso gli abitatori di alte colline veg- gono sotto di loro le nuvole , che cuoprono di gran- dine il fondo delle valli. In questo caso , dice , non v' è dubbio, le nubi sono poco elevate : abbiamo an- che una misura esatta della loro altezza. Ma in al- tri casi gli pare diOScile g^iudicare dì questa (c\ Ciò eh* egli accorda basta senza piiì a dichiarare insuf- ficiente ogni spiegazione della grandine che la fac- cia necessariamente discendere da sterminata altezza. Aristotile avea già combattuto questa spiegazione con più argomenti (d). Egli pensava che la stessa autop- sia e il fragor delle nuv^ole facesser fede della loro non grande distanza. Il criterio dedotto dal breve tem- po che passa fra il vedersi del lampo e l'udirsi del tuono, da alcuni fisici si reputa valido a giudicar dell' (a) Op. T. I. P. II. p. 525-343. p. 429. (b) Bib. Un. 1828. Sept. p. 5;. (e) Eleni, de phys. et de méteorol. T. IL P. II. §. GSG. (d) Meteorolog. L. I. C. 12. 25G Scienze altezza delle nuvole grandinose, mentre altri niun va- lore jjli accordano. Aggiunge Aristotile che ne' luo- ghi assai elevati non grandina. Se ciò non è vero a tutto rigore, contiene pure qualche verità, come ora passiamo a vedere. 23. Generalmente la grandine che cade sui mon- ti e piccola , e più spesso nevischio che vera gran- dine (a). Denison Olnisted pone questa fra le più co- stanti osservazioni relative alla grandine.* Fu un mede- simo temporale la grandine cade molto minore sulle cime de* monti , che nelle pianure vicine. 24. La grandine per lo più precede le piogge ne' temporali 0 le accompagna. Ordinariamente le nubi che hanno versato grandine versano pioggia : ma la grandine non cade quasi mai dopo una pioggia di temporale , specialmente s* è stata alquanto lunga. Il cader della grandine non suol continuare che per pochi minuti in un medesimo luogo. Si tengono come lunghe le grandini che per un quarto d'ora , e lunghissime quelle che per 20'0, poco più flagellano un dato luogo : ma però in sì breve tempo si cuopre talora il terreno di più pollici di geloi II terreno gran- dinato è spesso una zona assai più lunga che lar- ga. Talora il nembo grandinoso procede con istraor- dinaria velocita. Quello straordinarissimo descritto dal Tessier (4) percorreva leghe 16^ ogni ora. Quello de' 22 maggio 1828 corse circa 10 leghe in un quarto d'ora. 25. Durante il temporale grandinoso l'aria è assai agitata , ma assai spesso quello è preceduto da lunga calma. (a) Dcchales Cursus Mathem. T.IV. p.685. Musscheiibroek Ess. de phys. §. jSjS Beccaria Eleltr. atraosf. §. SgS. Saussure Voyag. §. 2075. ...^» Della grandine 257 Ciò non favorisce punto chi vuol darci per ordi- naria cagione della grandine un vento partilo da fred- da regione, che s'imbatte in altro vento o almeno in altra massa d'aria più calda e vaporosa , o per con- verso. Allorché il vento precede o accompagna la gran- dine , per lo pili e tramontana o ponente. Le valli aperte a tramontana sembrano più esposte alla gran- dine (a). Peraltro quella del Tessier ricordata pocanzi e non inferiore ad alcun altra conosciuta , corse ve- loze per 8 ore da mezzodì a tramontana. 2G. La grandine è un fenomeno di temporale, va- le a dire è accompagnata da tutto ciò che costitui- sce un temporale. Nuvole scure, varie nella tinta, as- sai agitate , che mutano figura , si gonfiano , si ap- densano ec. e in particolare elettricità straordinaria- mente forte. Per lo più i lampi e i tuoni precedono la grandine : talora l'accompagna un incessante ba- lenare , e un continuo romoreggiare del cielo. 01- trte il lampo e il tuono che sono spesso immediati, forieri della grandine , ne sono talora più lungo pre- ludio l'infocamento delle nubi e un sordo e cupo bor- boglio del ciel minaccioso che dura talvolta più ore. Questo talora può udirsi , mentre la vista de' lampi e impedita o dal troppo chiarore del giorno o da nubi sottoposte. Mancano talora i tuoni e i lampi , ma l'elet- tricità non è debole. Il giorno 18 dì marzo del 1827 grandinava in Roma senzachè il cielo lampeggiasse o romoreggiasse per tuoni : osservai allora i più forti segni d'elettricità, trasmessa e non indotta^ nell' elet- trometro del Volta armato d'una asticella metallica , senza condensatore e senza fiamma. A. Muller attesta (a) Dechales I. cit. / / 258 S e I F, N z s indicarsi spesso in Germania dagli strumenti forfè elet- tricità positiva , mentre cade j^randine o pioggia pro- cellosa , benché non si faccia vera elettrica esplosione. Senza questa si*è talora sentito il noto odore, che suol prodursi dall' elettricità , e si assicura essersi veduta scintillare la grandine mentre cadeva fra le tene- bre. De Saussure attesta non aver mai osservato ca- der grandine o nevischio , senzachè tal caduta fosse accompagnata da segni elettrici abbastanza forti (a). Quei che spiegano la grandine senza ricorrere all' elettricità , potranno dire che questa non è cagione ma bensì effetto concomitante , che la grandine non è figliuola, ma al piti sorella dell' elettricità de' tem- porali. Nulladimeno vedendo che, allorché non man- cano le altre cagioni , come il concorso di venti di temperature diverse , 1' ascendere del vapore a grandi altezze , l'elevata temperatura del terreno e quindi l'eva- poraziouc copiosa , per lo pii!i la grandine non ci vi- sita, uè mai scende se rdettricllà delle nuvole non è straordinaria , credo piìi simile al vero , che anche questa richiedasi al farsi di quelle grandini maggiori di cui trattiamo. Ciò verrà ancora confermato da quello che ora aggiungiamo. 27. Non solo l'elettricità, ma la doppia e con- traria elettricità si palesa ne' temporali che versano grandine. I lampi e i tuoni ciò dimostrano abbastan- za, tanto pili che il ccl. Volta scrisse nella sua memoria Sopra la grandine d'avere osservato già da molti anni che i temporali i quali scaricano grossa grandine , non sogliono essere i più minacciosi e i piìi da temersi per riguardo a'fulmini , giacche rarissimi son questi (b) (a) Ess. sur l'hjgrom. §. 28 r. Voyages §. 972. (b) Uno di questi casi rarissimi avvenne in Parma il g mar- Dulia grandine 259 ove quella si prepara ed è imtninenle : dunque le sca- riche elettriche si fanno pressoché sempre fra ammassi nuvolosi oppostamente elettrici. Di più , come hanno osservato in particolare esso Volta e il P. Beccaria , Je nubi ne' temporali non pure si gonfiano e si strac- ciano , come vuole la repulsione elettrica , ma anco- ra si raccolgon talora e si condensano , lo che non può essere effetto di una sola forza elettrica , ma si è na- turai conseguente della doppia e contraria elettricità (a). Amendue i lodati fisici esplorando cogli strumenti l'elet: tricita nel maggior bollore de' temporali, vedevano av- vicendarsi le due contrarie elettricità con passaggio ora repentino, ora gradato; e il Volta osservò tali muta- zioni ora 8 ora 10 e fino I4 volte in un minuto. Ora queste contrarie elettricità non produrranno il naturale loro effetto cioè il congiungimento delle masse oppostamente elettriche? Si è osservato più volte, in particolare da De Lue, che mentre il temporale in- furia e versa grandine , le varie masse nuvolose non sembrano far più che una sola gran massa. Luke Howard assiduo osservatore delle nuvole attesta che i temporali sono sempre prodotti dal nimbus o cumulo-cirro-stratus, eh' è l'unione di più nuvole diverse: al contrario nelle piogge dolci e continue non trovava necessario che le varie specie di nuvole giungessero ad attuai contat- to (b). zo i833. Un temporale scaricò copiosa grandine e due fulmini sulla città : quattro persone da questi leggiermente offese, si trovarono addosso delle macchie rosse di varie forme , come croci, stellette e ramificazioni : le vesti restarono intatte. (a) Beccaria Elettr. atmosf. §. i53. Volta Op, T. II. P. II p 066-595. (h) Bib. Brit. T. XXVII. p. 206. 260 Scienze Un altro diligente osservatore delle nurole A. Mai- ler dice che sempre una riunione del cirriis e del cm- niulus gli è paruta condizione sine qua non del tempo- rale (a). De Saussure nella descrizione de' fenomeni me- teorologici osservati sul Col du géant cos'i scrive,, Quan- to a'teraporali , io non ne ho veduti nascere in questi monti se noi al momento dell' incontro o del con- flitto di due o più nuvole. Finche noi al Col du geant vedevamo in aria o alla cima del M. Bianco una sola nube , per densa e oscura che paresse, non ne usci- s^ tuono : ma se formavansene due strati uno sopra l'altro , o se una nube ascendendo dalle pianure o dalle valli giungeva a quelle che occupavan le cime , il loro incontrarsi era accompagnato da colpi di ven- to, da tuoni, da grandine e da pioggia (b),, . De- nison Olmsted afferma che ne' temporali grandinosi le nubi traversan rapide l'aria , e più frequentemente an- cora si precipitano le une sulle altre. Clark nello stesso giornale americano dice avere osservato che la gran- dine è d'ordinario accompagnata da venti contrari , che sembrano disputarsi la vittoria sulle nostre teste. Questi venti contrarj sono ammassi d'aria vaporosa che corrono uno incontro all' altro. In alcune relazioni di grandini si avverte espres- samente che prima del cadere di questa si videro ur- tarsi e confondersi due masse di nuvole: e g. in quella di Tarragona , (4) nella quale si nota ancora , che la grandine fu preceduta da continui lampi , da un incessante romoregglar delle nubi , e ancora da va- pori densissimi che sorgevano dalla terra e s'alzavano veloci neir aria ; allorché cadeva la grandine tacqire (a) Blbl. tuiv. T. V. p. 7. (b; Voyag. § 2073. Della grandine 261 ogai boibogliaraento delle nuvole ; non si udì un tuono" ne sì vide un lampo. Il cominciare della grandine più volte rammentata di Padova fu accompagnato da forte elettrica esplosione seguita immediatamente da fragoroso tuono , raa mentre quella orribilmente in- furiava , si osservò solo dagli abitanti de' dintorni un balenare continuo. 28. Aggiungo per ultimo una osservazione, eh' è forse importante. Delle cadute di pioggia e sopratutto di grandine , come si dice negli ^nn. di chim. e fìs. di Parigi {dee. 1829 p. 425) avvengono frequen- tissime o sia prima che forminsi o mentre si formano le trombe , o sia immediatamente o un brevissimo tempo dopo il loro disparire. E qui si rammenta che piobbe e grandinò per un' ora dopo l'apparir d'una tromba d^ aria osservata a Messeling presso Bonn e grandinò prima dell' apparire di altra tromba lampeg- giante descritta da Lampadius , e si ricorda la trom- ba di Nizza da noi pur rammentata (10) , e si con- cliiude : si potrebbe citare un gran numero di simili osservazioni. L'occasione di questa nota è la descri- zione d'una tromba infocata osservata presso Treveri il 25 giugno 1829: allorché disparve elevandosi in aria lasciò forte odore di solfo ( come altre volte è avvenuto ) e quasi alt istante scoppiò un forte tem- porale accompagnato da grandine di straordinaria gros- sezza.Nello stesso fascicolo degli annali si parla dhma tromba accompagnata da forte grandine , che si for- mò sulla citta di Gorschoff in Russia il 15 ago- sto 1829 ( p. //-IO) . Il Costantini nella dissert. intorno ai vortici (a) narra com' egli in un porto d'un isola dcir Adriatico [i] Verità del diluvio laiiv. 17-17. pag. 48 J- 262 S e Te N z E neir estate del 1 71 0 fu spettatore d'un orrido nembo con tale e tanta gragnuola che cadendo con fracasso nel mare pareva che vi si rovesciassero montagne di sassi. Poco stante passò una tromba di mare. Il Boscovich rammenta eh' essendo egli presso Ra- gusa, mentre un giorno veniva dal mare un fìeris- simo temporale con pioggia e grandine precipitosa , potè veder nell'adriatico 13 trombe di mare (a). L'anno 1727 (21 agosto ) presso Beziers , mentre una tromba scesa dalle nuvole devastava le campa- gne , ne apparve un' altra , che si unì alla prima , e dopo che tutto disparve , cadde copiosa grandine i^b). Il 23 giugno dell' a. 17G4 si vide una tromba sulla Senna : si spezzò a un terzo della sua altezza : la parte inferiore cadde in pioggia ; la superiore fu velocissimemente assorbita dalla nuvola , che versò forte grandine (e). La grandine, che accompagnò o segui una gran tromba nell'agosto del 1822, aveva la grossezza del pugno , ruppe carrozze , devastò un villaggio ec. (d). Benché sia assai verisimile dopo le belle spe- jienze del G.Saverio de Maistre (e), che riguardo al- l'origine delle trombe la spiegazione meccanica sia da preferirsi all' elettrica , nondimeno è certo che forti segni elettrici sono spesso compagni delle trombe in ispecie di quelle dette d'aria o di terra , benché an- cora queste spesso si formino in mare. E certo che (a) Sopra il turbine ec. Dissert: del P. Ruggiero Gius. Doscovich della comp. di Gesù. Roma 1749- pag- 45' (b) Hist. de l'Ac. des sciences. a. 1727 p. 4- (e) Ivi a. 1764- p- 32. (d) Desprclz Pliys. §. 618. (e) Bibl. Uiiiv- i85i ]Novem p. 226. Della grandini! 563 questi segni ( i lampi ) iiiclicano non solo elettricità , ma doppia e contraria flettricita. E' certo che men- tre si forma la tromba si unisce una massa di va- pori ad un' altra simile o almeno ad una massa ac- quea , ed evidentemente si congiungono due masse di vapori, allorché , come spesso avviene , la tromba o una parte di essa è velocemente assorbita dalla nu- vola. Queste due masse pare che debbano essere di- versamente elettriche ; e se solo una lo fosse , questa renderebbe l'altra per influenza contrariamente elet- trica. Nò altra cagione che l'attrazione elettrica sa- prei assegnare a quel veloce ascendere della tromba e venire assorbita dalla nuvola superiore. E' vero , co- me già da molti anni osservò il Bellani, che gran- de espansione dee soffrire e conservare quella massa vaporosa in virtù dell' elettrica tensione, oltre al vento vertiginoso che spesso l' accompagna , e che questa espansione dee raffreddarla , ma non so se da questa sola cagione possa prodursi grossa grandine , anziché neve. Allora poi che la tromba è assorbita dalla nu- vola , dovrebbe piuttosto il freddo scemare per la con- densazione. Pare dunque che l'elettricità influisca in queste grandini delle trombe non solo abbassando la temperatura e cos\ rendendo possibile l'aggelarsi del- l'acqua , ma ancora conginngendo le masse fornite di opposte elettricità. Beticliè le trombe si formino in Culti i mesi dell'anno , quelle accompagnate o seguite da forte grandine , le trovo solo ne' mesi , ne' quali le nubi dispiegano straordinaria tensione elettrica (a). (a) Alcuni iicmlji grandinosi , se non sono veri turbini o (rombe fi' aria , bamio con questa melcora pjrande analogia. Quello descritto dal T<.'ssier era strascinalo da un vento vcr- M^irioso che torceva qli alberi. Quello del i i85 ( jo gingno ) , 264 S e I K N 2 E ' "^ Da tuttociò mi sembra conseguire che non pure l'elettricità , ma le due contrarie elettricità assai ve- risìmilmente influiscano sulle grandini o almeno sulle maggiori , e perciò , salvo il rispetto dovuto agli illustri fisici che gli hanno proposti o difesi , sem- brano insufficienti i sistemi, che tentano di spiegare la grandine senza ricorrere all' elettricità , e non al tutto soddisfacenti quelli che si contentano di una sola elettrica tensione. 29. Ecco come a me pare che possa concepirsi la cosa. Si aggelano de' vapori vescicolari nelle alte regioni , o per la freddezza del luogo , o per freddo prodotto da elettrica espansione o forse per al Ira ca- gione. Le particolette gelate sono fornite di elettri- cità , probabilmente positiva. Se queste s' imbattano in goccioline d' acqua abbastanza fredde , e diversa- secondo una vecchia cronica , veniva , com« I' antecedente, da sud-ovest:, caddero de'grani maggiori delle uova di gallina, che danneggiarono grandemente le campagne e le abitazioni. Sti- pula quoque , quae in agris remanserat , ita erat foetens , ut nec pasfui esset apta bastiis. (Meni, de l'Ac. des sciences a. 1790. p. 280 ) . Anche il fulmine talora ha dato tristo odore al vino ( Ivi a. 1 764. p- 44^ ) • ^®^ tui'bine spaventoso del Ve- ronese dell' a. 1686 scrisse lo Spoleti. V uva e i frutti , per doi'e è passato il turbine in qualche vicinanza , sicché non abbia svelto gli alberi totalmeute , sono nondimeno cosi abbru- ciati che pajono cotti in forno, ma tengono un così tetro sa- per di sotto ( di che ho fatto io stesso la prova ) che non è pericolo , che alcuno intraprenda di mangiarne tal quantità , che possa infettarlo. ( Boscovich 1. e. p. g5.^ Della provincia di Terra d' Otranto trovo notato eh' è assai soggetta alla gran- dine e insieme che sono ivi frequenti le trombe 0 sifoni. Giovene Notizie gcolog- ec. Soc. Ilal. T. XY. Della grandinc 2G5 mente eleltriclic , le particelle gelale saranno tratte dalle liquide, formeranno con queste una sola massa solida , un grano di «et'e gelata o ne\>iscfiio ( gresil ) . Forse talora i vapori vescicplari cadendo sulle par- ticelle gelate prendono lo stato liquido e lo ritengono per qualche istante. Se le particelle liquide sono co- piose , potrà il grano coprirsi d' una piccola crosta di ghiaccio (i4). 11 P. De Ghales credeva che il ne- vischio ( iniperfectani grandinem ) si formasse dalla ne- ve , che in parte strutta aveva perduto i raggi e le punte e quindi sorpresa nel cadere da nuovo freddo si raggelava e forse s' incoatrava in goccioline , che al suo contatto s'agghiacciavano. Ancora così può farsi; ma inclino a crederlo spesso formato coU'ajuto del- l' attrazione elettrica , principalmente perchè leggo ne' viaggi di Saussure. ,, Io penso colla maggior 'parte „ de' fisici che si deva considerare il grenl come una „ grandine che comincia a farsi : difatto esso è spes- „ sissimo accompagnato dal tuono ec ( § 2075 ) ,,. 30. S' io mal non avviso , illustra alquanto le cose dette una bella osservazione, che si legge nella Storia de fenomeni del f^esavio ec. di T. Monticelli e N. Covelli ( Napoli 1823 §. G7 ) . Descrivendo i dotti e diligenti autori ciò che osservarono a Resina il gior- no 29 ottoln-e 1822, scrivono. ,, La pioggia minuta ,, d'acqua e sabbia fina seguitava ... il suolo prc- „ sentava piccolo strato di globetti della grandezza ,, del seme di canape. I uali globetti , che piccoli „ pisoliti potrebbero chiamarsi , composti della stessa „ sabbia , in due modi si formavano sotto i nostri ,, occhi : 1. alcuni cadendo belli e formati dal cie- ,, lo, li raccogliemmo anche sui nostri abiti: 2 altri „ formavansi sul suolo medesimo. Sembra che i primi ,, si fossero composti in aria , come la grantli- „ uè , per via dell' attrazione scambievole delle mi- G.AX.LXUL 17 266 Scienze ,, ni me particelle della finissima ed umida sabbia. Gli „ altri formavansi in altro modo : appena che una „ piccolissima goccia di acqua cadeva su lo strato ,, di sabbia sottilissima , di cui era asperso il suolo , „ attraeva intorno alla sua superficie sferica le sol- ,, tilissime particelle dalla sabbia circostante ed in ,, tal modo formavasi il globetto ... Il de Botlis ri- ,, ferisce la caduta di simili pisoliti in Monteforte ,, (l'a. 1779). Essi esistono tra le sabbie che co- „ prirono Pornpeja , come in quelle somministrate dal ,, Vesuvio nel 1631.'* Pare più semplice farle pro- durre tutte ad un modo , cioè dall' attrazione del- l' acqua per la sabbia. La sabbia lanciata dal Vesuvio era stata sperimentata elettrica positivamente (§ 60, (il), onde le sue particelle avrebbero dovuto respingersi e non congiungersi , e altronde non trovo che la sab- bia vulcanica asciutta mai si unisca in globetti , ma .sì che innalzasi e si disperde attorno attorno fino a prodigiosa distanza. L'acqua doveva anch' essa essere elettrica ; dacché si era veduto il vulcano attrarre le nubi sparse pel cielo e accumularle sul suo vertice ( §. 66 ) . E' noto che spesso la pioggia è negativa- mente elettrica. Ecco può dire taluno , ecco in questi pisoliti vul- canici un' immagine del nevischio , Come quelli si fanno pel concorso della sabbia e dell' acqua , così questo probabilmente si fa pel concorso di partico- letle gelate e d'altre ancor liquide. Se quelli s'imbat- tano in un altro strato di sabbia , in ispecie se l'in- flusso elettrico di questa renda quelli oppostamente elettrici , si avrà nuova attrazione e si vedranno de* pisoliti a strati concentrici. Tali appunto e maggiori di mole piobbero in s. Anastasia e ne' dintorni lo stes- so giorno 29 ottobre 1822. 31. Or proseguiamo. Se il nevischio non si trova Della grardiwe 267 in circostanze da venire vestito di nuovi strali , pre- cipita senza piìì . Neil' estate peraltro non è facile clie arrivi senza struggersi al terreno caldo delle pia- nure. Ma spesso il nevischio dovrà attraversare una gran massa nuvolosa , le cui parti sono fornite di contraria elettricità , ovvero cangiano ad ogni istante il loro stato elettrico , probahilmente pel mutuo av- vicinarsi e allontanarsi delle varie masse nebulose ed elettriche , una sulT altra influenti. Allora trovandosi alternamente in mezzo a raolecule elettriche positiva- mente, e negativaraete potrà attrarre a più riprese attorno a se molte goccioline o forse vapori vescicolari, che diver- ranno acqua al primo toccarlo. Queste particelle acquee già assai raffreddate (probabilmente per l'espansione pro- dotta dall'elettrica ripulsione o dall'impulso delle correnti lampeggianti ) prestamente passano dal liquido alsolido al contatto della pallina gelata,e la rivestono di tanti strati distinti quante volte 1' elettricità si è trovata diversa. Ognuno di questi strati può essere composto d'una parte interna opaca e d'una esterna trasparente e cosi parrà doppio (14). Se i primi grani non tra- passano che una massa nuvolosa d'elettricità contra- ria alla propria , non mostreranno che una alterna- tiva di materia bianco-opaca e pellucida , o al più due , se il nevischio era già vestito d'una foglia di ghiaccio. Ma possono incontrarsi più volte nel domi- nio di diverse elettricità , e cuoprirsi di parecchi strati. Supponiamo che il nevischio cadendo dalla su- perior superficie d' un grande ammasso nuvoloso , ral- lentato alquanto nella sua caduta da qualche circo- stanza ( di ciò diremo or ora ) scorra in quello per lo spazio d'un minuto primo , a che in questo tempo trovi attorno a se elettricità diversa ì\ volte ( 27 ) : potrà rivestirsi di H strali gelati; se questi sono coiu- 17* 268 S e ì T ^ 7. i posti ciascuno tl'una foglia opaca e cl'ana Irasparsn - to , e se d'una di queste era rivestito il nevischio, potranno contarsi fino a 30 massette di gelo ( com- preso il noccioletto opaco ) alternamente trasparenti e bianco-opache in un sol grano di grandine. Questa osservazione non si è , eh' io sappia , mai fatta , ne so che siensi mai vedute piìi che 8 o 10 alternative. Forse il nevischio non si trattiene per un intiero minuto nel seno della nuvola elettrica : forse non suol provare ])iù di 4 o 5 volte gli effetti della cangiata elettrici- tà : forse alcune sottilissime croste passano inosserva- le , specialmente se sono o totalmente opache o al tutto trasparenti, e si confondono colle vicine, essendosi per avventura aggelate insieme. ')2. Non è necessario che le particelle acquee elet- trizzate precipitino addosso ad un nocciolo abbastanza duro di neve gelata. Possono precipitare attorno a delle massette gelate più simili a vera neve , o precipitare e aggelarsi attorno a gocciole d' acqua , le quali la entro racchiuse per lo più s'aggeleranno , ma potran- no talora in parte restar liquide , o attorno a un muc- chietto di più minime goccioline o vapori vescicolari e allora conterra la grandine delle bolle d'aria (10) . Potranno eziandio le particelle acquee assai fred- de ed elettriche precipitare e ghiacciare attorno a corpi slranieri che a sorte s' incontrino in mezzo ad esso ( 11, 12) ; siìecialmeiile se questi ancora sieno elet- trici. Tale doveva essere l'arena vulcanica d'Islanda (1 1), e in questo caso almeno mi pare , stetti per dire , evi- dente che la elettrica attrazione entrò per qualche cosa nella formazione della grandine. So co'pisoliti del Ve- suvio fosse caduta acqua più copiosa e assai fredda onde potesse farsi ghiaccio , si sarebbe formata della grandino con entro arena vulcanica. Formati che sono una volta i giani di grandine Dilla GRA^'DI^(l!: 269 o solo eli nevischio , non trovo impossibile che il ven- to , cacciando loro addosso delle fredde gocciole , con- corra talora ad ingrossarli. Se i grani di grandine da priiìclpio sono schiac- ciati e pili simili a lenti che a palline , le particelle sopravvegnenti si attaccheranno all' orlo : dacché è noto che la tensione elettrica si palesa principalmente su- gli spigoli (9). Ne altrimenti che coli' attrazione elet- trica saprei spiegare la tendenza agli angoli ed agli spigoli , che s'osserva nella cristallizzazione Ma la de- bole tensione elettrica , che basta a ciò , e probabil- mente si desta pel passaggio delle molecule a stato solido , se può influire nell* aggregazione degli aghetti della neve , non pare che basti a far la grandine , eh' è tutt' altro lavorio, e sembra richiedere la vigo- rosa tensione che si osserva ne' temporali. La forza di cristallizzazione non può a'^sai pale- sarsi nei precipitoso ghiacciarsi dell'. acqua che divien i»randine. Mentre o due masse liquide si uniscono , e s'aggelano insieme meno precipitosamente , e si fa una massa tutta trasparente , o anche una sola si agghiac- cia, dopoché è precipitata addosso a un pezzo di gran- dine , allora la forza cristallizzante pare mostrar più la sua mano ; ma anche allora per lo piià non fa cri- stalli regolari. Li fa talvolta , ma si piccioletli , che assai diilicilmente giungerebl^ero a terra senza strug- gersi o deformarsi del tutto , se in virtù dell' elet- trica attrazione non si attaccassero a grossi pezzi di grandine ( G,9 ). 33. Sembra che col mezzo dell' attrazione elet- trica si spieghi forse meglio che in altro sistema 1. per- chè ne' temporali non si faccia neve , ma grandine ; 2. perchè sia questa tante volte composta di più strati distinti ; 3. come acquistino talora i grani una enorme grossezza. 270 Scienze Il solo freddo (come suol dirsi) ossia la sola attra- moleculare omogenea non ajutata da altra forza produce i rudimenti della neve, alla cui riunione può talora pre- siedere quella debole elettrica tensione, di cui pur or di- cevamo. Delle gocciole che cadendo pervengano in re- ' gione più fredda e ivi si ghiaccino , formeranno quella minuta gragnuola , quelle palline gelate , che cadono senza temporale , delle quali ora noi non trattiamo . Se queste o la neve s* incontrano nel cammino con parti- celle gik gelate o che sono sul punto di ghiacciare, noa mi pare che a queste mescendosi possano far grandine; ma i fiocchi della neve cresceranno e le palline si cuoprì- ranno di aghetti o d' un polviglio gelato. Cadendo un cristallo di un sale in una soluzione soprassatura d* esso sale , precipita una quantità di minimi cristallini , ma non si uniscono questi a formar col primo una sola massa compatta. Sarebbeviperavventura luogo a dire che ì pri- mi noccioli gelati si cnopriranno di un grosso strato d* acqua ( che presto si farà ghiaccio ), se passino per uno strato quasi liquido , cioè pieno di gocciole d* acqua , o di vapori vescicolari assai addensati e belli e disposti a trasformarsi di presente in goccioline. Ma questo gran- dissimo addensamento in una nuvola fornita di tensione elettrica e che può spandersi a suo- beli' agio nell' at- mosfera, qual cagione potrebbe avere, se non l'attrazio- ne della contraria elettricità d' un altro ammasso nuvo- loso .'* 3.f. Se , attraversando una tal massa , i grani della grandine si vanno incessantemente ingrossan- do , non pare che debbansi osservare in essi strati distinti. Questi suppongono varie epoche , per cosi dire , di formazione , e queste epoche rispondono ai vapori diversamente elettrici, in mezzo a' quali i gra- ni sono passati. Anche nel sistema del Volta gli strati dipendono dalle diverse elettricità ; ma egli faceva Dklla grandine 274 danzare e saltellare la grandine tra due strati di nuvole elettrici contrariamente , supposizione che dopo le os- servazioni del can. Bellani è riconosciuta piiì ingegnosa che verisimile. Si da ragione delle varie distinte croste di gelo se suppongansi pivi strati di nuvole separati un dall' altro , e tutti abbastanza rafireddati. Ma questi se- parati strati , ninno gli ha , per quanto io so , osservati ne' temporali: anzi piuttosto le nubi tempestose sono sem- pre agli osservatori formare una sola massa (a) , benché qua e la sotto il gran tendone nuvoloso sogliano appari- re delle nuvolette cinerizie. Ciò ne fa credere ancora, che quantunque i grani di nevischio o le gocciole, che debbono servire di nocciolo alla grandine , possano scendere da nuvole superiori e al tutto separate , di fatto ( almeno per lo più ) si for- mino nella parte superiore della massa nuvolosa , nel percorrer la quale divengono grandine. Che le contrarie elettricità si trovino nelle varie parti d' una gran massa nuvolosa, è verità di fatto. La debol forza deferente del- le nuvole ajuta ad intenderla. 35 La straordinaria grossezza di certi grani di gran- dine è , secondo il Volta , il più difficile a intendersi de' suoi fenomeni, e forma una grave obiezione a quasi tutte le ipotesi. Qui e dove il Volta trionfava (b). Un grano di grandine grosso come un cece , diceva egli , cadendo dall' altezza di 6 miglia, ( eh' è , secondo lui , la pia grande a cui si trovino de nuvoli) appena impieghe- debbe con tutta la resistenza dell' aria un minuto primo. „ Come mai in sì breve tempo crescer potrebbe egli a (a) De-Luc. Idées sur le météorolog. T. II P. Ili C. II Sect. lì. Spallanzani Soc. Ital. T. II. Par. II. Relazione su diversi ofigeiti ec. §. g. (b) Opere T. i P. n p. 364 , 429. 272 S 0 I K N 2 E „ forza (1* incrostazioni successive a! la grossezza d' una ,, noce e fino ci' un uovo di gallin;i? Che poi, se le nubi „ temporalesche non siano neppure delle più alle , co- ,, me infatti si osserva che non lo sono ? ,, Perciò ere- devasi costretto a supporre , che la grandine bella e formata si sostenga pensile nelf aria , non uno od al- cuni minuti, ma delle ore per avventura, e ricorreva al partito di farla ballare, come pocanzi accennavamo , tra due strati di nuvole per quanto tempo fa di bisogno. Siccome peraltro , qualunque sia la grossezza de' grani, il numero delle croste sovrapposte al nocciolo è piccolo, e 4 o 5 precipitazioni addosso ad esso nocciolo ( 31 ) ba- stano a formarli, cosi non è mai necessario ne assai lun- go tempo , ne una danza prolungata per qualche ora , la quale produrrebbe un numero grandissimo di croste o foglie di gelo. Basta trovare la cagione di queste preci- pitazioni , che rapidamente si succedono , e questa ca- gione non è duopo cercarla fuori dell' attrazione elettri- ca dal Volta stesso introdotta. Può anche il vento con- correre ad ingrossare la grandine: ma il vento in tempo si breve cesserà più volte e risorgerà onde produrre gli strati distinti? il solo vento disporrà con una certa rego- larità sii strati alternanti attorno ad un nocciolo , anzi ancora attorno all' orlo d' una lastra di ghiaccio? Del re- sto il tempo della cadufa della grandine dee certamente esser breve: ma pure si h osservato che la forza de' gra- ni cadenti non è tanta qual si potrebbe aspettare (a) , e da ciò si deduce che la loro velocità e stata verisimil- niente ritardata e probabilmente non solo dalla ordinaria resistenza dell'aria. Difatto i noccioli della grandine, che cadendo rivestonsì di più croste, debbono comunicare il moto alla materia che acquistano , e così perdere una (a) Blu. Uii. i83o. Aout p. 58i. Sept. p. Qo. Della grandine 273 parte tìelia propria velocita ancora se trovassero que- sta materia in quiete: e manifesto che più ne perdono se la trovano in movimento verso 1' alto cagionato dall' attrazione elettrica e perciò contrario al proprio. Si osservi ancora die nelle ore calde , prescindendo dall'attrazione , debbe esser continuo 1' ascendere dell' aria e de' vapori , che pure ritarderà alquanto la veloci- ta de grani meno pesanti in ispecie dell' acqua liquida ; che degli aramassi nuvolosi contrariamente elettrici pos- sono forse talora trarre di qua e di la i grani di grandine e fare ad essi descrivere una via angolosa e, come dicono, a zigzac; che certamente il vento li fa spesso percorrere una linea assai obliqua, che a distanza notabile da terra doveva esser vicina all' orizzontale , e cosi allunga il lo- ro cammino ; che i venti vorticosi debbono trattenerli qualche tempo in aria ; se a tutto ciò si ponga mente, 41 volume de' maggiori grani di grandine recherà mino- re ammirazione , e sembrerà per avventura naturai con- seguente de' fatti esposti- 36. Ha scrìtto il cel. Arago eh' egli non crede es- servi stata una caduta di grandine o pili funesta ne' suoi effetti o più notabile nelle sue circostanze di quella del 1788 descritta dal Tessier e da noi più d' una volta ri- cordata. I terreni grandinati si trovarono situati in due zone parallele, una lunga 173 leghe, 1* altra 200 in- circa : la larghezza media di una era 4 leghe; quella dell' altra 2 leghe e un quarto. La zona interposta a queste ducerà larga leghe5 V4non fu grandinata , ma ricevette pioggia abbondantissima. Piobbe ancora co- piosamente di qua e di la dalle due zone grandinate. Che i due nembi grandinosi trasportati da un rapido vento di sud-ovest , e intestinamente agitati per la pugna delle contrarie elettricità , versassero copiosa grandine , men- tre nelle altre tre zone , ove tal pugna non era o era as- lai più debole , le nubi scioglìevansi in pioggia , ciò 2T4 Scienze mi pare che s'inlcnda. Ne pare improbabile che nella zo- na centrale risiedesse tranquilla una elettricità e. g. la positiva e nelle due estreme l'opposta , mentre nelle due intermedie questa con quella battagliava. Sembra al- tronde assai malagevole a intendere perchè si sarebbe prodotto uno straordinario freddo nelle due zone grandi- nate e non già nelle altre tre , o perchè , dominando in quelle una forte tensione elettrica , non si fosse comu- nicata anche a queste. 37. La grandine è più frequente ne' giorni e nell' ore , in cui le nuvole piij frequentemente danno segni di forte e contraria elettricità ( 18 , 19 ). Poco favorevole al formarsi della grandine è una troppo fredda tempera- tura: se questa domina in tutta 1' aria alquanto elevala, sarà questa piena di particelle gelate atte a far neve , ma non grandine ('l4 ). La grandine propriamente detta o alquanto grossa non suol cadere nelle regioni polari, ove non si osserva la pugna delle due elettricità (20). Nella zona torrida questa non è punto rara , ma ivi la fredda temperatura necessaria al ghiacciarsi dell' acqua non truovasi facil- mente se non ad un' altezza, ove il vapore è assai dilata- lo , e difficilmente forma dense nuvole; perciò la gran- dine di rado si formerà e per lo più piuttosto piccola, che facilmente si slrnggera prima di giungere in terra. Ma però dove sono alte montagne, la snperficie terrestre vaporante e più elevata, i vapori dell'aria si accumulano, i temporali sono più frequenti , e la grandine , dovendo fare per giungere al suolo cammino non lungo e per arianon trop- po calda , potrà compierlo senza struggersi. Quando poii monti conservano la neve, rendono 1 a» ria non poco umida e assai fredda, e generano le nuvole, cangiando il vapore elastico in vescicolare. Formandosi spesso la grandine in regioni non allis^ sime ( 22) e rivestendosi mentre cade di nuove lamine o DKLLà GRANDINE 275 croste , ben s' intende perchè cada di minor mole sulle cime delle montagne che nelle vicine pianure (23). 38. A-Uorcliè le masse nebulose diversamente elet- triche sono state qualche tempo alle mani fra loro , Te- lettricita , anche per le continue scariche visibili o invi- sibili , troppo diminuisce o diviene d' una slessa natura. Perciò la grandine non cade per lungo tempo ( in un medesimo luogo ) e per lo piii si trasforma in pioggia (24) Può anche contribuire al cessar della grandine V ele- varsi alquanto la temperatura appunto pel passaggio de' vapori allo stato solido. Mi pare cosa degna d'osservazione chela grandine ha durata assai breve , se il nembo generatore resti a un dipresso sempre in un luogo , ma può averla al contra- rio assai lunga , se il nembo trasportato dal vento viag- gi velocemente. I due nembi paralleli , di cui pocan- zi (36)abbiamo parlato, durarono ciascuno a versar gran- dine almeno sette ore , benché niun lungo fosse flagel- lato per più di 7 o 8 minuti. Forse la cagione di tal differenza è questa: il nembo grandinoso , avanzandosi rapidamente, trova sempre nuov' aria vaporosa: gli am- massi diversamente elettrici , di cui sì compone , in- fluiscono su quella e ne rendono le varie parti elettriche contrariamente: cosi il temporale atto a dar grandine si propaga di regione in regione. 39. Terminando questo scritto , mi credo in dove- re di render giustizia ai fisici italiani. Non solo il Volta riconosceva necessaria alla formazione della grandine la pugna delle due elettricità , ma ci da la presenza di que- ste come certa, mentresi contenta di riguardare come som- mamente probabile la danza elettrica da lui immagi- nata. Prima che il Volta scrivesse sulla grandine , il Bec- caria (il quale peraltro forse troppo attribuiva all'eva- porazione e air elevazione delle nuvole ) aveva adora- 276 Scienze hrato la spiegazione, ch'io ho cercalo di espone sa IT ingrandimento della grandine. ,, E' cosa necessaria, egli ,, scrive, che cadendola gragnuola da grande altezza 1, tragga a se grande copia di vapori dai successivi più ,, Lassi strati , i quali solo che si consideri la loro suc- ,, cessiva maggior vicinanza alla terra, si vede che deb- „ bono avere una successiva graduazione di elettricità ,, ineguale ; e però il nocciolo cadente dagli strali più ,, ahi incontrerà in ciascun successivo strato un grado „ di elettricità ineguale ; e mentre in ciascuno strato ,, equilibrerà 1' eleltricila sua con l'elettricità di quello, „ trarrà attorno a se altri ed altri vapori , e cosi succes- „ sivamente e gradatamente ingrandirà il suo volume „ per grande spazio della sua caduta , giacche i vapori ,, che successivamente raccorrà , parte per il freddo loro „ proprio , parte per il freddo che troveranno nel noc- "4, ' ciolo cadente eccedente il grado della congelaziune •^, tostamente essi pure si agghiaccieranno. ,, ( Eletlr. atraosf. § 393, 94, <,6, ) Ancora il Bellani più volte rammentato e. l'Orio- li (a) , benché abbiano creduto si V uno che l' altro di insistere principalmente sopra altre cagioni , non esclu- dono però r attrazione elettrica , anzi la chiamano in qualche modo in soccorso. Quanto queste citazioni tolgono di novità alla spie- gazione, che i fallimi hanno sembrato indicare come più al vero somigliante, tanto meglio ci fanno presumere de^ la sua vcrisinaiglianza , eh' è poi la sola cosa che ira- porta. (a) Delltt Jorinttz(o/t<: lìeìlu gm^miQla. Bologtia. »32C. 277 Elogio storico di Alessandro F'olta^ letto alV accade- mia delle scienze in Parigi il dì 26 di luglio 1833 dal segretario perpetuo della medesima sig. Ara- go, e voltato in lingua italiana dal conte Giuseppe Mamiani vicesegretario dell' accademia pesa- rese. SIGNORI, n opo i tempi di Teofrasto e di Plinio l'eletlricila venne per lunga pezza risguardata come un risultato di combinazioni assai complesse , che raramente si mostrano ad una volta nei tanti e tanti fenomeni della natura. Il genio di Volta ( del quale oggi debbo ana- lizzare i lavori ) fu primo a slanciarsi oltre a quei limiti. Con pochi apparati microscopici egli vide e sorprese l'elettricità per ogni dove, nella combustio- ne, nella evaporazione, nel semplice conlatto di due corpi eterogenei ; cosicché gli venne fatto di accor- dare a questo agente indomabile un immenso potere ; e tale , che nei fenomeni terrestri la cede appena alla gravitazione universale. Il succedersi progressivo di tali scoperte gran- diose mi ha sembrato meritare un accurato sviluppo. j Ho stimato che in un secolo tanto bramoso di cogni- j spioni positive , gli elogi accademici abbiano a diven- tare narrazioni preliminari di una storia generale scien- j tifica ; d'altronde per me questo non sarà che un sem- -j plioe saggio , sul (piale invoco IVancaracnlc la critica e severa, e illuminai;* del pubblico. 278 Scienze Alessandro Volta , uno degli otto soci stranieri dell' accademia delle scienze , nacque in Como il di 18 di febbraio dell' anno 1745 da Filippo Volta e da Maddalena de' conti lozaghi. Fece i suoi primi studi sotto la scorta del padre , e nelle scuole pubbliche del suo paese nativo : natura felice , applicazione conti- nua , mente assai ordinata , presto lo innalzarono al disopra de* suoi condiscepoli. Nel suo dieciottesimo anno ebbe commercio di let- tere coir ab. JNfollet sulle questioni le più delicate della fìsica ; e dopo il secondo lustro di sua età compose un poema latino , tuttora inedito , nel quale descrisse i fenomeni interpretati dai piìì celebri sperimentatori di quel tempo. Si disse allora che la vocazione del Volta non fosse chiara abbastanza. Io tengo altra sen- tenza .• un giovane che abbia avuto la strana idea di fare de' versi sulla chimica , non può molto tardare a fare il cambio della poesia con la scienza. Difatti , toltene alcune rime che celebravano il viaggio di Saussure sulla vetta del monte Bianco , noi non vedemmo nella lun- ga carriera del fisico illustre altro che lavori con- secrati allo studio della natura. Il Volta ebbe ardimento nel suo ventiquattresimo anno , e col primo suo scritto, di toccare la sottile qui- stione della bottiglia di Leyda. Codesto apparato fu scoperto neH746. La speciosità de'snoi effetti avreb- be bastato a giustificar pienamente la curiosità di tutta Europa ; ma questa curiosila per l'appunto venne sti- molata ed accresciuta dalla folle esagerazione del Mu- schembroek , dall' inesplicabile terrore che in quel fi- sico ebbe cagionata una scarica assai tenue, alla quale, diceva egli enfaticamente , non si sarebbe sottoposto una seconda volta , anche perdendo il più bel regno della terra. Pel resto pili , le molte teorie che in se- guilo appaiveio circa alla bottiglia di Leyda , appena ElOGIO DEL VoLtA 27 ^ meriterebbeio di essere oggi giorno rammentate ; e se a Franklin si debbe tutto T onore di avere cbiarito questo problema , i lavori di Volta pur aggiunsero al- cuna cosa a quelli dell' illustre filosofo americano. La seconda memoria del fisico di Como apparve nell' anno 1771 , e non vi si scorsero quasi più le idee si- stematiche. L'osservazione fu la sola scorta, che l'autore si prese nel determinare la natura dell' elettricità dei corpi rivestiti da una tale o tal' altra sostanza , nel fis- sare Je circostanze di temperatura , di colore , di ela- sticità che fanno variare il fenomeno; nello studiare, sia r elettricità generata dallo stropicciamento , dalla percossa , dalla pressione , sia quella che deriva dal giuoco della lima e del rastiratojo nel porre ad evi- denza le proprietà di una nuova specie di macchina elettrica , dove il piatto mobile e i sostegni isolanti era- no di legno diseccato. Di qua dall'Alpi , le due memorie anzidette si lessero appena da qualcheduno : in Italia al contrario vi generarono una fortissima sensazione. Il governo stesso affrettossi d' incoraggiare quel giovane speri- mentatore, e nominollo reggente della scuola reale di Como, e poco appresso il dichiarava professore di fisica. I missionari della Cina nell' anno 1755 comu- nicarono ai dotti di Eiuopa un fatto assai rilevante , che il caso fece loro discuoprire rispetto all' elettricità per influsso , la quale sopra taluni corpi si mostra o sparisce, secondo che quei corpi si trovano o disgiun- ti , o piuttosto in contatto fra loro. Questo fatto die origine a ricerche interessanti per parte di un Epi- no , di un Wilcke , di un Cigna , di un Beccaria : ma il Volta lo rese oggetto di studio particolarissi- mo. Egli vi rinvenne il fondamento del suo elettroforo perpetuo , strumento ammirabile che anche sotto un volume piccolissimo da modo per avere mai sempre 280 Scienze dell' elettrico , e da cui senza lo stropicciamento ed a qualsivoglia circostanza atmosferica , hanno i fisici in- cessantevnente le cariche di una forza ad ogni atto ripetuto uguale. Successe alla memoria sull' elettroforo un altro lavoro importantissimo nell'anno 1778. Erasi già sa- puto che un qualche corpo , vuoto o pieno , ha la stessa capacita elettrica , purché la di lui superficie rimanga costante. Oltre a ciò per una osservazione di Lemonnier si conosceva , che la superficie uguale po- teva alcuna volta influire sulla forma particolare del cor- po. Fu il Volta però che stabili per il primo questo principio scientifico sopra un solido fondamento. Ledi lui sperienze mostrarono che di due cilindri uguali in superficie, il più lungo riceve la carica pii!i forte : di maniera che, ovunque lo spazio il permetta , havvi sem- pre un immenso vantaggio nel sostituire ai larghi con- duttori delle macchine ordinarie un sistema di pic- colissimi cilindri ; ad onta che questi ultimi non sie- no per formare un volume più grande : v. g. cora- Linando fra loro 16 fila di sottili verghe inargentate, lunghe 1000 piedi ciascuna , sì avrà , secondo lo spe- rimentare del Volta , una macchina , le scintille della quale veracemente fulminanti ucciderebbero gli ani- mali i più grossi. Ninna delle scoperte di Volta è figlia del caso : tutti gli stromenti, de'quali ha fatta ricca la scienza , esistevano per teoria nella sua fervida immaginazio- ne , anziché l'artista prestasse la sua opera materiale per eseguirli. Non fuvvi, per esempio , nulla di acci- dentale nelle modificazioni , che il prof, di Como fé subire all' elettroforo per mutarlo in condensatore , ve- ro microscopio di una specie nuova , e che fa sco- t)rire V elettrico la dove lult' altro mezzo sarebbe inef- ficace. Elogio del Volta 281 Gli anni I7TG e ITTT ci mostrano il Volta per alcuni mesi occupato di cose puramente chimiche : tut- tavia la scienza elettrica , a lui prediletta , va a pro- curargli de' casi i più avventurosi. I chimici di quella età aveano rinvenuta l'aria infiammabile naturale sol- tanto nelle miniere di carbon fossile e di sale gem- ma ; perlochè la riguardavano come un prodotto del Bolo regno minerale. Il Volta però, che avea su di ciò meditato in causa di una osservazione del padre Cam- pi , addimostrò eh' eglino s' ingannarono : provò come il putrefarsi delle sostanze animali e vegetabili fu sem- pre accompagnato dal gaz infiammabile ; come agitando i bassi fonai delle acque stagnanti , quel gaz si spri- giona attraverso del liquido ; come vi produce tutte le appariscenze di una ebollizione comune : e per tal guisa il gaz delle paludi che già da varj anni ha dato materia di studio a tutti i chimici , per rispetto al suo primo apparire , deve riguardarsi quale vera scoperta del Volta. Codesta scoperta potea fare supporre che certi fe- nomeni naturali, come quelli v. g. de' terreni brucianti o delle ardenti fontane , avessero una causa somiglian- te ; ma il Volta sapea troppo come la natura si ride delle nostre labili congetture , perchè si abbando- nasse con facilila a semplici analogie. Affrettos- si pertanto ( 1780 ) di andare ad osservare i ter- reni di Pietra Mala e di Velleja ; sottopose ad un severo esame tutto quello che si leggeva in molti viaggi sui luoghi a quelli somiglianti ; giunse a potere Stabilire , con una evidenza pienissima e contro le plii comuni opinioni , che quei fenomeni non dipendono già dalla presenza del petrolio , della nafta o del bi- tume , ma che sibbene e unicamente provengono dallo sviluppo di un vero gaz infiammabile : sia poi che egli addimostrasse 0 no la costt|nte origuie del gaz G.A.T.LXIH. IS '282 Scienze da una sémplice macerazione di sostanze animali e vegetabili. La scintilla elettrica valse già di buon'ora ad in- fiammar certi liquidi , certi vapori , taluni gaz, come sono l'alcool , il gaz idrogene , il fumo di una can- dela recentemente estinta ; ma tutti questi esperimenti venivano fatti ali aria libera. Fu primo il Volta a ri- peterli in vasi chiusi (1777) , e però a lui si debbe l'apparato del quale usò il Cavendisch nell'anno 178'lf, quando operò la sintesi dell' acqua , ingenerando co- desto liquido per mezzo dei due principj gazosi , che lo costituiscono. Il nostro illustre confratello possedeva al più alto grado due qualità che raramente vanno unite : e sono, il genio creatore, e l'arte di applicare. Non abban- donò mai un oggetto qualunque, senza averlo da tutte parti studiato , senza avere descritti o almeno accen- nati i vari strumenti che la scienza , l' industria o la semplice curiosità ne possono derivare. Per tal guisa , da varj saggi sull' infiammarsi delle arie paludose, nac- quero sulle prime il fucile e la pistola elettrica , de' quali è inutile il favellare mentre vanno per le mani d'ognuno ; e vennero poscia la lampada perpetua a gaz idrogone , tanto diffusa per 1' Allemagna , e che stante l' ingegnosissima applicazione dell' elettroforo , si accende da se stessa , quantunque volte si voglia ; e infine apparve l' eudiometro , quel prezioso mezzo di analisi , dal quale i chimici hanno tratto un cosi grande profitto. La scoperta della decomposizione dell' aria at- mosferica diede luogo a'giorni nostri (1) a questa grande (i) Sema parlare delle opere più moderne , e spezia!- mtnte del Fouiilet; } nel nel ter^o volupae delh ù.ÌK^ il Cerbi Elogio del Volta 283 qulslioae di filosofia naturale , cioè : la proporzione, secondo la quale i due principi costituenti l'aria Iro- vansi riuniti, varia o no coli' andare dei secoli , col mutare de' luoghi , coli' avvicendarsi delle stagioni ? Quando si considera che tutti gli uomini , i quadru- pedi , gli uccelli consumano incessantemente nel re- spirare uno solo di codesti principj , l'ossigene ; quan- do si avverte che. questo gaz è l'alimento indispensa- Lile della combustione nelle case , nelle fabbriche , nelle officine , e che non si accende una candela , una lampada , un lampione senza eh' egli vi sia assorbito ; quando si pone mente che l'ossigene ha una parte s\ tratta la questione dello scemare il gaz ossigena dell' atmo- sfera. E' certo che questo gaz consumato viene dalla formazio- ne dell'acido carbonico per del proprio peso ogni loo anni. 7000 Non si sa se la natura ripari a questa perdita, o come \i rim- piazzi : certo è che gli esperimenti di Hassenfratz , Igenous , Sussure sulla respirazione delle piante ec. sono ora dichiarati insussistenti dai migliori fisici. Anche lo Scinà nel voi. 2. p. 167 della sua Jìsica particolare stabilisce in principio la consuma- zione del gaz ossigene mediante il formarsi del gaz acido car- bonico ; e dice che noi non siamo in islato di riconoscere se vi ha compensamento a questa perdita. E' poi ritenuta cosi certa la variazione de' principj atmosferici dai dotti del gior- no , che neir Institut di Francia num. 36, a. anno pag. 28 dei bollettino scientifico , leggiamo |r; La première classe de V in- stitut royal des-Pays-Bas propose un p>ix a décerner dans l'an. i835 pour la question suivant : ,, Avcc quoi se trouvent en rapport les variations an- nuelles de la quantità du gaz acide carbonique dans l'air " ? La continuata perdita dell' ossigene per la formazione del gaz acido carbonico e infine dimostrata a sazietà nella lezion« y della chimica rurale ài Humphry Davv. " 18* 384 S e 1 !>: H z £ grande nella vegatazione di tutta la terra, e lecitolo imraaeinare , che Tatmosfera debba variare sensibilmen- te , e dopo un tempo lunghissimo , nella sua compo- sizione. Quindi si può supporre eh' essa un giorno di- verrà impropria al respirare. : che gli animali in allora saranno annichiliti, non già da quelle rivoluzioni fisiche delle quali i geologi hanno creduto di prevedere gli ef- felli , e che malgrado della loro immensa estensione , pure lascerebbero in isperanza di vita qualche individuo favorevolmente situalo , ma per una causa generale e inevitabile , contro la quale le zone agghiacciate dei poli , le regioni abbruciate dell' equatore , l'iraraen- sila deir oceano , i piani elevatissimi dell' Asia e del- l'America , le cime nevose delle Cordiglière e del- l' Himalaya non potranno scampo alcuno offerire. Lo studiare tutto ciò che fin da questo momento può così grande fenomeno presentarci , il raccogliere quei dati esatti che i secoli avvenire potranno render fecondi , questo era il dovere de' fisici , ed essi lo hanno adem- piuto , specialmente dacché V eudiometro a scintilla elettrica diede loro il mezzo opportuno. Onde annul- lare certe objezioni, che i primi sperimenti coli' eudio- metro aveano suscitate , i sigg. de Humboldt e Gay- Lussac lo sottoposero nell'anno XIII al più scrupo- loso esame : e quando giudici , quali essi sono , di- chiarano che veruna specie di eudiometro pareggia in in esattezza quello del Volta , il dubitarne piiì oltre sarebbe un oltraggio. Dapoichc ho abbandonato V ordine cronologico , prima di parlare sui due lavori più grandi del nostro venerando confratello , prima di analizzare le sue osser- vazioni sulla elettricità atmosferica , prima di dar po- sto e carattere alla sua grande scoperta della pila , ac- cennerò in breve gli sperimenti eh' egli pubblicò nell* anno 1793 sulla dilatazipue dell' ana= Elogio dbl VottA 285 Codesta quistione principalissiraa avea già meritala r attenzione di molti fisici assai dotti , i quali non era- no di ugual parere tanto sull' accrescimento totale del volume che 1' aria riceve fra le temperature del ghiaccio che fondesi e dell' acqua bollente , quanto sul procede- re delle dilatazioni nelle temperature intermedie. Il Vol- ta scoprì la cagione di queste variazioni; addimostrò come operando in un vaso, che contiene dell'acqua, deb- bonsi veder crescere le dilatazioni ; come non essendovi nell'apparecchio altra umidita che quella solita a rico- prire le pareti del vetro , 1' apparente dilatarsi dell' aria può essere crescente in fondo alla scala termometrica, e può altresì diminuire nei gradi pii!i alti. Finalmente mi- se in avidenza che l' aria atmosferica se è racchiusa en- tro a un vaso perfettamente secco , dilatasi proporziona- tamente alla sua temperatura , quando quest' ultima sia misurata da un termometro a mercurio che abbia uguali divisioni ; e siccome i lavori di Deluc e di Crawford sembravano addimostrare che un tale termometro indica le vere misurazioni del calore , cosi il Volta si credette in ragione per annunciare la legge tanto semplice e de- rivante dalle sue sperienze in questi termini nuovi e im- portantissimi : la elasticità di un dato volume d* aria d atmosferica è proporzionale al suo calore. Quando riscaldasi dell' aria presa a una bassa tem- peratura, e contenentp sempre la stessa quantità di umi- do , la sua forza elastica aumenta come quella dell' aria secca. Il Volta ne conchiuse , che il vapore acquoso e 1' aria propriamente detta si dilatino ugualmente. Cia- scuno sa al presente essere questo risultalo esattissimo ; ma r esperienza del fisico di Como dovea lasciare qual- che dubbio; impero cchè il vapore acquoso, alle tempe- rature comuni , si unisce all'aria atmosferica in picco- lissime proporzioni. E il Volta chiamava questi suoi ri- sultati , semplici tentativi ; ed altre ricerche Qtiaiero- 286 Scienze sissirae, per lui fatte sul proposito, doveano far parte di una memoria che non vide mai la luce. D- altronde poi la scienza h oggi su questo rapporto dalle fatiche di DaltoQ e di Gay-i^ussac all' apice suo pervenuta ; stari- techè i loro esperimenti, fatti ia un' epoca nella quale la memoria del Volta era e in Francia e in Inghilterra igno- rata , rendono comune a tutti i gaz permanenti o noa permanenti la legge stabilita dal dotto fisico italiano , e menano inoltre per ogni caso ad uno stesso coefficiente di dilatazione. 10 non parlerò delle ricerche del Volta sulla elettri- cità atmosferica, se non dopo di avere rapidamente acen- nali gli sperimenti analoghi che le ebbero precedute. A. giudicar sanamente della via che un viaggiatore ha per- corsa , spesse fiate è proficuo il vedere d' un sol colpo d' occhio e il punto della partenza , e quello dell' arrivo. 11 dott. Wall , che scriveva nel 1708 , debb'essere per il primo qui nominato ; posciacchè troviamo in una delle sue memorie questa ingegnosa riflessione:,. La luce „ e lo scoppiettio de'corpi elettrizzati sembrano rappre- ,, sentare y?^iO a un certo punto il lampo ed il tuono ,,. Stefano Grey pubblicò nellannol735 una osservazione analoga: „ E' probabile, diceva quell'illustre fisico, che ,, coli' andare del tempo si trovi modo per concentrare „ maggiore quantità di fuoco elettrico , e per auraenta- ,, re la forza di un agente che giusta le molte mie „ sperienze , e quando si possa paragonare le piccole ,, cose alle grandi, sembra essere della stessa specie dei „ tuono e del baleno . ,, La maggior parte de' fisici prese queste espressio- ni soltanto per confronti ; eglino non pensavano che as- somigliando gli effetti dell* elettricità a quelli del ful- mine, Wall e Grey avevano voluto stabilire T identità delle cagioni. Ma ciò sicuramenee non potrebbe dirsi dei saggi dal Nollet prodotti ( 1746 ) nelle sue lezioni di Elogio dkl Volta 287 fisica sperimentale. Ivi di fatto si asserisce da lui , che una nube procellosa al disopra degli oggetti terrestri è da tenersi come un corpo elettrizzato in presenza d' altri corpi che non lo sono. // fulmine^ nelle inani della na • tura , è come f elettrico in mano dei fisici. Molte simi- glianze d' azione vi sono indicate , e nulla manca alia sua ingegnosa teoria , senonchè quello di cui è bisogno per avere un posto fisso determinato nella scienza , cioè la sanzione delle esperienze dirette. Le prime idee di Franklin suU' analogia dell' elet- trico e del fulmine erano, come quelle anteriori di Nol- let , semplici congetture. Ogni diversità fra i due fisici consisteva in un progettato esperimento, del quale Nollet non avea fatta parola , e che sembrava dover porgere argomenti definitivi o favorevoli o contrarj a quella ipotesi. Dovevasi in codesto esperimento, fatto all'epoca di un temporale , indagare se una verga metallica isola- ta e acuminata fosse per somministrare scintille ana- loghe a quelle, che si partono dal conduttore d'una macchina elettrica comune. Senza offuscare la gloria di Franklin, debbo osser- vare che la proposta sperienza era quasi inutile. I sol- dati della quinta legione romana V avevano fatta di gik nel tempo della guerra affricana , quel giorno in cui , al raccontare di Cesare , il ferro di tutti i dar- di sembrava essere nel fuoco per seguito di un tempo- rale. Altrettanto si dcbbe dire di quei molti navigatori, ai quali Castore e Polluce eransi fatti vedere , sulle punte metalliche o degli alberi o delle antenne, ovvero sugli altri punti prominenti de' loro navigli. Parimente iu certi paesi , come nel Friuli al castello di Duino , il fazionario eseguiva strettamente quello che prescriveva il Franklin , allorché giusta la sua consegna, e nello scopo di decidere se convenisse suonare a marlello per avvertire i villici dell' approssimarsi di un temporale , 288 S e 1 E N z fi si faceva ad esaminare colla allaharcla se il ferro cV una picca , verticalmente impiantata sulle mura , dava o no segno di scintillazione elettrica. Del resto poi , sia che molte di codeste circostanze fossero sconosciute, sia che non le si credessero abbastanza concludenti , si stimò necessario di sperimentare direttamente ; e su ciò la scienza è debitrice al Dalibard nostro compatriota. 11 di 18 maggio 1 752, nel momento di un temporale, la grandissima verga metallica acuminala ch'egli aveva fis- sata in un giardino di Marly-la -Ville , offerse piccole scintille , come fa il conduttore della macchina elettrica comune , quando vi si approssima un qualunque filo me- tallico. I! Franklin realizzò questa slessa sperienza agli Stati-Uniti con un cervo volante , ma un mese piìi tardi; 1 parafulmini ne addivennero conseguenza necessaria , e 1' illustre fisico americano si affrettò di proclamarla. Quella parte della società che, in fatto di scienza, giu- dica sulle altrui parole , è sempre franca nel decidere ; ammette o esclude, mi sia lecito il dirlo , con fanatismo. ! parafulmini v. g. divennero 1' oggetto- di un vero en- tusiasmo che merita la riflessione di chi legge le opere di quella età. Qui troverete de' viaggiatori che in aperto luogo si avvisano di distornare il fulmine snudando la spada e alzandola verso le nubi, come Ajace minacciante il destino; Ik vedrete altri, i quali non usando la spada, si lagnano amaramente di andar privi di questo talismano conservatore. Questi propone come un immancabile pre- servativo il collocarsi sotto un gocciolatojo al cominciare del temporale, perchè i panni bagnati sono eccellenti con- duttori dell'elettrico; quegli inventa certe acconciature di capo dalle quali pendono lunghe catene metalliche , da lasciarsi accuratamente e sempre pescare dentro a un ri- gagnolo etc. etc. Per verità molti fisici non furono affet- ti da tali preoccupazioni ; essi ammettevano l' identità del fulmine col fluido elettrico , stautechè 1' esperienza Elogio del Volta 2^9 tli Marly-la-Ville non ne lasciava più 11 duljl>io ; ma le rare scintille che escivano dalla sbarra e la loro piccio- lezza , faceano loro credere che non si esaurisse cosi r immensa quantità di materia fulminante, della quale uba nube temporalesca si trovasse per avventura caricala. Le lerribili sperienze fatte da Romas di Nerac non vinse- ro la loro opposizione ; posciachè quel!' osservatore si era servito di un carro vola nte a corda metallica , che , air altezza di molte centinaja di piedi, andava a rapire il fulmine entro la regione stessa delle nubi. Poco dopo però la morte deplorevole di Rickman (1753), cagiona- ta dalla sola scarica di una sbarra isolata dal parafulmi- ne comune,sbarra che quel dotto fisico aveva fissata sulla propria sua casa in Pietroburgo , aprì l'adito a nuove e piti distinte cognizioni. Videro i sapienti in quella tragica morte la spiegazione di un passo di Plinio il naturalista, nel quale racconta , come Tullio Ostilio venne fulminato, per non avere esattamente adempiute le cerimonie, con le quali Numa suo predecessore obbligava il fulmine a scen- dere dal cielo. Per 1' altra parte ( e questo era di mag- giore importanza ) i fisici non prevenuti rinvennero ia queir accaduto un fatto non prima avverato: vale a dire, che una sbarra metallica di poco innalzata , toglie alle nubi procellose non solo delle scintille impercettibili, ma spesso ancora dei veri torrenti di elettricità. Da quell' epoca in poi le discussioni relative all'efficacia de' para- fulmini non ebbero interesse veruno , senza eccettuare la forte quistione sul loro terminare in punta o in globo : la qual disputa per alcun tempo divise i sentimenti degli scienziati inglesi. Niuno di fatto ignora quest' oggi , che Giorgio III fu il promotore di codesta polemica ; eh* egli si pronunciò per i parafulmini a palla, perchè Fran- cklin ( suo antagonista in quistioni politiche d' un im- menso valore ) volea eh' essi terminassero a punta ; che codesta discussione infine, tutto considerato,debbe riguar- 29^ S e I K N Z E darsi come un piccolissimo incidente piuttosto spetlants air istoria della rivoluzione americana , che a quella delle scienze fisiche. I risultati della sperienza di ftJarly furono appena conosciuti , cheLemonnier, nostro accademico, fissò del giardino di s. Germano/in-Laye una lunga verga metal- lica verticale , isolata dal suolo mediante nuove pre- cauzioni. Or bene ; da queir istante le stellette elettri- che apparvero a lui ( luglio e settembre 1752 ) non solo quando il tuono romoreggiava , non solo quando l' at- mosfera era coperta di nubi minacciose, ma altresì quan- do il cielo era perfettamente sereno. Cosi venne una bella scoperta dal modificare , quasi insensibilmente , il primiero apparecchio del Dalibard. Conobbe il Le- monnier che questo fulmine de' giorni sereni , per lui scoperto , andava soggetto nelle 24 ore a regolari cangiamenti d' intensità : e il Beccaria segnò le leggi di codesto periodo quotidiano : che anzi per le sue insigni sperienze si fé' chiaro quel fatto principale, che in tutti i venti V elettricità di un cielo sereno è costantemente vitrea o positiva. Nel seguire che io fo per ordine cronologico i progressi delle nostre cognizioni sulla elettricità at- mosferica , giungo ai lavori del Volta , de' quali ha fatto ricco questo ramo importante della scienza mele- reologica. Codesti lavori ebbero a vicenda lo scopo e dì perfezionare i mezzi dell'osservazione, e di esa- minare minuziosamente le diverse circostanze , nelle quali sviluppasi il fluido elettrico per poi dominare tutte quante le regioni dell'aria. Allorché un ramo di scienza è ne' suoi primordj, gli osservatori si occupano soltanto della scoperta dei nuovi fenomeni , lasciando 1' enumerarne gli effetti ad un'altra occasione. Cosi nell'elettricità molti dotti si erano fatto un nome , e la bottiglia di Leyda era già ELOGro DKL Volta 29 f in tutti i gabinetti cV Europa , scnzacliè alcuno avesse pure immaginato un vero elettrometro. Il primo istru- mento di questo genere fu eseguito nel 1749 dai due membri della nostra accademia sigg. Darcy e Le Roy : ma la sua poca mobilita nelle piecole cariche non Io fece adottare. L'elettrometro proposto dal Nollet ( 1752 ) sem- brava a primo aspetto più semplice , più comodo e infinitamente più sensibile. Doveva essere formato di due fila , che dopo essere state elettrizzate , sarebbonsi necessariamente e per effetto di ripulsione aperte come le seste del compasso , a guisa che la misura richiesta avrebbesi avuta coli' osservazioae di un angolo. Il Cavallo realizzò quello che dal Nollet venne soltauto indicato (1780) : le sue fila erano metalli- che , e avevano agli estremi due piccole sfere di mi- dollo di ferro. Finalmente il Volta soppresse il sovero, e sostituì alle file metalliche le paglie diseccate. Que- sto cangiamento potrebbe apparire di poca rilevanza , se non si sapesse , che il nuovo elettrometro ha solo esso le preziosa proprietà di dare , fra lo 0 e i 30 gradi , delle divergenze angolari fra le due paglie esat- tamente proporzionali alle cariche elettriche ricevute - La lettera al Lichtenberg (1786 ), nella qua- le il Volta stabilì per numerosi esperimenti le proprietà degli elettrometri a paglia , racchiude su i mezzi di fare codesti strumenti comparabili , sulla mi- sura delle cariche le più forti , su certe combina- zioni fra r elettrometro e il condensatore , interes- santi vedute , delle quali con maraviglia non bassi traccia nelle opere le più recenti. Codesta lettera deb- bo essere caldamente raccomandata agli studiosi di fi- sica : essa gì' iniziera all' arte tanto difficile dello spe- rimentare : essa loro insegnerà a diffidare dei primi saggi , a variare incessantemente la forma degli appa* 292 Scienze reccliì : e se una impaziente immaginazione fosse mafl per istornarli dalla via lunga , ma certa dell'osserva- zione , onde seguire qucHa seducente de' sogni , l'e- sempio di un uomo di genio , tanto paziente nei piiì minuti dettagli , verrà ferse a rattenerli da così falso cammino. E per l'altra parte, in un tempo in cui, eccettuali alcuni onorevoli casi , il pubblicare un li- bro è cosa di commerciale speculazione , in cui i trattati scientifici modellati sullo stesso tipo non dif- feriscono fra loro che per il merito dell' estensione tante volte non apprezzabile , in cui ogni autore tra- scura appuntino tutti gli sperimenti , tutte le teorìe , lutti gli strumenti che i suoi predecessori immediati ebbero o ignorati o posti in dimenticanza , compiesi , io credo » un dovere nel dirizzare l' attenzione dei principianti alle sorgenti originali della scienza. Ivi, ed ivi soltanto , essi potranno trovare soggetti meri- tevoli di studio ; ivi rinverranno la storia fedele delle scoperte ; ivi impareranno a distinguere chiaramente il vero dall' incerto , e a diffidare delle teorie vacillanti, che vengono dai compilatori abbracciale senza un bastevole discernimento e con una cieca fiducia. Quando, nel porre a profitto la grande azione delle punte sul fluido elettrico, il Saussure pervenne (1785) colla semplice aggiunta d'una verga lunga otto o nove decimetri ad aumentare di molto la sensibilità del- l'elettrometro di Cavallo ; quando , in sequela di tante minute esperienze, alle fila metalliche che aveano nei •loro estremi due piccole palle di sovero , furono so- stituite due paglie diseccate, si potè credere che quel piccolo apparecchio non fosse suscettivo di ricevere altri miglioramenti significanti. Il Volta tuttavia (1787) valse ad estendere considerabilmente il suo potere , senza cangiar nulla della sua primiera costruzione . Ebbe ricorso dì fatti al più strano espediente » adat- Elogio del Volta 293 landò alla punta metallica del Sausurre una candela o uu semplice stoppino acceso. Chi mai avrebbe previ- sto un simile risultato ? Discopersero ben presto i fi- sici , essere la fiamma un eccellente conduttore della elettricità : e ciò non avrebbe dovuto allontanare l'idea di adoperarla come potenza collettrice ? Ma il Volta do- tato di un criterio si giusto , di una logica tanto se- vera , non si abbandonò interamente alle conseguenze del fatto straordinario che gli si offerse , se non dopo di averlo completamente spiegato. Vide che se una can- dela accesa riduce sulla punta che la sorregge tre o quattro volte più di elettrico , che non si adunereb- be altrimenti , questo deriva dalla corrente dell' aria che è generata dalla fiamma , e dalle comunicazioni moltiplicate che stabilisconsi per tal modo fra la punta del metallo , e le molecole dell'atmosfera. Dappoiché la fiamma toglie 1' elettrico all' aria , molto pili di quello che il può fare una punta metal- lica , non ne seguita forse , diceva il Volta , che il mezzo migliore per prevenire i temporali,© per rea- derli meno terribili, sia quello d'accendere grandissi-, mi fuochi ne' campi , o piuttosto ne' luoghi promi- nenti ? Dopo avere riflettuto ai grandi effetti del pic- colissimo stoppino dell'elettrometro, non vi ha nulla di stravagante all' iramiginare che una larga fiamma valga iu pochi istanti a spogliare di tutto il fluido elet- trico gì' immensi volumi d'aria e di vapore. Bramò il Volta che codesto suo pensiero fosse posto alla prova con un diretto sperimento. Fino ad ora però i suoi voti non sono stati adempiuti. Potrebbe essere che su que- sto proposilo si ottenessero nozioni vanlag£^iose , quando venissero comparate le osservazioni metereo- logiche delle contee d' Inghilterra, dove grandi officine c cave iufiamniate producono ad ogni i.slaute mi oceano 294 S e I K K i E di fuoco, colle osservazioni fatte nelle contee agiicole elle a quelle prime sono contigue. / falsi parafulmini trassero il Volta da quella se- vera gravita che aveva costantemente serbata. Egli pro- curò di rallegrare il soggetto a spese degli eruditi , i quali , simili al famoso Dutens , trovano sempre , ma dopo il fatto , in qualche autore antico le scoperte dei loro contemporanei. Il Volta irapegnollì a risalire ( in questo caso ) fino ai tempi favolosi della Grecia e di Roma ; chiamò la loro attenzione sopra i sacrificj fatti a- cielo aperto , sulle fiamme che sorgevano da- gli altari , sulle nere colonne di fumo che dal corpo delle vittime innalzavansi nell' aria , su tutte le cir- costanze infine delle sacre cereraonie che il volgo cre- deva fatte per placare la collera degli dei , per disar- mare il braccio fulminante di Giove. Tutto questo , di- ceva egli , era una semplice esperienza di fisica , della quale i sacerdoti aveano il segreto , e che serviva a ricondurre in silenzio sulla terra l'elettricità dell'aria e delle nubi. Che se i greci e i romani fecero ne' loro tempi famosi i sagrificj in luoghi chiusi , a tale ob- iezione il Volta replicava dicendo , che Pitagora , Ari- stotile , Cicerone , Plinio , Seneca erano all' oscuro an- che per tradizione di quello che scientificamente opera- rono i loro antenati ! Critica assai forte ; ma per valer- sene , converrebbe dimenticare come cercando ne' vec- chi libri i primi rudimenti o falsi o veri delle grandi scoperte , i zoili di tutte l'età si proposero piuttosto di screditare un contemporaneo , che di dar gloria a un trapassato ! Quasi tutti i fisici ascrivono i fenomeni elettrici a due fluidi di diversa natura , che in talune circo- stanze vanno ad accumularsi separatamente sulla su- perficie dei corpi. Questa ipotesi portava naturalmente a indngare da qual fonte cmauiti^lcltricil'a almosfe- Elogio del Volta 2;j5 rica. Il problema era interessante : una sperienza de- licata, benché semplicissima, aprì adito a discioglier- lo : questa era , clie da un vaso isolato , d'onde l'ac- qua evapori , si hanno per mezzo del condensatore di Volta manifesti segni d' una elettricità negativa . Spiacerai di non potere con sicurezza nominare r autore di questo principalissimo sperimento. Il Volta riferisce in una delle sue memorie , che già vi aveva pensato fin dall'anno I778, ma che varie circostanze avendogli impedito di effettuarlo , fu soltanto in Pa- rigi e nel mese di marzo dell'anno 1780, che lo ese- gui in compagnia di alcuni membri dell' accademia delle scienze . Per altra parte poi il Lavoisier ed il Laplace, nelT ultima linea dello scritto eh' essi pub- blicarono su questo oggetto , dicono solamente : il frol- la si compiacque di assistere ai nostri sperimenti e di giovarci. In quai modo conciliare due versioni tanto fra loro contraddicenti ? Una nota storica pubblicata dallo stesso Volta è ben lungi dal togliere ogni dub- bio, Codesta nota , esaminandola attentamente , non di- ce in modo espresso ne a chi si debba l' idea del- lo sperimento, ne a ciii dei tre fisici sarebbe riescila coir ajuto del condensatore. Il primo saggio fattone in X^arigi dal Volta insieme co' due dotti francesi ri- mase infruttuoso , non essendo lo stato igrometrico del- l' atmosfera favorevole ali* intento. Pochi giorni do- po nella villa del Lavoisier i segni elettrici divennero palpabili , ad onta che nulla si fosse cangiato nei mezzi d'osservare : e il Volta non assistè a questo secondo tentativo. Codesta circostanza ha dato origine a tut- te le controversie . Alcuni fisici , per tesi gene- rale , considerano senza piiì come inventori colo- ro che per i primi , mediante il soccorso dell' espe- rienza , hanno resa evidente la esistenza di un fallo : altri iiuu vi iicuigono che un merito secondario , e. 2.) 6 S (; 1 £ » z i: giusta il loro parere, quasi materiale per l'esecuzione dello sperimento , serbando tutta la stima a chi lo ebbe da prima immaginato. Codeste massime sono ambedue troppo esclusive : Pascal lasciò a Perrier suo cognato la cura di sali- re sul Puy-de-Dorae per osservare ivi il barometro ; e il nome di Pascal è tuttavia il solo che viene as- sociato a quello di Torricelli , allorcliè si parla della gravità dell' aria. 11 Micheli e il Cavendish al con- trario non dividono , secondo i fisici , con veruno altro dotto la gloria del loro celebre esperimento sul- r attrazione dei corpi terrestri , benché prima di loro se ne avesse avuta spesse volte l'idea : e qiù cìi fallo l'eseguire era tutto. Ma il lavoro di Volta, di Lavoi- sier e di Laplace non entra ne nell' una , ne nell'altra delle accennate categorie. Ammetterò, se si vuole, die solamente un nuovo genio potesse immaginare che Te- lettrìcita concorra alla generazione de' vapori : ma per togliere questa idea dal novero delle ipotesi , conve- niva creare de' mezzi particolari di osservazione , e de' nuovi strumenti per osservare. Quelli che usarono il Lavoisier e il Laplace erano dovuti al Volta : furono costrutti a Parigi sotto i suoi occhi : egli fu presente ai primi tentativi. Prove dunque cosi ripetute di una cooperazione diretta incontestabilmente son fatte perchè il nome di Volta non si disgiunga da qualsivoglia teo- ria suir elettricità dei vapori. Chi sarebbe oso tut- tavia, nella mancanza di una dichiarazione esplicita e solenne di quel grand' uomo , chi sarebbe oso di af- fermare che r esperimento fu eseguito a solo suggeri- mento dei dotti francesi ? E nel dubbio , non sarebbe meglio tanto al di qua, come al di là dall'Alpe, non separar più , quando favellasi di codesti fenomeni , i nomi del Volta da quelli di Lavoisier e di Laplace , a cessare da uua qui^tione di nazionalità male intesa , da Elogio del Volta 297 un soggetto di accuse violenti che si perdonereLLero ap- pena , quando la verità del fatto fosse resa incontrasta- bile ? Queste riflessioni porranno fine, almeno giova sperar- lo , a un disgustoso piatire die una acerba passione si compiaceva di prolungare ; essi proveranno , ad ogni modo , con un esempio novello , quanto sia delicato V oggetto delle proprietà scientifiche . Im- perocché se i più bei geni del secolo XVIII , già pervenuti all' apice della, gloria , non hanno potuto convenire sulla parte che in merito all' inventare a ciascuno spettava , in una sperienza fatta in comu- ne fra loro tre , dovremo noi maravigliare se tali conflitti sorgono e si perpetuano fra coloro che per le prime volte si mostrano nella schiera dei dotti ? A malgrado della lunghezza di questa digres- sione , non debbo finire , senza avere indicata tut- ta r importanza dell' esperimento in quislione , sen- za avere mostrato come egli è base di un ramo cu- riosissimo di metereologia. Due parole basteranno. Quando il vaso metallico isolato, nel quale l'acqua si evapora , diventa elettrico (1) , avviene , dice il Volta , che affine di passare dallo stato liquido air aeriforme , queli' acqua rapisce ai corpi aderenti non solo il calorico, ma altresì l'elettrico. Dun- que il fluido elettrico e una parte integrante delle grandi masse di vapore che giornalmente si fortua- (i) Si sa oggi che l'esperienza non riesce quando operasi con acqua distillata. Codesta circostanza , sicuramente assai cu- riosa quanto alla teoria dell'evaporazione , non toglie per nid- la l'importanza del lavoro metereologico di Lavoisier, di Volta e di Laplace , perchè l'acqua dei mari, dei laghi , « de' fiumi non è mai assolutamente pura. G.A.T.LXnr. V) 298 Scienze no a spese del mare , dei laghi , de' fiumi. Code- sti vapori innalzandosi , trovano nelle alte regioni atmo- sferiche un freddo che li condensa : il loro fluido elet- trico costituente si sprigiona , vi si accumula , e la de- Lole conducibilità dell' aria impedisce eh' esso non sia restituito alla terra d' onde ebbe origine , prima che ve lo trasportino e la pioggia, e la neve, e la grandine, e le scariche pili violenti. Per simil guisa, adottando una ta- le teoria , il fluido elettrico che in un gio rno di tempesta slancia istantaneamente la sua luce vivissima dall'orien- te all' occidente e dal mezzogiorno al settentrione , che produce esplosioni tanto strepitose , che nel precipitarsi sulla terra porta seco la distruzione , 1' incendio , la morte , non avrebbe altra origine che quella dell' eva- porazione giornaliera dell' acqua , e non sarebbe che ia conseguenza di un fenonemo , il quale si forma a gradi piccolissimi e incapaci di colpire i nostri sensi ! Allor- ché si paragonano gli effetti alle cause , conviene pur dirlo , la natura ofìfre sovente dei bizzarri contrasti ! Giungo adesso a una di quelle epoche singolari , nelle quali un fatto grande e non atteso , per lo pii!i nato dall' azzardo , resta secondato dal genio , e diventa la cagione di una rivoluzione scientifica. 11 quadro al minuto de' grandi risultati, che proven- nero da teuuissime cause , sarebbe curioso a vedersi tanto neir istoria delle scienze , quanto in quella delle nazioni. Se qualche erudito volesse mai delinearlo una volta , il ramo della fisica, attualmente conosciuto sotto il nome di galvanismo , dovrà figurare in uno de'primi posti. Di fatto è provato che l' immortale scoperta del- la pila derivò, nel modo il più diretto , da un leggiero raffreddore cui andò soggetta una dama bolognese nell' atino 1700, e da un brodo di ranocchie che il medico le prescrisse. Alcune rane, gi'a scorticale dalla cuciniera di Oìa- Elogio del Volta 299 dama Galvani, erano sopra una tavola, «juando acciden- talmente si scaricò da lungi una macchina elettrica: i mu- scoli, sebbene non colpiti dalla scintilla, tuttavia pro- varono al suo apparire una viva contrazione : 1' esperi- mento, rinnovato con qualunque specie di animali, ebbe un pieno affetto, fosse Teletrico o naturale o artificiale , si mostrasse positivo o negativo. Il fenomeno era semplicissimo : se fosse apparso a qualche fisico istruito, e famigliarizzato con le pro- prietà speciali del fluido elettrico , appena avrebbe at- tirata la sua attenzione : V estrenja sensibilità della ra- na, risguardata come un elettroscopio, avrebbe soltanto meritato qualche riflessione: e nulla piià. Fortunatamente però , e con una eccezione ben rara , la mancanza di cognizioni fu motivo di profitto. Il Galvani, dottissimo anatomico , poco sapeva di elettricità : i moti muscola- ri che aveva osservati sembrando a lui inesplicabili , si credè trasportato in un nuovo mondo: però si diede a variare le sue sperienze in mille guise. Di tal forma egli scoperse un fatto veramente straordinario , e fu che i membri d'una rana, decapitata anche da lungo tempo , provano contrazioni intensissime , senza l' intervento di alcuna elettricità estranea , tostochè s' interpong-a una lamina metallica , e meglio ancora due lamine di metal- li diversi, fra un muscolo ed un nervo. Lo stupore del professore bolognese fu allora del tutto giustificato , e r intera Europa lo divise con lui Un esperimento , in cui gambe , cosce , tronchi d animali, da molte ore scomposti , manifestano forfi scosse convulse , saltano da lungi , e sembrano tornare in vita , non poteva per lunga pezza rimanere isoiato . Analizzandolo pel minuto , credè il Galvani di rav- visarvi gli effetti d'una bottiglia diLeyda. Secondo il suo parere, gli animali erano come allrettanli serbalo) di flu- do elettrico : la elettricità positiva avea sede uti nervi , 19* 300 Scienze ia negativa nei muscoli: per rispetto alia lamina inter- posta ai loro organi , facea soltanto le parte di condut- tore nell' eileUuarsi la scarica elettrica. Il pubblico rimase da tali idee sedotto ; e i fisiologi le abbracciarono in modo, che l'elettrico detronizzò quel iluido uerveo che tanta parte occupava nella spiegazio- ne de' fenomeni vitali ; sebbene per una incredibile tra- scuranza ninno dei dotti si adoperò a constatarne la esi- stenza. Ebbero lusinga, a dir breve , d'avere trovato r agente fisico , pel cui mezzo giungono al sensorio le impressioni esterne ; la maggior parte degli organi sì mettono a disposizione della volontà negli animali ; e i moti si generano delle braccia , delle gambe , della te-- sta , come meglio a loro piace. Ahi ! che queste illusio- ni furono di corta durata , e questo romanzo disparve innanzi alle esatte esperienze del Volta ! Codesto industre fisico promosse in sulle, i moti con- vulsivi prime nor. più a guisa del Galvani col frapporre due metalli dissimili fra un muscolo ed un nervo , ma facendo toccar loro solamente un muscolo. Cosi la bol^ tiglia di Leyda non avea più verun rapporto coli' espe- rimento ; la elettricità negativa dei muscoli , la positi- va dei nervi erano semplici ipotesi senza alcun fonda- mento : i fenomeni non derivavano da alcun che di rea- le , e rimanevano anzi coperti di un velo assai denso. Il Volta nulladimeno non iscoraggiossi punto : as- seriva, che nella sua propria esperienza , l'elettrico era la causa dei moli convulsivi , che il muscolo era passivo, e che facea mestieri di prenderlo semplicemente co- me un conduttore pel quale si efTctluava la scarica , Quanto al fluido elettrico, ebbe il Volta l'ardimento di alFermare che fosse inevitabile conseguenza del con- tatto dei due metalli , fi a' quali il muscolo si trovava ; e disj.i dei metalli, non delle due lamine ; posciachè , ^eruud'j il Velia, ninno sviluppo di eltllrico può aver Elogio dkl Volta 301 luogo senza una tìiversita nella natura dei tlue corpi in contatto, I fisici di tutta Europa , e il Volta medesimo, adot- tarono all' origine del galvanismo le stesse idee dell' in- ventore. Furono unanimi nel riguardare le convulsioni spasmodiche degli animali morti , come una delle più grandi scoperte dell' età. Conoscendo anche poco il cuore umano , è facile V indovinare che una teoria fatta per ridurre questi curiosi fenomeni alle leggi ordinarie della elettricità , doveva essere accettata dal Galvani e da' suoi discepo li con estrema ripugnanza. Di fatti , la scuola bolognese tutta intera sostenne con ogni perseve- ranza la pretesa elettricità animale, che avea da prin- cipio ottenuto pieno favore. Dei fatti numerosi, che quella celebre scuola oppone- va al fisico di Como, havvene uno che per la sua singo- larità tenne le menti qualche poco in sospeso : voglio dire i moti convulsi che il Galvani stesso produceva toc- cando i muscoli della rana con due lamine non dissimili ( il che il Volta credeva in d spensabile ) , ma ambedue ricavate da un solo e identico pezzo di metallo. Codesto effetto , sebbene non sempre costante , poneva in appa- renza un ostacolo invincibile alla nuova teoria. II Volta rispose, che le lamine adoperate da' suoi avversar) potevano essere identiche pel nome e per la natura chimica , diverse poi per altre circostanze che loro procurassero proprietà del tutto distinte. In fatti nelle sue mani si videro delle coppie inattive, composte di due porzioni contigue d' una stessa lamina metallica, acquistare un certo potere appena variata la temperatu- ra , o mutato il grado del ricotto , o levigato un solo dei due elementi. Per tal modo la quistione non infir- mò la teoria del celebre professore : egli provò soltanto che la parola dissimile , applicala ai due elementi me- r)02 Scienze Jallici soprapposll , erasi presa ( in quanto ai fenomeni eleltrici ) in un senso troppo ristretto. Ebbe il Volta a sostenere un ultimo e forte assalto. Questa volta i suoi amici stessi lo tennero per vinto senza speranza. Il dottor Valli , suo antagonista , aveva pro- dotto dei moti convulsivi mediante il solo contatto di due parti della rana , senza intervento affatto di quelle armature metalliche , che in tutti gli sperimenti analo- ghi erano state ( giusta il parere del nostro confra- tello ) le vere generatrici del fenomeno elettrico. Le lettere del Volta fanno travedere in piìi d' uà luogo quanto egli rimanesse colpito dal tuono di sicu- rezza , col quale ( mi servo delle espressioni) i galvani- sti vecchi e giovani si vantavano di averlo astretto a tacere. Ad ogni modo il silenzio non fu di lunga durata: un'attenta riflessione alle sperienze del Valli, provò bea presto al Volta, che occorrevano, perchè elleno avessero effetto , due condizioni : eterogeneità la piìi completa fra gli organi dell' animale posti in contatto ; frapposi- zione in mezzo a codesti organi di una terza sostanza. Cosi, lungi dal vacillare il principio fondamentale della teoria voltaica, acquistava anzi una maggiore estensione : i metalli non formavano più una classe a parte : 1' ana- logia portava ad amettere che due sostanze dissìmili , e di qualsivoglia specie , pel semplice loro contatto svi- luppassero 1' elettricità. Dopo quest' epoca , il contraddire de' galvanisti non ebbe più veruna entità. I loro sperimenti non si limitarono più ai piccolissimi animali: ma sì diedero a produrre strani moti nervosi nel naso , nella lingua , negli occhi d' un bue da lungo tempo ucciso , mante- nendo cosi più o meno vìvala speranza dì quelli , che credevano il galvanismo atto a far rivivere i morti. Cir- ca alla teoria, essi non gli somministrarono alcun nuovo fondamento. Gol trarre argomento dalla grandezza e non Elogio del Volta 303 dalla natura specialmente degli effetti , gli adepti della scuola bolognese rassomigliavano assai a quel famoso fi- sico , il quale per dimostrare che 1* atmosfera non è causa dello ascendere del mercurio nel barometro , im- maginò di sostituire al piccolo tubo dell' istrumenlo un ben largo cilindro : e quindi offeriva, come una difficolta insormontabile , V esatto numero dei quintali di liquido innalzato. Aveva il Volta annichilata l'elettricità animale : i di lui pensamenti esansi mai sempre adattati alle esperienze non bene interpretate , mediante le qnali speravasi di distruggere que' pensamenti stessi. Tuttavia le idee del Volta non ottenevano ancora, o non potevano ottenere, il pieno assentire dei fisici illuminati. Il contatto di due sostanze dissimili dava origine a un certo agente , che al pari dell' elettricità produceva de' movimenti spasmo- dici. Su ciò non movevasi dubbio : ma l'agente soprad- detto era poi veramente il fluido elettrico ? Le prove che si adducevano , erano poi decisive ? Quando si pongono sulla lingua in una certa guisa due metalli dissimili , sentesi al momento del contatto un sapore acido : se cangiasi respettivamente il posto ai metalli , quel sapore diviene alcalino. Ora , applican- do semplicemente la lingua al conduttore di una macchi- na elettrica comune , sentesi parimenti il gusto acido o r alcalino , secondochè il conduttore è caricato in più , ovvero in meno : e in questo caso il fenomeno è indu- bitatamente dovuto air elettricità. Non è egli piij sem- plice ; diceva il Volta , couchiudere sull' identità delle cause per la rassomiglianza degli effetti : di credere identica la prima sperienza alla seconda : di rilevare fra loro una sola diversità , e questa nel modo di produzio- ne del fluido che va ad eccitare l' organo del gusto ? Ninno era per negare l' importanza di questo avvi- cinamento delle due sopraccenatc sperienze: ma se il gè- 304 Scienze nio ili Volta era valevole a consiiìerarjo per un reale convincimento , la più parte de' fisici ricliietleva prove più esplicite. Queste prove , queste dimostrazioni incon- testabili , innanzi alle quali ogni qualunque opposizio- ne cessasse , il Volta le rinvenne in un solenne esperi- mento che io posso con poclie linee indicare. Si applicano esattamente fra loro faccia con faccia, senza verun corpo intermedio , due dischi levigati di rame e di zinco , attaccati a dei manichi isolati. Per mezzo di questi ultimi si separano poscia i dischi in un modo rapidissimo , e si avvicinano 1' un dopo 1' altro al condensatore comune , armato di elettrometro. Or bene ; le paglie divergono immantinente ,\ e siamo coi mezzi soliti assicurati , che i due metalli trovansi in uno stato di elettricità contraria : vale a dire lo zinco è po- sitivo , ed il rame negativo. Rinnovando più volte di seguilo un simile contatto dei due dischi , la loro dis- giunzione , e il toccare del condensatore , giunse il Volta a produrre , come f assi con la macchina comune , delle vive scintille. i In seguito a tali esperienze, lutto era chiarito cir- ca alla teoria dei fenomeni galvanici. Lo sviluppo del- l' elettricità pel semplice contatto di metalli dissi- mili , divenne un fatto de' più importanti, de' più po- sitivi nelle scienze fìsiche. Se fuvvi voto alcuno che si facesse allora , fu quello di trovar mezzi facili e pronti onde aumentare e diffondere questa specie di elettricità. Tali mezzi sono oggi in mano di tutti gli sperimentatori , ad al genio di un Volta essi pure do- vuti. Sul principiare dell'anno 1800 (la data di una cosi grande scoperta non dev' essere preterita ) , in se- quela di alcuni dati teorici , l' illustre professore im- maginò di formare un'alta colonna , soprapponendo suc- cessivamente un disco di rame , uno di zinco , ed uno Elogio del Volta 305 tli panno bagnalo , con 1' avvertenza scrupolosa di non invertere giammai quest' ordine fissato. Che cosa spera- re a priori da una simile combinazione ? Eppure , io francamente lo asserisco , questa massa apparentemente inerle , questa bizzarra unione , questa pila di tante coppie di metalli dissimili , separati da poco liquido , è per la singolarit degli effetti il più maraviglioso istiu- mento che gli uomini abbiano saputo inventare , non esclusi il telescopio e la macchina a vapore. Non avrò taccia , son certo , di esagerare se numerando le varie proprietà dell' apparecchio di Volta, io andrò citando e quelle che T illustre autore vi ebbe già conosciute , e quelle che i suoi successori vi ebbero a discoprire in appresso. Per le brevi parole che io dissi sulla composizione della pila, avrà ciascuno avvertito come i suoi due estre- mi sono indispensabilmente dissimili ; per modo che se havvi zinco alla base , vi dovrà essere rame alla cima , e così inversamente. Godesti estremi si chiamano ^^o// . •Supponendo pertanto che due fila metalliche sieno fis- sate ai poli opposti, rame e zinco, di una pila voltaica , in codesta forma 1' apparecchio sarà reso opportuno alle diverse esperienze , che io bramo di accennare. Colui che tiene una soia delle fila , non espe- rimenta alcun moto ; mentre, all' istante in cui tocca ambidue, prova una violenta commozione. Ecco il fe- nomeno ripetuto della famosa bottiglia di Leyda , che nell'anno 1746 promosse ad un altissimo punto l'am- mirazione di Europa. Senonchè la bottiglia era baste- vole ad una sola volta : e dopo ciascheduna commo- zione , facea d'uopo ricaricarla, onde ripetere l'espe- rimento. Ma la pila per lo contrario ci fornisce a mi- gHaja le scosse ; e si debbe, per rispetto a ciò, pa- ragonarla alla bottiglia , coli' avvertire che indi più 303 Scienze essa riprende istantaneament.'ì e da lei stessa Io slato primiero , per ogni scarica che se ne ottenga. Se quel filo , che parie dal polo zinco , viene a poggiare suU' estremità della lingua , e l'altro del polo rame sopra un altro punto dell' organo medesimo , ec- co generarsi un sapore acido raarcantissimo : cangiate posto alle fila , e codesto sapore varia di natura ed addiviene alcalino. Il sensorio della vista è piir esso soggetto all' azione di questo proteo istrumenlo ; ed il fenomeno appare maggiormente sublime , poscia- chb il senso della vista è affetto senzachè l'occhio venga menomamente toccato. Di fatti applicando l'estre- mo d'uno de' fili sulla fronte , sulle guance , sul na- so , sulla barba , ed anche sulla gola , mentre im- pugnasi l'altro filo , immantinente si vede ad occhi chiusi un lampo , la cui forma e vivacità cangiano a seconda che o una parte o l'altra del volto è attra- versata dalla corrente elettrica. Analoghe combinazioni generano negli orecchi de' suoni, o a meglio dire de- gli strepiti singolari. Ne solamente sugli organi sani la pila esercita il suo potere : essa vale ad eccitare e rianimare quelli, ne' quali la vita sembra del tutto cessata. Qui sotto l'azione combinata di due fila , i muscoli d'una testa umana tolta dal busto provano tali orribili convul- sioni che fa fuggire per ispavento : la il tronco dello stesso corpo sollevasi in parte , ed agita le mani , e tocca gli oggetti contigui , e solleva dei pesi di qualche libra. I muscoli pettorali imitano i moti della respirazione , tutti gli atti della vita si riproducono : e con tale esattezza, che quasi sembra colpevole lo spe- rimentatore , nel volere aggiungere dolori crudeli a colui, che già la legge sottopose alla cruda pena della morte. GÌ' insetti stessi a queste prove danno raaravi- Elogio del Volta 307 gliosi fenomeni ; e voi vedrete per le fila voltlane ac- crescersi di molto lo splendore de' vermi luccicanti, tornare il movimento in una cicala estinta , e rin- novarsi il suo canto. Se mettendo a parte le proprietà fisiologiche della pila , vogliamo risguardarla con una macchina elet- trica, noi ci troveremo in quella parte della scienza che i Nicholson , il Carlisle , 1' Hisinger , il Ber- zelius, il Davy, l'Oersted e l'Ampère hanno coltivata ia un modo cosi grande e cosi luminoso. E in sulle prime , ciascheduna delle fila isolata- mente presa , si troverà essere alla temperatura co- mune , cioè a quella dell' aria circostante. Ma nel mo- mento in cui esse fila si toccano , acquistano un forte calore : se sono bastantemente sottili, diverranno in- candescenti : se piiJL sottili ancora, si fonderanno in- teramente, fluiranno a guisa di liquido, ancorché fos- sero di platino , cioè del più infusibile fra ì metalli conosciuti. Ma v' è di più; con una pila fortissima, due esili fila d'oro o di platino , nel loro contatto, si vaporizzano completamente, e spariscono come un vero vapore. De' carboni, adattati agli estremi di codeste fila, si accendono , appena fannosi toccar fra loro ; e la luce che mandano vicendevolmente è cosi pura , così viva , così rimarchevole per la sua bianchezza , che non vi è stata esagerazione nel paragonarla ad una luce solare. E chi può sapere se l'analogia debba spingersi più innanzi ; se questa esperienza sia per isciogliere uno de' più grandi problemi nella filoso- fia naturale : se apra o no il segreto di quel gene- re peculiare di combustione, che vive nel sole da tanti secoli senza perdila sensibile di materia e di splen- dore ? Di fatti i carboni annessi ai fili della pila di- .veugono incandescenti anche nel vuoto il più per- 308 S e I s t«. 2 £ fetto. Nulla dunque s'unisce alla loro sostanza , nulla pare che ne debba sortire : al terniinare di codesto spe- rimento , qualunque tempo abbia durato , i carboni rilrovansi (quanto alla loro intima natura e al loro peso ) nello stesso stato di prima. Sa ognuno come il platino, Toro, il rame etc* non agiscano in un modo sensibile suH' ago calami- tato. Delle fila di questi varj metalli, attaccale ai due poli della pila , fanno altrettanto quando siano pre- se isolatamente. Ma per lo contrario se si toccano, un'azione magnetica intensissima sì sviluppa, e durante il loro contatto addivengono esse fila vere calamite ; roentrecliè si vestono di limatura di ferro , e comu- nicano una permanente calamitazione alle lamine di acciajo , che si tengon loro vicine. Se la pila è for- tissima , e le fila anziché toccarsi restano a qualche distanza , una vìva luce si mostra fra i loro estrerai. Ma che .'* la luce stessa e magnetica, ed una calamita può respingerla o attirarla. Se oggi il Franklin ed il Coulomb senza esserne prevenuti , o per meglio dire con le sole cognizioni de' loro tempi , mi sentissero parlare d'una fiamma che viene attratta dalla cala- mita , un vivo sentimento d'incredulità sarebbe al certo ciS che io potessi sperare di piià lusinghiero. Le stesse fila , slontanate che siano ma di poco fra loro , e quindi immerse in un liquido, v. g. nell' acqua pura , vedremo scomporre quell' acqua , e i due elementi gazosi, che la formano, disunirsi ; l'os- sigene svilupparsi all' estremo del filo che posa sul polo zinco , l'idrogene , molto lungi di la , sulla punta del filo che parte dal polo rame. Sviluppandosi que' due gaz , non abbandonano le fila dalle quali il loro svi- luppo deriva , e quindi potranno ambedue esser rac- colti in distinti recipienti. Sostituendo all' acqua pura un liquido che tenga disciolte le materie saline , que^ Elogio del Volta 309 «te slesse materie saranno dalla pila decomposte , gli acidi saranno al polo zinco trasportati , e gli alcali per lo contrario al polo rame se ne andranno. Codesto mezzo d'analisi è il più valido che si conosca : di recente egli arrichì la scienza di una mol- titudine di risultali. Dobbiamo p. e. alla pila la pri- ma decomposizione di un gran numero di terre e di alcali, che fino allora erano state credute sostanze sem- plici : per la pila tutti questi corpi sono divenuti ossi- di : per la pila ha la chimica acquistati quei metalli che al pari del potassio s'impastano fra le dita come cera , galleggiano suU' acqua per essere più leggieri di lei , vi si accendono spontaneamente , diffonden- do una vivissima luce. E qui dovrei fare che campeggiasse tutto quello che havvi di misterioso e d'incomprensibile nelle de- composizioni operate dalla pila : qui tornare sullo svi- luppo distinto e completamente diverso dei due ele- menti gazosi in un liquido ; sulle precipitazioni delle materie costitutive e solide d'una molecola salina , e elle si generano in luoghi assai distinti l'uno dall'al- tro del fluido dissolvente ; sugli straordinarj movimenti di trasporto che questi diversi fenomeni sembrano rac- chiudere; ma il tempo a tanta mole fallisce. NuUadirae- no , prima di dar termine al quadro, dirò che la pila non agisce soltanto come un mezzo di analisi : dappoi- ché se cangiando d'assai i rapporti elettrici degli ele- menti d'un corpo , essa spesso produce la loro com- pleta separazione, la di lei forza altresì, con somma de- licatezza usata , è divenuta nelle mani dì un nostro confratello il principio generatore d'un gran numero di combinazioni, le quali la natura andava prodigando, ma l'arte fin qui non avea saputo imitare. , Signori , io diceva poco fa con qualche tlmidezr /Hj che la pjLì è il più maravidioso slrufueiilo che 310 Scienze abbia creato l'umana intelligenza. Se neìl' annoverare le sue diverse proprietà io non fossi rimaso al di- sotto della realtk, potrei adesso francamente ripetere quella asserzione , e riguardarla anzi come un vero perfettamente addimostrato. Giusta il parere di alcuni biografi , l'ingegno del Volta, stanco dai lunghi lavori e specialmente dall* avere immaginata la pila, fu inabile ad ulteriori pro- duzioni. Altri videro nel silenzio continualo di 30 an- ni , l'effetto d'un timore fanciullesco, al quale l'il- lustre fisico non seppe sottrarsi. Dicesi eh' egli du- bitasse che paragonando le sue nuove ricerche a quelle dell' elettricità per contatto, il pubblico non fosse per asserire che il suo intelletto avesse degenerato. Am- bedue le spiegazioni sono sottili , ma hanno il gran difetto di essere perfettamente inutili : giacché la pila data dall'anno 1800, e due ingegnose memorie, l'una sui fenomeni della grandine , l'altra sulla periodicità de temporali e sul freddo che gli accompagna , noa furono pubblicate che 6 e IT anni dopo! Signori , io ho mostrato a voi la luminosa car- riera che il Volta percorse. Ho cercato di dare un carattere alle grandi scoperte, delle quali quel genio possente ha fatto ricche le fisiche. Per adattarmi alT uso , mi rimane ora a raccontare brevemente le prin- cipali circostanze del suo vivere pubblico e privato. Le penose funzioni che il Volta ebbe a sosle- nere fino dall' infanzia , lo ritennero in patria sino air anno 1777. Allora, per la prima volta, slonla- Bossi dalle rive pittoriche del lago di Como , e corse la Svizzera. Durò la sua assenza poche settimane , e non fu contrassegnata da verun lavoro d'importanza. A Berna il Volta risitò l'illustre Faller, che l'immo- deralo uso dell' oppio couduccva a morire : di la re- cosbi a Ferney, dove ogui pcrsouci di merito eia cerU Elogio del Volta 311 di ricevere un benevolo accoglimento. Il nostro im- mortale compatriota , nel lungo colloquio clie volle accordare al giovane professore , si fece a parlare su tutti i rami tanto ricchi , tanto va: j , tanto nume- rosi della letteratura italiana : passò in rivista tanti dotti , poeti , scultori , dipintori che onorano la let- teratura e le arti italiane : il fece con tanta superiorità di veduta , con tanta delicatezxa di gusto , con tanta si- curezza di giudizio , che lo spirito del Volta ne ri- mase colpito per sempre. A Ginevra egli legossi di stretta amicizia col celebre istorico delle Alpi ; uno degli uomini i più idonei ad apprezzare le sue sco- perte. Era diffatto un gran secolo quello , o signo- ri , nel quale un viaggiatore potea nello stesso gior- no , senza perder di vista il Jura , conoscere un Sau- sure , un Haller , un Gian-Giacomo , ed un Voltaire. Il Volta tornò in Italia per Aigne-Belle , re- cando a'suoi concittadini il tubero prezioso, dal cui col- ti vamento, quando sia opportunamente incoraggito , ogni vera carestia sarà resa impossibile. Nella Lom- bardia , dove spaventevoli gragnuole distruggono in pochi minuti i cercali sparsi sopra vaste estensioni di paese , una materia alimentare che si sviluppa , cresce, e matura in seno alla terra ed al coperto dai danni de' temporali , fu per l'intera popolazione un dono incalcolabile ! Il Volta scrisse egli slesso un detta- gliato racconto del suo viaggio nella Svizzera : ma rimase quello scritto negli archivi lombardi. Debbe- sene la recente pubblicazione all' uso di segnalare con qualche omaggio ai proprj concittadini l'atto della vita che unisce due sposi fra loro , e le nozze del sig. Antonio Reina nell'anno 1827 fecero escire l'opuscolo del Volta dai portafogli officiali dell' autorità , vere catacombe , dove in ogni paese restano sepolti per sempre influiti tesori di sciente e di lettere. 312 Scienze Le umane istituzioni sono così sliavaganti che }a sorte , il ben essere , e l'intero avvenire di uno de' pili grandi genii italiani furono alla discrezione dell* amministratore generale della Lombardia. Scegliendo questo funzionario , voleva il governo d'allora che qual- che nozione di finanza tutto al piij andasse unita ad una generosa nobiltà, prescritta dai formolarj ; ed ec- co chi do^reva decidere inappellabilmente se il Volta avesse a trasportarsi sopra una più vasta scena , ov- vero confinato nella piccola scuola di Como , fosse per tutto il viv^r suo privato di quegli apparecchi dispen- diosi , che certamente non eqtiivalgono al genio , ma che pure gli sono d'un grandissimo giovamento. La fortuna peraltro corresse questa fiata , per riguardo al Volta , ciò che aveva di assurdo un tale sistema. L'am- ministratore conte di Firmian era amico degli studi ; la scuola di Pavia divenne oggetto delle sue cure più assidue : vi stabili una cattedra di fisica , e ncU' an- no 1779 il Volta fu chiamato a coprirla. Ivi per molti anni una folla di giovani d'ogni contrada accorse alle lezioni del professore illustre ; ivi imparò non già i dettagli della scienza, che ogni libro insegna , ma l'isto- ria filosofica delle principali scoperte ; ivi apprese quei sottili rapporti che sfuggano alle intelligenze volgari ; ivi conobbe quello che a pochissimi fu dato di render pubblico , ed è , il cammino tenuto dagli inventori. Il linguaggio del Volta era chiaro , semplice , spesso animato , ma sempre modesto e gentile. Code- sti pregi , se si congiungono ad un merito di prim* or- dine , incantano ovunque sia la gioventù. In Italia poi, dove l'immaginazione sì esalta tanto facilmente , essi vi generarono un vero entusiasmo. Il desiderio di avere nel mondo il titolo di allievo del Volta, con- tribuì in gran parte, e per un terzo di secolo, ai glandi ùutccbiji della pavese uulveisita. Er.oGio DEL Volta 313 Quel proveiLiale far niente degli italiani, è stret- tamente vero circa gli esercizi del corpo : viaggiano vo- ciassimo , ed anche neile famiglie assai ricche trovasi un romano che non è mai escito dalle fresche omhre della sua villa per osservare le imponenti eruzioni del Vesuvio; trovansi de' fiorentini istruiti, i quali videro S. Pietro e il Colosseo soltanto sulla carta ; si hanno de' milanesi che per lutto il viver loro credono ciecamente a chi voglia raccontare che poche leghe lungi di lì esi- stono un'immensa citta e cenlinaja di superbi palagi fab- bricati in mezzo alle acque. Il Volta stesso non si al- lontanò dalle sponde native del Lario se non die per dei fini scientifici. Credo che in Italia non giungesse fino a Napoli e lloma. Se nel 1780 lo vedemmo pas- sar gli apennini onde recarsi a Bologna ed a Firen- ze , ciò Cu per la speranza di trovar sulla vìa ne' fuo- chi di Pietra-mala l'opportunità di sottoporre a una prova decisiva le idee concepite sull' origine del gaz infiammabile naturale. Se nel 1782, accompagnato dal celebre Scarpa , visitò le capitali di Alemagna , di Olanda, d'Inghilterra e di Francia, fu per avvici- nare i Lichtenberg , i Van-Marum , i Priestley , i La- place , i Lavoisier ; o per arricchire il gabinetto di Pavia con certi strumenti d'analisi e di dimostrazio- ne , i quali ogni descrizione, ogni figura, anche be- uisalmo eseguite , non danno per lo piìi che in uà mo- do imperfetto o non efficace. Per invito del generale Buonaparte conquista- tore deli' Italia , tornò il Volta in Parigi l'anno 1801. Vi ripeteva le sue sperienze sull' elettfi^ita per contat- to , innanzi ad una numerosa commissione dell' insli- lulo. Il primo consolo volle assistere di persona alla aeduta, nella quale i commissarj in modo esteso e mi- ijulo fecero relazione di que' grandi fenomeni. Ap- G.AT.LXm. 20 314 Scienze peua lette le loro conclusioni , il consolo propose di presentare il Volta d'una medaglia d'oro , destinata a consecrare la riconoscenza dei dotti francesi ; e sebbene gli usi o a dir meglio i regolamenti accademici noi permettessero , si disse che i regolamenti son fatti per le circostanze ordinarie, e che il professor di Pa- via avea meritato un premio straordinario. Votossi dun- que la medaglia per acclamazione ; e siccome il Buo- naparte non facea nulla per meta , il dotto viaggia- tore ebbe nello stesso giorno sui fondi dello stato 2000 scudi per le spese del viaggio. La fondazione quindi d'un premio di sessanta mila franchi a favore di quel- lo che darebbe alle scienze elettriche o magnetiche un impulso paragonabile all' impulso dato alle prime dal Franklin e dal Volta , è un atto ugualmente ca- ratteristico per denotare l'entusiasmo che nel gran ca- pitano il Volta aveva eccitato. E questa impressione fu durevole ; possiacchè il professor di Pavia era ad- divenuto per Napoleone il tipo del genio. Cosi lo si vide successivamente decorato della legione d'onore e della corona ferrea ; poscia nominato membro della consulta italiana ; innalzato alla dignità di conte ; fat- to senatore del regno d'Italia. Quando l'istituto ita- liano presentavasi in corte , se il Volta accidental- mente non era ai primi posti , si sentìa bruscamente ripetere,, Volta dov' è? serebbe malato ? {lerchè non è venuto ? „ E ciò mostrava evidentemente che agli occhi del sovrano gli altri membri , ad onta di tutto il loro sapere , aoo apparivuno che satelliti dell in- ventor della pila. ,, Io non saprei consentire , diceva Napoleone nel I8O4 , al ritiro del Volta. Se le fun- zioni di professore lo gravano, conviene diminuirle ; abbia , se vuole , una sola lezione all' auoo , ma 1 uni- versila, di Pavia sarebbe agli estremi ridotta quel giorao Elogio del Voìtì 515 in cui io permettessi che un nome cotanto illustre «patisse dal novero de* suoi membri. E poi, aggiun- geva , un buon generale deve morire sul campo dell' onore. ,, Il buon generale difatti s'avvide che l'ar- gomento era invincibile , e l'italiana gioventù , della quale era l'idolo , potè fruire per altri anni delle sue ammirabili lezioni. Il Newton, durante la sua carriera parlamentaria, prese , per quello che si racconta, una sola volta la parola : e fu nell' invitare l'usciere della came- ra dei comuni a chiudere una finestra, la cui cor- rente aerea avrebbe potuto nuocere alT oratore che in quel momento favellava. Se gli uscieri di Lione, durante la consulta italiana , se quelli del senato mi- lanese fossero stati meno diligenti, forse il Volta per la sua consueta bontà con molta riserva e per un solo istante avrebbe rotto il silenzio ; ma l'oppor- tunità mancò , e l'illustre fisico sarà inevitabilmente collocato nella categoria di que' personaggi che, ti- midi o indifferenti , passano ( nelle lunghe rivoluzio- ni) per le assemblee popolari aminatissime , senza pronunciare una parola , senza esporre un parere. Di- cesi che la felicita qui in terra , a somiglianza de' corpi materiali , si forma d'elementi insensibili. Se questa idea di Franklin è vera , il Volta fu felice. Dato interamente , malgrado d.elle sue eminenti dignità politiche , ai lavori dello studio, nulla turbava la sua tranquillità. Sotto l'impero delle leggi di Solone sa- rebbe stato dannato al bando , giacche ninna delle parti, che per venticinque anni divisero la Lombar- dia , potè vantarsi d'averlo fra' suoi aderenti : e il no- me dell' illustre professore ricompariva dopo la tem- pesta come un ornamento di chi regnav. in quel gior- no. Nella slessa dimestichezza amichevole il Volta sen- 20^ 316 -Scienze ^ ti va assai ripugnanza di parlare sopra oggetti poli- tici ; ne si facea scrupolo di romperne i proposili , tostochè gli si dava il destro , con uno di que' giuo- chi di parole che in Italia diconsi freddure^ e in Fran- cia calembour^. Neir anno 1794 il Volta s'ammogliò all' età di 49 anni colla signora Teiesa Peregrini. Ne ebbe tre lìgli : due gli sopravvissero; l'altro mori nel diciottesi- mo anno , e allorché faceva concepire le più lusin- ghevoli speranze. Questa disavventura , io credo , è la sola che il nostro filosofo sperimentasse nel lungo corso della sua vita. Le sue scoperte erano indubita- tamente troppo luminose per non destare invìdia : ma l'invidia non osò di fargli guerra , anche sotto la ma- schera da lei più spesso usata ; mai essa non negò la novità de' trovati voltiani. Le dispute di priorità furono in ogni tempo il supplizio degli inventori. L'odio , giacché questo è il sentimento che per lo più le fa nascere, non guar- da ai mezzi dell' attacco : se le prove gli mancano , il sarcasmo diventa la sua arma favorita, ed ha spesso il vanto crudele di renderla efficace. Si racconta che l'Harvey , il quale avea resistito con magnanimità alle molte critiche fatte alla sua celebre scoperta , fu totalmente scoraggiato quando certi suoi avversar] , sotto la forma di una concessione , dichiararono eh' essi riconoscevano in lui il merito di aver fatta cir- lare la circolazione del sangue. Rallegriamoci , o si- gnori , che il Volta non dovè mai sostenere tali bat- taglie : felicitiamone i suoi compatrioti per avergliele risparmiate. La scnola bolognese credette per lunga pezza air esistenza dì una elettricità animale : ono- revoli sentimenti di nazionalità le fecero desiderare che la scoperta galvanica rimanesse inconcussa , o non Elogio del Volta 317 avesse a figurare come un caso particolare dell' elet- tricità voltaica ; nuUadimeno quella scuola parlò sem- pre eli questi ultimi fenomeni con ammirazione , mai tla un labbro italiano s'intese pronunciare il nome tleir in ventor della pila , senza che venisse accompa- gnato dalle testimonianze le meno equivoche dì sti- ma e di rispetto profondo , senza congiungerlo ad una espressione molto significante nella sua semplicità , mol- to cara alle orecchie di un cittadino , posciachè da Roveredo a Messina gli uomini dotti nominarono il fi- sico di Pavia col so lo titolo di nostro Inolia. Dissi già di quali onorificenze Napoleone lo fre- giasse. Tutte le grandi accademie dell' Europa l'ave- vano chiamato nel loro grembo : egli era uno degli otto associati stranieri della prima classe dell' instituto. Cotanti onori non isvegliarono mai nelT anima del Volta il sentimento dell' orgoglio. La piccola citta di Como fu sempre il suo diletto soggiorno : le offerte seducenti e reiterate d ella Russia non valsero a de- terminarlo di cangiare il bel cielo milanese coi ghiac- ci della Neva- Intelligenza robusta e veloce, idee grandi e giu- ste , carattere e affettuoso e sincero , ecco le qualità dominanti nell'illustre professore. L'ambizione, la sete dell' oro , lo spirito di rivalità non furono mai di scor- ta alle sue azioni : in lui l'amore dello studio fu l'uni- ca passione, e questa rimase scevra da ogni affetto mon- dano. Il Volta era di alta slatur a , avea lineamenti no- bili e regolari come quelli di una testa antica ; la fronte spaziosa da laboriose meditazioni profondamente solcata , un guardo in cui trasparivano e la calma dell' animo , e la penetrazione dello spirito. I suoi modi serbarono alcun che delle abi'udiui villerecce eh' erasi 318 Scienze rese abituali in gioventù. Molli si rammentano di aver- jo veduto per Parigi entrare giornalmente presso i fornaj , e quindi mangiare camminando per le strade i grossi pani che avea comperali , senza neanche im- maginare che ciò dovesse meritare atleiizione. Spero che mi perdonerete tanti minuti particolari : il Fon- tenelle non raccontò che Newton aveva una spessa ca- pigliatura, che mai non usava gli occhiali, e che perdette im solo dente ? Nomi cos'i grandi giustificano e no- bilitano anzi i più minuti dettagli ! Allorché il Volta nell'atino 1819 abbandonò de- finitivamente la cattedra dell' università di Pavia , egli si ritirò in Como. Da quelT epoca in poi , tutti i suoi rapporti col mondo scientifico cessarono : riceveva ap- pena qualcuno de'tanti viaggiatori che tratti dal suo gran nome venivano ad offrirgli i loro omaggi. Nel 1823 un leggiero attacco di appoplesia gli produsse gravi siu- tomi ; ma i pronti soccorsi della medicina valsero a dissiparli. Quattro anni dopo, nel 1827 al principiare del mese di marzo , il vecchio venerando fu preso da una febbre che in pochi giorni annientò il rima- nente delle sue forze. Nel dì 5 di quel mese la sua vita si spense senza dolore , ed avea segnato gli 82 anni e 15 giorni. Como celebrò le esequie di Volta con grandis- sima pompa : i professori e gli allievi del liceo , gli amici delle scienze , tutti gli abitanti illuminati della citta e dei contorni si affrettarono ad accompagnare fino alla tomba le spoglie mortali del dotto illustre , del virtuoso padre di famiglia , del cittadino carita- tevole ed amoroso. Il monuiuen to insigne eh' essi in- nalzarono alla sua memoria, presso al villaggio pit- toresco di Camalgo , d'onde ebbe origine la famiglia Volta, è testimonio luminoso della sincerila del lo- EtoGro DEL Volta 310 ro tlolore. E Italia tuUa si uni al compianto de* mi- lanesi. Di qua dall' Alpe l'impressione fu assai mea viva , e non e da maravigliarsene ; dappoiché nello stesso giorno e quasi nell' ora stessa la Francia per- deva l'autore della meccanica celeste ! Il Volta da sei anni non esisteva che per la sua famiglia. Il suo vivo intelletto era quasi spento : i nomi d'elettrofo- ro , di condensatore , di pila non aveano più il pri- TÌlegio di far palpitare il suo cuore. Al contrario il Laplace conservò fino all' ultimo giorno quell* ar- denza ) quella vJvacil'a di spirito , quell' amor passio- nato per le scoperte scientifiche , che per un mezzo secolo Io resero l'anima delle vostre adunanze. Quan- do la morte il sorprese all' età di 78 anni , pubbli- cava pure il seguito al quinto volume della sua ope- ra immortale. Riflettendo adunque all' immensità di questa perdita , verrà spero perdonato all' accade- mia di avere in quel subito concentrati tutti i suoi pensieri sul funesto caso che l'affliggeva. Quanto a me , o signori , che non mi sono mai ingannato sui vostri sentimenti , temo altamente quest' oggi di non avere, giusta i vostri desiderj, encomiato abba- stanza quegli immensi servigi che alle scienze deri- varono dall' illustre professor di Pavia. Lusingomi pe- rò , che non venga imputato a mancanza di convin- ciraeato. In quei momenti di estasi soave , ne' quali passando a rassegna i lavori de' contemporanei , cia- scuno a seconda delle sue abitudini , de' suoi gusti , della tendenza dello spirito sceglie con accorgimento quel dato lavoro di cui vorrebbe essere stato a pre- ferenza inventore , la meccanica celeste e la pila vol- taica sì aff'acciarono sempre , e ad una volta , e con uguale importanza alla mia mente agitata ! Un ac- cademico, tutto dato allo studio degli astri, non sa- 320 S e f r N z E prcLhe ofTrire una più viva leslimonianza della pro- fonda ammirazione che sempre gì' ispirarono i trovati immortali del Volta. Il posto di socio estero, che la morte del Volta lasciò vuoto, è slato occupato dal dollore Tommaso Joung. I corpi accademici si chiamano fortunati , o signori, quando nell* occuparsi de' successori de' loro col ioghi defunti possono far succedere di tal guisa aci un genio un altro genio. 321 LETTERATURA Intorno il re staur amento del palazzo pontificio latera- nense , orazione alla santità di nostro signore Pa- pa GREGORIO XVI presentata dal marchese Luigi Biondi nel giorno delV ascensione del Reden- tore. c, -orae r animo vostro , Beatissimo Padre , non potè non essere contristato allorché ne' passati anni , ascen- dendo la grande scala del palazzo lateranense , vi reca- ste in questo sagro giorno alla spaziosa loggia , che fe nella fronte maggiore della basilica, per chiamare sul vostro popolo la celeste benedizione ; cosi mi penso io che in quest' anno , tutto vi sentirete compreso da dol- ce e santa allegrezza. Imperciocché se negli anni tra- scorsi vedeste quel maestoso palazzo a tale condizione ridotto , che non più sede pontificale pareva essere , ma luogo di saccheggio e di distruzione ; sarete in que- st' anno riconfortato in reggendolo assai diverso da qjuel- lo che in allora annunziava abbandono , e per 1' abban- dono facea temere ruina. Forse que' santi pontefici che ivi , presso alla più antica delle basiliche , si dimoraro- no per dieci secoli , e con essi quel Sisto V che 1' an- tico patriarchio a nuova forma ridusse , inchinando i lo- ro sguardi dal cielo , n' ebbero compassione , e piegaro- no il nobile animo vostro a quella benignità , con che amorevolmente accoglieste il desiderio di chi , insj)irato pur egli da quelle menti celesti , vi propose ia reslau- 322 Letteratura razione dell' abbandonalo edifizio. E se voi , Beatissimo Padre , vorrete percorrerne gli ambulacri e le stanze e le sale, potrete far paragone delle molte parti già re- staurate con quelle che rimangono a restaurarsi ; e raj»- guardando per una parte a! misero stato in che V edi- fizio era caduto , e per 1' altra alle belle forme , delle quali con tenuissima spesa va rivestendosi , benedirete r opera vostra , e chiuderete le orecchie alle maligne voci di coloro , che di quoflunque impresa , per santa ed utile ch'ella sia , fannosi censuratori , senza che pun- to conoscano nh 1* essenza ne le particolarità della cosa che muoveli alla censura. Pur troppo, Beatissimo Pa- dre , siamo caduti in tempi , ne' quali tutti siedono a scranna , e giudicano , e sentenziano , favellando di ciò che ignorano , e intromettendosi dove intromettersi non dovrebbero. A costoro par grave che un pontefice , lo- dato meritamente per le cure che pone e per le somme d' oro che spende in iscoprire , restaurare , e conservare le pagane antichità , volga pur l' animo ad impedire che non si sfacellino e caggiano le magnifiche fabbriche erette dal cristianesimo. Errore di mente , se peggio non voglia dirsi , più che d' altro meritevole di compas- sione ! NuUadimeno volendo io seguire quell' antico det- tato che dice: essere noi debitori ed ai sapienti ed agli insipienti ; mi farò brevemente a dimostrare : in prima quale sia il luogo su cui il palazzo lateranense è fon- dato , e quali sagre memorie al pensiero nostro richia- mi : dappoi quanto di pregio in se accolga questo ma- raviglioso edifizio : in ultimo a quale misero stato fos- se ridotto , e con quale tenue dispendio sia tornato per beneficenza della Santità Vostra , se non in tutto alme- no in parte , alla primiera bellezza ; ed abbia superato il pericolo che gli sovrastava di abbandonamento e mi- na. Ne dubito che per queste dimostrazioni non sia per Patriarchio Latf.ranknse 325 muoversi una concorde voce di allegrezza , die per tut- ta cristianità , o Beatissimo Padre , vi applauda , come a benefico conservatore del lateranense edificio. I. Noi siamo per natura cosi formati ( non parlo di coloro , r animo de' quali mai non s* infiamma a ge- nerosi pensieri ) che se un lupgo vediamo , oun rudero, o un sasso , clie ci ricliiarai alla memoria o qualche fat- to egregio ivi accaduto , o qualche famoso edificio ivi slato , o qualche uomo ivi nato , o dimorato , o sepol- to , tosto ci sentiamo compresi di sagra venerazione , e il visitiamo , e ci commoviamo a sdegno centra chi- unque in qualunque modo o lo conculchi o il danneggi. Or quale non dovrà essere la nostra venerazione inver- so quel sagro luogo unito alla basilica lateranense , do- ve fu il patriarchio romano , e dove ora è sovrapposto il bel palazzo edificalo da Sisto? Oh quante sagre memo- rie quel sagro luogo conserva ! Oh a quanta nobiltà di pensieri le nostre menti solleva ! Ne voglio già ram- mentare come ivi s* ebbe antichissima abitazione quel- la famiglia de' Lateranì , che fioriva quattro secoli in- nanzi alla nascita del Redentore , e nella quale furono uomini chiari per consolati ed altre magistrature , e per imprese sì civili e si militari. Presero nome da essi e la basilica e il patriarchio : e la medesimezza del luogo » fu comprovata dai piombi scritti, che cola presso trovati nel 1595 , furono da Fulvio Orsino fatti collocare sul muro della sagrestia , dove tuttora si veggono. N^ dirò come accadesse che le case dei Laterani fossero poi can- giate in abitazione imperlale : ne come pervenissero a Fausta imperatrice moglie di Costantino. Ma si dirò che da Costantino furono donate o al santo pontefice Milzia- de come alcuni vogliono , dopo la vittoria riportata so- pra Massenzio , o al santo pontefice Silvestro come al- tri opinano , dopo il battesimo. E dirò , che ivi poi i sommi pontefici fino a Benedetto XI tennero in Roma 324 Letteratura la sede per dieci secoli : che di quel luogo la pontifì- cia giurisdizione fu dilatala ad ogni parte del mondo : che ivi la Chiesa romana trionfava dei nemici , estirpava scismi , accoglieva e coronava potenti re e imperatori , e celebrando ad ora ad ora concilii stabiliva e mostrava i fondamenti della vera credenza. De' quali concilii se volessi io qui favellare , anziché chiudere i miei detti in breve orazione , dovrei allargarli fino a formarne grosso volume. Mi basti dunque il far menzione del solo primo, che ivi ebbe luogo T anno 313 allorché il pontefice Mil- ziade condannò Donato e i donatisti, e dichiarò inno- cente Ceciliano cartaginese. Tacerò eziandio dei tanti cardinali e pontefici , che nel patriarchio furono edu- cati da giovinetti: e della scuola del canto che posevi s. Gregorio Magno , il quale ivi scrisse V antifonario : e di mille e mille altre cose che quel sagro luogo illu- strarono : e mi ristringerò unicamente a parlare della grande quantità di moneta che i sorami pontefici profu- sero , e della magnificenza che usarono a conservazio- ne e a nobilitamento di quell' antico edifizio. Ne farò già parola di lutti , ma brevissima rammenzione di al- cuni. Rammenterò il santo papa Teodoro che vi fece co- struire r oratorio di s. Silvestro , ove conservavasi r antichissima dipintura del Volto Santo. Farò pur men- zione di Zaccaria , che innalzato alla potestà pontificia quattro e più secoli dopo la morte di s. Silvestro, non solo il patriarchio restaurò in ogni parte , ma un nuovo portico dalle fondamenta innalzò , e sovra il portico una torre , e sulla torre un triclinio , o cenacolo , ov* era dipinta la descrizione di tutto il mondo. Quel por- tico guardava la parte di settentrione verso la basilica liberiana , e conduceva alle scale sante. Ed oltre a ciò diede quel santo pontefice ornamento di sagre immagini al patriarchio , e vi pose porte di bronzo , e in altre opere lutti i suoi averi munificamente vi spese. Ne la- pATniARCiHO LateìianSkse 325 (.ciò di Leone III che vi fabbricò la grande aula de' coiicilii , decorata altresì del nome di aula massima , la quale dava adito alla basilica costantiniana , ed aveva in cima una grande absida o tribuna ornala di musaici , sotto cui era in marmo il seggio pontificale ; e ne' lati erano altre dicci abside con dipinture che si riferivano alla predicazione degli apostoli ; e nel mezzo sopra pa- vimento di marmi sorgeva una conca di porfido con una vena d' acque perenni. Inoltre vi edificò il famoso tri- clinio , dal nome di lui chiamato leonìano , dove fra molte colonne di marmi o pario , o porfiretico , erano quelle tre grandi abside o tribune ornate di musaici , delle quali una , cioè quella del mezzo , restaurata più e pili volte da piiì pontefici, e in ultimo dal cardinale Barberino nipote di Urbano Vili, resistè contro all' urto de* secoli fino a Clemente XII : e se bene allora perì , ne furono conservati i musaici , che in appresso Benedetto XIV fece riunire e collocare nell' alto della nuova tribuna che è allato alla fabbrica ove ora sono le scale sante. E voi , Beatissimo Padre , faceste , non ha guari , quella vetustissima opera restaurare : mira- bile raonu mento ! che contrastando agli anni , è testi- monio eterno della dignità a autorità pontificia. Dopo Gregorio IV e Leone IV , che il patriarchio restaurarono in molte parti , grandi furono le cose che vi operò Calisto II. Imperciocché nella interna parte dell' edificio fece sorgere da' fondamenti una elegan- tissima chiesuola di forma oblonga : e dedicandola al santo Niccola vescovo , tutta 1' adornò di pitture che le gesto di quel santo richiamavano alla memoria. E nell' absida fece dipingere, oltre ai due magni pontefici Leo- ne e Gregorio, tutti quelli altresì che da Alessandro II in poi lo avevano preceduto nel pontificato; e nell* allo della testuggine fece figurare se stesso ai piedi del Salvaluie. Volle inoltre che pie-iso la detta chiesuola 326 Letteratura fossero fabbricale due sale , T una de He quali fu dipii- tata ai pubblici negozi , V altra all' uso particolare dei pontefici- E in quella prima erano quattro tavole elegantemente dipinte , le quali rammentavano gli sci- smi , che ne' tempi prossimamente trascorsi avevano oppugnata la unita della Chiesa. Anche Innocenzo II , dopo avere restaurate tutte le parti de 1 patriarchio , volle che verso la basilica vi si edificassero due sale che adornò di piiture , in una delle quali era rappresentalo r imperatore Lotario II , nel giorno che da esso ponte- fice nella chiesa lateranense fu coronato. Che diiò di Adriano IV che a tutte le stanze , che per vecchiezza si disfacevano, pose riparo.? Che di Clemente 111, il quale con nuova fabbrica ampliò il grande edifizio ? Che di Celestino III , che non solo anch' egli lo ampliò, ma vi pose eziandio quelle porte di bronzo che ora so- no nella basilica ? Dovrò rammentare la demolizione di tutte le case che sorgevano ivi presso , fatta eseguire da Gregorio IX , affinchè nobile e libero fosse il pro- spetto del patriarchio ? o la edificazione da esso mede- simo ordinata di un vicino nosocomio pei poverelli ? Dovrò parlare di Urbano IV che l'aula massima, cioè de' concìlii , restaurò ? o di Adriano V che diede prin- cipio a grandiose riparazioni , che poi da Niccolò V furono condotte a fine ? E potrei forse passare sotto silenzio Bonifacio VIII, il quale in capo all'aula massima , dalla parte che guar- dava la basilica liberiana , fece innalzare quel celebre pulpito o podio , che siccome abbiamo dalle istorie , era edificato di colonne di marmi , ed avea pavi-^ mento ad opera tessellata , e nelle pareti dipinture a fresco operate da Giotto ? Delle quali corre fama che facesse parie quella antichissima che ora è posta nella basilica , dove è la immagine del pontefice che fra due cardinali alFaccìasi ad una loggia e Sia , come credesi , Patriarchio LatSrarèwse 327 in at'.o di pubblicare il primo giubileo deiranno 1 300. Indi a poco sopravvenero que' tempi infelicissimi a Roma , in che la sede pontificia altrove fu trasportata. La citta , già piena di tanto popolo , fu quasi per ogni dove deserta : le fabbriche abbandonate crollavano : le discordie infierivano : vendette rapine , ìncendii. Anche la basilica , anche il patriarchio lateranense nel- r anno 1308 furono in preda alle fiamme. Purnondi- meno i pontefici Clemente V , Giovanni XXII , e Benedetto XII , benché lontani , non abbandonarono mai la cura di quella chiesa e di quella sede ; ma inviando di Francia persone esperte con grande quan- tità di moneta , fecero che a quegli edifizi fosse dato riparo. E quando la sede pontificia rinfrancò Roma, venne ivi , come per lo addietro , ad essere , seb- bene per breve tempo , ricollocata. Imperciocché vi abitò Urbano V , e ivi stando neH368 fece porre in grandi reliquiarii di argento le teste de' Ss. Apostoli Pietro e Paolo che erano sotto l'altare della cappella detta sancta sanctorura. Gregorio XI fu il primo che abitasse nel Vaticano. Ma non perciò avvenne che fosse abbandonato il patriarchio lateranense. Anzi ia muramenti e in riparazioni molte somme vi profuse Eugenio IX : ne minori ve ne versò Sisto IV , il quale conservò a Roma e alle arti la bella statua equestre di Marco Aurelio , avendola fatta collocare sulla piazza del patriarchìo , d'onde poi Paolo III la fece traspor- tare sul Campidoglio. Finalmente quel grande ponte- fice che fu Leone X , nel prendere , secondo l'antico costume , il possesso della basilica lateranense , s' in^ trattenne per alcuni giorni nel patriarchio, e vi per- nottò. II. Ma noD è cosa eterna nel mondo. Il gran pa- triarchio tfantichissima abitazione de' Laterani , poi casa ai 1< austa imperatrice , iudi per dieci e più secoli sede 328 LUTTERAttJRA fle' romani pontefici ; chiaro nella storia ecclesiastica per tanti e tanti concilii e per celebri avvenimenti, santificato da insigni reliquie di religiosa e pia ricor- danza , ricco di vetuste dipinture e di statue e di co- lonne e di musaici ; quel patriarchio , che per mille anni pose , sto per dire , alla prova la liberalità e la munificenza de' sommi pontefici , ed assorbì gran parte delle rendite della Chiesa ; quel patriarchio , io dico , già indebolito per incendii , già in piiì parti screpo- lato nei muri , e, ciò che è piiì, volto a disfacimeiiio per vecchiezza, venne a tale, che non arte , non in- gegno , non forza d'oro avrebbe potuto sottrarlo alla totale ruina. Grande era il compianto di Roma , anzi di tutta cristianità. Ma volle la eterna Provvidenza che re- gnasse in allora quel pontefice di altissimi spiriti , che fu Sisto V. Il quale veggendo che alla caduta del pa- triarchio pili non potevasi opporre riparo che fosse per essere durevole , concepì la grande idea di rifab- bricarlo di nuovo ; e con tale magnificenza , che alle- viasse il dolore derivante dalla distruzione dell'antico edifizio. Ed eccolo all' ordinamento dell' opera : ecco formarsi i disegni dal Fontana : ecco atterrarsi i ro- vinosi avanzi dell' antica fabbrica : ecco ergersi la nuova : eccone le sale adornale qua di volte messe ad oro , a stucco , a colori , là di lacunari artificiosamente intagliati : ecco chiamati a dipingere belle istorie Bal- dassar Croce , Paris Nogari , Ventura Salimbeni , Andrea di Ancona , e più altri, E tutto ciò fu poco. Imperciocché volle che ad ornamento di una delle tre piazze , che si aprono innanzi al palazzo , fosse in- nalzato il grande obelisco fatto già trasportare in Roma dall' imperatore Costanzo. Volle che quella piazza me- desima fosse nobililata dal nuovo prospetto della porla minore della basilica , facendovi costruire due ordini PATRiA.Rcnjo Laleranense 320 di magnifiche logge. Volle infine che in sull' angolo delle altre due piazze venisse innalzalo altro magni- fico edifizio , ove fece trasportare le scale sante : e vi conservò la cappella detta di sancla sanctorum , la qu;ile era nell'antico patriarchio che fino a quel luogo sten- devasi: e in essa fece collocare il Volto Santo, unendolo alle insigni reliquie che già ivi erano , e alle altre che dai distrutti luoghi vi traslocò. Entro il breve spa- zio di tre anni , lui regnante , tutte queste cose furono immaginate, incominciate, proseguite, compiute : il che fino ai nostri giorni è sembrato maraviglioso. Ma il vostro pontificato , Beatissimo Padre , ha tolto gran parte alla maraviglia ; avendo noi veduto aprirsi, in tre soli anni , entro le viscere del monte Catillo il dop- pio portentoso cunicolo, che darà passaggio all'Anie- nc ; ed oltre a ciò spingersi a tanto la riedificazione della basilica ostiense , che vinto è da stupore chiun- que vi si conduce. E noi la vedremo , io spero , noi la vedremo da voi medesimo consagrata. Chi potrebbe in breve ragionamento stringere tutte le magnificenze del nuovo palazzo edificato da Sisto ? Meglio colla mente si contemplano , che non si descri- vono colle parole. Sopra uno spazio quadrato di GCGL palmi per ogni parte, maestoso e gigantesco s'innalza fino a palmi CXXXVII , e si divide in tre piani ; li- bero per tre fronti offre di se magnifica vista in tre gran- di piazze , congiungendosi nel quarto lato alla basilica lateranense ; e per tre grandi portoni, ornati a colonne con sopravi balconi a balaustri, apre l'entrata al vasto cor- tile che, similmente quadrato, si stende a palmi CLXX per ogni fianco. Questo cortile , che a niun altro cede in bellezza , e solo è vinto in vastità da quelli del Va- ticano e del Quirinale , vedesi in alto sorgere con tre ordini di spaziosissime logge. Il primo loggiato gira intorno intorno con XXVIH archi di ordine dorico: il G.A.T.LXIif. 21 330 Lette II ATURA seconda , di ordine ionico , gira per tre lalJ , ed è solo chiuso nel quarto per dare luogo a cinque stanze che guardano la bella parte del mezzogiorno : il terzo è mu- ralo , se non che sopra ad ogni arco ha l'apertura di una finestra. In esso l'ordine di architettura è composilo con capricciosa invenzione ; imperocché dalle seconde logge alle terze s' innalzano pilastri a foggia di termini , la cui estremità va a cangiarsi in varie figure , che a mo- do di cariatidi sembra che sostengano il cornicione. Per una magnifica scala regia » che da una branca si divide in due, ascendcsi dall'una parte alla ^ran loggia delle benedizioni posta in sulla fronte principale della basilica , e dall'altra parte vassi agli appartamenti pontificii , o a quella loggia che sta sulla fronte mi- nore della basilica stessa. Non parlerò delle dipinture a grotteschi, a paesi , a fogliami, che sparse di mon- ti , di stelle , di leoni , di fame alate e di belle imprese con motti che si riferiscono a Sisto , adornano le volte non solo del primo e secondo loggiato , ma s\ pure delle magnifiche scale. Tralascerò altresì di favellare delle venticinque grandi stanze , onde componesi il pia- no terreno , e de' quattordici lunghi e spaziosi saloni in che dividesi il terzo piano ; i quali , se con altri luoghi accessorii venissero diputati ad uso di grande ospizio , potrebbero contenere settecento e più letti. Ma non posso rimanermi di toccare alcun che dei grandi appartamenti , che nel secondo piano furono piìi che altrove splendidamente edificati e nobilitati , perchè servissero di abitazione ai pontefici. Questo piano ha XVII stanze : delle quali XIII sono in volta : e le vol- te sono dipinte ; e vi si veggono begli ornamenti di oro, di cornici e di stucchi. Alle altre quattro daremo più convenientemente nome di aule : perocché sono gran- dissime , ed ebbero da Sisto ricchi lacunari di leggiadro lavoro in legname , o dorato o dipinto. La maggiore. PATniARCniO LA.TERANKNSK 33 1 detta aula massima o de' poulefici , è lunga palmi CX , larga palmi LX : la seconda , delta degli imperatori , è luuga palmi LXXI , e non meno larga che sia la pri- ma : allungasi egualmente la terza a palmi LKXI , ed allargasi a palmi XLV : essa ha nome dagli apostoli : finalmente la quarta, appellata da Costantino, ha in lun- ghezza palmi LXXXX , in larghezza LX. Io ne de- scriverò brevemente le dipinture. Nella edificazione dell'aula massima , ode'pontofici, ebbe iu animo il gran Sisto che dovesse in certo mo- do rivivere 1' antica aula massima del patriarchio : per- ciò volle data alla nuova aula la stessa comunicazione colla basilica , e la slessa posizione verso occidente che già ebbe V antica , con tale e sì grandiosa ampiezza , che come quella era stata , così questa pur fosse atta ai concistori e ai concilii. E perchè la dipintura corri- spondesse al nome dell' aula , vi fece nelT alto dipin- gere sotto baldacchini XIX santi pontefici, con tale ai piedi uno scritto che alcun lor fatto accennasse. E do- po s. Pietro , che celebrò il primo concilio in Gerusa- lemme ; e dopo s. Lino , che fu secondo nel reggimen- to della Chiesa ; altri XVI pontefici vi furono per ordi- ne ritratti dall' ottavo ai vigesiraoterzo : e sono : Sisto, Telesforo , Igino , Pio , Aniceto, Sotero , Eleuterio, Vittore , Zefirino , Calisto , Urbano , Ponziano , An- tero , Fabiano , Cornelio , Lucio , tutti primi di que- sti nomi : e chiuse la serie colla immagine del santo Silvestro , che battezzò Costantino, e celebrò il primo de' concilii niceni. Sotto queste immagini sono , dove sì dove no, alcuni piccoli dipinti a chiaroscuro, che si rife- riscono ai pontefici sotto i quali sono posti , ed hanno forma di medaglioni. In altri luoghi le dipinture dimo- strano, e i sottoposti versi rammentano le grandi cose da Sisto in breve tempo operale. Imperciocché in capo del- la sala alla mano sinistra di chi entra, sotto un qu-idio 21* 332 Letteratura dove è Gesù coi discejìoli, vedesi rappresentata 1' acqua lelice da quel magnanimo pontefice per XXII miglia con- dotta in Roma: poi sopra Je cinque finestre, che guarda- no stilla piazza ove innalzasi l'obelisco, sono a vedere le seguenti imprese. Sulla prima finestra, il porto di Terraci- iia, e le paludi pontine ridonate all' agricoltura: sulla se- conda, il tesoro nel forte S. Angelo ragunato a presidio della citta ; sulla terza, la magnifica biblioteca edificata nel Vaticano , e arricchita di una immensa preziosità di manoscritti: sulla quarta, i discordanti principi in cristia- na lega riuniti: e sulla quinta, l'antico porto traiano re- staurato in Civitavecchia, e le acque salubri ivi condot- te. Quindi appiè della sala , sotto la dipintura ov' è il Signore che dà a pascere all' apostolo s. Pietro le sue pecorelle, viene ricordata agli spettatori la lunga, retta, e maestosa strada aperta sul Quirinale , e al mezzo di essa la bella fonte presso le terme , e in fine la grande piaz- za , ed ivi i traslocati cavalli , e il palazzo da Paolo 111 incominciato , e da Sisto quasi a tine condotto. Final- mente neir altro lato , dalla parte ove si entra , al di sopra di quattro nicchie sono figurate le seguenti cose : sulla prima nicchia la città di Montalto, patria del [)Ou- lefice , circondata di forti mura : sulla seconda la sicu- rezza e tranquillità renduta ai popoli, mercè della estir- pazione de' foruseiti: sulla terza l'abbondanza ad essi popoli procacciata colla istituzione de' monti frumenta- rii : e sulla quarta la città di Loreto fabbricata , cinta di mura, e a vescovile seggio innalzata. All'ultimo sulla gran porta d' ingresso e rammentata la riedificazione del patriarchio lateranense. La seguente aula s' ebbe nome dagl' imperatori ; perciocché essendo avvenuto che fra le ruine dell' an- tico patriarchio , mentre il nuovo palazzo riedificavasi, fossero trovate quattordici monete, tulle colla insegna della croce , come quelle che peilenevano ad augusti Patriarchio Lateiunemse 333 clie la religione sanlisslma di Cristo avevano e confes- sala e difesa ; volle il sommo pontefice che di tal fat- to , che teneà del miracoloso , rimanesse memoria nelle dipinture di questa sala: eie immagini diluiti que- gl' imperatori , colla indicazione delle cose che opera- rono per la vera fede , vi fece ordinatamente rappresen- tare. E sono : Costantino il grande , che primo propagò la religione cristiana : Teodosio , che confessò innanzi a tutti i popoli se essere seguitatore di quella fede, che il santo apostolo Pietro ebbe data ai romani : Arcadio , il quale volle che un aureo nummo colia insegna della croce fosse improntato ; perciochè per quel segno ebbe superati i persiani : Onorio , che pose freno agli eretici di Affrica : 1' altro Teodosio , che il sinodo efesino con pietà, cristiana protesse : Valentiniano , che il fastigio argenteo della basilica laleranense , dai barbari rapilo , volle che a sue spase si rifacesse : Marciano , che per le afFettuose sue cure inverso la cattolica fede si me- ritò che nel concilio calcedonico il nome gli fosse dato il Costantino novello : Leone, che fu sempre saldo nella difesa di quel concilio : Giustino , che umilmente pro- slrossi ai piedi del santo pontefice Giovanni , che poi fu martire, riconoscendo in lui il vicario di Cristo: Giu- stiniano , che seguendo gli ammonimenti del sanlo pon- tefice Agapito lasciò ai posteri egregio esempio di ub- bidienza verso la seiìe apostolica: e Tiberio , che liberò Roma oppressa dall' assedio dei longobardi : e Maurizio, che dal sanlo papa Gregorio ebbe lode dell' aver con- giunta la pietà cristiana alla gloria della milizia : e Fo- ca , il quale decretò che tutti i popoli avessero a ve- nerare la suprema potestà della chiesa romana : e final- mente Eraclio , che avendo ricuperata dai persiani la croce del Signore, quella sulle proprie spalle riportò alla sommila del Calvario. Sono olire a ciò in essa sala due dipinture ne' due 334 L E T T E n A T U R A lati minori. Dalla parte che si oonjjiiin^e all' aula raa<;si- nia è una figura mppresentarit e la Chiesa ; ha nell' una mano un tcmjiio, nell'altra insieme colle chiavi il trire- gno, ad indicare le sue polesla, spirituale e temporale: e gP imperatori genuflessi 1' adorano. Dall' altr;» parte è il pontefice Sisto V , che benedice e privilegia le monete imperiali da se trovate , per farne dono ai principi in al- lora regnanti. Fra queste e le altre due aule sono le XIII stanze a volta , accennate di sopra : delle quali sei rispondono sulla piazza., parte a ponente e parte a settentrione: le rimanenti guardano sull'atrio. La prima delle sei , quella cioè che e posla appresso alla descritla aula de- gP imperatori, ha in sulla volta, e in sulT alto dalle pa- reli dipinti i principali fatti dali dottori della Chiesa. Congiunta ad essa cap- pella è un' altra retroslanza ( dipinta nelT alto a jtaesi , arabeschi e figure simboliche ) , ove il sommo pontefi- ce può , senza essere veduto , rimanersi ad udire la san- ta messa ; e d' onde , per una segreta scala a chioccio- la , può ascendere e discendere alle altre parti dell' edi- fizio. Patriarchio Latkranense 33;"» Passando ora alla seconda e alla terza delle sei stan- ze che guardano in sulla piazza , dico , che come nella prima volle in Samuele adorahrarsi la potestà del som- mo pontificato , COSI nelle due che seguono volle, adom- brarsi la santità eia sapienza che gli debhono andar compagne : la santità e simboleggiata nei fatti di David; la sapienza nei fatti di Salomone. Vedesi nella prima stanza David conimoversi a santo sdegno per le oltrag- giose voci dello smisurato Golia : poi vedesi, nel mezzo della volta , essergli sopra ed ucciderlo : indi tornar vit- torioso ; appresso con suoni musicali placare lo spirito di Saulle : infine ricevere la sagra unzione da Samuele. Riempie i quattro angoli di questa stanza lo stemma gentilizio di Sisto V, con ai Iati due figure per angolo , le quali rappresentano otto virtù. Nell'altra stanza è Salomone , che giovinetto riceve dal padre il governo del j^opolo ; che in visione ottie- ne grazia di ben governare ; che giudicando , scopre quale sia delle duo madri la vera ; che riceve la regi- na Saba , la quale ne maraviglia la sapienza; che fra i cori , le pompe , i sagrifizi fa portare l'arca del Si- gnore nel tempio fatto magnificamente edificare in Ge- rusalemme. Succedono la quarta e la quinta stanza : nell'una delle quali le istorie di Elia , nell'altra quelle di Da- niele appaiono figurate. Questi veri profeti , onde i falsi si rimasero confusi e vinti , furono posti a dimostrare come il sommo pontefice è depositario della vera fede , trionfatrice di ogni falsa credenza. Elia è in cinque modi rappresentato : fa rimprovero d' idolatria ad Acab e a lezabele : offre a Dio il sacrifizio, che miracolosa- mente è consumato dalle fiamme : predice ad Acab la pioggia : ascende sul carro del fuoco : e vedesi in sul- l'alto della volta apparire con Enoc nella trasfigura- 336 L E T T E R A T u n A zione del Redentore. Questi quadri sono intramezzali da angeli , e da altre fìgurQ emblematiche. In altrettanti modi è rappresentato Daniele : mo- stra a Na])ucco l' idolo di Belo non essere dio vivente , e semina le ceneri , perchè possa , mercè di esse , far ciiiara al rft la frode dei sacerdoti : gli mostra le pedate da quelli in sulla cenere impresse per girne a cibarsi delle vivande offerte all'idolo.- uccide il loio drago ; posto nel lago dei leoni , che non 1' offendono , vede (e ciò è nel mez70 della volta) Abacucco , che por- lato dall' angelo viene a recargli di che si nutra : in- fine vede i suoi nemici gittati in quello stesso lago , e divorati dai leoni. In . ciascuno degli angoli è la fi- gura di una virtù con arabeschi ed imprese. Final- mente nella sesta stanza , ove imbandivasi forse la men- sa , furono dipinte le quattro stagioni con intorno fi- gure e arabeschi. Ed eccoci giunti alle altre due aule ; delle quali per ultimo farò parola , tralasciando di parlare delle stanze inlcrnc che sovrastano al cortile. La prima di esse aule , come ho già detto , ha nome dagli apostoli. Ivi nel mezzo della lunga parete a destra è rappre- sentato Mosè , che per comandamento di Dio congre- gò L X X seniori, perchè seco reggessero il popolo d' Israelle ; in che furono adombrati i discepoli che sarebbero stati eletti da Gesiì Cristo. Nella parte op- posta , cioè nel mezzo della parete a sinistra, vedesi lo Spirito Santo discendere nel cenacolo. Tiene il mezzo delle pareti minori lo stemma del pontefice. Poi presso a ciascuno degli angoli sono due quadri. Nel fondo a destra veggonsi i poveri pescatori da Gesiì chia- mali a seguirlo ; e vedesi Matteo che alla voce : se- guimi , lascia il telonio. Nel corrispondente angolo a sinistra è a vedere la elezione degli allri LXXII di- scepoli j e come a due a due furono mandati a pre- Patriarchio Latsranense 337 tlicare e a discacciare i demoni. Rammentano le due pitture poste ad angolo alla sinistra di chi entra , co- me il Signore risorto apparve ai discepoli annunziando loro la pace ; e come mostrandosi ad alcuni di essi , ch'erano seduti a mensa , fece loro rimprovero di poca fede. E finalmente nell'altro angolo a destra e rap- presentata la surrogazione di Mattia nel luogo dell' in- fame Giuda : e lo spartirsi altresì che gli apostoli fe- cero delle Provincie per condurvisi a spargere la luce dell' evangelo. Finalmente nella ultima grande aula , die prende nome da Gostanlìtio , sono quattro grandi quadri intra- mezzati da paesi, figure , ed imprese. Di faccia all'in- gresso è rappresentato il battesimo di quel!' imperatore : sull'opposto lato l'apparizione eh' egli ebbe della croce : alla destra i doni onde fu generoso alla Chiesa ; alla sinistra 1' umile atto con che si fece ad accompagnare il santo papa Silvestro alla basilica laleranense , tenendo la mano al freno del cavallo sul quale era ìi pontefice. In fondo a questa spaziosa aula a presi sul lato de- stro una porta , onde si usciva in ampia scala , che unita a magnifico ambulacro conduceva al gran por- tico della basilica , prendendo quasi tutto lo spazio di quella facciata del palazzo die verso oriente guarda la chiesa di s. Croce, Questo passaggio veramente regio , largo palmi XXXVII e coperto da volte vagamente di- pinte , fu fatto edificare da Sisto, perchè i papi , pon- tificalmente vestiti , e da tutta la loro corte accom- pagnati , potessero maestosamente dai nobili apparta- menti discendere ed entrare per la porta maggiore nella basilica. Ne fu esso in ninna parte offeso o variato quando piacque a Clemente XII clie quella facciata del pontificio dalazzo , che è volta all'oriente , acquis- tasse la simiglianza che prima totalmente non aveva 338 Letteratura colle altre due che volgonsi a settentrione e a po- nente. III. Tale fu il grande edificio fatto innalzare da Sisto. E sebbene i pontefici suoi successori mai non vi abbiano dimorato , purnondimenp i nobili appartamen- ti , che sono nel mezzo , furono ad essi di ricovero e di riposo allorché nel sagro giorno dell'Ascensione si recarono a celebrare la solenne messa nella basilica , f^ a dare al popolo dalla sovrapposta loggia la solen- ne b enedizione. Ne inutili si rimasero il primo ed il terzo piano : che ad uso di gran quartiere furono volti in tempo di guerra , ad uso di ospedale in soprabbon- danza di malattie , ad uso di lazzaretto in isventura di peste , e ad uso di granai allorché il popolo era minacciato da carestia^. Anzi ivi più volte i poveri furo- no accolti quando il flagello della fame caccia vali dalle Provincie; e i fanciulli, e le donzelle, e i vecchi dalla pietà de* pontefici v'ebbero e abitazione e ali- mento ; fiiachè Innocenzo XII , appunto perchè i poveri invalidi e le donzelle esposte a pericolo per indigenza potessero ivi aver luogo , tutto il palazzo con assai di- spendio restaurò , fortificò ; e poi che ad uso di grande ospizio l'ebbe ridotto, con suo breve del di 20 di maggio dell'anno 1693 ne fece donazione all' ospizio apostolico di s. Michele , colla sola riserva di quelle parli che al- l'uso de' pontefici, e delle pontificali funzioni e bene- dizioni fossero convenevoli e necessarie. E avvenne per le cure dei modaralori di quell'ospi- zio , che nel terzo piano della gran fabbrica fosse posto un opificio di seta che dava lavoro alle povere fan- ciulle : il quale opificio nell'anno 1776 dal glorioso Pio VI fu visitato. Poi l'immortale Pio VII nel 1805 fece collocare i pubblici archivi in alcune stanze del- l'appartamento riservato ai sommi pontefici, affinchè gli atti dei uotdì , non più in separati ed umili luoghi , Patria ncmo Lateranense 339 ma in quell'ampiezza dì edificio decorosamente si con- servassero. E quante volte i regolatori delle cose pub- bliche a giovarsi di qualche parte dell' edifizio per uti- lità pubblica ricorrevano, tante convenivano sul prezzo di affitto cogli amministratori dell' ospizio apostolico , il quale , come proprietario del fondo , ne pagava , e lultor ne paga le imposte. In tal guisa ai nostri giorni si mantenne il pa- lazzo lateranense. Ma noi dovevamo essere spettatori de' guasti che orrendamente lo deturparono , e lo avreb- bero sospinto forse a ruina , se nuovamente la eterna provvidenza non si fosse levata a soccorrerlo. Le ca- lamita de' tempi , che non rammentiamo senza dolo- re , lo resero bersaglio di milizie straniere ; e il cre- dere che quei danni non fossero riparabili , cagionò danni maggiori ; prima l'abbandono , poi la presa de- liberazione di ridurlo ad umile stato , dappoiché i ma- ligni e gli speculatori asserivano , che mai più non sa- rebbe potuto almeno in parie tornare a magnificenza. Dovrò io , Beatissimo .Padre , conturbare l'animo vo- stro pietoso colla narrazione di ciò che fu operato in più tempi a distruggiraento di quella sede vostra e de' vostri predecessori ? Tacciasi delle stanze terrene qua forate , là intramezzate , guaste per ogni dove ; ne pongasi mente alle logge che circondano il gran corti- le , dove le volte , massime in due lati , veggonsi ere- pacciate per grandi fuochi ivi accesi , e i dipinti vi ap- pariscono miseramente per molto fumo anneriti. Tac- ciasi altresì del terzo piano , ove , per chiusure fatte con muri negli angoli , fu impedito il passo a poter girare intorno intorno alle logge ; e fu tolto l'agio delle utili comunicazioni , come pure in gran parte il be- neficio e della luce e dell'aria. Ma potrò io tacermi sui guasti che nel piano di mezzo contamioarono , detur- parono , avvilirono la sagra e maguificft abit^iioue j oa- 3^0 Letteratura tificale ? Era a credersi che questa parte almeno del- l'edifizio , SI per le antiche memorie , si per la sua magnificenza , e si pure per l'uso a cui fu destinata , avesse potuto colle sue salde pareti opporre un ar- gine alta devastazione che le altre parti offendeva. Ep- pure avvenne il contrario. Ivi i guasti furono mag- giori che non altrove : vidersi distrutte le belle e no- bili balaustrate che facevano parapetto alle logge : videsi in due angoli innalzata una sconcezza di muri , onde le comunicazioni furono tolte , e la grande scala ne ri- mase oscurata , e separata del tutto dall' edifizio. Poi nelle, parti interni tutti gli ammattonati andarono di- strutti per farne materia ai nuovi sozzi muramenti : tutte le porte , tutte le finestre , come erasi operato negli altri piani , furono sconciamente impicciolite : tutto fu manomesso a tale , che mai forse la mano de' nemici non operò in peggior modo. Ne sarebbe co- sa credibile per istoria, se non fosse stata dagli occhi nostri veduta , che le tre grandi aule degl' imperato- ri , degli atti degli apostoli , e di Costantino fossero state intersecate da mostruosi archi , simiglievoli a quelli che si usano ne' fenili , perchè avessero a so- stenere meschini tramezzi nel terzo piano. E ciò fa- cendo ( cosa veramente lacrimevole a dire ! ) veni- vano totalmente a disparire i magnifici lacunari di quelle aule , e ad aver guasto le dipinture delle pa- reti. Che più ? Quella grande scala , che ho di sopra descritta , per la quale i papi potevano pontificalmente discendere nella basilica ; quella scala eziandio fu di- strutta , e con essa vennero meno per lungo tratto i magnifici dipinti a fresco della gran volta. E in altro luogo ivi prossimo furono abbattute due volte , simil- mente dipinte , per farvi sorgere un' angusta scala , che non sosteneva se stessa , e danneggiava i muri che le facevano appoggio . Lo squallore , che lutto Patìitarchio LateraiJénsi: 34 1 quanto ricopriva il deturpato edifizio , pur diffonde - vasi alle parti esterne di esso : e chi attraversando la j^raude piazza alzava gli ocelli a mirarlo , senli\a rimpicciolirsi l'anima , vcggendo le angustiale finestre , e per quelle i guasti sofiitti , e le guaste volte , e il sommo fastigio mozzo di quella sublime loggia , d' onde maravigliosa appariva la vista di Roma , delle sue vaste campagne , e de' monti che le cir- condano. Tanto vituperio commosse , e da più parti assali l'aniino di quel magistrato operoso , che la vostra sag- gezza , Beatissimo Padre , elesse alla restaurazione del pubblico tesoro. Egli caldo , com' è , di zelo per la sua religione e per la sua patria , non poteva con fredda indifferenza mirare la misera condizione a che vedo- vasi ridotto un edifizio sacro per religiose memorie , e nobile per grandezza veramente romana. Ed oltre a ciò era in lui debito di saggio amministratore dei proventi pubblici il far conoscere , che ove quel pon- tificio palazzo non si volesse veder distrutto ( pensa- mento barbaro , e che sarebbe stato di scandalo a tutto il mondo ) , faceva mestieri il porre subito mano alle pii*i urgenti riparazioni , prima che crescendo i danni crescesse insieme con quelli la spesa da farvisi in ripararli. E per altra parte , essendo egli eziandio presidente e araraioistratore dell' ospizio apostolico di s. Michele , aveva per debito di conservare al suo os- pizio quella fabbrica che , meno le già accennate ri- serve , gli apparteneva per dono fattogli da Innocen- zo XH vostro glorioso predecessore ; quella fabbrica che indipendentemente dal fatto e dalla volontà dei moderatori dell' ospizio era stata occupata ed offesa. Voi , Santo Padre , voi che tanto avete a cuore il decoro della santa Sede e di Roma , voi inchinaste l'animo ai giusti voli di lui : di lui che vi diede a co^ 342 Letteratura noscere potersi la cosa operare in motlo , che la santa ed utile impresa con lieve dispendio avesse consegui- mento. Ed Ila egli attenute le sue promesse. E in qual modo ! e con quanta celerità ! Vero è clie la lode- vole opera infiammò il petto a tutti coloro che ne furono chiamati a parte. L'architetto Luigi Poletti e il barone Vincenzo Garauccini offersero gratuitamente le loro fatiche : e molte ve ne durarono e con gran- dissimo amòre. Colla direzione del Poletti i luoghi fatti oscuri vennero ridonati all' aria e alla luce , mercè della demolizione de' muri onde gli archi dei loggiati erano slati chiusi in più parti : in un lato delle logge del piano nobile furono ristabilite in pie- Ira tiburtina le balaustrate , affinchè rimanesse al- meno memoria del come esse erano nella loro ori- gine : il bel cornicione interno fu restaurato : fu de- molita la scala che, come ho detto , minacciava ro- vina a se stessa e ai muri ai quali appoggiavasi : le sale e stanze del piano nobile riebbero l'antica am- piezza di finestre , ed ebbero pavimenti a vario dise- gno , formati con pietruzze colorate a quel modo che usano i veneziani : e nel mezzo del pavimento del- l' aula massima o de' pontefici fu posto , Beatissimo Padre, lo stemma vostro, che indicherà ai posteri chi fu benefico restauratore del maraviglioso edifizio. Finalmente (per tacermi d'infinite altre cose) furo- no distrutti nelle aule degl'imperatori e degli apo- stoli i mostruosi archi , ond'erano state intersecate ; ed ambedue quelle aule vennero ricoperte a soffitti , che gli artefici chiamano alla sansovina , operati coti molta novità d' intreccio di travi e di cornici , onde si formano varie figure di lacunari adorni di eleganti intagli , e poi dipinti a chiaroscuro simmetricamente allegrato da borchie d'oro. E se leggiadro e nobile è il disegno dato dal Polclli , bella altresì è la ese- PATRiARCHro Latkranense 343 cuzione cui pose mano il diligente Carlo Hoos. Nel mezzo dei due nuovi soffitti campeggia lo stemma della Santità Vostra infra i due stemmi minori dell' ospizio apostolico , e dell' uomo zelante che vi presiede. Colla direzione' del Camuccini furono da Giu- seppe Candida restaurale e tornate alla prisca vivezza le dipinture di quasi tutto il nobile appartamento. Poi neir aula massima vennero ridipinte da Andrea Gior- gini le immagini dei due santi pontefici Sotero I e Aniceto , le quali per apriraento di due vani di fi- nestre erano andate ia distruzione. E così pure nella seguente aula degli imperatori , e in quella degli apo- stoli furono ridipinte dal professore Francesco Gian- giacomo altre figure, alle quali avevano dato guasto le intestate degli archi ivi , come ho detto , barLara- raeute costrutti* e sono: nella prima delle due aule teste nominate , l'imperatore Eraclio , e nell' al- tra alcune figure dei due quadri maggiori dipinti nel mezzo dei muri laterali. La sola ultima aula , che è quella di Costantino , tale si rimane tuttora , quali erano le altre prima che si desse mano al restauro : senza pavimento , senza soffitto , con intersecamento di arconi , con pitture smorte in ogni parte e sbiancate , e in qualche luo- go distrutte. Essa aula è vergognoso testimonio dell' orribile stato in che tutto l'edifizio era miseramente ca- duto. E se voi , Beatissimo Padre , vi degnerete , co- me ho speranza , di percorrere quelle vostre stanze , giunto che sarete alla detta sala non potrete al certo sofFerirne la vista, e darete ordinamento che pur quella vergogna con prontezza sia tolta. E tanto più il fare- te con lieto animo, quanto che udrete, che mentre a cagionare i più recenti guasti e a far distruzione occorsero non meno che scudi tredicimila , una metà di questa somma è bastala a rimuovere i danni e a 344 Letteratura riedificare : lanto è stato lo zelo di clii vegliava in- '' defessamente alla bella impresa, e trovava utili coope- ratori , e giovavasi di que' molti lanaiuoli clie hanno alimento dall' ospizio di s. Michele, e le cui braccia, per difetto di lavoro , si rimanevano inoperose. 11 pa- lazzo iateratiense nuovamente fu bello , e posto , cosi com' è , sotto il patrocinio della Santità Vostra , per- derà ogni traccia del suo passato squallore. Si, Padre Santo , ( meco ve ne pregano tutti co- j loro che amano l'onore di Roma ) continuate il vo- stro patrocinio a quel maestoso e sagro edifizio. Ap- partenga , come è ben giusto , al benemerito ospizio di s. Michele , a cui da Innocenzo XII fu donalo ; ma sia serbato ai sorami pontefici l'uso dei nobili ap- partamenti. Questi potranno essere adornati di bron- zi , di vasi , di monumenti di cristiana antichità , si che se ne formi un nuovo museo : ovvero allogando opere ai piiì celebri artefici , che in questa sede delle belle arti fioriscono , potrà incominciarvisi una rac- colta dì quadri , di statue, e di altre simiglianti cose moderne , adempiendo cos\ un difetto , che è disdi- cevole in Roma. E potranno eziandio in vasto museo trasformarsi le venticinque grandi stanze onde si com- pone il piano terreno . Ivi se tutti gli antichi capi- telli , cornicioni , mensole , ed altri ornati sparsi al- trove , si ragunassero , verrebbe a formarsene un te- soro di marmi architettonici che non avrebbe pari nel mondo. E di questi musei sarebbero custodi , senza dispendio alcuno del pubblico erario , quei veneran- di vecchi che accolti dal caritatevole ospizio di s. Mi- chele furono sottratti alla necessita di mendicare il vitto negli estremi giorni della lor vita, E perchè i savi reggitori de' popoli debbono , non solo procac- ciarne e manleuerne la felicita , ma provvedersi an- cora pei casi di una qualche disavventura ; cosi pò- Patriarchio Lateranekse 345 Iranno i lunghi e vasti saloni del terzo piano , at- ti , come già tlissi , a contenere settecento e j/iù let- ti, essere tenuti in pronto, se inai dovesse sventura « taniente accadere , come altre volle gik accadde , clie un grande quartiere per le milizie aLbisognasse , o un grande ospedale per gl'infermi , o un ricovero pei miseri, o una abitazione per qualche conservatorio, o altra grande famiglia , cui per disgraziato avveni- mento venisse meno la propria. E potranno pure i pellegrini avere albergo in quel terzo piano quando voi , Beatissimo Padre , ria- prirete le porte sante nell' anno del giubileo. Ne pun- to verrebbe ad ingenerarsi confusione , disagio , o incomodità dai diversi usi che si dessero a quei tre piani ; imperciocché tante sono 1' entrate e le sca- le ; e la fabbrica è così bene distribuita ; che cia- scuno de' piani è libero , e può essere abitato sepa- ratamente dagli altri. Ne grave , anzi tenue , sareb- be il compenso da darsi all' ospizio proprietario della fabbrica. Fate dunque , Beatissimo Padre , che l'opera della restaurazione dell' intero edifizio, già con si tenue spesa tanto innanzi condotta, sia pienamente recata a fine: voi ne avrete le benedizioni del mondo presente e dell' avvenire. E già chiunque per la porta di s. Gio- vanni entra in questa eterna e maravigliosa città , percorre per lungo spazio una via , in cui gli uni agli altri si succedono i molti monumenti che atte- stano la vostra munificenza , e di bella gloria cir- condano il vostro nome. Si , quella via alla Santità Vostra è gloriosa. Primo si olire agli sguardi il ve- tusto musaico del triclinio leoniano , che novellamente [>er comando vostro fu restaurato , alFinche non ce- desse all' urto dell' undecimo secolo. Poi empie di se G.A.T.LXUL 22 346 Lkttbratura la vista il gran palazzo laleranense , die contluuej'a , mercè vostra , a far palese ad altrui il luogo dell' anticliissima sede de' vostri predecessori. La lunga via , che incomincia al terminare della piazza , vedesi chiusa dal gigantesco anfiteatro , i cui prodigiosi restauri , incominciati dall' immortale Pio VII , furono da voi a nobil fine condotti. Ivi presso è a vedere come l'arco di Costantino , monumento cristiano e romano , tenga il bel mezzo della lunga e diritta via , che da voi ampliata , e abbellita di muri e di alberi , conduce lungo gli aggranditi giardini alla chiesa e al monistero antichissimo di s. Gregorio , che alle vostre cure pur debbono l'aver campato dalla immi- nente ruina. 'i rascorso l'arco di Tito, appresentasi quel grande aggregato di antiche fabbriche onde gli occhi e le menti si riempiono di maraviglia. Ivi il bel tempio di Antonino e Faustina , dalla religione san- tificato , fa bella mostra di sue parti esterne per l'at- terramento , da voi consentito , delle moderne case che lo ingombravano ; ed apresi una nuova via , a cui fa vago prospetto la chiesa di s. Maria Libera- trice. Ivi per le scavazioni ingrandite scuopresi ora per la prima volta quale fosse la posizione e dove fossero i termini del celebrato foro romano , e ap- parisce il sito della basilica giulia , e torna a ri- vivere il tabulario , e tutto può misurarsi lo spazio del famosa tempio della Concordia , e un nuovo por- lieo con interne celle esce delle ruine che interamente lo ricoprivario . Finalmente da questo foro si per- viene a quello di Traiano , che voi , secondando i pubblici voli , avete posto in salvo dai danni , ai quali, per essere aperto a tutti, negli andati tempi soggiacque. In questo luogo direl^besi quasi che ter- mini l'antica Roma , e la moderna incominci. E que- sta pure è cresciuta in maggior bellezza per le cose Patriarchio Latkrainekse 347" operate sotto il vostro pontificato, delle quali far qui menzione sarebbe fuori di luogo. Vivete dunque, o Padre Santo , vivete anni lun- ghi e felici ! E la felicita de'torapi , die sempre vol- gano in meglio , vi dia larghezza a poter vicp[)ÌLi saziare il desiderio che vi muove a magnanirae im- prese. Tre grandi basiliche furono fatte edificare da Costantino : la lateranense , la vaticana , la ostiense. Voi avete già spinto oltre al mezzo la riedificazione di quest' ultima : avete posto freno alla distruzione ond' era minacciato il patriarcale edifizio della pri- ma : e come , per animo riconoscente , avete voluto che a vostre spese s' innalzi nella basilica vaticana un marmoreo cenotafio alla memoria del pontefice Leo- ne XII, come avete nobilitata la via che dal ponte alla gran piazza conduce ; cosi , per amore che por- tate a Roma e alle belle arti , volgete nella mente il pensiero di emulare la grandezza del glorioso pon- tefice Pio VII , facendo edificare nel pontificio pa- lazzo vaticano un nuovo braccio di museo , da porsi ad uso di grande pinacoteca , ove, ricevendo luce dalPalto, facciano pompa di lor bellezze le cele- bri tavole e tele , tutte di religioso argomento , on- de Roma in tesori di dipinture , non meno che in edifici , e in opere di scarpello , e in preziosi co- dici , è di gran lunga essa sola più doviziosa che Don sono tutte insieme le altre metropoli dell' uni- verso. Tr 34^ A S. Carlo Borromeo , inno di Giuseppe Ignazio Montanari. Pesaro dalla tipografìa Nobili 1834. vJarlo Borromeo fece il suo nome immortale e pec la santità della vita , e per l'amore eh* ci portava agli amatori delle lettere , agli scienziati , ai cultori delle arti belle. Altissime lodi dissero di lui Pier Vettori, che gì' intitolò le commedie di Terenzio , Gio. Bat- tista Possevino e Gio. Pietro Giussano storici della sua vita , oltre il Muratori e il Tiraboschi. Anzi quest' ul- timo volendo nella sua istoria dell' italiana letteratu- ra ( tom. VII part. I , lib. I cap. 2) onorare la memo- ria dell' ottimo pontefice Pio Quarto , dice : che ,, se altro non avesse egli fatto, che conferire l'onor della porpora e l'arcivescovado di Milano al suo nipote S. Carlo Borromeo , e affidargli in gran parte i più importanti affari , dovrebbe per ciò solo aver luogo tra' più benemeriti della letteratura ; tanti furono i -vantaggi , che da questo gran cardinale riceveron le scienze tutte e le arti . ,, Della sua incomparabile pietà diede il Borromeo una specchiata prova nel 157G al tempo che una fiera pestilenza travagliava la grande e popolosa citta di Milano. Questo lagrimevole avvenimento ha porto su- bietto al prof. Giuseppe Ignazio Montanari di scrivere un nuovo inno a lode del Borromeo. Di molti bei ver- si si compone questo sacro carme; e noi noteremo que- sti , che descrivono parte di quella dolorosa e ter- ribile rauitalila : Inno a S. Caulo 3^g „ Per le strade deserte in sacramealo „ Già Cristo move , e suon di pia preghiera „ Giunge agli orecchi moribondi come ,, Olio diffuso su la piaga. Avvenne „ Che alcun misero addutto innanzi morte „ In sulla funeral biga , levossi ,, Di sotto al carco di gelate salme ' „ E richiamato dalla tua presenza , „ O agnel di Dio che le peccata togli , „ Diede un grido di affetto ; indi sporgendo „ Innanzi il capo e la persona , volle „ Pascersi di tue carni , e consolato „ Dal benedetto cibo i lumi chiuse , „ Si ricompose un poco , e poi spirò. Né sono manco belli i seguenti , con che il poeta « volge al santo , e lo prega per la misera Italia : ,, Salve , spirto divin , salve , speranza „ Degli afflitti mortali : ed or che in cielo „ Ti godi al raggio del superno lume, „ Ti tocchi il cor pietà d'Italia tua » Che si periglia in mar battuta e vinta „ Ornai da fortunose onde. Da lungi „ Fero minaccia duoli un morbo , a cui „ Argomento mortai non è che basii. „ Le madri esterrefatte al noto nome „ Stringonsi al seno palpitando i figli : „ A tutte genti si dipinge il viso „ Di subita paura, e fieramente „ Treraan le vene combattute e i polsi. Nei versi, che a questi conseguitano, è una viva di- pintura di quel recente morbo crudele , che è stalo 350 Letteratura funesto a tante regioni di Europa ; i quali versi so- no da noi pretermessi , perchè vogliamo registrare un breve saggio della traduzione , o a meglio dire , pa- rafrasi del secondo capo di Abacuc , recato in versi italiani dal lodato professore , e stampato dal Nobili in Pesaro. Ecco quale minaccia faceva Iddio al su- perbo re Nabucco per bocca dell' ispirato profeta : „ . . . Chi delle mie parole Sulla fé' non riposa , è mio nemico. Godrà letizia intera chi contento ],' S'adagia a mie promesse. Or l'empio esulta , „ E in alto estolle la superba fronte. „ Carco è di brame più che morte ; inferno „ Si stende man che i suoi desiri. Genti „ Aggiunge a genti , e fatto un popol solo Ne tien governo sanguinoso ed empio. „ Forte si crede , e se ne piace : ei sogna „ Nel vin com' ebbro , e del suo sogno pasce L'alma fastosa. Ma in brev' ora tutto „ Andra in dileguo , e riraarrassi al fondo Senza onor , senza impero. Inno di scherno Gli canteranno i popoli che Uscirò „ Di sotto il grave giogo •• ontoso metro „ Contro lui grideran. - Chi nell' altrui „ Pone le mani , e delle sue rapine „ Si fa scala a regnar , mal s'abbia ! - . . . Filippo Mordani. 35i Osservazioni sul bello. {Art. V.) (1). s e come \ facile sentire il bello ed il sublime, fos- se pur facile definirlo : noi non avremmo a tornare tante volte su questo argomento. Ma qui ciò che tocca pili forte il cuore fa quasi velo al giudizio: e forse è ordinato dal supremo architettore , che questo velo mai non si tolga , se non cola , dove fuori di que- sti impacci mortali , guardando nell' eterno sole, ogni vero e ogni bello ci sarà in lutto e pienamente pale- se. Non ci staremo per questo .- e, lontani da viltà co- me da presunzione, verremo se non altro notando quel- lo che gli altri specularono. Non invano ci è dato l'iutelletto , il quale , perocché da Dio ebbe aggiunte le ali, conviene che voli, e studi di appressar se quan- to più può a queir altezza , che vince ogni pensiero non il desio. Quando pure volando non potessimo giu- gnere molto innanzi i e non è da lusingarsene) , vi sa- rebbe sempre nell' esercizio delle facoltà della mente il supremo , e spesso il solo dei conforti ne' mali che ci affliggono. E ciò che un uomo solo non può , non è a disperare che in qualche parte e meglio al- meno noi possano più e più uomini insieme rivolti ad uno scopo lodevolissimo. Perchè seguitando il pro- posito nostro , prendiamo a riferire l'opinione di Fe- (i) Vedi giorn. arcad. art. I. tom. L pag. 190, art. II. tom LI. pag. a6i, art, III. tom. LUI pag. 283, art. IV. tom. LVL pag- 99- ■'52 L E T T E IV 'a T U R A clerico Ancilloti intorno alla natura del hello e tlel sublime (2). I due caratteri del bello, i due elementi die co- stituiscono questa nozione , sono varietà ed unita. La varietà adempie i bisogni dell' imaginazione , e por- ('0 ad essa il piacere piiì conforme alla sua natura e alle sue leggi : l'unita è necessaria perchè l'intel- letto possa comprendere , giudicare ed approvare un* opera dell' arte. Cosi un beli' oggetto , considerato in se stesso , dee presentare la più gran varietà colla più grande unita possibile ; e , considerato nell* ef- fetto che produce nell'anima , egli consiste in un eser- cizio {jeu ) libero , facile ed armonico dell' imagina- zione e del giudizio. Questa definizione del bello , o più tosto la breve analisi che abbiamo dato di questa nozione , spiega ciò che vi ha di universale e di assoluto in tutti i nostri giudizj su la!c materia , e ciò che vi ha di relativo e d'individuale. Pochi oggetti sono stati giu- dicaii belli da tutti i popoli , in tutti i tempi e in tutti i lnoi>hi ; ma in tulli gli oggetti che sono stati giudicati tali si ritrovano , per que' che hanno por- tato un cosifTatto giudizio , i segni caratteristici del bello, unitk e varietà: ed in coloro che ve li ritro- varono hanno essi prodotto l'esercizio libero ed ar- monico dell'immaginazione e dell'intelletto, di che ab- biamo parlato. Secondo che in un popolo l'immagina- zione o il giudizio è facoltà dominante, oggetti di- versi potranno piacere , sotto il rapporto della bel- (">.) Essais philosophiques, ou nouveaux mélanges de lit- térature et de philosophie. Paris et Genève 1817 toni. II. p. 3o8-3i6.- De Tipaldo del sublime , trattato di Dionisio Longino. Venezia iS54 p- i85 e segg. DsL Belio 353 le^za. Nel caso che l'immaginazione abbia prepondera»- za decisa sul giudizio , un popolo sarà più sensibile alla varietà che all' unita : nel caso contrario che la forza del giudizio prevalesse su quella dell' immagina- zione , un altro popolo sarà più tocco dall' unita che dalla varietà. La letteratura del secondo porterà l'im- pronta del gusto , più elle del genio: e in quella del primo sarà più vivacità e meno misura , più forza e meno assennatezza , più genio e meno gusto. Lo stesso può dirsi delle differenze , che presen- tano in questo rapporto gì' individui. I loro giudizj paiono sovente contraddittorii , perchè l'uno ha più bi- sogno d'immaginazione , e il suo spirito e più colpito dalle bellezze de' particolari , dall' arditezza delle idee e delle immagini, dalla ricchezza delle finzioni e dei sentimenti , che dai difetti di piano, d'insieme, e dai vizj delle proporzioni : intanto che un altro , con più finezza di spirito e delicatezza di giudizio , e con meno vigoria d'immaginazione ed altezza di sentimen- to , preferirà opere meno ricche e meno ardite, ma che offrano il rapporto perfetto delle porti al tutto , e si distinguano per un rispetto scrupoloso ad ogni maniera di convenienza. Intanto niuno dei due elementi del bello non può mancare in una qualunque letteratura , benché l'uno air altro possa prevalere. Se le opere di una lettera- tura non offrissero che varietà nelle idee e nelle espres- sioni , senza ordine , senza insieme , senza unita , es- sa sarebbe in uno stato d'infanzia : la sua energia sa- rebbe un' energia selvaggia , e la sua ricchezza ap- parente non sarebbe che disordine d'immaginazione. Se l'unita non si ottenga che a costo della varietà , se r ordine non annunzi e non provi che una povertà reale ; una letteratura di tal carattere non avrebbe eh» un inerito negativo: malgrado della sua regolarità, essa 354 Letteratura non inspirerebbe alcuna sorta d'interesse , rassomiglie- r«bbe uno scheletro ben conservato , che può istrui- re , ma che non potrebbe piacere , al quale augure- resti carni , calori e vita. Il sublime è di natura differente dal bello. La misu- ra , l'armonia delle parti e del tutto , proporzioni ri- gorose ed esatte , sono caratteri essenziali a quest' ul- timo : l'altro tiene a qualche cosa d'indefinito , d'in- commensurabile , d'illimitato, e consiste nel sentimen- to o nel presentimento dell' infinito. Noi riceviamo l'impressione del sublime da tutti gli oggetti , i quali ci porgono la prova, il segno o l'immagine di una for- za grande e prodigiosa , in cui l'immaginazione si perde e noi non vi ravvisiamo confinì. Nella natura fisica tutto che si annuncia come immenso nello spa- zio e nel tempo , la rapidità , la forza , la durata del moto , l'oceano , le montagne , la estensione del cielo , le cateratte che precipitano sempre con eguale violenza e ricchezza , i fiumi e il loro corso unifor- me , maestoso , non interrotto , il deserto e il suo vasto silenzio hanno qualche cosa di sublime che pe- netra l'anima , l'assorbe , e le arreca ad un tempo il sentimento di sua grandezza e di sua piccolezza. Cotali oggetti l'opprimono, ma quell'oppressione le è cara ; l'uomo in siffatti momenti ben sente di non occupare che un punto nello spazio e nella durata. Quel sentimento dovrebbe tornargli umiliante, tristo, pe- noso : e tale sarebbe in realta, se il pensiero non elevasse lui al disopra della materia e a questa non prevalesse , e se egli non sentisse nel suo proprio se- no una forza , della quale non iscorge i limiti : for- za , la cui attività è indefinita. Nel mondo intellettuale , la possanza del genio e l'impronta unica, indelebile, che esso pone alle sue opere, sono sempre sublimi. Donde viene che il genio Del Bello 355 produce una specie di tristezza pura, disinteressala, celeste SI in quelli che possiedono quel foco divino (3), sì in quelli sui quali esercita la sua influenza e la sua azione. Un' intelligenza elevata , vasta , profonda , lu- minosa , un'immaginazione grande, ardita, feconda, facile , una sensibilità forte , energica , viva ( brìi' ìante ), le quali pare che sorpassino i limiti dell' umano, od almeno gli allontanino , ed ingrandiscano la sua sfera , danno a noi il sentimento sublime degl'^ira- iiiensi tesori della perfettibilità, che l'anima uraania possiede e cela nel suo profondo. Nulla di più su- blime della ragione eterna e dell' universo , che ne è Io specchio : rudla di piti sublime del pensiero in- definito { pensée in/inìó ), e della natura di quel pensie- ro vivo e reale ( réalisée ) . Nel mondo morale, non vi ha di sublime che il potere e la purezza del carattere. Il qual potere si annunzia , e si slima dal numero e dalla gravez- za de' sacrifizi , che ottiene dall' uomo. La misura del valore de' sacrifizj non si trova nei loro effetti , dipen- denti dalle circostanze : ma ne' contrasti che li pre- cedono , e negli sforzi che li accompagnano. Si trion- fa di se , o della natura : di se , sacrificando le pro- prie passioni al dovere , e tutti interessi a quello della grandezza e della perfezione morale ^ della na- tura , astenendosi volontariamente dai piaceri che es- sa ne offre , e sopportando le pene che essa ne di- spensa , rifiutando i suoi favori , e sfidandone i ri- gori dove la morale il richiegga. Questi principi sul bello e sul sublime non sono altro che fatti del sentimento osservati , generalizzati (3) Queste espressioni s' intendano nel senso di quelU di Ovidio : Est deus in^^nobjs } agitante calesciiows ilio. 356 Letteratura «d espressi. la questa generalità pajono evidenti ; ma j la loro applicazione presenta molte difficolta. Fin qui I r AncJllon. \ Parlando del sublime corre alla mente d'ognuno | il trattalo di Dionisio Longino ( se pure non voglia attribuirsi coli' Amati a Dionisio di Aiicarnasso ) (4) . Crederebbesi di trovarne ivi la definizione ; ma quel retore , qualunque siasi , scrisse in aggiunta al trat- latello di Cecilio , il quale avea fatto almeno ogni sforzo per dimostrare che cosa sia il sublime ( a chi l'ignorasse ) : per cui quegli , che venne appresso sullo stesso argomeoto , non altro si propose , sic- come pare , che di educare il sentimento , si che l'uomo non iscambiasse il bello e il sublime con ciò che tale non è : e si limitò specialmente alle cose dell' elo- quenza. Non è giunto sino a noi il trattato di Ce- cilio: e ciò che rimane del trattato, che va sotto il nome di Longino , bastava appena allo scopo ; ac- cennando egli stesso l'autore sulla fine un altro trat- tato ( e ci manca ) cioè degli affetti, che ( com' egli mostrò di opinare ) tengono parte non piccola di ogni orazione e dello stesso sublime : ed accennando al- trove di avere scritto anche in non so quale altra sua opera, che tale sublimità (del concetto) è l'eco della grandezza del sentire. Ciò non ostante crediamo di porre qui sotto al- cuni tratti , che serviranno a leggere quanto si può nella mente dell' autore del sublime , valendoci della versione fattane ultimamente con diligenza dal prof. Emilio de Tipaldo [5). Ravvicinando le idee degli antichi a quelle de' moderni , potrebbe nascerne qual- (4) Giorn. arcad. tom. LXI pag. 194 - 209 , ed altrove. (5) Yedi sopra noia (2). Drl Bello 357 che scintilla (come nasce talvolta accostando un cor- po ad im altro di diversa elettricità ) e venir luce dove adesso e oscurila. L'autore dopo essersi scusato sul principio a Po- stumio Terenziano {pag. 78-79),, dallo spiegare an- „ ticipatamente con più parole come sia il sublime „ una cotale elevatezza ed eccellenza del dire ; e che ,, i sommi poeti e prosatori , non per altra via che „ per questa, primeggiarono e abbracciarono il seco- „ lo colla fama del loro nome,, aggiunge che,, il „ mirabile , recando violenza e forza irresistibile, si- „ gnoreggia al tutto l'uditore. „ E più innanzi, sviluppando un po' meglio le sue idee, dice (png. 94-95):,, L'anima nostra viene innal- „ zata in certo modo dal vero sublime , e prendeii- „ do un' altsra elevazione si riempie di gioja e di „ nobile orgoglio , come s'ella medesima avesse par- „ torito ciò che ha ascoltato . . . Quello è veramente ,, grande, che molto da a contemplare, contro al ,, quale e difficile , o per meglio dire impossibile il „ far resistenza , e di cui tenace ed incancellabile è „ la memoria. In generale quelle giudica belle e vere „ sublimità , che piacciono sempre ed a tutti. Pcr- „ ciocche quando lutti coloro che differiscono di pro- „ fessione , di vita , d'inclinazioni, di eia , di favelle „ sono dello stesso parere intorno alle medesime co- „ se ; allora il giudicio e consenso di uomini cosi „ discordanti acquista una forte ed incontrastabile cer- „ tezza sopra la cosa ammirata. ,, E qui viene ad- ditando cinque sorgenti della grandiloquenza. „ La pri- „ ma e prestantissima si è la facoltà di abbracciare „ abbondanti concetti ... la secondu è raflfetto vee- „ mente ed entusiastico. Ma queste due cause efficienti „ del sublime sono j)er lo più ingenite ; e le altre ■„ poi si acquistano anche per aite , cioè il modella- 358 Letteratura ,, mento qiial eh' e' sia delle figure ... ed inoltre la „ maschia frase ... La quinta cagione della graa- „ dezza , la quale tutte comprende le precedenti , „ sì è la costruzione dignitosa ed elevata. „ Non se- guiremo passo passo l'autore , che sarebbe un andar troppo per le lunghe , e non bisogna al proposito no- stro : bensì riferiremo alcun che dove parla del con- cetto ipag. 97-1)8): ,, Bisogna allevare l'animo nostro ,, alle grandezze , e renderlo mai sempre quasi pregno ,, di generoso spìrito. In qual modo dirà alcuno ? . . . „ Tale sublimila è l'eco della grandezza del sentire. „ Laonde si ammira talvolta per se stesso un nudo ,, pensiero , anche senza voce , per la sola grandezza „ del sentimento. ... Le sublimi cose s'incontrano in „ quei che hanno uno spinto straordinariamente ele- ,, vato. ,, Dal che ne consegue, contribuire al sublime la mente capace di grandi concetti , l'abito alle cose grandi , e la fuga del frivolo e servile ne' pensieri come nelle opere: inoltre la imitazione de'sommi scrit- tori, immaginandoli eziandio come presentì a giudicar- ci, (pfig- 1-1). ,, Ma più di queste cose sarà efficace ,, stimolo se aggiungerai : Come ascollerebbero tutte „ le età future le cose da me scritte ? „ Alto inse- gnamento , che ci consiglia a tacere , quando non ci sentiamo da tanto di dire cose degne dei secoli avvenire. D. Vaccolini. 350 «iS BELLE ARTI Due scritti autografi del pittore Pietro P^annucci da Castello della Pieve , cognominato il Perugi- no , scoperti nella sua patria in febbrajo delt an- no 180 5. Perugia tipografia Baduel ^ presso f^in- cenzo Bartelli , in h di facce 8 , con 2 tavole. I 1 bello e spazioso affresco di Pietro Vannucci , che si conserva nell' oratorio di s. Maria dei Bianclii in citta della Pieve , avea bisogno di venire sottratto alle ingiurie procurategli dalla negligenza e dalla incuria dei tempi passati , e talvolta dalla infelicita della sua situazione. A migliorarne la condizione pertanto , ed a liberarlo da una perniciosa umidità , che Io mal- trattava fino dalla sua origine , divenendo piiì fatale ogni giorno , era d'uojw sbarrazzarlo da un terraDie-» no , che ingombrava la parete opposta a quell'into- naco, e nella stanza allo stesso oratorio addossata. Pre- siedeva al lavoro il sìg. Giuseppe Belletti , lo cui zelo per le glorie della patria erasi già manifestato fino dall' anno 1830 per la pubblicazione della di lui storia municipale. Nel movimento di quelle materie , siccome risulta dal suo foglio trasmesso in Perugia il giorno appresso a quello di sì lieta scoperta , ebbe egli la sorte di rinvenire (juattro vasi sottili di ordinaris- snua fabbrica , i quali conlt:nevano forse le varie tinte 360 B K L L E A R T I^ dal Vannucci stemperate , ed usate in quel singolaris- «imo ÌQtonaco ; ed un tubo di latta nella lunghezza di tjuattro pollici sopra due del suo diametro , il quale racchiudeva i due autografi , che ora , per la diligen- za e per lo zelo del benemerito inventore ed attuale sindaco della compagnia di s. Maria dei Bianchi , si pubblicano " . Così narra la storia del ritrovamento delle due lettere autografe del grande maestro di Raf- faello, il eh. sig. cav. Gio. Battista Vermìglioli , edi- tore delle medesime , il quale non lascia mai passare occasione di render se ognor più benemerito dell' ita- liana storia , e delle glorie della sua Perugia , della quale forma uno de' più nobili ed illustri ornamenti. Le lettere sono del tenore seguente. I. Charo mio segnare ,, Li penctura che vonno fa nelle oraforo de de- „ scepr/nate , ve vorieno a meno ducieiicto florene. Io ,, me contenctare de cento come paisano et venticmcue ,, scubeto, Glatre in tre ane venticue 1 ano. et si dicto ,, contracto sta bene me mande la poleza et le cuadrine „ et sera facto et lo "saluto. ,, Io Piectro penctore-mano propria. Peroscia yen- ,, cte de frebaio IO5O4. al di fuori ,, Allo Scineco de Descrlpcnatc de Castello de la Pieve. f ELLE A r. T l 361 Charo mio Segnore ,, Subito me manne la mula et col pedone che vei- „ rone a penctora et fa la poliza pe strencue florene et „ così calato venticue florene et niente più me salulere ,, la choma et lo saluto. „ Io Piectro penctore mano propria. Peroscia 1 de „ marzo 150j. „ Cosi l'una , come l'altra di queste lettere si rife- riscono air opera della dipintura fatta in patria a fre- sco dal Perugino. Il eh. editore , osserva che della paleografia e dell' ortografia di Pietro si aveva già un saggio nella lettera divulgata fin dal 1804 dall' Or- sini (1), riprodotta poscia nel 1820 con la scrupo- losa esattezza del facsimile da lui medesimo. E' poi ben giusto quanto egli aggiunge , che quella prima lettera del Vannucci non era da omettere nella ristampa delle lettere pittoriche riunite da raonsìg. Boftari fat- ta in Milano nel 1822 , con appendice di nuove let- tere. Altre volle mi è accaduto di esternare il mio pensiero in su tale proposito , dimostrando quanto in tale raccolta , che sarà sempre egregio monumento de- gli studi del dotto prelato , resti tuttavia a desiderare. Può vedersi nel tomo LVII di questo giornale un saggio delle lettere dimenticate dal Bottari , e da me riu- nite , intitolato air illustre mio amico prof. -Salvatore Betti. Darò presto una continuazione di quel lavoro , di minute ricerche , e di lena non breve. Quanto è (t) Elogio di Pietro Perugino a e. 37. G.A.T.LXIII. 23 362 Belle Arti poi delle zelantissime pratiche le quali di\>enir potes- ser'o utili alle arti , e alla migliore notizia di quelli che per esse salirono a bella altezza di gloria , che il eh. Verraìj^lioli propone suH' esempio di sì lieta sco- perta, noi di gran cuore ci sottoscriviamo ad incul- carle a tutti colora, che amano di casto e sincero af- fetto questa patria italiana, che fu sempre agogni sa- pere maestra (a e. B ). Cav. P. e. Visconti. 3G3 nmvaptaf^viwijnmiM imii ■ i ■« wniii^Bi.nw.i.imj m mi— wi ■ ■ame V A R I E T A^ Poesie e prose dedicate al reverendissimo sic;, canonico terf- logo Adriano Tarulli di Matelica , che ha predicato la quaresima del i835 in Lugo.-Lugo per V. Melandri in 8. di pag. 4;. J-JccD una raccolta di vari fiori , alcuni de' quali sono degni alla corona meritata dal s.icro oratore : il cui nome è già in bella fama per lode di eloquenza. Leggendo e rileggendo ne v^rsi , ci siamo arrestati con piacere alla traduzione latina , che .'iiegue. B' lavoro dell' avvocato Luigi Grisostomo Ferrucci , che' ha posto a rincontro la vulgata , e la letterale dell' al). Michelangelo Lanci. In sententiam lnh , cap. XXXIX v. 19 seqq.. DE EQUO Forsan equo adjicias aninios? volitantibus ornes Colla jnbis ? tollas s dientem more locustae? Territat ille acri hinnitu , cavai ungue subactani Tellurem , exultatque audax , seque obvius adferl , Spu quis tela gerit , seu quis vult stringere contra , Nil tropidat , nec se ferri mucrone recellit. Pul.sa phareira super sonet , hasla coruscet , et uiiibo , Invadens vor;tt ille viam , tenditque , fremitque. Conciniiere tubae , nec j.ìm clangore movetur , Colligii ast iras , et longe naribus hostcni Praecipieus, jiissa adfcclat , niediosquc Inraullus. 23"^ 3G4 Varietà' Le^t'eado nelle prose ci siamo più- con piacere arrestali a due capitoli tolti dallo Specchio di vita cristiana di fra Vincenzo Giaccari domenicano , che fu da Lugo e fiorì sul cominciare dal secolo XVI. Quel buon romagnuolo scrisse in modo da emulare que' chiarissimi suoi confratelli Passavanti e Ca- valca . Ecco un saggio di quello stile , che non solo ti empie le orecchie , ma te le colma : né solo ti colma le orec- chie , ma anche il cuore ,, . . ■ . Tutta la virtù di buona edu- ,, cazione sta, nel principio esser messo nella via de' buoni „ costumi : giacché , come dice la scrittura , lo adolescente „ fanciullo , secondo la via primamente imparata ritenuta ed ,, usata nella lenerella età , così resterassi nella vecchiezza sua. ,, Volete adunque voi, padri, utilità , onore e consolazione ,, de' vostri figliuoli , quando saranno grandi? castigateli fino ,, a lauto che sono piccoli , e, come piante novelle, facili all' ,, essere piegali al bene. Né mai gliene lasciate vincere prova „ alcuna , né passar mal costume , né atto alcuno , benché „ paresse di poca importanza , che non sia per vera censura ,, di virtù congruamenle emendato. Per questo dice la scrit- ,, tura : Se tu hai de' figliuoli , fin che son piccolini , piegali ,, e castigali. E in altro luogo : Ha in odio il suo figliuolo „ chi non lo castiga per tempo. Ma quegli che lo ama , con- „ tinuamente lo emenda , castiga , ed ammaestra ne' santi e ,, virtuosi costumi. E qual è il buon padre , che non casti- „ ghl il figliuolo suo? dice l'apostolo. Ed esso Dio dice : QueU ,, li che amo gli castigo ed emendo. E bisogna cominciar „ per tempo : che se possibil fosse, bisognerebbe cominciare ,, a castigarli nel ventre della madre. ,, Sarebbe cosa degna, che il lodato sig. avvocalo Ferrucci ponesse ad effetto un suo antico divisamento di darci una nuova e corretta edizio- ne dell' opera del Giaccari , come già ne diede V Esposizione del pater nostcr dello stesso autore : di che è a vedere quel- lo che ne dicemmo nel voi. 102 a pag. 38j di questo gior- nale. Ne sarebbe giovala non pure la lingua , ma il costu- me ; cIk; è lauta p;nle della privala e pubblica felicità. D. Vaccoliwi. Varietà' 3()5 JtVechiamo qui un'ode del celebre prof. Giovanni Rosini di Pi- sa , e degna di lui. Il che tanto più volentieri facciamo, quan- to elle in essa è gridato il perpetuo grido de' veri e grandi sapienti della nazione contra le turpitudini letterarie di pa- recchi italiani moderni , che noi non cesseremo di chiamare sempre con Carlo Botta feri traditori della patria. A don Andrea Corsini duca di Casigliano pel figlio natogli nel MDCCCXXXF. ODE 'uando, fra tanti palpiti, E preci all' ara di Lucina intorno , Col rinascente secolo Gli occhi schiudevi , eletto spirto , al giorno E in giro accolto , ti splendeva in viso Il primo raggio del materno riso ; II. Udimmo gì' inni e i camici Sorgere al ciel dai coronati altari , E la letizia e il fremilo Piiempier l'aule degli aviti lari , Fra le danze , che intorno all' aurea cuna Conducevan le muse e la Fortuna III. Con tali^ auspicj il placido Corso degli anni , che si presto a sera Giunge , passavi ; e rapidi Spariano i sogni dell' età primiera : Beata età! sogni diletti! in cui Felice è l'uora , non conoscendo aluus. ?,C)G Varietà' IV Crescesti. Al bello, al semplice Cliiron famoso ti schiudea la via: Ai precetti l'esempiu , E agli esempi compagna era Sofia ; Che le vetuste e le moderne carte Empiè di senno , di dottrina e d'arie. E senno erau le favole Ch'ella in Grecia compose, e il magistero Che vita infuse ed anima'' All'onde, all' aure, ai sassi , al mondo intero: Onde più l'iiom solo non fosse , ed onda Rispondesser chiamate e l'aure e l'onde. VI. Se venne a ripercotere Una voce negli antri. Eco fu detta; INome prendea di Zefiro , E Flora amò la vagabonda auretta; S'abbellì la natura; e popolato Fu di numi per lei tutto il creato. VII. Essa die l'ale al fulmine, Le penne ai venti, e immortalò l'alloro: Die rolto agli astri ; apparvero Col crln gemmato e coi coturni d'oro Diana e Citerea; guidaron l'ore Del sole il cocchio ; e fu dovunque amore. Varietà.' 367 Vili. Amor , che per le tenebre Del Caos distendea le piume ardenti , E col fecondo spirito Preparava le forme agli elementi , Pria che lasclasser l'acque il suolo asciutto ; Pria che fossero i cieli , e fosse il tutto. IX. L'idea sublime intesero Artefici e poeti. Al vulgo oscura Restò ; ma nelle pagine Pu linguaggio alle menti , a'rai pittura . E le gemme , le tele , i bronzi , i marmi Vinser sovente il paragon dei carmi. X. Lieto fra tante immagini Volgevi a liete sorli i passi erranti ; E ti pascevan l'anima Amore e poesia co' loro incanti ; Quando agli sguardi t'appari la cara Vaga donzella , che guidasti all'ara. XI. Ma sul fecondo talamo L'inauspicata parca , oimè ! s'assise ; Tre volte , la funerea Force stendendo , il primo fll recise Dello stame vital. Rise la rea Dei vostri affanni ; e trionfar parca. N. 36S Variata' XII. Alla dolente in lagrime Madre infelice , quante volle e quante Fé l'Amistà benefica Rasserenare il torbido sembiante ! Ma in suo segreto ne gemea , vedendo Tristo il passato , e l'avvenir tremendo. XIII. Alfin sei padre ; e il fervido Anelar t'assalì , che il core accende , Quando l' invade un giubilo , Che chi padre non fu mai non intende .■ E nel sen della sposa , e negl' immensi Diletti il mal di tanti di compensi. XIV, Sei padre. Ed io , che supplice Alla Speme rivolsi i prieghi miei , Di nuovi strali , a Pindaro Tolti , armar l'arco , e saettar dovrei Contro il vel , che nasconde i di futuri . , Ma da qual nume prenderò gli auguri ? XV. Tutto cangiò. Non cessero Forse le muse a fede larve il loco ? Non spariron le Grazie ? Non spezzò l'arco Amor ? L'eterno foco Non è spento di Vesta ? e rovesciato Non fu in cielo del sole il carro amato ? Varietà* 369 XVI. Forse le caste pagine , Dove si bella è la gentil francese , Non son neglette ? I rapidi Voli , che stende il cigno ferrarese , Non son tenuti a vii ? Spregiar non vedo Il cantor di Cloi'inda e di Goffredo? XVII. A che le Grazie e Pallade Dunque invocar , che dal distrutto regno Colle pierie vergini Di lor arti al fanciulli^ orniu l'ingegno ; Se il peregrin linguaggio ( onde la vena Fu tra noi sì feconda ) è inleso appena ? XVIII. Quando accoglievan l'esule Nasòn le piagge tornitane orrende , Sciamai' s'udiva : ,, Il barbaro ,, Sol io qui son, poiché nessun m'intende ! „ Ed ai lamenti del cantor latino Rlspondean l'Istro e il nereggiante Bussino. XIX Signor , cui tanto arrisero E Lucina ed Amor , stendi gentile Tu al mio cantar l'orecchio , Misero avanzo dell' antico stile ; Di quello stil , che già facea le fronde Penèe dell' Arno germogliare ali' onde. 3Y0 V A R I K T a' XX. Ch' io , nel cui petto fervono Ancor gli spirti della verde etade ; Mentre gli spettri e i lemuri Vagando van per Pitale contrade ; Ai pie mi prostro di Sofìa , ne abbraccio Gli abbandonati altari , attendo , e taccio, INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL TOM. XLIII DEL GIOimALE ARCADICO. Nota de compilatori e de collaboratori. SCIENZE. Medici , Manuale di fisiologia. pag. ì -— Peretti , ^ulla rabbia de' tintori ec. p. 34 — Massimo , Passaggi di Mercurio sul disco solare ec. p Ul — Tortolini^ Trattato del calcolo dei residui, p. 8G — Pianciani ., Memoria sulla grandine. p. "139 249 Jlrago , Elogio istorico di Alessandro Voi- ta.,tradotto dal conte Giuseppe Mamiani.p. — 277 LETTERATURA. Mai., Discorsi. p. iGI *-- Guzzoni , Cenni su Raimondo Desèze. p. 174 — Pungileoni , Commentario intorno ad An- tonio Urceo. ^.181 — Montanari , Intorno al suo volgarizzamento di un epitalamio delt Ariosto. p, iSd — f^accolini , Dialogo fra la poesia e ta ra- gione. /9. -198 — Emeric- David , Jupiter. /?. 201 — Fracassetti , Di uri opera inedita del Mor- celli. p. 205 ~ l^acGolini, Intorno alcav. Cesare Ercolani. p. 211 — Tipaldo^ Biografia de gV italiani illustri ec. p. 2\^ — Biondi , Orazione al S. P. Gregorio XFI intorno al restauramento del palazzo pon- tificio lateranense. p. — 321 Montanari^ Inno a S.Carlo Borromeo, p. — 348 p^accolini^ Osservazioni sul bello {Art. F'.)p. — 351 BELLEARTI Due scritti autografi di Pietro Perugino, p. — 359 P^arietà. Biografia di Giandomenico Romagnosi. Tavole meteorologiche. WIHIL OBSTAT Ab. D. Paulus Delsignore Gens. Theol. JNIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Coli. NIHIL OBSTAT Petrus Odescalchl Gens. Phii. IMPRIMATUR Fr. Doni. Butlaoni O. P. M. S. P. A, IMPRIMATUR A. Pialli Archiep. Trap. Vicesg. Il II 1 1 ■IIWW II l'in IM1 1— 8— BiXJM Osservazioni 3Ielereolo^i<.he. )( Collegio Romano J{ Giugno iS54. ■ Term. Tei-nioiiioU-o i t„^„„^ Vento I Pioggia Evapor. Sialo del Ciclo- ino/. r^bpo.zU.-} i 12' 6 ../ ^ V » 6 1^ 5 ij ;; ,. 6 '^4 __ , \ BP1C2SL 5» a o i5 1(1 17 iS 19 20 21 ■22 23 24 a5 a6 a; sS 29 1 io ■ Ore Baroiuet. Terra. Termometro Mas. Min. Igrom. a capei. Veulo Pioggia Evapor Stato del Cielo ma, ser. 2Sp. oli.-] ", " 4 i6" 23 5 25" 23 23 23 14° 15 5 0 9 52 7 0 0 OSO. m. 0 0 6 i. 4 „ oriz. vap. ,, criz. nuv. „ tutto ma. ser. 27 11 8 ,, „ 5 ., „ 9 18 5 22 li. 1 1 iti SO. ù. S. m. E. (1. 7 7 ser.nuv.sp. ciiiarissinio ma. ser. 26 0 7 14 20 5 ^7 i3 7 49 5o i\. m. NO. d. N. m. 5 ° scr.nnT .ip. chiarissimo ina. §'■ ser. .. >, 7 „ 3 0 ., » 3 14 21 16 7 " 3o 44 9 „ d. SO. m. 0 0 6 6 '' ina. ser. 11 )> 2 " 2 7 '4 23 ■9 25 " 11 53 N. a. 080. q. 0 0 0 6 0 " ina. ser. » » 9 -, „ 8 14 j '9 14 44 21 N. a. 0. m. 0 0 6 4 » ina. &'■ ser. ina. S'- ser. ,, >, 6 „ „ 5 ,> 1, 9 l3 3 24 18 itì 2 3 18 " 13 5 7 45 54 N. a. s. „ 0 0 6 4 :; ' h f ■ i i i ; T ì. „ ,, 7 » 3 0 24 5 25 14 12 42 r8 N. q. 0 SO. à. 0 0 6 5 )) ma. gi- ser. ma. «'■ ser. .. „ 7 ., 4 0 l5 33 7 i8 i5 12 4o 7 0. a. s. „ 5 7 velato . chiarissimo { » 5 7 •',' ,',' 4 17 5 25 18 4 27 " i 1! 12 57 4 0 0 so, a. 0 0 6 6 0 5 1 ina. gi- ser. V 3 7 lì !l Ì> « M 0 2Ì 20 16 40 5 s'.' (1! „ ni. )> ma. gi- ser. „ y 5 » » 0 » ,< a 9 j 25 j 10 i 28 i ]3 1 40 13 0 u S. d. 0 0 7 7 ser.vap. 1 " ! ma. gi- ser. ma. g>- ser. » „ ^ .. „ 3 »9 ) 23 6 25 18 5 1 »9 17 10 17 10 N. q. 0 S. f 0. ni. 6 7 nuvoloso j ., 1. 4 „ a 0 „ „ 6 iS 4 , 25 '24 .7 3 1 i 26 3 S. d. SO. d. 5 2 ser .uuv.sp. j cliiar. 1 ma. ser. 1 „ „ 8 V ,. tì !! „ 4 it) 7 2 3 '7 /, i .5 1 29 4 0 0 0. in. 5 0 sur. uuv.sp. i Ann: J tua umìttàmvsói i yiMiMufii HHCUtKSm , 1 1* \ 5,tVJM INDICE DELLE MATERIE Contenute nel voi. 191. ■] ^ >«»«< SCIENZE. Pianciaoi,Memoria sulla grandine (parte II.) p. 249 Arago , Elogio istorico di Alessandro Volta , tradotto dal conte Giuseppe Mamiani. p. 277 LETTERATURA. Biondi , Orazione al S. P. Gregorio XVI in- torno al restaurameuto del palazzo ponti- ficio lateranense. p- Sai Alontanari, Inno a S. Carlo Borromeo. p. 348 Vaccolini, Osservazioni sul bello (Art. V.J p. 35 1 GIORNALE DI SCIENZE LETTERE ED ARTI TOMO LXIV. LUGLIO , AGOSTO , E SETTEMBRE 1834 e 1835. ROMA NKLLA STAMPERIA DEL GIORNALE ARCADICO PRESSO ANTONIO BOULZALER ff JUlié- SCIENZE Esame critico di agostino Cappello sopra la officiale relazione del corso e degli effetti del choléra-mor- hus in Parigi e ne suoi dintorni , pubblicata dal governo francese nel 1 834. Articolo diretto al chia- rissimo sig. cav. Moreau de Jonnès membro dell' isti- tuto di Francia, e del consiglio supremo di sanità di quel regno et e. eie. I I terribile flagello del cholèra indiano, che nell 832 desolò la capitale della Francia , eccitò quivi T at- tenzione del governo , e risvegliò quella di non po- che incivilite nazioni. Soprattutto all'annunzio di quel- la catastrofe , fu commosso 1' animo di i\. S. Papa Gregorio XVI, che inviò cola appositamente una com- missione sanitaria , della quale avendo noi medesimi fatto parte , ne compilammo ragionata istoria , che per generosa cura della S. S. fu fatta di puLblica ra- gione , e di cui fu reso conio in questo giornale (1). Al qual proposito, prima d'inoltrarci nel presente ragionamento , ci corre debito per le iodi in lettere ed in istampe a quell' opera prodigate , testimoniare la nostra riconoscenza ai moltissimi sapienti italiani e fi) Tom. LIX. 4 Scienze stranieri , alcuni de' quali per sola spontanea urbanità ci si mostrarono oltreraodo cortesi (I). Stimiamo parimente opportuno mettere innanzi a questo renclicudto una nostra lettera indiritta al lo- dato signor Moreau de Jonncs con sua risposta. Di Roma 23 dicembre 18 34. Pregiatissimo signore e collega carissimo. Pel cliiar, signor Richard, professore di botanica in cotesta università, e lindirizzai una mia con due opu- scwletti, Tunu dei ([uali con apposita lettera in omag- gio air accademia reale delle scienze , l'altro per lei destinato. Gouiprorìdon essi alcuni economici schiari- menti dappresso una mia nota puhblicata come mem- bro di una commissione economica creata per ordine di Leone XII nel 1827. Dopo alcuni giorni di quel- r invio ricevei mediante la suprema segreteria di stato, una sua veneratissima del di 1G del prossimo passalo ottobre , in cui conlenevasi distinto ragguaglio delle stragi menate dal cliolèra indiano , piucchè nel de- corso anno \B'Ò'Ò , in diverse europee contrade , sa- li) Dobbiamo solo avvertire 1' inganno aperlìssimo di chi ebbe la degnazione di annunciare I' opera nostra nell'Antologia medica ( fascìcolo di giugno i834 , pag. 645-6 ). In essa scrivesi ^ver noi nel nostro lavoro sul cbolèra di Peirigi sviluppata ed applicata la dottrina pubblicata sui contagi del chiaro autore dell' Autologia. Se cccettuansi la dottrina dell' irritamento anteriore alla medesima , e professata da tutti i buoni medici d' Italia, e r ipotesi dell' appiccamento dei contagi ncll' ultimo stadio , noi dietro una severa analisi e replicati fatti abbiamo tutto all' opposto pensato e scritto. CuuLERA Morbus * 5 ptammodo in Isvexia (1), Cale a me assaìssimo Ji co- noscoie , come in onta delle misure amministrative , cola prese , abbia cotanto il male imperversato. Per l(j che io sono quasi certo che altre etiologiche ca- gioni abbiano ivi concordo : onde ella che è si genti- le e SI diligente nel perscrutare ciò che specialmente rissuarda V indiano fla^f^Ho , compiacerassi a suo beli agio di cerziorare , per indi comunicarmeli , i modi di vivere di quei settentrionali , i costumi loro , i cibi , i mestieri , ed infine le locali esposizioni ed abita- sioni , colle meteorolo"iche vicende cli€ vi domma- reno nella cholèrica ricorrenza. Sono pochi giorni che fortuitamente seppi , e lessi dipoi, il rapporto sul corso ed effetti del chol(^ra della commissione speciale di Parigi e suoi dintorni del- l'anno 18o2 fatto, non è guari , di pubblica ragio- ne. Ne sto io compilando un articolo a lei diretto , da inserirsi nel nostro giornale arcadico, ove già l'ho annunziato in una nota ad un mio estratto sulla topografia e statistica medica della citta di Napoli (2). Era io nel de- siderio di pregarla a provvedermi il parigino rapporto , quando l'ottimo Esquirol mi ha inviato l' esemplare a lui dato come membro della commissione cientrale durante il contagioso malore , avvertendomi non essere detta ope- ra vendibile, e perciò avere avuto a cuore di mandar- mela sollicitamente. Scorgerà ella le mie riflessioni, e alcuna dimanda , che io attendo dalla sua degnissi- ma persona , come indispensabile a rischiararsi per l'obbietto importante di cui si tratta. Imperocché se per ciò che appartiene alla statistica , vedesi quel rap- (i) In altra occassionerlirasìi da noi alla luce tutta la nostra corrispondenza col dottissimo accademico parigino (i) Giorn. arcadico lom. 65 pag. aa-G noia G ' S (; 1 fi tN Z K porto geiieialmente compilato colla nias'^inìa esnttez/.n propria della patria di Carlo Dupiu , di Duchalel , e di tanti altri valeatissimi statistici autori , infra i quali non occupa ella 1' ultimo posto ; se vari! punti igie- nici del pari utilissimi vi si racchiudono , molti an- cora assai necessari! rimangono a desiderarsi . Quel nessunissimo linguaggio di patologia , di terapia , e di necroscopia , non sembrami competersi ad un così interessante lavoro , in cui se vi travagliarono dili- gentissimi amministratori , vi cooperarono ancora i mi- nistri dell'arte salutare. Veggo però convenirsi da quei dotti in negativi modi sulT indole contagiosa del cholèra , poiché temono essi costa probabilissimo il suo ritorno. Di che se rattristasi di vero l'animo mio , siccome rattristerebbesi chiunque nutrisse umani sentimenti; prende d'altronde consistenza l'opinione dame pel primo, se mal non mi appongo, avanzata nel primo mio ragionamento sul cholèra delle Indie, cioè della mas- sima probabilità della sua universale naturalizzazione. Ne terrebbe se vi fosse alcun angolo della terra in cui i suoi germi non rinvenissero pabolo opportuno al loro svolgimento : siccome si è in alcuni luoghi osservato nel vaiuolo. (1) Prendo la fausta circostanza del prossimo anno novello per augurarglielo con moltissimi altri ricol- mo di tulte quelle prosperità che possa ella mai de- (i) Raynal , storia filosofica e polit. delle Indie, tom. XI pag. 91. Brera. Avviso al popolo sulla necessità di addottare l'inno- ceute e non pericoloso innesto del vajuolo vaccino pag. 38. Cre- ma i8oi. Ch OLERÀ MoRIiLS T siderale ; mentre co* sensi di alta stima e di affettuosa amicizia , itfi rinnovo Suo obblmo servitore ed affalo amico e collega Agostino Cappello lìisposta Paris le 16 janvier 1835 Monsieur et cher collègue , Le jour mérae qne le prof. Richard me remit votre ouvrage , je le presentai a T acadèmie royale des Sciences , et je doniiai verbaleraent les delails , que Ja circostance comportait. Vous Irouverez ci-joint les remercìraens , qui vous soat ad ress^s , à se sujet par r inslitut. Je suis fort aise d' avoir trouvé celte oc- casion de vous rendre devant lui la justice, qui vous est due. Je regretterais que vous attacliiez plus d' impor- tance qu' il n' en mèrite , au livre sur le cholc'ra de Paris dont on vous a fait l'envoi. Je suis persuade, qu' en le parcourant , vous aurez recoiinu corabiea peu il aggr^e avec ce dont vous-méme avez été te'moin. La vdritd est toujours dans son puits ; et l' on assure qu' elle doit y rester. (1) Croyez , mons'eur et cher collégue , au plaisir que i' ai a recevoir de vous nouvelles ; et recevez la nouvellc assurance de ma haute consideration , et de raes sentiments de'voue's. Vòlre tres-aSectionne. * A. MOREAU DE JONNÉS. (i) Riflettasi V insolito silenzio dell' illustre scrittore sul cholèra di Marsiglia notissimo , quando egli rispondeva. 8 Scie v l e Se i' opera di cui dobbiamo discorrere non r;if;giu- gne dunque lo scopo che il pubblico , e specialmente i cultori dell' arte medica, erano in diritto di attendere , formerà ella sempre un' epoca istori ca per gli utilis- simi documenti statistici con attenta pazienza di- ligentemente raccolti da uomini superiori ad ogni elo- gio in siffatte ricerche (1). Ne crediamo noi pren- dere abbaglio , poiché questa statistica raccolta nell' eguagliare quella celebre intitolata , Recherches statisti- ques sur la ville de Paris , rimane meglio chiarita dai capitoli che la precedono. Inoltre ciascuno dei 48 quar- tieri di Parigi vi si rappresenta con un piano piij rego- lare e piij esatto di quanti ne furono per lo innanzi ve- duti. CAPITOLO I. Cautele prese dalV amministrazione in Parigi avanti V invasione cholèrica. Ammessa dalla commissione 1' esistenza del chole- ra morbus nelle Indie da più secoli , ricordate le insoli- le nuraerevoli contrade dopo il 1817 dal medesimo per- corse , inclusive T Inghilterra , d' onde il suo passaggio in Francia ; converremo ancora colla commissione che nel di 15 marzo 1832 si manifestasse il cholèra a Calais. (i) L'opera è un voi. in 4.° con 2o5 pag. comprese in io. ca- pitoli , e nel loro riepilogo , cui fanno seguito settanta grandi prospetti statistici , e numerosi rami. Compongono la commis- sione i cbiar. signori Benoiston de Chaleauneuf, Chevallier , Devaux ( Leon ) , Millot ( Louis ), Parent Duchàtelet , Petit ( De- Maurienne ), Pontonnier , Trèbuchet, Villermc , Villot Neghiamo però lo svolgimento suo a Parigi nel di 2G marzo, come qui si asserisce. Imperciocché f osservaro- no più mesi avanti degnissimi medici di Parigi , e fu per noi stessi accuratamente certificato il genio sporadico , con cui cola ricorreva V indiano cholèra sino dal mese di gennajo (1). La qual cosa è poscia nel 3' capitolo ne- gativamente ammessa dalla stessa commissione. Siamo maggiormente stupefatti delle pronunciate sentenze del nessun valore delle barriere contro questa ma latria , de- gli sforzi inutili per combatterla , dell' ignota sua ca- gione , della ragione egualmente sconosciuta quando sparisce, e della nullità delle necroscnpie, convenendosi però al ritorno del morbo (2) . Se di osjai causa prima ignorasi V essenziale ragio- ne , lo stesso avviene nei morbi , principalmente con - tagiosi. Ne vi ha dubbio che intorno questi ravvolgansi misteriose condizioni , ma per una luttuosa esperien/.a notissimo ne è lo storico andamento. E' merce di esso che ammaestrati da irrefragabili fatti appongonsi proficue le barriere , e si arresta la loro difFussione. Laonde se r essenziale cagione del cholèra delle Indie , siccome di ogni altro morbo , ci rimane ignota , se ne manifesta l'indole contagiosa per gl'inconcussi storici fatti. L' ori- gine sua , il suo dominio in ogni clima, ed in ogni sta- gione , le salutevoli sequestrazioni ; piiì le chiarissime importazioni riferite da medici assennati ed imparziali , da noi ofFicialmente chiarite, e benché un poco tardi am- piamente in questi di accresciute e pubblicate nella stessa (i) Storia medica del cholèra indiano osservato a Parigi nel i832, pag. io, e 42-5. Roma i833 (i) Rapport sur la marche et le^ effels du choléra-morbus dans Paris , et les commuues rurales du déparlemeal de la Scj- ne,pag. 12 IO SélENZK Francia (1), confermano cotesta impoilanle verità. ÌSc dissimile da alcuni altri febbrili contagi vedesi talvolta 1' istantanea sua di sparizione. Che se volesse questo lin- guaggio applicarsi alla parigina cliolèrica ricorrenza , noi ripetiamo che colà dìsparv^e la malattia dopo esserne stati tutti , o quasi tutti attaccati i suoi ablìitatiti. Fac- ciamo poi le più alte maraviglie che T art a nvouè son impuissance (2) , mentre se poco o nulla essa valga nel- lo stadio algido (3), efficace diviene in quello di reazione: è tiionfantis.ima in quello d' irritamento , in cui 1' uti- lità dell' arte salutare mostrasi maggiore piucchè in ogni altro febbrile contagio (4) : di che sembraci avere ad- dotte valevoli ragioni (5). Nulla rivelano le necrosco- pie ? Pur vantaggiose noi le reputammo , e le riputia- mo (6). Se poco rileva la nullità necroscopica nei raris- rissimi casi di colèra fulminante, molta luce tuttavia ne appresta alla mente del medico sagace : nei comuni casi il carbonizzato sangue , i fluidi cholèrici , le pu- stole dell' iaterna membrana mucosa , in ispecic intesti-» naie ec. ec. non porgono lumi superiori alle necro- scopie di qualunque altro esotico contagio ? Non frut- tarono alcun che alla terapia e allo schiarimento del morbo i necroscopici travagli, egli esami chimici dei fluidi di tanti illustri medici e scienziati ? (i) Journal des connaissances medico-cliirurgicales. Janvier i835 pag. 129 à Paris. (2) Rapporto citato pag. id. (3) Che cosa vale l'arte nel vajuolo corruttorio, nell'intenso tifo , e più nella peste ? (4) Il qual fatto , senza punto discutersi dalla commis- sione, viene tuttavia accennato di volo al capit. Vili pag. iSg !! (5) Storia medica del choléra citata art. Vili, XV, e XVI. (6) Id. art. XIII. CniìLKRA MoRUUS 11 Diremo di volo che l'aulorita, quando il morbo era iti Londra, creasse nel di 20 luglio 1831 due commissioni, amministrativa 1' una , sanitaria 1' altra , e composta questa da celebri medici. Ci duole che quella non ese- guisse le misure le pm avvedute e lepiiì proficue dalla seconda suggerite. Lodevole tuttavia fu la risoluzione decretata nel vegnente mese di agosto , col formarsi di- verse commissioni sanitarie. Si compose la prima col ti- tolo di centrale , le seconde in numero di 12 comprese- ro i 12 circondari /li Parigi , e AS furono le altre com- missioni pe' i suoi 48 quartieri ; oltre due pe' comuni rurali del dipartimento. Comunicavano le commissioni di quartiere con quelle di circondario , e queste colla commissione centrale di sanità. Stabilironsi in ogni quar- tiere officj di sanila, e pubblicaronsi nel novembre (1831) salutari istruzioni. Gareggiarono i membri di quelle commissioni per rintracciare ciò che valesse a nuocere la pubblica e la privata salute , onde apporvi opportuno riparo. Assai pochi, a giudicio nostro, ne furono i felici successi . Riflette la commissione che le vìsite domicilia- ri specialmente rivelarono quante siano ancor nu' merevoU a Parigi le cagioni d'infezione e d' insalu- brità (1). Si narrano al fine di questo capitolo le cure prese dall' amministrazione degli spedali , che occupcs- si a preparare apposite sale pei cholèrici. Noi però li ve- demmo mescolati alla rinfusa cogli altri malati. Neil* Hotel Dieu, ed in Val-de Grace vennero soltanto nel- la estiva ricrudescenza collocati in sale separate. (i) Rapport sur la marche ee. cit. pag. 17. ]'^ S e » £ iN Z t' CAPITOLO II. Cenno sullo stato fisico e sanitario di Parigi al momento dell' invasione del cholèra. Dassi un rapido cenno sulla topografìa, geognosia^ e idrografia naturale ed arlifijciale di Parigi , e del di- paitiruento della Senna. Intorno le quali cose il lettore, cìie ne fosse vago , potrejjbc consultar l'opera , o tante altre che trattano diffusamente quest' argomento. Senza mai piti ripeterlo , vogliamo notare che vengono nella medesima arricchiti lattigli articoli delle rammentate tavole ; e dai recenti travagli di un cel. ingegnere veg- gousi varii monti parigini formati dai rottami e da altii materiali un tempo incessantemente ivi depositati. Si rammentano i suoi principali stabilimenti pub- blici in numero di 200 . Sono 3^ chiese cottoliche , 7 tempii consegrati a diversi culti , ì banca , 1 borsa di Commercio, i monte di pietà, 34 mercati ilssi , 7 grandi piazze, 27 teatri, T collegi, 42 caserme , 27 spedali ed ospizj , 13 prigioni , 5 stabilimenti di raalfazione , e 4 ceraeterj. Ricordansi i 26 ponti, di cui 4 sono sospe- si, che mettono in comunicazione le differenti parli della citta ; le quali per se sole sono intere citta , trasversa- te in tutti i sensi da 1 , 800 strade , vicoli , e da sor' prendenti gallerie. Dassi il numero de' suoi abitanti di 785 , 862 con 29, 000 case, 1 I , 000 delle quali han- no portoni da ricevere carrozze. I due circondarj (s. Dionigi^e Sceaur) che compiono il dipartimento del- la Senna, contano il primo 86, 682 ani\ne , e 73 , 154 il secondo. Pcriochè la popolazione totale del diparti- mento della Senns, che presenta le stesse condizioni di temperatura e di clima colli capitale , è di 945 , 698 individui. Collocato questo dipartimento in mezzo alla CnoLhRA Morbus 13 zona temperata , non vi si soffrono brucianti calori , ne freddi rigorosi. Avviene tuttavia alcune volte che il ter- mometro di Róaum. ascende nell'eslate a 28 e 30 gradi, e -liscende talora nelT inverno ai 14 gradi sotto al zero. Puossi [)er approssimazione stabilire il massimo della temperatura ai 5 di luglio , ed il massimo freddo ai 14 di gennajo. La tem peratura media dell'anno corrispon- de ordinariamente all' 8" grado del suddetto termome' tro , e si fissa ai 23 di aprile , ed ai 22 di ottobre. I venti che ivi più regnano , sono quei del s. , s-o. o. , n. , e n. o. Vi si osservano bei giorni sereni nell' esta- te, e la seducente stagione di autunno. Si sperimenta un intenso e penetrante freddo nell' inveino , che puossi di- ro continuato colia primavera ; e mollo svariata , non raramente, osservasi in uno stesso giorno la temperatura. Riandando poscia l'epoca di 12 passati lustri , pre- sentasi Parigi con un aspetto assai desolante. Ricorde- remo noi di volo un cimiterio nel centro della cìtta,sepol- ture innumerevoli, strade strette, fangosissime e senzalu- ce per le alte abitaiioni, acque stagnanti colme di ogni sozzura e putredine , in ispccie pel sangue e feccie, pro- venienti sopprattutto dalle numerose beccherìe, e mol- tissimi erano gli immondezza] perenni. Gli spedali ve- devansi in minor numero , contenendo un solo letto 7 e 8 malati !! Orbate le partorienti di un proprio os- pedale, ricorrevano all'Hotel D\eu ,ove un ristretto letto era destinato per 4 !! La meta di esse periva. Orribili non meno rappresentansi le antiche prigioni. Descrivesi quindi ogni sorta di recenti migliora- menti eoa indicibile vantaggio della pubblica e della privala igiene. Intorno le quali cose , in ispecie per gli ospedali , furono nell' opera nostra sul cholèra di Pa- riggi , e nel nostro viaggio medico a Charenton tribù- iti elogi non mai bastevoli a ridirsi. Malgrado di si gran- di utili Ccimbiamenti , la commissione , preeipuameiite 14 Scienze per le sozzure delle strade , ne riclaina ancora dei no- velli. Aussi la vote publique est elle loia encore de la proprietè qiie nos moeurs actuelles réclament , et cjiie rétr anger me me noiis demande (1). Si discorre de' nuovi quarlieri non paragonabili af- fatto cogli antichi. Se no»» che per la carezza de' prez- zi delle abitazioni ^ novaraente costrutte con vantaggio grande della classe agiata , ha dovuto la classe povera ritirarsi in contrade insalubri già popolate abbastanza. Laonde veggonsi i poveri affastellati in sucidi abituri , umidi, senza luce e senza aria. Al che, dopo lo scempio dell'indiano morbo, dassi salutevol consiglio per appor- vi riparo. Eziandio con orrore descrivasi come cosa bar- bara r esistenza del mondezzajo di Montfaucon , le cui esalazioni pervengono sino ai giardini delle Tuileries' Per le quali narrazioni, succintamente da noi esposte in- torno questo capitolo , rilevasi che la commissione nel lodare giustamente le utili istituzioni per 1' incivilimen- to arrecate , confessa sovente i mali che rimangono a togliersi, CAPITOLO IIL Invasione e sviluppo del cholèra in Parigi. Crediamo inutile di ripetere che l'orrendo morbo, pei fatti da noi avverati , serpeggiando da più mesi con ge- nio sporadico, sviluppò ivi con violenza sul finire di marzo , crescendo a dismisura con istragi ncll' aprile. I quartieri lungo la Senna furono principalmente attacca- ti, e soprammodo l'Hotel de Faille ^ de la Citò, degV In~ validi ec. Non sapremmo quindi ammettere il linguag- (i) Id. pag. 36 Cholkra Morbus 15 aio , cette hrusque apparition à la quelle on ne s" était pus attenda (1) , se non pei iscusare quelle misure non prese dall' amministrazione , sebben ricordate come adempite nel capitolo primo . Fu duopo quindi vol- gersi ;dla beneficenza de^li abitanti , che f;randis- simo esempio di carità diedero al mondo. JNè bas- tarono le sussistenze pecuniarie , gli alimenti , le biancherie ed altre stoviglie da essi somministrate , ma contribuirono colla propria opera al servizio degli in- fermi. Narra la commissione, che vi si consecrarono gio- vinetti studenti di leg^je e di altre scuole , e giovinette. Se non che noi siamo altamente maravigliati , che dopo replicati elogi odicialmenle rcnduti agli ecclesiastici (2), ninna menzione se ne faccia in questo conscien:ioso rap- porto , coaie i compilatori hanno chiamato. La stessa ingratitudine vedremo praticata verso distinti medici tt scienziati che mai sempre per iscritto e per singolari cure travagliarono in quella epidemica ricorrenza ; il che fu da noi ramraeuiato con profitto nel nostro lavoro. Sembraci ancora che nessun onorevole ricordo sìa tri- buito a quelle suore della carità^ che cotanto si distinse- ro n eli' assistenza dei cholèrici ; siccome è da esse co- stantemente praticato per ogni altro morbo. Lagriraevole è il racconto della commissione sul- la mancanza dì sufficienti mezzi al collocamento del morti per condurli ai cimiterj. Ricusavansi gli ar- tieri incaricati di compierli. Si ebbe ricorso in una notte ai carriaggi di artiglieria , ma il loro mormo- rio risvegliava atterriti gli abitanti. Maggiore destossi in ossi l'orrore , quando il domani videro asperse le vie di umori sgorgati dai morti pel forte scuotimento (i) Id. pag- 4» {'j) iMoiniciu universel n. 9^ 5 , e 104 i85:i 16 S e 1 E N 2 K loro impresso nel correre de' carriaggi. Si misero al- lora in uso le vetture dei tapezzieri , ma bisognò ab- bandouarle per lo spaventevole dolore, incusso special- mente nelle donne , dal lento loro corso. Si ebbero finalmente bastevoli cani ; ciò nuUaostante , lungi dallo sminuire, videsi accrescere la dolorosa istoria. Gli operai de' cimiteri rifiutaronsi ostinatamente di sepeUire i morti , che restarono a migliaia ammon- ticchiati all' aere aperto. Fu in questi dì che la ca- pitale della Francia retrocesse di secoli ; e la no- stra penna , siccome quella degli autori , rifugge a descrivere i deplorabili avvenimenti ivi successi. In fine mercè di altri operai ancora , e di maggiori sa- grifici, e con lo stabilimento di un officio sanitario in ogni ciraiterio , riattivossi l'apertura delle fosse. Ma se per 1' appagata sedizione sorgeva qualche calma negli animi , funestavansi essi maggiormente pel di- struttivo aumento del morbo. In questi giorni dispe- rossi a Parigi della vita di ogni abitante. Sette in 800 e più al dì , erano le mietute vittime del cholèra , senza contare quelle degli altri mali , che lungi dallo sminuire , come accade in altre epidemie , più vio- lenta spiegavano la lore micidiale potenza. Indicibile quantità di gente fuggì di Parigi : nella prima de- cade di aprile dalla sola posta furon tolti migliaia dì cavalli ; ed immenso accrebbesi il numero de' gior- nalieri passaporti. Nel dì 14 aprile , dai 756 morti del dì precedente , si ridussero a 650 ; e di giorno in giorno diminuì la malattia d' intensità e di stra- ge. Ma nel mese di luglio Veffroi s empara de nou- veau de la capitale (1) : di che noi stessi fummo lesti moni. (t) Rapport 5nr la marcile ec. pag. 5o Cholera Morbus i7 Da un equinozio all' altro calcola la commissione l'aumento del male di 15 giorni , e di 62 la sua di- minuzione. La quale osservazione ravvicinasi a quella di alcune altre citta del nord. Sebbene , a chi noi dirigiamo questo critico esa- me, ci desse a Parigi la statistica dei morti di cho- lera di essa metropoli e dei francesi dipartimenti at- taccati fin allora da tal morbo , noi tuttavia nella nostra storia medica sul cholèra di quella capitale ci astenemmo di riferirla. Solamente alla pag. 13 notossi il complesso statistico dei morti cholerici di Francia in quei di officialmente riportato dai giornali poli- tici. Ne voglia il nostro lettore accasarci di negligen- za , o di diffidenza al necrologico prospetto a noi dato duir iilustre accademico parigino. Ma siccome leg- gemmo più e più volte maggiore la mortalità , cosi opinammo che stante le turbolenze , massime nell' in- fierire del morbo , o per alcuna altra politica ve- duta , conforme a noi da taluni afferraavasi a Parigi , difettose fossero le cifre depositate al consiglio supre- mo di sanila a noi cortesemente comunicate. Ora la commissione speciale ripete più fiate denegarsi a Pa- rigi la loro statistica , ostinandosi molte persone nella credenza, che ivi morirono di cholèra 40 in 50 mila individui : il sentimento di pochi si fu quello di por- tare la mortalità almeno ai 30 mila. Le cholèra nous a dècime^ fu difatti , ed è il comune adagio pari- gino. La statistica peraltro della commissione la trovia- mo presso a poco analoga a quella consegnataci dal sig. Morcau de Jonnès. Fa duopo quindi arrendersi por ora agli statistici risultamenti della medesima , la quale ri- pete sovente di non avere omesse le più scrupoloso ed accurate investigazioni , che solo ad essa, per le savie veglianti leggi , era dato di rischiarare. Noi pri- ma (li riportarla dobbiamo avvertire ancora , che ia G.A.T.LXIY. 2 18 Scienze questo progetto contemplansi i soli abitanti libera- mente in Parigi ; inoltre alcuni prima del 2G mar- zo , e non pochi dopo il mese di settembre furono vittime del morbo (1). Arroge che le altre malattie furono ancora maggiori dopo l'epidemia , siccome at- testa la stessa commissione. Noi teniam fermo, e ta- lora ne fummo testimoni , che molte morti , sebbene direttamente non cholèriche , furono tuttavia conse- guenza del morbo dominante , anche in persone che \ ne erano slate leggermente per lo avanti attaccate. Il qual argomento fu per noi estesamente ragionato (2). Prospetto della commissione dai 26 marzo ai 30 settembre. Marzo 90 Aprile 12733 Primo periodo 1090 r Maggio 8 12 Giugno (fino ai i5 J . . 266 Fine di giugno .... 602 Luglio 2573 ^ Ricrudescenza. f\5oi Agosto 969 Settembre oSy SOMMA TOTALE . i8,4o2 (1) Nel riepilogo ed in una tavola supplcmentaria dell' ope- ra dicesi che i morti [di cholèra] sino ad aprile i854 , e com- presivi tutti quei del dipartiniento,5 ono 22, 3o8. (2) Siodi medica art, XU ClIOLERA MORBU-^ 11) CAPITOLO IV- Coiìfronto della mortalità cholérica col sesso e coir età. Col sesso -I 18,402 cholèrici morii , sono f;, ITO uomini, e 9,232 donne; ma neli' accennato censi-* mento di Parigi la commissione aveva rilevato supe- riore il numero delle donne. I morti , relativamente alla popolazione generale , stanno uno in 42, -yO indi- dui. Fino al dì 5 aprile morirono più uomini , che donne ; tre cioè dei primi , e due delle seconde fu- rono le proporzioni. Queste diminuirono gradatamen- te ; e dalla meta di aprile ai 10 maggio superò la mortalità delle donne. Nella ricrudesccnza di luglio ed iu seguilo osservossi quanto era accaduto al princJ[)io di aprile. Età - Sotto questo rapporto vedesi la mortalità dei cholèrici dalla nascita ai 5 anni nella 14.^ parte, (131 0 o71 sopra 1000. Dai 5 anni ai 15 la terza pa^- te (59 ì) , ossia 32 sopra 1000. Neil' adolescenza , dai 1.^) ai 30 anni, comprende la mortalità la settima parte (2,542), 138 sopra 1000. L'età matura dai 30 ai 60 anni comprende la meta dei morti (8,411), ossia 457 sopra 1000, La vecchiezza infine dai 60 ai 100 anni porge circa il terzo de' morti (6,544) , ossia 301 so- pra mille. Dal qual analitico processo risulta , che neir eia in cui è piìi tenace la fibra , piìi micidiale si è spiegala l'azione cholérica (1). Rispetto alla sua du- (i) MagS'oi'c rilevasi generalmente la morlalilà dai 3o ai 4» Anni. 2* 20 S e I K N Z K rata media , non più di ore A3 è slata d alla nascita ad un anno ; e da uno ai 5 anni di 49 ore ; e di 42 dai 5 ai 10 anni. Dai 10 ai 15 anni è stata di 55 ore. Neir età comprese tra i 15 e i 60 anni , si è estesa alle ore 64; finalmente dagli anni 60 ai 90 e piiì, e giunta alle ore 60. Porgesi quindi l'esame della durata del morbo seuz' attendere all' età dei malati. D'onde risulta , che in un numero di 4j907 individui , sopra i quali so- nosi ottenuti esatti rincontri , 204 hanno vissuto dal- l'una alle sei ore , Gì 5 dalle sei alle 12 ore , 392 da 12 a 18 ore , 1,173 da 18 a 24 ore. Ottocento ventitré inalati visseio da un giorno a due, 502 da due giorni a tre : 382 da tre a 4 giorni , 240 da 4 a 5 giorni ; 125 da 5 a 6; 79 da 6 a 7; I7I da 7 a 8 giorni; 35 da8 a 9 giorni; 36 da 9 a 10; 1 11 da 10-15; e finalmente 19 chole'rici vissero dai 15 ai 20 giorni. Mostrasi dunque la durata media di ore 61 e 8 minuti. Considerata essa po- scia sotto il rapporto dell'età , perviene ad ore 60 e 1 1 minuti. Sopra un calcolo di 1000 soli individui, pa- re che nel mese di aprile morivan essi nello s[). zio di ore (ri ( Ltrmine medio ) ; e durante la riciude- scenziì ( luglio ) trapassavano in termine di ore 43 (1). Nel maggio , giugno , agosto e settembre la durata inedia fu osservata di 3 giorni e mezzo. (i) Fu per quest' epoca incili noi fissammo la durata inedia a ore 3o ; ma vuoisi avvertire , che i nostri calcoli riguarda- rono j morii ne^'li spedali. Slor. medica citai, pag. 171. Cholkra Morbus 21 CAPITOLO V. Rapporto della mortalità cholérica colla temperatura. C'interterromo ora poco su questo capitolo, intorno il cui argomento si è qualche cosa accennato nel terzo. Diremo che in 21 anni di osservazioni fatte air osservatorio di Parigi , contansl per il medio ter- mine dell'anno, 17 giorni di caldo, 58 di fred- do, 180 di nel)l)ia , e 142 di pioggia. Di poco va- lore reputa la commissione le meteorologiche vicen- de per ciò che riguarda i venti e Ja temperatura. Che se noi giudicammo stoltezza ropinione di coloro che ripetevano la cholèrica provenienza dai Tenti , rin- venimmo la teni[jeratura (levata nella ricrudescenza di luglio favorevole ad essa : ma diversamer;}e opinano gli autori della relazione. Imperocché ragionano che sotto gli stessi gradi di temperatura e colla stessa venti- lazione il cholcra , dopo i 18 luglio , perde nuovamente la sua energia per non mai più prenderla. Malgrado di siffatte dimostrazioni , noi portiamo lo stesso pa- rere che in appresso avrera campo di rischiarare. CAPITOLO VI. Ragguaglio della mortalità cholèrica colle località. Se non è dato all'uomo riraovere tutte le meteorolo- giche stravaganti vicende , puossi da esso fare opportuna scelta de' luoghi per abitarli. La commissione ha quindi esaminato quale sia stata l'intensità della strage rela- tivamente : 1." ai 12 circondar) , ed ai 48 quartieri di Parigi : 2." alle loro differenti esposizioni: 3.° all' elevatezza o bassezza del suolo : h." al maggior o 22 Scienze minor grado di secchezza o di umidita. Per declfe- rarc minutamente cotesti diversi elementi, ha ella sot-^ toposto a molte ricerche tutta la capitale , i suoi cir- condar) , i quartieri, le strade, la loro estensione, ed i corsi delle acque che le intersecano. Ha diiij^ente- raente riferito il numero della popolazione, i ditrerenti generi della sua industria, la più o meno agiatezza; infine si è alquanto accennato delle abitudini , dei co- stumi e dei bisogni. La pianta di Parigi , per noi so- pra lodata , vedesi esattamente divisa , le cui parti sono altrettante citta, ciascuna delle quali , come ter- mine medio, contiene 16 mila abitanti. Porgiamo qui il prospetto in questo capitolo compreso , risguardante la mortalità relativa ai 12 circondarj di Parigi. I morti cholèrici dividonsi nell' ordine che se- gue : ma vuoisi avvertire che non v\ sono compresi i militari. Cholbra Morbus 23 PROSPETTO DEI MORTI GHOLÉRICI NEI DODICI CIRCONDARJ DI PARIGI. UOMINI Popola- zione 55,239 23,727 31,070 31,896 39,478 22,821 35,524 34,900 39,566 29,53 1 24,432 20,756 Morti chole- rici Rag- gna- glio sopra mille DONNE Popola- zione 353 10,02 259 J0.92 SgS 13,71 5oi' i5,74 665 i6,85 I 3go 17)0 9 991 27,90 980 28,08 1,025 25,86 843 28,55 6n 25,01 963 46,40 39,848 a5,344 35,427 34,651 41,559 22,33o 37,205 35,289 41,914 29,41 3 26,076 21,139 Morte chole- riche 35a 288 417 490 Rag- gua- glio sopra mille 833 11,36 11,77 i4,i4 Totale della Popola. zione 643 i5,44 443 19,84 i,oo5 1,008 1,365 884 746 959 368,940 7,975 2>,62 .390,195 8,597 ■i limllllllBmMMÌHWIII WÉTH— ■■ 27,04 28,56 32,52 3o,09 28,60 45,07 75,087 49>o7i 66,497 66,547 81,037 45,i5i 73,729 70,189 8i,48o 58,844 5o,5o8 41,895 Totale dei morti 7o5 547 812 992 1,307 Rag- j gua-| g!io I sopr a mille 9,39 11.14 12,21 I 14,9": 16,1 833 18,45 i»99o 27,44 "" 28,3,1 22, o3 759,135 2,386 1,727 1,357 1,922 16,572 29,28 26,67 45,87 21,83 24 Scie n z i: Dal qur»l prospetto lisulla, che nel sei primi cir- condar) di Parigi , con una popolazione di 383, 390 abitanti, ne sono periti SIqG , ossia 13,55 in mille. I sei ulti rai circondar), in una popolazione di 375, 745 individui , presentano una mortalità di ", ì , 376 , os- sia 30, 28 sopra mille. Lo stesso proporzionatamente avviene per altri morbi, vale a dire che i primi sei circon- dar] danno sempre minore mortalità , offrendo ordina- riamente 1 sopra ''lO , mentre i secondi danno 1 so- pra 30. Rispetto al quartieri dei sei primi circondar) , lat popolazione , che abita i quartieri esterni sopra un suolo generalmente elevato e scoperto , presenta in 185,976 abitanti , 2,182 morti, ossia 13,3-4 sopra mille. La popolazione dei quartieri interni di essi cir- condar) , che abita luoghi più bassi, in qT, 414 abi- tanti ne ha perduti 2,7 Vf , ossia 13, 74 sopra mille : offre perciò poco divario. Per contrario i quartieri interni al n. degli altri sei circondar) , benché ele- vati ed aperti a tutti i venti , ed i quartieri dei circon- dar) 10, M, e 12, benché guardino la parte meridionale, hanno dato tuttavia una mortalità fi?o/y?/^, respettivamente ai primi. I quartieri più interni in 186 , 462 abi- tanti hanno perduto 5, 80 1 morti , ossia 31 , 08 indi- vidui sopra mille. La njortalità media di tutti i quar- tieri è di 23. Risultando fatti contradittorii relativamente alle esposizioni , astiensi la commissione di trarne alcuna conchiusione- Molto ben si addice , quando general- mente ripete la maggior mortalità dal genere di po- polazione povera e scioperata. Svariate del pari pre- sentansl le cifre sulle diverse elevazioni. Un poco più pronunziate esse veggonsi relativamente alle stra- de. Riportansi quindi tutte le strade colle loro re- spettive altezze sopra il livello della Senna. Si rileva, CnoLERA Morbus 23 rlic sebbene i luoghi più bassi ed attuffati sieno stati più flagellati dal morbo , raostraasi ciò nuUaostante ec- cezioni ia alcune elevate strade , per es. in quelle de la Roquette et de les Àmendiers. In esse però veggousi roiserie ed affollamento. Più rimarchevoli e sinistri vedonsi i risultati per /' umidità \ confermausì a tal uopo le osservazioni fatte in Olanda , in Polonia^ in Breslavia ^ e nella parte più bassa di Mosca. Di po- co momento si è rilevato 1' effetto del corso della Senna sulla mortalità , quantunque da ciò che si dis- se nel 3.° capitolo sieno stali principalmente attaccati i quartieri lunghesso il fiume. Non tralascia la commis- sione di notare i piani delle case, ammonendo , che i. pianterreni e le soffitte offrono più mortalità : la qual cosa ,piucchè da ogni altra 'sorgente, puossi derivare an- cora dai minori comodi della gente che dimora in cole- ste abitazioni. CAPITOLO VII. Ragguaglio della mortalità cholèrica colla densità della popolazione. Parigi cuopre una superficie di 34 milioni di me- tri quadrati , essendosi dai tempi più remoti vie sem- pre ingrandita. Fatta quindi apposita comparazione, ve- desi oggi estesa 230 volte più che nella sua culla , e tende ogni dì al suo aumento. Ciò nulla ostante ab- biara sopra veduto, che i poveri sono stati obbligati a ritirarsi in cattive case: dal che discende principal- mente la maggiore loro mortalità, siccome provasi dalla commissione in questo capitolo. Per procedere essa meglio nel suo lavoro, riloirna sui circondar] , quartieri , strade e case. Rilev^a che la dimora degl' individui ia uà terreno più o meno 26 Scienze angusto non presenta T esclusiva cagione al maggior esterrainio delmorbo. Difatti non ha sperimentala mi- nore mortalità la popolazione che godeva di un vasto suolo : ne i circondar] , dove era ella maggiormente stipata , hanno dato maggiore mortalità. Per rischiarar quindi quest'argomento, la commissione rileva che l'in- dividuo meglio collocato gode un suolo di 180 metri quadrati : mentre il povero ne occupa solamente sette , tre volte cioè piiì di quello spazio concessogli dopo la morte. La media generale del terreno per ciascun abitante risulta dì 13 metri quadrali. Sedici quartieri 5ono al di sopra di questa media , ed in essi il me- 5. a Classe . 6, 523 4-3 Glasse . 4, i8a 5.a Classe . i , o34 983 Persone di ogui età e sesso perti- nenti direttamente o indirettamente. idem idem idem idem Alle professioni liberali Alle professioni commerciali Alle professioni meccaniche. Alle professioni salariate. Alla professione militare. TOTALE i8, 4o2 Fanciulli de' dne sessi , intorno i quali rimane ignota la professione c'ei loro genitori. Choièrlci morti de' due sessi , la cni professione è sconosciuta, Non c'interteireino suUìj comparazione della mor- talità dell' anno precedente 1831 con quella dell'anno in discorso. la questo confronto vedonsi serapie le stesse classi meno agiate soggette a maggiori morti ; e questo risultaniento presentano generalmente quelle professioni esercitate all'aria aperta, ed in ispecie in luoghi umidi ed insalubri. Accennasi in questo capi- tolo quanto fu per noi notato nel primo , sopra i pronti soccorsi , ed altre igieniche vedute. La com- missione saviamente non esclude, come un elemento di più allo sviluppo dei morbi e del cliolèra , la pau- ra. Dimostra però che i memorandi giorni 5 e 6 giù- 30 Scienze gt70 nulla influirono al morboso esacerbamento. Il che fu per noi diversamente riportalo. L'opinione no- stra derivò da generali voci , ma soprattutto dall' ave- re incominciati a vedere i cholèrici all' Hotel Dieu nel di 9 giugno , dove erano alla rinfusa mescolati con altri malati. Nel dì 11 , osservandone in qualche sala alcuno di più , attribuissi ciò ai micidiali poli- tici avvenimenti di dette giornate ()). Ne ha dubbio che l'esacerbamento maggiore del cholèra in questo mese avvenne nel dì 18 , come da noi stessi fu ri- portato. Conferma pure la commissione , che 1' in- lem[)eranza delle domeniche aumentava i maiali nel giorno di lunedì. CAPITOLO IX // cholèra delle prigioni e degli ospizj della città di Parigi. La statistica nccrologica delle 7 prigioni di Parigi of- fre minor proporzione di quella della citta. Nel che vuoi- sene dar lode airamminislraaione delle prigioni, che pre- se moltissime misure. Gli ospizii hanno dato poco pili di mortalità delle prigioni: debbe ciò tribuirsi all'eia avan- zata delle persone , che sogliono generalmente ivi rico- verarsi. D' altronde un solo morto si è osservato all' os- pizio degli orfanelli. Per contrario ncll' ospizio dello des Mènages , ove i vccchj individui non si gover- nano come negli altri ospizj , in 759 individui sono periti di cholèra 103. fj) La gazzetta del cholèra rli questo di segna di falli un aumento di i3 morti di più. Gaiette medicale num. 4 5- GnoLRRA Morbus 3i CAPITOLO X Effetti dei cholèra sopra i militari. Nel dipartimento della Senna superano i militari la cifra necrologica della popolazione civile. Si è in es- sa rilevala una perdita di 2 1 , 8 in mille individui : mentre di quelli ne sono morti 25 , 8. Riandando ap- prossimativamente le cagioni esteriori di questa diver- sità , presentansi sempre le medesime. Imperciocché i militari stanziati nei luoghi bassi , umidi e non venti- lati , come abbiam sopra veduto alla caserma del vec- chio colombiere, hanno dato maggior mortalità di quei che ritrovavansì in luoghi ventilati e salubri. II qual fatto dimostrasi alla caserma della strada Z?'£'«/er, per essere le camere elevate, e piiÀ per l'aria che vi entra da due parti. Osservasi di fatto una doppia fila di alte finestre, che a sinistra apronsi sopra un cortile assai spazioso, e a dirilta sopra il vasto giardino di Lii- aembourg. Ivi la prima compagnia de' veterani di 145 soldati , ha presentato un solo malato. La commissione nota ancora, che hanno meno sofferto i reggimenti di ca- V alter ia. CAPITOLO XI Comuni rurali. Sono 80 i comuni rurali , di cui al capitolo secon- do si è riferita la quantità della popolazione. La mortali- tà da essa pel cholèra sofferta, è stata di 3,336 individui. La differenza relativa colla capitale , calcolata la per- dita totale, sì è la diminuzione de' morti in alcuni luo- ghi ueir irruzione di aprile , e 1' aumento di quelli 32 S e I K N Z E neir esacerbamento di luglio e di agoslo (1). ìVel cir- condario di Sceaicv sono state le donne attaccale con più forza , ed in più numero perite. Rispetto all' eth si è osservato lo stesso che in Parigi , colla viuieta che 1' infanzia , relativamente alle altre età , ha dato una perdita più forte di Parigi , ma più debole si è osser- vata neir età avanzate. Rimarcasi ancora dalla commis- sione qualche differenza sulla mortalità ordinaria com- parata con quella di Parigi. Di molta importanza reputiamo noi le osservazioni sulle località di questi comuni, di che dlrassi meglio in seguito. Dalla pianta del dipartimento riportata nclT opera scorgesl, che i comuni generalmente esposti all' o. e al n. della capitale sono slati i primi attaccati dalla malattia , e con maggiore strage di quelli situati all' e. ed al s. Rilevante perdita hanno ancora speriiuentata i comuni soggf^tli a tutti i venti. Per contrario i comuni da essi riparati , avrebbero poco sofferto , eccello tut- tavìa quegli esposi! a- ^'orXi di e., specialmente di n. e. Dobbe per altro avvc. -; r-:i che ben calcolate le cose in discorso , i ripari , le esposizioni , i particolari venti non darebbero i più sinistri risullamenti. Contradillorii effetti che verran^io , se mal non avvisiamo , in qual - che modo in appresso rischiarati , ci porgono l'umidi- ta , un luogo basso , le fetide esalazioni ec. Ciò nulla ostante conchiudesi da ultimo , che malgrado di nunie- revoli eccezioni , il ma ciinini della mortalità affaf^ciasi nei comuni umidi. Laonde si dice ,, esser cosa da sag- ,, gio il riflettere , che il basso od elevato suolo , l av- ,, vicinaraento o P allontanamento de' fiumi , dei la- „ ghi etc, V umidita o la secchezza, hanno esercitata ,, un' azione reale per T iateasila del cholcra nei dia- ,i; n.^'^orl. cit. psg. i49 Gholeua Moubus 33 torni di Parigi „ . Avvcdatamente però si riflelle , che altre cagioni ancora abl)iano sovente potuto celare co- testa azione. In me^zo alle svariate circostanze dalla commissione nuovamente discusse , confermasi che se i comuni piiì esposti alla ventilazione sono stati più ge- neralmente percossi dal male , il contrario iti parila ge- nerale si è osservato a Parigi. Riguardo alle profes- sioni emergono le stesse osservazioni fatte nella capitale, avendo più patito le persone meno agiate ed esercitale all' aria libera. Finalmente si è notato che nei detti co- muni nò i giovani delle scuderie , ne rjuelli delle tial- lorie sono stati altacali dal morbo, CAPITOLO XII Sopra V hìfluenza degli stabilimenti riputati insalubri pel cholèra. Le indagini della commissione &y\\V influenza *\c- gli stabilimenti hanno confermato , a suo giudicio , che dappertutto il cholèra ha resi inutili gli umani pre- vcdimenti,sme'itendo opinioni generalmente concepite ed accettate. Noi proveremo in seguito essersi anzi conferma- te. I villaggi di fatto, reputati i più salubri e meglio di- sposti , furono soventemente più flagellati dal morbo. Per contrario segni appena discernibili di cholèra sonosi osservati in alcuni luoghi , che designavansi quai foco- lari d' infezione , e di sorgente di ogni male. Infra tan- ti sceglieremo noi il comune rurale di Gentilly. Que- sto , e principalmente il piccolo Gentili/ , è rinomato per 1' immondezza e per 1' angustia , in cui è rac- chiuso. E' desso comune attraversato dal fiume Bievre^ le cui acque son rimescolate di ogni impurità e sozzu- ra. Distinguonsi soprammodo quelle provenienti dal bu- cato dei lavaloj di lana, e di tele dipinte, e di altre G.A.T.LXIV. 3 3ì4 S e I K N X B sporcizie che trovansi iu gran numero tanto a Genlilly quanto ad Arcueil , ed in altri punti della parte su- periore del suddetto fiume. Veggonsi inoltre a Gentil- Iv fabbriche di nero animale, fonderie di sevo estratto dalle ossa , e manifatture di chimici prodotti. Sonovi soprattutto lavato] per lavanda]. I pozzi suoi rimangono ancora infetti per grinfiltramenti della chiavica di Bice- tré , neppur servendo le acqne a pulire le strade. Un prospetto presso a poco simile presenta il comune di Clichy. Malgrado di cosiffatti elementi , la mortalità di Gentilly è stata di 12, e l'I quella di Clichy , in mille abitanti. D' altronde non pochi comuni reputa- ti salubri, enei quali le corainissioni sanitarie nulla rilevarono di contrario alla pubblica igiene , conta- rono 35 - 55 morti in mille abitanti. ,, La debole mor- talità di Clichy produrrebbesi forse dall' essere al coperlo dai venti n. e. , e soprattutto perchè ritro- vasi questo comune abitualmente in un'atmosfera am- moniacale ,, ( l ) ? Confermasi dalla commissione (luest'ultima proposizione , e citansi a tal uopo altre lo- calità e fabbriche , in cai abbondevoli svolgonsi am- moniacali sostanze. Ricordansi specialmente i comuni de la f^illette^ Colombes^e Grenelle. Kichiamasi all'at- tenzione dei medici e degli amministratori l'immondcz- xajo di Montfaucon , del quale sopra si disse giugnere le esalazioni ammoniacali sino ai reali giardini. Sono ivi rilevanti depositi di materie fecali e di numerosissimi animali ammazzati a Parigi, Ora gli opera] di Montfau- con travagliano inces^anteraentc , il che non osservasi nei convicini: malgrado di enormi fatiche il necrolo- gico prospetto non sorpassa 14 morti in ogni mille abi- lanti. Durante T epidemia però , nessuno scorticatore di (i) Rappoit. cil. pag. 187. Ckoler\ Mohbus 35 quegli animali è stato indisposto. Fra gli opetaj deslitia- ti precisamente alla preparazione e disseccameuto del- le fecali materie nel uuiuero di 154 , uno solamente è morto di cholèra. La commissione dice , c!ie potrebbe credersi cbe T abituale travaglio nelle materie putride rendesse queste all'individuo omogenee in modo , da render nulla l' influenza del cholèra. Ma evidenti fatti provano che non debbesi a quest' abitudine la preser- vazione. Imperocché intorno al detto iiuraondezzujo , e principalmente ai cantieri dove sono i depositi accennati di animali morti , sono agglomerati diversi forni di gel- so.. Nella cholèrica ricorrenza vi travagliavano 87 ope- ra] forestieri: varti sono stati malati durante T epidemia, 3 hanno avuto il cholèra grave , uno solo è morto. Neppure gli abitanti più vicini ai luoghi di depositi d' ingrassi aiiraali sono stati attaccati dal morbo. La- onde , a seconda della commissione, sembrano rimaner- si distrutte le opinioni del giorno comunalmente atldot- tate contro il nocevole influsso dei letamaj. Frustranee quindi riuscirono per alcune località le previsioni del- le sanitarie cautele. Imperciocché si è ora osserva- to xion essersi intensamente aumentato il cholèra pel concorso delle emanazioni in discorso reputate gene- ralmente insalubri, il) (i) 11 nostro instancabile Trompeo , che vide le epidemi- che ricorrenze di Vienna , di Ungheria e di Parigi , ci scrive da Torino nel di 6 maggio , dandoci ragguaglio del cholèra di Marsiglia , ove pertossi per generosa cura di S. M. la regi- na vedova donna !VI. Cristina di Sardegna: e ci narra l'identità del male , ad eccezione di minori stragi. Il che ei ripete dalla grande emigrazione degli abitanti, dall' intensità del freddo , e dalle numerose fabbriche di soda artificiale. Con istupore sappiamo , che nel rapporto ofYiciale in questi 3^ ;',6 S e 1 K ^ z E La commissione aggl»j,mc per altro, che a}ì enar- rati fatti possono dipendere da particolari locali cir- costanze ; ne tralascia il sospetto della natura stes- sa deW infezione ., o finalmente della disposizione fi- sica della popolazione. Conchindesi tuttavia , che con- trari! veggousi i cliolcrici fatti al cap. VII discorsi : ma essi , siccome vedremo , non ci sembrano affatto suscettivi di confronto, RIEPILOGO Non sarà discaro ai nostri lettori , prima di cliiu" dere quest' esame con alcune considerazioni , presen- targli un sunto di questo riepilogo. Due anni , e 200 sessioni sonosi dalla commissione erogati per discutere e pubblicare il suo laboriosissimo lavoro. Quantunque essa ripeta la nullità delle atmosferiche vicende per l'azione del cholèra nel dipartimento della Senna , tut- tavia dice , che nel mese di luglio e di agosto la Al pubblicato dai medici marsigliesi , sostengasi il non con- ta'^io. Alqual uopo affermasi in una nota l^incolumità dal morbo flci medici clie curarono gì' infermi : nella stessa però affac- ciasi la curiosa conlradizione di quell'asserto , riportando che molti infermieri furono uccisi dal morbo. Del resto i mercanti di Marsiglia hanno creduto ricuoprir tulle ciarle l'errore manifesto e vergrtgnoso di dar pratica ai navigli provenienti da Orano , ove epidemicamente dominava il c]»olèra indiano. Risponderassi che l'incolumità colà serbata in tempo della parigina ricorrenza cliolùiica , era argomento assai valevole per preservarla da una più rimota epidemia. Qui appunto sta la grossolana ignoranza , di che noi ah- biaino cstcsumcnte ragionalo all' art. Ili tldla nostra Storia sul cholèra fli Paiigi. ClloLERA MoiUiLS -J ' morfnllla si ti mosfratn , a cose pari , più illovatilo noi comuni rurali , e più mallratlati sono stati quivi i luoj^hi esposti a tutti i venti. Crede la commissione di non essere rimproverata, se tacf|ue non solo di rin- tracciare la cagione primitiva del cholèra , ma ancora la quistiune cotanto dibattuta del contagio ! Avrebbe sorpassato, ella aggiugiic , la sua missione , se si fosse occupata al di la della raccolta dei documenti rela- th>L al corso del male , e della sua invasionelW Sebbene siasi il cliolèrico morbo oggidì dilegua- lo, saggiamoiite riflettesi che potrebbe un dì rìai'fac- ciarsi !! Peilochc sarà sempre cosa necessaria e lodo- volissinia , malgrado di alcuni coutraditlorii esempj di certe località , d' insistere fortemente alla polizia delle strade e delle case per migliorare 1' esistenza , in ispecie , de' poveri abitanti. Si predica il bisogno di ripulire alcuni alberghi , e di proscriverne altri , come indegni di un popolo incivilito. Di rossore non meno che di sdegno sarebbe compreso il lettore , che vi s'introducesse. Ivi ricoveransi nella notte , ladri , va- gabondi , mendicanti etc. Sono cotesti infami covili sfrontatamente simulati col nome di alberghi forni- ti (1). Un' ingannevole mostra a grandi caratteri , qui si alloggia di notte ^ rischiarata da una perfida lan- terna , attrae spesso , al giungere nella capitale , il credulo ed onesto operajo. Vittima involontaria dell' in- sidioso laccio tesogli dalla dissolutezza , vi resta egli per debolezza : uscendo poi per piangere in un os- pedale la perdita della salute , del denaro , e del tem- po !!! Rinnova la commissione il voto , già da' più sa- pienti emesso , per la costituzione di case mezzane e di piccole dimensioni relative alla condizione e ai bisogni (ij Essi sono stati assai flagellali dal morbo. 3S Scienze delle classi laboriose (i) , Sminuirebbesi allora l'an- nuale prospetto necrologico ; ne così miserando pre- senterebbesi nelle epidemiche ricorrenze , siccome si è sopra all' evidenza dimostrato per l'epidemia in discor- so. Non si tralascia di rammentare il necessario or- dinamento pel migliore scolo delle acque lente , ricol- me di molte sozzure, ed emananti sgradevolissime esa- lazioni. Al qual uopo , oltre V aumento non piccolo di chiaviche , crcdesi a proposito variare il pavimento delle strade finor praticato. Dice la commissione:,, Que- „ sto sistema , al quale sarebbe ora di rinunciare, „ quando ha piovuto , ( ed a Parigi in qual tempo „ non piove ? ) inonda la pubblica strada con un lago ,, di fango , che la rende lungamente impraticabile. ,, Questo fango è una cagione novella d' infezione in ,, mezzo ad una città , ove la ristrettezza delle stra- „ de , è r altezza delle case intercettano sovente „ la rinnovazione dell'aria, e l'accesso della luce. "• (2) Non terremo noi dietro a molti igienici ricordi alta- mente dalla commissione raccomandati. Sopramraodo essa inculca il diradamento delle strade e delle case del centro di Parigi , che fu il più percosso dall' in- diano flagello. Volgesi quindi caldamente alla supe- riorità per r eseguimento de' salutari divisamenti , ar- | ciocche essa ,, prenda le misure convenevoli a dimi- si) L' eccellente uso del portiere in ogni casa di^Parigi fa ricordare alla commissione il necessario niiglioramenlo della sua abitazione. Imperocché i portieri e le loro famiglie furono assai percossi dal morbo. Di 4^6 è il numero dei morti riportato dalla commissione. (2) Id. pag. 200. „ uuire i littori di un flagello, di cui nulla può pre- „ venire il ritorno nella capitale " (1) ! CONSIDERAZIONI Dappoiché erasi da noi tralfato lo stesso argo- mento come medico , ci correva debito nei discorsi ca- pitoli di presentare ai nostri lettori quelle lodi e quei rilievi , che abbiamo creduto giusti , siccome compor- tevoli ci sembrano le seguenti considerazioni. Doman- dererarao quindi dapprima agrillustri collaboratori , se anche per 1' immenso loro statistico travaglio sieno di proposito riusciti a raccogliere tutti i docu- menti relativi al corso del male e della sua inva- sione. Nel qnal caso perchè non dare il numero gran- de dei forestieri lavoranti , che dimorano tempora- neamente neir anno a Parigi , onde vedere resaltezzH de' necrologici prospetti ? Essendo la maggiore strage avvenuta in questa classe , ed in quei dì di confu- sione e di indicibili turbolenze , nel qual tempo a raigliaja ammonticchiali stavansì i cadaveri all'aria aperta , saranno stati gli officj dello sialo civile e de' cimiterj ragguagliati degl' incessanti morti cho- lèrici .'' Noi ne dubitiamo grandemente. Come poi in un cosiffatto lavoro mancare una statistica analitica de- gli spedali ? Se noi mal non avvisiamo, ifna cotanto necessaria diligenza avrebbe posto la commissione in evidente contraddizione. Imperocché sarebbe stata essa in obbligo di notare, che molti individui entrati all'cs- dale per tulli altri mali, e talora leggerissimi, pren- devano ivi il cholèra , e ne morivano. Questo fune- sto avvenimento era il risultato del rimescolamento (i) 1(1. pag. 204. AO Scienze dcgl' irifernii con ogni morbo. Quello stutllo quinci i dell' amministrazione dogli ospedali, ricordalo con gran lode dalla commissione al capitolo primo , sarebbe vergognosamente andato in dileguo. Ne un SI grave sconcerto sarebbe probabilmente accaduto , se di medici si fosse detta amministrazione composta. La commissione inoltre avrebbe dovuto li- levare , che in taluno ospedale, ove forse per mini- steriali favori con isfacciata impostura proclaraaronsi numerevoli e prodigiose guarigioni , ivi i quadri nc- crologici superarono lutti gli altri ospedali. Al qu;il proposito , non incombeva ad un' inchiesta di tanto rilievo ricercare il numero de' malati , e dei guariti in delti ospedali.? Non era forse questa ricerca il mezzo per tributare elogi ad illustri medici , che neppure una volta veggonsi rammentali nell' opera , malgrado, siccome da piincipio notammo , delle singolari ed in- cessanti loro fatiche? Onorandomi io non poco di esser membro di un corpo da un dotto medico italiano chiamato teste con ragione la più illustre società medica delt universo^ (1) m' incombe dapprima rammentare l'obblio della com- missione sui reiterati lavori fatti di pubblico diritto , per supremo ordinamento , dalla reale accademia di medicina di Francia residente a Parigi. Si racchiu- dono in essi assennati giudizj , specialmente per la se- miotica , terapia , necroscopia , e soprammodo per la privala igiene (2) . Era ancor debito della coni- (i) Il Filiatre-Sebczio voi. X.pag. 52. (2) La medica commissione dell' ultimo rapporto, discusso ed adottato dalla reale accademia, fu composto dei chiar. .sigg. Guéncau de Mussi , pre ideute , Bielt , Hitsson ', Cìtoniel Andi'al , Bouilland , e Doublé , [relatore. CiioLKRA Morbus 41 missione ricortlare gli anteriori travagli del Moreau de Jonnès , ed i contemporanei del Gue'ria, e di tanti altri. Era suo debito parlare degli esami fisico-chimi- ci , e dei tentativi di Rayer , e di altri scienziati fatti sopra il sangue , ed i fluidi cliolèrici. Ne dovevan tra- lasciarsi le laboriose cure prose nella ricrudescenza di luglio dal Bally e dal Magendie , e da tanti altri. Che se veramente è cosa ridevole discorrere di un male senza indagarne le cagioni e la cura , la commissione a giudicio nostro avrebbe adempiuto ad un sì doveroso officio , se avesse voluto con deciso e paziente animo approfondire addentro un argomento cosi importante. Non vedrebbesi allora la mostruosa ingra- titudine , e sarebbesi renduta giustizia ai medici pari- gini, die se essi trionfarono di rado nel secondo sta- dio cholèrico , il che non era per loro deficienza ; praticarono generalmente la più razionale terapia, sic- come fu per noi chiaramente provato. Il contrario vor- rebbesi tacitamente far credere dalla commissione. Ma poiché sembra, che di sole cause esteriori sia- si per l'obbjetto ()roposto8Ì la medesima occupata , per- chè non presentare di esse cause un lungo capitolo etiologico ? Che se qua e la rinvengonsi nelT opera alcune cagioni influenti allo sviluppo ed all' intensità del chole'ra , non veggonsi mai appositamente discus- se. Osiamo anzi afìferraarc , assai male essersi talvolta applicate. Imperciocché era prima duopo dimostrare con più scrupolosa analisi, che le cause esteriori di rado isolatamente contribuiscono allo svolgimento ed inten- sità di un contagio , o di una epidemia qualunque. Il che rinviensi in ogni elementare trattato di pratica me- dicina, e confermasi in ogni epidemica ricorrenza. Vuoisi perciò da noi qui ripetere, che generalmente non devesi reputare bastevole il singolare concorso delle cause au- siliari del chole'ra al suo riproduciraento, mentre «spesso 42 S e I K N I ì; sono varie le ausiliari cagioni, e simultanea richic desi la loro noce vola concoi-renza (1). Difalto nessuna relazione analitica osservasi intorno la maniera di vi- vere degli abitanti specialmente percossi , o rimasi im- muni dal morbo , quantunque alcuni di questi sem- brassero più suscettivi di contrarlo. Niuii motto del disordine della soppressa traspirazione , causa ausi- liare per noi potentissima : sebbene si rilevi che i luo- ghi esposti all'azione di lutti i venti furono non poco maltrattati. Di volo parlasi dell' intemperanza delle domeniche per 1' aumento dei malati nei giorni di lu- nedì. Dimodoché pare che gl'illustri collaboratori non abbiano esaminato di proposito alcun chole'rico in- fermo. Mentre , per riferirne infra tanti un generale esempio, se si fosse accortamente indagato , spesso sa- rcbbesi osservato, che alla miseria, al sucidume etc. congiungendosi l'uso de' cibi vegetali , svolgevasi per esso fulminante il morbo (2). Se più volte fu nell' opera nostra sul >liolera di Parigi ripetuto, doversi al brusco e rapido aumento di temperatura la ricrudescenza di luglio , non esti- mammo però, per le cose da noi discorse , esser qtiest' esclusivo etiologico elemento bastevole a riprodurre l'epi- demico genio del chole'ra, o di un qualsiasi contagio. Im- perciocché noi reiteratamente dimostrammo, mercè della giornaliera esperienza, essere anzi una prerogativa doi contagiosi morbi lo esasperarsi sotto qualunque sta- gione , e qualsivoglia clima ; come appunto si è più volte osservato nel chole'ra delle Indie. Ora però nella ricrudescenza , di cui 5,i parla , evidente fu l'esacer- (i) Stor. medica art. VI. (2) Per 1 emetica ripetuta scossa a noi fu dato di vedere spesse volte vomitali piselli , insalata acerbe frutta , e guarire infermi presso a morie. Stor. cit. p. Sao. CuoLiRA Morbus 43 Lamento per l'eccessivo calore : il qual fatto frequente rilevasi nella stessa natia contrada. Fosse quindi che per l'eccedente temperatura si perturbasse il traspiro in ispecie nelle ore del mattino , come sovente fu per noi veduto : fosse che avesse quella indotto maggior indebolimento nella fibra ; il chole'ra, congiuntamente alle altre esteriori cause, svolsesi possentemente in per- sone numerosissime mercè dell' eccessiva temperatura , senza la q'jale esse , malgrado della presenza delle altre accennate cagioni , erano finora rimase incolumi. Se la commissione si fosse occupata, come era positivo debito di tutti i suoi membri, della statisti- ca dei malati , doi guariti, e delle loro rarissime re- cidive non solo degli spedali, ma della citta e din- torni eziandio , o se obliato almeno non avesse i tra- vagli d'insigni medici , non avrebbe essa erroneamente ragionato. I compilatori in ispecie del giornale d'I chole'ra morbus, il cui compilatore in capo era il lodato Guèrìn , dappresso accurati invesligamenti , di- mostrarono, che fino dal mese di aprilo la sola ottava parte della popolazione di Parigi era stata risparmiata dal cholèra grave o mite. Perciocché di ogni fon- damento priva è l'opinione della commissione , che asseverantemente afferma, nulla aver influito al cholé- rìco esasperamento di luglio l'accresciuta temperatura, perchè sotto gli stessi gradi , e collo stessj dominio de' venti perdette il cholèra nel medesimo mese la sua energia per non mai piij prenderla. Ma se in aprile la sola ottava parte della popolazione non era sfata at- taccata dal male : se questo prosegui in benigni , o maligni modi nei mesi successivi, e fortemente creb- be uel luglio : se si fosse scrupolosamente indagato la rarità delle recidive , sarebbesi la commissione chia- rita, non esservi più la generale suscettività di pren- dere il morbo , mentre tutti generalmente avevano in 44 S e I lì « Ji E Parigi , come suol dirsi , pacato il Irihulo. Il perdita quando nel sellembre 1834 ci si scrisse da Parigi, che epi- deinico tornasse ivi il cliolèra delle Indie, rispondemmo all' illustre medico che ne dava l'avviso , e ne av- vertimmo contemporaneamente il lodato Morcau de Jon^ nès , che confermava tosto l'opinione nostra , nou es- ser per noi cotesla disavventura credibile. Fissi di-^ vero negl'inconcussi storici esempi, eravamo noi cer- ti , che essendosi esaurita la generale altitudine nei viventi parigini all' azione del cholèra, non mai più di presente sarebbe cola riapparso il cholèrico morbo con epidemico genio. Dal complesso delle quali cose chiaramente risulta , che l'esacerbamento di luglio iu Parigi fu da noi , reiterate volte e da altri medici ancora, attribuito ragionevolmente alla brusca ecces^ siva temperatura. Osservandosi adunque simultanea la Concorrenza delle ausiliari cagioni alla contrazione cholèrica , era di sommo momento diciferare pii^i minutamente le ge- nerali osservazioni , d'altronde importantissime , fatte dalla commissione sopra alcune speciali classi. Vedia- mo a Parigi un solo becchino morto di cholèra ; e più i fanti che i cavalieri essere stati alla medesima soggetti* Possiamo affermare di fatto proprio, che i maggiori ana- tomisti nou soffrirono ivi il cholèra algido. Poca ancora vedesi la mortalità in individui soggetti a respirare alcuni gas , precipuamente ammoniacali. Luminosissimi sono gli esempi dei comuni rurali superiormente ac-^ cennati. Pare a noi quindi utile , e ne chiediamo in grazia schiaiimenti all' illustre Moreau de Jonnès, di rintracciare quale fosse la maniera di vivere di que- gli abitanti. Sebbene la commissione propenda savia- mente all' immunita di alcuni lavoranti, derivata dalle suddette esalazioni , non regge però il confronto da essa applicato al fine del 12" capitolo con quanto era- CnoLEUA Morbus 'k^ si trallato nel setlltno. Qui miserabile, snclioia e stipata vedemmo in alcuni umidi quartieri la gente più percos- sa dal morbo. Per contrario assai probabile ci pare, die i lavoranti delle materie fecali e gli scorticato] dì- scorsi nel 12' ca[)itolo non sicnsi trovati quasi privi di aria , e grandemente affollati nelle case ; ne saranno slati forse sprovvisti dei necessarj bisogni della vita. Supponiamo ancora che eglino, stante il dubbio che le ammoniacali esalazioni divenissero focolari d'in- fezione cholèrica , abbiano vissuto con buone rego- le d'igiene. D'altronde non dubitiamo che gli abitanti di quei comuni rurali , reputati saluliri , trascurassero i modi di vivere » si pei cibi , come pe' disordi- ni della traspirazione. Leggiamo difatti, il maggior nu- mero de' morti di questi comuni rinvenirsi in que' luoghi esposti ad ogni ventilazione. Dal che ne con- segue, che coir eccessiva temperatura di luglio e di agosto nessun riguardo avendosi i suddetti abitanti nelle ore fresche del mattino e della sera , abbiano dispo^ sta la macchina a risentire gagliardemente l'azione del dominante morbo. Appalesandosi per altro con costante evidenza Va ione preservat'wa contro il cholèra dei gits ammoniacali , confermasi da questo lato eziandio la contagiosa sua natura {\). La quale essendosi per (i) DieU-o questo luminoso fatto a noi pare , che , lad- dove svolgasi l'indiano cholcra . debbansi usare le artificiali esalazioni ammoniacali nicrcò di un miscuglio di calce causti- ca , e di sale ammoniaco sollecitamente introdotti in una bot- tiglia smerigliata. La dose p. es. potrà risultare di un' oncia e mezza di calce caustica , o di un' oncia di sale ammoniaco. Aprendosi all' uopo detta bottiglia , emanansi ammoniacali esa- lazioni. Pnr>5si ancor praticare il solo carbonaio d'ammoniaca , Ad S e I £ N z s inassitna trascurata dalla coiumissioae parigina , ognu- no che sa quanta sia l'utilità di siffatta conoscenza per apporvi a debito tempo opportuno riparo , conchiu- de essere cotesta negligenza un grandissimo mancamento. Ne mal ci apponemmo , e ci apponiamo , se fu divi- samento nostro, e cj-aì lo ripetiamo solennemente, che una cotanta mancanza formi delitto gravissimo di lesa umanità universale. Ma per tornare in sentiero , non- vi ha istoria di pestilenze antiche e moderne , in cui non riscon- trinsi esempi , pei quali luoghi ed individui sieno ri- masi immuni dalle medesime per fazione di gas re- putati deleterii. Se non che tutti gli scrittori di cho- lèra , e noi medesimi più fiate c'ingannammo , estiman- do nocevoli le esalazioni ammoniacali in ispecie de' ca- daveri, delle feccie etc, credendole ausiliari cagioni allo sviluppo del morbo. I fatti iu contrario pel cholèra rinve- nuti dalla commissione parigina conchiudendo l'oppo- sto , convalidano non solo la generalità summenziona- ta di alcuni gas , ma confermano ancora un' obbliata osservazione fatta nella stessa Parigi sino dall'anno 1778 per un non febbrile contagio (1j. Se di somma impor- tanza igienica divenir possano cotesti luminosi fatti, sic- ché tenuto air aria aperta, volatilizza più moderatamente le esa- lazioni in discorso. Potrebbono pure i suddetti preparati me- scolarsi a sostanze aromatizzate. L'esperienza, maestra di ogni cosa , potrà sanzionare , o render frustraneo , ma non mai no- civo, l'utile nostro divisamento , che non vediamo finora da alcuno suggerito. (i) Observations sur les fosses d'aisance par MM. Labo- rie , Cadet , et Parmentier. Quest' insigni professori riferiscono che l'aria delle latrine è un preservativo e rimedio contro Ja rogna. I CuOLKRA MoKUUS A^ come abbiamo ora notato , crediamo non aver noi er- rato, quanJo in questo giornale riportammo, clie le esala- zioni ìa discorso avrebbero con probabilità confermata la nostra opinione sulla j^enesi animata dei contagi (1). Dappresso il più n:iaturo esame, e dappresso aualitico ragionamento di opere gravissime, avevamo in diversi nostri lavori professato questa massima. Nel primo no- slro ragiotiamonto sul cholèra delle Indie la basam- mo, per argomento di analogica induzione , nella pre- senza dell' acarus nella rogna (2). Sebbene a Parigi con nostra somma sorpresa ci si denegasse la medesi- ma , tuttavia nella storia cholèrica di quella capitale confermammo la stessa opinione. (3). Ma cl)i il crederebbe, cbe da pochi mesi, ed in questi giorni specialmente, si è iji Parigi menato gran rumore , perchè un Renucci italiano, stupito dell' in- credulità Cola professata dell' Àcariis , è tornalo ivi a dimostrare quanto aveva trionfalmente pubblicato un farmacista livornese nel I()83 .'' Vuoisi quindi ragio- narvi un. poco per mostrare fin dove giunga l'impu- denza di alcuni autori di oltremonli. Due scritti ab- biamo noi sott' occhio , l'uno è il giornale delle co- noscenze medico-chirurgiche sopra citato , l'altro è il Tempo giornale politico che pubblicasi in ogni dì. Nel primo, dopo essersi risguardata portentosa la presenza deli' acarus nella rogna mostrata all' ospeda- le di s. Luigi dal Renucci , si conchiude : La pre- miere questiofi a resoudre était celle de savoir sì (r) Giorn, arcad. tora. 63. pag. ^S-aG nota. (2) Primo ragionamento sul cholèra morbus i83i,pag. 20-ai, giorn. arcadico tom. 5o pag, 8-io paite seconda. (5) Pag. ,06 7. 48 Scienze r acarus e ristali ^ ou «o« : (!!!) ma'uitenant ce n est' plus une question , mais un fait (1), Nel Tempo fassi una più lunga narrazione , e se ne dà la figura tolta da un altro giornale ( magasin universel). Riepilogansi le poche varietà di acari co- nosciute vagamente dagli antichi. Si discorre la su- perficiale notizia datane da un medico arabo nel se- colo duodecimo. Da questo si passa di botto al 1816, in cui il signor Galos farmacista moslravalo a s. Luigi : onde il cliiar. Alibert lo rendeva noto a tutto il mon- do. Malgrado di cotesta dimostrazione il signor Galcs avendo in una sua tesi pubblicata fatto designare Vacarus del formaggio, invece di quello della rogna, venne- gli questo nel 1829 smentito dal chiar. Raspail , e ri- mase quindi nulla ( pei francesi ) la pretesa scoperta del Galès. Ne bastarono le diligenze del eh. Biett , ne i premi ripromessi da Lugol per rinvenire Vaca- rus scahiei. Ma nel 1831 obbesi lo slesso Raspail da un giardiniere della scuola òì Alfort varie crosticelle rognose di un cavallo , che si muovevano. Soggiugnesi però che questa scoperta effettuavasi già da Casal nelle Astu- rie \ siccome la ha ora chiaramente confermato il sud- detto Renacci (2). Il dottissimo baron Alibert^ Tinces- sante amicizia del quale noi abbiamo carissima ed onorevole , sebbene non vedesse V acarus in quistio- ne , non mai plagiario ne scortese fu verso il suo primo dilucidatore ; dandone anzi la giuria primiera al livornese Bonomo all'epoca da noi accennata (3). (i) Journal dcs connoissanus medico-chirurgicales. Fase, de octobre i834 pag. 43-45' {•ì) Le Temps' n. 2016 , 26 aprile i835. (3) Monographie des dermaloses par M. le baron Aliberl, A Paris i832, pag. 688. Cholera Morbus 4q Non ritllrcrao, die i dubbi suscltiili iu questi ul- timi tempi in Francia , furono dal Bonomo cliia- riti in Italia , col riprodursi le diverse figure , de- signando i caratteri distinti deli' acarus della ro-? glia da quelli degli altri acari in allora conosciuti. Perlocchè, tralasciando quanto se ne disse dai nostrali , venne in Inghilterra a grandissima laude dell' italia- no pubblicata la scop erta dal cel. Mead : poscia do- po molti anni diedegli il grande Linneo maggior lu- stro. Ne ricorderemo la conferma fattane in se- guito dai Mailer , dai Pallas , dai Seér , e da tanti altri, il chiarissimo Wlchmann , anziché due lustri circa compiessero il prossimo passato secolo , tornò dif- fusamente a dimostrare al mondo ii trionfai vanto do- vuto all'illustre Bonomo. Ne dissimula egli ,, che „ ii nome di quest' egregio italiano venga mutilato dagli ,, scrittori francesi , come è bene spesso loro costu- „ me "(1). Siam noi dispiacenti Ò\ vederci obbliga- ti sovente di ripetere il manifesto plagio e 1' ingr;i- liludine insieme di alcuni francesi scrittori (2). Dall' (i) Enologia della rogna di Giovanni Ernesto Wichniann Iratta da' suoi opuscoli medici , ed ora trasportata dalla te- desca ncir italiani^ favella dal dottore Giuseppe Mattliey con un rame. Viterbo 1812. Presso Domenico Rossi pag. 57. nota »lel Wicliinann. (2) Un medico nostro amico suppone , che in un' ope- ra , non ha guari pubblicata da uu pubblico professore di clinica in Francia sui contagi , infra i quali con autentici fatti collocasi il chalòra, 0 delia qual opera nel giorn. più fiate per noi citato ( Journal des connaissances medico-chirurgica- les. Octobre 1834- pag. 49 ) fannosi grandissimi elogi, siasi non poco alllnto nel nostro lavui'o sul cholòra di Parigi. ]\oi ciù 0-A.r.LXlV. h so S e r K N 2 E indicata tesi di quel Galos ingrandito per l'argomento in questione , e nello stesso tempo con sopercliieria annichilito , traluco apertamente , che il suo lavoro ebbe la sorgente dalla notata traduzione dell' opera del Wichraann. Ricchissime note del chiar. traduttore cor- redano detta opera . Vi si riportano le due letto- re ben lunghe del Bonomo, V una al celebre Redi, Taltra al celeìne p^alisnieri dirette. Si chiarisce nella se- conda , che il vero nome del Bonomo è quello di Dincinto Cestoni di Livorno (1). Ora come il signor Gale's ignorava un'opera pubblicata di nuovo 4 anni in- nanzi , e resa officialmenlo nota al pubblico nella stessa Parigi ? (2) Porcile mai, ripeteremo ancora una volta , non crediamo affatto : ci compiacìamo però , che quel dot- tissimo clinico abbia tenuto 1' andamento per noi mostrato , specialmente sulle distinzioni e differenze dei morbi epidemi- ci , ed epidemico-contagiosi. (i) In un prossimo fascicolo di questo giornale saranno per nostra cura nuovamente edite queste duo lettere. [i.] Nel momento che era sotto i torchi il nostro lavoro, ci siamo dirolli al eh. traduttore, e ci ha confermalo quanto da noi si asscrijice , siccome vedasi dalla seguente risposti». Di Viterbo 'j4 gi"g"o i835, Mio caro ed illustre amico. Ho ricevuto il vostro graditissimo foglio 5o corrente. Su quanto mi ricercate intorno al trovarsi in Parigi la mia tradu- zione della eliologia della rogna di Wichmann , vi dirò che comparsa in Viterbo nel 1812, fu subilo annunziata iu seguilo della preliminare dichiarazione fallane alla direzione della CllOLERA MoilBUS 51 sono gì' italiani obliati , ed obbligati di fai e di so- vente a varii francesi scrittori i rimproveri dell' illu- stre alemanno ? Quanto maggiormente sarebbero stimati alcuni loro lavori , se spiccasse in essi la verità e la giustizia me- ritata dagli autori , cui carpisconsi pensieri e co- se ? Ma basti sopra ciò , ed i nostri lettori ci sapran- no buon grado di questa digressione. Per conchiudere quindi il proposito, ci pare seniprep- plu certa ed inconcussa l' indole contagiosa del cholcra indiano, siccome con maggior sostegno si fissa la ipolesi della genesi animale dei contagi. L'innegabile esistenza dell' acariis nella rogna , 1' esalazioni solforose non solo , ma anche le ammoniacali come rimedil , e spe- cifici preservativi contro la medesima ; le ammonia- cali anzi pei manifesti esempi riportati dalla commissione parigina divenute preservative contro il cholcra , con- validano l'asserto nostro. Nel dar fine a questo rendiconto, non dobbiamo ancora dissimulare la sorpresa nostra nel leggere alcu- ne opere mediche , nelle quali si ripete , che ad esu- beranza si è omai parlato del cholcra -morbus. Noi pe- rò crediamo , che di esso assai di rado siasi, con fon- dato ragionamento discusso. E se tutto di , oltre i fanta- stici ideamenti de' medici che distruggonsi a vicenda, tornasi lodevolmente a parlare di morbi fin dalla culla dell' arte salutare notissimi , come reggerà un cotal raziocinio per un morbo devastatore , che è stampa e libreria in Parigij a termine del decreto imperiale dei 5 fehbrajo i8io, nel giornale bibliografico della direzione mede- sima. In conseguenza di che una stampatrice parigina, la signora Susanna S.t Jean cfAngelj, me ne chiese per letlem quattro co- pte clic io le spedii a Parigi. r)2 S <; I E IV a 15 appena un lustro dacché invase il mondo ? N?; mal ci apponiamo clic se alcuni assennati medici lavori non raggiunsero ancora del lutto un desiderato scopo , certo SI è , che in brevità di tempo conseguissi non poco nella terapia di questo morbo tostamente sollecilata , ma soprattutto trionfossi nella jìarte preservativa genera- le , e specialraeute individuale . L' opera parigina, di cui per giusto debito abbiamo alcune volte ri- gorosamente ragionato ^ se offre di certo imperdona- bili lacune , ha somministrato alla capitale dcll^ Francia preziosissimi lumi per migliorare la sua pub- blica e pri vata igiene. Ne sterili sono gli clemen-. ti ivi dischiusi , onde prevenire non meno, che raf- frenare r azione spesso violentissima del cholèra indi-^ ano. A forza quindi di continuate asservazioni , e di moltiplicati esperimenti, se non fu bastevole , prima per la medica ignoranza poscia per gli odierni politici sconvolgimenti, e per gì' invalisi costumi , di respin- gere un cotanto male nella sua natia contrada, molto si otleiine per Fender mite T azione sua: Q[JALOR-\ PS-,HALTRO FURONO IN PREVENZIONE APPO, SITAMENTE ISTRUFfE DA INFLUENTI PER- SONE TE GLASSI INFERIORI , E PRATIGARONSI LE ALTRE COSE PER NOI PIÙ' VOLTE RAGIO- NATE , SPECIALMENTE ALL'ART. XVI DEL- L' OPERA NOSTRA. Nb vogliamo perdere la lusinga , che verrà forse un dì in cui , siccome trovossi contro il vajuolo un preservativo , possa del pari rinvenirsi contro il cholèra delle Indie. (1; (t) Gravi autori scrivono riflentità del vajuolo asiatico col vaccino. Essi dicono, che passò quello in alcuni auiiuali hriiti , e prese lo inodificazioni del secondo, che ripassato nella specie umana , la preserva , come è nolo, da tante stradi e con- secutivi nióloii. Ciioi.ii.aA Morbus 53 Senza questo si prosperoso avvcniinciito , vor- rehhc compilarsi ed eseguirsi un codice universa- te sanitario nei modi per noi in queste carte adom- brato , e caldamente raccomandato (1). Ma i nostri voli , almeno per la presente e per la prossima -futu- ra generazione , si rimarranno dolorosamente niente più che un bel sogno. SeJibene rarameiite , è certo , che il cìiolèra indiano svol- s'esi nelle epidemiche ricorrenze in diverse razze di animali. Dovrebbesl quindi tentare , se riuscisse , l'inoculazione sua, che nulla noi la vedemmo a Parigi , col solo sangue dei cholè- irici praticata nei conigli. Richiedonsi perciò moltiplicatissimi ten- tativi per rinvenire, se fia possibile, il veicolo, onde riprodurre il contagio cholèrico. Potrebbe allora per caso succedere, che esso inoculato in diverse specie di animali, subisse finalmente in qual- cuna, per la diversità di organizzazione, quelle modificazioni, sic- come si è detto del vajuolo. (Non modificossi in noi lo stesso antrace pestilenziale preso per cadaveriche sezioni , che ci fu ca- gione d'incredibili mali di ogni sorta. Giorn. arcadico tom. L. pag. i5-i8 e pag. 3o. ) Nel qual evento ripassandolo nella razza umana , svolgerebbesi forse benignamente come il vaccino. (i) Giorn. arcadico tom. L. Del cholèra morbus , ossia della febbre pestilenziale cholèrica : ì.o Ragionamento di Ago- Slino Cappello. Roma i83i. 54 Del modo di separare la parte amara e picrgatii^a del rabarbaro. Lezione dettata dal professore Pietro Peretti nella scuola di farmacia pratica. J_Jesame chimico già da me fatto sopra il rabarbaro , e pubblicato nel giornale arcadico del mese di luglio 1829, bastantemente ha fatto conoscere risedere nella resina la parte amara e purgativa di questa radice. Questa re- sina però va talmente unita con la sostanza colorante gialla , che rendesi diffìcile l'ottenerla allo stato puro; e sarà per tal ragione , che il signor Caventou, chimico farmacista di Parigi, ha creduto che la parte colorante gialla fosse in combinazione colla parte amara e pur- gativa del rabarbaro , come da cenno si rileva nel to- mo 14 pag. 507 del giornale di farmacia di Parigi, e come da lettera scritta all'eccellentissimo sig dott. Fol- chi professore di materia medica in Roma, in data dei 7 febbraio 1828. Questa combinazione fu chiamata dal soprannominato chimico rabarbarino. Le sperienze che seguono porteranno a chiarezza che il rabarbarino del prenominato chimico è precisamente un miscuglio della sostanza colorante gialla con una resina , e chela prima ha i caratteri voluti dal suddetto, cioè di fondersi , e somministrare vapori gialli, che si condensano io pic- coli cristalli , e che la seconda è quella in cui risiede r amaro , e la virtii purgativa. Una decozione di rabarbaro fatta nell' acqua comu- ne , allorché viene prfettamcnte decolarata col carbone animale, oltre di perdere il colore perde ancorai' a- Habarbaro ìj5 mare/.^a , se il carbone che ha servito al (.leculoramenlo viene lavato e (Jiseccato , quiaili trattato colT alcool bollente. Questo fluido tnglie al carbone l* amaro , e parte della sostanza gialla assorbita dal medesimo: V al- cool freddo toglie anche 1* amaro al carbone, e poca materia colorante gialla. Diluendo alcun poco il liqui- do alcoolico con acqua distillata , si può colla distil- lazione riavere l' alcool , e per residuo si avrà un liqui- do colorato giallo , di sapore amaro. Saporando que- sto , si ottiene un estratto, il quale contiene le due par- ti coloranti del rabarbaro, e la parte amara. Se questo estratto viene trattato con T etere caldo , la parte ama- la e la parte colorante gialla verranno disciolte da questo fluido, ed insoluta rimarra l'altra parte coloran- te che più volte ho distinta col nome di falsa , ma che ora considererò siccome 1' apotema de' chimici. Met- tendo la soluzione eterea in una capsula di porcellana , e lasciando spontaneamente svaporare T etere, si avrà la sostanza colorante gialla sormontata alle pareti su- periori della capsula per lo svaporamento dell'etere, ed al fondo della medesima si vedrà qua e la dissemina- ta una sostanza molle di color giallo cupo. Con bora- bace intriso nell' alcool indi spremuta, si può separare la sostanza gialla attaccata ai lembi della capsula qua- si in forma cristallina : e la sostanza molle rimasta al fondo della capsula , allorché sarà lavata a piìi riprese coli' acqua distillata , si dovrà discioglie- re un' altra volta nel!' etere solforico : svaporato il quale, come in avanti , si troverà al fondo della cap- sula la sostanza amara allo stato puro. Se in vece di mettere nella capsula la soluzione eterea , essendo questa ben satura e calda , si mette dentro una caraffa munita di suo turacciolo smerigliato, col rafìreddamen- lo e riposo lascia separare la parte colorante gialla , 50 Scienze porzione della quale tlcpusilata al fondo del vaio , e porzione atiaccata alle pareti del medesimo cristalliz- zata. La sostanza amara così separata ha un colore gial- lo chiaro, è diafana : allorché è ben diseccata , e fria- bile , e può ridursi in polvere: messa in bocca, s' at- tacca ai delti , e non mostra disciogliersi : tenuta per qualche tempo ad assaporare, sviluppala sua amarezza. Non si scioglie nell'acqua, sebbene acidulala con un acido : è solubilissima nell' alcool e nelT etere; versata la soluzione alcolica , la quale è amarissima , nell'acqua , rende la medesima lattiginosa : col riposo va ad occupare il fondo del vase; all' azione del fuoco si fonde , e non lascia sviluppare vapori gialli. La sostanza colorante gialla si discioglie facil- mente nell'acqua : ed allorché questa contiene un po- co di potassa, forma un liquido colorato di un rosso ru- bino vivacissimo : ripresa la potassa con un acido , si precipita in giallo. Messa in una piccola storta al fuoco^ si rigonfia , e lascia sviluppare dei vapori gialli , i quali si condensano col raffreddamento in cristalli aci- culari gialli. Oi ■nsKìfimmsstmm^^siii^ti-axs Saggio sul moto rotatorio del Mediterraneo^ dimostra- to teoreticamente , e comprovato colle corrosioni ed alluvioni delle spiagge dall' architetto ingegnere Girolamo Bottini. Genova 1834 tip. Ferrando. Un voi. in \2' di fac. 154 con figure. J questa una di quelle poche opere , die pUÒ dirsi dì vero utile pubblico: e perciò non mancheranno emoli al N. A. che si adopreranno per attossicargliene il meri* to, si perchè siarno in tempi , in cui generalmente spre- giasi l'aridezza di cosifFatti lavori; si perchè egli è tale , che se ne vive raccolto in seno della sua famiglia , e non briga di sorta : e perchè ancora non è scritta la sua opera con quelle babuassagini di rancida lingua , coni' è moda di certi spiriti vanarelli , che o non sanno pen- sare , o per lo meno credono , che tutta 1' abilita di un letterato stia nello infilzarti due termini strani ed alieni dall' armonia e dall' uso. Contuttociò egli non dee sgomentarsi delle critiche, che gli possono movere si miserandi pigmei ; perchè la storia dei fatti delle uma- ne passioni , che hanno parte in ogni maniera di co- se , dee imparare a qualsivoglia scrittore, quanto gli fa necessario a ben dirigersi nelle tempeste di questa vita. In merito poi al suo dotto lavoro , che ne parzial- mente ne in complesso fu discusso da tanti valenti mate- matici che lo precedettero , certo che a prima giunta non può a meno di riescire graditissimo a tutti coloro, che sappiano pei fatti emergere la verità delle teorie ; perchè senza di essi 1' A. potrebbe traviare, pari a c!ii 58 S e 1 II n z e viasjgia fra il nollurno bujo , die aiit vìcìet aut vìdissc piUat per nuhila lunam. E cllvero quel priaio lume dell'iclraulica Galileo soleva dire.-che in queste scienze an- che col soccorso dei fatti trovava dubbio 1' evento del^ le sue tesi ; talché gli tornava più facile scoprire i mo- vimenti de' corpi celesti tanto distanti , che quelli del- le acque ne' loro corsi , benché elle sieno a noi tanto vicine. Il perchè leverò qui un breve saggio sul meto- do , onde ha sciolto il problema del moto rotatorio del Mediterraneo, come argomento di verità al fin qui det' to. Partendo adunque il N. A. dagli efflussi dell' ocea- no , e dalla rapida corrente , che i nautici riconosco^ no nello stretto di Gibilterra , che dirigesi da ponen- te a levante , e di essa indagando con apposite os- servazioni l'origine , viene finalmente a porgerci (pag. 34 ) un quadro compiuto della sua teoria: tantoché il moto del fluido prova essere rotatorio in ogni parte del suo perimetro. Dimostrata teoreticamente la tesi, passa alle prove di fatto , le quali sono per modo luminose , che ne sorprendi non tanto per la fe- de che te ne fanno indubitata i geografi , i piloti , i nauti ec. , quanto per T esame che si propone delle principali spiagge del Mediterraneo : il che forma la parte più interessante della sua teoria rotatoria. Su gli effetti della rotazione marittima COSI ne ra- giona in genere alla pagina 57: „ Le alluvioni e le cor- „ rosioni delle coste furono questioni frequentemente ,, agitate dagli osservatori della natura. Si occuparo- „ no questi di determinare la provenienza , e la rinven- ,, nero nell' incolto delle valli , nello spopolamento ,, de' boschi : ma niuuo ottenne le cause , per cui le ,, spiagge a dritta delle foci de' fiumi si trovano cari- „ che di arena, e quelle a sinistra costantemente cor- ,, rose Per ispiegare ogni circostanza del- ,, la proposizione , ricorre per primo alla teoria de- Moto rotat. del Mkpiteru. 59 „ gli sbocchi dei fiumi. ,, E qui va parzialmente disa- minando le leggi dei depositi , il loro luogo , e la lo- ro figura: e non contento di ciò, istituisce perfine un con- fronto ^ra le situazioni attuali delle coste con le av' tiche , onde riconoscere le alluvioni e le corrosioni delle medesime. Questa rassegna è grande , per- chè vi trovi e verità di teoria , e fatti storici così fa- cienti all' uopo , che ne maravigli : mentre vedi per altra parte la gran fatica , che dovette costargli tanta raccolta di prove. Noi , a ben dire , dovremmo seguir- lo passo passo in questo bel quadro interessantissimo al- la navigazione, dove il comportasse la natura di un sun- to. Ci contenteremo pertanto di dirne alcun che in pro- posito delle coste dello stato pontificio , e di quelle del ducato di Genova;siccome queste più note a noi, quel- le all'autore. Venendone dunque al porto di Terracina, così ne opina alla p. 1 14. -,, Le sabbie , . . che s' a- „ mucchiano tra capo Gaeta e capo Mesa corrono a po- „ nente assieme alla corrente, ove ostruirono il por- „ to di Terracina ; unite a quelle de' torrenti della co- ,, sta, ingombrarono i parti di Circe, di Nettuno, diAs- „ turo , non che quello di Anzio antico e moderno , ,, interrarono , come tuttora interrano, le spiagge di ,, Fondi formando il lago di questo nome , e quello „ delle paludi pontine , ove composero , come in Egit- „ to , i laghi di Paola , di Caprolace , de' Monaci e di ,, Fogliano. ,, Dopo capo Anzio 23 miglia, sgorga il Tevere a „ dritta, ed a manca si hanno i due la^hi nomati di po- f) uente e di levante. Il terreno, che forma la parte ver- ,y so mare, si riconosce composto di alluvioni . . . Ma ,« tutte queste notizie non mostrano altro , che il Te- ,, vere ne' secoli trascorsi ellluì in un seno del Medi-» )) terraneo , come il Nilo ed il Pò , e nulla sommini- I, trano al nostro assunto. La nuova posizione può for- co $ e i ìi ti % t ,, se tornirci qualche docimienlo. Il Tcvel-e ^ Conio il ,,, Nilo , formò il suo delta , quale obbligollo ad afllui- if, re in mare per due rami , Le arene di am- „ bcdue viaggiano verpo ponente , interrano le spiag- ), gè occidentali , formano banchi lungo la costa ed „ a Capo Linoro !! Qui il N. A, non fa alcuna riflessione., e se ne pas- ta per la dritta a Civitavecchia. Vorrei che alcuno si facesse a suggerirne riraedj di efficacia all' interrameli* to f onde bandire gì' impacci, che incontra la naviga^ zione del Tevere. Tempo fa intesi nell' illustre accade- mia tiberina un 'dotto socio ^ che ragionava sul disordi- ne di detta navigazione : e ciò facendo, non omise di acconnal'ne le cause. Se ben mi ricordo , parlò della necessita di quei certi lavori ad un dipresso praticati dal cel. P. Lecchi dell' impareggiabile compagnia di Gesù , ed ingegnère accreditatissimo del secolo scorsoi ma non so fjuaiito quella sua teoria serebbe provida air intento. Escavare il Tevere, coni' egli dieta , porre delle palizzate qui qua, e altre coserelle di questa fatta, non so se basterebbero alla sospirata navigazio- ne- Dico ciò , perchè 1' istituto delle accademie , eh' e d' illuminare i meno sapienti , può più volte anzi che avvantaggiare chi sente , grandemente pregiudicar- lo. So bene , che il do Ito accademico è qui in buona fede , perchè ha detto quanto i suoi talenti sommi- nistravangli in proposilo; ma per altra parte potea con- tentarsi di accennarne il difetto , e non da idraulico ingegnere porgere de' rimedi per lui atti , ma in fon- do disadatti all' ottenimento della dianzi sospirata na- vigazione. Progredendo il N. A. all' applicazione della sua teoria, giunge alla png. 121 a favellare della costa ligustica, della quale forse con più precis'one ragio- na , perchè la ebbe sua culla. Senza vagare per altri Moto uotat. del Mkditerr. 01 mari di quella costa , vogliamo sentirlo inforno a S, Remo, citta di lui natale , e di cui a pag. 131 scrive di questa sentenza: ,, I promontorj Capo Verde ,, e Capo Pino formano un' estesa anse, in mezzo alla ,, (juale, cioè tra le acque del Convento, di s. Martino ,, e del V'allotto , h fondata la citta Mattula , ora ,, s. Remo. Avanti a questa citta furono fabbricati „ negli anni 1783 al 1790 due moli , «no a ponente di „ metri 190, ed altro a levante di m. 48. Il primo fu „ condotto al suo termine , il secondo fu sospeso nel „ tempo, che cominciava a rendersi utile al nuovo ,, porto. Tostochè il molo occidentale fu esteso in ma- ,, re della lunghezza capace a fare ostacolo alla corren- ,, te, il fondo del porto scemò dalla parte di levan- „ te, progredì assieme all' allungamento del molo: ,, ed ultimato, la spiaggia si dilatò in mare. Qneste „ alluvioni , predette dal padre Francesco M. Gaudio „ delle scuole pie, matematico insigne che fu chia- ,, mato in Roma ( ove sostenne con sommo onore la ,, carica di pub. professore di matematiche miste uell' ,, arc!)iginnasio pontificio ) da' suoi concittadini san» ,, remesi pel consulto e direzione dei lavori del por- „ to , convinsero i sanremesi a fondare un molo all' :, est. In fatti nel 1789 se ne costruirono metri 48 , ,, de quali pochi metri arrivarono alle acque vive del „ mare. Eseguito quest' ostacolo, si osservò durante il „ mese di novembre , stesso anno , un ingombro di ,, alga e rena a levante , che lo copriva per intiero. „ Indi con vento di scirocco e levante si videroenlrare „ in porto, ed appoggiarsi al molo di ponente , ed ivi „ restar sedentarie sino a che venissero tolte dagli abi- „ tanti. Questo fatto mostrò a' sanremesi , che il P. ,, Gaudio ebbe indovinata la provenienza delle sabbie, ,, e che perciò volendone aver uno in questo ludgo , ,, conveniva prolungare il molo orientale. Ma per in- 62 S e I E N 2; E ,, trigo (11 alcuni individui , che antepongono viste par- ,, ticolarl al pubblico bene, furono sospesi i lavori, il ,, porto s' interrò per sempre , ed il comune restò carico ,, di debiti. ,, La stretta di quest' ultimo periodo è fatale , e pa- re che r A. voglia con essa vendicare l'onore del Gau- dio, che , mi grava dirlo, Ik non fu rispettato quan- to merita a . E il brano di relazione che, come nota all' anzidetto , inserisce a pie di pagina , fa poi conoscere che derivasse dall' egoismo di quel tempo la poca stima, che non il grosso di que'popolani, ma alcu- ne famiglie soverchianti ricusarono di tributare all' ottimo Gaudio. Veramente non avvi peggio , in una cittk , della divisione degli animi , peggio dell' inte- resse particolare ne' pubblici affari , peggio della ni- mistà delle famiglie. Sarebbe desiderabile qualunque pubblico eccesso,anzlchè il dominio di siffatti civici mali. Guai all'uomo onesto e di merito in questi frangen- ti! Perchè egli ne è vittima; ed il Gaudio, sincero quan- to altri mai, si pregiudicò appunto , perchè, non vedea procedere le cose con quella purezza , che il galantuo- mo esige da tutti. Però i tempi sanano le piaghe di ogni male ; si che entriamo in fiducia che vorrà , ad onta dell' inter- ramento , farsi lungo ad un porto riconosciuto neces- sario da tutti coloro , che sanno tra Villafranca e Ge- nova non esserne alcuno , che possa dirsi di vero rifu- gio. E la località di s. Remo e tale , che lo dimim- da di preferenza. Benissimo nel 1825 alcuni capi di quel comune disprezzarono o ripudiarono questo pro- getto; ma dieci anni più d'esperienza confido che avran- no fatto r abilità, di che mancavano quei buoni di- rettori. E per verità la conclusione del N. A. si è alla pag, 150 ,, che da tempi remotissimi tutti i governi ,, furono intenti a costruire porli , ma non tanto per Moto rot-vt. del ihediterr. 63 ,, procacciarsi di facile il necessario al proprio bìso- ,, gno , quanto per allirare nelle loro conluicìe V agio ,, e la ricchezza per mezzo del commercio, „ Invitiamo gli amatori io ispecie delle scienze esat- te a provvedersi, e far lettura di quest'operetta, ci)' è di tutta utilità pei governi e pei comuni , clic hanno porti o vogliono farne : e preghiamo caldamente l'A. perchè voglia dar compimento alle sue promesse sulh Gorranti delt oceano ..... e sulle maree del Mediterraneo , onde , se fia possibile , scoprire il rimanente delle leggi segrete delle acque marine : che tale dee essere il voto de' popoli specialmente navi- gatori , A. Massabo' Deduzioni pat alogiche sopra una gravissima ence- falite curata dal dottor Filippo Conti medico in S. Nato glia. /a differente custituzione dell' individuo , ed il diver- so temperamento per cui la struttura organica delle parti atteggiate rimangono a prevalenza agli attacci dei morbosi processi , spiegano tutta 1' influenza sulla dif- fussione della flogosi, per cui maggiore o minore , più o meno rapida s'impianti ed ordisca su quelle stesse par- ti, che secondo la loro attitudine risentono la forza del morboso trasporto. E per questa stessa suscettività od attitudine delle parti si crea il più delle volte die- tro la vera dilFussione un più forte lavoro flogistico , ed una atfezione assai più grave e profonda di quel che (j4 Scienze fosse in quel pezzi , o in ([iicl centro da cui parti. Que- sti fatti e queste leggi , consecrate dall'osservazione e dalla filosofia patologica , sono mai sempre costanti ed invariabili. Ma se queste proprietà della diffusione della flogosi conformar deve il medico pratico sul fondo ognora eguale ed identico della diatesi flogisti* ca ; giova però il calcolare con esattezza nelle malat- tie , oltre r individuale predisposizione , l'origine, la forza , r andamento l'apparato fenomenologico , il corso e Io scioglimento della diffusa infiammazione per istabilire nel rango delle nosologiche affezioni un giu- sto ordine e posto alle diverse classi dei morbi, E perché i veri fatti imparzialmente raccolti formano la base di quei sani princi[)j per analisi dedotti, presen- terò un caso , che curai per gravissima encefalite , ma che nel mio modo di vedere merita un distinto luogo in nosologia fra le affezioni cerebrali. Un nobile giovane d' anni 34 sortito avendo per retaggio di famiglia la piiì squisita irritabilità nervo- muscolare , e quelle disposizioni ereditarie che marca- no tendenza a malattie cerebrali : fornito di tempe- ( amento oltre modo sanguigno e di una costituzione to- rosa e forte : soggetto all'ipocondria senza alcuno scon- certo ai visceri addominali : affetto da qualche pate- ma , e da idee assai tristi; si ammala per lievissima affezione reumatica alla regione dei psoas , presentan- do a periodi irregolari delle orripilazioni , cui succe- deva un aumentato calore con movimento febbrile. Per essere all'eccesso apprensivo, si crede da se stesso gra- vemente ammalalo : e per il corso di 4^ giorni aflati- fa in modo il suo cervello con tante idee fantastiche ed immaginarie , che senza presentare sintomi che in- dicar potessero «no sviluppo flogistico al cervello, ina- ■iìieltatamenle incominciano dei tremori alle estremità superiori ed inferiori ^ un senso di grevczza alla lesta , tifulVISSIMA ENCEFALITE 65 occhio moLIIIssimo e torvo ma non injcltato, fronte accigliata , fisonomia truce , sconnessione nelle idee, perdila di momoria , subdelirio con polsi costantemen- te convulsi senza alcun segno febbrile. Dopo il corso di poche ore si vede agitatissirao ed irrequieto , per cui quB e la volgendosi per il Ietto tenta di alzarsi, ed im- provvisamente vien colpito da fierissima convulsione che lo abbatte in modo da palesare tutti i caratteri di ua'appoplesia con versamento sanguigno. Quindi respi- ro grave e rantoloso , spuma alla bocca mista al san- gue , faccia tumida e livida , occhi ritorti, fissi in alto ed immobili e prominenti : perdita di tutte le funzio- ni loco -motrici , stupidita , torpore. A tale spaven- tosissima scena sviluppata in poche ore , e che pro- segui per due giorni continui , sembrava che l' infer- mo dovesse perdersi li per li , e che ninna risorsa ritrai si potesse dai sussidi dell'arte. Ma per non lascia- re intentato il miglior mezzo, che in simile circostan- za esser dovea l'ancora sacra, mi appigliai all' istante alla lancetta ripetendo ogni due ore una larga sollra- zione: per cui in 34 ore ne furono eseguile undici. Lie- ve sembrava il vantaggio di questo prontissimo me- todo , mentre il quadro fenomenologico si manteneva col medesimo apparato. Non mancandomi però il corag- gio , affidandomi ai temperamento robusto e sanguigno, edaveudo un termometro nei polsi che da convulsi e piccoli si facevano alquanto vibrati e larghi senza ir- regolarità od intermittenza, largheggiai con altri salassi, e dopo il secondo giorno comparve un calore aumen- tato e cocente con decisa febbre. Incominciarono dei sospiri , gli occhi da immobili si aggiravano allorché veniva interrogato , e sotto le domande si vedevano degli sforzi a rispondere senza potere pronunciar parola; la stupidita iva scemando ; e nel terzo giorco tron- che SI, ma profil-! iva parole , le estremità s' incomincia- G.A.T.LXIV. 5 6G «S 0 I K N L E vano a muovere , ed al quarto giorno un moto irrequie- Io di mani e di piedi. Costante nell' istesso metodo , ■A quinto giorno dileguata quasi del tutto la stupì "a, ed il torpore ; lingua spedita , le funzioni intellettuali si riordinavano, e la memoria ritornata con una certa con- nessione d' idee faceva conoscere la flogosi frenata ne' .suoi progressi fatali. Tanto più chela febbreera millssiraa ì polsi bassi senza celerilà o frequenza, per cui al 7" gior- no si giudicò guarito senza tema di rimasta flogos'i. Conviene poi avvertire , che non aisoli salassi ge- nerali e locali mi appigliai , ma furono amministrate pozioni eccoprotticlie di tamarindo , manna, e cremore, acqua di lauroceraso, bagni freddi alla testa, e fomen- tazioni calde senapate alle estremità, larghe bibeti aci- de, vegetabili, nitrate, Dalla descritta istoria può infallantemente pronun- ciarsi , che una gravissima encefalite stabilita si fosse dietro la scoinparsa dell' afFezioue reumatica dalla re- gione dei psoas ; e dietro la forte contenzione di mente per cui il cervello veniva stimolato per quella miste- riosa influenza , che l'animo agitato da idee gravi e tristi vi esercita. Si sa per le osservazioni pratiche quanto le lente flogosi mcmbianose facilmente si tropaghinu in quelle parti, ove raanifestossi identità e continuità di orga- nizzazione: si sa pure quanto si diffonda lungo il neurile- nia quella flogosi risvegliata in prima in qualche tratto di nervi. E' chiaro parimenti quale azione sviluppi r animo sul cervello, allorché per lunghi patemi o idoe melanconiclie SI determinano nella sostanza cerebrale centri di flussione , aumentando in modo 1' eccitamen- to da suscitarvi profonde alterazioni dinamiche o pro- cessi fisico-organici. A voler però esattamente pronunciare qual cam- biamento , quale alterazione di processo dinamico sia- si prodotto nel cervello nel caso di cui ci occupiamo, Gravissima enceialite 67 onde (liscopriine l' etiologia della diatesi , a me sembra, sebbene per un esame di tutti i fatti a posteriori ^ che ponderando brevemente le proprietà della vera infiam- mazione , quindi l'improvviso scoppiare della malattia , il suo andamento , il corso , e la sua soluzione , si po- trebbe giudicare che non di un deciso processo flogi- stico si trattasse, ma bensì di quella condizione morbosa che chiamasi ingorgo, pletora, stato di flussione, conge stione , turgore. E di vero lo sviluppar della febbre dopo il secondo giorno , un senso di grevezza sem- pre permanente alla fronte , T occhio immobile , ma non injetlato , la faccia tumida e livida , il terminar quasi della febbre dopo il terzo giorno dalla sua comparsa , al S.** giorno nessuna reliquia di delirio , o vaneggiamento , o vaniloquio , che anzi riordina- mento delle funzioni intellettuali , il vantaggio gran- dissimo in corto tempo delle sottrazioni sanguigne , sono dati che possono bastantemente dichiarare , die uno stato di congestione o turgore ai vasi sanguife- ri , per cui il cervello compresso ed occupato ve- ni'ira senza essersi ordito un lavoro infiammatorio, fosse la coadizione morbosa produttrice di tanti sconcerti. Poiché ben esaminando la diatesi flogistica , per sua natura , al dire di Rasori , ha un periodo necessario inabbreviabile , ma che l'arte però può frenare ne* suoi esiti fatali , quando si attacchi nel suo riascere con metodo deciso ed appropriato , senza arrestarne il corso , o troncarlo. Li flogosi pertanto ha i suoi determinati giorni , certi e costanti periodi , ordine e tipo immutabile che non è in nostro potere di abbre- viare. Se tali sono le leg.;! , con cui progredisce la flogosi, non era mai sperabile che quasi al quinto giorno eì vedesse guarito il nostro infermo. Allorché una iuQammazione si è ordita ( non intendo delle flogosi superficiali , e di j)oco fondo ;'o di quella che chiamano 5* 68 S e I K N X E tendenza alla flogosi, e che dopo un salasso, o qualche al- tro medicamento si vincono ) presenta un seguito co- slanle di esacerbazieni , e di remissioni quotidiane . La pneumonite , Tangina , la frenite risultano da una serie successiva di queste alternative ; i loro sintomi ili poche ore calmano e diminuiscono , in poche ore veggonsi rinvigorire. E quanto più la flogosi corapa-> lisce , e nasce con violenza e forza , tanto più è pe- ricoloso e grave il corso della malattia. Ora se uà processo flogistico risvegliato si fosse nel cervello del no- stro infermo,quanto non erano terribili le sue conseguenze Ciilcolandolo dal suo principio ? Se tanto impetuosia e violenta si fosse diffusa e manifestata , quali esiti fa- vorevoli attender mai dovevamo ? quale risoluzione pa- tevasi mai presagire se non fatalissìraa ? Queste riflessioni , da me a volo toccate , for- nir possono un qnalche criterio per istabilire una dia* tesi altamente flogistica , e quelle alterazioni dinami- che , che sebbene prodotte da un genio infiammatorio si manifestano e progrediscono con sintomi di conge- stioni e turgore del sistema sanguigno , trovando nel- l'organo , ove si diffonde o s'impianta, quella maggiore o minore attitudine per antecedenti disposizioni mor- bose. A conciliare però una fondata spiegazione sulla vera sua etiologia, è necessario fissare un' attitudine flogistica di vasi cerebrali , che quantunque senza de- ciso processo flogistico , presentar debbono quelle ten- denze e quelle inclinazioni, che per eccesso di stimolo determinano e congestione e turgore. Di sovente ci avve- niamo nell'esercizio in quegli individui, che o perpartico-r lare tessitura di organi, o per disposizione ereditaria sotto qualunque causa del genere delle stimolanti, soggiaccio- no a quelle alterazioni de' vasi sanguigni, minacciali il più delle volte dalle conseguenze troppo terribili dell angioi- te. Sotto tali condizioni morbose del sistema sanguifero , Gravissima enckfalite G^ una emoptoe pericolosa , una cmateraesi , una meiror- ragia , una epistassi profusa con gonfiore de' vasi al capo , sono gli effetti pericolosi che impetuosamente si affacciano con marche di gravi sconcerti. In queste circostanze quale altro metodo approprialo e alto a frenare le insorte morbosità, so non le prontissime e più volte ripetute sanguigne , e quei rimedj capaci a cor- reggere le vibrazioni troppo frizzanti deil'angioitica affezione? Laonde se alla produzione di tutte queste forme morbose non abbisogna ricorrere ad ordito pro- cesso flogistico ; ma è soltanto bastante alla spiega- zion del fatto il riferirle ad una lievissima e super- ficiale condizione flogistica di poco fondo , od anche ad un semplice aumento di stimolo permanente : cosi trovo fondamento al dedurre , che nel nostro infernK> la sopravvenuta cerebrale affezione non debba giudi- carsi per assoluta encefalite. Sebbene un forte crite- rio applicabile tanto all'una , quanto all'altra diagnosi della diatesi, ne fornisce la lunga contenzione di mente per 40 giorni da gravi patemi e da ipocondria ac- compagnata, la disposizione ereditaria, il trasporto della flogosi membranosa , che forse inleiessava i con- tigui rami nervosi della sottoposta Colonna vertebrale : nullaostante, al dire del profondissimo Tommasini „ in ,, molti casi il processo diffuso non è già in se stosso „ maggiore di quello , che fosse nelle prime parti; in, „ cui si accese , mn t;i!e sembra soltanto attesa la fun- ,, zione pili complicata , e più importante delle dette „ parli attaccate. ,, Ed al contrario, prosiegne il dotto „ clinico , ne' processi morbosi ninaiiiici non si può „ argomentare dalla moderazione de' primi attacchi lie- „ ve la diffusione ; in medicina da piccoli e poco cal- ,, colati principi si verifica la produzione di grandi ,, effetti " . Ma pure valutando noi a maggiore schia- rimeuto del nostro caso il corso dqila flogosi deci- '0 S r I u w 2 E sivij , i suoi progressi , ed il fine per quali ignoti atti di vita essa in prin.-a cresce , poi tlecliiia , quindi per arcana ed ignota legge fluisce : valutando au- mentarsi sotto il suo processo quegli elementi e quei principi, per cui la fibra si rende più eccitabile; e gi- uoco forza il dedurne che mancando tutte queste con- dizioni , che formano i caratteri distintivi del processo infiammazione, la nostra atfezione cerebrale debba te- nersi per uno slato di gravissima congestione o tur- gore de' vasi sanguigni Che se l'esposta istoria confrontar si voglia colle osservazioni de' sommi pratici , si vedrà scevra da quei sintomi individuali che caratterizzano la vera ence- falite. Bonnet , Wiliis , Pietro Salio, Sauvages , e r imraorlale Borsieri asserirono avere incomincia- mento da un acuto dolor di capo , che s' impianta tormentosamente all'occipite, diffondendosi non di rado all'una e all'altra orecchia non che al vertice , unito sempre ad una febbre ardentissima , per cui quasi ab- bruciato l'infermo rimane privo di sensi efc. etc. , la febbre presenta i suoi accessi regolari in modo che nella sua remissione le estremità si raffreddano, e quindi con forza esacerbando si riscaldano etc. etc. Persistono più o meno i sintomi da me osservati , ma non la costanza della stupidità e del torpore a lungo mantiensi : l'agi- tazione ed un moto irrequieto è sempre eguale, il car- pir delle festuche e dei peli , il portar la mano alla testa; e finalmente quello stato di appoplesia, da me de- scritto nella prima invasione , non si manifesta negli affetti da vera encefalite , se non quando la flogosi ha percorso i suoi stadii con fierezza tale, d'avere già or- diti gli esiti funesti , ed apportati risultaraenti della disorganizzazione minaccianti la vicina fine di vita. Tali argomenti , desunti dalla filosofia patologica e dall' autorità , giustificano vieraaggiorraenle , che f^HAVlSSIMA ENCEFALITE 71 una cornìi/ione morbosa riferihile a congestione e tur- {^ore prentlesse parte, e stabilisse il fondo morboso nella gravissima affezione cerebrale del nostro infermo. E tanto più, che l'improvviso impej,'no al cervello, lo ^ spaventosissi;-no apparato fenomenologico da cui venne colpito, non dichiarava clic un complesso di sintomi da render certissimo un versamento sanguigno : e tutto ciò al primo nascere della malattia, senza il minimo sospetto che una lenta o sorda flogosi clandestinamente travagliasse, o dubbi almeno trapelar facesse di diffu- sione . E abbenchè tardo minacciato veniva questo nuovo lavoro , 1' impeto violentissimo per cui susci- lati furono tanti sconcerti alla comparsa prima della cerebrale alterazione, arrecare immancabilmente dovea esiti irreparabili di rottura e di versamento , ragion tacendo al senso di compressione, di stiramento e dis- tensione prodotta dalla smoderata congestione e tur- gore sulle tuniche de' vasi stessi , attaccali ed inve- stiti^ da antecedente fuoco per diffusione di flogosi. Egli è certo però , che se adopiato non avessimo i prontissimi ajnti che l'arte ne addila, accesa sarebbesi la più terribile encefalite per quella stessa ragione ' di sopra accennata , che per una condizione mor- bosa del sistema irrigatore i vasi sanguiferi sono disposti nelle angioitiche affezioni a turgori e con- gestioni , o per uno aumento di stimolo di quelle cau- se capaci a soverchiamente accrescere le vibrazioni e le oscillazioni , o per trovarsi i vasi atteggiati od investiti da una superficiale condizione flogistica. 72 Materiae medicae compendium in iisiim auditonim archigjmnasii romani , auctore lac. Falchi ex col- legio med. chir.^ in archigjmnasio p. prof. , in xe- nodochio S. Spiritus med. prim. etc. f^oliimen ter" tiiim. E e typographia Contedini ad Thermas /dgrip' pae, afino 1835 {di pag. 233.) n 'à compimento con questo volume il oh. A. al suo pregevolissimo compendio di materia medica. Dei due precedenti volumi si rese conto in queste carte, nel qua- derno di marzo 18/53. Ora, nelT annunziare la seguita pubblicazione del presente ed ultimo volume , diremo , che in esso si tìen proposito delle sostanze medicinali desunte dal regno aiinerale, non che delle chimiche pre- parazioni di esse. In XIV capitoli è divisa questa seconda sezione dell' opera , e nei medesimi si ha discorso de- gli stimolanti diffusivi ; dei refrigeranti ; dei sedativi; dei fisico-chimici astringenti ; de' chimici alteranti ; dei chimici assorbenti; dei chimici caustici; degl' ir- ritanti risolventi ; degli stimolanti diaforetici ; degl' ir- ritanti espettoranti ; degl' irritanti emetici ; degli sli- molanti purganti ; degli antelmintici ; e dei blandi sti- molanti diuretici. Per non offendere la modestia del eh. A. non ne facciamo ulteriori elogi, rimettendoci a quanto dicemmo pe' due precedenti volumi. E di- chiarando nuovamente di somma utilità quest' opera pei medici giovani e provetti , atteso T accurato svolgi- mento delle materie , giudichiamo opportuno darne un breve saggio in conferma dell' assorto , con esporre il modo con cui vengono nel cap. V trattate le sostan- ' Materia medica. 73 se diimìchc alteranti : „ Seu racdicamlna ( tale è il ti- „ tolo ivi apposto ) , quae vel raateries organicas no- „ cuas resolvunt prae sua erga illarum hydrogenium „ affitiitate , vel principium aiiquod affine liuraeribus „ solidisque corporis partibus imperi iendo, oeconoiniam „ anitnalera salubriter afficiuiit. In horurn medicami- „ nurn nonnullis quid etiam dinamicae facultatis inest,,. Sono ivi annoverati il cloro ed il cloruro di calce, l'acido nitrico, riperossido di manganese, il sotto fos- fato di calce , il marte con tutte le sue molteplici preparaz.ioai. Di ciascuno dei nominati farmacia si espongono i processi per ottenerli , i caratteri fisi- ci e chimici , le dosi e le formole per amministrar- li, le facoltà medicinali più constatate dalla osser- vazione ed esperienza o altrui o propria , le ipotesi più probabili intorno al modo di agire di essi nel!' economia animale , e da ultimo pure alcune sagge avvertenze per evitare le nocevolezze capaci ad insor- gere per opera di qualcheduno di tali farmachi in un con l'opportuno regime per soccorrerne i pazienti. Tut- to vi è descritto con precisione , chiarezza , ed eru- dizione . Così dopo aver favellato del ferro e de* molti suoi preparati in uso medico , prima di scen- dere a ragionare della sua amministrazione nelle ca- chessie , nello scorbuto , nella cura delle strume , nelle varie pertinaci nevralgie, nelle spasmodiche affezioni , neir aumento di vitalità del cuore ( giudiziosamente ri- provandone la pratica nelle tre ultime forme morbo- se ) , neir atonia del ventricolo , e nelle ostruzioni dei visceri abdominali senza indizio di flogosi , s'in- tertiene con molto criterio sul modo di agire di questo farmaco nella compage del corpo umano, discorrendola nel modo che originalmente trascriviamo. ,, Et pri- „ raum non alienum nobis videtur aniraadvertere, quod „ fcrrum in sanguine aliisque huraoribus naturaliter in. 74 S e I K N z ir „ est, adeo ut noa modo substantia affiuis vinimali oeco- ,, nornlae , sed quasi necessarium elementum dici de- ,, beat. Porro considerandum est riullum aliud adesse ,, raedicaiuentam , praecipue ex tonicorum classe , ad „ quara ferrum a raultis auctoribus reduci veilet , cujus ,, effectus in immano corpore cura illis raartialiura prae- ,, paratorum perfecte congruant. Metallum namque, de ,, quo loquiinur , diu ac debita dosi et ratione exhi- ,, biUirn ita deniura sanguinis crasin et nutiitionis opus ,, emendai, ut aliquid fere specificum ac singulaie suis ,, in facuitatibus deraonstret. Quapropter nos in ea ,, sumus opinione , et nobiscnm consentit prof. Spe- „ ranza ( Della clorosi, commentario ec), ferri actio- „ nem in aegro corpore non esse tantum dynamicam, „ et in organicas fibras directam, verum etiam chy- ,, raicam , scilicet in chyli cruorisque corapositione sa^ ,, lutarem mutationem inducere, qualem ab aliis phar- ,, macis frustra medentes expectarent. Alia siqiiidem ,, raedicaraeuta , sive stiraulantia, sive tonica, ila se ge- „ rere suescunt , ut si quid in fluidis animalibus ira- ,, mutant , id ab eorum actione in solida pendere vi- ,, deatur : ferrura vero dum solida afficit, simuldirecte ,, operatur in fluida, quorum condllione meliori faeta, „ et nutritio corporis juxta sanitatis normam perfici- „ tur , et firmis partibus novus vigor accedi!;. Hoc ,, igitur discrimen inter ferri actionera atque illam „ caeterorura ejusdem generis pharraacorum poniraus , ,, quod prior ad animales humores immediate exten- ,, dìtur , chymicisque illatis mutationibns eos paula- „ tim ad naturalem conditionem redigit ; liinc nutri- „ tionis et secrelionis operi subvenit , fibrisque orga- „ nicis , praecipue irritabilibus , majus robur conci- „ liat ..." TONBLLI. «:> Lettera medico-crìtica in risposta alla proposta del sig. professore Luigi Bazoni contro il parere del sig. professore Pietro Paolo Malngò suo collega nelC università e nel collegio medico -chirurgico di Fer- rara , circa la infìmmazione adesis>a creduta neces- saria alla pronta cicatrizzazione delle ferite re- centi* MIO CARISSIMO E PREGIATISSIMO AMICO Di Riolo li 20 luglio 1834 Dilìgite homines , interficìte errores. s. Aiigust. La verità è una bella ritrosa , che non si dà tutta nuda che in braccio del più importuno; Monti. lo gradito e Ietto con molta curiosità ed attenzio- ne il libro del signor professore Luigi Buzoni , che ha scritto contro il parere del suo collega professor Pie- tro Paolo Malagò circa la cicatrizzazione delle ferite recenti , alla quale il Buzoni crede necessaria la in- fiammazione adesiva , dall' altro esclusa ; e vi rendo le dovute grazie dell' avermelo spedilo , con le altre oc- correvoli notizie in proposito. Questo vostro dono do- veva riuscirmi piacevole altresì , perchè f anno scorso mi siete stato parimenti cortese di trasmettermi le con- siderazioni intorno le ferite pubblicate dal Malagò nel nono volume degli opuscoli della illustre società me- dico-chirurgica di Bologna. Ma che poi mi richiedia- te del mio giudicio intorno a codesta nuova scrittura. fjG S e I £ N % K come me ne ricercaste dell' altra ; ciò mi riesce ai- quanto dura ed insoave richiesta. Io mi ritengo quan- to più posso lontano da letterarie e scientifiche conten- zioni. Queste guerre non terminano mai se non con vi- cendevoli disgusti. Ma se voi , come V anno passato , mi osserverete la promessa del sauto silenzio dei mio nome , sotto questa condizione soltanto ( poiché troppa è la possa , che avete suU' animo mio ) a voi solo , e non ad altri, aprirò il segreto della mia mente. Lo la- ro in non moltissime parole , perchè mi pare che l'ar- gomento non ne esiga di troppe , e perchè le lunghe cicalerie più. spesso possono annojare , che persuade- re. Perciò e che subito vi dico , parermi questo sig. professore Buzonì un medico alquanto letterato anzi che no , e provvisto di buona lingua sdrucciola , e- loquente e studiosissimo , ma di mente assai calda , sol- levata e pronta ; per quanto la fama qui ne suona. Di- covi ancora , parermi non abbastanza giusti i motivi che lo indussero a scrivere contro il suo collega : perchè il professore Malagò, ponendo a vista del mondo la sua opinione , non nominò mai ne espressamente ne impli- citamente il professore Buzoni , cosi che questi non fu provocato, e quegli non fu provocatore. Egli promul- gò la sua opinione al pubblico per le stampe ( dopo di averla fatta conoscere a molti dotti suoi colleghi ), e si tacque le disputazioni accademiche passate infra lui ed il Bazzoni come di cose dette al chiuso ; di che nul- la al pubblico trapelava , ne menoma cosa sarebbesi intesa di quei privati dispareri, se il sig. Bnzoni con quel suo libello non l'appalesava a lutti. E perchè voler coni- hattere contro 1' amico iu pubblico, non contento di averlo replicatamente assalito iu privato .'' Non per altro , che per la pretesa di forzarlo a piegarsi alla vagheggiata sua opinione. Ma perchè non lasciare ad altri una tal briga ? Forse che fra gì' italiani profes- Infiammazione adirsi va 77 sor! mcclici nessuno si sarebbe curato tlì porsi in tale arringo ? E se nessuno ; ciò dato avria a divede- re , non essere necessario 1' impugnare una teoria qua- lunque essa siasi , quando il fatto pratico , e il meto- do di curare le ferite recenti , era giusto , e compro- vato da felice sperienza. Comunque andata fosse la co- sa , il sig. Buzoni meglio sariasi adoperato tacendosi, non essendo la scrittura del professore Malagò a lui, ma solo al pubblico, diretta ; perchè così non avreb- be egli il primo gittato , quasi direi , il pomo della discordia tra i professori della facoltà medica in un* onorevole università , in cui , per quanto io ne intesi , non insorsero mai dissidi! da turbare la tranquillità dei soggetti, che ivi lavorano con molto lodevole im- pegno al pubblico insegnamento ; e meno poi per tin-t gere di fuliggine i loro nomi , e offendere il patrio de- coro. I pubblici lelterarii e scientifici litigi fermen- tano nei cuori contenziosi le nimistà, che quand an- che dissimulate , amaregggiano oltremodo. E a che giova trattare dapprima 1' avversario con blandizie , e vezzeggiarlo col nome d' amico e d' uomo dotto ; e poi in appresso incalzarlo , stringerlo, graffiarlo e fe- rirlo , onde forzarlo alla resa ? Salomone nei proverbi ?7. G cosi si esprime ,, „ Essere migliorie più utili le ferite di chi ama , che le carezize di clii adulando ci odia, „ ..... Per tutti E* colpa r adular, Xi' unico ben , ma grande , Che riman fra' disastri agi' infelici , E' il distinguer da* finti i veri amici, Metastasìo 78 S e 1 K N 2 K Voi mi direte , che in fatto tlì letteratura, o di scienze ed arti , lice a qualsiasi dire in pubblico li- beramente il suo parere. E cosi è ! Ma nessuno neghe- rà non esser lecito di farlo senza grande riserva : co- si contro di un amico e collega e patriota , come con- Iro lo straniero, e non mai su gli occhi del popolo ; fjoando il tacersi non apportasse pregiudizio grave al- la scienza o all' arte , in cui cade la discordanza dei pareri. Ed è questo per lo appunto uno rlei tre preci- pui motivi addotti dal signor Buzoni ( lo dice nel- la prefazione a carte <) ), ne' quali egli fu persua- so ad impugnare la teoria del suo collega comprofesso- re Malagò circa la necessita dell' infiammazione ade- siva da lui sostenuta , e dall' altro esclusa nella cica- trizzazione delle ferite recenti. Ma ninno dei tre mo- tivi da lui recati in mezzo lo guarentisce nella sua in- trapresa. V amico ed io , dice il Bufoni , siamo pro- fessori in una medesima università , egli della bran- ca chirurgica , io di patologia , e conseguentemente dstiiamo alla presenza degli stessi alunni. Ora doven- do amendue una qualche volta parlare della natura e degli effetti delV infiammazione \ e portando noi in- tomo al processo adesivo un opinione del tutto con^ traria , quale sconcio non può mai venirne alla istru- zione dei nostri alunni medesimi ? E a chi di noi do - vranno essi prestar fede ? Che vanita, che orgoglio ! . . Per ciò stesso appunto che si tratta di professori di una medesima università , e che insognano , quantun- que nella stessa facoltà , materia differente , l'uno non può arrogarsi il diritto di sovrastare all'insegnamen- to altrui. Una simile troppo prepotente pretesa , se non fosse infrenata , getteria un grave disordine anche nel- le università le maglio regolate. ElI è cotesto veramen- te uno sconcio , di cui il sig. profesiore Buzoni non do- veva mai farsi autore. 'Tanto più , che egli nulla ha Infia uMAziOiiE Adesiva ^9 che fare co\U branca chirurgica^ esseiuìo professore di patologia medica : ciò che s'intende di raedìcinii in- terna. K che direbbe egli se il prof, chirurgo pubbli- casse un libello contro le sue teorie patologiche ? E che direbbe par esempio il prof, di medicina teori- co-praljca , del quale voi mi scrivete essere il sig. Bu- zoni sostituto , se questo pretendesse che quel vecchio professsore la cui teoria, per quanto ne apparisce da al- cune sue opere stampate , è moderna ; se egli il sig. Biizonì pretendesse, dico, di contrastarla per sostituir- vi la propria ? E se cosi adoperasse verso tutti gli al- tri professori di facoltà medica oell' università ferrare- se , parebbe che, fuorché lui , gli altri non fossero riecessarii. D' altronde ogni precettore è abilitato ad insegnare a quel modo eh' ei si creda essere il mi- mi'^Iiore, ed il più facile e profiltevole, ma sempre nella sua, e non' già nella branca AÌtnù. Ora pren- d. ndo questa parola nel vero^ suo senso , perchè dun- qu'? i! prof. Bur.oni stende la sua branca su gli scritti ed insegnamenti del Malagò professore chirurgico , as- sai noto al pubblico per le non poche sue produ- zioni e di stadio e di ingegno , e numerose operazio- ni in ogni genere di alia chirurgia ? Perchè , diceva, stendere la branca su cose che non sono di sua per- tinenza ? Eccovene il perchè. „ Portando noi intorno ,, al processo adesivo un' opinione del tutto contraria ,, . . . i nostri alunni a chi di noi dovranno prestar ,, fede .<' A quale delle due opinioni tranquillamente at- ,, tenersi -' ? A quella del loro precettore di chirurgia, perchè a lui spetta 1' investigare il processo adesii'o ^ cioè il modo per cui le ferite recenti possono cicatriz- zare subitamente: ciò che per nulla appartiene d' in- segnare al prof, di patologia medica , la cui branca non dee stendersi alla facoltà chirurgica. Gli alunni poi presteranno fede più ai fatti , che Ale opinioni. Pre- 80 Scienze steranno fede al metodo pratico e semplice che il prof, loro insegna e dimostra colla sperienza , il più atto e da tutte le scuole di chirurgia adottato , per ottenere ( entro ai limiti della fattibilità ) la più pronta cica- trizzazione delle ferite , con la cura detta di prima in- tenzione ; secondo però le diverse specie dei ferimenti delle parti ferite , e degli strumenti feritori ; ed altresì dei diversi temperamenti , e delle diverse iJiosincrasi dei feriti. In somma gli alunni presteranno fede più al fatto , che alla ciarla:, più a quanto vedono coi pro- pri! occhi , cìie al suono di discorsi solleticanti gli orec- chi. Che alla fin fine il fatto trionfa sempre sull' opi- nione , e mai questa su dì quello non fu vittoriosa : a tal che nelle scienze naturali l' uomo filosofo , per istabi- lire delle veritk pratiche , è forzato attenersi sempre air osservazione ed alla sperienza , e poco o nulla al' V opinione , che è guida troppo fallace. Il pretendere adunque che gli alunni nella scuola chirurgica del Ma- lagò , e in quella di patologia medica del prof. Buzoni , si dovessero dichiarare , o per 1' una o per 1' altra del- le opinioni contrarie , o almeno diverse , dei due di- versi professori , era un pretendere ingiusto ed ingiu- rioso ; e molto più eziandio il dire , che all' uno o all' altro corra obbligo di ritrattarsi ( V. prefaz. 1. citato ). Come mai ciò sarebbe da credersi , possibile da preten- dersi o da farsi in faccia al pubblico , per quanto gran- de fosse o dell'uno o dell' altro la medica eresia ? Il Buzoni no certamente : perchè avendo egli disfidato in pubblico r avversario , nessuno crederà lo abbia fatto per preparare a se medesimo una disdetta , ma certa- mente per intimarla egli al collega ; e questo sarà tan- to più lontano dal ricredersi , quanto più ingiusto e strano gli parrà la pretesa del suo antagonista , qua- le infatto è quella di ingerirsi alla riforma de' suoi in- segnamenti , cui crede aver libero il diritto nella sua Infiammazione adesiva 8ì scuola di chirurgia. Dunque a quale utile scopo ha iudriziato 11 Busoni il suo scritto ? Unicamente per at- terrare r opinione del collega (opinione veramente ed unicamente sua propria, perchè digerente da quella di Gio: Bell, come lo stesso sig, prof, avversario afferma in pm luoghi del suo famigerato libello ) e per far che rimanga a galla la propria ( che è pure di tutti i chirur- gi del mondo): nel che se egli sia riuscito, vel dirò dappoi. Del suo scrivere non è poi giusto ne anche il mo- tivo secondo che ne vien producendo : cioè quello di porre in salvamento 1' onor suo. Perchè dice egli ,, trat- :, tandosi d' una controversia , la quale per lo manco ,, in questa nostra citta , e perfino ai non medici è no- „ ta notissima ; ove io non dovessi farne alcun mot- ,, to ... farei supporre, se non altro ai più, o di non aver „ armi all' uopo , o di essere già pienamente convin- ,, to di aver per nulla le ragioni dall' amico addotte ,, in favore della sua opinione ec, . ' . . Esigevano „ dunque ragione e giustizia , ed era pur debito dell' ,, ouor mio , che io pubblicamente parlassi. ,, E ciò adunque , perchè la controversia si suppone fos^^e qui anche ai non medici nota notissima .... Si rispon- de che trattandosi di controversie di opinione ( sup- posta anche la notorietà diesi vuol troppa) ei medi- ci , e più poi i non medici, se ne sariano indormiti. Anzi siccome oggidì questo suo scritto sarà disap- provato dagli uomini prudenti , almen per la ragio- ne dell' incompetenza ( ma più per quella dell' inuti- lità), così non gli saria stato imputato a carico il si- lenzio , ma più presto a saggia modestia : cosa ol- tremodo in esso rarissima. Che se il silenzio avesse fat- to supporre , che egli avesse per nulla le ragioni delV amico ( che poi tratta da avversario in modo e con ma- niere assai busse e vili ) che non sono sfate rice\>ute , G A.T.LXIV. G 82 Scienze (•;t|ì nonostante di m OS Ira di averle per nidld , nel nieir Ire che col suo scrilto s' ingegna di gettarle tutte per terra , travolgendo i ragionamenti ed il senso alle cs- prCvS-sloui ed alle parole ; omettendo eziandio di par- lare e disculeie di lulle le cose , e di quegli autori (l.d Malagò citati, dei quali egli non Irovavasl in fur- io tali da travolgere i delli , le citazioni , e le paro- le ; e per fino ove dice di non intendere lo cose dette, decide ex cathedra , e parla in sua maniera , come se gii avesse più ohe capito. 11 terzo motivo del suo scrivere lo ricavò dalla ne- cessita, tanto oggi sentita , di studiare la infìainmnzione\ e quantunque egli creda non potere, senza temerità ^ Confidare di poterne ancor dire alcuna cosa ( inten- derà nuova") che al tutto indegna non sia degli ita- Unni patologi^ vuole gli valga la s'ieran a di averla con tutte le sue f(\rze tentata. Voi vedete quanto da poco e mendicalo sia questo terzo motivo , che lo spinse a scrivere contro il Malagò sua collega , comprofessore e concittadino. Poiché nulla di nuovo circa all' infiam- iìjdiinne egli ha detto, molto meno poi di chiaro e di preciso , dopo il moltissimo che tanti uomini sommi ite hanno scritto , com' egli medesimo confessa senza spaventarsene ed averne orrore ! ! ! Forse che non vi sarà nella patologia medica a! Ira occasione di discor- rere dell' infiammazione e delle malattie infiammato- rie , senza tanto interessarsi della cicatrizzazione delle ferite , H quale argomento appartiene esclusivamente alla chirurgia ? Ora passo a dirvi alcune cose sul merito della quistioue , alla quale si è voluto dare tanto d' im- portanza da intitolarla per fino (non avendo, ne sa- pendo trovare altro argomento ) ad un suo dolcissimo amico. K' da avvertirsi frattanto , che l'opinione del- l' inlìanimazioue adesiva h stata fino a questi ultimi Infiamm.^zione adesiva 83 eiocni la più comunemente ricevuta : ciò che per altro non prova essere la più vera. Si dimandi dapprima se r infiammazione , intesa nel suo vero senso , sia contraria al cicatrizzamento di una ferita , che si vuole jTuarire , come sogliono dire i chirurgi , dì prima, in- ù^nzione. Tutti dal primo airultimo vi risponderanno, che la infiammazione impedisce anzi questo modo di cura. Che se dunque T infiammazione di una ferita fa contrasto alla presta sua guarigione , addiraandate ades-» so a tutti i chirurgi viventi , e interrogatene anche i morti , del come governarsi in questa faccenda . E vivi e morti risponderanno, questi con iscritti , e cpielli con vive parole , che per ottenere nelle ferite recenti , qual volta il si può , una pronta cura , bisogna opporsi alla infiammazione nel primo suo apparire , o anche prevenirla trattandosi di ferite gravi , con ogni pos- sibile mezzo per escluderla , oppure risolverla ; poi- ché essa turba , frastorna , e proibisce quella naturale e quieta operazione, che processo adesivo si è voluto ancora chiamare. Or dunque se per fa/orire un cotale processo si dee ad ogni modo far contrasto all' infiam- mazione , qual mai logica sarà quella che ci persuada essere anzi V infiammazione a ciò fare necessaria ? Una tanto esorbitante e sbardellata contraddizione non può sostenersi con ninna maniera di argomenti: non con giro artificioso di parole , non con sottigliezze di sofismi e di cavilli , non con isforzi , non con ornamenti della più sce Ila rcttorica , e neppure con mille libri e au- torità di presenti e di trapassati. Perchè e questi, e quelli che saranno per lo avvenire , e che pretendessero af- fermare essere l'infiammazione necessaria al cicatrizzare delle ferite recenti , ma che al tempo stesso debbasi fi'enarla ; e dire altresì e conchiudere, essere poi essa capace di impedire il coalito pronto dei margini delle recenti ferite : costoro non meriterebbero di essere as- 84 S e I K N Z E toltati, perchè sono in piena contraddizione con se me- ilcsimi. Come può slare in fatto tanta e sfrondolatis- .siraa contraddizione ? Peroccliè si accordi pure per vcio al sig. professor Buzoni ( pag. 15),, che una malattia „ esser possa rimedio e cura di un' altra '* , ciò che che tutti sappiamo , e che il Malagò stesso aperta- mente ammette : ma in senso più esatto e vero del si- gnor Buzoni : ma per altro in alcune specialissime combinazioni , e non frequenti di morbosi fenomeni : in questo però, di che parliamo , mai no , perchè il f;itto clinico chirurgico continuamente smentisce una sì fatta e incontrastabile pretesa. Educato il sig. prof. Buzoni, coro' egli ci fa sa- pere (V. prof. pag. 6), nelle università di Bologna , dì Padova , di Pisa e di Pavia (notate che nelle Ire ul- time non si formò in ciascheduna che poche settima- ne), egli ,, si senti le mille volte suonar all' orecchio ,, la necessita della infiammazione adesiva per otte- ,, nere la cicatrice delle recenti ferite. ,, E queste sarebbero quattro università prese dal sig. Buzoni a testimoni contro il sig. Malagò prof, di chirur- gia teorica e clinica nell' università di Ferrara (uni- versità eh' egli non si degna mai di nominare , quasi non gli sapesse buon grado l'appartenervi , quan- tunque ne agogni , anzi ogni bucheramento adoperi por ottenervi le principali cariche ) per {strìngerlo a disdirsi sul fatto della non necessaria infianitnazio" ne adesi^'a. Ma ijuel risuonar alle orecchie iu (jue' tanto rispettabili ginnasi la necessita di una si fatta inflam- mationc , quando non sì voglia abusare o travolgere il senso della parola, quel risnonar, dico, Po si crede meritevole di maggiore attenzione , onde la impressio- ne , le mille volle ripetuta in così poco tempo , dei raggi sonori per lo nervo acustico non rivcgli nel cercbro una idea falsa di questo fatto patologico. A InI'JAvivuzioke APKsivA 85 haoii confo, siano precettili , siano autori , o siano università che gridino la iiilìauuuazionc necessaria all' opera da natura impiegata al coalilo , o agglutina- mento , o cicatiizzazione delle ferito recenti, è però da mettere ì'\ cliiaro qual cosa si debba (jui intendere per iofìammazioiic. Perchè se questo termine si prenda nel stio vero e genuino significato , esso suona processo flogistico 0 infiammatorio , che è un vero e reale stato morboso di una parte. Ora un processo infiammato- rio come si potrebbe chiamare un processo adesivo, saluberrimo o di sanità? L'infiammazione ha i suoi caratteri propri, a tutti i medici notissimi.» e per que- sti appunto dee essere distinta essenzialmente da quel lavorio salutifero , che la natura sapientissima impie- {*a a risaldare le ferite , a riattaccare le parti divise, che si vuol dire processo adesivo , o processo cica- frizzante. Grande diversità passa in vero fra quest'o- pera naturale e salutifera del riunire le parti divi- se ^ e quello insigne derivaraento dello slato di sa- lute veniente da una vera e pericolosa malattia, qual essa è in fatti l'infiammazione. Di questi due pro- cessi dunque l'uno tende u risanare , l'altro ad uc- cidere : l'uno a riunire le parti separate , 1' altro a dividerle o spartirle, a spezzarle, a snaturarle e a di- struggerle t l'uno è intenso alla vita , e l'altro alla morte. Egli è perciò che a tutta ragione debbano tra essi essere distinti questi due diversi lavori o pro- cessi , l'uno favorevole ed amico , e l'altro anzi con- trario e niraicissirao all' animale economia ; il proces- so cioè di coalizione e di conservazione , che è lo stesso che dire un' azione organica vitale conservatri- ce , ed il processo morboso flogistico infiammatorio , che di per se tende non gik a conservare le parti inliimmate , ma a sciogliere e disfare e distruggere i tessuti. Bene avvertita e pouderata questa così insi- H6 Scienze glie e iierossori.i di-^tinzione, si compronflcra come mal si convenga ia cleiiomi nazione soltanto d' infiamma- zione adesiva al processo , che natura impiega al ci- catrizzamento delle ferite , molto meno poi il volerlo un vero e reale processo infiammatorio. Questa necessaria distinzione metterà in chiaro lume il perchè, all'atto pratico di curar le ferite, il buon chirurgo pone ogn' opera onde impedire e to- gliere . risolvendola al più presto possibile, l'infiam- mazione che ne sopravvenga a disturbare la cura di prima intenzione. Separati cosi e distinti i due processi differenti di cicatrizzazione o adesivo, e di flogosi, si vedrà su- bito e a colpo d'occhio , come quest' ultimo sia, ijuando si presenta , non altro che una malattia secondaria e sintomatica conseguente alla primaria, cioè la ferita; ciò che è cosa evidentissima e fuori di qualsiasi qui- stione. Le ferite si ascrivono oggigiorno al novero delle potenze morbose irritative , per sentimento uni- versale dei patologi. L'infiammazione, che sopravviene alle gravi ferite , è a considerarsi soltanto come sin- tomo morboso : ma un sintomo non potrà mai essere un rimedio della malattia da cui è prodotto. E se questa infiammazione vorrà considerarsi , non come sintomo , ma come una vera e nuova malattia , sarà però sempre vero essere affatto dipendente dalla pri- ma , sì che questa ci si apprcsenta come causa , e quella come effetto. Ora come si potrà mai ragio- nevolmente pretendere , che gli effetti di una malattia servir debbano alla sua guarigione, quando invece la medicina razionale e la sana patologia mirano sem- pre alle cause , per quanto sono comprensibili , onde queste tolte , toglierne ed annullarne gli effetti ? Ciò per altro noti è possibile in questo caso alla medi- cina chirurgica trattandosi di ferite, la sanazione delle ÌNF1A;VIMA7,101VE ADE.SIV.\ ST ((iiall .ippartiene a-isai più ;ìlla natura die all' aite. E* |)erò in suo potere , olire la cura topica , oiilro a certi limiti , eli opporsi non solo ai pro£»rps'ìi del processo infiammatoiio , ma altresì d impedire che si sviluppi, e di toglierlo ancora sviluppato : poiché sa per la sperienza , esso opporsi anzi iili' adesivo , che da quello è differentissirao. Cosi ottimamente qui anche opera l'arte chirurgica : perchè prendendo a curare ad un tempo due dilferentissime malattie , la ferita come malattia primaria, e la infiammazione come malattia se- condaria , e conoscendo possedere più validi mezzi per ostare allo sviluppo ed ai progressi di (]nest' ultima, rivolge contro di essa i suoi sforzi , al solo fine di non islurbare il lavoro della cicatrizzazione , che a!)- handona del tutto alla maestra natura , poscia che ahbia coadiuvato la di lei o[)era col detergere e com- !)aciare i margini della ferita e ritenerveli coi ceroli agglutinanti , Colla fasciatura , colla quiete , col sa- lasso , con la dieta , colla bevanda purgativa o rin- frescante , con tutto f[uel metodo che si dice anti- flogistico. Simile cotnune metodo pratico , certo per nulla favorisce la teoria dell' infiammazione adesiva^ quantunque ammessa da professori di chiara fama, e laiito vagheggiata e con molto elegante fraseggiare in- fiorata, e con ogni sforzo ed arte rincalzata dal sig. Buzoni. Non è cosa da farne le maraviglie , se gli autori , i ])rofessori , le università abbiano insegnato pubblicamente delle false teoriche uella facoltà me- dica , come in altre scienze : e però non faremo alcun caso se dietro l'autorità di Hunter , di Moore , e di qualch' altro, si è voluto adattare la infiaminazione ade- siva come nuova panacea e balsamo alla cicatrizza- zione delle recenti non mortali ferite ; senza badare che da una tale teorica ne conseguiva uno strano , faUo e dannoso metodo pratico , e senza accorgersi ss Scienze elle la os'^ervazlonc e la sperienza di molti secoli, e tutti gli antichi scrittori si contrapponevano a sì fatta opinione. Perciò anche sembra che maggior merito n'abbia il Malagò , che tanto si sentì di coraggio da opporsi air autorità applaudita di uomini e di autori moderni di tanta rinomanza. Vi diceva or ora, che il metodo pra- tico e comune di curar le ferite non favorisce per nulla la teoria , ovvero la ipotesi della infiammaiione ade- swn. La parte pratica operativa e sperimentale, sic- come provata dal linguaggio eloquente o prepotente dei fatti in qual che sia scienza ed arte, è sempre preferibile alle tante per quantunque ornate teoriche. Se la teoria dell' infiamma àorie adesiva fosse fondala sulla vera osservazione e sulla sperienza , essa neces- sariamente dovrebbe abbracciare e contenere in se il metodo curativo, o terapeutico che dire si voglia, cor- rispondente ed analogo ai principii in quella teoria sta- biliti. Ma qui anzi tutto all' opposto avviene di osser- vare. Poiché se l'irafiaramazione fosse un elemento ne- cessario al cicatrizzare delle ferite , e chi non vede che il metodo di cura esser dov ria quello di coltivarla e mantenerla presente , o di promoverla e invitarla se lontana ? Ma qual mai si trova al mondo oggi ceru- sico sì poco di sua arte conoscitore , il quale si fat- tamente senta e adoperi ? Che anzi non v' lia tra noi medicastronzolo, che per riuscire alla cura di prima in- tenzione delle recenti ferite, non vada persuaso che la infiammazione ne ritarda il rimanginamento ; e quindi non si tenga lontano dall' impiegarvi medicine stimo- lanti. E come dunque dir poteva il Buzoni ( pag. 42) con tanta sua franchezza osservando ,, esser per virtii della sola flogosi che i labbri delle ferite acquistino l'attitudine a riattaccarsi:,, quando la ragione , l'osser- vazione , l'uso e la sperienza smentiscono questa mal ferma asserzione ? Sarebbe mai eh' egli , davvcrissirao » IivFmni-\zio;Nr: adf^siva S9 male avesse letto ìiel gran libro de fatti , come ( pag. 45 lin. 23) ne va dubitando? E se sia lecito far paraggio tra le piccole e le gran- di cose dello stesso genere, qual' è rinfiamraazione che voi scorgete nel salasso , che nel breve andare di po- che ore si chiude e si rimargina saldamente ? Il sa- lasso è una piccola ferita .- chi mai vorrà darci ad in- tendere , che la infiammazione sia stata quella buona medichessa , che con tanto di fretta , e così bene sal- damente ha potuto cicatrizzare le parti tutte aperte e divise dalla lancetta nel momentaneo intervallo di mol- to meno di un giorno? Anzi se nel salasso intervenga per qualsiasi causa la infiammazione , anche leggeris- sima , i labbri della cute ferita si spalancano , e quin- di anche suppurano, sebbene il taglio della vena, co- me piij profonda , ed al coperto delle cause esterne che agiscono sulla pelle per farla infiammare, si chiuda , co- si quello della cute infiamma e suppura, e piti tardi e con difficolta viene a cicatrice. In questo caso la ir- ritazione fu causa della flogosi , e la flogosi evidente- mente ha impedita la pronta cicatrizzazione della feri- ta del salasso. Queste sono osservazioni popolari le mol- te migliaja di volte avverate. Ma, a parlare di cose maggiori , se alla rottura del- le ossa succede Tinfiammazione alla parte fratturata , ed il chirurgo non sapesse, non potesse, o non voles- se toglierla , o meglio impedirla o risolverla , quan- to penosa e lunga , o anzi piena di pericolo non sar^i per essere la cura ? o trattandosi di fratture complica' te , e l'infiammazione vi si risvegli presta e la feb- bre , quante volte non ne conseguì la gangrena e Io sfaceli© ? e l'amputazione dell' arto appena ha salvato una vita per sempre infelice ? Tali sono gli effetti dell' infiammazione ai lippi ed ai tonsori notissimi. Al contrario l'osservare così V)() Scienze di frequente riuscire la formazione del callo osseo sen- za il menomo intervento d'infiammazione, perchè glMn- fermi sotto un regime costantemente antiflogistico mai non ne accasarono alcuno de'suoi effetti, ci iiiduce sempre maggiormente nella ferma pensuasione, che il proces* so infiammatorio , preso nel vero e proprio suo sen- so , non abbia mai, come tale, parte alcuna alhi con- glutinazione delle ferite e delle ossa scavezze : perchè così ci parla il sincero linguaggio della tranquilla ra- oione , non sedotta da false apparenze, nò da aulo- rilà di uomini illustri , ne da amor di parte, e nem- meno dal proprio; cos\ ci persuadono le buone e schiet- te osservazioni tanto antiche quanto nuove; e cosi in fine la lunga e costante sperienza dei metodi di cura ira- piegati dai migliori , per non dire da tutti gli an- tichi e moderni , alle ferite ed alla sanazione delle fratture. Non già per una cieca deferenza alle comuni abitudini del volgo accordata ; ma pe' felici risul- taraenti di quei metodi stessi , siamo convinti .della falsità e insussistenza della teoria della infiammazione adesiva , perchè affatto ipotetica , ed in palese oppo- sizione con la sperienza e con la pratica universalineote adottata. Due osservazioni vere nel fatto, ma false nella ap- plicazione che si è voluto farne , furono quelle, a mio credere, che crearono e mantennero l'errore dell' m - fiammazione adesi\.'a. La prima fu quella che mostrò nei Cadaveri de' morti d'infiammazioni interne le adesioni dei visceri infiammati colle parti vicine, con cui erano a contatto nello stato sano , e con le quali lo ad- divennero nello stato morboso per lo accrescimento del loro volume, per solito effetto della medesima infiam- mazione , per cui tale processo morboso fu detto ge- neratore di nuova sostanza organica animale. Questo morboso fenomeno, vero e reale in se medesimo, si è lìXFIAM.nAZIONE ADESIVA 91 voluto applicare per im noti giusto analogismo ali* altro fenomeno della cicatrizzazione delle ferite , e della unione degli ossi fratti. Ma in codesta applicazione pare sia miseramente sfuggita agli osservatori l'avver- tenza che si doveva alla natura del processo infiam- matorio , lontano da qualunque intenzione ed indole salutifera e benigna , a cui manifestamente tende il vero processo non morboso ma salutevole di adesione. E pur nondimeno era cosa del tutto necessaria il por mente agli esiti ed ai fini contrari di queste due dif- ferenti operazioni della natura, nell' uno dei casi so- praffatta e soverchiata da morboso e sfrenato incita- mento della parte infiammata, il cui esito, fuor che quel- lo della risoluzione , era sempre dannoso : mentre nell' altro de' casi l'esito esser sempre doveva quello della pronta salute , ogni volta che l'infiammazione non l'aves- se assalito e cosi sturbato , e deviato dal fine salu- tare : siccome ora fa similmente io vi andava dicendo. La seconda delle osservazioni vera , ma non bene applicata al fatto pratico , fu quella di vedere insorta la flogosi nelle ferite alquanto gravi , e nondimeno esserne conseguita la cicatrice , quando l'infiammazione fu moderata : nel qual proposito il prof. Buzoni im- piega molte ed ornate parole ( pag. 37 , 38 , 38 e segg.). E ciò anche sia pur vero : ma egli è anche verissimo, che non cessando l'infiammazione veracemente tale, la cicatrice non ha luogo, ed il sostenere il contrario, sarebbe dir falso, e contro il fatto quo- tidiano, Bensi il fenomeno dell' adesione morbosa , e la creazione delle pseudoraerabrane , e di parti im- perfettamente organizzate, si osserva contemporaneo al processo infiammatorio : ciò che maggiormente confer- nia la differenza che passa tra questo , ed il pro- cesso salubre adesivo di cicatrizzazione. Ma quale sa- rà mai , voi mi chiederete, e di che natura , se non 92 S e I E N t E b infiammatorio , cotesto processo salutare cicatriz- zante? Io potrei rispondervi con gli empirici dì Cor- nelio Gelso: „ Has latentium causarum conjecturas ad rem non pertinere. ,, Pur pure anche i propugnatori dell'infiammazione adesiva s'accorsero non essere in tutto sostenibile la necessita di essa alla cicatrice di prima intenzione , perchè con tutti gli altri avevano veduto, essa anzi disturbare il processo adesivo. Per- ciò è che per non essere astretti ad escludere affai! o dal detto processo la flogusi , si accontentarono di as- segnarle solamente un certo mediocre grado. Ed ec- covi una scala biotica fabbricata dal sigi prof. Bu- zoni ( pag. 18 e seg. ) come suol farsi dai precet- tori tutti dalle cattedre, per similitudine , e per mag- gior chiarezza nell' istruire ; non mai perchè a questi calcoli si possa assoggettare la natura tanto nello sta- to sano , quanto in quello di malattia ; e poiché infat- ti nelle teoriche si richiede più l'opera dello ingegno , che della filosofia (quale scala composta di 40 gra- di, che altri, dai quali n'ha presa l'idea, dicono di 100) segna quello della flogosi adesiva hunter'ana al 30 in- circa, cioè 10 gradi sopra lo stato normale di sa- lute che nella scala biotica è il 20. Il sig. Buzotii pretende che i gradi interraedii che stanno tra il 20 ed il 30, nei quali nascer può un qualche anche ri- marchevole incitamento di esaltata vitalità , non siano sufficienti all' opera della cicatrice di prima intenzione. Insomma egli vi crede e vi vuole necessaria l'infiara- mazione : e in quanto a questo io già vi esposi il mio parere , ed eziandio molte altre ragioni potrete riscontrare nell' opera del Malagò , la quale non è poi senza logica , ne contraddicentesi , ne cosi confusa ed oscura , come vuole il Buzoni. Inoltre avete ul- teriori prove di fatto dal modo col quale sono trat- tati dai chirurgi tutti i foriti ed i fratturati , i quali Infiammazione adesiva 03 essi lirillano con sottllissi^jia maniera di dieta , olire r ordinare il salasso ed il regime refrigerante , ti- morosi di vedere accrescere lo stimolo vitale , e che si desti la flogosi nemica della cicatrizzazione : e per favorire, escludendola, quel processo adesivo , il quale come (Mede avervi dimostrato , e un' opera quieta e della riposata natura, di carattere affatto diverso dalla infiammazione , e tendente ad uu fine da questa diffc- leatissimo. Benché io pensi che ne queste mie parole e ne al- tre migliori , ma non consonanti al parere del sig. Bu- zoni ( se egli leggera questa mia scrittura ), mai non lo indurriamo a persuadersene , come prima non l'han- no persuaso le ragioni tante ed i fatti addotti dal prof. Malagò nel suo scritto , poiché si è intestato di non volere neppure seguir una via di mezzo simile a quella del sig. Solenghi ( e questa sarebbe forse riuscita per lui la migliore , medio tutissimas ibis), avendo scelto di aitenersi piuttosto ad uno estremo indimostrabile , come franchissimo lo assevera (pag. 37 in fine ) in questi termini schiettamente : „ Ora aper- „ tamente m'avviso di sostenere^ che alla formazione ,, delle cicatrici di prima intenzione è necessaria una ,, flogosi , ossia quel grado di vera e non equivoca ,, flogosi , che volgarmente si chiama adesiva. ,, Ve- dete eh' egli è già dell' intutto incaponito ; e pian- tato il chiodo , non vorrà per nessun patto schian- tarlo', e ciò solo per non aver voluto sceverare il pro- cesso flogistico morboso dal processo salubre adesi- vo ; e ciò per avere con gli altri suoi favorevoli con- siderato, o a dir meglio scambiato i fenomeni della flo- gosi per quelli delT ordimento del lavoro della riu- nione delle parti oganicUo separate : per aver con- fuso in somma ciò che è sintoma della malattia, con la malattia mcdosiiua , la causa eQicieiile eoa Tef 94 S e I E N a E fetto consegueate , e con aver supposto essere una me- dicina quella che anzi interponeva un ostacolo alla guarigione. Onde torneranno inutili tutte le ragioni, le osservazioni , le riflessioni e le stesse prove di fatto per rendere persuaso il sig. Buzoni, che la flogosi non sia assolutamente necessaria al rimarginaraento di prima intenzione delle ferite recenti , e debba parimenti avere abbandonato quelle che suppurarono , acciò di loro pure accada la cicatrizzazione : non bastando per lui neppure quel qualunque esaltato eccitamento locale, o quella vitale energia organica svolgentesi nella sostan- za organica stessa divisa per la ferita : e non baste- rebbe per lui quella flogosi fisiologica , che tale dice sia chiamata „ non senza altissimo accorgimento ,, sot- to la cui influenza si forma la placenta (v- pag. 49)- quand' anzi pare , che non già con altissimo , ma più veramente ,, con iscarso accorgimento ,, fosse, da qua- lunque siasi, tale appellata : perchè s\ fatta formola inviluppa una troppo grossolana contraddizione. Perchè flogosi esprime stato di malattia , e fisiologico è ri- feribile a stato di salute : araenochè non si voglia og- gigiorno autenticare l'abuso dei termini , che nuoce anziché giovi alla nostr' arte : amenochè oggigiorno non si pretenda di ridurre tutti 1 fenomeni dell' uomo tanto sano , quanto infermo, alla flogosi : quasiché do- vessimo credere essere la vita mantenuta e consumata da un continuo incendio ; quasiché non bastasse più la dottrina dello stimolo e dell' eccitamento , ma che la flogosi sola esser debba come un elemento primi- tivo universale , da cui dipendessero tutte le funzioni e le proprietà degli esseri viventi organizzali , sì sani e si infermi : quasiché la famosa dottrina del contro- stimolo fosse stata ritrovata per combattere in tutti i mali la flogosi , ed al tempo stesso la flogosi fosse una medicina per se medesima non solo, ma una pò- Iì>jf.'a;mmazioine adesiva 95 tciiza produltricc e riproduttrice. Nel mentre stesso clic i medici e i non medici, che ne considerano e ne os- servano gli effetti , sono astretti a qualificarla e te- nerla per una potenza morbosa nemica e distruttrice, o alniono tale da non potersi mai combinare con Io stalo di salute senza alterarlo. A concludere finalmen- te non già con ornale parole , terso stile e fiorita elo- quenza , ma con salde ed utili deduzioni questa qua- lunque mia lettera, voglio farvi persuaso della inuti- Ut.iì e vanità di quella per quantunque ornatissima scrit- tura del sig. Buzoni. E vi dicoche sarebbe anzi meri- tevole di qualche lode se apportato avesse un non- nulla di vantaggio alla chirurgia ; perchè le scien- ze e le arti belle sono tutte intese o ai comodi o :ille necessita della vita civile. Inutili dunque sono , .';e non anche dannevoli, tutte quelle cose che da que- s!i ottimi fini si dilungano. Egli è perciò che Tullio insegna {de senectute e. 2): Appetendarum ratio sit honestas et utilitas : et vìtandarum^ turpitudo et ina - tilitas. Or ditemi, che vantaggio produrra alla chirur- gÌH l'opinione che tiene il sig. Buzoni (che è pur dì ~ prestano i migliori e pia certi lumi per ragionare delP origine , delle derivazioni , delV indole , del maneg- gio d'essa lingua^ per poco che prendiamo a raggua- gliarla co' libri su quali furono composti. Il perché egli è a desiderare di veder sempre dare alla luce le traduzioni volgari aventi a fronte f originale ( a e. LXXVII. ). Questo savio divisaraento è posto in pialica nella edizione di che teniamo jjroposilo , Irovaudovisi il le- sto latino a risguardo del volgare. Leggenda di s. Jacopo ec. iì7 Il eh. editore lia posto in ultimo luogo , come a corona delle sue cure , una tavola delle voci e dei modi di dire, che, con l'autorità delle leggende per lui poste in pubblico , si possono registrare nel vo- cabolario della crusca , o come nuovi, o come raan- canti dei dovuti esempi. Sono in tutti quarantuno. Noi stimiamo pertanto , che si abbia ad avere obbligo a raonsig. Stefano Rossi di questo suo lavoro , e che sia per accrercersi con esso la fama , nella quale meritamente è, di amorevole molto e studioso della primigenia bontà del nostro idioma. Il nome dell' erainentissimo cardinale Iacopo Brignole sta in fronte del libro , come ornamento ad un tempo , e come testimonianza della riconoscen- za affettuosa e sincera che l'editore professa a que- sto egregio porporato. Laonde può dirsi che quanto il libro medesimo reca onore all' ingegno del Rossi, altrettanto l'offerta fattane al benevole suo protettore ed amico , ne reca al suo cuore. / P. E. Visconti. 118 Epistola di Michele Giuseppe Morei^ già custode ge- nerale d'arca ilia^ volgarizzata da Domenieo fiacco- lini: Sugli studi e costumi convenienti a nobil gio- vane. A GIANFRANCESCO RAMBELLl LUGHESE RETTORE A SAN GIOVANNI ItJ PERSICBTO, DOMENICO VACCOLINI. v< oi siete luUo amore pe' giovanetti , ai quali ve- nite poigeudo lezioni ed esempi di buone lettere e di soavi costumi : perchè foste lodato dai savi prima nella patria vostra, poi nella patria del Bertoldi , poi in quella di Vincenzo Monti , ed ora in quella del Masotti , la cui memoria avete racomandata col bello elogio , che ne diceste Tanno scorso in occasione di premi distribuiti (1). Felice la terra che vi possiede! la quale è certa di venire per voi a maggior lume di gentilezza , quando i nomi ed i fatti domestici de- gni di memoria ne celebrate col nome vostro me- desimo , e cogli scritti la crescete di piiì splendore. Di che io mi rallegro meco stesso e con voi , e de- sidero mostrarvi per alcun segno quanto vi stimi ed ami. Avrei dovuto farlo fino da quando vi piacque donarmi il titolo della seconda edizione dell* elogio (i) Bologna per dall'Olmo e Fiocchi i835. EpiST0L4 DSL Morsi t1^ del Monti (1) ; ma è meglio una volta che mai. Con questo intendimento viene a voi la versione che ho fatto ( Dio sa come ) di un' Epistola latina di Mi- chele Giuseppe Morei già custode generale d^crcadlaz la quale epistola voi troverete facilmente ne' carmi degli arcadi (2). Io ne tengo !un esemplare mano- scritto , e parrai autografo : l'ebbi in dono dal eh. monsignor C. E. Muzzarelli, che mi fa spesso di bei presenti. In un tempo , nel quale abbondano precetti di educazione , ed i costumi non tornano per questo migliori , vi parrà vana opera , che io vi presenti la epistola che il Morei verso la mela del secolo pas- sato indirizzò al nobil giovane Pietro Luigi Strozzi, quando forse quest' ultimo dalla quiete e dalle stret- tezze del collegio veniva alle larghezze domestiche ed al vortice del mondo. Ma io stimo , che i buoni pre- cetti mai non invecchino , e gioverà raflrontarli con quelli del nostro tempo. Mi sarà questa eziandio bella occasione di farvi conoscere le varie lezioni del ma- noscritto , che io tengo di quell' epistola ; comunque abbia creduto nella versione tenermi alla slampa di Roma , che ne fu fatta dall' autore. Ponetevi davanti queir edizione, ed al verso 20, dove parlasi dello stu- dia da eleggersi dal giovine, aggiungete questi versi : Atque buie te studio totum raox trade , sed illud Curanduin in primis tibi ; quando ecclesia magni» Te vocat auspiciis ut libris quidquid habetur ' Divinis non te laleat ; librosque per illos Huc , illuc redeas , et cónsule saepius oranes. (i) Ivi tip. BortoloUi iS*-?. (2) Arcad. Cairn. Pars Altera. Romae MDCCLVI «yp- d« Rubeis, pag. 149. 120 Letteratura Sacra decént sacros , teraplique arcana Deique Discere non vanum terajjlique Deique rainistris , Sed quoniam Themidis al verso 33 aggiungete : Judicio an possis alienis credere scrìptis. Tu perpende tuo ; judex tutissìmus hic est. al verso 92 aggiungete : Aequales tu proinde tuos versaberis inter, Sed libi qui fuerint aequales accipe': primum Aequalera generosa potest libi reddere stirpis Nobilitas , et opes , et honores , dein studiorum, Doclrinae , ingenii , morumque siniillimus ordo » Hos tibi vere pates , reliquos te crede minores. Sed non ut facie vulgi quemcumque severa Despicias .... Il brano del manoscritto , che qui segue , è nella stam- pa trasportato al verso 1 02, il quale dice : At cave ne facie vulgi quemcumque severa . . . e va sino al verso 113 inclusive. Ma voi al verso 101 aggiungete ; Nec raultura doleas , mala dum consortia vitas Inter neglectos si quis tibi nascitur hostis. Nonnunquam juval hoc; aliquos naraque esse Decesse est Qui cupide ìnspiciant oculis tua facta raalignis ; Illa taraen nequeant reprehendere ; si sapis ergo, Conscius ipse lui tibi vivilo ; sic et in omni Te gerc fortuna , sic moribus imbue , ut ipse Epistola del Morbi 211 Et probet et laudet, nollet licet liostis , et oh quam Dulcior est laus perspecto qua venit ab hoste ! E dopo il verso aatipeuulliiuo leggete ; Res libi poscit ; enina monitor te nullus in orbe Forsitan utilior tibi. Mores perfice ; raentem lostrue Ma basti di ciò : e voi fate buon viso ad uno scrii-- to , che raccomanda in prima la pietà , ossia la re- ligione : alla quale nel tradurre io ho voluto con» servare in italiano quel nome di pietà , che parve ot- timo in questo senso ai Ialini , e non può non es- sere buono a noi , benché assai tardi nipoti. Ama- temi e state sano. Di Bagnacavallo il 13 di giugno 1835. Quai studi e quai costumi a te si addicano , O fior de' giovanetti , or che la vita Condur dovrai fra le paterne mura , Ingenuo ti dirò , poi che mei chiedi. Prima a cuor la pietade abbi ; da lei Pendon tutte le cose ^ e nulla manca A chi ben la possiede. All' ozio togliti ; E l'ozio d'ogni mal certa radice , . Ne v'ha peste maggior che ammorbi e guasti La gioventude : fuggilo , e ti salva. Agevole ti Ila , se non ti gravi La prima età passar su dotte carte. Degli studi il sentiero aspro d'acute Spine ti parrà in pria ; ma l'uso poi Scema l'asprezza , e fa che il dolce trovi 152 Letteratura La mente , che alfin grata ha la fatica. Ma non ogni scienza a se ti chiami , Ne di tutto saper cieco desio Già non ti prenda. Alta d'ingegno hai vena , Ma non tutto produce ogni terreno , E non tutti possiam tutte le cose. Scegli tra miHe quel che a te più giova , Quel che agli anni maturi non t' incresca. Poi che a piiì ferma etade entrar t' è fisso Di Temide nel tempio a' vari ufici , Fa che le sante leggi abbian de' tuoi Studi gran parte , e della lode il frutta Non manchevol ne cogli. A fior di labbra Toccar ti gioverà l'altre dottrine , E buon ti fia gustar della profonda Malesi i certi dogmi , e di sofia Pur le contese , e ricercar le varie Cagioni delle cose : e ciò che al nostro Secolo è noto , e ciò che al tempo antico Avvenne, tu ignorar già non dovrai. Ne voler d'ogni libro esser contento : E dì cpel che leggendo incontri e noti Non creder tutto facilmente , e tutto Non rifiutar. E' nelle cose un certo Mezzo , ed erran talvolta anche i piiì dotti Si che giurar non vuoisi alla parola Mai di maestro. - A te, se in bella fama Godi venir , Livio , Nepote e Tullio , A te Cesare e Grispo i grandi esempli ' Porger potranno del sermon latino. Alla vena verrai pur de* poeti ( Benché tentar non deggìa i dolci versi E fama di poeta ) : a quelle fonti Trarrai scienza di costumi, e grande D'idee tesoro. E tu leggi e rileggi Epistola del Morii <23 Greci maestri , e ti diletti al suono Delle avene Teocrito, e gli orecchi Indi li colmi colla tromba Omero. Pieno di greche maraviglie poi Volgiti ai nostri liti , o se l'antico Verso o il novo t'aggradi , il qual risuona Dall' Alpe a Lilibeo. A gravi studi Quando cerchi ristoro , in mano avrai E Tasso e Fiacco ed Alighieri, e pria Virgilio : di que' sorami è magistero Lo spirto ricrear , porger precetti Di fuggir vizi , di seguir virtute. Color che sanno a riverire impara , E qual è dotto e onesto ama , e ad esempio Abbilo sempre . Ne gì' indotti a vile Tener dovrai : che in ogni tempo e io ogni Loco il numero loro sovrabbonda. Tacer ti converr'ia i giorni interi , E lungi dalie genti trar la vita , Se ogni altra compagnia fuggir volessi Fuor che dei dotti. E pur una tal razza Di gente v' ha , che dotti non diresti , E non ignari al tutto : e' son di quelli , Che al serio mescolando i giuochi e i sili Destan rìsa smodate , e il popol plaude. Da lor guardati sempre , e di sfuggirli Ricorda spesso J o se dentro v' incappi , Allor che ride il cavaliere , e ride Il giovincello , ed alla porta anch' essa Ride l'ancella col famiglio , ridi Tu pure , o fa di ridere sembianza , Che d'accigliato non acquisti nome Dalla turba maligna. - £ già disdirti Non ardirei il conversar notturno , Purché indegno di te e vii non sìa , 124 Letteratura E purchb l'ora di rltliirtl a casa Sfuggir non lasci. E' qui clie il poco giova. Il troppo nuoce. Ornai l'uso il richiede , E tu le soglie di romane nuore E di gravi matrone entra : ma cauto. S' ivi si giucca , e tu al giuocar sii parco. Parla intanto di quel eh' e onesto e acconcio. Dall'uso apprenderailo e dall' etade. Perchè pensa fin d'ora quali amici Abbi al presente , e quali un di gli avrai. Temer pur vuoisi degli amici spesso : Ma a voi , gente patrizia , e notte e giorno Vegliar conviene ; il detrattor , l'adultero. Il molle , Io scroccon , l'adulatore , Il cantante, il buffone, il ladro , il perfido Ruffiano e qual v' ha simile genia , Voi cerca innanzi , e per tradir v' onora. Indi il tempo, e col tempo i bea si gittanor Indi abbondano i morbi , ed in fior troncansi Di bella gioventude le speranze : Indi carca di mali sopravviene La grave età. Con tal razza malnata , O chiarissimo Strozzi , non t' impiglia , Non co* perduti uomini. Di risa Forse te faran segno , e lascia ridere ; Tu ancora riderai , ov' essi a piagnere Abbiano il mal della passata vita. Fuggi , fuggì , se sai , spessi colloqui Co' servi , ed a' cocchieri non t' immischia r Lrutti di colpe sono ed atrii e stalle. Ma a quei sii largo ; il ben donato argento Plauso ti acquisterà : se il labbro è avaro , La destra generosa almen gli appaghi. Rado e facil comanda : uficio sia Poi del cocchiere governar cavalli , Epistola del Mohei «125 Dispor , reggere il cocchio , e sia de* servi Gli atrii guardar. Ma con severa fronte Qual e dei volgo non spregiar : del volgo Temi Todio e lo sdegno , e non averne A vii l'amore , e a contenerti impara. Se a piedi sei , non gir tronfio e superbo : E se mai per le vie suU' aureo cocchio T' aggiri , non poggiar supino il dorso- Cortese a tutti , ognor col riso in Locca Salutato saluta : il sopracciglio Deponi , se il minore a te si accosti Tremando, e lui col tuo parlar conforta. Ma se alcun petulante entri, t'acciglia, E tal ti porgi che ti tema ed ami Sempre ciascuno , e mai non ti dia nota Di basso o di superbo. E in casa e fuori In ogni opra sii certo e dubbio insieme ; Il giudicar preceda , e nella mente Libra innanzi , se l'opra o giovi o nuoca. Ma se a gir prendi , dà le vele ai venti Che spirano propizi , e ad ogni strepito Dell' onda non venir pallido e smorto. Che se tranquillo è il mar , non t'assecura , E l'ardir colla tema ti sia duce: Indi è prudenza , che cotanto puote : E tu seguila e seco ti consiglia. Ma che più farti da maestro ? Vivi Quale gik vivi , e buoni avvisi ascolla > A tempo e luogo. De' costumi in fiore 'm Vieni , e la mente di saver conforta , E le virludi in le crescau cogli annij iiì&h ir] ori 126 AL CITIAKISSIMO SIGNOR MARCHESE COMMENDATORE LUIGI BIONDI, GIUSEPPE IGNAZIO MONTANARI l\ 1 gentile cantore che in soavissimi versi pianse la morte di Giustina Bruni , e meritò lodi e ammira- zione universale , vengono ora alcuni poveri miei versi dettati dal mio dolore in morte della contessa Bar- bara Bianchi, che fu mia madre. Gli scrissi molti anni sono: ma essendomi corsi a mano non ha molto, mi venne pensiero di racconciarli alla meglio e darli in luce. Forse era miglior partito lasciarli ove da molto tempo giacevano fra la polvere : ma il desiderio di onorare quella benedetta anima , che vede dal cielo non asciutte ancora le mie lagrime , ha prcvaluto ad ogni altra ragione. Perchè però riescano meno ingra- ti , e vadano per lo mondo con più sicurezza , io ho bramato , che portino in fronte il nome vostro , chiarissimo sig. marchese commendatore : poiché cosa che è da voi non può non essere in ogni dove ben accolta ed onorata. Mi piace anche per questo modo darvi testimonianza della moltissima stima, in che vi ho per quel molto sapere che vi fa s\ caro alle let- tere italiane , e cogliere questa occasione di racco- loandarmi alla vostra grazia. Di Pesaro il dì 9 di marzo 1835. 12T Cantando il dlol si disackrba I. Vi lascio, o figli : e il casto guardo fiso Teneva jì cielo , e più che il guardo il core: £ agli atti onesti ed al sicuro viso Parca dir : Vengo , alto increato amore. Vi lascio , o figli : e dall' eterno riso Gli angeli della pace a farle onore Scendeano , e tutta in lei di paradiso Si riflettea la gioia e lo splendore. Vi lascio, o figli ; e qui le ciglia chiuse Qual chi a sonno componsi , e intorno il volto Lume celestial le si diffuse. Io, che passar la vidi in tanta pace , Col core ogni pensiero ho al ciel rivolto : £ insino da quel dì morte mi piace. 2. Perchè tornate a me , caldi sospiri , Ne gite dove il mìo dolor v' invia ? Forse lunga per voi troppo è la via ? Forse vi pare che tropp' alto io miri ? Risponde il primo : Nei superni giri , La dove eterno ogni gioir si cria , Salimmo ed in favella umile e pia Parlammo a lei che move i tuoi desiri. 'i Che disse ? come a lei piaceste ? quanto Presso a lei foste ? Per pietà mei dite : Che il triste cor regger non puote a tanto. E l'altro allora : Con pietoso ciglio Si volse a noi la donna, e : Ornai reddite In terra , disse , a confortar mio figlio. 128 Letteratura 3. Io raea vado per lungo aspro sentiero Solo e pensoso senza alcun conforto , E dalla doglia , che negli occhi porlo , Si legge quanto il mio martire è fiero. Lasso ! ove posa al debil fianco io spero Veggo contro di me rio mostro insorto : Onde per tema si mi disconforto , Che se mi manca pronta aita , io pero. E mentre in forse dell' andar mi resto , Sospiro , piango , e fra me spesso dico : Qual novo assalto di viltade e questo ! Ricercar l'orme mie vorrei : ma in vano, O dolce madre, in mia virtù confido , Se aita non mi vìen dalla tua mano. 4. Perchè appassite sopra il verde stelo , Perchè vermiglio non vi pinge , o rose ? Non fa l'alba nascente alle odorose Vostre foglietto di rugiada un velo ? Bei gigli, voi l'alme bellezze al cielo Perchè tanto tenete ancor nascose ? Ha verme reo vostre radici rose , Vi ha offeso, vaghi gigli , il verno o Penuria d'onde o saettar di sole Ha fiammeggiato vostre umili fronde, Mesti giacinti , pallide viole ? E un fiorellin : Nessun ci e fatto oltraggio ; Di due begli occhi il lume a noi si asconde, Che pria qui ne scaldò d'amico raggio. il gelo ? Sonetti del Montanari 129 Dolenti rime , che plorando andate Quella pia donna cl)e al mio cor fu lolla , Onde letizia di mia verde etate Fu tutta in pianto angoscioso volta ; Voi mentre a lei , che fra 1' alme degnate AI riso de'siiperni è in ciclo accolta, I desir vostri e i danni miei mostrate , E , pietosa ella al vostro duol , vi ascolla : Per la memoria di quel puro affetto Cui spegnere non vai gelo di morte , K nel raggio divin si fa perfetto. Voi la pregate che rivolga il ciglio A me , che dietro non fidale scorte M' aggiro in basso loco , e mi periglio. Il sol nel cui bel raggio un dì si accese Mia debil vita , e in paradiso or splende. Entro il mio cor la morta speme accende D' una favilla che da lui discese Però qucst' alma , che a lodate imprese Volte le spalle, solo al pianto intende. Maggior fatta di se fidanza prende E vince la villa che si l'offese. Ond' io già spero che alfin <;essi il duolo A tulle umane qualità negarmi , Si eh' io drizzi la mente a nobil volo. E se fato od invidia a me fa guerra. Mi sarà schermo al tempestar dell'armi La pietra che le amate ossa rinserra. G.A.T.LXiV. 9 tao Regola del desiderio dimostrata colla versione del- la satira Xdi Decimo Gian io Giovenale dall' avvo- cato Domenico Gionaritonj da Fabriano ec. pel Crocetti in Fabriano 1 834 in 8° fac. di 24 v^razio pose 1' amabilità nella satira , e ti lascia per- suaso e contento ; Persio , se puoi intenderlo , col ri- gore del raziocinio e colla stoica filosofia ti vuol con- vinto ; Giovenale declamando percuote , e il suo stile è alto,veemente, acerbo, sfolgorante. Il marchese Gargal- lo tra gli altri tradusse Orazio come potevasi: il cava- lier Monti tradusse Persio com' era da lui : Teodo- ro Accio, e meglio forse il Cesarotti , tradussero Gio- venale. Arrestandoci all' aquinate , porremo qui un brano della versione del Gionantonj , che scrisse pri- ma del 1755, e come il Silvestri usò la quarta rima mal alta all' uopo. Orandum est , ut sìt mens sana in corpore sano. Forlem posce animum , et mortis terrore carenleni , Qui spatium vitae extreraum inter munera pouat Naturae , qui ferra queat quoscuraque labores : Nesciat irasci , cupiat nihil , et potiores Herculis aeruranas credat, sacrosque labores , Et Venere et coenis et plumis Sardanapali. Monstro quod ipse libi possis dare. Semita certe Traatjuiliae per virtutera patet unica vitae. Satira X di Giovenale i3} TEODORO ACCIO Chiedi un sano cervello in corpo sano , Cinedi un' alma inconcussa e del terrore Sgombra di morte si , che il punto estremo Di vita estimi di natura un dono : Che regga a qualsivoglia dolore. Che d' ira o di desio nulla lo accenda : Che le note sventure e le fatiche Aspre di Alcide , e di Giunon lo sdegno Preferibili creda ai lauti cibi , AVenerei diletti, ed alle piume Effeminate di Sardanapalor Ecco felicita che ciascun puote Dare a se stesso , e da lui sol dipende. Un sol sentiero alla tranquilla vita E' aperto in terra , ed è certo virtude. MELCHIOR CESAROTTI O cielo , Dammi In corpo ben san pii!i sana mente , Alma robusta e di spaventi ignara , Che non tema la morte , e che la creda Di natura un uffizio e spesso un dono ; Cile non ricusi mai pene e fatiche ^ Pel giusto e pel dover : eh' ira non senta , Ne sfrenati desir : che preferisca I travagli d' Alcide alle nefande Vili delizie del regnante assiro Servo perpetuo di vivande e letti. Quel eh' io t' insegno è in tua balia : tu puoi Farne acquisto da te : solo rammenta Che alla del vero ben meta sublime Sol pel sentiero divirtiì si poggia. 9^ 432 Letteratura DOMENICO GIONANTONJ Pregali C^) che ti dien nel corpo sano Sana la mente, e l'anima si forte , Che sappia matilener da se lontano Il terror del sepolcro e della morte. Che della vita il punto , in cui si muore , Al gran tributo di natura ascriva : Che sappia tollerar sensa rancore Le fatiche , i disastri , e lieto viva. Che mai si sdegni , e nulla brami o speri , E d' Alcide ai travagli il genio avvezzi , Che de ir assirio re fugga i piaceri , E di Venere i lussi odii e disprezzi . In queste carte io ti dimostro e insegno Che del viver felice è in te l' impero : Che di tranquillo stato arriva al seguo Chi sol della virtù segue il sentiero. I savi lettori noteranno facilmente le parli buone e le raen buone del volgarizzamento del Gionantonj a fronte ancoia degli altri. Quanto a noi , avendo letta tutta la satira X , lodiamo che egli lasciasse quel vieta Cartagine dei v. 2T7,che spiacque anche al Gior- dani, coni' è a vedere nella biblioteca italiana del 181G: non lodiamo , che parlando de' vecchi renda quel /am leve caput con questa frase: Ognun scopra il calvario: j ne che venga fuori coi primi salini in coro quando a rendere questi bei versi : (*) Gli dfi. Satira X di Giovenale 433 Prima fere vota , et cunctls notissima leraplis Divitiae ut crescant , ut opes , ut maxima tote Nostra sit arca foro -. dice così : Son oggi le ricchezze, in fede mia, I primi voti e i primi salmi in coro: II moltiplico ognun brama , e desia Aver ne bandii una gran somma d' oro. Quello , che non possiamo passare senza lode , si è il pensiero di chi pubblicò questa versione del Gio- nantonj in occassione di noz^e; perocché è buono ve- nire innanzi a' novelli sposi non con inezie canore , ma con ammaestramenti utili alla vita , quali sono questi , che mirano a disingannare gli uomini avvezzi a pregiare oltra il dovere le ricchezze e gli altri beni manchevoli e fugaci. D. Vaccolini 134 Dissertazione sopra un passo di Dante. AL NOBIL UOMO SIG. CARLO GUZZONI DEGLI ANGARANI STUDENTE NELLA ROMANA UNIVERSITÀ'. M/o caro amico 1 ^ on tanto come segno dell' amor mio, qnanlo per recarti alla memoria gli studi delle lettere , a te io vo- leva intitolata la presente dissertazione. Perocché io te- mo non Baldo e Bartolo t' abbiano sbandito dalla mente ogni pensiero di cercare ne' grandi libri della no- stra letteratura , sicché più non possa in te lo spirito delle muse , che pare nelT animo tuo cos'i altamente parlava. Ond' io avrei a dolermi che in tanta deprava- zione di gusto mancasse una voce, la quale sovra i vi- li tuonasse , che il santuario dell' italiana sapienza contendono profanare ; e anche sulla pace e sulla civiltà delle arti nostre chiamarci forestieri travolgi- menti. Però abbiti questo piccolo lavoro sopra il tua Dante, e ricorda questa mia sentenza ; che siccome P ar- monia ( pensata da Platone ) era dei moti universali mo- deratrice ; cosi le muse sono arbitre di ogni umano sa- pere : ne solo cantatrici di cose liriche, come i volga- ri sentenziano. E che è la giurisprudenza sequestrata dai consiglia dalle ragioni che ci da la filosofia primo- DiviKA Commedia -135 genita fìglluola delle muse ? Fonte di contese nelle scuole , di miserie poi nella repubblica. Termino abbracciandoti con ogni affetto ; e tut- to lieto dell' amor tuo. Correggio 15 di giugno 1835 Il tuo ab. Cattania DISERTAZIONE Taciti, soli , e senza compagnia, N' andavam 1' un dinanzi e 1' altro dopo 4 Come i frati minor vanno per via. Terzetto i del canto 23 dell' inferno Que' passi de' poeti antichi , che hanno rela- zione alle usanze dei tempi loro , non potranno giam- mai spiegarsi dai moderni adequatamente , massime se di quelle usanze non resti pure un cenno in alcun li- bro. La qual cosa stimiamo noi originata si per parte dei poeti stessi , sì per parte dei contemporanei. Im- perocché gli uni si stettero paghi al toccare legger- mente le cose notissime, onde non s' ingenerasse noia ne' leggitori : e gli altri poterono da pochi tratti l'in- tendimento raccogliere dell'autore. Nel che i primi ten- nero un modo che è bellissimo di poesia : al quale non tanto vedemmo accostarsi 1' Alighieri nella suaccen- nata terzina , ma si , per lasciarne il maggior nume- ro , ed il Berni nel canto 20 dell' Orlando mnamo^ rato , e recentemente 1' immortale Parini nel suo Gior- no. Ma non così dirittamente adoperarono i secondi: poiché correva loro obbligo di procacciare , che inlat- ta venisse a' posteri la notizia di quelle cose , alle quali allusero i poeti } perchè iuconlravano sotto gli 136 Tj E T T E n A T U R A (X'cìii ili tulli. Diclro la quale incuria, non so se piii colpevole o vergojynosa , avvicoe che noi siam piivi di molte cognizioni storiche e letterarie , e guardia- mo le età meno remote quasi fossero per mille secoli «ìa noi divise. E volesse pure Iddio che di tal colpa fossero solo macchiati gì' italiani de' tempi scorsi ! che non saremmo ora costretti di alzarci contro de' moder- ni per assennarli , che quando verrà stagione , in cui questo tempo chìamerassi antico , sarà chi rinnovi con- tro di essi quella querela , che noi movemmo poc' an- zi contra i trapassati. Imperocché non troverassi in Ita- lia chi pili intenda il Parini, e quelle cose che per noi sono chiarissime ^ o non saranno allora credute , a saranno rese oscure da mille commenti. Laonde ci è for- za il conchiudcre , che sarebbe oggiraai tempo , fin- che bastano gli usi che il Parini descrisse , di dar opera a molte utili annotazioni (a) ; le quali , oltrecchè fer- merebbero il vero senso delle parole , varrebbero ad illustrare la storia , ed a mandare a' posteri esalta la contezza delle costumanze nostre. Cosi cesseremmo da quegli autori , che tengono in se tanta parte della glo- ria e della sapienza d' Italia , le contumelie degli stra- nieri: i quali appunto si fanno piiì arditi di bistratta- re le cose nostre , quando meno le intendono, ed in- sultano baldanzosamente agli sforzi di quei pietosi , che pongono r animo a chiarire i luoghi oscuri. E qui sa- rebbe a vedere , come il Voltaire, quell' agro derisore d' ogni divina ed umana cosa , parli da non suo pari (i) Siamo avvisati che un italiano ha di già soddisfatto al desiderio nostro. Non sape pamolo. Bastici che l'opera di questo mostri che la nostra querela non fu invano. Perchè gli rife- riamo ora le grazie che per noi si possono maggiori e più pubbliche. Divina Commedia ìo7 deirAllgliieri , e come molti altri ciecamente lo se- guano. Della qual cosa ci fece accorti ancora il Bia- gioli nel commento die appose alla terzina siiranien- tovala. Se non che ci pare che egli vada molto lungi dal vero in questo commento , quando delle villanie degli stranieri tien colpevoli i commentatori di Dan- te, ed in ispezial modo il LoraLardi: mentre per le no- stre considerazioni si pare manifesto , che più de' mo- derni debbansi i contemporanei di tali colpe accagio- nare. Ma noi vorremmo ancora passarci delle invet- tive del Biagioli , se la spiegazione che egli ci diede di quella dillicil terzina , non fosse al tutto inverosi- mile. E questo asseveriamo noi sul principio , onde i cortesi nostri leggitori abbian fermo lo sguardo a quel- le cose che andremo via via sponendo. E in ciò pro- cederemo con ordine , ed useremo molta modestia di parole , e molti argomenti sottili, che non saranno alla fin fine più che semplici conghietture. Per le qua- li se^acquisterassi da noi alcuna fede , non gridere- mo vittoria , ne sarem vaghi di plauso ; bastandoci r avere avvalorata come che sia 1' opinione del Lom- bardi , e tolta affatto di mezzo quella del Biagioli. A far si che per le cose più certe quelle chiari- scansi che vogliam dimostrare , pongasi dapprima un fondamento ; e sia : che il beato Francesco chiuse la maggior perfezione in quella norma di inta , che diede a quanti si fecero suoi seguitatoli. La qual co- sa ottenne egli in gran parte con precetti austeri e rigidissimi , ed in parte ancora con alcuni consigli. Ne vuol credersi che altramente adoperasse chi non so- lo postergò ogni umana fortuna per mendicare la vi- ta di porta in porta , ma si ebbe in se rinnovcliate le piaghe di Gesù Cristo, onde sperimentarci patimenti di lui. Ciò posto , restringansi le nostre investiga- zioni a queir unica che riguarda gli ordinamenti iov- 138 Letteratura iiiti tlal beato Francesco a' suoi confratelli sull' andar per via. Non è a dubitarsi che a guisa di Gesiì Cristo man- dasse Francesco i suoi compagni alla predicazione , cioè a due a due^ giusta quel detto dei vangelista : Mi- sii illos hinos. Resta ora a vedere , se aggiungesse egli il consiglio dell' andar V un dopo V altro : il che sarà tanto piiì vero , quanto s' accosterà pili al sovresposto principio. Non siavi frattanto alcuno che prenda sdegno delle nostre parole , poiché sono esse conghielture , e come tali le proponghiamo : ne ci fum- mo indotti a scriverle per torti fini , come i tristi han- no in costume , ma solo per T amore schietto, since- ro, purissimo che da gran tempo portiamo alle cose dan- tesche. Uno de' precipui modi , con che Francesco ordi- nò le sue istituzioni alla perfezione che può aversi maggiore, quello fu certamente di far sì che i suoi con- fratelli fosser o presti a rompere ogni voglia loro, per essere al tutto ligi agli ordinamenti proposti. E que- sto richiese egli non solo nelle gravi e rilevanti cose, ma benanco nelle raenome e picciolissirae. Ond' è che molte operazioni veggiamo , le quali men che impor- tanti ci sembrano : eppure sono elle dirette da pecu- liari precetti. Che se avvisossi d'intralasciare alcuna volta il precetto , allora si fu che egli usò del con- siglio. Laonde può con tutta ragione conchiudersi, che il beato institutore , od obbligando , o consigliando , intese a far degna di merito la piiì parte delle azioni. Sulla qual conclusione , se così e che sia giusta , co- me a noi pare , porremo ora le asserzioni nostre. E' fuor d' ogni dubbio che /' andare per istrada debbasi anno- verare fra le principali occupazioni de' frati minori ; perciocché dall' un canto è loro vietato usar calessi e cavalli, e dall' altro è forza che eglino vadano per gli Divina Commedia 139 alimenti. Ora vorremo noi credere che il beato Fran- cesco trasandasse al tutto questa operazione, ne d'al- cun pietoso consiglio la volesse egli munita , onde in se contenesse una perfezione maggiore ? Vorremo noi persuaderci, chea pii!i leggieri cose ponesse mente , e questa importantissima non curasse ? Che se alcuno op- pongaci , che ei non la curò ; risponderemo , che tale opinione , coracchè assurda non sia , debbe però aver- si per inverosimile : mentre ne ragioni valevoli posso- no giammai corroborarla , ne a' principii da noi sta- biliti può per avventura accostarsi. Abbiasi adunque per fermo, che il beato Francesco al precetto cf andare a due a due^ volle aggiunto un consiglio. Ora provereraa che questo non altrimenti fu che l'andar T un dinanzi e Valtro dopo. E di vero in tal maniera di camminare riscon- transi si fatte qualità , che bastano , chi voglia guar- darvi accuratamente , a rendere la medesima merite- volissima. Noi frattanto sarem paghi al noverarne quat- tro , lasciando ch'altri ne scopra dippiù, secondo che sarà il suo piacere. E qui diciamo dapprima che la si può sempre mai osservare : imperocché non è per venir tempo , o luogo trovarsi , od avvenimento qual- siasi incontrare che l'adempirla impedisca , o la vio- lazione ne scusi come che sia. Il che non avrebbe luogo , se , anziché dell' andare l'un dopo l'altro , il consiglio fosse di camminare del pari. In secondo luogo eir è assai incomoda e laboriosa ; e di que- sto vogliam giudici i leggitori , se pure ci faranno gra- zia d'aver ricorso all' esperienza. In terzo luogo ella mette l'ultimo nella necessita di tener del continuo gli occhi rivolti al suolo 5 e siccome tal posto è occupato dal frate meno esperto e men provetto , così può dir- si che eir è provvidissima , stringendolo colla forza air adempimento d'un precetto , che altriuienli potrch. M^^ Letteratura be quasi suo malgrado trasgredire. Finalraenlc ella ob- bliga i due frati che camminano a tacersi sempre. Cosi , senza avvedersene , eviteranno quelle lievi raac- cliie che dal diffuso e continuato parlare sono di leggie- ri originale ; giusta quella sentenza de' proverbi .-,, Nel molto parlare non mancherà peccato : ,, come fu tra- sportata nella nostra lingua dal grazioso Bartolommeo da S. Concordio. Dietro le quali considerazioni affer- meremo con franchezza d'animo , e non colla dubi- tazione del Lombardi , essere al tutto verosimile che i frati minori andassero a'tempi di Dante l'un dopo l'altro per via , e ciò non per altra causa facessero , che per consiglio del loro instilutore. Che se talu- no ci dica che tal consiglio non è stato giammai, fuor nella mente nostra : facciasi con noi per poco a disputare le parole di Dante , per le quali speria- mo che la verosimiglianza stabilita di sopra sarà mu- tala in certezza. E prima di tutto scaltriscansi i leggitori a com- prendere , che la spiegazione de' versi dell' Alighieri no!i può esser altra , da questa : cioè che essi ancia" vano lun dopo l'altro per Vinferno , come i frati Vun dopo taltro vanno per via. Ne ciò meglio per noi otterrassi , se non mostrando come errò il Bia- gioli quando contese , che il paragone de' frati non alla dÌ! la sti- ma e l'amicizia mi ripeto Devrho ohb. servo ed A. Gaetano Marini. Versi latini ec. 153' AL MEDESIMO. Mio pregiatissimo amico. Come io, venendo a Bologna , non vorrei profit- tare (l'altro alloggio , che della vostra casa ; nella stessa maniera venendo voi a Milano dovete , quando così vi riesca di piacere e di comodo, preferire a tutt' altri rumile asilo , che avete sinora occupato. Non vi date adunque verun pensiere sopra di ciò. Ben mi duole , che le cose paiono di bel nuovo incertissime, ne per ora si vede che presto possano rischiararsi. Fate mille miei saluti a Garaioni e a Biamonti. Se trovaste oc- casione di farmi giungere il ritratto di G . . . . inciso da Rosaspina , ve ne sarei obbligatissimo ; vorrei però che m' indicaste il prezzo. Sono sommamente occupa- to , e quindi costretto ad essere brevissimo. Vi abbrac- cio di cuore Milano 9 feb. 1805. Il vostro Lamberti. AL MEDESIMO. Pregiatissimo amico carissimo. Ricevo nuovi segni della vostra gentilezza per me, e ve ne ringrazio di tutto cuore. Io vado così accumu- lando obbligazioni verso di voi , ne veggo aprirmisi ancora la via per dimostrarvene la mia riconoscenza. Da mio fratello avrete più volte inteso ,come ambedue noi Siamo desiderosissimi di fare alcuna cosa che possa pia- cervi e giovarvi, e come ci teniamo prqnti e solleciti di prestarvi tutti quegli ufficj , che potrebbero soddi- sfare alle vostre giustissime brame. Forse che l'occasio- 154 Letteratura ne se ne offrirà , quando meno ne avremo speranza : e se ciò accade , non sì lascerà indietro cura o studio alcuno per servirvi. Intanfo attendete a governare be- ne la vostra salute , e a conservare l'animo riposato e tranquillo^ considerando c!ìe -non si male nanc^ et oUm sic erit - . Conservatemi la preziosa vostra amicizia , ed aggradite insieme coi rispetti della miai? famiglinola le sincere proteste di afFezione costante e di stima del Milano 25.-1812. vostro vero amico e servo L. Lamberti. P. S. Mille miei saluti affettuosissirai al mio ot- timo Garatoni , di cui vorrei sentire novella. Aggiungo infine, carissimo Montanari, alcune al- tre poesie latine del Turchi , oltre a quelle che nel giornale arcadico sono state pubblicate. Eccole. Juliatio Compagnono adolescenti nobilissimo. Ne forte unanimem , Juli , interiisse sodalera Gredas , aut veterem deseruisse fidem , Panca libi , quando inspirai nunc candida musa, Scribam prò nostra scraper amicitia. Vivimus, et sani satis et fiorente juventa , Federis et nostri praecipue raemores. Me modo , nara curva Isauri jara cessimus ora , ' Sedibus excepit prisca Ravenna suis. Urbs foecunda viris, atquc armis inclyta quondam,^ '' ' Maenibus- atque potens aemula rorauleis : .' Nunc populata, infelix (eheu quid non polis aclas!) Majorum longas pracdicat historlas. Versi iatini ec. 155 Huc ego sacra tas immensa volumina leges , Quidve sibi poscant jura deura atque hominura, Persequor: oh quis tara vastum me misit in aequor! Tu modo praecurras lampade sancla Themis. Ad Paschalem Amatum qui auctoris fuit ante praeceptor. Eja age, rumpe raoras,properes,mea littera: cur nunc» Cur metuis sedes nunc regredi ad patrias ? Anne invita iter ingrederis , quod mitteris illuc Est uIjÌ nos doctis qui artibus erudiit ? Justi causa raetus nulla est ; timor omnis abesto: Ejus ne placidura te fugit iugenium ? Jam sapias : nitro nostra haec mandata facesse ; Nòstri buie sensus pectoris evolve. Turchius, adveniens dicas, haec orat Amato, Qui sibi prae reliquis delicium atque amor est. Sis felix, sartusque diu , tectusque ; supernis Pectora sis animumque auctior usque bouis. Ad virginein deiparam. Quis modo, quis, regina, tuos renovore doleres Sit potis , utque libi raens animique exciderit , Cura gnau amplectens corpus miserabile in ulnis Vulnera crudelis , quae furor intulerat , Ipsa vrdes, lustrasque oculis pectusque cruentum, Perfossosque artus , exanimumque caput.'* Quis modo, quis loto tibi pectore consternatae , Tantam , virgo , tibi demat amaritiem ? Heu ben ! nec mortale tuos renovare dolores Ferre aut merenti quidquam animo auxilii. 156 Letteratura Lar bibliothecae praefectus Ego heic , ego lar familiaris doraus , Noctes diesque adsto vigili custodia. Naraque huc peregre ex quo doininus reverlitur Ad se , suaraque sospes redit ia familiain , Id mihi negotii voluit solum dari , Hoc sedulo ut parvora tutarer cubiculum , Ingeotes in quo sibi divitias condidit. Non , quos nec ille liabet, numraos, sed quos undiqaCf Dum nec labori parsit nec pecuniae , Paravit expolitos et lepidos libros. Hero sunt libri prò thesauro maxumo. Quare bine, o fures, raalas abstinebitis manus. Quin etiam preces , qui leniter dictis bonis Hinc illinc libros petitis vostris comraodis. Certuna est , pracdico , fidei traditos meae Nemini concredere , certum est ; experimiui. Josepho Albania V. CI. Heic, Cerere advorsa, lapsam unus restituii rem Albana exortus progenie juvenis : Nam ncque rumores populi tulit ante salutem , Nec giandaevorum rubra supercilìa. lUius ergo magisque magis nunc gloria claret , Quoi bene di vorlunt consilium popolo ; Quoi pater ipse aeternae annonam credidit urbis ; Quoi urbs grates gestii reddere prò meritis. Ad Cajetanum Marinum. Si quando exactae pensari tempora vitae , Et possent redimi qui periere dies , 1 / Versi latini ec. 157 Pars quotacumque mihi studìls ìnsumpta, Marine, est, Haec libi quantumvìs sit lìcet exìgua ; Sed mihi longa nimìs , nostraeque advorsa juventae, Posset mi cupido Iiaec utinam redimi ; Quae ceii rorantes ventorum flamina nubes Late diffundunt aerea per liquidum , Huc illuc vivides vitai distulit annos , Forsque quot obtulerat , tot bona subripuit. Namque puer sterili deceptus laudis amore , Tarn procul heu laribus , tam procul heu patria, Pieridura raptac audax per araoena vireta Conabar , graciies fundere et ore modos ; Tura sopliiae endogredi hortos , et penetraìia tempia. Discere quaeque homines sancta Themis docuit. Stullus qui vitae petere bine solatia nostrae , Praeraiaque inceptis adfore credideram ! Risposta a due solenni furfanti. AL SUO CHIARISSIMO AMICO PROF. SALVATORE BETTI, G. IGNAZIO MONTANARI T Xo sono certo che quando voi avrete Ietto queste carte , che io vi presento , bollirete di sdegno : il vostro cuor generoso se ne andrà in mille pensieri dolorosi ; e imprecherà alla malvagità de' tempi , e alla trista fortuna delle nostre lettere. Ed io mi sa- rei cessato dall' esservi cagione di giusto dolore , ee 158 ^ Letteratura conoscendo come voi foste l'amico di Giulio Perii - cari e del Monti , non pensassi io , con narrarvi le onte che alla loro memoria si fanno , svegliarvi alla vendetta. Ben io vi vee^go fin di tjiia fremere : e questa magnanima ira mi affida che le mie parole saran- no fatte per voi seme da fruttificare infamia ai tri- sti che io vorrei flagellare , se io fossi da tanto. E' uscito in Napoli un libello famoso intitolato cos'i : Risposta ad un' apostrafe del poema intitolato la Fc- roniade di Vincenzo Monti -Napoli presso i fratelli JRusconi , strada s. Anna de' lombardi nura. 37, 1835 io 16. L' apostrofe del Monti è la seguente : Salve , sacra al dolor mistica pianta , E r umil zolla che i mortali avanzi Del mio Giulio nasconde , in cui sepolto Giace il sostegno di mia stanca vita , Della dolce ombra tua copri cortese. E tu , strazio d'amore e di fortuna. Tu , derelitta sua misera sposa , Che del caldo tuo cor tempio ed avello Festi a tanto marito , e quivi il vedi , E gli parli, e ti struggi in voti amplessi Da trista e cara illusion rapita (a) , Datti pace , o meschina , e ti conforti Che non sei sola al danno. Odi il compianto D' Italia tutta , i monumenti mira , Che alla memoria di quel divo ingegno (a) L' anonimo, in tutto sleale, per meglio falsar tutto, sol dal verso - Datti pace - comincia a recare l'apostrofe. Mostra è questa di gran senuo , e di buona logica. Risposta a due furfanti 159 Consacrano pietose anime belle. E se tanto d'onore e di cordoglio Argomento non salda la ferita Che ti geme nel petto , e tutta via Il lagrimar ti giova , e forza cresce Al generoso tuo dolor l'asciutto Ciglio de' tristi , che alla voce sordi Di natura e del ciel , uè d'un sospiro , Ne d'un sol fiore consolar l'estinto ; Dolce almeno ti fia , che su l'avaro Di queir ossa sacrate infando oWio Freme il pubblico sdegno , e fa severa Delle lagrime lue giusta vendetta. Se si trattasse de' versi soltanto , io crederei che il mal genio del verseggiatore della Risposta fosse bastante- mente punito dal confronto con questi versi del Monti. I suoi sono infatti feccia delle muse , veri escrementi di Parnasso : ne più vile canzona si vendè mai due quattri- nelli dai cantimbanchi, ne in più lurido fango s'abbassò juai Ja sacra favella di Pindo. Ma non di versi soltanto , si tratta della fama , deU'oaore si tratta di spiriti degni d'eterno nome, cui i posteri venereranno ; e chiameranno beati noi dell'averli conosciuti vivi. Non vi dirò il mal talento e le parole da taverna e da bordello con che r infame libellista ( che bea nascose il suo nome, e bea fece : né io cerco scoprirlo : non si però eh' egli po- tesse sottrarsi alla maledizione universale) si scaglia coQtro la consorte del buon Giulio, la figliuola dell'im- mortale Monti. Vedova sventurata, e ancora dalla viltà e dalla scortesia s'insulteranno le lagrime sue! Eppure Giulio l'amò ; si piacque dirla sua ; il suo cuore a lei sola fu aperto : le sue labbra lei dissero dolcezza della vita ; lei chiamò lontana, a lei vicina si ristrinse nelle amarezze della vita ; ne' suoi begli occhi trovò pace ; le sue mori- 160 Lette n. ATURA bonde parole, le estreme sue voci lei sua sposa dolcissima salutarono. E dopo tanto verrà audace lingua a deni- grare la vedova , la sposa , l'onore di Giulio ? Ma di lei mi passo : che dalle villane e ladre parole di un pazzo si può fare difesa con quanto della cara sua donna scrisse e stampò il tenero sposo. Ben più mi cuoce la viltà de* sarcasmi vomitati contro il padre di lei , irragione- volmente , stoltamente , freneticamente. Certo che se gir estinti delle cose umane possono anche prendere dolore , niuna cosa credo io avrà recata più profon* da ferita all' animo di Giulio nostro , che il sentire per lui turbato il sonno del sepolcro al suo grande suo- cero , e amareggiatagli la dolcezza dell'eterna pace da chi noi dovrebbe. Non vi dirò , mio caro Betti , ne mi consente il cuore di avvolgermi più a lungo fra tanta nefandila , le pungenti ironie con che l' onor dell'Atene Pisaurica, il nostro Cassi, viene assalito. Detto con ìschecno cantorello poco men che da trivio^ cinto il crine di rapsodica ghirlanda : la sua fama sol da Giulio avere avuto penne : dopo Giulio essere ri- raasa spennacchiata , e radere il suolo. A queste men- zogne io non fo risposta : risponderanno i quattro ul- timi libri della Farsaglia : rìspondei'anno alcuni inni sacri ( che spero vedremo pur questi a luce ) , e co- priranno d'obbrobrio il maldicente disonore delle mu- se , maledizione delle lettere e della italiana civiltà. Oh ! sapessi io il nome del mal verseggiatore. Vorrei, nel renderlo , segno alle risa del popolo , che tutti vendicassero in lui 1' onta fatta al Monti , al Per- licari , al Cassi , anzi alle lettere , alla filosofia. Voi, Betti mio, fremete : ma ad altro riserbate parte del vo- stro sdegno. E perche una molesta narrazione non vi infastidisca, permettete che io qui ritragga in carte uà dialogo che io ebbi con un amico mio , non ha molti giorni , dopo avere desinato in casa il mio Cassi. Egli, PiisposTA A Due furfanti • 161 com* è sua usanza, si era ritirato nelle sue stanze a riposare. Riraaso io solo con un gentilissimo giova- ne , la cui modestia non mi consente che onori del suo nome queste caste , ponemmo in mezzo vari di- scorsi , fra i quali egli uscì dolcemente rimproveran- domi dell'avere io chiamato (\ueì Francesco Torti, che fu già. detto dal Monti - il matto da Bevagna - in una lettera a voi diretta il 5 di maggio del 1824, con altro più forte titolo , qual è /' infamia di Bevagna : e d'averlo stampato nella Ricreazione di Bologna : ov' io aveva parlato del debito che hanno i letterali di mo- strarsi cortesi nella critica , e dell' ufficio de' giorna- li , perchè essi aiutino la vera civiltà. Dico vera , perchè non mi piace confonderla con quella sognata e ridicola , che snaturando l'umana natura , e capo- volgendo l'universo , si aspettano e si sbracano a pre- dicare i nostri sansimoniani e i lor carissimi confra- telli ; il cui senno speriamo sark da qualche novello Astolfo quanto prima trovato nella luna , se pur nel salirvi non è affatto svanito. Vi trascrivo il dialogo così come fu tenuto , poiché troppo diversamente ado- perando vi noicrebbe il dico e il disse. Interlocutori sono r amico mio , il Cassi , ed io. Leggetelo , e , se potete , frenate la bile. Così potessi io colla sferza e colla favella d' Archiloco sterminare costoro! Quanto di pace al mondo , quanto di bene alle lettere! ,, Ve- niet modo laetius evum: „ se pure non giova ai buoni avere stimolo a ben fare dai tristi , e se pure non torna a maggior lode de' cultori delle lettere 1' essere perseguitati da questi ribaldi. Addio, il mio Betti ; te- netemi vivo nella grazia vostra , e de' vostri amici , che sono il fior della romana cortesia : e ditemi che vi paia del dialogo, letto che l'avrete. Di Pesaro ai 5 di agosto 1835. G.A.T.LXIV. 1 1 162 Let teratura DIALOGO L* Amico. Cosi pur fosse che tutti la pensassero come voi ! Le lettere italiane avrebbero miglior conforto dai giornali , e meno dovrebbero arrossire deirigno- ranza e del vitupero di molti. Infatti non è cosa piii biasimevole di certe indecenti critiche , che meglio si direbbero libelli famosi , ne cosa più ridicola di certi giornali che ad altro non danno pascolo se non alle private ambizioucelle dì nascenti letteratuz- z». E bene sta che la prima civiltà si scorga ne- gli uomini di lettere : poiché essi sono in ufficio di maestri di ogni umana e gentile maniera , si che da essi prendendo norma necessaria gì' indotti , e trovan- do lor parole fede migliore perchè accompagnati dal- la prova de' fatti e dell' esempio , avanzi il mondo a que* progressi che tutte le età hanno desiderato. Ma , se ho a parlai'vi aperto , mi pare che nelT atto stes- so che voi menavate lamenti della inurbanità di al- cune critiche , abbiate travalicato il segno della mo« derazione , e abbiate peccato in quello stesso che voi venivate a riprendere. Perché per molta ragione che vi abbiate , non istara mai bene che voi chiamiate il Torli infamia di Bevagna. Piena di scherno è la frase del Monti : ma la vostra è piena d* ira. - Mon- tanari. Avete ragione : l' espressione che io ho usata sa di molta ira , ma non è ingiusta , ne sconveniente. Le colpe letterarie , come tutte le altre , chiamano r infamia sopra se quando trascendono. Non vi cre- diate che io qui faccia colpa al signor Torti de* suoi giudizi o delle sue dottrine in fatto di stile ; le opi- nioni letterarie sono libere , e solo dal conflitto delle medesime esce la pura scintilla del vero. Anzi bea vi dico che io apprezzo i* ingegno di lui « e che penso Risposta a due furfanti ICì che sia grande danno delle lettere che 1' ingegno si scompagni da quelle altre doti morali che aver deb- bo uno scrittore onesto. A. Che ha egli commesso mai da meritare tanto rimprovero ? M. Sebbene a me dolga al vivo di porre in luce le colpe altrui , pure quando souo tali che offendono la gloria comune delle let- tere , non posso io tenerle celate , e credo debito di buon cittadino a tulio potere vendicarle. Or vò che sappiate, che morto Giulio Perticari , mentre tutta Italia era in pianto , e Roma , e Napoli , e Milano , e quella stessa gentilissima Firenze il cui primato nella lingua aveva egli abbattuto, versavauo lagrime e fiori sul suo sepolcro; mentre in ogni dove si riproducevano le opere sue , e il suo trattato dei trecentisti era dalla autorità dei dotti d' Italia dichiarato libro classico : il Torti faceva circolare un epigramma insolente , vil- lano , indegno d'uomo onesto , e Io chiamava - scherzo sulla tomba del Perticari. A. Appena io so crederlo: poiché pare stravaganza non solo , ma vera maligni- tà. Ma di grazia l'avete voi a memoria PTIf. Dea l'ho a mente , e vel reciterò. „ Tutto e qui Perticari : uom che in parole „ Valse , se può valer uom senza sale. „ Pedanteria suU' urna sua si duole , „ Che dispera trovar altro cotale : „ Dia Sofia , eh' odia ognor crusca e frulloni , „ Disse : Vada all' eliso dei minchioni. Che ? voi non parlate ì Dite ora che ve ne pare ? A. Non avrei mai creduto che un uomo di lettere , come in fatti è il Torti , fosse disceso a tale vil- tà , indegna non dirò io di un dotto , ma del piti vile della plebe. Stolto eh' egli è ! Il nome del Per- ticari è sacro all'immortalità: finche ne' petti ita- li* iG/i Le tteratura liani durerà amore alla natia favella , finche la gra- titudine e la riconoscenza si accenderanno nei cuori umani, durerà la memoria di colui che nel secolo de- cimonono richiamò le lettere a vero splendore , e combattendo generosamente le due opposte scuole de* pedanti e de' neologi , aperse una strada sicura infra due ruinose. Ma non h tutto qui, mio caro ; io giu- dicherei aberrazione di mente questi sconci versac- ci ; vorrei compatire all' amor proprio iritato dì un «omo che troppo alto sente di se : ma ciò che move maggior bile si è vederlo dato alle stampe dodici anni dopo la morte del Perlicari , nel 5 di novembre 1834 -, e vedere che l' autuie lo tien cosa da donarne una gentilissima e coltissima donna, la signora Clementina Mongardi romana , la quale corto avrà giudicato il Torti non aver offeso più il Perticari che lei. A. Io peno a credere ciò che voi dite : ne so conoscere da chi debba essere stalo mosso il Torti a tanto furore. M. Dalla invidia, dalla sola invidia , e dal mal genio che governa sovente le nostre lettere. Nella lettera, con che egli accompagna il grazio sissinio dono alla egregia don- na , vuol dare a vedere che in tanta bile montò per- ché gli vennero lotte queste parole nel libro sul volgare eloquio: ,, f^ero è che il Metastasio e il Tas- so peccano alcuna volta nella cosa dello stile . . . Né già vogliamo che per questo si lodino alcuni ar- dimenti del Tasso , o s imitino moltissime licenze del Metastasio , che alcuna 'volta più si accosta al fran- cese , quanto pia si parte dal fiorentino . . . Fug- giamo adunque i vizi del Tasso e del Metastasio. ,, Ebbene, e per questo tanta collera! Non è egli vero che il Tasso alcune volle si abbandona a giuochi di pa- role], tanto a lui rimproverati dal Galilei e dal Des- preaux ? Non è egli vero che il Melastasip, vissu- to fuor d' Italia il meglio della sua vita , non RlsPOStA A DUE FURFANTI 165 valse sempre ad assicurarsi da alcuni modi strani per noi? - A. Non il Perlicari solo, ma quanti hanno fior di senno questo stesso affermano. Anzi dirò io che il Tasso ed il Mctastasio , a torto ofTesi dai pedanti , ebbero buona difesa nelle parole del Perticari. E se ben ricordo , in piiì luoghi del libro sui trecentisti fa belle apologie dell'uno e dell'altro; anzi ne di- fende un luogo condannato come vizioso dai cruscan- ti . - M. Oh ! s\ certo : e precisamente nel capitolo VII del secondo libro ove insegna , che non si vogliono imitare ne anche i migliori dove peccano. Ben mi ricorda ora , e mi richiama l'altro capitolo poco più innanzi ( poiché mi pare undecimo ), ove insegna che non dal solo trecento si ha a prender e lo stile , ma che si dee scrivere come domanda 1' uso dei buoni, i quali non tramutando mai dall'indole nativa il lin- guaggio , 1* hanno arricchito , e reso più sciolto e più aggradevole, E a tale uomo, che con tanta verità di pensieri insegna a rompere le catene de' pedanti, si deve dar nome di pedante ? Ben pare che il signor Torti o non abbia letto , o non abbia inteso le dot- trine del Perticari , o le abbia a mal senso travol- te. Voi vedete fin di qu\ la disonesta di que' versi , e la malizia del letterato bevagnese. Così m' avessi io alle mani il libro sul volgare eloquio! Che vorrei mostrarvi com'egli , disonestamente mutilando le pa- role del filologo italiano , ha cercato di farle parere aspre a que'due lumi delle lettere nostre il Tasso e il Mc- tastasio : come con mala arte ha travisato affatto il senso che n' esce , dando a vedere che poco conto si faccia del primo epico e del primo drammatico d' Italia , anzi del mondo. Maledetta sia V invidia , ma- ledetta la mala fede ! E si dovranno ancora rinnovare fra noi le ignominie ed ì vituperi dell' Aretino .'' E si dovrà vedere nel secolo decimonono uomini , cui unita 10G L E T T E T^ A T U R A c]i pallia fece fratelli , il vincolo delle lettere re- strinse, avventarsi l'un contro l'altro, egli uni cer- cale di sfrondare gli allori degli altri , usando fro- di per riuscirvi , e poi menar vanlo' de^\* insulti ? Si deve ancora sentire , che sin dentro la tomba scenda Ja voce dell' uomo maligno a turbare il riposo de trapassati , a calpestare le ceneri , a violarne il se- polcro ? E questo è secolo di civiltà ! E noi ci cre- diamo pili savi e migliori de' nostri padri ! Mentre io parlava queste cose, che giusto sdegno mi poneva sul labbro , senza avvedermene io aveva al- zato la voce: si che il traduttor di Lucano, che ap- presso dormiva , si scosse dal sonno , e venne a noiw - Cassi, die hai , mio buon amico , che sì ti accalo- ri ? E chi ha destato tanto sdegno in te , da farti uscire in sì forti parole , quali sono quelle che mi hanno ferito l' orecchio. - Allora io gli esposi il sog- getto del nostro ragionamento , e la cagione dello sdegno mio ; ed egli sorridendo mi rispose ? - C. Ben conosco io l'epigramma: ma esso non e del Torti: no certo. - Come , riprese 1' altro che era terzo fra noi , se egli l" ha messo a stampa col proprio nome?- Davvero ? sogginnse V italiano cantore delle ire ci- civili; oh! cosa veramente strana. - Allora io , vedendo che nelle sue parole era alcun pò di mistero, il pre- gai che ne esponesse la ragione perchè non giudicava cosa del Torti quel mostro epigramraalico: e insieme gli dissi che mi recasse innanzi il libro sul volgare eloquio , che prima avevano ricercato.- Il conte alle mie inchieste stese la mano ad alcuni libri che aveva sul suo ta- volino , e frugando alquanto uno ne trasse , e ci disse : Eccovi il libro , leggete ; or ora altro vi darò a leggere , che vi farà aperta la cagione della mara- viglia che mi ha preso al sentire , che il Torti sia ve- nuto a tanta impudenza. Risposta a dvk fvrfanti 167 Polche il Cassi si tornò nella sua camera , noi re- stali soli aprimmo il libro , e al capitolo XXXVI trovammo le parole del Perticari ben altramente es- poste da ciò che si legge nella epistola alla gen- tile signora romana. Imperocché il Perticar!, dopo aver detto eh e grave colpa è attenersi a fiorentinis- simi^ e dopo avere lodati il Metastasio ed il Tasso perchè lontani da ogni fiorentinità^ segue così: „ f^ero è che il Metastasio ed il Tasso peccarono alcuna volta nella cosa dello stile : è vero ; ma le poche ombre non tolgono grazia al Sole : e gli occhi de* popoli guar- dano in cjué' due GRANDI ASTRI , mentre non vo- gliono pur vedere que lumi che splendono per le celle de^ solitari pedanti.,^ Poi poco più abbasso: ,, Ne già vogliamo che per questo si lodino alenili ardimenti del Tasso , o s'' imitino moltissime licenze del Meta~ stasio , che alcuna volta tantopià si accosta al fran~ cese quanto più si diparte dal fiorentino. „ Ma in un libro, ctie vuol essere guida a olii studia, si dove- va egli dire che gli ardimenti e le licenze di questi due grandi poeti si devono imitare? Aveva pure in- segnato , nel trattato de' trecentisti , die non si de- vono imitare i grandi maestri ove essi peccano , e aveva mostrato che Dante , il Petrarca, ed altri padri della no- stra favella avevano alcune parti da doversi fuggire. Come adunque al Torti muove la bile il sentire che il Tasso e il Metastasio hanno alcune volte ardito sover- chiamente , e non lo sdegna il sentire che Dante e il Pe- trarca hanno errato? Quintiliano, quel grande e sot tile precettore di eloquenza , trova in colpa tutti i classici del secolo d' Angusto , e ne addita le pec- che. Sara egli perciò Quintiliano un pedante , un buf- fone ? Ben si può dire con Dante: ^G8 LETTERAtURÀ Oh ! insensata cura de' mortali , Quanto son cliffettivi silogismi Qiie' che vi fanno in basso batter l'ali! - A. Resta anche un luogo da confrontare però : sé-* gulte la lettura. - M. Eccomi a compiacervi: ,, Fug- gendo adunque i vizi del Tasso e del Metastasio , dobbiamo guardarci più assai dal cadere in quelli del Davanzali ( nel volgarizzamento di Tacito ) . Che se i primi ponno offendere i nostri libri di qualche macchia^ i secondi gli oscurano interamente. ,, E que- sti sono precetti da pedante ? Io ci scommetto che il sig. Torti nel suo Parnasso italiano ( opera che non ho la fortuna d'avare letto) ha dato giudizi non meno li- beri, e trovato e vizi e pecche ben altre da osserva- re ne' diversi scrittori, di che quella collezione si forma. Dopo queste cose non vi ammirate piiì voi che io r abbia chiamato con quel titolo che prima vi sebbe agro ed inurbano. - A. No certo: anzi egli meritava che si usassero parole più gravi : poiché e la viltà con cui si fa ad oltraggiare la memoria di un ottimo italiano, di uno scrittore de' più eloquenti e tersi dell' età no- stra , e la sfrontatezza con che della stessa sua onta mena vanto , e la mala fede con cui, per dar forza alla sua sentenza mentita , guasta e travolge le dottrine del Perticari,ben di tal nome lo fanno degno. E certo io sono che niun ingegno eh' egli abbia basterà a salvarlo dai giusti rimproveri di coloro chesanno,e checol sapere han- no onesta. Grande turpitudine è vedere di tai colpe negli uomini dotti ; e vederla nel secolo XIX ! In quella che l'araicocosi parlava, rendevasi a noi coti alcune carte fra mani l'italico Lucano: e, sedutosi mezzo fra due cosi prese a dire : Gran tempo e che io mi dol- Risposta a due furfanti 169 hi dì quegli sciaurati versi di cui voi parlate , perchè mi pare che siano una vera indegnità in se, e perchè il mio buon Giulio tutt' altro meritava. Se le sue dottrine non erano accette, non offendevano però persona: che non era quella gentile anima nata ad offendere, ma a riparare offese : non a commettere discordie , ma a comporle : non a destare sdegni, ma a spegnerli. IlTorti non pro- vocato , non tocco da parola mai , non so perchè sì levasse contro chi era trapassato e , non aveva più modo a difendere sé stesso da oltraggi. Ma vi ha de- gl' ingegni , cui è offesa l'altrui lode : che della gloria degli altri sono trafitti , e si travagliano in guerra con- tinua con se, quando non giungono a soddisfare alla pro- pria ambizione. Ora sappiatevi , che quando si divul- gò quello scherno vilissimo , che è detlo scherzo da chi non conosce ragion di paiole , io mi trovava a villeggiare nelle Marche, onde alleggerire colT amenità della villa il dolore che mi aveva trafitto nella per- dita del più dolce degli amici e de' congiunti. Giunto alle mie mani, io ne mostrai dispetto , e ricercai se ve- ra fosse la voce che correva, d'esserne autore il Torti. Interrogai vari amici, e due fra questi, dai quali ebbi le lettere che voi leggerete ora , in cui sono tra- scritte due altre del Torti stesso , che vergognando del fatto , o temendo l'ira del Monti , che or mostra spre- giar morto, ma vivo paventava, dice essere calunnia ve- ra l'attribuirglisi quello scritto famoso. Di qui anche trarrete argomento a giudicare del cuore del bevagnese : poiché chiamando calunniatori coloro che il vero di- cevano ( com' egli stesso avrebbe poi confessato a stam» pa ) , ne indicò uno in particolare , che allora era battuto da particolari traversie : e per dar fede a se, cercò diffamare un povero cultor delle lettere e sfortu- nato. Or eccovi le lettere.-,. Camerino 14 ottobre l824. „ Premo sig. coute A. C. Il mio amico sig. Francesco 170 Letteratura „ Torli, cui comunicai la maligna voce, che erasi spa* „ sa e che lo canonizzava autore del noto epigramma sul- „ la morte del conte Perlicari, mi ha riscontrato con ,, una sua lettera dei 7 corrente, e mi ha confermato „ quanto io le assicurai sulla cognizione del di lui ca- ,, rattere cognito abbastanza anche pi sig. marchese Car- „ lo, ed al sig. cav. Giuseppe Bandini. Non gli era nuo- „ va questa voce, e ne comunicai la provenienza. Io le „ trascrivo la sua lettera. - Un certo ab. M. . - e«- „ giiato ultimamente da Todi nello scorso settembre , „ purista frenetico e letterato meschino , è /' indefesso ,, propagatore della maligna voce che mi fa autore dell' „ epigramma sulla morte del conte Perticar i. Que- „ sto disgraziato, che io non conosco, ha inquietato a „ mio carico le Provincie dello stato con un miglia/o „ di lettere anonime , ma i miei scritti stampati esi- ,, stono. (E vi esiste pur quello in cui si vanta di esse- „ re autore dell'epigramma che qui nega cosa sua.)Ognu- „ no ha potuto vedere nella mia lettera al marchese ,, Colelli con qual tuono ho parlato del conte Pertica- „ ri, e non saprò mai discostarmi da questo linguag- „ gio ne in prosa ne in versi. (Non è ella qui imi- „ tata bene l'arte di Simone? Ma segniamo). Untai lin- „ guaggio non è quello d' lai partito fanatico , ma „ è quello che conviene ad un censore libero che „ dispensa la critica e non Vinfamia. -( M. Ma qui for- „ se non pensava che queste lettere dispenserebbero in- „ famia a lui, infamia che egli stesso per propria sen- ,, tenza si è aggiudicato. E però vedete come giusta- „ mente io 1' ho chiamato infamia di Bevagna, e co- „ me ho indovinato nella mente dello scrittore, che con „ tal titolo si voleva onorato). Io ho sempre detestato ,, la satira personale, e non confondo e non confonde- „ rò mai mai t uomo col letterato. - Ella, giusto co- „ m' e , e che non sapra far carico delle diverse opi- Risposta a due furfanti <7i t, nioni letterarie, noa vorrà fare un delitto a Torti del- «. la sua , ma resterà convinto della assoluta falsità di „ ciò che si è voluto spacciare ed assicurare a suo ca- t, rico ec. Luigi Pizzicanti. „ - M. Che ve ne pare? non vi si move egli la bile con- tro tanta falsità e improbità? - A. Avete ragione eh ! . . Leggete 1' altra lettera. „ Sig. conte ed amico. „ L amico Torti ha risposto con sollecitudine sul- „ la supposta calunnia di cui si tenne discorso in Ca- », merino. Ecco com' egli si esprime:,, Chi può essere „ responsabile, amico mio, di un madrigaletto (bel vez- „ zeggiativo degno di chi conoscesipoco la probità lolte- „ raria!) manoscritto di sei linee, che un cervello insen^ „ sato 0 malevolo vuole attribuire senza alcun fonda- „ mento a voi, a me, o a qualunque altro ? Il sig Ah. „ M . . . . . già maestro in Todi, ed ora esiliato da „ quella diocesi, si è compiaciuto imputarmelo con in- „ decenti manovre ( non però peggiori di quelle che il „ sig. Torti usa ad Iseo! parsi di cosa, di cui non si vergo- „ gna ) scrivendo mille lettere cieche a tutto T orbe „ letterario. Ecco come è nata la eiarla. Mi duole che „ tale incidente abbia inquietato qualche signore di „ Pesaro e specialmente l' amico vostro, che io rispetto „ infinitamente, benché non abbia l'onore della sua eo- „ noseen^a. Ma di ciò basta. Non poteva essere diver- „ samente , conoscendolo io pienamente ec. », Camerino 16 ottobre 1824 Michele Giouci ,, 172 Letteahtura - C. Queste due lettere originali esistono presso di nie^ esi mostreranno a chiunque arai vederle. E che un uomo d'ingegno e di lettere discenda a tali viltà, non è egli ob- brobrio ? M. Converebbe acerbamente punirlo : mostrare al mondo il suo vituperio , e quel vile eh' egli, e quel caluniatore impudentissimo fin di un povero mae- stro di scuola, e come ambizione non soddisfatta ed invidia sono quelle che a tali contumelie l'hanno mos- so No , riprese allora il Gassi , la maggior pena che possa avere il Torti , egli se 1' è imposta da se: il suo libretto mostrerà a tutti quale ei sia , il disprezzo universale colpirà lo scrittore , e la prosterità , giudice giusta ed inesorabile de' buoni e de' rei , ne prenderà, quella vendetta che suole di coloro che senza probità scrissero de' probi ed onesti. Vivrà il nome del mio Giulio glorioso nelle età che verranno: il nome de' tri- sti perirà con essi: o se viverà, vivrà solo nell'infamia che hanno meritato. 173 Epistola di Paolo Costa a Cesare Mattei contra al- cune false opinioni circa i progressi che fa nel be- ne V umana generazione „ In auiibus insipientiura ne loquaris : quia despicient doclrinam eloquii tui. „ Peov, u. na delle più splendide poesie che sieno uscite a que- sti giorni in Italia , vuoi per vera filosofia , vuoi per tutti i lumi di uno stile elegantissimo , è senza niun dubbio questa epistola a Cesare Mattei. E come no , s'el- la è opera di quel Paolo Costa, che tutti da lungo tempo onoriamo qual grande e sicuro maestro , ed ornamen- to solenne delle nostre lettere? Si, giova ripeterlo, splen- dida poesia : la quale , a chi non è al tutto cieco dell' intelletto , farà sempre pili chiarissima fede della im- mensa diversità che è fra una mente tutta piena di spiri- ti classici , e quelle miserabili anime che a questi di con prosaiche ed irte e selvagge cantilene , e giuochi stranissimi di concetti , ti assordan le orecchie. Oh ci dia spesso il Costa di tali gemme da onorarne per sem- pre l'itailano tesoro! E ridasi poi del cimice Pantilio: ci- mice che già non può vergognarsi (tal è la natura del vi- lissimo insello) di attaccarsi all' abito de' più genti- li e famosi. 174 Letteratura EPISTOLA (*) Dotta maestra di leggiadre fole Sognò la Grecia un di V età dell' oro : Beatissima età , che per le selve Vide le genti senza fren di legge Viver secure con giustizia e fede. Muraglie, baluardi e doppie fosse Non cingean le citta: le roche trombe , I pennuti cimier , gli acuti brandi Erano ignoti: in molle ozio beato, Air ombre delle querce, appo i ruscelli, I mortali si slavano contenti Air erbe ed alle frutta , che la terra Non arata porgea : tepidi soli Fean 1* aure dolci e primavera eterna Non contristata mai da torbid' austro O da furor di nembi. Un' altra etade, Pili bella assai che l'oro prisco, aspetta II secolo presente! Il ciglio inarca Per maraviglia , o Cesare (1) , alle cose Ch' io ti rivelo. Rozza massa informe Ricoperta dall' acque era la terra, Stanza di muti pesci. Allor non surse Scoglio dall' onde fuor ; solo il delfino Lanciossi a respirar 1' aure soavi , {*) Avvertiamo clie il celebre poeta e filosofo ci ha fa- vorito pel nostro giornale pareccliie emendazioni all' Epistola, le quali non sono nella prima edizione fattane in guest' anno in Bologna pei tipi del Sassi alla Volpe (i) Il signor Cesare Mattei, giovane de' buoni studi aman- tissimo. Epistola dei Costa 175 E mostrar I' orche e le balene i dorsi Immagini dell' isole future. Questa faccia del mondo orrida e mota Stette per lunga età ; ma dal profondo Cielo si mosse alfin 1' ignea cometa , Che r acque in parte disseccando , aperse L' almo sen della terra. Incontanente Nacquer non seminati abeti e pini E querce e Cerri , e con frutta olezzanti Arbori mille , e dell' erbe e de' fiori Le diverse famiglie. I boschi ombrosi Suonar del canto degli augelli, e gli antri Del rugghio, del nitrito, e dei boato Di cento belve e cento, che la terra Vergine partorì. Ma voce umana L' aure non rallegrò : che a' di lontani Era serbata 1' alta maraviglia, Ch* è re sugli animali. Ordine lungo Di secoli era corso allor che un bruto ( Qual eh' ei si fosse) (I) trasmutò sembianza, Erse la fronte al ciel, uomo divenne. Fu in pria selvaggio e fero : alle cittadi Poi si ridusse ; trovò l'arti, e trasse Dai sassi il ferro e 1* oro , empie cagioni Di ruina e di sangue , e vide il sole Molti delitti e virtù poche. Il segno Questo non è dove fermare il volo: Nostra natura va di grado in grado Alla perfezione . I bruti furo I nostri antichi padri , e noi slam germi Nati a formar le angeliche sostanze. (i) Lamarkc fu tra coloro , che sognarono una siffatta ori. gine dell' uomo. 176 Letteratura. Onde la terra andrà superba un giorno. Questa , eh' oggi chiamiam luce del vero, Fia cieca notte quando la scienza Divinamente ne* petti spirala Risparnaiera i sudori e le vigilie ; Quando il bifolco dietro al lento bue JVon fenderà le zolle , che feconde Fara non faticosa arte novella (]) ; Quando spenta 1' invidia , e l'esecrata Fame dell' oro , abbandonato e chiuso Sara il foro loquace , e voto il seg^gio Del giudice severo : allor palese Fia il dritto e il torto a tutti, e consiglicro Fedel d' ogni opra e d' ogni detto Amore. Allor quanti dal vaso di Pandora Sbucaron morbi, andran sommersi in Lete . Non qual nemico armato ad assalirne Verrà la morte : ma con lento passo , E come dolce sonno in su le ciglia Di stanco pellegrin. La sorte è' questa , Che sicura promettono ai nipoti Dì noi , progenie informe , i nuovi soG. Bene avvisan costor che nel cospetto Ci pongono speranze animatrici: Mal gli argivi avvisaro che memoria Amara ci lasciar di un ben perduto. Crederai tu che allo splendor del vero (j) Parecchi filosofi moderni ci mostrano nel futuro una felicità , che soverchia 1' umano concetto , e fra gli altri il Pri- estley e il Condorcet , i quali ci dicono che le cognizioni ed i buoni costumi verranno a tal grado, che quasi tutti i mali si partiranno dalla terra. Al di d' oggi sono alcuni , che credono chele macchine , in luogo delle braccia umane e delle forze de' buoi , lavoreranno i campi , e che la terra diventerà un para- diso. OJi stupenda credulità ! Epistola del Costa ITT SI acclechl il mondo ? In tuo pensler sia fermo. Cesare , e per far guerra ai vizi umani Prepara 1' arco di ragione , e spera Glie vinti alfine pel valor di molti. In gran parte cadran ; ma della mente Caccia Terror , che alla ragione intorno Fa trista selva , e il vero ombra ed uccide. Da qnal parte del eie! , da quale idea Trasser l'esempio del perfetto mondo Queste linci , cui notte unqua non fura Passo, che faccia in sua carriera il tempo? Dalla focosa fantasia , che vola Per mille e millo mondi a batter I' ala. Vero è che al pensier non son negate Le porte del futuro ; ma le chiavi Ne tien 1' esperienza , e dietro lei Va chi fra so^ni ed ombre errar non brama. Miriam V aspetto di natura antico . Ebber le pri^iche genti e polpe ed ossa E sangue come noi : dai fonti stessi , Onde piovono a noi , pena e diletto Piovver ne' petti loro. 11 fanciullino D' ora in ora mutò pensieri e voglie ; Sprezzò i perigli il giovane gagliardo Vago d'amori , di cavalli e d* armi ; Pianse gli andati tempi indarno spesi L' età virile ; i fortunosi eventi Fecero cauta la vecchiezza e parca. Serapre cara spirò 1' aura odorala Del fresco maggio , e fu odioso il crasso Vapor delle paludi ; il fico dolce , La cicuta mortai , 1' assenzio amaro. Fu delizia dell' anime il lamentò Degli usignuoli , aspro il gracchiar de' corbi. Mal si augurò la vergi n , se lo strido G.A.T.LXIV. 12 178 Le t t e u a t u r a Udì del gufo , e gelò di |)aura Se notturni ulular ìe ctij^ne e i lupi Per 1' alte selve. Queste leggi eterne Volle r amor , che die' la luce al sole : E finché sarau 1' alme in questi corpi Imprigionate , vedrà pianto e riso, Virludi e colpe il mondo. Dirai forse. Che addurrà seco una progenie il tempo , Che d' altri sensi acuti , e d' altre forze Andra beata ? Il verso mio non parla Di nature divine , ma del iirao , Nel qual col soffio suo spirò l' Eterno. In questo limo non potranno i sofi. Non potrà legge umana infonder possa , Ond' ei si trasumani. Ma di molti Odo il risponder che mi dice : - Il mondo È torse rozzo ancor selvaggio e fero Qual fu in età lontane ? Eran le ghiande Esca dell* uom , che per selve e per monti Errava ignudo : l' umide spelonche Avea per case , e con leoni e lupi Corabatlea per la preda. Entro le cerchia Poscia delle citta leggi e costumi Ebbe , ed arti gentili , e sulle ardite Navi scorrendo V oceano immenso Sfidò l'ire de' venti , e al patrio lido Trasse felice di più climi i doni . Poi, non civile ancor, per falsi numi Ebbe travaglio : genti incontro genti Per folle opinione armate in campo Vennero furiando , e piani e colli Biancheggiar d' ossa. Più tranquilli e miti Indi scórsero i tempi all' aurea luce Del ver che si ditìuse. Palpitante Epistola del Costa fiO Sotto le notti inluni (1) e nebulose Già vagava il nocchier per l'onde infide, Cliiainaudo invan le chiuse stelle ; ed oggi Per cieche vie non dubbio a certa meta Vien guidalo dall' ago. In cruda pugna JVclIe viscere all' uom 1' uomo spingea Gli acuti ferri , e con sicuro volto Mirava le ferite: ora da lungi Pugnan le armate schiere : il fragoroso Zolfo i nemici atterra , e l'omicida Perdona agli occhi suoi 1' orrida vista Del sangue , che ai fratelli il petto inonda. Da lente avare penne eran vergate Un di le faticose e dotte carte , Onde r uom tragge sapienza e senno ; Ed oggi a mille a mille in poco d' ora Vengono a luce, e portano pel mondo D' ogni gente i pensier , 1' arti e i costumii Se piumvì o paglia o cosa altra simile Entro la cuna del bambìn lattante Trovarono le madri , impallidite Si lacerare il crin, l' arti temendo Di furiai Canidia (2) , e il cieco volgo Vecchie innocenti a stolta ira fé' segno. Oggi non è fauciul , che spettri e larve Vagolanti per 1' aere notturno (i) Questa parola è latina- Mi prendo la libertà di farla ita- liana, perchè facilmente s' intende , avendo la particella in for- za di negare , come nelle voci in/orme , ingiusto , ineguale , inutile ec. Onde inlune suonerà senza luna. (2) Molte superstizioni provenute dal gentilesimo sono sta- te vinte col proceder de' tempi dalle dottrine cattoliche , di maniera che oggi appena ne rimane vestigio. 12^ 180 Letteratura Paventi , e alla canuta avola chiegga Le paurose fole. In gran deserto Erravano gì' ingegni appresso V orme Del sofo di Sfagira ; ma sull' Arno Surse il nuovo Archimede, e furon chiuse Del Peripato garrulo le porte ; Botar più o men veloci in ampie elissi Saturno e Giove , e ogni minor pianeta ; L' industre tubo avvicinò le stelle, E le lune di Giove i chiari aspetti E r eclissi raostraro , onde segnato Fu il terrain certo ai vasti mari e ai lidi (1). Sulla via di costui spinsero il volo Altri , e natiira i suoi segreti aperse. L' aria (2 e l'acqua (3) son dome.- hanno misura Il tempo (4) e l'infinito (5). Anglico prisma Svela gli arcani, ond' Iride si abbella , Onde al raggio del sol ridon le cose : Tifi novel la temeraria nave Per r intentata region de' venti Spinge alle nubi , e sotto il pie' superbo Vede guizzar le folgori di Giove . Altri spoglia dei remi e delle vele Il marittimo pino , e colle forze , Che trae dall' acqua il fuoco , a stranii liti (i) Galileo mostrò quale uso si potesse fare delle eclis- si dei satelliti di Giove per la soluzione del problema delle longitudini. (2) Scoperte del Torricelli intorno il peso e 1' elasticità dell' aria. (3) Scoperte intorno l'idraulica. (4) Perfezione degli orologi a pendolo. (5) II calcolo infmitesimale. ' - Epistola del Costa '1*»1 Rallo il guida e securo iu mezzo all' ire D' Euro , di Nolo e d' Affrico possente Agilator di nembi e di tempeste. Oh gloria delle menti! Or chi sì cieco Sarà , che V immortai raggio non scerna Che in noi riluce ? Veramente altera E' la vittoria , onde fur volti in fuga L' ignoranza e V error : ma nel futuro Suonerà con più laude la pielade , Onde r antica feritade è morta. Dinanzi al trionfai carro superbo Vide già il mondo incatenati i regi , Vide prodi guerrieri in strania terra Di porta in porta mendicar la vita: Quale con barba squallida , ed ofleso D' oscena piaga le narici , e quale ( Orrendo a raccontar) vuote mostrando Le caverne degli occhi : in ogni loco Vide atroci supplìcii , e teschi e brani D' umani corpi in mostra , udì i lamenti Di color cui le ruote o le tanaglie : ; Laceravan le membra. Oggi siam lieti ■ Di mansuete leggi e di regnanti , Cui suona dolce al cor di padre il nome. Or chi dira che peggiorando invecchi Il mondo? — Io noi dirò. L' umana prole Ebbe sua giovinezza : adulta cresce, E in vera perfczion giammai non viene. Ma quale è il bene , mi dirai , che spera Uom che non sogna .'* Il mancar di que' mali Che da gran massa toglierà 1' accorta Esperienza. E' questa massa un monte Orrido e folto di maligne piante : £ ve n* ha molle di tanta radice , 182 Letteratura Che incontro lor non vai forza mortale. Infinchell mondo duri, il gelid' austro Costringerà, le fónti , e il sirìo cane Risplender a maligno : il freddo vento Ripigliera i sudori al fianco anelo Del cacciator , cui 1' arsa febbre acuta Agghiaccerà le vene : ubbidiente Alle dorate punte americane Non sarà sempre il fulmine , ma spesso , Intronando le valli e le montagne , Sterminerà le cose : i vapor chiusi ■Nelle cupe caverne impetuosi Scuoteranno la terra , e sparse al piano Andraa le torri e i templi , e di quel pianto. Onde pianse Messina , piangeranno Multe e molle cittadi : il re de' fiumi Eridaiio superbo, emulo al mare. Coprirà i verdi campi , e in sua rapina Arbori e biade porterà scacciando Greggi e pastori ; spaventosamente Tuonerà V Etna , e , levando alle itelle Globi di fiamme e liquefatti sassi , Andra con fragorosa onda di fuoco Per le ville fumanti , e mille case Saran da muto cenere coperte. Sempre gli umidi autunni addurran seco Pallide febbri e rauche tossi : il parto Sara grave alle madri , e ploreranno Le scapigliate vedove suU' urne Degli estinti mariti ; e verrà sempre Decrepitezza ad incurvare i dorsi , A rattristar la vita , a far deformi I vivid' occhi e le rosate gote , Che del bello del ciel facean qui fede ; Epìstola dkl Costa 1> E tutti i corpi e tutti i volti umani Saran per morte scolorati e guasti. Se a tai leggi immutabili e severe La materia soggiace , ad altre Ipggi So2"iacGÌon V alme , benché lor sia fiata La liberta cicli' opre. Infìiio al giorno. Che r angelica tromba udran gli avelli « Quella cieca che chiamano fortuna , E r avara natura inegualmente Dispenseranno i doni , onde rancori , Odii ed invidie sorgeranno e risse. Sempre avverrà che con pena s'acquisti Ciò che diletta ; che senza sudori Non fruttifica il campo , e non abbonda Ciò che il senso domanda. Anche i futuri Vedranno con le man sotto le ascelle La vile ignavia colla sua compagna Sordida povertade ; e ricchi e grandi Saran bersaglio al mormorar di molti. Altri affetti malvagi avvamperanno D' ora in ora ne' cuori , onde fia d' uopo Della forza civil , che li raffreni ; E la forza è penace. Ora ti è chiaro. Che air uomo il mal va dietro come a corpo Va r ombra. Ma se svelto esser non puote Dalle radici , aver può sosta e modo DalTarte, onde il centauro fece degno Del suo divino nascimento Achille , E da quella che die' l'immortal serto A Solone e a Licurgo. Ed io già veggo Starmi dinanzi secolo felice , ( Se non erra il desio ) cui sono ignoti Gli atroci fatti : veggo salde leggi Spirate dall' amore , onde si crea 18[ Letteratura. L' armonia social : pieni di vele Son tutti i mari : pcilegrine merci Libere ai lidi vanno , e rade volte Cogli oricalchi suoi discordia pazza I raercataulì accora. Aperto veggo, Non frequentato il foro : appena surti Estinti i piati : ha pronte ale il castigo Dietro la colpa : più non teme il regno , Forte di leggi , i miseri tumulti ì)i stolta plebe , e in un voler concordi Culto di carità, porgon le genti Air increato Verbo- Ecco 1' imraafl[o Della perfezion , che nel futuro Scorge r occhio mortai , che non trasmoda L* aspetto di natura. Oh ! quanto giova II fissar gli occhi al vero : e quanto olTeade Nostra ragion V ingannatrice fola , Che la credula speme alto levando , Subitamente V inabissa. I sogni Dunque abbandona a chi li brama, e intendi Al possibile solo. Alpestre e lunga Ed ingombra di bronchi è quella via , Che ai ben conduce , ma verace e chiara ^ Ed è ragion che in essa il savio sudi , Perchè il mondo esca fuor della selvaggia Valle, in che parteggiando e folleggiando Da gran tempo cammina. Io so che il volgo Riderà de' miei delti. E rida e cianci r Gir io col pensier vo nel futuro , e godo. Dalle Antiilc per V alto a piene vele Solcava il vasto mar la nave ispana. Stava la ciurma incredula e loquace Sui banchi assisa , parte in atto bieca , Patte volta al tiocchier con riso acerbo. Epistola del Costa 185 Ma sulla poppa intrepido Colombo Ora esplorava 1' orizzonte, ed ora Notava il voi di sconosciuti augelli ; E , pieno il cor di speme , vagheggiava Entro il pensier le vaste regioni , Le superbe città , le ricche vene Ingorda brama dell'Europa avara. 1S« BELLE ARTI Memorie della vita di Fr. Luca Paccioli. (continuazione. V. il voi. LXII pag. 214.) Ivi lin. 20 Casali leggi Cessali. AL CHIARISSIMO SIG. AB. PROF. SEVERINO FABRIANI •L>lla pigliò a far opera aggradevole ai saggi nel porre in luce maggiore i vantaggi dagli ecclesiaslici apportati alle matematiche. Coli' avere annoverato fra Luca Paccioli tra quelli che recarono onore alla Ita- lia non poteva far cosa che più valesse a risvegliar- ne la ricordanza , ed a me più cara. Mi sono fatto un dovere di purgarlo da quelle macchie che inde- bitamente se gli sono apposte , e di porlo nel punto di vista che gli si conviene si nella sua maniera di vivere, come per le opere che lasciò , avute sott' oc- chi per favore delT egregio bibliotecario della Bar- beriana P. Luigi Maria Rezzi. Mi sono pure nel far- ne un cenno assaissimo giovalo dei lumi de' quali con amichevole commercio di lettere ha voluto es- serrai cortese il revdiho p. generale dell' ordine mio F. M. Barbotti assai perito in fatto di scienze esat- te. Non istimo inutile cosa il rammentarle di averla conosciuta nella sua primissima età quando nodo di B E L L B A R T I 187 candida amicizia univamì al di lei padre medico , e cliiraico eccellente. Ahi ! troppo presto troncò si bel nodo la morte , e d' allora in poi più non la ri- vidi. Godo bensì d'ammirare ne' suoi scritti in istam- pa come abbia fornito l'intelletto nella coltura delle scienze sagre , e negli studi araenj ; e di potermi se- gnare stando per così dire, col pie suU' orlo della tomba. suo denotino servitore F. Luigi Pungileoni. Pare a certi scrittori di questo secolo malaugu- rato di non potere lodare un uomo chiaro per mol- to sapere senza invilire chi nella istessa carriera la- sciò onorevole memoria di se. Il professore Guglicl- mini mancato ai vivi da poco in qua quanto nelT elogio tessuto a Leonardo Pisano (1) vi si mostra ric- co di cognizioni matematiche , altrettanto apparve im- pegnato a delineare il Paccioli sotto l'aspetto di pla- giario. Non fo qui menzione della taccia che gli dk di avere ignorato il cognome di Biagio da Parma , o perchè Pelacani (2) non gli parve cognome gentili- zio , o perchè l'ignorò sebbene non oramettesse in- dagini per iscoprire i cognomi degli autori. Passiamo ad accuse più gravi. Inteso com' era a trattarlo con acerbezza pretende che le invenzioni del Geometra Pisa- no si trovino traslocate nell' aritmetica del Paccioli sì male che se queste si potessero personificare così tra- sfigurate avrebbero rossore di chiamarsi figliuole di Leonardo. Questa frase poetica è fuori di luogo. In Francesco Vieta ancora , pretende (3) d'aver trova- to (4) un copista di Leonardo quantunque abbia sa- puto arricchirla dì guisa che ne cela il Plagio. A Vitellione (5) che ridestò in noi l'amor delle scienze 'JS8 B E L L r; A R T I algebraiche annidatesi in Ispagna sul finire del seco- lo XIII, attrihuisce il vanto di avere restituita alla vera lezione le opere dell' encomiato Pisano. Depo- sta per un momento la verga Censoria loda il Pac- cioli dell'avere disseppellita , e messa in luce la geo- metria Lionardesca. Poche parole di lode sotto la pen- na di un Aristarco severo non sono sospette di ada- lazione. Ne di lode gli fu avaro il Cardano (6) en- comiandone la profondita delle dottrine , e il costante impegno suo di farne buon uso. Riprende ben pre- sto il Guglielmini le parti di accusatore (7) ascri- vendogli a colpa il non aver fatto un cenno delle belle scoperte di Lionardo , e del da Sodo. Non vuoi- si negare che i matematici del tempo andato , cosa avvertita dallo stesso Paccioli a giudizio del Cessa- li , (8j abbian dato delle dimostrazioni geometriche per le quattro regole relative alla somma de' quadrati, è però da osservarsi che il Guglielmini senza averne una prova sicura si è dato a credere che Lionardo co- stantemente , e Giovanni del Sodo con maggiore ma- gistero risolvessero i problemi , e provassero i loro teoremi coli' aggiungervi sempre qualche geometrica di- mostrazione. Può essere , come con singolare cogni- zione di causa mi scrive il sullodato P. Barbetti , l'ap- plicazione perpetua della geometria all' Algebra delli due matematici teste citati , ma è insussistente il fon- damento dal quale egli deriva la sua osservazione. Egli si appoggia sa quanto a creduto di vedere neU' arit- nietica del Gallicui , e per ottica illusione ha creduto di scorgervi quello che non vi è. Invero egli non può aver, letto quanto vuol darne per addimostrata se uou nel libroXllldel rinomato Galicai interamente tratto dal lodato Giovanni del Sodo, nel quale ad ogni problema ri- chiamasi qualclie proposizione per lo numero suo che ha itt qualche libro distinto con altro numero proprio. B E L r. E A R T I 189 Ov:ì è da sapersi che le citate proposizioni non irtengoiio altrimenti ai libri di Euclide non es- sendo in realta se non se proposizioni per la mag- gior parte del libro X : del medesimo Galicai, e quel- le per lo più die contengono regale dn seguirsi nel risolvere le ejuazioni. Sono regole generali di Alge- bra non già proposizioni di geometria. Se alcuno aves- se a grado di convincersene di per se slesso non ha che a consultare i libri XII e XIII del Galicai , e per via dì esatto confronto delle citazioni che si tro- vano in questi due libri co' libri anteriori vedrà aper- lissimaraeute che il Galicai non fa che citare se stesso. Poggia adunque sul vento la prova addotta dal Gu- glielmini per dimostrare che il Pisano fondò sopra con- siderazioni geometriche la risoluzione de' suoi problemi analitici di qualunque genere. Ascoltiamo lui stesso ; come Diofanto (9) pag. 116 n. 3 separa la X aggiun- gendo la frase ad positiones anche nell* equazioni di grado 1 ; cosi fa Lionardo eziandio , e sampre. in questo si riporta al Galicai pag. 97 ove si risolve il problema 9: del libro 12 : tratto da Lionardo Pi- sano - Si cerca in tal problema il valore della inco- X I gnita X data l'equazione r = — \ giunto a tra- sformare queste nelT altra -r-X=2, dice che da tal trasformata avremo seguendo V ordine della 158 del 10 X 3 ; La proposizione 158 del 10 di Galicai è la seguente regola. Quando le cose sono uguali al numero (cioè quando sia AX = n , e nel nostro caso-r-X=2 parti il numero nelle cose cioè dividi n per a onde abbiasi — - e nel caso nostro 2 per — onde vi abbia a ^3 190 B E L L E A R T I 2 2 e quello che viene tanto vale la cosa. Cioè sarà 2 X = e nel caso nostro X = ^ = 2 ^^ 3 . T Questo esempio fa vedere che le proposizioni del li- bro 10: citate sono dal Galicai , non di Euclide il quale nel suo libro IO non ha piiì di 11"/. Propo- sizioni come ritrovo nell'Euclide del Comandino ; ed è chiaio ugualiiieale non essere una proposizione geo- metrica ina una regola di Algebra. Ecco se io non erro assai bene difeso fra Luca appo coloro che cer- cano senza passione la verità per iscorgere dove il giudice di Paccioli colga nel segno , e dove s* in- ganni . Omise bensì le dimostrazioni geometriche de numeri quadrati che giusta l'asserzione del Guglielraini si riscontrano nel codice Leonardiano , ma non è a rimproverarsi per questo non avendo egli omesse co- tali dimostrazioni per tutte le altre dottrine analiti- che di Leonardo. Allora solo parebbe degno di qual- che rimprovero se Leonardo avesse costantemente ap- plicato la Geometria all' Algebra come vanamente pre- lese il sig. Guglielmini di aver ricavato dal libro del Gallicai (10). Il difetto d'aver trasgredito quel Lu- cido ordine tanto inculcalo da Orazio ai Pisoni in gran pai te è suo, dico in gran parte, potendosi addur- re in iscusa la diOìcolta di ben ordinare a suoi d> le materie di questo genere. = Quantunque , tale è il giudizio che ne fa il professore Pietro Franchini (11) , non avesse fra Luca attinte le sue preposizioni alge- briche neir Arabia come il Moutucia s' immagina , la di lui somma è fregiata di utili verità in confronto di quelle del Fibonacci — . B E L L E A R T I ^9l Catalogo delle opere di fra Luca pubblicate colle stampe. Somrau aritmeticae , geometricae , proportionurn , et proporlionalitatum cum tractatu circa corpora re- gulai-ia, et ordinaria.,, Venetiis apud Paganinura de „ Paganinis Brixìeiisem imperante Auj^ustmo Barba- „ dico MCGCCLXLIIII idest auiio 1494. Francesco Hayra bibl. ital. toni. 4 dicela in fol. ed aggiunge = dal Giacobini , biblioteca dell' Um- bria , si vuole sia una traduzione d'Euclide. -= Gon- viea dire che gli fosse affatto sconosciuta. P. M. Pellegrino Orlandi . . . origine , e progres- si della stampa sino al 1500^ Lucas Pacciolus de Burgo S. Sppulcri ord. min. Aritmetbica et geometria italicae fol. ven. 1434 per Paganinura de Paganinis. Liber de Algebra ven. 1494. Per Pagai.inum de Paganinis - ab. Pietro FaruIH. Ann. di Borgo S. se-- polcro. 1713. pag. 64= fra Luca Paccioli compose, moke opere ... la prima si intitolo summa aritmetlii- cae et geometriae stampata in Foligno ed in Vene- zia pel Paganino ec. - L' edizione di Foligno o è idea- le , od irreperibile. in detta somma evvi raccolto il frutto delle os- servazioni fatte da lui a prò dei giovanetti dediti al Uaffico. Ora è pienamente confermato nell' arti- colo di Gyries sopra Pacciolo Biograf. univ. voi 42 Eccone un sunto - Raccolte avea con diligenza le di- verse pratiche in uso presso i negozianti, e le citta tutte. Nel suo libro a trovano le più antiche nozio- ni dell arte di tenere i conti a scrittura doppia . . . degli esempi di conti di cambi . . . ragguagli di pe- si , e di iuisnre d'Italia non che sui cam'iji delle par- ticolarità che in vano si cercherebbero altrove 192 Letteratura Leonardo Ximenes gesuita nei quattro libri sul vecchio e nuovo gnomone fiorentino impressi in Firen- renze nel 1757. Ciò dice che veramente mi ha fatto me- ravìglia h stato un codice scritto da fra Luca da Bor- go , e stampalo in Venezia nel 1464 (Leggi 1494 ) somministratomi dal sig. abate Fabbrini nel quale vi sono espresse le regole algebriche , e vi sono capitoli interi che trattano delle equazioni algebriche con que- sto nome , ma coli' uso di certi segni ... . in un lin- guaggio che bisogna studiare per intendere ... Se die- tro le pedate di questo e di altri scrittori si fosse in Toscana continuata la scienza analitica .... la To- scana avrebbe sola la gloria dell' arte algebrica si ben promossa a quei tempi. Nel catalogo della laurenziana , sudato lavoro del canonico Angelo Maria Bandirli , nel tom. V. Evvi segnato - Arte d'abaco secondo lo stile d' insegnare del maestro Lucha di Matteo da Firenze - Segue r annotazione - Pluteus XXX cod. XXX aritmetica „ raagistri Lncae Godex membranaceus ms in 8. sae- „ culi XV cum Icone auctoris in principio aureisq. „ ornamentis in siogulis paginis decoratus - Fattolo esaminare da persona intelligente n'ebbi in riscontro - Il codice è quale lo accenna il Bandini : ha orna- menti di oro in ogni pagina , ed ha in fronte il ri- tratto dell' autore. Questi ha un vestilo di color ros- so , e uu beretto in capo ugualmente rosso dal che ne segue che niente ha di francescano. Mi passò pel capo che il detto codice potesse essere una delle arit- metiche da lui composte quando era pienamente ar- bitro di se , e che il padre suo avesse abbandonata Fi- renze per istabilirsi al Borgo. Pensiero inutile. Bkllk Artì 193 Frontespizio della 2.* edizione. Suraraa de aritraethica , geometria , proportioni , e proportionalita , nuovamente impressa iti toscolano su Ja riva del benacense e unico carposiista laco : araenissiiuo sito : de le antique , e evidenti ruine de la nobii citta Benaco ditta illustsato con numerosità di imperatori episcopii di antique , e perfette lettere scalpito dotato, e cura finissimi, e mirabili colonne marmorei innumeri fragmenfi di alabastro e serpen- tini cose certo lettor mio diletto , oculata lide mirate degne sotterra sì trovano. In fine. E per esso Paga- nino di nuovo impresso in tusculano alla riva del laco benacense nel proprio loco e 5Ìto dove prima es- ser solca la nobile citta ditta Benaco regnante il se- renissimo principe Andrea Gritti inclito duce di Ve- necia finita a li 20 decerabre 1523. Questa edizione è in italiano, e la dedicatoria vi è prima in ita- liano poi in latino. In ambedue le edizioni il pri- vilegio della repubblica veneta è segnato in tal gui- sa. M.GG CC.LXLIIII. E' aperta la irregolarità di sì strano frontespizio. Ma il Moutucla prima di addossarne la colpa all'au- tore , dovea porlo a confronto con quello della prima edizione. Di simili ommissioni peccano non pochi de' suoi nazionali : perciò i giudizj loro spiacciono , e si rigettano da chi pesca a fondo la verità. Sa bene il Montucla trattare le armi del ridicolo per divertire se stesso, ed i lettori suoi a spese del povero frate passato di questa vita assai prima della succitata ristampa. Si' compiace nel fingerlo ghiotto del carpione , o salmo carpio , che non si trova che nel lago di Garda. Qae. sto lago è detto da Virgilio Benaco , ed oflfre dilet- tosi punti di vista. S' inoltra nella finzione coli' ag- G.A.TLXiV. 13 194 B t: L L E A R T I giungere - Apparerament ce bon religieus s'en étolt forte lèdale pendant son se'juur en ce lieu poiir V impres- sion de son li vie. - Glie Paccioli siasi a lungo tratte- tenuto in riva di quel lago per l'addoUo motivo il Mon- lucla rafferma , e vuole che gli si creda su la sua pa- rola. Ne è ancor pago di fìngere. - Il amoit, prosie- gue , aussi sans doute beaucous les antiquite's puisqu' il i a si specialeinent remarque celles dont etoit se'raèe r ancienne Beiiacuin doiiL je seu étonne de ne trouver pas niéine le noni dans les livrea de geographiae an- ci'iine. (12) Messi gli scherzi in bando questa somma , segue a dire è divisa in due parti. - L'une relative l'arilh- nietique et l'autre a !a geometrie . . . . on y trouve non soulement T arilhmetique inathematique, mais l'a- rilhmetiquc commerciale. - In questa parte ha colto noi punto, mentre ivi si trovano de' ragguagli onde met- tere a purtata i commercianti di conoscere le varie e molte monete delle molteplici zecche esistenti allora in Italia Ogni paese un pò esteso uvea a quo' giorni i suoi principi, e molti 'dì questi piccoli principi, godevano il privilegio di battere moneta. Pili oltre mette in chiaro i rapporti delle mo- nete Correnti a suoi di in Italia , fra esse , e quelle d'oltrem<»nti , e d'oltre mare. Accenna a cagiou d e- serapio alla pag. 21 9 - I costumi , i cambi , monete , pei , misure di Napoli , e de Gajctta , di Sicilia , de Roma , di Siena de Luca , de Pisa , de Bologna , de Milano, de Marsilia, e de Provenza de Mompellieri , de Vigiione ( Avignore) de Baricalona de Lisbona, de Parigi di Londra , di Tunisi ce. nomina alla png: 224: e le Patacliine di Genoa di Saona , ove parla del- la regola detta del tre , della maniera di ridurre le mo nete superiori alle inferiori , nomina il ducato ( cbc prende per lira ) dopo pone ilsoldo , quindi li danari , B E L L K A U T I 195 o piccoli dei quali dodici fanno un soldo. Quindi no- mina ducati, fiorini , alfonsini pag. 53 tergo. Pag. 60. tergo ec. cento de la cannella vai duca- li 32: che varranno 987: ponendo scraper il ducato in quest'opera se altro non se dici valere f . 7 a moneta perusiiia , e la lira f. 20 el soldo denari 12 ut sopra avenga che più al presente sia sua valuta: ma questo si fa causa exempli per non travagliar tanto el lectore in rotti, ec. Ma la novità , e diversità di moneta meglio è spiegata distr. 9 Iract. 4 de societ. pag. 1G() ec. dove si nominano bologniao vecchio, alestino , papulino , aqui- lino , genovino. Forma di lettere di cambio ii^Oi a di 9 agosto Pagalo per questa prima nostra a Lodovico di Francesco da Fabbriano once cento d' oro napoletane in la prossima fiera de Fuligni per la valuta del'oro tanti ricevuti qui dal magnifico homo Major Donalo da Seger quomdam Major Briamo et ponete per noi... Idio dal mal ve guardi Vostro Paganino de Paganini da Brescia 66. La nella soprascritta de fore se dici in questo modo. Domino Alphanode Alphanis e compagni de Perosia et facta la soprascripta subilo de fore a pie de la lettera porrai el tuo segno. Non è a frodarsi il eh. autore delle relazioni d'al- cnni viaggi per la Toscana sig. Targioni Tozzetti della lode che gli conviene d'avere epilogato in breve il n\s. 196 B E L L K A R T I «lei Fibonacci ( tom. 2 pag. 65 ) . Ben diiolmi ch'egli siasi alquanto dipartilo dal vero nello asserire che fra Luca si fece bello delle cose di Leonardo senza nep- pure nominarlo altro che una volta o due incidente- mente. Ciò non può dirsi al certo da chi ha letto la sua aritmetica senza errare o per difetto di memoria , p di volontà. E' qui bello trovare nel Guglielraini un difensore di fra Luca col riportare le identiche di lui pa- role (13)- E perchè noi seguitiamo per la maggior parte Luca pisano iu intendo di chiarire che quando si porrà alcuna proposizione senza nome di autore quella sia <ìi detto L. e quando d altri sera l autorità educla. Poteva mai egli dirne di più? (14) Chi può negare che egli non siasi giovato degli scritti del pisano , o per avelli avuti presso di se o nelle lezioni del Bra- gadini. Troppo lungo e soverchio sarebbe il trascrivere quanto si è detto dal Cossali per far conoscere in qual guisa fra Luca seppe raccogliere e pubblicare molti ritrovati qua e la sparsi dai matematici che lo aveano preceduto de' quali gli venne fatto procacciarsene esatte nozioni. Il capo settimo è diretto a far conoscere i progressi fatti dall' algebra mediante l'opera di fra Luca. Dopo Leonardo sino al tempo in cui il frate comunicò ai dotti col mezzo della stampa tutti quei ritrovati di cui potè venire in cognizione. DIVINA PROPORZIONE La divina proporzione della disciplina matematica Ven. 1509 esiste nella barberiniana. Il Wadingo l'accenna con dire De divina proportione compendium li K t 1. E A U T I 107 De proporliouibus , et proportionalilatibus : opus egregium et eiuclitum : rudi tamen Minerva. De quinque corporihus regularibus de majuscoli alphabcli liteiis pingcndis. De corporum solidornm et vacuorura figuris. Come adunque poteva darsi il vanto il Montucla di esser egli slato il trovatore di un - Dernier ovra- ges de Lucas de Bnrgo - iraprime a Venise en 1508 - Non si avvide che il detto trattato de' cinque corpi regolari è unito alla divina proporzione di guisa cbe viene a formarne una parte essenziale. Se avesse letta la dedica al gonfaloniero Piero Sederini avrebbe scorso die non parendo bastante all' autore il dedicargli uno scritto già offerto al Moro volle iigginugerveae altri due, uno dv' corpi pieni e voti designati in pros- pettiva, Taltro delle lettere capitali. Goffredo Torry pej israania di aver diritto di sedere negli scanni degl' inventori dei le cose , tenta d' impadronirsi di qnello occupato dall' umile fran- cescano. Per conseguire ad ogni costo il suo fine lo taccia d' inettitudine e lo paragona ad un prete , che si metta a tratiare di armi. Il bello è che nell'esage- rare alcuni nei nella proporzione delle lettere ne co- pia r intero sistema. Non se gli nega il merito di aver inciso le lettere con buon gusto , ma si riprende per- chè non pago d'aver tentato di ridurre a zero il valor del Pacciolo , l'accusa di aver pubblicato morto il Vinci questo lavoro , cui aggiunge V aveva nascosa- mente involata. Come mai non avverti che tale insus- sistente accusa lo fa cadere in manifesta contraddizio- ne. Loda egli moltissimo Lionardo , ma con ascriver- gli quest' opera verrebbe a dire , come saggiamente ri- flette il rinomato Gavalier Bossi , che Lionardo trat- tolla da ignorante, AUcnissirao era il Paccioli , torno 198 13 E L L r, A R T r a ripetere , clairornare degli altrni pregj il proprio no- me : piuttosto dovea accusare Alberto Duro che si ap- propriò l'opera del frate senza nominarlo. Avendo cre- duto M. Torry che le indicate lettere tratte funsero dai monumenti del tusculano fa vedere aportamente quanto fosse egli facile a prendere un illusioue per una cosa di fatto. - Gli siamo bensì tenuti dell' aver egli reso giustizia agli italiani confessando esser eglino sovrani maestri in prospettiva , in pittura ed in iscollura. Interpretazione di Euclide Riprodusse la versione latina fatta in addietro dal Campano di Novara di cui il padre Sbaraglia nel sup- plemento al Wadingo diceva Enclidis opera Campano interprete Lucas Pacio- lus tlieolosn^ insignis altissima mathcmaticorura scientia rarissimiis jtulicio casli-^atissimo detersit emendavit... Vea. 1509 1519. Posterior aeditio Assisii apud nostros extat.- Tliuanus Zac. Angus, lib. 1 ;. Hisl. Parisii tom» I. pag. 546 - JNicoaus Tartalea multum a Luca Brugensi ( cosi non Biirgcnsi come dovea dire ) Monacho so- lertissime inventa illustravit et correxit. M. Bayle dict. hist. et critiq. a Basle IT/jl tom. IV pag. 423, osserva die questo errore caduto dalla penna di Giacomo Augusto Tliou ha indotto il traduttore fran- cese Du - Rier a dirnelo Lue de Bruges . . . Les ecris mathematiqucs de cet auteur Lue de Bruges oiit tte retifie par Tartaglia - Rien de plus faux , risponde il Baile a M. Du-Rier , celui dont il a mieux ajute' les invention e'toit un Moine franciscain noramee Lu- cas Pàciolus - Il traduit en italien les livres d' Eu- clide ... Il a donne' .... un traile' d'algebre qui est au partie celui de Leonardus Pisaaus.- Vi K L I. E Arti 49i) Tanto 11 Fabricio tom. II bibl. graecae, come Mai- tre toni. IT. ann. Typogr. citano un edizione dei commen- tari del Paccioli ad Euclide uscita dai torchi nel lASO. Ma o tale citazione deve ascrivprsi ad uno sbaglio dello stampatore , od eglino s' ingannano a partito. In simile inganno è pure caduto Heilbronner, e forse alcun altro. Giambattista Caporali. Vitruvio in volgar lingua portato. Pertigia '546 a e. 7. - Come sarebbe per la via .... da Euclide poi havere , et ancora da frate Lu- ca dal borgo s. Sepolcro a e. 13. Molte altre infinita abbiamo da Euclide et lo predicto novo commentatore frate Lucha del borgo , ne potrà darti sufficienti ara- raasslramenti. Perciò che riguarda il suo carattere personale eb- be particolar dilezione pei fratelli correligiosi Ambro- gio e Pietro dottore in teologia (Divin. propor. pag. *i^.) Rammenta un Benedetto chiamato Bajardo - con suo nipote Francesco Pacciolo morto a Ragusi in fresca età. Nell'antologia di Firenze voi. I46 si accenna un elogio storico del Paccioli nostro scritto del canonico Francesco Barciulli che forse sarà ricco di notizie es- tratte da quegli archivi - Mette fra Luca in vista al lettore il bisogno di assiduo studio con dirgli - Ideo Icctor excute somnam q^uoniam vigilantibus coronam pro- railtit dominus ; el non per domiire potes ad alta venire. Merita di essere qui riportato ciò che egli lasciò scritto in fine dell' o[iera. Pervenuti Dio laudato , e il serapliico de sancla povertà patriarca padre , et fondatore del nostro sacro ordine messer Francesco benedetto al desiderato fine dello intento nostro in questa sottilissima opa .... et interim in lo curricolo di questa calamitosa vita co' sua gratia lo governi .... E non manco per lo reverendo Piovano de sacli apostoli de Venezia messer 200 B E L T. E A II T I pie Isidoro Bugnoli ( leggi priore Isidoro Bagnoli ) et sirnile per lo magnifico et nobile Michele Sanuto in le scienze matematiche fondatissirao che mediante spesa et favore tanta quantità de volumi a l'universo conseguita con spesa et e diligente hospite del prudente uomo Paganino da Brescia etc. etc. NOTE (1) Dò qui un brano di lettera di Lionardo tratta c!al codice XXI della magliabecchiana dal P. F. A. Zaccaria , ed inserita nel libro intitolato - Excursus litterarii per Italiam. - Nella dedicatoria a Michele Scotto uomo dottissimo gli fa noto di avere studiato in Bar- baria . e di aver appreso quanto allora sapevasi di ma- tematica presso gli egiziani , in Siria, nella Grecia, in Levante , ed in Sicilia. „ Scripsit niihi domine , ,, et magislor Michael Scotte summe philosoph .... ,, ut librum quem dudnm composui vobis tra- ,, scriberem . . - . etiam librum de praclica geoinelriae ,, composui etc. ,, in fatti nel codice XXIII si legge ,, Leonardi Pisnni de filiis Bronacci ( Fibonacci ) pra- ,, etica geometriac composita anno M. CG. VIV. (2) Di Biiigio Pelacani da Parma parlano Apostolo Zeno lett. voi. 2 pag. 285. - Mons. Pompeo Compa- gnoni - Fracjmenti dell' ititierario di Siriaco d'Ancona e più altri. (3) Francisci Vietae, Op. malliemat. [A) G. B. professore Guglielmini. Elogio di Lio- nardo Pisano. Bologna l813. - L' opera del Vieta è una copia tirata da un esemplare di Lionardo. (5) Elog. pag. 1.^7 - Il primo a distinguersi nel- l'Europa fu Vitellione dopo Vitellione si di- stinse Regio Montano ... ma più di tutti si distinse finalmente il Paccioli , che la Geodesia di Lionardo di- B K L L E Arti 201 seppellì , e diffuse per Istarnpa. Dopo d' averlo ac- cusalo con dire - Se portava invidia al vivente Gio- vanni non poteva sentirne per Leonardo defunto. - Ma se lodava il defunto poteva poi egli tacere il viven- te ? ... . pag. 48. Fu però fra Luca , e mollo dotto , e di mollo ingegno. (6) Oper. toni. X cap. II de raalheraath. quaesitis. Proximus a Boetliio Leonardus pisauvrensis ( leggi Pisanus mentre sarebbe in errore chi confondesse Lio- nardo Fibonacci con Camillo Leonadi da Pesaro) jamdiu ante fratrem Lucam. - Procedendo a parlare di fra Luca soggiunge - nihil quod ad rem pertinere posse pnta- ,, ret praetermisit quae sparsae erant in uuum redegit. (7) Citat. elog. a e. 129. e seguent. (8) P. D. Pietro Cossali nel capo VII del I. tomo della sua storia dell' algebra (Parma 1797 ) , esibisce la risoluzione per fra Luca di uà equazione di quarto grado completa , ossia di tutti i suoi termini fornita. (9) Elog. pag. 116. n. 3. L' opera di Diofante Alessandrino fu stampata ia Basilea nel 1575 per cura di Guglielmo Xilandro di Augusta ristampata in Parigi nel 1621. corretta e mi- glorata da Gaspare Baket La Croix nelf articolo re- lativo a Diofante - Blog. univ. voi. XV ne fa sapere , che lo scritto di Diofante suU' algebra si conobbe la Europa quando era già stampato quello di Luca Pac- ciolo- (10) L'aritmetica di Francesco Galicai è divisa in XIII libri. Il Guglìelmini non conobbe V edizione del 1521 citata dal padre Audiffredi bibliotecario ca- sanatense , perciò dovette servirsi della ristampa del 1552. - Nel prendere congedo dal Galicai è da no- tarsi che di lui parlano vantaggiosamente il P. Giulio Negri ( istoria degli scrittori fiorentini voi. 1. p. 197. ) 202 Belle Arti Il Poccianti , il Vossio , il Dodori ed Helibronner : op. cit. j in cui scrìve quanto segue ~ Caligarius aritme- ticam an. 1515 inscripsit . . . Petrus Maria Bonini fior, niatli. aritineticam ann. 1514. Aritinelicam inscripsit cu- jus titulus est. Lucidario di arilrnetica - Vi sono no- minati il Galicai , raro Luca del Borgo , raro Paolo da Pisa , raro Agnolo del Carmine ec. ec. (11) Istoria dell'algebra .... rettificata ed il- lustrata. Lucca 1827. Francesco Saverio Brunetti. Dialoghi Roma I754, ,, Il primo che sparse nella sua opera lume di „ analisi fu il non mai abbastanza commendato fra „ Lnca Pagivolo del Borgo s. Sepolcro minore con- .. ventuale etc. etc. (12) Tusculanum locus ruderibus multls effossis in- clilus etc Philippus Bricxius. Paralella geographica italiae , vetus et novae Parisiis I6I9. Montocla Giovanni Stefano : histor , <3e matem. Pa- ris MDGGLVIII prima edizione. La seconda è dal 1799 al I8O2 in 4 volumi riveduta da M. La-Lande. Au- mentata , dicesi , delle scoperte del secolo Vili. - Morì il Montucla sendo sotto il torchio il III volume. (13) Un anònimo della fine del secolo XV , il quale compose un trattato di abbaco ras nella bibl. dello spedale . . . .» il. libro 10 è copia del trattato di di Lionardo Pisano sopra i numeri quadrati , e comin- cia - Magister Dominicus etc. A tergo della pag. 13 dell' aritmetica del Paccioli si legge : - Maxime ! eo- nardo Pisano in un tractato che fa con grande sforzo d' ingegno da forma , e regola a simili solulioni. (14) Fra Luca, così il Foscarini storia della let- lerat. veneziana. Lib. I pag 8. ^942 confessa di aver appresa 1' algebra dal Bragadino nelle cui mani biso- B lì I, L E Arti 203 gna dire dio pervenissero gli scritti del Pisano, e che gli avesse vcdiUi Paolo della Pergola , onde il Baldi nella sua cronaca . . . All' art. spettante a Lionardo così ebbe a dire : delle cose di Lionardo si valse fra Luca del Borgo : e pure quesl' uomo il quale passò in Ve- nezia la sua vita sino a che in età virile vesti l'abilo di s- Francesco fu discepolo di un nostro patrizio , e condiscepolo di un altro patrizio - Josephi Blancani „ bon. diss. de raathcmat. scienlia - Ab hoc ncmpe a ,, Phibonaccio magna ex parte accepit frater Lucas. - Antonio Lecchi ... In arit. univ. Ncwtoni tomo I. - fecero gustare le matematiche agli italiani dietro le ve- stigia degli antichi Luca Paccioli , Scipione Ferreo , Cardano etcs Scipione dal Ferro , o Ferreo .... Lesse nel- r univ. di Bologna dal 1496 al 1525 aritmetica e geo- metria. Fantuzzi ed Orlandi , il quale dice che lasciò alcune regole spettanti all' algebra e ciò per attestato del Cardano - de libris propriis. - (15) Il Donna , così V abbe F. X. de Feller dict. liistor. tom. huit , sur la proportion des lettres , un livres sous le titre de Cham-Fleuri. Paris 1529. Leg- gasi l'art, compilato da ras. Weis bioge. univ. voi. 56 pag. i95. Il frontespizio della prima edizione è cosi concepitos Arte e scienza della vera proporzione delle lettere dette antiche , e volgarmente romane propor- zionate secondo il corpo , ed il volto umano. Nella seconda non oltrepessa le parole - Lettere antiche - I libri usciti dalla sua stamperia fregiati sono di let- tere fiorite ; e di arabeschi. Ecco quel che ne dice l'autore del campo fiorito. Aussi non voyons nous pas dessa qui sovènt a comparer a feu messire , Leonardo Vince a Donatel , Raphael d' Urbin , u a Michel Ange. 204 VARIETÀ^ Li eli' elenco de' collaboratori del nostro giornale , pubblicato nel volume di aprile e di maggio, è stato per negligenza tra- scurato il nome del sig. avv. Lodovico Jonii giudice del tri- bunale di prima istanza in Norcia. Metodo eoi quale il professore Pietro Peretti e Francesco Sforarti hanno ottenuta la creosota fi). M-Je principali sostanze cbe raccliìude l'olio die si ottiene colla distillazione del catrame, secondo il primo annuncio fatto dal sig. di Reichembach , sono la creosota e l'eupione: la pri- ma capace di formare combinazioni cogli ossidi metallici , la seconda priva di questo carattere. Un' altra ne scopri il sud- detto Reichembach in appresso, che chiamolla capnomoro. Que- sta sebbene mostri di combinarsi coli' ossido di potassio , pure una tale apparente combinazione viene distrutta col solo di- luire coli' acqua la soluzione. (i) Il dott. Usiglio propone di chiamare Sarcozotico la creo- sota. V. Cenno sul sarcozotico e sulle sue virtù terapeutiche , memoria di Cesare Usiglio modenese , dottore in medicina e chirurgia , socio dell' accademia medico-fisico fiorentina. Cor- fu 1834. Sembeniiìi. Varietà 205 É sopra le sopradesciitte proprietà delle jostaliae con- tenute nell' olio di catrame , che i signori Peretti e Marani hanno basato le loro modificazioni nel metodo per la pre- parazione della creosota. Prendono essi l'olio distillato dal catrame , lo lavano col liquore di carbonato di potassa , quindi coli' acqua distil- lata , poi lo pongono in una storta , e lo distillano un' al- tra volta sino a che nella storta rimane una sostanza nera picea. L'olio distillato è trattato coli' idrato di potassa liquido a caldo. Separano l'eupione esistente alla superticio della solu- zione, e questa la fauno bollire dentro una capsula di por- cellana sino allo svaporamento della più gran parte dell' acqua: lasciano reffreddare il fluido, che col raffreddamento si divide in tre differenti sostanze , cioè in un olio galleggiante , in un fluido nerastro, in una massa formata di prismi riuniti a mam- melloni. Separano l'olio che è l'eupione, tengono inclinata la capsula affinchè sgoccioli il fluido, nerastro, e mettono in un pannolino fino la sostanza cristallizzata , e la comprimono al- quanto per privarla del fluido nerastro che la imbratta. Disciolgono quindi nell' acqua distillata la massa rimasta nel pannolino. Questa , allorché è disciolla in poca quantità d'acqua, rende la soluzione, alcun poco colorata , ma limpida ; diluita con maggior copia d'acqua, la intorbida e lascia sepa- rare dei fiocchi giallo grigiastri, che montano alla superficie 4el fluido. Separano questi con un filtro di carta (i), e concen- (i) La prima volta che videro separarsi questi fiocchi col diluire nell' acqua la combinazione della creosota impura con que- sto liquido, non seppero a quale sostanza dovevasi attribuire que- sto cambiamento: presero bensì ad esame detti fiocchi e conobbe- ro essere composti di atqua, di un olio più pesante della mede- sima , e d'una piccolissima quantità di calce. Di poi conosciuti i caratteri del capnomoro descrìtti dal surriferito dottor Reichembach, hanno giudicato que' fiocchi es» sere il capnomoro in istato idrato , il quale ha trascinato un po- co di calce forst esistente nella potassa idrata. 20tì Varietà' trano la soluzione : quindi la decompongono coli' acido sol- forico allungalo : ed essendo ancor calda la soluzione, separano l'olio clie ritrovasi alla superficie del fluido. L'olio così sepa- rato lo passano con un poco d'acqua in una storta , distil- lano con fuoco regolato tutta l'acqua, ed aumentano di poi la temperatura per obbligare l'olio rimasto nella storta a pas- sare nel recipiente : ed allorché vedono comparire nella storta dei vapori bianchi , che con difficoltà passano nel recipiente , tralasciano la distillazione : e così ottengono un olio di color de- bole di paglia, più pesante dell' acqua, con odoi'e della pura creosota. Volendola poi avere scevra da colore, trattano di nuovo j l'olio distillato colla potassa idrata : diluiscono la soluzione con acqua siccome in avanti j filtrano la medesima, se mai si è resa torbida , la fanno svaporare in parte e la decompongono coli' acido solforico , e l'olio separato lo distillano un' altra volta, e cosi ottengono la creosota bianca. Sembra che operando nel modo sopra descritto si ven- ga ad evitare quell' inconveniente, non certamente piccolo, che succede allorquando si opera secondo altri metodi annunziati, cioè che per l'evaporamento dell' acqua slanciasi il contenuto della storta nel recipiente. La spiegazione dell' operazione sembra essere di facile in- tendimento. L'olio di catrame contiene principalmante dell' eu- pione , del capnomoro , della creosota, ed aggiungeremo del picamaro. La potassa idrata discìoglie la creosota , il capno- moro ed il picamaro , poco attacca l'eupione , e cosi quest' ultimo già rimane separato per la più gran parte dalle altre sostanze. Facendo poi bollire in vaso aperto la soluzione degli altri principii colla potassa, l'eupione viene a volatilizzarsi, o si separa montando alla superficie del liquido rimasto nella ca- psula, e rimangono nella medesima il capnomoro , ed il pica- maro in soluzione colla potassa, che costituisce quel fluido ne- rastro che si divide dal magma formato di piccoli prismi riu- niti, a guisa di mammelloni , i quali sono la combinazione della creosota colla potassa. Si comprime con pannolino il detto magma per separarlo ancora dalla soluzione nerastra so- V A H J E T A* 207 praiiiiuiiziata. La nuova dissoluzione poi tifila creosota colla potassa viene diluita con acqua per separé il capnomoro se mai ancor vi esista , e cosi senza laute reiterate distillazioni si possono separare i priacipii che sono in miscela colla creo- sota (i). (i) Con lettera diretta al sig. Senibenini il professore Pie- tro Perelti foce conoscere che mediante alcune modificazio- ni fatte di concerto col sig ?ilaraui , in allora suo primo gio- vane , al metodo dettato dal sig. di Rcichembach , si otte- neva nel suo laboratorio con due sole distillazioni la creoso- ta dair olio avuto dal catrame col mezzo della distillazione : e disse ancora che credeva poco opportuni i metodi di già pub- blicati da' signori del Bue e Calderini per essere complica- tissimi. Menò il sig. del Bue, farmacista di Parma, gran rumo- re per questo annuncio : e ne aveva ben ragione, tornandogli alla memoria le critiche osservazioni fatte dal professor Pe- retti sopra altri suoi lavori pubblicati negli anni scorsi men- tre era ancora in Roma. E non avendo altro modo da giusti- ficarli , ha preso quesl' occasione per mettere in ridicolo la scoperta fatta da esso di un nuovo carbonato di potassa , e di un principio resinoso nel rabarbaro. Se il sig. del Bue si fos- se dato la pena di ripetere le sperienzc, avrebbe riconosciuto, come lutti i chimici 1' hanno riconosciuto in appresso , questo nuovo sale di potassa chiamato oggidì sesquicarbonato inter- medio ira il carbonato ed il bicarbonato ; ed avrebbe ancora ve- duto che il rabarbato ha realmente un principio resinoso in cui ri- siede propriamente la facoltà purgativa. Ma il sig. del Bue o non sa o non si degna ripetere le spericnze altrui , e giudica del- le operazioni chiiaiche come il cieco dei colori, non rispar- miando i .suoi amici. Se in fatti avesse egli un poco di memo- ria, si sarebbe dovuto ricordare ciò che nell' aprile i834 (gaz- zetta eclettica) aveva pubblicato circa il metodo del sig. Cal- derini per prepararne la creosota , piuttosto che mal a propo- sito criticare il professore Peretti di aver detta un* verità , 203 Varietà* A Massimiliano Angelelli nelV ultimo giorno delle sue le- zioni di greca letteratura delF anno i835, gli scolari e uditori. 8.* Bologna j dai tipi del Sassi alla Volpe. \Ji\i\ non conosce in Italia il marchese Massimiliano Angelel- li , il volgarizzatore di Sofocle e di Sinesio ? Ninno certo che abbia intelletto di gravi dottrine e di belle eleganze : talché reputerà fortunata 1' università di Bologna , dove tale uomo fu chiamato alla cattedra che lasciò il Mezzo- fanti. Oh si veramente , che in questi tempi di miserabile disordine nelle lettere non potrà non essere somma l'auto- rità deli* opera e del consiglio di un sapiente , il quale tutti •anno essere dei più caldi nel mantenere io fiore la scuo- la de' nostri padri , e nel gridare contro la presunzione e la viltà di que' selvaggi , che sulle rive dell'Olona , della Dora , dell' Arno ( orribile a dirsi ! ) le ghiande boreali an- tepongono al buon frumento greco e italiano! Noi intanto ci congratuliamo carissimamente con gli sco- lari e gli uditori del nobilissimo letterato , perchè non cor- rotti da romantica tabe sappiano tener si gran conto del te $oro de* suoi ammaestramenti: ed abbiamo letto con piacere le rime , con lo quali gli hanno mostrato il riverente e grato animo loro. Giovi per saggio questo sonetto di quel fiore d' ingegno e di cortesia del sig. marchese Antonio Tanari : Come Tolubil foglia di repente. Che ad ogni aura novella avvien si mova , Muta scuola e costumi oggi la gente, E corre in cerca d'ogni cosa nova, cioè che questo metodo , quanto 1' altro del sig. del Bue, era- no complicatissimi. In altra circostanza il professore Peretti farà conoscere che trattando col litargirio 1' olio distillato di catrame si pos- sono avere separatamente 1' eupìone , ìi capnoraoro , e la creo- S»lJ». Varietà' 2O9 Ed in quella fai voglia è sì possente , Cile a richiamarla indietro oiuai non giova : Perchè forza di freno più non sente , E fa' di suo furor l'ultima prova. Ma tu pel cammin lungo di fatica Muti 1 gran passi con l'ingegno altero , E aiostri il bello della scuola antica. E raffermi co' fati e la parola , Che quella strada che conduce al vero , Quanto è rara e sublime , al mondo è sola. S. B. Elogio d' Ippolito Pindemonte , letto in jircadia da mon- ii^nor C. E. Muzzarelli quando si tenne adunanza a lode dell' illustre letterato. 8. Perugia i835. Jt-Jra debito che l'Arcadia, la quale dal Pindemonte fu avuta sempre in grande onore , rendesse al suo Polidele Mel- pomenio gli estremi uffici di amore , di ossequio , e di gra- titudine. Ella certo non è stata delle ultime a farlo : e per- chè più belle e gravi sonassero nell' accademia le lodi del- l'uomo famoso , ne affidò l'incarico a quel gentile spirito di monsignor Muzzarelli , il quale ognun sa quanto sia caldo nel sostenere le ragioni dell' italiana sapienza , e nell' ono- rare in ogui guisa coloro che la mantengono in lìore. Discorso sulla teoria del freddo , di Luigi Cimjuemani. 8. Caltanisetta i834- \ XJ opinione del sig. Cinquemani ( parlando della maniera con cui il freddo agisce nell' economia animale ) , che il freddo G.A.T.LXIV. i; 210 V A R I F T a' sottraendo il raìorico produca l'avvicinamento delle particelle corporee , accresca lu forza dell' attrazione , faccia rifluire il soprabbondantc sangue dalla superficie nell' interno , e ge- neri quindi queil' accrescimento di vitalità che si osserva sotto razione del freddo. U. Nota intorno un antico globo celeste , scolpito in marmo pa- rino , conservato presso monsignore G. de' marchesi Zac- chia uditore della sacra rota romana. Scritta dal cav, P. E Risconti. 8. Roma presso Antonio Boulzaler i835. e Sono pag. i4 > con una tavola in ram.e. ) J.1 sig. cav. Pietro Ercole Visconti , con quella pratica delle cose antiche eh' è tutta sua , illustra , in modo degno del se- gretario perpetuo della romana accademia di archeologia , questo marmo e quanto a opera d'arte e quanto ad erudi- zione singolarissimo. Egli prova , essere una spiegazione assai diligente di ciò che Manilio ci ha insegnato nel suo Astrono- mico ; e qua e là infiora opportunamente lo scritto con bel- lissimi passi di Arato , di Virgilio , di Ovidio , di Nican- dro , di Ausonio. Lode ne sia al chiarissimo letterato : e lode altresì ali' egregio raonsig. Glviseppe de' marchesi Zacchia , il quale non solo ha tenuto nel debito conto una sì bella an- tichità , ma ne ha voluto anche presentare la Santità di No- stro Signore GRERORIO XV! , che 1' ha benignamente ac- colta per arricchirne il museo valicano. S. B. Varietà' 2 i I Degli impro^^'isalorì , discorso alla gioventù italiana. 8. Lo- reto i835 , tipografia de^ fratelli Rossi. ( Sono pag. i;;:.) A eiiiarao in tutto 1' opinione dell'autore di questo discorso, il quale sappiamo essere il signor ab. Gaetano Rosetti pro- fessore di eloquenza nel collegio di Osimo. Cerio , uno dei grandi flagelli dell' italiana poesia è questa tanta ciurma- glia d' improvvisatori di mestiere : gente il più delle volte ignorantissima d' ogni eleganza e filosofia , talora scostumatìs- sinia , e quasi sempre petulantissima e orgogliosissima. Né poche eccezioni che possano farsene ( siccome infatti fuc- ciamo ) rendono la regola men generale. Noi ci congratulia- mo di cuore col sig. ab. Rosetti per questo suo scritto, nel quale abbiamo ravvisato molti spiriti di facondia ed una non vol- gare bontà di stile : oltre la gravità delle .sentenze che tulle sono se^ ondo l'eterna ragione de' classici. Sulla scuoia del marchese Basilio Puoti napolitano , lettere dell' abate Giambatista Marcucci e deW avvocato Luigi Fornaciari. 8. Lucca i835, dalla tipografia Baroni. ( Uu voi. di pag. 4i. ) •darebbe a desiderarsi che questo volumetto d'oro fosse in mano a tutti coloro, che danno opera all'educazione de' gio- vani : affinchè si specchiassero nell' esempio di quel cavaliere rarissimo, eh' è il marchese Basilio Puoti, ed apprendessero dal Marcucci e dal Fornaciari a sanamente giudicare di hello scrivere , di bel costume , e d'ogni bella maniera di lettera- tura. Quanta eleganza e quanta filosofia in si poche pagine ! ». B. 14* 212 V A U I E T a' ' Comentario di C. Giulio Cesare deìhi sua guerra in Gaìlin , volgarizzato appresso al testo latino ristampato in To- nno ec. 8. Roma nella tipografia Marini i834- (Un voi. di pag. 344.'; XAutore di questo volgarizzamento è il signor tenente-colon- nello Glanfrancesco Cecilia , il cui valore nelle lettore ita- liane e latine è notissimo in Roma e fuori ; imperocché quel cosa di più gentile eleganza che la sua traduzione di quel brano di Longo Sofista trovato nel codice laurenziano ? Qual cosa più grave e più nitida dell' altra del Trattato della vecchiezza di Cicerone , che noi recammo intera nel tomo XXXVIl del nostro giornale ? E la presente del comentario della guerra gallica di Cesare è degna del suo magistero : e non pure sarà lodala di chi cerchi la sicura interpretazione de' più difficili passi del testo : ma letta sarà con piacere da chi più si gode delle ultime squisitezze del nostro vol- gare . S. B. V edremo continuamente e dapertutlo , ad obbrobrio delle nostre lettere , insozzata la stampa di bru ture poetiche ? Sarà destino di questo male arrivalo secolo pascersi di quanto è volto a contraffare in mille guise , e tutto stranissime , la natura ? Ecco in Bologna , una delle sedi della sapienza ita- liana , si pubblicano in un giornale alcuni versi in mor- te del signor T. Bianchini da Castel Bolognese, ai quali si dà il titolo di visione : e sono veramente una visione di chi abbia la testa riscaldala dal vino. Che immaginare la morte che canti un inno , posando sul marmo che chiude il povero dottor Bianchini , non è dato che a chi essendosi ingannato nel bere ha il capo come un molinello , e sogna mille cose strane e fuor di natura. INui non ialendiauio ricercale in V A u I :^ T A ~"ì: questa visione le inHnite sconcezze si di parole , e sì rli pen- sieri : poicliè dal primo sino all' ultimo verso è cosa da muo- vere a sdegno i più indulgenti in fatto di poesia. Ma dirà taluno : Cosa tanto scempia merita die se ne parli ? Non me- riterebbe ( giacche la miglior pena è il disprezzo ) se la scuola da cui ci viene non appestasse ognor più la misera Italia , e massime la gioventù più facile ad ingannarsi e cor- rer dietro a prepotenti fantasie. Ne sìa prova un' ode mat- tissima del signor Carrcr (giovane che di se dava bella spe- ranza ) inserita (né se ne sono vergognati) in varii giornali, ed ha per titolo l' Urrà de' cosacchi. Quindi contro questa scuola pestilenziale non si dice mai tanto «he basti. F. Ranalli f^ersi di Agoslino Cagnoli. Prato frer ì fratelli Giachetti i834- v^i piace dì annunziare un libretto di poesie di diverso ar- gomento del sig. A. Cagnoli, giovane di poco oltre a ven- titré anni , il quale mostra lodevole inclinazione al vero bello de' nostri classici , e fa concepire di se ottime speranze. II cielo lo tenga sopra la buona via nella quale si è messo per tempo : e non lo guasti l'esempio dì coloro , che in gran parte d'Italia conducono sempre più le nostre lettere alla barbarie . Noi con tutto l'animo gli desideriamo fama di ec- cellente poeta , la quale non larderà molto a procacciarsi se , come ha incominciato , avanzerà ne' buoni studi. Qì^ Varietà' Orazione funebre per le solenni esequie di S. M. Francesco 1 imperadore di Austria , detta in Vienna il dì 28 mar- zo i835 nella chiesa nazionale italiana, dal canonico Secondiano Bruschi , uditore della nunziatura apostolir ca. Vienna nella tipografia Mechitaristica i835. 8. di facce 33. JLl sig. canonico Secondiano Bruschi , uditore della nuziatura apostolica presso la corte cesarea , ha in questa orazione es- pressi, con energia eguale alla eleganza , i gravi sentimeati , che venivano a peueUarlo e a commoverlo nella trista con- giuntura , per la ' quale favellava. Egli ha percorso in poche carte tutti gli avvenimenti , i pericoli , i meriti di cosi lungo e così retto impero , come è stato quello di Francesco 1. Dalle geste del defonto monarca procedono le lodi , che a lui l'oratore tributa : ludi che dalla qualità dell' oratore, dal luogo dove furono pronunziate , dalla lingua stessa in che fu- rono dette , vede ognuno vendicarsi uno speciale e proprio carattere , e da questo poi sopratutlo , che le si proferivano in sulla tomba , dove , più severo a chi più tenne di re- gno , incomincia il libero giudizio della posterità. P. E. VlSCONTt. Trattato grn fi ro- analitico di gnomonica , di Giacinto Cer- chiari , dottore ingegnere architetto. Imola per Ignazio Galeati i835. Voi. i. in 4- di f accie 128 con 20 tavole. J_M on è forse applicazione veruna delle matematiche di tanto comune uso e cosi utile alla civile società, quanto quella che insegna misurare il corso del tempo. Il signor Giacinto Cer- chiari , giovine ingegnere di belle e già mature speranze , mosso dalla verità di tale considerazione , si é dato a com- porre questo suo libro di gnomonica. In esso , secondo i V A R i E T \ ?1 r> principi! delle due geometrie , la descrittiva e l'atialilica , di- mostra quali siano Je più semplici e meglio generali costitu- zioni di ogni sorte di orinoli solari , in su piani situali in qual si voglia modo , ed appresta le conispondcuti Corniole trigonometriche. L'opera, compilt;i con somma chiarezza, dà ottimo saggio degli studi dell'autiire: e procede divisa in cinque parti. Nella prima si tiene discorso delle ijrHiìclic costruzioni sovra piani verticali, degli orinoli, europeo , itnliano, e babilonico, e delle curve percosse dal punto di ombra. La seconda è in- torno agli orinoli medesimi , e le curve sovra piani ver- ticali. Trattasi nella terza delle curve stesse in su piani ver- ticali. Le fbnnole generali della gnomonica si rinvengono e si applicano nella quarta. Finalmente nella quinta si tro- vano esposte le nozioni necessarie circa il tempo medio; e VI si dimostra come graficamente si possa segnare la curva meridiana di questo tempo sovra un piano qualunque. E inol- tre l'opera corredata di una tavola sulla intersecazione delle linee orarie ; tavole di uso simile alla pittagorica , o alla eu- leriana , quanto alia moltiplicazione o partizione dei numeri; e di un' altra esprimente le altezze del polo boreale , o ve- ramente le latitudini 4elle maggiori città d' Italia. { Queste sono eslratte dalla notizia de' tempi per l'anno 1824) Alle divisate due tavole tengono poi dietro altre quattro , dove .segnate sono le declinazioni del sole , come si enunciano nelle effemeridi astronomiche di Milano doli' anno iS-ì^ a tulio il 1827. Pertanto, facendo plauso al sig. Cerchiari per questo suo libro , ci auguriamo di avere a tener proposito di Alvi suoi lavori Né vogliamo tacere , che egli con ottimo consiglio ha donato il tìtolo dell' elaborato volume all'eminenza le- verendis.sima del sig. cardinale Anton Domenico Gamberini , fautore egregio e conoscitore degli ingegni ; il quale fra le cure del gravissimo ministero di segretario di stato per gli affari interni del regnante Pontefice , non cessa di dare opera ai gravi studi , che prima dilla romana porpora le rosero illustre. P. E. Visconti. 21 G Varietà' La battaglia de' nomi e de' verbi , poemetto eroicomico del p. Giampietro Secchi della compagnia, di Gesù ec. ec. Ro- mape' tipi Salviucci i835 in 8. dipag. i6. villi non sa la battaglh dei topi delle l'ane d' Ora?ro ? clii non sa la battaglia delle vecchie colle giovani di quel pia- cevole ingegno di Franco Sacchetti ? chi non sa la guerra del- la secchia, chiara ne' versi del Tassoni; per tacere di cento al- tre lepidezze, onde beavasi l'età degli arcavoli ? E non è a dire , che quelle fossero non più che baje canore ; erano co- me il riso di Democrito , che ammaestrava : intendo dire , che sotto il velo della favola porgevano documenti di sapienza. E in queste XXXIV ottave del p. Secchi , che direste foggiale allo specchio del poeta modenese , parmi venire simboleggia- te le misere guerre de' letterati , che talvolta ancora per una paroluzza, per un nonnulla, si anovellano terribilmente. Chec- che ne sia , il savio autore le dettò a trastullo de' giovanetti che studiano la grammatica : e lette da lui in una delle tor- nale dell' accademia tiberina, piacquero, e vennero in luce per cura dell' architetto signor Gaspare Servi vicepr^idente dell' accademia.- alla quale donandole 1' autore, diceva modestamen- te, con apostrofe al picciol canto , di essere ben pago , ,, Se r innocenza dell' età fanciulla ,, Teco ridendo impara e si trastulla. Ma ecco il punto della qnistione: „ Hichaechoc re de' nomi , ogni concetto , ,, Dicea , che senza nome è senza nerbo : ' ,, Ed il re sumesest , che sempre è retto ,, Dal verbo il nome , e non dal nome 11 verbo „ E quanto 1' un dall' avversario è stretto , ,, Tanto resiste indomito e superbo : ,, Se notte non giuguea , co' scaltri d' oro „ La testa si rompeau contro il decoro. Varietà.* 217 Qui è dotto come si adunino le forze de' nomi e de' verbi, e come a cansare i mali della guerra civile Sumesest propone pace al nemico, cedendo al primato , e contentandosi di esse- re eguale; ma la mite proposta non venendo accettata, si attac- ca la più matta baruffa , che fosse mai. Finalmente il superbo Tlichaechoc mise giudizio , e propose la pace : e fu tra le par- ti statuito di acquietarsi al giudizio de' venerandi gramrantici. 5, Servio, e Donato vennero, e Prisciano , ,, Gli Scaligeri , il Vossio , il Sanzio , e Scioppio , „ Emmanuele in abito romano , „ Il Porretti in farsetto e mezzo stroppio , „ Portoreal con due gran tomi in mano „ Che dice la metà scrivendo il doppio : • „ Qui il buon Prisciano incominciò tra loro » Augusto in volto ed in sermon sonoro. Dopo una parlata da par suo il dittatore chiude cosi: „ Stian le persone e i numeri soggetti „ Ne' verbi; e i padri ne lodano il senno. „ Cosi fu di grammatica il governo 1) Ristabilito con decreto eterno. Ma prima avea detto , ed io non dovea tacevo: „ Per me ne' casi obliqui , ed anche in retti ,, Credo che i nomi ai verbi ubbidir denno: „ E tutti i padri i venerandi detti ,, Concordemente confermar col cenno. Questi versi provengono da una facile vena , e mostrano un ingegno ben disposto da natura alla poesia eroicomica : alla quale se darà 1' autore i momenti del suo ozio, e tolga a cantare argomento , che trattato posso risplendere ( per usaie la frase del Venosino ), otterrà lode, e potrà utilmente combat- tere colle armi del ridicolo i vizi e gh errori , che non man- cano ali' età nosti'a. D. Vaccolim 218 Varie t a Comentario dalla vita e degli scritti del canonico Francesco Leopoldo Djrtpldi argentano , scritto in Gianfracesco Ram- helli ec. Lago per Melandri i833 in 8. di png. 34- Xja chiara vitn del cunouico Francesco Bartoldi ( di padre ferra- rese e di madre argentana, nato iti ArgeuLa il i5 ottobre 1737, e morto ivi di anni 86 mesi g giorni 28 ) ben meritava , che r egregio signor canonico Peruzzi , rettore dell' università di Fen-ai-a , ne dettasse un elegante e giudizioso articolo nella bio- grafia degl' italiani Ulustri del secolo Xf^IIl, e che il Ram- belli , il quale insegnò un tempo belle lettere in Argenta , ne scrivesse un comentario donandone il titolo a queil' inclito magi- strato e consigUo comunale. Egli stesso il Bertoldi, ora in patria ora in Ferrara , talvolta altrove, era stato in impieghi diverì( : maestro di lettere , bibliotecario , rettore di un seminario , cu- stode di un museo , segret ano ed archivista del svlo comune : e mai non intermise gli studi di anti quaria , comechè non ne co- gliessa poi sempre buon frutto appo coloro , che dovevano gratificarlo , ed avesse a sostenere controversie , singolarmen- te col professor Sangiorgi circa la vera origine di Lugo. Lungo è il novei'o dello opere , eh' ei ne lasciò inistampa o manoscrit- te , per lo più di erudizione : tacendo dello memorie storiche d' Argenta, di cui l'ultima parte ma noscrittalegò per testamen- to al patrio comune. Tacendo di altre c»i.!re/v«-iclie , la buona madre , contenta del passalo, paga del presente , tranquilla sull' avvenire, vede senza ri- brezzo avvicinarsi la morte e scende nel sepolcro amata dallo sposo , venerata dai figli , onorata dai servi , e fra le lagrime, il desiderio , e le benedizieni de' suoi , e di chi la conobbe. Non cosi la moglie stolta. Ella, vissuta il più nella pater- na casa senza forse conoscere che sia virtù , verecondia , e religione , sprezza i doveri di uno stato , a cui il capriccio sol- tanto , o il suo orgoglio , o una cieca passione 1' ha tratta, Indipendcnle e quasi superiore credesi a colui , al quale star sommessa si debbe: tutto par lecito a lei. Cosi non cura e sprez- za il manto , degli avvisi .s' adonta , ai rimprocci si sdegna; 2^4 Varietà' la pace sen fugge , e il suo soggiorno divieti quello della discor- dia e delle risse. - I figli si specchiano ne' domestici esempi , e falli adulti, sbandiscono da se ogni soggezione , sciolgonsi dall' obbedienza , e rompono ad ogni vizio. Una tal donna è la disperazione del marito. Aliena da ogni cura , è di peso a se stessa , insopportfibile agli altri. Il lusso ed il capriccio di- vorano le sostanze domestiche. Il suo cuore , sempre agitato da mille contraril affetti , slassi in continuo tormento : 1' in- vidia , la gelosia , 1' ambizione, il livore lo consumano. Dal dissipamento ella torna ad ore indebite alla casa dello sposo , a' cui risentitnenti dà in furia , e fa sperimentare a lui , ai figli , ai domestici le conseguenze funeste de' suoi disordini. Ella diviene a tulli oggetto di motteggio, di maldicenze. Fra le imprecazioni del marito , gli insulti dei figli , e lo scherno del mondo , oppressa da mille rimorsi , alla fine muore nel dd- lore e nella disperazione. Queste , dice il sig. Emigliani alla novella sposa , essere le note caratteristiche della saggia e della stolta moglie , che la sapienza stessa di Salomone delineò , e che ella potrà ri- scontrare nel commercio del mondo. Molte essere le stolte , pochissime le assennate donne. Vorrà ella essere nel bel nove- ro di queste. Rammenti che 1' avvenenza si altera coli' età : non cosi le doti del' animo , che hanno incremento dalla virtù. La donna che teme D io sarà quella che avrà lode. - La esorta in fine colle parole stesse de' genitori di Sara , nell* atto del- la partenza di lei con lo sposo Tobia , ad onorare i suoceri , amare il marito , reggere la Simiglia , governare la casa , e a mostrarsi ella stessa irreprensìbile. - E questo è il terzo lavoro , con che 1' egregio e beneme- rito sig. Emilianisi fa a giovare alla civile e morale educazio- ne della gioventù e vi dà opera con tutte sue forze , nella dolce speranza di vederla risorgere una volta e rifiorire a quelle virtù, che furono 1' ornamento, e la gloria di tempi as- sil più felici ; ma che noi attenderemo invano , se la carità , r amore, « le solleciludioi de' padri inverso i figli non crescano. Francesco Capozzi ;ì5 NECROLOGIE Di Giovanni Marioni da Ponte, A MONSIGNORE CARLO EMANUELE MUZZARELLl Roma p M. er corrispondere al grazioso invito contenuto nel pregiatissimo foglio 8 ottobre prossimo scorso di V. E. mio padre ha incaricato me a stendere, coi mate- riali eh' egli stesso mi diede, alcuni cenni che po- tranno in linea di fatto servirle di traccia , ove, nel- l'ottimo divisaraenlo da lei concepito di scrivere la biografia degl' illiistri italiani viventi , credesse di far menzione del profato mio genitore. Io mi sono stu- dialo di prestarmi qual meglio per me poteasi ali* incumbenza ; e mi onoro di spedire a V. E. il relati- vo scarabocchio , cui viene di seguito la nota delle opere pubbl icate dal ridetto mio genitore. Ella ne fac- cia queir uso che reputa la illuminata di lei saviez- za e dotta penetrazione , bastandomi che ella sia sicu- ra che i fatti esposti sono ventieri. V. E. perdoni il ritardo in riscontrare il sullodato di lei foglio, ed accolga le sincere proteste di venerazione e *di Rico- noscenza del padre mio , alle quali io oso a^glunee- ire le mie. ''^ ^ Di Bergano a' 2o febbrajo 1830 Umo dima ubbino servitore r A ^ r vìxf''°^^° Gustavo Marioni Daponte 22G Necrologie Addi 16 febbrajo dell' anno 1748 , da antica civile famiglia della citta di Bergamo , nacque il ca- valiere Giovanni Marioui da Ponte , nella suburbana villetta di Valtesse , ove detta famiglia possiede parte dell' avito suo patrimonio , ed ove soggiorna in varie epoche dell'anno ; avend' egli avuti a genitori Giu- seppe , uomo riputato in patria per ispecchiata ono- ratezza nel disimpegno di pubblici impieghi , e Gio- vanna Gadonici veneziana , di buonissima condizione , donna per domestica virtù esemplare. Era egli il Marioni ancora giovinetto di circa 17 anni , e tuttavia applicato agli studi filosofici ( il corso de' quali , egualmente che quello delle umane lettere , sostenne con indefessa alacrità nelle pubbliche scuole di Bergamo), che il paterno volere iniziollo nella carriera de' publalici impieghi. Divenuto quindi alunno nella civica magistratura della sanità t e qualche tempo dopo, cioè nell'anno 1773, primo segretario della medesima ( posto eh' egli poi copri per lunga serie d'anni ) alternò con amorevole assiduita le cure della scientifica sua educazione con quelle dell' importante af- fidatogli servigio. Anzi la viva sua inclinazione per lo studio gli procurò la benevolenza del chiarissima abate Ulisse de' conti di Caleppio , uno de' beneme- riti editori dell' opera di Cristiano Wolfio stampata in Verona l'anno 174G ; e fu particolarmente da que- sto illusi! e precettore ed amico , che il giovine Mari- oni apprese le matematiche pure ed applicate , i cui precetti gli furono scorta anche nello studio dcll'ar- chitellura , segnatamente militare. Comunque però egli desse prove di valore in questi rami di sapere , forrando progetti di ripara- zioni lunghesso i nostri fiumi , e rilevando per di- letto disegai e piani di fortificazioni e di alcuni co- spicui edificj antichi della sua patria , e fra gli al- Necrologie ^7 tri , cleir ora distrutto ponte detto della Regina sul fiume Brerobo , e del tempio chiamato di s. Tome , ambedue nelle vicinanze d'Alraenno , nondimeno non furono questi gli studi cui egli fu chiamato da una particolare affezione a dedicare tutto se stesso nel ri- manente della sua vita. Portato dalle incumbenze del suo impiego a scor- rere le parti anche più lontane della bergomense va- stissima provincia , ed accresciutosi per luì le occa- sioni di siffatte frequenti peregrinazioni coli' essere stato dal veneto senato elevato anche al geloso posto di segretario della cosi detta camera de' confini , cui si aggiunsero quelle di alcune straordinarie missioni nella Svizzera , senti vivo destarglisi nell' animo il deside- rio alla conoscenza dei maravigliosi segreti della na- tura , de* cui prodotti , minerali , vegetabili ed ani- mali , essa fa pompa doviziosa , massime nella parte montuosa del paese bagnato dalle acque del Serio e del Brembo. Lo studio della storia naturale, e d'ogni scien- za a quella accessoria , divenne quindi la più dotta occupazione del giovine Marioni ; e cogliendo ogni occasione per ampliare il tesoro delle cognizioni che andava mano mano acquistando con la lettura de' più classici autori , e molto più a forza di reiterate os- servazioni ed investigazioni pratiche nelle più adatte situazioni, chiese ed ottenne dai soprintendenti alle magistrature , cui serviva , di recarsi per qualche mese all' università di Pavia , ove frequentò le lezioni pub- bliche e private dei celebri professori Spallanzani e Scopoli , co' quali anche , e massime col secondo , con- trasse intima amicizia. Restituitosi alla patria ed a' suoi impieghi, pose riiano a trattare col massimo impegno i più interessanti argomenti della naturale istoria del suo paese : e nel lungo corso d'anni successivi di una vita sempre la- 15* 228 N E 0 R O L O G I E }>oriosa ed atlivissima, scrisse e pubblicò molte opere; (li cui si da qui in calce la nota, frutto delle più ac- curate ricerche sopra ogni oggetto opportuno a mettere in Leila luce le produzioni naturali, la geologia, la statistica del suo paese natio. E quantunque alla periferia di que- sto egli dedicasse particolarmente le filosofiche sue in- vestigazioni ( dicesi particolarmente , giacche egli trattò anche argomenti estranei alla storia naturale della sua pa- tria stampando le sue Osservazioni geologiche sul suolo di Lione , in occasione che fu chiamato a que* eomizj come uno de' quaranta della società italiana delle scien- ze ) nondimeno egli adoperò in guisa in siffatti lavori suoi da riuscire a far conoscere la provincia bergama- sca anche ne' suoi rapporti col resto del pianeta da noi abitalo. Ond' è che il più grande naturalista fran- cese dello scorso secolo , il conte di Buffon , scriven- do all' illustre astronomo Antonio Gagnoli , altro dei più cari amici del Marioni , intorno alla prima ope- retta da questo dalu in luce col titolo : Dissertazione sulla storia naturale della provincia bergamascaì non esitò e dichiarargli, che se ogni paese a<^esse av^uto uno studioso osservatore pari all' autore di quella^ fors& la geologia elei globo terra queo avrebbe potuto toc- care al punto d uscire dalla dubbiezza delle conget~ ture in cui è avvolta. Con parecchi poi de' suoi dotti lavori di pratica utilità il Marioni intese e riuscì a n)igliorare alcuni oggetti dell'agricoltura della sua patria , e massime la miueralogia della medesima , una delle fonti primarie di sua prosperità. Insignito di questi meriti scientifici ; circondato dalla estimazione de' suoi concittadini e dalla consi- derazione dei varj go«ferni , che si succedettero nel regime della sua patria, per la zelante sua fedeltà nel disimpegno di pubbliche iacurabeaze , e per l'ougra- N fi e R 0 L 0 G t fi ISf) iezia e bontà del suo carattere ; apprezzato dai più chiari ingegni italiani e stranieri , co' quali ebbe ed ba amichevole corrispondenza , vide coronate le sue fatichecon la sua destinazione, seguito fin nell'anno 1800, alla cattedra di storia naturale nel pubblico liceo di Bergamo , di cui fu anche reggente per ben undici anni: indi coi traili del più grazioso favore dell'attua- le suo sovrano l'imperatore e re Francesco!. Difatli questo monarca , dopo di aver con amplissimo diplo- ma conferito a lui ed alla sua discendenza la nobiltà austriaca , e rimessolo nel godimento di una antica pen- sione vitalizia cessata al cadere della veneta repub- blica , che gliel' avea accordata in benemerenza di lellerarii servizi annui , finalmente nell' anno 1828 gli condiscese V onorato riposo della giubilazione non solo conservandogli l' interno stipendio , e ritenandolo con altro soldo nel geloso incarico , che pur copre da molti anni , di censore e revisore de' libri , ma accom- pagnando questi atti di clemenza col conferimento del- la grande medaglia d'oro del merito civile. Egli è attuai vice-presidente del patrio ateneo , e fu in varie epoche ascritto ai seguenti scientifici e lette- rari istituti : all' accademia degli eccitati , ed a quella economico-arvale in Bergamo, della quale ultima fu anche eletto segretario perpetuo ; all'accademia degli aspiranti in Conegliano; a quello di scienze ed arti di Oderzo ; alla società patriotica di Milano ; all'accade- mia di agricoltura e di arti di Verona ; alla società italiana delle scienze ; all'accademia delle scienze , ora ateneo di Brescia ; alla società mineralogica di Jena « e finalmente all' accademia aelle scienze di Padova. Giunto alla grave età d'anni 82 , ma ancor sano e robusto , il Marioni conduce di presente la tranquil* la , ma ancor attiva sua esistenza in seno alla propria numerosa famiglia , che lo venera e l'adora ; ottimo 230, Necrologìe marito e padre , probo e benefico citladino , filosofo religioso e pio. Sechje la nota delle opere pubblicate dal Mariom* Opere scientifiche 1 Sulla storia naturale della provincia di Berga- mo, dissertazione I. Bergamo 1782. 2 Descrizione compendiosa del regno minerale se- condo i principii prossimi di Torbemo Bargmam. Tra- duzione corredata di note. In Bergamo 1783. 3 Sul verderame , memoria chimico -fisico-econo- mica. In Bergamo 1 784. 4 Delli carboni fossili , o antraci bituminosi di Gandino. Memoria epistolare ec. In Venezia 1785. 5 ftieraoria orosrafico-raineralogica delle monta- gne bergamasche ec. inserita nel tomo IV della socie- tà italiana delle scienze 1788. 6 Ricerche sopra alcune argille della provincia bergamasca. Bergamo I79O. 7 Sopra una terra vulcanica scoperta nella provin- cia bergamasca. Memoria inserita nel volume IX del- la società italiana delle scienze 1802. 8 Osservazione geologica sul suolo di Lione in- serita nel tomo IXdella suddetta società italiana 1802, 9 Osservazione sul dipartimento del Serio. Edizio- ne prima in Bergamo 1803, volume I. 10 Osservazioni sul dipartimento del Serio. Edizio- ne seconda in Bergamo con aggiunte 1803, volumi I, IL 11 Descrizione della fontana minerale di Gandelli- no di Valseriana - inserita nel volume XI di essa società delle scienze 1803. 12 Sulle acque minerali della provincia bergama- Necrologie 231 sca. Memoria inserita nel lomo XII della società italia- na I8O4. 13 Sulla fabbricazione dell' acciajo. Traduzione d' operette francesi , corredata di note dal traduttore. Bergamo 1806. 14 Sulla torbiera di Cerete. Memoria inserita nel tomo VII della società italiana delle scienze I8O6. 75 Della sostanza fossile combustibile di Valzan- dino. Memoria inserita nel volume XXVH degli opu- scoli scientifici. Milano 1806. 16 Sulla montagna ^ar/7e^//«o, osservazioni geolo- gico-mineralogìche inrerite nel volume XIV degli atti della suddetta società italiana 1808. 17 Descrizione di alcuni fungbi venefici inserita nel volume V di essi opuscoli 1784. 18 Sopra la pratica del contado bergamasco di usa- re a concime la calcina. Memoria epistolare al sig. Gio. Arduino : inserita nel giornale d'Italia 1789. 19 Volgarizzamento di una memoria del sig. Hassen- fratz sulle miniere degli antraci bituminosi detti carboni fossili ec. inserito nel giornale d' Italia 1792. 20 Sui cristalli quarzosi di Selvina. Memoria chi- mico mineralogica inserita negli atti della società ita- liana sud. 1810 tomo XV. 21 Dissertazione sull'agricoltura in generale. Ber- gamo 1796. 2-2 Memoria sulle diverse terre considerate in rap- porto all'agricoltura. Bergamo 1796. 23 Sulle locuste , che hanno travagliato le cam- pagnedel contado bergamasco nel 179ó. Bergamo 1796. 24 Osservazioni sopra alcune particolari petrifi- cazioni nel monte Misma , 1812. 25 Analisi chimica del ferro spatico della provin- cia bergamasca. Inserita nel volume XVI della sud. so- cietà italiana 1815. 232 Necrologi tt 26 Dizionario odeporico , o sia storico politico naturale della provincia bergamasca, dedicato a S. A. L R. il principe Ranieri arciduca d' Austria ec. vice re del regno lombardo veneto ec. 'I81;> in tre volumi. 27 Fontane intermittenti nella pov. bergamasca, memoria di Gio: Marion! di Ponte. Bergamo 1825 28 Sulla geologia bergamasca. Memoria di Gio: Marion! da Ponte. Bergamo 1825. 29 I tre regni della natura nella provincia berga- masca, tomo XIK di detta società italiana delle scien- ze 1823. Opere letterarie 1 Discorso accademico sulla educazione nazionale, in Bergamo 1780. 2 Elogio del celebre Giampaolo de* conti di Ca- lepio ed Urago d' OUio. Bergamo 1793. 3 Elogio storico del sig. GIo: Antonio Scopoli pro- fessore di chimica e botanica nell' università di Pa- via, 1811. 4 Orazione recitata nelle solenni esequie del P. D* Alessandro Barca professore nell' università di Pado- va, 1814. Oltre vari elogi di pessonaggi distinti , e varie is- crizioni latine in occassione di pubbliche solenni- tà , ed erezione di pubblici monumenti. N. B. II Marironi cessò di vivere il 29 gennajo 1833 pianto da quanti io conobbero, per le sue virtù sociali e cristiane. 233' Di Leopoldo Cicognara, A SUA ECCELLENZA REVERENDISSIMA MONSIG. C. E. MUZZARELLI UDITORE DELLA S. ROTA Roma Monsignore veneratissimo E, dia ha moltissimo cuore , molto ingeguo, e molta attività. Con queste doti si fanno grandissime cose : e colossale e quella che ella mostra di accingersi a fare colla sua dei 10 corrente. Ma non basta la vastità : questo è un gineprajo molto imbarazzato , molto pun- gente. Poiché le prevenzioni d'ordinario non cessano , e il giudizio non è maturo se non dopo che la po- sterifa ha posto in bilancia le qualità e i difetti « e pronunciato imparzialmente. Difficilissimo è il suo assunto se trattasse anche dei soli letterati : e parimente grande difficolta , se non maggiore , incontrerà parlando degli uomini nel- l'età in cui viviamo. Ciò sia detto, non per per distorla , ma per aprirle 1' animo mio , e , corrispondendo alla confidenza che ella m' inspira , farle anche cosi meglio conoscere l'indole d'uno de'suoi personaggi. Ora le trac- cerò le fonti da cui conoscere il poco che io ho fatto in questo mondo. 23^* Necrologie Mio padre, buono e onorato gentiluomo di Ferrara, mi educò nel collegio di Modena , la casa migliore che fosse allora in Italia per allevarvi la gioventù , poiché istituita dai primi professori in ogni facoltà scientifica e letteraria allora viventi. Ottenni in quella educazione quelle prime pal- me che solleticano V amor proprio di tutta la gio- ventiì , mostrando una predilezione non ordinaria per le arti e per la poesia. Escito che ne fui , e messo in patria presso del padre , mi parve che Ferrara fosse una parte ben pic- cola di quel mondo che negli studi fatti io m'era fi- gurato : e tormentando mio padre acciò mi mandasse a Roma , e vedendo che egli temporeggiava un pò troppo , risolsi bruscamente di montar a cavallo una mattina nel più fitto del verno, cogliendo un prete- sto , ne mi fermai più che sulle falde del Campido- glio. Mio padre sofferse , ma si calmò , e la causa di quella mia risoluzione giovanile non fu volta a darmi gran torto in faccia alla società. Vissi in Roma qual- che anno immerso nelle cose dell' arti : corsi a Na- poli e iu Sicilia : guest' ultima fu un pò Capua per me. Tornai in patria per momenti , viaggiai per tutta Italia avido di cognizioni. Stampai un poemetto sulle arti , opera giovanile , ove osai persino trattare io stesso air acqua forte alcuni piccoli ra metti. Giunse la rivoluzione , che mi trovò in Modena ivi stabilito e maritato con una signora veronese insi- gne per talenti e per beltà. Con istrano modo il mio amico Cesarotti fu quegli che strinse questo nodo. N'eb- bi un figlio , che vive inferma vita in Toscana , con attitudine alle arti. Il bollor dell' età , il calor delle circostanze , quella vivacità che svegliavano in quel momento le novità, fecero che ogui occhio si rivolse so- pra di me. Corsi carriera luminosa de' primi impieghi , Necrologie ^35 fui lancialo nella diplomazia , e vi sletti finche la corte presso cui era accreditalo non abdicò : ebbi seggio nel cousiglio di stato , nella consulta di Lione. Subii una peripezia , creduto complice dell' approvazione a certi versi stampati sulf Italia dal capitano Gerroni , e stelli al castello di Milano un mese, e assente dallo stalo uà anno. Persistetti inflessibile. Napoleone cedette, vide il suo torto , mi rimise al mio luogo , ed io poco do- po , rimasto vedovo , con un' insistenza incredibile fui il solo che ottenne a forza la demissione da 'primi oaori , cariche ed emolumenti. Increbbe questa mia ri- soluzione senza esempio ne prima ne dopo. Non mi negai però alla fondazione d' uno stabi- limento di belle arti in Venezia , poiché non voleva io essere additato come nemico del governo. Questo sta- bilimento prosperò j la mia attivila tolta dalle pub- bliche cure raddoppiò nelle private : riunii la piiì co- piosa e ricca biblioteca di arti e di antichitk che si fosse veduta in Europa. Volli estrarla da Venezia per trasportarla in Toscana , trovai opposizioni e contrasti per quattro anni continui: e superati a stento, passò que- sta poi alla Vaticana per un tratto di munificenza dì Leone XII, per 25 mila franchi meno della stima che ne fu fatta. Lavorai iu questi anni indefessamente per la storia della scultura, per le fabbriche venete illu- strate , e in cento altri studi. Non protetto , non in- coraggiato , vedendo che la presidenza d'un' accade- mia era la lapide che si destinava alla mia tomba , stanco di questo trattamento , volli esser dimesso da questo onore dopo averlo sostenuto per 18 anni , e aver servito per 33 , senza che mi rimanga alcuna sorta di rimunerazione ove ogni altro individuo gode paci- fico il frutto delle sue veglie. Rivolsi gli studi e le cure all'antica calcografìa italiana , e cominciai dalle opere di Niello e dalie jiSfe N r e R o L 0 G r É antiche stampe una quantità di ricerche , che vado pro- seguendo con qualche utile scoperta : e mi tengo fe- lice ancora di quella attività che mi consola nel finir della vita, giunto al 61 anno pieno di acciacchi e di gotta , esasperato dalle fatiche della vita sedentaria * Ebbi onori e doni da tante corti d' Europa. Il re d'In- ghilterra regalommi dei modelli delle sculture di Fidia del Partenone. Quello di Baviera dei modelli delle sculture del tempio d' Egina. Quello di Francia della grand' opera dell' Egitto , e dell' iconografia di Vis- conti in foglio. Tutti i modelli io deposi e donai al- l' accademia veneta : i volumi stanno colla mia biblio- teca al Vaticano. Rimunerato da tutte le corti di anelli, medaglie i scatole , aggregazioni a regi stabilimenti , a diversi ordini equestri , non fo di tutte queste cose che il conto dovuteci per rispettarle , non mai per esserne vano. Che r istituto di Francia mi ascrisse tra suoi mem- bri , il tenni in pregio , perchè di ciò fu parco verso gli estranei : ma l'appartenere a cento altre accademie sarebbe lungo il narrare. I giudizi sulle mie opere furono dati dai gior- nali d' Europa : il loro numero vederi nel catalogo stampato in Pisa della mia biblioteca. Dapo quella stampa , 1' Antologia accolse alcune altre memorie posteriori , ed ora stannosi pubblicando gli scritti sui Nielli , e sulla antica calcografia. Ella vede, monsignore, che le ho fatto la confes- sione più ingenua della vita mia : e indicato l'elenco de' miei scritti. Del resto dica e faccia lei. Mio amico in Roma intimo fu Cancellieri e Canova. Morti questi , non saprei indicare chi meglio potesse conoscermi e giudicarmi. All'ultimo lessi l'orazione funerale : che spirò fra le mie braccia : ed eressi il monumento in Venezia pò- Necrologie .237 nendoml alla testa d'una sottoscrizioae , 'é raccogllea- done io solo i mezzi per tutta l'Europa. Non avrei saputo come meglio retribuirlo deli' amicizia sua , e dell' avermi in forma colossale scolpita l'immagine ; ultima delle opere sue. Terminerò questa lunga lettera da lei voluta;, mon- signore, per dirle , cLe il sonetto speditomi quadra à bene col pio pensiero , die gik da circa un raesie io le stesse cose scriveva a D. Gentile Varano persuaden- dolo a valersi di Finelli : cosicché mi tengo glorioso di questa concomitanza di idee. '-■•''' -r Assicuro lei monsignore della mia dislin|a €' pro^ fonda stima, e mi raccomando. ■ • Padova li 20 ottobre 1829. ■ ., Suo umo dmo servi tote - ' ; L. ClC0GNARA^''^^''^'^"'i fr Questo illustre ferrarese cessava di vivere in Vene-, zia il i\\ 5 marzo 1834. Il pruf. Zannini di lui medico ed amico ne pubblicava la necrologia, della quale ci piace riferire le seguenti parole. „ Di qual tempra si fossero quel cuore , quel- „ la rettitudine, quel carattere , lo fece raanife- ,, sto la ragionata e tranquilla tolleranza , con là quale „ sostenne il lungo peso della tabe polmonare, che lo „ trasse al sepolcro. Avveduto com' era , e addottri- „ nato da quell' amore del vero che d'ogni evento lo „ spingeva a ricercar la cagione , s'accorse ben tosto ^ ,, che la malattia era indomabile e mortale ; e che ,*, l'opera qualunque dei medici amici suoi a null'al-ì ,, tro avrebbe condotto , che a prolungare d'alcun ,, poco la sua infelice esistenza. Sopportò nondimeno „ con la pace del cristiano la non evitabile avversitWif „ rispose mai sempre con parole di gratitudine alle cure 238 Necrologie ,i' instancabili della moglie amorosa, alle attenzioni cle- ^;»: gli amici^ ai servigi dei domestici; e (cara raemo- ^,.ria e dolorosa ! ) poche ore prima di morire volle ^,' ad ogni costo imprimere un bacio di riconoscenza „ sulla mano stessa die scrive questi ricordi , in re- ,v tribuzióne degli inutili, ma cordiali conforti che ne 1^ :avev^i ricevuti. La religione era già venuta a spar- vi gere- il balsamo delle celesti consolazioni su quelTa- ,<;riinia:6oave,, e così pronta a riceverle; essa lo ac- ^.(jètMMjjagnò negli ultimi commovimenti che lo divide- „ vano di quaggiù; essa gli pregava pace dall' eter- ^•jnO), iqpàndo , alle ore nove antimeridiane del giorno ,, quinto di questo mese , su quelle labbra , un tempo „ COSI eloquenti , si spense l'estremo alito della vita, „ Le esequie furono celebrate nella basilica di „ s. Magfp; Alla maestà augusta del rito, aggiungeva „ indicibile soavità di decoro la presenza di tutti i mem- ,, bri della reale accademia di belle arti, all' amore dei „ quali fa conceduto il doloroso uffizio di trasportare „ il feretro dalla cura al luogo dei sepolcri. Nh „ vi accorsero per vana pompa di ostentata pietà. „ L'accademia era in quel giorno una corona di figli « „ che piangevano il padre perduto ; era una unione „ d'amici , che deploravano l'ultima partita dell'arai- ^,' co del cuore; era una schiera di beneficati , che ba- ^,1 gnàvano di lagrime riconoscenti i resti mortali del filiere benefattore. o! 4, Cosi era amato Leopoldo Cicognara , anche quan- ^(do la morte aveva troncato il filo d'ogni speranza ,,. ■ '' . Il Cicognara era nato in Ferrara il d\ 2 J novem- bre dell'anno 17G7 dal conte Filippo e dalla contessa Luigia Caddi di Forlì. I II conte Cicognara lasciò in legato alla patria bi- l5>Uo;teca i propri! manoscritti ed il proprio busto scolpi- to in Roma dal prof. Rinaldo Rinaldi. Bramando il conte Necrologia 239 Francesco, interprete del padre, che le sue proprie spo- glie fossero collocate fra le altre di famiglia , la ma- gistratura di Ferrara presieduta dal conte Rinaldo Ci- cognara gonfaloniere, cugino dell'estinto, ha decretato ohe fossero somministrati cinquecento scudi romani per le di lui esequie, e che la salma venisse posta in apposita sala di recente ricostrutta ad oggetto di accogliervi le ossa e le memorie de' ferraresi più illustri, la quale in questa solenne occasione verrà a l novello uso inau- gurata. L'erma colossale, che il Canova scolpiva all'amico, dopo la morte della moglie e del figlio verrà posta sul monumento funerale. Ne pago a queste generose dimostrazioni, volle inoltre il municipio ferrarese spedire appositamente a Venezia due suoi nobilissimi membri , il conte Alessandro Mari ed il conte Girolamo Cicognara, onde condolersi con la vedova del commendatore Leopoldo per la sciagura ch^ lei d' incomparabile consorte, la patria orbava d'egregio cittadiuo: la fama del quale, valicala la italiana bar- riera delle Alpi, chiara ed alta suonava per tutta Eu- ropa : incaricandoli insieme di ricevere i legati , che arricchir doveano di preziosi autografi e di un prege- vole marmo la comunale biblioteca, e servire in pari tempo di scorta d'onore alla spoglia dell'illustre de- funto. 240 Di Saverio Scrofani» A MONSIGNORE CARLO EMANUELE MUZZARELLI A Roma L ardi rispondo al pregiatissimo foglio di V. S. Illma de' 3 ottobre scorso , recatomi dal gentilissimo sig Fer- dinando Malvica ; che i molti miei incomodi di salute hie r hanno sinora impedito. La prego quindi a scusa- re si fatto involontario ritardo, e a credermi ricono- scentissimo dell' onore che ha voluto compartirmi di contar me pure fra gli autori viventi , de* quali in- tende V. S. Illma di parlare nella sua biografia. Io ne la ringrazio vivamente : e ben lontano di credermi degno di comparire fra tanti illustri soggetti , non é che per corispondere a tanta sua gentilezza eh' io di- vengo a scriverle questo foglio , nel quale ho notato qualche circostanza analoga alla sua cortese doman- da. Io r ho scritto con ogni sincerità e fuor d' ambi- zione : ella ne faccia poi l'uso che crederà convene- vole. Qui accluso troverà in copia un articolo d'una biografia d'autori viventi pubblicata, se non erro,nel 1824 in Parigi , dove molte cose rinvcngonsi che mi riguar- dano : dovendo per altro correggere T anno della mia nascita, non nel 1750 , ma nel 1755: circostanza pic- cola in se stessa, ma vera, senza pretendere accorciar- mi gli anni come le femmine. Nbcrologir 241 Intorno poi alle mie pìccole opere , mi fo un pre- gio di qui compiegarle un breve catalogo delle me- deme, non che di quelle pubblicate sinora :alie quali deve aggiungersi V elogio del famoso aslronomo Giu- seppe Piazzi che vide la luce in Palermo nel 1827 , ma le inedite ancora , nella ristampa intera che se ne intraprende in Parigli Io son debitore al pubblico del- la buona accoglienza che hanno ottenuto in Italia e fuo- ri queste deboli mie fatiche , come si vede dalle edi- zioni e traduzioni che se ne son fatte , e che mi ha dato il coraggio a non abbandonare le lettere, sollie- vo e delizia della mia vita» Fortunatamente per me mi sono incontrato in un tempo ( e quando tornerà ! ) io cui ho potuto conoscere personalmente , intrattene- re in lunga corrispondenza , e imparare da essi , mol- ti grandi uomini sì nostri che stranieri. Le ne ad- dito i principali, co* quali mi strinse sincera amici- zia. Il senatore Francesco Gianni, stato ministro in To- scana : P'erice Fontana, Giovanni Fabbroni , 1' Alfie- ri , II Pignotti, la famosa Gorilla già verchia, la Fan- tastici allora giovane improvisatrice , il Casti , il Gian- ni , il Monti , il Cesarotti , il Lampredi , il Denina, Ennio Quirino Visconti , il Canova, 1' Errante, l'Ap- piani , r abb. Raynal , V abb. Royer , Qnatremere de Quinci , il Ginguenè ec. , le cui lettere potrebbero un giorno servire di molto lume nelle materie letteia- rie e scientifiche. JNfel 1791 comparvero quasi contemporanei il mio opuscolo del Tutti han torto e la Memoria sopra il commercio de* grani della Sicilia. ]Nè sarà furse di- caro il sapere in quale occassione fossero slati sciiui. Trovatomi in Firenze nel 1790 nel passaggio di S. M. il re di Napoli che ritornava da Vienna , iuie^e S. M. la regina eh* io mancava da Parigi da jmchi giorni, dopo terminata l'assemblea costituente. Permez- G.A.T.LXIV, 16 242 JVec rologie zo del sìg. marchese Airoldi chiamatomi all' udienza, volle sapere tutto ciò eh' era alla mia cognizione di quei grandi avvenimenti, ch'io avevo veduti co' propri occhi. Eaccontai il tutto senza misteri e alla discoper- ta , e S . M . chiamatasene contenta , mi ordinò di scrivere quanto le avevo ripetuto a voce: Aè scri- verlo solamente , ripresi , ma se V. M. lo permette , io stamperei. - Stampatelo , riprese la regina, ma pri- ma di pubblicarlo , voglio io leggerlo scritto. „ Co- sì fu , e il Tutti kart torto , ossia lettere a mio zio su la rivoluzione di Francia, fu stampato dal Carce- ri nel 1791 , ma senza nome , indi approvato , e pubblicato. In simil guisa comparve questo libretto eh* ebbe nella sola Italia 15 ristampe in meno di due anni: che fu tradotto in molte lingue , senz' essere giammai tacciato di menzogna : eh' è una profession di fede in fatto di pubbliche opinioni : e che potrebbe essere an- ch' oggi di grande ammaestramento , sopra tutto ne* due ultimi capitoli nelT edizione del 1792, dove si vede apertamente che tutti quelli che comparirono , o compariscono sul teatro politico , giltandosi agli estre- mi , tutti han torto. Un altro accidente produsse le due memorie sopra la liberta del commercio de' gra- nii Veggendo io qual vantaggio avea recato alla To- scana questa liberta data dal G. D. Pietro Leopoldo, trovandosi in Firenze S. M, il re di Napoli , credetti domandargliela per la Sicilia : perciò le indirizzai la prima mia memoria. Le circostanze de' tempi non per- misero allora che S. M. ponesse mente a questa parte d'amministrazione: ma ritornato nel 1810 nel regno, fu sua prima cura l'occuparsene. In fatti nel 1817 fu data la liberta assoluta all' esportazione de' granì dalla Sicilia , e da qualunque parte di essa. In Toscana il rimedio fu più pronto . A malgra- do dell' oltitua esperienza di 24 anai di libertà , il Nèchologie 243 figlio « successore del G. D. Pietro Leopoldo nel 1702 la restrinse entro certi limiti chela resero inutile. Ecco r oggetto della mia seconda memoria , cioè di far conoscere e toccar con mano , che la restrizione ordinata poteva ricondurre ( come successe ) in meno cii due anni la Toscana alla slessa scarsezza dì gra- ni, e avvilimento de'prezzi e dell'agricoltura. Fatto sta che nel 1793 la restrizione fu tolta, e la Toscana go- dette, e gode tuttavia della prima liberta , e della sua prima ricchezza territoriale. Queste due memorie fu- rono inserite nel toro. 39 de' classici economisti ita- liani stampati in Milano. La cagion vera per cui furono scritti i due di- scorsi, La dominazione degli stranieri in Sicilia^ fu il vedere ( nel 18lO ) quest' isola disputata da due stra- niere nazioni :, ond' è eh' io volli far conoscere, -che senza la volontà de' popoli sarebbe vano il tentarlo. 11 sig. Jungh scriveva da Londra , che ogni nazione dovrebbe avere un libro simile a questo del sig. Scro- fani per togliere a chiunque si fosse ogni pretesto d occupare impunemente i regni altrui . U autore merita per ciò la riconoscenza del suo governo e del- la sua patria. Si possono vedere sopra quel!' opera gli articoli de' giornali fran,cesi e italiani , e principal men- ta quello di Milano de 1825 Ho raccontato a V. S. Illma tutte queste irmaic per servirsene se lo crede opporltmo: altrimenti dia tut- to al fuoco , che sarà stato mìo sommo onore il ve- dermi nominato soltanto in una si bella opera , di cui un dotto uomo, qual' ella è , ha intra preso la fati- ca. Del rimanente piacerarami molto se ella volesse as- sicurare il pubblico , che di quel poco che mi è sfa- to conceduto dal mio corto ingegno di poter fare, io jae soD debitore a me solo , e che mi son sempre pre- 2-^*4 Necrologi! giato d'essere stato costante amico, rispettoso alle leg- gi , senz'ambizione e senza orgoglio. Mi creda con ogni rispettosa stima Di V. S. lUma Palermo li 9 maggio 1830 Div. obb. serv. Saverio Scropani Le opere italiane compilate da Saverio Scrofani siciliano , dell' accademia della crusca, corrisponden- te dell'istituto reale di Francia , accademia d' iscrizioni e belle lettere ec, si stampano in Parigi nella tipogra- fia d' A. Bucher strada des bons enfans, num. 34. N*CRO LOGIE 245 Le opere finora pubblicate sono le seguenti. 1. Tutti han torto , ossia lettere a mio zio sulla rivoluzione di Francia. Firenze 1791. Carlieri. Tra- dotto in francese, in inglese , in tedesco. 2. Due memorie sopra la liberta del commercio de' grani di Sicilia e di Toscana. Firenze idem. Tro- vansi ristampate nel tom. 39 de' classici economisti ital. in Milano. 3. Corso completo d'agricoltura , di cui il 1 tora. pubblicato in Venezia 1792. Perlini. 4. Saggio sopra il commercio generale d'Europa , col commercio particolare tLlIa Sicilia. Venezia 1793. Biagioli , tradotto in francese. 5. Descrizione della Morea , sue arti , costumi » agricoltura, con le tavole del commercio d' impor* tazione ed esportazione, con due separate memorie so- pra la cultura dell' uva passa e del tabacco. Firen- ze 1795 - Pagani. 6. Viaggio in Grecia in tre tomi, i primi due riguar- danti le antichità: il terzo appartiene all' agricoltura , commercio , arti delle isole ex venete, della bassa Ro- melia , dell'arcipelago ec. Londra 1799. Ad. Smith, tradotto in francese , inglese , e tedesco. 1. Lettere su le belle arti , indirizzale ad Ennio Quirino Visconti, tradotte in francese. Parigi 1802- Dondey - Duprè. 8. La festa di Venere , novella siciliana. Pari- gi 1803 Chanson. Tradotta in francese. 9. Le guerre servili in Sicilia sotto i romani. Pa- rigi 1804, Gratiot. Tradotte in francese e in inglese. 10. Spiegazioni di due vasi fittili detti etruschi , 2i\G .Necrologie pubblicate In francese, ( e tradotte in italiano datr autore). Parigi I8O7 stamperia del Monitore. 11. Sopra i pesi e le misure di tutta l' Italia , in confronto col sistema metrico francese, Parigi 1809. 12. Spiegazione d'un paese di Claudio di Lorena. Wapoli 1811 stamperia reale, trodotto in francese. 13. Paragone tra le donne francesi e le italiane. Ginopoli 1817, tradotto in francese. 14. Discorsi sopra la dominazione degli stranieri in Sicilia. Parigi 1824 A. Bucher. ir». Illustrazione d'un quadro di Pietro Novelli f detto il Morrcale. Palermo 1825 stamperia reale. 16 Memorie economiche.^ Pisa J82G Gapurro- 17. L'elogio del celebre astronomo Giuseppe Piaz* zi , pubblicalo in Panierino nel 182T. Dalla stami)^!.!» leale. NfiCiiotoGiE 24T Le opere inedite sono 1. Quattro memorie sopra soggetti didascalici* 1. Per togliere la dote alle femmine ne' lor matrimoni; 2. La maniera di donare fa sovente gli ingrati; 3. I fu- nerali nelle repubbliche; 4. L'uso di bruciare i cada- veri. 2, Dieci lettere e spiegazioni di varj quadri e scul- ture di grandi artefici. 3 Elogio funebre del G. D. di Toscana Pietro Leopoldo , poi imperatore , per servire di prefazione al suo conto reso in Toscana. 4- Descrizione della famosa grotta d*Auliparos, os- servata personalmente dall' autore. 5. Relazione al senato di Venezia , e per suo or- dine , sopra lo stabilimento de' tabacchi di Nola ia Dalmazia , del marchese Manfrin. 6. Rapporti a' cinque savj della mercanzia di Venezia , e per loro ordine, per il nuovo stabilimen- to delle accademie agrarie della terra ferma veneziana, e possedimenti d'oltre mare. 7. Rapporto al senato di Venezia sopra la mi- glior maniera di costruire i magazzini , onde ben con- servare i frumenti per moltissimi anni, 8. Dodici memorie sopra diversi oggetti di com- mercio , agricoltura, arti, censimento, statistica , ce* mandale a varie accademie agrarie , e corpi scientifi- ci d'Europa. N. B. Nell'indicatore siciliano, giornale scientifico* letterario ed artistico, anno 1 voi. II fase. II. febb. i83r», si legge il seguente annunzio necrologieo: 248 Nkcrologie „ Annunziamo per ora con sommo nostro ramma- rico la morte tlel sig. barone Saverio Scrofani di Modica , celebre letterato, avvenuta nella notte precedente al 7 del corrente marzo. Appresso sarà nostro speziai do- vere di tesserne la vita letteraria , e far conoscere al pubblico , come quest' uomo, mancato in eia di an- ni 79, arricchì fino agli ultimi giorni della sua vita l'Ita- lia di moltiplici opere di svarialissimo genere , e qual pregevolissimo ed elegante scrittore si fosse, y, v-;->- J-\-\ -'.-rV/ Osservazioni Metereolo^che. )( Collegio Romano )[ Luglio i334. Ore I Bafoinet. Tei'E mal. SI o si- u 5 ser. « ,> mat. „ ^ si- » 4 ser^ ■ " I 0 . I mat. ■ gi- ler. mat. S'- ser. mat. S'- ser. mat. S'- ser. mat. mat. gi- mat. si- ser. mat. si- ser. mat. gi- ser, mat. gi- o.xU-i I i6 I 5 a3 i6 » I 3 i6 24 25 5 '9 17 25 26 b 30 27 '9 24 '9 17 — ■ >7 !a4 0 8 1^^ 1 0 '■' 5 ^ „ 3 17 5 „ >1 5 :»4 5 » « 9 »9 18 5 « „ 8 » »» 7 2i I» 2 9 21 „ 2 0 17 » „ „ a5 20 Teimoraetro ' 24 5 s5 7 a6 15 14 & 16 5 i& a 5 z6 27 17 5 lò 17 Igiom. 3o 47 i6 17 26 5 19 2.Ì 1-9 18 7 5 Vento SO. I O, <]. 0 0 so. f. 0 0 N. 1. SO. m. 0 0 N. d. SO. 7. m. N. q. o SO.var. m. „ ft 0. m. » 0 N. è. 0. m. 0 0 N. d. SO. m. 0 & Òso m. 0 NE." 0 J. S.f. vai. 1\. d Pioggia Evapor. pie. piog. 1 li. 5o NE. d. O. ni. SO. m. 0 0 SO. m.. 0 0 SO. f. Ine. d. 5 5 6 7 5 6 & 5 7 2 6 5 7 a Stalo del Cielo- 1 \ aer^uv.sparse chiarissimo V ap.nuT.sp. chiaiissinio J.ch.nuv.oiji ". . . ' ' cliiarissinio zeu.cli.uuv.orix, cluatissimo nuv. sol. lr»lu, tulio cop. " »> nuvoloso i, s.tral.templu cliiar. nuvsol.traL cliiar. Il p'Ua.oiiz.. nuvoloso cliiar. Sf^stsaa^aBA^ oum Osservazioni Metereologiche. )( Collegio Romano J[ Agosto i834. mai. Imat. \8i- mal. èi- ser. mal. 8'- ser. ntat. si- ser. mal. gi- sef. Baronie t. a7p.iiZt.3 n 5 Term. esterno 33 i8 5 mat. mat. g'- mai. 9 gi- »tr. l5 mat. gì- ser. mat. gi- ser. mat. gi- ser. mat. gi- ser. \mat. '^gi. ser. i5 mat. g'- 37 1 1 a8 i6 5 Ia3 i8 Ì6" a3^ !•_ 17 17 >5 ]9_ j6' >4 i6 iS' al 19 Termometro ' a5 i5 5 »3 5 a3 a4 a5 aS i6 i6 r5 i5 i6 i6 Igr 19 3o i3 33 45 27 li 10 ,, 6 aS 16 0 43 19 5 l6 >4 19 a4 a5 a5 >4' 5 5 17 5 H 19 0 16 5o 7 3 i>4 43 ae 1.5 i5 Vento Pioggia Evapor. . Stalo del Cielo- SSO.i N. q. so. d. S. m. 0 0 SSO. m. SO d. 0 0 SO. a. SSE. q. 0 0 0 0. V. ra. 0 0 N. q. 0 SO. a. SSO. q. 0 N. q. 0 0. f. 0 0 lain.cont. tuo,loula, 1 li.i3 tuo.lonta. 2 25 4"- 4 3 a- ampi NNE. a. NO. m. o o N. q. o SO. m. N. d. NNE. „ N. m. SSO, d. NNE. „ O. m. NNO. d. |,3. ;56 Ì34 aS af »6 La 4a I 6 ^6• 35 ' 5 N. „ SO. T. ns. N. a. O.var. m. SSO 4 a 4 4 4 3 4 8 4 7 5 5 5 2 5 8 5 6 5 6 ler.D UT. sparse Telato tliiarissimo scr.iiuv.sp. nuv. sol. Iralu. nuT.sp. chiarissÌQio ser.nuv.jp. nuvoloso chiarissimo malte nuv.sp. cjiiar. ser nuv.sp. cliiar. velato eli.pnu.oriz. ._ ser.p.nu.sp. '^ ri cliiar. pie. piog. 3 4 nuT. clilar. shini. a o O ifi 17 18 MI 20 21 22 25 24 >6 a 7 .8 .'■'9 1 3. Ore Baromet. Terni. Tennouielro Max. Min. Jgroni. a capei. Veulo Pioeeia 1 Eva por. Sialo del Cielo "" ma. ner. 2 8p 0/ '•7 S 9 23 '9 ,0 li» 0" 38 2 N, .1. SSO. m. 0 0 li 3 6 chiarissimo nuvoloso chiar. ma. ser. it 1 0 9 2 3 '9 » » 0 29 3 N. d. 0. m. 0 0 4 8 „ nuv. orJi. 1 scr.nuT.sp. . chiarissiuio | ina. str. ■2J i 4 2 9 '7 2.i 18 5 « 0 26 io 0 0 S. ra. 0 0 5 4 5 ser.Duy.sp. nuv. chiarissimo ni a. S'- .sx'/-. ',', ',: 1' '9 !. 5 0 33 5 N. a. SSO. ra. NNE. d. ser. nuv. sparse.' ma. .S tT. 28 0 4 j '9 :;o 26 18 »9 I 28 2 0 0 SO. m. SSO. q. 0 5 5 velato ser. vap. nnv.fp. ma. ser. j. ,. 0 >i « 5 21 2j 20 5 24 5 18 4 0 0 S. ra. SSE. d. 5 5 nuv. ser Duv.sp. ma. ser. »» 1 4 6 2 =3 i3 ì6 "A •9 5 .4 »7 1 '9 2 0 0 SO. m. 4 nuv, ch.vap.orir. Hill. n'' .ver. II " 4 5 25 25 i5 16 0 32 2 N. q. 0 SO. m. OJNO. a. 4 4 chiar. ma. o'- ser. ma. .ser. " " 4 16 .4 '9 5 5 0 3 N. q. 0 so. Bl- E. q. 0 4 8 „ vap. ori». lì n )> 0 1 0 9 4 •7 20 5 17 2 5 1 0 0 so. ra. 0 0 5 7 scr.nuv jp. chiar. ma. e'- .vtT. "' '' 0 3 17 2 j 26 5 17 44 34 N. q. 0 SSO. f. 0 0 0 0 so. f. SSO. m. 8 ser .nuv. )» 1» ma. !1 il 1) 14 ■..,2 17 5 22 1 22 17 02 U SO. m. 0 0 5 8 ma. S'- iiT. ma. Si- \ser. » « 4 1 2 21 1 7 5 5 12 3 N. d. SO. m. ENE. q.u 4 scr.nnv.sp. 1) '• " 2 i 14 2.» j8 j.4 14 33 N. a. SO. „ 0 0 3 .1 scr,uuv.oiit. scr.nuv.sp. nnv. ( ERRORI CORREZIONI pag . liti. 4 7 e lìadirìzzai le indirizzai 7 20 vous vos 42 15 coltoliche cattoliche 14 14 del inoudezzajo dell' iramondezzajo 15 25 del dei 27 1 Cito Cite NIHIL OBSTAT Ab. D. Paulus Delsignore Cehs. TheoL NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Coli. NIHIL OBSTAT Petrus Odescalchi Gens. Phil. IMPRIMATUR Fr. Dom. Buttaoni O. P. Sac. Pai. Apost. Magister. IMPRIMATUR A- Piatti Archiep. Trapesunt. Vicesf. 1 INDICE DELLE MATERIE Contenute ne voi. 192 e 193. SCIENZE. Cappello , Esame dell' officiale relazione del corso del cholera morbus in Parigi ec. p. Peretti , Modo di separare la parte amara e purgativa del rabarbaro. p. Bottini , Saggio sul moto rotatorio del Medi- terraneo, p. Conti, Deduzioni patologiche sopra una gra- vissima encefalite. p. Folchi , Materiae medicae compendium. voi. IH. p. ^2 Lettera medico -critica intonio una questione fra i proff. Buzoni e M.ilagò suli'iafiamraa- zione adesiva creduta necessaria alla cica- trizzazione delle ferite. p. ^5 Pianciaai, Del vapore vescicolare. p. io6 LETTERATURA. B.Jacopo da Varagitie, Leggende pubblicate da monsig. Rossi. p. ii^j Morci , Epistola tradotta dal Vaccolini. p. ii8 Montanari, Sonetti in morte di sua madre p. ia6 Gionantoni, Satira X di Giovenale tradotta p. i3o Catania , Discorso intorno un passo di Dan- te, p. i34 Rosini , Canto epico per la nascita del real principe di Toscana. p. i43 Poesie e prose d'italiani viventi pubblicate in Bologna. p. i46 Turchi, Versi latini ec. p. i5t Montanari, Risposta a due solenni furfanti, p. iSjr Costa , Epistola a Cesare Mattei. p. 173 BELLE ARTI. Pungileoni, Memorie della vita di Luca Pac- cioli (continuazione). p \arietà. Necrologie di Giovanni Marioni da Ponte , Leopoldo Cicognara, Saverio Scrofani. Tavole meteorologiche. 186 J^iit «JSJsis!) #é GIORNALE DI SCIENZE, LETTERE, ED ARTI 2 mi? It O M A NELLA. STAMPERIA. DEL GIORNALE PRESSO ANTONIO B0ULZAS£:R 1835. /- ntfi^. 25T SCIENZE // materialismo , ossìa saggio di analisi e confuta^ zione degli elementi d'ideologia del conte Destrutt di Tracy rispetto ai principi e conseguenze mo- rali riprovate dal buon senso , dalla ragione , e dalV autorità specialmente di Locke e di Condil- lac {encomiati dallo stesso conte di Tracy ^ e rico - nosciuti per suoi maestri , e fondatori della ideo- logia)^ ridotto a vantaggio delV italiana gioventù, Ediz. terza. Ferrara 1 835 presm-M^Bf^iatelli^ in 8.° di pag. 216. /^•'^■>|^ (onquistando distruggere all' uso^^tfÀ!.t!^m)arì , ec- co l'opera di moderni filosofanti : i quali portano alta la fronte chi sotto le bandiere del sensualismo od em- pirismo : chi sotto quelle dell' idealismo o razionali- smo : al che però non si piegano le libere menti in Italia , dove la divisa della filosofia si fu quasi sem- pre un saggio eccletismo. Indi è quell'ingiusto rimpro- vero per parte degli stranieri , che dicono : noi es- sere ancora indietro nella scienza del pensiero , pre- ferendo adagiarci in una beata ignoranza, E pure da Pitagora a Vico , da Vico a Romaguosi noi possiamo mostrare tanta copia e varietà di dottrine, che piii non bisogna a combattere ed atterrare quel matto giu- dizio. Ad ogni modo, che mai ci promettono i novelli maestri di sottile sapienza ? Kant nelle sue astrazioni sublima tanto le qualità dell' intelletto , che sembra per G.A.T.LXIV. ir 258 Scienze lo più sdegnare il ministero de' sensi : Tracy all' in- contro non vede che sensi ed organizzazioni sensibi- li y e neir analisi dell' uomo non può ( o non vuo- le ) rinvenir cliiaraniente l'esistenza dell'anima. L'uo- mo di Kant è come un ente poco meno, che del tutto intellettuale : l'uomo di Tracy, dal piìi a4 meno equi- parato alle bestie, che diventa egli mai , se le bestie medesime sono messe con ogni sforzo al rango de* ve- getabili ? Kant non discerne quasi che Dio ed ani- ma , intesi a suo modo ; Tracy non vede che ma- teria e caos : il primo innalza i suoi proseliti ali* idealismo per sospingerli nello scetticismo ; il secon- do conduce i suoi direttamente al materialismo ed all' ateismo. 11 perchè vuoisi bene star in guardia contro le nuove dottrine , che degradano l'uomo e lo snatura- no togliendolo all' altezza sua propria nella catena degli esseri per gettarlo miseramente nel fango , e dov' è ordine e chiarezza pongono invece disordi- ne e confusione: il che non solo oltraggia la ragio- ne , ma è una morte ai costumi : senza i quali tor- nano vane le' leggi civili ordinate alla felicità, e l'edizio sociale non sta. Meglio sarebbe, a' giovani singolarmente , il non conoscere tal peste di libri , che guastano non pur l'intelletto , ma il cuore. Se non che dove il male è già grande e grandemente diffuso , altro non re- sta che pensare a' rim.'dj ; i quali non pure correg- gano e sanino , ma preservino. ±\.[ che è rivolto il sa";;!') di analisi e di confutazione degli elementi d'ideo- logia del conte Destutt di Tracy , già troppo sparsi nel bel paese; dopo che la versione del cav. Compagnoni (comecché arricchita delle prove sì della esistenza di Dio, si della immortalità dell'anima , di cui man- cavano } li ha raccomandìU geaeralmeutej quando piut- Ideologia del Tuacy 259 tosto doveano gridarsi sospellì, come sovente i cloni e le belle promesse degli stranieri , come le tazze av- velenate della maga d'Ulisse. L' autore del saggio limita la sua analisi solo a tutto ciò che ha connessione e correlazione alla mo- rale, cioè a Dio, air anima umana, alla volontà, alla liberta, ai doveri. Nel cap. I (i'a le nozioni preliminari a più chia- ra intelligenza del sistema di Tracy : sistema che guida pur troppo a questa conchiusione : ,, L' attivi- „ tà, che è essenziale alla materia, produce il moto, „ che ne è la conseguenza ; questo molo, anch' es- „ so proprietà essenziale della materia, pone in azio- „ ne la sensibilità, altra proprietà della materi? ; que- „ sta sensibilità produce il sentimento e la coscien- „ za di questo sentimento ; il sentimento poi è la „ cagione del pensiero, della memoria, del giudizio, „ del desiderio ; il desiderio produce la volontà , au- „ zi è la stessa volontà : la qual valonta h un rao- ,, do ed una conseguenza della facoltà di sentire : „ e l'azione della volontà ha luogo ogni volta che ,. la nostra sensibilità prova un'attrazione od una ri- „ pulsione qualunque: questa è una necessita uni- ,, versale, la quale è dimostrata, e contro la qna- „ le (dice il sig. di Tracy) gli ingegni si alzano sen- „ za mezzi e senza molivi. „ Nel cap. II sì notano le supposizioni gratuite del sig. di Tracy poste per basi del suo sistema.,, Qual ,, prova ci somministra egli per dimostrare , che il „ moto è una proprietà essenziale della materia ? Per- „ che, risponde, la materia è essenzialmente atti- ,, va. Ma come ci mostra egli , che la materia sia ,, essenzialmente attiva .'* Replica : Perchè non posso „ concepire donde verrebbe il principio di un moto 260 Scienze „ qualunque (*)... Queste ragioni sono molto ana- ,, loghe a quelle del figlio del molinaro , il quale „ asseriva che non solo l'acqua del suo molino era ,f dotata di una forza straordinaria ; ma che aveva ,, ancora giudizio, ossia intelligenza , mentre tal volta „ anche in assenza di suo padre macinava il frumento „ egualmente bene : ed a quelle del cafro schiavo „ di un olandese , il quale osservando per una par- „ te con maraviglia la costante esaltezza dell' oro- ,, logio di casa nel segnare e battere le ore , e per ,, altra parte non avendo mai veduto il padrone a „ dare la mossa al pendolo dell' orologio, lo richie- „ deva del luogo , ove risiedeva l'anima di quello „ che si chiamava orologio, credendo bonariamente „ che l'orologio dotalo fosse di attivila, di sensibilità „ e intelligenza. ,, Segue l'autore mostrando le as- surdità del sistema di Tracy , il cui edifizio ideolo- gico per manco di fondamenti va a terra. Ma per- chè il discepolo di Condillac si vanta di aver rac- colti e ordinati i materiali ideologici, che il maestro lasciò sparsi nelle varie sue opere , l'autore stima di chiamare Tracy al tribunale dello stesso Condillac per giudicarlo. Nel cap. Ili vedesi da una parte , che l' esi- stenza di Dio è posta in problema da Tracy : il qua- le passando i termini del dubbio, fornisce a' giovani (*) ,, Vico nega anch' egli che vi sia quiete in natura; ma ,, fa dipendere la essenziale attività della materia dal primo „ motore. Questa sua dottrina, più sicura e più lucida di tante ,, altre dopo di lui esposte sulle proprietà della materia, non „ è la sola , che da quel grand' uomo sia stata conosciuta „ ed enunciata prima della comparsa de' moderni ideologi. „ (Cavrianiy Lstt- filoiof. Sfilano i8ig, pag. X12.J Ideologia del Thacy 261 tutti i semi del raaterialisrao e dell' ateismo : invece Condillac, parlando da ideologo, fa santirc altamente l'esistenza di Dio , e nella logica viene ad ampliar- ne le prove. Nel cap. IV da una parte il Tracy va esitan- do suir esistenza dell' anima , ed a suo modo V in- tende , e dubita ancora , e da il sentimento alla ma- teria , il pensiero alla materia , il volere alla ma- teria : dall' altra parte l'ideolof^o Condillac fa sen- tire l'esistenza reale e le qualità essenziali dell' ani- ma, aggiunge che l'anima sola h quella che sente, l'anima sola è quella che pensa , l'anima forma le idee complesse , astrae , riflette , vuole. Nel cap. V , passando all' umana volont'a e li- berta, pajono gli sforzi del Tracy e del suo apolo- gista per attribuirne gli atti a moti fisici prodotti da altri simili , e concatenati ad altri moti fisici non percetti e sconosciuti , scansando con ciò di dovere riconoscere l'esistenza dell'anima : di quell' essere sem- plice di sua natura, volente, attivo per essenza, ed ener- gico. Contro a tali stranezze dell' ideologismo vengo- no il senso comune e le intime sperienze di ciascun uomo , qualunque siasi la sua educazione ; vengono le dichiarazioni dello stesso Condillac, a cui si ag- giungono in nota quelle di Locke sulla liberta, e potevano aggiugnersi quelle di tutti gli uomini , che non hanno rinunziato ne sono per rinunziare ad ^ s- sere uomini. Nei capi seguenti si viene esaminando la mora- le , che il novello ideologo offre alla pratica de' suoi discepoli : una morale cioè senza Dio e senza vita avvenire per l'uomo : la quale ( o strana cosa ! ) po- ne per dovere „ di fare la propria volontà , e di ri- „ ferire tatto a sé medesimo: ,, ed osa affermare y „ che tutta la felicità dell' uomo consiste neW amo' 2G2 Scienze „ re simpatico reso pia vivo dalla differenza dei ses» ,, si: „ ed aggiunge „ che non per questo Vaomo dee ,, temere di degradarsi , a porsi al livello delle be- ,, stie , perchè fra le bestie e lui non avvi altra dif- „ ferenza che dal pia al meno : egli opera come es- „ se ^ ed il suo intimo sentimento di volontà e di ,T libertà ec. , che lo solleva sì alto , forse non „ è in lui che una vanità , una illusione. „ Così la filosofia del duLLio impudente e illinìitato osa della sua ombra circondare maligtiamente le verità lumi- nosa, che non si attenta negare apertamente. Ma clu può dubitare dell' intimo senso quegli è come colui , che nega la luce nel bel mczzogniorno , e alla splen- dore del cielo preferisce le tenebre degli abissi. Dal- lo speculativo passando al pratico , che pretende eli» mai questa matta filosofia?,, A ben ponderarla, ere» ,, una scienza nuova in teorica , la quale è Vuno ne- ,, cessarlo a tutti gli uo^ninf , che abbandonata la ,., metafìsica vecchia si dichiarano seguaci del siste- ,, ma del sig. dì Tracy ; e questa consiste , replTchia- ,, mola pure, nella cognizione e nelT adattamento dei „ mezzi per godere dei vantaggi della società 000) „ niuno o col mioimo de' sacrifizi della propria vo- „ lonta , e nel sapere accortamente scanzare le pe- „ ne inflitte dalle leggi contro a ciò che dicesi scel- „ leragine o vizio;, vale a dire , che questa scienza' ,, noa consìste iti altro che in erigere in teoria la ,» pratica di tutte gli scellerati , col divario che que- „ sti sentono di far male , e quelli giustificano la loro „ malvagità , e tentano di essere assassini senza rimor- „ so. ,, Cotali stranezze ripugnano a sano intellet- to; l'autor nostro però le comt.batte vittoriosamente col- le armi della ragione , che non sono già quelle della forza o del capriccio , ma del buon giudizio e del convincimento , onde la pesuasione. E vedi bel modo Ideologia del Tracy 263 che egli tiene ! Ti pone innanzi quasi due strade ; l'una , del Tracy , non conosce Dio , ma fondasi sulL' interesse, e condiscendendo alle passioni più vili è tutta coperta di fiori , sotto i quali però sì asconde velenoso serpente , e guida a perdizione : l'altra in- vece ( antica quanto il mondo, e comune a lutti i secoli, a tutta la terra) si fonda sull'esistenza di Dio e sui rapporti naturali dell' uomo col! fi causa prima, è stretta fra i cancelli della severa ragione, onde s in- frenano le matte passioni , e pel sentiero della tem- peranza e della giustizia guida sicuramente a salute. O nuovo Ercole al bivio , potresti esser dubbio alla scelta ? Esiteresti tra la perdizione e la salute, tra la guerra e la pace , tra rerrore e la ragione ? V edi che mai discenda dalle novelle dottrine! la sovversione dell' ordine , la guerra occulta dì tutti contro tutti , e quelle continue perturbazioni , che minacciano e gua- stano Tediiicio sociale non che la privata felicita (*). Qual argine al torrente che ingrossa ? Udiamolo dall autore del Saggio sulV arte di esser felici'. „ Le intime ,, union du christianisme et de la philosophie serait „ le plus puissant raoyen de re'pandre sur le terre la „ morale €t la paix (**). „ Prevaliamoci del buon consiglio , e prepariamoci finalmente per la via di sa- lute una vita riposata e gloriosa : prepariamola a' no- stri figli e nipoti , insegnando loro ad amare gli uo- mini come fratelli , e Dio come padre conservatore. D. Vaccolini. (**) Il preteso contratlov sociale secondo il sistema di Tra- cy „ non produce altro vantaggio alla umanità , che di tra- „ sferire gli uomini dallo slato dì guerra aperta fra loro ad ,, una guerra occulta , meno crudele in apparenza, ma non „ meno conducente alla dissoluzione dello stato sociale. „ (*j DroZf de la philosophia morale .Cap, XFUI. 264 Considerazioni sulla organizzazione e sulla vita nel- le condizioni di sanità e di malattia. Lettera del dott. S. 'De Renzi al chiarissimo prof. Francesco Petrunti (I). A, Ilo studio della vita , Ben si esprime il valente N. A. , Iianno rivolle le più calde loro sollecitudini quei medici , che furon presi da insaziabile cupidità, di ve- der chiaramente i misteri della natura, e dalla nobile ambizione di rendersi benemeriti della umanità eoa opere valorose. Anch' egli il N. A. ebbe il suo ani- mo preoccupato dal problema di conoscere per mezzo ài quali forze , e in virtù di quali condizioni sosten- gasi quel soffio della onnipotenza nelle varie classi degli esseri organizzati ; e se gravi cagiona , fra le quali quella del suo frequente mal essere , non si fos-" sero frapposte ad impedirlo , avrebb' egli mandato ad effetto il suo disegno di già concepito di tenta- re qualche esperimento , e di esaminare con cura e studiosamente qualche quistione che all' indicato pro- blema legavasi. In tale slato di cose, si presenta egli* ora al pubblico imparziale con questo suo lavoro, non colla mira di regalar cose nuove, ma sibbene di cliia- rir le vere , ed aspettando in vece dì conseguire con fi) Memoria registrata nel fascic. di marzo i855 del Fi- lìatre-Sebezio , o giornale delle scienze mediche , che si pub- blica in Napoli , compilato dall' istesso prof. De Renzi , e di- retto dal commendator Ronchi. Sulla organizzazione ec. 265 critica ragionata , di buona fede , ed amichevole, queir intento eh' erasì egli prefisso ottenere con la scorta delle sue sperienze. Ecco pertanto il suo piano e U brevi sue considerazioni- Il fine , al qn^le dilige la natura i suoi sforzi, h quello di conservare la integrità, dell' organismo: la nutrizione e le secrezioni sono i due atti della vita , per mezzo dei quali la natura ottiene un tale intento. Questi atti nondimeno sono essi stessi il risul lamenta di altre funzioni preparatorie , la normalità delle quali decide della normalità dei primi. La ematosi e la in- nervazione risguardar si potrebbero quali atti ingene ratori delle nuovissime funzioni che rappresentano la vita organica . Èssi tengono in loro medesimi la ra- gione sufficiente dell' adempiersi di queste ultime , le quali o mancano compiutamente, o in isvarlati modi si disordinano , allorché quelli per morbosi incidenti tro- vansi sottoposti a piij o men gravi alterazioni. Da una tale scambievole dipendenza di atti primi e secondi , di cagioni e di effetti , dischiuso viene al fisiologo- ed al patologo un novello sentiero per penetrare gì' innu- merevoli fenomeni della vita sana e morbosa. Se non che la costanza delle norme della natura nelT ese- guire le sue operazioni ci guida a considerare \s&- latamente alcuni atti fondamentali della vita mediesi- ma, prima di stabilire il modo con cui avviene quell' atto complicatissimo della vita sana e morbosa nell* uomo. A tal effetto prima di risguardarla nella sua mas- sima complicazione , fa d'uopo osservarla negli esseri infimi e nello stato di sua massinaa semplicità, pec po.i elevarsi infino all' uomo. Or qui egli è che il- N. A., ci avverte della impossibilita di ricercare te cagioni eflScienti della vita nelle proprietà o nei tessuti or- ganici proprj di alcuni animali , opinando egli invece doversi procurar di spiegare la composizione animala 266 Scienze Dei fatti di analogia e di simiglianza piuttosto die la quelli di differenza. Cosicché scorgendosi senza dub- bio, che di un apparecchio circolatorio, e di un al- tro nutritivo-secretorio son provveduti tulli gli esseri organizzati , ne siegue che quelli formin la base, per dir COSI , della organizzazione , e che in essi debba stabilirsi la cagion efficiente della vita ; non essendovi alcun essere dalla pianta più semplice fino all' uomo, ne stato di questo dall' embrione ìnfino a quello del compiuto sviluppamento , in cui mancbino canali che trasportano i fluidi da cambiarsi in elemento nutriti- vo (nutrizione) , o da formarne novello prodotto ad- detto a varj usi (secrezioni). In mezzo alle varie opinioni dei fisiologi sul pro- posito della esistenza de* vasi intermedii per la co- municazione delle arterie con le vene , impugna con critiche obiezioni la realta di un tal sistema intermedi» che manca negli esseri semplici e di tessitura uni- forme ; in essi Turaor nutritivo ha una specie di flusso e riflusso per mezzo di alcune tubulature cellulose. K sebbene avvolta fra impenetrabili tenebre debba dirsi la tessitura delle parti intermedie fra le arterie e le vene, pur dopo varie riflessioni conchiude il N. A- non mancare alcuni argomenti esperimenlali per com- provare , che ( a riserva di alcuni piccoli casi di co- municazione diretta fra le arterie e le vene ) non esi- sta in tutto un sisteriia capillare , ma bensì un pa- renchima proprio , che varia secondo le parti , che compongono un essere. ,, Chi avesse osservalo ( egli ,, dice ) per mezzo del microscopio solare la circo- ,, lazione in una parte trasparente di un piccolo ani- I,, male a sangue bianco, avrebbe riconosciuto com- )t piersi quella con tre atti e per mezzo di tre ap- ,> parecchi: 1° di canali numerosissimi, efferenti, per- ft corsi dal sangue con immensa rapidità ; 2' canali Sulla organizzaziokk ec. 267 „ men numerosi , ma più larghi dei primi, afferenti, ,, nei quali il sangue dalle parti estreme dirigesr nelle ,, parti centrali con minor rapidità dei primi ; S" tes- ,, suto pili cellulosa che vascolare , nella trama del „ quale il sangue abbandonalo dalle arterie si divi- „ de in una quantità innumerevole di gFobetti, che ,, muovonsi rapidamente in modo vorticoso , s'immi' ,, Schiano , si distruggono-, si riproducono, e poi da ,, questo tessuto centrale ed intermedio s'immettono „ novellamente, in forma lluida , nei secondi canali. „ Spesso osservasi , egli è vero , che i vasi efferenti „ comunicano dircttamerite con gli afferenti , ritornan- ,, do il sangue, quasi immutato, alle parti centrali; ,, del corpo. Ma questa disposizione uoa avviene mai ,, per i vasi principali, ma bensì per qualcuno^ se- „ condario e <.li piccola mole, per sagg^ia disiribuzio- „ ne della natura , che forse ha voluto rimandare per „ quella strada una porzione di sangue, che non po- ., leva servire agli atti dcila vita. " A tale osserva- zione j>arlante negli esseri semplici e di tessitura uni- forme , si aggiugtie la prova desunta dai prodotti di novella forma , come nelle false membrane ,. e da- quan- to avviene nei gradi di sviluppamento dell' embrione animale per confortarsi nelf assèrto, e stabilire che il sistema comunemente detto capillare non è gfa, come prelendesr , costituito di canali, m» di varia struttura, secondo i varj punti del corpo e gli usi cui esso è destinalo , e che per la duplice funzione che adem- pie potrebbe, a senso dell' A., denominarsi parenchi- ma nutritivo-sec retorio . Desunti vengono ad ulterior conferma dell' esposto altri argomenti dalla varisela dell* umore ascendente nelle piante dalle radici alle foglie, e ben distinto dal succo discendente , siccome dopo- Malpighi insegna la fisiologia vegetale. £i passando quindi con una erudita rivista adi un 268 S e I S N Z K accurato ed isterico esame de' varii esseri animali, tro- va, che dai zoofili , come esseri di struttura uniforme^ si procede per gradi all' aumento degli apparecchi , alla maggior complicazione delle parli fino ai verte- brati , ed infino all' uomo , il quale è alla testa de- gli altri esseri animali. Possiede egli due apparecchi circolatorii , uno che comincia dal tessuto aerifero dei polmoni , e termina nel parenchima nutritivo se- cretorio di tutto il corpo ; l'altro che comincia da que- st' ultimo parenchima e termina nel primo. Essi va- riano nella struttura e nelle facoltà vitali, e sono com- piutamente indipendenti l'uno dall' altro. La disposi" zione dell'A. così proposta di vasi efferenti ed affe- renti , di tessuto cellulo-aereo , e di parenchima nu- tritivo-secretorio , costituisce l'elemento precipuo della organizzazione , ed il suo tipo primitivo in qualunque specie di essere. La diversila degli esseri che com- pongono la scala animale consiste nella diversa com- plicazione , sviluppamento e varietà del parenchima nutritivo-secretorio , onde ne risultano sempre novelli apparecchi , omiti di proprietà particolari , destinati ad usi specifici , e dalla cui raoltìplicita e connes- sione sorge la complicazione organica, base della per- fezione animale. Se l'enunciala disposizione forma il precipuo esponente della organizzazione , prosiegue a dire il N. A., la disposizione medesima costituisce il vero carattere organico , che segna la differenza fra gli esseri organici ed inorganici. Varia la funzione nutritivo-secretorio sì mostra, secondo la disposizione e la mistione molecolare dei varii punti del corpo. Quindi ogni punto del corpo nutriscesi analogamente al modo con cui trovavasi primitivamente composto, ogni punto del corpo segrega materiali analoghi alla sua particolare struttura. La primitiva cagione, da cui promanano il mo- Sulla orcanizz azione ec. 269 vimcnlo di circolo duplice dei fluidi, e l'altro movi- rnenlo di aggregazione e di decomposizione elemen- tare, consiste nel semplice svolgimento delle proprietà generali della materia ; attrazione e ripulsione. Le va- rie eflTicienze di queste proprietà , modificate dalla di- sposizione delle parti, costituiscono le facoltà vitali, o ( se piace cosi chiamarle ) forze vitali. A misura che cresce la complicazione degli esseri cresce la varie- tà di tali forze; e per riguardo ad esse V animalità sembra rappresentare un sistema uniforme , del quale le varie specie sono le parti graduate . Quindi gli animali piiì perfetti nel corso dello svolgimento del loro stato di embrione , dovendo successivamente e per la loro dipendenza di casualità e di effetti , svol- gere tali forze, ne risulta, eh* essi debbano percor- rere la scala intera dell' animalità. La complicazione cosi del parenchima nutritivo-secretorio da luogo alla inoltiplicita degli apparecchi ed alla perfezione dell' essere : apparecchi moltiplici costituiscono moltiplici funzioni , donde pure risultano apparenti varietà di forze. Pili numerosi sono perciò gli atti di nutrizio- ne e di secrezione, secondo il maggior numero delle partì e delle manifestazioni diverse negli esseri gra- datamente più perfetti ; ma da questi atti medesimi così numerosi risulta:,, 1, che la nutrizione addetta „ al solo aumento o conservazione delle parti non ,, manifestasi diversamente, che con le proprietà ma- „ teriàli di volume, di forma, di tessitura , d'irapene- „ trabililà, di colore , ec. ; 2, i prodotti di secrezione ,, rappresentando enti novelli , questi debbono ma- „ nifestare effetti specifici ed interamente vitali che „ costituiscono i fenomeni proprj della vita. - Ap- „ plicando siffatte idee all' uomo; i suoi vasi , i suoi „ nervi , le sue membrane , i suoi muscoli , le sue „ gluudole, ec: per l'atto della nutrizione ricevono dal 270 Scienze „ sangue i materiali , per i quali conservano il loro „ volume , forina , tessitura , impenetrabilità , colo- „ re,ec:, mentre per l'atto delle secrezioni alcune ,, parli acquistano la proprietà di caniliiare le so- „ stanze esterne die vi sono applicate , altre di seu- „ tire , altre di contrarsi , ed altre infine di dive- ,, nire quasi le dispensatrici del sanc^ne e del moto „ alla totalità della macchina. In tal modo ragio- ,, nando, il sangue e il depositario di ogni materiale t} di secrezione e di nutrizione ; gli svariati paren- „ chimi nutritivo-secretorii , i mezzi che li estrag- „ gono ; l'attrazione e ripulsione, \e forze e le ca- „ gioni efficienti dei novelli prodotti ; la reciproca di- „ pendenza delle parti, il /s/jomeno piti universale che „ rappresenta la vita intnlti' amente riguardata, men- „ tre le manifestazioni più apparenti di essa sono „ il sentire l'impressione degli oggetti ed il moto cìie „ risulta dalla esecuzione di tutti gli atti vitali. „ In quattro classi possono distinguersi le funzio- ni organiche dell' uomo. Ripone il N. A. nella pri- ma le funzioni priraiLivameule ed assolutamente nu- tritive-secretorie , comuni a tutti gli esseri organiz- zati, che si eseguono per mezzo del nudo e sempli- ce sviluppaniento dell' attrazione e ripulsione . Col- loca nella seconda le funzioni preparatorie dell' umo- re circolante , eseguite per mezzo di apparecchi spe-- cifici piià 0 raea semplici a norma degli esseri or- ganizzati pili o raen semplici , il digestivo , l'assi- milatore, ec. Comprende nella terza le funzioni tutte dipendenti da una specifica sorprendente e complicata disposizione del parenchima nutritivo - secretorio , ia modo da costruire un apparecchio speciale ( nerveo , sensitivo , locomotore , cerebro-spinale , ec. ) inca- capace di aprire cogli esseri circostanti rapporti di- versi da quelli delU semplice comunicazione e caia- Sulla organizzajione ec. 271 biaraenlo della materia , e di servire di strumento ali' io pensante. Riferisce alla quarta quell' apparecchio particolare , la cui essenzialità consiste in una tale modificazione delle funzioni nutritive o secretorie , da non costituire già un semplice aumento o con- servazione delle parti organiche , ma bensì di dare origine ad alcune partì organiche capaci di vivere separatamente dall' organismo , e da costituire esse la base di un organisreio novello. Sviluppali quindi con varie declaratorie illustrazioni ì principj delle enun* ciate dottrine, passa il N, A- ad applicarle allo stalo morboso nel modo che andiamo a brevemente riferire. Stabilisce pertanto potersi le malattie distinguere in primitive , secondarie , e miste. Debbono le primi- tive ricercarsi nelle alterazioni del sangue o del flui- do nutritivo , e nelle alterazioni delle parti solide che lo contengono o che ne sono formate. Appartengono le secondarie o alle proprietà vitali , le quali non potendosi concepire separate da quella data mistione organica da cui derivano, non possono giammai con- siderarsi isolate ; ovvero ai tessuti ed agli apparecchi secondarii della macchina. Sono miste per la mag- gior parte le malattie nelle classi superiori degli es- seri organizzati. Può il sangue alterarsi nella quali- tà , o nella quantità ; ne le sue alterazioni hanno a considerarsi disgiunte da quelle de' solidi in virtù dell* azione immediata , che su di questi ba il sangue ; ne possono impugnarsi le sue particolari morbosità , aven- do egli una vita a se , siccome emerge e dalla sua preesistenza ai solidi nelT embrione , e dai prodotti morbosi organizzabili, ai quali per propria attività egli da nascimento. La pletora e Yanemia sono i due gradi di turbamento che insorgono per la quantità o aumentata o diminuita del sangue , mentre nella mi- stione delle sue parti può stabilirsi il secondo gè- 272 Scienze nere di turbamento o per eccedenza delle parti gru- mose e fibrinose , o per eccedenza delle parti sierose ed albuminose , o per eccedenza dei principii impon- derabili , o per diminuzione dei medesimi. Le altre classi di malatlie ingenerate dall' alterazione della qua- lità del sangue consistono in un turbamento della or- ganizzazione di questo fluido per pravità di chilo : o 4 per cattiva ematosi ; 5 in turbamento del sangue per inquinamento recato da potenze nocive esteriori ; 6 o per inquinamento interno ; 7 in turbamento del san- gue per mancate secrezioni , i cui elementi restano nel sangue istesso. Quali sieno i morbi relativi agli ac- cennati turbamenti vengono ivi con accuratezza de- lineati. Maggiori per altro sono le alterazioni delle parti solide formate dal sangue o dall' umor nutriti- vo y e che consistono in disordini nella nutrizione e nelle secrezioni. Le varietà di disordini che nella nu- trizione avvenir possono , donno riferirsi , 1 ad aumen- to della quantità del fluido nutritivo con accresciuta attività organica ( ipetrofta ) ; 2 a diminuzione della quantità del fluido con diminuita attività organica {atrofìa) ; 3 ad aumento della quantità del fluido con quiescente o mancante attività organica , onde il flui- do si accumula senza servire all' uso a cui venne de- stinato , costituendo la stasi o congestione ; 4 ad au- mentata quantità e disordinata qualità di fluido con di- sordinata ed innormale attività nutritiva , dandosi luo- go o a cambiamento nella struttura delle parti , o a trasformazione della organizzazione loro. Si manifesta- no poi nelle secrezioni i disordini o per aumento della quantità del fluido con accresciuta attività secretoria, donde risulta l'aumento della secrezione con flusso o senza flusso ; o per diminuzione della quantità del flui- do con abbassamento dell' attività secretoria, donde la dimiauzioiie o la maacanza di secrezione \ o per au- Sulla organizzazione ec. 273 raentata quantità ed innorniale qualità del fluido con disordinata ed innormale attività secretoria , donde sor- gono alterazioni o nella quantità e consistenza del pro- dotto di secrezione , o nella natura del prodotto me- desimo. Passando alle malattie secondarie , ci fa conoscere il N. A doversi in esse considerare i morbi organico- dinamici di qualunque natura , dipendenti dall' aumen- tata o diminuita attività delle proprietà vitali , con particolar disordine della mistione organica delle mo- lecole organizzabili ; ed i morbi dei varii tessuti da po- tersi sommariamente distinguere in lesione delle fun- zioni dei nervi cerebro-spinali ( nervosi ) ; in lesione delle funzioni dei nervi ganglionari (pervertita inner- vazione ) ; in lesione delle funzioni circolatorie ( emor- ragie); in lesione delie funzioni respiratorie ( iunor- male ematosi ec. ) ; in lesione delle funzioni della ge- nerazione. Negli esseri provveduti di tutte le quattro classi di funzioni superiormente ricordate , viene dai morbi misti costituito il maggior numero delle jnalattie. Deb- be per altro avvertirsi , che in qualunque genere di alterazione , prendono sempre parte le funzioni della terza classe, cioè le sensitive , le nervose. Fra i mor- bi misti fa d'uopo io prima lìnea collocare le infiam- mazioni , attesa la maggior loro frequenza. Vengono le medesime stabilite da un particolar disordine nelle funzioni e struttura del parenchima nutritivo-secretore con aumento di sangue, e con innervazione disordinata ed iunorraale. Molte utili considerazioni sparge quivi il N. A. intorno a questo genere di morbi , mirando singolarmente a far conoscere , che tal disordine or- ganico-funzionale nel parenchima nutritivo-secretorio emerge chiaro per le lesioni di questo che accompa- gnano la flogosi , per le conseguenze ed i prodotti che G.A.T.L.XIV. 18 274 Scienze ne sussieguono. Se non che nell' omettere d' irilerte- nerci sulle medesime , rilevar ne piace , che Io slato di vigore o di depressione cieli' organismo non cambia la natura della infiammazione , la quale costituisce un processo patologico sui generis , ma soltanto ne fa va-^ liare gli esiti; che l'infiammazione astenica è una cou^ traddizione , potendo la sola congestione essere effetto di astenia; che dal diverso stato della macchina circa gli elementi , che costituiscono la infiammazione , vìen questa ad esser modificata, awerieiìdo p. e. più pron- tamente lo sfacelo ove fosse primitivamente turbata la eraatosi : assumendo la flogosì una pertinacia nel cor- so , e dando luogo a lenta disorganizzazione , ove fos- se dapprima disordinato lo slato de' nervi : o sorgen-^ do svariati processi morbosi d'innormale nutrizione o secrezione , ove maggiore avesse preceduto il dissesto nelle funzioni e nella struttura del tessuto nutritivo- secretorio ; che la disorganizzazione o cancrena si mo- stra e per Io ristagno di molto sangue nella parte in virtià della intensità della infiammazione, e per la de- pressione e languore della forza vitale, onde sono mec- canicamente distesi i vaselliui dal sangue , il quale vi si arresta, vi si altera , si annerisce, fa mancare nella parte la circolazione, e la disorganizza. Non viene pe- rò la cancrena ingenerata soltanto dalla infiammazio" ne , ma ben altve cagioni vi possono contribuire , co- me la interruzione della circolazione per legatura , com-? pressione dell' arteria, ec, , la obliterazione nel corso j del sangue ( per deficienza di esso ) in una parte ( ane-!- mia), la stasi sanguigna nei vasi minimi per astenia dei medesimi. In tutti i casi per altro viene la cancrena a riferirsi ad una sola cagione , cioè air assenza del san- gue arterioso dalla parte. Qui termina il compendio delle Considerazio- fii sulla organizzazione e sulla vita ec. emesse dal Sulta organizzazione kc, 275 clilar. prof. Renzi. Con lettera, a pie del menzio- nato lavoro annessa , esprime V egregio prof. Pe- trunti al N. A. la sua piena sotldisfazione, dichiaran- dosi aver molte cose comuni con l'A. , ed averle pur dalla cattedra insegnate. Non possiamo che far eco a si grave autorità , confortando il sig. De Renzi a soste- nere il carico di gik assunto per condurlo a proficuo fine mercè de' picgj di erudizione , vastità di cognizio- ni mediche , fino criterio , che si bene lo distinguo- no in tutti i suoi lavori , siccome pur faremo dimo- strato nel sunto di un altro lavoro dell' istesso sig. De Renzi in uno dei prossimi quaderni. TONELLI. Degf istituti di pubblica carità e d'istruzione prima- ria in Roma . Saggio storico e statistico di mon- sig. D. Carlo Luigi Monchini romano , vice- pre- sidente deir ospizio apostolico di S. Michele, lìoma nella stamperia dell' ospizio apostolico^ presso Pietro uiundi 1835; in 8° di pag. 21 U con quattro qua" dri sinottici in foL L fa natura dice a tutti: Giova a' tuoi simili. E raraor proprio con voce generalmente più intesa ne dice : Giova a te stesso. Ecco l'espressione di quelle due for- ze , che governano il mondo morale : la diffusiva e la concentriva , per dirlo col Genovesi ; ncIT equili- brio delle quali sta la possibile quaggiù perfezione dell' ordine, onde la virtù, la pace, ed ogni maniera di bene. Ma quanto è facile all' uomo colle leggi della mec-' •18* 27G S e I I ic 2 E ' "v canica bilanciare una resistenza con una potenza nel mondo materiale ; altrettanto e piìi è difficile a lui bilanciare due amori centrar) in direzione , l'amore di se coir amore de' simili nel mondo morale. Non mancano i consigli della ragione, le voci de' savi, l'au- torità delle leggi e dell' esperienza ; ma qual motivo finito può abbastanza sulla volontà libera dell' uomo? Aggiungi la religione col suo peso infinito, e la vo- lontà pur sempre libera nello scegliere ed operare toc- car può l'eccellenza dell' ordine, e mantenere quel bea- to equilibrio , che senza Dio è un bel sogno della bo- riosa filosofia. Felici noi , la cui unica vera religione ha per principio, per mezzo, per fine la carità ! „ Quan- „ do la morale evangèlica ( cosi l'autore ) innalzò i'uo- „ mo alla sua dignità e rendette sacra la sciagura , ,, si videro sorgere fra i cristiani i luoghi pubblici „ di carila. Le chiese d'oriente ebbero spedali ed ospi- „ zi : ma Roma , centro di quella santa religione che „ ispira la carità , ne dava all' Europa i primi solenni „ esempi ; e quando ancor questa tult' era in tenebre ,, e barbarie , Roma stabiliva ricoveri a' poveri infera ,, mi , asili a vedove e donzelle , ricetti ad orfanelli „ ed esposti ; e mostrava col fatto che la civiltà è „ figlia della morale evangelica. Un pontefice nel se- ,, colo duodecimo apriva in S. Spirito il primo asilo „ agi' infelici projetti ; un pontefice statuiva nell' ospi- „ zio apostolico il primo conservatorio d'arti e me- „ stieri : i pontefici , per tacer d'altre cose , con pub- „ bliche opere insegnavano che la miglior limosina che j, possa darsi al povero valido h il lavoro. „ Perchè è parso all'autore stesso, essere dicevole cosa il pen- sare alla storia e statistica degl' istituiti di carità, pro- priamente detta , e dell' istruzione primaria o meramen- te elementare : de' quali istituti è fornita a maraviglia |a cittj^ eterna. Al che volgendo l'jìninio si è valso d«* InìtitutI di pubblica carità. 277 lavoti di tre altri scrittori precedenti , aggiungendovi quasi il lume della vera filosofia, massime nella parte statistica che più era mancante , e visitando i luo- ghi , consultando gli archivi , e sulla base dei fatti innalzando quasi il suo edifizio col soccorso della ra- gione. Ne già presume aver fatta opera perfetta ; an- zi col modesto nome di saggio intitola il suo libro, il quale a me, che ho spesa la vita in giovare, ben- ché debolmente, i pii istituti della mia patria, e nei fatti e ne' libri ho cercato continuo delle lezioni , è parso veramente prezioso. Quelli che hanno a reggere sif- fatti stabilimenti ed a giovarli coli' opera o col con- siglio ; siccome quelli che volgono l'animo ad instituir- ne de' nuovi , preparando a se stessi l'immortalità, han- no in esso di che apparare ; tutti poi gli uomini po- tranno trarne gran bene, sia che abbiano accesa in cuore la fiamma della carità per sempre più avvivar- la ; sia che l'abbiano spenta per riaccenderla : perchè non è a dire quanto sia degno e caro all' umanità il libro del Morichini. Ed io non posso tenermi di darne quasi un' immagine , che acquisterà pur fede alle mie ve- re parole* ^j Per proceder con ordine nel mio assunto ( co- „ sì l'autore ) sembrerebbe che dovessi considerare il ,j povero prima nella sua nascita , poi nell' educazio- „ ne, quindi nell' impotenza e nella mancanza di la- ,} voro , finalmente nella vecchiezza e nell' infermi- „ ta. Ma la storia degl' istituti insegna che la cosa „ è andata all' inverso : dappoiché sendo l'infermità „ di tutte le umane miserie la più visibile e toccan- „ te , i primi asili si apersero appunto ai maiali. Gli „ orfani e i trovatelli ebbero per loro i secondi ri- ,^ coveri , non avendovi età della vita che più inte* „ ressi i cuori sensibili ed abbisogni di maggiori soc- ,1 corsi quanto l'infanzia e la puerizia. Videsi appresso' 278 S e I K if z E ,, eh' era miglior consiglio dare al povero lavoro, piuf-^ „ tostochè limosina, e si pensò all'impiego delle brac- ,, eia oziose colle case d'industria e colle opere pubbli- ,, che. Dappoi si conobbe il bisogno di medicar la; „ piaga, raea visibile , ma gravissima dell' ignoran- ,, za, fonte di miseria e di vizio: e si apersero asili per „ l'infanzia , eoDservatorj d'arti e nieslieii , scuole gra- „ tiiite d'ogni maniera. Finalmente a' di nostri si è ban- „ dita la croce addosso agli oziosi accattoni, e tutti gli ,, sforzi degli uomini di carità intelligente sono in- ,, dirizzati a sceverare il vero dal falso povero, a pre- „ venir piuttosto la miseria che a soccorrerla, e a raet- ,, tere nel popolo Io spirilo di previdenza e di econo- ,, mia e confortarlo alla virtù, la questo modo il tem- „ pò ha modificato le opinioni anche suU' esercizi» ,, della pubblica carità, e colle opinioni ha modificato» ,, altresì gì' istituti. ,, Il saggio è diviso in 4 parti con altrettante ta- vole sinottiche, l." Cominciando dagl' istituti per in- fermi , pazzi , convalescenti , se ne contano 22 esisten- ti : de' quali 8 spedali pubblici, 1 1 particolari, 2 di soccorso a domicilio , 1 per caritativa associazione de* cadaveri. Degli 8 spedali pubblici, due servono principal- mente a malattie mediche, S, Spirito per uomini, il ss. Sahatore per donne : tre , che accolgono in sale di- stinte ambi i sessi , servono a malattie chirurgiche : s. Giacomo a quelle d'alta chirurgia , s. Maria della consolazione a chirurgia istantanea , s. Gallicano ad infermità cutanee. Le partorienti hanno soccorso in s. Rocco^ i pazzi in s. Maria della Pietà ^ i conva- lescenti come i pellegrini nell' ospedale della ss. Tri- nità. Degli undici ospedali particolari , prima è pe soli uomini quello de' religiosi di S' Giovanni Calebita os- sia Benfratelli ; per gli speziali e pe' fornaj, quelli di Instìtuti di pubblica carità* 2791 S. Lorenzo in Miranda , e di s. Maria di Lordo ; olto sono nazionali , s. Maria di Monserrato per gli spagauoli , ss. Ambrogio e Carlo pe' lombardi , s. Sta- nislao pe' polacchi , s. Giovanni pe' fiorentini , s. Cro- ce e Bonaventura pe' lucchesi , s. Maria dell' anima pe' teutonici , s' Antonio pe' portoghesi , ss. Bartolo- meo ed Alessandro pe' bergamaschi. Pei malati a do- micilio provvede la limosineria apostolica per tutta la citta : le sorelle della carità pe' soli cronici in tre pa- focchie. Da ultimo Varcicon fraternità dell' orazione e morte ha cura dei morti nelle campagne^ Non vi ha specie d' infermità che non trovi soc- corso in Roma , dove i pubblici spedali sono collocati in tali punti della citta da fornir meglio l'uf/icio loro a comune utililk. Il piiì vasto degli ospitali particolari, situato in mezzo all' isola tiberina col convento vi- cino, presenta quell' isolamento che ricercasi ne' casi di pestilenza , che Dio pur tenga lontana. Può dirsi che ogni giorno sieno occupati in tutto 14^^ ^^^^^ - la mortalità h massima in s. Giacomo., mentre è di\ II, 60 per cento ; minima alla Consolazione., che è di 5 , 43 • 3Ì pazzi 5 , 59 : in s. Rocco di soli 70 centesimi ; la media è negli ospedali medici del 7 , 5f) per cento. La famiglia è ragguagliataraente di due fami- liari per ogni 5 malati: un malato costa due paoli il di , tre un familiare. Le rendite proprie de' pubblici ricoveri (tacendo de' particolari) sono circa scudi 100,000, a cui l'erario a indennità di capitali perduti ne aggiunge con larghezza 94,520 all'anno. Il mantenimento d'infermi e familiari giunge a 150,000 scudi : il resto è in soste- nere le pubbliche gravezze, in pii legali , in manuten-* zione di fabbriche e di fondi, in ispese d'amministra- zione. Il governo di tali istituti era gik in mano di confraternite : ed era buono , se Io spirito fosse stato' conforme a (jucllo della compagnia unica rimarla » 280 S e I K N 2 fi reggere l'islitufo della ss. Trinità -• ii quale fiorisci a maraviglia, comecché spenda straordinariamente cen* tornila scudi in ogni giubil eo. Fu bisogno al principio di questo secolo di una generale riforma mediante le vi- site apostoliche : succedette la deputazione degli spe- dali nel tempo dell' occupazione francese : Leone XII^ nato fatto a grandi pensamenti , rimise in piedi la de- putazione centrale, veramente benemerita: nel 1829 furono in vece tante deputazioni quanti spedali ^ tran- ne s. Spirito e s. Maria della pietà dipendenti dal prelato commendatore, e la ss. Trinità serbata alla con- fraternita. Cos'i sonosi provati i due metodi di cen- tralità e di divisione : l'esperienza maestra delle cose umane può dire quale sia meglio. Questo io noterò < che l'uno e l'altro sistema di reggimento ha suoi beni e suoi mali ; onde avviene che quando l'uno è in piedi, si desidera l'altro, scudo proprio dell' uomo pre- giar sempre quello che non ha : fa che lo abbia, ei lo spregia- Cotilentar tutti non è possibile ; massime al nostro tempo , in che i pili non veggono quello che fassi a' loro piedi, e vogliono non pertanto porre la boc- ca in cielo. Potrò io dire la mia opinione ? Il me- todo di centralizzazione ( come quello , che ad altri be- ni unisce questo, di esser meglio guardato dall' au- torità tutoria , che porge economia nell' amministra- zione , ed unita di massime nella applicazione e di- stribuzione de' sussidj, e un gran compenso nello stesso momentaneo soccorso reciproco de' pii istituti ) mi par preferibile ; oltre cchè è più facile trovare pochi e buo- ni amministratori , che molti. Del resto , lo ripeto « istituzione umana senza difetti già non può darsi : è a scegliersi quella che ne ha meno, ed ha per se il suffragio dell' esperienza. Ne già è a fidarsi troppo a teorie , come quelle che gridano : Uno spedale, che Institutì di pùbblica, carità' 2SI 4^ contiene pia di cento letti è una peste (1): ed 4, ancora : Per dice sole cause sono necessarj gli ii spedali, cioè per i pazzi e gV incurabili , ma- ^, lati ordinariamente perduti per la società e che ,, non si potrebbero troppo presto guarire. Quanto ^, a tutte le altre malattie ( chiunque sieno ì citta- ^, dini che ne sono attaccati) è cosa inumana il tra- ^, sferirli altrove fuori della propria casa (2). A que- ste ed altrettali o esagerazioni o stranezze rispondono assai le belle e profittevoli istituzioni della carità f che ispirata dalia religione si fa maggiore di se ed è balsamo e consolazione alla sofferente umanità. Es- sa conforta i miseri , e con voce d'amore parla ai ricchi e potenti : O uomini, dove meglio collocar po- trete i vostri tesori ! dove meglio rivolgere la vostra possanza , che in arricchire e giovare gli ospitali ! talché reggendosi per private beneficenze non abbiso-' gnino de' pubblici soccorsi , che le vicende de' tem- pi hanno reso necessaij pur troppo ! Voi sarete i ben- nefattori dell' umanità, e il vostro nOme ne' posteri noa perirà- II." Detto degl' istituti , che curano l'uomo infer- mo , passa l'autore nella seconda parte a dire di quelli, che curano l'uomo abbandonato da' congiunti o da' suoi simili alla miseria. Tra gli ospizii viene innanzi quello di S. Spirito pe' trovatelli , che ne ricorda la provvi- denza d'Innocenzo HI , di lui che all' Europa immersa negli orrori della barbarie diede esempio luminoso di umanità aprendo il primo un asilo ai figliuolini, che erano ahi ! miseramente respinti dal seno materno ap- (i) Regolamento delle società per VospitalUà pubblica. Fi- renze 1780 a pag. 42. (ij Ivi a pag. 49 • 582 S e 1 i: N 2 E pena nati , e dati spesso alla morte. Circa 800 bam- bini vengono ogni anno alla ruota, e di essi la mag- gior parte s'invia saviamente alla campagna. Que' che rimangono degli anni antecedenti , e sono forse altri ot- tocento, stanno presso le balie sinché abbiano com- piuta la puerizia: pervenuti all'adolescenza, restano per lo pili in campagna , che ha bisogno di braccia ; po- chi reduci al pio luogo pongonsi all' ospizio in Vi- terbo. Quanto alle femmine , vengono accolte nel con- servatorio , e sono pili di 550. La spesa degli esposti e dì 50,000 scudi. Sonovi quattro orfanotrofi dì maschi : accolgo- no 540 e più poverelli, alcuni de' quali sono indiritti alle arti belle , e più ponno esserlo alle arti utili ag- giungendovi le istruzioni da ciò. L'ospizio ecclesiastico ricovera , non alimenta , sa- cerdoti poveri : S. Galla ricovera di notte gli uomi- ni : S. Luigi le donne : altre case ricettano povere ve- dove. Sono 400 gì' individui sovvenuti così di ricovero. A salvare alle donne quella gioia preziosa dell' onore servono i conservatorj . Sono 220 alunne in S. Mi^ chele , 450 alla Madonna degli angeli , 460 divise in dieci altri stabilimenti. AH' età da marito bello sa- rebbe congedare le zitelle per dar luogo ad altre pe- ricolanti e rendere più estesa la beneficenza ; le con- gedate potrebbero anche porsi a servigio in case par- ticolari senza lasciare d'invigilar sopra loro. La sa- pienza di Leone XII volle dare altresì ai conserva- torj un coraua centro j ora tanti sono i superiori, quanti gì' istituti» I vecchi sono 440 ricoverati a S. Michele e alla Madonna degli Angeli : così il soccorso alla vecchiez- I, za è minore che alle altre età , e già si pensa ad ac- crescerlo. Questi vecchi , che in qualche parte d'Eu-- rop» raandansi all' aria libera della campagna , ser-- IwSTlTUTf DI PUBBLICA CARITÀ* 28,'? fono qui utilmente da portieri , custodi , sorveglianti ; e congiunti alle comunità de' ragazzi, giovanti recipro- camente. Le donne pentite della mala vita hanno tre asi- li. Sono 48 ricoverate, forse piccolo numero all' uopo^ Riepilogando : s. Spirita alimenta 2073 esposti : in cinque ospizi sono 400 vecchi , 544 ragazzi , 670 2Ìtelle , altre 460 donne in dieci conservatorj , e 48 in tre case di rifugio : cosi in tutto 4195 poveri ali- mentali. Dippiìi 400 posti di ricovero sono in tre ospizj e nelle pie case delle vedove. Calcolando , che costino scudi 50,000 gli esposti , e un povero ali- mentato 15 baj occhi il giorno, e 5 un ricovralo , si ha la spesa di 171,000 scudi in un anno. Suppli- scono le rendite proprie per 143,600 ; la camera per 59,400 : il soprappiù di 32,000 "scudi h assorbito dai legati , fabbriche , tasse e ministero. Lode a que' generosi , che dotarono siffatti istituti; più lode a quel- li , che imitandone l'esempio provvederanno a ciò che può mancare a tanta beneficenza per i-enderl» tutta ro- mana. III. Parla l'autore nella terza parie degl* istituti liraosinieri e di soccorso ; per cui al povero sono dati sussidj senza toglierlo alle affezioni domestiche, si da denaro in prestanza se ne abbisogni , lavoro se ne manchi , patrocinio nel foro , sollievo nelle pri- gioni. Il Monte di pietà , antico di tre secoli , i^ice- ve ora circa 200,000 pegni l'anno, e tiene in gi- ro 230,000 scudi. Egli è ben tale , che potrebbe aò- coppiarsi a quelle istituzioni , che lungi dal fomentare l'inerzia e la scioperatezza rendono l'uomo previdente ed economo. L'illustre autore del trattato del prezzo , il dottissimo professore Valeriani , dice a proposito : „ Un monte di pietk, che invece di dar denaro sul pe- „ gno si facesse egli sicurtà per materiali di lavoro , 284- S e I « N z E „ o ne (lesse egli stesso a chi accusasse à\ non trù-^ „ varne di privata ragione , come a tante femmine sfac- „ cendate , pagando in seguito la dovuta mercede per „ la manifattura ( ma qusl cosa meno di quello che ,, avrebbono potuto riportare da private persone, e ca- ,, pitalisti intraprenditori di fabbriche , onde non di- „ stogiiere gli opera] dalla pratica col privato, la „ cui vigilanza ed industria è vieppiù utile d'ogni pub- „ blica istituzione); un tal monte, dissi, che per via „ d'appalto potrebbe eziandio associarsi al privato in- ,, teresse tanto vigilante ed attivo, sarebbe per avven- ,, tura esente da quella taccia , che comunemente si ,, dà a' cos'i detti monti di piota , di fomentare la ,, scioperatezza , e talora eziandio il dissipamento , ed ,, i domestitici furti . . . Che se l'utile lavoro è la ve- ,, ra , l'unica , l'inesauribil miniera d'ogni sostenta- ,, mento e ricchezza , è bene altresì che a' lavori ,, sedentari e femminili, convenienti agi' individui de- „ boli per sesso , o per malattie croniche, o per trop- „ pò tenera o per troppo avanzata età , presiedano „ nelle rispettive lor case le madri di famiglia, chef „ distribuendo loro le loro cure, distribuiscano altresì „ i materiali del lavori ec. ec. (1). Le casse di risparmio ed i pubblici lavori sont» due specie di soccorsi ( nota saggiamente il Mori- chini ) , che al presente stato di civiltà e di bisogni si addicono. In opere pubbliclie segnalaronsi tra' primi i pontefici , e si ebbero benedizioni da' popoli. Ero- gansi ora non più che 33,000 scudi , e sono addetti ai lavori seicento poveri . E qui è dove è aperto il (i) Del prezzo ec. \Sohgna tip. Zamponi i8o6 a pag. 174 e seg. Ristampato nel tomo I delle operette, Bologna 18 15^ Operette preziose di pubblica economia. Instituti di pubblica carità* 285 campo alla munificenza , di larglieggiare , meglio che in limosina manuali , in soccorsi veramente operosi : al quale proposito ci stanno nella mente quelle parole purtroppo vere àeW autore del trattato del prezzo.^. Le „ braccia degl' indigenti scioperati, a guisa di acque „ stagnanti da cui si innalzano morbose esalazioni , „ si voglion rendere non perniciose , anzi utili , fa- „ cendo che derivino pel miglioramento , e l'irriga- „ zion de' terreni , pel moto degli opificj , pel giro „ del commercio (I). „ E piiì gran cosa sarebbe, se si volgessero di più in più le braccia inerti al travaglio ; tanto da innalzare o mantenere opere fatte pe' secoli : oh ! quanta lode alla sapienza ed alla provvidenza di chi desse loro tal movimento. Pur troppo , come osserva il sig. di Sonnenfels „ la vo- t, glia di sostentarsi con poca fatica ha inventato „ mille arti inutili fautrici dell' ozio , e nemiche delle „ arti vere , togliendo loro gli artefici ! ,, (2) Tan- to più è bisogno di una mente , che favorisca il la- vorio delle arti industriose , e regoli , e muova senza ' parerlo l'attività de' soggetti ; come fa il sole nel mon- do fisico. Ma , lo dicemmo , non è da credere iu tutto a teorie. Coloro che le dettarono col cuore fred- do e lo spirito agitato, figurarono spesso un mondo a modo loro , e stimarono possibile tutto quello , che tosto e sempre tale non è. Comecché sia , è a ri- cordate con lode, che Conone pontefice nel secolo VII diede esempio a' sovrani di farsi un limosiniero ; così vengono i sussidj nel seno delle povere famiglie , co- me la rugiada alle erbe sitibonde. La limosineria apo- stolica soccorre gì' indigenti alle case loro con assegni (i) Ivi pag 173. e seq. (3) Scienza, del buon geveriia . yenezia ij85 pag. ja. 286 Scienze fissi , e con largizioni date nelle solennità dell' anno ; talché quando lutti gioiscono non siavi chi pianga. Vi ha pure la commissione de sussidj ; e fu savio or- dinamento di Leone XII eh* ella raccogliesse tutte le lemosine di tal fatta per distribuirle equamente secon- do prudenza. Chi è nato nel riso della fortuna, sente più forte l'avversila : oneste vedove ed infelici padri di famiglia veggonsi apparire generosi soccorsi , ne sanno da chi : il cielo li manda : e sono a ciò ordi*- nate V arciconfraternita de' ss. apostoli , e la congre- ga ione della divina pietà. I poveri cherici hanno con«- forto dal sussidio ecclesiastico e dalla pia opera Cpr- pegna : i veri indigenti dai beni lasciati dal Carmi- gnano e dal Chiesa. Tre grandi epoche contano gli uomini , e sono la nascita e la morte , tra le quali è l'elezione dello stalo : dove abbondano sussudj alle due prime , non è da credere manchino quelli de- stinati alla terza , vale a dire le doti. 11 Ricci , per quanto giudizioso nella Riforma degV istituti di Mo- dena , non trovò economica la istituzione delle do- ti , ed undici anni appresso l'inglese Malthus svilup- pava i principj dell' economista italiano nel Saggio sul principio della popolazione. Noi crediamo essere non pure cosa degna salvare l'onore alle fanciulle racco- mandandole ad un compagno legittimo, ma proficua per influire all' aumento della popolazione, l'iustitu- zione delle doti. Se ne distribuiscono in Roma 1100 pubbliche ogni anno , mentre i matrimonj in totale so- no 1400. Si spendono in quell'opera pia 32,000 e più scudi. Quanto è duro al povero contrastare col ricco ne' tribunali ! Ma trova soccorso da s. Ivo e da s. Gi- rolamo della carità. Quanto è più duro al povero stes- so contrastare coli' asprezza della prigione e talvolta della morte , a cui la giustizia lo danna ! Ma trova soc- corso nella stessa arciconfraternita di s. Girolamo <, e Instituti di pubblica caKita' 287 nelle coiifraternlte della Pietà e di s. Giovanni de- collato. Gì' istituti liraosinieri e di soccorso hanno di ren- dita 359,200 scudi , de' quali la camera dh| 255,700, proveisetido da beni proprj la somma di 103,500 scu- di. Non sonovi però compresi i tre istituti de' soccor- ri a' prigioni , de' quali ignoraosi dall' autore le forze economiche, IV. L'ultima parte del lavoro del Mo richini è la prima in ragione di merito ; perocché tratta della li- mosina morale di tanto superiore alla materiale. So- no in Roma 372 scuole primarie, che hanno 482 mae- stri, e 14,099 scolali d'ambi i sessi. Scuole primarie diconsi quelle, il cui soggetto si è il catechismo, il leggere e scrivere , l'aritmetica , le lingue italiana, la- tina e francese, e talvolta la storia sacra , e i lavori donneschi. E' da ammirare la generosità degl' istitu- tori 0 maestri d'ambo i sessi , e fa maraviglia il sen- tire che l'erario non vi spenda che scudi 4400 all' anno a mantenere codeste scuole , che di rendite pro- prie hanno soli 3800 scudi. ,, Non mancano in Ro- ,, ma ( dice l'autore ) due scuole notturne stabilite ,, da' privati. Son queste utilissime , poiché Tarligiano ,, non perde il tempo cìi' è per lui gran capitale , „ e pone a profitto le luiigliesere d'inverno. Propon- 7» g^ ( ^b'^ continua ) di moltiplicare queste utili isti- „ tuzioni , e ne dimostro semplicissimo il modo. Pro- „ pongo altresì le scuole della domenica , fondate da „ s. Carlo in Milano e copiate dagli stranieri , i quali ,, avendo inventato questo nome credono aver inven- ,, tato la cosa. Abbiamo i germi di siffatte scuole in „ quelle istituzioni, che diconsi adunanze., le quali ,, già sono per se un' assai buona cosa , ma potreb- p baro diventare ancor migliori. ,, lu alcuue osservazioni , che vengone iutianzi ali* 288 Scienze opera , è detto che la carità romana può appellarsi cat- tolica , perocché tutte le nazioni amichevolmente co- spirano a fondarvi istituti : che la popolazione di Pari- gi sendo cinque volte la romana (1), si da in Roma quasi il doppio di carità che a Parigi. Parlasi della carità legale , che esercitasi dall' amministrazione pub- blica o imponendo tasse: o erogando somme dall' era- rio : della sociale, che deriva da società d'uomini be- nefici , i quali pongono in comune la loro opera e il lor denaro : della privata^ che fassi dall' individuo. La carità legale vuoisi adoperare come social medicina e per quanto esiste il male : è a promovere la sociale ordinatamente e prudentemente.,, L'Italia (egli dice), „ che non è ad alcuna ( parte d'Europa ) seconda in „ opere di beneficenza , accoglie anch' essa molte ca- „ ritatevoli società dirette precipuamente a prevenir i'in- „ digenza con istituzioni di assicurazione , casse di ri- „ sparmio , sale d'asilo , scuole di reciproco insegna- „ mento , ed altrettali cose di pubblica utilità. Ed „ ecco aprirsi innanzi un vasto campo alla carità ro- „ mana , la quale stata operosissima per oltre sei se- „ coli in fondare, accrescere, perfezionare istituti d'ogni „ maniera , dando altrui splendidi e generosi esempj ; „ seguiterà a mostrarsi non degenere da se medesi- „ ma. E che le concepite speranze non siano vane , „ ne dà novella prova l'ospitale che ( sotto gli au-i „ spie] del regnante sommo pontefice Gregorio XVI ,, padre de' poveri ) apresi , mentre scrivo , dai cava- „ lieri gerosolimitani all' ospizio ecclesiastico a ponte „ Sisto.,, (i) Laeifra delltt popolazione di Roma è indicata, di i55,ooo sempre crescente. 1 ISTITUTI DI PUBBLICA CARITÀ* 289 Fin qui l'autore : col quale ben dobbiamo e vo- gliamo rallegrarci. La carità è tutta cosa di cielo ; ma per essere utile agli uomini nelle miserie della vita, vuol essere ordinata a bene, vuol essere santa, vuol essere operosa e costante. Ben è degno , cbe Roma cristiana ne sia luce e specchio a tutto il mondo ! DoMKMICO VaCCOLINI. Intorno ad alcuni straordinarj morbosi fenomeni del verme tenia sviluppatisi sotto la forma del chole- ra morbus , ed in tempo di sua temuta pestdenza. Storia medica del doti. Gregorio Riccardi letta nel- la sala deir instituto romano di archeologia il dì 18 di settembre 1835. A m motivi mi stimolano a pubblicare la storia di una malattia prodotta dal verme tenia (1). Primo, il de- siderio di allontanare, anzi distruggere, lo spavento m che fu posta questa capitale per le voci da alcuni sparse dell' apparizione fra noi del cholera morbus. Se- condo, l'imporre silenzio a chi tentasse di offendere l'altrui onore , insinuando al pubblico , siccome si è già provato di insiiiuare , un' idea di disprezzo verso il creduto , e quindi proclamato autore del detto spa- vento. Terzo, il far conoscere glt straordinarj effetti morbosi di un tale inaffme principio stanzia nte nel (I) La presente storia fu Ietta il giorno dopo la morte dell' infermo. G.A.T.LXIV. 19 290 S e I E M z n canale digestivo. Quarto finalmente, il trarre un qual- che lume in geoerale sopra le tormentose irritazioni del tubo intestinale , calmate con l'uso di un comunissimo rimedio , che in questi ultimi tempi fu creduto avere operate portentose guarigioni di morbi , che hanno la massima analogia con quello , che sono qui per de- scrivere. Nella notte del di tre del corrente mese, circa le ore cinque italiane, fui ricercato da un signore russo, da dieci mesi a questa parte qui domiciliato , dell* età di anni trentasette , e di gracile costituzione , on- de assisterlo io un male che fieramente lo tormen- tava. I fenomeni costituenti cotesto male erano j do- lore acerbissimo nella regione epigastrica, accompagnato da vomito di materie proteiformi , e simili deiezioni alvine , abbassamento straordiuario della normale tem- peratura , imbecillita dei polsi , angoscio mortali , ed avvilimento sommo di tutto le forze vitali. A dir ve- ro , dietro un tale spaventevole apparato di morbosi fenomeni , la prima idea , che mi si presentò , fu quella del morbo cholera. Ma per non ispa ventare gli animi di coloro , che erano all' assistenza dell* iofermu , i quali prima di me avevano già concepita sì trista idea, tacqui il mio sospetto , e procurai nei ciodi i pili efficaci possibili di persuaderli sulla in- nocenza della cagione del morbo. Per buona ventura neir esaminare le alvine dejezioni , con somma mia soddisfazione osservai nelle medesime un pezzo non piccolo del verme solitario , che dai medici viene di- stinto col nome di tenia lata. Una simile osservazione servi non solo a tranquillizzare il mio spirito , ma an-^ Cora a rendere sicuri coloro , che pressa l* inferma trovavansi , i quali , come già dissi , piiì assai di me erano stati colpiti dall'imponenza ds' surriferiti moi-. Itosi feauQieui. \ Del verme tenia 291 Feci inlaoto le mie mediche prescrizioni colia raira di distruggere, se fosse stato possibile (1), quella mortale oppressione , che sembrava minacciare in bre- vi istanti la vita di quello sventurato. Strofinazìoni alla cute, fomentazioni sulla regione del cardias , cli- stieri emollienti , misture anodine (2) ed antelminti- che (3) , applicazione di calore alle fredde estremità , avena riscaldata e posta suU' intero basso ventre : que- sti furono i medici ajuti , che all' istante per lì primi giudicai convenire allo stato attuale della malattia . Circa le ore sei lasciai l'infermo all' assistenza degli astanti , coli' idea di rivederlo appena fatto giorno. Il giorno dopo di buon mattino fui di nutìvò' a far- gli visita , e con sommo mio rincrescimento lo trovai tal quale Io aveva nella notte lasciato. Continuava il vomito , e lo scioglimento di ventre, fredda la pel- le , arida e fredda la lingua , le unghie di color pao- nazzo , angoscio come nella notte , la fisonomia più alterata , smorti gli occhi ed incavati , e di piti era tormentato da inestinguibile sete. Tutto ciò che alla bocca apprestavasi , era cagione di vomito. Vedendo che quanto era stato praticato era riu- scito inutile ad infruttuoso, e temendo di pili una qual- che sanguigna congestione nei visceri addominali, per la spasmodica contrazione de' medesimi , ordinai che (i) Dissi, «e fosse possibile , pei- la ragione da me abbastanza sviluppala nella lettera sul cholera diretta al celebre Tom- masini , che gli effetti di una qualunque irritazione , siano mo- dali o ancht diatesici, non possono venir meno , senza la totale (distruzione della cagione che li produce. (a) Liquore anodino «d acqua di cannella allungata ueli* acqua distillata. (3) felce miischid , e limatura ili stagno. 10* 292 S e I E tf z E fossero tosto applicate all' infermo delle sanguisughe ali* a/io: che dopo tale applicaziorie fosse posto in un ba- gno assai caldo : che si fossero quindi riprese le fre- gagioni asciutte , e le fomentazioni calde nel basso ven- tre : ed inoltre prescrissi altra mistura antelmintica, in cui faceva entrare le radici di felce maschia secondo il metodo di Pescher di Ginevra , la quale piii dell* antecedeute , nella notte sperimentata ., dava incita- mento al vomito. Il solo suo odore era cuflìciente a farlo vomitare. Era il mezzo dì , ed ancora il male continuava del medesimo tenore. I polsi solo dopo la sanguigna emorroidale potei cpnoscere essere debolmente risaliti , poiché essi tanto nella notte , quanto nel mattino , se debbo dire il vero , non fummì possibile in niun modo esplorare. Tale osservazione fece tosto determinarmi a prescrivere altre mignatte sull' epigastrio, dopo l'appli- cazione delle quali ordinai , che l'infermo fosse nuova- mente posto nel bagno caldo (1). Prima delle ore venti si ebbe un accesso di gran- chi alle estremità inferiori, che si fecero egualmente con gran dolore sentire sul dorso. Le frizioni furono però va- levoli a frenarli. Cotesto nuovo assalto riempì di spaven- to gli astanti, e dtgik nel vicinato era trapelato un qual- che sentore del temuto morbo. Io, per quanto fu in mia facoltà , tornai a rassicurar tutti sulla innocenza della cagione del male , dalla quale giudicava assolu- tamente dipendere il concorso di tutti i morbosi feno- meni di sopra descritti. Ma non sapendo che cosa più fa- re , per non poter più ricevere l'infermo medicamento di sorta alcuna a cagione della proclività a vomitare, (i),Lji temperatura del bagno fu al grado 3a del termometro di ReitiimtiL-. Del vERìifr. tenia 293 mi determinai alla fine di sperimentare l'uso dell* olio comune , ordinando che ogni quarto d'ora se ne fos- se dato un cucchiajo da tavola. Intanto, appena uscito dalla casa dell* infermo , mi portai dal- chiarissimo si}^. prof. Pietro Lupi , onore e decoro della nostra medica facoltà, onde mi consigliasse, se credeva d'obbligo il dare avviso alle autorità superiori del fatto , in che io mi trovava impegnato. Il prelodato professore mi con- sigliò per l'affermativa : aggiungendomi però , che nella dichiarazione io non tacessi, anzi dichiarassi con fidu- cia la mia particolare opinione , che era di ripetere io tutti i fenomi morbosi, che mentivano il morbo cholera, dall' azione tormentosa del verme tenia : dichiarazione che qui con le altre posteriori si annette in nota, per con- venientemente rispondere alla maldicenza altrui (1). Di (i) Cop:a dei rapporti sanitari fatti da me alla sacra con- sulta-,, Il dott. Gregorio Riccardi riferisce a chi si appartiene, essere stato nella passata notte alle ore cinque d'Italia ri«ercato da un signore russo , domiciliato al vicolo del Babuino n. 7 , 2 piano, onde assisterlo nella malattia che lo affligge. I fenomeni morbosi di esja sono un sentimento penosissimo nella regione epigastrica , accompagnato da dolori ricorrenti addominali , vo- mito ed alvine dejezioni di materie proteiformi , imbecillità dei polsi, abbassamento rimarcabile dell' ordinaria temperatura , con accesso di granchi alle estremità inferiori. Neil' esplorazione pe- rò di tali fenomeni morbosi ha il sottoscritto riconosciuto, esser'e il medesimo affetto del verme solitario (tenia ), dall' irritazione tormentosa del quale fa senza dubbio derivare la sindrome de' fenomeni anzidetti. Ma siccome tali fenomeni morbosi hanno la massima analogia co' sintomi del morbo cholera, cosi uniforman- dosi egli alle governative disposizioni ne dà la^sua formale de- nuncia. Roma li 3 settembre i835 . Greg. dott. Riccardi. ,, Innanzi di dare la presente relazione il sottoscritto dott. Ric- cardi prese consiglio dall' «cerno sig. dott. Pietro Lupi, il quale di- 204 Scienze fatto cosi feci, per la coasltl erazione pure che , ove Hn-*- fcrrao avesse soccorabito , non avrebbero i maligni man- cato di pubblicare la malattia per morbo cliolera : e it mio silenzio , o per ignoranza di non averlo conosciu- to, o per imperdonabile trasgressione agli ordini su- periori. Stesi dunque la relazione , e mi portai in per- sona da S. E. il sig. marchese Olgiati presidente re-- gionario , a cui ne feci la consegna , supplicandolo di accompagnarla con lettera sua speciale , onde pregare la commissione saiHtaria a non prendere spavento della cliiarÒ , che con la riserva di sopra esprèssa si fosse al g^overno denunciato il caso sospetto di malattia. „ Alle ore due di notte del medésimo giorno avendo il Ric- cardi rinvenuto un certo rialzamento de' polsi, i quali sembra^ vano essere quasi febbrili , con debole aumento dell'abbassala temperatura del corpo , torna a dare la seconda relazione , di'- chiarando di sempre più con&rmarsi della natura non sospet- ta del morbo. ,, Circa la mei;;;a notte- in compagnia del medico fiscale si^. dottor Valori, .spedito da S. E. R. monsig. governatore di Roma , fu dal Riccardi di ntiovo visitato riiiferino : ed il medico fiscale ,» informato minutamente di tutto, convenne pienamente sul- la innocente deiivazione de' fenomeni morbosi, inculcando perù- ai sottoscritto nvcdico curante di essere sempre attento sii di' ciò che poteva' in seguito accader* , e" di dare giornalmente' delle nuov<; relazioni. „ Nella mattina del 2 giorno dellajnalattia il medico' curan- te volle a consulta Fecomo sig. dott. Lupi ; ed il prtlodalo medico* conteulo di avere il Riccardi eseguito ci che egli slesso aveva^ consigliato , si decide di continuare nell' intrapresa cura , con- venendo anch' egli strila derivazione non' sospetta de' morbo- si fenomeni. . „ Dopo tale consulta il sottoscritto presenta di nnoyo altra di- ckiaraziojie , più. rassicurante delle due primo , nella qiiak espli-- Del vèrme tènia 295 tòtA , poiché io eia sempre nella persuasione cleU' in- ttocenle derivazione del morbo. Gciilile altreraodo il pre- lodato signor marchese , volle per sua bontà , che io fossi a parte della lettera d'accompagno , nella quale si davano rassicuranti garanzie della non sospetta na^ tura del tnale. Erano intanto passate circa tre ore , da che non aveva riveduto l*inferffio. Tornai di nuovo dal mede- simo , e con somma mìa compiacenza osservai , che ave- va ritenuto Inolio da me ordinato.- che di più era Calmata quella fiera oppressione dell' epigastrio , e mi- norati di molto gì* incitamenti al vomito, e le alvine defezioni. I polsi erano alquanto risaliti , e divenuti qua- si febbrili , e l*abbassamento della t^mpera^ura di urt poco minorato (I). Contentissimo di un tale cangia- mento, torno alle ore due di notte a dare una piiJ con- solante relazione , dichiarando che sempre più mi con- fermava nella primissima idea, che tutto lo spavente- vole apparalo sintomatico da altro non provenisse , che «itantente cllchlal-a l'annoetiz» del Aoti. Ijupi, consultato, all' idcsl da esso lui fìn dal principio roncepita , che tutti i feliompm mor- tosi della malattia dovcTano dipendere dall' irritazione tormen- tosa del verme tenia. ,, Nella mattina dèi 3 giorno del morbo dicliiafa di nuovo il «ott a chi si appatliene in questi termini : Quantunque Ja ma- lattia del russo domiciliato in via del Bahuino continui nella sua gravezza ; ciò nulla ostante i fenomeni morbosi di essa sona sempre più rassicuranti in quanto alla loro provenienza , esclu- denti cioè il dubbio^ che il morbo dipenda da sospetta cagione. ,i Roma liG settembre l8!55. Gregorio dott. Ricc«rdi. j. Tutto ciò si deduce a notizia di coloro , che ignorando il fai-» to , potessero sul medesimo tener discorso eoutrario »1I« verità/ « di costernazione pel pubblico. (i) Vedi la noia anlseedeDt#« 296 Scienze da ciò che nelT altra relazione aveva esternato (!]/ Si continuò l'uso dell* olio , di quarto d'ora in quarto d'ora un cucchiajo, per tutta la notte; sì ripeterono le fomentazioni asciutte e le fregagioni alla cute, pro- curando di tenerlo caldo nei miglior modo possibile* Circa la mezza notte d'ordine superiore (2) tor- nai a riveder l' infermo , e lo trovai come lo aveva Della sera lasciato , cioè in uno stato di migliora- mento. Nel giorno appresso fu tenuto un consulto coU* cecino sig. dott. Pietro Lupi , il quale per combina- zione aveva circa 30 giorni innanzi curato il nostro infermo di una perniciosa frenetica : ed egli nella sua saviezza mi fece rifkttere , che conveniva anche ave- re in vista una tale circostanza nel male presente ; co- sicché quando si fosse potuto realizzare il sospetto di un qualche accesso pernicioso , non sarebbe stato egli alieno dal somministrargli una qualche dose di chinino^ Ma il seguito della malattia avend<5 fatto svanire ogni dubbio circa la condizione essenziale del morbo , non vi fu luogo ad amministrazione alcuna del proposto ri- medio. Intanto nella giornata si continuò nell' uso dell' olio , ed in tre diverse volte fu l'infermo tenulo nel Lagno per circa ore sei. Da cento e più volte , che Kinfermo aveva il giorno innanzi vomitato , dopo l'uso- dell' elio non vomitò che circa dieci tra giorno e notte. Nellia notte fu fatto altro bagno , ove volle l'in- fermo forzatamente restare per tre ore continuate. Nei veniente giorno i polsi si trovarono un poco piiì aper- ti , il colore un poco piiì sviluppato , ma sempre al dì sotto della normale temperatura , la fisonomia mena l») Vedi la nota antecedente. (2) Vedi la nota aateccdentc. Del verme tenia 5^7 depressa , i dolori ed i granchi erano del tutto ces- sati : le materie vomitate e rese per secesso compar- vero di color verdastro , ed un poco più compatte che nel giorno innanzi , in cui erano biancastre , e con sedimento quasi amidaceo. Un tal cangiamento di fe- nomeni fu di nuovo fatto palese alla suprema con- gregazione di sanità con dichiarazione esplicita, che la malattia, da cui l'infermo era attaccato, non dove- va più dar sospetto di epidemica o pestilenziale pro- venienza , mentre attualmente altro non rimaneva che combattere la cagione, dalla quale palesemente si vede- vano prodotti tutti i sintomi morbosi della malattia me- desima. ^ Tutto il giorno terzo del morbo altro non sì fece air infermo che fargli ingojare di tempo in tempo un cucchiaio d'olio : ed essendosi egli alquanto nauseato di quello d'olivo , si sostituì l'olio di mandorle dolci. Per bibita ordinaria il decotto bianco del Sydenham (1). Nella sera fu di nuovo messo nel bagno alla tempe- ratura di circa gradi trentadue. La notte fu un poco meno fastidiosa dell' antecedente. Il quarto giorno , lagnandosi l'infermo di un cer- to^ senso di ripienezza allo stomaco , gli fu prescritta un' oncia d'olio di ricino , il quale procurò quattro scarichi alvini di materie verdastre , e più sciolte del giorno innanzi. Alla sera si usò il solito bagno . che volle l'infermo protrarre per lo spazio di ore sei, sempre rinnovandosi l'acqua alla temperatura di gradi trentadue. Per quanto gli astanti facessero , onde ri- muoverlo dalla sua idea di restare per un tempo sì lungo entro l'acqua , non fu possibile d'indurlo a levar- (i) Anche di questo decotto noa prese che piceoh'ssima quaatità. 298 S e I s R z È si. Egli volle ivi restare sintantoché rincoinodilk ^3 posizione non l'oÉbligasse ad uscirne. Nel quinto giorno , il vomito non rinquielò die per sole quattro volte nello spazio di ore ventiquat- tro. Questo fu il momento, in cui per la prima voltai s* incominciò a dare un qualche cucchiajo di brodo di pollo giovane, sospendendo l'olio di mandorle dolci- Nella sera i polsi tornarono ad essere imbecilli , e la temperatura del corpo ad abbassarsi di nuovo. Il chia" rissimo sig. dott. Lupi, associato alla cura, volle che ve- nisse amministralo un qualche cucchiajo di vino ge- neroso , che fu tosto dato. Il calore ed i polsi per al- tro non fecero alcun cambiamento. Circa la mezza noi- te fu da me ordinata una mistura col liquore anodi- no ed acqua di cannella , della quale però non potè prendere che piccolissima quantità. L' effetto fu si- mile a quello del vino , cioè di niun vantaggio La mattina del sesto giorno , continuando sempre l'abbassamento della temperatura e la piccolezza de* poi-* si , l'infermo incominciò a delirare : cosicché , pro- fittando egli di una momentanea assenza di quelli che ne avevano la custodia , abbandonò il letto , e se- co portando un guanciale , si pose nuda sul freddo' pavimento della sua camera. Fu tosto ripreso e ri- posto in letto , e di ì\ a non molto fui a visitarlo ; ed informato di ciò che era passato nella notte e nel mat- tino , temendo di una congestione sanguigna cerebra- le, gli feci applicare dodici mignatte alle tempie. Ta- le applicazione sembrò alquanto tranquillizzarlo. Il fred- do però di lutto il corpo , il color livido della sua fiso- nomia , gli occhi molto incavati , e rimbecillita dei polsi «rano sempre al grado dei giorni antecedenti. Fu prescritto altro bagno caldo : ed affinchè non accades- se ciò che accadde nell* ultima volta , di restar cioè per circa sei ore a contatto di un* acqua molto al d'i t)tt ver:vik tenta 29f> èirptn della nostra ordinarla temperatura , volli lo stesso trattenermi fino all' ora da me stabilita. Ciò che os- i5crvai in detta circostanza si fn , che la temperatara ele- vata dell'acqua non aveva minimamente rialzala quella depressa dell' infermo : per cui , introducendo una ma- tìo dentro il bagno , sì sentiva che il bagno sc&ttava , mentre rinferrao era sempre gelato* Nel settimo, meno il delirio» tutti gli altri sin- tomi continuavano. Non essendo andato di corpo, gli furono fatti dei clisteri emollienti, i quali non furo- no resi. Il giorno appresso , ottavo del morbo , si prescris- se altro olio di ricino , dal quale si ottennero tre sca- richi di ventre. Nella sera si applicarono due vessi- canti alle braccia , che appena ebbero forza di araraoT- lizzare la cute. Erasi già sin dafl principio del morbo , tanto da me quanto dal chiarissimo sig. prof. Lupi, deciso di venire all' amministrazione dell' olio etereo di trementina , qual", specifico del verme tenia , onde vedere di di- struggere la cagione, da cui si credevano derivare tnlti ì morbosi fenomeni nel corso di questa storia descrit- ti ; ma la considerazione di adoperare un potentissi- mo farmaco in un soggetto poco meno che estinto , ci fece prendere il partito di attendere, finche non si fos- se veduto un qualche migtiorameato. La sera del nono giorno si conchiuse , che nel giorna dopo si sareb- be apprestato il rimedio ; ma nella notte essendosi esa- cerbato il gelo del corpo , ed i polsi quasi perduti , si dovette sospenderne l'amministrazione , rimettendola a più favorevole circostanza. Si tornò a propone l'uso della mistura eccitante di liquore anodino ed acqua di cannella, che non vi fu modo di fargli deglutire. Il' brodo Io nausea. Appetendo un poco di the e latte , gli à da , m-a in parte lo vomita. Desidera- di mangia re? 300 Sciente delle pere sciloppate, gli si accordano. Le ritiene , e con queste si nutrisce un poco. Siamo al giorno decimo del morbo , ed il perì- colo ancora di perdere l'infermo non viene rimosso da un deciso miglioramento. Sempre prostrato e depressa di forze; sempre freddo; sempre con polsi imbecilli , e debolissime le sue facoltà intellettuali : talché di tanto in tanto non fa che dire cose strane e prive di senso. Il vino l'abborre ; il brodo non lo riceve ; le medicine lo nauseano. Ecco lo stato di questo infelice fino al presente giorno. Quale sarà il suo fine ? Fino ad ora non si può determinare. Le mie speranze so- no, che potendosi dar luogo ali* amministrazione dello specifico, cotanto a' d'i nostri decantato, e di cui ho io stesso veduti e sperimentali mirabili effetti , dell olio dico etereo di trementina , col distruggersi la cagione della tormentosa irritazione del verme solitario nel tubo intestinale permanente, debba venir meno tutto ciò che si mostrò ribelle ai mezzi fino ad ora prati- cati, i quali, secondo la mia maniera di vedere in me- dicina , altro effetto non dovevano produrre che quel- lo che si è osservato. Fu un punto da me sostenuto nella mia lettera diretta al celebre Tommasini di Parma sul cholera , che gli effetti di una potenza irritativa, siano modali , siano consensuali , od anche diatesici , non possono frenarsi e molto meno distruggersi con mezzi dotati di dinamica azione (i). Il fine , per cui nella malat- (i) Mi piace di qui riportare un tratto di una lettera del chiaris. professore Emiliani di Modena, non ha guari scriltami, 1» quale coincide colla mia particolar maniera di pensare su questo pfttito , e suir altro di distrugger le irritative allernzioni del tubo intestinale coli' uso d«ir olio comune. Del vermb tenia. '"501 tia del nostro infermo praticai le sanguigne locali , le fregagioni, i bagni caldi, le misture eccitanti, i pur- „ Si'g. dottore stimatissimo. „ Da compitissima persona m' è stato consegnato il suo pre- gevolissimo scritto sul colera-morbus, cbe da buon tempo serpeg- gia per l'Europa , e cbe da alcuni mesi , pur troppo , abbiamo nel nostro bel paese ; di che "la ringrazio vivamente. "E , parlan- dole con tutta ingenuità , le dico cbe m' é piaciuta assai assai: edanzi poaso dire, che m'è andata veramente a cuore tutta quel- la parte , cbe riguarda V irritazione , da lei considerata siccome condizione morbosa in che desso consiste. Né solo m' è piaciuta , perchè così la penso >o pure , come potrà vedere da quel che scrissi parlando in genere del colera , ma per la qualità delle validissime ragioni , con cui ella dimostra e comprova l'annun- zialo principio. Gradisca quindi questa mia lode , perchè ella è per ogni. conto sincera ; siccome sincera si è pure la propen- , sione che le significo ( che è ben consentanea alla lodata con- dizione irritativa) per ciò che riguarda all'olio comune, da ^ inframmettere .-. bibite piuttosto abbondanti , di brodo tenue , o d'infusi teifarmi , siccome semplicemente diluenti , per cura di si fiero morbo. E quadrami assai il dar molto valore ad un olio emolliente in un caso , dove si ha si gran bisogno di to- gliere granchi o spasmi, non solo tormentanti, ma pericolosi ezian- dio ; dove si ha si gran necessità di favorire la catarsi , coli' oh- ' bligo a un tempo di astenersi da tutto ciò che può irritare. Alle quali cose poi , per dar preferenza all' olio sopra qualunque ' altro rimedia , aggiugnesi l'utilità che se ne può attendere , • per la sua facoltà involvente , e direi quasi inverniciante , della quale * piìi che conclamata l'urgenza , allorché una cagio- ne (per certo sommamente pungiti va ) , che esercita la sua azio- , ne su membrane delicate e sensibilissime , non può essere , per non conoscersene i mezzi , né direttamente combattuta , né in alcun modo neutraliizata ec. Modena 17 settembre i835. 302 Scienze ganti ec. non fu certamente quello di poter con tali mezzi vincere e dileguare ciò che dipendeva dalla irritazione del principio inaffine , stanziante nel canale intestinale , ma sibbene di procurare di allontanare, in forza di proprietà puramente meccaniche di simili me- dici ajuti , una sanguigna congestione nelle parti nii- uacciate dal ritardo della venosa circolazione ; la qual congestione poteva essere causa sicura di prontissima raorte. Cotesla massima dottrinale trovasi bastantemente sviluppata ueir accennata mia lettera , ove con suf- ficienti ragioni si prova , per quanto sembrami , che ciò che dipende da irritazione , diviene infrenabile con mezzi che agiscono sul generale eccitamento , ancor- ché siavi sviluppo di una diatesi di stimolo , e vice- versa. Avendo l'undecimo giorno offerto un certo largo , per non trovarsi la gelida temperatura e l'imbecillita dei polsi nel critico stato del giorno antecedente , si venne finalmente all' amministrazione dell' olio di tre- mentina , misto a quello di ricino nella dose di mezza oncia per ciascheduno. Non aveva ancora terminato di deglutirlo , che un vomito impetuosissimo glielo fece restituire quasi nella totalità. Siccome tutte le speran- ze dell' infermo erano riposte noli' azione di un tale rimedio, vedendole esso deluse per l'impossibilità della deglutizione , cadde egli in un morale abbattimento , che tosto fu seguito dal fisico , per la micidiale in- fluenza di quello su questo. Circa il mezzo giorno il gelo s'impadronisce del suo corpo in modo assai più forte dei giorni antece- denti. I polsi non si sentono più affatto , ed in questo stato mortale passa il resto dell' undecimo giorno. Si procura di ristorarlo con brodi consumati : ma non appetendoli , anzi disgustandolo, non ne fa uso. Si cer- ca in altro oiodo di dargli uutrimeuto , ma tutto ia DsL vehms TsicLi 303 vano. Il caldo applicato sul corpo non riscalda ; le fregagioni non giovano ; gli siimeli non eccitano : co- sicché viene a perdersi ogni speranza di guarigione. La notte la passa in uq perfetto sopore. Il giorno susseguente è del tenore medesimo dell' undecimo. Nella sera si fa l'applicazione de' senapismi alla pianta dei piedi. Nella notte la temperatura si rial- za, risvegliansi i polsi. Il calore si aumenta sul fare del giorno. Celerissima si fa la sanguigna circolazione. Si manifesta una potentissima febbre, indizio infallibile di cancrenosa flogosi : della qual febbre era stato pri- vo fino al presente giorno. La fisonomia si mostra più alterata , gli occhi più incavati , la cornea si adombra. Si sviluppa un affanno veementissimo, e così una pe- nosissima morte alle ore ventuna del tredicesimo gior- no del male pone un termine alla terribile scena del nostro sventurato infermo (1). (i) Duolmi di non potere ìUustrarfi la presente storia medica coli' anatomica sezione del cadarere , per non aver voluto il fratello del defunto accordar* il permesso dell' autopsia eadt' Yeriea, 405 Comentarìo intorno la vita di Giacomo Sacchi scritto da Francesco Maccahetti^ AL SUO CARISSIMO AMICO FERDINANDO RANALLI, G. IGNAZIO montanari/ ^JTran! tempo è die io desiderava darvi prova so- lenne deir amicizia mia, la quale perchè nata e ere- scinta dalla umanità vostra , e dalla stima che io ho per voi e per l'ingegno vostro , spero che sia dure- vole e non senza onore ; ma più il desiderio mio cre- sceva, pili ancora s*aumentava il timore che la prova che io vi darei non fosse al tutto da voi. Tornanda adunque d'un pensiero all' altro , e fermo di donarvi il titolo d*alcuna cosa di lettere , eccoti mi viene alle mani un commentario latino inedito, scrittura del fa- moso don Francesco Maccabelli da Russi. Fui io di queste donato dal povero prof. Domenico Antonio Fa- rini, la cui vita fu tutta onorata dagli uomini di let- tere ; la morte fu compianta da quanti hanno senso d'umanità. E perchè questo commentario fu lasciato imperfetto dal Maccabelli , né cosa imperfetta si do- veva a voi offrire, io l'ho condotto a fine, e aggiun- tevi alcune notizie intorno Io slesso Maccabelli. L'ho anche voltato in italiano , perchè nel dono die io vi faceva vi fosse pure almen parte di mio lavoro. Troverete che lo stile del Maccabelli è robusto, sue- e O ;U E A T ARIO SO" COSO , e formato sul classici .- e ben vi {jana clic io a ragione il cliiarai viuclice e re&tituloie della lingua latina , la quale per le stolte fantasie del D'Aleinhcit si voleva bandita dal mondo: e bandita coti ischerim quella maestra d'ogni umano sapere, come meretrice lu- singhiera e spargitrice d'ignoranza. Egli la sostenne coli' esempio, la distese coi precelti, e della sua scuola usci- rono i primi che avessero ed abbiano fama al secol nostro, il Monti , il Turchi , lo Strocclii , il Montali/, ed altri nomi onorati che sono sopra ogni elooio. JNè povero soggetto è quello eh' egli prese a lodare iu queste poche pagine: poiché Jacopo Sacchi fu de' buoni medici di quc' tempi , e riputato assai ; e lasciò opere che attestano il suo sapere. Forse vi parrà che quan- do il Maccabelli tocca dell'onta che il Sacchi ricevè in patria per macchinazione di alcuni tristi , egli a troppo neri colori dipinga quella illustre terra di Ro- magna che egli aveva a patria comune col Sacchi. Ma se porrete mente a quella sentenza che il popolo facilmente si lascia guidare da chi più l'abbaglia e io lusinga, voi converrete che non a mala natura di que- gli uomini si deve imputare il fatto , ma alla scal- trezza di pochi rei nemici d'ogni pace e d'ogni bene. Io non so se voi conosciate queste belle nostre prò- vincie, e se abbiate voi contezza dell' indole de' nostri, Conciossiachè di noi variamente si parla da chi non ci ha sperimentali , e sovente siamo calunniati come crudeli : ne il sig. Sismondi nella sua sloria della re- pubbliche italiane ci risparmia la taccia di perfidi. IV» noa vi parlerò della insensatezza di quesl' accusa ; uu oltremontano non può, non sa, non deve altrimenti par- lare. Sebbene uno storico delle repubbliche ilaliauc doveva conoscere il valore de' nostri , i guerrieri che avemmo , le prodezze, l'eroismo che dominò nelle no- stre contrade. I nomi degli Sforza , de' Malatesla , lU- G.A.i'.LXiV. 20 306 S e I E if X t gli Ordelafli, de' Feltreschi, abbastanza dovevano nm- strai^li che la Romagna noa è terra di barbari. Do- veva egli sapere, che primi ordinammo civili reggimen- ti , che primi conoscemmo e ristorammo quanto vi ha di lettere , di arti , di scienze. Una sola citta eh' egli avesse conosciuto , l'avrebbe pur persuaso colle anti- che e moderne mx^ttoiic che ben altro noi eravamo. Privilegiati dalla natura, dall' un canto abbiamo ric- chezze dall'adriatico, dall'altro ci solleviamo suU'apen- nino. Aere puro e sereno , uberta di campi , fre- schezza di fonti. Qua ombre di boschi , ma non sel- va"wi ; la piani immensi e feracissimi; ampiezza di verdegfrlanti praterìe ; immensità di valli ; per tutto dovizie di viti ; per tutto industria d'agricoltura. Che dirò io delle citta, degli edifici, della maestà d'anti- chi monumenti? Bene in ogni dove si mostra essere que- sle terre stanza di popolo civile, industrioso, vivace : e dove ridoiio le arti, ove avanzano le lettere e le scien- ze, non è ne crudeltà ne perfidia. Popolo svegliato, pronto di mano e d'ingegno. Nel vizio e nella virtù facilmente corre all' esterno ; ma ha più assai virtù che vizi : ardito del pari che generoso. La storia in- segna qual fede tenesse nelle alleanze , e che parte avesse nella civiltà italiana. Aperto, leale, sincero; ter- ribile a chi lo sprezza , docile ed amorevole a chi lo corregge. JNon ha freno nell' ira, non ha modo nella generosità. Pronto a porre la vita a difesa del suo prin- cipe; non lo^ sgomentano pericoli, non lo arrestano dif- flcultà. Amico delle gioviali allegrezze , ospitale : po- che ma scelte parole, e nelle parole il cuore. Mai non promette , mai non minaccia invano. Misura della 'fantasia di questo popolo l'avrete nel Bartoli, nell'Ario- sto, nel Monti. Il Gorelli, il Rossini vi mostreranno quan- to egli possa neir arte delle più care armonie. Il com- mercio e più l'agricoltura e l'industria lo fanno rie- co : e questa sovrabbondatile ricchezza talroltn gli è cagione di danno. Quanto poi tutta la cristiafnla deb- ba alla Romagna, cliiedetelo alla storia degli ultimi tem- pi , leggetelo sulle tombe de' nostri concittadini il se- sto e il settimo Pio. Ben so che mala arte di tristi anche a' tempi nostri pretessendo vane apparenze ci ha accusati: ma l'ambizione di pochi non è da confonderà colla bontà di settecento mila e più uomini. Tutto il mondo abbonda di rei , in ninna parte sono le scel- leragini sconosciute: Roma ebbe Calilina e i suoi sepua- ci: non per questo i romani furono men di prima l'am- niirazione del mondo. Forse oltre l'alpi, oltre il mare avrebbesi poiulo trovare di iot^geri quella crudellà, quel- la fé disleale, quella perfìdia che a noi viene da un oltremontano scrittore di cose nostre imputala ; e cosi non fosse, che più lieta sarebbe e più riposata l'uma- na società ! Non crediate, mio Ranalli, che io abbia vo- luto fare l'apologia , o la difesa della mia patria : uh questo era il luogo , ne oggi è il tempo ; uè cosi iti due linee si può rispondere all'autorità di uno stori- co, che se gli fosse ricordato d'essere italiano d'origine, avrebbe meglio ponderate le parole , meglio esaiuitiala l'indole dei popoli , di cui parla. Io ho voluto farvi co- noscere così Cora' è l'indole e la natura di queste pro- vincìe, onde di esse portiate retto giudizio. Non vi ho detto punto delle lettere nostre, poiché voi conoscitore della italiana letteratura, e cultore de' buoni studi, chia- ro intendete quali e quanti avemmo ed abbiamo letterati d'ogni maniera , e come Roma capo e regina del mon- do onora e tiene in alto i nostri. Ne manco vorrei che per le parole del Maccabelli vi deste a pensare sini- stramente del nobile castello di Russi , si chiaro per valore ne' tempi antichi , patria del mio dolcissimo mae- stro monsignor Pellegrino Farini , e di altri nobilissimi ingegni non pochi. Il Maccabelli scrisse sdegnato, »'«4i- 20* '308 S e I K N Z E rò co' malragi, e solo a malvagi si dirizzano que' suoi acerbi rimproveri. Dopo queste cose non mi resta cIjq pregarvi ad aver caro il presente che vi f o : e a condonare alla pochez- za mia in quella parte che vi ha di mio. Vivete feli- ce, a bene degli studi comuni : e tenetemi vivo nella grazia di raonsig. Muzzarclli e degli altri sommi di che va lieta Roma , voglio dire il Biondi , il Betti , il Santucci , l'Odescalchi , e gli altri ior pari. Addio. Di Pesaro il 5 di iigo^to 1835, e: 0 M M E ìN T A R I O L U M i^uslura Flaminiae oppidnm ost , fossis , muris, ca- stellis , aggeribus , veterirjue arce munitura. Mediuia fotrae inter Ravennani ^veutiamque urbes cura ^it , ab altera , qua a<\ orientem vcri^it, octo, ab altera, qua spectat in meridiem ^ raillia pirciter passuum decem abest. Hic loci Bernardino Sacchio viro honestissimo , et Maria Maj^dalena Vaccolinia cotlitiiolana foemina le- clissitna porentibus, anno 1729 natus est Jacobus, de quo seri bere cxorsi suraus. Pater prout in puerulo per- spexerat iudolem fulgere virtutis , quara diligentissime in id studuit, ut primis artium rudimenlis quibus pue- rilis aetas solet informari , filius impertiretur. Tradi- tus itaque est Paulo Venturio, qui tum gramitiaticani apud russicnses publice profltebatur. Qua in perci- pienda taiitara is adhibuit diligenliam , ut sua ipse so- Jertia aequales cxcitaret, clariusque inlcr eos explen- desceret , quam ii possent aequo animo pati. Gram- nialicis studiis confectis, juGsus est domo excedere , at- que in faventinum seminarium , quod jam lune et ado- Jescentium frequentia , et praeceplorum scientia atque sedulitatc florebat, demigrare. Ibi quadriennium in po- litioribus lilteris , rlietoricaque ducem habuit Hierony- mum Ferrium longianensera, virum celeberrimum, cujus humanilati , doclrinae , atque consiliis pluriraura me quoque debere libenlissime fateor. Quantum eo docen- te profecerit , multa sunt indlcio , quae tura soluta, fum ligala oratione ab eo scripta in nostrorum tempo- rum colleclioMibus edita Icguntur : in quibus nibil non elegans , nihil non venustum , nibil non acri studio judicioque limatura videre licet. Cura bis ex studiis emersisset, ad philosophiam laudandarura artium omnium girocr»alricem quamdam, et quasi parcntem, ut ba'jct U 1 1 - G O W E J\ T A R I O Russi è im castello della Romagna, forte di fosse , mura , baluardi , terrapieni , e di aulica roccu. Mezzo tra Ravenna e Faenza, da questa è distante otto mi- glia dalla parte d'oriente, da quella presso che dieci dalla parte di mezzo t\\. In questa terra adunque di Bernardino Sacchi uomo onestissimo , e di Maiia Ma- dalena Vaccolini da Cotignola donna senza pari , nac- que il 28 di aprile nelT anno 17?0 quel Giacomo , di cui ho impreso a scrivere. Avvistosi il padre della bella indole del fanciullo , si diede ogni pensiero eh' egli fosse ammaestrato in que' primi rudimenti delle arti li- berali di che sì suole informare la puerile età: e però fu dato in cura a Paolo Venturi , il quale a qnc' d\ in- segnava grammatica nelle scuole pubbliciie di Russi. Il fanciullo tanto si diede a studiarvi, tanta diligenza vi usò, da mettere emtilazione fra' condiscepoli , e da a- vanzarli più di quello che essi potessero in pace com- portare. Terminati gli studi di grammatica fu condotto nel seminario di Faenza , die allora era in molto fio- re, e per lo gran numero degli allunni, e per la scien- za grande , e la diligenza de' maestri. Ivi quattro an- ni studiò belle lettere alla scorta di Girolamo Ferri da Longiano , che ebbe tanta celebrità per lo suo amo- re alla lingua latina, alla umanità , alla dottrina , ai consigli del quale io pnre moltissimo debbo , e di con- fessarlo mi piaccio. Quanto egli profittasse alla scuola di lui lo mostrano chiaramente molte cose , che egli scris- se e in verso e in prosa , le quali vanno per le ma- ni di tutti , essendo stampate in alcune raccolte de' no- stri giorni : ivi non e cosa , che non sia piena d'elo- quenza e di grazia , e con sottile giudizio e molto studio limata. Uscito di questi studi , passò alla filo- sofia genitrice e custode d'ogni arte lodata , come di- ^" ! '2 (^ i> .11 .■■.! K N T A ft I •' I i; V Cicoro (le orat. J. 1 cap. 3, gratluni fpcit- In cu usus est cìoctore Jacobo Verda novocomensi , singularls in- genii rnaximaeque indusln'ae hom>ne. Cui adeo ope- ram suara probavit , ut vir ceteroquin erga auditores paulo nioiosior , non diibilaverit gcnerosis enra con- discipuHs ad imitandum proponere. Quibus facuUati- bus instructus , e seminario tandem abscessit : cumqne medicinae amore jam a puero flagrare! , Bononiam pro- fectns est. Bononiae doctrinae fama , mcdicaeque ar- lis preslanlia Itim prae celcris eniincìiat Bartholomaeus Becoarins. Hunc igilnr sibi audiendum rum slaluisset , peliit ut in lis csset , qui illias scliolam frequenta- barit. Cujns rei poteslate facla , sic dicentem suspexit atque admiralus est , ut non mintvs publicis , quam privatis domi Jectionibus mira assiduifale iriennium in- terfnerit. Hoc tandem studium eo praeeunle emensus, pul)licum , ut moris est, philosopliiae ac medicinae cxa- raem snbiit, probatusque laurea est donalus. Quod ve- ro non salis haec esse intelligebat ad medicinam utili- ter faciendam , totns versabatur in ])ervoln(andis pro- ijjjatissimorum medicorum libris , et frcqucns aderat in nosocomio S. Mariae de morte , ut varia morborum genera, eorumque curationes diligontius cxaininarel, du- ca Josepho Azzo-Guidio , a quo , et plurimum in ana- tliome , cliimia, bolanicaque exercebatur. Neque eo con- tenlus , Arimiiium demigravit , seque in Ioannis Blari- cbii disciplinam dcdit. Aiternm jam annum Arimini te- nebatur, cum cerliorem enra Blanchius facit , tempu.s jam esse audendi , et sine cortice , ut ajunt , nandi. Hujus Consilio parens, primum ad balneoraballenses ve- nit , mercede publice decreta , aegrotos curantura , qui agros incolunt. Deinde Vcruccliium concessit. Ilinc Ci- vitellam transit. Deniqne privatns Forum Livii petiit , vth eultissiroa in civiJate cxpcrirciur quid posset. Ilio pio- e O M K K T A R t O 313 c« Cicerone nell' oratore. Vi ebbe a maestro Giacomo Venia da Conio , bellissimo ingegno e pieno d' industria. E tanta opera egli pose alla (jlosofia , die quell* nomo incontentabile anzi che no non dubitò proporlo ad esem- pio dei generosi suoi condiscepoli. Apparate queste facoltà , partì finalmente del seminario : e avendo mo- strato fin da fanciullo molto amore allo studio della medicina , andossene a Bologna. Per fama di dottrina e per eccellenza nelT arte medica allora aveva grido sugli altri in Bologna Bartolomeo Beccari. Essendosi adunque proposto di porsi sotto la disciplina di lui, chiese di poter essere di quelli , che usavano alla scuo- la di lui : e avutone il permesso, cosi gli piacque e lo ammirò , c!)e per tre anni interi e alle pubbliche e alle private le/.ioni assiduamente intervenne. Seguen- do tale scorta, giunto finalmente alla meta sostenne, com* è costume , pubblico esame di filosofia e di medici- na, ed approvato ne riportò la laurea. Ma perchè bea conosceva non bastare ciò ad esercitare utilmente la medicina , cominciò a svolgere e a dar de ntro a lutt* uomo ai libri dei medici più rinomali, frequentava l'ospi- tale di S. Maria della morte per esaminare i diversi ge- neri di malattie , e le diverse cure : e io ciò gli era duce Giuseppe Azzo- Guidi , dal quale era stato as- sai esercitato nell'anatomia , nella chimica, nella bo- tanica. Nò contento a ciò , recossi a Rimini , e si mise alla disciplina di Giovanni Blandii. E poiché due anni erasi trattenuto a Rimini , il Biaiichi apertamente gli disse essere omai tempo di prender animo , e di abbandonansi a nuoto senz' altro ajuto , che di se tan- to. Abbandonatosi a questo consiglio, andò con pubbli- co stipendio a Bagnacavallo per curarvi gì' infermi di campagna : poscia si recò a Vernccliio , quindi pas- sò a Civifella , infine venne a Forlì medico 'ventu- ri ere , onde in quelb c'iU'x collis.sima mettere a prò- 314 G q M !>l K r( T A K f O I, if HI pter doctrinaè faraatn cum viveret non mediocri cuna dignitate , donuitn a civibus suis vocatur , dalus adju- tor Francisco Coltrlnio ferrariensi, russiensium medico , qui propter aelatem pedibus oculisque jam raious va- lebat. Adiutori"; raunus non ultra quadrienniurn susli- nuit : namque Goltridio morte interceplo, in ejus locum cunctis suffragiis substitutus est , assignato in annos sin- gulos stipendio , quod Coltrinio pendebatur. Sic russien- ses erga Jacobum se gerendo, luculenler quidem osten- derunt ejus sibi operam gratam acceptamque esse. At quo illustrius id pateret , majora in ipsum beneficia contulerunt. lani inde ab anno IMO Sacchiorura fa- milia maximos Russii raagistralus oblinebat. Ne quid jgilur lacobo deesset , quod ad eum ornandura pertine- ret , iidem sunt ei decreti alque delali. Primus au- tem gradus capessendac reipublicae fuit anno 1763, cuin Bernardino patri , qui repentino morbo correptus in- terierat , suflèctus est. Delatos bonores ea inlegrilate, aequitate , et justitia gessit , ut nihil integrius , nibil aequius, nihil justius geri posse , vel ejus adversarii fa- teantur. Quanta porro hic fucrit abstincntia, nullura af- ferro majus testimonium possum , quam quod cura avun- culo Gaspare Vaccolinio , inter horaines adhuc degen- te, bcres fuisset institulus , moxque sum|)tuosum se- neni facti penileret , confectas bac de re tabulas , eideiu conscindendas sua sponte concesserit. Quod praeclarum adeo duciraus , ut magnificentissiraum praedicare non vereamur. Patre, ut docuimus supra, mortuo ad res do- raesticas coraponendas aninium adjecit. Quibus consti- tutis , uxorem dnxit Catbarinara Corclliani , quara iti ipso aetatis flore viduam reliquerat Dominicus Sartius im- matura morte pereraptus idibus sextilis anno MDGCLX, Duos ex ea liberos procreavit. Quorum prior post ali- qunt ab orlu menses morbo consumplus est : alter , Ber- e O ?ff K N T A R f O 315 ra l'arie sua. Vivendosi quivi in molla fama e digni- tà, fu chiamalo da' suoi cittadini in patria, e dato coa- diutore a Francesco Goltriiii da Ferrara medico pub- blico , il quale per l'età avanzata , de' piedi e degli ocelli male si valeva : e in questo ufficio non istetle più che quatro anni. Imperciocché passato di que- sta vita il Goltrini , a pieni voti gli fu sostituito eoa eguale annuo stipendio. Tali porgendosi i russiesi in- verso Giacomo, mostrarono apertamente, che l'opera di lui era loro stata grata ed accetta. E perchè an- che pili chiaramente ciò fosse manifesto, di maggiori beneficii il colmarono. Già fino dal 15l0 la famiglia Sacchi teneva le prime magistrature in Russi , e per- chè nulla venisse meno a Giacomo di ciò che a fargli onore si apparteneva , le medesime cariche furono a lui decretate e conferite. Il primo luogo adunque che ebbe al reggimento del comune fu nell'anno 1763 , quando a Bernardino suo padre, improvvisamente man- cato per morte , fu surrogato. Gli onori conferiti am- ministrò con tanta integrila, equità e giustizia , che a confessione de' suoi stessi nemici non si poteva di pili. Di quanta astinenza poi fosse , una prova ne re- cherò, che fia come suggello del vero. Era egli stalo donato da Gaspare Vaccolini,zio materno, di tutto l'aver suo : ma vivendosi il vecchio in molte spese , e do- lendogli della donazione fatta , egli spontaneo gli por- tò la scritta : la stracciasse , che n'era conlento. Il che ci pare tale prova al certo da poterlo dire , sen- r.a tema alcuna, spleudidissirao. Moi logli il padre, co- me più sopra è detto, si pose a dar mano agli affari domestici : e composti che li ebbe, menò donna. Cuta- rina Gorelli era rimasta sul fiore degli anni vedova di Domenico Sarti, da immatura morte rapito il quin- dici di luglio del 1760. Questa si ebbe egli : della tuale gli nacquero due figliuoli, il primo de' qoali pò- 31^' C tt M M E N T V K I O T. M M nardlnns nomine, lìcet atlliuc puerulus , uFpote noo- ampliu"; septem annos natus, maf»tiam suis spera inje- cit , talem aìirpiaiido futurum , qualetn coguilum judi- cari posse vehemctiler coiiciipiscimus. Placfeiìus pro- spera Jacobò niaiiserat fortini t : seti quippe qnae prò sua raobiliUtt! ira deliciis liab't; cle:neri>(^re , qucm pali- lo aate extulcrat , conversa siibilo ea est , maxiraum- que ipse in odium pervenit civium snoriim. Qtioniam ai hunc locam veatum est , non aìieiinn.i videi or docerc, quaeuam sit bis diebus (loliseiiiui icU o aetati!)us apnd nos iiiaiidituni ) iionnnlloriim riissiensiuin natura , quo possit facilius intelìif^i , unde lani subita facta sit rf- rura coinmntatio. Gcruis quoddani est bominura Hnssii, quibus otii> tabi'sceritibus hoc: maxime est illustre, quod verbosis stropbis aut aleis totos dio» conterant. Ili fortasse co polissimiim , qnod nibil sapiunt , nihilque admodum sciunf, licct corum plerique ca muneris di- gnitate teneatilur, ut plurimura sapere , et non mi^dio- criter scire deberent , litteris quoquomc^lo cxcnllos de- spiciunt , ludibrioque habent. Acerbius hoc quidera est, quam ut patietiter fórri queat, nibiio lamcii secius fer- ri polest ; eteniin patet nullo apud cos lilteras bjco esse , qui digaa lilteris non gcrunl- E', illud minime fc- rendum est, qnod despicientiae et ii risi onibus contu- melia quoque et vis identidem addatur. Quo fit , ut qui inter nostrales studiis delectenlur , in tenebras se abdere , proculque ab s<"CJetate, quam ipsa inter Ìioìììì- ncs natura consliluit , vitam degere cogaritur. Vernai quoniam in occulto virtus conlincre se se nequaquaa» polest , et suis ipsa viribus voi invila in aperlum pro- dire compellitur : siquis ceperit doctrinae nomine al- tius quemodocumque cmerjTcrp . Iiunc ve! invidia, vel nifilf* v(dp«tia diirti , «v.idique atìovnintur , ut piocnl- e O .11 11 E ?« T A R I O 317 chi mesi dopo nato raoii : i'iillro a nome Bernardino, sebbene ancora fanciulletlo di non più che sette aii- iii , mise di se ne' suoi grande speranza , diverreb- be una volta tale» quale bramiamo che conosciuto si.» giudicato da tutti. Fin qui la fortuna gli era rimasta prosperevole: ma perchè, mobile com'è per natura, nul- la più le piace che porre al fondo chi prima aveva levato a cima, gli voltò subito le spalle, sicché cad- de in grande odio presso de' suoi cittadini. E poiché siamo venuti a questo luogo , ci pare dover mostrare quale sia a questi dì ( cosa non udita fra noi nelle eia passate ) l'indole di alcuni russiesi .- onde sia più agevole il comprendere come sia avvenuto si improv- viso cangiamento. Vi è in Russi una maniera di per- sone che marcisce nell' ozio , e non fa altro in tutto il dì che cicalare de' fatti altrui , o starsene coi dadi o colle carte alla mano. Questi uomini principalmente perchè e' non hanno fior di senno , e nulla affatto san- no , benché i più siano tenuti per la dignità delle ca- riche loro e a sapere non poco , o almeno ad avere buon senno , sprezzano in ogni guisa e motteggia- no gli uomini di lettere. E' cosa assai dura a sop- portare ; nulladimeno si potrebbe patire in pace , poi- ché è chiaro , che le lettere non possono trovare gra- zia presso coloro che nulla fanno che sia degno delle lettere. Ma ciò che non si può soffrire è, che al di- sprezzo e ai motteggi, le villanie e la violenza si ag- giungono. Laonde avviene che coloro, i quali fra noi de'buoni studi si dilettano, abbiano a vivere nascosti, e siano costretti a dilungarsi dalla società stessa a cui la natura gli uomini ebbe formato. E siccome la virtù non può starsi occulta , e anche suo malgrado gotta alcun lampo di luce , se vi ha chi cominci ad aver grido ed avanzare gli altri è fatto segno a"li stiali dell' invidia e della malignità , e poscia cai'- ■ / S I 8 C O M M E K T A K « 0 L li M calai moltitudinis pedibus obteratur. Quarn ad rem per* ficiendara cura omnia peimiscent atque conanlur , tum ubi obtrectatioiies , maledicla , ceteraque luijns gene- ris irrila cesserint , eo deveniunt impudentiae ut ora- tionera libi affingant ; et quae nec dixeris » nec fece- ris, irarao ne cogitaveris quidam, ea non modo excogi- tata , sed dieta etiara et facta , nullo rubore audeant praedicare. Quod si non satis iis sit in vulgus haec edidisse , ad calamura confugiunt ; et libellis ad prin- cipes quosque viros, qui rerum suraraara teueant , da- tìs , honestos homìnes in crimen vocant , in hos ia- veluintur , de bis detrahunt: ut quidem piane conslet , ab incepto pestem isttuii liomiuura non iri deterrltura , quara ante cura perdiderit , quem sibi oppugna ndunl proposuit. Qui igitur in istorum linguas inciderit , is actum de se putet. Incidit Jacobus tura quod doctri- na praeslaret , tura vero quia eorum dissirailis et rao- ribus et factis ab illorura coetibus abhorreret. Nara- que ipse , pulchre qui nosset nisi in bonis amicitlam esse non posse , satius existiraans cura paucis , sed vi- rìs probis consentire , quara cura multis , sed non iis optirae de bominura genere meritis commentari , ad- duci nuraquam potuit ut cura iis esset. Senserunt : atque animo iniquissimo ferentes , quod se couterani puta- bant , ad arma conclamarunt. Ex eo tempore nibii fuit injuriarura , caluraniarum nihil , niliil maledictorum , quod non in Jacobum evomeretur. Alii enim vocifera- bantar , Bononiae is cura esset studiorura causa , noa medicinae addiscendae , sed diebus bilariter agendos slu- duisse. Alii, sedulain quidem operar» rebus raedicis na- vasse : sed ininiraura usu prudentiaque valere. Alii in receutioribus tantum modo esse versatum ; prinìas au- tem in niedendo antiquioribus esse concedendas. Deni- que tantum non oranes praedicabunt oppido paucos , ipso raedicinara faciente , convaluisse : quam plurimos G O M n N T A R I O 3'19 pestalo dalla feccia del popolaccio. E por giuguerc a questo, tutto tentano, tutto tramescolano: e quan- do la calunnia , la maldicenza , e sì fatte altre male- dizioni tornano a vuoto , si giugne a tale sfronta- tezza , d' inventare e porti in bocca ciò che non hai uè detto , ne fatto, anzi non ti è neppur passato per la fantasia. E se questo non basta avere sparso nel volgo onde esacerbarlo , danno di mano alla penna , e presentano memoriali a coloro che reggono , coi quali accusano uomini onesti , contra essi inveiscono , ior fama denigrano: e ben si vede , che questa mala ge- nerazione d'uomini per nulla si cessa, finche non ab- bia perduto e gitlato nel fondo colui che si sono fatti ad assalire. E però si tenga per ispacciato chi si ve- de bersaglio di queste lingue infami. E bersaglio di queste fu Giacomo , sì perchè era dotto , sì perchè nei costumi e nelle opere non li somigliava , e si tene\'a lungi da' loro crocchi. Imperciocché egli bea sapendo non potervi essere amicizia se non fra buoni, stimando miglior partito restringersi con pochi , ma che fossero cima di galantuomini , piuttosto che con molti , non potè mai ridursi ad entrare nel loro no-, vero. Se ne accorsero: e a mal cuore comportandolo, perchè pareva loro di essere sprezzati , gli gridarono contro la croce. Da quel tempo non vi ha ingiuria, non calunnia , non maldicenza alcuna che non fosse vomitata contro Giacomo. Quelli dicevano, che quando egli era in Bologna per cagione di studi , non atten- deva ad imparare medicina , ma a darsi bel tempo : questi affermavano , che egli aveva studiato medicina, e la sapeva , ma non aveva né pratica ne prudenza: alcuni , che conosceva bene i sistemi moderni , ma non altro, e che nella medicina il primo luogo è degli antichi : finalmente v'erano anche di quelli che di- cevano, che da che era medico non erano tanti i sua- S20 G «) M 3t E N T A R 1 0 L U n vero ad sepulcruui elatos. Quae cum iu lurbara statini cxissent ; eteniin niliil est lam volucre , quaiu raalecU- ctiim; incredibile dictu est, quantum liobuerint inotnen- ti ad virtutis laudem obterendam raollitudinemque coii- citandara. Populus acer, suspicax, raobilis, advcrsarius , invidus etiam , quo liis rumoribus rapilur , eo Icincre fertur : et quae exceperat , ea in l'oro , in viis , in ta- bernis dicendo exagerans, conluineliosis homiuera voci- bus insectatur. Noverai haec Jacobus , qui etsi ad ea visus est non multum comraoveri , sensit tamen perni- cieni sibi parari. Dura haec geruntur , dies advenerat, qui est ad XII kal. januarias. Eo die nios est rus- siensibus a majoribus traditns , ut senatus quotannis babeatur de iis consultus , qui publice sunt merce- de conducli , quorum in numero , ut ostendimus su- pra , erat Jacobus. Verum quod non ignorabat , incer- tos esse suffragiorum exitus, prudenter sane constilue- rat se non iis conimittere. Ast hortantibus aniicis qui niliil ad versi exlimescendura propterea censebant, qood vix aut ne vis quidom fieri posse ar})itrabantur , ut delecli ex bonestioribus farailiis patres conscripti cmn popularibus in aliennm dedecus conspirarent , de seu- tciitia dimoveri atque in apertura diserimen projici se passus est. Duodevigiuti inlerea convenerant in con - ciliura patres : cura.'|ue de Jacobo Telatura jara esset , suffragia feruntnr. Quibus latis, cognitura quidera quan- to atitistare soleat interdura virluti fortuna ; octo eniia tantuinraodo prò Sacchio , decera in Sacchiura tulerunt. Sicque cum apud nos lege cautuin sit , ne quid ratnra firmumque liabealur, ni id , cum excnipli gratia XX adsunt , XI saltem approbarint, vir sane doclus, quo scpletn jara annos fuerat honore fuuctus , dejccfus f.st. e O It E iS T A i; I o 3 J I riti , quiinti i mandati al sepolcro. Sparse queste co- se nel popolo ( che nulla sì diffonde più presto della calunnia ) non si può dire con le parole quanta forza avessero a nuiovere la moltitudine, e ad ahballcre la lode della virtù. Il popolo per natura violento , so- spettoso , volubile, invidioso anche e al proprio be- ne nemico , sconsigliatamente si lascia trasportare , ove scaltre parole lo spingono : e le cose udite esagerando, nelle piazze , per le vie , nelle taverne , grida onta e vergogna ai più onesti cittadini. Aveva conosciute que- ste cose Giacomo , e sebbene non se ne mostrasse mol- lo commosso, pure conosceva quale ruina si avesse d'innanzi. In mezzo a queste cose sopravvenne il gior- no 21 di dicembre. In quel giorno , secondo è usan- za tramandata da' maggiori, si raduna ogni anno il se- nato per consultare intorno gì' impiegati pubblici, nel numero dei quali , come sopra fu detto , era Giacomo. Egli non ignorando essere incerto l'esito dei suffragi , aveva saviamente stabilito non avventurarvisi : ma esor- tandolo gli amici , i quali nulla temevano di sinistro, perchè pensavano, che appena potesse avvenire, anzi non poter essere, che i padri coscritti , i quali erano il fiore delle più onorate famiglie, congiurassero con la feccia del popolo all' altrui disonore , si lasciò ri- muovere dal suo proposto, e si espose all' aperto pe- ricolo . Infrattanto radunavansi a consiglio diciotto cittadini: ed essendosi venuto a Giacomo, si die ma- no ai voti, dai quali chiaramente si conobbe la guer- ra che il più delle volte fortuna muove a virtù, perchè otto soli furono pel Sacchi , dieci contro. E cos'i es- sendo legge , che ninna cosa si abbia per approvata, se ad approvarla non concorra almeno la maggioran- za dei voti sulla meta dei votanti , quell'uomo dotto, che sette anni aveva onoratamente adempito all' uf- ficio di medico, n'ebbe per mercede esserne cacciato. G.A.T.LXIN. -21 322 C o M ,>i 1^ N T A n I 0 L u :n SujKM'be sibi plaaseruut ejus adversaiii. At ipse, rafns ia aolversos ah animi magnitudine auxiliura esse pclen- duai , non conciclit : sed novi aliquid consilii capien- duna existiraavit. Hic libet , cuni non plurimura a re propesila sit sejnnctum , hoc inlerponere. Paucis post liaec diebns harum rerum scriptor obvius fuit Sac- chio. Is cum clixisset : O/i qiiain indigna perpeterii^ Jacohel Iluic iile : At non inopinata , inquit: ruat eniin necesse est qiùdqnid vis et iiequitia oppugnant. Sed illuc redeainus. Ut fumae , qua nihil est bonesto piaosettim viro anti(juius , quamque non minimum lae- di piilabaiit, consnleret,- totam rem Vitaliano amplissi- mo cardinali Borromaeo Flaminiae adrainistrandae prae- feoto detcreiidam curavit. Is , causa cognita , russien- sium factum iiilìrmari : et Jacobum in pristinura di- }];nita!is gradum restituì jussit. Restitutus quidem est, aj)proban!ibu.s omnibus boiiis ; al non proplerea turbae sc'.ialae suiit. Tantum enim abfuil , ut sapienlissirai principis judicio adversarii cjus acquioverint , ut mul- to validius ceperiut clamare, impolentioremqne sint in rabiem accensi. Itaque cum Jacobus intelligeret , in- sanieritis esse adversus stimulum calces emiftere , pul- chrcMfuc nossel , lioruin voluntatcm in se non iri im- mutatum , nec pnlriae quieti consultum, quoad ipse rcLus medicis pracficcrelur ; ut et satis civibus ingra- tis fierel , et otiuin oppido conciliaretur , aliquot in- terpositis mensibus invidiae cessit, et ab suscepta roe- dendi provincia spoate abiit anno MDCCLXXVI. Adeo verum, est , unius virtufera mullorum facile vinci ab- treclalionibus, Ast qviod accepta jam injuria non li- henter crat ante oculus civiura suorura, putalìatque se tantum ab invidia abfuluruni , quanlumque ab eoium Li o n i; ^ T A :i 10 •> -' • N'ebbero allegra vittoria i suoi nemici : ma egli, giu- dicando doversi nella rea fortuna prendere confurlo dalla grandezza dell' animo, non invilì , ma a nuovo consiglio si appigliò. E qui mi piace recare alcuna cosa, la quale per breve mi dilunga dal mio subbiet- to : ma non è fuor di luogo. Pochi di appresso io scrittore di queste cose m'avvenni nel Sacchi , e aven- dogli detto : Oh quale indignità hai tu sostenu- ta^ o Giacomo ! Ei mi rispose : Io l'aveva preveduta, poiché contro la violenza e la malignità non è usber- go che basti. Ma ritorniamo la onde ci siam diparliti. Per provvedere all' onor suo , sebbene da ciò niun danno gli venisse all' onore, pure perchè ad uomo one- sto altra cosa non può essere più a cuore di questa, ebbe ricorso all'eniinentissimo cardinale Vitaliano Borromeo, che allora era posto al reggimento delle Roniague in qua- lità di legato : il quale conosciuta nel suo vero la cosa, annullò l'atto di quel consiglio, e comandò che Gia- como fosse restituito al primiero suo ufficio. Lo fu infatti , e lutti i buoni n' ebbero allegrezza : ma non per questo si cessò di menar rumore. E tanto fu lun- gi che al giudizio del sapientissimo principe si quie- tassero gli avversari , che anzi accesi in maggior rab- bia più e più cominciarono a gridare. Ma conoscen- do Giacomo, essere stoltezza dar di cozzo nei fati , e ben veggendo che la volontà di costoro non si can- gerebbe , che la patria non avrebbe più pace finche egli vi fosse a medico ; onde provvedere e al ])ene degl'ingrati suoi cittaJini e al suo riposo, dopo al- quanti mesi cedette il campo all' invidia , e spontaneo si ritirò dall'ufficio suo nel 1776. Tanto è vero, che la virtù di un solo facilmente dalla malignila di mol- ti è sopraffatta. Ma perchè dopo l'ingiuria ricevuta non di buon grado si ritrovava in mezzo i suoi cittadini, pensando che tanto si allontanerc])be d.ii colpi doli' r>24 e O M .11 E N T A R r O L U HI curispectu recessisset, post non multo patriam reliqult ; Faventiamque cum coramigrasset , ibidem sibi suisque tiomicilium constitiiit. Jacobo adhuc vivo, nec non aelate floreiitc , haec pcrsecuti sumus. Natura est me- diocri , habitu ad pinguedinem vergente , figura haud invenusta , corpore et viribus ad laborem ferenduni flrmis. Multa scripsit. Ex bis nonnulla, quae ad mc- dicinam spectant, leguntur edita in voluraine VII ephe- meridum veuetarura. Plurima vero in adversariìs Iia- bet potìssiniuni ad patriam bistoriam pertinentia. Mul- to liaec labore collecta utinam in ordinem digerendi curam suscipiat, suisque locis disposita , publici tan- dem juris faciat ! Qiiod nos quidem eo veliementius desideramus, quo magis esse piaeceptum illud in om- nium anirais dcbet , nuliis uii(|uain privatorum inju- riis ab patriao charitate esse discedendum. Hiic usque de Succhio Maccahellius: mine nos vitam hoìHÙiis., neqiiid de ìlio desideretur , brevi absolvamus. Is cum se F'avenliam, ut dicium est, recepisset comìlante nominis sui fama mediciuara magno omnium ordinum stu- dio acconsensu facete inslikiit. Bernardinum filium , qui rei medicae anirnum applicuerat, cura impensaque omni erudiendum curavif: quo factum, ut adolescens inler no- biliores mcdicos numerarci ur , et raaximi. ileret apud favcntiuos. Inter enim Emiliae populos faventini sum- ma bumanilate , mulloque sapientiae amore flagrantcs, quidquid est literarum bonarumqne aitium apprime co- hiiit , ita ut civitas baec non minus cultu quadamquc cd^ificiorum munditie, quam summorum virorum gloria tempus in omne praesliterit, atque inler caeteras emi- nuerit. E(juidem nìsi Eeruardìnus adhuc aelatc pollcns e () M E N T A A 1 O '?2''5 invidia , quanto dagli occhi loro si diliingas'?e , doji fato malo apoplexia laborasset, quae non vitarii seti vitae nsum iiiiscro eripuit, nnuc illum ita vivutn inter ce- lebiiores rei medicaes doctores, de qnibus Italia oranis loquitur et posteritas audiet , haberemus. Quantum eniiu doctrinae ac disciplinarnm ingenio, studio, ac labore sibi peperisset , ex hoc facile coguosci potest , illum dum firma valetudine utebatur pliysicara patrio in gyranasio probantibus, imrao et rairantibus omnibus, docuisse. Sed ut ad patrcm, de quo sermo est, revertaraur, dicam non- nullos commenlarios scripsissc qui in venetis efeme- ridibus invenìuntur , oranesque de rebus medicis dis- serunt. Ibi ille summa perspicuitate quidqnid sibi ob- servatum fuerat e^ponit , ibique de niorbis , de meden- di ralione adhibita, de medicaminura vi praecipuus ser- rao. Et ut nonnulla primioribns labiis attiiigamus, no- l>is videtur Jacob.ura Simplicio ra quaeque medicamina in deliciis babuisse, et praeceptoris sui Bianchii doctrì- nara lotis virilnis prosequetus, a teraporis sui immode- rata niedicamentorum prodigalitate suraraopere abhoruis- se. Cum in sumniorura virorum amicitiam a primis ado- lescentiac annis coivlsset , familiarissimos aetatis suae clariores raedicos habuit : ardissimo tamen neccessitudi- nis vinculo conjunctus fuit , ut nihil ultra requiri aut desidera ri possit, cum Beccarlo, cum Azzo-Guido, cum B'anchio , quorum postemus coinmentarios nonnullos Sacchio' inserì p si t , ut memoriae traditum est. Scimus etiam anno 1777, aere Petri Benini, quemdam Benedetti typographum faventinum Sacchii commentarios quos il- le ediderat recusisse, atque curatoribus faventini muni- cipii nuncupasse. Matthaeus Zacchlrolius forocornelien- sis, mukarum litterarum vir atque arte medica clarus, uberiorem epistolam Jacobo pridie idus octobris 1787 de- dil , omni liberali doctrina politissiraam, quac tota in re medica versabatur. Haec typis forocornclicnsis seminarìi e O M E N T A n I <) riÌ7 non fosse sialo colto da a; poplcsin, la quale se tìou alla vita , a tulli i boni della vila lo tolse , ora iu fé' mia sedere])be a lalo di (jiie* cìiiarissirai di cui tanto l'Italia si loda, I posteri si a uì mirerà uno. Quanto [)ui egli e per forza d'iiigegao e di studio si porgesse ad- doltriualo, agevole è conoscere da ciò, ciie mentre gli bastò la salute insegnò Csica nel patrio liceo non so se più con favore od ammirazione di tutti. Ma per renderci al padre, di cui è il principale nostro discor- so , diremo che scrisse alquante memorie clic si tro- vano nelle effemeridi veneziane, e tutte discorrono di materie mediche. Ivi egli con somma chiarezza spone ciò che gli era avvenuto osservare , e principalmente tratta delle malattie , del modo di curarle , e della forza de' medicamenti usativi. E per attingere a fior di labbro alcuna cosa , ci pare che Giacomo predili- gesse alcuni medicamenti i più semplici, e che a tulio pò tere seguendo le tracce del suo maestro Bianclii , si tenesse assai lungi dalla smodata prodigalità di me- dicamenti che allora era in voga. Essendosi legalo in amicizia fin da primi anni co' piìi distinti personaggi, si ebbe familiari i piiì rinomati medici d'allora .- con- giuntissimi poi , e diremmo quasi amici del cuore, gli furono per tutta la vila il Beccari , l'Azzo-Guidi, il Bianchi , l'ultimo de' quali è a nostra memoria che al- cune memorie al Sacchi intitolò. Sappiamo ancora che"^ nel 177 7 a spese di Pietro Benini un tale Benedetti stamj)atore faentino ristampò le memorie che il no- stro Giacomo aveva, comò detto, pubblicate nelle effi^- meridi venete, e ne donò il titolo al magistrato mu- nicipale di Faenza. Matteo Zacchiroli imolese, uomo di molte lettere e chiaro in medicina, gì' indiresse una lunga lettera il 14 di ottobre del 1787, la quale è piena d'ogni guisa di dottrina , e tutta si versa in co- se i)iet.liche. Questa fu pubblicala coi tipi del semi- 3 Co '.I M E N T A P> ! n T. U »J cotnmlssa est anno 17-93. Multa quoque reliquit qiiae ex- tremos exposcebaiit labores et scrinio praemebantur: sed aut fato periere , aut filii prudenti jiidicio adhuc domi asservantur. Fragnienta cujusdain orationis reliqua no- vimus de praegnantium mulieium regimine, ut firmiores validiorcsque liberos pariant , ex quibus conjicere li- cei nil e re raagis fuisse , tantunique utilitatls ora- tionem illam sive documentorum veritate, sive elocutio- nis perspicuitate et ita dicam facilitate retinuisce , quan- tum baud scio an ulla res practerea. Nec severioribus dìstcntus studiis musis abstinuit : multa enim illius car- mina cxtant quae in vulgus prudita sunt, atque homi- nis ingenium vimque fingendi dcmonstrant. Nihilomi- nus, ut verum fatearaur ( nihil enim aut parum poe- tica medico atlinent ), stylus aetatis suae vitiuni sapit. Virtutes innuraerae in ilio viguerunt, comitas, humani- tas, pietas ante alias : fide et liberalitate mullis ante- celluit, neraini cessit, ita ut factus non institufus, natus non edoctus proprio qiiodam naturae munere ad oranem laudem videretur. Nullum optimi viri officium praeter- misit, patriaeque malorum civium injuriam aequo ani- mo remisit. Nemineni unquara aspeinatus est , et quo- rum voluntati parere debuit , libens volens paruit. Nil sibi raajorum snorum relligione antiquius : omnem enim sapientiam a Deo manare sapiens cognoverat. Vir sane probus, carus omnibus, suis quamqui carissìmus, diu paterno morbo lal)oravit , a quo interceptus animo exi- tuque religiosissimo XVIII kal. octobr. 1792 fato con- cessit. Cadaver ejus conditum est Faventiae ad sancti Dominici in tumulo quem sibi suisque fecerat , et lo- tius civitatis facrimis et luclu honcstatura. CoMENTAR 10 329 nario d'Imola nel 1793. Molle altre cose lasciò clie non ebbero le ultime cure, le quali o andarono smar- rite , o per pesato consiglio del figliuolo non videro luce di giorno. Conosciamo pure alcuni frammenti di un ragionamento intorno il governo conveniente a don- ne gravide onde nascano figliuoli forti e robusti : e da que' pochi avanzi si può congetturare utilissimo quel- lo scritto, e tale c!ie o per verità d'ammaestramenti o per chiarezza e facilita di siile pochi potrebbero fron- teggiarlo. In mezzo la severità di questi studi non die' le spalle alle muse, e andarono alle stampe molti versi di lui, i quali mostrano svegliatezza d'ingegno che egli aveva, e slancio di fantasia. Nulladimeno (poiché po- co o nulla alla fama d'un medico s'appartiene l'esser poeta ) confesseremo candidamente, che sanno del va- no di queir età. Ebbe viriti senza numero : affabile, cortese, pio: per fede e liberalità molti avanzò, a niuno fu secondo , così che parve essere egli stato per par - ticolare dono di natura formato meglio che educato, nato meglio che ammaestrato ad ogni lode. Non tra- lasciò debito di buon cittadino : l'ingiuria ricevuta da' suoi concittadini condonò alla patria. Non ispregiò mai persona : cui doveva obbedire , pronto e volonteroso obbedì. Nulla si ebbe pili a cuore al mondo, che la religione de' suoi maggiori ; conciossiachè sapiente co- m'era ben avesse conosciuto ogni sapienza essere da Dio. Fiore di probità , caro a tutti, fu molti anni tra- vagliato dalla stessa malattia die gli tolse il padre, e da quella fu condotto a morte : priìiia però ebbe grazia da tutti i santi conforti delia religione Passò il 14 di Bettembre del 179IJ : il cadavere di lui eb- be riposo nella chiesa di san Domenico in Faenza, in quel sepolcro ch'egli a se ed a' suoi aveva ap- parecchiato. Fu onorato del compianto e del lutto di tutta la citta. 330 C 0 M M E r< T A K I O T. U n« HaCtenus de Sacchio : nimc de Maccabellio pau~ cis nonnulla atfigamus , ut laiidatoris aeque ac laudati nomen innotescat. Franciscus Maccabellius Russii or- lura habuit auuo 1729. Ab adolescetitia faraam sibi mitioribus studiis comparavit: atque acleo praestitit, ut aetate ea pauci contendere possint. Faventiae humanio- res litteras in sacrcy seminario multa cum omnium adnii- ratione docuil. Latinae liaguae propugantur et vìndex optimus. Cum enim per illa tempora itali fere omnes latino sane eloquio, fato nescio quo, valde abhorrerent, praeceptis atque exemplo ad raeliorera frugem revoca- vit. Ingravescente aetate doraum reductus, cura jam an- num 79 ageiet, in subsidiura egenorum heredera ex te- stamento loannam sororem reliquit , quae postea manda- ta fratris haud oblita decedens , domum hospitalem pau- peribus curandis alendisque extruxit magno civiutn suorum beneficio. Desiderìum bonorura virtule prome* ritus ad superos avolavit anno reparatae salulis 1808 kal. febr. Doctus serraones linguae utriusque, multa seu ligata seu soluta oratione conscripsit , nonnulla edìdit. Sacerdos pientisslmus, non tantum literis quara pieta- tis ac relligionis studio raeraorandus, optimum posteris de se cxemplar praebuit. GoMENTAUIO 33t Basti del Sacchi: ora perchè il nome del lodatore^ non meri che quello del lodato sia noto^ toccheremo alquanto del Maccabelli. Francesco Maccabelli adun- que nacque ili Russi nel 1729. Fin dalla prima ado- lescenza si ebbe nome dagli umani studi , e tanto poi ci valse che pochi di que' d'i gli stanno a fronte. Nel seminario di Faenza con grande plauso insegnò umane lettere ; difensore acerrimo della favella del Lazio , mentre in que' giorni gl'italiani, e non so io per (jual mala ventura , avevano in non cale la lingu-i latina, egli co' precetti e coli' esempio li richiamò al dovere. Nel declinare dell' età sì rese alla patria , e giunto air anno 79 fé' per testamento erede de' suoi averi Giovanna sua sorella germana: la quale poi , ricorde- vole dei fraterni voleri , passando di questa vita in- stitui un ospedale per gì' inferrai del luogo , e così di grande beneficio i suoi cittadini beneficò . Egli lasciando di se desiderio in tutti i buoni , volò alla pace de' giusti nel 1808 a' primi di febbraio. Dotto com' era dell' antico e del novello latino, scrisse in verso e in prosa , e alcune cose van per le mani di tutti in istampa. Sacerdote piissimo, degno della me- moria di tutti e per le lettere e per la pietà somma lasciò di se ai posteri bellissimo esempio. 332 LETTERATURA AL SUO MARCHESE DI MONTRONE ,, SALVATORE BETTI o. '^-/(lo paroìe e sentenze italiane : degne le une e le altre del cedro : e siete voi , mio illustre amico , a chi devo {juesto conforto. Imperocché il discorso che mi avete matidato (1) è tale per veri spiriti di elo- quenza , che dolcemente ricordami in tutto il suo oro l'età de' padri : quella et'a che si graziosa , sì casta , SI nobile , si cara a ciascuno che la conosce fu al- la nostra letteratura , sapendo tener modo sapientissi- mo in tutte le cose. Dell' eleganza non parlo : per- chè ognuno nel fatto della lingua da molti anni vi onora maestro di purità e di gentilezza : essendo voi stato uno de' primi e più caldi a levar la vo- ce in Italia , affinchè si cessasse una volta di an- dare sulle orme del Cesarotti e del Bettinelli : e si po- nesse mente , come per l'esempio di Atene e di Ro- ma l'altezza di un popolo allora precipitò, quando la natia proprietà del parlare fu nulla sulle labbra e ne- gli scritti de' cittadini. Si che le lettere nostre voi pu- (i) Discorso deli' intendente di terra di Bari al consiglio generale adunato il dì i di maggio x834- - 4 ^sii^ presso i fra- telli Cannone. re salutano fra que* beaemeriti , che dopo il celebre Cesari vollero tornarle candide di un candore vera~ mente italiano: per tacere qui delle grazie che soprat- tutto vi rende la gioventù napoletana di essere stata ri- svegliata a questa tanta dolcezza di classici , fattovi degnamente compagno all' alto intelletto ed al santo amor patrio del marchese Basilio Puotì. Tale cosa però in eloquenza , che possa stare con questa che ora ci avete data , ne l'avevamo più avuta da codesto vostro nobilissimo ingegno, ne per a\'ventura si era fin qui veduta a'di nostri. Non che ci mancasse chi anche modernamente in Italia abbia scrit- to discorsi per eleganza e per dignità splendidissimi; di che fanno fede tante classiche prose che ci tratta- no di religione , di filosofia , di lettere , di arti , ov- vero dicono le Iodi di alcun famoso. Ma di governo po- litico nessuno ancora ci aveva parlato cosi come voi: non parendomi dover nominare quella repubblicana di- ceria di Ugo Foscolo. Troppo grave è in voi il giu- dizio , e troppo avete nudrito l'animo di esperienza in un secolo , in cui possiamo ben dire di aver ve- duti e provati tutti i governi e possibili ed impossi- bili che in seimila anni sieno caduti in umano pen- siero , per non lasciarvi magistrato savissimo indurre a discorrere di ciance puramente teoriche nelle cose di stato. Molto meno a proporre superbamente il con- siglio di rifar tutto nella civil società: eh' è appun- to l'arroganza di questi nostri stoltissimi sia nella po- litica sia nelle lettere. Quindi ninno con miglior sen- no del vostro doveva favellarci de' presenti ordini e bisogni di codesta provincia di Bari , per voi retta ; fondato avendo egregiamente la vostra ragione nell' in- dustria del luogo, nell'agricoltura, nel commercio, nella positura di terra e di mare , nella educazione , e nelle abitudini soprattutto , le quali sono agli uomini 334 L K T T E U V 7' U R A una cosa fortissinij , a:ui iin.i seconda natura che pur grida potentissinae necessila. Ollrecchs l'istoria, la gran maestra, e venuta costantemenle a soccorrervi. Cosi non h a dire come degnamente abbiate tenuto la persona del filosofo. Intendo del vero filosofo : che già non ista sempre coli' intelletto in sublimità per creare , come scrive graziosamente il Botta ,. tanti governi geometrici; ma stima debito di una civile sapienza il ragionare di stato con rettitudine , e soprattutto con pratica. Co- sì pure in poche pagine, quante son queste vostre, avete a' moderni venditori d'immense e ventose paro- le voluto ricordare un altro importantissimo documen- to , che tanti ciurmatori di lettere e di politica ci toglierebbe: ed è che i cento volumi di baie non val- gano il lume di una semplice verità. Quanti delirii e quanti infortunii si sarebbero cessati all' Italia e all' Europa , se codesta vostra gravita di senno non fos- se stata SI sc'irsa no' popoli e in chi li guida! Se con mente accesa di un vero amor patrio si fossero meglio considerate le cose del proprio paese, piuttosto che sen- za consiglio maravigliate quelle di un altro ! Se non si fosse voluto che lutto possa e debba conformarsi in terra ad un unico esemplare di vivere, comechè gli uomini sieno d'indole si varia fra loro, e tanti e SI diversi pensieri e bisogni abbiano , quanti sono i climi e quante le regioni , nelle quali l'autore sa- pientissimo dell' universo gli ha collocati! Se infine la sola ragione si fosse reputata bella : la sola pruden- za cosa d'uomo e dì stato! Ma finche l'imprudente Italia, a scherno dell' alpe che da natura ebbe per l)aluardo e confine, vorr'd trarsi dietro alla Francia : finche j.i Francia co' suoi spiriti ardenti , mutabili , inquieti, e dirò temerari!, vorrà fare in tutto come l'In- ghilterra : e questa con la sua ricca, antica e potente nobiltà di famiglie voi la intendere alla pura dcmocra- Lettt.rv DEr. Betti o3d zia degli stati uniti di America : fiachè insomma noti si avrk per buono un oggetto se non quanto ritrae delle forme di un altro , e le nazioni affetteranno di scam- bievolmente falsificarsi; tutto sarà in terra^unajconfu- sione , un guasto , un vaneggiamento , infine un ol- traggio all' eterna ragione della {ìrovvidenza. Per noi poi il più sing'>lare si è , die tutti qui parlano dell* Italia con parole magnifiche e quasi di adorazione verso una divinità: e niuno intanto vuol parere italiano, non dico nelle ragioni de' suoi governi, ma ne' costumi e iu ogni usanza di vivere, e perfino nella favella. Io porrò dunque il vostro discorso fra le cose più insigni per altissimi intetidimenti che la civile eloquen- za ci abbia dato ne' tempi moderni : perciocché ragio- nando alle genti del regno di Napoli , non avete di- ni««+«i,ilo mai , per lasciarvi andare ad inutilità meta- fisiche, a chi erano rivolle le vostre parole: avete della condizione loro e fisica e morale unicamente trattato : e detto delle armi, come sì conveniva alla difesa di uà re e di un popolo libero : e cos\ del commercio , sen- za mattamente recarci sulle immense flotte che solca- no i mari dell' Inghilterra, della Russia, e degli Stati- Uniti: e molto meno senza addurci ad esempio (siccome è l'uso de' facili nostri teorici in pubblica economia ) il Messico e il Canada. Oh di quanti bei passi potrei qui infiorare il mio scritto ! E il farei assai volentieri : e certo con utilità somma non meno che con dilet- to di eri , cogliere G.A/r.LXlV. ' 2J 3JS L E T r K R A r u iv a ,, sicuramenle i dolci frulli della lerra , attendere ,, soDza alcuna briga a' lelterarii esercizi, godermi iti ,, pace i capolavori delle arti , e soprattutto la be- ,, uiguita di questo cielo che tanto ai beati ozii ne „ invila : e cos'i fuggire lo strepito delle armi ed 1» ogni guerresco apparato. Ma sarà, chi un tal vive- ,, re ne conceda? E questo bellissimo cielo appunto, ,, e questa ubertosissiraa terra , e questo limpidissi- ,, simo mare, tulli insomma questi preziosissimi doni di ,, che natura ci è stala larghissima, ci si faranno avver- ,, sari se noi non sapremo con ogni studio guardar- „ celi. Perocché veggendosi dalla nostra ignavia ab- , bandonati all'altrui cupidità , darannosi volentieri in ,, preda a chi sapra meglio pregiarli e difenderli. Ne „ io qui insorgo in favore di una disciplina a noi nuo- ,, va e poco atta alla nostra natura e alle nostre foi- ,, ze : essendo anzi stata questa la prima sulle altre ad ,, aver vita fra noi , siccome testimoniano le antiche e „ le moderne scritture : e per la quale sonò da per ,, tutto chiarissimo il nome nostro. -Ne accade che mol- ,, lo indietro ci rivolgiamo a cercarne gli esempi. Che ,, ancor sotto il malagurato governo viceregnale i na- ,, politani in longiuqui paesi combatterono yalentemen- ,, le per istranio padrone. E già molto innanzi che que- ,, sto regno per la beuignira de' cieli venisse sotto lo ,, scettro di quel saggio', che conquistatolo col valore , ,, il tenne poi pacatamente con giustizia , piantandoci ,, l'augusta sua casa la quale banavvcnturatanienle ne ,, regge, le armi napolitane furon temute da quei po- „ poli bellicosi , i quali non ha guari fra noi ( vedi ,, vicissitudini umane ! ) parvero s\ tremendi con le ar- „ mi , e pili con le parole , da farci dimenticare le „ nostre antiche leggi , mutare i costumi , e da au- ,, lori che fummo in vii gregge d'imitatori Irasformar- „ ci. Ed in ultimo , per il maggiore degli oltraggi , Lettera del Bi/vrxi 339 ,, giunsero fino a strapparci di bocca la nialerna favel- ,, la. Ma egli è ormai lempo che ci persuadiamo , noa „ potercene oziosi e disarmati rimanere in mezzo a na- „ zioni deste e bellicose, confidandoci nella valentia ,, della lingua , e non delle braccia. Udite voi quaii- „ te armi suonano al settentrione, all'oriente , ali* „ occaso : vedete quante selve di baionette : quanta „ alacrità di guerreschi spiriti. Godianci si intanto i „ nostri riposi : ma sappianceli custodire , perchè noi ,, soli non abbiamo a divenire gì' iloti di tutta Eu- „ ropa. „ Potrk ognu'jo argomentare da questo saggio qual sia tutto il vostro discorso : ne mara vigilerà se tanto autorevole e caro riesci alla vostra provincia : se i ministri del re, anzi il re stesso, grandemente se ne compiacquero: se molti finalmente nel regno e fuori con desiderio il cercarono , e letto lo celebrarono. Il che certo è segno di una prepotente bellezza : ora mas- simamente che tanta è la rivoluzione del senno umano eziandio nelle lettere , e tanto sono traviate le menti dalla vera conoscenza del bello. S\ , mio illustre amico , traviate : e di tal maniera , che io per alcun tempo ho quasi disperato della futura gloria italiana. Parevami infatti che la moderna viltk non potesse ca- der più basso. Disprezzata la lingua , il piiì gran te- stimonio non solo del fiorire di un popolo , ma del suo essere : contesa alle arti ( tra le quali nobilissima è la poesia ) la imitazione della natura, per volere al tutto essere barbari nel farne servilmente la copia senza ve- runa scelta , e senza considerazione che per ciò belle si dicono e sono nella civiltà de' popoli , perchè pro- prio loro ufficio è con quella luce della divinità , che si chiama bellezza, ammollire gli animi e condurre la umana famiglia ad esser gentile: fatto delizia , in (que- sta saovilii di clima e di menti , in questo perpetuo o'tO L K T T E n A T u II A riso della natura , uà selvaggio disordine e uti' or- rida novità d' idee , cui dassi uome di forza creatri- ce di menti libere d' ogni vincolo , come se ba- stasse nelle arti belle il solo immaginare , ne si vo- lesse altra perfezione : ritratti inoltre studiosamente e raaguiflcati que' secoli , in cui tutti gli orrori che infamar possono un popolo si rovesciarono sopra di noi : si che scaduta Italia dal maggior imperio della terra , vide l'ignoranza , la codardia , il servaggio durissimo prendere il luogo della gloria e delia sapienza; e l'abbie- zione degli schiavi entrare in quegli animi, che già fu- rono maggiori delle vittorie. Secoli meritamente detti del ferro : i quali non pure non vorrebbero più ri- cordarsi chi ha onore e pietà di patria , ma sarebbe- ro fino a togliersi, se possibile fosse, da' nostri annali perchè se ne perdesse in tutto l'ignominiosa memo- ria ; ne mai si sapesse , essere stato un tempo die una licenza barbarica fu lieta di camminare sulle italiane mine , e che noi le nostie consolari usanze e le leg- gi facemmo gote , unne , vandale, longobarde. O Mon- trone, quinci venne che a noi non fu più patria ! Niu- no chiamato avendo il nome d'Italia iu mezzo quella vergogna di repubbliche cosi abbiette ed oscure come le tirannidi che le seguirono ! Niuno in quel si lungo parteggiare di svevi , di angioini, di aragonesi ! JNiu- no , tranne il sacro sdegno di Dante , fra quelle ire crudelissime di guelfi e di ghibellini , (]uando ripreso avendo per solo combatterci e trucidarci l'un l'altro un nuovo vigore di petto e di braccio, a tale in fine fa- cemmo riescire le cose nostre , che ogni citta e terra italiana reputò stranieri i cittadini di ogni altra italia- na terra e citta. Se non che in mezzo a si tristi pensieri l'autorità e l'amicizia del noslro Paolo Costa è venuta a soccorrermi e consolarmi , rinfiorando lo mie speranze che , come Lettera del Bktti 341 dissi, già erano per venir meno. Leggete di gr.-ì/.ia I.ì bella sua lettera al marchese Biondi , stampata quest' anno stesso in Bologna (Tu E a dir vero negli stati della chiesa le cose procedono men fiere che in altre parti d'Italia : ne il male sembra qui giunto a tal gravita, che non vi si possa più provvedere. Certo se al romanticismo ha dato origine , come pare , il poco attendere che in mezzo a tante sciagure pubbliche si è fatto alle opere degli antichi, e il volere schivar la fatica dell' apprendere il greco e il latino, questo suolo deve più di ogni altro far vergognare il mostro d'igno- ranza , e tenerlo che tanto non levi la testa. Che vera- mente non so qual paese in Europa possa starci a fron- te , non dico superarci , nel numero e nella fama di tanti maestri solennissimi di greca e di latina sapienza. Qui il Mezzofanli , qui lo Schiassi, qui il Borghesi, qui il Maslrofini, qui il V'ermiglioìi , qui l'altissimo senno di Angelo Mai , di chi niente di più vero disse il celebre Niebuhr quando nella vita di Agatia il lo- dò con queste parole: f^ir im>andis litteris divinitus sae- culo nostro concessus , et Cui nemo civC neque Jiostls Qiiihlt prò factis reddere oprae pretium. A questi nessuna cosa può certo essere più odiosa, che l'udire una frenetica temerità beffarsi di ciò che ignora. E quanti poi non sono i chiarissimi inge- gni , che tuttavia mantengono fra noi viva la bella scuola che ne diede l'Iliade, l'Eneide ed i tre regni , e vogliono che la letteratura , perchè in Italia sia ve- (i) Lettera di Paolo Costa al chiarissimo marchese Luigi Biondi. 12.0 Bologna, dai tipi del Sassi alla Volpe i855. 3'i2 L V. r T E n A r u n a ra , seguiti i costumi nostri di j^cute meiidionale ? [n Roma , dove quasi ogni pietra ricorda una gran mae- stà civile e religiosa di popolo, la quale fa quindi pili gravi che in altre contrade italiane i suoi citta- dini , e più teneri e veneratori delle memorie de' pa- dri , iti Roma il sommo volgarizzatore della georgi- ca , Luigi Biondi , dirò principe della schiera senza tema che in ciò l'amicizia dolcissima mi faccia ve- lo : e sono con esso in un solo e forte proponimento rOdescalchi, il Chigi, Loreto Santucci, il CeciJia, il Muz- zarelli, il Bianchini, il Rezzi, il Marsuzi, TAzzocchi, il Rossi, il Laureani, il Visconti, il Guadagni, il Rosaai, e degna alunna del Cunich la Dionigi Orfei, e mente au- stera la Fabbri d'Altemps. Sulle orme de' quali mi gioisce l'anima dì veder camminare una gioventiì ge- nerosa , vivace, e di nuli' altro più altera che di chia- marsi e di essere italiana : come a dire il Gerardi, il Ranalli , il De-Dominicis, il Guzzoni degli Ancarani, il Raggi , il Benvenuti , il Gigli , il Laurenti , e queir ab. Domenico Santucci da chi avemmo ne' mesi scor- si un inno ad Urania tulio splendido di poesia. Anzi sì bello dell' oro di Omero e di Dante , che niuno de' nostri giornali , salvo l'arcadico , lo ha ricordato : tanta è generalmente la nausea del buon frumento per volersi cibar di ghiande ! E che io non m'inganni , sia vostro il giudizio. Eccovi alcuni versi del prin- cipio deir inno. O sideree contrade , o bei soggiorni ! Qui dunque hai seggio , Urania , e qui t'aggiri , Qui muovi i cieli , e pieghi in arco i giorni. Ne men dolce d'Euterpe il canto spiri , Anzi inteso l'Olimpo alle lue note Sospende il ballo degli eterni giri. LETTr.nA DEL Bi;tti ' ÒJ^?t Non pur dal labbro tuo pendono iinmolc L'alte fronti de' numi , ma il tonante S' affisa muto , e cigli e crin non scote. Ben lo sa il del siccome il suo sembiante , Che fa tremar col guardo i firmamenti , Sorride dolcemente a te dinnante , Quando sciogli la voce ai dolci accenti , E fai de' carmi tuoi sublime segno Le gran moli degli astri e ì lor portenti. Ma qui vien meno ogni terreno ingegno: Che nostra estimativa ha corte l'ali Verso le cose del sidereo regno. Debil raggio di luce a noi mortali N' è dato di lussa : perocché il pieno Meriggio a sostener non siamo eguali. Ed eccovi la descrizione che il giovane poeta ed astro- nomo ci fa de' pianeti : E già su per le vie del ciel profonde Valeggia l'inno , e va qual navicella In immenso ocean privo di sponde. E vede pria passar tacita e bella , Tenente in mano la sua chiara lampa , Del signore del d\ l'alma sorella. Correr poi vede una purpurea vampa , E io quella scopre il mcssagger di Giove Che per gran corso nella fronte avvampa. Sotto l'alato dio più lenta move. Tratta da cigni in candida conchiglia , Colei che di bella vinse le prove. Quindi sospende il voi per maraviglia , Veggendo il carro e i corridoi- traenti , Il signor della lucida famiglia. Quanti vibra di la dardi lucenti ! ■y\^ L t: t t e r t li r, A l)i lìitiiinatiti piropi r la (juaclriga , Fuoco e scintille i corridori ardenti. Ecco il guerrier che a crude voglie istiga I miseri mortali : ecco quel truce Che spesso il mondo d'unian sangue irriga. Ve come raggia di funesta luce Sovra la terra , a cui infiniti guai E stragi e morti e fieri morbi adduce. Ben la ravviso da' cerulei rai : Questa è colei , nel cui dcluÌDro ardea La sacra fiamma che non muore mai. Compngne iia nel cammin la bionda dea Dell' auree messi , la regina altera , La madre del saver che i figli bea. E noi , par che ciascun dalla sua sfera Vada iterando , siam ministri e ancelle , Perocché Urania sopra tulli impera. Per lei scorriamo in queste parti e in quelle Spargendo di fulgor l'eterea via : Vieii pur da lei che ognor si rinnovelle Questa de' cieli altissima armonia. Cosi leggesse 1' uom nel firmamento Quanta dell' ordin la bellezza sia ! Ma delle sfere ornai cresce il concento , Iri spiega il grand' arco , e di profumi Va gran copia dispersa in grembo al vento. Ardon sospesi a mille a mille i lumi , E l'aspetto seren dell'aria pura Di rosee nubi accoglie ampli volumi , Che diradarsi in mezzo alla pianura Mostran di vaghe stelle incoronata Donna , il cui lume il bel pianeta oscura. E' Urania , è Urania. Veggo l'onorata Schiera de' grandi che con sommo affetto Ella qual madre dolcemente guata. Letteua dì;l Bktti 345 E i' noni che al fianco suo stassi più stretto (1) , Per te, dicca , vid' io le quattro scolle Girar di Giove intorno all' aureo tetto. E l'altro (2) : Fu tuo don se alfin disciolte Di natura le bende , io disvelai L'arcano onde sue leggi erano avvolte. E un terzo (3) : Io dal Tamigi m' innoltrai Tan|i? per entro il ciel colla tua scorta , Che ;d' Urano alle soglie il pie fermai. Però d' entrarvi ogni speranza è morta : Girano ognor con misurati passi Sei guardie intorno alla regal sua porta. Con la quale ultima terzina , degna , come vedete , di qualunque piii nobile immaginazione , lascerò il parlare di questa seconda mia patria : dove niu- 110 de' cittadini ( abbiatene la mia fede , o egregio amico ) saprebbe mai dimenticare , per farsi schiavo delle boreali miserie , la gloria immortale di aver da- to alle lettere ed alle arti i secoli di Augusto e di Leon X. Quindi seguiterò nominando quegli altri spi- riti pili cortesi , de' quali certo volle intendere il Co- sta in questa parte d' Italia , quando mi confortò di speranza. Il che con tanto maggior diletto farò , quanto che a molti di essi sono stretto di una dolce amicizia. Bologna dunque dottissima , e sì splendida parte dell' italiana gentilezza , ci da esso gran patriarca della ragione , Paolo Costa : in compagnia di cui riveri- remo il celebre volgarizzatore di Sofocle Massimiliano Angelelli , e quella soave grazia di Giovanni Marchetti : (i) Galileo. (a) Newton. (5) Ilcrscliel 346 L E T T T^; R A T li II A indi il Tanari , il Ferrucci , il Valorani , il Zappi , il Borzàglìi , il Saffi: e onore del fjeutil sesso Anna Pepoli Sampicri , Teresa Carniaiii Miilvezzi , Caterina France- schi Feri ucci. Quanto piacere di classici , quanta fa- condia , quanta eleganza , quanto amor patrio ! Dopo Roma e Bologna nominerò subito Pesaro , la dove le lettere sembrano ancora animale dallo spirito del mio Giulio Perlicari : ivi è Francesco Cassi , del cui fino giudizio nelle cose poetiche vi avrà fatto chiarissi- ma testimonianza il volgarizzamento della Farsaglia da onorarsene sommamente la nazione di Annibal Caro e di Vincenzo Monti : ivi l'Antaldi , ivi il Machirelli , ivi il Passari Modi , ivi il Baldassini , ivi Giuseppe Igna- zio Montanari candidissimo , infaticabile , l'Isocrate di quelTAtene. Ferrara ha il Peruzzi ed il Roverella : Peru- gia l'Antinori ed il Mezzanotte : Spoleto monsig. arcive- scovo Cadolini : Rieti il Ricci : Civitavecchia il Man- zi : Fossorabrone il Torricelli : Macerata il Carne- vali : Osirao il Rosetti, E che poi vi dirò della pro- vincia che siede „ Tra '1 Po e '1 monte e la marina e il Reno? „ Già del famoso tradullore di Callimaco , Dionigi Stroc- chi , non è a parlare : ne del fiore di tutte le ele- ganze , Pellegrino Fari ni. Ma chi non vorrà avere ca- rissimi, appresso quelle due vene d' oro , i nomi dei Fabbri , del Montalti , del Cavalli , del Vaccolini , di Luigi Crisostomo Ferrucci , del Cappi , del Micara , del Mordani , dello Spina , del Rarabelli ? Chi non ono- rerà il senno, l'altezza d'animo e la leggiadria di quella Costanza , degna di essere stata figliuola a Vincenzo Monti , sposa a Giulio Perticari , e ad ambedue di- lettissima ? Sì dunque col nostro Costa aprasi il cuore ad Lettrra del Betti 347 una lieta speranza , che tanta soavità e dignità di lettere non perirà ! Si dunque confidisi , che vani qui ed in tutta Italia riesciranno gii sforzi del voler tor- nare air infanzia V umano intelletto per piiì di trenta secoli fiorente di virilità ! S\ dunque promettiamoci di veder nostre le arti , nostre le lettere ; di vederle cioè ritrarre dalla nostra indole vivacissima , la quale iti mezzo a questo giardino dell' universo non da certa- mente a' nostri animi il poter essere per lungo tem- po fra le lagrime e il cercare gli orrori : dimenti- cando questa bella luce , questi dilicati colli , questi prati , questi fiori , queste acque chiarissime , e per- chè ? Per non volere » come direbbe Gasparo Gozzi , „ Ch* orride balze , ,, Macigni duri , e torbido torrente „ Che fra dirupi impetuoso caschi. E voi , amico illustre , seguite voi pure ad esserci confortatore in questo supremo bisogno della patria <, in questa funestissima e barbarica disposizione delle lettere alle atrocità ed al delitto , mentre appunto ci occorrerebbero esempi delle virtù più sante; ne tacciasi di grazia quell'eleganza, che ci ha dato tante prose e poe- sie splendidissime , ed ora il discorso al consiglio della provincia di Bari. Con la quale raccomandazione, la più viva che io far possa ad uomo di tal mente e di tal gentilezza , vi prego infine a scusare il forse lungo tedio di questa lettera , ed a tenermi sempre alla vo- stra amicizia e cortesia caramente raccomandato. Di Roma a' 26 di settembre 1835. 34S Orazione in morte delf eminentissìifo cardinale Giu- seppe Albani, con un breve elogio latino ed al- cune iscrizioni. Pesaro dalla tipografia di Anne- sia Nobili iUi , in 4.° di facete 32. L autore di questa orazione , come del latino elogio e delle iscrizioni cì)e lo accompagnano , è il signor Giuseppe Ignazio Montanari, scrittore chiarissimo e di somma riputazione e giudizio nelle due lingue. E ve- ramente la noi)ilissìma matjist'ratura dell' illustre citta di Pesaro meglio provveder non poteva ad onorare la memoria del cardinale Giuseppe Albani , legato che fu di quella provincia, di quello che fece commettendone all' A. N. le lodi. Pronunziava egli il suo discorso il giorno 1 1 di dicembre dell'anno 1834 nella chiesa cattedrale, men- tre per pubblico decreto si rinnovavano in essa le ese- quie dell' egregio e benemerito porporato. Dove parrà a tutti mirabile , che una orazione tanto varia , tanto elaborata , tanto piena di gravi e narrazioni e sentenze , sia lavoro condotto a termine in soli cinque giorni : e diranno ben molto accrescer- sene il merito dell' illustre scrittore. Ecco di qual modo egli parla della prosapia del cardinale (a e, 10).,, La famiglia Albani, se è da cre- dere a ciò che di lei ne viene riferito dalle storie , lungo tempo fu in alto stato nell' Albania onde prese il nome , e il mantenne trasmigrando in Italia. Glo- riosa di grandi uomini, ella conta fra' primi quelT Annibale che fu custode della biblioteca vaticana , e ORA/>foxK DEL Montana?.! 349 il fratello di lui Malatcsta , ambo ricchissimi di gre- ca e di latina erudizione. E per passare gli altri, ella va superba che di lei sia uscito quel Gian Francesco che sotto il nome di Clemente XI sali sulla catte- dra pontificale ; papa nobilissimo e sapientissimo, che nella liberalità , nel proteggere gli studi e le arti gareggiò coi primi , e non cedette ad alcuno per san- tità e per zelo di religione. Ne a poca lode le vale il nome onorato del cardinale Alessandro, cui fu dato meritamente il vanto di avere richiamato al suo nido le arti, e confortandole e ridestandole avere adope- rato perchè conseguissero l'antico onore. E certo sia che Roma sarà regina delle arti , il suo grido sone- ra ovunque famoso e riverito. Questa famiglia adunque il 13 di settembre dell' anno 1750 della fruttifera incarnazione allegravasi della nascita di quel Giusep- pe , il quale avreb!)e mantenuto e dilungato nei po- steri lo splendore de' suoi maggiori. La sua educazione fu quale si conveniva all' alto suo grado. E ben è a pensare che Orazio suo padre principe di generosi spi- riti , e Marianna Cibo sua madre , matrona di anti- che virtìi , e sangue di re , gli mettessero in cuore se- mi di sincera religione, e di tutte altre bontà. „ Narrando dei rapidi e gloriosi passi da Giusep- pe Albani , già prelato della corte romana , segnati nella nobile sua carriera , viene il Montanari a ricordare un tratto umanissimo del santo pontefice Pio VI , dove toc- cò all' Albani stesso secondarne la virtù. Odasi con quanta gravità e forza di stile ne intessa la narrazione (a e. '12).,, Giovi richiamare a memoria la sedizione na- ta in Roma nel ITjS . . . Ugo Basville era assalito a furia di sassi , e poco appresso morto di ferro. Cer- cavansi a morte la moglie ed il figliuolo di lui : e sarebbero certo caduti alle mani della concitala mol- titudine , se la pietà o la rcligiooc del grande l^io VI 350 Letteratura non li avesse nello stesso tumulto sottratti e coirclotti al- lo scampo. Ma questo slesso accresceva nel popolo la rabbia , e gli animi inferociti più follemente tumultua- vano. In mezzo le popolari onde veniva frattanto mon- signor Albani, e con cenni e con mano additava vo- ler parlare. Gessava ad un tratto alla presenza del no- bilissimo prelato il tumulto , ed egli parlava , e per- suadevali alla pace: si ritirassero alle case loro; nella morte d'Ugo essere abbastanza vendicata la maestà ol- traggiata di Roma : la sapienza del pontefice a tutto provvederebbe. Indi con dolci parole li ammansava : e quelli, deposte le ire, alle loro case si rendevano. La forza dell' eloquenza e prepotente sugli animi uma- ni : ma ella non basta ove non sia accompagnata da virtù e da grande concetto di probità. Le quali cose essendo tutte al sommo nell' insigne prelato, valsero a maraviglia a cessare ogni turbamento.,,. Segue poi l'orazione la vita di Giuseppe Albani per tutte le geste che la onorarono ; per tulle le som- me dignità che la resero cospicua. Tocca della mo- derazione , della prudenza, della piela , della religio- ne del cardinale. Vediamo Pio VII, Leone XII, Pio Vili, pontefici sapientissimi , rivestirlo successivamente do' gravissimi incarichi di prefetto del buon governo, di presidente del pio insliluto per la carità, di prefetto della congregazione delle acque ; poi di segretario de' brevi, di segretario di stato , di bibliotecario della S. chiesa romana. Vediamo il regnante Gregorio XVI, in que' turbamenti delle Roraagne che sorsero ne* pri- mi anni del sacro suo principato , inviare l'Albani a recare parole di pace e di concordia a que' popoli. „ Mettevasi in cammino ( cosi il eh. A. a e. 17 ) il ve- nerando porporato senza timori ; ne il peso degli an- ni, che erano sopra oltanla ; ne gì' incomodi della sta- gione , eh' era nel cuor dell' inverno ; ne il dover "pas- OuAZlOiNK OKL MonTANARC 351 s;irc in uiezzo ad armati, lo faceva punto arrestare. E infatti chi aveva consumata la vita a' servigi della san- ta chiesa romana, non doveva mancarle nell' ultimo , anzi doveva cercare di chiudere la sua carriera con tutta lode. E certo io soiio che hi sul partire tutte le diOlcolta , i disagi , i pericoli gli si afFaccIarono al pensiero: ma tutti li vinse con la grandezza dell' ani- mo. Della quale Iddio volle certamente premiarlo , fa- cendo che tutto secondo i suoi desideri! succedesse. Entrò in Bologna, vi si fermò: e in vero quella fu gran- de opera e degna di memoria : ben più degna di lode e di memoria fu la condotta che ivi egli tenne. Calmò gli animi , commise pace dovunque. Vedemmo il cardinale Albani movere per mezzo gli armati , ma non vedem- mo quelle armi tingersi di sangue cittadino. L;i forza delle leggi prevalse, di quella 'sola egli usò , e la rese dolce e aggradevole. Gessò i danni, ma senza sde- gno , corresse i disordini , e ne tolse le cagioni : agli uomini fu pio, e anche nel riprovarne le colpe, alla loro fragilità , alla violenza dei tempi seppe compatire. Le quattro legazioni furono da lui pacificate , tran- quillate, e rimesse in fiore di tranquillila.,. Con tale bellissimo scrivere onora il sig. Mon- tanari gli egregi fatti del cardinale Albani , e se stesso. Terminando questo sunto con o0rire al sig. Mon- tanari le sincere nostre congratulazioni , non vogliamo lacere , che il volumetto fu da lui con modestissima ed elegante lettera dedicatoria raccomandato all' eccellen- za di donna Antonietta Albani Litta , contessa Ca- slelbarco *Visconli. Cav. P. e. Visconti. 352 BELLE ARTI Biografia di Bartolomeo Ramenghi pittore detto il Baghacavallo. AL CHIARISSIMO SALVATORE BETTI, DOMENICO VACgOLINI Mi i avete incuoralo a scrivere del Ramenghi • ed oltre alle memorie già pubblicate ne ho dettato la bio« grafia , che dono a voi per testimonio di quella stima che vi professo. Accogliete la povera oflerta , e pili che altro il buon animo. Ed amatemi come vi amo. Di Bagnacavallo il 2\) di settembre 1835, La Romagna, sempre feconda di chiari spiriti, die- de suoi lumi alla pittura nel beato secolo XVI. Splen- de tra gli altri Bartolomeo Ramenghi seniore , dal no- me della patria detto Bagnacavallo. Ivi egli nacque nel 143 'i- di Gio, Batista onorato mercante. Garzo- netto che era di vivace ingegno piacquesi tosto del- l'esercizio delle armi da caccia e dello studio del di- segno. Poi come talvolta dal male , o più veramen- te da ciò che tale ci seml)ra , ne nasce il bene , in- tervenne sillalto caso , else lisi distolse dalle armi J3 i; j, L E A n T i 353 funeste e ahbariclonollo in braccio alle arlì getilili . Quello si fu uno scontro ch'egli ebbe con non so qua- le avversario , per cui rimasto ferito a morte , e pu- re scampatone, lasciava nel 1503 appeso il voto al- l'immagine di s. Antonio di Padova, e dava un addio alla patria. Con quel suo amore alle arti belle , che in lui ben vinse ogni altro amore , venne a Bolo- gna , e nella scuola di Francesco Francia apprese la sua prima maniera di dipingere. Ma conoscendo che si potea far meglio, trasse a Roma, domicilio eterno delle arti, dov' era quel miracolo di Raffaello. La- vorò, dicesi, eoo tal maestro nelle logge vaticane; corto i custodi vanno ivi indicando a chi guarda i trat- ti del suo pennello. Il Vasari gli attribuisce altresì non so quale opera nella chiesa della Pace : la nega il Malvasia; ione sono in dubbio. Ma quando si vo- glia pure, che ninna opera pubblica e tutta sua lascias- se cola il Ramenghi ; non parmi da dubitare lui averne lasciato delle private , come avrò occasione di ram- mentare pila innanzi. Formatosi alla scuola del Sanzio, tornò a Bologna; dove dato fuori alcun saggio di quel magico stile, eccitò r invidia degli emoli , e la maraviglia di tutti, e a lui vennero affidate di molte opere. Prima in s. Petronio nella cappella della Pace, a concorrenza d' altri pittori scolari del Francia , es- presse nobilmente 1' annunciazione di M. Vergine , la natività di Gesù Cristo , e l'adorazione de' magi ; poi in compagnia di Biagio Puppini le tante istorie del testamento nuovo nella chiesa di s. Michele iti Bosco, e in quella sagrestia , che Giampietro Za- netti mostrava come esempio di cosa convenientemen- te pitturata,! santi di uno stile veramente grandio- so con caratteri di teste gravi e dignitose. La copia della trasfigurazione di Raffaello ivi stesso rappresoli - G.A.T.LKIV. *2S ;i^)4 , F; e T, T. n A I^ T I tò pel traverso con liUi^hezza proporziomJa di fii^u- )e in tutta la composizione ; il colore è gajo , fresco, ]»ello , e tale die sente non tanto della scuola roma- na , quanto ilolla fiorentina, e specialmente della ma- uiera di fra Bartolomeo e di Andrea del Sarto , se- condo mi nota il eh Gaetano Giordani. Ne vo' ta- cere ciò che scriveva la slesso Alj^arotti nei 1761 ad un suo amorevole : ,, Del Bagnacavallo darà ba- ,, stante idea all' amico suo la sagristia di s. Mi- ,, chele in Bosco , dove con pennello quasi vene- ,, ziano ha preso a colorire forme romane. Ma so- ,, prattutto dì tal maestro degna è di considerazione „ una Madonna a fresco col puftino in braccio , e ,, un s. Giovannino a' piedi che vadesi nella piazza ,, di s. Domenico : la qual pittura era molto studiata ,, da Guido. ,, Ho voluto notare ciò con questo in- tendimento , di purgare il nostro Bartolomeo da una taccia , che il Lanzi condiscendendo singolarmente al Vasari gli appone : cioè lui avere voluto essere me- ro copista del Sanzio, ed aver detto esser pazzia pre- sumere di far meglio. Quanto alle opere , diresti lui avere aggiunto di meglio qualche cosa a quella ec- cellenza dell'Urbinate : certamente ninno saprehhe negare alle pitture del Ranienghi un certo morbido e carnoso lombardo, che in Raffaele parve solo da desiderarsi. Quanto alle anzidette parole , sono come di maestro; e bene stavangli in bocca, se come confessa il Lanzi medesimo:,, il primo a recar nuovo stile a Bo- ,, logna e.l a propagarvelo fu il Bagnacavallo , che „ in Roma avea praticato con Raffaello , ccrtamen- ,, te non senza prò.,, Del resto il Vasari , sempre in- teso a de[)rimere i pittori non f/oienlini ( e con lui il Borghini ), prende occasione da ogni piccola cosa di scemare al Ramenghi nostro quella lode, che in co- sccnza non può negare, e che meglio concedono il B E L L E A U T I 3jJ Baldinucci , il Malvasìa , l'AigaioUl , il Zanolli , il Buraflaldi , lo Schiassi , il Pepoli , il Ricci, ed alili i quali sentono bene innanzi nelle cose della bellezza. Col voto di tali io prendo animo a dire di altre opere del Ramenghi , singolarmente in Bologna , che fu il pili grande teatro della sua gloria. Nella cappella Banzi in s. Stefano pose V adora- zione de' magi e il presepe fatto a secco : nella cap- pella Gotardi , in s. Maria maggiore , una s. Anna a fresco, e in s. Vitale le istorie pure a fresco; nella cappella di Maria Vergine , e singolarmente a con- correnza di Jacopo Francia , la visita a s. Elisabetta, dove quantnnqne egli fosse imitatore del gran Raffa- ello , cercò nel profeta il terribile di Michelangelo ; perchè sempre piià si fa chiaro lui avere operato allo specchio del Sanzio non servilmente , quando mirava altresì con gran prò in quello di altri valentissimi . E ben può vedersi ancora ne' suoi dipinti spiccare la pastosità per cosa non molto agli altri comune , sic- come notò pure il Barulfìaldi ; e la sua maniera gran- diosa e la sua tinta dolce e soave piacquero molto a quel sicuro giudizio di Lodovico Caracci ;; e le sue madonne così divote e i puttinì carnosi e teneri quanto altri mai , furono studiati con molto amore non pure da Guido Reni , ma dall' Albani. E nelle cose a fresco valendo sopra gli altri, ebbe a dipingere nella residenza della compagnia del Bara- cano Cristo portante la croce , la crocefissione e la de- posizione : e nell'atrio della basilica di s. Stefano so- pra il deposito Beccadelii la beata Vergine coronata dal figlio così bella e graziosa , che pare una mara- viglia ; e nel cantone dell' antica casa Serafini quella madonna col figlio in collo e s. Giovannino che era appunto la delizia di Guido. Ad olio fece nel 1522 la tavola del Crocefisso con 2Ò 1156 B K I, L E A 11 T I Iti Matldaleii;» a' piedi in s. Pietro: e quella rappresen- tante la nalivila di JV. S. all' aliare Guerini nella chiesa delle monache di s. Maria Maddalena. Colorì a tempra nella chiesa di s. Damiano i santi titolari ? in s. Maria nuova la maravigliosa adorazione de' re magi : nella chiesa de' putti della Maddalena , quella tavolina della vergine in mezzo ai ss. Eocco e Sebastiano,; ed assai opere private nelle case di Bo- logna , in qualcuna di Ferrara, ed in tanti palagi di Ro- ma , come al dire del BaruffaJdi , in quelli de'Ginet- ti , Spada e Sacchetti : le laute nella villa Ludovisi , ne' catiierini del marchese Giustiniani , ed in moltissi- mi altri luoghi ; com' è a vedere altresì ne' libri , che ne parlano più. diffusamente. Da tanti lavori egli non trasse già molte ricchez- ze ; perocché non poneva a quelli gran prezzo: il che basterebbe forse a difenderlo da quella nota di su- perbia e di fumo , che il Vasari gli attribuisce. 0 non fu egli superbo , o lo fu come il Venosino per essere conoscente della virtù e dispregiatore dell' invidia : la quale ebbe a soflrirc principalmente da ([uelT Amico Aspertini , che fu il martello degli artisti. Come che sia, il Vasari mal notava negli altri quelle macchie che in lui slesso più giustamente notarono non pure i cunlemporaiici , ma i posteri. Né si vuol credere troppo alla guida di Bologna citala dal Lanzi , che dice il Bagiiacallo nato in Bo- logna'nel 'J4*>^ : morto nel '155') ; ma bensì al Ba- ruffaldi (citalo più volentieri dal Lanzi medesimo ) che io dice nato in Bagnacavallo del '14 :!4 , e niorlo in Bologna del 1542 ; del che sembra non sia oggimai da dubitare gran fatto. Neil' anno adunque cinquantesimo ottavo dell' eia sua, sofro(^to da impetuoso vomito di sangue , egli cessò di vivere nel mese di agosto , co- me noia il Barulfaldi : e lasciò bella fama non [»uie Belle A u t i 3^>T per l'indefesso studio e per la eccellenza nell'arie, ma pe' costumi. Invano, parmi , si volle da taluno cuniendcre sulla oriijine di lui. Bagtiacavallo è la patria vera non pure degli avoli , come affermò ii Baldinucci , ma di esso 'Bartolomeo Bamenglii ; il quale da lei tolse il nome, come (per non uscire dalla nostra Piomagna ) lo tol- sero due suoi com|)agni assai chiari, il Francia da Imola, e il Marchesi da Gotirrnola. Bolofjna ha il vanto di averlo educato alla pittura sotto il Francia , onde la sua pri- ma maniera : i'ioma ha quello di averlo perfezionalo alla scuola di l'affaello , onde la sua seconda e più eletta maniera. Bologna poi (alla quale tornando da Boraa ci mostrò prima il bello stile dell'urbinate, e in che e còme si potesse render migliore ) è da lodarsi di avere fornita all' ottimo dipintore un largo campo a produrre le sue ojiere ( per la devozione che inspira- no , pe' bei puttini , e per la vaghezza del colorito tut- tora famose ; : delle quali vedremo esserne andate a Londra , a Dresda , a Berlino, per tacere di altre cilfa , le quali si pregiano de' dipinti del nostro Ramenghi. Bologna stessa deve a lui le prime glorie della sua scuola , ed una schiera di generosi : alcuni de' quali operarono maraviglie in Ispagna ed in Francia, dipin- gendo la per Filippo II , qua per Francesco I , « in Roma stessa per l'eccellenza dell' arte vennero nella grazia de' pontefici proteggitori delle arti , e in tufi a Italia domicilio di bellezza ebbero commendazione. A lui deve ancora di più di avere rivolta nobilraenlc la pittura alla luce della vera religione. E se per- cor- rezione di disegno Innocenzo da Imola forse lo supeió, egli air incontro lo vinse al certo nel colorire e in altri pregi ammirati dagli stessi più grandi dipintori. Ben è a dolere , che il tempo e la fortuna ( anzi gli uomini ) a tante opere dei Ilamenghi non alìbiano ^58 B i: L T. E A 11 T i perdonato : di che lamentava rAlgarotll scrlvonclo nel '174^- 3 Bartolomeo Beccari , e più abbiamo a lamentar noi dopo tanti travolgimenti. Pur consoliamoci notando alcuna cosa di quelle , che ancora rimangono : e dalle stesse reliquie impariamo ad apprezzare l'artista. Nella pinacoteca dell' accademia di belle arti in Bologna è la pittura in tavola rappresentante la santa famiglia e i santi Paolo , Benedetto e s. Maria Mad- dalena : la quale non perde presso la s. Cecilia del- l' urbinate , e fu disegnata dal Rosaspina , ed incisa dall' Asioli. Il refettorio poi e la libreria de' canonici di san Salvatore sendo stati posti in questo secolo di sven- ture ad uso di caserme di soldati , le famose pit- ture descritte singolarmente dal padre Trombelli nelle Memorie di s. Maria di Reno, hanno sofferto molti gua- sti : vennero però non ha molto riparate da un mu- ro , che le difende , e lascia tanto spazio da poterle ancora vedere. Le pitture nella chiesa de' servi , mal rislaurate a giudizio di Gaetano Giordani, furono già descritte dal canonico Crespi nel Discorso stampato in Bologna nel 1T74. La tavola della natività di Cristo , che era nelle monache di s. Maria Maddalena , ora è nel magazzino dell' accademia , aspettando una mano pietosa che la ristauri. La cena degli apostoli in tela , di lunghezza pal- mi romani 33, di altezza 11 , trovata nel '1828 in un magazzino di quadri in Bologna e ristaurala dal prof. Gnizzardi , fu portala in Inghilterra. La descri- zione da me fattane leggesi nel giornale di Perugia e nel liberino di Roma 1835. I! disegno fattone da An- tonio Moni trovasi presso il comune di Bagnacavailo, dove sono pure per mano del Muni disegnate le belle cose B i: L r, n A r. t i 3r)9 della sagrestia di s. Miclicic in Bosco ridolfa ( ahi chi lo avrebbe pensalo ! ) a tanta miseria, che serve di fenile pei prigionieri. Sonovi paiimonlc i disegni dei famoso Crocifisso di s. Pietro , e del s. Js'icolò dipinto a lem- pera in tela nella chiesa della Misericordia , ed ora nel magazzino de' quadri dell'accademia di belle arti in Bologna. la s. Donino , ad un miglio da Bologna, b» tavola raffaellesca della beata Vergine ; per tacere di altre assai, e tra esse di molte che in occasione degli addo})bi sonosi esposte questi anni passali alla [>ubblica vista iti Bologna , dove si conservano presso nobili famiglie. Nella galleria di Dresda del 1782 si nota la pit- tura in tavola rap{)reseatante la Vergine col bambino in gloria. Nella galleria di Berlino si nota nn quadro in tela rappresentante s. Agnese , e i santi Petronio e Lo- dovico. Nella galleria del museo di Napoli notasi uiia s. famiglia. Nella galleria Coslabili di Ferrara sono due ta- vole , una rappresentante la B. V. col bambino , l'al- tra la s. famiglia con s. Anna. In casa Canonici , pure in Ferrara, una tavola colla B. V. che ha il figlio in braccio, e i santi Giuseppe e Gio. Battista. Fra le pitture di Rovigo e notata in casa Cam- panari una tavola rapjìresentante s- Caterina. Li Faenza nella pinacoteca conservasi in tavola lo sposalizio di s. Caterina. In Imola nel duomo un' ancona assai gronde , rap- presentante i dodici apostoli e M.V., vuoisi comunemente lavoro del Ramanglii : ne dubita però. Gaetano Gior- dani . 300 B K I, L E A K T l In Lugo, nella chiesina del Carpus Domini, un Dio Padre in piccola tavola ottangolare. Spi quadri di pic- cola dimensione in legno, rappresentanti la storia di Giu- seppe ebreo, si trovano ivi nella galleria di S. E. il sig. conte Michele Bolis cav. commendatore dell' insigne mi- litare ordine di s. Stefano di Toscana e ciamberlano di sua maestà I. R. A. In Cotignola in casa Minguzzi una tavolina rap- presentante s. Caterina che ha ricevuto l'anello dal bam- bino. In Bagnacavallo nella collegiata un dipinto in ta- vola rappresentante Gesù Cristo sulle nubi, e s. Pie- tro, s. Bernardino e s. Michele Arcangelo all'aitar mag- giore : nella chiesa di s. Francesco, la B. V. e i ss. Roc- co e Sebastiano, quadro che è al primo altare a sinistra di chi entra : nell' archivio notarile. Gesù crocifisso di- pinto a tempera. Ma quale è mai gentile persona , che passando di Bagnacavallo non chiegga de' Misteri del Ramenghi ? Eranvi dipinti a fresco nell' oratorio già annesso alla chiesa del Rosario : ora chiesa ed oratorio non sono più ; e degli affieschi pochi frammenti salvati dalla de- molizione esistono in casa Vloni. In tela poi esistono nel coro della chiesa della B. V. della Pace i 15 mi- steri dipinti da Gianibatista Ramenghi nel 1585 , e distribuiti in contorno al quadro della B. V. del Ro- sario. Dello stesso autore si crederebbe la tavola all' aitar maggiore nell'antica chiesa di s. Pietro in Silvis. Giambatista Ramenghi , degno figlio di Bartolo- meo seniore , voleva qui essere ricordato. Di lui si ve- dono molte pitture in Roma nella gran sala della can- celleria , dove operò col Vasari e fu tra quelli che aju- tarono il Primaticcio e il Rosso nelle gallerie di Fran- cia. Agostino Caraccj intagliò una delle di lui plìi bel- ^ K L L K z\ R T t 361 le opere. Nella chiesa delle Grazie ia Bologna il Ba- ruffaldi notò col Gavazzoni un bellissimo crocifìsso , e ili quella degli Angioli la non mai abbastanza enco- miata tavola di s. Paolo apostolo. Nella Serie degli nomini i pia illustri nella pittura (Firenze 1772) si dice, che servi di aiuto al padre nel fare diverse ojere, tra le quali appunto un Crocifisso nella chiesa delle Grazie, e un altro a tempra in quella di s. Damiano. Si vede ancora di suo (continua a dirsi) nella chiesa degli Angeli una bella tavola nelT altare di s. Paolo, e in s. Maria del Mosello, fuori di porta strada mag- giore, altra tavola rappresentante il martirio di s. Cleto. Le opere di lui si confondono con quelle del padre, abbenchè non arrivino a quelT eccellenza : il Lanzi sembra lo biasimi senza bene conoscerlo : lo dice morto li 6 novembre 1G0I. Di quel Giambatista nacque Scipione, che fu pit- tore non meno che l'altro Scipione fratello di Bar- tolomeo seniore. Egli valse molto nella quadratura ; ed unitosi col Pisarelli, che fiori nel seicento, ornò molti palagi di Bologna. Ma questi Ramenghi non salirono alla fama del vecchio. Di Scipione, fratello di Bartolomeo seniore, nacque in Bagnacavallo quel Bartolomeo giuniore, il qoale per desio di lode abbandonata la patria fermossi a Bo- logna , e fu aggregato alla compagnia de' pittori l'an- no 15T8. Lo ricorda anche il Lanzi come compagno a Gio. Battista Creraonlni da Cento , che mori del 16lO. Il Baruflfaldi aggiugne ai detti Ramenghi un Giovan Battista figlio di Bartolomeo giuniore, e ne parla l'Oretli e con lui il Lanzi come operasse nel 1615, Ma presto mancò quella buona e brava famiglia : i resti della cui casa in Bagnacavallo sono ancora indicati dove io abito. X 362 13 K L L K Arti Questi cenni io dettava appunto cola, raccogliendoli dalle raonioric che ne ho pubblicate. Quando amore di patria mi scaldava, io per non mancale all' ufficio di storico ho volato lencrmi innaiìii lo spacchio del ve- ro : e tacendo tacere il cuore, mi son sempre appellato al giudizio de' savi. E sono slato scarso narratore. Ma la virtù dell' egregio discepolo di Raffaele è troppo chiara per se , ne avea bisogno che di essere accen- nata come una stella vivace in cielo sereno. 363 VARIETÀ' ixl sig. M. M. che ci chiede di porre nell'Arcadico un'acre sua risposta ( già pubblicata con le stampe ) al sig. prof. Giu- seppe Iguazio Montanari, rispondiamo di non poterci onesta- mente prestare al suo desiderio. Perciocché le cose dette nel- l'Arcadico da esso sig. Montanari in propria letteraria difesa contra il sig. M. M. ebbero per oggetto di censura un ano- nimo , né toccarono palesemente la riputazione di nìuno de' nostri collaboratori : là dove lo scritto del sig. M. M. è con- tra il sig. Montanari direttamente e senza niun velo di per- sona. La condizione adunque dei due critici è ben diversa , come ognun vede , presso il direttore ed i compilatori del gior- nale arcadico : lasciando anche stare la poca civiltà delle es- pressioni di esso sig. M. M. , e la ninna dilicatezza d' intito- lare senza verun permesso il suo libello ad un onesto e pa- cifico cavaliere. Slemorie della vita di Girolamo Pennacchi di Treviso, pittore del secolo XV I , scritte dal marchese jimico cav. Ric- ci accademico d^ onore di s. Luca e delle belle arti di Bologna. 12; Bologna i835 ( sono pag. 24. ) XI sig. marchese Ricci di Macerata non lascia occasione di rendersi ognor più benemerito dell' istoria delle arti italiane, siccome fanno fede le opere sue , che di tempo in tempo ci ^'icn regalando : e come ora dimostra questa vita di Giro- 364 Varie t a' lomo Pennacchi , pittore assai gentile della scuula veneziana, discepolo di Giorgione , studioso di Raffaello , e tutto dato anch' egli a mutare quella minuta maniera de' quattrocenti- sti nella splendida e graziosa larghezza di stile , che fece principi delle arti il Vinci , il Sanzio , il Correggio , il Ve- celli , al Buonarroti. La qual cosa gli sarà sommamente ripu- tata inlode daque'veri maestri d'Italla,che oggi cotanto ridono di una presuntuosa povertà di spirito , la quale , perchè niun so- fisma , ninna scempiaggine possa dirsi mancare a questo se- colo di rinnovata ragione, vuole che le arti non sieno fiorite meglio che in Giotto , nel Masaccio , nel Verocchio, nel Perugino , in Alberto Duro. E appena fa grazia alla prima maniera di Raffaello : in tutto poi rifiutando la seconda , che ci diede il portento della Trasfigurazione ! Il che certo ipo- Steri non crederanno : parendo che le umane stoltezze deb- bano pure avere un termine : e questa , massioiamente in Ita- lia , superandoli tutti. S B. Intorno le belle arti e gli artisti fioriti in i>nrie epoche in Messina, ricerche di Carmelo La Farìnn ordinate in piti lettere. 8. Messina i835 della stamparla Funiara. ^So- no pag. gS) Li è meno benemerito del Ricci si dirà il messinese signor La Farina per queste lettere , le quali pure ci danno tante preziose notizie di arti e di artisti. Di che non solo Messina , ma tutta Sicilia , e gran parte anche d' Italia vorranno ri- ferirgli grazie . Dodici sono le sue lettere , delle quali in- dicheremo solo le materie che trattano: i. Sui pittori Fran- cesco e Stefano Cardillo da. Messina: i. Sali' anno della mor- te di Polidoro Caldara da Caravaggio : .", 5'*? il pittore Gio- V arista' 305 Paolo Fondoli cremonssa f/ossa annoverarsi tra gli esteri che in Messina fiorir ono : 4- Di alcuni dipinti di Antonio Catalano finora non conosciuti , e di altri a lui non drittamente at- tribuiti : 5. Si aggiunge Francesco Laguna al novero da' pittori messinesi , e si annunciano altri dipinti di Andrea Qua- gliata : 6. Si purga di talune m<;nde la biografia di Filippo Tancredi : j. Si adducono varie notizie intorno gli artisti B. Dalliotta , D. Guinaccia , B. Giannotto , S. Van- Houbracken e G Fulco : 8. Si tiene parola degli animali del presepe nel descriversi un bassorilievo marmoreo appresentante la na- tività del Signore : g. Si stabilisce V epoca della morte di Antonio Catalano , ed altra pittura si produce di Gaspare Camarda : io. Si accennano le opere dello scultore Ignazio Brugnani , di cui si dà anche un cenno biografico : ii. Si producono alcuni dipinti di G. Simone Comande, del Kan-Hou- bracken , del Bava, del Menniti : 12. Si fissa V anno del ri- torno in patria del famoso dipintore Antonio Barbalo nga da Messina. Alle quali lettere godiamo di potere aggiungere altre due che r egregio autore ha poi pubblicate nello Spettatore Zan- cleo , giornale di Messina. La prima è nel numero XXIV, cioè dei ly di giugno i855 ^ e vi si parla del messinese di- pintore' Stejano Giordano , e della cena del Signore dallo stesso condotta. La seconda è nel numero XXiX , cioè dei 2(j di luglio , e tratta di alcune statue di Giambatista Mazzo- lo scultore messinese , emandando un errore del Vasari nellu vita del frate Monlorsoli. s. « 365 Varietà' In morte della signora principessa donna Luigia Hercolani nata Pallavicini , ode del conte Giovanni Marchetti. 8. Pesaro pei tipi di Annesio Nobili i855. ^sono pag. 8 ) V/uando sentiamo parlare di una poesia di Giovanni Mar- chetti , r anima subito ci si apre ad una grande giocondità, pensando già di dover leggere una cosa tutt' oro italiano. E cosi è stato al presente : sembrandoci che non possa la- mentarsi la morte di una gentilissima né con più soave ma- linconia , né eoa più castità di grazie , né con più cando- re di eleganza. Tutta bella é quest' ode : tutta degna di tan- to maestro : ma il principio per soavità di parole e di sen- tenze diremo essere impareggiabile. Sparvero in cicl le tenebre , Roseo mattin t' invita ; Apri le luci ingenue , Torna a sentir la vita : Sorgi dal tuo riposo , Cara delizia ed unica D' innamorato sposo. Sorgi : ed a lui , che angelica Forma quaggiù ti fece , Alza , innocente spirito , La mattutina prece : Spegne gli strali ardenti Dell' ira eterna il semplice Pregar degl' innocenti. S. B. Vari k t \ 367 Dcl/a bontà rlchiesla ali' oratore, discorso recitato da Gaetana Rosetli forlivese per la solenne distribuzione dei premi fatta dall' eminentissimo principe Gio. Antonio Benvenuti nel seminario e collegio di Osimo il settembre del i835. 8." Loreto dalla tipografia dei fratelURossi i835. ( sono pag. 22. ) 1^ ci abbiamo lodato altra volta questo giovane professore pel suo discorso sugi' improvvisatori ( v. a carte 2ii ): e noi nuo- vamente il lodiamo per la nobile prosa detta nel presente an- no al suo collegio di Osimo. Imperocché tutto nel sig. Ro- setti ci annunzia una mente pasciuta della miglior sapien- za , ed un cuore non corrotto da ninna delle moderne tur- pitudini delle lettere . Grave e vigoroso è il suo dire , e pieno sempre di veri spiriti di eleganza : di che giovi qui questo esempio : ,, La virtù infatti è potentissimo e sacro patri- „ monio. Allorché ella signoreggia , di un tal vigore arma l'in- „ tellelto , di una tale prontezza anima 1» volontà, di un tal „ volo impenna la fantasia , che l'uomo , direi invaso da un „ nume , si fa maggiore di se stesso , e quasi violentissimo tor- ^,, reute seco traggo e strascina qualunque si è il più inculto ,, ed orrido intendimento. Ella tranquilla lo spirito di manie- ,, ra , che sbandeggiate le inutili cure o dannose , e i meno che „ onesti pensieri , attenta e serena vede nelle cose la miglior ,, parte, e tosto la elegge, e vividamente in altrui la imprime. ,, Così sgorgano da questo fonte quei preclari effetti, che reg- „ gono in pace l'umana famiglia , e la riempiono di utili e di „ onori. Nasce dalla virtù una tenerezza indicibile per le male , sofferte ingiurie; un piacere vivissimo delle bene meritate al- j, legrezze : una consolazione impetuosa dell' innocenza, che ,, soggioga la iniquità j un desiderio intenso di ciò che è vero, ,, o castamente piacevole ; uno sprezzo, che si accosta all'odio ,, della viltà e dell' adulazione; un commovimento perenne delle ,, cose ammirabili e singolari. Derivano dalla virtù il patrio amo- ,, re , Taltezza de' pensamenti , l'abborrimento al vizio e a ,, fpunlo lu somiglia , il sofferire magnanimo nello calaniil.V , 3 >8 Varietà.' ,, e il temere non d'altro che della vergogaa e del delitto. 01- ,, tre a che la virtù nobilita la persona , e la rende graziosa e ,, amabile negli atti, grave e veneranda nell' aspetto. Diresti che ,, insieme coli' animo ella muta il legnagglo e le fattezze. Per- ,, ciò sebbene naia in basso luogo , non disdegnano di onorar- j, la i grandi: anzi ccrcanla avidamente, e da lei ricevono quel- „ lo che essi, di tutto abbondanti e in tutto potenti , non val- ,, gono a dare né a torre.,, S. B ^l professore Giuseppe Ignazio Montanari, epìstola del dottor Ignazio Borzaghi. 8. Bologna i835. ( Sono carte 8. ) JtVssai ci gode l'anima quando leggiamo alcuna cosa o di prosa o di verso , nella quale sieno mantenute le ragioni della nostra grande letteratura. Quindi i compilatori del giornale arcadico non potevano non fare buon viso a questa dotta e leggiadra epi- stola , in cui l'egregio signor Borzaghi discorre al chiarissimo Montanari le stoltezze d'ogni maniera , che renderanno di si ridicola memoria ai posteri tante opere moderne ; sia che esse in- segnino : Chi cittadin del mondo non si tenue , E su gli altri ebbe cai'o il patrio nido , Indarno in alto voi spiega lo penne. Peregrinar convien di lido in lido , Mutar lingua e costumi , e in bene o iu male Levar di se per varie terre il grido ; sia che sognando non so qual fantasia di perfezione umana , da cercarsi solo con la lucerna sansimonisla ( ciurmaglia di setta non so se più pazza o più empia ! ) , gridino : Non più morbi o flagelli o sangue o guerra, Robusti i corpi , gì' intelletti sani , Le colpe e i vi2Ì , nomi ignoti in terra ; Varietà' 3G9 Tutti liberi allor , tutti sovrani , E al bel raggio d'amor , raggio de' numi , Abbergo il mondo fia d'angioli umani. Importantissima é questa epistola : né meno bella di lingua e di poesia : ben mostrando nell' autore un discepolo valentis- simo del sommo Massimiliano Angelelli. Solo oseremo chie- dergli , rispetto a quel verso, Mercè uno sluol beffardo che xalpesta : s'egli abbia alcun certo esempio del buon secolo della ling+ia^dove la parola mercè, posta avverbialmente, sia congiunta coll'accusa- tiro piuttosto che col genitivo , o col dativo come ha l'Ariosto in questo luogo del e. XII stanza 35 da registrarsi nel vocabolario: ,, Mercè a l'anel che fuor d'ogni uman uso „ La fa sparir , quando l'è in bocca chiuso. Noi certo non l'abbiamo : anzi crediamo che sia cosa in lutto fuori della ragione grammaticale , chi ben la consideri : cosa insomma da lasciarsi alla negligenza de' moderni , com' è l'altro dire: malgrado una cosa, invece di malgrado di una cosa. Ecco un bel saggio del verseggiare e del peusar0 savissimo del sig. Borzaghi: E là, pompa facendo di parole E di dottrine oltra l'ingegno umano , Innalza al ciel le oltramontane scuole. E la brigata allor col nappo in mano Fa plauso al dicilor , che in gravitate Seneca vince e l'oralor romatio : E si conchiude : Vuoisi in questa etate Cotale agi' intelletti nudrimento , Qual non gustò la rozza antichitaie. G.A.TXXIV. 2A oli) V^ A R I £ T a' II vero al poetar sia fondamento , Non le baje del secolo dell' ot'o Che nullo fanno al mondo giovamento. Che vai l'arte del dir , che il far tesoro D'elette voci e frasi , onde s'informa In vario modo il vario ascreo lavoro ? Sol dall' uso il serraon dee pigliar norma : E se forte e sublime fia il. concetto , Nulla rileva l'abito e la forma. - Magnifico Glicone , io mi sberretto Alla tua veneranda autoritade: . Che ben so quanto pesa ogni tuo detto. Ma dimmi : non de' prender qualitade Dal suhielto il parlar ? Forse di Marte L'ire funeste e il cozzar d'aste e spade Ritrarrai col color , colla stess' arte , Onde gli allegri balli , e i dolci amori Di ninfe e di pastor dipingi in carte ? Opran studio diverso 1 buon cultori In diverso lerren : conformi all' opre L'industre dipintor scegh"e I colori. ^ E se v'ha tal che senza legge adopre , Né componga le tinte in armonia , La sua crassa ignoranza appien discopre. - Regni il vero , tu gridi , in poesia. Ma nud' arte non reca maraviglia , Non diletta e non s'apre al cor la via. Ad anel senza gemma ella simiglia , A prato senza fior : l'arido vero Non molce i sensi , e gli animi non piglia. Sia pur forte e sublime il tuo pensiero : Ma s' ei non ha dal dir lume e conforto Né risplendc per fino magistero , Non fia che aggiunga a glorioso porto : Che qual vuoi scritto in disadorno stile Manda poca favilla , ^ >n breve è morto. V A R 1 K T A 371 E un subietto talor rimesso e umile In sua schietta virtù vince la prova , Sol perchè ha veste candida e gentile. Né pregio ha solo poesia se giova , Ma pregio acquista ancor se dilettando Soavemente l'animo commova. lyLentre alcuni stolti italiani mal conoscono i doni , de' quali la provvidenza ha largamente favorito sopra tutte le terre dì Europa la nostra patria, e dimentichi di se stessi sospirano tutto di la nebbia e la mestizia del settentrione : ecco come ne' me- si scorsi un illustre francese , il signor Carlo Durand , salutava l'Italia in una poesia pubblicata nel giornale L'Etincelle dei So di agosto i835: Saluta 6 divine Italie l Saint pays des doux plaisirs , Berceau des arts et du genie , Asile des grands souvenirs ! I' aime à contempler la nature. Fière de sa ricbe parure Dans ce jardin de l'univers : Et l'air mérae qui ra' environne , Empreint d'un charme qui m' étonne, Malgrè moi m' inspire des vers. La vigne à l'ormeau suspendue ^ Offre à mes yeux en serpentant La guirlandc au loin étendue 24* 372 Varie t a' Que verdit le boiu-gcori naissaat : Bientot , de pampres tapissc'e , Par les doux zéphirs balancée , Dans son seiu doit naìtre iia tresor. Fiere alors d'enrichir le monde , Une liqueur douce et feconde Coulera de sos grappos d'or. Qu' importe une lyre savantc ? Hàtons-nous , les jours sont comptés. Inspirez-moi j troupe charmante, Des gràces et des voluptés. La terre et ses rians bocages , L' onde et ses fertiles rivages , Tout ici respire l'amour. Muses ! versez-moi l'ambroisie : Sous le ciel de la poesie le devlens poéte à mon tour, Vaincu par la douce mollesse , Laissez-moi sous ces pampres vcrls D'Anacreon et de la Grece Vous dire les divins concerts. le veux avec le doux Virgile Repeupler ce pays fertile Des dieux qui firent ses beaux jours ; Oli plein d'une joyeuse audace , le veux chanter avcc Horace Le viu , la gioire et les amours. 5. Aimons ! Que la voix d'une amie Nous aicTè a' supporler nss jours- Varietà' 373 Doux révesde la itiélancolie, Occupez- ea le triste coiirs. Aimons ! Et si, dans le mystére , La beaute' qui noiis a su plaire A nos voeux accordait son coeiir, Seul confident de nostre fiamme , Que le ciel qui cre'a notre situe (i) Soit jaloux de notre bonheur. Sui patti che si stabiliscono coi coloni nella Romagna , memo- ria del socio corrispondente sig. Domenico Antonio Fa~ rini ( presentata all' accademia agraria di Pesaro )• G, rii economisti generalmente trascurano, nell' additare le fon- ti di publica prosperità, un elemento importante ; anzi necessa- sario : l'elemento religioso. Essi cercano e mostrano l'utile ; ma vi può egli esser l'utile sansa l'onesto ? e commercio senza giu- stizia ? ed onestà e giustizia costantemente senza la tutela della religione ? Questo gran vero conobbe ed applicò nelle sue opp- re quel fior di giudizio del prof. Luigi Valeriani Molinari , il quale se fosse stato inteso dal Pecchio, non sarebbe stato pa- gato da lui collo sprezzo in faccia al Gioja. Più savi e giusti uomini parranno due grandi ingegni al posto, che loro appar- tiene nella istoria della economia pubblica : noi loderemo il Valeriani , che primo in Bologna aperse e tenne scuola di tale scienza , e diffuse in tanta parte d'Italia l'amore alle utili disci- pline, ed il rispetto alla giustizia, alla religione. Dalla scuola di lui ha tolto l'autore di questa memoria belle ragioni di racco- mandare nella Romagna i coloni, affinchè per essi in generale sia provveduto alla giustizia do' patti, alla istruzione, ai costumi. E in ciò prende le mosse dagli statuti locali , e proseguendo quel (i) Diasi alla ragion poetica il modo enfatico e ardito di que- sta espressione. 3T4 Varietà' tao Discorso sul codice agrario C Forlì i85'2j colJ' aritmetica alla mano porge il calcolo dell' entrata e della spesa colonica in varie possessioni; calcolo desunto dall' esperienza : e non senza buoni lumi di filosofia viene conchiudendo con queste parole: „ Oh come bene avvisano i padroni ad essere giusti, equi, umani „ e benefici verso i contadini loro! Con queste qualità se ne iu- „ catenano i cuori . . „ E nota saggiamente che non valgono le leggi , se non siano buoni i costumi : a questi è da volgere ogni cura; tanto più che i vizj delle grandi città si vanno introdu- cendo anche nelle campagne, e il giuoco e il lusso e i piaceri di Venere sono fatali all'osservanza della fede e lealtà, che i coloni ( considerati non come servi , ma come socii] debbono ai loro padroni ; se non che l'esempio dee venire da questi. ,, L'esempio loro li alletterà a seguire le stesse orme onorate. „ {*) D. V. nta del reverendissimo padre don Ignazio agostino Scandel- lari bolognese , generale dei befnabiti , consultore del s. oj- fizio , esaminatore sinodale , dottor collegiata de' teologi neir unii^ersità di Bologna , scritta dal padre don Paolo Venturini hernahita. Bologna i835 , pe' tipi del Sassi alla Volpe, in 8.° di fac. 72. A x:imare gli uomini , e cogli argomenti della persuasione e con quelli ancora più efficaci dell' esempio innamorarli della vera sapienza e della virtù : ecco uficio degnissimo degli operosi mi- nistri di Gesù Cristo, ecco l'elogio dell'ottimo Scandellari , e quello non meno del chiaro spositore della sua vita. Quest' ul- timo infatti scrivendo dell' illustre trapassato , che nato in Bo- logna a' 18 settembre 1756 mancato a' 19 dicembre iSSa pieno di anni e più di meriti lasciava gran desiderio di sé non pure (i) Pochi giorni dopo aver presentato alla pesarese acca- demia quella mc(noria l'autore mancò della morte di Alberigo Longo ( vedi Caj-o latt. voi. 1 pag. 81 ediz. comin. ) V A H I E T a' «^^5 nei cherici regolari di s. Paolo , ina ne' buoni concittadini , ha tenuto quel modo filosofico di svolgere le ragioni dei fatti e dei teiupi e di aggiungere a larga mano quasi il condimento della morale ad esempio dei su2)erstiti e del posteri. E la lingua è tutta bella di quella cara semplicità del trecento j elevandosi , dove bisogna, a quell' altezza del Bartoli lo stile sempre appropriato alle cose. Diamone alcun saggio. A pag. 25 parlasi de' grandi rivolgimenti , che vide lo Scandellari. ,, Vide egli per poderose ,, armi di potente dittatore disperdersi il governo pontificale , ,, vide sorgere l'italiana repubblica , vide le imperiali aquile ,, riversare le insegne di libertà , e rivide per le vincitrici ar- „ mi di Francia l'abbattuta libertà ristorarsi. Vide costumi inu- „ tati , e desiderii nuovi , e risvegliate cupidigie , e genti corse „ a subiti sdegni ed a feroci consigli. Wla né una parola , né „ un cenno che significasse in lui ira o indignazione, o desse ,, cagione di odio e guerra alle fazioni contrastanti ec. ,-, Siegue a pag. 33 ,, . . . E pervenne alle nuove mutazioni „ di stato , e vide le sorti d'Italia tramutarsi , e nuovi vcs- ,, siili di novelli signori sventolare all' aria , quando nel 1814 „ per le armate austriache e napolitane caduta la domiua- ,, zione de' galli , le sorti di Bologna vennero al^e mani di ,, Gioacchino Napoleone signore di Napoli , che con supremo ,, imperio per condizione pattuita cogli austriaci le governò . . . ,, Il re Gioacchino, caduto di speranza di reggere a suo talento y, le sorti italiane , lasciò Bologna alle mani de' tedeschi, i quali ,, ne ebbero governo , finché di nuovo levato quel re ad al- ,, tissimi desiderii ricorse con fortissima oste a Bologna, dicbia- ,, rando la italiana indipendenza , che per la poca forza di chi „ la doveva uiantenere , e per la prestezza de' soccorsi dell' „ Austria , dopo la breve vita di quindici dì subito nata fu „ spenta ec. „ Continua la storia de! tempi sino al ripristinato governo pontificale, e dice come lo Scandellari venne agii ono- ri senza cercarli , e come a' maggiori sarebbe salito se avesse desiderato ; perocché in Roma stessa fu in bella fama e grato a' sorami pontefici , che ne ebbero conte le virtù. Tanta si fu la modestia di lui, che avendo .scritte pur molte e buone cose, non lasciò venire alla luce ,, di sua volontà che uno sciilto di 375 \ A K I K T a' ,, teologiche dottrine a difesa di alcune sentenze proposte da' ,, suoi alunni nelle pubbliche disputazioni, e l'elogio del P. D. „ Michelangelo Griffini bernabila , uomo chiaro per dottrina 5, e virtù , nel quale seguitò suo stile di sporre chiaramente e „ gravemente i fatti senza studio di cercati ornamenti. ,, Egli studiò più alle cose , che alle parole : le quali però discenden- do dalla vena di alti pensieri, non gli mancavano; anzi pronte gli erano tanto , che esponendo pubblicamente sacre scritture, diceva all'improvviso non avendo scritto più che la selva de' suoi dotti e profittevoli discorsi: ne' quali splendeva mai sempre la carità. Ma non ci è dato chiudere in poche linee i tanti pregi dell' ottimo Scandellari , che meglio appariranno alle cortesi persone nella vita scrittane con amore dal Venturini. Col quale vogliamo rallegrarci di cuore non solo per questo suo scritto ; ma perai-' tn in prosa ed in versi , che ne abbiamo veduti. Egli è de' po- chi, i quali scrivendo italianamente sentono e sanno quello che scrivono. D. VACCOLlIfl, Panegìrico di S. Filomena vergine e martire detto da Agostino Peruzzi , canonico della metropolitana di Ferrara. Fer- rara dai tipi Bresciani i835, in 8 di fac. 34- v-cca dal Raruffaldi , e si attcsta dal Zanotli , che siao dal T729 fu trovato la prima volta il co- me la pittura da' muri trasportare in tela, e l'iti ventore fu An- tonio Contri ferrarese ! Al che aggiunge il Giordani , che tal arte ben tosto fu usata da Domenico Michelini , e solo poi nel 1752 dal francese Picaut , e con altro metodo e più sicuro da Giacomo Succi imolese , ed ora dal figlio di lui Pellegrino , che esercita in Roma la professione del padre. Questa lettera del Zanotti invoglia ognor più di vedere le vite scritte dal Baruffaldi , e a questo desiderio viene sodisfa- cendo il Tiberino. Perchè ci risparmiererao sul proposito molte parole ; ma non vogliamo tacere , che tre esemplari autografi di quelle vite conservansi nella ricca e scelta bihlioteca di S. E. il signor conte Gio. Battista Costabili di Ferrara. Di che sentiamo all' animo vera consolazione , pensando che del 171 1 le carte del Baruffaldi , anima innocentissima , furono per sindacato traspor- tate a Roma , e nove anni tardarono a rendersi al luogo na- . tivo : pur vi si resero monumento perpetuo della illibatezza dell' autore : il quale sfuggir non potè all' invidia ed a quello , che tra noi è fatto quasi destino agli uomini di lettere , di essere travagliati dagli ignavi e dalla fortuna. Al che pare non pon- gano mente que' vantatori stranieri , che dicono il seme de' grandi ingegni venir meno in Italia : e duvrebbero confossarne l'eccellenza , e maravigliare che siavi ancora cosi frequente , e mai non si spenga per opposte difficoltà ; ma invece conser- visi senza mancare alla gloria de' maggiori , degni maestri del mondo intero ! D. Vaccohm, si propone di scrivere il Giordani: e quanto al Ramenghi Bar- tolomeo, dettoli .Bag-reacacrtZ/o (insigne imitatore del Sanzio ) è inteso a publicarne le notizie lo scrittore di questo articolo. So- pra alcune cose di belle arti nella Romagna vedansi intanto l'eru- dita lettera del professore Giuseppe Ignazio Montanari bagna- cavallese, e la risposta del mentovato Giordani bolognese nella raccolta di Poesie e prose f Bologna per dalV Olmo e Tioc- rhi i8.'55, voi. 1 pa^. uo5, •>bc)),e il Tiberino fanno 5, ntim. 26) ec. INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL TOMO LXIV DEL GIORNALE ARCADICO. SCIENZE Cappello , Esame dell" officiale relazione del corso del cholera morbus in Parigi ec. p. 3 — Peretti , Modo di separare la parte amara e purgativa del rabarbaro. p. 54 — Bottini , Saggio sul moto rotatorio del Me- diterraneo, p. 57 — Conti , Deduzioni patologiche sopra una gra- vissima encefalite. p. 63 >— Folchi , Materiae medicae compendium. Fol. III. p. 72 — Lettera medico-critica intorno una questio- ne fra i proff. Buzoni e Malagò suW in- fiammazione adesiva creduta necessaria alla cicatrizzazione delle ferite. p. 75 — Pianciani , Del vapore vescicolare. />. 106 — Co7ifutT.ion^ deir ideologia del Tracy. p. — 257 De-Renzi , Considerazioni sulV organizza- zione e sulla vita nelle condizioni di sa- nità e di malattia. p. — 264 Morichini , Instituti di pubblica carità in Roma. P' — 275 Riccardi , Straordinarii morbosi fenomeni del verme tenia ec. p. — 289 Maccabelli e Montanari , J^ita del dottor Giacomo Sacchi. p. — 304 LETTERATURA B. Jacopo da F'oragine , Leggende pubbli- cate da monsig. Rossi. /?. 114 — Morei , Epistola tradotta dal Vaccolini. p, \\^ Montanari^ Sonetti in morte di sua madre, yo. 1 2G — Gionantoni, Satira X di Giovenale tradotta. p. \%Q Catania^ Discorso intorno un passo di Dan- ^^; p. 134 - Resini., Canto epico per la nascita del real principe di Toscana. /?. 143 — Poesie e prose d'italiani viventi pubblicate in Bologna. n. 146 — Turchi , Versi latini ec. p. io] Montanari, Risposta a due solenni furfanti. /?. 1 57 — Costa , Epistola a Cesare Matiei. /o. 173 — Betti , Lettera al marchese di Montrone. p. — 332 Montanari, Orazione funebre del card. Giu- seppe Albani. v^ e. — 34$ BELLE ARTI Pungileoni , Memorie della vita di Luca Paccioli (continuazione). /?. 18G — Vaccolini , Biografia di Bartolomeo Ramen- ghi pittore , detto U Bagnacavallo. p. - 352 Varietà. Necrologie di Giovanni Maironì da Ponte^ Leopoldo Cicognara , Saverio Scrofani, Tavole meteorologiche. Osservazioni Melereologiche. )( Collegio Romano )( Seltemlire l834. Sialo del Cielo. S I Ore o o mat. ' ser. I mat. ^ è- \ser. mat. ■5 gi. ser. mat. \ser. I mat. 5 gi. \mat. 6 gi. \ser. I mat. 7 éT'- \ser. 'mat. S gi. ' ser. mat. gi- ser. mat. si- I ser. \mat. §'• \ser. \mat. \ser. \mal. §•■• ser. mat. S'- ser. mat. gi- ser. i4 j5 Baroinet. ■>> t> 3 „ » 4 Terni. Teinioiiielro esterno i max. 55 " 4 " 55 6 5> 5J 55 » 7 8 5. 55 9 >5 3 0 55 2 9 8 )I 55 » 5, 51 55 >J 5> 15 « „ U „ 1 i) » 35 7 17 19 o 6 „ 4 27 1 1 8 17 !25 5 i5 24 7 18 73 ■2 5 i5 17_ T4" ,, 5, 4 „ 2 5 ?» j> 7 14 2» i5 24 h7_ i5 • 16 25 Jgrom. to 21 I o i5 42 18 a6 16 26 5 16 a6 i6 26 16 aS j5 25 i5 22 i5 23 14 24 •4 24 xt> 25 i5 3a 24 56 'U4 Venlo O. ra. N. q. o 0 0 0. f. 0 0 N. d. 0. „ 0 0 N. A. ONO. m. 0 0 0 0 SSO. m. 0 0 N. J. S. 55 0 0 „ „ 0. m. SO. q. 0 N. q. o SO. m. o o S. q. O S. T. f. ESE. „ SSEr~j' ESE. q.o N. a. SO.ro. N. à. OSO. f. o o N. q. o O. ni. N. q. < SO m. ENE. d. N. ro. o o N. q. o fioggia E\a por. li. 3 7 4 1 5 2 6 5 6 7 teinp.pio. 7 li.aS 4 3 4 6 7 4 ser .n UT. sparse S> 5> chiarissimo ser.nuv.sp . chiarissimo „ vap.oriz. ser.nuv.sp. cliiarissimo piog.co.lam.tuo. ser-m.nu.onz. 5* 5> chiarissimo ser.nuv.or. chiar. „ vap,miT.ori nur.temp.E. chiar.Tap.or. ll'—liFII Wmillii IIH'IM ■ il|i IHIII'i»! IIPB1III .^\W1rvtj8g^Bec3»gml^!..'';:^■ Ore ' Baromel. NIHIL OBSTAT Ab. D. Paulus Delsignore Cetis. Theol. NIKIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Coli. NIHIL OBSTAT Petrus Odescalchi Gens. Phil. IMPRIMATUR Fr. Dom. Buttaoni O. P. Sac. Pai. Apost. Magisttr. IMPRIMATUR A. Piatti Archlep. Trapesunt, Vicesg. *?->■•. "tf Vedili, INDICE DELLE MATERIE Contenute ne voi. 192 e 193. SCIENZE. Confutazione dell' ideologia del Tracy. p. De-Renzi, Considerazioni suU' orgaaizzazio- ne e sulla vita nelle condizioni di sanità e di malattie. _ ^ P- Morichini , Instiluli di pubblica carità ìq Boma. _ P- Riccardi, Straordinarii morbosi fenomeni dei verme tenia ec. P- Maccabelli e Moatanai-i,Vita del dottor Gia- como Sacchi. P- LETTERATURA. 257 289 3o4 Betti , Lettera al marchese di Montrone. p. 33a Montanari /Orazione funebre del card. Giù- seppe Albani. P- H^ BELLE ARTI. Vaccolini , Biografia ài Bartolomeo Ramen- ghi pittore , detto il Bagnacavallo. p. 35a \arietà. Tavole meteorologiche.